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Racconti e tramonti di Rossana Emaldi Tutti i diritti ... - Estro-Verso

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<strong>Racconti</strong> e <strong>tramonti</strong><br />

<strong>di</strong> <strong>Rossana</strong> Emal<strong>di</strong><br />

<strong>Tutti</strong> i <strong>di</strong>ritti riservati all’Autrice<br />

E-book by <strong>Estro</strong>-<strong>Verso</strong>.net<br />

1


TITOLI:<br />

Lettera ad Halina<br />

Libertà<br />

Lo splen<strong>di</strong>do esemplare<br />

Millenovecentocinquanta<br />

Quello che un barbone si lascia alle spalle<br />

Quando si ama veramente<br />

<strong>Racconti</strong> davanti al fuoco<br />

Un uomo da amare<br />

Una lunga notte d’amore<br />

I nasi rossi<br />

Lettera ad Halina<br />

Halina<br />

ti sto scrivendo da quella spiaggia e da quel mare che mi ha vista felice per tanti anni con Franco, ed<br />

è qui che è nata la nostra storia e solo qui riesco a fare emergere i ricor<strong>di</strong> più belli! Pensa, che<br />

ancora posso scorgere le orme dei passi sulla sabbia, tanti ne abbiamo fatti, risentire il sapore dei<br />

baci che ci scambiavamo e anche riprovare le emozioni più intense, sole, mare e vento unici e<br />

<strong>di</strong>screti testimoni dei nostri sogni e delle speranze, rafforzati solo dal grande amore che ci univa.<br />

Come ve<strong>di</strong> Halina ho lasciato la briglia sciolta ai miei pensieri, che come cavalli scossi non trovano<br />

pace, né <strong>di</strong>rezione e lascio che l’affollamento mentale dei fantasmi mi riempiano i giorni e le notti<br />

insonni, fra <strong>di</strong>sperati pianti e melanconici sorrisi.<br />

Sono sola e ho tutto il tempo per contemplare il sole all’alba, che sembra emergere da un enorme<br />

vasca d’oro fuso ed i <strong>tramonti</strong> dove lo stesso pare rifiutare il sonno, allungando le sue lunghe<br />

braccia <strong>di</strong> luce sul mare, già preda del blu della notte.<br />

Spesso affondo il mio sguardo nella linea sottile, che <strong>di</strong>vide il cielo dal mare cercando non so più<br />

cosa o seguo una vela bianca che beccheggia felice all’incontro con l’onda e vorrei essere come lei,<br />

che il suo amore lo ritrova puntualmente.<br />

Ed è sempre qui Halina che io e Franco abbiamo conosciuto te, giovane ragazza dell’est, senza né<br />

arte, né parte, testimone timida e silenziosa dei tuoi pochi e già sofferti anni, ricor<strong>di</strong> come ti<br />

abbiamo accolta? E da subito benvoluta? Senza pregiu<strong>di</strong>zio alcuno, offrendoti il nostro aiuto e non<br />

per pena, ma per solidarietà, unitamente all’amicizia più <strong>di</strong>sinteressata e tu contraccambiavi, un po’<br />

riluttante, sempre con gli occhi a terra e le gote accese e noi solerti ad incoraggiare i tuoi passi sulla<br />

nostra (per te sconosciuta) terra, a volte così poco ospitale con gli emigranti, ad ogni modo io e<br />

Franco sentivamo forte il dovere morale d’aiutarti e facevamo il possibile per cancellare<br />

l’ignominia del razzismo, che spesso purtroppo emergeva dalla <strong>di</strong>ffidenza nei tuoi confronti.<br />

E così ti lasciavamo addentrare sempre <strong>di</strong> più nella nostra vita, perché noi ti volevamo bene come<br />

ad una figlia, (ora non ridere della mia ingenuità) più <strong>di</strong> una figlia e tu paziente, e coinvolta<br />

ascoltatrice delle mie confidenze, sembravi accettare <strong>di</strong> buon grado ogni cosa che ti veniva offerta,<br />

compresa l’ospitalità qui con noi a Marebello.<br />

2


Come <strong>di</strong>menticare Halina, le uscite in barca, il vento fra i capelli, gli spruzzi d’acqua che come<br />

perle si fermavano sulla tua dorata pelle, pensa che ci bastava il tuo sorriso per sentirci appagati e<br />

felici d’averti accolta!<br />

E poi le cene al “Moccolo” i fuochi d’artificio sul mare, gli enormi coni gelati che ti sorbivi, forte<br />

del fatto che non crescevi un grammo.<br />

Halina mi chiedo con amarezza dove ho sbagliato? Se ho sbagliato! E quand’è che hai deciso <strong>di</strong><br />

darmi la prima pugnalata alla schiena? Possibile che fossi così cieca da non accorgermi che le cose<br />

fra <strong>di</strong> voi stavano cambiando? Chissà cosa m’impe<strong>di</strong>va <strong>di</strong> pensare che potesse succedere, forse i 30<br />

anni che vi separavano? Davvero non lo so e forse non m’importa, l’unica ineluttabile realtà l’ebbi<br />

quella sera, quando cercandovi sulla spiaggia, (dove mi avevate preceduto) mi trovai a scrutare<br />

nella semi oscurità due ombre strettamente avvinghiate che si baciavano appassionatamente, sorrisi<br />

dolcemente, pensando a quanti amori questo mare riusciva a far sbocciare e stavo per allontanarmi<br />

<strong>di</strong>scretamente, quando il tuo nome Halina, appena sussurrato mi colpì facendomi fermare, ma<br />

ancora cieca al punto da pensare che anche tu finalmente avevi trovato l’amore su questa magica<br />

riviera.<br />

Un attimo per gioire e uno per morire, nel momento in cui mi giunse anche il suo nome, una<br />

scu<strong>di</strong>sciata in pieno volto e tutta la mia vita in frantumi.<br />

Avevo poco meno della tua età Halina e sognavo ad occhi aperti <strong>di</strong> poter vivere tutta la vita con<br />

l’uomo che amavo e pensa che stupida, ormai credevo proprio d’esserci riuscita, ma non avevo fatto<br />

ancora i conti col destino.<br />

Vuoi sapere (quando conobbi Franco) quello che mi piacque subito <strong>di</strong> lui? Non fu tanto l’aspetto<br />

fisico, (per quanto molto prestante) ma la ricchezza dei principi, le sue aspirazioni, le idee, queste le<br />

uniche doti che possedeva, ed in seguito amai in lui la capacità e la praticità, con le quali portava a<br />

termine gli obiettivi che si prefiggeva, ed io sempre con lui a sostenerlo, aiutandolo a scalare l’apice<br />

della sua carriera e ancora assieme a gestirne i proventi come due brave e laboriose formichine.<br />

Sorrido tristemente, pensando invece a quello che è piaciuto a te <strong>di</strong> Franco, ed è ora l’unica dote<br />

eclatante e visibile, potente, l’unica capace <strong>di</strong> far scomparire l’uomo e i suoi veri pregi, lasciandogli<br />

solo il bene effimero ed evanescente dei sol<strong>di</strong> e il tuo amore lo so, durerà il tempo necessario per<br />

gettare al vento tutte le sue sostanze!<br />

E lui in te sai cos’à visto? Non certo l’amore! Ma una nuova primavera, un’iniezione <strong>di</strong> giovinezza<br />

che credeva ormai persa, una ventata d’aria fresca, un’illusione ottica, come un miraggio ed io che<br />

continuo ad amarlo temo il suo risveglio.<br />

Ti racconto <strong>di</strong> un tempo Halina! Diversi anni fa sulle nostre spiagge giungevano splen<strong>di</strong>de ragazze<br />

nor<strong>di</strong>che, bionde e alte valchirie dalle carnagioni can<strong>di</strong>de, benestanti e vogliose <strong>di</strong> sole e d’amore,<br />

alla ricerca <strong>di</strong> forti emozioni e bastava il loro arrivo, per veder svanire (come neve al sole) i nostri<br />

ragazzi al loro seguito, si imboscavano per i mesi estivi atteggiandosi poi a gran<strong>di</strong> amatori, (forse<br />

fiduciosi d’essere ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> tale R. Guglielmi in arte Rodolfo Valentino) lasciando noi (giovani<br />

romagnole) nell’attesa che le bellezze del nord tornassero nei loro rispettivi paesi e così era!<br />

L’accettavamo come un fatto ineluttabile che ci faceva poi sorridere.<br />

Ora è <strong>di</strong>verso, ed io non ne uscirò con una risata, perché tu Halina non sei una turista benestante,<br />

non cerchi emozioni per l’estate, non sei affatto coetanea <strong>di</strong> Franco e neppure te ne andrai a fine<br />

stagione.<br />

Cammino spesso seguendo il languido an<strong>di</strong>rivieni del mare, l’acqua mi lambisce a tratti i pie<strong>di</strong>, il<br />

vento gioca coi miei capelli e mi fa lacrimare gli occhi, no! Non piango più, è già passato quel<br />

tempo, ora rifletto su <strong>di</strong> me, sto cercando fra i miei sensi <strong>di</strong> colpa le responsabilità che mi<br />

competono e penso se e quanto vi sentiate responsabili per il dolore che ho dentro e che non<br />

accenna minimamente a lasciarmi altro spazio, o<strong>di</strong>arti Halina? No, non ti o<strong>di</strong>o, non ne sono capace,<br />

anzi ti perdono! In fondo se misuro la vita con il tuo metro, tu stai solo prendendoti quello che la<br />

vita fin ora non ti ha dato, solo che con la fretta hai sbagliato bersaglio, non hai tenuto conto che i<br />

valori sono ben altri, molto più preziosi e importanti.<br />

3


Comunque sappi che so attendere e aspetto che Franco perda quella dote, che lo ha reso tanto<br />

interessante ai tuoi occhi, non ti ci vorrà molto con la tua avi<strong>di</strong>tà, a bruciargli i sacrifici <strong>di</strong> tutta la<br />

sua vita e anche della mia! Io resto qui tenacemente legata a questi luoghi, in compagnia solo dei<br />

miei ricor<strong>di</strong> e <strong>di</strong> questo mare che col suo respiro (a volte dolce e rilassato, altre affannato e agitato)<br />

muove dentro <strong>di</strong> me la sensazione sempre più forte che camminando sulla sua riva un giorno (non<br />

troppo lontano) vedrò Franco venirmi incontro e non serviranno le parole fra <strong>di</strong> noi, basterà un<br />

abbraccio per rincominciare, a lui non ho nulla da perdonare, perché sento che non ha mai smesso<br />

d’amarmi.<br />

Ad<strong>di</strong>o Halina e spero che un giorno tu capisca che l’amore è un’altra cosa!<br />

Medaglia D’oro II° Classificato al concorso letterario: Amori Damare Rimini 11.8.2000<br />

Partecipato al concorso <strong>di</strong> Confidenze del Cuore Vinto un abbonamento al settimanale<br />

“Confidenze”<br />

*Premio Speciale della Giuria, per il Concorso internazionale <strong>di</strong> Letteratura La Spezia 15.04.2007.<br />

Con il racconto “Lettera ad Halina”<br />

*Premio della Giuria per il Concorso Internazionale <strong>di</strong> Letteratura- Il Golfo- La Spezia 11.02.2007<br />

Con la poesia “Lettera ad Halina”<br />

Libertà<br />

Percorrendo il largo viale in salita, posto al centro del Sacrario dei Caduti (perfettamente lastricato<br />

con masselli <strong>di</strong> pietra naturale) mi colpirono l’or<strong>di</strong>ne quasi maniacale che regnava, le lunghe file <strong>di</strong><br />

bianche lapi<strong>di</strong> che emergevano <strong>di</strong> poco dal suolo composte con una precisione millimetrica, con<br />

davanti ad ognuna un piccolo cuscino <strong>di</strong> fiori rossi magistralmente curati, come a voler<br />

simboleggiare il sangue versato dai Caduti, alti abeti ombreggiavano il silenzioso luogo sulla collina<br />

che sovrastava la città.<br />

L’or<strong>di</strong>ne perfetto del Sacrario (dove ogni salma aveva trovato un’or<strong>di</strong>natissima collocazione)<br />

strideva con la triste decadenza della città, mi girai per ammirarla dall’alto, ma il contrasto con quel<br />

luogo colmo <strong>di</strong> pace e <strong>di</strong> colore mi parve troppo grande, appariva sbia<strong>di</strong>ta nei suoi toni, opaca e<br />

fumosa, uniche note emergenti il ponte futuristico sul Danubio, le guglie della cattedrale gotica e il<br />

grande castello semi <strong>di</strong>roccato sull’altura, all’orizzonte per un lungo tratto le case alveari.<br />

Scesi che fummo dalla collina dell’onore ci trovammo proiettati in una realtà strana, sulle larghe<br />

strade semideserte transitavano auto che denunciavano chiaramente la loro decadente vecchiaia e i<br />

gran<strong>di</strong> palazzi ottocenteschi lasciavano intravedere gli antichi e regali splendori, ma il loro degrado<br />

avanzava inesorabile quasi a vista d’occhio, sciupando quegli autentici, unici capolavori d’alta<br />

architettura, marciapie<strong>di</strong> fatiscenti e sporchi, anche le persone sembravano più vecchie <strong>di</strong> quello che<br />

in realtà erano e quello che ci sorprese maggiormente fu il loro incedere a testa bassa, infatti, non<br />

riuscimmo ad incontrare un solo sguardo, ed inoltre ci stupì il loro forte odore corporale.<br />

Mentre noi ci godevamo la vacanza, dando fondo a tutte le risorse, facendo emergere il nostro modo<br />

spensierato e giocoso <strong>di</strong> vivere la vita, inconsciamente incuranti del fatto che potevamo dare troppo<br />

nell’occhio, tanto che una sera usciti per strada schiamazzando, fummo redarguiti dai rari passanti,<br />

che ci ventilarono la possibilità che la polizia ci tenesse sotto controllo e ci rendemmo conto che la<br />

cosa non era poi così remota, infatti ci accorgemmo che eravamo veramente dei sorvegliati speciali,<br />

con quelle belle auto tirate a lucido che venivano giorno e notte ammirate in ogni loro particolare e<br />

toccate forse per accertasi che fossero reali e pensare che da noi venivano considerate delle<br />

semplicissime e comunissime utilitarie.<br />

Poi facemmo amicizia con una coppia <strong>di</strong> giovani sposi e dei loro due figlioletti, che ci invitarono<br />

nella loro casa alveare, ci trovammo così <strong>di</strong> fronte ad enormi scatoloni dalle piccole aperture che<br />

davano su altrettanti minuscoli balconi, utili solo a rubare il già esiguo spazio interno, gli<br />

interminabili corridoi dalle tante porte anonime verniciate <strong>di</strong> scuro, <strong>di</strong>etro le quali si svolgeva la vita<br />

4


<strong>di</strong> una miriade d’esseri umani, eppure quegli alveari parevano deserti, silenziosi più del Sacrario,<br />

solo il triste e lugubre cigolare dei montacarichi (che fungevano da ascensori) facevano capire che<br />

c’era vita, ma tutt’intorno ai gran<strong>di</strong> caseggiati solo sterpaglie secche e sassi, non un albero, non un<br />

prato, né un giar<strong>di</strong>no e neppure l’allegro vociare dei bambini.<br />

Nel mini appartamento (dove fummo gentilmente invitati ad entrare, non prima d’aver tolto le<br />

scarpe) mi sorprese la moquette e ancora <strong>di</strong> più scoprire la cucina inserita nel piccolissimo ingresso,<br />

i mobili addossati gli uni agli altri, non lasciavano intravedere le pareti, il bagno (se così si poteva<br />

chiamare) <strong>di</strong> due metri per due, con l’essenziale ridotto al minimo, ma la cosa che trovai ancora più<br />

sconcertante è che fummo costretti a parlare tutti a bassa voce tenendo la ra<strong>di</strong>o accesa, perché (ci<br />

<strong>di</strong>ssero) i vicini non u<strong>di</strong>ssero le nostre voci, le voci <strong>di</strong> ospiti stranieri, come se fosse una riunione <strong>di</strong><br />

malavitosi.<br />

Ci sentimmo ad un tratto in imbarazzo, guardati a vista da occhi colmi d’ammirazione, forse non<br />

per noi, ma per la libertà che traspariva dai nostri comportamenti, dal nostro modo d’essere, ci<br />

fecero domande su domande, increduli alle nostre risposte e noi ancora più increduli della loro<br />

incredulità e l’orgoglio crebbe per la nostra nazione (<strong>di</strong> cui spesso <strong>di</strong>cevamo peste e corna) perché<br />

ad un tratto ci sentimmo fieri d’appartenervi.<br />

Quando a sera uscimmo da quella casa mi girai a guardare quei mille occhi accesi, solo dalle luci<br />

della cena, in quegli angusti appartamenti e tornai con la mente ai vivaci colori, allo spazio,<br />

all’or<strong>di</strong>ne e alla serenità del Sacrario sulla collina e mi rammaricai ancora una volta, dello stridente<br />

contrasto, che i morti venissero trattati meglio dei vivi! Quando riprendemmo la stretta via che ci<br />

riportava alla frontiera verso l’Austria, guardai i rotoli <strong>di</strong> filo spinato e le alte torrette dei posti <strong>di</strong><br />

guar<strong>di</strong>a armata, coa<strong>di</strong>uvati da cani, con una sorta <strong>di</strong> malessere, che svanì solo dopo aver superato un<br />

attento esame (da parte delle severissime guar<strong>di</strong>e <strong>di</strong> frontiera) e riattraversammo il confine.<br />

Arrivederci Bratislava, dagli antichi splendori, torno alla mia libertà, che certo non si apprezza mai<br />

abbastanza finché non provi cosa significa non averla!<br />

Bratislava - Aprile 1987<br />

5


Lo splen<strong>di</strong>do esemplare<br />

Mezzo giorno <strong>di</strong> fuoco (pensai) ecco l’analogia che mi venne in mente sotto quel sole cocente, ma<br />

fortunatamente una leggera brezza facilitava la mia esposizione, me ne stavo <strong>di</strong>stesa sul lettino<br />

apparentemente addormentata, tenendo però gli occhi a fessura per non perdermi nulla <strong>di</strong> quello che<br />

avveniva sul bagnasciuga, ad un tratto vi<strong>di</strong> emergere dall’acqua uno splen<strong>di</strong>do esemplare <strong>di</strong> fauna<br />

umana, mi chiesi come mai non lo avessi notato prima, ebbi modo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>arlo bene mentre si<br />

muoveva sicuro verso <strong>di</strong> me, descriverlo? Impossibile, senza apparire esagerata, così mi riempì gli<br />

occhi <strong>di</strong> tale visione, poi giunse <strong>di</strong> fianco al mio lettino si soffermò un attimo ed io ne persi<br />

parzialmente la figura, perché non potevo aprire gli occhi, ma vedevo solo i suoi polpacci <strong>di</strong><br />

giovane atletico e prestante, poi si mosse e proseguì verso il bagno ed io lentamente mi girai pancia<br />

sotto per continuare a guardarlo, inghiottii saliva in abbondanza, da <strong>di</strong>etro era ancora più<br />

interessante e dal momento che ero in vena <strong>di</strong> analogie, lo paragonai al Davide <strong>di</strong> Michelangelo,<br />

come mamma l’aveva fatto naturalmente!<br />

La vacanza premio si stava facendo davvero interessante, così sfoderai le tecniche più raffinate<br />

della mia femminilità, decisa (se l’avessi rivisto) ad andare alla sua conquista sicura del mio corpo,<br />

ma soprattutto della mia mente! Il giorno dopo <strong>di</strong> buon mattino ero già in postazione strategica, non<br />

poteva sfuggirmi.<br />

Lo notai subito, stava camminando lungo l’arenile, quale migliore occasione (pensai) e decidendo<br />

all’istante <strong>di</strong> fare la sua conoscenza mi avviai ad incontrarlo, a pochi passi da lui cacciai un urlo <strong>di</strong><br />

dolore e cad<strong>di</strong> seduta stringendo un piede fra le mani, mi fu subito vicino, (non avevo dubbi in<br />

proposito) bagnò il piede togliendo la sabbia, controllò il danno e gentilmente mi rassicurò. “Nulla<br />

<strong>di</strong> grave, guar<strong>di</strong> neppure sanguina, forse una conchiglia rotta!” Mi aiutò a rialzarmi e<br />

sorreggendomi m’accompagnò al lettino presentandosi. “Davide G, molto lieto.” Lo guardai<br />

sbalor<strong>di</strong>ta, il Davide <strong>di</strong> nome e <strong>di</strong> fatto, sorrisi e a mia volta mi presentai.<br />

Restammo tutto il giorno insieme sotto l’ombrellone e al far della sera al mio attivo avevo già un<br />

invito a cena, ed era molto <strong>di</strong> più <strong>di</strong> quello che potevo desiderare.<br />

Tornai in albergo emozionata ed elettrizzata, la cura <strong>di</strong> me stessa mi prese molto tempo e il resto lo<br />

persi nella scelta dell’abito da indossare, dovevo fare in modo che i miei 30 anni emergessero in<br />

tutto il loro fulgore e ne ebbi conferma quando Davide mi venne incontro nella hall dell’albergo,<br />

emise un leggero sibilo e gli occhi si illuminarono, ma la cosa era reciproca, anche lui non<br />

6


scherzava e quando mi porse il braccio ebbi la sod<strong>di</strong>sfazione <strong>di</strong> notare gli sguar<strong>di</strong> d’ammirazione <strong>di</strong><br />

uomini e donne.<br />

Passammo la prima parte della serata stupendamente, per intenderci, da annoverare fra i ricor<strong>di</strong> più<br />

romantici, dolci e coinvolgenti, <strong>di</strong> quelli che nella vita si contano (forse) sulle <strong>di</strong>ta <strong>di</strong> una sola mano,<br />

si profuse in mille attenzioni, gentilezze e signorilità, tanto da farmi sentire al centro del suo<br />

universo e quando mi chiese <strong>di</strong> proseguire la serata sulla spiaggia non trovai nulla da obiettare, anzi<br />

mi parve del tutto naturale.<br />

Passeggiammo lungo l’arenile, raccontandoci <strong>di</strong> noi mentre il cielo lentamente <strong>di</strong>ventava blu<br />

cobalto e le stelle si accendevano in concomitanza con le luci del lungomare e a me sembrava <strong>di</strong><br />

vivere in un sogno e mi chiedevo quanto tempo avevo ancora prima del risveglio, ma la risposta non<br />

tardò ad arrivare.<br />

Ci sedemmo su un lettino e Davide m’abbracciò, lo contraccambiai, mi sfiorò delicatamente le<br />

labbra con le sue, risposi al suo bacio che si fece via, via sempre più intenso, profondo ed intimo,<br />

mi resi subito conto che la situazione stava decisamente degenerando, quando mi ritrovai le sue<br />

mani sotto la gonna e all’interno della mia camicetta, feci per fermarlo, ma lui intensificò l’opera <strong>di</strong><br />

smaltimento delle barriere che <strong>di</strong>videvano il mio corpo dalle sue prepotenti mani, facendo saltare<br />

tutti i bottoni della mia camicetta. “Davide che fai? Fermati, ti prego, fermati!” Dissi con la voce<br />

soffocata dall’angoscia, anche se ancora credevo che fosse in un momento <strong>di</strong> esaltazione sessuale,<br />

ma che si sarebbe poi ravveduto porgendomi le sue scuse, ma sbagliavo <strong>di</strong> grosso pareva invasato,<br />

sentivo le sue mani frugare, esplorare, violare, mentre i pochi indumenti che indossavo cedevano ad<br />

uno ad uno, lottavo <strong>di</strong>speratamente contro quel camaleonte affamato <strong>di</strong> sesso e mi chiedevo dove<br />

fosse finito il bel ragazzo gentile che avevo conosciuto poche ore prima, infatti cercai <strong>di</strong> focalizzare<br />

il suo volto e mi parve orribile. Ero ormai preda <strong>di</strong> quell’energumeno e ancora lo supplicavo <strong>di</strong><br />

smetterla e <strong>di</strong> lasciarmi stare, ma lui insensibile alle mie preghiere mi sussurrò con voce roca,<br />

irriconoscibile. “Non fare la preziosa, tu cercavi solo questo!” La rabbia mi tolse il residuo <strong>di</strong> forze<br />

che mi era rimasta, mentre lui continuava a strizzarmi la carne palpeggiandomi in ogni dove con<br />

crescente avi<strong>di</strong>tà e vigore, stavo ormai per soccombere alla sua violenza, quando mi si presentò<br />

l’occasione giusta e proprio mentre credeva d’avermi sopraffatto gli assestai un violentissimo calcio<br />

agli attributi, che teneva ormai esposti alla mia vista. L’espressione iniziale fu <strong>di</strong> sorpresa, smise <strong>di</strong><br />

respirare, poi spalancò la bocca, strabuzzò gli occhi ed emise un urlo da bestia ferita a morte, cadde<br />

come folgorato sulla sabbia, io mi alzai, con calma raccolsi i miei indumenti, rattoppandomi alla<br />

meglio e prima d’allontanarmi guardai con commiserazione quel mucchio <strong>di</strong> carne stupida e<br />

dolorante che si contorceva e gli <strong>di</strong>ssi. “Spero sia ridotto in poltiglia e che ti serva solo per una<br />

funzione, così che tu non possa fare altri danni e inoltre spero <strong>di</strong> non rivederti mai più.”<br />

Il giorno dopo, indolenzita e contusa, (più moralmente che nel corpo) tornai in spiaggia, <strong>di</strong> Davide<br />

neppure l’ombra ed io ripresi tranquilla il mio posto al sole, come se non fosse successo nulla,<br />

decisa a godermi la vacanza premio a Rimini fino in fondo e l’amore? Non avevo dubbi prima o poi<br />

l’avrei incontrato e chissà, magari proprio su questa mitica spiaggia, mai perdersi d’animo!<br />

Partecipato al concorso “Amori Damare” Agosto 2001<br />

7


Millenovecentocinquanta<br />

Cammino lentamente sulla spiaggia deserta, il mare leggermente agitato riflette il colore <strong>di</strong> un cielo<br />

plumbeo, ed insieme assimilano al mio stato d’animo.<br />

L’acqua è appena increspata da un vento <strong>di</strong> terra, che contiene piccole, ma taglienti sferzate<br />

dell’imminente inverno, i gabbiani volano in gruppo nella convulsa ricerca <strong>di</strong> cibo, il loro canto<br />

sgraziato e melanconico mi rende ancora più triste!<br />

Mi avvolgo forte nel giaccone che indosso, come per cercare <strong>di</strong> trattenere il calore, che invece mi<br />

sfugge, lasciando al suo posto dei brivi<strong>di</strong> strani prolungati, affondo le mani nelle tasche e nella<br />

destra stringo tormentandola la lettera che ho scritto per te.<br />

Inspiro forte e riempio i polmoni <strong>di</strong> quell’aria tersa, colma d’aromi intensi, inebrianti, lascio che una<br />

lacrima (trattenuta da tempo) scivoli verso le labbra tirate con forza, per non lasciare che il suo<br />

gusto amaro mi avveleni ancora <strong>di</strong> più l’anima, la lettera ormai la conosco a memoria.<br />

Mio caro<br />

Posso vedere la tua espressione sorpresa, quando guardandoti attorno, non mi troverai ferma come<br />

sempre al tuo fianco, forse la stessa espressione che ho avuto io, quando con freddezza mi hai<br />

detto. “Disfatene!” Aggrappandoti ad ogni sorta <strong>di</strong> scusa per giustificare il tuo netto rifiuto, ma tu<br />

con quella piccola e devastante parola ti sei liberato <strong>di</strong> noi. Mentre io l’amo già, tu <strong>di</strong> questo<br />

fardello non sai che fartene, ma chissà perché sei così sicuro che farò quello che vuoi, però ti<br />

sbagli! Perché io invece questo figlio lo voglio e lo amo molto <strong>di</strong> più <strong>di</strong> quanto abbia mai amato te,<br />

l’unica cosa tua che non mi ha ancora delusa! Avrò questo figlio lontana dal mondo in cui ho<br />

creduto d’essere felice, senza darti in alcun modo la possibilità <strong>di</strong> sapere <strong>di</strong> noi, mentre io saprò<br />

del tuo tormento, conoscerò la tua sofferenza, ogni volta che ti chiederai dove hai lasciato un segno<br />

tangibile del tuo passaggio in questa vita, io sola sarò la custode del tuo segreto! Del nostro<br />

segreto! Cercarci? Non farlo tanto non ci troverai, potrai solo pensarci per sempre con molto,<br />

moltissimo rimpianto! Ad<strong>di</strong>o! Elena<br />

Guardo il mare che si gonfia sotto l’incessante spinta del vento, che ora ha cambiato <strong>di</strong>rezione, le<br />

onde alte e rabbiose schiumano livore lambendo con forza la sabbia, gli elementi si stanno<br />

scatenando avvicinandosi ancora <strong>di</strong> più al mio stato d’animo, stringo nel pugno la lettera ormai<br />

accartocciata colma <strong>di</strong> parole inutili, senza senso, apro le <strong>di</strong>ta e l’affido al vento che ci gioca, la fa<br />

salire e volteggiare allegramente, come se mani invisibili la spingessero in un curioso palleggio, poi<br />

8


stanco la lascia cadere priva <strong>di</strong> forza adagiandola sulla cresta dell’onda, che la fa sua, la sospinge,<br />

l’allontana, l’avvicina e sommergendola la cancella!<br />

Piccole fredde gocce d’acqua mi frustano il volto, scotendomi dal mio torpore, una lunga serpentina<br />

<strong>di</strong> vivida luce spacca le nubi e il cupo rumore del tuono annuncia tempesta, riprendo il cammino<br />

senza fretta, mentre l’onda cancella le orme del mio passaggio e del passato. La mia storia, è una<br />

storia vissuta milioni <strong>di</strong> volte, ma mai invecchiata! Sono pazza? Certo, ma più <strong>di</strong> me tu, che non<br />

saprai mai cosa ti sei perso.<br />

Quello che un barbone si lascia alle spalle<br />

Stavo seduto su <strong>di</strong> un muretto ed osservavo con <strong>di</strong>stacco la varietà umana che mi transitava davanti,<br />

avevo l’impressione che ognuno <strong>di</strong> quei corpi fosse privo <strong>di</strong> contenuti, sia materiali che spirituali,<br />

tutti manichini robotizzati senza senso e senza una meta precisa, ognuno dei quali animati da gravi<br />

o futili motivazioni compresa quella <strong>di</strong> vivere. Li guardavo senza alcuna invi<strong>di</strong>a per il loro<br />

paradossale e apparente quieto vivere, tornando al tempo che anch’io ero come loro, giovane<br />

professionista pronto ad arrampicarmi su per gli specchi, pur <strong>di</strong> crearmi il tanto agognato posto al<br />

sole, ben consapevole <strong>di</strong> dover rischiare il tutto per tutto a questo scopo.<br />

Nessuno faceva caso che sul muretto stava seduto un essere umano, che nella versione opposta <strong>di</strong><br />

umano aveva rimasto ben poco, guardai le scarpe che indossavo, erano ormai un lontano ricordo <strong>di</strong><br />

quello che erano state tanto tempo prima, le scarpe più ricercate nel mondo per il marchio <strong>di</strong> qualità<br />

italiano, fatte interamente a mano, ora erano quello che <strong>di</strong> più scalcagnato si potesse trovare fra noi<br />

barboni, malmesse al punto da non farmi temere un eventuale furto da parte dei miei compagni <strong>di</strong><br />

sventura, in fondo tutto quello che indossavo mi seguiva dal tempo della mia fuga, anzi ritenevo che<br />

quegli indumenti fossero parte <strong>di</strong> me, come una seconda pelle, logori, strappati e tanto sporchi da<br />

farmi sentire come ingessato, erano la mia casa e al loro interno ormai ci facevo <strong>di</strong> tutto, però<br />

qualche pregio era rimasto, non lasciavano passare il caldo, ma neppure il freddo, paragonabili (con<br />

molta fantasia) ad una corazza termica che funzionava senza l’ausilio <strong>di</strong> energia, neppure della mia<br />

che ci stavo dentro, un giorno (che speravo non troppo lontano) qualcuno avrebbe scambiato questo<br />

mucchio <strong>di</strong> stracci puzzolenti per spazzatura e avrebbe provveduto a gettarli dentro ad un<br />

contenitore, senza accorgersi che dentro c’era quello che era rimasto <strong>di</strong> me.<br />

Sentimenti? Sensi? Dignità? Rancori? Tutto morto e sepolto, mi restava solo la mente, colma <strong>di</strong><br />

ricor<strong>di</strong> che ormai mi riportava i colori sbia<strong>di</strong>ti <strong>di</strong> un tempo, che feroci mi avevano <strong>di</strong>laniato l’anima<br />

lacerandomi dentro come un tarlo malefico! Un bimbo si fermò davanti a me e mi scrutò attento,<br />

poi infilò la piccola mano in tasca ed estraendola mi allungò una carta da 1000 lire. “Tieni io posso<br />

anche stare senza merenda, tu invece hai più fame <strong>di</strong> me.!” E prima che potessi reagire corse via<br />

veloce, mi parve che qualcosa si muovesse dentro, una sorta <strong>di</strong> malessere profondo, i ricor<strong>di</strong><br />

m’assalirono prepotenti, quel bambino mi ricordava che anch’io avevo un figlio da qualche parte,<br />

ed anche (purtroppo) una bella, anzi bellissima moglie, che teneva quanto me e più <strong>di</strong> me al mio<br />

successo! Rivi<strong>di</strong> me stesso nell’elegante ufficio che mi era stato assegnato, primo significativo<br />

9


gra<strong>di</strong>no della lunga scala gerarchica che m’ero ripromesso <strong>di</strong> scalare, mi sentivo come un eroe<br />

mitologico che nessuno sarebbe riuscito a sbaragliare, già da quel primo gra<strong>di</strong>no mi pareva <strong>di</strong><br />

vedere il mondo dall’alto e non c’era nulla che potesse farmi paura, sentivo che prima o poi sarei<br />

arrivato hai più alti livelli e stu<strong>di</strong>avo la via più breve. Quin<strong>di</strong> spendevo fortune per vestire e far<br />

vestire mia moglie in modo molto ricercato, io le chiamavo spese <strong>di</strong> rappresentanza, in quanto<br />

avvenivano in occasioni <strong>di</strong> cene e importanti riunioni, infatti pensavo che non bastasse impegnarsi<br />

sul lavoro, ma dovevo anche emergere bene come immagine, se volevo far colpo.<br />

In alcune occasioni ebbi l’impressione che il capo (un signore attempato, pancione e quasi<br />

completamente calvo) mi guardasse con un certo interesse, mi sentii bene nei miei panni ed<br />

accentuai gli sforzi, tanto che abbastanza velocemente iniziai a salire verso l’apice dei miei desideri,<br />

in poco più <strong>di</strong> un anno mi trovai ad essere quasi giunto in cima all’olimpo, avevo cambiato <strong>di</strong>versi<br />

uffici e anche mansioni in modo (oserei <strong>di</strong>re) vertiginoso, una velocità impensabile e ritenevo fosse<br />

normale l’atteggiamento dei miei colleghi che si presentavano a me scostanti e fred<strong>di</strong>, come se<br />

fossero invi<strong>di</strong>osi della mia scalata la vertice, captavo come una sorta <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffidenza nei miei confronti<br />

e spesso notavo che smettevano <strong>di</strong> parlare quando entravo in ufficio, oppure <strong>di</strong>stoglievano lo<br />

sguardo se io li guardavo! La cosa mi infasti<strong>di</strong>va ma ritenevo che fosse un sintomo passeggero, in<br />

fondo li capivo, avevo superato impiegati che erano lì già da tempo e questo mi metteva in una luce<br />

troppo forte, accecante, insostenibile, ma in fondo io valevo e volevo più <strong>di</strong> loro, lo avevo<br />

<strong>di</strong>mostrato arrivando in poco tempo dove mi ero prefisso, il capo mi aveva preso a benvolere,<br />

affidandomi mansioni <strong>di</strong> grande responsabilità, certo viaggiavo molto, spesso ero costretto a stare<br />

fuori anche 7 giorni filati, ma non mi lamentavo, a volte mi preoccupavo per la mia famiglia, ma<br />

mia moglie tendeva a rassicurarmi e mi incitava a fare meglio e a dare sempre <strong>di</strong> più.<br />

Non potevo chiedere <strong>di</strong> meglio! Avevo un lavoro <strong>di</strong> grande sod<strong>di</strong>sfazione, una moglie ed un figlio<br />

che amavo, <strong>di</strong> quel passo avrei potuto costruire presto la casa che io e mia moglie sognavamo e<br />

comprarmi l’auto che desideravo! Il capo mi convocò nel suo ufficio e quando entrai lo trovai che<br />

stava chino sulla sua scrivania intento a sfogliare <strong>di</strong>versi documenti, mi <strong>di</strong>ede il buongiorno senza<br />

però sollevare la testa dalle sue scartoffie, lo osservai e nella mente mi passarono i pensieri più<br />

strani, <strong>di</strong> quelli che (per intenderci) se trasmessi a viva voce avrebbero potuto farmi licenziare in<br />

tronco, al <strong>di</strong> là del fatto che ne ammirassi le gesta, lui non aveva assolutamente nulla d’attraente, un<br />

metro e cinquanta d’altezza, <strong>di</strong> peso molto al <strong>di</strong> sopra della norma, due capelli incrociati sul cranio<br />

rilucente, volto dall’espressione equivoca e spesso ironica <strong>di</strong> chi la sa lunga, ma non te la rivelerà<br />

mai, a <strong>di</strong>spetto del suo aspetto manteneva un’agilità invi<strong>di</strong>abile che non riuscivo a capire da dove<br />

arrivasse, stavo ancora analizzandolo quando sembrò ricordarsi della mia presenza e mi fece cenno<br />

<strong>di</strong> sedermi, iniziando ad espletarmi l’elenco dei <strong>di</strong>versi impegni che intendeva affidarmi, lo osservai<br />

mentre parlava e mi sorpresi nel constatare che mi era anche antipatico, molto antipatico,<br />

considerazione che fino a quel momento mi era sfuggita, chissà poi perché.<br />

“Caro…….” M’interpellò chiamandomi con il mio cognome, appen<strong>di</strong>ce caduta fra i ricor<strong>di</strong> ormai<br />

perduti. “Occorre che lei sia presente come mio delegato al congresso che si terrà a Parigi la<br />

prossima settimana.” Senza naturalmente chiedermi se ero <strong>di</strong>sponibile (sorrisi) quale forza il potere,<br />

che dava tutto per scontato, era sicurissimo che non avrei potuto rifiutargli nulla e non sbagliava.<br />

Ricordo perfettamente la sera che mia moglie m’accompagnò all’aeroporto, nel salutarla notai che<br />

era più bella del solito e la lasciai con un certo rammarico, avviandomi imme<strong>di</strong>atamente a ritirare il<br />

biglietto d’imbarco, ma rimasi sorpreso nel constatare che la partenza era stata fissata per le h.10 del<br />

mattino successivo, rimasi un attimo <strong>di</strong>sorientato, perché la prenotazione era stata fatta d’ufficio,<br />

strano che l’impiegata si fosse sbagliata, comunque al <strong>di</strong> là dall’essere contrariato decisi <strong>di</strong> prendere<br />

un taxi e tornare imme<strong>di</strong>atamente a casa, anzi la cosa mi fece notevolmente piacere, pensavo a mia<br />

moglie ed improvviso mi colse il bisogno <strong>di</strong> stare con lei.<br />

Nel tragitto pregustavo la sua espressione sorpresa e felice nel rivedermi in un lasso tanto breve <strong>di</strong><br />

tempo. Entrai veloce nell’androne della palazzina, ignorando lo sguardo (avrei detto) stranito del<br />

portiere, che avevo salutato circa due ore prima, feci la rampa <strong>di</strong> scale a due a due giungendo <strong>di</strong><br />

fronte alla mia porta, infilai piano la chiave nella toppa e girai lentamente i vari scatti fino ad<br />

10


aprirla, entrai silenziosamente e la richiusi dolcemente alle mie spalle, l’ingresso e la sala erano al<br />

buio, ma dalla stanza da letto mi giungevano delle voci sommesse, mia moglie e mio figlio (pensai)<br />

avvicinandomi <strong>di</strong> soppiatto, addossandomi alla porta socchiusa che lasciava filtrare un filo <strong>di</strong> luce<br />

soffusa! Il buco nero ristagna nella mia testa, come se attraverso ad esso sia transitata velocemente<br />

la parte più importante della mia vita, ed ogni volta che apro la porta riemerge un’immagine<br />

assurda e grottesca, ed alcune parole che mi rigettano nel buio, lei bellissima creatura in luce <strong>di</strong>stesa<br />

fra le coltri del nostro can<strong>di</strong>do letto, in compagnia <strong>di</strong> un ombra breve, arrotondata e molle, ma agile<br />

e scattante nel cogliere quel fiore, mentre con voce sgraziata le sussurra. “Ho fatto in modo che non<br />

torni prima <strong>di</strong> sei sette giorni, così saremo liberi <strong>di</strong> incontrarci ogni volta che desideriamo.” Usci da<br />

quella casa furtivamente, così come furtivamente ero entrato, avviandomi senza meta per le vie del<br />

mondo! Per loro forse sono morto e lo sono davvero da quel lontano giorno, quanto lontano? Tanto<br />

da farmi scordare il tempo trascorso e la mia vera identità.<br />

Mi avvio lentamente trascinando quello che resta delle scarpe d’autore, schiacciato dai ricor<strong>di</strong> e dal<br />

vecchio e consunto cappotto <strong>di</strong> pura lana, cammino barcollando e mi reggo qua e là, quanto tempo<br />

mi resta ancora per cancellare quei lembi <strong>di</strong> vita che affiorano impietosi! Qualcuno si ferma e mi<br />

osserva! Che mi riconosca? Affretto i miei incerti passi verso il fiume, tirando su il bavero del<br />

cappotto, giro verso l’angolo più buio dell’arcata del ponte, m’aspetta la casa <strong>di</strong> cartone rattoppata<br />

qua e là, dove spesso raggomitolato attendo il faticoso oblio <strong>di</strong> me stesso, gli altri mi hanno già<br />

<strong>di</strong>menticato.<br />

Quando si ama veramente<br />

Ilario sbottò can<strong>di</strong>do. “Domenica prossima vado a caccia” Una breve frase che ebbe il potere <strong>di</strong><br />

scombinarmi il battito del cuore. Che stupida (<strong>di</strong>ssi a me stessa) tutti gli anni in questa stagione va a<br />

caccia, ma lo fa quasi esclusivamente per stare con gli amici e fare lunghe e infruttuose passeggiate,<br />

perché mi debbo sentire questo strano malessere in corpo? Non ero mai stata una donna apprensiva<br />

e neppure possessiva, anzi davo spazio al tempo libero dell’uomo che amavo e <strong>di</strong>fficilmente<br />

m’imponevo perché cambiasse i suoi piani a favore dei miei e poi dovevo ammettere che non mi<br />

lasciava mai troppo sola, cercai così <strong>di</strong> frenare i pensieri perché non si tramutassero in parole, ma<br />

stranamente non ci riuscii. “Ti prego non andare!” Si girò verso <strong>di</strong> me con un’espressione sorpresa e<br />

chiese. “Perché?” Alzai le spalle con non curanza e inventai una scusa. “Avevo in mente <strong>di</strong> andare<br />

su in collina con te!” Scosse la testa contrariato. “Ma, sono stato invitato a Pavia in riserva!”<br />

Sapevo quanto ci tenesse, infatti, aspettava da tempo quell’invito da parte degli amici, ma io<br />

caparbia insistetti. “Puoi andare un’altra volta, non ti mancheranno le occasioni!” Sospirò e tagliò<br />

corto. “Si vedrà, c’è ancora una settimana, inutile <strong>di</strong>scuterne adesso! Vedremo!” Sospirai come se<br />

fossi rassegnata, ma poi peccai <strong>di</strong> presunzione, sicura com’ero che sarei riuscita a fargli cambiare<br />

idea. Dentro però si era insinuato un sottile malessere che mi dava il tormento, cercavo <strong>di</strong> non fare<br />

domande, ma la mente non si staccava da quel pensiero fisso e il lunedì sera incapace <strong>di</strong> trattenermi<br />

oltre chiesi. “Allora per domenica prossima cosa hai deciso?” Mi sorrise sod<strong>di</strong>sfatto. “Credo che la<br />

battuta <strong>di</strong> caccia sia confermata!” Questa volta mi sentii come se avessi ricevuto un pugno allo<br />

stomaco. “Ma tu non ci vai vero?” Sperai con tutto il cuore che la sua risposta mi sollevasse il<br />

morale, ma quando lo fece la sensazione che provai fu anche peggio. “Certo che vado, perché non ci<br />

devo andare?” Mi feci forza e risposi speranzosa. “Perché te lo chiedo io!” Il suo sguardo da tenero<br />

si rabbuiò. “Tesoro, in un’altra occasione farò quello che mi chie<strong>di</strong>, ma domenica ho deciso <strong>di</strong><br />

andare, io e i miei amici ci siamo già prenotati, ormai non posso più <strong>di</strong>s<strong>di</strong>re!” Stavo davvero male e<br />

mi arrabbiai, prima con me stessa (perché non mi riconoscevo in quella veste) e poi con lui.<br />

“Quin<strong>di</strong>, tu fai le cose senza avvertirmi prima?” Sospirò leggermente spazientito e sorpreso. “Lo<br />

sapevi!” Avvampai. “Che cosa sapevo, che forse andavi a caccia! Ma non che avevi già<br />

confermato!” A quel punto si spazientì del tutto. “Insomma è inutile che insisti ho deciso e non<br />

cambierò idea mi <strong>di</strong>spiace, neppure per far piacere a te!” Da quel momento non ebbi più pace, un<br />

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tarlo mi rodeva l’anima e sembrava gridarmi <strong>di</strong> fermarlo, <strong>di</strong> non farlo andare, dando voce al mio<br />

tormento continuavo a proporgli la stessa richiesta. “Ti prego, fallo per me non andare, cosa ti costa<br />

accontentarmi, non ti chiedo mai nulla! Ti prego! Per favore!” Era come parlassi al vento, neanche<br />

mi rispondeva e anzi incominciava a dare segni d’insofferenza! Quel sabato sera (dopo aver<br />

trascorso una settimana d’inferno) ci recammo, con Michele e Morena in un rinomato ristorante<br />

della nostra città, io mi sentivo veramente male e stavo mangiando svogliatamente, quando la<br />

coppia che era con noi ci avvertì che al tavolo vicino stava cenando un noto Primario oculistico, un<br />

brivido mi colse all’improvviso, lo guardai bene stranamente interessata, ma ero certa <strong>di</strong> non averlo<br />

mai visto prima. Poi tornai subito sulla questione che mi stava a cuore e mi resi conto d’essere sola<br />

contro tre agguerriti avversari, anche Michele e sua moglie davano ragione a lui, ma non mi arresi,<br />

finita la cena salutammo gli amici e ci avviammo verso casa, sapevo che era ormai giunta l’ora della<br />

sua partenza e feci l’ultimo tentativo. “Amore ascoltami ti supplico per l’ultima volta non andare,<br />

dammi retta e ti giuro che non ti chiederò mai più nulla per tutta la vita!” La sua reazione non la<br />

<strong>di</strong>menticherò mai, mi urlò in faccia tutta la sua rabbia. “Basta! Non ne posso più, me ne vado e vado<br />

dove voglio, quando torno parleremo <strong>di</strong> questa storia e ti assicuro che metteremo il punto sulla<br />

situazione!” Fui colta da un pianto irrefrenabile e gli gridai a mia volta. “Vai via, vai pure dove ti<br />

pare, ma quando torni stai lontano da me, perché non so se ti vorrò ancora vedere!” Scesi dall’auto<br />

sbattendo lo sportello e lui partì sgommando, entrai in casa, ma stavo malissimo ero agitatissima e<br />

tremavo come una foglia, cercai <strong>di</strong> calmarmi e <strong>di</strong> dormire, tutto inutile, solo verso l’alba mi<br />

addormentai esausta, ma era un sonno leggero <strong>di</strong>sturbato dai suoni del risveglio esterno, ad un tratto<br />

un colpo fortissimo mi fece trasalire e nello stesso istante vi<strong>di</strong> chiaramente Ilario gettarsi le mani al<br />

volto, balzai dal letto e guardai l’orologio le 10 in punto, il cuore sembrava non volesse starmi in<br />

petto e mi sentivo sudaticcia e stor<strong>di</strong>ta, ma continuavo ad u<strong>di</strong>re quel botto e a focalizzare<br />

quell’orribile visione, cercando <strong>di</strong> convincere me stessa che non c’era nulla <strong>di</strong> vero in quello che<br />

avevo visto, che era solo parto <strong>di</strong> un’esasperata fantasia, ma passavano le ore ed io stavo sempre<br />

peggio. Il trillo del telefono mi fece sobbalzare. “Pronto.” Ci fu un attimo <strong>di</strong> silenzio dall’altra parte<br />

e poi. “Sei tu Roberta?” Sì chi parla. “Sono il fratello d’Ilario.” Sentire la voce <strong>di</strong> suo fratello ed<br />

avere la conferma dei miei timori fu un'unica cosa, non lo lasciai parlare. “Hanno sparato ad Ilario!”<br />

Di nuovo silenzio, questa volta più prolungato e significativo. “Ti hanno già telefonato?” Cercai una<br />

se<strong>di</strong>a, incapace <strong>di</strong> reggermi in pie<strong>di</strong>. “Allora è vero! E’ ferito? Dove si trova?” Mi giunse un sospiro<br />

pesante e colmo d’angoscia. “Lo stanno trasportando al nostro ospedale civile, perché lo attende il<br />

Primario d’oculistica, è stato colpito in pieno volto da una fucilata ed ha perso un occhio!” Il cuore<br />

mi si strinse in una morsa. “Vengo subito!” Il mio Ilario (pensai) lui che a caccia andava raramente,<br />

gli piaceva più camminare e stare con gli amici che sparare, proprio a lui era toccata questa<br />

<strong>di</strong>sgrazia.<br />

Giunsi all’ospedale che il Primario (lo stesso della sera precedente) lo stava visitando, e confermò<br />

purtroppo la per<strong>di</strong>ta, in modo irreversibile della vista e anche dell’occhio destro. Chiesi <strong>di</strong> vedere<br />

subito Ilario, entrai fremente nell’angusto camerino, era il momento d’appellarsi alla forza d’animo,<br />

alla pazienza e alla dolcezza, senza recriminazioni, ormai solo inutili e dannose.<br />

Quando mi vide non riuscì a trattenere le lacrime ed io lo abbracciai zittendolo dolcemente. “Non<br />

piangere, ti fa male, ora devi pensare a guarire presto e bene!” Lo presi per mano e lo guidai passo a<br />

passo attraverso quell’atrio buio, verso l’accettazione <strong>di</strong> se stesso, aiutandolo perché cambiasse le<br />

sue abitu<strong>di</strong>ni senza traumi, camminando sempre alla sua destra per evitargli spiacevoli urti contro<br />

persone o cose e soprattutto senza mai ricordargli che io avevo cercato <strong>di</strong> trattenerlo in ogni modo<br />

dall’andare incontro a quel destino! Mi ci volle tempo e tanto amore, ma al termine ebbi la gioia <strong>di</strong><br />

ritrovare lo stesso uomo capace e autorevole che conoscevo prima dell’incidente e che per fortuna<br />

non si nascondeva <strong>di</strong>etro un paio d’occhiali neri!<br />

IV° Premio letterario: Omaggio a Manzoni. Roma 05.04.2001<br />

12


<strong>Racconti</strong> davanti al fuoco<br />

Io bimba, ascoltavo il vento che coinvolto nella bufera invernale ululava dolorosamente, come se<br />

fosse un grande animale ferito, stavo seduta nei pressi del camino acceso e attendevo che i miei<br />

nonni (finite le loro mansioni) si sedessero accanto a me per raccontarmi i loro ricor<strong>di</strong>.<br />

Mi beavo in quell’attesa, guardando la legna che crepitava, aggre<strong>di</strong>ta con forza dalle fiamme<br />

scintillanti dai bagliori solari, cambiando continuamente il loro aspetto, <strong>di</strong>segnando incre<strong>di</strong>bili<br />

scenari ed improvvise forme, che <strong>di</strong> volta in volta tentavo <strong>di</strong> identificare, inseguendo inoltre con la<br />

fantasia le monachine che si staccavano gioiose dalla fiamma madre e sparivano veloci nella canna<br />

del camino per librarsi nel vento e volare lontano.<br />

La voce della nonna mi riportò alla realtà. “Ti scotti, stai più lontana dal fuoco!” La guardai mentre<br />

unitamente al nonno, accostava la se<strong>di</strong>a impagliata vicino alla mia, poi stirò con le mani il suo<br />

vecchio grembiale, si schiarì la voce, come se dovesse intonare una melo<strong>di</strong>a e incominciò il suo<br />

racconto. “Quando arrivarono le prime cannonate capimmo (il nonno ed io) che l’obiettivo doveva<br />

proprio essere il casello ferroviario dove abitavamo, che in precedenza era stato la sede <strong>di</strong> un<br />

comando militare tedesco, gli alleati erano vicini e per loro quello doveva essere ancora un covo <strong>di</strong><br />

nemici, scappai subito fuori sollecitata dal nonno, ma prima afferrai il materasso che stava sulla<br />

branda, mentre il nonno mi urlava (in mezzo al fragore delle esplosioni) che prendeva la sua amata<br />

bicicletta dal sottoscala e mi avrebbe raggiunta subito, corsi verso la vigna col materasso sulla testa<br />

per ripararmi da eventuali schegge <strong>di</strong> granata, gettandomi in un fosso a lato della strada e<br />

coprendomi con il provvidenziale scudo, appena al riparo si scatenò l’inferno, si u<strong>di</strong>rono<br />

<strong>di</strong>stintamente i sibili laceranti dei proiettili in partenza e un istante dopo le esplosioni si<br />

susseguivano ininterrottamente, forse per qualche secondo, minuti, ore? Ma a me parvero lunghi<br />

una vita, la terra tremò e si mosse sotto <strong>di</strong> me che mi appiattii ancora <strong>di</strong> più al suolo, ma sopra al<br />

materasso cadde <strong>di</strong> tutto, terra, schegge, sassi e chissà cos’altro, poi ad un tratto il silenzio pesante,<br />

angoscioso, u<strong>di</strong>vo <strong>di</strong>stintamente solo i battiti sor<strong>di</strong> del mio cuore, mentre la mente vagava confusa,<br />

poi mi ricordai del nonno e mi feci forza, tolsi lentamente il materasso e alzai la testa guardando<br />

verso il casello, il respiro mi si strozzò in gola, davanti a me si ergeva verso il cielo una gran<strong>di</strong>ssima<br />

nuvola <strong>di</strong> fumo e polvere, pensando alla sorte del nonno mi alzai velocemente e incurante del<br />

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pericolo che ancora incombeva, presi a correre verso quello che ormai credevo fosse un cumulo <strong>di</strong><br />

macerie, ma prima <strong>di</strong> oltrepassare i binari della ferrovia, u<strong>di</strong>i <strong>di</strong>stintamente la voce chiara e ferma<br />

del nonno che gridava al mio in<strong>di</strong>rizzo. “Dove sono cadute? Tutte vicine vero?” Mi fermai<br />

incredula in attesa che la fitta nuvola <strong>di</strong> polvere si <strong>di</strong>ssipasse e finalmente lo vi<strong>di</strong>, fermo con la sua<br />

bicicletta sull’uscio del casello ancora miracolosamente intatto.”<br />

Il nonno ammiccò e sorrise sornione accarezzandosi i folti baffi e si apprestò a raccontare a sua<br />

volta. “Era il Natale del 44 e nella casa colonica fervevano i preparativi per festeggiarlo (a quel<br />

tempo) nel migliore dei mo<strong>di</strong>, i proprietari della casa, assieme ai tanti sfollati e ai giovani militari<br />

tedeschi, stavano allestendo una grande tavola, altri soldati avevano fatto giungere (non si capisce<br />

come) un abete enorme, che stavano adornando con tantissime candele, mentre il padrone <strong>di</strong> casa<br />

osservava compiaciuto e si <strong>di</strong>ceva convinto che quelle bianche candele fossero quasi identiche a<br />

quelle che si era premunito <strong>di</strong> murare in una sua <strong>di</strong>spensa segreta, assieme ad altri oggetti e a generi<br />

alimentari <strong>di</strong> lunga conservazione, mentre Hans e Friz (due giovanissimi soldati tedeschi, che<br />

avevamo preso a ben volere) ammiccavano compiaciuti verso <strong>di</strong> me, non ci voleva molto per capire<br />

che quelle candele non erano simili alle sue, ma erano proprio le sue, come lo erano i salami, le<br />

uova sotto la calce, la farina, i formaggi, ed altro ancora che fioriva come per incanto sulla tavola,<br />

infatti non si era mai visto tanto ben <strong>di</strong> Dio da tempo immemorabile!<br />

Un’atmosfera festosa serpeggiava nell’aria, riscaldata dal grande camino acceso, fuori il freddo<br />

pungente faceva scricchiolare le ossa, ma tutto sembrava tranquillo e tutti volevamo credere che lo<br />

fosse, in fondo (pensai) era Natale per tutti, molti dei ragazzi tedeschi sembravano perfettamente<br />

integrati fra la popolazione della nostra campagna, infatti non emergevano tensioni o intolleranze <strong>di</strong><br />

alcun genere, sebbene fossero considerati nemici e che forse (visto l’avanzata degli alleati) quello<br />

sarebbe stato l’ultimo Natale della loro permanenza con noi, ognuno pensava ai figli lontani e tutti<br />

speravamo che venissero trattati con la stessa umanità con la quale noi trattavamo questi giovani<br />

che peraltro ci ricambiavano.<br />

Fuori era caduta abbondante la neve, osservavo il movimento strano <strong>di</strong> mezzi e uomini,<br />

considerando che quella casa era il quartiere generale tedesco, noi civili ci ritenevamo al sicuro,<br />

anche se non tutti sapevano che all’interno dei pagliai, svuotati <strong>di</strong> tutto il loro contenuto, funzionava<br />

una grossa centrale ra<strong>di</strong>o, ed inoltre in pochi eravamo a conoscenza che se la notizia fosse trapelata<br />

avremmo potuto correre gravi rischi, sperai quin<strong>di</strong> in cuor mio, che almeno quella notte tanto<br />

speciale si fosse riusciti ad osservare una buona tregua!<br />

Stavamo per metterci a tavola, quando un sibilo fortissimo ci scosse paralizzandoci all’istante, la<br />

terribile esplosione che seguì <strong>di</strong>ede vita ad un fuggi, fuggi generale, il mucchio umano si ammassò<br />

verso la porta, ma ad un tratto un bagliore sinistro illuminò totalmente la notte, intravi<strong>di</strong> un’alta<br />

lingua <strong>di</strong> fuoco e capii che il pagliaio contenente la centrale ra<strong>di</strong>o era stata colpito dalla granata e<br />

stava <strong>di</strong> conseguenza bruciando, un urlo <strong>di</strong>sumano richiamò la nostra attenzione, le persone<br />

accalcate sulla porta si <strong>di</strong>visero e fra <strong>di</strong> loro passò un giovane soldato completamente avvolto dalle<br />

fiamme, brancolò con le braccia protese in avanti in cerca <strong>di</strong> un possibile aiuto, agguantai una<br />

coperta, corsi verso <strong>di</strong> lui, lo avvolsi tutto in un abbraccio, cademmo entrambi fra il muro e la<br />

credenza, mentre si <strong>di</strong>menava convulsamente, ormai rantolando, le fiamme superarono la coperta ed<br />

io mi bruciai le mani, i capelli, ciglia e baffi, ma non riuscii a salvare quel povero ragazzo tedesco<br />

che spirò fra le mie braccia, mentre ancora stavo spegnendo le ultime lingue <strong>di</strong> fuoco, lo strinsi a me<br />

e lo cullai come si fa con un bambino, alzai gli occhi e vi<strong>di</strong> i volti <strong>di</strong>sperati attorno a me, la festa era<br />

finita, inesorabilmente finita, come si poteva pensare che quella era la notte <strong>di</strong> Natale?” Il nonno<br />

smise <strong>di</strong> parlare e fu facile capire che anche a lui come a noi, gli si era chiusa la gola rievocando<br />

quel terribile momento, guardai le braci che occhieggiavano al <strong>di</strong> sotto <strong>di</strong> una leggera cenere e<br />

sussurrai poco convinta. “Adesso tocca a te nonna!” Si alzò decisa. “Adesso è ora <strong>di</strong> dormire!”<br />

Tolse lo scal<strong>di</strong>no (detto prete) dal letto ed io mi infilai veloce fra le coltri calde, un bacino alla<br />

nonna e poi chiesi. Domani mi racconti ancora <strong>di</strong> Hans e Friz?” Mi sembrava così strano che<br />

chiamassero i miei nonni, mamma e papà. “Dove sono ora?” La nonna prima <strong>di</strong> rispondere scosse la<br />

testa e sorrise dolcemente. “Forse in para<strong>di</strong>so!”<br />

14


P.S<br />

Il racconto non è frutto <strong>di</strong> fantasia, ma <strong>di</strong> vita realmente vissuta in terra <strong>di</strong> Romagna, dove anche i<br />

nemici potevano trovare sentimenti <strong>di</strong> ospitalità e accoglienza, so che i miei nonni avrebbero tanto<br />

desiderato rivedere i due giovani tedeschi, che li avevano spesso salvati da tanti momenti <strong>di</strong> gravi<br />

<strong>di</strong>fficoltà, oppure anche solo sapere se erano riusciti a salvarsi nella grande ritirata del loro<br />

esercito.<br />

*Pubblicato dal Resto del Carlino<br />

*Partecipato al concorso “Voci <strong>di</strong> donne” sul tema “Ricor<strong>di</strong>” Savona 2004<br />

*Premio Europeo <strong>di</strong> Arti e Letteratura Via Francigena<br />

*Premio Speciale della Giuria, per il concorso <strong>di</strong> Letteratura Internazionale Pontremoli 01.07.2007.<br />

Con il racconto “ <strong>Racconti</strong> davanti al caminetto”<br />

Un uomo da amare<br />

Quella sera uguale a tante altre, mi preparai per andare a ballare con le amiche <strong>di</strong> sempre e come<br />

sempre con la stessa stanchezza, che ormai pareva aver messo ra<strong>di</strong>ci profonde in ognuna <strong>di</strong> noi, in<br />

me come in loro <strong>di</strong>lagava un malessere sottile e spesso insopportabile, essendo consapevoli che<br />

scaturiva dal mancato incontro <strong>di</strong> un uomo ideale, (impresa ardua) ma poiché questo era il fine<br />

ultimo <strong>di</strong> tutte le nostre uscite, partivamo apparentemente allegre e con il finto entusiasmo <strong>di</strong> chi<br />

non ha mai subito sconfitte, ed ogni volta al ritorno ci trovavamo tristi e rassegnate a dover vivere<br />

nella nostra ormai consolidata solitu<strong>di</strong>ne.<br />

Ad ogni modo avevamo davanti una serata <strong>di</strong> musica e balli, il <strong>di</strong>vertimento ci attendeva e noi<br />

eravamo decise (malgrado tutto) a passare una bella notte!<br />

Ma che quella sera non era come le altre, io me ne accorsi imme<strong>di</strong>atamente, perché appena entrata<br />

nella sala da ballo mi scontrai letteralmente con lui, ed ebbi come una folgorazione, seguita da una<br />

serie <strong>di</strong> emozioni inequivocabili come ad esempio; il respiro che mi si annodava alla gola, o il<br />

cuore che batteva sonoramente all’esterno, le gambe molli e il corpo attraversato da piccole, ma<br />

intense scariche elettriche, mi colpì per primo lo sguardo cupo e severo <strong>di</strong> occhi ritenuti<br />

erroneamente scuri, la bella bocca quasi nascosta fra due pieghe amare, perché non avvezza al<br />

sorriso, il volto pallido, magro, ma ancora giovane, solcato da poche profonde rughe, forse retaggio<br />

<strong>di</strong> trascorse e sofferte vicissitu<strong>di</strong>ni, però conservava l’espressione quasi ingenua e stupita<br />

dell’eterno e romantico ragazzo, i capelli castano scuro spruzzati leggermente d’argento, alto,<br />

<strong>di</strong>noccolato, ma egualmente elegante nel portamento e con una certa ricercatezza nel vestire.<br />

Mi sorrise imme<strong>di</strong>atamente, dolcemente e il volto gli si illuminò, cancellando in un solo istante ogni<br />

segno <strong>di</strong> perturbazione, mi sentii avvolgere e compenetrare da sensazioni <strong>di</strong> profondo benessere e in<br />

un attimo fui invasa da una tenerezza infinita e strana, che mi proiettò inesorabilmente verso <strong>di</strong> lui,<br />

così contraccambiai, riversando nel mio sorriso tutta la <strong>di</strong>sponibilità d’animo <strong>di</strong> cui mi sentivo<br />

capace, lasciando inoltre che trasparisse nello sguardo l’imme<strong>di</strong>ata attrazione che provavo nei suoi<br />

confronti, rendendomi perfettamente conto che in quel preciso momento, lasciavo cadere ogni<br />

barriera <strong>di</strong>fensiva, eretta in tanti anni <strong>di</strong> feroci e amare delusioni, chissà perché sentivo che <strong>di</strong> lui mi<br />

potevo fidare! Mi innamorai così, istantaneamente, prepotentemente e appassionatamente, senza<br />

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pormi domande terra, terra, del tipo (per intenderci) <strong>di</strong> chi fosse, da dove venisse e qual’era la sua<br />

vita, in quel momento poco m’importava e non volevo pensare a nulla che potesse guastarmi<br />

l’atmosfera splen<strong>di</strong>da che si era creata fra <strong>di</strong> noi, perché avevo la sensazione esaltante e<br />

straor<strong>di</strong>naria, che ciò che provavo fosse già con<strong>di</strong>viso pienamente, sentivo il sangue scorrermi più<br />

velocemente nelle vene, mentre i battiti scomposti del cuore continuavano a segnarmi il tempo <strong>di</strong><br />

quell’amore che sentivo già così importante e coinvolgente.<br />

Continuando a sorridermi mi porse la mano e chiese semplicemente. “Balliamo?” Ed io incapace <strong>di</strong><br />

parlare accennai <strong>di</strong> sì col capo, scendemmo in pista, mi cinse alla vita stringendomi a sé e ci<br />

lasciammo trasportare dalle note <strong>di</strong> quel nostro primo valzer, il contatto dei corpi non fece altro che<br />

confermare ed intensificare tutte le sensazioni già vissute pochi istanti prima, i passi perfettamente<br />

sincronizzati ci davano la netta convinzione <strong>di</strong> una grande intesa anche nel ballo, tanta l’armonia<br />

che ci riempiva l’anima che intorno a noi non c’era più nessuno, sparito il mondo con tutto il suo<br />

contenuto umano, mentre attraverso sguar<strong>di</strong> appassionati colmavamo noi stessi <strong>di</strong> quel sentimento<br />

neonato, ma già così grande e prorompente, continuando a sprofondare l’uno nell’altra, stupiti e<br />

increduli che tutto stesse davvero succedendo a noi, che proiettati fuori dal tempo e lontani da ogni<br />

altra realtà che non fosse la nostra, ci domandavamo <strong>di</strong> quale splen<strong>di</strong>da magia eravamo preda, che<br />

ci spingeva a stare più vicini a coccolarci, stretti in un abbraccio che non aveva più nulla del ballo,<br />

ma moltissimo dell’amore.<br />

Ad un tratto mi sfiorò leggermente la fronte con le labbra, così come se fosse del tutto naturale<br />

farlo, mi strinsi <strong>di</strong> più a lui segnalandogli la mia gioia per quel piccolo e tenerissimo bacio,<br />

emozionata come una scolaretta <strong>di</strong> fronte al suo primo amore e mi domandai perché avrei detto<br />

d’essere già stata fra quelle braccia, circondata dal loro intenso calore. Mi scostai a guardarlo per<br />

l’ennesima volta e <strong>di</strong> nuovo quel sorriso dolcissimo carico <strong>di</strong> premesse m’avvolse colmandomi<br />

l’anima <strong>di</strong> una gratitu<strong>di</strong>ne infinita, sprofondai nei suoi occhi ver<strong>di</strong> a pagliuzze d’oro, così dolci e<br />

carezzevoli, mentre le sue mani scivolavano sulla maglietta aderente che indossavo, donandomi la<br />

sensazione esaltante che quella leggera barriera fosse inesistente.<br />

Ballavamo tanto stretti l’una all’altro da sembrare una sola persona, stretti come se avessimo paura<br />

<strong>di</strong> perderci, sentivo d’amarlo con un intensità tale da averne timore e ancora una volta lui mi stupì<br />

dando voce al mio pensiero. “Ti amo.” Mi sussurrò fra i capelli e il nodo alla gola quasi mi soffocò,<br />

sorrisi nascondendo il volto arrossato dall’emozione contro la sua giacca che sapeva <strong>di</strong> buono e<br />

pensai che chiunque avrebbe trovato illogica una situazione come quella che stavamo vivendo noi<br />

due, anzi sotto questo profilo, ci rendevamo conto, (in quei pochi istanti che riuscivamo a<br />

<strong>di</strong>stogliere l’interesse l’uno per l’altra) d’emanare come una sorta <strong>di</strong> luce, o comunque <strong>di</strong> sicuro<br />

qualcosa che ci collocava al centro dell’attenzione, molti gli occhi che ci fissavano, (avrei detto)<br />

rapiti come attratti dal nostro piacere <strong>di</strong> stare assieme, così palesemente sban<strong>di</strong>erato, mentre<br />

interiormente ci scoprivamo a poco a poco, mettendo a nudo e senza falsi pudori, la felicità<br />

d’esserci incontrati e l’amarci al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> tutto e proprio quell’interesse che ci circondava, ci portava<br />

a credere che l’amore, (quello vero) potesse prendere connotati <strong>di</strong>versi, visibili, fino a <strong>di</strong>ventare<br />

quasi palpabile, oppure tanta la sua forza da essere percepito da chi nelle imme<strong>di</strong>ate vicinanze, ci<br />

stava osservando con una strana, curiosa e compiaciuta espressione.<br />

“Ti sei accorta <strong>di</strong> quanto siamo belli?” Mi chiese continuando a sorprendermi, gli sorrisi costatando<br />

che era assolutamente vero, in barba alle rughe, a ciocche <strong>di</strong> capelli bianchi e al provvidenziale<br />

abbassamento <strong>di</strong> vista che aiutava a <strong>di</strong>minuire i segni legati all’età, ecco così svelato l’arcano <strong>di</strong><br />

tanto interesse, ad<strong>di</strong>rittura le mie amiche visibilmente compiaciute cercavano in tutti i mo<strong>di</strong><br />

d’attirare la mia attenzione, con una domanda palesemente stampata negli occhi. “Chi è?” Le<br />

ignorai volutamente e poi cosa avrei potuto rispondere se neppure io sapevo chi era.<br />

I balli si susseguirono ai balli, le canzoni d’altri tempi (che poi erano i tempi della nostra<br />

giovinezza) sembravano scritte al momento e solo per noi, che fusi l’uno all’altra ci pareva d’essere<br />

trasportati verso un mondo tutto nostro interdetto a chiunque, la vita partiva <strong>di</strong> lì nulla più valeva<br />

del passato, se non il rimpianto <strong>di</strong> non averlo vissuto assieme, il nostro presente assorbiva tutto e il<br />

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futuro (che invece era ancora da vivere) ci apparteneva totalmente, consapevoli d’avere più vita<br />

<strong>di</strong>etro che davanti, ma che se vissuta bene poteva ancora ripagarci <strong>di</strong> tante carenze.<br />

Lo guardavo come se fosse un miracolo, inebriandomi dello splen<strong>di</strong>do sorriso che mi <strong>di</strong>spensava,<br />

dei suoi occhi colmi <strong>di</strong> un incre<strong>di</strong>bile amore e della voce pacata e rassicurante che mi trasmetteva<br />

energia, poche parole sussurrate a fior <strong>di</strong> labbra fra i capelli, ma così importanti, sincere e<br />

dolcissime, atte ad esaltare ogni istante <strong>di</strong> quel nostro primo incontro, raccontandomi il piacere <strong>di</strong><br />

stare con me, facendo in modo <strong>di</strong> caricare ogni gesto, ogni sorriso ed ogni piccola frase <strong>di</strong> quel<br />

sentimento che gli scoppiava dentro, chiedendoci a vicenda dove eravamo stati fino al momento <strong>di</strong><br />

quell’incre<strong>di</strong>bile e straor<strong>di</strong>nario incontro, oppure come eravamo riusciti a vivere tutto quel tempo<br />

l’uno senza l’altra e quello sfiorar <strong>di</strong> labbra rubando baci all’interesse <strong>di</strong> occhi in<strong>di</strong>screti, lasciando<br />

che brivi<strong>di</strong> <strong>di</strong> intenso piacere viaggiassero lungo l’asse dei corpi a velocità supersonica, mentre le<br />

parole <strong>di</strong> una bella canzone faceva da cornice alla melo<strong>di</strong>a più eccelsa che si spandeva nel cuore e<br />

nella mente <strong>di</strong> entrambi, poesia nella poesia, unica, ineguagliabile, stupefacente, ci sentivamo<br />

protagonisti <strong>di</strong> una favola ancora tutta da scrivere, certi che non ci saremmo più persi, avevamo<br />

tanto da raccontare, per colmare lacune e toglierci curiosità, esau<strong>di</strong>re desideri ora ancora<br />

inconfessabili, per conoscerci a fondo e continuare ad amarci!<br />

Rimanemmo così strettamente abbracciati anche se l’orchestra non suonava più, mi cullò<br />

teneramente, già temendo il momento del <strong>di</strong>stacco. “Non ti ho ancora lasciato e già mi manchi da<br />

morire!” Avevamo la stessa corrente <strong>di</strong> pensiero, sentivamo all’unisono, certo la serata volgeva al<br />

termine e dovevamo per forza ritornare alle nostre reciproche realtà, ma già sentivamo fortemente il<br />

vuoto che ognuno <strong>di</strong> noi due avrebbe lasciato nell’altro, <strong>di</strong> sicuro per quanto breve era troppo il<br />

tempo che dovevamo trascorrere lontani, la musica riprese e lui mi strinse forte a sé, ripetendo<br />

sussurrate le parole della canzone. “Se tu fossi la mia amante ti giuro impazzirei!” Risposi tenera e<br />

completamente <strong>di</strong>sponibile. “Anch’io amore mio!”<br />

Cosa può l’amore? Un miracolo che ti cambia la vita, che ti colma l’anima <strong>di</strong> tutto il meglio, ti apre<br />

gli occhi e ve<strong>di</strong> quello che fino ad un attimo prima hai solo guardato, finisci a far parte dei <strong>tramonti</strong><br />

e delle albe dai colori più violenti e cal<strong>di</strong>, ti senti cadere nell’orizzonte se c’è l’arcobaleno, o fai<br />

parte integrante <strong>di</strong> terra e mare, collochi la tua <strong>di</strong>mora ideale in cielo, ami i nemici e sopporti<br />

pazientemente le attese, tanto non devi correre da nessuna parte, hai già quello che volevi, non temi<br />

temporali e terremoti se lui ti è vicino, ami la notte e la nebbia perché ti avvolgono nascondendo gli<br />

incontri con lui e con lui vorresti visitare i luoghi più ameni, forse andare in para<strong>di</strong>so, ma poi ti<br />

accorgi che ci sei già, vivi per un suo sorriso e per le sue carezzevoli mani sulla pelle e fra i capelli,<br />

faresti carte false per i suoi baci, staresti ore a guardarlo mentre dorme, con le sue parole ti <strong>di</strong>sseti<br />

come fossero zampilli <strong>di</strong> una fonte d’acqua fresca, ami il tono della sua voce la riconosceresti fra<br />

mille, adori i suoi passi che ti rassicurano, ami i fiori, i colori, l’aria fresca impregnata <strong>di</strong> aromi, il<br />

vento che porta una vela lontano, il volo <strong>di</strong> un gabbiano, la sabbia calda sotto i pie<strong>di</strong>, un cielo blu<br />

cobalto perforato dalle stelle, sorri<strong>di</strong> alla luna al sole, a tutti e tutti ti sorridono, ma solo tu sai<br />

perché, nella mente <strong>di</strong>laga la sua immagine e il cuore la racchiude gelosamente, non occorre porsi<br />

domande perché conosci già le risposte, ti accorgi che due consonanti e tre vocali rivestono un<br />

importanza fondamentale e un - ti amo - detto all’infinito ti ritorna ad eco, lui è l’ultimo pensiero<br />

prima <strong>di</strong> dormire ed è il primo quando ti svegli!<br />

Gli affanni, i malesseri, le depressioni, il continuo star male che investe l’umanità, è dovuto alla<br />

continua ricerca d’amore, passiamo la vita a cercare questo prezioso sentimento e finiamo sempre<br />

più spesso a riempircela <strong>di</strong> palliativi che non ci sod<strong>di</strong>sferanno mai, stiamo purtroppo perdendo i<br />

sensori naturali che ci hanno guidato in questa ricerca per secoli e che erano estremamente esatti<br />

nell’in<strong>di</strong>viduare l’altra metà del cielo, gli antichi, romantici e più famosi amori sono presi ancor<br />

oggi ad esempio con scarso successo purtroppo, così siamo sempre più <strong>di</strong>sorientati e soli,<br />

fatichiamo a lasciarci coinvolgere e trasportare da questo sentimento, che quasi ce ne vergogniamo,<br />

abbiamo cambiato il tipo <strong>di</strong> pudore, infatti è più facile che scopriamo completamente il corpo,<br />

piuttosto <strong>di</strong> denudare l’anima, e ormai troppi uomini e donne camminano sulle due sponde <strong>di</strong> un<br />

lungo fiume in piena, ci si vede da lontano, ma non si trovano più le capacità <strong>di</strong> erigere ponti <strong>di</strong><br />

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collegamento fra una sponda e l’altra, verrebbero costruiti con la <strong>di</strong>ffidenza, l’incapacità <strong>di</strong><br />

comprendersi e perdonarsi, con l’egoismo, con il menefreghismo e con chissà quanti aggettivi<br />

ancora, e così finirebbero per crollare sotto il peso delle prime <strong>di</strong>fficoltà.<br />

“Ma vi rivedrete?” Sussultai alla domanda della più riservata fra le mie tre amiche e ritornai<br />

(presente a me stessa) dal <strong>di</strong>vagare sul tema amore, le sorrisi e la risposta che <strong>di</strong>e<strong>di</strong> le convinse, che<br />

dovevo essere stata colpita più da un mattone, che dall’amore. “Sì ci rivedremo e continueremo ad<br />

amarci, il ponte non crollerà sotto il nostro peso, l’abbiamo costruito per noi e a regola d’arte.”<br />

Notai i loro sguar<strong>di</strong> preoccupati ed io sorridendo compiaciuta e felice, tornai a pensare a lui,<br />

<strong>di</strong>vagando sul tema amore.<br />

Premio S. Valentino Terni 14. 02.2003<br />

Segnalazione Speciale, Targa e <strong>di</strong>ploma d’onore.<br />

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Una lunga notte d’amore<br />

“Vai ed esponigli chiaramente le nostre proposte e torna solo quando avrai ottenuto il contratto<br />

firmato e sottoscritto!” La voce del mio capo risuonò all’interno del suo ufficio sicura e perentoria,<br />

ma per un attimo sentii le gambe molli e la sicurezza che mi aveva retto fino a quel momento parve<br />

scomparire in un istante. Eppure solo io sapevo quanto impegno avevo riversato nel mio lavoro, per<br />

giungere a quell’obiettivo, ed ora che finalmente potevo assaporare la vittoria ero quasi tentata a<br />

rinunciarvi, ma fortunatamente mi ripresi subito e accettai con entusiasmo quella prima notevole<br />

<strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> stima e fiducia nei miei confronti.<br />

L’idea poi <strong>di</strong> trascorrere un intero weekend al mare (anche se per lavoro) mi elettrizzava, inoltre la<br />

stagione appena iniziata prometteva davvero bene, avrei potuto passare due giorni interi sulla<br />

spiaggia a godermi il sole. Il cameriere mi accompagnò al tavolo e colsi nel suo sguardo una nota<br />

d’ammirazione, mi compiacqui con me stessa e questo mi <strong>di</strong>ede sicurezza, il mandato che mi era<br />

stato affidato non era certo semplice e dovevo essere assolutamente all’altezza della situazione, se<br />

volevo aver successo e il fatto <strong>di</strong> sentirmi bene con me stessa mi aiutava molto.<br />

Il tavolo a me riservato sembrava più adatto ad una cena romantica, invece che a una cena <strong>di</strong> lavoro,<br />

elegantemente apparecchiato, illuminato da tre candele rosse poste in un candelabro d’argento ed<br />

inoltre, situato in una veranda con vista sul mare, colma <strong>di</strong> fiori profumati, profumo che si<br />

espandeva nell’aria frizzante della sera appena accennata, con alla mia sinistra l’est già scuro stretto<br />

fra cielo e mare e alla mia destra l’ovest nascosto <strong>di</strong>etro le colline, ancora sfumato dei cal<strong>di</strong> colori<br />

del sole e inoltre il mare a due passi, con il suo dolce moto perpetuo e l’antico canto, quanti stimoli<br />

per due innamorati, (pensai) ma imme<strong>di</strong>atamente dopo misi bando al romanticismo che mi aveva<br />

colto <strong>di</strong> sorpresa e voltai pagina, <strong>di</strong>cendomi che avevo ben altro da fare che pensare all’amore.<br />

19


Avevo trascorso l’intera giornata <strong>di</strong>stesa al sole, che emanava un calore ancora sopportabile, per<br />

una pelle (come la mia) che usciva dai rigori dell’inverno e al ritorno in albergo mi ero presa cura <strong>di</strong><br />

me stessa, lodandomi dei risultati ottenuti ed ora sod<strong>di</strong>sfatta ed emozionata ero in attesa del mio<br />

interlocutore, che naturalmente non conoscevo, ma speravo fosse un uomo piacevole con il quale<br />

trascorrere la serata, anche se immaginavo impegnativa. Stavo quin<strong>di</strong> molto attenta alla porta<br />

d’ingresso, ma fino a quel momento gli uomini entrati nella sala avevano incontrato il mio più<br />

completo <strong>di</strong>sappunto, seguito dal sollievo <strong>di</strong> constatare che il cameriere li in<strong>di</strong>rizzava verso altri<br />

tavoli, poi mi <strong>di</strong>strassi un attimo per guardare l’ora, quando ad un tratto una voce profonda e<br />

vibrante alle mie spalle mi fece trasalire. “Buonasera!” E prima che avessi il tempo <strong>di</strong> girarmi, la<br />

persona a cui apparteneva quella voce si portò <strong>di</strong> fronte a me, sorridendo al mio sobbalzo e al<br />

conseguente, palese imbarazzo, tutto avrei voluto meno che quello splen<strong>di</strong>do e giovane uomo mi<br />

cogliesse <strong>di</strong> sorpresa, mi sentivo come se fossi stata colta in fragranza <strong>di</strong> reato e dal momento che<br />

non accennavo a contraccambiare la buonasera, continuò. “Sto cercando Andrea Aloisi è questo il<br />

suo tavolo vero?” Toccato! Esclamai fra me e me, situazione <strong>di</strong> parità, ora ero io a sorridere. “Certo<br />

si accomo<strong>di</strong>!” Mi tese la mano prima <strong>di</strong> accettare l’invito e si presentò. “Rolando Mainar<strong>di</strong>, molto<br />

lieto e ammirato!” Contraccambiai la stretta <strong>di</strong> mano cercando <strong>di</strong> occultare l’emozione che<br />

suscitava in me la sua presenza e risposi in modo molto professionale. “Piacere mio!” Farfugliando<br />

sottovoce il mio nome, che lui certamente non colse.<br />

Scostò la poltroncina e sedette, subito il cameriere ci fu vicino e versò per entrambi l’aperitivo, la<br />

sua espressione tradì sorpresa e si guardò attorno, ma non accennò a pormi domande, che<br />

evidentemente gli stavano a cuore, alzò invece il calice e cercò il brin<strong>di</strong>si evidenziando la sua<br />

galanteria. “Salute ad una stupenda signora!” I calici tintinnarono all’incontro e i nostri sguar<strong>di</strong> si<br />

fusero soffermandosi l’uno nell’altro, provai un’emozione talmente forte, tanto da sentire tempie e<br />

cuore battermi con forza, al passaggio <strong>di</strong> un sangue che aveva <strong>di</strong> certo preso una velocità anomala!<br />

Mi arrabbiai con me stessa, ma ugualmente non riuscivo a smagnetizzarmi dal vincolo che mi<br />

imponevano quegli occhi scuri e profon<strong>di</strong>, ma poi fortunatamente venne <strong>di</strong>stratto dal cameriere che<br />

propose ad entrambi la carta del menù, lui l’aprì e tornò a fissarmi con intensità, capivo che non<br />

sapeva come pormi la domanda, ma non poteva proprio esimersi dal farla, richiuse il menù e la fece<br />

uscire <strong>di</strong> prepotenza. “Mi scusi se mi permetto, ma non dovremmo aspettare il signor Aloisi prima<br />

<strong>di</strong> iniziare la cena?” Era qui che lo volevo, ora mi sarei goduta l’espressione del suo volto. “Mi<br />

spiace deludere la sua aspettativa, Andrea Aloisi sono io!” Dire d’averlo colto <strong>di</strong> sorpresa non rende<br />

certo l’idea, sobbalzò tanto violentemente da far tremare il tavolo, boccheggiò alla ricerca d’aria e<br />

<strong>di</strong> parole e prese tempo bevendo lentamente un sorso <strong>di</strong> vino, come a voler rior<strong>di</strong>nare i pensieri, poi<br />

esordì quasi impacciato. “Non so davvero come farmi perdonare!” Gli sorrisi con dolcezza, allungai<br />

la mia mano verso la sua e coraggiosamente passai le <strong>di</strong>ta sul suo dorso in una leggera quanto tenera<br />

carezza e subito mi resi conto che era <strong>di</strong> certo troppo confidenziale, visto come mi sorrise a sua<br />

volta e poi chiese. “Devo ritenermi perdonato?” Scossi la testa senza parlare. “No? E perché no?”<br />

Ribadì sorpreso, attesi qualche istante prima <strong>di</strong> rispondergli e poi esor<strong>di</strong>i. “Perché <strong>di</strong> regola si<br />

perdona chi ha sbagliato, la colpa è mia che ho lasciato volutamente che lei cadesse nell’equivoco!”<br />

Sospirò sollevato, si guardò attorno e tornò a fissare me. “Una serata come questa, in questo<br />

ambiente unico, con una donna al fianco attraente come te, <strong>di</strong> certo è un peccato sprecarla parlando<br />

d’affari?” Lo guardai sorpresa al tu e feci per obiettare. “Ma io….” M’interruppe deciso. “Ti và se<br />

ci go<strong>di</strong>amo la vita? Avremo tutto il tempo <strong>di</strong> parlare <strong>di</strong> lavoro domani, prima <strong>di</strong> ripartire!”<br />

Decisi <strong>di</strong> lasciare fare senza minimamente riflettere, desideravo anch’io come lui, vivere<br />

intensamente quell’incre<strong>di</strong>bile notte!<br />

L’ottima cena a base <strong>di</strong> pesce fu un prelu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> erotismo ai massimi livelli, non c’era gesto o<br />

sguardo che non fosse intriso <strong>di</strong> stimoli atti a surriscaldare l’atmosfera fuori e dentro <strong>di</strong> noi, anche il<br />

cameriere si era accorto dell’intesa che scaturiva dai nostri brucianti sguar<strong>di</strong>, colmi <strong>di</strong> tutto quello<br />

che poteva essere coinvolgimento sessuale, ormai palesemente mal represso.<br />

Di certo non mi ero mai comportata in quel modo, ma non m’importava e anche <strong>di</strong> un’altra cosa ero<br />

certa, non mi ero mai sentita tanto emozionata e partecipe!<br />

20


A cosa dare la colpa? A Rolando? Che mi aveva colpita subito e mi piaceva in modo superlativo? O<br />

forse alla voglia pazza <strong>di</strong> lasciarsi andare per una volta nella vita? O a quel vinello frizzante, fresco<br />

delle colline locali che pizzicava il naso e intorpi<strong>di</strong>va leggermente la mente, sorseggiato lentamente<br />

e in modo provocatorio? Ma poi cos’altro c’era in quella notte? Perché era stato così facile farsi<br />

condurre da Rolando verso l’obiettivo che entrambi avevamo focalizzato e cioè fare l’amore quella<br />

stessa notte? E tutto così lampante, come portare (maleducatamente) quel delizioso pesce alla bocca<br />

con le mani, mor<strong>di</strong>cchiandolo e sminuzzandolo con esplicito sottointeso, succhiando in modo<br />

sfacciato ed eloquente crostacei e quant’altro potesse ispirarci, facendoci inebriare dal profumo <strong>di</strong><br />

salse<strong>di</strong>ne misto a quello dei fiori e <strong>di</strong> resina <strong>di</strong> pino, oppure ascoltando le note in lontananza <strong>di</strong> una<br />

vecchia, ma sempre bella canzone che parlava <strong>di</strong> una rotonda sul mare e le stelle ammiccanti e<br />

luminosissime complici e testimoni <strong>di</strong> quel nostro incontro fuori da regole e dai canoni della<br />

cosiddetta normalità, e tutto questo senza mai staccare gli occhi l’uno, dall’altra in una crescente<br />

emozione. Ad un tratto cogliemmo lo sguardo stralunato e coinvolto del cameriere, decidendo<br />

all’unisono <strong>di</strong> fuggire sulla spiaggia in cerca <strong>di</strong> solitu<strong>di</strong>ne, scendemmo <strong>di</strong> corsa la scalinata e<br />

sempre <strong>di</strong> corsa attraversammo l’ampia spiaggia, sentivo un fuoco dentro che mi mordeva le carni,<br />

uno spasmo alle viscere e il cervello in fumo, sapevo solo che desideravo quell’uomo in modo<br />

assoluto e non mi sarei opposta al suo desiderio <strong>di</strong> fare l’amore, che poi era anche il mio.<br />

Ci fermammo ansimando più dal desiderio che per la corsa fatta e lui mi strinse forte a sé,<br />

baciandomi appassionatamente, sussurrandomi tutto il repertorio migliore che si dovrebbe usare in<br />

questi particolari frangenti, mentre le sue mani come impazzite dalla frenesia si facevano strada, per<br />

superate le leggere barriere <strong>di</strong> stoffa che le separavano dal contatto con la mia pelle e che caddero<br />

poi inerti ai nostri pie<strong>di</strong>, da parte mia nessuna resistenza, anzi una partecipazione attiva e avrei detto<br />

stranamente esperta e senza falsi pudori, perché anch’io frugavo sotto i suoi abiti cercando il<br />

contatto effettivo con il suo corpo e con le sue parti più intime, mentre io ero già persa e<br />

completamente aperta ai desideri <strong>di</strong> entrambi.<br />

E poi sulla spiaggia, sotto il cielo <strong>di</strong> Rimini colmo <strong>di</strong> miria<strong>di</strong> <strong>di</strong> stelle, si compiva l’antico rituale, il<br />

miracolo dell’amore, l’esplorazione febbrile dei nostri corpi e la loro fusione in un crescendo <strong>di</strong><br />

langui<strong>di</strong> baci in ogni dove, i fremiti <strong>di</strong> piacere come battiti d’ali, i sospiri per contenere i gemiti<br />

troppo espliciti, e fiumi <strong>di</strong> parole spesso incomplete, ma dal trascinante contenuto erotico, in attesa<br />

dell’approssimarsi dell’apoteosi……e poi ecco finalmente, dolcemente e poi violentemente la<br />

piccola morte, quella stupenda con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> per<strong>di</strong>ta spazio, tempo, tanto anelata da amanti e poeti<br />

<strong>di</strong> tutti i tempi e poi ancora e ancora amplessi, carezze, spudorati baci e ancora più spudorate parole,<br />

sulla sabbia e nell’acqua tiepida del mare a farci cullare come in un grembo materno, stretti in una<br />

fusione che pareva non aver mai fine! Una lunga, incre<strong>di</strong>bile, travolgente notte d’amore. L’alba<br />

intrisa <strong>di</strong> colori fiammeggianti ci sorprese nu<strong>di</strong>, e completamente inerti, ancora stretti l’uno all’altra,<br />

privi anche dell’energia necessaria per rivestirci, le pelli arrossate dalla frizione contro la sabbia,<br />

con le membra indolenzite e stanche, Rolando mi fissò e poi sussurrò al mio orecchio. “Andrea<br />

tesoro mio, questo è il contratto più importante che mi sia mai capitato nella vita, lo firmerò senza<br />

porre con<strong>di</strong>zioni, vuoi essere mia per la vita?” Non ci fu bisogno <strong>di</strong> rispondere, suggellai con un<br />

bacio la sua <strong>di</strong>chiarazione d’amore.<br />

Dopo tanto tempo stiamo ancora bene assieme, ma se vogliamo ritrovare intatta la magia <strong>di</strong> quella<br />

notte, dobbiamo ritornare a Rimini, cenare a base <strong>di</strong> pesce, sorseggiando il nostro famoso vinello,<br />

sulla nostra terrazza con vista sul mare, <strong>di</strong>vertendoci a <strong>di</strong>sorientare ogni volta il cameriere <strong>di</strong> turno,<br />

giocando a provocarci a vicenda, per poi fuggire sulla spiaggia per fare l’amore o immergendoci<br />

nell’acqua e lasciare che ci culli come se fossimo nel grembo materno, tutto come allora! No, forse<br />

meglio <strong>di</strong> allora!<br />

Ha partecipato al concorso “Amori damare” Rimini 2002<br />

21


I nasi rossi<br />

Mi era stato consigliato <strong>di</strong> avvicinarmi a qualche associazione benefica, perché quello <strong>di</strong> entrare a<br />

far parte <strong>di</strong> uno dei tanti gruppi <strong>di</strong> volontari, che si de<strong>di</strong>cavano con altruismo e de<strong>di</strong>zione ai più<br />

bisognosi, sembrava che fosse per me l’unica e più efficace terapia per curare una brutta<br />

depressione e tanto si era fatto e detto che alla fine avevo acconsentito <strong>di</strong> provarci, ma poi cercavo<br />

in tutti i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> sottrarmi a qualsiasi situazione mi venisse proposta, appellandomi al fatto che non<br />

ero tagliata per occuparmi della sofferenza altrui, <strong>di</strong>cendo a me stessa (egoisticamente) che ne<br />

avevo abbastanza della mia e quasi mi compiacevo <strong>di</strong> quanto fossi brava e convincente a sottrarmi<br />

all’impegno a cui avevo aderito inizialmente, con la speranza che chi mi spingeva, finisse per<br />

stancarsi <strong>di</strong> chiedermelo o se ne <strong>di</strong>menticasse, intanto però mentivo spudoratamente a me stessa. Poi<br />

non ero così giovane, i miei 35 anni mi pesavano addosso come se fossero stati 350 e così anche gli<br />

anni (assommati alle altre scuse) facevano da contrappeso ulteriore alla mia indecisione. Quel<br />

giorno raccolsi tutto il mio poco coraggio e decisi <strong>di</strong> farmi una inconsueta passeggiata in solitu<strong>di</strong>ne,<br />

combattendo con il desiderio che invece mi suggeriva <strong>di</strong> starmene a letto a poltrire, ma dovevo e<br />

volevo raccogliere i miei pensieri, per cercare <strong>di</strong> riorganizzare la mia vita e poi il giorno prometteva<br />

bene, il sole <strong>di</strong> primavera inoltrata dava con magnanimità il suo benefico calore, così uscii risoluta e<br />

mi incamminai sul viale alberato le mani affondate nelle tasche, la mente asse<strong>di</strong>ata da folletti<br />

imbizzarriti capaci <strong>di</strong> darmi il tormento, stavo infatti lottando con me stessa per cacciarli via una<br />

volta per tutte, ed ero talmente presa che non mi avvi<strong>di</strong> d’essere in rotta <strong>di</strong> collisione con una<br />

bicicletta, l’urlo mi scosse e mi gettai <strong>di</strong> lato appena in tempo, ma la giovane sulla bicicletta rovinò<br />

a terra in malo modo, rimanendo immobile, ebbi un attimo <strong>di</strong> esitazione e poi imme<strong>di</strong>atamente<br />

realizzai che poteva esserle successo qualche cosa <strong>di</strong> grave, corsi terrorizzata verso la ragazza, che<br />

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mi sembrava avesse delle abrasioni al volto e che sanguinasse dal naso, stavo per chinarmi su <strong>di</strong> lei<br />

quando spalancò gli occhi e mi offrì un largo sorriso mentre si sedeva, il suo naso era sì rosso e<br />

gonfio ma solo perché <strong>di</strong> gomma piuma e quelle che avevo creduto abrasioni erano in effetti trucchi<br />

da clown. “Pavura vero? Dai <strong>di</strong>mmi che ti ho fatto tanta, tanta pavura?” Parlava nel gergo dei clown<br />

e sorrideva del mio stupore. “Ti sei fatta male?” Chiesi seria, ancora stor<strong>di</strong>ta per l’accaduto. “Io?<br />

Niente male sono <strong>di</strong> piuma spuma! E poi ve<strong>di</strong> ho il paraccidenti.” Disse in<strong>di</strong>cando lo zaino che<br />

portava sulle spalle e continuò fingendo una sorta d’apprensione per la sua bicicletta. “Ma forse la<br />

mia bicicibi si è fatta la bua! Ma adesso per darti un castigo, tu vieni con me che ti porto dal dottor<br />

Azzecca Garbugli!” Sorrisi per quel suo modo strano e simpatico <strong>di</strong> parlare tenendo la lingua fra i<br />

denti. “Dal Dottore? Ma sei caduta tu, io non mi sono fatta niente!” Sospirò e ripeté convinta. “Tu<br />

vieni con me dal dottore Azzecca!” Chiese la mia mano per alzarsi e si fece aiutare per sollevare da<br />

terra la bicicletta. “Stavi andando ad una festa?” Mi guardò in modo strano e tornò a sorridermi, ma<br />

questa volta mi rispose con voce normale. “Se vogliamo possiamo anche chiamarla così, allora vuoi<br />

venire con me?” Un attimo e decisi <strong>di</strong> seguire quella strana ragazzina, anche per accertarmi che non<br />

avesse conseguenze ritardatarie della caduta, camminavamo appaiate e in silenzio, la guardai era<br />

davvero molto giovane e sotto al trucco pesante si evidenziava una bellezza fine, gli occhi<br />

soprattutto, gran<strong>di</strong> e dolci come quelli <strong>di</strong> un cerbiatto, mi guardò a sua volta. “An<strong>di</strong>amo in<br />

ospedale!” Ebbi <strong>di</strong> nuovo un moto <strong>di</strong> preoccupazione. “Allora ti sei fatta proprio male!” Scosse la<br />

testa. “No, no, sto bene, però ho bisogno <strong>di</strong> te.” Decisi <strong>di</strong> non fare più domande, ma mi incuriosiva<br />

sapere perché quella giovane ragazza girasse per strada truccata da clown. “Come ti chiami? Io sono<br />

Sabrina, per gli amici Sabri, invece come clown sono Gigia Bargiggia.” Scossi la testa sorridendo<br />

quasi incredula “Io mi chiamo Doris, come ve<strong>di</strong> il mio nome non si presta ad abbreviazioni e non<br />

ho un nome da clown.” Credevo d’essere stata spiritosa, ma lei parve prendermi sul serio. “Lo <strong>di</strong>ci<br />

tu, ad esempio potresti abbreviare ulteriormente il tuo nome in Dor e come clown ti vedrei bene<br />

come Er Nesta La Lesta, ti piace?” Questa volta risi <strong>di</strong> gusto. “A parte che il mio nome è già breve<br />

così e non sento la necessità d’accorciarlo ulteriormente e inoltre non vedo perché dovrei assumere<br />

il nome da clown!” Sabri intanto infilò la sua bici nella griglia apposita e mi fece cenno <strong>di</strong> seguirla<br />

verso l’ingresso dell’ospedale, ebbi la tentazione <strong>di</strong> scappare, ma poi allungai il passo per starle<br />

appresso e assieme a lei presi l’ascensore verso il quinto piano, reparto <strong>di</strong> pe<strong>di</strong>atria. “Vorrei<br />

truccarti da clown!” Esordì lasciandomi senza parole. “Tu scherzi ragazzina!” Mi guardò <strong>di</strong><br />

sghimbescio. “Mai stata così seria, oggi sono rimasta sola e ho bisogno <strong>di</strong> una spalla, tu fai al caso<br />

mio e poi non <strong>di</strong>menticare che per una tua <strong>di</strong>strazione sono caduta! Mi sei debitrice!” Voleva far<br />

leva su possibili sensi <strong>di</strong> colpa. “Chi ti <strong>di</strong>ce che non ci sia un concorso <strong>di</strong> responsabilità, anche tu<br />

potevi essere <strong>di</strong>stratta!” Tossì come se fosse imbarazzata. “Di fatto però sono caduta io e tu mi devi<br />

un favore!” Tornò a ripetere, a quel punto il pentimento d’averla seguita si fece soffocante, ma per<br />

quanto cercassi <strong>di</strong> sottrarmi da quell’impegno, lei sembrava irremovibile e a me veniva a mancare<br />

l’energia necessaria per oppormi, così senza altre obiezioni da parte mia, mi condusse in una<br />

piccola stanza che fungeva da ripostiglio, aprì lo zaino e ne trasse due gran<strong>di</strong> papillon fantasia, due<br />

camici bianchi, due minuscoli cappellini dello stesso colore, un naso rosso, l’astuccio dei trucchi e 4<br />

gran<strong>di</strong> sopra scarpe <strong>di</strong> gomma, mi fece sedere e incominciò l’opera, per ultimo mi collocò il naso<br />

rosso, poi mi passò lo specchio e giuro che rimasi senza parole, neppure mia mamma avrebbe<br />

potuto conoscermi. “Ma perché hai scelto proprio me?” Chiesi incuriosita, rimase un attimo sospesa<br />

prima <strong>di</strong> rispondere, come se cercasse la motivazione. “Perché me lo ha suggerito un Angelo!”<br />

Sorrise compiaciuta. “Scherzo dai! Ma per caso ti sei trovata sulla mia strada e mi sei piaciuta<br />

subito e poi perché ho capito che anche tu hai bisogno del Dottor Azzecca Garbugli!” Mi spazientii.<br />

“Ma chi è questo famigerato dottore?” Scosse la testa. “Capirai a suo tempo!” Non riuscii a<br />

proferire parola, ripromettendomi però <strong>di</strong> indagare sul perché fosse così sicura che avessi bisogno<br />

anch’io <strong>di</strong> quel dottore. Non mi <strong>di</strong>ede tempo <strong>di</strong> seguire i miei pensieri, perché mi porse il camice, il<br />

papillon, il cappellino e il sopra scarpe che indossai e riposizionai il naso rosso che si era messo per<br />

traverso, mi scrutò sentenziando. “Sei perfetta! Tutto bene? Pronta?” E dal momento che non le<br />

rispondevo, forse troppo stupita per farlo, chiese <strong>di</strong> nuovo. “Pronta?” Risposi titubante cercando<br />

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ancora d’appellarmi. “Però non so cosa fare e da dove incominciare, inoltre mi tremano le gambe,<br />

pensa che non ho mai fatto neppure le recite a scuola e tanto meno il clown!” Sabri mi sospinse<br />

leggermente come a volermi incoraggiare. “Su, su, vedrai che andrà tutto bene, segui me e sii te<br />

stessa!” Ero stupita <strong>di</strong> trovarmi in una situazione così lontana da quello che era il mio piccolo<br />

mondo impregnato della mia sola, grande ed esclusiva sofferenza, dove però mi sembrava <strong>di</strong> stare a<br />

mio agio, così mi presentai completamente impreparata alla realtà che quel reparto offriva ai miei<br />

occhi. Mi rincuorò la serenità <strong>di</strong> Sabri che entrò tranquilla nella stanza, dove trovammo riuniti una<br />

ventina <strong>di</strong> bimbi dai 3 ai 12 anni, ognuno <strong>di</strong> loro era portatore <strong>di</strong> gravi ed evidenti malattie, il cuore<br />

mi si strinse in una morsa e sentii le gambe farsi molli come fossero <strong>di</strong> burro, così senza<br />

avvedermene andai ad inciampare con le enormi sopra scarpe in un carrello e sa il <strong>di</strong>avolo quello<br />

che feci per non cadere, senza per altro riuscirci, così franai platealmente con un tonfo esorbitante,<br />

ma ancora più veloce fui nel rialzarmi cercando <strong>di</strong> ricompormi alla meglio, ma quale non fu la<br />

sorpresa <strong>di</strong> vedere Sabri che piegata in due rideva a crepapelle, seguita dalle corali risate dei piccoli<br />

malati, sul momento rimasi <strong>di</strong>sorientata, poi cercai d’immaginare la mia involontaria caduta e non<br />

mi rimase che unirmi alla risata collettiva fino alle lacrime, sentendomi subito meglio a parte<br />

qualche livido. “Disastrosa venga avanti! La voglio presentare ai suoi pazienti! Ed ecco a voi la<br />

nuova dottoressa Er Nesta La Lesta.” Così <strong>di</strong>cendo mi mise in mano un enorme siringa strapiena <strong>di</strong><br />

piccole caramelle colorate ed io ingrossando la tonalità <strong>di</strong> voce e tenendo (come lei) la lingua fra i<br />

denti, inventando esor<strong>di</strong>i. “Ola devo fale il vaccino a tutti incominciando da Gigia Balgiggia!” E lei<br />

spaventata corse a nascondersi rincorsa da me. “Felmati, felmati! Devo falti la puntula!” Mentre i<br />

bimbi (parte dei quali costretti a letto o sulle seggiole a rotelle) mi in<strong>di</strong>cavano <strong>di</strong>vertiti dove poter<br />

trovare Gigia, la magia stava che ad ogni puntura la siringa rilasciava una minuscola caramella <strong>di</strong><br />

zucchero, poco dopo passai ad uno ad uno dai piccoli pazienti per fare la puntura con la grande<br />

siringa sulle manine tese, rilasciando anche loro una chicca colorata. Ma per la serie (non si può mai<br />

stare tranquilli) Sabri ad un tratto prese a lamentarsi fingendo un forte mal <strong>di</strong> denti. “Che male! che<br />

grande dolore!” Così <strong>di</strong>cendo si fasciò il volto con un grande foulard bianco, legato con un grosso<br />

fiocco sulla sommità del capo, la guardai senza sapere cosa fare e lei mi suggerì fornendomi gli<br />

strumenti necessari. “Curami un ginocchio!” Ed io solerte dottoressa dalle gran<strong>di</strong> capacità presi a<br />

visitarle un ginocchio, picchiandovi prima con un martello <strong>di</strong> gomma piuma e poi cercando <strong>di</strong><br />

gonfiarlo con una grossa pompa da bicicletta e subito dopo applicandovi un altrettanto grosso<br />

cerotto, mentre i bimbi <strong>di</strong>vertiti cercavano in tutti mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> farmi notare il mio gravissimo errore!<br />

Finsi <strong>di</strong> comprendere finalmente il problema quando Sabri mi <strong>di</strong>ede un lungo spago in<strong>di</strong>candomi il<br />

dente finto che ci stava appeso, <strong>di</strong> nascosto se lo mise in bocca ed io finsi <strong>di</strong> tirare con quanta forza<br />

avevo. “Issa, issa, spetta Gigia che plendo il maltello, così lo posso togliele meglio!” Le picchiai il<br />

martello <strong>di</strong> gomma sulle labbra e ripresi a tirare. “Issa, issa!” Ma il dente non veniva, così non<br />

trovai <strong>di</strong> meglio che legare l’altro capo dello spago ad una porta aperta che poi chiusi, a quel punto<br />

Sabri lasciò uscire il dente con grande <strong>di</strong>vertimento <strong>di</strong> tutti i bimbi che felici batterono le mani.<br />

Ogni volta si cambiava scenetta, così Sabri cavò dal grande sacco delle sorprese un pugno <strong>di</strong><br />

palloncini colorati e incominciò a gonfiarli con una piccola pompa, trasformandoli poi con maestria<br />

in cagnolini e fiori <strong>di</strong> vari colori e forme da regalare hai bambini. “Vieni pren<strong>di</strong> gioca anche tu coi<br />

palloncini!” Me ne <strong>di</strong>ede una manciata sollecitandomi a fare come lei, ma la mia incapacità era<br />

eclatante, inizialmente cercai <strong>di</strong> gonfiarli con scarsi risultati, poi quelli che riuscivo a gonfiare mi<br />

sfuggivano e con un sibilo roteavano come impazziti sopra le nostre teste, senza contare quelli che<br />

invece gonfiati troppo mi scoppiavano fra le mani, circondata dai bimbi che aspettavano solo i miei<br />

errori per ridere <strong>di</strong> gusto, ed io a compiacermi per la prima volta nella vita della mia reale<br />

imbranataggine, così feci <strong>di</strong> tutto e <strong>di</strong> più sollecitata da Sabri e dai bimbi che tifavano per me, forse<br />

perché mi vedevano come vittima <strong>di</strong> me stessa. Alla fine sedetti esausta per davvero e guardando<br />

quelle creature sofferenti, mi parve che i loro faccini prima emaciati, avessero preso un leggero<br />

colore e i loro occhi troppo gran<strong>di</strong> avessero acquistato più luce, bimbi dolcissimi, molti dei quali<br />

senza capelli, altri collegati alle mascherine <strong>di</strong> ossigeno o alle flebo e noi due con nostri giochi<br />

eravamo riuscite a farli ridere, facendo <strong>di</strong>menticare loro (almeno per un paio d’ore) il luogo dove si<br />

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trovavano e la loro triste con<strong>di</strong>zione. Un ulteriore gratificazione giunse al momento del commiato,<br />

ricevemmo l’abbraccio <strong>di</strong> tutti i bimbi, che ci strapparono la promessa che saremmo ritornate presto<br />

a trovarli, stavo per uscire con un groppo in gola e una lacrima appesa alle ciglia, quando una bimba<br />

<strong>di</strong> circa 4 anni mi si avvicinò e mi prese una mano. “Vuoi stare qui con me?” Mi chinai verso <strong>di</strong> lei<br />

e le feci una carezza. “Tesoro non si può, ma ti prometto che verrò presto a trovarti!”<br />

Contraccambiò la mia carezza. “Io non ho la mamma e tu hai dei bambini?” Sospirai angosciata.<br />

“No cara non ne ho.” Sorrise come sollevata e mi lasciò sbigottita. “Allora perché non pren<strong>di</strong> me,<br />

sono brava sai!” La strinsi dolcemente e tornai a prometterle che sarei tornata presto, Sabri si era<br />

fermata ad ascoltare. “La piccola Lucia è orfana e pone la sua richiesta a tutti, forse prima o poi<br />

troverà chi vorrà adottarla!” La lacrima prima trattenuta rotolò veloce sulla guancia, che cercai <strong>di</strong><br />

nascondere, ma a Sabri non sfuggì. “Col tempo vedrai ti farà meno male!” Sospirai scettica. “Tu<br />

cre<strong>di</strong>?” Scosse la testa affermativamente. “Un paio d’anni fa ho perso mio fratello <strong>di</strong> sette anni.”<br />

Sussultai dolorosamente sconcertata. “Scusami mi <strong>di</strong>spiace tanto Sabrina!” Sorrise. “Non potevi<br />

saperlo!” Ci ripulimmo il volto ritrovando le nostre sembianze, ma per me nulla era più come<br />

prima, avevo trascorso due ore inimmaginabili nelle quali mi ero <strong>di</strong>vertita, <strong>di</strong>vertendo, due ore<br />

speciali nelle quali i conflitti che mi seguivano da tempo sembravano svaniti come neve al sole, mi<br />

sentivo stranamente bene e Sabri poi, che stupenda creatura, quanto coraggio ed energia positiva<br />

aveva in sé quello scricchiolo <strong>di</strong> ragazza, inoltre avevo capito che quella esperienza coi bimbi era la<br />

terapia giusta per aiutarmi ad uscire dalle mie <strong>di</strong>fficoltà, ma non ritenni <strong>di</strong> doverle fare altre<br />

domande. Eravamo giunte nei pressi della bicicibi <strong>di</strong> Sabri la guardai mentre la toglieva dalla<br />

griglia. “Posso ritornare?” Chiesi già in apprensione per la sua risposta. “Devi! C’è bisogno <strong>di</strong> te,<br />

sapevo che saresti piaciuta ai nostri bambini e sarebbe davvero un peccato che ti aspettassero<br />

invano!” Sorrisi sollevata e compiaciuta, finalmente libera dalle mie paure, che ora mi sembravano<br />

lontane, stupide e senza senso, rapportate al dolore vissuto giorno dopo giorno da creature innocenti<br />

e al coraggio che <strong>di</strong>mostravano nell’affrontarle, <strong>di</strong>ventare clown aveva fatto bene per prima a me.<br />

“Ciao Gigia Balgiggia, spelo <strong>di</strong> livedelti plesto!” La salutai cambiando il tono <strong>di</strong> voce e tenendo la<br />

lingua fra i denti e lei mi ricambiò. “Ciao Er Nesta La Lesta ti chiamerò presto, devo insegnarti a<br />

gonfiare i palloncini il resto ti viene naturale!” Avevo ancora una domanda da porle. “ Ma poi chi è<br />

il dottor Azzecca Garbugli?” Sorrise mentre già spingeva sui pedali. “Non te ne sei accorta, ma<br />

l’hai incontrato oggi!” Rimasi ferma riflettendo su quelle parole senza capirle, poi lentamente mi<br />

avviai verso a casa con uno spirito <strong>di</strong>verso da quello che avevo quando ne ero uscita quella mattina,<br />

respirai forte, sorridendo e salutando le persone che incrociavo e che stupite mi corrispondevano,<br />

ma l’importante era che avevo imparato ad accettare la mia vita, donando due ore del mio<br />

“prezioso” tempo, ma quello che avevo ricevuto in cambio da quei piccoli malati era <strong>di</strong> gran lunga<br />

più prezioso, la stima per me stessa. Grazie a loro, alla mia maschera da clown a Er Nesta La Lesta<br />

a Gigia Bargiggia e al Dottor Azzecca Garbugli, (che finalmente avevo capito non essere una<br />

persona) ma era la situazione che la piccola e saggia Sabrina aveva voluto che io vivessi assieme a<br />

lei!<br />

Oggi faccio parte a pieno titolo dei nasi rossi e sono molto orgogliosa <strong>di</strong> me stessa, ma non per<br />

quello che dono, ma per quello che ne ricevo.<br />

La depressione? Un lontano ricordo che non albergherà mai più nella mia anima.<br />

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