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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 1<br />

Mercato, Diritto e Libertà<br />

Collana diretta da<br />

Luigi Marco Bassani, Nicola Iannello,<br />

Carlo Lottieri, Sergio Ricossa


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 2<br />

I volumi della collana Mercato, Diritto e Libertà<br />

sono pubblicati grazie al generoso contributo<br />

dell’Istituto Adam Smith di Verona.


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 3<br />

Fred Foldvary<br />

BENI PUBBLICI<br />

E COMUNITÀ<br />

PRIVATE<br />

Come il mercato può gestire i servizi <strong>pubblici</strong><br />

Prefazione di Stefano Moroni


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 4<br />

Titolo originale<br />

Public Goods and Private Communities.<br />

The Market Provision of Social Services<br />

(Aldershot, UK, Edward Elgar Publishing, 1994)<br />

Si ringrazia la Edward Elgar Publishing<br />

per la concessione dei diritti di traduzione<br />

Questo volume è pubblicato grazie al generoso contributo<br />

della Compagnia di San Paolo di Torino, che ringraziamo<br />

Traduzione dall’inglese<br />

Federico Bertelli<br />

Diana Mengo<br />

AD<br />

Gerardo Spera<br />

Copertina<br />

Timothy Wilkinson<br />

© IBL Libri<br />

Via Bossi, 1<br />

10144 Torino<br />

info@ibl-libri.it<br />

www.ibl-libri.it<br />

Prima edizione: febbraio 2010<br />

ISBN: 978-88-6440-015-0


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 5<br />

Indice<br />

Prefazione di Stefano Moroni 7<br />

Ringraziamenti 17<br />

Capitolo 1<br />

La fallacia dell’argomentazione 19<br />

del fallimento del mercato<br />

Capitolo 2<br />

La questione del fallimento del mercato 43<br />

Capitolo 3<br />

<strong>Beni</strong> territoriali collettivi 55<br />

Capitolo 4<br />

La governance nelle imprese 85<br />

Capitolo 5<br />

Governance imposta contro governance consensuale 99<br />

Capitolo 6<br />

Club territoriali in regime di concorrenza 115<br />

Capitolo 7<br />

<strong>Beni</strong> non territoriali e simpatia smithiana 141<br />

Capitolo 8<br />

Comunità di proprietà e associazioni di <strong>comuni</strong>tà 153<br />

Capitolo 9<br />

Affittasi utopia: Walt Disney World 197<br />

Capitolo 10<br />

Come vi piace: Arden e i land trust 227<br />

Capitolo 11<br />

La vita al forte: il Fort Ellsworth Condominium 255


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 6<br />

Capitolo 12<br />

Città giardino di oggi: la Reston Association 277<br />

Capitolo 13<br />

Possiedono le strade: i private places di St. Louis 313<br />

Capitolo 14<br />

Politiche economiche urbane e public choice 321<br />

Bibliografia 353


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 7<br />

Prefazione<br />

Comunità contrattuali, beni <strong>pubblici</strong><br />

e ruolo dello Stato<br />

di Stefano Moroni<br />

L’oggetto di studio: le <strong>comuni</strong>tà contrattuali<br />

Il libro di Fred Foldvary è uno dei primi studi sistematici<br />

sul tema delle <strong>comuni</strong>tà contrattuali e, senz’altro,<br />

uno dei più penetranti. 1<br />

Per capire cosa sono quelle che propongo di riunire<br />

sotto l’etichetta di “<strong>comuni</strong>tà contrattuali”, conviene<br />

anzitutto riprendere la classica 2 distinzione tra settore<br />

pubblico, ossia il settore che si serve per definizione<br />

della coercizione, e settore privato, ossia il settore caratterizzato<br />

dalla volontarietà delle azioni. Nel primo caso<br />

gli elementi caratteristici sono la sovranità, l’autorità,<br />

l’unilateralità, la legge; nel secondo, la consensualità, la<br />

parità, la multilateralità, il contratto.<br />

Le <strong>comuni</strong>tà contrattuali sono espressione tipica del<br />

settore privato e, specificamente, forme aggregative o<br />

associative a base territoriale (ossia legate a una specifica<br />

porzione di territorio) a cui i membri aderiscono<br />

volontariamente sulla base di un contratto unanimemente<br />

sottoscritto e in vista dei benefici che ciò garantisce<br />

loro. Il contratto stabilisce i diritti e i doveri dei<br />

membri della <strong>comuni</strong>tà contrattuale: tra i doveri rien-<br />

1. Tra quelli successivi (che tengono ampiamente conto del contributo pionieristico<br />

di Foldvary) si possono ricordare Beito, Gordon e Tabarrok (2002),<br />

Nelson (2005) e, sia concesso segnalarlo, Brunetta e Moroni (2008); in termini<br />

empirici, il fenomeno è stato recentemente indagato in maniera comparata<br />

in Atkinson e Blandy (2006) e Glasze, Webster e Franz (2006).<br />

2. E oggi così spesso – in modo sconsiderato – messa in secondo piano.<br />

7


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 8<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

trano il rispetto di regole di convivenza (regole d’uso<br />

del suolo e degli edifici e regole di condotta di carattere<br />

più generale), così come l’obbligo a versare una<br />

quota in un fondo comune per garantire il funzionamento<br />

della <strong>comuni</strong>tà contrattuale stessa; tra i diritti, la<br />

disponibilità di servizi di vario genere (Brunetta e<br />

Moroni, 2008).<br />

L’aspetto particolarmente interessante delle <strong>comuni</strong>tà<br />

contrattuali è che non sono semplici esercizi di progettazione<br />

unitaria di un complesso, ma veri e propri esperimenti<br />

istituzionali. Il valore che hanno per i membri<br />

non dipende solo e semplicemente dalla configurazione<br />

urbanistica e dalla forma architettonica, ma, anche e,<br />

spesso, soprattutto, dalla struttura organizzativa.<br />

Anche quest’ultima viene dunque, opportunamente,<br />

sottoposta al meccanismo della concorrenza.<br />

Due tipi fondamentali di <strong>comuni</strong>tà contrattuali sono<br />

le associazioni <strong>comuni</strong>tarie e le <strong>comuni</strong>tà proprietarie.<br />

Il modello dell’associazione <strong>comuni</strong>taria prevede che<br />

un gruppo di individui, ciascuno dei quali proprietario<br />

di una delle unità immobiliari che fanno parte di un<br />

certo complesso residenziale, accolga un insieme di<br />

regole di condotta e d’uso e versi un contributo per<br />

ottenere servizi collettivi forniti su aree di proprietà<br />

comune. Ognuno dei membri dell’associazione è dunque<br />

proprietario di una unità immobiliare (ad esempio,<br />

l’appartamento in cui abita) e possiede, in comproprietà<br />

con altri, un insieme di aree ed edifici di uso comune<br />

(ad esempio, strade, aree di parcheggio, piazze, impianti<br />

sportivi, parchi). I membri eleggono un board che si<br />

occupa della gestione dell’associazione stessa e dell’erogazione<br />

dei servizi. Le regole fondamentali di convivenza<br />

sono contenute in quella che si può definire la<br />

Carta costitutiva dell’associazione, accettata contrattualmente<br />

dagli acquirenti all’atto d’acquisto di ogni unità<br />

immobiliare (e facente le veci di una vera e propria<br />

costituzione privata locale); altre regole aggiuntive,<br />

riguardanti aspetti minori, sono introdotte successivamente<br />

dal board. Un esempio di questo tipo di <strong>comuni</strong>tà<br />

contrattuale è costituito dai numerosi complessi resi-<br />

8


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 9<br />

Prefazione<br />

denziali delle dimensioni più varie e organizzati in<br />

associazione che si sono diffusi negli ultimi decenni<br />

negli Stati Uniti (Nelson, 2005). In questi casi, è stato<br />

generalmente lo stesso imprenditore immobiliare che<br />

ha costruito in origine il complesso ad aver congegnato<br />

anche la forma organizzativa e il pacchetto delle regole,<br />

cercando, in tal modo, di rendere concorrenziale e<br />

appetibile la propria realizzazione su più fronti.<br />

Il modello della <strong>comuni</strong>tà proprietaria prevede che il<br />

“proprietario unico” privato di un determinato territorio<br />

lo attrezzi e organizzi al fine di elevarne il più possibile<br />

il valore e potersi così assicurare adeguati versamenti da<br />

affittuari di porzioni o elementi dello stesso. Gli affittuari<br />

accettano le regole d’uso contenute nei contratti d’affitto<br />

e contribuiscono all’impresa pagando il canone stabilito.<br />

La durata temporale dell’utilizzo del bene immobile<br />

in locazione, così come le eventuali procedure di<br />

interruzione o rinnovo, sono parte integrante del contratto<br />

iniziale. Il “proprietario unico” del terreno e degli<br />

stabili continua a detenerne il possesso esclusivo nel<br />

tempo e gestisce e amministra il complesso in questione<br />

in modo da mantenerlo efficiente e appetibile. Questo<br />

secondo modello è stato riscoperto nel Novecento anzitutto<br />

dagli shopping mall di origine statunitense, ossia<br />

insediamenti commerciali posseduti e gestiti da un proprietario<br />

unico che ne affitta parti per lo svolgimento di<br />

varie attività di vendita; altri esempi più interessanti di<br />

<strong>comuni</strong>tà proprietaria che si sono sviluppati nel seguito<br />

hanno riguardato parchi tematici, centri per uffici e insediamenti<br />

residenziali, nonché complessi che mescolano<br />

tutte o alcune di queste funzioni (MacCallum, 1970).<br />

In conclusione, le forme private di governo si differenziano<br />

dalle forme pubbliche basate sulla nozione di<br />

sovranità poiché sono fondate su contratti volontari<br />

espliciti tra persone di pari status legale. Si noti come il<br />

problema del free rider venga automaticamente evitato,<br />

nel caso delle <strong>comuni</strong>tà contrattuali, poiché si può accedere<br />

solo a pagamento a beni e servizi che esse offrono<br />

in maniera esclusiva.<br />

È interessante notare come molte forme di <strong>comuni</strong>tà<br />

9


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 10<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

contrattuali erano un tempo una forma corrente di<br />

organizzazione dell’uso del suolo (Davies, 2002), prima<br />

che lo Stato avocasse a sé la produzione di pressoché<br />

ogni regola urbanistica e servizio collettivo.<br />

La tesi centrale: le <strong>comuni</strong>tà contrattuali come erogatrici<br />

efficienti di beni collettivi<br />

La tesi centrale del libro di Foldvary è che la teoria<br />

tradizionale dei beni <strong>pubblici</strong>, come teoria che identifica<br />

situazioni in cui la fornitura di certi beni non potrebbe<br />

che essere di tipo coercitivo (a causa della non rivalità<br />

nel consumo e della non escludibilità dal consumo), 3<br />

trovi un’applicazione assai più limitata di quanto generalmente<br />

presupposto. La varietà di beni anche di rilievo<br />

collettivo (infrastrutture, attrezzature, servizi) che<br />

possono essere forniti in modi che non implicano affatto<br />

la coercizione pubblica pare essere infatti ben più<br />

estesa di quanto solitamente riconosciuto.<br />

Le <strong>comuni</strong>tà contrattuali sono l’esempio lampante<br />

di come numerosi “beni” spesso e a torto ritenuti “<strong>pubblici</strong>”<br />

nel significato ortodosso – ad esempio, strade,<br />

piazze, parchi, illuminazione degli spazi <strong>comuni</strong>, raccolta<br />

dei rifiuti, ecc. – possano essere invece perfettamente<br />

forniti da strutture private.<br />

Questo è possibile perché le <strong>comuni</strong>tà contrattuali<br />

sfruttano positivamente il fenomeno della rendita, ossia<br />

l’incremento di valore di un suolo dovuto a interventi<br />

di miglioria dell’intorno e ad altre azioni varie con ricadute<br />

positive. Il punto è che beni collettivi quali infrastrutture,<br />

attrezzature e servizi generano rendita e, se<br />

un soggetto privato è proprietario dei siti in cui tale rendita<br />

si genera, la rendita stessa rivela la domanda per<br />

quei beni, fornisce un parametro di riferimento per<br />

chiedere un pagamento per essi e suggerisce i meccanismi<br />

per ottenerlo. Gli incrementi di valore dei suoli<br />

dovuti a certi interventi e azioni sono, in questo caso,<br />

non un problema, ma la condizione che consente di garantire,<br />

consensualmente, beni collettivi.<br />

3. Come recitano i celeberrimi contributi di Samuelson (1954 e 1955).<br />

10


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 11<br />

Prefazione<br />

La ben nota idea di Henry George (1879), secondo<br />

cui i beni <strong>pubblici</strong> possono essere finanziati dalla rendita,<br />

funziona, ma non nel modo in cui lo stesso George<br />

suggeriva. In altri termini, non è tramite una tassazione<br />

autoritativa generalizzata della rendita dei terreni che<br />

raggiungeremo l’obiettivo (come George voleva), ma<br />

lasciando che siano i privati stessi a sfruttare selettivamente<br />

questo meccanismo in un contesto di scambio e<br />

adesione volontaria.<br />

Le <strong>comuni</strong>tà contrattuali sono in grado di garantire<br />

servizi più adeguati alle reali esigenze dei cittadini e<br />

sono in grado di farlo in modo più efficiente e con una<br />

maggiore velocità di riadattamento a esigenze e circostanze<br />

mutevoli rispetto a quanto accade quando la fornitura<br />

è di carattere pubblico più tradizionale. È stato<br />

calcolato che le associazioni <strong>comuni</strong>tarie statunitensi, ad<br />

esempio, riescono a fornire diversi servizi con una spesa<br />

pari alla metà circa di quanto costerebbero se fossero forniti<br />

pubblicamente nei modi tradizionali (Nelson, 2005).<br />

È noto che il celeberrimo modello di Charles Tiebout<br />

(1956) ipotizzava, al fine di incrementare l’efficienza del<br />

sistema pubblico complessivo di erogazione dei servizi,<br />

di favorire la competitività tra amministrazioni pubbliche<br />

locali in termini di pacchetti alternativi di tasse prelevate<br />

e prestazioni garantite. Ciò che sembra interessante<br />

sottolineare, a questo punto del discorso, è che<br />

tale modello parrebbe funzionare in termini ancor più<br />

efficaci ove questo tipo di concorrenza avesse luogo tra<br />

unità private.<br />

Aspetti controversi: indesiderabilità delle <strong>comuni</strong>tà<br />

contrattuali?<br />

Le <strong>comuni</strong>tà contrattuali sono state oggetto di critiche<br />

severe e continue. Ciò è accaduto soprattutto per le<br />

associazioni <strong>comuni</strong>tarie (statunitensi). 4<br />

4. Tra i tanti, si vedano Barton e Silverman (1994); Blakely e Snyder (1997);<br />

Luymes (1997); Bauman (2000); MacLeod e Ward (2002); De Cauter (2004);<br />

Dreier, Mollenkopf e Swanstrom (2004); Bruhn (2005); Caldeira (2005);<br />

McKenzie (2005); Monahan (2006); Vesselinov, Cazessus e Falk (2007).<br />

11


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 12<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

Buona parte di queste critiche sembrano totalmente<br />

fuori luogo: non è ad esempio vero, come spesso si<br />

sostiene, che le <strong>comuni</strong>tà contrattuali riguarderebbero<br />

solo le classi più agiate (coinvolgono infatti gli strati più<br />

vari della società e potrebbero allargarsi ulteriormente<br />

se creassimo condizioni giuridiche più favorevoli al loro<br />

sviluppo); non è vero che tutte le <strong>comuni</strong>tà contrattuali<br />

siano gated, ossia completamente chiuse da alti muri<br />

visivamente impenetrabili e con specifici sistemi di controllo<br />

all’ingresso (dispositivi elettronici di riconoscimento,<br />

guardie private, ecc.); non è vero che le <strong>comuni</strong>tà<br />

contrattuali generano una privatizzazione dello spazio<br />

pubblico (piuttosto, una collettivizzazione di spazi<br />

già privati) (Brunetta e Moroni, 2008).<br />

Sembra il caso di mettere in luce come, in molti casi,<br />

ci si oppone violentemente alle <strong>comuni</strong>tà contrattuali<br />

senza rendersi conto che certe critiche avanzate nei loro<br />

confronti non sono affatto specifiche: in altri termini,<br />

non hanno nulla a che vedere con particolari forme di<br />

strutturazione giuridico-spaziale delle attività residenziali,<br />

commerciali o d’altro genere, ma sono rivolte in<br />

realtà contro l’idea stessa di libertà individuale (in particolare,<br />

la libertà di contratto o di associazione) e l’idea<br />

di proprietà privata (ad esempio, degli immobili). Chiaramente,<br />

è del tutto legittimo criticare le libertà di contratto<br />

e di associazione o la proprietà privata purché sia<br />

chiaro a che cosa saremmo costretti a rinunciare e purché<br />

non si creda di poterle criticare solo nei casi in cui<br />

non ci piace ciò che comportano (aprendo così la strada<br />

a pericolose legislazioni ad hoc).<br />

Esiste un’altra critica che sottolinea, invece, un problema<br />

reale, ossia la possibile tendenza alla segregazione<br />

e al reciproco isolamento dei vari gruppi della società,<br />

in termini contemporaneamente fisici e sociali. Questo<br />

potrebbe accadere, da un lato, perché le <strong>comuni</strong>tà<br />

contrattuali tendono a formarsi riunendo membri omogenei<br />

(ossia membri che condividono una certa idea di<br />

qualità ambientale e architettonica, una preferenza per<br />

determinati tipi di servizi, ecc.); dall’altro, perché chi<br />

non entra a far parte di tali <strong>comuni</strong>tà potrebbe ritrovar-<br />

12


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 13<br />

Prefazione<br />

si automaticamente collocato in aree a loro volta “inintenzionalmente<br />

omogenee”. Da ciò potrebbe derivare<br />

una parcellizzazione della società urbana in isole eccessivamente<br />

uniformi, con la conseguente riduzione dei<br />

vantaggi dell’“effetto urbano”, ossia l’incontro continuo<br />

e fertile con la diversità: elemento che, da sempre,<br />

rappresenta un aspetto non solo positivo, ma, addirittura,<br />

costitutivo della città. 5<br />

Come dicevo, questa critica è, diversamente dalle<br />

precedenti, realmente importante. Si può rispondere<br />

solo suggerendo che una città ripensata e organizzata<br />

in modo tale da essere più libera, intraprendente e creativa<br />

di quanto accade ora (Moroni, 2007) possa rivelarsi<br />

foriera di occasioni innumerevoli di lavoro, attrazione<br />

e svago, evitando così di indurre gli individui a trasformarsi<br />

in perenni reclusi all’interno delle loro <strong>comuni</strong>tà<br />

contrattuali e spingendoli piuttosto a intendere<br />

queste ultime come semplici cellule di un più ampio<br />

mondo urbano plurale che vale sempre e comunque la<br />

pena di percepire e vivere nella sua totalità e ricchezza.<br />

Se saremo in grado di favorire lo sviluppo di città che,<br />

nella loro interezza, continuino ad avere la diversità e la<br />

pluralità come elemento distintivo (ed efficace motore<br />

di sviluppo economico e sociale), allora gli inevitabili<br />

momenti di omogeneità puntuale saranno nient’altro<br />

che componenti di un complesso sistema dinamico che<br />

continuerà ad avere valore in quanto tale.<br />

È in particolare importante notare che, se c’è qualcosa<br />

che oggi impedisce di creare <strong>comuni</strong>tà artificiali<br />

totalmente chiuse, questo è – forse inaspettatamente<br />

per molti – il sistema di mercato; il mercato, infatti,<br />

attraversa provvidenzialmente qualunque muro spingendo<br />

tutti (compresi i più ricchi) a entrare in interazione<br />

e contatto con gli altri. Dunque, avere più mercato,<br />

anche nelle nostre compagini urbane, diminuirà il<br />

rischio dell’isolamento.<br />

5. Su quest’ultimo punto, si vedano i contributi fondamentali di Jacobs<br />

(1961), Sennet (1992) e Florida (2005).<br />

13


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 14<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

Una domanda fondamentale: ruolo complementare o<br />

sostitutivo delle <strong>comuni</strong>tà contrattuali?<br />

Solitamente si ritiene che i soggetti privati siano<br />

incapaci di azioni concertate e coordinate di qualche<br />

rilievo: tale convinzione è stata spesso considerata una<br />

giustificazione dell’intervento pubblico particolarmente<br />

cogente. Alla luce del fenomeno delle <strong>comuni</strong>tà contrattuali,<br />

dobbiamo forse iniziare a riconoscere che i privati<br />

si dedicherebbero naturalmente ed estesamente ad<br />

azioni concertate e coordinate se – come spesso è accaduto<br />

nel Novecento – ciò non venisse in vario modo<br />

impedito o disincentivato: aspetto che cambia radicalmente<br />

la domanda sul ruolo giustificabile e desiderabile<br />

del soggetto pubblico.<br />

A questo proposito si apre un problema cruciale.<br />

Possiamo cioè interrogarci sulla natura semplicemente<br />

integrativa o piuttosto sostituiva delle <strong>comuni</strong>tà contrattuali<br />

nei confronti delle più tradizionali unità amministrative.<br />

In altre parole, dobbiamo pensare alle <strong>comuni</strong>tà<br />

contrattuali come forme complementari di garanzia<br />

di regole e fornitura di servizi vari ai cittadini, in una<br />

realtà in cui permangono unità amministrative locali di<br />

carattere pubblico (per quanto con compiti e ruoli profondamente<br />

rivisti) (Brunetta e Moroni, 2008), oppure<br />

dobbiamo pensarle come vere e proprie forme sostitutive<br />

delle amministrazioni locali (Heath, 1957; Nelson,<br />

2004)? Nel primo caso le <strong>comuni</strong>tà contrattuali avranno<br />

per la gran parte dimensione di quartiere e saranno<br />

comunque ricomprese in città che continueranno a<br />

essere anche unità amministrative; nel secondo caso,<br />

esse avranno dimensione anche molto maggiore e si<br />

configureranno come realtà per buona parte (o anche<br />

del tutto) autonome.<br />

14


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 15<br />

Riferimenti bibliografici<br />

Prefazione<br />

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15


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 16<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

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Vesselinov, Elena - Matthew Cazessus - William Falk (2007),<br />

“Gated Communities and Spatial Inequalities”, Journal of<br />

Urban Affairs, 29, n. 2, pp. 109-127.<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 17<br />

Ringraziamenti<br />

Questo libro è basato su una mia dissertazione dallo<br />

stesso titolo, scritta per il Ph.D. in economia che ho conseguito<br />

alla George Mason University nell’estate del<br />

1992. Per l’aiuto e la guida, molti ringraziamenti vanno<br />

alla commissione che all’epoca mi ha seguito, composta<br />

da Richard Wagner, Charles Rowley, Tyler Cowen e<br />

Henry Butler. Ringrazio mia moglie Janet per il suo<br />

sostegno morale e per la sua assistenza nel trasferimento<br />

del testo a un nuovo computer. Sono grato per il supporto<br />

finanziario fornito dal Center for Study of Public<br />

Choice, dal Center for the Study of Market Processes e<br />

dalla George Mason Graduate School durante gli anni<br />

della mia specializzazione.<br />

Voglio anche esprimere la mia più sentita gratitudine<br />

a Spencer MacCallum, ai professori della George<br />

Mason University, ai miei compagni di specializzazione,<br />

alle segretarie del dipartimento di economia, ai<br />

bibliotecari dei Planned Community Archives della<br />

George Mason’s Fenwick Library, a David Smith degli<br />

Walt Disney Archives, a Michael Curtis e Carolyn (Pat)<br />

Liberman di Arden, Jim Rader e Libby Strickland del<br />

Fort Ellsworth Condominium, Allan Matthews di<br />

Reston, Sylvia Haefer della Long & Foster Realtors® di<br />

Reston e a John Metcalf per il suo aiuto sul Players Club<br />

di Sawgrass. Sono grato anche ai miei genitori e a mia<br />

sorella per l’incoraggiamento.<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 18<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

Desidero ugualmente esprimere la mia riconoscenza<br />

a molte altre persone di Arden, Fort Ellsworth Condominium,<br />

The Briarcrest Condominium, Reston Association,<br />

Community Associations Institute e a tutti coloro<br />

che mi hanno aiutato con il materiale e le interviste.<br />

Molti ringraziamenti vanno anche al Locke Institute<br />

per il sostegno editoriale e l’assistenza nella pubblicazione<br />

del libro. Sono doppiamente grato a Charles<br />

Rowley per la sua attenta lettura del manoscritto e per<br />

i suoi importanti suggerimenti. Ovviamente, la responsabilità<br />

dei contenuti di questo volume resta mia, ma il<br />

libro non sarebbe mai potuto essere quello che è senza<br />

l’importante aiuto dei miei amici e colleghi.<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 19<br />

Capitolo 1<br />

La fallacia dell’argomentazione<br />

del fallimento del mercato<br />

La tesi del fallimento del mercato<br />

<strong>Beni</strong> e servizi <strong>pubblici</strong> come strade, parchi e dighe<br />

devono essere forniti dallo Stato? Secondo la visione<br />

prevalente, sì, dovrebbero esserlo, perché normalmente<br />

gli attori (persone e imprese) coinvolti nei processi di<br />

mercato non riescono a provvedervi. Poiché le persone<br />

usufruiscono di tali servizi indipendentemente dal fatto<br />

che li paghino o meno, molti agiscono da free rider, evitando<br />

di pagare se non sono costretti a farlo. Per questa<br />

ragione gli economisti, così come la maggior parte della<br />

gente, ritengono che solo lo Stato o il settore pubblico<br />

possano provvedere a quei servizi collettivi che le persone<br />

di una <strong>comuni</strong>tà desiderano.<br />

Scopo di questo libro è dimostrare l’erroneità di tale<br />

asserzione. La tesi del fallimento del mercato considera<br />

le persone come individui isolati, che vivono in un<br />

ambiente etereo anziché in uno spazio tridimensionale<br />

con un contesto di istituzioni e storia. Una tale astrazione<br />

priva di materialità, basata su premesse mai verificatesi<br />

in nessuna società reale, produce una teoria che<br />

può essere sì validamente dedotta da tali premesse, ma<br />

che non è in sintonia con l’esistenza umana nel mondo<br />

reale. Una volta che i fattori del mondo reale vengono<br />

introdotti nella teoria dei beni <strong>pubblici</strong>, l’argomentazione<br />

del fallimento del mercato non solo viene a cadere,<br />

ma anzi ne risulta ribaltata: invece che beneficiare dei<br />

beni <strong>pubblici</strong>, indipendentemente dal fatto che si paghi<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 20<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

o meno per essi, le persone si ritrovano a dover pagare<br />

attori privati per tali beni, indipendentemente dal fatto<br />

che li forniscano effettivamente. Una simile situazione si<br />

genera quando il valore dello spazio è condizionato dai<br />

beni: la rendita economica generata dai beni viene catturata<br />

dal proprietario di quello spazio. La teoria del fallimento<br />

del mercato è così ribaltata, dal momento che il<br />

fatto che un pubblico paghi per un bene, da un lato<br />

implica che un attore privato può raccogliere tale pagamento<br />

in cambio della fornitura del bene, e dall’altro che<br />

lo Stato si trova a imporre costi non necessari nel caso<br />

interferisca con tali accordi e lo sostituisca con altri<br />

metodi volti a consentire il pagamento di quei beni.<br />

Inoltre, anche la fornitura di beni collettivi da parte<br />

del cosiddetto “settore pubblico” è soggetta a fallimenti.<br />

La teoria della public choice, applicando l’analisi economica<br />

alle scelte e alle azioni degli agenti in un processo<br />

politico, mostra l’esistenza di interessi particolari,<br />

così che eletti e <strong>pubblici</strong> burocrati sono ad esempio portati<br />

a trasferire risorse a loro stessi e alle loro agenzie,<br />

invece che alla totalità dei contribuenti. Il ceto politico<br />

non riesce ad allocare le risorse nel modo in cui il pubblico<br />

desidererebbe.<br />

Le tre storie che seguono illustrano gli argomenti a<br />

favore della tesi del fallimento del mercato, di quella<br />

del fallimento dello Stato e della tesi della fattibilità di<br />

efficaci soluzioni contrattuali. Si supponga che in tutte<br />

e tre le storie ci sia una vallata – chiamata Happy Valley<br />

– con 100 mila abitanti, attraverso la quale scorre un torrente<br />

che periodicamente è soggetto a esondazione.<br />

Praticamente tutti i residenti sarebbero felici della<br />

costruzione di una diga che li proteggesse dalle inondazioni.<br />

Si tratta di un esempio classico, molto usato<br />

nella teoria della public choice e della finanza pubblica.<br />

Nella prima delle tre storie il mercato fallisce. Un<br />

imprenditore (che chiameremo Pierre) vede un’opportunità<br />

di profitto nel costruire la diga. Sfortunatamente<br />

Pierre calcola che il costo dell’acquisto della terra, inclusi<br />

i risarcimenti connessi alla perdita delle case, delle<br />

fattorie e della fauna selvatica, supererebbe i ricavi<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 21<br />

La fallacia dell’argomentazione del fallimento del mercato<br />

derivanti dall’acqua e dalle attività ricreative resi possibili<br />

dalla diga. Ma i buoni abitanti di Happy Valley<br />

sarebbero disposti a pagare una quota annuale per la<br />

protezione dalle esondazioni sufficiente a rendere il<br />

progetto profittevole? Pierre va a chiedere a ogni famiglia<br />

di impegnarsi a pagare 100 dollari all’anno per un<br />

periodo indeterminato come corrispettivo del beneficio<br />

apportato dalla diga, il che sarebbe meno del premio<br />

assicurativo che dovrebbero pagare per proteggersi dal<br />

rischio. Sicuramente è nell’interesse di ogni famiglia<br />

pagare questo ammontare ma, sorprendentemente,<br />

Pierre scopre che nessuno è intenzionato a sottoscrivere<br />

l’idea. Egli si rivolge quindi a un amico economista<br />

per avere una spiegazione.<br />

L’economista gli spiega che i residenti riconoscono<br />

l’utilità del progetto, ma contemporaneamente capiscono<br />

anche che se loro non sottoscrivono il progetto ma lo<br />

fanno altri il risultato sarebbe che i primi potrebbero<br />

godere della protezione fornita dalla diga al pari dei<br />

secondi. Perché dunque sottoscrivere l’accordo? Lasciamo<br />

che siano gli altri a farlo! “Ma questo è stupido –<br />

ribatte Pierre – nel caso in cui non costruisca la diga alla<br />

fine tutti ne perderanno”. È vero, risponde l’economista,<br />

e questo è il ben noto caso del “dilemma del prigioniero”:<br />

ogni individuo ha un incentivo a non cooperare<br />

anche se ci potrebbe essere un relativo guadagno collettivo<br />

nell’ipotesi di cooperazione. Probabilmente, nel<br />

caso ci fossero solo 20 o 30 residenti, si potrebbero<br />

incontrare e accordarsi per costruire la diga, ma con 100<br />

mila persone coinvolte i costi di transazione connessi al<br />

farle incontrare sono troppo elevati e i grandi numeri<br />

evitano che il singolo soggetto incorra in una perdita di<br />

status legata alla decisione di non cooperare.<br />

L’incentivo a essere un free rider è così forte che non<br />

viene raggiunto nessun accordo. Il “mercato” fallisce<br />

nel fornire la diga. Secondo molti libri di testo di economia,<br />

1 è questo il motivo per cui abbiamo bisogno<br />

dello Stato per la produzione di beni <strong>pubblici</strong>. Lo Stato<br />

1. Si veda ad esempio Mansfield e Behravesh (1989, p. 551).<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 22<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

può obbligare tutti a cooperare, anche se non si tratta di<br />

una vera forma di cooperazione, poiché la scelta viene<br />

fatta da soggetti governativi piuttosto che dai singoli<br />

cittadini. Però in questo modo la diga viene costruita.<br />

D’altro canto, la teoria della public choice indica che<br />

anche la seconda storia che andiamo a presentare difetta<br />

di una conclusione felice (oppure ottimale). La vallata<br />

ha un corpo di legislatori eletti che hanno l’autorità<br />

per costruire la diga, definirne la grandezza, stabilire<br />

l’ammontare di denaro necessario alla costruzione e<br />

decidere come raccogliere i fondi. Ogni membro eletto<br />

viene rinnovato ogni due anni, quindi dipende da campagne<br />

di raccolta fondi per la <strong>pubblici</strong>tà che gli serve<br />

per indurre la gente a votarlo; a questi voti si aggiungono<br />

quelli delle persone che ricevono benefici dal tesoro<br />

pubblico. Alcuni agricoltori che si trovano lungo il<br />

fiume si rivolgono al comitato incaricato di definire il<br />

progetto della diga e suggeriscono che se la struttura<br />

fosse più grande di quanto correntemente proposto,<br />

potrebbero deviare l’acqua per irrigare i campi, incrementando<br />

così la produzione con benefici per l’intera<br />

<strong>comuni</strong>tà. Anche una azienda di utilities si offre di<br />

costruire una struttura di produzione di energia nel<br />

caso in cui la diga fosse ancor più grande, il che consentirebbe<br />

la fornitura di energia elettrica a un costo<br />

inferiore rispetto a quello della compagnia rivale. Naturalmente<br />

la compagnia non si sobbarcherebbe i costi di<br />

costruzione della diga perché ne beneficerebbe la<br />

<strong>comuni</strong>tà. Inoltre, questa diga sovradimensionata inonderebbe<br />

porzioni maggiori di foreste, e un emendamento<br />

alla legislazione consentirebbe la costruzione di<br />

una strada per la rimozione del legname. La compagnia<br />

di legname locale pagherebbe 1 dollaro per albero, sebbene<br />

il costo della strada sia in media di 1,47 dollari per<br />

albero. Le spesa sarebbe così giustificata sulla base del<br />

fatto che in questo modo sarebbe possibile evitare lo<br />

spreco di legname.<br />

La maggior parte dell’area nel centro città è di proprietà<br />

di due aziende i cui rappresentanti invitano il<br />

comitato incaricato della diga a una missione di studio a<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 23<br />

La fallacia dell’argomentazione del fallimento del mercato<br />

Las Vegas, per studiare la diga Hoover. La diga fornirebbe<br />

un notevole aumento di valore immobiliare eliminando<br />

i costi di assicurazione contro le inondazioni, che<br />

aumenteranno le imposte sugli immobili. Così, i legislatori<br />

si trovano d’accordo nel diminuire l’aliquota relativa<br />

alla tassa di proprietà, azione che consentirebbe loro<br />

anche di far passare il messaggio che la diga non incrementerebbe<br />

la tassazione sulle proprietà immobiliari.<br />

Però, i negozianti che occupano gli stabili in centro città<br />

continuerebbero a pagare gli stessi affitti di prima, se non<br />

più alti; dalla diminuzione delle aliquote per loro non ci<br />

sarebbe nessun beneficio netto, né per i loro clienti.<br />

L’imprenditore Pierre si offre, in via riservata, di fare<br />

una donazione per la campagna elettorale nel caso in<br />

cui fosse lui a ottenere il contratto per la costruzione<br />

della diga e non i suoi concorrenti. Egli si offre di<br />

costruire una strada intorno alla struttura, che, incidentalmente,<br />

passerebbe per la proprietà di uno dei legislatori.<br />

I legislatori a favore della diga inoltre guadagnerebbero<br />

il sostegno di altri legislatori attraverso uno<br />

scambio di favori: i primi si offrono di sostenere una<br />

misura, sostenuta da un membro chiave del parlamento,<br />

che è volta a proteggere le compagnie di taxi locali<br />

dalla competizione con gli immigrati. Ciò comporterebbe<br />

un aumento dei costi di trasporto e una riduzione<br />

dei posti di lavoro, fenomeno che pochi elettori collegherebbero<br />

alla costruzione della diga. Inoltre, i dipendenti<br />

<strong>pubblici</strong> sono organizzati in un forte sindacato e<br />

di conseguenza viene loro riconosciuto il diritto a essere<br />

compensati per l’incremento delle tasse connesso alla<br />

costruzione della diga.<br />

I legislatori ordinano un’analisi costi-benefici, ma<br />

con un basso tasso di interesse e ignorando l’aumento<br />

delle imposte sul lavoro, il valore dell’affitto della terra,<br />

la crescita delle tariffe dei taxi e il costo marginale per la<br />

perdita della bellezza naturale del canyon nel quale il<br />

fiume si incunea, valore che non sarebbe andato perduto<br />

nel caso di una diga più piccola. Inoltre, anche una<br />

tribù indiana che era solita utilizzare parte del corso<br />

superiore del fiume per fini cerimoniali e per nuotare<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 24<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

riesce a ottenere udienza, senza però essere inclusa nel<br />

calcolo delle perdite: non possiede alcun titolo su quelle<br />

terre e non può sostenere il costo di invitare i legislatori<br />

a proprie spese nelle località amene del fiume. Il consiglio<br />

alla fine stabilisce che un interesse pubblico più<br />

vasto è più importante degli interessi ricreativi di pochi<br />

soggetti sull’alto corso del fiume; viene inoltre sancita la<br />

necessità di una diga sovradimensionata, in grado di<br />

fornire elettricità e acqua per gli agricoltori. La diga<br />

viene così finanziata con una aumento delle imposte<br />

indirette e una sovrattassa sui redditi superiori a 50 mila<br />

dollari l’anno, con deduzioni per gli investimenti (come<br />

quelli posti in essere dagli agricoltori) collegati all’utilizzo<br />

dell’acqua (al fine di favorire la conservazione dell’energia).<br />

Poiché solo il 35 per cento dei nuclei abitativi<br />

possiede un reddito anno superiore ai 50 mila dollari, il<br />

provvedimento raccoglie il sostegno della maggioranza<br />

degli elettori, che non sono in grado di calcolare il costo<br />

totale connesso all’aumento delle tasse indirette.<br />

La terra viene ottenuta con un esproprio e l’operazione<br />

è finanziata grazie all’emissione di obbligazioni<br />

municipali esenti da tasse. Gli investimenti alternativi e<br />

i posti di lavoro che si sarebbero potuti creare con gli<br />

extra fondi necessari alla costruzione della diga sovradimensionata<br />

non saranno mai noti. Viceversa, i benefici<br />

della diga verranno ampiamente <strong>pubblici</strong>zzati dagli<br />

amministratori locali e resi noti a tutti.<br />

Quindi, la diga viene costruita, ma è tre volte più<br />

grande di quanto originariamente proposto dall’imprenditore<br />

Pierre per garantire il controllo delle esondazioni.<br />

Perfino coloro che non pagano la sovrattassa<br />

sui redditi oltre i 50 mila dollari si trovano a dover<br />

sostenere costi maggiori di quanto sarebbe accaduto<br />

con il progetto originario. I proventi della tassazione<br />

sono destinati al pagamento di un bene pubblico più<br />

grande di quanto la maggioranza dei cittadini desidererebbe,<br />

e la maggior parte dei benefici viene goduta da<br />

pochi soggetti, come gli agricoltori, la compagnia elettrica<br />

e il costruttore della diga. Le bollette elettriche<br />

sono un po’ meno alte, ma la somma di tasse e bollette<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 25<br />

La fallacia dell’argomentazione del fallimento del mercato<br />

rimane molto più elevata di quanto sarebbe stata con il<br />

progetto originario. Eppure, gran parte del pubblico è<br />

convinta di aver beneficiato dal progetto attuale perché<br />

non conosce, e non è in grado di calcolarlo facilmente,<br />

il costo della proposta originaria. In aggiunta, gli agricoltori,<br />

la compagnia elettrica e Pierre si trovano a<br />

dover spendere somme considerevoli in attività di lobbying,<br />

invitando i legislatori a cena e in località amene,<br />

offrendo pure loro (con discrezione) fondi per le campagne<br />

e regali. L’ammontare totale delle risorse destinate<br />

alla ricerca di questi benefici sommata alla perdita<br />

netta di benessere sostenuta dalla <strong>comuni</strong>tà dei residenti<br />

costituisce un fallimento dello Stato. La diga è<br />

stata prodotta in eccesso, ma non vengono prodotti<br />

beni alternativi che forse la gente avrebbe preferito.<br />

A questo punto passiamo alla terza storia. Questa<br />

volta partiamo dal fatto che la Happy Valley occupa<br />

uno spazio il cui valore è influenzato dalla diga. Il valore<br />

potenzialmente maggiore dei siti della vallata fornisce<br />

un’opportunità agli imprenditori che non dirottano<br />

i costi connessi sui membri della <strong>comuni</strong>tà. L’imprenditore<br />

non necessita di stipulare un contratto con ogni<br />

nucleo abitativo per il pagamento della protezione fornita<br />

dalla diga contro le inondazioni, se possiede già un<br />

diritto sugli aumenti di affitto che la diga indurrà. A ciò<br />

si può giungere in molti modi.<br />

In primo luogo, Pierre può comprare un sito adatto<br />

alla costruzione della diga e all’insediamento di una<br />

potenziale <strong>comuni</strong>tà; a quel punto potrà poi vendere o<br />

concedere in affitto il sito a condizione che gli occupanti<br />

paghino una quota periodica per i servizi offerti dalla<br />

diga. I nuovi residenti sarebbero interessati al sito solo<br />

se ogni singolo individuo ritenesse appropriato il costo.<br />

Il mercato ha successo. Il costruttore o i proprietari successivi<br />

possono anche costruire la diga dopo che la<br />

<strong>comuni</strong>tà si è insediata se sono in grado di catturare la<br />

rendita generata dalla diga, oltre a vendere servizi<br />

aggiuntivi a essa connessi. Il proprietario non avrà<br />

incentivi a costruire una diga sovradimensionata o a<br />

non costruirla se esiste un’opportunità di profitto. E non<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 26<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

avranno luogo operazioni redistributive in quanto l’intero<br />

sito è soggetto a un’unica proprietà e governance.<br />

Si supponga, comunque, che la vallata sia già abitata<br />

e che non sia di proprietà di un’impresa esterna. Lo<br />

scenario del fallimento di mercato presuppone che i<br />

nuclei familiari siano atomistici, indipendenti gli uni<br />

dagli altri, unità isolate. Ma ogni società umana è sempre<br />

vissuta in <strong>comuni</strong>tà e quindi la premessa di nuclei<br />

isolati si dimostra antistorica. Se si applica la teoria al<br />

mondo reale dei beni civici, allora si dà anche per scontato,<br />

erroneamente, che le istituzioni possano essere<br />

ignorate. La distinzione che esiste nel mondo reale non<br />

è tra organizzazioni <strong>comuni</strong>tarie e assenza di organizzazioni;<br />

si tratta piuttosto di capire che tipo di governance<br />

ha una certa <strong>comuni</strong>tà o una certa impresa, ad<br />

esempio se condivisa o coercitiva.<br />

Si supponga anche che Happy Valley sia stata edificata<br />

da tre imprese indipendenti che abbiano delegato la<br />

governance della <strong>comuni</strong>tà a tre distinte associazioni di<br />

residenti, ognuna delle quali basata su una mutua obbligazione<br />

tra i proprietari dei siti. Pierre, l’imprenditore,<br />

non dovrebbe contrattare con 100 mila controparti, ma<br />

solo con tre. Se poi queste tre avessero stipulato fra loro<br />

un’associazione di mutua cooperazione allora Pierre<br />

dovrebbe rivolgersi solo a quest’ultima. L’espressione<br />

“fornitura di mercato” potrebbe offuscare il punto fondamentale,<br />

ovvero che ci troviamo davanti a una fornitura<br />

attraverso modalità consensuali, che può coinvolgere<br />

un’impresa e un’associazione civica. Se i benefici<br />

della diga sono percepiti da tutti (o quasi tutti) i residenti,<br />

ogni <strong>comuni</strong>tà non cooperativa che voglia agire<br />

da free rider patirà il risentimento e le ritorsioni economiche<br />

delle altre due e verrà espulsa dall’associazione<br />

comune, sostenendo probabilmente costi maggiori di<br />

quelli che avrebbe dovuto sostenere se avesse partecipato<br />

alla costruzione della diga. Pierre potrebbe inoltre<br />

offrirsi di costruire la diga in cambio di terreni il cui<br />

valore verrebbe incrementato dalla rendita, senza dover<br />

sostenere il fardello di costi organizzativi elevati. Le<br />

<strong>comuni</strong>tà sarebbero d’accordo solo se le rendite nette<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 27<br />

La fallacia dell’argomentazione del fallimento del mercato<br />

generate – al netto di quanto dovuto a Pierre – fossero<br />

positive. Così non verrebbe costruita una diga troppo<br />

costosa, i benefici sarebbero goduti da tutti i residenti, e<br />

ognuno pagherebbe in proporzione ai benefici ottenuti,<br />

come riflesso dell’incremento di valore dei terreni. Il<br />

voto favorevole dei residenti o dei membri dei consigli<br />

delle <strong>comuni</strong>tà della vallata sarebbe assai probabile e il<br />

mercato ancora una volta avrebbe successo.<br />

Ci si potrebbe chiedere perché le associazioni di residenti<br />

non dovrebbero andare incontro a fallimenti politici<br />

come nella seconda storia qui presentata. La cosa<br />

sarebbe meno probabile qualora il costruttore o il fondatore<br />

della <strong>comuni</strong>tà stabilissero provvedimenti (nell’atto<br />

costitutivo o nello statuto) volti a limitare il potere<br />

delle associazioni. Il finanziamento delle associazioni<br />

civiche è solitamente fondato su quote associative<br />

fisse, oppure basate sulla proprietà o sul valore del terreno,<br />

piuttosto che su tassazioni arbitrarie. Inoltre, l’atto<br />

costitutivo potrebbe prevedere maggioranze qualificate<br />

in caso di spese importanti, al fine di prevenire la<br />

ricerca di privilegi. I membri delle associazioni possono<br />

inoltre fare causa all’associazione e al suo consiglio.<br />

Nel caso in cui l’associazione più vasta diventi<br />

prona a spese improduttive, le <strong>comuni</strong>tà che la compongono<br />

potrebbero decidere di uscirne e formarne<br />

una nuova. Ampie associazioni <strong>comuni</strong>tarie potrebbero<br />

avere clausole di secessione per quartieri e villaggi. In<br />

questo modo all’interno di organizzazioni <strong>comuni</strong>tarie<br />

possono essere stabilite talune salvaguardie costituzionali,<br />

riducendo in maniera significativa la probabilità di<br />

fallimenti istituzionali. La principale salvaguardia<br />

sarebbe la natura contrattuale della relazione fra i futuri<br />

residenti e i costruttori della successiva governance<br />

<strong>comuni</strong>taria: ogni potenziale residente o detentore di<br />

sito firmerebbe un accordo in cui sono definite le regole<br />

di funzionamento della <strong>comuni</strong>tà, con la certezza<br />

dell’esistenza di tutele contro confische arbitrarie e<br />

investimenti specifici del sito.<br />

Nonostante questo rimane la possibilità che un<br />

costruttore o un’associazione di residenti falliscano,<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 28<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

così come può fallire ogni individuo, organizzazione o<br />

istituzione umana. Il problema del fallimento del mercato<br />

non è il fatto che alcuni beni collettivi vengano o<br />

meno prodotti, o vengano prodotti in eccesso. Questi<br />

eventi costituiscono fallimenti imprenditoriali e non<br />

sistematici fallimenti di mercato, e sono inevitabili in<br />

un mondo di incertezza e cambiamento, composto da<br />

esseri umani imperfetti. La tesi del fallimento del mercato<br />

sostiene che siano il mercato o i processi consensuali<br />

in generale a fallire nella fornitura di beni <strong>pubblici</strong><br />

o civici. Ma la terza storia che abbiamo presentato<br />

come esempio dimostra come il mercato non necessariamente<br />

fallisca.<br />

La questione da affrontare è la fattibilità della fornitura<br />

di beni <strong>pubblici</strong> attraverso mezzi privati. La teoria<br />

del fallimento di mercato viene formulata secondo la<br />

seguente ipotesi: gli incentivi al guadagno personale, che in<br />

un’economia di mercato inducono gli agenti a fornire beni privati,<br />

non sono in generale sufficienti a indurre tali agenti a<br />

fornire quei beni collettivi di cui la gente ha effettivamente<br />

bisogno, poiché, perfino quando i costi di transazione non<br />

sono un ostacolo, non ci sono modi per indurre gli individui a<br />

pagare per la porzione di bene di cui godono; di conseguenza<br />

il costo totale della fornitura del bene non può essere ripagato.<br />

La teoria presentata nei capitoli iniziali di questo<br />

libro illustra come i beni collettivi possano essere forniti<br />

da agenti in un processo di mercato e i case studies presentati<br />

nei capitoli conclusivi dimostrano come le <strong>comuni</strong>tà<br />

del mondo reale provvedano nella pratica alla fornitura<br />

di tali beni confermando la teoria. Inoltre, teoria<br />

ed evidenze contrappongono la fornitura contrattuale a<br />

quella governativa, mostrando come i fallimenti di Stato<br />

possano essere superati, e nei fatti lo sono realmente, da<br />

accordi consensuali interni alle <strong>comuni</strong>tà.<br />

La carenza di esempi di privatizzazioni<br />

In passato molta della letteratura volta a contestare<br />

la tesi del fallimento del mercato si era focalizzata su<br />

alcuni aspetti della privatizzazione: la fornitura di servizi<br />

civici da parte di particolari imprese. Esempi di ser-<br />

28


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 29<br />

La fallacia dell’argomentazione del fallimento del mercato<br />

vizi forniti privatamente includono i servizi di polizia e<br />

di protezione dagli incendi, strade, illuminazione, educazione<br />

e attività ricreative. Questi case studies dimostrano<br />

che tale tesi necessita di essere qualificata per<br />

rispondere delle condizioni per le quali alcuni servizi<br />

civici possono essere forniti in forma decentralizzata e<br />

attraverso mezzi volontari. Ma in generale ciò non<br />

prova che i servizi <strong>pubblici</strong> di una <strong>comuni</strong>tà possano<br />

essere forniti attraverso meccanismi di mercato.<br />

Per esempio, uno studio di High e Ellig (1998) ha<br />

riscontrato che in Gran Bretagna e negli Stati Uniti l’istruzione<br />

veniva fornita in forma privata su larga scala<br />

prima che i governi fossero coinvolti e in larga misura<br />

la soppiantassero. Tali esempi storici mostrano la possibilità,<br />

ma non necessariamente la fattibilità, di sistemi<br />

educativi privati completi. In quest’ultimo caso sarebbe<br />

indispensabile una teoria riguardante l’aspetto di bene<br />

privato connesso all’istruzione e le circostanze in cui<br />

organizzazioni <strong>comuni</strong>tarie volontarie possono provvedere<br />

alla sua fornitura. Taluni servizi antincendio privati<br />

sono stati descritti da N. Poole (1991) e R. Poole (1980).<br />

La Rural/Metro Corporation fornisce servizi antincendio<br />

a Scottsdale, in Arizona, e ad altre 50 <strong>comuni</strong>tà. La<br />

maggior parte dei servizi antincendio in piccole <strong>comuni</strong>tà<br />

è fornita da gruppi di volontari o imprese private.<br />

Ma esiste una teoria sul modo in cui tali servizi possono<br />

essere forniti privatamente indipendentemente dalle<br />

dimensioni della <strong>comuni</strong>tà di riferimento? Ad esempio,<br />

può esservi competizione fra compagnie antincendio<br />

nella stessa regione? Le strade private esistono in molte<br />

<strong>comuni</strong>tà, in particolare a St. Louis, nel Missouri, come<br />

vedremo nel tredicesimo capitolo. Streets of Laredo è una<br />

canzone western tradizionale. Oggi si potrebbe comporre<br />

una canzone sulle “strade private di Laredo”,<br />

visto che tra il 1982 e il 1985 ben 150 lotti sono stati<br />

ceduti a imprese private e a organizzazioni (Fitzgerald,<br />

1988, pp. 163-164). Ma le strade possono essere costruite<br />

e mantenute da agenti privati in generale o si tratta<br />

solo di casi particolari? Alcune autostrade e alcuni<br />

ponti privati vengono finanziati attraverso i pedaggi. In<br />

29


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 30<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

America antiche strade a pedaggio furono costruite da<br />

gruppi civici volontari e da società (Klein, 1990). Le<br />

strade sono finanziate anche attraverso parcometri e<br />

tariffe sul passaggio. Ma, ancora una volta, esiste una<br />

teoria generale per la fornitura da parte del settore privato<br />

di autostrade e ponti?<br />

I fari sono stati indicati come un esempio di bene<br />

pubblico in cui è necessaria la fornitura da parte dello<br />

Stato (si veda Heilbroner e Thurow, 1987, pp. 168-169).<br />

Tuttavia Ronald Coase (1974) ha descritto come, in<br />

Gran Bretagna, i fari vicino ai porti fossero finanziati da<br />

tariffe per l’uso dei porti stessi. Coase spiegò come il<br />

finanziamento dei fari tramite la fiscalità generale<br />

tenda a ridurre l’efficienza dell’amministrazione del<br />

servizio, a causa di costi di amministrazione maggiori,<br />

rendendo il servizio meno rispondente alle esigenze dei<br />

marinai. Ma cosa si può dire sui fari lontani dai porti?<br />

Si sa che le attività ricreative sono fornite tanto dagli Stati<br />

quanto dalle imprese private. Talune organizzazioni<br />

volontarie, “gli amici dello zoo”, spesso assistono nell’attività<br />

operativa e nella ricerca di fondi gli zoo, i<br />

musei e i parchi gestiti dallo Stato (R. Poole, 1980).<br />

Molti edifici di aziende private includono “piazze pubbliche”<br />

al loro interno. Ma è necessaria la fornitura da<br />

parte di amministrazioni pubbliche nei casi – come i<br />

parchi cittadini nelle vicinanze di zone residenziali – in<br />

cui il finanziamento privato non è collegato ad altri usi<br />

privati e le tariffe d’accesso non sono praticabili? La<br />

sicurezza, intesa come protezione dal crimine, è fornita<br />

da beni finanziati privatamente come serrature, recinti,<br />

guardie, pattuglie e allarmi. Negli Stati Uniti ci sono<br />

più guardie private che agenti della polizia a tempo<br />

pieno (Neely, 1990, p. 51). Ma è pensabile che tali sforzi<br />

privati possano sostituirsi alla polizia di Stato?<br />

La difesa nazionale viene spesso usata come l’esempio<br />

per eccellenza di un bene pubblico che richiede l’intervento<br />

dello Stato. Eppure perfino in questo caso gli sforzi<br />

privati possono affiancarsi alla difesa fornita dallo<br />

Stato. Alcuni esempi sono i ripari, le riserve di cibo e<br />

acqua, le maschere antigas e le medicine, i rifugi isolati,<br />

30


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 31<br />

La fallacia dell’argomentazione del fallimento del mercato<br />

le armi e i soldati volontari. Ma ci può essere una difesa<br />

nazionale puramente volontaria o comunque su larga<br />

scala? Anche la legge viene frequentemente intesa come<br />

un dominio dello Stato, ma è capitato che anch’essa sia<br />

stata fornita dal settore privato. La lex mercatoria, una<br />

legge contrattuale e mercantile, venne creata indipendentemente<br />

dalle leggi esistenti in Europa. I mercanti<br />

utilizzavano le loro corti di giustizia per dirimere le dispute<br />

e facevano rispettare le loro decisioni attraverso l’ostracismo<br />

(Benson, 1990). Molti servizi di arbitrato e<br />

mediazione hanno oggi una funzione di supporto alle<br />

corti di giustizia governative. Ma possono sostituirsi<br />

interamente alle leggi e alle corti governative? La moneta<br />

oggi è universalmente fornita dagli Stati, spesso in regime<br />

di monopolio (anche dove le valute straniere sono<br />

permesse, frequentemente l’emissione privata di monete<br />

concorrenti non è ammessa). Come Carl Menger (1976<br />

[1871]) e altri hanno illustrato, la moneta e le banche si<br />

sono evolute attraverso un processo spontaneo di transazioni<br />

private, e soltanto successivamente sono diventate<br />

soggette all’autorità statale. Rispetto al caso di molti<br />

altri beni ora forniti dallo Stato, per moneta e sistema<br />

bancario privato la teoria è stata sviluppata (ad esempio,<br />

Selgin, 1988) al punto tale che la fattibilità dell’azione<br />

privata in tali ambiti ha una solida fondazione teorica.<br />

Questi esempi dimostrano come alcuni beni civici<br />

siano stati forniti da attori privati, ma non se la fornitura<br />

privata sia fattibile indipendentemente dall’epoca,<br />

dal luogo e dalla cultura. Gli esempi empirici confutano<br />

l’impossibilità, ma allo stesso tempo non dimostrano<br />

una generale fattibilità. Earl Brubaker (1975) propone<br />

una teoria più generale, sostenendo che la non produzione<br />

sia una forma di esclusione che consente alla<br />

produzione privata di aver luogo. Una contrattazione a<br />

priori riduce il problema del free riding, ma non preclude<br />

la possibilità della non partecipazione. 2 Inoltre, l’esi-<br />

2. David Schmidtz (1991) riporta vari esperimenti sulla fornitura di beni<br />

<strong>pubblici</strong> attraverso pagamenti volontari. Anche nel caso di garanzie money-back<br />

e della definizione di soglie di fornitura non tutti i soggetti contribuivano.<br />

31


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 32<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

stenza di un male pubblico, o perfino il fallimento nel<br />

produrre un bene pubblico, sono di per sé beni <strong>pubblici</strong>,<br />

quindi la non produzione non è sufficiente a prevenire<br />

l’esistenza di beni <strong>pubblici</strong> in ogni caso. Praticamente<br />

tutti questi esempi e la letteratura che ne tratta<br />

hanno a che fare con agenti privati che forniscono beni<br />

collettivi in sostituzione alla fornitura da parte dello<br />

Stato. Nella maggior parte dei casi manca una teoria<br />

generale della fornitura attraverso processi di mercato.<br />

Una teoria di questo tipo richiede un approccio differente,<br />

nel quale lo stesso governo viene internalizzato<br />

nella teoria e viene riconosciuta la natura spaziale della<br />

maggior parte dei beni civici. Invece che focalizzarsi di<br />

volta in volta su uno specifico servizio statale, una teoria<br />

generale della fornitura di beni collettivi richiede<br />

una trattazione sistematica e comprensiva dei vari tipi<br />

di beni <strong>pubblici</strong>, incluso quello della stessa governance.<br />

Il concetto di “pubblico “ e “privato”<br />

Il termine “pubblico” usato in “beni <strong>pubblici</strong>” ha un<br />

significato completamente differente da quello utillizzato<br />

in “settore pubblico”. Anche il termine “privato”<br />

in “beni privati” ha un significato diverso da quello nell’espressione<br />

“settore privato”. Il concetto di settore<br />

pubblico (Stato) e settore privato (aziende e nuclei familiari)<br />

sarà esaminato più in dettaglio nel quinto capitolo.<br />

Per ora, è sufficiente attenersi al significato comunemente<br />

usato per riferirsi allo Stato e agli attori privati.<br />

A ogni modo la terminologia che useremo richiede di<br />

essere chiarita.<br />

Espressioni come “settore privato” e “mercato”<br />

hanno varie connotazioni, ma la loro caratteristica<br />

essenziale rispetto ai beni <strong>pubblici</strong> è che il processo di<br />

fornitura è consensuale. I seguenti termini saranno considerati<br />

come equivalenti a “privato” nel contesto del<br />

“settore privato” per la fornitura di beni, processi e<br />

<strong>comuni</strong>tà: di mercato, volontario, consensuale, contrattuale<br />

e multilaterale. I seguenti termini saranno trattati come<br />

sinonimi di “pubblico” nel contesto del “settore pubblico”<br />

per la fornitura di beni, processi e <strong>comuni</strong>tà: sovra-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 33<br />

La fallacia dell’argomentazione del fallimento del mercato<br />

no, politico, di governo, imposto e unilaterale.<br />

Termini come “politico” e “governo” ovviamente<br />

potrebbero essere usati nel contesto delle <strong>comuni</strong>tà contrattuali,<br />

che vedono anche processi di tipo politico e<br />

governativo, ma, al fine di mantenere una chiarezza terminologica,<br />

il significato di tali termini verrà confinato<br />

all’uso più convenzionale di governo del settore pubblico,<br />

a meno che il contesto non indichi chiaramente<br />

altrimenti. Il termine governance sarà usato genericamente<br />

tanto per le organizzazioni del settore pubblico<br />

che per quelle del settore privato. “Unilaterale” e “multilaterale”<br />

usati in questo contesto si riferiscono alla<br />

relazione tra l’agenzia che provvede alla fornitura del<br />

bene e i destinatari del bene. La governance volontaria<br />

fra due o più soggetti consiste in accordi fra parti uguali,<br />

e da qui letteralmente definita come multi-parte o<br />

multilaterale. Il processo politico, la governance del settore<br />

pubblico nei vari paesi, Stati e città contemporanee<br />

può comprendere molte persone che si trovano d’accordo<br />

su alcune regole particolari, ma non tutti i soggetti<br />

che devono sottostare a tali regolamenti hanno<br />

dichiarato un consenso esplicito alla loro attuazione<br />

(altrimenti sarebbe classificato come un processo di<br />

mercato). Di conseguenza la regola è unilaterale e<br />

imposta nei confronti di chiunque non abbia espresso o<br />

non avrebbe voluto esprimere il proprio consenso.<br />

Parlando di “pubblico” e “privato” nel contesto dei<br />

beni, la letteratura ha enfatizzato una distinzione fra<br />

beni privati “puri”, beni <strong>pubblici</strong> “puri” e beni “misti”,<br />

anche se la definizione di beni misti non risponde alla<br />

domanda in merito a cosa determini il fattore dell’impurità.<br />

Un fondamento per una teoria dei beni <strong>pubblici</strong><br />

è una chiara specificazione fra beni privati e beni <strong>pubblici</strong>.<br />

La definizione di Paul Samuelson (1954) di beni privati<br />

contrapposti a beni <strong>pubblici</strong> divenne un punto di<br />

riferimento nella formulazione di una chiara distinzione<br />

fra i due elementi in termini matematici, sebbene, come<br />

verrà discusso più avanti, la forma matematica non sia<br />

sufficiente a una chiara definizione. La classificazione<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 34<br />

fra due tipi di beni è determinata dal modo in cui gli usi<br />

e i consumi individuali sono correlati con quelli aggregati.<br />

Per un bene privato y, il consumo aggregato è<br />

uguale alla somma dei consumi individuali:<br />

(1.1) yj=∑ y j i<br />

I<br />

i=1<br />

Dove i si riferisce al consumatore individuale, I al<br />

numero totale dei consumatori e j a un bene. L’ammontare<br />

totale di bene j consumato è la somma del consumo<br />

degli individui.<br />

Per un bene pubblico o per un bene collettivo y l’uso<br />

aggregato è pari all’uso individuale per ogni individuo:<br />

(1.2) yk= yk (i=1, ..., I)<br />

i<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

Per alcuni beni <strong>pubblici</strong> k, Samuelson (1969) chiarisce<br />

che l’equazione dell’uso personale con riferimento a<br />

un ammontare totale di bene pubblico a disposizione<br />

per tutti gli individui non significa che tutti gli individui<br />

ricavino la stessa utilità dal bene.<br />

La distinzione fra beni privati e <strong>pubblici</strong> precede di<br />

parecchio Samuelson: i beni <strong>pubblici</strong> sono stati descritti<br />

da Ugo Mazzola (1958 [1890], p. 42) in quanto caratterizzati<br />

da «indivisibilità nell’uso». Emil Sax (1958<br />

[1924], p. 183) affermò che le attività collettive sono<br />

quelle che si estendono a tutti i membri di una <strong>comuni</strong>tà<br />

e i cui benefici sono indivisibili. Antonio de Viti de<br />

Marco (1936, pp. 38-39) descrisse i desideri individuali<br />

totali come la somma delle quantità, mentre i desideri<br />

collettivi totali come la somma delle qualità. Egli affermò<br />

anche che i beni <strong>pubblici</strong> corrispondono a un desiderio<br />

collettivo (p. 44). Lo stesso Samuelson (1983, p.<br />

XXII) riconobbe che il suo lavoro del 1954 era un’applicazione<br />

del lavoro di Abram Bergson sulla «nuova economia<br />

del welfare» alla teoria dei beni <strong>pubblici</strong>.<br />

Samuelson sintetizzò l’analisi di Bergson nel suo Foundations<br />

of Economic Analysis (Samuelson, 1983 [1947]).<br />

La formula proposta da Samuelson è stata criticata<br />

per la sua ambiguità, in quanto non tutti i beni possono<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 35<br />

La fallacia dell’argomentazione del fallimento del mercato<br />

essere categorizzati in una delle due equazioni. Una più<br />

profonda ambiguità risiede poi nel significato di bene<br />

Y. Il termine “bene”può fare riferimento a merci fisiche<br />

o servizi, o ancora ad alcuni aspetti, proprietà, attributi<br />

o tratti di un bene. Queste qualità vanno sotto il termine<br />

di “caratteristiche”. Kelvin Lancaster (1966) teorizzò<br />

che l’utilità fosse direttamente derivata dalle caratteristiche<br />

di un bene e quindi solo in via indiretta dal bene<br />

fisico. Come notato da Lancaster, le precedenti teorie<br />

dell’utilità implicitamente assumevano questo approccio<br />

per caratteristiche. Menger (1976 [1871], p. 52), uno<br />

dei fondatori della moderna teoria dell’utilità, affermava<br />

che il prerequisito necessario per parlare di un bene<br />

fosse l’associazione fra oggetto e diritto di proprietà,<br />

diritto che permetteva al bene di soddisfare un desiderio<br />

o un bisogno. Partendo dal lavoro di Lancaster,<br />

Auld ed Eden (1990) applicarono l’approccio per caratteristiche<br />

ai beni <strong>pubblici</strong>: pubblico e privato sono<br />

caratteristiche di beni, e non riferimenti a categorie di<br />

beni fisici. L’approccio per caratteristiche fornisce una<br />

soluzione al problema dei beni misti: la commistione<br />

consiste nelle distinte caratteristiche pubbliche e private<br />

di alcuni beni fisici. Come rilevato da Richard Auster<br />

(1977), queste caratteristiche sono beni di per sé, cosicché<br />

possiamo continuare a parlare di beni <strong>pubblici</strong> e<br />

privati tenendo però presente che ci stiamo riferendo<br />

alle proprietà dei beni fisici.<br />

Kenneth Goldin (1977) sottolineò un altro problema<br />

connesso alla distinzione di Samuelson. <strong>Beni</strong> astratti,<br />

come la musica, non possono essere categorizzati come<br />

<strong>pubblici</strong> o privati; essi possono essere prodotti sotto<br />

forma di beni <strong>pubblici</strong> (un concerto in un parco) o sotto<br />

forma di beni privati (una audio cassetta privata). Ma<br />

Goldin si riferiva a un tipo di beni diverso da quelli<br />

pensati da Samuelson. Samuelson implicitamente si<br />

richiama a beni fisici, mentre Goldin a beni astratti<br />

simili al bene Z proposto da Gary Becker (1965). Stigler<br />

e Becker (1977) identificano i beni Z come l’ultimo termine<br />

che viene considerato in una funzione di utilità. I<br />

beni Z sono prodotti come funzione del tempo e di<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 36<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

merci fisiche intermedie, i beni X. Con la teoria dei beni<br />

Z, le caratteristiche lancasteriane dei beni non sono considerate<br />

indipendentemente, ma come pacchetti di proprietà<br />

che sostanziano alla fine un bene astratto Z come<br />

la musica. Le caratteristiche sono perciò intermedie fra<br />

i beni X e i beni Z. Esse possono essere indicate tramite<br />

una lettera intermedia Y (da qui l’uso della lettera y<br />

nella sopracitata formulazione di Samuelson, in luogo<br />

della x). Così i beni X sono merci fisiche (o servizi) con<br />

caratteristiche pubbliche e private, le quali costituiscono<br />

i beni Y, e queste caratteristiche sono usate per creare<br />

beni astratti Z come la musica o la sicurezza. Di conseguenza<br />

le critiche di Goldin sono associate al riconoscimento<br />

dei differenti tipi di beni: beni X in grado di<br />

avere caratteristiche miste, beni Y distintamente privati<br />

o <strong>pubblici</strong> e beni Z i quali non presentano intrinseche<br />

caratteristiche pubbliche o private.<br />

A ogni modo, definire la distinzione pubblico/privato<br />

in termini di caratteristiche non rimuove tutte le<br />

ambiguità del concetto di bene. Infatti, si pone un’altra<br />

questione: il termine si riferisce a un bene attualmente<br />

esistente, a un bene che potenzialmente può esistere o a<br />

entrambi i casi? La scelta più parsimoniosa è quella di<br />

definire il bene come un bene attualmente esistente, dal<br />

momento che possiamo determinare le caratteristiche<br />

di beni ipotetici immaginando come si configurerebbero<br />

una volta venuti a esistenza. Di conseguenza, un’affermazione<br />

del tipo “i beni <strong>pubblici</strong> producibili sono<br />

necessariamente escludibili attraverso la possibilità di<br />

non produzione” non è da considerarsi valida in questo<br />

contesto. L’escludibilità sarebbe determinata solamente<br />

dall’uso del bene una volta giunto a esistenza. Un’ultima<br />

ambiguità risiede nelle persone che utilizzano i<br />

beni, ovvero il termine i della sopracitata equazione. Un<br />

individuo i può essere un soggetto che utilizza attualmente<br />

il bene, un soggetto che attualmente non utilizza<br />

il bene ma che potrebbe volerlo usare, o entrambe le<br />

cose. Anche in questo caso verrà utilizzata l’interpretazione<br />

esistenziale. L’equazione si riferisce a persone che<br />

utilizzano veramente i beni.<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 37<br />

La fallacia dell’argomentazione del fallimento del mercato<br />

La definizione delle persone diventa rilevante quando<br />

si considera il problema della rivalità. In letteratura i<br />

beni <strong>pubblici</strong> sono generalmente considerati come non<br />

rivali, ma la rivalità è di per sé un concetto pieno di sfaccettature.<br />

Nel consumo di beni privati si parla di “rivalità<br />

riferita alle quantità”: la quantità consumata da una<br />

persona non può essere consumata da un altro soggetto.<br />

Ciò è diverso da “rivalità riferita alle qualità”, in cui l’utilità<br />

ottenuta dall’utilizzo di un bene decresce con l’utilizzo<br />

di quel bene da parte di altri soggetti, anche qualora<br />

non vi sia rivalità sulle quantità. Le caratteristiche<br />

soggette a rivalità di qualità sono private, in quanto il<br />

bene si spalma sul totale degli utenti. Ad esempio, una<br />

piscina affollata produce un’utilità minore di una piscina<br />

deserta, anche se la quantità totale di acqua è la stessa.<br />

L’area su cui è possibile nuotare senza incontrare<br />

ostacoli può essere un modo di caratterizzare questa<br />

qualità. Un terzo di tipo di rivalità è la “rivalità marginale”.<br />

In questo caso, l’utilità ottenuta da un bene X<br />

diminuisce con l’aggiunta di un altro utente, anche se<br />

non esiste rivalità di qualità per gli utenti che attualmente<br />

beneficiano del bene. Le rivalità di tipo qualitativo<br />

e quantitativo sono esistenziali, mentre quelle di tipo<br />

marginale sono potenziali. Come i beni potenziali e le<br />

persone potenziali, la rivalità potenziale non è presa in<br />

considerazione nella definizione di bene pubblico.<br />

Definizioni di pubblico e privato<br />

Quanto sopra è stato espresso può essere sintetizzato<br />

in un definizione di beni <strong>pubblici</strong> e privati. Un bene<br />

pubblico è il beneficio di un fenomeno il cui impatto riguarda<br />

almeno due persone effettive, tale per cui l’ammontare del<br />

beneficio che riceve ogni soggetto è pari all’intero ammontare<br />

del beneficio stesso. Un “bene privato” è definito come<br />

ogni caratteristica (di un fenomeno) non pubblica. Da<br />

qui discende che i benefici <strong>pubblici</strong> e privati sono definibili<br />

come complementari.<br />

“<strong>Beni</strong> collettivi” è un sinonimo per “beni <strong>pubblici</strong>”,<br />

e “beni separabili” (quelli che possono essere separati o<br />

divisi) sarà usato come equivalente per “beni privati”.<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 38<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

Questi sinonimi in certi casi possono spazzare via le<br />

ambiguità connesse all’uso dei termini “pubblico” e<br />

“privato”. Nella letteratura economica, l’espressione<br />

“beni <strong>pubblici</strong>” spesso si riferisce a un particolare sottoinsieme<br />

di beni collettivi, ovvero quelli tipicamente<br />

forniti dallo Stato. Quindi, questi verranno denominati<br />

“beni civici”. La maggior parte della trattazione dei<br />

prossimi capitoli è riferita ai beni civici, piuttosto che ai<br />

beni <strong>pubblici</strong> di per sé, poiché sono questi beni l’argomento<br />

della discussione in merito alla fornitura di beni<br />

<strong>pubblici</strong>.<br />

I beni <strong>pubblici</strong> sono talvolta associati a esternalità.<br />

Un’esternalità consiste in un’utilità che deriva dall’azione<br />

di un altro soggetto. Nella pratica, molte esternalità<br />

si sovrappongono ai beni <strong>pubblici</strong> dal momento che<br />

coinvolgono molte persone. Tuttavia, se l’azione di un<br />

soggetto produce effetti solo su un altro individuo,<br />

abbiamo un caso di esternalità senza un bene pubblico.<br />

Anche le caratteristiche di un’esternalità possono essere<br />

sia private che pubbliche. Ad esempio, l’ammontare<br />

di acqua inquinata che entra in un quartiere è la somma<br />

delle quantità imposte a ogni famiglia, rendendolo privato<br />

in termini di quantità anche se la tossicità dell’inquinamento<br />

è cosa comune a tutti, e quindi pubblica.<br />

L’uso di un bene pubblico come il sole non necessariamente<br />

implica esternalità. Per questo motivo, la definizione<br />

di beni <strong>pubblici</strong> non implica necessariamente<br />

quella di esternalità e viceversa. Inoltre le esternalità in<br />

sé non verranno trattate in questo libro, ma sono incluse<br />

nella categoria dei beni <strong>pubblici</strong> quando si sovrappongono<br />

nella pratica.<br />

La tassonomia dei beni <strong>pubblici</strong><br />

I beni <strong>pubblici</strong> possono essere divisi in quattro categorie<br />

sulla base di due caratteristiche: 3 1. congestione<br />

potenziale, ovvero costo marginale nel consumo per<br />

3. Musgrave (1969) analizza i beni <strong>pubblici</strong> sulla base di queste due caratteristiche,<br />

ma si concentra sulla distinzione rivalità/non rivalità piuttosto che sulla<br />

congestione o l’affollamento di una caratteristica.<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 39<br />

La fallacia dell’argomentazione del fallimento del mercato<br />

una persona addizionale che si unisce al dominio del<br />

bene in corrispondenza di determinati livelli soglia, e 2.<br />

escludibilità dal dominio. I beni che presentano costi<br />

marginali positivi per l’ammissione di nuovi soggetti<br />

nel dominio sono definiti “congestionabili”. 4 Un bene<br />

pubblico congestionabile è soggetto a rivalità marginale;<br />

il che significa che possiede la capacità di diventare<br />

affollato, ma che in generale, o al momento, non è nei<br />

fatti congestionato. Come sopra discusso, la rivalità<br />

potenziale non è un elemento rilevante nella determinazione<br />

di una caratteristica pubblica. 5 Se la caratteristica<br />

è soggetta a rivalità di quantità o qualità, o se il<br />

bene è nei fatti congestionato al momento in cui viene<br />

preso in considerazione, allora non è un bene pubblico.<br />

Di conseguenza, i beni <strong>pubblici</strong> congestionabili sono<br />

quelli che possono diventarlo, ma che al momento dell’analisi<br />

non lo sono. 6 I loro complementari, cioè quei<br />

beni senza un potenziale costo di congestione, possono<br />

essere definiti come “capaci”: sono quei beni per cui il<br />

dominio ha un’illimitata capacità di assorbire l’entrata<br />

di nuovi individui. L’altro asse di classificazione è l’escludibilità.<br />

I beni collettivi che sono escludibili (per i<br />

quali è possibili impedire a membri potenziali l’utilizzo<br />

del bene), saranno denominati come beni escludibili; i<br />

loro complementari non escludibili saranno chiamati<br />

4. Ellickson (1973) definisce l’affollamento come il caso in cui un utente<br />

marginale rende necessario un incremento delle risorse per mantenere il livello<br />

di qualità del bene pubblico.<br />

5. Mishan (1969) afferma che ogni inferenza dall’equazione di Samuelson<br />

(1.2) di un costo marginale zero per la condivisione di un bene pubblico non<br />

è garantita. Fattori o costi sociali possono aumentare all’aumentare degli<br />

utenti, un effetto esterno può applicarsi al bene pubblico così come a quello<br />

privato. Tali esternalità, sostiene, dovrebbero essere escluse dalla distinzione<br />

pubblico/privato.<br />

6. Auster (1977) classifica i beni <strong>pubblici</strong> come “puri” o “affollati”. Samuelson<br />

(1969, p. 118) fornisce l’esempio di una strada trafficata come bene pubblico<br />

– o piuttosto “male pubblico” – con esternalità nel consumo. Sandmo<br />

(1989) presenta un modello nel quale i membri di una <strong>comuni</strong>tà preferiscono<br />

avere strutture pubbliche congestionate poiché i membri facoltosi sono<br />

indotti a fornire sostituti del settore privato, riducendo il costo delle strutture<br />

del settore pubblico; quindi i votanti potrebbero preferire club <strong>pubblici</strong><br />

congestionati.<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 40<br />

“globali”, cioè accessibili a tutti. Una categoria importante<br />

di beni escludibili che verrà discussa nel terzo<br />

capitolo è quella dei beni che hanno un impatto su un<br />

territorio in cui un individuo presente nell’area può<br />

essere trovato e spostato. I beni escludibili sono stati<br />

chiamati anche come beni di “club”, ma l’aggettivo<br />

nella lingua inglese è ambiguo, in quanto può essere<br />

riferito a beni prodotti da club esistenti o a beni <strong>pubblici</strong><br />

soggetti a esclusione, in qualsiasi modo siano stati<br />

prodotti. Di conseguenza, in questo contesto verrà utilizzato<br />

il termine più generico “escludibili”. La seguente<br />

matrice illustra le possibilità, con l’indicazione di<br />

possibili esempi:<br />

Escludibile<br />

Globale<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

Congestionabile Capace<br />

Piscina Associazione politica<br />

Crescita della popolazione Esistenza della fauna selvatica<br />

Una piscina può impedire l’accesso e ogni nuotatore<br />

addizionale impone un costo di congestione agli altri.<br />

Come discusso in precedenza, una classificazione delle<br />

caratteristiche (pubbliche o private) della piscina<br />

dipende dal bene fisico rilevante e dal dominio delle<br />

persone che la stanno utilizzando. Le qualità fisiche di<br />

un’intera piscina, come per esempio le dimensioni e la<br />

temperatura, non sono congestionabili, ma lo è la sua<br />

utilizzabilità. La possibilità di nuotare in una vasca è<br />

congestionabile e, se la piscina è affollata, questa caratteristica<br />

presenta delle rivalità di qualità e di conseguenza<br />

è privata. La categoria dei beni <strong>pubblici</strong> che<br />

sono sia escludibili che congestionabili è importante,<br />

poiché rientrano in questa categoria molti dei cosiddetti<br />

“beni <strong>pubblici</strong> impuri”, fra i quali molti beni solitamente<br />

forniti dalle amministrazioni pubbliche. Non<br />

sembra esistere un termine usato comunemente, quindi<br />

utilizziamo il termine beni di “circolo” (clubhouse),<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 41<br />

La fallacia dell’argomentazione del fallimento del mercato<br />

intendendo che possono essere forniti da un club e sono<br />

localizzati in una struttura (house) che può diventare<br />

affollata. Un’associazione politica è escludibile ma può<br />

non presentare costi connessi all’ammissione di un<br />

nuovo membro (anzi, l’ammissione di un nuovo soggetto<br />

potrebbe benissimo essere un beneficio netto), e<br />

quindi è capace. La trasmissione del segnale televisivo,<br />

che verrà trattata nel terzo capitolo, è anch’essa escludibile<br />

grazie ai sistemi di crittazione del segnale, ma<br />

non presenta costi marginali per utente. Un aumento<br />

nella popolazione mondiale genera il male pubblico<br />

della diminuzione nella disponibilità di spiagge incontaminate<br />

e di altri siti naturali sulla terra; coloro che<br />

vorrebbero utilizzare questi siti non possono essere<br />

esclusi e l’impatto è globale. (L’aumento della popolazione<br />

mondiale può anche generare beni <strong>pubblici</strong>, come<br />

l’aumento della divisione del lavoro). L’utilità che gli<br />

amanti della fauna selvatica traggono dalla sua mera<br />

esistenza è non escludibile. Fintanto che gli organismi<br />

naturali esistono, non si può escludere l’utilità che questi<br />

soggetti ne ricavano e l’aggiunta di un nuovo amante<br />

della natura non arreca nessuno danno a quelli preesistenti.<br />

La fauna selvatica in sé, però, può anche essere<br />

concepita in termini di proprietà privata. A un’organizzazione,<br />

ad esempio, potrebbe essere riconosciuto un<br />

titolo su una specie di balene, che quindi avrebbe un<br />

prezzo di mercato. Pescare o ferire una di queste balene<br />

sarebbe un’azione a caratteristica privata in termini di<br />

quantità di animali viventi, ma l’esistenza delle balene<br />

per sé rimarrebbe un bene pubblico globale per tutti gli<br />

amanti di questi animali.<br />

Poiché sia le caratteristiche di escludibilità che di<br />

congestionabilità – per come sono state qui definite –<br />

possono applicarsi ai beni <strong>pubblici</strong>, risulta privo di<br />

senso in questo contesto riferirsi ai beni <strong>pubblici</strong> che<br />

siano sia capaci sia globali come a “polari” o “puri” dal<br />

momento che tutti e quattro i casi sono <strong>pubblici</strong>. Nel<br />

fare una distinzione tra l’utilizzazione privata di un<br />

bene collettivo e la sua pubblica disponibilità, Holtermann<br />

(1972) evidenzia come le variabili in un vettore di<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 42<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

consumo ricadano in una o nell’altra delle categorie di<br />

Samuelson, cosicché ci sono solo beni <strong>pubblici</strong> e beni<br />

privati puri. Anche Samuelson (1969) indica la sua preferenza<br />

semantica verso una distinzione fra due tipi di<br />

beni. Anziché parlare di beni con caratteristiche pubbliche<br />

“pure” in quanto capaci e globali, si può parlare di<br />

beni “universali”. Di conseguenza, se la distinzione è<br />

applicata a merci fisiche invece che alle caratteristiche,<br />

allora un bene pubblico “puro” X può essere considerato<br />

come un bene privo di caratteristiche private.<br />

Questa tassonomia dei beni <strong>pubblici</strong> distinti in quattro<br />

classi è utile non solo perché consente un chiarimento<br />

nella terminologia riguardante i beni <strong>pubblici</strong>,<br />

ma anche perché disaggrega il concetto in classi che<br />

hanno una differente natura economica e quindi differenti<br />

applicazioni in termini di fornitura privata o pubblica.<br />

Ora che abbiamo definito i beni <strong>pubblici</strong> e analizzato<br />

le diverse tipologie, passiamo a esaminare la questione<br />

del fallimento di mercato. Come abbiamo visto,<br />

la tesi dei fallimenti di mercato non viene pienamente<br />

neutralizzata dall’esistenza di alcuni beni <strong>pubblici</strong> forniti<br />

contrattualmente. La teoria del fallimento di mercato<br />

verrà analizzata in modo tale da evidenziarne la fallacia<br />

e da dimostrare come in generale sia priva di fondamento<br />

l’idea che i processi di mercato possano provvedere<br />

ai beni privati, ma non siano in grado di fare<br />

altrettanto per tutti, o alcuni, beni <strong>pubblici</strong>.<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 43<br />

Capitolo 2<br />

La questione del fallimento del mercato<br />

I free rider<br />

Il problema dei free rider è un argomento centrale<br />

nella tesi dei fallimenti del mercato. Se un prodotto<br />

viene consumato collettivamente, come possiamo essere<br />

certi che tutti quelli che lo utilizzano contribuiranno<br />

al sostenimento dei relativi costi in proporzione del<br />

valore ricevuto? Nel caso dei beni escludibili è possibile<br />

imporre tariffe d’accesso e quindi rendere possibile la<br />

fornitura contrattuale. Spesso non si capisce che molti<br />

beni territoriali sono una classe di beni escludibili, e che<br />

la maggior parte dei beni civici sono, appunto, territoriali.<br />

Rimane il problema dei beni non escludibili, che<br />

non è ancora stato trattato in maniera del tutto soddisfacente<br />

dalla letteratura sulla fornitura privata. Nel<br />

settimo capitolo mostreremo come tali beni siano forniti<br />

attraverso dei tie-in – e cioè degli accoppiamenti – con<br />

beni escludibili e tramite la “simpatia” così come definita<br />

da Adam Smith (1982 [1970]).<br />

Il fondamento normativo per il finanziamento volontario<br />

dei beni <strong>pubblici</strong> fu posto da John Locke (1947<br />

[1690], p. 193), il quale affermava che «è giusto che<br />

chiunque goda della sua quota di protezione paghi in<br />

proporzione dei suoi possedimenti per il mantenimento»<br />

ma che «il potere supremo non può prelevare da nessun<br />

uomo parti della sua proprietà senza il suo consenso»<br />

poiché «preservare la proprietà individuale» è «il fine<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 44<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

dello Stato» (p. 191). La questione è, quindi, come conciliare<br />

la protezione della proprietà individuale con l’impossibilità<br />

di avvalersi dello strumento della confisca.<br />

Locke lasciò senza risposta l’interrogativo su come<br />

indurre una persona a pagare la sua quota senza ricorrere<br />

alla tassazione, vale a dire senza prelevare proprietà.<br />

Il finanziamento volontario di un bene è l’equivalente<br />

al consenso unanime dei membri di una <strong>comuni</strong>tà.<br />

Knut Wicksell (1958 [1896]) cercò di implementare il<br />

principio di unanimità richiedendo che ogni nuova<br />

spesa pubblica venga collegata alle sue fonti di finanziamento.<br />

Benché nel caso di grandi gruppi l’unanimità<br />

possa essere scomoda per quanto riguarda le decisioni<br />

operative, tale principio può essere implementato a<br />

livello costituzionale, ovvero il livello delle regole di<br />

base di una <strong>comuni</strong>tà, che condiziona la scelta di<br />

abbandonare o entrare a far parte della <strong>comuni</strong>tà. Le<br />

regole possono quindi includere metodi per il reperimento<br />

dei fondi. A ogni modo, mentre il principio di<br />

unanimità può essere pratico nel momento della formazione<br />

di una nuova <strong>comuni</strong>tà, potrebbe non essere<br />

fattibile per la modifica delle regole o l’appartenenza a<br />

una <strong>comuni</strong>tà. Il problema del free rider si sposta quindi<br />

a un livello costituzionale, nel quale gli individui si<br />

rifiutano di giungere a un accordo in quanto sperano di<br />

ottenere l’accesso al bene senza pagare per esso o in<br />

quanto vi è un’onesta differenza di opinioni.<br />

Earl Brubaker (1975) sostiene che l’esclusione può<br />

essere ottenuta attraverso la non fornitura. Dunque, un<br />

bene verrebbe prodotto solo se vi sono abbastanza persone<br />

d’accordo nel fornirlo. Ma il problema del free rider<br />

permane dato che gli individui potrebbero evitare di<br />

sottoscrivere l’accordo nella speranza che un numero<br />

sufficiente vi aderisca. Davis e Hawlett (1977) rilevano<br />

che la riduzione di una esternalità negativa può essere<br />

considerata un bene pubblico soggetto a free riding.<br />

Inoltre, come nel caso dell’unanimità, la non fornitura<br />

non si applica a quei beni già esistenti, come ad esempio<br />

i mali <strong>pubblici</strong> che la gente vorrebbe eliminare.<br />

Andando ancora oltre, anche la non fornitura di un<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 45<br />

La questione del fallimento del mercato<br />

bene pubblico desiderato può essere considerata come<br />

un male pubblico, cosicché anche la non fornitura ha<br />

effetti sul tipo e sull’ammontare di bene pubblico, senza<br />

eliminare la caratteristica pubblica del fenomeno.<br />

Come si è evidenziato nel primo capitolo, nella letteratura<br />

troviamo molti esempi di beni <strong>pubblici</strong> forniti<br />

attraverso mezzi privati e volontari. Tuttavia il fatto che<br />

in qualche caso particolare il free riding sia stato eliminato<br />

non implica che possa essere eliminato del tutto e<br />

in generale. Il problema del free riding richiede una teoria<br />

esaustiva che includa gli elementi di tempo, spazio<br />

e istituzioni, e verrà presentata nei capitoli seguenti.<br />

La domanda rivelata<br />

Se molte persone usano lo stesso bene, come possiamo<br />

sapere in che misura ognuna desidera davvero quel<br />

bene? Per beni divisibili, come il pane, la domanda è<br />

solitamente determinata dall’ammontare ottenuto dagli<br />

acquirenti, ma per i beni collettivi l’ammontare deve<br />

essere deciso congiuntamente. Le persone possono fornire<br />

false informazioni sull’ammontare di bene pubblico<br />

che desiderano. Si noti che il free riding non necessariamente<br />

implica una falsa segnalazione delle preferenze,<br />

in quanto potrebbe sussistere un rifiuto a pagare il<br />

bene anche quando il desiderio del bene stesso è rivelato<br />

onestamente.<br />

Al fine di indurre una persona a rivelare onestamente<br />

le proprie preferenze sono stati inventati molteplici<br />

modelli. William Vikrey (1961) formulò un modo per<br />

rivelare la vera domanda pagando le persone il surplus<br />

netto di altri causato dal bene. Edward Clarke (1971)<br />

propose una tassa che, utilizzando le parole di T. Nicolais<br />

Tideman (1985, p. 182), richiede ai cittadini un<br />

ammontare pari «al costo marginale netto che gli altri<br />

cittadini sostengono per includere la preferenza nella<br />

determinazione delle decisioni». Gli individui definiscono<br />

le loro tabelle di offerta, che sono sommate verticalmente<br />

(con i costi sull’asse verticale) per determinare la<br />

tabella di domanda aggregata. Un individuo paga la<br />

propria quota di costi espressi più una “Clarke Tax” pari<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 46<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

alla perdita causata agli altri consumatori dal suo voto,<br />

vale a dire il cambiamento del risultato causato dal suo<br />

voto. A ogni modo, in presenza di un gran numero di<br />

votanti, la possibilità che un singolo voto possa cambiare<br />

il risultato finale è piccola. L’ammontare di denaro<br />

che probabilmente verrà raccolto da un individuo sarà<br />

troppo insignificante per avere un qualche effetto sulla<br />

sua domanda espressa. Come evidenziato da Dennis<br />

Mueller (1979, p. 82), se l’effetto reddito conta, allora «la<br />

proprietà di dominanza di un’onesta rivelazione delle<br />

preferenze svanisce; comportamenti strategici diventano<br />

potenzialmente attraenti».<br />

Sono state proposte varianti alla Clarke Tax, come<br />

pagamenti dal lato dell’offerta e sequenziali, piuttosto<br />

che sistemi di voto simultanei. Tralasciando per un attimo<br />

la questione dei costi e degli incentivi, questi schemi<br />

vengono generalmente proposti, implicitamente o<br />

esplicitamente, come metodi per determinare la<br />

domanda di beni forniti da processi politici piuttosto<br />

che da processi di mercato. Sono perciò irrilevanti<br />

rispetto al problema della fornitura volontaria, se non<br />

come possibili modi in cui alcune associazioni contrattuali<br />

possono assumere decisioni. In pratica, i modelli<br />

di Clarke non sono stati adottati anche se in molte<br />

<strong>comuni</strong>tà alcuni candidati e alcuni temi vengono votati<br />

non con un semplice voto di maggioranza, ma con<br />

maggioranze qualificate, voti unanimi o sistemi di rappresentazione<br />

proporzionali (come ad Arden, di cui<br />

parleremo nel decimo capitolo).<br />

Il problema della Pareto ottimalità<br />

Il termine “efficienza” implica un certo rapporto fra<br />

input e output. L’aggettivo “efficiente”, di conseguenza,<br />

si riferisce all’efficienza di un certo processo in relazione<br />

a una qualche norma; può riferirsi a un sistema che<br />

ha la massima efficienza possibile. In economia, efficienza<br />

ha due significati: 1. efficienza tecnica, ovvero il<br />

rapporto fra il volume (misurato in termini di qualche<br />

unità di misurazione) dell’output rispetto agli input (o ai<br />

costi) impiegati in quel processo per unità di tempo; 2.<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 47<br />

La questione del fallimento del mercato<br />

l’efficienza di Pareto, la situazione in cui nessuna riallocazione<br />

di risorse, sia nella produzione che nello scambio,<br />

può portare a un incremento dell’utilità di qualcuno<br />

senza far diminuire l’utilità di qualcun’altro.<br />

Il termine “ottimale” significa la soluzione più favorevole,<br />

dato un sistema esogeno in cui operare. Una<br />

situazione di “ottimo” è una situazione che è ottimale.<br />

“Ottimale” in economia significa quindi il processo di<br />

un sistema più efficiente. I termini “tecnicamente ottimo”<br />

e “più efficiente tecnicamente” sono sinonimi.<br />

“Pareto ottimale” (o “ottimo”) e “Pareto efficiente”<br />

sono collegati dal momento che “efficienza” viene spesso<br />

riferita ai prodotti, mentre “ottimale” alle persone.<br />

La Pareto ottimalità è di conseguenza riferita a un’unanimità;<br />

una situazione Pareto ottimale è una situazione<br />

in cui non c’è possibilità di ulteriori cambiamenti senza<br />

che vi sia l’obiezione di almeno una persona.<br />

Samuelson (1954) descrisse in maniera matematica<br />

non solo la distinzione fra beni divisibili e beni collettivi,<br />

ma anche i criteri della Pareto efficienza. Per i beni<br />

collettivi, il tasso marginale di trasformazione (la riduzione<br />

nella produzione di un bene quando si aumenta<br />

la produzione di un altro bene) è pari alla somma dei<br />

tassi marginali di sostituzione degli utenti (l’ammontare<br />

di un bene a cui si rinuncia per consentire la produzione<br />

di un certo ammontare di un altro bene). L’interrogativo<br />

posto dal criterio di Samuelson è capire se queste<br />

condizioni di Pareto efficienza possono essere raggiunte<br />

attraverso i processi di mercato. La risposta<br />

(1954, p. 388) è che «nessun sistema di prezzi decentralizzato<br />

può servire alla determinazione ottimale di questi livelli<br />

di consumo collettivo» (in corsivo nell’originale). Per<br />

“ottimale” Samuelson intende Pareto ottimale, facendo<br />

un esplicito riferimento al limite delle utilità Pareto ottimali<br />

(p. 388). Questa affermazione di Samuelson (poi<br />

espressa e ripresa da altri) sarà denominata come la<br />

“proposizione di ottimalità”. A supporto di questa tesi<br />

egli si richiama alla rivelazione della domanda: è nell’interesse<br />

egoistico di ogni utente rivelare un ammontare<br />

minore di quello che effettivamente desidera, al<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 48<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

fine di evitarne il pagamento. L’implicazione è che la<br />

quota di spesa per ogni persona può essere determinata<br />

solo in base alla volontà espressa da ognuno.<br />

Ma questa premessa non è la logica conseguenza<br />

solo della definizione di bene collettivo e del criterio di<br />

Pareto efficienza. Sono infatti implicite parecchie premesse<br />

nella logica di Samuelson: 1. il bene pubblico è<br />

non escludibile; 2. gli individui che forniscono o che<br />

godono del bene sono necessariamente egoisti in senso<br />

stretto; 3. il bene pubblico non è fornito come un sottoprodotto<br />

o un tie-in (abbinamento) di qualche bene privato<br />

o bene pubblico escludibile; 4. i costi di transazione<br />

e ogni impossibilità nell’ottenere le informazioni rilevanti<br />

riguardo all’utilità (al fine di determinare la<br />

domanda, e quindi la quantità di offerta) sono esclusi<br />

dalla funzione di produzione e di conseguenza dal tasso<br />

di trasformazione fra i beni. Nessuna delle prime tre<br />

premesse è necessariamente vera in generale, sebbene<br />

possa applicarsi a qualche situazione particolare. La<br />

quarta premessa, come verrà discusso in seguito, è un’esclusione<br />

arbitraria di una categoria di costi effettivi.<br />

Riguardo alla prima premessa, un bene pubblico può<br />

essere escludibile a causa della sua natura o del limitato<br />

dominio di utenti. Ad esempio, la caratteristica pubblica<br />

connessa alla fornitura d’acqua è escludibile in relazione<br />

alla divisibilità dell’offerta della quantità d’acqua.<br />

Un altro esempio sono quei beni <strong>pubblici</strong> i cui domini<br />

sono limitati a certe aree geografiche. Relativamente a<br />

regioni più grandi, il bene fornito separatamente da<br />

molte <strong>comuni</strong>tà locali è escludibile. La proposizione di<br />

ottimalità presuppone che il bene in questione sia un<br />

bene collettivo globale, universalmente non escludibile.<br />

Pochi beni civici rientrano in questa categoria.<br />

Come indicato sopra, un sistema è efficiente in relazione<br />

a qualche norma o standard, e l’alternativa realistica<br />

alla fornitura volontaria è la fornitura imposta. Se le<br />

persone non vogliono rivelare la loro vera domanda in<br />

un sistema volontario, non lo faranno neppure in un<br />

sistema imposto dallo Stato. Anche nel caso in cui i soggetti<br />

possano andare incontro a penalità, i governanti<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 49<br />

La questione del fallimento del mercato<br />

non hanno mezzi per determinare quale sia il vero livello<br />

ottimale. I prigionieri possono mentire anche sotto<br />

costrizione o dire quello che i loro guardiani vogliono<br />

sentirsi dire. Di conseguenza, se né un sistema volontario,<br />

né un sistema coercitivo di governance possono essere<br />

Pareto ottimali all’interno della condizione di Samuelson,<br />

una fornitura decentralizzata di beni collettivi non è<br />

a priori meno Pareto ottimale di una fornitura centralizzata.<br />

Il mercato fallisce solo in relazione a un sistema<br />

ideale irrealizzabile, non in confronto alla fornitura statale.<br />

Samuelson stesso sembra riconoscerlo, affermando<br />

che perfino tassando secondo una teoria dei benefici non<br />

si risolve il problema computazionale (1954, p. 389), date<br />

le sue premesse. Come osserva Buchanan (1977, p. 215),<br />

l’ubiquità dei fallimenti di mercato in relazione a un<br />

ideale immaginario rende il criterio paretiano di poco<br />

valore nel classificare i beni e i servizi.<br />

Anche all’interno di questo ideale le condizioni di<br />

utilità sono problematiche. Una fornitura Pareto ottimale<br />

dipenderebbe dall’utilità marginale ottenuta dal<br />

sistema, ad esempio quella derivata non solo dal bene,<br />

ma anche dai sistemi di pagamento. Il modello di Erik<br />

Lindahl (1958 [1919]), nel quale le valutazioni marginali<br />

sommate verticalmente sono pari al prezzo del bene<br />

pubblico, presume che le valutazioni siano determinate<br />

esclusivamente dall’utilità marginale che i singoli individui<br />

ricavano dal bene. Ciò implica che persone differenti<br />

paghino montanti differenti se la loro valutazione<br />

marginale differisce, come farebbero normalmente. Ma<br />

se l’utilità è anche una funzione del metodo di pagamento,<br />

se coloro che pagano in misura superiore alla<br />

media traggono un’utilità negativa dal fatto stesso di<br />

sovra-pagare (magari in relazione a qualche norma<br />

egualitaria) e se, di converso, chi paga meno della<br />

media deriva un’utilità positiva dal suo sotto-pagamento,<br />

allora la funzione di utilità dovrebbe includere<br />

il metodo di finanziamento e l’ammontare pagato da<br />

ognuno, risultando in pagamenti uguali se l’utilità derivante<br />

dal finanziamento (ritenuto ingiusto) supera<br />

quella derivata dal bene stesso.<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 50<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

L’importanza del metodo di pagamento non dipende<br />

sempre da simili considerazioni di natura etica, ma può<br />

anche essere una funzione della competizione. I beni<br />

<strong>pubblici</strong> sono spesso venduti a un prezzo uniforme se<br />

esiste un mercato secondario fra i consumatori. Si consideri<br />

l’esempio di un francobollo raro, di cui ne esistono<br />

solo 100 copie. Dal momento che il francobollo può essere<br />

rivenduto, la discriminazione di prezzo non è praticabile.<br />

Se tutti fossero messi all’asta, tenderebbero a stabilirsi<br />

su un prezzo uniforme, anche se vari acquirenti<br />

potrebbero avere valutazioni marginali molto differenti<br />

per la proprietà del primo francobollo. (Di solito i collezionisti<br />

desiderano una sola copia di un certo tipo di<br />

francobollo. Preferirebbero cioè di gran lunga avere un<br />

francobollo diverso piuttosto che una seconda copia<br />

dello stesso, a parità di costo). Alcuni collezionisti poi<br />

avranno un surplus molto maggiore di altri. La situazione<br />

è simile a quella dei beni <strong>comuni</strong> associati a un’unità<br />

condominiale. Unità identiche tenderanno a essere<br />

vendute in un intervallo di prezzo abbastanza ristretto e<br />

i detentori avranno differenti surplus. Gli acquirenti sia<br />

dei francobolli che delle unità condominiali considererebbero<br />

una grossa ingiustizia il dover essere in qualche<br />

modo costretti a pagare per i beni dei prezzi diversi in<br />

relazione alle loro utilità individuali.<br />

Francis Bator (1958) elenca varie cause per i fallimenti<br />

di mercato: esternalità connesse alla proprietà<br />

(fattori che non hanno diritti di proprietà e che non vengono<br />

perciò ricompensati), esternalità tecniche causate<br />

da indivisibilità o ritorni crescenti, ed esternalità connesse<br />

a beni <strong>pubblici</strong> che rendono il calcolo del prezzo<br />

inefficiente. Siccome l’efficienza va valutata rispetto a<br />

un certo standard, le categorie di Bator sollevano la<br />

questione dello standard al quale fare riferimento per<br />

valutare questi fallimenti del mercato. Tali casi implicano<br />

costi di transazione (se non un fallimento dello Stato<br />

nello stabilire dei diritti di proprietà). I costi di transazione<br />

impediscono le contrattazioni che eliminerebbero<br />

le divergenze fra beni divisibili e beni collettivi, ma<br />

sono parte dei costi o degli input di un processo pro-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 51<br />

La questione del fallimento del mercato<br />

duttivo, così come l’attrito è parte del normale operare<br />

di un macchinario. Quindi, in un mondo reale, i costi di<br />

transazione dovrebbero essere inclusi nel calcolo del<br />

tasso marginale di trasformazione fra i beni e perciò<br />

nella determinazione delle condizioni ottimali. Carl<br />

Dahlman (1979) paragona i costi di transazione ai costi<br />

di trasporto e settaggio, che non sono escludibili dai<br />

costi di produzione, e ne conclude che i costi di transazione<br />

non creano una deviazione da un ottimo raggiungibile.<br />

Includendo i costi di transazione, Richard<br />

Wagner (1991a) rileva che nel paradigma neoclassico,<br />

assumendo il punto di vista di uno spettatore che osserva<br />

il passato, il mondo è necessariamente Pareto efficiente,<br />

poiché i guadagni derivanti dal commercio non<br />

rimangono inutilizzati. Diversamente, nel paradigma<br />

della scuola austriaca che prende come punto di vista<br />

quello di un osservatore che fa supposizioni sul futuro,<br />

ci possono essere modi più efficienti di agire. Quindi,<br />

l’ottimalità dipende non dal tipo di beni prodotti ma<br />

dal paradigma utilizzato dall’analista.<br />

La determinazione dell’ottimo riguarda inoltre il<br />

marketing, la distribuzione dei redditi e altri fattori istituzionali,<br />

come sottolineato da Tyler Cowen (1985).<br />

Dunque, i tassi marginali di trasformazione, al pari<br />

delle utilità marginali, richiedono di prendere in considerazione<br />

l’ambiente istituzionale e non semplicemente<br />

il tipo di beni fisici prodotti. Un’altra critica all’argomento<br />

dell’ottimalità, al fatto che i beni divisibili e non<br />

quelli collettivi possano essere prodotti a condizioni<br />

Pareto ottimali, è l’ubiquità delle caratteristiche pubbliche,<br />

come riconosciuto da Richard Auster (1977). I beni<br />

che sono divisibili in termini di quantità sono solitamente<br />

collettivi nelle loro varie qualità. Se due o più<br />

unità di un bene divisibile in quantità sono prodotte<br />

con una certa caratteristica qualitativa comune, come il<br />

colore, l’aroma, la forma, la taglia, la bellezza e la trama,<br />

queste qualità sono soggette all’equazione di Samuelson<br />

(1.2) in quanto beni collettivi; non esiste rivalità<br />

sulle qualità fra i compratori di tali beni.<br />

Questa argomentazione può essere spinta anche<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 52<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

oltre, al prezzo dei beni divisibili. Si supponga che 100<br />

matite di uno stesso tipo vengano vendute in un certo<br />

posto allo stesso prezzo. Quel prezzo è una caratteristica<br />

pubblica associata a quel bene. Il prezzo del petrolio,<br />

ad esempio, è un’importante caratteristica macroeconomica<br />

collettiva. Diversamente, i pagamenti di tipo Lindahl<br />

o i contributi degli individui (basati sulle differenti<br />

valutazioni marginali) per un dato bene il cui consumo<br />

in quantità è collettivo, sono privati, perché i costi delle<br />

caratteristiche divisibili associate con il bene sono la<br />

somma dei pagamenti individuali. I beni privati hanno<br />

caratteristiche pubbliche, mentre i beni <strong>pubblici</strong> hanno<br />

caratteristiche private dal lato dei pagamenti. Pochi<br />

beni, forse nessuno, hanno caratteristiche puramente<br />

pubbliche o private, a parte il caso dei beni auto-prodotti<br />

e consumati, che possono essere considerati privati<br />

sotto ogni punto di vista.<br />

Poiché la qualità di un bene prodotto per più di una<br />

persona è una caratteristica collettiva, per non parlare<br />

del prezzo, l’incapacità di ottenere le valutazioni soggettive<br />

di ogni individuo è comune a tutti i beni di mercato.<br />

Poiché i beni si presentano come insiemi di molti<br />

tipi di qualità differenti e poiché esistono insiemi limitati<br />

di combinazioni qualitative possibili, si può applicare<br />

un teorema di impossibilità alla questione dell’ottenimento<br />

della quantità ottimale di ogni qualità. In<br />

pratica, le valutazioni marginali sono una scelta di<br />

second best, che uguaglia l’utilità marginale soggetta alle<br />

qualità disponibili sul mercato. Come osservato in precedenza,<br />

l’efficienza è relativa a una qualche norma.<br />

Jack Wiesman (1990) rileva come l’usuale norma paretiana<br />

basata sui risultati sia troppo ristretta. Una norma<br />

di più ampio respiro dovrebbe essere basata sui processi,<br />

nel qual caso una situazione di scelta di efficienza<br />

wickselliana è quella in cui esiste consenso unanime a<br />

una certa politica. Dal momento che le persone si<br />

oppongono all’essere poste in condizioni peggiori di<br />

quelle in cui si trovano, la Pareto ottimalità è un sottoinsieme<br />

dell’ottimalità di Wicksell.<br />

Per riepilogare, la proposizione di ottimalità, ovvero<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 53<br />

La questione del fallimento del mercato<br />

l’argomentazione secondo la quale i beni collettivi vengono<br />

per loro natura forniti a un livello sub-ottimale<br />

rispetto ai beni divisibili, viene contrastata dalla sua<br />

inapplicabilità a tutti i beni collettivi, dal fatto che una<br />

fornitura governativa non è in qualche modo più ottimale,<br />

dall’inclusione dei costi di transazione nella produzione<br />

dei beni e quindi nelle condizioni di marginalità,<br />

dall’universalità delle caratteristiche pubbliche,<br />

dall’inclusione delle istituzioni, dalla scelta dello standard<br />

di efficienza e dalla sua dipendenza dal paradigma<br />

scelto. Il fallimento della proposizione di ottimalità<br />

si riferisce a una condizione di Pareto ottimalità; in<br />

modo significativo, si possono porre talune domande in<br />

merito all’efficienza tecnica e si può loro rispondere. Un<br />

imprenditore che vuole generare un certo miglioramento<br />

desidera sapere quale sia il mix più profittevole e<br />

l’ammontare di bene civico da produrre. Nell’esempio<br />

del primo capitolo, l’imprenditore vuole determinare le<br />

dimensioni della diga da costruire; la risposta al suo<br />

interrogativo dipende dai diversi costi e ricavi marginali<br />

connessi con le varie ipotesi. Simili questioni<br />

riguardanti l’ottimalità tecnica, o efficienza, continuano<br />

a precludere qualsiasi attribuzione generale di un problema<br />

di ottimalità ai beni collettivi che non riguardi<br />

anche i beni divisibili.<br />

Verso una teoria globale della fornitura consensuale<br />

Anche se è stato risolto il problema della ottimalità<br />

paretiana, rimane quello del free riding e della rivelazione<br />

della domanda. Le teorie spesso cominciano con una<br />

tassonomia. Un primo passo in direzione di una teoria<br />

globale della fornitura volontaria di un bene pubblico è<br />

la disaggregazione del bene pubblico, come si è cominciato<br />

a fare nel primo capitolo, nelle categorie dei beni<br />

escludibili e congestionabili e nei loro relativi insiemi di<br />

complementi. Samuelson (1954, 1955) e altri non hanno<br />

considerato a pieno il fatto che la maggioranza dei beni<br />

<strong>pubblici</strong> civici sono escludibili. L’esclusione potrebbe<br />

eliminare il free riding, ma solleva altre questioni come<br />

quelle che seguono: 1. l’esclusione potrebbe essere un<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 54<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

problema di grado ed è soggetta a costi; 2. il dominio<br />

dell’esclusione potrebbe essere così grande, ad esempio<br />

le dimensioni di un continente, da rendere l’esclusione<br />

stessa irrilevante ai fini della fornitura; 3. l’esclusione di<br />

per sé potrebbe essere irrilevante, per esempio nell’eliminazione<br />

di un male pubblico i cui effetti sono limitati<br />

ad alcuni domini. I beni escludibili stessi possono<br />

essere classificati in varie categorie, fra le quali una<br />

importante è quella dei beni che producono effetti su<br />

un dato territorio.<br />

La diversa natura dei beni <strong>pubblici</strong> presenta un<br />

parallelo con la natura dei beni capitali. In alcuni contesti<br />

potrebbe essere corretto considerare omogenei i<br />

beni capitali, come quando li si paragona al lavoro.<br />

Però l’eterogeneità dei beni capitali è importante in<br />

molte applicazioni, come nella teoria austriaca del ciclo<br />

economico. Come sottolineato da Friedrich Hayek<br />

(1941, p. 6), «lo stock di capitale non è una massa amorfa<br />

ma possiede una struttura definita. [...] La sua composizione<br />

di elementi differenti è molto più importante<br />

della quantità aggregata». Ludwig Lachmann (1978<br />

[1956], p. 2) sottolinea ulteriormente che l’aspetto significativo<br />

«non è l’eterogeneità fisica, ma l’eterogeneità<br />

nell’uso» e che la complementarità del capitale è importante<br />

(p. 54).<br />

Allo stesso modo, le differenti categorie di beni <strong>pubblici</strong><br />

e la loro eterogeneità d’uso sono soggette a differenti<br />

applicazioni economiche e ogni tipo di bene pubblico<br />

deve essere esaminato separatamente rispetto a<br />

temi come il free riding e la rivelazione della domanda.<br />

Il capitolo seguente si concentrerà sui beni <strong>pubblici</strong> territoriali.<br />

Il modello di Samuelson e la maggior parte<br />

della letteratura trattano i beni <strong>pubblici</strong> come se esistessero<br />

in un ambiente etereo piuttosto che in un mondo<br />

reale a tre dimensioni in cui il tempo scorre. Nel disaggregare<br />

i beni <strong>pubblici</strong>, risulta evidente come, per i beni<br />

territoriali, l’argomento del fallimento del mercato non<br />

regga.<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 55<br />

Capitolo 3<br />

<strong>Beni</strong> territoriali collettivi<br />

Gli esseri umani sono animali terrestri, creature che<br />

vivono in uno spazio tridimensionale sulla superficie<br />

della terra, il che è ovvio per chiunque, tranne che per<br />

un economista che scrive di beni <strong>pubblici</strong>. Molta della<br />

letteratura sui beni <strong>pubblici</strong> ignora che la maggioranza<br />

dei beni civici sono forniti all’interno di un’area delimitata<br />

e condizionano la domanda per l’uso di quello spazio.<br />

I beni vengono capitalizzati in rendita connessa ai<br />

terreni, capovolgendo quindi l’argomentazione del fallimento<br />

del mercato. Dal momento che gli utenti di un certo<br />

territorio non possono evitare di pagare una rendita,<br />

nessuno può mettersi nella posizione di free rider. Se i<br />

beni sono forniti dalle amministrazioni pubbliche e<br />

finanziati dalle tasse sulla produzione, sono i detentori<br />

delle terre che diventano free rider, non i consumatori.<br />

Ma se i beni vengono forniti in maniera consensuale dai<br />

detentori del sito (o da una associazione di proprietari),<br />

non esiste free riding. Gli utenti pagano per quello che<br />

ricevono e i detentori del sito devono consegnare i beni<br />

per essere pagati.<br />

La capitalizzazione dei beni collettivi<br />

La letteratura sui beni <strong>pubblici</strong> locali si interessa dei<br />

beni civici che sono disponibili solo in certe aree, come<br />

ad esempio in una città. Essa riconosce che tali beni<br />

locali offrono il modo di risolvere problemi come quel-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 56<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

lo della domanda rivelata, visto che in effetti i beni sono<br />

divisibili all’interno di un dominio più grande, come le<br />

<strong>comuni</strong>tà di uno Stato o di un intero paese. Ma la territorialità<br />

è molto più che il semplice carattere policentrico<br />

delle <strong>comuni</strong>tà.<br />

<strong>Beni</strong> collettivi territoriali sono quelli la cui significatività<br />

d’uso o impatto è ristretta a un certo territorio<br />

geografico, anche molto esteso, nel quale è possibile<br />

controllare accesso e uscita. Da qui la ragione per cui i<br />

beni territoriali sono escludibili. Si potrebbe obiettare<br />

che alcuni beni territoriali come l’illuminazione stradale<br />

non sono esclusivi, poiché chiunque può entrare<br />

all’interno dell’area e beneficiare delle luci. Ma ciò presuppone<br />

prima di tutto istituzioni convenzionali. Infatti,<br />

nel caso di un’area privata, essa potrebbe benissimo<br />

essere chiusa al traffico. Se non ci sono barriere, se la<br />

maggioranza dei beneficiari sono residenti o imprese<br />

che operano in quell’area, e se le luci servono esclusivamente<br />

allo scopo di illuminare la sede stradale, allora<br />

possiamo avere del free riding, ovvero il caso in cui un<br />

soggetto esterno alla <strong>comuni</strong>tà passi per quella strada<br />

guadagnandone un vantaggio esterno. Tuttavia tale<br />

beneficio diventa reciproco nel momento in cui le persone<br />

passano sulla strada di un vicino. Se la situazione<br />

è tale per cui i principali beneficiari sono soggetti esterni<br />

ai quali non può essere fatta pagare una tariffa d’entrata,<br />

allora il bene non è più un bene territoriale, e l’obiezione<br />

viene messa a tacere.<br />

Un’altra obiezione che può essere sollevata è che<br />

alcuni beni territoriali possono essere non rifiutabili.<br />

Per esempio, si supponga che in un certo territorio<br />

venga fornita protezione contro gli incendi, ma che una<br />

data famiglia non sottoscriva il servizio. Se in quella<br />

casa si sviluppa un incendio, il servizio antincendio<br />

potrebbe comunque venir erogato per evitare la propagazione<br />

del rogo ai vicini. Un’obiezione di questo tipo,<br />

comunque, elude la questione della precisa natura dell’incendio.<br />

Se la maggior parte dei roghi sono piccoli, se<br />

vengono rilevati precocemente e se si sviluppano in<br />

abitazioni che non mettono in pericolo i vicini, allora il<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 57<br />

<strong>Beni</strong> territoriali collettivi<br />

servizio antincendio può considerarsi territoriale. Ma<br />

se molti di questi incendi costituiscono davvero una<br />

minaccia per i vicini, allora il servizio non è più escludibile<br />

e non può essere configurato come un bene territoriale,<br />

confinato al territorio in cui è fornito. Logicamente,<br />

i beni territoriali sono un sottoinsieme dei beni<br />

escludibili; quindi, se il bene non è escludibile non è<br />

neanche territoriale, il che pone fine all’obiezione. Nel<br />

caso in cui gli incendi costituissero una minaccia frequente,<br />

quello che probabilmente si avrebbe è che i processi<br />

di mercato porterebbero a servizi di protezione<br />

antincendio offerti ad associazioni di famiglie vicine<br />

piuttosto che a singole unità abitative. Il servizio antincendi<br />

diventerebbe così un bene territoriale, con il<br />

costo-opportunità del non entrare in una di queste<br />

associazioni più elevato per i soggetti avversi al rischio<br />

che si trovassero in aree generalmente non protette.<br />

La maggior parte dei beni <strong>comuni</strong> forniti dalle<br />

amministrazioni pubbliche sono territoriali. La territorialità<br />

può implicare tie-in – e cioè accoppiamenti – congestionabili,<br />

connessi all’uso di un bene che di per sé<br />

non è congestionabile. Come argomentato da Mason<br />

Gaffney (1968, p. 156), «un paio di occhi in più che<br />

ammirano una cascata non va a diminuirne la bellezza,<br />

ma il proprietario di quegli occhi occupa una piazzola<br />

di campeggio e una sede stradale, risorse limitate che<br />

devono essere razionate». Inoltre, «se la cascate Yosemite<br />

rispettassero veramente i criteri di bene pubblico –<br />

nessun costo marginale – allora una singola cascata<br />

dovrebbe soddisfare il mondo intero. Ovviamente è<br />

stato omesso qualche fattore, in questo caso lo spazio.<br />

Le cascate servono uno spazio limitato e l’accesso è<br />

razionato dal controllo di tale spazio, che genera una<br />

rendita». La difesa nazionale, talvolta considerata un<br />

bene pubblico “puro”, necessariamente si applica alla<br />

difesa di un certo territorio; sarebbe inefficace se difendesse<br />

anche il territorio del nemico. Anche altri tipici<br />

beni forniti dal settore pubblico come il servizio di polizia,<br />

i parchi, le strade e i servizi ricreativi sono basati su<br />

di un dato territorio.<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 58<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

Per “capitalizzazione” si intende la conversione di<br />

un flusso di ricavi, positivi o negativi, in beni (o asset)<br />

capitali. Il reddito è capitalizzato al suo valore attuale,<br />

che è inversamente proporzionale al tasso di sconto o<br />

interesse rilevante. Poiché il rendimento di un asset è<br />

pari al tasso di interesse per il valore dell’asset, il valore<br />

attuale dell’asset è pari al rendimento diviso per il<br />

tasso di interesse. Per un terreno il cui valore rimane<br />

costante nel tempo, il prezzo equivale alla rendita diviso<br />

il tasso di interesse reale: p = r/i. Se esiste un’aliquota<br />

di tassazione t sul prezzo del terreno p, allora il valore<br />

del terreno è p = r/(i+t). La rendita r e il suo valore<br />

capitalizzato p sono economicamente equivalenti e se vi<br />

sono delle alterazioni nei flussi di redditi, come quelle<br />

derivanti dalla tassazione, allora queste distorsioni verranno<br />

capitalizzate nel calcolo del valore attuale.<br />

I beni territoriali sono capitalizzati all’interno dell’area<br />

in cui esplicano il loro impatto. Nella misura in cui<br />

1. i beni sono valutati positivamente dai residenti e<br />

dalle imprese che operano nell’area, e 2. i benefici possono<br />

essere ottenuti solo da chi è localizzato in quell’area,<br />

tali fattori rendono la posizione più desiderabile, e<br />

questo aumento marginale nella domanda di localizzazione<br />

in quel territorio incrementa la rendita che la persona<br />

è disposta a pagare. La capitalizzazione crea una<br />

variabile nelle funzioni di utilità di chi si trova in quel<br />

territorio: il canone fondiario. Questo canone è assente<br />

in quei modelli che considerano i beni <strong>pubblici</strong> come<br />

degli aggregati omogenei. (Infatti la capitalizzazione<br />

dell’utilità dei beni <strong>pubblici</strong> territoriali in rendita fondiaria<br />

è solitamente assente nei testi di microeconomia.)<br />

Ad esempio, Samuelson (1954, p. 387) presuppone un<br />

insieme di beni di consumo collettivi (Xn+1, …, Xn+M),<br />

«che tutti godono in comune». I benefici per i beni territoriali<br />

collettivi non sono del tutto “in comune”. I proprietari<br />

del sito godono dell’aumento del canone su<br />

quel terreno oltre che dei benefici connessi all’utilizzo<br />

del bene pubblico. Questa rendita non è goduta in<br />

comune, poiché appartiene ai proprietari di ogni singolo<br />

sito. Il canone fondiario è così un bene divisibile: la<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 59<br />

<strong>Beni</strong> territoriali collettivi<br />

rendita totale è pari alla somma dei canoni di ogni sito.<br />

Anche nel caso in cui il singolo detentore di un sito non<br />

valuti in maniera positiva un particolare bene pubblico,<br />

il fatto che altri lo facciano crea comunque una rendita<br />

della quale il detentore potrà godere. Le rendite derivano<br />

poi non da un singolo bene, ma dalla disponibilità di<br />

una pluralità di essi. Come evidenzia Gaffney (1968, p.<br />

158), «le persone vanno a vivere nelle città per avere<br />

molte opzioni; e pagano tale disponibilità nel canone<br />

del terreno». Inoltre «molti valori elusivi come il valore<br />

psicologico della sicurezza dalle inondazioni, le amenità<br />

e i miglioramenti ambientali sono misurabili nella<br />

somma addizionale che le persone interessate a quei<br />

terreni sono disposte a offrire» (p. 156).<br />

Un modello di rendita territoriale<br />

Per focalizzare in maniera più chiara la nostra attenzione<br />

sui beni territoriali, si consideri un modello in cui<br />

un territorio T è diviso in n siti di ugual dimensione e<br />

valore. I siti hanno una rendita annuale R1. Si consideri<br />

ora un bene collettivo G, che è fornito senza costi in T.<br />

(Potrebbe essere un parco finanziato esternamente, ad<br />

esempio da un livello di governo più elevato).<br />

Il bene G è inteso qui come un flusso di bene di valore<br />

uniforme all’interno di T in un certo intervallo temporale.<br />

Il “consumo” di G consiste nell’ottenere l’utilità<br />

durante l’intervallo, e non implica la distruzione o l’uso<br />

di valore da parte di un singolo utilizzatore, così come<br />

accade per i beni divisibili. Se G può essere fornito a un<br />

utente addizionale senza nessun costo extra, a parte<br />

quelli connessi a una possibile congestione, allora nessun<br />

valore viene distrutto da un singolo individuo. Il<br />

bene è simultaneamente creato e usato (consumato) in<br />

particolari condizioni di tempo e spazio, indipendentemente<br />

dal numero di persone localizzate in quella combinazione<br />

spazio-temporale.<br />

Una distinzione fra la disponibilità (potenziale o in<br />

attesa) di un bene e il suo diretto uso è stata riconosciuta<br />

da Weisbrod (1964) e Holtermann (1972) la utilizza in<br />

merito ai beni privati e <strong>pubblici</strong>, ad esempio nel caso si<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 60<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

faccia ricorso a un singolo poliziotto, divisibile, e a una<br />

forza di polizia collettiva. Per molti beni civici, come la<br />

protezione offerta dalla polizia, l’utilità consiste in larga<br />

misura nella disponibilità del bene, nell’esistenza in sé<br />

piuttosto che nel suo uso diretto (infatti si spera di non<br />

dover utilizzare direttamente il servizio di polizia a<br />

causa di un crimine subito). Il valore dell’esistenza<br />

assieme al valore dell’uso che ci si aspetta di sfruttare<br />

direttamente (ad esempio nel caso di un parco) generano<br />

un’utilità positiva che viene riflessa nel valore soggettivo<br />

del bene per un certo intervallo di tempo.<br />

Alcuni individui valutano G più degli altri e sono<br />

perciò disposti a pagare per un sito più di altri. L’offerta<br />

di siti nelle vicinanze di un certo confine è limitata, 1<br />

così nella pratica si stabilisce un mercato d’asta per quegli<br />

n siti. Dati più di n individui interessati agli n siti, il<br />

canone dei siti è determinato dall’offerta del soggetto<br />

(n+1), poiché l’n-ima offerta necessita di essere solo leggermente<br />

più elevata della (n+1)-ima. Data una graduatoria<br />

di offerte, dalla più elevata alla più bassa, l’n-ima<br />

offerta più alta determina il prezzo per tutti gli altri n<br />

lotti equivalenti. Dal momento che tali lotti possono<br />

essere rivenduti, la discriminazione di prezzo non si<br />

verifica. Si identifichi poi con R2 il valore della rendita<br />

che si ha dopo la creazione di G. La differenza che risulta<br />

togliendo R1 a R2, indicata come Rd, è l’incremento<br />

della rendita causata dalla presenza di G. Rd di conseguenza<br />

costituisce una rivelazione delle preferenze dei<br />

residenti o, in altri termini, una valutazione di G.<br />

Samuelson (1958, p. 336) pose la seguente sfida: «Si<br />

1. Lo spazio T è determinato dalla superficie indipendentemente dal suo contesto<br />

materiale. Quindi, se T include un bacino d’acqua, l’area non risulta incrementata<br />

se tale bacino viene prosciugato al fine di far spazio a nuove costruzioni.<br />

Lo spazio è semplicemente convertito da un uso a un altro. T include poi lo<br />

spazio tridimensionale utilizzabile sopra e sotto la superficie, in modo tale da<br />

non aggiungere spazio addizionale nel caso in cui venga creato un nuovo piano<br />

per un edificio. Lo spazio sviluppato da un vicino può espandersi all’interno di<br />

T, ma il territorio vicino è qui definito come lo spazio all’interno di un confine<br />

arbitrario; ciò significa che lo sviluppo di un sito addizionale non implica un<br />

aumento nell’offerta di terreno, ma semplicemente una conversione di spazio<br />

da un uso a un altro.<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 61<br />

<strong>Beni</strong> territoriali collettivi<br />

provi a determinare un sistema di tassazione dei benefici<br />

per far pagare alle persone quello che ricevono e si<br />

scoprirà che una persona razionale nasconderà i propri<br />

desideri e il surplus del consumatore». Questa sfida,<br />

questa grande difficoltà nel cercare d’individuare la<br />

domanda della gente, nel caso dei beni territoriali è<br />

risolta: la domanda è rivelata dal canone marginale che<br />

le persone pagano per trovarsi in un certo sito e godere<br />

di un certo bene. Una persona può anche nascondersi<br />

all’atto dell’offerta, ma non può evitare la rendita. 2<br />

Sebbene in precedenza si sia parlato di “rendite” o<br />

“canoni”, così come fanno la letteratura e i partecipanti<br />

al mercato, il valore generato dal bene pubblico per<br />

quel sito è in realtà un ritorno sul capitale. Si supponga<br />

che il proprietario di un certo terreno pianti un albero al<br />

fine di dare ombra alla casa di un inquilino. L’incremento<br />

nel canone generato dall’albero è alla fine un<br />

ritorno sul capitale investito, allo stesso modo in cui<br />

una camera in più fornirebbe un ricavo addizionale. Se<br />

una città pianta alcuni alberi lungo una strada, l’incremento<br />

del canone è in un certo senso un ritorno sul<br />

“capitale impiegato” dalla città per piantare quegli<br />

alberi, anche se si tramuta in rendita fondiaria.<br />

Nel modello di finanza pubblica basato sullo scambio<br />

volontario, le tasse sono pagamenti volontari che i<br />

soggetti effettuano in cambio del valore dei servizi nell’economia<br />

pubblica. Come osservò Richard Musgrave<br />

(1939), il meccanismo dei gruppi di pressione sui governi<br />

democratici dà come risultato un ineguale potere di<br />

contrattazione, rendendo la votazione uno strumento<br />

imperfetto di definizione del budget. Il pagamento di<br />

un canone in cambio del servizio che induce tale canone<br />

è un metodo per implementare il sistema dello scambio<br />

volontario senza fare affidamento sul voto. Anche<br />

quando l’associazione rappresentativa di una certa<br />

<strong>comuni</strong>tà decide democraticamente in merito a un bud-<br />

2. Gli squatter non pagano il canone, ma in tal caso la rendita economica è<br />

pagata dai titolari del terreno in termini di costo-opportunità. Gli squatter sono<br />

free rider, anche se in linea di principio possono essere esclusi.<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 62<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

get, il canone è determinato da strumenti di mercato e<br />

la decisione di accettarlo o comprare il terreno è una<br />

decisione volontaria individuale. Buchanan (1949) evidenzia<br />

come, nella teoria individualistica della finanza<br />

pubblica in cui solo gli individui sperimentano una<br />

qualche utilità, il meccanismo fiscale rappresenta idealmente<br />

un contraccambio tra chi fornisce e chi riceve il<br />

servizio, in accordo con il principio del beneficio della<br />

finanza pubblica. Benefici specifici vengono ricevuti da<br />

individui specifici. Egli osserva che quei sistemi fiscali<br />

che fanno affidamento principalmente sulla tassazione<br />

della proprietà, come quello degli Stati Uniti del diciannovesimo<br />

secolo, tendono a restituire approssimativamente<br />

l’equivalente dei contributi (p. 502).<br />

Una dimostrazione di come la concezione territoriale<br />

può favorire la discussione sui beni <strong>pubblici</strong> è il<br />

dibattito sulla televisione ad abbonamento. Samuelson<br />

(1958) affermò che, visto che il costo marginale del fornire<br />

la programmazione a una persona aggiuntiva era<br />

pari a zero, si trattava di un chiaro caso in cui si dovevano<br />

applicare dei sussidi governativi. Minasian (1964)<br />

rispose che tale teoria trascurava le considerazioni di<br />

natura tecnologica e istituzionale, ovvero i differenti<br />

sistemi di esclusione. Buchanan (1967) esaminò la fornitura<br />

di servizi televisivi da parte di un imprenditore<br />

che poi chiede un certo prezzo agli utenti, il che può<br />

essere efficiente se un unico fornitore può discriminare<br />

perfettamente fra gli utenti. Buchanan evidenziò la<br />

separazione fra bene pubblico in sé e problemi organizzativi.<br />

Il dibattito è stato condotto senza considerare<br />

l’effetto della trasmissione del segnale sulla domanda<br />

di quell’area. Se il servizio è fornito a zero costi diretti,<br />

così che la disponibilità del segnale televisivo ad abbonamento<br />

incrementa la desiderabilità di essere ubicati<br />

in quel luogo (rispetto ad aree senza segnale), questo<br />

induce a un aumento nel canone fondiario. Se il canone<br />

indotto è maggiore del costo di trasmissione, allora<br />

tutte e tre le posizioni dei partecipanti al dibattito<br />

potrebbero essere riconciliate tramite il finanziamento<br />

del servizio attraverso il canone indotto: ci sono zero<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 63<br />

<strong>Beni</strong> territoriali collettivi<br />

costi marginali per un utente addizionale, viene creata<br />

un’istituzione (la raccolta dei canoni fondiari) per la<br />

raccolta dei fondi e il servizio può essere efficientemente<br />

posto in essere da un imprenditore che possieda alcuni<br />

titoli sul canone indotto, così come sulla trasmissione<br />

del segnale televisivo.<br />

La questione dell’estensione<br />

A questo punto sorge un nuovo interrogativo: il<br />

canone fondiario dipende dall’estensione dell’area? G è<br />

capitalizzato come rendita nel caso di un bene locale,<br />

ma lo sarebbe anche nel caso in cui l’area fosse più<br />

grande, come uno Stato o gli interi Stati Uniti? La questione<br />

diventa un’applicazione particolare di una<br />

domanda più generale, ovvero se un certo fenomeno<br />

esistente in ambito micro si presenta anche in contesto<br />

macro, una domanda che assomiglia alla distinzione fra<br />

effetti individuali ed effetti di mercato. Don Patinkin<br />

(1965, p. 11) sottolinea la differenza fra individui e mercato<br />

attraverso taluni esperimenti concettuali. Ad esempio,<br />

nel caso delle relazioni prezzo-quantità in un mercato<br />

di vaste dimensioni non ci possono essere cambiamenti<br />

arbitrari di prezzo, che non può essere una variabile<br />

indipendente; e lo stesso vale nel caso dell’individuo.<br />

Il prezzo di un prodotto in una data economia è<br />

determinato in parte dal prezzo degli altri beni.<br />

Si supponga che il governo degli Stati Uniti offra<br />

una protezione perfetta da tutte le forme di violenza. Si<br />

tratterebbe di un bene territoriale se prendiamo come<br />

riferimento aree esterne, come l’Europa. Un immigrato<br />

proveniente dall’Australia potrebbe stabilirsi sia in<br />

Europa sia negli Stati Uniti. Per lui, le due possibilità<br />

sono equivalenti e presentano la stessa utilità, con l’eccezione<br />

della perfetta protezione. Egli pagherebbe un<br />

sovrapprezzo per stabilirsi negli Stati Uniti piuttosto<br />

che in Europa. Dal suo punto di vista, il fatto che il bene<br />

sia fornito a livello federale, statale o locale non ha<br />

importanza. Esiste quindi un differenziale fra Stati<br />

Uniti e resto del mondo. Una regione può essere molto<br />

estesa, ma fin tanto che il bene G si applica a un certo<br />

63


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 64<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

sito e non ad altri, esisterà un differenziale nei canoni.<br />

Un differenziale può esistere anche all’interno dello<br />

stesso territorio per la presenza di G, che induce un<br />

incremento del prodotto marginale della terra, indipendentemente<br />

dalla presenza di siti vicini. Questo canone<br />

può essere un ammontare assoluto o proporzionale alla<br />

R1 originaria. In un’economia chiusa, se G aumenta proporzionalmente<br />

la produttività di tutti i fattori (in una<br />

certa percentuale comune), ciò dà luogo a un proporzionale<br />

aumento del canone. Ma se G incrementa la<br />

produttività di un certo ammontare ovunque, allora<br />

l’effetto sarà di aumentare i salari o i canoni, o entrambi,<br />

di un qualche ammontare uniforme. Il lavoro che<br />

prima aveva una produttività marginale pari a zero ora<br />

potrebbe avere una produttività positiva, oppure talune<br />

terre che avevano una produttività marginale pari a<br />

zero potrebbero diventare così produttive. Quindi, il<br />

fatto che un bene pubblico ubiquo induca un effetto<br />

ubiquo sulle rendite dipende da come va a impattare<br />

sulla produttività differenziale del lavoro e dei terreni.<br />

L’esistenza di un bene civico può produrre effetti<br />

migratori. L’immigrazione in un certo territorio potrebbe<br />

ulteriormente stimolare l’incremento dei canoni terrieri<br />

al crescere della popolazione. Quindi, l’incremento<br />

totale causato da G include sia l’effetto diretto di G sia<br />

l’effetto dell’incremento della popolazione. Quando un<br />

imprenditore offre G, può prevedere una certa popolazione<br />

nell’area interessata e le sue stime prenderanno in<br />

considerazione entrambi gli effetti descritti. In conclusione,<br />

i beni <strong>pubblici</strong> territoriali possono indurre taluni<br />

canoni anche se il territorio è esteso, dal momento che<br />

il canone sarà poi maggiore se il bene produce immigrazione.<br />

<strong>Beni</strong> collettivi e tie-in<br />

L’esistenza concettuale di un canone indotto dalla<br />

presenza di un bene collettivo solleva la questione di<br />

come determinare e distinguere dalle altre componenti<br />

l’ammontare dovuto al bene collettivo. Un’unità abitativa<br />

in un condominio, ad esempio, può includere l’uso<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 65<br />

<strong>Beni</strong> territoriali collettivi<br />

di una piscina come tie-in (o beneficio connesso). Come<br />

si può determinare l’ammontare del canone dovuto alla<br />

piscina di cui gode quella unità? Un modo per stimare<br />

la domanda marginale per un tie-in di questo genere è<br />

fare una ricerca di mercato in merito a proprietà che<br />

godono o meno di questo tie-in. Se ci sono condomini<br />

simili con e senza piscina, si può paragonare la differenza<br />

nel canone o nel valore della proprietà, nel caso in<br />

cui sia l’unico servizio significativo differente.<br />

Nel momento in cui vengono costruiti altri condomini<br />

dotati di piscina, i residenti marginali saranno disposti<br />

a pagare sempre meno per l’uso della piscina (nel<br />

rispetto della legge della domanda che richiede prezzi<br />

inferiori per quantità maggiori) fino a che la rendita<br />

marginale sarà pari al costo marginale della piscina. La<br />

concorrenza tenderà a portare a una situazione di questo<br />

tipo per quanto riguarda il bene G. Di conseguenza,<br />

per beni collettivi disponibili in domini multipli si può<br />

stimare il canone indotto dal bene G a partire dal suo<br />

costo di produzione. Per beni collettivi nuovi, un<br />

imprenditore deve stimare la domanda, ma in ciò non<br />

c’è alcuna differenza concettuale con il metodo utilizzato<br />

per i beni divisibili. Comunque, i canoni indotti da<br />

vari beni collettivi non possono essere additivi a causa<br />

delle complementarietà. Si può solamente calcolare la<br />

rendita di un certo G relativamente a tutti gli altri G. Ma<br />

se beni multipli come le piscine e i campi da tennis sono<br />

<strong>comuni</strong> in certe aree, si può presumere che ognuno<br />

induca un canone non inferiore al suo costo.<br />

L’eliminazione del free riding<br />

Come detto sopra, la disaggregazione dei beni <strong>pubblici</strong><br />

in categorie significative permette di gestire i differenti<br />

effetti economici. I beni territoriali non si conformano<br />

a molte delle proposizioni valide per i beni <strong>pubblici</strong>.<br />

Non ci sono free rider per beni <strong>pubblici</strong> territoriali.<br />

Le persone possono essere invitate gratuitamente in<br />

una certa area e i “ladri di spazio” (squatters) potrebbero<br />

introdurvisi, ma il canone continuerebbe a essere<br />

pagato dall’utente, il quale ne condivide i benefici tanto<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 66<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

con gli invitati come con gli intrusi.<br />

La rendita marginale esiste in termini economici<br />

indipendentemente da chi la paga e da chi la raccoglie.<br />

Di conseguenza, per quanto riguarda i beni <strong>pubblici</strong> territoriali,<br />

l’argomento del free riding è capovolto. Invece che<br />

avere un bene che è usato anche se non è pagato, gli<br />

utenti pagano un prezzo per il bene anche se il fornitore<br />

del bene non ne organizza la raccolta. Per quanto<br />

riguarda i beni spaziali, i free rider sono i detentori del<br />

sito se i beni sono pagati dagli altri, per esempio tramite<br />

delle tasse sul lavoro o sui profitti d’impresa.<br />

Un argomento comunemente usato in merito allo<br />

stabilire un prezzo per un bene pubblico è che in questo<br />

modo si finirebbe per scoraggiare l’utente marginale<br />

dal consumo del bene. Ma per un bene territoriale G, il<br />

pagamento del canone marginale Rd non impone nessun<br />

prezzo per l’utente marginale all’interno di quello<br />

spazio, vale a dire un residente o l’impiegato di un’impresa.<br />

Il prezzo, in quanto canone, è relativo solo all’acquisizione<br />

dello spazio marginale. L’uso di G da parte<br />

di un utente marginale in quanto persona non viene<br />

dunque scoraggiato. Il canone marginale Rd costituisce<br />

un bene privato, in conformità all’equazione di Samuelson<br />

(1.1). Il canone totale in un territorio T è pari alla<br />

somma dei canoni percepiti dai detentori dei siti. Di<br />

conseguenza, i beni <strong>pubblici</strong> territoriali hanno un’intrinseca<br />

caratteristica privata per quanto riguarda le<br />

rendite percepite dai proprietari.<br />

Il free riding viene ulteriormente eliminato dalla cattura<br />

di canoni fondiari di significative esternalità territoriali,<br />

che sono esse stesse dei beni <strong>pubblici</strong>. Come<br />

notato da Tideman (1990), l’internalizzazione delle<br />

esternalità spaziali è un’applicazione della relazione<br />

prezzo-costo marginale. Friedrich von Wieser (1967<br />

[1927], p. 340), uno dei primi teorizzatori del canone<br />

urbano, afferma che «il canone urbano è parte del canone<br />

pagato come sovrapprezzo per i vantaggi di una<br />

miglior localizzazione», vantaggi da bene pubblico che<br />

tengono in considerazione le esternalità presenti in<br />

quell’area. Se una particolare esternalità ha un effetto<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 67<br />

<strong>Beni</strong> territoriali collettivi<br />

potenzialmente rilevante sui canoni (cfr. Buchanan e<br />

Stubblebine, 1962), allora il tasso marginale di sostituzione<br />

privato e sociale saranno uguali, poiché il tasso<br />

sociale si manifesta nel canone privato che è l’offerta<br />

per quella localizzazione. Dunque, la presenza di esternalità<br />

non implica un fallimento del mercato (Bator,<br />

1958) se tali esternalità sono di livello territoriale.<br />

Gli imprenditori che creano <strong>comuni</strong>tà valuteranno<br />

come coerente ai loro interessi stilare costituzioni che<br />

promuovano esternalità positive e scoraggino quelle<br />

negative. Come afferma Harold Demsetz (1964, p. 25),<br />

«la recinzione delle terre in una singola entità proprietaria<br />

che spesso si prende cura di fornire servizi solitamente<br />

forniti dallo Stato attraverso la tassazione – come<br />

strade, marciapiedi, raccolta dei rifiuti e polizia – consente<br />

al proprietario di escludere coloro che si rifiutano<br />

di pagare le tariffe necessarie alla copertura dei costi<br />

per questi servizi».<br />

La fornitura di beni territoriali che massimizza i benefici<br />

Se l’ammontare di un bene collettivo G può variare,<br />

e se un aumento di G comporta un incremento dei<br />

canoni più che proporzionale rispetto ai costi legati a G,<br />

allora è razionale per i detentori dei siti incrementare la<br />

fornitura di G fino a che il costo marginale sia pari<br />

all’incremento marginale dei canoni. Joseph Stiglitz<br />

(1986, p. 574) rileva come i canoni marginali rappresentino<br />

le valutazioni marginali dei residenti per certi servizi<br />

<strong>comuni</strong>tari, e «come risultato, una <strong>comuni</strong>tà controllata<br />

da un singolo detentore fornirà un efficiente<br />

livello di servizi <strong>pubblici</strong>». Tale livello è l’ammontare<br />

tecnicamente efficiente (quindi non in senso paretiano)<br />

a cui viene fornito un certo bene pubblico al fine di<br />

massimizzare l’utilità di un gruppo di proprietari fondiari<br />

o il profitto per un imprenditore. Gli agenti economici<br />

trarranno beneficio dal destinare risorse per la<br />

produzione di quel bene fin tanto che il canone marginale<br />

eccede il costo marginale monetario. Il canone<br />

marginale non solo fornisce il prezzo di mercato che<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 68<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

può essere richiesto per G, ma anche uno strumento per<br />

determinare la quantità tecnicamente ottimale.<br />

Data l’esistenza del canone Rd, gli inquilini che pagano<br />

senza detenere alcun lotto trarrebbero benefici dalla<br />

destinazione di tutti i canoni all’amministrazione pubblica<br />

invece che dal fatto che esso venga trattenuto da<br />

parte dei proprietari. Tuttavia, non è necessario che<br />

tutto Rd venga destinato al pagamento di G, visto che<br />

un’altra opzione è il pagamento di un dividendo di<br />

canone ai residenti (come succede in Alaska), ad esempio<br />

su base pro capite. Il canone raccolto può anche<br />

essere risparmiato in un fondo per spese o distribuzioni<br />

future, come viene fatto sempre in Alaska con i proventi<br />

derivanti dalle estrazioni petrolifere. Di conseguenza,<br />

con l’opzione di dividendi sui canoni come<br />

alternativa ai lavori <strong>pubblici</strong>, il che rende in effetti gli<br />

inquilini dei comproprietari, sia dal punto di vista dei<br />

proprietari che da quello degli inquilini il livello tecnicamente<br />

ottimale di G è lo stesso, ovvero il livello per<br />

cui il costo marginale del bene pubblico eguaglia il<br />

canone marginale connesso.<br />

L’effettiva offerta per i siti potrebbe rispecchiare<br />

ovviamente anche altri beni diversi da G. Alcuni<br />

potrebbero scegliere di stabilirsi in un certo sito per<br />

prossimità al posto di lavoro o alla famiglia, ad esempio,<br />

e pertanto potrebbero essere disposti a pagare per<br />

G anche se non valutano quel lotto a quel prezzo, poiché<br />

il loro surplus del consumatore derivante da G è<br />

minore di Rd. Nonostante ciò, il detentore marginale del<br />

sito che valuta G allo stesso livello di Rd determina l’ammontare<br />

di equilibrio. I detentori inframarginali di quel<br />

sito quindi hanno o un surplus del consumatore o, per<br />

motivi indipendenti da G, un deficit causato da G.<br />

Anche per coloro che si sono stabiliti in quel sito per<br />

motivazioni indipendenti da G, la volontà di stabilirsi a<br />

un prezzo di canone R2, dove Rd è incluso come tie-in,<br />

implica il fatto che il detentore del sito uguaglia i tassi<br />

di sostituzione marginale fra beni separabili e il sito<br />

stesso. Se i siti avessero una dimensione flessibile, allora<br />

il detentore otterrebbe un ammontare di spazio tale<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 69<br />

<strong>Beni</strong> territoriali collettivi<br />

per cui, in presenza di un incremento marginale, R2<br />

eguaglierebbe l’utilità marginale derivante da tale<br />

incremento.<br />

L’affermazione di Samuelson (1954, p. 389) per cui<br />

«imporre talune tasse in accordo a un teoria della tassazione<br />

basata sui benefici non può risolvere il problema<br />

di computazione in un contesto decentrato» non si<br />

applica ai beni territoriali. Una tassa proporzionale e<br />

non maggiore a Rd è una tassa basata sui benefici, poiché<br />

il canone riflette il beneficio portato dal bene pubblico.<br />

L’illusione dei beni <strong>pubblici</strong><br />

Qualsiasi prodotto può essere soggetto a illusioni,<br />

vale a dire che le stime dei compratori in merito ai costi<br />

e ai benefici di un bene possono essere erronee. L’utilità<br />

percepita ottenuta da un bene collettivo può essere<br />

soggetta a illusione e può generare più canone di quanto<br />

sarebbe garantito in presenza di migliori informazioni,<br />

ma questo è vero anche per i beni forniti attraverso<br />

la tassazione. È meno probabile che vi sia illusione da<br />

parte di chi paga per beni finanziati da canoni fondiari<br />

che per quelli finanziati da una miriade di tasse.<br />

Nel caso dei beni territoriali, l’illusione sistematica<br />

può essere il risultato di una valutazione erronea dei<br />

beni, dell’ignoranza in merito ai mali <strong>pubblici</strong>, dell’inabilità<br />

a stimare il costo relativo al mantenimento o alla<br />

creazione di un bene capitale, e dell’incertezza relativa<br />

ai futuri cambiamenti in merito al bene e alla sua fornitura.<br />

Per la maggior parte delle persone comprare o<br />

affittare un proprietà fondiaria è un evento sporadico,<br />

per cui ci può essere poca esperienza su cui fare affidamento.<br />

Anche se si possono ottenere informazioni<br />

generali, di solito non ci sono dati disponibili su ciò che<br />

Hayek (1945, p. 522) chiama «la conoscenza di particolari<br />

condizioni di tempo e di spazio». La conoscenza di<br />

cui si necessita per essere consapevoli di queste informazioni<br />

localizzate è inutile se non si sa cosa cercare.<br />

L’ignoranza è anche dovuta alla natura ignota di<br />

molti di questi costi. Quando si compra una macchina,<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 70<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

le buone qualità sono evidenti, ma molte delle cattive<br />

non lo sono. Ad esempio, quanto una macchina funzionerà<br />

effettivamente bene e quanto a lungo durerà sono<br />

cose che si possono determinare solo nel corso del<br />

tempo. Per questo le garanzie e le assicurazioni sono<br />

una pratica comune. Allo stesso modo, i mali <strong>pubblici</strong><br />

associati a un dato territorio sono nascosti e si manifestano<br />

nel corso del tempo, ma generalmente non sono<br />

coperti da garanzie. Cani che abbaiano, la frequenza<br />

degli atti di vandalismo, vicini rumorosi, un’amministrazione<br />

irresponsabile, tracimamenti, regole sfavorevoli<br />

scoperte o stabilite dopo che ci si è trasferiti in quel<br />

luogo, possono essere tutti aspetti difficili da cogliere a<br />

priori ed esistono così tante variabili negative che non<br />

si può pensare di tenerle in considerazione tutte. Inoltre,<br />

quando si è in cerca di una nuova <strong>comuni</strong>tà si<br />

potrebbe non avere a disposizione un tempo sufficiente<br />

ad analizzarle tutte. Si può tentare di stimare la totalità<br />

di questi mali sulla base dell’esperienza passata ma, in<br />

una data <strong>comuni</strong>tà, possono esserci distorsioni sistematiche<br />

in un certo periodo.<br />

Il fatto che esistano distorsioni sistematiche nella<br />

valutazione di una certa <strong>comuni</strong>tà è un problema empirico.<br />

A priori l’illusione non può essere esclusa come<br />

irrazionale, poiché la realtà percepita viene poi interpretata<br />

da ogni individuo. Questa interpretazione<br />

dipende dalle idee e dalle visioni personali del mondo,<br />

che possono essere erronee o incomplete. L’ignoranza<br />

razionale preclude l’ottenimento di una conoscenza<br />

maggiore di quanto sia personalmente utile, ma come si<br />

fa a sapere ciò che è utile? Gli agenti immobiliari e i<br />

venditori enfatizzeranno le buone qualità dei beni <strong>pubblici</strong>,<br />

mentre le cose negative saranno lasciate alla valutazione<br />

del compratore. Come affermato da Debra<br />

Dean (1989a, p.17), «i compratori potenziali in una RCA<br />

[Residential Community Association, Associazione di<br />

Comunità Residenziale] non sempre sono a conoscenza<br />

delle condizioni finanziarie dell’associazione, o delle<br />

condizioni di varie strutture <strong>comuni</strong>. In tali circostanze<br />

potrebbero rimanere sorpresi da tassazioni speciali e<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 71<br />

<strong>Beni</strong> territoriali collettivi<br />

non essere in grado di pagarle. Ciò ha l’effetto di incrementare<br />

il costo della casa oltre a quello atteso».<br />

Quello che può sembrare un’illusione può invece<br />

essere un segnale che riguarda la qualità. È ben noto fra<br />

gli agenti immobiliari che la prima impressione è ciò<br />

che conta, che “l’aspetto di facciata” di una proprietà ha<br />

un profondo impatto sul compratore potenziale. Un<br />

aspetto pulito, moderno e ben tenuto non costituisce<br />

solo un’illusione superficiale, ma è anche segnale dell’età,<br />

della qualità e della cura di quella proprietà. Però<br />

effetti cosmetici come una nuova tinteggiatura possono<br />

nascondere difetti e creare l’illusione di una qualità inesistente.<br />

Come esempio di illusione sistematica,<br />

Lawrence Friedman (1967) esamina la persistenza delle<br />

cifre dispari, specialmente il numero 9, nei prezzi al<br />

consumo. Le persone sanno che la differenza tra 59 e 60<br />

centesimi è solo un centesimo, tuttavia i venditori<br />

sanno che la cifra finale, il 9, dà l’illusione di prezzi<br />

molto più bassi.<br />

L’illusione dei beni <strong>pubblici</strong> nel caso dei beni territoriali<br />

tuttavia ha la probabilità di essere notevolmente<br />

inferiore rispetto ai beni civici finanziati da una complessa<br />

tassazione. Come notato da Buchanan e Wagner<br />

(1977), nelle giurisdizioni governative gli individui non<br />

pagano prezzi diretti per i programmi governativi. Non<br />

ricevono nessun rendiconto mensile. Molte tasse sono<br />

invisibili. Quindi, una struttura di tassazione complessa<br />

con molte tasse indirette è soggetta a illusione dal lato<br />

dei finanziamenti, così come dal lato dei beni. La complessità<br />

indebolisce i segnali di costo e il meccanismo di<br />

imposizione indiretto crea confusione, poiché le tasse<br />

sono nascoste in un prezzo. Talune regolamentazioni<br />

che prendono il posto della tassazione ricreano la difficoltà<br />

di calcolare il carico imposto. Di solito, per il normale<br />

cittadino che paga le tasse non vale la pena ottenere<br />

informazioni sulle varie tasse e sul loro ammontare<br />

totale, sempre che tali informazioni siano disponibili.<br />

Ma quando i beni civici sono finanziati dal pagamento<br />

di canoni, esiste un’illusione fiscale molto inferiore in<br />

merito ai costi correnti. Inoltre, l’ammontare dell’illusio-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 72<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

ne è ridotto quando in un’area vengono venduti o affittati<br />

molti lotti, perché un numero elevato di parti ottiene<br />

diverse quantità di informazioni che si riflettono sui<br />

canoni del sito e sul valore dei terreni vicini.<br />

Le teorie di finanziamento dei beni attraverso il canone<br />

La teoria che i beni civici possano essere finanziati<br />

tramite un canone sui terreni può essere fatta risalire<br />

per lo meno a William Petty (1623-1687). Vaggi (1997, p.<br />

72) sottolinea che quando François Quesnay e altri fisiocrati<br />

si riferivano al prodotto netto, in realtà si trattava<br />

di un canone fondiario, che proponevano a sostegno<br />

delle opere pubbliche e come applicazione privata del<br />

prodotto netto dell’accumulazione di capitale (p. 135).<br />

Henry George (1975 [1879]) ipotizzò che i beni <strong>pubblici</strong><br />

potessero essere finanziati dalla rendita economica fondiaria,<br />

rendendo possibile l’abolizione di altre tassazioni.<br />

Léon Walras (1896) 3 scrisse che il canone fondiario<br />

forniva i mezzi per il finanziamento di uno Stato. Più<br />

recentemente, Gaffney (1970), Stiglitz (1977), Vickrey<br />

(1977) e Tideman (1985) hanno teorizzato in merito alla<br />

fattibilità e alle conseguenze del finanziamento dei beni<br />

<strong>pubblici</strong> attraverso il canone.<br />

In un modello elaborato da Stiglitz (1983), una<br />

<strong>comuni</strong>tà sceglie il livello di beni <strong>pubblici</strong> che massimizza<br />

il canone fondiario. Il reddito degli individui è<br />

una variabile e il risultato, sotto le condizioni restrittive<br />

del modello nel quale i beni sono finanziati da<br />

pagamenti basati sul valore della terra, è che la massimizzazione<br />

del valore locativo porta a un livello efficiente<br />

di offerta di beni <strong>pubblici</strong>. Stiglitz (1977, p. 278)<br />

presenta anche un modello che collega popolazione,<br />

consumo, canone e beni <strong>pubblici</strong>. Come sottolineato<br />

da Atkinson e Stiglitz (1987 [1980]), la funzione di utilità<br />

è U(G, X) dove G è un bene collettivo mentre X è<br />

un bene divisibile. L’output Y è una funzione dei lavoratori<br />

Y=f(N)=XN+G. Poichè X=f(N)–G/N, la condizio-<br />

3. Libro II, sezione 8. Gaffney (1982, p. 179) cita Walras sulla tassazione della<br />

rendita fondiaria, notando come egli fosse «un convinto tassatore dei terreni».<br />

72


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 73<br />

<strong>Beni</strong> territoriali collettivi<br />

ne di primo ordine implica che G=f–Nf’, cioè che G è<br />

uguale all’output meno il pagamento dei salari, considerando<br />

che ai lavoratori venga pagato il loro prodotto<br />

marginale. Quindi «la popolazione che massimizza<br />

il consumo pro capite è quella per la quale i canoni<br />

eguagliano la spesa in beni <strong>pubblici</strong>» (p. 525). Questo<br />

risultato fu denominato “teorema di Henry George”<br />

(HGT) da Stiglitz (1979), dal momento che il canone è<br />

la “tassa unica” che finanzia esattamente la spesa<br />

pubblica G.<br />

Vickrey (1977, 1990) giunge a una conclusione simile,<br />

affermando che, laddove le città competono in un<br />

mercato mondiale, i canoni sui terreni si aggregano al<br />

totale dei residui inframarginali che riflettono il bene<br />

pubblico. L’efficienza richiede che tale canone finanzi<br />

industrie con costi decrescenti. Due elementi essenziali<br />

per una città sono i trasporti e le economie di scala nelle<br />

attività cittadine. Hotelling (1938) sostenne che il prezzo<br />

basato sui costi marginali fosse una condizione di<br />

ottimo per il benessere sociale, con il deficit delle industrie<br />

a costi decrescenti finanziato dalla tassazione. Il<br />

teorema GHV (George/Hotelling/Vickrey) di Vickrey<br />

afferma che i canoni sui terreni dovuti ad attività con<br />

economie di scala sono pari ai sussidi richiesti per consentire<br />

a tali attività di vendere i loro output a prezzi<br />

eguali ai costi marginali.<br />

Vickrey (1990, p. 1) osserva che «se i trasporti fossero<br />

privi di costi, la localizzazione non sarebbe importante<br />

e i canoni a essa connessi non potrebbero sorgere,<br />

mentre se non ci fossero economie di scala, la produzione<br />

potrebbe aver luogo su piccola scala in villaggi e<br />

i canoni di locazione diventerebbero trascurabili». Per<br />

beni che hanno economie di scala – «forse meglio definite<br />

come economie di densità della domanda» – la fornitura<br />

ottimale «di solito richiederebbe un sussidio». La<br />

concorrenza fra <strong>comuni</strong>tà induce «canoni di locazione<br />

generati dalla disponibilità di beni e servizi al loro costo<br />

marginale, prodotti in condizioni di scala e densità<br />

appena sufficienti a ripagare i sussidi necessari a consentire<br />

tale livello dei prezzi».<br />

73


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 74<br />

Tideman (1985) rileva l’esistenza di un insieme di<br />

condizioni necessarie e sufficienti per il finanziamento<br />

dei beni <strong>pubblici</strong> attraverso il canone fondiario dovuto<br />

alla presenza di una <strong>comuni</strong>tà: 1. perfetta mobilità; 2.<br />

un’area interessata dall’effetto del bene limitata; 3. l’esistenza<br />

di persone al di fuori della <strong>comuni</strong>tà che valuterebbero<br />

il bene allo stesso valore di quelli che ne beneficiano.<br />

Queste condizioni, sostiene, non vengono perfettamente<br />

soddisfatte, ma il fattore che controbilancia<br />

questa situazione è la presenza del canone, che esisterebbe<br />

senza le attività pubbliche e che può anche essere<br />

sfruttato, esattamente come i profitti non di rendita<br />

derivanti dalla fornitura di beni <strong>pubblici</strong>.<br />

L’esatta uguaglianza tra G e il canone nel modello<br />

HGT è un aspetto problematico. Il risultato HGT deriva<br />

dal «prendere un valore fisso di G, variando successivamente<br />

N al fine di massimizzare X» (Atkinson e Stiglitz,<br />

1987 [1980], p. 524). L’equazione fra il canone e G<br />

è una conseguenza del porre la derivata di G (rispetto a<br />

N) pari a zero. Ma supporre che G sia indipendente<br />

dalla popolazione e dalla forza lavoro N è un’assunzione<br />

arbitraria. Se il modello fosse riformulato ponendo<br />

anche G in funzione di N, con Y=XN+G(N) allora:<br />

(3.1) X={f(N)–G(N)}/N<br />

(3.2) ∂f/∂N=X+∂G/∂N={f(N)–G(N)/N}+∂G/∂N<br />

(3.3) G(N)=f(N)–Nf’(N)+ ∂G/∂N<br />

Con R pari alla differenza fra il prodotto totale Y e il<br />

totale dei salari:<br />

(3.4) R=f(N)–Nf’(N)<br />

Quindi,<br />

(3.5) G(N)=R+∂G/∂N<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

Ora abbiamo un termine in più, ∂G/∂N, cosicché la<br />

74


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 75<br />

rendita non risulta necessariamente pari a G, a meno<br />

che ∂G/∂N=0, il che non è necessariamente vero.<br />

Un altro problema è l’assunzione che la differenza<br />

fra la produzione totale e l’ammontare complessivo dei<br />

salari necessariamente costituisce il canone fondiario<br />

come residuale. Poiché il canone fondiario è generato<br />

dal prodotto marginale della terra, R è determinato<br />

indipendentemente e non semplicemente come un surplus<br />

(3.4). L’equazione (3.4) viene quindi meglio specificata<br />

come segue:<br />

(3.4a) P=f(N)–Nf’(N)<br />

<strong>Beni</strong> territoriali collettivi<br />

Dove P è pari ai profitti lordi, che includono il canone.<br />

In alternativa, G potrebbe includere le spese <strong>comuni</strong><br />

e i dividendi in denaro per i residenti o i proprietari,<br />

nel mix desiderato dal decisore, e includendo di conseguenza<br />

anche i beni divisibili finanziati dal canone.<br />

Come teorizzato sopra, l’offerta tecnicamente ottimale<br />

di G è quella per cui il costo marginale di G eguaglia<br />

il canone marginale indotto da G, con una situazione<br />

di canone marginale decrescente. In quel caso, G è<br />

una funzione di ∂G/∂R, determinata dal modo in cui il<br />

canone marginale è influenzato da variazioni di G in<br />

vari livelli di G. Inoltre, ∂G/∂R sarebbe essa stessa<br />

influenzata dalla domanda per G e per lo spazio associato,<br />

che sarebbe ragionevolmente una funzione della<br />

popolazione nell’area considerata, e quindi dell’offerta<br />

di lavoro N.<br />

Poniamo allora che sia Z=∂G/∂R. Allora<br />

Y=f(N)=XN+G(Z(N)) e il modello viene così rispecificato:<br />

(3.6) X={f(N)–G(Z(N))}/N<br />

(3.7) f’=X+(∂G/∂Z)(∂Z/∂N)={f(N)–G(Z(N))/N}+(∂G/<br />

∂Z)(∂Z/∂N)<br />

(3.8) G(Z(N))=R+(∂G/∂Z)(∂Z/∂N)<br />

All’aumentare di N, ci si aspetterebbe che la curva di<br />

75


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 76<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

G, funzione di R, si appiattisca, in quanto funzione di R.<br />

Quindi ∂G/∂Z sarebbe positiva, ma ∂Z/∂N, il cambiamento<br />

dell’andamento della curva rispetto a un incremento<br />

di N, sarebbe negativo, con un conseguente declino.<br />

Quindi (∂G/∂Z)(∂Z/∂N) dovrebbe essere negativo,<br />

benché non necessariamente; il segno finale sarebbe un<br />

problema di natura empirica. Se negativo allora GG. Il seguente caso ipotetico mostra il perché.<br />

Nelle tabelle, ΔG è il costo marginale di G, G è il G totale,<br />

ΔR è il canone marginale, R il canone totale e P il profitto<br />

(R–G). Nel caso 1, in cui gli incrementi di G sono<br />

costanti, ΔR è all’inizio più grande del costo marginale<br />

di G; cresce e poi decresce all’aumentare di G, fino a<br />

raggiungere il valore di 1, dove eguaglia il costo marginale<br />

di G. Dopo questa soglia, la rendita marginale è<br />

0,5, meno del costo marginale sempre pari a 1.<br />

Caso 1<br />

ΔG G ΔR R P<br />

1 1 2 2 1<br />

1 2 3 5 3<br />

1 3 2 7 4<br />

1 4 1 8 4<br />

1 5 0,5 8,5 3,5<br />

Poiché la rendita marginale ΔR prima cresce e poi<br />

decresce, un imprenditore che deve produrre G massimizzerà<br />

il profitto con livelli di G pari a 3 o 4, con profitti<br />

P pari a 4, dove ΔR è pari a ΔG. G è fornito in maniera<br />

ottimale, e R>G, contrariamente al teorema di Henry<br />

George.<br />

Nel caso 2, il costo di G ancora continua a crescere in<br />

maniera costante, ma ora la rendita marginale parte da<br />

0, al di sotto del costo marginale.<br />

Il canone non è positivo fino a che G non raggiunge<br />

76


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 77<br />

<strong>Beni</strong> territoriali collettivi<br />

Caso 2<br />

ΔG G ΔR R P<br />

1 1 0 0 -1<br />

1 2 0 0 -2<br />

1 3 1 1 -2<br />

1 4 2 3 -1<br />

1 5 2 5 0<br />

1 6 0 5 -1<br />

qualche ammontare minimo, in questo caso 3. Il canone<br />

marginale diventa più grande del costo marginale e il<br />

canone totale raggiunge i costi totali per G=5. Allora il<br />

canone marginale decresce, diventando inferiore del<br />

costo marginale, cosicché P è massimizzato per G=5 ed è<br />

pari a 0, mentre negli altri casi sarebbe negativo. Qui una<br />

<strong>comuni</strong>tà potrebbe provvedere da sé al bene G in maniera<br />

ottimale quando ΔR=ΔG e R=G; ma in questo caso non<br />

avanzano profitti di canone dopo aver pagato G.<br />

Un terzo caso può essere configurato per R


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 78<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

New Jersey di un ammontare pari a 6 volte il costo del<br />

ponte (Tucker, 1958, p. 11).<br />

La cosa interessante è che lo stesso Henry George<br />

pensava che R fosse in generale maggiore di G. George<br />

(1975 [1879], p. 406) credeva che «il valore dei terreni<br />

preso nel loro insieme è sufficiente a sostenere l’intero<br />

peso delle spese dello Stato. Nei paesi sviluppati è<br />

molto più che sufficiente». In un altro passaggio (p. 456)<br />

scriveva: «Ci sarebbe un grande e crescente surplus<br />

derivante dalla tassazione dei valori terrieri». Questi<br />

ricavi, credeva, «potevano essere applicati all’ottenimento<br />

del beneficio comune», come «musei, biblioteche,<br />

giardini, sale di lettura, spazi per la musica e la<br />

danza, teatri, università, scuole tecniche, poligoni di<br />

tiro, campi gioco, palestre, ecc.». <strong>Beni</strong> come le sale per<br />

la danza e i poligoni di tiro potrebbero non generare<br />

canoni pari ai loro costi, ma al fine di spendere interamente<br />

il surplus del canone è necessario che vi siano<br />

spese pubbliche che generano meno rendita di quanto<br />

costano. Tuttavia alcune persone poterebbero preferire<br />

spendere i fondi in modo diverso e al fine di eguagliare<br />

l’utilità marginale dei beni divisibili con quella dei<br />

beni collettivi, un consumo ottimale richiederebbe che<br />

il surplus di canone sia trasferito ai residenti sotto<br />

forma di dividendi in forma pecuniaria, come nel caso<br />

della produzione petrolifera dell’Alaska. Nella produzione<br />

contrattuale di beni <strong>pubblici</strong>, il surplus può essere<br />

trattenuto come profitto, fornendo allo stesso tempo<br />

uno stimolo alla fornitura volontaria del bene.<br />

L’HGT e l’asserzione che ci possa essere un surplus<br />

sui canoni sono in contrasto con la visione di coloro che<br />

ritengono che il canone fondiario non sia sufficiente a<br />

finanziare le spese governative. Ma, prima di tutto,<br />

l’HGT non limita l’estensione dei ricavi. Lo Stato può<br />

ottenere i finanziamenti anche da fonti diverse dalle<br />

tasse, come tramite tariffe imposte agli utenti e i profitti<br />

prodotti da imprese governative. In secondo luogo, la<br />

totalità del valore dei terreni e dei canoni è importante.<br />

Dati pubblicati dal Board of Governors della Federal<br />

Reserve (1991) stimano il valore dei terreni negli Stati<br />

78


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 79<br />

<strong>Beni</strong> territoriali collettivi<br />

Uniti pari a 3,7 trilioni di dollari, il 23 per cento della<br />

ricchezza netta interna. Probabilmente si tratta di una<br />

stima per difetto; un calcolo effettuato da Cord (1991)<br />

dà le proprietà immobiliari negli Stati Uniti a 10,8 trilioni<br />

di dollari, una cifra molto simile a quella calcolata<br />

dal Bureau of Economic Analysis per il 1988 (Miles,<br />

1990). Gaffney (1970, p. 181) ipotizzò che «il valore dei<br />

terreni oggi è almeno la metà del valore degli immobili,<br />

se non di più», il che porrebbe il valore dei terreni<br />

negli Stati Uniti in un ordine di grandezza pari a 5 trilioni<br />

di dollari. Questa stima del valore fondiario quasi<br />

non include la rendita economica che potrebbe essere<br />

generata dalle estrazioni petrolifere, dallo spettro elettromagnetico,<br />

dalle rotte aeree, dalle orbite dei satelliti<br />

e da altri tipi di utilizzo dello spazio, oltre al fatto che il<br />

valore delle terre capitalizza negativamente la tassazione.<br />

La maggior parte dei canoni fondiari degli Stati<br />

Uniti non è documentata ed è nascosta sotto altre categorie<br />

di ricavi (Foldvary, 1989). Cord (1991) stima che<br />

nel 1986 in America la rendita economica annuale dei<br />

terreni fosse di 680 miliardi di dollari, il 20 per cento del<br />

reddito nazionale. Comunque questa stima non teneva<br />

in considerazione gli incrementi di produttività e quindi<br />

il valore dei terreni che farebbe seguito all’eliminazione<br />

della tassazione dello sforzo produttivo.<br />

In terzo luogo, l’HGT si applica solo al finanziamento<br />

di beni <strong>pubblici</strong> territoriali produttivi. Molte delle<br />

spese dello Stato non rientrano in questa categoria. Gli<br />

aiuti internazionali, comprese le spese militari che servono<br />

a finanziare la difesa (o l’intervento) in paesi stranieri,<br />

non incrementano la rendita interna. La pura<br />

redistribuzione delle risorse, che prende fondi da un<br />

certo insieme di persone per destinarli a un altro insieme<br />

di soggetti, non incrementa la rendita netta: potrebbe<br />

aumentare il valore di alcuni beneficiari come gli<br />

agricoltori, ma teoricamente le locazioni private del<br />

reddito netto soffrirebbero una perdita di valore fondiario.<br />

Spese governative volte a soddisfare interessi<br />

particolari a causa di fenomeni di lobbyng e di scambio<br />

di favori probabilmente non incrementeranno la rendita<br />

79


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 80<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

netta. I beni divisibili, come le pubblicazioni gratuite fornite<br />

dal governo, difficilmente aumenteranno il valore<br />

della rendita. Allo stesso modo “spese sprecate” (come i<br />

fondi che una certa maggioranza preferirebbe spendere<br />

volontariamente) non incrementano il valore della rendita.<br />

Quindi l’HGT non implica che livelli arbitrari di spesa<br />

pubblica possano essere finanziati interamente dal canone<br />

dei siti, ma solo che i beni territoriali collettivi considerati<br />

di valore dalle persone nell’area possono essere<br />

finanziati per questa via. L’HGT di conseguenza finisce<br />

con l’essere una tautologia, in quanto solo quei beni <strong>pubblici</strong><br />

che generano sufficiente rendita da essere finanziati<br />

sono considerati validi da questa teoria.<br />

Ciò che consente al finanziamento tramite rendita<br />

fondiaria di uscire dai confini della tautologia è l’esistenza<br />

di canoni che non dipendono dai beni <strong>pubblici</strong>,<br />

come ad esempio i canoni dovuti a vantaggi naturali,<br />

complementarità di popolazione o commercio. Inoltre,<br />

un’ampia definizione di terreni economici comprende<br />

l’intero spazio tridimensionale che circonda la terra. Se<br />

gli oceani e l’atmosfera venissero inclusi, il loro uso da<br />

parte di chi inquina rappresenterebbe un utilizzo di terreni,<br />

al pari di chi inquina sulla terraferma. Se i diritti di<br />

proprietà relativi a questi spazi aerei e marini venissero<br />

riconosciuti, il proprietario potrebbe raccoglierne il<br />

canone facendo pagare a chi inquina tariffe che potrebbero<br />

realmente sostituire tutti i ricavi dello Stato (in<br />

eccesso rispetto alla rendita di altri terreni) che sono<br />

attualmente ottenuti dalle tasse sul reddito, sui consumi<br />

e sui beni capitali, sostituendo le risorse che sono<br />

raccolte attraverso la tassazione con quelle ottenute<br />

dalle quote per l’inquinamento.<br />

Inoltre, parlando in termini generali, i canoni dei terreni,<br />

in aggiunta alle tariffe e ai profitti delle imprese pubbliche,<br />

possono essere utilizzati come fonte di ricavo per<br />

il governo anche per quelle spese che non generano canoni<br />

di superficie, e potrebbero essere utilizzati come finanziamento<br />

per la fornitura consensuale di beni civici da<br />

parte dei detentori di quei siti. Quindi il tema dei ricavi<br />

potenziali derivanti dai canoni fondiari dipende in ultima<br />

80


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 81<br />

<strong>Beni</strong> territoriali collettivi<br />

analisi dalla definizione dei terreni e dalle istituzioni, fra<br />

cui i diritti di proprietà che consentono la loro raccolta.<br />

La fornitura contrattuale di beni territoriali<br />

Adam Smith (1976 [1776], p. 34) affermò che i ricavi<br />

dello Stato potevano essere derivati da «qualche risorsa<br />

che appartiene intrinsecamente alla sua sovranità», come<br />

la terra. «La rendita sui terreni della corona costituì per<br />

lungo tempo la fonte principale di ricavi per gli antichi<br />

sovrani europei» (p. 345). Se al sovrano pubblico sostituiamo<br />

il proprietario privato il principio resta valido.<br />

I modelli George/Stiglitz/Vickrey/Tideman e le<br />

varie teorie che si riferiscono al canone fondiario come<br />

fonte di finanziamento per i beni collettivi forniti attraverso<br />

un processo politico, ma anche le stesse analisi<br />

modificate come sopra per ottenere R>G, si potrebbero<br />

applicare alla fornitura di tali beni da parte di imprese<br />

private detentrici del sito e che offrono il bene pubblico<br />

a coloro che si trovano in quel luogo. La teoria del canone<br />

generato dal bene territoriale, ma che al tempo stesso<br />

lo ripaga, offre un fondamento teorico per la fornitura<br />

di beni civici attraverso processi di mercato. La proprietà<br />

di un territorio sufficiente a consentire la raccolta<br />

di canoni generati dal bene dà la possibilità a chi la<br />

detiene di eliminare il free riding e individuare il livello<br />

di bene collettivo che massimizza i profitti.<br />

L’uso del canone fondiario per il finanziamento dei<br />

beni collettivi è legato al principio della tassazione<br />

basata sui benefici, vale a dire che il costo delle spese<br />

pubbliche deve essere allocato in funzione dei benefici<br />

generati. Knut Wicksell (1958 [1896], p. 72) definì il<br />

principio del beneficio come «il ben noto principio del<br />

Valore e del Controvalore». La regola del beneficio era<br />

posta come condizione di equilibrio e allocazione efficiente.<br />

La quota di tassazione dovrebbe essere determinata<br />

«in accordo con la valutazione soggettiva di servizio<br />

pubblico» (Musgrave, 1959, p. 69). Una tassa, in<br />

quest’ottica, è un prezzo pagato per un bene collettivo<br />

e deve essere congruente con la domanda di tale bene.<br />

Il bene è fornito come contropartita alla tassazione.<br />

81


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 82<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

Pantaleoni propose che i ricavi e le spese nel bilancio di<br />

uno Stato fossero determinati in modo congiunto<br />

(Musgrave, 1959, p. 70), come Wicksell (1958), il quale<br />

argomentò in favore di decisioni unanimi e volontarie o<br />

comunque prossime a questo principio. Questi economisti<br />

credevano che il principio del beneficio, la determinazione<br />

simultanea di spese e ricavi, la relazione di<br />

scambio e l’ideale di unanimità non potessero essere<br />

ottenuti come risultato dei processi di mercato<br />

(Musgrave, 1959, p. 70). Tuttavia, inavvertitamente<br />

Adam Smith (1976 [1776], p. 350) evidenziò un modo<br />

attraverso il quale si poteva raggiungere quel risultato.<br />

Nella sua prima massima in merito alla tassazione<br />

scrisse: «Le spese del governo per gli individui di una<br />

grande nazione sono come le spese di gestione degli<br />

affittuari che vertono tutti su di un terreno comune, i<br />

quali sono obbligati a contribuire in proporzione dei<br />

loro rispettivi interessi sull’immobile».<br />

Quando un’agenzia privata detiene il terreno o l’immobile<br />

di riferimento per un bene pubblico territoriale,<br />

tale agenzia potrà simultaneamente fornire il bene e<br />

provvedere alla riscossione del canone generato da<br />

esso, soddisfacendo le condizioni di simultaneità, beneficio<br />

e volontarietà. Gli inquilini “dell’immobile” contribuiscono<br />

al bene collettivo attraverso il pagamento<br />

dell’affitto, dovuto solo nel caso in cui scelgano di sistemarsi<br />

in un certo luogo. Trasferendosi, un inquilino<br />

rivela che il beneficio del bene associato al sito è pari al<br />

canone o lo eccede. Wicksell (1958 [1986], p. 113) scrisse<br />

che il «generale sviluppo economico di una <strong>comuni</strong>tà»<br />

incrementava il valore del terreno corrispondente e<br />

quindi propose di tassare tale incremento di valore (p.<br />

114). La riscossione di canoni consensuali è economicamente<br />

equivalente alla tassazione sul valore dei terreni:<br />

l’unica differenza è che l’agente equilibratore deriva dal<br />

mercato e non da processi politici (la distinzione fra i<br />

due verrà fornita nel quinto capitolo).<br />

Varie modalità di pagamento della rendita<br />

Il canone non deve necessariamente essere pagato<br />

82


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 83<br />

<strong>Beni</strong> territoriali collettivi<br />

con sistemi periodici. Una tassonomia del pagamento<br />

possibile comprende: 1. canoni diretti, pagati da un affittuario<br />

al proprietario del sito; 2. tariffe amministrative<br />

(che includono quote di associazione e doveri impliciti)<br />

pagate per occupare un sito per un certo intervallo di<br />

tempo; 3. approssimazioni di canone, pagamenti basati<br />

sull’ammontare di una certa attività come gli introiti<br />

lordi; 4. fitti figurativi dei proprietari del sito o soggetti a<br />

cui il sito è reso disponibile, in realtà pagati al valore del<br />

canone al principio di un periodo di proprietà indefinito.<br />

Ognuno di questi metodi può assumere forme diverse.<br />

Ad esempio, i parcometri sono un tipo di pagamento<br />

di canone diretto per l’occupazione di spazio stradale. Le<br />

tariffe pagate per far pascolare il bestiame sul suolo pubblico<br />

sono canoni diretti, ma i proprietari del bestiame<br />

hanno anche un fitto figurativo se la tariffa che devono<br />

pagare è inferiore al canone di mercato. Gli studenti che<br />

frequentano l’università ricevono fitti figurativi se all’istituto<br />

universitario non sono richiesti il pagamento di<br />

un canone o tasse sul sito in cui si trova. In alcuni centri<br />

commerciali, i negozi pagano approssimazioni di canone<br />

in percentuale ai ricavi lordi, in aggiunta ai canoni diretti;<br />

gli introiti riflettono i benefici territoriali e forniscono<br />

informazioni riguardo a tali benefici in modo flessibile e<br />

con suddivisione del rischio (un po’ come nel caso della<br />

mezzadria). Comunque, un accordo di questo genere è<br />

facilitato dalla presenza di tasse sulle vendite e sui redditi,<br />

che forniscono una fonte d’informazione sui ricavi<br />

lordi, su cui grava un enforcement governativo in caso di<br />

falsa informazione. In assenza di tali tassazioni sarebbe<br />

difficile costringere a un calcolo onesto dei pagamenti.<br />

Questo capitolo individua la teoria del canone come<br />

base del finanziamento privato dei beni <strong>pubblici</strong>. Un<br />

secondo elemento di fornitura privata riguarda la governance:<br />

gli agenti che forniscono i beni devono anche<br />

governare o gestire la loro operatività e distribuzione.<br />

La teoria della governance è stata sviluppata nella letteratura<br />

sulle organizzazioni industriali, come viene discusso<br />

nel quarto capitolo.<br />

83


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 84


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 85<br />

Capitolo 4<br />

La governance nelle imprese<br />

Governance e mercato non sono realtà contrapposte.<br />

La produzione può richiedere un elevato livello di<br />

governance all’interno di un’impresa. Tuttavia la governance<br />

è più rilevante per la fornitura di beni collettivi<br />

che per la loro produzione. La fornitura rimanda alla<br />

selezione dei beni, ai metodi di finanziamento e alla<br />

disposizione della produzione. La fornitura di un bene<br />

collettivo da parte dello Stato spesso ne implica la produzione<br />

da parte di agenti privati. Economie di scala<br />

che coinvolgono la produzione non necessariamente<br />

vanno ad avere conseguenze anche sulla fornitura, poiché<br />

beni come la protezione antincendio possono essere<br />

prodotti da una grande impresa che serve molti piccoli<br />

fornitori.<br />

I costi di transazione e la governance<br />

Gli economisti hanno trovato varie ragioni del perché<br />

risulti necessaria un’organizzazione interna all’impresa.<br />

Nell’analizzare la natura dell’impresa, Coase<br />

(1937) rilevò come la caratteristica distintiva fosse «la<br />

soppressione del meccanismo dei prezzi» (p. 82), permettendo<br />

il risparmio del costo di scoperta dei prezzi<br />

(p. 83), dove un fattore è impiegato attraverso la stipulazione<br />

di un contratto ed è soggetto alla supervisione<br />

del management. Questa motivazione d’impresa è più<br />

rilevante nella produzione che nella fornitura di un<br />

85


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 86<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

bene. Si considerino due imprese, un’industria che produce<br />

beni privati e una proprietà immobiliare che produce<br />

beni <strong>pubblici</strong> all’interno di quel territorio. Gli<br />

acquirenti del bene pubblico sono come i consumatori<br />

del bene privato, i quali potrebbero anche avere relazioni<br />

contrattuali con il produttore diverse da quelle di<br />

dipendenti. Il meccanismo dei prezzi non è soppresso;<br />

gli inquilini hanno dei contratti con prezzi di affitto.<br />

Sebbene i loro contratti possano specificare che come<br />

locatari sono tenuti a compiere certe azioni, ciò è un<br />

fatto incidentale rispetto al loro ruolo di consumatori<br />

della proprietà immobiliare (ad esempio, agli ospiti di<br />

un hotel viene richiesto di lasciare la chiave quando se<br />

ne vanno).<br />

Anziché esistere una relazione proprietario-inquilino,<br />

può accadere che la fornitura di beni <strong>pubblici</strong> sia<br />

effettuata da partnership che si manifestano sotto varie<br />

forme, come le cooperative, le industrie o i <strong>comuni</strong>. In<br />

quel caso la struttura di governance non è caratterizzata<br />

dal rapporto proprietario-cliente, ma da comproprietari<br />

che delegano la responsabilità a una struttura di<br />

governo. I membri pagano quanto dovuto al corpo di<br />

governo, il quale opera in nome e per conto dell’associazione,<br />

cosicché il sistema dei prezzi non risulta soppresso.<br />

Steven Cheung (1983, p. 18) sottolinea il ruolo<br />

dei costi di transazione nella creazione dell’impresa,<br />

dove l’equilibrio è raggiunto quando i risparmi relativi<br />

ai costi di transazione sono pari ai costi che l’esistenza<br />

dell’agenzia stessa implica quale fattore di mercato,<br />

determinando l’estensione dei meccanismi contrattuali<br />

al posto del sistema dei prezzi. In questo modello, le<br />

relazioni di lungo termine proprietario-affittuario sono<br />

analoghe a quelle che si verificano in un’impresa, mentre<br />

quelle di breve termine non lo sono. Ad esempio, si<br />

potrebbe considerare un centro commerciale con contratti<br />

di affitto molto lunghi alla stregua di un’impresa,<br />

simile ai grandi magazzini. Anche un’associazione civica,<br />

con una relazione contrattuale fra i membri e l’associazione,<br />

potrebbe essere interpretata come un’impresa.<br />

Considerare un fornitore di beni <strong>pubblici</strong> alla stre-<br />

86


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 87<br />

La governance nelle imprese<br />

gua di un’impresa è qualcosa che diventa più ragionevole<br />

se se ne considerano i principi di gestione. Una<br />

premessa comportamentale presente nel modello di<br />

Oliver Williamson (1975) sull’organizzazione industriale<br />

è il «tornaconto personale con astuzie». Gli agenti<br />

possono essere (anche se non necessariamente) opportunisti,<br />

privi di candore e onestà. Assieme a un contesto<br />

di piccoli numeri, l’opportunismo induce un comportamento<br />

di tipo strategico. Un’altra premessa di questo<br />

modello è la “limitata razionalità”, cioè la limitata capacità<br />

degli esseri umani di elaborare le informazioni.<br />

“Cognizione limitata” potrebbe essere una definizione<br />

migliore, dal momento che la razionalità che si presuppone<br />

limitata non è la capacità della mente umana di<br />

effettuare analisi logiche, ma l’efficienza di un sistema<br />

se paragonato a ciò che potrebbe fare con perfette abilità<br />

cognitive. Queste premesse possono essere applicate<br />

alle relazioni proprietario-inquilino e membro-associazione<br />

nel caso della fornitura di un bene pubblico, con<br />

la complicazione aggiuntiva dell’esistenza di una società<br />

di gestione ingaggiata per far funzionare le strutture.<br />

Si tratta di un doppio problema rappresentato-rapppresentante,<br />

dal momento che un membro o inquilino<br />

deve aver a che fare con il consiglio o con il proprietario<br />

oltre che con un amministratore, il quale a sua volta<br />

fa riferimento al consiglio o al proprietario, ma deve<br />

però tenere in considerazione al tempo stesso gli individui<br />

o inquilini.<br />

Nel modello di Williamson (1985), l’organizzazione<br />

economica è una funzione della contrattazione. Le istituzioni<br />

economizzano sui costi di transazione. La specificità<br />

degli asset, ovvero il fatto che un certo bene sia<br />

destinato a un certo uso e che non sia facilmente riconvertibile,<br />

determina il processo di contrattazione. Se c’è<br />

una bassa specificità degli asset, la contrattazione competitiva<br />

che si verifica sul mercato è efficace. Se esiste<br />

un’elevata specificità dei fattori, la governance all’interno<br />

di un’organizzazione è efficace in quanto gli agenti<br />

economizzano dal lato della cognizione limitata proteggendosi<br />

anche da comportamenti opportunistici. L’a-<br />

87


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 88<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

simmetria informativa, che si verifica quando circostanze<br />

note a una parte non possono essere conosciute<br />

senza costi dall’altra, può essere superata più facilmente<br />

attraverso l’organizzazione interna.<br />

Il risparmio sui costi contrattuali comunque non è<br />

necessariamente la motivazione principale che porta a<br />

un bisogno di governance e a grandi imprese con dipendenti.<br />

Poiché i “dipendenti” sono liberi agenti e non<br />

schiavi, a scopo di analisi sono considerati come parti<br />

contrattuali indipendenti che lavorano sotto la continua<br />

direzione del management dell’impresa. Concettualmente,<br />

i beni capitali dell’impresa possono essere detenuti<br />

indipendentemente e affittati dall’impresa. Per<br />

detenere un asset, un’impresa può prendere a prestito<br />

del denaro e comprarlo, contrattando con il venditore<br />

pagamenti periodici. Ma, per sicurezza, chi presta il<br />

bene potrebbe decidere di mantenere un titolo o talune<br />

pretese su di esso, come fanno le banche sui prestiti<br />

coperti da garanzia, soggette solo al ricevimento dei<br />

pagamenti, mentre l’impresa mantiene il controllo sull’asset.<br />

Ciò equivarrebbe all’affittare l’asset con un contratto<br />

di lungo termine. Quindi la contrattazione non<br />

viene necessariamente eliminata. La governance è un<br />

tipo di contrattazione in cui i fattori sono soggetti all’indirizzo<br />

continuo, flessibile e di lungo termine del<br />

management. Il contratto potrebbe essere stipulato con<br />

i detentori di obbligazioni aziendali o di azioni piuttosto<br />

che con una banca.<br />

L’esigenza di avere grandi imprese potrebbe essere<br />

dovuta primariamente a economie di scala piuttosto<br />

che a un’economizzazione sui costi di transazione. Un<br />

singolo cacciatore può catturare un cervo, ma per catturare<br />

un elefante c’è bisogno di un gruppo di cacciatori,<br />

pur non essendoci specificità in merito agli asset, cognizione<br />

limitata oppure opportunismo. La necessità di<br />

una squadra di cacciatori e delle loro attrezzature genera<br />

poi un bisogno di coordinazione, di governance, di un<br />

contratto fra i membri del team. L’elemento chiave di<br />

un’impresa di caccia di questo tipo è il controllo su una<br />

certa quantità di fattori di produzione da parte di un<br />

88


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 89<br />

La governance nelle imprese<br />

agente che li gestisce. La presenza di variabili, a partire<br />

dalla specificità degli asset, influenza poi il tipo di contrattazione.<br />

Tali elementi vanno a impattare anche sulla<br />

dimensione dell’impresa, ma ciò potrebbe essere secondario<br />

rispetto ai bisogni connessi alle economie di scala.<br />

Si noti che con tecnologie più avanzate l’elefante<br />

potrebbe essere catturato anche da una persona sola: le<br />

economie di scala diventano così una funzione della<br />

tecnologia, al pari della natura del prodotto.<br />

Williamson (1979, 1985) vede la governance di una<br />

struttura di transazioni sia come un’ossatura istituzionale<br />

per decidere in merito alle transazioni sia come la<br />

relazione contrattuale stessa. I tre aspetti che enfatizza<br />

sono l’incertezza, la frequenza con cui ricorrono le<br />

transazioni e il grado di specificità degli investimenti<br />

rispetto alle transazioni. Investimenti ricorsivi, non<br />

riconvertibili e idiosincratici, assieme alla specificità dei<br />

beni, richiedono una governance unificata con relazioni<br />

contrattuali; il che significa, un certo tipo di organizzazione<br />

interna con integrazione verticale. La terra, essendo<br />

un investimento specifico e fisso nello spazio, presenta<br />

le condizioni per questo tipo di governance. Di<br />

solito gli inquilini e i membri di una <strong>comuni</strong>tà rimangono<br />

nello stesso posto per molto tempo. Le associazioni<br />

di residenti rientrano in questa categoria e di conseguenza<br />

richiedono costituzioni che proteggano gli interessi<br />

reciproci di lungo termine. Piuttosto che essere<br />

necessariamente integrate verticalmente, le organizzazioni<br />

orientate in termini spaziali tendono a sviluppare<br />

integrazioni orizzontali con il territorio, offrendo una<br />

molteplicità di servizi connessi a quell’area. La fornitura<br />

territoriale induce una governance orizzontale, al contrario<br />

dell’integrazione verticale prodotta da transazioni<br />

specifiche e tipiche della produzione dei beni.<br />

Inoltre, Williamson (1985, p. 78) sostiene che, nel<br />

caso di integrazione verticale, un’impresa non abbia<br />

più bisogno di stipulare accordi con altre imprese. Tuttavia,<br />

questi accordi continuano a esistere, trasferiti<br />

nella sfera delle politiche e dei contratti interni all’azienda,<br />

spesso impliciti piuttosto che manifesti. L’op-<br />

89


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 90<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

portunismo esiste anche all’interno di un’impresa, con<br />

individui che agiscono in cerca di favori, status e potere.<br />

In un’associazione residenziale, le fazioni possono<br />

entrare in competizione per il controllo del consiglio<br />

amministrativo o per favorire i beni da loro preferiti.<br />

Williamson (1975) afferma anche che l’organizzazione<br />

interna preclude il sorgere di diverse pretese sui profitti,<br />

ma anche questa asserzione non è necessariamente<br />

vera, poiché vari individui, dipartimenti e gruppi di<br />

interesse possono cercare di ricavare rendite e compensi<br />

extra, così come tentare di interpretare a proprio<br />

favore i diritti contrattuali al fine di ottenere quote<br />

maggiori di flussi di reddito e patrimonio.<br />

Sempre Williamson (1991) asserisce che la regola<br />

implicita che governa le organizzazioni interne è quella<br />

della tolleranza. Le operazioni di monitoraggio e di<br />

auditing sono svolte più efficacemente all’interno di<br />

un’impresa (1975, p. 30). Le dispute sono normalmente<br />

risolte internamente e l’organizzazione interna facilita<br />

l’adattamento. Harold Demsetz (1988) si chiede se la<br />

specificità di un asset faccia incrementare i costi di transazione,<br />

dal momento che un contratto può specificare in<br />

dettaglio le condizioni, ma Williamson aveva riconosciuto<br />

questo punto. Per quest’ultimo, gli adattamenti<br />

successivi sono importanti a causa degli avvenimenti<br />

contingenti che non possono essere predetti in un<br />

mondo incerto. Se gli agenti non fossero opportunisti,<br />

una clausola generale inserita nei contratti potrebbe specificare<br />

che gli adattamenti vanno implementati senza<br />

opposizioni. In presenza di opportunismo, incertezza e<br />

specificità degli asset la continuità conta, e le transazioni<br />

richiedono una struttura di governance e la capacità di<br />

risolvere conflitti (1985, p. 79). Ma, come notato in precedenza,<br />

un contratto potrebbe continuare a lasciare<br />

all’impresa l’effettivo controllo di un asset, soggetto al<br />

pagamento. All’impresa serve il controllo, non un titolo<br />

di proprietà. Quindi, ai direttori di un’associazione<br />

<strong>comuni</strong>taria di solito vengono conferiti ampi poteri di<br />

gestione da parte dei vari documenti amministrativi,<br />

all’interno dei limiti fiscali, anche se la proprietà rimane<br />

90


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 91<br />

La governance nelle imprese<br />

ai membri. Demsetz (1988) aggiunge che le perdite sono<br />

maggiori quando un accordo fallisce ed esiste una specificità<br />

degli asset, e ciò induce a una governance non<br />

direttamente collegata ai costi di transazione.<br />

Contratti complessi caratterizzati da un lungo orizzonte<br />

temporale inducono a sottoscrivere contratti di<br />

gestione che si fanno carico di transazioni specifiche<br />

(Williamson, 1985, p. 71). È un aspetto tipico delle relazioni<br />

tra proprietario e inquilino all’interno delle <strong>comuni</strong>tà<br />

di proprietari come centri commerciali e anche<br />

nelle associazioni residenziali, tutte realtà che hanno<br />

complessi meccanismi di governo di durata indefinita<br />

legati agli immobili. Queste <strong>comuni</strong>tà sono caratterizzate<br />

da una governance unificata. Un’altra caratteristica<br />

delle <strong>comuni</strong>tà di questo tipo è la frequenza ricorrente<br />

delle transazioni. I residenti o gli inquilini usano le stesse<br />

strutture ogni giorno. Tali ricorsività, in aggiunta al<br />

fatto che si tratta di un investimento peculiare, induce a<br />

una governance unificata (p. 79).<br />

Un’ulteriore ragione della protezione contrattuale<br />

degli asset attraverso meccanismi di governance è la<br />

necessità di difendersi dalla pura incompetenza. Essa<br />

va oltre l’argomento della cognizione limitata connessa<br />

alla capacità di governare una grande organizzazione o<br />

all’essere in grado di prevedere gli eventi. Infatti, ci<br />

possono essere agenti che, senza essere opportunisti,<br />

sono semplicemente negligenti, noncuranti o incapaci<br />

di assumersi le proprie responsabilità. Gli obblighi contrattuali<br />

consentono a una parte di far rispettare un’obbligazione<br />

attraverso le corti di giustizia oppure di<br />

recuperare i danni. Per giunta, i contratti proteggono le<br />

parti da differenti interpretazioni post-contrattuali,<br />

anche laddove non vi sia malizia nel perseguire i propri<br />

interessi. Una ragione a favore della governance contrattuale<br />

è che l’opportunismo può essere trattato come un<br />

qualsiasi fallimento umano.<br />

La scelta della governance è influenzata dalla tecnologia,<br />

dai costi di transazione e dalle economie di scala<br />

e di scopo. La specificità del sito, combinata – data la<br />

tecnologia esistente – a elevati costi di uscita, e le eco-<br />

91


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 92<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

nomie di scala che caratterizzano molti beni civici inducono<br />

ad adottare una proprietà unificata del territorio<br />

(o degli elementi <strong>comuni</strong> del territorio) e una struttura<br />

di governance associata per i contratti tra i proprietari e<br />

affittuari o membri dell’associazione. Un consiglio di<br />

direttori è contrattualmente obbligato a salvaguardare<br />

l’investimento dei proprietari, sia che si tratti di un’impresa<br />

che produce un bene, sia che si tratti di un’associazione<br />

che fornisce un bene. Le carte e gli statuti dell’associazione<br />

costituiscono i contratti di lungo termine<br />

fra i comproprietari che salvaguardano la continuità<br />

della governance.<br />

Alchian e Demsetz (1972) osservano che, in un’impresa<br />

non profit caratterizzata dallo scopo di soddisfare<br />

interessi reciproci, esiste più riluttanza a cooperare che<br />

in un’impresa a scopo di lucro. In un’impresa che rilascia<br />

quote trasferibili, l’operato del management è capitalizzato<br />

nelle quotazioni azionarie. Le azioni di un’azienda<br />

sono analoghe ai valori terrieri di un’associazione<br />

territoriale. In un’associazione <strong>comuni</strong>taria, ogni<br />

membro detiene un lotto il cui valore va a comporre il<br />

valore del bene pubblico, inclusa la governance. Di conseguenza<br />

comportamenti inefficienti o lassisti vengono<br />

capitalizzati in minor valore del terreno, così come<br />

avviene per il valore del capitale sociale per un’impresa.<br />

Un’associazione nominalmente non profit e senza<br />

capitale sociale come un’associazione residenziale è in<br />

realtà un soggetto a scopo di lucro con quote di terreni,<br />

profitti e perdite che consistono in incrementi o decrementi<br />

del valore dei singoli lotti. Il potenziale di tali<br />

guadagni o perdite restringe i margini per il lassismo.<br />

Un altro aspetto della governance riguarda la dimensione<br />

tecnicamente ottimale di un’impresa rispetto al<br />

ritorno sull’investimento. Williamson (1967) presenta<br />

un modello in cui all’aumentare della dimensione vi<br />

sono ritorni decrescenti a causa della perdita di controllo<br />

e di informazioni da parte dell’alta dirigenza, aspetto<br />

sottolineato anche da molti altri. All’interno di<br />

un’impresa la decentralizzazione riduce questa perdita<br />

di coordinazione e, come vedremo nel dodicesimo capi-<br />

92


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 93<br />

La governance nelle imprese<br />

tolo, le grandi associazioni residenziali come Reston o<br />

Columbia sono federate con quartieri e villaggi che<br />

hanno una governance autonoma. Anche in presenza di<br />

decentralizzazione, la cognizione limitata pone restrizioni<br />

alla grandezza dell’impresa, come Williamson e<br />

altri hanno dimostrato.<br />

Questa limitazione si applica alle gerarchie top-down,<br />

controllate dall’alto, ma non necessariamente a organizzazioni<br />

bottom-up, ad esempio alleanze di organizzazioni<br />

controllate da quelle organizzazioni che volontariamente<br />

decidono di entrare a far parte dell’alleanza e<br />

ne rinnovano periodicamente il vincolo di affiliazione.<br />

Come è stato analizzato da Allen Buchanan (1991, p.<br />

37), ci può essere un «argomento strategico», una motivazione<br />

di ordine fortemente pragmatico, a favore dell’inclusione<br />

nello statuto di una clausola di secessione.<br />

Ciò si applicherebbe a ogni organizzazione collettiva<br />

che non abbia significativi investimenti orientati verso<br />

asset specifici. Se ogni membro dell’organizzazione<br />

può ritirarsi o secedere dall’alleanza, la federazione o<br />

l’organizzazione che comprende le altre ha un incentivo<br />

a mantenere l’alleanza efficace. L’opzione di uscita<br />

limita inoltre la possibilità di redistribuzioni discriminatorie<br />

e il trattamento diseguale dei membri. In<br />

aggiunta, le funzioni di una lega federata sono limitate<br />

a quelle questioni per cui vi sono economie di scopo, di<br />

scala e di territorio, altrimenti sarebbero risolte dalle<br />

singole organizzazioni costituenti la federazione. Quindi<br />

è possibile avere una federazione di associazioni che<br />

copra un grande territorio, somma dei territori dei<br />

membri, le cui funzioni sono limitate a quei temi che i<br />

singoli membri non possono risolvere da soli.<br />

Collegata all’argomento della secessione è la possibilità<br />

di acquisizioni. Le imprese che operano inefficientemente<br />

forniscono agli imprenditori una possibilità di<br />

ottenere profitti, comprandole ed eliminando gli sprechi.<br />

Ciò crea quello che Henry Manne (1965) chiamò il<br />

«mercato del controllo delle società», poiché le imprese<br />

che operano con maggiore efficienza possono assorbire<br />

le peggio amministrate. Comunque non tutte le acquisi-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 94<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

zioni e le fusioni sono fatte per aumentare l’efficienza;<br />

Dennis Mueller (1977) scoprì che le fusioni non necessariamente<br />

incrementano il valore azionario. Le acquisizioni<br />

possono avere altre motivazioni, come una crescita di<br />

lungo termine o l’incremento di una quota di mercato,<br />

anche se questi obiettivi, alla fine, fanno aumentare i profitti<br />

dell’impresa soggetta ad acquisizione. Le acquisizioni<br />

sono importanti nella produzione e nella fornitura di<br />

beni civici, in quanto permettono che un fornitore inefficiente<br />

venga sostituito, o che un consiglio di direttori<br />

incompetenti possa essere rimosso. Nel dodicesimo capitolo<br />

la vicenda di Reston offre un esempio di acquisizione<br />

nel caso di uno sviluppo residenziale.<br />

In una società, i detentori delle azioni hanno l’autorità<br />

ultima sull’impresa stessa e di solito votano sia per<br />

il consiglio direttivo sia su questioni di grande importanza.<br />

Nel caso di cooperative e società di persone, la<br />

votazione è generalmente a membro e non a quote di<br />

capitale. Nei sistemi di governance democratica, quando<br />

una questione implica più di due possibili scelte, è possibile<br />

avere preferenze non transitive, cosicché la scelta<br />

A potrebbe essere preferita rispetto alla scelta B, e B preferita<br />

rispetto a C, con C valutata più positivamente di<br />

A a causa di particolari modelli preferenziali dei membri.<br />

In letteratura questa intransitività implica la possibilità<br />

di costruire cicli fra le possibili preferenze, per<br />

esempio da A a B a C, e poi ancora ad A. Ciò implica che<br />

le scelte devono essere fatte nel corso del tempo, ma<br />

scelte fatte in momenti differenti non sono le stesse scelte.<br />

Poiché l’utilità è soggettiva, essa si rivela solo al<br />

momento effettivo della scelta, ad esempio nel momento<br />

in cui ha luogo uno scambio. Se uno scambio avviene<br />

in un momento successivo non necessariamente il<br />

soggetto ha la stessa funzione di utilità e gli stessi valori<br />

per le variabili in gioco. In effetti, la scelta precedente<br />

altererà il mondo di chi sceglie, cambiando i valori di<br />

utilità della successiva scelta. Quindi, l’intransitività<br />

non implica il ciclo di scelte, ma solo l’arbitrarietà di<br />

ognuna di esse, rendendole dipendenti dagli obiettivi<br />

con cui si va a votare. Una scelta potrebbe anche pre-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 95<br />

La governance nelle imprese<br />

cludere la possibilità di scegliere fra altre alternative.<br />

Questa arbitrarietà di scelta è normativamente neutrale;<br />

le sue conseguenze dipendono da specifici fattori<br />

peculiari di ogni singola situazione. Ovviamente, può<br />

esserci anche un ciclo di scelta, ma potrebbe trattarsi di<br />

una reazione a scelte precedenti non soddisfacenti e a<br />

cambiamenti nelle variabili di utilità, oltre che essere<br />

causata dall’arbitrarietà stessa della scelta. I membri<br />

potrebbero deliberatamente scegliere di seguire taluni<br />

cicli di scelta, ad esempio per dare una possibilità alle<br />

diverse opzioni o per permettere a una pluralità di persone<br />

di detenere una certa posizione.<br />

In un mondo incerto con informazioni e conoscenze<br />

limitate, e con utilità soggetta a cambiamento, una scelta<br />

fatta da un individuo potrebbe rivelarsi in una certa<br />

misura arbitraria, il che permette di affermare che l’arbitrarietà<br />

è una caratteristica generale nelle scelte, e non<br />

qualcosa di peculiare all’intransitività della governance<br />

democratica, che può essere più arbitraria dal punto di<br />

vista del grado, ma non nella sua natura. Riassumendo,<br />

le teorie dell’organizzazione industriale indicano che i<br />

beni <strong>pubblici</strong> territoriali sono prodotti da organizzazioni<br />

simili a imprese, con complesse strutture di governance<br />

e relazioni contrattuali di lungo termine, e non a<br />

transazioni di mercato atomizzate che si svolgono volta<br />

per volta; ciò è dovuto alla presenza di economie di<br />

scala e alla specificità del territorio. L’arbitrarietà della<br />

governance democratica non è intrinsecamente differente<br />

da quella della governance di una persona sola, anche<br />

se vi possono essere differenze di grado. Le organizzazioni<br />

sono soggette a limiti dimensionali a causa dei<br />

costi di informazione e controllo, ma questo non preclude<br />

alleanze fra organizzazioni che coprano grandi<br />

aree per quei beni territoriali che presentano ampie economie<br />

territoriali.<br />

L’organizzazione e l’ordine spontaneo<br />

La teoria dei costi di transazione riguarda la governance<br />

nella fornitura di beni <strong>pubblici</strong> territoriali, ma esistono<br />

anche strutture di governance che evolvono attra-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 96<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

verso processi spontanei, piuttosto che essere il risultato<br />

di una progettazione deliberata. Perfino la governance<br />

che è pianificata non può essere del tutto controllata da<br />

un direttore centrale, poiché anche al suo interno vi sono<br />

azioni spontanee. Friedrich A. Hayek (1945) rilevò che i<br />

dati di un’economia (o catallassi) non sono disponibili<br />

in un singola mente, ma sono dispersi come conoscenza<br />

diffusa. La governance può organizzare un’impresa, ma<br />

non un’intera economia. La questione non è se esistono<br />

pianificazione o organizzazione, ma a che livello e da<br />

parte di chi. Perfino all’interno delle imprese, le conoscenze<br />

decentralizzate circa le circostanze di «spazio e di<br />

tempo» (p. 522) impediscono al direttore centrale di controllare<br />

tutti i processi e tutte le decisioni.<br />

La tipologia del prodotto è un altro aspetto che<br />

influenza la possibilità stessa che un’impostazione<br />

costruttivista, vale a dire quell’impostazione che definisce<br />

deliberatamente un’organizzazione, possa funzionare.<br />

Come affermò Hayek (1979 [1952]) i problemi<br />

ingegneristici possono essere risolti attraverso la progettazione,<br />

ma un approccio ingegneristico non si può<br />

applicare a processi che coinvolgono esseri umani<br />

senza ostacolare i desideri delle persone o causare conseguenze<br />

impreviste. Quindi, anche se i costi di transazione<br />

possono essere ridotti con la creazione di un<br />

club sociale, i membri di tale club avranno le proprie<br />

idee su ciò che desiderano e su come gestire l’organizzazione,<br />

il che non può essere anticipato dal momento<br />

che manca la conoscenza a priori.<br />

Come osservò sempre Hayek (1967), molte istituzioni<br />

e pratiche si sono evolute come risultato di conseguenze<br />

non volute di azioni umane, quindi né costruite<br />

a priori né “naturali” (indipendenti dall’azione). Man<br />

mano che le istituzioni evolvono, quelle che si dimostrano<br />

meno efficaci tendono a essere eliminate. Si<br />

dovrebbe notare comunque che istituzioni “efficaci”<br />

non sempre sono benigne; semplicemente sopravvivono.<br />

Questa teoria hayekiana si può applicare alle urbanizzazioni<br />

di <strong>comuni</strong>tà residenziali. L’infrastruttura<br />

fisica può essere progettata da un’impresa, ma l’orga-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 97<br />

La governance nelle imprese<br />

nizzazione sociale della <strong>comuni</strong>tà evolve sulla base<br />

delle precedenti affiliazioni culturali e degli interessi<br />

individuali dei residenti, e non può essere efficacemente<br />

definita da un ingegnere sociale.<br />

Poiché la governance è parte intrinseca di un’impresa<br />

privata, dobbiamo esaminare la distinzione fra governance<br />

del settore pubblico e governance del settore privato,<br />

l’argomento del prossimo capitolo.<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 98


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Capitolo 5<br />

Governance imposta contro<br />

governance consensuale<br />

Che cos’è esattamente un’“economia di mercato” e<br />

qual è la differenza fra settore pubblico e settore privato?<br />

Tutti sanno a cosa si riferiscono e raramente si trova<br />

la loro definizione, eppure, se li esaminiamo più da<br />

vicino, quello che in generale può sembrare un significato<br />

chiaro diventa qualcosa di confuso una volta che è<br />

osservato sotto il microscopio della logica. In questo<br />

capitolo chiariremo questi termini in modo tale da arrivare<br />

a significati precisi e distinti. Le definizioni sviluppate<br />

in questa sede non sono solo parole, ma derivazioni<br />

del significato dei termini in questione.<br />

Il significato di “mercato”<br />

Come ha evidenziato Jack High (1985), sono necessari<br />

alcuni standard normativi per distinguere i processi<br />

“di mercato” da quelli non di mercato e statali. Tale<br />

norma o etica dovrebbe essere razionale e universale<br />

per essere applicata alla teoria economica indipendentemente<br />

da cultura, tempo e spazio, e costituirebbe uno<br />

strumento per distinguere fra governance volontaria e<br />

imposta. Si arriverebbe così a stabilire cosa si intende<br />

per atto “volontario”. Il termine volontario è spesso utilizzato<br />

senza essere definito – lasciando la definizione<br />

al senso comune – ma ai fini di una comprensione più<br />

profonda del mercato e della fornitura volontaria è<br />

necessaria una chiara delucidazione.<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 100<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

Il termine “volontario” deriva dal latino voluntas,<br />

che significa “volere”, ma nel contesto della governance<br />

si riferisce non alla volontà arbitraria di ogni individuo,<br />

ma al volere di tutti i membri della società, poiché un<br />

atto che esprime la volontà di un soggetto potrebbe<br />

essere contrario alla volontà di un altro. Se tutti gli atti<br />

per cui vi è un’obiezione di almeno una persona venissero<br />

classificati come involontari, allora dovrebbero<br />

essere classificati come imposti. Il problema è quindi<br />

delineare quegli insiemi di atti che sono classificabili<br />

come “volontari”, dal momento che tutti quelli di carattere<br />

opposto sono “coercitivi” o “imposti”.<br />

Benché un esame approfondito della teoria etica<br />

vada oltre lo scopo di questo libro, presenteremo una<br />

veloce esposizione di un approccio etico universale e<br />

razionale, al fine di inscrivere la discussione sulla non<br />

arbitrarietà del significato di “volontario”, e di conseguenza<br />

anche del significato di “mercato”. Questa etica<br />

fu chiamata “legge di natura” da John Locke (1947<br />

[1690], capitolo II):<br />

Lo stato di natura ha una legge di natura che lo governa<br />

e alla quale siamo tutti sottoposti; e la ragione, che è<br />

tale legge, se consultata insegna che nessun essere<br />

umano, in quanto ognuno è uguale e indipendente<br />

rispetto agli altri, dovrebbe danneggiare gli altri nel<br />

godimento della propria vita, salute, libertà e proprietà.<br />

Secondo questa formulazione di legge naturale, o di<br />

etica universale, di Locke la fonte dell’etica è la ragione.<br />

Le premesse di una derivazione razionale devono essere<br />

ritrovate nello “stato di natura” (che contiene la legge<br />

naturale). Tale stato di natura è stato interpretato come<br />

una società senza uno Stato o un governo, e probabilmente<br />

questo è ciò che intendeva Locke. Tuttavia, poiché<br />

tutte le <strong>comuni</strong>tà umane hanno sempre avuto un<br />

qualche tipo di governance, un significato realistico di<br />

stato di natura per un’etica razionale non può essere<br />

una leggendaria assenza di governo, ma l’effettiva<br />

natura biologica degli esseri umani, che è la natura<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 101<br />

Governance imposta contro governance consensuale<br />

umana in sé. “Senza governo” può allora essere interpretato<br />

come “senza una particolare forma storica o culturale<br />

di governo”, o la condizione della natura umana<br />

prima dell’impatto della cultura. Dunque, la legge<br />

naturale, o l’etica universale, deve essere derivata con<br />

la logica dalla natura umana e quindi indipendente da<br />

qualsiasi cultura o da visioni etiche, valori, credenze,<br />

influenze o attitudini personali.<br />

Nel passaggio prima citato, Locke evidenzia due<br />

presupposti della natura umana: l’uguaglianza e l’indipendenza.<br />

In questo contesto “uguaglianza” significa<br />

che gli esseri umani sono biologicamente equivalenti<br />

nelle qualità che li rendono umani: la capacità di ragionare,<br />

fare scelte e controllare le proprie azioni. Questa<br />

capacità è diversa rispetto sia al concetto di intelligenza<br />

(qualità delle capacità cognitive) sia dall’effettivo esercizio<br />

delle proprie capacità (influenzate da emozioni,<br />

idee, droghe, e così via). Uguaglianza implica che non<br />

vi sia alcuna base oggettiva tale da consentire a un certo<br />

insieme di esseri umani di considerarsi moralmente<br />

superiore a un altro insieme, il che significa che non esistono<br />

basi per stabilire una distinzione biologica fra un<br />

insieme di padroni e uno di schiavi. “Indipendenza”<br />

significa che il pensiero, le emozioni e gli atti di ogni<br />

individuo sono intrinseci ad esso, senza però negare l’esistenza<br />

di legami sociali o economici fra gli individui.<br />

L’indipendenza implica anche che ogni singola persona<br />

reagisca agli eventi con sentimenti di piacere, dolore o<br />

indifferenza, cosicché ognuno ha la sua visione soggettiva<br />

di ciò che è bene e ciò che è male.<br />

Le premesse lockiane di uguaglianza e indipendenza<br />

implicano che tutti i giudizi etici (di bene e male)<br />

derivano in ultima analisi dalle visioni soggettive degli<br />

individui, perché se non fosse così le premesse sarebbero<br />

contraddette. Se il “bene” morale esterno viene<br />

imposto, un individuo non è più indipendente nel decidere<br />

cos’è “buono” (vale a dire utile o gradevole) per se<br />

stesso; inoltre, se altri decidono cosa è “bene” per l’individuo,<br />

egli non è più uguale a loro. L’origine soggettiva<br />

dei sentimenti morali implica che, nell’etica uni-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 102<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

versale che ne è derivata, un atto è giudicato utile per<br />

un’altra persona, e quindi è un bene morale, se e solo se<br />

il destinatario lo considera desiderabile o benefico.<br />

Inoltre, un atto che non produce effetti su di un altra<br />

persona non può essere giudicato dannoso se la persona<br />

che lo pone in essere non lo ritiene tale. Quindi, partendo<br />

da queste premesse, tramite la logica possiamo<br />

derivare regole non arbitrarie per un’etica universale,<br />

anche se i valori derivati di bene e male si originano da<br />

giudizi di valore personale.<br />

La categoria di atti chiave nel determinarne la<br />

“volontarietà” è quella delle azioni che producono<br />

effetti sugli altri e rispetto alle quali almeno un altro<br />

soggetto afferma il suo disaccordo. Tali atti, che saranno<br />

definiti “torti”, possono essere divisi in due categorie:<br />

1. quelli i cui effetti sgradevoli derivano dalle visioni<br />

e dai valori personali del destinatario; 2. quelli che<br />

non dipendono interamente da tali valori per produrre<br />

effetti. Il primo tipo di atti può essere chiamato “offesa”<br />

e il secondo “danno”. Nel caso dei danni, se l’effetto<br />

non è dovuto interamente alla disposizione interna e<br />

alle predilezioni del destinatario, deve allora essere<br />

causato da qualche entità esterna alla persona e che<br />

entra nel suo dominio contro la sua volontà, il che è<br />

un’invasione di spazio.<br />

Il primo tipo è per definizione non invasivo. Una<br />

persona è offesa da quello che osserva o conosce, ma<br />

tali sensazioni sgradevoli sono interamente dovute alla<br />

propria mentalità. Probabilmente non approva le credenze<br />

del vicino o i rituali praticati da qualcuno. Altri<br />

con diverse credenze non ne saranno allarmati. Un<br />

danno invece implica una qualche invasione non voluta,<br />

come l’ingresso fisico di una pallottola nel corpo di<br />

qualcuno o il furto di un oggetto del proprio dominio,<br />

o il controllo da parte di terzi del proprio corpo cosicché<br />

non si è più liberi di muoversi a piacimento. Poiché<br />

il destinatario giudica tali situazioni sgradevoli, l’etica<br />

universale, non avendo altra fonte di valori morali al di<br />

là degli individui, deve assegnare all’atto il valore di<br />

“male” o “sbagliato” (considerando i due termini come<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 103<br />

Governance imposta contro governance consensuale<br />

sinonimi). Il fatto che chi compie l’atto possa trarre piacere<br />

dall’atto stesso non neutralizza il male che il destinatario<br />

percepisce e che rende l’atto sbagliato. L’esistenza<br />

del sentimento di sgradevolezza davanti a certi<br />

atti invasivi è sufficiente ad assegnare a tali atti il valore<br />

di male, altrimenti l’eguaglianza e l’indipendenza<br />

della vittima verrebbero annullate. La conseguenza<br />

pratica è che, indipendentemente dal bene che un atto<br />

può portare, se è implicato qualche male, il bene non lo<br />

cancella.<br />

Il danno è ulteriormente qualificato dall’essere diretto,<br />

effettivo e significativo. La responsabilità del danno<br />

risiede nella persona direttamente responsabile dell’atto.<br />

Ad esempio, se X vende un martello a Y, senza che<br />

egli sappia che Y lo userà per sfasciare una finestra, X<br />

non ha commesso alcun danno. Il danno effettivo è<br />

distinto da quello ipotetico; qualcuno con in mano un<br />

martello potrebbe distruggere una finestra, ma non c’è<br />

nessun danno fino a che tale gesto non viene effettivamente<br />

compiuto. Tuttavia, un pericolo chiaro e attuale,<br />

o una minaccia, costituiscono un danno effettivo. Ad<br />

esempio, se qualcuno aziona un timer collegato a una<br />

bomba, viene commesso un danno effettivo, anche se<br />

l’esplosione non ha luogo, poiché il flusso di eventi<br />

risultante è in sé un danno. Il requisito che il danno sia<br />

significativo permette di dedurre che le prevaricazioni<br />

più piccole e più <strong>comuni</strong> (come, ad esempio, quando<br />

veniamo disturbati dalle chiacchiere di chi ci siede<br />

accanto) non costituiscono danno.<br />

Il danno generalmente è dato da qualche tipo di<br />

furto e implica la forza e la frode. La frode è coercitiva,<br />

in quanto induce qualcuno a rinunciare alla proprietà<br />

su qualcosa in base a false informazioni. Infatti la persona<br />

non rinuncerebbe alla proprietà se possedesse le<br />

vere informazioni. In questo senso, la falsa informazione<br />

è un’invasione, un ingresso non accolto con favore.<br />

Ma cosa si può dire a riguardo delle offese non invasive<br />

che un destinatario comunque considera sbagliate?<br />

Dal punto di vista etico del destinatario esse sono un<br />

male ma, come detto prima, un’etica universale e razio-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 104<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

nale deve essere indipendente dalle visioni puramente<br />

personali e culturali. Una regola di etica universale non<br />

può essere basata su predilezioni o inclinazioni personali,<br />

quindi l’universale non può per logica essere limitato<br />

a una visione puramente personale, portandola poi<br />

a livello di giudizio universale. Al contrario, la visione<br />

personale dovrebbe essere neutralizzata. L’etica universale<br />

deve assegnare a un’offesa il valore etico di “neutrale”,<br />

né buono, né cattivo. Questa neutralità mantiene<br />

l’etica universale indipendente da visioni prettamente<br />

personali.<br />

Da questa deduzione arriviamo alla regola lockiana<br />

sul male: «Nessun essere umano [...] dovrebbe danneggiare<br />

gli altri nel godimento della propria vita, salute,<br />

libertà e proprietà». Questa regola può essere riformulata<br />

al fine di tradurre quel «dovrebbe» carico di significati<br />

in «male» e ridurre le quattro categorie di danno<br />

definite da Locke in una proposizione generale: tutti gli<br />

atti, e solo quelli, che in maniera coercitiva provocano danni<br />

agli altri sono da considerarsi un male. La regola universale<br />

per il bene, omessa da Locke, sarebbe: tutti gli atti, e<br />

solo quelli, che sono accolti come dei benefici costituiscono il<br />

bene. La terza regola è che a tutti gli altri atti dovrebbe<br />

essere assegnato il valore morale di neutralità. Ci sono<br />

ovviamente molte specificazioni che possono essere<br />

fatte a questa regola, ed esistono talune difficoltà in<br />

merito a quei casi che si trovano sulla linea di confine,<br />

ma per gli scopi di questa discussione il livello di<br />

approfondimento può essere sufficiente. 1 Con queste<br />

tre regole (relativamente agli atti buoni, cattivi e neutrali),<br />

nel formulare quella che Locke chiama la «legge<br />

di natura», e che in alternativa può essere chiamata<br />

“etica universale”, al termine “volontario” possiamo<br />

dare un significato non arbitrario. Un atto è volontario se<br />

e solo se l’etica universale non assegna a esso un valore di<br />

male. Tutti gli atti buoni o neutrali sono volontari.<br />

A sua volta questa definizione determina quelle di<br />

1. L’applicazione di queste regole è esaminata in dettaglio in The Soul of<br />

Liberty (1980), da parte dell’autore di questo libro.<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 105<br />

Governance imposta contro governance consensuale<br />

“mercato”, governance “consensuale” e “multilaterale”,<br />

le quali consistono tutte in atti volontari. Il termine<br />

“associazione” sarà usato per indicare una <strong>comuni</strong>tà<br />

con governance multilaterale. L’opposto di “volontario”<br />

sono i sinonimi “involontario”, “coercitivo”, “imposto”<br />

e “unilaterale”. A meno che non sia indicato diversamente,<br />

il termine “governo” è qui usato per un tipo di<br />

governance imposta, ovvero imposta almeno a un adulto,<br />

cosciente e sano membro della <strong>comuni</strong>tà. Questo<br />

uso è coerente con la letteratura che utilizza il termine<br />

“governo” per indicare la tipica sovranità di paesi e<br />

governi locali. Un “mercato” è di conseguenza la totalità<br />

degli atti economici volontari posti in essere dagli<br />

agenti, incluse le transazioni non coercitive degli agenti<br />

governativi (come l’uso dei fondi donati). Le azioni<br />

non di mercato consistono in atti non volontari decisi<br />

da agenti governativi, come tutti quegli atti di coercizione<br />

posti in essere da individui e governo.<br />

La governance civica può essere ottenuta attraverso<br />

un’agenzia unilaterale imposta a qualche partecipante,<br />

o attraverso un accordo multilaterale e volontario fra<br />

tutti i partecipanti. Nel primo capitolo, il primo tipo era<br />

identificato con i termini “governo”, “sovranità”, “processo<br />

politico” e “settore pubblico”, mentre il secondo<br />

tipo come sinonimo di “contrattuale”, “volontario”, “di<br />

mercato” e “settore privato”. Poiché i termini “pubblico”<br />

e “privato” si riferiscono entrambi sia ai beni che<br />

alla governance, con significati del tutto differenti, la<br />

distinzione in merito alla governance sarà indicata dai<br />

termini “unilaterale” e “imposto”, contrapposti a “multilaterale”<br />

e “volontario”.<br />

La concorrenza di mercato, essendo un processo<br />

intrinsecamente caratterizzato da rivalità, comporta per<br />

alcuni partecipanti talune perdite, e certe leggi volte a<br />

impedire a potenziali competitori di infliggere perdite<br />

ad altri talvolta vengono difese con l’argomentazione<br />

che le perdite sostenute da alcuni soggetti costituiscono<br />

un torto. Però, le perdite economiche causate dalla concorrenza<br />

sono di natura non invasiva. Dal momento<br />

che un concorrente di successo non invade direttamen-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

te la proprietà altrui, la perdita è una lesione incidentale,<br />

non un danno, e di conseguenza, sulla base dell’etica<br />

universale lockiana, ha un valore morale “neutrale”.<br />

In effetti, qualsiasi restrizione della concorrenza sarebbe<br />

un’invasione nell’attività degli agenti di mercato,<br />

che andrebbe a infrangere piuttosto che a proteggere i<br />

processi di mercato.<br />

Così come una restrizione sugli atti che non causano<br />

danni a carico degli agenti di mercato è un intervento<br />

dannoso, qualsiasi costo arbitrario imposto agli agenti è<br />

un’intrusione altrettanto dannosa. Le tasse sull’impresa<br />

in quanto tale, che vadano a colpire il lavoro, i profitti o<br />

gli scambi, non dovrebbero esistere in un’economia di<br />

mercato pura. Anche i sussidi che derivano dalla tassazione<br />

sono un intervento imposto, poiché gli agenti che<br />

lo ricevono ottengono un vantaggio concorrenziale<br />

imposto piuttosto che incidentale. Quindi, nella teoria<br />

economica, eventuali evidenze empiriche non possono<br />

di per se stesse implicare delle conclusioni sul fallimento<br />

della fornitura di beni <strong>pubblici</strong> in una pura economia<br />

di mercato, in quanto tale fallimento potrebbe essere<br />

causato dallo stesso intervento pubblico. Ugualmente,<br />

le evidenze empiriche di casi di successo nella fornitura<br />

contrattuale di beni collettivi portano a delle conclusioni<br />

in merito alla fornitura attraverso il mercato solo<br />

se questa è realmente volontaria e non riceve sussidi da<br />

parte del governo.<br />

Se si accetta la derivazione sopraddetta della legge<br />

morale di Locke o dell’etica universale, allora si possono<br />

definire i diritti – detti morali, naturali o umani – che<br />

sono inerenti agli esseri umani. Un diritto morale è una<br />

funzione, o una correlazione, di mali morali. Il diritto di<br />

fare una X cosa significa, per definizione, che alla negazione<br />

di X (ovvero l’impedire in maniera coercitiva che<br />

una persona faccia tale cosa X) viene assegnato un valore<br />

di male da un’etica universale. Il diritto di possedere<br />

una proprietà, ad esempio, significa che la negazione<br />

della proprietà da parte di un’altra persona (attraverso<br />

il furto o la distruzione) è un male in accordo all’etica<br />

universale. L’affermazione “Ho un diritto di parlare”<br />

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Governance imposta contro governance consensuale<br />

significa “è un male che qualcuno mi impedisca con la<br />

forza di parlare”. Quindi, l’espressione di un diritto a<br />

fare qualcosa o ad avere qualcosa è nient’altro che un<br />

modo diverso per esprimere il concetto che sarebbe<br />

sbagliato negare la tal cosa.<br />

Le premesse lockiane dell’indipendenza e dell’uguaglianza,<br />

e l’etica universale che esse implicano, sono<br />

fondamentali anche per il raggiungimento di accordi<br />

costituzionali. Le persone che entrano in un’associazione<br />

contrattuale lo fanno nella veste di individui uguali<br />

e indipendenti e, affinché l’accordo sia eticamente valido,<br />

esso non deve essere imposto a nessuno dei partecipanti.<br />

Dal momento che le regole dell’etica universale<br />

si applicano sempre, indipendentemente dalle circostanze<br />

umane, i diritti da essa implicati sono inalienabili.<br />

Quindi, un contratto di schiavitù, che va a inficiare<br />

in maniera permanente tali diritti, non è eticamente<br />

valido. Ciò implica che qualsiasi accordo deve mettere<br />

a disposizione del partecipante la possibilità di recedere<br />

da tale accordo, altrimenti diventerebbe un contratto<br />

di schiavitù eterna. L’accordo su regole costituzionali<br />

può al contrario comprendere qualsiasi cosa i soggetti<br />

desiderino. Questi principi costituzionali vennero affermati<br />

da Algernon Sydney (1990 [1698], p. 105): «Quelle<br />

moltitudini che entrano in questi contratti, e di conseguenza<br />

formano società civili, agiscono in accordo alla<br />

propria volontà. Coloro che non sono impegnati in nessuno<br />

di essi, ricavano la loro autorità dalla legge di<br />

natura, e i loro diritti non possono essere limitati da<br />

alcun uomo o gruppo di uomini».<br />

Quindi, si possono organizzare <strong>comuni</strong>tà contrattuali<br />

in accordo al desiderio volontario dei membri fintanto<br />

che i diritti intrinseci dei membri siano rispettati e le<br />

relazioni fra costoro e i non appartenenti a questi accordi<br />

siano soggette alla moralità della “legge di natura”.<br />

La sovranità legale<br />

Oltre alla distinzione morale tra governance unilaterale<br />

e multilaterale, esiste una distinzione legale tra<br />

“governo” e “mercato” che ha a che fare con la sovrani-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 108<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

tà. La parola “sovranità” deriva dal latino super che<br />

significa “sopra” o “supremo”. Un sovrano è colui che<br />

non è soggetto all’autorità ultima di altri, ma si governa<br />

da sé, supremo in un dato dominio. La sovranità può<br />

essere un concetto morale, legale o de facto. Qui il termine<br />

“sovranità” sarà usato come un concetto legale, essendo<br />

il sovrano l’agente che è autorizzato ad avere tale<br />

dimensione dalla costituzione di un’organizzazione.<br />

Un sovrano, come ad esempio un monarca, possiede<br />

autorità sulle persone che si trovano nel suo dominio. Il<br />

sovrano ha poi anche l’autorità sulle terre all’interno<br />

della sua giurisdizione e quindi su tutte le attività che<br />

hanno luogo in quello spazio e su tutta la ricchezza.<br />

Tale controllo sulla ricchezza e sulle attività conferisce<br />

al sovrano un diritto di proprietà legale (anche se non<br />

necessariamente morale) sul suo dominio. Mentre ogni<br />

individuo ha un diritto di proprietà morale sulla propria<br />

persona sulla base degli standard morali derivati<br />

in precedenza, i diritti legali sono determinati dalle<br />

leggi di un’agenzia sovrana. Un diritto di proprietà<br />

legale permette ai detentori del titolo di controllarne la<br />

proprietà, soggetta alle limitazioni imposte dalla legge;<br />

in maniera equivalente, i diritti legali di proprietà proibiscono<br />

agli altri di sottrarre la proprietà al legittimo<br />

detentore, legittimità riconosciuta dal governo. Ma il<br />

sovrano mantiene anche alcuni diritti di proprietà sui<br />

possedimenti dei suoi sudditi.<br />

In una società la cui legge fondamentale è coerente<br />

con la “legge di natura” lockiana, la premessa di uguaglianza<br />

implica che ogni adulto sia sovrano di se stesso<br />

e abbia dei diritti di proprietà completi rispetto alla propria<br />

persona e produzione, fin tanto che altri non ne<br />

sono danneggiati in maniera coercitiva. La premessa di<br />

uguaglianza implica logicamente che, dove le rivendicazioni<br />

degli individui non sono giustificate, come nell’uso<br />

degli oceani o dell’atmosfera, le opportunità o i<br />

benefici devono essere condivisi in comune o in modo<br />

equo. In un mondo così libertario, i diritti morali e legali<br />

coincidono. Le persone hanno la possibilità di entrare<br />

a far parte di accordi che, ad esempio, possono decide-<br />

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Governance imposta contro governance consensuale<br />

re a maggioranza, lasciando però il soggetto libero di<br />

uscire da tali accordi. Ciò costituirebbe un esempio di<br />

governance democratica multilaterale, tipico dei club e<br />

delle associazioni residenziali.<br />

In una dittatura pura, il dittatore è il sovrano legale<br />

(benché tutti i soggetti rimangano moralmente sovrani<br />

di se stessi) e ha il controllo ultimo sul suo dominio;<br />

quindi i diritti di proprietà sono acquisiti dal dittatore.<br />

Qualsiasi sistema di governance non puramente libertario<br />

è dittatoriale, in quanto imposto, anche se è una<br />

maggioranza a dettar legge. In una democrazia unilaterale<br />

o imposta, i cittadini in quanto gruppo di elettori<br />

costituiscono il sovrano legale e hanno congiuntamente<br />

il diritto di proprietà sulla ricchezza nella giurisdizione<br />

(come nel caso degli inquilini di multiproprietà), in<br />

accordo con i sistemi di voto specificati nella costituzione.<br />

Per qualsiasi questione particolare, gli agenti sovrani<br />

sono i membri che hanno titolo legale per decidere su<br />

di essa. La sovranità legale ultima consiste nella possibilità<br />

di alterare la costituzione.<br />

In una democrazia puramente unilaterale, dato che<br />

tutti i votanti sono potenzialmente sovrani (parti di<br />

coalizioni al comando su ogni caso particolare) le regole<br />

possono essere cambiate solo in accordo a norme stabilite<br />

in precedenza, creando una rule of law. Le regole valide<br />

in un determinato momento assegnano al detentore<br />

del titolo di proprietà alcuni diritti, ovvero l’abilità di<br />

avere un controllo sulla proprietà nei limiti di quanto stabilito<br />

dalla legge. La governance imposta ha allora due<br />

livelli di proprietà: quello del sovrano e quello del suddito,<br />

ovvero di una persona legalmente soggetta al volere<br />

del sovrano, il quale ha un controllo ultimo su tutte le<br />

proprietà, dal momento che può cambiare la legge.<br />

Il possesso della proprietà legale da parte di un<br />

sovrano può essere denominato “possesso del sovrano”.<br />

I diritti di proprietà detenuti da un soggetto diventano<br />

il “possesso residuale”, poiché i diritti di un soggetto<br />

sono residuali rispetto a quelli al momento non<br />

reclamati dal sovrano. Il caso in cui un individuo è<br />

legalmente sovrano può essere definito “sovranità com-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

pleta”. La terra oggi è divisa in Stati che esercitano il<br />

possesso legale del sovrano. All’interno degli Stati,<br />

imprese e famiglie governano se stesse nei loro domini,<br />

esercitando il livello di sovranità individuale autorizzato<br />

loro dalla costituzione e il possesso residuale consentito<br />

dal sovrano sui loro asset.<br />

Gli Stati Uniti d’America, al pari di molti altri paesi,<br />

hanno una combinazione di sovranità legale democratico-collettiva<br />

e individuale. C’è una democrazia unilaterale<br />

imposta, ma gli individui hanno diritti formali<br />

garantiti dalla Costituzione che li rendono sovrani, sebbene<br />

in pratica tali diritti dipendano dal loro riconoscimento<br />

da parte di un numero sostanziale di membri<br />

della società (in modo tale, ad esempio, che un’azione<br />

legale che implichi una violazione dei diritti costituzionali<br />

non sia perseguibile). Il fatto che questi diritti costituzionali<br />

siano riconosciuti dalla Costituzione americana<br />

come intrinseci, rendendo quindi i cittadini individualmente<br />

sovrani, dipende da come si interpreta la<br />

Costituzione stessa. 2<br />

Negli Stati Uniti, ci sono tre livelli di governo sovrani:<br />

il governo federale, il governo degli Stati e alcuni<br />

governi aborigeni tribali. Dal 1865, il governo federale<br />

ha assunto maggiori poteri rispetto agli Stati, specialmente<br />

nel rilasciare prestiti condizionati agli Stati.<br />

Comunque, come evidenziato da Dicey (1982 [1885], p.<br />

81), dato il loro potere di emendare la Costituzione<br />

degli Stati Uniti, la sovranità ultima rimane per tre<br />

quarti in mano agli Stati. I poteri fiscali federali entro<br />

certi limiti possono essere visti come un cartello fra<br />

Stati. All’interno degli Stati, le agenzie governative<br />

locali sono soggette alla sovranità statale, quindi in<br />

realtà esercitano una sovranità delegata loro dagli stessi<br />

Stati. Le città, per esempio, di solito operano sotto<br />

statuti emanati dagli Stati. Essenzialmente sono delle<br />

aziende autonome pubbliche obbligate a far rispettare<br />

la legge sovrana.<br />

2. Si vedano, ad esempio, i saggi sul nono emendamento in Barnett, The<br />

Rights Retained by the People (1989).<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 111<br />

Governance imposta contro governance consensuale<br />

La governance ha a che fare con l’emanazione e il<br />

rispetto delle regole. 3 Un governo sovrano possiede due<br />

elementi fondamentali che lo definiscono: le persone e<br />

lo spazio. I governi possono naturalmente avere la loro<br />

ricchezza, ma essa non è una caratteristica fondante<br />

della governance. I due elementi, persone e territorio,<br />

sono distinti. Ci possono essere persone al di fuori del<br />

territorio che sono cittadini e persone all’interno del territorio<br />

che non lo sono. I due elementi mostrano un<br />

conflitto potenziale, poiché i cittadini al di fuori del territorio<br />

di un sovrano – a parte i casi di territori non<br />

sovrani come le zone marine non costiere – si trovano<br />

necessariamente all’interno del territorio di un altro<br />

sovrano. Quale sovranità, allora, ha il controllo ultimo<br />

su quella persona? Secondo le norme internazionali, è il<br />

territorio ad avere la supremazia nella determinazione<br />

del potere. I cittadini degli Stati Uniti che ad esempio si<br />

trovano in Messico sono soggetti alla legge messicana,<br />

e gli Stati Uniti potrebbero non essere in grado di far<br />

loro rispettare le proprie leggi senza la collaborazione<br />

del Messico.<br />

Legalmente, il “settore pubblico” consiste nella<br />

governance del sovrano, escludendo gli individui nella<br />

misura in cui sono sovrani e includendo qualsiasi agente<br />

operi sotto l’autorità del sovrano. Sebbene possieda<br />

direttamente alcune proprietà, come le superstrade, il<br />

settore pubblico esercita i propri diritti di sovranità<br />

sulle terre possedute da privati, sulla ricchezza e sulle<br />

persone che rientrano nella sua giurisdizione. Il “setto-<br />

3. Randall Holcombe (1989) definisce lo Stato come un’organizzazione che<br />

ha la capacità di finanziare le proprie attività con pagamenti imposti alle persone<br />

di una certa area su basi di contiguità. Questa definizione include i due criteri<br />

delle entrate e della geografia in aggiunta al rispetto delle regole. La definizione<br />

di Holcombe si adatta a quella di governi sovrani così come a quella di<br />

associazioni private residenziali, come i condomini, benché non sia valida per i<br />

club, dove i membri non hanno residenza. Ma le regole che non impongono<br />

una tassazione esplicita non di meno impongono dei costi, che in effetti sono<br />

una sorta di pagamento. Inoltre, i paesi estorcono dei pagamenti dai cittadini<br />

anche quando essi non si trovano all’interno dei confini giurisdizionali. Il concetto<br />

di individuo che governa se stesso sarebbe incluso nella definizione più<br />

generale che comprende tutte le forme di governo.<br />

111


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 112<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

re privato” consiste in tutte le altre persone e le loro<br />

proprietà. Può avere al pari una sua governance, vale a<br />

dire può avvalersi di agenti che si accordano per formare<br />

una loro struttura di governance. Una “<strong>comuni</strong>tà<br />

privata” è allora un’associazione del settore privato,<br />

caratterizzata da governance privata e consensuale.<br />

In una <strong>comuni</strong>tà contrattuale, un membro stipula un<br />

contratto con un altro libero agente e nel contratto è<br />

prevista la possibilità per tale agente di uscire dall’accordo.<br />

Se intenta un’azione legale nei confronti dell’agente<br />

che amministra tale <strong>comuni</strong>tà, i due avranno<br />

uguali diritti di fronte alla corte. Alcuni teorici hanno<br />

caratterizzato come tacito il consenso all’interno di una<br />

<strong>comuni</strong>tà – si acconsente implicitamente alla governance<br />

fintanto che non si protesta in maniera significativa o<br />

non ci si decide ad andarsene. Ma il semplice vivere o<br />

entrare in una certa <strong>comuni</strong>tà sovrana non implica nessun<br />

accordo in merito alle sue regole o alla sua costituzione.<br />

Nessun contratto viene siglato alla nascita, quando<br />

si diventa cittadini, e anche quando si entra in una<br />

<strong>comuni</strong>tà da immigrati potrebbe essere per passare da<br />

un regime imposto, non voluto, a un altro migliore, ma<br />

comunque imposto. In una <strong>comuni</strong>tà contrattuale<br />

genuina, l’accordo fra <strong>comuni</strong>tà e membro è invece<br />

esplicito.<br />

In una <strong>comuni</strong>tà sovrana, a meno che gli individui<br />

siano sovrani legalmente indipendenti, l’essere membri<br />

non dipende da un contratto, in quanto l’agenzia sovrana<br />

può imporre le propri leggi ai propri membri anche<br />

senza il loro esplicito consenso. Di solito un individuo<br />

nasce e acquisisce il titolo di cittadino. Anche se le persone<br />

possono emigrare, praticamente non esiste la possibilità<br />

di creare un nuovo paese, quindi ci sono barriere<br />

all’ingresso nell’attività di creazione dei paesi. 4 I<br />

paesi esistenti hanno creato un cartello monopolistico<br />

su tutta la superficie disponibile della terra. Perfino i<br />

4. Si veda How to Start Your Own Country di Erwin Strauss (1984) per alcuni<br />

esempi di tentativi di istituire paesi indipendenti, con le loro difficoltà e<br />

insuccessi.<br />

112


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 113<br />

Governance imposta contro governance consensuale<br />

movimenti secessionisti e indipendentisti hanno creato<br />

nuovi membri che sono entrati a far parte del cartello,<br />

piuttosto che consentire agli individui di esercitare la<br />

proprio sovranità individuale. Solo quando viene riconosciuto<br />

costituzionalmente il diritto di secessione individuale<br />

e personale abbiamo un’affiliazione di natura<br />

contrattuale.<br />

Soggette alla legge, le <strong>comuni</strong>tà consensuali hanno<br />

un controllo assoluto sulle loro proprietà, il che consente<br />

loro di emanare regole che non potrebbero essere<br />

possibili sotto la governance sovrana. Questo controllo<br />

fornisce opportunità imprenditoriali per <strong>comuni</strong>tà contrattuali<br />

che potrebbero non essere fattibili sotto governi<br />

sovrani. Dal momento che ogni famiglia e ogni<br />

impresa costituisce al proprio interno una governance<br />

privata, un’associazione civica è un governo dei governi.<br />

I diritti di proprietà detenuti dai membri della<br />

<strong>comuni</strong>tà possono essere chiamati “residuali secondari”,<br />

mentre i diritti del governo <strong>comuni</strong>tario saranno<br />

chiamati “residuali primari”. I diritti di un proprietariomembro<br />

sono residuali rispetto a quelli reclamati dalla<br />

<strong>comuni</strong>tà in forza della sua costituzione.<br />

Un’associazione fondiaria ha un potere di governo<br />

maggiore di quello di qualsiasi altro tipo di associazione.<br />

La base del potere di governo è la giurisdizione spaziale.<br />

Un’associazione non spaziale può chiamare in<br />

giudizio un suo membro per una violazione contrattuale,<br />

ma in ciò non c’è alcuna differenza con la possibilità<br />

di ognuno di chiamare in giudizio un altro soggetto in<br />

seguito a una violazione contrattuale. Diversamente<br />

una <strong>comuni</strong>tà spaziale ha potere sul comportamento di<br />

ogni persona che si trova all’interno della sua giurisdizione,<br />

in maniera simile al proprietario che esercita un<br />

controllo sulle sue attività immobiliari. Poiché le persone<br />

vivono e lavorano all’interno della giurisdizione<br />

della <strong>comuni</strong>tà, i suoi principali diritti residuali impattano<br />

permanentemente con la vita di chi ne è coinvolto,<br />

a differenza di altri club che vantano solo diritti contrattuali<br />

verso i membri.<br />

La posizione di Samuelson (1954) e di altri in merito<br />

113


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 114<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

al fatto che la fornitura di beni collettivi richieda il controllo<br />

governativo trascura non solo l’aspetto spaziale<br />

tipico dei beni civici, come discusso nel terzo capitolo,<br />

ma anche che la governance può essere ottenuta sia<br />

attraverso mezzi contrattuali, sia attraverso processi<br />

politici. La teoria dell’organizzazione industriale discussa<br />

nel quarto capitolo pone le basi della governance<br />

del settore privato per una <strong>comuni</strong>tà contrattuale. Il<br />

capitolo seguente presenta una teoria della fornitura<br />

dei beni collettivi a opera di <strong>comuni</strong>tà consensuali.<br />

114


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 115<br />

Capitolo 6<br />

Club territoriali in regime di concorrenza<br />

Avendo analizzato la distinzione fra governance unilaterale<br />

e multilaterale, ci dedichiamo ora a una analisi<br />

della seconda, alla teoria dei club. Nella prima sezione<br />

del capitolo si prenderà in esame il modello di riferimento<br />

di Buchanan di un singolo club, nella seconda il<br />

modello verrà esteso al caso del club territoriale. Infine,<br />

analizzeremo il modello di Tiebout nel quale le <strong>comuni</strong>tà<br />

o i club offrono diversi tipi e livelli di beni <strong>comuni</strong>,<br />

con i membri-residenti che scelgono fra essi allo stesso<br />

modo in cui farebbero fra molti beni diversi.<br />

Una teoria dei club<br />

La struttura di governance discussa nel quarto capitolo<br />

interessa l’organizzazione della fornitura dei beni<br />

<strong>comuni</strong>. Un club è un’organizzazione di persone associate<br />

a qualche scopo. I club comprendono società,<br />

associazioni, governi e famiglie. La teoria dei club concerne<br />

le dimensioni dell’organizzazione e la selezione<br />

dell’ammontare dei beni collettivi da fornire, così come<br />

la natura dell’accesso al club medesimo.<br />

La teoria di Buchanan (1965) si riferisce a un club<br />

che fornisce beni <strong>comuni</strong> e cerca di determinare la<br />

dimensione che i suoi stessi appartenenti riterrebbero<br />

ottimale nel fornire servizi ai membri. Questa teoria di<br />

solito riguarda la cooperativa, vale a dire un club in cui<br />

ogni membro (piuttosto che ogni quota di azioni) ha<br />

115


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 116<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

diritto di voto e la cui proprietà è condivisa dall’insieme<br />

dei soci. Nel modello di Buchanan, l’utilità che ogni<br />

individuo ricava dall’utilizzo di un bene del club è una<br />

funzione sia del bene sia del numero di appartenenti al<br />

club. Buchanan esclude dall’insieme dei beni il cameratismo,<br />

e quindi, con la stessa terminologia presentata<br />

nel primo capitolo, il bene comune è un bene di “circolo”,<br />

escludibile e congestionabile. Dal momento che il<br />

costo del bene è diviso fra i membri in quote pro capite<br />

uguali, tale costo diminuisce per ogni socio con l’aumentare<br />

della dimensione del club.<br />

Buchanan estende il modello di Samuelson fino a<br />

includere l’utilità derivata dal numero di appartenenti:<br />

(6.1) U i = U i [(X i 1, N i 1), (X i 2, N i 2),...,(X i n+m, N i n+m)]<br />

Qui, U è l’utilità, la i soprascritta si riferisce a un<br />

individuo, la X è un bene X (un bene fisico per continuare<br />

a usare la terminologia presentata nel primo<br />

capitolo), N il numero di persone nel club, n il numero<br />

di beni (privati) puramente divisibili (in questo modello<br />

si assume che i beni fisici siano <strong>comuni</strong> o divisibili) e<br />

m è il numero di beni prettamente <strong>comuni</strong>.<br />

La funzione di produzione include anche N dal<br />

momento che membri addizionali potrebbero influire<br />

sul costo del bene per ogni membro:<br />

(6.2) F = F i [(X i 1, N i 1), (X i 2, N i 2),...,(X i n+m, N i n+m)]<br />

Per ogni individuo, il tasso marginale di sostituzione<br />

ottimale fra i beni uguaglia il tasso marginale di trasformazione<br />

fra i beni in produzione, mentre l’utilità<br />

marginale (negativa) della dimensione del club uguaglia<br />

il costo (cifra negativa) del bene con un membro<br />

aggiuntivo. 1<br />

1. Nel modello di Holtermann (1972) dei beni misti o di club non si prende<br />

in considerazione l’affollamento. Invece, il modello fa la distinzione fra utilizzo<br />

diretto di un bene pubblico, cha ha natura privata, e la disponibilità del bene,<br />

che ha natura pubblica.<br />

116


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 117<br />

Club territoriali in regime di concorrenza<br />

Le condizioni di equilibrio marginale in riferimento<br />

al consumo dei beni X vengono raggiunte quando:<br />

(6.3) u i j / f i j = u i r / f i r = u i Nj / f i Nj<br />

dove u e f rappresentano delle derivate parziali, j è<br />

un bene rappresentativo, r significa bene numerario e<br />

Nj si riferisce all’utilità e al costo del numero N di membri<br />

del club. Un individuo avrà una quantità ottimale di<br />

beni <strong>comuni</strong> X e condividerà questa quantità ottimale<br />

in un gruppo di determinate dimensioni. Se la dimensione<br />

ottimale è infinita, il secondo segno di uguaglianza<br />

deve essere sostituito da un “maggiore di”, per<br />

esempio se u i Nj è uguale a zero, non c’è alcun costo per<br />

membro aggiuntivo. Di conseguenza appare ovvio che<br />

ogni dimensione finita è inferiore all’ottimale.<br />

In un’analisi geometrica Buchanan aggiunge la limitazione<br />

secondo la quale tutti gli appartenenti al club<br />

sono fra loro identici, osservando che i risultati in merito<br />

alle dimensioni ottimali del club non si potrebbero<br />

applicare altrimenti. Dal momento che i costi sono soggettivi,<br />

senza identiche utilità, il problema della rivelazione<br />

della domanda e degli oneri per membro non<br />

trova soluzione in questo modello. Un problema più<br />

profondo concerne la natura dell’affollamento, che di<br />

per sé viene supposto, ma non analizzato. Sotto quali<br />

condizioni una caratteristica pubblica rientra nella categoria<br />

dei beni congestionabili ed escludibili? Una volta<br />

che la caratteristica iniziale è la congestione, non siamo<br />

in presenza di un bene pubblico, come abbiamo già discusso<br />

nel primo capitolo. Ma se non è ancora congestionato,<br />

cosa rende il bene capace di diventarlo?<br />

Il dominio del bene, il campo in cui il bene presenta<br />

una disponibilità comune, ha un’utilità più bassa per<br />

alcune persone all’interno del dominio nel momento in<br />

cui altre persone vi entrano. Se il dominio è uno spazio,<br />

che pare essere la più comune applicazione in merito ai<br />

beni municipali, allora va considerata la stessa incidenza<br />

dei beni nello spazio, vale a dire la rendita indotta,<br />

che il modello di Buchanan non prende in esame. Se il<br />

117


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 118<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

dominio non è uno spazio, essendo esso un bene escludibile,<br />

allora si può conteggiare una tassa d’ingresso,<br />

proporzionale alla congestione, che compensi il costo<br />

marginale. Ma il modello di Buchanan postula una<br />

tassa fissa divisa in tutto l’insieme dei membri. Una teoria<br />

globale dei club che, come sostiene lo stesso Buchanan,<br />

sia anche una teoria dell’esclusione ottimale, deve<br />

prendere in considerazione le alternative degli oneri e<br />

delle rendite per gli utilizzatori.<br />

L’affollamento potrebbe fornire un vettore di utilità<br />

piuttosto che un unico valore. Ai membri potrebbe non<br />

piacere la caratteristica della rivalità concorrenziale, ma<br />

forse essi potrebbero apprezzare alcuni effetti dell’affollamento.<br />

Il modello di Glazer e Niskanen (1991) concerne<br />

un club i cui membri sono avversi alla congestione,<br />

eppure la favoriscono in un bene del club perché ciò<br />

induce alcune persone a scegliere alternative al club<br />

stesso. Quindi, il club produce un livello minore del<br />

bene, riducendo la spesa per i membri. Se la maggioranza<br />

non soffre per la congestione tanto quanto la<br />

minoranza (o una ricca minoranza può permettersi di<br />

offrire un’alternativa), allora verranno preferiti beni<br />

affollati.<br />

Per molti club, il dominio è capiente e intrinsecamente<br />

incapace di affollamento, eppure potrebbe sempre<br />

esistere un costo marginale per l’aggiunta di un<br />

membro. Per esempio, un’associazione politica di solito<br />

ambisce ad avere quanti più soci possibile. Un nuovo<br />

membro non affolla il dominio, ma aggiunge qualche<br />

costo di manutenzione per il club. Coloro che sono già<br />

membri desiderano avere nuovi iscritti, ma non devono<br />

gravare su di loro. Club di questo tipo sono finanziati<br />

da un eguale contributo di quote sociali e da donazioni<br />

volontarie che gli appartenenti potrebbero voler elargire.<br />

Nell’ottavo capitolo svilupperemo un’analisi più<br />

dettagliata su questo tipo di associazioni. Il punto che<br />

qui ci interessa sottolineare è che un club simile non è<br />

infinito e non ha una dimensione ottimale finita; il bene<br />

collettivo appartiene alla categoria dell’escludibile e del<br />

capiente, e non rientra nel modello di Buchanan. Solita-<br />

118


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 119<br />

Club territoriali in regime di concorrenza<br />

mente club come chiese e gruppi politici cercano di convertire<br />

gli altri e di portarli all’interno del proprio<br />

dominio, e i loro beni non sono necessariamente ben<br />

accetti da chi non fa parte del club.<br />

Ng (1973) presenta un modello di club che massimizza<br />

l’utilità di un soggetto individuale fino al limite<br />

in cui l’utilità degli altri viene mantenuta costante e<br />

vengono offerte possibilità di produzione. Nel modello<br />

Buchanan, il numero delle persone massimizza il vantaggio<br />

per persona, ma secondo Ng non necessariamente<br />

massimizza il vantaggio totale netto. Un aumento<br />

di vantaggio per un nuovo membro può superare la<br />

sua diminuzione complessiva. Ng (1974) osserva inoltre<br />

che la condizione posta da Buchanan è quella di<br />

equilibrio di mercato, vale a dire la situazione in cui la<br />

contrattazione è preclusa dal presupposto di una divisione<br />

equa dei costi.<br />

Ellickson (1973) afferma che, al contrario di quanto<br />

si propone nel modello di Buchanan (1965), la determinazione<br />

della dimensione ottimale di un club richiede<br />

un confronto globale fra club alternativi. Una scelta<br />

all’interno di un’allocazione specifica non è sufficiente<br />

a stabilire l’ottimalità. L’equilibrio è rilevante per l’assegnazione<br />

degli individui alle giurisdizioni. Ciò si collega<br />

con l’affermazione di Samuelson (1958) secondo la<br />

quale la determinazione dell’optimum optimorum richiede<br />

il computo di tutti i possibili beni per determinare la<br />

composizione ottimale totale – un Pareto ideale inaccessibile<br />

elevato all’ennesima potenza! Per ragionare in<br />

senso contrario all’affermazione di Ellickson, il modello<br />

Buchanan non sembra precludere la competizione fra<br />

i club e quindi l’attenzione posta sulle condizioni interne<br />

a un club non sembra affatto fuori luogo. Tuttavia,<br />

Ellickson ha ragione quando dice che andrebbe messa<br />

in conto l’esistenza di altri club; quando Walt Disney si<br />

trovò a dover decidere quale fosse la dimensione<br />

migliore per il Walt Disney World, avrebbe potuto<br />

includere come variabile decisionale l’esistenza di altri<br />

parchi tematici nel mondo. La concorrenza derivante<br />

da altri club, però, può essere inclusa nell’utilità deri-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 120<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

vata dai beni all’interno di un club specifico.<br />

Oakland (1972) analizza la congestione dei beni di un<br />

club e giunge alla conclusione che, se l’esclusione è<br />

priva di costi, le condizioni di ottimalità richiedono il<br />

razionamento dei beni attraverso tariffe d’utilizzo. Al<br />

contrario di quanto è previsto nel modello Lindhal, nel<br />

quale gli individui pagano prezzi diversi per un bene<br />

collettivo, in quello di Oakland il razionamento si ottiene<br />

tramite un sistema di prezzi in cui ogni partecipante<br />

paga la stessa cifra pari al costo marginale di congestione.<br />

Berglass (1976) giunge a una conclusione simile:<br />

mantenendo l’ingresso libero dei club, gli oneri di congestione<br />

pari al costo sociale marginale sono esattamente<br />

sufficienti a finanziare il bene comune. I modelli di<br />

Buchanan, Ng, Oakland e Berglass non considerano i<br />

canoni fondiari generati da un club che possiede del terreno<br />

e fornisce dei beni <strong>comuni</strong> territoriali. Se un club<br />

fornisce un bene quale un ponte, genererà una rendita<br />

territoriale che sarebbe ridotta, ma non necessariamente<br />

eliminata, da una tariffa di congestione (congestion charge).<br />

Per esempio, un ponte mai affollato potrebbe generare<br />

rendita.<br />

Un modello di club territoriale<br />

Estenderemo ora la teoria dei club di Buchanan tramite<br />

l’incorporazione del canone R generato da un bene<br />

comune territoriale G, concernente una certa area A,<br />

con N unità nel club. Un club di questo tipo potrebbe<br />

essere un’associazione residenziale, nella quale G<br />

sarebbero quei beni come una piscina, i parchi, le<br />

imbarcazioni, i sentieri e le strutture d’incontro <strong>comuni</strong>tario.<br />

Non c’è bisogno che i membri abbiano funzioni<br />

d’utilità identiche, dal momento che il pagamento tramite<br />

affitto è rivelatore della domanda, come abbiamo<br />

già discusso nel terzo capitolo. Al di là della quantità<br />

dei beni <strong>pubblici</strong> e della dimensione del club, l’ammontare<br />

del canone che un individuo è disposto a pagare<br />

per l’utilizzo di un certo bene comune è una funzione<br />

del reddito o della ricchezza di tale individuo. Come<br />

nel modello di Buchanan (1965), anche qui si opera<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 121<br />

Club territoriali in regime di concorrenza<br />

un’astrazione dalle differenze in ricchezza, così come<br />

dalle diversità dei gusti individuali, degli standard culturali<br />

e di molti altri fattori che influenzano il desiderio<br />

dei beni.<br />

L’area A è divisa in lotti residenziali. L’utilità di G<br />

per gli utenti dei lotti è indipendente dalla dimensione<br />

del lotto (ad esempio, l’utilizzo di una piscina comune<br />

è indipendente dalla dimensione delle unità abitative).<br />

Quindi, uniformiamo la dimensione dei lotti e la parifichiamo<br />

a una certa costante S. Il numero delle unitàlotti<br />

N è quindi il risultato di A/S. Assumiamo inoltre<br />

che ci sia un certo numero medio di residenti per unità<br />

abitativa e che esso sia noto, così che la popolazione<br />

totale di A diviene un multiplo di N lotti. Supponiamo<br />

allora che un imprenditore proponga di fornire dei beni<br />

G all’interno dell’area A. Per massimizzare i propri profitti<br />

deve andare incontro all’insieme potenziale dei<br />

soci. Le sue due variabili di scelta sono A e G, simili alle<br />

variabili di scelta del modello di Buchanan, vale a dire<br />

il bene comune e il numero di soci del club.<br />

Per l’utilizzatore del lotto i, l’utilità derivata da G è:<br />

(6.4) U i = u i (G, N) = u i (G, A/S)<br />

La prima derivata di U in riferimento a G è positiva;<br />

quantità addizionali di G producono utilità maggiore.<br />

La prima derivata di U in riferimento a N o A è negativa,<br />

come nel modello Buchanan, dal momento che il<br />

cameratismo è escluso dalla funzione di utilità e che si<br />

assume che l’affollamento abbia un’utilità negativa per<br />

tutti gli N>1. In questo caso territoriale, c’è un fondamento<br />

logico per questa negatività dal momento che un<br />

valore N più grande implica un’area A più ampia, il che<br />

aumenta i costi di trasporto all’interno di A oltre che il<br />

numero delle persone, e quindi l’affollamento di beni<br />

quali una piscina. (La caratteristica privata dell’affollamento<br />

nell’uso diretto tuttavia non annulla le caratteristiche<br />

pubbliche di G quali la disponibilità comune, le<br />

volte in cui non c’è affollamento e le qualità fisiche di G,<br />

come la temperatura dell’acqua.)<br />

121


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 122<br />

Un sito è affittato al miglior offerente in ogni intervallo<br />

di tempo (gli effettivi residenti o pagano l’affitto o<br />

altrimenti vengono sostituiti). Le entrate dell’affitto<br />

dovute a G sono una funzione dell’utilità U derivata da<br />

un lotto dal suo detentore i:<br />

(6.5) Ri = r (U i ) = r (u i [G, N])<br />

C’è un costo C nella fornitura di G,<br />

(6.6) C = c(G)<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

che è una funzione di G e non dipende direttamente<br />

da A. Per esempio, il costo di una piscina non dipende<br />

dall’area del luogo di soggiorno. (Indirettamente, dal<br />

momento che il G ottimale è determinato unitamente<br />

ad A, A avrà delle influenze su C.) Compresi in questi<br />

costi C ci sono i crescenti costi di gestione di una maggiore<br />

quantità di G.<br />

L’obiettivo dell’imprenditore è massimizzare il valore<br />

attuale di un futuro flusso di profitto. Si assume che,<br />

una volta creati il club e G, le dimensioni di A e G non<br />

cambino. Con questi due valori costanti in tutti gli<br />

intervalli di tempo, i profitti risultano massimizzati tramite<br />

la massimizzazione del profitto P in ognuno degli<br />

intervalli di tempo considerati, e il profitto consiste<br />

nelle entrate totali di canone derivate dalla (6.5) meno i<br />

costi della (6.6). Supponendo che l’utilità, e quindi il<br />

canone per ogni lotto, sia identico,<br />

(6.7) P = N Ri – c(G) = Nr (u i [G, N]) – c(G)<br />

Il profitto viene massimizzato quando le prime derivate<br />

sono pari a zero:<br />

(6.8) ∂P / ∂G = N ∂Ri / ∂G – ∂C / ∂G = 0<br />

data una certa A, dove ∂Ri / ∂G = (∂Ri / ∂u i ) (∂u i / ∂G)<br />

per la regola di composizione, e<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 123<br />

(6.9) ∂P / ∂N = N ∂Ri / ∂N + r (u i [G, N]) = 0<br />

dato un certo G. Quindi, dalla (6.8),<br />

(6.10) N ∂Ri / ∂G = ∂C / ∂G<br />

e dalla (6.9),<br />

Club territoriali in regime di concorrenza<br />

(6.11) r (u i [G, N]) = – N ∂Ri / ∂N<br />

Dal momento che ∂R / ∂N è negativo, – N ∂Ri / ∂N in<br />

(6.11) è positiva.<br />

Man mano che l’area e il numero di unità-lotti<br />

aumentano, l’affittuario marginale vorrà pagare un<br />

affitto sempre minore. Dalla (6.11) deriva che il numero<br />

di soci ottimale N, e parimenti l’area ottimale A, è quello<br />

per il quale l’affitto per unità equivale al negativo di<br />

N volte la diminuzione nel canone per le unità marginali.<br />

Dalla (6.10) deriva che la fornitura ottimale di G,<br />

per una data A o un dato N, è quell’ammontare in cui il<br />

costo marginale di G equivale a N volte il canone di<br />

unità marginale indotto dall’ammontare marginale di<br />

G. Dal momento che le unità sono identiche, si tratta<br />

semplicemente dell’ammontare di G in cui il costo marginale<br />

equivale al canone marginale totale.<br />

La (6.10) e la (6.11) presentano due equazioni e due<br />

incognite, G e N. Risolvendo la (6.11) per N, il numero<br />

ottimale di unità equivale all’affitto per unità diviso il<br />

negativo di ∂Ri / ∂N:<br />

(6.12) N = r (u i [G, N]) / (– ∂Ri / ∂N)<br />

Il numero ottimale varia direttamente con il canone<br />

e inversamente a – ∂Ri / ∂N. Ciò significa che gli alberghi<br />

di lusso ed esclusivi, o le associazioni residenziali<br />

con aree pubbliche di lusso come le hall, saranno messi<br />

in correlazione con un numero di unità più grande<br />

rispetto a quelli meno ricercati, asserzione che si<br />

potrebbe testare se si potesse verificare ∂Ri / ∂N. L’equazione<br />

(6.12) indica anche che una maggiore diminu-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 124<br />

zione nel canone marginale per unità extra farebbe<br />

diminuire il numero di unità, il che non sorprende.<br />

Infatti, estremizzando, le famiglie che danno grande<br />

valore alla privacy o all’esclusività hanno un valore<br />

negativo ∂Ri / ∂N molto alto e, se quel valore si avvicina<br />

all’equivalenza con R, allora N=1, ovvero la residenza<br />

di una singola famiglia. Se la diminuzione nell’affitto<br />

per unità extra è pari a zero per tutti i valori di N, il<br />

bene è capiente, la dimensione ottimale del club A è<br />

infinita, e G non è un bene territoriale.<br />

Sostituendo N nella (6.10),<br />

(6.13) ∂C / ∂G = ∂Ri / ∂G (r (u i [G, N]) / [– ∂Ri / ∂N]<br />

Con la fornitura ottimale di G, il costo marginale del<br />

bene equivale al canone marginale per unità moltiplicato<br />

per il canone per unità e diviso per il negativo della<br />

diminuzione nel canone delle unità marginali. Una<br />

soluzione a G e N esisterà se in un qualche intervallo di<br />

G la curva del costo marginale incrocerà la curva del<br />

canone marginale dal basso, e poi ne resterà al di sopra<br />

con G crescenti.<br />

Risolvendo la (6.13) per r (u i [G, N]),<br />

(6.14) r (u i [G, N]) = {∂C / ∂G (– ∂Ri / ∂N)} / (∂Ri / ∂G)<br />

Maggiore è il costo marginale del bene e maggiore è<br />

la diminuzione marginale nel canone per unità addizionale,<br />

maggiore deve essere il canone ottimale. Maggiore<br />

è il canone marginale indotto dal bene, minore<br />

deve essere il canone. Se questi piani di marginalità<br />

sono noti, r(ui [G, N]) o Rˇ sono determinati, e il valore<br />

può essere immesso in (6.12) per risolvere N come N, ˇ e<br />

quindi A, se A non è stata stabilita in modo esogeno.<br />

Dal momento che Rˇ è una funzione di G e N, ˇ ora G può<br />

essere determinata:<br />

(6.15) R = r (ui ˇ [G, N]) ˇ<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

con Rˇ e Nˇ ormai note. Se le funzioni r e u (o la loro<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 125<br />

combinazione) sono note, si può derivare la funzione<br />

inversa g delle funzioni r e u combinate. Vale a dire, se<br />

conosciamo l’ammontare del canone indotto da una<br />

quantità di G, allora possiamo conoscere la quantità di<br />

G richiesta per indurre un certo ammontare di canone.<br />

Dati il canone ottimale e il numero di unità ottimale,<br />

l’imprenditore fornirà quel livello di G che induce tale<br />

canone per unità:<br />

(6.16) G = g (R, ˇ N) ˇ<br />

Con G ora stabilita come G, ˇ il costo totale C è determinato<br />

dalla (6.6). Dalla (6.7), si determina così il profitto:<br />

(6.17) P = Nˇ R– ˇ c(G) ˇ<br />

Club territoriali in regime di concorrenza<br />

Se il profitto P è maggiore di zero e se il profitto diviso<br />

il costo è maggiore di quanto offrano altre opportunità,<br />

allora l’imprenditore del club procede a creare la<br />

<strong>comuni</strong>tà. Acquista uno spazio di dimensioni A = N ˇ / S<br />

e produce la quantità e qualità di beni G equivalente a<br />

G. ˇ E questo completa il modello.<br />

Come affermò Buchanan (1965), la teoria dei club è<br />

una teoria di “esclusione ottimale” così come d’inclusione.<br />

Per quanto riguarda i beni territoriali, l’esclusione<br />

spesso è possibile tramite barriere fisiche o legali<br />

all’ingresso; la legge fortificata da recinzioni proibisce<br />

d’introdursi abusivamente in proprietà private. Anche<br />

quando l’ingresso è possibile, l’utilizzo più frequente di<br />

un bene pubblico da parte di residenti permanenti in<br />

loco crea una forma d’inclusività territoriale per prossimità.<br />

Minori costi di trasporto o altre transazioni possono<br />

rendere un bene quale un parco inclusivo per i<br />

residenti nel sito in rapporto agli esterni.<br />

Una volta creato il club e venduti tutti i lotti, gli interessi<br />

dell’imprenditore e dei membri del club possono<br />

divergere. Se G è controllato dall’imprenditore, che per<br />

contratto può chiedere qualsiasi canone ritenga opportuno,<br />

allora diventa rilevante la teoria dell’organizza-<br />

125


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 126<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

zione industriale presentata nel quarto capitolo. I proprietari<br />

dei lotti ora hanno degli investimenti specifici<br />

nel sito e il fornitore di G può agire in modo opportunistico<br />

aumentando il canone d’affitto al di sopra di<br />

quanto era stato stabilito al momento della vendita dei<br />

lotti. Questo aumento nei costi del canone viene capitalizzato<br />

in valori inferiori del sito stesso. Di conseguenza,<br />

i proprietari dei lotti chiederanno una struttura di<br />

governance che eviti un simile sfruttamento; nella pratica<br />

ciò viene fornito da una governance democratica volta<br />

a evitare che i canoni d’affitto avvantaggino una parte<br />

diversa dai co-proprietari, e da una costituzione che<br />

limiti i contributi e provveda a fornire altre garanzie.<br />

Nel modello di un club con proprietà terriera il presupposto<br />

che l’area A sia una variabile di scelta ha una<br />

certa validità empirica. La Walt Disney Company, di cui<br />

parleremo nel nono capitolo, acquistò deliberatamente<br />

un’area assai vasta per il Walt Disney World, al fine di<br />

catturare le rendite generate dal grande G che stava<br />

progettando. Sia Columbia che Reston vennero scelte<br />

per le grandi aree disponibili per <strong>comuni</strong>tà dalle 50<br />

mila alle 100 mila persone, catturando il valore del sito<br />

generato da grandi economie di scala, ma furono previsti<br />

anche paesi più piccoli e raggruppamenti residenziali<br />

adatti a una governance locale per la fornitura di<br />

beni congestionabili e su bassa scala. I condomini sono<br />

un esempio di sviluppo urbanistico su scala più piccola<br />

(se paragonati alle grandi città), dovuto ai costi che<br />

un numero elevato di soci e l’area devono affrontare,<br />

senza un’economia di scala compensativa.<br />

Il costo C nel modello è il costo monetario della fornitura<br />

di G. Benché in un investimento privato, dove un<br />

proprietario paga un costo e ottiene un guadagno, i costi<br />

siano soggettivi, il costo monetario rappresenta il costo<br />

appropriato, dal momento che il costo d’opportunità di<br />

un investimento è il successivo miglior investimento e<br />

qui si stanno considerando i profitti monetari. Come<br />

afferma Buchanan (1981 [1973], p. 4), «fino a che l’oggetto<br />

di discussione, e di teorizzazione, è il decisore individuale<br />

o l’interazione di decisori distinti nei mercati, l’og-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 127<br />

Club territoriali in regime di concorrenza<br />

gettivazione concettuale non può recare alcun danno,<br />

anzi, forse porta dei benefici». È quando l’agente decisionale<br />

non sostiene personalmente i costi che essi<br />

diventano irrilevanti nel modello. Il modello non prende<br />

in considerazione i beni finanziati da tariffe di utenti né<br />

da lavoro volontario, tipico di molte associazioni residenziali.<br />

In pratica, un imprenditore si trova a dover<br />

ipotizzare i molti costi e, nel corso dello sviluppo edilizio,<br />

può cambiare i propri progetti, dal momento che la<br />

creazione di un’impresa è un processo di scoperta.<br />

L’ingegneria sociale necessariamente tentata da un<br />

operatore immobiliare presenta differenze significative<br />

con quella su larga scala operata dai governi, poiché<br />

deve andare incontro alla domanda di mercato di utenti<br />

e proprietari e poiché è d’impatto locale. La scelta non<br />

è fra progettare e costruire o non farlo, ma su che scala<br />

farlo e per scelta di chi. La teoria dell’organizzazione<br />

industriale presentata nel quarto capitolo implica che ci<br />

sarà una governance designata negli sviluppi edilizi specifici<br />

di un sito. Quando si costruisce un’abitazione per<br />

una singola famiglia, il progetto necessariamente si<br />

occupa della vita della famiglia che vi andrà a vivere,<br />

ma è una scelta di quest’ultima costruire la casa, acquistarla<br />

o prenderla in affitto, e la scala è piccola. L’ingegneria<br />

sociale a livello nazionale viene imposta con la<br />

forza su cittadini restii e su una scala talmente ampia da<br />

sollevare problemi di progettazione centrale. Il progetto<br />

di uno sviluppo immobiliare residenziale (come<br />

Reston, che descriveremo nel dodicesimo capitolo) o di<br />

un centro commerciale implica una inevitabile componente<br />

di ingegneria sociale, ma su scala più piccola e<br />

presentata al mercato in concorrenza con altri progetti<br />

simili, esattamente come accade per le singole case.<br />

Inoltre, il piano di uno sviluppo immobiliare in genere<br />

sarà uno strumento flessibile in grado di adattarsi alle<br />

scoperte e ai cambiamenti nelle condizioni di mercato,<br />

come vedremo nel caso di Reston.<br />

Al di là delle necessarie semplificazioni di tutti i<br />

modelli, quello che abbiamo presentato in merito a un<br />

club territoriale delinea le relazioni basilari fra il bene<br />

127


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 128<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

pubblico, l’area da esso servita e i canoni che costituiscono<br />

le entrate del club.<br />

Monopolio e concorrenza di club<br />

La teoria dei beni territoriali <strong>comuni</strong>, discussa nel<br />

terzo capitolo, ora può essere integrata con la teoria dei<br />

club appena trattata in merito alla questione della concorrenza<br />

fra club territoriali e a quella complementare<br />

del potenziale di monopolio all’interno di un club territoriale.<br />

Dal momento che i beni territoriali sono escludibili,<br />

ci possono essere diversi fornitori di tali beni all’interno<br />

di una regione, il che rende un bene civico – quale<br />

la protezione antincendio – divisibile fra le <strong>comuni</strong>tà.<br />

L’ammontare totale del bene collettivo in una regione<br />

equivale alla somma dell’ammontare fornito da ogni<br />

<strong>comuni</strong>tà. Inoltre, le <strong>comuni</strong>tà possono offrire diversi<br />

tipi di beni escludibili, così che la domanda per un pacchetto<br />

di beni possa venir rivelata dalle persone che<br />

scelgono di vivere, lavorare o divertirsi nella <strong>comuni</strong>tà.<br />

Il modello di riferimento per la concorrenza fra<br />

<strong>comuni</strong>tà nella fornitura di beni collettivi è quello di<br />

Tiebout (1956), il quale, come afferma Hamilton (1991<br />

[1987]), offre «un antidoto ai risultati piuttosto tetri di<br />

Samuelson». In effetti l’antidoto consiste nel riconoscere<br />

che la maggior parte dei beni civici sono territoriali.<br />

Tiebout giunge ad affermare che le conclusioni di<br />

Samuelson non sono necessariamente valide per le<br />

spese locali, dal momento che i consumatori-votanti<br />

possono scegliere le <strong>comuni</strong>tà in cui soddisfare al<br />

meglio le proprie preferenze di beni <strong>comuni</strong>. La scelta<br />

di un pacchetto di beni <strong>comuni</strong> implica che essi siano<br />

territoriali, perché altrimenti non ci sarebbe alcun bisogno<br />

di spostarsi; nel modello i beni sono anche congestionabili.<br />

In una situazione di mobilità perfetta, i residenti<br />

insoddisfatti della propria <strong>comuni</strong>tà e dei beni<br />

civici da essa offerti se ne vanno, dando così origine a<br />

<strong>comuni</strong>tà omogenee in merito ai beni <strong>comuni</strong> desiderati<br />

dai loro residenti. Stiglitz (1983) rileva, tuttavia, che<br />

l’omogeneità non è necessaria se esiste un’interazione<br />

produttiva fra le persone, se ci sono dei costi di tra-<br />

128


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 129<br />

Club territoriali in regime di concorrenza<br />

sporto e se le persone hanno diverse funzioni d’utilità<br />

per la terra.<br />

Samuelson (1958), muovendo una critica al modello<br />

di Tiebout, lo paragona al problema di trovare la persona<br />

giusta da sposare – nessuno è perfettamente adatto<br />

ed è difficile trovare il/la giusto/a compagno/a fra le<br />

varie possibilità. Ma, a differenza di un compagno/a, le<br />

<strong>comuni</strong>tà possono essere create dal nulla e progettate<br />

perché si adattino alle preferenze di un gruppo. Inoltre,<br />

le persone trovano compagni che corrispondono<br />

approssimativamente alle loro preferenze e alle circostanze,<br />

anche se la combinazione non è perfetta. Le persone<br />

spesso scelgono uno o due beni chiave, che a loro<br />

volta sono sovente accompagnati da altri beni complementari.<br />

Per esempio, alcune persone comprano il cibo<br />

in negozi per l’alimentazione naturale o priva di additivi<br />

chimici; questi negozi non corrispondono esattamente<br />

alle loro preferenze, ma viene scelta la categoria<br />

nel suo complesso come alternativa chiave al tipo di<br />

cibo predominante. Le <strong>comuni</strong>tà di riposo sono un altro<br />

esempio di criterio di scelta chiave: avendo selezionato<br />

il “riposo” come criterio fondamentale, un possibile<br />

residente poi passa a esaminare le caratteristiche secondarie<br />

di una <strong>comuni</strong>tà. I servizi spesso vengono divisi<br />

in sezioni a seconda del criterio di scelta chiave, come<br />

accade per esempio per le zone non fumatori dei ristoranti.<br />

In un mercato libero, la differenziazione del prodotto<br />

viene portata avanti fino al livello sorretto dalla<br />

domanda, in rapporto ai costi. Le <strong>comuni</strong>tà contrattuali<br />

offriranno più differenziazione rispetto a una gestione<br />

imposta offrendo molti beni chiave o caratteristiche<br />

secondarie, e non è impossibile trovare la perfetta combinazione.<br />

Una premessa al modello di Tiebout è l’esistenza di<br />

una dimensione <strong>comuni</strong>taria ottimale in termini di<br />

numero di residenti per i quali un insieme di beni<br />

<strong>comuni</strong> può essere fornito al più basso costo medio. Ciò<br />

è in accordo con il modello di club territoriale presentato<br />

in precedenza, anche se Tiebout non include il canone<br />

fondiario nel proprio modello. I consumatori rivela-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 130<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

no la loro domanda di beni <strong>comuni</strong> attraverso la scelta<br />

della <strong>comuni</strong>tà e la concorrenza fra le <strong>comuni</strong>tà garantisce<br />

che i beni <strong>comuni</strong> locali siano forniti al minimo<br />

costo. Tiebout riconosce che si tratta di un “modello<br />

estremizzato” in cui le persone sono completamente<br />

mobili e c’è un gran numero di <strong>comuni</strong>tà fra cui scegliere.<br />

Ciò nonostante, il modello dimostra che si può<br />

giungere a una soluzione second best.<br />

La scelta di una <strong>comuni</strong>tà è equivalente all’acquisto<br />

di una merce e rivela la domanda del consumatore in<br />

merito ai beni locali. Un’implicazione d’indirizzo politico<br />

offerta da Tiebout è che una mobilità e una conoscenza<br />

accresciute migliorino l’allocazione dei beni<br />

<strong>comuni</strong>. In risposta all’opinione di Samuelson (1954)<br />

secondo la quale nessun sistema di prezzi decentralizzato<br />

può determinare i livelli ottimali di consumo collettivo,<br />

Tiebout obbietta che, per i beni <strong>comuni</strong> locali, il<br />

problema ha una soluzione concettuale; il fatto che tale<br />

soluzione non sia perfetta non la invalida se essa è la<br />

migliore ottenibile. Come per quanto concerne la concorrenza<br />

fra produttori di beni privati, la concorrenza<br />

fra fornitori di beni <strong>comuni</strong> locali è un ordine spontaneo<br />

prodotto dall’azione ma non dal disegno di agenti<br />

in un sistema di mercato. La distinzione di Hayek<br />

(1976) fra un’economia e una catallassi è analoga alla<br />

distinzione fra la teoria della struttura di gestione all’interno<br />

di una ditta e la competizione fra unità di governance.<br />

Un’economia o una <strong>comuni</strong>tà, come una famiglia,<br />

sono organizzate secondo un «progetto unitario»<br />

(Hayek, 1976, p. 107), come il modello di un club fondiario<br />

di cui abbiamo parlato. Al di là di questo progetto<br />

organizzativo deliberato, c’è l’ordine del mercato, o<br />

catallassi, «determinato dai mutui aggiustamenti di<br />

molte economie individuali in un mercato» (p. 109).<br />

Importante per il concetto di concorrenza fra <strong>comuni</strong>tà<br />

è anche il fatto che Hayek (1985 [1978]) abbia trattato<br />

la concorrenza come un processo di scoperta.<br />

Come facciamo a sapere nella pratica quali articoli sono<br />

davvero dei beni rari, e come facciamo a conoscere il<br />

valore dei beni? Come afferma Hayek, queste cose ven-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 131<br />

Club territoriali in regime di concorrenza<br />

gono scoperte tramite la concorrenza, tramite le offerte<br />

di beni in un mercato competitivo. Emergono due tipologie<br />

di efficienza tecnica (diversa da Pareto) per i club<br />

fondiari: la fornitura di beni all’interno di un club in cui<br />

i costi marginali eguagliano il canone marginale indotto,<br />

e la scelta marginale di un insieme di beni fra vari<br />

club in concorrenza. Una <strong>comuni</strong>tà potrebbe fornire<br />

taluni beni in modo tecnicamente efficiente data la scelta<br />

del bene, ma poi una seconda potrebbe offrire dei<br />

beni superiori, rivelati dal fatto che i membri della<br />

prima <strong>comuni</strong>tà si trasferiscono nella seconda, inducendo<br />

così la prima a migliorare i propri beni.<br />

La teoria della catallassi delle <strong>comuni</strong>tà territoriali<br />

private rimane incompleta se non vi si include assieme<br />

alla concorrenza anche la cooperazione. Essendo separate<br />

dal punto di vista spaziale, le <strong>comuni</strong>tà vicine condividono<br />

talune esternalità dell’area ed è nel loro interesse<br />

formare delle federazioni di associazioni per fornire<br />

dei beni con delle economie di scala e scopo più<br />

grandi. Mancur Olson (1971, p. 63) sostiene che nei<br />

gruppi ampi manchi l’incentivo a fornire beni <strong>comuni</strong>,<br />

ma che esista un caso in cui tale incentivo può essere<br />

presente, cioè quando i gruppi in questione sono federati.<br />

Questa caratteristica trasforma il problema di fornire<br />

il bene a un’area ampia una questione di piccoli<br />

numeri. La federazione avrebbe un incentivo a offrire<br />

un pacchetto di beni ai membri costituenti tale che il<br />

rifiuto di una delle associazioni di unirsi alla federazione<br />

comporterebbe la perdita di cooperazione e di beni<br />

che i suoi appartenenti desiderano, che combaciano con<br />

quei beni che sono più soggetti a free riding. Allo stesso<br />

tempo, se la federazione diventa dispendiosa i membri<br />

possono secedere e formare un gruppo alternativo,<br />

piuttosto che cercare di correggere la prima.<br />

Benché nel modello Tiebout riconosca l’importanza<br />

dello spazio, lo stesso modello non possiede dimensioni<br />

spaziali, come se le varie <strong>comuni</strong>tà esistessero in<br />

quanto punti in un spazio e non in quanto detentrici di<br />

uno spazio. Come abbiamo già discusso nel terzo capitolo,<br />

l’effetto di un bene locale comune permea lo spa-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 132<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

zio intorno a esso come un campo magnetico, fornendo<br />

una “carica” o un valore allo spazio, che si manifesta<br />

nel mercato sotto forma di rendita del luogo. Di conseguenza,<br />

un individuo che risieda in quello spazio deve<br />

pagare un prezzo di affitto per il bene.<br />

Molti analisti hanno incorporato nel modello di Tiebout<br />

la capitalizzazione. Wallace Oates (1969) riconosce<br />

che i beni collettivi possono essere capitalizzati in valori<br />

di beni immobili. Nella sua disamina empirica riscontra<br />

prove a favore della capitalizzazione dei benefici dei<br />

beni collettivi locali e delle imposte sulla proprietà.<br />

Bruce Hamilton (1975) dimostra che sotto alcune condizioni<br />

un’imposta di proprietà è equivalente a una<br />

imposta di capitazione se la zonizzazione viene usata<br />

per mantenere uguali i valori delle case, e quindi<br />

anch’egli giunge ai risultati di Tiebout. Questa conclusione<br />

è applicabile alle <strong>comuni</strong>tà private, dove le<br />

alleanze rafforzano davvero l’omogeneità ben oltre<br />

quanto richiesto dalla zonizzazione di governo e nelle<br />

quali le unità sono in qualche modo omogenee per progettazione,<br />

come nei condomini. Joseph Stiglitz (1983)<br />

presenta il caso in cui le <strong>comuni</strong>tà differiscano e una<br />

<strong>comuni</strong>tà possa aumentare i propri valori terrieri fornendo<br />

beni collettivi che vengono valutati di più da un<br />

migrante marginale che da coloro che risiedono nella<br />

<strong>comuni</strong>tà. Stiglitz afferma che l’equilibrio risultante<br />

non è in generale Pareto ottimale. Ma se l’aumento nelle<br />

entrate del canone o nel valore locativo viene esso stesso<br />

considerato un bene collettivo, allora la fornitura dei<br />

beni non è necessariamente irrazionale o tecnicamente<br />

sub-ottimale. Inoltre, dati n lotti identici e una rotazione<br />

attiva di lotti, se solo una frazione m fosse richiesta<br />

da migratori a un tasso più alto, i lotti m aumenterebbero<br />

solo leggermente di valore rispetto agli altri.<br />

Se l’unico fattore è il canone contro il valore dei beni,<br />

c’è bisogno solamente di un piccolo incremento per<br />

ottenere un lotto da un attuale proprietario. Di conseguenza,<br />

solo quando in quasi tutti i lotti sono subentrati<br />

dei migratori che desiderano i nuovi beni, il canone<br />

del terreno salirà fino a riflettere il nuovo bene. In un<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 133<br />

Club territoriali in regime di concorrenza<br />

mercato ad asta aperta di n lotti identici, è l’offerente<br />

n+1 a stabilire il prezzo; gli altri devono solo fare delle<br />

offerte leggermente più alte. Se ci fossero meno di n<br />

offerenti, e tutti i lotti dovessero essere assegnati, allora<br />

il prezzo dei lotti sarebbe zero. Quindi, se l’informazione<br />

rilevante è universalmente disponibile, la rendita<br />

indotta da un nuovo bene è pari a zero fino a che tutti<br />

(o quasi tutti) i lotti non vengono assegnati a coloro che<br />

valutano positivamente il bene. Nella pratica, ovviamente,<br />

non è disponibile l’informazione su tutte le<br />

offerte; i mercati dei beni immobiliari sono eterogenei e<br />

localizzati, e quindi un bene collettivo può indurre un<br />

canone anche se solo alcuni dei residenti lo ritengono di<br />

valore. È comunque applicabile il principio secondo il<br />

quale la mera esistenza di migratori non necessariamente<br />

induce dei canoni da beni a essi destinati.<br />

Buchanan e Goetz (1972) presentano un modello in<br />

cui il processo di Tiebout viene ristretto da due caratteristiche,<br />

le dimensioni spaziali e la mancanza di proprietà<br />

esclusiva. Per quanto concerne l’aspetto spaziale,<br />

il costo per unità dei beni collettivi cala con l’espansione<br />

delle dimensioni del gruppo. Di conseguenza la<br />

mobilità non garantisce l’efficienza di Pareto fra <strong>comuni</strong>tà<br />

di dimensioni diverse. Ma questo risultato dipende<br />

dai fondi pro capite di un ammontare fisso di un bene<br />

collettivo e non prende in considerazione l’aumento<br />

della domanda di spazio creato da un nuovo arrivato.<br />

Quando il canone viene incorporato nel modello, il<br />

nuovo venuto condiziona i margini di canone sia intensivi<br />

che estensivi, aumentando la densità della popolazione<br />

o l’area di residenza. Anche se l’ammontare e il<br />

costo del bene restano uguali all’arrivo di nuove persone,<br />

un’aumentata densità fa crescere la richiesta di spazio<br />

e il canone fondiario nella <strong>comuni</strong>tà. Se i beni sono<br />

finanziati dal canone fondiario, allora potrebbe non<br />

esserci un calo nel costo totale della vita nella <strong>comuni</strong>tà<br />

causato dai nuovi arrivi, ma solo una riduzione in quell’ammontare<br />

di canone relativo al bene collettivo. Per<br />

coloro che già possiedono un lotto nella <strong>comuni</strong>tà, i<br />

nuovi venuti costituiscono un’aggiunta di costi di con-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 134<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

gestione, ma anche di valore alla terra stessa, così che il<br />

guadagno netto in utilità non è decisivo. Se i nuovi arrivi<br />

aumentano l’area residenziale ai margini della <strong>comuni</strong>tà,<br />

indurranno ad avere canoni più alti al centro commerciale<br />

e potranno aggiungersi ai costi di trasporto<br />

oltre che di congestione. Benché questo modello assuma<br />

che ci possa essere immigrazione, alcune <strong>comuni</strong>tà<br />

private (come i condomini) una volta edificati presentano<br />

una dimensione massima, e quindi il problema dell’immigrazione<br />

non emerge affatto.<br />

Anche con il loro metodo finanziario, Buchanan e<br />

Goetz (1972) riscontrano che ci può essere internalizzazione<br />

delle esternalità se le <strong>comuni</strong>tà sono proprietarie<br />

esclusive e se la concorrenza uguaglia il valore delle<br />

esternalità. «Le quote di tassazione dovrebbero essere<br />

correlate alla dimensione della componente di rendita<br />

locativa nelle entrate individuali» (p. 35). «Se tutto lo<br />

“spazio” di valore dovesse essere di proprietà privata e<br />

se la concorrenza fra proprietari esclusivi fosse efficace<br />

in tutti gli aspetti, allora emergerebbe l’efficienza allocativa»<br />

(p. 40). Il modello di Buchanan e Goetz venne<br />

ampliato da Flatters, Henderson e Mieszkowski (1974)<br />

con il risultato che, al meglio, le entrate da salario sono<br />

destinate a beni privati e la rendita da canone a beni<br />

collettivi e al consumo di beni privati da parte dei possessori<br />

terrieri, risultato simile al teorema HGT discusso<br />

nel terzo capitolo.<br />

Anche se il modello di Tiebout può conseguire l’efficienza<br />

con una imposta di capitazione, simili imposte<br />

danno origine a inefficienze se le regioni sono di dimensioni<br />

diverse (Mieszkowski e Zodrow, 1989, p. 1134).<br />

Ma quando le tasse vengono derivate dal canone fondiario,<br />

la fornitura decentralizzata di beni collettivi può<br />

dimostrarsi efficiente (p. 1135). Tuttavia, quando si<br />

aggiunge al modello la congestione, come fanno Boadway<br />

e Flatters (1982), un’imposta di capitazione è efficiente<br />

nel rendere conto dell’effetto della congestione.<br />

Come abbiamo già detto in precedenza, anche i modelli<br />

di Berglass (1976) e Oakland (1972) riscontrano che<br />

tariffe basate sui costi di congestione sono sufficienti a<br />

134


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 135<br />

Club territoriali in regime di concorrenza<br />

finanziare i beni collettivi quando è assente un canone.<br />

Quindi, come sostengono Mieszkowski e Zodrow<br />

(1989, p. 1136), «la versione modificata dell’HGT afferma<br />

che la somma dei canoni fondiari e degli oneri di<br />

congestione (imposte di capitazione) dovrebbe equivalere<br />

alle spese pubbliche».<br />

Un altro modello simile a quello di Tiebout è il<br />

modello di Hochman (1981), che considera terra, lavoro<br />

e congestione. Hochman arriva alla conclusione che, al<br />

di là delle imposte correttive pigouviane (comprese<br />

quelle che incidono sulla congestione), le uniche imposte<br />

necessarie e sufficienti a finanziare beni collettivi<br />

locali sono le imposte sulle rendite fondiarie, sulle quali<br />

le autorità locali possono avere la completa autonomia.<br />

Stiglitz (1977) osserva che il teorema HGT non si dimostra<br />

valido quando i siti variano in qualità, come ad<br />

esempio quando presentano risorse naturali diverse.<br />

Tuttavia, le rendite delle risorse naturali e simili non<br />

sono generate dai beni collettivi locali e quindi il teorema<br />

HGT come è stato modificato nel terzo capitolo<br />

mantiene la sua validità per i canoni generati da tali<br />

beni. Anche qualora si includano nel modello i canoni<br />

non generati da beni, come dimostrano Flatters, Henderson<br />

e Mieszkowski (1974), se il terreno è di proprietà<br />

di un gruppo separato dalla popolazione generale, la<br />

popolazione ottimale è di nuovo quella in cui il prodotto<br />

marginale del lavoro uguaglia il consumo privato del<br />

bene pro capite. Di conseguenza, come abbiamo osservato<br />

in precedenza, i canoni fondiari eguaglieranno i<br />

beni collettivi più il consumo privato dei proprietari<br />

terrieri, raggiungendo l’efficienza nonostante le variazioni<br />

nella qualità dei terreni. Allo stesso modo, nel<br />

modello di Berglass (1984), dove la qualità dei terreni<br />

varia fra le <strong>comuni</strong>tà, i proprietari terrieri controllano<br />

l’amministrazione e il finanziamento dei beni <strong>comuni</strong><br />

con imposte sul canone fondiario, cercando così di massimizzare<br />

il canone post-tassazione. Le spese efficienti<br />

sono inferiori al canone e lasciano un profitto residuale<br />

per i proprietari terrieri. Tutti questi studi, quindi,<br />

sostengono che la fornitura di beni collettivi a opera di<br />

135


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 136<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

club territoriali tramite una combinazione di canone<br />

fondiario e tariffe d’utilizzo (o di congestione), specialmente<br />

per <strong>comuni</strong>tà a proprietà esclusiva, è efficiente<br />

non solo all’interno di una <strong>comuni</strong>tà, ma anche fra<br />

diverse <strong>comuni</strong>tà.<br />

La questione del potere politico è un aspetto complementare<br />

del modello di Tiebout. Come si chiedono<br />

Epple e Zelenitz (1981), «il modello di Tiebout ha bisogno<br />

della politica?». Loro sostengono che la concorrenza<br />

fra giurisdizioni non è sufficiente a garantire l’efficienza,<br />

perché la terra è immobile anche se i suoi residenti<br />

non lo sono. «Di conseguenza, le amministrazioni<br />

possono usurpare alcuni canoni fondiari per i propri<br />

scopi» (p. 1197), dato che le amministrazioni hanno un<br />

certo potere di monopolio, vale a dire il potere di sfruttare<br />

i residenti. «Avere confini fissi evita che l’imposta<br />

sulla terra venga contesa dall’esterno. [...] Le giurisdizioni<br />

non competono per il terreno». Questo accade<br />

perché «l’imposta riduce il prezzo per unità di alloggio<br />

ricevuto dai fornitori e quindi riduce la fornitura di<br />

alloggi in rapporto all’equilibrio in assenza di tasse».<br />

L’usurpazione dei canoni fondiari da parte di agenzie<br />

governative verrà qui chiamata “sfruttamento del sito”.<br />

La tassazione aumenta il prezzo lordo della proprietà<br />

immobiliare.<br />

Tuttavia, mentre un’imposta sui beni immobili nel<br />

loro complesso può aumentare il prezzo della proprietà<br />

immobiliare al lordo delle tasse, un’imposta sulla<br />

sola terra non lo farebbe. Nella teoria “classica” dell’incidenza<br />

delle imposte sul valore locativo, Harry Gunnison<br />

Brown (1979 [1924], p. 216) afferma che «un’imposta<br />

sul valore di rendita del terreno, comunque venga<br />

usata, non può né passare da un proprietario ad altri,<br />

né dai proprietari terrieri come classe ad altre classi».<br />

Con questo effetto primario di un’imposta sul canone<br />

fondiario, non c’è altro effetto sulla fornitura di alloggi<br />

che non sia in qualche modo l’aumento di tale fornitura,<br />

dal momento che un appezzamento vacante o utilizzato<br />

in modo sub-ottimale (che potrebbe meritare un<br />

canone maggiore) possiede un alto costo-opportunità<br />

136


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 137<br />

Club territoriali in regime di concorrenza<br />

in rapporto al caso in cui non vi siano tasse. Non ci<br />

sarebbe nessun effetto sul prezzo di costruzione al<br />

lordo delle tasse e un’imposta sul canone in sé abbasserebbe<br />

il prezzo di vendita di una proprietà immobiliare.<br />

Di conseguenza, gli effetti indicati dal modello di<br />

Epple e Zelenitz sono validi per le imposte sulle migliorie,<br />

ma non per quelle sui canoni fondiari.<br />

Martin Feldstein (1977) contesta la teoria classica<br />

così come espressa da Brown e introduce gli effetti<br />

dinamici. Un’imposta sul canone induce un aumento di<br />

quota di capitale (dal momento che verrebbero investiti<br />

meno fondi sulla terra), alzando la produttività marginale<br />

del terreno e riducendo il tasso d’interesse. Ciò<br />

aumenta il valore capitalizzato del terreno. Se un terreno<br />

è meno rischioso di altri investimenti, il suo prezzo<br />

scenderà meno di quando una rigida capitalizzazione<br />

potrebbe far credere. Quindi, parte dell’imposta viene<br />

spostata per abbassare i ritorni sui beni capitali. Ma<br />

simili risultati sono validi per un’imposta sulla rendita<br />

di un’area molto grande, non per quella di un sito piccolo.<br />

Come sostiene Brown (1979 [1924], p. 246), l’incidenza<br />

di una tassa sul valore locativo puramente locale<br />

ricade sui proprietari terrieri di quella <strong>comuni</strong>tà. Quindi<br />

il risultato di Feldstein non intacca la questione del<br />

monopolio locale.<br />

John Yinger (1982), come Oates (1969), nota l’assenza<br />

della capitalizzazione nel modello di Tiebout. Il suo<br />

modello prevede un nucleo famigliare interessato a un<br />

alloggio come funzione dei servizi collettivi e delle<br />

tasse. Yinger conclude che «la capitalizzazione delle<br />

variabili fiscali locali nel valore della casa è una condizione<br />

di equilibrio di lunga durata per l’unità familiare»<br />

(p. 935), ma che la capitalizzazione non corrobora la<br />

conclusione di Tiebout secondo la quale la fornitura di<br />

beni collettivi locali è efficiente perché «l’imposta di<br />

proprietà altera il mercato immobiliare» (p. 937). Tuttavia<br />

questa alterazione non ha luogo se gli edifici e le<br />

altre valorizzazioni sono esenti dalla tassazione sui<br />

beni immobiliari, come sostenuto da Brown (1979<br />

[1924]) e dagli studi sul teorema HGT discussi in prece-<br />

137


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 138<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

denza. Quindi, quando i beni collettivi vengono finanziati<br />

da canoni fondiari e tariffe di congestione, lo<br />

“sfruttamento del sito” dovuto alla rigidità dei confini,<br />

come analizzato da Epple e Zelenitz (1981), non si verifica<br />

come alterazione dei prezzi dell’alloggio e della<br />

fornitura. Comunque, resta possibile lo sfruttamento<br />

monopolistico a causa della specificità della terra e<br />

della sua valorizzazione nella <strong>comuni</strong>tà.<br />

A causa della mancanza di mobilità di terra e strutture,<br />

l’amministrazione, il proprietario terriero o i direttori<br />

dell’associazione possono aumentare le tasse (o i<br />

contributi per le migliorie) oppure imporre altri costi;<br />

ciò diminuisce il prezzo dei siti. La concorrenza fra<br />

<strong>comuni</strong>tà – di per se stessa – non è sufficiente a evitare<br />

lo sfruttamento. La democrazia può essere di qualche<br />

aiuto nel fornire un’opzione voice ai residenti oltre alla<br />

loro opzione exit, ma la politica non elimina lo sfruttamento<br />

del sito dal momento che, in democrazia, una<br />

fazione può indurre il governo a garantirle dei vantaggi<br />

alle spese di altri. Ciò di cui il modello di Tiebout ha<br />

bisogno sono degli statuti che forniscano una protezione<br />

legale contro un simile sfruttamento. I metodi statutari<br />

che possono minimizzare lo sfruttamento comprendono<br />

limitazioni ai contributi di miglioria e alle spese,<br />

la richiesta di ampie maggioranze per le decisioni più<br />

importanti, la garanzia di un investimento (come una<br />

put option sulle migliorie, che discuteremo nel caso della<br />

Shannon Community, nel decimo capitolo) e, per le<br />

<strong>comuni</strong>tà grandi, la possibilità di secedere dalla giurisdizione.<br />

Quindi, il modello di Tiebout necessita di<br />

limitazioni di governance e di garanzie d’uscita.<br />

Proprio poiché la sovranità è composta da persone e<br />

territori, l’uscita consiste o nel fatto che una persona<br />

lasci la giurisdizione di un’amministrazione o, altrimenti,<br />

nella secessione di un certo territorio da una giurisdizione.<br />

In genere, più piccola è la giurisdizione delle<br />

amministrazioni all’interno di una regione, meno costoso<br />

è spostarsi da una all’altra, poiché si abbandonano<br />

meno qualità della regione più ampia e lo stesso trasferimento<br />

è meno costoso. Quindi, il potere di monopolio<br />

138


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 139<br />

Club territoriali in regime di concorrenza<br />

locale è ridotto quando in una regione ci sono molte<br />

piccole giurisdizioni. Come osserva Hamilton (1991<br />

[1987], p. 675) le evidenze fornite da molti studi suggeriscono<br />

che «non abbiamo un particolare motivo per<br />

ritenere che le economie di scala siano un impedimento<br />

all’ampia scelta di una <strong>comuni</strong>tà».<br />

Nel contesto della più grande amministrazione<br />

regionale, dal momento che lasciare l’area si dimostra<br />

costoso per gli individui, una secessione legalizzata – in<br />

altre parole, confini flessibili – offre una possibilità per<br />

evitare lo sfruttamento monopolistico dovuto a ciò che<br />

Epple e Zelenitz (1981, p. 1207) chiamano «fissità di<br />

confini». La possibilità di una simile secessione servirebbe<br />

come deterrente allo sfruttamento. La stessa<br />

secessione potrebbe essere sfruttabile, a meno che l’unità<br />

che si separa non lo faccia con la propria parte di attività<br />

e passività della “regione madre”. Quest’economia<br />

della secessione verrà ulteriormente discussa nel quindicesimo<br />

capitolo.<br />

Diversi studi corroborano il principio per cui la possibilità<br />

di formare una nuova giurisdizione diminuisce<br />

il potenziale di potere monopolistico. Martin e Wagner<br />

(1978) dimostrano che le barriere alla formazione di<br />

nuove <strong>comuni</strong>tà colpiscono la competitività dei servizi<br />

di amministrazione locale. In un modello di potere<br />

monopolistico locale, Gonzales e Mehay (1987) provano<br />

che l’annessione aumenta il potere fiscale municipale.<br />

Anche se la maggior parte degli studi e delle analisi<br />

di cui abbiamo parlato è stata applicata ad amministrazioni<br />

del settore pubblico, gli stessi principi possono<br />

essere applicati al settore privato o ad amministrazioni<br />

di proprietà, soprattutto, come abbiamo già osservato,<br />

per quanto riguarda i modelli regionali di Tiebout.<br />

Come sostiene Cowen (1988, p. 14), modelli come quelli<br />

di Buchanan e Goetz (1972) «offrono l’interessante<br />

suggerimento che il modello di Tiebout sia più adatto<br />

all’analisi della fornitura di beni collettivi attraverso<br />

<strong>comuni</strong>tà di proprietà esclusiva», una conclusione rafforzata<br />

dai modelli HGT nei quali i proprietari terrieri<br />

trattengono il canone residuale dopo aver fornito i beni<br />

139


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 140<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

collettivi. Henderson (1985) afferma che il modello di<br />

Tiebout necessiti di imprenditori e di confini di <strong>comuni</strong>tà<br />

flessibili. A lungo andare, «gli spostamenti della<br />

popolazione e l’aggiustamento d’uso della terra elimineranno<br />

anche l’impatto negativo di cattive politiche»<br />

(p. 249). Con operatori immobiliari attivi, con il tempo i<br />

proprietari terrieri «rifiuteranno di allocare la loro terra<br />

in una <strong>comuni</strong>tà a coloro che tenteranno di usurpare i<br />

loro redditi» (p. 267).<br />

Le basi teoretiche a sostegno di una fornitura contrattuale<br />

di beni collettivi ormai sono state gettate. I<br />

capitoli che seguono metteranno in evidenza i vari elementi,<br />

come i beni civici territoriali, i canoni, la governance,<br />

la distinzione fra pubblico e privato in merito alla<br />

governance, e i club. Il prossimo capitolo arricchirà il<br />

fondamento teoretico della fornitura volontaria esaminando<br />

i beni non escludibili.<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 141<br />

Capitolo 7<br />

<strong>Beni</strong> non territoriali<br />

e simpatia smithiana<br />

I capitoli dal 3 al 6 hanno illustrato la teoria della fornitura<br />

dei beni civici territoriali da parte di club concorrenziali.<br />

Questo capitolo, invece, approfondisce la<br />

teoria dei beni <strong>pubblici</strong> esaminando la fornitura volontaria<br />

di beni non territoriali.<br />

<strong>Beni</strong> collettivi escludibili<br />

Un bene escludibile implica l’esistenza di una qualche<br />

forma di accesso al club, una porta attraverso la<br />

quale i membri devono entrare e uscire. Può esserci<br />

anche uno sfrattatore, cioè un’agenzia che sia in grado di<br />

espellere un membro. Uno sfratto potrebbe consistere<br />

semplicemente nell’eliminazione di una persona dall’elenco<br />

del club, che agisce come un specie di porta. La<br />

porta di un club può essere classificata a seconda del<br />

tipo di esclusione che consente, ad esempio per persone,<br />

evento, acquisto di un bene, tempo o spazio. Alla<br />

porta si paga una tariffa d’entrata o una sola volta<br />

(all’entrata o all’uscita) o periodicamente. Un’imposta<br />

periodica pone implicitamente un limite di tempo<br />

all’appartenenza al club: quando scade, bisogna ripassare<br />

per la porta. Una recinzione e un cancello reali o<br />

figurativi permettono di raccogliere questa tariffa e rendono<br />

così possibile finanziare il bene del club.<br />

Se il bene di un club è congestionabile, allora l’utilità<br />

dei membri può essere meglio soddisfatta includen-<br />

141


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 142<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

do una tariffa proporzionale alla congestione, come è<br />

stato illustrato nel sesto capitolo. Un esempio è la tariffa<br />

più alta che i sistemi di trasporto chiedono durante le<br />

ore di punta. Le tariffe possono essere ridotte in assenza<br />

di congestione, come ad esempio nel caso dei prezzi<br />

di alcuni ristoranti nel tardo pomeriggio. La gran parte<br />

della congestione, come nell’esempio dei mezzi di trasporto<br />

e dei ristoranti o come nel caso dell’utilizzo delle<br />

rotte aree, è di tipo territoriale, essendo data dall’aggiunta<br />

di persone in uno spazio limitato.<br />

Molti club, comunque, non impongono tariffe di<br />

congestione. Una piscina potrebbe essere offerta a un<br />

costo fisso; una discriminazione di prezzo potrebbe<br />

essere basata sull’età (ad esempio, per bambini e anziani)<br />

piuttosto che sulla congestione. Di solito gli alberghi<br />

offrono un servizio di ascensore gratuito, anche nelle<br />

ore in cui sono affollati. Il fatto di chiedere tariffe di<br />

congestione dipende dalle usanze sociali e dai costi di<br />

transazione. Anche qualora fosse fattibile chiedere<br />

qualcosa in più per la piscina, gli utenti che arrivano<br />

dopo gli altri potrebbero considerare ingiusto pagare<br />

più di quelli arrivati prima, oppure questi ultimi<br />

potrebbero ritenere corretto che si paghi qualcosa in più<br />

quando l’area è affollata. Gli studi sull’affollamento<br />

raramente distinguono fra una tariffa di congestione<br />

chiesta a un utente addizionale e una chiesta agli utilizzatori<br />

già nel dominio di un bene nel momento in cui<br />

esso diviene affollato. In una prospettiva puramente<br />

economica, sarebbe sufficiente chiedere a tutti coloro<br />

che sono presenti in tale dominio la stessa cifra in qualsiasi<br />

intervallo di tempo ma, nella pratica, ciò viene<br />

fatto raramente tranne quando un utente si trova nel<br />

dominio per un tempo breve, come nel caso dell’attraversamento<br />

di un ponte.<br />

La congestione non territoriale può essere controbilanciata<br />

da vantaggi, come l’ottenimento di quote<br />

aggiuntive. Per esempio, un club può offrire una biblioteca<br />

che viene utilizzata dalla maggioranza dei membri<br />

tramite prestito esterno. I membri aggiuntivi aumentano<br />

la probabilità che un dato libro sia già in prestito, ren-<br />

142


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 143<br />

<strong>Beni</strong> non territoriali e simpatia smithiana<br />

dendo così congestionabile la biblioteca, ma potrebbero<br />

essere bene accetti se le quote aggiuntive permettessero<br />

al club di offrire più libri e servizi; per di più la dimensione<br />

maggiore del club potrebbe essere un bene desiderato,<br />

aggiungendo prestigio o efficacia al club stesso.<br />

La congestione si basa sul semplice numero dei<br />

membri di un club, come abbiamo visto nel modello di<br />

Buchanan discusso nel sesto capitolo. Comunque qualche<br />

membro aggiuntivo può anche far diminuire l’utilità<br />

che deriva dalla qualità oltre che dalla quantità. E gli<br />

appartenenti al club potrebbero essere ben propensi, o<br />

del tutto contrari, a persone di un certo sesso, o di una<br />

certa età, razza, religione, nazionalità, etnicità, ideologia,<br />

stile di vita o interesse. Tutti i club sono organizzati<br />

in base a uno scopo comune, quindi una predisposizione<br />

a favore della credenza o dell’interesse per tale<br />

scopo (come la religione nel caso di una chiesa) è necessaria<br />

affinché il club funzioni bene. Alcuni sono sottoinsiemi<br />

di altri e richiedono che l’appartenente al sottoinsieme<br />

faccia anche parte del gruppo maggiore. È<br />

questo il caso ad esempio delle associazioni universitarie,<br />

limitate ai soli studenti universitari.<br />

Un diverso tipo di discriminazione è quello che si<br />

ritrova nei club d’amicizia, nei quali i membri sono conoscenti<br />

che potrebbero voler ammettere all’interno dell’associazione<br />

solo coloro che diventano amici o sono<br />

approvati da alcuni membri, piuttosto che cercare delle<br />

menti e dei corpi aggiuntivi. La teoria dei club deve<br />

prendere in considerazione il fatto che i club sociali possono<br />

prevedere requisiti d’entrata come la conoscenza, il<br />

carattere e l’identità, oltre che una quota d’accesso.<br />

Molti club vedono una predominanza di servizi non<br />

congestionabili o capaci, e quindi i loro appartenenti<br />

desiderano avere più membri che sia possibile. Di solito<br />

questo tipo di club è sovvenzionato con quote periodiche<br />

e la sue porta d’ingresso è la lista d’iscrizione.<br />

Questo tipo di associazione potrebbe non volere escludere<br />

talune persone, ma ne ha bisogno a causa dei costi<br />

dei servizi. I servizi di un club esclusivo ma capace possono<br />

comprendere beni divisibili, quali le newsletter, e<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 144<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

beni collettivi, come una struttura centrale, un servizio<br />

di ricerca o servizi pensati anche per quanti non sono<br />

membri. A questi ultimi i beni possono essere offerti<br />

senza alcun costo; potrebbero anche essere non escludibili<br />

per loro natura. Le associazioni che si dedicano a<br />

dottrine religiose, politiche e sociali di solito offrono<br />

propaganda e beni ai non membri. Club di questo tipo<br />

spesso vengono finanziati da donazioni, oltre che da<br />

quote sociali, che contribuiscono a pagare i beni non<br />

escludibili. Di conseguenza, la teoria dei club così come<br />

quella dei beni <strong>pubblici</strong> deve prendere in considerazione<br />

questi beni non escludibili. La gran parte della teoria<br />

dei beni <strong>pubblici</strong> implicitamente tratta di non escludibilità<br />

e presuppone l’argomento del fallimento del mercato.<br />

Ma esistono talune evidenze in merito al fatto che<br />

molti di questi beni vengono forniti volontariamente;<br />

quindi, si rende necessaria un’analisi di questo tipo di<br />

fornitura per giungere a una teoria globale sui beni<br />

<strong>pubblici</strong>.<br />

<strong>Beni</strong> collettivi non escludibili<br />

Sia i beni congestionabili sia quelli non congestionabili<br />

non escludibili possono essere trattati come un’unica<br />

categoria in merito al loro finanziamento. Senza<br />

esclusione non c’è alcuna porta di club e senza una<br />

porta non ci può essere nessun prezzo d’entrata per il<br />

bene. Solo se si potesse chiedere a tutti gli esseri umani<br />

di pagare una tariffa un bene di questo tipo diventerebbe<br />

territoriale ed escludibile; la porta diventa l’uso dello<br />

spazio. In mancanza di un’amministrazione mondiale,<br />

non è fattibile imporre una tariffa di congestione o una<br />

quota d’entrata.<br />

Dal momento che tutte le azioni umane vengono<br />

svolte in modo indipendente da individui pensanti, si<br />

presume che ci sia una motivazione individuale all’origine<br />

di ogni atto. A sua volta questo implica che una<br />

qualsiasi fornitura volontaria di un bene collettivo non<br />

escludibile richieda un qualche tie-in con un bene divisibile<br />

o escludibile, un bene che sia specifico all’individuo<br />

o necessiti di una quota d’entrata. Un tie-in può<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 145<br />

<strong>Beni</strong> non territoriali e simpatia smithiana<br />

coinvolgere la produzione catallattica o la transazione,<br />

nelle quali un individuo vende o acquista beni per<br />

ragioni puramente pecuniarie o mercenarie, oppure<br />

una produzione benevola, in cui contribuisce alla produzione<br />

del bene senza aspettarsi di ricevere quale<br />

ritorno taluni beni con valore di mercato simile, o altrimenti<br />

si aspetta di beneficiare di qualche bene comune<br />

indifferentemente dal proprio contributo personale.<br />

Esempi di tie-in catallattici, strettamente egocentrici,<br />

comprendono: 1. l’approvazione dei membri della<br />

<strong>comuni</strong>tà, che può promuovere gli obiettivi sociali o<br />

affaristici di un individuo; 2. i contatti sociali e una voce<br />

nel curriculum vitae; 3. il far parte di un elenco di persone<br />

in un programma, in una targa o in un edificio come<br />

donatore, il che può favorire i propri interessi o dare la<br />

soddisfazione di tramandare il proprio nome ai posteri;<br />

1 4. la possibilità che un partecipante importante<br />

influenzi il tipo di bene fornito a favore di un suo prediletto.<br />

Anche se i tie-in non benevoli sono importanti,<br />

comunque non rispondono di tutta la fornitura volontaria.<br />

Quindi, anche i tie-in privati puramente benevoli<br />

richiedono una spiegazione.<br />

Adam Smith, che in The Wealth of Nations parla della<br />

fornitura di beni privati da parte di una “mano invisibile”<br />

mossa da un comportamento strettamente interessato,<br />

nel suo The Theory of Moral Sentiments (1982 [1790])<br />

ci offre anche una teoria della “mano visibile”, ovvero<br />

della fornitura benevola. Smith inizia con la seguente<br />

affermazione:<br />

Per quanto l’uomo possa essere considerato egoista,<br />

nella sua natura ci sono chiaramente alcuni principi<br />

che lo fanno interessare alla sorte degli altri e che gli<br />

rendono necessaria l’altrui felicità, benché non ne<br />

derivi niente altro che il piacere di osservarla. (p. 9)<br />

1. Ad Alexandria, in Virginia, il King Street Gardens Park è stato costruito utilizzando<br />

40 mila mattoni. Circa 12 mila di questi mattoni sono frutto di offerte<br />

di donatori e riportano il loro nome o un loro messaggio. Le quote andavano<br />

dai 50 dollari per il nome ai 250 dollari per un marchio commerciale con<br />

tanto di logo (“King Street Gardens Park”, n.d.).<br />

145


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 146<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

Questi principi si manifestano nella “simpatia”, termine<br />

con cui Smith intende «il nostro sentimento di<br />

comprensione» (p. 10). La simpatia smithiana è un sentimento<br />

di affinità, accordo ed empatia con una persona,<br />

un gruppo, una cultura, un’organizzazione o un’altra<br />

entità: «La natura, quindi, esorta l’umanità ad atti di<br />

beneficenza, tramite la piacevole consapevolezza di<br />

una meritata ricompensa» (p. 86). Questa simpatia, dice<br />

Smith, non necessariamente è a sostegno di coloro che<br />

beneficiano di un servizio, ma può sostenere un obiettivo<br />

«nobile e magnifico», il raggiungimento di un «sistema<br />

bello e ben regolato» (p. 185). La simpatia si può<br />

applicare a un’idea o a un progetto.<br />

È un sentimento diverso dall’altruismo. Una funzione<br />

altruistica disinteressata può essere considerata<br />

quella dalla quale non deriva alcuna utilità positiva,<br />

altrimenti l’altruista agirebbe per compiacere se stesso<br />

oltre che gli altri. Quindi, un altruista puro può solo<br />

agire per evitare la disutilità, come il senso di colpa o di<br />

vergogna che sopraggiunge quando una persona non<br />

agisce come ritiene moralmente doveroso fare. Un<br />

altruista può sentirsi addolorato quando gli altri soffrono,<br />

ma non prova mai gioia. 2 L’altruismo può essere formulato<br />

come U(i)=f(V(j)), dove U è l’utilità dell’altruista<br />

i e V l’utilità di un’altra persona j. L’altruista cerca di<br />

minimizzare la disutilità che ottiene dal non riuscire a<br />

compiere l’atto che percepisce come dovere o dall’utilità<br />

negativa di cui soffre l’altra persona. Diversamente,<br />

la simpatia può essere formulata come U(i)=g{V(j),x(i)},<br />

dove x(i) è la fornitura di un certo insieme x di beni a i.<br />

Una persona i con sentimenti di simpatia ottiene un’utilità<br />

positiva quando un’altra persona j ottiene utilità e<br />

anche quando beni x la soddisfano direttamente. La<br />

funzione g non apporta indiscriminatamente gioia a i<br />

2. Ayn Rand (1964, p. VIII) scrisse che l’altruismo come filosofia concerne<br />

azioni che beneficiano altri in quanto buone e nelle quali il beneficiario dell’atto<br />

è l’unico criterio di valore morale. Nell’etica altruista, gli atti egoisti, compiuti<br />

solo per il proprio beneficio, sono considerati cattivi. Qui l’altruismo viene<br />

trattato non come etica, ma come una funzione di utilità.<br />

146


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 147<br />

<strong>Beni</strong> non territoriali e simpatia smithiana<br />

per un’utilità che potrebbe ottenere j, ma può selettivamente<br />

ottenere utilità per i solo da alcune utilità di cui<br />

fa esperienza j (a differenza dell’altruista che ottiene<br />

un’utilità negativa da ogni fonte di disutilità di cui j fa<br />

esperienza).<br />

Una <strong>comuni</strong>tà di altruisti ci pone davanti a un paradosso,<br />

dal momento che tutti i membri sono interessati<br />

solo all’utilità degli altri. Un membro non saprebbe se<br />

sacrificare o meno il proprio consumo a favore di quello<br />

altrui, visto che la riduzione del proprio consumo<br />

darebbe dispiacere agli altri. Ma non esiste un simile<br />

paradosso in una <strong>comuni</strong>tà di simpatizzanti, dal<br />

momento che le loro funzioni di utilità comprendono<br />

sia il proprio consumo che, selettivamente, quello degli<br />

altri, e ogni persona cerca di bilanciare le due cose.<br />

Il sentimento di simpatia può essere distinto in due<br />

tipi: benevolo ed etico. La “simpatia benevola” è il sentimento<br />

di comprensione che si manifesta nella fornitura<br />

di beni (ritenuta buona dai riceventi) alle persone,<br />

senza l’aspettativa di uno scambio catallattico. La “simpatia<br />

etica” è il sentimento di comprensione che si<br />

manifesta nell’evitare di danneggiare gli altri. L’utilità<br />

di una persona eticamente simpatetica è, come quella<br />

dell’altruista, una funzione negativa della disutilità<br />

degli altri, ma solo per quanto riguarda il danneggiamento.<br />

La totale assenza di simpatia è l’apatia, letteralmente<br />

“mancanza di sentimento”. Una persona apatica<br />

sfrutterà ogni opportunità per sottrarre beni agli altri se<br />

non ha alcun rischio nel farlo, dal momento che la disutilità<br />

degli altri non rientra nella sua funzione d’utilità.<br />

Infine, la simpatia negativa o antipatia si ha quando<br />

l’utilità di una persona viene accresciuta dalla sofferenza<br />

altrui. Una folla arrabbiata prova antipatia, mentre il<br />

criminale normale può provare apatia per le sue vittime.<br />

Una persona “molto interessata” potrebbe quindi<br />

possedere simpatia sia etica che benevola.<br />

Scartando il puro altruismo in quanto empiricamente<br />

raro, quando una persona contribuisce alla fornitura<br />

di un bene non escludibile senza interessi di stretto tornaconto,<br />

la motivazione che sta alla base del contributo<br />

147


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 148<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

è una simpatia benevola nei confronti del bene, dei suoi<br />

riceventi o di altri collegamenti con il bene. (È possibile<br />

che anche l’antipatia funzioni in modo analogo; ad<br />

esempio, una persona può contribuire a eliminare un<br />

obiettivo odiato; di conseguenza la discussione sarà<br />

ristretta alla sola simpatia positiva.) La simpatia può<br />

manifestarsi nei confronti di una <strong>comuni</strong>tà che desidera<br />

il bene piuttosto che per il bene in sé. In assenza di<br />

un tie-in di stretto tornaconto, il contribuire alla fornitura<br />

di un bene collettivo rivela l’esistenza di una simpatia<br />

benevola. L’accrescimento nell’utilità (marginalmente<br />

superiore alle alternative) dovuta a una donazione<br />

benevola è un tie-in divisibile del bene collettivo.<br />

La simpatia benevola va al di là del dilemma del prigioniero<br />

dei free rider che non collaborano alla fornitura<br />

di beni <strong>pubblici</strong> non escludibili. Se una persona prova<br />

simpatia benevola per una <strong>comuni</strong>tà e i suoi beni, non<br />

vorrà essere un free rider; l’atto di contribuire dà soddisfazione<br />

o addirittura gioia. Come ha osservato il filosofo<br />

Baruch Spinoza, un principio su cui si basa la<br />

cooperazione, “l’imitazione di affetti”, è il basilare desiderio<br />

di soddisfare gli altri (Den Uyl, 1985). Il principio<br />

di mutuo soccorso è presente anche nella vita degli animali.<br />

Come afferma Petr Kropotkin (1974 [1914], p. 30),<br />

«il mutuo soccorso è una legge di natura tanto quanto<br />

la reciproca lotta».<br />

Nella sua indagine e nel corso delle interviste fatte a<br />

volontari, Robert Wuthnow (1991) scoprì che costoro<br />

desideravano mantenere viva la nozione di <strong>comuni</strong>tà e<br />

vivere in una società che mostrasse compassione verso<br />

i più sfortunati, il che è coerente con la motivazione di<br />

simpatia per una <strong>comuni</strong>tà. Il modello di Douglas<br />

Young (1989) della fornitura volontaria di beni <strong>pubblici</strong><br />

basato sull’affermazione che le persone possono sentire<br />

la responsabilità di pagare quella che percepiscono<br />

come “giusta quota” dei costi è coerente con il sentimento<br />

di simpatia, dal momento che il senso di responsabilità<br />

può essere dovuto alla simpatia nei confronti di<br />

una <strong>comuni</strong>tà o di un progetto. Anche il dovere morale,<br />

ovviamente, può essere una motivazione non dovu-<br />

148


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 149<br />

<strong>Beni</strong> non territoriali e simpatia smithiana<br />

ta a simpatia, ma a credenze inculcate. David Schmidtz<br />

(1991) riporta anche taluni esperimenti sulle donazioni<br />

volontarie di beni <strong>pubblici</strong>, compreso l’uso di contratti<br />

d’assicurazione (accordi a contribuire) e garanzie di<br />

restituzione di denaro nel caso non si generino i fondi<br />

minimi. Negli esperimenti, i contributi sono stati positivi<br />

anche se l’interesse personale avrebbe generato un<br />

contributo pari a zero. Benché i risultati dei test varino<br />

e alcuni soggetti siano stati free rider, «i soggetti hanno<br />

contribuito alla realizzazione di beni <strong>pubblici</strong> anche<br />

quando la scelta di non contribuire era la strategia<br />

dominante» (p. 132).<br />

Tuttavia, la simpatia può non superare il dilemma<br />

del prigioniero quando l’azione in un ampio contesto<br />

non è veramente volontaria, vale a dire quando in tale<br />

azione ci sono restrizioni coercitive, costi o minacce.<br />

Quando atti di questo tipo vengono minacciati da sanzioni<br />

o da qualche forma di punizione, allora c’è bisogno<br />

di un grado di simpatia davvero molto alto, perché<br />

esso deve superare il costo della minaccia. È per questo<br />

motivo, ad esempio, che è difficile organizzare il rovesciamento<br />

di un dittatore: ogni cospiratore potrebbe<br />

anche essere una spia. Ma questa situazione non rappresenta<br />

un fallimento del mercato nel senso usuale<br />

dell’espressione.<br />

La simpatia nei confronti di una <strong>comuni</strong>tà nutre la<br />

fedeltà verso di essa, la quale poi va a incidere sia nella<br />

sua governance sia nel suo valore di proprietà. Come<br />

osserva Hirschman (1970, p. 78), «la fedeltà tiene a bada<br />

l’exit (la possibilità di lasciare) e attiva la voice (il ricorso<br />

alla manifestazione del proprio pensiero)». I membri<br />

fedeli hanno meno probabilità di lasciare la <strong>comuni</strong>tà<br />

nel caso in cui questa si trovi nei guai e hanno più probabilità<br />

di partecipare e votare. Allora perché la simpatia<br />

benevola non è anche un fattore nella fornitura di<br />

beni divisibili? Perché la maggior parte dei beni di consumo<br />

sono prodotti per catallassi e non con strumenti<br />

benevoli? La risposta sta nella natura della simpatia<br />

stessa. È una risorsa scarsa. La maggior parte delle persone<br />

è intenta a provvedere ai propri bisogni e il benes-<br />

149


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 150<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

sere della <strong>comuni</strong>tà è solo uno dei molti argomenti<br />

delle sue funzioni d’utilità. Poiché una persona desidera<br />

massimizzare l’utilità derivata dalla simpatia benevola,<br />

la funzione di produzione di tale utilità induce a<br />

mettere i fondi allocati per i beni <strong>pubblici</strong> sul loro utilizzo<br />

più produttivo. Ad esempio, la beneficenza sarà<br />

fatta a favore di quelle organizzazioni o persone che il<br />

donatore soggettivamente ritiene più meritevoli o verso<br />

le quali prova maggiore simpatia, vale a dire coloro che<br />

“necessitano” maggiormente i fondi. Un bambino cieco<br />

su una sedia a rotelle che tiene in mano una tazza solleciterà<br />

più simpatia benevola di un uomo in salute e<br />

robusto che chiede del denaro in modo burbero.<br />

<strong>Beni</strong> collettivi non escludibili possono essere ottenuti<br />

per mezzo di una benevola fornitura legata a beni<br />

escludibili. L’appartenenza a club escludibili ma non<br />

territoriali, come le società di hobby o i movimenti<br />

sociali, spesso presenta “benefattori”, “patroni”, “sostenitori”<br />

e altri membri che pagano più del minimo. Queste<br />

categorie offrono benefici di stretto tornaconto,<br />

come il prestigio, le pubblicazioni speciali, gli inviti a<br />

eventi esclusivi e l’accesso speciale alla leadership, ma<br />

allo stesso tempo inducono a donazioni benevole. Il<br />

quid pro quo è in gran parte simbolico.<br />

Come abbiamo discusso nel secondo capitolo, il concetto<br />

di Pareto ottimalità in merito a un bene è problematico,<br />

se non privo di senso. Un ideale “ottimale” basato<br />

su un’ipotetica funzione di benessere sociale o su<br />

quanti individui donerebbero davvero se ci fosse un<br />

“metro di verità” per misurare la loro vera utilità, è irraggiungibile.<br />

Per esempio, parlare di un ammontare “ideale”<br />

di propaganda ideologica come di un bene collettivo<br />

non ha un chiaro significato, tranne se ci si riferisce a esso<br />

come a un bene soggettivamente giudicato tale dai propagandisti<br />

e rivelato come tale ai donatori tramite la loro<br />

effettiva richiesta e i loro contributi. La teoria della simpatia<br />

benevola spiega come i beni collettivi non escludibili<br />

possano essere sovvenzionati e nella pratica lo siano.<br />

È una teoria di fornitura fattibile, la cui quantità dipende<br />

dalle circostanze che inducono alla simpatia.<br />

150


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 151<br />

<strong>Beni</strong> non territoriali e simpatia smithiana<br />

A questo punto abbiamo trattato tutte le categorie di<br />

beni collettivi: territoriali, escludibili non territoriali e<br />

non escludibili, con o senza congestione. Prese tutte<br />

assieme queste categorie formano una teoria esauriente<br />

della fornitura contrattuale di beni collettivi. Esiste un<br />

caso, comunque, in cui si presenta l’esigenza di una fornitura<br />

sovrana. Infatti è impossibile che tutte le forme<br />

di governance siano private, vale a dire non sovrane. La<br />

governance di livello più alto, o sovrana, deve fornire<br />

almeno i beni collettivi della legislazione costituzionale<br />

che governa i suoi elementi subordinati. Essendo sovrana,<br />

essa appartiene per definizione al settore pubblico.<br />

Ma il governo sovrano può ancora essere un’associazione<br />

volontaria e quindi la sua fornitura di beni collettivi<br />

potrebbe essere contrattuale, quantunque a opera<br />

di un ente sovrano.<br />

151


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 152


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 153<br />

Capitolo 8<br />

Comunità di proprietà<br />

e associazioni di <strong>comuni</strong>tà<br />

Ora applicheremo l’aspetto territoriale dei beni civici,<br />

esaminato nel terzo capitolo, e la teoria della governance<br />

nelle imprese, trattata nel quarto capitolo, all’analisi<br />

delle <strong>comuni</strong>tà contrattuali. Oltre alle associazioni<br />

residenziali, le <strong>comuni</strong>tà consensuali che forniscono<br />

beni civici comprendono gli hotel, i centri commerciali,<br />

i condomini e le aree ricreative. Questi tipi di <strong>comuni</strong>tà<br />

vengono analizzati da Spencer Heath MacCallum in<br />

The Art of Community (1970). MacCallum riconosce il<br />

merito di aver dato origine al concetto di amministrazione<br />

di <strong>comuni</strong>tà di proprietà a suo nonno, Spencer<br />

Heath (p. IX), quindi inizieremo da una disamina del<br />

lavoro di quest’ultimo.<br />

Heath sulle <strong>comuni</strong>tà di proprietà<br />

Il lavoro principale di Heath – Citadel, Market and<br />

Altar (1957) – apparve, ironicamente, poco dopo i<br />

modelli di Samuelson e Tiebout, ma evidentemente non<br />

attrasse l’attenzione del mondo accademico. Heath<br />

aveva elaborato i suoi concetti più di vent’anni prima,<br />

in un manoscritto, Politics versus Proprietorship (1936),<br />

sottotitolato A Fragmentary Study of Social and Economic<br />

Phenomena with Particular Reference to the Public Administrative<br />

Functions Belonging to Proprietorship in Land –<br />

Proprietorship as a Creative Social Agency (Politica contro<br />

proprietà. Uno studio frammentario di fenomeni socio-<br />

153


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 154<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

economici con particolare riferimento alle funzioni<br />

amministrative pubbliche che appartengono alla proprietà<br />

terriera – la proprietà come un’agenzia sociale<br />

creativa). Questo manoscritto era una raccolta di saggi<br />

che Heath redasse e distribuì «come memoria dello sviluppo<br />

e della prima espressione» del suo lavoro (p. III).<br />

In uno di questi saggi, Creative Association, Heath<br />

affermò che il valore dei servizi <strong>pubblici</strong> si rende manifesto<br />

come canone «che si associa a locazioni esclusive<br />

in proporzione ai benefici ricevuti da queste locazioni o<br />

in queste locazioni» (p. 2). Egli derivò questa idea centrale<br />

da Henry George e il saggio più importante nella<br />

raccolta del 1936 è appunto intitolato Henry George: A<br />

Further Application of his General Principles. Heath intendeva<br />

estendere i concetti di George, citando dalla prefazione<br />

della quarta edizione di Progress and Poverty<br />

(1975 [1879], p. XI): «Ciò che ho tentato di fare è stabilire<br />

taluni principi generali, confidando che i miei lettori<br />

svilupperanno le loro applicazioni dove è necessario».<br />

Ma, anche se la sua teoria del canone derivava da<br />

George, Heath ne ribaltò il programma politico. Mentre<br />

George considerava il proprietario fondiario in quanto<br />

tale un ricevitore passivo di rendita che non aveva<br />

parte alcuna nella creazione, per Heath il proprietario<br />

in quanto imprenditore ha il potenziale per diventare<br />

«un produttore e un restauratore dei valori della terra»<br />

(1936, p. 14). Dal momento che lo stesso George (1975<br />

[1879], p. 343) concordava sul fatto che il valore delle<br />

migliorie della terra, come il disboscamento di una<br />

foresta o la bonifica di un acquitrino, appartenesse a chi<br />

faceva lo sforzo, Heath non lo contraddice direttamente,<br />

ma indirizza i concetti di George verso un’altra direzione:<br />

una società i cui beni collettivi sono forniti da<br />

imprenditori che creano beni capitali specifici alla locazione,<br />

i quali generano canoni che finanziano i beni.<br />

George (p. 452) ammetteva che, in quanto persone, i<br />

proprietari terrieri di solito sono anche lavoratori e proprietari<br />

di beni capitali, ma non considerava il ruolo di<br />

proprietario come creatore di valore locativo. «Il grande<br />

Henry George», scrisse Heath, non scorse «questa<br />

154


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 155<br />

Comunità di proprietà e associazioni di <strong>comuni</strong>tà<br />

funzione naturale, allo stesso tempo privata e pubblica,<br />

dei proprietari fondiari che investono i canoni e forniscono<br />

i loro servizi nell’amministrazione di questioni<br />

pubbliche, e ricevono come compenso per i loro servizi<br />

l’intero incremento di canone che supera il costo di<br />

gestione».<br />

Heath ricorre all’esempio storico dell’Europa medievale,<br />

dove «era pratica frequente che i signori della<br />

terra organizzassero <strong>comuni</strong>tà libere» (p. 16). I signori<br />

cercavano gli abitanti, che ricevevano protezione e servizi<br />

in cambio del pagamento di un canone. Nella sua<br />

analisi delle associazioni volontarie urbane, David<br />

Beito (1988) fa riferimento anche agli studi storici di<br />

Thierry e Pirenne sul carattere volontario delle città<br />

medievali. Ogni membro di un «comune di giuramento»<br />

giurava pubblicamente di obbedire alla carta della<br />

città, vale a dire agli accordi che «sono l’origine dei<br />

patti restrittivi dei tempi moderni» (Beito, 1988, p. 2).<br />

Chi violava la pace veniva espulso dalla città. I mercanti<br />

dominavano i vertici del comune e delle associazioni<br />

volontarie provvedevano a beni collettivi come le strade<br />

e la difesa delle mura cittadine.<br />

Nei suoi studi sulle città medievali Berman (1983, p.<br />

362) rilevò anche che «non apparivano dal nulla», ma<br />

venivano fondate e che le loro carte generalmente stabilivano<br />

libertà e autogestione. Questi «nuovi governi<br />

municipali d’Europa furono i primi corpi politici puramente<br />

secolari, i primi Stati secolari moderni» (p. 389).<br />

Il «comune» si basava su un patto; la carta della città era<br />

il contratto sociale. «Quindi, deve essere stata una delle<br />

fonti storiche principali dalla quale è derivata la moderna<br />

teoria di governo contrattuale». La <strong>comuni</strong>tà era una<br />

«corporazione (universitas)», e una corporazione era<br />

«un gruppo di persone che condividevano funzioni<br />

legali <strong>comuni</strong> e agiva in quanto entità legale» (p. 393),<br />

come le associazioni civiche moderne. Come osserva<br />

Heath, queste città libere successivamente vennero<br />

assorbite dagli emergenti Stati nazionali. Attualmente,<br />

«ciò che vizia il capitalismo [...] non è la sua crescita ma<br />

la sua immaturità; il fatto che l’uso di capitale [privato]<br />

155


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 156<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

non sia stato esteso in modo adeguato ai beni <strong>comuni</strong>tari»<br />

(Heath, 1957, p. 20). Il pagamento per tali beni tramite<br />

canone costituirebbe «una saldatura fra l’interesse<br />

particolare e l’interesse generale» (p. 21). L’idea di una<br />

proprietà che fornisce i beni <strong>comuni</strong>tari si può sviluppare<br />

«con riferimento alla sovranità generale che si<br />

estende all’intero territorio e alla sovranità particolare o<br />

residuale riposta in coloro che detengono taluni lotti di<br />

terreno per delega del potere sovrano» (p. 23), un concetto<br />

simile a quello presentato nel quinto capitolo.<br />

In un altro scritto, Outline of Economic, Political and<br />

Proprietary Departments of Society, Heath vede le proprie<br />

teorie come un affinamento di quelle di George (Heath,<br />

1936, pp. 65-66):<br />

La proposta di Henry George di privare il reparto servizi<br />

della società, vale a dire, l’autorità politica, di<br />

tutto il suo potere di tassazione predatoria e quindi di<br />

restaurare il reparto proprietà alla sua funzione di erogazione<br />

delle entrate di rendita pubblica a quei funzionari<br />

<strong>pubblici</strong> che collettivamente costituiscono il<br />

reparto politico, porta con sé la necessaria implicazione<br />

che il reparto proprietà alla fine assumerà ed eserciterà<br />

le proprie funzioni amministrative su tutti i servizi<br />

<strong>pubblici</strong>.<br />

Ma, allontanandosi da George Heath, aggiunge: «Il<br />

saldo della rendita non richiesta a questo scopo sarà il<br />

guadagno dei proprietari che hanno amministrato e<br />

controllato l’impresa». Heath raggruppa le rendite terriere<br />

generate da beni civici e quelle dovute alle condizioni<br />

naturali o alla popolazione. Solo i primi sono<br />

«chiari guadagni» e l’enfasi di George sulle rendite terriere<br />

come fonte non distruttiva di fondi <strong>comuni</strong>tari si<br />

basava su queste ultime. Ciò che George non aveva<br />

capito era la possibilità che la stessa gestione potesse<br />

essere di proprietà o contrattuale.<br />

Questa idea di Heath trovò elaborazione in Citadel,<br />

Market and Altar (1957). Questa volta il richiamo storico<br />

era all’Inghilterra sassone, in cui i servizi <strong>comuni</strong>tari<br />

venivano pagati con canoni terrieri di liberi detentori<br />

156


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 157<br />

Comunità di proprietà e associazioni di <strong>comuni</strong>tà<br />

delle terre dei signori: «Ed era solo per mano di un’autorità<br />

pubblica che agiva come proprietaria della <strong>comuni</strong>tà,<br />

e non come un sovrano delle persone e delle proprietà<br />

dei suoi abitanti, che tali servizi <strong>comuni</strong>tari potevano<br />

essere ottenuti tramite contratto volontario e ricevuti<br />

su valori di mercato» (p. 77). L’organizzazione<br />

delle <strong>comuni</strong>tà anglosassoni, che culminano nel “Rinascimento<br />

alfrediano”, consisteva in un’amministrazione<br />

di proprietà e «non c’erano altre entrate pubbliche<br />

che i canoni» (p. 80). Anche Lysander Spooner (n.d.<br />

[1852], p. 145) parlò del sistema anglosassone, quello in<br />

cui «lo Stato trova sostegno dalla terra, e non dalla tassazione<br />

imposta personalmente agli individui». I titolari<br />

di proprietà terriere si tenevano i terreni alla condizione<br />

di pagare un canone e prestare servizi militari e<br />

civili (p. 146), fra i quali prendere parte a giurie. Anche<br />

se non c’è alcun esempio moderno di amministrazione<br />

proprietaria a dimensione di nazione,<br />

nella moderna <strong>comuni</strong>tà di un albergo, però, lo schema<br />

è chiaro. È una <strong>comuni</strong>tà organizzata con servizi in<br />

comune come polizia, acqua, fognature, riscaldamento,<br />

elettricità, <strong>comuni</strong>cazioni, trasporti e anche servizi<br />

educativi e ricreativi, come librerie, intrattenimento<br />

musicale e letterario, piscine, giardini e campi da golf<br />

e il cortese servizio dei funzionari e degli impiegati<br />

della <strong>comuni</strong>tà (Heath, 1957, p. 82).<br />

E per quanto riguarda la sua attività, «l’intera <strong>comuni</strong>tà<br />

è amministrata per i suoi abitanti e non dai suoi abitanti.<br />

Oltre alla buona educazione, questi ultimi non<br />

hanno alcun obbligo al di là di accettare pagamenti consuetudinari<br />

per i servizi ricevuti. E ciò che pagano è<br />

volontario, il che differisce molto dalla tassazione».<br />

Inoltre, il pagamento è limitato «dalla concorrenza del<br />

mercato» (ivi). I residenti di lunga permanenza nell’hotel<br />

possono avere un contratto che li obbliga a effettuare<br />

pagamenti, ma si diventa residenti stipulando un<br />

accordo contrattuale volontario. L’accordo obbliga il<br />

proprietario dell’albergo a certi tassi di pagamento, a<br />

157


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 158<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

differenza dei governi, che possono arbitrariamente<br />

cambiare la quota di tassazione senza essere vincolati<br />

da nessun tipo di accordo contrattuale.<br />

Heath afferma che «da tutti i punti di vista una<br />

<strong>comuni</strong>tà pubblica è, in principio, uguale a un hotel»<br />

(p. 146). Quando il concetto di proprietà viene allargato<br />

a una <strong>comuni</strong>tà più grande, i proprietari non «danno<br />

solo la mera occupazione, ma anche servizi <strong>pubblici</strong><br />

positivi e protettivi, in nome dei nuovi canoni e dei<br />

valori più alti che ne otterranno». Egli pensò ad «autorità<br />

di servizi <strong>comuni</strong>tari di proprietà, organizzate<br />

come proprietà di <strong>comuni</strong>tà locali su aree estensive,<br />

comprendenti molte <strong>comuni</strong>tà e istituenti rapporti<br />

associativi fra loro così da fornire servizi più ampi su<br />

scala regionale, nazionale ed eventualmente internazionale<br />

e globale» (p. 96).<br />

A differenza di una governance sovrana, l’amministrazione<br />

proprietaria è soggetta alla disciplina del mercato.<br />

Come afferma Heath: «La più piccola negligenza<br />

nei confronti dell’interesse pubblico o una mancanza<br />

nella forma di corruzione od oppressione li penalizzerebbe<br />

con un calo di rendita e valore». Ciò è molto relativo<br />

nel caso delle amministrazioni pubbliche, dove –<br />

come ammette Heath – la proprietà e la gestione sono<br />

separate. «I funzionari politici <strong>pubblici</strong>, diversamente<br />

dai proprietari terrieri, non detengono alcuna proprietà<br />

e quindi non hanno alcun interesse d’affari nei valori<br />

<strong>pubblici</strong>».<br />

Una mancanza o una negligenza sono possibili anche<br />

quando una <strong>comuni</strong>tà di proprietà ha un certo livello di<br />

monopolio, come abbiamo discusso nel sesto capitolo, e<br />

quando tale mancanza colpisce solo poche parti e quindi<br />

ha poco effetto sul canone. Se il proprietario possiede<br />

la terra e i locatari gli edifici, nel breve periodo il proprietario<br />

può aumentare i canoni o ridurre i servizi connessi,<br />

il che diminuirebbe il valore degli edifici facendolo<br />

scendere al di sotto di quello di costruzione dal<br />

momento che nuovi arrivi capitalizzerebbero il costo<br />

aumentato con offerte d’acquisto inferiori. Senza manutenzione,<br />

la <strong>comuni</strong>tà andrebbe in decadimento. Questo<br />

158


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 159<br />

Comunità di proprietà e associazioni di <strong>comuni</strong>tà<br />

deterioramento e questo sfruttamento del sito, come<br />

abbiamo discusso nel sesto capitolo, viene evitato attraverso<br />

un’accresciuta mobilità e taluni limiti costituzionali.<br />

Se il proprietario possiede gli edifici, allora gli investimenti<br />

dei locatari in giacenze e pertinenze non sono<br />

affatto specifici del sito. L’amministrazione democratica<br />

riduce la probabilità di sfruttamento dittatoriale e taluni<br />

contratti di locazione possono riportare specifiche su<br />

standard di servizi <strong>pubblici</strong>, in modo da garantire il<br />

valore di rivendita degli edifici.<br />

Esistono alcune economie di scala nella fornitura di<br />

alcuni beni <strong>pubblici</strong>. L’industria ha bisogno «di diritti<br />

<strong>pubblici</strong> di precedenza per quanto riguarda le <strong>comuni</strong>cazioni<br />

e gli scambi, e altri servizi <strong>comuni</strong> che possono<br />

essere forniti solo da o sotto un’autorità pubblica unita,<br />

che sia politica o di proprietà» (p. 160). Per fare questo,<br />

«è necessario che gli interessi di possesso del sito o delle<br />

parti sostanziali di esso, debitamente organizzate in<br />

una forma corporativa o simile, fondino i loro titoli e<br />

interessi distinti e in cambio ne ricevano i corrispondenti<br />

interessi non distinti nel complesso» (p. 135).<br />

Alcuni proprietari possono resistere, «ma loro e le loro<br />

proprietà non incluse avranno un ruolo naturalmente<br />

di secondo piano in tutte le questioni di beneficio<br />

comune e di promozione. Non protetti in quanto proprietari,<br />

la loro influenza e i loro vantaggi saranno tutti<br />

di secondo piano» (p. 136), essendo molti dei benefici<br />

escludibili.<br />

Heath osserva che i titolari di imprese «non possono<br />

permettersi di tenere il proprio capitale impegnato» in<br />

attività che non siano rilevanti per le loro operazioni<br />

maggiori. Aziende e professionisti raramente possiedono<br />

gli immobili che occupano, il che richiede servizi<br />

amministrativi specializzati (p. 154). Nascono quindi<br />

ditte specializzate che possiedono il terreno e forniscono<br />

i servizi di bene pubblico. Non solo si occupano dell’amministrazione<br />

dei siti e dei vari servizi, ma cercano<br />

anche di «mantenere alta la domanda pubblica» per<br />

quello spazio con molte iniziative, compresa la protezione<br />

dei locatari da furti e da ogni danneggiamento e<br />

159


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 160<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

gli sforzi per farli sentire a loro agio (p. 155). I canoni<br />

generati dai siti dipendono dalla prosperità delle<br />

imprese nei siti stessi. Come esempi di imprese specializzate<br />

che prestano servizi ai siti, Heath considera i<br />

condomini di appartamenti, gli edifici a uso professionale<br />

e i centri commerciali.<br />

MacCallum sulle <strong>comuni</strong>tà di proprietà<br />

Seguendo i concetti di cui suo nonno era stato pioniere,<br />

Spencer Heath MacCallum scrisse la sua tesi sulla<br />

“<strong>comuni</strong>tà di proprietà” nel 1961, nella quale fuse<br />

diverse tematiche tratte dall’antropologia, dall’economia,<br />

dagli studi sui beni immobili. In The Social Nature<br />

of Ownership (1965) egli prende in esame la relazione fra<br />

proprietà e società. Osserva che i due termini inglesi<br />

propriety e property (proprietà in quanto possesso il<br />

primo, e proprietà come sinonimo di correttezza e<br />

decoro il secondo) nel sedicesimo e nel diciassettesimo<br />

secolo erano termini interscambiabili, con il primo che<br />

aveva delle connotazioni di consuetudinarietà. Property<br />

deriva dal latino propius, che significava “di se stesso”,<br />

ma il possesso legale implica il riconoscimento della<br />

giurisdizione da parte degli altri, e quindi con il tempo<br />

ha assunto il carattere di «fenomeno sociale» (p. 53).<br />

La visione della proprietà di MacCallum ha un’implicazione<br />

anche per i beni divisibili. Consistendo di<br />

diritti legali socialmente determinati, tutta la proprietà<br />

privata ha questa qualità pubblica. Quindi, non esiste<br />

un bene (divisibile) che sia puramente privato in senso<br />

economico. Ma le qualità collettive onnipresenti non<br />

implicano il bisogno di una governance sovrana. «Oggi<br />

si potrebbe sostenere – afferma MacCallum – che non<br />

esistono più funzioni politiche svolte a livello municipale<br />

o più in alto nella nostra società che differiscano in<br />

maniera sostanziale da quelle che possiamo vedere<br />

svolte su scala più piccola interamente all’interno del<br />

contesto delle normali relazioni di proprietà». E questo<br />

è il tema centrale dei lavori di Heath e MacCallum.<br />

Più specificamente, «negli Stati Uniti e in Canada<br />

dalla seconda guerra mondiale in poi si è avuto l’impor-<br />

160


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 161<br />

Comunità di proprietà e associazioni di <strong>comuni</strong>tà<br />

tante sviluppo di una forma distintiva di associazione<br />

basata sulla proprietà organizzata e sull’amministrazione<br />

unificata della terra» (p. 57). Esempi di ciò comprendono<br />

«i centri commerciali, i parchi industriali, i centri<br />

professionali e di ricerca, le marine, i parchi per case<br />

mobili, i centri medici e un’infinità di complessi multifunzionali,<br />

come il Prudential Center, il Century City, il<br />

Gateway Center e così via, dei quali il Rockefeller Center<br />

è stato il prototipo» (pp. 57-58). Essi si sono poi evoluti<br />

fino a includere usi del terreno complementari, come si<br />

vede nei centri commerciali con molte attività diverse<br />

(banche, teatri, ecc.) dalla vendita al dettaglio. Questi<br />

raggruppamenti di attività su scala minore hanno «tutti<br />

i requisiti funzionali delle municipalità» (p. 58).<br />

MacCallum osserva che la proprietà è «un istituto<br />

molto più versatile di quanto si possa comunemente<br />

immaginare» (p. 58). Nel settore pubblico, la società<br />

contemporanea «soffre di schizofrenia», perché «la stessa<br />

agenzia che fornisce i servizi <strong>pubblici</strong> desiderati crea<br />

anche disservizi <strong>pubblici</strong>» e «cannibalizza la società».<br />

L’amministrazione diventa ambigua, mostrandosi<br />

benevola nell’offrire servizi ma costituendo allo stesso<br />

tempo una minaccia per la società. «L’incertezza<br />

moderna è che abbiamo un sempre crescente bisogno di<br />

servizi <strong>comuni</strong>tari e non conosciamo altro modo per<br />

ottenerli se non attraverso la tecnica della sovranità, che<br />

a sua volta esiste tramite [...] l’abrogazione della proprietà»<br />

(p. 58).<br />

La letteratura sui beni <strong>pubblici</strong> analizzata nei capitoli<br />

1 e 2 parte dalla visione predominante secondo la<br />

quale solo le agenzie statali possono superare il problema<br />

del free riding inerente ai beni collettivi, mentre quella<br />

di public choice sui canoni o sulla ricerca di trasferimenti<br />

parte dal presupposto del fallimento dello Stato.<br />

MacCallum offre una via d’uscita a questo oscuro bivio<br />

della scienza, e questa via è la governance della proprietà.<br />

Nel suo libro The Art of Community (1970), basato<br />

sulla tesi, MacCallum esamina la <strong>comuni</strong>tà di proprietà<br />

come veicolo di risoluzione del doppio dilemma dei<br />

beni <strong>pubblici</strong>, il free riding e la ricerca di trasferimenti<br />

161


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 162<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

<strong>pubblici</strong>, combinando la governance con il mercato. Egli<br />

osserva che «nell’ultima metà del secolo all’interno<br />

della società occidentale è andata sviluppandosi un’arte<br />

empirica della <strong>comuni</strong>tà [...] nel campo dei beni<br />

immobili, al di fuori della cognizione delle scienze<br />

sociali» (p. 1). Anche Heath (1957, pp. 93-94) aveva sottolineato<br />

che infiniti esempi di questo tipo erano stati<br />

«trascurati troppo a lungo nelle ricerche degli studiosi».<br />

La <strong>comuni</strong>tà di proprietà risponde all’affermazione di<br />

Wicksell, secondo cui il governo può essere un partecipante<br />

a somma positiva nel processo economico se aderisce<br />

alle regole di mercato della proprietà e del contratto<br />

(Wagner, 1988a, p. 161). La “proprietà” per come<br />

la intende MacCallum è singola all’interno della <strong>comuni</strong>tà<br />

(1970, p. 55) e opposta ai titoli frazionati che caratterizzano<br />

la governance sovrana e le associazioni civiche.<br />

Un proprietario esclusivo ha una relazione contrattuale<br />

con i suoi locatari o clienti.<br />

Come prime <strong>comuni</strong>tà MacCallum esamina gli<br />

alberghi. Come in precedenza aveva osservato Heath<br />

(1957), egli rileva che esiste un’omologia fra gli hotel e<br />

le città: «L’hotel ha le sue aree pubbliche e private, i corridoi<br />

sono come strade e la hall è la piazza cittadina.<br />

Qui c’è il parco municipale con le sue sculture, fontane<br />

e piante. [...] Il sistema di trasporto opera verticalmente<br />

invece che orizzontalmente» (1970, p. 2). A questo possiamo<br />

aggiungere che spesso i grandi hotel operano<br />

anche orizzontalmente fornendo trasporto pubblico<br />

tramite furgoni e navette verso gli aeroporti, i parcheggi<br />

e le mete del centro città. Come le città, gli alberghi<br />

forniscono servizi quali elettricità, acqua e scolo delle<br />

acque reflue. L’amministrazione provvede alla sicurezza<br />

e alla protezione antincendio. Alcuni offrono anche<br />

cappelle, concerti, servizi di custodia dei bambini e<br />

«sistemi di credito <strong>comuni</strong>tari» (p. 2).<br />

L’organizzazione economica o contrattuale è stata<br />

l’oggetto di studio di alcuni studiosi. Charles Noyes<br />

(1936, p. 422) definisce tre tipi di organizzazione: domestica<br />

(famiglia), politica ed economica. Henry Sumner<br />

Maine (1986 [1861], p. 141) scrisse che «il movimento<br />

162


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 163<br />

Comunità di proprietà e associazioni di <strong>comuni</strong>tà<br />

delle società progressive finora è stato un movimento<br />

dallo status al contratto» (anche se Maine non fa riferimenti<br />

specifici a delle <strong>comuni</strong>tà). Eppure, nella letteratura<br />

economica predominante non è stato trattato il tipo<br />

di organizzazione sociale contrattuale in merito ai beni<br />

<strong>pubblici</strong>, come abbiamo visto nel secondo capitolo, e<br />

nemmeno in merito alle amministrazioni locali, di cui<br />

abbiamo parlato nel sesto capitolo. MacCallum (1970,<br />

p. 3) definisce una <strong>comuni</strong>tà come «un’occupazione da<br />

parte di due o più persone di un luogo diviso in aree<br />

pubbliche e private a seconda di un sistema di relazioni<br />

che definisce e alloca la responsabilità dello svolgimento<br />

di tutte le attività che possono essere richieste<br />

per la sua continuità». Quindi, gli elementi fondamentali<br />

sono persone, spazi, beni e regole. Al di là degli<br />

hotel, altri esempi di <strong>comuni</strong>tà forniti da MacCallum<br />

sono gli edifici adibiti a uffici, i teatri durante una rappresentazione,<br />

i condomini di appartamenti, i campeggi,<br />

i ristoranti e le residenze private con più di un abitante.<br />

Anche «aeroplani, navi e treni in transito rispondono<br />

ai requisiti della definizione» (p. 4).<br />

Il principio in base al quale è organizzato un hotel è<br />

il contratto. MacCallum (1970, p. 5) afferma che «la<br />

modalità della relazione di ognuno nei confronti degli<br />

altri è specificata in termini di contratti individuali, la<br />

somma dei quali costituisce la carta sociale o costituzione<br />

della <strong>comuni</strong>tà». Questo è vero se con il termine<br />

«costituzione» ci si riferisce alla composizione dell’organizzazione.<br />

Dal punto di vista dell’amministrazione<br />

o dell’economia costituzionale, comunque, una costituzione<br />

rappresenta «una scelta di limitazioni» piuttosto<br />

che una «scelta fra limitazioni» (Buchanan, 1989<br />

[1987a], p. 58). La costituzione di un hotel sarebbero gli<br />

articoli dell’atto costitutivo societario, mentre gli accordi<br />

con personale e ospiti costituirebbero la sua legislazione.<br />

In effetti, il diritto commerciale che si sviluppò<br />

nell’Europa medievale era una legislazione contrattuale<br />

che si riferiva non alle leggi sui contratti, ma a quelle<br />

leggi che le parti contrattuali creavano tramite i loro<br />

accordi (Benson, 1990, p. 32).<br />

163


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 164<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

Quindi un hotel è una <strong>comuni</strong>tà di proprietà. Gran<br />

parte della sua natura contrattuale, come i rapporti fra<br />

gli ospiti, è tacita. «Un contratto non è altro che un<br />

accordo, un incontro di menti, e a tale scopo è sufficiente<br />

che gran parte di esso sia non scritto» (MacCallum,<br />

1970, p. 5). Con i suoi servizi, l’albergo moderno è<br />

un’invenzione americana (p. 9). La parola “hotel” deriva<br />

dal francese e significa grande casa o municipio, e<br />

uno dei suoi primi utilizzi negli Stati Uniti fu nel caso<br />

del City Hotel di New York costruito nel 1794: la prima<br />

locanda a essere finanziata da una società per azioni. La<br />

Tremont House di Boston, completata nel 1829, fu la<br />

prima a fornire «servizi d’hotel» (p. 10) e divenne un<br />

modello copiato in molte città americane. Sulla frontiera,<br />

la hall degli alberghi spesso era l’unico luogo d’intrattenimento<br />

e divenne il centro della vita <strong>comuni</strong>taria.<br />

Dopo la seconda guerra mondiale l’industria alberghiera<br />

è stata caratterizzata da catene e franchising, con lo<br />

sviluppo di un management professionale. Ora la tendenza<br />

è quella di mescolare gli alloggi tipici degli alberghi<br />

con spazi per uffici e strutture per lo shopping,<br />

«puntando a un utilizzo del terreno più bilanciato e<br />

complementare» (p. 14).<br />

MacCallum sottolinea che le <strong>comuni</strong>tà di proprietà<br />

sono organizzazioni volte a obiettivi specifici, benché<br />

abbiano sviluppato una «tendenza generalizzante» ad<br />

allontanarsi dal proprio carattere originario, come nel<br />

caso dei centri commerciali, che ad esempio includono<br />

edifici a uso ufficio (1970, p. 7). I centri commerciali<br />

costituiscono uno sviluppo recente e il loro numero in<br />

America è passato da poco più di 100 prima del 1950<br />

alle molte migliaia di oggi. Gli operatori immobiliari<br />

che se ne occupavano capirono che, visto che la valorizzazione<br />

del terreno aumenta il valore anche dei luoghi<br />

vicini, potevano appropriarsi di questo incremento<br />

di valore comprando più terra di quanta era strettamente<br />

necessaria per la realizzazione del loro centro.<br />

Così iniziarono a essere coinvolti nello sviluppo immobiliare<br />

delle aree circostanti (Galantay, 1975, p. 72).<br />

All’inizio del 1900, alcuni operatori immobiliari<br />

164


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 165<br />

Comunità di proprietà e associazioni di <strong>comuni</strong>tà<br />

capirono che il valore di un’edificazione poteva aumentare<br />

se gli utilizzi del terreno venivano raggruppati<br />

secondo un certo progetto «invece che disposti casualmente<br />

in fila» (MacCallum, 1970, p. 15). Si dice che fu di<br />

Edward Bouton di Baltimora il merito di aver creato il<br />

primo centro commerciale nel 1907. L’automobile rese<br />

poi più semplice avere una <strong>comuni</strong>tà di negozi lontani<br />

dalla strada e con parcheggi integrati. In un’analisi<br />

delle decisioni aziendali di locazione, Marc Dudey<br />

(1990) ha riscontrato che le ditte possono scegliere di<br />

raggrupparsi insieme per facilitare una conveniente<br />

comparazione di prezzi. Dopo la seconda guerra mondiale,<br />

i centri commerciali regionali cominciarono a<br />

sostituire le strutture del centro città, offrendo negozi<br />

più grandi e un’attenta selezione dei locatari, che comprendeva<br />

negozi in concorrenza fra loro per fornire al<br />

cliente la possibilità di shopping comparativo (MacCallum,<br />

1970, p. 16). «La concorrenza pianificata» non è<br />

più un ossimoro. Un altro stadio evolutivo fu la creazione<br />

di un management orientato al servizio, seguendo<br />

l’esempio del «servizio alberghiero», vale a dire un<br />

management al servizio tanto dei locatari come dei<br />

clienti. Allo stesso tempo, le associazioni di commercianti<br />

si sono evolute in un rapporto simbiotico con il<br />

management del centro, dal momento che la proprietà<br />

del centro ha voce nella loro coordinazione e promozione<br />

(p. 17). Il management del centro commerciale costituisce<br />

una governance di <strong>comuni</strong>tà, coordinando molti<br />

interessi (p. 19).<br />

Le aree e i parchi industriali iniziarono a comparire<br />

alla fine del diciannovesimo secolo e hanno una storia di<br />

crescita simile a quella dei centri commerciali. Un parco<br />

industriale consiste in una lottizzazione utilizzata da<br />

una <strong>comuni</strong>tà di industrie, mentre un’area industriale –<br />

secondo il sistema preferito in Gran Bretagna – è un tratto<br />

di terreno dato in affitto alle industrie seguendo un<br />

piano generale. Molti costruttori iniziarono con l’intenzione<br />

di vendere i siti ma poi finirono per affittarli, assecondando<br />

in tal modo le preferenze degli occupanti.<br />

Anche se i parchi industriali di solito includono accordi<br />

165


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 166<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

restrittivi, spesso questi accordi si sono dimostrati rigidi<br />

e difficili da far rispettare. Con il sistema di affitto<br />

immobiliare, il proprietario mantiene l’interesse nel<br />

valore futuro della terra e ha sia l’incentivo e il potere<br />

per far rispettare gli accordi, sia la capacità di modificare<br />

qualsiasi patto si dimostri gravoso man mano che i<br />

bisogni delle imprese cambiano (MacCallum, 1970, pp.<br />

23-24). L’economista Richard Ratcliff ha osservato che,<br />

una volta che i lotti vengono venduti a proprietà individuali,<br />

diventa impossibile riprogettare o lottizzare nuovamente<br />

l’area (p. 24). Questa difficoltà, afferma a sua<br />

volta MacCallum, non è ancora diventata un grande<br />

problema perché i parchi industriali sono relativamente<br />

recenti; gli operatori immobiliari non hanno ancora attirato<br />

attenzione sulla questione perché ciò andrebbe a<br />

colpire i loro interessi, vale a dire la vendita.<br />

Benché MacCallum ritenga un problema l’utilizzo<br />

rigido della terra, se tale problema non viene riconosciuto<br />

dai compratori dei lotti di un parco industriale o<br />

di una associazione residenziale, potrebbe essere perché<br />

risiede talmente lontano nel tempo da essere effettivamente<br />

sottovalutato. Le valorizzazioni immobiliari di<br />

solito sono a lungo termine e la rivalorizzazione non è<br />

ancora una questione significativa per le associazioni di<br />

<strong>comuni</strong>tà residenziali di recente sviluppo. Come nel<br />

caso dei centri commerciali, il proprietario o l’associazione<br />

di un parco industriale o di immobili offrono servizi<br />

come la manutenzione dei terreni e degli edifici, il<br />

finanziamento, la <strong>pubblici</strong>tà, l’immagazzinamento, il<br />

trasporto, le banche, i servizi medici e associativi, la<br />

polizia e la protezione antincendio. I servizi di un<br />

costruttore comprendono anche la progettazione di usi<br />

complementari del terreno come immagazzinamento,<br />

servizi informatici, alberghi, ristoranti, banche e attività<br />

ricreazionali. Esiste pure un potenziale per l’espansione<br />

dei servizi in settori quali lo smaltimento dei rifiuti.<br />

Il parco per case mobili rappresenta un altro tipo di<br />

<strong>comuni</strong>tà di proprietà, «il primo uso sostanziale di affitto<br />

del terreno per case unifamiliari» (MacCallum, 1970,<br />

p. 28) e quindi il primo utilizzo di successo delle case<br />

166


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 167<br />

Comunità di proprietà e associazioni di <strong>comuni</strong>tà<br />

industriali. Le case mobili sono più grandi delle roulotte<br />

e richiedono attrezzature speciali per muoversi. I<br />

campeggi per roulotte sono stati un’evoluzione di quelli<br />

per automobili. Il parco per case mobili a sua volta si<br />

è evoluto dopo la seconda guerra mondiale, fornendo<br />

servizi residenziali piuttosto che ricreativi. Oggi il settore<br />

risulta limitato da una carenza di siti adatti dovuta<br />

alle ordinanze della zonizzazione. La zonizzazione protegge<br />

le attività esistenti dalla concorrenza, causando<br />

un generale danno al settore, e riduce la mobilità delle<br />

case. I parchi per case mobili offrono servizi quali l’allestimento<br />

dei terreni, il parcheggio e i servizi di pubblica<br />

utilità (comprese antenne per la ricezione televisiva),<br />

lavanderie e sale riunioni e di svago <strong>comuni</strong>tarie.<br />

Secondo MacCallum, un importante fattore che determina<br />

la qualità della vita in queste <strong>comuni</strong>tà è la loro<br />

gestione, compresi gli sforzi per favorire e mantenere<br />

uno spirito di <strong>comuni</strong>tà, con buone relazioni fra i residenti<br />

(p. 30). Anche i parchi per case mobili presentano<br />

un contrasto fra il modello delle associazioni di proprietari<br />

terrieri e quello degli affittuari sotto un unico<br />

proprietario. Alcune <strong>comuni</strong>tà più datate, vendute a<br />

lotti, «con lo schema fondiario congelato dalla frammentazione<br />

del titolo di proprietà», sono oggi diventate<br />

obsolete per l’aumento delle dimensioni delle case<br />

(p. 31). «È lo stesso problema in miniatura di tutte le<br />

città, che sono semplici lottizzazioni di agglomerati più<br />

grandi.» Sotto una proprietà unificata, può essere «designata<br />

sistematicamente una soluzione» (p. 32) per l’obsolescenza.<br />

Un altro tipo ancora di <strong>comuni</strong>tà di proprietà è il<br />

“complesso immobiliare”, come il Rockefeller Center di<br />

New York City, che mescola molti diversi usi del terreno.<br />

Altre tipologie sono le cliniche mediche, i campeggi<br />

e le marine. MacCallum prevede anche la crescita di<br />

nuove città costruite su un programma d’affitto, che<br />

combinino aree residenziali e commerciali. È vero che si<br />

sono già sviluppate molte nuove città private, ma sono<br />

state divise in lotti venduti a singoli proprietari.<br />

Come osserva sempre MacCallum (1970, p. 35), tutte<br />

167


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 168<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

queste forme di <strong>comuni</strong>tà privata sono attività nelle<br />

quali la terra viene valorizzata in cambio di una compensazione<br />

sotto forma di canone. Le valorizzazioni<br />

sono beni capitali, ma i ritorni prendono la forma di<br />

somme pagate dagli utenti di particolari siti o beni,<br />

indotte dal valore dei servizi – i beni collettivi 1 – offerti<br />

dai siti. Le somme vengono pagate per il diritti d’occupazione,<br />

il “tacito possesso” di uno spazio servito da<br />

tali beni. I beni <strong>pubblici</strong> sono finanziati in quanto tie-in<br />

(intimamente collegati) allo spazio usato dall’utente.<br />

Nel caso degli alberghi, il valore della terra sotto gli edifici<br />

non viene necessariamente accresciuto dall’esistenza<br />

dell’hotel ma, in modo analogo, le stanze diventano<br />

luoghi il cui valore dipende dall’ambiente costruito.<br />

Con le parole di MacCallum, «gli edifici a più piani<br />

non sono altro che un aumento di superficie impilata<br />

verticalmente in un unico posto. I piani vengono riparati<br />

e protetti l’uno dall’altro e di conseguenza l’“interno”<br />

non cambia la sua natura, perché l’uso della terra deve<br />

essere pianificato sia che essa sia distesa sia che sia impilata<br />

– sia che giaccia su un piano, sia che giaccia in piani<br />

successivi» (p. 35). In realtà, il volume della terra in sé<br />

non ne è aumentato; lo spazio tridimensionale viene<br />

reso utile, proprio come il disboscamento o lo spianamento<br />

di un terreno rendono utilizzabile la sua superficie.<br />

L’aumento della rendita deriva dall’accresciuta utilità<br />

dello spazio verticale, proprio come rendere più utile<br />

una superficie piana aumenta la sua rendita.<br />

La tendenza verso progetti di più ampie dimensioni<br />

e con usi più diversificati del terreno al loro interno<br />

richiede sia una pianificazione pervasiva che maggiore<br />

controllo e una più ampia coordinazione nell’esecuzione.<br />

MacCallum (1970, p. 39) rileva anche la crescente<br />

tendenza alla ritenzione di proprietà fondiaria da parte<br />

1. Come abbiamo già osservato, questi beni collettivi sono caratteristiche<br />

pubbliche di beni e servizi fisici, che hanno anche talune qualità private nel loro<br />

utilizzo diretto. Il finanziamento dei beni fisici generalmente non avviene sotto<br />

forma di tariffe d’utilizzo dirette, ma come affitti pagati per la propria presenza<br />

nell’ambiente in cui i beni sono presenti; quindi la qualità pubblica è significativa<br />

per il loro finanziamento. Un esempio di ciò è l’ascensore di un albergo.<br />

168


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 169<br />

Comunità di proprietà e associazioni di <strong>comuni</strong>tà<br />

di una agenzia per avere nell’area un’amministrazione<br />

continuativa. Questo potrebbe rallentare il processo<br />

globale di lottizzazione e, in casi particolari, addirittura<br />

rovesciarlo, dal momento che i siti vengono raggruppati<br />

per avere una gestione efficace. L’industria immobiliare,<br />

quindi, sta passando dalla vendita dei siti al mantenimento<br />

della loro proprietà e gestione a lungo termine.<br />

Gli operatori immobiliari hanno capito che l’ambiente<br />

che circonda un sito è un fattore chiave per la<br />

determinazione del suo valore terriero. Inoltre, si sono<br />

resi conto che un quartiere può andare incontro al<br />

degrado una volta che tutti i suoi siti sono stati venduti<br />

a meno che non ci siano provvedimenti per un coordinamento<br />

continuativo degli usi del terreno (p. 42). La<br />

prevista futura condizione di un quartiere viene riflessa<br />

dal suo attuale valore terriero.<br />

Il movimento delle «nuove città» è parte di una tendenza<br />

verso progetti ampi, diversificati e con una governance<br />

privata. I costruttori di immobili residenziali cercavano<br />

un prodotto per quei clienti che oltre all’alloggio<br />

desideravano bellezze naturali, e quindi hanno creato<br />

«nuove città» (Galantay, 1975, p. 72). Fra le città create<br />

interamente con fondi privati ci sono Lake Havasu City,<br />

in Arizona, e Irvine Ranch, in California (Christensen,<br />

1978, p. 281). Anche molte città non riconosciute giuridicamente<br />

e governate da associazioni di residenti,<br />

come Reston, in Virginia (descritta nel dodicesimo capitolo),<br />

sono state costruite con finanziamenti privati.<br />

Secondo MacCallum né la zonizzazione né le convenzioni<br />

sono sufficientemente flessibili per il coordinamento<br />

degli usi del terreno. John Mowbray, già presidente<br />

dell’Urban Land Institute, ha definito la zonizzazione<br />

“ingombrante” poiché è fonte di molti disagi.<br />

Infatti, è difficile da cambiare per un proprietario terriero,<br />

il quale però è soggetto al cambiamento in qualunque<br />

momento la città ritenga opportuno (MacCallum,<br />

1970, p. 43). Patti privati sono stati ampiamente usati<br />

con un certo successo ma, se non c’è alcuna organizzazione<br />

che li faccia applicare, i singoli proprietari di case<br />

spesso esitano a richiamare l’attenzione sulle infrazioni<br />

169


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 170<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

dei loro vicini. Le associazioni residenziali offrono una<br />

forma di gestione e le proprietà in locazione con un<br />

unico proprietario un’altra. Queste ultime si sono sviluppate<br />

in modo lento negli Stati Uniti a causa del ruolo<br />

storico dei signori terrieri, poco più che collettori di<br />

canoni. Un’altra ragione fornita da MacCallum è il prestigio<br />

legato alla proprietà terriera, che egli ritiene sia<br />

dovuto in gran parte a interventi governativi. Tuttavia la<br />

tendenza è iniziata a cambiare per quanto riguarda gli<br />

immobili commerciali e i parchi per le case mobili sono<br />

un esempio significativo nell’ambito residenziale (p. 44).<br />

MacCallum (1970, p. 46) afferma che, fino a quando<br />

i grandi piani urbanistici saranno lottizzati e venduti,<br />

verranno progettati «per il presente e in modo inadeguato<br />

per il futuro. L’obsolescenza inizia con la loro<br />

suddivisione in parti». Anche se in molti dei grandi<br />

progetti recenti alcune zone, come le aree commerciali,<br />

vengono mantenute sotto un’unica proprietà, solo in<br />

pochi casi abbiamo intere <strong>comuni</strong>tà che siano rimaste<br />

sotto un singolo proprietario per una gestione continuativa<br />

su base di locazione. Ma il settore immobiliare<br />

si sta sviluppando in un’industria il cui prodotto è la<br />

creazione e il mantenimento dell’«ambiente umano» (p.<br />

48). «L’obiettivo è ottimizzare l’ambiente globale di<br />

ogni sito all’interno di un sistema di siti per massimizzare<br />

i canoni combinati che essi richiederanno» (p. 50).<br />

Il canone, quindi, fornisce una «misura quantitativa<br />

del successo del funzionamento della <strong>comuni</strong>tà [...] . La<br />

patologia viene segnalata da una linea di reddito calante»<br />

(MacCallum, 1970, p. 50). Questa patologia sociale può<br />

presentarsi come risultato della mancanza di organizzazione<br />

<strong>comuni</strong>taria quando i titoli di proprietà terriera<br />

sono “frazionati”. In una normale città sotto un’amministrazione<br />

sovrana, i titoli sono “sparsi” ed esiste un<br />

potenziale per conflitti d’interesse (p. 55). La presenza<br />

di molte proposte influisce sui valori terrieri in modo<br />

ineguale. Interessi divisi e mancanza di una leadership<br />

non identificata con interessi particolari caratterizzano<br />

i più vecchi distretti affaristici del centro città, «in contrasto<br />

con i negozi dei centri commerciali» (p. 57), carat-<br />

170


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 171<br />

Comunità di proprietà e associazioni di <strong>comuni</strong>tà<br />

terizzati da un singolo proprietario. La proprietà esclusiva,<br />

assieme al possesso residuale primario (discusso<br />

nel quinto capitolo), può fornire un’organizzazione efficace<br />

e mettere in pratica il «ruolo funzionale degli<br />

immobili» (p. 55). Un commerciante in un centro commerciale<br />

compra non solo un sito e i beni <strong>pubblici</strong> a esso<br />

associati, ma anche una leadership, vale a dire, un’amministrazione<br />

efficace. Un imprenditore che crea una<br />

<strong>comuni</strong>tà deve occuparsi della pianificazione territoriale,<br />

della selezione dei locatari o membri del club e della<br />

leadership (p. 63).<br />

La teoria della governance, discussa nel quarto capitolo,<br />

può essere applicata in questo contesto, dal momento<br />

che gli investimenti specifici e le relazioni continuative<br />

con i locatari, i membri e i clienti, indurrebbero a contratti<br />

complessi e a una risoluzione flessibile dei conflitti.<br />

La natura a lungo termine delle valorizzazioni immobiliari<br />

e la loro locazione fissa richiedono una governance.<br />

Locatari opportunisti possono rovinare l’investimento<br />

del proprietario, ma al contempo desiderano essere<br />

protetti dall’opportunismo del proprietario. Benché<br />

possa esserci concorrenza fra le <strong>comuni</strong>tà, una volta che<br />

un locatario ne sceglie una, i suoi investimenti diventano<br />

specifici e se ne vede il risultato nei contratti e nelle<br />

leggi, che sono particolarmente complessi per quanto<br />

riguarda i rapporti su base immobiliare.<br />

L’amministrazione proprietaria soddisfa i bisogni<br />

della vita <strong>comuni</strong>taria e quindi fornisce un’«alternativa<br />

alle istituzioni sostenute dalle tasse» (p. 63). Ciò si<br />

dimostra più efficace, dice MacCallum, sotto un unico<br />

proprietario terriero (che sia una persona o una società)<br />

piuttosto che sotto la proprietà frazionata di un’associazione<br />

civica di proprietari. Negli Usa la popolarità<br />

delle lottizzazioni, egli afferma, è dovuta a interventi<br />

fiscali, come i sussidi della Federal Housing Association,<br />

e alle leggi sulla tassazione (p. 83). Comunque,<br />

forse MacCallum trascura i valori economici e culturali<br />

del vivere in una <strong>comuni</strong>tà gestita democraticamente,<br />

cioè da una associazione residenziale. Una gestione<br />

democratica può favorire il senso di <strong>comuni</strong>tà e indur-<br />

171


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 172<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

re a sforzi volontari, come vedremo nei case study dei<br />

capitoli dal 10 al 12. A ogni modo, in un mondo di<br />

<strong>comuni</strong>tà private ci sarebbe concorrenza fra entrambe<br />

le tipologie di gestione e i relativi meriti di ognuna<br />

sarebbero dimostrati dal processo di mercato.<br />

Come afferma Samuelson (1954, 1955), e come<br />

riecheggia in molta della letteratura sui beni <strong>pubblici</strong><br />

(discussa nel secondo capitolo), la fornitura di numerosi<br />

beni <strong>pubblici</strong> richiede una gestione, il che non significa<br />

che tale bisogno precluda un sistema di prezzi<br />

decentralizzato o un processo di mercato se, come<br />

sostiene MacCallum, la governance di proprietà può fornire<br />

i beni alla pari o meglio della governance sovrana.<br />

MacCallum (1970) rileva una tendenza a livello locale<br />

verso la «reintegrazione sociale nello schema della proprietà,<br />

una tendenza che non è derivata da una progettazione<br />

consapevole» (p. 95). Qui fa eco a Hayek (1967),<br />

che scrive di istituti in evoluzione, con una terminologia<br />

originariamente utilizzata da Adam Ferguson, come<br />

«i risultati dell’azione umana ma non della progettazione<br />

umana». Anche se ogni specifica <strong>comuni</strong>tà di proprietà<br />

locale è individualmente progettata e pianificata,<br />

il legame fra <strong>comuni</strong>tà di proprietà si va evolvendo<br />

nonostante «crisi ricorrenti nelle questioni civiche»<br />

(MacCallum, 1970, p. 95).<br />

Come osserva MacCallum, le rivoluzioni del diciottesimo<br />

secolo purificarono la proprietà terriera dalla<br />

sovranità, separando la nobiltà fondiaria dal governo.<br />

Allora la terra poté essere trasferita come gli altri tipi di<br />

proprietà. Quindi, la funzione dei proprietari fondiari<br />

all’inizio fu distributiva, con le valorizzazioni civiche<br />

finanziate dai governi tramite tassazione e non dai proprietari<br />

terrieri. Ma nel ventesimo secolo, proprietari e<br />

costruttori «iniziarono ad assumersi la responsabilità di<br />

alcune valorizzazioni pubbliche dei terreni. [...] Una<br />

simile urbanizzazione è diventata sempre più necessaria<br />

in quanto la sovranità non è riuscita a rispondere<br />

alla domanda» sia di tali edificazioni sia di un’amministrazione<br />

localizzata. In effetti, molte città hanno ceduto<br />

ai costruttori la responsabilità dell’urbanizzazione e<br />

172


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 173<br />

Comunità di proprietà e associazioni di <strong>comuni</strong>tà<br />

del sovvenzionamento dei beni civici locali (p. 101). La<br />

tendenza a una sempre maggiore responsabilità da<br />

parte della proprietà è una funzione dei costruttori che<br />

mantengono intatti i loro interessi nelle proprietà dopo<br />

la loro realizzazione; vale a dire, realizzare proprietà di<br />

reddito invece che lottizzare il terreno.<br />

Alcune urbanizzazioni continuano a crescere dopo<br />

la loro realizzazione. Per esempio, il Rockefeller Center<br />

si è espanso acquistando o controllando taluni siti adiacenti.<br />

Negli anni Trenta l’architetto Arthur Golden ipotizzò<br />

che i proprietari terrieri potessero formare una<br />

corporazione di proprietari e gestori, mettendo insieme<br />

i loro titoli in cambio di quote nella corporazione con<br />

un valore totale più alto. Quindi, la corporazione avrebbe<br />

potuto riprogettare l’area e ogni proprietario avrebbe<br />

ottenuto un investimento più liquido (MacCallum,<br />

1970, p. 102). MacCallum prevede, come Heath, che,<br />

quando le varie isole di amministrazione proprietaria<br />

proficua cresceranno in numero e dimensioni, tenderanno<br />

a confederare i loro interessi per ottenere vantaggi<br />

regionali, dei beni collettivi su un’area più ampia (p.<br />

103). Un’”arte delle <strong>comuni</strong>tà” di proprietà potrebbe<br />

sostituire molta della governance sovrana.<br />

Associazioni residenziali<br />

Le <strong>comuni</strong>tà contrattuali possono essere divise in tre<br />

tipologie, residenziali, industriali e di vendita, oppure<br />

possono essere una combinazione di queste. I centri<br />

commerciali o le aree ricreative vendono servizi a consumatori<br />

non residenti, e quindi sono <strong>comuni</strong>tà di vendita,<br />

diversamente dai parchi industriali che producono<br />

beni intermedi. A parte gli edifici di appartamenti, le<br />

<strong>comuni</strong>tà residenziali contrattuali tendono a essere<br />

associazioni di proprietari.<br />

Un’”associazione di <strong>comuni</strong>tà residenziale” (RCA) è<br />

un club che fornisce beni collettivi per i suoi appartenenti<br />

residenti in un dato quartiere geografico. In quanto<br />

club territoriali, essi sono governati dalla legislazione<br />

contrattuale immobiliare e da regole private interne,<br />

come le CC&R (Conditions, Covenants and Restrictions,<br />

173


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 174<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

Condizioni, Convenzioni e Restrizioni). In molte città, le<br />

RCA esistono in forma di “associazioni di quartiere” e<br />

cooperative così come in forma di complessi abitativi, e<br />

forniscono servizi <strong>pubblici</strong> locali, come la sicurezza, la<br />

pulizia e la valorizzazione della proprietà <strong>comuni</strong>taria.<br />

Dal punto di vista legale le tipologie sono tre. Nel caso<br />

della cooperativa, invece che la proprietà di una particolare<br />

unità il membro possiede alcune quote di una società<br />

proprietaria dell’immobile. Nel caso del condominio,<br />

un associato ha titolo di proprietà su una data misura,<br />

ovvero la proprietà frazionale dello spazio e delle varie<br />

strutture d’interesse comune, che condivide con gli altri<br />

proprietari. Anche se l’associazione condominiale gestisce<br />

la proprietà in comune dei singoli, non ha di per sé<br />

tale proprietà. Nel terzo tipo, chiamato “associazione di<br />

proprietari di case”, un membro possiede solo un’unità,<br />

come un lotto, che è legata all’appartenenza associativa.<br />

L’associazione possiede gli elementi <strong>comuni</strong>. La Reston<br />

Association che esamineremo nel dodicesimo capitolo<br />

ne è un esempio. In pratica, i condomini e le associazioni<br />

di proprietari operano in modo simile, tranne per<br />

quanto riguarda i contributi e le quote di voto, che nel<br />

caso del condominio sono di solito proporzionali alla<br />

quota di proprietà comune, mentre nelle associazioni di<br />

proprietari possono prendere qualsiasi forma, come per<br />

esempio essere divisi in parti uguali o basarsi sul valore<br />

della proprietà.<br />

Barton e Silverman (1989) rilevano il fatto che le<br />

RCA hanno portato nel contesto privato delle amministrazioni<br />

private talune politiche che condividono<br />

molte caratteristiche dell’amministrazione pubblica.<br />

Politiche in merito al coordinamento di interessi <strong>comuni</strong><br />

sono intrinseche al fatto di associarsi, ed è esattamente<br />

ciò che avviene quando si entra a far parte di una<br />

RCA. Un esempio sono le decisioni sulla partecipazione<br />

dei locatari alla gestione. Altri gruppi d’interesse<br />

divergenti comprendono le famiglie con o senza figli, i<br />

proprietari non residenti e i residenti fissi, le dispute<br />

sulle regole di parcheggio. Alcune associazioni hanno<br />

difficoltà a raccogliere contributi speciali per valorizza-<br />

174


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 175<br />

Comunità di proprietà e associazioni di <strong>comuni</strong>tà<br />

zioni o riparazioni (Oakerson, 1989).<br />

Nel suo modello dei consumatori che scelgono una<br />

<strong>comuni</strong>tà, Tiebout presume un certo livello di conoscenza<br />

dei beni <strong>pubblici</strong> <strong>comuni</strong>tari, eppure se tralasciamo<br />

i beni fisici, riscontriamo che alcuni acquirenti<br />

di unità RCA non capiscono del tutto l’associazione in<br />

cui stanno entrando e quindi sono soggetti all’illusione<br />

dei beni <strong>pubblici</strong> di cui abbiamo parlato nel terzo capitolo.<br />

Barton e Silverman (1989, p. 35) ne deducono che,<br />

a causa dell’informazione scarsa e delle spese di trasferimento,<br />

per molti compratori una RCA è involontaria<br />

tanto quanto il governo di una piccola città. Ad esempio,<br />

un problema tipico delle RCA è il caso in cui un<br />

membro apporti una miglioria che in seguito viene<br />

respinta dall’associazione (per alcuni esempi, Twomey,<br />

1993). Ma fenomeni di questo tipo non implicano involontarietà:<br />

anche l’acquisto di un’automobile è soggetto<br />

a scarsa informazione e a una spesa d’uscita (rivendita),<br />

eppure la scelta resta volontaria. Sono la natura contrattuale<br />

dell’acquisto e i tie-in informativi della proprietà<br />

che rendono tali acquisti volontari, non la locazione<br />

in sé o le persone.<br />

Barton e Silverman chiedono un ruolo maggiore del<br />

governo locale nelle questioni delle RCA e una riduzione<br />

della sfera d’azione delle associazioni, ma ciò le rende<br />

soggette a politiche più remote, i cui interessi potrebbero<br />

non essere congruenti con quelli di molti proprietari<br />

RCA e con una governance che non è volontaria per tutti.<br />

I governi possono svolgere un ruolo costruttivo, comunque,<br />

nel colmare taluni vuoti qualora le regole delle<br />

associazioni siano poco chiare, così che le dispute, per<br />

esempio sulle migliorie, possano essere risolte più facilmente.<br />

Come vedremo, una maggiore autonomia permette<br />

alle RCA di diversificarsi di più sapendo al tempo<br />

essere più omogenee al loro interno, potendo egualmente<br />

accrescere la propria importanza globale, creando una<br />

maggiore consapevolezza delle loro varie caratteristiche<br />

nei potenziali acquirenti. Inoltre, una migliore informazione<br />

a opera delle RCA in cooperazione con gli agenti<br />

immobiliari rientrerebbe nel reciproco interesse di<br />

175


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 176<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

entrambe le categorie, che non potrebbero poi essere colpite<br />

da azioni legali per aver taciuto qualche pecca pubblica.<br />

Molti dei problemi sorgono quando il costruttore<br />

affida le sue strutture alle RCA, che a quel punto scoprono<br />

mancanze e costi inaspettati.<br />

Il primo utilizzo noto di associazioni collegate agli<br />

atti di proprietà risale alla metà del Settecento, a Londra.<br />

Lord Leicester creò un parco a Leicester Square e i<br />

proprietari a esso adiacenti accettarono di pagare un<br />

contributo per finanziarlo, dal momento che ne traevano<br />

beneficio con l’incremento del valore locativo delle<br />

loro proprietà (Frazier, 1980, p. 96). Un’altra <strong>comuni</strong>tà<br />

privata in Gran Bretagna era il Victoria Park, vicino a<br />

Manchester, istituito nel 1837, che operò privatamente<br />

fino al 1954. La vendita dei suoi lotti comportava «certe<br />

condizioni, le “leggi” del parco, che avrebbero protetto<br />

le sue bellezze» (Spiers, 1976, p. 13). Oltre a taluni<br />

“canoni” annuali, il Victoria Park chiedeva alcuni<br />

pedaggi per talune sue strade.<br />

Ebenezer Howard elaborò una teoria delle associazioni<br />

civiche nel suo Tomorrow: A Peaceful Path To Real<br />

Reform (1898), la cui seconda edizione è intitolata diversamente,<br />

Garden Cities of Tomorrow (1902). L’idea fondamentale<br />

era «un piano volontario di finanza pubblica»<br />

tramite gli affitti dei terreni:<br />

Una caratteristica essenziale del piano è che tutti i<br />

canoni fondiari, che devono essere basati sul valore<br />

annuale del terreno, verranno pagati agli amministratori,<br />

i quali, dopo aver provveduto all’interesse e al<br />

fondo d’ammortamento, consegneranno il bilancio al<br />

Consiglio centrale della nuova municipalità, affinché<br />

venga impiegato da tale consiglio per la creazione e la<br />

manutenzione di tutte le opere pubbliche necessarie –<br />

strade, scuole, parchi, ecc. (1902, p. 51).<br />

Howard affermò che Thomas Spence ebbe il merito<br />

di aver pensato, nel 1775, alla possibilità di raggruppare<br />

la proprietà fondiaria e concederla in affitto (pp. 119-<br />

123).<br />

176


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 177<br />

Comunità di proprietà e associazioni di <strong>comuni</strong>tà<br />

Howard immaginò di combinare le qualità dell’ambiente<br />

cittadino e di quello rurale: «La società umana e<br />

la bellezza della natura devono essere godute insieme.<br />

[...] Città e campagna devono sposarsi» (1902, p. 48).<br />

Diede il merito dell’idea di combinare insieme città e<br />

campagna a James Buckingham, che già vi aveva pensato<br />

nel 1849 (p. 125). L’architettura della città giardino<br />

sarebbe stata varia, ma con una «generale osservanza<br />

del contesto architettonico stradale o di un armonioso<br />

allontanamento da esso», e il controllo sarebbe spettato<br />

all’autorità municipale (p. 54). La città avrebbe avuto<br />

una certa unità di progettazione, sarebbe stata pianificata<br />

come un tutt’uno (p. 76). Si sarebbe avuto un insieme<br />

di cittadini gravitanti attorno a un centro. Per i<br />

detentori dei contratti d’affitto, la città avrebbe preparato<br />

un prospetto a indicazione della portata delle operazioni.<br />

Un comitato direttivo, eletto dai locatari, avrebbe<br />

amministrato la città. La sfera dei servizi cittadini si<br />

sarebbe limitata alla disponibilità dei locatari a pagare<br />

dei canoni (p. 91). Howard immaginò anche che la<br />

<strong>comuni</strong>tà dovesse avere organizzazioni caritatevoli<br />

sponsorizzate dai residenti dotati di senso civico. I casi<br />

che tratteremo nei capitoli 10 e 12, Arden e la Reston<br />

Association, dimostrano che queste <strong>comuni</strong>tà implementarono<br />

notevolmente il progetto di Howard.<br />

Come rileva Christensen (1978, p. 116), le <strong>comuni</strong>tà,<br />

specialmente le città, sono state centri di pensiero utopico,<br />

dove “utopico” ha le connotazioni di impossibile o<br />

irraggiungibile. Tuttavia, come nota Christensen, spesso<br />

l’obiettivo non era la perfezione ma la riforma, da innescare<br />

cambiando le istituzioni piuttosto che la natura<br />

umana (p. 117). La “città giardino” doveva fungere da<br />

modello per una riforma della città su larga scala. L’enfasi<br />

era più sulla città che sul giardino (p. 128), con uno<br />

sguardo all’amministrazione decentralizzata (p. 147).<br />

Allo stesso modo, MacCallum ha in mente riforme economiche<br />

di vasta portata, con la <strong>comuni</strong>tà di proprietà<br />

chiamata a fungere sia da elemento costituente sia da<br />

prototipo delle innovazioni istituzionali. Howard individua<br />

due tipi di riformatori: coloro che chiedono un<br />

177


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 178<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

aumento di produzione e maggior efficienza, e quelli<br />

che auspicano una distribuzione della ricchezza più<br />

equa. Secondo lui, l’approccio della “città giardino” fondeva<br />

entrambi gli obiettivi (Howard, 1965 [1902], p.<br />

130). Howard fu responsabile della creazione di due<br />

città in Inghilterra, Letchworth e Welwyn, le quali si<br />

dimostrarono autentici successi ma, come afferma Mac-<br />

Callum (1972, p. 21), «ironicamente fornirono il modello<br />

per l’attuale programma di città satellite dell’Inghilterra,<br />

sotto il quale sono state nazionalizzate». Le due città,<br />

dice MacCallum, «non sono affatto riuscite a sviluppare<br />

le proprie responsabilità» a causa dell’istituzione di un<br />

governo «senza alcun interesse d’equità nella sua amministrazione»,<br />

utilizzando un ente democratico non profit.<br />

Primi esempi di urbanizzazioni con RCA negli Stati<br />

Uniti sono Louisburg Square a Boston e Gramercy Park,<br />

New York City, entrambi creati agli inizi dell’Ottocento.<br />

La Louisburg Square, del 1828, fu la prima associazione<br />

di proprietari di case degli Stati Uniti e nello specifico<br />

era costituita da proprietari di case a schiera. A St. Louis<br />

furono costruiti all’interno della città alcuni quartieri<br />

con strade di proprietà privata (descritti nel tredicesimo<br />

capitolo). Alla fine dell’Ottocento, i costruttori avevano<br />

iniziato a incorporare le RCA negli atti di proprietà per<br />

sostenere le aree <strong>comuni</strong> e mantenere gli standard<br />

architettonici. Nel 1891, ad esempio, una RCA creata da<br />

Edward G. Boulton, a Baltimora, assieme a un’urbanizzazione<br />

di 500 ettari provvide all’acqua, alle strade e<br />

alle fognature (Frazier, 1980, p. 97). La prima cooperativa<br />

residenziale degli Stati Uniti venne istituita a New<br />

York City nel 1918 e il primo condominio, il Greystoke,<br />

fu costruito a Salt Lake City nel 1962 (Community Associations<br />

Factbook, 1988). Negli anni Sessanta urbanizzazioni<br />

su vasta scala iniziarono a sostituire le suddivisioni<br />

lotto per lotto (Dean, 1989a, p. 4). Durante gli anni<br />

Settanta venivano fondate RCA soprattutto in California,<br />

nello Stato di New York e in Florida, ma poi si diffusero<br />

in tutto il paese.<br />

Le associazioni residenziali si sono associate fra loro,<br />

come molti altri settori. La Greater Boston Association<br />

178


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 179<br />

Comunità di proprietà e associazioni di <strong>comuni</strong>tà<br />

dei presidenti di RCA venne formata per promuovere<br />

gli interessi politici delle associazioni (Dean, 1989a, p.<br />

6) e le RCA hanno formato talune alleanze in altre città.<br />

Il Community Association Institute (CAI), che ha il<br />

quartier generale ad Alexandria, in Virginia, fu istituito<br />

nel 1973 dallo Urban Land Institute e dalla National<br />

Association of Homebuilders per servire i condomini,<br />

le cooperative e le associazioni di proprietari. Gli<br />

appartenenti possono essere individui (ad esempio,<br />

membri di comitati direttivi) oppure RCA; attualmente<br />

si contano 10 mila iscritti. L’istituto offre più di 200 pubblicazioni<br />

e seminari sulla creazione, sulla gestione e<br />

sul marketing delle RCA, e vende filmati del tipo “Far<br />

parte del comitato direttivo”. Fornisce anche un programma<br />

di formazione per manager di associazioni<br />

<strong>comuni</strong>tarie, che è ormai una professione riconosciuta.<br />

Una delle sue pubblicazioni, The Homeowners Association<br />

Manual (1988), è una guida alla gestione e alla partecipazione<br />

in una RCA. L’istituto pubblica anche informative<br />

in collaborazione con lo Urban Land Institute,<br />

come Condominium and Homeowner Associations That<br />

Work (1978). Uno dei suoi affiliati è la Community<br />

Associations Institute Research Foundation, formatasi<br />

nel 1975, che raccoglie e distribuisce informazioni sul<br />

funzionamento di una RCA. Si occupa di sondaggi,<br />

pubblica informazioni pratiche e conduce varie ricerche.<br />

La fondazione ha un “programma di prestito file”<br />

che per una modica somma (attualmente 12 dollari per<br />

file per i membri) cede per due settimane pacchetti<br />

informativi su questioni legali, gestione, bollettini associativi,<br />

manutenzione, rapporti municipali, urbanizzazione<br />

e così via. Anche le cooperative residenziali<br />

hanno un’associazione, la National Association of Housing<br />

Cooperatives, istituita nel 1950. Nel 1991 ha creato<br />

il Center for Cooperative Housing, che offre i suoi servizi<br />

alle cooperative.<br />

Negli Stati Uniti ci sono circa 130 mila associazioni<br />

di <strong>comuni</strong>tà residenziali. Nel 1960 erano meno di 5<br />

mila. Queste <strong>comuni</strong>tà contrattuali interessano dai 25 ai<br />

30 milioni di persone (Dean, 1989b, p. 4). Il 54 per cento<br />

179


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 180<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

è organizzato a condominio, il 5 per cento a cooperativa<br />

e il 41 per cento è costituito da associazioni di proprietari<br />

di case (HOA, Home Owner Association). Più<br />

di metà delle RCA interessa case a schiera ed edificazioni<br />

su due piani. Nel 1987 le associazioni hanno speso<br />

12,5 miliardi di dollari e ne hanno tenuti come fondi di<br />

scorta altri 5 miliardi. Il loro crescente impatto è evidenziato<br />

dal fatto che contribuiscono a più del 50 per<br />

cento della quota di mercato di vendite di nuove case<br />

nelle 50 aree metropolitane più grandi (Community<br />

Associations Factbook, 1988, p. 1). Gli immobili delle<br />

RCA hanno un valore complessivo di circa 100 miliardi<br />

di dollari (p. 2). In un’area a rapida urbanizzazione<br />

come la California, quasi tutti i complessi residenziali<br />

prevedono RCA (Dean, 1989, p. 3). Le RCA attualmente<br />

possono costituire la privatizzazione più significativa<br />

di beni <strong>pubblici</strong> in termini di sostituzione all’attività<br />

governativa (p. 18).<br />

Le RCA un tempo erano limitate solo ai complessi<br />

residenziali di pensionamento, lusso e soggiorno, ma<br />

oggi sono disponibili a «tutti i livelli di reddito» (Community<br />

Associations Factbook, 1988, p. 2). La crescita e il<br />

successo delle associazioni di <strong>comuni</strong>tà inoltre ribaltano<br />

l’argomentazione del fallimento del mercato, dal<br />

momento che molta della fornitura sub-ottimale di beni<br />

collettivi tramite processi contrattuali può essere ascritta<br />

a interventi di un’amministrazione sovrana piuttosto<br />

che a un fallimento degli sforzi volontari. Ai membri<br />

delle RCA viene richiesto il pagamento di tasse per servizi<br />

municipali sia che forniscano sostituti privati locali<br />

sia che non lo facciano. Inoltre, i fondi di ammortamento<br />

e la proprietà comune delle RCA sono state soggette<br />

alla tassazione sulla proprietà e sul reddito (Frazier,<br />

1980, p. 92). Il Community Association Institute ammette<br />

che, benché le RCA svolgano molte delle funzioni di<br />

un governo, i loro appartenenti «pagano anche alcune<br />

imposte di proprietà al governo locale per servizi simili<br />

ricevuti da altri proprietari, ma non dai residenti della<br />

<strong>comuni</strong>tà associata. […] Le associazioni di <strong>comuni</strong>tà<br />

stanno dando sempre più voce alle loro preoccupazio-<br />

180


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 181<br />

Comunità di proprietà e associazioni di <strong>comuni</strong>tà<br />

ni» (Community Associations Factbook, 1988, p. 15).<br />

L’utilizzo di RCA dà ai costruttori un vantaggio concorrenziale,<br />

permettendo loro di offrire taluni risparmi<br />

di costo relativamente alle proprietà residenziali autonome.<br />

Raggruppando e impilando le unità, i costruttori<br />

riducono i costi di edificazione per unità e fanno un<br />

uso più efficiente del terreno. Gli agglomerati fanno<br />

risparmiare denaro nella creazione di strade e servizi di<br />

pubblica utilità, consentono di avere più spazi aperti, e<br />

facilitano la produzione di un ambiente e di bellezze<br />

naturali al di là di quanto sono disposti a fornire e mantenere<br />

in efficienza funzionari governativi. La progettazione<br />

di una <strong>comuni</strong>tà permette al costruttore anche di<br />

usare una lottizzazione più flessibile, pur offrendo ai<br />

compratori una gamma più vasta di scelte (Dean,<br />

1989a, p. 4).<br />

Anche i governi locali ne beneficiano, ricevendo<br />

entrate da tassazione senza dover fornire né mantenere<br />

le infrastrutture. Come abbiamo già osservato, le RCA<br />

solitamente non ottengono un debito d’imposta ridotto<br />

per i servizi che vanno a sostituire quelli dei governi<br />

locali. 2 Inoltre, i proprietari RCA pagano un’imposta di<br />

proprietà su valori fondiari maggiori dovuti ai loro<br />

stessi servizi. In alcuni casi, vengono tassate addirittura<br />

le strutture (Dean, 1989a, p. 5). Il flusso di reddito<br />

implicito che scorre al governo locale provenendo dalle<br />

RCA induce il governo a mettere in atto misure legali<br />

paternalistiche, come i requisiti contabili, per proteggere<br />

il suo “investimento”, facendo in modo che le RCA<br />

restino ben amministrate. Infatti, se le RCA dovessero<br />

smettere di operare, la responsabilità per i beni locali<br />

come i parchi sarebbe trasferita allo Stato. Dal momento<br />

che i contributi associativi non sono attualmente<br />

deducibili dalle imposte sul reddito, il governo federale<br />

e alcuni governi statali beneficiano anche della sostituzione<br />

di servizi pagati con voci deducibili dalle tasse<br />

2. Esistono delle eccezioni. La Montgomery County, nel Maryland, rimborsa<br />

una RCA per la manutenzione stradale se al pubblico è consentito l’accesso.<br />

Dei rimborsi vengono offerti a Houston e a Kansas City (Dean, 1989a, p. 20).<br />

181


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 182<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

con servizi forniti privatamente.<br />

Fra le strutture gestite dalle RCA ci sono – nelle percentuali<br />

indicate dalle stesse RCA – piscine (69 per<br />

cento), luoghi di ritrovo <strong>comuni</strong>tari (46 per cento),<br />

campi da tennis (41 per cento), parchi-giochi (28 per<br />

cento), parchi o aree naturali (20 per cento), strutture per<br />

la ginnastica (17 per cento), laghetti (16 per cento) e<br />

campi di golf (4 per cento). I servizi offerti includono la<br />

progettazione del verde e dei giardini (94 per cento), la<br />

manutenzione esterna degli edifici (82 per cento), i parcheggi<br />

(79 per cento), la raccolta dei rifiuti (74 per cento),<br />

il sistema idrico e fognario (68 per cento), le strade private<br />

(62 per cento), la manutenzione dei marciapiedi (59<br />

per cento), l’illuminazione esterna (56 per cento), la sicurezza<br />

passiva (39 per cento) e la sicurezza attiva grazie a<br />

sistemi di protezione (33 per cento) (Community Associations<br />

Factbook, 1988, p. 9). Tutte le RCA si occupano dell’applicazione<br />

delle regole. Molte associazioni, soprattutto<br />

quelle più grandi, assumono un manager professionista<br />

o una società di gestione. In definitiva, una RCA<br />

offre una combinazione di beni <strong>comuni</strong>tari e beni individuali<br />

a costo inferiore (l’alloggio).<br />

A differenza di quanto accade con molti governi<br />

sovrani, che si indebitano per finanziare beni capitali e<br />

progetti o addirittura per finanziare le spese di gestione,<br />

una caratteristica tipica di molte RCA è quella di<br />

avere fondi di riserva per future riparazioni e altri beni<br />

capitali. Il citato manuale associativo CAI (Dunbar,<br />

1988) raccomanda che le RCA abbiano un bilancio<br />

distinto (p. 90), avvallato da studi sulla durata dei beni<br />

capitali. L’82 per cento dei condomini non-convertiti (e<br />

il 99 per cento dei condomini convertiti) e il 96 per cento<br />

delle HOA hanno fondi di riserva; in media per le HOA<br />

si tratta di 119 dollari a unità e per i condomini non convertiti<br />

di 407 dollari (Community Associations Factbook,<br />

1988, p. 12).<br />

Dal momento che molti condomini attualmente<br />

stanno diventando obsoleti, questi fondi di riserva sono<br />

vitali per la solvibilità finanziaria delle associazioni.<br />

Come osserva Wagner (1986, p. 209), «quando la pro-<br />

182


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 183<br />

Comunità di proprietà e associazioni di <strong>comuni</strong>tà<br />

prietà comprende la base di tassazione, la responsabilità<br />

dell’ammortamento del debito risiede sui titolari di<br />

queste proprietà in proporzione alle loro quote di proprietà.<br />

[...] Di conseguenza, le scelte di indebitamento<br />

vengono capitalizzate in valori di proprietà». Wagner<br />

aggiunge che nonostante ciò questo non equivale alla<br />

scelta di un indebitamento personale. Tuttavia nelle<br />

associazioni residenziali in cui i votanti sono anche proprietari,<br />

l’esistenza stessa di queste riserve dimostra<br />

che si tende a evitare l’indebitamento, che viene rimpiazzato<br />

dal finanziamento anticipato, anche se i fondi<br />

di riserva possono riflettere pure la difficoltà e i costi<br />

elevati che le associazioni devono sostenere per chiedere<br />

a prestito delle somme. Inoltre, a differenza dei bond<br />

municipali, la rendita degli interessi RCA è tassabile.<br />

Dal momento che lo stock di capitale si consuma, il che<br />

significa che si deprezza, è economicamente appropriato<br />

che il consumo sia finanziato in modo concorrenziale.<br />

La collocazione annuale di fondi in un conto di riserva<br />

non è un conto di risparmio arbitrario per fondi<br />

rimasti dopo il pagamento delle spese, ma è un pagamento<br />

di spesa annuale che matura gli interessi.<br />

Negli ultimi decenni la crescita delle associazioni di<br />

quartiere è dovuta in una certa misura al declino degli<br />

altri club volontari o quasi-governativi. Già le macchine<br />

dei partiti politici avevano istituito club di quartiere.<br />

I capi distretto organizzavano la fornitura locale di beni<br />

<strong>pubblici</strong> e facilitavano quella di beni municipali in cambio<br />

di sostegno politico. A partire dal New Deal, i programmi<br />

di governo e i trasferimenti di risorse ridussero<br />

il potere di questi club politici. Per far fronte ai servizi<br />

nacquero le associazioni civiche, che si occupavano<br />

di beni come l’illuminazione delle strade, i miniparchi,<br />

i corsi e le attività di pronto soccorso e la protezione<br />

antincendio. Nel 1980 a New York c’erano mille associazioni<br />

di palazzo (Frazier, 1980, p. 94).<br />

Il fatto che le RCA forniscano servizi che integrano,<br />

se non sostituiscono, quelli del governo è una prova sia<br />

della loro fattibilità sia della preferenza per tali servizi.<br />

Ci si aspetta che gli appartenenti a una RCA siano sod-<br />

183


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 184<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

disfatti della situazione, perché se fosse altrimenti ci<br />

sarebbero più uscite di quante riferiscono le varie informative,<br />

seppur poco chiare. Talune indagini RCA confermano<br />

questa teoria: uno studio effettuato su 233<br />

associazioni dall’Urban Land Institute ha rilevato un 91<br />

per cento di risposta positiva alla stipulazione delle<br />

convenzioni. Anche la garanzia dell’applicazione degli<br />

atti è stata trovata efficace, dal momento che i ricercatori<br />

hanno riscontrato pochi deterioramenti fisici negli<br />

alloggi RCA (Frazier, 1980, p. 98).<br />

In merito ai costi, in uno studio condotto da Robert<br />

Deacon su 23 associazioni e 41 città a esse paragonabili,<br />

si riporta che le associazioni pagano il 58 per cento di<br />

quello che i governi spenderebbero per avere servizi di<br />

ordine pubblico simili, e il 70 per cento per la manutenzione<br />

delle strade (Frazier, 1980, p. 100). Uno dei fattori<br />

che determina il livello di efficienza inferiore del servizio<br />

governativo è l’amministrazione pubblica indipendente,<br />

che è meno sensibile ai residenti (ivi), come<br />

osserva anche MacCallum.<br />

Costituzioni per contratto e diritto<br />

Una “costituzione” può essere considerata il sottoinsieme<br />

di un insieme di regole di un club, tale che nessuna<br />

regola nel sottoinsieme dipende o è autorizzata da<br />

un’altra regola del sovrainsieme (che comprende anche<br />

il sottoinsieme). In altre parole, tutte le regole del club<br />

sono derivate da regole della costituzione e le regole<br />

della costituzione stesse non derivano da altre regole.<br />

Quindi, una costituzione è il corpo supremo delle regole<br />

di gestione. Queste regole possono essere formali,<br />

come in un documento scritto, o tacite, seguendo la tradizione<br />

o i desideri di coloro che sono in carica. La<br />

costituzione vigente è quindi una combinazione di<br />

regole tacite e formali. Tutte le amministrazioni hanno<br />

regole e dunque necessariamente hanno un corpo<br />

supremo di regole, o costituzione.<br />

James Buchanan (1990, p. 3) ha scritto che «l’economia<br />

costituzionale dirige l’attenzione analitica sulla<br />

scelta fra limiti». Le limitazioni reali possono differire da<br />

184


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 185<br />

Comunità di proprietà e associazioni di <strong>comuni</strong>tà<br />

quelle formali e gli agenti governativi possono interpretarle<br />

fino al punto da far diventare pure formalità le<br />

regole ufficiali. La costituzione formale di una <strong>comuni</strong>tà<br />

contrattuale potrebbe essere meno soggetta a essere<br />

calpestata dalle regole tacite, dal momento che di solito<br />

un’associazione può essere oggetto di procedimenti<br />

legali, mentre un governo sovrano spesso rivendica<br />

l’immunità. Tuttavia, se il governo interviene in cause<br />

legali contro le <strong>comuni</strong>tà contrattuali, o se viola precedenti<br />

accordi che aveva con esse, allora ovviamente non<br />

si tiene conto delle regole formali dell’associazione. In<br />

un mondo di <strong>comuni</strong>tà contrattuali, sotto governi<br />

sovrani non-interventisti, la possibilità di intentare<br />

azioni legali contro violazioni significative della costituzione<br />

pare mantenere strettamente correlate le costituzioni<br />

effettive e formali.<br />

Le costituzioni di governi sovrani vengono solitamente<br />

redatte da una commissione di rappresentanti o<br />

da un organo che le presenta a un’assemblea legislativa<br />

per l’approvazione. Nelle associazioni o nelle amministrazioni<br />

di proprietà la costituzione spesso viene redatta<br />

dal proprietario o dal costruttore della <strong>comuni</strong>tà. Boudreaux<br />

e Holcombe (1989) analizzano questa pratica,<br />

che economizza sulla produzione di regole costituzionali,<br />

evitando i costi di transizione che si presentano quando<br />

un grande numero di persone cerca di creare regole<br />

(p. 266). L’approvazione della costituzione viene espressa<br />

dall’ingresso nella <strong>comuni</strong>tà. Gli autori affermano che<br />

gli acquirenti in genere preferiscono regole «rigide e difficili<br />

da cambiare» (p. 274). Comunque, la rigidità è un<br />

beneficio solo per le regole più basilari di un’associazione.<br />

Nel quartiere privato di Vandeventer a St. Louis,<br />

descritto nel tredicesimo capitolo, lo statuto richiede il<br />

consenso unanime per gli emendamenti: un sistema che<br />

si è dimostrato troppo rigido con la trasformazione a<br />

uso commerciale dell’area circostante. Eppure, molte<br />

associazioni di residenti hanno clausole di unanimità<br />

per cambiamenti che interessano l’investimento basilare<br />

dei proprietari, come la percentuale di interesse comune<br />

di ogni unità in un condominio.<br />

185


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 186<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

Boudreaux e Holcombe (1993, p. 1) osservano che<br />

«le associazioni di proprietari di case [...] possiedono<br />

molte delle caratteristiche dei governi locali», vale a<br />

dire che vi assomigliano per i beni <strong>pubblici</strong> forniti, per<br />

la raccolta delle entrate e per il «modo in cui le loro<br />

costituzioni provvedono alle decisioni collettive da<br />

prendere» (p. 4). Come abbiamo rilevato nel sesto capitolo,<br />

in associazioni di questo tipo la sola concorrenza<br />

non può porre un freno a un’amministrazione inefficiente,<br />

proprio come non può farlo nel caso dei governi,<br />

a causa della capitalizzazione dell’inefficienza dei<br />

valori di proprietà (p. 2). Mentre Epple e Zelenitz (1981)<br />

sostengono che, con governi sovrani la concorrenza di<br />

Tiebout necessita della politica, Boudreaux e Holcombe<br />

(1991) affermano che le associazioni civiche hanno bisogno<br />

di regole costituzionali «perché la rilocazione è<br />

costosa» (p. 2). «Costituzioni e concorrenza intergovernativa<br />

sono sostituti le une dell’altra» (p. 3). Nel modello<br />

puro di Tiebout, senza i costi di mobilità, «non c’è<br />

bisogno di alcuna costituzione».<br />

Ciò che intendono Boudreaux e Holcombe è che non<br />

c’è bisogno di nessun vincolo costituzionale dal<br />

momento che, come sostenuto in precedenza, ogni<br />

governo necessariamente possiede un insieme supremo<br />

di regole, vale a dire, una costituzione. Per esempio, nel<br />

modello Tiebout la costituzione di una <strong>comuni</strong>tà permette<br />

la libera (illimitata) uscita. Il governo contrattuale<br />

offre beni collettivi «a un livello di aggregazione che<br />

non coincide con un governo locale esistente» e anche<br />

«un ambiente che conduce allo sviluppo di regole costituzioni<br />

ottimali» (p. 3). Il primo vantaggio, una diversa<br />

dimensione rispetto ai governi politici istituiti, venne<br />

riconosciuto anche da Setter (1991), con l’osservazione<br />

che per gli imprenditori esistono opportunità di profitto<br />

nel ridurre la dimensione e nel negoziare i costi delle<br />

tipologie dei beni civici prodotti dal settore pubblico.<br />

La riduzione delle dimensioni è realizzata, ad esempio,<br />

con le strade private di piccoli quartieri a St. Louis,<br />

come vedremo nel tredicesimo capitolo.<br />

Il secondo vantaggio sussiste perché «l’esistenza di<br />

186


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 187<br />

Comunità di proprietà e associazioni di <strong>comuni</strong>tà<br />

un governo contrattuale può aumentare il valore della<br />

proprietà» (Boudreaux e Holcombe, 1993, p. 4). Gli<br />

incentivi in merito alla creazione di regole differiscono<br />

nei casi di governance sovrana o contrattuale. Nella<br />

prima, come abbiamo già osservato, non c’è un richiedente<br />

residuale. Nella seconda, l’imprenditore è il<br />

richiedente residuale e, se la costituzione è di sua creazione,<br />

non sorge la questione dei gruppi d’interesse nell’elaborazione<br />

di tale costituzione. Si è alla presenza di<br />

un «meccanismo di mercato che rivela quali regole<br />

costituzionali abbiano maggior valore», vale a dire<br />

valore di proprietà, e con l’esperienza e la competizione<br />

«la qualità delle costituzioni dei governi contrattuali<br />

può aumentare nel tempo» (p. 6). Una simile evoluzione<br />

è avvenuta nel caso dei quartieri privati di St.<br />

Louis, descritti nel tredicesimo capitolo, dove le clausole<br />

per il cambiamento dello statuto, per esempio, sono<br />

state rese meno restrittive una volta che si è capito che<br />

impedivano l’adattamento ai cambiamenti d’uso delle<br />

terre circostanti.<br />

Barzell e Sass (1990) esaminano i sistemi di votazione<br />

nei condomini. I risultati delle loro analisi dimostrano<br />

che i costruttori di «organizzazioni votanti» forniscono<br />

costituzioni che massimizzano il valore atteso<br />

delle quote di unità minimizzando la fattibilità dei trasferimenti<br />

di ricchezza e i costi del processo decisionale<br />

(cfr. Buchanan e Bullock, 1965 [1962]). Le limitazioni<br />

costituzionali impediscono a una fazione di trasferire a<br />

sé ricchezza sottraendola agli altri membri. Le regole di<br />

votazione dei condomini gestiti come degli investimenti<br />

sono meno restrittive e meno inclusive di quelle per i<br />

condomini con proprietari residenti. I trasferimenti di<br />

ricchezza vengono minimizzati facendo coincidere contributi<br />

e benefici e facendo in modo che i costruttori forniscano<br />

le strutture maggiori prima di trasferire il titolo<br />

di proprietà all’associazione, la quale generalmente<br />

in seguito le gestisce con poca discrezionalità nel creare<br />

nuovi importanti beni.<br />

MacCallum (1971, p. 6) osserva che «la legge formale<br />

scritta» di una <strong>comuni</strong>tà di proprietà con un unico<br />

187


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 188<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

proprietario «è semplicemente la totalità degli affitti<br />

effettivi in un dato tempo». Così l’affitto diventa uno<br />

«strumento di contratto sociale», includendo anche<br />

obblighi dei locatari nei confronti dei loro vicini. Un<br />

secondo livello nel diritto sulla proprietà è quello dei<br />

suoi sottogruppi, contratti fatti dal proprietario o dai<br />

locatari con impiegati, imprenditori e fornitori (p. 7).<br />

C’è anche un terzo gruppo di persone, i visitatori della<br />

<strong>comuni</strong>tà o «invitati d’affari» (come i clienti), soggetto<br />

a entrambi i livelli di questa legislazione (come codici<br />

d’abbigliamento, restrizioni per animali domestici o<br />

divieto d’accesso – “non calpestare l’erba”, per esempio).<br />

MacCallum osserva che il tipico processo decisionale<br />

auspicato per l’amministrazione di simili <strong>comuni</strong>tà<br />

di vendita, per esempio dai comitati dei commercianti,<br />

è per consenso piuttosto che per voto di maggioranza.<br />

Se una misura può essere ottenuta solo con maggioranza<br />

di voto, allora, come disse un membro di un<br />

simile comitato, «non la vogliamo» (p. 10).<br />

Il principio di limitazione costituzionale fu implementato<br />

da MacCallum (1977) con la creazione di una<br />

costituzione per “Orbis”, un’ipotetica <strong>comuni</strong>tà nello<br />

spazio. A una colonia spaziale vanno applicati gli stessi<br />

principi economici che si utilizzano nel caso di <strong>comuni</strong>tà<br />

di proprietà, dal momento che la colonia spaziale è<br />

una tipologia di superficie artificiale, come navi e aeroplani.<br />

Il proprietario favorirebbe un contesto d’utilizzo e<br />

i locatari pagherebbero un «canone per il terreno» esclusivo<br />

delle migliorie apportate dai locatari (1977, p. 43).<br />

Un locatario potrebbe trasferire la proprietà in locazione.<br />

Il problema dello sfruttamento del sito, il potenziale<br />

di un proprietario di ricavare delle rendite al di sopra di<br />

quanto un nuovo venuto sarebbe disposto a spendere,<br />

su “Orbis” viene gestito con limitazioni amministrative.<br />

Per prima cosa, se il proprietario decide di sostituire un<br />

affittuario per cambiare l’uso del sito, questi viene rimborsato<br />

per il valore delle sue migliorie fisse e compensato<br />

per le altre perdite (MacCallum, 1977, p. 42). In<br />

secondo luogo, nel momento in cui viene rivisto il canone<br />

d’affitto, esso viene fissato «a una cifra ritenuta in<br />

188


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 189<br />

Comunità di proprietà e associazioni di <strong>comuni</strong>tà<br />

linea con le quotazioni di mercato di quel momento per<br />

detto sito», meno un 10 per cento di riduzione in quanto<br />

affittuario privilegiato, come stimato da tre parti terze<br />

(p. 44). Questa seconda forma di protezione agisce contro<br />

i canoni di affitto arbitrari, ma non contro un eventuale<br />

proprietario che spenda i fondi a proprio beneficio,<br />

riducendo quindi la rendita di mercato dei siti. Dunque,<br />

c’è una terza clausola che fa sì che il proprietario<br />

s’impegni a condurre la propria attività in modo che il<br />

valore totale del sito come proprietà di reddito venga<br />

massimizzato (p. 43). Ciò implica che verranno sostenute<br />

solo le spese volte ad aumentare il valore del sito o<br />

almeno a non diminuirlo, impedendo lo sfruttamento<br />

del sito dal punto di vista delle spese.<br />

L’applicazione teorica alle colonie spaziali dimostra<br />

l’universalità dei principi di proprietà messi in evidenza<br />

da Heath e MacCallum. La stessa costituzione può<br />

essere utilizzata, per esempio, nella creazione di una<br />

nuova colonia di proprietà sul nostro pianeta. La possibilità<br />

di fornitura privata di tutti i beni civici in un’astronave<br />

o su una nave, che in effetti è una città viaggiante<br />

per mare, dimostra la generale fattibilità di un<br />

finanziamento dei beni <strong>pubblici</strong> basato sul processo di<br />

mercato.<br />

Comunità e capacità imprenditoriale<br />

Il tipico argomento che viene addotto per sostenere<br />

il fallimento del mercato nella produzione di beni collettivi<br />

è che gli individui possono non avere alcun<br />

incentivo a contribuire alla fornitura del bene. Questa<br />

argomentazione, oltre a rendere omogenei i beni collettivi<br />

e a ignorare una governance di tipo privato, fa una<br />

supposizione istituzionale sulla natura della società,<br />

presupponendo che non ci sia alcuna <strong>comuni</strong>tà esistente<br />

e che la famiglia esista in un rapporto atomistico. Se<br />

un imprenditore desidera costruire una diga, deve contrattare<br />

separatamente con ogni famiglia. Un simile<br />

presupposto conduce alla speculazione teoretica, ma<br />

empiricamente non esistono <strong>comuni</strong>tà atomistiche di<br />

questo tipo. Quindi, sarebbe sensato avere una teoria<br />

189


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 190<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

che presupponga l’esistenza di una <strong>comuni</strong>tà. L’evoluzione<br />

della società umana è caratterizzata da <strong>comuni</strong>tà<br />

in trasformazione ma costantemente esistenti. Nuove<br />

<strong>comuni</strong>tà evolvono da quelle già esistenti. Una teoria<br />

dei beni <strong>comuni</strong> realistica deve tenere in considerazione<br />

il fatto che la società è sempre e già in <strong>comuni</strong>tà. 3<br />

Se una <strong>comuni</strong>tà necessariamente esiste, allora la<br />

questione della fornitura dei beni civici si trasforma da<br />

un’ipotesi di fallimento del mercato alla questione della<br />

natura della <strong>comuni</strong>tà. Se la <strong>comuni</strong>tà ha un governo<br />

sovrano che fornisce i beni, l’alternativa della fornitura<br />

volontaria riguarda non la possibilità di fallimento del<br />

mercato, ma quella di devoluzione del potere e dell’autorità<br />

da una gestione imposta a una contrattuale che<br />

possa fornire gli stessi beni. Una <strong>comuni</strong>tà intenzionale<br />

può essere creata dal nulla, ma all’interno della cornice<br />

offerta dalle <strong>comuni</strong>tà preesistenti. Una nave in mare<br />

naviga sotto la bandiera di uno Stato sovrano; la creazione<br />

di una nuova nave comprende molti beni civici,<br />

eppure nessuno sostiene che esista il dilemma del prigioniero<br />

in merito al finanziamento di tali beni. Il proprietario<br />

non si deve preoccupare della rivelazione<br />

della domanda individuale finché la domanda totale<br />

attesa copre i costi. Egli vincola i servizi collettivi alla<br />

quota pagata per una cabina e l’esistenza di molti<br />

diversi tipi di navi fornisce la competitività di prezzo.<br />

L’esempio della diga che serve una vallata, illustrato<br />

dalla storia nel primo capitolo, non pone problemi nel<br />

momento in cui si comprende che i residenti di una<br />

valle sono già in <strong>comuni</strong>tà. Anche nel caso in cui la vallata<br />

consista di diverse <strong>comuni</strong>tà, il problema di coordinamento<br />

è ampiamente ridotto rispetto al caso atomistico.<br />

Un imprenditore che desideri costruire la diga<br />

deve solo contrattare con alcune associazioni di <strong>comuni</strong>tà<br />

e non con singole famiglie. Inoltre, le stesse <strong>comuni</strong>tà<br />

possono aver formato una <strong>comuni</strong>tà più grande<br />

3. L’espressione “sempre e già” venne utilizzata nella filosofia ermeneutica,<br />

secondo la quale «la comprensione è “sempre e già” interpretativa» (Lavine,<br />

1989, p. 99).<br />

190


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 191<br />

Comunità di proprietà e associazioni di <strong>comuni</strong>tà<br />

con accordi inter<strong>comuni</strong>tari.<br />

Benché la discussione sia incentrata sulle <strong>comuni</strong>tà<br />

territoriali, Gordon Tullock (1985) propone associazioni<br />

contrattuali non territoriali. Egli infatti rileva l’esempio<br />

del sistema in vigore nell’antico impero turco, nel quale<br />

si formarono <strong>comuni</strong>tà autonome di religione non<br />

musulmana. Tullock propone «associazioni con potere<br />

quasi governativo» e senza dominio geografico. Esse<br />

fornirebbero servizi non geografici, in qualche modo<br />

simili a quelli che oggi offrono le chiese. Aspetti di<br />

legge di cui possono prendersi carico includerebbero<br />

quelli connessi alla famiglia, all’omologazione e al contratto.<br />

La fornitura di beni <strong>pubblici</strong> viene solitamente teorizzata<br />

come se si trattasse di un bene isolato, ma in realtà<br />

le <strong>comuni</strong>tà offrono pacchetti di beni che i potenziali<br />

membri devono scegliere se accettare o rifiutare. Se una<br />

delle <strong>comuni</strong>tà si rifiuta di partecipare alla creazione<br />

della diga, le altre possono metterla davanti all’esclusione<br />

dalla <strong>comuni</strong>tà più grande e alla perdita del pacchetto<br />

di beni che quest’ultima offre. Alcuni accordi inter<strong>comuni</strong>tari<br />

saranno dunque escludibili; ad esempio, gli<br />

ufficiali delle forze dell’ordine possono entrare in un’altra<br />

<strong>comuni</strong>tà alla ricerca dei criminali e la <strong>comuni</strong>tà che<br />

rifiuta di collaborare può essere tagliata fuori dal commercio,<br />

dal reciproco servizio di tutela dell’ordine e da<br />

altri benefici. Il rifiuto di cooperare nella fornitura di un<br />

bene comune da parte di una <strong>comuni</strong>tà, qualora si riconosca<br />

che si vuole beneficiare del bene, comporterebbe<br />

la perdita di buona volontà, che è essa stessa un bene<br />

pubblico. Quindi, il rifiuto da parte di una <strong>comuni</strong>tà di<br />

partecipare alla fornitura del bene pubblico non sarebbe<br />

privo di costi, come fa notare Heath.<br />

Una <strong>comuni</strong>tà non è un insieme di membri atomistici<br />

che si ritrovano a essere situati all’interno di un confine,<br />

ma anche una rete di relazioni. L’attaccamento<br />

emotivo potrebbe creare una simpatia benevola per le<br />

persone della <strong>comuni</strong>tà e per la <strong>comuni</strong>tà nel suo complesso,<br />

e tale simpatia potrebbe essere sfruttata per la<br />

fornitura volontaria di beni <strong>pubblici</strong>. Quindi, una<br />

191


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 192<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

<strong>comuni</strong>tà ha la possibilità di fornire i beni con mezzi<br />

catallattici e con strumenti solidali così come con tie-in<br />

al club e ai beni divisibili. Questa fattibilità non rende la<br />

fornitura automatica o inevitabile, ma certo possibile.<br />

Ciò che trasforma la possibilità in realtà è la capacità<br />

imprenditoriale. Douglas Den Uyl (1985, p. 33) afferma<br />

che dei buoni leader riducono il dilemma del prigioniero.<br />

L’imprenditore non solo crea beni civici ma genera<br />

anche istituzioni – tradizioni, festività – che sollecitano<br />

simpatia per la <strong>comuni</strong>tà. La stessa simpatia è un bene<br />

pubblico generato dall’imprenditorialità.<br />

Daniel Klein (1990, p. 799), descrivendo il sistema di<br />

strade a pedaggio costruito negli Stati Uniti del diciannovesimo<br />

secolo, osserva che molte di quelle iniziative<br />

non erano economicamente profittevoli e che gli “investitori”<br />

lo sapevano in anticipo, il che sembra andare<br />

contro alla «rigida applicazione del semplice modello<br />

dei beni <strong>pubblici</strong>». E osserva anche che, nel New<br />

England d’inizio diciannovesimo secolo, non esisteva<br />

una netta distinzione fra opere pubbliche e private. Tocqueville<br />

(1946 [1835], p. 191) aveva notato il grande<br />

numero di società dell’America del diciannovesimo<br />

secolo, «formate e mantenute dall’intervento di individui<br />

privati». Il problema del free riding venne superato<br />

dalla cultura delle prime città americane, ampiamente<br />

autogovernate e con un elevato grado di partecipazione<br />

nella gestione da parte dei residenti. Le congregazioni<br />

delle chiese fornivano scuole, biblioteche e assistenza ai<br />

poveri (Klein, 1990, p. 800). Queste relazioni sociali<br />

costituivano ciò che Coleman (1988) chiama «capitale<br />

sociale». Società cooperative fiorirono in quell’epoca,<br />

provvedendo ai servizi religiosi, scientifici e civici. Alcune<br />

ditte che si occupavano di barriere di pedaggio si<br />

definirono «società» (Klein, 1990, p. 802).<br />

Nella teoria di Klein, il principale incentivo al pedaggio<br />

era negativo: il fallimento di una cooperazione<br />

sarebbe stato evidente. Si utilizzò la pressione sociale<br />

per ottenere cooperazione in queste <strong>comuni</strong>tà di poche<br />

migliaia di persone (p. 803). Alle riunioni cittadine per<br />

decidere sui pedaggi partecipavano anche i residenti<br />

192


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 193<br />

Comunità di proprietà e associazioni di <strong>comuni</strong>tà<br />

importanti. Le offerte di capitale venivano fatte pubblicamente.<br />

Si formarono comitati per sollecitare la sottoscrizione.<br />

La motivazione per contribuire non era, tuttavia,<br />

del tutto negativa, dal momento che il riconoscimento<br />

e l’approvazione da parte degli altri ha un’utilità<br />

positiva. Inoltre, i propugnatori del progetto non agirono<br />

per pressione sociale. Come afferma Klein (1990, p.<br />

809) «la capacità di un’associazione volontaria di fornire<br />

infrastrutture, istruzione, sicurezza e assistenza ai<br />

poveri dipende dall’esercizio e dallo spontaneo sviluppo<br />

di certe istituzioni, attività e sentimenti». Ma era<br />

richiesta anche capacità imprenditoriale, il che fa sorgere<br />

una domanda: perché taluni imprenditori diedero il<br />

via a quei progetti? Dal momento che i vari leader non<br />

sempre ritenevano che il loro guadagno privato sarebbe<br />

stato maggiore dei costi, ci deve essere stato un certo<br />

livello di simpatia benevola nelle loro azioni.<br />

Per riassumere, la teoria della <strong>comuni</strong>tà contrattuale<br />

possiede i seguenti elementi. La proprietà privata dello<br />

spazio permette la raccolta di canoni d’affitto generati<br />

dai servizi civici che li inducono. Comunità come gli<br />

alberghi, i centri commerciali, i parchi industriali, gli<br />

immobili e le navi sono esempi di fornitura di beni civici<br />

da parte di proprietà. Le associazioni di <strong>comuni</strong>tà<br />

residenziali sono un’altra forma di governance contrattuale<br />

e molte hanno implementato la concezione di<br />

Ebenezer Howard di servizi cittadini finanziati da<br />

canoni di locazione. Le loro costituzioni sono solitamente<br />

fornite dai costruttori e sono volte a incrementare<br />

il valore della proprietà con limitazioni contro lo<br />

sfruttamento futuro da parte della governance associativa.<br />

Gli imprenditori civici, inoltre, incoraggiano uno<br />

spirito di <strong>comuni</strong>tà e la simpatia per essa, che permette<br />

la fornitura di beni civici non escludibili in aggiunta al<br />

finanziamento tramite canone d’affitto. Infine, una teoria<br />

dei beni <strong>pubblici</strong> deve tenere in considerazione il<br />

fatto che la società è sempre una <strong>comuni</strong>tà, e che la scelta<br />

realistica nella fornitura dei beni civici non è fra mercato<br />

e governance, ma fra una governance di fornitura dei<br />

beni che è imposta o una che è volontaria.<br />

193


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 194<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

L’importanza dei case study<br />

Avendo presentato un’analisi teorica della fornitura<br />

volontaria di beni collettivi, ora esamineremo in dettaglio<br />

cinque casi per mettere alla prova l’ipotesi del fallimento<br />

del mercato e per illustrare come operano le<br />

<strong>comuni</strong>tà contrattuali. L’argomentazione sul fallimento<br />

del mercato afferma che, in generale, i beni civici non<br />

possono essere forniti da un processo di mercato, quindi<br />

basta solo un esempio del contrario per respingere tale<br />

affermazione. Tuttavia, qui presentiamo cinque casi per<br />

dimostrare come l’asserzione del fallimento di mercato<br />

venga respinta in varie forme e contesti <strong>comuni</strong>tari.<br />

Si potrebbe sostenere, erroneamente, che per testare<br />

l’asserzione che la fornitura volontaria di beni collettivi è<br />

fattibile si debbano esaminare molti casi – e in effetti, per<br />

un’analisi approfondita, si dovrebbero valutare tutte<br />

queste <strong>comuni</strong>tà e scoprire qual è la percentuale che ha<br />

successo. Ma i casi di studio non sono dei dati da accumulare.<br />

Il test richiede una funzione logica “or”, non<br />

“and”. In un’analisi “or”, dati i casi A, B e C, il test ha un<br />

risultato positivo se uno dei casi è positivo e non se lo<br />

sono tutti, come invece nella funzione logica “and”. È<br />

come testare la falsa asserzione in fisica secondo cui<br />

corpi di massa diversa che cadono devono accelerare a<br />

velocità differenti nel vuoto. C’è bisogno di un solo risultato<br />

valido per rigettare l’ipotesi. Se in seguito un altro<br />

esame non la confuta, il dubbio ricadrà su quest’ultimo.<br />

C’è bisogno di una verifica numerica per talune<br />

affermazioni statistiche, come la correlazione, inferiore<br />

al 100 per cento, di due variabili. Tuttavia, l’argomentazione<br />

del fallimento del mercato non è una asserzione<br />

statistica. Non si afferma che la fornitura contrattuale<br />

fallirà di una certa percentuale nel tempo. Per come<br />

viene solitamente formulata, è un’asserzione assoluta e<br />

generale sui processi di mercato. La formulazione,<br />

come abbiamo mostrato con gli esempi dei capitoli 1 e<br />

2, di solito dice che un sistema di mercato decentralizzato<br />

non può fornire beni <strong>pubblici</strong> ed è analoga all’affermazione<br />

secondo la quale corpi di peso diverso non<br />

possono cadere alla stessa velocità. Un altro esempio<br />

194


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 195<br />

Comunità di proprietà e associazioni di <strong>comuni</strong>tà<br />

potrebbe essere affermare che la società umana non può<br />

essere vegetariana. Se si scopre un gruppo di vegetariani,<br />

allora l’affermazione va rigettata. È plausibile che le<br />

condizioni che rendono fattibile la cosa siano casi unici<br />

empirici e quindi ulteriori esempi dimostrerebbero che<br />

non si tratta di un caso anomalo. L’esistenza di molti<br />

gruppi vegetariani dimostrerebbe la generale fattibilità<br />

e un esame più approfondito di un gruppo particolare<br />

mostrerebbe come questo accadrebbe nel dettaglio.<br />

Questa è la metodologia usata nel trattare i seguenti<br />

casi, soprattutto per quanto riguarda le <strong>comuni</strong>tà residenziali.<br />

Rifiutare la tesi del fallimento del mercato non significa<br />

affermare che “il mercato” funzionerà sempre o che<br />

non esistano casi particolari in cui gli sforzi volontari<br />

non sono riusciti a fornire taluni beni desiderati. Ma,<br />

anche se in molte situazioni o nella maggioranza dei<br />

casi, ci si trovasse davanti a un fallimento, ciò non invaliderebbe<br />

il rifiuto dell’argomentazione sul fallimento<br />

del mercato. Infatti, tale rifiuto implica solo che la fornitura<br />

volontaria di beni collettivi è possibile, proprio<br />

come la produzione di beni divisibili è fattibile, nonostante<br />

il fatto che anche in questa produzione si possano<br />

verificare molti fallimenti. La conoscenza incerta e<br />

limitata dell’uomo fa sì che la maggior parte degli sforzi<br />

umani non riescano a raggiungere la perfezione.<br />

L’affermazione secondo cui la fornitura contrattuale<br />

di beni collettivi è fattibile per essere dimostrata richiede<br />

solo un caso o pochi, con le opportune indicazioni<br />

del fatto che sono casi tipici e non esempi unici. Di conseguenza,<br />

i case study che esamineremo, soprattutto le<br />

<strong>comuni</strong>tà residenziali, sono rappresentativi. Inoltre verranno<br />

brevemente descritti altri esempi per evidenziare<br />

la non-unicità.<br />

I casi<br />

Il Walt Disney World è stato scelto come esempio di<br />

<strong>comuni</strong>tà di proprietà. Benché sia tipico di luoghi di<br />

soggiorno e hotel, il suo status legale autonomo lo<br />

rende un importante case study per la fornitura com-<br />

195


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 196<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

merciale di beni collettivi.<br />

L’Arden Village è stato scelto come primo esempio<br />

di una <strong>comuni</strong>tà che finanzia i propri beni collettivi con<br />

i canoni di affitto di terreni di proprietà privata. Inoltre,<br />

presenta un alto grado di attività volontaria.<br />

Fort Ellsworth è un esempio di condominio, una<br />

comune tipologia di <strong>comuni</strong>tà contrattuale che fornisce<br />

una gamma limitata di beni e implementa il principio<br />

economico del loro finanziamento tramite canone.<br />

La Reston Association è una grande associazione<br />

civica, simile a una città sovrana, che dimostra come<br />

simili operazioni su larga scala possono essere gestite<br />

come <strong>comuni</strong>tà contrattuali.<br />

Infine, i private places di St. Louis mostrano come i<br />

quartieri all’interno di un’area metropolitana presentino<br />

associazioni che possiedono le strade e i servizi <strong>pubblici</strong>,<br />

e che forniscono protezione e senso di <strong>comuni</strong>tà.<br />

Nel loro complesso questi case study dimostrano la<br />

fattibilità della governance contrattuale e della fornitura<br />

di beni civici in diverse condizioni, essendo ognuno un<br />

esempio di una tipologia di <strong>comuni</strong>tà più generale.<br />

196


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 197<br />

Capitolo 9<br />

Affittasi utopia:<br />

Walt Disney World<br />

Quando guardiamo un animale dall’aspetto bellissimo<br />

mentre si muove, sappiamo che sotto la sua pelliccia<br />

sta accadendo qualcosa di grandioso: un cervello complesso<br />

e un sistema muscolare rendono la sua vita possibile.<br />

Quando un visitatore entra a Walt Disney World,<br />

conosciuto in tutto il mondo, forse non pensa che anche<br />

dietro gli schermi animati e i percorsi c’è una fisiologia<br />

complessa. E non si tratta delle strutture fisiche nascoste,<br />

ma della mente, della gestione che lo rende possibile.<br />

Anche il Walt Disney World è un organismo vivente<br />

e libero in un mondo di attività in concorrenza, e deve<br />

lottare per nutrirsi, come le creature selvatiche. Non può<br />

ordinare alle persone di nutrirlo e quindi deve attrarle<br />

come un bellissimo fiore profumato attira le api, offrendo<br />

loro un profumo irresistibile che indica la presenza di<br />

un nettare ancora più delizioso all’interno.<br />

Il Walt Disney World è nel contempo una <strong>comuni</strong>tà<br />

di proprietà, una società che gestisce una <strong>comuni</strong>tà<br />

commerciale e delle <strong>comuni</strong>tà residenziali di transito. È<br />

inoltre degno di nota nell’influenza esercitata come<br />

modello per altre <strong>comuni</strong>tà e offre un esempio di autonomia<br />

di proprietà.<br />

L’ipotesi<br />

Questo case study, il Walt Disney World (WDW), è<br />

inquadrato dai termini di un’ipotesi: vale a dire che un<br />

197


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 198<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

complesso immobiliare situato in un grande territorio,<br />

posseduto e gestito da una società privata, con finanziamento<br />

e controllo pubblico poco significativo, non<br />

fornisca i beni civici desiderati dagli utenti a un livello,<br />

sia in quantità che in qualità, pari a quello di un governo<br />

pubblico.<br />

Descrizione generale<br />

Il WDW, a sudest di Orlando, in Florida, possiede<br />

un’area di 116 km 2 (11.400 ettari) e ha quasi le stesse<br />

dimensioni della città di San Francisco. Quando fu<br />

aperto, nel 1971, era l’attrazione turistica più grande e<br />

costosa mai costruita (Zehnder, 1975, p. 2). Il territorio<br />

include due tratti di terra contigui, ma con diversa conformazione,<br />

appartenenti alle contee Orange e Osceola.<br />

La parte costruita si trova soprattutto nell’Orange<br />

County, mentre metà del terreno Disney nella Osceola<br />

County è lasciato al pascolo del bestiame e alla produzione<br />

di legname (Allen, 1989, p. 17). Il sito include<br />

un’area permanente di conservazione ambientale e di<br />

flora e fauna selvatiche, circa 3.300 ettari. Le tre attrazioni<br />

turistiche principali sono il Magic Kingdom Park,<br />

di circa 43,5 ettari, l’EPCOT Center, 105 ettari, e il Disney<br />

MGM Studios Theme Park, di 55 ettari. Sono stati<br />

edificati più di 2 mila ettari. In alta stagione il numero<br />

totale dei dipendenti è intorno ai 35 mila (Facts and<br />

Figures, 1990, p. 1). Nel 1989 i visitatori sono stati 30<br />

milioni, quasi 15 mila al giorno, tre quarti dei quali<br />

adulti. Il WDW chiama i suoi visitatori “ospiti”, come<br />

farebbe un hotel. Il 70 per cento circa dei visitatori vi<br />

tornano almeno una seconda volta.<br />

Metà delle entrate e due terzi dei profitti operativi<br />

della The Walt Disney Company derivano dai suoi parchi<br />

tematici (Kerwin e Fins, 1990), che comprendono<br />

Disneyland, Tokyo Disneyland ed Euro Disneyland,<br />

aperto nell’aprile del 1992 a Parigi. Il margine operativo<br />

(reddito operativo diviso per le entrate) proveniente<br />

dai parchi tematici e dai luoghi di soggiorno per l’anno<br />

1990 fu del 29 per cento (Walt Disney Company Annual<br />

Report, 1990, p. 38).<br />

198


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 199<br />

Affittasi utopia: Walt Disney World<br />

I prodotti Disney<br />

Per comprendere la varietà e la portata dell’attività<br />

di proprietà del WDW è meglio fornire una breve<br />

descrizione di alcuni dei suoi parchi, luoghi di soggiorno<br />

e altri beni. Il Magic Kingdom Park, il cuore del<br />

WDW, venne aperto nel 1971 e contiene una Main<br />

Street e 43 attrazioni all’interno di altre 6 “terre” tematiche:<br />

Adventureland, Frontierland, Liberty Square,<br />

Fantasyland, Tomorrowland e Mickey’s Starland. Il<br />

parco è progettato in modo tale che, trovandosi in una<br />

di queste zone, si abbia l’impressione di essere in un<br />

contesto specifico – ognuna è visivamente isolata dalle<br />

altre (Sehlinger, 1991, p. 166). Il parco ha 35 punti vendita<br />

alimentari e 56 negozi che vendono merce varia.<br />

Tutti e 300 i punti vendita dei tre mondi Disney hanno<br />

un tema, che viene rispecchiato negli immobili, nella<br />

progettazione dei negozi e nella musica (“Disney<br />

World: putting money where the mouse is”, 1991). I servizi<br />

Disney si estendono anche alla manodopera, con<br />

dipendenti cortesi e amichevoli e le figure dei cartoni<br />

animati che passeggiano su e giù.<br />

L’EPCOT Center (Experimental Prototipe Community<br />

of Tomorrow), aperto dal 1982, è una meta turistica<br />

internazionale con 23 attrazioni, 13 esposizioni, 36<br />

punti vendita alimentari e 66 negozi. Prima della sua<br />

apertura, i tecnici della Disney piantarono 12.500 alberi<br />

e 100 mila arbusti. Le due aree tematiche sono Future<br />

World, dedicata alla scienza e al prototipo di <strong>comuni</strong>tà<br />

immaginato da Walt Disney, e World Showcase, dedicato<br />

a mostre simili a quelle delle esposizioni universali.<br />

Il Disney MGM Studios Theme Park è stato aperto nel<br />

1989 e offre 8 attrazioni collegate al mondo del cinema<br />

e della televisione, due esposizioni, 11 punti vendita alimentari<br />

e 20 negozi. Comprende anche studi televisivi<br />

e cinematografici attivi, che offrono la possibilità di<br />

compiere visite. Ci sono due parchi tematici acquatici.<br />

Typhoon Lagoon ha corsi d’acqua, una laguna, una<br />

piscina a onde e offre la possibilità di fare immersioni<br />

subacquee in acqua di mare. La River Country offre<br />

un’ansa per nuotare, alcune rapide, un percorso natu-<br />

199


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 200<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

ralistico, una piscina riscaldata e spiagge di sabbia<br />

bianca. Al di là dei suoi parchi tematici, il WDW possiede<br />

un’area ricreativa per i suoi dipendenti a Little<br />

Lake Bryan. La società affitta inoltre alcune case a schiera<br />

come luoghi di soggiorno presso Lake Buena Vista,<br />

una città sulla Interstate Highway 4. Nel 1990, aprirono<br />

il Disney Yacht Club Resort con le sue 634 stanze e il<br />

Beach Club Resort, di 580 camere, entrambi situati nei<br />

pressi di un lago di 10 ettari. Ciò si aggiunse alle 6200<br />

stanze suddivise nei 7 villaggi turistici già disponibili e<br />

che comprendono anche 785 posti campeggio e 407 roulotte<br />

in affitto. Il Village Resort offre 585 unità per famiglie,<br />

comprese ville e suite. Il Disney Village Hotel Plaza<br />

ha altre 5820 stanze, per un totale di più di 12 mila<br />

camere. C’è anche un centro conferenze in grado di<br />

ospitare 350 persone.<br />

Pleasure Island, aperta nel 1989, offre intrattenimenti<br />

serali al prezzo di un coperto (in linea con la stessa<br />

politica dei prezzi praticata nei parchi tematici), con sei<br />

locali tematici, spettacoli, film e ristoranti (Sehlinger,<br />

1991, p. 14). La Discovery Island ha un parco zoologico<br />

di circa 4,5 ettari con flora e fauna, in ambiente tropicale,<br />

con sentieri, piante contrassegnate e un aviario. Il<br />

Disney Boardwalk, un parco divertimenti simile a<br />

Coney Island, ha aperto nel 1991 (p. 15). I servizi di<br />

accoglienza includono anche tre campi di golf, piscine e<br />

laghi, barche, un complesso d’intrattenimento serale,<br />

uno shopping village, un centro conferenze e dei campeggi.<br />

Il Walt Disney World Village Office Plaza, sull’Interstate<br />

4, comprende quasi 10 mila metri quadri di<br />

spazio per uffici (Facts and Figures, 1990).<br />

La Disney Company vende i propri prodotti nel<br />

WDW, ma ricava entrate anche da prodotti di altre<br />

ditte. Infatti, la maggioranza dei prodotti venduti nel<br />

WDW sono di marche che fanno da co-sponsor e che<br />

pagano alla Disney Company l’esclusiva di vendita di<br />

quel tipo di prodotto (Allen, 1989, p. 8). In effetti, la Disney<br />

chiede loro un canone per il privilegio di vendere<br />

all’interno della sua proprietà.<br />

200


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 201<br />

Walt Disney World<br />

20<br />

12<br />

7<br />

21<br />

23<br />

26<br />

3<br />

Affittasi utopia: Walt Disney World<br />

5<br />

19<br />

10 29<br />

25 1<br />

11<br />

24<br />

1. Beach Club Resort<br />

2. Buena Vista Palace<br />

3. Car Care Center<br />

4. Caribbean Beach Resort<br />

5. Contemporary Resort Hotel<br />

6. The Crossroads at Lake Buena Vista<br />

7. Disney Inn<br />

8. Disney Village<br />

9. Disney Village Conference Center<br />

10. Dolphin Hotel<br />

11. Fort Wildemess Campground<br />

12. Grand Floridian Beach Resort<br />

13. Grosvenor Resort<br />

14. Guest Quarters Resort<br />

15. The Hilton<br />

La costruzione del WDW<br />

Prevedendo le resistenze e al fine di evitare che i<br />

prezzi del terreno s’impennassero, fin dal 1964 Walt<br />

Disney aveva acquistato il terreno in piccoli lotti usando<br />

varie holding consociate, come ad esempio la Buena<br />

Vista Land Company. «Utilizzando intermediari, estrema<br />

discrezioni e più di 100 società prestanome, si scate-<br />

4<br />

201<br />

18<br />

8 9<br />

Cartina riprodotta con l’autorizzazione di Bob Sehlinger,<br />

The Unofficial Guide to Walt Disney World and Epcot, 1991, p. 45.<br />

2<br />

13<br />

28<br />

22 15<br />

17<br />

27<br />

16<br />

14<br />

16. Hotel Royal Plaza<br />

17. Howard Johnson’s Resort Hotel<br />

18. Lake Buena Vista Golf Course<br />

19. Magic Kingdom Toll Plaza<br />

20. Magnolia Golf Course<br />

21. Palm Golf Course<br />

22. Pleasure Island<br />

23. Polynesian Village Resort<br />

24. Reception Outpost<br />

25. Swan Resort<br />

26. Transportation & Ticket Center<br />

27. Travelodge Hotel<br />

28. Village Marketplace<br />

29. Yacht Club Resort<br />

6


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 202<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

nò negli acquisti di terreni vicini a Orlando, pagandoli<br />

circa 400 dollari all’acro» (Allen, 1989, p. 13). 1 Il padre di<br />

Disney aveva tentato invano di allevare bestiame e coltivare<br />

arance in quella stessa area della Florida centrale<br />

prima di trasferirsi nel Midwest (ivi).<br />

Uno dei motivi per cui venne deciso di acquistare<br />

così tanto terreno, molto di più di quanto non sia attualmente<br />

edificato o conservato per la tutela ambientale,<br />

fu quello di creare una zona cuscinetto ed evitare così i<br />

motel, i fast food e la brutta cacofonia di neon che aveva<br />

circondato Disneyland in California (Clark, 1973). Questi<br />

edifici sono in parte luoghi in cui si vendono beni o<br />

servizi che altrimenti sarebbero venduti a Disneyland e<br />

per giunta la loro bruttezza e casualità contrasta con<br />

l’immagine attentamente pianificata che il WDW vuole<br />

evocare. Di conseguenza, la Disney è in grado di controllare<br />

il contesto immediatamente circostante i suoi<br />

parchi tematici. I funzionari impararono inoltre dall’esperienza<br />

di Disneyland che potevano trarre profitto<br />

dal possesso della terra intorno ai parchi tematici, che<br />

sarebbe cresciuta in valore come risultato del movimento<br />

d’affari che il parco avrebbe attirato (Zehnder,<br />

1975, p. 5).<br />

Se lo Stato o i governi locali avessero finanziato o<br />

affidato alcuni dei beni <strong>pubblici</strong>, la verifica dell’ipotesi<br />

sarebbe stata poco convincente, dal momento che la fornitura<br />

dei beni si sarebbe potuta ascrivere a quella di<br />

questi governi o ai loro requisiti. Tuttavia, la Disney<br />

riuscì a ottenere forse l’autonomia più ampia di tutte le<br />

altre grandi <strong>comuni</strong>tà di proprietà degli Stati Uniti, fornendo<br />

così un caso chiaro di fornitura privata di beni<br />

collettivi. Il governo ha svolto il suo ruolo nel rendere<br />

l’area esterna attraente per il WDW: la rete di strade<br />

nella Florida centrale e la prospettiva di migliorie nelle<br />

autostrade influenzarono la decisione della Disney di<br />

ubicare lì il parco (Zehnder, 1975, p. 52). Ma i beni civici<br />

interni furono creati privatamente con poco aiuto o<br />

1. Vennero pagati circa 5 milioni di dollari per gli 11.300 ettari originari<br />

(Grover, 1991, p. 9), con una media di circa 440 dollari a ettaro.<br />

202


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 203<br />

Affittasi utopia: Walt Disney World<br />

interferenza dai governi statali o locali.<br />

Il WDW ovviamente ha avuto un impatto sullo sviluppo<br />

edilizio della Florida centrale. La popolazione<br />

della regione di Orlando è cresciuta dai 30 mila residenti<br />

del 1965 ai 470 mila del 1970, al milione e 100 mila<br />

abitanti del 1990. La manodopera è passata dai 186 mila<br />

lavoratori del 1970 ai 620 mila del 1990 (Facts and Figures,<br />

1990). Con questa crescita, il WDW ha indotto un<br />

aumento di valore locativo dell’area, ma a loro volta le<br />

edificazioni circostanti hanno incrementato il valore<br />

della sua terra. Resta dunque aperta la questione su<br />

quanto grande sia il valore ricevuto dalle edificazioni<br />

esterne in rapporto al valore esportato nella regione.<br />

Le basi legali<br />

Avendo ottenuto la terra, la Disney aveva bisogno di<br />

una forma di autogoverno per portare a compimento la<br />

visione di WDW come <strong>comuni</strong>tà di proprietà. Il 15<br />

novembre 1965 alcuni rappresentanti della Disney<br />

incontrarono alcuni funzionari governativi a Orlando<br />

per discutere la destinazione d’uso dei terreni e altre<br />

regolamentazioni, dal momento che l’impegno della<br />

Disney sarebbe stato condizionato al raggiungimento di<br />

un accordo (Zehnder, 1975, p. 43). Il governatore della<br />

Florida garantì alla Disney la sua cooperazione (p. 63).<br />

La corte circoscrizionale approvò la richiesta di distretto<br />

idrografico separato che includesse la terra del WDW e<br />

pochi altri piccoli lotti (p. 71). Roy Disney, fratello di<br />

Walt, affermò: «Dobbiamo avere delle solide fondamenta<br />

legali prima di procedere con il Disney World. Queste<br />

fondamenta possono essere garantite dalle proposte<br />

legislative che presenteremo alla prossima sessione dell’assemblea<br />

legislativa della Florida» (p. 87).<br />

Il Reedy Creek Drainage District (RCDD) fu formato<br />

nel maggio del 1966 sotto il capitolo 298 del codice<br />

della Florida, «Rete idrografica e controllo delle acque».<br />

La Disney propose un improvement district a sé stante<br />

che assumesse le funzioni del distretto idrografico, permettendo<br />

al WDW in quanto proprietario terriero di<br />

controllare l’ambiente e l’edificazione (p. 89). Nel 1967,<br />

203


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 204<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

la Florida emanò la legge 67-764 (House Bill 486) a beneficio<br />

della Walt Disney Corporation, cambiando radicalmente<br />

la gestione del Reedy Creek Drainage District. La<br />

nuova legge, trasformando il distretto idrografico in<br />

improvement district «abrogò quasi tutte le leggi di Stato»<br />

riguardanti la costruzione e l’urbanizzazione (Berliner,<br />

1978, p. 4). 2 La legislazione del Reedy Creek Improvement<br />

District (RCID) combina le caratteristiche degli atti<br />

di diversi distretti della Florida in un’unica autorità<br />

(Zehnder, 1975, p. 105). Incluse nel RCID ci sono anche<br />

due città, Lake Buena Vista, ai margini dello stesso<br />

distretto, e Bay Lake, con i parchi tematici. Il governatore<br />

firmò il documento il 12 maggio 1967 (p. 107).<br />

I 180 dipendenti del distretto sono dipendenti <strong>pubblici</strong>.<br />

Il budget operativo annuale di 20 milioni di dollari<br />

proviene essenzialmente dalle tasse che la Disney paga<br />

al distretto (De George, 1988, p. 49). Il distretto controlla<br />

le acque, lo smaltimento dei rifiuti, i servizi aeroportuali,<br />

il trasporto, i servizi <strong>pubblici</strong> e le strade – i beni civici<br />

normalmente forniti da città e contee. Il distretto RCID è<br />

amministrato da 5 supervisori che vengono assunti per<br />

periodi di 4 anni. La legge specifica che tutti i membri del<br />

consiglio direttivo devono essere proprietari di terreni<br />

all’interno del distretto, creando quindi una gestione di<br />

proprietà di un distretto autorizzato da un governo<br />

sovrano. I membri del consiglio vengono eletti annualmente<br />

dai proprietari riuniti. Ogni proprietario ha diritto<br />

a un voto, che può anche essere espresso per delega<br />

scritta, per ogni acro o frazione maggiore di un acro posseduto.<br />

In realtà, la Walt Disney Corporation (WDC)<br />

possiede quasi tutto il terreno in questione (secondo De<br />

George, 1988, il 98 per cento) e quindi controlla il consiglio.<br />

I confini del distretto coincidono con la terra posseduta<br />

dal WDW, così che governare il distretto diventa<br />

sinonimo di governare il WDC (Berliner 1978, p. 9).<br />

Il testo della legge 67-764 riconosce l’esistenza di<br />

«<strong>comuni</strong>tà di soggiorno e ricreative non stagionali in<br />

altri Stati e luoghi del mondo che sono in concorrenza<br />

2. Il testo della legge è incluso nel libro di Berliner (1978).<br />

204


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 205<br />

Affittasi utopia: Walt Disney World<br />

con la Florida per il commercio turistico»; quindi, possono<br />

essere intraprese «misure appropriate» per promuovere<br />

«la creazione di strutture di vacanza, sportive<br />

e ricreative e di <strong>comuni</strong>tà residenziali di alta qualità e<br />

l’utilizzo dei molti progressi tecnologici ottenuti dall’industria<br />

americana nello sviluppo di nuove concezioni<br />

di vita e svago <strong>comuni</strong>tari». 3 Questo è un esplicito<br />

riconoscimento del fatto che abbassando i costi di<br />

regolazione e di tassazione di un’impresa se ne favorisce<br />

la crescita.<br />

Il testo di legge presuppone benefici esterni per il<br />

distretto: «La conservazione delle risorse e delle attrattive<br />

naturali, la creazione di condizioni favorevoli» e<br />

«l’utilizzo di nuove concezioni, idee, progetti e progressi<br />

tecnologici nella creazione di tali strutture e<br />

<strong>comuni</strong>tà costituiscono fini <strong>pubblici</strong> validi e la legittima<br />

partecipazione a distretti di tassazione speciale<br />

creati a questo scopo». 4 Dal momento che si tratta di<br />

tasse pagate principalmente dal WDW al distretto,<br />

questi benefici sono in effetti gli stessi di una fornitura<br />

di beni da parte di una proprietà, dal momento che<br />

l’eccezionalità sta nell’indipendenza del distretto dal<br />

controllo governativo.<br />

Uno degli obiettivi del distretto è «provvedere alle<br />

strade, ai ponti e all’illuminazione stradale, adottare<br />

codici e regolamenti edilizi e urbanistici». 5 Inoltre, «gli<br />

scopi di questo Atto non possono essere realizzati se<br />

non attraverso un distretto a tassazione speciale dotato<br />

dei poteri in seguito delineati», necessari al «benessere<br />

del distretto, di tutti i suoi abitanti e dei proprietari terrieri».<br />

6 Di nuovo, quello che politicamente è un «distretto<br />

a tassazione speciale» è, economicamente, un’auto-<br />

3. Berliner (1978, p. 15); Laws of Florida (1967), Charter 67-764, part 3,<br />

paragraph 4.<br />

4. Berliner (1978, p. 15); Laws of Florida (1967), Charter 67-764, part 3,<br />

paragraph 5.<br />

5. Berliner (1978, p. 16); Laws of Florida (1967), Charter 67-764, part 3,<br />

paragraph 8.<br />

6. Berliner (1978, p. 16); Laws of Florida (1967), Charter 67-764, part 3,<br />

paragraph 10.<br />

205


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 206<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

noma governance proprietaria. Abbiamo citato ampiamente<br />

queste dichiarazioni per mostrare come esse<br />

descrivevano le caratteristiche che poi si sarebbero sviluppate<br />

nel Walt Disney World, quali la conservazione<br />

della flora e della fauna naturali, la promozione del<br />

turismo, la creazione di beni civici e l’utilizzo di tecnologia<br />

innovativa. Esse, inoltre, rivelano il riconoscimento<br />

del fatto che l’uso di nuove tecnologie e concezioni<br />

per le <strong>comuni</strong>tà può richiedere un grado maggiore di<br />

esenzione dalla legislazione locale e statale, come nei<br />

regolamenti edilizi e urbanistici.<br />

La sezione 9 dell’atto si occupa dei «poteri del distretto»,<br />

i quali includono la proprietà di infrastrutture, servizi<br />

<strong>pubblici</strong>, trasporti, strutture e servizi ricreativi. I<br />

poteri sono esplicitamente privi di limiti specifici. La<br />

sezione 10 dota il distretto del potere dei distretti stradali<br />

speciali. 7 Questo potere è esclusivo e fa sì che il distretto<br />

sostituisca la giurisdizione dello State Road Department<br />

della Florida e qualsiasi altra sottodivisione dello<br />

Stato, tranne per quanto riguarda due strade statali e<br />

l’Interstate Highway 4, che attraversa il WDW. Le strade<br />

nel WDW non vengono considerate parte dei sistemi<br />

stradali <strong>pubblici</strong> statali o della contea. 8 I collegamenti fra<br />

le strade pubbliche e private vengono stabiliti congiuntamente<br />

dal distretto e dallo Stato. 9 Per le norme contenute<br />

nella sezione 22, il bilancio e le finanze del distretto<br />

non sono soggetti ai requisiti legali della Florida o delle<br />

divisioni statali. 10 La sezione 23 dichiara che la giurisdizione<br />

del consiglio dei supervisori in merito a traffico e<br />

sicurezza «sarà esclusa da tutti i codici, le ordinanze, i<br />

requisiti, i progetti o altri regolamenti dei Consigli dei<br />

Commissari delle contee Orange e Osceola […] in meri-<br />

7. Berliner (1978, p. 17); Laws of Florida (1967), Charter 67-764, part 5,<br />

section 10, clause 1.<br />

8. Berliner (1978, p. 18); Laws of Florida (1967), Charter 67-764, part 5,<br />

section 10, clause 2.<br />

9. Berliner (1978, p. 18); Laws of Florida (1967), Charter 67-764, part 5,<br />

section 10, clause 5.<br />

10. Berliner (1978, p. 20); Laws of Florida (1967), Charter 67-764, part 7,<br />

section 22, clause 2.<br />

206


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 207<br />

Affittasi utopia: Walt Disney World<br />

to a urbanizzazione, costruzione, progettazione per<br />

quanto riguarda la suddivisione dei terreni, regolamenti<br />

sulla sicurezza degli edifici, regolamenti su scale mobili,<br />

ascensori e altri mezzi di sollevamento o trasporto,<br />

regolamenti su parchi e strutture di divertimento e di<br />

svago, regolamenti in merito agli impianti idraulici ed<br />

elettrici e altri codici di sicurezza o salute», anche se i<br />

fornitori d’elettricità come di altro restano soggetti alle<br />

leggi inerenti al sistema delle licenze. 11<br />

Una delle questioni che sorsero fu se, una volta<br />

costruito, il WDW sarebbe stato vulnerabile ai cambiamenti<br />

di autorizzazioni del distretto a opera dello Stato<br />

della Florida. La sezione 56 del capitolo affronta questa<br />

preoccupazione. È intitolata «Pledge by the State of Florida<br />

to the Bond Holders of the District and to the Federal<br />

Government» (Garanzia dello Stato della Florida ai<br />

possessori di bond del distretto e al governo federale) e<br />

afferma: «Lo Stato della Florida garantisce ai possessori<br />

di bond emessi sotto questo atto che non limiterà né<br />

altererà i diritti del distretto a possedere, acquisire,<br />

ostruire, ricostruire, migliorare, mantenere, gestire o<br />

allestire i progetti o a imporre e raccogliere tasse, contributi,<br />

canoni d’affitto, tariffe, imposte, pedaggi,<br />

biglietti e altri addebiti contemplati nella presente [...]<br />

fino a che tali bond insieme agli interessi maturati, e<br />

tutti i costi e le spese connesse a eventuali azioni o procedimenti<br />

da parte o per conto di tali possessori, saranno<br />

onorati e saldati». 12<br />

Nel 1972, il distretto emanò bond per 20 milioni di<br />

dollari, esenti dalla tassazione statale, per il sistema<br />

idrico e la rete fognaria (Berliner, 1978, p. 8), e successivamente<br />

ne ha emessi altri. Fino a che esisteranno i<br />

bond, lo Stato garantirà di rispettare l’Atto nella sua<br />

interezza. La possibilità o l’impossibilità di alterare i<br />

termini dello statuto sono questioni aperte; se si tentas-<br />

11. Berliner (1978, pp. 20-21); Laws of Florida (1967), Charter 67-764,<br />

part 8, section 23, clause 2.<br />

12. Berliner (1978, pp. 23-24); Laws of Florida (1967), Charter 67-764,<br />

part 17, section 56.<br />

207


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 208<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

se di cambiare, molto probabilmente si finirebbe in tribunale.<br />

La sezione 60, riconoscendo le sue «funzioni pubbliche<br />

essenziali», provvede a concedere alcune esenzioni<br />

di tassazione all’interno del distretto. Si afferma che<br />

«tutte le attività e le proprietà del distretto» e le entrate<br />

derivate dal distretto sotto tale Atto «saranno esenti dalla<br />

tassazione dello Stato o delle sue suddivisioni». 13 Come<br />

altri enti <strong>pubblici</strong>, il distretto può finanziare migliorie<br />

con bond esenti da tassazione ed è esente dalle tasse<br />

d’impatto che i costruttori privati devono pagare. Tuttavia,<br />

l’Atto non esenta l’attività commerciale che sarebbe<br />

soggetta alla tassazione in Florida se di proprietà di una<br />

società municipale, e non sono esenti nemmeno le attività<br />

che non si occupano di una “funzione pubblica”.<br />

Il distretto paga imposte sul terreno alle due contee<br />

e allo Stato, ma esse non sono stabilite sulla base del<br />

valore di mercato dei terreni (Clark, 1973, p. 37). Il valore<br />

locativo dichiarato nel bilancio consolidato della<br />

Walt Disney Company per l’anno 1990 è di soli 67<br />

milioni di dollari, a fronte di un valore di valorizzazione<br />

totale (edifici e altro), meno il deprezzamento, di<br />

3.250 milioni di dollari (Walt Disney Company Annual<br />

Report, 1990, p. 43), che porrebbe il terreno a solo il 2 per<br />

cento del valore immobiliare, anche escludendo il valore<br />

delle costruzioni in corso.<br />

Dal momento che la Walt Disney Company paga<br />

alcune imposte di proprietà, non è evidente come essa<br />

sia sovvenzionata dai governi locali e statali per l’utilizzo<br />

delle opere pubbliche. L’esenzione dalle regolamentazioni<br />

e da alcune forme di tassazione (per esempio,<br />

sui bond distrettuali) equivale all’eliminazione<br />

delle barriere e dei costi imposti piuttosto che necessariamente<br />

costituire un finanziamento. Ovviamente il<br />

WDW è avvantaggiato rispetto ad altre imprese della<br />

Florida, ma ciò non costituisce un sussidio di per sé, ma<br />

l’imposizione di costi da parte dello Stato su queste<br />

13. Berliner (1978, p. 24); Laws of Florida (1967), Charter 67-764, part 8,<br />

section 60.<br />

208


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 209<br />

Affittasi utopia: Walt Disney World<br />

altre attività, il che in un mondo di <strong>comuni</strong>tà di proprietà<br />

non potrebbe accadere. L’importanza di essere<br />

liberi da simili costi e restrizioni emerse nel caso dei<br />

progetti della Walt Disney Company per un parco<br />

tematico da 2 miliardi di dollari a Long Beach, in California,<br />

che vennero annullati a causa di ostacoli regolatori<br />

e per l’opposizione di gruppi ambientalisti<br />

(“Digest”, 1991, p. D2). Va notato che la legge promulgata<br />

dalla Florida non crea un’entità sovrana, ma si<br />

limita a garantire al distretto una certa autonomia dalla<br />

maggior parte della legge sovrana e in tal modo assicura<br />

effettivamente a Walt Disney World un notevole<br />

ammontare di proprietà sostanziale sulla propria terra.<br />

L’analisi di Levy<br />

L’autonomia locale del WDW costituisce il fondamento<br />

per una sua trattazione come case study significativo<br />

per quanto riguarda la governance di proprietà e<br />

la fornitura di beni <strong>pubblici</strong>. Una breve analisi dell’operato<br />

del WDW come <strong>comuni</strong>tà privata venne svolta da<br />

David Levy (1975). Egli osserva che la visione classica<br />

sui beni <strong>pubblici</strong> forniti contrattualmente, come nel<br />

caso di strade e sistemi di transito, presupponeva prezzi<br />

espliciti per ciascun bene e spesso contratti espliciti,<br />

il che faceva apparire la stessa fornitura privata in pratica<br />

assai difficile, se non irrealizzabile. Come afferma<br />

Levy, il WDW offre un esempio di «città contrattuale» o<br />

<strong>comuni</strong>tà di proprietà che in realtà non opera in questo<br />

modo. In effetti, questo case study rivela una <strong>comuni</strong>tà<br />

societaria che agisce essenzialmente lungo le linee teoriche<br />

tracciate da Heath e MacCallum e descritte nell’ottavo<br />

capitolo.<br />

Levy (p. 9) rileva che il WDW fornisce un sistema di<br />

trasporti <strong>pubblici</strong>, lo smaltimento dei rifiuti, la tutela<br />

della flora e della fauna selvatiche e «nessuna traccia di<br />

inquinamento». Egli indica la differenza chiave fra il<br />

WDW e le città sovrane nella proprietà della terra: nel<br />

WDW un’entità possiede l’intero sito, mentre nelle<br />

«città normali» la proprietà della terra è decentralizzata,<br />

un aspetto evidenziato anche da MacCallum. Levy<br />

209


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 210<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

poi confronta e mette a contrasto i sistemi di raccolta<br />

dei rifiuti nei due tipi di <strong>comuni</strong>tà. Nelle città sovrane i<br />

rifiuti vengono posti in bidoni da parte dei residenti,<br />

bidoni che vengono collocati all’esterno dell’abitazione<br />

e poi raccolti da camion e portati alle discariche o agli<br />

inceneritori. Anche il Walt Disney World ha affrontato il<br />

problema dello smaltimento rifiuti ma, essendo un’organizzazione<br />

a scopo di lucro, «si è fatto carico del<br />

peso» del fastidio provato dai suoi clienti davanti alla<br />

vista e agli odori della spazzatura raccolta in bidoni.<br />

Questo fastidio non è un’esternalità nel caso del WDW;<br />

essendo internalizzato, il fastidio riduce le entrate. Oltre<br />

a generare tariffe più basse per i parchi tematici, induce<br />

anche meno shopping e «gli affitti che la Disney Corporation<br />

richiede all’interno del parco ne risulterebbero<br />

ridotti» (p. 29). Dunque, il sistema di smaltimento dei<br />

rifiuti del WDW non utilizza bidoni, ma tubi pneumatici<br />

che portano le immondizie agli impianti di smaltimento.<br />

Probabilmente il costo monetario di questo sistema<br />

è maggiore di quello dello smaltimento convenzionale,<br />

ma evidentemente la Disney ha tenuto in considerazione<br />

anche i costi sociali dell’alternativa, preferendo il<br />

sistema a tubi pneumatici. Come rileva lo stesso Levy (p.<br />

30), è negli interessi del WDW fornire il sistema pneumatico<br />

se l’aumento degli affitti rispetto all’alternativa<br />

antiestetica è sufficiente a coprire i costi monetari che<br />

comporta l’alternativa. Mentre alcuni servizi di una città<br />

forse non possono essere privatizzati economicamente in<br />

modo separato, possono però essere forniti privatamente<br />

come elementi di un’intera <strong>comuni</strong>tà (p. 31).<br />

Un altro esempio preso in considerazione da Levy<br />

(1975) è la protezione antincendio. Sotto un governo<br />

sovrano, i residenti provvedono ad alcune forme di<br />

protezione preventiva privata, come gli estintori e i<br />

materiali ignifughi, ma si affidano principalmente al<br />

servizio pubblico per spegnere gli incendi. «Spesso<br />

negli edifici delle città non ci sono sprinkler» (p. 30),<br />

mentre il WDW li ha installati in tutti gli edifici come<br />

forma di protezione più immediata. Come fa notare<br />

Levy, la Disney corporation ha interesse ad avere una<br />

210


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 211<br />

Affittasi utopia: Walt Disney World<br />

buona reputazione in merito alla sicurezza.<br />

Levy afferma che una <strong>comuni</strong>tà contrattuale come il<br />

WDW può anche non essere «liberale», nel senso di<br />

permettere qualsiasi cosa che non eserciti coercizione<br />

sugli altri (p. 31). Sono infatti proibiti comportamenti e<br />

materiali che possano recare danno ai clienti. Ma una<br />

<strong>comuni</strong>tà di proprietà è «liberale» nel più vasto contesto<br />

dei diritti di proprietà, della proprietà controllata<br />

dai possessori di titoli che hanno un rapporto contrattuale<br />

con le persone all’interno del suo spazio. In un<br />

mondo di <strong>comuni</strong>tà di proprietà, osserva Levy, ci sarebbe<br />

un diverso assortimento di interessi e leggi che permetterebbe<br />

la concorrenza fra <strong>comuni</strong>tà che offrono differenti<br />

tipologie di beni <strong>pubblici</strong>.<br />

I beni fisici del Walt Disney World<br />

Il Walt Disney World è molto famoso per la pulizia<br />

del suo ambiente. «La manutenzione viene fatta così<br />

prontamente che non c’è nulla di sporco né in cattivo<br />

stato» (Berliner, 1978, p. 11). Tuttavia, la preservazione<br />

della fauna e della flora selvatiche e gli sforzi per evitare<br />

l’inquinamento delle aree esterne sono benefici esterni<br />

che teoricamente non dovrebbero essere forniti così<br />

prontamente dal momento che non ci sono dei benefici<br />

diretti per i proprietari.<br />

La missione della salvaguardia dell’area nel suo<br />

stato naturale può fornire benefici indiretti all’immagine<br />

della società e all’utilità dei proprietari, e può ridurre<br />

la necessità di regolamentazione ambientale esterna.<br />

Il gruppo di progettazione iniziale per la tutela della<br />

natura comprendeva un Conservation Advisory Board<br />

e faceva ricorso alla consulenza delle più grandi organizzazioni<br />

di salvaguardia ambientale americane. Il<br />

WDW istituì un Walt Disney World Environmental Protection<br />

Department. L’area di salvaguardia comprende<br />

zone umide e zone di rimboschimento. Uno degli obiettivi<br />

dichiarati è dimostrare che si può giungere a un’urbanizzazione<br />

che non disturbi l’ecologia delle aree<br />

adiacenti (Zehnder, 1975, pp. 155-156). Ciò include un<br />

programma di creazione di nuove aree umide per la<br />

211


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 212<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

fauna e la flora selvatiche disturbate dall’edificazione<br />

(Bloch, 1991, p. 32). Però, la salvaguardia ambientale ha<br />

costi-opportunità che ne limitano la portata. E, a parte<br />

le aree designate alla tutela, la terra non edificata è stata<br />

privata della sua vegetazione originaria, spianata e trasformata<br />

in una «gigantesca e vuota cintura verde»<br />

(Allen, 1989, p. 14) che ha reso possibile vedere da<br />

molto lontano i monumenti del parco.<br />

Come indicato dalla legislazione del distretto, il<br />

WDW ha utilizzato tecnologie innovative ed è molto<br />

orgoglioso dei suoi beni civici ad alta tecnologia. Per<br />

prima cosa, possiede il primo sistema telefonico commerciale<br />

a fibra ottica degli Usa e la prima compagnia<br />

telefonica al mondo completamente elettronica, la<br />

Vista-United Telecommunications, una partnership della<br />

Disney (Prototipe, 1987). Il Digital Animation Control<br />

System (DACS) coordina le centinaia di pupazzi della<br />

Audio-Animatronics del Magic Kingdom. Il DACS<br />

invia loro dei segnali, controllandone voci e gesti, così<br />

come palcoscenici, porte, illuminazione e sipari. Il<br />

WDW ha un sistema centrale di monitoraggio computerizzato,<br />

l’Automatic Monitoring and Control System<br />

(AMCS), che si occupa dei servizi <strong>pubblici</strong> e che opera<br />

da un interrato del parco con una superficie di 4 ettari,<br />

in grado di accogliere anche i camion.<br />

Come riporta Levy, una rete di tubi pneumatici raccolgono<br />

i rifiuti solidi. Questo sistema di progettazione<br />

svizzera, denominato Automatic Vacuum Collecting<br />

System (AVAC), spedisce l’immondizia a una velocità di<br />

100 chilometri all’ora verso una zona di raccoglimento<br />

centrale, dove viene compattata e portata via per essere<br />

incenerita da camion. L’impianto d’incinerazione utilizza<br />

degli scrubber umidi per evitare l’inquinamento dell’aria.<br />

Le acque di scolo vengono riciclate per l’irrigazione,<br />

alimentata da laghetti in cui giacinti d’acqua assorbono<br />

i composti nutritivi lasciati dal trattamento iniziale.<br />

L’impianto energetico comprende un sistema di recupero<br />

del calore disperso. Il sistema degli impianti antincendio<br />

è collegato all’AMCS e il loro utilizzo all’interno di<br />

tutti gli edifici riduce il raggio d’azione e i costi di questo<br />

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Affittasi utopia: Walt Disney World<br />

specifico dipartimento incaricato di evitare incendi. Il<br />

Dynamic Economic Energy Dispatch System (DEEDS)<br />

mette a confronto molte opzioni di generazione di energia<br />

al Reedy Creek Utilities Company Central Energy<br />

Plant e sceglie i metodi più efficienti. L’elettricità ad alto<br />

voltaggio viene monitorata via computer con un sistema<br />

«più sofisticato di quelli della maggioranza attualmente<br />

in uso nelle aree municipali» (Prototipe, 1987). Il sistema<br />

fotovoltaico in cima all’Universe of Energy, l’edificio a<br />

forma di piramide nell’EPCOT, è il sistema di energia<br />

fotovoltaica privato più grande del mondo.<br />

L’esenzione dai regolamenti edilizi ha permesso al<br />

WDW di utilizzare metodi e materiali da costruzione<br />

innovativi, come proposto dallo statuto. Il WDW<br />

costruì quella che all’epoca era la più alta opera muraria<br />

in cemento armato degli Stati Uniti, il TraveLodge<br />

Motel, alto 16 piani. Nessun regolamento negli Stati<br />

Uniti avrebbe permesso la costruzione di un edificio<br />

oltre i 12 piani (De Michael, 1973, p. 61). Come risultato<br />

di questa libertà d’innovare, la Disney Company è<br />

diventata un patrono dell’architettura di primaria<br />

importanza, commissionando molti lavori ai più grandi<br />

architetti. Le recenti costruzioni comprendono gli<br />

alberghi al WDW e un edificio amministrativo a Lake<br />

Buena Vista. (Prima dell’amministrazione del presidente<br />

Michael Eisner, nel 1984, gli edifici della Disney venivano<br />

progettati da architetti dipendenti dalla società).<br />

Come esempio d’innovazione si può prendere il cuore<br />

dell’edificio a uffici della Team Disney a Lake Buena<br />

Vista, un cilindro aperto con una trave di 23 metri fissata<br />

sul bordo che forma una delle meridiane più grandi<br />

al mondo (Andersen, 1991, p. 66).<br />

Il WDW ha fatto un utilizzo esteso della possibilità<br />

di fornire un sistema di trasporti innovativo. I servizi,<br />

spesso forniti congiuntamente all’accesso ai parchi e<br />

agli alberghi, comprendono 4 treni monorotaia (22 km<br />

di linea a vapore), ferryboat, lance a motore, tram, 123<br />

autobus e taxi navetta. Il WDW ha quella che viene<br />

definita «la quinta flotta più grande del mondo», con più<br />

di 750 imbarcazioni. Il Mark IV Monorail System collega<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

molti parchi e luoghi di soggiorno utilizzando treni da<br />

250 passeggeri e movimentando 80 mila persone al giorno.<br />

Per servire il trasporto aereo, c’è uno “STOLport”, un<br />

aeroporto per voli sulla breve distanza. Come osserva<br />

Levy, la maggioranza del trasporto via terra non richiede<br />

un pagamento essendo inclusa nella tariffa generale; il<br />

prezzo marginale pagato da un utente è zero. I progettisti<br />

hanno pensato anche ai pedoni. Sulla Main Street, i<br />

marciapiedi sono pavimentati con un asfalto elastico che<br />

riduce l’indolenzimento delle gambe e sono stati previsti<br />

posti per sedersi e riposare (Zehnder, 1975, p. 259).<br />

L’ipotesi secondo la quale un complesso immobiliare<br />

situato in un grande territorio, posseduto e gestito da<br />

una società privata, con finanziamento e controllo pubblico<br />

poco significativo, non fornirebbe i beni civici<br />

desiderati dagli utenti a un livello, sia in quantità che in<br />

qualità, pari a quello di un governo pubblico è quindi<br />

confutata. Non c’è alcuna prova del fatto che il WDW<br />

non abbia fornito quei beni civici che avrebbero avuto<br />

un’effettiva richiesta. I beni civici sono territoriali ed<br />

esiste il modo di indurre gli utenti individuali a pagare<br />

per la propria quota di beni, dal momento che si richiede<br />

una tariffa d’ingresso per l’utilizzo del sito.<br />

I beni psichici del Walt Disney World<br />

I beni fisici forniti dal WDW, benché impressionanti,<br />

costituiscono solo la superficie della fornitura totale di<br />

beni <strong>pubblici</strong>. Le famiglie non fanno 5 mila chilometri<br />

per qualche giro al luna park, per quanto bello possa<br />

essere. Per capire adeguatamente il successo del WDW<br />

vanno analizzate anche le caratteristiche psicologiche ed<br />

emotive dei beni <strong>pubblici</strong> del WDW – il valore di essere<br />

esattamente in quello spazio, al di là del “consumo” dei<br />

giri in giostra e delle esibizioni.<br />

Come spiega Sharon Zukin (1991, p. 221) Walt Disney<br />

cercò di trasformare il parco divertimenti in qualcosa<br />

di più del mero intrattenimento fisico: «Voleva<br />

proiettare l’immagine ideale della piccola cittadina<br />

americana come immagine di armonia sociale»; e ciò<br />

avrebbe non solo fornito divertimento ma anche tra-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 215<br />

Affittasi utopia: Walt Disney World<br />

smesso un messaggio. Disney era «figlio di un utopista<br />

deluso» (p. 222). Sia Disneyland in California (creato<br />

nel 1955) che il Walt Disney World in Florida sono<br />

immagini di un’utopia. Uno dei progettisti di Disneyland<br />

affermò che la sua Main Street era «come sarebbe<br />

dovuta essere la vera Main Street» (ivi). In realtà, Main<br />

Street è un’immagine di quello che si vorrebbe esistesse<br />

piuttosto che una ricostruzione realistica. I suoi edifici<br />

sono costruiti con un’altezza che va dai cinque ai<br />

sette ottavi rispetto alla grandezza naturale, una tecnica<br />

cinematografica che li rende amichevoli ai bambini e<br />

crea negli adulti l’illusione che tutto sia più piccolo di<br />

quanto ricordato (Stern, 1986, p. 211). Le strade ricreano<br />

la cittadina natale di Disney, Marceline, nel Missouri.<br />

La Main Street è il cuore del WDW, «la chiave del segreto<br />

della visione di Disney», un’epoca in cui l’America<br />

era più semplice e coerente (ivi).<br />

Walt Disney fu un imprenditore la cui visione andava<br />

al di là degli stretti calcoli di profitto convenzionale,<br />

ma che alla fine fruttò profitti maggiori di quanto un<br />

imprenditore più tradizionale avrebbe guadagnato. Nel<br />

1953 i proprietari dei parchi di divertimento criticarono<br />

il piccolo numero di giostre progettate per Disneyland,<br />

così come la grande quantità di spazi aperti e la manutenzione<br />

costosa (Zukin, 1991, p. 223). Tuttavia, Disney<br />

stava vendendo non solo quelle figure animate che si<br />

muovevano in cerchio, ma un intero mondo di fantasia.<br />

A integrare la relativa scarsità di strumenti di profitto<br />

convenzionali hanno contribuito gli elementi psicologici<br />

del parco, una combinazione di mito e fantasia. La<br />

manutenzione molto costosa era necessaria a impedire<br />

che le immondizie e lo sporco rovinassero quell’ambiente<br />

attentamente progettato.<br />

Disney fu il pioniere del concetto di chiedere una<br />

tariffa per l’ingresso in un parco di divertimento invece<br />

che far pagare un biglietto per ogni singolo giro in giostra<br />

(Allen, 1989, p. 11). L’ambiente Disney ha un valore<br />

locativo che viene raccolto con tariffe d’entrata connesse<br />

al numero di giorni in cui si rimane sul posto. In<br />

realtà, la riproduzione dell’ambiente è un bene escludi-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

bile e la Disney detiene il copyright di molti dei suoi edifici<br />

più identificativi. Per pubblicare le immagini Disney<br />

serve un permesso (Sehlinger, 1991, p. 306). Al<br />

WDW sono disponibili biglietti d’ingresso di un giorno<br />

per i singoli parchi, biglietti da 4 e 5 giorni per tutti e tre<br />

i parchi e validi fino all’utilizzo completo, e addirittura<br />

un biglietto annuale. Nel giugno del 1993, per un adulto<br />

il biglietto giornaliero per un parco costava 35 dollari,<br />

un pass di 4 giorni per tutti e tre i parchi 125 dollari,<br />

e quello di 5 giorni 170 dollari. Nei pacchetti alberghieri<br />

della Disney il biglietto d’ingresso è incluso.<br />

Il giornalista Bob Garfield (1991), non molto soddisfatto<br />

della sua visita, ha riferito che il costo complessivo,<br />

senza includere i biglietti aerei, speso per la sua<br />

famiglia di 4 persone, era stato pari a 1700 dollari. Calcolando<br />

6 ore e 47 minuti di effettivo “divertimento”,<br />

vale a dire, le ore passate nei parchi escludendo il tempo<br />

trascorso in coda per le attrazioni, i viaggi in autobus, il<br />

tempo per mangiare e così via, i suoi 1700 dollari diventavano,<br />

secondo i suoi conti, 261 dollari «per ora di<br />

divertimento» della famiglia. Il fatto di averli pagati,<br />

comunque, dimostra la sua preferenza per l’esperienza<br />

Disney. Secondo Garfield, la Disney Company non forniva<br />

i dati sul tempo trascorso per le sue attrazioni. E<br />

riferì che un suo portavoce disse: «Non è la nostra politica<br />

ridurre una visita al Disney World a banali statistiche».<br />

Ma Garfield invece l’aveva fatto, calcolando il<br />

costo di 579 dollari per la sua famiglia per un’ora di<br />

divertimento al Magic Kingdom. Tuttavia, non prese in<br />

considerazione che solo il fatto di stare lì è considerato<br />

parte del divertimento e che pagava un canone d’affitto<br />

per tutto il tempo della sua permanenza. Quindi, se i<br />

1.700 dollari vengono divisi per la permanenza totale, 5<br />

giorni, 120 ore, il costo per l’utilizzo dello spazio e delle<br />

strutture del Walt Disney World all’ora diventa 14.17<br />

dollari per la famiglia, oppure 3.54 dollari a persona. Per<br />

il solo ingresso, un pass di 4 giorni di 186 dollari vorrebbe<br />

dire 3.87 dollari all’ora per 12 ore al giorno.<br />

Chiedere il pagamento all’ingresso è un metodo<br />

molto consono all’idea di vendere un ambiente e non<br />

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Affittasi utopia: Walt Disney World<br />

solo i giri sulle attrazioni. Come osserva Allen (1989, p.<br />

12) il pagamento all’ingresso tiene fuori gli opportunisti<br />

– i borseggiatori e coloro che possono creare problemi<br />

che spesso affliggono altri luna park. Una tariffa<br />

fissa fornisce anche una possibilità di spesa più prevedibile<br />

del pagamento presso ogni attrazione ed evita il<br />

costo di questo secondo tipo di pagamento, che farebbe<br />

poi diminuire il costo del biglietto d’entrata che i visitatori<br />

sarebbero disposti a pagare.<br />

L’esistenza della congestione in sé non necessariamente<br />

rende più vantaggioso far pagare una tariffa d’utilizzo.<br />

Gli ascensori degli alberghi al mattino sono affollati,<br />

eppure gli alberghi non fanno pagare nulla per il<br />

loro utilizzo. Una tariffa che eliminasse l’attesa genererebbe<br />

ospiti scontenti che utilizzerebbero riluttanti le<br />

scale. Anche la cultura e le abitudini giocano un ruolo<br />

importante nel decidere cosa far pagare. E poi c’è anche<br />

il desiderio dei proprietari degli alberghi di rendere disponibili<br />

le strutture degli immobili, il che implica rendere<br />

quanto più bassi sia possibile i costi di transazione, ad<br />

esempio non facendo pagare per il servizio dell’ascensore.<br />

Questi stessi elementi si applicano al sistema dei trasporti<br />

all’interno del WDW e alle sue attrazioni. Le code<br />

evidentemente non distolgono in modo pesante dal<br />

godimento del parco dal momento che il WDW intervista<br />

i suoi ospiti all’uscita e, su una scala da 1 a 10, il livello<br />

di soddisfazione espresso si aggira intorno all’8-9<br />

(Grover, 1991, p. 64). La Walt Disney Company è consapevole<br />

del problema delle code e ha sostanzialmente<br />

ridotto il tempo di attesa con nuove attrazioni, gestendo<br />

le efficienze e aumentando gli orari di apertura dei parchi<br />

(Walt Disney Company Annual Report, 1990, p. 7).<br />

I visitatori del WDW possono adattare i loro programmi<br />

per evitare molti dei costi di congestione, se lo<br />

desiderano, dal momento che la frequentazione ha cicli<br />

annuali, settimanali e giornalieri. Gli affollamenti<br />

minori si verificano al mattino presto, di venerdì e di<br />

domenica, e fra il giorno del Ringraziamento e il 18<br />

dicembre (Sehlinger, 1991, p. 19). Anche le settimane fra<br />

Pasqua e giugno sono meno affollate (p. 25). All’inizio di<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 218<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

dicembre, la presenza giornaliera di 20 mila persone è<br />

circa un terzo del picco della stagione estiva o durante le<br />

vacanze (p. 30). La Main Street spesso apre mezzora<br />

prima dell’orario fissato e il WDW mantiene una flessibilità<br />

d’apertura per adattarsi alle variazioni nella presenza<br />

di visitatori. Un ospite che voglia evitare le attese<br />

può risparmiare molto tempo pianificando attentamente<br />

la sua visita, oppure affidandosi a suggerimenti come<br />

quelli pubblicati da Sehlinger (1991), il quale fornisce<br />

programmi dettagliati per una visita al WDW che sia<br />

efficiente dal punto di vista dei tempi. Taluni test svolti<br />

dallo stesso Sehlinger hanno mostrato che, con una presenza<br />

di 48 mila visitatori, una persona poteva risparmiare<br />

una media di 3,5 ore utilizzando i suoi programmi<br />

rispetto a chi visitava il WDW per proprio conto, e<br />

quindi poteva provare molte più attrazioni (p. 59). I visitatori<br />

possono anche risparmiare tempo evitando di<br />

mettersi in coda per mangiare, cioè comprando il proprio<br />

cibo dai venditori e non nei ristoranti (p. 90). Quindi,<br />

se il tempo ha un costo-opportunità alto per il visitatore,<br />

esistono modi per renderlo più economico.<br />

La visione di Disney per quanto riguarda il Walt<br />

Disney World presentava altri due aspetti. Uno era il<br />

modello delle esposizioni universali, con il tema delle<br />

culture del mondo; l’altro era la creazione di EPCOT<br />

come una vera e propria città utopica con una popolazione<br />

di 20 mila abitanti. Walt Disney disse che EPCOT<br />

sarebbe stata<br />

una città che va incontro alle persone come una funzione<br />

di servizio. Sarà una <strong>comuni</strong>tà progettata e controllata,<br />

una vetrina per l’industria e la ricerca americana,<br />

per le scuole e le opportunità culturali ed educative.<br />

In EPCOT non ci saranno proprietari terrieri e<br />

quindi nessun voto di controllo sulla <strong>comuni</strong>tà. Non ci<br />

saranno bassifondi perché noi non permetteremo che<br />

si sviluppino. La gente affitterà le case invece che comprarle,<br />

e lo farà ad affitti modesti. Non ci saranno pensionati.<br />

Tutti devono avere un impiego. (Zukin, 1991,<br />

p. 224)<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 219<br />

Affittasi utopia: Walt Disney World<br />

La città avrebbe dovuto avere uno snodo centrale di<br />

20 ettari chiuso da una cupola e gli alti edifici avrebbero<br />

dovuto innalzarsi attraverso di essa. Un sistema di<br />

trasporto avrebbe portato le persone alle aree residenziali<br />

e industriali esterne. I beni civici progettati includevano<br />

una monorotaia, lo smaltimento dei rifiuti tramite<br />

tubi pneumatici, i servizi di utilities interrati e un<br />

sistema computerizzato centrale. Sarebbe stata aperta<br />

al pubblico pagante (Taylor, 1987, p. 33).<br />

Disney morì il 15 dicembre 1966; la società decise<br />

che una <strong>comuni</strong>tà residenziale di quel tipo avrebbe<br />

implicato molta responsabilità legale e trasformò l’EP-<br />

COT in un «rifugio temporaneo» (Zukin, 1991, p. 224).<br />

Comunque, il WDW è già in un certo senso una <strong>comuni</strong>tà<br />

residenziale avendo, oltre agli alberghi, alcune case<br />

a schiera e unifamiliari a Lake Buena Vista. Alcune<br />

unità abitative sono in affitto, altre sono di proprietà<br />

nella forma del condominio, con la Disney Corporation<br />

che mantiene il titolo di proprietà sul terreno.<br />

Michael Eisner, presidente della Walt Disney Company,<br />

voleva riscattare il sogno di Disney di una “città<br />

del domani” creando una cittadina high-tech nella parte<br />

meridionale del WDW (Andersen, 1991, p. 68). Nel<br />

1990, la società ottenne 830 ettari nella Osceola County<br />

a sudovest del WDW per una nuova “città dei sogni”<br />

da costruire in un arco di tempo di 25 anni. Sarà un<br />

complesso di 1600 ettari con case, appartamenti, una<br />

via commerciale, scuole, attività di svago, musei, uffici<br />

e 2500 ettari di cintura verde. Ci sono anche progetti di<br />

condomini in multi-proprietà (Grover, 1991, p. 276;<br />

Walt Disney Company Annual Report, 1990, p. 13). Ora<br />

chiamata «Celebration», la città sarà un laboratorio<br />

dove le persone coesisteranno con la natura, come nella<br />

città giardino di Ebenezer Howard, e avrà un istituto<br />

Disney con classi che per l’apprendimento trarranno<br />

vantaggio dalle risorse naturali del WDW, quali l’area<br />

di salvaguardia ambientale (Bloch, 1991, p. 8). Uno<br />

degli obiettivi di Walt Disney per il WDW era creare<br />

una città in cui gli impiegati potessero vivere e una<br />

vetrina per le nuove tecnologie in settori come i tra-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

sporti e l’igiene (Greene e Greene, 1991, p. 10).<br />

L’idea di una <strong>comuni</strong>tà utopica derivò in parte dalle<br />

esperienza giovanili dello stesso Disney (i problemi del<br />

padre durante la Grande Depressione) e anche dalle<br />

esposizioni universali precedenti. L’esposizione di Chicago<br />

del 1893 aveva visto una “città bianca” di 200 edifici;<br />

quella di New York City del 1939 prevedeva una<br />

“città del domani” utopica in un “mondo del domani”<br />

caratterizzato dal progresso tecnico. Le sue dimostrazioni<br />

erano interattive e gli spettatori potevano toccare le<br />

cose e parlare con gli addetti (Zukin, 1991, p. 226).<br />

Secondo Zukin era il consumismo l’intenzione primaria<br />

dietro il Walt Disney World: «Un’informazione che si<br />

mescola in un implicito appello al consumo. Toccate!<br />

Stupitevi! Comprate!» (p. 228). Eppure l’esposizione del<br />

1939 fu un «disastro commerciale» (p. 227). Serve qualcosa<br />

di più che qualche corsa nella fantasia, utopia tecnologica<br />

e propaganda consumistica per attirare le folle.<br />

Alexander Moore (1990) offre un’analisi antropologica<br />

del successo dei parchi della Disney. La forma del<br />

WDW, dice, è presa a prestito inconsciamente dai centri<br />

di pellegrinaggio, come per esempio La Mecca. Esso<br />

replica simbolicamente la capitale barocca, il giocoso<br />

pellegrinaggio adatto alla società secolare e “tecnologizzata”<br />

di oggi. Un pellegrinaggio comprende un rito<br />

di passaggio in cui i pellegrini subiscono un qualche<br />

cambiamento. Moore attira l’attenzione sul nome evocativo<br />

e mitico, “Magic Kingdom”. Per entrare nel<br />

Magic Kingdom il visitatore passa attraverso talune<br />

entrate simboliche come il cancello dei biglietti, tram,<br />

tornelli e monorotaie. La Main Street è fiancheggiata da<br />

negozi vittoriani, rievoca l’«America delle Main Street».<br />

Frontierland riflette «il passato eroico, mitico e storico<br />

dell’America» (p. 212). I temi sono i viaggi in un tempo<br />

mitico, passato e futuro. Per enfatizzare l’immagine, i<br />

personaggi della Disney passeggiano su e giù in modo<br />

casuale, incontrando gli ospiti. «L’icona regnante» è<br />

Mickey Mouse (p. 215).<br />

«Gli spettatori contemplano cinque utopie nordamericane:<br />

quella delle città delle Main Street; quella della<br />

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Affittasi utopia: Walt Disney World<br />

fantasia dell’infanzia; quella della fantasia dell’adolescenza;<br />

quella della storia epica dei padri fondatori,<br />

della frontiera e di Lincoln; e infine quella del viaggio<br />

nello spazio del futuro nordamericano». WDW «evoca<br />

il soprannaturale in un contesto in cui il soprannaturale<br />

è stato bandito» (Moore, 1990, p. 214).<br />

L’idea del pellegrinaggio riecheggia anche nelle critiche<br />

di Bob Garfield (1991), il quale descrive il WDW<br />

come «una Mecca troppo decorata, votata a quella dalla<br />

realtà che è il mercato di massa». Solo in parte scherzando,<br />

egli afferma che Disneyland e il Walt Disney<br />

World per i genitori sono diventati delle istituzioni per<br />

l’infanzia, «qualcosa a metà fra il diritto e un sacro<br />

dovere [...] il pellegrinaggio dell’americano di classe<br />

media». Questo era il suo secondo viaggio di famiglia,<br />

fatto per timore che il figlio più grande si vedesse negato<br />

il rito atteso. In effetti, due americani su tre visitano<br />

un parco Disney prima o poi nella loro vita (Kobliner,<br />

1990, p. 152), il che conferma l’idea secondo la quale<br />

nell’esperienza Disney c’è più che mero divertimento.<br />

Nel Walt Disney World, l’atmosfera generale dell’ambiente<br />

viene mantenuta in tutto le zone. Gli alberghi<br />

possiedono un’«architettura d’intrattenimento» e<br />

sono «parchi tematici di per se stessi» (Zukin, 1991, p.<br />

228). I nuovi alberghi Dolphin e Swan, <strong>comuni</strong>tà di<br />

transito per 10 mila persone, possiedono come filo<br />

tematico gli animali evocati dai loro nomi. Delfini e<br />

cigni giganti siedono in cima ai loro tetti, assieme a simboli<br />

della flora della Florida, acqua, tropici e immagini<br />

dei cartoni animati Disney. Le mura esterne sono ricoperte<br />

di onde e foglie di banano, «un paesaggio immaginario<br />

per il consumo visivo» (p. 229).<br />

Gli elementi psicologici del Walt Disney World, così<br />

complementari al resto dell’impero, creano un sito<br />

unico che la Disney Company ha nutrito e accudito per<br />

ottenere una rendita che, a sua volta, dipende dalla<br />

tutela di aspetti complementari di altre attività della<br />

Disney. Per esempio, film che si allontanassero dal<br />

sistema di valori proposto al mercato dalla Disney<br />

potrebbero erodere la frequentazione dei parchi temati-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 222<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

ci (Taylor, 1987). L’importanza degli elementi psichici e<br />

dell’ambiente è ben illustrata dalla descrizione di un<br />

visitatore: «La maggior parte di noi vive tutto l’anno in<br />

un mondo brutto e sporco, pieno di preoccupazioni e<br />

duro lavoro. La mia visita annuale al Magic Kingdom,<br />

all’EPCOT e agli MGM-Disney Studios [sic] mi dà la<br />

possibilità di entrare a far parte di un mondo dove tutto<br />

è pulito, tutti sono amichevoli, non c’è niente di rotto, e<br />

non importa quanto stanco o irritabile sono, le persone<br />

sono comunque felici di vedermi» (Ross, 1991). Affitasi<br />

utopia, per diem.<br />

L’influenza del Walt Disney World sulle <strong>comuni</strong>tà<br />

I vari elementi che caratterizzano il Walt Disney<br />

World hanno avuto una grande influenza sulle altre<br />

<strong>comuni</strong>tà. Per prima cosa, i rivali della Disney in Florida<br />

hanno copiato alcune delle sue caratteristiche, come<br />

la “tematicità” mediante schemi decorativi (Allen, 1989,<br />

p. 12). Alcuni concorrenti, soprattutto i luoghi di soggiorno<br />

più vecchi troppo lontani da Orlando perché il<br />

tipico turista del WDW vi si recasse, hanno chiuso o si<br />

limitano a sopravvivere (Sehlinger, 1991, p. 6).<br />

Nell’“Orlando Wall” si sono formate attrazioni satellite<br />

(p. 7). L’EPCOT costituì un secondo shock per l’industria<br />

turistica di Orlando, andando a occupare uno o due<br />

giorni in più della settimana di vacanza del turista. La<br />

Disney creò allora biglietti d’ingresso da più giorni, che<br />

furono efficaci nel mantenere gli ospiti all’interno del<br />

WDW per molti giorni (p. 8) – altra ragione per affidarsi<br />

a biglietti d’entrata piuttosto che a una forma di<br />

pagamento attrazione per attrazione. Quando aprì<br />

anche Disney-MGM, venne interrotto l’uso del pass da<br />

tre giorni e si offrì agli ospiti la possibilità di comprare<br />

o un pass giornaliero per un parco o dei pass per quattro<br />

o cinque giorni, che vanno quindi a riempire la maggior<br />

parte della settimana di vacanza della famiglia (p. 9).<br />

Nelle aree esterne a Orlando, il WDW ha stimolato<br />

sia lo sviluppo del turismo sia quello degli immobili e<br />

delle <strong>comuni</strong>tà residenziali (Zukin, 1991, p. 230). Anche<br />

le edificazioni di alloggi hanno ripreso «l’immagine<br />

222


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Affittasi utopia: Walt Disney World<br />

ideale della Main Street» della Disney (p. 231). Andres<br />

Duany, architetto di Miami, disse che «l’idea più nuova<br />

in architettura è la cittadina del diciannovesimo secolo»<br />

(ivi). La stessa Disney Company si è inoltrata maggiormente<br />

in campo residenziale; la Disney Development<br />

Company, creata a metà degli anni Ottanta, progetta di<br />

costruire <strong>comuni</strong>tà residenziali vicino al WDW (pp.<br />

231-232). Zukin descrive la creazione di questi paesaggi<br />

cittadini come una «frontiera creativa» della società<br />

altamente industrializzata. La nuova progettazione<br />

«non richiede né centralità né monumentalità» e, al<br />

contrario, «riconcilia visivamente la tensione fra consumo<br />

pubblico e privato, fra capitale globale e locale, fra<br />

mercato e luogo» (p. 241). Il tema degli sviluppi urbani<br />

di proprietà come riconciliazione fra pubblico e privato,<br />

fra mercato e luogo fa eco al pensiero di MacCallum<br />

discusso nell’ottavo capitolo. Il Walt Disney World è<br />

quindi molto più di un luogo di soggiorno o di una<br />

Mecca secolare. È, per Zukin, un modello di <strong>comuni</strong>tà<br />

residenziale del futuro, quella del «complesso extraurbano<br />

multiuso». Il WDW ha già fatto da modello a<br />

<strong>comuni</strong>tà come Seaside, in Florida, e Mashpee Commons,<br />

nel Massachusetts, entrambe progettate da<br />

«architetti postmoderni» (p. 265).<br />

Come afferma Zukin (p. 268), lo spazio non è soltanto<br />

un luogo per metter gli oggetti ma «struttura le percezioni<br />

delle persone, le loro interazioni e il senso di<br />

benessere o disperazione, appartenenza o alienazione»,<br />

e sono queste caratteristiche a determinare i valori della<br />

terra. Il successo economico del Walt Disney World è il<br />

risultato della sua capacità di plasmare il contesto spaziale,<br />

un contesto spaziale che è complementare agli<br />

altri suoi beni.<br />

Il Walt Disney World come società<br />

Il materiale promozionale del WDW ne sottolinea le<br />

innovazioni tecnologiche e fisiche, ma l’utopia di Walt<br />

Disney aveva anche un aspetto finanziario di cui era ben<br />

consapevole. Secondo Richard Nunis, presidente della<br />

Walt Disney Attractions e creatore di Tokyo Disneyland,<br />

223


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 224<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

«l’obiettivo del Disney World era dimostrare che attraverso<br />

la libera impresa si poteva prendere terra vergine<br />

ed edificarla senza alcun sussidio governativo» (Allen,<br />

1989, p. 13). La storia recente della Walt Disney Company<br />

pone in rilievo un contrasto fra il mercato e i settori<br />

governativi nella fornitura dei beni. Le imprese private<br />

non massimizzano automaticamente i profitti, né operano<br />

necessariamente in modo efficiente, cioè per generare<br />

i massimi ritorni sugli investimenti. Ma quando non<br />

lo fanno, a differenza di quanto accade nel settore governativo,<br />

i valori dei loro titoli cadono rispetto al valore<br />

degli asset, e diventano possibili candidati per le acquisizioni,<br />

come già abbiamo visto nel quarto capitolo.<br />

Durante gli anni Settanta gli eredi di Walt Disney<br />

cercarono di mantenere intatta la sua visione, ma un’attività<br />

in un mondo che cambia richiede costantemente<br />

nuove visioni. I nuovi proprietari cercarono di fare<br />

quello che avrebbe fatto Walt, ma non innovarono e non<br />

colsero le opportunità come avrebbe fatto lui (Grover,<br />

1991, p. 12). Con l’impennarsi dei costi (secondo le<br />

stime iniziali EPCOT sarebbe dovuta costare 600 milioni<br />

di dollari, ma finì col costare due volte tanto), i guadagni<br />

della società erano in declino (p. 13). Inoltre, i<br />

prezzi d’ingresso della Disney non erano nemmeno<br />

stati aggiornati all’inflazione, dal momento che i funzionari<br />

della società temevano una reazione negativa e<br />

un declino nelle presenze (p. 64). I biglietti giornalieri<br />

costavano solo 17 dollari, una piccolissima parte dei<br />

mille dollari pagati da una famiglia per un viaggio al<br />

WDW (p. 41). L’attività alberghiera di Orlando venne<br />

rilevata da altre società (p. 14).<br />

Davanti a un tentativo di acquisizione, i direttori<br />

portarono nella società Michael Eisner, precedentemente<br />

presidente della Paramount (p. 16). Dal 1984 al 1990,<br />

sotto la nuova gestione, il costo dei biglietti d’ingresso<br />

venne aumentato dell’82 per cento e portato al livello<br />

che il mercato poteva sostenere (Kerwin, 1990, p. 53).<br />

L’aumento dei prezzi venne affiancato da una <strong>pubblici</strong>tà<br />

televisiva volta a fare aumentare la domanda, avendo<br />

rilevato da una verifica fatta che sarebbero serviti 6,50<br />

224


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 225<br />

Affittasi utopia: Walt Disney World<br />

dollari di <strong>pubblici</strong>tà per portare un ospite che avrebbe<br />

pagato 18 dollari d’entrata e avrebbe poi speso altro<br />

denaro all’interno del WDW (Grover, 1991, p. 67). La<br />

«Pleasure Island», con i suoi locali notturni ispirati alla<br />

Church Street Station di Orlando, fu un tentativo di<br />

attrarre i giovani adulti (Grover, 1991, p. 179; Sehlinger,<br />

1991, p. 9). Inoltre, la società migliorò il WDW con attrazioni<br />

come il “Captain EO Show”, un film fantastico tridimensionale<br />

con effetti speciali, e “Star Tours” (Grover,<br />

1991, pp. 78-79). Le presenze aumentarono nonostante<br />

la crescita del costo del biglietto d’ingresso e dal 1983 al<br />

1987 i profitti del parco tematico triplicarono (p. 79).<br />

Il gruppo di dirigenti della società decisero anche di<br />

aggiungere un terzo parco tematico, i Disney-MGM<br />

Studios, che avrebbero indotto gli ospiti a passare un<br />

giorno in più della loro settimana di vacanza all’interno<br />

del WDW senza rivolgersi a qualche altro parco (p.<br />

172), soprattutto ai nuovi MCA Universal Studios. La<br />

Disney Company aveva un relativo vantaggio rispetto<br />

a MCA, dato dall’indipendenza del suo Reedy Creek<br />

Improvement District. Un progetto Disney non aveva<br />

bisogno di verifiche e licenze da regolamento che invece<br />

dovevano possedere le altre società (p. 180). MCA<br />

entrò in competizione rendendo le proprie attrazioni<br />

più violente ed emozionanti di quelle del WDW, che gli<br />

adolescenti infatti considerano noiose (p. 183).<br />

Walt Disney World come <strong>comuni</strong>tà<br />

Le strutture del WDW non costituiscono solamente<br />

un’attività di servizio turistico, ma anche una <strong>comuni</strong>tà<br />

con fornitura di infrastrutture e beni civici equivalente a<br />

quella di una città. I 16 mila ospiti notturni costituiscono<br />

una notevole popolazione residente, anche se di passaggio,<br />

e si aggiungono agli ospiti diurni. Tutti i servizi<br />

sono finanziati dagli utenti attraverso una combinazione<br />

di tariffe d’uso e quote locative. La tariffa d’ingresso,<br />

in realtà, è un canone di locazione pagato al WDW per<br />

l’utilizzo di tutti gli spazi e le strutture in un dato arco<br />

di tempo. I servizi <strong>pubblici</strong> vengono finanziati tramite<br />

questi pagamenti. Di conseguenza, i beni collettivi sono<br />

225


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 226<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

finanziati da affitti, proprio come gli ospiti di un albergo<br />

pagano un affitto per il breve utilizzo delle strutture.<br />

È evidente quindi che il WDW costituisce la prova di<br />

una <strong>comuni</strong>tà privata di dimensioni considerevoli che<br />

non solo provvede ai beni civici, ma lo fa abbondantemente<br />

e in modo avanzato, il che è reso fattibile dall’autonomia<br />

legale garantita al WDW dalla legislazione<br />

della Florida. I beni collettivi sono escludibili e territoriali,<br />

sovvenzionati dai canoni di locazione, pagati sotto<br />

forma di ammissione al sito. L’ammissione a un sito<br />

come il WDW è un contratto fra ospite e proprietario, e<br />

in quanto tale specifica le proprie condizioni sul biglietto<br />

d’ingresso stesso. Il WDW genera anche beni <strong>pubblici</strong><br />

non escludibili, come la sua influenza sulla cultura e<br />

su altre <strong>comuni</strong>tà. L’evidenza confuta l’ipotesi che la<br />

fornitura contrattuale di beni civici <strong>comuni</strong>tari sia<br />

necessariamente inferiore a quella governativa. I parchi<br />

tematici della Disney in California, Florida, Giappone e<br />

Francia indicano anche la possibilità di una fornitura<br />

societaria o di un franchising di una catena di <strong>comuni</strong>tà<br />

di un certo stile, ottenuta con alberghi, campeggi, residenze,<br />

dormitori per studenti e ostelli della gioventù, e<br />

che potrebbe plausibilmente essere costituita anche da<br />

residenze più permanenti.<br />

Il WDW è prevalentemente una <strong>comuni</strong>tà di vendita<br />

e si potrebbe sostenere cha la fattibilità della fornitura<br />

dei beni <strong>pubblici</strong> a clienti esterni non è applicabile a<br />

utenti che siano residenti permanenti. Nel caso di<br />

<strong>comuni</strong>tà residenziali il pagamento per l’accesso è<br />

diverso per grado, ma non per genere, dal momento<br />

che i residenti di una <strong>comuni</strong>tà contrattuale devono<br />

anch’essi pagare per avere diritti d’accesso al sito. I residenti<br />

effettuano pagamenti periodici adatti alla loro<br />

lunga permanenza. Comunque, un esame delle <strong>comuni</strong>tà<br />

residenziali fornirà l’occasione per altre verifiche<br />

dell’asserzione del fallimento del mercato per <strong>comuni</strong>tà<br />

di varie dimensioni e tipologie. Nei capitoli seguenti,<br />

dunque, si esamineranno come case study quattro tipi<br />

diversi di <strong>comuni</strong>tà residenziali.<br />

226


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 227<br />

Capitolo 10<br />

Come vi piace: Arden e i land trust<br />

Supponiamo di dover condurre un esperimento<br />

sulla fornitura volontaria di beni civici. Per testarla su<br />

piccola scala si potrebbe creare una <strong>comuni</strong>tà municipale<br />

di circa 500 persone. La terra dovrebbe essere proprietà<br />

di una società privata, che la darebbe in locazione<br />

ai residenti. I canoni verrebbero utilizzati per le<br />

spese della società così come per la fornitura dei beni<br />

civici alla <strong>comuni</strong>tà. Se l’esperimento avesse successo,<br />

avremo un esempio di laboratorio di primaria importanza<br />

di una <strong>comuni</strong>tà contrattuale che provvede ai<br />

propri beni <strong>pubblici</strong> in accordo con la teoria presentata<br />

nei capitoli precedenti.<br />

Un esperimento di questo tipo però esiste già. È<br />

Arden, nel Delaware, a nord di Wilmington. Anche se<br />

negli Stati Uniti ci sono molte <strong>comuni</strong>tà contrattuali, la<br />

maggioranza ha un ambito limitato per quanto riguarda<br />

i beni civici, essendo solitamente parte di una municipalità.<br />

Ma Arden è una municipalità indipendente. È<br />

l’unico paese degli Stati Uniti presente nella sua interezza<br />

nel National Register of Historic Places, dove è<br />

entrato nel 1973 come <strong>comuni</strong>tà sperimentale di successo,<br />

esempio di città giardino, democrazia diretta, centro<br />

d’arte e di preservazione di «un vero sentimento di<br />

appartenenza con un profondo senso di <strong>comuni</strong>tà»<br />

(Liberman, 1974, p. 25).<br />

227


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 228<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

L’ipotesi<br />

Il villaggio di Arden saggia la seguente ipotesi: una<br />

<strong>comuni</strong>tà residenziale con una gestione contrattuale e<br />

scarsi finanziamenti e limitato controllo pubblico non<br />

fornisce un livello di beni <strong>pubblici</strong> desiderati elevato,<br />

sia in qualità che in quantità, pari a quello che fornirebbe<br />

un governo imposto.<br />

Una seconda ipotesi da verificare è quella della non<br />

fattibilità della fornitura decentralizzata di beni civici.<br />

Le strade, i parchi, i centri per la <strong>comuni</strong>tà e così via a<br />

cui provvedono <strong>comuni</strong>tà delle stesse dimensioni di<br />

Arden costituiranno una produzione decentralizzata di<br />

tali beni nel contesto generale degli Stati Uniti e dei singoli<br />

loro Stati d’appartenenza.<br />

Ci sono altri aspetti della fornitura contrattuale che<br />

possono essere esaminati tramite il caso di Arden: 1) se<br />

i beni civici prodotti da Arden sono escludibili; 2) se i<br />

beni <strong>pubblici</strong> aumentano il valore del sito e gli affitti; 3)<br />

se ci sono problemi con la rivelazione della domanda;<br />

4) se i free rider rappresentano un problema; 5) se la fornitura<br />

dei beni richiede il sostegno di governi di livelli<br />

più alti; e 6) se è impraticabile separare i valori del sito<br />

e delle migliorie nel calcolo dei canoni di locazione.<br />

Se le due ipotesi vengono confutate, allora rimane<br />

da verificare se Arden è un caso unico o se può essere<br />

replicato. Sono state fondate anche altre <strong>comuni</strong>tà su<br />

principi simili, vale a dire utilizzando canoni di locazione<br />

fondiari per finanziare beni civici e le esamineremo<br />

brevemente ponendole a confronto con Arden, proprio<br />

per capire se quest’ultimo sia un caso di path-dependence<br />

o se sia basato su principi generali.<br />

Descrizione generale<br />

La zona residenziale di Arden è proprietà di un trust<br />

non profit che raccoglie i canoni locativi delle proprietà<br />

in affitto, dal momento che gli edifici sono posseduti<br />

separatamente da individui. Il canone, stabilito da<br />

assessori eletti dai residenti, viene poi usato dalla<br />

<strong>comuni</strong>tà, governata tramite voto di maggioranza, per<br />

finanziare i suoi beni civici. Il trust paga anche le tasse<br />

228


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 229<br />

Mappa dei tre Arden<br />

Come vi piace: Arden e i land trust<br />

Cartina tratta da The Arden Book, ripubblicata con l’autorizzazione<br />

della Town Assembly of Arden.<br />

Disegnata da Ted Davis.<br />

sulla proprietà della contea, comprese quelle sugli edifici,<br />

così che i proprietari pagano una quota indipendente<br />

dal valore delle loro valorizzazioni. Il canone<br />

locativo viene anche utilizzato per pagare le spese del<br />

trust. Dal momento che il trust raccoglie solo una parte<br />

della rendita economica fondiaria, la quota rimanente<br />

viene trattenuta dai locatari, dando così al terreno valo-<br />

229


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 230<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

ri positivi, un po’ come accade con i titoli fondiari di<br />

proprietà assoluta.<br />

Dal momento che ogni locatario contratta con il trust<br />

per la proprietà in affitto, Arden è una <strong>comuni</strong>tà contrattuale<br />

e i suoi beni civici sono forniti da un processo<br />

di mercato.<br />

Origini storiche di Arden<br />

La storia che segue è molto istruttiva per quanto<br />

riguarda la tesi del fallimento del mercato, perché<br />

dimostra come per la fornitura dei beni <strong>pubblici</strong> di<br />

Arden non solo non sia necessario un governo di tipo<br />

sovrano, ma addirittura come esso avrebbe indebolito<br />

la natura contrattuale della <strong>comuni</strong>tà e ostacolato la fornitura<br />

locale di beni civici. Diversamente da altre <strong>comuni</strong>tà<br />

intenzionali, la storia di Arden mostra anche che il<br />

suo modello funziona per una popolazione che non<br />

necessariamente è votata ideologicamente a quel<br />

modello.<br />

Arden venne fondata nel 1900 da ammiratori di<br />

Henry George desiderosi di costruire un modello di<br />

<strong>comuni</strong>tà che avrebbe verificato la teoria della finanza<br />

pubblica di George. Egli aveva proposto (1890, p. 1)<br />

d’implementare la sua teoria del finanziamento dei<br />

beni <strong>pubblici</strong> tramite rendita fondiaria riformando il<br />

sistema di tassazione: «Noi proponiamo di abolire tutte<br />

le tasse tranne una singola tassa sul valore del terreno,<br />

indipendentemente dalle valorizzazioni esistenti in o<br />

su esso». Negli anni 1895-1896, alcuni suoi sostenitori<br />

provenienti dalla vicina Philadelphia condussero una<br />

campagna durante le elezioni del Delaware per eleggere<br />

funzionari favorevoli a questo concetto di tassa<br />

unica. Il Delaware aveva solo 40 mila votanti. Cercavano<br />

di fare in modo che lo Stato adottasse il sistema, sperando<br />

che poi anche gli altri avrebbero seguito un<br />

modello di sicuro successo. Ma i funzionari del Delaware<br />

si opposero a questa “invasione” e più di 20 oratori<br />

vennero arrestati. Il progetto ottenne l’effetto contrario<br />

a quello sperato. Non solo i promotori della campagna<br />

ottennero solo il 3 per cento dei voti nel 1896, ma<br />

230


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 231<br />

Come vi piace: Arden e i land trust<br />

l’anno successivo il Delaware reagì con un emendamento<br />

costituzionale che impediva alla legislatura di<br />

mettere in atto un simile sistema di tassazione (Wynn,<br />

1965, p. 16; Wiencek, 1992, p. 128).<br />

Due dei promotori della campagna, Frank Stephens,<br />

scultore, e Will Price, architetto, allora partirono con l’idea<br />

di fondare un insediamento per dimostrare che una<br />

città poteva davvero operare con questo sistema. Gli<br />

amministratori della <strong>comuni</strong>tà avrebbero implementato<br />

la «tassa unica» raccogliendo le rendite fondiarie<br />

della <strong>comuni</strong>tà per provvedere ai beni <strong>comuni</strong>tari. Price<br />

e Stephens comprarono una fattoria abbandonata con<br />

66 ettari di terreno al prezzo di 9 mila dollari, 6.500 dei<br />

quali vennero finanziati tramite ipoteca da Joseph Fels,<br />

un fabbricante di sapone di Philadelphia e sostenitore<br />

delle idee di George (Wynn, 1965, pp. 21-22). Quella<br />

terra collinosa ricordava i bellissimi terreni boscosi del<br />

Warwickshire, in Inghilterra, il luogo della Foresta di<br />

Arden nell’opera di Shakespeare Come vi piace. Stephens<br />

e altri sostenitori di George avevano utilizzato<br />

quell’opera come simbolo della loro campagna. Nel<br />

1900 fondarono così la città e la chiamarono Arden e sin<br />

da quel momento la <strong>comuni</strong>tà ha mantenuto il ricordo<br />

delle proprie origini. Il “giorno dei fondatori”, in maggio,<br />

viene ancora celebrato come festività cittadina, e<br />

l’eredità shakespeariana viene mantenuta viva. Stephens<br />

aveva costruito un teatro all’aperto per le opere<br />

di Shakespeare, messe in scena dai residenti. La tradizione<br />

viene tenuta viva dalla Players Gild e il teatro, ora<br />

chiamato Frank Stephens Memorial Theater, è ancora<br />

utilizzato per matrimoni e commemorazioni. Inoltre,<br />

nel 1930 un granaio di Ardentown venne trasformato<br />

nel “Robin Hood Theatre” ed è ancora usato.<br />

L’atto costitutivo del trust, il Deed of Trust del 1901,<br />

dava ai tre amministratori (Price, Stephens e Frank<br />

Martin, anche lui di Philadelphia) un alto livello di controllo<br />

sulla gestione della <strong>comuni</strong>tà e sulla valutazione<br />

delle locazioni. Anche se non profit, si trattava di una<br />

<strong>comuni</strong>tà di proprietà. Successivamente, per attirare<br />

più residenti, gli amministratori cambiarono il Deed of<br />

231


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 232<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

Trust, nel 1908, 1 disponendo l’esistenza di assessori eletti<br />

dai residenti e limitando i poteri degli amministratori,<br />

e vennero redatti nuovi contratti d’affitto. Questo fu<br />

l’inizio di un cambiamento verso una controllo sempre<br />

più democratico della gestione; e dimostra la propensione<br />

alla gestione democratica nelle <strong>comuni</strong>tà residenziali<br />

contrattuali in cui i residenti hanno investimenti<br />

specifici, una propensione che si basa sullo stessa motivazione<br />

per la quale i cittadini preferiscono la democrazia<br />

alla dittatura. Anche se un singolo membro ha<br />

poco controllo sulla gestione, la capacità della maggioranza<br />

di rovesciare la leadership è considerata una<br />

garanzia contro il potere arbitrario, una garanzia che<br />

invece non esiste nel caso di un governo non eletto.<br />

Forse l’esistenza di vincoli costituzionali più forti contro<br />

lo sfruttamento del sito avrebbe potuto ridurre tale<br />

desiderio di democrazia. Ad ogni modo, il caso di<br />

Arden così come quelli di altre <strong>comuni</strong>tà contrattuali, è<br />

coerente con l’affermazione: le <strong>comuni</strong>tà contrattuali tendono<br />

ad avere una gestione democratica a meno che gli asset<br />

posseduti dai residenti non siano mobili o gli investimenti<br />

specifici sul sito non siano fungibili o garantiti dal management.<br />

L’entrata e l’uscita sono elementi chiave del processo<br />

di mercato e, dove l’uscita degli asset di una persona<br />

è troppo incerta, l’uscita (o sostituzione) dei<br />

governanti è un suo sostituto, seppur imperfetto.<br />

L’articolo I, sezione 10, della Costituzione degli Stati<br />

Uniti afferma che «gli Stati non potranno […] approvare<br />

[…] leggi che disconoscano in qualche modo l’efficacia<br />

delle obbligazioni contrattuali». Gli amministratori<br />

erano entrati a far parte di un contratto con ogni locatario<br />

e per i termini di tale contratto avevano l’autorità di<br />

stabilire il canone di locazione, come qualsiasi altro proprietario.<br />

Ma nel 1935, nonostante la clausola della<br />

Costituzione, il governo del Delaware indebolì i con-<br />

1. Il testo della “Constitution and By-Laws” del 1908 è riportato in Huntington<br />

(1922, pp. 64-71). Una sezione viene riportata anche da Liberman<br />

(1974, p. 17). Huntington mette a disposizione anche un contratto di locazione<br />

(1922, p. 72).<br />

232


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 233<br />

Come vi piace: Arden e i land trust<br />

tratti fra amministratori e locatari. Nel 1934, un anno<br />

prima, gli assessori avevano chiesto una seconda riduzione<br />

del 10 per cento sugli affitti e gli amministratori<br />

avevano rigettato la proposta. La disputa venne portata<br />

davanti alla Court of Chancery del Delaware, che stabilì<br />

che gli amministratori dovevano delegare la loro<br />

autorità all’assemblea cittadina ed eleggere un consiglio<br />

di assessori. Il ragionamento della Corte fu: «Questa<br />

è una fondazione benefica. Le Corti sono disponibili<br />

a maggiore liberalità nei casi di trust di questo tipo<br />

piuttosto che quando si tratta di trust di natura puramente<br />

privata». Inoltre, i contratti d’affitto lasciavano i<br />

locatari in «uno stato d’incertezza e insicurezza, potenziali<br />

vittime della volontà arbitraria degli amministratori<br />

in materia di obbligazioni locative future» (Court of<br />

Chancery, 1935, pp. 18-20).<br />

Il quattordicesimo emendamento richiede «l’equa<br />

protezione delle leggi» e le parole della Costituzione<br />

americana non specificano diversi trattamenti per le<br />

fondazioni di carità. Inoltre, ogni locatario è soggetto<br />

alla «volontà arbitraria» di un proprietario nel momento<br />

del rinnovo del contratto o se il contratto stesso permette<br />

al proprietario di decidere il canone. Dovrebbe<br />

saperlo bene prima di effettuare l’atto costitutivo di firmare<br />

un contratto d’affitto. La volontà di un proprietario<br />

potrà anche essere arbitraria, ma la sua capacità di<br />

fissare il canone d’affitto non lo è affatto, dal momento<br />

che un canone troppo alto lo lascerebbe senza affittuari.<br />

Tuttavia, la specificità sul sito degli investimenti dei<br />

locatari negli edifici di Arden riduceva la loro opzione<br />

di uscita e portò al procedimento legale. I fondatori non<br />

avevano riconosciuto questo principio e non avevano<br />

messo in atto forme di tutela per gli investimenti degli<br />

affittuari (come fa MacCallum nelle regole create per<br />

Orbis, 1977). Si trattò di una debolezza congenita dell’atto<br />

costitutivo.<br />

Lo Stato del Delaware, tramite questa decisione<br />

della Corte, in realtà trasformò Arden da una <strong>comuni</strong>tà<br />

di proprietà posseduta da una società esterna, come il<br />

Walt Disney World, in una associazione civica demo-<br />

233


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 234<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

cratica com’è un condominio, anche se il trust rimase<br />

come legale proprietario del terreno ed esattore dell’affitto.<br />

Nel Walt Disney World l’autonomia legislativa<br />

diede a una società privata la possibilità di dimostrare<br />

che la fornitura privata di beni civici era fattibile e<br />

aveva successo. L’affermazione secondo la quale la fornitura<br />

di beni civici residenziali richiede l’intervento<br />

del settore pubblico venne completamente ribaltata da<br />

questa decisione della Corte del Delaware: la questione<br />

non era più che i beni <strong>pubblici</strong> necessitavano il governo,<br />

ma che il governo impediva la fornitura privata dei<br />

beni. Al di là dell’offrire tutele per gli investimenti degli<br />

affittuari, il diritto legale degli amministratori di stabilire<br />

il canone d’affitto avrebbe potuto essere preservato<br />

istituendo una società a scopo di lucro che avrebbe trattenuto<br />

ciò che rimaneva delle entrate di locazione dopo<br />

aver pagato le spese del paese e del trust, entrate che poi<br />

si sarebbero potute utilizzare per acquistare altro terreno.<br />

L’istituzione di una fondazione di carità implica<br />

avere scopi di beneficenza, soggetti a varie interpretazioni,<br />

compresa quella di beneficiare gli stessi residenti.<br />

Eppure, il concetto di raccolta di fondi tramite i canoni<br />

fondiari venne mantenuto nell’Arden Deed of Trust e<br />

questo elemento fondamentale della costituzione di<br />

Arden si è conservato fino a oggi, testimonianza dei suoi<br />

solidi principi. Quindi, Arden resta un caso esemplare<br />

per quanto riguarda il finanziamento di beni <strong>pubblici</strong><br />

esplicitamente tramite canone fondiario privato.<br />

Stephens attirò non solamente seguaci di George da<br />

Philadelphia e Wilmington, ma anche altra gente interessata<br />

a una colonia sperimentale e altre persone con<br />

visioni più convenzionali. I fondatori, influenzati anche<br />

dalle idee dell’artista del diciannovesimo secolo William<br />

Morris (fondatore del movimento delle arti e mestieri in<br />

Inghilterra), immaginarono un villaggio di artigiani e<br />

artisti e una vita <strong>comuni</strong>taria ricca d’arte, musica e teatro.<br />

Venne costruito un laboratorio d’arte e artisti, artigiani<br />

e musicisti vennero attratti da quella enclave rurale<br />

a poca distanza, via treno, da Philadelphia. Stephens e<br />

Price non vollero selezionare le persone che dovevano<br />

234


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 235<br />

Come vi piace: Arden e i land trust<br />

vivere ad Arden in base a criteri ideologici o artistici, dal<br />

momento che il modello di <strong>comuni</strong>tà si sarebbe dovuto<br />

applicare universalmente. Uno dei cancelli d’entrata<br />

portava inscritto, «Qui siete i benvenuti». La terra veniva<br />

affittata a chiunque lo chiedesse, in termini uguali per<br />

tutti (Wynn, 1965, p. 21). Oggi, pochi residenti di Arden<br />

aderiscono alle idee di Henry George o per lo meno le<br />

capiscono. Quindi, l’ipotesi che il modello possa funzionare<br />

solo se i membri della <strong>comuni</strong>tà sono ideologicamente<br />

votati a essa viene confutata.<br />

Molti degli abitanti, non dovendo pagare i costi anticipati<br />

per la terra presa in affitto, si costruirono le loro<br />

case. A differenza di molte associazioni civiche recenti,<br />

come Reston, in Virginia, non esistevano vincoli sull’aspetto<br />

delle costruzioni. Le case erano e rimangono<br />

diverse l’una dall’altra: «Le case venivano collocate in<br />

modo irregolare nei lotti, per dar loro privacy e spazio<br />

per il giardino» (Liberman, 1974, p. 4). Lo stile predominante<br />

è l’English Tudor, «ma a parte questo aspetto,<br />

il posto incarna la definizione di “radicale diversità”»<br />

(Sayles, 1988, p. 27). Questa libertà individuale nello<br />

stile delle abitazioni e nella loro collocazione all’interno<br />

dei lotti dimostra che un’associazione residenziale non<br />

ha bisogno di includere vincoli urbanistici. Reinke<br />

(1975, p. 53) si spinge fino ad affermare che «Arden è<br />

nota per il suo disordine; il fatto che molti residenti citino<br />

come una delle sue attrattive la mancanza di pressione<br />

sul mantenere in ordine i prati [...] assicura gran<br />

parte della diversità d’aspetto».<br />

Anche l’idea di “città giardino” di Ebenezer Howard<br />

(si veda, al riguardo, l’ottavo capitolo) influenzò i residenti<br />

di Arden. Il 43 per cento della <strong>comuni</strong>tà (28 ettari<br />

circa) fu lasciato a spazi verdi, bosco e strade. Un perimetro<br />

boscoso separa Arden dalle periferie sempre più<br />

vicine. Le strade vennero disegnate per seguire i contorni<br />

del terreno e non come una griglia di linee rette.<br />

Le foreste rendono più desiderabile il terreno di Arden,<br />

andando a incrementare i canoni fondiari, e l’incremento<br />

provvede al finanziamento del mantenimento delle<br />

foreste stesse.<br />

235


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 236<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

Nel 1965 gli amministratori chiesero che Arden<br />

venisse riconosciuta giuridicamente come cittadina.<br />

Nel Delaware, le municipalità legalmente riconosciute<br />

ottengono un «sostegno municipale per le strade» dallo<br />

Stato. Il governo della contea era anche pronto a modificare<br />

il sistema di tassazione sulla proprietà e chiedere<br />

tasse più basse alle municipalità costituite che provvedevano<br />

da sole ai propri servizi. Ma il governo intervenne<br />

nuovamente, inducendo gli amministratori a<br />

cedere parte della loro proprietà e della loro autorità.<br />

Come società municipale, il “Village of Arden” – questo<br />

era il nome ufficiale – venne anche incluso nel programma<br />

del governo federale General Revenue Sharing,<br />

ora non più esistente. Nonostante ciò, Arden ha<br />

dimostrato la capacità di una città di finanziare i propri<br />

beni e servizi senza alcun sostegno proveniente da tassazione.<br />

Nel 1973 la terra comune fu trasferita alla città, tranne<br />

per quanto riguarda un cimitero. Dal momento che<br />

le terre municipali sono esenti da tassazione, il trasferimento<br />

ridusse l’ammontare di proprietà tassabile senza<br />

ridurre le entrate fondiarie, incrementando il valore<br />

delle proprietà in affitto tramite la riduzione delle spese<br />

del trust. Questo diverso trattamento fra beni immobili<br />

governativi e privati è un altro esempio d’intervento<br />

imposto sulla gestione contrattuale. All’inizio Arden<br />

aveva anche un distretto scolastico separato, che divenne<br />

integrato dal punto di vista razziale nel 1952. Nel<br />

1969 la legge dello Stato obbligò Arden a cedere la<br />

facoltà di controllo del proprio sistema d’istruzione e il<br />

villaggio si unì al distretto scolastico di Mt. Pleasant<br />

(Liberman, 1974, p. 16). «La chiusura della scuola di<br />

Arden segnò una significativa perdita per la vita <strong>comuni</strong>taria»<br />

(Reinke, 1975, p. 59). Ancora una volta, fu lo<br />

Stato a intervenire.<br />

La governance di Arden<br />

Il Deed of Trust emendato del 1908 è rimasto l’atto<br />

legale del trust di carità. I tre amministratori nominano<br />

le cariche vacanti con il benestare della maggioranza<br />

236


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 237<br />

Come vi piace: Arden e i land trust<br />

dei residenti e prendono le loro decisioni a maggioranza.<br />

L’atto specifica che il trust può raccogliere il valore<br />

locativo di mercato delle proprietà in affitto e, dopo<br />

aver pagato le tasse e le spese del trust stesso, utilizzerà<br />

i fondi per quegli usi che «sono propriamente <strong>pubblici</strong><br />

nel senso che non possono essere lasciati agli individui<br />

senza dar loro vantaggi sugli altri». Le tasse<br />

imposte esternamente comprendono quelle sulla proprietà<br />

della New Castle County e quelle scolastiche. Il<br />

bilancio viene approvato dalla maggioranza dei residenti<br />

in referendum annuali (Liberman, 1974, p. 6).<br />

L’assemblea cittadina e i suoi funzionari eletti lavorano<br />

a stretto contatto con gli amministratori per quanto<br />

riguarda la finanza del villaggio.<br />

La legislazione privata di Arden comprende anche<br />

l’Arden Lease, un contratto di 99 anni (il più lungo consentito<br />

dalla legge, ma rinnovabile) per ogni lotto<br />

(Liberman, 1974, p. 6). L’atto si occupa anche di garantire<br />

le regole <strong>comuni</strong>tarie tramite la cancellazione del<br />

contratto d’affitto. Gli amministratori possono far cessare<br />

un contratto d’affitto se l’affittuario abbatte gli<br />

alberi senza permesso o tiene il terreno «in un disordine<br />

tale che la maggioranza dell’assemblea cittadina lo<br />

giudichi lesivo nei confronti dei diritti degli altri»<br />

(Huntington, 1929, p. 137). Sin dalla sua fondazione<br />

Arden ha tenuto assemblee cittadine, ma i primi incontri<br />

non avevano valenza legale. Dal momento della<br />

costituzione in municipalità, l’assemblea cittadina, l’unica<br />

nel Delaware, è diventata l’organo legislativo<br />

legalmente costituito del villaggio e i suoi comitati rappresentano<br />

il ramo esecutivo del suo governo. Ad<br />

Arden possono votare i residenti che abbiano raggiunto<br />

i 18 anni di età e che risiedano nel villaggio da almeno<br />

sei mesi prima del voto d’assemblea; gli affittuari<br />

che non sono residenti non possono votare. Circa 75<br />

abitazioni sono affittate da inquilini di locatari (Curtis,<br />

1991). L’assemblea cittadina ha adottato solo 13 ordinanze<br />

riguardanti argomenti come i limiti di velocità,<br />

l’uso dei terreni <strong>comuni</strong>, il rumore, le armi da fuoco, i<br />

cani e le strade.<br />

237


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 238<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

Ogni trimestre si tengono riunioni cittadine e si possono<br />

convocare anche riunioni straordinarie. Il quorum<br />

è di 35 residenti. Alla riunione di gennaio si presentano<br />

i candidati ai vari comitati. C’è anche un Comitato consultivo<br />

formato dai presidenti dei comitati, dai funzionari<br />

cittadini, dall’amministratore più anziano e dal<br />

presidente del consiglio degli assessori. Le elezioni dei<br />

componenti dei comitati si tengono nella riunione di<br />

marzo e i residenti possono nominare se stessi.<br />

Il Comitato d’archivio, formato nel 1988, preserva la<br />

storia del villaggio e sta lavorando alla costruzione di<br />

un museo. Il Comitato di certificazione di bilancio esamina<br />

i conti del trust e dei fondi di Arden. Il Comitato<br />

bilancio propone un bilancio annuale, che viene presentato<br />

nell’assemblea cittadina di settembre e sottoposto<br />

al voto. Il bilancio non può essere adottato se non<br />

ottiene l’approvazione della maggioranza dei residenti.<br />

Il Comitato civico è l’equivalente del dipartimento<br />

dei lavori <strong>pubblici</strong> ed è responsabile dei servizi normalmente<br />

associati alle municipalità. Supervisiona le<br />

strade, le strutture fognarie, la rimozione della neve, il<br />

taglio dei prati, la manutenzione dei boschi e altre cose<br />

legate alla terra comune.<br />

Il Comitato di progettazione <strong>comuni</strong>taria si occupa<br />

della progettazione del verde e degli alberi, e amministra<br />

il Memorial Garden, il cimitero privato di Arden. I<br />

residenti possono scegliere di essere sepolti lì, senza che<br />

sia richiesta alcuna quota di manutenzione. Questo<br />

comitato crea anche il The Arden Book, il cui autore principale<br />

è Liberman (1974, 1992).<br />

Il Comitato di riferimento legislativo è responsabile<br />

della codifica degli atti di governo del villaggio. Inoltre<br />

i suoi membri fungono da parlamentari nelle assemblee<br />

cittadine.<br />

Il Comitato campo giochi sovrintende alle strutture<br />

dell’Arden Green e dello Sherwood Green. Inoltre, si<br />

occupa di spargere fertilizzante e dei contratti riguardanti<br />

la tinteggiatura e le riparazioni, in aggiunta a raccomandare<br />

eventuali acquisti di nuove strutture per i<br />

parchi giochi.<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 239<br />

Come vi piace: Arden e i land trust<br />

Il Comitato registro comprende il presidente degli<br />

amministratori e il segretario dell’assemblea cittadina.<br />

Conduce le elezioni e il referendum annuale sul bilancio,<br />

e conta i voti, che sono a scrutinio segreto.<br />

L’elezione del consiglio degli assessori, sette persone,<br />

utilizza il sistema di rappresentanza proporzionale<br />

Hare, un metodo complesso che colloca i voti in pile<br />

sulla base delle scelte consecutive di ogni scrutinio<br />

(Liberman, 1974, p. 12). Arden è la prima <strong>comuni</strong>tà statunitense<br />

a eleggere i propri funzionari tramite la rappresentanza<br />

proporzionale.<br />

Il Comitato sicurezza un tempo era delegato dall’assemblea<br />

cittadina ad agire come forza di polizia, ma<br />

oggi si mantiene in contatto con la polizia della contea<br />

e promuove un programma di sorveglianza <strong>comuni</strong>tario<br />

per i tre Arden.<br />

Quando gli amministratori di Arden trasferirono l’edificio<br />

del Village Center al villaggio di Arden legalmente<br />

costituito, l’assemblea cittadina creò un comitato<br />

responsabile della sua supervisione e dell’incoraggiamento<br />

e della promozione di attività culturali, ricreative<br />

e civiche presso il centro stesso.<br />

I funzionari dell’assemblea cittadina comprendono<br />

un presidente del Comitato consultivo, un presidente<br />

dell’assemblea (che funge da sindaco), un segretario e<br />

un tesoriere. Gli ultimi tre incarichi vengono rinnovati<br />

nella riunione di marzo. Segretario e tesoriere sono<br />

incarichi part-time, e sono gli unici a venir pagati. La<br />

natura volontaria di ogni appartenenza ai comitati evidentemente<br />

fa appello a un alto livello di simpatia<br />

benevola che fa da collante sociale.<br />

La specificità degli asset ha una dimensione temporale,<br />

oltre che spaziale. La particolare dimensione temporale,<br />

ossia l’intenzione di risiedere in una <strong>comuni</strong>tà<br />

per molti anni, induce la partecipazione volontaria che<br />

si può vedere ad Arden, dal momento che un investimento<br />

nei rapporti (specifici della persona) porterà frutti<br />

per molti anni. Le tradizioni di Arden, che hanno più<br />

di un secolo di vita, sono anch’esse un bene capitale che<br />

richiede manutenzione. Come in altre organizzazioni<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 240<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

basate su beni immobiliari, la specificità degli asset di<br />

varia natura induce a una relazione contrattuale fra<br />

amministratore e locatario, a una governance democratica<br />

della città e alla particolare struttura di attaccamento<br />

volontario che caratterizzano questa realtà.<br />

Valutazione <strong>comuni</strong>taria e valore locativo<br />

Il Deed of Trust del 1908 richiede che i locatari paghino<br />

«l’intero valore locativo» del sito, una stipulazione<br />

ripetuta anche nei contratti d’affitto. In pratica, non è<br />

mai stata raccolta l’intera rendita economica delle proprietà<br />

in affitto. «Gli assessori fanno delle previsioni di<br />

spesa cittadina per l’anno futuro e stabiliscono la tassa al<br />

minimo sufficiente a coprire le spese» (Wynn, 1965, pp.<br />

51-52). L’intenzione iniziale dei fondatori di chiedere<br />

l’intero valore locativo o rendita economica era probabilmente<br />

inutile anche senza l’intervento della Corte. Se<br />

la maggioranza dei residenti ottenesse maggiore utilità<br />

dal comprare beni personali invece che <strong>comuni</strong>tari dai<br />

fondi di canone eccedenti un certo ammontare, allora<br />

sarebbe ottimale (dal loro punto di vista) distribuire alla<br />

popolazione i fondi in eccesso come dividendi. Questo<br />

flusso di reddito privato verrebbe capitalizzato sotto<br />

forma di valori di locazione. Il risultato più probabile di<br />

un processo decisionale democratico sarebbe quello di<br />

evitare i dividendi e raccogliere solo l’ammontare di<br />

canone che, al margine, produce la quantità desiderata<br />

di beni <strong>pubblici</strong>, come teorizzato nel terzo capitolo. È<br />

esattamente ciò che succede ad Arden.<br />

Lo stesso Henry George aveva capito che l’intera<br />

rendita economica dei siti non poteva essere raccolta e<br />

spesa correttamente su piccola scala (Stewart, 1970, p.<br />

11, citazione di Young, 1916). George scrisse anche che<br />

una persona che desiderasse raccogliere solamente la<br />

percentuale di canone fondiario sufficiente alle spese<br />

«necessarie» di un governo, sarebbe stata una buona<br />

sostenitrice della tassa unica, allo stesso modo di colui<br />

che desiderasse raccoglierla interamente, dal momento<br />

che anche lui sarebbe stato favorevole a una singola<br />

imposta sui valori fondiari. «E cos’è un’imposta unica,<br />

240


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 241<br />

Come vi piace: Arden e i land trust<br />

se questo?» (Alyea e Alyea, 1956, p. 109, citando The<br />

Standard, 17 agosto 1889). George chiamò questa concezione<br />

sostenuta da Thomas Shearman, «the single tax<br />

limited» (p. 108).<br />

La relazione del 1991 del Consiglio degli assessori<br />

riporta che un ex amministratore aveva affermato che<br />

un parametro per determinare il valore locativo fosse<br />

«lo standard di vita <strong>comuni</strong>tario» (questa e altre affermazioni<br />

di principi sono state ripetute anno dopo anno<br />

nelle relazioni degli assessori). Il documento precisa un<br />

punto d’accordo del Consiglio, «che il valore della<br />

nostra terra è una creazione della <strong>comuni</strong>tà» (Board of<br />

Assessors, 1991, p. 1). Nella relazione del 1989 si sottolinea<br />

che «la <strong>comuni</strong>tà di Arden deve essere libera di<br />

determinare i propri standard di vita e che gli assessori<br />

non devono limitare né gonfiare le spese. La <strong>comuni</strong>tà<br />

deve determinare i propri standard di vita nell’annuale<br />

referendum di bilancio».<br />

Nell’affermare che «l’intero valore locativo» è quell’ammontare<br />

richiesto per pagare i beni collettivi desiderati,<br />

gli assessori definiscono tale valore come quello<br />

che viene creato dai beni <strong>pubblici</strong> <strong>comuni</strong>tari, più le<br />

tasse esterne. Mettono in pratica l’idea espressa da<br />

Heath e MacCallum, che il valore fondiario possa essere<br />

creato da beni territoriali, generando la rendita fondiaria<br />

utilizzata per pagarli. I residenti di Arden mettono<br />

in pratica la teoria presentata nel terzo capitolo, per<br />

la quale il pagamento di canone di locazione di un individuo<br />

è il prezzo che egli è disposto a pagare per i beni<br />

collettivi. La combinazione di beni e canone d’affitto<br />

non è semplicemente una funzione di quanto la maggioranza<br />

percepisce come il meglio per se stessa, ma<br />

anche dell’effetto sul valore di mercato delle loro proprietà<br />

in affitto, dal momento che i potenziali entranti<br />

prendono in considerazione tale combinazione nel contrattare<br />

il prezzo degli affitti.<br />

Il canone d’affitto viene calcolato a un tasso base per<br />

mille piedi quadrati (circa 92 metri quadri), con aumenti<br />

proporzionali (chiamati «fattori stimati separatamente»)<br />

per lotti che si affacciano sui prati o che costeggia-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 242<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

no boschi o aree <strong>comuni</strong>. C’è anche un «tasso di adeguamento<br />

della dimensione del lotto», dal momento<br />

che si riconosce il fatto che lotti più grandi possiedono<br />

un valore minore al piede quadrato rispetto a quelli più<br />

piccoli. Per rispondere del valore aggiunto alle proprietà<br />

in affitto alle quali è concesso (con o senza variazione<br />

di zonizzazione) il «privilegio» di più di una unità<br />

abitativa (con cucina) viene addizionato un «tasso di<br />

abitazione multipla». Un tasso commerciale viene<br />

applicato alle proprietà in affitto a uso «commerciale»,<br />

che concerne solo un lotto (Board of Assessors, 1989, p.<br />

2). Il sistema di valutazione del valore di mercato viene<br />

attribuito a W.A. Somers, il quale credeva che i fattori<br />

aggiungessero valore a tutti i lotti in modo uniforme<br />

(Wynn, 1965, p. 30). Ad esempio, il canone su un lotto<br />

di 2 mila metri quadrati affacciato sul verde pubblico e<br />

adiacente alla foresta di Arden era 1.202 dollari, che è la<br />

somma del canone base di 1090 dollari, di un fattore<br />

foresta di 75 dollari e di un fattore aree verdi di 37 dollari.<br />

Il canone base per un lotto di 4 mila metri quadri<br />

era 1.839 dollari (Board of Assessors, 1989, p. 5; le<br />

somme sono state arrotondate).<br />

Gli assessori studiano il prezzo di vendita degli<br />

immobili ad Arden e nelle vicinanze e tengono in considerazione<br />

i tassi di redditività del capitale. Vengono<br />

usate due tecniche di valutazione, il metodo comparativo<br />

e il metodo residuale (Wynn, 1965, p. 41). Il metodo<br />

comparativo mette a confronto proprietà con lotti di<br />

riferimento di simili caratteristiche, utilizzando i prezzi<br />

di vendita del passato per ottenere i dati. Il metodo residuale<br />

o astrattivo si dimostra utile nel caso in cui non<br />

siano disponibili vendite di riferimento: l’entità delle<br />

valorizzazioni viene stimato sul valore di ricollocamento<br />

meno il deprezzamento. Gli assessori si sono affidati<br />

a venditori di immobili e periti locali, i quali, secondo<br />

Wynn (p. 45), sono interessati all’esperimento Arden e<br />

forniscono i loro servizi senza costi per la <strong>comuni</strong>tà.<br />

La separazione fra il valore del sito e quello delle<br />

valorizzazioni a volte è interpretata come un problema<br />

della raccolta di canoni fondiari, che la rende impossi-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 243<br />

Come vi piace: Arden e i land trust<br />

bile o non realistica. La situazione di Arden però confuta<br />

questa affermazione. Ovviamente è impossibile calcolare<br />

la rendita economica esatta, ma nella pratica è<br />

sufficiente giungere a una buona approssimazione e la<br />

verifica di questo modo di operare deriva dal numero<br />

delle eventuali lamentele o dalla longevità stessa del<br />

metodo. Il fatto che questo sistema sia in utilizzo ad<br />

Arden da un secolo circa confuta l’argomentazione che<br />

sostiene che esso sia teoricamente non fattibile.<br />

Un effetto del sistema di proprietà in affitto di Arden<br />

è un costo di mantenimento della terra non valorizzata<br />

significativamente più alto che nelle aree circostanti. Ad<br />

esempio, nel 1965 un acro di terra ad Arden costava 328<br />

dollari in canone annuale, mentre fuori Arden veniva<br />

tassato solo 10 dollari, escludendo le tasse sulle fognature<br />

(Wynn, 1965, p. 32). Ci sono pochi siti non valorizzati<br />

ad Arden. Si può testare l’efficacia della fornitura di<br />

beni <strong>pubblici</strong> confrontando i valori fondiari di Arden<br />

con quelli delle aree vicine. Un immobile ad Arden possiede<br />

un valore di mercato più alto di simili proprietà<br />

dei dintorni (Hamburger, 1991). Ciò implica che la rendita<br />

economica generata dai beni <strong>pubblici</strong> eccede il<br />

costo, come teorizzato nel terzo capitolo, con il premio<br />

che viene trattenuto dai locatari. Nelle annotazioni del<br />

Consiglio degli assessori è stato riconosciuto che parte<br />

del valore è dovuto a «un fattore di valore <strong>comuni</strong>tario»,<br />

vale a dire alle attività artistiche e sociali della<br />

<strong>comuni</strong>tà (Wynn, 1965, p. 49), il che implica che la partecipazione<br />

volontaria genera valore fondiario oltre ai<br />

beni finanziati dai canoni di locazione.<br />

Le associazioni ad Arden<br />

I beni <strong>pubblici</strong> forniti attraverso il bilancio del villaggio<br />

costituiscono solo parte dei servizi di cui godono<br />

i residenti di Arden. Molti dei servizi culturali e ricreativi<br />

vengono forniti da volontari. Nel 1974 venne creato<br />

il comitato del Village Center allo scopo di sovrintendere<br />

al suo utilizzo come centro <strong>comuni</strong>tario. Viene<br />

usato dalla Arden Community Recreational Association<br />

(ACRA) e da altri gruppi. L’ACRA, fondata nel<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 244<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

1948, è un gruppo di volontari che intendono promuovere<br />

programmi ricreativi ed educativi gratuiti, finanziati<br />

dai contributi dei residenti sollecitati durante una<br />

gita annuale. Fra le attività dell’associazione ci sono la<br />

celebrazione delle giornate di festa della <strong>comuni</strong>tà e un<br />

programma di campo estivo giornaliero per i bambini.<br />

L’Arden Club è un’importante società privata del<br />

villaggio e possiede la Gild Hall, costruita nel 1900. I<br />

suoi membri, fra i quali anche non residenti, pagano<br />

quote annuali. Con l’acquisto di un titolo possono utilizzare<br />

la piscina. I vari rami della società, chiamati<br />

gilde, servono vari interessi, fra i quali la gestione di<br />

una biblioteca privata nella Gild Hall tramite volontari.<br />

L’Arden Club sostiene anche l’annuale Arden Fair, che<br />

raccoglie i fondi per la società. Gli ex residenti di Arden<br />

frequentano ogni anno questa fiera, che diventa un<br />

modo per riunirsi con la <strong>comuni</strong>tà. Un’altra organizzazione<br />

di Arden è la Merry-Go-Rounders, nata come circolo<br />

di cucito e poi divenne un gruppo di servizio<br />

volontario che fa visita ai pazienti degli ospedali, conferisce<br />

una borsa di studio e pianta fiori nelle aree<br />

<strong>comuni</strong>. Utili a creare uno spirito di <strong>comuni</strong>tà e simpatia<br />

smithiana sono anche le tradizioni come la cena del<br />

sabato sera nella Gild Hall, dove dei volontari cucinano<br />

per 80 persone che pagano 4,5 dollari cadauna (6 dollari<br />

i non membri dell’associazione). Come disse uno dei<br />

partecipanti all’evento, «sono queste cose che creano<br />

una <strong>comuni</strong>tà» (Sayles, 1988, p. 29).<br />

Fra le gilde che operarono fin dai primi giorni della<br />

<strong>comuni</strong>tà c’era la «Scholar’s Gild, con Frank Stephens<br />

come maestro di gilda, che aveva gruppi di studio, teneva<br />

lezioni di economia ed esperanto e di tanto in tanto<br />

organizzava riunioni su importanti questioni sociali»<br />

(Huntington, 1929, p. 111). Anche la Arden Building and<br />

Loan Association è un’altra importante associazione,<br />

costituita per finanziare l’edificazione nella <strong>comuni</strong>tà.<br />

All’inizio, la legislazione bancaria classificava gli edifici<br />

di Arden come personali piuttosto che vere proprietà<br />

immobiliari e le banche non concedevano prestiti sotto<br />

forma ipotecaria su terreni in affitto. Quindi, la Arden<br />

244


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 245<br />

Come vi piace: Arden e i land trust<br />

B&L fu fondata nel 1917 allo scopo di fornire tali prestiti<br />

per la costruzione e continua a operare anche oggi.<br />

Un altro istituto finanziario, del 1911, era la Raiffeisen<br />

Gild, una banca cooperativa chiamata così perché<br />

seguiva il piano originato a metà Ottocento dal borgomastro<br />

Raiffeisen del villaggio di Hedesdorf, in Germania.<br />

Le garanzie per il prestito non erano esterne, ma<br />

risiedevano nel carattere di chi lo chiedeva. Un simile<br />

metodo richiede che ci si conosca l’un l’altro e infatti i<br />

membri erano gente di Arden nota «per mantenere le<br />

promesse e pagare i debiti» (Huntington, 1922, p. 60).<br />

Ulteriori garanzie si ottenevano richiedendo la firma di<br />

due vicini come garanti. I prestiti erano erogati principalmente<br />

per le costruzioni e l’avviamento di piccole<br />

imprese, quindi per investimenti piuttosto che consumi.<br />

Nonostante non pagasse dividendi, nel 1922 la<br />

banca cooperativa aveva 15.708 dollari in quote e aveva<br />

impegnato 40 mila dollari in prestiti nei suoi primi dieci<br />

anni di vita (pp. 61, 77). Nel 1929 non aveva inadempienze<br />

né perdite. 2 Quando nel 1922 venne fondata<br />

Ardentown, vicino ad Arden, fu creata anche lì una<br />

seconda Raiffeisen Gild (Huntington, 1929, p. 275).<br />

Entrambi gli istituti sono una dimostrazione della fattibilità<br />

del credito su base mutualistica per lo sviluppo di<br />

una <strong>comuni</strong>tà, qualora vi siano le condizioni adatte.<br />

Come per quanto concerne molti altri servizi civici, la<br />

questione non è se il mercato o la partecipazione volontaria<br />

possano fornirli, ma sotto quali circostanze.<br />

Queste gilde e questi istituti sono stati qui elencati nel<br />

dettaglio per illustrare il senso di <strong>comuni</strong>tà e di simpatia<br />

smithiana di Arden, dove la tradizione fraterna ha vinto<br />

sul free riding. Questa fornitura di beni, sociale e benevola,<br />

è una prova a favore della teoria sulla fornitura dei<br />

beni non escludibili analizzata nel settimo capitolo. La<br />

vita urbana e suburbana è spesso tristemente famosa per<br />

l’isolamento delle famiglie in se stesse, mentre Arden<br />

dimostra come una piccola <strong>comuni</strong>tà possa coltivare<br />

2. Dal 1929 (Huntington) in poi non disponiamo di altre informazioni sull’attività<br />

e sul destino di questa banca cooperativa.<br />

245


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 246<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

relazioni in uno spazio condiviso e in una gestione che<br />

prevede un alto livello di autonomia locale.<br />

<strong>Beni</strong> collettivi contrattuali e decentralizzati<br />

La vitalità delle attività <strong>comuni</strong>tarie e l’abbondanza<br />

di beni <strong>pubblici</strong> di Arden, con la sua fonte di finanziamento<br />

indipendente, confuta l’ipotesi secondo la quale<br />

una <strong>comuni</strong>tà contrattuale fornisce necessariamente<br />

beni civici in quantità inferiore rispetto a quelli forniti<br />

dallo Stato in <strong>comuni</strong>tà simili. Inoltre, come afferma<br />

Wynn (1965, p. 62), Arden dimostra che una tale <strong>comuni</strong>tà<br />

«può esistere a fianco di altre <strong>comuni</strong>tà le cui tasse<br />

vengono imposte principalmente contro le valorizzazioni».<br />

Nel contesto degli Stati Uniti o anche del solo Delaware,<br />

Arden costituisce una fornitura di beni <strong>pubblici</strong><br />

decentralizzata. I suoi residenti considerano ancora il<br />

loro villaggio una <strong>comuni</strong>tà intenzionale e questo fatto<br />

viene anche riconosciuto dalla direttiva 1990/91, Intentional<br />

Community (p. 170), che afferma che «i suoi ideali<br />

fondamentali sono rimasti effettivi nel corso degli anni».<br />

Arden è anche un caso che dimostra come, in contrasto<br />

con la nozione della necessità di fornitura sovrana<br />

in materia di beni <strong>pubblici</strong>, la natura privata della<br />

fornitura dei beni civici sia stata ristretta dalle politiche<br />

pubbliche. Se non fossero esistite differenze nella tassazione<br />

e nei sussidi forniti dallo Stato del Delaware e dal<br />

governo federale, non ci sarebbe stato alcun bisogno di<br />

costituire la <strong>comuni</strong>tà in villaggio, né di affidarsi alla<br />

contea e allo Stato per alcuni servizi, come le scuole. In<br />

merito ad altri aspetti della fornitura di beni e servizi<br />

contrattuale, l’evidenza di questo case study dimostra<br />

che: 1. i beni civici prodotti ad Arden sono territoriali<br />

dal momento che i loro benefici sono confinati principalmente<br />

ai residenti del villaggio; 2. i beni civici incrementano<br />

il valore del sito e i canoni (confronto alla<br />

mancanza di fornitura con gli stessi canoni); 3. il fatto<br />

che i locatari siano disposti a trasferirsi ad Arden e<br />

pagare tali canoni rivela la domanda di beni <strong>pubblici</strong> di<br />

almeno la maggioranza dei residenti; 4. i free rider sono<br />

scoraggiati dalla necessità di pagare il canone di loca-<br />

246


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 247<br />

Come vi piace: Arden e i land trust<br />

zione per un sito e si osserva una grande partecipazione<br />

volontaria al lavoro <strong>comuni</strong>tario, benché resti possibile<br />

un free riding sulla partecipazione volontaria degli<br />

altri; 5. la fornitura dei beni ad Arden non richiede il<br />

sostegno di governi di livello più alto; in realtà, venivano<br />

prodotti più beni locali, come la scuola, prima che<br />

l’intervento statale lo impedisse; 6. dal momento che<br />

Arden ha stabilito un canone di locazione per sito svincolato<br />

dal valore delle strutture su quel sito, utilizzando<br />

il sistema di valutazione di Somers, e dal momento<br />

che lo fa da più di un secolo senza alcuna rimostranza<br />

in merito o pressione per un cambiamento, significa che<br />

la cosa può essere fatta senza dover affrontare maggiori<br />

difficoltà rispetto al sistema di tassazione sulla proprietà<br />

esistente. Infine, ad Arden la fornitura di beni<br />

civici è evidentemente abbondante.<br />

Altre enclave di canone fondiario<br />

Rimane ancora da analizzare la questione dell’unicità<br />

di Arden come caso di <strong>comuni</strong>tà non riproducibile.<br />

In realtà, Arden è stata riprodotta due volte nelle <strong>comuni</strong>tà<br />

vicine. Nel 1922 un comitato guidato da Frank Stephens<br />

fondò una nuova <strong>comuni</strong>tà sullo stesso modello,<br />

Ardentown, usando fondi prestatigli da un amico,<br />

Fiske Warren. Questa <strong>comuni</strong>tà possedeva 45 ettari di<br />

terreno con una disposizione simile a quella di Arden,<br />

compresa una zona boscosa di proprietà degli amministratori.<br />

Nel 1975, anche Ardentown venne costituita<br />

municipalità e fu governata anch’essa da un’assemblea<br />

cittadina.<br />

Nel 1950 prese il via una terza <strong>comuni</strong>tà basata sullo<br />

stesso modello, Ardencroft, confinante con le altre due.<br />

Ardencroft fu fondata da Donald Stephens, figlio di<br />

Frank, e dal procuratore Philip Cohen. La <strong>comuni</strong>tà, di<br />

25 ettari, fu deliberatamente integrata dal punto di vista<br />

razziale e i tentativi di attrarre la popolazione afro-americana<br />

ebbero successo. Ardencroft è organizzata come<br />

una società piuttosto che come una fondazione di carità;<br />

i suoi tre direttori hanno l’incarico a vita e i posti<br />

vacanti vengono occupati dai restanti direttori. Uno dei<br />

247


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 248<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

primi direttori fu Henry George III, nipote del suo più<br />

famoso omonimo. Anche Ardencroft divenne municipalità<br />

negli anni Settanta (Liberman, 1974, p. 29; Liberman<br />

e Liberman, 1992, p. 11).<br />

Gli ammiratori di Henry George fondarono anche<br />

altre <strong>comuni</strong>tà. Free Acres, nel New Jersey (nella giurisdizione<br />

di Berkeley Heights) ebbe inizio nel 1910 e altre<br />

vennero fondate negli anni Venti e Trenta negli Stati<br />

Uniti (Geiger, 1933). L’esperimento più grande è stata<br />

Fairhope, nella Baldwin County, in Alabama, iniziato<br />

nel 1895. La Fairhope Single Tax Corporation (FSTC),<br />

organizzazione non profit, possiede il 20 per cento del<br />

terreno di Fairhope, che divenne municipalità nel 1908,<br />

e altro terreno fuori dalla città. (A causa di questa natura<br />

mista è stato scelto Arden come case study di <strong>comuni</strong>tà,<br />

in quanto realtà più coerente.) Oltre a pagare l’imposta<br />

di proprietà sulla terra, la FSTC accorda crediti contro<br />

il pagamento di canoni di locazione per le imposte<br />

pagate dai locatari sulle loro migliorie (così come fa credito<br />

per l’imposta di capitazione), simulando in questo<br />

modo il finanziamento dei beni <strong>pubblici</strong> basato solo sul<br />

canone fondiario. Come Arden, anche la FSTC usa il<br />

metodo Somers (Huntington, 1922, p. 12).<br />

La <strong>comuni</strong>tà ha costruito parchi, strade, strutture di<br />

litorale, cabine balneari, un impianto di trattamento<br />

delle acque reflue, scuole, una biblioteca e altri beni<br />

<strong>pubblici</strong>, tutti finanziati da canone. Lo statuto originario<br />

dell’organizzazione autorizzava anche l’emissione<br />

di titoli di usucapione, ricevibili col pagamento del<br />

canone di locazione, i quali (in realtà, crediti non portatori<br />

d’interesse) aiutarono a finanziare l’insediamento<br />

nei primi anni (Alyea e Alyea, 1956, p. 71). Durante gli<br />

anni Trenta, dopo che lo Stato dell’Alabama aumentò la<br />

sua tassazione, la FSTC passò molti dei propri parchi<br />

alla città per evitare di pagare le tasse su di essi (p. 212).<br />

Come agente di gestione privato, la FSTC stimola un<br />

confronto con la gestione cittadina in merito al «fatto di<br />

trattenere rendite» come metodo di ricerca di rendite,<br />

vale a dire, il trattenere una parte della rendita fondiaria<br />

da parte dei funzionari della società e dal personale.<br />

248


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 249<br />

Come vi piace: Arden e i land trust<br />

Alyea e Alyea (1956, p. 239) riferiscono che «in tutta la<br />

sua storia la FSTC si è trattenuta in merito ai salari per<br />

evitare che qualsiasi accusa di tornaconto personale<br />

venisse mossa contro i suoi vertici».<br />

Al di là della sua longevità e dell’abbondanza di<br />

beni <strong>pubblici</strong> che fornisce, Fairhope offre la possibilità<br />

di un ulteriore metodo di verifica sul finanziamento<br />

tramite canone fondiario di tali beni: la crescita della<br />

città in confronto con le aree vicine. Dal 1920 al 1960,<br />

Fairhope ebbe un tasso di crescita annuale della popolazione<br />

del 4,8 per cento, superando quello dello Stato<br />

dell’Alabama, 0,8 per cento, quello della Baldwin<br />

County, 2,2 per cento e quello della città di Daphne,<br />

situatata sulla Mobile Bay pochi chilometri a nord, 3,1<br />

per cento. La città di Mobile crebbe con un tasso del 3,1<br />

per cento e il capoluogo di contea, Bay Minette, con un<br />

tasso del 4,0 per cento. E la crescita di Fairhope avvenne<br />

nonostante alcuni errori commessi dai fondatori; secondo<br />

Alyea e Alyea (1956, p. 37) i fondatori acquistarono<br />

troppo poco terreno prospiciente al mare e le proprietà<br />

terriere contigue erano troppo piccole, riducendo così il<br />

successo potenziale di questa enclave. L’ipotesi che il<br />

finanziamento tramite canone fondiario da parte di una<br />

proprietà terriera societaria ostacoli la crescita di una<br />

<strong>comuni</strong>tà viene confutata da questi dati. Inoltre, il 20 per<br />

cento del terreno cittadino posseduto dalla FSTC costituisce<br />

solo il 50 per cento del valore terriero della città<br />

(Stewart, 1970, p. 13), il che è coerente con le aspettative<br />

teoriche sul fatto che l’assenza di una tassa sulle valorizzazioni<br />

incoraggi un utilizzo più intensivo del terreno<br />

rispetto ai siti diversamente tassati.<br />

Fairhope fornisce allora un case study parallelo, confutando<br />

anche l’ipotesi che lo sviluppo di Arden sia<br />

dovuto a circostanze storiche uniche e non ripetibili<br />

altrove. Alyea e Alyea (1956, pp. 288-289) riportano che<br />

«la <strong>comuni</strong>tà urbana di Fairhope ha distanziato molte<br />

piccole città americane sia nei risultati materiali sia in<br />

quelle qualità intangibili e imponderabili che rendono<br />

pregevole una <strong>comuni</strong>tà».<br />

249


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 250<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

Trust fondiari <strong>comuni</strong>tari<br />

La vitalità delle organizzazioni proprietarie terriere<br />

viene ulteriormente confermata dal recente sviluppo di<br />

trust fondiari che hanno l’obiettivo di affittare i siti o<br />

tutelare un tipo particolare di destinazione del terreno.<br />

I trust fondiari risalgono almeno al 1891, quando a<br />

Boston alcuni ambientalisti istituirono i Trustees of<br />

Reservations (Poole, 1992, p. 54). Un trust fondiario<br />

<strong>comuni</strong>tario di tipo residenziale venne sviluppato da<br />

Ralph Borsodi negli anni Sessanta, basandosi sui<br />

modelli di Arden e Fairhope. Mentre Arden è controllata<br />

dai residenti, i trust fondiari non sono città costituite<br />

e i loro membri e amministratori includono non residenti.<br />

Borsodi fondò nel 1934 la School of Living, che nel<br />

1936 istituì una cooperativa residenziale a Bayard Lane,<br />

nei pressi di Suffern, non distante da New York City, e<br />

successivamente molte altre. Negli anni Sessanta,<br />

Robert Swann e altri modificarono la forma organizzativa<br />

in Community Land Trust (CLT), al fine di evitare<br />

la svendita dei trust e ampliare la capacità d’interesse<br />

dei consigli includendo una maggioranza di non residenti<br />

(Stucki e Yeatman, 1990, p. 105). Ci sono almeno<br />

50 CLT urbani operanti negli Stati Uniti e più di 800<br />

trust fondiari di vario tipo (Neureckas, 1990, p. 115). Più<br />

di 800 mila membri stanno preservando circa un milione<br />

di ettari di terra statunitense (Poole, 1992, p. 55).<br />

Uno dei motivi che sono alla base della costituzione<br />

di trust fondiari è la percezione che negli Stati Uniti la<br />

proprietà immobiliare stia diventando sempre meno<br />

accessibile rispetto ai salari: i trust fondiari, quali fondazioni<br />

di carità, possono aiutare a ridurre i costi di<br />

acquisto e mantenimento. Di solito i locatari possiedono<br />

gli edifici e le valorizzazioni incluse nel contratto di<br />

locazione, e il CLT spesso favorisce il finanziamento<br />

tenendo l’ipoteca e anche vendendo attraverso un contratto<br />

fondiario, vale a dire a rate (The Institute for<br />

Community Economics, 1982, p. 18). Di solito, un CLT<br />

trattiene per sé la prima opzione di acquisto delle valorizzazioni<br />

al costo reale meno il deprezzamento, così<br />

250


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 251<br />

Come vi piace: Arden e i land trust<br />

che il venditore non catturi i guadagni dovuti ai servizi<br />

<strong>comuni</strong>tari o all’apprezzamento del valore fondiario<br />

generale, ma trattenga il capitale nei suoi stessi investimenti.<br />

I contratti di locazione vengono passati agli<br />

eredi, in modo che il capitale investito venga mantenuto<br />

come eredità famigliare. Queste complicate condizioni<br />

contrattuali dimostrano nuovamente la risposta<br />

gestionale a investimenti immobiliari specifici di asset e<br />

all’incertezza da entrambe le parti, sia degli amministratori<br />

del trust sia da parte dei locatari.<br />

Alcuni CLT hanno iniziato a federarsi; nel 1976, la<br />

School of Living ampliò le sue funzioni per includere<br />

un’alleanza di trust fondiari e operare autonomamente<br />

come società di proprietari. Dal 1985, alcune <strong>comuni</strong>tà<br />

intenzionali della Virginia tengono conferenze sponsorizzate<br />

dall’InterCommunities, un’associazione non<br />

ufficiale di <strong>comuni</strong>tà private (Ringrose e Brown, 1990,<br />

p. 132). Sono state istituite molte organizzazioni per<br />

aiutare i CLT, fra le quali la già citata School of Living,<br />

la E. F. Schumacher Society, l’Institute for Community<br />

Economics e la Land Trust Alliance, che serve da organizzazione<br />

maggiore e raggruppa gli altri trust fondiari<br />

di tutela ambientale.<br />

Il modello di Shannon: provvedere alla mobilità<br />

Le organizzazioni della proprietà terriera hanno<br />

preso anche altre forme. La fattoria Shannon nelle Blue<br />

Ridge Mountains della Virginia ha una popolazione di<br />

75 persone. I suoi 200 ettari di terreno, di proprietà di<br />

un’organizzazione non profit, non sono divisi in proprietà<br />

in locazione. Le abitazioni sono costruite a gruppo<br />

e condividono pozzi e fonti, con grandi aree di foresta<br />

lasciate integre. Le decisioni vengono prese all’unanimità<br />

e si passa alle votazioni (che richiedono una<br />

maggioranza qualificata, del 60 per cento) solo dopo<br />

due tentativi successivi di consenso unanime: si tratta<br />

quindi un sistema abbastanza vicino all’unanimità di<br />

Wicksell. I servizi della <strong>comuni</strong>tà, che comprendono<br />

strade e servizi di pubblica necessità, vengono finanziati<br />

da quote che consistono nel 7 per cento del reddi-<br />

251


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 252<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

to al netto delle imposte, che scende al 5 per cento (con<br />

un minimo di 42,50 dollari al mese) dopo 12 anni di<br />

appartenenza alla <strong>comuni</strong>tà.<br />

Benché la Shannon mantenga il titolo di proprietà<br />

sulle strutture, il valore delle abitazioni appartiene ai<br />

locatari, che possono trasferire le strutture ad altri.<br />

Shannon ottenne una linea di credito con una banca<br />

locale, usando i terreni come garanzia, e i residenti possono<br />

accedervi dopo aver raccolto fondi equivalenti. Le<br />

imposte di proprietà sulle valorizzazioni sono divise<br />

secondo una valutazione interna e non secondo il sistema<br />

di accertamento della contea. A causa dell’ubicazione<br />

rurale, dove il mercato immobiliare può essere debole,<br />

sorge il problema di ottenere il corrispettivo delle<br />

proprie valorizzazioni in caso di trasferimento in un’altra<br />

parte del paese. I membri di Shannon hanno quindi<br />

studiato un piano per facilitare l’uscita. Un nuovo membro<br />

può scegliere di chiedere alla società di garantire<br />

una parte del valore della sua casa, da un 30 per cento<br />

iniziale a un massimo del 75 per cento dopo 15 anni di<br />

appartenenza. Il membro in uscita paga anche una<br />

somma di trasferimento proporzionale alla percentuale<br />

garantita (Robinson, 1990, p. 88). Questa garanzia di<br />

capitale offre anche un modo per assicurare la mobilità<br />

anche avendo istituzioni non strutturate in maniera<br />

democratica che posseggono la terra. Come abbiamo già<br />

detto in precedenza, MacCallum (1977) abbozzò un<br />

modello di statuto costituzionale nel quale il proprietario<br />

dei siti si impegna a rimborsare gli affittuari per il<br />

valore delle loro valorizzazioni fisse e che segue lo stesso<br />

principio. Il contratto di locazione del Community<br />

Land Trust del Berkshire meridionale, presentato dalla<br />

E. F. Schumacher Society come un modello, conferisce al<br />

locatore la prima opzione di acquisto delle valorizzazioni<br />

al costo di sostituzione meno l’ammortamento, secondo<br />

le stime di periti (E. F. Schumacher Society, 1990).<br />

Un’interessante eccezione alla gestione democratica<br />

è fornita dai parchi per le case mobili. La mobilità stessa<br />

delle abitazioni le rende meno legate al sito e impedisce<br />

ai proprietari dei terreni di alzare i canoni d’affitto a<br />

252


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 253<br />

Come vi piace: Arden e i land trust<br />

livelli di sfruttamento. I piani di garanzia di Shannon, E.<br />

F. Schumacher Society e MacCallum offrono alle società<br />

proprietarie terriere un modo per assicurare la mobilità<br />

con strutture immobili. Proprio come alcuni CLT hanno<br />

delle call option sulle valorizzazioni, un proprietario terriero<br />

può offrire ai propri locatari una put option, cioè<br />

l’opzione di vendere le valorizzazioni al proprietario<br />

fondiario a un prezzo preventivamente fissato, come<br />

per esempio il valore di sostituzione meno l’ammortamento<br />

o il valore stimato da un perito imparziale. Un<br />

giorno forse Shannon verrà riconosciuta come esempio<br />

pionieristico dell’opzione di vendita, rendendo possibile<br />

quel tipo di <strong>comuni</strong>tà di proprietà immaginato da<br />

Heath e MacCallum, ma che ancora non è stato sviluppato<br />

integralmente e in modo esteso, una società che<br />

tragga profitto dal canone fondiario generato tramite la<br />

produzione di beni civici e l’affitto del terreno.<br />

I trust fondiari forniscono inoltre altre dimostrazioni<br />

del fatto che Arden non costituisce un unico storico e<br />

che il metodo di finanziamento dei beni civici tramite il<br />

canone che essi stessi generano può essere implementato<br />

da varie forme di gestione e da <strong>comuni</strong>tà di diverse<br />

dimensioni.<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 254


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 255<br />

Capitolo 11<br />

La vita al forte:<br />

il Fort Ellsworth Condominium<br />

Pochi di coloro che risiedono in condomini sono consapevoli<br />

del fatto che le loro <strong>comuni</strong>tà mettono in pratica<br />

il principio di finanziamento di beni e servizi delle<br />

<strong>comuni</strong>tà contrattuali tramite i canoni che essi generano,<br />

o le teorie in merito alla gestione e ai club terrieri. In<br />

quanto verifica della fornitura contrattuale dei beni <strong>pubblici</strong>,<br />

questo case study è ridondante, dal momento che<br />

l’esempio di Arden è sufficiente a dimostrarne la fattibilità.<br />

Tuttavia, per la verifica dei fattori di unicità c’è bisogno<br />

di un altro esempio. Arden e i trust fondiari discussi<br />

nel capitolo precedente sono <strong>comuni</strong>tà intenzionali,<br />

deliberatamente fondate sul principio del finanziamento<br />

dei propri servizi tramite i canoni fondiari. Si può pensare<br />

che <strong>comuni</strong>tà contrattuali di questo tipo abbiano<br />

nelle loro funzioni di produzione di beni collettivi la<br />

variabile “intento”, vale a dire la volontà dei fondatori.<br />

Di solito i condomini sono privi di questa intenzionalità,<br />

essendo di origine molto più commerciale e quindi la<br />

variabile “intento” nel loro caso sarebbe nulla.<br />

Un’altra differenza esplicitata da questo case study è<br />

che, per quanto riguarda i beni collettivi, un condominio<br />

ha un ambito molto più limitato di quello di un villaggio<br />

autosufficiente come Arden. Quindi, un condominio<br />

esemplifica la gestione di una <strong>comuni</strong>tà contrattuale<br />

all’interno di una più ampia realtà urbana. Anche<br />

la struttura contrattuale è diversa dalle proprietà in<br />

255


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 256<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

locazione di Arden. Un condominio è una <strong>comuni</strong>tà di<br />

comune interesse fatta di comproprietari. “Condominio”<br />

significa “dominio congiunto”. Un membro ha<br />

pieno titolo di proprietà sulla propria unità e una proprietà<br />

intera e condivisa delle strutture <strong>comuni</strong>. Negli<br />

Stati Uniti i condomini costituiscono la gestione più<br />

corrente delle strutture residenziali private al di sopra<br />

del livello famigliare e anche per questa ragione la loro<br />

fornitura di beni <strong>pubblici</strong> giustifica l’inserimento fra i<br />

casi di studio. Il principale case study esaminato qui è il<br />

Fort Ellsworth Condominium Apartments di Alexandria,<br />

in Virginia, nell’area metropolitana di Washington<br />

DC. Si analizzerà brevemente anche un condominio in<br />

California per paragonare la generalità delle caratteristiche<br />

di Fort Ellsworth.<br />

L’ipotesi<br />

La questione da affrontare è quella posta nel primo<br />

capitolo e cioè la fattibilità della fornitura contrattuale<br />

di beni collettivi, inquadrata dalla seguente ipotesi:<br />

incentivi di guadagno personale non inducono agenti privati<br />

a fornire i beni <strong>pubblici</strong> che le persone nel dominio di un servizio<br />

effettivamente richiedono, perché non c’è alcun modo<br />

per indurre gli utenti individuali a pagare tutti per una parte<br />

di bene, in modo che l’ammontare totale venga coperto.<br />

Come nel caso di Arden, le altre ipotesi da verificare<br />

sono: 1. i beni <strong>pubblici</strong> prodotti da Fort Ellsworth non<br />

sono escludibili; 2. i beni <strong>pubblici</strong> non incrementano il<br />

valore del sito e le rendite; 3. il finanziamento dei beni<br />

<strong>pubblici</strong> ha poca correlazione con le rendite del sito; 4.<br />

la domanda di beni <strong>pubblici</strong> non può essere rivelata in<br />

modo veritiero; 5. i free rider impediscono la fornitura<br />

dei beni; 6. la fornitura dei beni richiede il sostegno del<br />

settore pubblico; e 7. la separazione fra valore del sito e<br />

valore delle valorizzazioni non è praticabile.<br />

La storia di Fort Ellsworth<br />

Durante la guerra civile Fort Ellsworth, ubicato su<br />

una collina vicino a quello che ora è il George Washington<br />

Masonic National Memorial, fu uno dei molti forti<br />

256


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 257<br />

La vita al forte: il Fort Ellsworth Condominium<br />

degli Stati del Nord collocati intorno a Washington DC<br />

per proteggere la capitale dall’invasione sudista. Questo<br />

forte prese il nome dal colonnello Elmer Ephraim<br />

Ellsworth, il primo ufficiale nordista ucciso nel conflitto<br />

(Fort Ward Museum, 1990). Durante gli anni Ottanta<br />

l’associazione comprò un enorme masso di pietra e una<br />

targa e la pose vicino alla sala <strong>comuni</strong>taria, a commemorare<br />

questa vicenda. La spesa fu giustificata come un<br />

sostegno all’interesse storico della <strong>comuni</strong>tà e quindi<br />

un incremento del suo valore (Rader, 1991b). Anche il<br />

bollettino informativo dell’associazione condominiale<br />

richiama la storia del forte, intitolandosi The Cannonball<br />

(“La palla di cannone”).<br />

Nel 1972 la proprietà, di tre ettari, venne trasferita<br />

alla Savane-Fogarty Companies, Inc., che costruì le strutture<br />

condominiali. Fort Ellsworth quindi entrò nel boom<br />

delle costruzioni condominiali, che raggiunse il suo<br />

picco nel 1973 (Wolfe, 1978, p. 7). Fu uno dei primi condomini<br />

costruiti ad Alexandria e il primo a ottenere l’approvazione<br />

della Veteran Administration per i suoi programmi<br />

di mutui. Secondo Dean Morehouse (1992), il<br />

project manager, una delle innovazione progettuali furono<br />

i soffitti alti 3 metri e 65 centimetri in alcuni soggiorni.<br />

Nel progettare le sue strutture, la società si affidò alla<br />

precedente esperienza nella costruzione di edifici per<br />

appartamenti. Le dimensioni degli edifici furono fondamentalmente<br />

una funzione della terra disponibile, ma in<br />

genere i progetti troppo grandi non ottenevano il nulla<br />

osta della città (Morehouse, 1992). Quindi, non si poté<br />

perseguire un grande progetto che fornisse beni civici<br />

locali in aggiunta a quelli tipicamente forniti dai condomini,<br />

a causa di questo intervento esterno e anche della<br />

mancanza di ribassi sulla tassazione per i servizi che<br />

andavano a sostituire quelli forniti dal governo locale.<br />

La ragione addotta da Morehouse (1992) per la scelta<br />

di costruire un complesso condominiale fu che a quell’epoca<br />

il traffico era in aumento e c’era un mercato per abitazioni<br />

di proprietà più vicine al centro urbano (Washington<br />

DC), oltre che per i prezzi più bassi e l’assenza<br />

di manutenzione esterna offerti dalla formula del condo-<br />

257


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 258<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

minio. La vendita di unità condominiali avrebbe anche<br />

liberato capitali e restituito l’investimento prima di una<br />

locazione di appartamenti.<br />

I beni condominiali<br />

Il condominio di Fort Ellsworth consiste di 169 appartamenti<br />

distribuiti su cinque edifici, ognuno di quattro<br />

piani. Gli edifici sono divisi in sezioni, ognuna con scale,<br />

una bacheca e le cassette della posta. Le strutture <strong>comuni</strong><br />

includono una caldaia, una piscina e alcune sale connesse,<br />

una piscina per bambini (che non è agibile e fin<br />

dall’inizio non ha mai funzionato bene), un campo da<br />

tennis, un’area picnic con alberi, tavoli, grill e contenitori<br />

per i rifiuti, molte aree per il passeggio dei cani, un’antenna<br />

televisiva (che non comprende però i canali via<br />

cavo), alcuni magazzini, una sala per le riunioni condominiali<br />

e parcheggi. Queste strutture sono tutte a disposizione<br />

degli inquilini, ma non dei proprietari non residenti.<br />

L’associazione condominiale gestisce anche la<br />

rimozione della neve e la raccolta dei rifiuti.<br />

La progettazione degli spazi verdi, la piscina, le aree<br />

picnic e la prossimità al George Washington Masonic<br />

Memorial Park fanno assomigliare vagamente Fort Ellsworth<br />

a una città giardino di Ebenezer Howard in<br />

miniatura. Ci sono più di 21 mila metri quadri di edifici<br />

residenziali, con una media di 125 metri quadri per abitazione.<br />

Divisi su quattro piani, ci sono 5.300 metri quadri<br />

di superficie abitativa, il che significa il 17,7 per cento<br />

dell’area condominiale. L’82,3 per cento della superficie<br />

del sito tenuta a proprietà condivisa corrisponde a uno<br />

0,5 per cento circa ad abitazione. La città di Alexandria<br />

valuta e tassa solo gli appartamenti individuali dal<br />

momento che, in una proprietà condominiale, l’associazione<br />

in sé non possiede nulla. Il valore delle strutture<br />

<strong>comuni</strong> viene imputato nel valore delle unità individuali,<br />

il che è congruente con la teoria presentata nel terzo<br />

capitolo, vale a dire che il canone dei siti residenziali<br />

include il valore dei beni territoriali collettivi del quartiere.<br />

Per fare un esempio, nel 1991 una tipica abitazione<br />

con una camera da letto era valutata dalla città 16.900<br />

258


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 259<br />

La vita al forte: il Fort Ellsworth Condominium<br />

dollari per il terreno e 98 mila dollari per la costruzione,<br />

per un totale di 114.900 dollari. Nel dicembre del 1989<br />

l’abitazione era stata venduta a 119 mila dollari, ma nel<br />

1990 era stata valutata 111.700 dollari, il che significa che<br />

la valutazione a fini di tassazione non corrisponde ai<br />

valori del mercato del momento (Alexandria, 1991).<br />

Il servizio offerto dal condominio include anche una<br />

società di gestione della proprietà, la Condominium<br />

Management, Inc. (CMI). L’amministratore di Fort Ellsworth<br />

è un suo dipendente. Il condominio impiega<br />

anche una persona che sovrintende alle aree verdi. Molti<br />

degli abitanti scelgono di vivere in un condominio per<br />

evitare di dover badare al giardino o spalare la neve.<br />

Quindi anche questi servizi forniti dal condominio per<br />

molti residenti sono beni collettivi importanti tanto quanto<br />

le strutture fisiche (Kass, 1991b). Oltre ai parcheggi<br />

assegnati a ogni abitazione, ci sono anche alcuni posti<br />

liberi. L’associazione ha un contratto con una ditta specializzata<br />

per rimuovere le automobili non autorizzate.<br />

Anche la vita sociale e <strong>comuni</strong>taria offerta dal condominio<br />

è un altro bene civico. Ogni anno l’associazione<br />

organizza molte feste <strong>comuni</strong>tarie nella Community<br />

Room e in estate presso la piscina, alle quali sono invitati<br />

tutti i residenti. Vengono sollecitate le donazioni,<br />

anche tramite una lotteria i cui introiti per la metà contribuiscono<br />

a pagare le spese della festa e per la restante<br />

parte vanno a coprire le spese sostenute dall’associazione.<br />

Il condominio provvede anche a servizi di pubblica<br />

utilità, fra i quali l’acqua calda e fredda, l’aria condizionata<br />

e il riscaldamento. Come discuteremo più<br />

avanti, questi servizi hanno caratteristiche private<br />

significative, ma vengono generati da un impianto<br />

comune e utilizzano delle tubature <strong>comuni</strong>, quindi<br />

hanno anche caratteristiche pubbliche. In alcuni condomini<br />

una delle voci più importanti è la sicurezza. Il condominio<br />

Briarcrest di Los Angeles, di cui parleremo in<br />

seguito, ha cancelli di sicurezza provvisti di chiave<br />

all’entrata degli edifici e dell’area parcheggio. Fort Ellsworth<br />

non ha simili cancelli, ma anch’esso presenta<br />

alcune misure di sicurezza, come i cartelli indicanti il<br />

259


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 260<br />

Campi<br />

da tennis<br />

Fort Ellsworth<br />

Nessun<br />

parcheggio<br />

13 spazi assegnati<br />

3 aperti<br />

4 assegnati<br />

2 spazi<br />

aperti<br />

130 128 126<br />

Palazzo 4:<br />

tot 24 unità<br />

12 aperti<br />

Area per picnic<br />

Cartina fornita dal Parking Commitee<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

24 spazi assegnati<br />

48 spazi assegnati<br />

Tipi di spazi per il parcheggio<br />

Assegnati:<br />

uno spazio per il parcheggio assegnato a ogni unità<br />

Riservati:<br />

solo per i residenti che dispongono di un’autorizzazione<br />

per parcheggi temporanei e degli appositi adesivi<br />

Aperti:<br />

per i visitatori e le unità abitative che dispongono di più di un veicolo<br />

(spazio per il parcheggio non riservato)<br />

divieto di ingresso, un cancello e una recinzione intorno<br />

alla piscina, e un comitato che si occupa della sicurezza<br />

coadiuvato da un poliziotto di collegamento assegnato<br />

dalla polizia di Alexandria.<br />

In merito alle ipotesi secondarie, quindi, questi servizio<br />

e queste strutture sono evidentemente territoriali,<br />

con poche ricadute esterne. Essi rendono il sito più<br />

desiderabile: meglio ci si occupa della manutenzione<br />

degli esterni e dei giardini (sia nell’aspetto estetico che<br />

nella gestione) più la località diventa attraente per l’ac-<br />

260<br />

16 spazi aperti<br />

4 spazi assegnati 11 spazi assegnati<br />

Bici<br />

132 134 136<br />

Palazzo 5:<br />

tot 41unità<br />

Piscina<br />

Parcheggio vietato<br />

3 2<br />

Assegnati<br />

9 assegnati<br />

7 assegnati<br />

3 assegnati<br />

Centro<br />

per la com.tà<br />

8 aperti<br />

10 aperti<br />

2 assegnati<br />

124 122 120 118<br />

Palazzo 3<br />

tot 56 unità<br />

116 114 112<br />

46 spazi assegnati<br />

110 108 106 104 102 100<br />

Palazzo 2:<br />

Palazzo 1:<br />

tot 24 unità<br />

tot 24 unità<br />

4 assegnati<br />

Area aperta<br />

Abitazioni di Shooters Hill<br />

169 unità<br />

252 posti auto<br />

17 spazi riservati


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 261<br />

La vita al forte: il Fort Ellsworth Condominium<br />

quirente marginale, più alti diventano il valore locativo<br />

per unità e il prezzo. Allo stesso modo la piscina, il<br />

campo da tennis e i tavoli da picnic inducono coloro che<br />

valutano positivamente questi beni a fare offerte più<br />

alte per un’abitazione di quanto avverrebbe senza di<br />

essi. La domanda di questi beni viene dunque rivelata<br />

dall’ingresso di persone disposte a pagare un prezzo<br />

per unità più le spese dell’associazione. Il free riding<br />

viene evitato per esclusione, dal momento che l’utilizzo<br />

di una unità richiede che la si possegga o si paghi un<br />

affitto. La prossimità geografica e una recinzione rendono<br />

esclusive queste strutture per la maggior parte dei<br />

residenti. Infine, non c’è alcun sostegno significativo da<br />

parte del governo cittadino ai beni interni e ai servizi<br />

del condominio.<br />

La gestione del condominio<br />

I proprietari delle unità hanno investimenti specifici<br />

del sito vulnerabili al possibile opportunismo dei gestori<br />

del condominio. Inoltre, sono in una situazione d’incertezza<br />

per quanto riguarda le spese future e i progetti<br />

d’investimento. Quindi, fra di loro esiste un complesso<br />

accordo contrattuale nella forma di un “Consiglio di<br />

comproprietari”, che rientra nel Master Deed del condominio<br />

e nei suoi regolamenti. L’allegato B del Master<br />

Deed (cfr. Savage/Fogarty, 1973) elenca tutte le unità, la<br />

loro metratura, il valore iniziale e i millesimi della proprietà<br />

comune. Questo dato è molto importante dal<br />

momento che determina la percentuale di spese condominiali<br />

assegnate a ogni unità, così come la percentuale<br />

di voto concessa a ogni proprietario di unità. Questi<br />

millesimi, che rimangono fissi, sono equivalenti a una<br />

percentuale di valore fondiario del condominio.<br />

Il Master Deed specifica in dettaglio anche i confini<br />

fra le unità, che stabiliscono i diritti di proprietà e la<br />

divisione delle spese fra le unità e l’associazione. Le<br />

strutture collettive sono divise in due categorie: “elementi<br />

<strong>comuni</strong> limitati” di cui fanno parte patii, balconi<br />

e poche altre strutture, ed “elementi <strong>comuni</strong> generali”<br />

che comprendono tutte le parti diverse da abitazioni ed<br />

261


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 262<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

elementi <strong>comuni</strong> limitati, e che includono il terreno, le<br />

fondamenta e le mura esterne. Il Master Deed specifica<br />

che l’accettazione dell’atto costituisce un’accettazione<br />

anche delle condizioni precisate nei documenti regolatori.<br />

Questa affermazione è l’accordo costituzionale fra<br />

un comproprietario e il Consiglio dei comproprietari,<br />

che rende la gestione unanime a livello costituzionale<br />

quando una persona entra a far parte della <strong>comuni</strong>tà. A<br />

differenza di quanto accade con i governi sovrani, che<br />

hanno automatica giurisdizione sulle persone all’interno<br />

della loro aree di competenza, la giurisdizione del<br />

condominio viene stabilita da un contratto esplicito.<br />

Il Master Deed specifica anche molti livelli di accordo<br />

per successivi cambiamenti costituzionali. Gli emendamenti<br />

richiedono i due terzi dei voti. Tuttavia i millesimi<br />

che ogni unità possiede negli elementi <strong>comuni</strong> non possono<br />

essere cambiati se non per consenso unanime, di<br />

conseguenza, nessun proprietario può vedersi privato<br />

della propria rappresentanza specifica o della proprietà<br />

senza il proprio consenso. Il Master Deed fornisce un’opzione<br />

d’uscita per l’intera associazione, permettendo ai<br />

comproprietari di porre termine al sistema d’amministrazione<br />

con i tre quarti dei voti se la proprietà viene<br />

distrutta da qualche disastro; in caso diverso ci vuole l’unanimità.<br />

Quindi, un comproprietario ha la garanzia<br />

della durata del condominio finché lo desidera.<br />

I regolamenti del condominio (Fort Ellsworth Condominium<br />

Apartments, 1973) sono il secondo elemento<br />

di gestione associativa. Essi richiedono che un Consiglio<br />

di direttori si occupi dell’amministrazione. Questo<br />

tipo di governo rappresentativo contrasta dunque con<br />

la democrazia diretta di Arden. E c’è una solida ragione<br />

economica per questo. La vicinanza fisica degli appartamenti<br />

e l’uso di servizi <strong>comuni</strong> come acqua, riscaldamento<br />

e aria condizionata richiedono un monitoraggio<br />

e un processo decisionale molto più continui delle<br />

strutture di Arden, formato da case separate. Anche i<br />

parcheggi e le aree verdi richiedono un ripetuto controllo<br />

da parte dei membri del comitato. Comunque,<br />

come accade solitamente in tutti i condomini, l’associa-<br />

262


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 263<br />

La vita al forte: il Fort Ellsworth Condominium<br />

zione tiene riunioni annuali (in aprile) durante le quali<br />

i membri eleggono il Consiglio e trattano altre questioni.<br />

Il consiglio o una petizione di almeno il 25 per cento<br />

dei millesimi possono convocare una riunione straordinaria.<br />

La percentuale di voto che spetta a ogni proprietario<br />

di unità è la quantità di millesimi assegnata a quella<br />

unità. A meno che non venga richiesto diversamente,<br />

la votazione è per maggioranza di millesimi. Un proprietario<br />

non può votare né far parte del Consiglio se<br />

esiste un’ipoteca nei confronti della sua unità. Possono<br />

essere utilizzate delle deleghe scritte per una particolare<br />

riunione, procedura simile alle votazioni delle società,<br />

ma diversa da quella dei governi cittadini. Il quorum è<br />

costituito dal 40 per cento dei proprietari, in persona o<br />

tramite delega. Il Consiglio dei direttori è composto da<br />

cinque membri, uno per edificio, ognuno dei quali presta<br />

il proprio servizio per tre anni. I direttori non ricevono<br />

alcun compenso per il loro lavoro (tranne il rimborso<br />

spese) a meno che esso non sia autorizzato dai proprietari<br />

durante una riunione dell’associazione. Si tratta<br />

quindi di volontari che prestano la loro attività per<br />

ragioni sociali, per influenzare le scelte politiche o per<br />

simpatia nei confronti della <strong>comuni</strong>tà. Il Consiglio è<br />

dotato di «tutti i poteri e i doveri necessari all’amministrazione<br />

delle questioni del condominio». I doveri<br />

includono la preparazione di un bilancio annuale e lo<br />

stabilire la quota di contributi, che viene pagata in rate<br />

mensili uguali. Questi ampi poteri sono conformi alla<br />

teoria di Williamson in merito al successivo adattamento,<br />

descritta nel quarto capitolo, secondo la quale le contingenze<br />

non possono essere previste in un mondo<br />

incerto, il che induce una struttura di gestione flessibile<br />

che possa mantenere bassi i costi di transazione.<br />

Al Consiglio viene specificatamente richiesto di<br />

tenere i registri adeguatamente dettagliati e di renderli<br />

sempre disponibili per una verifica – riducendo così le<br />

possibilità di comportamento opportunistico. I registri<br />

devono essere esaminati annualmente da un revisore<br />

dei conti esterno al condominio. L’articolo III richiede<br />

che il Consiglio dei direttori impieghi un amministrato-<br />

263


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 264<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

re professionista, autorizzando costituzionalmente un<br />

governo civico del tipo consiglio-amministratore. Il Consiglio<br />

è autorizzato a delegare all’amministratore i poteri<br />

per mettere in pratica e garantire le norme e i regolamenti<br />

e altri poteri specifici, tranne quello di stabilire i<br />

canoni. La sezione a riguardo afferma esplicitamente che<br />

«il condominio non dovrà intraprendere “un’autogestione”<br />

o astenersi dall’assumere un amministratore professionista<br />

senza la precedente approvazione di tutti i possessori<br />

di tale ipoteca di primo grado». I funzionari di<br />

condominio sono un presidente, un vicepresidente, un<br />

segretario e un tesoriere, tutti eletti e rimovibili da parte<br />

del Consiglio. Il presidente, un membro del Consiglio,<br />

ha i poteri di un presidente di «una società per azioni<br />

organizzata sotto le leggi dello Stato della Virginia sulle<br />

società commerciali», compresa la facoltà di nominare<br />

membri del comitato nella misura in cui il Consiglio lo<br />

ritenga appropriato.<br />

Il Consiglio deve adottare il bilancio entro il 25<br />

novembre e inviarne copia al proprietario di ogni unità<br />

entro il primo dicembre, dando conto delle entrate e<br />

delle spese effettive alla fine di ogni anno. Queste regole<br />

riguardanti il bilancio costituiscono nuovamente una<br />

salvaguardia contro comportamenti opportunistici. I<br />

regolamenti richiedono che il bilancio includa fondi di<br />

riserva per gli imprevisti e le sostituzioni. Se tali fondi<br />

sono inadeguati, il Consiglio è autorizzato a chiedere<br />

ulteriori contributi, che può decidere di far pagare in<br />

una sola soluzione o a rate. Idealmente, il fondo di<br />

riserva deve assicurare il denaro sufficiente alla manutenzione<br />

periodica (la tinteggiatura, le riparazioni o le<br />

sostituzioni di beni al termine della loro esistenza o<br />

ammortizzati), agli incidenti e ai disastri naturali. Il<br />

fondo riduce l’incertezza in merito alle richieste di contributo<br />

future, evitando la spiacevole sorpresa di richieste<br />

di denaro aggiuntive. Un fondo di riserva inadeguato<br />

non è facilmente percepibile da parte dell’acquirente<br />

tipico di unità condominiale e quindi può costituire<br />

un’illusione di bene pubblico, una passività che<br />

abbasserebbe il valore della proprietà se dichiarata. Di<br />

264


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 265<br />

La vita al forte: il Fort Ellsworth Condominium<br />

conseguenza, il requisito di riserve adeguate è una salvaguardia<br />

sia contro l’incertezza sia contro l’opportunismo<br />

di un Consiglio che volesse rimandare le spese per<br />

utilizzare le risorse in consumi immediati.<br />

La quota pagata da ogni proprietario di unità varia<br />

in proporzione alla rispettiva quantità di millesimi ed è<br />

una garanzia sull’unità. Un’aggiunta o un cambiamento<br />

agli elementi <strong>comuni</strong> che superi il 5 per cento del<br />

budget annuale devono essere approvati da una maggioranza<br />

di proprietari; negli altri casi il Consiglio può<br />

decidere autonomamente. Se l’80 per cento o più dei<br />

membri ritiene che le spese beneficino in modo sostanziale<br />

i proprietari, si decide per l’imposizione del pagamento.<br />

Il Consiglio deve anche acquistare una polizza<br />

assicurativa in quanto amministratore per conto dei<br />

proprietari e deve cercare di ottenere una polizza generale<br />

per tutto il condominio; ogni proprietario poi riceverà<br />

una sotto-polizza. Il Consiglio deve anche cercare<br />

di procurarsi una polizza che non sia condizionata<br />

dalla condotta di ogni proprietario. Oltre ad assicurare<br />

la proprietà, deve anche assicurare i singoli proprietari<br />

per la responsabilità di incidenti connessa alla loro<br />

quota di possesso di elementi <strong>comuni</strong>. Il mancato<br />

adempimento dei doveri contrattuali chiama in causa<br />

l’assicurazione che agisce attraverso il Consiglio o l’amministratore<br />

per punire eventuali illeciti. Ciò include<br />

l’azione legale e il «pignoramento a garanzia di pagamento<br />

di tutti i contributi». La riparazione dell’illecito<br />

può essere cercata anche da «un proprietario di unità<br />

danneggiato». L’inadempienza nel pagamento dei contributi<br />

condominiali da parte di un proprietario comporta<br />

il pagamento di una mora o un interesse, stabiliti<br />

dal Consiglio, una volta trascorsi 45 giorni.<br />

I regolamenti di Fort Ellsworth includono anche<br />

norme per i parcheggi, che vengono garantite nella loro<br />

applicazione tramite lo strumento della rimozione (Fort<br />

Ellsworth Condominium Association, 1989). Sono registrate<br />

circa 220 automobili, con una media di 1,3 auto<br />

per unità abitativa. Tutte le auto parcheggiate devono<br />

possedere gli adesivi di autorizzazione o il pass da visi-<br />

265


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 266<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

tatori. Anche la polizia di Alexandria può entrare nelle<br />

aree di parcheggio e controllare le autorizzazioni. Una<br />

zona del parcheggio è stata riservata ai veicoli su due<br />

ruote. Normalmente un’automobile non viene rimossa<br />

da un parcheggio numerato senza la richiesta del proprietario.<br />

Un residente o un visitatore possono chiedere<br />

una rimozione al Comitato parcheggio, che a sua volta<br />

può sottoporre le richieste di rimborso al Consiglio per<br />

l’azione finale. Quindi, il Consiglio ha un ruolo sia giudiziario<br />

che legislativo.<br />

La lista dettagliata delle reciproche responsabilità<br />

presente nei regolamenti condominiali è desunta dagli<br />

investimenti specifici di asset dei proprietari. Come<br />

indica il modello di Williamson (1985), un’alta specificità<br />

di asset e l’uso ricorrente dei beni inducono a fare<br />

ricorso a una gestione unificata, all’accantonamento di<br />

fondi di riserva e alla fornitura di una polizza assicurativa,<br />

per ridurre l’incertezza. Una società a base immobiliare<br />

con un tipo di residenza a lungo termine è orizzontalmente<br />

integrata nel territorio, dal momento che<br />

gli elementi <strong>comuni</strong> sono sotto il controllo di un’agenzia<br />

di gestione.<br />

Le attività di Fort Ellsworth<br />

Il Consiglio normalmente si incontra il quarto mercoledì<br />

del mese nella Community Room. La prima mezzora<br />

è riservata al “residents’ time” e i residenti hanno la<br />

possibilità di porre domande. Possono anche assistere<br />

al resto delle riunioni del Consiglio, tranne nelle sessioni<br />

in cui vengono discusse questioni personali (come<br />

nel caso di inadempienze). I residenti possono anche<br />

sottoporre proposte a un membro del Consiglio, affinché<br />

vengano prese in considerazione durante le riunioni<br />

del Consiglio stesso. L’amministratore della proprietà<br />

è presente alle riunioni del Consiglio, nelle quali riferisce<br />

in merito alle attività di gestione e risponde alle<br />

eventuali domande.<br />

I comitati autorizzati dal Consiglio sono: architettura<br />

e ingegneria, aree verdi, newsletter, parcheggio,<br />

piscina, attività sociali, tennis, sicurezza e gruppi di<br />

266


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 267<br />

La vita al forte: il Fort Ellsworth Condominium<br />

revisione dei regolamenti e della guida condominiale.<br />

Anche gli inquilini in affitto possono far parte dei comitati<br />

e presiederli; un membro dl consiglio funge da collegamento.<br />

I presidenti dei comitati partecipano alle<br />

riunioni del Consiglio e alle discussioni. La maggioranza<br />

delle attività e del lavoro dell’associazione – compreso<br />

il monitoraggio di fornitori e strutture, la segnalazione<br />

di un fornitore e i dei beni da fornire (come per<br />

esempio quali alberi piantare o che orari decidere per la<br />

piscina) – hanno luogo all’interno dei comitati. Spesso<br />

il Consiglio approva le segnalazioni dei comitati senza<br />

opporsi. Oltre ai comitati di gestione esiste anche un<br />

“pet care exchange”, vale a dire la possibilità che i residenti<br />

in vacanza affidino gli animali domestici ad altri<br />

residenti nel condominio. Ogni settore di edificio (e<br />

numero civico) ha uno Stairwell Captain, un responsabile<br />

di scala e alcuni assistenti che coordinano le questioni<br />

locali con il Consiglio. Il responsabile riferisce gli<br />

eventuali problemi, custodisce la chiave dell’area<br />

magazzino, distribuisce il bollettino, fa parte di una<br />

catena telefonica d’emergenza e tiene riunioni fra gli<br />

abitanti della sua scala, alcuni più frequentemente di<br />

altri. Nell’insieme i volontari, che comprendono sia i<br />

membri dei comitati che i responsabili di scala, sono<br />

circa 50. Anche se la maggioranza dei residenti si comporta<br />

in questo senso da free rider, alcuni prestano la<br />

loro attività volontaria. La capacità di influenzare le<br />

decisioni gioca un proprio ruolo in tale partecipazione,<br />

così come altre motivazioni più strettamente egoistiche,<br />

ma (stando almeno alle osservazioni personali dei residenti)<br />

molto probabilmente è presente anche un certo<br />

livello di simpatia benevola per la <strong>comuni</strong>tà. Credo di<br />

poter affermare ciò perché alcuni dei volontari hanno<br />

dichiarato di essere disponibili a lasciare ad altri i loro<br />

incarichi se qualcuno fosse disponibile a farsi avanti.<br />

La piscina normalmente è aperta dal Memorial Day<br />

al Labor Day (e cioè dall’ultimo lunedì di maggio al<br />

primo lunedì di settembre), anche se la stagione può<br />

essere estesa. La città di Alexandria considera le piscine<br />

condominiali delle aree “pubbliche-private” e vi impo-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 268<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

ne la propria legislazione, compresa la condizione che<br />

nell’area della piscina (quindi non solo nella piscina, ma<br />

anche nello spazio tutt’attorno!) debbano esserci almeno<br />

due persone, ma non più di nove quando non sia<br />

presente un bagnino. 1 L’associazione ha assunto uno<br />

dei propri membri come bagnino nei fine settimana, ma<br />

questa regola riduce la possibilità di utilizzare la piscina<br />

durante i giorni lavorativi. Una persona da sola non<br />

può nuotare e non ha nemmeno il permesso di stare<br />

seduta nella zona della piscina. Il condominio Briarcrest<br />

di Los Angeles non è soggetto a nessuna regola di<br />

questo tipo.<br />

Nella città di Alexandria, i condomini possono scegliere<br />

se pagare un’imposta alla municipalità per la raccolta<br />

delle immondizie o se stilare un contratto con una<br />

ditta derivata. Nel 1992 la città offriva i suoi servizi per<br />

11,67 dollari al mese per unità. Fort Ellsworth scelse di<br />

avvalersi del servizio di un privato, che raccoglie l’immondizia<br />

due volte più spesso e a soli 4,74 dollari per<br />

unità (Cheney, 1992).<br />

Il bilancio di Fort Ellsworth<br />

Circa un quinto del reddito operativo viene destinato<br />

a finanziare i fondi di riserva. Come abbiamo già<br />

detto nell’ottavo capitolo, di solito i condomini pagano<br />

le spese di manutenzione e dei beni capitali tramite<br />

taluni fondi di riserva piuttosto che chiedere prestiti.<br />

Una cooperativa è in grado di chiedere in prestito fondi<br />

con più facilità che un condominio, poiché le banche<br />

sono meno informate sulle associazioni residenziali.<br />

Anche se le aree <strong>comuni</strong> non possono essere vendute<br />

separatamente, le associazioni dispongono di garanzie<br />

in merito alle loro entrate di tassazione condominiale<br />

future, proprio come un governo ha la garanzia delle<br />

sue entrate da tassazione futura. Man mano che le associazioni<br />

cresceranno in numero, si svilupperanno banche<br />

specializzate nel loro finanziamento. Per il momento<br />

però, i fondi <strong>comuni</strong> d’investimento nel mercato<br />

1. City of Alexandria Code, Section 11-50 (b) (2).<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 269<br />

La vita al forte: il Fort Ellsworth Condominium<br />

delle ipoteche di secondo grado richiedono la garanzia<br />

che venga effettuato l’accantonamento di fondi di riserva<br />

e quindi i funzionari che si occupano dell’ipoteca<br />

pretendono l’esistenza di tali fondi per approvare prestiti<br />

o mutui per le unità condominiali. Come abbiamo<br />

discusso nell’ottavo capitolo, è più prudente mantenere<br />

riserve dal momento che i beni capitali vengono consumati<br />

annualmente. I fondi di riserva non sono conti di<br />

risparmio costituiti da ciò che resta dopo i costi operativi,<br />

ma spese che vanno maturando per il consumo.<br />

L’American Institute of Certified Public Accountants ha<br />

creato linee guida che richiedono l’inclusione di un programma<br />

di riserva di capitale nelle verifiche di bilancio<br />

delle associazioni.<br />

Nel 1981, la gestione di Fort Ellsworth preparò alcuni<br />

fogli contabili di varie strutture, come tetti e impianto<br />

di riscaldamento, con le stime dei costi di sostituzione,<br />

durata e riserva annuale auspicabile (Condominium<br />

Management, 1981) e tale analisi viene periodicamente<br />

aggiornata. Il Briarcrest Condominium, di cui<br />

parleremo più avanti, ha uno studio sui fondi di riserva<br />

fatto dall’Association Reserves (1990), che è specializzata<br />

nel settore. Molti altri condomini hanno iniziato ad<br />

aumentare le imposte per creare questi fondi e di conseguenza<br />

è diminuito il ricorso a quote speciali per le<br />

varie emergenze. Nel 1991, il 98 per cento del reddito di<br />

Fort Ellsworth derivava dalle quote pagate dalle unità<br />

abitative. Appena poco più dell’1 per cento era utile,<br />

legato a talune imposte leggermente aumentate e ai<br />

canoni d’affitto della sala comune.<br />

Per quanto riguarda le feste, a Fort Ellsworth sembrano<br />

essere una ridistribuzione di reddito, dal<br />

momento che di solito solo una ventina di abitanti su<br />

350 vi si presentano. Tuttavia, gli attivisti, come il Consiglio<br />

e i membri dei comitati, le frequentano più degli<br />

altri, allo stesso modo dei nuovi arrivati, che vi partecipano<br />

per fare la conoscenza degli altri residenti. Dal<br />

momento che la <strong>comuni</strong>tà dipende dai volontari e che<br />

le feste creano simpatia favorendo la conoscenza, il<br />

costo viene più che ripagato nel valore del lavoro<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 270<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

volontario che aiutano a promuovere.<br />

Nel 1991, i servizi <strong>comuni</strong> – compreso l’olio combustibile<br />

e il gas, l’elettricità, l’acqua e le fognature – costituivano<br />

circa il 40 per cento delle spese totali. Si possono<br />

considerare beni privati forniti collettivamente; alla<br />

maggior parte delle spese penserebbe ogni unità se ci<br />

fossero contatori separati. È infatti ampiamente riconosciuto<br />

che questo consumo collettivo incorre in un maggior<br />

utilizzo rispetto all’uso separato; se l’impianto fosse<br />

costruito oggi, ci sarebbero contatori separati e solo i servizi<br />

di pubblica utilità delle aree <strong>comuni</strong> sarebbero una<br />

spesa dell’associazione, anche se bisogna ammettere che<br />

l’acquisto complessivo riduce la spesa totale, compensando<br />

in un certo senso l’utilizzo aggiuntivo dovuto<br />

all’esistenza di un impianto comune.<br />

La “manutenzione” comprende gli impianti fisici,<br />

come il sistema di aria condizionata e riscaldamento.<br />

Un tempo l’associazione pagava le riparazioni, ma ora<br />

ha un contratto di manutenzione. Ogni anno può scegliere<br />

di essere tassata su tutto il suo reddito come una<br />

società o solo sul suo utile; il calcolo su quale sia il<br />

minore è compito di una società contabile che si occupa<br />

anche della verifica di bilancio. La maggioranza delle<br />

voci di spesa in realtà sono voci di manutenzione. I<br />

costi della manutenzione dei beni <strong>comuni</strong>tari sono<br />

autorizzati una volta presa la decisione di occuparsene.<br />

La scelta del Consiglio sta nel decidere quanta manutenzione<br />

serve e a chi affidarsi. Le voci puramente discrezionali<br />

sono solo una piccola parte del bilancio, e<br />

includono gli svaghi, il bollettino e in qualche misura la<br />

progettazione del verde. Di tanto in tanto vengono rinnovate<br />

le strutture; un esempio sono le cassette della<br />

posta montate nel 1991, nuove e più grandi.<br />

Spetta al Consiglio l’importante decisione di scegliere<br />

la società di gestione e il metodo della manutenzione,<br />

decidendo ad esempio se optare per un contratto di<br />

manutenzione piuttosto che predisporre ad hoc gli<br />

impianti, ciò che comporta una grande quantità di<br />

ricerca (Kass, 1991a). Alcune forme di manutenzione<br />

hanno anche caratteristiche discrezionali, come la scel-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 271<br />

La vita al forte: il Fort Ellsworth Condominium<br />

ta del colore o il tipo di pittura quando ogni sei anni<br />

circa viene effettuata la manutenzione esterna. Nella<br />

maggior parte dei casi, le decisioni del Consiglio concernono<br />

la qualità della manutenzione e la dimensione<br />

del fondo di riserva piuttosto che quali beni <strong>pubblici</strong><br />

fornire.<br />

Il Briarcrest Condominium<br />

Essendo un condominio di dimensioni quasi uguale<br />

a Fort Ellsworth, il Briarcrest, nella sezione North<br />

Hollywood di Los Angeles City, offre la possibilità di<br />

un confronto. La Braircrest Homeowners Association è<br />

una società non profit di mutuo beneficio, con 160 unità<br />

divise in due edifici. Istituita nel 1979 come cooperativa<br />

di appartamenti, nel 1988 venne convertita in un’associazione<br />

di proprietari (Herbert J. Strickstein Law Corporation,<br />

1986). Come per Fort Ellsworth, ogni unità<br />

paga un contributo proporzionale ai propri millesimi<br />

dell’area comune. Se necessario, il Consiglio può richiedere<br />

contributi straordinari.<br />

L’associazione possiede un fondo di riserva, richiesto<br />

dalla legislazione della California. Il codice civile<br />

della California richiede anche che le associazioni<br />

<strong>comuni</strong>tarie distribuiscano ai loro membri uno «studio<br />

sulle riserve», assieme al bilancio, rendendo l’analisi<br />

sulle manutenzioni future una parte integrante del processo<br />

di finanziamento, ma la legge non stabilisce specifici<br />

requisiti per le riserve (Association Reserves,<br />

1990). Sono state create società per analizzare e calcolare<br />

le riserve necessitate dalle associazioni. L’Association<br />

Reserves, Inc., in California, ha presentato alla Briarcrest<br />

HOA una proposta di uno studio di riserva di<br />

mille dollari.<br />

I beni del Briarcrest includono una piscina e una<br />

vasca idromassaggio, una sauna, tavoli da biliardo, una<br />

palestra, una stanza di svago e una lavanderia. Il bilancio<br />

per il 1991 (con 371.700 dollari di spese) era pressoché<br />

uguale a quello di Fort Ellsworth (371.301 dollari).<br />

Una grande differenza nelle voci di bilancio è che il<br />

riscaldamento e l’aria condizionata sono indipendenti<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 272<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

per ogni unità abitativa e che a Fort Ellsworth c’è un<br />

costo per l’impianto più alto, probabilmente a causa del<br />

clima più rigido della Virginia. Il Briarcrest ha un’assicurazione<br />

più ampia, che comprende anche la copertura<br />

in caso di terremoto e ottiene maggiori entrate da<br />

fonti diverse dalle imposte condominiali, fra le quali 100<br />

dollari di tassa d’ingresso per i nuovi residenti e le<br />

entrate dovute al servizio lavanderia. Quando si esaminano<br />

le differenze nei servizi di pubblica necessità, l’ammontare<br />

totale di beni forniti e le spese totali non sono<br />

molto distanti. C’è un’altra differenza interessante.<br />

Mentre gli ingressi degli edifici del Fort Ellsworth sono<br />

semplici e funzionali, i due grandi edifici del Briarcrest<br />

hanno atri lussuosi, con mobili, fontane opere d’arte e<br />

sculture. Secondo l’ex membro del Consiglio Beatrice<br />

Pearlstein, il Consiglio mantiene questo bell’aspetto perché<br />

ritiene che crei una buona impressione, che si riflette<br />

sul valore della proprietà (Pearlstein, 1991).<br />

I due condomini sono assai simili nelle spese totali,<br />

nei regolamenti e nella gestione. Avendo un numero<br />

analogo di unità abitative e strutture, i risultati in termini<br />

di livelli di spese dimostrano che il procedimento<br />

di generare canoni per pagare i beni collettivi funziona<br />

in modo simile nelle due strutture.<br />

Analisi delle finanze di Fort Ellsworth<br />

Il contributo annuo delle unità condominiali è economicamente<br />

equivalente al pagamento dei canoni<br />

d’affitto di Arden. Sono solo due diversi strumenti di<br />

pagamento di un canone di locazione del sito. La tariffa<br />

condominiale è basata sui millesimi di ogni unità abitativa,<br />

approssimatamene proporzionali alla sua quota<br />

del valore del sito. Ogni valore di miglioria aggiunto da<br />

un proprietario alla sua unità non la influenza. L’effetto<br />

è che, se le spese vengono effettuate perché si ritiene<br />

che aggiungano valore al condominio nel suo complesso,<br />

una tariffa basata su un interesse percentuale nel<br />

complesso è un canone pagato per il valore dello stare<br />

in quel sito, simile al canone fondiario pagato ad Arden.<br />

Quindi, le conclusioni tratte dal caso di Arden si<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 273<br />

La vita al forte: il Fort Ellsworth Condominium<br />

possono applicare anche al Fort Ellsworth Condominium,<br />

confutando l’ipotesi secondo la quale gli incentivi<br />

per un guadagno personale non inducono gli agenti<br />

privati a fornire i beni collettivi che le persone nel<br />

dominio di un servizio effettivamente richiedono. In<br />

merito alle altre ipotesi, come abbiamo già detto, i beni<br />

sono territoriali e quindi esclusivi. Le strutture incrementano<br />

il valore locativo di mercato delle unità e le<br />

quote richieste per i beni <strong>pubblici</strong> a Fort Ellsworth<br />

hanno una relazione diretta con i canoni di locazione<br />

del sito; la separazione fra valori di sito e di miglioria si<br />

ottiene tramite i millesimi attribuiti a ogni unità. La<br />

richiesta di beni viene rivelata dall’acquisto di unità e<br />

dalla disponibilità a pagare le tariffe associative. La<br />

necessità di pagare la tariffa, la vicinanza e il relativo<br />

isolamento delle strutture eliminano il fenomeno del<br />

free riding.<br />

Le quote condominiali e il pagamento di un affitto<br />

sono simili agli addebiti per i servizi di pubblica necessità.<br />

L’associazione o il trust fondiario forniscono un<br />

flusso di servizi, come fosse un flusso d’acqua, di gas o<br />

elettricità. Il consumatore paga un addebito periodico<br />

per il servizio. Al contrario, i governi solitamente non<br />

fanno pagare i consumatori direttamente per la loro<br />

gestione, ma impongono costi arbitrari sulle transazioni<br />

private, come lo scambio lavoro-denaro e denarobeni,<br />

anche se si tratta di attività totalmente scollegate<br />

dai beni <strong>pubblici</strong> governativi. L’imposta di proprietà è<br />

parzialmente collegata ai beni, ma la parte che ricade<br />

sulle valorizzazioni è di nuovo una tassa sulla produzione<br />

sganciata dalla fornitura da parte di una città di<br />

beni o mali.<br />

I condomini non richiedono il sostegno del settore<br />

pubblico; si finanziano da soli. Esistono requisiti legali<br />

imposti dal governo in merito a registri adeguati, accesso<br />

ai conti e così via, ma non è dimostrato che essi siano<br />

necessari alla sopravvivenza di un condominio. Ci sono<br />

stati dei casi in cui i proprietari delle unità abitative<br />

hanno dovuto affrontare costi inaspettati o Consigli<br />

inetti; una volta resi noti, tali casi hanno indotto i rego-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 274<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

lamenti a mutare in ciò che riguarda le condizioni di<br />

protezione dei proprietari. Giuristi competenti vengono<br />

assunti per esaminare i documenti delle associazioni.<br />

Una «guida del consumatore» per i condomini, che dà<br />

una valutazione alle varie <strong>comuni</strong>tà, può essere d’aiuto<br />

ai potenziali acquirenti. Infine, simili precauzioni legali<br />

non possono impedire lo sperpero dei fondi dell’associazione;<br />

sono necessari vincoli di vigilanza e costituzionali<br />

in ogni governance con principi, agenti e investimenti<br />

specifici degli asset.<br />

Alcune leggi riguardanti i condomini non sono né<br />

interventi né sussidi, ma determinano i confini dei<br />

diritti di proprietà, cosa che farebbe in ogni caso un<br />

certo livello di gestione. Esempi includono gli accantonamenti<br />

per garanzia a mancati pagamenti. Altre leggi<br />

intervengono nei contratti volontari. Per esempio, il<br />

Virginia Condominium Act (1991) limita l’ammontare<br />

degli addebiti per la violazione delle regole a 50 dollari<br />

per una singola infrazione o a 10 dollari al giorno per<br />

un’infrazione ripetuta. 2 Una <strong>comuni</strong>tà contrattuale libera<br />

sarebbe in grado di determinare le sue punizioni e i<br />

suoi regolamenti potrebbero stabilire limiti massimi che<br />

salvaguardino i proprietari dalle richieste arbitrarie;<br />

un’altra limitazione alla fornitura dei beni in un condominio<br />

è data dal fatto che le spese che vanno in sostituzione<br />

di beni forniti dal governo locale non danno diritto<br />

a sconti fiscali. Per esempio, una parte della protezione<br />

dell’ordine pubblico, come il pattugliamento e la<br />

sorveglianza, potrebbe essere fornita a livello condominiale.<br />

Se fino a un dato limite massimo il costo venisse<br />

sottratto alle tasse pagate alla città, il costo netto inferiore<br />

indurrebbe una maggiore fornitura privata di tali<br />

servizi. Un altro costo imposto consiste nell’aumento<br />

dell’imposta di proprietà che si verifica in caso di<br />

migliorie alle strutture della <strong>comuni</strong>tà, che fanno<br />

aumentare il valore della proprietà stessa.<br />

Fort Ellsworth e Briarcrest sono entrambi costituiti<br />

da grandi edifici di appartamenti, ma la forma condo-<br />

2. Article 3, Section 55-79. 90.<br />

274


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 275<br />

La vita al forte: il Fort Ellsworth Condominium<br />

miniale può essere applicata a ogni tipo di proprietà,<br />

comprese le case unifamiliari e i centri commerciali.<br />

Oltre alla forma dell’affitto terriero e ai condomini,<br />

un’altra tipologia comune di <strong>comuni</strong>tà contrattuale è<br />

l’associazione di proprietari di case, che esamineremo<br />

nel prossimo capitolo.<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 276


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 277<br />

Capitolo 12<br />

Città giardino di oggi:<br />

la Reston Association<br />

Potrebbe esistere una città con una governance contrattuale?<br />

I due casi di studio precedenti erano un villaggio<br />

e un condominio, ognuno con un totale di circa<br />

500 persone. Benché essi dimostrino la fattibilità della<br />

fornitura volontaria di beni civici, si potrebbe sostenere<br />

che quello che si dimostra fattibile per una piccola<br />

<strong>comuni</strong>tà non è praticabile per una grande. Reston offre<br />

dunque la possibilità di verificare questa affermazione<br />

ed è anche un esempio di autocorrezione del mercato:<br />

anche quando un imprenditore commette un errore e<br />

produce taluni beni non voluti dal mercato, il progetto<br />

non necessariamente fallisce. Un terzo elemento importante<br />

nell’analisi di Reston è il finanziamento dei suoi<br />

beni <strong>pubblici</strong> tramite contributi uguali piuttosto che<br />

relativi ai valori dei siti. Questo fatto comporta delle<br />

differenze?<br />

L’ipotesi<br />

L’ipotesi è la stessa del case study di Fort Ellsworth:<br />

incentivi di guadagno personale non inducono agenti privati<br />

a fornire i beni <strong>pubblici</strong> che le persone nel dominio di un servizio<br />

effettivamente richiedono, perché non c’è alcun modo<br />

per indurre utenti individuali a pagare tutti per una parte di<br />

bene, in modo che l’ammontare totale venga coperto. Dal<br />

momento che Reston ha le dimensioni di una piccola<br />

città, una seconda ipotesi da verificare è che un’associa-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 278<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

zione di <strong>comuni</strong>tà contrattuale non fornisce un livello di beni<br />

<strong>pubblici</strong> elevato, sia in qualità che in quantità, quanto quello<br />

che fornirebbe un governo sovrano. Come per Arden e Fort<br />

Ellsworth, le altre ipotesi che andremo a testare sono: 1.<br />

i beni <strong>pubblici</strong> prodotti da Reston non sono escludibili;<br />

2. i beni <strong>pubblici</strong> non incrementano il valore del sito e le<br />

rendite; 3. il finanziamento dei beni <strong>pubblici</strong> ha poca<br />

correlazione con le rendite del sito; 4. la domanda di<br />

beni <strong>pubblici</strong> non può essere rivelata in modo veritiero;<br />

5. i free rider impediscono la fornitura dei beni; 6. la fornitura<br />

dei beni richiede il sostegno del settore pubblico;<br />

e 7. la separazione fra valore del sito e valore delle valorizzazioni<br />

non è praticabile.<br />

Descrizione generale<br />

Situata nella Fairfax County, nella Virginia settentrionale,<br />

Reston è una planned community, una nuova<br />

città, con aree commerciali, un’associazione di proprietari<br />

di case di 56 mila persone e 3 mila ettari di terreno.<br />

A differenza di un condominio, la proprietà<br />

comune è dell’associazione e non appartiene direttamente<br />

ai proprietari sotto forma di millesimi. Le 18<br />

mila unità abitative (altre 2 mila sono nei progetti)<br />

sono valutate 3,37 miliardi di dollari. Il 40 per cento<br />

circa della terra è costituito da spazi aperti messi a<br />

disposizione dei membri della Reston Association. Gli<br />

asset capitali della <strong>comuni</strong>tà ammontano a un totale<br />

di 15 milioni di dollari e il bilancio annuale è di 6,5<br />

milioni (Cleveland, 1989, p. 7; Report, 1988; Redding,<br />

1992). Il costo totale dell’edificazione si aggira intorno<br />

ai 39 miliardi di dollari (Planned Community, 1992). I<br />

siti commerciali, che non fanno parte dell’associazione<br />

residenziale, interessano 2.100 ditte e 34.500 posti<br />

di lavoro. Agli inizi degli anni Novanta si prevedeva<br />

di terminare l’edificazione entro la fine del millennio<br />

e di raggiungere una popolazione di 62 mila persone,<br />

con 50 mila posti di lavoro (Transportation, 1991).<br />

Fondata da Robert E. Simon Jr., la <strong>comuni</strong>tà è provvista<br />

anche di strutture ricreative e per lo svago, fra cui<br />

423 ettari di spazi liberi, un campo d’atletica, percorsi<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 279<br />

Città giardino di oggi: la Reston Association<br />

di ginnastica, 80 km di passeggiate, 17 piscine, 4 laghi,<br />

giardini, 44 campi da tennis, 30 ettari di spazi naturali<br />

e un centro <strong>comuni</strong>tario per eventi culturali, civici,<br />

educativi, sociali e ricreativi. Reston prese il nome<br />

dalle tre iniziali di Simon con l’aggiunta di “ton” per<br />

“town”, che nell’antico inglese significava gruppo di<br />

case. La <strong>comuni</strong>tà residenziale è divisa in 7 “villaggi”<br />

con i loro centri: Lake Anne, Hunters Woods, Tall Oaks,<br />

South Lakes, Dogwood, North Hills e North Point.<br />

Ogni centro ha alcuni negozi e anche il Town Center ha<br />

uffici e altre attività. Il US Geographical Survey ha sede<br />

a Reston e in effetti c’è stato un boom di società dell’alta<br />

tecnologia che si sono trasferite al Town Center,<br />

avvantaggiandosi sia della forza lavoro sia delle bellezze<br />

di Reston e della vicinanza con l’aeroporto internazionale<br />

Dulles.<br />

Reston fu progettata per accogliere una grande<br />

varietà di stili e tipologie di abitazione. Le case unifamiliari<br />

hanno un prezzo medio che si aggira intorno ai<br />

325 mila dollari; quelle che si affacciano a un lago partono<br />

dai 500 mila dollari. C’è disponibilità di abitazioni<br />

anche a prezzi intorno ai 150 mila dollari, ma alcune<br />

costano intorno al milione di dollari. Il prezzo medio<br />

per le case a schiera è 150 mila dollari, ma le proprietà<br />

fronte lago si aggirano sui 275 mila dollari e oltre. Le<br />

unità abitative condominiali vanno da 70 mila a 130<br />

mila dollari o più. L’affitto mensile per un’abitazione<br />

condominiale va dai 600 ai 750 dollari, mentre per le<br />

case a schiera passa dai 750 ai mille dollari e per le case<br />

unifamiliari dai 1.200 ai 1.500 dollari (Reston Handbook,<br />

1991). Il fatto che i lotti sul lago abbiano un prezzo<br />

superiore al prezzo del mercato dimostra la capitalizzazione<br />

di questo bene nel valore del sito.<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 280<br />

Reston<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

Cartina di Reston, tratta da Reston Handbook (1991), pp. 32-33,<br />

riprodotta su autorizzazione della Reston Land Corporation.<br />

Una <strong>comuni</strong>tà con una missione<br />

Come il Walt Disney World e Arden, Reston è una<br />

<strong>comuni</strong>tà intenzionale: l’imprenditore che la creò aveva<br />

una missione. Simon aveva anche una visione sociale,<br />

«un impegno a riordinare la composizione e la qualità<br />

dell’ambiente di vita». Antecedente al progetto esisteva<br />

un concetto, o ciò che Simon definiva «programma»<br />

280


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 281<br />

Città giardino di oggi: la Reston Association<br />

(Grubisich e McCandless, 1985, p. 33). L’idea di Simon<br />

era creare un luogo dove la gente potesse lavorare e<br />

vivere, e dove la vita urbana coesistesse con la campagna,<br />

con «percorsi che portassero dagli appartamenti ai<br />

prati alberati» (p. 13), proprio come Ebenezer Howard<br />

aveva immaginato per la sua “città giardino”.<br />

La missione di Simon racchiudeva diversi obiettivi:<br />

1. una vasta gamma di servizi ricreativi e culturali; 2. la<br />

possibilità per una famiglia residente di migliorare la<br />

propria qualità abitativa rimanendo all’interno della<br />

<strong>comuni</strong>tà, tramite l’ampia gamma di stili e prezzi di<br />

case, fornendo quindi una <strong>comuni</strong>tà variegata; 3. il residente<br />

in quanto individuo come punto centrale della<br />

progettazione e con precedenza su concetti di larga<br />

scala; 4. la possibilità di vivere e lavorare a Reston; 5. la<br />

disponibilità di beni e servizi non residenziali – commerciali,<br />

culturali e ricreativi – al momento dell’insediamento<br />

dei primi abitanti; 6. bellezze strutturali e<br />

naturali, necessarie per una buona qualità di vita; 7. il<br />

successo finanziario di Reston (Grubisich e McCandless,<br />

1985, pp. 38-39).<br />

La storia di Reston<br />

Lo sviluppo di Reston illustra diversi principi in<br />

merito alla produzione privata di beni civici. Per prima<br />

cosa, gli incentivi del mercato non necessariamente<br />

inducono una combinazione di beni che va incontro<br />

alla domanda ma, ed è la seconda cosa, quando questo<br />

non accade il mercato può correggere l’errore. Terzo<br />

aspetto, un’impresa che fallisce può essere sostituita<br />

senza eliminare i beni civici che ha prodotto e programmato.<br />

Il fallimento imprenditoriale (che è diverso<br />

dal fallimento del mercato) non necessariamente è permanente<br />

o fatale. Al contrario, quando le spese statali<br />

non vanno incontro ai desideri della popolazione interessata,<br />

può non esistere un mezzo di correzione, anche<br />

quando un gruppo di responsabili governativi viene<br />

sostituito da un altro.<br />

Il padre di Simon, Robert Simon Sr., era il direttore<br />

di una società che possedeva diverse proprietà immo-<br />

281


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 282<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

biliari a Manhattan. Nel 1928 Simon Sr. partecipò al<br />

finanziamento della “nuova città” di Radburn, nel New<br />

Jersey, la prima “città giardino” d’America, progettata<br />

da Clarence Stein. Simon Jr. era stato testimone della<br />

sua creazione e aveva addirittura contribuito a dare il<br />

nome ad alcune strade. Quando Simon Sr. morì, nel<br />

1935, suo figlio entrò nella società immobiliare di famiglia,<br />

la Hercer Corporation, e si ritrovò dopo poco a<br />

guidarla (Grubisich e McCandless, 1985, p. 33). Le proprietà<br />

Simon, fra le quali la Carnegie Hall, erano raggruppate<br />

nella 57ma strada, a Manhattan, dove gallerie<br />

d’arte coesistevano con negozi e ristoranti e, sopra di<br />

loro, appartamenti. Nel 1945 la famiglia Simon si trasferì<br />

nella planned community di Levittown, a Long<br />

Island. Qui Robert Simon scoprì che la vita di campagna<br />

aveva taluni inconvenienti, come dover iscriversi a<br />

un’associazione per avere accesso a strutture ricreative<br />

e il dover percorrere delle lunghe distanze. La vita<br />

sociale era limitata ai weekend. Dopo aver fatto un<br />

lungo viaggio per tornare dal lavoro, si faceva tardi e<br />

lui era stanco. Negli anni Cinquanta iniziò a occuparsi<br />

di centri commerciali e notò che anch’essi comportavano<br />

l’obbligo di percorrere grandi distanze e non erano<br />

integrati nei quartieri (Grubisich e McCandless, 1985, p.<br />

34; Netherton, 1989, pp. 47-48).<br />

Rimediare a tutti questi inconvenienti e mettere in<br />

pratica le sue visioni richiedeva la costruzione di una<br />

<strong>comuni</strong>tà nella quale le residenze, il lavoro, lo svago e<br />

gli spazi commerciali fossero progettati come un nuovo<br />

«programma» di vita urbana, con Radburn come<br />

modello su scala minore (p. 35). Il finanziamento giunse<br />

quando la città di New York comprò la Carnegie Hall<br />

per 5 milioni di dollari, per salvaguardarla come monumento<br />

cittadino. Simon ricevette un’offerta per l’eventuale<br />

acquisto della Sunset Hills Farm, più di 2700 ettari,<br />

nella Fairfox County; vi si recò, se ne «innamorò» e<br />

l’acquistò per 13,15 milioni di dollari dalla Lefcourt<br />

Realty Corporation (Grubisich e McCandless, 1985, pp.<br />

35, 109; Netherton, 1989, p. 48). In seguito acquistò altro<br />

terreno. Secondo Glenn Saunders (1991), ingegnere pro-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 283<br />

Città giardino di oggi: la Reston Association<br />

gettista di Simon, questi voleva dimostrare che un’impresa<br />

privata poteva creare e amministrare una nuova<br />

città. Un asset chiave del sito era che si trattava di un<br />

grande blocco di terra non edificata all’interno dell’area<br />

metropolitana «di cintura di prossima crescita» (p. 1).<br />

L’aeroporto Dulles era progettato per divenire un grande<br />

datore di lavoro futuro e una grande circonvallazione<br />

esterna doveva essere costruita proprio a ovest di<br />

Reston.<br />

Reston esemplifica anche un altro caso di politica<br />

governativa proibitiva nei confronti della fornitura privata<br />

di beni civici, la quale poteva aver luogo solo con<br />

la rimozione delle restrizioni. L’edificazione di Reston<br />

richiedeva un cambiamento nelle norme riguardanti la<br />

zonizzazione. Nel settembre del 1961 venne sottoposto<br />

alla contea di Fairfax un progetto di 13 quartieri, che<br />

venne respinto. Il progetto era un tentativo di creare<br />

raggruppamenti residenziali conformi alla zonizzazione<br />

esistente e ai codici architettonici della contea; le case<br />

a schiera erano affacciate e raggruppate su «vicoli ciechi<br />

arbitrari e brutti». La visione di Simon richiedeva<br />

una legislazione meno restrittiva sull’utilizzo della<br />

terra. In effetti, per Simon i regolamenti di zonizzazione<br />

erano responsabili, come diceva lui, dello «smembramento<br />

delle nostre <strong>comuni</strong>tà in pezzi separati e scollegati,<br />

senza nucleo, identità o vita <strong>comuni</strong>taria» (Grubisich<br />

e McCandless, 1985, p. 41). Simon deplorava lo<br />

spreco di terra delle tipiche edificazioni suburbane.<br />

Ingaggiò una società di progettazione e d’architettura<br />

di New York, la Whittlesey & Concklin, perché lo aiutasse<br />

a rifare il piano generale. Secondo Glenn Saunders,<br />

la squadra di Simon decise «di progettare Reston esattamente<br />

come voleva che fosse, come se non esistessero<br />

affatto i regolamenti di zonizzazione». Dopo aver ottenuto<br />

un accordo con i responsabili della contea, avrebbero<br />

quindi creato i regolamenti che lo permettessero<br />

(Grubisich e McCandless, 1985, p. 43). Il risultato fu<br />

un’innovazione nella zonizzazione chiamata «residential<br />

planned community» (RPC; nel 1978 cambiata in<br />

Planned Residential Community, PRC), utilizzando una<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 284<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

suddivisione per densità che manteneva la densità totale<br />

uguale alla zonizzazione tradizionale, ma con delle<br />

eterogeneità all’interno dell’area (Netherton, 1989, p. 52;<br />

«Reston», 1970, p. 7; Yaremchuk, 1968, p. 1).<br />

Simon si oppose alla creazione di una città sovrana<br />

perché ciò avrebbe portato alla tassazione delle imprese,<br />

che erano vitali per un progetto di utilizzo misto. Il<br />

fatto che Reston non abbia lo status giuridico di città ha<br />

contribuito ad attrarre le aziende. Tuttavia le aree commerciali<br />

avrebbero potuto essere incluse nell’associazione<br />

senza ridurre la capacità d’impresa, vale a dire<br />

con tassazioni basate sul canone fondiario, in accordo<br />

con l’analisi discussa nel terzo capitolo. Questi fondi<br />

avrebbero poi reso l’associazione più solida dal punto<br />

di vista finanziario, evitando alcuni dei problemi che<br />

sarebbero sorti negli anni e che vedremo in seguito.<br />

Una planned community simile, Columbia, nel Maryland,<br />

incluse in effetti anche i terreni commerciali nell’associazione<br />

di <strong>comuni</strong>tà.<br />

Secondo Prichard (1992), autore dei documenti<br />

d’amministrazione di Reston, fin dall’inizio era stata<br />

presa la decisione di far pagare a tutti i proprietari delle<br />

residenze nella <strong>comuni</strong>tà una tassa fissa, prima ancora<br />

che i residenti si trasferissero. Era stata una decisione<br />

unanime del team di costruzione, Simon compreso. L’idea<br />

di base era che la contea avrebbe fornito la maggior<br />

parte dei servizi <strong>pubblici</strong> e che l’associazione di Reston<br />

avrebbe dovuto semplicemente integrarli con parchi e<br />

strutture ricreative. Quindi, la quota pagata all’associazione<br />

non veniva considerata una tassa, ma una tariffa<br />

d’accesso ai beni. Inoltre, la squadra voleva che esistesse<br />

un limite massimo per questa somma. Non fu molto<br />

esaminata la possibilità di quote ad valorem. Alla fine,<br />

però, la decisione di scegliere per una tassa fissa portò<br />

a talune controversie in merito ai finanziamenti, nel<br />

1991, quando le piscine da incluse nella quota vennero<br />

finanziate tramite altri contributi.<br />

La contea di Fairfax adottò l’ordinanza RPC il 18<br />

luglio 1962, ma ridusse il terreno assegnato all’industria<br />

da 466 a 370 ettari e fissò un tetto massimo di densità di<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 285<br />

Città giardino di oggi: la Reston Association<br />

5 persone per ettaro. La contea rifiutò inoltre l’inclusione<br />

d’industrie nei centri dei villaggi in quanto incompatibile<br />

con l’uso residenziale (Grubisich e McCandless,<br />

1985, pp. 42-44; Netherton, 1989, pp. 50-52; “Chronology”,<br />

1987, p. 1). Di conseguenza non venne permesso<br />

al processo di mercato di avere pieno effetto. I<br />

sette villaggi avrebbero avuto un carattere distinto<br />

determinato in parte dalla loro topografia (Economic<br />

Basis, 1962, p. 4). Ci sarebbero state strutture <strong>comuni</strong>tarie<br />

nel centro cittadino e in ogni quartiere. Molti corsi<br />

d’acqua e terreni sarebbero stati mantenuti nelle loro<br />

condizioni naturali (p. 9). Le aree residenziali sarebbero<br />

state composte da appartamenti per un 15 per cento,<br />

case a schiera per un 70 per cento, e case separate unifamiliari<br />

per un altro 15 per cento (Moore, 1991, p. 20).<br />

Lo sviluppo sociale di Reston<br />

L’allocazione di terreno per chiese, scuole, biblioteche<br />

e altre strutture complementari fa di Reston un caso<br />

che si allontana dalla comune pratica dei costruttori,<br />

che trascurano questo tipo di strutture spostando il problema<br />

e i costi sui futuri residenti e governi, e spesso<br />

trovano difficoltoso e costoso ottenere i siti (Netherton,<br />

1989, p. 58). Simon pensò anche a taluni fondi iniziali e<br />

a zone a basso affitto per la Lake Anne Nursery School<br />

and Kindergarten (LANK) (p. 74).<br />

La <strong>comuni</strong>tà di Reston venne inaugurata ufficialmente<br />

il 21 maggio 1966 (Netherton, 1989, p. 78). I primi<br />

residenti erano consapevoli del fatto che fosse un<br />

nuovo concetto sperimentale e a loro piaceva l’idea di<br />

prendere parte all’impresa. Una coppia intervistata, i<br />

Gradys, dissero che si sentivano come pionieri e che<br />

aspettavano con impazienza le riunioni della <strong>comuni</strong>tà<br />

(McWhirt, 1990, p. 13). Questo sentimento è un esempio<br />

di simpatia smithiana, di cui abbiamo parlato nel settimo<br />

capitolo, che è stata un elemento fondamentale per<br />

la durata di <strong>comuni</strong>tà come Reston, Arden e Fort Ellsworth.<br />

L’antropologa Margaret Mea si recò a Reston<br />

nel 1973 e affermò che le nuove città erano preziose perché<br />

offrivano la possibilità di cercare nuovi approcci e<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

conciliare diversi stili di vita; fece notare poi il valore<br />

dato dall’avere delle abitazioni disponibili per tre generazioni<br />

di famiglie (Netherton, 1989, p. 98).<br />

In seguito, quando Simon venne sostituito, Embry<br />

Rucker, rettore della congregazione episcopale di<br />

Reston, fondò una nuova organizzazione, la Common<br />

Ground Foundation. Questo gruppo costruì un caffè,<br />

avviò un servizio di autobus locali, organizzò una struttura<br />

per trovare babysitter, fornì assistenza diurna e<br />

creò un servizio di ricerca di lavoro. Le varie organizzazioni<br />

originate dai residenti includono i Reston Players,<br />

un giornale, The Reston Times, il Reston Choral e il<br />

Greater Reston Arts Center (Grubisich e McCandless,<br />

1985, p. 67; Halligan, 1990, p. 1). La Reston Interfaith<br />

Housing Corporation aiuta gli inquilini con redditi<br />

bassi.<br />

Lo sviluppo dei beni fisici<br />

Come rilevarono Heath e MacCallum, la maggior<br />

parte del profitto di un’edificazione immobiliare consiste<br />

nella creazione di valori fondiari. Spesso la costruzione<br />

avviene a stadi e le vendite di una serie di unità<br />

abitative forniscono il denaro necessario a provvedere<br />

alla serie successiva. Con le parole di Netherton (1989,<br />

p. 52), a Reston «il terreno stesso divenne una “coltura<br />

di denaro”».<br />

Nella teoria dell’agente principale, il proprietario di<br />

un progetto vorrebbe che coloro che detengono responsabilità<br />

chiave avessero anche un interesse nel valore<br />

del progetto. E in effetti Simon diede ai suoi dirigenti<br />

preminenti che erano stati coinvolti nel progetto il diritto<br />

a un’equa partecipazione nell’edificazione. Reston<br />

era una città finanziata esclusivamente da un imprenditore,<br />

senza alcun aiuto pubblico. «La flessibilità del<br />

finanziamento privato alla fine permise a Reston di<br />

avere successo mentre la maggioranza delle nuove città<br />

sostenute a livello federale in altre parti del paese stavano<br />

morendo a causa di strategie mal fatte o fondi inadeguati»<br />

(Grubisich e McCandless, 1985, p. 45). Ogni<br />

villaggio avrebbe avuto il suo tema, come la navigazio-<br />

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Città giardino di oggi: la Reston Association<br />

ne a Lake Ann, l’equitazione a Hunters Wood (tema che<br />

si sarebbe esteso anche ai nomi delle vie, come per<br />

esempio Trotter Lane). Questo è un tipo di differenziazione<br />

del prodotto, che induce una maggior domanda<br />

come risultato dell’incremento nelle scelte, ed è un’applicazione<br />

della teoria di Tiebout di «votare con i piedi»<br />

nello scegliere una <strong>comuni</strong>tà, ma in questo caso era lo<br />

stesso costruttore a creare le scelte all’interno di uno<br />

sviluppo edilizio.<br />

La struttura civica di Reston consiste in molti livelli<br />

di decentralizzazione: la città è divisa in villaggi e i villaggi<br />

sono divisi in condomini e raggruppamenti di<br />

case. Le case unifamiliari non hanno un’organizzazione<br />

a gruppo. Come i villaggi hanno identità distinte, così<br />

anche i gruppi di case. Per esempio, i tre gruppi di Lake<br />

Anne avevano come stile abitativo quelli che Simon<br />

chiamava gusto «vaniglia, cioccolato e fragola». Waterview<br />

ha infatti novanta case a schiera fronte lago con<br />

tonalità pastello che lo fanno assomigliare a un villaggio<br />

di pescatori della Francia. Le novanta case a schiera<br />

di Hickory Castle invece hanno pannelli di colori accentuati<br />

e un aspetto contemporaneo. Le 47 di Chimney<br />

House hanno merlature gotiche che ne fanno un altro<br />

manifesto urbano.<br />

I prezzi medi furono più alti di quelli programmati<br />

in origine perché gli architetti, avuto mano libera, disegnarono<br />

37 diversi progetti di abitazioni richiedendo<br />

materiali non standard. Simon continuò a insistere sull’alta<br />

qualità anche quando dovette far fronte a una<br />

mancanza di fondi (Grubisich e McCandless, 1985, p.<br />

49). Un conoscente di Simon sottolineò che Reston era<br />

«il tentativo di raggiungere la grandezza» da parte di<br />

Simon (p. 50). La gratificazione dell’ego dell’imprenditore<br />

è un fattore che entra in gioco in forniture private<br />

di beni civici come questa e che va ad aggiungersi al<br />

guadagno commerciale, ma è autosostentato solo se<br />

ottiene un successo finanziario, il settimo obiettivo di<br />

Simon. Egli sperava che, iniziando dalla creazione di<br />

abitazioni e contesti ambientali di qualità, ciò avrebbe<br />

generato un suo mercato (Netherton, 1989, p. 63), che a<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

sua volta gli avrebbe consentito di costruire le case di<br />

costo inferiore. Ma sul mercato, secondo il direttore<br />

commerciale Chuck Veatch, Reston era una «vendita<br />

difficile» (Grubisich e McCandless, 1985, pp. 50-51).<br />

Louis Harris Survey evidenziò, quale elemento problematico,<br />

il fatto che Reston fosse isolata, troppo costosa,<br />

troppo contemporanea e che avesse un’immagine<br />

progressista in una regione conservatrice (Grubisich e<br />

McCandless, 1985, p. 51). Veatch riteneva che non fosse<br />

un problema di concezione, ma di tempi: alla fine degli<br />

anni Settanta la gente voleva i servizi <strong>comuni</strong>tari offerti<br />

da Reston. Nella seconda area di sviluppo edilizio,<br />

Hunters Woods, le case unifamiliari furono vendute<br />

moderatamente bene ma, con solo due aree completate,<br />

i fondi di Simon si erano esauriti.<br />

L’edificazione a opera della Gulf Oil e della Mobil Oil<br />

Avendo bisogno di denaro, Simon ottenne un prestito<br />

da 15 milioni di dollari nel febbraio 1964 dalla Morgan<br />

Guarantee Trust Company, garantito alla Gulf Oil,<br />

che ottenne un’ipoteca di primo grado come garanzia.<br />

Il presidente della Gulf all’inizio del 1966 mandò a<br />

Reston il sovrintendente William L. Henry per verificare<br />

la situazione. Questi concluse che il progetto poteva<br />

avere successo, ma che Simon aveva bisogno di aiuto.<br />

Henry e un revisore della Gulf, Glenn Westman, membro<br />

del consiglio direttivo di Simon, erano giunti alla<br />

conclusione che Simon non sarebbe stato in grado di<br />

portare a termine i suoi obiettivi, per la mancanza di<br />

mercato, una capacità di previsione scarsa e troppa<br />

fiducia concessa a progettisti e architetti (Grubisich e<br />

McCandless, 1985, p. 81). Il 28 settembre 1967 i funzionari<br />

della Gulf si fecero carico della gestione del progetto<br />

tramite la società consociata Gulf Reston, Inc.<br />

Dopo il rilevamento da parte della Gulf, iniziò il<br />

boom di Reston. La popolazione passò da 1291 persone<br />

(1967) a 11.500 (1970) (“Chronology”, 1987, p. 2). Jim<br />

Todd, presidente della Mobil Land Corporation, che<br />

successivamente entrò in possesso della Reston Land<br />

Corporation, affermò che «non fosse stato per la Gulf e<br />

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Città giardino di oggi: la Reston Association<br />

la Mobil, Reston sarebbe stata sprecata e sarebbe<br />

diventata solo una grande lottizzazione. I soldi delle<br />

società hanno fatto di Reston il posto che è» (Netherton,<br />

1981, p. 1). Con Francis Steinbauer, presidente<br />

della Reston Land Corporation, la Gulf cercò di preservare<br />

il piano originale di Simon pur modificandolo per<br />

indirizzarlo su «logiche economiche» perché potesse<br />

sopravvivere (p. 7). Il rilevamento da parte della Gulf<br />

costituì una correzione da parte del mercato al progetto<br />

troppo idealistico di Simon. Profitti e perdite segnalano<br />

il successo dei processi di mercato, mentre i processi<br />

politici, in grado di far ricorso alla coercizione per<br />

ottenere i fondi, possono perpetuare i loro schemi<br />

all’infinito.<br />

Simon aveva voluto dare il via al centro città anche<br />

se non c’era un buon mercato, mentre la Gulf voleva<br />

andare incontro a qualunque tipo di mercato fosse già<br />

esistente (Netherton, 1981, p. 31). A causa del diverso<br />

tipo d’approccio, venne chiesto a Simon di dimettersi.<br />

Egli si rifiutò e venne licenziato il 26 ottobre (Grubisich<br />

e McCandless, 1985, p. 82; Netherton, 1989, p. 194). Nel<br />

novembre 1967 alcuni degli attivisti più ferventi fra i<br />

residenti costituirono la Reston Community Association<br />

(RCA), che giunse a un migliaio di membri in<br />

pochi mesi. Come teorizzato nel settimo capitolo, i free<br />

rider non sono un ostacolo quando i residenti sono sufficientemente<br />

attivi. La RCA divenne una lobby di residenti<br />

con lo scopo di preservare il progetto di Simon e<br />

proteggere gli interessi dei residenti.<br />

Nel 1963, Simon aveva creato associazioni separate<br />

di proprietari di case, per le aree a nord e sud della strada<br />

di accesso a Dulles. Uno studio effettuato dalla Gulf<br />

Reston, in particolare dai consulenti Booz-Allen e<br />

Hamilton, giunse alla conclusione che due associazioni<br />

erano più costose di una e dividevano la città. Nel 1970<br />

le due HOA vennero unificate nella Reston Home<br />

Owners Association (RHOA) (Grubisich e McCandless,<br />

1985, p. 60), che poi cambiò il suo nome in Reston Association<br />

(RA) nel 1987. Da questo momento in poi Reston<br />

fu governato a livello cittadino e non più di villaggio.<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

Forse, alcune tipologie di sistema federativo che<br />

lasciassero la maggior parte del processo decisionale a<br />

livello di villaggio come a Columbia, nel Maryland,<br />

avrebbero permesso di mantenere le HOA, lasciando la<br />

fornitura dei servizi con economie di scala più grandi<br />

alla Reston Association.<br />

Nel 1975, davanti a nuove perdite causate da una<br />

recessione, la Gulf decise di abbandonare le proprie<br />

attività nel settore immobiliare e mise in vendita il terreno<br />

non ancora edificato di Reston, cercando un compratore<br />

che mantenesse la concezione della <strong>comuni</strong>tà.<br />

Nel 1975 la Mobil Oil aveva svolto talune indagini su<br />

Reston per stabilirvi una nuova sede, ma non voleva<br />

trasferirsi nella proprietà di un rivale. La cosa si risolse<br />

con la vendita da parte della Gulf di 1500 ettari di terreni<br />

non edificati alla Mobil nel luglio del 1978, per 31<br />

milioni di dollari, circa 3270 dollari per ettaro. Una<br />

delle condizioni della vendita era che la Mobil sviluppasse<br />

il piano generale (Grubisich e McCandless, 1985,<br />

pp. 94, 112).<br />

La Mobil costituì la società consociata Reston Land<br />

Corporation (RLC). I suoi dirigenti stabilirono che la<br />

strategia migliore era concentrarsi sullo sviluppo in<br />

tutta la <strong>comuni</strong>tà del «pacchetto di attrattive», sul marketing<br />

e sulle vendite di terreni, lasciando la costruzione<br />

di case e lo sviluppo del centro ad altre imprese<br />

(Netherton, 1989, p. 120). La Mobil acquistò il terreno<br />

proprio prima di un grande boom a Reston, innescato<br />

dalla Dulles Toll Road, che prevedeva rampe d’accesso<br />

per il traffico locale. La vendita dei terreni, soprattutto<br />

alla Sperry, contribuì a dare il via a un afflusso di attività<br />

high-tech. La visione di Simon di una <strong>comuni</strong>tà residenziale<br />

e industriale si era avverata (Cirillo, 1991, pp.<br />

55-56; Grubisich e McCandless, 1985, p. 95).<br />

Nel 1985 i residenti ottennero il controllo della<br />

Reston Home Owners Association. Il Documents<br />

Review Committee, che esaminò lo statuto della<br />

RHOA, evitò di ampliare la portata dell’autorità dell’associazione,<br />

considerandola più come un’organizzazione<br />

di amministrazione fondiaria che una città sovra-<br />

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Città giardino di oggi: la Reston Association<br />

na (Grubisich e McCandless, 1985, p. 68). Alla fine degli<br />

anni Ottanta, il Town Center divenne il cuore commerciale<br />

urbano di Reston, con la densità abitativa di un’area<br />

di centro città – «un po’ della 57ma strada nella<br />

parte occidentale della contea di Fairfax » (Grubisich e<br />

McCandless, 1985, p. 108). Nel 1988, a Reston c’erano<br />

più di 1400 società che davano lavoro a 31 mila persone.<br />

Fra i motivi di attrattiva di cui parlano i funzionari<br />

di tali società ci sono le bellezze del luogo e la «forza<br />

lavoro molto dotata» (Cleveland, 1989, p. 9), a sua volta<br />

attratta dai beni civici di Reston, una combinazione di<br />

complementarietà pubbliche e private.<br />

Lo status legale di Reston<br />

La Reston Association è esente da imposte secondo<br />

la direttiva 501 (c) del codice di fiscalità interna degli<br />

Stati Uniti. A differenza della HOA, i condomini generalmente<br />

non rientrano fra gli esentasse perché le aree<br />

<strong>comuni</strong> sono legalmente possedute dai proprietari<br />

delle unità abitative e non dall’associazione, anche se il<br />

loro reddito in merito alla gestione delle proprietà<br />

<strong>comuni</strong>tarie può essere esente da imposte.<br />

Reston è una società di persone non profit. In Virginia<br />

i codici di regolamentazione delle associazioni di proprietari<br />

di case costituiscono il Non-Stock Corporation<br />

Act (NSCA) (sezione 13.1-801) e l’Horizontal Property<br />

Act (capitolo 4.1 del titolo 55).<br />

Per la legislazione della contea di Fairfax del 1985, lo<br />

spazio aperto di proprietà di una associazione residenziale<br />

viene valutato zero e quindi non è soggetto all’imposta<br />

di proprietà. I funzionari della contea di Fairfax<br />

riconobbero che «la valutazione fiscale delle proprietà<br />

di un singolo detentore, d’altra parte, dovrebbe riflettere<br />

il valore dell’area comune» (Fairfax County Homeowners<br />

Association Manual, 1990, p. 194). La tassa sugli<br />

immobili della contea nel 1990 era calcolata con un<br />

tasso di 1,11 dollari ogni 100 dollari di valore accertato<br />

a fini fiscali (che si suppone coincidere con il valore di<br />

mercato). A Reston, gli immobili residenziali sono tassati<br />

di un ulteriore 0,06 dollari per il finanziamento del<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

Reston Community Center (Reston Handbook, 1991, p.<br />

23). Le associazioni residenziali pagano un’imposta di<br />

proprietà personale sulle loro strutture, oltre che una<br />

tassa della contea per i servizi di pubblica utilità.<br />

Uno studio condotto da Booz-Allen e Hamilton nel<br />

1972 riscontrò che le entrate della contea provenienti da<br />

Reston superavano le spese effettuate dalla contea stessa<br />

per la città di 1,5 milioni di dollari, con una proiezione<br />

di 16 milioni per il 1980 (Netherton, 1989, p. 98). Ciò<br />

significa che, a meno che esistano economie di scala<br />

sostanziali, alcuni dei servizi, come quello di polizia e<br />

quello scolastico, che vengono gestiti dalla contea<br />

potrebbero essere trasferiti e completamente pagati dai<br />

residenti di Reston.<br />

I documenti di amministrazione di Reston<br />

Il Deed of Dedication of Reston, detto anche Reston<br />

Deed o «Protective Covenants», è la base legale della<br />

<strong>comuni</strong>tà. È incorporato nei documenti di ogni lotto<br />

residenziale. La User’s Guide to the Governing Documents<br />

(1987) afferma che «l’atto è come una costituzione» (p.<br />

1). L’atto è anche il «documento delega» per le associazioni<br />

di villaggio di Reston.<br />

Tutti i proprietari residenziali e i residenti di Reston<br />

sono membri della Reston Association (RA). L’atto fornisce<br />

un contratto legale di amministrazione dei lotti<br />

residenziali. Il Consiglio direttivo è composto da 9 persone,<br />

sette delle quali sono elette per periodi scaglionati<br />

di tre anni. La Reston Land Corporation sarà rappresentata<br />

nel Consiglio fino al 2000 con funzione di monitoraggio.<br />

Anche i proprietari di edifici di appartamenti<br />

nominano un direttore. Le tre funzioni principali della<br />

RA sono la gestione degli spazi aperti e delle strutture<br />

<strong>comuni</strong>, l’amministrazione degli accordi e la tutela dell’architettura,<br />

quest’ultima cosa attraverso un consiglio<br />

nominato, il Design Review Board. I membri hanno<br />

diritto di voto, il diritto d’uso delle aree <strong>comuni</strong>, la<br />

responsabilità di adempiere agli accordi e alle regole e<br />

l’obbligo di pagare contributi.<br />

Dal momento che non ci sono millesimi, il voto in<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 293<br />

Città giardino di oggi: la Reston Association<br />

una HOA è più flessibile che nei condomini. A Reston,<br />

i proprietari hanno un voto per lotto e i residenti di<br />

unità abitative hanno un voto per unità (quindi, i proprietari<br />

residenti hanno due voti). Gli affittuari possono<br />

votare solo per i direttori («Protective Covenants»,<br />

1987). I membri del Design Review Board (DRB) vengono<br />

nominati dal Consiglio direttivo e dal costruttore.<br />

Il DRB ha potere decisionale in merito al regolamento<br />

sui codici d’architettura, ma l’applicazione viene lasciata<br />

al Consiglio direttivo.<br />

Un proprietario s’impegna a pagare contributi<br />

all’associazione slegati dall’utilizzo delle aree <strong>comuni</strong>.<br />

Questo obbligo contrattuale, legato al sito, elimina il problema<br />

del free riding nella fornitura dei beni collettivi da parte<br />

dell’associazione. La costituzione di Reston fissa un contributo<br />

massimo per lotto, uno 0,5 per cento del valore<br />

accertato dalla Fairfax County o l’ammontare di un dollaro<br />

che aumenta ogni anno a seconda dell’indice dei<br />

prezzi al consumo (nel 1999, 315 dollari), in base a quale<br />

dei due è inferiore, a meno che i membri di categoria A<br />

non votino di rinunciarvi.<br />

Gli obiettivi dei Design Covenants sono quelli di<br />

«promuovere quelle qualità ambientali che recano valore<br />

alla proprietà» e promuovere la sua attrattiva e utilità.<br />

Fra gli standard che vengono applicati ci sono l’armonia<br />

fra gli esterni degli edifici e la qualità delle valorizzazioni.<br />

Per quanto riguarda le strutture c’è bisogno<br />

di un’approvazione preliminare. Un’associazione di<br />

villaggio, o Cluster Association, è una società di persone<br />

che possiedono e gestiscono la Cluster Common<br />

Area e ne promuovono gli interessi. I suoi membri<br />

includono i proprietari dei lotti e possono includere<br />

anche altre persone, come specificato dagli articoli in<br />

merito (p. 11). Un Cluster può stabilire i suoi contributi<br />

«su base giusta ed equa» (p. 12), formula che non esclude<br />

una rata ad valorem.<br />

I Reston Bylaws governano la gestione. A causa della<br />

dimensione della <strong>comuni</strong>tà, il voto viene generalmente<br />

effettuato non durante le riunioni ma in referendum,<br />

con un quorum del 10 per cento tranne su questioni non<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

vincolanti, per le quali non è previsto quorum (p. 17). I<br />

direttori non ricevono compenso (p. 19). Lo statuto<br />

richiede un bilancio annuale capitale e operativo, un<br />

livello adeguato di fondi di riserva, un’adeguata assicurazione<br />

e l’approvazione preventiva dei membri per gli<br />

interventi di valorizzazione più grandi (p. 20), tutte<br />

forme di tutela per gli investimenti specifici di sito.<br />

La «Basis for Assessment» è «un ammontare equo<br />

per ogni unità-appartamento o lotto». Alcuni proprietari,<br />

come quelli idonei alle riduzioni di tassazione sulle<br />

proprietà immobiliari, possono vedersi conferire una<br />

riduzione anche nel contributo. Derivando in parte l’idea<br />

di città giardino da Ebenezer Howard e dai suoi<br />

sostenitori, Robert Simon non riprese uno dei fondamenti<br />

di quell’idea, vale a dire il finanziamento.<br />

Howard (1965 [1902], p. 58) scrisse che «tutto il suo reddito<br />

deriva dai canoni d’affitto». Il fatto di prevedere un<br />

pagamento equo tratta Reston come un club nel quale i<br />

membri hanno un beneficio equo, ma in questo modo si<br />

ignora la capitalizzazione dei beni civici in valore fondiario<br />

e canone, come evidenziato dal valore maggiore<br />

dei lotti fronte lago. L’aver trascurato la capitalizzazione<br />

forse inizialmente non era un fatto significativo,<br />

quando le imposte erano più basse, ma con il recente<br />

grande aumento dei contributi richiesti, il finanziamento<br />

del bilancio è divenuto materia di controversie, come<br />

vedremo più avanti. Ciò nonostante, tale forma di tassazione<br />

equa è ancora molto più vicina al pagamento di<br />

un canone fondiario di quanto lo sia un pagamento<br />

basato sul valore dell’intera proprietà, dal momento<br />

che l’equo pagamento è indipendente da qualsiasi<br />

miglioria compiuta dal proprietario. Di conseguenza,<br />

equivale a una raccolta impari di canone fondiario<br />

generato da beni <strong>pubblici</strong> territoriali.<br />

I contratti<br />

I contratti protettivi di Reston costituiscono un’alternativa<br />

contrattuale alla zonizzazione e alle leggi sull’utilizzo<br />

della terra. Inoltre, richiedono la manutenzione<br />

dei siti di proprietà comune. Un Architectural Board of<br />

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Città giardino di oggi: la Reston Association<br />

Review esamina i cambiamenti proposti alle proprietà<br />

per applicare i contratti e tutelare l’aspetto della <strong>comuni</strong>tà<br />

(Netherton, 1989, p. 52). La rigidità dei contratti in<br />

merito all’architettura è una questione ricorrente a<br />

Reston. Per esempio il 26 settembre 1991, in una riunione<br />

del Consiglio, i membri si lamentarono delle azioni<br />

legali intraprese contro altri membri, che sarebbe stato<br />

possibile evitare prevedendo dei consulenti. Venne<br />

autorizzata un’udienza pubblica per accertare il rispetto<br />

e l’applicazione degli atti.<br />

La Reston Association pubblica una guida all’uso,<br />

Use Covenants and Procedures (1988), nella quale si spiega<br />

che gli abitanti di Reston «vivono insieme sotto le<br />

condizioni di un accordo» (p. 1). I contratti d’uso (use<br />

covenants) regolano otto grandi aree: vegetazione, rifiuti,<br />

imbarcazioni, veicoli, reti dei servizi <strong>comuni</strong>, restauro<br />

degli edifici, manutenzione delle valorizzazioni e<br />

mancanza di manutenzione della proprietà individuale.<br />

Un’altra guida è la Design Guidelines and Design<br />

Review Process (1990). I proprietari che desiderano cambiare<br />

l’aspetto esterno della loro proprietà devono<br />

prima ottenere l’approvazione dal Design Review<br />

Board. Una delle ragioni addotte a sostegno di ciò è<br />

quella di «sostenere i valori di proprietà per tutti i residenti»<br />

(p. V). I criteri stabiliti dalla guida includono<br />

l’armonia nell’architettura della <strong>comuni</strong>tà, l’impatto sui<br />

vicini, la manodopera e la sicurezza. La guida specifica<br />

delle istruzioni dettagliate in merito a vari tipi di valorizzazioni.<br />

Ha anche una sezione sulla riedificazione,<br />

argomento soggetto a verifica del DRB.<br />

L’amministrazione di Reston<br />

Com’è solito per le <strong>comuni</strong>tà contrattuali, all’inizio il<br />

costruttore deteneva il controllo dell’amministrazione,<br />

proteggendone gli interessi, e lasciò poi gradualmente<br />

che la Reston Home Owners Association (RHOA) assumesse<br />

un controllo sempre maggiore espandendo la<br />

propria posizione all’interno del consiglio direttivo.<br />

Nel 1980 un referendum sul passaggio da amministrazione<br />

a governo municipale vide una prevalenza di<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 296<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

risposte negative: i residenti erano soddisfatti dell’associazione<br />

e diffidavano delle tasse più alte che un governo<br />

sovrano avrebbe potuto imporre (Netherton, 1989,<br />

p. 142). Tuttavia, l’idea ogni tanto riemerge. Nel novembre<br />

1987, 150 residenti di Reston si incontrarono al<br />

primo Reston Forum per esaminare le forme alternative<br />

di amministrazione (Report, 1988). Crearono una<br />

Governance Task Force che studiasse tre alternative:<br />

quella del distretto di tassazione, quella della costituzione<br />

come municipalità e lo status di città. La Reston<br />

Association sarebbe rimasta, applicando alcuni dei suoi<br />

contratti con i piani alternativi. Lo studio non portò a<br />

intraprendere alcuna iniziativa dal momento che nella<br />

<strong>comuni</strong>tà c’era poco sostegno al cambiamento.<br />

Ci sarebbe stato un vantaggio dal punto di vista<br />

delle tasse nel diventare un organismo sovrano. Le tassazioni<br />

di Reston non sono deducibili dalle imposte di<br />

reddito. Le detrazioni invece ridurrebbero i costi per i<br />

proprietari del 34 per cento o più. Un governo sovrano<br />

potrebbe anche tassare le attività imprenditoriali e<br />

provvedere a un maggior controllo locale su alcuni servizi,<br />

come l’illuminazione delle strade. Tuttavia ci<br />

sarebbe meno controllo locale sulle strutture dei parchi<br />

e ricreative dal momento che, sotto un governo sovrano,<br />

gli atti di restrizione in merito al loro utilizzo, come<br />

le limitazioni all’accesso pubblico, potrebbero non essere<br />

applicabili; nella contea queste attrattive sarebbe<br />

quindi aperte a tutti. Un distretto di tassazione darebbe<br />

il controllo di beni e servizi alla contea, con il Fairfax<br />

County Board of Supervisors.<br />

Il desiderio di autonomia espresso dagli abitanti di<br />

Reston potrebbe essere esaudito senza cambiare la<br />

struttura dell’associazione tramite l’istituzione di un<br />

distretto autonomo sul modello di quello del Walt Disney<br />

World, nel quale i servizi sarebbero trasferiti alla<br />

<strong>comuni</strong>tà su sua richiesta e i costi verrebbero detratti<br />

dalle tasse pagate dai proprietari. Ovviamente, i funzionari<br />

della contea sono poco incentivati a garantire<br />

una simile autonomia dal momento che traggono un<br />

guadagno netto dalle tasse di Reston.<br />

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Città giardino di oggi: la Reston Association<br />

I beni civici di Reston<br />

Il Town Center non rientra nell’associazione residenziale,<br />

ma fornisce attrattive <strong>comuni</strong>tarie. Al di là<br />

delle attività economiche, esso è diventato un centro di<br />

vita sociale, con festival estivi, concerti serali e, nel fine<br />

settimana, piste di pattinaggio sul ghiaccio e fiere commerciali.<br />

La Fountain Square è un popolare luogo d’incontro;<br />

in alto al centro della fontana c’è una statua di<br />

Mercurio o Hermes, il dio del commercio. Una registrazione<br />

telefonica fornisce il calendario degli eventi. (C’è<br />

anche un festival annuale promosso dalla Reston Community<br />

Association.)<br />

I più di 420 ettari di spazi aperti della Reston Association<br />

comprendono aree boschive, percorsi per passeggiate,<br />

un parco con percorsi per jogging ed equitazione,<br />

quattro laghi, giardini in affitto, due campi di<br />

golf, campi per football e baseball, parchi giochi per<br />

bambini, campi da tennis, sedici piscine e due terme<br />

con acqua calda. I laghi offrono la possibilità sia di<br />

pescare sia di andare in barca. La ricchezza delle attività<br />

ricreative e le aree naturali accessibili superano quelle<br />

dei governi cittadini tipici, come nei casi delle vicine<br />

città di Herndon e Vienna. Dunque la seconda ipotesi di<br />

questo case study, che un’associazione di <strong>comuni</strong>tà contrattuale<br />

non fornisce un livello di beni <strong>pubblici</strong> elevato, sia in<br />

qualità che in quantità, quanto quello che fornirebbe un<br />

governo sovrano, viene smentita.<br />

I quartieri ad alta densità di Reston rendono fattibile<br />

dal punto di vista economico il Reston Internal Bus<br />

System (RIBS), con un servizio veloce verso le stazioni<br />

della metropolitana. Di solito, le edificazioni di case<br />

unifamiliari su tipici lotti di un quarto di acro non sono<br />

sufficientemente dense da pagare un sistema di trasporto<br />

autofinanziato (Harris, 1991). Allo stesso tempo,<br />

il progetto urbanistico di Reston ha ridotto la necessità<br />

di trasporti esterni: sono circa 9 mila le persone che<br />

vivono e lavorano nella <strong>comuni</strong>tà. Il carattere di commistione<br />

di utilizzo di Reston ha ridotto il numero di<br />

viaggi per entrare e uscire dalla <strong>comuni</strong>tà del 25 per<br />

cento. Un programma di gestione dei trasporti presso il<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

Town Center, LINK, fornisce delle informazioni telefoniche<br />

ai residenti e ai lavoratori sulle varie possibilità di<br />

trasporto, compreso il car pooling (condivisione del<br />

mezzo di trasporto). Gli 80 chilometri di passeggiata<br />

pavimentata e di piste ciclabili contribuiscono a ridurre<br />

il numero di trasferimenti in auto all’interno della <strong>comuni</strong>tà.<br />

Benché la maggioranza delle strade di Reston sia<br />

stata costruita privatamente dai costruttori e più recentemente<br />

dalla Reston Land Corporation, della manutenzione<br />

si occupa il Virginia Department of Transportation.<br />

Alcune strade di Reston rimangono private, ad esempio<br />

quelle all’interno dei villaggi e delle aree commerciali. La<br />

manutenzione delle strade residenziali private dei villaggi<br />

è assicurata dalle associazioni di villaggio o condominiali<br />

(«Transportation», 1991).<br />

Alcuni manufatti archeologici e storici presenti nell’area<br />

sono stati conservati. La Brown’s Chapel, di fine<br />

Ottocento, fu trasferita al Lake Anne Village Center nel<br />

1968 e viene salvaguardata dalla Reston Association. La<br />

<strong>comuni</strong>tà ha conseguito taluni riconoscimenti per la<br />

tutela storica, una tutela che rientra negli obiettivi di<br />

conservazione naturalistica di Reston, per ottemperare<br />

i quali si fa ricorso a una guardia forestale professionista<br />

per salvaguardare gli alberi, per piantumarne di<br />

nuovi e controllare l’erosione del suolo (Erten, 1991).<br />

Le strutture ricreative e i parchi di Reston, 8 ettari<br />

ogni mille abitanti, eccedono il livello standard della<br />

National Recreation Association, 3,9 ettari ogni mille<br />

persone (Alhosain e Aldeaijy, 1991, p. 69). L’associazione<br />

accompagna la preservazione naturalistica con una<br />

certa attività informativa tramite opuscoli come Twin<br />

Branches Nature Trail, per chi desidera effettuare delle<br />

escursioni, che include una cartina e delle illustrazioni<br />

della flora e della fauna selvatiche. Negli spazi <strong>comuni</strong><br />

sono proibiti i veicoli a motore con l’eccezione per quelli<br />

appartenenti all’associazione. La vegetazione di<br />

Reston costituisce una bella attrattiva naturale non solo<br />

per i residenti che appartengono all’associazione, ma<br />

anche per le attività economiche con sede nella <strong>comuni</strong>tà.<br />

Questo è stato un fattore importante nell’attrarre le<br />

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Città giardino di oggi: la Reston Association<br />

imprese a Reston, il che a sua volta ha consentito la<br />

commistione fra mondo urbano e rurale desiderata.<br />

George Eckart, della Tandem Computers con sede centrale<br />

a Reston, ha dichiarato che un fattore di richiamo<br />

per i suoi dipendenti comprendeva «l’impatto ambientale<br />

generale» e le vicine occasioni di svago, come per<br />

esempio i percorsi per fare jogging (Grubisich e<br />

McCandless, 1985, p. 14).<br />

Lo stesso piano generale è un bene collettivo. Nelle<br />

classiche edificazioni suburbane i residenti non hanno<br />

la garanzia che le caratteristiche che ai loro occhi rendono<br />

attraente il quartiere rimangano in futuro; la<br />

zonizzazione può essere cambiata in ogni momento e vi<br />

possono essere nuove costruzioni senza preavviso. Il<br />

piano generale di Reston rimuove questo fattore d’incertezza<br />

facendo di tale garanzia una condizione costituzionale<br />

antecedente alla costruzione. I residenti conoscevano<br />

l’ubicazione dello spazio aperto, delle residenze<br />

e dell’industria, e hanno dimostrato di apprezzare<br />

questa forma di garanzia (Grubisich e McCandless,<br />

1985, p. 14).<br />

Le qualità artistiche che Simon volle enfatizzare per<br />

Reston costituiscono un altro bene civico. Esempi di ciò<br />

sono le varie fontane, le sculture e l’arredo urbano. Per<br />

citare un caso, la grande fontana nella Washington<br />

Plaza, i cui «getti d’acqua fuoriescono da aperture differenti,<br />

a creare un disegno affascinante sotto la luce del<br />

sole», è stata creata da un artista conosciuto, come altre<br />

opere d’arte. Persino i lampioni sono opere d’arte; quelli<br />

del Lake Anne Village Center sono fatti da lampadine<br />

con una copertura trasparente, opera della Seymour<br />

Evans Association (Netherton, 1989, p. 6). Questo tipo di<br />

bene pubblico, i lampioni artistici, è di qualità ben superiore<br />

all’arredo urbano tipico delle città e della contea.<br />

Un altro elemento importante nella creazione di un<br />

contesto attraente è stata la decisione di interrare le<br />

rete per i servizi <strong>pubblici</strong> (Netherton, 1989, p. 54).<br />

Simon aveva inoltre previsto un sistema di trasmissioni<br />

via cavo con le linee interrate; la Warner Cable Television<br />

lo acquistò nel 1972 (p. 92). Una minaccia di<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

bruttura visiva era data dal progetto della Virginia<br />

Electric Power Company, che voleva bisecare Reston<br />

con una linea ad alto voltaggio sospesa e delle torri alte<br />

30 metri. La linea venne spostata al margine esterno<br />

della <strong>comuni</strong>tà, grazie a una donazione di terreno da<br />

parte della RLC per la trasmissione dell’elettricità e<br />

una sotto-stazione.<br />

Organizzazioni di volontari<br />

Come ad Arden, molti abitanti di Reston hanno scelto<br />

di essere elementi motori volontari invece che free<br />

rider e hanno dato vita a numerose organizzazioni civiche,<br />

come per esempio 22 chiese. La Reston Interfaith,<br />

sostenuta da organizzazioni religiose, offre aiuto ai<br />

poveri sotto forma di cibo, vestiario, assistenza psicologica<br />

e trasporti. L’Interfaith gestisce il rifugio Embry<br />

Rucker Shelter per i senza tetto del programma Homeless<br />

and Transitional Housing. Il Laurel Learning Center<br />

offre un servizio di assistenza ai bambini a poco<br />

prezzo («Community Services», 1991). La Reston Interfaith<br />

possiede cinque case a schiera che mette a disposizione<br />

dei poveri di cui si occupa (Keum, 1991, p. 88).<br />

Un altro gruppo di beneficenza è il F.I.S.H. (Friendly<br />

Instant Sympathetic Help), che fornisce aiuto urgente<br />

come finanziamenti, mobili e trasporti. Serve l’area<br />

Reston-Herndon. La Fellowship Square Foundation è<br />

proprietaria degli edifici della Fellowship House, che<br />

offrono appartamenti per gli anziani e i portatori d’handicap.<br />

Altri servizi per gli anziani comprendono la Tall<br />

Oaks Fellowship House, che propone degli alloggi assistiti,<br />

il Thoreau Place, un condominio per persone d’età<br />

superiore ai 55 anni, e l’aiuto in merito al trasporto fornit<br />

dalla FASTRAN («Community Services», 1991).<br />

Come abbiamo già detto, la Reston Community<br />

Association (RCA) venne costituita per garantire ai residenti<br />

che i costruttori successivi a Simon aderissero al<br />

piano originale. Il 20 gennaio 1992 i suoi direttori votarono<br />

per cambiare il nome in Reston Citizens Association<br />

(RCA changes name, 1992). Ora che l’insieme dei<br />

membri controlla la politica della RA, l’obiettivo origi-<br />

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Città giardino di oggi: la Reston Association<br />

nario non è più necessario, ma la RCA ha trovato un<br />

ruolo continuativo da svolgere. Il suo Planning and<br />

Zoning Committee agisce ancora da supervisore. Come<br />

associazione civica volontaria, «parla ancora a favore<br />

dei principi sui quali Reston è stata fondata» (Reston<br />

Handbook, 1991, p. 16). I suoi membri e il suo Consiglio<br />

sono aperti anche agli inquilini in affitto oltre che ai<br />

proprietari di case. Le entrate vengono raccolte principalmente<br />

tramite la sponsorizzazione dell’annuale<br />

Reston festival (Netherton, 1989, p. 161). Anche la<br />

<strong>comuni</strong>tà degli affari ha la sua organizzazione, il<br />

Reston Board of Commerce, che promuove seminari,<br />

fiere e collegamenti in rete, oltre che sostenere e favorire<br />

le questioni sociali ed economiche della <strong>comuni</strong>tà.<br />

Il Reston Community Center è una combinazione di<br />

strutture amministrative politiche e soluzioni volontarie.<br />

Nel 1975 la contea creò uno Special Service District<br />

(Small District Number 5) che comprendeva l’area di<br />

Reston. I residenti votarono con un referendum l’emissione<br />

di bond, finanziati da una tassa speciale (6 centesimi<br />

di dollaro ogni 100 dollari di valore immobiliare<br />

accertato) all’interno di tale distretto a favore del Center,<br />

che aprì a Hunters Wood nel 1979. Il Center ha il suo<br />

Consiglio d’amministrazione (Netherton, 1989, p. 166).<br />

Questo Center non venne istituito dalla RA a causa dell’alto<br />

costo dell’operazione e della disponibilità della<br />

Contea di provvedervi se i residenti fossero stati disposti<br />

a istituire il distretto di tassazione (Grubisich 1992;<br />

Greene 1992). L’imposta di proprietà che finanzia il<br />

distretto è detraibile; di conseguenza, se lo fosse stata<br />

anche la sua quota associativa, la Reston Association<br />

avrebbe potuto costruire e mantenerlo allo stesso costo.<br />

Più di 100 gruppi <strong>comuni</strong>tari fanno uso del Reston<br />

Community Center per riunioni, feste, svago, spettacoli<br />

e laboratori. Il centro include un teatro, una piscina<br />

coperta, una sala, un laboratorio di falegnameria e una<br />

camera oscura per la fotografia, oltre che aule. Il suo<br />

personale organizza più di 500 corsi e attività e affitta le<br />

stanze a gruppi esterni («Community Services», 1991).<br />

Le due associazioni Reston Community Players e<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

Reston Chorale presentano i loro spettacoli sia al Community<br />

Center che altrove. Anche il Greater Reston Arts<br />

Center gestisce una galleria e una scuola d’arte. Il<br />

Reston Institute for the Arts offre alcuni corsi; esiste<br />

inoltre una League of Reston Artists. Anche la Reston<br />

Association ha il suo comitato artistico, l’Outdoor Arts<br />

Committee (Netherton, 1989, p. 170).<br />

Nel 1984 alcuni residenti crearono la Planned Community<br />

Archives, Inc., per tutelare gli archivi di Reston<br />

e delle altre <strong>comuni</strong>tà e per favorire dei programmi di<br />

studi urbani. Queste documentazioni si trovano nella<br />

Fenwick Library della George Mason University.<br />

Bilanci, attività e controversie<br />

Per quanto riguarda le entrate della RA del 1991, 7,4<br />

milioni di dollari, le imposte erano 5,5 milioni, il 74 per<br />

cento, molto vicino all’ammontare del bilancio preventivato,<br />

il che dimostra l’affidabilità del reddito da imposta.<br />

Le entrate derivanti dal club dell’atletica erano un<br />

milione di dollari, il 13,5 per cento, e poi c’era reddito<br />

da attività, servizi e interessi. Le spese maggiori riguardavano<br />

la gestione degli spazi aperti (29 per cento), le<br />

piscine (15 per cento), il club dell’atletica (17 per cento)<br />

e i servizi finanziari (11 per cento).<br />

Nel 1990 la quota associativa annuale standard della<br />

RA era 238 dollari. Poi i membri pagavano tariffe per<br />

l’uso delle piscine e dei campi da tennis. Si poteva<br />

anche richiedere un’iscrizione «Golden Plus» valida un<br />

anno di utilizzo delle strutture, comprese quelle per<br />

l’atletica. C’erano anche varie opzioni di iscrizione<br />

annuale per l’uso di certe strutture e quote diversificate<br />

per individui, famiglie e giovani (How to Enjoy Reston,<br />

1990). Verso la fine del 1990, il Consiglio della RA votò<br />

a favore dell’inclusione di piscine e campi da tennis<br />

nella quota associativa, mentre il campo d’atletica e le<br />

lezioni mantennero una tariffa d’uso. Per il 1991 la<br />

quota associativa della RA venne aumentata a 300 dollari<br />

e rimase tale anche nel 1992. Le unità abitative che<br />

godevano di sussidi federali pagavano 290 dollari e i<br />

proprietari esenti dall’imposta di proprietà della contea<br />

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Città giardino di oggi: la Reston Association<br />

(come i disabili) pagavano 150 dollari.<br />

I servizi compresi nella quota di 300 dollari includevano<br />

«gli spazi aperti, i programmi ambientali e<br />

altre strutture» (114 dollari), le piscine (55 dollari), la<br />

gestione dei contratti e degli accordi (32 dollari), i servizi<br />

di amministrazione (29 dollari), i servizi finanziari<br />

(28 dollari), i campi da tennis (11 dollari), costi<br />

«societari e non operativi» (11 dollari), <strong>comuni</strong>cazioni<br />

(10 dollari), servizi legali (6 dollari) ed edifici <strong>comuni</strong>tari<br />

(4 dollari). La RA impiega 70 persone, compresi<br />

specialisti in amministrazione, istruzione, selvicoltura,<br />

parchi, risorse d’acqua, attività ricreative, salute e<br />

fitness (Your Reston Association Passport, 1991). La voce<br />

“piscina” costituiva gran parte dell’aumento: dal<br />

momento che la popolazione era invecchiata, le tariffe<br />

d’utilizzo non erano più sufficienti a pagare la manutenzione<br />

costante. Quest’aumento, che eliminò le tariffe<br />

d’uso e finanziò la gestione delle piscine tramite il<br />

contributo associativo annuale, fruttò un aumento di<br />

100 mila utenti durante l’anno, più del doppio dell’anno<br />

precedente, ma fece sorgere anche contrasti. I<br />

membri della RA avevano votato 2 a 1 contro l’aumento<br />

in un referendum non vincolante del 1990, e<br />

alcuni ritennero che il voto e il desiderio della maggioranza<br />

non fossero stati rispettati. Venne anche sottolineato<br />

che l’aumento di utilizzo non necessariamente<br />

comportava un proporzionale aumento di utenti,<br />

dal momento che c’era anche maggior utilizzo da<br />

parte degli stessi utenti. Solo un terzo delle famiglie di<br />

Reston utilizzava nel corso dell’anno le piscine (Polls<br />

Usage Study, 1991).<br />

Un sondaggio effettuato da parte degli associati, il<br />

Polls Usage Study-1991, rivelò che un 60 per cento circa<br />

di quelli che avevano risposto affermava che le piscine<br />

costituivano un valore poco corrispondente al denaro<br />

richiesto, o appena sufficiente, e il 70 per cento era disponibile<br />

a una combinazione fra quota annuale e tariffe<br />

d’uso (Kalmus, 1991b). I proprietari di unità condominiali<br />

tendevano a ritenere che le piscine non aggiungessero<br />

alcun valore alle loro proprietà, mentre i proprie-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

tari di case unifamiliari credevano il contrario. Forse<br />

entrambi i gruppi avevano ragione, dal momento che le<br />

case capitalizzavano di più. Se i pagamenti fossero stati<br />

proporzionali al valore fondiario, i proprietari di unità<br />

condominiali avrebbero pagato in proporzione di meno<br />

per i costi aggiunti delle piscine. Quella che superficialmente<br />

sembra essere una contrapposizione fra tariffe e<br />

imposte potrebbe essere, più in dettaglio, il risultato di<br />

un sistema di tassazione economicamente difettoso,<br />

come abbiamo illustrato.<br />

Alcune regole costituzionali, come il metodo di<br />

finanziamento, possono avere conseguenze che non si<br />

manifestano se non molto tardi. Se Reston avesse fin<br />

dall’inizio previsto una tariffa basata parzialmente sul<br />

valore fondiario, se le aree commerciali fossero state<br />

incluse nell’area dell’associazione, se la RA avesse specificato<br />

norme più dettagliate per l’applicazione delle<br />

regole architettoniche e se ci fosse stata più decentralizzazione,<br />

alcune delle controversie sorte sarebbero<br />

state molto ridotte in portata e intensità. Le dispute<br />

politiche possono indicare una dimensione amministrativa<br />

troppo grande e uno squilibrio di carichi fiscali.<br />

Ovviamente, la fornitura di beni civici a Reston non<br />

è impeccabile, ma il punto economico da fare in quest’analisi<br />

è che, nonostante il fallimento umano nello<br />

sviluppo della città, i beni sono stati comunque forniti<br />

e in abbondanza.<br />

Analisi delle ipotesi<br />

Come affermò Jim Todd, presidente della Mobil<br />

Land Corporation, «l’importanza finanziaria di Reston<br />

è data dal fatto che è stata creata esclusivamente attraverso<br />

finanziamenti privati» (Netherton, 1981, p. 28). E<br />

aggiunse: «Noi abbiamo costruito le strade. Noi abbiamo<br />

creato la rete fognaria» (p. 29).<br />

Le prime due ipotesi, in merito alla fattibilità del<br />

finanziamento contrattuale dei beni civici e alla loro<br />

presunta inferiorità rispetto a quelli forniti da un governo<br />

è già stata confutata. Per quanto riguarda le altre<br />

ipotesi:<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 305<br />

Città giardino di oggi: la Reston Association<br />

1. I beni civici prodotti dalla Reston Association<br />

sono per la maggior parte escludibili, essendo<br />

territoriali, e c’è anche una significativa quantità<br />

di fornitura volontaria.<br />

2. I beni dell’associazione aumentano i valori fondiari<br />

e i canoni, dal momento che i proprietari<br />

pagano volentieri ciò che in effetti è una tassa<br />

fondiaria; non lo farebbero se i beni non avessero<br />

valore.<br />

3. Il finanziamento dei beni ha un rapporto sostanziale<br />

con i canoni fondiari, anche se tale rapporto<br />

non è diretto quanto sarebbe potuto essere. La<br />

richiesta di una quota fissa implica indipendenza<br />

dalle migliorie eventualmente apportate all’unità<br />

abitativa; il proprietario può valorizzare la propria<br />

abitazione senza incorrere in una penalizzazione<br />

di tassazione <strong>comuni</strong>taria. Anche se non è<br />

ad valorem, questo tipo di tassazione agisce come<br />

un canone fondiario.<br />

4. La domanda di beni civici viene rivelata dall’acquisto<br />

di immobili a Reston, che è appunto legato<br />

ai beni.<br />

Nel capitolo terzo è stato teorizzato che il canone<br />

generato dai beni <strong>pubblici</strong> territoriali possa eccedere il<br />

costo totale al livello in cui il canone marginale uguaglia<br />

i costi marginali, poiché i primi incrementi di beni<br />

possono generare più dei canoni proporzionali. Per<br />

verificare questa teoria nel caso di Reston, e per verificare<br />

se il livello di beni civici fosse troppo alto (il che<br />

ridurrebbe i valori di proprietà relativi a quartieri vicini<br />

simili), il 23 gennaio 1992 si sono ottenuti i profili<br />

degli immobili per paragonarli a proprietà simili fuori<br />

da Reston. Il campione consiste in 43 case unifamiliari<br />

con 4 o 5 camere da letto, 15 a Reston e 28 in zone simili<br />

e vicine nella Fairfax County. Il prezzo medio delle<br />

case a Reston era di 293 mila dollari, contro i 226 mila<br />

fuori Reston, con una differenza di 67 mila dollari. Una<br />

regressione di prezzo come funzione delle dimensioni<br />

dei lotti, dell’età dell’edificio e dell’ubicazione a Reston<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 306<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

dà un R 2 adattato di 0,49 e delle T-ratio di 0,91-1,1 e 4,9,<br />

rispettivamente, con una parziale correlazione della<br />

variabile Reston di 0,62. Una regressione di prezzo alle<br />

dimensioni dei lotti e all’età degli edifici all’interno<br />

delle due aree dà come risultato il fatto che questi due<br />

aspetti non sono statisticamente significativi nella<br />

determinazione dei prezzi. Quindi, è ovvio che sia l’ubicazione<br />

la differenza chiave fra i campioni. Benché ciò<br />

costituisca solo un piccolo campione, l’ipotesi secondo<br />

la quale gli immobili di Reston possano soffrire per i<br />

suoi servizi <strong>comuni</strong>tari non viene assolutamente suffragata<br />

dai dati. Sarebbero necessari degli studi comparativi<br />

più esaurienti per testare questo differenziale su<br />

vari fattori di ubicazione e tipologie di proprietà, ma<br />

questo piccolo esame è per lo meno indicativo. Si<br />

dovrebbe anche osservare che grazie alle case a schiera<br />

e alle unità condominiali disponibili, in generale l’abitazione<br />

(considerando il prezzo medio fra tutti i tipi di<br />

abitazione) non è necessariamente più costosa che in<br />

altre aree della Virginia settentrionale.<br />

5. Come abbiamo osservato in precedenza, il free<br />

riding viene evitato con la tariffa associativa legata<br />

all’acquisto di un lotto o di un’unità condominiale.<br />

I residenti possono essere free rider in merito<br />

alle attività volontarie dell’associazione, ma<br />

questo non ha impedito i servizi simpatetici di<br />

volontari.<br />

6. La fornitura di beni ricreativi, naturali e architettonici<br />

a Reston viene finanziata tramite tassazione<br />

interna e senza sostegno pubblico. Il settore<br />

pubblico inibisce invece che stimolare la fornitura<br />

privata a causa delle sue restrizioni legali e<br />

della mancanza di ribassi di tassazione per i beni<br />

<strong>pubblici</strong> sostituti.<br />

7. Reston inoltre dimostra che una <strong>comuni</strong>tà contrattuale<br />

anche cento volte più grande di villaggi<br />

quali Arden o Fort Ellsworth può provvedere ai<br />

beni <strong>pubblici</strong>.<br />

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Città giardino di oggi: la Reston Association<br />

Il fatto che le associazioni <strong>comuni</strong>tarie offrano beni<br />

<strong>pubblici</strong> al di sopra del livello di altre urbanizzazioni<br />

venne rilevato nella descrizione della «nuova città»<br />

quale urbanizzazione a uso misto, che cerca «di produrre<br />

una gamma di benefici sociali, ambientali ed economici<br />

di valore che le urbanizzazioni più convenzionali<br />

e non pianificate in modo complessivo hanno poca<br />

probabilità di offrire» (Flynn, 1989).<br />

Altre associazioni di proprietari<br />

Esaminiamo ora alcune altre associazioni residenziali<br />

per poter fare qualche confronto con Reston. Questi<br />

raffronti verificheranno l’ipotesi dell’unicità di<br />

Reston e illustreranno diverse forme di gestione contrattuale<br />

e finanziamento dei beni.<br />

Columbia, Maryland<br />

Columbia è un’associazione di <strong>comuni</strong>tà nella<br />

Howard County, nel Maryland, costruita nella stessa<br />

epoca di Reston. Comprende 6 mila ettari di terreno,<br />

acquistati segretamente nel 1963 da 140 fattorie e<br />

appezzamenti. Come Robert Simon, anche il costruttore<br />

di Columbia, James Rouse, presidente del Consiglio<br />

direttivo della The Rouse Company, aveva immaginato<br />

un nuovo tipo di città, progettata per evitare l’espansione<br />

urbana e gli inconvenienti dei fenomeni più<br />

<strong>comuni</strong> di urbanizzazione. Come a Reston, vi si mescolano<br />

attività lavorative e residenze, servizi urbani e<br />

rurali. Columbia venne costruita interamente con denaro<br />

privato (Columbia, Maryland, 1990, p. 3).<br />

Diversamente dal caso Reston, qui il terreno commerciale<br />

rientra nella giurisdizione dell’associazione, e<br />

il 37 per cento delle entrate della <strong>comuni</strong>tà deriva dalla<br />

tassazione degli edifici destinati a uffici, dei centri commerciali<br />

e dei parchi industriali (Six Pages, 1990). The<br />

Mall, nel Town Center, aprì nel 1971. Le attività economiche<br />

di Columbia creano 50 mila posti di lavoro<br />

(Columbia, Maryland, 1990, p. 3).<br />

Anche Columbia venne costruita sul concetto di raggruppamento.<br />

Essendo un’esperienza simile a Reston,<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

Columbia richiese un cambiamento della zonizzazione<br />

convenzionale. Nel 1965 l’Howard County approvò<br />

un’ordinanza di zonizzazione per un «New Town District»<br />

(Columbia, Maryland, 1990). La Columbia Association<br />

(CA) venne fondata nel 1965 come società di persone,<br />

come Reston. La popolazione è composta di 70<br />

mila abitanti ed è etnicamente differenziata, con la<br />

<strong>comuni</strong>tà afro-americana che ne costituisce il 20 per<br />

cento (Burkhart, 1981, p. 21). Le previsioni di inizi anni<br />

Novanta sostenevano che nel momento del completamento<br />

urbano, a metà anni Novanta, la popolazione<br />

sarebbe stata di 100 mila abitanti per circa 34 mila unità<br />

abitative, con una base imponibile di 1,5 miliardi di dollari<br />

e 15 milioni di dollari di entrate annuali (The Columbia<br />

Association, 1990, p. 5).<br />

La CA gestisce parchi, campi gioco, sentieri, piscine,<br />

campi da tennis, un campo di golf, laghi, cavalli, una<br />

pista di pattinaggio e molti altri servizi. Anch’essa ha<br />

un club d’atletica con strutture e corsi simili a quelli<br />

della RAC. La Community Service Division gestisce<br />

programmi per bambini e adolescenti, che comprendono<br />

fra le altre cose l’assistenza diurna e campeggi.<br />

Come Reston, Columbia ha un sistema di autobus<br />

interno, ColumBus, che collega i villaggi e il Town Center.<br />

L’associazione possiede 810 ettari di spazi aperti e<br />

progetta di arrivare a 1200.<br />

La <strong>comuni</strong>tà è governata da un consiglio costituito<br />

dai direttori eletti da ogni villaggio, i Columbia Council<br />

Representatives. Attualmente ci sono 9 villaggi, e un<br />

altro, l’ultimo, è in costruzione. Il Consiglio elegge uno<br />

dei suoi membri come presidente. Ogni villaggio ha a<br />

sua volta un Consiglio che amministra l’istruzione locale,<br />

le strade, i terreni e gli eventi sociali. Ogni residente,<br />

che sia un affittuario o un proprietario, ha diritto di<br />

voto e possono votare anche i proprietari non residenti.<br />

Le regole possono variare leggermente da un villaggio<br />

all’altro; per esempio riguardo al fatto che una coppia<br />

sposata residente in un’unità abitativa abbia diritto a<br />

uno o due voti (Blimmel, 1992; Parrish, 1992).<br />

Il processo di revisione architettonica viene gestito<br />

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Città giardino di oggi: la Reston Association<br />

dai villaggi con fondi provenienti dalla Columbia<br />

Association; ciò fa sì che i villaggi non si sottraggano<br />

al finanziamento dell’applicazione dei patti, ma allo<br />

stesso tempo lascia loro la flessibilità del controllo<br />

locale. Anche se ci sono 9 associazioni di villaggio,<br />

esse coinvolgono 6 centri <strong>comuni</strong>tari di villaggio e 15<br />

centri di quartiere. I villaggi sono divisi in quartieri<br />

che vanno dalle 600 alle 800 unità abitative. I bilanci<br />

dei villaggi sono sovvenzionati principalmente dalla<br />

CA (Newscomer Guide, 1990, p. 28). Come nei casi di<br />

Reston e Arden, ci sono molti gruppi di volontari, con<br />

più di 200 organizzazioni civiche e filantropiche presenti<br />

nell’elenco telefonico, oltre a gruppi sportivi,<br />

artisti e così via.<br />

Le tassazioni sono basate sui valori di proprietà e il<br />

tasso massimo è fissato a 75 centesimi per 100 dollari di<br />

valore imponibile (equivalenti a 200 dollari del presunto<br />

valore di mercato determinato dallo Stato del Maryland).<br />

Come abbiamo già detto nel terzo capitolo, il<br />

livello di valorizzazione della proprietà ha poca correlazione<br />

con i beni civici ma, finché le imposte costituiscono<br />

una percentuale relativamente bassa del reddito<br />

annuale delle valorizzazioni, l’effetto di disincentivo<br />

sulle valorizzazioni e la distorsione dei prezzi potrebbero<br />

non essere gravi. Il bilancio viene speso per gli<br />

spazi aperti (39 per cento), i servizi <strong>comuni</strong>tari (28 per<br />

cento), le strutture a disposizione dei membri (13 per<br />

cento), l’amministrazione (15 per cento) e la riduzione<br />

del deficit (5 per cento) (Six Pages, 1990).<br />

Il Players Club di Sawgrass, Florida<br />

Un altro esempio di <strong>comuni</strong>tà residenziale-commerciale<br />

contrattuale è il Players Club di Sawgrass, nella St.<br />

John County (con capoluogo St. Augustine), in Florida,<br />

che conta 570 ettari. La proprietà include strade private,<br />

una rete idrografica e un servizio di sicurezza per i<br />

residenti (all’interno della <strong>comuni</strong>tà). La Sawgrass Players<br />

Club Association racchiude sotto-associazioni, e i<br />

condomini e i progetti commerciali mantengono la proprietà<br />

e la gestione interna. Il progetto comprende<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 310<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

anche un centro commerciale, un parco uffici e un hotel,<br />

e come a Columbia le proprietà commerciali contribuiscono<br />

al bilancio del Players Club. La <strong>comuni</strong>tà ottiene<br />

i servizi idrici e di fognatura in forma privata dalla St.<br />

Johns Service Company (Metcalf, 1990).<br />

La «Declaration of Covenants» specifica che le unità<br />

residenziali pagano la stessa quota, mentre i lotti pagano<br />

la metà e le proprietà commerciali pagano come<br />

un’unità, ma ogni mille metri quadri. Gli articoli di<br />

costituzione dichiarano che solo i proprietari, compreso<br />

il produttore (Arvida Corporation), possono votare.<br />

Un esempio di sottoassociazione residenziale è la<br />

Cypress Creek Homeowners Association, che ha la propria<br />

Declaration of Covenants and Restrictions. Questa<br />

associazione è costituita da lotti unifamiliari e ha talune<br />

aree <strong>comuni</strong>, comprese alcune strade. La tassazione sui<br />

lotti non edificati è metà di quella dei lotti con costruzioni<br />

e il tasso è uniforme fra i lotti valorizzati.<br />

Il Sawgrass Village Office Park è un’associazione<br />

commerciale con la propria Declaration of Covenants<br />

e altri atti di governo. Ogni proprietario di lotto, compreso<br />

il costruttore, è membro dell’associazione. I patti<br />

specificano un’imposta massima per acro o frazione di<br />

acro, e gli aumenti massimi. Come nel caso delle residenze,<br />

la tassazione è uniforme per i lotti valorizzati;<br />

esiste inoltre un Architectural Review Board. Di speciale<br />

interesse è una «servitù del golf» designata dal<br />

costruttore (per esempio per recuperare le palline o<br />

consentire senza fastidi il rumore dei giochi), visto che<br />

il Players Club di Sawgrass è la casa base del PGA<br />

Tour Inc.<br />

Quindi Sawgrass mostra alcune somiglianze nella<br />

struttura fondamentale dell’associazione civica con<br />

Columbia e Reston, assieme ad alcune piccole differenze.<br />

Ha talune sottounità più grandi di quelle di Reston,<br />

ma che si autofinanziano, a differenza di quelle di<br />

Columbia. A Columbia le proprietà commerciali non<br />

hanno una loro associazione, mentre qui sì. Reston e<br />

Sawgrass hanno un’imposta fissa per unità, mentre<br />

quella di Columbia si basa sul valore della proprietà.<br />

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Città giardino di oggi: la Reston Association<br />

Ciò che accomuna le tre <strong>comuni</strong>tà è il concetto fondamentale<br />

di un’associazione che raccoglie imposte dai<br />

proprietari per finanziare i beni spaziali collettivi.<br />

Ford’s Colony, Virginia<br />

Situata vicino a Williamsburg, in Virginia, Ford’s<br />

Colony è una <strong>comuni</strong>tà residenziale di mille ettari con<br />

case unifamiliari, a schiera e condomini. È stata inaugurata<br />

nel 1985. L’attrattiva principale è il campo da<br />

golf, che ha i suoi soci. Tutti gli edifici devono aderire ai<br />

patti protettivi. Il regolamento richiede una forma d’imposta<br />

uniforme.<br />

Una caratteristica notevole della “Ford’s Colony at<br />

Williamsburg Homeowners Association” è il fatto che<br />

possiede le strade all’interno dell’urbanizzazione, mentre<br />

sia a Reston che a Columbia esse sono di pertinenza<br />

della contea, tranne per alcune aree private nei villaggi<br />

di Reston. Secondo Mel Overman (1990), venditore per<br />

conto del costruttore, le strade di Ford’s Colony sono<br />

tenute a un livello qualitativo più alto di quelle pubbliche.<br />

L’accesso alla proprietà avviene attraverso un cancello<br />

sorvegliato 24 ore su 24 – un’altra differenza con<br />

Reston e Columbia. La residenza include l’appartenenza<br />

al Swim & Tennis Club, il quale offre strutture per la<br />

ginnastica, campi da tennis, una piscina di 25 metri,<br />

una piscina per bambini e un terrazzo per prendere il<br />

sole («Ford’s Colony Fact Sheet», 1990).<br />

The Woodlands, Texas<br />

The Woodlands, associazione residenziale di 49 mila<br />

unità, aprì nel 1974. Come a Reston e a Columbia, il<br />

costruttore cercò di creare una <strong>comuni</strong>tà integrata che<br />

offrisse sia svaghi che cultura e tutela delle foreste, un<br />

luogo dove i problemi del mondo urbano, come il degrado,<br />

fossero alleviati. Influenzato da Columbia, il progetto<br />

era basato sull’idea dei villaggi e includeva il commercio<br />

(Morgan e King, 1987, p. 133). La caratteristica<br />

importante di questo esempio è che fu costruito in partnership<br />

con lo US Department of Housing and Urban<br />

Development (HUD) ed è l’unica nuova città del Title<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 312<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

VIII a sopravvivere. Altre città create dall’HUD si dimostrarono<br />

dei fallimenti e anche qui il processo di verifica<br />

dell’HUD ritardò la contrattazione e non fornì le sovvenzioni<br />

supplementari attese (p. 74). L’HUD troncò i<br />

suoi rapporti con The Woodlands nel 1983 (p. 149).<br />

Il fallimento delle nuove città che godevano del<br />

sostegno governativo e la storia travagliata di The<br />

Woodlands contrastano con il chiaro successo di urbanizzazioni<br />

private come Reston e Columbia, il che fornisce<br />

ulteriori prove a confutazione dell’ipotesi che la<br />

fornitura contrattuale di beni civici richieda il sostegno<br />

statale. Queste associazioni residenziali e di quartiere<br />

distribuite in luoghi diversi dimostrano che le associazioni<br />

civiche sono riproducibili in varie forme, e quindi<br />

smentiscono l’ipotesi che esse stesse siano dovute a circostanze<br />

particolari.<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 313<br />

Capitolo 13<br />

Possiedono le strade:<br />

i private places di St. Louis<br />

L’analisi delle <strong>comuni</strong>tà contrattuali non dovrebbe<br />

trascurare gli importanti spazi privati di St. Louis, che<br />

risalgono a metà Ottocento. Queste <strong>comuni</strong>tà sono<br />

molto significative in quanto integrate all’interno della<br />

città di St. Louis e delle altre città della contea di St.<br />

Louis, a dimostrazione della fattibilità di beni civici<br />

consensuali entro un’infrastruttura statale. Al di là di<br />

questi private places, ci sono anche quartieri con associazioni<br />

residenziali non legate al possesso di terreno. E<br />

queste a loro volta sono importanti come esempi di<br />

gestione volontaria in aree a basso o medio reddito, il<br />

che prova che la gestione privata non è un fenomeno<br />

esclusivo delle aree ricche.<br />

St. Louis è stato scelto come case study di organizzazione<br />

metropolitana da parte dell’Advisory Commission<br />

on Intergovernmental Relations (Parks e Oakerson,<br />

1988) in ragione della sua gestione policentrica,<br />

chiamata dagli autori «frammentazione giurisdizionale».<br />

1 Nel 1982 aveva 151 unità governative e almeno 427<br />

organizzazioni private che provvedevano alle strade (p.<br />

9). La stessa città di St. Louis nel 1876 si separò dalla<br />

contea perché i suoi residenti non volevano pagare,<br />

oltre alla tasse cittadine, una tassa della contea che<br />

1. Il termine “policentrico” venne utilizzato da Michael Polanyi in The Logic<br />

of Liberty (1951) per distinguere l’amministrazione decentralizzata da quella<br />

centralizzata.<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 314<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

andava a principale beneficio della popolazione non<br />

cittadina (p. 15). Molte <strong>comuni</strong>tà della contea di St.<br />

Louis si costituirono municipalità per evitare l’annessione<br />

da parte di altre città e spostare il controllo degli<br />

affari locali dalla contea all’area locale (p. 17). Molte<br />

<strong>comuni</strong>tà non municipalizzate così come molti <strong>comuni</strong><br />

sono serviti da distretti scolastici e di protezione antincendio<br />

autonomi. Di conseguenza, questo è sempre<br />

stato un modello di amministrazione decentralizzata<br />

che non può essere messo in contrasto con le città centralizzate.<br />

Queste giurisdizioni forniscono un esempio di<br />

come piccole <strong>comuni</strong>tà si possano associare per provvedere<br />

a beni con economia di scala di vaste dimensioni.<br />

Le municipalità piccole si sono occupate di servizi<br />

di polizia <strong>comuni</strong> come i centri di pronto intervento. I<br />

distretti antincendio hanno accordi di reciproco aiuto e<br />

intervento. Nell’area metropolitana ci sono organizzazioni<br />

di distretti scolastici che offrono l’acquisto congiunto<br />

di forniture e altri servizi come il trasferimento<br />

all’interno del distretto degli studenti. Un gruppo di<br />

municipalità ha formato un Consiglio per fornire servizi<br />

e un ente comune che le rappresenta ai livelli<br />

governativi più alti (Parks e Oakerson, 1988, p. 21).<br />

Un’analisi delle economie di scala nelle municipalità<br />

della contea non ha riscontrato diseconomie significative<br />

dovute alla policentralità relativa ai livelli di servizio,<br />

concordemente ad altri studi sugli effetti della<br />

diversità di dimensioni (p. 122).<br />

La natura policentrica dell’amministrazione di St.<br />

Louis, città e contea, include i cosiddetti «spazi privati»,<br />

quartieri che hanno definito una proprietà consensuale<br />

delle loro strade attraverso atti di accordo (o «trust<br />

indentures») e associazioni residenziali governate da<br />

consigli d’amministrazione. Fin da metà Ottocento St.<br />

Louis ha avuto un esteso sistema di strade residenziali<br />

di proprietà privata. Molte sono in quartieri a maggioranza<br />

nera (Fitzgerald, 1988, p. 48). L’uso del termine<br />

place per i quartieri privati e le loro strade potrebbe<br />

essere un’eredità della colonizzazione francese, dal<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 315<br />

Possiedono le strade: i private places di St. Louis<br />

momento che in francese questo termine indica la piazza<br />

(Savage, 1987, p. 4).<br />

Il metodo più comune per raccogliere introiti in questi<br />

places private è tramite una tassa fissa per residenza.<br />

Alcuni basano la tassazione sull’area in acri o sul valore<br />

del terreno fronte strada (Parks e Oakerson, 1988, p.<br />

51). La tassazione annuale media per le 39 <strong>comuni</strong>tà per<br />

le quali erano disponibili i dati è 130 dollari, con una<br />

variazione fra i 25 dollari e gli 800 (p. 85). Ci possono<br />

essere notevoli variazioni annuali dovute alle valorizzazioni<br />

di capitale. Dal momento che tali <strong>comuni</strong>tà tendono<br />

ad avere lotti di pari valore, la tassazione è essenzialmente<br />

basata sul canone fondiario generato dai beni<br />

civici forniti localmente, piuttosto che sull’imposta di<br />

proprietà locale, che varia a seconda del valore delle<br />

edificazioni.<br />

In due municipalità della contea più del 50 per cento<br />

della rete stradale è fornita privatamente e in altre quattro<br />

la percentuale è comunque alta. Il numero totale di<br />

queste <strong>comuni</strong>tà private nella città e nella contea è sconosciuto;<br />

la cifra di 427 che abbiamo riportato in precedenza<br />

è quella che solitamente viene riferita, ma è<br />

incompleta (Parks e Oakerson, 1988, p. 84). Fra i servizi<br />

forniti dalle varie <strong>comuni</strong>tà private c’è la manutenzione<br />

delle strade, la rete fognaria, la rimozione della neve, la<br />

pulizia delle strade, la falciatura dell’erba e la potatura<br />

degli alberi, l’illuminazione stradale, il controllo del<br />

traffico e la restrizione d’accesso, i segnali d’ingresso e<br />

le norme architettoniche. Alcune poi forniscono anche<br />

la raccolta dei rifiuti, pattuglie di controllo e la conservazione<br />

dei parchi. La varietà dei servizi offerti permette<br />

di scegliere fra le varie <strong>comuni</strong>tà private in merito<br />

al livello di beni civici forniti.<br />

La possibilità di limitare l’accesso è un vantaggio<br />

chiave per una <strong>comuni</strong>tà privata, quindi in molte di esse<br />

una parte della strada è chiusa da cancelli, catene e barriere.<br />

Oltre a ridurre il traffico, le barriere forniscono una<br />

protezione contro il crimine. Alcuni lotti restringono<br />

l’accesso anche tramite un disegno della rete stradale<br />

che evita il tipico schema a griglia. Uno studio effettua-<br />

315


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 316<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

to da Oscar Newman ha riscontrato che le strade ad<br />

accesso ristretto presentano tassi di criminalità inferiori<br />

e valori di proprietà delle abitazioni superiori che nelle<br />

strade governative, anche se quale sia la causa precisa,<br />

la loro chiusura o l’effetto creato dall’esistenza di un’associazione<br />

di quartiere, non è stata definita con chiarezza<br />

(Parks e Oakerson, 1988, p. 88). La riduzione dell’inquinamento<br />

è un altro servizio offerto da alcune <strong>comuni</strong>tà<br />

private. Ad esempio, alcune vietano di bruciare carbone<br />

bituminoso (Beito e Smith, 1990, p. 276).<br />

La richiesta di quartieri privati indica l’utilità degli<br />

accordi restrittivi, che evitano l’esistenza di edifici scadenti<br />

ed eventuali utilizzi che diminuiscano i valori<br />

della proprietà. Le <strong>comuni</strong>tà private sono anche state<br />

stimolate dai limiti sulle spese fissati dallo statuto della<br />

città di St. Louis, che restringe i fondi disponibili per le<br />

infrastrutture. «La necessità ha richiesto che ci si affidasse<br />

molto all’impresa privata per colmare il divario»<br />

(Beito, 1989, p. 12). La storia di queste <strong>comuni</strong>tà indica<br />

che il settore privato può provvedere ai beni <strong>pubblici</strong><br />

locali quando ciò non venga inibito dall’intervento di<br />

un governo. L’esperienza di St. Louis illustra anche la<br />

possibilità d’integrazione fra Stato e settori privati; non<br />

solo le strade sono collegate alla rete cittadina, ma<br />

anche le reti fognarie private sono collegate a quelle<br />

governative. Inoltre, esistono accordi e regolamenti<br />

anche nelle strade della città, ma in mancanza di un’associazione<br />

residenziale la loro applicazione è nelle<br />

mani dei proprietari dei lotti e questo nella pratica<br />

significa che spesso le restrizioni non sono rispettate.<br />

A St. Louis oltre alle strade residenziali in passato<br />

sono stati di proprietà privata anche alcuni viali. Nel<br />

1908 c’erano 11 chilometri di viali sotto il controllo privato.<br />

Un vantaggio della proprietà privata è la possibilità<br />

di controllare i servizi <strong>pubblici</strong> lungo la strada; le strade<br />

private non hanno pali di elettricità o telefono (Beito<br />

e Smith, 1990, p. 288). «La proprietà delle strade rappresenta<br />

uno strumento per controllare i gruppi dirigenti<br />

dell’economia locale”» (Beito, 1989, p. 35).<br />

Il declino delle <strong>comuni</strong>tà private di St. Louis iniziò<br />

316


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 317<br />

Possiedono le strade: i private places di St. Louis<br />

quando aumentarono le spese della città e quando alcuni<br />

emendamenti allo statuto permisero alla municipalità<br />

di scavalcare le strutture private di quartiere. Oltre a<br />

non avere ribassi della tassazione per la fornitura di<br />

beni e servizi privati, nemmeno si potevano detrarre le<br />

quote associative dalle imposte sul reddito, a differenza<br />

delle imposte di proprietà. Eppure, nonostante questi<br />

svantaggi, dopo la seconda guerra mondiale alcune<br />

strade governative scelsero di diventare private (Savage,<br />

1987, p. XI). Fra queste ci fu Waterman Place, un<br />

quartiere popolare soggetto a crimine e deterioramento<br />

fisico. Nel 1974 i residenti formarono un’associazione e<br />

chiusero parzialmente la strada, spendendo 40 mila<br />

dollari per erigere un cancello. Inoltre istituirono un<br />

servizio di controllo tramite guardie, e il crimine diminuì.<br />

L’associazione fu in grado di ottenere prestiti per le<br />

migliorie alla strada e alle abitazioni. Il valore della proprietà<br />

raddoppiò (Fitzgerald, 1988, p. 47; Frazer, 1989<br />

[1988], p. 64).<br />

Anche nei quartieri con strade di proprietà pubblica,<br />

la gestione volontaria fornisce dei beni collettivi. Nel<br />

loro studio sulle associazioni non fondiarie di St. Louis,<br />

Schoenberg e Rosenbaum (1980) definirono un «quartiere»<br />

come un territorio identificato con un nome dai suoi<br />

residenti, che contiene almeno un’istituzione locale e che<br />

presenta almeno un legame comune fra i suoi abitanti.<br />

Un quartiere «produttivo» è quello in cui i residenti possono<br />

controllare l’ordine sociale, vale a dire stabilire<br />

obiettivi e implementare i programmi che portano a<br />

ottenerli. Appoggiandosi sui fatti, Schoenberg e Rosenbaum<br />

affermano che un quartiere produttivo possiede<br />

meccanismi per applicare gli accordi condivisi sul comportamento<br />

pubblico, che significa possedere una struttura<br />

di governance che applichi le regole. Il corridoio di<br />

sicurezza è un primo esempio, applicato tramite la sorveglianza<br />

e l’identificazione degli sconosciuti. In zone<br />

dove non vengono applicate regole sul comportamento<br />

pubblico, lo spazio pubblico può diventare pericoloso e<br />

non venir usato dalla <strong>comuni</strong>tà. Quest’ultimo aspetto è<br />

un esempio di tragedia dei beni <strong>comuni</strong> non gestiti. Le<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 318<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

regole trattano anche la manutenzione della proprietà, lo<br />

smaltimento dei rifiuti, i bambini e i visitatori. I meccanismi<br />

sociali includono un’organizzazione formale che<br />

fornisca un servizio d’informazione e <strong>comuni</strong>cazione,<br />

una definizione di quartiere e una leadership.<br />

Per esempio, in un quartiere a prevalenza italoamericana<br />

chiamato The Hill quattro organizzazioni formano<br />

una rete interdipendente: una chiesa, un’organizzazione<br />

di quartiere, un’associazione d’affari e un partito<br />

politico. I residenti hanno un elevato livello di controllo<br />

sociale sul quartiere. Mentre altre zone di St. Louis<br />

hanno visto un declino nel valore della proprietà, a The<br />

Hill è accaduto il contrario (Schoenberg e Rosenbaum,<br />

1980, p. 135). Un altro caso da ricordare è Lafayette<br />

Park, un’area storicamente ricca e un tempo sede di<br />

alcune <strong>comuni</strong>tà private, che si era deteriorata ma poi è<br />

diventata un quartiere di lusso. Taluni nuovi residenti<br />

diedero vita al Lafayette Square Restoration Committee.<br />

Grazie all’aumento della sorveglianza diminuì il<br />

crimine (p. 72) e il parco venne riportato a spazio utilizzabile.<br />

Un’altra organizzazione, la Lafayette Park<br />

Neighborhood Association, promuove l’impiego dei<br />

giovani e conduce campagne a favore della pulizia dell’ambiente.<br />

La città aveva abbandonato il quartiere e<br />

voleva sostituirlo con una nuova edificazione, ma i<br />

sostenitori del suo restauro hanno rivitalizzata il vecchio<br />

impianto di utilizzo del terreno e l’hanno portato<br />

ad essere un quartiere urbano produttivo, un esempio<br />

di bene pubblico fornito contrattualmente.<br />

I case study riportati da Schoenberg e Rosenbaum<br />

dimostrano che le associazioni dei quartieri a basso o<br />

medio reddito possono fornire o promuovere beni collettivi<br />

locali come la sicurezza, il restauro architettonico,<br />

lo smaltimento dei rifiuti e le attività giovanili. Le<br />

<strong>comuni</strong>tà private e le associazioni di quartiere di St.<br />

Louis offrono un modello di come la fornitura di beni<br />

civici possa essere trasferita da una governance monolitica<br />

a una policentrica, possa essere trasformata da<br />

imposta a volontaria. Se i residenti di un quartiere e i<br />

proprietari di siti possono formare associazioni senza<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 319<br />

Possiedono le strade: i private places di St. Louis<br />

sussidi ma anche senza penalizzazione di tassazione,<br />

allora avviene una spontanea privatizzazione di beni<br />

civici secondo la domanda di volontariato degli utenti.<br />

La transizione da fornitura pubblica di beni civici a fornitura<br />

di mercato sarà esaminata nel quindicesimo<br />

capitolo.<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 320


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 321<br />

Capitolo 14<br />

Politiche economiche urbane<br />

e public choice<br />

I due aspetti delle politiche economiche urbane che<br />

vengono esaminati in questo capitolo sono le economie<br />

di scala legate alle <strong>comuni</strong>tà contrattuali (in altre parole,<br />

se la decentralizzazione sia inefficiente oppure no) e<br />

il ruolo che le associazioni civiche possono svolgere<br />

nelle politiche economiche urbane. Quindi, viene fatto<br />

un confronto fra un’amministrazione unilaterale e una<br />

multilaterale, utilizzando la teoria della public choice.<br />

Dimensioni e centralità<br />

La “centralizzazione” viene qui definita come il grado<br />

di concentrazione in un insieme di unità governative,<br />

simile alla concentrazione in un’industria. Nella visione<br />

tradizionale dell’organizzazione urbana, la decentralizzazione<br />

o “frammentazione” dell’autorità e la sovrapposizione<br />

di giurisdizioni sono considerate di danno a una<br />

fornitura efficiente e armoniosa di beni civici, caratterizzata<br />

da una dispendiosa duplicazione e da mancanza di<br />

coordinamento (Parks e Oakerson, 1988, p. 1). Tuttavia ci<br />

sono poche evidenze empiriche a sostegno di questo<br />

punto di vista. I beni civici locali, come la protezione e la<br />

raccolta dei rifiuti, tendono a essere ad alta intensità di<br />

manodopera (p. 121). Un’analisi delle economie di scala<br />

fra le giurisdizioni di St. Louis, che sono tra le più policentriche<br />

degli Stati Uniti, non ha fatto rilevare prove<br />

significative di effetti diseconomici sulle spese pro capite<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 322<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

che siano conseguenti alle dimensioni, il che è coerente<br />

con altre verifiche (p. 122). Mancano anche prove a sostegno<br />

dell’ipotesi che la “frammentazione” limiti la crescita<br />

economica (p. 136). Inoltre, gli aventi diritto di voto<br />

nella municipalità tendono a rifiutare le proposte di costituzione<br />

giuridica di municipalità, ma spesso sono favorevoli<br />

alla creazione di distretti speciali (p. 2).<br />

La separazione giurisdizionale non implica la presenza<br />

di frammentazione funzionale. Se un governo<br />

metropolitano può avere economie di scala nella produzione<br />

di alcuni dei suoi beni territoriali, anche una<br />

rete di giurisdizioni più piccole può generare economie<br />

simili. Le <strong>comuni</strong>tà collaborano per fornire beni ad alta<br />

intensità di capitale e singolarmente contrattano con<br />

produttori che operano su vasta scala, dal momento che<br />

la fornitura è diversa dalla produzione. Con giurisdizioni<br />

decentralizzate si possono soddisfare le economie<br />

di vasta scala preservando allo stesso tempo i vantaggi<br />

di un gestione <strong>comuni</strong>taria su scala inferiore. Alcuni<br />

studi hanno dimostrato che gli enti più piccoli tendono<br />

a essere maggiormente disponibili a provvedere al servizio<br />

di polizia del quartiere. Le <strong>comuni</strong>tà decentralizzate<br />

hanno spese pro capite più basse per determinati<br />

livelli di servizi (Parks e Oakerson, 1988, p. 3).<br />

Un termine più neutro di “frammentato”, con le sue<br />

connotazioni peggiorative di rotto o in pezzi incompleti,<br />

è “policentrico”. (Va osservato che un’industria non è<br />

chiamata “frammentata” quando presenta un grado di<br />

concentrazione basso.) L’indice Herfindahl H può essere<br />

utilizzato come misura di centralizzazione, esattamente<br />

come viene usato per misurare la concentrazione industriale.<br />

Il suo inverso serve come misura di policentricità,<br />

proprio come può misurare l’ammontare della diversificazione<br />

in una società o in un’industria. Parks e<br />

Oakerson (1988, p. 9) misurano la “frammentazione” a<br />

partire dal numero delle unità governative ogni 10 mila<br />

persone, ma questo tipo di rilevamento non tiene in considerazione<br />

le rispettive dimensioni delle unità. Per<br />

esempio, un’area metropolitana con una città di 991 mila<br />

abitanti più nove villaggi di mille persone avrebbe lo<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 323<br />

Politiche economiche urbane e public choice<br />

stesso indice di frammentazione di dieci città da 100 mila<br />

persone, eppure, dal punto di vista della popolazione<br />

totale, la prima realtà sarebbe molto più centralizzata.<br />

Un indice di policentricità misurato da 1/H darebbe<br />

quasi uno nel primo caso e dieci nel secondo.<br />

Ostrom, Tiebout e Warren (1961), analizzando la<br />

scala dei pacchetti di beni <strong>pubblici</strong> <strong>comuni</strong>tari, identificano<br />

quattro criteri di scala: il controllo, l’efficienza, la<br />

rappresentatività e l’autodeterminazione. Esempi di circostanze<br />

soggette a controllo sono il traffico e il crimine.<br />

Benché alcune circostanze, come l’inquinamento dell’aria,<br />

siano di portata metropolitana, altre come il crimine<br />

possono essere controllabili a livello di quartiere. In<br />

merito all’efficienza, i beni ad alta densità di manodopera<br />

– come il servizio di polizia e le scuole – generalmente<br />

hanno economie di piccola scala in confronto ai<br />

beni ad alta intensità di capitale o di terreno. La rappresentatività<br />

comprende l’inclusione di coloro che sono<br />

interessati da una data circostanza nella giurisdizione di<br />

pertinenza e l’esclusione di coloro che non ne sono interessati.<br />

L’autodeterminazione presume che chi è interessato<br />

da una certa situazione sia anche il decisore più<br />

appropriato nell’applicazione di altri criteri. Criteri differenti<br />

per differenti beni rivelano giurisdizioni sovrapposte<br />

o nidificate di varie dimensioni. È ad esempio il<br />

caso di Reston, dove le associazioni di villaggio gestiscono<br />

i servizi del quartiere e la Reston Association si<br />

occupa dei parchi e delle attività ricreative. Come osservano<br />

Ostrom, Tiebout e Warren, le giurisdizioni collaborano<br />

e competono per quanto riguarda sia la fornitura<br />

giurisdizionale sia la produzione di beni.<br />

In merito ai costi, la gestione policentrica è soggetta<br />

a maggiori effetti di spillover (che producono benefici ai<br />

vicini, anche se essi non contribuiscono), ma le <strong>comuni</strong>tà<br />

possono collaborare, e di fatto lo fanno, per creare<br />

enti di scala più vasta che permettano di conciliare tali<br />

esternalità e possano lasciare i conflitti irrisolti all’arbitrato<br />

e ai tribunali. Talune circostanze in mutamento<br />

potrebbero rendere obsoleti i confini esistenti e le giurisdizioni<br />

di proprietà, mentre i confini privati possono<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 324<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

essere flessibili, specialmente quando si richiede una<br />

giurisdizione parziale sotto forma di servitù.<br />

La decentralizzazione è stata proposta per Washington<br />

DC da William Niskanen (1991), il quale ha osservato<br />

che le spese della città sono circa il doppio di quelle<br />

dello Stato e delle medie locali. Egli ha quindi ipotizzato<br />

che nel distretto della Columbia le singole <strong>comuni</strong>tà<br />

ottenessero l’autorità di poter formare città separate<br />

e scegliere i propri servizi e le proprie quote di tassazione<br />

sulla proprietà. Niskanen ha anche proposto che<br />

l’imposta sulla proprietà venisse gradualmente spostata<br />

sulla tassazione dei valori fondiari piuttosto che sugli<br />

edifici, esentando i futuri aumenti di valore delle<br />

costruzioni. Ciò renderebbe il canone fondiario sempre<br />

più la base per il finanziamento dei beni civici. Egli ha<br />

previsto anche tariffe di congestione su veicoli che<br />

attraversano i confini del distretto nelle ore di punta. Di<br />

conseguenza, le altre tasse potrebbero essere ridotte o<br />

eliminate. Permettendo l’istituzione di distretti locali,<br />

contrattuali o governativi, che finanzino i propri beni<br />

civici tramite i canoni generati, questo principio è abbastanza<br />

flessibile da avere possibili applicazioni in molti<br />

tipi di strutture governative.<br />

Politiche economiche urbane: le teorie di Jane Jacobs<br />

Che ruolo possono svolgere le <strong>comuni</strong>tà di proprietà<br />

e le associazioni residenziali nelle politiche economiche<br />

urbane, sia in termini di loro conoscenza sia quale<br />

modo per stimolare l’economia urbana? Le <strong>comuni</strong>tà<br />

contrattuali possono facilitare la gestione decentralizzata<br />

e, come abbiamo già detto, le <strong>comuni</strong>tà policentriche<br />

possono offrire diverse economie di scala; ma l’autogestione<br />

civica è necessariamente un beneficio netto?<br />

Jane Jacobs (1969, 1984) avanzò la teoria secondo la<br />

quale sono le città, e non le campagne, le entità chiave<br />

della crescita e dello sviluppo economici. A suo parere<br />

(1969, p. 38) le economie rurali sono costruite su quelle<br />

della città: «Le economie cittadine inventano le cose che<br />

poi diventeranno importazioni dal mondo rurale, e poi<br />

reinventano il mondo rurale in modo che possa fornire<br />

324


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 325<br />

Politiche economiche urbane e public choice<br />

queste importazioni». Il nuovo lavoro – nuovi beni e<br />

nuovi servizi – viene aggiunto al vecchio lavoro, moltiplicandone<br />

la divisione. La Jacobs ritiene che Adam<br />

Smith diede l’ingiustificato merito del progresso economico<br />

alla divisione del lavoro. Ma anche le economie<br />

stagnanti hanno divisione del lavoro. È quale fonte di<br />

nuovo lavoro che la divisione del lavoro stesso diventa<br />

significativa per lo sviluppo (p. 81). Molti dei mali della<br />

vita urbana – la congestione, l’inquinamento, il rumore<br />

– vengono addossati al progresso, ma in realtà sono<br />

effetti della stagnazione (p. 102). E sono opportunità<br />

per nuovi servizi.<br />

Nell’interpretazione della Jacobs, una città costituisce<br />

un’unità economica naturale mentre, da una prospettiva<br />

economica, i confini fra i paesi e le loro suddivisioni<br />

spesso sono arbitrari. Le città crescono sostituendo<br />

le importazioni e aggiungendo lavoro di esportazione<br />

a quello locale, il che moltiplica i posti effettivi di<br />

lavoro. Le esportazioni vengono facilitate dall’autonomia,<br />

dal controllo di variabili come la moneta e la tassazione:<br />

«Le monete nazionali o imperiali restituiscono<br />

feedback erronei e distruttivi alle economie delle città»<br />

(1984, p. 158). A questo si dovrebbero aggiungere le politiche<br />

nazionali che impongono un sistema bancario e<br />

politiche del credito uniformi. In merito all’imposta sul<br />

valore aggiunto la Jacobs (1984, p. 226) ha affermato:<br />

Non si può immaginare nessun piccolo espediente di<br />

tassazione più efficace per favorire le imprese grandi e<br />

relativamente autosufficienti come le società multinazionali,<br />

con le loro molte affiliate e le tante transazioni<br />

interne, e nello stesso tempo penalizzare la produzione<br />

simbiotica. L’Iva rigira con noncuranza il coltello<br />

nelle piaghe dei fondamenti delle economie cittadine.<br />

Qualsiasi altra forma di imposta di vendita sui beni o<br />

i servizi di un produttore agisce allo stesso modo.<br />

Questa prospettiva può essere generalizzata a tutta<br />

la tassazione sulla produzione, che penalizza le ditte<br />

piccole e locali più delle grandi. La distinzione fra<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 326<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

imposte sui redditi e imposte sulle spese è amministrativa<br />

più che economica, diversamente dalle scadenze<br />

dei tributi (un’imposta sulla spesa penalizza il debito,<br />

mentre quella sul reddito penalizza il risparmio, ma nel<br />

complesso i debiti equivalgono ai risparmi). I lavoratori<br />

vendono il loro lavoro e la tassazione sul lavoro è<br />

quindi una tassazione sulla sua vendita. Una forma di<br />

tassazione direttamente collegata ai profitti e ai ritorni<br />

sui beni capitali agisce anche sulle vendite, e la differenza<br />

essenziale è lo stadio del livello produttivo al<br />

quale vengono imposti i costi.<br />

La tassazione dei prodotti è equivalente alla tassazione<br />

sulla produzione. Le imposte di proprietà sugli edifici<br />

o altre valorizzazioni sono un freno per la crescita<br />

urbana dal momento che penalizzano lo stesso processo<br />

di crescita. Come sostiene Gaffney (1989, p. 4), il degrado<br />

urbano è un fallimento nella conservazione dei beni<br />

capitali urbani. La tassazione del valore delle costruzioni<br />

distorce il mercato verso il mantenimento di edifici<br />

più vecchi e verso la mancanza di manutenzione. La<br />

costruzione o il rinnovamento degli edifici invece attirano<br />

inquilini da quelli più vecchi e stimolano ulteriori<br />

costruzioni; di conseguenza, producono aumenti di<br />

ritorni sinergici (p. 6). Quindi, l’affermazione della<br />

Jacobs sulla tassazione della vendita si applica anche a<br />

quella su tutta la produzione e i prodotti urbani. Un’alternativa<br />

è l’equivalenza fiscale, il pagare per ciò che si<br />

prende. Come abbiamo discusso nel sesto capitolo, le<br />

tariffe d’uso, le tariffe di congestione e i canoni fondiari<br />

sono i principali strumenti di equivalenza fiscale. Proprio<br />

come i condomini e le associazioni di proprietari di<br />

case finanziano i loro beni <strong>pubblici</strong> con i canoni fondiari<br />

generati, la teoria del terzo capitolo implica che anche le<br />

città stimolerebbero la crescita e il rinnovamento finanziando<br />

i propri servizi con canoni e tariffe d’uso 1 invece<br />

1. Le tariffe d’uso vengono pagate direttamente in cambio di un servizio<br />

ricevuto piuttosto che essere imposte come tasse di consumo sull’acquisto di<br />

beni o di un’attività. Sulla recente tendenza dei governi di chiamare le imposte<br />

di consumo “tariffe d’uso” si veda Richard E. Wagner (a cura di), Charging<br />

for Government, Routledge, London 1991.<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 327<br />

Politiche economiche urbane e public choice<br />

che tassare le valorizzazioni e gli sforzi produttivi.<br />

Gli standard nazionali di produzione e i metodi di<br />

produzione imposti contribuiscono a danneggiare le<br />

città, impedendo la differenziazione del mercato locale<br />

e le successive esportazioni (Jacobs, 1984, p. 226).<br />

Un’implicazione politica della teoria della Jacobs è che<br />

è necessaria un’amministrazione decentrata, con piena<br />

autonomia per regioni e città. Le <strong>comuni</strong>tà contrattuali<br />

offrono un modello di decentralizzazione non basato su<br />

un progetto che procede dall’alto verso il basso, ma<br />

lasciando che sia il processo di mercato a determinare la<br />

portata della policentralità. Anche Gordon Bullock<br />

(1993) teorizza che molti servizi possono essere sviluppati<br />

a livello di quartiere, che potrebbe divenire quello<br />

predominante se la politica lo permettesse. Egli rileva<br />

anche che l’amministrazione su piccola scala è maggiormente<br />

in accordo con le preferenze individuali e<br />

che la Fairfield, società di costruttori dell’Arizona, ha<br />

progettato le proprie <strong>comuni</strong>tà come poli di attrazione<br />

di diversi tipi di residenti. Robert Nelson (1989) immagina<br />

che un’associazione di quartiere possa avere l’opzione<br />

di vendere parte o tutto il quartiere mantenendo<br />

risposte flessibili ai cambiamenti nel mercato immobiliare<br />

e consentendo al quartiere di trarre profitto dalle<br />

nuove edificazioni. L’esempio dei private places di St.<br />

Louis, descritto nel tredicesimo capitolo, dimostra la<br />

fattibilità del controllo locale a livello di quartiere.<br />

Oltre all’amministrazione decentralizzata, le <strong>comuni</strong>tà<br />

contrattuali offrono anche un modello diverso di<br />

gestione, che potrebbe risollevare la vitalità della <strong>comuni</strong>tà.<br />

I problemi della vita urbana moderna, negli Stati<br />

Uniti come altrove, sono noti: la stagnazione economica,<br />

il crimine, l’inquinamento, la congestione, la povertà<br />

e la bruttezza. Come sostiene MacCallum, esiste una<br />

controtendenza nella costruzione di immobili. La<br />

gestione di proprietà offre incentivi diversi, più orientati<br />

al mercato, rispetto all’amministrazione sovrana. La<br />

gestione di proprietà e associativa può ridurre i conflitti<br />

di rent-seeking (parassitismo) che sono <strong>comuni</strong> nella<br />

gestione sovrana tramite gli effetti combinati derivanti<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 328<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

dall’abbandono della <strong>comuni</strong>tà (exit, la mobilità facilitata<br />

dalle piccole dimensioni dell’amministrazione),<br />

dalla voice (il voto e l’influenza personale rafforzati<br />

dalle piccole dimensioni e dalla votazione basata sulla<br />

proprietà), dalla simpatia (volontariato) e dalla capitalizzazione<br />

(del canone da beni civici, compresa la stessa<br />

gestione).<br />

È in atto una tendenza a veder aumentare la fornitura<br />

volontaria di servizi quali la protezione di quartiere.<br />

Il giudice Richard Neely (1990) ha esaminato come le<br />

associazioni di quartiere si costituiscano per la protezione<br />

contro il crimine, integrando piuttosto che sostituendo<br />

le politiche governative. In molti casi la fornitura<br />

privata di servizi di polizia avrebbe più a che fare<br />

con la protezione della proprietà e la sicurezza personale,<br />

e meno con l’applicazione di standard culturali,<br />

come le letture della gente, o la protezione di monopoli<br />

di Stato, come il gioco d’azzardo.<br />

Reston e altre nuove città nate negli anni Sessanta e<br />

Settanta contribuirono a cambiare il modello abitativo,<br />

che in precedenza riguardava aree residenziali isolate<br />

sia dai luoghi di lavoro che dai centri culturali. Secondo<br />

Francis Steinbauer, ex presidente della Reston Land<br />

Corporation, Reston ha avuto «un impatto monumentale<br />

e pervasivo sull’edificazione urbana e suburbana<br />

negli Stati Uniti». Reston dimostrò che i modelli tradizionali<br />

integrati della vita urbana potevano essere<br />

applicati a urbanizzazioni moderne (Steinbauer, 1985,<br />

p. 9). Uno studio condotto dalla Gulf Reston ha riscontrato<br />

che l’esempio di questa nuova città aveva contribuito<br />

a migliorare lo sviluppo della contea di Fairfax.<br />

Nel 1969 la contea adottò la zonizzazione “Planned<br />

Unit Development” (PUD), basata sul regolamento di<br />

zonizzazione RPC di Reston. La PUD consentiva un utilizzo<br />

misto del terreno come a Reston e i costruttori<br />

ritennero che fosse vantaggioso: nella Virginia settentrionale<br />

sono sorte nuove urbanizzazioni con gruppi di<br />

case, spazi aperti, sentieri e altre attrattive (Netherton,<br />

1989, p. 98).<br />

Dunque, si può dire che le <strong>comuni</strong>tà contrattuali<br />

328


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 329<br />

Politiche economiche urbane e public choice<br />

contribuiscano alle economie urbane sostituendo una<br />

governance più centralizzata e offrendo un diverso<br />

modello di gestione, migliorando lo sviluppo urbano.<br />

Analisi dei beni <strong>pubblici</strong> tramite la public choice<br />

I due metodi di fornitura dei beni civici, gli strumenti<br />

economici e gli strumenti politici, possono essere<br />

confrontati utilizzando la teoria della public choice. In<br />

una democrazia, il mezzo politico è soggetto al «mercato<br />

della legislazione», che crea incentivi disfunzionali<br />

alla fornitura di beni a gruppi che possono esercitare la<br />

loro influenza invece che al pubblico in generale. Un<br />

altro problema è costituito dal fatto che i governi solitamente<br />

forniscono questi benefici tramite la restrizione e<br />

la tassazione delle transazioni private. Non solo i cittadini<br />

ricevono meno beni di quanti ne desiderino, ma la<br />

loro capacità di provvedere da sé alle proprie esigenze<br />

viene drasticamente ridotta. Queste problematiche<br />

sono state illustrate nel primo capitolo con l’esempio<br />

della diga: la diga alla fine è costruita, ma risulta più<br />

grande e più costosa di quanto garantito dai vantaggi,<br />

e nel processo vengono sprecate risorse.<br />

Il fiasco di banche, risparmi e mutui dei primi anni<br />

Novanta negli Stati Uniti mostra come operino questi<br />

principi. Il bene pubblico della garanzia di deposito<br />

combinato con politiche fiscali che inducevano alla speculazione<br />

immobiliare hanno portato ad avere capitali<br />

investiti male e a un aumento del debito pubblico. Tra<br />

gli altri, i beneficiari si concentravano tra i possessori di<br />

grandi depositi, tra quanti avevano ottenuto prestiti e<br />

non erano riusciti a rimborsare il loro mutuo. L’aumento<br />

della tassazione e del debito pubblico (per saldare i<br />

debiti accumulati e occuparsi delle banche fallite) viene<br />

distribuito su tutta la popolazione. In un sistema bancario<br />

del tutto alternativo e puramente privato, la sicurezza<br />

sarebbe stata il risultato della concorrenza fra<br />

depositi e banconote (cfr. Selgin, 1988), essendo interesse<br />

delle banche garantire la sicurezza del sistema nel<br />

suo complesso. Ma se fosse così gli enti governativi perderebbero<br />

la capacità di perseguire la politica moneta-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 330<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

ria, con la sua tendenza all’inflazione e al succedersi di<br />

boom e crolli indotti dalle loro scelte (Wagner, 1980;<br />

Frey, 1978); quindi questa strada è del tutto preclusa.<br />

Uno dei fondamenti logici per le spese governative è<br />

la fornitura di beni collettivi. Ma il processo politico<br />

democratico, che negli Stati Uniti come in molti altri paesi<br />

ha poche restrizioni fiscali costituzionali, ha come risultato<br />

una tragedia dei beni <strong>comuni</strong>. La ricchezza e il reddito<br />

della popolazione diventa una miniera comune che coloro<br />

che fanno passare le leggi possono sfruttare. Brennan e<br />

Buchanan (1977) ipotizzano un modello di Stato-Leviatano,<br />

i cui rappresentanti cercano di massimizzare le entrate<br />

governative appena nei limiti della Costituzione. Al<br />

contrario, la gestione contrattuale è limitata dal bisogno<br />

vero e proprio di consenso contrattuale. Un proprietario<br />

in concorrenza con altre <strong>comuni</strong>tà ottiene risorse tramite<br />

canoni di locazione e imposte a tassi di mercato invece<br />

che imporre costi arbitrari. Un’associazione civica è limitata<br />

non solo dalle sue dimensioni e dalla sua costituzione,<br />

ma anche dal fatto che la tassazione richiesta è visibile<br />

e capitalizzata in valori di proprietà.<br />

I modi in cui i gruppi d’interesse possono dirigere i<br />

fondi a loro beneficio sono vari e fra essi ci sono il predisporre<br />

i programmi, ristrutturare le proposte a proprio<br />

favore, aumentare la grandezza della parte perdente,<br />

e gli scambi di favori, di voti e di benefici con<br />

altri gruppi. Una patologia politica a ciò collegata è<br />

data dal fatto che chi cerca trasferimenti o rendite spenderà<br />

fondi per ottenere benefici, e lo farà fino all’ammontare<br />

dei benefici, dissipando le risorse in giochi a<br />

somma negativa. In una democrazia, alla presenza di<br />

varie scelte alternative e diverse preferenze, il risultato<br />

può rivelarsi arbitrario; i teorizzatori della public choice<br />

si riferiscono a questo fenomeno con il termine di<br />

cycling (cicli). Dov’è possibile lo scambio di favori, gli<br />

appartenenti a una coalizione perdente sono incentivati<br />

a unirsi al gruppo vincente e alterare il risultato.<br />

Anche questo genera un ciclo. Quindi, il fatto di decidere<br />

i programmi e gli ordini del giorno conduce di<br />

fatto a una dittatura.<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 331<br />

Politiche economiche urbane e public choice<br />

Con una governance proprietaria non democratica è<br />

un singolo rappresentante a fare le proprie scelte, il che<br />

elimina le patologie della democrazia, oltre a ridurre la<br />

tendenza verso la massimizzazione del budget da parte<br />

dei burocrati, dal momento che il proprietario è un<br />

richiedente residuale. Nel caso delle associazioni civiche,<br />

la fattibilità del rendita o della ricerca di trasferimenti<br />

è smorzata dalle minori dimensioni dell’insieme<br />

di appartenenti, dalle regole di voto legate più alla proprietà,<br />

dalle opzioni limitate consentite dalla costituzione<br />

e dal bisogno di raccogliere fondi dalla tassazione, il<br />

che limita l’illusione fiscale dei paganti, come abbiamo<br />

già illustrato nel terzo capitolo.<br />

Il pagamento per i beni civici tramite le rendite generate<br />

realizza l’indicazione di Wicksell di legare il pagamento<br />

al beneficio. Una verifica delle spese è data dalla<br />

domanda: questa misura incrementerà il canone o il<br />

valore di proprietà? Con una rendita capitalizzata in<br />

valore di proprietà, i votanti-proprietari sono incentivati<br />

a controllare i loro rappresentanti e ciò accade anche<br />

in <strong>comuni</strong>tà delle dimensioni di Reston. I membri partecipano<br />

alle riunioni del consiglio e danno voce alle loro<br />

opinioni, e le riunioni vengono trasmesse alla tv via<br />

cavo locale. Con una gestione accentrata, quei beni civici<br />

che beneficiano il pubblico in generale tendono a<br />

venire adattati agli interessi del votante medio, dal<br />

momento che i politici competono per il suo voto. La<br />

gestione policentrica offre invece una gamma più ampia<br />

di beni civici, lasciando più scelta a quelle persone che si<br />

trovano in coda alle distribuzioni di preferenze.<br />

La governance multilaterale differisce da quella<br />

accentrata in molti modi. Per prima cosa, le <strong>comuni</strong>tà<br />

multilaterali hanno un esplicito rapporto contrattuale<br />

fra i membri e con i clienti, mentre, nel caso di un<br />

governo imposto, i cittadini ci nascono o entrano nella<br />

sua giurisdizione automaticamente quando risiedono<br />

nella sua area geografica o vi fanno visita. In quanto<br />

parte contraente, i membri o i clienti di una <strong>comuni</strong>tà<br />

contrattuale hanno una relazione legale equa l’uno con<br />

l’altro e con l’organizzazione, mentre i governi sovrani<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 332<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

di solito rivendicano una certa immunità dai procedimenti<br />

legali.<br />

In secondo luogo, il potere di una <strong>comuni</strong>tà consensuale<br />

è limitato da clausole costituzionali o da obblighi<br />

contrattuali dell’associazione stessa, mentre il potere di<br />

un governo sovrano di imporre costi è vasto poiché le<br />

costituzioni ufficiali spesso contengono delle limitazioni<br />

vaghe che possono essere interpretate in molti modi.<br />

Inoltre, le organizzazioni contrattuali locali o di scopo<br />

hanno una maggior possibilità di provvedere ai beni<br />

collettivi perché non sono limitate dagli interessi della<br />

<strong>comuni</strong>tà più ampia.<br />

In terzo luogo, il governo in una democrazia maggioritaria<br />

di solito intraprende politiche ridistributive,<br />

con pagamenti di tasse che spesso hanno poco rapporto<br />

con i servizi resi. «Il governo diventa l’arena in cui le<br />

fazioni contendenti cercano di formare coalizioni vincenti<br />

in una gara per essere gli unici destinatari dei trasferimenti»<br />

(Wagner, 1989, p. 138). Il risultato è una<br />

spesa pubblica maggiore di quella garantita da beni non<br />

ridistributivi. Le <strong>comuni</strong>tà consensuali, invece, sono<br />

finanziate attraverso una sommaria equivalenza fiscale,<br />

più o meno quello che accade quando si pagano i beni<br />

privati.<br />

In quarto luogo, le <strong>comuni</strong>tà contrattuali sono<br />

governate di solito da chi possiede proprietà nella<br />

<strong>comuni</strong>tà, spesso in proporzione alla stessa proprietà, e<br />

in misura minore dai semplici residenti, mentre nelle<br />

gestioni imposte di norma i proprietari non hanno più<br />

potere di voto degli altri residenti. I proprietari hanno<br />

maggior incentivo a essere informati in merito alla<br />

gestione, dal momento che in ballo c’è il valore stesso<br />

della loro proprietà.<br />

I rappresentanti del governo non possiedono ciò che<br />

dirigono e la produttività della proprietà non influenza<br />

la scelta, o choice influencing, secondo la terminologia di<br />

Buchanan (1978 [1969]). Come afferma Mason Gaffney<br />

(1976, p. 115) il governo è immobiliarmente estensivo,<br />

possedendo molta terra esentasse e libera da ipoteche. I<br />

guadagni di cui si priva a causa del sottoutilizzo del ter-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 333<br />

Politiche economiche urbane e public choice<br />

reno spesso non vengono considerati e non impongono<br />

costi ai rappresentanti governativi. Un esempio portato<br />

da Gaffney è quello delle basi militari, il cui valore di<br />

rendita annuale non appare nel bilancio. Altri aspetti<br />

della produzione o della fornitura di beni collettivi da<br />

parte di uno Stato che sono stati analizzati da testi di<br />

organizzazione industriale includono la difficoltà di<br />

definire l’output, la monopolizzazione della produzione,<br />

l’incertezza della tecnologia della produzione e la<br />

difficoltà a misurare l’efficienza della produzione<br />

(Wolf, 1988, p. 51).<br />

Alcuni studi hanno dimostrato che il settore privato<br />

produce beni civici a costo inferiore rispetto allo Stato<br />

(Poole, 1976), il che è coerente con i diversi incentivi<br />

affrontati da chi agisce in un governo sovrano dove le<br />

risorse possono essere controllate o da chi opera in<br />

un’amministrazione consensuale, dove le risorse vengono<br />

scambiate o donate. Una ricerca effettuata da Borcherding,<br />

Pommerehne e Schneider (1982; riassunta<br />

nell’appendice B di Wolf, 1988) mette a confronto l’efficienza<br />

tecnica della produzione privata e statale in cinque<br />

paesi e scopre che, in 40 casi sui 50 esaminati, la<br />

produzione privata è meno costosa, con solo tre casi di<br />

produzione non di mercato più efficiente (uno è la raccolta<br />

dei rifiuti, che però in altri casi, come abbiamo<br />

visto nell’undicesimo capitolo, è più costosa quando<br />

fornita dal governo).<br />

Una premessa della teoria della public choice è che in<br />

un processo politico gli agenti sono soggetti agli stessi<br />

principi economici che si applicano agli agenti di un<br />

processo di mercato. Ne consegue una patologia sociale<br />

in quanto, come dice Wagner (1988b, p. 1), «gli interventi<br />

politici nell’economia seguiranno una logica economica<br />

che sarà ortogonale ai dettami delle politiche<br />

economiche di welfare». Il rent seeking, lo spendere<br />

risorse per ottenere delle politiche a proprio favore, privilegi<br />

o sussidi governativi, spesso si realizza quando i<br />

benefici sono concentrati in un gruppo d’interesse e i<br />

costi sono diffusi su un pubblico ampio, così che il singolo<br />

pagante non ha alcun incentivo a controllare e<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 334<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

intraprendere azioni legali contro il fenomeno. Inoltre, i<br />

costi e le restrizioni possono essere imposti a minoranze<br />

che hanno meno influenza. E ciò accade perché i rappresentanti<br />

governativi hanno la possibilità di imporre<br />

costi. Un ente governativo può anche essere un gruppo<br />

d’interesse che persegue i propri obiettivi privati mentre<br />

svolge le proprie funzioni amministrative. A causa<br />

del suo bisogno di standard di performance, un ente crea<br />

regole che conducono a ciò che Wolf (1988, p. 66) chiama<br />

«internalità», vale a dire obiettivi interni che costituiscono<br />

una controparte alle esternalità.<br />

Anche le associazioni residenziali sono soggette alla<br />

ricerca di privilegi, dal momento che la stessa democrazia<br />

pone i problemi legati all’agente principale. Molti<br />

residenti di RCA sono apatici nei riguardi della loro<br />

governance, a meno che le politiche messe in atto non li<br />

tocchino in modo negativo, ma la loro ignoranza può<br />

offrire l’occasione per l’appropriazione di fondi a beneficio<br />

privato dei membri del consiglio. La scala minore<br />

delle RCA, sia per quanto riguarda le dimensioni, sia<br />

per quanto riguarda la portata, combinata alla forma<br />

visibile della tassazione, rende però il rent seeking meno<br />

fattibile in una RCA rispetto alle strutture di tassazione<br />

più grandi e complesse dei governi locali.<br />

In un’amministrazione, i membri o clienti possono<br />

ottenere una stima dei costi e della loro futura espansione<br />

tramite l’esplicito contratto che firmano. Un’associazione<br />

può imporre contributi speciali, ma la tipologia<br />

e l’ammontare del costo sono limitati costituzionalmente,<br />

e l’incentivo a imporli viene ridotto perché<br />

essi si capitalizzano in valori di proprietà inferiori. Nei<br />

club territoriali, il rent seeking è letteralmente un<br />

“ground rent” seeking, vale a dire una ricerca di rendita<br />

fondiaria, e quindi è più difficile da nascondere. La<br />

mobilità costituisce un’altra limitazione al rent seeking.<br />

La capacità del proprietario di appropriarsi dei canoni<br />

può essere limitata da restrizioni contrattuali così<br />

come da clausole, come nel caso di Shannon, volte a<br />

garantire il valore degli investimenti dei residenti nel<br />

loro immobile.<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 335<br />

Politiche economiche urbane e public choice<br />

La stessa struttura costituzionale che porta al transfer<br />

seeking impedisce al contempo una riforma fondamentale<br />

del sistema che «trasformerebbe il governo da<br />

trasgressore dei diritti della persona e della proprietà a<br />

partecipante all’interno della struttura di quegli stessi<br />

diritti» (Wagner, 1989, p. 17). Ciò nonostante, esistono<br />

alcuni modi per realizzare una gestione contrattuale.<br />

Nel prossimo capitolo esamineremo alcune delle possibilità.<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 336


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Capitolo 15<br />

Verso una governance consensuale<br />

In questo capitolo considereremo per prima cosa<br />

alcuni metodi di finanziamento dei beni collettivi proposti<br />

dagli studiosi e li confronteremo con il sistema<br />

delle tasse e dei canoni che è stato discusso finora. Poi<br />

esploreremo il modo in cui ci si può avviare verso una<br />

governance di tipo consensuale.<br />

Altri metodi volontari<br />

I tre grandi approcci al finanziamento dei beni collettivi<br />

sono la tassazione arbitraria, l’equivalenza fiscale<br />

e la donazione. Un veicolo di equivalenza fiscale di<br />

cui non abbiamo finora parlato è la tassazione sull’applicazione<br />

dei contratti proposta da Tibor Machan<br />

(1982). I beni collettivi possono essere finanziati senza<br />

coercizione collegandoli al bene divisibile della protezione<br />

dei contratti. Coloro che desiderano un governo<br />

che faccia rispettare i contratti saranno disposti a pagare<br />

una quota per questo e così i beni civici verranno<br />

finanziati.<br />

In merito a questo tipo di tassazione contrattuale<br />

sorgono però molti dubbi, come quelli che riguardano i<br />

contratti impliciti. Si tiene in considerazione il fatto che<br />

l’acquisto di un prodotto implica un qualche tipo di<br />

contratto, per esempio la richiesta che tale prodotto non<br />

sia pericoloso? Se non esiste un simile contratto implicito,<br />

allora si dovrebbero ricercare assicurazioni ogni<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 338<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

volta che si compra qualcosa, il che apre la questione<br />

della portata dei contratti. Si può firmare un contratto<br />

valido per tutte le transazioni per un lungo periodo di<br />

tempo e una vasta gamma di operazioni? Ovviamente,<br />

la tassazione sui contratti indurrebbe alla stesura di<br />

contratti i più vasti possibile. Ne risulterebbe che la<br />

contrattazione sarebbe inibita o la tassa pagata una sola<br />

volta per molte transazioni, così che verrebbero raccolti<br />

pochi fondi. A differenza del terreno, che ha un valore<br />

di mercato, un contratto non ha un valore di scambio<br />

naturale. Non avendo limiti fissi, potrebbe diventare<br />

indefinitamente elastico. Infine, le persone potrebbero<br />

organizzarsi in modo da aver bisogno solamente di un<br />

contratto generale per tutte le transazioni future di tutte<br />

le persone in una giurisdizione.<br />

Altri autori come David Friedman (1989, p. 136)<br />

hanno riproposto la vecchia ipotesi che un imprenditore,<br />

ad esempio quello che deve costruire la famosa diga,<br />

possa richiedere un accordo da tutti gli interessati dalla<br />

cosa. Pur riconoscendo l’esistenza di un problema<br />

cooperativo, Friedman ritiene che alcune persone<br />

potrebbero ritenere che sia nel loro interesse di pagare,<br />

anche se non spiega perché; bisogna ipotizzare che ci<br />

sia della simpatia smithiana per il progetto, che però<br />

Friedman non include nell’utilità. (Allora, Friedman<br />

suggerisce che l’imprenditore compri il terreno.)<br />

Un altro metodo proposto è una tariffa d’uso con<br />

una soprattassa, ma in questo caso una società diversa<br />

priva di tale soprattassa sarebbe avvantaggiata. Le<br />

donazioni volontarie sono poi soggette a comportamenti<br />

parassitari (free riding) a meno che non esista simpatia.<br />

Questi schemi di libero mercato e molta della letteratura<br />

sui beni <strong>pubblici</strong> hanno in comune l’assenza<br />

dello spazio e della capitalizzazione, i quali offrono una<br />

soluzione al problema dei beni territoriali.<br />

Gli strumenti volontari per il finanziamento dei beni<br />

<strong>pubblici</strong> si riducono a tariffe d’uso e alle donazioni. Le<br />

donazioni possono anche sovvenzionare alcuni beni<br />

collettivi, come abbiamo visto nel settimo capitolo, ma<br />

come abbiamo già detto la simpatia è una risorsa scar-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 339<br />

Verso una governance consensuale<br />

sa e andrà spesa per i casi a simpatia maggiore, vale a<br />

dire ritenuti meritevoli e non in grado di fare ottenere<br />

risorse in altri modi. Di conseguenza, la simpatia può<br />

non essere una fonte affidabile per servizi come la difesa<br />

nazionale, che necessita di volontari nei momenti di<br />

pericolo, ma non necessariamente in altre circostanze.<br />

La tariffa d’uso è un pagamento diretto di un servizio,<br />

sia che sia dovuta a un club, sia che si tratti dell’entrata<br />

a un parco o del canone per dei beni civici periodici. Le<br />

quote supplementari, come sono le soprattasse, non<br />

hanno la probabilità di essere negoziabili e le tariffe non<br />

pagate direttamente per un servizio, come quelle per<br />

l’applicazione dei contratti, quella di venire evase. Ma<br />

allora perché dobbiamo cercare le chiavi sotto il letto o<br />

nei cassetti quando sono già sopra il tavolo della cucina?<br />

Dal momento che molti beni civici sono territoriali,<br />

si può utilizzare il canone come tariffa d’uso, e i case<br />

study hanno dimostrato che il metodo funziona bene.<br />

Verso la riforma costituzionale<br />

Come viene detto all’interno della letteratura scientifica<br />

di economia costituzionale (Buchanan, 1990), i cambiamenti<br />

riguardanti le istituzioni politiche, sia che consistano<br />

nell’eleggere politici migliori sia che si tratti di<br />

cambiare le leggi, tenderanno a essere contrastati dagli<br />

incentivi che portano a risultati disfunzionali. Per cambiare<br />

i risultati, bisogna cambiare le regole fondamentali<br />

del gioco. Tali regole costituzionali includono: 1.<br />

norme che prescrivono la struttura della governance, 2.<br />

norme che prescrivono il comportamento dei membri, e<br />

3. norme che prescrivono i poteri dell’organizzazione.<br />

La riforma costituzionale inizia dalla consapevolezza<br />

della meta-costituzione, il quadro etico nel quale è<br />

stata creata la costituzione stessa. Questa base morale<br />

non può essere anch’essa un accordo, un patto, dal<br />

momento che getta le fondamenta per i patti. Nel quinto<br />

capitolo abbiamo definito quest’etica come ciò che<br />

Locke chiamava «diritto di natura», basato sui presupposti<br />

dell’indipendenza e dell’uguaglianza umana. Il<br />

riconoscimento della nostra indipendenza e uguaglian-<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 340<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

za è il fondamento di una costituzione che non ostacoli<br />

l’autogoverno. Un tale cambiamento radicale non è<br />

impossibile. Gli esempi storici abbondano e fra essi ci<br />

sono la Rivoluzione americana e movimenti come quelli<br />

per l’abolizione della schiavitù e la parità dei diritti<br />

delle donne. Gli incentivi contro il cambiamento esistenti<br />

nel normale processo politico possono essere<br />

sopraffatti da un grande movimento focalizzato su una<br />

qualche riforma radicale ma specifica, della quale chi è<br />

alla ricerca di una carica deve tener conto. Una cittadinanza<br />

stimolata può superare l’ignoranza e l’apatia. Ma<br />

un simile movimento molto probabilmente richiederebbe<br />

una crisi e un imprenditore politico capace di sollevare<br />

la gente.<br />

Il cambiamento fondamentale potrebbe prendere la<br />

forma di tre emendamenti alla costituzione. Il primo<br />

riguarda il comportamento della cittadinanza e potrebbe<br />

essere la codificazione dell’etica universale di Locke:<br />

qualsiasi atto che non danneggi gli altri in modo coercitivo<br />

non dovrà essere limitato, nonostante gli interessi dello Stato.<br />

Qualsiasi atto pacifico e onesto sarebbe così costituzionalmente<br />

permesso. Questa misura in un colpo solo<br />

permetterebbe di eliminare tutte le leggi e le norme sull’impresa<br />

che non riguardino l’uso della forza o la<br />

frode, compresa la formazione di <strong>comuni</strong>tà contrattuali<br />

autogovernate. Il secondo fondamentale emendamento<br />

riguarda i poteri statali e toglierebbe la tassazione<br />

degli individui e delle società a tutti i livelli di governo,<br />

eliminando il prelievo di ricchezza privata. Un<br />

governo federale otterrebbe i propri fondi o dagli Stati<br />

che lo costituiscono oppure da vere tariffe d’uso e canoni<br />

per l’utilizzo delle risorse naturali, quali il petrolio<br />

offshore, oppure per quello di oceani e atmosfera in<br />

quanto discariche di sostanze inquinanti. Gli Stati, le<br />

province e le contee, non potendo tassare le transazioni<br />

o la ricchezza, dovrebbero ricorrere alla raccolta dei<br />

canoni e delle tariffe d’uso. Il terzo emendamento ha a<br />

che fare con la struttura del governo o con la possibilità<br />

di cambiarla. Le opzioni d’uscita dalle giurisdizioni<br />

governative permettono alle <strong>comuni</strong>tà contrattuali di<br />

340


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 341<br />

Verso una governance consensuale<br />

diventare riconosciute e in equa concorrenza con il<br />

governo sovrano.<br />

La struttura fornita dalla Costituzione degli Stati<br />

Uniti è quella della divisione dei poteri (i tre rami del<br />

governo) e del federalismo (Stati paralleli e sovranità<br />

federale), che significa oligopolio del governo. Una<br />

divisione di questo tipo ha permesso e conservato un<br />

livello di libertà elevato rispetto ad altri paesi del<br />

mondo, ma non ha evitato la patologia della ricerca dei<br />

trasferimenti che si è descritta nel capitolo precedente.<br />

Oggi questa patologia è andata oltre alla normale tassazione,<br />

giungendo alla confisca arbitraria sotto le leggi<br />

di «confisca civica di un bene» che permettono al<br />

governo federale e ai governi degli Stati di requisire la<br />

proprietà (compresi denaro, automobili e immobili)<br />

come azione «civile», senza dover essere accusati o giudicati<br />

colpevoli di un crimine (Schrama, 1992). L’80 per<br />

cento delle vittime di simili confische non vengono poi<br />

accusate di nessun crimine (Wollstein, 1992). Le confische<br />

vengono considerate un’azione civile piuttosto che<br />

penale, per cui non si applicano le forme di protezione<br />

del processo penale. Dal momento che gli enti governativi<br />

si tengono la proprietà (o la vendono e trattengono<br />

i profitti), esiste il forte incentivo per i governi a un utilizzo<br />

sempre maggiore della confisca come fonte di<br />

entrate, imponendo così quella che in realtà è una tassa<br />

casuale.<br />

Il problema fondamentale è che, come abbiamo<br />

osservato nel quinto capitolo, non c’è libero accesso alle<br />

attività economiche del governo sovrano, e gli Stati o le<br />

province possono usare il governo federale come un<br />

cartello di monopolio, ad esempio sostenendo a spada<br />

tratta la tassazione federale sui redditi per raccogliere le<br />

imposte su quelli statali. Le spese obbligate che sembrano<br />

imposte agli Stati dal governo federale in effetti<br />

possono essere un accordo di cartello degli Stati per evitare<br />

che fra loro vi sia una concorrenza nella tassazione.<br />

I tre rami del governo concordano ampiamente sul fondamentale<br />

principio della tassazione e della restrizione,<br />

anche se a volte sono in disaccordo sui tipi e sui livelli.<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 342<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

Inoltre, negli Stati Uniti i due partiti politici maggiori<br />

formano un cartello per la divisione del potere (restringendo<br />

l’accesso al voto da parte degli altri partiti) e tra<br />

loro si combattono sulla possibilità di usarlo – ma non<br />

sul sistema in sé. Di conseguenza, c’è un’ampia collaborazione<br />

sulla fondamentale condizione, costituzionale<br />

de facto, della ricerca di rendite (rent seeking) e c’è concorrenza<br />

solo per quanto riguarda i profitti. Negli oligopoli<br />

che realizzano beni divisibili, per un produttore<br />

esiste l’incentivo a cercare d’ingannare il cartello, vendendo<br />

i propri beni leggermente al di sotto del prezzo<br />

da esso stabilito, ma negli oligopoli governativi è molto<br />

difficile che si spezzi la collusione perché la collaborazione<br />

di tutti gli enti è una caratteristica richiesta per<br />

fornire l’output, i trasferimenti di ricchezza.<br />

Una diversa riforma strutturale è quella che permetterebbe<br />

l’accesso e l’uscita dagli affari economici del<br />

governo, svendendo il cartello. Consentirebbe a ogni<br />

persona oppure a ogni organizzazione con un titolo di<br />

proprietà sul terreno di ritirarlo dalla giurisdizione<br />

governativa e di crearvi una propria governance. Buchanan<br />

e Faith (1987) e Allen Buchanan (1991) hanno formulato<br />

alcune teorie sulla secessione dallo Stato quale<br />

limite al potenziale opportunismo di una coalizione<br />

governante. Come ha osservato anche Anton Lowenberg<br />

(1992), un’opzione di uscita aiuta a mantenere<br />

l’applicazione post-costituzionale delle regole costituzionali.<br />

L’iniziativa pubblica (voice) o il voto possono<br />

non essere sufficienti. Un individuo ha poco controllo<br />

sul processo politico, ma un’uscita geografica legalizzata<br />

(ciò che Buchanan e Faith chiamano «uscita interna»,<br />

1987) gli permetterebbe di ritirarsi da un processo disfunzionale,<br />

in alternativa a un’infattibile riforma del<br />

sistema. Come individua anche Buchanan (1991), una<br />

costituzione potrebbe sottolineare solo i requisiti procedurali<br />

del ritiro e non richiedere motivazioni particolari<br />

per giustificare la secessione. La procedura comprenderebbe<br />

anche il pagamento di reciprochi obblighi,<br />

simile all’equa divisione delle proprietà in un divorzio<br />

(p. 133), e anche una quota d’uscita di cui parleremo.<br />

342


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 343<br />

Verso una governance consensuale<br />

Michael Marlow (1992) rileva che i monopoli governativi<br />

sono appoggiati da coloro che percepiscono il<br />

governo come un’entità troppo piccola (per esempio,<br />

per gestire le esternalità) e i governi competitivi sono<br />

sostenuti da chi percepisce il governo come un qualcosa<br />

di troppo grande, risultato sovradimensionato di<br />

incentivi perversi. Tuttavia la questione primaria non è<br />

la dimensione del governo in sé e per sé, ma se le sue<br />

spese sono quelle scelte dai cittadini. La dimensione<br />

diventa un problema proprio perché ci sono spese che<br />

non vengono liberamente scelte da chi paga le tasse e<br />

dai cittadini. Lo scopo della secessione è ampliare la<br />

scelta e non necessariamente diminuire la proporzione<br />

di uscite del governo.<br />

La possibilità di separarsi sarebbe una potente<br />

forma di controllo sulla ricerca di benefici. Oltre alla<br />

mobilità del modello Tiebout, ci sarebbe la possibilità<br />

dell’uscita geografica, della secessione, da giurisdizioni<br />

di aree vaste. L’uscita personale sarebbe un’opzione più<br />

fattibile nelle piccole associazioni, come i condomini, e<br />

l’uscita geografica lo sarebbe per le grandi giurisdizioni.<br />

Chiamiamo il proprietario di un sito che si sta separando<br />

“secessionista”, l’area che si separa il “nuovo<br />

regno” e il governo o l’associazione dalla quale ci si distacca<br />

il “vecchio regno”. Se la secessione legalizzata<br />

viene implementata dai paesi o dai loro Stati e province,<br />

i vecchi regni potrebbero mantenere ancora una<br />

“sovranità residuale”. Per esempio, se una persona<br />

separasse il suo terreno dalla giurisdizione della Virginia<br />

e degli Stati Uniti, entrambi potrebbero ancora<br />

reclamare una giurisdizione nominale in merito ai confini<br />

federali o internazionali, ma non eserciterebbero<br />

alcun potere all’interno del nuovo regno al di là di quelle<br />

misure difensive stabilite nella Costituzione. L’uscita<br />

geografica potrebbe anche costituire una possibilità<br />

costituzionale di <strong>comuni</strong>tà contrattuali estese e si<br />

potrebbero prevedere diritti di proprietà residuali detenuti<br />

dal vecchio regno, in modo che la secessione non<br />

debba essere un rottura completa con esso.<br />

La secessione creerebbe taluni opportunisti (free<br />

343


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 344<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

rider) di servizi territoriali su vaste aree se non fosse<br />

accompagnata da qualche accordo di pagamento. Se un<br />

emendamento di secessione venisse legato all’approvazione<br />

dell’emendamento di tassazione esposto in seguito,<br />

o al pagamento dei beni civici tramite canone fondiario,<br />

allora il problema dei free rider sarebbe superato.<br />

Con l’eliminazione di tutte le tasse tranne quelle che<br />

sfruttano il canone fondiario, sarebbe consentita la separazione<br />

di un lotto da una giurisdizione a patto che il<br />

secessionista paghi un tariffa d’uscita che in effetti corrisponda<br />

all’acquisto della terra dal vecchio regno o, più<br />

specificatamente, dell’acquisto l’ammontare di valore<br />

fondiario generato da servizi resi dal vecchio regno.<br />

La tariffa d’uscita compenserebbe il vecchio regno<br />

per i servizi futuri resi. Quindi, il punto diventa se<br />

basare la compensazione sull’intera tassazione della<br />

rendita fondiaria, sull’assessment, o su una sua frazione.<br />

Un pagamento del 100 per cento sarebbe troppo alto<br />

per molti motivi. In primo luogo, potrebbe essere difficile<br />

valutare il canone generato da un servizio come la<br />

difesa. In secondo luogo, il costo di un servizio inefficiente<br />

o non desiderato potrebbe essere più alto del<br />

canone generato e di conseguenza una tassazione sul<br />

canone potrebbe ricadere anche su quello non generato<br />

dai servizi. In terzo luogo, anche se si può stimare il<br />

canone marginale indotto, se la maggioranza del territorio<br />

del vecchio regno si separa, il piccolo territorio<br />

rimanente si ritroverebbe con la maggior parte del valore<br />

fondiario e il controllo di beni civici su vasta scala. In<br />

quarto luogo, la secessione non risponderebbe all’obiettivo<br />

di separare un nuovo regno dal governo disfunzionale<br />

del vecchio regno, dal momento che quest’ultimo<br />

verrebbe compensato per la governance permanente.<br />

D’altro lato, un pagamento pari a zero sarebbe però<br />

troppo basso, e se poche aree secedono allora si assiste<br />

a un free riding finanziario. Come semplice compromesso,<br />

la Costituzione potrebbe specificare una tariffa d’uscita<br />

pari all’attuale valore della metà dei contributi di<br />

miglioria o della tassazione sulla rendita fondiaria,<br />

lasciando così anche un margine d’errore nel caso in cui<br />

344


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 345<br />

Verso una governance consensuale<br />

alcuni miglioramenti non generino molta rendita. L’emendamento<br />

potrebbe recitare così:<br />

Qualsiasi persona o oppure organizzazione che detiene<br />

un titolo di proprietà fondiario può separare il proprio<br />

terreno dalla giurisdizione del governo (o dell’associazione),<br />

a patto che il titolare della proprietà paghi<br />

il 50 per cento del corrente valore delle imposte<br />

annuali sul valore fondiario o delle imposte di canone<br />

fondiario pagabili al momento della secessione. Questo<br />

ammontare è pari alla metà dei correnti pagamenti<br />

divisi per la media del tasso d’interesse reale di<br />

lungo termine per bond a basso rischio dei dieci anni<br />

precedenti. Colui che si separa non sarà più soggetto a<br />

qualsiasi legge del governo. Nessuna persona adulta<br />

dovrà essere costretta a rimanere nel territorio separatosi<br />

contro la sua volontà, né il territorio separatosi<br />

potrà emanare leggi in violazione dei diritti naturali e<br />

contrattuali dei residenti o dei visitatori. Se tali diritti<br />

verranno negati, allora la separazione diventerà nulla.<br />

In alternativa, il nuovo regno potrebbe scegliere di<br />

continuare a pagare l’affitto al vecchio regno piuttosto<br />

che la tariffa d’uscita. Se in seguito vecchio e nuovo<br />

regno decidono di mutuo accordo di fondersi, allora il<br />

vecchio regno rimborserà la tariffa d’uscita meno una<br />

certa quantità di costi di transazione, il che in effetti<br />

significa ricomprare il valore fondiario.<br />

Se la secessione e l’eliminazione di tutte le restrizioni<br />

sono due vie non percorribili, talune riforme minori<br />

potrebbero facilitare una governance consensuale. Per<br />

prima cosa, le <strong>comuni</strong>tà contrattuali dovrebbero avere<br />

il diritto di libera associazione garantito dalla Costituzione.<br />

Gli adulti dovrebbero avere la possibilità di scegliere<br />

qualsiasi tipo di accordo interno desiderino. Al di<br />

là della parità fiscale, spesso le <strong>comuni</strong>tà private non<br />

hanno parità legale di fronte ai governi sovrani. I<br />

governi locali e statali non conferiscono autonomia di<br />

governance alle associazioni private. Il caso di Arden<br />

dimostra l’alterazione da parte dello Stato degli accordi<br />

contrattuali e quello di Fort Ellsworth è un esempio di<br />

345


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 346<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

governo cittadino che impone delle regole al condominio,<br />

come quelle in merito all’utilizzo della piscina privata.<br />

E poi, dei membri di associazioni scontenti hanno<br />

fatto ricorso al governo locale per ottenere aiuto nelle<br />

loro dispute con i consigli delle RCA (Dean, 1989a, p. 5).<br />

I regolamenti governativi inducono una standardizzazione<br />

nei documenti di gestione delle RCA, per cui i<br />

costruttori spesso utilizzano il linguaggio delle formule<br />

governative (Winokur, 1989 [1988]).<br />

In secondo luogo, i governi potrebbero permettere<br />

una “sostituzione di tassazione”, un rimborso o un<br />

accredito per i beni civici che prendono il posto di quelli<br />

forniti dal governo. La sostituzione di tassazione consisterebbe<br />

in una piccola secessione. Una proposta di<br />

questo tipo è stata portata avanti in merito all’istruzione:<br />

l’istruzione in scuole alternative, fino a un certo<br />

livello, verrebbe accreditata nei debiti d’imposta. Anche<br />

l’eliminazione dei vantaggi di tassazione per la proprietà<br />

terriera (come la possibilità di detrarre i pagamenti<br />

degli interessi delle ipoteche, ma non dei mutui<br />

personali) e l’abolizione delle imposte sulla proprietà<br />

delle associazioni civiche stimolerebbero un governo di<br />

tipo contrattuale. I case study di Walt Disney World, di<br />

Arden e Reston dimostrano che la fornitura contrattuale<br />

di beni collettivi viene rafforzata dalla rimozione<br />

delle restrizioni e dai rimborsi della tassazione imposta<br />

dai livelli più alti di governo. Le associazioni di quartiere<br />

e residenziali potrebbero allora gestire la loro polizia,<br />

la manutenzione delle strade e dei parchi e altri servizi<br />

al posto di quelli forniti dai governi. Gli imprenditori<br />

sarebbero in grado di comprare servitù e diritti dai<br />

quartieri e dai corridoi, creare beni civici e poi chiedere<br />

quote per il passaggio o l’utilizzo di tali beni, quote che<br />

sarebbero accreditate nelle tasse per la sostituzione<br />

della fornitura governativa.<br />

Chi oppone resistenza – vale a dire coloro che si<br />

rifiutano di vendere i diritti sul terreno o le servitù a tali<br />

imprenditori – potrebbero essere gestiti in vari modi.<br />

Per prima cosa, verrebbero esclusi dall’associazione<br />

civica e perderebbero così alcuni benefici divisibili<br />

346


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 347<br />

Verso una governance consensuale<br />

come la protezione da parte della polizia o l’accesso alla<br />

strada dal viale carrozzabile delle residenze. In secondo<br />

luogo, soffrirebbero della perdita di simpatia e di buona<br />

disposizione da parte dei vicini. Terzo, raramente<br />

sarebbero agenti autonomi, ma sarebbero già in una<br />

<strong>comuni</strong>tà, come un governo sovrano e un regime di tassazione,<br />

quindi dovrebbero scegliere a quale ente affiliarsi<br />

e non se affiliarsi. Infine, va anche detto che<br />

opporre resistenza non è un’azione priva di benefici<br />

sociali, dal momento che la possibilità di rifiutarsi di<br />

entrare in un’associazione impedisce a tale associazione<br />

lo sfruttamento.<br />

I case study dimostrano che la fornitura privata di<br />

beni è stata ostacolata dalle politiche di governo e che<br />

non chiede l’intervento e il finanziamento sovrani.<br />

Molti dei problemi che queste <strong>comuni</strong>tà devono affrontare<br />

derivano dagli interventi governativi. Nel caso del<br />

Walt Disney World e di Reston, per lo sviluppo delle<br />

<strong>comuni</strong>tà è stata necessaria l’eliminazione di una zonizzazione<br />

restrittiva. Ad Arden, il fatto che il governo non<br />

abbia osservato e protetto la legislazione del contratto<br />

originario è stato un fattore chiave per il passaggio a<br />

una gestione meno proprietaria.<br />

Le politiche di tassazione hanno spinto Arden verso<br />

un governo municipale e a Reston hanno sollevato continue<br />

questioni sul tipo di governance. Nel Connecticut,<br />

l’Oronoque Village è passato da una RCA a un distretto<br />

di tassazione per ottenere detrazioni (Dean, 1989a, p.<br />

19). Il governo locale trae profitto dalle entrate di tassazione<br />

della proprietà dell’associazione residenziale,<br />

superiori alle spese del governo locale per quelle stesse<br />

aree, dal momento che le infrastrutture sono manutentate<br />

privatamente. Raramente le RCA ottengono debiti<br />

d’imposta per servizi che vanno a sostituire quelli del<br />

governo locale. Dean (p. 5) osserva anche che i proprietari<br />

RCA pagano le imposte di proprietà su valori elevati<br />

dovuti proprio ai servizi privati e che, in alcuni<br />

Stati, sono tassate anche le strutture delle associazioni.<br />

In talune giurisdizioni, le RCA hanno ottenuto più<br />

autonomia e sostituzioni di tassazione. Nel Connecticut<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 348<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

una ventina di associazioni condominiali hanno dato<br />

vita a distretti di tassazione speciali, dove le imposte<br />

sono in sostituzione delle tariffe associative e deducibili<br />

dalle imposte sul reddito (Dean 1989b, p. 11). La raccolta<br />

dei rifiuti è un servizio che spesso riceve crediti<br />

d’imposta o rimborsi. Un trattamento equo delle imposte<br />

RCA sulla proprietà e la possibilità dei proprietari<br />

RCA di ottenere crediti d’imposta per le spese dell’associazione<br />

permetterebbero alle <strong>comuni</strong>tà private di<br />

fornire quei servizi che i membri desiderano.<br />

Wagner (1988b, p. 21) suggerisce che i provvedimenti<br />

costituzionali di limitazione dovrebbero contrastare<br />

la spinta dell’imprenditoria politica verso il raggiungimento<br />

dei propri scopi; un quadro costituzionale<br />

potrebbe anche tener conto di governatori attivi «limitati<br />

solo dalle forze naturali della concorrenza, giustamente<br />

costruite». Le <strong>comuni</strong>tà avrebbero confini fluidi<br />

e sarebbero possibili sia la secessione che l’annessione<br />

(p. 25). I tre emendamenti proposti darebbero piena<br />

opportunità agli imprenditori politici di formare <strong>comuni</strong>tà<br />

contrattuali nelle quali promuovere qualsiasi obiettivo<br />

desiderino, a patto che la <strong>comuni</strong>tà preveda l’uscita<br />

e persegua i propri scopi in modo pacifico. Come<br />

osservò MacCallum (1970), la gestione privata evita il<br />

dilemma di dover detenere la proprietà per proteggerla<br />

e dà sia ai costruttori sia alle associazioni residenziali<br />

la possibilità di fornire beni <strong>pubblici</strong>, vincolati solo<br />

dalle forze della concorrenza.<br />

Una devoluzione da un governo centralizzato a uno<br />

policentrico non eliminerebbe i beni <strong>pubblici</strong> con maggiori<br />

economie di scala. Come abbiamo detto nel quattordicesimo<br />

capitolo, le associazioni civiche collaborano<br />

fra loro per fornire servizi di vasta scala. Formano<br />

associazioni di associazioni. Gruppi locali formerebbero<br />

associazioni regionali, che poi si unirebbero in associazioni<br />

continentali per la fornitura di servizi quali la<br />

difesa nazionale e la determinazione di diritti di proprietà<br />

come quelli delle rotte aeree. La difesa nazionale<br />

è stata considerata come un esempio di bene pubblico<br />

non erogabile tramite mezzi volontari, ma il modello<br />

348


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 349<br />

Verso una governance consensuale<br />

che solitamente viene presentato è quello di milioni di<br />

famiglie isolate e bloccate senza speranza in un gigantesco<br />

dilemma del prigioniero: ognuno vuole avere<br />

benefici alle spese di altri, così nessuno trae benefici.<br />

Eppure, dal momento che gli esseri umani sono sempre<br />

già in <strong>comuni</strong>tà, questo modello è solo un mito economico.<br />

In una società libera le famiglie sarebbero membri<br />

di una o più associazioni civiche o <strong>comuni</strong>tà di proprietà,<br />

che si federerebbero ai livelli più alti, raggiungendo<br />

il livello continentale che potrebbe allora fornire<br />

il servizio di difesa nazionale, se esso fosse ritenuto<br />

utile. Si tratterebbe di una fornitura di mercato di difesa<br />

su vasta scala perché ogni famiglia sarebbe in relazione<br />

contrattuale con un proprietario o un’associazione,<br />

libera di abbandonare quel rapporto al momento<br />

della scadenza del contratto. L’argomentazione contro<br />

la fornitura da parte del mercato di un servizio di difesa<br />

su scala ampia si basa su una forma particolare di<br />

organizzazione di mercato (vale a dire enti di difesa che<br />

contrattano con singole famiglie isolate), mentre il mercato<br />

sarebbe più probabilmente costituito da federazioni<br />

su più livelli.<br />

Ci sono tre tipi di federazione: bottom-up (“dal basso<br />

all’alto”), parallela e top-down (“dall’alto al basso”). La<br />

prima consiste nell’esistenza di una organizzazione di<br />

garanzia formata da piccole entità, dalla quale ogni<br />

membro è libero di andarsene. Il governo è controllato<br />

dai membri costituenti. Un esempio sono le associazioni<br />

commerciali di categoria. La federazione parallela è<br />

un’unione in cui l’ente federale e le sue province o Stati<br />

hanno pari status governativo; gli Stati Uniti ne sono un<br />

esempio, con un governo federale e dei governi statali<br />

parimenti sovrani. Le federazioni top-down consistono<br />

in sottounità controllate da un’organizzazione centrale,<br />

come le contee di ogni Stato. Quando le <strong>comuni</strong>tà private<br />

si associano di solito formano delle federazioni bottom-up,<br />

che raggiungono economie di scala senza dover<br />

perdere l’indipendenza. Le leghe condominiali che si<br />

sono formate in alcune città ne sono un esempio. L’unione<br />

può anche avere legami forti, fornendo pacchetti<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 350<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

di servizi ai quali i membri difficilmente possono<br />

rinunciare ma, se ne avessero bisogno, potrebbero staccarsi<br />

da una federazione inefficiente e crearne un’altra.<br />

Quindi, le associazioni bottom-up offrono flessibilità e<br />

riducono il potenziale di opportunismo del governo<br />

federale. I livelli successivi di federazioni di questo tipo<br />

potrebbero estendersi all’area continentale e globale,<br />

come Heath (1957, p. 96) immaginò, così da poter provvedere<br />

anche ai servizi territoriali mondiali quali la<br />

coordinazione delle rotte dei satelliti, esattamente come<br />

accade ora fra paesi.<br />

Conclusione<br />

La teoria presentata nei capitoli che vanno dal primo<br />

all’ottavo illustra la tesi secondo cui i beni <strong>pubblici</strong> territoriali<br />

generano un canone e che, se un’organizzazioni<br />

detiene i diritti di proprietà dei luoghi da cui provengono<br />

tali canoni, i canoni stessi rivelano la domanda<br />

dei beni e forniscono il mezzo per pagarli. Gli sforzi<br />

volontari e i tie-in che accoppiano beni <strong>pubblici</strong> e beni<br />

privati costituiscono altri modi con i quali le <strong>comuni</strong>tà<br />

private possono finanziare i beni collettivi.<br />

L’ipotesi primaria – che gli incentivi di guadagno<br />

personale in generale non inducano gli agenti privati a<br />

fornire i beni <strong>pubblici</strong> che le persone nel dominio del<br />

servizio effettivamente richiedono, perché non esiste<br />

alcun modo per indurre gli utenti privati a pagare tutti<br />

una porzione di tali beni – è stata confutata grazie ai<br />

cinque case study principali sia per quanto riguarda i<br />

beni territoriali sia per gli altri beni collettivi. I case<br />

study dimostrano che le <strong>comuni</strong>tà private decentralizzate<br />

forniscono beni <strong>pubblici</strong> con abbondanza. Dal<br />

momento che la questione in esame è quella della fattibilità<br />

della fornitura privata, l’esistenza delle <strong>comuni</strong>tà<br />

che abbiamo analizzato è di per sé sufficiente a confutare<br />

l’ipotesi del fallimento del mercato. Le <strong>comuni</strong>tà<br />

contrattuali possono fornire tali beni, anche se la fornitura<br />

in ogni tempo e luogo specifici non è automatica,<br />

ma dipende da fattori istituzionali che la consentano e<br />

da sforzi imprenditoriali d’implementazione.<br />

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<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 351<br />

Verso una governance consensuale<br />

L’esistenza di esempi empirici in intere <strong>comuni</strong>tà di<br />

vario tipo implica che affermazioni sui beni <strong>pubblici</strong><br />

come quella che non si possa usare il sistema decentralizzato<br />

dei prezzi oppure che i meccanismi di mercato<br />

non forniranno i beni in modo “ottimale” non sono universalmente<br />

vere e, in particolare, non sono valide per i<br />

beni <strong>pubblici</strong> territoriali, una categoria in cui rientra la<br />

maggioranza dei beni civici. La tesi del fallimento del<br />

mercato viene in generale confutata per quanto riguarda<br />

i beni escludibili, e non necessariamente è da considerarsi<br />

valida per i beni non escludibili dal momento<br />

che si è dimostrato possibile che la simpatia smithiana<br />

induca la loro fornitura.<br />

Oltre a non tenere in considerazione la dimensione<br />

spaziale, la maggioranza della letteratura sui beni <strong>pubblici</strong><br />

non prende in considerazione quella governance<br />

privata di cui le RCA costituiscono l’esempio più<br />

importante. Come afferma MacCallum (1986, p. 3), centinaia<br />

di <strong>comuni</strong>tà di proprietà in tutto il mondo creano<br />

ambienti e contesti in cui le persone pagano canoni per<br />

finanziare i servizi <strong>comuni</strong>tari. La teoria deve allora<br />

riconoscere e capire questo aspetto, così da non precludersi<br />

talune opzioni disponibili. Le <strong>comuni</strong>tà consensuali<br />

eliminano le false alternative dello Stato e del mercato<br />

nella fornitura di beni <strong>pubblici</strong>. Società private e<br />

associazioni operano sotto il governo eppure in un contesto<br />

di mercato, in cui società competono in un sistema<br />

e in una disciplina spontanei. Le <strong>comuni</strong>tà private fondono<br />

governance e concorrenza di mercato nella fornitura<br />

di beni <strong>pubblici</strong>.<br />

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Generale<br />

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“Realtor Alert” (1991), Reston, Reston Land Corporation<br />

(ottobre).<br />

Redding, Whitney, “Reston Association Head Quits”, The<br />

Washington Post: Fairfax Weekly, 9 gennaio 1992, Va, 1, 5.<br />

Report to the Reston Community on Governance Options<br />

(1988), 29 giugno, Reston, Reston Governance Task Force,<br />

Reston Association.<br />

“Reston” (1991), Reston Land Corporation.<br />

“Reston Athletic Club Marketing Survey Research<br />

Results” (1991), 20 giugno, Goldberg, Marchesano, Kohlman,<br />

Inc.<br />

“Reston: Density Control under the Residential Planned<br />

Community (RPC) Chapter of the Fairfax County Zoning<br />

Ordinance” (1970), ottobre, Planning and Engineering<br />

Staff, Gulf Reston, Inc., Planned Community Archives.<br />

Reston Handbook (1991), Reston (VA), The Handbook<br />

Group.<br />

Saunders, Glenn (1991), 25 febbraio, Lecture, Urban<br />

Systems Engineering Class (Syst. 659), Professor Terry<br />

Ryan, George Mason University.<br />

384


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 385<br />

Steinbauer, Francis C. (1985) – si veda la bibliografia generale.<br />

Strickland, Dave (1991), “Trash Survey Results”, Cluster<br />

Exchange, 2, n. 2, novembre/dicembre, pp. 3-5 (Reston<br />

Association).<br />

Summer Planner (1991), Reston, Reston Association.<br />

The New Towns (1987), WETA-TV, Washington (DC), a cura<br />

di Anthony Black - Bill Coyle, Greater Washington Educational<br />

Telecommunications Assn.<br />

“Transportation” (1991), Reston, Reston Land Corporation.<br />

“Twin Branches Nature Trail” (1988), Reston Association<br />

Natural Areas Advisory Committee.<br />

Use Covenants and Procedures (1988), Reston, Reston Association.<br />

“User’s Guide to the Governing Documents” (1987), in<br />

Governing Documents of the Reston Association, pp. 1-3.<br />

Vitiello, Daniel J., “Restonians United Four Endorsed”, lettera,<br />

The Connection (Reston), 1 aprile 1992, p. 23.<br />

Yaremchuk, John (1968), “Types of Plan Approval Required<br />

for RPC Districts”, 21 maggio, Memorandum to Planning<br />

Commission, Fairfax County, from John Yaremchuk,<br />

Director of Planning, Gulf Oil Corporation Records, Gulf-<br />

Reston Residential Planned Community Ordinance, File<br />

1, Box 2, Folder 4, Series 2, Planned Community Archives.<br />

Your Reston Association Passport (1991), Reston: Reston<br />

Association.<br />

Columbia (Maryland)<br />

Bibliografia<br />

Blimmel, Ann (1992), intervista telefonica, 27 gennaio,<br />

Columbia (MD).<br />

Burkhart, Lynne C. (1981), Old Values in a New Town: The<br />

Politics of Race and Class in Columbia, Maryland, New York,<br />

Praeger Publishers.<br />

Columbia Association: The Purposes, Organization and Financing<br />

of a Community Institution (n.d.).<br />

Columbia, Maryland (1990), Columbia (MD), Columbia<br />

Marketing Department, The Rouse Company.<br />

Newcomers Guide to Columbia, Maryland (1990), Columbia<br />

(MD), Patuxent Publishing.<br />

385


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 386<br />

Parrish, Jane (1992), intervista telefonica, 27 gennaio.<br />

Six Pages (1990), Columbia (MD), Columbia Association.<br />

The Columbia Association (1990), Columbia (MD), Columbia<br />

Association.<br />

Ford’s Colony (Virginia)<br />

“Bylaws of Ford’s Colony at Williamsburg Homeowners<br />

Association” (1986).<br />

“Declaration of Protective Covenant”’ (1985), Ford’s<br />

Colony at Williamsburg.<br />

“Ford’s Colony Fact Sheet” (1990), Ford’s Colony (VA),<br />

Realtec, Inc.<br />

Homeowners Association Handbook (n.d.), Ford’s Colony,<br />

Williamsburg (VA).<br />

Overman, Mei (1990), conversazione alla Ford’s Colony, 20<br />

settembre.<br />

Sawgrass (Florida)<br />

“Articles of Incorporation of The Sawgrass Players Club<br />

Association, Inc” (1981), Sawgrass, Florida.<br />

“Declaration of Covenants and Restrictions for Cypress<br />

Creek” (1981), Sawgrass, Florida.<br />

“Declaration of Covenants and Restrictions for Sawgrass<br />

Village Office Park” (1981), Sawgrass, Florida.<br />

“Declaration of Covenants for The Players Club at Sawgrass”<br />

(1981), Sawgrass, Florida.<br />

Metcalf, John G. (1990), lettera a Fred Foldvary.<br />

The Woodlands (Texas)<br />

Morgan, George T., Jr. - John O. King (1987), The Woodlands,<br />

College Station, Texas A & M.<br />

Capitolo 13 (St. Louis)<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> e <strong>comuni</strong>tà private<br />

Beito, David T. (1989) – si veda la bibliografia generale.<br />

Beito, David T. - Brace Smith (1990), “The Formation of<br />

Urban Infrastructure Through Nongovernmental Planning:<br />

The Private Places of St. Louis, 1869-1920”, Journal<br />

386


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 387<br />

of Urban History, 16, n. 3, maggio, pp. 263-303.<br />

Frazier, Marc (1989) [1988] – si veda la bibliografia generale.<br />

Oakerson, Ronald J. (1989), “Private Street Associations in<br />

St. Louis County: Subdivisions as Service Providers”, in<br />

Debra Dean (a cura di) Residential Community Associations:<br />

Private Governments in the Intergovernmental<br />

System?, Washington (DC), ACIR (Advisory Commission<br />

on Intergovernmental Relations), pp. 55-61.<br />

Parks, Roger B. - Ronald J. Oakerson (1988), Metropolitan<br />

Organization: The St. Louis Case, M-158. Washington (DC),<br />

ACIR (Advisory Commission on Intergovernmental<br />

Relations).<br />

Polanyi, Michael (1951) – si veda la bibliografia generale.<br />

Savage, Charles C. (1987), Architecture of the Private Streets<br />

of St. Louis, Columbia, University of Missouri Press.<br />

Schoenberg, Sandra P. - Patricia L. Rosenbaum (1980),<br />

Neighborhoods That Work, New Brunswick (NJ), Rutgers<br />

University Press.<br />

Organizzazioni<br />

Bibliografia<br />

Arden Village, The Highway, Arden (Delaware) 19810.<br />

Columbia Association, 9861 Broken Land Parkway, Suite<br />

300, Columbia (MD) 21046.<br />

Community Associations Institute, 1630 Duke Street, Alexandria<br />

(VA) 22314.<br />

E.F. Schumacher Society, Box 76, RD 3, Great Barrington<br />

(MA) 01230.<br />

Fort Ellsworth Condominium Association, c/o Condominium<br />

Management, 8270 Georgia Ave., Silver Spring<br />

(MD) 20910.<br />

National Association of Housing Cooperatives, 1614 King<br />

Street, Alexandria (VA) 22314.<br />

Planned Community Archives: The Reston Collection,<br />

Department of Special Collections and Archives, Fenwick<br />

Library, George Mason University, Fairfax (Virginia).<br />

Reston Association, 1930 Isaac Newton Square, Reston<br />

(VA) 22090.<br />

Walt Disney Archives, 500 South Buena Vista Street, Burbank<br />

(CA) 91521.<br />

Walt Disney World, P.O. Box 10,040, Lake Buena Vista (FL)<br />

32830.<br />

387


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 388


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 389<br />

Mercato, Diritto e Libertà<br />

Richard Epstein,<br />

Mercati sotto assedio.<br />

Cartelli, politiche<br />

e benessere sociale<br />

Benjamin Constant,<br />

Conquista e usurpazione<br />

Paul H. Rubin,<br />

La politica secondo Darwin.<br />

L’origine evolutiva della libertà<br />

Peter T. Bauer<br />

Dalla sussistenza allo scambio.<br />

Uno sguardo critico<br />

sugli aiuti allo sviluppo<br />

Fred Foldvary<br />

<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong><br />

e <strong>comuni</strong>tà private.<br />

Come il mercato può gestire<br />

i servizi <strong>pubblici</strong><br />

Policy<br />

Václav Klaus,<br />

Pianeta blu, non verde.<br />

Cosa è in pericolo: il clima<br />

o la libertà?<br />

Arnold Kling,<br />

La sanità in bancarotta.<br />

Perché ripensare i sistemi<br />

sanitari<br />

Andrea Giuricin,<br />

Alitalia.<br />

La privatizzazione infinita<br />

Alberto Mingardi<br />

(a cura di),<br />

La crisi ha ucciso<br />

il libero mercato?<br />

Nicholas Eberstadt<br />

e Hans Groth,<br />

L’Europa che invecchia.<br />

La qualità della vita<br />

può sconfiggere il declino<br />

John B. Taylor,<br />

Fuori strada.<br />

Come lo Stato ha causato,<br />

prolungato e aggravato<br />

la crisi finanziaria<br />

Kevin Dowd,<br />

Abolire le banche centrali<br />

Stephen Goldsmith<br />

e William D. Eggers<br />

Governare con la rete.<br />

Per un nuovo modello<br />

di pubblica amministrazione<br />

Report<br />

Andrea Giuricin<br />

e Massimiliano Trovato<br />

(a cura di),<br />

La telefonia mobile<br />

e il laboratorio Italia.<br />

Primo rapporto sulla telefonia<br />

mobile in Italia<br />

Carlo Stagnaro<br />

(a cura di),<br />

Indice delle liberalizzazioni<br />

2009<br />

Piercamillo Falasca<br />

(a cura di),<br />

Dopo!<br />

Come ripartire dopo la crisi


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 390


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 391<br />

L’Istituto Bruno Leoni (IBL), intitolato al grande filosofo<br />

del diritto Bruno Leoni (1913-1967), nasce con l’ambizione di<br />

stimolare il dibattito pubblico, in Italia, esprimendo in modo<br />

puntuale e rigoroso un punto di vista autenticamente liberale.<br />

L’IBL intende studiare, promuovere e divulgare gli ideali<br />

del libero mercato, della proprietà privata e della libertà di<br />

scambio.<br />

Attraverso la pubblicazione di libri, l’organizzazione di<br />

convegni, la diffusione di articoli sulla stampa nazionale e<br />

internazionale, l’elaborazione di brevi studi e briefing<br />

papers, l’IBL mira a orientare il processo decisionale, a informare<br />

al meglio la pubblica opinione, a crescere una nuova<br />

generazione di intellettuali e studiosi sensibili alle ragioni<br />

della libertà.<br />

L’IBL vuole essere per l’Italia ciò che altri think tank sono<br />

stati per le nazioni anglosassoni: un pungolo per la classe<br />

politica e un punto di riferimento per il pubblico in generale.<br />

Il corso della storia segue dalle idee: il liberalismo è un’idea<br />

forte, ma la sua voce è ancora debole nel nostro Paese.<br />

IBL Libri è la casa editrice dell’Istituto Bruno Leoni.<br />

Volti ad approfondire la dimensione teorica dei dibattiti<br />

sulla libertà individuale e sulla giustizia, i volumi della collana<br />

Mercato, Diritto e Libertà si caratterizzano per il rigore<br />

con cui difendono la tradizione liberale più coerente. L’obiettivo<br />

è di offrire i migliori strumenti intellettuali alle giovani<br />

generazioni, favorendo quel mutamento del dibattito culturale<br />

che è premessa indispensabile a un’efficace difesa delle<br />

libertà minacciate e a una riconquista di quelle perdute.<br />

Istituto Bruno Leoni<br />

Via Bossi 1–10144 Torino, Italy<br />

Tel. 011-070.2087<br />

Fax: 011-437.1384<br />

E-mail: info@brunoleoni.it<br />

www.brunoleoni.it


<strong>Beni</strong> <strong>pubblici</strong> STAMPA 27-01-2010 10:51 Pagina 392<br />

Finito di stampare nel mese di gennaio 2010 da<br />

Rubbettino Industrie Grafiche ed Editoriali

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