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BARI<br />

CORSO INTENSIVO 2013/2014<br />

DI PREPARAZIONE AL CONCORSO<br />

PER<br />

MAGISTRATO ORDINARIO<br />

Direttore Scientifico<br />

Roberto Giovagnoli<br />

Consigliere di Stato<br />

PALACE HOTEL BARI<br />

sabato 21 dicembre 2013<br />

orario 14.00/18.00<br />

ITA Srl<br />

10121 Torino - Via Brofferio, 3 - Tel. (011) 56 11 426 / 56 24 402 / 54.04.97<br />

Telefax (011) 53.01.40 - www.itasoi.it e-mail: ita@itasoi.it<br />

Cod. Fisc. - Part. IVA - Iscr. Reg. Impr. di Torino C.C.I.A.A. 01593590605 - R.E.A. 976163


Diritto amministrativo<br />

Programma:. Situazioni soggettive e riparto della giurisdizione.<br />

Tutela davanti al g.a. e al g.o.<br />

Giurisdizione sulle controversie aventi ad oggetto il provvedimento con<br />

cui si ritira in autotutela l’aggiudicazione incidendo su un<br />

contratto già stipulato<br />

CDS Sez. V 14 ottobre 2013, n. 4998 pag. 5<br />

CDS Sez. V 7 settembre 2011, n. 5032 pag. 13<br />

Ammissibilità della revoca dell’aggiudicazione dopo la conclusione<br />

del contratto e profili di giurisdizione<br />

Massime giurisprudenziali pag. 33<br />

Giurisdizione in materia di controversie riguardanti la concessione<br />

e la revoca dei contributi<br />

CDS Ad. Plenaria 29 luglio 2013, n. 17 pag. 35<br />

Giurisdizione in materia di concorsi e di incarichi dirigenziali<br />

Cass. civile Sez. unite 23 settembre 2013, n. 21671 pag. 43<br />

Impiego pubblico, concorsi<br />

Cass. Sez. unite civili 2 ottobre 2012, n. 16728 pag. 49<br />

Giurisdizione in materia di pubblico impiego pag. 64<br />

Riparto di giurisdizione sull’atto del comune che autodichiara<br />

nullo il contratto di swap precedentemente stipulato<br />

Cass. civile Sez. unite 17 maggio 2013, n. 12110 pag. 66<br />

Appalti pubblici: obbligo di gara e riparto della giurisdizione<br />

CDS Ad. plenaria 1 agosto 2011, n. 16 pag. 75<br />

Scorrimento della graduatoria e riparto della giurisdizione<br />

CDS Ad. plenaria 28 luglio 2011, n. 14 pag. 87<br />

Danno da provvedimento favorevole e poi annullato<br />

Cass. civile Sez. unite 23 marzo 2011, n. 6594 pag. 103<br />

La giurisdizione sulle sanzioni amministrative irrogate dalla CONSOB<br />

Corte Cost. 27 giugno 2012, n. 162 pag. 109<br />

Giurisdizione sulle procedure di reclutamento indette dalla RAI<br />

Cass. Sez. unite civili 22 dicembre 2011, n. 28330 pag. 117<br />

Sull’organismo diritto pubblico in parte qua<br />

Cass. Sez. unite civili 29 maggio 2012, n. 8511 pag. 123<br />

Giurisdizione sulla sorte del contratto e sugli atti che intervengono<br />

nel corso dell’esecuzione del rapporto contrattuale<br />

Cass. Sez. unite civili 10 febbraio 2010, n. 2906 pag. 132<br />

Cass. Sez. unite civili 11 gennaio 2011, n. 391 pag. 144<br />

Cass. Sez. unite civili 28 novembre 2008, n. 28345 pag. 150<br />

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La tesi, ormai superata, che aveva ritenuto spettante al G.O.<br />

la giurisdizione sulla sorte del contratto<br />

Cass. Sez. unite civili 28 dicembre 2007, n. 27169 pag. 154<br />

Giurisdizione in materia di espropriazione per pubblica utilità<br />

Cass. Sez. unite civili 16 dicembre 2010, n. 25393 pag. 162<br />

Il principio del giudicato implicito sulla giurisdizione<br />

Cass. Sez. unite civili 9 ottobre 2008, n. 24883 pag. 166<br />

Sentenze storiche sui limiti che il legislatore ordinario incontra nel creare<br />

materia di giurisdizione esclusiva (Corte Cost. 204/2004 e 191/2006)<br />

Corte Cost. 6 luglio 2004, n. 204 pag. 178<br />

Corte Cost. 11 maggio 2006, n. 191 pag. 194<br />

Giurisdizione in materia di rifiuti e di diritti fondamentali<br />

Corte Cost. 22 dicembre 2010, n. 371 pag. 206<br />

Corte Cost. 5 febbraio 2010, n. 35 pag. 212<br />

Cass. Sez. unite civili 22 novembre 2010, n. 23597 pag. 220<br />

Cass. Sez. unite civili 21 maggio 2009, n. 11832 pag. 224<br />

Cass. Sez. unite civili 28 dicembre 2007, n. 27187 pag. 228<br />

TAR Campania Napoli Sez. I 18 novembre 2010, n. 800 pag. 240<br />

Giurisdizione in materia di centrali elettriche e di diritti fondamentali<br />

Corte Cost. 27 aprile 2007, n. 140 pag. 244<br />

Giurisdizione sui provvedimenti di fermo di beni mobili registrati<br />

Cass. Sez. unite civili 22 dicembre 2010, n. 25983 pag. 253<br />

Giurisdizione su comportamenti in materia urbanistica<br />

Cass. Sez. unite civili 22 dicembre 2010, n. 25982 pag. 256<br />

Giurisdizione sulla procedure di dismissione del patrimonio pubblico<br />

indette dalle SCIP<br />

CDS Sez. IV 31 gennaio 2006, n. 308 pag. 258<br />

Cass. Sez. unite civili 12 marzo 2007, n. 5593 pag. 268<br />

Giurisdizione sugli amministratori delle società pubbliche<br />

Cass. Sez. unite civili 19 dicembre 2009, n. 26806<br />

Danni al patrimonio della società. Difetto di giurisdizione della Corte<br />

dei Conti - giurisdizione del G.O. pag. 272<br />

Giurisdizione sulla procedura di scelta del socio industriale di società pubblica<br />

CDS Sez. V 18 dicembre 2009, n. 8376 pag. 286<br />

Responsabilità precontrattuale della P.A. e riparto di giurisdizione<br />

Cass. Sez. unite civili 12 maggio 2008, n. 11656 pag. 296<br />

Rapporti tra giustizia sportiva e giustizia statale<br />

C. Cost. 11 febbraio 2011, n. 49 pag. 309<br />

CDS Sez. VI 25 novembre 2008, n. 5782 pag. 323<br />

TAR Lazio 11 febbraio 2010, n. 194 pag. 335<br />

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Tratto da “Commento al codice del processo amministrativo”<br />

Roberto Chieppa<br />

La giurisdizione amministrativa e le questioni di giurisdizione<br />

Artt. 7-12 pag. 346<br />

Il rito in materia di pubblici appalti<br />

Artt. 120-125 pag. 365<br />

La giurisdizione esclusiva<br />

Art. 133 pag. 392<br />

Sussiste la giurisdizione del G.A. sulla sorte del contratto anche in caso di<br />

annullamento d’ufficio della aggiudicazione<br />

Cass. Sez. unite civili 8 agosto 2012, n. 14260 pag. 415<br />

Controversie aventi ad oggetto la revisione della patente di guida<br />

CDS Ad. 13 luglio 2011, n. 2789 pag. 425<br />

Contratti derivati: all’Adunanza plenaria la questione della giurisdizione<br />

sulla sorte del contratto in caso di annullamento d’ufficio<br />

CDS ordinanza 14 ottobre 2013, n. 5499 pag. 436<br />

Cass. civile Sez. unite 5 aprile 2012, n. 5446 pag. 442<br />

Cass. civile Sez. unite 8 agosto 2012, n. 14260 pag. 446<br />

Cass. civile Sez. unite 29 maggio 2012, n. 8515 pag. 452<br />

Cass. civile Sez. unite 30 dicembre 2011, n. 30167 pag. 454<br />

Annullamento d’ufficio e sorte del contratto:<br />

il caso degli interest rate swaps pag. 462<br />

Provvedimento di autotutela e loro qualificazione:<br />

nuovo conflitto sulla giurisdizione? pag. 474<br />

La giurisdizione sul contratto fra giurisdizione amministrative e giurisdizione<br />

ordinaria: la disciplina del C.P.A. e i nuovi interrogativi pag. 484<br />

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GIURISDIZIONE SULLE CONTROVERSIE AVENTI AD OGGETTO IL PROVVEDIMENTO CON CUI SI<br />

RITIRA IN AUTOTUTELA L’AGGIUDICAZIONE INCIDENDO SU UN CONTRATTO GIA’ STIPULATO<br />

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - ordinanza 14 ottobre 2013 n. 4998 - Pres. Volpe, Est. Prosperi - Regione<br />

Piemonte (Avv.ti Scoca e Renna) c. Dexia Crediop S.p.A. (Avv.ti Cardarelli e Lattanzi) - (rimette all’Adunanza<br />

Plenaria del Consiglio di Stato la decisione dell’appello avverso T.A.R. Piemonte, Sez. I, sent. n. 1390/2012, in<br />

LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/13/tarpiemonte_2012-12-21.htm).<br />

Giurisdizione e competenza - Contabilità pubblica - Autorizzazione alla stipulazione di contratti di derivati<br />

(cosiddetti swap) - Successivo annullamento in via di autotutela - Controversie in materia - Appartenenza o meno<br />

di esse alla giurisdizione amministrativa - Deferimento della questione all’Adunanza plenaria del CdS.<br />

Va rimessa all'esame dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi dell'art. 99, comma 1, del c.p.a.,<br />

potendo dar luogo a contrasti giurisprudenziali, tenuto conto anche della rilevanza (pure economica) della<br />

questione e del diffuso ricorso da parte degli enti locali a strumenti di finanza derivata con successivi conseguenti<br />

contenziosi, la questione se appartenga o meno alla giurisdizione amministrativa una controversia relativa alla<br />

decisione della Giunta regionale e le conseguenti determinazioni dirigenziali con le quali è stata parzialmente<br />

annullata d’ufficio, ai sensi dell’art. 21 nonies della L. 7 agosto 1990 n. 241, la deliberazione della stessa Giunta<br />

recante l’autorizzazione alla stipulazione di contratti di derivati - cosiddetti swap; in particolare, a tal fine, si<br />

deve verificare se le determinazioni contrattuali in tema di derivati siano effettivamente scaturite da un<br />

procedimento amministrativo, oppure siano frutto diretto di trattative contrattuali che hanno generato obblighi<br />

di natura civilistica al di fuori del procedimento dai quali la Regione si vuole sciogliere mediante l’utilizzazione<br />

indebita di poteri di diritto pubblico (1).<br />

-----------------------------------<br />

(1) Nell’articolata motivazione dell’ordinanza di rimessione in rassegna, alla quale si fa rinvio per maggiori dettagli, si richiama la<br />

sentenza della Sez. V del Consiglio di Stato, 7 settembre 2011, n. 5032 (in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/11/cds5_2011-<br />

09-07.htm), emessa su identica questione in seguito ad analogo provvedimento di autotutela della Provincia di Pisa, la quale -<br />

nell’affermare la giurisdizione amministrativa in materia - aveva ritenuto l’illegittimità di un contratto su derivati concluso per<br />

proteggere l’Ente pubblico dalle variazioni dei tassi di interesse connessi a propria emissione obbligazionaria.<br />

Ha rilevato la ordinanza in rassegna che, qualora si ritenga che la controversia sia rivolta ad accertare le condizioni di validità e di<br />

efficacia del contratto e ad ottenerne la conseguente declaratoria, essa spetta al giudice ordinario, posto che ha ad oggetto non già i<br />

provvedimenti riguardanti la scelta del contraente ma sostanzialmente il rapporto privatistico discendente dal negozio (Cass., sez. un.<br />

29 maggio 2012, n. 8515; 5 aprile 2012, n. 5446, ordinanza, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/12/cassu_2012-04-<br />

05o.htm).<br />

Può, inoltre, prospettarsi anche un’ulteriore soluzione, nel caso in cui si ritenga che la controversia sia al di fuori dell’ipotesi nella<br />

quale l’ordinamento attribuisce espressamente al giudice amministrativo la giurisdizione sulla sorte del contratto che si pone a valle<br />

di un procedimento amministrativo viziato, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1), del c.p.a.; secondo cui sono devolute alla<br />

giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie "relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi,<br />

forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria<br />

ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, ivi incluse quelle risarcitorie e<br />

con estensione della giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento<br />

dell’aggiudicazione ed alle sanzioni alternative".<br />

-----------------------------------<br />

Documenti correlati:<br />

CONSIGLIO DI STATO SEZ. V, sentenza 7-9-2011, pag. http://www.lexitalia.it/p/11/cds5_2011-09-07.htm (sulla sussistenza della<br />

giurisdizione amministrativa per l’annullamento in autotutela dell’aggiudicazione di contratti di ristrutturazione del debito disposto<br />

dopo la conclusione del contratto e sulla possibilità di disporre consulenza tecnica per verificare la legittimità dell’annullamento).<br />

CONSIGLIO DI STATO SEZ. V, ordinanza 26-4-2010, pag. http://www.lexitalia.it/p/10/cds5_2010-04-26o.htm (sul giudice<br />

competente a decidere una controversia avente ad oggetto il recesso di un Comune da un contratto relativo ad una operazione di<br />

finanza derivata interest rate swap).<br />

CORTE DEI CONTI, SEZ. CONTROLLO REGIONE LOMBARDIA, deliberazione 26-10-2007, pag.<br />

http://www.lexitalia.it/p/72/ccontilomb_2007-10-26.htm (richiamando una circolare del Ministero dell’Economia del 2004, afferma<br />

5


tra l’altro che i c.d. "derivati" - swap, forward, cap e collar - possono essere acquistati dagli enti territoriali solo nella formula detta<br />

plain vanilla, vale a dire secondo la struttura più elementare, che non incorpori ulteriori opzionalità; fattispecie relativa a mutuo<br />

comunale di 17 anni con la BNL che prevede, nel caso di superamento di un certo livello del tasso di sconto, il pagamento del tasso<br />

Euribor maggiorato di uno spread aggiuntivo e che comporta una "sproporzione tra il rischio assunto dall’ente locale rispetto a quello<br />

ricadente sull’operatore finanziario").<br />

N. 04998/2013 REG.PROV.COLL.<br />

ha pronunciato la presente<br />

REPUBBLICA ITALIANA<br />

Il Consiglio di Stato<br />

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)<br />

ORDINANZA DI RIMESSIONE ALL'ADUNANZA PLENARIA<br />

sul ricorso numero di registro generale 1758 del 2013, proposto da:<br />

Regione Piemonte, in persona del presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Franco Gaetano Scoca e Mauro<br />

Renna, con domicilio eletto presso Franco Gaetano Scoca in Roma, via Giovanni Paisiello 55;<br />

contro<br />

Dexia Crediop S.p.A., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Francesco<br />

Cardarelli e Filippo Lattanzi, con domicilio eletto presso Filippo Lattanzi in Roma, via P.L. da Palestrina 47;<br />

per la riforma<br />

della sentenza del T.A.R. PIEMONTE, Sez. I, n. 01390/2012, resa tra le parti, concernente appello avverso sentenza<br />

con cui il giudice amministrativo ha dichiarato il difetto di giurisdizione - annullamento in autotutela della<br />

sottoscrizione del contratto di swap;<br />

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;<br />

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Dexia Crediop S.p.A.;<br />

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;<br />

Visti tutti gli atti della causa;<br />

Relatore nella camera di consiglio del giorno 23 luglio 2013 il Cons. Raffaele Prosperi e uditi per le parti gli avvocati<br />

M. Renna, F.G. Scoca e F. Cardarelli;<br />

1. Con l’appello in epigrafe la Regione Piemonte ha impugnato la sentenza n. 1390 del 21 dicembre 2012, con la quale<br />

il TAR del Piemonte ha dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo il ricorso<br />

proposto dalla Dexia Crediop S.p.A. avverso la decisione della Giunta regionale e le conseguenti determinazioni<br />

dirigenziali, con le quali era stata parzialmente annullata d’ufficio, ai sensi dell’art. 21 nonies della L. 7 agosto 1990 n.<br />

241, la precedente deliberazione della stessa Giunta recante l’autorizzazione alla stipulazione di contratti di derivati –<br />

cosiddetti swap.<br />

In breve, la Regione aveva emesso nel 2006 due tranches di prestito obbligazionario, l’una del valore nominale di €.<br />

1.800 milioni riservato ad investitori istituzionali con scadenza trentennale e tasso di interesse variabile, l’altra del<br />

valore nominale di €. 56 milioni, destinata a fondazioni bancarie italiane, con durata di sette anni e tasso d’interesse<br />

fisso; ai sensi della normativa vigente – art. 41, comma 2, L. 28 dicembre 2001 n. 448 - la Regione e gli istituti bancari,<br />

selezionati mediante una gara informale per l’organizzazione ed il collocamento sul mercato della prima emissione<br />

obbligazionaria, avevano appunto concordato di affiancare ai due prestiti la stipula di contratti derivati al fine di<br />

6


consentire sia l’accantonamento periodico delle somme necessarie al rimborso alla scadenza, sia di disporre delle<br />

risorse necessarie a pagare le cedole, proteggendo così sia l’emittente dalle fluttuazioni dei tassi di interesse, sia gli<br />

istituti bancari dal rischio di default dello Stato.<br />

Sennonché, nel corso del 2011, la Regione aveva rilevato un’asserita criticità dei contratti derivati, adducendo<br />

l’illegittimità di questi per l’inidoneità a realizzare un contenimento del costo dell’indebitamento e quindi a coprire il<br />

rischio, l’esistenza di costi impliciti e la violazione da parte delle banche degli obblighi di corretta e completa<br />

informazione, nonché l’interesse pubblico ad evitare ulteriori esborsi fortemente lesivi dell’equilibrio finanziario<br />

regionale, prevalente sul sacrificio imposto alle banche.<br />

Su dette basi, la Regione procedeva quindi al rammentato annullamento d’ufficio.<br />

Dexia Crediop impugnava allora gli atti di autotutela davanti al TAR del Piemonte, deducendo una serie di illegittimità<br />

ed inoltre la nullità degli atti adottati per carenza assoluta di potere e la loro inidoneità a determinare la caducazione<br />

degli effetti contrattuali.<br />

2. Il TAR ha affermato, con riferimento al criterio del petitum sostanziale, che nel caso di specie la "consistenza<br />

effettiva" delle situazioni giuridiche delle parti doveva essere individuata quale rapporto di natura prettamente<br />

civilistica, derivante da contratti di diritto privato che ponevano le parti in posizioni del tutto paritarie; quindi, i supposti<br />

vizi di legittimità non riguardavano il procedimento amministrativo prodromico alla stipulazione, ma in realtà i pretesi<br />

vizi genetici o funzionali del sinallagma contrattuale.<br />

Di conseguenza, nella pronuncia di inammissibilità è stato ricompreso il ricorso incidentale proposto dalla Regione con<br />

la domanda di dichiarare la caducazione dei contratti derivati e la condanna della ricorrente principale alla restituzione<br />

di quanto indebitamente percepito in applicazione di tali contratti.<br />

L’assenza di un procedimento amministrativo finalizzato alla selezione del soggetto con cui contrattare e dei vizi di<br />

legittimità di tale procedimento – l’unico procedimento ha riguardato l’individuazione del progettista e collocatore della<br />

prima emissione obbligazionaria, mentre la decisione di ricorrere agli swap è stata frutto di successiva negoziazione -<br />

rendeva evidente che le eventuali patologie riguardavano la negoziazione contrattuale e che la pretesa autotutela nulla<br />

esprimeva altro che la volontà della Regione di sciogliersi unilateralmente da un vincolo contrattuale ritenuto<br />

squilibrato.<br />

3. Con una lunga esposizione in fatto e in diritto la Regione Piemonte contestava in appello le statuizioni della sentenza<br />

impugnata, sostenendo in sintesi la natura pubblicistica del procedimento di selezione degli istituti bancari chiamati a<br />

progettare e collocare il prestito obbligazionario e la ricomprensione all’interno della stessa procedura di gara<br />

dell’ipotesi di stipulare i contratti sui derivati; il tutto, del resto, in fedele esecuzione della normativa in materia di<br />

contabilità pubblica di cui ai rr.dd. nn. 2440/1923 e 827/1924, i quali impongono l’utilizzo di procedure concorsuali<br />

aperte per la selezione dei contraenti in caso di spese a carico dell’erario oppure nel caso di previsioni di entrate nel<br />

rispetto dell’art. 19, comma 1, lett. d), del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, il quale ricomprende espressamente i servizi<br />

finanziari tra i settori esclusi.<br />

L’autotutela esercitata ha agito non tanto sui rapporti contrattuali in essere, ma sull’originaria fase prodromica, in cui<br />

emergevano vizi inerenti il contenimento del costo dell’indebitamento e mancate previsioni sulla struttura dei contratti<br />

derivati, elementi che portavano ad oneri finanziari gravosi, non previsti e contrari alla legge.<br />

Quanto al ricorso incidentale, la Regione ribadiva le proprie tesi inerenti la dipendenza dei contratti derivati<br />

dall’originaria deliberazione della Giunta che aveva promosso il procedimento di gara e ciò anche ai sensi degli artt.<br />

120 e seguenti del c.p.a., che affidano al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, la potestà di<br />

dichiarare la caducazione dei contratti pubblici conseguenti a procedure di affidamento.<br />

La Regione Piemonte concludeva per la dichiarazione della giurisdizione del giudice amministrativo e per la rimessione<br />

al TAR della causa, con vittoria di spese.<br />

Dexia Crediop S.p.A. si è costituita in giudizio, eccependo, preliminarmente, la carenza di interesse al ricorso della<br />

Regione, poiché:<br />

a) gli atti adottati in assunto esercizio del potere di autotutela sarebbero inidonei a determinare la caducazione<br />

automatica dei contratti derivati;<br />

7


) la giurisdizione spetterebbe al giudice inglese.<br />

Dexia Crediop S.p.A. ha sostenuto, inoltre, l’infondatezza delle tesi sollevate con l’appello in esame e ha chiesto la<br />

conferma della sentenza impugnata.<br />

Alla odierna camera di consiglio la causa è passata in decisione.<br />

4. Il Collegio ritiene di rimettere la questione all’esame dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato.<br />

In primo luogo si deve verificare se le determinazioni contrattuali in tema di derivati sono effettivamente scaturite da un<br />

procedimento amministrativo, oppure sono frutto diretto di trattative contrattuali che hanno generato obblighi di natura<br />

civilistica al di fuori del procedimento – come affermato dal TAR – dai quali la Regione si vuole sciogliere mediante<br />

l’utilizzazione indebita di poteri di diritto pubblico.<br />

La verifica di ciò deve passare attraverso l’analisi della deliberazione di Giunta n. 135 – 3655 del 2 agosto 2006 (di<br />

revoca anche della precedente delibera di Giunta di affidamento n. 72 – 2946 del 22 maggio 2006), che ha disposto<br />

l’affidamento nei confronti di Dexia, Merryl Linch e Banca OPI, ora BIIS, del coordinamento, organizzazione e<br />

collaborazione con la Regione del programma di emissione obbligazionaria ed oggetto della delibera di parziale<br />

annullamento d’ufficio per supposti vizi di legittimità, ed inoltre degli atti prodromici adottati preliminarmente alla<br />

stregua di atti di gara per l’individuazione degli istituti finanziari.<br />

Dapprima la Giunta deliberava il 24 ottobre 2005 di avviare una gara informale per la selezione di un massimo di tre<br />

istituti bancari relativamente al collocamento del prestito obbligazionario in parola e successivamente la Direzione<br />

Bilanci e Finanze inviava ad undici banche di investimento, all’epoca ritenute tra le massime quanto ad esperienza e<br />

solidità, invito a presentare offerta per la selezione di un arranger per operazioni finanziarie. In tale lettera di invito<br />

venivano descritti l’oggetto dell’incarico, coordinamento del gruppo di lavoro incaricato della redazione di un<br />

programma di Medium Term Notes ed organizzazione e collocamento delle emissioni obbligazionarie sui mercati<br />

internazionali dei capitali, i contenuti della proposta che la banca invitata avrebbe dovuto presentare ed i metodi di<br />

individuazione dei prescelti secondo un sistema articolato di punteggi su vari requisiti circa la capacità tecnica e<br />

l’indicazione delle commissioni richieste per il servizio di arrangement, questo ultimo ai fini della valutazione<br />

dell’offerta economica; seguiva il criterio di assegnazione dei punteggi secondo i parametri previsti ed ulteriori<br />

specificazioni.<br />

Si deve rilevare il rinvio alle trattative tra le parti per quanto concerne le commissioni di collocamento del prestito e<br />

l’indicazione, quanto ai contenuti dell’incarico, dei soli organizzazione e collocamento senza inclusione alcuna dei<br />

contratti sui derivati. Per il resto, vista la successiva operazione di apertura delle buste e l’attribuzione dei punteggi con<br />

l’individuazione dei soggetti cui affidare l’incarico, si palesa una struttura tipicamente procedimentalizzata.<br />

Con la delibera 22 maggio 2006 n. 72 – 2946 la Giunta conferiva l’incarico ai soggetti prima indicati e quindi si<br />

giungeva alla delibera di affidamento ed avvio dell’operazione del 2 agosto 2006, poi oggetto del parziale<br />

autoannullamento, con la quale venivano definiti tutti i contenuti e i termini dell’operazione – ivi compreso<br />

l’ammontare del prestito – ed inoltre, quanto alle modalità di rimborso, la previsione di stabilire un piano di<br />

ammortamento ovvero, se opportuno, l’attivazione di un’operazione in derivati che consentisse alla Regione di ricreare<br />

un effetto di ammortamento attraverso la stipula di uno swap ed ancora eventuali operazioni di interest rate swap per la<br />

gestione del rischio derivante dall’andamento dei tassi di interesse od altre operazioni che si rendessero opportune per la<br />

gestione dei rischi correlati all’operazione.<br />

Nella successiva fase di contrattazione veniva deciso di attivare l’operazione in derivati.<br />

L’individuazione del soggetto incaricato di organizzare l’intera determinazione di emissione delle obbligazioni e di<br />

attuarla sui mercati finanziari è stata preceduta innegabilmente da un procedimento amministrativo in cui la Regione si<br />

è autovincolata a deliberare secondo criteri predeterminati alla stregua di un ordinario procedimento di gara, mentre<br />

nella stessa sede autoritativa il singolo aspetto attinente la stipulazione dei contratti derivati è stato solamente previsto<br />

in via alternativa, non è stato oggetto di regole in sede di gara ed è stato definito solamente in sede di trattativa con gli<br />

arrangers.<br />

Il Collegio non può a questo punto prescindere dalla pronuncia cardine data in materia da questa Sezione, la sentenza n.<br />

5032 del 7 settembre 2011, emessa su identica questione in seguito ad analogo provvedimento di autotutela della<br />

Provincia di Pisa, la quale aveva ritenuto l’illegittimità di un contratto su derivati concluso per proteggere l’Ente<br />

pubblico dalle variazioni dei tassi di interesse connessi a propria emissione obbligazionaria.<br />

8


Anche in questo caso l’organizzatore e collocatore del prestito era stato selezionato con una gara informale, in cui<br />

l’offerta tecnica doveva dare la completa misura dell’intera operazione, dunque di tutti i costi ipotizzabili, in conformità<br />

alle norme regolatrici del settore, la L. n. 448/2001, il d.m. 1 dicembre 2003 n. 389, la circolare MEF del 27 maggio<br />

2004; non vi era nel bando o nelle regole di gara la previsione espressa di una negoziabilità di eventuali contratti su<br />

derivati, ma vi era stata, così come rilevato dalla Sezione, una mancata valutazione per erroneo ed incolpevole<br />

apprezzamento della convenienza economica dei costi impliciti conseguenti al meccanismo finanziario degli swap,<br />

derivante dalla mancata informazione, all’interno delle offerte tecniche delle banche aggiudicatarie, di questo aspetto<br />

peculiare.<br />

Ora, se nel caso di specie mancava una previsione di futura negoziazione tra Provincia di Pisa e banche incaricate di<br />

eventuali derivati, il Collegio ha però ritenuto che comunque tale ipotesi non potesse che essere contenuta nelle<br />

proposte degli istituti finanziari, potendosi a questo punto configurare non tanto una violazione delle trattative<br />

contrattuali, ma una domanda di partecipazione alla gara incompleta e priva di quei requisiti necessari per legge, la<br />

precisa indicazione di tutti i costi o almeno la conoscenza dei possibili oneri derivanti dall’intera operazione.<br />

Quindi, secondo la citata sentenza n. 5032/2011, all’interno della gara dovevano essere valutate tutte le opzioni ed<br />

un’impossibilità di tale valutazione aveva condotto l’Ente pubblico ad un affidamento di incarico privo di una serie di<br />

elementi inerenti i costi, i quali andavano invece considerati per obbligo di legge.<br />

Nel caso in esame, al contrario, la stipulazione di contratti su derivati è stata solamente ipotizzata in sede di affidamento<br />

dell’incarico e dunque la determinazione di stipulare è intervenuta solamente in sede di trattative tra le parti; non<br />

essendo stata oggetto diretto del procedimento di aggiudicazione.<br />

Così che potrebbe essere corretta la pronuncia appellata che esclude la giurisdizione del giudice amministrativo a favore<br />

di quello ordinario e, nella specie, del giudice inglese per espressa pattuizione delle parti. Ciò - in mancanza del previo<br />

espletamento di un procedimento amministrativo volto alla selezione del contraente e senza avere riguardo ad alcun<br />

vizio di tale procedimento - qualificando l’autotutela esercitata dall’amministrazione come mero atto di recesso che<br />

incide sull’esecuzione contrattuale e riguarda vizi genetici o funzionali del sinallagma contrattuale.<br />

5. Tuttavia, potendo configurare la mancata valutazione dei costi eventuali insiti negli swap un’illegittima omessa presa<br />

in considerazione dei così detti costi impliciti, l’intera operazione consistente nel ricorso alla finanza derivata consegue<br />

pur sempre, anche se non direttamente, alla previa determinazione di affidamento della Regione Piemonte, di cui alla<br />

delibera (oggetto di autotutela) n. 135 – 3655 del 2 agosto 2006; con la quale si è approvata l’emissione obbligazionaria<br />

mediante possibile ricorso all’operazione in derivati.<br />

Se così è ci si trova nell’ambito di una procedura, seppure informale, finalizzata alla scelta del contraente migliore per<br />

l’amministrazione; procedura la quale, anche se vertendosi in tema di "contratti di servizi esclusi" non si applica il<br />

codice dei contratti pubblici [art. 19, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 163/2006], deve pur sempre osservare i "principi di<br />

economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità", oltre che le disposizioni sul<br />

procedimento amministrativo di cui alla l. n. 241/1990 (art. 27, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 163/2006); ossia si deve<br />

seguire una procedura ad evidenza pubblica.<br />

Ne consegue che, in relazione ai procedimenti ad evidenza pubblica per l'affidamento di lavori, servizi e forniture,<br />

l'amministrazione conserva il potere di annullare il bando, le singole operazioni di gara e lo stesso provvedimento di<br />

aggiudicazione, ancorché definitivo, in presenza di gravi vizi dell'intera procedura, dovendo tener conto delle<br />

preminenti ragioni di salvaguardia del pubblico interesse. E il provvedimento di aggiudicazione definitiva, come anche<br />

la stipulazione del relativo contratto, non costituiscono ostacolo giuridicamente insormontabile al suo stesso<br />

annullamento, anche in autotutela, oltre che all'annullamento degli atti amministrativi che ne costituiscono il<br />

presupposto; di fronte all'esercizio del potere di annullamento la situazione del privato è di interesse legittimo, a nulla<br />

rilevando che tale esercizio, in ultima analisi, produca effetti indiretti su di un contratto stipulato da cui sono derivati<br />

diritti.<br />

Così che, in ordine alle relative controversie, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo (Cons. Stato, sez. V, 7<br />

settembre 2011, n. 5032).<br />

6.1. Con riguardo alla domanda azionata in primo grado dalla Regione tendente a conseguire la declaratoria<br />

dell’inefficacia del contratto, data la stretta conseguenzialità tra l'aggiudicazione della gara pubblica e la stipula del<br />

relativo contratto, l'annullamento a seguito di autotutela della procedura amministrativa comporta la caducazione<br />

automatica degli effetti negoziali del contratto successivamente stipulato, stante la preordinazione funzionale tra tali<br />

atti, con attribuzione delle relative controversie alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.<br />

9


Ciò in virtù della disciplina introdotta dal d.lgs. 20 marzo 2010, n. 53, poi trasfusa nell'art. 122 del c.p.a., imperniata<br />

sulle esigenze di semplificazione e concentrazione delle tutele ai fini della loro effettività, dovendo precisarsi al<br />

riguardo che le disposizioni contenute negli artt. 121 e 122 del c.p.a., riferiti alle modalità di esercizio di un potere di<br />

decisione del giudice, trovano piena applicazione anche in relazione ai contratti stipulati sulla base di aggiudicazioni<br />

annullate in epoca anteriore all'entrata in vigore del citato d.lgs. n. 53/2010, purché sia ancora controversa l'efficacia del<br />

contratto, stante la loro pacifica natura processuale. Anche nel caso di annullamento d'ufficio dell'aggiudicazione,<br />

l'annullamento comporta la caducazione automatica del contratto e le relative controversie sono devolute al giudice<br />

amministrativo (Cons. Stato: sez. III, 23 maggio 2013, n. 2802; sez. V: 7 settembre 2011, n. 5032; 14 gennaio 2011, n.<br />

11; 20 ottobre 2010, n. 7578).<br />

Tra l’altro anche la Corte di Cassazione (sez. un., 8 agosto 2012, n. 14260) ha ribadito, in tema di controversie relative a<br />

procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi<br />

dell'art. 244 del d.lgs. n. 163/2006 (e ora del c.p.a.), in ordine alle domande di dichiarazione di inefficacia o di nullità<br />

del contratto di fornitura alla pubblica amministrazione, nonché di ripetizione di indebito e di arricchimento senza<br />

causa, conseguenti all'annullamento in autotutela delle deliberazioni di affidamento, imponendo, tanto il medesimo<br />

diritto europeo quanto il vigente sistema interno, la trattazione unitaria delle domande di affidamento dell'appalto e di<br />

caducazione del contratto concluso per effetto dell'illegittima aggiudicazione, come anche delle domande restitutorie<br />

direttamente connesse alla declaratoria di inefficacia o di nullità del contratto stesso.<br />

6.2. Qualora, invece, si ritenga che la controversia sia rivolta ad accertare le condizioni di validità e di efficacia del<br />

contratto e ad ottenerne la conseguente declaratoria, essa spetta al giudice ordinario, posto che ha ad oggetto non già i<br />

provvedimenti riguardanti la scelta del contraente ma sostanzialmente il rapporto privatistico discendente dal negozio<br />

(Cass., sez. un.: 29 maggio 2012, n. 8515; 5 aprile 2012, n. 5446, ordinanza).<br />

7. Può, inoltre, prospettarsi anche un’ulteriore soluzione, nel caso in cui si ritenga che la controversia sia al di fuori<br />

dell’ipotesi nella quale l’ordinamento attribuisce espressamente al giudice amministrativo la giurisdizione sulla sorte<br />

del contratto che si pone a valle di un procedimento amministrativo viziato, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. e), n.<br />

1), del c.p.a.; secondo cui sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie "relative<br />

a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del<br />

contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza<br />

pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, ivi incluse quelle risarcitorie e con estensione della giurisdizione<br />

esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione ed alle sanzioni<br />

alternative".<br />

L’autotutela amministrativa nei confronti di atti prodromici alla conclusione di un contratto costituisce pur sempre<br />

esercizio di potere. Nella specie la Regione Piemonte, per ragioni che in questa sede non è consentito sindacare, ha<br />

ritenuto l’illegittimità dell’alternativa, precedentemente concessa (con la delibera di Giunta n. 135 – 3655 del 2 agosto<br />

2006 e i successivi atti di esecuzione: tra la gestione di un fondo per l’ammortamento del capitale da rimborsare e la<br />

conclusione di uno swap per l’ammortamento del debito), con riguardo alla possibilità (da parte delle tre banche<br />

affidatarie) di concludere operazioni in derivati.<br />

Trattandosi di esercizio di potere (di autotutela), che si manifesta con l’emanazione di provvedimenti amministrativi, lo<br />

stesso non può che incidere su posizioni di interesse legittimo, con la conseguente giurisdizione (generale di legittimità)<br />

del giudice amministrativo.<br />

In tal modo, secondo l'ordinario criterio di riparto, spetta al giudice amministrativo conoscere dei vizi del procedimento<br />

e del provvedimento amministrativo, e al giudice ordinario dei vizi del contratto, anche quando si tratti di invalidità<br />

derivata dal procedimento amministrativo presupposto dal contratto. Tale riparto di giurisdizione non fa però venire<br />

meno l'interesse a impugnare davanti al giudice amministrativo gli atti amministrativi prodromici di un negozio privato,<br />

atteso che il loro annullamento produce un effetto viziante del negozio a valle. Con la conseguente possibilità di:<br />

azionare rimedi risarcitori, impugnare il negozio davanti al giudice ordinario, chiedere all'amministrazione<br />

l'ottemperanza al giudicato amministrativo e, in caso di perdurante inottemperanza, adire il giudice amministrativo che<br />

in sede di ottemperanza può intervenire sulla sorte del contratto.<br />

In sostanza, l'annullamento degli atti del procedimento amministrativo non comporta, di regola, l'automatica<br />

caducazione del negozio giuridico a valle (così detto effetto caducante), producendo piuttosto un’invalidità derivata<br />

(così detto effetto viziante), che deve essere dedotta davanti al giudice avente giurisdizione sull'atto negoziale (Cons.<br />

Stato, ad. plen., 3 giugno 2011, n. 10).<br />

Così che sui provvedimenti impugnati in primo grado avrebbe comunque giurisdizione il giudice amministrativo,<br />

mentre sulla domanda (della Regione) di accertamento dell’inefficacia dei contratti stipulati dopo l’emanazione dei<br />

10


provvedimenti annullati d’ufficio conoscerebbe il giudice ordinario.<br />

8. Quanto alla clausola contrattuale contenuta nei contratti swap che, derogando alla giurisdizione italiana, assoggetta la<br />

loro disciplina alla legge di un altro paese, anche in termini di giurisdizione sulle relative controversie, il Consiglio di<br />

Stato (sez. V, 7 settembre 2011, n. 5032) ha affermato che essa non rileva allorquando l'amministrazione abbia revocato<br />

i predetti contratti nell'esercizio del potere amministrativo di autotutela e non già mediante l'esercizio di un potere<br />

negoziale di risoluzione unilaterale. Infatti, ai sensi dell'art. 4 della l. 31 maggio 1995, n. 218, la deroga alla<br />

giurisdizione italiana può riguardare solo le cause vertenti su diritti disponibili e quindi solo le questioni di<br />

interpretazione ed esecuzione dell'accordo (agreement), ma non può estendersi fino a comprendere anche il sindacato<br />

sul corretto esercizio del potere amministrativo; non potendo ascriversi al novero dei diritti disponibili gli interessi<br />

pubblici alla cui cura è finalizzato l'esercizio dei poteri pubblicistici accordati all’amministrazione nell'ambito dei<br />

procedimenti di gara. Con la conseguenza che la riconducibilità alla giurisdizione amministrativa della controversia<br />

relativa alla legittimità dell'esercizio concreto del potere di autotutela e alla sorte del contratto, in quanto vertente su<br />

interessi legittimi e in quanto caratterizzata da un’inestricabile commistione tra interessi pubblici e privati, implica<br />

l'irrilevanza della clausola contenuta nel contratto di swap che assoggetta detto contratto alla giurisdizione inglese.<br />

Va rilevato, tuttavia, che il giudice inglese ha già deciso, in senso positivo, sulla validità e sull’efficacia dei contratti di<br />

cui trattisi. Così che una soluzione opposta a quella seguita dal primo giudice potrebbe portare a un contrasto di<br />

giudicati.<br />

9. Considerato che il punto di diritto in tema di giurisdizione sottoposto all’esame della Sezione può dar luogo a<br />

contrasti giurisprudenziali, dati anche la rilevanza (pure economica) della questione e il diffuso ricorso da parte degli<br />

enti locali a strumenti di finanza derivata con successivi conseguenti contenziosi, il presente appello viene rimesso<br />

all'esame dell'adunanza plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi dell'art. 99, comma 1, del c.p.a..<br />

P.Q.M.<br />

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), non definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe,<br />

ne dispone la rimessione all'adunanza plenaria del Consiglio di Stato.<br />

Manda alla segreteria della sezione per gli adempimenti di competenza e, in particolare, per la trasmissione del<br />

fascicolo di causa e della presente ordinanza al segretario incaricato di assistere all'adunanza plenaria.<br />

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:<br />

Carmine Volpe, Presidente<br />

Carlo Saltelli, Consigliere<br />

Sabato Malinconico, Consigliere<br />

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere<br />

Raffaele Prosperi, Consigliere, Estensore<br />

DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 14/10/2013.<br />

11


CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - sentenza 7 settembre 2011 n. 5032<br />

Pres. Baccarrini, Est. Saltelli - Depfa Bank Plc e Dexia Crediop s.p.a. (Avv.ti Merusi e Danusso) c. Provincia di Pisa<br />

(Avv. Chiti) - (previa riunione degli appelli avverso T.A.R. Toscana, Sez. I, 11 novembre 2010, n. 6579 e 27 gennaio<br />

2011, n. 154, accoglie gli appelli proposti dalla Provincia di Pisa; respinge il primo, il secondo ed il terzo motivo degli<br />

appelli proposti da Depfa Bank s.r.l. e da Dexia Crediop S.p.A.; dispone, come da separata ordinanza, consulenza<br />

tecnica d’ufficio in relazione al quarto motivo dei predetti appelli).<br />

1-2. Contratti della P.A. - Aggiudicazione definitiva - Annullamento in autotutela da parte della P.A. - Potere -<br />

Dopo la conclusione del contratto - Permane.<br />

3. Atto amministrativo - Annullamento in autotutela - Presupposti - Individuazione.<br />

4. Giurisdizione e competenza - Contratti della P.A. - Annullamento dell’aggiudicazione - Controversie in<br />

materia - Giurisdizione esclusiva del G.A. - Sussiste - Circostanza che l’annullamento dell’aggiudicazione<br />

comporti anche il venir meno del contratto - Irrilevanza a tal fine.<br />

5. Contratti della P.A. - Aggiudicazione definitiva - Annullamento in autotutela da parte della P.A. - Comporta<br />

di regola anche il venir meno del contratto.<br />

6. Atto amministrativo - Procedimento - Avviso di inizio del procedimento - Ex art. 7 della L. n. 241 del 1990 -<br />

Nel caso in cui sia stata comunque data aliunde informazione dell'avvio del procedimento all'interessato - Non<br />

occorre.<br />

7. Giustizia amministrativa - Procedimento giurisdizionale - Consulenza tecnica - Casi in cui è possibile disporla<br />

- Individuazione - Fattispecie.<br />

1. Per i procedimenti ad evidenza pubblica per l’affidamento di lavori, servizi e forniture, l’Amministrazione<br />

conserva il potere di annullare il bando, le singole operazioni di gara e lo stesso provvedimento di<br />

aggiudicazione, ancorché definitivo, in presenza di gravi vizi dell’intera procedura, dovendo tener conto delle<br />

preminenti ragioni di salvaguardia del pubblico interesse (1).<br />

2. Anche se nei contratti della P.A. l’aggiudicazione, quale atto conclusivo del procedimento di scelta del<br />

contraente, segna normalmente il momento dell’incontro delle volontà dell’amministrazione e del privato in<br />

ordine alla conclusione del contratto (volontà che per quanto riguarda la posizione dell’amministrazione si è<br />

manifestata con la individuazione dell’offerta ritenuta migliore), non è tuttavia precluso all’Amministrazione di<br />

procedere con successivo atto (e con un richiamo ad un preciso e concreto interesse pubblico) all’annullamento<br />

d’ufficio dell’aggiudicazione (2). Di fronte all’esercizio del potere di annullamento la situazione del privato è di<br />

interesse legittimo, a nulla rilevando che tale esercizio, in ultima analisi, produca effetti indiretti su di un<br />

contratto stipulato da cui sono derivati diritti.<br />

3. In linea generale la legittimità di un provvedimento di autotutela è subordinata, oltre che alla comunicazione<br />

di avvio del procedimento, anche ad una adeguata motivazione circa la natura e la gravità delle anomalie<br />

verificatesi, la sussistenza di un interesse pubblico attuale alla sua eliminazione (che tuttavia non può giammai<br />

ridursi all’esigenza del mero ripristino della legalità violata) (3), la comparazione tra quest’ultimo e la<br />

contrapposta posizione consolidata dell’aggiudicatario e la ragionevole durata del tempo intercorso tra l’atto<br />

illegittimo e la sua rimozione (4).<br />

4. Rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo una controversia relativa al provvedimento<br />

con il quale una P.A. non ha inteso esercitare un potere negoziale di recesso unilaterale dai contratti stipulati,<br />

avendo piuttosto esercitato il potere amministrativo di annullare in autotutela l’aggiudicazione per l’operazione<br />

di ristrutturazione del proprio debito, nella parte relativa all’operazione in strumenti finanziari derivati, con<br />

effetto caducante sui contratti già stipulati (5).<br />

5. Di regola l’annullamento dell’aggiudicazione di una gara comporta automaticamente anche il venir meno del<br />

conseguente contratto, atteso che l’aggiudicazione e il contratto simul stabunt, simul cadent, qualunque sia la sede<br />

dell’annullamento (illegittimità dichiarata dal giudice a seguito di ricorso ovvero illegittimità o inopportunità,<br />

conseguente dell’esercizio del potere di autotutela da parte dell’amministrazione) (6).<br />

13


6. Non sussiste la violazione dell’articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241 se all'interessato sia stata comunque<br />

data aliunde informazione dell'avvio del procedimento, con conseguente possibilità di rappresentarvi le proprie<br />

valutazioni (7), ciò in quanto l’invocata disposizione non deve essere interpretata ed applicata in modo<br />

formalistico, ma con riferimento alla sua "ratio" (di assicurare la partecipazione del privato interessato al<br />

procedimento amministrativo, con la conseguenza che l'eventuale omissione dell'adempimento non determina<br />

illegittimità dell'azione amministrativa, laddove il destinatario abbia avuto, comunque e "aliunde", conoscenza<br />

del procedimento in corso, con conseguente possibilità di parteciparvi).<br />

7. La consulenza tecnica può essere disposta dal giudice amministrativo quando l'esercizio del potere<br />

amministrativo richiede non una scelta di opportunità, ma l'esatta valutazione di un fatto secondo i criteri di una<br />

determinata scienza o tecnica, così che essa costituisce un mezzo d'indagine finalizzato ad aiutare il giudice nella<br />

soluzione di questioni che comportino specifiche conoscenze (8); del resto, anche nel giudizio di legittimità non<br />

può non essere valutata, eventualmente proprio attraverso una consulenza tecnica, l'eventuale erroneità<br />

dell'apprezzamento dell'amministrazione, ove tale erroneità sia in concreto valutabile (9).<br />

-------------------------------------------<br />

(1) Cfr., ex pluribus, Cons. Stato, sez. V, 1° ottobre 2010, n. 7273, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/10/cds5_2010-10-01-<br />

5.htm; sez. IV, 15 settembre 2006, n. 5374; sez. VI, 6 dicembre 2010, n. 8554, ivi, pag. http://www.lexitalia.it/p/10/cds5_2010-12-<br />

06.htm<br />

(2) Ha osservato la sentenza in rassegna che il potere di autotutela della P.A. in materia trova fondamento nei principi di legalità,<br />

imparzialità e buon andamento, cui deve essere improntata l’attività della P.A., ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione, in<br />

attuazione dei quali l’amministrazione deve adottare atti il più possibile rispondenti ai fini da conseguire (fermo l’obbligo<br />

nell’esercizio di tale delicato potere, anche in considerazione del legittimo affidamento eventualmente ingeneratosi nel privato, di<br />

rendere effettive le garanzie procedimentali, di fornire un’adeguata motivazione in ordine alle ragioni che giustificano la differente<br />

determinazione e di una ponderata valutazione degli interessi, pubblici e privati, in gioco (cf. Cons. Stato, sez. V, 4 gennaio 2011, n.<br />

11; 10 settembre 2009, n. 5427; sez. IV, 31 ottobre 2006, n. 6456; sez. VI, 26 luglio 2010, n. 4864).<br />

(3) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 24 settembre 2010, n. 7125.<br />

(4) Cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. V, 1° ottobre 2010, n. 7273, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/10/cds5_2010-10-01-<br />

5.htm; 7 aprile 2010, n. 1946; 7 gennaio 2009, n. 1; sez. VI, 16 aprile 2010, n. 2178; 11 gennaio 2010, n. 4; 18 agosto 2009, n. 4958.<br />

(5) Ha osservato in particolare la sentenza in rassegna che la decisione dell’amministrazione di riesaminare prima e di annullare poi,<br />

nei limiti indicati, tutti gli atti di affidamento della ristrutturazione del debito è stata dichiaratamente determinata, per un verso,<br />

dall’accertata violazione delle finalità dell’articolo 41 delle legge 28 dicembre 2001, n. 448, non risultando a tal riguardo rispettato il<br />

principio della convenienza economica (in quanto il contratto swap al momento della stipula non aveva un valore iniziale pari a zero,<br />

bensì negativo, senza che a fronte di tale elemento economico negativo fosse stata prevista in favore dell’amministrazione una<br />

somma di pari ammontare così da riequilibrare il contratto stesso) e, per altro verso, dalla pur riscontrata violazione dell’art. 3 C.M.<br />

27 maggio 2004 (nella parte in cui precisava che la vendita del floor è ammessa solo per il finanziamento dell’acquisto del cap, in<br />

quanto il valore di mercato dello swap, calcolato al momento della stipula, indica proprio che il valore del cap era inferiore a quello<br />

del floor ovvero il premio che l’amministrazione provinciale avrebbe dovuto pagare e che, implicitamente aveva pagato, per<br />

l’acquisto del floor era inferiore al premio che avrebbe dovuto incassare a fronte della vendita del floor), così che in definitiva<br />

l’operazione era stata caratterizzata da "costi impliciti" dello swap stipulato, non evidenziati né nella presentazione delle offerte, né<br />

all’atto della stipula dei contratti, ma appurati solo successivamente a quest’ultima, a seguito di apposita attività di indagine affidata<br />

alla società Calipso.<br />

In definitiva il potere di autotutela culminato nella ricordata determinazione dirigenziale non è stato esercitato per sottrarsi puramente<br />

e semplicemente ad un contratto economicamente squilibrato, quanto piuttosto a causa della mancata corretta valutazione della<br />

convenienza economica che legittimava l’operazione di ristrutturazione del debito, ai sensi dell’articolo 41 della legge 28 dicembre<br />

2001, n. 448, e che, come tale, non rientrava nella "causa" del contratto di swap, costituendone piuttosto il presupposto logico –<br />

giuridico.<br />

E’ stato ricordato che, ai sensi dell’articolo 4 della legge 31 maggio 1995, n. 218, la deroga alla giurisdizione italiana può riguardare<br />

solo le cause vertenti su diritti disponibili (Cass. SS.UU., 20 aprile 2010, n. 9308) e quindi solo le questioni di interpretazione ed<br />

esecuzione dell’accordo (agreement), ma non può estendersi fino a comprendere anche il sindacato sul corretto esercizio del potere<br />

amministrativo, non potendo ascriversi al novero dei diritti disponibili gli interessi pubblici alla cui cura è finalizzato l’esercizio dei<br />

poteri pubblicistici accordati alla pubblica amministrazione anche nell’ambito dei procedimenti di gara.<br />

(6) Ha aggiunto la sentenza in rassegna che, anche a non voler condividere la tesi dell’effetto immediatamente caducante<br />

dell’annullamento dell’aggiudicazione sul contratto successivamente stipulato, così che l’inefficacia conseguirebbe solo all’esito di<br />

una specifica decisione dell’organo giurisdizionale competente, deve osservarsi che i ricordati articoli 121 e 122 attribuiscono<br />

esclusivamente al giudice amministrativo tali poteri di decisione (e valutazione) dell’efficacia del contratto a seguito<br />

dell’annullamento dell’aggiudicazione; né può ammettersi una (peraltro) irragionevole diversificazione della disciplina in esame, con<br />

14


la reviviscenza del potere del giudice ordinario sulla sorte del contratto, allorquando l’annullamento dell’aggiudicazione (o degli atti<br />

ad essa presupposti) sia effetto dell’esercizio del potere di autotutela.<br />

In definitiva va affermata la giurisdizione del giudice amministrativo anche in ordine agli effetti sul contratto dell’annullamento in<br />

via di autotutela dell’aggiudicazione (e degli atti ad essa presupposti).<br />

(7) Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 9 marzo 2011, n. 1476; 4 dicembre 2009, n. 7607, in LexItalia.it, pag.<br />

http://www.lexitalia.it/p/92/cds6_2009-12-04-4.htm; sez. IV, 4 marzo 2009, n. 1207, ivi, pag. http://www.lexitalia.it/p/91/cds4_2009-<br />

03-1.htm<br />

(8) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 14 febbraio 2011, n. 953.<br />

(9) Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 20 luglio 2010, n. 4663.<br />

In applicazione del principio nella specie, con separata ordinanza, si è provveduto alla nomina di un consulente tecnico, alla<br />

formulazione dei quesiti, alla fissazione del termine entro cui il consulente deve comparire innanzi al magistrato delegato e a tutti gli<br />

altri adempimenti di cui all’articolo 67, comma 3, c.p.a. al fine di accertare la correttezza dell’operato della P.A. che aveva dichiarata<br />

illegittima una operazione di ristrutturazione del debito mediante contratto swap.<br />

N. 05032/2011REG.PROV.COLL.<br />

ha pronunciato la presente<br />

REPUBBLICA ITALIANA<br />

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO<br />

Il Consiglio di Stato<br />

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)<br />

SENTENZA<br />

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 938 del 2011, proposto da:<br />

DEPFA BANK PLC, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Fabio Merusi e<br />

Giuseppe Massimiliano Danusso, con domicilio eletto presso l’avv. Fabio Merusi in Roma, corso Vittorio Emanuele II,<br />

n. 18;<br />

contro<br />

PROVINCIA DI PISA, in persona del Presidente della Giunta provinciale in carica, rappresentata e difesa dall'avv.<br />

Mario P. Chiti, con domicilio eletto presso Luigi Manzi in Roma, via Federico Confalonieri, n. 5;<br />

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 939 del 2011, proposto da:<br />

DEXIA CREDIOP S.P.A., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Fabio Merusi<br />

e Giuseppe Massimiliano Danusso, con domicilio eletto presso Fabio Merusi in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n.<br />

18;<br />

contro<br />

PROVINCIA DI PISA, in persona del Presidente della Giunta provinciale in carica, rappresentata e difesa dall'avv.<br />

Mario P. Chiti, con domicilio eletto presso Luigi Manzi in Roma, via Federico Confalonieri, n. 5;<br />

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 1008 del 2011, proposto da:<br />

PROVINCIA DI PISA, in persona del Presidente della Giunta provinciale in carica, rappresentata e difesa dall'avv.<br />

15


Mario P. Chiti, con domicilio eletto presso Luigi Manzi in Roma, via Federico Confalonieri, n. 5;<br />

contro<br />

DEXIA CREDIOP S.P.A., e DEPFA BANK PLC, ciascuna in persona del proprio legale rappresentante in carica,<br />

entrambe rappresentate e difese dagli avv. Fabio Merusi e Giuseppe Massimiliano Danusso, con domicilio eletto presso<br />

Fabio Merusi in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;<br />

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 2941 del 2011, proposto da:<br />

PROVINCIA DI PISA, in persona del Presidente della Giunta provinciale in carica, rappresentata e difesa dall'avv.<br />

Mario P. Chiti, con domicilio eletto presso Studio Legale Manzi in Roma, via Federico Confalonieri, n. 5;<br />

contro<br />

DEXIA CREDIOP S.P.A., e DEPFA BANK PLC, ciascuna in persona del proprio legale rappresentante in carica,<br />

entrambe rappresentate e difese dagli avv. Fabio Merusi e Giuseppe Massimiliano Danusso, con domicilio eletto presso<br />

Studio Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;<br />

quanto ai ricorso n. 938, 939 e 1008 del 2011:<br />

per la riforma<br />

della sentenza del T.A.R. Toscana, Firenze, Sez. I, n. 6579 delll’11 novembre 2010, resa tra le parti, concernente IN<br />

VIA DI AUTOTUTELA GARA PER INDIVIDUAZIONE INTERMEDIARI FINANZIARI PER<br />

RISTRUTTURAZIONE DEL PROPRIO DEBITO;<br />

quanto al ricorso n. 2941 del 2011:<br />

della sentenza del T.A.R. Toscana – Firenze, Sez. I, n. 154 del 27 gennaio 2011, resa tra le parti, concernente IN VIA<br />

DI AUTOTUTELA GARA PER INDIVIDUAZIONE INTERMEDIARI FINANZIARI PER RISTRUTTURAZIONE<br />

DEL PROPRIO DEBITO;<br />

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;<br />

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Pisa (nei ricorsi NRG. 938 e 939/2011) e di Dexia Crediop<br />

S.p.A. e di Depfa Bank Plc (nei ricorsi 1008 e 2941/2011);<br />

Viste le memorie difensive;<br />

Visti tutti gli atti della causa;<br />

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 maggio 2011 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati Merusi,<br />

Danusso e Chiti;<br />

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.<br />

FATTO<br />

1.1. L’Amministrazione provinciale di Pisa con determinazione dirigenziale n. 4105 del 1° settembre 2006, avente ad<br />

oggetto "Gestione attiva dell’indebitamento della Provincia di Pisa: operazione di ristrutturazione – determinazione a<br />

contrarre", stabiliva di effettuare una gara ufficiosa per l’individuazione di uno o più intermediari finanziari con i quali<br />

perfezionare un’operazione di ristrutturazione del debito per un importo complessivo fino a €. 99.870.000, distinti in 4<br />

lotti, riferiti ai diversi Istituti di credito con i quali erano stati accesi i mutui originari (punto1), dando atto che l’importo<br />

complessivo dell’operazione avrebbe potuto subire modifiche in relazione al pagamento di ulteriori rate di<br />

ammortamento da parte della Provincia, alle scadenze di legge o per motivi di superiore interesse per l’ente (punto 2) e<br />

che l’aggiudicazione sarebbe stata effettuata, in relazione alla riduzione del valore finanziario delle passività totali a<br />

carico della Provincia, al netto di tutti gli oneri (punti 3), approvando il bando per l’espletamento della gara ufficiosa e<br />

della lettera di invito (punto 4), fissando le misure di pubblicità necessarie per la massima partecipazione dei soggetti<br />

16


interessati (punto 5) e demandando ad un successivo provvedimento la formalizzazione dei contratti da stipulare con<br />

uno o più intermediari finanziari aggiudicatari dell’operazione e la definizione delle ulteriori condizioni dell’operazione<br />

(punto 6).<br />

1.2. Con la delibera n. 7 del 23 gennaio 2007, avente ad oggetto "Gestione attiva dell’indebitamento della Provincia di<br />

Pisa: operazione di ristrutturazione – Determinazione conclusiva", la giunta provinciale prendeva atto, approvandoli,<br />

dei lavori della commissione tecnica di individuazione dell’Istituto di Credito Associazione temporanea Depfa Bank Plc<br />

– Dexia Crediop S.p.A. con cui concludere l’operazione di ristrutturazione del debito, composta da emissione di prestito<br />

obbligazionario al tasso Euribor + 0,063%, alla stessa scadenza dei mutui originari ed abbinamento di strumento<br />

derivato avente lo scopo di cautelare l’Amministrazione Provinciale da variazioni incrementative eccessive di tassi di<br />

interesse (punti 1 e 2); disponeva l’effettuazione della operazione di ristrutturazione del debito con possibilità di<br />

estinzione anticipata totale o parziale senza oneri a carico della Provincia, all’offerta personalizzata dell’istituto di<br />

credito stesso, quale condizione all’interno della procedura di ristrutturazione del debito effettuata, il cui piano di<br />

ammortamento costituiva allegato alla deliberazione stessa (punto 3); dava atto che l’operazione di ristrutturazione del<br />

debito in questione sarebbe stata effettuata con possibilità di estinzione anticipata anche parziale con le seguenti<br />

modalità: a) senza oneri a carico della Provincia; b) in coincidenza con il pagamento di una cedola semestrale di<br />

interessi; c) nel rispetto della normativa vigente (in particolare art. 35, comma 7, della legge 23 dicembre 1994 n.724)<br />

(punto 4); rinviava al Consiglio Provinciale l’operazione per l’emissione del prestito obbligazionario (punto 5); dava<br />

atto altresì che l’operazione avrebbe comportato una riduzione della rata di ammortamento per l’anno 2007 di €.<br />

1.425.000,00 circa, con beneficio al termine dell’operazione di €. 50.000,00 circa, rispetto alle condizioni dei mutui<br />

attualmente in essere (punto 6); dava atto ancora che l’operazione rientrava nella previsione di cui commi 736, 737, 738<br />

della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e che, in particolare, ai sensi del comma 737 della legge stessa il contratto sarebbe<br />

stato trasmesso, prima della sottoscrizione, al Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento del Tesoro per<br />

l’effettuazione delle operazioni sopra indicate (punto 7).<br />

Con la successiva determinazione dirigenziale n. 876 del 16 febbraio 2007 ("Gestione attività dell’indebitamento della<br />

provincia di Pisa: operazione di ristrutturazione – determinazione conclusiva") veniva affidata all’Istituto di Credito<br />

Associazione Temporanea di Impresa Depfa Bank PLC – Dexia Crediop S.p.A. (punto 1) l’operazione di<br />

ristrutturazione del debito, secondo le modalità della delibera della Giunta provinciale n. 7 del 23 gennaio 2007,<br />

disponendone l’effettiva attuazione con possibilità di estinzione anticipata totale o parziale senza oneri a carico della<br />

Provincia, all’offerta personalizzata dell’istituto di credito stesso (punti 1, 2 e 3), dando atto che la predetta operazione<br />

di ristrutturazione del debito sarebbe stata effettuata con possibilità di estinzione anticipata anche parziale con<br />

specifiche modalità [a) senza oneri a carico della Provincia; b) in coincidenza con il pagamento di una cedola<br />

semestrale di interessi; c) nel rispetto della normativa vigente (in particolare art. 35, comma 7, della legge 23 dicembre<br />

1994, n. 724], (punto 4)<br />

1.3. Il Consiglio Provinciale di Pisa poi, con delibera n. 60 del 7 giugno 2007 ("Emissione prestito obbligazionario e<br />

perfezionamento di operazioni in strumenti finanziari derivati") stabiliva, tra l’altro, di: 1) richiedere agli istituti<br />

mutuanti l’estinzione anticipata dei mutui di cui all’elenco allegato A, da effettuarsi ai sensi dell’articolo 41, comma 2,<br />

della legge 28 dicembre 2001, n. 448, per procedere alla conversione degli stessi mediante l’emissione di buoni<br />

obbligazionari provinciali; 2) approvare l’emissione di un prestito obbligazionario per un importo nominale massimo di<br />

€. 100.000.000,00 (Provincia di Pisa [2007 – 2023 ultima scadenza dei mutui originari] a tasso variabile) destinato al<br />

rimborso anticipato dei mutui di cui all’elenco allegati, senza spese per l’estinzione anticipata, le cui caratteristiche<br />

principali erano contenute nel regolamento, allegato B, alla delibera e sinteticamente indicate; 3) approvare che il<br />

prestito obbligazionario era sottoscritto integralmente da Dexia Crediop S.p.A. e da Depfa Bank Plc; 4) approvare che<br />

Depfa Bank svolgeva la funzione di rappresentante dei possessori dei titoli obbligazionari nei confronti dell’ente<br />

emittente, ai sensi dell’art. 35, comma 7, della legge 23 dicembre 1994, n. 724; 5) approvare che la Provincia, in<br />

relazione alla garanzia che assisteva il servizio finanziario del prestito obbligazionario, assumeva una puntuale serie di<br />

obblighi tra cui, in particolare, quelli: a) di vincolare e delegare pro solvendo e non pro soluto a favore dei possessori<br />

dei titoli obbligazionari, per tutta la durata del prestito obbligazionario, a valere sulle entrate afferenti ai primi tre titoli<br />

del bilancio, le somme necessarie ad assicurare il servizio del prestito tanto per il pagamento delle cedole interessi<br />

quanto per il rimborso del capitale sulla base del piano di ammortamento; b) di notificare al tesoriere, al momento<br />

dell’emissione del prestito obbligazionario un atto di delega di pagamento per il periodo di durata del prestito, con<br />

l’indicazione delle rate di rimborso di capitale, secondo il piano allegato, nonché delle cedole di interessi, il cui valore<br />

sarebbe stato calcolato sulla base del tasso utilizzato per la determinazione della prima cedola (precisando che il valore<br />

delle cedole d’interessi contenute nella suddetta delega di pagamento era puramente indicativo e che pertanto il<br />

tesoriere sarebbe stato tenuto a corrispondere a titolo di interessi gli importi di volta in volta dovuti da calcolarsi<br />

secondo le modalità indicate nella suddetta delega di pagamento), con obbligo del tesoriere, proprio in ragione dell’atto<br />

di delega, di accantonare le somme occorrenti per il servizio del prestito o di apporre specifici vincoli sull’anticipazione<br />

di tesoreria concessa e disponibile e a versarle alle scadenze del piano di ammortamento a favore dell’intermediario che<br />

avrebbe curato il servizio stesso, assicurando la disponibilità per tali scadenze; c) di iscrivere ogni anno nella parte<br />

17


passiva del bilancio, per tutta la durata del prestito, le somme occorrenti per il servizio finanziario del prestito,<br />

prevedendo che qualora il tesoriere non avesse effettuato gli integrali pagamenti alle scadenze stabilite, la Provincia<br />

avrebbe provveduto direttamente ed immediatamente, senza necessità di alcun atto di costituzione in mora da parte dei<br />

possessori dei titoli; d) di inserire in ogni contratto di tesoreria che dovesse essere stipulato nel periodo di durata del<br />

prestito obbligazionario l’obbligo per il tesoriere di effettuare, alle scadenza previste dal piano di ammortamento del<br />

prestito obbligazionario, i pagamenti di cui al precedente punto b) e con le modalità in esso previste (prevedendo<br />

adeguate forme di comunicazione a Depfa Bank Plc, quale rappresentante dei titoli, delle eventuali variazioni del<br />

servizio di Tesoreria); e) di rispettare quanto previsto dall’art. 159, comma 3, del decreto legislativo "Norme<br />

sull’esecuzione forzata nei confronti degli enti locali"; f) di inviare, su richiesta di Dexia Crediop e/o di Depfa Bank<br />

Plc, una copia certificata conforme all’originale degli atti (certificazioni) di cui alle precedenti lettere c) (bilancio<br />

dell’ente) ed e) (delibere di quantificazione preventiva degli importi delle somme destinate alle finalità di cui all’art.<br />

159, comma 2, del Decreto Legislativo) entro 30 giorni dalla data della richiesta; g) di inviare annualmente a Dexia<br />

Crediop ed a Depfa Bank Plc, una copia certificata, conforme all’originale, del conto consuntivo nonché del conto del<br />

patrimonio entro 30 giorni dalla relativa data di approvazione; h) di prestare – qualora manchi o risulti insufficiente il<br />

gettito dei proventi delegati o comunque ne sia impedita la disponibilità o vincolatività – idonee garanzie alternative<br />

considerate da Depfa Bank Plc e Dexia Crediop equivalenti all’originaria delegazione di pagamento; 6) autorizzare<br />

l’accentramento del suddetto prestito obbligazionario presso la Monte Titoli S.p.A., incaricata di curare il servizio di<br />

gestione dei titoli emessi ed in particolare del pagamento delle cedole interessi e delle rate di capitale; 7) approvare il<br />

pagamento degli interessi e delle rate di capitale relativo ai titoli emessi, secondo le modalità ivi stabilite; 8) assumere<br />

l’impegno di comunicare alla Monte Titoli S.p.A., nonché a Dexia Crediop S.p.A. e Depfa Bank Plc qualsiasi<br />

variazione relativa alle modalità dei pagamenti indicati; 9) prendere atto che l’assistenza relativa a tutti gli adempimenti<br />

necessari per il perfezionamento dell’accentramento del BOP – Provincia di Pisa 2007 – 2004 a tasso variabile presso la<br />

Monte Titoli ed in particolare per la predisposizione dei moduli richiesti dalla Monte Titoli per la gestione dei rapporti<br />

con la Provincia di Pisa sarebbe stata fornita da Dexia Crediop S.p.A. e da Depfa Bank Plc; 10) prendere atto che il<br />

ricavato dell’emissione del prestito avrebbe dovuto essere versato da Dexia Crediop S.p.A. e da Depfa Bank Plc al<br />

Tesoriere alla data prevista per il regolamento dei titoli sottoscritti, ai sensi di quanto previsto dall’art. 14 bis del decreto<br />

legge 13 maggio 1991, n. 151, convertito con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 202 nonché dall’art. 9,<br />

comma 2, del citato D.M. n. 420/96 previa ricezione da parte della stessa Depfa Bank Plc della delegazione di<br />

pagamento notificata; 11) prendere atto che la Provincia avrebbe potuto utilizzare i fondi rivenienti dall’emissione del<br />

prestito obbligazionario esclusivamente al fine di cui all’articolo 41, comma 2, della legge 448/2001, nonché ai sensi<br />

dell’articolo 35 della legge n. 724/1994; 12) prendere atto che, ai sensi dell’articolo 35, comma 6, della legge 724/1994<br />

e dell’art. 13 del Decreto del Ministro del Tesoro 5 luglio 1996, n. 420, la Provincia sarebbe stata tenuta a versare<br />

all’entrata statale (con la specifica indicazione della puntuale imputazione al bilancio) entro i 30 giorni successivi al<br />

versamento presso il tesoriere provinciale dell’importo del prestito sottoscritto, un contributo una tantum dello 0,1%<br />

calcolato sull’ammontare nominale del prestito obbligazionario sottoscritto; 13) prendere atto che, considerato quanto<br />

previsto dalla normativa vigente e, in particolare, dalle istruzioni applicative di cui alla circolare Banca d’Italia n. 53775<br />

del 16 gennaio 2007, non era necessario il preventivo ottenimento del nulla osta all’emissione da parte della Banca<br />

d’Italia essendo, al momento, sufficiente un’informativa di carattere generale circa le principali tecniche del prestito<br />

stesso; 14) riconoscere a Dexia Crediop e Depfa Bank Plc la facoltà di rendere pubblico il suo intervento nella<br />

realizzazione della presente emissione obbligazionaria; con i successivi punti da 15 a 20, venivano quindi impartite al<br />

Dirigente del Servizio Finanziario le necessarie ed opportune direttive per la concreta esecuzione della deliberazione<br />

stessa.<br />

Con altra determinazione dirigenziale n. 3266 del 22 giugno 2007 ("Aggiudicazione definitiva relativa all’operazione di<br />

emissione del prestito obbligazionario") si disponeva tra l’altro di aggiudicare definitivamente l’operazione di cui alla<br />

delibera consiliare n. 60 del 7 giugno 2007, stabilendo che il prestito obbligazionario sarebbe stato sottoscritto a fermo<br />

da Depfa Bank Plc (capofila, per il 50%) e da Dexia Crediop S.p.A. (per il 50%); prendendo atto che, sulla base dei<br />

conteggi forniti dagli istituti mutuanti, l’importo dovuto per l’estinzione anticipata dei mutui contratti con tali istituti era<br />

pari a €. 95.493.043,77; approvando, secondo quanto autorizzato dalla ricordata delibera consiliare ed in esecuzione<br />

della stessa, l’emissione di un prestito obbligazionario per un importo nominale complessivo di Euro 95.494.000,00,<br />

destinato al rifinanziamento/estinzione anticipata dei mutui (art. 41 legge 448/2001), da perfezionarsi nel rispetto dei<br />

limiti e sulla base delle condizioni autorizzate con la più volte ricordata delibera consiliare, determinando, sempre nel<br />

rispetto di quest’ultima, le caratteristiche tecniche dell’emissione (data di emissione: 28 giugno 2007; data di godimento<br />

28 giugno 2007; data di scadenza 28 dicembre 2024; godimento delle cedole di interessi: 28 dicembre e 28 giugno di<br />

ogni anno a partire dal 28 dicembre 2007); approvando altresì il regolamento definitivo, la delegazione di pagamento<br />

relativa al prestito obbligazionario ed il piano di ammortamento e nominando Depfa Bank Plc, quale rappresentante dei<br />

Portatori dei Titoli.<br />

La complessa procedura si perfezionava la comunicazione a Dexia Crediop S.p.A. e Depfa Bank Plc dell’assegnazione<br />

del servizio di ristrutturazione di parte del debito provinciale (giusta nota del 27 giugno 1997) e con la ulteriore<br />

determinazione n. 3418 del 3 luglio 2007 ("Perfezionamento di operazioni in strumenti finanziari derivati") con la quale<br />

18


si stabiliva di: 1) individuare quale proposta rispondente agli obiettivi della Provincia di Pisa per la ristrutturazione del<br />

debito, il derivato corrispondente alla struttura n. 4, riadeguato secondo l’offerta corrispondente al giorno di chiusura<br />

dell’operazione con riferimento al tasso floor, tenuto conto di un tasso cap del 5,99%, così come stabilito dal gruppo di<br />

esperti di lavoro in data 27 giugno 2007; 2) approvare gli schemi di Accordo Quadro ("Master Agreement") elaborati da<br />

ISDA – International Swap and Derivates Association Inc., già International Swap Dealers Association Inc. –<br />

comprensivi del relativo Prospetto delle clausole analitiche ("Schedule"), forniti da Dexia e Depfa" 3) stipulare<br />

rispettivamente con Dexia e Depfa il sopracitato Accordo Quadro ("Master Agreement") elaborato da ISDA –<br />

International Swap and Derivates Association Inc., già International Swap Dealers Association Inc. – comprensivo del<br />

relativo Prospetto delle clausole analitiche ("Schedule"); 4) individuare nelle strutture di tasso di cui all’ipotesi di<br />

trasformazione dell’indebitamento formulata da Dexia e Depfa, come descritti nei rispettivi "documenti di conferma", la<br />

strategia più adeguata alle esigenze della Provincia per il perfezionamento delle suddette operazioni di Interest Rate<br />

Swap; 5) approvare i termini e le condizioni di cui alle strutture di tasso sopra individuate, come riportati nei predetti<br />

"documenti di conferma"; 6) dare atto che, in considerazione della volatilità dei tassi di mercato, i tassi definitivi delle<br />

operazioni sarebbero stati concordati tra le parti all’atto del perfezionamento delle operazioni stesse sulla base delle<br />

concorrenti condizioni di mercato; 7) dare atto che i flussi relativi alle operazioni sarebbero stati contabilizzati nei<br />

relativi bilanci di previsione di competenza, mediante creazione di apposite poste in entrata e in uscita; 8) prendere atto<br />

che i pagamenti relativi alle operazioni sarebbero stati effettuati secondo i dettagli puntualmente riportati nella stessa<br />

delibera; 9) prendere altresì atto che la Provincia era giunta alla determinazione di perfezionare le operazioni di Interest<br />

Rate Swap con Dexia e Depfa non per fini speculativi, ma, unicamente, per la copertura del rischio di tasso e per la<br />

gestione delle proprie passività risultanti da emissioni obbligatorie, da mutui passivi e da altre forme di ricorso al<br />

mercato finanziario consentite dalla legge e che in particolare le operazioni descritte venivano poste in essere sugli<br />

importi sottostanti che risultavano effettivamente dovuti dell’Ente, il quale si impegnava a mantenere, per tutta la durata<br />

delle operazioni stesse, un sottostante indebitamento che avesse un’elevata corrispondenza finanziaria con le operazioni<br />

di swap con particolare riguardo alla durata e alla tipologia di tasso e in ogni caso alla modifica dell’operazione in caso<br />

di riduzione dell’indebitamento; 10) dare atto che le operazioni Interest Rate Swap, come descritte nei relativi<br />

"Documenti di conferma", erano in linea con l’art. 1, comma 736, della legge n. 296 del 27 dicembre 2006, con il D.M.<br />

1° dicembre 2003, n. 389 e la successiva circolare esplicativa 27 maggio 2004; in particolare, con riferimento<br />

all’indebitamento sottostante, sono pienamente in linea con l’art. 3, comma 3, del suddetto Decreto n. 389/2003; 10)<br />

dare atto che l’ente aveva provveduto alla verifica del merito del credito delle controparti con cui concludere operazioni<br />

in strumenti derivati, in base al quale risultavano affidatarie di un rating sufficientemente affidabile (per Dexia Aa2 di<br />

Moody’s, AA- di S&P’s e AA di Fitch; per Depfa Aa3 di Moody’s, AA- di S&P’s e AA- di Fitch).<br />

I.4. Con la determinazione n. 2799 del 29 giugno 2009 il Dirigente del Servizio Gestione Risorse Finanziarie ed<br />

Umane: 1) annullava d’ufficio "con efficacia retroattiva con conseguenza del venir meno degli atti stessi dalla stessa<br />

data nella quale sono stati emanati" le determinazioni n. 913 del 16 febbraio 2007 e n. 3266 del 22 giugno 2007, nella<br />

parte relativa all’operazione in strumenti finanziari derivati, nonché la determinazione n. 3418 del 3 luglio 2007; 2)<br />

procedeva alla restituzione del differenziale attivo complessivo di Euro 24.271,39 relativo al primo semestre, ottenuto<br />

dalla Provincia di Pisa per effetto delle clausole contrattuali, in data 10 gennaio 2008 per Euro 12.986,39 dalla Depfa<br />

Bank Plc (ordine di riscossione n. 1558/2008) ed in data 8 gennaio 2008 per Euro 11.285,00 da Dexia Crediop S.p.A.<br />

(ordine di riscossione 1557/2008), imputando la relativa spesa al bilancio dell’ente (punto 3) e trasmettendo copia della<br />

delibera al Ministero dell’economia e delle finanze (a completamento delle comunicazione inviata a seguito della legge<br />

finanziaria 2007 e della circolare del 31 gennaio 2007 dello stesso Ministero, nonché alla Banca d’Italia ed alla Consob)<br />

(punto 4).<br />

Detto provvedimento era fondato sulla seguente motivazione:<br />

"In data successiva alla stipulazione dei contratti sono inoltre emersi profili di criticità che sono stati oggetto di<br />

valutazione e di approfondimento da parte di esperti della materia e che hanno condotto al documento "analisi posizione<br />

in derivati della provincia di Pisa", redatto da una società esperta nel settore, depositata agli atti del servizio finanziario;<br />

che tali analisi hanno evidenziato:<br />

- da una lato la violazione dell’articolo 41 della Legge finanziaria 448 del 2001 in quanto non risulta rispettato il<br />

principio della convenienza economica così come previsto dalla normativa suddetta. Infatti il contratto swap al<br />

momento della stipula deve avere un valore iniziale pari a zero, al contrario, come evidenziato dalla relazione, lo swap<br />

con Dexia pari a €. 44.400.000,00 aveva un valore negativo pari a circa 644.355,00 euro e lo swap con Depfa pari ad €.<br />

51.094.000,00 aveva un valore negativo pari a circa 741.000,00 euro, prima cioè che e condizioni di mercato si<br />

verificassero. Ora, poiché all’istante della stipula il valore era, appunto, diverso da zero, la parte contrattuale (Banca)<br />

per la quale il contratto aveva valore positivo doveva corrispondere una somma di pari ammontare in modo da<br />

"riequilibrare" economicamente il contratto stesso; pertanto questo costo è il mancato premio che la Provincia avrebbe<br />

dovuto incassare a fronte del valore negativo dello swap;<br />

19


- dall’altro lato la violazione dell’articolo 3 C.M. 27.05.2004 laddove precisa che la vendita del floor è ammessa solo<br />

per il finanziamento dell’acquisto del cap; ora il valore di mercato dello swap, calcolato al momento della stipula, indica<br />

proprio che il valore del cap era inferiore a quello del floor, ovvero che il premio che la Provincia avrebbe dovuto<br />

pagare, e che implicitamente ha pagato, per l’acquisto del cap era inferiore al premio che la Provincia avrebbe dovuto<br />

incassare a fronte della vendita del floor;<br />

che le violazioni suddette sono dipese dai c.d. "costi impliciti" dello swap stipulato, come tali non calcolabili dalla<br />

Provincia di Pisa se non denunciati dalle banche proponenti il derivato;<br />

che, pertanto, gli Istituti Bancari non hanno dichiarato né mai indicato che lo swap dovesse avere un costo (e il costo<br />

implicito andava considerato nell’analisi di convenienza);<br />

che, dunque, già il solo costo implicito dello swap vanificava la convenienza economica di emissione dei bond;<br />

che pertanto se la Provincia avesse avuto informazioni complete sull’operazione di interest rate swap, sarebbe pervenuta<br />

ad un risultato di affidamento dell’operazione diverso da quello effettuato con gli atti citati;<br />

Valutato l’interesse pubblico all’annullamento degli atti derivanti da violazioni di legge dovute a mancanza di<br />

conoscenza di alcuni elementi informativi rilevanti per il procedimento inerente la ristrutturazione del debito e valutato<br />

che in ogni caso si è all’interno del termine di ragionevolezza per l’annullamento degli atti;<br />

considerato che la violazione del principio di economicità e di convenienza finanziaria, quale elementi di interesse<br />

pubblico, sono stati avvalorati anche dalla recente normativa, in particolare dalla legge finanziaria del 2005 che<br />

all’articolo 1, comma 136, prevede espressamente la possibilità di annullamento d’ufficio di provvedimenti<br />

amministrativi, anche legittimi "al fine di conseguire risparmi o minori oneri finanziari";<br />

considerati e valutati comparativamente gli interessi dei soggetti coinvolti Dexia – Depfa, che in ogni caso hanno<br />

violato il principio di buona fede e correttezza nel non rendere edotta la Provincia circa i rilevanti costi impliciti dei<br />

derivati proposti, tali da far venir meno il bilanciamento tra valore del cap comprato e del floor venduto, consigliati e<br />

sottoscritti".<br />

II.1. Di tale determinazione e della successiva deliberazione della Giunta Provinciale n. 83 del 15 luglio 2009 (avente<br />

ad oggetto "Individuazione operazione di ristrutturazione del debito – Contratti di interest rate swap con Dexia Crediop<br />

S.p.A. e Depfa Bank Plc – Annullamento parte delibera G.P. n. 7 del 23/10/2007", Dexia Crediop S.p.A. e Depfa Bank<br />

Plc hanno chiesto l’annullamento al Tribunale amministrativo regionale per la Toscana con due separati ricorsi, iscritti<br />

rispettivamente al NRG. 1667 e 1668 dell’anno 2009, deducendone l’illegittimità alla stregua di tre articolati motivi di<br />

censura, rubricati rispettivamente "Violazione e falsa applicazione artt. 7 ss L. 241/90 – violazione del principio del<br />

giusto procedimento amministrativo e del contraddittorio amministrativo – Difetto di istruttoria", "Violazione e falsa<br />

applicazione dell’art. 21 nonies Legge 241/90 per mancanza dei requisiti richiesti dalla norma; violazione e falsa<br />

applicazione dell’art. 41 l. 448/2001 e dell’art. 3 Circolare Ministero Economia e Finanze 27.5.2004; eccesso di potere<br />

per errore nei presupposti e travisamento dei fatti – Sviamento di potere – contraddittorietà – incompetenza" e<br />

"Illegittimità dei provvedimenti gravati nella parte in cui dispongano di procedure "alla restituzione del differenziale<br />

attivo complessivo di Euro 24.271,39 relativo al primo semestre, ottenuto dalla Provincia di Pisa per effetto delle<br />

clausole contrattuali…"; Eccesso di potere per errore nei presupposti e travisamento dei fatti –Violazione e falsa<br />

applicazione art. 21 nonies L. 241/90 – Violazione del principio di diritto enunciato dall’Ad. Plenaria del Consiglio di<br />

Stato, 30.7.2008, n. 9".<br />

Con l’impugnativa è stata anche formulata domanda di risarcimento dei danni derivanti dall’illegittimità degli atti<br />

impugnati.<br />

Con separati atti le predette società hanno proposto motivi aggiunti, chiedendo l’annullamento anche della delibera del<br />

Consiglio Provinciale 29 settembre 2009, n. 76, avente ad oggetto "Individuazione operazione di ristrutturazione del<br />

debito – Contratti di interest rate swap con Dexia Crediop S.p.A. e Depfa Bank Plc annullamento parte delibera C.P. n.<br />

60 del 7/6/2007", oltre che di ogni altro presupposto conseguente o connesso.<br />

A sostegno di tale impugnativa sono stati dedotti i seguenti ulteriori motivi di censura: "I. Violazione e falsa<br />

applicazione artt. 7 e ss. l. 241/1990 – violazione del principio del giusto procedimento amministrativo e del<br />

contraddittorio amministratiovo – Difetto di istruttoria"; "II. Violazione e falsa applicazione art. 3 l. 203/2008 –<br />

Violazione e falsa applicazione art. 3 l. 241/1990 – Motivazione errata, insufficiente e carente – Eccesso di potere per<br />

errore nei presupposti e travisamento dei fatti – Contraddittorietà tra parti dello stesso provvedimento"; "III. Violazione<br />

20


e falsa applicazione dell’art. 21 nonies Legge 241/1990 per mancanza dei requisiti richiesti dalla norma; violazione e<br />

falsa applicazione dell’art. 41 l. 448/2001 e dell’art. 3 Circolare Ministero Economia e Finanze 27.5.2004; eccesso di<br />

potere per errore nei presupposti e travisamento dei fatti – Sviamento di potere – contraddittorietà – Incompetenza";<br />

"III.IV. Illegittimità derivata dall’illegittimità della determina dirigenziale 2799/2009 nella parte in cui dispone di<br />

procede "alla restituzione del differenziale attivo complessivo di Euro 24.271,39 relativo al primo semestre, ottenuto<br />

dalla Provincia di Pisa per effetto delle clausole contrattuali…"; Eccesso di potere per errore nei presupposti e<br />

travisamento dei fatti – Violazione e falsa applicazione art. 21 nonies L. 241/1990 – Violazione del principio di diritto<br />

enunciato dall’Ad. Plenaria del Consiglio di Stato, 30.7.2008, n. 9"; è stata altresì proposta domanda risarcitoria.<br />

Con ulteriori motivi aggiunti entrambe le predette società, avuta conoscenza del parere della società Calipso, posto a<br />

fondamento dei provvedimenti impugnati, hanno lamentato anche "Violazione di legge ed eccesso di potere per<br />

estraneità dell’atto invocato al procedimento amministrativo; difetti dei presupposti; errore di fatto sui presupposti;<br />

travisamento dei fatti; falso presupposto di fatto, contraddittorietà intrinseca allo stesso provvedimento e sviamento,<br />

nonché violazione del regolamento CE 29.9.2003, n. 1725".<br />

In sintesi, secondo le società ricorrenti, i provvedimenti impugnati, attraverso i quali l’amministrazione provinciale di<br />

Pisa aveva inteso esercitare il potere di autotutela, annullando sostanzialmente gli atti di affidamento dell’operazione di<br />

ristrutturazione del debito, relativamente all’operazione in strumenti finanziari derivati, oltre ad essere viziati dalla<br />

macroscopica violazione delle norme in tema di garanzie partecipative (a causa dell’omessa comunicazione di avvio del<br />

procedimento), erano anche privi di fondamento giuridico, non risultando affatto violata la legge 28 dicembre 2001, n.<br />

408, che si riferiva solo ai contratti relativi ai mutui contratti dagli enti locali successivamente al 31 dicembre 2006 e<br />

non anche alle operazioni di ristrutturazione dei debiti, tanto più che il derivato, per un verso, non era configurabile<br />

quale passività, né il valore dell’operazione poteva essere considerata come una commissione o un costo, costituendo<br />

piuttosto una valorizzazione storica dello swap, e, per altro verso, non rientrava neppure nell’ambito di applicazione<br />

della circolare ministeriale 27 maggio 2004; inoltre, sempre secondo le ricorrenti, non solo non sussisteva alcun<br />

interesse pubblico all’annullamento degli atti, non essendo stati neppure valutati i contrapposti rilevanti interessi privati<br />

in gioco, per quanto gli effetti degli impugnati provvedimenti non avrebbero giammai potuto estendere i propri effetti<br />

sul contratto medio tempore stipulato, in relazione al quale, in virtù di apposita clausola contrattuale, sussisteva la<br />

giurisdizione del giudice inglese.<br />

Sotto altro profilo, le società ricorrenti evidenziavano che i provvedimenti impugnati erano stati inammissibilmente<br />

adottati sulla base di una erronea consulenza, resa da un soggetto privato, da cui peraltro poteva desumersi che la<br />

questione dei presunti costi impliciti connessi all’operazione di ristrutturazione del debito non rientrava nell’ambito<br />

della convenienza economica di cui alla legge 28 dicembre 2001, n. 448, posta a fondamento dei provvedimenti di<br />

autotutela.<br />

II.2. L’adito Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sez. I, con la sentenza n. 6579 dell’11 novembre 2010,<br />

nella resistenza dell’amministrazione provinciale di Pisa, riuniti i due separati giudizi per ragioni di connessione<br />

oggettiva e soggettiva, li ha in parte accolti ed in parte respinti.<br />

Rigettata infatti la censura attinente alla dedotta violazione delle garanzie partecipative, i primi giudici hanno delineato i<br />

caratteri essenziali dell’operazione di ristrutturazione del debito avviata dalla Provincia di Pisa, osservando che "…gli<br />

swap sono contratti a termine, che prevedono lo scambio in termini di flussi di cassa calcolati con modalità stabilite alla<br />

stipulazione del contratto", consentendo "…di diminuire il rischio connesso, come nel caso di specie, alle fluttuazioni<br />

dei tassi di interesse o di scambio", ed evidenziando che "L’Interest Rate Swap è il contratto di swap più diffuso, con il<br />

quale due parti si accordano per scambiarsi reciprocamente, per un periodo di tempo predefinito al momento della<br />

stipula, pagamenti calcolati sulla base di tassi di interesse differenti e predefiniti, applicati al capitale. Non sussiste<br />

quindi uno scambio di capitali, ma solo di flussi corrispondenti al differenziale fra i due interessi. Il contratto ha<br />

scadenze che superano l’anno e i pagamenti devono essere effettuati a scadenze periodiche, comprese tra i tre e di<br />

dodici mesi. Per garantire l’equilibrio tra le parti detto contratto, al momento della stipulazione, deve dare un risultato<br />

differenziale pari a zero; in caso contrario risulterà squilibrato a favore di uno dei contraenti", ed hanno quindi ritenuto<br />

legittimo l’operato dell’amministrazione che, avendo appurato, sulla scorta di apposita relazione elaborata dalla società<br />

specializzata Calipso, che gli swap sottoscritti avevano un valore negativo a carico della Provincia (realizzando un<br />

ingiustificato squilibrio fra le posizioni contrattuali dei contraenti), ha annullato in autotutela le delibere di affidamento<br />

dell’operazione di ristrutturazione del proprio debito, nella parte relativa all’operazione in strumenti finanziari derivati,<br />

sussistendo una effettiva violazione dell’art. 41, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448.<br />

Tuttavia, secondo il predetto tribunale, i provvedimenti impugnati non comportavano la caducazione automatica del<br />

contratto già stipulato, a tal fine essendo necessaria un’apposita pronuncia del giudice competente a conoscere<br />

dell’esecuzione del contratto, individuato nel giudice ordinario: ciò rendeva fondato il terzo motivo di censura sollevato<br />

dalle società ricorrente; veniva infine dichiarata inammissibile la domanda risarcitoria.<br />

21


II.3. Avverso tale sentenza hanno ritualmente e tempestivamente proposto appello: a) Depfa Bank Plc (NRG. 938/<br />

2001); b) Dexia Crediop S.p.A. (NRG. 939/2011); c) la Provincia di Pisa (NRG. 1008/2011)<br />

II.3.1. Depfa Bank Plc e Dexia Crediop S.p.A. con motivi pressocchè identici, ripercorso il complesso e articolato<br />

procedimento attraverso cui la Provincia di Pisa aveva provveduto alla ristrutturazione della propria esposizione<br />

debitoria, stipulando contratti di swap e sottolineata la correttezza e trasparenza del loro comportamento, hanno<br />

lamentato che i primi giudici: a) avevano omesso di pronunciare sulla eccezione di difetto di giurisdizione, stante la<br />

nullità e inesistenza dei provvedimenti impugnati, con i quali l’amministrazione aveva inammissibilmente inteso<br />

annullare unilateralmente i contratti, adducendo peraltro motivi che non attenevano affatto alla fase procedimentale di<br />

evidenza pubblica di scelta del contraente culminata nell’aggiudicazione, quanto piuttosto a vizi della volontà<br />

contrattuale; b) avevano erroneamente respinto la censura relativa alla violazione dell’articolo 7 della legge 7 agosto<br />

1990, n. 241, travisando i fatti e malamente apprezzando la documentazione prodotta anche dall’amministrazione<br />

provinciale, tanto più che giammai quest’ultima aveva reso disponibile la relazione della società Calipso sulla scorta<br />

delle cui osservazioni era stato esercitato il potere di autotutela; c) avevano inopinatamente ritenuto sussistenti i<br />

presupposti per l’esercizio del potere di autotutela, laddove difettavano l’attualità dell’interesse pubblico (tanto più che i<br />

contratti di swap erano stati stipulati da oltre due anni), la comparazione degli interessi in gioco e la stessa<br />

ragionevolezza del tempo trascorso tra l’aggiudicazione ed il suo annullamento; d) erano infine incorsi in falsa<br />

interpretazione, valutazione ed applicazione al caso di specie dell’articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448,<br />

assolutamente non applicabile ai contratti swap (che non costituiscono strumenti di debito) ed al presunto differenziale<br />

negativo (del tutto inesistente), che non rientravano nella valutazione di convenienza economica dell’operazione.<br />

In entrambi i giudizi si è costituita la Provincia di Pisa deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza degli avversi<br />

gravami, di cui ha chiesto il rigetto.<br />

II.3.2. La Provincia di Pisa ha a sua volta chiesto la riforma della predetta sentenza, sostenendone l’erroneità per<br />

"Violazione e falsa applicazione dei principi in tema di riparto di giurisdizione amministrativa ed ordinaria per le<br />

controversie sui contratti pubblici. Violazione e falsa applicazione del D. Lgs. n. 104/2010 (artt. 133, 121, 122) e del D.<br />

Lgs. n. 163/2006. Violazione e falsa applicazione della direttiva UE 2007/66", rilevando, in estrema sintesi, che<br />

l’annullamento, anche a seguito di autotutela, dell’aggiudicazione produce effetti caducanti sul contratto e che in tale<br />

fattispecie sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, inopinatamente negata dai primi giudici.<br />

In questo giudizio si sono costituite Depfa Bank Plc e Dexia Crediop S.p.A., deducendo l’inammissibilità,<br />

l’improcedibilità e l’infondatezza dell’avverso gravame, di cui hanno chiesto il rigetto.<br />

III. 1. Con altra sentenza, n. 154 del 27 gennaio 2011, il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sez. I,<br />

riuniti i separati ricorsi proposti dalla Provincia di Pisa nei confronti di Dexia Crediop S.p.A. (NRG. 51/2011) e Depfa<br />

Bank Plc (NRG. 52/2011) per la declaratoria di inefficacia del contratto in strumenti finanziari derivati stipulato in data<br />

4 luglio 2007 (tramite sottoscrizione di ISDA master agreement, schedule e termini e condizioni definitive del<br />

contratto), richiamata la propria precedente sentenza n. 6579 dell’11 novembre 2010 nella parte in cui era stato<br />

dichiarato che il giudice competente a decidere sulla inefficacia dei contratti doveva ritenersi solo quello ordinario, li ha<br />

dichiarati inammissibili.<br />

III.2. Con rituale e tempestivo atto di appello la Provincia di Pisa ha chiesto la riforma di tale sentenza, deducendone<br />

l’erroneità alla stregua di due motivi, rubricati rispettivamente, il primo "I. Carenza dei presupposti per la declaratoria<br />

di inammissibilità dei ricorsi nn. 51 e 52/2011 della Provincia di Pisa", ed il secondo "II. Violazione e falsa<br />

applicazione dei principi in tema di riparto di giurisdizione amministrativa e ordinaria per le controversie sui contratti<br />

pubblici. Violazione e falsa applicazione del d. lgs. n. 104/2010 (artt. 133, 121, 122) e del d. lgs. 163/2006 . Violazione<br />

e falsa applicazione della direttiva UE 2007/66)", con cui sono state sostanzialmente svolte le stesse argomentazioni<br />

spiegate poste a sostegno del ricorso in appello NRG. 1008/2011.<br />

Anche in questo giudizio (NRG. 2941/11) si sono costituite Depfa Bank PLC e Dexia Crediop S.p.A., deducendo<br />

l’inammissibilità, l’improcedibilità e l’infondatezza dell’avverso gravame, di cui hanno chiesto il rigetto.<br />

IV. Tutte le parti hanno depositato ulteriore documentazione e con apposite memorie hanno illustrato le proprie<br />

rispettive tesi difensive.<br />

All’udienza del 17 maggio 2011, dopo la rituale discussione nel corso della quale le parti hanno insistito con<br />

argomentazioni contrapposte sulla questione di giurisdizione, la causa è stata trattenuta in decisione.<br />

DIRITTO<br />

22


V. In linea preliminare deve disporsi la riunione degli appelli in trattazione per evidenti ragioni di connessione,<br />

obiettiva (unica essendo la vicenda oggetto di controversia) e soggettiva (identiche essendo tutte le parti in causa), tanto<br />

più che tre di essi, quelli contraddistinti dai NRG. 938/2011, 939/2011 e 1008/2011, sono rivolti avverso la stessa<br />

sentenza.<br />

VI. Possono essere esaminati congiuntamente, stante la loro assoluta identicità, gli appelli proposti da Depfa Bank Plc<br />

(NRG. 938/2011) e da Dexia Crediop S.p.A. (NRG. 939/2011).<br />

VI.1. Con il primo motivo le predette banche hanno sostenuto il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in<br />

subiecta materia, sottolineando che la relativa eccezione, ancorché spiegata in primo grado, non era stata neppure<br />

esaminata dai primi giudici.<br />

In sintesi, a loro avviso, i provvedimenti impugnati (determinazione dirigenziale n. 2799 del 29 giugno 2009 [recante,<br />

tra l’altro, l’annullamento d’ufficio delle determinazioni n. 913 del 16 febbraio 2007, avente ad oggetto "gestione attiva<br />

dell’indebitamento della Provincia di Pisa: operazione di ristrutturazione determinazione conclusiva nella parte relativa<br />

all’operazione in strumenti finanziari derivati", nella parte relativa all’operazione in strumenti finanziari derivati; n.<br />

3266 del 22 giugno 2007, avente ad oggetto "aggiudicazione definitiva relativa all’operazione di emissione del prestito<br />

obbligazionario nella parte relativa all’operazione in strumenti finanziari derivati", pure nella parte relativa<br />

all’operazione in strumenti finanziari derivati e n. 3418 del 3 luglio 2007, avente ad oggetto "Perfezionamento di<br />

operazioni in strumenti finanziari derivati"] e le successive deliberazioni confermative della giunta provinciale [n. 83<br />

del 15 luglio 2009] e del Consiglio provinciale [n. 76 del 29 settembre 2009]), erano da considerare nulli ed inesistenti<br />

perché solo apparentemente costituivano esercizio di un potere amministrativo, laddove con essi l’amministrazione<br />

aveva inteso unilateralmente risolvere il contratto, adducendo a fondamento motivi che peraltro non riguardavano la<br />

fase procedimentale ad evidenza pubblica e la conseguente aggiudicazione, bensì consistevano in veri e propri vizi della<br />

volontà contrattuale, così che la controversia de qua apparteneva alla cognizione del giudice ordinario.<br />

VI.1.1. Il corretto ed esaustivo esame del motivo impone innanzitutto l’individuazione e l’esatta qualificazione giuridica<br />

degli impugnati provvedimenti, se cioè essi costituiscono manifestazione del potere pubblicistico di provvedere, anche<br />

in autotutela, sussistendo su di essi il sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo, quale giudice del corretto<br />

esercizio della funzione pubblica, ovvero se essi siano atti di gestione/esecuzione dei contratti stipulati (di strumenti<br />

finanziari derivati), ipotesi che invece radicherebbe la giurisdizione del giudice ordinario.<br />

Peraltro, in relazione alla eventuale natura giuridica pubblicistica dei predetti provvedimenti, occorre poi stabilire se in<br />

astratto esista in capo all’amministrazione, e quali ne siano eventualmente i limiti, un potere amministrativo idoneo a<br />

togliere effetto all’attività svolta nell’ambito della serie procedimentale inerenti ai contratti pubblici, ancorchè essa si<br />

sia esaurita con l’aggiudicazione definitiva ed il contratto sia stato stipulato e sia in corso di esecuzione, e, per altro<br />

verso, qualora tale potere sussista, se esso sia stato in concreto correttamente esercitato dall’amministrazione<br />

provinciale di Pisa.<br />

VI.1.2. Deve innanzitutto premettersi che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, dal quale non vi è motivo<br />

alcun per discostarsi, anche in relazione ai procedimenti ad evidenza pubblica per l’affidamento di lavori, servizi e<br />

forniture, l’amministrazione conserva il potere di annullare il bando, le singole operazioni di gara e lo stesso<br />

provvedimento di aggiudicazione, ancorché definitivo, in presenza di gravi vizi dell’intera procedura, dovendo tener<br />

conto delle preminenti ragioni di salvaguardia del pubblico interesse (ex pluribus, C.d.S., sez. V, 1° ottobre 2010, n.<br />

7273; sez. IV, 15 settembre 2006, n. 5374; sez. VI, 6 dicembre 2010, n. 8554).<br />

E’ stato più volte ribadito che, anche se nei contratti della pubblica amministrazione l’aggiudicazione, quale atto<br />

conclusivo del procedimento di scelta del contraente, segna normalmente il momento dell’incontro delle volontà<br />

dell’amministrazione e del privato in ordine alla conclusione del contratto (volontà che per quanto riguarda la posizione<br />

dell’amministrazione si è manifestata con la individuazione dell’offerta ritenuta migliore), non è tuttavia precluso<br />

all’amministrazione di procedere con successivo atto (e con un richiamo ad un preciso e concreto interesse pubblico)<br />

all’annullamento d’ufficio dell’aggiudicazione.<br />

Tale potere di autotutela trova fondamento nei principi di legalità, imparzialità e buon andamento, cui deve essere<br />

improntata l’attività della pubblica amministrazione, ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione, in attuazione dei quali<br />

l’amministrazione deve adottare atti il più possibile rispondenti ai fini da conseguire (fermo l’obbligo nell’esercizio di<br />

tale delicato potere, anche in considerazione del legittimo affidamento eventualmente ingeneratosi nel privato, di<br />

rendere effettive le garanzie procedimentali, di fornire un’adeguata motivazione in ordine alle ragioni che giustificano<br />

la differente determinazione e di una ponderata valutazione degli interessi, pubblici e privati, in gioco (C.d.S., sez. V, 4<br />

gennaio 2011, n. 11; 10 settembre 2009, n. 5427; sez. IV, 31 ottobre 2006, n. 6456; sez. VI, 26 luglio 2010, n.4864).<br />

23


Poiché pertanto il provvedimento di aggiudicazione definitiva non costituisce di per sé ostacolo giuridicamente<br />

insormontabile al suo stesso annullamento, anche in autotutela, oltre che all’annullamento degli atti amministrativi che<br />

ne costituiscono il presupposto, non può accogliersi la tesi propugnata dalle appellanti secondo cui le sole (peraltro<br />

pacifiche) circostanze dell’intervenuta stipulazione del contratto e della sua attuale esecuzione, costituirebbero elementi<br />

sufficienti ad escludere nella fattispecie in esame la giurisdizione del giudice amministrativo e a radicare quella del<br />

giudice ordinario.<br />

Di fronte all’esercizio del potere di annullamento la situazione del privato è di interesse legittimo, a nulla rilevando che<br />

tale esercizio, in ultima analisi, produca effetti indiretti su di un contratto stipulato da cui sono derivati diritti.<br />

Non può neppure condividersi la apodittica prospettazione delle banche secondo cui i provvedimenti impugnati<br />

dovrebbero essere considerati nulli e/o inesistenti, non ricorrendo a tal fine alcuno dei presupposti stabiliti dall’articolo<br />

21 septies della legge 7 agosto 1990, n. 241, né avendo del resto sul punto gli appellanti svolto alcuna specifica<br />

contestazione o addotto alcuna prova: invero, come si evince dalla loro stessa lettura, i predetti provvedimenti non<br />

difettano ictu oculi degli elementi essenziali, non risultano viziati da difetto assoluto di attribuzione e non risultano<br />

neppure adottati in violazione o in elusione del giudicato; tanto meno è stata indicata l’eventuale espressa previsione di<br />

legge che ne determinerebbe la nullità.<br />

VI.1.3. Quanto alla verifica in concreto del potere esercitato dall’amministrazione provinciale con i provvedimenti<br />

impugnati, deve osservarsi che, sempre secondo il già ricordato consolidato indirizzo giurisprudenziale, in linea<br />

generale la legittimità di un provvedimento di autotutela è subordinata, oltre che alla comunicazione di avvio del<br />

procedimento, anche ad una adeguata motivazione circa la natura e la gravità delle anomalie verificatesi, la sussistenza<br />

di un interesse pubblico attuale alla sua eliminazione (che tuttavia non può giammai ridursi all’esigenza del mero<br />

ripristino della legalità violata, C.d.S, 24 settembre 2010, n. 7125), la comparazione tra quest’ultimo e la contrapposta<br />

posizione consolidata dell’aggiudicatario e la ragionevole durata del tempo intercorso tra l’atto illegittimo e la sua<br />

rimozione (ex multis, C.d.S., sez. V, 1° ottobre 2010, n. 7273; 7 aprile 2010, n. 1946; 7 gennaio 2009, n. 1; sez. VI, 16<br />

aprile 2010, n. 2178; 11 gennaio 2010, n. 4; 18 agosto 2009, n. 4958).<br />

VI.1.3.1. Orbene, tralasciando per il momento la problematica concernente la sussistenza nel caso di specie di tali<br />

presupposti (questione che attiene alla verifica del corretto esercizio del potere e che costituisce oggetto del secondo,<br />

terzo e quarto motivo degli appelli in trattazione) e focalizzando invece l’attenzione sulla qualificazione giuridica da<br />

attribuire ai provvedimenti impugnati, occorre evidenziare che, come pure emerge dalla lettura della determinazione<br />

dirigenziale n. 2799 del 29 giugno 2009, l’amministrazione provinciale di Pisa non ha inteso esercitare un potere<br />

negoziale di recesso unilaterale dai contratti stipulati in data 4 luglio 2007, avendo piuttosto esercitato il potere<br />

amministrativo di annullare in autotutela l’aggiudicazione in favore di Depfa Bank Plc e Dexia Crediop S.p.A.<br />

dell’operazione di ristrutturazione del proprio debito, nella parte relativa all’operazione in strumenti finanziari derivati,<br />

con effetto caducante sui contratti già stipulati.<br />

Infatti la decisione dell’amministrazione di riesaminare prima e di annullare poi, nei limiti indicati, tutti gli atti di<br />

affidamento della ristrutturazione del debito è stata dichiaratamente determinata, per un verso, dall’accertata violazione<br />

delle finalità dell’articolo 41 delle legge 28 dicembre 2001, n. 448, non risultando a tal riguardo rispettato il principio<br />

della convenienza economica (in quanto il contratto swap al momento della stipula non aveva un valore iniziale pari a<br />

zero, bensì negativo, senza che a fronte di tale elemento economico negativo fosse stata prevista in favore<br />

dell’amministrazione una somma di pari ammontare così da riequilibrare il contratto stesso) e, per altro verso, dalla pur<br />

riscontrata violazione dell’art. 3 C.M. 27 maggio 2004 (nella parte in cui precisava che la vendita del floor è ammessa<br />

solo per il finanziamento dell’acquisto del cap, in quanto il valore di mercato dello swap, calcolato al momento della<br />

stipula, indica proprio che il valore del cap era inferiore a quello del floor ovvero il premio che l’amministrazione<br />

provinciale avrebbe dovuto pagare e che, implicitamente aveva pagato, per l’acquisto del floor era inferiore al premio<br />

che avrebbe dovuto incassare a fronte della vendita del floor), così che in definitiva l’operazione era stata caratterizzata<br />

da "costi impliciti" dello swap stipulato, non evidenziati né nella presentazione delle offerte, né all’atto della stipula dei<br />

contratti, ma appurati solo successivamente a quest’ultima, a seguito di apposita attività di indagine affidata alla società<br />

Calipso.<br />

VI.1.3.2. Ciò posto, se è vero che nella predetta determinazione dirigenziale, si precisa che i "costi impliciti" degli swap<br />

stipulati non erano immediatamente accertabili e verificabili dall’amministrazione provinciale "se non denunciati dalle<br />

banche proponenti il derivato", deve rilevarsi che una tale argomentazione non costituisce affatto la contestazione (nei<br />

confronti delle banche affidatarie dell’operazione) di una violazione di un obbligo precontrattuale di informazione<br />

(attinente pertanto alla fase negoziale della vicenda e quindi ad un vizio di formazione della volontà negoziale),<br />

indicando piuttosto una mera constatazione di una circostanza di fatto (l’ignoranza incolpevole dell’amministrazione in<br />

ordine ai c.d. "costi impliciti" dell’operazione), volta a giustificare l’impossibilità dell’amministrazione provinciale di<br />

verificare non già (e non solo) la sussistenza del costo implicito in sé, quanto piuttosto l’insufficiente apprezzamento<br />

24


della situazione economico – finanziaria discendente dalla complessiva operazione di ristrutturazione del debito (tra cui<br />

rientra anche quella in strumenti finanziati derivati) ed in particolare l’erroneo ed insufficiente apprezzamento<br />

incolpevole della convenienza economica che sola poteva giustificare l’intera operazione di ristrutturazione, ai sensi<br />

dell’articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (profilo che, com’è agevolmente intuibile, attiene non già al<br />

momento negoziale, bensì al profilo interno dell’amministrazione di procedere effettivamente alla complessiva<br />

operazione di ristrutturazione del debito e quindi alla corretta ed effettiva tutela dell’interesse pubblico affidato alla cura<br />

dell’amministrazione).<br />

In definitiva il potere di autotutela culminato nella ricordata determinazione dirigenziale non è stato esercitato per<br />

sottrarsi puramente e semplicemente ad un contratto economicamente squilibrato, quanto piuttosto a causa della<br />

mancata corretta valutazione della convenienza economica che legittimava l’operazione di ristrutturazione del debito, ai<br />

sensi dell’articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e che, come tale, non rientrava nella "causa" del contratto di<br />

swap, costituendone piuttosto il presupposto logico – giuridico.<br />

Che questo, e solo questo, sia effettivamente il fondamento del potere esercitato è confermato anche dal richiamo<br />

operato nella motivazione della determinazione impugnata all’articolo 1, comma 136, della legge finanziaria del 2006,<br />

che consente di provvedere anche all’annullamento di atti amministrativi legittimi al fine di conseguire risparmi o<br />

minori oneri finanziari.<br />

IV. 1.3.4. Del resto, a fronte della così delineata "causa" del potere concretamente esercitato dall’amministrazione<br />

provinciale, la tesi sostenuta dalle banche appellanti, secondo cui si sarebbe invece in presenza di un illegittimo<br />

esercizio di potere unilaterale di recesso dai contratti stipulati, non risultata confortata da alcun elemento probatorio.<br />

Invero, anche a prescindere dalla rilevanza preminente, in tema di interpretazione degli atti amministrativi, del criterio<br />

letterale (la cui applicazione nel caso di specie conduce proprio al riconoscimento della natura provvedimentale e non<br />

negoziale degli atti impugnati), deve rilevarsi che la gara ufficiosa bandita dall’amministrazione provinciale di Pisa per<br />

la ristrutturazione di parte di una parte dei propri debiti aveva previsto che l’individuazione dei soggetti cui affidare la<br />

complessiva operazione di ristrutturazione del debito sarebbe dovuta avvenire sulla base dell’offerta migliore, articolata<br />

in una parte tecnica, contenente la proposta di ristrutturazione del debito, distinta per ciascuno dei quattro lotti e con<br />

l’indicazione di tutte le componenti di spesa e di entrata influenti sull’operazione, in modo da determinare il valore<br />

finanziario delle passività totali a carico dell’ente, e di una parte economica (inserita in una busta piccola e sigillata).<br />

Concretamente, poi, l’individuazione della offerta migliore tra quelle presentate è stata effettuata da un’apposita<br />

commissione tecnica, i cui risultati sono stati approvati e fatti propri con la determinazione dirigenziale n. 913 del 16<br />

febbraio 2007.<br />

Da ciò si evince che il bando di gara non prevedeva affatto una attività di negoziazione successiva del contenuto dei<br />

contratti attraverso cui si sarebbe concretamente realizzata l’operazione di ristrutturazione del debito<br />

dell’amministrazione, né aveva ad oggetto la conclusione di una sorta di accordo quadro con l’individuazione delle<br />

banche con le quali sarebbe stato poi negoziato il peculiare contenuto del predetto contratto, giacché proprio il<br />

contenuto fondamentale della complessiva operazione di ristrutturazione del debito (almeno nei suoi contenuti<br />

essenziali, tra cui non possono non ricomprendersi tutti gli effetti anche di natura economico- finanziaria) dovevano<br />

essere contenuti nella c.d. offerta tecnica.<br />

E’ pertanto priva di qualsiasi fondamento la tesi della negoziazione (del contenuto) dei contratti swap, che si sarebbe<br />

svolta successiva all’aggiudicazione e prima della loro stipulazione, in ragione della quale la mancata conoscenza dei<br />

"costi impliciti" dell’operazione configurerebbe un vizio della volontà negoziale, con conseguente natura negoziale (con<br />

valore di unilaterale dichiarazione di invalidità del contratto) degli atti impugnati.<br />

VI. 1.4. Sulla scorta di tali osservazioni non sussiste nella controversia in esame l’eccepito difetto di giurisdizione del<br />

giudice amministrativo.<br />

VI.1.4.1. Innanzitutto la mancanza di macroscopici vizi di nullità dei provvedimenti impugnati e la loro ragionevole<br />

riconducibilità all’esercizio del potere amministrativo di autotutela (e non già all’esercizio di un potere negoziale di<br />

risoluzione unilaterale dei contratti stipulati), ferma restando l’indagine sul corretto esercizio del potere di autotutela,<br />

implica l’irrilevanza della clausola contrattuale contenuta nei contratti swap che, derogando alla giurisdizione italiana,<br />

non solo assoggetta la disciplina degli stessi alla legge inglese, ma li sottopone anche alla relativa giurisdizione inglese<br />

(punto 13 documenti ISDA – International Swap Dealers Association Ic. – Master agreement, versati in atti).<br />

Sul punto deve ricordarsi che, ai sensi dell’articolo 4 della legge 31 maggio 1995, n. 218, la deroga alla giurisdizione<br />

25


italiana può riguardare solo le cause vertenti su diritti disponibili (Cass. SS.UU., 20 aprile 2010, n. 9308) e quindi solo<br />

le questioni di interpretazione ed esecuzione dell’accordo (agreement), ma non può estendersi fino a comprendere anche<br />

il sindacato sul corretto esercizio del potere amministrativo, non potendo ascriversi al novero dei diritti disponibili gli<br />

interessi pubblici alla cui cura è finalizzato l’esercizio dei poteri pubblicistici accordati alla pubblica amministrazione<br />

anche nell’ambito dei procedimenti di gara.<br />

Ciò priva altresì di rilievo anche la dedotta pendenza innanzi al giudice inglese della stessa controversia, non potendo<br />

configurarsi nel caso di specie un’ipotesi di litispendenza internazionale, mancandone evidentemente il presupposto<br />

fondamentale, costituito proprio dall’avere ad oggetto diritti disponibili per i quali possa operare la deroga alla<br />

giurisdizione italiana.<br />

VI.1.4.2. Né al fine di fondare la tesi del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo risulta pertinente il richiamo<br />

alla decisione della Terza Sezione della Corte di Giustizia del 12 maggio 2001 (prodotta dalle appellanti), relativa ad<br />

una pronuncia pregiudiziale sull’esatta interpretazione dell’art. 22, punto 2, e 27 del regolamento CE n. 44/2001<br />

richiesta dal Kammergericht Berlino (nella causa tra Berliner Verkehrsbetriebe (BVG), Anstalt des offentlichen Rects e<br />

JPMorgan Chiase Bank NA, Frankfurt Branch, in merito ad un contratto avente ad oggetto un prodotto finanziario<br />

derivato).<br />

Se è vero che la Corte ha dichiarato che "l’art. 22, punto 2, del regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 2000, n.<br />

44/2001, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e<br />

commerciale, va interpretato nel senso che non si applica ad una controversia nel cui ambito una società deduce<br />

l’inopponibilità di un contratto nei suoi confronti in ragione della asserita invalidità, per violazione dello statuto, di una<br />

decisione dei suoi organi che non ha portato alla conclusione del contratto", occorre infatti rilevare che la competenza<br />

esclusiva del giudice tedesco, invocata nel caso di specie da BVG, persona giuridica di diritto pubblico (relativamente<br />

al giudizio di cognizione della invalidità per vizio del consenso della deliberazione che aveva condotto alla conclusione<br />

del contratto) non è fondata sulla natura giuridica della posizione giuridica eventualmente fatta valere (che è<br />

pacificamente di diritto soggettivo, laddove nel caso in esame si è in presenza di un interesse legittimo), quanto<br />

piuttosto sul solo criterio di collegamento riguardante l’individuazione del giudice – interno - competente (art. 22. punto<br />

2, del regolamento n. 44/2001), al solo fine di sottrarsi alle conseguenze dell’azione di inadempimento contrattuale<br />

instaurata dalla controparte (JPMorgan) innanzi al giudice inglese, competente secondo la clausola contrattuale.<br />

Pertanto il diniego della rilevanza della competenza esclusiva dichiarata dalla Corte di Giustizia non è invocabile nel<br />

caso oggetto della presente controversie che non attiene ad una situazione di esecuzione contrattuale (diritto soggettivo),<br />

ma al corretto esercizio del potere amministrativo e quindi ad interessi pubblici, non disponibili.<br />

VI.1.43. In conclusione, pertanto, correttamente i primi giudici hanno esaminato la questione della legittimità degli<br />

impugnati provvedimenti dell’amministrazione provinciale di Pisa che, in quanto espressione del potere amministrativo<br />

di autotutela, rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo.<br />

VI.1.5. Esigenze sistematiche inducono la Sezione ad esaminare di seguito la questione concernente la sussistenza o<br />

meno della giurisdizione del giudice amministrativo in ordine agli effetti dell’annullamento dell’aggiudicazione del<br />

contratto di derivati finanziari, anche se tale questione in realtà costituisce oggetto dei motivi di gravame dei due appelli<br />

proposti dall’amministrazione provinciale di Pisa.<br />

Secondo i primi giudici la decisione sull’efficacia del contratto a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione<br />

spetterebbe al giudice ordinario; la Sezione tuttavia non condivide tale assunto.<br />

VI.1.5.1. Invero, posto che, come si è già rilevato, non vi è dubbio circa l’effettiva configurabilità del potere della<br />

pubblica amministrazione di procedere in via di autotutela all’annullamento degli atti di un procedura ad evidenza<br />

pubblica, ivi compreso il provvedimento di aggiudicazione definitiva dell’appalto (di lavori, di servizi o di fornitura) e<br />

fermo restando quanto si dirà in seguito sul corretto esercizio nel caso di specie del predetto potere di autotutela,<br />

occorre rilevare che, come per altro già puntualmente sottolineato dalla giurisprudenza di questo consesso,<br />

l’annullamento dell’aggiudicazione "…in virtù della stretta consequenzialità tra l’aggiudicazione della gara pubblica e<br />

la stipula del relativo contratto, l’annullamento giurisdizionale ovvero l’annullamento a seguito di autotutela della<br />

procedura amministrativa comporta la caducazione automatica degli effetti negoziali del contratto successivamente<br />

stipulato, stante la preordinazione funzionale tra tali atti" (C.d.S,, sez. V, 14 gennaio 2011, n. 11; 20 ottobre 2010, n.<br />

7578), con attribuzione delle relative controversie alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.<br />

Ciò in virtù della disciplina introdotta dal decreto legislativo 20 marzo 2010, n. 53, poi trasfusa nell’articolo 122 del<br />

codice del processo amministrativo, imperniata sulle esigenze di semplificazione e concentrazione delle tutele ai fini<br />

26


della loro effettività, dovendo precisarsi al riguardo che le disposizioni contenute negli articoli 121 e 122, riferiti alle<br />

modalità di esercizio di un potere di decisione del giudice, trovano piena applicazione anche in relazione ai contratti<br />

stipulati sulla base di aggiudicazioni annullate in epoca anteriore all’entrata in vigore del citato decreto legislativo 20<br />

marzo 2010, n. 53, purché, come nel caso di specie, sia ancora controversa l’efficacia del contratto, stante la loro<br />

pacifica natura processuale (così C.d.S., sez. III, 11 marzo 2011, n. 1570).<br />

Non ha pregio la tesi che pretende di distinguere tra annullamento giurisdizionale e annullamento in autotutela.<br />

Ciò che rileva, infatti, è il collegamento sostanziale tra i due atti, l’aggiudicazione e il contratto, i quali simul stabunt,<br />

simul cadent, qualunque sia la sede dell’annullamento (illegittimità dichiarata dal giudice a seguito di ricorso ovvero<br />

illegittimità o inopportunità, conseguente dell’esercizio del potere di autotutela da parte dell’amministrazione).<br />

D’altra parte, anche a non voler condividere la tesi dell’effetto immediatamente caducante dell’annullamento<br />

dell’aggiudicazione sul contratto successivamente stipulato, così che l’inefficacia conseguirebbe solo all’esito di una<br />

specifica decisione dell’organo giurisdizionale competente, deve osservarsi che i ricordati articoli 121 e 122<br />

attribuiscono esclusivamente al giudice amministrativo tali poteri di decisione (e valutazione) dell’efficacia del<br />

contratto a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione; né può ammettersi una (peraltro) irragionevole<br />

diversificazione della disciplina in esame, con la reviviscenza del potere del giudice ordinario sulla sorte del contratto,<br />

allorquando l’annullamento dell’aggiudicazione (o degli atti ad essa presupposti) sia effetto dell’esercizio del potere di<br />

autotutela.<br />

Ciò senza contare che nel caso di specie, essendo stato l’annullamento disposto in via di autotutela da parte della stessa<br />

amministrazione, può finanche dubitarsi della stessa esistenza in capo al giudice (amministrativo) di un potere di<br />

valutazione sul se dichiarare o meno inefficace il contratto, in quanto tale potere processuale – strumentale alla tutela<br />

specifica delle parti – appare assorbito dal potere amministrativo dell’amministrazione.<br />

Né d’altra parte può dubitarsi della ragionevolezza della scelta del legislatore di affidare la decisione di tali controversie<br />

alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, laddove si tenga effettivamente conto che esse, come del resto<br />

emerge dagli atti di causa, sono caratterizzate da una inestricabile commistione di interessi, pubblici e privati, tra i quali<br />

è quanto meno problematico, se non impossibile, individuare con assoluta certezza posizioni di interesse legittimo e/o di<br />

diritto soggettivo che, com’è noto, costituiscono il discrimine fondamentale della giurisdizione ordinaria e di quella<br />

generale di legittimità del giudice amministrativo.<br />

VI.1.5.2. Trova inoltre conferma, sotto il diverso profilo in esame, l’irrilevanza nella fattispecie in esame delle clausole<br />

contrattuali di deroga alla giurisdizione italiana, che, come già rilevato, è configurabile solo per quanto attiene ai diritti<br />

disponibili, ipotesi che non sussiste nel caso di specie, tant’è che lo stesso legislatore, nell’impossibilità di poter<br />

individuare con certezza una posizione di diritto soggettivo, ha ritenuto di dover affidare tali controversie alla<br />

giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.<br />

Quest’ultimo è quindi un giudice esclusivo ratione materiae e non già un giudice esclusivo in relazione ad un<br />

determinato criterio di collegamento della competenza territoriale (del giudice ordinario), il che anche sotto questo<br />

profilo rende privo di utilità per le banche appellanti il richiamo alla sentenza della III sezione della Corte di Giustizia<br />

del 12 maggio 2011.<br />

VI.1.5.3. In definitiva va affermata la giurisdizione del giudice amministrativo anche in ordine agli effetti sul contratto<br />

dell’annullamento in via di autotutela dell’aggiudicazione (e degli atti ad essa presupposti).<br />

VI.2. Può ora passarsi all’esame degli altri motivi di gravame proposti da Depfa Bank Plc e Dexia Crediop S.p.A., con<br />

cui è stata sostanzialmente contestata la legittimità dell’esercizio del potere di autotutela.<br />

VI.2.1. E’ innanzitutto infondato il secondo motivo di gravame con il quale le banche appellanti hanno denunciato che,<br />

diversamente da quanto ritenuto dai primi giudici, l’amministrazione non avrebbe loro garantito l’esercizio della<br />

garanzie partecipative, avendo omesso la comunicazione di avvio del procedimento di autotutela, tanto più che<br />

l’amministrazione provinciale di Pisa non avrebbe mai reso disponibile il contenuto della relazione della società<br />

Calipso, in base alle cui conclusioni sarebbero stati adottati gli impugnati provvedimenti.<br />

Al riguardo, non vi è dubbio che l’avvenuto perfezionamento di una procedura ad evidenza pubblica, segnato<br />

dall’adozione di un provvedimento di aggiudicazione definitiva, differenzia evidentemente la posizione<br />

dell’aggiudicatario ai fini dell’applicazione delle garanzie partecipative di cui agli articoli 7 e seguenti della legge 7<br />

agosto 1990, n. 241, imponendo, nel caso di esercizio da parte dell’amministrazione dell’esercizio del potere di<br />

27


autotutela, l’obbligo di comunicare l’avvio del relativo procedimento, proprio per consentire all’aggiudicatario non solo<br />

di svolgere le proprie (naturali) difese, ma soprattutto di fornire all’amministrazione l’imprescindibile apporto di<br />

osservazioni, controdeduzioni e chiarimenti al fine della corretta e completa attività istruttoria per l’adozione di un<br />

"giusto" provvedimento (ragionevole, coerente ed adeguato cioè alla concreta, caratterizzato altresì dalla opportuna<br />

valutazione degli interessi, pubblici e privati, in gioco).<br />

La giurisprudenza ha nondimeno più volte osservato che non sussiste la violazione dell’articolo 7 della legge 7 agosto<br />

1990, n. 241 se all'interessato sia stata comunque data aliunde informazione dell'avvio del procedimento, con<br />

conseguente possibilità di rappresentarvi le proprie valutazioni (C.d.S., sez. VI, 9 marzo 2011 , n. 1476; 4 dicembre<br />

2009, n. 7607; sez. IV, 4 marzo 2009, n. 1207), ciò in quanto l’invocata disposizione non deve essere interpretata ed<br />

applicata in modo formalistico, ma con riferimento alla sua ratio (di assicurare la partecipazione del privato interessato<br />

al procedimento amministrativo, con la conseguenza che l'eventuale omissione dell'adempimento non determina<br />

illegittimità dell'azione amministrativa, laddove il destinatario abbia avuto, comunque e aliunde, conoscenza del<br />

procedimento in corso, con conseguente possibilità di parteciparvi).<br />

Nel caso in esame, come si ricava dall’esame della documentazione versata in atti, con apposita nota raccomandata in<br />

data 5 giugno 2009 (prot. 145105 02.04.00) a firma del Direttore generale, l’amministrazione provinciale di Pisa ha<br />

informato Dexia Crediop S.p.A. e Depfa Banl Plc che, tra l’altro, dal riesame dell’intera vicenda culminata con la<br />

conclusione dei contratti di interest swap in data 4 luglio 2007, era emerso innanzitutto uno squilibrio economico<br />

determinato dal valore iniziale negativo dei contratti stessi, per un ammontare pari a €. 638.500, in relazione al quale<br />

non era stato corrisposto alcun elemento economico di riequilibrio in favore della Provincia di Pisa, benché esso<br />

costituisse esso un costo implicito degli swap, che non era stato considerato nell’analisi di convenienza dell’operazione<br />

di emissione obbligazionaria finalizzata all’estinzione anticipata dei mutui in essere (di entità tale da vanificare di fatto<br />

la stessa convenienza della complessa operazione di ristrutturazione dei debiti).<br />

Nella predetta comunicazione era stato altresì evidenziato che un valore iniziale dello swap, negativo, determinava<br />

ulteriori conseguenze (pur esse negative per l’amministrazione) "…con riferimento al collar (acquisto di cap e vendita<br />

di floor) inserito nel contratto stesso; il mark to market dello swap andava ricondotto alla differenza tra valore del cap<br />

rispetto al floor", osservandosi in particolare che "In sostanza, il cap acquistato aveva un valore (premio che la<br />

Provincia avrebbe dovuto pagare) inferiore al valore del floor venduto dalla Provincia (premio che l’ente avrebbe<br />

dovuto incassare…" e che "…la normativa vigente (art. 3 della Circolare Ministeriale del 27 maggio 2004 del Ministero<br />

dell’Economia e delle Finanze) vieta tutto ciò atteso che il collar, come combinazione di opzione acquistata e opzione<br />

venduta, è consentito a condizione che il floor venduto serva unicamente a finanziare l’acquisto del cap e perché questo<br />

sia vero, il valore del cap deve essere uguale e di segno contrario a quello del floor venduto".<br />

Ancorché non espressamente qualificata dall’amministrazione provinciale di Pisa ai sensi dell’art. 7 della legge 7 agosto<br />

1990, n.241, tale comunicazione conteneva tutti gli elementi necessari e sufficienti a consentire alle sue destinatarie,<br />

odierne appellanti, non solo di comprendere agevolmente l’intenzione dell’amministrazione di rivedere l’intera<br />

procedura che aveva condotto alla stipula dei contratti, ma anche di intervenire in tale procedimento di riesame,<br />

fornendo tutte le informazioni e le conoscenze utili ed adeguate per apprezzare complessivamente e correttamente<br />

l’intera vicenda; peraltro, indipendentemente, da ogni considerazione sulla eventuale fondatezza e pertinenza delle<br />

considerazioni circa la nullità dei contratti anche per la violazione da parte delle banche degli obblighi di informazione<br />

sull’effettiva portata dell’operazione finanziaria, in tale nota risulta altresì concesso alle banche un termine, non<br />

irragionevole (sul punto non vi è stata alcuna contestazione) di cinque giorni "per valutare le opportune determinazioni"<br />

ed è manifestata in modo chiaro ed inequivocabile l’intenzione di tutelare l’interesse della provincia anche con le più<br />

opportune iniziative giudiziarie.<br />

Le banche appellanti hanno avuto pertanto piena ed adeguata conoscenza dell’intenzione dell’amministrazione di<br />

avviare il procedimento di revisione dell’intera procedura di ristrutturazione della propria posizione debitoria culminata<br />

con l’aggiudicazione in favore delle appellanti dell’operazione di ristrutturazione di una parte del proprio debito e sono<br />

state effettivamente poste nella condizione di poter svolgere tutte le necessarie ed opportune deduzioni e osservazioni.<br />

Né può sostenersi che la violazione delle garanzie processuali dovrebbe comunque configurarsi per la mancata<br />

trasmissione della relazione della società Calipso, sulla scorta delle cui conclusione l’amministrazione aveva<br />

determinato l’avvio del procedimento di autotutela, essendo sufficiente osservare che le considerazioni contenute in tale<br />

relazione sono state ampiamente sintetizzate nella determinazione impugnata; né d’altra parte è stato dedotto o eccepito<br />

che la mancata effettiva conoscenza della relazione Calipso abbia impedito il completo ed integrale esercizio del diritto<br />

di difesa (a causa della eventuale insufficienza della indicazione di tali ragioni del provvedimento impugnato).<br />

VI.2.2. Ugualmente infondato è il terzo motivo con il quale le parti appellanti hanno sostenuto che gli impugnati<br />

provvedimenti di autotutela sarebbero stati adottati benchè non ne sussistessero i presupposti legittimanti, difettando, in<br />

28


particolare, l’attualità dell’interesse pubblico, la corretta valutazione dei contrapposti interessi in gioco ed essendo stato<br />

violato il principio della ragionevolezza del termine entro cui il potere di autotutela può essere esercitato.<br />

VI.2.2.1. Quanto all’attualità dell’interesse pubblico, esso, lungi dal concretizzarsi nel mero ripristino della legalità<br />

violata, è rinvenibile non solo nella necessità (formale) di eliminare la violazione dei principi di economicità e<br />

convenienza finanziaria (su cui avrebbe dovuto fondarsi, ai sensi dell’articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448,<br />

l’operazione di ristrutturazione (di parte) del debito della Provincia di Pisa, ma soprattutto (profilo sostanziale) la<br />

necessità di far venir meno questi "costi impliciti", originariamente non conosciuti e non conoscibili, che gravavano<br />

sulle risorse dell’ente per tutta la durata dell’operazione stessa (fino al 2014), privandola peraltro proprio della finalità<br />

(riduzione dei debiti) che l’aveva giustificata.<br />

Si è in presenza in effetti non già di un mero generico interesse pubblico alla legittimità dell’azione amministrativa o al<br />

rispetto del principio di legalità di cui all’articolo 97 della Costituzione, ma dell’interesse pubblico concreto, specifico e<br />

attuale, da ricollegare direttamente al principio di buon andamento dell’azione amministrativa, sub specie della sua<br />

economicità, incidendo i "costi impliciti" dell’operazione in strumenti finanziari derivati in modo rilevante sulle<br />

effettive disponibilità economico – finanziarie dell’amministrazione provinciale: del resto è stato più volte ricordato<br />

dalla giurisprudenza che l'attualità dell'interesse pubblico alla rimozione di un provvedimento illegittimo è dimostrata<br />

dalla sua idoneità a spiegare continuativamente i propri effetti negativi sull'organizzazione dell'ente.<br />

VI.2.2.2. Né può condividersi la tesi delle appellanti, secondo cui il potere di autotutela sarebbe stato esercitato a<br />

notevole distanza di tempo (dall’adozione del provvedimento di aggiudicazione) in violazione del principio di<br />

ragionevolezza, incidendo sull’affidamento ingenerato sulla legittimità dell’attività amministrativa svolta ed in<br />

particolare del provvedimento di aggiudicazione della gara.<br />

Anche a prescindere dal fatto (di per sé obiettivo) che la determinazione dirigenziale n. 2799 del 29 giugno 2009 è<br />

intervenuta a distanza di circa due anni dall’affidamento alle banche appellanti dell’operazione di ristrutturazione del<br />

debito e dalla conclusione dei contratti di derivati, spazio temporale che di per sé può considerarsi ragionevole anche in<br />

ragione della difficoltà dell’amministrazione di riscontrare ed apprezzare la sussistenza dei ricordati "costi impliciti"<br />

dell’operazione finanziaria, occorre rilevare che il principio di ragionevolezza impone in realtà la necessità del puntuale<br />

apprezzamento del ragionevole affidamento suscitato nell'amministrato sulla regolarità della sua posizione, di cui deve<br />

essere dato atto nella motivazione, comparandolo con gli interessi pubblici.<br />

Nel caso in esame tale valutazione, anche comparativa, risulta effettivamente compiuta, avendo l’amministrazione<br />

provinciale di Pisa, come si ricava dalla lettura della impugnata determinazione dirigenziale n. 2799 del 29 giugno<br />

2009, ritenuto rilevante l’interesse pubblico ad eliminare un ingiustificato ed ingiustificabile aggravio della posizione<br />

economico – finanziaria dell’ente, determinato dalla stessa operazione di ristrutturazione (di parte) del proprio debito<br />

finalizzata ad alleviare la sua complessiva posizione debitoria, tanto più che l’erroneo apprezzamento della convenienza<br />

dell’operazione era stata determinata dal comportamento reticente delle stesse banche affidatarie dell’operazione, che<br />

né nella proposta contrattuale oggetto di gara, né successivamente avevano evidenziato tali "costi impliciti": il che in<br />

altri termini significa che l’amministrazione ha ritenuto, non irragionevolmente, che non potesse trovare tutela<br />

l’affidamento delle banche alla legittimità dell’aggiudicazione, avendo esse stesse omesso di comunicare elementi di<br />

fatto decisivi ai fini del corretta e legittima determinazione dell’amministrazione di affidare loro l’operazione<br />

finanziaria di ristrutturazione del debito.<br />

E’ appena il caso di rilevare che alla stregua delle considerazioni svolte è altresì infondato l’ulteriore profilo di censura<br />

sollevato relativo alla pretesa omessa valutazione degli interessi privati in gioco ed alla omessa o erronea loro<br />

valutazione comparativa con quelli pubblici.<br />

VI.2.3. Con il quarto motivo di censura le parti appellanti hanno sostenuto che i primi giudici avevano superficialmente<br />

apprezzato la fattispecie in esame, incorrendo in falsa interpretazione ed applicazione dell’articolo 41 della legge n. 448<br />

del 2001, atteso che, per un verso, essa non era applicabile ai contratti swap, che non costituiscono strumenti di debito,<br />

e, per altro verso, che il presunto differenziale negativo, di cui hanno decisamente contestato la stessa sussistenza, non<br />

poteva neppure rientrare nella convenienza economica di cui alla disposizione del richiamato articolo 41 della legge 448<br />

del 2001.<br />

Al riguardo la Sezione osserva quanto segue.<br />

VI.2.3.1. Con la determinazione dirigenziale n. 4105 del 1° settembre 2006 l’Amministrazione provinciale di Pisa<br />

decideva di effettuare una gara ufficiosa per l’individuazione di uno o più intermediari finanziari con i quali<br />

perfezionare una operazione di ristrutturazione del proprio debito per un importo complessivo fino a €. 99.870.000,00,<br />

29


distinti in quattro lotti, riferiti ai diversi istituti con i quali erano stati accesi i mutui originari; l’amministrazione<br />

intendeva così perseguire i seguenti obiettivi "1) riduzione dell’importo della rata annuale per il rimborso dei mutui in<br />

essere, da realizzare mediante l’allungamento del periodo di ammortamento o la modifica di altre condizioni, quale ad<br />

esempio le modalità di rimborso del prestito, oppure altre operazioni indicate dagli istituti partecipanti; 2) revisione dei<br />

tassi di interesse, attraverso prodotti innovativi con profilo di rischio ed importo predefiniti; 3) sfruttamento del periodo<br />

particolarmente favorevole sui tassi di interesse per scadenza lunghe", fermo restando che l’operazione di<br />

ristrutturazione avrebbe dovuto consentire una riduzione del valore finanziario delle passività totali a carico dell’ente".<br />

Tale operazione trovava il suo espresso fondamento positivo nell’articolo 41 ("Finanza degli enti territoriali" della legge<br />

28 dicembre 2001, n. 448 ("Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge<br />

finanziaria 2002"), che al primo comma dispone testualmente: "Al fine di contenere il costo dell'indebitamento e di<br />

monitorare gli andamenti di finanza pubblica, il Ministero dell'economia e delle finanze coordina l'accesso al mercato<br />

dei capitali delle province, dei comuni, delle unioni di comuni, delle città metropolitane, delle comunità montane e delle<br />

comunità isolane, di cui all'articolo 2 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto<br />

legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché dei consorzi tra enti territoriali e delle regioni. A tal fine i predetti enti<br />

comunicano periodicamente allo stesso Ministero i dati relativi alla propria situazione finanziaria. Il contenuto e le<br />

modalità del coordinamento nonché dell'invio dei dati sono stabiliti con decreto del Ministero dell'economia e delle<br />

finanze da emanare di concerto con il Ministero dell'interno, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del<br />

decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Con lo<br />

stesso decreto sono approvate le norme relative all'ammortamento del debito e all'utilizzo degli strumenti derivati da<br />

parte dei succitati enti" ed al secondo comma aggiunge che "Fermo restando quanto previsto nelle relative pattuizioni<br />

contrattuali, gli enti possono provvedere alla conversione dei mutui contratti successivamente al 31 dicembre 1996,<br />

anche mediante il collocamento di titoli obbligazionari di nuova emissione o rinegoziazioni, anche con altri istituti, dei<br />

mutui, in presenza di condizioni di rifinanziamento che consentano una riduzione del valore finanziario delle passività<br />

totali a carico degli enti stessi, al netto delle commissioni e dell'eventuale retrocessione del gettito dell'imposta<br />

sostitutiva di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, e successive modificazioni".<br />

Il D.M. 1 dicembre 2003, n. 389, recante "Regolamento concernente l'accesso al mercato dei capitali da parte delle<br />

province, dei comuni, delle città metropolitane, delle comunità montane e delle comunità isolane, nonché dei consorzi<br />

tra enti territoriali e delle regioni, ai sensi dell'articolo 41, comma 1, della L. 28 dicembre 2001, n. 448", per quanto qui<br />

interessa, all’articolo 3, rubricato "Operazioni in strumenti derivati, prevede "1. In caso di operazioni di indebitamento<br />

effettuate in valute diverse dall'euro, è fatto obbligo di prevedere la copertura del rischio di cambio mediante «swap di<br />

tasso di cambio», inteso come un contratto tra due soggetti che assumono l'impegno di scambiarsi regolarmente flussi di<br />

interessi e capitale espressi in due diverse valute, secondo modalità, tempi e condizioni contrattualmente stabiliti.<br />

2. In aggiunta alle operazioni di cui al comma 1 del presente articolo e all'articolo 2 del presente decreto, sono inoltre<br />

consentite le seguenti operazioni derivate:<br />

a) «swap di tasso di interesse» tra due soggetti che assumono l'impegno di scambiarsi regolarmente flussi di interessi,<br />

collegati ai principali parametri del mercato finanziario, secondo modalità, tempi e condizioni contrattualmente stabiliti;<br />

b) acquisto di «forward rate agreement» in cui due parti concordano il tasso di interesse che l'acquirente del forward si<br />

impegna a pagare su un capitale stabilito ad una determinata data futura; c) acquisto di «cap» di tasso di interesse in cui<br />

l'acquirente viene garantito da aumenti del tasso di interesse da corrispondere oltre il livello stabilito; d) acquisto di<br />

«collar» di tasso di interesse in cui all'acquirente viene garantito un livello di tasso di interesse da corrispondere,<br />

oscillante all'interno di un minimo e un massimo prestabiliti; e) altre operazioni derivate contenenti combinazioni di<br />

operazioni di cui ai punti precedenti, in grado di consentire il passaggio da tasso fisso a variabile e viceversa al<br />

raggiungimento di un valore soglia predefinito o passato un periodo di tempo predefinito; f) altre operazioni derivate<br />

finalizzate alla ristrutturazione del debito, solo qualora non prevedano una scadenza posteriore a quella associata alla<br />

sottostante passività. Dette operazioni sono consentite ove i flussi con esse ricevuti dagli enti interessati siano uguali a<br />

quelli pagati nella sottostante passività e non implichino, al momento del loro perfezionamento, un profilo crescente dei<br />

valori attuali dei singoli flussi di pagamento, ad eccezione di un eventuale sconto o premio da regolare al momento del<br />

perfezionamento delle operazioni non superiore a 1% del nozionale della sottostante passività".<br />

In base a tale substrato normativo non può negarsi che la convenienza economica della ristrutturazione del debito, come<br />

del resto già accennato in precedenza" costituisse effettivamente la "causa" della stessa procedura di gara indetta<br />

dall’amministrazione provinciale di Pisa, avendo quest’ultima l’obiettivo di ridurre la sua esposizione debitoria e<br />

verosimilmente poter disporre di una maggiore liquidità da utilizzare per la tutela degli altri interessi pubblici affidati<br />

alle sue cure: la complessiva operazione di ristrutturazione del debito, del resto, secondo la stessa ratio ispiratrice del<br />

citato articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 441, intendeva coniugare i vari interessi in gioco di contenimento<br />

della spesa pubblica, assicurando agli enti locali la possibilità di far fronte alla cura e alla tutela delle funzioni loro<br />

affidate, attraverso un’accorta politica di gestione economico – finanziaria anche del bilancio e delle relative poste<br />

30


passive.<br />

A ciò consegue che l’esistenza di "costi impliciti", sia pur riscontrati dall’amministrazione provinciale solo dopo la<br />

conclusione del contratto, incideva effettivamente sulla convenienza economica dell’operazione di ristrutturazione del<br />

debito, diminuendone la sua stessa efficacia, a nulla rilevando la prospettazione, peraltro meramente formalistica, degli<br />

appellanti secondo cui gli strumenti finanziari derivati non sarebbero strumenti di debito e come tale non rientrerebbero<br />

nell’ambito di applicazione del ricordato articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 10: è sufficiente replicare al<br />

riguardo che i derivati costituivano lo strumento stesso attraverso cui si realizzava concretamente l’operazione di<br />

ristrutturazione del debito, così che essi (ed in particolare i loro "costi impliciti", non facilmente riscontrabili<br />

dall’amministrazione e neppure dichiarati dalle banche) non possono non rientrare e non essere valutati ai fini della<br />

convenienza economica della operazione stessa e negli obiettivi perseguiti con essa perseguiti.<br />

VI.2.3.2. Le appellanti hanno poi contestato la fondatezza della accertata sussistenza del differenziale negativo o quanto<br />

meno di uno squilibrio economico iniziale (e quindi il valore negativo del derivato per la Provincia di Pisa), fonte<br />

pertanto dei presunti "costi impliciti", su cui si fondano in particolare gli impugnati provvedimenti di autotutela.<br />

In particolare le tesi svolte negli atti di appello, come evidenziato nelle proprie difensive dall’appellata amministrazione<br />

provinciale di Pisa, sono fondate su articolare e specifiche considerazioni di carattere economico – finanziario<br />

imperniate, tra l’altro, sulle caratteristiche contrattuali del bond, sulle caratteristiche contrattuali del debito della<br />

Provincia di Pisa come coperto dal derivato rispetto al debito originario, sulle modalità di valutazione del pricing, sui<br />

flussi di cassa generati ex post dal derivato, secondo le conclusioni di una apposita relazione elaborata, per conto degli<br />

appellanti, da MTM Advisor s.r.l.<br />

L’appellata amministrazione provinciale di Pisa, a sua volta, a confutazione delle avverse tesi ha depositato una<br />

relazione (intitolata "Replica alla memoria di Depfa Bank e Dexia Crediop"), anch’essa di natura tecnico – finanziaria,<br />

finalizzata tra l’altro a dimostrare l’effettivo squilibrio economico iniziale della struttura del derivato, l’effettiva<br />

esistenza di "costi impliciti" dell’operazione di ristrutturazione del debito, la difficoltà dell’amministrazione provinciale<br />

di ravvisare la presenza dei predetti costi impliciti al momento della conclusione del contratto e la mancata trasparenza<br />

nell’attività svolta dalle banche.<br />

Ciò posto, la Sezione osserva che la delibazione del motivo di gravame presuppone la valutazione della fattispecie<br />

controversia (operazione di ristrutturazione del debito, contratto di derivati finanziari e suoi effetti) secondo criteri<br />

propri della scienza economico – finanziaria, così che a tal fine, anche in ragione delle contrapposte tesi delle parti,<br />

suffragate da specifiche relazioni tecniche, è indispensabile disporre apposita consulenza tecnica.<br />

Quest’ultima, infatti, può essere disposta dal giudice quando l'esercizio del potere amministrativo richiede non una<br />

scelta di opportunità, ma l'esatta valutazione di un fatto secondo i criteri di una determinata scienza o tecnica, così che<br />

essa costituisce un mezzo d'indagine finalizzato ad aiutare il giudice nella soluzione di questioni che comportino<br />

specifiche conoscenze (C.d.S,, sez. V, 14 febbraio 2011 , n. 953); del resto, anche nel giudizio di legittimità non può<br />

non essere valutata, eventualmente proprio attraverso una consulenza tecnica, l'eventuale erroneità dell'apprezzamento<br />

dell'amministrazione, ove tale erroneità sia in concreto valutabile (C.d.S., sez. VI, 20 luglio 2010, n. 4663).<br />

A tal fine con separata ordinanza si provvede alla nomina del consulente tecnico, alla formulazione dei quesiti, alla<br />

fissazione del termine entro cui il consulente deve comparire innanzi al magistrato delegato e a tutti gli altri<br />

adempimenti di cui all’articolo 67, comma 3, c.p.a..<br />

In atteso del deposito della relazione di consulenza tecnica la trattazione degli appelli deve essere rinviata, come da<br />

dispositivo.<br />

VII. Quanto agli appelli proposti dalla Provincia di Pisa, sia avverso la stessa sentenza impugnata con gli esaminati<br />

appelli da Depfa Bank Plc e Dexia Crediop S.p.A. (NRG. 1008/2011), sia avverso l’altra sentenza del Tribunale<br />

amministrativo regionale per la Toscana, sez. II, n. 154 del 27 gennaio 2011 (NRG. 2941/2011), la Sezione osserva che,<br />

alla stregua delle osservazioni svolte sub. VI.1.5, i motivi di gravame, sostanzialmente fondati sulla sussistenza della<br />

giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere degli effetti dell’annullamento, in via di autotutela<br />

dell’aggiudicazione, sul contratto già stipulato e in corso di esecuzione sono fondati.<br />

Tuttavia ai fini della esatta individuazione delle conseguenze che nel caso di specie si riconnettono all’annullamento<br />

dell’aggiudicazione in autotutela, è indispensabile il previo accertamento della legittimità del potere di autotutela<br />

esercitato e dei provvedimenti adottati, il che impone di riservare ogni decisione all’esito della disposta consulenza<br />

tecnica d’ufficio.<br />

31


VIII. Alla stregua delle osservazioni svolte, previa riunione degli appelli, respinti i primi tre motivi degli appelli<br />

principale proposti da Depfa Bank Plc e da Dexia Crediop S.p.A., deve disporsi con separata ordinanza, impregiudicato<br />

ogni ulteriore decisione nel merito e sulle spese, apposita consulenza tecnica d’ufficio in relazione al quarto motivo di<br />

gravame; anche quanto agli appelli proposti dalla Provincia di Pisa deve disporsi, impregiudicata ogni decisione anche<br />

sulle spese, deve disporsi il rinvio dopo il deposito della relazione di consulenza tecnica d’ufficio.<br />

P.Q.M.<br />

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, non definitivamente pronunciando sugli appelli proposti da<br />

Depfa Bank Plc (NRG. 938/2011), da Dexia Crediop S.p.A. (NRG. 939/2011) e dalla Provincia di Pisa (NRG.<br />

1008/2011) avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, sez. I, n. 6579 dell’11 novembre<br />

2010, nonché sull’appello proposto dalla Provincia di Pisa (NRG. 2941/2011) avverso la sentenza del Tribunale<br />

amministrativo regionale per la Toscana, sez. I, n. 154 del 27 gennaio 2011, così provvede:<br />

- riunisce tutti gli appelli;<br />

- accoglie gli appelli proposti dalla Provincia di Pisa;<br />

- respinge il primo, il secondo ed il terzo motivo degli appelli proposti da Depfa Bank s.r.l. (NRG. 938/2011) e da Dexia<br />

Crediop S.p.A. (NRG. 939/2011);<br />

- dispone, come da separata ordinanza, consulenza tecnica d’ufficio in relazione al quarto motivo dei predetti appelli;<br />

- resta impregiudicata ogni decisione sulle spese.<br />

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.<br />

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2011 con l'intervento dei magistrati:<br />

Stefano Baccarini, Presidente<br />

Vito Poli, Consigliere<br />

Francesco Caringella, Consigliere<br />

Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore<br />

Doris Durante, Consigliere<br />

DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 07/09/2011.<br />

32


AMMISSIBILITA’ DELLA REVOCA DELL’AGGIUDICAZIONE DOPO LA CONCLUSIONE DEL<br />

CONTRATTO E PROFILI DI GIURISDIZIONE<br />

T.A.R. Lazio - Roma, Sez. II Ter, 6 marzo 2013, n. 2432<br />

Una volta stipulato il contratto d’appalto, è illegittimo l’esercizio del potere di revoca dell’aggiudicazione di cui all’art.<br />

21 quinquies l. n. 241 del 1990, dovendo, ove del caso la stazione appaltante esercitare la facoltà di recesso ai sensi<br />

dell’art. 134 del codice dei contratti pubblici, in quanto la revoca è adottata in assenza del suo essenziale presupposto, e<br />

cioè di un oggetto costituito da un provvedimento che continua ancora a spiegare effetti. Il provvedimento di<br />

aggiudicazione, sebbene abbia efficacia durevole, spiega la propria efficacia sino alla stipulazione del contratto di<br />

appalto, sicché l’aggiudicazione definitiva di un appalto può ben essere oggetto di revoca ma solo fino alla data di<br />

stipulazione del contratto o, più propriamente, sino all’avvio della sua esecuzione, che può farsi coincidere, in un<br />

appalto di lavori, con la consegna degli stessi da parte della stazione appaltante.<br />

Cons. Stato, Sez. IV, 7 febbraio 2012 n. 662<br />

1. Va qualificato propriamente come "revoca", e non già come "annullamento", il ritiro dell’atto di aggiudicazione di<br />

una gara disposto facendo riferimento al tempo trascorso ed al maturarsi di una diversa situazione di fatto, con<br />

conseguente rivalutazione dell’interesse pubblico.<br />

2. Un provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell’organo che lo ha emanato<br />

ovvero da altro organo previsto dalla legge, in via alternativa, o per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero<br />

nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario. Tale<br />

provvedimento, assunto in esercizio di potere di autotutela, deve essere adeguatamente motivato, in particolare allorché<br />

incide su posizioni in precedenza acquisite dal privato, non solo con riferimento ai motivi di interesse pubblico che<br />

giustificano il ritiro dell’atto, ma anche in considerazione delle posizioni consolidate e all’affidamento ingenerato nel<br />

destinatario dell’atto da revocare.<br />

3. E’ legittima la revoca dell’aggiudicazione di una gara di appalto disposta ancora prima del consolidarsi delle<br />

posizioni delle parti e quando il contratto non è stato ancora concluso, ove tale provvedimento sia motivato con<br />

riferimento al risparmio economico che deriverebbe dalla revoca stessa, posto che l’art. 21 quinquies l. n. 241/1990,<br />

consente un ripensamento da parte della amministrazione là dove questa ritenga di operare motivatamente una nuova<br />

valutazione dell’interesse pubblico originario (alla stregua del principio nella specie è stata ritenuta legittima la revoca<br />

degli atti di gara, ivi compresa l’aggiudicazione, sia in ragione del tempo trascorso - cui non era immediatamente<br />

seguita la stipula del contratto, anche in relazione alle vicende relative al contenzioso instaurato - sia in relazione alle<br />

diverse esigenze di intervento relative ad un sopravvenuto un progetto "largamente diverso dal precedente", per<br />

estensione dei lavori, diversità qualitativa e realizzativa e per spesa prevista; tali elementi, positivamente riscontrati,<br />

fondavano infatti l’esercizio legittimo del potere di revoca, posto che essi imponevano una riconsiderazione,<br />

all’attualità, dell’interesse pubblico alla realizzazione dell’intervento, per qualità, quantità e modalità esecutive<br />

Cons. Stato, sez. VI , 17 marzo 2010 n. 1554<br />

Il fatto che il provvedimento di annullamento o revoca di atti dell’aggiudicazione incida ( secondo il tradizionale<br />

collegamento fra provvedimento e contratto ricorrente nelle procedure di evidenza pubblica ) su un vincolo contrattuale<br />

eventualmente già formato non modifica la natura sostanziale del potere esercitato, che si sostanzia nel riesame del<br />

provvedimento di aggiudicazione e non nell’esercizio di un presunto diritto di recesso ( in realtà inesistente e non<br />

prospettato dall’amministrazione ) e , conseguentemente, non determina il venir meno, sul resto della domanda di<br />

annullamento e risarcimento , della giurisdizione del giudice amministrativo essendo in questione la serie<br />

procedimentale degli atti di evidenza pubblica (sia pure nel prisma del potere di controllo sugli stessi ) ed al limite<br />

l’indennizzo da revoca ( su cui c’è giurisdizione esclusiva ai sensi dell’art. 21 quinquies della legge n. 241 dl 1990 ) o il<br />

risarcimento da annullamento dell’atto di autotutela ( spettante alla cognizione del g.a come qualsiasi azione risarcitoria<br />

da lesione di interessi legittimi ).<br />

Cass. civ. Sez. Un. 11 gennaio 2011, n. 391<br />

Nelle procedure connotate da concorsualità aventi a oggetto la conclusione di contratti da parte della p.a., una volta<br />

stipulato il contratto, la revoca dell’aggiudicazione effettuata per sopravvenuti motivi di opportunità, rientra nell’ambito<br />

del generale potere contrattuale di recesso (previsto, per i contratti di appalto di opere pubbliche, dalla l. n. 2248 del<br />

1865, art. 345, all. F), sul cui esercizio sussiste la giurisdizione del g.o.<br />

Cass. Civ. sez. un., 17 dicembre 2008, n. 29425<br />

Nelle procedure aventi ad oggetto l’affidamento di lavori, servizi e forniture, la cognizione di comportamenti ed atti<br />

assunti prima dell’ aggiudicazione e nella successiva fase compresa tra l’aggiudicazione e la stipula del contratto, ivi<br />

compresa la revoca dell’aggiudicazione, spetta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mentre la<br />

successiva fase contrattuale, afferente all’esecuzione del rapporto, spetta alla giurisdizione del giudice ordinario (con la<br />

sola eccezione del recesso dell’appaltante ai sensi dell’art. 11, commi 2 e 3, del d.P.R. n. 252 del 1998, fondato<br />

sull’acquisizione dell’informativa prefettizia per infiltrazioni mafiose nell’impresa appaltatrice, quand’anche già<br />

stipulante). Conseguentemente, una volta stipulato il contratto, la revoca dell’aggiudicazione effettuata per sopravvenuti<br />

33


motivi di opportunità, fondati sulla diversa destinazione dei fondi assegnati, rientra nell’ambito del generale potere<br />

contrattuale di recesso (previsto, per i contratti di appalto di opere pubbliche, dall’art. 345 all. F della legge n. 2248 del<br />

1865), sul cui esercizio sussiste la giurisdizione del giudice ordinario.<br />

T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 21 febbraio 2008, n. 562<br />

L’annullamento- revoca dell’aggiudicazione del contratto costituisce un provvedimento autoritativo che incide, secondo<br />

la logica del "contrarius actus", su una precedente determinazione di aggiudicazione del contratto. Il fatto che il<br />

provvedimento di annullamento-revoca dell’aggiudicazione incida (secondo il tradizionale collegamento tra<br />

provvedimento e contratto, proprio dei procedimenti di evidenza pubblica) su un vincolo contrattuale già formato, non<br />

modifica la natura sostanziale del potere - che si sostanzia nel puro riesame del provvedimento di aggiudicazione<br />

precedentemente emanato e non nell’esercizio di un presunto diritto di recesso dal vincolo negoziale - con conseguente<br />

giurisdizione del giudice amministrativo.<br />

34


GIURISDIZIONE IN MATERIA DI CONTROVERSIE RIGUARDANTI LA CONCESSIONE E LA REVOCA<br />

DEI CONTRIBUTI<br />

CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA - sentenza 29 luglio 2013 n. 17<br />

Pres. Baccarini, Est. Cacace - Az System s.r.l. (Avv. Palmieri) c. Ministero per lo sviluppo economico (Avv.ra Stato) e<br />

M.p.s. Capital Services Banca per le Imprese s.p.a. (n.c.) - (dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo ed<br />

annulla con rinvio la sentenza del T.A.R. Campania - Napoli, Sezione III, n. 4317/2012).<br />

1-2. Giurisdizione e competenza - Contributi e provvidenze - Controversie in materia - Distinzione tra contributi<br />

riconosciuti direttamente dalla legge e contributi per i quali la P.A. ha il potere di apprezzare discrezionalmente<br />

l'an, il quid ed il quomodo dell'erogazione - Giurisdizione dell’A.G.O. nel primo caso e giurisdizione del G.A. nel<br />

secondo caso - Fattispecie relativa a controversia concernente la revoca disposta con riferimento alle<br />

agevolazioni concesse ai sensi della L. 19 dicembre 1992 n. 488.<br />

1. In conformità a quanto affermato dalle Sezioni unite della Cassazione (1), deve ritenersi che, in materia di<br />

controversie riguardanti la concessione e la revoca di contributi e sovvenzioni pubbliche, il riparto di<br />

giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo vada attuato distinguendo le ipotesi in cui il<br />

contributo o la sovvenzione sia riconosciuto direttamente dalla legge (e alla P.A. sia demandato esclusivamente il<br />

controllo in ordine all'effettiva sussistenza dei presupposti puntualmente indicati dalla legge stessa), da quelle in<br />

cui la legge attribuisca invece alla P.A. il potere di riconoscere l'ausilio, previa valutazione comparativa degli<br />

interessi pubblici e privati in relazione all'interesse pubblico primario, apprezzando discrezionalmente l'an, il<br />

quid ed il quomodo dell'erogazione; nel primo caso, infatti, la giurisdizione in materia di revoca del contributo o<br />

della sovvenzione spetta all’A.G.O., mentre nel secondo caso la giurisdizione spetta al G.A.<br />

2. Rientra nella giurisdizione amministrativa una controversia concernente la revoca disposta con riferimento<br />

alle agevolazioni concesse ai sensi della L. 19 dicembre 1992 n. 488, anche quando venga disposta dopo la<br />

concessione provvisoria del finanziamento; in tal caso, infatti, la revoca del finanziamento non è oggetto di un<br />

provvedimento vincolato dall’intervenuto accertamento dell’insussistenza di un presupposto puntualmente<br />

indicato dalla legge, ma in applicazione della previsione contenuta nel D.M. 20 ottobre 1995, n. 527, art. 8,<br />

comma 1, lett. f), che la consente qualora "calcolati gli scostamenti in diminuzione degli indicatori di cui all'art.<br />

6, comma 4, suscettibili di subire variazioni, anche solo uno degli scostamenti stessi di tali indicatori rispetto ai<br />

corrispondenti valori assunti per la formazione della graduatoria o la media degli scostamenti medesimi superi,<br />

rispettivamente, i 30 o i 20 punti percentuali"; e dunque nell’esercizio di un potere discrezionale, in relazione al<br />

quale la posizione del privato è di interesse legittimo e la giurisdizione è del giudice amministrativo (2).<br />

-------------------------------------<br />

(1) Cfr. Cass., Sez. Un., 25 novembre 2008, n. 28041, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/82/casssu_2008-11-8.htm secondo<br />

cui "la controversia avente ad oggetto la revoca di un finanziamento disciplinato dal D.L. 22 ottobre 1992, n. 415, convertito in legge<br />

dalla L. 19 dicembre 1992, n. 488, appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto non riguarda una sovvenzione<br />

riconosciuta direttamente dalla legge, sulla base di elementi da questa puntualmente indicati; e ciò, ancorché il finanziamento<br />

medesimo sia stato già riconosciuto in via provvisoria a norma del D.M. n. 527 del 1995, art. 6, comma 7" (v. anche Cassazione<br />

civile, sez. un., 16 dicembre 2010, n. 25398, in ipotesi di revoca del finanziamento già concesso in via provvisoria ed in parte<br />

erogato, determinata dall’intervenuto accertamento di spese dichiarate non ammissibili in quanto sostenute prima della domanda di<br />

ammissione).<br />

(2) Cfr., del tutto analogamente, Cass. Sez. Un. n. 25398 del 2010, concernente una ipotesi di applicazione della lett. e) dello stesso<br />

comma 1.<br />

-------------------------------------<br />

Documenti correlati:<br />

CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONI UNITE CIVILI, ordinanza 23-9-2010, pag. http://www.lexitalia.it/p/10/cassu_2010-09-23-<br />

2o.htm (sui criteri per l’individuazione del giudice competente per controversie in materia di concessione e revoca di contributi<br />

pubblici).<br />

CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONI UNITE CIVILI, sentenza 23-3-2009, pag. http://www.lexitalia.it/p/91/cassciv_2009-03-<br />

23.htm (sul giudice competente a decidere una controversia in materia di contributi e sovvenzioni pubbliche ed in particolare in<br />

materia di revoca di un finanziamento concesso nell’ambito di un patto territoriale ex L. n. 662 del 1996).<br />

35


CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONI UNITE CIVILI, sentenza 14-10-2008, pag. http://www.lexitalia.it/p/82/cassu_2008-10-1.htm<br />

(sui criteri generali per individuare il giudice competente a decidere le controversie in materia di provvedimenti di concessione,<br />

revoca o decadenza di contributi pubblici).<br />

CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONI UNITE CIVILI, sentenza 8-7-2008, pag. http://www.lexitalia.it/p/82/cassciv_2008-07-08-<br />

3.htm (sul giudice competente a decidere una controversia in materia di contributi e sovvenzioni pubbliche ed in particolare in<br />

materia di revoca di un finanziamento concesso nell’ambito di un patto territoriale ex L. n. 662 del 1996).<br />

CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONI UNITE CIVILI, sentenza 25-7-2006, pag. http://www.lexitalia.it/p/62/casssu_2006-07-<br />

25.htm (sui criteri per l’individuazione del giudice competente per controversie in materia di concessione e revoca di contributi<br />

pubblici).<br />

CONSIGLIO DI STATO SEZ. V, sentenza 6-10-2010, pag. http://www.lexitalia.it/p/10/cds5_2010-10-06.htm (sul giudice<br />

competente a decidere in ordine ad una controversia in materia di revoca di contributi pubblici e sulla legittimità o meno della revoca<br />

dei contributi non preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento).<br />

CONSIGLIO DI STATO SEZ. VI, sentenza 3-6-2010, pag. http://www.lexitalia.it/p/10/cds6_2010-06-03-1.htm (sul giudice<br />

competente a decidere controversie in materia di revoca di contributi o finanziamenti pubblici).<br />

CONSIGLIO DI STATO SEZ. VI, sentenza 3-3-2010, pag. http://www.lexitalia.it/p/10/cds6_2010-03-03-2.htm (sul giudice<br />

competente a decidere una controversia relativa alla revoca dei contributi ).<br />

CONSIGLIO DI STATO SEZ. VI, sentenza 11-1-2010, pag. http://www.lexitalia.it/p/10/cds6_2010-01-11-1.htm (sul giudice<br />

competente a decidere una controversia in materia di revoca di contributi pubblici; fattispecie relativa a revoca disposta a seguito<br />

della dichiarazione di fallimento della società beneficiaria del contributo).<br />

CONSIGLIO DI STATO SEZ. V, sentenza 20-3-2008, pag. http://www.lexitalia.it/p/81/cds5_2008-03-20-6.htm (sul giudice<br />

competente a decidere una controversia in materia di revoca di contributi pubblici).<br />

CONSIGLIO DI STATO SEZ. V, sentenza 13-12-2006, pag. http://www.lexitalia.it/p/62/cds5_2006-12-13-6.htm (sul giudice<br />

competente a decidere una controversia in materia di revoca di contributi pubblici).<br />

CONSIGLIO DI STATO SEZ. V, sentenza 29-8-2006, pag. http://www.lexitalia.it/p/62/cds5_2006-08-29-7.htm (sul giudice<br />

competente a decidere le controversie relative a provvedimenti di revoca di contributi pubblici adottati per l’inadempimento da parte<br />

del beneficiario di obblighi previsti nei provvedimenti attributivi).<br />

TAR LAZIO - ROMA SEZ. I TER, sentenza 18-7-2011, pag. http://www.lexitalia.it/p/11/tarlazio_2011-07-18-2.htm (sul giudice<br />

competente a decidere controversie in materia di attribuzione e revoca di contributi pubblici).<br />

TAR LOMBARDIA - MILANO SEZ. IV, sentenza 15-10-2009, pag. http://www.lexitalia.it/p/92/tarlombmi4_2009-10-15.htm (sul<br />

giudice competente a decidere le controversie in materia di concessione e revoca di contributi per l’editoria, previsti dall’art. 4 della<br />

L. n. 350 del 2003 - legge finanziaria 2004 - sotto forma di crediti d’imposta).<br />

TAR LAZIO - ROMA SEZ. III, sentenza 12-8-2008, pag. http://www.lexitalia.it/p/82/tarlazio3_2008-08-12.htm (sul giudice<br />

competente a decidere una controversia in materia di revoca di contributi pubblici per fatto imputabile al beneficiario).<br />

TAR LAZIO - ROMA SEZ. III TER, sentenza 6-5-2008, pag. http://www.lexitalia.it/p/81/tarlazio3_2008-05-06.htm (sul giudice<br />

competente a decidere controversie in materia di assegnazione e revoca di contributi o finanziamenti pubblici).<br />

TAR LOMBARDIA - MILANO SEZ. I, sentenza 21-2-2007, pag. http://www.lexitalia.it/p/71/tarlombmi1_2007-02-21.htm (sul<br />

giudice competente a decidere le controversie in materia di concessione e revoca di contributi o finanziamenti pubblici).<br />

TAR LAZIO - ROMA SEZ. II, sentenza 15-9-2005, pag. http://www.lexitalia.it/p/52/tarlazio3ter_2005-09-15.htm (sul giudice<br />

competente a decidere controversie in materia di revoca di contributi concessi dalla normativa comunitaria).<br />

TAR LAZIO - ROMA SEZ. II, sentenza 4-5-2005, pag. http://www.lexitalia.it/p/51/tarlazio2_2005-05-04.htm (sui criteri per<br />

individuare il giudice competente a decidere controversie in materia di erogazione o di revoca di contributi comunitari).<br />

N. 00017/2013REG.PROV.COLL.<br />

REPUBBLICA ITALIANA<br />

36


IN NOME DEL POPOLO ITALIANO<br />

Il Consiglio di Stato<br />

in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)<br />

ha pronunciato la presente<br />

SENTENZA<br />

sul ricorso numero di registro generale 3 di A.P. del 2013, proposto da:<br />

Az System s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Feliciano Palmieri, con<br />

domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luigina Palombi, in Roma, via Niobe, 19/A, Frazione Morena;<br />

contro<br />

il Ministero per lo sviluppo economico, in persona del ministro in carica, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso<br />

dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12<br />

nei confronti di<br />

M.p.s. Capital Services Banca per le Imprese s.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, n.c.;<br />

per la riforma<br />

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI - SEZIONE III n. 04317/2012, resa tra le parti, che ha dichiarato il<br />

proprio difetto di giurisdizione, in tema di revoca di agevolazioni finanziarie e connesse richieste risarcitorie.<br />

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati, con tutti gli atti e documenti di causa;<br />

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero appellato;<br />

Visto che non si è costituito in giudizio l’Istituto di credito pure appellato;<br />

Vista l’Ordinanza della Sez. VI n. 517/2013;<br />

Visti gli artt. 105, comma 2, ed 87, comma 3, del codice del processo amministrativo;<br />

Relatore, nella camera di consiglio del giorno 27 maggio 2013, il Consigliere di Stato Salvatore Cacace;<br />

Uditi per le parti, alla stessa Camera di consiglio, l’avvocato dello Stato Vittorio Russo e l’avv. Feliciano Palmieri per<br />

l’appellante;<br />

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:<br />

FATTO e DIRITTO<br />

I) L’impresa ricorrente in primo grado è stata ammessa al beneficio di un contributo con il decreto n. 1522307 del 1°<br />

dicembre 2006, riguardante il progetto "La nuova scocca per camper AZ", relativo ad un programma di sviluppo<br />

precompetitivo e d’industrializzazione (in applicazione della legge n. 488 del 1992).<br />

Con il decreto n. 14 del 30 marzo 2012, la Direzione generale per l'incentivazione delle attività imprenditoriali del<br />

Ministero per lo sviluppo economico ha disposto la revoca totale del provvedimento che ha ammesso al beneficio,<br />

poiché, a seguito delle verifiche effettuate in sede di rendicontazione, è stata considerata ‘inammissibile’ una<br />

prestazione rendicontata, conseguente ad una collaborazione della società D.C.R., sua ausiliaria, con cui aveva stipulato<br />

un contratto chiavi in mano.<br />

37


La mancata valutazione della medesima prestazione era dipesa dal fatto che, ad avviso dell’amministrazione, la<br />

fornitura non assumeva un grado di complessità tale da giustificare il ricorso a siffatta tipologia contrattuale, anche<br />

perché non era stata considerata comprovata la specifica competenza tecnica e commerciale dell’ausiliaria D.C.R.<br />

II) Con il ricorso di primo grado n. 3435 del 2012 (proposto dinanzi al T.a.r. per il Lazio), l’impresa ha impugnato il<br />

decreto ministeriale n. 14 del 30 marzo 2012, emesso dal Direttore generale, chiedendo altresì il risarcimento dei danni<br />

subiti.<br />

Si è costituito in giudizio il Ministero intimato, eccependo la carenza di giurisdizione del giudice amministrativo e<br />

l’incompetenza territoriale del T.a.r. Lazio.<br />

III) Il T.a.r. Lazio, con ordinanza n. 6392 del 2012, ha rilevato la sussistenza della competenza del T.a.r. per la<br />

Campania.<br />

A seguito della riassunzione del giudizio, con la sentenza appellata il T.a.r. per la Campania ha dichiarato il difetto della<br />

giurisdizione amministrativa, rilevando che l’atto di ritiro di un contributo pubblico - per inadempimento del<br />

concessionario - inciderebbe su un diritto soggettivo, devoluto alla giurisdizione del giudice civile.<br />

IV) Con l’appello in esame, l’impresa ha chiesto che, in riforma della sentenza del T.a.r., sia rilevata la sussistenza della<br />

giurisdizione amministrativa ed ha riproposto le censure già formulate in primo grado.<br />

Il Ministero appellato si è costituito in giudizio ed ha chiesto che l’appello sia respinto.<br />

In particolare, il Ministero ha richiamato l’orientamento delle Sezioni Unite sulla sussistenza della giurisdizione civile,<br />

quando vi sia un atto di revoca, incidente su un diritto soggettivo, di un precedente atto concessivo di un contributo o di<br />

una sovvenzione (cfr. Cass. civ., sez. un., sent. n. 15618/2006).<br />

Non si è costituito in giudizio l’istituto di credito delegato all’istruttoria, pure evocato.<br />

Assunta la causa in decisione alla Camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2012, la sezione VI, con sentenza<br />

parziale e contestuale ordinanza di rimessione all’Adunanza Plenaria n. 517/2013:<br />

- ha respinto il primo motivo d’appello, con il quale l’impresa ha dedotto che il T.a.r. avrebbe erroneamente dichiarato<br />

il difetto di giurisdizione, poiché - a seguito della declaratoria d’incompetenza del T.a.r. per il Lazio e della susseguente<br />

riassunzione innanzi al T.a.r. per la Campania - si sarebbe formato il ‘giudicato implicito’ sulla questione di<br />

giurisdizione;<br />

- passando al secondo motivo d’appello (con cui si è dedotta la sussistenza della giurisdizione amministrativa a<br />

conoscere della controversia), la Sezione ha ritenuto che il suo esame andasse deferito all’Adunanza plenaria del<br />

Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 99 del codice del processo amministrativo. A questo proposito la Sezione VI<br />

premette che, nel caso in cui sia stato emanato un atto di revoca di un provvedimento che abbia disposto un contributo<br />

pubblico, si è consolidato un risalente orientamento delle Sezioni unite della Corte di cassazione, per il quale rilevano<br />

gli ordinari criteri di riparto, fondati sulla natura delle situazioni soggettive azionate, con la conseguenza che, qualora la<br />

controversia sorga in relazione alla fase di erogazione del contributo o di ritiro della sovvenzione, sulla scorta di un<br />

addotto inadempimento del destinatario, la giurisdizione spetta al giudice ordinario, anche se si faccia questione di atti<br />

denominati come revoca, decadenza o risoluzione, purché essi si fondino sull'asserito inadempimento, da parte del<br />

beneficiario, quanto alle obbligazioni assunte di fronte alla concessione del contributo. A tale orientamento, aggiunge<br />

l’ordinanza di rimessione, si è adeguata la prevalente giurisprudenza amministrativa, per la quale è configurabile una<br />

situazione soggettiva d’interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo, solo ove la<br />

controversia riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento attributivo del beneficio, o se, a seguito<br />

della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto<br />

iniziale con il pubblico interesse (ma non per inadempienze del beneficiario: cfr. Cons. St., Sez. IV, sent. 28 marzo<br />

2011, n. 1875; Sez. VI, sent. 24 gennaio 2011, n. 465; Sez. V, sent. 10 novembre 2010, n. 7994. Nella specie,<br />

sottolineato in punto di fatto che le circostanze determinanti la contestata revoca sono emerse dopo il rilascio del<br />

provvedimento che ha disposto il beneficio non per vizi riconducibili all’originario provvedimento ma per ragioni<br />

inerenti alla rendicontazione finale e riguardanti la computabilità di spese che, ad avviso dell’amministrazione, non<br />

avrebbero potuto essere computate (anche per l’inadeguatezza della capacità tecnica e commerciale dell’ausiliaria<br />

D.R.C), l’ordinanza della Sezione VI ritiene che la consolidata giurisprudenza in materia (basata su considerazioni<br />

generali circa la nascita di un diritto soggettivo a seguito del rilascio del contributo o della sovvenzione) possa essere<br />

oggetto di una rimeditazione, ove si consideri che: a) il potere di autotutela dell’amministrazione, esercitato con un atto<br />

38


di revoca (o di decadenza), in base ai principi del contrarius actus, incide di per sé su posizioni d’interesse legittimo<br />

(come si evince dalla pacifica giurisprudenza della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato attinente ai casi in cui<br />

una concessione di un bene pubblico o di un servizio pubblico sia ritirata per qualsiasi ragione, anche nell’ipotesi<br />

d’inadempimento del concessionario); b) l’art. 7 del codice del processo amministrativo dispone che il giudice<br />

amministrativo ha giurisdizione nelle controversie "riguardanti provvedimenti, atti … riconducibili anche mediatamente<br />

all’esercizio" del potere pubblico (e non è dubbio che il provvedimento di ritiro di un precedente atto autoritativo a sua<br />

volta abbia natura autoritativa). L’ordinanza ricorda ancora in proposito che la configurabilità di un potere autoritativo e<br />

di un correlativo interesse legittimo, in presenza dell’esercizio del potere di autotutela, risulta più rispondente alle<br />

esigenze di certezza del diritto pubblico (conseguendo l’atto di revoca la sua inoppugnabilità, nel caso di mancata<br />

tempestiva impugnazione) ed a quelle di corretta gestione del denaro pubblico, poiché l’esercizio del medesimo potere<br />

autoritativo agevola non solo il rapido recupero della somma in ipotesi non dovuta, ma anche la conseguente erogazione<br />

dei relativi importi ad altri soggetti, con ulteriori atti aventi natura autoritativa. Peraltro, secondo l’ordinanza stessa, la<br />

sussistenza della giurisdizione amministrativa potrebbe anche essere affermata, in via esclusiva, in considerazione<br />

dell’art. 12 della legge n. 241 del 1990, riguardante i ‘provvedimenti attributivi di vantaggi economici’, che disciplina la<br />

"concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari", attribuendo il nomen iuris di concessione a<br />

qualsiasi provvedimento che disponga l’erogazione del denaro pubblico. Sotto tale profilo, potrebbe risultare rilevante<br />

l’art. 133, comma 1, lettera b), sulla sussistenza della giurisdizione esclusiva per le "controversie aventi ad oggetto atti e<br />

provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici". Né, si conclude, la portata applicativa delle<br />

disposizioni di legge sopra richiamate potrebbe essere riducibile in via interpretativa, per il rilievo da attribuire all’art.<br />

44 della legge n. 69 del 2009, che ha condotto all’approvazione del codice del processo amministrativo, disponendo che<br />

il riassetto del medesimo dovesse avvenire "alfine di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte<br />

costituzionale e delle giurisdizioni superiori, di coordinarle con le norme del codice di procedura civile in quanto<br />

espressione di princìpi generali e di assicurare la concentrazione delle tutele".<br />

In vista dell’odierna discussione parte appellante non ha depositato memorie illustrative, mentre parte appellata ha<br />

espresso, con memoria in data 4 maggio 2013, un nuovo e diverso orientamento in ordine alla controversa giurisdizione,<br />

in senso adesivo all’ordinanza di rimessione.<br />

Alla Camera di consiglio del 27 maggio 2013 l’appello è stato trattenuto in decisione.<br />

V) Ritiene l’Adunanza plenaria che l’appello sia fondato e vada accolto, restando peraltro a tal fine priva di rilevanza la<br />

questione rimessa all’esame dell’Adunanza stessa.<br />

Con il secondo motivo di appello, il cui esame è stato appunto deferito a questa Adunanza dalla Sezione Sesta, si<br />

deduce invero che "la revoca disposta con riferimento alle agevolazioni concesse ex Lege 19 dicembre 1992 n. 488 sia<br />

sempre riconducibile alla giurisdizione amministrativa, anche quando venga disposta dopo la concessione provvisoria<br />

del finanziamento" ( pag. 9 app. ).<br />

Rileva in proposito il Collegio che vertesi in tema di sovvenzioni e finanziamenti erogati dalla p.a. a privati e, in<br />

particolare, di agevolazioni di cui al D.L. 22 ottobre 1992, n. 415, art. 1, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla<br />

L. 19 dicembre 1992, n. 488, destinate - sulla base di una graduatoria formata dalla pubblica amministrazione - alle<br />

imprese operanti nei settori di attività individuati dalle direttive emanate con delibera del CIPE del 27 aprile 1995, e con<br />

decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato del 20 luglio 1998 e successive modifiche e<br />

integrazioni, ai sensi del D.L. n. 415 cit., art. 1, comma 2 e del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, art. 18, comma 1, lett.<br />

aa); esse sono concesse ed erogate secondo le modalità e i criteri previsti dalle dette direttive, nonchè secondo le<br />

disposizioni del D.M. 20 ottobre 1995, n. 527, che, nel prevedere all'art. 6, comma 7, la "concessione provvisoria" del<br />

contributo - erogato con le modalità di cui all'art. 7 e revocabile ai sensi dell'art. 8 - stabilisce che, all'esito della<br />

"documentazione definitiva" di spesa inviata dall'impresa e trasmessa dalle banche concessionarie al Ministero<br />

dell'industria, l'amministrazione provveda alla c.d. concessione definitiva, disciplinata dal successivo art. 10.<br />

Orbene, sul tema specifico all’esame la Corte regolatrice, premesso che il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e<br />

giudice amministrativo deve essere attuato distinguendo le ipotesi in cui il contributo o la sovvenzione è riconosciuto<br />

direttamente dalla legge ( e alla p.a. è demandato esclusivamente il controllo in ordine all'effettiva sussistenza dei<br />

presupposti puntualmente indicati dalla legge stessa ) da quelle in cui la legge attribuisce invece alla p.a. il potere di<br />

riconoscere l'ausilio previa valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati in relazione all'interesse pubblico<br />

primario apprezzando discrezionalmente l'an, il quid ed il quomodo dell'erogazione, ha affermato che "la controversia<br />

avente ad oggetto la revoca di un finanziamento disciplinato dal D.L. 22 ottobre 1992, n. 415, convertito in legge dalla<br />

L. 19 dicembre 1992, n. 488, appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto non riguarda una<br />

sovvenzione riconosciuta direttamente dalla legge, sulla base di elementi da questa puntualmente indicati (per una<br />

fattispecie simile, v. Cass. Sez. Un. 25 novembre 2008 n. 28041); e ciò, ancorchè il finanziamento medesimo sia stato<br />

già riconosciuto in via provvisoria a norma del D.M. n. 527 del 1995, art. 6, comma 7" ( Cassazione civile, sez. un., 16<br />

39


dicembre 2010, n. 25398, in ipotesi di revoca del finanziamento già concesso in via provvisoria ed in parte erogato,<br />

determinata dall’intervenuto accertamento di spese dichiarate non ammissibili in quanto sostenute prima della domanda<br />

di ammissione ).<br />

V.1) Non contrastano peraltro con l’enunciato principio:<br />

- né, come rilevato espressamente dalla medesima citata Ord. n. 25398 del 2010, il precedente della stessa Corte 10<br />

luglio 2006, n. 15618, che riguarda la giurisdizione non già sul provvedimento di revoca dell'intera agevolazione, bensì<br />

sulla riduzione - in rapporto a spese non ammissibili - di un finanziamento provvisorio già deliberato, in ordine al quale,<br />

sino a che il titolo non venga meno nelle forme di legge, sussiste un diritto soggettivo del beneficiario;<br />

- né il precedente costituito da Cass., Sez. un., 20 luglio 2011, n. 15867, nel quale si afferma la giurisdizione del giudice<br />

ordinario in una controversia sulla revoca di un finanziamento erogato ai sensi della legge n. 44 del 1986 per la<br />

promozione e lo sviluppo dell’imprenditorialità giovanile nel mezzogiorno, per l’impossibilità del raggiungimento delle<br />

finalità perseguite con il beneficio finanziario a séguito della dichiarazione di fallimento dell’impresa destinataria dello<br />

stesso e dunque in un caso in cui, come sottolineato dall’ordinanza stessa, l’Amministrazione, nel revocare il contributo<br />

stesso o nel dichiarare la decadenza da esso, non compie alcuna valutazione discrezionale, rispetto alla quale il privato<br />

possa vantare una posizione di interesse legittimo; ma si limita piuttosto ad accertare il venir meno di un presupposto<br />

previsto in modo puntuale dalla legge.<br />

Ciò posto, nel caso in esame la revoca del finanziamento non è stata oggetto di un provvedimento vincolato<br />

dall’intervenuto accertamento dell’insussistenza di un presupposto puntualmente indicato dalla legge, ma in<br />

applicazione della previsione contenuta nel D.M. 20 ottobre 1995, n. 527, art. 8, comma 1, lett. f), che la consente<br />

qualora "calcolati gli scostamenti in diminuzione degli indicatori di cui all'art. 6, comma 4, suscettibili di subire<br />

variazioni, anche solo uno degli scostamenti stessi di tali indicatori rispetto ai corrispondenti valori assunti per la<br />

formazione della graduatoria o la media degli scostamenti medesimi superi, rispettivamente, i 30 o i 20 punti<br />

percentuali" ( del tutto analogamente, dunque, al caso deciso dalla citata decisione delle Sez. Un. n. 25398 del 2010,<br />

concernente una ipotesi di applicazione della lett. e) dello stesso comma 1 ); e dunque nell’esercizio di un potere<br />

discrezionale ( in relazione alla ammissibilità di alcune spese rendicontate che ha determinato uno scostamento del<br />

grado previsto dall’indicata lett. f) ), in relazione al quale la posizione del privato è di interesse legittimo e la<br />

giurisdizione è del giudice amministrativo.<br />

VI. Deve pertanto conclusivamente affermarsi, in accoglimento dell’appello, la giurisdizione del giudice<br />

amministrativo, in applicazione dei principii ripetutamente enunciati dalle Sezioni unite della Corte di Cassazione in<br />

materia di contributi e sovvenzioni pubbliche; donde l’irrilevanza, nel presente giudizio, della questione di diritto posta<br />

dall’Ordinanza di rimessione, postulante la sussistenza della giurisdizione amministrativa sulla base del superamento<br />

nella materia de qua degli ordinarii criterii di riparto fondati sulla natura delle posizioni soggettive azionate.<br />

La causa va conseguentemente rimessa, ai sensi del comma 1 dell’art. 105 c.p.a., al giudice di primo grado, dinanzi al<br />

quale le parti dovranno riassumere il processo con le modalità e nei termini, di cui al comma 3 dello stesso articolo.<br />

La sostanziale coincidenza delle posizioni delle parti quanto alla controversia questione di giurisdizione induce il<br />

Collegio a compensare integralmente tra esse le spese della presente fase di appello.<br />

P.Q.M.<br />

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Adunanza Plenaria, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello, lo<br />

accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo.<br />

Rimette la causa al giudice di primo grado ai sensi dell’art. 105 c.p.a.<br />

Spese della presente fase compensate.<br />

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 27 maggio 2013, con l'intervento dei giudici:<br />

Riccardo Virgilio, Presidente<br />

Pier Giorgio Lignani, Presidente<br />

Stefano Baccarini, Presidente<br />

40


Pier Giorgio Trovato, Presidente<br />

Paolo Numerico, Presidente<br />

Marzio Branca, Consigliere<br />

Aldo Scola, Consigliere<br />

Vito Poli, Consigliere<br />

Francesco Caringella, Consigliere<br />

Maurizio Meschino, Consigliere<br />

Nicola Russo, Consigliere<br />

Salvatore Cacace, Consigliere, Estensore<br />

Bruno Rosario Polito, Consigliere<br />

DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 29/07/2013.<br />

41


GIURISDIZIONE IN MATERIA DI CONCORSI E DI INCARICHI DIRIGENZIALI<br />

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. UNITE CIVILI - sentenza 23 settembre 2013 n. 21671<br />

Pres. Preden, Rel. Petitti - Ministero dell'Economia e delle Finanze (Avv.ra Stato) c. G.G. (Avv.ti Macherelli, Romano<br />

Carello e Valvo) - (dichiara la giurisdizione del giudice ordinario).<br />

1. Giurisdizione e competenza - Risarcimento dei danni - Domanda avanzata da un soggetto che ha partecipato<br />

ad un concorso pubblico - Per l’acquisizione della qualifica con ritardo - Giurisdizione dell’A.G.O.<br />

2. Giurisdizione e competenza - Pubblico impiego privatizzato - Domanda di accertamento del diritto<br />

all’assunzione - A seguito di procedura concorsuale - Giurisdizione dell’A.G.O.<br />

3. Pubblico impiego - Pubblico impiego privatizzato - Atti di conferimento di incarichi dirigenziali - Motivazione<br />

- Necessità - Sussiste anche per il tramite delle clausole generali di correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375<br />

cod. civ.) - Possibilità di chiedere il risarcimento dei danni nel caso di violazione di dette norme - Sussiste.<br />

4. Pubblico impiego - Concorso - Superamento dello stesso - Posizione giuridica del vincitore - E’ di diritto<br />

soggettivo.<br />

1. Rientra nella giurisdizione del Giudice ordinario la domanda con la quale un soggetto, che ha partecipato ad<br />

un concorso per posti di dirigente amministrativo, ha chiesto il risarcimento del danno derivante dall'omesso<br />

pagamento della retribuzione propria della qualifica acquisita. In tal caso, infatti, non sono in discussione nè le<br />

modalità di svolgimento del concorso pubblico, nè i profili attinenti al ritardo nell'espletamento della procedura<br />

concorsuale, e neanche quelli inerenti all'approvazione della graduatoria; in tal caso, quindi, la domanda<br />

proposta dall'attore non rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 63, comma 4, del<br />

D.Lgs. n. 165 del 2001, non avendo la controversia ad oggetto né una procedura concorsuale, né un rapporto di<br />

lavoro di cui all'art. 3 del medesimo decreto legislativo.<br />

2. La controversia avente origine nella domanda di un dipendente della P.A. tendente - in conseguenza<br />

dell'espletamento di procedura pubblica concorsuale - all'accertamento del suo diritto all'assunzione nel ruolo<br />

del personale dirigenziale e alla stipulazione del relativo contratto di lavoro, con la condanna<br />

dell'Amministrazione al risarcimento del danno, esula dall'ambito di quelle inerenti la procedura del pubblico<br />

concorso e, perciò, ai sensi dell’art. 63, comma 1, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, la sua cognizione spetta alla<br />

giurisdizione del Giudice ordinario. Infatti, con l'approvazione della graduatoria si esaurisce l'ambito riservato<br />

al procedimento amministrativo e all'attività autoritativa dell'Amministrazione, subentrando una fase in cui i<br />

comportamenti dell'Amministrazione vanno ricondotti all'ambito privatistico, espressione del potere negoziale<br />

della P.A. nella veste di datrice di lavoro, da valutarsi alla stregua dei principi civilistici in ordine<br />

all'inadempimento delle obbligazioni (art. 1218 cod. civ.), anche secondo i parametri della correttezza e della<br />

buona fede (1).<br />

3. In tema di pubblico impiego privatizzato, nell'ambito del quale anche gli atti di conferimento di incarichi<br />

dirigenziali rivestono la natura di determinazioni negoziali assunte dall'Amministrazione con la capacità e i<br />

poteri del privato datore di lavoro, le norme contenute nell’art. 19, comma 1, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165,<br />

obbligano l'Amministrazione datrice di lavoro al rispetto dei criteri di massima in esse indicati, anche per il<br />

tramite delle clausole generali di correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 cod. civ.), applicabili alla stregua dei<br />

principi di imparzialità e di buon andamento di cui all'art. 97 Cost.. Tali norme obbligano la P.A. a valutazioni<br />

anche comparative, all'adozione di adeguate forme di partecipazione ai processi decisionali e ad esternare le<br />

ragioni giustificatrici delle scelte; laddove, pertanto, l'Amministrazione non abbia fornito nessun elemento circa i<br />

criteri e le motivazioni seguiti nella scelta dei dirigenti ritenuti maggiormente idonei agli incarichi da conferire, è<br />

configurabile inadempimento contrattuale, suscettibile di produrre danno risarcibile (2).<br />

4. Il superamento di un concorso pubblico, indipendentemente dalla nomina consolida nel patrimonio<br />

dell'interessato una situazione giuridica individuale di diritto soggettivo (3).<br />

-------------------------------------------<br />

(1) Cfr. Cass., S.U., n. 15342 del 2006, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/62/casssu_2006-07-6.htm<br />

(2) Cfr. Cass. n. 9814 del 2008, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/81/casslav_2008-04-14.htm e Cass. n. 21088 del 2010.<br />

43


(3) Cass. n. 9384 del 2006; Cass. n. 7219 del 2005; Cass. n. 8595 del 1998.<br />

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO<br />

Con ricorso al Tribunale di Pistoia G.G. deduceva che, con sentenza n. 186 del 2000, passata in giudicato, lo stesso<br />

Tribunale aveva accertato il suo diritto a vedersi riconosciuto il punteggio di 0,45 nell'ambito della graduatoria del<br />

concorso per 999 posti di dirigente amministrativo indetto con D.M. 19 gennaio 1993, al quale egli aveva partecipato;<br />

che dal maggior punteggio derivava l'utile collocamento in graduatoria; che egli aveva invece ottenuto l'inquadramento<br />

dirigenziale il 15 gennaio 2001. Tanto premesso chiedeva la condanna del Ministero dell'economia e delle finanze al<br />

risarcimento del danno nella misura delle differenze di retribuzione dal 1 agosto 1999 (e cioè dal primo giorno del mese<br />

successivo all'approvazione della graduatoria) fino al 15 gennaio 2001.<br />

Costituitosi il contraddittorio, l'adito Tribunale dichiarava inammissibile la domanda, sul rilievo che il ricorrente<br />

avrebbe dovuto proporre la domanda di danni unitamente a quella di annullamento della graduatoria; domanda,<br />

quest'ultima, devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo.<br />

Il G. proponeva appello e, ricostituitosi il contraddittorio, la Corte d'appello di Firenze, in riforma della sentenza di<br />

primo grado, condannava il Ministero a corrispondere all'appellante la somma di Euro 31.216,98, al lordo delle ritenute<br />

e con interessi e rivalutazione monetaria.<br />

La Corte d'appello prendeva le mosse dal rilievo che il G. aveva visto riconosciuto il proprio diritto all'ulteriore<br />

punteggio che, se attribuito, avrebbe determinato il diritto alla qualifica con decorrenza dal 1 agosto 1999 e alle<br />

differenze retributive tra quella data e quella di effettivo inquadramento nella qualifica acquisita per concorso. L'oggetto<br />

della domanda era quindi costituito dalla richiesta di risarcimento del danno derivante dall'omesso pagamento della<br />

retribuzione propria della qualifica acquisita sin dalla sua acquisizione.<br />

In relazione a tale domanda, ad avviso della Corte d'appello, doveva affermarsi la giurisdizione del giudice ordinario.<br />

Premesso che il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, nel demandare al giudice ordinario tutte le controversie relative al<br />

rapporto di lavoro del dipendente pubblico privatizzato, prevede la sola eccezione delle controversie in materia di<br />

procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, e rilevato che, nella<br />

interpretazione giurisprudenziale, si è ritenuto che al concorso per l'assunzione debba essere equiparato anche quello<br />

interno, allorquando, come nella specie, si tratti di selezione destinata all'acquisizione di una qualifica superiore che<br />

comporti il mutamento di area, la Corte osservava che altra questione era quella dell'azione risarcitoria conseguente a<br />

quella concernente il concorso. In proposito, infatti, la Corte d'appello riteneva non condivisibile l'assunto del<br />

Ministero, secondo cui il giudice del concorso avrebbe dovuto essere anche il giudice del risarcimento, e ciò in quanto<br />

una simile possibilità era stata introdotta soltanto dalla L. n. 205 del 2000, art. 7, che, modificando il D.Lgs. n. 80 del<br />

1998, art. 35, ha previsto che anche il giudice amministrativo, investito di giurisdizione esclusiva, provveda sulla<br />

domanda risarcitoria. La giurisdizione del giudice amministrativo avrebbe quindi potuto esplicarsi solo se la domanda<br />

concernente il concorso fosse stata introdotta dopo l'entrata in vigore del citato art. 7;<br />

ma, nel caso di specie, la domanda relativa al concorso era stata introdotta precedentemente. Peraltro, precisava la Corte<br />

territoriale, nel caso di giurisdizione sulle procedure concorsuali di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4, non<br />

si è in presenza di una giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - sussistente solo nelle controversie relative a<br />

rapporti di impiego non privatizzati - trattandosi di un diverso caso in cui - in deroga alla generale giurisdizione del<br />

giudice ordinario - le questioni attinenti alla fase costitutiva del rapporto sono affidate al giudice amministrativo solo in<br />

ragione della sussistenza di interessi legittimi, sicchè al medesimo giudice non poteva essere attribuita la cognizione su<br />

controversie attinenti, come nella specie, a diritti soggettivi.<br />

Affermata la giurisdizione del giudice ordinario, la Corte d'appello rilevava, nel merito della domanda, che non era in<br />

contestazione il diritto del G. alla assunzione nella qualifica dirigenziale sin dall'agosto 1999, poichè ciò si sarebbe<br />

certamente verificato se il datore di lavoro avesse correttamente valutato il suo punteggio funzionale alla graduatoria di<br />

concorso. Da qui il riconoscimento del danno, in re ipsa, corrispondente alle differenze retributive fra il percepito tra<br />

l'agosto 1999 e il gennaio 2001 e quanto il G. avrebbe dovuto percepire ove per effetto dell'attribuzione del punteggio<br />

spettante fosse stato retribuito sin dall'agosto 1999 nella misura dovuta per effetto dell'assunzione nella qualifica<br />

dirigenziale. Danno che ben poteva essere liquidato sulla base della consulenza tecnica d'ufficio disposta a tal fine, non<br />

avendo le parti svolto critiche motivate all'operato dell'ausiliario; con la precisazione che, trattandosi di risarcimento del<br />

danno, seppure pari alle differenze retributive, nella retribuzione dovevano essere ricomprese tutte le voci che in astratto<br />

e ragionevolmente sarebbero spettate al lavoratore, prescindendo dall'effettivo svolgimento della prestazione, e tra<br />

queste anche la c.d. retribuzione di risultato, in ragione del verisimile conseguimento del diritto in ipotesi di originario<br />

44


corretto inquadramento del G..<br />

Per la cassazione di questa sentenza il Ministero dell'economia e delle finanze ha proposto ricorso sulla base di tre<br />

motivi, cui ha resistito, con controricorso, l'intimato.<br />

MOTIVI DELLA DECISIONE<br />

1. Con il primo motivo di ricorso, il Ministero dell'economia e delle finanze denuncia, in relazione all'art. 360 cod. proc.<br />

civ., n. 1, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, sostenendo il difetto di giurisdizione del<br />

giudice ordinario.<br />

L'amministrazione ricorrente sostiene che l'art. 63 citato, nello stabilire che sono devolute al giudice ordinario, in<br />

funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche<br />

amministrazioni, ad eccezione delle controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti<br />

delle pubbliche amministrazioni, dovrebbe essere interpretato nel senso che lo stesso si riferisce a tutte le controversie<br />

insorte tra la fase dell'assunzione e quella della cessazione del rapporto di lavoro, oppure della sua novazione<br />

conseguente al superamento di procedura concorsuale di accesso a nuovo posto di lavoro; in quest'ultimo caso il giudice<br />

ordinario conosce delle controversie successive alla novazione del rapporto di lavoro e fino a una successiva novazione<br />

o cessazione definitiva del rapporto. Ne consegue che, in materia di concorsi pubblici, rapporti giuridici e diritti<br />

soggettivi devoluti alla cognizione del giudice ordinario sono configurabili solo a seguito dell'emanazione del<br />

provvedimento di approvazione della graduatoria, che ne rappresenta il fatto costitutivo.<br />

Nel caso di specie, essendo indubitabile che sia stato domandato il risarcimento dei danni cagionati dall'esercizio del<br />

potere pubblico, imputandosi all'amministrazione il ritardo illegittimo e colpevole nell'espletamento del concorso e<br />

nell'emanazione dell'atto terminale dell'approvazione della graduatoria, la giurisdizione amministrativa discenderebbe<br />

dall'applicazione della L. n. 1034 del 1971, art. 7, come modificato dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 35 e poi dalla L. n.<br />

205 del 2000, art. 7, il quale devolve, appunto, al giudice amministrativo la cognizione di tutte le questioni relative<br />

all'eventuale risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, e agli altri diritti patrimoniali<br />

consequenziali.<br />

1.1. Il motivo è infondato.<br />

La Corte d'appello di Firenze ha correttamente ritenuto che la controversia risarcitoria in esame dovesse essere attribuita<br />

alla giurisdizione del giudice ordinario, atteso che la domanda aveva ad oggetto "la richiesta di risarcimento del danno<br />

derivante dall'omesso pagamento della retribuzione propria della qualifica acquisita sino alla data della sua<br />

acquisizione". Non erano, quindi, in discussione nè le modalità di svolgimento del concorso pubblico, nè i profili<br />

attinenti al ritardo nell'espletamento della procedura concorsuale, e neanche quelli inerenti all'approvazione della<br />

graduatoria, atteso che dalla sentenza impugnata emerge chiaramente che le questioni inerenti alla graduatoria avevano<br />

formato oggetto di altro giudizio, conclusosi con sentenza passata in giudicato, con la quale era stato riconosciuto al G.<br />

il diritto a vedersi computato in aggiunta il punteggio di 0,45. Per effetto di tale attribuzione, il G. aveva quindi<br />

maturato il diritto all'inserimento in un posto utile nella graduatoria del concorso pubblico per 999 posti di dirigente<br />

dell'Amministrazione finanziaria; diritto che era stato riconosciuto dall'Amministrazione con decorrenza, però, non dal<br />

primo giorno del mese successivo all'approvazione della graduatoria (1 agosto 1999), ma dal 15 gennaio 2001.<br />

Correttamente, quindi, la Corte d'appello ha ritenuto che la domanda proposta dall'attore non rientrasse nella<br />

giurisdizione del giudice amministrativo ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4, non avendo la<br />

controversia ad oggetto nè una procedura concorsuale, nè un rapporto di lavoro di cui all'art. 3 del medesimo decreto<br />

legislativo.<br />

In particolare, appare del tutto condivisibile la valutazione della Corte d'appello secondo cui, ratione temporis, la<br />

domanda risarcitoria non avrebbe potuto essere introdotta davanti al giudice amministrativo in via consequenziale alla<br />

domanda relativa all'accertamento della invalidità della graduatoria, avendo la Corte accertato - e sul punto<br />

l'Amministrazione ricorrente non ha svolto alcuna censura - che la detta domanda al giudice amministrativo era stata<br />

introdotta nel 1999; sicchè non poteva ritenersi operante il D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 35, come modificato dalla L. n.<br />

205 del 2000, entrata in vigore il 10 agosto 2000. Senza dire che correttamente la Corte d'appello ha rilevato che la<br />

giurisdizione del giudice amministrativo in materia di concorsi non è una giurisdizione esclusiva ma di mera legittimità,<br />

inerendo essa a interessi legittimi e non anche a diritti soggettivi, come quello fatto valere nel presente giudizio; si<br />

tratta, quindi, di controversia che neanche ai sensi della L. n. 1034 del 1971, art. 7, come modificato dalla L. n. 205 del<br />

2000, art. 7, comma 3, a norma del quale "il Tribunale amministrativo regionale, nell'ambito della sua giurisdizione,<br />

conosce anche di tutte le questioni relative all'eventuale risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione<br />

45


specifica e agli altri diritti patrimoniali consequenziali", essendo la detta disposizione destinata ad operare per i giudizi<br />

introdotti successivamente alla sua entrate in vigore.<br />

In sostanza, può qui ribadirsi il principio per cui "la controversia, avente origine nella domanda di un dipendente della<br />

P.A. tendente - in conseguenza dell'espletamento di procedura pubblica concorsuale - all'accertamento del suo diritto<br />

all'assunzione nel ruolo del personale dirigenziale e alla stipulazione del relativo contratto di lavoro, con la condanna<br />

dell'amministrazione al risarcimento del danno, esula dall'ambito di quelle inerenti la suddetta procedura del pubblico<br />

concorso e, perciò, ai sensi del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 63, comma 1, la sua cognizione spetta alla<br />

giurisdizione del giudice ordinario.<br />

Infatti, con l'approvazione della graduatoria si esaurisce l'ambito riservato al procedimento amministrativo e all'attività<br />

autoritativa dell'amministrazione, subentrando una fase in cui i comportamenti dell'amministrazione vanno ricondotti<br />

all'ambito privatistico, espressione del potere negoziale della P.A. nella veste di datrice di lavoro, da valutarsi alla<br />

stregua dei principi civilistici in ordine all'inadempimento delle obbligazioni (art. 1218 cod. civ.), anche secondo i<br />

parametri della correttezza e della buona fede" (Cass., S.U., n. 15342 del 2006).<br />

Deve quindi concludersi per la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario nella presente controversia, con<br />

conseguente rigetto del primo motivo di ricorso.<br />

2. Con il secondo motivo l'Amministrazione ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del<br />

2001, art. 19, nonchè dell'art. 2043 cod. civ., sostenendo che la Corte d'appello, confondendo la qualifica dirigenziale<br />

con l'incarico di dirigente, avrebbe errato nel ritenere sussistente un danno in re ipsa nel mancato conferimento<br />

dell'incarico dirigenziale a partire dall'utile collocamento in graduatoria. In particolare, la ricorrente sottolinea che, ai<br />

sensi del citato art. 19, "ai fini del conferimento di ciascun incarico di funzione dirigenziale si tiene conto, in relazione<br />

alla natura e alle caratteristiche degli obiettivi prefissati ed alla complessità della struttura interessata, delle attitudini e<br />

delle capacità professionali del singolo dirigente, dei risultati conseguiti in precedenza nell'amministrazione di<br />

appartenenza e della relativa valutazione, delle specifiche competenze organizzative possedute, nonchè delle esperienze<br />

di direzione eventualmente maturate all'estero, presso il settore privato o presso altre amministrazioni pubbliche, purchè<br />

attinenti al conferimento dell'incarico. Al conferimento degli incarichi e al passaggio ad incarichi diversi non si applica<br />

l'art. 2103 cod. civ.".<br />

Da tale disposizione discenderebbe, ad avviso della ricorrente, che il conferimento dell'incarico non costituisce un<br />

automatismo rispetto all'assunzione della qualifica dirigenziale, che ne costituisce solo uno dei presupposti, occorrendo<br />

all'uopo un provvedimento formale e discrezionale che tenga conto degli elementi richiesti dalla richiamata<br />

disposizione.<br />

2.1. Il motivo è infondato.<br />

Questa Corte ha già avuto modo di affermare che "in tema di impiego pubblico privatizzato, nell'ambito del quale anche<br />

gli atti di conferimento di incarichi dirigenziali rivestono la natura di determinazioni negoziali assunte<br />

dall'amministrazione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, le norme contenute nel D.Lgs. 30 marzo<br />

2001, n. 165, art. 19, comma 1, obbligano l'amministrazione datrice di lavoro al rispetto dei criteri di massima in esse<br />

indicati, anche per il tramite delle clausole generali di correttezza e buona fede (artt. 1175 e 1375 cod. civ.), applicabili<br />

alla stregua dei principi di imparzialità e di buon andamento di cui all'art. 97 Cost.. Tali norme obbligano la P.A. a<br />

valutazioni anche comparative, all'adozione di adeguate forme di partecipazione ai processi decisionali e ad esternare le<br />

ragioni giustificatrici delle scelte; laddove, pertanto, l'amministrazione non abbia fornito nessun elemento circa i criteri<br />

e le motivazioni seguiti nella scelta dei dirigenti ritenuti maggiormente idonei agli incarichi da conferire, è<br />

configurabile inadempimento contrattuale, suscettibile di produrre danno risarcibile" (Cass. n. 9814 del 2008; Cass. n.<br />

21088 del 2010).<br />

Il superamento di un concorso pubblico, indipendentemente dalla nomina, invero, consolida nel patrimonio<br />

dell'interessato una situazione giuridica individuale di diritto soggettivo (Cass. n. 9384 del 2006; Cass. n. 7219 del<br />

2005; Cass. n. 8595 del 1998).<br />

Ne consegue che correttamente la Corte d'appello ha ritenuto che il conferimento dell'incarico dirigenziale al ricorrente<br />

con decorrenza dal mese successivo all'approvazione della graduatoria fosse un atto dovuto da parte<br />

dell'amministrazione che aveva pubblicato il bando di concorso e che solo per l'erroneo mancato riconoscimento<br />

all'interessato del punteggio di 0,45, come poi accertato con sentenza divenuta definitiva, aveva proceduto al<br />

conferimento del detto incarico solo con decorrenza dal 15 gennaio 2001.<br />

46


Si deve solo aggiungere che, come puntualmente rilevato dalla difesa del controricorrente, la immediata attribuzione<br />

dell'incarico al Dott. G. all'esito del giudizio che aveva confermato l'erronea attribuzione del punteggio, e determinato<br />

l'utile inserimento del medesimo nella graduatoria, costituisce una esplicita conferma del fatto che, se quell'errore non<br />

fosse stato commesso, certamente l'Amministrazione avrebbe conferito l'incarico dirigenziale per effetto<br />

dell'approvazione della graduatoria, e quindi con decorrenza 1 agosto 1999.<br />

3. Con il terzo motivo, il Ministero ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1226, 1223 e 2043 cod.<br />

civ., dolendosi del fatto che la Corte d'appello abbia quantificato il danno spettante al G. comprendendovi tutte le voci -<br />

e segnatamente l'indennità di risultato - che, in astratto e ragionevolmente, sarebbero spettate al lavoratore prescindendo<br />

dal loro concreto svolgimento.<br />

3.1. Anche questo motivo è infondato.<br />

La Corte d'appello ha dato puntualmente conto delle ragioni che la hanno indotta a determinare il danno con riferimento<br />

alle differenze retributive che, per il periodo 1 agosto 1999 - 15 gennaio 2001, il resistente avrebbe percepito ove non vi<br />

fosse stato l'errore - accertato con sentenza passata in giudicato - nell'attribuzione del punteggio e se, quindi, al Dott. G.<br />

fosse stato attribuito l'incarico dirigenziale con la corretta decorrenza del 1 agosto 1999.<br />

In particolare, poi, per quanto riguarda il computo della indennità di risultato, la Corte d'appello ha recepito la<br />

determinazione effettuata dal consulente tecnico d'ufficio, con conteggi che non hanno formato oggetto di specifica<br />

contestazione da parte dell'amministrazione, che la ha computata nella misura minima prevista dal contratto collettivo<br />

applicabile, come dedotto puntualmente in controricorso.<br />

Si tratta di valutazioni immuni da vizi logici e giuridici, soprattutto alla luce del rilievo che, nel caso di specie, non si<br />

trattava di una domanda volta ad ottenere il riconoscimento di differenze retributive, ma il risarcimento del danno<br />

cagionato dalla mancata attribuzione, con i tempi dovuti, della qualifica dirigenziale e del relativo incarico; domanda in<br />

relazione alla quale le retribuzioni dovute, anche potenzialmente, per effetto del conferimento dell'incarico dirigenziale<br />

hanno rappresentato un parametro di calcolo del tutto ragionevole e coerente con il danno della cui liquidazione si<br />

trattava.<br />

In realtà, le obiezioni dell'Amministrazione ricorrente introducono una inammissibile richiesta di valutazione delle<br />

singole voci di retribuzione sulla base delle quali il danno è stato in concreto determinato dalla Corte d'appello.<br />

Anche a questo proposito, non è senza rilievo la circostanza della immediata attribuzione dell'incarico di dirigente al<br />

dott. G. una volta integrata la sua posizione con l'attribuzione del punteggio erroneamente non riconosciuto al momento<br />

della iniziale predisposizione della graduatoria.<br />

4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, dichiarandosi la giurisdizione del giudice ordinario in ordine alla<br />

presente controversia.<br />

In applicazione del principio della soccombenza, l'Amministrazione ricorrente deve essere condannata al pagamento<br />

delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.<br />

P.Q.M.<br />

La Corte, pronunciando a Sezioni Unite, rigetta il ricorso; dichiara la giurisdizione del giudice ordinario; condanna<br />

l'Amministrazione ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro<br />

4.000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi e agli accessori di legge.<br />

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 29<br />

gennaio 2013.<br />

Depositata in Cancelleria il 23 settembre 2013.<br />

47


GIURISDIZIONE IN MATERIA DI PUBBLICO IMPIEGO<br />

Cassazione civile sez. un., 31 ottobre 2012, n. 18697<br />

Il candidato utilmente collocato in graduatoria ancora efficace può ricorrere alla giurisdizione dei giudice ordinano solo<br />

nel caso in cui possa vantare un diritto perfetto all’assunzione, derivante da una decisione dell’amministrazione di<br />

coprire i posti vacanti mediante scorrimento della precedente graduatoria e la contestazione si rivolga contro le modalità<br />

di attuazione dello scorrimento. Nel caso invece in cui abbia deliberato la copertura dei posti mediante indizione di un<br />

nuovo concorso, l’Amministrazione esercita un potere autoritativo, di ponte al quale il candidato idoneo vanta solo un<br />

interesse legittimo tutelabile davanti al g.a. ai sensi d.lg. 30 marzo 2001 n. 165, art. 63 comma 4.<br />

Cassazione civile sez. un., 28 maggio 2012, n. 8410<br />

Nelle controversie di pubblico impiego privatizzato, la riserva di giurisdizione amministrativa in materia di procedure<br />

concorsuali non si estende alla fase successiva all’approvazione della graduatoria e, in particolare, alle controversie<br />

relative alle pretese di assunzione basate sull’esito del concorso; pertanto, è devoluta alla giurisdizione ordinaria la<br />

controversia instaurata dal soggetto che, senza contestare la procedura concorsuale e l’utilizzo della relativa graduatoria,<br />

ne denunci il criterio di scorrimento, finalizzato alla reiterata stipulazione di contratti a tempo determinato con lo stesso<br />

lavoratore fino al raggiungimento del limite legale di utilizzo del lavoro a termine .<br />

Cassazione civile sez. un., 7 giugno 2012, n. 9185<br />

Fermo restando il principio generale dell’inderogabilità della giurisdizione per ragioni di connessione, derivante dal<br />

fondamento costituzionale del riparto, nel caso di domande e cause tra di loro connesse soggette a diverse giurisdizioni,<br />

in via di principio va attribuita ciascuna delle cause contraddistinte da diversità di petitum al giudice che ha il potere di<br />

conoscerne, secondo una valutazione da effettuarsi sulla base della domanda. (Nella specie, con riferimento alla pretesa<br />

di un dipendente comunale di attribuzione di un incarico dirigenziale, previo annullamento degli atti presupposti, che<br />

avevano disposto la riduzione dell’organico e mutato i criteri relativi all’attribuzione dell’incarico e per effetto dei quali<br />

la ricorrente era stata collocata in disponibilità, il Consiglio di Stato, riformando la decisione del Tar che aveva<br />

annullato tali atti presupposti e declinato, invece, la propria giurisdizione con riferimento alla domanda relativa<br />

all’incarico aveva ritenuto che, essendo la procedura amministrativa unica, il g.a. fosse competente anche per gli atti<br />

successivi connessi; la S.C., nell’affermare il principio su esteso, ha dichiarato la giurisdizione del g.o.).<br />

Cassazione civile sez. un., 27 dicembre 2011, n. 28806<br />

In tema di impiego pubblico privatizzato, la previsione dell’art. 63 d.lg. n. 165 del 2001 che conferma la sussistenza<br />

della giurisdizione del g.o. anche "se vengono in questione atti amministrativi presupposti e quando questi ultimi siano<br />

rilevanti ai fini della decisione", giacché in tal caso il giudice li disapplica ove illegittimi, trova applicazione anche nel<br />

caso in cui l’amministrazione revochi anticipatamente, fuori dalle ipotesi tipizzate dalla legge e dalla contrattazione<br />

collettiva, l’incarico dirigenziale a tempo determinato attribuito al lavoratore (nella specie, quale responsabile del<br />

settore tributi di un comune), venendo in considerazione un atto di gestione del rapporto di lavoro rispetto al quale<br />

l’amministrazione opera "con la capacità ed i poteri del privato datore di lavoro", senza che assuma rilievo, ove ne sia<br />

contestata solo l’incidenza mediata sulla naturale prosecuzione del rapporto, che la revoca consegua alla delibera della<br />

giunta comunale di soppressione del settore cui il dipendente era preposto, la quale può essere disapplicata dall’autorità<br />

giudiziaria se illegittima.<br />

Cassazione civile sez. un., 9 febbraio 2009, n. 3052<br />

In tema di impiego pubblico privatizzato, spettano alla giurisdizione generale di legittimità del g.a. le controversie nelle<br />

quali la contestazione investe direttamente un atto organizzativo - mediante il quale l’amministrazione definisce le linee<br />

fondamentali di organizzazione degli uffici, individua gli uffici di maggiore rilevanza ed i modi di conferimento della<br />

loro titolarità -, la cui asserita illegittimità sia posta a base della pretesa di accertamento dell’invalidità dell’atto di<br />

gestione del rapporto di lavoro. Né, in tal caso, può operare il potere del g.o. di disapplicare gli atti amministrativi<br />

illegittimi rilevanti per la decisione della controversia, il quale presuppone che sia dedotto in causa un diritto soggettivo,<br />

su cui incide il provvedimento amministrativo non conforme a legge, e non una situazione giuridica suscettibile di<br />

assumere la consistenza di diritto soggettivo solo all’esito della rimozione del provvedimento (fattispecie nella quale<br />

alcuni funzionari comunali - deducendo la lesione delle aspettative di avanzamento nella carriera e il relativo danno -<br />

chiedevano la rimozione del provvedimento sindacale di conferimento di incarico dirigenziale a persona esterna,<br />

adottato sulla base di un atto organizzativo della giunta che, modificando il regolamento comunale sull’ordinamento<br />

degli uffici e servizi, aveva consentito l’attribuzione di incarichi dirigenziali fuori dalla dotazione organica).<br />

Cassazione civile sez. un., 7 novembre 2008, n. 26799<br />

In tema di impiego pubblico privatizzato, la previsione dell’art. 63 d.lg. n. 165 del 2001 che conferma la sussistenza<br />

della giurisdizione del g.o. anche "se vengono in questione atti amministrativi presupposti e quando questi ultimi siano<br />

rilevanti ai fini della decisione", giacché in tal caso il giudice li disapplica ove illegittimi, trova applicazione allorché il<br />

lavoratore, in riferimento a quegli atti, che provvedono a stabilire le linee fondamentali della organizzazione degli uffici<br />

64


ovvero individuano gli uffici di maggiore rilevanza ed i modi di conferimento della titolarità dei medesimi, nonché le<br />

dotazioni organiche complessive - come tali suscettibili di essere impugnati dinanzi al g.a. da coloro che possono<br />

vantare un interesse legittimo - li contesti unicamente in ragione della loro incidenza diretta o indiretta su posizioni di<br />

diritto soggettivo derivanti dal rapporto lavorativo, così da rendere possibile la loro mera disapplicazione. (Nella specie,<br />

le S.U. hanno dichiarato la sussistenza della giurisdizione ordinaria sulla controversia concernente la pretesa di<br />

conferimento di incarico dirigenziale di Soprintendente da parte di interessato che, ai fini del riconoscimento di diritto e<br />

delle relative mansioni, aveva contestato la legittimità delle delibere riguardanti l’organizzazione della Soprintendenza<br />

stessa).<br />

Cassazione civile sez. un., 5 giugno 2006, n. 13169<br />

In materia di lavoro pubblico privatizzato, il titolare del diritto soggettivo che risenta degli effetti di un atto<br />

amministrativo, non può scegliere, per la tutela del diritto, di rivolgersi al giudice amministrativo per l’annullamento<br />

dell’atto, oppure al giudice ordinario per la tutela del rapporto di lavoro previa disapplicazione dell’atto presupposto,<br />

atteso che, in tutti i casi nei quali vengono in considerazione atti amministrativi presupposti - ove si agisca a tutela delle<br />

posizioni di diritto soggettivo in materia di lavoro pubblico - è consentita esclusivamente l’instaurazione del giudizio<br />

ordinario, nel quale la tutela è pienamente assicurata dalla disapplicazione dell’atto e dagli ampi poteri riconosciuti al<br />

giudice ordinario dal comma 2 dell’art. 63 d. lgs. n. 165 del 2001 (nella fattispecie, la Corte ha dichiarato la<br />

giurisdizione del giudice ordinario sulla controversia concernente non la legittimità in via immediata e diretta del<br />

provvedimento di modifica della pianta organica, ma la rimozione del posto di lavoro occupato dal ricorrente,<br />

l’adibizione ad altre mansioni e, successivamente, il collocamento in mobilità, tutti atti concernenti la concreta gestione<br />

del rapporto di lavoro).<br />

Cassazione civile sez. un., 05 giugno 2006, n. 13169<br />

In materia di lavoro pubblico privatizzato, le controversie concernenti gli atti recanti le linee fondamentali di<br />

organizzazione degli uffici, adottati dalle amministrazioni quali atti presupposti rispetto a quelli di organizzazione e<br />

gestione dei rapporti di lavoro - nei confronti dei quali sono configurabili astrattamente situazioni di interesse legittimo,<br />

derivando gli effetti pregiudizievoli direttamente dall’atto presupposto -, spettano alla giurisdizione del giudice<br />

amministrativo, restando irrilevante la loro incidenza riflessa sugli atti di diritto privato di gestione dei rapporti di<br />

lavoro, ai fini dell’attrazione alla giurisdizione del giudice ordinario, nonché l’effettiva sussistenza dell’interesse al<br />

ricorso (fattispecie in tema di impugnazione, da parte di organizzazioni sindacali e pubblici dipendenti, di un<br />

regolamento della regione Lazio in materia di inquadramento del personale, nella quale la Corte ha dichiarato la<br />

giurisdizione del giudice amministrativo)<br />

65


RIPARTO DI GIURISDIZIONE SULL'ATTO DEL COMUNE CHE AUTODICHIARA NULLO IL<br />

CONTRATTO DI SWAP PRECEDENTEMENTE STIPULATO<br />

Cassazione Civile Sez. Unite, ordinanza 17 maggio 2013, n. 12110 - Pres. Rovelli<br />

66


APPALTI PUBBLICI: OBBLIGO DI GARA E RIPARTO DELLA GIURISDIZIONE<br />

CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA - sentenza 1° agosto 2011 n. 16<br />

Pres. de Lise, Est. De Nictolis - Eni Servizi s.p.a. (Avv. Cintioli) c. IVRI, Istituti di Vigilanza Riuniti s.p.a. e Security<br />

Service s.r.l. (n.c.) - (annulla T.A.R. Lombardia - Milano, sezione I, n. 4801 del 2009, e, per l’effetto, dichiara il difetto<br />

di giurisdizione del giudice amministrativo e la giurisdizione del giudice ordinario; la questione era stata rimessa con<br />

ordinanza della Sez. VI, 29 aprile 2011 n. 2543, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/11/cds6_2011-04-<br />

29o.htm).<br />

Giurisdizione e competenza - Contratti della P.A. - Appalti indetti da società pubbliche - Procedure di gara non<br />

inerenti ai settori speciali - Art. 27 del Codice dei contratti pubblici e principi dei Trattati a tutela della<br />

concorrenza - Inapplicabilità - Controversie in materia - Giurisdizione dell'A.G.O.<br />

L’art. 27 del d.lgs. n. 163/2006 (codice dei contratti pubblici), letto alla luce della giurisprudenza della Corte di<br />

Giustizia CE, impone il rispetto dei principi del Trattato CE a tutela della concorrenza, ai soggetti tenuti al<br />

rispetto del codice appalti, in relazione ai contratti "esclusi" e non anche ai contratti del tutto "estranei" agli<br />

scopi e all’oggetto del codice e delle direttive comunitarie; si deve, altresì, escludere che agli appalti "estranei" ai<br />

settori speciali, di cui all’art. 217, codice dei contratti pubblici (art. 20, direttiva 2004/17/CE), posti in essere da<br />

imprese pubbliche, siano estensibili "i principi dei Trattati" a tutela della concorrenza. Va pertanto affermato il<br />

difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e, per converso, la giurisdizione del giudice ordinario per una<br />

controversia relativa ad un contratto che esula sia dai settori speciali, sia dai settori ordinari sia, infine, dall’art.<br />

27, di cui al d.lgs. n. 163/2006 e comunque sottratto ai principi dei Trattati (fattispecie relativa ad una procedura<br />

selettiva per l’affidamento dei servizi di sicurezza e vigilanza privata, a mezzo di guardie particolari giurate,<br />

indetta dalla Eni Servizi s.p.a. - in nome e per conto di Eni s.p.a. - presso i complessi immobiliari di sua<br />

proprietà).<br />

-------------------------------------------<br />

Documenti correlati:<br />

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - ordinanza 29 aprile 2011 n. 2543, pag. http://www.lexitalia.it/p/11/cds6_2011-04-29o.htm<br />

(rimette all'Adunanza plenaria la decisione dell’appello avverso T.A.R. Lombardia - Milano, Sez. I, n. 4801 del 2009).<br />

N. 00016/2011REG.PROV.COLL.<br />

ha pronunciato la presente<br />

sui seguenti ricorsi:<br />

REPUBBLICA ITALIANA<br />

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO<br />

Il Consiglio di Stato<br />

in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)<br />

SENTENZA<br />

1) n. 34/2011 A.P. (n. 496/2010 r.g.), proposto dalla società Eni Servizi s.p.a., in persona del legale rappresentante pro<br />

tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Fabio Cintioli, con domicilio eletto presso lo studio legale Bonelli – Erede<br />

– Pappalardo, in Roma, via Salaria, n. 259;<br />

contro<br />

75


IVRI - Istituti di Vigilanza Riuniti s.p.a. e Security Service s.r.l., in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro<br />

tempore, non costituite in grado di appello;<br />

2) n. 35/2011 A.P. (n. 500/2010 r.g.), proposto dalla società Eni s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,<br />

rappresentata e difesa dall'avvocato Fabio Cintioli, con domicilio eletto presso lo studio legale Bonelli - Erede –<br />

Pappalardo, in Roma, via Salaria, n. 259;<br />

contro<br />

IVRI - Istituti di Vigilanza Riuniti s.p.a. e Security Service s.r.l., in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro<br />

tempore, non costituite in grado di appello;<br />

per la riforma<br />

per entrambi i ricorsi, della sentenza breve del T.a.r. Lombardia – Milano, sezione I, n. 4801/2009, resa tra le parti,<br />

concernente AFFIDAMENTO DI UN CONTRATTO QUADRO AVENTE AD OGGETTO SERVIZI DI SICUREZZA<br />

E VIGILANZA PRIVATA<br />

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;<br />

Viste le memorie difensive;<br />

Visti tutti gli atti della causa;<br />

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 luglio 2011 il Consigliere di Stato Rosanna De Nictolis e udito per le società<br />

appellanti l’avvocato Fabio Cintioli;<br />

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.<br />

FATTO<br />

1. Eni Servizi s.p.a. (in nome e per conto di Eni s.p.a.) indiceva una procedura selettiva per l’affidamento dei servizi di<br />

sicurezza e vigilanza privata, a mezzo di guardie particolari giurate, presso i complessi immobiliari ENI di San Donato<br />

Milanese.<br />

2. Prendevano parte alla selezione tre delle nove imprese invitate. All’esito del procedimento di valutazione delle<br />

offerte la gara veniva aggiudicata, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, a Security service s.r.l.<br />

La IVRI s.p.a. risultava seconda graduata.<br />

3. Nella lettera di invito (rectius, richiesta di offerta), la stazione appaltante aveva precisato che "la normativa di<br />

riferimento per la presente gara è costituita dal d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 e successive modificazioni e integrazioni, e<br />

in particolare dall’art. 20 del suddetto decreto".<br />

4. La lex specialis non conteneva alcuna indicazione circa la tempistica delle fasi di gara, né specificava le date in cui si<br />

sarebbe proceduto all’apertura delle buste contenenti la documentazione amministrativa e l’offerta economica. Le<br />

operazioni di gara, compresa l’apertura dei plichi contenenti la documentazione amministrativa e l’offerta economica,<br />

venivano svolte in concreto in sedute riservate; in data 17 luglio 2009 la stazione appaltante comunicava alla seconda<br />

graduata IVRI s.p.a. l’intervenuta aggiudicazione ad altri dell’appalto, senza ulteriori precisazioni in ordine all’identità<br />

dell’aggiudicatario.<br />

5. La seconda graduata IVRI s.p.a. proponeva ricorso al T.a.r. Lombardia – Milano, affidato ai seguenti motivi:<br />

a) violazione del principio di pubblicità delle sedute, essendosi svolte in seduta riservata tutte le operazioni del seggio di<br />

gara (comprese quelle dedicate all’apertura dei plichi contenenti la documentazione amministrativa e l’offerta<br />

economica);<br />

76


) violazione dell’art. 79 d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 sotto il profilo della incompletezza dell’informazione fornita dalla<br />

stazione appaltante alla società IVRI s.p.a. riguardo all’esito della gara, non essendo stato indicato il nominativo del<br />

soggetto aggiudicatario ma soltanto, genericamente, l’intervenuta aggiudicazione in favore di altro soggetto<br />

partecipante. La ricorrente chiedeva altresì il risarcimento del danno subito.<br />

6. Nel costituirsi nel giudizio di primo grado, ENI s.p.a. eccepiva, preliminarmente, l’inesistenza di un nesso di<br />

strumentalità fra i servizi di vigilanza ed il servizio di erogazione del gas, costituente il core business della sua attività<br />

di impresa; da ciò discendeva che l’attività oggetto di affidamento non era riconducibile alla disciplina dei settori<br />

speciali e, pertanto, non soggetta alla disciplina di evidenza pubblica e che, in definitiva, risultava estranea alla<br />

giurisdizione amministrativa. In ogni caso ha contestato, richiamando il tenore letterale dell’art. 20, d.lgs. n. 163/2006,<br />

la tesi fondata sulla necessità di assoggettare le operazioni concorsuali alla regola della pubblicità delle sedute di gara.<br />

7. La Security service s.r.l., aggiudicataria del servizio, anch’essa costituita nel giudizio di primo grado, eccepiva<br />

preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione della disciplina di gara. Nel merito, ha<br />

anch’essa sostenuto la non necessità del ricorso alle forme dell’evidenza pubblica, stante la riconducibilità del servizio<br />

appaltato all’ambito applicativo dell’art. 20 citato, il quale, dell’intera disciplina codicistica, richiama espressamente<br />

soltanto gli articoli inerenti le specifiche tecniche (art. 68), nonché gli oneri di informazione in favore della<br />

Commissione UE sui risultati della procedura di affidamento (art. 65) e sugli avvisi degli appalti aggiudicati (art. 225).<br />

Con memoria successiva ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.<br />

8. Con la sentenza 15 ottobre 2009 n. 4801 il Tar Lombardia – Milano, sez. I, ha accolto il ricorso (escludendo tuttavia<br />

la sussistenza di un danno risarcibile, in ragione della rapidità dell’intervento rettificatore giudiziale) sulla base del<br />

ritenuto carattere strumentale dell’attività svolta dal soggetto appaltante, con conseguente attrazione della procedura di<br />

affidamento nella sfera di applicazione della disciplina relativa ai settori speciali.<br />

9. Con distinti appelli, di analogo contenuto, le società ENI s.p.a. ed Eni Servizi s.p.a. hanno impugnato la sentenza del<br />

Tar, lamentando che:<br />

- né ENI, né ENI servizi, svolgono attività rientranti nei settori speciali ai sensi dell’art. 207, d.lgs. n. 163/2006;<br />

- il servizio di vigilanza in oggetto non sarebbe strumentale agli scopi perseguiti dalla stazione appaltante, di tal che a<br />

tale servizio non è applicabile, ai sensi dell’art. 217, d.lgs. n. 163/2006 la disciplina codicistica dedicata ai contratti nei<br />

settori speciali (Parte III). Per conseguenza, non si applicano al servizio oggetto di gara la disciplina della prima parte<br />

del d.lgs. n. 163/2006 i principi dalla stessa desumibili (in primis, il controverso principio di pubblicità delle sedute di<br />

gara), nonché l’art. 79 (disposizioni espressamente richiamate, per i settori speciali, dall’art. 206);<br />

- i servizi di vigilanza appaltati con la gara oggetto di causa (riguardanti la sicurezza dei compendi immobiliari di San<br />

Donato Milanese) sarebbero estranei agli scopi delle attività perseguite da Eni s.p.a., che consistono nell’estrazione di<br />

gas e petrolio, nella produzione e vendita di gas, nella raffinazione del greggio ed in attività correlate;<br />

- peraltro, le società che operano nei settori speciali non sono, a rigore, né Eni s.p.a. né Eni Servizi s.p.a. (che non<br />

svolgono le attività previste dagli artt. 208 e 212), ma le società operative del gruppo, cui vanno imputate anche le<br />

attività strumentali (in particolare: Enipower s.p.a., attiva nel settore della generazione di energia elettrica; Snam Rete<br />

Gas s.p.a., che svolge attività di trasporto e dispacciamento di gas naturale; GNL Italia s.p.a., che gestisce lo<br />

stabilimento di rigassificazione di gas naturale liquefatto (GNL) di Panigaglia; Stogit s.p.a., che si occupa della fase<br />

dello stoccaggio del gas naturale; Saipem s.p.a., che opera nel settore della costruzione, installazione e manutenzione di<br />

impianti di estrazione di petrolio);<br />

- è vero che la stazione appaltante con il richiamo, nella lettera di invito, al d.lgs. n. 163/2006 si è autovincolata al<br />

rispetto di tale ultimo paradigma normativo (che però non era tenuta ad applicare): ma ciò non significa che la stessa era<br />

tenuta all’osservanza del principio della pubblicità nelle sedute di gara ovvero all’onere di informazione di cui all’art.<br />

79, d.lgs. n. 163/2006;<br />

- le imprese pubbliche, a differenza delle amministrazioni aggiudicatrici, sono soggetti aggiudicatori solo laddove e<br />

nella misura in cui svolgono le attività d’istituto affidate alle loro cure, di tal che, nel caso in esame, Eni s.p.a. ed Eni<br />

Servizi s.p.a. non sono enti aggiudicatori ai sensi della disciplina codicistica (peraltro, tale qualifica soggettiva sarebbe<br />

al più predicabile, con la limitazione oggettuale di cui si è detto, in capo alle società strumentali del gruppo);<br />

10. In via subordinata, le società appellanti hanno dedotto:<br />

77


- a tutto concedere sulla (contestata) possibilità di applicare alla gara in oggetto la prima parte del d.lgs. n. 163/2006, in<br />

ogni caso dovrebbe essere preso in considerazione soltanto l’art. 20, d.lgs. n. 163/2006, che circoscrive a tre soli articoli<br />

del citato d.lgs. (artt. 68, 65 e 225) la disciplina normativa applicabile ai servizi di cui all’all. II B (tra i quali rientra il<br />

servizio di sicurezza, oggetto di gara);<br />

- ogni altra interpretazione estensiva riguardo alla disciplina applicabile ad un servizio "escluso" sarebbe in violazione<br />

del disposto del richiamato art. 20 e dell’art. 32 della direttiva 2004/17/CE;<br />

- d’altra parte il principio della pubblicità delle sedute di gara, proprio dei settori ordinari (e poi esteso dalla<br />

giurisprudenza nazionale anche ai settori speciali) non rientra tra i principi di trasparenza enucleati dalla Commissione<br />

europea nella comunicazione del 1 agosto 2006 (2006/ C79/02) relativa al "diritto comunitario applicabile alle<br />

aggiudicazioni di appalti non o solo parzialmente disciplinate dalle direttive appalti pubblici",<br />

11. Da tanto le appellanti hanno tratto l’ulteriore conseguenza che alla inapplicabilità della disciplina dei settori speciali<br />

all’appalto in oggetto consegue la carenza di giurisdizione del giudice amministrativo nella materia, posto che Eni s.p.a.<br />

non era tenuta ad indire una gara ad evidenza pubblica (circostanza che invece l’art. 244 , d.lgs. n. 163/2006 – nella<br />

versione vigente all’epoca dei fatti - considera essenziale ai fini della giurisdizione amministrativa).<br />

12. Da ultimo, in via ancor più subordinata, le appellanti prospettano la necessità di un rinvio interpretativo<br />

pregiudiziale alla Corte di giustizia sulle seguenti questioni: a) se l’art. 20 della direttiva 2004/17/CE (disposizione che<br />

ha generato l’art. 217, d.lgs. n. 163/2006) possa essere interpretato nel senso di considerare appalti indetti allo scopo<br />

dello svolgimento delle attività previste dagli artt. 3 e 7 anche appalti di vigilanza non direttamente strumentali<br />

all’esercizio di tali attività; b) se l’art. 32 della direttiva 2004/17/CE possa essere interpretato nel senso di assoggettare<br />

sempre e necessariamente – senza alcun margine di apprezzamento discrezionale per la stazione appaltante - le<br />

procedure di gara per l’affidamento dei servizi all’obbligo di apertura in pubblico delle buste per appalti indetti da<br />

imprese pubbliche esclusi dalla applicazione della stessa direttiva 2004/17/CE.<br />

13. Nessuna delle parti intimate si è costituita in questo grado di giudizio.<br />

14. La causa è stata trattenuta per la decisione all’udienza pubblica dell’1 marzo 2011 davanti la VI sezione.<br />

15. La sezione VI ha riunito gli appelli e ne ha rimesso l’esame all’adunanza plenaria (con l’ordinanza 29 aprile 2011 n.<br />

2543), ritenuto che la questione pregiudiziale circa la giurisdizione potrebbe dar luogo a contrasti giurisprudenziali.<br />

A suo avviso la soluzione della questione si incentra sulla natura giuridica di ENI s.p.a. e della sua ENI Servizi s.p.a., e<br />

sull’applicabilità, o sui termini dell’applicabilità, all’appalto per cui è causa del d.lgs. n. 163/2006, ed all’uopo espone<br />

due opposte soluzioni che potrebbero essere date alle questioni rilevanti nel caso di specie, che di seguito si<br />

sintetizzano.<br />

15.1. Secondo la prima soluzione proposta, all’appalto sarebbe applicabile il codice dei contratti pubblici e<br />

segnatamente la regola di pubblicità delle sedute di gara, con conseguente rigetto dell’eccezione di difetto di<br />

giurisdizione.<br />

Tanto sulla scorta del seguente percorso argomentativo:<br />

a) le appellanti vanno qualificate come imprese pubbliche e non come organismi di diritto pubblico;<br />

b) andrebbe condivisa la tesi delle appellanti circa la non strumentalità dell’appalto in questione ai settori speciali, senza<br />

però trarne la conseguenza della totale sottrazione al codice dei contratti pubblici e del difetto di giurisdizione del<br />

giudice amministrativo;<br />

c) per converso una impresa pubblica, che opera al di fuori dei settori speciali, sarebbe comunque soggetta all’art. 27,<br />

d.lgs. n. 163/2006, che impone il rispetto dei principi del Trattato a tutela della concorrenza e della l. n. 241/1990;<br />

d) nel merito, sarebbe stato effettivamente violato il principio di pubblicità delle sedute di gara, con conseguente<br />

conferma, sia pure con motivazione parzialmente diversa, della sentenza di primo grado, e rigetto degli appelli.<br />

78


15.2. Secondo la seconda soluzione proposta dall’ordinanza di rimessione, all’appalto per cui è processo non sarebbe<br />

applicabile il codice appalti (e segnatamente le direttive comunitarie), trattandosi dell’affidamento di un contratto di<br />

diritto comune svolto da una impresa pubblica che, quanto all’attività in questione (non-strumentale a quella propria di<br />

un settore speciale), sarebbe estranea a quelli oggetto del codice stesso; ne conseguirebbe l’accoglimento degli appelli e<br />

l’annullamento della sentenza impugnata a causa del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, posto che<br />

ricorre la giurisdizione del giudice ordinario.<br />

DIRITTO<br />

16. La questione di diritto sollevata dalle società appellanti investe la sussistenza o meno della giurisdizione del giudice<br />

amministrativo sull’appalto per cui è processo.<br />

17. Ai sensi dell’art. 244, d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 (codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture),<br />

applicabile ratione temporis (ora art. 133, co. 1, lett. e), n. 1), c.p.a.) l’ambito della giurisdizione del giudice<br />

amministrativo sulle procedure di affidamento di contratti relativi a lavori, servizi, e forniture, è individuato sulla scorta<br />

di nozioni oggettive e soggettive tratte dal diritto sostanziale dei pubblici appalti, occorrendo che vi sia una procedura di<br />

affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente,<br />

all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla<br />

normativa statale o regionale.<br />

La procedura di affidamento ha in sé natura neutra, e si connota solo in virtù della natura del soggetto che la pone in<br />

essere, essendo indispensabile, sia per la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, sia per<br />

l’applicazione del diritto pubblico degli appalti, che il soggetto procedente sia obbligato al rispetto delle procedure di<br />

evidenza pubblica, in base al diritto comunitario o interno.<br />

18. La definizione della questione di giurisdizione implica, pertanto, la soluzione delle seguenti questioni interpretative<br />

in ordine al diritto sostanziale degli appalti pubblici:<br />

a) la natura giuridica di ENI e ENI servizi s.p.a. e l’ambito di loro sottoposizione al codice dei contratti pubblici;<br />

b) l’ambito soggettivo ed oggettivo dei settori speciali;<br />

c) se l’appalto per cui è processo (servizio di vigilanza degli uffici di ENI e delle società del gruppo ubicati in San<br />

Donato Milanese) sia o meno riconducibile ai settori speciali di cui alla direttiva 2004/17/CE e alla parte III del codice<br />

dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 e successive modificazioni;<br />

d) in caso di risposta affermativa alla questione sub c), se, trattandosi di appalto di servizi compresi nell’allegato II-B,<br />

cui si applicano solo gli artt. 68, 65 e 225, d.lgs. n. 163/2006, nonché i principi del Trattato a tutela della concorrenza<br />

(art. 27, d.lgs. n. 163/2006), quale sia l’esatta estensione del principio di trasparenza e, in particolare, se detto principio<br />

imponga o meno la pubblicità delle sedute di gara;<br />

e) in caso di risposta negativa alla questione sub c), se l’appalto vada considerato privato, con conseguente difetto di<br />

giurisdizione del giudice amministrativo, o se invece l’appalto ricada comunque nell’ambito di applicazione dell’art. 27,<br />

d.lgs. n. 163/2006, e di conseguenza quale sia l’estensione dei principi di trasparenza e imparzialità, e, in particolare, se<br />

detti principi impongano o meno la pubblicità delle sedute di gara.<br />

19. Al fine della soluzione delle questioni per cui è processo, e segnatamente della questione di giurisdizione, è<br />

giuridicamente irrilevante la circostanza che nella lettera di invito (rectius, richiesta di offerta), la stazione appaltante<br />

aveva precisato che "la normativa di riferimento per la presente gara è costituita dal d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 e<br />

successive modificazioni e integrazioni, e in particolare dall’art. 20 del suddetto decreto".<br />

Infatti, in termini generali, la sottoposizione o meno dell’appalto per cui è processo al regime pubblicistico divisato dal<br />

d.lgs. n. 163/2006 discende dalle caratteristiche oggettive dell’appalto e soggettive della stazione appaltante, e dunque<br />

dall’esistenza di un vincolo "eteronomo" e non dalla dichiarazione della stazione appaltante (c.d. autovincolo).<br />

Se è vero che l’art. 244, d.lgs. n. 163/2006 (ora art. 133, co. 1, lett. e), n. 1), c.p.a.), fa riferimento, al fine di stabilire<br />

l’ambito della giurisdizione amministrativa, al soggetto al rispetto di procedure di evidenza<br />

pubblica, tuttavia siffatta ampia espressione non può che riferirsi pur sempre ad un vincolo eteronomo, e non autonomo,<br />

di rispetto delle dette procedure [Cass., sez. un., 20 marzo 2009 n. 6771; Cass., sez. un., 15 aprile 2005 n. 7800; Cass.,<br />

79


sez. un., 20 novembre 2003 n. 17635; Cons. St., sez. VI, 9 giugno 2008 n. 2764; Cons. St., sez. IV, 16 luglio 2007 n.<br />

4012; Cons. St., sez. V, 18 novembre 2004 n. 7554].<br />

Il c.d. autovincolo, se è idoneo a rendere applicabili le regole richiamate, è inidoneo a determinare spostamenti della<br />

giurisdizione.<br />

20. Quanto alla natura giuridica di ENI e di ENI Servizi s.p.a., non è contestato che si tratta di imprese pubbliche e non<br />

anche di organismi di diritto pubblico (secondo le definizioni datene all’art. 3, co. 26 e 28, d.lgs. n. 163/2006).<br />

La distinzione assume rilevanza in quanto le imprese pubbliche rientrano tra gli "enti aggiudicatori" tenuti<br />

all’osservanza della disciplina degli appalti nei settori speciali (art. 207, d.lgs. n. 163/2006), mentre non sono in quanto<br />

tali e in termini generali contemplate tra le "amministrazioni aggiudicatrici e altri soggetti aggiudicatori" tenuti<br />

all’osservanza della disciplina degli appalti nei settori ordinari (art. 32, d.lgs. n. 163/2006).<br />

Sotto tale profilo sono dirimenti i seguenti dati esegetici:<br />

- l’art. 32, che indica i soggetti aggiudicatori nei settori ordinari, non contempla le imprese pubbliche in quanto tali;<br />

- l’art. 3, co. 28 e co. 29, che danno la definizione di impresa pubblica e indicano l’ambito degli enti aggiudicatori, sono<br />

norme definitorie che vanno lette comunque in "combinato disposto" con le specifiche previsioni che assoggettano ad<br />

obblighi di evidenza pubblica le imprese pubbliche, e non possono essere interpretate come disposizioni che di per sé<br />

sole assoggettano le imprese pubbliche a tutta la disciplina del codice;<br />

- sul piano dell’interpretazione "storica", le imprese pubbliche, già sottratte al diritto dei pubblici appalti, vi sono state<br />

attratte limitatamente ai "settori speciali", e non in termini generali.<br />

21. Quanto all’ambito soggettivo e oggettivo dei settori speciali, giova anzitutto premettere che:<br />

- la direttiva 2004/17/CE, di cui il d.lgs. n. 163/2006 costituisce attuazione, come già la direttiva sui settori speciali che<br />

la ha preceduta (e recepita in Italia con il d.lgs. n. 158/1995), è stata varata al precipuo fine di garantire la tutela della<br />

concorrenza in relazione a procedure di affidamento di appalti da parte di enti operanti in settori sottratti, per il passato,<br />

alla concorrenza e al diritto comunitario dei pubblici appalti, i c.d. settori esclusi, che, dopo l’intervento comunitario,<br />

sono divenuti i settori speciali (ex esclusi);<br />

- l’intervento del normatore comunitario, finalizzato ad attrarre alla disciplina di evidenza pubblica settori in precedenza<br />

ritenuti regolati dal diritto privato, ha però ritenuto di mantenere i connotati di specialità di detti settori, rispetto a quelli<br />

ordinari, mediante una disciplina più flessibile, che lascia maggiore libertà alle stazioni appaltanti, e soprattutto<br />

restrittiva quanto all’ambito oggettivo e soggettivo di applicazione;<br />

- conseguentemente, il diritto comunitario ha delimitato in modo rigoroso non solo l’ambito soggettivo dei settori<br />

speciali (art. 207, d.lgs. n. 163/2006; artt. 2 e 8, direttiva 2004/17/CE), ma anche quello oggettivo, descrivendo in<br />

dettaglio l’ambito di ciascun settore speciale;<br />

- la stessa giurisprudenza comunitaria afferma che le previsioni della direttiva 2004/17/CE devono essere applicate<br />

restrittivamente, con conseguente inapplicabilità della c.d. teoria del contagio di cui alla giurisprudenza Mannesman [C.<br />

giust. CE 15 gennaio 1998 C44/96], che estende il regime applicabile all’organismo di diritto pubblico a tutti i suoi<br />

appalti [C. giust. CE 10 aprile 2008 C-393/06, Aigner, parr. 26, 27, 30 "dagli artt. 2-7 della direttiva 2004/17 risulta<br />

che il coordinamento da questa effettuato non si estende a tutti i settori dell’attività economica, ma riguarda settori<br />

specificamente definiti, come del resto rileva il fatto che tale direttiva è comunemente denominata «direttiva settoriale».<br />

Per contro, l’ambito di applicazione della direttiva 2004/18 abbraccia quasi tutti i settori della vita economica e<br />

giustifica così il fatto che essa venga comunemente denominata «direttiva generale». Alla luce di quanto considerato, si<br />

deve già fin da ora constatare che la portata generale della direttiva 2004/18 e la portata ristretta della direttiva<br />

2004/17 richiedono che le disposizioni di quest’ultima siano interpretate restrittivamente (…) 30. Di conseguenza, le<br />

disposizioni sopra menzionate non lasciano spazio all’applicazione, nell’ambito della direttiva 2004/17, dell’approccio<br />

denominato «teoria del contagio», sviluppatasi a seguito della citata sentenza Mannesmann Anlagenbau Austria e<br />

a.""].<br />

80


22. I settori speciali, che possono in astratto venire in considerazione avuto riguardo alle parti appellanti, sono quelli di<br />

cui agli artt. 208 e 212, d.lgs. n. 163/2006, vale a dire gas, energia termica ed elettrica, nonché prospezione, ed<br />

estrazione di petrolio, gas, carbone ed altri combustibili solidi.<br />

Per quanto riguarda il gas e l’energia termica, il diritto comunitario degli appalti pubblici si applica solo a:<br />

a) la messa a disposizione o gestione di reti fisse destinate alla fornitura di un servizio al pubblico in connessione con la<br />

produzione, il trasporto o la distribuzione di gas o di energia termica;<br />

b) l'alimentazione di tali reti con gas o energia termica.<br />

Per quanto riguarda prospezione, ed estrazione di petrolio, gas, carbone ed altri combustibili solidi, la disciplina in<br />

commento si applica solo alle attività relative allo sfruttamento di un'area geografica, ai fini della prospezione o<br />

estrazione di petrolio, gas, carbone o di altri combustibili solidi.<br />

Peraltro, la decisione di esecuzione della Commissione europea del 24 giugno 2011 (pubblicata in G.U.C.E. 25 giugno<br />

2011), sopravvenuta in corso di causa, ha disposto che la direttiva 2004/17/CE non si applica agli appalti attribuiti da<br />

enti aggiudicatori e destinati a permettere la prestazione dei seguenti servizi in Italia:<br />

a) prospezione di petrolio e gas naturale; e<br />

b) produzione di petrolio.<br />

Tanto, in base alla considerazione che tali servizi in Italia rispettano la condizione dell’" esposizione diretta alla<br />

concorrenza" fissata dall’art. 30, par. 1, direttiva 2004/17/CE.<br />

23. Il quadro è completato dall’art. 217, d.lgs. n. 163/2006 (che riproduce fedelmente l’art. 20, direttiva 2004/17/CE), a<br />

tenore del quale la disciplina dei settori speciali non si applica agli appalti che gli enti aggiudicatori aggiudicano per<br />

scopi diversi dall’esercizio delle loro attività di cui agli articoli da 208 a 213 o per l’esercizio di tali attività in un Paese<br />

terzo, in circostanze che non comportino lo sfruttamento materiale di una rete o di un’area geografica all’interno della<br />

Comunità.<br />

Se ne desume, come già la VI sezione ha avuto modo di affermare in un precedente analogo, che l’assoggettabilità<br />

dell’affidamento di un servizio alla disciplina dettata per i settori speciali non può essere desunta sulla base di un<br />

criterio solo soggettivo, relativo cioè al fatto che ad affidare l’appalto sia un ente operante nei settori speciali, ma anche<br />

in applicazione di un parametro di tipo oggettivo, attento alla riferibilità del servizio all’attività speciale [Cons. St., sez.<br />

VI, 13 maggio 2011 n. 2919].<br />

24. Avuto riguardo ai compiti di ENI e di ENI Servizi s.p.a., e avuto riguardo all’appalto per cui è processo, che attiene<br />

ai servizi di vigilanza degli uffici amministrativi di ENI e altre società del gruppo, è evidente che esso non rientra nei<br />

settori speciali, nemmeno come appalto ad essi strumentale, quale sarebbe ad es. il servizio di vigilanza di una rete<br />

energetica.<br />

Difetta la finalizzazione del servizio di vigilanza degli uffici della sede ENI di San Donato Milanese agli scopi propri<br />

(core business) dell’attività speciale del gruppo, di estrazione e commercializzazione del petrolio o del gas: la garanzia<br />

della sicurezza degli uffici non è certo esclusiva del settore, né si pone ad esso in termini di mezzo a fine, né può essere<br />

considerata come inclusa nella gestione di un servizio; diversamente, l’appalto sarebbe stato da ricondurre nella<br />

disciplina dei settori speciali (cfr. Cons. St., ad. plen., 23 luglio 2004 n. 9 sul servizio di pulizia delle stazioni<br />

ferroviarie a Grandi Stazioni s.p.a.).<br />

Alla luce della già citata giurisprudenza della C. giust. CE, che impone un’interpretazione restrittiva dei settori speciali,<br />

si deve escludere la riconducibilità dell’appalto per cui è processo a detti settori [C. giust. CE 10 aprile 2008 C-393/06,<br />

Aigne].<br />

25. Si è pertanto in presenza di un appalto "escluso" dall’ambito di applicazione della disciplina dei settori speciali, ai<br />

sensi dell’art. 217, d.lgs. n. 163/2006, aggiudicato per scopi diversi dall’esercizio delle specifiche missioni rientranti nei<br />

settori speciali, e non legato a tali missioni da vincolo di strumentalità.<br />

81


Come meglio chiarito dalla direttiva 2004/17/CE rispetto al d.lgs. n. 163/2006, l’esclusione in questione riguarda "tutti<br />

gli enti aggiudicatori e tutti i tipi di appalto", come testualmente recita il titolo della sezione della direttiva 2004/17/CE<br />

in cui è compreso l’art. 20, della citata direttiva, trasposto nell’art. 217, d.lgs. n. 163/2006.<br />

26. Acclarato che l’appalto per cui è processo è "escluso" dall’ambito di applicazione dei settori speciali, occorre<br />

risolvere la questione centrale, sottoposta dagli appelli e dall’ordinanza di rimessione, di quale sia la disciplina ad esso<br />

applicabile.<br />

In astratto si profilano quattro possibili soluzioni:<br />

- applicazione della disciplina dei settori ordinari;<br />

- applicazione dell’art. 27, d.lgs. n 163/2006;<br />

- applicazione dei principi a tutela della concorrenza contenuti nei Trattati dell’Unione europea;<br />

- applicazione del diritto privato.<br />

Optando per una delle prime tre ipotesi, vi sarebbe la giurisdizione del giudice amministrativo, optando per l’ultima vi<br />

sarebbe quella del giudice ordinario.<br />

27. Si deve anzitutto escludere che l’appalto in questione, escluso dai settori speciali, ricada nei settori ordinari.<br />

Occorre all’uopo differenziare, nel novero degli enti aggiudicatori, le amministrazioni aggiudicatici e le imprese<br />

pubbliche.<br />

Nel caso di amministrazioni aggiudicatrici, che sono soggetti di diritto pubblico, non sembrano esservi ostacoli ad<br />

ammettere che, per i loro appalti estranei ai settori speciali, si riespande l’applicazione della disciplina degli appalti dei<br />

settori ordinari [come si argomenta dalla già citata C. giust. CE 10 aprile 2008 C-393/06, Aigner, che, esclusa in un caso<br />

l’applicazione della disciplina dei settori speciali, ha ritenuto applicabile quella dei settori ordinari in quanto la stazione<br />

appaltante poteva essere qualificata come organismo di diritto pubblico].<br />

Diversamente, nel caso delle imprese pubbliche, che sono enti aggiudicatori nei settori speciali (art. 2, direttiva<br />

2004/17/CE), ma non sono contemplati tra le amministrazioni aggiudicatrici nei settori ordinari (artt. 1 e 2, direttiva<br />

2004/18/CE), per gli appalti "estranei", aggiudicati per scopi diversi dalle loro attività nei settori speciali (art. 20,<br />

direttiva 2004/17/CE), la sottrazione alla direttiva 2004/17/CE non comporta l’espansione della direttiva 2004/18/CE,<br />

ma piuttosto la sottrazione ad entrambe le direttive comunitarie.<br />

Tanto si desume dalla stessa matrice comunitaria della disciplina dei settori speciali: sia dall’antecedente della direttiva<br />

93/38/CEE del Consiglio del 14 giugno 1993 che dalla direttiva 2004/17/CE si desume che tale disciplina mira a<br />

fronteggiare – mediante un avvicinamento alle regole contrattuali imposte alle amministrazioni - la naturale chiusura dei<br />

mercati causata dalla frequente condizione di monopolio degli esercenti quelle che per l’art. 90 (poi 86) del Trattato CE<br />

sono "imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale".<br />

Viceversa, al di fuori di questi settori speciali, cioè fuori dell’ambito degli oggettivi servizi pubblici nominati, non vi è<br />

sostituzione all’attività amministrativa e pertanto non sorge la necessità di assicurare normativamente la garanzia della<br />

concorrenza dei potenziali contraenti, mediante l’imposizione di scansioni particolari del processo di formazione<br />

contrattuale; vengono infatti meno la rilevanza e la peculiarità dell’attività che giustificano l’eccezionale attrazione e<br />

assoggettamento a regole eteronome sulla formazione della volontà contrattuale con terzi; l’impresa pubblica è<br />

comunque un’impresa e come tale agisce anch’essa con rischio, fine di lucro (art. 2082 cod. civ.) e moduli privatistici: e<br />

questi debbono essere integri ad evitare claudicazioni rispetto alla concorrenza (cioè restrizioni nell’ordinaria capacità<br />

di attività e di competizione).<br />

La ricordata esigenza di tutela della concorrenza che dichiaratamente presiede alla direttiva 2004/17/CE sugli appalti<br />

nei settori speciali per la frequente condizione di monopolio in cui versano quei servizi pubblici, non si ripete per<br />

queste altre attività delle imprese pubbliche. Queste altre attività anzi, proprio per lo svolgersi in un mercato<br />

competitivo, paiono – salvo singole patologie comportamentali - naturalmente portate verso la compressione dei costi<br />

dei contratti, e perciò spontaneamente orientate all’apertura al mercato dei fornitori di beni e servizi: cioè verso il<br />

prezzo più basso o l’offerta economicamente più vantaggiosa, e senza che sia imposto da regole esterne.<br />

82


28. Passando a verificare se all’appalto per cui è processo sia o meno applicabile l’art. 27, d.lgs. n. 163/2006, giova<br />

premettere che tale previsione ha inteso tradurre in norma positiva nazionale una regola di diritto giurisprudenziale<br />

costantemente affermata dalla C. giust. CE, quella secondo cui ai contratti sottratti all’ambito di applicazione delle<br />

direttive comunitarie sugli appalti pubblici (attualmente: direttiva 2004/18/CE e direttiva 2004/17/CE) si applicano<br />

comunque i principi posti a tutela della concorrenza dai Trattati dell’Unione, e segnatamente i principi di trasparenza,<br />

non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità [C. giust. CE, 3 dicembre 2001 C-59/00; comunicazione<br />

della Commissione CE, 2006/C 179/02].<br />

Il tema è stato affrontato dalla Corte e dalla citata comunicazione con riguardo agli appalti sotto soglia [C. giust. CE, 3<br />

dicembre 2001 C-59/00] e con riguardo agli appalti di servizi di cui all’allegato II B direttiva 2004/18/CE e XVII B<br />

direttiva 2004/18/CE (II B del codice italiano), nonché con riguardo alle concessioni di servizi [C. giust. CE, 7<br />

dicembre 2000 C-324/98, Telekom Austria AG; C. giust. CE 13 ottobre 2005 C-458/03, Parking Brixen; C. giust. CE 6<br />

aprile 2006 C-410/04, Anav; C. giust. CE 13 settembre 2007 C-260/2004; C. giust. CE, 15 ottobre 2009 n. 196/08;<br />

Cons. St., sez. V, 31 maggio 2011 n. 3250].<br />

L’art. 27, codice appalti, non può che essere letto in coerenza con tale giurisprudenza comunitaria.<br />

29. Giova aggiungere che l’art. 27 citato risulta novellato dal d.l. 13 maggio 2011 n. 70 conv. in l. 12 luglio 2011 n.<br />

106, e fa ora specifico riferimento ai "contratti esclusi, in tutto o in parte, dall’ambito di applicazione oggettiva del<br />

presente codice".<br />

Mentre la previsione previgente faceva riferimento all’ambito di applicazione tout court, la previsione novellata fa<br />

riferimento all’ambito di applicazione oggettiva, ma la circostanza che la nuova previsione sia sopravvenuta in corso di<br />

causa non appare rilevante perché la modifica ha una portata interpretativa e non innovativa.<br />

30. Anche nel vigore della disciplina precedente, era infatti chiaro che l’applicazione dei principi dei Trattati ai contratti<br />

esclusi dal codice, postulava che si trattasse di contratti posti in essere dai soggetti contemplati dal codice, e dunque<br />

rientranti nell’ambito di applicazione soggettiva del codice e del diritto comunitario.<br />

Sarebbe sproporzionato imporre l’applicazione di principi di evidenza pubblica a soggetti del tutto estranei all’ambito<br />

del codice, e dunque ad appalti retti dal diritto privato.<br />

Si noti che l’art. 27 del codice appalti estende l’applicazione dei principi dei Trattati europei a tutela della concorrenza<br />

anche ai contratti "esclusi in tutto" dal codice: sono tali, ad avviso del Collegio, solo i contratti dallo stesso codice<br />

"nominati", ancorché al solo scopo di escluderli dal proprio ambito, e non anche quelli da esso non menzionati, neppure<br />

per escluderli. Infatti sarebbe paradossale che il codice apprestasse una disciplina per una categoria residuale e illimitata<br />

di contratti da esso non contemplati.<br />

Così intesa la norma intende porre un principio di rispetto di regole minimali di evidenza pubblica, a tutela della<br />

concorrenza e del mercato, ma tali regole minimali vengono imposte:<br />

a) da un lato solo ai soggetti che ricadono nell’ambito di applicazione del codice appalti e delle direttive comunitarie di<br />

cui costituisce recepimento, e per i contratti "esclusi" comunque menzionati nel codice;<br />

b) dall’altro lato ai contratti "nominati ma esenti", e non anche ai contratti "estranei".<br />

31. Ne deriva che il citato art. 27 non contempla un "terzo settore" dei pubblici appalti, quelli "esclusi in tutto o in<br />

parte", che si aggiunge ai settori ordinari e ai settori speciali, ma si riconnette pur sempre agli appalti dei settori ordinari<br />

o speciali, e ai soggetti appaltanti di tali settori.<br />

In altre parole, i "contratti esclusi in tutto o in parte" sono pur sempre quelli che si agganciano ai settori ordinari o<br />

speciali di attività contemplati dal codice.<br />

Si tratta in definitiva di contratti che in astratto potrebbero rientrare nel settore di attività, ma che vengono eccettuati<br />

con norme di esenzione, per le ragioni più disparate.<br />

32. Emblematici sono i casi, di cui si sono occupate la C. giust. CE e la Commissione europea, degli appalti sotto soglia,<br />

delle concessioni di servizi e degli appalti di servizi dell’allegato II B, che astrattamente rientrano nei settori di attività<br />

83


contemplati, ma che vengono esentati dal diritto comunitario per ragione di soglia o di oggetto, per lasciare, negli<br />

appalti ritenuti meno rilevanti, maggiore libertà ai legislatori nazionali.<br />

33. Ad avviso del Collegio diverso è il caso dei contratti di cui all’art. 217, codice appalti (art. 20, direttiva 2004/17),<br />

ossia gli appalti posti in essere dagli enti aggiudicatori dei settori speciali in ambiti diversi dalle attività dei settori<br />

speciali, che sono i soli di interesse della direttiva 2004/17CE.<br />

In siffatta ipotesi, si è in presenza di una diversa categoria, o meglio di una diversa nozione di "appalto escluso".<br />

Infatti mentre nelle altre ipotesi di appalti esclusi si tratta di specifiche tipologie (appalti segretati, appalti di servizi o<br />

forniture aventi specifici oggetti e in astratto rientranti nel settore di attività; v. artt. da 16 a 24, codice appalti), in questo<br />

caso non si tratta di appalti aventi uno specifico oggetto, bensì di una categorie residuale, che comprende qualsiasi tipo<br />

di appalto estraneo al settore speciale.<br />

Non si tratta pertanto di appalti semplicemente "esclusi", - ossia rientranti in astratto nell’ambito di applicazione delle<br />

direttive ma specificamente "esentati" - , bensì di appalti del tutto "estranei" all’ambito di azione della direttiva<br />

2004/17/CE.<br />

34. A tale soluzione il Collegio perviene alla luce delle direttive 2004/18/CE e 2004/17/CE, che operano una distinzione<br />

tra tre categorie:<br />

a) appalti che non ricadono nelle direttive per ragioni di soglia;<br />

b) appalti del tutto "esclusi";<br />

c) appalti e concessioni di servizi cui si applicano solo poche previsioni delle direttive, e dunque esclusi in (maggior)<br />

parte e inclusi in (minor) parte.<br />

Anche sul piano sistematico, tali tre categorie hanno una diversa collocazione all’interno delle tre direttive, e diverse<br />

definizioni.<br />

Ad es. la direttiva 2004/18/CE, nell’ambito del Capo II – Campo di applicazione:<br />

a) nella Sezione I rubricata "soglie" individua le "soglie" economiche all’art. 7, e dichiara di applicarsi solo agli appalti<br />

di importo in euro pari o superiore alle soglie indicate;<br />

b) nella Sezione II rubricata "appalti esclusi" elenca varie tipologie di appalti esclusi (artt. da 14 a 18, direttiva<br />

2004/18/CE);<br />

c) in altro Capo, il III dedicato alle "norme applicabili agli appalti di servizi", menziona gli appalti dell’allegato II B<br />

soggetti solo a poche regole della direttiva (art. 21, direttiva 2004/18/CE);<br />

d) con riferimento alle concessioni di servizi, oltre a definirle, detta un’unica norma di principio e per il resto le esclude<br />

dall’applicazione della direttiva (art. 17, direttiva 2004/18/CE).<br />

A sua volta, la direttiva 2004/17/CE, nel capo II rubricato "soglie ed esclusioni":<br />

a) nella Sezione I rubricata "soglie" indica le soglie di valore che delimitano il campo di applicazione della direttiva;<br />

b) nella diversa Sezione II individua gli appalti esclusi; la Sezione II è suddivisa in sottosezioni che raggruppano i<br />

diversi tipi di esclusioni soggettive e/o oggettive (artt. 18-26, direttiva 2004/17/CE);<br />

c) in un diverso Capo, il III, rubricato "norme applicabili agli appalti di servizi" menziona gli appalti dell’allegato XVII<br />

B soggetti solo a poche regole della direttiva (art. 32, direttiva 2004/17/CE).<br />

84


La citata comunicazione della Commissione del 2006, a sua volta, si riferisce agli appalti esclusi per ragioni di soglia, e<br />

agli appalti di servizi che non sono a rigore "esclusi", ma "inclusi in parte" solo per alcune regole; detta comunicazione<br />

non si riferisce invece, formalmente, agli appalti "esclusi".<br />

A sua volta la giurisprudenza della C. giust. CE che estende i principi dei Trattati alle concessioni di servizi, lo fa con<br />

riferimento ad una specifica categoria di contratti esclusi, anch’essi, a rigore, non "esclusi" bensì "inclusi in parte", per i<br />

quali è in corso l’attrazione alla sfera comunitaria, tanto che le direttive 2004/18/CE e 2004/17/CE danno anche una<br />

definizione di tale tipologia contrattuale, e inoltre la direttiva 2004/18/CE vi estende espressamente l’applicazione del<br />

principio di non discriminazione in base alla nazionalità (art. 3, direttiva citata).<br />

Da tale quadro emerge una diversificazione delle cause di esclusione degli appalti dall’ambito di applicazione delle<br />

direttive.<br />

In particolare, nel "genus" esclusioni possano individuarsi almeno due tipologie, aventi una diversa "ratio", gli appalti<br />

"esenti" e gli appalti "estranei".<br />

Gli appalti "esenti" sono quelli in astratto rientranti nei settori di intervento delle direttive, ma che ne vengono esclusi<br />

per ragioni latu sensu di politica comunitaria, quali, ad es., gli appalti segretati, o i servizi di arbitrato e conciliazione, o<br />

acquisto o locazione di terreni e fabbricati, e le stesse concessioni di servizi.<br />

E’ tale anche il caso degli appalti "sotto soglia" e degli appalti di servizi di cui all’allegato II B direttiva 2004/18/CE e<br />

XVII B direttiva 2004/17/CE.<br />

Quanto agli appalti "sotto soglia" è noto che la soglia è "mobile" e viene frequentemente aggiornata con regolamento<br />

comunitario avente efficacia diretta negli Stati membri; l’aggiornamento avviene verso "il basso" nel senso di ridurre<br />

progressivamente l’importo della soglia e specularmente estendere l’applicazione del diritto comunitario dei pubblici<br />

appalti.<br />

E’ dunque chiaro che gli appalti "sotto soglia" rientrano negli scopi del diritto comunitario dei pubblici appalti, ma<br />

fruiscono di un regime di (temporanea) esenzione.<br />

Lo stesso è a dirsi per i citati appalti e concessioni di servizi, che rientrano negli scopi del diritto comunitario, ma<br />

fruiscono di un regime di parziale esenzione.<br />

Gli appalti "estranei" sono quelli esclusi perché sono del tutto al di fuori dei settori di intervento delle direttive o dello<br />

stesso ordinamento comunitario, quali gli appalti da eseguirsi al di fuori del territorio dell’Unione (art. 15, direttiva<br />

2004/18/CE e art. 22, direttiva 2004/17/CE), o quali gli appalti aggiudicati dagli enti aggiudicatori dei settori speciali<br />

per fini diversi dall’esercizio delle attività nei settori speciali (art. 20, direttiva 2004/17/CE).<br />

Non sembra, allora, che il rispetto dei principi dei Trattati si imponga alle imprese pubbliche anche per appalti esclusi<br />

perché paiono estranei ai settori di intervento delle direttive e dell’Unione.<br />

35. Avuto riguardo agli appalti di cui all’art. 217, codice appalti, aggiudicati per scopi diversi dalle attività dei settori<br />

speciali, delle due l’una:<br />

a) o l’ente aggiudicatore è un’amministrazione aggiudicatrice, e in tal caso l’appalto, estraneo al settore speciale, ricade<br />

nei settori ordinari e dunque nel raggio di azione della direttiva 2004/18/CE;<br />

b) o l’ente aggiudicatore è un’impresa pubblica, ossia un soggetto di diritto privato, e in tal caso l’appalto, estraneo al<br />

settore speciale, non ricade nei settori ordinari e dunque nel raggio di azione della direttiva 2004/18/CE, che non<br />

contempla tra le stazioni appaltanti le imprese pubbliche; e neppure ricade sotto i principi dei Trattati, al cui rispetto<br />

devono ritenersi tenuti i medesimi soggetti tenuti all’osservanza delle direttive 2004/18/CE e 2004/17/CE in relazione<br />

agli appalti da esse "esclusi", ma non anche in relazione agli appalti ad esse del tutto estranei.<br />

36. In conclusione, l’art. 27, codice appalti, letto alla luce della giurisprudenza della C. giust. CE, impone il rispetto dei<br />

principi del Trattato a tutela della concorrenza, ai soggetti tenuti al rispetto del codice appalti, in relazione ai contratti<br />

"esclusi" ma non anche ai contratti del tutto "estranei" agli scopi e all’oggetto del codice e delle direttive comunitarie.<br />

85


37. Alla luce delle medesime considerazioni, si deve escludere che agli appalti "estranei" ai settori speciali, di cui<br />

all’art. 217, codice appalti (art. 20, direttiva 2004/17/CE), posti in essere da imprese pubbliche, siano estensibili "i<br />

principi dei Trattati" a tutela della concorrenza.<br />

38. Essendo l’appalto per cui è processo estraneo sia ai settori speciali, sia ai settori ordinari, sia all’art. 27, di cui al<br />

d.lgs. n. 163/2006, ed essendo altresì sottratto ai principi dei Trattati, va affermato il difetto di giurisdizione del giudice<br />

amministrativo e per converso la giurisdizione del giudice ordinario.<br />

39. Alla luce di quanto esposto gli appelli vanno accolti e, per l’effetto, va dichiarato il difetto di giurisdizione del<br />

giudice amministrativo.<br />

40. La novità e complessità delle questioni giustificano la compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio.<br />

P.Q.M.<br />

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), definitivamente pronunciando sugli appelli in<br />

epigrafe, già riuniti, li accoglie e, per l’effetto, dichiara il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e la<br />

giurisdizione del giudice ordinario.<br />

Compensa integralmente le spese di entrambi i gradi di giudizio.<br />

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.<br />

86


SCORRIMENTO DELLA GRADUATORIA E RIPARTO DELLA GIURISDIZIONE<br />

CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA - sentenza 28 luglio 2011 n. 14<br />

Pres. De Lise, Est. Lipari - Biondo e altri (Avv. Tolomeo) c. Università del Salento ed Università degli Studi di Lecce<br />

(Avv.ra Stato) e Sodero (n.c.) e Presicce e altri (Avv. Loiodice) e Fanizza e altri (Avv. Bacile) - (conferma T.A.R.<br />

Puglia - Lecce, Sez. I, sentenza n. 2574 del 2009; la questione era stata rimessa all'A.P. con ordinanza del Cons. Stato,<br />

Sez. VI, n. 1839 del 2011).<br />

1. Concorso - Indizione - In presenza di una graduatoria di altro concorso ancora valida ed efficace - Apposita<br />

motivazione circa la scelta di non utilizzare la graduatoria - Necessità - Mancanza - Illegittimità.<br />

2. Concorso - Graduatoria - Validità triennale - Prevista dall'art. 35 del D.L.vo n. 165 del 2001, novellato<br />

dall'art. 3, comma 87, della legge 24 dicembre 2007 n. 244 (legge finanziaria 2008) - Applicabilità anche alle<br />

graduatorie ancora valide ed efficaci al momento dell'entrata in vigore di quest'ultima legge.<br />

3. Concorso - Graduatoria - Validità triennale - Prevista dall'art. 35 del D.L.vo n. 165 del 2001, novellato<br />

dall'art. 3, comma 87, della legge 24 dicembre 2007 n. 244 (legge finanziaria 2008) - Ha carattere generale -<br />

Applicabilità a tutte le PP.AA.<br />

4. Giustizia amministrativa - Appello - Deferimento all'Adunanza Plenaria del CdS - Ex art. 99, comma 5, c.p.a. -<br />

Potere dell'Ad. Plen di decidere la controversia anche a prescindere dalla dalla soluzione dalle questioni di<br />

diritto deferit - Sussiste.<br />

5. Giurisdizione e competenza - Concorso - Ricorso diretto a contestare la delibera di indizione - Per mancata<br />

utilizzazione di una graduatoria ancora valida ed efficace - Giurisdizione amministrativa - Sussiste.<br />

1. In presenza di una graduatoria concorsuale ancora valida ed efficace, l’Amministrazione, se stabilisce di<br />

provvedere alla copertura dei posti vacanti mediante l’indizione di un nuovo concorso, deve, a pena di<br />

illegittimità, indicare - con apposita motivazione - le ragioni per le quali ha ritenuto di non utilizzare la<br />

graduatoria (1).<br />

2. L’art. 3, comma 87, della legge 24 dicembre 2007 n. 244 - legge finanziaria 2008 (il quale ha aggiunto, all’art.<br />

35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il comma 5 ter, secondo cui "Le graduatorie dei concorsi per il<br />

reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche rimangono vigenti per un termine di tre anni dalla<br />

data di pubblicazione. Sono fatti salvi i periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali"), non si applica solo<br />

alle procedure concorsuali bandite, o concluse, dopo la sua entrata in vigore (1° gennaio 2008), ma riguarda<br />

anche le graduatorie ancora efficaci al momento dell'entrata in vigore. L’ambito temporale di operatività della<br />

nuova disciplina va quindi riferito anche alle graduatorie che risultino valide ed efficaci, a partire dal momento<br />

di entrata in vigore della legge n. 244/2007.<br />

3. L’art. 3, comma 87, della legge 24 dicembre 2007 n. 244 - legge finanziaria 2008, nel prevedere che le<br />

graduatorie concorsuali hanno validità triennale, decorrenti dalla pubblicazione, finisce per prevedere un<br />

istituto ordinario ("a regime") delle procedure di reclutamento del personale pubblico, disciplinato da una fonte<br />

di rango legislativo e non più dal solo regolamento generale dei concorsi (D.P.R. n. 487/1994); l’ambito oggettivo<br />

di applicazione dell’istituto generale dello "scorrimento" è riferito, indistintamente, a tutte le amministrazioni,<br />

senza limitazioni di carattere soggettivo od oggettivo.<br />

4. L’art. 99, comma 5, c.p.a., il quale prevede che l’Adunanza Plenaria può esprimere il principio di diritto<br />

nell’interesse della legge "anche quando dichiara il ricorso irricevibile, inammissibile o improcedibile, ovvero<br />

l’estinzione del giudizio", consente l’esercizio del potere nomofilattico dell’Adunanza Plenaria anche nei casi in<br />

cui l’esito della controversia prescinda, in concreto, dalla soluzione delle questioni di diritto deferitele. Detta<br />

facoltà sussiste, quindi, sia nelle ipotesi in cui la pronuncia assuma contenuto meramente processuale, sia nelle<br />

eventualità in cui la decisione incida sul merito della controversia, ma si incentri su un tema logicamente<br />

pregiudiziale rispetto a quello oggetto del deferimento.<br />

5. La contestazione della procedura di indizione di un concorso, fondata sull’affermazione di un "diritto allo<br />

scorrimento" di una graduatoria ancora valida ed efficace, si basa sulla deduzione non già di una carenza di<br />

87


potere dell’amministrazione, ma di un vizio di violazione di legge, la cui cognizione spetta, in ogni caso, al giudice<br />

amministrativo (2).<br />

-----------------------------------<br />

(1) Con la decisione in rassegna l’Adunanza Plenaria ha aderito all’orientamento secondo cui l’Amministrazione deve sempre<br />

motivare la determinazione di indire un nuovo concorso, dando conto, fra l’altro, delle ragioni dei soggetti utilmente collocati in<br />

graduatoria e del sacrificio loro imposto.<br />

In tal senso si pone, fra le ultime, la decisione della V Sezione, 4 marzo 2011 n. 1395, in LexItalia.it, pag.<br />

http://www.lexitalia.it/p/11/cds5_2011-03-04-2.htm (la quale richiama Cons. Stato, sez. VI, 19 febbraio 2010, n. 668), secondo cui è<br />

illegittima la delibera con la quale una P.A. indice un concorso pubblico, piuttosto che utilizzare una graduatoria di un precedente<br />

concorso per la copertura dei posti banditi, nel caso in cui la stessa graduatoria sia stata in precedenza utilizzata per la copertura di<br />

altri posti e la scelta di procedere per gli ulteriori posti con un nuovo concorso non trovi alcuna ragionevole giustificazione,<br />

ponendosi in contrasto con il già avvenuto utilizzo della graduatoria.<br />

Analogo indirizzo è stato manifestato dalla giurisprudenza secondo cui, a fronte di una graduatoria valida ed efficace,<br />

l’Amministrazione (salvo il caso che si tratti di posti di nuova istituzione in pianta organica) non potrebbe trascurare completamente,<br />

a mezzo della indizione di nuova procedura concorsuale, le posizioni dei soggetti già selezionati come idonei, quantomeno in carenza<br />

di valide ragioni giustificatrici (Tar Sardegna, 19 ottobre 1999, n. 1228; Tribunale ordinario Roma ord. sez. lav. 3 gennaio 2001; Tar<br />

Lazio 30 gennaio 2003, n. 536, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/private/tar/tarlazio3ter_2003-01-30.htm; Tar Lecce, 10<br />

ottobre 2005, n. 4452; Tar Lombardia, 15 settembre 2008, n. 4073, ivi, pag. http://www.lexitalia.it/p/82/tarlombmi3_2008-09-<br />

15.htm; Tar Lazio 15 settembre 2009 n. 8743; Cass. SS.UU. 29 settembre 2003 n. 14529, ivi, pag.<br />

http://www.lexitalia.it/p/ago/casssu_2003-14529.htm e 9 febbraio 2009 n. 3055, ivi, pag. http://www.lexitalia.it/p/91/casssu_2009-<br />

02-3.htm).<br />

(2) V. per tutte Cass., Sezioni Unite, ordinanza 9 febbraio 2009, n. 3055, in LexItalia.it, pag.<br />

http://www.lexitalia.it/p/91/casssu_2009-02-3.htm secondo cui la contrapposizione tra la tesi, che assegna all'amministrazione un<br />

ampio potere di valutazione discrezionale e l’opinione secondo la quale la disciplina positiva obbliga l'amministrazione a realizzare<br />

la semplificazione e l'economia connesse all'utilizzo delle graduatorie approvate in precedenza, escludendo senz'altro l'espletamento<br />

di nuove procedure, costituisce "un problema strettamente di merito, la cui soluzione, pertanto, non interessa la giurisdizione, atteso<br />

che, anche aderendo alla seconda delle tesi esposte, il provvedimento di apertura della procedura concorsuale risulterebbe affetto dal<br />

vizio di violazione di legge, non certo emanato in carenza di potere (ovvero nullo perché viziato da "difetto assoluto di attribuzione",<br />

ai sensi della legge n. 241 del 1990)."<br />

-------------------------------------<br />

Documenti correlati:<br />

CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONI UNITE CIVILI, sentenza 20-8-2010, pag. http://www.lexitalia.it/p/10/cassu_2010-08-20-<br />

2.htm (sul giudice competente a decidere le controversie relative alla utilizzazione di una graduatoria di concorso).<br />

CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONI UNITE CIVILI, sentenza 20-8-2009, pag. http://www.lexitalia.it/p/92/casssu_2009-08-20-<br />

2.htm (sulla necessità di distinguere, ai fini dell’individuazione della giurisdizione competente, le azioni con le quali si chiede<br />

l’utilizzazione delle graduatorie di concorso, da quelle con le quali si impugna la delibera che rigetta la domanda di utilizzazione di<br />

una precedente graduatoria, indicendo un nuovo concorso).<br />

CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONI UNITE CIVILI, sentenza 9-2-2009, pag. http://www.lexitalia.it/p/91/casssu_2009-02-3.htm<br />

(sulla giurisdizione del giudice amministrativo nel caso di controversia riguardante una delibera con la quale si preferisce coprire<br />

posti vacanti mediante un concorso interno piuttosto che mediante l’utilizzazione di una precedente graduatoria ancora valida ed<br />

efficace).<br />

CONSIGLIO DI STATO SEZ. V, sentenza 4-3-2011, pag. http://www.lexitalia.it/p/11/cds5_2011-03-04-2.htm (sulla legittimità o<br />

meno di una delibera con la quale si indice un nuovo concorso senza utilizzare una graduatoria di un precedente concorso che tuttavia<br />

era stata utilizzata in precedenza).<br />

CONSIGLIO DI STATO SEZ. IV, sentenza 13-2-2009, pag. http://www.lexitalia.it/p/91/cds4_2009-02-1.htm (sul giudice<br />

competente a decidere controversie in materia di utilizzazione della graduatoria di un concorso per la copertura di posti rimasti<br />

vacanti).<br />

CONSIGLIO DI STATO SEZ. V, sentenza 15-10-2009, pag. http://www.lexitalia.it/p/92/cds5_2009-10-15-5.htm (sul giudice<br />

competente a decidere una controversia con la quale si contesta la copertura di un posto vacante mediante mobilità volontaria<br />

piuttosto che mediante utilizzazione di una graduatoria di concorso ancora valida ed efficace e sulla legittimità o meno della relativa<br />

delibera).<br />

88


TAR PUGLIA - BARI SEZ. III, sentenza 29-9-2009, pag. http://www.lexitalia.it/p/92/tarpugliaba3_2009-09-29.htm (nel ribadire che<br />

non sussiste l’obbligo per la P.A. di utilizzare le graduatorie di concorso nel periodo di loro efficacia, afferma tuttavia che la scelta di<br />

indire un nuovo concorso piuttosto che utilizzare una graduatoria ancora valida ed efficace va adeguatamente motivata).<br />

TAR PUGLIA - LECCE SEZ. II, sentenza 11-2-2010, pag. http://www.lexitalia.it/p/10/tarpugliale2_2010-02-11-3.htm (sulla<br />

sussistenza o meno di un obbligo per la P.A. di utilizzare una graduatoria di concorso ancora valida ed efficace e sulla legittimità o<br />

meno dell’indizione di un concorso pubblico senza procedere all’utilizzazione della graduatoria di un concorso precedente).<br />

TAR FRIULI VENEZIA GIULIA - TRIESTE SEZ. I, sentenza 29-10-2009, pag. http://www.lexitalia.it/p/92/tarfriuli1_2009-10-<br />

29.htm (sulla legittimità o meno del diniego di utilizzazione di una graduatoria di concorso ancora valida ed efficace motivato con<br />

l’impossibilità di coprire tutti i posti vacanti mediante l’utilizzazione della graduatoria).<br />

TAR LOMBARDIA - MILANO SEZ. III, sentenza 15-9-2008, pag. http://www.lexitalia.it/p/82/tarlombmi3_2008-09-15.htm (sulla<br />

necessità di distinguere, ai fini dell’individuazione del giudice competente in materia, le controversie con la quali si chiede<br />

l’utilizzazione della graduatoria da quelle con le quali si impugna la delibera di indizione di un nuovo concorso e sull’illegittimità<br />

della delibera di indizione di un nuovo concorso nel caso di omessa indicazione delle ragioni per le quali si è ritenuto di non<br />

utilizzare una graduatoria ancora valida ed efficace).<br />

TAR CALABRIA - CATANZARO SEZ. II, sentenza 27-2-2008, pag. http://www.lexitalia.it/p/81/tarcalcz2_2008-03-27.htm (sul<br />

giudice competente a decidere una controversia relativa al provvedimento di utilizzazione della graduatoria di un concorso e sui<br />

limiti di utilizzabilità delle graduatorie dei concorsi interni).<br />

TAR LAZIO - ROMA SEZ. III TER, sentenza 30-1-2003, pag. http://www.lexitalia.it/private/tar/tarlazio3ter_2003-01-30.htm<br />

(sull’obbligo di utilizzare mediante scorrimento le graduatorie di concorso nel periodo di loro vigenza e sulle circostanze che possono<br />

impedire tale utilizzazione), con commento di O. CARPARELLI, "Panta rei" , la graduatoria del concorso e il bene della vita.<br />

VIRGA P., Novità in tema di scorrimento delle graduatorie di concorso, in LexItalia.it n. 10/2003, pag.<br />

http://www.lexitalia.it/articoli/virga_graduatorie.htm<br />

VIRGA G., L’utilizzazione delle graduatorie di concorso tra facoltà ed obbligo (commento a TAR CAMPANIA - NAPOLI, SEZ. V -<br />

sentenza 27 marzo 2008 n. 1604), in LexItalia.it n. 3/2008, pag. http://www.lexitalia.it/p/81/tarcampna5_2008-03-27.htm<br />

N. 00014/2011REG.PROV.COLL.<br />

ha pronunciato la presente<br />

SENTENZA<br />

REPUBBLICA ITALIANA<br />

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO<br />

Il Consiglio di Stato<br />

in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)<br />

sul ricorso n. 31 dell’Adunanza Plenaria del 2011, proposto da: Ernesto Biondo, Andrea Pagliara, Antonella Castellano,<br />

Stefania Taurino, Massimiliano D'Ambrosio, Sandra Vantaggiato, rappresentati e difesi dall'Avv. Adriano Tolomeo,<br />

con domicilio eletto presso F. Massa, in Roma, via degli Avignonesi n. 5;<br />

contro<br />

Università del Salento, Università degli Studi di Lecce, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato,<br />

domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;<br />

Anna Sodero;<br />

e con l'intervento di<br />

89


ad opponendum:<br />

Anna Chiara Presicce, Luigina Martiriggiano, Maria Rosaria Greco, Giovanni De Benedetto, Massimiliano Viva,<br />

rappresentati e difesi dall'avv. Aldo Loiodice, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via Ombrone, 12 Pal.<br />

B; Flora Fanizza, Daniela Guacci, Tonio Marsonofrio Renna, Donato Giuseppe Nuzzo, Silvia Federica Piccinno,<br />

Cristina Palumbo, Salvatore Miglietta, Francesca Giannuzzi, rappresentati e difesi dall'avv. Pantaleo Ernesto Bacile,<br />

con domicilio eletto presso Barbara Cataldi in Roma, corso Rinascimento, 11;<br />

per la riforma<br />

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - Sezione Staccata di Lecce, Sezione I, n.<br />

2574/2009.<br />

Visti tutti gli atti della causa;<br />

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 luglio 2011 il Cons. Marco Lipari e uditi per le parti gli avvocati Tolomeo,<br />

dello Stato Basilica, Isabella Loiodice per delega di Aldo Loiodice, e Bacile;<br />

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.<br />

FATTO e DIRITTO<br />

1. Gli attuali appellanti, ricorrenti in primo grado, hanno partecipato al concorso pubblico, per titoli ed esami, diretto<br />

alla copertura di un posto di categoria C, presso la Direzione amministrativa dell’Università degli Studi di Lecce, poi<br />

trasformata in "Università del Salento", bandito con decreto dirigenziale n. 84 del 31 dicembre 2002.<br />

La graduatoria del concorso è stata approvata con decreto del 28 dicembre 2005 e pubblicata nella Gazzetta ufficiale n.<br />

24 del 23 marzo 2006.<br />

I ricorrenti sono risultati idonei, ma non vincitori, in quanto collocati, rispettivamente, ai numeri 31, 32, 35, 36, 37 e 39<br />

della graduatoria.<br />

2. Con decreto del Rettore n. 2464 del 14 novembre 2006, l’Università ha proceduto allo "scorrimento" della<br />

graduatoria, assumendo 24 unità di personale, fino al 26° posto dell’elenco degli idonei.<br />

L’amministrazione universitaria, poi, ha ripetutamente utilizzato la graduatoria, per individuare i soggetti ai quali<br />

conferire diversi incarichi di collaborazione continuativa e coordinata.<br />

3. In seguito, l’Università del Salento, nell’ambito della programmazione triennale delle assunzioni, ha stabilito di<br />

avviare due nuove procedure concorsuali per il reclutamento di personale di categoria C, a tempo determinato e a tempo<br />

indeterminato.<br />

In particolare, con decreto del 14 ottobre 2008, n. 398, il direttore amministrativo dell’Università ha indetto una<br />

selezione pubblica per titoli ed esami, volta all’assunzione a tempo determinato di 14 unità di personale tecnico<br />

amministrativo di categoria C dell’area amministrativa, di cui 8 posti riservati in favore del personale precario, per le<br />

esigenze temporanee ed eccezionali dell’amministrazione.<br />

Quindi, con decreto n. 449 del 30 ottobre 2008, n. 449, l’Università ha bandito una "selezione pubblica, per titoli ed<br />

esami, volta all’assunzione a tempo indeterminato di 3 unità di personale tecnico amministrativo di categoria C<br />

dell’Area amministrativa, per le esigenze funzionali delle Segreterie della Facoltà di Ingegneria Industriale e dei Corsi<br />

di Laurea Magistrale ed Interfacoltà (sede di Brindisi) e della Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali<br />

dell’Università del Salento", evidenziando, espressamente, "in relazione alla specifica professionalità richiesta,<br />

l’inesistenza di graduatorie utili di selezioni già espletate".<br />

4. Gli appellanti, nella loro qualità di candidati idonei, ma non vincitori, della selezione bandita nel 2002, hanno<br />

contestato tutte le determinazioni adottate dall’amministrazione riguardanti l’indizione delle nuove procedure<br />

concorsuali, deducendo che l’Università, per la copertura dei posti vacanti, avrebbe dovuto prioritariamente utilizzare le<br />

90


preesistenti graduatorie, in doverosa applicazione dell’articolo 35, comma 5 – ter, del Testo unico del pubblico impiego<br />

di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, introdotto dalla legge n. 244/2007 (legge finanziaria per il 2008).<br />

Hanno prospettato, poi, i vizi di eccesso di potere e di difetto di motivazione, asserendo che gli atti impugnati non<br />

avevano dato conto né delle ragioni giustificatrici della preferenza accordata al reclutamento mediante due nuovi<br />

concorsi, né del sacrificio imposto alle loro aspettative legittime.<br />

5. Il TAR ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti, svolgendo un’ampia motivazione, incentrata sui seguenti punti:<br />

I) Il legislatore ordinario ha una elevatissima discrezionalità nella individuazione dei contesti in cui la regola del<br />

concorso "può cedere il posto a diversa procedura di reclutamento del personale".<br />

II) Ciò può avvenire "quando particolarissime esigenze di politica sociale e di raffreddamento di tensioni provocatasi<br />

all’interno di determinate categorie impongano di abbandonare il criterio principale, in favore di una procedura più<br />

snella e forse meno garantita, ma pur sempre conforme a Costituzione." La procedura di stabilizzazione del personale<br />

precario, contemplata dalle leggi n. 296/2006 e n. 244/2007, "si muove in questa ottica".<br />

III) Occorre comunque verificare il "ragionevole temperamento degli interessi di cui appaiono portatori i dipendenti che<br />

hanno una aspettativa giuridicamente rilevante alla stabilizzazione, e coloro che hanno un interesse di segno opposto a<br />

far rispettare altre regole che pure caratterizzano la materia". Detta "ponderazione comparativa di interessi in gioco deve<br />

essere effettuata dalla pubblica amministrazione, perché, un volta consumatasi la discrezionalità del legislatore, rimane<br />

pur sempre un ambito in cui la riserva di amministrazione deve poter operare."<br />

IV) In concreto, va considerato che "al momento della indizione delle procedure di reclutamento impugnate, la validità<br />

della graduatoria (circoscritta in 24 mesi) era spirata, con considerevole affievolimento della posizione soggettiva dei<br />

ricorrenti a prevalere sia rispetto al personale da stabilizzare, sia in rapporto a coloro ai quali è stata riservata una quota<br />

dei posti messi a concorso".<br />

V) Pertanto, "non è irragionevole e non merita accoglimento la censura di eccesso di potere la scelta<br />

dell’amministrazione universitaria la quale, invece di utilizzare lo scorrimento di una graduatoria divenuta inefficace<br />

per decorso del tempo, decida di soddisfare il fabbisogno di personale riservando una parte di posti da coprire a<br />

personale precario da stabilizzare, e una parte degli stessi posti indicendo apposita procedura concorsuale, dando<br />

contestualmente atto della insussistenza di graduatorie valide da utilizzare con scorrimento".<br />

6. Con l’appello, i ricorrenti hanno riproposto e sviluppato le censure articolate in primo grado, criticando la decisione<br />

di rigetto.<br />

L’amministrazione ha resistito al gravame, prospettando numerose eccezioni preliminari.<br />

In questo grado di giudizio, con due separati atti, sono intervenuti, ad opponendum, alcuni dei soggetti vincitori o<br />

risultati idonei nelle due contestate procedure concorsuali.<br />

7. Con ordinanza n. 6145 del 14 dicembre 2009, la Sesta Sezione ha sospeso l’efficacia della sentenza, ritenendo che "il<br />

ricorso in appello evidenzia profili di fondatezza nella parte in cui censura la interpretazione dell’articolo 3, comma 87,<br />

della legge n. 244/2007 (implicitamente) operata dal Tar e prima ancora dall’Università appellata, secondo cui tale<br />

disposizione (che reca un nuovo termine di durata delle graduatorie concorsuali) si applicherebbe soltanto alle<br />

graduatorie approvate successivamente all’entrata in vigore della legge e non invece (come sembra più corretto ritenere)<br />

a tutte le graduatorie ancora vigenti all’atto della sua entrata in vigore."<br />

8. Con l’ordinanza n. 1839/2011, la Sesta Sezione ha deferito l’esame del ricorso all’Adunanza Plenaria, prospettando<br />

le seguenti questioni interpretative:<br />

a) la validità e l’efficacia della graduatoria concorsuale in cui figurano gli attuali appellanti, alle date (14 e 30 ottobre<br />

2008), nelle quali l’Università del Salento ha bandito le due nuove procedure concorsuali per la copertura di posti della<br />

medesima categoria professionale oggetto della selezione cui hanno partecipato i ricorrenti;<br />

b) la "applicabilità o meno, ratione temporis, delle previsioni della richiamata legge n. 244/07, dato che, secondo<br />

l’assunto difensivo della Università, tale disposizione si applicherebbe soltanto alle graduatorie approvate a decorrere<br />

dal 1 gennaio 2008 e cioè dopo la sua entrata in vigore";<br />

91


c) la posizione degli idonei in graduatoria rispetto alla determinazione della amministrazione di far luogo a nuove<br />

assunzioni di personale nell’ambito della stessa categoria professionale, con specifico riguardo alla sussistenza e<br />

all’ampiezza dell’obbligo di motivazione della decisione con cui l’amministrazione stabilisce di indire un nuovo<br />

concorso, pur in presenza di graduatorie degli idonei ancora valide ed efficaci.<br />

9. L’Adunanza Plenaria deve esaminare prioritariamente le eccezioni preliminari sollevate dall’amministrazione<br />

resistente e dagli interventori in opposizione.<br />

Anzitutto, si eccepisce l’inammissibilità e l’improcedibilità dell’appello, in base all’assunto secondo cui i ricorrenti,<br />

anche in caso di accoglimento della domanda di annullamento dei contestati bandi di concorso, non si troverebbero in<br />

posizione utile per conseguire l’assunzione a tempo indeterminato, tramite la procedura di scorrimento della graduatoria<br />

approvata il 28 dicembre 2005.<br />

Al riguardo, l’amministrazione appellata sottolinea che i ricorrenti sono collocati soltanto tra il 31° e il 39° posto della<br />

graduatoria, mentre le tre posizioni utili per l’eventuale scorrimento partono già dal 26°.<br />

10. L’eccezione è priva di pregio.<br />

È vero che gli appellanti non figurano, attualmente, come i soggetti i quali potrebbero essere assunti immediatamente, a<br />

tempo indeterminato, attraverso la procedura di scorrimento. Ma resta comunque intatto il loro interesse<br />

all’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di utilizzare la precedente graduatoria, tenendo conto della<br />

possibilità, non irragionevole, di rinunce da parte dei concorrrenti idonei collocati in migliore posizione nella classifica.<br />

Né può negarsi rilievo all’ulteriore interesse dei ricorrenti al conferimento di nuovi incarichi di collaborazione<br />

temporanea, tenendo conto della circostanza che l’amministrazione, secondo una propria autonoma valutazione, ha più<br />

volte proceduto mediante l’utilizzazione della graduatoria, indipendentemente dalla verifica della sua effettiva vigenza.<br />

In ogni caso, poi, assume rilievo determinante la circostanza che gli appellanti si trovano in posizione certamente utile<br />

per aspirare alla immediata assunzione a tempo determinato, in relazione alla procedura concorsuale per 14 posti,<br />

bandita con decreto dirigenziale del 14 ottobre 2008, n. 398.<br />

11. Non è condivisibile, poi, l’ulteriore eccezione prospettata dall’amministrazione, la quale osserva che, nelle more del<br />

giudizio, è ormai trascorso un triennio dalla pubblicazione della graduatoria. Pertanto, a suo dire, anche accogliendo la<br />

tesi difensiva dei ricorrenti, in caso di annullamento delle procedure concorsuali impugnate in primo grado, gli<br />

appellanti non potrebbero ottenere l’assunzione in servizio, perché la graduatoria ha definitivamente perduto la propria<br />

efficacia, quanto meno dal 23 marzo 2009.<br />

È sufficiente osservare che l’eventuale annullamento delle procedure concorsuali impugnate in primo grado avrebbe<br />

portata pienamente retroattiva, determinando l’obbligo dell’amministrazione di rideterminarsi, ora per allora, sulle<br />

corrette modalità di reclutamento del personale.<br />

12. Né è esatta la tesi affermata dall’Università appellata, secondo la quale, in caso di annullamento, l’amministrazione<br />

potrebbe limitarsi a reiterare la decisione di indizione dei concorsi, solo arricchendola di un più ampio corredo<br />

motivazionale.<br />

Infatti, la domanda proposta dagli appellanti mira, in via principale, ad accertare la fondatezza della pretesa allo<br />

scorrimento della graduatoria e l’illegittimità degli atti di indizione del concorso e, solo in via subordinata, intende<br />

stigmatizzare l’inadeguatezza dell’istruttoria e della valutazione comparativa degli interessi coinvolti nella presente<br />

vicenda.<br />

Ne consegue che sussiste, tuttora, l’interesse alla decisione di merito sulle censure formulate dagli appellanti.<br />

13. Ciò chiarito, il collegio ritiene opportuno esaminare, congiuntamente, le due prime questioni prospettate<br />

dall’ordinanza di deferimento all’Adunanza Plenaria, concernenti la perdurante vigenza della graduatoria approvata nel<br />

dicembre 2005 e l’ambito temporale di operatività della disciplina che ha fissato in tre anni, decorrenti dalla<br />

pubblicazione, il periodo di efficacia delle graduatorie concorsuali.<br />

L’amministrazione sostiene, gradatamente, due distinti argomenti, corrispondenti alle questioni deferite dalla Sesta<br />

Sezione:<br />

92


a) in linea di diritto, la disciplina concernente l’efficacia triennale delle graduatorie concorsuali, decorrente dalla loro<br />

pubblicazione, contenuta nell’articolo 35, comma 5 – ter, del Testo unico del pubblico impiego, introdotta dalla legge n.<br />

244/2007, si applica, solo per il futuro, alle procedure concorsuali bandite, o quanto meno concluse, dopo la sua entrata<br />

in vigore (1 gennaio 2008); pertanto, non potrebbe operare nella presente vicenda;<br />

b) in ogni caso, la nuova disciplina legislativa potrebbe riguardare solo le graduatorie ancora efficaci al momento della<br />

sua entrata in vigore; in punto di fatto, la vigenza della graduatoria approvata nel dicembre 2005 deve ritenersi già<br />

scaduta in data 28 dicembre 2007, in applicazione della normativa regolamentare adottata dall’Università del Salento;<br />

né essa potrebbe rivivere in dipendenza di una disciplina entrata in vigore in epoca successiva (1 gennaio 2008).<br />

14. Il collegio ritiene che la tesi esposta alla lettera a) sia priva di pregio, mentre risulta pienamente condivisibile<br />

l’argomento espresso alla lettera b).<br />

L’articolo 3, comma 87, della legge 24 dicembre 2007 n. 244, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio<br />

annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008)", ha aggiunto, all’articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo<br />

2001, n. 165, il comma 5 – ter, in forza del quale "Le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso<br />

le amministrazioni pubbliche rimangono vigenti per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione. Sono fatti salvi i<br />

periodi di vigenza inferiori previsti da leggi regionali".<br />

La nuova disciplina è entrata in vigore il 1 gennaio 2008, ossia in epoca sicuramente successiva tanto all’avvio quanto<br />

alla conclusione del procedimento concorsuale in cui gli attuali appellanti sono stati collocati nella graduatoria degli<br />

idonei, posto che gli atti della procedura concorsuale sono stati approvati con decreto del 28 dicembre 2005, pubblicato<br />

il 23 marzo 2006.<br />

A dire dell’amministrazione appellata e degli interventori ad opponendum, la nuova disciplina sarebbe applicabile solo<br />

alle procedure concorsuali bandite, o quanto meno concluse, dopo la data di entrata in vigore della legge n. 244/2007 (1<br />

gennaio 2008).<br />

15. La tesi difensiva in esame non merita condivisione.<br />

La formulazione letterale della disposizione è incentrata sulla determinazione dell’ambito temporale di durata di un<br />

effetto giuridico, costituito dalla "vigenza" delle graduatorie di concorso.<br />

Il presupposto applicativo della norma, quindi, è rappresentato dalla esistenza di una graduatoria, cui collegare la<br />

conseguenza giuridica della efficacia triennale.<br />

La formula letterale "rimangono vigenti" lascia chiaramente intendere che l’effetto giuridico è direttamente collegato al<br />

presupposto fattuale della formazione di una graduatoria, mentre non rileva la circostanza che essa sia stata realizzata<br />

nell’ambito di procedimenti iniziati, o anche semplicemente conclusi, prima della sua entrata in vigore.<br />

Va considerato, poi, che sul piano delle finalità perseguite, la disciplina in esame è coerente con l’univoca tendenza<br />

legislativa degli ultimi anni, che ha più volte introdotto disposizioni esplicitamente dirette a stabilire la proroga<br />

dell’efficacia delle graduatorie concorsuali preesistenti.<br />

16. L’intervento normativo del 2007 abbandona la struttura formale della disciplina di mera proroga, a carattere<br />

contingente, e si caratterizza per alcuni elementi di novità:<br />

- è definitivamente confermato che la vigenza delle graduatorie, ora determinata in tre anni, decorrenti dalla<br />

pubblicazione, è un istituto ordinario ("a regime") delle procedure di reclutamento del personale pubblico, disciplinato<br />

da una fonte di rango legislativo e non più dal solo regolamento generale dei concorsi (D.P.R. n. 487/1994);<br />

- l’ambito oggettivo di applicazione dell’istituto generale dello "scorrimento" è riferito, indistintamente, a tutte le<br />

amministrazioni, senza limitazioni di carattere soggettivo od oggettivo.<br />

Fermi restando questi importanti profili innovativi, tuttavia, la disciplina, per la sua ratio e per la sua formulazione<br />

letterale, va estesa anche alle procedure concorsuali svolte in epoca precedente alla sua entrata in vigore.<br />

93


17. Peraltro, l’ambito temporale di operatività della nuova disciplina deve essere riferito alle sole graduatorie che<br />

risultino valide ed efficaci, a partire dal momento di entrata in vigore della legge n. 244/2007.<br />

Non vi sono ragioni sistematiche o lessicali tali da far ritenere, invece, che la disposizione possa realizzare la piena<br />

reviviscenza di graduatorie che hanno definitivamente perso la loro efficacia.<br />

Nel caso di specie, al momento di entrata in vigore della nuova disciplina, l’efficacia della graduatoria, approvata nel<br />

dicembre 2005, era già venuta meno, in applicazione delle specifiche previsioni contenute nel regolamento<br />

dell’Università, approvato con deliberazione del Consiglio di amministrazione del 30 ottobre 2001 e poi modificato con<br />

decreto rettorale n. 2658 del 31 dicembre 2003 ("Regolamento recante disposizioni sui procedimenti di selezione per<br />

l’accesso all’impiego a tempo indeterminato nell’Università degli Studi di Lecce nelle categorie del personale tecnico e<br />

amministrativo e sui procedimenti per la progressione verticale nel sistema di classificazione").<br />

Secondo l’articolo 7, "l’Amministrazione si riserva la possibilità, nel rispetto dell’equilibrio finanziario del bilancio e<br />

dei principi di una corretta ed efficiente gestione delle risorse economiche ed umane, di utilizzare le graduatorie di<br />

merito per un periodo non superiore a 24 mesi dalla data di approvazione delle stesse, al fine di costituire ulteriori<br />

rapporti di lavoro a tempo indeterminato."<br />

La graduatoria del concorso è stata approvata con decreto del direttore amministrativo n. 681 del 30 dicembre 2005.<br />

Pertanto, la sua vigenza è scaduta il 30 dicembre 2007, in epoca anteriore, sia pure soltanto per due giorni, all’entrata in<br />

vigore della legge finanziaria per il 2008 (1 gennaio 2008).<br />

18. Contrariamente a quanto ritenuto dagli appellanti, la disciplina regolamentare dell’Università non è stata intaccata<br />

dalle altre disposizioni legislative, succedutesi nel tempo, che hanno previsto la proroga dell’efficacia delle graduatorie<br />

concorsuali.<br />

Infatti, le norme invocate dagli appellanti escludono dal proprio raggio di applicazione le Università.<br />

Né potrebbe avere rilievo la previsione contenuta nel’articolo 5 della legge 14/2009, che ha prorogato al 31 dicembre<br />

2009 la validità di tutte le graduatorie approvate successivamente al 31 dicembre 1999, poiché la norma è applicabile<br />

solo alle graduatorie ancora efficaci al momento della entrata in vigore della nuova disciplina.<br />

19. Va superata l’obiezione degli appellanti, secondo i quali l’aspetto della vicenda concernente l’intervenuta scadenza<br />

della graduatoria non potrebbe essere esaminato in questa fase di appello. Infatti:<br />

a) la sentenza impugnata ha compiuto un esplicito riferimento alla durata biennale della graduatoria, ancorché non abbia<br />

analiticamente enunciato che il termine decorre dall’atto di approvazione, anziché da quello di pubblicazione;<br />

b) non rileva la circostanza che l’amministrazione universitaria, in primo grado, abbia incentrato le proprie difese<br />

principali su due argomenti diversi, diretti a sostenere la prevalenza delle procedure di stabilizzazione rispetto allo<br />

scorrimento della graduatoria, nonché sulla inapplicabilità della nuova disciplina alle procedure di gara bandite prima<br />

della sua entrata in vigore;<br />

c) la questione riguardante l’intervenuta cessazione di efficacia della graduatoria deve essere qualificata come mera<br />

difesa e non già come domanda o eccezione in senso stretto e, pertanto, potrebbe essere comunque ritualmente<br />

prospettata per la prima volta in grado di appello, tenendo conto che il suo esame non comporta l’acquisizione di<br />

ulteriori elementi istruttori e probatori.<br />

20. Va escluso, quindi, che sul punto relativo alla determinazione del periodo di vigenza della graduatoria, secondo la<br />

disciplina regolamentare dell’Ateneo, si sia formato un "giudicato interno", favorevole alla tesi degli appellanti.<br />

D’altro canto, in questo grado di giudizio, deve essere garantito il diritto di difesa degli interventori ad opponendum, i<br />

quali hanno particolarmente insistito sulla scadenza della graduatoria. Né la loro posizione potrebbe essere pregiudicata<br />

da una sentenza pronunciata all’esito di un procedimento di primo grado, al quale sono rimasti estranei.<br />

21. Ne deriva che la sentenza impugnata ha correttamente respinto il ricorso, perché, al momento di indizione dei<br />

concorsi impugnati, l’amministrazione non poteva più attingere a graduatorie efficaci.<br />

94


22. Le esposte considerazioni sono pienamente idonee a determinare la definitiva soluzione del presente giudizio, con il<br />

conseguente rigetto dell’appello.<br />

Tuttavia, l’Adunanza Plenaria ritiene necessario svolgere l’esame della terza e più complessa questione prospettata<br />

dall’ordinanza di rinvio, al fine di enunciare i pertinenti principi di diritto, nell’interesse della legge, ai sensi<br />

dell’articolo 99, comma 5, del codice del processo amministrativo.<br />

Si tratta, all’evidenza, di una problematica di particolare importanza, che ha dato luogo a contrasti giurisprudenziali.<br />

23. Sul piano letterale, l’articolo 99, comma 5, prevede che l’Adunanza Plenaria possa esprimere il principio di diritto<br />

nell’interesse della legge "anche quando dichiara il ricorso irricevibile, inammissibile o improcedibile, ovvero<br />

l’estinzione del giudizio".<br />

La disposizione manifesta, in senso più ampio, l’intento del legislatore di consentire l’esercizio del potere nomofilattico<br />

dell’Adunanza Plenaria anche nei casi in cui l’esito della controversia prescinda, in concreto, dalla soluzione delle<br />

questioni di diritto deferitele.<br />

Detta facoltà sussiste, quindi, sia nelle ipotesi in cui la pronuncia assume contenuto meramente processuale, sia nelle<br />

eventualità in cui la decisione incide sul merito della controversia, ma si incentra su un tema logicamente pregiudiziale<br />

rispetto a quello oggetto del deferimento.<br />

24. La questione proposta consiste nello stabilire quale sia il rapporto tra due diverse modalità di reclutamento del<br />

personale pubblico:<br />

a) la utilizzazione dei candidati idonei, collocati in graduatorie concorsuali ancora efficaci, attraverso il meccanismo<br />

dello "scorrimento";<br />

b) la indizione di un nuovo concorso.<br />

In particolare, occorre determinare se, in presenza di graduatorie concorsuali valide ed efficaci, la decisione con cui<br />

l’amministrazione avvia una nuova procedura selettiva debba essere sorretta da una puntuale e approfondita<br />

motivazione, volta a illustrare le ragioni della scelta e a giustificare il sacrificio delle posizioni giuridiche dei soggetti<br />

idonei.<br />

25. L’ordinanza di rinvio compie un’analitica ricognizione delle opinioni espresse dalla giurisprudenza, evidenziando<br />

l’esistenza di due principali orientamenti interpretativi contrapposti, ai quali si affiancano, comunque, ulteriori indirizzi<br />

ermeneutici.<br />

a) Una prima tesi, definita "tradizionale", sostiene che l’indizione di un nuovo concorso, anche in presenza di<br />

graduatorie valide ed efficaci, costituisca sempre la regola, ritenuta di diretta derivazione costituzionale, e, pertanto, non<br />

debba essere corredata da alcuna specifica motivazione.<br />

b) Secondo una variante "estrema" della prima impostazione, la determinazione riguardante l’indizione di un nuovo<br />

concorso non solo non richiederebbe alcuna motivazione, ma costituirebbe una tipica scelta di "merito amministrativo",<br />

insindacabile in sede giurisdizionale, salva l’allegazione di "macroscopici" vizi.<br />

c) La tesi opposta, tuttora minoritaria ed emersa più recentemente, ritiene, al contrario che, in ogni caso, anche la<br />

determinazione di indizione di un nuovo concorso, al pari di tutti gli atti amministrativi costituenti l’esito di una scelta<br />

fra più alternative, debba essere adeguatamente motivata, pure con riguardo alla valutazione degli interessi dei candidati<br />

idonei collocati in graduatorie ancora efficaci.<br />

d) Un ulteriore sviluppo di questa corrente interpretativa è nel senso che l’utilizzazione delle graduatorie vigenti<br />

costituisca, ormai, la regola ordinaria di reclutamento del personale, non necessitante di apposita ed esplicita<br />

giustificazione, mentre l’indizione del concorso rappresenti l’eccezione; pertanto, l’obbligo di esporre un’approfondita<br />

motivazione sussiste soltanto qualora l’amministrazione ritenga di indire una nuova procedura concorsuale.<br />

95


e) In questo ambito, è anche affiorata un’opinione più "radicale", secondo cui non solo vi sarebbe una preferenza<br />

assoluta per lo scorrimento rispetto all’indizione del nuovo concorso, ma, una volta verificatasi la vacanza del posto,<br />

l’amministrazione sarebbe sempre incondizionatamente vincolata a coprirlo, utilizzando la graduatoria efficace.<br />

26. La tesi finora dominante in giurisprudenza (tra le ultime: Consiglio di Stato, V Sezione, 19 novembre 2009, n. 743;<br />

V, 19 novembre 2009, n. 8369; IV, 27 luglio 2010 n. 4911) ritiene che la determinazione amministrativa di indizione di<br />

nuove procedure concorsuali, anche in presenza di graduatorie efficaci sia ampiamente discrezionale e non necessiti di<br />

alcuna specifica motivazione, poiché conforme alla regola tracciata dall’articolo 97 della Costituzione.<br />

In questo senso, secondo Cons. Stato, V, 25 giugno 2010 n. 4072, le norme riguardanti l’utilizzabilità delle graduatorie<br />

e, in particolare, gli artt. 15 d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487 e 22, comma 8, l. 24 dicembre 1994, n. 724 non riconoscono<br />

agli idonei dei concorsi pubblici alcun diritto ad essere immessi in ruolo, ma si limitano ad attribuire<br />

all'Amministrazione, in alternativa allo svolgimento della procedura concorsuale ordinaria, la facoltà di procedere allo<br />

scorrimento delle graduatorie ancora valide di concorsi già indetti, in modo da poter conferire agli idonei i posti non<br />

coperti dopo la chiamata dei vincitori, ovvero "medio tempore" resisi disponibili, nei limiti della pianta organica; tali<br />

disposizioni, dunque, sono rivolte esclusivamente all'Amministrazione, proponendosi la finalità di agevolare, in nome<br />

del principio di economicità dell'azione amministrativa, il reperimento della provvista del personale, senza far ricorso<br />

all'ordinario concorso ma senza qualificare o differenziare la posizione degli idonei rispetto ad altri dipendenti, che<br />

aspirino agli stessi posti.<br />

Analogamente, a giudizio di Cons. Stato, Sez. IV, 16 giugno 2011, n. 3660, la nomina di idonei nei posti vacanti<br />

costituisce una facoltà e non un obbligo per l'amministrazione, trattandosi di un potere che rientra, di norma, nella<br />

discrezionalità dell'Ente, fatte salve situazioni particolari in cui il legislatore abbia espressamente disposto l'obbligo per<br />

l'Amministrazione di procedere allo scorrimento della graduatoria.<br />

27. In qualche occasione, questo filone ermeneutico si è spinto fino all’affermazione più radicale, secondo la quale la<br />

decisione di bandire un nuovo concorso potrebbe essere dettata, in ultima analisi, anche da mere ragioni di opportunità,<br />

sottratte al sindacato giurisdizionale, in quanto afferenti al merito amministrativo, salva la sussistenza di macroscopici<br />

vizi di eccesso di potere per illogicità e travisamento dei fatti, arbitrarietà, irrazionalità, irragionevolezza (Cons. Stato,<br />

Sez. IV, 27-07-2010, n. 4910; T.A.R. Lazio Roma, Sez. II ter, 11-04-2011, n. 3184).<br />

In questa prospettiva, soltanto la decisione di attingere alle graduatorie concorsuali valide ed efficaci necessita di<br />

un’apposita motivazione, in quanto costituirebbe una deroga al principio costituzionale del concorso.<br />

28. Il diverso e opposto indirizzo interpretativo, invece, sostiene che l’amministrazione debba sempre motivare la<br />

determinazione di indire un nuovo concorso, dando conto, fra l’altro, delle ragioni dei soggetti utilmente collocati in<br />

graduatoria e del sacrificio loro imposto.<br />

In tal senso si pone, fra le ultime, la decisione della V Sezione, 4 marzo 2011 n. 1395 (la quale richiama Cons. Stato,<br />

sez. VI, 19 febbraio 2010, n. 668), secondo cui è illegittima la delibera con la quale una P.A. indice un concorso<br />

pubblico, piuttosto che utilizzare una graduatoria di un precedente concorso per la copertura dei posti banditi, nel caso<br />

in cui la stessa graduatoria sia stata in precedenza utilizzata per la copertura di altri posti e la scelta di procedere per gli<br />

ulteriori posti con un nuovo concorso non trovi alcuna ragionevole giustificazione, ponendosi in contrasto con il già<br />

avvenuto utilizzo della graduatoria.<br />

29. Analogo indirizzo è manifestato dalla giurisprudenza secondo cui, a fronte di una graduatoria valida ed efficace,<br />

l’Amministrazione (salvo il caso che si tratti di posti di nuova istituzione in pianta organica) non potrebbe trascurare<br />

completamente, a mezzo della indizione di nuova procedura concorsuale, le posizioni dei soggetti già selezionati come<br />

idonei, quantomeno in carenza di valide ragioni giustificatrici (Tar Sardegna, 19 ottobre 1999, n. 1228; Tribunale<br />

ordinario Roma ord. sez. lav. 3 gennaio 2001; Tar Lazio 30 gennaio 2003, n. 536; Tar Lecce, 10 ottobre 2005, n. 4452;<br />

Tar Lombardia, 15 settembre 2008, n.4073; Tar Lazio 15 settembre 2009 n. 8743; Cass. SS.UU. 29 settembre 2003 n.<br />

14529 e 9 febbraio 2009 n. 3055).<br />

30. L’ordinanza di deferimento alla Plenaria aderisce, in sostanza, a tale secondo orientamento, esponendo molteplici<br />

argomenti di carattere letterale, logico e sistematico.<br />

Semmai, prosegue l’ordinanza (sia pure in termini più dubitativi), proprio l’opzione di procedere mediante lo<br />

scorrimento della graduatoria potrebbe rappresentare la regola e non richiedere alcuna particolare giustificazione,<br />

incentrata sulla valutazione comparativa degli interessi coinvolti nella decisione.<br />

96


Secondo la pronuncia, nel processo decisionale adottato per la copertura dei posti vacanti, vanno distinte due fasi<br />

logiche, caratterizzate da una crescente restrizione del potere valutativo spettante all’amministrazione.<br />

a) La determinazione relativa all’an della copertura del posto vacante ha contenuto ampiamente discrezionale, in quanto<br />

riconducibile al novero delle scelte organizzative di pertinenza del soggetto pubblico.<br />

b) La decisione riguardante il quomodo della provvista del posto (scorrimento o indizione di un nuovo concorso),<br />

invece, resta soggetta ad un più stringente dovere di motivazione e vede circoscritti gli spazi discrezionali riservati<br />

all’apprezzamento dell’amministrazione.<br />

31. L’Adunanza Plenaria condivide la conclusione alla quale è pervenuta l’ordinanza della Sesta Sezione, con le<br />

precisazioni di seguito enunciate.<br />

a) Va superata la tesi tradizionale, secondo cui la determinazione di indizione di un nuovo concorso non richiede alcuna<br />

motivazione. A maggiore ragione, è da respingersi la tesi "estrema", secondo cui si tratterebbe di una decisione<br />

insindacabile dal giudice amministrativo.<br />

b) Simmetricamente, però, non è condivisibile l’idea opposta, in forza della quale, la disciplina in materia di<br />

scorrimento assegnerebbe agli idonei un diritto soggettivo pieno all’assunzione, mediante lo scorrimento, che<br />

sorgerebbe per il solo fatto della vacanza e disponibilità di posti in organico. Infatti, in tali circostanze<br />

l’amministrazione non è incondizionatamente tenuta alla loro copertura, ma deve comunque assumere una decisione<br />

organizzativa, correlata agli eventuali limiti normativi alle assunzioni, alla disponibilità di bilancio, alle scelte<br />

programmatiche compiute dagli organi di indirizzo e a tutti gli altri elementi di fatto e di diritto rilevanti nella concreta<br />

situazione, con la quale stabilire se procedere, o meno, al reclutamento del personale.<br />

c) Ferma restando, quindi, la discrezionalità in ordine alla decisione sul "se" della copertura del posto vacante,<br />

l’amministrazione, una volta stabilito di procedere alla provvista del posto, deve sempre motivare in ordine alle<br />

modalità prescelte per il reclutamento, dando conto, in ogni caso, della esistenza di eventuali graduatorie degli idonei<br />

ancora valide ed efficaci al momento dell’indizione del nuovo concorso.<br />

d) Nel motivare l’opzione preferita, l’amministrazione deve tenere nel massimo rilievo la circostanza che l’ordinamento<br />

attuale afferma un generale favore per l’utilizzazione delle graduatorie degli idonei, che recede solo in presenza di<br />

speciali discipline di settore o di particolari circostanze di fatto o di ragioni di interesse pubblico prevalenti, che devono,<br />

comunque, essere puntualmente enucleate nel provvedimento di indizione del nuovo concorso.<br />

32. A queste conclusioni si perviene, anzitutto, mediante l’esame della disciplina riferita all’istituto dello scorrimento<br />

delle graduatorie, che costituisce il risultato di una complessa evoluzione, univocamente orientata alla progressiva<br />

dilatazione del suo spazio applicativo.<br />

Il punto di partenza è costituito dall’articolo 8 del Testo unico degli impiegati civili dello Stato (TUIC), di cui al d.P.R.<br />

10 gennaio 1957 n. 3, come modificato dall’ dall'articolo unico, della legge 8 luglio 1975, n. 305.<br />

In base a tale disposizione, "L'amministrazione ha facoltà di conferire, oltre i posti messi a concorso, anche quelli che<br />

risultino disponibili alla data di approvazione della graduatoria."<br />

"Detti posti, da conferire secondo l'ordine della graduatoria, non possono superare il decimo di quelli messi a<br />

concorso per le carriere direttive ed il quinto per le altre carriere."<br />

"Nel caso che alcuni dei posti messi a concorso restino scoperti per rinuncia, decadenza o dimissioni dei vincitori,<br />

l'amministrazione ha facoltà di procedere, nel termine di due anni dalla data di approvazione della graduatoria, ad<br />

altrettante nomine secondo l'ordine della graduatoria stessa."<br />

33. Il disegno normativo originario è caratterizzato, quindi, dalla tipizzazione dell’ambito oggettivo di operatività<br />

dell’istituto, riferito alle sole ipotesi della disponibilità dei posti al momento dell’approvazione della graduatoria o,<br />

soltanto per i casi di rinuncia, decadenza o dimissioni dei vincitori, anche nel biennio successivo.<br />

È apparso significativo, nella formulazione della norma, anche il riferimento letterale alla "facoltà", attribuita<br />

all’amministrazione pubblica. Tale espressione è stata intesa – dal criticato indirizzo "tradizionale" – come indicativa<br />

della presenza di un ampio potere discrezionale e di merito.<br />

97


34. La previsione dello scorrimento delle graduatorie e della efficacia pluriennale delle graduatorie concorsuali ha<br />

avuto, poi, una progressiva estensione, manifestatasi in più direzioni.<br />

A parte una pluralità di disposizioni contingenti, riguardanti settori specifici del pubblico impiego, sono state introdotte<br />

alcune regole intese a prevedere l’utilizzabilità delle graduatorie in ambiti oggettivamente molto più estesi rispetto a<br />

quello in origine delineato dall’articolo 8 del TUIC.<br />

In questo senso si colloca l’articolo 15, comma 7, del D.P.R. 9 maggio 1994 n. 487 (Regolamento recante norme<br />

sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici<br />

e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi), secondo cui "le graduatorie dei vincitori rimangono efficaci<br />

per un termine di diciotto mesi dalla data della sopracitata pubblicazione per eventuali coperture di posti per i quali il<br />

concorso è stato bandito e che successivamente ed entro tale data dovessero rendersi disponibili".<br />

35. L’art. 91, comma 4, del Testo unico degli enti locali (d.lgs. 267 del 2000), ha previsto, poi, che "Per gli enti locali le<br />

graduatorie concorsuali rimangono efficaci per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione, per l'eventuale<br />

copertura dei posti che si venissero a rendere successivamente vacanti e disponibili, fatta eccezione per i posti istituiti o<br />

trasformati successivamente all'indizione del concorso medesimo."<br />

36. Le menzionate norme generali del 1994 e del 2000 hanno decisamente ampliato il perimetro oggettivo di<br />

applicazione dell’istituto dello scorrimento e ne hanno delineato il rapporto con le altre modalità di copertura dei posti<br />

vacanti.<br />

Le formule utilizzate da tali disposizioni abbandonano ogni riferimento alla "facoltà" dell’amministrazione e sono<br />

incentrate sulla locuzione "eventuale copertura".<br />

È evidente l’intento di ridurre drasticamente l’ambito della discrezionalità dell’amministrazione nella scelta fra le<br />

diverse modalità di reclutamento.<br />

Al tempo stesso, tuttavia, il persistente riferimento al carattere meramente "eventuale" della copertura impedisce di<br />

configurare la procedura di scorrimento quale oggetto di un obbligo incondizionato dell’amministrazione, direttamente<br />

collegato alla sopravvenuta vacanza del posto.<br />

Va rimarcata anche la specifica limitazione ai posti che non siano di "nuova istituzione o trasformazione". La regola,<br />

sebbene contenuta nella disciplina degli enti locali, risulta espressiva di un principio generale e, pertanto, trova<br />

applicazione comune anche alle altre amministrazioni pubbliche.<br />

37. Parallelamente, poi, si sono succedute diverse disposizioni legislative (alcune delle quali sono elencate<br />

analiticamente dall’ordinanza di deferimento all’Adunanza Plenaria), con efficacia temporalmente limitata, ancorché<br />

spesso reiterate senza soluzione di continuità, dirette a prorogare la vigenza delle graduatorie.<br />

38. Le indicate disposizioni, significativamente inserite nelle leggi annuali di "manovra finanziaria", hanno disciplinato,<br />

sul piano formale, il solo termine di efficacia e di vigenza delle graduatorie, con tecniche di intervento legislativo non<br />

omogenee. Si sono previste, alternativamente, "proroghe", "sospensioni" ed "elevazioni" dei termini di efficacia delle<br />

graduatorie, in alcuni casi con una puntuale definizione anche del regime transitorio.<br />

39. Da ultimo, poi, l’articolo 35, comma 5 - ter del testo unico del pubblico impiego ha introdotto la già illustrata<br />

disciplina legislativa, di portata generale, riguardante l’efficacia triennale delle graduatorie concorsuali, decorrente dalla<br />

pubblicazione.<br />

40. Le disposizioni riguardanti i soli termini di efficacia delle graduatorie concorsuali presentano una chiara finalità di<br />

contenimento della spesa pubblica, in relazione ai costi derivanti dall’espletamento delle nuove procedure concorsuali.<br />

Inoltre, perseguono lo scopo di offrire una certa protezione ai soggetti collocati nelle graduatorie (talvolta anche in<br />

posizione di vincitori), in considerazione del regime di "blocco delle assunzioni" previsto, di solito, dalle stesse leggi di<br />

"manovra".<br />

41. Dette norme non hanno modificato gli altri presupposti sostanziali del procedimento di scorrimento delle<br />

graduatorie. Tuttavia, sul piano sistematico, ne hanno rafforzato il ruolo di modalità ordinaria di provvista del<br />

98


personale, tanto più giustificata in relazione alla finalità primaria di ridurre i costi gravanti sulle amministrazioni per la<br />

gestione delle procedure selettive.<br />

42. In questo contesto, dunque, sono destinati a cadere tutti gli argomenti tradizionalmente prospettati per escludere o<br />

ridurre la portata dell’obbligo di motivazione delle determinazione di indizione di un nuovo concorso.<br />

In particolare, vanno confutati gli argomenti in forza dei quali:<br />

a) l’indizione del concorso, attuando un principio costituzionale, non deve essere motivata in modo diffuso;<br />

b) trattandosi di scelta organizzativa, non deve essere supportata da alcun particolare supporto giustificativo;<br />

c) il bando, in quanto "atto generale", non è soggetto all’obbligo della motivazione.<br />

43. La previsione normativa generale della utilizzabilità, per un tempo definito, delle preesistenti graduatorie non<br />

costituisce affatto una deroga alla regola costituzionale del concorso, né introduce un procedimento alternativo a tale<br />

modalità di selezione del personale.<br />

Al contrario, si tratta di un sistema di reclutamento che presuppone proprio lo svolgimento di una procedura selettiva<br />

concorsuale, compiuta nel rispetto dei principi costituzionali, diretta all’individuazione imparziale dei soggetti più<br />

meritevoli.<br />

Questa considerazione vale a superare, in radice, i possibili sospetti di legittimità costituzionale delle discipline che<br />

hanno introdotto, e poi ampliato, l’istituto dello scorrimento.<br />

Eventuali dubbi potrebbero prospettarsi, semmai, in relazione a norme singolari, che prevedano termini irragionevoli di<br />

vigenza delle graduatorie, o stabiliscano rigidi divieti di indizione di nuovi concorsi.<br />

La previsione generale, incentrata sull’articolo 35, comma 5-ter, peraltro, è perfettamente coerente con il dettato<br />

costituzionale, poiché stabilisce un termine di vigenza di tre anni, da reputarsi del tutto congruo, in relazione alle<br />

esigenze organizzative dell’amministrazione, e lascia comunque spazio adeguato alla possibilità di optare per<br />

l’indizione di un nuovo concorso.<br />

44. La decisione di "scorrimento", quindi, poiché rappresenta un possibile e fisiologico sviluppo delle stessa procedura<br />

concorsuale, attuativo dei principi costituzionali, non può essere collocata su un piano diverso e contrapposto rispetto<br />

alla determinazione di indizione di un nuovo concorso.<br />

Entrambi gli atti si pongono in rapporto di diretta derivazione dai principi dell’articolo 97 della Costituzione e, quindi,<br />

devono essere sottoposti alla medesima disciplina, anche in relazione all’ampiezza dell’obbligo di motivazione.<br />

45. In termini generali, poi, l’ampia portata dell’obbligo di motivare i provvedimenti amministrativi è ormai saldamente<br />

acquisita nel nostro ordinamento, già in epoca antecedente all’entrata in vigore della legge n. 241/1990.<br />

Detto dovere motivazionale è particolarmente rilevante nei casi in cui l’amministrazione ha dinanzi a sé una pluralità di<br />

opzioni, le quali possono determinare costi economici ed amministrativi diversificati e quando deve comunque<br />

considerare le posizioni giuridiche di determinati soggetti, titolari di aspettative protette dall’ordinamento.<br />

46. Non può condividersi l’argomento secondo cui le decisioni organizzative dell’amministrazione, comprese quelle<br />

con cui si indice un nuovo concorso, afferendo al "merito", non richiederebbero alcuna particolare motivazione. Detta<br />

tesi, infatti, trascura di considerare non solo il valore di principio dell’articolo 3 della legge n. 241/1990, ma anche la<br />

circostanza secondo cui le opzioni compiute dal soggetto pubblico in questo ambito hanno importanti ricadute in<br />

termini di efficacia ed efficienza e incidono, comunque, sulle aspettative e sugli interessi dei soggetti idonei.<br />

Parimenti, per negare la sussistenza dell’obbligo di motivazione non è pertinente il richiamo alla natura di atto generale<br />

del bando, poiché l’obbligo di motivazione non riguarda il contenuto delle disposizioni generali racchiuse in tale atto,<br />

bensì la determinazione con cui l’amministrazione stabilisce la procedura per il reclutamento del personale.<br />

47. Il dovere di motivazione dell’atto di indizione del concorso, pertanto, rileva in una duplice direzione:<br />

99


- evidenzia l’interesse pubblico dell’amministrazione sotteso alla scelta compiuta;<br />

- indica l’attenta considerazione degli interessi giuridici facenti capo ai soggetti collocati in graduatorie ancora efficaci.<br />

48. Va osservato, ancora, che la disciplina riguardante l’efficacia triennale delle graduatorie, che in origine aveva una<br />

portata circoscritta e contingente, è ora racchiusa in una fonte legislativa di portata generale, l’articolo 35, comma 5-ter,<br />

del testo unico del pubblico impiego, assumendo il rango di regola generale.<br />

La formulazione della norma non è più imperniata sull’attribuzione di una facoltà puramente discrezionale, ma,<br />

mediante l’uso dell’indicativo presente ("rimangono vigenti"), evidenzia il carattere tipicamente obbligatorio della<br />

prescrizione.<br />

49. Non può trascurarsi, poi, che l’opzione di riconnettere una discrezionalità limitata alla amministrazione circa le<br />

modalità dell’assunzione, accordando tendenziale preferenza allo scorrimento, appare maggiormente rispettosa dei<br />

principi di trasparenza e di imparzialità.<br />

Infatti, come esattamente evidenziato dall’ordinanza di deferimento alla Plenaria, "se si considera che i nominativi dei<br />

soggetti in graduatoria sono ben noti a tutti, potrebbe indebitamente interferire sulla decisione di utilizzare o meno la<br />

graduatoria (ove l’amministrazione avesse mano libera in tal senso) il maggiore o minore che i soggetti<br />

che vi si trovano incontrano presso l’ente che deve provvedere all’assunzione".<br />

50. Ne deriva, quindi, che sul piano dell’ordinamento positivo, si è ormai realizzata la sostanziale inversione del<br />

rapporto tra l’opzione per un nuovo concorso e la decisione di scorrimento della graduatoria preesistente ed efficace.<br />

Quest’ultima modalità di reclutamento rappresenta ormai la regola generale, mentre l’indizione del nuovo concorso<br />

costituisce l’eccezione e richiede un’apposita e approfondita motivazione, che dia conto del sacrificio imposto ai<br />

concorrenti idonei e delle preminenti esigenze di interesse pubblico.<br />

51. La riconosciuta prevalenza delle procedure di scorrimento non è comunque assoluta e incondizionata.<br />

Sono tuttora individuabili casi in cui la determinazione di procedere al reclutamento del personale, mediante nuove<br />

procedure concorsuali, anziché attraverso lo scorrimento delle preesistenti graduatorie, risulta pienamente giustificabile,<br />

con il conseguente ridimensionamento dell’obbligo di motivazione.<br />

In tale contesto si situano, in primo luogo, le ipotesi in cui speciali disposizioni legislative impongano una precisa<br />

cadenza periodica del concorso, collegata anche a peculiari meccanismi di progressioni nelle carriere, tipiche di<br />

determinati settori del personale pubblico. In tali eventualità emerge il dovere primario dell’amministrazione di bandire<br />

una nuova procedura selettiva, in assenza di particolari ragioni di opportunità per l’assunzione degli idonei collocati<br />

nelle preesistenti graduatorie.<br />

52. Vanno segnalate, poi, alcune ipotesi di fatto, in cui si manifesta l’opportunità, se non la necessità, di procedere<br />

all’indizione di un nuovo concorso, pur in presenza di graduatorie ancora efficaci, con la conseguente attenuazione<br />

dell’obbligo di motivazione, e a tal fine la vicenda in esame fornisce un esempio significativo.<br />

53. Anzitutto, può assumere rilievo l’esigenza preminente di determinare, attraverso le nuove procedure concorsuali, la<br />

stabilizzazione del personale precario, in attuazione delle apposite regole speciali in materia. Tale finalità, tuttavia, non<br />

esime l’amministrazione dall’obbligo di valutare, comparativamente, in ogni caso, anche le posizioni giuridiche e le<br />

aspettative dei soggetti collocati nella graduatoria come idonei. La normativa speciale in materia, infatti, non risulta<br />

formulata in modo da imporre la indiscriminata prevalenza delle procedure di stabilizzazione, ma lascia<br />

all’amministrazione un rilevante potere di valutazione discrezionale in ordine ai contrapposti interessi coinvolti.<br />

Nel caso oggetto del presente giudizio, gli atti impugnati hanno ripetutamente menzionato il riferimento al<br />

procedimento di stabilizzazione. Le scelte finali dell’amministrazione si sono poi concretizzate nella indizione non già<br />

di concorsi interamente riservati al personale precario, bensì nella sola previsione di una riserva in favore di tali<br />

soggetti.<br />

54. In secondo luogo, può acquistare rilievo l’intervenuta modifica sostanziale della disciplina applicabile alla<br />

procedura concorsuale, rispetto a quella riferita alla graduatoria ancora efficace, con particolare riguardo al contenuto<br />

delle prove di esame e ai requisiti di partecipazione.<br />

100


Nella vicenda oggetto del presente giudizio, le nuove procedure concorsuali prevedono significative diversità rispetto a<br />

quella conclusasi con la graduatoria approvata nel 2005. Le differenze riguardano l’introduzione di una prova di lingua<br />

straniera e una più specifica indicazione dell’oggetto delle prove di contenuto giuridico. Infatti, in queste ultime non<br />

soltanto si fa riferimento alla "legislazione universitaria", genericamente intesa, ma, in modo maggiormente dettagliato,<br />

si considerano anche i "procedimenti in atto presso l’Università, con l’uso di apparecchiature informatiche".<br />

Dette circostanze risultano idonee a giustificare l’opzione di bandire nuove procedure selettive.<br />

55. In terzo luogo, deve attribuirsi risalto determinante anche all’esatto contenuto dello specifico profilo professionale<br />

per la cui copertura è indetto il nuovo concorso e alle eventuali distinzioni rispetto a quanto descritto nel bando relativo<br />

alla preesistente graduatoria.<br />

Nella vicenda in esame rileva la circostanza che i nuovi posti messi a concorso riguardino, precisamente, le strutture di<br />

alcune delle Facoltà universitarie e di altre strutture didattiche dell’Ateneo, mentre la procedura concorsuale approvata<br />

il 28 dicembre 2005 era riferita ad un diverso posto, istituito presso la Direzione amministrativa.<br />

Inoltre, alcuni dei posti considerati nei due bandi impugnati sono di nuova istituzione rispetto a quello contemplato<br />

nella originaria procedura concorsuale approvata nel dicembre 2005.<br />

56. Difatti, mentre la prima procedura concorsuale faceva riferimento, genericamente, ad un posto di categoria C – area<br />

amministrativa, collocato presso la Direzione Amministrativa dell’Ateneo, senza illustrarne il contenuto, il bando di cui<br />

al decreto n. 449 del 30 ottobre 2008 stabilisce con chiarezza la destinazione del personale e descrive dettagliatamente il<br />

diverso profilo professionale richiesto: esso "dovrà assicurare l’istruzione degli atti amministrativi, con particolare<br />

riguardo alle attività didattiche, front office e tutorato, per le quali sono richieste conoscenze teorico-pratiche necessarie<br />

per la corretta applicazione di norme, nell’ambito di direttive ed elaborazioni da parte ad appartenenti a qualifiche<br />

superiori. Dovrà integrare le procedure di semplice esecuzione con la raccolta, il controllo, l’elaborazione e il<br />

coordinamento di informazioni necessarie all’attuazione degli atti amministrativi, anche mediante l’uso di<br />

apparecchiature per l’elaborazione automatica dei dati. Dovrà, altresì, garantire il supporto all’attivazione di<br />

convenzioni per lo svolgimento di tirocini e stages."<br />

57. Ancora, sempre con riferimento alle rilevanti differenze di contenuto sostanziale tra i posti messi a concorso e<br />

quello indicato nella precedente procedura, non può dimenticarsi, che una delle due procedure concorsuali in<br />

contestazione è finalizzata alla costituzione di 14 rapporti di lavoro a tempo determinato: si tratta, quindi, di posti non<br />

coincidenti con quello, a tempo indeterminato, contemplato dall’originario concorso del 2005.<br />

58. In sintesi, è ragionevole ritenere che, nella presente vicenda contenziosa, l’Università abbia correttamente stabilito<br />

di procedere alla indizione di nuovi concorsi, anche prescindendo dalla circostanza, assorbente, riguardante il venir<br />

meno della efficacia della precedente graduatoria.<br />

Ed è significativo che la decisione adottata dall’Università, riguardante l’avvio delle nuove procedure concorsuali sia<br />

conseguita ad una attenta e complessiva attività di ricognizione delle vacanze in organico e di programmazione<br />

pluriennale delle assunzioni. In presenza di tali circostanze pretendere una specifica motivazione della scelta appare del<br />

tutto ridondante.<br />

59. Da ultimo, va precisato che l’affermazione di un dovere più stringente delle amministrazioni di procedere<br />

prioritariamente allo scorrimento delle graduatorie, per la copertura dei posti vacanti, non incide sulla soluzione del<br />

problema concernente la qualificazione della posizione giuridica del concorrente idoneo, il quale contesti l’avvio di una<br />

nuova procedura concorsuale, né comporta riflessi sulla giurisdizione del giudice amministrativo.<br />

Al proposito, le Sezioni Unite della Cassazione hanno da tempo consolidato il principio secondo cui la contestazione<br />

della procedura di indizione di un concorso, fondata sull’affermazione di un "diritto allo scorrimento", si basa sulla<br />

deduzione non già di una carenza di potere dell’amministrazione, ma di un vizio di violazione di legge, la cui<br />

cognizione spetta, in ogni caso, al giudice amministrativo.<br />

60. In questo senso, si pone l’articolata ordinanza 9 febbraio 2009, n. 3055, delle Sezioni Unite, secondo cui la<br />

contrapposizione tra la tesi, che assegna all'amministrazione un ampio potere di valutazione discrezionale e l’opinione<br />

secondo la quale la disciplina positiva obbliga l'amministrazione a realizzare la semplificazione e l'economia connesse<br />

all'utilizzo delle graduatorie approvate in precedenza, escludendo senz'altro l'espletamento di nuove procedure,<br />

costituisce "un problema strettamente di merito, la cui soluzione, pertanto, non interessa la giurisdizione, atteso che,<br />

101


anche aderendo alla seconda delle tesi esposte, il provvedimento di apertura della procedura concorsuale risulterebbe<br />

affetto dal vizio di violazione di legge, non certo emanato in carenza di potere (ovvero nullo perché viziato da "difetto<br />

assoluto di attribuzione", ai sensi della legge n. 241 del 1990)."<br />

61. In definitiva, quindi, l’appello deve essere respinto.<br />

62. Ai sensi dell’articolo 99, comma 5, del codice del processo amministrativo, l’Adunanza Plenaria enuncia il principio<br />

di diritto espresso nella motivazione della presente decisione, così riassunto: "In presenza di graduatorie concorsuali<br />

valide ed efficaci, l’amministrazione, se stabilisce di provvedere alla copertura dei posti vacanti, deve motivare la<br />

determinazione riguardante le modalità di reclutamento del personale, anche qualora scelga l’indizione di un nuovo<br />

concorso, in luogo dello scorrimento delle graduatorie vigenti".<br />

63. Le spese del grado possono essere compensate, tenendo conto della complessità e opinabilità delle questioni trattate.<br />

P.Q.M.<br />

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)<br />

Respinge l'appello.<br />

Spese compensate.<br />

Enuncia il principio di diritto indicato nella motivazione, ai sensi dell’articolo 99, comma 5, del codice del processo<br />

amministrativo.<br />

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.<br />

102


DANNO DA PROVVEDIMENTO FAVOREVOLE POI ANNULLATO<br />

ESTREMI<br />

Autorità: Cassazione civile sez. un.<br />

Data: 23 marzo 2011<br />

Numero: n. 6594<br />

Parti: Soc. Itacasa immob. C. Conserva e altro<br />

Fonti: Giust. civ. 2011, 5, 1209 (s.m.) (nota di: LAMORGESE), Giust. civ. Mass. 2011, 3, 444, Resp. civ. e<br />

prev. 2011, 9, 1743 (s.m.) (nota di: SCOGNAMIGLIO), Giust. civ. 2011, 10, I, 2316 (s.m.) (nota di:<br />

D'ANGELO), Riv. it. dir. pubbl. comunit. 2011, 6, 1606<br />

CLASSIFICAZIONE<br />

GIURISDIZIONE CIVILE - Giurisdizione ordinaria e amministrativa - autorità giudiziaria ordinaria Vedi tutto<br />

GIURISDIZIONE CIVILE - Giurisdizione ordinaria e amministrativa - edilizia e urbanistica<br />

TESTO<br />

Giurisdizione civile - Giurisdizione ordinaria e amministrativa - Autorità giudiziaria ordinaria - Domanda di<br />

risarcimento del danno - Giurisdizione del giudice amministrativo - Limiti - Autonoma materia di giurisdizione<br />

esclusiva - Esclusione - Lesione di interessi pretensivi e oppositivi - Fattispecie in tema di danno da affidamento<br />

ingenerato da provvedimento concessorio legittimamente annullato (giurisdizione del giudice ordinario).<br />

In tema di riparto della giurisdizione, l'attrazione (ovvero concentrazione) della tutela risarcitoria dinanzi al g.a. può<br />

verificarsi soltanto qualora il danno patito dal soggetto sia conseguenza immediata e diretta della dedotta illegittimità<br />

del provvedimento che egli ha impugnato, non costituendo il risarcimento del danno ingiusto una materia di<br />

giurisdizione esclusiva ma solo uno strumento di tutela ulteriore e di completamento rispetto a quello demolitorio.<br />

Pertanto, qualora si tratti di provvedimento amministrativo rispetto al quale l'interesse tutelabile è quello pretensivo, il<br />

soggetto che può chiedere la tutela risarcitoria dinanzi al g.a. è colui che, a seguito di una fondata richiesta, si è visto<br />

ingiustamente negare o ritardare il provvedimento richiesto; qualora si tratti di provvedimento rispetto al quale<br />

l'interesse tutelabile si configura come oppositivo, il soggetto che può chiedere la tutela risarcitoria dinanzi al medesimo<br />

giudice è soltanto colui che è portatore dell'interesse alla conservazione del bene o della situazione di vantaggio<br />

direttamente pregiudicati dal provvedimento contro il quale ha proposto ricorso (nella specie, sulla base di detto<br />

principio, le sezioni unite hanno dichiarato la giurisdizione del g.o. nella controversia proposta da colui che, avendo<br />

ricevuto una concessione edilizia, poi legittimamente annullata, in via di autotutela, aveva chiesto il risarcimento dei<br />

danni subiti per l'affidamento ingenerato dal provvedimento favorevole).<br />

(Regolamento di giurisdizione).<br />

CONFORMI E DIFFORMI<br />

(1-2) Non si rinvengono precedenti in termini.<br />

Cassazione civile sez. un., 23 marzo 2011, n. 6594<br />

Autorità: Cassazione civile sez. un.<br />

Data: 23 marzo 2011<br />

Numero: n. 6594<br />

CLASSIFICAZIONE<br />

GIURISDIZIONE CIVILE - Giurisdizione ordinaria e amministrativa - autorità giudiziaria amministrativa<br />

Vedi tutto<br />

GIURISDIZIONE CIVILE - Giurisdizione ordinaria e amministrativa - autorità giudiziaria ordinaria<br />

GIURISDIZIONE CIVILE - Giurisdizione ordinaria e amministrativa - edilizia e urbanistica<br />

Giurisdizione civile - Giurisdizione ordinaria e amministrativa - Autorità giudiziaria ordinaria - Domanda di<br />

risarcimento del danno - Giurisdizione del giudice amministrativo - Limiti - Autonoma materia di giurisdizione<br />

esclusiva - Esclusione - Lesione di interessi pretensivi e oppositivi - Fattispecie in tema di danno da affidamento<br />

ingenerato da provvedimento concessorio legittimamente annullato (giurisdizione del giudice ordinario). Vedi<br />

tutto<br />

Permesso di costruire - Annullamento - Lesione dell'affidamento determinato da permesso di costruire - Azione<br />

di risarcimento - Giurisdizione del g.o. - Fondamento.<br />

INTESTAZIONE<br />

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE<br />

SEZIONI UNITE CIVILI<br />

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:<br />

Dott. VITTORIA Paolo - Primo Presidente f.f. -<br />

Dott. PREDEN Roberto - Presidente di sezione -<br />

103


Dott. ALTIERI Enrico - Presidente di sezione -<br />

Dott. FIORETTI Francesco Maria - rel. Consigliere -<br />

Dott. MACIOCE Luigi - Consigliere -<br />

Dott. BUCCIANTE Ettore - Consigliere -<br />

Dott. DI CERBO Vincenzo - Consigliere -<br />

Dott. VIVALDI Roberta - Consigliere -<br />

Dott. PETITTI Stefano - Consigliere -<br />

ha pronunciato la seguente:<br />

ordinanza<br />

sul ricorso proposto da:<br />

ITACASA IMMOBILIARE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro- tempore,<br />

L.A.M.,<br />

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LUDOVISI 16, presso lo STUDIO LEGALE ROSSOTTO,<br />

rappresentati e difesi dagli avvocati PERIFANO ESTER, CURCI ELIGIO, per delega in calce al ricorso;<br />

- ricorrenti -<br />

contro<br />

C.L., D.V. elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 92, presso lo studio<br />

dell'avvocato NARDONE ELISABETTA, rappresentati e difesi dall'avvocato FRANZ PESARE, per deleghe in<br />

atti;<br />

R.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA C. CORVISIERI 54, presso lo studio dell'avvocato<br />

CAROLI CHIARA, rappresentato e difeso dall'avvocato CHIARELLI GIANFRANCO, per delega a margine del<br />

controricorso;<br />

N.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TEODORO MONTICELLI 12, presso lo studio<br />

dell'avvocato MATERA CORRADO, rappresentato e difeso dall'avvocato MESSINESE AGATA, per delega a<br />

margine del controricorso;<br />

D.B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PAOLO EMILIO 26, presso lo studio dell'avvocato<br />

BOVE LOREDANA, rappresentato e difeso dall'avvocato TERRULI FRANCESCO, per delega a margine del<br />

controricorso;<br />

P.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA,2, presso lo studio dell'avvocato ALFREDO<br />

PLACIDI, rappresentato e difeso dall'avvocato CONGEDO MASSIMO, per delega a margine del controricorso;<br />

S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PAOLO EMILIO 26, presso lo studio dell'avvocato<br />

BOVE LOREDANA, rappresentato e difeso dall'avvocato CARRIERI GIOVANNI, per delega a margine del<br />

controricorso;<br />

COMUNE DI MARTINA FRANCA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,<br />

VIA LUIGI MANTEGAZZA 24, presso GARDIN MARCO, rappresentato e difeso dagli avvocati<br />

FLASCASSOVITTI FRANCESCO, CIMAGLIA OLIMPIA, per delega a margine del controricorso;<br />

- controricorrenti -<br />

e contro<br />

C.M., D.C., M.E.;<br />

- intimati –<br />

per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 777/2008 del TRIBUNALE di Taranto - Sezione<br />

distaccata di MARTINA FRANCA;<br />

uditi gli avvocati Eligio CURCI, Giovanni CARRIERI, Alfonso PAPA MALATESTA per delega degli avvocati<br />

Franz Pesare e Francesco Flascassovitti;<br />

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/10/2010 dal Consigliere Dott. FRANCESCO<br />

MARIA FIORETTI;<br />

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott. Carlo DESTRO, il quale chiede che le Sezioni<br />

unite della Corte vogliano dichiarare che non spetta all'AGO la giurisdizione in ordine all'azione per risarcimento<br />

danni proposta contro il Comune di Martina Franca.<br />

FATTO<br />

CONSIDERATO IN FATTO<br />

Con citazione, notificata in data 20/24.11.2008 ITACASA Immobiliare s.r.l. e L.A. hanno convenuto in giudizio dinanzi<br />

al Tribunale di Taranto-Sez. Distaccata di Martina Franca il Comune di Martina Franca nonchè vari funzionari<br />

amministrativi e tecnici di tale Comune per sentirli condannare al risarcimento dei danni derivanti dalla mancata<br />

utilizzabilità a fini edificatori di una superficie di terreno di proprietà della società attrice, conseguente ad una serie di<br />

atti amministrativi che avrebbero svuotato di contenuto il diritto di proprietà.<br />

Svoltasi l'udienza di prima comparizione, la causa è stata rinviata per la trattazione all'udienza del 23.6.2009, nella<br />

quale il Giudice Unico ha disposto, con ordinanza emessa fuori udienza, la comparizione delle parti per la successiva<br />

udienza del 13.10.2009, ponendo in rilievo che vi erano ragioni che avrebbero potuto portare a ritenere la sussistenza,<br />

nel caso di specie, della giurisdizione del giudice amministrativo.<br />

104


Alla successiva udienza del 13.10.2009 il medesimo giudice unico, ribadendo le considerazioni già anticipate con la<br />

precedente ordinanza in ordine alla sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, ha rinviato le parti per la<br />

decisione sulla questione della giurisdizione all'udienza del 12.1.2010.<br />

Con provvedimento, emesso in data 23.3.2010, il Tribunale summenzionato ha sospeso il giudizio.<br />

Con atto notificato in data 12.1.2010 la società ITACASA ha proposto, ai sensi dell'art. 41 c.p.c., regolamento di<br />

giurisdizione, esponendo:<br />

che nell'atto di citazione nel giudizio dinanzi al Tribunale la ITACASA Immobiliare s.r.l. ha dedotto che l'U.T.C. del<br />

Comune di Martina Franca, in persona dell'arch. D.B.G., aveva rilasciato, in data 6.7.2001, la concessione edilizia per la<br />

realizzazione di un complesso immobiliare per civili abitazioni e locali commerciali;<br />

che, dopo che la società aveva iniziato a costruire il manufatto, il medesimo ufficio, in persona del nuovo dirigente, ing.<br />

M. E., in data 27.3.2002, aveva provveduto ad annullare in via di autotutela detta concessione;<br />

che detto provvedimento era stato impugnato dinanzi al TAR Lecce, che aveva respinto il ricorso, stabilendo che ai fini<br />

della determinazione urbanistica dovesse farsi riferimento ad altra tavola di PRG e precisamente la 5 indicata<br />

dall'amministrazione resistente;<br />

che a seguito di tale indicazione del TAR la esponente aveva presentata altra istanza, con la quale chiedeva che, ai sensi<br />

della L. n. 47 del 1985, artt. 11 e 13, si procedesse, in applicazione della su indicata destinazione, alla rimozione dei vizi<br />

del procedimento;<br />

che tale istanza era stata nuovamente rigettata dall'amministrazione, in persona dell'ing. N.R.; che il provvedimento di<br />

rigetto era stato impugnato dinanzi al TAR,che, respingendo il ricorso, aveva stabilito che la volumetria realizzabile<br />

sull'area, in forza della destinazione indicata nel primo giudizio, doveva essere pari a me 3485;<br />

che a tale pronuncia era seguita nuova istanza, che adeguava il progetto alla summenzionate indicazioni;<br />

che tale istanza era stata rigettata dalla pubblica amministrazione, in persona del nuovo dirigente dell'U.T.C., arch. D.<br />

C.;<br />

che anche tale provvedimento era stato impugnato dinanzi al TAR, che nel rigettare il ricorso aveva evidenziato che la<br />

contraddittorietà dell'operato dell'amministrazione lasciava spazio ad azioni di tipo risarcitorio;<br />

che dette pronunce del TAR erano state impugnate dinanzi al Consiglio di Stato, che, riuniti i ricorsi, aveva rigettato<br />

tutte le richieste della ITACASA;<br />

che dopo la sentenza del Consiglio di Stato era stato emesso dal Comune di Martina Franca, a firma dell'ing. M., ordine<br />

di demolizione delle opere realizzate;<br />

che sulla base di tali premesse la società ITACASA Immobiliare s.r.l, avendo dato inizio alle opere confidando nella<br />

legittimità della concessione ottenuta ed in assenza di un valido e formale provvedimento di avvio di una istruttoria<br />

finalizzata all'annullamento d'ufficio dello stesso, ha chiesto, con la citazione summenzionata, al Tribunale di Tarantosezione<br />

distaccata di Martina Franca la condanna del Comune di Martina Franca e di tutti i funzionari coinvolti nella<br />

vicenda al risarcimento di tutti i danni patiti.<br />

Il Comune di Martina Franca, D.B.G., R.G., N.R., S.G., D.V., C.L., P.F. hanno resistito al ricorso per regolamento di<br />

giurisdizione con controricorso, eccependo la inammissibilità del ricorso per essere stato questo notificato lo stesso<br />

giorno in cui nel giudizio dinanzi al summenzionato Tribunale era stata fissata l'udienza per la precisazione delle<br />

conclusioni;<br />

sia la società ricorrente che il Comune di Martina Franca hanno depositato memorie.<br />

DIRITTO<br />

RITENUTO IN DIRITTO<br />

Il ricorso devesi ritenere ammissibile, perchè il Tribunale adito, anzichè pronunciare sulla domanda nel merito, con<br />

provvedimento in data 13.1.2010, preso atto del proposto regolamento preventivo di giurisdizione, ha provveduto a<br />

sospendere il giudizio ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 367 c.p.c. (cfr. in tal senso cass. sez. un. n. 4805 del 2005);<br />

Con riferimento alla questione di giurisdizione sottoposta all'esame di questa Suprema Corte, si osserva:<br />

se la pubblica amministrazione procede alla emanazione di provvedimenti illegittimi - contro i quali, ai sensi dell'art.<br />

113 Cost., comma 1, è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi lesi dinanzi agli<br />

organi di giustizia ordinaria o amministrativa - determina la lesione dei diritti o degli interessi in maniera diversa a<br />

seconda che l'interesse leso rientri nella categoria generale degli interessi pretensivi o in quella degli interessi<br />

oppositivi. Se l'interesse è pretensivo la sua lesione si concretizza nello illegittimo diniego o nella ritardata assunzione<br />

di un provvedimento amministrativo (legittimo); se l'interesse è oppositivo la sua lesione si concretizza nello illegittimo<br />

sacrificio di un bene o di una situazione di vantaggio. Il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 35, come sostituito dalla L. 21<br />

luglio 2000, n. 205, art. 7, dispone che "il giudice amministrativo, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione<br />

esclusiva, dispone, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto.".<br />

La Corte Costituzionale, nelle sentenze n. 292 del 2000 e 281 del 2004, ha chiarito che con tale disposizione il<br />

legislatore ha inteso rendere piena ed effettiva la tutela del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione,<br />

concentrando innanzi al giudice amministrativo non solo la fase del controllo di legittimità dell'azione amministrativa,<br />

ma anche (ove configurabile) quella della riparazione per equivalente, ossia il risarcimento del danno, evitando per esso<br />

la necessità di instaurare un successivo e separato giudizio innanzi al giudice ordinario; ha chiarito, però, che il<br />

risarcimento del danno ingiusto non costituisce una nuova materia attribuita alla giurisdizione del giudice<br />

amministrativo, ma esclusivamente uno strumento di tutela ulteriore e di completamento rispetto a quello classico<br />

demolitorio, da utilizzare per rendere giustizia al cittadino nei confronti della pubblica amministrazione.<br />

105


In altre parole il legislatore ha inteso realizzare la unificazione della tutela avanti al giudice amministrativo,<br />

concentrando dinanzi allo stesso sia i poteri di annullamento dell'atto illegittimo che la tutela risarcitoria consequenziale<br />

alla pronuncia di legittimità dell'atto o provvedimento contro cui si ricorre (argomenta anche dal succitato art. 113<br />

Cost.), prima riservata al giudice ordinario.<br />

Ne deriva che la attrazione della tutela risarcitoria nell'ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo<br />

può verificarsi esclusivamente qualora il danno, patito dal soggetto che ha proceduto alla impugnazione dell'atto, sia<br />

conseguenza immediata e diretta (art. 1223 c.c.) della illegittimità dell'atto impugnato;<br />

pertanto, qualora si tratti di atto o provvedimento rispetto al quale l'interesse tutelabile è quello pretensivo, il soggetto<br />

che può chiedere la tutela risarcitoria dinanzi al giudice amministrativo, perchè vittima di danno ricollegabile con nesso<br />

di causalità immediato e diretto al provvedimento impugnato, è colui che si è visto, a seguito di una fondata richiesta,<br />

ingiustamente negare o adottare con ritardo il provvedimento amministrativo richiesto;<br />

qualora si tratti di atto o provvedimento amministrativo rispetto al quale l'interesse tutelabile si configura come<br />

oppositivo, il soggetto che può chiedere la tutela risarcitoria dinanzi al giudice amministrativo è soltanto colui che è<br />

portatore dello interesse alla conservazione del bene o della situazione di vantaggio, che vengono direttamente<br />

pregiudicati dall'atto o provvedimento amministrativo contro il quale ha proposto ricorso. Soltanto in queste situazioni<br />

la tutela risarcitoria si pone come tutela consequenziale e comporta, quindi, la concentrazione della fase del controllo di<br />

legittimità dell'azione amministrativa e quella della riparazione per equivalente, ossia il risarcimento del danno, dinanzi<br />

all'unico giudice amministrativo. Tra gli atti rispetto ai quali è configurabile un interesse pretensivo rientra la<br />

concessione edilizia. Appare opportuno precisare che la concessione edilizia prevista dalla legge n. 10/77 in sostituzione<br />

della licenza edilizia, nonostante il nomen iuris, non è una concessione. La Corte Costituzionale nella sentenza 5/1980<br />

ha chiarito che la concessione edilizia ha struttura e funzione di autorizzazione. In detta sentenza si afferma che il diritto<br />

di edificare inerisce alla proprietà dell'area da edificare (ius aedificandi), e che tale diritto, però, può essere esercitato<br />

solo entro i limiti, anche temporali, stabiliti dagli strumenti urbanistici; che sussistendo le condizioni richieste solo il<br />

proprietario o il titolare di altro diritto reale, che legittimi a costruire, può edificare, non essendo consentito dal sistema<br />

che altri possa, autoritativamente, essere a lui sostituito per la realizzazione dell'opera; che, quindi, la concessione a<br />

edificare non è attributiva di diritti nuovi, ma presuppone facoltà preesistenti, sicchè sotto questo profilo non adempie a<br />

funzione sostanzialmente diversa da quella dell'antica licenza, avendo lo scopo di accertare la ricorrenza delle<br />

condizioni previste dall'ordinamento per l'esercizio del diritto, nei limiti in cui il sistema normativo ne riconosce e tutela<br />

la consistenza.<br />

Il proprietario del suolo o il titolare di altro diritto reale, che legittimi a costruire, hanno, quindi, un interesse pretensivo<br />

al rilascio della concessione edilizia; se il richiedente che si trova nelle condizioni previste dalla legge per il rilascio di<br />

detta li concessione, se la veda ingiustamente negare, può insorgere contro l'illegittimo provvedimento di diniego<br />

chiedendo al giudice amministrativo sia il controllo della legittimità dell'atto sia il conseguente risarcimento del danno.<br />

In questo caso è ammissibile la concentrazione di entrambe le tutele dinanzi allo stesso giudice, potendo l'avente diritto<br />

al rilascio della licenza invocare entrambe le tutele. Diversa è la situazione del proprietario o di altro titolare dello ius<br />

aedificandi che ottenuta la concessione edilizia ed iniziata l'attività di edificazione sul fondo facendo affidamento<br />

(incolpevole) sulla (apparente) legittimità dell'atto, venga successivamente privato del diritto ad edificare a seguito di<br />

annullamento di ufficio della concessione o di annullamento giurisdizionale della stessa su ricorso di un soggetto (in tal<br />

caso titolare di un interesse oppositivo), che assuma la intervenuta lesione di un suo diritto da parte del provvedimento<br />

impugnato.<br />

In questo caso, intervenuto l'annullamento d'ufficio o giurisdizionale per la riscontrata illegittimità della concessione, il<br />

proprietario ed il titolare di altro diritto che lo legittima ad edificare, venendo giustamente privati del diritto ad<br />

edificare, non possono invocare, adducendo la perdita di tale facoltà, il risarcimento del danno. Sulla base di questa<br />

situazione non possono invocare nè la tutela demolitoria di un qualche atto (a meno che non si ritenga di impugnare il<br />

provvedimento di ufficio, che, una volta riconosciuto legittimo non consente più di invocare lo ius aedificandi quale<br />

fondamento di una ulteriore tutela) nè quella risarcitoria alla possibilità di quel tipo di tutela strettamente collegata. La<br />

legittima privazione del diritto ad edificare non autorizza nessuna delle due tutele e non consente, quindi, (non<br />

costituendo la tutela risarcitoria una autonoma ipotesi di giurisdizione esclusiva) che possa essere invocata dinanzi al<br />

giudice amministrativo la tutela risarcitoria.<br />

Una volta intervenuto legittimamente l'annullamento della concessione edilizia può rilevare esclusivamente una diversa<br />

situazione, sulla quale fondare il risarcimento del danno.<br />

Il titolare dello ius aedificandi, cui sia venuto meno tale diritto, a seguito di annullamento della concessione edilizia o<br />

d'ufficio o su ricorso di un altro soggetto, che sia insorto contro detto provvedimento (soggetto che, in quanto portatore<br />

di un interesse oppositivo all'annullamento dell'atto può chiedere dinanzi al medesimo giudice amministrativo sia la<br />

tutela demolitoria che la correlata tutela risarcitoria), una volta che sia stata definitivamente accertata la illegittimità<br />

della concessione, si trova privato dello ius aedificandi, senza che sussista un qualche altro provvedimento<br />

amministrativo contro il quale possa insorgere.<br />

Si ha soltanto che il provvedimento che aveva concesso il diritto ad edificare e che, perchè illegittimo, legittimamente è<br />

stato posto nel nulla e che non rileva, quindi, più come provvedimento che rimuove un ostacolo all'esercizio di un<br />

diritto, continua a rilevare per il proprietario del fondo o il titolare di altro diritto, che lo abiliti a costruire sul fondo,<br />

esclusivamente quale mero comportamento degli organi che hanno provveduto al suo rilascio, integrando così, ex art.<br />

2043 c.c., gli estremi di un atto illecito per violazione del principio del neminem laedere, imputabile alla pubblica<br />

106


amministrazione in virtù del principio di immedesimazione organica, per avere tale atto con la sua apparente legittimità<br />

ingenerato nel suo destinatario l'incolpevole convincimento (avendo questo il diritto di fare affidamento sulla legittimità<br />

dell'atto amministrativo e, quindi, sulla correttezza dell'azione amministrativa) di poter legittimamente procedere alla<br />

edificazione del fondo.<br />

In mancanza di un atto impugnabile il proprietario o il titolare di altro diritto che lo abiliti a costruire sul fondo hanno la<br />

esclusiva possibilità di invocare un'unica tutela (che non essendo collegata alla impugnabilità di un atto non può essere<br />

attratta nell'ambito di applicazione della giurisdizione esclusiva, atteso che, appare opportuno ribadirlo, la autonoma<br />

tutela risarcitoria non costituisce una ulteriore ipotesi di giurisdizione esclusiva): quella risarcitoria fondata<br />

sull'affidamento; viene in considerazione un danno che oggettivamente prescinde da valutazioni sull'esercizio del potere<br />

pubblico, fondandosi su doveri di comportamento il cui contenuto certamente non dipende dalla natura privatistica o<br />

pubblicistica del soggetto che ne è responsabile, atteso che anche la pubblica amministrazione, come qualsiasi privato, è<br />

tenuta a rispettare nell'esercizio della attività amministrativa principi generali di comportamento, quali la perizia, la<br />

prudenza, la diligenza, la correttezza. Di quanto si è osservato sin qui si può offrire questa sintesi.<br />

In base agli artt. 103 e 113 Cost., il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione<br />

per la tutela contro gli atti della pubblica amministrazione.<br />

La giurisdizione amministrativa è dunque ordinata ad apprestare tutela - cautelare, cognitoria ed esecutiva - contro<br />

l'agire della pubblica amministrazione, manifestazione di poteri pubblici, quale si è concretato nei confronti della parte,<br />

che in conseguenza del modo in cui il potere è stato esercitato ha visto illegittimamente impedita la realizzazione del<br />

proprio interesse sostanziale o la sua fruizione.<br />

Dei poteri che al giudice amministrativo è stato dato di esercitare per la tutela degli interessi sacrificati dall'agire<br />

illegittimo della pubblica amministrazione, dal D.Lgs. n. 80 del 1998, in poi, ha iniziato a far parte anche il potere di<br />

condanna al risarcimento del danno, in forma di completamento o sostitutiva: risarcimento che è perciò volto a<br />

contribuire ad elidere le conseguenze di quell'esercizio del potere che si è risolto in sacrificio illegittimo dell'interesse<br />

sostanziale del destinatario dell'atto.<br />

Casi, come quello in esame, non prospettano un'esigenza di tutela quale quella appena delineata.<br />

La parte che agisce in giudizio non è stata destinataria di un provvedimento ablatorio, di un comportamento silenzioso<br />

mantenuto su una domanda di provvedimento favorevole o del diniego di un tale procedimento, atti o comportamenti di<br />

cui avrebbe potuto avere ragione di postulare l'illegittimità e sollecitare di tale illegittimità l'affermazione con l'ulteriore<br />

eventuale ristoro del danno che quella illegittimità gli avesse provocato.<br />

Nel caso in esame, la parte ha ottenuto il rilascio di una concessione edilizia e ha iniziato a realizzare il manufatto<br />

oggetto della concessione.<br />

Questa situazione di fatto non era tale da sollecitare alcuna esigenza di tutela contro un agire illegittimo della pubblica<br />

amministrazione.<br />

L'esigenza di tutela - risarcitoria e solo di tale tipo - affiora in questo come in analoghi casi solo per l'affidamento<br />

ingenerato dal provvedimento favorevole e non richiede che per ottenere il risarcimento la parte domandi al giudice<br />

amministrativo un accertamento a proposito della illegittimità del comportamento tenuto dall'amministrazione, perchè<br />

questo accertamento essa ha invece interesse a contrastarlo nel giudizio di annullamento del provvedimento<br />

summenzionato da altri provocato e può solo subirlo.<br />

La parte che invoca la tutela risarcitoria non postula dunque un esercizio illegittimo del potere, consumato in suo<br />

confronto con sacrificio del corrispondente interesse sostanziale, ma la colpa che connota un comportamento consistito<br />

per contro nella emissione di atti favorevoli, poi ritirati per pronunzia giudiziale o in autotutela, atti che hanno creato<br />

affidamento nella loro legittimità ed orientato una corrispondente successiva condotta pratica, poi dovuta arrestare.<br />

La possibilità di questa sola e, quindi, autonoma tutela porta ad escludere la giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo, invocata dalle controparti in applicazione del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 34, come sostituito dalla L. n.<br />

205 del 2000, art. 7, non solo, ma anche quella generale di legittimità, stante la consistenza di diritto soggettivo della<br />

situazione, nel caso di specie, fatta valere. Va dichiarata, pertanto, la giurisdizione del giudice ordinario, compensando<br />

integralmente tra le parti, data la complessità della questione, le spese del giudizio di cassazione.<br />

P.Q.M.<br />

La Corte dichiara la giurisdizione del giudice ordinario; compensa le spese.<br />

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 novembre 2010.<br />

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2011<br />

CONFORMI E DIFFORMI<br />

(1-2) Non si rinvengono precedenti in termini.<br />

(1-2) Non si rinvengono precedenti in termini.<br />

NOTE GIURISPRUDENZIALI<br />

Giust. civ. 2011, 10, 01, 2317<br />

La motivazione dell'ordinanza si legge in questa Rivista, 2011, I, 1209 ss., con nota di LAMORGESE, Stop della Cassazione alla<br />

concentrazione della giurisdizione a senso unico.<br />

Se ne riproducono le massime per introdurre un'altra nota di commento.<br />

NOTE REDAZIONALI<br />

107


Vedi anche Cass., sez. un., ord. 22 agosto 2007 n. 17831; Id., ord. 13 dicembre 2007 n. 26108; Id., ord. 27 marzo 2008 n. 7948; Id.,<br />

ord. 17 maggio 2010 n. 11932; Id., ord. 23 settembre 2010 n. 20072.<br />

Cassazione civile sez. un., 23 marzo 2011, n. 6594<br />

108


LA GIURISDIZIONE SULLE SANZIONI AMMINISTRATIVE IRROGATE DALLA CONSOB<br />

CORTE COSTITUZIONALE - sentenza 27 giugno 2012 n. 162<br />

Pres. Quaranta, Est. Cartabia - (giudizio promosso dalla Corte d’appello di Torino nel procedimento vertente tra<br />

Inprogramme s.a.s. ed altri e la Commissione nazionale per le società e la borsa con ordinanza del 25 marzo 2011,<br />

iscritta al n. 220 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, prima serie<br />

speciale, dell’anno 2011.<br />

1. Fonti - Leggi delega - Di riordino di norme preesistenti - Introduzione di soluzioni sostanzialmente innovative<br />

rispetto al sistema legislativo previgente - Ammissibilità soltanto nel caso in cui siano stabiliti principi e criteri<br />

direttivi idonei a circoscrivere la discrezionalità del legislatore delegato.<br />

2. Giurisdizione e competenza - Autorità indipendenti - Commissione nazionale per le società e la borsa<br />

(CONSOB) - Controversie aventi ad oggetto tutti i provvedimenti, adottati dalla CONSOB, compresi quelli<br />

sanzionatori ed esclusi quelli inerenti ai rapporti di impiego privato - Devoluzione alla giurisdizione di merito del<br />

G.A. ed alla competenza inderogabile del TAR Lazio - Ex art. 133, comma 1, lettera l), 135, comma 1, lettera c), e<br />

134, comma 1, lettera c), c.p.a. - Illegittimità costituzionale - Va dichiarata.<br />

1. Nel caso di deleghe legislative (come quella contenuta nell’art. 44 della legge n. 69 del 2009) che abbiano ad<br />

oggetto la revisione, il riordino ed il riassetto di norme preesistenti, l’introduzione di soluzioni sostanzialmente<br />

innovative rispetto al sistema legislativo previgente è ammissibile soltanto nel caso in cui siano stabiliti principi e<br />

criteri direttivi idonei a circoscrivere la discrezionalità del legislatore delegato, giacché quest’ultimo non può<br />

innovare al di fuori di ogni vincolo alla propria discrezionalità esplicitamente individuato dalla legge-delega (1);<br />

a tal fine, per valutare se il legislatore abbia ecceduto i – più o meno ampi – margini di discrezionalità, occorre<br />

individuare la ratio della delega (2).<br />

2. In relazione all’art. 76 Cost., va dichiarata l’illegittimità costituzionale degli articoli 133, comma 1, lettera l),<br />

135, comma 1, lettera c), e 134, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione<br />

dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo<br />

amministrativo), nella parte in cui attribuiscono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo con<br />

cognizione estesa al merito e alla competenza funzionale del TAR Lazio – sede di Roma, le controversie in<br />

materia di sanzioni irrogate dalla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), e dell’art. 4,<br />

comma 1, numero 19), dell’Allegato numero 4, del medesimo d.lgs. n. 104 del 2010 (3).<br />

----------------------------------------------------<br />

(1) Corte cost., sentenza n. 293 del 2010, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/10/cortecost_2010-10-08-1.htm<br />

(2) Cfr. Corte cost. sentenza n. 230 del 2010 e, da ult., sentenza n. 80 del 2012, in LexItalia.it, pag.<br />

http://www.lexitalia.it/p/12/ccost_2012-04-05-3.htm<br />

(3) Ha osservato in particolare la Corte che, attribuendo le controversie relative alle sanzioni inflitte dalla CONSOB,<br />

alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (con la competenza funzionale del TAR Lazio – sede di Roma, e<br />

con cognizione estesa al merito), il legislatore delegato non ha tenuto conto della giurisprudenza delle sezioni unite<br />

civili della Corte di cassazione, formatasi specificamente sul punto.<br />

La Corte di cassazione ha, infatti, sempre precisato che la competenza giurisdizionale a conoscere delle opposizioni (art.<br />

196 del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58) avverso le sanzioni inflitte dalla CONSOB ai promotori finanziari, anche di tipo<br />

interdittivo, spetta all’autorità giudiziaria ordinaria, posto che anche tali sanzioni, non diversamente da quelle<br />

pecuniarie, debbono essere applicate sulla base della gravità della violazione e tenuto conto dell’eventuale recidiva e<br />

quindi sulla base di criteri che non possono ritenersi espressione di discrezionalità amministrativa (Corte di cassazione,<br />

sezioni unite civili, 22 luglio 2004, n. 13703, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/ago/casssu_2004-07-22-<br />

2.htm; nello stesso senso 11 febbraio 2003, n. 1992; 11 luglio 2001, n. 9383).<br />

Anche il Consiglio di Stato, precedentemente all’intervento legislativo in questione, aveva aderito all’impostazione<br />

della Cassazione, secondo cui doveva attribuirsi al giudice ordinario la giurisdizione sulle sanzioni inflitte dalla<br />

109


CONSOB (Consiglio di Stato, sezione VI, 6 novembre 2007, n. 6474, in LexIalia.it, pag.<br />

http://www.lexitalia.it/p/81/cds6_2007-12-17.htm; cfr. in precedenza, sezione VI, 19 marzo 2002, n. 4148).<br />

SENTENZA N. 162<br />

ANNO 2012<br />

composta dai signori:<br />

- Alfonso QUARANTA Presidente<br />

- Franco GALLO Giudice<br />

- Luigi MAZZELLA "<br />

- Sabino CASSESE "<br />

- Giuseppe TESAURO "<br />

- Paolo Maria NAPOLITANO "<br />

- Giuseppe FRIGO "<br />

- Paolo GROSSI "<br />

- Giorgio LATTANZI "<br />

- Aldo CAROSI "<br />

- Marta CARTABIA "<br />

- Sergio MATTARELLA "<br />

- Mario Rosario MORELLI "<br />

ha pronunciato la seguente<br />

REPUBBLICA ITALIANA<br />

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO<br />

LA CORTE COSTITUZIONALE<br />

SENTENZA<br />

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 133, comma 1, lettera l), 134, comma 1, lettera c), e 135, comma<br />

1, lettera c), del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69,<br />

recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), dell’art. 4, comma 1, numero 19), dell’Allegato<br />

numero 4, del medesimo d.lgs. n. 104 del 2010, e dell’art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo<br />

sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile), promosso dalla Corte<br />

d’appello di Torino nel procedimento vertente tra INPROGRAMME s.a.s. ed altri e la Commissione nazionale per le<br />

società e la borsa (d’ora in poi, CONSOB) con ordinanza del 25 marzo 2011, iscritta al n. 220 del registro ordinanze<br />

2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell’anno 2011.<br />

110


Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;<br />

udito nella camera di consiglio del 21 marzo 2012 il Giudice relatore Marta Cartabia.<br />

Ritenuto in fatto<br />

1.— Con ordinanza emessa dalla Corte d’appello di Torino, in data 25 marzo 2011, nel procedimento civile promosso<br />

da INPROGRAMME s.a.s., A.C. e P.D. contro la Commissione nazionale per le società e la borsa (d’ora in poi,<br />

CONSOB), è stata sollevata questione di legittimità costituzionale dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69<br />

(Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile),<br />

nonché degli artt. 133, comma 1, lettera l), 134, comma 1, lettera c), e 135, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 2<br />

luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il<br />

riordino del processo amministrativo), «nella parte in cui attribuiscono alla giurisdizione esclusiva amministrativa in<br />

generale, e del T.A.R. Lazio – sede di Roma in specie», le controversie relative alle sanzioni amministrative irrogate<br />

dalla CONSOB. Inoltre, è stata contestualmente sollevata questione di legittimità costituzionale dell’articolo 4, comma<br />

1, numero 19), dell’Allegato numero 4, del medesimo d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della<br />

legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), nella parte in cui<br />

abroga l’art. 187-septies, comma 4, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni in<br />

materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52). Secondo il<br />

giudice rimettente, tali disposizioni sarebbero configgenti con gli artt. 3, 76, 103, primo comma, 113, primo comma,<br />

111, commi secondo, settimo e ottavo, della Costituzione.<br />

2.— Il giudice a quo osserva, in particolare, che nel procedimento civile pendente è stata impugnata la delibera della<br />

CONSOB, adottata il 1° settembre 2010 e notificata in data 9 settembre 2010, che ha irrogato ad A.C. e a P.D. sanzioni<br />

amministrative pecuniarie e accessorie ai sensi degli artt. 187-ter e 187-quater, del d.lgs. n. 58 del 1998, con contestuale<br />

ingiunzione di pagamento delle somme ai medesimi e a INPROGRAMME s.a.s. di Castelli Antonio & C., quale società<br />

obbligata in solido. I fatti generatori della sanzione erano costituiti, nella ricostruzione offerta dall’ordinanza di<br />

rimessione, da una serie di operazioni "a doppio incrocio" svoltesi tra il 19 febbraio e il 30 maggio 2007, mentre i<br />

ricorsi contro la delibera sono stati depositati in data 8 novembre 2010. In data 16 settembre 2010 – quindi dopo la<br />

notifica del provvedimento che aveva irrogato le sanzioni, ma prima del deposito dei ricorsi – è entrato, peraltro, in<br />

vigore il codice del processo amministrativo approvato con il d.lgs. 2 luglio 2010 n. 104, il cui art. 133, comma 1,<br />

lettera l) ha devoluto alla «giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salve ulteriori previsioni di legge (…) le<br />

controversie aventi ad oggetto tutti i provvedimenti, compresi quelli sanzionatori ed esclusi quelli inerenti ai rapporti di<br />

impiego privato, adottati (…) dalla Commissione nazionale per le società e la borsa». Più specificamente il successivo<br />

art. 135, comma 1, lettera c), ha attribuito alla «competenza inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del<br />

Lazio, sede di Roma, (…) le controversie di cui all’art.133, comma 1, lettera l)», in riferimento alle quali il precedente<br />

art. 134, comma 1, lettera c), attribuiva al giudice amministrativo la «cognizione estesa al merito» nelle controversie<br />

aventi ad oggetto le sanzioni pecuniarie la cui contestazione è devoluta alla giurisdizione amministrativa, comprese<br />

quelle applicate dalle Autorità indipendenti. Coerentemente con simili disposizioni, l’art. 4, numero 19), dell’Allegato<br />

numero 4, del d.lgs. n. 104 del 2010 ha abrogato l’art. 187-septies, comma 4, del d.lgs. n. 58 del 1998, che attribuiva<br />

alla Corte d’appello la competenza funzionale in materia di sanzioni inflitte dalla CONSOB.<br />

3.— In punto di rilevanza della questione, il giudice a quo osserva che, ai sensi dell’art. 5 del codice di procedura civile,<br />

il momento determinante per individuare la giurisdizione e la competenza è costituito da quello di proposizione della<br />

domanda, che nella specie cade in data 8 novembre 2010, data in cui già erano entrate in vigore le disposizioni sopra<br />

menzionate, che attribuiscono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e alla competenza funzionale del<br />

TAR Lazio, sede di Roma, la cognizione delle controversie aventi ad oggetto i provvedimenti sanzionatori in esame. A<br />

fronte di un dato normativo di simile chiarezza, secondo il rimettente, risulta preclusa qualsiasi interpretazione<br />

costituzionalmente orientata e, d’altro canto, dalla soluzione della questione di legittimità costituzionale delle<br />

disposizioni impugnate dipende la declinatoria della giurisdizione (ove la questione sia ritenuta infondata) ovvero la<br />

pronuncia nel merito sulla domanda di annullamento delle sanzioni (ove la questione sia ritenuta fondata). Sulla scorta<br />

di tali considerazioni la Corte d’appello di Torino ritiene sussistente la rilevanza della questione nel procedimento a<br />

quo.<br />

4.— In punto di non manifesta infondatezza della denunziata illegittimità costituzionale, il giudice rimettente ritiene che<br />

le disposizioni censurate violino gli artt. 76, 103, primo comma, 113, primo comma, 111, secondo, settimo e ottavo<br />

comma, e 3 Cost.<br />

4.1.— Con particolare riferimento alla ritenuta violazione dell’art. 76 della Costituzione, il giudice rimettente ritiene<br />

che le disposizioni censurate eccedano la delega conferita. Infatti, l’art. 44, commi 1 e 2, della legge n. 69 del 2009<br />

111


delegava il Governo al «riassetto del processo» amministrativo (…) riordinando le norme vigenti sulla giurisdizione del<br />

giudice amministrativo, anche rispetto alle altre giurisdizioni», al fine di adeguare le medesime «alla giurisprudenza<br />

della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori». Tale direttiva deve interpretarsi, ad avviso del giudice a quo,<br />

nel senso che essa legittimi solo le modificazioni strumentali delle norme vigenti rispetto allo scopo di comporle in un<br />

testo normativo unitario, così come già precisato dalla giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 112 del 2008). Il<br />

nuovo codice amministrativo ha, invece, profondamente inciso sulla precedente ripartizione di giurisdizione e<br />

competenze, sottraendo importanti settori alle Corti d’appello e concentrandoli nella competenza funzionale e<br />

territoriale di un unico ufficio giurisdizionale amministrativo. Inoltre, in base alla delega si sarebbe dovuto procedere ad<br />

un adeguamento alla giurisprudenza della Corte costituzionale che, ad avviso del rimettente, avrebbe già statuito<br />

l’illegittimità costituzionale dell’assegnazione al giudice amministrativo di interi blocchi di materie (sentenza n. 204 del<br />

2004). Il giudice rimettente rileva ulteriormente come, in base alla delega, si sarebbe dovuto attuare il principio della<br />

ragionevole durata del processo, mentre il legislatore delegato ha di fatto diminuito le possibilità di rapida decisione<br />

concentrando in un unico ufficio giudiziario (il TAR Lazio – sede di Roma) controversie prima distribuite tra le varie<br />

Corti d’appello italiane. Osserva poi il giudice rimettente che, ove si fosse inteso il riferimento, contenuto nel citato art.<br />

44, comma 2, lettera b), numero 1), della legge di delega, al «riordino delle norme vigenti sulla giurisdizione del giudice<br />

amministrativo anche rispetto alle altre giurisdizioni», non già come una direttiva al legislatore delegato «entro il<br />

perimetro della delega di cui al comma precedente» (vale a dire il riassetto del processo avanti ai Tribunali<br />

amministrativi regionali e al Consiglio di Stato, al fine di adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte<br />

costituzionale e di assicurare la concentrazione delle tutele), ma come «un’autonoma direttiva che concorresse a<br />

delimitare il perimetro stesso» della delega, allora si sarebbe dovuta ravvisare la violazione del canone di specificità<br />

della delega quale fissato dall’art. 76 Cost., con conseguente questione di illegittimità costituzionale al riguardo.<br />

4.2.— In riferimento alla denunciata violazione degli artt. 103, primo comma, e 113, primo comma, della Costituzione,<br />

il giudice a quo osserva che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 204 del 2004, ha già fissato un triplice limite<br />

all’espansione della competenza del giudice amministrativo, precisando che ogni ulteriore ampliamento della sua<br />

giurisdizione esclusiva deve anzitutto riguardare materie particolari; in secondo luogo tali materie particolari debbono<br />

vedere la pubblica amministrazione agire in forza dei suoi poteri autoritativi, con conseguente insufficienza, ai fini del<br />

radicamento della giurisdizione del giudice amministrativo, sia della mera partecipazione della pubblica<br />

amministrazione al giudizio, sia del generico coinvolgimento di un pubblico interesse nella controversia; infine, si deve<br />

trattare comunque di ambiti in cui si verifica un intreccio di situazioni soggettive, interessi legittimi e diritti soggettivi.<br />

Nella specie, secondo il rimettente, mancherebbe proprio l’intreccio di situazioni soggettive, dato che in relazione al<br />

profilo della attività di vigilanza svolta dalla CONSOB – che per gli aspetti di discrezionalità amministrativa che la<br />

caratterizzano è soggetta giustificatamente alla giurisdizione amministrativa – il soggetto può vantare solo interessi<br />

legittimi, mentre in relazione al profilo sanzionatorio, significativamente attivabile anche su segnalazione di terzi e<br />

indipendentemente dall’attività di vigilanza, il sanzionato è titolare di diritti soggettivi.<br />

Trattandosi di controversie aventi ad oggetto il profilo sanzionatorio di condotte realizzate da chiunque – e non solo da<br />

soggetti sottoposti alla vigilanza della CONSOB – deve osservarsi che l’atto sanzionatorio, dal lato dell’autorità<br />

indipendente, è caratterizzato dalla doverosità e che, dal lato del soggetto sanzionato, è invece caratterizzato dalla<br />

incidenza su posizioni di diritto soggettivo, ciò che non consentirebbe la devoluzione della giurisdizione al giudice<br />

amministrativo, secondo i criteri stabiliti nella citata sentenza della Corte costituzionale. La legge impugnata, ad avviso<br />

del rimettente, ha invece proceduto ad attribuire al giudice amministrativo una giurisdizione esclusiva soltanto ratione<br />

personae, cioè in quanto la CONSOB è parte della pubblica amministrazione, e non per il contenuto degli atti emanati.<br />

Quanto poi al bene giuridico protetto dalla sanzione, ovvero la tutela del mercato, questo è ritenuto costituire solo un<br />

generico riferimento al pubblico interesse, invero sotteso a qualsiasi attività sanzionatoria, inidoneo a giustificare la<br />

sussistenza di una "speciale materia" da devolvere interamente alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo,<br />

considerata l’esplicita previsione dell’art. 113, primo comma, della Costituzione sulla ripartizione di competenza tra<br />

giudice ordinario e giudice amministrativo, derogabile solo a fronte di evidenti ragioni di tutela del cittadino non<br />

ravvisabili nella specie. D’altro canto, poiché l’attività sanzionatoria doveva ritenersi esulare dalla materia della<br />

vigilanza (affidata a quell’autorità indipendente) e trattandosi di attività incidente esclusivamente sulla materia dei<br />

diritti soggettivi (così come ritenuto dal diritto vivente, quale espresso dalla Corte di cassazione, sezioni unite civili, 29<br />

novembre 2007, n. 24816), neppure può configurarsi alcun intrinseco o inestricabile collegamento con pubblici interessi<br />

tale da poter configurare una "particolare materia" nella quale attribuire la giurisdizione agli organi di giustizia<br />

amministrativa anche sui diritti soggettivi, ai fini di quanto previsto dall’art. 103 della Costituzione.<br />

4.3.— In riferimento alla ritenuta violazione dell’art. 111 della Costituzione, il rimettente osserva come l’art. 111,<br />

settimo comma, Cost. configuri un sistema giurisdizionale segnato dalla prevalenza istituzionale del giudice ordinario<br />

rispetto a quello amministrativo. In un tale sistema, la sottrazione alla giurisdizione di nomofilachia della Corte di<br />

cassazione di una materia, come quella in esame, che incide su diritti soggettivi, deve ritenersi violare l’art. 111, ottavo<br />

comma, della Costituzione, atteso il rilievo costituzionale del grado di legittimità come elemento integrante il canone<br />

del giusto processo (quale si ritiene affermato dalla Corte costituzionale nella motivazione della sentenza n. 170 del<br />

112


2009), da garantire a tutela del diritto potenzialmente compromesso nella controversia, anch’esso di rilievo<br />

costituzionale, afferendo alla libertà di iniziativa economica ex art. 41, primo comma, della Costituzione. Inoltre, la<br />

concentrazione in un unico ufficio giudiziario (il TAR del Lazio – sede di Roma) delle controversie prima distribuite fra<br />

tutte le Corti di appello confligge, ad avviso del giudice a quo, con il canone della ragionevole durata del processo di<br />

cui all’art. 111, secondo comma, della Costituzione.<br />

4.4.— In riferimento alla ritenuta violazione dell’art. 3 della Costituzione, è stata denunciata l’"irrazionale" disparità di<br />

trattamento cui viene ad essere sottoposta l’ipotesi in esame rispetto agli altri casi in cui la pubblica amministrazione<br />

svolge un’attività di vigilanza ed è altresì dotata di un potere sanzionatorio che si esplica nell’adozione di ordinanzeingiunzione,<br />

impugnabili dinanzi al giudice ordinario ex art. 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al<br />

sistema penale), come avviene, ad esempio, in materia di giuochi d’azzardo, di attività veterinaria o di lavoro<br />

subordinato.<br />

4.5.— Per tutte le ragioni di cui sopra, il giudice a quo ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la<br />

questione di costituzionalità posta nei termini di cui sopra e, sospesi i procedimenti riuniti, ha ordinato la trasmissione<br />

degli atti alla Corte costituzionale, nonché la notifica dell’ordinanza alla Presidenza del Consiglio dei ministri e la<br />

comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.<br />

5.— Con atto depositato in data 23 novembre 2011, si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri,<br />

chiedendo che sia dichiarata l’inammissibilità per irrilevanza della questione relativa all’irragionevole durata del<br />

processo e l’infondatezza di tutte le altre questioni sollevate dalla Corte d’appello di Torino.<br />

5.1.— In particolare, con riferimento alle censure relative all’irragionevole durata del processo ex art. 111, secondo<br />

comma, della Costituzione, per concentrazione della competenza funzionale in primo grado presso il TAR Lazio – sede<br />

di Roma, la difesa dello Stato ha osservato come la questione potrebbe assumere rilevanza solo in un giudizio vertente<br />

dinanzi al giudice amministrativo, mentre non ha nessuna utilità in un giudizio pendente dinanzi al giudice ordinario<br />

che, come nella specie, abbia sollevato questione di costituzionalità per conservare la sua giurisdizione.<br />

Conseguentemente la questione medesima dovrebbe dichiararsi inammissibile per irrilevanza nel giudizio a quo.<br />

5.2.— In riferimento alle censure fondate sull’art. 76 della Costituzione, la difesa dello Stato ha osservato come la<br />

norma delegante contenga principi e criteri sufficientemente specifici, assegnando al legislatore delegato il compito di<br />

riordinare le norme sulla giurisdizione del giudice amministrativo, adeguandolo alla giurisprudenza delle giurisdizioni<br />

superiori e coordinandole con le altre giurisdizioni nella prospettiva tendenziale della concentrazione delle tutele. A<br />

questo proposito, si rimarca come la materia delle sanzioni pecuniarie agli intermediari finanziari avesse formato<br />

oggetto di una rilevante elaborazione giurisprudenziale, che riconosceva la giurisdizione ordinaria per le sanzioni e la<br />

giurisdizione amministrativa (esclusiva, a partire dal d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80 (Nuove disposizioni in materia di<br />

organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di<br />

giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell’articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59) in<br />

materia di provvedimenti di vigilanza adottati dalla CONSOB, evidenziando così una esigenza di ricomposizione e<br />

concentrazione delle tutele. Neppure, afferma l’Avvocatura dello Stato, si può fondatamente ritenere che le norme<br />

delegate abbiano ecceduto la delega, posto che la concentrazione presso un solo giudice (quello amministrativo) delle<br />

controversie in esame risponde proprio all’attuazione dei principi e dei criteri della delega, tenuto anche conto che il<br />

Consiglio di Stato già aveva riconosciuto l’intima connessione tra attività di vigilanza e attività sanzionatoria, reputando<br />

che l’attribuzione della giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo dei provvedimenti in tema di vigilanza, quale<br />

operata dal d.lgs. n. 80 del 1998 e dalla legge 21 luglio 2000, n. 205 (Disposizioni in materia di giustizia<br />

amministrativa), avesse comportato l’abrogazione tacita dell’attribuzione al giudice ordinario della cognizione in tema<br />

di sanzioni pecuniarie prevista dagli artt. 187-septies e 195 del d.lgs. n. 58 del 1998 (sul punto si richiama la decisione<br />

del Consiglio di Stato, sezione VI, 13 maggio 2003, n. 2533). A fronte di tale situazione le norme delegate avrebbero<br />

quindi operato il coordinamento e la concentrazione delle tutele in precedenza controverse, imputandole tutte al giudice<br />

amministrativo.<br />

5.3.— In riferimento alle censure fondate sulla violazione degli artt. 103 e 113 della Costituzione, la difesa dello Stato<br />

ha osservato come proprio i criteri enunciati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 204 del 2004 portino alla<br />

concentrazione presso il giudice amministrativo della tutela dei diritti soggettivi degli operatori interessati, in quanto<br />

inseriti in un’attività riservata facente parte di un ordinamento sezionale che, pure nell’attività di vigilanza, coinvolge<br />

non solo interessi legittimi, ma anche diritti soggettivi – potendo la CONSOB intervenire sull’organizzazione e sul<br />

funzionamento delle imprese finanziarie e, quindi, sui loro diritti soggettivi connessi alla libertà di iniziativa economica.<br />

In tale ordinamento l’attività di vigilanza è legata da una connessione del tipo premessa-conseguenza all’attività<br />

sanzionatoria, dovendosi rilevare come l’eventuale estensione delle sanzioni a soggetti formalmente estranei<br />

all’ordinamento sezionale del mercato finanziario, si giustifichi proprio per la connessione dell’operato di tali soggetti<br />

113


(operatori abusivi) con i compiti di vigilanza della CONSOB e con l’interesse alla trasparenza e all’efficienza del<br />

mercato finanziario. Simile interesse, infatti, rimane lo stesso, sia che la violazione venga commessa da un operatore<br />

autorizzato, sia che venga commessa da un operatore abusivo.<br />

5.4.— In riferimento alle censure fondate in relazione ai parametri costituzionali di cui agli artt. 111 e 3 della<br />

Costituzione, la difesa dello Stato ha osservato che tutte le volte in cui sia costituzionalmente giustificato, come nella<br />

specie, devolvere alla cognizione di ultima istanza del Consiglio di Stato una particolare materia, deve ritenersi di<br />

necessità legittima la riduzione, alle sole questioni di giurisdizione, dell’intervento della Cassazione, ciò in quanto la<br />

connotazione costituzionale del Consiglio di Stato come giurisdizione suprema integra quelle garanzie che risiedono,<br />

altrimenti, nel giudizio di legittimità della Cassazione.<br />

Considerato in diritto<br />

1.— Con ordinanza emessa in data 25 marzo 2011, la Corte d’appello di Torino ha sollevato questione di legittimità<br />

costituzionale dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la<br />

semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile), nonché degli artt. 133, comma 1, lettera l), 134,<br />

comma 1, lettera c), 135, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44<br />

della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), «nella parte in<br />

cui attribuiscono alla giurisdizione esclusiva amministrativa in generale, e del T.A.R. Lazio – sede di Roma in specie»,<br />

le controversie relative alle sanzioni amministrative irrogate dalla Commissione nazionale per le società e la borsa<br />

(d’ora in poi, CONSOB). Inoltre, è stata contestualmente sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 4,<br />

comma 1, numero 19), dell’Allegato numero 4, del medesimo d.lgs. n. 104 del 2010, nella parte in cui abroga l’art. 187-<br />

septies, comma 4, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni in materia di<br />

intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52), che attribuiva alla Corte<br />

d’appello la competenza funzionale in materia di sanzioni inflitte dalla CONSOB.<br />

In particolare, il giudice rimettente, verificata la rilevanza delle questioni sottoposte all’esame della Corte, ritiene che<br />

tali disposizioni confliggano con gli artt. 3, 76, 103, primo comma, 113, primo comma, 111, commi secondo, settimo e<br />

ottavo, della Costituzione.<br />

2.— Tali essendo le questioni proposte, occorre anzitutto ribadire quanto più volte affermato da questa Corte a<br />

proposito della «pregiudizialità logico-giuridica» delle censure riferite all’art. 76 Cost., «giacché esse investono il<br />

corretto esercizio della funzione legislativa e, quindi, la loro eventuale fondatezza eliderebbe in radice ogni questione in<br />

ordine al contenuto precettivo della norma in esame» (ex plurimis, sentenze n. 80 del 2012 e n. 293 del 2010). Pertanto,<br />

devono essere esaminate in primo luogo le questioni di legittimità costituzionale prospettate in relazione all’art. 76<br />

Cost. e fra queste, seguendo la medesima linea di pregiudizialità logico-giuridica, quelle relative alla genericità e<br />

indeterminatezza della delega, indipendentemente dall’ordine seguito dal giudice rimettente.<br />

3.— La Corte d’appello di Torino dubita, infatti, della legittimità costituzionale dell’art. 44 della legge n. 69 del 2009,<br />

recante delega al governo per il riassetto del processo davanti ai giudici amministrativi, in quanto tale delega sarebbe<br />

generica e indeterminata e non soddisferebbe pertanto i criteri stabiliti dall’art. 76 Cost.<br />

La questione non è fondata.<br />

La delega contenuta nella norma censurata ne definisce, conformemente a quanto previsto dall’articolo 76 della<br />

Costituzione, l’oggetto, indica un tempo limitato e certo per l’esercizio della stessa e determina i principi e i criteri<br />

direttivi, con indicazioni di contenuto idonee a circoscrivere la discrezionalità del legislatore delegato, che, in ogni caso,<br />

è sempre garantita quando l’elaborazione di testi legislativi complessi viene affidata al Governo nella forma della<br />

delega legislativa (tra le molte sentenza n. 230 del 2010).<br />

In particolare, rispetto alle censure mosse dal giudice rimettente, basti osservare il tenore testuale della disposizione<br />

sottoposta all’esame della Corte, che definisce l’oggetto della delega nei seguenti termini: delega «per il riassetto del<br />

processo dinanzi ai Tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato, al fine di adeguare le norme vigenti alla<br />

giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, di coordinarle con le norme del codice di<br />

procedura civile in quanto espressione di principi generali e di assicurare la concentrazione delle tutele». In riferimento<br />

ai principi e criteri direttivi, inoltre, ai fini che qui rilevano per l’esame della sollevata questione di illegittimità<br />

costituzionale, la delega specifica che il Governo deve «assicurare snellezza, concentrazione ed effettività della tutela,<br />

anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo (…); disciplinare le azioni e le funzioni del giudice: 1.<br />

Riordinando le norme vigenti sulla giurisdizione del giudice amministrativo anche rispetto alle altre giurisdizioni; 2.<br />

Riordinando i casi di giurisdizione estesa al merito».<br />

114


Complessivamente intesa, dunque, la delega, vòlta al riordino e alla razionalizzazione del processo amministrativo e ai<br />

necessari aggiustamenti del riparto di giurisdizione tra giudici ordinari e giudici amministrativi, risulta idonea a<br />

circoscrivere i pur necessari margini di discrezionalità del legislatore delegato.<br />

La delega contenuta nell’art. 44 della legge n. 69 del 2009 deve pertanto ritenersi sufficientemente specifica e<br />

determinata secondo i canoni della giurisprudenza costituzionale relativa all’art. 76 Cost. (da ultimo sentenza n. 80 del<br />

2012).<br />

4.— Quanto ai decreti legislativi adottati in attuazione della delega sopramenzionata, il giudice rimettente dubita<br />

anzitutto della legittimità costituzionale del "combinato disposto" degli artt. 133, comma 1, lettera l), 134, comma 1,<br />

lettera c), e 135, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 104 del 2010, nella parte in cui attribuiscono alla giurisdizione<br />

esclusiva del giudice amministrativo, con cognizione estesa al merito, e alla competenza funzionale del TAR Lazio –<br />

sezione di Roma, le controversie in materia di sanzioni irrogate dalla CONSOB, per avere il legislatore delegato<br />

ecceduto dai limiti stabiliti dalla legge di delega (art. 44 della legge n. 69 del 2009), con conseguente violazione dell’art.<br />

76 Cost. Contestualmente il giudice rimettente dubita della legittimità costituzionale anche dell’art. 4, comma 1, numero<br />

19), dell’Allegato numero 4, del d.lgs. n. 104 del 2010, da intendersi censurato nella parte in cui abroga le previgenti<br />

disposizioni attributive della giurisdizione in materia alla Corte d’appello.<br />

4.1.— Nel merito, la questione è fondata con riferimento al parametro di cui all’art. 76 Cost.<br />

In riferimento alle deleghe per il riordino o il riassetto di settori normativi – tra le quali, come si è detto poco sopra,<br />

deve essere annoverata la delega contenuta nell’art. 44 della legge n. 69 del 2009 – questa Corte ha sempre inquadrato<br />

in limiti rigorosi l’esercizio, da parte del legislatore delegato, di poteri innovativi della normazione vigente, non<br />

strettamente necessari in rapporto alla finalità di ricomposizione sistematica perseguita con l’operazione di riordino o<br />

riassetto. La Corte ha sempre rimarcato che, a proposito di deleghe che abbiano ad oggetto la revisione, il riordino ed il<br />

riassetto di norme preesistenti, «l’introduzione di soluzioni sostanzialmente innovative rispetto al sistema legislativo<br />

previgente è ammissibile soltanto nel caso in cui siano stabiliti principi e criteri direttivi idonei a circoscrivere la<br />

discrezionalità del legislatore delegato», giacché quest’ultimo non può innovare «al di fuori di ogni vincolo alla propria<br />

discrezionalità esplicitamente individuato dalla legge-delega» (sentenza n. 293 del 2010), specificando che «per<br />

valutare se il legislatore abbia ecceduto [i] – più o meno ampi – margini di discrezionalità, occorre individuare la ratio<br />

della delega» (sentenza n. 230 del 2010).<br />

Questi principi, costantemente affermati dalla giurisprudenza di questa Corte e ribaditi da ultimo nella sentenza n. 80<br />

del 2012, impongono, nel caso di deleghe per il riordino o il riassetto normativo, un’interpretazione restrittiva dei poteri<br />

innovativi del legislatore delegato, da intendersi in ogni caso strettamente orientati e funzionali alle finalità esplicitate<br />

dalla legge di delega.<br />

Alla luce di tali principi, in merito alla questione oggi all’esame della Corte, occorre ricordare che la delega – che deve<br />

essere qualificata come una delega per il riordino e il riassetto normativo – abilitava il legislatore delegato a intervenire,<br />

oltre che sul processo amministrativo, sulle azioni e le funzioni del giudice amministrativo anche rispetto alle altre<br />

giurisdizioni e in riferimento alla giurisdizione estesa al merito, ma sempre entro i limiti del riordino della normativa<br />

vigente; il che comporta di certo una capacità innovativa dell’ordinamento da parte del Governo delegato all’esercizio<br />

della funzione legislativa, da interpretarsi però in senso restrittivo e comunque rigorosamente funzionale al<br />

perseguimento delle finalità espresse dal legislatore delegante.<br />

4.2.— In base alla delega conferitagli, il legislatore delegato, nel momento in cui interveniva in modo innovativo sul<br />

riparto di giurisdizione tra giudici ordinari e giudici amministrativi, doveva tenere conto della «giurisprudenza della<br />

Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori» nell’assicurare la concentrazione delle tutele, secondo quanto<br />

prescritto dalla legge di delega (art. 44, commi 1 e 2, della legge n.69 del 2009).<br />

Attribuendo le controversie relative alle sanzioni inflitte dalla CONSOB, alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo (con la competenza funzionale del TAR Lazio – sede di Roma, e con cognizione estesa al merito), il<br />

legislatore delegato non ha invece tenuto conto della giurisprudenza delle sezioni unite civili della Corte di cassazione,<br />

formatasi specificamente sul punto.<br />

La Corte di cassazione ha, infatti, sempre precisato che la competenza giurisdizionale a conoscere delle opposizioni (art.<br />

196 del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58) avverso le sanzioni inflitte dalla CONSOB ai promotori finanziari, anche di tipo<br />

interdittivo, spetta all’autorità giudiziaria ordinaria, posto che anche tali sanzioni, non diversamente da quelle<br />

pecuniarie, debbono essere applicate sulla base della gravità della violazione e tenuto conto dell’eventuale recidiva e<br />

quindi sulla base di criteri che non possono ritenersi espressione di discrezionalità amministrativa (Corte di cassazione,<br />

115


sezioni unite civili, 22 luglio 2004, n. 13703; nello stesso senso 11 febbraio 2003, n. 1992; 11 luglio 2001, n. 9383).<br />

Anche il Consiglio di Stato ha riconosciuto che, in punto di giurisdizione sulle controversie aventi per oggetto sanzioni<br />

inflitte dalla CONSOB, sussistessero precedenti giurisprudenziali nel senso della giurisdizione ordinaria, affermando da<br />

ultimo la giurisdizione del giudice amministrativo solo sulla base dell’insuperabile dato legislativo espressamente<br />

consolidato nell’art. 133 (materie di giurisdizione esclusiva), comma 1, lettera l), del d.lgs. n. 104 del 2010, che prevede<br />

testualmente che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo «le controversie aventi ad<br />

oggetto tutti i provvedimenti, compresi quelli sanzionatori ed esclusi quelli inerenti ai rapporti di impiego privatizzati,<br />

adottati (...) dalla Commissione nazionale per la società e la borsa» (Consiglio di Stato, sezione VI, 19 luglio 2011, n.<br />

10287), vale a dire sulla base proprio delle disposizioni impugnate in questa sede. Precedentemente all’intervento<br />

legislativo qui in esame, invece, lo stesso Consiglio di Stato aveva aderito all’impostazione della Cassazione, secondo<br />

cui doveva attribuirsi al giudice ordinario la giurisdizione sulle sanzioni inflitte dalla CONSOB (Consiglio di Stato,<br />

sezione VI, 6 novembre 2007, n. 6474; cfr. in precedenza, sezione VI, 19 marzo 2002, n. 4148).<br />

La citata giurisprudenza della Corte di cassazione, la quale esclude che l’irrogazione delle sanzioni da parte della<br />

CONSOB sia espressione di mera discrezionalità amministrativa, unitamente alla considerazione che tali sanzioni<br />

possono essere sia di natura pecuniaria, sia di tenore interdittivo (giungendo persino ad incidere sulla possibilità che il<br />

soggetto sanzionato continui ad esercitare l’attività intrapresa), impedisce di giustificare sul piano della legittimità<br />

costituzionale l’intervento del legislatore delegato, il quale, incidendo profondamente sul precedente assetto, ha<br />

trasferito alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative alle sanzioni inflitte dalla<br />

CONSOB, discostandosi dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, che invece avrebbe dovuto orientare<br />

l’intervento del legislatore delegato, secondo quanto prescritto dalla delega. Di conseguenza, deve ritenersi che,<br />

limitatamente a simile attribuzione di giurisdizione, siano stati ecceduti i limiti della delega conferita, con conseguente<br />

violazione dell’art. 76 Cost.<br />

5.— Per le medesime ragioni sopra illustrate deve ritenersi affetto da illegittimità costituzionale anche l’intero articolo<br />

4, comma 1, numero 19), dell’Allegato numero 4, del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, nella parte in cui abroga le<br />

disposizioni del d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, che attribuiscono alla Corte d’appello la competenza funzionale in<br />

materia di sanzioni inflitte dalla CONSOB, con la conseguenza che queste ultime disposizioni, illegittimamente<br />

abrogate, tornano ad avere applicazione.<br />

6.— Restano assorbiti tutti gli altri profili di illegittimità costituzionale delle norme impugnate, prospettati in<br />

riferimento agli artt. 3, 103, 111 e 113 della Costituzione.<br />

Per Questi Motivi<br />

LA CORTE COSTITUZIONALE<br />

1) dichiara l’illegittimità costituzionale degli articoli 133, comma 1, lettera l), 135, comma 1, lettera c), e 134, comma<br />

1, lettera c), del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69,<br />

recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), nella parte in cui attribuiscono alla giurisdizione<br />

esclusiva del giudice amministrativo con cognizione estesa al merito e alla competenza funzionale del TAR Lazio –<br />

sede di Roma, le controversie in materia di sanzioni irrogate dalla Commissione nazionale per le società e la borsa<br />

(CONSOB), e dell’art. 4, comma 1, numero 19), dell’Allegato numero 4, del medesimo d.lgs. n. 104 del 2010;<br />

2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69<br />

(Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile),<br />

sollevata, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, dalla Corte d’appello di Torino con l’ordinanza indicata in<br />

epigrafe.<br />

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2012.<br />

F.to: Alfonso QUARANTA, Presidente<br />

Marta CARTABIA, Redattore<br />

Gabriella MELATTI, Cancelliere<br />

Depositata in Cancelleria il 27 giugno 2012. Il Direttore della Cancelleria F.to: Gabriella MELATTI<br />

116


GIURISDIZIONE SULLE PROCEDURE DI RECLUTAMENTO INDETTE DALLA RAI<br />

Autorità: Cassazione civile sez. un.<br />

Data: 22 dicembre 2011<br />

Numero: n. 28330<br />

Parti: Rai Tv C. Fargion<br />

Fonti: Giust. civ. Mass. 2011, 12, 1828, Foro amm. CDS 2012, 1, 31 (s.m.)<br />

CLASSIFICAZIONE<br />

GIURISDIZIONE CIVILE - Giurisdizione ordinaria e amministrativa: impiego pubblico - enti pubblici<br />

TESTO<br />

Giurisdizione civile - Giurisdizione ordinaria e amministrativa - Impiego pubblico - enti pubblici - Procedure di<br />

assunzione del personale di società in mano pubblica,exart. 18 d.l. n. 112 del 2008 (convertito, con modificazioni,<br />

nella legge n. 133 del 2008) - Distinzione delle regole di reclutamento tra società di gestione dei servizi pubblici<br />

locali (comma 1) e società totalmente partecipate (comma 2) - Giurisdizione relativa - Devoluzione al giudice<br />

ordinario in entrambe le fattispecie - Sussistenza - Fondamento - Conseguenze - Questione di legittimità<br />

costituzionale per disparità di trattamento (art. 3 e 97 cost.) - Manifesta infondatezza<br />

L'art. 18 d.l. 25 giugno 2008 n. 112 (convertito, con modificazioni, nella l. 6 agosto 2008 n. 193), il quale detta regole<br />

diverse per le procedure di reclutamento del personale da parte, da un lato, delle società in mano pubblica di gestione<br />

dei servizi pubblici locali (comma 1), e, dall'altro, delle altre società a partecipazione pubblica totale o di controllo<br />

(comma 2), è una norma di diritto sostanziale, la quale non incide in alcun modo sui criteri di riparto della giurisdizione<br />

in materia di assunzione dei dipendenti, che rimane devoluta, in entrambe le fattispecie anzidette, al giudice ordinario,<br />

trattandosi ugualmente di società non equiparabili alle pubbliche amministrazioni. È, pertanto, manifestamente<br />

infondata la q.l.c. dell'art. 18, comma 2, del suddetto decreto, sollevata in riferimento agli art. 3 e 97 cost., nella parte in<br />

cui si assume che assoggetti a differenti criteri di riparto della giurisdizione le società di gestione dei servizi pubblici<br />

dalle altre società pubbliche.<br />

CONFORMI E DIFFORMI<br />

(1) Non si rinvengono precedenti in termini.<br />

Cassazione civile sez. un., 22 dicembre 2011, n. 28330<br />

Autorità: Cassazione civile sez. un.<br />

Data: 22 dicembre 2011<br />

Numero: n. 28330<br />

CLASSIFICAZIONE<br />

GIURISDIZIONE CIVILE - Giurisdizione ordinaria e amministrativa: impiego pubblico - enti pubblici<br />

Giurisdizione civile - Giurisdizione ordinaria e amministrativa - Impiego pubblico - enti pubblici - Procedure di<br />

assunzione del personale di società in mano pubblica,exart. 18 d.l. n. 112 del 2008 (convertito, con modificazioni,<br />

nella legge n. 133 del 2008) - Distinzione delle regole di reclutamento tra società di gestione dei servizi pubblici<br />

locali (comma 1) e società totalmente partecipate (comma 2) - Giurisdizione relativa - Devoluzione al giudice<br />

ordinario in entrambe le fattispecie - Sussistenza - Fondamento - Conseguenze - Questione di legittimità<br />

costituzionale per disparità di trattamento (art. 3 e 97 cost.) - Manifesta infondatezza Vedi tutto<br />

Impiego pubblico - Enti pubblici - Procedure di assunzione del personale di società in mano pubblica ex art. 18<br />

d.l. n. 112 del 2008 (convertito, con modificazioni, nella legge n. 133 del 2008) - Distinzione delle regole di<br />

reclutamento tra società di gestione dei servizi pubblici locali (comma 1) e società totalmente partecipate (comma<br />

2) - Giurisdizione civile - Sussiste.<br />

INTESTAZIONE<br />

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE<br />

SEZIONI UNITE CIVILI<br />

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:<br />

Dott. VITTORIA Paolo - Primo presidente f.f. -<br />

Dott. DE LUCA Michele - Presidente di sez. -<br />

Dott. GOLDONI Umberto - Consigliere -<br />

Dott. DI PALMA Salvatore - Consigliere -<br />

Dott. TOFFOLI Saverio - Consigliere -<br />

Dott. DI CERBO Vincenzo - Consigliere -<br />

Dott. NOBILE Vittorio - rel. Consigliere -<br />

Dott. TRAVAGLINO Giacomo - Consigliere -<br />

117


Dott. TIRELLI Francesco - Consigliere -<br />

ha pronunciato la seguente:<br />

sentenza<br />

sul ricorso proposto da:<br />

RAI - RADIOTELEVISIONE ITALIANA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente<br />

domiciliata in ROMA, PIAZZA DELLE MUSE 8, presso lo STUDIO LEGALE PACE - ASSOCIAZIONE<br />

PROFESSIONALE, rappresentata e difesa dagli avvocati PACE ALESSANDRO, LAX PIERLUIGI, per delega a<br />

margine del ricorso;<br />

- ricorrente -<br />

contro<br />

F.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE G. MAZZINI 55, presso lo studio degli avvocati<br />

FIDONE GIANFRANCESCO, LINGUITI ALBERTO, che la rappresentano e difendono, per delega a<br />

margine del controricorso;<br />

- controricorrente -<br />

avverso l'ordinanza n. 5379/2010 del Consiglio di Stato, depositata il 24/11/2010;<br />

uditi gli avvocati Alessandro PACE, Gianfrancesco FIDONE;<br />

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/11/2011 dal Consigliere Dott. VITTORIO<br />

NOBILE;<br />

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale dott. FEDELI Massimo, il quale chiede che la Corte di<br />

Cassazione, a Sezioni unite, dichiari la giurisdizione del giudice amministrativo, con le pronunce di legge.<br />

FATTO<br />

Con ricorso notificato alla RAI - Radiotelevisione Italiana s.p.a. il 2-10-2010 F.G., impugnando il bando dell'1-9-2010 -<br />

con il quale era stata indetta "una selezione riservata a giornalisti professionisti di lingua italiana da utilizzare, per future<br />

esigenze, con contratti di lavoro subordinato a tempo determinato in qualità di redattore ordinario, nelle redazioni<br />

giornalistiche regionali" delle regioni e province autonome indicate - chiedeva al TAR Lazio in via principale, nel<br />

merito, di annullare l'atto impugnato ed in via cautelare, ed anche ai sensi dell'art. 56 cod. proc. amm., di "sospendere il<br />

provvedimento impugnato in parte qua ed adottare tutte le misure cautelari ritenute idonee ed opportune, in modo<br />

comunque da consentire alla ricorrente di partecipare alla selezione in questione eventualmente anche "ritenendo già<br />

utilmente prodotta la domanda già presentata (spedita a mezzo raccomandata a.r. il 29-9-2010) dall'interessata in<br />

versione cartacea, mediante utilizzo del "form on line" predisposto dall'amministrazione stessa".<br />

In particolare la F. lamentava che in sostanza la previsione relativa al requisito di residenza dei candidati, contenuta nel<br />

bando, violava gli artt. 3, 4, 5 e 35 Cost. essendo "irragionevole e, di fatto, priva di alcuna motivazione o<br />

giustificazione, incorrendo anche nel vizio di eccesso di potere".<br />

Con decreto del 1-10-2010 veniva accolta provvisoriamente l'istanza di misure cautelari provvisorie, fissandosi per la<br />

trattazione collegiale la camera di consiglio del 21-10-2010.<br />

La Rai con memoria depositata il 19-10-2010 si costituiva chiedendo il rigetto dell'avverso ricorso ed eccependo, tra<br />

l'altro, in via preliminare, il difetto di giurisdizione del TAR. All'esito il TAR, con ordinanza n. 4663 del 22-10-2010,<br />

riteneva insussistente la propria giurisdizione.<br />

Avverso la detta ordinanza la F. proponeva appello sostenendo la sussistenza della giurisdizione del giudice<br />

amministrativo.<br />

La Rai si costituiva ed il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 5379 del 23-11-2010 accoglieva l'istanza cautelare ai fini<br />

della partecipazione della ricorrente alla procedura selettiva.<br />

A fronte di tale ordinanza, affermativa della giurisdizione del giudice amministrativo, la RAI ha proposto "ricorso per<br />

regolamento preventivo di giurisdizione", articolato in tre motivi, chiedendo che sia dichiarata la giurisdizione del<br />

giudice ordinario con ogni conseguenza di legge.<br />

Il Pubblico Ministero con le conclusioni scritte ha chiesto dichiararsi la giurisdizione del giudice amministrativo.<br />

La F. ha resistito con controricorso.<br />

Infine la Rai ha depositato memoria.<br />

DIRITTO<br />

Preliminarmente va rilevata la ammissibilità del ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, così intendendosi<br />

il ricorso stesso come riferito alla domanda introduttiva avanzata nel giudizio di merito e non rivolto contro il<br />

provvedimento cautelare emesso dal Consiglio di Stato, e ciò sulla base non solo dell'intestazione, ma soprattutto delle<br />

chiare conclusioni ("...chiede di regolare la giurisdizione nella presente controversia dichiarando, in accoglimento del<br />

presente ricorso, la giurisdizione del giudice ordinario, con ogni conseguenza di legge.. "). al di là delle espressioni<br />

impugnazione adottate nella esposizione, considerato, peraltro, che l'emanazione del provvedimento cautelare, ancorchè<br />

definitivo, non preclude la proponibilità del regolamento de ano, non essendo ancora intervenuta una decisione nel<br />

merito (v.<br />

Cass. S.U. 2-11-2001 n. 14848. cfr. Cass. S.U. 24-4-2002 n. 6040.<br />

Cass. S.U. 7-5-2003 n. 6954, Cass. S.U. 2-7-2003 n. 10464, Cass. S.U. 19-5-2004 n. 9532, Cass. S.U. 8-8-2005 n.<br />

16603, Cass. S.U. 31-1-2006 n, 2053).<br />

118


Con il primo motivo la ricorrente in sostanza deduce la erroneità della qualificazione della "selezione per personale<br />

giornalistico 2010" della RAI come "procedura concorsuale", e la inesistenza nella specie di qualsivoglia situazione<br />

giuridica soggettiva in capo al M., in quanto il provvedimento impugnato dinanzi al giudice amministrativo non era un<br />

bando di concorso, essendo semplicemente finalizzato alla selezione di un gruppo di persone che la RAI si riservava di<br />

assumere o meno, a seconda delle future esigenze aziendali.<br />

Con il secondo motivo la ricorrente rileva la erroneità della qualificazione della s.p.a. RAI come ente equiparato alla<br />

pubblica amministrazione, deducendo che la RAI è una società per azioni (D.Lgs. n. 177 del 2005, art. 49) equiparata<br />

agli enti pubblici soltanto a determinati fini, e cioè con riguardo alla disciplina degli appalti e alla responsabilità<br />

contabile dei funzionari, ma non in relazione alla disciplina dell'organizzazione interna, interamente sottratta al diritto<br />

pubblico, ed aggiungendo che la scelta legislativa in favore della natura privatistico societaria della RAI, è stata dettata<br />

proprio dall'intento di differenziare la RAI dalle amministrazioni pubbliche, sicchè equiparare la prima alle seconde per<br />

via giurisprudenziale costituirebbe una "invasione del merito legislativo", non consentita all'Autorità Giudiziaria. La<br />

ricorrente, inoltre, deduce che:<br />

- la nomina di taluni consiglieri d'amministrazione da parte di una commissione parlamentare non è risolutiva per<br />

affermare la natura di ente pubblico della RAI, perchè caratteristica comune a tutte le società per azioni di interesse<br />

nazionale;<br />

- l'indisponibilità dello scopo sociale è comune a numerose imprese, ivi comprese quelle indubitabilmente private<br />

operanti nel settore radiotelevisivo, le quali non possono avere altro oggetto sociale che l'esercizio dell'attività<br />

radiotelevisiva;<br />

- la percezione di fondi pubblici consegue alla scelta originaria, secondo la quale la concessionaria del servizio pubblico<br />

radiotelevisivo, ancorchè società per azioni, dovesse essere in mano pubblica;<br />

- la sottoposizione ai poteri di vigilanza di un'apposita commissione parlamentare non depone per la natura pubblica<br />

dell'ente, ed anzi prescinde dalla forma prescelta per lo stesso;<br />

- il controllo della Corte dei Conti discende dal fatto che la RAI rientra tra gli enti, non necessariamente pubblici,<br />

destinatari di contribuzioni ordinarie da parte dello Stato;<br />

- l'obbligo dell'osservanza delle procedure di evidenza pubblica nell'affidamento degli appalti, scaturisce<br />

dall'inquadramento a tal fine negli "organismi di diritto pubblico" ai sensi della normativa comunitaria in materia, ma<br />

non implica affatto la natura pubblica dell'ente.<br />

Con il terzo motivo la ricorrente, deduce che anche le norme generali sul riparto di giurisdizione di cui agli artt. 7 e 133<br />

del Codice del processo amministrativo (D.Lgs. n. 104 del 2010) escludono nella fattispecie la giurisdizione del giudice<br />

amministrativo, in quanto la RA1 non è titolare di poteri autoritativi e nell'esercizio della propria attività non emana<br />

provvedimenti amministrativi, rilevando altresì che neppure potrebbe dilatarsi "a dismisura" l'ambito applicativo del<br />

D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4 in forza della "generalissima disposizione" contenuta nel D.L. 112 del 2008,<br />

art. 18, comma 2 (conv. con L. n. 133 del 2008), con conseguente "surrettizio ampliamento della giurisdizione" del<br />

giudice amministrativo.<br />

In primo luogo, osserva il Collegio che la RAI -Radiotelevisione italiana s.p.a. è designata direttamente dalla legge<br />

(vedi ora D.Lgs. 31 luglio 2005, n. 177, art. 49, comma 1 "T.U. dei servizi di media audiovisivi e radiofonici" -, e già L.<br />

3 maggio 2004, n. 112, art. 20, comma 1) quale concessionaria (fino al 6-5-2016) del "servizio pubblico generale<br />

radiotelevisivo" (in precedenza sulla "natura" di s.p.a. "di interesse nazionale ex art. 2461 c.c." (ora art. 2451 c.c.) della<br />

società concessionaria v. L. n. 206 del 1993, art. 1 e sulla previsione della concessione "ad una società per azioni a<br />

totale partecipazione pubblica" v. L. n. 223 del 1990, art. 2, comma 2 e, prima ancora, L. n. 103 del 1975, art. 3; da<br />

ultimo, invece, sulla previsione dell'avvio del processo di "dismissione della partecipazione dello Stato" v. L. n. 112 del<br />

2004, art. 21 richiamato nell'art. 49, comma 13).<br />

Il comma 2, poi, del citato art. 49 del T.U. stabilisce t espressamente che "per quanto non sia diversamente previsto dal<br />

presente teso unico la Rai Radiotelevisione s.p.a. è assoggettata alla disciplina generale delle società per azioni, anche<br />

per quanto concerne l'organizzazione e l'amministrazione".<br />

La RAI è quindi una società per azioni per volontà stessa del legislatore (che peraltro con la L. n. 112 del 2004, art. 21<br />

ha previsto anche la incorporazione della "Rai-Radiotelevisione italiana s.p.a." nella RAI-Holding s.p.a." nonchè, "per<br />

l'effetto", la assunzione da parte della incorporante della denominazione sociale di "RAI- Radiotelevisione italiana<br />

s.p.a.") e, seppure soggetta ad una disciplina particolare per determinati aspetti ed a determinati fini, riguardanti anche<br />

la giurisdizione, chiaramente dettata da interessi di natura pubblica, per tutto quanto non diversamente previsto non può<br />

che essere regolata secondo il regime generale delle società per azioni.<br />

In particolare va premesso che il T.U. citato, all'art. 7 chiarisce che la RAI è "la società concessionaria del servizio<br />

pubblico generale radiotelevisivo" istituita "al fine di favorire l'istruzione, la crescita civile e il progresso sociale, di<br />

promuovere la lingua italiana e la cultura, di salvaguardare l'identità nazionale e di assicurare prestazioni di utilità<br />

sociale", con il contributo pubblico da essa percepito, costituito dal canone versato dagli utenti, che "è utilizzabile<br />

esclusivamente ai fini dell'adempimento dei compiti di servizio pubblico generale affidati alla stessa" (all'uopo l'art. 47<br />

dello stesso T.U. prevede la tenuta di "una contabilità separata" e il divieto di "utilizzare, direttamente o indirettamente,<br />

i ricavi derivanti dal canone per finanziare attività non inerenti al servizio pubblico" - in tal senso v. già L. n. 112 del<br />

2004, art. 18).<br />

La norma, peraltro, precisa che l'informazione radiotelevisiva di qualsiasi emittente costituisce comunque un "servizio<br />

di interesse generale".<br />

119


L'art. 49 disciplina gli organi, i relativi poteri e le relative nomine, stabilendo tra l'altro che spetta alla Commissione<br />

parlamentare di vigilanza il potere di nominare i sette noni del consiglio di amministrazione "fino a che il numero delle<br />

azioni alienate non superi la quota del 10 per cento del capitale".<br />

La RAI è poi sottoposta a penetranti poteri di vigilanza da parte della detta Commissione parlamentare (art. 50) e alla<br />

verifica dell'adempimento dei compiti affidata all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (art. 48), nonchè al<br />

controllo della Corte dei Conti (ai sensi della L. n. 259 del 1958, art. 2, trattandosi di ente "cui lo stato contribuisce in<br />

via ordinaria" e, dal 2010, a seguito del D.P.C.M. 10 marzo 2010, ai sensi dell'art. 12 della stessa legge, configurandosi,<br />

con riguardo alla intervenuta recente fusione sopra richiamata, la fattispecie tipica dell'apporto statale al patrimonio in<br />

capitale).<br />

In tale quadro, poi, è stato precisato da questa Corte che "poichè la RAI è un'impresa pubblica (sotto forma societaria, in<br />

cui lo Stato ha una partecipazione rilevante) operante nel settore dei "servizi" pubblici di telecomunicazioni radio e<br />

televisive in concessione, assoggettata ai poteri di vigilanza e di nomina da parte dello Stato e costituita per soddisfare<br />

finalità di interesse generale, essa deve essere qualificata come "organismo di diritto pubblico" tenuto ad osservare le<br />

norme comunitarie di evidenza pubblica, nonchè le rispettive norme interne attuative, per la scelta dei propri contraenti<br />

in tutti gli appalti di valore eccedente le soglie indicate per i servizi di cui al D.Lgs. n. 158 del 1995, art. 7 (ad eccezione<br />

delle sole procedure per l'aggiudicazione di appalti che siano relativi specificamente a servizi di radiodiffusione e<br />

televisione - settore "escluso" dalla Direttiva 92/50/CEE del 18 giugno 1992)", con le relative conseguenze in ordine<br />

alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 33, lett. d) come sostituito<br />

dalla L. n. 205 del 2000, art. 7, comma 1, lett. a). (v. Cass. S.U. 23-4-2008 n. 10443).<br />

Nello stesso quadro, infine, pur sempre delimitato, va collocata la affermazione della sostanziale "assimilabilità" della<br />

RAI ad un "ente pubblico" al fine della qualificabilità come danno erariale del danno cagionato dai suoi agenti e della<br />

conseguente loro assoggettabilità all'azione di responsabilità amministrativa davanti al giudice contabile, peraltro<br />

connessa al controllo ex L. n. 259 del 1958 al quale è assoggettata (v. Cass. S.U. 22-12-2009 n. 27092).<br />

Orbene, tali aspetti particolari, costituiscono pur sempre dei segmenti speciali di una disciplina che, comunque, per tutto<br />

quanto non diversamente disposto si rifà al regime proprio delle società per azioni. Del resto la espressa configurazione<br />

per legge in tal senso non potrebbe di certo assumere una valenza assolutamente "neutrale".<br />

In conclusione la RAI-Radiotelevisione Italiana, anche se fortemente caratterizzata dagli evidenziati peculiari aspetti e<br />

tuttora in mano pubblica, resta pur sempre una società per azioni, e ciò deve vieppiù affermarsi a seguito della L. n. 112<br />

del 2004 e del T.U. n. 177 del 2005 (in precedenza sulla natura privatistica della RAI v.<br />

fra le altre Cass. S.U. 26-11-1996 n. 10490. Cass. 13-8-2002 n. 12200).<br />

Sulla base di tale premessa deve quindi escludersi che, con riferimento alla stessa, possa applicarsi la riserva della<br />

giurisdizione del giudice amministrativo, "in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle<br />

pubbliche amministrazioni", di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4.<br />

La RAI, infatti, non è in alcun modo annoverabile tra le pubbliche amministrazioni indicate nell'art. 1 comma 2 dello<br />

stesso D.Lgs..<br />

Nè all'uopo potrebbe invocarsi l'ampia espressione contenuta nell'art. 7, comma 2 del Codice del processo<br />

amministrativo, D.Lgs. n. 104 del 2010 (Per pubbliche amministrazioni, ai fini del presente codice, si intendono anche i<br />

soggetti ad esse equiparati o comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo"). Il detto<br />

articolo, infatti, come si legge nella Relazione trasmessa dal Governo al Senato, "definisce la giurisdizione del giudice<br />

amministrativo in ossequio alle norme costituzionali e ai noti principi dettati dalla Corte Costituzionale, in particolare<br />

nelle sentenze nn. 204 del 2004 e 191 del 2006. In applicazione di tali regole e principi la giurisdizione amministrativa è<br />

strettamente connessa all'esercizio (o al mancato esercizio) del potere amministrativo e in tale ambito rientrano in essa<br />

le controversie concernenti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente a detto<br />

potere. L'art. 7 costituisce una clausola generale tesa a spiegare la ratio delle diverse ipotesi di giurisdizione<br />

amministrativa in termini unitari".<br />

In definitiva ciò che è comunque essenziale è la riconducibilità dell'atto, del provvedimento o del comportamento<br />

all'esercizio di un pubblico potere (cfr. C. Cost. n. 191 del 2006, n. 35 del 2010), esercizio che è del tutto assente in<br />

capo alla RAI. Alla luce, quindi, di quanto espresso nella richiamata Relazione, deve escludersi qualsiasi incidenza<br />

innovativa dell'art. 7, comma 2 citato sulla estensione della giurisdizione amministrativa nella materia delle procedure<br />

concorsuali come prevista dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4, tanto meno in combinato disposto con il D.L.<br />

n. 112 del 2008, art. 18, comma 2 conv. con L. n. 133 del 2008 ("Le altre società a partecipazione pubblica totale o di<br />

controllo adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento<br />

degli incarichi nel rispetto dei principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità").<br />

In primo luogo l'art. 7, comma 2 citato non contiene alcun rinvio all'art. 18, comma 2 citato, con la conseguenza che tale<br />

ultima disposizione di natura chiaramente sostanziale non può assumere di per sè alcuna rilevanza processuale, tanto<br />

meno al fine di un allargamento della giurisdizione del giudice amministrativo prevista dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art.<br />

63, comma 4.<br />

L'obbligo, poi, di adottare i detti "criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli<br />

incarichi", si inserisce pur sempre nell'agire (jure privaiorum) della società, senza comportare esercizi di pubbliche<br />

potestà e senza incidere sulla giurisdizione.<br />

Inoltre non può ignorarsi che la riserva della giurisdizione del giudice amministrativo in materia di procedure<br />

concorsuali, D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 63, comma 4, presuppone la finalità della instaurazione di un rapporto di<br />

120


lavoro pubblico, seppure contrattualizzato, alle dipendenze di una pubblica amministrazione e non può affatto<br />

configurarsi in funzione della insorgenza di un rapporto di lavoro privato alle dipendenze di una società per azioni.<br />

In tale quadro, manifestamente infondata risulta, poi, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 18, comma 2<br />

citato, sollevata in via subordinata dalla controricorrente, secondo cui "l'equiparazione delle sole società di cui al primo<br />

comma del citato art. 18 alle amministrazioni pubbliche per quanto riguarda il reclutamento del personale e le<br />

conseguenze in punto di giurisdizione appare in contrasto con i principi di uguaglianza (art. 3 Cost.) e di buon<br />

andamento (art. 97 Cost.)".<br />

Infatti anche per le società contemplate dal primo comma (che "gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione<br />

pubblica" e che sono tenute ad adottare, più specificamente, "criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il<br />

conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 35, comma 3), la disciplina è<br />

dettata sul solo piano sostanziale, senza conseguenze sulla giurisdizione, che, parimenti, resta al giudice ordinario anche<br />

per quanto concerne l'espletamento delle procedure concorsuali per le assunzioni, trattandosi di società ugualmente non<br />

equiparabili, in mancanza di norma specifica, alle "pubbliche amministrazioni" di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63<br />

(v. fra le altre da ultimo Cass. S.U. 10-3-2011 n. 5685).<br />

Infine, con riferimento alla fattispecie in esame, neppure può trascurarsi che la selezione de qua ("riservata a giornalisti<br />

professionisti di lingua italiana da utilizzare, per future esigenze, con contratti di lavoro subordinato a tempo<br />

determinato in qualità di redattore ordinario, nelle redazioni giornalistiche regionali" delle regioni e province autonome<br />

indicate) non ha ad oggetto, in via immediata, l'assunzione di giornalisti, ma solo l'individuazione di un gruppo di<br />

giornalisti idonei in vista di future assunzioni, di guisa che anche sotto tale profilo non potrebbe invocarsi il D.Lgs. n.<br />

165 del 2001, art. 63, comma 4 (per un'ipotesi analoga v. Cass. 13- 8-2002 n. 12200 cit.).<br />

In conclusione, sul regolamento preventivo di giurisdizione proposto, nella controversia in esame va dichiarata la<br />

giurisdizione del giudice ordinario.<br />

Infine in considerazione della complessità e della novità delle questioni, le spese del presente giudizio vanno<br />

compensate tra le parti.<br />

P.Q.M.<br />

P.Q.M.<br />

La Corte pronunciando sul ricorso, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, compensa le spese, e rimette le parti<br />

davanti al Tribunale civile.<br />

Così deciso in Roma, il 8 novembre 2011.<br />

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2011<br />

CONFORMI E DIFFORMI<br />

(1) Non si rinvengono precedenti in termini.<br />

Cassazione civile sez. un., 22 dicembre 2011, n. 28330<br />

121


122


SULL’ORGANISMO DIRITTO PUBBLICO IN PARTE QUA<br />

ESTREMI<br />

Autorità: Cassazione civile sez. un.<br />

Data: 29 maggio 2012<br />

Numero: n. 8511<br />

Parti: Soc. Wincor Nixdorf C. Soc. Ncr Italia e altro.<br />

Fonti: Giust. civ. Mass. 2012, 5, 686<br />

CLASSIFICAZIONE<br />

GIURISDIZIONE CIVILE - Giurisdizione ordinaria e amministrativa: contratti della P.A. - in genere<br />

TESTO<br />

Giurisdizione civile - Giurisdizione ordinaria e amministrativa: contratti della P.A. - Poste italiane s.p.a. - Servizi<br />

di ««postamatt» - Aggiudicazione di appalti - Controversie - Giurisdizione del giudice ordinario - Fondamento -<br />

Natura di organismo di diritto pubblico - Insussistenza e irrilevanza<br />

Le controversie, aventi ad oggetto le procedure di aggiudicazione degli appalti di fornitura di distributori automatici di<br />

banconote (««postamatt») da parte della società Poste italiane, rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, atteso<br />

che l'art. 211, comma 1, del d.lg. n. 163 del 2006 sottopone all'applicazione della disciplina dell'evidenza pubblica (con<br />

conseguente giurisdizione del giudice amministrativo) gli ««altri servizi diversi dai servizi postalii» (cioè diversi da<br />

quelli in senso stretto, includenti ««la raccolta, lo smistamento, il trasporto e la distribuzione degli invii postalii», ai<br />

sensi del comma 2, lett. b, del medesimo articolo), sempreché almeno uno di essi non sia stato liberalizzato, come<br />

avvenuto per i servizi di pagamento e trasferimento di denaro (per effetto del d.P.C.M. 25 gennaio 2010, in attuazione<br />

della decisione della Commissione europea del 5 gennaio 2010), non rilevando né che Poste italiane abbia<br />

volontariamente fatto ricorso alle regole di evidenza pubblica, pur non essendovi tenuta, né che la medesima società<br />

possa essere un organismo di diritto pubblico, circostanza comunque esclusa, mancando il requisito del soddisfacimento<br />

di esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale (art. 3, comma 26, d.lg. n. 163 del 2006)<br />

e trattandosi di un'impresa che, seppure per un settore definito, opera in regime di concorrenza ed è quindi esposta al<br />

funzionamento naturale del mercato<br />

CONFORMI E DIFFORMI<br />

(1-2) Non si rinvengono precedenti in termini.<br />

Cassazione civile sez. un., 29 maggio 2012, n. 8511<br />

Autorità: Cassazione civile sez. un.<br />

Data: 29 maggio 2012<br />

Numero: n. 8511<br />

CLASSIFICAZIONE<br />

GIURISDIZIONE CIVILE - Giurisdizione ordinaria e amministrativa - in genere Vedi tutto<br />

GIURISDIZIONE CIVILE - Giurisdizione ordinaria e amministrativa: contratti della P.A. - in genere<br />

Giurisdizione civile - Giurisdizione ordinaria e amministrativa: contratti della P.A. - Poste italiane s.p.a. - Servizi<br />

di ««postamatt» - Aggiudicazione di appalti - Controversie - Giurisdizione del giudice ordinario - Fondamento -<br />

Natura di organismo di diritto pubblico - Insussistenza e irrilevanza Vedi tutto<br />

Giurisdizione civile - Giurisdizione ordinaria e amministrativa - Affidamento di appalti pubblici - Organismi di<br />

diritto pubblico - Obbligo della evidenza pubblica - Per tutte le attività comunque svolte da enti di diritto privato<br />

- Esclusione - Solo per le attività riguardanti settori interessati dalla esistenza di diritti speciali o esclusivi -<br />

Conseguenze sulla giurisdizione - Fattispecie in tema di Poste italiane e servizi ««postamatt».<br />

INTESTAZIONE<br />

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE<br />

SEZIONI UNITE CIVILI<br />

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:<br />

Dott. VITTORIA Paolo - Primo Presidente Agg. -<br />

Dott. ADAMO Mario - Presidente Sezione -<br />

Dott. SALME' Giuseppe - Consigliere -<br />

Dott. SEGRETO Antonio - Consigliere -<br />

Dott. MACIOCE Luigi - Consigliere -<br />

Dott. BUCCIANTE Ettore - Consigliere -<br />

Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere -<br />

Dott. PETITTI Stefano - rel. Consigliere -<br />

Dott. TIRELLI Francesco - Consigliere -<br />

ha pronunciato la seguente:<br />

123


ordinanza<br />

sul ricorso proposto da:<br />

WINCOR NIXDORF s.r.l. (C.F.: (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e<br />

difesa per procura speciale in calce al ricorso, dagli Avvocati D'Antone Carmelo, Rinaldi Egidio, Mendolia<br />

Carmelo e Lazzaretti Andrea, elettivamente domiciliata presso lo studio legale Rinaldi e Associati, in Roma,<br />

Largo Argentina n. 11;<br />

- ricorrente -<br />

contro<br />

NCR ITALIA s.r.l. (C.F.: (OMISSIS) e P.I.: (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, e<br />

MORE ONE s.r.l. (C.F.: (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, entrambe in proprio e<br />

quali mandataria e mandante di un costituendo RTI, rappresentate e difese, per procura speciale a margine del<br />

controricorso, dagli Avvocati Francesco Cardarelli e Filippo Lattanzi, presso lo studio dei quali in Roma, via<br />

Pierluigi da Palestrina n. 47, sono elettivamente domiciliate;<br />

- controricorrenti -<br />

e nei confronti di:<br />

POSTE ITALIANE s.p.a (C.F.: (OMISSIS) e P.I.: (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore,<br />

rappresentata e difesa, per procura speciale a margine del controricorso, dagli Avvocati Filippo Satta e Andrea<br />

Sandulli, elettivamente domiciliata in Roma, Foro Traiano 1/A, presso lo studio Satta & Associati;<br />

- controricorrente -<br />

per regolamento preventivo di giurisdizione in relazione al giudizio pendente dinnanzi al Tribunale Regionale<br />

Amministrativo per il Lazio, sezione 3 ter, R.G. n. 7742/2010.<br />

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25 ottobre 2011 dal Consigliere relatore Dott.<br />

Stefano Petitti;<br />

sentiti gli Avvocati Carmelo D'Antone, Francesco Cardarelli e Filippo Satta;<br />

lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VELARDI Maurizio, che ha concluso<br />

per la dichiarazione della giurisdizione del giudice ordinario.<br />

FATTO<br />

RITENUTO IN FATTO<br />

Poste Italiane ha indetto una gara per la fornitura di distributori automatici di banconote (postamat), consegna del<br />

software, installazione, avvio in esercizio e servizio di manutenzione in garanzia.<br />

L'aggiudicazione provvisoria è avvenuta in favore di Wincor Nixdorf s.r.l..<br />

NCR Italia s.r.l. e More One s.r.l. hanno depositato ricorso al Tar Lazio in data 8 settembre 2010, con motivi aggiunti<br />

del 28 settembre 2010, impugnando il provvedimento di aggiudicazione e chiedendo l'accertamento dell'inefficacia<br />

dell'eventuale contratto stipulato nelle more tra Poste Italiane e Wincor e de loro diritto a subentrare nell'esecuzione<br />

della fornitura e delle relative opere.<br />

Nel procedimento che ne è seguito Wincor e Poste Italiane hanno eccepito il difetto di giurisdizione del G.A. La<br />

Wincor, in data 21/25 gennaio 2011, ha presentato ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione chiedendo che<br />

venga dichiarato il difetto di giurisdizione del G.A..<br />

Con ordinanza depositata il 3 febbraio 2011, il Tar Lazio ha disposto la sospensione del giudizio ritenendo l'istanza di<br />

regolamento preventivo "non manifestamente inammissibile o improcedibile, essendo dubbio per l'appalto in questione,<br />

in quanto afferente ad attività da esplicarsi nel regime di libera impresa, che Poste Italiane possa essere qualificata ex<br />

lege come Ente aggiudicatore, sottoposto alla disciplina del Codice dei contratti pubblici, e che pertanto la presente<br />

controversia rientri nella giurisdizione del Giudice amministrativo".<br />

Poste Italiane, in data 4 marzo 2011, ha presentato controricorso con conclusioni analoghe a quelle della Wincor.<br />

NCR e More One, in data 4 marzo 2011, hanno presentato controricorso nel quale hanno chiesto invece affermarsi la<br />

giurisdizione del Tar adito.<br />

Successivamente alla notificazione del ricorso per regolamento, con ordinanza 25 febbraio 2011 n. 757, il Tar ha<br />

respinto la domanda incidentale di sospensione del provvedimento impugnato, ritenendo che la controversia esulasse<br />

dalla giurisdizione del G.A. "in quanto l'appalto in questione è afferente ad attività da esplicarsi nel regime di libera<br />

impresa e Poste Italiane non può essere qualificata ex lege come Ente aggiudicatore sottoposto alla disciplina del codice<br />

dei contratti pubblici".<br />

Con ordinanza del 9 marzo 2011 n, 1086, il Consiglio di Stato ha rigettato l'appello avverso la suddetta ordinanza del<br />

Tar.<br />

Il Procuratore Generale ha concluso per la dichiarazione della giurisdizione del giudice ordinario.<br />

DIRITTO<br />

CONSIDERATO IN DIRITTO<br />

1. La ricorrente Wincor Nixdorf s.r.l. sostiene che la controversia debba essere devoluta alla giurisdizione del giudice<br />

ordinario.<br />

In proposito, rileva che Poste Italiane, oltre a svolgere servizi postali in forza di specifica concessione, svolge attività<br />

inerenti il mercato bancario, tra cui quella, rilevante nella specie, dei "servizi di pagamento e trasferimento di denaro",<br />

124


atteso che la procedura selettiva oggetto di giudizio riguarda l'attribuzione di un contratto per la fornitura di distributori<br />

automatici di banconote, e quindi per la fornitura di apparecchiature idonee a consentire a Poste Italiane l'esecuzione dei<br />

servizi di pagamento e trasferimento di denaro.<br />

La ricorrente rileva quindi che l'art. 211 del codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 163 del 2006), collocato nella parte<br />

3^ relativa ai settori speciali, dispone che a disciplina del codice si applica all'attività relativa alla fornitura dei servizi<br />

postali ovvero di altri servizi diversi da quelli postali a condizione che tali servizi siano effettuati da un ente che<br />

fornisce servizi postali e che i presupposti dell'art. 219 del medesimo codice non siano soddisfatti (e cioè che l'attività<br />

degli stessi non sia esposta direttamente alla concorrenza). L'art. 219, infatti, prevede che gli appalti destinati a svolgere<br />

un'attività indicata negli artt. da 208 a 213 (e quindi anche quelli di cui all'art. 211) non sono soggetti all'applicazione<br />

del codice se l'attività è direttamente esposta a concorrenza su mercati liberamente accessibili.<br />

Orbene, la ricorrente osserva che l'art. 219 prevede una procedura volta ad accertare se un'attività sia direttamente<br />

esposta alla concorrenza, individuando nella Commissione Europea l'organo deputato ad assumere determinazioni al<br />

riguardo, e che la Commissione, interpellata dalla Repubblica Italiana, si è pronunciata con decisione del 5 gennaio<br />

2010, n. 12, accertando che "la condizione della diretta esposizione alla concorrenza prevista dall'art. 30, paragrafo 1,<br />

della direttiva 2004/17/CE è considerata soddisfatta in Italia riguardo ai seguenti servizi: a) raccolta del risparmio<br />

tramite i conti corrente; b) prestiti per conto di banche e altri intermediari finanziari abilitati; c) servizi e attività di<br />

investimento; d) servizi di pagamento e trasferimento di denaro", e stabilendo conclusivamente che "la direttiva<br />

2004/17/CE non si applica ai contratti attribuiti da enti aggiudicatori e destinati a consentire l'esecuzione dei seguenti<br />

servizi in Italia: (...) servizi di pagamento e trasferimento di denaro". Ricorda quindi che, in attuazione di tale decisione,<br />

è stato adottato il D.P.C.M. 25 gennaio 2010, con il quale si è statuito che "Il D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, recante<br />

Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE<br />

non si applica agli appalti attribuiti da enti aggiudicatori e destinati a consentire l'esecuzione dei seguenti servizi in<br />

Italia: a) raccolta del risparmio tramite i conti correnti; b) prestiti per conto di banche e altri intermediari finanziari<br />

abilitati; c) servizi e attività di investimento; d) servizi di pagamento e trasferimento di denaro".<br />

Pertanto, osserva la ricorrente, poichè l'art. 244 del citato codice dei contratti pubblici (oggi sostituito dal D.Lgs. n. 104<br />

del 2010, art. 133), assegna alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative a procedure<br />

di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del<br />

socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti<br />

dalla normativa statale o regionale, e poichè Poste italiane non è da qualificarsi come soggetto tenuto all'applicazione<br />

della procedura di evidenza pubblica, nel caso di specie non potrebbe affermarsi la giurisdizione del giudice<br />

amministrativo.<br />

1.1. Nè la applicazione al contratto oggetto della controversia delle disposizioni della evidenza pubblica potrebbe essere<br />

desunta dall'art. 27 del codice dei contratti, a norma del quale "l'affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto<br />

lavori, servizi, forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall'applicazione del presente codice, avviene nel rispetto dei<br />

principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità. L'affidamento deve<br />

essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti, se compatibile con l'oggetto del contratto" (comma 1). Una<br />

simile interpretazione, oltre a contrastare con le richiamate statuizioni relative ai servizi di pagamento e trasferimento di<br />

denaro, non troverebbe neanche conferma in una interpretazione sistematica delle norme in materia. I contratti esclusi,<br />

invero, ai sensi dell'art. 3, comma 18, del codice, "sono i contratti pubblici di cui alla parte 1, titolo 2 (artt. da 16 a 26<br />

del codice), sottratti in tutto o in parte alla disciplina del presente codice, e quelli non contemplati dal presente codice",<br />

mentre il contratto oggetto della controversia sarebbe espressamente contemplato nella parte 3, all'art. 211, ma non<br />

assoggettato alla disciplina del codice in forza del richiamato art. 219.<br />

Una volta accertato che al contratto in questione non è applicabile la normativa del codice dei contratti pubblici, la<br />

circostanza che Poste Italiane abbia a detta normativa comunque fatto riferimento non potrebbe determinare l'insorgere<br />

della giurisdizione del giudice amministrativo, non essendo la giurisdizione suscettibile di essere determinata per effetto<br />

di scelte autonome di natura privatistica, quale potrebbe essere il richiamo nel bando di alcune delle norme del codice.<br />

1.2. L'applicazione delle norme di evidenza pubblica e la conseguente affermazione della giurisdizione esclusiva del<br />

giudice amministrativo non potrebbero poi essere desunte dalla natura giuridica di Poste Italiane. In proposito, la<br />

ricorrente rileva che la Commissione europea, depositarla degli elenchi forniti dagli Stati membri per l'individuazione<br />

degli organismi di diritto pubblico, ha escluso dalle procedure di evidenza pubblica proprio Poste Italiane con<br />

riferimento ai servizi di pagamento e trasferimento di denaro.<br />

Peraltro, dovrebbe escludersi che Poste Italiane possa essere oggi configurato come organismo di diritto pubblico,<br />

soggetto, in quanto tale, all'applicazione della normativa di evidenza pubblica. Una simile qualificazione non potrebbe<br />

in primo luogo essere sostenuta sulla base di una sentenza del Consiglio di Stato pronunciata prima che, con la direttiva<br />

2004/17/CE, della quale il codice dei contratti costituisce attuazione, i servizi postali fossero inclusi nei settori speciali.<br />

Del resto, nel vigore del nuovo contesto normativo la Commissione europea, con la decisione n. 1642 del 2008 relativa<br />

ai servizi di corriere espresso, ha qualificato. Poste Italiane non già come organismo di diritto pubblico, ma come<br />

impresa pubblica, e quindi come soggetto privato. Poste Italiane, del resto, per effetto del D.P.R. n. 144 del 2001, è stata<br />

equiparata alle banche italiane ai fini dell'applicazione delle norme del testo unico bancario e del testo unico della<br />

finanza specificamente richiamate, nonchè della L. n. 287 del 1990, essendosi altresì previsto che per l'esercizio<br />

dell'attività di bancoposta Poste Italiane si avvalesse di strutture organizzative autonome e fosse tenuta ad istituire un<br />

sistema di separazione contabile dell'attività di bancoposta rispetto alle altre attività. Situazione, questa, resa ancor più<br />

125


evidente dalla specifica destinazione dei finanziamenti pubblici unicamente a far fronte agli oneri del servizio<br />

universale.<br />

Non si comprenderebbe, quindi, ad avviso della ricorrente, la ragione per la quale Poste Italiane dovrebbe essere<br />

considerato come organismo di diritto pubblico, atteso che siffatto organismo deve essere istituito per soddisfare<br />

specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale (art. 1, comma 9,<br />

direttiva 2004/18/CE), risultando invece presenti tutte le condizioni per poterla qualificare come impresa pubblica,<br />

come del resto affermato dalla Commissione europea nella ricordata decisione n. 1642 del 2008 che, proprio sul rilievo<br />

di tale natura, ha esonerato i servizi di corriere espresso dall'applicazione della direttiva 2004/17/CE. In sostanza,<br />

conclude la ricorrente, non sussisterebbe alcun interesse per l'ordinamento, neanche quello pro concorrenziale, a che le<br />

controversie insorte tra Poste Italiane e i partecipanti a procedure di selezione da quest'ultima indette per forniture<br />

connesse ad attività direttamente esposte alla concorrenza - come per i servizi di pagamento e trasferimento di denaro -<br />

"vengano sottratte al loro giudice naturale ed attratte nella sfera di competenza del giudice amministrativo".<br />

2. Il regolamento deve essere risolto nel senso che la giurisdizione sulla controversia pendente dinnanzi al Tar Lazio<br />

spetta al giudice ordinario.<br />

2.1. Occorre premettere che la direttiva sui cd. settori speciali, 2004/17/CE, n. 17 ha una portata limitata ai settori<br />

specificamente definiti negli artt. da 3 a 7 della medesima (acqua, energia, elettricità, trasporto, servizi postali).<br />

Sotto il profilo soggettivo, la direttiva n. 17 si applica ai cd.<br />

Enti aggiudicatoti, categoria nella quale sono comprese sia le cd.<br />

amministrazioni aggiudicatrici (Stato, enti pubblici territoriali, organismi di diritto pubblico, associazioni costituite da<br />

uno o più di tali enti pubblici territoriali o da uno o più di tali organismi di diritto pubblico), sia le ed, imprese<br />

pubbliche, sia gli altri soggetti che "non essendo amministrazioni aggiudicatrici o imprese pubbliche annoverano tra le<br />

loro attività una o più attività tra quelle di cui agli artt. da 208 a 213 (tra cui i servizi postali ex art. 211) e operano in<br />

virtù di diritti speciali o esclusivi concessi loro dall'autorità competente" (art. 2, comma 2, della direttiva n. 17; D.Lgs.<br />

n. 163 del 2006, art. 3, comma 29 e art. 207, nella parte 3^ sugli appalti pubblici nei settori speciali, che alle citate<br />

direttive ha dato attuazione). Con la precisazione che, ai sensi dell'art. 2, comma 3, della direttiva n. 17 e del D.Lgs. n.<br />

163 del 2006, art. 207, comma 2, "sono diritti speciali o esclusivi i diritti costituiti per legge, regolamento o in virtù di<br />

una concessione o altro provvedimento amministrativo avente l'effetto di riservare a uno o più soggetti l'esercizio di una<br />

attività di cui agli artt. da 208 a 213 e di incidere sostanzialmente sulla capacità di altri soggetti di esercitare tale<br />

attività".<br />

La direttiva generale 2004/18/CE, invece, si applica alle sole cd.<br />

"Amministrazioni aggiudicatrici", così individuate: Stato, enti pubblici territoriali, organismi di diritto pubblico e<br />

associazioni costituite da uno o più di tali enti pubblici territoriali o da uno o più di tali organismi di diritto pubblico<br />

(art. 1, comma 9, della direttiva e art. 3, comma 25, del codice).<br />

2.2, L'elemento che, ai fini del presente giudizio, assume un rilievo particolare è costituito dal fatto che soltanto la<br />

direttiva n. 17 sui settori speciali fa riferimento alla impresa pubblica, mentre entrambe le direttive fanno riferimento<br />

all'organismo di diritto pubblico.<br />

Le imprese pubbliche sono quelle su cui le amministrazioni aggiudicatrici "possono esercitare, direttamente o<br />

indirettamente un'influenza dominante perchè ne sono proprietarie, vi hanno una partecipazione finanziaria, o in virtù di<br />

norme che disciplinano le imprese in questione. L'influenza dominante è presunta quando le amministrazioni<br />

aggiudicatrici, direttamente o indirettamente, riguardo all'impresa: - detengono la maggioranza del capitale sottoscritto<br />

dall'impresa, oppure - controllano la maggioranza dei voti cui danno diritto le azioni emesse dall'impresa, oppure -<br />

hanno il diritto di nominare più della metà dei membri del consiglio di amministrazione, di direzione o di vigilanza<br />

dell'impresa" (art. 2, lett. b, direttiva n. 17; art. 3, comma 28, del codice). E' invece organismo di diritto pubblico<br />

"qualsiasi organismo: - istituito per soddisfare specificamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non<br />

industriale o commerciale, - dotato di personalità giuridica, e - la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo<br />

Stato, da enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico, oppure la cui gestione sia soggetta al controllo<br />

di questi ultimi o il cui organo d'amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della<br />

metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico" (art. 2, lett. a,<br />

direttiva n. 17;<br />

art. 1, comma 9, direttiva n. 18; art. 3, comma 26, del codice).<br />

L'opportunità di operare un distinguo tra le due nozioni (impresa pubblica e organismo di diritto pubblico) è sottolineata<br />

dalla Corte di giustizia CE che, nella sentenza 15 maggio 2003, in causa C- 214/00, Commissione C. Regno di Spagna,<br />

punto 44, ha affermato "occorre inoltre rammentare che la nozione di impresa pubblica è sempre stata diversa da quella<br />

di organismo di diritto pubblico, in quanto quest'ultimo è creato per soddisfare specificatamente bisogni di interesse<br />

generale privi di carattere industriale o commerciale, mentre le imprese pubbliche operano per rispondere ad esigenze di<br />

carattere industriale o commerciale.<br />

Tale distinzione, si può soggiungere, risponde ad una precisa logica, nel senso che la mancata previsione dell'impresa<br />

pubblica tra le amministrazioni aggiudicatrici di appalti nei settori ordinari (direttiva n. 18) si giustifica in<br />

considerazione del fatto che la ratio della disciplina dell'evidenza pubblica (consistente nella necessità di garantire la<br />

competizione tra soggetti operanti sul libero mercato in sede di approvvigionamento di beni, servizi e forniture) non<br />

trova motivo di applicazione in relazione alla figura dell'impresa pubblica che si trova ad operare nel mercato in<br />

126


condizioni di normale concorrenza, sopportando i rischi connessi al mercato stesso, rendendo superfluo il ricorso<br />

all'evidenza pubblica.<br />

Ove, invece, come nei cd. settori speciali, gli operatori beneficino di diritti speciali o esclusivi che riservano solo ad<br />

alcuni l'esercizio di determinate attività, si rende concreto il rischio di un'alterazione delle regole della concorrenza, con<br />

la conseguenza che appare indispensabile il rispetto di tali regole, che si ha con l'applicazione della procedura di<br />

evidenza pubblica.<br />

2.3. Il D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 211, comma 1, sottopone all'applicazione del codice dei contratti pubblici e, quindi,<br />

alla disciplina dell'evidenza pubblica sia i servizi postali, di cui al comma 2, lett. b), includenti "la raccolta, lo<br />

smistamento, il trasporto e la distribuzione degli invii postali", sia gli "altri servizi diversi dai servizi postali" (da<br />

intendersi in senso stretto), e cioè quelli elencati dal comma 2, lett. c) - tra cui i "servizi finanziari, quali definiti nella<br />

categoria 6 di cui all'allegato 2^ A del presente codice (id est "Servizi finanziari: a) servizi assicurativi; b) servizi<br />

bancari e finanziari") e all'art. 19, lett. d) del presente codice, compresi in particolare i vaglia postali e i trasferimenti da<br />

conti correnti postali" - "a condizione che siano forniti da un ente che fornisce anche servizi postali ai sensi del comma<br />

2, lett. b), e i presupposti di cui all'art. 219 non siano soddisfatti per quanto riguarda i servizi di cui al citato comma 2,<br />

lett. b)".<br />

In sostanza, il codice prevede l'attrazione, nella sfera pubblicistica propria dei servizi postali in senso stretto (riservati o<br />

che possono esserlo) dei servizi diversi svolti dall'Ente postale.<br />

Infatti, benchè l'art. 211, comma 3, del codice prevedesse l'applicazione del codice ai contratti riguardanti i servizi<br />

diversi da quelli postali fino a quando non fosse interamente liberalizzato il settore dei servizi postali in senso stretto<br />

(cioè quelli di cui all'art. 211, comma 2, lett. b), includenti "la raccolta, lo smistamento, il trasporto e la distribuzione<br />

degli invii postali"), l'art. 219, comma 1, del codice, dispone che "gli appalti destinati a permettere la prestazione di<br />

un'attività di cui agli artt. da 208 a 213 (tra i quali i servizi postali, compresi quelli "diversi") non sono soggetti al<br />

presente codice se, nello Stato membro in cui è esercitata l'attività, l'attività è direttamente esposta alla concorrenza su<br />

mercati liberamente accessibili". Ne consegue che, per escludere l'applicazione del codice dei contratti sull'evidenza<br />

pubblica agli "altri servizi diversi dai servizi postali" forniti dall'Ente postale, di cui all'art. 211, comma 2, lett. c) del<br />

codice e art. 6 della direttiva n. 17, è sufficiente che sia liberalizzato anche soltanto uno di essi, senza necessità di<br />

attendere che siano interamente liberalizzati i servizi postali (in senso stretto) di cui all'art. 211, comma 2, lett. b).<br />

L'art. 219 del codice appalti, con il riferimento ad un'"attività (...) direttamente esposta alla concorrenza su mercati<br />

liberamente accessibili", individua un criterio oggettivo al fine di valutare se un appalto, in quanto afferente a quella<br />

attività, debba o no essere assoggettato alla disciplina del codice e segnatamente a quella dell'evidenza pubblica. Ciò<br />

significa che la disciplina del codice non si applica a quelle attività che, pur svolte da soggetti in ipotesi tenuti, per la<br />

loro qualità di ente aggiudicatorio all'osservanza del codice, svolgano in concreto "attività" direttamente esposte alla<br />

concorrenza sul mercato.<br />

2.3.1. In applicazione dell'art. 30, comma 1, della direttiva n. 17 (il quale così recita: "Gli appalti destinati a permettere<br />

la prestazione di un'attività di cui agli artt. da 3 a 7 non sono soggetti alla presente direttiva se, nello Stato membro in<br />

cui è esercitata l'attività, questa è direttamente esposta alla concorrenza su mercati liberamente accessibili"), l'art. 219,<br />

comma 5, del codice dispone che "quando sulla base delle condizioni di cui ai commi 2 e 3, si ritiene che il comma 1 sia<br />

applicabile ad una data attività, il Ministro delle politiche comunitarie di concerto con il Ministro competente per settore<br />

ne da notifica alla Commissione e le comunica tutti i fatti rilevanti e in particolare ogni legge, regolamento,<br />

disposizione amministrativa o accordo che riguardi la conformità con le condizioni di cui al comma 1, nonchè le<br />

eventuali determinazioni assunte al riguardo dalle Autorità indipendenti competenti nella attività di cui trattasi".<br />

Orbene, in attuazione di tale procedura la Commissione europea, alla quale ia Repubblica italiana ha chiesto di stabilire<br />

se determinati servizi svolti da Poste italiane fossero direttamente esposti alla concorrenza, con decisione del 5 gennaio<br />

2010, ha risposto positivamente, giudicando inapplicabile la direttiva n. 17 ai contratti attribuiti da enti aggiudicatori e<br />

destinati a consentire l'esecuzione in Italia dei servizi di: a) raccolta del risparmio tramite i conti correnti; b) prestiti per<br />

conto di banche e altri intermediari finanziari abilitati; c) servizi e attività di investimento; d) servizi di pagamento e<br />

trasferimento di denaro (quali sono quelli che hanno dato origine al contenzioso nella controversia in esame).<br />

2.3.2. A tale decisione è seguito il D.P.C.M. 25 gennaio 2010, il quale ha stabilito che "Il D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163,<br />

recante Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e<br />

2004/18/CE non si applica agli appalti attribuiti da enti aggiudicatori e destinati a consentire l'esecuzione dei seguenti<br />

servizi in Italia: a) raccolta del risparmio tramite i conti correnti; b) prestiti per conto di banche e altri intermediari<br />

finanziari abilitati; c) servizi e attività di investimento; d) servizi di pagamento e trasferimento di denaro".<br />

Pertanto, l'obbligo di seguire l'evidenza pubblica sussiste solo per gli appalti aggiudicati per lo svolgimento dei servizi<br />

postali in senso stretto, cioè non (del tutto) liberalizzati (art. 211, comma 2, lett. b) e ciò fino a quando non sarà<br />

completato il processo di liberalizzazione dei servizi postali tout court, cui è indirizzata la direttiva 2008/6/CE, recepita<br />

con D.Lgs. 31 marzo 2011, n. 58.<br />

3. Le considerazioni sin qui svolte consentono di affermare la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario.<br />

In contrario, non appaiono condivisibiii ed utili per pervenire ad una diversa soluzione le deduzioni svolte dalle<br />

resistenti NCR Italia e More One s.r.l., argomentate con riferimento sia alla natura di organismo di diritto pubblico di<br />

Poste Italiane, sia agli effetti dell'applicazione, in ogni caso, della disciplina di cui all'art. 27, comma 1, del codice, a<br />

norma del quale, per quanto qui rileva, "l'affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi, forniture,<br />

127


esclusi, in tutto o in parte, dall'applicazione del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità,<br />

efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità".<br />

3.1. Quanto al primo profilo, si assume dunque che Poste italiane s.p.a. sarebbe un organismo di diritto pubblico,<br />

comunque tenuto ad applicare la procedura di evidenza pubblica, con conseguente attribuzione della giurisdizione al<br />

giudice amministrativo, non rilevando che il detto organismo svolga anche attività di carattere imprenditoriale<br />

(industriale o commerciale) e che il contratto da aggiudicare sia inerente all'attività dallo stesso svolta nell'ambito di un<br />

servizio liberalizzato (come quello di pagamento e trasferimento di denaro).<br />

Un simile assunto non può essere condiviso, in primo luogo, perchè, come già rilevato, la direttiva n. 17 non si applica<br />

ai contratti attribuiti da enti aggiudicatori e destinati a consentire l'esecuzione in Italia, tra l'altro, dei servizi di<br />

pagamento e trasferimento di denaro, secondo quanto affermato dalla Commissione europea nella citata decisione del 5<br />

gennaio 2010. Siffatta decisione muove dal rilievo che la fornitura dei servizi finanziari rientra nel campo di<br />

applicazione della direttiva solo a condizione che tali servizi siano forniti da soggetti che forniscono anche servizi<br />

postali ai sensi dell'art. 6, paragrafo 2, lettera b) della direttiva stessa (considerando 7). In tal modo, si riconosce che<br />

l'aspetto più rilevante ai fini della applicabilità o meno della direttiva è il contenuto dell'attività svolta piuttosto che la<br />

qualità soggettiva dell'ente che svolge quella attività. In sostanza, Poste Italiane s.p.a., che per lo svolgimento dei servizi<br />

postali in senso proprio è tenuta all'osservanza della direttiva, non è alla stessa assoggettata (considerando 26) quando<br />

attribuisca contratti destinati a consentire l'esecuzione in Italia dei servizi di cui alle lettere da a) a d) del considerando<br />

25, nè quando vengono organizzati concorsi di progettazione per l'esercizio di tale attività nel paese.<br />

Siffatte conclusioni sono poi state trasfuse nell'ordinamento interno con il D.P.C.M. 25 gennaio 2010, che ha escluso<br />

l'applicazione del codice dei contratti pubblici agli appalti attribuiti da enti aggiudicatori e destinati a consentire<br />

l'esecuzione in Italia, tra l'altro, del servizio di pagamento e trasferimento di denaro.<br />

Sotto altro profilo, va qui evidenziato che in una precedente decisione della Commissione europea, la n. 1642 del 2008,<br />

con riferimento allo svolgimento del servizio di corriere espresso, Poste Italiane s.p.a., come "impresa pubblica" ai sensi<br />

dell'art. 2, paragrafo 1, lett. b), della direttiva 2004/17/CE, "è un ente aggiudicatore ai fini della direttiva 2004/17/CE".<br />

Tuttavia, accertata la condizione di cui all'art. 30, paragrafo 1, della citata direttiva, e cioè la libera accessibilità del<br />

mercato, la Commissione ha statuito che la direttiva non si applica agli appalti attribuiti da enti aggiudicatori e destinati<br />

a permettere la prestazione di servizi di corriere espresso,nazionali e internazionali, in Italia.<br />

3.2. Nè può condividersi l'assunto che Poste Italiane s.p.a.<br />

sarebbe un organismo di diritto pubblico, sicchè il conferimento di appalti finalizzati all'acquisizione di mezzi e servizi<br />

per lo svolgimento delle sue attività sarebbe comunque assoggettato alle regole dell'evidenza pubblica. Una simile<br />

possibilità, invero, postulerebbe che, esclusa, per le ragioni prima viste, la applicabilità ai servizi di pagamento e<br />

trasferimento di denaro, la detta attività possa rientrare nell'ambito della direttiva ordinaria (2004/18/CE), che si<br />

riferisce alle "Amministrazioni aggiudicatrici", individuandole (art. 1, comma 9), in: Stato, enti pubblici territoriali,<br />

organismi di diritto pubblico e associazioni costituite da uno o più di tali enti pubblici territoriali o da uno o più di tali<br />

organismi di diritto pubblico. Per organismo di diritto pubblico, invero, "s'intende qualsiasi organismo: a) istituito per<br />

soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriate o commerciale, b) dotato di<br />

personalità giuridica, e c) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o<br />

da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo<br />

d'amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato,<br />

dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico".<br />

In proposito, deve rilevarsi che nella giurisprudenza comunitaria si ritiene che il confronto tra la direttiva generale<br />

(direttiva n. 18) e quella speciale (direttiva n. 17) richiede che "le disposizioni di quest'ultima siano interpretate<br />

restrittivamente" (Corte di giustizia 10 aprile 2008, C-393/06, p. 27). Infatti, "le frontiere tra gli ambiti di applicazione<br />

di queste due direttive sono altresì tracciate da disposizioni esplicite. Così, l'art. 20, n. 1, della direttiva 2004/17 dispone<br />

che questa non si applica agli appalti che gli enti aggiudicatori assegnano per scopi diversi dall'esercizio delle loro<br />

attività di cui agli artt. 3-7 della medesima direttiva.<br />

Il pendant di tale disposizione nella direttiva 2004/18 è l'art. 12, primo comma, il quale dispone che tale direttiva non si<br />

applica agli appalti pubblici che le amministrazioni aggiudicatrici, che esercitano una o più attività di cui agli artt. 3-7<br />

della direttiva 2004/17, aggiudicano per tali attività" (Corte giustizia 10 aprile 2008, C-393/06, p. 28). La Corte di<br />

giustizia ha concluso affermando (p. 31 e p. 33) che "nel campo di applicazione della direttiva 2004/17 rientrano solo<br />

gli appalti che un ente, avente la qualifica di "ente aggiudicatore" ai sensi di tale direttiva, aggiudica in relazione e per<br />

l'esercizio di attività nei settori enumerati negli artt. 3-7 della detta direttiva" e pertanto "che un ente aggiudicatore, ai<br />

sensi della direttiva 2004/17, è tenuto ad applicare la procedura prevista da tale direttiva unicamente per<br />

l'aggiudicazione degli appalti che sono in relazione con attività che tale ente esercita in uno o più dei settori considerati<br />

negli artt. 3-7 della detta direttiva".<br />

In sostanza, ove un ente aggiudicatore sia assoggettato alla disciplina di cui alla direttiva n. 17 e in base a tale disciplina<br />

non trovino applicazione le regole dell'evidenza pubblica, non può poi affermarsi la operatività di dette regole per<br />

effetto della operatività, comunque, della disciplina di carattere generale posta dalla direttiva n. 18.<br />

Orbene, gli appalti di Poste Italiane s.p.a. sono assoggettati alla direttiva n. 17 e alle corrispondenti disposizioni del<br />

codice degli appalti; per effetto di tale disciplina, nella quale Poste Italiane s.p.a. assume la veste di ente aggiudicatore<br />

in qualità di "impresa pubblica" per le attività svolte dai detto ente in regime di concorrenza (previa valutazione sulla<br />

128


effettiva esistenza di una condizione di libera accessibilità dei mercati effettuata dalla Commissione europea), la<br />

disciplina interna, conformemente a quella comunitaria oggetto di attuazione, esclude l'applicazione del codice;<br />

non può dunque ipotizzarsi che le regole della evidenza pubblica, escluse per specifici e individuati settori di attività<br />

dell'ente aggiudicatore, possano riespandersi per effetto della direttiva generale, l'applicazione della quale postula la<br />

riconduzione dell'ente aggiudicatore nella categoria delle "amministrazioni aggiudicataci", alle quali sono equiparate gli<br />

organismi di diritto pubblico, dotati delle caratteristiche prima evidenziate, ma non le imprese pubbliche.<br />

3.3. Il Collegio è consapevole dell'esistenza di un orientamento della giurisprudenza comunitaria in base al quale<br />

l'assoggettamento al regime dell'evidenza pubblica per l'affidamento degli appalti riguarda tutte ovvero l'insieme delle<br />

attività svolte dall'organismo di diritto pubblico (cd. teoria del contagio), cioè sia le attività industriali o commerciali,<br />

comprese quelle in regime di libero mercato, sia le attività volte a soddisfare bisogni generali di carattere non industriale<br />

o commerciale (in tal senso Corte di giustizia 10 aprile 2008, C-393/06; 13 dicembre 2007, C-337/06).<br />

Tuttavia sembra che, nel caso di specie, non possa affermarsi l'operatività di tale regola. Essa, invero, muove dalla<br />

sicura identificazione di un ente aggiudicatore come organismo di diritto pubblico; in presenza, invece, di un soggetto<br />

costituito nella forma di società privata, ancorchè a capitale pubblico, la detta espansione non può essere predicata in<br />

via generale, dovendosi verificare la sussistenza di tutte le condizioni che consentono di qualificare il detto soggetto di<br />

diritto comune come organismo di diritto pubblico. In tal senso, deve ritenersi che ove per il settore di riferimento sia<br />

prevista la possibilità di individuare attività non assoggettate alle regole della evidenza pubblica, in quanto svolte in<br />

condizione di libera accessibilità dei mercati, e ove tali attività siano svolte da un soggetto di diritto privato, ancorchè a<br />

partecipazione pubblica, operi un criterio inverso di individuazione delle regole applicabili. In altri termini, in presenza<br />

di un soggetto di diritto privato che per alcune attività da esso svolte usufruisce di una posizione che potrebbe influire<br />

sulle regole della concorrenza, perchè opera in uno dei settori speciali in virtù di diritti speciali o esclusivi concessi<br />

dall'autorità competente, le regole della evidenza pubblica non possono che essere rigorosamente limitate a quelle<br />

attività direttamente interessate dalla esistenza di diritti speciali o esclusivi, dovendosi invece presumere che le residue<br />

attività del detto soggetto di diritto privato vengano svolte nelle forme ad esso proprie del diritto comune.<br />

Del resto, se le giustificazioni poste a sostegno della necessità di assoggettare l'intera attività di un organismo di diritto<br />

pubblico alla disciplina pubblicistica attengono alla difficoltà di operare una separazione tra le diverse attività di un ente<br />

che costituisca un'unica persona giuridica, alla necessità di evitare finanziamenti incrociati e all'esigenza di garantire le<br />

ragioni di certezza del diritto, trasparenza e prevedibilità (in tal senso, con riguardo agli organismi di diritto pubblico,<br />

Corte di giustizia 10 aprile 2008, C-393/06 cit., pp. 52-53), risulta evidente come simili preoccupazioni non valgano<br />

allorquando il soggetto del quale si discute sia costituito nella forma della società per azioni. In questo caso, infatti, ciò<br />

che deve trovare giustificazione è la deroga all'ordinario operare delle regole di diritto privato, e l'assoggettamento<br />

dell'azione della società alle regole dell'evidenza pubblica.<br />

In questa direzione, dunque, l'operatività di dette procedure si giustifica con riferimento ai soggetti che operano nei<br />

settori speciali, sempre che per dette attività non siano riscontrate, secondo le procedure comunitarie, condizioni di<br />

libera accessibilità ai mercati. Ove tali condizioni siano rispettate, operano nuovamente le regole comuni. In sostanza, la<br />

disciplina degli appalti nei settori speciali si fonda sulla sussistenza sia del requisito soggettivo che di quello oggettivo;<br />

ove quest'ultimo, anche per singoli e specifici settori di attività, non operi, perchè le attività vengono svolte in<br />

condizioni di libera accessibilità ai mercati, viene meno la ragione dell'assoggettamento della specifica attività di detti<br />

soggetti alle regole dell'evidenza pubblica.<br />

In proposito, si deve qui ricordare che queste Sezioni Unite hanno di recente affermato che, "ai fini della qualificazione<br />

di un ente come organismo di diritto pubblico, il D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 3, comma 26, dev'essere interpretato, alla<br />

stregua della giurisprudenza comunitaria, nel senso che devono sussistere cumulativamente i seguenti tre requisiti: a)<br />

l'ente dev'essere dotato di personalità giuridica; b) la sua attività dev'essere finanziata in modo maggioritario ovvero<br />

soggetta al controllo o alla vigilanza da parte dello Stato o di altro ente pubblico territoriale o di organismo di diritto<br />

pubblico; c) l'ente (anche in forma societaria) dev'essere istituito per soddisfare esigenze di interesse generale, aventi<br />

carattere non industriale o commerciale. In particolare, quest'ultimo requisito non sussiste quando l'attività sia svolta nel<br />

mercato concorrenziale e sia ispirata a criteri di economicità, essendo i relativi rischi economici direttamente a carico<br />

dell'ente. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza del Consiglio di Stato, che aveva affermato la propria<br />

giurisdizione in una controversia avente ad oggetto l'impugnazione della esclusione dalla gara indetta da una Società<br />

consortile per azioni per l'affidamento dei lavori per la realizzazione di infrastrutture varie, sull'erroneo presupposto che<br />

la predetta società, la cui attività statutaria aveva ad oggetto la costruzione e gestione di mercati agro-alimentari, fosse<br />

tenuta a seguire il procedimento ad evidenza pubblica nell'affidamento degli appalti, in quanto organismo di diritto<br />

pubblico)" (Cass., S.U., n. 8225 del 2010).<br />

Se, dunque, deve escludersi la ricorrenza delle caratteristiche di un organismo di diritto pubblico allorquando faccia<br />

difetto uno dei requisiti ora indicati, e segnatamente quello della istituzione dell'ente per il soddisfacimento di esigenze<br />

di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale, e si sia in presenza di un'impresa che opera, sia<br />

pure per un settore definito, in regime di concorrenza ed esposta a funzionamento naturale del mercato, non vi è<br />

necessità di fare ricorso alle regole volte a favorire la concorrenza.<br />

In questa prospettiva, l'assoggettamento delle imprese pubbliche alle regole degli appalti nei settori speciali costituisce<br />

un'eccezione, giustificata dal fatto che in tali settori la presenza di particolari interessi pubblici altera le condizioni di<br />

concorrenza in cui le imprese pubbliche normalmente opererebbero, mentre, fuori da tali settori, le regole dell'evidenza<br />

pubblica non hanno ragione di esistere poichè operano quelle del mercato.<br />

129


In applicazione di tale principio, si deve quindi ritenere che, quand'anche a Poste Italiane s.p.a. volesse riconoscersi la<br />

natura di organismo di diritto pubblico - il che, peraltro, non pare possa sostenersi sulla base delle considerazioni sin qui<br />

svolte -, non per questo potrebbero ritenersi operanti le regole della evidenza pubblica, con la conseguente attrazione<br />

della controversia alla giurisdizione del giudice amministrativo, essendo certo che la procedura oggetto di causa si<br />

riferisce all'acquisizione di mezzi per lo svolgimento di un'attività - quella di pagamento e trasferimento di denaro -<br />

svolta in condizioni di libera accessibilità dei mercati, e cioè in una situazione nella quale l'assoggettamento a quelle<br />

regole sarebbe superfluo, atteso che le finalità perseguite sono già presenti nell'ordinario modo di svolgimento<br />

dell'attività dell'ente aggiudicatore.<br />

3.4. Non può essere condiviso neanche l'argomento che fa leva sull'art. 27 del codice dei contratti.<br />

In proposito, appare sufficiente rilevare che il Consiglio di Stato, Adunanza plenaria n. 16 del 2011, sulla base di una<br />

ampia ricognizione della normativa e della giurisprudenza, segnatamente di quella comunitaria, ha affermato che l'art.<br />

27 del codice - il quale nel testo modificato dal D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito in L. 12 luglio 2011, n. 106, fa<br />

ora specifico riferimento ai "contratti esclusi, in tutto o in parte, dall'ambito di applicazione oggettiva del presente<br />

codice" -, "estende l'applicazione dei principi dei Trattati europei a tutela della concorrenza anche ai contratti "esclusi in<br />

tutto" dal codice, e cioè ai soli contratti dallo stesso codice "nominati", ancorchè al solo scopo di escluderli dal proprio<br />

ambito, e non anche quelli da esso non menzionati, neppure per escluderli. Infatti sarebbe paradossale che il codice<br />

apprestasse una disciplina per una categoria residuale e illimitata di contratti da esso non contemplati".<br />

La norma, invero, "intende porre un principio di rispetto di regole minimali di evidenza pubblica, a tutela della<br />

concorrenza e del mercato, ma tali regole minimali vengono imposte: a) da un lato solo ai soggetti che ricadono<br />

nell'ambito di applicazione del codice appalti e delle direttive comunitarie di cui costituisce recepimento, e per i<br />

contratti esclusi comunque menzionati nel codice; b) dall'altro lato ai contratti nominati ma esenti, e non anche ai<br />

contratti estranei".<br />

Orbene, la procedura rilevante nella presente controversia ha ad oggetto attività che, per essere svolte in condizioni di<br />

libera accessibilità ai mercati, esulano dall'ambito di operatività della direttiva n. 17, relativa ai settori speciali, e del<br />

codice degli appalti, come accertato dalla Commissione (decisione del 5 gennaio 2010) e statuito dal Presidente del<br />

Consiglio dei ministri (D.P.C.M. 25 gennaio 2010). Si è dunque in presenza di un appalto "estraneo" all'ambito di<br />

operatività del codice e non "escluso", ai sensi degli artt. da 18 a 26 dello stesso codice.<br />

4. Da ultimo, giova rilevare che non costituisce ostacolo alla dichiarazione della giurisdizione del giudice ordinario la<br />

circostanza che Poste Italiane s.p.a. abbia volontariamente fatto ricorso ad alcune delle regole previste dal codice.<br />

L'art. 244 del codice devolve(va) alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo "tutte le controversie, ivi<br />

incluse quelle risarcitorie, relative a procedure di affidamento di lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque<br />

tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei<br />

procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale". Il predetto art. 244 è stato sostituito<br />

dall'art. 3, comma 19, lett. c), dell'Allegato 4 al codice del processo amministrativo, il quale stabilisce che "Il Codice del<br />

processo amministrativo individua le controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in<br />

materia di contratti pubblici". Tra le suddette controversie, analogamente ai citato art. 244, sono comprese quelle<br />

"relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta<br />

del contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza<br />

pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, ivi incluse quelle risarcitorie e con estensione della giurisdizione<br />

esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell'aggiudicazione ed alle sanzioni<br />

alternative" (art. 133, comma 1, lett. e), cod. proc. amm.).<br />

Orbene, è giurisprudenza costante (a partire da Cass., S.U., n. 17635 del 2003; Cass., S.U., n. 18954 del 2003; Cass.,<br />

S.U., n. 6771 del 2009; in tal senso, v. anche Consiglio di Stato, Ad. Plen., n. 16 del 2011, cit.) che "in tema di riparto di<br />

giurisdizione sugli appalti pubblici, la L. 21 luglio 2000, n. 205, artt. 6 e 7 non attraggono nella giurisdizione esclusiva<br />

del giudice amministrativo anche le controversie relative all'affidamento di appalti da parte di soggetti che, pur non<br />

tenuti all'applicazione del procedimento di evidenza pubblica, abbiano scelto comunque di adottarlo, in tal guisa<br />

procedimentalizzando l'individuazione in concreto dell'appaltatore".<br />

In altri termini, "la sottoposizione o meno dell'appalto per cui è processo al regime pubblicistico divisato dal D.Lgs. n.<br />

163 del 2006 discende dalle caratteristiche oggettive dell'appalto e soggettive della stazione appaltante, e dunque<br />

dall'esistenza di un vincolo "eteronomo" e non dalla dichiarazione della stazione appaltante (cd.<br />

autovincolo)"(così, Consiglio di Stato, Ad. Plen. n. 16 del 2011, cit.).<br />

5. In conclusione, deve dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario, con rimessione delle parti dinnanzi al<br />

Tribunale competente per territorio. A tale giudice è rimessa altresì la regolamentazione delle spese del presente<br />

giudizio.<br />

P.Q.M.<br />

La Corte, pronunciando a Sezioni Unite, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, rimette le parti davanti al<br />

Tribunale competente per territorio, al quale rimette altresì la pronuncia sulle spese del presente giudizio.<br />

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 25<br />

ottobre 2011.<br />

Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2012<br />

130


CONFORMI E DIFFORMI<br />

(1-2) Non si rinvengono precedenti in termini.<br />

(1-2) Non si rinvengono precedenti in termini.<br />

Cassazione civile sez. un., 29 maggio 2012, n. 8511<br />

131


GIURISDIZIONE SULLA SORTE DEL CONTRATTO E SUGLI ATTI CHE INTERVENGONO NEL<br />

CORSO DELL’ESECUZIONE DEL RAPPORTO CONTRATTUALE<br />

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. UNITE CIVILI - ordinanza 10 febbraio 2010 n. 2906<br />

Pres. Vittoria, Rel. Forte - Troso costruzioni S.r.l. (Avv. Marzo) c. Eredi Sale Antonio s.r.l. (Avv. Pellegrino) - (dichiara<br />

la giurisdizione del G.A.).<br />

1. Giurisdizione e competenza - Contratti della P.A. - Aggiudicazione - Annullamento in s.g. - Domanda del<br />

ricorrente volta a conseguire, quale reintegrazione in forma specifica, l’aggiudicazione o l’assegnazione<br />

dell'appalto - Rientra nella giurisdizione esclusiva del G.A.<br />

2. Giurisdizione e competenza - Contratti della P.A. - Controversie in materia di dichiarazione di nullità e/o di<br />

caducazione del contratto di appalto - A seguito dell’annullamento in s.g. dell’aggiudicazione della gara -<br />

Giurisdizione del G.A. - Sussiste - Ragioni - Riferimento alla Direttiva CE n. 66/2007.<br />

1. Il giudice amministrativo adìto per l’annullamento degli atti di una gara di appalto, che abbia deciso su tale<br />

prima domanda, può conoscere pure della domanda del contraente pretermesso dal contratto illecitamente, di<br />

essere reintegrato nella sua posizione, con la privazione di effetti del contratto eventualmente stipulato<br />

dall’aggiudicante con il concorrente alla gara scelto in modo illegittimo (1).<br />

2. La posizione soggettiva del ricorrente, che ha chiesto il risarcimento in forma specifica delle posizioni<br />

soggettive a base delle sue domande di annullamento dell’aggiudicazione e di caducazione del contratto concluso<br />

dall’aggiudicatario, è da trattare unitariamente dal G.A. in sede di giurisdizione esclusiva ai sensi della Direttiva<br />

CE n. 66/2007, che riconosce il rilievo peculiare in tal senso alla connessione tra le due indicate domande, che<br />

pertanto vanno decise di regola da un solo giudice. Tale soluzione è ormai ineludibile per tutte le controversie in<br />

cui la procedura di affidamento sia intervenuto dopo il dicembre 2007, data dell’entrata in vigore della<br />

richiamata normativa comunitaria del 2007 e, comunque, quando la tutela delle due posizioni soggettive sia<br />

consentita dall’attribuzione della cognizione al giudice amministrativo di esse nelle materia di giurisdizione<br />

esclusiva del giudice amministrativo (2).<br />

--------------------------------------<br />

(1-2) La ordinanza in rassegna costituisce un deciso revirement rispetto a quanto in precedenza ritenuto dalle stesse Sezioni Unite (v.<br />

la sentenza 28 dicembre 2007, n. 27169, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/81/cassciv_2007-12-28.htm, secondo cui<br />

sussiste la giurisdizione dell’A.G.O. sulle domande volte ad ottenere la dichiarazione di nullità o di inefficacia del contratto di<br />

appalto, a seguito dell'annullamento in s.g. dell’aggiudicazione della gara).<br />

A tale orientamento primigenio della S.C. si era poi uniformata anche l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (v. la sentenza 30<br />

luglio 2008, n. 9, ivi, pag. http://www.lexitalia.it/p/82/cdsap_2008-0720-1.htm con commento di G. VIRGA, La rivalutazione della<br />

giurisdizione di merito); tale sentenza, nel conformarsi all’orientamento della Sez. Unite, secondo cui nell’ambito della giurisdizione<br />

esclusiva in materia di procedure di gara il G.A. non ha anche il potere di pronunciarsi sulle sorti del contratto di appalto a seguito<br />

dell’annullamento dell’aggiudicazione, aveva affermato tuttavia che tale potere sussiste in sede di esecuzione della sentenza di<br />

annullamento, nell’ambito della giurisdizione di merito di cui il G.A. dispone in materia di esecuzione del giudicato); v. anche in<br />

senso analogo Consiglio di Stato, Ad. Plen., sentenza 21 novembre 2008, n. 12, ivi, pag. http://www.lexitalia.it/p/82/cdsap_2008-11-<br />

2.htm<br />

Per giustificare il revirement le Sez. Unite, con l’ordinanza in rassegna, hanno fatto riferimento alla "sopravvenuta" (in realtà<br />

antecedente alla menzionata sentenza del 28 dicembre 2007) Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2007<br />

n. 66, relativa al "miglioramento dell'efficacia delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici", i cui<br />

principi dovevano essere trasposti nel nostro ordinamento interno entro il 20 dicembre 2009; tale Direttiva, sin dalla data di entrata in<br />

vigore di essa, impone, secondo le S.U., una interpretazione orientata costituzionalmente e quindi comunitariamente (art. 117 Cost.)<br />

delle norme che precedono, per le gare bandite dopo tale data, e rende necessario l'esame congiunto della domanda di invalidità<br />

dell'aggiudicazione e di privazione degli effetti del contratto concluso, nonostante l'annullamento della gara, prima o dopo la<br />

decisione del giudice adito, in ragione dei principi di concentrazione, effettività e ragionevole durata del giusto processo disegnato<br />

nella Carta costituzionale.<br />

Per effetto della Direttiva in questione, secondo l’ordinanza in rassegna, anche prima del termine indicato per la trasposizione di essa<br />

nel diritto interno la pubblica amministrazione era onerata a dichiarare privo di effetti il contratto, se concluso con aggiudicatario<br />

diverso da quello dovuto, a meno che sussistessero condizioni che consentissero di non farlo e lo stesso potere-dovere<br />

132


dell'amministrazione imponeva di attribuire al giudice amministrativo, nelle materie di giurisdizione esclusiva, la cognizione delle<br />

controversie esteso anche ai contratti, essendo tale giudice l'organo indipendente dalla amministrazione della direttiva, che ha,<br />

nell'ordinamento interno, il potere di pronunciare l'annullamento della aggiudicazione.<br />

La necessità di concentrare su un solo giudice la cognizione di diritti e interessi quando sia domandata la caducazione degli effetti del<br />

contratto di appalto come reintegratola del diritto sorto dall'annullamento della gara chiesto con il medesimo ricorso, dopo l'entrata in<br />

vigore della direttiva e anche prima del termine per la trasposizione di essa nell'ordinamento interno, incide sull'interpretazione delle<br />

norme in materia (su tale valenza ermeneutica delle Direttive, cfr. Cass., S.U., 16 marzo 2009 n. 6316), ed impone di riconoscere il<br />

rilievo per il diritto comunitario della connessione tra le domande in precedenza ritenuta irrilevante a favore di una giurisdizione<br />

unica del giudice amministrativo, estesa anche agli effetti del contratto concluso a seguito di illegittima aggiudicazione, che appare<br />

certa nelle materie di giurisdizione esclusiva.<br />

Tale conclusione è pienamente conforme alle norme costituzionali che impongono la effettività della tutela (art. 24 e 111 Cost.),<br />

perché la rilevanza della connessione denegata in passato per la cognizione congiunta della lesione degli interessi legittimi e dei<br />

diritti conseguenti, non è oggi contestabile, derivando da norma comunitaria incidente sulla ermeneutica delle norme interne (art.<br />

117), che è vincolante in tale senso per l'interprete.<br />

Se le due controversie per l'annullamento della gara e la caducazione del contratto sono in materia di giurisdizione esclusiva deve<br />

quindi ritenersi che, ai sensi dell'art. 103 Cost., le richieste di tutela dei diritti inerenti ai rapporti contrattuali non sono scindibili da<br />

quelle sugli interessi legittimi violati dall'abuso dei poteri della P.A., su cui ha di certo cognizione il giudice amministrativo, che può<br />

quindi decidere "anche" su tali diritti, dopo essersi pronunciato sugli interessi al corretto svolgimento della gara (v. Corte Cost., 6<br />

luglio 2004 n. 204, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/corte/ccost_2004-07-06.htm e 11 maggio 2006 n. 196).<br />

-------------------------------------------<br />

Documenti correlati:<br />

CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONI UNITE CIVILI, sentenza 18-7-2008, pag. http://www.lexitalia.it/p/82/cassu_2008-07-<br />

18.htm (sul giudice competente a decidere la domanda di annullamento del contratto di appalto proposta a seguito dell’annullamento<br />

in s.g. dell’aggiudicazione della gara di appalto).<br />

CONSIGLIO DI STATO - ADUNANZA PLENARIA, sentenza 30-7-2008, pag. http://www.lexitalia.it/p/82/cdsap_2008-0720-<br />

1.htm (nel conformarsi all’orientamento della Sez. Unite secondo cui nell’ambito della giurisdizione esclusiva in materia di<br />

procedure di gara il G.A. non ha anche il potere di pronunciarsi sulle sorti del contratto di appalto a seguito dell’annullamento<br />

dell’aggiudicazione, afferma tuttavia che tale potere sussiste in sede di esecuzione della sentenza di annullamento, nell’ambito della<br />

giurisdizione di merito di cui il G.A. dispone in materia di esecuzione del giudicato), con commento di G. VIRGA, La rivalutazione<br />

della giurisdizione di merito.<br />

CONSIGLIO DI STATO - ADUNANZA PLENARIA, sentenza 21-11-2008, pag. http://www.lexitalia.it/p/82/cdsap_2008-11-2.htm<br />

(sul giudice competente a decidere, a seguito dell’annullamento in s.g. dell’aggiudicazione,sulle sorti del contratto di appalto e sul<br />

risarcimento dei danni per equivalente monetario).<br />

CONSIGLIO DI STATO SEZ. V, sentenza 9-6-2009, pag. http://www.lexitalia.it/p/91/cds5_2009-06-09-2.htm (sul giudice<br />

competente a decidere le sorti del contratto di appalto a seguito dell’annullamento in s.g. dell’aggiudicazione).<br />

CONSIGLIO DI STATO SEZ. V, ordinanza 28-3-2008, n. 1328, pag. http://www.lexitalia.it/p/81/cds5_2008-03-28.htm<br />

(richiamando le precedenti ordinanze del C.G.A. e della Sez. IV, rimette all’Adunanza Plenaria diverse questioni - ivi compresa<br />

quella della giurisdizione - relative alla individuazione degli effetti dell’annullamento in s.g. dell’aggiudicazione sul contratto di<br />

appalto stipulato nelle more del giudizio).<br />

CONSIGLIO DI STATO SEZ. V, sentenza 28-9-2005, pag. http://www.lexitalia.it/p/52/cds5_2005-09-28-2.htm (sulle conseguenze<br />

che l’annullamento in s.g. dell’aggiudicazione produce nei confronti del contratto di appalto medio tempore stipulato).<br />

CONSIGLIO DI STATO SEZ. V, sentenza 28-5-2004, pag. http://www.lexitalia.it/p/cds/cds5_2004-05-28.htm (dopo approfondita<br />

disamina dei quattro principali orientamenti emersi in materia, afferma che l’annullamento dell’aggiudicazione comporta non già la<br />

nullità, l’annullabilità o l’inefficacia, ma la caducazione automatica degli effetti negoziali del contratto di appalto successivamente<br />

stipulato).<br />

CGA - SEZ. GIURISDIZIONALE, ordinanza 8-3-2005, pag. http://www.lexitalia.it/p/51/cga_2005-03-08o.htm (rimette alla<br />

decisione dell’Adunanza Plenaria diverse questioni riguardanti gli effetti della sentenza di annullamento dell’aggiudicazione sul<br />

contratto di appalto stipulato nelle more del giudizio).<br />

TAR LOMBARDIA - MILANO SEZ. I, sentenza 20-7-2009, pag. http://www.lexitalia.it/p/92/tarlombmi1_2009-07-20.htm (sulla<br />

sussistenza o meno del potere della P.A. appaltante di annullare l’aggiudicazione definitiva in via di autotutela anche quando i lavori<br />

133


siano in corso di esecuzione e sul giudice competente a decidere, in tal caso, la controversia circa gli effetti che l’annullamento<br />

d’ufficio produce sul contratto di appalto).<br />

TAR LOMBARDIA - MILANO SEZ. I, sentenza 8-5-2008, pag. http://www.lexitalia.it/p/81/tarlombmi1_2008-05-08.htm (pur<br />

affermando - come le Sez. Unite della Cassazione con la sent. 27169/2007 - che la pronuncia in via principale sulle sorti del contratto<br />

di appalto a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione spetta al G.O., afferma tuttavia che ai sensi dell’art. 8 L. TAR detta<br />

pronuncia - sia pure incidenter tantum - può essere emessa dal Giudice amministrativo).<br />

TAR BASILICATA - POTENZA SEZ. I, sentenza 30-4-2008, pag. http://www.lexitalia.it/p/81/tarbasilicata1_2008-04-30.htm (sul<br />

giudice competente a decidere una controversia avente ad oggetto la domanda volta ad ottenere la declaratoria di nullità e/o<br />

inefficacia di un contratto di appalto a seguito dell’annullamento in s.g. dell’aggiudicazione).<br />

TAR LAZIO - ROMA SEZ. III TER, sentenza 13-12-2006, pag. http://www.lexitalia.it/p/62/tarlazio3ter_2006-12-13.htm (sugli<br />

effetti dell’annullamento dell’aggiudicazione sul contratto nelle more stipulato).<br />

TAR VENETO SEZ. I, sentenza 14-5-2007, n. 1461, pag. http://www.lexitalia.it/p/71/tarveneto1_2007-05-14.htm (sugli effetti della<br />

pronuncia di annullamento dell’aggiudicazione sul contratto di appalto medio tempore stipulato).<br />

T.R.G.A. SEZ. DI BOLZANO, sentenza 8-1-2007, pag. http://www.lexitalia.it/p/71/trgabz_2007-01-08.htm (sugli effetti<br />

dell’annullamento in s.g. dell’aggiudicazione sul contratto di appalto medio tempore stipulato e sulla possibilità o meno di dichiarare<br />

l’inefficacia successiva del contratto stesso).<br />

Ord. n. 2906/2010<br />

R.G. n. 14822/09<br />

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE<br />

SEZIONI UNITE CIVILI<br />

composta dai Magistrati:<br />

dr. Paolo Vittoria Primo Presidente f.f.<br />

dr. Enrico Papa Presidente di sezione<br />

dr. Lucio Mazziotti di Celso Consigliere<br />

dr. Umberto Goldoni Consigliere<br />

dr. Antonio Segreto Consigliere<br />

dr. Fabrizio Forte Consigliere rel.<br />

dr. Luigi Macioce Consigliere<br />

dr. Ettore Bucciante Consigliere<br />

dr. Maura La Terza Consigliere<br />

Oggetto: regolamento preventivo giurisdizione e giudizio di annullamento gara e contratto<br />

ha pronunciato la seguente<br />

ORDINANZA<br />

134


sul ricorso iscritto al n. 14822 del Ruolo Generale deglia ffari civili del 2009, proposto:<br />

1) TROSO COSTRUZIONI S.r.l., con sede in Lecce, in persona del legale rappresentante dr. Sergio Troso,<br />

rappresentata e difesa, per procura a margine del ricorso, dall'avv. Riccardo Marzo da Lecce, il quale è elettivamente<br />

domiciliato in Roma, al Viale Mazzini n. 131, presso l'avv. Ignazio Serra.<br />

DA<br />

CONTRO<br />

RICORRENTE<br />

EREDI SALE ANTONIO s.r.l., con sede in Nocera Inferiore (SA), in persona dell'amministratore unico e legale<br />

rappresentante geom. Eduardo Sale, elettivamente domiciliato in Roma, al Corso del Rinascimento n. 11, presso 1'avv.<br />

Valeria Pellegrino, che la rappresenta e difende, per procura a margine del controricorso.<br />

NONCHÉ<br />

CONTRORICORRENTE<br />

1) COMUNE DI MARTANO, in persona del sindaco legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato in Lecce alla<br />

Piazza Mazzini n. 72, presso l'avv. Roberto G. Marra; 2) S.C.V. s.r.l., in persona del legale rappresentante, con sede in<br />

Noci (BA), alla Via Gioia, zona B, n. 24 B; 3 ) UNIVERSAL EXPORT, s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t.,<br />

in proprio e quale mandataria dell'A.T.I. con ZAGARIA VINCENZO, con sede in Fasano (BR), Via Togliatti n. 38; 4)<br />

IMPRESA ZAGARIA VINCENZO, in proprio e quale mandante dell'A.T.I. con UNIVERSAL EXPORT s.r.l, con sede<br />

in Matera, alla Via E. Fermi n. 40.<br />

INTIMATI<br />

avente ad oggetto : regolamento preventivo di giurisdizione dei due ricorrenti, nella causa n. 604 del R.G. del 2009<br />

pendente dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sez. terza di Lecce, introdotta da ricorso<br />

principale della Eredi Sale Antonio s.r.l. contro il Comune di Martano e nei confronti della Troso Costruzioni s.r.l.,<br />

notificato il 20 aprile 2009, per: a) l'annullamento, nei limiti dell'interesse del ricorrente e previa concessione della<br />

tutela cautelare: 1) della determinazione n. 48 del 23 febbraio 2009, con cui il responsabile del 3" settore di detto ente<br />

locale ha approvato "il verbale di gara del 20 febbraio 2009 relativo alla procedura aperta per l'affidamento dei lavori<br />

per la realizzazione di una struttura socio assistenziale - Dopo di Noi -" ed ha quindi "definitivamente aggiudicato i<br />

lavori" relativi, per l'importo totale di €. 416.715,17 oltre IVA come per legge e di ogni altro atto connesso e<br />

conseguenziale, come la nota del 26 marzo 2009 del responsabile del procedimento, che ha respinto l'istanza di<br />

autotutela della società Eredi Sale; b) l'annullamento o la declaratoria di nullità o inefficacia del contratto d'appalto, se<br />

sottoscritto nelle more, con il risarcimento del danno in forma specifica e, solo in subordine, per equivalente; e sul<br />

ricorso incidentale della s.r.l. Troso notificato il 22 maggio successivo, per la condanna al risarcimento del danno del<br />

Comune di Martano in suo favore, in caso di accoglimento di quello principale.<br />

Lette le conclusioni del P.G., che ha chiesto di dichiarare la giurisdizione dell'AGO sulla controversia che attiene alla<br />

fase della stipula del contratto e non a quella della gara.<br />

PREMESSO IN FATTO<br />

1. Con ricorso notificato il 20 aprile 2009, la s.r.l. Eredi Sale Antonio impugnava gli atti della gara indetta dal Comune<br />

di Martano quale gestore di servizi per la costruzione della struttura socio-assistenziale "Dopo di Noi", lavori<br />

aggiudicati alla s.r.l. Troso Costruzioni con verbale del 20 febbraio 2009, di cui era stato invano chiesto - dalla società<br />

ricorrente all'ente locale - l'annullamento in sede amministrativa e in autotutela, per essere state ammesse alla gara le<br />

offerte di due partecipanti alla gara (S.C.V. e A.T.I. tra Universal Export e Zagaria Vincenzo), le quali non avevano<br />

prodotto le documentazioni prescritte nel bando di gara approvato il 9 gennaio 2009, con la conseguenza che si era<br />

tenuto conto di tali offerte per determinare la "soglia di anomalia" alterata da esse e a base dell’affidamento dell’appalto<br />

con indotta invalidità della gara e della scelta dell'aggiudicatario, per violazione del bando e necessaria sostituzione<br />

della vincitrice società Troso con la ricorrente, quale affidataria dei lavori.<br />

135


La Eredi Sale s.r.l. chiedeva nello stesso ricorso, il risarcimento del danno in forma specifica o, in subordine, per<br />

equivalente, concludendo per l'accoglimento del ricorso "con ogni conseguenza in merito al contratto eventualmente<br />

stipulato dall'ente locale con la aggiudicataria", previa sospensione cautelare degli atti di gara, con inibizione, alla<br />

società Troso e al Comune di Martano, di procedere alla stipula del contratto, che era comunque già intervenuta il 16<br />

aprile 2009, pur essendosi avuta una istanza-diffida del 23 marzo 2009 della società ricorrente all'ente locale di<br />

procedere in autotutela all'annullamento della gara, con risposta negativa del 26 marzo successivo, nella quale il<br />

responsabile del procedimento affermava la piena legittimità degli atti che avevano portato alla scelta della s.r.l Troso,<br />

quale aggiudicataria.<br />

Instaurato il giudizio sui ricorsi che precedono, il presidente del Tar Puglia, con decreto del 21 aprile 2009, concedeva<br />

in via interinale le misure cautelari chieste dalla ricorrente, contestualmente alla costituzione in giudizio della Troso<br />

Costruzioni che, con memoria della stessa data, aveva affermato di avere già iniziato i lavori sin dal 27 febbraio 2009 e<br />

di avere stipulato il contratto di cui sopra alla data richiamata, proponendo ricorso incidentale per ottenere il<br />

risarcimento dei danni dal Comune di Martano in caso di accoglimento delle richieste della s.r.l. Eredi Sale di privare di<br />

effetti l'appalto già concluso.<br />

Il Comune di Martano, all'esito della sospensione cautelare degli atti di gara impugnati, con provvedimento del 27<br />

aprile 2009, sospendeva a sua volta i lavori iniziati, per conformarsi al provvedimento cautelare del presidente del TAR<br />

per la Puglia, confermato da ordinanza collegiale del 7 maggio 2009 e poi impugnato al Consiglio di Stato dalla Troso<br />

Costruzioni con ricorso notificato il 2 maggio 2009, con il quale era stato eccepito il difetto di giurisdizione del giudice<br />

amministrativo che, neppure in sede cautelare, avrebbe potuto pronunciarsi sulla validità del contratto.<br />

Con istanza del 22 giugno 2009, la Troso Costruzioni, che aveva già introdotto il presente regolamento di giurisdizione<br />

con ricorso 19 - 22 giugno 2009, chiedeva la sospensione del giudizio principale, ai sensi dell'art. 367 c.p.c. fino<br />

all’esito del presente regolamento e, all'udienza pubblica del 9 luglio 2009, il Tar adito si riservava la decisione, sia sul<br />

ricorso che sulla richiesta di sospensiva di cui al codice di rito.<br />

Con il dispositivo della decisione, depositato in data 11 luglio 2009 n. 18, cui è seguita la sentenza n. 2108 del 10<br />

settembre 2009, il Tar per la Puglia, ha accolto il ricorso principale limitatamente all'annullamento della gara ed ha<br />

dichiarato inammissibile quello incidentale perché non connesso nel suo contenuto a quello principale; ritenuto non<br />

manifestamente inammissibile o infondato il presente regolamento, il Tar ha sospeso "il giudizio sulle domande di<br />

annullamento, declaratoria di nullità e/o inefficacia del contratto di appalto... e sulle domande di risarcimento in forma<br />

specifica e per equivalente" in quanto, come si legge nella successiva sentenza "la relativa decisione - prevista dall'art.<br />

35, primo comma, del D. Lgs. n. 80 del 1998 e dall'art. 7, terzo comma, della legge n. 1034 del 1971 - presuppone la<br />

caducazione del contratto intervenuto", tra l'ente locale e la società Troso, contraente scelto per effetto della gara<br />

illegittimamente svolta.<br />

Per effetto del detto dispositivo di sentenza il Consiglio di Stato, con ordinanza del 14 luglio 2009 n. 406, dichiarata<br />

assorbita la impugnativa della misura cautelare venuta meno per effetto dalla decisione della causa di primo grado sugli<br />

atti di gara con il loro annullamento per illegittimità, ha ritenuto inammissibile, per sopravvenuta carenza di interesse, il<br />

ricorso sulla sospensiva relativa alla validità dell'appalto in rapporto a quanto già deciso in primo grado, dovendo la<br />

P.A. conformarsi alla decisione anche cautelare, con la conseguenza di poter ritenere il relativo provvedimento dei<br />

giudici di primo grado meramente dichiarativo di tale obbligo dell'ente locale di ottemperare al decisum e derivata<br />

carenza di interesse del ricorrente alla riforma del provvedimento provvisorio per la parte relativa al contratto di appalto<br />

in attesa della risoluzione del presente regolamento, in ragione della disposta sospensione della causa sulle domande<br />

relative alla efficacia o annullamento del contratto stesso.<br />

All’adunanza del 12 gennaio 2010, 1'avv. Gianluigi Pellegrino, per la controricorrente ha insistito per il rigetto del<br />

ricorso.<br />

DIRITTO<br />

1. Preliminarmente deve osservarsi che il regolamento è nel caso ammissibile, perché è stato domandato nel corso del<br />

giudizio amministrativo ancora parzialmente pendente in primo grado con ricorso notificato il 22 giugno 2009 e<br />

depositato e iscritto a ruolo prima dell'udienza del Tar della Puglia del 9 luglio 2009, nella quale la causa è stata<br />

discussa e parzialmente decisa, con pronuncia immediata del dispositivo pubblicato il 13 luglio 2009 ed emissione<br />

successiva della motivazione depositata nel settembre successiva della sentenza, da ritenere in ogni caso condizionata<br />

all'esito del presente procedimento incidentale e quindi non preclusiva dello stesso, che di certo è per tale profilo<br />

ammissibile (S.U. ord. 26 ottobre 2009 n. 22584, 1 marzo 2006 n. 4508, 22 maggio 2005 n. 14070, 19 maggio 2004 n.<br />

9532 sulla scia di S.U. 17 dicembre 1999 n. 905).<br />

136


Pur aderendo all'orientamento da ultimo richiamato, questa Corte ritiene opportuno evidenziare come nel caso la<br />

sentenza parziale emessa nel procedimento principale ha annullato il procedimento della gara e la scelta<br />

dell'aggiudicatario, perché illegittimi, pronunciandosi solo sulla richiesta di tutela demolitoria dei relativi provvedimenti<br />

amministrativi della s.r.l. Eredi Sale Antonio e prendendo atto del presente ricorso ai sensi dell'art. 41 c.p.c, della s.r.l.<br />

Troso Costruzioni, ritenuto dal Tar della Puglia non manifestamente inammissibile o infondato, in quanto attinente alla<br />

domanda di "annullamento, declaratoria di nullità e/o inefficacia del contratto di appalto ... nelle more sottoscritto" e per<br />

"il risarcimento del danno in forma specifica e solo in via subordinata per equivalente", istanze sulle quali ogni<br />

pronuncia di merito è stata sospesa, in base all'art. 367 c.p.c., fino all'esito del regolamento stesso, alla cui risoluzione vi<br />

è certamente interesse del ricorrente essendo ancora incerta la soluzione della questione di giurisdizione in rapporto alla<br />

domanda di caducazione degli effetti del contratto concluso dal Comune di Martano con la ricorrente in questa sede,<br />

sulla quale nessuna decisione vi è ancora stata dal Tar Puglia. Quest'ultimo, solo in relazione alle domande risarcitorie e<br />

relative alle conseguenze dell'annullamento della gara sui rapporti sorti dal contratto di appalto già stipulato dalla<br />

società Troso e dall'ente locale, nella causa principale, ha sospeso ogni pronuncia, lasciando controversa la questione di<br />

giurisdizione sulla cui incerta risoluzione permane 1'interesse delle parti ad una decisione in questa sede, confermandosi<br />

l'ammissibilità del ricorso anche per tale profilo.<br />

2. I precedenti sulla questione. Questa Corte ha reiteratamente affermato che "spetta al giudice ordinario la giurisdizione<br />

sulla domanda volta a conseguire tanto la dichiarazione di nullità quanto quella di inefficacia ovvero l'annullamento, del<br />

contratto di appalto pubblico, a seguito dell'annullamento della delibera di scelta del contraente privato, adottata ali'esito<br />

di una procedura ad evidenza pubblica, giacché in ciascuno dei casi anzidetti la controversia non ha ad oggetto i<br />

provvedimenti riguardanti la scelta del contraente, ma il successivo rapporto di esecuzione del contratto derivante dalla<br />

sua stipulazione e rispetto al quale gli interessati invocano l'accertamento di un aspetto patologico al fine di impedirne<br />

1'adempimento. Ne consegue, per un verso, che i predetti interessati esibiscono, al riguardo, situazioni giuridiche<br />

soggettive aventi consistenza di diritti soggettivi e che, per altro verso, si postula una verifica, da parte del giudice, della<br />

conformità alla normativa positiva delle regole in base alle quali l'atto negoziale è sorto ovvero è destinato a produrre i<br />

suoi effetti tipici." (S.U. 18 luglio 2008 n. 19805, 28 dicembre 2007 n. 27169, e, sulla scia di questa, S..U. ord. 13<br />

marzo 2009 n. 6068 e 17 dicembre 2008 n. 29425 e Cons.. St. Ad. Plen. 30 luglio 2008 n. 9 e Cons. St., sez. V, 19<br />

maggio 2009 n. 3070).<br />

Si afferma nella sentenza n. 19805/08 che ha ad oggetto una decisione dì giudici amministrativi relativa ad una gara del<br />

marzo - aprile 2005 che, nella fattispecie, le domande di tutela al giudice amministrativo in ordine al procedimento di<br />

affidamento dell'appalto da parte del soggetto gestore del servizio che è una P.A. e le altre relative alla esecuzione del<br />

rapporto connesso alla conclusione del contratto, comprendenti quelle di invalidità o inefficacia di quest'ultimo,<br />

domande che, ai sensi dell'art. 3 86 c.p.c., concorrono a determinare la giurisdizione, azionano situazioni soggettive<br />

diverse: le prime interessi legittimi e le seconde diritti soggettivi.<br />

Afferma la citata sentenza che "provvedimento e contratto" restano "due realtà diverse e le vicende dell'uno non<br />

valgono ad ampliare o restringere l'ambito della giurisdizione" sull'altro, , ritenendo che la "connessione" tra esse da<br />

conseguenzialità logica e temporale, non rileva per modificare i poteri cognitivi dei giudici, chiamati a decidere sulle<br />

differenti posizioni, in conformità ad un orientamento costante di queste Sezioni unite. Tale orientamento si fonda sul<br />

presupposto che ogni domanda sulla caducazione del contratto riguarda solo diritti soggettivi in assenza di qualsiasi<br />

potere autoritativo della P.A. esercitato sia nella conclusione dell'appalto che nella sua esecuzione.<br />

Non si è quindi ritenuta significativa la circostanza che interessi legittimi e diritti esercitati nelle materie di giurisdizione<br />

esclusiva, come quella dei servizi in cui sono proposte le due domande prospettate nella vicenda esaminata nel<br />

precedente del 2008 e nella presente fattispecie con il ricorso al Tar Puglia della s.r.l. Eredi Sale Antonio, in ragione<br />

dello stretto collegamento tra le situazioni soggettive azionate, siano state dal legislatore attribuite ad un unico giudice,<br />

perché si pronunci su entrambe le domande, sempre che sia dedotto l'abuso di poteri autoritativi della P.A. e la lesione<br />

dell'interesse legittimo come presupposto di quella dei diritti del ricorrente, essendo il primo riconosciuto dalla legge in<br />

rapporto al bene della vita costituito dalla esecuzione dei lavori dietro corrispettivo, che è anche l'oggetto dei contratto e<br />

dei rapporti connessi e conseguenziali ad esso, nei quali sono in gioco solamente diritti, in assenza di esercizio di poteri<br />

autoritativi dalla contraente amministrazione.<br />

La descritta connessione se rileva ai fini della competenza, potendola modificare, come risulta dalla disciplina<br />

dell'istituto di cui al codice di rito {artt. 34 - 36 c.p.c), non incide invece sulla giurisdizione, come chiariscono le norme<br />

che seguono dello stesso codice {art. 37 - 40).<br />

Le sentenze che fanno proprio il principio che nega poteri cognitivi del giudice amministrativo sull'appalto concluso<br />

dalla P.A. con il contraente illegittimamente scelto, si fondano quindi sull'art. 244 del D. Lgs. 12 aprile 2006 n. 163 e<br />

sull'art. 6 della legge 21 luglio 2000 n. 205 che, al primo comma, devolve alla giurisdizione del giudice amministrativo<br />

137


le sole controversie relative alle procedure di affidamento di lavori per la scelta del contraente, mantenendole distinte da<br />

quelle relative ai diritti soggettivi inerenti al contratto stipulato dalla pubblica amministrazione con l'aggiudicatario<br />

individuato in contrasto con la legge, riservate al giudice ordinario.<br />

3. I problemi posti dalla soluzione adottata. Ad avviso della ricorrente, solo con la caducazione degli effetti del contratto<br />

d'appalto stipulato dal comune con l'aggiudicatario illegittimamente scelto, può aversi la reintegrazione in forma<br />

specifica del bene della vita individuato nell'esecuzione dei lavori appetitati, che è a base del riconoscimento sia degli<br />

interessi legittimi che dei diritti dì cui la società ricorrente ha chiesto la tutela giurisdizionale nel giudizio principale.<br />

Peraltro le decisioni citate che escludono la giurisdizione del giudice amministrativo che ha pronunciato 1'annullamento<br />

della gara e dell'aggiudicazione, considerano controversie relative al contratto, in riferimento all'art. 6 della legge 205<br />

del 2000, solo quelle riguardanti la mera esecuzione del rapporto d'appalto o quelle che, concernendo la validità del<br />

contratto in relazione ai contraenti e alla loro legittimazione a stipulare, devono inquadrarsi nella disciplina<br />

dell'invalidità o inefficacia dei contratti di cui al codice civile, che presuppone la pari posizione delle parti che<br />

confliggono in ordine ai loro diritti soggettivi, per la quale nessuna rilevanza è riconosciuta ai vizi del negozio che<br />

impingono nell'interesse legittimo leso del concorrente pretermesso con abuso dei poteri della P.A. conseguente alla<br />

violazione delle norme sul procedimento. Da tale ricostruzione delle controversie di cui deve conoscere il giudice adito<br />

con cui si è attribuita ratione temporis la giurisdizione sul contratto concluso all'esito di una gara svolta<br />

illegittimamente e di una aggiudicazione entrambe del 2005 poi annullate, al giudice ordinario, non rilevando<br />

nell'accordo e negli effetti di esso alcuna funzione autoritativa dell'amministrazione aggiudicante, si sono già discostate<br />

alcune pronunce di questa Corte, che fondano una diversa soluzione sulla circostanza che, ai sensi dell'art. 35 del D.Lgs.<br />

n. 80 del 1998 come sostituito dall’art. 7 del della legge n. 205 del 2000, nelle materie di giurisdizione esclusiva, deve<br />

conoscere il giudice amministrativo anche in ordine alla reintegrazione in forma specifica che il ricorrente è legittimato<br />

a chiedere ad esso con la domanda di caducazione degli effetti del contratto concluso in base ad una procedura ad<br />

evidenza pubblica di scelta del contraente svolta in modo illegittimo (in tal senso: S.U. ord. 19 agosto 2008 n. 18735 e<br />

31 ottobre 2008 n. 26302 e la cit. Cons. St. Ad. Plen. n. 9/2008 che sposta in sede di ottemperanza 1'esame delle istanze<br />

risarcitorie per equivalente o in forma specifica del concorrente pretermesso).<br />

Quando l’appalto di cui alla gara è concluso nelle more del processo dinanzi al G.A. ovvero in precedenza, come<br />

accaduto nella presente causa principale, la stipula di esso impedisce al soggetto titolare degli interessi legittimi lesi<br />

dall'attività prowedimentale della pubblica amministrazione, di esercitare anche il diritto, che gli compete e gli è stato<br />

negato, di stipulare 1'atto per il quale egli avrebbe dovuto essere il contraente illegittimamente pretermesso<br />

dall'aggiudicatario, e quindi l'appalto con questo perfezionato dall'amministrazione pubblica aggiudicante osta<br />

all'adempimento del dovere di questa di conformarsi alla sentenza che abbia annullato o annulli l'affidamento, pur non<br />

sussistendo interessi pubblici che possano giustificare tale condotta.<br />

La soluzione richiamata, che in fatto può rendere il processo amministrativo non sempre utile e contrasta con<br />

l'effettività della tutela di chi agisce e con la concentrazione del processo, ha fatto affermare in più occasioni, in<br />

difformità dall'orientamento prevalente, che ogni domanda risarcitoria conseguente all'annullamento di atti illegittimi<br />

della P.A., può proporsi, nelle materie di giurisdizione esclusiva, come reintegrazione in forma specifica della posizione<br />

del ricorrente, al solo giudice amministrativo (sul tema, cfr. S.U. 30 giugno 2009 n. 15325 e ord. 12 marzo 2009 n.<br />

5973) e ciò anche quando la reintegrazione in forma specifica sia chiesta e debba essere attuata, attraverso la<br />

dichiarazione di invalidità di clausole contrattuali dopo una gara di cui il giudice amministrativo abbia rilevato<br />

l'illegittimità e l'invalidità (S.U. ord. 7 novembre 2008 n. 26790, 5 febbraio 2008 n. 2656, 20 marzo 2008 n. 7447).<br />

4. Il rilievo della connessione alla luce delle modifiche al sistema derivate da Direttive comunitarie. La enunciata<br />

negazione nella prevalente giurisprudenza di legittimità della giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda di<br />

invalidità o inefficacia del contratto stipulato all'esito di gara annullata perché illegittima, fondata sul principio che non<br />

può incidere la riconosciuta "connessione" tra le più domande oggetto di distinte giurisdizioni per spostare questa da<br />

uno a altro giudice, nega che su di esse possa aversi giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, per effetto della<br />

impossibile ricorrenza di abusi di funzioni pubbliche nei rapporti inerenti al contratto, sia ai fini della stipula di esso che<br />

in quelli sorti dall'atto in sede di esecuzione di questo. Tali rapporti, da chi nega il rilievo della connessione nella<br />

fattispecie, sono ritenuti autonomi rispetto a quelli che i concorrenti nella gara hanno avuto con l'amministrazione nel<br />

procedimento di affidamento dell'appalto e, per tale motivo, se ne afferma la non conoscibilità dallo stesso giudice<br />

amministrativo insieme ai connessi interessi legittimi ad un corretto procedimento, su cui lo stesso si pronuncia, anche<br />

in materia di giurisdizione esclusiva.<br />

Deve però considerarsi che, per la sopravvenuta Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio dell'11 dicembre<br />

2007 n. 66, relativa al "miglioramento dell'efficacia delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti<br />

pubblici", i cui principi dovevano essere trasposti nel nostro ordinamento interno entro il 20 dicembre 2009, sin dalla<br />

data di entrata in vigore di essa, una interpretazione orientata costituzionalmente e quindi comunitariamente (art. 117<br />

Cost.) delle norme che precedono, per le gare bandite dopo tale data, rende necessario l'esame congiunto della domanda<br />

138


di invalidità dell'aggiudicazione e di privazione degli effetti del contratto concluso, nonostante l'annullamento della<br />

gara, prima o dopo la decisione del giudice adito, in ragione dei principi che la norma comunitaria impone agli Stati<br />

membri di attuare che corrispondono a quelli di concentrazione, effettività e ragionevole durata del giusto processo<br />

disegnato nella carta costituzionale.<br />

Per effetto della Direttiva che precede, anche prima del termine indicato per la trasposizione di essa nel diritto interno la<br />

pubblica amministrazione era infatti onerata a dichiarare privo di effetti il contratto, se concluso con aggiudicatario<br />

diverso da quello dovuto, a meno che sussistessero condizioni che consentissero di non farlo e lo stesso potere-dovere<br />

dell'amministrazione imponeva di attribuire al giudice amministrativo, nelle materie di giurisdizione esclusiva, la<br />

cognizione delle controversie esteso anche ai contratti, essendo tale giudice l'organo indipendente dalla amministrazione<br />

della direttiva, che ha, nell'ordinamento interno, il potere di pronunciare l'annullamento della aggiudicazione.<br />

Gli effetti della Direttiva si ripercuotono certamente nel caso in esame, relativo ad una gara che si è svolta dopo la<br />

pubblicazione della stessa, così come accadrà successivamente all'entrata in vigore delle norme di trasposizione nel<br />

diritto interno; per ogni appalto concluso in attuazione di una gara svoltasi con procedura illegittima; il diritto<br />

comunitario incide nel sistema giurisdizionale interno anche retroattivamente, esigendo la trattazione unitaria delle<br />

domande di annullamento del procedimento di affidamento dell'appalto e di caducazione del contratto stipulato per<br />

effetto dell'illegittima aggiudicazione, confermando l'orientamento giurisprudenziale minoritario.<br />

La necessità di concentrare su un solo giudice la cognizione di diritti e interessi quando sia domandata la caducazione<br />

degli effetti del contratto di appalto come reintegratola del diritto sorto dall'annullamento della gara chiesto con il<br />

medesimo ricorso, dopo l'entrata in vigore della direttiva e anche prima del termine per la trasposizione di essa<br />

nell'ordinamento interno incide sull'interpretazione delle norme in materia (su tale valenza ermeneutica delle Direttive,<br />

cfr. S.U. 16 marzo 2009 n. 6316), e impone di riconoscere il rilievo per il diritto comunitario della connessione tra le<br />

domande in precedenza ritenuta irrilevante a favore di una giurisdizione unica del giudice amministrativo, estesa anche<br />

agli effetti del contratto concluso a seguito di illegittima aggiudicazione, che appare certa nelle materie di giurisdizione<br />

esclusiva.<br />

Tale conclusione è pienamente conforme alle norme costituzionali che impongono la effettività della tutela (art. 24 e<br />

111 Cost.) perché la rilevanza della connessione denegata in passato per la cognizione congiunta della lesione degli<br />

interessi legittimi e dei diritti conseguenti, non è oggi contestabile, derivando da norma comunitaria incidente sulla<br />

ermeneutica delle norme interne (art. 117), che è vincolante in tale senso per l'interprete.<br />

Se le due controversie per l'annullamento della gara e la caducazione del contratto sono in materia di giurisdizione<br />

esclusiva deve quindi ritenersi che, ai sensi dell'art. 103 Cost., le richieste di tutela dei diritti inerenti ai rapporti<br />

contrattuali non sono scindibili da quelle sugli interessi legittimi violati dall'abuso dei poteri della P.A., su cui ha di<br />

certo cognizione il giudice amministrativo, che può quindi decidere "anche" su tali diritti, dopo essersi pronunciato<br />

sugli interessi al corretto svolgimento della gara (C. Cost. 6 luglio 2004 n. 204 e 11 maggio 2006 n. 196).<br />

Ai sensi dell'art. 33, 2' comma, lett. d) del D.Lgs. n. 80 del 1998 sostituito dall'art. 7, comma 1, lett a, della legge 21<br />

luglio 2000 n. 205, dichiarato incostituzionale dalla citata sentenza del giudice della legge n. 204 del 2004, per la parte<br />

in cui esemplifica "controversie nelle quali può essere del tutto assente ogni profilo riconducibile alla pubblica<br />

amministrazione autorità", la richiesta di privazione di effetti del contratto concluso con l'aggiudicatario scelto con<br />

abuso delle funzioni pubbliche e autoritative del Comune di Martano, evidenzia che questo, cui è strumentale l'appalto<br />

oggetto di gara per la costruzione di una struttura per lo svolgimento del servizio da esso deve fornire, pure con le<br />

determinazioni e i provvedimenti emessi per stipulare il contratto ha abusato dei suoi poteri autoritativi, per cui, anche<br />

sulla violazione dei diritti inerenti al contratto e collegati agli interessi di cui sopra, è unico giudice che deve<br />

pronunciarsi.<br />

Nella specie, l'adito Tar della Puglia, dopo avere valutato la condotta del Comune di Martano quale autorità<br />

amministrativa nell'affidamento dell'appalto, prima e dopo l'aggiudicazione, ai sensi del combinato disposto degli artt. 3<br />

3 e 34 D. Lgs. N. 80 del 1998, come modificato successivamente dagli interventi della Corte costituzionale, ha il potere<br />

di disporre "anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto", così regolando<br />

diritti connessi ineludibilmente, per la richiamata Direttiva CE, agli interessi legittimi la cui lesione ha determinato<br />

l'annullamento degli atti amministrativi di aggiudicazione, presupposto indispensabile dei provvedimenti conseguenti<br />

(approvazione verbale di aggiudicazione e rifiuto d'intervento in sede di autotutela nella fattispecie sulla richiesta del<br />

controricorrente) e della stipula del contratto i cui effetti il ricorrente chiede di rimuovere a titolo risarcimento in forma<br />

specifica.<br />

139


Se il Comune di Martano non esercita poteri autoritativi nel rapporto che è sorto dal contratto concluso con<br />

l'aggiudicatario non correttamente scelto, tali situazioni soggettive conseguono però ad atti dell'amministrazione quale<br />

autorità anche successivi all'aggiudicazione, che costituiscono presupposti e condizioni della stipula dell'appalto, la cui<br />

cognizione non può che restare riservata al giudice amministrativo cui la legge attribuisce tale potere nelle materie di<br />

giurisdizione esclusiva.<br />

Non sembra quindi dubitabile il potere del giudice amministrativo di conoscere pure del rapporto contrattuale, che la<br />

normativa comunitaria prevede possa essere privato dei suoi effetti dallo stesso soggetto aggiudicante che ha stipulato<br />

l'atto e quindi dall'organo indipendente che decide sui ricorsi avverso i provvedimenti e le condotte conseguenti della<br />

stazione appaltante che sia soggetto di diritto pubblico.<br />

Se in passato, 1 'alternativa che pur si era posta sul piano interpretativo tra il ricondurre l’invalidità derivata del<br />

contratto e la sua pronuncia ai poteri del giudice amministrativo in giurisdizione esclusiva ovvero a quelli del giudice<br />

ordinario, era apparsa doversi risolvere nel secondo senso, una volta entrata in vigore la direttiva che precede, anche<br />

prima della scadenza del termine di trasposizione per gli Stati membri, la soluzione non può che essere l’opposta, per il<br />

caso in cui si chieda contestuale tutela di diritti e/o di interessi in materia di affidamenti di appalti e di privazione di<br />

effetti dei contratti conclusi all'esito di gare invalidate, dovendosi affermare la scelta ermeneutica della giurisdizione<br />

esclusiva del giudice amministrativo.<br />

La Direttiva CE n. 2007/66, infatti, nei suoi "considerando preliminari", al n. 13, espressamente stabilisce che negli<br />

Stati della Comunità "un contratto risultante da un'aggiudicazione mediante affidamenti diretti illegittimi dovrebbe<br />

essere considerato in linea di principio privo di effetti", per cui il giudice adito, come "organo di ricorso indipendente<br />

dall'amministrazione aggiudicatrice", come può annullare l’affidamento, ha il potere di dichiarare "privo di effetti" il<br />

contratto concluso dalla stessa amministrazione aggiudicante con un contraente scelto illegittimamente (art. 2 quinquies<br />

Dir. n. 66 del 2007, par. 1), potendo anche non dar luogo a tale perdita di efficacia "per il rispetto di esigenze imperative<br />

connesse ad un interesse generale" (par. 3 della stessa norma da ultimo citato).<br />

Pertanto tra la domanda di annullamento della gara e quella di dichiarazione della privazione degli effetti del contratto<br />

stipulato, nonostante l'annullamento dell'aggiudicazione, vi è una stretta connessione che con la normativa comunitaria<br />

di cui alla Direttiva citata, non vincolante ratione temporis per i casi oggetto delle controversie di cui alla pregressa<br />

giurisprudenza in rapporto alle concrete fattispecie esaminate, assume invece rilievo unificante dei giudizi su ogni<br />

processo pendente davanti al giudice amministrativo, successivo al 20 dicembre 2009 relativo alle domande di cui alla<br />

normativa comunitaria.<br />

Se si riconosce che per il diritto comunitario il nostro paese si è obbligato a trasporre nel nostro ordinamento la direttiva<br />

entro la indicata data oggi già superata, la disciplina comunitaria ha reso vincolante sin dalla sua entrata in vigore la<br />

connessione tra le due domande proposte, da trattare unitariamente davanti ad unico giudice; in rapporto a tale<br />

necessaria connessione, appare utile richiamare nella presente diversa fattispecie il seguente principio di diritto, già<br />

enunciato in altra materia di giurisdizione esclusiva, cioè quella urbanistico-edilizia, e relativo a ipotesi di proposizione<br />

di più domande a tutela congiunta o alternativa di diritti e/o interessi legittimi, del tipo di quelle per cui è causa: "Il<br />

criterio di riparto della giurisdizione, fondato sulla posizione soggettiva di cui si chiede tutela (diritto o interesse<br />

legittimo), che assegna ala giudice ordinario la tutela dei diritti e a quello amministrativo la cognizione sulla pretesa<br />

lesione di interessi legittimi, è ovviamente applicabile allorché le dette domande siano proposte autonomamente.<br />

Qualora le stesse siano proposte congiuntamente o alternativamente, trovano invece applicazione i principi di logica<br />

processuale per cui, nelle materie di giurisdizione esclusiva, la decisione su più cause riunite e/o strettamente connesse,<br />

aventi ad oggetto in astratto diritti e interessi, spetta al giudice amministrativo, il quale, avendo cognizione su tutte le<br />

posizioni giuridiche controverse, ha competenze più ampie rispetto a quelle del giudice ordinario, limitate ai soli diritti"<br />

(Cass. 24 giugno 2009 n. 14805).<br />

Tenuto conto della direttiva citata e fermo restando il principio per il quale di regola nessun mutamento di giurisdizione<br />

si può avere per effetto della connessione tra cause spettanti alla cognizione di giudici distinti a tutela di posizioni<br />

soggettive diversamente tutelate, sulle domande proposte al giudice amministrativo a tutela di interessi legittimi e diritti<br />

soggettivi per l'affidamento di un appalto e la caducazione del conseguente contratto se stipulato, in materia che il<br />

legislatore riserva alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, quest'ultimo sul piano logico, deve<br />

necessariamente conoscere degli interessi legittimi prima di potersi pronunciare sui diritti e lo stretto legame tra le due<br />

domande evidenzia che si versa in un caso in cui con la richiesta di "tutela nei confronti della pubblica amministrazione<br />

degli interessi legittimi" s'è domandata tutela "anche dei diritti soggettivi" (art. 103 Cost.), in una controversia "avente<br />

ad oggetto procedure di affidamento di appalti pubblici di lavori", dal Comune di Martano, soggetto tenuto<br />

all’applicazione della normativa comunitaria per la quale, successivamente al 20 dicembre 2009, si sarebbero dovute<br />

emanare nell'ordinamento interno norme che consentissero la trattazione congiunta delle due domande.<br />

140


Nel complesso non è dubitabile che il principio di concentrazione del processo e quello di effettività della tutela<br />

giurisdizionale dei beni della vita a base della attribuzione degli interessi legittimi e dei diritti conseguenti azionati nella<br />

presente controversia, rende concreta ed efficace la sola tutela giurisdizionale congiunta di cui sopra in conformità<br />

all'art. 24 della Cost. e alla normativa comunitaria da cui è imposta la trattazione della causa da un unico giudice dotato<br />

dalla legge di giurisdizione esclusiva, in contrasto con il precedente autorevole orientamento, comunque espresso prima<br />

della vigenza della direttiva di cui sopra.<br />

5. L'esame dei provvedimenti e comportamenti dell'amministrazione dopo la gara conferma la nuova soluzione della<br />

questione di giurisdizione nella concreta fattispecie. Nel caso, il contratto concluso nell1 aprile 2009 tra 1'ente locale e<br />

la s.r.l. Troso Costruzioni, all'esito di una gara svolta all'inizio dell'anno e dopo una sorta di messa in mora dalla società<br />

Eredi Sale Antonio al Comune di Martano del marzo precedente, per l'annullamento dall'ente locale in autotutela, della<br />

procedura di affidamento che aveva portato alla scelta della richiedente il regolamento come contraente nell'appalto di<br />

lavori in luogo della società Eredi Sale Antonio, conferma che l'ente locale avrebbe dovuto non concludere il contratto<br />

di cui successivamente ha sospeso gli effetti, per ottemperare al provvedimento cautelare dei giudici amministrativi<br />

tendente a garantire entrambe le posizioni soggettive azionate.<br />

Con l'annullamento deciso dal giudice amministrativo con la pronuncia non definitiva del settembre 2009 emessa nel<br />

giudizio principale, non solo della gara ma anche della lettera del 26 marzo 2009 del responsabile del procedimento, che<br />

ha respinto la richiesta della ricorrente di annullare in autotutela la gara riaffermandone la legittimità, è assorbito ogni<br />

problema sulla natura elusiva, rispetto agli effetti della decisione parziale, dell’appalto concluso dall'ente locale e degli<br />

atti successivi alla gara e necessari alla stipula (determinazione n. 48 del 23 febbraio 2009 d'approvazione<br />

dell'aggiudicazione alla s.r.l. Troso costruzioni, e incidenza su essa dell'art. 21 septies L. 7 agosto 1991 n. 241 introdotto<br />

dalla L. 11 febbraio 2005 n. 15).<br />

Neppure rileva che nel giudizio principale, al Tar s'è proposto, dalla s.r.l. Troso costruzioni, ricorso incidentale per<br />

affermare la genericità della richiesta di accertamento di una diversa soglia di anomalia su cui svolgere la gara e<br />

condannare al risarcimento dei danni il Comune di Martano in favore della resistente, in caso di annullamento del<br />

contratto concluso, domanda ritenuta inammissibile per mancata connessione con l'oggetto del ricorso principale dalla<br />

sentenza parziale del Tar che ha concluso il primo grado del giudizio principale, con il solo annullamento della<br />

aggiudicazione, sospendendo ogni pronuncia sulla privazione degli effetti del contratto ai sensi dell'art. 367 c.p.c.<br />

essendo pendente il presente regolamento su tale richiesta relativa al rapporto di appalto.<br />

In conclusione, il ricorso della società pretermessa dall'appalto costituisce una fattispecie indubbiamente regolata dalla<br />

Direttiva CE n. 6 6/2 007, come tale destinata ali'esame del giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva sia<br />

per l'annullamento della gara e dell'aggiudicazione richiesta che sulla domanda di privazione degli effetti del successivo<br />

appalto concluso dalla stazione appaltante con la contraente scelta in modo illegittimo e su tale seconda domanda deve<br />

pronunciarsi il giudice amministrativo, che, nel caso, opera in materia di giurisdizione esclusiva ed ha cognizione anche<br />

dei diritti conseguenti e connessi agli interessi legittimi da esso valutati.<br />

6. I principi del giusto processo e la soluzione della questione di giurisdizione nella fattispecie. Si è già rilevato come la<br />

Direttiva n. 66/2007 dia rilievo con chiarezza ai principi tutelati dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e dalla<br />

Costituzione, cui essa si ispira, in rapporto alla effettività della tutela del bene della vita a base e oggetto delle posizioni<br />

soggettive azionate nel caso concreto e al fine di garantire la ragionevole durata del processo.<br />

Non è dubbio che l'estensione dei poteri cognitivi dei giudici amministrativi in ordine alla caducazione del contratto<br />

concluso per effetto di una procedura illegittima di affidamento dell'appalto, consente agli interessati di ottenere una<br />

tutela che si riteneva prima riconosciuta solo attraverso la ed. ottemperanza e all'esito del giudizio amministrativo di<br />

cognizione, con ritardi del processo che doveva proseguire oltre la pronuncia che lo definiva in sede cognitoria,<br />

imponendo un necessario autonomo procedimento giurisdizionale di esecuzione o ottemperanza, per ottenere il<br />

risarcimento del danno per equivalente o in forma specifica, attuativo dei diritti tutelati dalle ordinanze cautelari o<br />

sentenze esecutive dello stesso giudice amministrativo.<br />

Lo stesso Consiglio di Stato, nell'ordinanza che nega la procedibilità dell'impugnazione avverso i provvedimenti<br />

provvisori e interinali emessi a istanza della s.r.l. Eredi Sale Antonio anche relativamente al contratto, ha ritenuto che le<br />

cautele adottate dovessero interpretarsi nel senso di avere solo affermato 1'obbligo dell'ente locale di conformarsi a<br />

quanto statuito dal giudice amministrativo, e di non avere quindi riconosciuto il potere di quest1 ultimo di annullare o<br />

caducare il contratto.<br />

Solo in ordine al potere del Tar di emettere una pronuncia sul contratto ed i suoi effetti, il presente regolamento è stato<br />

introdotto e in relazione solamente a tali domande, il giudice di primo grado ha sospeso il processo, ai sensi dell'art. 367<br />

141


c.p.c. fino all'esito di questo procedimento incidentale dinanzi alle Sezioni unite, in relazione ai dubbi sui suoi poteri di<br />

pronunciarsi anche sui diritti inerenti a tale accordo.<br />

La retroattività dell'annullamento della gara deciso dal Tar nella fattispecie con la sentenza parziale sugli interessi<br />

legittimi oggetto di essa, comporta il venir meno retroattivo dell'aggiudicazione e la illegittimità della individuazione<br />

del contraente, con cui l'ente locale ha stipulato l'appalto prima ancora del ricorso al Tar della Puglia, la cui sentenza<br />

parziale che annulla la gara è esecutiva e potrebbe essere oggetto di ottemperanza ai sensi dell'art. 33, ultimo comma,<br />

della legge n. 10 3 4 del 1971, nella quale i poteri attribuiti al giudice amministrativo non sono di mera legittimità, come<br />

di regola avviene nel processo amministrativo, ma si estendono al merito e ai rapporti, ai sensi dell'art. 27, primo<br />

comma, numero 4, del R.D. 26 giugno 1924 n. 1054 e successive modificazioni. Non è questa peraltro la sede per<br />

accertare se, con il rinvio per decidere sulla eventuale privazione degli effetti del contratto ai sensi dell'art. 33 della<br />

legge 6 dicembre 1971 n. 1034 ha stabilito, per tale parte della controversia il giudice amministrativo abbia anche i<br />

poteri di merito per decidere le modalità di tale caducazione dell'appalto, essendo dalla direttiva riservata ai singoli Stati<br />

membri, il potere di regolare le modalità di attuazione della normativa comunitaria del 2007 nell'ordinamento interno,<br />

dovendosi su tale punto escludere quindi la precisione e concordanza delle norme della direttiva e i suoi effetti<br />

vincolanti.<br />

7. Effetti orizzontali della Direttiva n. 66 del 2007. La più volte citata Direttiva CE n. 66 del Parlamento europeo e del<br />

Consiglio del 2007 sul miglioramento delle procedure di ricorso in caso di aggiudicazione di appalti pubblici, pur se<br />

non autoesecutiva, ha inciso sul sistema di tutela del soggetto danneggiato da procedure violative dei principi della<br />

concorrenza, prevedendo che gli Stati membri della CE assicurino a questo di ricorrere a un unico "organo di ricorso<br />

indipendente dall'amministrazione aggiudicatrice" (art. 2 quinquies, comma 1); tale organo, "se un risarcimento danni<br />

viene domandato a causa di una decisione presa illegittimamente" dall'ente aggiudicante, deve anzitutto annullare tale<br />

provvedimento (art. 2 comma 6), potendo poi disporre che il contratto stipulato sia considerato privo di effetti (art. 2<br />

quinquies comma 1), prendendo in considerazione eventuali "esigenze imperative connesse ad un interesse generale",<br />

che impongano il mantenimento degli effetti del contratto e riservando ai diritti nazionali la disciplina delle<br />

conseguenze di un contratto, di cui sia stata decisa comunque la prevista privazione di effetti.<br />

L'art. 3 della Direttiva citata stabilisce il termine entro il quale gli Stati membri devono "mettere in vigore le<br />

disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi" ad essa "entro il 20 dicembre<br />

2009", ma tali norme attuative non sono state ancora emesse.<br />

La mancata tempestiva trasposizione nel diritto interno di Direttive CE costituisce condotta inadempiente dello Stato<br />

che dà diritto ai soggetti lesi da tale omissione o ritardo non solo al risarcimento del danno ({Cass. 22 ottobre 2009 n.<br />

2440, S.U. 17 aprile 200 9 n. 9147) ma anche al diritto di chiedere alle autorità dello Stato - amministrative e/o<br />

giurisdizionali - di conformarsi, nella loro attività, ai principi sanciti dalle stesse direttive CE per le loro disposizioni<br />

chiare, incondizionate e scadute, con conseguenti effetti orizzontali di esse nei confronti dei singoli cittadini che<br />

ordinariamente sono invece vincolati alla sole norme dei Regolamenti CE.<br />

Alla luce delle considerazioni già svolte per le quali vi è giurisdizione del giudice amministrativo anche in ordine alla<br />

richiesta di tutela risarcitoria in forma specifica, che si esplica e realizza, con la domanda di caducazione del contratto<br />

corrispondente alla "privazione di effetti" di cui alla citata Direttiva n. 66/2007, per l'appalto concluso in attuazione dì<br />

una gara svoltasi con procedura illegittima, l'applicazione della norma comunitaria oggi incide nel sistema<br />

giurisdizionale interno non solo in ordine ad una interpretazione comunque ispirata dalle normative comunitarie, ma<br />

anche per la concreta disciplina del ricorso che non può che essere quella che si attende sia trasposta nel diritto interno.<br />

Se il giudizio amministrativo viene limitato all'affidamento e alla mera sostituzione dell'aggiudicatario illegittimamente<br />

scelto con il ricorrente, impedendosi al giudice di "disporre" la reintegra del bene della vita in concreto protetto dagli<br />

interessi legittimi riconosciuti come lesi nella medesima sentenza da esso emessa, cioè quello di eseguire i lavori<br />

oggetto del contratto di appalto precluso dal medesimo atto negoziale nelle more del giudizio stipulato<br />

dall'aggiudicatario scelto illegittimamente, si perviene ad una conclusione che è difforme dal sistema costituzionale e<br />

comunitario oggi vincolante per cui devono riconoscersi i poteri cognitivi del giudice amministrativo nella fattispecie<br />

concreta.<br />

Inoltre la trattazione disgiunta delle due domande ritarda, con la esigenza di adire altro giudice con le stesse finalità, la<br />

soddisfazione delle posizioni soggettive a tutela delle quali si è agito in giudizio, in contrasto, come già detto, con i<br />

principi del giusto processo e della ragionevole durata di esso e con quello di effettività delle azioni esercitate.<br />

In conclusione, può quindi affermarsi che "la esigenza della cognizione dal giudice amministrativo sulla domanda di<br />

annullamento dell'affidamento dell'appalto, per le illegittime modalità con sui si è svolto il relativo procedimento e della<br />

142


valutazione dei vizi di illegittimità del provvedimento di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta che lo stesso<br />

giudice adito per l'annullamento degli atti di gara, che abbia deciso su tale prima domanda, può conoscere pure della<br />

domanda del contraente pretermesso dal contratto illecitamente, di essere reintegrato nella sua posizione, con la<br />

privazione di effetti del contratto eventualmente stipulato dall'aggiudicante con il concorrente alla gara scelto in modo<br />

illegittimo.<br />

La posizione soggettiva del ricorrente, che ha chiesto il risarcimento in forma specifica delle posizioni soggettive a base<br />

delle sue domande di annullamento dell'aggiudicazione e di caducazione del contratto concluso dall'aggiudicatario, è da<br />

trattare unitariamente dal giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva ai sensi della Direttiva CE n.<br />

66/2007, che riconosce il rilievo peculiare in tal senso alla connessione tra le due indicate domande, che pertanto vanno<br />

decise di regola da un solo giudice.<br />

Tale soluzione è ormai ineludibile per tutte le controversie in cui la procedura di 1 affidamento sia intervenuto dopo il<br />

dicembre 2007, data dell'entrata in vigore della richiamata normativa comunitaria del 2007 e, comunque, quando la<br />

tutela delle due posizioni soggettive sia consentita dall'attribuzione della cognizione al giudice amministrativo di esse<br />

nelle materie di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e possa essere effettiva solo attraverso la perdita di<br />

efficacia dei contratti conclusi dall'aggiudicante con 1'aggiudicatario prima o dopo l'annullamento degli atti di gara,<br />

fermo restando il potere del giudice amministrativo di preferire, motivatamente e in relazione agli interessi generali e<br />

pubblici oggetto di controversia, un'eventuale reintegrazione per equivalente, se richiesta dal ricorrente in via<br />

subordinata".<br />

8. Nella concreta fattispecie, deve quindi rigettarsi il ricorso della s.r.l. Troso che ha chiesto di dichiarare la<br />

giurisdizione dell'A.G.O. in ordine ali'invalididità, inefficacia o caducazione degli effetti dei contratti di appalto stipulati<br />

all'esito di gare soltesi in modo illegittimo e confermarsi la giurisdizione su tale oggetto della controversia del giudice<br />

amministrativo adito, cioè del Tar della Puglia di Lecce, dinanzi al quale la causa deve rinviata.<br />

Le spese del presente procedimento incidentale possono compensarsi alla luce delle incertezze del diritto vivente che<br />

potevano giustificare il regolamento.<br />

P.Q.M.<br />

La Corte dichiara che anche sulle domande risarcitorie proposte nel processo principale dalla s.r.l. Eredi Sale Antonio,<br />

per la caducazione del contratto di appalto concluso dopo la gara dal Comune di Martano e la s.r.l. Troso Costruzione,<br />

scelta illegittimamente, la giurisdizione spetta al giudice amministrativo, cioè al Tar della Puglia, sezione di Lecce,<br />

dinanzi al quale rimette le parti, per l'ulteriore corso del processo principale.<br />

Compensa interamente tra le parti le spese del presente procedimento incidentale.<br />

Così deciso nella Camera di Consiglio delle sezioni unite della Corte Suprema di Cassazione il 12 gennaio 2010.<br />

Il primo presidente f.f.<br />

143


CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. UNITE CIVILI - sentenza 11 gennaio 2011 n. 391<br />

Pres. ff. De Luca, Rel. Segreto - Azienda Ospedaliero-Universitaria Parma (Avv.ti Braschi e Michiara) c. B.E. (Avv.ti<br />

Caporale e Ghirardini) - (accoglie il primo motivo di ricorso).<br />

1. Giurisdizione e competenza - Contratti della P.A. - Controversie relative alla fase anteriore alla stipula del<br />

contratto - Giurisdizione amministrativa.<br />

2. Giurisdizione e competenza - Contratti della P.A. - Controversie relative alla fase relativa alla esecuzione del<br />

contratto - Giurisdizione dell’A.G.O.<br />

3. Giurisdizione e competenza - Contratti della P.A. - Controversie in materia - Spartiacque tra giurisdizione del<br />

G.A. e quella dell’A.G.O. - E’ costituito dalla stipula del contratto.<br />

4. Giurisdizione e competenza - Contratti della P.A. - Controversie relative alla fase di esecuzione del rapporto -<br />

Casi in cui non sussiste la giurisdizione dell’A.G.O. - Individuazione.<br />

5. Giurisdizione e competenza - Contratti della P.A. - Revoca dell’aggiudicazione - Disposta allorché sia stato<br />

stipulato il contratto - Giurisdizione dell’A.G.O.<br />

6. Contratti della P.A. - Generalità - Principio ex art. 16 della legge di contabilità di Stato - Secondo cui i processi<br />

verbali di aggiudicazione definitiva equivalgono per ogni legale effetto al contratto - Derogabilità da parte della<br />

legislazione regionale - Nel caso in cui sussista la competenza regionale - Possibilità - Sussiste.<br />

7. Giurisdizione e competenza - Contratti della P.A. - Controversia relativa alla revoca dell’aggiudicazione -<br />

Disposta prima che sia stipulato il contratto, effettuata per sopravvenuti motivi di opportunità - Giurisdizione<br />

amministrativa.<br />

1. Nelle procedure connotate da concorsualità, aventi ad oggetto la conclusione di contratti da parte della P.A.,<br />

spetta al giudice amministrativo la cognizione dei comportamenti ed atti assunti prima della aggiudicazione e<br />

nella successiva fase compresa tra l'aggiudicazione e la stipula del contratto, tra tali atti essendo compreso anche<br />

quello di revoca dell’aggiudicazione stessa (1).<br />

2. In materia di contratti della P.A., la giurisdizione del giudice ordinario, quale giudice dei diritti, diviene<br />

pienamente operativa nella successiva fase contrattuale afferente l'esecuzione del rapporto, fase aperta dalla<br />

stipula, nella quale si è entrati a seguito della conclusione - con l'aggiudicazione - di quella pubblicistica: in<br />

questa seconda fase, infatti, i contraenti - P.A. e privato - si trovano in una posizione paritetica e le rispettive<br />

situazioni soggettive si connotano del carattere, rispettivamente, di diritti soggettivi ed obblighi giuridici a<br />

seconda delle posizioni assunte in concreto.<br />

3. In materia di contratti della P.A., lo spartiacque fra le due giurisdizioni è costituita dalla stipula del contratto,<br />

quale primo atto appartenente a quella ordinaria, nel cui ambito rientra con la disciplina posta dall'art. 1321<br />

c.c., e segg.; e che perciò comprende non soltanto quella positiva sui requisiti (art. 1325 c.c., e segg.) e gli effetti<br />

(art. 1372 c.c., e segg.), ma anche l'intero spettro delle patologie ed inefficacie negoziali, siano esse inerenti alla<br />

struttura del contratto, siano esse estranee e/o alla stessa sopravvenute (2).<br />

4. Costituisce eccezione al principio della generale devoluzione al giudice ordinario delle controversie correlate<br />

ad un rapporto giuridico già costituito l'ipotesi del recesso dell'appaltante ai sensi dell’art. 11, commi 2 e 3, del<br />

D.P.R. n. 252 del 1998 (recesso fondato sulla acquisizione della informativa prefettizia sul sospetto di infiltrazioni<br />

mafioso nei riguardi dell'impresa appaltatrice, quand'anche già stipulante): detto potere di recesso, del tutto<br />

alternativo a quello generale di cui all’art. 345, L. n. 2248 del 1865, all. F, è infatti espressione di un<br />

irrinunciabile potere autoritativo di valutazione discrezionale dei requisiti del contraente a fronte del quale<br />

l'appaltatore - contraente gode della posizione dell'interesse legittimo azionabile innanzi al giudice<br />

amministrativo (3).<br />

5. Una volta stipulato il contratto, la revoca dell'aggiudicazione effettuata per sopravvenuti motivi di<br />

opportunità, rientra nell'ambito del generale potere contrattuale di recesso (previsto, per i contratti di appalto di<br />

opere pubbliche, dall’art. 345 della L. n. 2248 del 1865, all. F), sul cui esercizio sussiste la giurisdizione del<br />

giudice ordinario (4).<br />

144


6. L’art. 16, comma 4, del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440 - legge di contabilità dello Stato, stabilendo che: "I<br />

processi verbali di aggiudicazione definitiva, in seguito ad incanti pubblici o a private licitazioni, equivalgono per<br />

ogni legale effetto al contratto", è norma dispositiva, che si presta a essere derogata nel senso di escludere che<br />

l'aggiudicazione, oltre a concludere il procedimento di scelta del contraente, produca da sé la conclusione<br />

dell'accordo (5). A maggior ragione questa norma, che è dettata in tema di contabilità generale dello Stato, può<br />

essere derogate da una norma regionale nell'ambito di una materia, la cui competenza si appartenga alla regione<br />

(in applicazione del principio nella specie è stata ritenuta applicabile la norma derogatoria recata dall’art. 74<br />

della L. reg. Emilia Romagna n. 22 del 1980, che - per il perfezionamento del contratto - ritiene insufficiente lo<br />

scambio di volontà, occorrendo invece la stipula di un formale contratto).<br />

7. Rientra nella giurisdizione del G.A. la revoca dell'aggiudicazione che è intervenuta prima che sia stato<br />

stipulato il contratto, effettuata per sopravvenuti motivi di opportunità (nella specie fondati sull'aumento di<br />

valore del fondo per mutamento della destinazione urbanistica), atteso che in tal caso la revoca non rientra<br />

nell'ambito del generale potere contrattuale di recesso della P.A., ma costituisce tipica espressione di potestà<br />

autoritativa a carattere di autotutela in presenza di interesse pubblico. La posizione dell'aggiudicatario, in<br />

questo caso, rimane di interesse legittimo, tutelabile dinanzi al Giudice amministrativo.<br />

--------------------------------------------<br />

(1) Cfr. Cass., Sez. Unite, sentenza n. 27169/07, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/81/cassciv_2007-12-28.htm; v. anche le<br />

decisioni n. 10443/08, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/81/cassciv_2008-04-23.htm, n. 19805/08, ivi, pag.<br />

http://www.lexitalia.it/p/82/cassu_2008-07-18.htm e n. 20596/08.<br />

(2) Cfr. Cass., Sez. Unite, sentenza n. 27169/2007, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/81/cassciv_2007-12-28.htm; v. anche<br />

Cass. S.U. 17 dicembre 2008, n. 29425; 13 marzo 2009, n. 6068; 29 agosto 2008, n. 21928, ivi, pag.<br />

http://www.lexitalia.it/p/82/casssu_2008-08-29-2.htm; 18 luglio 2008, n. 19805, ivi, pag. http://www.lexitalia.it/p/82/cassu_2008-07-<br />

18.htm; 23 aprile 2008, n. 10443, ivi, pag. http://www.lexitalia.it/p/81/cassciv_2008-04-23.htm.<br />

(3) Cfr. Cass., Sez. Unite, sent. n. 21928, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/82/casssu_2008-08-29-2.htm e n. 28345 del<br />

2008, ivi, pag. http://www.lexitalia.it/p/82/cassciv_2008-11-28.htm.<br />

(4) Cfr. Cass., Sez. Unite, 17 dicembre 2008, n. 29425; 13 marzo 2009, n. 6068; 29 agosto 2008, n. 21928, in LexItalia.it, pag.<br />

http://www.lexitalia.it/p/82/casssu_2008-08-29-2.htm.<br />

(5) Cfr. Cass., Sez. Unite, 26 giugno 2003, n. 10160 e 11 giugno 1998, n. 5807.<br />

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO<br />

Con atto notificato il 7.4.2004 a B.S.E. l'Azienda Ospedaliera di Parma ha proposto appello davanti alla corte di<br />

Bologna avverso la sentenza del tribunale di Parma che aveva rigettato per carenza di interesse la domanda, proposta<br />

dalla B. nei confronti dell'Azienda, di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c., dell'obbligo di trasferimento di un<br />

terreno destinato a parcheggio nel Comune di Bigatto, sul rilievo che per effetto dell'aggiudicazione la B. era già<br />

divenuta proprietaria del terreno, nonostante che fosse prevista nel bando la stipula del contratto notarile entro 90 giorni<br />

dall'aggiudicazione.<br />

La corte territoriale, con sentenza depositata il 12.5.2008, rigettava l'appello.<br />

Per quanto qui interessa, la Corte confermava la giurisdizione del giudice ordinario già affermata dal primo giudice.<br />

Riteneva la corte che, poichè il processo verbale di aggiudicazione definitiva equivale a tutti gli effetti al contratto, a<br />

norma del R.D. n. 2440 del 1923, art. 16, la posizione dell'acquirente, fino all'aggiudicazione è di interesse legittimo,<br />

mentre è di diritto soggettivo successivamente all'aggiudicazione, stante la suddetta equiparazione tra aggiudicazione e<br />

contratto, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario.<br />

Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma.<br />

Resiste con controricorso B.S.E..<br />

145


Entrambe le parti hanno presentato memorie.<br />

MOTIVI DELLA DECISIONE<br />

1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 1, il difetto di giurisdizione del<br />

giudice ordinario poichè la controversia è sottoposta alla giurisdizione del giudice amministrativo, vertendo in materia<br />

di interessi legittimi.<br />

Assume la ricorrente che la posizione della B. era di interesse legittimo e non di diritto soggettivo, perchè la<br />

deliberazione di aggiudicazione definitiva del compendio immobiliare,venduto all'asta pubblica, contrariamente a<br />

quanto sostenuto dalla sentenza impugnata non equivaleva a contratto di compravendita.<br />

Tale tesi è sviluppata attraverso i seguenti punti: a) la detta Delib. n. 1320 del 2000, non ha prodotto gli effetti della<br />

vendita, perchè alla fattispecie trova applicazione la L.R. Emilia Romagna n. 22 del 1980, art. 74 e non il R.D. n. 2440<br />

del 1923, art. 16; b) dalla Delib. n. 1320 del 2000 risulta in modo inequivoco la volontà dell'azienda ospedaliera di<br />

rinviare la costituzione del vincolo contrattuale alla stipulazione dell'atto definitivo di compravendita da effettuarsi nel<br />

termine di g. 90; c) il difetto di giurisdizione discende anche dall'intervenuto successivo annullamento della citata<br />

deliberazione con atto di revoca n. 410 del 15.3.2001, per sopravvenuti motivi di interesse pubblico, costituiti<br />

dall'aumento di valore del terreno, a seguito del mutamento di destinazione d'uso.<br />

Il motivo si conclude con il seguente quesito: "Dica la S.C. se in presenza della L.R. Emilia Romagna n. 22 del 1980,<br />

art. 74; di avviso d'asta n. 516 del 20.4.2000 che prevede che alla stipulazione dell'atto notarile di compravendita si<br />

provvederà entro il termine di giorni 90 dall'aggiudicazione; di verbale di aggiudicazione con il quale l'Azienda incarica<br />

al fine di completare l'iter procedurale per la stipulazione dell'atto notarile entro il termine di giorni 90<br />

dall'aggiudicazione; di revoca dell'aggiudicazione da parte dell'azienda; debba ritenersi egualmente che l'aggiudicazione<br />

di un terreno a seguito di asta pubblica equivalga per ogni effetto legale al contratto in base al R.D. n. 2440 del 1923,<br />

art. 16, con la conseguenza che la controversia ex art. 2932 c.c., promossa dall'aggiudicataria sig.ra B.E. nei confronti<br />

dell'Azienda ospedaliera di Parma spetti alla giurisdizione del giudice ordinario".<br />

2. Il motivo è fondato e va accolto.<br />

Anzitutto va rigettata l'eccezione di inammissibilità del motivo per inadeguatezza del quesito.<br />

Il quesito è perfettamente conforme al paradigma legislativo di cui all'art. 366 bis, ed è strettamente correlato alla<br />

fattispecie concreta.<br />

E' infondata anche l'eccezione di inammissibilità del motivo per violazione dell'art. 360 bis, quale introdotto dalla L. n.<br />

69 del 2009, non essendo lo stesso applicabile al ricorso, ratione temporis, poichè esso è stato proposto avverso<br />

sentenza depositata il 12.5.2008.<br />

3.1. Secondo la giurisprudenza costante di queste Corte:<br />

A) Nelle procedure connotate da concorsualità aventi ad oggetto la conclusione di contratti da parte della p.a. spetta al<br />

giudice amministrativo la cognizione dei comportamenti ed atti assunti prima della aggiudicazione e nella successiva<br />

fase compresa tra l'aggiudicazione e la stipula del contratto, tra tali atti essendo compreso anche quello di revoca della<br />

aggiudicazione stessa (principio formulato nella sentenza n. 27169/07 e confermato nelle successive decisioni n.<br />

10443/08, n. 19805/08 e n. 20596/08).<br />

B) La giurisdizione del giudice ordinario, quale giudice dei diritti (in tal senso la sentenza n. 20596/08 già richiamata),<br />

diviene pienamente operativa nella successiva fase contrattuale afferente l'esecuzione del rapporto, fase aperta dalla<br />

stipula, nella quale si è entrati a seguito della conclusione - con l'aggiudicazione - di quella pubblicistica: "in questa<br />

seconda fase, pur strettamente connessa con la precedente, e ad essa consequenziale, che ha inizio con l'incontro delle<br />

volontà delle parti per la stipulazione del contratto, e prosegue con tutte le vicende in cui si articola la sua<br />

esecuzione,infatti, i contraenti - p.a. e privato - si trovano in una posizione paritetica e le rispettive situazioni soggettive<br />

si connotano del carattere,rispettivamente, di diritti soggettivi ed obblighi giuridici a seconda delle posizioni assunte in<br />

concreto.<br />

Sicchè è proprio la costituzione di detto rapporto giuridico di diritto comune a divenire l'altro spartiacque fra le due<br />

giurisdizioni, quale primo atto appartenente a quella ordinaria, nel cui ambito rientra con la disciplina posta dall'art.<br />

146


1321 c.c., e segg.; e che perciò comprende non soltanto quella positiva sui requisiti (art. 1325 c.c., e segg.) e gli effetti<br />

(art. 1372 c.c., e segg.), ma anche l'intero spettro delle patologie ed inefficacie negoziali, siano esse inerenti alla<br />

struttura del contratto, siano esse estranee e/o alla stessa sopravvenute" (così la sentenza n. 27169/07 di queste S.U. e<br />

poi Cass. S.U. 17/12/2008, n. 29425; 13/03/2009, n. 6068; 29/08/2008, n. 21928 ; 18/07/2008, n. 19805; 23/04/2008, n.<br />

10443).<br />

C) Fa evidente eccezione al principio della generale devoluzione al giudice ordinario delle controversie correlate ad un<br />

rapporto giuridico già costituito l'ipotesi del recesso dell'appaltante ai sensi del D.P.R. n. 252 del 1998, art. 11, commi 2<br />

e 3, (recesso fondato sulla acquisizione della informativa prefettizia sul sospetto di infiltrazioni mafioso nei riguardi<br />

dell'impresa appaltatrice, quand'anche già stipulante): detto potere di recesso, del tutto alternativo a quello generale di<br />

cui alla L. n. 2248 del 1865, art. 345, all. F, è infatti espressione di un irrinunciabile potere autoritativo di valutazione<br />

discrezionale dei requisiti del contraente a fronte del quale l'appaltatore - contraente gode della posizione dell'interesse<br />

legittimo azionabile innanzi al giudice amministrativo (in tal senso le sentenze di queste Sezioni Unite n. 21928 e n.<br />

28345 del 2008).<br />

D) Conseguentemente, una volta stipulato il contratto, la revoca dell'aggiudicazione effettuata per sopravvenuti motivi<br />

di opportunità, rientra nell'ambito del generale potere contrattuale di recesso (previsto, per i contratti di appalto di opere<br />

pubbliche, dalla L. n. 2248 del 1865, art. 345, all. F), sul cui esercizio sussiste la giurisdizione del giudice ordinario.<br />

(Cass. Sez. Unite, 17/12/2008, n. 29425; 13/03/2009, n. 6068; 29/08/2008, n. 21928; 18/07/2008, n. 19805).<br />

4.1. Il problema che si pone e che è stato il nucleo del thema disputandum è se il contratto di compravendita in<br />

questione risultava concluso per effetto della sola aggiudicazione, come sostenuto dalla sentenza impugnata e<br />

dall'attuale resistente, in applicazione del R.D. n. 2440 del 1923, art. 16, sulla contabilità di Stato, oppure necessitava di<br />

un successivo scambio di volontà e conclusione di un formale contratto, come sostenuto dall'attuale ricorrente a norma<br />

della L.R. Emilia Romagna n. 22 del 1980, art. 74.<br />

4.2. Ritiene questa Corte che nella fattispecie si applichi la norma regionale.<br />

Il R.D. n. 2440 del 1923, art. 16, comma 4, statuisce che: "I processi verbali di aggiudicazione definitiva, in seguito ad<br />

incanti pubblici o a private licitazioni, equivalgono per ogni legale effetto al contratto".<br />

Sennonchè il verbale di aggiudicazione di una licitazione privata non necessariamente equivale a ogni effetto legale al<br />

contratto, perchè l'art. 16 della legge di contabilità dello Stato (R.D. 18 novembre 1923, n. 2440) è norma dispositiva,<br />

che si presta a essere derogata nel senso di escludere che l'aggiudicazione, oltre a concludere il procedimento di scelta<br />

del contraente, produca da sè la conclusione dell'accordo (Cass. S.U. 26/06/2003, n. 10160; Cass. S.U. 11.6.1998, n.<br />

5807).<br />

A maggior ragione quindi questa norma, che è dettata in tema di contabilità generale dello Stato, può essere derogate da<br />

una norma regionale nell'ambito di una materia, la cui competenza si appartenga alla regione.<br />

4.3. Premesso che, giusti i principi fissati dalla Corte Costituzionale (Corte cost., 05/05/2006, n. 181), nelle materie<br />

concorrenti tra competenza legislativa dello Stato e quella delle Regioni è indicata la "tutela della salute", con la<br />

conseguenza che spetta allo Stato fissare i principi fondamentali, mentre alle Regioni compete dettare la disciplina<br />

attuativa di tali principi, con l'autonomia e l'autodeterminazione che, nel disegno costituzionale, ad esse sono state<br />

riconosciute (principio già affermato anche per il quadro costituzionale anteriore alla L. n. 3 del 2001, Cass. civ., Sez.<br />

1^, 07/06/2000, n. 7709).<br />

Ne consegue che la normativa relativa alla conclusione dei contratti da parte delle strutture sanitarie, e segnatamente al<br />

punto se il contratto risulti concluso con l'aggiudicazione ovvero con un separato successivo contratto, non attenendo<br />

ciò alle linee fondamentali dell'assistenza sanitaria e della tutela della salute, certamente rientra nella competenza<br />

legislativa della regione.<br />

4.4. Nella fattispecie L.R. 29 marzo 1980, n. 22, ha ad oggetto le norme per l'utilizzazione e la gestione del patrimonio e<br />

la disciplina della contabilità nell'Unità sanitaria locale.<br />

L'art. 74, comma 1, di tale legge (applicabile ratione temporis alla fattispecie, essendo stato abrogato dalla L.R. 21<br />

dicembre 2007, n. 28, art. 19, comma 1, lett. c), fatto salvo quanto previsto in via transitoria dall'art. 20 della stessa<br />

legge), così statuisce: "Salvo il caso in cui nell'avviso d'asta o nella lettera di invito alla licitazione privata sia stabilito<br />

che il verbale di aggiudicazione tiene luogo del contratto, avvenuta l'aggiudicazione, si procede alla stipulazione del<br />

147


contratto entro il termine massimo di trenta giorni dalla data dell'aggiudicazione ovvero dalla comunicazione di essa<br />

all'impresa aggiudicataria".<br />

Ne consegue che il contratto oggetto di questa causa è sottoposto alla disciplina non dell'art. 16 della legge sulla<br />

contabilità generale dello Stato, ma a quella della L.R. Emilia Romagna n. 22 del 1980, art. 74, sia per la specificità<br />

dell'oggetto sia per la competenza legislativa propria della regione in siffatta materia.<br />

5. Fissato questo principio, ne consegue che non essendo stato stipulato alcun contratto, a seguito dell'aggiudicazione,<br />

pur prevedendosene anche nel bando la stipula entro 90 giorni, la posizione dell'attrice B. rimaneva quella di titolare di<br />

un interesse legittimo.<br />

La stessa revoca dell'aggiudicazione, essendo intervenuta prima che fosse stipulato alcun contratto, effettuata per<br />

sopravvenuti motivi di opportunità fondati sull'aumento di valore del fondo per mutamento della destinazione<br />

urbanistica, non rientra nell'ambito del generale potere contrattuale di recesso della p.a., ma costituisce tipica<br />

espressione di potestà autoritativa a carattere di autotutela in presenza di interesse pubblico. La posizione<br />

dell'aggiudicatario anche in questo caso rimane di interesse legittimo, tutelabile dinanzi al giudice amministrativo.<br />

6. Ne consegue che nella fattispecie va accolto il primo motivo di ricorso, va cassata l'impugnata sentenza, va affermata<br />

la giurisdizione del giudice amministrativo, davanti al quale va rimessa la causa.<br />

L'accoglimento del primo motivo comporta l'assorbimento dei restanti.<br />

Esistono giusti motivi, in relazione alla peculiarità della vicenda ed alla circostanza che la revoca dell'aggiudicazione è<br />

avvenuta dopo che era scaduto il termine per la stipula del contratto, per compensare tra le parti le spese dell'intero<br />

giudizio.<br />

P.Q.M.<br />

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti. Cassa l'impugnata sentenza. Dichiara la giurisdizione del<br />

giudice amministrativo e rimette la causa davanti al TAR competente.<br />

Compensa tra le parti le spese dell'intero giudizio.<br />

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2010.<br />

148


149


CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. UNITE CIVILI - sentenza 28 novembre 2008 n. 28345<br />

Pres. Carbone, Rel. Nappi - Autorità portuale di Napoli (Avv. Spagna) c. Fondedile Costruzioni s.r.l. (Avv.ti Capponi,<br />

Grasso e Casalino) - (in accoglimento del ricorso, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo).<br />

Giurisdizione e competenza - Contratti della P.A. - Recesso della P.A. dal contratto di appalto - A seguito di<br />

informativa antimafia - Controversia relativa - Giurisdizione del giudice amministrativo - Sussiste.<br />

Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo una controversia proposta in relazione ad un<br />

provvedimento di recesso di una P.A. da un contratto di appalto, a seguito dell’invio da parte del Prefetto di una<br />

informativa antimafia dalla quale risultano tentativi di infiltrazione mafiosa nell’impresa affidataria dei lavori;<br />

la posizione dell'appaltatore è infatti di interesse legittimo sia nei confronti del potere di recesso o di revoca<br />

previsto dall’art. 11, comma 2, D.P.R. n. 252 del 1998, sia in relazione al provvedimento cautelare di sospensione<br />

dei lavori in funzione della definitiva decisione sui presupposti del recesso (1).<br />

-------------------------------------<br />

(1) Cfr. Cass., Sez. Unite, sentenza n. 21928 del 2008, in Lexitalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/82/casssu_2008-08-29-2.htm la<br />

quale ha riconosciuto che la facoltà di recesso prevista dal D.P.R. n. 252 del 1998, art. 11, comma 2, "è espressione di un potere<br />

autoritativo di valutazione dei requisiti soggettivi del contraente, il cui esercizio è consentito anche nella fase di esecuzione del<br />

contratto", benchè attenga alla scelta stessa del contraente. Sicchè "tale potere è estraneo alla sfera del diritto privato", perchè "a<br />

differenza del recesso previsto dalla L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 345, all. F", non è giustificato da inadempienze contrattuali, ma è<br />

destinato a evitare che i soggetti pubblici indicati nel D.P.R. n. 252 del 1998, art. 1, abbiano rapporti contrattuali con imprese nei cui<br />

confronti emergano sospetti di collegamenti con la criminalità organizzata, eventualmente segnalati dalla prefettura competente.<br />

V. anche Cons. Stato, Sez. V, 27 giugno 2006, n. 4135, ivi, pag. http://www.lexitalia.it/p/61/cds5_2006-06-27-6.htm e Cons. Stato,<br />

sez. V, 29 agosto 2005, n. 4408, ivi, pag. http://www.lexitalia.it/p/51/cds5_2005-08-29.htm secondo cui "la stazione appaltante non<br />

dispone del potere di sindacare il contenuto dell'informativa prefettizia perchè il D.Lgs. 8 agosto 1994, n. 490, demanda a tale<br />

Autorità, in via esclusiva, la raccolta degli elementi e la valutazione circa la sussistenza del tentativo di infiltrazione mafiosa; di<br />

conseguenza, ai sensi del D.P.R. 3 giugno 1998, n. 252, art. 11, comma 3, la suddetta stazione appaltante può solo deliberare di non<br />

revocare l'appalto, sebbene il collegamento dell'impresa con organizzazioni malavitose sia stato accertato, a conclusione di una<br />

valutazione di convenienza fondata sul tempo di esecuzione del contratto, sulle difficoltà di trovare un nuovo contraente e sullo stato<br />

di esecuzione dei lavori, e sempre al fine di tutelare l'interesse pubblico".<br />

-------------------------------------<br />

Documenti correlati:<br />

CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONI UNITE CIVILI, sentenza 29-8-2008, n. 21928, pag.<br />

http://www.lexitalia.it/p/82/casssu_2008-08-29-2.htm (sul giudice competente a decidere una controversia riguardante la delibera<br />

con la quale un Comune ha disposto la revoca di un contratto di appalto di opere pubbliche a seguito di informativa antimafia).<br />

CONSIGLIO DI STATO SEZ. V, sentenza 28-5-2004, n. 3463, pag. http://www.lexitalia.it/p/cds/cds5_2004-05-28-2.htm (sul<br />

giudice competente a decidere una controversia riguardante la revoca dell’aggiudicazione disposta per mancanza dei requisiti<br />

"antimafia" allorché sia stato già stipulato il contratto di appalto).<br />

TRIBUNALE DI MESSINA, SEZ. II CIVILE, sentenza 11-11-2002, pag. http://www.lexitalia.it/private/ago/tribme_2002-11-11.htm<br />

(rientra nella giurisdizione del G.A. una controversia relativa alla revoca di un contratto di appalto a seguito di informativa<br />

antimafia); v. tuttavia in senso opposto TAR SICILIA-PALERMO, SEZ. I s sentenza 17 ottobre 2002 n. 3099*, pag.<br />

http://www.lexitalia.it/private/tar/tarpa1_2002-10-17.htm (che ritiene sussistente in materia la giurisdizione dell'A.G.O.).<br />

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO<br />

Il 13 dicembre 1990 la s.r.l. Fondedile Costruzioni, in proprio e quale mandataria dell'associazione temporanea<br />

costituita con altre imprese, si era resa aggiudicataria dei lavori di ristrutturazione di un terminal per container nel porto<br />

di Napoli.<br />

In seguito a una controversia insorta sulla responsabilità per interruzioni e ritardi nella consegna e nell'esecuzione dei<br />

lavori, la committente Autorità portuale di Napoli e l'associazione temporanea di imprese stipularono il 17 marzo 1998<br />

150


un accordo transattivo, integrato il 23 giugno 1998, che riconosceva alle imprese appaltatrici una revisione dei prezzi e<br />

fissava un nuovo termine per l'ultimazione dei lavori.<br />

Tuttavia, nel corso della successiva esecuzione dei lavori e dopo che le imprese appaltatrici avevano formulato nuove<br />

riserve, la committente Autorità portuale di Napoli, ricevute in data 4 novembre 1999 informazioni prefettizie su<br />

possibili infiltrazioni mafiose in due delle imprese associate, dispose in data 1 dicembre 1999 la sospensione dei lavori,<br />

invitando le imprese appaltatrici a controdedurre; e il 14 febbraio 2000 comunicò il recesso dal contratto di appalto, a<br />

norma del D.P.R. n. 252 del 1998, art. 11.<br />

Le imprese appaltatrici, formulate ulteriori riserve, fecero ricorso a un collegio arbitrale chiedendo la risoluzione<br />

dell'accordo transattivo del 1998, con il riconoscimento dei crediti di cui alle riserve già prima formulate e di quelle<br />

successivamente aggiunte, e il risarcimento dei danni, sia per la sospensione dei lavori disposta l'1 dicembre 1999 sia<br />

per il successivo recesso.<br />

Con il lodo pronunciato il 22 ottobre 2001 il collegio arbitrale decise nei seguenti termini:<br />

a) dichiarò la giurisdizione del Giudice amministrativo sulla domanda di risarcimento dei danni derivanti dal recesso<br />

dell'amministrazione;<br />

b) dichiarò inammissibili le pretese collegate alle riserve formulate prima dell'accordo transattivo;<br />

c) riconobbe le pretese ricollegate ad alcune delle riserve successive alla transazione e in particolare, disattesa<br />

l'eccezione di difetto di giurisdizione, riconobbe alle imprese il risarcimento dei danni per la sospensione dei lavori<br />

disposta l'1 dicembre 1999 prima del recesso, liquidandoli in L. 375.281.616, oltre rivalutazione e interessi. Contro il<br />

lodo cosi formulato interposero appello entrambe le parti. La Fondedile Costruzioni s.r.l. in via principale, chiedendo in<br />

particolare il riconoscimento delle pretese connesse alle riserve formulate prima della transazione del 1998.<br />

L'Autorità portuale di Napoli in via incidentale, riproponendo tra l'altro l'eccezione di difetto di giurisdizione.<br />

Su tali impugnazioni s'è pronunciata la Corte d'appello di Napoli, che, disatteso l'appello incidentale, ha accolto<br />

l'appello principale, dichiarando la natura conservativa, non novativa, della transazione del 1998 e riconoscendo di<br />

conseguenza talune delle pretese degli appaltatori dichiarate inammissibili dagli arbitri.<br />

Contro questa decisione ricorre ora per cassazione l'Autorità portuale di Napoli e propone cinque motivi<br />

d'impugnazione, illustrati anche da memoria, cui resiste con controricorso la Fondedile Costruzioni s.r.l., in proprio e<br />

quale rappresentante del raggruppamento temporaneo delle imprese appaltatrici.<br />

MOTIVI DELLA DECISIONE<br />

1. I primi quattro motivi del ricorso censurano la decisione impugnata in relazione alla riconosciuta natura conservativa<br />

della transazione del 1998 e alla conseguente reviviscenza delle riserve formulate prima della transazione. E' solo con il<br />

quinto motivo che la ricorrente ripropone l'eccezione di difetto di giurisdizione del Giudice ordinario, e quindi del<br />

collegio arbitrale. In relazione certamente alla dedotta illegittimità della sospensione dei lavori precedente il recesso e<br />

alla conseguente pretesa risarcitoria degli appaltatori. Ma anche con riferimento all'intera controversia conseguente al<br />

recesso della pubblica amministrazione, come si desume conclusivamente dal quinto quesito di diritto, laddove si<br />

deduce appunto il difetto di giurisdizione con riferimento al giusto procedimento promosso con atto n. 189 del 26<br />

novembre 1999.<br />

2. In proposito occorre premettere che questa Corte, con la sentenza n. 21928 del 2008, ha riconosciuto che la facoltà di<br />

recesso prevista dal D.P.R. n. 252 del 1998, art. 11, comma 2, "è espressione di un potere autoritativo di valutazione dei<br />

requisiti soggettivi del contraente, il cui esercizio è consentito anche nella fase di esecuzione del contratto", benchè<br />

attenga alla scelta stessa del contraente. Sicchè "tale potere è estraneo alla sfera del diritto privato", perchè "a differenza<br />

del recesso previsto dalla L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 345, all. F", non è giustificato da inadempienze contrattuali,<br />

ma è destinato a evitare che i soggetti pubblici indicati nel D.P.R. n. 252 del 1998, art. 1, abbiano rapporti contrattuali<br />

con imprese nei cui confronti emergano sospetti di collegamenti con la criminalità organizzata, eventualmente segnalati<br />

dalla prefettura competente.<br />

Sicchè, contrariamente a quanto sostengono i Giudici del merito, nel caso in esame il contratto non si sciolse per<br />

l'avverarsi di una condizione risolutiva, bensì per l'esercizio di un potere autoritativo della pubblica amministrazione.<br />

151


D'altro canto, come risulta evidente dal testo della norma, che in tal senso viene interpretata dalla prevalente<br />

giurisprudenza del Consiglio di Stato, "la stazione appaltante non dispone del potere di sindacare il contenuto<br />

dell'informativa prefettizia perchè il D.Lgs. 8 agosto 1994, n. 490, demanda a tale Autorità, in via esclusiva, la raccolta<br />

degli elementi e la valutazione circa la sussistenza del tentativo di infiltrazione mafiosa; di conseguenza, ai sensi del<br />

D.P.R. 3 giugno 1998, n. 252, art. 11, comma 3, la suddetta stazione appaltante può solo deliberare di non revocare<br />

l'appalto, sebbene il collegamento dell'impresa con organizzazioni malavitose sia stato accertato, a conclusione di una<br />

valutazione di convenienza fondata sul tempo di esecuzione del contratto, sulle difficoltà di trovare un nuovo contraente<br />

e sullo stato di esecuzione dei lavori, e sempre al fine di tutelare l'interesse pubblico" (Cons. Stato, sez. 5^, 27 giugno<br />

2006, n. 4135, Cons. Stato, sez. 5^, 29 agosto 2005, n. 84408). Ed è allora plausibile che, pervenuta l'informativa<br />

prefettizia, la stazione appaltante avvii un procedimento di acquisizione delle conoscenze necessaria a una ponderata<br />

valutazione dell'interesse pubblico, cui può risultare funzionale una sospensione cautelare dei lavori. Nè ha rilievo il<br />

fatto, valorizzato dalla corte napoletana, che il potere di sospensione cautelare non sia previsto dalla legge, una volta<br />

riconosciuta la discrezionalità del potere di recesso in seguito alla pure insindacabile informativa prefettizia. Infatti "la<br />

revoca dell'aggiudicazione di un appalto pubblico dev'essere preceduta dalla comunicazione dell'avvio del relativo<br />

procedimento amministrativo, ai sensi della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 7", (Cons. Stato, sez. 5^, 24 ottobre 2000, n.<br />

5710). Sicchè deve ritenersi che la posizione dell'appaltatore è di interesse legittimo sia nei confronti del potere di<br />

recesso o di revoca previsto dal D.P.R. n. 252 del 1998, art. 11, comma 2, sia in relazione al provvedimento cautelare di<br />

sospensione dei lavori in funzione della definitiva decisione sui presupposti del recesso.<br />

E poichè il recesso comporta che l'amministrazione sia tenuta esclusivamente al pagamento delle opere già realizzate,<br />

oltre al rimborso delle spese nei limiti dell'arricchimento dell'appaltante, ne consegue che l'intera controversia sui<br />

rapporti tra le parti deve essere devoluta al Giudice amministrativo.<br />

In accoglimento del quinto motivo del ricorso la sentenza impugnata va pertanto cassata senza rinvio, previa<br />

dichiarazione della giurisdizione del Giudice amministrativo. Si giustifica la compensazione delle spese del giudizio.<br />

P.Q.M.<br />

La Corte, in accoglimento del ricorso, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo, cassa senza rinvio la<br />

sentenza impugnata e rimette le parti dinanzi al Giudice amministrativo di primo grado competente per territorio.<br />

Compensa le spese.<br />

Così deciso in Roma, il 18 novembre 2008.<br />

Depositata in Cancelleria il 28 novembre 2008.<br />

152


153


LA TESI, ORMAI SUPERATA, CHE AVEVA RITENUTO SPETTANTE AL GIUDICE ORDINARIO LA<br />

GIURISDIZIONE SULLA SORTE DEL CONTRATTO<br />

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. UNITE CIVILI - sentenza 28 dicembre 2007 n. 27169<br />

Pres. Carbone, Rel. Salvago - Citelum s.a. c. Società I.T. - Innovazione e Tecnologie s.r.l. ed Hera s.p.a. - P.M. Martone<br />

(difforme) - (accoglie il ricorso avverso la decisione del Consiglio di Stato, 28 settembre 2005 n. 5196 e dichiara la<br />

giurisdizione del giudice ordinario).<br />

1. Giurisdizione e competenza - Contratti della P.A. - Giurisdizione esclusiva del G.A. prevista dagli artt. 6 e 7<br />

della L. n. 205 del 2000 - Riguarda solo le controversie riguardanti la fase pubblicistica e non già quelle relative<br />

alla successiva fase dell'esecuzione del rapporto.<br />

2. Giurisdizione e competenza - Contratti della P.A. - Controversie in materia di dichiarazione di nullità del<br />

contratto di appalto - A seguito dell’annullamento in s.g. dell’aggiudicazione della gara - Giurisdizione<br />

dell’A.G.O. - Sussiste - Ragioni.<br />

1. Gli artt. 6 e 7 della legge 205 del 2000, nel devolvere alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo<br />

tutte le controversie relative alle procedure di affidamento di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, hanno<br />

riguardo alla sola fase pubblicistica dell'appalto (in essa compresi i provvedimenti di non ammissione alla gara o<br />

di esclusione dalla stessa), ma non si riferiscono alla successiva fase dell'esecuzione del rapporto, concernente i<br />

diritti e gli obblighi derivanti, per ciascuna delle parti, dal contratto stipulato successivamente agli atti di<br />

evidenza pubblica. In questa seconda fase resta operante la giurisdizione del giudice ordinario quale giudice dei<br />

diritti, cui spetta verificare la conformità alle norme positive delle regole attraverso le quali i contraenti hanno<br />

disciplinato i loro contrapposti interessi, e delle relative condotte attuative: a nulla rilevando che specifiche<br />

disposizioni legislative attribuiscano all'amministrazione committente la facoltà di incidere autoritativamente sul<br />

rapporto (e perfino di risolverlo), posto che detti atti amministrativi, non hanno natura provvedimentale e non<br />

cessano di operare nell'ambito delle paritetiche posizioni contrattuali (1).<br />

2. Spetta al giudice ordinario la giurisdizione sulla domanda volta ad ottenere tanto la dichiarazione di nullità<br />

quanto quella di inefficacia o l'annullamento del contratto di appalto, a seguito dell'annullamento della delibera<br />

di scelta dell'altro contraente, adottata all'esito di una procedura ad evidenza pubblica. In ciascuno di questi<br />

casi, infatti, la controversia non ha ad oggetto i provvedimenti riguardanti la scelta suddetta, ma il successivo<br />

rapporto di esecuzione che si concreta nella stipulazione del contratto di appalto, del quale i soggetti interessati<br />

chiedono di accertare un aspetto patologico, al fine di impedirne l'adempimento; inoltre le situazioni giuridiche<br />

soggettive delle quali si chiede l'accertamento negativo hanno consistenza di diritti soggettivi pieni ed il giudice è<br />

comunque chiamato a verificare la conformità alla normativa positiva delle regole attraverso cui l'atto negoziale<br />

è sorto, ovvero è destinato a produrre i suoi effetti tipici (2).<br />

---------------------------------<br />

(1) V. da ult., Cass. sez. un. 17829 e 17830/2007; 4427/2007; 4116/2007.<br />

(2) In applicazione del principio nella specie è stata cassata, per difetto di giurisdizione, la sentenza del Consiglio di Stato, del 28<br />

settembre 2005 n. 5196 (in LexItalia, pag. http://www.lexitalia.it/p/52/cds5_2005-09-28-2.htm), la quale, a seguito<br />

dell’annullamento dell’aggiudicazione di una gara di appalto, aveva dichiarato l'inefficacia del contratto stipulato nelle more del<br />

giudizio (riformando sul punto la sentenza del T.A.R. Puglia - Lecce, che aveva ritenuto invece di dichiarare la nullità del contratto di<br />

appalto).<br />

Ha osservato in particolare la Cassazione che la giurisdizione esclusiva non era nel caso invocabile neppure per il fatto che tale<br />

inefficacia era stata considerata dal giudice amministrativo di appello - che non aveva condiviso la declaratoria di nullità del contratto<br />

pronunciata dal TAR - una conseguenza necessaria dell'annullamento giurisdizionale dell' aggiudicazione ("in forza del rapporto di<br />

consequenzialità necessaria tra la procedura di gara ed il contratto successivamente stipulato": pag. 53); anzitutto perché vige<br />

nell'ordinamento processuale il principio generale dell'inderogabilità della giurisdizione per ragioni di connessione, salve deroghe<br />

normative espresse non rinvenibili nella normativa in esame (Cass. sez. un. 7859/2 001; 1760/2 002).<br />

La giurisdizione in materia spette pertanto all'A.G.O. Questo risultato, secondo le S.U., non è contraddetto dalla recente decisione<br />

24658/2007 delle stesse Sezioni Unite, che in una controversia in cui il giudice amministrativo aveva annullato l'aggiudicazione di un<br />

appalto relativo alla progettazione di un complesso polifunzionale, ha recepito la tesi della caducazione automatica del successivo<br />

contratto stipulato con l'impresa vincitrice della gara in quanto nella fattispecie esaminata, la sentenza del Consiglio di Stato gravata<br />

154


dal ricorso, si era limitata ad annullare il provvedimento di aggiudicazione senza emettere alcuna statuizione in ordine alla successiva<br />

vicenda contrattuale.<br />

----------------------------------<br />

Documenti correlati:<br />

CONSIGLIO DI STATO SEZ. V, sentenza 28-9-2005, n. 5196, pag. http://www.lexitalia.it/p/52/cds5_2005-09-28-2.htm (sulle<br />

conseguenze che l’annullamento in s.g. dell’aggiudicazione produce nei confronti del contratto di appalto medio tempore stipulato).<br />

CONSIGLIO DI STATO SEZ. V, sentenza 28-5-2004, n. 3465, pag. http://www.lexitalia.it/p/cds/cds5_2004-05-28.htm (dopo<br />

approfondita disamina dei quattro principali orientamenti emersi in materia, afferma che l’annullamento dell’aggiudicazione<br />

comporta non già la nullità, l’annullabilità o l’inefficacia, ma la caducazione automatica degli effetti negoziali del contratto di appalto<br />

successivamente stipulato).<br />

CGA - SEZ. GIURISDIZIONALE, ordinanza 8-3-2005, n. 104, pag. http://www.lexitalia.it/p/51/cga_2005-03-08o.htm (rimette alla<br />

decisione dell’Adunanza Plenaria diverse questioni riguardanti gli effetti della sentenza di annullamento dell’aggiudicazione sul<br />

contratto di appalto stipulato nelle more del giudizio).<br />

TAR LAZIO - ROMA SEZ. III TER, sentenza 13-12-2006, n. 14329, pag. http://www.lexitalia.it/p/62/tarlazio3ter_2006-12-13.htm<br />

(sugli effetti dell’annullamento dell’aggiudicazione sul contratto nelle more stipulato).<br />

TAR VENETO SEZ. I, sentenza 14-5-2007, n. 1461, pag. http://www.lexitalia.it/p/71/tarveneto1_2007-05-14.htm (sugli effetti della<br />

pronuncia di annullamento dell’aggiudicazione sul contratto di appalto medio tempore stipulato).<br />

T.R.G.A. SEZ. DI BOLZANO, sentenza 8-1-2007, n. 5, pag. http://www.lexitalia.it/p/71/trgabz_2007-01-08.htm (sugli effetti<br />

dell’annullamento in s.g. dell’aggiudicazione sul contratto di appalto medio tempore stipulato e sulla possibilità o meno di dichiarare<br />

l’inefficacia successiva del contratto stesso).<br />

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO<br />

Il TAR Puglia,sez. Lecce, con sentenza del 14 giugno 2004 n. 3721, in accoglimento del ricorso della ATI con<br />

capogruppo la s.p.a. Hera (e comprendente la s.p.a. Gemmo Impianti, la s.r.l. I.T.,nonché la s.r.l. Co.I-MI), annullava<br />

tutti gli atti della procedura di gara approvata con determinazione 15 luglio 2002 n. 89 del Dirigente settore L.P. del<br />

comune di Taranto, e finalizzata all'affidamento di un appalto misto per la gestione tecnologica integrata e la<br />

manutenzione degli impianti di pubblica illuminazione di detto comune; nonché la successiva determinazione<br />

dirigenziale 2 marzo 2004 n. 25 che aveva preso atto dell’approvazione della graduatoria compilata dalla Commissione<br />

di gara ed aveva aggiudicato definitivamente il servizio all'ATI con capogruppo s.a. Citelum.<br />

Dichiarava altresì la nullità del contratto stipulato in data 12aveva aggiudicato definitivamente il servizio all'ATI con<br />

capogruppo s.a. Citelum. Dichiarava altresì la nullità del contratto stipulato in data 12 marzo 2004 tra quest'ultima ATI<br />

e l'amministrazione comunale.<br />

In parziale accoglimento dell'appello dell'ATI Citelum, il Consiglio di Stato, con sentenza 28 settembre 2005 n. 5196,<br />

ha dichiarato l'inefficacia del contratto suddetto, e ne ha respinto gli altri motivi di impugnazione unitamente al gravame<br />

dell'amministrazione comunale, osservando (per quanto qui interessa):<br />

a) che doveva prestarsi adesione all'orientamento secondo cui la caducazione in sede giurisdizionale o amministrativa di<br />

atti della fase della formazione della volontà della P.A. (deliberazione a contrarre, bando di gara, aggiudicazione) priva<br />

la stessa amministrazione, con efficacia ex tunc, della legittimazione a negoziare conferitagli dai precedenti atti<br />

amministrativi : in conformità del resto al principio che gli atti della serie pubblicistica e quelli della serie privatistica<br />

sono indipendenti,ma i primi condizionano l'efficacia dei secondi:e tale inefficacia può essere fatta valere soltanto dalla<br />

parte che abbia ottenuto l'annullamento della deliberazione costitutiva della volontà della p.a. senza pregiudizio per i<br />

diritti acquistati dai terzi di buona fede in esecuzione della deliberazione medesima;<br />

b) che pertanto non poteva essere recepito né l'indirizzo propugnante la caducazione automatica del contratto in<br />

conseguenza dell' annullamento dell’aggiudicazione, peraltro comportante l'aggiudicazione automatica in favore del<br />

155


secondo classificato; né quello che mediando tra le due tesi/riteneva comunque di far salvi i diritti dei terzi richiamando<br />

le disposizioni degli art. 23 e 25 cod. civ.<br />

Per la cassazione della sentenza l’ATI Citelum ha proposto ricorso,ai sensi dell'art. 111, 3° comma Costit.; cui resiste<br />

l'ATI Hera con controricorso.<br />

MOTIVI DELLA DECISIONE<br />

Con il ricorso l'ATI Citelum, deducendo violazione degli art. 6 e 7 della legge 205/2000, 33 d.lgs.80 del 1998 e 25,103<br />

Cost., censura la sentenza impugnata per aver dichiarato l'inefficacia del contratto di appalto stipulato tra di essa ed il<br />

comune dì Taranto, in seguito all'annullamento degli atti della gara e del verbale di aggiudicazione, senza porsi la<br />

questione dei limiti della propria giurisdizione non estesa dalle menzionate norme alla cognizione delle sorti di detto<br />

negozio avente natura paritetica-privatistica e non rientrante nella fase dell' azione della P.A.-autorità,in quanto:<br />

1) con la sottoscrizione del contratto sì instaura tra le parti un vincolo negoziale "iure privatorum" comportante che<br />

tutte le controversie attinenti alla sua esecuzione devono ascriversi alla giurisdizione ordinaria: a maggior ragione<br />

configurabile quando si discuta della esistenza giuridica del contratto,ossia non già come il contratto vada eseguito,ma<br />

se deve essere eseguito tra le parti;<br />

2) non ne è sostenibile una sorta di attrazione nell'ambito della giurisdizione amministrativa per l'automatico<br />

collegamento tra la procedura autoritativa di evidenza pubblica e la validità-efficacia del vincolo contrattuale perché le<br />

relative questioni con riferimento sia alla patologia del negozio per cui optare (con le relative conseguenze) tra le<br />

categorie tipizzate dal codice civile,sia alla sorte delle prestazioni nel frattempo eseguite dalle parti,sia alla<br />

qualificazione della buona fede del contraente privato,sia al trattamento giuridico dei terzi che abbiano acquisito diritti<br />

in forza del contratto,trascendono la mera cognizione del profilo della legittimità dell’azione autoritativa espletata dalla<br />

p.a. come autorità ed implicano valutazioni meramente civilistiche, ascrivibili al giudice naturale dei rapporti negoziali<br />

paritetici;<br />

3) le stesse Sezioni Unite già prima della nota decisione 204/2004 della Corte costituzionale, avevano sistematicamente<br />

affermato che i vizi degli atti amministrativi precedenti la stipulazione dei contratti iure privatorum della p.a.<br />

comportano la mera annullabilità del contratto; che solo l'amministrazione può far valere davanti al giudice ordinario.<br />

laddove il giudice amministrativo aveva finito per sconfessare il sistema privatistico delle patologie del negozio<br />

giuridico e creato una automatica inefficacia ad esso completamente estranea 4)ad identica conclusione è pervenuta<br />

parte della giurisprudenza amministrativa secondo la quale al giudice amministrativo è dato conoscere e statuire sulla<br />

legittimità dei procedimenti amministrativi di gara,ma non anche sulle vicende inerenti al contratto, attribuite alla<br />

giurisdizione dell'A.G.O.<br />

Il ricorso è manifestamente fondato.<br />

Nel sistema antecedente al d.lgs.80 del 1998, nonché alla legge 205 del 2000, in tema di pubblici appalti costituivano<br />

principi giurisprudenziali del tutto consolidati:<br />

1) che il contratto di appalto comunque concluso da vita ad un rapporto essenzialmente di diritto privato, seppur<br />

caratterizzato da una disciplina differenziata dipendente dalla qualità di ente pubblico del committente e dalle finalità di<br />

interesse generale perseguite; e che esso è fonte di reciproche obbligazioni e diritti soggettivi la cui tutela è perciò<br />

affidata agli organi della giurisdizione ordinaria;<br />

2) che nella fase antecedente a tale conclusione, nel caso in cui la scelta del contraente privato avvenga con il sistema<br />

della "licitazione privata", con quello dei pubblici incanti o dell'appalto-concorso, la posizione del soggetto aspirante<br />

all'affidamento dell'appalto nonché dei partecipanti alla gara sulla quale l'amministrazione committente con sua azione<br />

può interferire favorevolmente o sfavorevolmente, trova protezione nelle norme di legge e nei regolamenti disciplinanti<br />

il procedimento amministrativo di scelta del contraente; con la conseguenza che, assume natura e consistenza di<br />

interesse legittimo al regolare svolgimento del procedimento amministrativo: tutelabile, come tale, davanti al giudice<br />

amministrativo;<br />

3) che, in particolare, detto interesse può configurarsi sia come pretensivo, che come oppositivo: avendo egli l'interesse<br />

pretensivo all'aggiudicazione della gara; mentre, ove l'abbia già ottenuto e questa sia stata annullata, egli ha l'interesse<br />

oppositivo ad impugnare l'annullamento, ovvero a ricorrere avverso la nuova aggiudicazione ad altri partecipanti alla<br />

gara di appalto. Sicché appartenevano alla giurisdizione generale di legittimità di detto giudice le impugnative dei<br />

156


provvedimenti di aggiudicazione dell'appalto, nonché degli atti procedimentali a questa precedenti e prodromici; e, per<br />

converso, quelle dei provvedimenti di invalidazione dell' aggiudicazione,che costituiva il limite di operatività di detta<br />

giurisdizione anche quando la stessa segnava nel contempo la conclusione del contratto, con effetti vincolanti per<br />

entrambe le parti.<br />

In tal caso, le domande dirette ad ottenere la declaratoria di nullità o l'annullamento del relativo verbale per vizi della<br />

volontà o per altre cause previste dagli art.1418 e segg. cod.civ, esulavano da detta giurisdizione per rientrare nella<br />

cognizione del giudice ordinario, riguardando la validità di un rapporto negoziale di natura privatistica (Cass. sez.un.<br />

1507/1987).<br />

Siffatta disciplina non è sostanzialmente mutata per effetto della legge 205 del 2000, il cui art. 7, recependo con parziali<br />

modifiche e sostituendo l'art. 33 del decr. legisl. n. 80 del 1998, ha devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi (1° comma); e specificato in quello successivo che<br />

"Tali controversie sono, in particolare quelle:....... e) aventi ad oggetto le procedure di affidamento di appalti pubblici di<br />

lavori, di servizi e forniture svolti da soggetti comunque tenute alla applicazione delle norme comunitarie.......;": perciò<br />

nel contempo delimitando l'ambito di tale giurisdizione, già introdotta, significativamente con identica formula, dal<br />

precedente art. 6 della legge.<br />

Queste Sezioni Unite, infatti, fin dalle prime interpretazioni della norma hanno precisato il concetto di pubblico servizio<br />

come prestazione resa da un soggetto pubblico (o privato che al primo, in forza di vari meccanismi giuridici si<br />

sostituisca) alla generalità degli utenti, mentre esulano da tale nozione le prestazioni rese in favore<br />

dell'amministrazione,e comunque del gestore per garantirgli l'organizzazione del servizio (Cass. sez. un. 7461/2004;<br />

1997/2003; 10726/2002).<br />

E fra le diverse e pur possibili opzioni ermeneutiche, hanno privilegiato quella cd. privatistica, per la quale gli artt. 6 e 7<br />

della legge 205/2000, nel devolvere alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie relative<br />

alle procedure di affidamento di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, hanno riguardo alla sola fase pubblicistica<br />

dell'appalto (in essa compresi i provvedimenti di non ammissione alla gara o di esclusione dalla stessa); e non si<br />

riferiscono alla successiva fase dell'esecuzione del rapporto,concernente i diritti e gli obblighi derivanti, per ciascuna<br />

delle parti, dal contratto stipulato successivamente agli atti di evidenza pubblica. In questa seconda fase resta operante<br />

la giurisdizione del giudice ordinario quale giudice dei diritti, cui spetta verificare la conformità alle norme positive<br />

delle regole attraverso le quali i contraenti hanno disciplinato i loro contrapposti interessi, e delle relative condotte<br />

attuative:a nulla rilevando che specifiche disposizioni legislative attribuiscano all'amministrazione committente la<br />

facoltà di incidere autoritativamente sul rapporto (e perfino di risolverlo) , posto che detti atti amministrativi, non hanno<br />

natura provvedimentale e non cessano di operare nell'ambito delle paritetiche posizioni contrattuali (da ult., Cass. sez.<br />

un. 17829 e 17830/2007; 4427/2007; 4116/2007).<br />

Si è pure evidenziato (Cass. sez. un. 72/2 000) come una diversa lettura della nuova normativa (cd. pubblicistica) ,<br />

comportando una estensione della giurisdizione amministrativa a controversie di carattere e contenuto esclusivamente<br />

patrimoniale, non direttamente ed effettivamente connesse ad interessi generali -come, in tesi, quelle relative alla<br />

verifica (sulla base di categorie privatistiche) della puntualità o meno della esecuzione di contratti conclusi dal gestore<br />

(sia esso pubblico o privato) di un servizio pubblico per l'acquisizione di beni ed opere strumentali a detta attività -<br />

ponesse seri dubbi di compatibilità con il precetto dell'art. 103 Cost.: dubbi condivisi dalla Corte Costituzionale che,<br />

nella recente sentenza 204 del 2004, ha dichiarato parzialmente illegittimo il menzionato art. 33 d.lgs.80,come recepito<br />

dall'art. 7 della legge 205/2000.<br />

La Consulta ha rilevato, infatti, che il riferimento della disposizione ad una materia - quella dei pubblici servizi - dai<br />

confini non compiutamente delimitati, e soprattutto il richiamo a tutte le controversie ricadenti in tale settore rende<br />

evidente che la materia così individuata prescinde totalmente dalla natura delle situazioni soggettive coinvolte,<br />

radicando la giurisdizione esclusiva sul dato puramente oggettivo del normale coinvolgimento in tali controversie del<br />

generico pubblico interesse che è naturalmente presente nel settore dei pubblici servizi : e così travolgendo il necessario<br />

rapporto di specie a genere che l'art. 103 Cost. postula come ordinario discrimine tra le giurisdizioni, allorché contempla<br />

le materie devolvibili alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo come particolari rispetto a quelle nelle<br />

quali la pubblica amministrazione agisce quale autorità. Ha quindi precisato che il necessario collegamento delle<br />

materie assoggettabili a giurisdizione esclusiva con la natura delle situazioni soggettive, espresso, nell'art. 103 Cost.,<br />

dalla loro qualificazione di particolari rispetto a quelle devolute alla giurisdizione generale di legittimità, comporta che<br />

le materie affidate alla giurisdizione suddetta devono necessariamente partecipare della medesima natura - segnata<br />

dall'agire della P. A. come autorità, nei confronti della quale è accordata tutela alle posizioni di diritto soggettivo del<br />

cittadino dinanzi al giudice amministrativo - di quelle devolute alla giurisdizione generale di legittimità.<br />

157


Dopo la declaratoria di parziale incostituzionalità della norma, non sono più ammissibili dubbi ermeneutici sulla<br />

possibile estensione della giurisdizione esclusiva; che può essere istituita o ampliata, per esigenze di concentrazione<br />

della tutela,per impedire la moltiplicazione dei giudizi,e comunque per garantire pienezza di tutela al cittadino<br />

attraverso un unico giudizio, soltanto alle condizioni indicate dalla Consulta, che cioè le posizioni di diritto soggettivo<br />

fatte valere si collochino in un'area di rapporti nella quale la p.a. agisce attraverso poteri autoritativi, ovvero si avvalga<br />

della facoltà riconosciuta dalla legge di adottare strumenti negoziali in sostituzione del potere autoritativo ai sensi<br />

dell'art. 11 della legge 241 del 1990.<br />

Il che nell'attività di diritto privato si verifica soltanto nella fase della formazione della sua volontà, nonché di scelta del<br />

contraente privato, che non è libera, ma si snoda attraverso una serie di atti procedimentali caratterizzati dall'esercizio di<br />

poteri discrezionali e vincolati;i quali hanno normalmente inizio con la determinazione di contrarre e si concludono<br />

(nell'appalto di opere o servizi,che qui interessa) con il provvedimento di aggiudicazione che individua il contraente<br />

privato, perciò costituendo l'ultimo atto e, nel contempo, il confine estremo della fase pubblicistica, del resto<br />

evidenziato dalla stessa formulazione letterale dei ricordati art.6 e 7 lett.a) della legge 205 del 2000, laddove limita<br />

l'ambito della giurisdizione esclusiva alle sole "procedure di affidamento di appalti,.."; con conseguente implicita<br />

esclusione della cognizione di tutti gli atti successivi alla sua conclusione (Cass. sez. un. 1142/2 007; 9601/2006;<br />

4508/2006; 13296/2005) .<br />

In questa seconda fase,pur strettamente connessa con la precedente, e ad essa consequenziale, che ha inizio con<br />

l'incontro delle volontà delle parti per la stipulazione del contratto, e prosegue con tutte le vicende in cui si articola la<br />

sua esecuzione,infatti, i contraenti -p.a. e privato- si trovano in una posizione paritetica e le rispettive situazioni<br />

soggettive si connotano del carattere, rispettivamente,di diritti soggettivi ed obblighi giuridici a seconda delle posizioni<br />

assunte in concreto. Sicché è proprio la costituzione di detto rapporto giuridico di diritto comune a divenire l'altro<br />

spartiacque fra le due giurisdizioni,quale primo atto appartenente a quella ordinaria, nel cui ambito rientra con la<br />

disciplina posta dagli art. 1321 e segg. cod. civ.;e che perciò,comprende non soltanto quella positiva sui requisiti (art.<br />

1325 e segg.) e gli effetti (art. 1372 e segg.),ma anche l'intero spettro delle patologie ed inefficacie negoziali, siano esse<br />

inerenti alla struttura del contratto, siano esse estranee e/o alla stessa sopravvenute: come si verifica appunto nelle<br />

fattispecie prospettate dalla sentenza impugnata in cui viene a mancare uno degli atti del procedimento costitutivo della<br />

volontà dell'amministrazione (deliberazione di contrarre, bando, aggiudicazione). E trova giustificazione il principio da<br />

decenni enunciato da dottrina e giurisprudenza, che seppure gli atti della serie pubblicistica e quelli della serie<br />

privatistica sono indipendenti quanto alla validità, i primi condizionano l'efficacia dei secondi, di modo che il contratto<br />

diviene inefficace se uno degli atti del procedimento viene meno per una qualsiasi causa (Cass.. 5 aprile 1976 n.1197 e<br />

succ.) .<br />

Per queste ragioni le Sezioni Unite,già con la precedente sentenza 20504/2006 relativa ad un contratto di locazione<br />

stipulato da un Comune per l'acquisizione di un'area privata hanno dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario sulla<br />

domanda volta ad ottenere la dichiarazione di nullità o l'annullamento del contratto a seguito dell'annullamento della<br />

delibera di scelta dell'altro contraente, adottata all'esito di una procedura ad evidenza pubblica "non avendo la<br />

controversia ad oggetto i provvedimenti riguardanti la scelta dell'altro contraente, ma il rapporto di locazione derivante<br />

dall'atto stipulato in condizione di parità con quest'ultimo, del quale l'Amministrazione chiede di accertare l'invalidità o<br />

l'inefficacia, al fine di impedirne l'esecuzione; onde le situazioni giuridiche soggettive delle quali sì chiede<br />

l'accertamento negativo hanno consistenza di diritti soggettivi pieni".<br />

Identica situazione è ravvisabile nella fase di esecuzione dell'appalto successiva al provvedimento di aggiudicazione,<br />

segnata dall'operare dell'amministrazione non quale autorità che esercita pubblici poteri, ma nell'ambito di un rapporto<br />

privatistico contrattuale. Per cui nella fattispecie apparteneva sicuramente alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo la cognizione della legittimità degli atti della procedura di gara approvata dal comune di Taranto per il<br />

conferimento dell'appalto misto per cui è causa, nonché dei provvedimenti relativi al loro annullamento; ed in<br />

particolare all'annullamento della determinazione dirigenziale 2 marzo 2 00 4 n. 25 che aveva aggiudicato<br />

definitivamente il servizio all'ATI con capogruppo s.a. Citelum. Ma alla sentenza impugnata restava precluso ogni<br />

sindacato sugli atti di esecuzione conseguenti all' aggiudicazione, a cominciare dal contratto stipulato in data 12 marzo<br />

2004 tra quest'ultima ATI e l'amministrazione comunale; che, invece, il Consiglio di Stato ha dichiarato inefficace,<br />

esorbitando dall'ambito della propria giurisdizione limitata dai ricordati art. 6 e 7 della legge 205/2000 "alle procedure<br />

di affidamento di appalti pubblici".<br />

La giurisdizione esclusiva non è nel caso invocabile neppure per il fatto che tale inefficacia è stata considerata dal<br />

giudice amministrativo di appello - che non ha condiviso la declaratoria di nullità del contratto pronunciata dal TAR -<br />

una conseguenza necessaria dell'annullamento giurisdizionale dell' aggiudicazione {"in forza del rapporto di<br />

consequenzialità necessaria tra la procedura di gara ed il contratto successivamente stipulato": pag. 53); anzitutto perché<br />

vige nell'ordinamento processuale il principio generale dell'inderogabilità della giurisdizione per ragioni di connessione,<br />

salve deroghe normative espresse non rinvenibili nella normativa in esame (Cass. sez. un. 7859/2 001; 1760/2 002). E,<br />

158


quindi, perchè valutare l'incidenza dell' annullamento dell'atto amministrativo di aggiudicazione rispetto al rapporto<br />

privatistico che ad esso consegue costituisce una questione di merito relativa alla verifica della validità e della<br />

perdurante efficacia del contratto di appalto; e significa pronunziare intorno alla ricorrenza o meno delle condiciones<br />

juris, incidenti sulla sua giuridica esistenza e validità iniziale, nonché, sul perdurare degli effetti legati al sinallagma<br />

funzionale (Cass. sez.un, 6743/2005; 5179/2004; 931/1999, nonché 5941/2004; 12629/2006): e non già decidere circa il<br />

corretto esercizio del potere di annullamento di ufficio che deve necessariamente arrestarsi all'adozione del relativo<br />

provvedimento (nonché alla eventuale pronuncia sul risarcimento del danno conseguente ex art.35 d.lgs. 80/1998).<br />

Ne è conferma proprio la disamina compiuta dal Consiglio di Stato delle variegate posizioni della giurisprudenza<br />

amministrativa e di quella .ordinaria sulla sorte del contratto,nonché dei diritti ed obblighi dallo stesso derivanti, in<br />

seguito all'annullamento del provvedimento che ne costituisce il presupposto;che in realtà spaziano dalla declaratoria di<br />

nullità assoluta (recepita dal TAR Puglia; cfr. Cons. St. V,1218/2003; 6281/2002; Cass. 193/2002) alla mera<br />

annullabilità invocabile soltanto dall'amministrazione committente ex art.1441 e 1442 cod.civ. (Cass. 11247/2002; 2<br />

842/1996; Cons. St. VI,570/2002),e comprendono le tesi intermedie che pervengono alla caducazione automatica (per il<br />

venir meno, con efficacia ex tunc, del requisito della legittimazione a contrarre o di uno dei presupposti di efficacia del<br />

negozio: Cons. St. V,41/2007; IV,6666/2 003; VI,2992/2 003; Cass. 12 62 9/2 00 6), oppure alla inefficacia<br />

(sopravvenuta) del contratto,a sua volta giustificata in base ad istituti diversi (Cons. St. VI,4295/2 00 6; V,6759/2005;<br />

34 63/2 004; Cass. 6450/2004), che ora comportano il travolgimento dei diritti acquisiti dai terzi per effetto dell'atto<br />

negoziale,ora consentono la salvezza di quelli acquistati in buona fede (Cfr. Cons. St. V,1591/200 6; 5194/2005;<br />

7346/2004; 3465/2004). Ma che hanno tutte quale presupposto comune una vicenda propria dell'atto negoziale<br />

rientrante nel sistema delle inefficacie-invalidità (significativamente) disciplinate dal codice civile : in forza delle quali<br />

non se ne producono gli effetti perseguiti, o questi vengono a cessare.<br />

Anche nell'opzione prescelta dalla decisione impugnata, la condizione di inefficacia e l'effetto costitutivo della<br />

caducazione del contratto (perciò stesso non assimilabile ad un mero atto di ritiro) non discendono dalla statuizione di<br />

annullamento adottata dal giudice amministrativo (che pur ne costituisce il presupposto necessario),ma derivano<br />

direttamente dalla legge (cosi come avviene per le patologie del contratto dovute a peculiari vizi genetici,e riconosce lo<br />

stesso Consiglio di Stato invocando i principi civilistici sui negozi collegati). La quale, d'altra parte, ben può escluderla<br />

come ha fatto l'art. 14 d.lgs.190 del 2002 per le procedure di progettazione, approvazione e realizzazione delle<br />

infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale: disponendo che l'annullamento<br />

giurisdizionale della aggiudicazione di prestazioni pertinenti alle infrastrutture non determina la risoluzione del<br />

contratto eventualmente già stipulato dai soggetti aggiudicatoti; e che in tal caso il risarcimento degli interessi o diritti<br />

lesi avviene per equivalente, con esclusione della reintegrazione in forma specifica.<br />

Le Sezioni Unite devono, allora, ribadire che i riflessi sul contratto di appalto, del sistema delle irregolarità-illegittimità<br />

che affliggono la procedura amministrativa a monte, devono essere scrutinati in ogni caso dal giudice ordinario: e,<br />

quindi, non soltanto nelle fattispecie di radicale mancanza del procedimento di evidenza pubblica (o di vizi che ne<br />

affliggono singoli atti), ma anche in quella della sua successiva mancanza legale provocata dall'annullamento del<br />

provvedimento di aggiudicazione perché nella materia il criterio di riparto delle giurisdizioni non e fondato sul grado ed<br />

i profili di connessione tra dette disfunzioni ed il sistema delle invalidità-inefficacia del contratto;e neppure sulla<br />

tipologia delle sanzioni civilistiche che dottrina e giurisprudenza di volta in volta gli riservano, ma unicamente sulla<br />

separazione imposta dall'art. 103, 1° comma Costit. tra il piano del diritto pubblico (e del procedimento amministrativo)<br />

ed il piano negoziale, interamente retto dal diritto privato: separazione nuovamente ribadita dall' art. 244 del codice dei<br />

contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 20 04/17/CE e 2004/18/CE (d.lgs. 163<br />

del 2006),che ha confermato l'attribuzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo di "tutte le<br />

controversie, ivi incluse quelle risarcitorie, relative a procedure di affidamento di lavori, servizi, forniture, svolte da<br />

soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, ali'applicazione della normativa comunitaria ovvero al<br />

rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale". E, per quanto riguarda la<br />

successiva fase contrattuale, soltanto di quelle "relative al divieto di rinnovo tacito dei contratti, quelle relative alla<br />

clausola di revisione del prezzo e al relativo provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata o<br />

periodica, nell'ipotesi di cui ali'art. 115, nonché quelle relative ai provvedimenti applicativi dell'adeguamento dei prezzi<br />

ai sensi dell'art. 133 commi 3 e 4": nelle quali (almeno fino alle leggi 359 del 1992, art. 3 e 109 del 1994, art. 26), la<br />

posizione del contraente privato è stata da decenni qualificata dalla giurisprudenza di interesse legittimo e perciò<br />

devoluta già nel quadro normativo antecedente all'art.33 d.lgs.80/1998, alla giurisdizione generale di legittimità del<br />

giudice amministrativo ex art.2 e 3 legge 1034 del 1971 (Cass. sez.un. 21292,21293 e 21294/2005; 18126/2005;<br />

1996/2003) .<br />

Conclusivamente, spetta al giudice ordinario la giurisdizione sulla domanda volta ad ottenere tanto la dichiarazione di<br />

nullità quanto quella di inefficacia o l'annullamento del contratto di appalto, a seguito dell'annullamento della delibera<br />

di scelta dell'altro contraente, adottata all'esito di una procedura ad evidenza pubblica: posto che in ciascuno di questi<br />

casi la controversia, non ha ad oggetto i provvedimenti riguardanti la scelta suddetta, ma il successivo rapporto di<br />

159


esecuzione che si concreta nella stipulazione del contratto di appalto, del quale i soggetti interessati chiedono di<br />

accertare un aspetto patologico, al fine di impedirne l'adempimento; che le situazioni giuridiche soggettive delle quali si<br />

chiede l'accertamento negativo hanno consistenza di diritti soggettivi pieni; e che il giudice è comunque chiamato a<br />

verificare la conformità alla normativa positiva delle regole attraverso cui l'atto negoziale è sorto,ovvero è destinato a<br />

produrre i suoi effetti tipici.<br />

Questo risultato non è contraddetto dalla recente decisione 24658/2007 delle Sezioni Unite, che in una controversia in<br />

cui il giudice amministrativo aveva annullato l'aggiudicazione di un appalto relativo alla progettazione di un complesso<br />

polifunzionale, ha recepito la tesi della caducazione automatica del successivo contratto stipulato con l'impresa<br />

vincitrice della gara in quanto nella fattispecie esaminata, la sentenza del Consiglio di Stato gravata dal ricorso, si era<br />

limitata ad annullare il provvedimento di aggiudicazione senza emettere alcuna statuizione in ordine alla successiva<br />

vicenda contrattuale.<br />

Era stata invece la stazione appaltante a dedurre che nel caso il contratto di appalto aveva avuto integrale esecuzione, ed<br />

a sostenere in base a tale presupposto (3° motivo) "la insussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo",per<br />

essere competente quello ordinario a pronunciare la caducazione del contratto.<br />

Ma la Corte non ha condiviso tale prospettazione che modificherebbe il criterio di riparto delle giurisdizioni -delineato<br />

dagli art. 6 e 7 della legge 205/2000 con esclusivo riguardo alla fase pubblicistica o privatistica dell'appalto - in<br />

funzione dell'esaurimento di quest'ultima fase;ed in conformità alla propria consolidata giurisprudenza ha ribadito anche<br />

in tal caso la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo a pronunciare in ogni momento (Cass. sez. un.<br />

1142/2007 cit.) l'annullamento del provvedimento di aggiudicazione, ritenendo al riguardo ininfluente l'intero effettovicenda<br />

negoziale da esso derivato (Cass. sez.un. 4508/2006; 13296/2005; 5179/2004). E rilevando che era invece la<br />

fase esecutiva del rapporto ad esser priva di autonomia propria,in quanto destinata a subire gli effetti del vizio che<br />

inficia il provvedimento amministrativo cui è collegata, nonché a restare immediatamente travolta in conseguenza del<br />

suo annullamento senza richiedere pronunce di caducazione o atti di ritiro dell'Amministrazione.<br />

E sempre sulla distinzione tra la fase pubblicistica scandita dalle regole della evidenza pubblica e la successiva fase<br />

negoziale è stato fondato il criterio di riparto delle giurisdizioni anche in un appalto di servizi da Cass. sez.un.<br />

24668/2007 che ha specificato,da un lato come l'intera procedura diretta alla scelta dell'altro contraente e fino all'atto di<br />

aggiudicazione nei diversi momenti in cui si articola sia devoluta dal legislatore alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo,unitamente alla tutela risarcitoria completiva,pur se chiesta senza quella demolitoria (art. 35 d.lgs.<br />

80/1998,come recepito dall'art. 7 l. 205/2000). Ma dall'altro,ha riaffermato che il provvedimento di aggiudicazione<br />

"segna il momento terminale dell'esercizio della fase pubblicistica", sicché nella fase successiva concernente<br />

l'esecuzione del rapporto resta operante la giurisdizione del giudice ordinario, quale giudice dei diritti e degli obblighi di<br />

ciascun contraente.<br />

Pertanto,in accoglimento del ricorso,le Sezioni Unite devono dichiarare la giurisdizione del giudice ordinario in<br />

relazione alla declaratoria di inefficacia del contratto suddetto,e conseguentemente cassare la sentenza impugnata<br />

limitatamente a tale parte. Mentre la peculiarità delle questioni trattate, che aveva già indotto il Consiglio di Stato, a<br />

compensare tra le parti le spese dell' intero giudizio, induce il Collegio a confermare detta statuizione e ad estenderla<br />

anche a quelle di questa fase.<br />

P.Q.M.<br />

La Corte,a sezioni unite,accoglie il ricorso, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, cassa la sentenza impugnata<br />

in relazione al motivo accolto e dichiara interamente compensate tra le parti le spese di questa fase del giudizio.<br />

Così deciso in Roma il 9 ottobre 2007.<br />

Depositata in Segreteria in data 28 dicembre 2007.<br />

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GIURISDIZIONE IN MATERIA DI ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA’<br />

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. UNITE CIVILI - ordinanza 16 dicembre 2010 n. 25393<br />

Pres. Carbone, Rel. Di Palma - D.B.G. ed altri (Avv.ti Nuzzo e Palamone Comune di Acerenza (n.c.) - (dichiara la<br />

giurisdizione del giudice amministrativo).<br />

1. Giurisdizione e competenza - Espropriazione per p.u. - Controversie relative ad atti espropriativi -<br />

Giurisdizione del G.A. - Sussisteva anche prima della L. n. 205 del 2000 - Giurisdizione dell’A.G.O. - Sussiste<br />

solo nei casi in cui la P.A. agisca nell'assoluto difetto di una potestà ablativa.<br />

2. Giurisdizione e competenza - Giurisdizione esclusiva del G.A. - In materia urbanistica - Ex art. 34 del D.L.vo<br />

n. 80 del 1998 - Riguarda la totalità degli aspetti dell'uso del territorio - Controversie relative ad esecuzione dei<br />

lavori per la realizzazione o la modificazione di un'opera pubblica - Nell’esercizio della potestà ablativa della<br />

P.A. - Giurisdizione del G.A. - Sussiste.<br />

1. La competenza giurisdizionale a conoscere le domande che investano la legittimità degli atti del procedimento<br />

di espropriazione in generale - con le quali vengano dedotte scorrettezze commesse dall'espropriante<br />

nell'esercizio del potere ablativo, di cui peraltro non venga posta in discussione la spettanza alla P.A. -<br />

apparteneva, già prima della L. n. 205 del 2000, al giudice amministrativo, deputato a verificare la lesione<br />

dell'interesse legittimo della parte alla regolarità dell'azione amministrativa; in materia, invece, la giurisdizione<br />

ordinaria è invocabile soltanto quando l'Amministrazione espropriante abbia agito nell'assoluto difetto di una<br />

potestà ablativa, intesa come mancanza di qualunque facultas agendi vincolata o discrezionale di elidere o<br />

comprimere detto diritto.<br />

2. L’art. 7 della L. n. 205 del 2000 (che, recependo e modificando le disposizioni dell’art. 34 del D.Lgs. n. 80 del<br />

1998, ha devoluto in via esclusiva al giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti, i<br />

provvedimenti e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti alle stesse equiparati in materia<br />

urbanistica ed edilizia), in considerazione della sua espressa onnicomprensività, include la totalità degli aspetti<br />

dell'uso del territorio e, quindi, riserva alla nuova categoria di giurisdizione esclusiva anche i procedimenti<br />

espropriativi diretti alla esecuzione dei lavori per la realizzazione o la modificazione di un'opera pubblica, ciò sia<br />

perché il concreto modo di realizzarla a seguito della dichiarazione di pubblica utilità e della approvazione del<br />

relativo progetto costituisce estrinsecazione di una potestà della P.A. nell'ambito di una funzione concernente<br />

l'urbanistica, sia perché i provvedimenti diretti all'esecuzione di un'opera pubblica mediante trasformazione del<br />

territorio si risolvono nell'occupazione, permanente o temporanea, di fondi privati e costituiscono, perciò, atti<br />

strumentali alla realizzazione di detta finalità pubblica (1).<br />

---------------------------------------------------<br />

(1) V. per tutte Cass. Sez. Unite, ordinanza n. 2766 del 2008.<br />

Hanno aggiunto le S.U. che nella specie era irrilevante la circostanza che era stata lamentata pure la asserita mancanza dei termini di<br />

cui all’art. 13 della L. n. 2359 del 1865, in quanto tale situazione era stata dedotta per dimostrare una delle ragioni della prospettata<br />

invalidità del relativo provvedimento (peraltro successivamente integrato con l'apposizione di detti termini), con la conseguenza che<br />

la situazione giuridica dedotta in giudizio derivava dall'esercizio illegittimo del potere da parte del Comune e, più in particolare, da<br />

un provvedimento illegittimo che aveva tuttavia esplicato tutti i suoi effetti quale espressione sia pure illegittima di un precedente<br />

esercizio del potere, riconoscibile come tale perché deliberato nei modi ed in presenza dei requisiti richiesti dalla legge e non quale<br />

espressione del ricorso ad una mera via di fatto.<br />

RITENUTO IN FATTO<br />

che, con ricorso del 17 giugno 2009, d.B.A.D., M.M. vedova d.B. e d.B.G. hanno proposto istanza di regolamento di<br />

giurisdizione, nei confronti del Comune di Acerenza (Potenza), in riferimento alla causa dagli stessi promossa nei<br />

confronti dello stesso Comune con citazione del 22 dicembre 2005 e pendente dinanzi al Tribunale di Potenza (r.g. n.<br />

3573 del 2005);<br />

che i ricorrenti riferiscono: a) con detta citazione del 22 dicembre 2005, avevano esposto che:<br />

162


1) essi erano proprietari di un terreno agricolo sito nel Comune di Acerenza (Potenza), parzialmente interessato da un<br />

procedimento di espropriazione per la costruzione della strada di collegamento tra lo Scalo Ferroviario di (omissis);<br />

2) in particolare, con la deliberazione della Giunta comunale n. 339 del 24 giugno 1996, era stato approvato il progetto<br />

tecnico esecutivo della suddetta strada statale ed era stata dichiarata la pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità<br />

dell'opera, senza tuttavia che fossero stabiliti i termini iniziale e finale della espropriazione e dei lavori;<br />

3) soltanto con la successiva Delib. Giunta 6 febbraio 1997, n. 59 il Comune aveva disposto che le espropriazioni<br />

avessero inizio entro tre mesi dalla data di emanazione del decreto di occupazione d'urgenza, decreto emesso in data 25<br />

luglio 1997, cui era seguita l'immissione nel possesso delle aree in data 25 agosto 1997;<br />

4) terminati i lavori, il Comune non aveva provveduto ad emettere il decreto di espropriazione, ma aveva approvato, con<br />

la Delib. Giunta 21 gennaio 1999, n. 4 una perizia di variante dei lavori di completamento della strada, con la quale<br />

aveva dichiarato la pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dell'opera da realizzare, prevedendo altresì l'occupazione<br />

anticipata di ulteriori porzioni dei fondi di loro proprietà, non comprese tra quelle di cui al precedente decreto di<br />

occupazione;<br />

5) a tale ultimo riguardo, il Comune aveva emanato il decreto di occupazione n. 1 del 22 giugno 1999, con il quale si<br />

prevedeva che l'ulteriore occupazione avesse inizio entro il 22 settembre 1999 e termine entro il 22 giugno 2002;<br />

6) successivamente, il Comune - in applicazione della L. 27 ottobre 1971, n. 865, artt. 12, 16 e 17 e successive<br />

modificazioni - aveva provveduto al pagamento dell'indennità provvisoria di espropriazione, dell'indennità per<br />

l'occupazione temporanea, relativa sia agli immobili oggetto della Delib. n. 339 del 1996 sia a quelli occupati<br />

successivamente, nonché dell'indennità dovuta a due affittuari dei fondi; b) tanto esposto, essi avevano convenuto il<br />

Comune dinanzi al Tribunale di Potenza, formulando, tra le altre, le seguenti conclusioni:<br />

In via principale: accertare e dichiarare l'assoluta e radicale inesistenza del potere espropriativo del Comune di<br />

Acerenza a comprimere il diritto di proprietà degli attori per la mancata indicazione nella Delib. G.M. 24 giugno 1996,<br />

n. 339 dei termini di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 13; accertare e dichiarare l'illiceità originaria e permanente della<br />

violazione del diritto di proprietà degli attori da parte del comune; accertare e dichiarare la responsabilità civile<br />

dell'A.C. ex art. 2043 c.c. per effetto della occupazione sine titulo ab origine dei terreni, degli attori da parte del<br />

Comune di Acerenza (c.d. "occupazione usurpativa"). In via subordinata: accertare e dichiarare comunque l'illegittimità<br />

del procedimento ablatorio del Comune di Acerenza per la mancata indicazione nella Delib. G.M. 24 giugno 1996, n.<br />

339 dei termini di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 13 ovvero per la mancanza del decreto di esproprio; accertare e<br />

dichiarare l'avvenuta "occupazione appropriativa" a favore del Comune; accertare e dichiarare la responsabilità civile<br />

dell'A.C. ex art. 2043 c.c. per effetto della occupazione illegittima dei terreni degli attori da parte del Comune di<br />

Acerenza; e per l'effetto: condannare in ogni caso ex art. 2043 c.c. il Comune di Acerenza al risarcimento del danno in<br />

favore degli attori, sia sotto forma di danno emergente che di lucro cessante, per la somma da quantificarsi in corso di<br />

causa a seguito di consulenza tecnica d'ufficio, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria;<br />

nell'ipotesi in subordine di accertamento dell'illegittimità della procedura espropriativa per mancanza del decreto di<br />

esproprio, condannare il Comune di Acerenza al pagamento dell'indennità di occupazione temporanea dei terreni sino<br />

all'avvenuta accessione a favore del Comune di Acerenza ...; c) in contraddittorio con il Comune - il quale aveva<br />

eccepito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a conoscere le domande proposte, essendo stati fatti valere in<br />

giudizio interessi legittimi, il giudice istruttore del Tribunale adito: con una prima ordinanza del 14 agosto 2007, aveva<br />

ritenuto che la questione di giurisdizione poteva essere esaminata unitamente al merito ed aveva disposto consulenza<br />

tecnica d'ufficio; con una seconda ordinanza del 6 febbraio 2008, aveva revocato la precedente ordinanza; con una terza<br />

ordinanza del 17 dicembre 2008, aveva cosi provveduto:<br />

ritenuto che la decisione della questione pregiudiziale di giurisdizione appare prima facie idonea a definire il giudizio;<br />

visti, gli artt. 187 e 189 cod. proc. civ. fissa l'udienza del 1.6.9.2009 per la precisazione delle conclusioni;<br />

che, tanto riferito, i ricorrenti chiedono che la Corte di cassazione, a sezioni unite, voglia dichiarare la giurisdizione del<br />

giudice ordinario relativamente alla domanda proposta dai sigg.ri d.B.A.D., M.M. ved. d.B. e d.B.G. nei confronti, del<br />

Comune di Acerenza nella causa pendente dinanzi al Tribunale di Potenzia ...;<br />

che il Comune di Acerenza, benchè ritualmente intimato, non si è costituito nè ha svolto attività difensiva;<br />

163


che il Procuratore generale ha concluso, chiedendo che le sezioni unite della Corte di cassazione dichiarino la<br />

giurisdizione del giudice ordinario.<br />

CONSIDERATO IN DIRITTO<br />

che, i ricorrenti - a sostegno del promosso regolamento di giurisdizione - osservano:<br />

a) in punto di ammissibilità del ricorso, che essi sono portatori di un interesse concreto ed immediato alla risoluzione<br />

definitiva od immodificabile della questione di giurisdizione, tenuto segnatamente conto che, a fronte dell'eccezione di<br />

difetto di giurisdizione sollevata dal Comune di Acerenza, il giudice istruttore della causa, senza procedere ad alcuna<br />

istruzione probatoria, ha adottato provvedimenti palesemente contraddittori su tale eccezione affermando da ultimo, con<br />

l'ordinanza del 17 dicembre 2008, che la decisione della questione pregiudiziale di giurisdizione appare prima facie<br />

idonea a definire il giudizio;<br />

b) in punto di diritto, che il giudizio a quo concerne una tipica ipotesi di occupazione cosiddetta "usurpativa", in quanto<br />

la Delib. Giunta comunale 24 giugno 1996, n. 339 - con la quale era stato approvato il progetto tecnico esecutivo<br />

dell'opera pubblica ed era stata dichiarata la pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dell'opera pubblica - non stabiliva<br />

i termini iniziale e finale della espropriazione e dei lavori, termini fissati solo successivamente, a distanza di circa otto<br />

mesi, e comunque non rispettati, non essendo stato peraltro mai emanato il decreto di espropriazione, con conseguente<br />

sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario a conoscere le domande da essi proposte, in ragione del<br />

"comportamento" posto in essere dal Comune in assoluta carenza di potere e concretatosi nella irreversibile<br />

trasformazione delle aree di loro proprietà, preceduta da una dichiarazione di pubblica utilità "insanabilmente" priva dei<br />

requisiti di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 13 essendo a tal fine irrilevante la indicazione successiva di termini;<br />

che la giurisdizione a conoscere la controversia de qua - promossa con citazione del 22 dicembre 2005 - spetta al<br />

giudice amministrativo;<br />

che, in particolare, la competenza giurisdizionale a conoscere le domande che investano la legittimità degli atti del<br />

procedimento di espropriazione in generale - con le quali vengano dedotte scorrettezze commesse dall'espropriante<br />

nell'esercizio del potere ablativo, di cui peraltro non venga posta in discussione la spettanza alla Pubblica<br />

Amministrazione - apparteneva già prima della L. n. 205 del 2000 al giudice amministrativo, deputato a verificare la<br />

lesione dell'interesse legittimo della parte alla regolarità dell'azione amministrativa;<br />

che ciò è quanto accade in tutte le ipotesi - quale (quella di specie - in cui il proprietario faccia valere i possibili vizi<br />

della dichiarazione di pubblica utilità, ovvero l'incompetenza dell'organo amministrativo che l'ha emessa, o ancora<br />

l'illegittimità dei provvedimenti ablatori ad essa successivi e, comunque, denunci l'illegittimità di atti e comportamenti<br />

dell'amministrazione attuati in esecuzione di poteri pubblicistici che abbiano sacrificato o compresso il suo diritto<br />

dominicale;<br />

che, invece, la giurisdizione ordinaria è invocabile soltanto quando l'amministrazione espropriante abbia agito<br />

nell'assoluto difetto di una potestà ablativa, intesa come mancanza di qualunque facultas agendi vincolata o<br />

discrezionale di. elidere o comprimere detto diritto;<br />

che, a maggior ragione, la presente controversia introdotta con citazione del 22 dicembre 2005 - rientra nella<br />

giurisdizione del giudice amministrativo per effetto della L. n. 205 del 2000, art. 7 che, recependo e modificando le<br />

disposizioni del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 34 ha devoluto in via esclusiva al giudice amministrativo le controversie<br />

aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti alle stesse<br />

equiparati in materia urbanistica ed edilizia;<br />

che tale disposizione infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. l'ordinanza n. 2766 del 2008), in<br />

considerazione della sua espressa onnicomprensività, include la totalità degli aspetti dell'uso del territorio e, quindi,<br />

riserva alla nuova categoria di giurisdizione esclusiva anche i procedimenti espropriativi diretti alla esecuzione dei<br />

lavori per la realizzazione o la modificazione di un'opera pubblica, ciò sia perché il concreto modo di realizzarla a<br />

seguito della dichiarazione di pubblica utilità e della approvazione del relativo progetto costituisce estrinsecazione di<br />

una potestà della Pubblica Amministrazione nell'ambito di una funzione concernente l'urbanistica, sia perché i<br />

provvedimenti diretti all'esecuzione di un'opera pubblica mediante trasformazione del territorio si risolvono<br />

nell'occupazione, permanente o temporanea, di fondi privati e costituiscono, perciò, atti strumentali alla realizzazione di<br />

detta finalità pubblica;<br />

164


che, pertanto, non giova ai ricorrenti il rilievo che uno dei vizi attribuiti alla dichiarazione di pubblica utilità sia<br />

ravvisato nella asserita mancanza dei termini di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 13 in quanto tale situazione è dedotta<br />

per dimostrare una delle ragioni della prospettata invalidità di tale provvedimento (peraltro successivamente integrato<br />

con l'apposizione di detti termini), con la conseguenza che la situazione giuridica dedotta in giudizio deriva<br />

dall'esercizio illegittimo del potere da parte del Comune di Acerenza e, più in particolare, da un provvedimento<br />

illegittimo che ha tuttavia esplicato tutti i suoi effetti quale espressione sia pure illegittima di un precedente esercizio del<br />

potere, riconoscibile come tale perchè deliberato nei modi ed in presenza dei requisiti richiesti dalla legge e non quale<br />

espressione del ricorso ad una mera via di fatto;<br />

che dalle considerazioni che precedono consegue che, nel caso di specie, spetta al giudice amministrativo disporre lo<br />

diverse forme di tutela che l'ordinamento appresta per le situazioni soggettive sacrificate dall'esercizio illegittimo del<br />

potere ablativo;<br />

che non sussistono i presupposti per pronunciare sulle spese.<br />

P.Q.M.<br />

Pronunciando sul ricorso, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo.<br />

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 22 giugno 2010.<br />

Depositata in Cancelleria il 16 dicembre 2010.<br />

165


IL PRINCIPIO DEL GIUDICATO IMPLICITO SULLA GIURISDIZIONE<br />

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. UNITE CIVILI - sentenza 9 ottobre 2008 n. 24883<br />

Pres. Carbone, Rel. Merone - Ministero Economia e Finanze ed Agenzia delle Entrate (Avv.ra Stato) c. F.O.D.B. Onlus<br />

(Avv.ti Pettinato e Canessa) - (dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell'Economia e delle Finanze, rigetta il<br />

ricorso dell'Agenzia delle Entrate).<br />

Giurisdizione e competenza - Generalità - Difetto di giurisdizione - Proposizione della questione mediante<br />

giudizio di appello - Ammissibilità - Proposizione della questione mediante ricorso in Cassazione - Ammissibilità<br />

- Condizione che non si sia formato un giudicato implicito - Necessità.<br />

Mentre la sentenza di primo grado di merito può essere sempre impugnata per difetto di giurisdizione, le<br />

sentenze di appello invece sono ricorribili in Cassazione per difetto di giurisdizione solo se sul punto non si è<br />

formato il giudicato implicito o esplicito. In ogni caso, il giudice può rilevare anche d’ufficio il difetto di<br />

giurisdizione, fino a quando sul punto non si sia formato il giudicato implicito o esplicito (1).<br />

------------------------------<br />

(1) Hanno osservato riassuntivamente le Sez. Unite che:<br />

a) fino a quando la causa non sia decisa nel merito in primo grado, il difetto di giurisdizione può essere eccepito dalle<br />

parti, anche dopo la scadenza dei termini previsti dall'art. 38 c.p.c. (anche se sarebbe opportuno un intervento legislativo<br />

di coordinamento);<br />

b) entro lo stesso termine le parti possono chiedere il regolamento preventivo di giurisdizione ai sensi dell'art. 41 c.p.c.;<br />

c) la sentenza di primo grado di merito può sempre essere impugnata per difetto di giurisdizione;<br />

d) le sentenze di appello sono impugnabili per difetto di giurisdizione soltanto se sul punto non si è formato il giudicato<br />

implicito o esplicito;<br />

e) il giudice può rilevare anche di ufficio il difetto di giurisdizione, fino a quando sul punto non si sia formato il<br />

giudicato implicito o esplicito.<br />

Infatti, l’art. 37 del codice di procedura civile (secondo il quale il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei<br />

confronti della pubblica amministrazione o dei giudici speciali è rilevato, anche d'ufficio, in qualunque stato e grado del<br />

processo) va interpretato nel senso che, fino a quando la causa non sia decisa nel merito in primo grado, il difetto di<br />

giurisdizione può essere eccepito dalle parti, anche dopo la scadenza dei termini previsti dall’art. 38 c.p.c., ed entro lo<br />

stesso termine le parti possono chiedere il regolamento preventivo di giurisdizione, ai sensi dell’art. 41 c.p.c.<br />

V. in argomento da ult. Cass. Sez. Unite, sentenza 30 ottobre 2008 n. 26019, in LexItalia.it, pag.<br />

http://www.lexitalia.it/p/82/cassu_2008-10-3.htm<br />

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DEL RICORSO<br />

1.1. La Fondazione Opera (omissis) ha impugnato, dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Bologna, il<br />

provvedimento con il quale l'Agenzia delle Entrate (nonostante il parere contrario espresso dall'Agenzia delle ONLUS)<br />

ha disposto la cancellazione della fondazione stessa dall'Anagrafe Unica, di cui al D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 11,<br />

essendo emerso, a seguito di verifica, che l'attività svolta non era diretta a favore di soggetti anziani in condizioni di<br />

assoluto e grave disagio e che mancava la condizione del perseguimento esclusivo delle finalità di solidarietà sociale di<br />

cui al citato D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 10, comma 1, lett. b).<br />

A sostegno dell'originario ricorso, la Fondazione eccepiva:<br />

166


a) che ai sensi del D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 10, comma 1, lett. a, nn. 1, 2 e 4, le ONLUS sono tali se svolgono attività<br />

di assistenza sociale e socio-sanitaria, a prescindere dalle condizioni di svantaggio dei destinatari delle stesse, purchè<br />

sussista il fine solidaristico;<br />

b) che l'attività svolta dalla Fondazione è rivolta a persone anziane, le quali per condizioni psicologiche, familiari e<br />

sociali o per particolari esigenze di assistenza hanno difficoltà a rimanere nel proprio nucleo familiare e che le<br />

prestazioni sono erogate da strutture che operano in regime di convenzione con l'Azienda USL di (OMISSIS),<br />

consentito soltanto per "attività di assistenza sociale e socio-sanitaria";<br />

c) che, comunque l'Agenzia delle Entrate non aveva tenuto conto del parere contrario alla cancellazione, espresso<br />

dall'Agenzia per le ONLUS. La CTP ha accolto il ricorso e la Commissione tributaria regionale dell'Emilia Romagna ha<br />

rigettato l'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate.<br />

2. Avverso quest'ultima decisione propongono ricorso per cassazione il Ministero dell'Economia e delle Finanze e<br />

l'Agenzia delle Entrate, i quali denunciano:<br />

a) il difetto di giurisdizione del giudice tributario, adito in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 2 e 19, in quanto<br />

il provvedimento di cancellazione della Fondazione dall'albo delle ONLUS non rientra tra quelli espressamente indicati<br />

dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, e non attiene ad un rapporto tributario, ma incide sullo status giuridico complessivo<br />

dell'ente, al quale sono collegati anche, ma non solo, effetti fiscali che, comunque, nella specie non sono in discussione;<br />

b) la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 460 del 1997, artt. 10 e 11, anche sotto il profilo del vizio di<br />

motivazione, in quanto erroneamente la CTR ha ritenuto che la solidarietà sociale può manifestarsi anche nei confronti<br />

di persone benestanti, che hanno bisogno di assistenza per le più disparate situazioni personali di disagio (che non siano<br />

perciò necessariamente di natura economica), considerando irrilevanti le circostanze;<br />

- che gli ospiti delle strutture gestite dalla fondazione erano tenuti a pagare una cospicua retta per il loro mantenimento,<br />

senza alcun ausilio pubblico;<br />

- che gli utili realizzati non venivano utilizzati per abbattere il costo delle rette;<br />

- che la fondazione aveva partecipato alla costituzione di una società commerciale (s.r.l.).<br />

La Fondazione resiste con controricorso con il quale eccepisce il difetto di legittimazione attiva del Ministero<br />

dell'Economia e delle Finanze, la tardività della eccezione di difetto di giurisdizione del giudice adito e la<br />

inammissibilità del secondo motivo, inteso ad ottenere una diversa valutazione dei fatti già esaminati con congrua<br />

motivazione dai giudici di appello. Nel merito deduce che la circostanza che l'attività veniva svolta con criteri di<br />

economicità e che da essa derivassero avanzi di gestione era irrilevante, perchè il fine di lucro non si identifica con<br />

l'economicità della gestione.<br />

Con ordinanza del 27 luglio 2007, la quinta sezione civile di questa Corte, alla quale il ricorso è stato originariamente<br />

assegnato, rilevata la sussistenza di una questione di giurisdizione, ha trasmesso gli atti al Primo Presidente, per<br />

l'assegnazione a queste SS.UU..<br />

Entrambe le parti hanno depositato memorie ai sensi dell'art. 378 c.p.c..<br />

DIRITTO E MOTIVI DELLA DECISIONE<br />

2.1. Preliminarmente, va dichiarato inammissibile il ricorso del Ministero dell'Economia e delle Finanze, che non era<br />

parte nel giudizio di appello (Cass. SS.UU. 3116/2008, 3118/2008).<br />

2.2. Ancora in via preliminare, bisogna esaminare la questione di giurisdizione, sulla quale la giurisprudenza di merito,<br />

in assenza di pronunce di questa Corte, appare oscillante (propendono per la giurisdizione del giudice amministrativo:<br />

TAR Emilia Romagna, sez. Parma, 22.3.2004; idem 13.12.2005, nn. 577 e 552, TAR Lazio, sez. 2^, 16.11.2004, n.<br />

13087; propendono per la giurisdizione del giudice tributario: TAR Sicilia Palermo, sez. 1^, 9.7.2007, n. 1772, TAR<br />

Marche 14.4.2004, n. 169, CTP Ancona, sez. 3^, 27.9.2004, n. 106, CTR Lombardia, sez. 19^ 28.2.2007, n. 13).<br />

167


Ancor prima, però occorre pronunciarsi sulla ammissibilità della eccezione di difetto di giurisdizione del giudice<br />

tributario, sollevata da una parte (l'Agenzia delle Entrate) la quale, soccombente in primo grado, ha appellato la<br />

sentenza di merito senza nulla eccepire circa la potestas iudicandi del giudice che l'ha pronunciata, essendosi limitata a<br />

contestare la sussistenza dei requisiti necessari per l'iscrizione della fondazione nell'albo delle ONLUS.<br />

E' noto, però, che l'art. 329 c.p.c., comma 2, dispone che "L'impugnazione parziale importa acquiescenza alle parti della<br />

sentenza non impugnate". Se i giudici tributari avessero espressamente affermato la propria giurisdizione (su istanza di<br />

parte o di ufficio) contestualmente alla decisione di merito, la mancata impugnazione della relativa statuizione, avrebbe<br />

determinato l'effetto dell'accettazione della stessa da parte dell'appellante e/o del passaggio in giudicato (esplicito) del<br />

relativo capo della sentenza con l'effetto preclusivo di cui all'art. 324 c.p.c., nonostante il disposto dell'art. 37 c.p.c.,<br />

comma 1, in forza del quale "Il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della pubblica<br />

amministrazione o dei giudici speciali è rilevato, anche d'ufficio, in qualunque stato e grado del processo".<br />

Infatti, a partire da Cass. SS.UU. 28.4.1976 n. 1506, (anticipata da Cass. sez. 1^, 8.9.1970 n. 1298, sulle orme di Cass.<br />

SS.UU. 22.7.1960 n. 2084) si è consolidato il principio secondo cui, qualora il giudice decida espressamente sia sulla<br />

giurisdizione sia sul merito e la parte impugni solo sul merito, è precluso al giudice di appello e alla Cassazione il<br />

rilievo d'ufficio della questione di giurisdizione e alla parte interessata non è consentito introdurla in sede di legittimità<br />

se non l'abbia proposta anche in appello, essendosi formato il giudicato interno sulla questione (tra le tante: Cass.<br />

SS.UU. 28.3.2006 n. 7039, Sez. L. 8.8.2003 n. 12002, SS.UU. 9.7.1997 n. 6229). Tale giudicato interno, secondo<br />

numerose pronunce (v. Cass. sez. un. 8.8.2001 n. 10961, Sez. L. 12.4.1984 n. 2377, SS.UU. 24.2.1982. n. 1151, SS.UU.<br />

17.11.1978 n. 5330, SS.UU. 1506/1976), si forma per effetto di un fenomeno di acquiescenza, ai sensi dell'art. 329<br />

c.p.c., comma 2; altre pronunce, invece, pur giungendo alla medesima conclusione, non fanno leva sull'art. art. 329<br />

c.p.c., comma 2, ma sulla preclusione derivante dal giudicato (Cass. SS.UU. 23.6.1983 n. 4295).<br />

2.3. Nella specie i giudici di merito non hanno dedicato un capo della sentenza alla questione della giurisdizione. Ma<br />

non per questo si può ritenere che la questione non sia stata affrontata e decisa.<br />

Qualsiasi decisione di merito implica la preventiva verifica della potestas iudicandi; tale verifica, in assenza di formale<br />

eccezione o questione sollevata di ufficio, avviene comunque de plano (implicitamente) e acquista "visibilità" soltanto<br />

nel caso in cui la giurisdizione del giudice adito venga negata. In linea di principio, se la questione della giurisdizione<br />

non viene sollevata in alcun modo, significa che non vi è nessuna necessità che il giudice "mostri le proprie<br />

credenziali". Ma, il fatto che la decisione non sia "visibile", non significa che sia inesistente. Il giudice che decide il<br />

merito ha anche già deciso di poter decidere. La progressione logica che porta al giudizio di merito presuppone la<br />

soluzione delle questioni di giurisdizione e di competenza, anche quando la decisione sulla potestas iudicandi implica la<br />

preventiva ricostruzione del rapporto sostanziale dedotto in giudizio e del quadro normativo di riferimento. La dottrina<br />

meno recente riteneva che in materia di giurisdizione non sussistesse un ordine logico precostituito, posto che gli<br />

elementi della fattispecie influiscono sulla identificazione del giudice competente. Quella stessa dottrina riteneva che il<br />

giudicato sulla giurisdizione si formava soltanto se sul punto fosse stata sollevata una autonoma questione pregiudiziale,<br />

oggetto di specifico contraddittorio tra le parti (pregiudiziale tecnica e non soltanto logica). La tesi era che, se la<br />

questione non veniva espressamente sollevata, la stessa non poteva considerarsi risolta (come se la mancata<br />

formalizzazione della questione annullasse l'ordine logico della formulazione del giudizio). E' sbagliato, osservava<br />

ancora quella dottrina, ritenere che i dubbi non sollevati siano stati risolti in modo implicito: il giudice che non dubita<br />

non decide, ovvero decide senza riflettere e, quindi, è inaffidabile.<br />

Può anche accadere che un giudice privo di giurisdizione si ritenga competente senza porsi per nulla il problema, ma si<br />

tratta di casi certamente marginali ai quali può porre rimedio la "vigilanza" delle parti. Eventuali accordi illeciti tra le<br />

parti (intesi a radicare la giurisdizione per ragioni di comodo presso un giudice incompetente e non particolarmente<br />

solerte) non possono essere contrastati negando valore al giudicato implicito: non basterebbe neanche il giudicato<br />

esplicito. Di regola, però, se nessuno pone la questione di giurisdizione e il giudice pronuncia la sentenza di merito,<br />

significa che la potestas iudicandi è pacifica, nessuno la contesta e perciò non merita un apposito dibattito. La tesi<br />

secondo la quale soltanto in caso di dubbio espresso possa riconoscersi la forza certificatrice del giudicato appare<br />

illogica, perchè esclude tale vis proprio quando la questione non presenta alcun margine di incertezza e viene decisa de<br />

plano. Sarebbe come dire che la verità di un fatto evidente è meno certa di un fatto originariamente dubbio, o come<br />

affermare che il giudicato sul merito si forma soltanto in relazione alle circostanze di fatto che abbiano formato oggetto<br />

di prova e non invece in relazione ai fatti notori o non contestati.<br />

L'assunto secondo il quale soltanto le decisioni che scaturiscono da un apposito dibattito partecipano degli effetti<br />

previsti dall'art. 324 c.p.c., oltre ad offrire il fianco alla incongruenza logica sopra evidenziata (per cui soltanto la<br />

certezza che sia figlia del dubbio merita il sigillo del giudicato e non invece le "certezze" di cui nessuno abbia mai<br />

dubitato) si pone anche in evidente contrasto con le regole dell'economia processuale, perchè ciascuna parte,<br />

168


quand'anche nessuno dubitasse della potestas iudicandi del giudice adito, se volesse proseguire il giudizio senza il<br />

rischio di imprevedibili regressioni successive, sarebbe costretta a provocare un contraddittorio sul punto. Senza<br />

considerare che, in linea di principio, la certezza del giudicato talora deriva non dall'accertamento dei fatti ma soltanto<br />

dalla impossibilità di accertarli, in quanto sopperisce la regola di giudizio dell'onere della prova: il dubbio resta<br />

nonostante la decisione. Ne deriva che, sul piano del valore di verità, appare più affidabile la decisione che non sia<br />

passata attraverso il travaglio del dubbio, che non quella che sia frutto del contraddittorio risolto iuxta alligata et probata<br />

e non in base al principio di verità materiale.<br />

In realtà, non bisogna confondere la successione cronologica delle attività di cognizione del giudice, con il quadro<br />

logico della decisione complessiva adottata in esito alle attività cognitive, all'interno del quale si collocano i passaggi<br />

impliciti o espliciti che portano alla decisione finale (una sorta di stratificazione da assestamento). Questi passaggi, che<br />

nel giudizio monocratico non sono scanditi da un apposito rituale, sono plasticamente raffigurati nella prescrizione<br />

dell'art. 276 c.p.c., comma 2, in forza del quale il collegio, sotto la direzione del presidente, "decide gradatamente le<br />

questioni pregiudiziali proposte dalle parti o rilevabili d'ufficio e quindi il merito della causa" (la disposizione,<br />

richiamata dagli artt. 131 e 141 disp. att. c.p.c., riguarda anche i giudizi di appello e di cassazione). Vi è dunque un<br />

preciso obbligo di legge di decidere prima ("gradatamente") le questioni pregiudiziali (logiche o tecniche) e poi<br />

("quindi") il merito. Pertanto, non si può affermare che, in mancanza di una specifica statuizione, la questione di<br />

giurisdizione (presente in ogni causa) non sia stata affrontata. Se il giudice ha deciso il merito, in forza del combinato<br />

disposto dell'art. 276 c.p.c., comma 2, e art. 37 c.p.c. (che impone la verifica di ufficio della potestas iudicandi), si deve<br />

ritenere che abbia già deciso, in senso positivo, la questione pregiudiziale della giurisdizione. La regola della decisione<br />

per gradi appartiene alla natura stessa del processo e la si ritrova espressamente sancita anche nella disciplina del<br />

processo penale. L'art. 527 c.p.p., comma 1, dispone infatti, analogamente all'art. 276 c.p.c., che il collegio, sotto la<br />

direzione del presidente, decide separatamente le questioni preliminari e ogni altra questione relativa al processo;<br />

soltanto se l'esame del merito non risulti precluso sono poste in decisione le questioni di fatto e di diritto concernenti<br />

l'imputazione.<br />

Anche l'art. 279 c.p.c., comma 2, e art. 187 c.p.c., commi 2 e 3, indicano quale sia la progressione naturale che il<br />

giudice deve seguire nel decidere le questioni, nella quale quelle di merito vengono sempre dopo quelle attinenti alla<br />

giurisdizione.<br />

In definitiva, la decisione sul merito implica la decisione sulla giurisdizione e, quindi, se le parti non impugnano la<br />

sentenza o la impugnano ma non eccepiscono il difetto di giurisdizione, pongono in essere un comportamento<br />

incompatibile con la volontà di eccepire tale difetto e, quindi, si verifica il fenomeno della acquiescenza per<br />

incompatibilità con le conseguenti preclusioni sancite dall'art. 329 c.p.c., comma 2, e dall'art. 324 c.p.c.. Naturalmente,<br />

queste considerazioni valgono anche in relazione al processo tributario, al quale si applicano le norme del codice di<br />

procedura civile, per quanto non previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992 (art. 1, comma 2, e art. 49): "Anche al processo<br />

tributario - caratterizzato, al pari di quello civile, dalla necessità della difesa tecnica e da un sistema di preclusioni,<br />

nonchè dal rinvio alle norme del codice di procedura civile, in quanto compatibili - è applicabile il principio generale di<br />

non contestazione che informa il sistema processuale civile (con il relativo corollario del dovere del giudice di ritenere<br />

non abbisognevoli di prova i fatti non espressamente contestati), il quale trova fondamento non solo negli artt. 167 e<br />

416 cod. proc. civ., ma anche nel carattere dispositivo del processo, che comporta una struttura dialettica a catena, nella<br />

generale organizzazione per preclusioni successive, che caratterizza in misura maggiore o minore ogni sistema<br />

processuale, nel dovere di lealtà e di probità previsto dall'art. 88 cod. proc. civ., il quale impone alle parti di collaborare<br />

fin dall'inizio a circoscrivere la materia effettivamente controversa, e nel generale principio di economia che deve<br />

sempre informare il processo, soprattutto alla luce del novellato art. 111 Cost.. Nè assumono alcun rilievo, in contrario,<br />

le peculiarità del processo tributario, quali il carattere eminentemente documentale dell'istruttoria e l'inapplicabilità<br />

della disciplina dell'equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo" (Cass. 1540/2007).<br />

Ne deriva che in ogni processo vanno individuati "due distinti e non confondibili oggetti del giudizio, l'uno<br />

(processuale) concernente la sussistenza o meno del potere-dovere del giudice di risolvere il merito della causa e l'altro<br />

(sostanziale) relativo alla fondatezza o no della domanda" (Cass. 2002/6737). Stante l'obbligo del giudice di accertare<br />

l'esistenza della propria giurisdizione prima di passare all'esame del merito o di altra questione ad essa successiva, può<br />

legittimamente presumersi che ogni statuizione al riguardo contenga implicitamente quella sull'antecedente logico da<br />

cui è condizionata e, cioè, sull'esistenza della giurisdizione, in difetto della quale non avrebbe potuto essere adottata.<br />

Anche la giurisprudenza più recente ha, d'altronde, concordato sul punto, pur precisando che la impugnazione della<br />

statuizione sul merito riaprirebbe il dibattito pure sulla questione di giurisdizione, sia perchè la rimetterebbe comunque<br />

in discussione e sia perchè non sarebbe ipotizzabile il passaggio in giudicato di una pronuncia implicita quando è ancora<br />

sub iudice quella espressa che la contiene. Nessuna delle due anzidette ragioni risulta realmente decisiva.<br />

169


Non la prima, perchè colui che si limita a chiedere la riforma della decisione di merito non rimette affatto in discussione<br />

anche la giurisdizione ma, al contrario, con il suo comportamento la riconosce, aderendo e/o prestando acquiescenza<br />

alla pronuncia implicita su di essa.<br />

E nemmeno la seconda, perchè l'accertamento della giurisdizione non rappresenta un mero passaggio interno della<br />

statuizione di merito, ma costituisce un capo autonomo che è pienamente capace di passare in giudicato anche nel caso<br />

in cui il giudice si sia pronunciato solo implicitamente sul punto: "Una volta che il giudice di primo grado abbia in<br />

modo espresso pronunciato sulla giurisdizione, tale questione non può più formare oggetto di rilievo d'ufficio<br />

nell'ulteriore corso del processo, ma solo di motivo di impugnazione;<br />

sicchè analogamente, ove il giudice d'appello, pur ancora dalle parti investito della questione di giurisdizione, abbia<br />

omesso di pronunciarsi in via pregiudiziale, rendendo direttamente (ed unicamente) la decisione di merito, è precluso<br />

nel giudizio di cassazione l'esame d'ufficio della questione medesima ove nessuna delle parti abbia più censurato tale<br />

pronuncia con specifico motivo di ricorso per Cassazione, con conseguente passaggio in giudicato della stessa nella<br />

parte in cui il giudice d'appello ha ritenuto la sua giurisdizione" (Cass. 34/1999).<br />

2.4. Resta ora da verificare se, e come, l'assunto del giudicato implicito sulla giurisdizione possa conciliarsi con il la<br />

regola secondo la quale il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione o<br />

dei giudici speciali è rilevato, anche d'ufficio, in qualunque stato e grado del processo (art. 37 c.p.c., comma 1).<br />

Intanto, sul piano metodologico, va precisato che, trattandosi di norma che appare ictu oculi in contrasto con il generale<br />

principio di economia processuale, come meglio si vedrà, deve essere interpretata in senso restrittivo e residuale. In<br />

mancanza dell'art. 37 c.p.c., i soggetti processuali sarebbero stati maggiormente responsabilizzati nella verifica della<br />

questione di giurisdizione, non potendola poi sollevare successivamente. Le parti che consapevolmente non sollevano<br />

l'eccezione di difetto di giurisdizione hanno evidentemente la riserva mentale di formularla successivamente in base ad<br />

un calcolo di convenienza (secundum eventum litis), quindi la loro inerzia ha un fine palesemente dilatorio e non<br />

meritevole di tutela. Le parti che, invece, non ritengono che sussista un problema di giurisdizione, per ben due gradi di<br />

giudizio, ma lo sollevano poi soltanto in sede di giudizio di legittimità, o non hanno svolto il loro compito in maniera<br />

diligente o "tentano" la carta estrema della "distruzione processuale": in entrambi i casi non meritano tutela.<br />

Quanto alla rilevabilità di ufficio del difetto di giurisdizione direttamente nel giudizio di Cassazione, vi osta un<br />

elemento letterale ed uno sistematico. L'art. 37 c.p.c., prevede la rilevabilità in ogni "stato e grado del processo", con<br />

terminologia che non si attaglia al giudizio di legittimità, che non può essere definito un grado del processo, ma semmai<br />

un momento di verifica della legittimità dell'intero giudizio di merito, nei limiti dei motivi dedotti. Sul piano sistematico<br />

va rilevato che il giudizio di cassazione è tendenzialmente limitato alle sole questioni prospettate dalle parti (oggi nei<br />

ristretti limiti del quesito di diritto), con la sola eccezione dei casi in cui la Corte intenda esercitare di ufficio la funzione<br />

di nomofilachia e delle questioni rilevabili di ufficio ma relative al ricorso. In altri termini la Corte conosce le nullità in<br />

quanto dedotte con il ricorso.<br />

L'avvento del principio della ragionevole durata del processo comporta l'obbligo di verificare la razionalità delle norme<br />

che non prevedono termini per la formulazione di eccezioni processuali per vizi che non si risolvono in una totale<br />

carenza della tutela giurisdizionale, come ad esempio i vizi attinenti al principio del contraddittorio. Questa Corte<br />

"ritiene che la costituzionalizzazione del principio della ragionevole durata del processo imponga all'interprete una<br />

nuova sensibilità ed un nuovo approccio interpretativo, per cui ogni soluzione che si adotti nella risoluzione di questioni<br />

attinenti a norme sullo svolgimento del processo deve essere verificata non solo sul piano tradizionale della sua<br />

coerenza logico concettuale, ma anche e soprattutto, per il suo impatto operativo sulla realizzazione del detto obiettivo<br />

costituzionale" (Cass. 4 4636/2007).<br />

L'art. 37 c.p.c., dunque, va letto ed interpretato nel contesto delle altre regole processuali e della "sostenibilità" degli<br />

effetti cronologici.<br />

In particolare, occorre tenere conto:<br />

a) della regola della coerenza dei comportamenti delle parti (art. 329 c.p.c.), per cui l'acquiescenza alla pronuncia sulla<br />

giurisdizione comporta la impossibilità di sollevare successivamente l'eccezione di difetto di giurisdizione;<br />

b) del dovere di responsabile collaborazione delle parti per contenere i tempi processuali: il principio costituzionale di<br />

ragionevole durata del processo si rivolge non soltanto al giudice quale soggetto processuale, in funzione acceleratoria,<br />

ma anche e soprattutto al legislatore ordinario ed al giudice quale interprete della norma processuale, rappresentando un<br />

170


canone ermeneutico imprescindibile per una lettura costituzionalmente orientata delle norme che regolano il processo,<br />

nonchè a tutti i protagonisti del giudizio, ivi comprese le parti, le quali, soprattutto nei processi caratterizzati dalla difesa<br />

tecnica, debbono responsabilmente collaborare a circoscrivere tempestivamente i fatti effettivamente controversi (Cass.<br />

1540/2007);<br />

c) della preclusione derivante dal giudicato, che opera, come si è detto, anche nei confronti del giudice di legittimità<br />

(Cass. 34/1999).<br />

L'evoluzione giurisprudenziale, nel quadro della interpretazione sistematica, porta alla conclusione che la portata<br />

precettiva dell'art. 37 c.p.c., deve essere contenuta in limiti più ristretti di quelli autorizzati dalla lettera della legge (lex<br />

plus dixit quam voluit).<br />

Occorre ora chiedersi se, tenuto conto del mutato quadro normativo- sistematico, delle esigenze di coerenza del sistema<br />

e di tempestività delle decisioni, non sia legittimo ritenere che la norma non operi anche in presenza di un giudicato<br />

implicito sulla giurisdizione.<br />

Sul piano della coerenza del sistema, sarebbe del tutto ingiustificato ritenere che il giudicato implicito non abbia lo<br />

stesso effetto preclusivo del giudicato esplicito, posto che incombe su tutti i soggetti del rapporto processuale l'obbligo<br />

di controllare il corretto esercizio della potestas iudicandi, fin dalle prime battute processuali, proprio in forza dell'art.<br />

37 c.p.c., anche quando la questione non venga espressamente sollevata. In altri termini, il giudice deve innanzitutto<br />

"autolegittimarsi" (art. 276 c.p.c., comma 2) ed eventualmente rilevare subito il difetto di giurisdizione (art. 37 c.p.c.) e,<br />

quindi, il suo silenzio equivale ad una pronuncia positiva, così come il silenzio delle parti vale acquiescenza (art. 329<br />

c.p.c.): una sorta di trilaterale "silenzio assenso" giurisdizionale.<br />

L'evoluzione del quadro legislativo, ordinario e costituzionale, mostra l'affievolimento della centralità del principio di<br />

giurisdizione intesa come espressione della sovranità statale, accompagnata dalla simmetrica emersione della esigenza<br />

di sburocratizzare la giustizia, non più espressione esclusiva del potere statale, ma servizio per la collettività, che abbia<br />

come parametro di riferimento l'efficienza delle soluzioni e la tempestività del prodotto-sentenza, in un mutato contesto<br />

globale in cui anche la giustizia deve adeguarsi alle regole della concorrenza (si parla infatti di concorrenza degli<br />

ordinamenti giuridici).<br />

Ritiene il Collegio che la norma abbia subito una profonda e progressiva erosione ad opera del legislatore ordinario e<br />

delle nuove indicazioni ermeneutiche venute dal legislatore costituzionale (oltre che della ricordata giurisprudenza).<br />

Ne deriva che la portata dell'art. 37 c.p.c., riacquista la sua massima espansione soltanto quando il tenore della decisione<br />

(che attenga al rito o al merito) sia tale da escludere qualsiasi forma di implicita delibazione sulla giurisdizione. Ciò in<br />

quanto, se c'è una decisione (implicita o esplicita) errata sulla giurisdizione, questa non può e non deve (posto che i<br />

tempi morti del processo non possono premiare chi ne è causa) sfuggire al triplice (attore- convenuto-giudice) costante<br />

controllo imposto dall'art. 37 c.p.c..<br />

Questa disposizione, infatti, non si limita ad attribuire una facoltà ai soggetti processuali, ma impone loro un vero e<br />

proprio obbligo (investendo anche le parti di una funzione pubblica di vigilanza processuale) che sorge in qualunque<br />

stato e grado del processo la questione affiori: "il difetto di giurisdizione ... è rilevato" (art. 37 c.p.c., comma 1). In altri<br />

termini, il riferimento ad ogni "stato" del processo sta a significare che la questione, una volta che sia affiorata, non può<br />

essere sollevata poi ad libitum, ma deve essere affrontata appena emersa. Altrimenti sarebbe stato sufficiente il<br />

riferimento al solo "grado" del processo. Invece, il legislatore facendo riferimento anche allo stato del processo ha<br />

inteso chiarire che la questione deve essere subito affrontata, quale che sia appunto lo stato del processo. In mancanza,<br />

con la pronuncia di merito, se l'eccezione non viene nemmeno sollevata con i motivi di impugnazione, la stessa non può<br />

più essere sollevata. Infatti, non può considerarsi ragionevole il tempo perduto perchè una eccezione non venga<br />

tempestivamente sollevata; nè la parte che non adempia a tale obbligo/onere può ritenersi penalizzata per le<br />

conseguenze che ne derivano, posto che avrebbe potuto porvi rimedio tempestivamente.<br />

2.5. Il sistema originario consentiva la massima espansione semantica all'art. 37 c.p.c., comma 1, essendo inserito in un<br />

contesto caratterizzato dal principio di inderogabilità delle regole sulla potestas iudicandi, sia con riferimento alla<br />

giurisdizione che con riferimento alla competenza per materia, per valore e territoriale inderogabile (quella cioè ripartita<br />

sulla base di criteri di ordine pubblico).<br />

La disposizione in esame, nella sua connotazione originaria, costituiva il fulcro di un sistema, di cui era anche norma di<br />

chiusura, in quanto individuava nell'esercizio della giurisdizione e nel suo riparto una tipica espressione della sovranità<br />

171


statale e del suo monopolio legislativo, insensibile ai comportamenti e alla volontà degli utenti della giustizia (salvo<br />

particolarissime eccezioni). Infatti, l'art. 2 c.p.c., stabiliva il principio della inderogabilità convenzionale della<br />

giurisdizione, che non affievoliva neanche in caso di litispendenza internazionale: "La giurisdizione italiana non è<br />

esclusa dalla pendenza davanti a un giudice straniero della medesima causa o di altra con questa connessa" (art. 3<br />

c.p.c.). L'art. 37 c.p.c., comma 2, poi, estendeva la regola della rilevabilità di ufficio in ogni stato e grado del<br />

procedimento anche al difetto di giurisdizione del giudice italiano anche nei confronti dello straniero.<br />

Già nell'assetto originario, comunque, nonostante le rigidità del sistema (che sacrificava al mito della inderogabilià della<br />

giurisdizione ogni principio di economia processuale), il legislatore riteneva auspicabile che la questione pregiudiziale<br />

sulla giurisdizione venisse decisa immediatamente, per evitarne la riproposizione in ogni stato e grado del giudizio, con<br />

il rischio di vanificare poi il lavoro svolto, proprio perchè la cultura del tempo (e l'art. 2 c.p.c.) non consentiva di<br />

derogare alle regole sulla giurisdizione, in considerazione dell'interesse pubblico sotteso al corretto esercizio della<br />

potestas iudicandi (testimoniata anche dalla inderogabilità prevalente delle regole sulla competenza). A tal fine il<br />

legislatore ha previsto il regolamento preventivo di giurisdizione disciplinato dall'art. 41 c.p.c., in forza del quale, finchè<br />

la causa non sia decisa nel merito in primo grado, ciascuna parte può chiedere alle sezioni unite della Corte di<br />

cassazione che risolvano le questioni di giurisdizione di cui all'art. 37 c.p.c.. Si tratta di un istituto che, in regime di<br />

inderogabilità delle norme sulla giurisdizione (art. 2 c.p.c.), tendeva già ad evitare che i tempi del processo si<br />

protraessero nella sola ricerca del giudice competente.<br />

Con il tempo, i vari ordini dei giudici esistenti in Italia hanno visto sempre più sfumare il loro iniziale carattere di<br />

mondi autonomi e separati, non comunicanti fra loro ed ispirati a meccanismi su cui le parti non potevano influire.<br />

Basta ricordare l'abrogazione dell'art. 2 c.p.c. (in tema di inderogabilità delle norme sulla giurisdizione), avvenuta in<br />

forza della L. 31 maggio 1995, n. 218, art. 73. La stessa legge ha anche abrogato l'art. 3 c.p.c. e art. 37 c.p.c., comma 2<br />

(art. 73) ed ha introdotto il principio secondo cui la sussistenza della giurisdizione del giudice italiano può dipendere<br />

anche dall'accordo delle parti o dal comportamento del convenuto, che comparendo nel processo, non sollevi alcuna<br />

obiezione al riguardo (art. 4). Una sorta di "portabilità" della giurisdizione che ha dato luogo al fenomeno del c.d.<br />

"forum shopping" (per cui, in taluni casi, colui che debba far valere una pretesa in sede giudiziaria, può scegliere di<br />

rivolgersi al tribunale che applica la legge a lui più favorevole). Il fenomeno, che testimonia della evoluzione in senso<br />

dispositivo della giurisdizione intesa come oggetto del processo, ha assunto notevoli dimensioni, al punto che il<br />

legislatore comunitario è intervenuto più volte per arginarlo e per fissare criteri di collegamento per la individuazione<br />

della legge da applicarsi di volta in volta, nell'ambito del progetto volto a creare uno spazio europeo di libertà, sicurezza<br />

e giustizia (v. regolamento 44/2001, che disciplina la competenza internazionale dei giudici e il riconoscimento e<br />

l'esecuzione delle decisioni emesse in un altro Stato membro, regolamento 864/2007/CE sulle norme applicabili alle<br />

obbligazioni extracontrattuali di tipo civile e commerciale, e da ultimo il regolamento 593/2008, in tema di obbligazioni<br />

contrattuali transfrontaliere). Il fenomeno del forum shopping testimonia, dunque, il superamento del monopolio statale<br />

della disciplina della giurisdizione e delle rigidità connesse, che appaiono incompatibili con l'avvento della<br />

"concorrenza internazionale e sopranazionale degli ordinamenti giuridici". Questa premia la bontà e la celerità del<br />

servizio giustizia (attraendo investimenti e shoppers), quando venga affrancata dai viziosi meccanismi processuali, in<br />

cui talora resta intrappolata la giurisdizione (per riportare il pensiero di una recente dottrina). I regolamenti comunitari,<br />

lungi dal voler ripristinare i monopoli statali della giurisdizione sono stati adottati per esigenze di certezza del diritto e<br />

per evitare "abusi di giurisdizione".<br />

Per meglio testimoniare questa perdita di anelasticità ed impermeabilità della giurisdizione, giova ricordare ancora, sul<br />

piano interno, che in forza della L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 6, le controversie sui diritti devolute alla giurisdizione<br />

esclusiva del giudice amministrativo si possono deferire ad arbitri e, attraverso l'impugnazione del lodo, possono<br />

approdare dinanzi al giudice ordinario.<br />

La Corte costituzionale, poi, nella sentenza n. 77 del 12.3.2007, ha affermato che "Il principio della incomunicabilità<br />

dei giudici appartenenti ad ordini diversi - comprensibile in altri momenti storici ... - è certamente incompatibile, nel<br />

momento attuale, con fondamentali valori costituzionali. Se è vero, infatti, che la Carta costituzionale ha recepito,<br />

quanto alla pluralità dei giudici, la situazione all'epoca esistente, è anche vero che la medesima Carta ha, fin dalle<br />

origini, assegnato con l'art. 24 (ribadendolo con l'art. 111) all'intero sistema giurisdizionale la funzione di assicurare la<br />

tutela, attraverso il giudizio, dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi. Questa essendo la essenziale ragion d'essere<br />

dei giudici, ordinari e speciali, la loro pluralità non può risolversi in una minore effettività, o addirittura in una<br />

vanificazione della tutela giurisdizionale: ciò che indubbiamente avviene quando la disciplina dei loro rapporti - per<br />

giunta innervantesi su un riparto delle loro competenze complesso ed articolato - è tale per cui l'erronea individuazione<br />

del giudice munito di giurisdizione (o l'errore del giudice in tema di giurisdizione) può risolversi in un pregiudizio<br />

irreparabile della possibilità stessa di un esame nel merito della domanda di tutela giurisdizionale. Una disciplina<br />

siffatta, in quanto potenzialmente lesiva del diritto alla tutela giurisdizionale e comunque tale da incidere sulla sua<br />

effettività, è incompatibile con un principio fondamentale dell'ordinamento, il quale riconosce bensì la esistenza di una<br />

172


pluralità di giudici, ma la riconosce affinchè venga assicurata, sulla base di distinte competenze, una più adeguata<br />

risposta alla domanda di giustizia, e non già affinchè sia compromessa la possibilità stessa che a tale domanda venga<br />

data risposta. Al principio per cui le disposizioni processuali non sono fine a se stesse, ma funzionali alla miglior qualità<br />

della decisione di merito, si ispira pressochè costantemente - nel regolare questioni di rito - il vigente codice di<br />

procedura civile, ed in particolare vi si ispira la disciplina che all'individuazione del giudice competente - volta ad<br />

assicurare, da un lato, il rispetto della garanzia costituzionale del giudice naturale e, dall'altro lato, l'idoneità (nella<br />

valutazione del legislatore) a rendere la migliore decisione di merito - non sacrifica il diritto delle parti ad ottenere una<br />

risposta, affermativa o negativa, in ordine al bene della vita oggetto della loro contesa".<br />

Queste affermazioni della Corte costituzionale, anticipate dalle Sezioni Unite nella sentenza del 22.2.2007 n. 4109, rv.<br />

595428, seppur riferite al diverso tema della "translatio iudicii", sembrano idonee a giustificare un'interpretazione<br />

adeguatrice dell'art. 37 c.p.c., comma 1, tenuto conto che l'ordine costituzionale (dei criteri di riparto) delle giurisdizioni<br />

non è affatto messo in discussione da una interpretazione della predetta norma che impedisca una regressione del<br />

processo allo stato iniziale, con conseguente vanificazione di due pronunce di merito e allontanamento sine die di una<br />

valida pronuncia sul merito. Come acutamente ha rilevato il Consiglio di Stato (Sez. 4^, 2008/1059), l'affermazione del<br />

principio della translatio iudici davanti a un giudice di un diverso ordine, ha fortemente assimilato il difetto di<br />

giurisdizione a quello di competenza.<br />

Per completare l'illustrazione della evoluzione del quadro legislativo verso una meno rigida disciplina delle regole sulla<br />

potestas iudicandi, occorre ricordare che l'art. 38 c.p.c., sostituito dalla L. n. 353 del 1990, art. 4, stabilisce ora che<br />

l'incompetenza per materia, quella per valore e quella territoriale inderogabile non sono rilevabili oltre la prima udienza<br />

di trattazione. In origine, invece, la norma ricalcava, almeno in parte, il testo dell'art. 37 c.p.c.: l'incompetenza per<br />

materia e quella per territorio inderogabile (trattandosi di criteri di attribuzione della cognizione dettati da ragioni di<br />

ordine pubblico, al pari di quelli relativi alla giurisdizione) era rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del<br />

processo (l'incompetenza per valore soltanto in ogni momento del giudizio dì primo grado).<br />

La riforma ha una doppia valenza. Il segnale dato dal legislatore è nel senso che i criteri di ripartizione della<br />

competenza, anche quando siano dettati da ragioni di ordine pubblico, devono essere conciliati con le esigenze di<br />

celerità del processo. Pertanto, il diritto delle parti interessate ed il dovere del giudice di rilevare l'eventuale<br />

incompetenza è stato assoggettato ad un termine di decadenza. Il legislatore del 1990 non è andato oltre e non ha<br />

riformato simmetricamente l'art. 37 c.p.c., perchè soltanto successivamente, con la L. n. 218 del 1995, è stato abrogato<br />

il principio della inderogabilità convenzionale della giurisdizione.<br />

Oggi, nel mutato quadro normativo (interno ed internazionale) in tema di giurisdizione (non più inderogabile) e con<br />

l'avvento della costituzionalizzazione del principio della ragionevole durata del processo, il principio di economia<br />

processuale non può non produrre i suoi effetti anche in relazione ai tempi concessi per il consolidamento della<br />

giurisdizione. Non ha senso giocare una partita in un campo di cui solo successivamente possa essere verificata la<br />

praticabilità. Quindi, l'art. 37 c.p.c., ha subito certamente una erosione di principio, nel senso che il contenuto letterale<br />

della norma deve cedere il passo alla odierna intenzione del legislatore (voluntas legis) frutto della evoluzione storica<br />

del sistema (art. 12 preleggi, comma 1) che impone termini perentori per la verifica della potestas iudicandi. La<br />

riduzione degli spazi applicativi dell'art. 37 c.p.c., è simmetrica alla "portata espansiva del nuovo dettato<br />

costituzionale", che fornisce ai giudici "uno strumento per verificare la tenuta e la portata delle singole norme del codice<br />

di rito e per garantirne una interpretazione costituzionalmente orientata" (Cass. 20604/2008).<br />

Inoltre, la riforma dell'art. 38 c.p.c., incide sulla portata dell'art. 37 c.p.c., non soltanto in termini di principio, ma anche<br />

in termini di diretta riduzione degli spazi interpretativi di quest'ultima disposizione. Se fosse legittima, ma non lo è,<br />

l'eccezione secondo la quale il giudizio di merito non implica un giudizio sulla giurisdizione, alla quale le parti ed il<br />

giudice potrebbero "non aver pensato", la stessa eccezione non sarebbe comunque proponibile quando una sentenza si<br />

pronunci expressis verbis sulla potestas iudicandi. Competenza e giurisdizione stanno tra loro in termini di continenza e,<br />

quindi, il giudice che si pronunci affermando la propria competenza, non può non aver verificato il presupposto della<br />

giurisdizione. Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte, anche la pronuncia che declina la competenza implica<br />

l'affermazione della giurisdizione: "la pronuncia declinatoria della competenza presuppone, come antecedente logico<br />

giuridico, la positiva affermazione, ancorchè implicita, della giurisdizione, avendo ad oggetto un accertamento<br />

subordinato, rispetto al quesito pregiudiziale relativo all'esistenza della "potestas iudicandi" del giudice adito" (Cass.<br />

26483/2007).<br />

Conseguentemente, se la competenza del giudice adito (che implica la sussistenza della giurisdizione) non può più<br />

essere messa in discussione dopo il termine fissato dall'art. 38 c.p.c., non si vede poi come la giurisdizione possa essere<br />

rimessa in discussione sine die. In altri termini, se le esigenze di economia processuale impongono la verifica<br />

immediata della potestas iudicandi entro termini rigorosi, non si spiega una radicale diversità di disciplina, quando i<br />

173


criteri di riparto siano analoghi. Si deve propendere perciò per una interpretazione restrittiva dell'art. 37 c.p.c., per<br />

ragioni di coerenza del sistema e di lettura adeguatrice della norma alle innovazioni costituzionali. Nè si potrebbe<br />

osservare che, se il legislatore ha modificato l'art. 38 c.p.c., senza intervenire anche sull'art. 37 c.p.c., significa che ha<br />

inteso mantenere una differente disciplina. Il rilievo non avrebbe pregio, perchè, come già accennato, il legislatore del<br />

1990 è intervenuto in un sistema in cui era ancora vigente la inderogabilità convenzionale della giurisdizione (art. 2<br />

c.p.c.). Nel mutato quadro normativo, gli effetti dell'art. 38 c.p.c., riformato, si proiettano necessariamente sulla portata<br />

dell'art. 37 c.p.c., nel senso che se la verifica della competenza implica la verifica della giurisdizione, quando i tempi<br />

per la verifica della competenza sono esauriti coerenza vuole che siano esauriti anche quelli per la verifica della<br />

giurisdizione; ovvero, coerenza vuole che almeno questi ultimi non siano dilatati fino al punto da essere incompatibili<br />

con la ragionevole durata del processo.<br />

La differenza tra quanto dispone l'art. 38 c.p.c., e quanto dispone l'art. 37 c.p.c., è che questo consente di eccepire il<br />

difetto di giurisdizione anche dopo la scadenza dei termini previsti dall'art. 38 c.p.c. (non oltre la prima udienza di<br />

trattazione), e comunque mediante impugnazione della sentenza che, decidendo nel merito, abbia anche deciso<br />

(implicitamente o esplicitamente) sulla giurisdizione.<br />

Inoltre, l'eccezione può sempre essere proposta (senza preclusioni) in tutti i casi in cui la sentenza non contenga<br />

statuizioni che implicano l'affermazione della giurisdizione, come, ad esempio, quando l'unico tema dibattuto sia stato<br />

quello relativo alla ammissibilità della domanda o quando dalla motivazione della sentenza impugnata risulti che<br />

l'evidenza di una soluzione abbia assorbito ogni altra valutazione, (es. manifesta infondatezza della pretesa) ed abbia<br />

indotto il giudice a decidere il merito per saltum, superando la progressione stabilita dal legislatore, per ragioni, anche<br />

in questo caso, di economia processuale. Entro questi limiti, il tenore letterale dell'art. 37 c.p.c., resta integro, salvo<br />

verifica di legittimità costituzionale, che in questa sede sarebbe irrilevante. Nè il carattere marginale delle applicazioni<br />

residuali dell'art. 37 c.p.c., è argomento che possa indebolire la bontà della interpretazione recepita dal collegio: un<br />

rilievo del genere, se fosse fondato, delegittimerebbe tutte le norme previste per disciplinare fattispecie poco ricorrenti,<br />

ma necessarie per la chiusura del sistema. Inoltre, sarebbe un rilievo "tardivo":<br />

l'erosione dell'area semantica dell'art. 37 c.p.c., deriva dal riconoscimento, oramai consolidato in giurisprudenza, della<br />

efficacia del giudicato interno sulla giurisdizione; riconoscimento che solo accidentalmente si è avuto prima in relazione<br />

al giudicato espresso e solo oggi in relazione al giudicato implicito. In altri termini, se, in linea di principio, il giudicato<br />

interno sulla giurisdizione è idoneo a sterilizzare il contenuto precettivo dell'art. 37 c.p.c., non rileva poi che<br />

tecnicamente si tratti di giudicato espresso o implicito, trattandosi di qualificazione che attiene alla fenomenologia del<br />

giudicato e non ai suoi effetti.<br />

Pertanto:<br />

a) fino a quando la causa non sia decisa nel merito in primo grado, il difetto di giurisdizione può essere eccepito dalle<br />

parti, anche dopo la scadenza dei termini previsti dall'art. 38 c.p.c. (anche se sarebbe opportuno un intervento legislativo<br />

di coordinamento);<br />

b) entro lo stesso termine le parti possono chiedere il regolamento preventivo di giurisdizione ai sensi dell'art. 41 c.p.c.;<br />

c) la sentenza di primo grado di merito può sempre essere impugnata per difetto di giurisdizione;<br />

d) le sentenze di appello sono impugnabili per difetto di giurisdizione soltanto se sul punto non si è formato il giudicato<br />

implicito o esplicito;<br />

e) il giudice può rilevare anche di ufficio il difetto di giurisdizione, fino a quando sul punto non si sia formato il<br />

giudicato implicito o esplicito.<br />

2.6. Occorre ora verificare la compatibilità della soluzione prospettata con i parametri costituzionali, nel senso che la<br />

riduzione degli spazi processuali per eccepire il difetto di giurisdizione potrebbe confliggere con il principio del giudice<br />

naturale precostituito per legge cui nessuno può essere sottratto (art. 25 Cost., comma 1) o con le altre norme<br />

costituzionali sulla giurisdizione (artt. 111 e 113 Cost.).<br />

Quanto al rispetto principio del giudice naturale, in forza del quale nessuno può essere distolto dal giudice naturale<br />

precostituito per legge, la Corte Costituzionale è già stata investita della questione proprio in relazione allo sbarramento<br />

previsto dell'art. 38 c.p.c., riconoscendone la legittimità (ord. 128/1999). Il giudice delle leggi ha escluso che l'art. 38<br />

c.p.c., ponendo un limite temporale alla rilevabilità dell'incompetenza e consentendo la trattazione della causa da parte<br />

174


di un giudice carente del potere giurisdizionale, nei casi in cui l'incompetenza non sia tempestivamente rilevata, si<br />

ponga in contrasto con il principio della precostituzione del giudice, in quanto permette la sostituzione del giudice<br />

naturale con altro giudice, il quale verrebbe ad acquisire il potere giurisdizionale non in forza di una previsione<br />

normativa, ma per una mera omissione delle parti le quali potrebbero anche accordarsi per scegliere un giudice<br />

incompetente. La Corte ribadisce che, come più volte ha avuto modo di affermare, al legislatore deve riconoscersi la più<br />

ampia discrezionalità nella conformazione degli istituti processuali e nell'articolazione del processo, fermo il limite<br />

della ragionevolezza e, quindi, il legislatore può legittimamente introdurre limitazioni alla possibilità di rilevare i vizi di<br />

competenza a vantaggio dell'interesse all'ordine ed alla speditezza del processo. Nè rileva che le parti possano scegliere<br />

un giudice incompetente, rinunciando a sollevare la relativa eccezione, posto che comunque il giudice ha l'obbligo di<br />

procedere alla verifica preliminare della potestas iudicandi.<br />

Mutatis mutandis, il ragionamento della Corte vale anche in relazione alla possibilità di limitare nel tempo la rilevabilità<br />

del difetto di giurisdizione.<br />

Quanto alle norme sulla giurisdizione, l'art. 111 Cost., comma 8, prevedendo l'impugnabilità delle sentenze del<br />

Consiglio di Stato e della Corte dei Conti con ricorso in Cassazione, stabilisce i limiti esterni del ricorso, ma non<br />

riguarda la disciplina delle preclusioni interne. Così pure, l'art. 113 Cost., comma 3, nello stabilire che la legge<br />

determina quali organi di giurisdizione possano annullare gli atti della pubblica amministrazione, fa salvo il rispetto dei<br />

limiti sostanziali e procedurali previsti dalla legge (se così non fosse, neanche il giudicato esplicito parziale sulla<br />

giurisdizione metterebbe al riparo dalla riproposizione della questione). Comunque, alla luce della citata giurisprudenza<br />

della Corte Costituzionale, il principio del giusto processo e della sua ragionevole durata assume valore prevalente<br />

rispetto ad altre prescrizioni costituzionali, nei limiti in cui gli altri principi di garanzia siano comunque assicurati.<br />

Il principio della ragionevole durata del processo, invece, diventa l'asse portante della nuova lettura dell'art. 37 c.p.c., la<br />

quale, peraltro, trova conforto, come già osservato, anche sul piano della comparazione sistematica con l'art. 38 c.p.c..<br />

In altri termini, il principio di ragionevole durata del processo, per quanto rivolto al legislatore, ben può fungere da<br />

parametro di costituzionalità con riguardo a quelle norme processuali le quali - rispetto al fine primario del processo che<br />

consiste nella realizzazione del "diritto delle parti ad ottenere una risposta, affermativa o negativa, in ordine al bene<br />

della vita oggetto della loro contesa" (v. Corte Cost. n. 77 del 2007 cit.) - prevedano rallentamenti o tempi lunghi, inutili<br />

passaggi di atti da un organo all'altro, formalità superflue non giustificate da garanzie difensive nè da esigenze<br />

repressive o di altro genere. E' vero che il principio della ragionevole durata "dev'essere contemperato con le esigenze di<br />

tutela di altri diritti e interessi costituzionalmente garantiti rilevanti nel processo ..., la cui attuazione positiva, ove sia<br />

frutto di scelte assistite ... da valide giustificazioni, non è sindacabile sul terreno costituzionale" (in tal senso, Corte<br />

Cost.<br />

11.12.2001 n. 399), ed è anche vero che le disposizioni processuali concernenti l'individuazione del giudice competente<br />

sono volte ad assicurare il rispetto della garanzia costituzionale del giudice naturale, ma pur sempre a condizione di non<br />

sacrificare il diritto della parte ad una valida decisione di merito in tempi ragionevoli (in tal senso Corte cost. n. 77/2007<br />

cit.). Nel bilanciamento tra i valori costituzionali della precostituzione per legge del giudice naturale (artt. 25 e 103<br />

Cost.) e della ragionevole durata del processo, si deve tenere conto che una piena ed efficace realizzazione del primo<br />

ben può (e deve) ottenersi evitando che il difetto di giurisdizione del giudice adito possa emergere dopo che la causa sia<br />

stata decisa nel merito in due gradi di giudizio. L'art. 37 c.p.c., comma 1, nell'interpretazione tradizionale, basata sulla<br />

sola lettera della legge, non realizza un corretto bilanciamento dei valori costituzionali in gioco e produce una<br />

ingiustificata violazione del principio della ragionevole durata del processo e dell'effettività della tutela (artt. 24 e 111<br />

Cost.), in quanto comporta la regressione del processo allo stato iniziale, la vanificazione di due pronunce di merito e<br />

l'allontanamento sine die di una valida pronuncia sul merito.<br />

In definitiva, la norma il cui tenore letterale sembra consentire che un vizio procedurale immediatamente rilevabile<br />

possa essere fatto valere per saltum soltanto dopo che il processo abbia esaurito i gradi di merito, con l'effetto di<br />

riportare a zero tutta l'attività svolta, non può essere ascritta tra quelle che assicurano la ragionevole durata del processo<br />

e, quindi, va interpretata utilizzando i riferimenti sistematici e costituzionali che consentano di contenerne la portata nei<br />

limiti dei parametri di ragionevolezza utilizzati dal legislatore per istituti analoghi.<br />

2.7. Nel merito, il ricorso non può trovare accoglimento.<br />

Denunciando la violazione del D.Lgs. n. 460 del 1997, artt. 10 e 11, e vizi di motivazione, l'Agenzia delle Entrate<br />

formula diverse censure nei confronti della sentenza impugnata.<br />

175


Innanzitutto, la ricorrente sostiene che la CTR abbia errato nel considerare che il fine di solidarietà sociale non possa<br />

essere perseguito se non nei confronti di soggetti che versino in condizioni di svantaggio economico e, quindi,<br />

contrariamente a quanto afferma la CTR, il fatto che gli ospiti della Casa per anziani, facente parte della struttura<br />

assistenziale, pagassero delle rette, talora anche cospicue, doveva essere considerato un chiaro segnale della assenza del<br />

fine solidaristico. La tesi è in contrasto con il chiaro dettato legislativo, in forza del quale si intende che vengono<br />

perseguite finalità di solidarietà sociale quando le cessioni di beni e le prestazioni di servizi siano dirette ad arrecare<br />

benefici a persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari (D.Lgs. n.<br />

460 del 1997, art. 10, comma 2, lett. a), recante norme sul Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali<br />

e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale). Quindi, le attività possono essere considerate rientranti tra quelle<br />

aventi finalità di solidarietà sociale anche a prescindere dalla sussistenza di una situazione di svantaggio economico del<br />

beneficiario. Tale situazione di svantaggio è soltanto una tra quelle previste dal legislatore in via alternativa e la<br />

ricorrente non contesta che i destinatari delle prestazioni potessero versare in condizioni di svantaggio di altro tipo.<br />

Evidentemente, l'Agenzia delle Entrate collega, erroneamente, il requisito che deve sussistere nei confronti dei<br />

beneficiari delle prestazioni, con il divieto di distribuzione di utili che grava sul soggetto erogante (art. 10 cit., comma<br />

1, lett. d). Il fatto che le prestazioni vengano fornite dietro corrispettivo non fa venir meno il fine solidaristico, sempre<br />

che venga rispettato il citato divieto (unitamente a tutte le altre prescrizioni previste dal citato art. 10) e che i destinatari<br />

versino in una delle indicata condizioni di svantaggio.<br />

Si possono condividere, perciò, le considerazioni della CTR, secondo la quale la solidarietà non si manifesta soltanto<br />

con il sostegno economico, in quanto ben può manifestarsi nei confronti di persone anziane che "per condizioni<br />

psicologiche, familiari, sociali o per particolari necessità assistenziali risultino impossibilitate a permanere nel nucleo<br />

familiare di origine". Pertanto "non appare incompatibile con il fine solidaristico di una Onlus lo svolgimento di attività<br />

dietro pagamento". Sempre che, occorre aggiungere, attraverso il pagamento non si realizzi, accanto all'intento<br />

solidaristico, anche un fine di lucro (stante il precetto che impone l'esclusività del fine solidaristico: art. 10 cit., comma<br />

1, lett. b). L'accertamento del perseguimento di finalità estranee alla solidarietà e/o della realizzazione di utili impiegati<br />

in attività istituzionali o connesse (art. 10 cit., comma 1, lett. e), attiene al merito della causa. Nella specie la CTR rileva<br />

che "L'elemento sostanziale che è alla base della controversia di cui è causa, va ricercato nella effettiva attività svolta,<br />

se, cioè, l'attività della Fondazione Opera (OMISSIS) sia riconducibile o meno all'attività di assistenza sociale e sociosanitaria.<br />

Risulta in atti che le competenti autorità hanno riconosciuto espressamente che l'attività svolta dalla<br />

fondazione sia di carattere socio- assistenziale a favore di persone anziane, che gli adempimenti contabili che devono<br />

rigorosamente essere rispettati dalle Onlus sono stati correttamente attuati e che la Fondazione non ha provveduto,<br />

nemmeno indirettamente alla distribuzione di utili o di avanzi di gestione".<br />

In fatto, la CTR ritiene che sulla base della documentazione acquisita siano stati rispettati tutti i parametri e le<br />

condizioni di legge per beneficiare dello speciale regime giuridico previsto per le Onlus.<br />

L'Agenzia delle Entrate, denuncia che la CTR non ha tenuto conto della documentazione prodotta, dalla quale risultava<br />

che la Fondazione ha realizzato cospicui utili che non ha mai impiegato per contenere i prezzi delle rette, rimasti sempre<br />

al livello di quelli di mercato.<br />

La ricorrente afferma genericamente che tale documentazione sarebbe stata indicata nell'atto di appello e consisterebbe<br />

nei bilanci e nelle dichiarazioni fiscali, dei quali non si dice altro. La censura è inammissibile per carenza di<br />

autosufficienza (v., ex multis, Cass. 15952/2007, 15808/2008). E' pur vero che la CTR ha ricostruito i fatti sulla base di<br />

una motivazione molto sintetica, ma la inammissibilità della censura non consente di entrare nel merito della stessa.<br />

Parte ricorrente censura la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui la CTR afferma che la circostanza<br />

che la Fondazione abbia partecipato alla costituzione di una srl non sarebbe inconciliabile con il fine esclusivamente<br />

solidaristico, non potendosi escludere che gli utili realizzati venissero poi utilizzati "nel rispetto delle disposizioni<br />

statutarie e delle normative Onlus".<br />

La censura non è condivisibile perchè, come si evince dal D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 10, comma 1, lett. d) ed e), la<br />

realizzazione di utili non esclude il fine solidaristico dell'attività; occorre, però, che gli utili stessi vengano impiegati per<br />

la realizzazione di attività istituzionali o connesse (cit. D.Lgs. n. 460, art. 10, comma 1, lett. e)) o che, comunque, non<br />

vengano distribuiti (cit.<br />

D.Lgs. n. 460, art. 10, comma 1, lett. d)).<br />

La prove dell'indebito utilizzo degli utili, nella specie, doveva essere fornita dall'Agenzia delle Entrate (attrice in senso<br />

sostanziale) che ha proceduto alla cancellazione della Fondazione dall'albo delle Onlus, assumendo che a seguito di<br />

176


verifica era stato accertato che non sussistevano più i presupposti che ne legittimavano l'iscrizione. L'Agenzia delle<br />

Entrate doveva provare i fatti in base ai quali ha ritenuto che fossero venuti meno i presupposti per mantenere<br />

l'iscrizione della Fondazione nell'albo delle Onlus (nella specie, la indebita distribuzione di utili).<br />

Legittimamente, quindi, la CTR rileva che in mancanza della prova di un indebito utilizzo degli utili, il solo<br />

perseguimento di questi non è sufficiente a determinare la perdita dello status di Onlus.<br />

Infine, la ricorrente denuncia che erroneamente la CTR ha utilizzato, come indizio del perseguimento del fine di<br />

solidarietà socio- assistenziale e socio-sanitaria, la circostanza che la fondazione operava in regime di convenzione con<br />

la locale USL, posto che le USL si occupano soltanto di attività sanitaria. A parte la considerazione che non sempre<br />

risulta chiaro il confine tra attività meramente sanitarie ed attività socio-sanitarie (per cui non è escluso che queste<br />

ultime possano rientrare nel raggio di azione delle USL) va rilevato che non si tratta di un elemento utilizzato in<br />

maniera non determinante (altra è la ratio decidendi) che, comunque, implica valutazioni che attengono al merito della<br />

convenzione.<br />

2.8. Conseguentemente, il ricorso va respinto. Sussistono giuste ragioni per compensare le spese del giudizio di<br />

legittimità, per la novità delle questioni prospettate, sia sul piano processuale che sul piano sostanziale.<br />

P.Q.M.<br />

La Corte dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell'Economia e delle Finanze, rigetta il ricorso dell'Agenzia<br />

delle Entrate e compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.<br />

Così deciso in Roma, il 23 settembre 2008.<br />

Depositata in Cancelleria il 9 ottobre 2008.<br />

177


SENTENZE STORICHE SUI LIMITI CHE IL LEGISLATORE ORDINARIO INCONTRA NEL CREARE<br />

MATERIE DI GIURISDIZIONE ESCLUSIVA (CORTE COST. N.204/2004 E N. 191/2006)<br />

CORTE COSTITUZIONALE - sentenza 6 luglio 2004 n. 204<br />

Pres. ZAGREBELSKY, Red. VACCARELLA - (giudizi promossi con ordinanze del 31 luglio 2002, dell’11 ottobre<br />

2002 - n. 2 ordinanze e del 31 gennaio 2003 del Tribunale di Roma, rispettivamente iscritte al n. 488 del registro<br />

ordinanze 2002 e ai nn. 226, 227 e 680 del registro ordinanze 2003 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della<br />

Repubblica, n. 44, prima serie speciale, dell’anno 2002 e nn. 18 e 37, prima serie speciale, dell’anno 2003).<br />

1. Giustizia amministrativa – Giurisdizione esclusiva del G.A. – Limiti ex art. 103, primo comma, Cost. –<br />

Necessità di prevederla solo per "particolari materie" – Sussiste – Riferimento alla natura delle situazioni<br />

soggettive coinvolte, e non al dato, oggettivo, delle materie – Occorre.<br />

2. Giustizia amministrativa – Giurisdizione esclusiva del G.A. – Limiti ex art. 103, primo comma, Cost. – Mera<br />

partecipazione della pubblica amministrazione al giudizio ovvero generico coinvolgimento di un pubblico<br />

interesse nella controversia – Insufficienza.<br />

3. Giustizia amministrativa - Giurisdizione esclusiva del G.A. – In materia di servizi pubblici – Ex art. 33 del<br />

decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, come sostituito dall’art. 7 della legge n. 205/2000 – Illegittimità<br />

costituzionale – Nella parte in cui non riserva una "particolare materia" alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo – Va dichiarata.<br />

4. Giustizia amministrativa - Giurisdizione esclusiva del G.A. – In materia di servizi pubblici – Ex art. 33 del<br />

decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, come sostituito dall’art. 7 della legge n. 205/2000 – Legittimità<br />

costituzionale – Condizioni – Individuazione.<br />

5. Giustizia amministrativa – Giurisdizione esclusiva del G.A. – In materia di servizi pubblici – Ex art. 33,<br />

comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, come sostituito dall’art. 7, lettera a, della legge n. 205/2000<br />

– Illegittimità costituzionale - Nella parte in cui prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo «tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli» anziché «le controversie<br />

in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità,<br />

canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal<br />

gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo disciplinato dalla legge 7 agosto 1990, n. 241,<br />

ovvero ancora relative all’affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del<br />

gestore, nonché» - Va dichiarata.<br />

6. Giustizia amministrativa - Giurisdizione esclusiva del G.A. – In materia di servizi pubblici – Ex art. 33,<br />

comma 2 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, come sostituito dall’art. 7, lettera a, della legge n. 205/2000<br />

- Illegittimità costituzionale – Va dichiarata.<br />

7. Giustizia amministrativa - Giurisdizione esclusiva del G.A. – In materia di urbanistica ed edilizia – Ex art. 34,<br />

comma 1 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, come sostituito dall’art. 7, lettera b, della legge n. 205/2000<br />

– Illegittimità costituzionale - Nella parte in cui prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo le controversie aventi per oggetto «gli atti, i provvedimenti e i comportamenti» anziché «gli atti e<br />

i provvedimenti» delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti alle stesse equiparati, in materia urbanistica ed<br />

edilizia – Va dichiarata.<br />

8. Giustizia amministrativa - Giurisdizione esclusiva del G.A. – Potere di condannare la P.A. al risarcimento del<br />

danno – Non è incostituzionale, costituendo non già una nuova materia ma uno strumento di tutela ulteriore,<br />

rispetto a quello classico demolitorio (e/o conformativo).<br />

1. Il vigente art. 103, primo comma, Cost. non ha conferito al legislatore ordinario una assoluta ed<br />

incondizionata discrezionalità nell’attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua<br />

giurisdizione esclusiva, ma gli ha conferito il potere di indicare "particolari materie" nelle quali "la tutela nei<br />

confronti della pubblica amministrazione" investe "anche" diritti soggettivi: un potere, quindi, del quale può<br />

dirsi, al negativo, che non è né assoluto né incondizionato, e del quale, in positivo, va detto che deve considerare<br />

la natura delle situazioni soggettive coinvolte, e non fondarsi esclusivamente sul dato, oggettivo, delle materie. Il<br />

178


legislatore ordinario, quindi, ben può ampliare l’area della giurisdizione esclusiva, purché lo faccia con riguardo<br />

a materie (in tal senso, particolari) che, in assenza di tale previsione, contemplerebbero pur sempre, in quanto vi<br />

opera la pubblica amministrazione-autorità, la giurisdizione generale di legittimità.<br />

2. In materia di giurisdizione esclusiva del G.A., è da escludere che: a) la mera partecipazione della pubblica<br />

amministrazione al giudizio sia sufficiente perché si radichi la giurisdizione del giudice amministrativo (il quale<br />

davvero assumerebbe le sembianze di giudice "della" pubblica amministrazione: con violazione degli artt. 25 e<br />

102, secondo comma, Cost.); b) che sia sufficiente il generico coinvolgimento di un pubblico interesse nella<br />

controversia perché questa possa essere devoluta al giudice amministrativo.<br />

3. La formulazione dell’art. 33 del d.lgs. n. 80 del 1998, quale recata dall’art. 7, comma 1, lettera a), della legge n.<br />

205 del 2000, confligge con i criteri ai quali deve ispirarsi la legge ordinaria quando voglia riservare una<br />

"particolare materia" alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Ed infatti, non soltanto (e non<br />

tanto) il riferimento ad una materia (i pubblici servizi) dai confini non compiutamente delimitati (se non in<br />

relazione all’ipotesi di concessione prevista fin dall’art. 5 della legge n. 1034 del 1971), quanto, e soprattutto,<br />

quello a "tutte le controversie" ricadenti in tale settore rende evidente che la "materia" così individuata<br />

prescinde del tutto dalla natura delle situazioni soggettive in essa coinvolte: sicché, inammissibilmente, la<br />

giurisdizione esclusiva si radica sul dato, puramente oggettivo, del normale coinvolgimento in tali controversie di<br />

quel generico pubblico interesse che è naturaliter presente nel settore dei pubblici servizi. Ma, in tal modo, viene<br />

a mancare il necessario rapporto di species a genus che l’art. 103 Cost. esige allorché contempla, come<br />

"particolari", rispetto a quelle nelle quali la pubblica amministrazione agisce quale autorità, le materie<br />

devolvibili alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.<br />

4. La materia dei pubblici servizi può essere oggetto di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo se in<br />

essa la pubblica amministrazione agisce esercitando il suo potere autoritativo ovvero, attesa la facoltà,<br />

riconosciutale dalla legge, di adottare strumenti negoziali in sostituzione del potere autoritativo, se si vale di tale<br />

facoltà (la quale, tuttavia, presuppone l’esistenza del potere autoritativo: art. 11 della legge n. 241 del 1990).<br />

5. È costituzionalmente illegittimo l’art. 33, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, come sostituito<br />

dall’art. 7, lettera a, della legge 21 luglio 2000, n. 205, nella parte in cui prevede che sono devolute alla<br />

giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo «tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi<br />

compresi quelli» anziché «le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi,<br />

escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla<br />

pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo disciplinato<br />

dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, ovvero ancora relative all’affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza<br />

e controllo nei confronti del gestore, nonché».<br />

6. È costituzionalmente illegittimo l’art. 33, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, come sostituito<br />

dall’art. 7, lettera a, della legge 21 luglio 2000, n. 205.<br />

7. È costituzionalmente illegittimo l’art. 34, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, come sostituito<br />

dall’art. 7, lettera b, della legge 21 luglio 2000, n. 205, nella parte in cui prevede che sono devolute alla<br />

giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto «gli atti, i provvedimenti e i<br />

comportamenti» anziché «gli atti e i provvedimenti» delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti alle stesse<br />

equiparati, in materia urbanistica ed edilizia.<br />

8. La dichiarazione di incostituzionalità degli artt. 33 e 34 del D.L.vo n. 80/1998 non investe in alcun modo l’art.<br />

7 della legge n. 205 del 2000, nella parte in cui (lettera c) sostituisce l’art. 35 del d.lgs. n. 80 del 1998: il potere<br />

riconosciuto al giudice amministrativo di disporre, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il<br />

risarcimento del danno ingiusto non costituisce sotto alcun profilo una nuova "materia" attribuita alla sua<br />

giurisdizione, bensì uno strumento di tutela ulteriore, rispetto a quello classico demolitorio (e/o conformativo),<br />

da utilizzare per rendere giustizia al cittadino nei confronti della pubblica amministrazione (1).<br />

---------------------<br />

(1) Ha osservato in particolare la Corte che l’attribuzione del potere di condannare la P.A. al risarcimento del danno non soltanto<br />

appare conforme alla piena dignità di giudice riconosciuta dalla Costituzione al Consiglio di Stato, ma anche, e soprattutto, essa<br />

affonda le sue radici nella previsione dell’art. 24 Cost., il quale, garantendo alle situazioni soggettive devolute alla giurisdizione<br />

amministrativa piena ed effettiva tutela, implica che il giudice sia munito di adeguati poteri; e certamente il superamento della regola<br />

(avvenuto, peraltro, sovente in via pretoria nelle ipotesi olim di giurisdizione esclusiva), che imponeva, ottenuta tutela davanti al<br />

179


giudice amministrativo, di adire il giudice ordinario, con i relativi gradi di giudizio, per vedersi riconosciuti i diritti patrimoniali<br />

consequenziali e l’eventuale risarcimento del danno (regola alla quale era ispirato anche l’art. 13 della legge 19 febbraio 1992, n.<br />

142, che pure era di derivazione comunitaria), costituisce null’altro che attuazione del precetto di cui all’art. 24 Cost.<br />

SENTENZA N.204<br />

ANNO 2004<br />

composta dai signori:<br />

- Gustavo ZAGREBELSKY Presidente<br />

- Valerio ONIDA Giudice<br />

- Carlo MEZZANOTTE "<br />

- Fernanda CONTRI "<br />

- Guido NEPPI MODONA "<br />

- Piero Alberto CAPOTOSTI "<br />

- Annibale MARINI "<br />

- Franco BILE "<br />

- Giovanni Maria FLICK "<br />

- Francesco AMIRANTE "<br />

- Ugo DE SIERVO "<br />

- Romano VACCARELLA "<br />

- Paolo MADDALENA "<br />

- Alfio FINOCCHIARO "<br />

- Alfonso QUARANTA "<br />

ha pronunciato la seguente<br />

REPUBBLICA ITALIANA<br />

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO<br />

LA CORTE COSTITUZIONALE<br />

SENTENZA<br />

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 33, commi 1 e 2, lettere b) ed e), e 34, comma 1, del decreto<br />

legislativo 31 marzo 1998, n. 80 (Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle<br />

amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in<br />

attuazione dell’articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), come sostituito dall’art. 7 della legge 21 luglio<br />

180


2000, n. 205 (Disposizioni in materia di giustizia amministrativa), promossi con ordinanze del 31 luglio 2002, dell’11<br />

ottobre 2002 (n. 2 ordinanze) e del 31 gennaio 2003 del Tribunale di Roma, rispettivamente iscritte al n. 488 del registro<br />

ordinanze 2002 e ai nn. 226, 227 e 680 del registro ordinanze 2003 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della<br />

Repubblica, n. 44, prima serie speciale, dell’anno 2002 e nn. 18 e 37, prima serie speciale, dell’anno 2003.<br />

Visto l’atto di costituzione della Casa di Cura Villa Maria Pia s.r.l., nonché gli atti di intervento del Presidente del<br />

Consiglio dei ministri;<br />

udito nella camera di consiglio del 28 aprile 2004 il Giudice relatore Romano Vaccarella.<br />

Ritenuto in fatto<br />

1.– Con ordinanza del 31 luglio 2002 (r.o. n. 488 del 2002) il Tribunale di Roma, adito dalla casa di cura Villa Maria<br />

Pia s.r.l. con atto di citazione, notificato il 10 agosto 2000, volto ad ottenere la condanna della Azienda Usl Rm/E al<br />

pagamento di somme da questa dovute per prestazioni di ricovero, ha sollevato questione di legittimità costituzionale<br />

dell’art. 33, commi 1 e 2, lettere b) ed e), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 (Nuove disposizioni in materia di<br />

organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di<br />

giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell’articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), come<br />

sostituito dall’art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205 (Disposizioni in materia di giustizia amministrativa), nella parte<br />

in cui devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di pubblici servizi «tra<br />

le amministrazioni pubbliche e i gestori comunque denominati di pubblici servizi» e, in particolare, le controversie<br />

«riguardanti le attività e le prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale, rese nell’espletamento di pubblici<br />

servizi, ivi comprese quelle rese nell’ambito del servizio sanitario nazionale», per contrasto con gli artt. 3, 24, 25, 100,<br />

102, 103, 111 e 113 della Costituzione.<br />

1.1.– In punto di rilevanza, osserva il rimettente che la controversia rientra tra quelle devolute alla giurisdizione<br />

esclusiva del giudice amministrativo, tenuto conto che il rapporto tra le case di cura e le minori strutture private<br />

(ambulatori, centri di diagnostica strumentale, etc.) e la USL è sempre stato qualificato dalla giurisprudenza di<br />

legittimità di concessione di pubblico servizio. Pertanto, abbandonato il pregresso criterio che attribuiva al giudice<br />

amministrativo le controversie vertenti sull’accertamento del contenuto e della validità del rapporto, con devoluzione al<br />

giudice ordinario di quelle vertenti sul pagamento di indennità, canoni ed altri corrispettivi, il rapporto in questione è<br />

oggi direttamente disciplinato, quanto alla giurisdizione, dall’art. 33 del d.lgs. n. 80 del 1998, come modificato dall’art.<br />

7 della legge n. 205 del 2000, che rimette alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in<br />

materia di pubblici servizi, tra le quali quelle «tra le amministrazioni pubbliche e i gestori comunque denominati di<br />

pubblici servizi» (comma 2, lettera b) e quelle «riguardanti le attività e le prestazioni di ogni genere, anche di natura<br />

patrimoniale, rese nell’espletamento di pubblici servizi, ivi comprese quelle rese nell’ambito del Servizio sanitario<br />

nazionale» (comma 2, lettera e).<br />

1.2.– Con riguardo alla non manifesta infondatezza del dubbio, osserva il giudice a quo che il nuovo criterio di riparto<br />

della giurisdizione «per blocchi di materie», introdotto dalla legge n. 205 del 2000, determina uno «smisurato<br />

ampliamento» della giurisdizione esclusiva, in contrasto, innanzitutto, con il dettato degli artt. 103, primo comma, e<br />

113, primo comma, Cost., posto che il riferimento alle «particolari materie indicate dalla legge» esprimerebbe invece il<br />

carattere residuale delle controversie devolute alla giurisdizione esclusiva, la cui peculiarità non a caso è stata<br />

tradizionalmente riscontrata nella «sicura e necessaria compresenza o coabitazione … di posizioni di interesse legittimo<br />

e di diritto soggettivo legate da un inestricabile nodo gordiano»; come rendeva manifesto il divieto per il giudice<br />

amministrativo (ex artt. 30, secondo comma, del r.d. 26 giugno 1924, n. 1054 e 7, terzo comma, della legge 6 dicembre<br />

1971, n. 1034) di conoscere, nelle materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, anche dei diritti patrimoniali<br />

consequenziali. Le richiamate norme costituzionali, inoltre, nel configurare la giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo unicamente per la tutela di posizioni soggettive nei confronti della pubblica amministrazione, non<br />

autorizzerebbero (ciò che, invece, sembra legittimato dall’art. 33 censurato) anche la cognizione di diritti soggettivi<br />

azionati dalla medesima pubblica amministrazione contro privati ovvero contro altre amministrazioni pubbliche. In<br />

particolare, la legge n. 205 del 2000, segnando l’abbandono della nozione tradizionale di «giurisdizione esclusiva» e la<br />

ridefinizione dell’istituto secondo ambiti di intere materie, a prescindere dall’esplicazione di poteri autoritativi della<br />

pubblica amministrazione, sarebbe lesivo dell’art. 103, primo comma, Cost., norma che, tra la giurisdizione ordinaria<br />

sui diritti e quella esclusiva del giudice amministrativo, traccia un rapporto, di regola a eccezione, fondato sull’esigenza<br />

di concentrare innanzi ad un unico giudice la cognizione tanto dei diritti che degli interessi, e dunque, in definitiva, sulla<br />

peculiarità della controversia concretamente individuata. Pertanto, l’attribuzione tout court al giudice amministrativo di<br />

intere materie, come quella dei servizi pubblici, «di generica ed incerta identificazione» costituirebbe, secondo il<br />

giudice a quo, l’inversione della regola posta dall’art. 103 Cost, configurando il giudice amministrativo come giudice<br />

181


ordinario delle controversie in cui sia parte una pubblica amministrazione, in violazione anche dell’art. 100, primo<br />

comma, Cost. che lo qualifica giudice «nell’amministrazione» e non «dell’amministrazione».<br />

Né al rimettente sembra dirimente accedere ad una ricostruzione in astratto piuttosto che in concreto della nozione di<br />

«materia», ricercandone la particolarità «nell’atteggiarsi dell’azione della pubblica amministrazione in settori<br />

determinati …, qual è quello dei servizi pubblici», in ipotesi connotati sempre dalla presenza dell’interesse pubblico: in<br />

tal modo si finirebbe infatti ugualmente per capovolgere, e svuotare, il criterio di residualità della giurisdizione<br />

amministrativa come fissato nella Costituzione.<br />

La fondatezza del dubbio viene altresì argomentata dal rimettente sul rilievo che nel nostro ordinamento non esisterebbe<br />

alcuna possibilità di ampliare la giurisdizione amministrativa esclusiva oltre i casi in cui il settore individuato «sia<br />

conformato, quanto meno, da un regime giuridico derogatorio del diritto comune», ciò che, per la vastità e<br />

l’eterogeneità degli ambiti abbracciati, non appare configurabile per la materia dei servizi pubblici; né sarebbe possibile<br />

rintracciare nel sistema costituzionale una delega in bianco al legislatore ordinario per individuare le materie di<br />

giurisdizione esclusiva. Lo scostamento dai rigorosi parametri dell’art. 103 Cost. sembra, poi, al rimettente<br />

particolarmente visibile laddove, come nel caso sottoposto al suo giudizio, nessun contenuto di specialità sia dato<br />

ravvisare nella domanda del privato volta all’accertamento, condotto secondo le regole del diritto civile, dell’obbligo<br />

dell’Azienda USL di pagare il corrispettivo di prestazioni sanitarie eseguite.<br />

Riprendendo alcune indicazioni del Consiglio di Stato (sezione V, n. 2440 del 1999) e della Cassazione (sezioni unite n.<br />

5640 del 18 aprile 2002), il giudice a quo osserva anche come sia proprio la «costituzione del vincolo obbligatorio» a<br />

segnare lo spartiacque tra la giurisdizione del giudice amministrativo e quella dell’autorità giudiziaria ordinaria sul<br />

presupposto della tendenziale uguaglianza tra le parti nella fase successiva alla costituzione del vincolo, regolata dalle<br />

norme del diritto privato. Conseguentemente, a suo avviso, l’assegnazione indiscriminata alla cognizione del giudice<br />

amministrativo di diritti soggettivi, oltre alla progressiva creazione di un diritto civile speciale, violerebbe anche l’art. 3<br />

Cost., sotto il profilo della lesione del principio di uguaglianza – per la creazione di una posizione di privilegio della<br />

pubblica amministrazione – nonché del principio di ragionevolezza, venendo a creare un «inutile doppione» del giudice<br />

ordinario e insieme a disperdere il patrimonio di esperienze ed attitudini di questi; tanto, per giunta, in un momento<br />

storico caratterizzato dalla regressione del momento autoritativo nel rapporto tra apparato pubblico e società civile.<br />

Palese sarebbe anche la violazione degli artt. 102, primo comma, e 113, primo comma, Cost. che, assecondando la<br />

tradizione giuridica italiana (cfr. artt. 2 e 26 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, All. E, e il diritto vivente in tema di<br />

risarcimento per lesione di interessi legittimi), fanno del giudice ordinario il giudice dei diritti con cognizione, in via di<br />

principio, generale e illimitata, di contro alla tendenziale residualità della cognizione sui diritti affidata al giudice<br />

amministrativo, in un contesto che contempla altresì la possibilità che all’autorità giudiziaria ordinaria siano attribuiti<br />

poteri di annullamento dell’atto amministrativo (art. 113, commi secondo e terzo, Cost.): il che genera una vera e<br />

propria presunzione di devoluzione al giudice ordinario – la cui posizione nell’ordinamento non a caso è circondata da<br />

particolari garanzie di indipendenza ed autonomia (artt. 104 e 105 Cost.) – delle controversie in cui sussiste incertezza<br />

nell’identificazione della situazione soggettiva coinvolta.<br />

Il giudice a quo esprime, inoltre, dubbi circa la legittimità della norma censurata in relazione all’art. 25, primo comma,<br />

Cost.: evidenzia sul punto come una concezione del giudice naturale attenta ai valori su cui si fonda l’ordine<br />

costituzionale delle giurisdizioni, si sia ormai affermata in altri ordinamenti europei (così ad esempio in Francia, ove il<br />

Consiglio costituzionale ha affermato che tra i principi fondamentali v’è quello per cui, «ad eccezione delle materie<br />

riservate per natura all’autorità giudiziaria, appartiene in ultima istanza alla competenza della giurisdizione<br />

amministrativa il contenzioso relativo all'annullamento e alla riforma degli atti amministrativi che costituiscono<br />

l’espressione dei pubblici poteri»), mentre nel nostro ordinamento tale opzione ermeneutica sarebbe stata avallata dalla<br />

stessa Corte costituzionale allorché questa ha, ad esempio, affermato «la maggiore idoneità del giudice ordinario alla<br />

cura di interessi concernenti rapporti paritari» (sentenza n. 641 del 1987) o che «la Corte dei conti è il giudice naturale<br />

in materia di pensioni a totale carico dello Stato» (ordinanza n. 388 del 1990). La violazione nel settore dei pubblici<br />

servizi dell’ordine costituzionale [delle giurisdizioni], e cioè di «quel nucleo di principi che giustificano l’"essere<br />

giudice" in uno stato di diritto», si risolverebbe pertanto nell'istituzione di un giudice speciale in violazione del disposto<br />

dell’art. 102, secondo comma, Cost..<br />

Dunque, anche a non voler riconoscere l’esistenza del principio, seppur tendenziale, di unità della giurisdizione (ma v.,<br />

contra, sentenze n. 41 del 1957 e n. 48 del 1959 di questa Corte), la pluralità di giurisdizioni riconoscibili nel nostro<br />

ordinamento non legittimerebbe la devoluzione a giudici appartenenti a giurisdizioni diverse di «controversie identiche<br />

ovvero non caratterizzate da una sostanziale ed intrinseca reciproca diversità con riguardo all’oggetto e alle posizioni<br />

soggettive delle parti», essendo del tutto irrilevante «la circostanza che nella controversia sia parte una pubblica<br />

amministrazione ovvero … che il suo oggetto presenti una generica rilevanza pubblica».<br />

182


Il giudice rimettente osserva, poi, come ancora più grave sia il vulnus che la norma arreca al principio di uguaglianza<br />

(art. 3, primo comma, Cost.), inteso come uguaglianza davanti alla giustizia e alla giurisdizione (art. 24 Cost.), principio<br />

che troverebbe il suo logico corollario nella regola secondo cui controversie identiche o similari devono essere giudicate<br />

dalla medesima giurisdizione o da giurisdizioni strettamente identiche anche nelle regole di composizione. Sarebbe<br />

pertanto evidente, nella specie, «la disparità di trattamento tra i cittadini dinanzi alla giurisdizione, essendo<br />

l'individuazione del giudice fatta dipendere dalla qualità soggettiva di una parte», tanto più che nel momento storico<br />

attuale mancano riferimenti normativi di sicura individuazione del soggetto «pubblica amministrazione» e della materia<br />

«servizi pubblici».<br />

Ulteriore profilo di illegittimità costituzionale è infine ravvisato dal giudice a quo nella violazione degli artt. 111,<br />

settimo comma, e 3 Cost., sotto il profilo che «il principio di uguaglianza postula l’esigenza di uniforme interpretazione<br />

della legge, la quale invece (stante la non ricorribilità delle sentenze dei giudici amministrativi per violazione di legge)<br />

non avrebbe strumento alcuno per attuarsi a fronte di differenti orientamenti … che dovessero formarsi in ordine a<br />

medesime disposizioni codicistiche nelle non comunicanti giurisprudenze dei giudici ordinari e amministrativi» (Cass.,<br />

sezioni unite n. 72 del 30 marzo 2000), con una sostanziale elisione della funzione di nomofilachia esercitata dalla<br />

Cassazione, innanzitutto, ai sensi dell’art. 65 dell’ordinamento giudiziario. Del resto, osserva il rimettente, il ruolo<br />

nomofilattico dello stesso Consiglio di Stato non si è mai svolto al di fuori del tradizionale ordine proprio di questa<br />

giurisdizione, caratterizzato dal generale parametro di riferimento dell'interesse pubblico, laddove in ambito civilistico<br />

la coscienza collettiva mal tollera ogni incidenza, sulle paritarie posizioni in conflitto, di valutazioni inerenti proprio<br />

l’interesse pubblico.<br />

1.3.– É intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, il quale, con la rappresentanza dell’Avvocatura<br />

generale dello Stato, ha eccepito in via pregiudiziale l’inammissibilità della questione sollevata, che investirebbe non<br />

tanto la norma di legge oggetto di censura, quanto piuttosto «un puntuale combinato disposto di norme contenuto nella<br />

Costituzione stessa e cioè quello regolante l’intero sistema della giustizia amministrativa come delineato dagli artt. 24,<br />

103, 108, 111 e 113», norme originarie della Costituzione di cui il legislatore censurato sarebbe stato solo puntuale<br />

esecutore.<br />

Ulteriore profilo di inammissibilità è sollevato dall’Avvocatura per l’irrilevanza della censura relativa alla violazione<br />

degli artt. 3 e 103 Cost. sotto il profilo della attribuzione al giudice ordinario della conoscibilità di diritti azionati nei<br />

confronti di privati dalla pubblica amministrazione, tenuto conto che, nel giudizio a quo, la parte attrice è un ente di<br />

diritto privato.<br />

Nel merito, infondata sarebbe la questione laddove fa leva sul principio di unità della giurisdizione, mai accolto – se<br />

non come «valore fine» – nel sistema costituzionale che, anzi, avrebbe scelto di conservare le giurisdizioni storiche, in<br />

un sistema di riparto affidato al legislatore ordinario (sentenze n. 48 del 1959 e n. 641 del 1987 di questa Corte). Né<br />

altrimenti sarebbe stato imposto a quest’ultimo, per via costituzionale, alcun limite alla individuazione delle particolari<br />

materie di giurisdizione amministrativa esclusiva sotto il profilo della necessaria compresenza di diritti soggettivi ed<br />

interessi legittimi. Tant’è che già in passato v’è stato un ampliamento di tale sfera giurisdizionale in assenza del<br />

richiamato «inestricabile nodo gordiano».<br />

Con riguardo alla pretesa irragionevolezza dell’attuale sistema di riparto giurisdizionale, ricorda la deducente che nel<br />

sistema francese, affine a quello italiano, è affidata al giudice amministrativo la cognizione dell’azione pubblica tanto<br />

nel momento autoritativo che in quello paritetico.<br />

Improprio sarebbe inoltre il richiamo al giudice ordinario quale «giudice naturale» dei diritti, tenuto conto che l’art. 25<br />

Cost. àncora tale nozione al solo giudice «precostituito per legge».<br />

Per quanto attiene, infine, alle lamentate lesioni dei principi di uguaglianza e di difesa, con riguardo alle asserite, minori<br />

garanzie esistenti innanzi al giudice amministrativo, l’Avvocatura osserva come l’argomento provi troppo, tenuto conto<br />

che la equiordinazione, sul piano della tutela giurisdizionale e della difesa, approntata dalla Costituzione per diritti ed<br />

interessi, indurrebbe a dubitare della legittimità della giurisdizione esclusiva anche in materie in cui esiste l’evocato<br />

intreccio delle differenti situazioni soggettive. Infine, – rileva l’interveniente – neppure appare costituzionalizzato il<br />

ruolo nomofilattico pieno della Corte di cassazione.<br />

1.4.– Si è costituita, ma fuori termine, la casa di cura Villa Maria Pia s.r.l. che ha aderito in toto alle argomentazioni<br />

contenute nell’ordinanza di rimessione.<br />

1.5.– Nella memoria successivamente depositata, l’Avvocatura dello Stato effettua, preliminarmente, un’articolata<br />

ricostruzione dell’evoluzione che la materia del riparto di giurisdizione ha avuto nel corso degli anni, al fine di<br />

183


dimostrare come dalla Carta fondamentale del nostro Stato si evinca con chiarezza la volontà del Costituente «di<br />

affermare la completa parità ed originarietà dei due ordini di giurisdizione» e conseguentemente di lasciare la concreta<br />

distribuzione degli affari tra gli stessi alle scelte discrezionali del legislatore. Ribadisce quindi che le norme impugnate<br />

si limitano a devolvere alla cognizione del giudice amministrativo particolari materie caratterizzate da spiccate<br />

connotazioni pubblicistiche, nell’ottica, non in conflitto col sistema costituzionale, del superamento del tradizionale<br />

criterio di riparto, fondato sul tipo di posizione soggettiva lesa (diritto soggettivo-interesse legittimo). Rileva in<br />

proposito che gli artt. 103 e 113 della Costituzione esprimono, con il richiamo all’interesse legittimo, nient’altro che il<br />

vincolo «relativo alla deducibilità in giudizio di tutte le controversie incidenti su interessi legittimi», esplicitando il<br />

principio di cui all’art. 24 della Costituzione e rimettendo, per il resto, al legislatore ordinario l’individuazione delle<br />

particolari «materie» di giurisdizione esclusiva, secondo un’accezione che, considerato il tratto «polisemico» del<br />

lemma, «ben si presta a ricomprendere alternativamente o vasti ambiti di attività amministrativa unitariamente<br />

considerati (in senso orizzontale: ad esempio urbanistica, edilizia, etc.) oppure un oggetto contenzioso (in senso<br />

verticale: paradigmaticamente il risarcimento del danno) accessivo a quello di competenza generale». In alcun modo,<br />

invece, l’art. 103 Cost. collegherebbe l’individuazione delle particolari materie al presupposto dell’esistenza di un<br />

inestricabile intreccio tra diritti ed interessi legittimi, quale ragione tralaticiamente richiamata come essenziale ai fini<br />

dell’individuazione dell’area di operatività della giurisdizione esclusiva sulla scorta di un inesatto presupposto storico.<br />

Ne discenderebbe, per come affermato proprio dalla Corte costituzionale (ordinanza n. 140 del 2001), «una sorta di<br />

principio di indifferenza o intercambiabilità della tutela fornita dai due ordini di giurisdizioni», rafforzato dalle sempre<br />

più numerose eccezioni al divieto per il giudice ordinario di annullare atti amministrativi e dal correlativo ampliamento<br />

dei casi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.<br />

Peraltro, ad avviso dell’Avvocatura, le norme censurate darebbero attuazione ai principi racchiusi nell’art. 24 della<br />

Costituzione anche sotto il profilo della eliminazione, da un lato, delle incertezze circa l’individuazione del giudice da<br />

adire e, dall’altro, delle lungaggini connesse alla necessità di percorrere il c.d. doppio giudizio per ottenere la piena<br />

soddisfazione delle posizioni soggettive lese, in armonia con i modelli istituzionali degli altri paesi membri dell’Unione<br />

europea in cui vige il sistema della doppia giurisdizione.<br />

Rilevato quindi che il cambiamento normativo ha avuto carattere biunivoco con l’attribuzione al giudice ordinario delle<br />

controversie relative al rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, sottolinea la deducente<br />

come, conseguenzialmente, il riparto si sia venuto ad assestare su un nuovo punto di equilibrio, nel quale mentre il<br />

giudice ordinario è divenuto «il giudice naturale di una pubblica amministrazione che gestisce tutti i rapporti di lavoro<br />

alle sue dipendenze con i poteri e gli strumenti del privato datore, il giudice amministrativo, per converso, [ha acquisito]<br />

la piena cognizione di rapporti litigiosi in cui si applicano regole sostanziali esorbitanti dal diritto privato, anche se di<br />

essi siano parti … soggetti formalmente privati ma tenuti all’applicazione, specie in materia contrattuale, di procedure<br />

amministrative».<br />

Peraltro, anche qualora si ravvisasse nella locuzione «particolari materie» un vincolo per il legislatore, questo non<br />

andrebbe individuato nel c.d. «nodo gordiano» diritti-interessi, la cui connessione con il problema del riparto<br />

deriverebbe da «un imprecisato ricordo storico»: in realtà, ove un limite si volesse considerare imposto nella<br />

individuazione dei settori da affidare alla giurisdizione esclusiva, questo non potrebbe che rinvenirsi «nelle materie in<br />

cui si verifica un assoggettamento dei diritti all’esercizio di un potere conformativo della pubblica amministrazione»,<br />

con conseguente piena legittimità delle scelte operate dal legislatore nelle norme denunciate.<br />

Infine, con riguardo alla prospettata violazione dell’art. 111 Cost., osserva la deducente che la Carta fondamentale<br />

costituzionalizza le differenti competenze facenti capo alla Corte di cassazione in modo diverso da quello che i<br />

rimettenti danno per presupposto.<br />

Premesso che storicamente la funzione di nomofilachia della Cassazione risponde all’esigenza di natura politica di<br />

salvaguardare il principio della separazione tra poteri, preservando le leggi da ciò che i positivisti francesi definivano la<br />

«ribellione dei giudici», nel complesso delle attribuzioni della Suprema Corte individuate dall’art. 65 dell’Ordinamento<br />

giudiziario occorrerebbe distinguere le funzioni afferenti l’esatta osservanza della legge – la quale significa rispetto, da<br />

parte di tutti i giudici, del limite esterno della giurisdizione – da quelle afferenti l’uniforme interpretazione della legge<br />

(c.d. nomofilachia in senso generico): orbene, ad avviso dell’Avvocatura, questa sarebbe dalla Costituzione attribuita<br />

alla Cassazione solo per quanto concerne le sentenze del giudice ordinario.<br />

2.– Con tre distinte ordinanze, due delle quali pronunciate in data 11 ottobre 2002 (r.o. n. 226 e n. 227 del 2003) e<br />

l’altra in data 31 gennaio 2003 (r.o. n. 680 del 2003), il Tribunale di Roma ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24,<br />

102, 103, 111 e 113 Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art. 34, comma 1, del d.lgs. n. 80 del 1998, nel<br />

testo sostituito dall’art. 7 della legge n. 205 del 2000, il quale devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

184


amministrativo le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti e i comportamenti delle amministrazioni<br />

pubbliche e dei soggetti alle stesse equiparati, in materia di urbanistica ed edilizia.<br />

I giudizi nel corso dei quali le prime due ordinanze sono state emesse avevano ad oggetto domande di risarcimento<br />

danni proposte, con atti di citazione notificati il 20 luglio 2000, dagli eredi di Arturo Menhert nei confronti del Comune<br />

di Roma, fondate, l’una, sulla circostanza che un fondo del loro dante causa era stato occupato, sin dall’11 agosto 1978,<br />

dall’ente convenuto, in vista della realizzazione di un asilo nido, poi effettivamente completato nel 1979, senza che<br />

peraltro la procedura di esproprio venisse mai portata a compimento e senza che venisse pagato il relativo indennizzo;<br />

l’altra, sul fatto che lo stesso Comune, con deliberazione consiliare n. 2201 del 3, 4 e 5 maggio 1976, aveva modificato<br />

la destinazione edilizia di alcuni terreni del medesimo dante causa, da aree edificabili ad aree per attrezzature di servizi<br />

di quartiere e verde pubblico, in vista della costruzione di una strada, così determinando, senza che l’opera pubblica<br />

venisse in realtà mai realizzata, un tale deprezzamento degli immobili compresi nella variante da indurre la Cassa di<br />

risparmio di Roma a chiedere la restituzione di ingenti prestiti, erogati a Menhert s.r.l. e garantiti da quei beni; richiesta<br />

che, rimasta inevasa, aveva a sua volta provocato il fallimento della società garantita.<br />

La terza ordinanza è intervenuta nel corso di un giudizio proposto, con atto di citazione notificato il 26 gennaio 2001,<br />

dalla società D.M. s.a.s. di Abrusca Clara & c. nei confronti, ancora una volta, del Comune di Roma, al fine di ottenere<br />

il ristoro dei danni subiti in conseguenza del mancato allaccio alla rete fognaria e della mancata "agibilità" di un locale a<br />

destinazione negozio, di proprietà della società attrice.<br />

2.1.– In punto di rilevanza, in tutti e tre i giudizi il giudice a quo, evidenziato che il Comune convenuto ha opposto il<br />

difetto di giurisdizione del giudice ordinario, osserva che, secondo le nuove previsioni in punto di riparto di<br />

giurisdizione – che attribuiscono al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, le controversie aventi ad<br />

oggetto, tra gli altri, i comportamenti della pubblica amministrazione in materia urbanistica – l’eccezione sarebbe<br />

fondata: e invero, alla stregua dei consolidati e condivisi orientamenti del Supremo Collegio, la materia urbanistica non<br />

si esaurisce nell’aspetto normativo della disciplina dell’uso del territorio, ma comprende anche il momento gestionale.<br />

Nelle ordinanze n. 226 e n. 227 del 2003 peraltro, emesse in giudizi iniziati con atti di citazione notificati il 20 luglio<br />

2000, il rimettente precisa, richiamando le puntualizzazioni espresse dalla Corte costituzionale nelle pronunce n. 123 e<br />

n. 340 del 2002, che nella fattispecie la giurisdizione esclusiva si radica non già sul testo originario dell’art. 34 del d.lgs.<br />

n. 80 del 1998, ma su quello sostituito dall’art. 7 della legge n. 205 del 2000, il quale, da un lato, ha innovato la natura<br />

giuridica della fonte, da legge materiale a legge formale (così affrancandola dal vizio di eccesso di delega) e, dall’altro,<br />

per i giudizi introdotti dopo il 10 luglio 1998 e pendenti al 10 agosto 2000 – date in cui sono entrati in vigore,<br />

rispettivamente, il d.lgs. n. 80 del 1998 e la legge n. 205 del 2000 – ha disciplinato direttamente la giurisdizione, in<br />

deroga al principio sancito dall’art. 5 cod. proc. civ., non avendo immutato il dettato dell’art. 45, comma 18, del d.lgs. n.<br />

80 del 1998, che prevede, a decorrere dal 1° luglio 1998, la devoluzione al giudice amministrativo delle controversie di<br />

cui agli artt. 33 e 34: tale ricostruzione della successione temporale delle norme disciplinanti le controversie devolute<br />

alla sua cognizione, impone al decidente di ritenere rilevante nel giudizio a quo la questione di costituzionalità dell’art.<br />

34 del d.lgs. n. 80 del 1998, nel testo risultante dalla sostituzione operata dall’art. 7 della legge n. 205 del 2000.<br />

2.2.– Quanto alla non manifesta infondatezza del dubbio di legittimità, il rimettente, che svolge considerazioni<br />

sostanzialmente identiche in tutti e tre i provvedimenti di rimessione, sostiene preliminarmente che il sistema<br />

dell’estensione della giurisdizione esclusiva per blocchi di materie, seguito dal legislatore sia nel 1998 sia nel 2000, si<br />

discosta da quello delineato nella Carta costituzionale, oltre ad apparire scarsamente razionale e ingiustificatamente<br />

squilibrato a favore della pubblica amministrazione, la quale viene in effetti ad avere un proprio giudice.<br />

In particolare, il contrasto con gli artt. 102, primo comma, 103, primo comma, e 113, primo comma, Cost., si<br />

radicherebbe sulla sostanziale ricezione, nell’assetto accolto dal Costituente, del sistema di tutela giurisdizionale del<br />

privato nei confronti della pubblica amministrazione disciplinato dalla legislazione previgente e in particolare dalla<br />

legge n. 2248 del 1865, All. E, e dal r.d. n. 1054 del 1924: sistema che ruota tutto intorno alla dicotomia diritto<br />

soggettivo-interesse legittimo, quali posizioni soggettive giustiziabili, rispettivamente, davanti al giudice ordinario e al<br />

giudice amministrativo.<br />

Posto allora che, nel quadro istituzionale delineato dalla legge fondamentale del nostro Stato, il giudice ordinario è<br />

giudice dei diritti e la sua giurisdizione viene meno soltanto nei limitati casi in cui la cognizione, in considerazione<br />

dell’intreccio, difficilmente districabile per talune controversie, di figure giuridiche attive riconducibili all’una o<br />

all’altra categoria, è attribuita al giudice amministrativo, il legislatore ordinario non potrebbe discostarsi da tale<br />

modello, attribuendo determinate materie al giudice amministrativo in considerazione della loro rilevanza pubblicistica.<br />

E ciò tanto più che il contesto normativo di riferimento, ancorché caratterizzato dalla progressiva estensione dell’area<br />

della giurisdizione esclusiva – in buona parte a prescindere dalla qualificazione giuridica della situazione vantata nei<br />

185


confronti della pubblica amministrazione (così l’art. 11, comma 5, della legge n. 241 del 7 agosto 1990, sugli accordi<br />

con la pubblica amministrazione sostitutivi dei provvedimenti; l’art. 33 della legge n. 287 del 10 ottobre 1990 e l’art. 7<br />

del d.lgs. n. 74 del 25 gennaio 1992, come modificato dall’art. 5, comma 11, del d.lgs. n. 67 del 25 febbraio 2000, sui<br />

provvedimenti dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato; l’art. 6, comma 19, della legge n. 537 del 24<br />

dicembre 1993, come modificato dall’art. 44 della legge n. 724 del 23 dicembre 1994, sui contratti per la fornitura di<br />

beni e servizi alle pubbliche amministrazioni; l’art. 4, comma 7, della legge n. 109 dell’11 febbraio 1994, come<br />

modificato dall’art. 9, comma 9, della legge n. 415 del 18 novembre 1998, sui provvedimenti dell’Autorità per la<br />

vigilanza sui lavori pubblici; l’art. 2, comma 25, della legge n. 481 del 14 novembre 1995, sui provvedimenti delle<br />

Autorità per i servizi di pubblica utilità; l’art. 1, comma 26, della legge n. 249 del 31 luglio 1997, sui provvedimenti<br />

delle Autorità per le telecomunicazioni) – non avrebbe, a giudizio del rimettente, affatto obliterato la fondamentale<br />

funzione del giudice ordinario quale giudice dei diritti. Non a caso, egli ricorda, nel disciplinare il giudizio di<br />

opposizione alle sanzioni amministrative (legge 24 novembre 1981, n. 689), il legislatore si è spinto nel riconoscimento<br />

di quella funzione, fino al punto di attribuire al giudice ordinario il potere di intervenire direttamente sull’atto, mentre,<br />

pur nell’ambito delle varie ipotesi di giurisdizione esclusiva relative all’impugnazione dei provvedimenti emessi dalle<br />

Autorità indipendenti, non mancano casi in cui è sancita la giurisdizione del giudice ordinario.<br />

Né l’attribuzione al giudice amministrativo delle controversie in materia di urbanistica ed edilizia, operata dall’art. 7<br />

della legge n. 205 del 2000, estesa a tutti gli atti, i provvedimenti e i comportamenti non solo delle pubbliche<br />

amministrazioni, ma anche "dei soggetti alle stesse equiparati", a prescindere dalla compresenza di situazioni di diritto<br />

soggettivo e di interesse legittimo, potrebbe ritenersi legittimata dalla previsione di cui all’art. 103, primo comma,<br />

Cost., posto che la lettera di tale norma evidenzia, semmai, che il legislatore costituzionale si è mosso nell’ottica del<br />

carattere eccezionale della riserva al giudice amministrativo di aree di giurisdizione esclusiva.<br />

Se dunque – argomenta il rimettente – il sistema di riferimento risulta strutturato sulla netta distinzione tra diritti e<br />

interessi legittimi, sulla "particolarità" delle materie nelle quali far operare la giurisdizione esclusiva e sulla<br />

individuabilità delle stesse attraverso l’inscindibile coesistenza di diritti e interessi, forte è il dubbio della legittimità di<br />

una norma di legge ordinaria che da tale assetto palesemente si discosti.<br />

Tale convincimento, ad avviso del giudice a quo, sarebbe convalidato dall’avvenuta presentazione, in data 28 novembre<br />

2000, della proposta di legge costituzionale Atto Camera 7465 della XIII Legislatura, in cui, disegnata l’area di<br />

giurisdizione del giudice amministrativo con riferimento alle "controversie con la pubblica amministrazione nelle<br />

materie indicate dalla legge", venivano allo stesso esplicitamente riservate in ogni caso quelle "riguardanti l’esercizio di<br />

pubblici poteri": modifica della Costituzione espressamente giustificata nella relazione illustrativa anche col richiamo<br />

all’entrata in vigore della legge n. 205 del 2000, la quale avrebbe espresso "una decisa volontà del Parlamento nel senso<br />

indicato".<br />

Quanto poi al contrasto con gli artt. 102, secondo comma, e 3, primo comma, Cost., osserva il rimettente che, se la ratio<br />

giustificatrice dell’istituto della giurisdizione esclusiva è stata per tradizione individuata nella peculiarità delle<br />

controversie nelle quali sia parte la pubblica amministrazione, stante la rilevanza pubblicistica degli interessi in gioco e<br />

la necessità di fare applicazione di una normativa speciale, di natura amministrativa, derogatoria rispetto al diritto<br />

comune – rilievo da taluno correlato alla tesi dell’esistenza di un principio costituzionale di pluralità delle giurisdizioni<br />

–, sarebbe palese la sua assenza con riguardo a quelle fattispecie in cui venga lamentata la lesione di un diritto<br />

soggettivo, perché la pubblica amministrazione ha leso posizioni attive di altri soggetti, agendo iure privatorum o<br />

ponendo in essere un’attività illecita: qui occorrerà invero fare applicazione di nozioni quali danno ingiusto, nesso di<br />

causalità e colpevolezza, tipiche del diritto civile. In tale contesto normativo la norma impugnata, contraddicendo al<br />

principio per cui il giudice amministrativo è organo di tutela della giustizia nell’amministrazione e non già giudice<br />

dell’amministrazione, ingenera il sospetto di violazione del divieto di istituire giudici speciali (art. 102, secondo<br />

comma, Cost.), dubbio vieppiù avvalorato dalla considerazione dei meccanismi di copertura di un quarto dei posti di<br />

consigliere di Stato (art. 19, numero 2, della legge 27 aprile 1982, n. 186), di nomina del presidente del Consiglio di<br />

Stato (art. 22, primo comma, della legge cit.) e di conferimento dell’incarico di segretario generale (art. 4, comma 3);<br />

nonché dalla considerazione delle funzioni di "alta sorveglianza" e di iniziativa in punto di promozione dei<br />

procedimenti disciplinari, attribuite al Presidente del Consiglio dei ministri su tutti i magistrati amministrativi (artt. 31,<br />

primo comma, e 33, primo comma) e della possibilità, per gli stessi, di accedere allo svolgimento di funzioni giuridicoamministrative<br />

presso le amministrazioni dello Stato (art. 13, secondo comma, numero 8, e art. 29, terzo comma).<br />

Sostiene anche il rimettente che devolvere una controversia a un giudice speciale in funzione, soltanto, della natura<br />

pubblica di una delle parti o della pretesa rilevanza pubblicistica degli interessi in contesa, desunta dall’esercizio di<br />

funzioni amministrative, anche da parte di un soggetto privato, sarebbe scelta foriera di una non giustificata disparità di<br />

trattamento tra i soggetti dell’ordinamento, posto che essa recherebbe in sé il rischio dell’affermazione di un diritto<br />

speciale della pubblica amministrazione, conformato su valutazioni incompatibili con la natura privatistica del rapporto<br />

controverso e su una posizione di ingiustificato privilegio attribuita ad una delle parti, la pubblica amministrazione, alla<br />

186


quale invece la Costituzione non riconosce alcun privilegio o statuto particolare, specie ove non agisca iure imperii o si<br />

rapporti ai privati su un piano di parità.<br />

Il sospetto di lesione degli artt. 111, settimo e ottavo comma, e 24, primo comma, e, sotto nuovo profilo, ancora una<br />

volta, dell’art. 3 della Costituzione viene radicato sul fatto che il legislatore del 2000, istituendo un giudice<br />

amministrativo munito di giurisdizione esclusiva in materie e con strumenti processuali pressoché coincidenti con le<br />

materie e con gli strumenti processuali da sempre appartenenti al giudice ordinario, si sarebbe mosso in palese<br />

controtendenza con le ragioni della scelta che guidarono il Costituente il quale, mantenendo in vita alcune delle<br />

giurisdizioni speciali preesistenti, operò in vista della conservazione del patrimonio di conoscenze da questi acquisite.<br />

L’irragionevolezza dell’opzione normativa, e la conseguente violazione dell’art. 3 della Costituzione, risulterebbe<br />

vieppiù evidente in un contesto storico segnato – come si evince dall’art. 11 della legge n. 241 del 1990 e dalla<br />

notissima Cass. sezioni unite n. 500 del 1999 – dalla sempre più incisiva affrancazione dei rapporti fra cittadino e<br />

pubblica amministrazione dal modello c.d. autoritativo, e dalla loro evoluzione verso un modello c.d. negoziale,<br />

centrato sull’accordo delle parti e sul loro fondamentale dovere di comportarsi secondo buona fede.<br />

Infine l’attribuzione della cognizione di controversie sostanzialmente identiche, da decidere, per giunta, facendo uso di<br />

poteri processuali in larga misura coincidenti, a due plessi giurisdizionali distinti, unicamente in ragione della natura<br />

soggettiva di una delle parti in causa, comporterebbe un sostanziale svuotamento anche del fondamentale diritto di<br />

difesa, sancito dall’art. 24, primo comma, della Costituzione, sotto il profilo che, limitando l’art. 111, ottavo comma,<br />

della Costituzione, la ricorribilità per Cassazione delle decisioni del Consiglio di Stato ai "soli motivi inerenti alla<br />

giurisdizione", non vi sarebbe alcuna possibilità di composizione dei contrasti giurisprudenziali fra giudici ordinari e<br />

giudici amministrativi.<br />

2.3.– In tutti e tre i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, a mezzo dell’Avvocatura generale dello<br />

Stato, il quale ha dedotto l’inammissibilità e l’infondatezza della questione proposta, richiamando le argomentazioni<br />

(sub 1.3.) svolte nel giudizio relativo alla ordinanza n. 488 del 2002.<br />

2.4.– Il 6 ottobre 2003, nei giudizi di cui alle ordinanze n. 226 e n. 227 del 2003, e il 26 novembre 2003, nel giudizio di<br />

cui all’ordinanza n. 680 del 2003, l’Avvocatura ha poi depositato memorie di contenuto pressoché identico a quello<br />

della memoria depositata nel giudizio n. 488 del 2002 (v. retro, sub 1.5.)<br />

Considerato in diritto<br />

1.– Il Tribunale di Roma solleva questione di legittimità costituzionale, con r.o. n. 488 del 2002, dell’art. 33, comma 1 e<br />

comma 2, lettere b) ed e) e, con r.o. n. 226, n. 227 e n. 680 del 2003, dell’art. 34, comma 1, del d.lgs. 31 marzo 1998, n.<br />

80, come sostituiti dall’art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205; in tutte le ordinanze di rimessione si assumono violati<br />

gli artt. 3, 24, 102, 103, 111 e 113 della Costituzione, mentre la prima ordinanza dubita, altresì, della violazione degli<br />

artt. 25 e 100 della Costituzione.<br />

I giudizi – in ciascuno dei quali è adeguatamente motivata la rilevanza della questione – devono essere riuniti in quanto,<br />

sia pure in relazione a due norme diverse (artt. 33 e 34 del d.lgs. n. 80 del 1998, come modificati dall’art. 7 della legge<br />

n. 205 del 2000), in tutti viene sostanzialmente posta la (medesima) questione dei limiti che il legislatore ordinario deve<br />

rispettare nel disciplinare, ampliandola, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.<br />

2.– Le questioni sono fondate nei limiti di seguito precisati.<br />

2.1.– I giudici rimettenti lamentano che la legge n. 205 del 2000, portando a compimento un disegno di politica<br />

legislativa volto, a partire dal 1990, ad estendere l’area della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, abbia<br />

sostituito al criterio di riparto della giurisdizione fissato in Costituzione, e costituito dalla dicotomia diritti soggettiviinteressi<br />

legittimi, il diverso criterio dei "blocchi di materie": in tal modo sarebbe stato alterato non soltanto il rapporto<br />

tra giurisdizione del giudice ordinario e del giudice amministrativo – rapporto che, pur non essendo stato realizzato il<br />

principio dell’unicità della giurisdizione, dovrebbe pur sempre essere di regola ad eccezione quanto alla cognizione su<br />

diritti soggettivi – ma anche il rapporto, all’interno della giurisdizione del giudice amministrativo, tra giurisdizione<br />

(generale) di legittimità e giurisdizione (speciale, se non eccezionale) esclusiva.<br />

La violazione degli artt. 102 e 103 Cost. (e dell’art. 100 – aggiunge l’ordinanza n. 488 del 2002 – con la trasformazione<br />

del Consiglio di Stato da giudice "nell’amministrazione" in giudice "dell’amministrazione") non si sarebbe realizzata<br />

con i pur massicci interventi legislativi degli anni ’90, in quanto le nuove ipotesi di giurisdizione esclusiva<br />

concernevano pur sempre «talune specifiche controversie» caratterizzate «dall’intreccio di posizioni giuridiche<br />

187


iconducibili tanto al diritto soggettivo quanto all’interesse legittimo»: è con il d.lgs. n. 80 del 1998, specie come<br />

trasfuso nell’art. 7 della legge n. 205 del 2000, che il legislatore ha abbandonato il criterio dello «inestricabile nodo<br />

gordiano» ravvisabile in specifiche controversie correlate all’interesse generale per accogliere quello dei «blocchi di<br />

materie», nelle quali «la commistione di diritti soggettivi ed interessi legittimi non si debba ricercare nelle varie<br />

tipologie delle singole controversie ma nell’atteggiarsi dell’azione della pubblica amministrazione in settori determinati,<br />

anche se molto estesi, connotati da una significativa presenza dell’interesse pubblico».<br />

La Costituzione, attribuendo al giudice ordinario «il ruolo di giudice naturale dei diritti soggettivi tra privati e pubblica<br />

amministrazione», avrebbe recepito e fatto propri i principi ispiratori della legge n. 2248 del 1865, All. E, così<br />

conferendo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo un carattere residuale, che può giustificare<br />

«eccezioni ma non stravolgimenti» rispetto alla «tendenziale generalità ed illimitatezza delle attribuzioni del giudice<br />

ordinario».<br />

Anche a voler prescindere dall’irragionevolezza della scelta legislativa di esaltare il ruolo del giudice amministrativo<br />

nel momento in cui al c.d. modello autoritativo dei rapporti cittadino-pubblica amministrazione viene sempre più<br />

sostituito il c.d. modello negoziale, tale scelta – unita al conferimento al giudice amministrativo di «pienezza di poteri<br />

decisori» e quindi anche risarcitori, perfino «al di fuori della giurisdizione esclusiva e nell’ambito della sua<br />

giurisdizione generale di legittimità» – farebbe sì che «il giudice amministrativo sia ormai proiettato in una dimensione<br />

civilistica che fino a ieri costituiva territorio esclusivo del giudice ordinario», per giunta senza sottostare al controllo<br />

nomofilattico, che costituisce anche garanzia di parità di trattamento, della Corte di cassazione.<br />

2.2.– Del tutto correttamente i rimettenti osservano che la Carta costituzionale ha recepito – non senza conservare<br />

traccia nell’art. 102, primo comma, dell’orientamento favorevole all’unicità della giurisdizione – il nucleo dei principi<br />

in materia di giustizia amministrativa quali evolutisi a partire dalla legge abolitrice del contenzioso amministrativo del<br />

1865: ed i lavori della Costituente documentano come «l’indispensabile riassorbimento nella Costituzione dei principi<br />

fondamentali della legge 20 marzo 1865» conducesse, da un lato, alla proposta di Calamandrei per cui «l’esercizio del<br />

potere giudiziario in materia civile, penale e amministrativa appartiene esclusivamente ai giudici ordinari» (art. 12,<br />

discusso dalla seconda Sottocommissione il 17 dicembre 1946) e, dall’altro lato, al testo (proposto dagli on.li Conti,<br />

Bettiol, Perassi, Fabbri e Vito Reale) approvato dall’Assemblea costituente nella seduta pomeridiana del 21 novembre<br />

1947, corrispondente agli attuali artt. 102 e 103 Cost.; e conducesse, inoltre, alla esclusione della soggezione delle<br />

decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti al controllo di legittimità della Corte di cassazione, limitandolo al<br />

solo «eccesso di potere giudiziario», coerentemente alla «unità non organica, ma funzionale di giurisdizione, che non<br />

esclude, anzi implica, una divisione dei vari ordini di giudici in sistemi diversi, in sistemi autonomi, ognuno dei quali fa<br />

parte a sé» (così Mortati, seduta pomeridiana del 27 novembre 1947).<br />

In realtà, come la dottrina ha da tempo chiarito, la legge n. 2248 del 1865, All. E, nel momento stesso in cui assicurava<br />

tutela al cittadino davanti al giudice ordinario per «tutte le materie nelle quali si faccia questione di un diritto civile o<br />

politico, comunque vi possa essere interessata la pubblica amministrazione» (art. 2), sanciva in ogni altro caso (per «gli<br />

affari non compresi nell’articolo precedente») la totale sottrazione a qualsiasi controllo giurisdizionale della sfera della<br />

c.d. amministrazione pura (art. 3): in tal modo – anche grazie all’ampiezza con la quale questa zona "franca"<br />

dell’amministrazione fu intesa dalla giurisprudenza, in ciò incoraggiata dall’allora giudice dei conflitti, il Consiglio di<br />

Stato, e dal successivo giudice ex legge 31 marzo 1877 n. 3761, le sezioni unite della Cassazione romana – la legge del<br />

1865 creava le premesse della legislazione successiva volta a colmare il sempre più grave vuoto di tutela giurisdizionale<br />

da essa lasciato con il puro e semplice ignorare tale esigenza negli «affari non compresi» nell’art. 2.<br />

La relazione Crispi al disegno di legge, divenuto la legge (istitutiva della IV Sezione) 31 marzo 1889, n. 5992, chiarisce<br />

infatti che «la legge 20 marzo 1865, All. E, proclamò l’unità della giurisdizione, ma nulla avendo sostituito al<br />

contenzioso amministrativo che abolì, rimase abbandonata alla potestà amministrativa l’immensa somma di interessi<br />

onde lo Stato è depositario»; e pur se soltanto la legge 7 marzo 1907, n. 62, istitutiva della V Sezione, definì<br />

"giurisdizionale" questa e la IV Sezione, riconoscendo alle loro decisioni l’efficacia del giudicato, la funzione<br />

giurisdizionale dell’organo, che sarebbe stato chiamato a colmare il vuoto di tutela da essa lasciato, era già insita nella<br />

legge abolitrice del contenzioso amministrativo.<br />

E’ evidente, quindi, l’ambivalenza del richiamo – operato così da Calamandrei come dai suoi oppositori nell’Assemblea<br />

costituente – all’«indispensabile riassorbimento nella Costituzione dei principi fondamentali della legge 20 marzo 1865,<br />

All. E»: richiamo, che potrebbe dirsi "statico", da parte di chi voleva colmare, nel 1947, con il giudice ordinario<br />

(eventualmente attraverso sue sezioni specializzate), il vuoto di tutela lasciato nel 1865 ed "abusivamente" (rispetto ai<br />

principi proclamati nell’art. 2) poi riempito da un Consiglio di Stato che aveva, ormai, «esaurito storicamente» il suo<br />

compito (Calamandrei, II Sottocommissione, seduta pomeridiana del 9 gennaio 1947); richiamo, che potrebbe dirsi<br />

"dinamico", da parte di chi sottolineava che «il Consiglio di Stato non ha mai tolto nulla al giudice ordinario» (così<br />

188


Bozzi, ivi) in quanto la giurisdizione amministrativa è sorta «non come usurpazione al giudice ordinario di particolari<br />

attribuzioni, ma come conquista di una tutela giurisdizionale da parte del cittadino nei confronti della pubblica<br />

amministrazione; quindi non si tratta di ristabilire la tutela giudiziaria ordinaria del cittadino che sia stata usurpata da<br />

questa giurisdizione amministrativa, ma di riconsacrare la perfetta tradizione di una conquista particolare di tutela da<br />

parte del cittadino» (Leone, Assemblea, seduta pomeridiana del 21 novembre 1947).<br />

Sembra allora chiaro che il Costituente, accogliendo quest’ultima impostazione, ha riconosciuto al giudice<br />

amministrativo piena dignità di giudice ordinario per la tutela, nei confronti della pubblica amministrazione, delle<br />

situazioni soggettive non contemplate dal (modo in cui era stato inteso) l’art. 2 della legge del 1865; così come di questa<br />

legge ha, con quello che sarebbe diventato l’art. 113 Cost., recepito il principio – «e fu per questo ritenuta una conquista<br />

liberale di grande importanza» – «per il quale, quando un diritto civile o politico viene leso da un atto della pubblica<br />

amministrazione, questo diritto si può far valere di fronte all’Autorità giudiziaria ordinaria, in modo che la pubblica<br />

amministrazione davanti ai giudici ordinari viene a trovarsi, in questi casi, come un qualsiasi litigante privato soggetto<br />

alla giurisdizione … principio fondamentale che è stato completato poi con l’istituzione delle sezioni giurisdizionali del<br />

Consiglio di Stato … dell’unicità della giurisdizione nei confronti della pubblica amministrazione» (Calamandrei,<br />

Assemblea, seduta pomeridiana del 27 novembre 1947).<br />

2.3.– Se, relativamente alla conservazione della giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo, l’esame<br />

dei lavori dell’Assemblea costituente offre il quadro che si è tratteggiato, da essi non emergono particolari elementi di<br />

chiarificazione relativamente alla previsione, nel testo dell’art. 103 Cost., della giurisdizione esclusiva: previsione che<br />

compare quasi come accessoria rispetto a quella generale di legittimità, per «la inscindibilità delle questioni di interesse<br />

legittimo e di diritto soggettivo, e per la prevalenza delle prime», le quali impongono di «aggiungere la competenza del<br />

Consiglio di Stato per i diritti soggettivi, nelle materie particolari specificamente indicate dalla legge» (Ruini,<br />

Assemblea, seduta pomeridiana del 21 novembre 1947).<br />

3.– L’ambivalenza stessa della premessa, si è rilevato, esclude in radice che possa sostenersi che la Costituzione abbia<br />

definitivamente ed immutabilmente cristallizzato la situazione esistente nel 1948 circa il riparto di giurisdizione tra<br />

giudice ordinario e giudice amministrativo, ma deve anche escludersi che dalla Costituzione non si desumano i confini<br />

entro i quali il legislatore ordinario, esercitando il potere discrezionale suo proprio (più volte riconosciutogli da questa<br />

Corte), deve contenere i suoi interventi volti a ridistribuire le funzioni giurisdizionali tra i due ordini di giudici: a ciò<br />

non ostando la circostanza che, per la prima volta in un testo normativo, è nella Costituzione che compare, e<br />

ripetutamente, la locuzione "interessi legittimi".<br />

Si è detto della chiara opzione del Costituente in favore del riconoscimento al giudice amministrativo della piena dignità<br />

di giudice: riconoscimento per il quale milita, oltre e più che l’apprezzamento, più volte espresso nell’Assemblea<br />

costituente, per l’indipendenza con la quale il Consiglio di Stato aveva operato durante il regime fascista, la circostanza<br />

che l’art. 24 Cost. assicura agli interessi legittimi – la cui tutela l’art. 103 riserva al giudice amministrativo – le<br />

medesime garanzie assicurate ai diritti soggettivi quanto alla possibilità di farli valere davanti al giudice ed alla<br />

effettività della tutela che questi deve loro accordare.<br />

Si è anche sostenuto che, in presenza di tale opzione, il principio dell’unicità della giurisdizione – espresso dall’art. 102,<br />

con riguardo al giudice, e riflesso nell’art. 113, con riguardo alle forme di tutela garantite al cittadino – sta a significare<br />

che in nessun caso il legislatore ordinario può far sì che la pubblica amministrazione sia, in quanto tale, assoggettata ad<br />

una particolare giurisdizione, ovvero sottratta alla giurisdizione alla quale soggiace «qualsiasi litigante privato»: la<br />

specialità di un giudice può fondarsi esclusivamente sul fatto che questo sia chiamato ad assicurare la giustizia<br />

"nell’amministrazione", e non mai sul mero fatto che parte in causa sia la pubblica amministrazione.<br />

3.1.– Alla luce di tali principi occorre valutare se la disciplina introdotta, in punto di giurisdizione esclusiva, dalla legge<br />

n. 205 del 2000 è tale da confliggere con essi; ciò che equivale a chiedersi se quei principi conformino la giurisdizione<br />

esclusiva, ritenuta ammissibile dalla Costituzione, in modo incompatibile con la disciplina dettata dalla legge de qua.<br />

Si è rilevato (sub 2.1.) che i rimettenti ricordano diffusamente come la giurisdizione esclusiva – fino al 1990 confinata<br />

nei ristretti limiti segnati dagli artt. 29 del t.u. n. 1054 del 1924 e 5, comma 1, della legge n. 1034 del 1971 (ma adde gli<br />

artt. 11 della legge n. 1185 del 1967; 32 della legge n. 426 del 1971; 16 della legge n. 10 del 1977; 6 della legge n. 440<br />

del 1978; 35 della legge n. 47 del 1985; 11 della legge n. 210 del 1985) – sia stata notevolmente estesa a partire da tale<br />

anno contemplando l’impugnazione degli atti delle c.d. autorità amministrative indipendenti (artt. 33 della legge n. 287<br />

del 1990; 7 del d.lgs. n. 74 del 1992; 10 della legge n. 109 del 1994; 2 della legge n. 481 del 1995; 1 della legge n. 249<br />

del 1997) nonché quella degli accordi tra privati e pubblica amministrazione (artt. 11 e 15 della legge n. 241 del 1990;<br />

legge n. 537 del 1993); ma tale estensione non appare loro confliggente con alcun parametro costituzionale in quanto,<br />

189


osservano, pur sempre limitata a specifiche controversie connotate non già da una generica rilevanza pubblicistica,<br />

bensì dall’intreccio di situazioni soggettive qualificabili come interessi legittimi e come diritti soggettivi.<br />

La giurisdizione esclusiva introdotta, viceversa, dalla legge n. 205 del 2000 sarebbe qualitativamente diversa e, come<br />

tale, incompatibile con il dettato costituzionale.<br />

3.2.– Le censure che si sono sinteticamente riferite (sub 2.1.) colgono nel segno nella parte in cui denunciano<br />

l’adozione, da parte del legislatore ordinario del 1998-2000, di un’idea di giurisdizione esclusiva ancorata alla pura e<br />

semplice presenza, in un certo settore dell’ordinamento, di un rilevante pubblico interesse; un’idea – come osservano i<br />

rimettenti – che presuppone l’approvazione (mai avvenuta) di quel progetto di riforma (Atto Camera 7465 XIII<br />

Legislatura) dell’art. 103 Cost. secondo il quale «la giurisdizione amministrativa ha ad oggetto le controversie con la<br />

pubblica amministrazione nelle materie indicate dalla legge».<br />

E’ evidente, viceversa, che il vigente art. 103, primo comma, Cost. non ha conferito al legislatore ordinario una assoluta<br />

ed incondizionata discrezionalità nell’attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua giurisdizione<br />

esclusiva, ma gli ha conferito il potere di indicare "particolari materie" nelle quali "la tutela nei confronti della pubblica<br />

amministrazione" investe "anche" diritti soggettivi: un potere, quindi, del quale può dirsi, al negativo, che non è né<br />

assoluto né incondizionato, e del quale, in positivo, va detto che deve considerare la natura delle situazioni soggettive<br />

coinvolte, e non fondarsi esclusivamente sul dato, oggettivo, delle materie.<br />

Tale necessario collegamento delle "materie" assoggettabili alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo con<br />

la natura delle situazioni soggettive – e cioè con il parametro adottato dal Costituente come ordinario discrimine tra le<br />

giurisdizioni ordinaria ed amministrativa – è espresso dall’art. 103 laddove statuisce che quelle materie devono essere<br />

"particolari" rispetto a quelle devolute alla giurisdizione generale di legittimità: e cioè devono partecipare della loro<br />

medesima natura, che è contrassegnata della circostanza che la pubblica amministrazione agisce come autorità nei<br />

confronti della quale è accordata tutela al cittadino davanti al giudice amministrativo.<br />

Il legislatore ordinario ben può ampliare l’area della giurisdizione esclusiva purché lo faccia con riguardo a materie (in<br />

tal senso, particolari) che, in assenza di tale previsione, contemplerebbero pur sempre, in quanto vi opera la pubblica<br />

amministrazione-autorità, la giurisdizione generale di legittimità: con il che, da un lato, è escluso che la mera<br />

partecipazione della pubblica amministrazione al giudizio sia sufficiente perché si radichi la giurisdizione del giudice<br />

amministrativo (il quale davvero assumerebbe le sembianze di giudice "della" pubblica amministrazione: con violazione<br />

degli artt. 25 e 102, secondo comma, Cost.) e, dall’altro lato, è escluso che sia sufficiente il generico coinvolgimento di<br />

un pubblico interesse nella controversia perché questa possa essere devoluta al giudice amministrativo.<br />

3.3.– E’ appena il caso di rilevare che, ove il legislatore ordinario si attenga ai criteri appena enunciati, si risolve in<br />

radice anche il problema che i rimettenti pongono con riguardo all’art. 111, settimo comma, Cost.: è sufficiente<br />

osservare, infatti, che è la stessa Carta costituzionale a prevedere che siano sottratte al vaglio di legittimità della Corte di<br />

cassazione le pronunce che investono i diritti soggettivi nei confronti dei quali, nel rispetto della "particolarità" della<br />

materia nel senso sopra (3.2) chiarito, il legislatore ordinario prevede la giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo.<br />

3.4.– Alla luce di tali criteri – desumibili dalla lettera delle norme nelle quali si è incarnata, nella Costituzione, la storia<br />

della giustizia amministrativa in Italia – la disciplina dettata dall’art. 7 della legge n. 205 del 2000, nella parte in cui<br />

sostituisce gli artt. 33 e 34 del d.lgs. n. 80 del 1998, non è conforme a Costituzione.<br />

3.4.1.– Va premesso che la dichiarazione di incostituzionalità non investe in alcun modo – nonostante i rimettenti ne<br />

adducano il disposto a sostegno delle loro censure – l’art. 7 della legge n. 205 del 2000, nella parte in cui (lettera c)<br />

sostituisce l’art. 35 del d.lgs. n. 80 del 1998: il potere riconosciuto al giudice amministrativo di disporre, anche<br />

attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto non costituisce sotto alcun profilo una<br />

nuova "materia" attribuita alla sua giurisdizione, bensì uno strumento di tutela ulteriore, rispetto a quello classico<br />

demolitorio (e/o conformativo), da utilizzare per rendere giustizia al cittadino nei confronti della pubblica<br />

amministrazione.<br />

L’attribuzione di tale potere non soltanto appare conforme alla piena dignità di giudice riconosciuta dalla Costituzione<br />

al Consiglio di Stato (sub 3), ma anche, e soprattutto, essa affonda le sue radici nella previsione dell’art. 24 Cost., il<br />

quale, garantendo alle situazioni soggettive devolute alla giurisdizione amministrativa piena ed effettiva tutela, implica<br />

che il giudice sia munito di adeguati poteri; e certamente il superamento della regola (avvenuto, peraltro, sovente in via<br />

pretoria nelle ipotesi olim di giurisdizione esclusiva), che imponeva, ottenuta tutela davanti al giudice amministrativo,<br />

di adire il giudice ordinario, con i relativi gradi di giudizio, per vedersi riconosciuti i diritti patrimoniali consequenziali<br />

190


e l’eventuale risarcimento del danno (regola alla quale era ispirato anche l’art. 13 della legge 19 febbraio 1992, n. 142,<br />

che pure era di derivazione comunitaria), costituisce null’altro che attuazione del precetto di cui all’art. 24 Cost..<br />

3.4.2.– La formulazione dell’art. 33 del d.lgs. n. 80 del 1998, quale recata dall’art. 7, comma 1, lettera a), della legge n.<br />

205 del 2000, confligge con i criteri, quali si sono individuati sub 3.2. ai quali deve ispirarsi la legge ordinaria quando<br />

voglia riservare una "particolare materia" alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.<br />

Ed infatti, non soltanto (e non tanto) il riferimento ad una materia (i pubblici servizi) dai confini non compiutamente<br />

delimitati (se non in relazione all’ipotesi di concessione prevista fin dall’art. 5 della legge n. 1034 del 1971), quanto, e<br />

soprattutto, quello a "tutte le controversie" ricadenti in tale settore rende evidente che la "materia" così individuata<br />

prescinde del tutto dalla natura delle situazioni soggettive in essa coinvolte: sicché, inammissibilmente, la giurisdizione<br />

esclusiva si radica sul dato, puramente oggettivo, del normale coinvolgimento in tali controversie di quel generico<br />

pubblico interesse che è naturaliter presente nel settore dei pubblici servizi. Ma, in tal modo, viene a mancare il<br />

necessario rapporto di species a genus che l’art. 103 Cost. esige allorché contempla, come "particolari", rispetto a quelle<br />

nelle quali la pubblica amministrazione agisce quale autorità, le materie devolvibili alla giurisdizione esclusiva del<br />

giudice amministrativo.<br />

Tale conclusione è avvalorata dalla circostanza che il comma 2 della norma individua esemplificativamente ("in<br />

particolare") controversie, quale quella incardinata davanti al giudice a quo, nelle quali può essere del tutto assente ogni<br />

profilo riconducibile alla pubblica amministrazione-autorità: e certamente le ipotesi specificamente censurate (lettere b<br />

ed e) sono tali da non resistere al vaglio di costituzionalità in quanto non soltanto (come le altre contemplate dal comma<br />

2) travolte dalla censura che investe la previsione di "tutte le controversie in materia di pubblici servizi", ma anche<br />

perché, ex se, integrano ipotesi nelle quali tali controversie non vedono, normalmente, coinvolta la pubblica<br />

amministrazione-autorità.<br />

La materia dei pubblici servizi può essere oggetto di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo se in essa la<br />

pubblica amministrazione agisce esercitando il suo potere autoritativo ovvero, attesa la facoltà, riconosciutale dalla<br />

legge, di adottare strumenti negoziali in sostituzione del potere autoritativo, se si vale di tale facoltà (la quale, tuttavia,<br />

presuppone l’esistenza del potere autoritativo: art. 11 della legge n. 241 del 1990): sicché, conclusivamente, va<br />

dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 33, comma 1, nella parte in cui prevede che sono devolute alla<br />

giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo «tutte le controversie in materia di pubblici servizi» anziché le<br />

controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti<br />

indennità, canoni ed altri corrispettivi (così come era previsto fin dall’art. 5 della legge n. 1034 del 1971), ovvero<br />

relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un<br />

procedimento amministrativo disciplinato dalla legge n. 241 del 7 agosto 1990, ovvero ancora relative all’affidamento<br />

di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore (così come era previsto dall’art. 33,<br />

comma 2, lettere c e d).<br />

Va altresì dichiarata l’illegittimità costituzionale del comma 2 della norma in esame.<br />

3.4.3.– Analoghi rilievi investono la nuova formulazione dell’art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998, quale recata dall’art. 7,<br />

comma 1, lettera b), della legge n. 205 del 2000: formulazione che si pone in contrasto con la Costituzione nella parte in<br />

cui, comprendendo nella giurisdizione esclusiva – oltre "gli atti e i provvedimenti" attraverso i quali le pubbliche<br />

amministrazioni (direttamente ovvero attraverso "soggetti alle stesse equiparati") svolgono le loro funzioni<br />

pubblicistiche in materia urbanistica ed edilizia – anche "i comportamenti", la estende a controversie nelle quali la<br />

pubblica amministrazione non esercita – nemmeno mediatamente, e cioè avvalendosi della facoltà di adottare strumenti<br />

intrinsecamente privatistici – alcun pubblico potere.<br />

Poiché, mutatis mutandis, a tale previsione dell’art. 34, comma 1, del d.lgs. n. 80 del 1998 si attagliano le medesime<br />

considerazioni che si sono esposte (sub 3.4.2.) a proposito dell’art. 33, comma 1, deve dichiararsi l’illegittimità<br />

costituzionale dell’art. 34, comma 1, del d.lgs. n. 80 del 1998, come sostituito dall’art. 7, comma 1, lettera b), della<br />

legge n. 205 del 2000, nella parte in cui devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie<br />

aventi per oggetto «gli atti, i provvedimenti e i comportamenti» in luogo che «gli atti e i provvedimenti» delle<br />

amministrazioni pubbliche e dei soggetti alle stesse equiparati.<br />

Per questi motivi<br />

LA CORTE COSTITUZIONALE<br />

191


iuniti i giudizi,<br />

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 33, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 (Nuove<br />

disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle<br />

controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell’articolo 11, comma 4, della legge 15<br />

marzo 1997, n. 59), come sostituito dall’art. 7, lettera a, della legge 21 luglio 2000, n. 205 (Disposizioni in materia di<br />

giustizia amministrativa), nella parte in cui prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo «tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli» anziché «le controversie in<br />

materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri<br />

corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico<br />

servizio in un procedimento amministrativo disciplinato dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, ovvero ancora relative<br />

all’affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore, nonché»;<br />

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 33, comma 2, del medesimo decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80,<br />

come sostituito dall’art. 7, lettera a, della legge 21 luglio 2000, n. 205;<br />

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 34, comma 1, del medesimo decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80,<br />

come sostituito dall’art. 7, lettera b, della legge 21 luglio 2000, n. 205, nella parte in cui prevede che sono devolute alla<br />

giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto «gli atti, i provvedimenti e i<br />

comportamenti» anziché «gli atti e i provvedimenti» delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti alle stesse<br />

equiparati, in materia urbanistica ed edilizia.<br />

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2004.<br />

F.to:<br />

Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente<br />

Romano VACCARELLA, Redattore<br />

Gabriella MELATTI, Cancelliere<br />

Depositata in Cancelleria il 6 luglio 2004.<br />

192


193


CORTE COSTITUZIONALE - sentenza 11 maggio 2006 n. 191<br />

Pres. Marini, Red. Vaccarella - (giudizi promossi con ordinanze del 22 ottobre 2004 e del 5 maggio 2005 dal T.A.R.<br />

Calabria sui ricorsi proposti da Marzano Fabrizio ed altri contro il Ministero dell’interno ed altri e da Carè Ilario contro<br />

il Comune di Nardodipace, iscritte ai numeri 36 e 425 del registro ordinanze 2005 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale<br />

della Repubblica numeri 7 e 37, prima serie speciale, dell’anno 2005).<br />

1. Giurisdizione e competenza - Espropriazione per p.u. - Occupazione acquisitiva - Controversie - Devoluzione<br />

di esse alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - Ex art. 53, comma 1, del decreto legislativo 8<br />

giugno 2001, n. 325 - Illegittimità costituzionale di quest’ultima norma - Va dichiarata nella parte in cui non<br />

esclude dalla giurisdizione del g.a. i comportamenti non riconducibili, nemmeno mediatamente, all’esercizio di<br />

un pubblico potere.<br />

2. Giurisdizione e competenza - Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - Sentenza n. 204 del 2004 -<br />

Interpretazione - Controversie relative a "comportamenti" (di impossessamento del bene altrui) collegati<br />

all’esercizio, pur se illegittimo, di un pubblico potere - Conferimento alla giurisdizione esclusiva del g.a. -<br />

Legittimità - Controversie relative a "comportamenti" posti in essere in carenza di potere ovvero in via di mero<br />

fatto - Conferimento alla giurisdizione esclusiva del g.a. - Illegittimità.<br />

3. Giurisdizione e competenza - Risarcimento dei danni - Controversie in materia - Giurisdizione del giudice<br />

amministrativo - Nel caso di annullamento di atti illegittimi - Sussiste - Circostanza che la pretesa risarcitoria<br />

abbia, o non abbia, intrinseca natura di diritto soggettivo - Irrilevanza.<br />

4. Espropriazione per p.u. - Occupazione appropriativa ed occupazione usurpativa - Differenze - Nozione -<br />

Individuazione.<br />

5. Espropriazione per p.u. - Occupazione appropriativa ed occupazione usurpativa - Previsione nel primo caso<br />

del solo risarcimento del danno per equivalente monetario - Previsione nel secondo caso, in alternativa, anche<br />

della restituzione del bene.<br />

1. Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 53, comma 1, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 325<br />

(Testo unico delle disposizioni legislative in materia di espropriazione per pubblica utilità – Testo B), trasfuso<br />

nell’art. 53, comma 1, del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari<br />

in materia di espropriazione per pubblica utilità – Testo A), nella parte in cui, devolvendo alla giurisdizione<br />

esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative a «i comportamenti delle pubbliche amministrazioni<br />

e dei soggetti ad esse equiparati», non esclude i comportamenti non riconducibili, nemmeno mediatamente,<br />

all’esercizio di un pubblico potere (1).<br />

2. I principi già enunciati dalla Corte costituzionale in materia di giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo con la sentenza n. 204 del 2004 comportano che deve ritenersi conforme a Costituzione la<br />

devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie relative a "comportamenti"<br />

(di impossessamento del bene altrui) collegati all’esercizio, pur se illegittimo, di un pubblico potere, laddove deve<br />

essere dichiarata costituzionalmente illegittima la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del g.a. di<br />

"comportamenti" posti in essere in carenza di potere ovvero in via di mero fatto.<br />

3. Con l'art. 7 della L. n. 205 del 2000, al precedente sistema che, in considerazione della natura intrinseca di<br />

diritto soggettivo della situazione giuridica conseguente all'annullamento del provvedimento amministrativo,<br />

attribuiva al giudice ordinario le controversie sul risarcimento del danno conseguente all'annullamento di atti<br />

amministrativi, il legislatore ha sostituito un sistema che riconosce esclusivamente al giudice naturale della<br />

legittimità dell'esercizio della funzione pubblica poteri idonei ad assicurare piena tutela, e quindi anche il potere<br />

di risarcire, sia per equivalente sia in forma specifica, il danno sofferto per l'illegittimo esercizio della funzione;<br />

da ciò consegue che, ai fini del riparto di giurisdizione, è irrilevante la circostanza che la pretesa risarcitoria<br />

abbia, o non abbia, intrinseca natura di diritto soggettivo.<br />

4. Si ha occupazione appropriativa (ovvero, anche, accessione invertita o espropriazione sostanziale) quando il<br />

fondo è stato occupato a seguito di dichiarazione di pubblica utilità, e pertanto nell’ambito di una procedura di<br />

espropriazione, ed ha subìto una irreversibile trasformazione in esecuzione dell’opera di pubblica utilità senza<br />

che, tuttavia, sia intervenuto il decreto di esproprio o altro atto idoneo a produrre l’effetto traslativo della<br />

proprietà; si ha invece occupazione usurpativa, nel caso di apprensione del fondo altrui in carenza di titolo:<br />

194


carenza universalmente ravvisata nell’ipotesi di assenza ab initio della dichiarazione di pubblica utilità, e da<br />

taluni anche nell’ipotesi di annullamento, con efficacia ex tunc, della dichiarazione inizialmente esistente ovvero<br />

di sua inefficacia per inutile decorso dei termini previsti per l’esecuzione dell’opera pubblica.<br />

5. Nel caso dell’occupazione appropriativa, perfezionandosi con l’irreversibile trasformazione del fondo la<br />

traslazione in capo all’amministrazione del diritto di proprietà, il proprietario del fondo non può che chiedere la<br />

tutela per equivalente, mentre, nel caso dell’occupazione usurpativa (rectius: nelle ipotesi – in relazione a taluna<br />

delle quali non v’è unanimità di consensi – ad essa riconducibili) il proprietario può scegliere tra la restituzione<br />

del bene e, ove a questa rinunci così determinando il prodursi (dei presupposti) dell’effetto traslativo, la tutela<br />

per equivalente.<br />

--------------------------------------------<br />

(1) Ha osservato in proposito la Corte che con espressione ellittica l’art. 53, comma 1, del T.U. espropriazione per p.u. individua<br />

(anche) nei "comportamenti" della pubblica amministrazione il fatto causativo del danno ingiusto, in parte qua riproducendo il<br />

contenuto dell’art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998 (come modificato dall’art. 7 della legge n. 205 del 2000).<br />

Tale previsione è stata ritenuta costituzionalmente illegittima là dove la locuzione, prescindendo da ogni qualificazione di tali<br />

"comportamenti", attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo controversie nelle quali sia parte − e per ciò solo<br />

che essa è parte − la pubblica amministrazione, e cioè fa del giudice amministrativo il giudice dell’amministrazione piuttosto che<br />

l’organo di garanzia della giustizia nell’amministrazione (art. 100 Cost.).<br />

Viceversa, nelle ipotesi in cui i "comportamenti" causativi di danno ingiusto – e cioè, nella specie, la realizzazione dell’opera –<br />

costituiscono esecuzione di atti o provvedimenti amministrativi (dichiarazione di pubblica utilità e/o di indifferibilità e urgenza) e<br />

sono quindi riconducibili all’esercizio del pubblico potere dell’amministrazione, la norma si sottrae alla censura di illegittimità<br />

costituzionale, costituendo anche tali "comportamenti" esercizio, ancorché viziato da illegittimità, della funzione pubblica della<br />

pubblica amministrazione.<br />

In sintesi, i principi già enunciati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 204 del 2004 comportano che deve ritenersi conforme<br />

a Costituzione la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie relative a "comportamenti"<br />

(di impossessamento del bene altrui) collegati all’esercizio, pur se illegittimo, di un pubblico potere, laddove deve essere dichiarata<br />

costituzionalmente illegittima la devoluzione alla giurisdizione esclusiva di "comportamenti" posti in essere in carenza di potere<br />

ovvero in via di mero fatto.<br />

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Documenti correlati:<br />

CORTE COSTITUZIONALE, sentenza 6-7-2004, n. 204, pag. http://www.lexitalia.it/p/corte/ccost_2004-07-06.htm (nel dichiarare<br />

la illegittimità costituzionale parziale degli artt. 33 e 34 del D.L.vo n. 80/1998, precisa i limiti che il legislatore incontra<br />

nell’attribuire "particolari materie" alla giurisdizione esclusiva del G.A. ed afferma che il potere di condannare la P.A. al risarcimento<br />

del danno non costituisce una nuova materia, ma uno strumento di tutela ulteriore rispetto a quello classico demolitorio); su tale<br />

sentenza v. il commento di VIRGA G., Il giudice della funzione pubblica (sui nuovi confini della giurisdizione esclusiva tracciati<br />

dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 204/2004), in LexItalia.it (www.lexitalia.it) n. 7-8/2004, pag.<br />

http://www.lexitalia.it/articoli/virgag_204.htm<br />

CORTE COSTITUZIONALE, sentenza 28-7-2004, n. 281, pag. http://www.lexitalia.it/p/corte/ccost_2004-07-28.htm (dichiara<br />

costituzionalmente illegittimo l’art. 34, commi 1 e 2, del D.L.vo n. 80/1998 nella parte in cui, eccedendo dai limiti della delega, ha<br />

devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutta la materia dell’edilizia e dell’urbanistica ed interpreta l’art. 35<br />

dello stesso D.L.vo che prevede il potere del G.A. di condannare la P.A. al risarcimento dei danni).<br />

CORTE COSTITUZIONALE, ordinanza 23-1-2001, n. 17, pag. http://www.lexitalia.it/corte/ccost_2001-17.htm (sulla attribuzione al<br />

Giudice amministrativo delle controversie in materia di occupazione acquisitiva), con nota di G. VIRGA<br />

CORTE COSTITUZIONALE, sentenza 30-4-1999, n. 148, pag. http://www.lexitalia.it/corte/cost1999-0148.htm con la quale sono<br />

state ritenute costituzionalmente legittime le norme che riducono l'ammontare del risarcimento del danno dovuto dalla P.A. a seguito<br />

di occupazione acquisitiva.<br />

CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONI UNITE, ordinanza 22-11-2004, n. 21944, pag. http://www.lexitalia.it/p/corte/casssu_2004-<br />

11-22.htm (a seguito delle sentenze della Corte cost. nn. 204 e 281 del 2004, va affermata la giurisdizione dell’A.G.O. per le<br />

controversie in materia di occupazione acquisitiva, anche nel caso in cui, successivamente alla irreversibile trasformazione del fondo,<br />

sia stato emanato il decreto di esproprio).<br />

195


CORTE DI CASSAZIONE SEZ. I CIVILE, sentenza 23-9-2004, n. 19075, pag. http://www.lexitalia.it/p/ago/cass1_2004-09-23.htm<br />

(sulla nozione di occupazione acquisitiva - od appropriativa e sulla sua inconfigurabilità nel caso in cui manchi la dichiarazione di<br />

p.u., potendo in tali ipotesi il proprietario chiedere, in alternativa al risarcimento del danno, la restituzione dell’area abusivamente<br />

trasformata)<br />

CONSIGLIO DI STATO SEZ. IV, sentenza 21-1-2005, n. 99, pag. http://www.lexitalia.it/cds/cds4_2005-01-19.htm (sul giudice<br />

competente a decidere controversie in materia di occupazione acquisitiva, dopo la sentenza della Corte cost. n. 204/2004).<br />

CONSIGLIO DI STATO SEZ. IV, sentenza 23-9-2004, n. 6245, pag. http://www.lexitalia.it/p/cds/cds4_2004-09-23-2.htm (sulla<br />

sussistenza della giurisdizione del G.A. in materia di occupazione acquisitiva e sull'efficacia o meno di accordi sull'indennità o di<br />

accordi per la cessione volontaria).<br />

CGA - SEZ. GIURISDIZIONALE, sentenza 14-6-2001, n. 296, pag. http://www.lexitalia.it/private/cds/cga_2001-06-14-1.htm (le<br />

controversie in materia di occupazione acquisitiva rientrano nella giurisdizione generale di legittimità del G.A. o, in subordine, in<br />

quella esclusiva dello stesso Giudice ex art. 34 D.L.vo n. 80), con nota di G. VIRGA.<br />

TAR CALABRIA - REGGIO CALABRIA, ordinanza 1-8-2005, n. 1302, pag. http://www.lexitalia.it/p/51/tarcalabriarc_2005-08-<br />

01.htm (sulla sussistenza della giurisdizione amministrativa per le controversie in materia di occupazione usurpativa anche dopo la<br />

sentenza della Corte cost. n. 204 del 2004).<br />

TAR CALABRIA - REGGIO CALABRIA, sentenza 9-8-2004, n. 607, pag. http://www.lexitalia.it/p/tar/tarcalabriarc_2004-08-<br />

09.htm (sul difetto di giurisdizione del G.A. per le controversie in materia di occupazione usurpativa e sulla sussistenza di detta<br />

giurisdizione per le controversie in materia di occupazione acquisitiva ex art. 43 del T.U. n. 327/2001 dopo la sentenza della Corte n.<br />

204/2004), con commento di O. CARPARELLI; v. anche R. GAROFOLI, La nuova giurisdizione in tema di servizi pubblici dopo<br />

Corte costituzionale 6 luglio 2004 n. 204, pag. http://www.lexitalia.it/articoli/garofoli_204.htm; TAR CAMPANIA - NAPOLI, SEZ.<br />

I - sentenza 30 luglio 2004* http://www.lexitalia.it/p/tar/tarcampna1_2004-07-30.htm (a seguito della sentenza n. 204/2004 della<br />

Corte, non sussiste più la giurisdizione del G.A. per le controversie relative ad indennità, canoni ed altri corrispettivi in materia di<br />

servizi pubblici) e TAR LAZIO, SEZ. III TER - sentenza 2 agosto 2004, pag. http://www.lexitalia.it/p/tar/tarlazio3ter_2004-08-<br />

02.htm (sulla sussistenza, pur a seguito della sentenza n. 204/2004, della giurisdizione esclusiva del G.A. per le controversie relative<br />

alle procedure di affidamento in concessione della gestione di un’area di servizio autostradale).<br />

TAR CALABRIA - REGGIO CALABRIA, sentenza 3-2-2003, n. 33, pag. http://www.lexitalia.it/private/tar/tarcalabrarc_2003-02-<br />

03.htm (sulla giurisdizione del G.A. in materia di occupazione acquisitiva ed usurpativa, ma non sulle richieste risarcitorie che<br />

trovano occasione in una procedura ablativa, sulle modalità di determinazione del risarcimento e sulla richiesta di restituzione delle<br />

aree inutilizzate).<br />

TAR CAMPANIA - NAPOLI SEZ. V, sentenza 26-10-2004, n. 15428, pag. http://www.lexitalia.it/p/tar/tarcampna5_2004-10-26.htm<br />

(sulla persistenza della giurisdizione amministrativa per le controversie risarcitorie in materia di occupazione acquisitiva, pur dopo la<br />

sentenza della Corte Cost. n. 204/04, sulla irrilevanza a tal fine di una lettera con la quale si manifesta l’intenzione di procedere alla<br />

cessione volontaria e sui criteri di determinazione del danno).<br />

TAR EMILIA ROMAGNA - PARMA, sentenza 12-10-2004, n. 330, pag. http://www.lexitalia.it/p/tar/taremiliaparma_2004-10-<br />

12.htm (sulla sussistenza o meno della giurisdizione del G.A. in materia di occupazione acquisitiva dopo la sentenza della Corte<br />

Cost. n. 204/04).<br />

TAR FRIULI VENEZIA GIULIA - TRIESTE, sentenza 21-8-2001, n. 533, pag. http://www.lexitalia.it/private/tar/tarfriuli_2001-08-<br />

21-2.htm (rientra nella giurisdizione dell'A.G.O. una controversia promossa da una P.A. a seguito di occupazione acquisitiva per far<br />

dichiarare l'acquisizione della proprietà dell'area).<br />

TAR LAZIO - LATINA, sentenza 22-6-2004, n. 438, pag. http://www.lexitalia.it/p/tar/tarlaziolatina_2004-06-22.htm (sulla<br />

sussistenza della giurisdizione esclusiva del G.A. in materia di occupazione acquisitiva anche se le parti abbiano condotto trattative<br />

per la cessione volontaria del bene occupato e sui presupposti per la sussistenza di una responsabilità precontrattuale della P.A. ex<br />

art. 1337 cod.civ.).<br />

TAR PUGLIA - BARI SEZ. II, sentenza 29-10-2004, n. 4883, pag. http://www.lexitalia.it/p/tar/tarpugliaba2_2004-10-29.htm<br />

(afferma che, anche dopo la sentenza della Corte Cost. n. 204/2004, rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo le<br />

controversie in materia di occupazione acquisitiva), con commento di G. VIRGA, La "balistica giudiziaria" e la determinazione della<br />

giurisdizione in materia di occupazione acquisitiva.<br />

TAR VENETO SEZ. I, sentenza 20-11-2003, n. 5799, pag. http://www.lexitalia.it/p/tar/tarveneto1_2003-5799.htm (sull'estensione<br />

della giurisdizione esclusiva ex art. 34 D.L.vo n. 80/1998 e sui criteri da applicare nel caso di occupazione acquisitiva).<br />

196


TRIBUNALE DI TRAPANI, ordinanza 12-3-2001, n. 523, pag. http://www.lexitalia.it/private/ago/tribtrapani_2001-03-12.htm<br />

(solleva questione di legittimità costituzionale dell’art. 34 D.L.vo n. 80/1998 per ciò che concerne l’attribuzione al G.A. della<br />

controversie in materia di occupazione acquisitiva).<br />

SENTENZA N. 191<br />

ANNO 2006<br />

composta dai signori:<br />

- Annibale MARINI Presidente<br />

- Franco BILE Giudice<br />

- Giovanni Maria FLICK "<br />

- Francesco AMIRANTE "<br />

- Ugo DE SIERVO "<br />

- Romano VACCARELLA "<br />

- Paolo MADDALENA "<br />

- Alfio FINOCCHIARO "<br />

- Alfonso QUARANTA "<br />

- Franco GALLO "<br />

- Luigi MAZZELLA "<br />

- Gaetano SILVESTRI "<br />

- Sabino CASSESE "<br />

- Maria Rita SAULLE "<br />

- Giuseppe TESAURO "<br />

ha pronunciato la seguente<br />

REPUBBLICA ITALIANA<br />

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO<br />

LA CORTE COSTITUZIONALE<br />

SENTENZA<br />

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 53, comma 1, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 325 (Testo unico<br />

delle disposizioni legislative in materia di espropriazione per pubblica utilità – Testo B), trasfuso nell’art. 53, comma 1,<br />

del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e<br />

regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità – Testo A), promossi con ordinanze del 22 ottobre 2004 e<br />

197


del 5 maggio 2005 dal Tribunale amministrativo per la Calabria sui ricorsi proposti da Marzano Fabrizio ed altri contro<br />

il Ministero dell’interno ed altri e da Carè Ilario contro il Comune di Nardodipace, iscritte ai numeri 36 e 425 del<br />

registro ordinanze 2005 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 7 e 37, prima serie speciale,<br />

dell’anno 2005.<br />

Udito nella camera di consiglio dell’8 marzo 2006 il Giudice relatore Romano Vaccarella.<br />

Ritenuto in fatto<br />

1.– Con ordinanza del 22 ottobre 2004 (n. 36 del 2005), il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria ha<br />

sollevato, in riferimento agli artt. 25 e 102, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale<br />

dell’art. 53, comma 1, del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in<br />

materia di espropriazione per pubblica utilità – Testo A), nella parte in cui devolve alla giurisdizione esclusiva del<br />

giudice amministrativo «le controversie aventi per oggetto […] i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei<br />

soggetti ad esse equiparati, conseguenti alla applicazione delle disposizioni del testo unico», segnatamente allorché detti<br />

comportamenti riguardino progetti la cui dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza sia intervenuta<br />

prima dell’entrata in vigore del d.P.R. n. 327 del 2001.<br />

1.1.– Il giudizio, introdotto nell’anno 2000, nel corso del quale il dubbio è stato prospettato, ha avuto origine da una<br />

causa intentata dagli eredi del titolare di un fondo, oggetto di accessione invertita, contro il Ministero dell’interno,<br />

l’Ente nazionale per le strade (ANAS) e il Concordato preventivo IGIEMME, già impresa Grandinetti Michele<br />

costruzioni s.n.c. (quest’ultima in qualità di concessionaria per l’espropriazione e per l’esecuzione dei lavori), al fine di<br />

ottenere il ristoro dei danni subiti in conseguenza della perdita della proprietà di un immobile, che, durante il periodo di<br />

occupazione disposta in vista della realizzazione di un’opera pubblica, aveva subìto una radicale trasformazione, in<br />

mancanza di un valido decreto di esproprio.<br />

1.2.– In punto di rilevanza, osserva il rimettente che il comma 1 dell’art. 53 del d.P.R. n. 327 del 2001 devolve alla<br />

giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo «le controversie aventi per oggetto […] i comportamenti delle<br />

amministrazioni pubbliche e dei soggetti ad esse equiparati, conseguenti alla applicazione delle disposizioni del testo<br />

unico», mentre il successivo comma 3 mantiene ferma la giurisdizione del giudice ordinario per le sole controversie<br />

riguardanti «la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura<br />

espropriativa o ablativa».<br />

Rileva quindi come la giurisprudenza, nell’affrontare le problematiche di diritto transitorio connesse all’entrata in<br />

vigore del testo unico sulle espropriazioni, abbia distinto tra norme di carattere sostanziale e norme di carattere<br />

processuale, condivisibilmente ritenendo queste ultime, e quindi anche l’art. 53, applicabili a tutti i giudizi pendenti, pur<br />

se introdotti prima dell’entrata in vigore del testo unico stesso: del resto – rileva il rimettente – la predetta norma si<br />

salda, ad essi sostituendosi, con l’art. 34, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 (Nuove disposizioni in<br />

materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di<br />

lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell’articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n.<br />

59), e con l’art. 7, lettera b), della legge 21 luglio 2000, n. 205 (Disposizioni in materia di giustizia amministrativa), che<br />

già attribuivano tali controversie al giudice amministrativo. L’applicazione del primo comma dell’art. 53 comporta,<br />

pertanto, che la cognizione della controversia dedotta in giudizio – che «verte in ordine alla domanda di riparazione del<br />

pregiudizio subito dal privato in conseguenza di un comportamento materiale dell’amministrazione qualificabile come<br />

illecito» – spetta al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva.<br />

1.3.– In punto di non manifesta infondatezza, ricorda il giudice a quo che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 204<br />

del 2004, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 34, comma 1, del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come<br />

sostituito dall’art. 7, comma 1, lettera b), della legge 21 luglio 2000, n. 205, nella parte in cui prevede la devoluzione<br />

alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie aventi per oggetto «gli atti, i provvedimenti e i<br />

comportamenti», anziché delle sole controversie aventi per oggetto «gli atti e i provvedimenti», delle pubbliche<br />

amministrazioni e dei soggetti alle stesse equiparati, in materia urbanistica ed edilizia, e cioè in una materia che<br />

abbraccia tutti gli aspetti dell’uso del territorio, ivi compresa la disciplina dell’acquisizione dei beni all’amministrazione<br />

a seguito, o per effetto, di procedimenti espropriativi.<br />

Orbene, le stesse argomentazioni che hanno indotto il giudice delle leggi alla declaratoria di incostituzionalità, nei<br />

termini innanzi precisati – e segnatamente l’ affermazione secondo cui nei «comportamenti […] la pubblica<br />

amministrazione non esercita nemmeno mediatamente […] alcun pubblico potere», e che «la mera partecipazione della<br />

pubblica amministrazione al giudizio» non è sufficiente «perché si radichi la giurisdizione del giudice amministrativo (il<br />

quale davvero assumerebbe le sembianze di giudice "della" pubblica amministrazione, con violazione degli artt. 25 e<br />

198


102, secondo comma, della Costituzione») –, si presterebbero ad operare con riferimento alla devoluzione al giudice<br />

amministrativo dei comportamenti della pubblica amministrazione in materia espropriativa, a meno che essi non<br />

riguardino progetti in relazione ai quali la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza sia stata pronunziata<br />

dopo l’entrata in vigore del d.P.R. n. 327 del 2001: e invero in tal caso ben potrebbe l’amministrazione avvalersi del<br />

disposto dell’art. 43, comma 1, per il quale «valutati gli interessi in conflitto, l'autorità che utilizza un bene immobile<br />

per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo<br />

della pubblica utilità, può disporre che esso vada acquisito al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario vadano<br />

risarciti i danni». La previsione di un siffatto potere di dichiarazione «postuma» di pubblica utilità dell’opera, connotato<br />

da evidenti profili di discrezionalità, consentirebbe infatti – nella prospettiva adottata dalla Corte costituzionale con<br />

riguardo all’ipotesi, per vero di portata minore, di uso, da parte della pubblica amministrazione, di strumenti<br />

intrinsecamente privatistici, in quanto forma di esercizio «mediato» del potere pubblico – di ritenere giustificata<br />

l’attribuzione della materia al giudice amministrativo.<br />

Il medesimo potere, peraltro, differenzierebbe nettamente la fattispecie di cui all’art. 53 del d.P.R. n. 327 del 2001, da<br />

quella di cui all’art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998; il che spiegherebbe anche perché la Corte nella sentenza n. 204 del<br />

2004 non ritenne di estendere d’ufficio la statuizione di illegittimità anche a tale ultima norma, ex art. 27 della legge 11<br />

marzo 1953 n. 87.<br />

Sottolinea, infine, il rimettente che nel caso dedotto in giudizio la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e<br />

urgenza dell’opera è intervenuta «ben prima del 30 giugno 2003».<br />

1.4.– Per le ragioni esposte il TAR per la Calabria ritiene non manifestamente infondato il dubbio di legittimità<br />

costituzionale dell’art. 53, comma 1, del d.P.R. n. 327 del 2001, nella parte in cui devolve alla giurisdizione esclusiva<br />

del giudice amministrativo «le controversie aventi per oggetto […] i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e<br />

dei soggetti ad esse equiparati, conseguenti alla applicazione delle disposizioni del testo unico», segnatamente allorché<br />

detti comportamenti riguardino progetti la cui dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza è intervenuta<br />

prima dell’entrata in vigore del d.P.R. n. 327 del 2001, per violazione degli artt. 25 e 102, secondo comma, della<br />

Costituzione.<br />

2.– Con ordinanza del 5 maggio 2005 (n. 425 del 2005), il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria ha<br />

sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 53, comma 1, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 325<br />

(Testo unico delle disposizioni legislative in materia di espropriazione per pubblica utilità – Testo B) – «cui è conforme<br />

l’art. 53, comma 1, del d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327» – per contrasto con l’art. 103 della Costituzione, nella parte in cui<br />

prevede la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie concernenti i<br />

comportamenti delle amministrazioni pubbliche, e dei soggetti equiparati, in materia di espropriazione per pubblica<br />

utilità.<br />

2.1.– Il dubbio è stato prospettato nel corso di un giudizio proposto dal proprietario di un terreno, oggetto di decreto di<br />

occupazione d’urgenza emesso dal Sindaco del Comune di Nardodipace in data 14 gennaio 1992, in vista della<br />

realizzazione, entro cinque anni dalla data dell’immissione in possesso, di infrastrutture di carattere turistico-sportivo.<br />

Decorso tale termine senza che fosse stato emesso provvedimento di esproprio né corrisposta alcuna indennità, il<br />

ricorrente, dopo avere adìto il Tribunale di Vibo Valentia, che aveva dichiarato il proprio difetto di giurisdizione a<br />

conoscere la controversia, aveva chiesto al Tribunale amministrativo regionale per la Calabria la condanna del<br />

convenuto al pagamento dell’indennità di occupazione nonché al risarcimento del danno per la perdita del diritto<br />

dominicale conseguente all’irreversibile trasformazione del fondo.<br />

2.2.– Osserva il rimettente che quest’ultima domanda si fonda sull’avvenuto perfezionamento di una fattispecie di<br />

occupazione acquisitiva, nella quale l’acquisto della proprietà del fondo, in mancanza di tempestivo e formale<br />

provvedimento di esproprio, si ricollega alla sua irreversibile trasformazione, avvenuta nell’ambito di un procedimento<br />

ablativo iniziato con una valida ed efficace dichiarazione di pubblica utilità. Peraltro – osserva il rimettente – rispetto a<br />

tale parte del petitum si impone la verifica della sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, posto che,<br />

dopo l’introduzione del giudizio, è intervenuta la sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004, dichiarativa della<br />

parziale illegittimità, per contrasto con l’art. 103 della Costituzione, dell’art. 34, comma 1, del decreto legislativo n. 80<br />

del 1998, modificato dall’art. 7, comma 1, lettera b), della legge n. 205 del 2000 nella parte in cui, comprendendo nella<br />

giurisdizione esclusiva, anche i «comportamenti», estende la cognizione del giudice amministrativo a controversie nelle<br />

quali la pubblica amministrazione non esercita nemmeno mediatamente, «e cioè avvalendosi della facoltà di adottare<br />

strumenti intrinsecamente privatistici, alcun pubblico potere».<br />

Ricorda segnatamente il giudice a quo che il fenomeno dell’occupazione acquisitiva è stato unanimemente ricondotto<br />

alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia urbanistica, prevista dall’art. 34, comma 1, del<br />

199


menzionato decreto legislativo n. 80 del 1998, in considerazione del riferimento, contenuto in tale disposizione, ai<br />

«comportamenti» delle amministrazioni e dell’ampia nozione di «urbanistica» accolta dal comma 2 della stessa norma,<br />

secondo una prospettiva fatta propria anche dal giudice delle leggi, nella sentenza innanzi menzionata.<br />

Segnala quindi che, ai fini della decisione della controversia dedotta in giudizio, assume rilevanza l’art. 53 del decreto<br />

legislativo 8 giugno 2001, n. 325, il quale, parzialmente riproduttivo dell’art. 34 del decreto legislativo n. 80 del 1998, e<br />

non toccato dalla pronuncia di incostituzionalità, afferma la perdurante vigenza della giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo, in ordine alle controversie concernenti fattispecie di appropriazione acquisitiva.<br />

Precisa, in particolare, il giudicante di non condividere l’assunto secondo cui l’intervento attuato dalla Consulta nei<br />

confronti dell’art. 34 del decreto legislativo n. 80 del 1998 avrebbe travolto anche l’art. 53, comma 1, del d.P.R. n. 327<br />

del 2001, nella parte in cui estende la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai «comportamenti» della<br />

pubblica amministrazione: a suo avviso, tale approdo ermeneutico sarebbe in contrasto con le previsioni di legge – e<br />

segnatamente con l’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte<br />

costituzionale), in base al quale spetta alla Corte costituzionale individuare le disposizioni la cui illegittimità deriva<br />

come conseguenza dalla decisione adottata – oltre che contraddetto e dalla diversa estensione della previsione racchiusa<br />

nella norma censurata, estesa anche agli accordi, e dal suo carattere speciale rispetto al disposto dell’art. 34 del decreto<br />

legislativo n. 80 del 1998.<br />

Segnala altresì il rimettente che l’art. 53 del d.P.R. n. 327 del 2001 si inserisce nel contesto normativo delle<br />

espropriazioni, in cui vi è una forte accentuazione dei poteri di carattere autoritativo e in cui sono presenti norme, come<br />

l’art. 43, che, sia pure in vista del superamento del fenomeno dell’occupazione appropriativa, «sembrerebbero<br />

strettamente collegate alla previsione concernente la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in ordine ai<br />

comportamenti dell’amministrazione pubblica», quanto meno con riferimento alla mera utilizzazione del bene per<br />

finalità di pubblico interesse.<br />

2.3.– In punto di non manifesta infondatezza, osserva il Tribunale rimettente che gli argomenti che indussero la Corte<br />

costituzionale a dichiarare la parziale illegittimità dell’art. 34 del decreto legislativo n. 80 del 1998, ben potrebbero<br />

riferirsi anche all’art. 53, comma 1, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 325. E, invero, nella menzionata<br />

pronuncia, il Giudice delle leggi, escluso che l’art. 103 della Costituzione abbia conferito al legislatore ordinario una<br />

assoluta e incondizionata discrezionalità nell’individuazione delle materie da devolvere alla giurisdizione esclusiva del<br />

giudice amministrativo, ritenne non conforme al dettato costituzionale l’art. 34 del decreto legislativo n. 80 del 1998,<br />

nella parte in cui estendeva detta giurisdizione, in materia urbanistica ed edilizia, anche ai comportamenti, così<br />

allargando l’ambito della giurisdizione esclusiva a fattispecie in cui la pubblica amministrazione non esercita, neppure<br />

mediatamente, un pubblico potere.<br />

La decisione della Corte costituzionale avvalorerebbe allora il dubbio di contrasto col medesimo parametro anche<br />

dell’art. 53 del testo unico delle espropriazioni, norma che, benché non meramente riproduttiva dell’art. 34 del decreto<br />

legislativo n. 80 del 1998, e speciale rispetto ad essa, riconduce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo<br />

fattispecie nelle quali l’acquisto della proprietà del bene si realizza in conseguenza di meri comportamenti della<br />

pubblica amministrazione.<br />

2.4.– In ordine alla rilevanza della questione, osserva il rimettente che il giudizio, concernente una fattispecie<br />

acquisitiva perfezionatasi prima dell’entrata in vigore del nuovo testo unico in materia di espropriazioni, avvenuta il 30<br />

giugno 2003, è stato introdotto successivamente a tale data, risultando il ricorso notificato il 26 settembre 2003 e<br />

depositato il successivo 13 ottobre. Di modo che, ai sensi dell’art. 5 del codice di procedura civile, non possono esservi<br />

dubbi sull’applicabilità alla fattispecie dedotta in giudizio della norma sospettata di illegittimità.<br />

2.5. – Per le ragioni esposte, il TAR per la Calabria dubita della compatibilità, con l’art. 103 della Costituzione, dell’art.<br />

53, comma 1, del decreto legislativo n. 325 del 2001, nella parte in cui prevede la devoluzione alla giurisdizione<br />

esclusiva del giudice amministrativo delle controversie concernenti i comportamenti delle amministrazioni pubbliche, e<br />

dei soggetti equiparati, in materia di espropriazione per pubblica utilità.<br />

Considerato in diritto<br />

1.– Il TAR per la Calabria, sede di Catanzaro, solleva, con ordinanza n. 36 del 2005, in riferimento agli artt. 25 e 102,<br />

comma secondo, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 53, comma 1, del d.P.R. 8 giugno<br />

2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità<br />

– Testo A), e con ordinanza n. 425 del 2005, in riferimento all’art. 103 della Costituzione, questione di legittimità<br />

costituzionale dell’art. 53, comma 1, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 325 (Testo unico delle disposizioni<br />

200


legislative in materia di espropriazione per pubblica utilità – Testo B), disposizione trasfusa nell’art. 53, comma 1, del<br />

d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, innanzi menzionato, nella parte in cui devolvono alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo le controversie aventi per oggetto i «comportamenti» delle pubbliche amministrazioni, e dei soggetti ad<br />

esse equiparati, in materia di espropriazione per pubblica utilità.<br />

Entrambe le ordinanze – emesse nel corso di giudizi nei quali era stata proposta domanda di risarcimento dei danni per<br />

avere subìto, il fondo di proprietà dei ricorrenti, radicali trasformazioni durante il periodo di occupazione disposta per la<br />

realizzazione di un’opera pubblica senza che fosse intervenuto il decreto di esproprio – osservano che l’art. 53, comma<br />

1, prevede la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie aventi ad oggetto<br />

(anche) «i comportamenti» delle pubbliche amministrazioni, e cioè la medesima ipotesi che questa Corte – con la<br />

sentenza n. 204 del 2004 – ha espunto, ritenendola costituzionalmente illegittima, dall’art. 34, comma 1, del decreto<br />

legislativo 31 marzo 1998, n. 80 (Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle<br />

amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in<br />

attuazione dell’articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), come sostituito dall’art. 7, comma 1, lettera b),<br />

della legge 21 luglio 2000, n. 205 (Disposizioni in materia di giustizia amministrativa).<br />

L’ordinanza n. 36 del 2005 precisa che il dubbio circa la conformità a Costituzione della norma de qua non avrebbe<br />

ragion d’essere ove la dichiarazione di pubblica utilità ed urgenza fosse stata pronunciata dopo l’entrata in vigore del<br />

d.P.R. n. 327 del 2001 (e cioè dopo il 30 giugno 2003: art. 1 del decreto legislativo n. 302 del 2002), dal momento che<br />

in tal caso opererebbe (ex art. 57 del d.P.R. n. 327, come modificato dal citato art. 1 del decreto legislativo n. 302 del<br />

2002) anche l’art. 43 del medesimo d.P.R., il quale attribuisce alla pubblica amministrazione il potere (certamente<br />

sindacabile dal giudice amministrativo) di acquisire l’immobile, «modificato in assenza del valido ed efficace<br />

provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità», al patrimonio indisponibile con «condanna al<br />

risarcimento del danno e con esclusione della restituzione del bene senza limiti di tempo»; poiché nel caso sottoposto al<br />

suo esame la dichiarazione di pubblica utilità è intervenuta «ben prima del 30 giugno 2003», la previsione (che sarebbe<br />

certamente di diritto sostanziale) dell’art. 43 non potrebbe operare e, pertanto, ci si troverebbe in una situazione<br />

perfettamente analoga a quella che era disciplinata dall’art. 34 (dichiarato incostituzionale dalla sentenza n. 204 del<br />

2004), del quale l’art. 53, comma 1, riproduce (aggiungendovi soltanto «gli accordi») il contenuto.<br />

2.– Va rilevato che mentre una ordinanza (n. 425 del 2005) vede nella dichiarazione di illegittimità costituzionale<br />

dell’art. 53, comma 1, una sorta di completamento di quanto, ex art. 27 della legge n. 87 del 1953, già con la sentenza n.<br />

204 del 2004 questa Corte avrebbe potuto fare; l’altra (n. 36 del 2005) osserva che il mancato utilizzo da parte della<br />

Corte dello strumento della dichiarazione consequenziale di illegittimità costituzionale si giustificherebbe per il<br />

collegamento, sopra ricordato, della previsione di cui all’art. 53, comma 1, con quella di cui all’art. 43: sicché, ove tale<br />

collegamento ratione temporis non operi, il riferimento ai "comportamenti" dovrebbe essere cassato come lo fu quello<br />

contenuto nell’art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998.<br />

Ne discende che il petitum delle due ordinanze diverge in ciò, che l’una (n. 425) sollecita una pronuncia che<br />

definitivamente espunga dalla norma censurata la locuzione "i comportamenti", mentre l’altra (n. 36) chiede che la<br />

Corte ciò faccia relativamente ai giudizi nei quali non potrebbe trovare applicazione la norma (ritenuta) di diritto<br />

sostanziale (art. 43), che, sola, giustifica la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in quanto contempla un<br />

potere della pubblica amministrazione sindacabile da parte di quel giudice.<br />

3.– Questa Corte, con la sentenza n. 204 del 2004, ha giudicato di questioni di legittimità costituzionale che investivano,<br />

da un lato, l’art. 33 (relativo ai pubblici servizi) e, dall’altro, l’art. 34 (relativo all’edilizia ed urbanistica) del d.lgs. n. 80<br />

del 1998, come modificati dall’art. 7 (lettere a e b) della legge n. 205 del 2000, in quanto con tali norme il legislatore<br />

aveva «sostituito al criterio di riparto della giurisdizione fissato in Costituzione, e costituito dalla dicotomia diritti<br />

soggettivi-interessi legittimi, il diverso criterio dei "blocchi di materie"» (punto 2.1. del Considerato in diritto).<br />

La Corte ha osservato che le censure mosse dai giudici rimettenti «colgono nel segno nella parte in cui denunciano<br />

l’adozione, da parte del legislatore ordinario del 1998-2000, di un’idea di giurisdizione esclusiva ancorata alla pura e<br />

semplice presenza, in un certo settore dell’ordinamento, di un rilevante pubblico interesse», laddove «è evidente che il<br />

vigente art. 103, primo comma, Cost., non ha conferito al legislatore ordinario una assoluta ed incondizionata<br />

discrezionalità nell’attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, ma gli ha<br />

conferito il potere di indicare "particolari materie" nelle quali "la tutela nei confronti della pubblica amministrazione"<br />

investe "anche" diritti soggettivi». «Tale necessario collegamento delle "materie" assoggettabili alla giurisdizione<br />

esclusiva del giudice amministrativo con la natura delle situazioni soggettive – e cioè con il parametro adottato dal<br />

Costituente come ordinario discrimine tra le giurisdizioni ordinaria ed amministrativa – è espresso dall’art. 103 laddove<br />

statuisce che quelle materie devono essere "particolari" rispetto a quelle devolute alla giurisdizione generale di<br />

legittimità: e cioè devono partecipare della loro medesima natura, che è contrassegnata dalla circostanza che la pubblica<br />

201


amministrazione agisce come autorità nei confronti della quale è accordata tutela al cittadino davanti al giudice<br />

amministrativo», sicché, «da un lato, è escluso che la mera partecipazione della pubblica amministrazione al giudizio<br />

sia sufficiente perché si radichi la giurisdizione del giudice amministrativo […] e, dall’altro lato, è escluso che sia<br />

sufficiente il generico coinvolgimento di un pubblico interesse nella controversia perché questa possa essere devoluta al<br />

giudice amministrativo» (punto 3.2.).<br />

Sulla base di tali premesse, questa Corte – dopo aver distinto nell’ambito dell’art. 33 le ipotesi in cui la materia dei<br />

servizi pubblici era legittimamente devoluta al giudice amministrativo in quanto «la pubblica amministrazione agisce<br />

esercitando il suo potere autoritativo» da quelle prive di tale connotato (punto 3.4.2.) – ha osservato che «analoghi<br />

rilievi investono la nuova formulazione dell’art. 34», la quale «si pone in contrasto con la Costituzione nella parte in<br />

cui, comprendendo nella giurisdizione esclusiva – oltre "gli atti e i provvedimenti" attraverso i quali le pubbliche<br />

amministrazioni […] svolgono le loro funzioni pubblicistiche in materia urbanistica ed edilizia – anche "i<br />

comportamenti", la estende a controversie nelle quali la pubblica amministrazione non esercita – nemmeno<br />

mediatamente, e cioè avvalendosi della facoltà di adottare strumenti intrinsecamente privatistici – alcun pubblico<br />

potere» (punto 4.3.3. del Considerato in diritto).<br />

3.1.– Discende, dalla sommaria esposizione dell’iter argomentativo seguito dalla sentenza n. 204 del 2004, che non è<br />

corretta la premessa dalla quale implicitamente muovono entrambe le ordinanze di rimessione, e cioè che, avendo<br />

questa Corte espunto dalla disposizione di cui all’art. 34 la locuzione "i comportamenti", tale espunzione non possa non<br />

estendersi all’identica locuzione impiegata nell’art. 53, comma 1, del d.P.R. n. 327 del 2001.<br />

Tale tesi, infatti, si fonda esclusivamente sulla circostanza che, con il suo dispositivo, la sentenza n. 204 del 2004 ha<br />

inciso sul testo dell’art. 34, ma trascura del tutto non soltanto la motivazione che è alla base di quel dispositivo, ma<br />

anche, e soprattutto, la valenza che la locuzione espunta aveva, specie in relazione alla questione di legittimità<br />

costituzionale allora sottoposta alla Corte, nella disposizione dell’art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998.<br />

Ed infatti, nell’affrontare la questione del se fosse costituzionalmente legittimo devolvere alla giurisdizione esclusiva<br />

del giudice amministrativo "blocchi di materie" ed in particolare l’intera "materia urbanistica ed edilizia" (comprensiva,<br />

la prima, di "tutti gli aspetti dell’uso del territorio"), questa Corte ha ravvisato – come risulta dalla motivazione della<br />

sentenza – nella locuzione "i comportamenti" lo strumento utilizzato dal legislatore per operare l’indiscriminata<br />

devoluzione che si andava a censurare: sicché l’espunzione di tale locuzione, per la funzione "di chiusura" assegnatale<br />

dal legislatore nell’art. 34, valeva a ribadire che la "materia edilizia ed urbanistica" non poteva essere devoluta "in<br />

blocco" alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ma poteva esserlo nei limiti precisati nella motivazione.<br />

3.2.– La questione di legittimità costituzionale sulla quale questa Corte è ora chiamata a pronunciarsi investe (non più la<br />

pretesa del legislatore ordinario di attribuire alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo "in blocco" la<br />

materia edilizia ed urbanistica, ma) specificamente la conformità a Costituzione – e, segnatamente, agli artt. 25, 102,<br />

comma secondo, e 103 – della norma che, in tema di espropriazione per pubblica utilità, devolve «alla giurisdizione<br />

esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto», oltre che «gli atti, i provvedimenti, gli<br />

accordi», anche «i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti ad esse equiparati»; questione che, per<br />

quanto si è fin qui osservato, non può essere risolta attraverso la semplice e meccanica estensione a questa disposizione<br />

dell’espunzione (solo perché, allora, operata) della locuzione de qua dall’art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998.<br />

Va, altresì, precisato che, non essendo implausibile la tesi per cui l’art. 53, in quanto norma processuale (e non anche<br />

l’art. 43, in quanto norma di diritto sostanziale), troverebbe applicazione nei giudizi aventi ad oggetto fattispecie non<br />

governate, quanto al diritto sostanziale, dal d.P.R. n. 327 del 2001, la questione di legittimità costituzionale ora<br />

all’esame della Corte concerne l’art. 53, comma 1, esclusivamente nella sua valenza di norma attributiva della<br />

giurisdizione al giudice amministrativo, e pertanto senza che in alcun modo possa esserne coinvolta la norma nella parte<br />

in cui – essendo applicabile l’art. 43 del d.P.R. n. 327 del 2001 – presuppone la possibilità che sia sindacato dal giudice<br />

amministrativo l’esercizio, da parte della pubblica amministrazione, del potere di acquisire al suo patrimonio<br />

indisponibile l’immobile modificato.<br />

Peraltro la questione sollevata è rilevante nei giudizi a quibus perché, non essendo implausibile la tesi dell’immediata<br />

applicabilità dell’art. 53, comma 1, quale norma processuale (specie a giudizi incardinati nella vigenza dell’art. 34 del d.<br />

lgs. n. 80 del 1998, come modificato dalla legge n. 205 del 2000) e pendendo la causa davanti al giudice<br />

amministrativo, l’eventuale carenza di sua giurisdizione a norma dell’art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998 – a seguito<br />

dell’espunzione della locuzione "i comportamenti" operata da questa Corte – legittimerebbe (ex art. 5 del codice di<br />

procedura civile) una pronuncia declinatoria della giurisdizione solo ove fosse dichiarata costituzionalmente illegittima<br />

la disposizione dell’art. 53, comma 1, che ex novo rende il giudice amministrativo munito di giurisdizione: se è vero,<br />

infatti, che la giurisdizione si determina con riguardo alla legge vigente al momento della proposizione della domanda, è<br />

202


anche vero che il sopravvenire della giurisdizione in capo al giudice che originariamente ne era (o ne era divenuto)<br />

sfornito impedisce – per pacifica giurisprudenza – la pronuncia declinatoria.<br />

4.– Le questioni sono fondate nei limiti di seguito precisati.<br />

4.1.– Entrambe le fattispecie oggetto dei giudizi a quibus sono riconducibili alle ipotesi tradizionalmente denominate<br />

(in giurisprudenza e dottrina) di occupazione appropriativa (ovvero, anche, di accessione invertita o espropriazione<br />

sostanziale): il che si verifica quando il fondo è stato occupato a seguito di dichiarazione di pubblica utilità, e pertanto<br />

nell’ambito di una procedura di espropriazione, ed ha subìto una irreversibile trasformazione in esecuzione dell’opera di<br />

pubblica utilità senza che, tuttavia, sia intervenuto il decreto di esproprio o altro atto idoneo a produrre l’effetto<br />

traslativo della proprietà.<br />

Tale fenomeno viene contrapposto a quello cosiddetto di occupazione usurpativa, caratterizzato dall’apprensione del<br />

fondo altrui in carenza di titolo: carenza universalmente ravvisata nell’ipotesi di assenza ab initio della dichiarazione di<br />

pubblica utilità, e da taluni anche nell’ipotesi di annullamento, con efficacia ex tunc, della dichiarazione inizialmente<br />

esistente ovvero di sua inefficacia per inutile decorso dei termini previsti per l’esecuzione dell’opera pubblica.<br />

Nel caso dell’occupazione appropriativa, perfezionandosi con l’irreversibile trasformazione del fondo la traslazione in<br />

capo all’amministrazione del diritto di proprietà, il proprietario del fondo non può che chiedere la tutela per equivalente,<br />

laddove, nel caso dell’occupazione usurpativa (rectius: nelle ipotesi – in relazione a taluna delle quali non v’è unanimità<br />

di consensi – ad essa riconducibili) il proprietario può scegliere tra la restituzione del bene e, ove a questa rinunci così<br />

determinando il prodursi (dei presupposti) dell’effetto traslativo, la tutela per equivalente.<br />

4.2.– È evidente che la soluzione della questione di legittimità costituzionale in esame non può che muovere da quanto<br />

questa Corte, con la più volte citata sentenza n. 204 del 2004, ha statuito riguardo all’art. 35 (come modificato dall’art.<br />

7, lettera c, della legge n. 205 del 2000) del d.lgs. n. 80 del 1998; statuizione, va precisato, e non già obiter dictum, in<br />

quanto la Corte – investita della questione di legittimità costituzionale della devoluzione alla giurisdizione esclusiva del<br />

giudice amministrativo dei "blocchi di materie" relative ai servizi pubblici ed all’edilizia ed urbanistica e del potere,<br />

altresì, di giudicare di azioni risarcitorie riconosciutogli come attributo della giurisdizione esclusiva – non poteva non<br />

considerare, quanto meno con riferimento al disposto dell’art. 35, comma 1, se anche la tutela risarcitoria fosse<br />

configurabile come una "materia" devoluta in blocco alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.<br />

In proposito questa Corte ha statuito che «il potere riconosciuto al giudice amministrativo di disporre, anche attraverso<br />

la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto non costituisce sotto alcun profilo una nuova<br />

"materia" attribuita alla sua giurisdizione, bensì uno strumento di tutela ulteriore, rispetto a quello classico demolitorio<br />

(e/o conformativo), da utilizzare per rendere giustizia al cittadino nei confronti della pubblica amministrazione».<br />

4.3.– I principi appena ricordati impongono di escludere che, per ciò solo che la domanda proposta dal cittadino abbia<br />

ad oggetto esclusivo il risarcimento del danno, la giurisdizione competa al giudice ordinario: ciò dicendo non intende<br />

questa Corte prendere posizione sul tema della natura della situazione soggettiva sottesa alla pretesa risarcitoria, ovvero<br />

sulla natura (di norma secondaria, id est sanzionatoria di condotte aliunde vietate, oppure primaria) dell’art. 2043 cod.<br />

civ., ma esclusivamente ribadire che laddove la legge – come fa l’art. 35 del d.lgs. n. 80 del 1998 – costruisce il<br />

risarcimento del danno, ai fini del riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, come<br />

strumento di tutela affermandone – come è stato detto – il carattere "rimediale", essa non viola alcun precetto<br />

costituzionale e, anzi, costituisce attuazione del precetto dell’art. 24 Cost. laddove questo esige che la tutela<br />

giurisdizionale sia effettiva e sia resa in tempi ragionevoli.<br />

In altri termini, al precedente sistema che, in considerazione della natura intrinseca di diritto soggettivo della situazione<br />

giuridica conseguente all’annullamento del provvedimento amministrativo, attribuiva al giudice ordinario «le<br />

controversie sul risarcimento del danno conseguente all’annullamento di atti amministrativi» (così l’art. 35, comma 5,<br />

del d. lgs. n. 80 del 1998, come modificato dall’art. 7, lettera c della legge n. 205 del 2000), il legislatore ha sostituito<br />

(appunto con l’art. 35 cit.) un sistema che riconosce esclusivamente al giudice naturale della legittimità dell’esercizio<br />

della funzione pubblica poteri idonei ad assicurare piena tutela, e quindi anche il potere di risarcire, sia per equivalente<br />

sia in forma specifica, il danno sofferto per l’illegittimo esercizio della funzione.<br />

Da ciò consegue che, ai fini del riparto di giurisdizione, è irrilevante la circostanza che la pretesa risarcitoria abbia –<br />

come si ritiene da alcuni –, o non abbia, intrinseca natura di diritto soggettivo: avendo la legge, a questi fini,<br />

inequivocabilmente privilegiato la considerazione della situazione soggettiva incisa dall’illegittimo esercizio della<br />

funzione amministrativa, a questa Corte competeva (e compete) solo di valutare se tale scelta del legislatore – di<br />

collegare, cioè, quanto all’attribuzione della giurisdizione, la tutela risarcitoria a quella della situazione soggettiva incisa<br />

203


dal provvedimento amministrativo illegittimo – confligga, o non, con norme costituzionali; ciò che, con la più volte<br />

ricordata sentenza n. 204 del 2004, questa Corte ha escluso.<br />

5.– Le considerazioni fin qui esposte rendono palese che la questione di legittimità costituzionale sollevata dalle<br />

ordinanze de quibus non può risolversi in base al solo petitum, id est alla domanda di risarcimento del danno, bensì<br />

considerando il fatto, dedotto a fondamento della domanda, che si assume causativo del danno ingiusto.<br />

Con espressione ellittica l’art. 53, comma 1, individua (anche) nei "comportamenti" della pubblica amministrazione il<br />

fatto causativo del danno ingiusto, in parte qua riproducendo il contenuto dell’art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998 (come<br />

modificato dall’art. 7 della legge n. 205 del 2000).<br />

Tale previsione è costituzionalmente illegittima là dove la locuzione, prescindendo da ogni qualificazione di tali<br />

"comportamenti", attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo controversie nelle quali sia parte −<br />

e per ciò solo che essa è parte − la pubblica amministrazione, e cioè fa del giudice amministrativo il giudice<br />

dell’amministrazione piuttosto che l’organo di garanzia della giustizia nell’amministrazione (art. 100 Cost.).<br />

Viceversa, nelle ipotesi in cui i "comportamenti" causativi di danno ingiusto – e cioè, nella specie, la realizzazione<br />

dell’opera – costituiscono esecuzione di atti o provvedimenti amministrativi (dichiarazione di pubblica utilità e/o di<br />

indifferibilità e urgenza) e sono quindi riconducibili all’esercizio del pubblico potere dell’amministrazione, la norma si<br />

sottrae alla censura di illegittimità costituzionale, costituendo anche tali "comportamenti" esercizio, ancorché viziato da<br />

illegittimità, della funzione pubblica della pubblica amministrazione.<br />

In sintesi, i principi sopra esposti – peraltro già enunciati da questa Corte con la sentenza n. 204 del 2004 – comportano<br />

che deve ritenersi conforme a Costituzione la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle<br />

controversie relative a "comportamenti" (di impossessamento del bene altrui) collegati all’esercizio, pur se illegittimo,<br />

di un pubblico potere, laddove deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima la devoluzione alla giurisdizione<br />

esclusiva di "comportamenti" posti in essere in carenza di potere ovvero in via di mero fatto.<br />

L’attribuzione alla giurisdizione del giudice amministrativo della tutela risarcitoria – non a caso con la medesima<br />

ampiezza, e cioè sia per equivalente sia in forma specifica, che davanti al giudice ordinario, e con la previsione di mezzi<br />

istruttori, in primis la consulenza tecnica, schiettamente "civilistici" (art. 35, comma 3) – si fonda sull’esigenza,<br />

coerente con i principi costituzionali di cui agli artt. 24 e 111 Cost., di concentrare davanti ad un unico giudice l’intera<br />

tutela del cittadino avverso le modalità di esercizio della funzione pubblica (così Corte di cassazione, sez. un., 22 luglio<br />

1999, n. 500 ), ma non si giustifica quando la pubblica amministrazione non abbia in concreto esercitato, nemmeno<br />

mediatamente, il potere che la legge le attribuisce per la cura dell’interesse pubblico.<br />

riuniti i giudizi,<br />

Per questi motivi<br />

LA CORTE COSTITUZIONALE<br />

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 53, comma 1, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 325 (Testo unico<br />

delle disposizioni legislative in materia di espropriazione per pubblica utilità – Testo B), trasfuso nell’art. 53, comma 1,<br />

del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e<br />

regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità – Testo A), nella parte in cui, devolvendo alla<br />

giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative a «i comportamenti delle pubbliche<br />

amministrazioni e dei soggetti ad esse equiparati», non esclude i comportamenti non riconducibili, nemmeno<br />

mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere.<br />

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 maggio 2006.<br />

F.to:<br />

Annibale MARINI, Presidente<br />

Romano VACCARELLA, Redattore<br />

204


Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere<br />

Depositata in Cancelleria l'11 maggio 2006.<br />

205


GIURISDIZIONE IN MATERIA DI RIFIUTI E DI DIRITTI FONDAMENTALI<br />

CORTE COSTITUZIONALE - ordinanza 22 dicembre 2010 n. 371<br />

Pres. De Siervo, Red. Quaranta - (giudizio promosso dal Tribunale ordinario di Napoli nel procedimento vertente tra il<br />

Consorzio unico di bacino delle Province di Napoli e Caserta – Articolazione territoriale Ce/2 e la Di Gennaro s.p.a.,<br />

con ordinanza del 1° dicembre 2009, iscritta al n. 163 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale<br />

della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell’anno 2010).<br />

Giurisdizione e competenza - Giurisdizione esclusiva del G.A. - Prevista dall’art. 4 del D.L. n. 90 del 2008,<br />

convertito dalla L. n. 123 del 2008 - In materia di controversie relative alla gestione dei rifiuti nella Regione<br />

Campania - Questione di legittimità costituzionale - Per violazione dell’art. 103, 1° comma, Costituzione -<br />

Manifesta infondatezza - Riferimento alla sentenza della Corte cost. n. 35 del 2010.<br />

E’ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata in riferimento all’articolo 103,<br />

primo comma, della Costituzione - dell’articolo 4 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90 (Misure straordinarie<br />

per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania e ulteriori<br />

disposizioni di protezione civile), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, il quale<br />

attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie comunque attinenti alla<br />

complessiva gestione dei rifiuti in Campania (1).<br />

-----------------------------------------------<br />

(1) Nella motivazione dell’ordinanza in rassegna si ricorda che la stessa Corte costituzionale, con la sentenza n. 35 del 2010 (in<br />

LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/10/ccost_2010-02-05-2.htm), dopo avere sottolineato come l’art. 103 Cost. impone che la<br />

giurisdizione esclusiva verta su particolari materie in relazione alle quali l’amministrazione pubblica agisce come autorità e cioè<br />

attraverso la spendita di poteri amministrativi, ha ritenuto che la norma in questione deve essere interpretata nel senso che<br />

l’espressione «comportamenti», in essa contenuta, deve essere intesa nel senso che «quelli che rilevano, ai fini del riparto della<br />

giurisdizione, sono soltanto i comportamenti costituenti espressione di un potere amministrativo e non anche quelli meramente<br />

materiali posti in essere dall’amministrazione al di fuori dell’esercizio di una attività autoritativa».<br />

Inoltre, secondo detta sentenza, l’espressione «azione di gestione dei rifiuti» va logicamente intesa «nel senso che l’attività della<br />

pubblica amministrazione deve essere preordinata alla organizzazione o alla erogazione del servizio pubblico di raccolta e di<br />

smaltimento dei rifiuti».<br />

-----------------------------------------------<br />

Documenti correlati:<br />

CORTE COSTITUZIONALE, sentenza 5-2-2010, pag. http://www.lexitalia.it/p/10/ccost_2010-02-05-2.htm (nel precisare i limiti<br />

che il legislatore ordinario incontra, alla luce dell’art. 103, 1° comma, Cost., nel prevedere nuove ipotesi di giurisdizione esclusiva<br />

del G.A., dichiara infondata la q.l.c. dell’art. 4 del D.L. n. 90 del 2008 che ha previsto la giurisdizione esclusiva del G.A. in materia<br />

di controversie relative alla esecuzione di contratti di appalti pubblici per la gestione dei rifiuti nella Regione Campania).<br />

ORDINANZA N. 371<br />

ANNO 2010<br />

REPUBBLICA ITALIANA<br />

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO<br />

LA CORTE COSTITUZIONALE<br />

composta dai signori:<br />

- Ugo DE SIERVO Presidente<br />

206


- Paolo MADDALENA Giudice<br />

- Alfio FINOCCHIARO "<br />

- Alfonso QUARANTA "<br />

- Franco GALLO "<br />

- Luigi MAZZELLA "<br />

- Gaetano SILVESTRI "<br />

- Sabino CASSESE "<br />

- Maria Rita SAULLE "<br />

- Giuseppe TESAURO "<br />

- Paolo Maria NAPOLITANO "<br />

- Giuseppe FRIGO "<br />

- Alessandro CRISCUOLO "<br />

- Paolo GROSSI "<br />

ha pronunciato la seguente<br />

ORDINANZA<br />

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 4 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90 (Misure straordinarie<br />

per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania e ulteriori disposizioni di<br />

protezione civile), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, promosso dal Tribunale ordinario<br />

di Napoli nel procedimento vertente tra il Consorzio unico di bacino delle Province di Napoli e Caserta – Articolazione<br />

territoriale Ce/2 (già Consorzio GEDECO s.p.a.) e la Di Gennaro s.p.a., con ordinanza del 1° dicembre 2009, iscritta al<br />

n. 163 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale,<br />

dell’anno 2010.<br />

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;<br />

Udito nella camera di consiglio del 1° dicembre 2010 il Giudice relatore Alfonso Quaranta.<br />

Ritenuto che il Tribunale ordinario di Napoli in composizione monocratica, con ordinanza del 1° dicembre 2009, ha<br />

sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 4 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90 (Misure<br />

straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania e ulteriori<br />

disposizioni di protezione civile), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, per violazione<br />

dell’articolo 103, primo comma, della Costituzione;<br />

che il giudice remittente premette che il ricorrente Consorzio unico di bacino delle Province di Napoli e Caserta<br />

«Articolazione Territoriale Ce/2 (già Consorzio GEOECO s.p.a»), aveva convenuto in giudizio la Di Gennaro s.p.a.<br />

proponendo opposizione a decreto ingiuntivo;<br />

che, in particolare, a sostegno dell’opposizione si eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice adito;<br />

che il decreto ingiuntivo era stato chiesto e concesso in relazione al servizio di conferimento dei rifiuti ingombranti,<br />

rifiuti tessili e plastica;<br />

207


che, secondo il Tribunale, la norma impugnata – attribuendo tutte le controversie, comunque attinenti alla complessiva<br />

gestione dei rifiuti, ivi comprese quelle nascenti da comportamenti, alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo – impedirebbe al Tribunale stesso di decidere la controversia;<br />

che, per quanto attiene alla rilevanza della questione sollevata, il giudice a quo sottolinea come l’applicazione della<br />

disposizione censurata, ai fini della risoluzione della questione, «debba ritenersi pacifica, essendo la data del deposito<br />

del ricorso per decreto ingiuntivo successiva alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 90 del 2008»; né<br />

rileverebbe che il contratto è stato concluso molti anni prima, in ragione del principio, consacrato nell’art. 5 del codice<br />

di procedura civile, per cui il momento determinativo della giurisdizione è fissato con riguardo alla stato di fatto<br />

esistente al momento della proposizione della domanda;<br />

che nell’ordinanza di remissione si sottolinea, altresì, come la controversia oggetto del giudizio rientrerebbe nell’ambito<br />

applicativo della norma censurata, e dunque nella giurisdizione del giudice amministrativo, atteso che la pretesa di<br />

pagamento trarrebbe origine da crediti insoluti conseguenti all’espletamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti<br />

sanitari;<br />

che, dopo avere ritenuto applicabile la disposizione suddetta, il remittente osserva che, nel caso in esame, non sarebbe<br />

possibile optare per una interpretazione della norma conforme a Costituzione, in quanto «la disposizione censurata non<br />

consente che una sola interpretazione (costituzionalmente incompatibile)»; altrimenti «il giudice non opererebbe più nei<br />

limiti di una legittima interpretazione conforme, bensì si arrogherebbe un potere (quello di disapplicare una<br />

disposizione di legge per l’illegittimità costituzionale della stessa) che non gli compete, vanificando così la<br />

predisposizione stessa di un sistema accentrato di costituzionalità»;<br />

che, alla luce di tali rilevi, il remittente ritiene che l’art. 4 in questione avrebbe un carattere onnicomprensivo e generale,<br />

operando la devoluzione della giurisdizione al giudice amministrativo per "tutte le controversie" concernenti l’azione di<br />

gestione dei rifiuti, sulla base dell’esistenza di un «generico collegamento tra la controversia e l’azione amministrativa<br />

di gestione dei rifiuti, vincolo la cui sufficienza è ben evidenziato dall’impiego dell’avverbio "comunque"»;<br />

che, più in particolare, si afferma come la norma in esame si riferisca «a tutte le controversie concernenti l’azione di<br />

gestione dei rifiuti posta in essere dalla pubblica amministrazione, senza operare alcuna distinzione o precisazione»;<br />

che, ad avviso del giudice a quo, il richiamo alla «globalità dell’attività della pubblica amministrazione in materia di<br />

gestione dei rifiuti», nonché la precisazione che tale attività «rileva anche se posta in essere con comportamenti<br />

materiali», renderebbe evidente come la giurisdizione del giudice amministrativo sussista anche qualora l’azione di<br />

gestione dei rifiuti sia posta in essere dalla pubblica amministrazione con meri comportamenti materiali, cioè «con<br />

comportamenti che non siano riconducibili – nemmeno mediatamente – all’esercizio di poteri autoritativi»;<br />

che, in definitiva, conclude il remittente, l’intenzione del legislatore sarebbe stata quella di attribuire alla cognizione del<br />

giudice amministrativo la totalità delle controversie attinenti all’attività posta in essere nel campo della gestione di<br />

rifiuti;<br />

che il giudice a quo afferma, inoltre, di non ignorare l’esistenza di un indirizzo giurisprudenziale (è richiamata la<br />

sentenza del Tribunale amministrativo per il Lazio, Roma, prima sezione, 18 febbraio 2009, n. 1655), che ha fatto<br />

propria una interpretazione costituzionalmente orientata della norma, secondo cui «sono devolute alla giurisdizione<br />

esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei<br />

rifiuti seppure posta in essere con comportamenti dell’amministrazione pubblica», purché sussista l’esercizio di un<br />

potere pubblico;<br />

che, in questa prospettiva, sarebbero escluse dalla giurisdizione amministrativa le questioni aventi ad oggetto il mero<br />

accertamento di diritti di carattere patrimoniale, che non abbiano un’incidenza sull’azione amministrativa di gestione<br />

dei rifiuti;<br />

che il remittente afferma di non condividere tale interpretazione, in quanto «una volta appurata l’esistenza di una<br />

univoca corrispondenza tra il testo di legge ed il significato che ne è ricavabile, risulta evidente come non sia praticabile<br />

una diversa opzione ermeneutica, che distingua in particolare tra controversie attinenti a comportamenti riconducibili<br />

all’esercizio dei poteri autoritativi dell’amministrazione (devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo) e controversie invece totalmente estranee all’esercizio di poteri pubblici (da ritenere quindi attribuite<br />

alla giurisdizione del giudice ordinario, tra le quali quelle relative all’esecuzione di rapporti contrattuali), atteso che<br />

208


l’attività dell’interprete, in presenza di un inequivoco dato testuale, non può spingersi al punto da stravolgere il<br />

significato emergente dal testo normativo»;<br />

che, in relazione alla non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, nell’ordinanza si sostiene<br />

il contrasto della norma censurata con l’art. 103, primo comma, Cost.;<br />

che il giudice a quo sottolinea come questa Corte abbia affermato che tale norma costituzionale non ha conferito al<br />

legislatore ordinario un’assoluta e incondizionata discrezionalità nell’attribuzione al giudice amministrativo di materie<br />

devolute alla sua giurisdizione esclusiva, ma gli ha solamente conferito il potere di indicare "particolari materie"<br />

rispetto alle quali la cognizione di detto giudice investe anche posizioni di diritto soggettivo; ciò implicherebbe che «la<br />

mera partecipazione dell’amministrazione al giudizio o il generico coinvolgimento di un interesse pubblico nella<br />

controversia non possono considerarsi di per sé sufficienti a radicare la giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo» (si richiamano le sentenze n. 191 del 2006 e n. 140 del 2007);<br />

che, alla luce di queste premesse, il remittente ritiene che la norma censurata, fondando un’amplissima devoluzione di<br />

materie alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, devoluzione peraltro sganciata da qualsivoglia<br />

collegamento con l’esercizio di poteri autoritativi della pubblica amministrazione e radicata piuttosto sulla mera<br />

inerenza della controversia alla complessiva attività di gestione amministrativa di rifiuti, contrasti con il sistema di<br />

riparto della giurisdizione contemplato a livello costituzionale;<br />

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale<br />

dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata non fondata;<br />

che la difesa statale osserva, infatti, che il riferimento «alla complessiva azione di gestione dei rifiuti non<br />

necessariamente comprende tutto ciò che è relativo o soltanto conseguente a tale azione; anzi, le parole utilizzate fanno<br />

propendere per una volontà del legislatore di limitare la devoluzione della potestà giurisdizionale all’azione di gestione<br />

dei rifiuti, ove il termine gestione sta a significare la scelta amministrativa di definizione, regolamentazione, trattamento<br />

e destinazione dei rifiuti»;<br />

che la difesa dello Stato aggiunge che non sembra esatto «il presupposto argomentativo del remittente; nel senso che il<br />

termine "gestione dei rifiuti" non può ricomprendere il pagamento del corrispettivo del contratto di servizio afferente la<br />

gestione stessa»;<br />

che la stessa difesa osserva come questa Corte, con la sentenza n. 35 del 2010, abbia confermato quanto sopra esposto,<br />

rilevando, in relazione alla norma censurata, che il riferimento in essa contenuto ai comportamenti inerenti l’attività di<br />

gestione dei rifiuti deve essere inteso nel senso che vengono in rilievo soltanto i comportamenti costituenti espressione<br />

di potere amministrativo.<br />

Considerato che, con ordinanza del 1° dicembre 2009, il Tribunale ordinario di Napoli in composizione monocratica, ha<br />

sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 4 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90 (Misure<br />

straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania e ulteriori<br />

disposizioni di protezione civile), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, per violazione<br />

dell’articolo 103, primo comma, della Costituzione;<br />

che questa Corte, con la sentenza n. 35 del 2010, scrutinando la stessa norma oggetto del presente giudizio – dopo avere<br />

sottolineato come l’art. 103 Cost. imponga che la giurisdizione esclusiva verta su particolari materie in relazione alle<br />

quali l’amministrazione pubblica agisce come autorità e cioè attraverso la spendita di poteri amministrativi – ha ritenuto<br />

che la norma impugnata deve essere interpretata nel senso che l’espressione «comportamenti», in essa contenuta, deve<br />

essere intesa nel senso che «quelli che rilevano, ai fini del riparto della giurisdizione, sono soltanto i comportamenti<br />

costituenti espressione di un potere amministrativo e non anche quelli meramente materiali posti in essere<br />

dall’amministrazione al di fuori dell’esercizio di una attività autoritativa»;<br />

che l’espressione «azione di gestione dei rifiuti» va logicamente intesa «nel senso che l’attività della pubblica<br />

amministrazione deve essere preordinata alla organizzazione o alla erogazione del servizio pubblico di raccolta e di<br />

smaltimento dei rifiuti»;<br />

che, di conseguenza, nella controversia all’esame del remittente, venendo in rilievo questioni meramente patrimoniali<br />

connesse al mancato adempimento da parte dell’amministrazione di una prestazione pecuniaria nascente da un rapporto<br />

obbligatorio, «i comportamenti posti in essere dall’amministrazione stessa non sono ricompresi nell’ambito di<br />

209


applicazione della norma impugnata, come sopra interpretata, e rientrano, invece, nella giurisdizione dell’autorità<br />

giudiziaria ordinaria, nella specie correttamente adita»;<br />

che, del resto, lo stesso decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009,<br />

n. 69, recante delega al Governo per il riordino del processo amministrativo), abrogando la norma censurata (art. 4<br />

dell’Allegato 4) − con effetti non incidenti sul giudizio a quo − ne ha riprodotto il contenuto specificando, però, che i<br />

comportamenti posti in essere dalla pubblica amministrazione devono essere «riconducibili, anche mediatamente,<br />

all’esercizio di un pubblico potere» (art. 13, comma 1, lettera p);<br />

che, pertanto, la questione sollevata deve essere dichiarata manifestamente infondata.<br />

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi<br />

davanti alla Corte costituzionale<br />

Per Questi Motivi<br />

LA CORTE COSTITUZIONALE<br />

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 4 del decreto-legge 23<br />

maggio 2008, n. 90 (Misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella<br />

Regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio<br />

2008, n. 123, sollevata, in riferimento all’articolo 103, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di<br />

Napoli con l’ordinanza in epigrafe.<br />

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 2010.<br />

F.to:<br />

Ugo DE SIERVO, Presidente<br />

Alfonso QUARANTA , Redattore<br />

Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere<br />

Depositata in Cancelleria il 22 dicembre 2010.<br />

210


211


CORTE COSTITUZIONALE - sentenza 5 febbraio 2010 n. 35<br />

Pres. Amirante, Red. Quaranta - (giudizio promosso dal Tribunale ordinario di Napoli, terza sezione civile, in<br />

composizione monocratica, sul ricorso proposto dalla Beta Skye s.r.l., con ordinanza del 13 marzo 2009, iscritta al n.<br />

184 del registro ordinanze 2009, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, prima serie speciale,<br />

dell’anno 2009).<br />

1. Giurisdizione e competenza - Giurisdizione esclusiva del G.A. - Ex art. 103, 1° comma, Cost. - Possibilità di<br />

prevederla solo per "particolari materie" - Necessità - Sussiste.<br />

2. Giurisdizione e competenza - Giurisdizione esclusiva del G.A. - Ex art. 103, 1° comma, Cost. - Determinazione<br />

dei suoi confini - Limiti che il legislatore ordinario incontra in materia - Individuazione.<br />

3. Giurisdizione e competenza - Giurisdizione esclusiva del G.A. - Prevista dall’art. 4 del D.L. n. 90 del 2008,<br />

convertito dalla L. n. 123 del 2008 - In materia di controversie relative alla esecuzione di contratti di appalti<br />

pubblici per la gestione dei rifiuti nella Regione Campania - Questione di legittimità costituzionale - Per<br />

violazione dell’art. 103, 1° comma, Costituzione - Infondatezza.<br />

1. L’art. 103, 1° comma, della Costituzione, pur non avendo conferito al legislatore ordinario una assoluta e<br />

incondizionata discrezionalità nell’attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua<br />

giurisdizione esclusiva, gli ha riconosciuto il potere di indicare "particolari materie" nelle quali la tutela nei<br />

confronti della pubblica amministrazione investe anche diritti soggettivi (1).<br />

2. Nella definizione dei confini della giurisdizione esclusiva, ai sensi dell’art. 103, 1° comma, Cost., è necessario:<br />

a) in primo luogo, che la controversia involga situazioni giuridiche di diritto soggettivo e di interesse legittimo<br />

strettamente connesse; è bene, però, aggiungere che, se è pur vero, in linea con le ragioni storiche all’origine<br />

della configurazione di tale giurisdizione, che è normalmente necessaria la sussistenza di un intreccio di posizioni<br />

giuridiche nell’ambito del quale risulti difficile individuare i connotati identificativi delle singole situazioni<br />

soggettive, non può escludersi che la cognizione del giudice amministrativo possa avere ad oggetto, ricorrendo gli<br />

altri requisiti indicati di seguito, anche soltanto diritti soggettivi (2);<br />

b) in secondo luogo, è necessario che il legislatore assegni al giudice amministrativo la cognizione non di "blocchi<br />

di materie", ma di materie determinate;<br />

c) infine, è richiesto che l’amministrazione agisca, in tali ambiti predefiniti, come autorità e cioè attraverso la<br />

spendita di poteri amministrativi che possono essere esercitati sia mediante atti unilaterali e autoritativi, sia<br />

mediante moduli consensuali ai sensi dell’art. 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, sia infine mediante<br />

comportamenti, purché questi ultimi siano posti in essere nell’esercizio di un potere pubblico e non consistano,<br />

invece, in meri comportamenti materiali avulsi da tale esercizio. In tale ultimo caso, infatti, la cognizione delle<br />

controversie nascenti da siffatti comportamenti spetta alla giurisdizione del giudice ordinario.<br />

3. Non è fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 del decretolegge<br />

23 maggio 2008, n. 90 (Misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei<br />

rifiuti nella Regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile), convertito, con modificazioni, dalla<br />

legge 14 luglio 2008, n. 123, il quale prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo tutte le controversie, anche in ordine alla fase cautelare, comunque attinenti alla complessiva<br />

azione di gestione dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti dell’amministrazione pubblica o dei<br />

soggetti alla stessa equiparati; tale norma aggiunge che la giurisdizione del giudice amministrativo è estesa anche<br />

alle controversie relative a diritti costituzionalmente tutelati.<br />

-----------------------------------------------<br />

(1) Cfr. Corte cost., sentenze n. 204 del 2004, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/corte/ccost_2004-07-06.htm; n. 191 del<br />

2006, ivi, pag. http://www.lexitalia.it/p/61/ccost_2006-05-11.htm; n. 140 del 2007, ivi, pag. http://www.lexitalia.it/p/71/ccost_2007-<br />

04-27.htm<br />

(2) Cfr. Corte cost.,sentenza n. 259 del 2009, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/92/ccost_2009-10-19.htm<br />

212


----------------------------------------------<br />

Documenti correlati:<br />

CORTE COSTITUZIONALE, sentenza 27-4-2007, pag. http://www.lexitalia.it/p/71/ccost_2007-04-27.htm (sulla q.l.c. dell’art. 1,<br />

comma 552, della legge finanziaria 2005 che ha previsto la giurisdizione esclusiva del g.a. per controversie relative a procedure e<br />

provvedimenti in materia di impianti di generazione d'energia elettrica).<br />

CORTE COSTITUZIONALE, sentenza 11-5-2006, pag. http://www.lexitalia.it/p/61/ccost_2006-05-11.htm (dichiara illegittimo l’art.<br />

53, comma 1, del d.l.vo n. 325/2001 - T.U. espropriazione per p.u. - nella parte in cui devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo le controversie relative ai comportamenti delle pubbliche amministrazioni e precisa meglio la portata delle sentenze<br />

nn. 204 e 281 del 2004).<br />

CORTE COSTITUZIONALE, sentenza 28-7-2004, pag. http://www.lexitalia.it/p/corte/ccost_2004-07-28.htm (dichiara<br />

costituzionalmente illegittimo l’art. 34, commi 1 e 2, del D.L.vo n. 80/1998 nella parte in cui, eccedendo dai limiti della delega, ha<br />

devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutta la materia dell’edilizia e dell’urbanistica ed interpreta l’art. 35<br />

dello stesso D.L.vo che prevede il potere del G.A. di condannare la P.A. al risarcimento dei danni).<br />

CORTE COSTITUZIONALE, sentenza 6-7-2004, pag. http://www.lexitalia.it/p/corte/ccost_2004-07-06.htm (nel dichiarare la<br />

illegittimità costituzionale parziale degli artt. 33 e 34 del D.L.vo n. 80/1998, precisa i limiti che il legislatore incontra nell’attribuire<br />

"particolari materie" alla giurisdizione esclusiva del G.A. ed afferma che il potere di condannare la P.A. al risarcimento del danno<br />

non costituisce una nuova materia, ma uno strumento di tutela ulteriore rispetto a quello classico demolitorio).<br />

CORTE COSTITUZIONALE, sentenza 19-10-2009, pag. http://www.lexitalia.it/p/92/ccost_2009-10-19.htm (dichiara inammissibile<br />

la q.l.c. - sollevata dal C.G.A. - delle norme che disciplinano le operazioni elettorali della Camera dei deputati, nella parte in cui non<br />

prevedono la l’impugnabilità davanti al Giudice amministrativo delle decisioni emesse dall’Ufficio elettorale centrale nazionale in<br />

materia di esclusione di candidati o di liste; richiama l'art. 44 della L. n. 69/2009, che ha recentemente delegato il Governo a<br />

prevedere in materia una nuova ipotesi di giurisdizione esclusiva del G.A.).<br />

SENTENZA N. 35<br />

ANNO 2010<br />

REPUBBLICA ITALIANA<br />

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO<br />

LA CORTE COSTITUZIONALE<br />

composta dai signori:<br />

- Francesco AMIRANTE Presidente<br />

- Ugo DE SIERVO Giudice<br />

- Paolo MADDALENA "<br />

- Alfio FINOCCHIARO "<br />

- Alfonso QUARANTA "<br />

- Franco GALLO "<br />

- Luigi MAZZELLA "<br />

- Gaetano SILVESTRI "<br />

213


- Sabino CASSESE "<br />

- Maria Rita SAULLE "<br />

- Giuseppe TESAURO "<br />

- Paolo Maria NAPOLITANO "<br />

- Giuseppe FRIGO "<br />

- Alessandro CRISCUOLO "<br />

- Paolo GROSSI "<br />

ha pronunciato la seguente<br />

SENTENZA<br />

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90 (Misure straordinarie per<br />

fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania e ulteriori disposizioni di<br />

protezione civile), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, promosso dal Tribunale ordinario<br />

di Napoli, terza sezione civile, in composizione monocratica, sul ricorso proposto dalla Beta Skye s.r.l., con ordinanza<br />

del 13 marzo 2009, iscritta al n. 184 del registro ordinanze 2009, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.<br />

27, prima serie speciale, dell’anno 2009.<br />

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;<br />

udito nella camera di consiglio del 13 gennaio 2010 il Giudice relatore Alfonso Quaranta.<br />

Ritenuto in fatto<br />

1.— Il Tribunale ordinario di Napoli, terza sezione civile, in composizione monocratica, con ordinanza del 13 marzo<br />

2009, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90 (Misure<br />

straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania e ulteriori<br />

disposizioni di protezione civile), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, per violazione<br />

dell’art. 103, primo comma, della Costituzione.<br />

Il giudice remittente premette che la ricorrente Beta Skye s.r.l. ha chiesto la condanna dell’Azienda sanitaria locale<br />

(A.s.l.) Napoli 1 al pagamento della somma di euro 102.546,00.<br />

Più in particolare, la ricorrente del giudizio a quo deduceva che, con decreto n. 4204 del 26 novembre 2004, la predetta<br />

A.s.l. aveva indetto una gara a mezzo di licitazione privata per l’affidamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti<br />

sanitari prodotti dalle relative strutture ai sensi del d.P.R. 15 luglio 2003, n. 254 (Regolamento recante disciplina della<br />

gestione dei rifiuti sanitari a norma dell’articolo 24 della legge 31 luglio 2002, n. 179).<br />

Con successivo decreto 21 dicembre 2005, n. 4715, il predetto servizio di gestione era stato aggiudicato al<br />

raggruppamento temporaneo di imprese facente capo alla società Ecological service s.r.l.<br />

La ricorrente assumeva, altresì, che, in esecuzione del contratto intercorso con l’azienda sanitaria e per l’effetto<br />

dell’espletamento del servizio oggetto dell’appalto, la società Ecological service s.r.l. aveva maturato un credito pari ad<br />

euro 102.546,00. Con contratto del 23 ottobre 2008, la società aveva ceduto il predetto credito e la cessione era stata<br />

notificata all’azienda sanitaria, la quale veniva, in tal modo, resa edotta del fatto che la ricorrente era divenuta creditrice<br />

nei confronti dell’A.s.l. medesima della somma sopra indicata.<br />

Il Tribunale rileva che la norma impugnata – attribuendo tutte le controversie, comunque attinenti alla complessiva<br />

gestione dei rifiuti, ivi comprese quelle nascenti da comportamenti, alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo – impedirebbe al Tribunale stesso di decidere la controversia.<br />

214


Per quanto attiene alla rilevanza della questione sollevata, il giudice a quo sottolinea come l’applicazione della<br />

disposizione censurata ai fini della risoluzione della questione «debba ritenersi pacifica, essendo la data del deposito del<br />

ricorso per decreto ingiuntivo successiva alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 90 del 2008»; né rileverebbe<br />

che il contratto è stato concluso molti anni prima, in ragione del principio, consacrato nell’art. 5 del codice di procedura<br />

civile, per cui il momento determinativo della giurisdizione è fissato con riguardo alla stato di fatto esistente al<br />

momento della proposizione della domanda. Nell’ordinanza di remissione si sottolinea, inoltre, come la controversia<br />

oggetto del giudizio rientrerebbe nell’ambito applicativo della norma censurata, e dunque nella giurisdizione del giudice<br />

amministrativo, atteso che la pretesa di pagamento trarrebbe origine da crediti insoluti conseguenti all’espletamento del<br />

servizio di gestione integrata dei rifiuti sanitari.<br />

Dopo avere ritenuto applicabile la disposizione suddetta, il remittente osserva che, nel caso in esame, non sarebbe<br />

possibile optare per una interpretazione della norma conforme a Costituzione, in quanto «la disposizione censurata non<br />

consente che una sola interpretazione (costituzionalmente incompatibile)»; altrimenti «il giudice non opererebbe più nei<br />

limiti di una legittima interpretazione conforme, bensì si arrogherebbe un potere (quello di disapplicare una<br />

disposizione di legge per l’illegittimità costituzionale della stessa) che non gli compete, vanificando così la<br />

predisposizione stessa di un sistema accentrato di costituzionalità».<br />

Alla luce di tali rilevi, il remittente ritiene che l’art. 4 in questione avrebbe un carattere omnicomprensivo e generale,<br />

operando la devoluzione della giurisdizione al giudice amministrativo per "tutte le controversie" concernenti l’azione di<br />

gestione dei rifiuti, sulla base dell’esistenza di un «generico collegamento tra la controversia e l’azione amministrativa<br />

di gestione dei rifiuti, vincolo la cui sufficienza è ben evidenziato dall’impiego dell’avverbio "comunque"». Più in<br />

particolare, si afferma come la norma in esame si riferisca «a tutte le controversie concernenti l’azione di gestione dei<br />

rifiuti posta in essere dalla pubblica amministrazione, senza operare alcuna distinzione o precisazione».<br />

Ad avviso del giudice a quo, il richiamo alla «globalità dell’attività della p.a. in materia di gestione dei rifiuti», nonché<br />

la precisazione che tale attività «rileva anche se posta in essere con comportamenti materiali», renderebbe evidente<br />

come la giurisdizione del giudice amministrativo sussista anche qualora l’azione di gestione dei rifiuti sia posta in<br />

essere dalla pubblica amministrazione con meri comportamenti materiali, cioè con comportamenti che non siano<br />

riconducibili – nemmeno mediatamente – all’esercizio di poteri autoritativi».<br />

In definitiva, conclude il remittente, l’intenzione del legislatore sarebbe stata quella di attribuire alla cognizione del<br />

giudice amministrativo la totalità delle controversie attinenti all’attività posta in essere nel campo della gestione di<br />

rifiuti.<br />

Esposto ciò, il giudice a quo afferma di non ignorare l’esistenza di un indirizzo giurisprudenziale (è richiamata la<br />

sentenza del Tar del Lazio, Roma, prima sezione, 18 febbraio 2009, n. 1655), che ha fatto propria una interpretazione<br />

costituzionalmente orientata della norma, secondo cui «sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo tutte le controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti seppure posta in<br />

essere con comportamenti dell’amministrazione pubblica», purché sussista l’esercizio di un potere pubblico.<br />

In questa prospettiva sarebbero escluse dalla giurisdizione amministrativa le questioni aventi ad oggetto il mero<br />

accertamento di diritti di carattere patrimoniale, senza incidere sull’azione amministrativa di gestione dei rifiuti.<br />

Il remittente afferma di non condividere tale interpretazione, in quanto «una volta appurata l’esistenza di una univoca<br />

corrispondenza tra il testo di legge ed il significato che ne è ricavabile, risulta evidente come non sia praticabile una<br />

diversa opzione ermeneutica, che distingua in particolare tra controversie attinenti a comportamenti riconducibili<br />

all’esercizio dei poteri autoritativi dell’amministrazione (devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo) e controversie invece totalmente estranee all’esercizio di poteri pubblici (da ritenere quindi attribuite<br />

alla giurisdizione del giudice ordinario, tra le quali quelle relative all’esecuzione di rapporti contrattuali), atteso che<br />

l’attività dell’interprete, in presenza di un inequivoco dato testuale, non può spingersi al punto da stravolgere il<br />

significato emergente dal testo normativo».<br />

In relazione alla non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, nell’ordinanza si sostiene il<br />

contrasto della norma censurata con l’art. 103, primo comma, della Costituzione.<br />

Il giudice a quo sottolinea come questa Corte abbia affermato che tale norma costituzionale non ha conferito al<br />

legislatore ordinario un’assoluta e incondizionata discrezionalità nell’attribuzione al giudice amministrativo di materie<br />

devolute alla sua giurisdizione esclusiva, ma gli ha solamente conferito il potere di indicare "particolari materie"<br />

rispetto alle quali la cognizione di detto giudice investe anche posizioni di diritto soggettivo; ciò implicherebbe che «la<br />

mera partecipazione dell’amministrazione al giudizio o il generico coinvolgimento di un interesse pubblico nella<br />

215


controversia non possono considerarsi di per sé sufficienti a radicare la giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo» (si richiamano le sentenze n. 191 del 2006 e n. 140 del 2007).<br />

Alla luce di queste premesse, il remittente ritiene che la norma censurata, fondando un’amplissima devoluzione di<br />

materie alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, devoluzione peraltro sganciata da qualsivoglia<br />

collegamento con l’esercizio di poteri autoritativi della pubblica amministrazione e radicata piuttosto sulla mera<br />

inerenza della controversia alla complessiva attività di gestione amministrativa di rifiuti, contrasti con il sistema di<br />

riparto della giurisdizione contemplato a livello costituzionale.<br />

2.— È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale<br />

dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata non fondata.<br />

La difesa statale osserva, infatti, che il riferimento «alla complessiva azione di gestione dei rifiuti non necessariamente<br />

comprende tutto ciò che è relativo o soltanto conseguente a tale azione; anzi, le parole utilizzate fanno propendere per<br />

una volontà del legislatore di limitare la devoluzione della potestà giurisdizionale all’azione di gestione dei rifiuti, ove il<br />

termine gestione sta a significare la scelta amministrativa di definizione, regolamentazione, trattamento e destinazione<br />

dei rifiuti».<br />

La difesa dello Stato aggiunge che «non sembra esatto (e, comunque, non insuperabile) che il termine gestione<br />

ricomprenda anche il pagamento del corrispettivo del contratto di servizio afferente la gestione stessa, quale definita<br />

dalla pubblica amministrazione; il rapporto obbligatorio derivante dal contratto di affidamento del servizio de quo,<br />

quale convenzione di natura privatistica, rimane escluso dall’applicazione della disposizione e rimane devoluto alla<br />

giurisdizione del giudice ordinario».<br />

Considerato in diritto<br />

1.— Il Tribunale ordinario di Napoli, terza sezione civile, in composizione monocratica, ha sollevato questione di<br />

legittimità costituzionale dell’art. 4 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90 (Misure straordinarie per fronteggiare<br />

l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione<br />

civile), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123.<br />

Tale norma prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie,<br />

anche in ordine alla fase cautelare, comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, seppure posta in<br />

essere con comportamenti dell’amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati; la predetta norma<br />

aggiunge che la giurisdizione del giudice amministrativo è estesa anche alle controversie relative a diritti<br />

costituzionalmente tutelati.<br />

Il giudice a quo ritiene che la disposizione censurata violerebbe l’art. 103, primo comma, della Costituzione, in quanto<br />

essa attuerebbe «un’amplissima devoluzione di materie alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (…)<br />

sganciata da qualsivoglia collegamento con l’esercizio di poteri autoritativi della p.a. e radicata piuttosto sulla mera<br />

inerenza della controversia alla complessiva attività di gestione amministrativa di rifiuti».<br />

2.— La questione non è fondata, nei sensi di seguito indicati.<br />

2.1.— In via preliminare, va osservato che nel giudizio a quo si controverte in merito ad una domanda di condanna<br />

dell’Azienda sanitaria locale Napoli 1 al pagamento di una somma di denaro. Più in particolare, il Tribunale remittente<br />

rileva che, a seguito dell’esecuzione di un contratto di gestione integrata di rifiuti sanitari stipulato all’esito di una<br />

procedura di gara indetta dalla predetta azienda, l’aggiudicataria maturava una credito pari ad euro 102.546,00, che<br />

veniva regolarmente ceduto alla ricorrente. Quest’ultima, pertanto, nella sua qualità di cessionaria del credito,<br />

proponeva domanda volta ad ottenere l’adempimento, da parte dell’amministrazione sanitaria, dell’obbligazione di<br />

pagamento, nascente da contratto.<br />

2.2.— Ora, questa Corte ha più volte affermato che il primo comma dell’art. 103 della Costituzione, pur non avendo<br />

conferito al legislatore ordinario una assoluta e incondizionata discrezionalità nell’attribuzione al giudice<br />

amministrativo di materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, gli ha riconosciuto il potere di indicare "particolari<br />

materie" nelle quali la tutela nei confronti della pubblica amministrazione investe anche diritti soggettivi (sentenze n.<br />

204 del 2004; n. 191 del 2006; n. 140 del 2007).<br />

216


Nella definizione dei confini della giurisdizione esclusiva è, pertanto, necessario, in primo luogo, che la controversia<br />

involga situazioni giuridiche di diritto soggettivo e di interesse legittimo strettamente connesse. È bene, però,<br />

aggiungere che, se è pur vero, in linea con le ragioni storiche all’origine della configurazione di tale giurisdizione, che è<br />

normalmente necessaria la sussistenza di un intreccio di posizioni giuridiche nell’ambito del quale risulti difficile<br />

individuare i connotati identificativi delle singole situazioni soggettive, non può escludersi che la cognizione del giudice<br />

amministrativo possa avere ad oggetto, ricorrendo gli altri requisiti indicati di seguito, anche soltanto diritti soggettivi<br />

(sentenza n. 259 del 2009).<br />

In secondo luogo, è necessario che il legislatore assegni al giudice amministrativo la cognizione non di "blocchi di<br />

materie", ma di materie determinate.<br />

Infine, è richiesto che l’amministrazione agisca, in tali ambiti predefiniti, come autorità e cioè attraverso la spendita di<br />

poteri amministrativi che possono essere esercitati sia mediante atti unilaterali e autoritativi sia mediante moduli<br />

consensuali ai sensi dell’art. 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento<br />

amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), sia infine mediante comportamenti, purché questi<br />

ultimi siano posti in essere nell’esercizio di un potere pubblico e non consistano, invece, in meri comportamenti<br />

materiali avulsi da tale esercizio. In tale ultimo caso, infatti, la cognizione delle controversie nascenti da siffatti<br />

comportamenti spetta alla giurisdizione del giudice ordinario.<br />

2.3.— La norma impugnata deve dunque essere interpretata alla luce delle indicate condizioni che delimitano, sul piano<br />

costituzionale, l’ambito della giurisdizione esclusiva.<br />

Il legislatore, nell’attribuire al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva sulle controversie attinenti alla<br />

complessa azione di gestione dei rifiuti, ha, innanzitutto, individuato una "particolare" materia, rappresentata appunto<br />

dalla "gestione dei rifiuti".<br />

Inoltre, il riferimento ai comportamenti, su cui si incentra la doglianza del remittente, deve essere inteso nel senso che<br />

quelli che rilevano, ai fini del riparto della giurisdizione, sono soltanto i comportamenti costituenti espressione di un<br />

potere amministrativo e non anche quelli meramente materiali posti in essere dall’amministrazione al di fuori<br />

dell’esercizio di una attività autoritativa. L’espressione «azione di gestione dei rifiuti» va logicamente intesa nel senso<br />

che l’attività della pubblica amministrazione deve essere preordinata alla organizzazione o alla erogazione del servizio<br />

pubblico di raccolta e di smaltimento dei rifiuti. Ne consegue che nella controversia all’esame del remittente, venendo<br />

in rilievo questioni meramente patrimoniali connesse al mancato adempimento da parte dell’amministrazione di una<br />

prestazione pecuniaria nascente da un rapporto obbligatorio, i comportamenti posti in essere dall’amministrazione<br />

stessa non sono ricompresi nell’ambito di applicazione della norma impugnata, come sopra interpretata, e rientrano,<br />

invece, nella giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria, nella specie correttamente adita.<br />

Del resto, la giurisprudenza amministrativa ha seguito questo orientamento, escludendo che possano rientrare<br />

nell’ambito della propria giurisdizione esclusiva le controversie afferenti a questioni che non involgono anche<br />

l’esercizio di poteri amministrativi (così sentenza del Tar del Lazio, Roma, I sezione, 18 febbraio 2009, n. 1655,<br />

richiamata nella stessa ordinanza di remissione). Né sussiste un indirizzo interpretativo difforme della giurisdizione<br />

ordinaria, tanto di legittimità quanto di merito, per cui non può essere invocato, al riguardo, un ipotetico "diritto<br />

vivente" nel senso prospettato dal remittente.<br />

3.— In definitiva, dunque, la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale ordinario di Napoli deve<br />

ritenersi, per le ragioni sin qui esposte, non fondata.<br />

Per questi motivi<br />

LA CORTE COSTITUZIONALE<br />

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 del decretolegge<br />

23 maggio 2008, n. 90 (Misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti<br />

nella Regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile), convertito, con modificazioni, dalla legge 14<br />

luglio 2008, n. 123, sollevata dal Tribunale ordinario di Napoli, terza sezione civile, in composizione monocratica, con<br />

l’ordinanza indicata in epigrafe.<br />

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 gennaio 2010.<br />

217


F.to:<br />

Francesco AMIRANTE, Presidente<br />

Alfonso QUARANTA , Redattore<br />

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere<br />

Depositata in Cancelleria il 5 febbraio 2010.<br />

218


219


CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. UNITE CIVILI - ordinanza 22 novembre 2010 n. 23597<br />

Pres. ff. Vittoria, Rel. Botta - Sari s.r.l. (Avv.ti A. Abbamonte e Di Palma) c. Presidenza del Consiglio dei Ministri ed<br />

altri (Avv.ra Stato) e Fibe s.p.a. (Avv. Magri) - (dichiara la giurisdizione del giudice ordinario).<br />

1. Giurisdizione e competenza - Ambiente - Rifiuti - Giurisdizione esclusiva del G.A. - Ex art. 4 del D.L. 23<br />

maggio 2008, n. 90 - Inapplicabilità alle controversie pendenti alla data di entrata in vigore di quest’ultima<br />

norma.<br />

2. Giurisdizione e competenza - Ambiente - Rifiuti - Giurisdizione esclusiva del G.A. - Ex art. 4 del D.L. 23<br />

maggio 2008, n. 90 - Non ha natura innovativa - Attribuzione al G.A. delle controversie in materia - Riguarda i<br />

soli comportamenti della P.A. che costituiscono espressione di un potere autoritativo - Giurisdizione dell’A.G.O.<br />

per le questioni meramente patrimoniali relative alla gestione dei rifiuti - Permane - Fattispecie.<br />

1. L’art. 4 del D.L. 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, nella L. 14 luglio 2008, n. 123 - secondo<br />

cui sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie, anche in ordine<br />

alla fase cautelare, comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, seppure posta in essere con<br />

comportamenti dell'amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati - non ha natura retroattiva,<br />

non contenendo un'esplicita previsione in tal senso ed è, quindi, inapplicabile alle controversie pendenti al<br />

momento della sua entrata in vigore, in base al principio generale della perpetuatio iurisdictionis di cui all'art. 5<br />

c.p.c. (1).<br />

2. L’art. 4 del D.L. 23 maggio 2008, n. 90 non è da considerare una norma innovativa rispetto alle previgenti<br />

regole che riguardano la ripartizione della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo: infatti, il<br />

citato art. 4, nell'attribuire al giudice amministrativo la giurisdizione in ordine alle controversie concernenti la<br />

gestione dei rifiuti, si riferisce ai soli comportamenti della P.A. che costituiscono espressione di un potere<br />

autoritativo (2), mentre restano alla giurisdizione del giudice ordinario le questioni meramente patrimoniali<br />

relative alla gestione dei rifiuti (3).<br />

----------------------------------------------<br />

(1) Cass. S.U. n. 14126 del 2010.<br />

(2) Cass. S.U. n. 16032 del 2010; v. anche Corte cost. n. 35 del 2010, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/10/ccost_2010-02-<br />

05-2.htm<br />

(3) Cass. S.U. n. 14126 del 2010.<br />

Alla stregua del principio nella specie è stata affermata la giurisdizione dell’A.G.O. per una controversia promossa da una società<br />

proprietaria di un'area nella quale erano state depositate da parte di altra società delle eco-balle, a seguito di incarico conferito dal<br />

Commissario del Governo per l'emergenza rifiuti in Campania.<br />

Hanno osservato le Sez. Unite che la controversia riguardava un aspetto squisitamente patrimoniale.<br />

Infatti, la pretesa che la società proprietaria dell’area aveva fatto valere nel giudizio era il credito che aveva affermato di vantare a<br />

titolo, da un lato, di indennità di occupazione per il periodo nel quale le eco-balle sono state depositate nel terreno di sua proprietà e,<br />

dall'altro, di rimborso delle spese affrontate per la manutenzione delle medesime eco-balle attivata e proseguita allo scopo di evitare<br />

che le cattive condizioni di confezionamento delle medesime arrecassero irreversibili danni alle aree circostanti.<br />

Sicchè veniva in discussione non l'esercizio da parte della P.A. di un potere autoritativo, ma solo i compensi per l'attività gestoria<br />

svolta dalla società creditrice, con la conseguente attribuzione della relativa controversia alla giurisdizione del giudice ordinario.<br />

--------------------------------------------<br />

Documenti correlati:<br />

CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONI UNITE CIVILI, ordinanza 21-5-2009, pag. http://www.lexitalia.it/p/91/cassuciv_2009-05-<br />

21o.htm (sul giudice competente a decidere una azione di risarcimento proposta da alcuni cittadini nei confronti del Comune di<br />

residenza per i danni derivanti alla salute a causa delle reiterate inadempienze nella raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani).<br />

220


CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. UNITE CIVILI, sentenza 28-12-2007, pag. http://www.lexitalia.it/p/81/cassu_2007-12-28.htm (sul<br />

giudice competente a decidere controversie relative alla installazione o riattivazione delle discariche di rifiuti - fattispecie relativa a<br />

ordinanza ex art. 700 c.p.c. emessa dal giudice ordinario per inibire al Commissario straordinario per l'emergenza rifiuti in Campania<br />

l’esercizio di una discarica dei rifiuti nel Comune di Serre).<br />

TAR CAMPANIA - NAPOLI SEZ. I, ordinanza 18-11-2010, pag. http://www.lexitalia.it/p/10/tarcampna1_2010-11-18o.htm<br />

(solleva q.l.c. degli artt. 135, 16 e 15 del Codice del processo amministrativo, nella parte in cui prevedono, per le controversie aventi<br />

ad oggetto la gestione del ciclo dei rifiuti, la competenza esclusiva del TAR Lazio - Roma ed il divieto di concessione di misure<br />

cautelari nelle more della pronuncia del giudice dichiarato competente sulla controversia).<br />

TAR VENETO SEZ. III, sentenza 1-7-2008, pag. http://www.lexitalia.it/p/82/tarveneto3_2008-07-01.htm (sull’estensione della<br />

giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche e sul giudice competente a decidere una controversia relativa ad<br />

ordinanza di rimozione di rifiuti abbandonati nell’area di sedime e di pertinenza di un torrente).<br />

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO<br />

La controversia trae origine dalla circostanza che la società FIBE S.p.A., a seguito di incarico ad essa conferito dal<br />

Commissario del Governo per l'emergenza rifiuti in Campania, aveva provveduto al deposito di eco-balle in un'area di<br />

proprietà della società SARI s.r.l. Quest'ultima, poichè le predette eco-balle erano pervenute al deposito non in forma<br />

integra, aveva dovuto impiegare i propri mezzi in una continua opera di manutenzione allo scopo di evitare danni al<br />

territorio circostante.<br />

Di qui la richiesta, rimasta inevasa, della società SARI alla società FIBE per il pagamento per il deposito e l'attività di<br />

manutenzione: analogamente non dava alcun seguito alle sollecitazioni della società creditrice il Commissario di<br />

Governo, indicato dalla società FIBE come l'effettivo debitore. Sicchè la società SARI, conveniva innanzi il Tribunale<br />

di Napoli, la FIBE S.p.A., la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Commissario di Governo per l'emergenza rifiuti in<br />

Campania (il cui contenzioso, in ordine alle situazioni creditorie e debitorie fino al 10 giungo 2008, sarà poi trasferito al<br />

Sottosegretario di Stato per l'emergenza rifiuti) e il Commissario delegato alle emergenze del settore delle bonifiche e<br />

della tutela delle acque, per ivi sentir dichiarare il proprio diritto al risarcimento dei danni subiti, consistenti nella<br />

mancata corresponsione dell'indennità di occupazione per il deposito delle eco-balle e la mancata rifusione delle spese<br />

sostenute per le opere manutentive dei medesimi materiali. La società attrice chiedeva, inoltre, che fosse accertata<br />

l'assenza della propria responsabilità per i danni arrecati alle aree occupate, e fosse adottato ogni provvedimento utile<br />

per lo sgombero dei materiali collocati nell'area di sua proprietà.<br />

Nel costituirsi in giudizio, i convenuti eccepivano il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a favore del giudice<br />

amministrativo, ritenendo che la controversia rientrasse tra le ipotesi disciplinate dal D.L. n. 90 del 2008, art. 4,<br />

convertito con modificazioni con L. n. 123 del 2008. Di qui il ricorso della società SARI per regolamento preventivo di<br />

giurisdizione, cui resistono con controricorso la società FIBE e le amministrazioni convenute, confermando l'eccezione<br />

di difetto di giurisdizione del giudice ordinario. Tanto la società SARI, quanto la società FIBE hanno depositato<br />

memoria.<br />

MOTIVAZIONE<br />

1. Con il primo motivo di ricorso, la società SARI richiama il principio della perpetuatio iurisdictionis di cui all'art. 5<br />

c.p.c. per escludere l'applicabilità nella specie del D.L. n. 90 del 2008, art. 4, affermando che la predetta norma non<br />

riguarda i giudizi in corso.<br />

2. Il motivo è fondato alla luce del principio già affermato da queste Sezioni Unite, secondo cui "il D.L. 23 maggio<br />

2008, n. 90, art. 4, convertito, con modificazioni, nella L. 14 luglio 2008, n. 123, per il quale sono devolute alla<br />

giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie, anche in ordine alla fase cautelare, comunque<br />

attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti dell'amministrazione<br />

pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati, non ha natura retroattiva, non contenendo un'esplicita previsione in tal<br />

senso, ed è, quindi, inapplicabile nelle controversie pendenti al momento della sua entrata in vigore, valendo per esse il<br />

principio della perpetualo iurisdictionis di cui all'art. 5 c.p.c." (Cass. S.U. 14126 del 2010).<br />

3. Ma l'inapplicabilità del D.L. n. 90 del 2008, art. 4, nella fattispecie non vuol dire di per sè che la giurisdizione debba<br />

essere attribuita al giudice ordinario, dato che la predetta norma non sembra innovativa rispetto alle previgenti regole<br />

che presidiano alla ripartizione della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo: infatti, il citato art. 4,<br />

221


"nell'attribuire al giudice amministrativo la giurisdizione in ordine alle controversie concernenti la gestione dei rifiuti, si<br />

riferisce ai soli comportamenti della P.A. che costituiscono espressione di un potere autoritativo" (Cass. S.U. n. 16032<br />

del 2010; v. anche Corte cost. n. 35 del 2010), mentre restano alla giurisdizione del giudice ordinario le questioni<br />

meramente patrimoniali relative alla gestione dei rifiuti (Cass. S.U. n. 14126 del 2010).<br />

4. Nel caso di specie quel che si discute è, appunto, un aspetto squisitamente patrimoniale.<br />

4.1. La pretesa che la società SARI fa valere nel giudizio è il credito che afferma di vantare a titolo, da un lato, di<br />

indennità di occupazione per il periodo nel quale le eco-balle sono state depositate nel terreno di sua proprietà e,<br />

dall'altro, di rimborso delle spese affrontate per la manutenzione delle medesime eco-balle attivata e proseguita allo<br />

scopo di evitare che le cattive condizioni di confezionamento delle medesime arrecassero irreversibili danni alle aree<br />

circostanti.<br />

4.2. Sicchè vengono in discussione non l'esercizio da parte della P.A. di un potere autoritativo, ma solo i compensi per<br />

l'attività gestoria svolta dalla società creditrice, con la conseguente attribuzione della relativa controversia alla<br />

giurisdizione del giudice ordinario.<br />

5. Pertanto, deve essere dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.<br />

6. La formazione dei principi enunciati in epoca successiva alla proposizione del ricorso giustifica la compensazione<br />

delle spese della presente fase del giudizio.<br />

P.Q.M.<br />

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Dichiara la giurisdizione del giudice ordinario. Compensa le spese.<br />

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 novembre 2010.<br />

Depositata in Cancelleria il 22 novembre 2010.<br />

222


223


CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. UNITE CIVILI - ordinanza 21 maggio 2009 n. 11832<br />

Pres. ff. Vittoria, Rel. Vidiri - Comune di Amorosi (Avv. Iacobelli) c. F.L. (Avv. L. Guarino) e Commissario di<br />

Governo per l'Emergenza Rifiuti nella regione Campania (Avv.ra dello Stato) - (dichiara la giurisdizione del giudice<br />

amministrativo).<br />

Giurisdizione e competenza - Risarcimento dei danni - Azione proposta da alcuni cittadini nei confronti del<br />

Comune di residenza e di un Consorzio intercomunale gestione rifiuti - Per i danni derivanti alla salute<br />

dall’emergenza rifiuti - Giurisdizione esclusiva del G.A. ex art. 33 del D.L.vo n. 80 del 1998 - Sussiste.<br />

Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo una azione proposta da alcuni cittadini nei confronti del<br />

Comune di residenza nonchè nei confronti del Consorzio intercomunale gestione rifiuti con la quale è stato<br />

chiesto il risarcimento dei danni patiti dagli attori (personali, patrimoniali, morali, alla salute, alla vita di<br />

relazione, all'immagine) derivanti dai disagi dell'emergenza rifiuti nonché dai pericoli ambientali ed igienico<br />

sanitari, determinati dalle continuate inadempienze degli enti convenuti; infatti, ai poteri conferiti<br />

all'Amministrazione comunale in tema di raccolta e smaltimento dei rifiuti corrisponde un interesse legittimo dei<br />

cittadini al loro esercizio e la contestazione della correttezza o adeguatezza dell’esercizio di detti poteri rientra<br />

nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 33 D.Lgs. n. 80 del 1998. Tale<br />

giurisdizione non può venir meno né per effetto della dedotta lesione del diritto alla salute che ne sarebbe<br />

derivata, né della richiesta di condanna dei convenuti al risarcimento dei danni.<br />

FATTO E DIRITTO<br />

Rilevato che il Comune di Amorosi, proponendo istanza di regolamento preventivo di giurisdizione, ha esposto che -<br />

con atto notificato il 23 gennaio 2007, F.L. + 33 avevano convenuto davanti al Giudice di pace di Guardia Sanframqndi<br />

il Comune di Amorosi, nel quale abitavano o risiedevano, ed il Consorzio intercomunale gestione rifiuti (omissis) e ne<br />

avevano domandato la solidale declaratoria della responsabilità "dei disagi, dei disservizi, dell'emergenza rifiuti, della<br />

farsa e del bluff della raccolta differenziata, dei pericoli ambientali ed igienico sanitari, determinati dalle loro continuate<br />

e comprovate inadempienze" e condanna "al risarcimento di tutti i danni patiti dagli attori (personali, patrimoniali,<br />

morale, alla salute esistenziale alla vita di relazione, all'immagine) in via equitativa e nei limiti della somma di Euro<br />

1.000,00 per ciascuno di essi";<br />

- i convenuti avevano eccepito, in via preliminare, il difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria ed analoga<br />

eccezione aveva formulato il Commissariato di Governo per l'Emergenza Rifiuti in Campania, di cui era stata<br />

autorizzata la chiamata in causa, e, dopo la rinuncia al giudizio di uno degli attori e l'intervento di altri dodici abitanti o<br />

residenti nel Comune, il Giudice di pace con ordinanza del 14 dicembre 2007 si era riservato di decidere la questione di<br />

giurisdizione unitamente al merito della causa;<br />

- alla luce del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 33, nel testo risultante dalla sentenza n. 204 del 2004 della Corte<br />

costituzionale, il discrimine tra la giurisdizione ordinaria e quella amministrativa dipende dalla circostanza che la P.A.<br />

abbia agito o meno con esercizio di poteri autoritativi e che, nel caso specifico, ricorreva tale esercizio, avendo ad<br />

oggetto la domanda proposta dai privati "una valutazione critica delle modalità di espletamento del servizio pubblico<br />

della raccolta dei rifiuti da parte del Comune di Amorosi";<br />

- le ulteriori sentenze n. 191/2006 e n. 140/2007 della Corte costituzionale, nonché la sentenza n. 4672/2006 del<br />

Consiglio di Stato, e, più specificamente, la pronuncia n. 27187/2007 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione,<br />

avevano chiarito come anche in materia di diritti fondamentali, quale quello alla salute, possa sussistere la giurisdizione<br />

del giudice amministrativo, a condizione che si tratti di impugnazione di comportamenti materiali effetto di atti della<br />

P.A. o comunque espressione dei poteri di questa;<br />

il petitum sostanziale concerneva in una richiesta risarcitoria conseguente ai disagi e disservizi dovuti alle presunte<br />

inadempienze del Comune di Amorosi, e, conseguentemente, il giudice adito "dovrebbe andare a valutare e,<br />

conseguentemente, decidere in relazione ad un'attività amministrativa, consistente nella gestione dell'emergenza relativa<br />

al servizio di raccolta dei rifiuti";<br />

rilevato che degli attori ha notificato controricorso il solo intimato F.L. ed ha chiesto il rigetto dell'istanza, deducendo<br />

che:<br />

224


- in base alle sentenze costituzionali enunciate dal ricorrente, permane la distinzione "tra danno da comportamenti<br />

materiali, o radicalmente senza titolo, e danni, cagionati da comportamenti amministrativi" e, mentre per questi ultimi la<br />

giurisdizione spetta al giudice amministrativo, per tutti gli altri, che sono "meri comportamenti" la giurisdizione è del<br />

giudice ordinario;<br />

- nel caso in esame, nessun provvedimento amministrativo era stato emanato, tanto che il giudizio promosso aveva ad<br />

oggetto proprio la valutazione, a fini risarcitori, del comportamento omissivo delle parti convenute, e, essendo le<br />

censure rivolte ad un mero comportamento della P.A., la giurisdizione apparteneva al giudice ordinario alla luce anche<br />

della sentenza n. 27187/2007 citata;<br />

rilevato che si è costituito, altresì, il Commissario di Governo per l'emergenza rifiuti nella Regione Campania ed ha<br />

ribadito l'eccezione di difetto giurisdizione del giudice ordinario, osservando che "la giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo sussiste tutte le volte in cui la P.A. eserciti un potere autoritativo finalizzato al perseguimento degli<br />

interessi pubblici" e che, avendo le parti lamentato l'illegittimità di atti assunti in relazione al problema dello<br />

smaltimento dei rifiuti, la connessione tra il contenuto della domanda e l'esercizio del potere pubblico rende certa la<br />

spettanza della controversia alla giurisdizione del giudice amministrativo, senza che possa modificare i termini del<br />

problema il fatto che si versi in materia di presunta lesione idi diritti soggettivi come quello alla salute;<br />

ritenuto che, avendo il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 33, come modificato dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, devoluto<br />

alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi nelle quali già<br />

esercitava la giurisdizione generale di legittimità, detta giurisdizione non può essere esclusa nel caso di atti o<br />

comportamenti della pubblica amministrazione che ledano diritti, anche se considerati fondamentali e tutelati dalla<br />

Costituzione, quali quello alla salute tutelato dall'art. 32, Cost., salve le ipotesi in cui, come chiarito dalle sentenze della<br />

C. Cost. nn. 204/2004, 191/2006 e 140/2007, l'attività da questa svolta non si configuri, nemmeno mediatamente, come<br />

esercizio di un pubblico potere;<br />

ritenuto che la L. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 7, comma 3, come sostituito dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 7,<br />

attribuisce al giudice amministrativo, nell'ambito della sua giurisdizione, la cognizione di tutte le questioni relative<br />

all'eventuale risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, e agli altri diritti patrimoniali<br />

consequenziali;<br />

ritenuto che gli attori, dopo avere premesso che le strade e l'intero territorio comunale ospitavano rifiuti maleodoranti di<br />

ogni genere, con i quali i cittadini erano costretti a convivere, si erano doluti nell'atto di citazione che, nonostante lo<br />

stato di emergenza, le segnalazioni ed i reclami dei cittadini e, da ultimo, l'ordine di rimozione dei rifiuti e di bonifica<br />

dei contenitori, pervenuta al sindaco il 1 dicembre 2006 dal responsabile dell'ASL (omissis), nessun provvedimento era<br />

stato adottato o, comunque, poco o nulla era stato fatto per migliorare le condizioni igieniche delle strade nel rispetto<br />

dei diritti dei cittadini;<br />

ritenuto che nel medesimo atto essi avevano ricollegato l'oggettivo e significativo peggioramento della qualità della loro<br />

vita ed i danni personali e patrimoniali, pregiudizi alla salute ed alla vita di relazione, nonché turbamento, ansia e stress,<br />

ai reiterati inadempimento dell'amministrazione comunale all'obbligo di assicurare il servizio di raccolta dei rifiniti<br />

urbani e, in generale, di compiere un'attività positiva a tutela della salute dei cittadini e chiesto un risarcimento dei<br />

danni correlato anche al pagamento della "tassa sui rifiuti, per un servizio di cui non avevano usufruito;<br />

ritenuto che ai poteri conferiti all'amministrazione comunale in tema di raccolta e smaltimento dei rifiuti corrisponde un<br />

interesse legittimo dei cittadini al loro esercizio e che, rientrando la contestazione della correttezza o adeguatezza di<br />

questo nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi del D.Lgs. n. 80 del 1998 cit., art. 33, tale<br />

giurisdizione non può venir meno nè per effetto della dedotta lesione del diritto alla salute che ne sarebbe derivata e nè<br />

della richiesta di condanna dei convenuti al risarcimento dei danni; ritenuto che non trova conforto nel tenore dell'atto di<br />

citazione l'assunto formulato dall'unico attore controricorrente nella memoria da lui depositata che la domanda<br />

conteneva una mera istanza di accertamento sui fatti e di dichiarazione di responsabilità, necessaria incidenter tantum al<br />

fine di potere decidere sulla chiesta condanna, e che i fatti "storici" erano in esso narrati ad colorandum e non per<br />

denunciare l'inidoneità dei provvedimenti adottati dalla P.A.;<br />

ritenuto che, pertanto, che va dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo competente, davanti al quale vanno<br />

rimesse le parti (cfr.: Cass. civ., sez. un., sent. 22 febbraio 2007, n. 4109), e che sussistono giusti motivi per compensare<br />

tra le parti le spese del processo innanzi al giudice ordinario e di questo giudizio, tenuto conto della novità della<br />

questione.<br />

225


P.Q.M.<br />

Dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo e rimette le parti davanti al T.A.R. competente.<br />

Compensa tra le parti le spese del giudizio.<br />

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 aprile 2009.<br />

Depositata in Cancelleria il 21 maggio 2009.<br />

226


227


CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. UNITE CIVILI - sentenza 28 dicembre 2007 n. 27187<br />

Pres. Carbone, Rel. Forte - Presidenza del Consiglio dei Ministri e Commissario Straordinario per l’emergenza rifiuti in<br />

Campania c. Comune di Serre - (dichiara inammissibili il ricorso straordinario ai sensi dell'art. 111 Cost. e le istanze<br />

riunite di regolamento preventivo di giurisdizione).<br />

1. Giurisdizione e competenza - Ambiente - Rifiuti solidi urbani - Discariche - Installazione - Controversie in<br />

materia - Giurisdizione esclusiva del G.A. - Sussiste - Ragioni.<br />

2. Giurisdizione e competenza - Ricorso straordinario per cassazione - Ex art. 111 Cost. - Avverso provvedimenti<br />

urgenti anticipatori degli effetti della sentenza di merito, emessi ai sensi dell'art. 700 c.p.c. - Inammissibilità -<br />

Regolamento preventivo di giurisdizione - Ex art. 41 c.p.c. - Avverso provvedimenti cautelari ante causam - Fino<br />

alla data di proposizione del giudizio di merito - Inammissibilità.<br />

1. Spettano all'esclusiva giurisdizione del giudice amministrativo le controversie relative alla installazione delle<br />

discariche di rifiuti, in quanto controversie in materia di gestione del territorio nell'interesse dell'intera<br />

collettività nazionale; infatti, anche in materia di diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione, come il diritto<br />

alla salute (art. 32 Cost.), allorché la loro lesione sia dedotta come effetto di un comportamento materiale,<br />

espressione di poteri autoritativi e conseguente ad atti della P.A. di cui sia denunciata la illegittimità, in materie<br />

riservate alla giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi, come ad es. in quelle di gestione del territorio,<br />

compete al giudice amministrativo la cognizione esclusiva delle relative controversie circa la sussistenza in<br />

concreto dei diritti vantati e il contemperamento o limitazione dei suddetti diritti con l’interesse generale<br />

pubblico all’ambiente salubre e la emissione di ogni provvedimento cautelare, per assicurare provvisoriamente<br />

gli effetti della futura decisione finale sulle richieste inibitorie, demolitorie ed eventualmente risarcitorie dei<br />

soggetti che deducono di essere danneggiati da detti comportamenti o provvedimenti (1).<br />

2. Contro i provvedimenti urgenti anticipatori degli effetti della sentenza di merito, emessi ai sensi dell'art. 700<br />

c.p.c., non è proponibile il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell'art. 111 c.p.c, perché detti atti sono<br />

privi di stabilità e inidonei a divenire giudicato, ancorché nessuna delle parti del procedimento cautelare abbia<br />

interesse a iniziare l'azione di merito, avendo la tutela cautelare soddisfatto ogni esigenza del ricorrente e non<br />

avendo interesse il resistente a dedurre comunque la inesistenza del diritto cautelato; tale ricorso, qualora il<br />

provvedimento urgente sia stato pronunciato ante causam, e non sia iniziato il giudizio di merito a tutela del<br />

diritto cautelato, non può valutarsi, anche se il ricorrente lo richieda, come istanza di regolamento preventivo di<br />

giurisdizione, ai sensi dell'art. 41 c.p.c. da qualificare anche essa inammissibile, finché l'istante non abbia iniziato<br />

un giudizio di merito per il quale sorge l'oggetto del procedimento unitamente all’interesse concreto e attuale a<br />

conoscere il giudice dinanzi al quale lo stesso deve eventualmente proseguire, anche se diverso da quello che ha<br />

emesso il provvedimento urgente in via anticipatoria e cautelare e per fare accertare, in via definitiva ed<br />

immodificabile e con effetto di giudicato anche esterno, quale sia il giudice che ha giurisdizione sulla<br />

controversia, iniziata all'esito della procedura interinale e fino a quando il processo sul merito non risulti deciso<br />

con sentenza di primo grado.<br />

------------------------------------------<br />

(1) La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la pronuncia in rassegna, ha emesso la prima sentenza “nell'interesse della legge”, ai<br />

sensi della nuova formulazione dell'art. 363, comma 3, c.p.c., enunciando il principio di diritto da applicare in analoghe fattispecie.<br />

La Corte di Cassazione ha in particolare ritenuto che spettano all'esclusiva giurisdizione del giudice amministrativo ex art. 34 del<br />

D.L.vo n. 80/1998 e s.m.i. le controversie relative alla installazione delle discariche di rifiuti - in quanto controversie in materia di<br />

gestione del territorio nell'interesse dell'intera collettività nazionale - anche nel caso in cui sia denunciata una lesione ai diritti<br />

fondamentali tutelati dalla Costituzione, quale il diritto alla salute (art. 32 Cost.), accertando la sussistenza in concreto dei diritti<br />

vantati e provvedendo in ordine al contemperamento o alla limitazione dei suddetti diritti in rapporto all'interesse generale pubblico<br />

all'ambiente salubre.<br />

Spetta pertanto al giudice amministrativo adottare, se ne ricorrono le condizioni, i provvedimenti cautelari per assicurare<br />

provvisoriamente gli effetti della futura decisione finale sulle richieste inibitorie, demolitorie ed eventualmente risarcitorie dei<br />

soggetti che deducono di essere danneggiati dai comportamenti materiali o dai provvedimenti autoritativi finalizzati all'installazione<br />

delle discariche.<br />

------------------------------------------<br />

Documenti correlati:<br />

228


CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONI UNITE CIVILI, ordinanza 13-6-2006, n. 13659, pag.<br />

http://www.lexitalia.it/p/61/casssu_2006-06-13.htm (dopo una articolata ricostruzione della tematica della risarcibilità degli interessi<br />

legittimi, le Sez. Unite affermano che il g.a. non può rifiutare di esaminare una domanda autonoma di risarcimento del danno "per la<br />

ragione che nel termine per ciò stabilito non sono stati chiesti l'annullamento dell'atto e la conseguente rimozione dei suoi effetti" e<br />

che una tale pronuncia è ricorribile per cassazione).<br />

CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONI UNITE CIVILI, ordinanza 13-6-2006, n. 13660, pag.<br />

http://www.lexitalia.it/p/61/casssu_2006-06-13-2.htm (che ritiene proponibile innanzi al g.a. la domanda di risarcimento per<br />

illegittimo diniego di rilascio di una autorizzazione anche se non sia stato tempestivamente impugnato il provvedimento di diniego).<br />

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO<br />

Con ordinanza del 10 giugno 2007, il Tribunale di Salerno rigettava il reclamo ex art. 669 terdecies avverso l'ordinanza<br />

del giudice monocratico, emessa ai sensi dell'art. 700 c.p.c. il 28 aprile 2007, che, in accoglimento della domanda del<br />

Comune di Serre e di terzi intervenuti, aveva ordinato al Commissario straordinario di governo per l'emergenza rifiuti in<br />

Campania di astenersi dall' istallare e dal porre in esercizio l'impianto di discarica dei rifiuti nel Comune di Serre, in<br />

località Valle della Masseria, come meglio individuato .... nell'ordinanza n. 14 del 24.1.07" di detto Commissario.<br />

Il provvedimento reclamato, a cautela del diritto alla salute dei ricorrenti e della salubrità dell'ambiente, anticipando la<br />

reintegrazione in forma specifica di cui all'art. 2058, 1° comma, c.c., aveva respinto l'eccezione di difetto di<br />

giurisdizione del giudice ordinario sollevata dalla Avvocatura erariale, secondo la quale l'attività del Commissario<br />

delegato di cui sì inibiva il proseguimento aveva natura pubblicistica, perché fondata sulla sua ordinanza n. 14/07,<br />

basata sulle leggi n.ri 225/92 e 290/06.<br />

Secondo il Tribunale, peraltro, in rapporto al petitum sostanziale e alle posizioni fondamentali a cautela delle quali era<br />

stato chiesto il provvedimento, cioè del diritto dei ricorrenti alla salute e all'ambiente, situazione che non poteva essere<br />

affievolita o degradata a interesse legittimo dal potere amministrativo, la giurisdizione era dell'A.G.O., mancando in<br />

fatto la richiesta di un sindacato qualsiasi dai giudici sugli atti commissariali.<br />

Richiamate le pronunce di queste S.U. che, uniformandosi ai principi enunciati dalla Corte Costituzionale nelle due<br />

sentenze n. 2 04/04 e 191/06 (S.U. n. 13659 e 13660 del 2006), avevano rilevato come la tutela risarcitoria e demolitoria<br />

a fronte di comportamenti illeciti della P.A., anche nelle materie di giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi,<br />

non abrogava la ripartizione dell'art. 103 Cost., il tribunale riteneva che tale cognizione doveva riconoscersi ai giudici<br />

amministrativi, solo quando la P.A. non incidesse su diritti incomprimibili della persona.<br />

Pertanto la tutela giudiziaria nella fattispecie non spettava ai giudici amministrativi, essendo il diritto alla salute<br />

"sovrastante alla stessa amministrazione, di guisa che questa non ha alcun potere, neppure per motivi di interesse<br />

pubblico specialmente rilevante, non solo di affievolirlo ma anche di pregiudicarlo nel fatto indirettamente" {pag. 5<br />

ordinanza impugnata).<br />

L'ordinanza richiamava la decisione del Consiglio di Stato n. 556/06, per la quale, in riferimento a diritti fondamentali<br />

riconosciuti dalla Costituzione deve riconoscersi la giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi, ove sia chiesto<br />

1'annullamento di atti costituenti espressione illegittima del potere della P.A,, come nel caso non era in fatto accaduto,<br />

Infatti i ricorrenti non denunciavano l'illegittimità dei provvedimenti, che avevano individuato il sito per la<br />

realizzazione della discarica, ma deducevano il pericolo per la salute e 1'ambiente che poteva derivare dalla<br />

installazione della discarica, cioè da condotte materiali e di fatto, potenzialmente lesive diritti incomprimibili, rispetto ai<br />

quali nessun atto della P.A. avrebbe potuto trasformare ì diritti in interessi, perché si sarebbe dovuto ritenere emesso in<br />

assoluta carenza di potere. Pur avendo il giudice amministrativo gli stessi poteri cautelari di quello ordinario, secondo il<br />

Tribunale dì Salerno, solo la cognizione di essi da parte del giudice ordinario garantiva la pretesa dei soggetti cautelati,<br />

allorché non emergesse una violazione delle regole che presidiano alla attività della P.A. formalmente rispettosa delle<br />

norme procedimentali e di quelle tecniche, per impedire la lesione del diritto dei ricorrenti.<br />

Ritenuta la proponibilità di una inibitoria atipica, fondata sull'art. 2058 c.c. e tendente alla prevenzione dell'illecito in<br />

rapporto al diritto alla salute, posizione soggettiva non affievolibile con atti della P.A., era affermata la legittimazione<br />

attiva dei ricorrenti.<br />

229


Il Tribunale rigettava quindi il reclamo del Commissario, per l'esistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora<br />

come descritti nel provvedimento cautelare impugnato: chiaro era il rischio per la salute, in un'area di notevole interesse<br />

ambientale per la protezione della fauna e soggetta a vincolo idrogeologico, vicina a zona vincolata da destinazione<br />

urbanistica a un P.I.P., per il quale piccole imprese artigianali casearie avrebbero potuto perdere ogni possibilità di<br />

attività produttiva, per gli indispensabili principi di igiene anche ambientale.<br />

Il Tribunale rilevava inoltre che il provvedimento a base dell'attività da inibire, aveva tenuto presente (piuttosto il<br />

risparmio di tempo e di spesa che il sito consentiva)che l'esigenza di evitare gli evidenziati rischi di danno ai citati diritti<br />

incomprimibili dei cittadini; pertanto, anche se l'attività materiale disposta con il provvedimento riguardava solo la<br />

elaborazione di un eventuale progetto, dalla stessa difesa dell'Amministrazione il tribunale aveva rilevato che si voleva<br />

superare l'emergenza regionale in materia di rifiuti urbani con la costruzione della discarica, per cui il periculum era<br />

presente.<br />

Per la cassazione di tale ordinanza, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Commissario straordinario per<br />

l'emergenza rifiuti in Campania hanno proposto ricorso straordinario di cinque motivi, ai sensi dell'art. 111 Cost.,<br />

illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c, da valutare eventualmente come istanza di regolamento preventivo di<br />

giurisdizione anche per l'eventuale; causa di merito o come richiesta di pronuncia del principio di diritto per la speciale<br />

rilevanza della questione ai sensi dell'art. 363, 3° comma c.p.c; si sono difesi, con controricorso, il Comune di Serre e la<br />

Regione Campania, mentre gli altri intimati, parti del procedimento cautelare meglio individuati in epigrafe, non si sono<br />

difesi.<br />

MOTIVI DELLA DECISIONE<br />

1. Preliminarmente deve disporsi la riunione dei due ricorsi iscritti al n. 16438 e al n. 19133 del R.G. del 2007,<br />

contenenti identica istanza di regolamento preventivo di giurisdizione in ordine alla stessa causa, proposta<br />

rispettivamente in via principale ovvero subordinata al mancato accoglimento dell'impugnazione ex art. 111 Cost. per<br />

difetto di giurisdizione contro l'ordinanza di cui sopra.<br />

Pure dinanzi a questa Corte infatti trova applicazione l'art. 273 c.p.c, per il quale, quando due procedimenti relativi alla<br />

stessa causa pendono dinanzi allo, stesso ufficio giudiziario, va disposta, anche di ufficio, la loro riunione (in tal senso<br />

Cass. S.U. 15 febbraio 1979 n. 982 e Cass. 24 luglio 1971 n. 2468) .<br />

Nella fattispecie, la richiesta di trasmissione del fascicolo di ufficio, depositata tempestivamente ai sensi dell'art. 369<br />

cpv. c.p.c, solo per il ricorso n. 16438/07 estende i suoi effetti, in ordine alla procedibilità del ricorso per regolamento<br />

preventivo, anche in rapporto all'altra istanza, che dovrà quindi ritenersi ritualmente proposta e procedibile, non essendo<br />

rilevante la carenza di tale deposito denunciata dal sostituto procuratore generale dr. Pasquale Ciccolo, nelle sue<br />

richieste scritte relative al solo ricorso n. 19133/07, nel quale l'adempimento risultava omesso dagli istanti.<br />

2.1. Il primo motivo di ricorso ex art. Ili Cost. denuncia il difetto di giurisdizione dell'A.G.O. nel procedimento<br />

cautelare de quo, ai sensi dell'art, 360 n. 1 e 41 c.p.c., avendo il giudice conosciuto di atti amministrativi, prodromici<br />

alla localizzazione di un'opera pubblica sul territorio della Regione Campania (discarica per lo smaltimento di scarti non<br />

pericolosi dei rifiuti solidi urbani) ed emessi dal Commissario delegato al settore ai sensi del D.L, n. 263 del 2006<br />

convertito in legge n. 29 dello stesso anno, nell'esercizio dei suoi poteri.<br />

Nella materia, riguardante l'uso del territorio e da qualificare quindi "urbanistica", la tutela dei diritti, anche<br />

incomprimibili a interessi legittimi, allorché siano lesi da comportamenti illeciti esecutivi dì provvedimenti<br />

amministrativi, non spetta al giudice ordinario, che ha cognizione sulle sole controversie relative a comportamenti di<br />

mero fatto della P.A., per i quali la Corte costituzionale, con le sentenze n. 204 del 2004 e 191 del 2005 gli ha<br />

riconosciuto competenza per ogni controversia, anche di risarcimento dei danni.<br />

Quando, nelle materie di giurisdizione esclusiva, i comportamenti si fondano su atti amministrativi e esprimono poteri<br />

della P.A., pur se illegittimamente esercitati, di essi conosce il giudice amministrativo.<br />

Ogni impianto industriale ed opera pubblica ed ogni uso del territorio può incidere sul diritto alla salute e all' integrità<br />

dell'ambiente, e l'art. 34, comma 2, del D.Lgs. 31 marzo 19 9 8 n. 80, come successivamente modificato, riserva ai<br />

giudici amministrativi la materia urbanistica; la stessa ordinanza impugnata, peraltro, mentre nega ogni rilievo agli atti<br />

del commissario che dispongono l'attività da essa inibito, ne rileva il mancato approfondimento sotto il profilo dei<br />

pericoli per la salute e l'ambiente, avendo la P.A. dato rilievo solo a profili di comodità e rapidità nella scelta del sito<br />

per collocare la discarica.<br />

230


Nel caso, se vi è stata la lesione di posizioni soggettive dei ricorrenti, essa è dipesa da un atto del commissario, la cui<br />

legittimità doveva essere oggetto di cognizione dei giudici amministrativi, come del resto appare dalle stesse ordinanze<br />

delle S.U. n. 13659 e 13660, richiamate nel provvedimento oggetto di impugnazione.<br />

Non si è in presenza di una mera attività materiale e compete al giudice amministrativo conoscere il concreto esercizio<br />

del potere, come tale riconoscibile e dedotto, nel procedimento adottato dal Commissario per emettere il provvedimento<br />

con cui ha disposto l'invio di tecnici, per accertare le condizioni di fattibilità della discarica in un'area specificamente<br />

individuata del Comune dì Serre.<br />

Nel caso, vi è stato un intervento inibitorio del giudice ordinario per impedire un'attività materiale esecutiva di un<br />

provvedimento della P.A., la cui legittimità poteva essere valutata dal solo giudice amministrativo, anche ai sensi<br />

dell'art. 4 della legge n. 2248 del 1865 ali. E, essendo irrilevanti i richiami operati alle sentenze delle S.U. nell'ordinanza<br />

impugnata, in quanto oggetto di essi, allorché si è deciso sul riparto dì giurisdizione in favore dell'A.G.O., sono stati<br />

sempre e solo comportamenti materiali e di fatto della P.A., in nessun caso conosciuti come espressione di un potere<br />

esercitato, sia pure illegittimamente, dalla amministrazione.<br />

Le S.U. hanno solo e sempre affermato che, quando vi è un comportamento materiale lesivo di diritti soggettivi, che non<br />

sia espressione di un potere comunque esercitato dalla P.A., la cognizione delle controversie per danni derivati da tali<br />

attività è del giudice ordinario.<br />

Il Consiglio dì Stato nella sentenza citata nel provvedimento oggetto di ricorso (n. 556/06) conferma tale indirizzo<br />

ermeneutico, chiarendo che i giudici amministrativi sono competenti a conoscere, nella materie loro riservate, le<br />

controversie che impugnino atti della P.A., come deve ritenersi quella a base del procedimento cautelare sfociato nella<br />

ordinanza impugnata, che valuta la ordinanza commissariale n. 14 del 24 gennaio 2007, che aveva solo disposto<br />

1'accesso dei tecnici alla località Valle della Masseria in Comune di Serre per le indagini conoscitive prodromiche alla<br />

progettazione della discarica.<br />

Che si sia censurato tale atto amministrativo emerge dal contenuto del provvedimento del Tribunale, nel quale si rileva<br />

il difetto di istruttoria e la violazione di legge che inficerebbe l'atto amministrativo a base dell'attività in concreto<br />

inibita, contestualmente dichiarandosi irrilevante lo stesso atto nell'azione di merito eventuale. A conclusione del 1°<br />

motivo di ricorso, viene posto il quesito di diritto correttamente formulato in ordine alla cognizione del G.O. o del G.A.<br />

su una controversia che tenda alla inibitoria della localizzazione di un'opera pubblica, mentre è efficace il<br />

provvedimento che consente indagini conoscitive preordinate alla sua progettazione.<br />

Gli altri quattro motivi d'impugnazione, che, quando sono relativi a violazioni di legge contengono il quesito di diritto<br />

di cui all’art. 366 bis, possono così riassumersi:<br />

a) mancanza di strumentalità dell'inibitoria domandata rispetto all'azione di reintegrazione ai sensi dell'art. 2058 ce. e<br />

violazione conseguente dell'art. 700 c.p.c., neppure promovibile nella fattispecie;<br />

b) difetto di legittimazione del Comune di Serre, i cui poteri in materia di igiene e sanità sono stati trasferiti dalla legge<br />

n.290/06 al Commissario per l'emergenza rifiuti in Campania;<br />

c) violazione dell'art. 5 della legge 225 del 1992, per avere il tribunale inciso su poteri emergenziali riservati alla P.A.;<br />

d) omessa motivazione. Mentre il controricorrente Comune di Serre chiede il rigetto dell'impugnazione infondata per le<br />

valide ragioni di cui all'ordinanza impugnata, la Regione Campania interviene in adesione alla posizione del<br />

Commissario e della Presidenza del Consiglio dei Ministri.<br />

2.1. Pregiudiziale è la questione dell'ammissibilità del ricorso straordinario ex art. 111 Cost. per la cassazione, per<br />

motivi attinenti alla giurisdizione ex art. 360, 1° comma, n. 1, c.p.c, dell'ordinanza collegiale del Tribunale di Salerno,<br />

che ha rigettato il reclamo avverso il provvedimento urgente, anticipatorio degli effetti di una futura sentenza, emesso ai<br />

sensi dell'art. 700 c.p.c. Le amministrazioni ricorrenti deducono che l'impugnazione è ammissibile o può valere come<br />

istanza di regolamento preventivo di giurisdizione, ai sensi dell'art. 41 c.p.c. in rapporto alla causa di merito, cui il<br />

procedimento cautelare è funzionalmente collegato, ai sensi degli artt. 669 ter e quater, in quanto tale causa è divenuta<br />

ormai solo eventuale ed è esperibile senza limiti temporali perentori da ciascuna delle parti del procedimento (art. 669<br />

octies, 6° comma, c.p.c.), per effetto della novella di cui al D.L. 14 marzo 2005 n. 35, convertito in legge 14 maggio<br />

2005 n. 80, che ha abrogato il termine perentorio "non superiore a sessanta giorni" per iniziare l'azione di merito,<br />

231


imposto al primo comma dello stesso articolo in ogni caso di accoglimento di istanza cautelare dalla previgente<br />

normativa (legge 26 novembre 1990 n. 353).<br />

Resta fermo il collegamento funzionale tra procedimento cautelare ante causam ai sensi dell'art. 700 c.p.c. e giudizio di<br />

merito, che devono entrambi avere a fondamento una stessa causa petendi, potendo l'interessato chiedere il<br />

provvedimento cautelare di urgenza solo per "assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito", a<br />

evitare un pregiudizio imminente e irreparabile che al diritto oggetto di causa possa derivare dal decorso del tempo<br />

necessario a farlo valere in via ordinaria. 2.2. La pregressa temporaneità dell'efficacia dei provvedimenti urgenti ex art.<br />

700 c.p.c. e di quelli anticipatori delle sentenze di merito è stata in passato solo una delle ragioni per le quali se ne é<br />

negata la ricorribilità per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., rendendo essa palese la loro natura non definitiva, per il<br />

carattere provvisorio e strumentale di essi.<br />

Per i provvedimenti cautelari ante causam emessi con un termine perentorio entro cui iniziare la causa di merito e le<br />

ordinanze collegiali che rigettano i reclami contro di essi ai sensi dell'art. 669 terdecies c.p.c, s'è negata la definitività,<br />

essendo "naturalmente" temporanei, e la decisorietà, essendo "modificabili" con la pronuncia conclusiva della causa di<br />

merito, che necessariamente segue il procedimento sommario (Cass. 8 giugno 2007 n. 13396, 25 maggio 2007 n. 12252,<br />

21 novembre 2006 n. 24668, 11 aprile 2006 n. 8446, 22 febbraio 2006 n. 3919).<br />

Nel medesimo senso sono pure le sentenze che, in materia societaria e d'intermediazione finanziaria, nella quale l'art. 23<br />

del D. Lgs. 17 gennaio 2003 n. 5, ha anticipato la riforma del 2005 dei provvedimenti urgenti ex art. 700 c.p.c, hanno<br />

negato l'abrogazione della natura strumentale dei provvedimenti cautelari rispetto ai giudizi di merito, negando la<br />

ricorribilità di tali atti per cassazione, anche ai sensi dell'art. 111 Cost. (così Cass. 7 giugno 2007 n. 13360 e 8 marzo<br />

2007 n. 5335).<br />

I provvedimenti urgenti anteriori all'inizio del giudizio di merito ai sensi dell'art. 700 c.p.c. conservano natura cautelare,<br />

ma hanno autorità ed efficacia invocabile solo nel successivo processo di merito e non "in un diverso processo" (art.<br />

669 octies, ultimo comma) e, nonostante le rilevanti modifiche subite per effetto dell'art. 2, comma 3, lett. e-bis) , del<br />

citato D.L. n. 35 del 2005, convertito nella legge n. 8 0 dello stesso anno, devono considerarsi ancora come non<br />

ricorribìli per cassazione, per la loro natura comunque instabile.<br />

2.3. La novella non ha inciso sulle condizioni per la concessione del provvedimento di urgenza di cui all'art. 700 c.p.c.<br />

all'esito del procedimento ante causam, ed ha intenti deflattivi delle cause ordinarie, non imponendo l'azione di merito<br />

successiva per conservare l'efficacia esecutiva dell'ordinanza cautelare.<br />

Questa, con effetti anticipatori della eventuale pronuncia di merito, conserva un'efficacia permanente che può venir<br />

meno, come già accadeva nella previgente normativa, o per il mancato pagamento della cauzione di cui all'art. 669<br />

undecies, o qualora intervenga una sentenza, anche non passata in giudicato, che dichiari "inesistente il diritto a cautela<br />

del quale" esso è stato emesso.<br />

Il 6° comma dell'art. 669 octies, introdotto dalla novella del 2005, per i provvedimenti cautelari anticipatori degli effetti<br />

della sentenza di merito e per quelli ex art. 700 c.p.c. (anche essi costituenti di regola anticipo della non necessaria<br />

futura pronuncia in una causa ordinaria), pur abrogando il termine finale perentorio entro cui iniziare la causa di merito,<br />

ha riaffermato che questa può essere iniziata da ciascuna delle parti della procedura cautelare, attenuando e non<br />

eliminando il carattere strumentale del procedimento cautelare e del provvedimento d'urgenza, rispetto al giudizio di<br />

merito.<br />

Ciò e chiaro non s-eio perché l'autorità del provvedimento sussiste solo per il processo nel quale si fa valere il diritto a<br />

cautela del quale lo stesso è stato emesso, ma anche perché il suo contenuto accertativo non può mai "fare stato" tra le<br />

parti e i loro aventi causa, ai sensi dell'art. 2909 ce, dal momento che la sua efficacia può venire sempre meno per<br />

effetto di altra "sentenza anche non passata in giudicato", che dichiari inesistente il diritto a cautela del quale esso venne<br />

emesso.<br />

Di fatto, il provvedimento ai sensi dell'art. 700 c.p.c. non è "stabile", tanto che il permanere della sua efficacia può venir<br />

meno per effetto di altra sentenza, anche essa instabile, perché impugnabile o impugnata, per cui deve logicamente<br />

negarsi che esso possa divenire giudicato, finché l'accertamento a base della sua emissione non risulti confermato da<br />

una sentenza di merito divenuta non più impugnabile.<br />

Il provvedimento inoltre, come gli altri della stessa natura emessi ante causarti, può essere revocato ad opera del giudice<br />

del procedimento cautelare oppure dal giudice dell'eventuale giudizio di merito durante l'istruttoria, quando questo sia<br />

232


iniziato da una delle parti della fase cautelare; l'efficacia anticipatoria dei provvedimenti ex art. 700 c.p.c, tesi "ad<br />

assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito", può permanere in via definitiva, evitandosi così un<br />

altro processo ordinario per far valere il diritto protetto in via urgente, se le parti non esercitino la facoltà d'iniziare la<br />

causa di merito i cui effetti sono stati anticipati a cautela del diritto esercitato con la successiva azione.<br />

Tale novità normativa non assicura la stabilità, neppure provvisoria, del "decisum", anche se, in quanto può seguire il<br />

processo di merito, permane la strumentante del provvedimento cautelare, che però non è più indispensabile come in<br />

passato a connotare il provvedimento urgente. Non vi è una stabilità o definitività del provvedimento urgente, il cui<br />

contenuto decisorio e anticipatorio della eventuale sentenza di merito, può conservare efficacia permanente, allorché la<br />

eliminazione del pregiudizio imminente e irreparabile di cui all'art. 700 c.p.c, abbia soddisfatto ogni interesse del<br />

ricorrente, al punto da indurlo a non far valere in via ordinaria il diritto stesso e per la sua revoca il destinatario del<br />

provvedimento non agisca con azione di accertamento negativo del diritto cautelato, per farne dichiarare la inesistenza.<br />

Nella concreta fattispecie, si tratterebbe per le amministrazioni ricorrenti, di proporre 1'azione di accertamento negativo<br />

non del diritto alla salute, che nessun giudice potrebbe denegare, ma solo del carattere non iure del loro comportamento<br />

conseguente ad atti legittimi del Commissario e della mancata lesione del predetto diritto alla salute per effetto<br />

dell'attività contestata da chi ha chiesto l'inibitoria, con la quale si sono eseguiti provvedimenti commissariali legittimi.<br />

Comunque, anche allorché il giudizio di merito non sia iniziato da nessuna delle parti del procedimento cautelare, il<br />

permanere dell'efficacia esecutiva del provvedimento che lo conclude non ne comporta la stabilità, da intendere come<br />

concreta idoneità a costituire giudicato ai sensi dell'art. 2909 ce, e di conseguenza deve negarsi la ricorribilità<br />

straordinaria dell'atto ai sensi dell'art. 111 della Cost.<br />

2.4. Il ricorso straordinario ai sensi dell'art. 111 Cost. è infatti logicamente e giuridicamente ammissibile, solo se può<br />

determinare in astratto, con la potenziale decisione negativa su di esso, il giudicato sostanziale del provvedimento<br />

impugnato.<br />

Tale conclusione ancor oggi è incompatibile con la circostanza normativamente prevista, che altra sentenza, "anche non<br />

passata in giudicato", possa far venir meno ogni efficacia del provvedimento anticipatorio impugnato, qualora accerti la<br />

inesistenza del diritto a cautela del quale questo è stato emesso; l'ordinanza anticipatoria degli effetti di sentenza,<br />

potendo venir meno per la ragione indicata è inidonea a divenire giudicato e non è assimilabile alle sentenze rebus sic<br />

stantibus o a stabilità provvisoria, ovvero a quelle che hanno effetto di giudicato interno, essendo irrilevanti al di fuori<br />

di un certo processo, (su tali tipi di sentenze, tra molte, cfr. Cass. 16 marzo 2007 n. 6293, 23 gennaio 2006 n. 1229. 25<br />

agosto 2005 n. 17320, 2 novembre 2004 n. 21049, 15 maggio 2003 n. 757).<br />

Le sentenze di cui sopra contengono comunque un accertamento che fa stato tra le parti, di regola relativo a un rapporto<br />

dì durata o che permane nel tempo, con conseguente loro modificabilità, mentre il provvedimento cautelare<br />

anticipatorio del contenuto di una sentenza ha una stabilità della sua efficacia esecutiva, ma non dell'accertamento su<br />

cui esso si basa, che può sempre venir meno in conseguenza di altra pronuncia, che in tanto può incidere su di essa<br />

senza costituire giudicato, in quanto il provvedimento urgente è solo apparentemente definitivo. Pertanto, il ricorso<br />

straordinario per cassazione deve dichiararsi inammissibile in tutti i suoi motivi, non avendo il provvedimento<br />

impugnato stabilità oggettiva e non potendo fare "stato" tra le parti e i loro aventi causa un accertamento in esso<br />

eventualmente contenuto, rispetto alla cui efficacia può incidere una qualsiasi pronuncia di altro giudice, anche soggetta<br />

ad impugnazione, con la negazione della concreta esistenza del diritto a cautela del quale esso è stato emesso.<br />

3.1. Come risulta da quanto detto, il primo motivo di ricorso denuncia il difetto di giurisdizione non per una pretesa<br />

inesistenza del diritto cautelato né per un affievolimento di esso a interesse legittimo, circostanze che avrebbero potuto<br />

essere dedotte anche con l'azione dì accertamento negativo, ad opera delle Amministrazioni ricorrenti, in sede di azione<br />

di merito successiva al procedimento cautelare; con l'atto si afferma invece la giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo nella materia relativa all'uso o gestione del territorio, ai sensi dell'art. 34, 2° comma, del D.Lgs. 31<br />

marzo 1998 n. 80, come sostituito dall'art. 7 della legge 21 luglio 200 n. 205, anche in ordine al diritto cautelato, aa&e<br />

se costituzionalmente garantito.<br />

Nella fattispecie, alle Amministrazioni ricorrenti potrebbe riconoscersi un interesse a chiedere sin da questo momento e<br />

prima dell'inizio della causa di merito da una delle parti della procedura cautelare, la individuazione in via definitiva del<br />

giudice dinanzi al quale proporre la domanda fondata sul preteso diritto cautelato, attraverso l'accertamento della<br />

giurisdizione sin dalla fase sommaria in cui ancora si trova il procedimento, anteriore al giudizio ordinario, che peraltro,<br />

per 1'assenza di termini perentori, potrebbe iniziare anche dopo la decisione sul regolamento.<br />

233


Tale interesse a proporre il regolamento preventivo sarebbe in astratto riconoscibile per ciascuna delle parti del<br />

procedimento cautelare e permarrebbe fino alla decisione della causa di merito con la sentenza di primo grado (art. 41,<br />

1° comma, c.p.c).<br />

Se è indubbio che nei procedimenti cautelari, la cui efficacia è soggetta a termine perentorio (669, octies, 1° comma)<br />

non è possibile né il ricorso straordinario né il regolamento preventivo di giurisdizione se non sia cominciato il giudizio<br />

di merito (così tra le altre Cass. S.U. ordd. 20 giugno 2007 n. 14301, 18 ottobre 2005 n. 20128), e se è corretta<br />

l'affermazione che l'emanazione di un provvedimento cautelare in corso di causa non è ostativa alla proposizione del<br />

regolamento preventivo fino alla sentenza di primo grado ai sensi dell'art. 41 c.p.c. (Cass. 19 gennaio 2 0 07 n. 1144, 21<br />

settembre 2006 n. 20504, 6 maggio 2003 n. 6889) , da tali rilievi non può desumersi che, con la legittimazione a iniziare<br />

la causa del merito, alle parti della procedura cautelare anteriore all'azione di merito, possa riconoscersi anche quella a<br />

proporre il regolamento preventivo, con conseguente ammissibilità delle istanze proposte ai sensi dell'art. 41 c.p.c.<br />

riunite in questa sede.<br />

Le ricorrenti correttamente non chiedono nella fattispecie di applicare il capoverso dell'art. 41 c.p.c, che sembra<br />

riservare alla P.A. un trattamento speciale, della cui legittimità costituzionale potrebbe dubitarsi in rapporto alla<br />

condizione di parità delle parti nel giusto processo ai sensi dell'art. Ili, comma 2, Cost., con questione irrilevante nel<br />

caso, non dovendosi dare applicazione alla citata norma (nello stesso senso Cass. S.U. 27 luglio 1998 n. 7340); tale<br />

norma, comunque, è da ritenere ormai superata per l'abrogazione tacita dell'art. 368 c.p.c che ad essa dava attuazione<br />

conseguente a quella dell'art. 19 del R.D. 3 marzo 1934 n. 383, che tale eccezionale legittimazione riconosceva, con<br />

l'art. 274, comma 1, lett. a, del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267.<br />

Peraltro nella memoria di cui all'art. 378 c.p.c, le amministrazioni ricorrenti deducono che sarebbe allo stato pendente la<br />

causa di merito successiva al provvedimento inibitorio ottenuto in via sommaria, ma non producono la documentazione<br />

atta a provare tale circostanza ai sensi dell'art. 372 c.p.c, con elenco dei documenti esibiti notificati alle controparti.<br />

Poiché una certificazione dalla competente cancelleria della pendenza del processo di merito e la copia della domanda<br />

introduttiva di questo, in base alla quale, ai sensi dell'art. 386 c.p.c, deve essere determinata la giurisdizione, avrebbero<br />

costituito la prova dell'esistenza delle condizioni dì ammissibilità del regolamento preventivo di giurisdizione,<br />

consistenti nell'azione di merito pendente prima della sentenza di primo grado, come meglio sarà poi chiarito, è<br />

indubbio che la produzione di detti documenti ai sensi dell'art. 372 c.p.c, sarebbe stata legittima tendendo a rendere<br />

ammissibile 1'istanza di regolamento, mentre il loro mancato deposito esclude la prova della certa pendenza di un<br />

giudizio introdotto da una domanda sulla quale solo poteva prospettarsi la questione di giurisdizione, finché la causa<br />

non fosse stata decisa nel merito in primo grado, rendendo anche per tale profilo formale precluse le istanze di<br />

regolamento proposte. 3.2. Gli artt. 41, 367 e 3 82 c.p.c. escludono comunque la conformità al modello normativo di un<br />

regolamento di giurisdizione relativo ad una causa ormai esaurita, quale è la procedura cautelare anteriore alla domanda<br />

di merito, ovvero ad una non ancora iniziata e da decidere in rapporto ad un giudizio, che potrebbe anche non esservi<br />

mai, mancando comunque in tal caso la domanda su cui valutare la giurisdizione e 1'oggetto stesso del procedimento<br />

incidentale introdotto con il ricorso per regolamento.<br />

La natura solo "eventuale" del giudizio di merito esclude nella fattispecie l'attualità dell'interesse all'istanza di<br />

regolamento preventivo non preceduta dalla domanda introduttiva (386 c.p.c.) dì una causa iscritta a ruolo e pendente<br />

alla data del ricorso; è solo in rapporto alla cognizione della causa instaurata con tale domanda che può prospettarsi il<br />

dubbio del difetto di giurisdizione del giudice adito, che allo stato ancora non è individuabile, in difetto degli elementi<br />

che consentano di individuare causa petendi e petitum a base del giudizio per il quale accertare quale giudice deve avere<br />

cognizione.<br />

Pertanto, per tale difetto di oggetto, di conformità alle norme vigenti e di interesse attuale, non può che dichiararsi<br />

inammissibile nella fattispecie il ricorso per regolamento preventivo, anche dopo le novelle normative sopra richiamate,<br />

in conformità alle conclusioni scritte del P.G. sul ricorso n. 19133/07.<br />

3.3 Nella concreta fattispecie, nonostante le sentenze della Corte Costituzionale del 24 gennaio 2007 n. 77 e di queste<br />

Sezioni unite del 22 febbraio 2007 n. 4109, che hanno affermato la legittimazione à proseguire dinanzi al giudice dotato<br />

di giurisdizione il processo iniziato dinanzi a ufficio giudiziario che ne sia privo, prima dell'inizio dell'azione di merito<br />

non vi è interesse delle parti a proporre l'istanza di regolamento, in presenza di ragionevoli dubbi sui limiti esterni della<br />

giurisdizione del giudice che ha emesso il provvedimento urgente, invano dedotti in sede cautelare e nel reclamo.<br />

Infatti, pur se l'azione di merito è autonoma, comunque la fase cautelare precedente ad essa in tanto è funzionale e<br />

connessa a quella successiva, in quanto questa, che è solo eventuale, sia iniziata e quindi, fino all'introduzione della<br />

causa di merito comunque non si può neppure chiedere dinanzi a quale giudice proporla, rimanendo sempre e solo<br />

possibile e non certo il giudizio successivo. La diversità di trattamento dell'istanza di regolamento di giurisdizione, negli<br />

234


artt. 669 ter e 669 quater, potendosi proporre in detta seconda ipotesi e non nella prima, consegue non solo al dato<br />

letterale delle norme di cui all'art. 41 e 367 c.p.c., per cui solo se vi sia un giudizio di merito iniziato fino alla sentenza<br />

di primo grado, anche quando vi siano stati provvedimenti cautelari, può proporsi il regolamento, che è e resta<br />

inammissibile, senza una causa nella quale sorge la questione, irrilevante in rapporto a un giudizio solo eventuale ed<br />

astratto.<br />

Proprio gli intenti deflattivi delle novelle normative in materia cautelare, inducono a ritenere che nulla è innovato<br />

rispetto al regolamento preventivo di giurisdizione, anche se non è più necessaria una causa di merito successiva,<br />

allorché prima di iniziare la stessa si ottengano provvedimenti anticipatori ai sensi dell'art. 700 c.p.c., sorgendo<br />

l'interesse alla risoluzione della questione di giurisdizione dalle Sezioni unite, solo se una delle parti della fase<br />

sommaria ha iniziato la causa ordinaria. Il regolamento preventivo vuole evitare che la risoluzione della questione di<br />

giurisdizione in sede di merito possa incorrere in successive modifiche nel corso del giudizio e presuppone che questo<br />

sia iniziato, trovando la sua ragione di essere nell'evitare ritardi nella definizione della causa, che deve essere nata prima<br />

della sua proposizione, connessa anche al fine di ottenere un giusto processo di durata ragionevole (artt. 111 Cost.: così,<br />

di regola, per i regolamenti proposti in corso di causa: S.U. ordd. 22 agosto 2007 n. 17831, la cit. n. 20504 del 2006, 20<br />

aprile 2006 n. 9196 e 25 luglio 2002 n. 10995).<br />

Solo l'eventuale inizio del procedimento ordinario in base alla lettera delle norme vigenti (artt. 41 e 367 c.p.c.) e alla<br />

logica, avrebbe consentito la valutazione del ricorso come istanza di regolamento preventivo di giurisdizione. Nel caso<br />

di emissione di provvedimenti cautelari o interinali, modificativi di quello urgente per cui è causa nel corso del giudizio<br />

di merito iniziato il regolamento è ovviamente invece ammissibile (cfr. anche Cass. S.U. ordd. 25 maggio 2007 n.<br />

12068, ord. 11 marzo 2004 n. 5052, ord. 12 marzo 2001 n. 1005) .<br />

Anche se l'eventuale esito positivo del regolamento potrebbe costituire mutamento di circostanze, in astratto idoneo a<br />

legittimare la parte a chiedere al giudice che ha emesso il provvedimento urgente la revoca di esso, ai sensi dell'art. 669<br />

decies, può dubitarsi sul piano logico che, una volta denegata la giurisdizione di detto giudice, gli si possa consentire la<br />

revoca o modifica del suo atto giurisdizionale, per effetto di una pronuncia vincolante che ha escluso ogni suo potere<br />

cognitivo nella fattispecie, con la conseguenza che comunque dovrebbe iniziarsi il giudizio di merito del giudice<br />

individuato come dotato di poteri cognitivi, in contrasto con l'intento deflattivo del legislatore di evitare giudizi di<br />

merito.<br />

4.1. In conclusione, il ricorso deve dichiararsi inammissibile sia come impugnazione straordinaria ai sensi dell'art. 111<br />

c.p.c., in rapporto a un atto privo dì stabilità, che come istanza di regolamento preventivo, in difetto di una causa<br />

pendente per la quale accertare il giudice che deve conoscerla.<br />

Le amministrazioni resistenti nella fase cautelare, solo se avessero iniziato la causa di merito, sarebbero state legittimate<br />

a chiedere a queste Sezioni Unite la individuazione definitiva del giudice che doveva esaminare la loro domanda, la cui<br />

causa petendi deve ritenersi solo allegata alle loro eccezioni, contrapposte alla istanza cautelare di controparte, ma non<br />

risulta proposta ritualmente a fondamento di un atto introduttivo di un giudizio di merito che allo stato non è ancora<br />

nato. E' ben vero che le ricorrenti in questa sede non deducono l'inesistenza della posizione soggettiva cautelata, che<br />

esse non negano, denunciando il difetto di giurisdizione del tribunale ordinario, per essere la controversia riservata in<br />

via esclusiva a quello amministrativo, anche in rapporto a diritti incomprimibili e tutelati dalla Costituzione, dei quali<br />

esse escludono comunque la lesione, in assenza di un loro comportamento non iure in quanto conseguente le loro<br />

condotte hanno solo eseguito un provvedimento commissariale, la cui legittimità si afferma dovrebbe essere accertata<br />

dal giudice amministrativo e non da quello ordinario.<br />

Ma alcuna azione si è proposta, dinanzi a un giudice di merito, che possa legittimare le ricorrenti al regolamento<br />

preventivo al di fuori delle ipotesi di cui agli artt. 41 e 367 c.p.c. e quindi l'istanza di regolamento di giurisdizione non<br />

può che ritenersi preclusa.<br />

4.2 Deve quindi affermarsi il seguente principio di diritto: "Contro i provvedimenti urgenti anticipatori degli effetti<br />

della sentenza di merito, emessi ai sensi dell'art. 700 c.p.c. non è proponibile né il ricorso straordinario per cassazione,<br />

ai sensi dell'art. 111 c.p.c, perché detti atti sono privi di stabilità e inidonei a divenire giudicato, ancorché nessuna delle<br />

parti del procedimento cautelare abbia interesse a iniziare l'azione di merito, avendo la tutela cautelare soddisfatto ogni<br />

esigenza del ricorrente e non avendo interesse il resistente a dedurre comunque la inesistenza del diritto cautelato; tale<br />

ricorso, qualora il provvedimento urgente sia stato pronunciato ante causam, e non sia iniziato il giudizio di merito a<br />

tutela del diritto cautelato, non può valutarsi, anche se il ricorrente lo richieda, come istanza di regolamento preventivo<br />

di giurisdizione, ai sensi dell'art. 41 c.p.c. da qualificare anche essa inammissibile, finché l'istante non abbia iniziato un<br />

giudizio di merito per il quale sorge l'oggetto del procedimento unitamente all’interesse concreto e attuale a conoscere il<br />

giudice dinanzi al quale lo stesso deve eventualmente proseguire, anche se diverso da quello che ha emesso il<br />

235


provvedimento urgente in via anticipatoria e cautelare e per fare accertare, in via definitiva ed immodificabile e con<br />

effetto di giudicato anche esterno, quale sia il giudice che ha giurisdizione sulla controversia, iniziata all'esito della<br />

procedura interinale e fino a quando il processo sul merito non risulti deciso con sentenza di primo grado".<br />

5.1. La non ricorribilità ex art. 111 Cost. o la rilevata inammissibilità dell'istanza di regolamento preventivo di<br />

giurisdizione, così come la mancata previsione di mezzi diversi di impugnabilità nell'interesse delle partì, dei<br />

provvedimenti anticipatori, urgenti emessi ai sensi dell'art. 700 c.p.c. e delle ordinanze collegiali che li hanno<br />

confermati, costituiscono uno dei nuovi presupposti espressi nel 1° comma dell'art. 363 c.p.c, come novellato dall'art. 4<br />

del D.Lgs. 2 febbraio 2006, per il riconoscimento della legittimazione del P.G. presso la Corte di Cassazione a proporre<br />

ricorso nell'interesse della legge, ai sensi del primo comma del predetto articolo, che nel testo previgente non conteneva<br />

siffatte indicazioni.<br />

Allorché le parti non possono, nel loro interesse sulla base delle normativa vigente investire la Corte di Cassazione di<br />

questioni di particolare importanza, in rapporto a provvedimenti giurisdizionali inimpugnabili e il P.G. presso la stessa<br />

Corte non richieda nell'interesse della legge la enunciazione di un principio di diritto al quale il giudice di merito<br />

avrebbe dovuto attenersi ai sensi dell'art. 363, 1° comma, c.p.c, non è dubitabile che questa Corte a Sezioni unite, che ai<br />

sensi dell'art. 3 74, 2° comma c.p.c. su dette questioni deve comunque pronunciarsi, su disposizione del primo<br />

presidente, dichiarati inammissibili i ricorsi incompatibili con la vigente normativa, possano esercitare d'ufficio il loro<br />

potere discrezionale di pronunciare il principio di diritto applicabile nella vicenda processuale come ad esse prospettata<br />

dai soggetti il cui ricorso sia stato ritenuto precluso.<br />

La norma novellata, a differenza di quella previgente, attribuisce alla Corte suprema per la prima volta tale potere<br />

discrezionale, come espressione del suo potere di nomofilachia, per il quale, mentre normalmente, nei casi di ricorsi<br />

ammissibili, si enuncia la regola del caso concreto, formando così il ed. diritto vivente, può anche eccezionalmente<br />

pronunciarsi una regola di giudizio idonea a servire, come criterio di decisione per la soluzione di casi analoghi o simili,<br />

non potendo pronunciarsi alcunché sulla fattispecie sottoposta in concreto alla cognizione dei giudici di legittimità. Non<br />

è dubitabile che la particolare importanza della questione di diritto, non può desumersi solo dall'incidenza di essa in<br />

rapporto alla normativa e al ed. diritto vivente, di cui deve tenere invece conto in via esclusiva il P.G. che ricorra<br />

nell•interesse della legge, ma anche agli elementi di fatto, come gli interessi in gioco in genere oggetto delle<br />

controversie, in cui può rilevare la risoluzione della questione.<br />

Tale rilievo anche sociale e di fatto della questione di massima di particolare importanza emerge sicuro, in rapporto<br />

all’emergenza "rifiuti" della Campania e si connette all'interesse giuridico dei problemi collegati all'esercizio dei poteri<br />

amministrativi, con atti e comportamenti delle autorità, che hanno rilievo anche in rapporto ai diritti incomprimibili dei<br />

privati e agli interessi diffusi di varie categorie di cittadini.<br />

Anche se il principio di diritto da enunciare non può avere effetto diretto sui provvedimenti per i quali si è dichiarato<br />

inammissibile il ricorso (art. 363, ultimo comma, c.p.c), la pronuncia può rilevare comunque in relazione alla causa<br />

diversa che eventualmente abbia avuto inizio dopo il procedimento sommario, rispetto alla quale ' si sono emessi i<br />

provvedimenti anticipatori inimpugnabili per cassazione e comunque, la esistenza notoria di più controversie, analoghe<br />

al presente processo e relative all'emissione di ordinanze inibitorie per la P.A. di comportamenti esecutivi di<br />

provvedimenti amministrativi, in quanto potenzialmente lesivi di diritti incomprimibili e tutelati dalla Costituzione,<br />

evidenzia la importanza particolare della questione di giurisdizione prospettata in questa sede, che rende necessario nel<br />

caso l'esercizio del potere discrezionale di questa Corte di pronunciare su di essa la regola di diritto in astratto<br />

applicabile, rilevante per ogni ipotesi analoga di cautele chieste ad evitare i maggiori danni a diritti fondamentali che<br />

potrebbero derivare dalla ritardata soluzione del processo di merito iniziato a tutela degli stessi.<br />

Appare quindi opportuna la pronuncia di ufficio del principio di diritto sui problemi posti, ai sensi dell'art. 363, 3°<br />

comma, c.p.c. , sollecitata, sia pure in via subordinata, dalle amministrazioni ricorrenti, in rapporto alla rilevanza della<br />

soluzione della questione di giurisdizione in una pluralità di casi analoghi (in tal senso, cfr. Cass. 21 maggio 2007 n.<br />

11682, che per la prima e unica volta sembra avere applicato la novella normativa indicata).<br />

5.2. Nella fattispecie risulta con chiarezza che, ai sensi del D.L. 9 ottobre 2006 n. 263, convertito nella legge 6 dicembre<br />

2006 n. 290, il Commissario delegato per l'emergenza del settore rifiuti nella regione Campania, ha adottato un<br />

provvedimento nell'esercizio dei suoi poteri (art. 1) e, in attuazione dell’art. 5 di detta legge, ha proceduto alla ricerca e<br />

individuazione "delle aree da destinare a siti di stoccaggio o discariche", tenendo conto "del carico e degli impatti<br />

ambientali gravanti sulle aree su cui già insistono discariche... in evidente stato di saturazione", disponendo, con<br />

procedure di somma urgenza (comma 2) , "i necessari interventi di sistemazione delle discariche e delle relative<br />

infrastrutture".<br />

236


Come risulta dal ricorso e dallo stesso provvedimento impugnato in questa sede, con l'ordinanza n. 14 del 24 gennaio<br />

2007, il Commissario aveva nominato i tecnici per le indagini conoscitive relative all'area Masseria della Valle in Serre,<br />

al fine di accertare l'idoneità del sito ad essere destinato a discarica e di provvedere alla progettazione delle necessarie<br />

infrastrutture, in rapporto al territorio in cui esse dovevano essere sistemate. Tale attività dei tecnici, conseguente al<br />

provvedimento commissariale emesso nell'esercizio dei poteri conferiti dalle norme sopra riportate, è stata l'occasione<br />

per il giudice designato alla misura cautelare, per ordinare al commissario delegato "di astenersi dall'installare e dal<br />

porre in esercizio 1'impianto di discarica dei rifiuti nel Comune di Serre, in località Valle della Masseria, come meglio<br />

individuato negli atti del presente procedimento e in particolare nell'ordinanza n. 14 del 24.1.07".<br />

L'inibitoria dell'attività materiale, potenzialmente lesiva del diritto alla salute dei cittadini di Serre e ad un ambiente<br />

igienicamente sicuro delle imprese casearie intervenute nella fase sommaria, si fonda sul presupposto che, sui diritti<br />

fondamentali protetti dalla Costituzione, come quello alla salute in concreto nel caso cautelato, in quanto gli stessi non<br />

sono degradabili ad interessi legittimi, la P.A. agirebbe sempre in carenza assoluta di potere e quindi i comportamenti di<br />

essa dovrebbero sempre ritenersi non fondati sull'esercizio di un potere e valutarsi come attività materiali e di mero<br />

fatto, riservate alla esclusiva cognizione del giudice ordinario.<br />

Tale tesi è infondata e non conforme alla giurisprudenza di questa Corte, la quale distingue sempre tra i comportamenti<br />

materiali, che esprimono l'esercizio di un potere amministrativo e sono collegati comunque ad un fine pubblico o di<br />

pubblico interesse legalmente dichiarato, da quelli di mero fatto, riservando quindi soltanto i primi alla cognizione dei<br />

giudici amministrativi, nella materie riservate alla giurisdizione esclusiva di questi ultimi (cfr. con le sentenze citate<br />

nella ordinanza impugnata e richiamate in ricorso anche delle S.U. le ord. 22 agosto 2007 n. 17831, 7 febbraio 2007 n.<br />

2688 e 2689, 11 gennaio 2007 n. 368 e le sentenze 8 giugno 2007 n. 13397 e 8 maggio 2007 n. 10375 le più recenti tra<br />

molte).<br />

Effettivamente, prima della devoluzione alla giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi di alcune materie e<br />

allorché il riparto di giurisdizione si fondava solo sulla tradizionale bipartizione tra diritti soggettivi e interessi legittimi<br />

e sulla individuazione del cd. petitum sostanziale, proprio in materia di discariche di rifiuti urbani, questa Corte aveva<br />

riservato al giudice ordinario ogni controversia in materia di danno alla salute, che dalla collocazione nel territorio di<br />

tali infrastrutture poteva derivare (cfr. S.U. sentenze del 17 novembre 1992 n. 12307 e 28 novembre 1990 n. 11457).<br />

Successivamente al D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come modificato dalla legge 21 luglio 2000, n. 205, non vi è invece<br />

ragione per denegare la cognizione dei giudici amministrativi allorché, in materia di giurisdizione esclusiva, vi sia una<br />

controversia avente ad oggetto i comportamenti materiali che siano effetto di atti della P.A., o espressione di poteri di<br />

questa e ledano diritti, anche se fondamentali e tutelati dalla costituzione, perché comunque resta ferma la cognizione<br />

giurisdizionale dei giudici amministrativi, sulla base di quanto chiarito anche dalle sentenze della C. Cost. 28 aprile<br />

2004 n. 204, 8 marzo 2006 n. 191, in rapporto alla lettura della parola "comportamenti", di cui all'art. 34, 1° comma del<br />

D.Lgs. sopra richiamato.<br />

Nello stesso senso è anche la pronuncia della C. Cost. 27 aprile 2007 n. 140, che ha chiarito la piena legittimità<br />

costituzionale della cognizione esclusiva dei giudici amministrativi sui diritti tutelati dalla costituzione, anche se con<br />

riferimento ad una normativa (art. 1, comma 552, della legge 3 0 dicembre 2 0 04 n. 311) che riserva a detti giudici solo<br />

"le procedure e i provvedimenti" in materia di energia elettrica, ma non ha riferimento ai comportamenti connessi alla<br />

gestione degli elettrodotti e al campo elettromagnetico da questi prodotto, per i cui effetti lesivi sulla salute<br />

correttamente si è affermato di recente, la cognizione del giudice ordinario (S.U. ord. 8 marzo 2006 n. 4908, richiamata<br />

nell'ordinanza impugnata).<br />

In tale senso del resto è lo stesso dettato normativo dell'art. 3 della legge n. 205 del 2000 che ha modificato l'art. 21<br />

della legge n. 1034 del 1971, espressamente prevedendo una tutela cautelare nel corso del processo dinanzi ai giudici<br />

amministrativi, assimilabile a quella di cui all'art. 700 c.p.c, per la quale, quando il ricorrente alleghi un pregiudizio<br />

grave e irreparabile per l'esecuzione dell'atto amministrativo da lui impugnato, egli può chiedere l'emanazione di misure<br />

cautelari idonee ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione del ricorso al Tar, che, sull'istanza di<br />

provvedimento urgente, si pronuncia con decreto in camera di consiglio.<br />

La norma aggiunge che "la concessione o il diniego della misura cautelare non può essere subordinata a cauzione<br />

quando la concessione o il diniego della misura cautelare attenga ad interessi essenziali della persona quali il diritto alla<br />

salute, all'integrità, dell'ambiente, ovvero ad altri beni di primario rilievo costituzionale ", così evidenziando che anche<br />

il giudice amministrativo ha piena cognizione di essi, quando si verta in una controversia riservata alla sua giurisdizione<br />

esclusiva (sulla costituzionalità della mancata previsione nel processo amministrativo di misure cautelari anteriori al<br />

giudizio cfr. C. Cost. 26 febbraio 2002 n. 179 e sulla esigenza di tale tutela cautelare ante causam anche dinanzi ai<br />

237


giudici amministrativi, nelle materie disciplinate dalla normativa U.E, cfr. Corte di giustizia, sez. IV, 29 aprile 2004,<br />

ricorso C. 202/03) .<br />

Nel caso non è dubitabile che la causa eventuale di merito attiene all'uso o gestione del territorio regionale, tendendo ad<br />

inibire la collocazione su un'area sita nel comune di Serre dell'opera pubblica particolare costituita dalla discarica.<br />

Deve quindi ritenersi che la controversia è da qualificare "urbanistica" o edilizia ed è quindi regolata, sul piano della<br />

tutela giurisdizionale, dall'art. 34, 1° comma, del citato D.Lgs. n. 80 del 1998, come successivamente modificato.<br />

In tale materia, per l'art. 7 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, come modificato dall'art. 35 del D.Lgs. n. 80 del 1998,<br />

sostituito dall'art. 7 della legge n. 205 del 2000 "il tribunale amministrativo regionale ...conosce anche di tutte le<br />

questioni relative all'eventuale risarcimento dei danni, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica..." cui si è<br />

fatto espresso riferimento per la inibitoria in concreto disposta in via interinale e urgente dai giudici ordinari nella<br />

concreta fattispecie, anche ai sensi dell'art. 2058 c.c.<br />

Nessun dubbio vi è nella giurisprudenza amministrativa sulla esistenza per essa dei poteri di accertamento negativo dei<br />

diritti, che nel caso dovrebbe essere a fondamento della sola eventuale azione di merito delle amministrazioni ricorrenti,<br />

non avendo le stesse ottenuto la revoca del provvedimento urgente nella stessa sede cautelare (cfr. su tali poteri di<br />

accertamento negativo, Cons. St., 26 luglio 2006 n. 413).<br />

5.3. Pertanto, in rapporto alle questioni prospettate in questa sede, dichiarati inammissibili i ricorsi come proposti, deve<br />

pronunciarsi, ai sensi dell'art. 363, 3° comma c.p.c. il seguente principio di diritto: "Anche in materia di diritti<br />

fondamentali tutelati dalla Costituzione, quali il diritto alla salute (art. 32 Cost.), allorché la loro lesione sia dedotta<br />

come effetto di un comportamento materiale, espressione di poteri autoritativi e conseguente ad atti della P.A. di cui sia<br />

denunciata l'illegittimità, in materie riservate alla giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi, come ad es. in<br />

quella di gestione del territorio, compete a detti giudici la cognizione esclusiva delle relative controversie e circa la<br />

sussistenza in concreto dei diritti vantati e il contemperamento o la limitazione dei suddetti diritti in rapporto<br />

all’interesse generale pubblico all’ambiente salubre e la emissione di ogni provvedimento cautelare, per assicurare<br />

provvisoriamente gli effetti della futura decisione finale sulle richieste inibitorie, demolitorie ed eventualmente<br />

risarcitorie dei soggetti che deducono di essere danneggiati da detti comportamenti o provvedimenti".<br />

5. La novità delle questioni prospettate e delle soluzioni adottate rende equa la totale compensazione delle spese tra le<br />

parti che in questa sede hanno espletato difese, nulla disponendosi rispetto alle altre parti intimate, nella presente fase di<br />

cassazione.<br />

P.Q.M.<br />

La Corte dichiara inammissibili il ricorso straordinario ai sensi dell'art. 111 Cost. e le istanze riunite di regolamento<br />

preventivo di giurisdizione e, pronuncia ai sensi dell'art. 363, 3° comma, c.p.c. il seguente principio di diritto sulla<br />

questione proposta in questa sede:<br />

.<br />

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.<br />

Così deciso in Roma nella camera di consiglio delle Sezioni unite civili della corte Suprema di Cassazione del 18<br />

dicembre 2007.<br />

Depositata in Cancelleria il 28 dicembre 2007.<br />

238


239


TAR CAMPANIA - NAPOLI, SEZ. I - ordinanza 18 novembre 2010 n. 800<br />

Pres. Guida, Est. Corciulo - Consorzio Unico delle Province di Napoli e Caserta (Avv. Laudadio) c. Comune di<br />

Sparanise (Avv. Miani) ed Esogest Ambiente S.r.l. (Avv. Nacca) - (solleva q.l.c.).<br />

Giurisdizione e competenza - Ambiente - Rifiuti - Competenze in materia - Disciplina prevista dagli artt. dell’art.<br />

135, comma 1, lett. e), dell’art. 16, comma 1, e dell’art. 15, comma 5, del Codice del processo amministrativo -<br />

Previsione della competenza esclusiva del TAR Lazio - Roma e del divieto di concessione di misure cautelari -<br />

Questione di legittimità costituzionale - Per violazione degli artt. 76, 3, 25, 24 e 111 della Costituzione - Va<br />

sollevata.<br />

In relazione agli articoli 76, 3, 25, 24 e 111 della Costituzione, va sollevata questione di legittimità costituzionale<br />

dell’art. 135, comma 1, lett. e), dell’art. 16, comma 1, e dell’art. 15, comma 5, del Codice del processo<br />

amministrativo approvato con decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 nella parte in cui prevedono che il T.A.R.<br />

Lazio - Roma ha competenza esclusiva per le controversie aventi ad oggetto la gestione del ciclo dei rifiuti (in<br />

violazione, tra l’altro, dell’art. 3 Cost., non apparendo tale scelta sorretta da alcun adeguato fondamento<br />

giustificativo e del principio del giudice naturale precostituito per legge, di cui all’art. 25 della Costituzione) e che<br />

al giudice adito è fatto divieto di pronunciarsi sull’istanza cautelare, sia pure nelle more della pronuncia del<br />

giudice dichiarato competente sulla controversia (in contrasto con l’art. 24, comma 1, e con l’art. 111, comma 1,<br />

Cost., atteso che la tutela cautelare è garanzia essenziale e strumento necessario per l’effettivo soddisfacimento<br />

dei diritti e degli interessi legittimi che costituiscono l’oggetto del giudizio, evitando che il tempo necessario per la<br />

definizione della causa determini un pregiudizio grave e irreparabile per le pretese sostanziali della parte che ha<br />

ragione, per cui la tutela cautelare richiede sempre risposte immediate e non ammette interruzioni) (1).<br />

----------------------------------------<br />

(1) Come risulta dalla motivazione della ordinanza in rassegna, la questione di legittimità costituzionale è stata sollevata anche con<br />

riferimento all'art. 76 Cost., nella parte in cui sancisce che l'esercizio della funzione legislativa delegata al Governo sia aderente ai<br />

principî e criteri direttivi stabiliti dal Parlamento.<br />

Ha osservato in proposito il T.A.R. Campania che l’art. 44 della legge n. 69 del 2009, recante la delega al Governo per il riassetto<br />

della disciplina del processo amministrativo, non contempla tra i principi e criteri direttivi l’introduzione di ulteriori ipotesi di<br />

competenza funzionale del Tribunale amministrativo del Lazio, limitandosi a prevedere di "razionalizzare e unificare la disciplina<br />

della riassunzione del processo e dei relativi termini, anche a seguito di sentenze di altri ordini giurisdizionali, nonché di sentenze dei<br />

tribunali amministrativi regionali o del Consiglio di Stato che dichiarano l’incompetenza funzionale" (co. 2, lett. e).<br />

Né l’ampliamento della competenza del Tribunale amministrativo di Roma può essere considerata come misura rispondente alla<br />

finalità di "assicurare la snellezza, concentrazione ed effettività della tutela, anche al fine di garantire la ragionevole durata del<br />

processo …" (co. 2, lett. a), ovvero inquadrata in alcuno degli altri principi e criteri direttivi enunciati dal citato art. 44, co. 1 e 2.<br />

N. 00800/2010 REG.ORD.COLL.<br />

ha pronunciato la presente<br />

REPUBBLICA ITALIANA<br />

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania<br />

(Sezione Prima)<br />

ORDINANZA<br />

sul ricorso numero di registro generale 5603del 2010, proposto da:<br />

Consorzio Unico delle Province di Napoli e Caserta, in persona del commissario liquidatore, rappresentato e difeso<br />

dall'avvocato Felice Laudadio, con domicilio eletto presso lo stesso in Napoli, via F. Caracciolo n. 15;<br />

240


contro<br />

Comune di Sparanise, in persona del Sindaco p.t. rappresentato e difeso dagli avvocato Francesco Miani, con domicilio<br />

eletto presso lo stesso in Napoli, via Toledo n. 116;<br />

nei confronti di<br />

Esogest Ambiente S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t. rappresentata e difesa dall'avvocato Giovanni Nacca,<br />

con domicilio eletto in Napoli, via Fedro n. 7, presso lo studio dell’avvocato Lucio Iannotta;<br />

per l'annullamento<br />

della deliberazione del Consiglio comunale n. 18 del 20 luglio 2010 con cui si provvede alla rescissione di ogni<br />

rapporto giuridico con il Consorzio ricorrente per asseriti gravi inadempimenti e scelta di indire nuova gara per la<br />

gestione del servizio; di ogni altro atto connesso.<br />

Visti il ricorso e i relativi allegati;<br />

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Sparanise;<br />

Vista la domanda cautelare di sospensione degli effetti degli atti impugnati;<br />

Visti tutti gli atti della causa;<br />

Data per letta nella camera di consiglio del giorno 17 novembre 2010 la relazione del consigliere Paolo Corciulo e uditi<br />

per le parti i difensori come specificato nel verbale;<br />

Premesso che:<br />

- Il Consorzio Unico delle Province di Napoli e Caserta, titolare di convenzione avente ad oggetto tutto il ciclo integrato<br />

dei rifiuti, ha impugnato la deliberazione del Consiglio comunale di Sparanise n. 18 del 20 luglio 2010 con cui il<br />

predetto ente locale ha rescisso ogni rapporto giuridico con il Consorzio ricorrente per asseriti gravi inadempimenti<br />

nell’espletamento delle attività di raccolta e spazzamento, scegliendo di indire una gara per l’individuazione di un<br />

nuovo gestore e nelle more disponendo di procedere all’affidamento a terzi in via di urgenza;<br />

- a fondamento dell’impugnazione sono stati dedotti profili di violazione di legge, stante la natura obbligatoria del<br />

Consorzio ricorrente ai sensi dell’art. 16 della legge Regione Campania n. 4 del 2007, oltre a profili di eccesso di potere<br />

per irrazionalità della scelta, in ragione dell’abbandono della dimensione consortile in favore di quella più limitata di<br />

ambito comunale; infine, è stata contestata la legittimità di un affidamento a terzi del servizio in assenza di un<br />

procedimento ad evidenza pubblica;<br />

Rilevato che:<br />

- in base all’art. 135, co. 1, lett. e), in relazione all’art. 14, co. 1, del codice del processo amministrativo approvato con<br />

d. lgs. n. 104 del 2010, è devoluta alla competenza funzionale inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del<br />

Lazio, sede di Roma, la cognizione delle controversie di cui all’art. 133, co. 1, lett. p), in materia di giurisdizione<br />

esclusiva con riferimento a "… le controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei<br />

rifiuti …";<br />

- l’art. 16 del codice del processo amministrativo prevede che "la competenza di cui agli articoli 13 e 14 è inderogabile<br />

anche in ordine alle misure cautelari" (co. 1) e "il difetto di competenza è rilevato, anche d'ufficio, con ordinanza che<br />

indica il giudice competente" (co. 2);<br />

- l’art. 15, co. 5, dello stesso codice prevede che "quando è proposta domanda cautelare il tribunale adito, ove non<br />

riconosca la propria competenza ai sensi degli articoli 13 e 14, non decide su tale domanda e, se non ritiene di<br />

provvedere ai sensi dell'articolo 16, comma 2, richiede d'ufficio, con ordinanza, il regolamento di competenza,<br />

indicando il tribunale che reputa competente";<br />

241


Ritenuto che:<br />

- l’art. 132, co. 1, lett. e), del codice del processo amministrativo risulta in contrasto con l’art. 76 cost. nella parte in cui<br />

sancisce che l'esercizio della funzione legislativa delegata al Governo sia aderente ai principî e criteri direttivi stabiliti<br />

dal Parlamento; infatti l’art. 44 della legge n. 69 del 2009, recante la delega al Governo per il riassetto della disciplina<br />

del processo amministrativo, non contempla tra i principi e criteri direttivi l’introduzione di ulteriori ipotesi di<br />

competenza funzionale del Tribunale amministrativo del Lazio, limitandosi a prevedere di "razionalizzare e unificare la<br />

disciplina della riassunzione del processo e dei relativi termini, anche a seguito di sentenze di altri ordini giurisdizionali,<br />

nonché di sentenze dei tribunali amministrativi regionali o del Consiglio di Stato che dichiarano l’incompetenza<br />

funzionale" (co. 2, lett. e); né l’ampliamento della competenza del Tribunale amministrativo di Roma può essere<br />

considerata come misura rispondente alla finalità di "assicurare la snellezza, concentrazione ed effettività della tutela,<br />

anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo …" (co. 2, lett. a), ovvero inquadrata in alcuno degli altri<br />

principi e criteri direttivi enunciati dal citato art. 44, co. 1 e 2;<br />

- l’art. 135, co. 1, lett. e), del codice del processo amministrativo appare in conflitto con il principio di uguaglianza<br />

sancito dall’art. 3 Cost. sotto il profilo della ragionevolezza della legge; infatti la deroga agli ordinari canoni di riparto<br />

tra i diversi tribunali amministrativi regionali, fondati sulla efficacia territoriale dell’atto e sulla sede dell’autorità<br />

emanante, non appare sorretta da alcun adeguato fondamento giustificativo e si risolve, perciò, in una manifesta<br />

violazione di quel principio di ragionevolezza che costituisce limite alla discrezionalità legislativa in materia di<br />

determinazione della competenza territoriale; infatti, il Giudice delle leggi, nel riconoscere al Legislatore ampia<br />

discrezionalità nell’operare il riparto di competenza fra gli organi giurisdizionali, ha nondimeno evidenziato l’esigenza<br />

di osservare il rispetto del principio di uguaglianza e, segnatamente, del canone di ragionevolezza (cfr. Corte cost.,<br />

22/4/1992, n. 189); tant’è che la disposizione in quella circostanza sottoposta allo scrutinio di costituzionalità venne<br />

dichiarata immune da vizi sotto questi profili in quanto era riscontrabile la sussistenza di un adeguato fondamento<br />

giustificativo per la deroga agli ordinari criteri di determinazione della competenza; non costituisce giustificazione<br />

razionale della disciplina in esame una presunta esigenza di uniformità d’indirizzo giurisprudenziale in materia, in<br />

quanto nel sistema della giustizia amministrativa la funzione nomofilattica appartiene al giudice di appello; né peraltro<br />

sembra ipotizzabile una diversa qualità del T.a.r. del Lazio insediato nella Capitale, con la configurazione di una sorta<br />

di supremazia rispetto agli altri Tribunali amministrativi periferici portata da una proliferazione di materie che sono<br />

state progressivamente accentrate nel Tribunale romano, fino ad arrivare all’attuale art. 135 del codice del processo<br />

amministrativo; infatti un tale disegno creerebbe una evidente asimmetria tra i Tribunali amministrativi che andrebbe<br />

ben oltre le questioni relative ai criteri di riparto delle competenze, finendo anche con l’incidere sull’assetto<br />

ordinamentale della giustizia amministrativa, delineato nell’art. 125 Cost., che pone sullo stesso piano tutti gli organi<br />

giudiziari di primo grado, aventi pari funzioni ed ugualmente sottoposti al sindacato del Consiglio di Stato, come<br />

giudice di appello;<br />

- l’assenza di un adeguato fondamento giustificativo della nuova competenza funzionale attribuita al T.a.r. del Lazio,<br />

slegata da un razionale criterio di collegamento col giudice designato, induce a dubitare della legittimità costituzionale<br />

dell’art. 135, co. 1, lett. e), del codice del processo amministrativo anche per contrasto con il principio del giudice<br />

naturale posto dall’art. 25, co. 1, Cost.; anche se i lavori preparatori della Costituzione non chiariscono il significato che<br />

si intese attribuire all’uso del termine "naturale" accanto a quello "precostituito" nell’art. 25, co. 1, Cost. nel definire la<br />

garanzia della certezza e dell’obiettività del giudice, sembra nondimeno che l’introduzione della formula attuale<br />

("giudice naturale precostituito"), dopo che entrambe le Sottocommissioni dell’Assemblea costituente avevano<br />

abbandonato il termine "naturale" in favore del termine "precostituito", deponga a favore delle tesi che negano<br />

l’identificazione tra i due termini; pertanto la formula "giudice naturale precostituito" non rappresenterebbe un’endiadi,<br />

ma implicherebbe la necessità che la precostituzione del giudice ad opera del Legislatore avvenga nel rispetto di un<br />

principio di naturalità, nel senso di razionale maggior idoneità del giudice rispetto alla risoluzione di determinate<br />

controversie; nel caso della competenza territoriale, l’individuazione del giudice razionalmente più idoneo a decidere la<br />

controversia non sembra poter prescindere dalla considerazione (in positivo, come in negativo) dell’esistenza di un<br />

criterio di collegamento effettivo, ragionevole ed appropriato, tra la controversia stessa e l’organo giurisdizionale, che<br />

valga a tracciare i confini entro i quali possa poi dispiegarsi legittimamente la discrezionalità del legislatore; ciò appare<br />

ancor più evidente allorché, come nella specie, si tratta di servizi aventi rilievo esclusivamente locale, con riferimento a<br />

interessi sostanziali pure di ambito strettamente locale, rientranti nella sfera giuridica di soggetti (parti ricorrenti e parti<br />

resistenti) che tutti normalmente gravitano nella stessa dimensione territoriale locale e che non hanno nessun aggancio<br />

con una circoscrizione territoriale extraregionale; l’allontanamento del giudice competente a conoscere della<br />

controversia, sradicando la causa dalla sua sede ordinaria e naturale, comporta un grave disagio per le parti processuali,<br />

non giustificato dalla natura accentrata della pubblica amministrazione o dall’efficacia ultraregionale dei provvedimenti<br />

sui quali deve esercitarsi la cognizione del T.a.r. del Lazio; ciò incide, tra l’altro, anche sull’accesso alla tutela<br />

giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, per la maggiore difficoltà ed i maggiori costi che devono essere<br />

sopportati dagli interessati per esercitare l’azione o per resistere innanzi al T.a.r. del Lazio;<br />

242


- l’art. 132, co. 1, lett. e), del codice del processo amministrativo risulta infine in contrasto con l’art. 76 cost., nella parte<br />

in cui sancisce che l'esercizio della funzione legislativa delegata al Governo sia aderente ai principî e criteri direttivi<br />

stabiliti dal Parlamento; sennonché l’art. 44 della legge n. 69 del 2009, recante la delega al Governo per il riassetto della<br />

disciplina del processo amministrativo, non contempla tra i principi e criteri direttivi l’introduzione di ulteriori ipotesi di<br />

competenza funzionale del Tribunale amministrativo del Lazio, limitandosi a prevedere di "razionalizzare e unificare la<br />

disciplina della riassunzione del processo e dei relativi termini, anche a seguito di sentenze di altri ordini giurisdizionali,<br />

nonché di sentenze dei tribunali amministrativi regionali o del Consiglio di Stato che dichiarano l’incompetenza<br />

funzionale" (co. 2, lett. e); né l’ampliamento della competenza del Tribunale amministrativo di Roma può essere<br />

considerata come misura rispondente alla finalità di "assicurare la snellezza, concentrazione ed effettività della tutela,<br />

anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo …" (co. 2, lett. a), ovvero inquadrata in alcuno degli altri<br />

principi e criteri direttivi enunciati dal citato art. 44, co. 1 e 2;<br />

- l’art. 15, co. 5, e l’art. 16, co. 1, nella parte in cui inibiscono al giudice adito di pronunciarsi sull’istanza cautelare, sia<br />

pure nelle more della pronuncia del giudice dichiarato competente sulla controversia, risultano in contrasto con l’art. 24,<br />

co. 1, e con l’art. 111, co. 1, Cost.; infatti la tutela cautelare è garanzia essenziale e strumento necessario per l’effettivo<br />

soddisfacimento dei diritti e degli interessi legittimi che costituiscono l’oggetto del giudizio, evitando che il tempo<br />

necessario per la definizione della causa determini un pregiudizio grave e irreparabile per le pretese sostanziali della<br />

parte che ha ragione, per cui la tutela cautelare richiede sempre risposte immediate e non ammette interruzioni; pertanto,<br />

la preclusione imposta al collegio adito, costretto dalla legge a negare la giustizia cautelare per un mero profilo di<br />

incompetenza territoriale, risulta contrario ai principi costituzionali di effettività e di tempestività della tutela<br />

giurisdizionale e del giusto processo;<br />

Considerato che le questioni di legittimità costituzionale, oltre che non manifestamente infondate, si palesano altresì<br />

rilevanti in quanto:<br />

- la controversia in esame riguarda la materia dei rifiuti;<br />

- le norme richiamate inibiscono la decisione dell’impugnativa e dell’istanza cautelare, imponendo la rilevazione<br />

d’ufficio dell’incompetenza territoriale;<br />

Riservata ogni altra decisione all’esito del giudizio innanzi alla Corte costituzionale, alla quale va rimessa la soluzione<br />

dell’incidente di costituzionalità;<br />

P.Q.M.<br />

dichiara rilevanti per la decisione dell’impugnativa e dell’incidente cautelare proposti con il ricorso n. 5603/2010 e non<br />

manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 135, co. 1, lett. e), dell’art. 16, co. 1, e<br />

dell’art. 15, co. 5, del codice del processo amministrativo approvato con decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, nei<br />

termini e per le ragioni esposti in motivazione, per contrasto con gli articoli 76, 3, 25, 24 e 111 della Costituzione;<br />

sospende il giudizio in corso; ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura della Segreteria del Tribunale<br />

amministrativo, a tutte le parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri e che sia comunicata al Presidente del<br />

Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati; dispone la immediata trasmissione degli atti, a cura<br />

della stessa Segreteria, alla Corte costituzionale.<br />

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 17 novembre 2010 con l'intervento dei magistrati:<br />

Antonio Guida, Presidente<br />

Fabio Donadono, Consigliere<br />

Paolo Corciulo, Consigliere, Estensore<br />

DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 18/11/2010.<br />

243


GIURISDIZIONE IN MATERIA DI CENTRALI ELETTRICHE E DI DIRITTI FONDAMENTALI<br />

CORTE COSTITUZIONALE - sentenza 27 aprile 2007 n. 140<br />

Pres. Bile, Red. Mazzella - (giudizio promosso con ordinanza del 16 marzo 2005 dal Tribunale di Civitavecchia sul<br />

ricorso proposto dal Comune di Ladispoli c. l’ENEL s.p.a., iscritta al n. 363 del registro ordinanze 2005 e pubblicata<br />

nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell’anno 2005).<br />

Giurisdizione e competenza - Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - Ex art. 1, comma 552, della L.<br />

n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005) - Per controversie relative a procedure e provvedimenti in materia di<br />

impianti di generazione d'energia elettrica - Questione di legittimità costituzionale - Sollevata con riferimento<br />

agli artt. 25 e 103 Cost. - Per ingiustificata deroga alla giurisdizione ordinaria in materia di tutela di diritti<br />

soggettivi (nella specie diritto alla salute e alla salubrità ambientale) - Inammissibilità ed infondatezza -<br />

Riferimento alle sentenze della Corte cost. n. 204 del 2004 e 191 del 2006.<br />

E’ in parte inammissibile ed in parte infondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata in riferimento<br />

agli artt. 25 e 103 Cost. - dell’art. 1, comma 552, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la<br />

formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005), nella parte in cui devolve alla<br />

giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto le procedure ed i<br />

provvedimenti in materia di impianti di energia elettrica di cui al decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7 (Misure<br />

urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale), convertito, con modificazioni, dalla legge 9<br />

aprile 2002, n. 55, e le relative questioni risarcitorie (1).<br />

--------------------------------<br />

(1) Dispone l’art. 1, comma 552 della legge n. 311 del 2004 che: «Le controversie aventi ad oggetto le procedure ed i provvedimenti<br />

in materia di impianti di generazione di energia elettrica di cui al decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7, convertito, con modificazioni,<br />

dalla legge 9 aprile 2003 [recte: 2002], n. 55, e le relative questioni risarcitorie sono devolute alla giurisdizione esclusiva del<br />

giudice amministrativo».<br />

Ha ritenuto in proposito la Corte che la norma de quo è conforme all’orientamento espresso dallo stesso Giudice delle leggi nelle<br />

sentenze n. 204 del 2004 (in questa Rivista, pag. http://www.lexitalia.it/p/corte/ccost_2004-07-06.htm) e, soprattutto, n. 191 del 2006<br />

(ivi, pag. http://www.lexitalia.it/p/61/ccost_2006-05-11.htm).<br />

Secondo tali pronunce, l’art. 103 Cost., pur non avendo conferito al legislatore ordinario una assoluta ed incondizionata<br />

discrezionalità nell’attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, gli ha riconosciuto il<br />

potere di indicare «particolari materie» nelle quali la tutela nei confronti della pubblica amministrazione investe «anche» diritti<br />

soggettivi. Deve trattarsi tuttavia, di materie determinate nelle quali la pubblica amministrazione agisce nell’esercizio del suo potere.<br />

La richiamata giurisprudenza della Corte esclude, poi, che la giurisdizione possa competere al giudice ordinario per il solo fatto che<br />

la domanda abbia ad oggetto esclusivo il risarcimento del danno (sentenza n. 191 del 2006, cit.). Il giudizio amministrativo, infatti, in<br />

questi casi assicura la tutela di ogni diritto: e ciò non soltanto per effetto dell’esigenza, coerente con i princípi costituzionali di cui<br />

agli artt. 24 e 111 Cost., di concentrare davanti ad un unico giudice l’intera protezione del cittadino avverso le modalità di esercizio<br />

della funzione pubblica, ma anche perché quel giudice è idoneo ad offrire piena tutela ai diritti soggettivi, anche costituzionalmente<br />

garantiti, coinvolti nell’esercizio della funzione amministrativa.<br />

Nella fattispecie disciplinata dal comma 552 dell’art. 1 della legge n. 311 del 2004 ricorrono tutti i presupposti che la Corte<br />

costituzionale ha ritenuto sufficienti a legittimare il riconoscimento di una giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo.<br />

L’oggetto delle controversie è infatti rigorosamente circoscritto alle particolari «procedure e provvedimenti», tipizzati dalla legge<br />

(decreto-legge n. 7 del 2002), e concernenti una materia specifica (gli impianti di generazione di energia elettrica).<br />

--------------------------------<br />

Documenti correlati:<br />

CORTE COSTITUZIONALE, sentenza 6-7-2004, n. 204, pag. http://www.lexitalia.it/p/corte/ccost_2004-07-06.htm (nel dichiarare<br />

la illegittimità costituzionale parziale degli artt. 33 e 34 del D.L.vo n. 80/1998, precisa i limiti che il legislatore incontra<br />

nell’attribuire "particolari materie" alla giurisdizione esclusiva del G.A. ed afferma che il potere di condannare la P.A. al risarcimento<br />

del danno non costituisce una nuova materia, ma uno strumento di tutela ulteriore rispetto a quello classico demolitorio).<br />

CORTE COSTITUZIONALE, sentenza 11-5-2006, n. 191, pag. http://www.lexitalia.it/p/61/ccost_2006-05-11.htm (dichiara<br />

illegittimo l’art. 53, comma 1, del d.l.vo n. 325/2001 - T.U. espropriazione per p.u. - nella parte in cui devolve alla giurisdizione<br />

244


esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative ai comportamenti delle pubbliche amministrazioni e precisa meglio la<br />

portata delle sentenze nn. 204 e 281 del 2004).<br />

SENTENZA N. 140<br />

ANNO 2007<br />

composta dai signori:<br />

- Franco BILE Presidente<br />

- Giovanni Maria FLICK Giudice<br />

- Francesco AMIRANTE "<br />

- Ugo DE SIERVO "<br />

- Romano VACCARELLA "<br />

- Paolo MADDALENA "<br />

- Alfio FINOCCHIARO "<br />

- Alfonso QUARANTA "<br />

- Franco GALLO "<br />

- Luigi MAZZELLA "<br />

- Gaetano SILVESTRI "<br />

- Sabino CASSESE "<br />

- Maria Rita SAULLE "<br />

- Giuseppe TESAURO "<br />

- Paolo Maria NAPOLITANO "<br />

ha pronunciato la seguente<br />

REPUBBLICA ITALIANA<br />

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO<br />

LA CORTE COSTITUZIONALE<br />

SENTENZA<br />

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 552, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per<br />

la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005), promosso con ordinanza del 16<br />

marzo 2005 dal Tribunale di Civitavecchia sul ricorso proposto dal Comune di Ladispoli c/ l’ENEL s.p.a., iscritta al n.<br />

363 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34, prima serie speciale,<br />

dell’anno 2005.<br />

245


Visti gli atti di costituzione dell’ENEL s.p.a. e ENEL Produzione s.p.a., del CODACONS, della Provincia di Roma, del<br />

Comune di Ladispoli, fuori termine, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;<br />

udito nell’udienza pubblica del 20 marzo 2007 il Giudice relatore Luigi Mazzella;<br />

uditi gli avvocati Carlo Rienzi e Enrico Verenuso per il CODACONS, Massimiliano Sieni per la Provincia di Roma,<br />

Giuseppe De Vergottini e Pietro Guerra per l’ENEL s.p.a. e ENEL Produzione s.p.a. e l’avvocato dello Stato Antonio<br />

Palatiello per il Presidente del Consiglio dei ministri.<br />

Ritenuto in fatto<br />

1. Con ordinanza depositata il 16 marzo 2005, il Tribunale di Civitavecchia ha sollevato, in riferimento agli articoli<br />

103 e 25 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 552, della legge 30 dicembre<br />

2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato legge finanziaria 2005),<br />

nella parte in cui devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto le<br />

procedure ed i provvedimenti in materia di impianti di energia elettrica di cui al decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7<br />

(Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale), convertito, con modificazioni, dalla legge 9<br />

aprile 2002, n. 55, e le relative questioni risarcitorie.<br />

Secondo il rimettente, la norma censurata pone un criterio assolutamente indiscriminato di attribuzione della<br />

giurisdizione esclusiva, in quanto individua il campo di azione di tale giurisdizione prescindendo del tutto dalla natura<br />

delle situazioni soggettive coinvolte, ed adotta, quale criterio di riparto, il dato puramente oggettivo del coinvolgimento<br />

di un rilevante interesse pubblico, senza che la P.A. abbia il potere di operare scelte che comportino il rischio concreto<br />

di compromettere la salute degli amministrati.<br />

In punto di rilevanza, osserva il Giudice a quo che il Comune di Ladispoli ha chiesto, con ricorso d’urgenza ai sensi<br />

dell’art. 700 del codice di procedura civile, l’emissione – nei confronti dell’ENEL s.p.a. – di un provvedimento di<br />

sospensione dei lavori di riconversione a carbone della centrale termoelettrica di Torre Valdaliga Nord di Civitavecchia,<br />

a protezione del diritto alla salute ed alla salubrità ambientale dei propri cittadini.<br />

Nel corso del procedimento – con l’intervento della Provincia di Roma, dei Comuni di Civitavecchia, Allumiere,<br />

Cerveteri e Tarquinia, del Codacons, di Legambiente-Onlus, di Legambiente-Lazio Onlus, nonché della Federlazio, del<br />

Ministero delle attività produttive, del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e della s.p.a. ENEL<br />

produzione –, disposta consulenza tecnica d’ufficio, è entrata in vigore la norma denunciata.<br />

A fronte dell’eccezione di improcedibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice ordinario, sollevata da più<br />

parti, il Tribunale di Civitavecchia, ritenuta l’immediata applicabilità, ai sensi dell’art. 5 cod. proc. civ. della nuova,<br />

disposizione processuale, ha sollevato la questione di costituzionalità del citato art. 1, comma 552, nei termini sopra<br />

esposti, per violazione non solo degli artt. 103 e 25 Cost., ma anche dei princípi affermati dalla Corte costituzionale con<br />

la sentenza n. 204 del 2004.<br />

Secondo il Giudice a quo, l’ambito delle controversie riservate dalla norma censurata alla giurisdizione esclusiva del<br />

TAR risulta definito da una endiadi «procedure e provvedimenti in materia di impianti di generazione di energia<br />

elettrica» non agevolmente delimitabile, sicché essa finisce con l’includere, in modo del tutto indipendente dalla<br />

considerazione degli interessi lesi, qualsiasi controversia che interferisca con la progettazione, la realizzazione,<br />

l’esistenza e il funzionamento di un impianto di energia elettrica, e ciò contrariamente a quanto stabilito dalla citata<br />

sentenza costituzionale n. 204 del 2004.<br />

2. Si è costituito, fuori termine, il Comune di Ladispoli.<br />

3. Si è pure costituita la Provincia di Roma, la quale, aderendo alle motivazioni addotte dal rimettente, osserva che<br />

l’art. 103 Cost., pur consentendo, in via di principio, al legislatore ordinario di attribuire al giudice amministrativo la<br />

cognizione di posizioni qualificabili immediatamente come diritti soggettivi, richiede, comunque, che venga rispettato il<br />

limite costituzionale della peculiarità della controversia concretamente individuata. Di conseguenza, l’attribuzione toutcourt<br />

al giudice amministrativo di una intera materia, quale quella delle procedure e dei provvedimenti indicati dalla<br />

norma denunciata, costituirebbe inversione della regola posta dal dettato costituzionale, configurando detto giudice<br />

come giudice ordinario delle controversie in cui sia parte una pubblica amministrazione.<br />

246


Secondo la difesa della Provincia, nella fattispecie, da una parte si è chiesto al giudice ordinario in intervenire a tutela di<br />

diritti soggettivi assoluti e incomprimibili, dall’altra nessun contenuto di specialità sarebbe ravvisabile nella domanda<br />

del Comune ricorrente, volta all’emissione, nei confronti dell’Enel, di un provvedimento di sospensione dei lavori di<br />

riconversione della indicata centrale termoelettrica.<br />

4. – Si è, inoltre, costituito il CODACONS (Coordinamento dei Comitati di Tutela dell’Ambiente e dei Consumatori),<br />

rilevando che la devoluzione al giudice amministrativo delle controversie relative al diritto alla salute e all’ambiente,<br />

costituzionalmente protetti, e di natura non esclusivamente risarcitoria, confligge con i princípi già enunciati dalla<br />

sentenza n. 204 del 2004 della Corte costituzionale.<br />

5. – Nel costituirsi in giudizio, l’Enel s.p.a. e l’Enel Produzione s.p.a. hanno sostenuto l’ infondatezza della questione,<br />

riservando ulteriori memorie al prosieguo.<br />

6. – E’ intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,<br />

che ha eccepito, in via preliminare, l’irrilevanza della questione, non avendo il rimettente fatto alcun cenno alla pretesa<br />

risarcitoria di soggetti estranei agli atti o procedimenti autoritativi. Nel merito, secondo la difesa erariale, la questione<br />

sarebbe infondata, in quanto la norma censurata non ha affatto innovato all’ordine delle competenze giurisdizionali in<br />

tema di procedure e provvedimenti relativi alla generazione di energia elettrica di cui al decreto-legge n. 7 del 2002: le<br />

scelte amministrative e i procedimenti circa l’an, il quando, e il quomodo della riconversione della centrale elettrica in<br />

questione comportano sicura discrezionalità, sicché i relativi atti, provvedimenti o procedimenti appartengono<br />

certamente all’ambito della giurisdizione amministrativa.<br />

7. – In prossimità dell’udienza, ha depositato memoria il CODACONS, sostenendo che la controversia, in quanto<br />

riguarda il danno all’ambiente ed alle persone, prescindendo del tutto dall’annullamento di provvedimenti<br />

amministrativi, va inquadrata tra quelle meramente risarcitorie riservate al giudice ordinario.<br />

Secondo il deducente, alla luce delle sentenze della Corte costituzionale n. 204 del 2004 e n. 191 del 2006, la norma<br />

denunciata avrebbe superato i limiti posti dall’art. 103 Cost., sia perché essa pone un criterio indiscriminato di<br />

attribuzione della giurisdizione esclusiva prescindendo dalla natura delle situazioni soggettive coinvolte, sia perché<br />

l’esecuzione delle opere necessarie alla riconversione della centrale di Torre Valdaliga Nord è affidata all’Enel<br />

produzione s.p.a., proprietaria dell’impianto, la quale non è più ente di diritto pubblico, né agisce come pubblica<br />

autorità.<br />

8. – Anche le società Enel ed Enel Produzione hanno depositato memoria, rilevando che i provvedimenti ministeriali in<br />

forza dei quali la centrale di Torre Valdaliga Nord è stata autorizzata sono stati impugnati – con le medesime doglianze<br />

dal Comune di Ladispoli anche dinanzi al TAR del Lazio il quale, dopo aver respinto, con due ordinanze (nn. 2207 e<br />

2208 del 2004), le istanze di sospensione, con altrettante sentenze (nn. 5481 e 6267 del 2005), ha respinto i ricorsi,<br />

riconoscendo, tra l’altro, che la riconversione a carbone di detta centrale si è realizzata «assicurando la protezione della<br />

salute e dell’ambiente». Entrambe le sentenze del TAR Lazio sono state poi confermate dal Consiglio di Stato (sentenze<br />

nn. 117 e 118 del 2007).<br />

Entrambe le società deducono, poi, l’inammissibilità della questione, perché l’ordinanza di rimessione non descrive<br />

compiutamente la fattispecie in esame, aggiungendo altresì una serie di ulteriori rilievi, concernenti: a) il difetto di<br />

legittimazione del Comune ricorrente, per avere questo agito a tutela di un diritto soggettivo individuale appartenente a<br />

ciascun cittadino, e non a terzi; b) l’inammissibilità della tutela preventiva la quale presuppone che si possa «accertare»<br />

la possibile situazione di pericolo alla salute con la messa in esercizio dell’impianto, mentre alla data del deposito del<br />

ricorso introduttivo del giudizio principale esisteva solo un progetto, debitamente autorizzato, rispetto al quale non era<br />

possibile, neppure in astratto, svolgere un accertamento in ordine ai rischi paventati; c) l’ inammissibilità del ricorso in<br />

via cautelare del Comune di Ladispoli, perché privo di ogni esplicazione delle ragioni di urgenza; d) l’irrilevanza della<br />

questione di costituzionalità, in quanto la norma censurata non è innovativa rispetto al quadro di riparto della<br />

giurisdizione già delineato dal combinato disposto degli artt. 33 e 35 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80<br />

(Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di<br />

giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell’articolo 11,<br />

comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59): in sostanza, la questione, anche senza la norma denunciata, avrebbe<br />

dovuto trovare soluzione nei termini enunciati dalle sentenze n. 204 del 2004 e n. 191 del 2006 della Corte<br />

costituzionale; e) l’inammissibilità della questione, poiché il rimettente non ha adempiuto l’obbligo di esplorare la<br />

possibilità di una interpretazione costituzionalmente conforme della norma censurata; f) l’inammissibilità della<br />

questione, in quanto l’ordinanza di rimessione è del tutto priva di motivazione in ordine alla asserita violazione dell’art.<br />

25 Cost.; g) l’infondatezza della questione, in quanto la norma denunciata, in piena coerenza con il dettato dell’art. 103<br />

247


Cost., fa riferimento ad un ambito («procedure e provvedimenti») non generico, ma specificamente delineato dal<br />

legislatore.<br />

Le società ribadiscono infine la legittimità costituzionale della norma censurata, nella quale le posizioni di diritto<br />

soggettivo e di interesse legittimo si intrecciano inevitabilmente tra loro, perché la lesione delle prime non sarebbe che<br />

la conseguenza di una attività amministrativa ritenuta illegittima.<br />

9. – Nella sua memoria, ritualmente depositata, la difesa erariale critica l’ordinanza di rimessione, quale espressione del<br />

pregiudizio che il giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva estesa alle azioni risarcitorie sia meno<br />

"affidabile" del giudice ordinario. Al contrario, la sentenza n. 204 del 2004 della Corte costituzionale sottolinea la<br />

chiara opzione del Costituente in favore del riconoscimento al giudice amministrativo della piena dignità di giudice, il<br />

quale assicura le medesime garanzie, quanto alla effettività delle tutele, del giudice ordinario.<br />

10. – A sua volta, la Provincia di Roma, nella memoria tempestivamente depositata, ribadisce le critiche alla norma<br />

censurata, già formulate in sede di costituzione in giudizio.<br />

Considerato in diritto<br />

1. – Il Tribunale di Civitavecchia dubita, in riferimento agli articoli 103 e 25 della Costituzione, della legittimità<br />

costituzionale dell’art. 1, comma 552, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio<br />

annuale e pluriennale dello Stato legge finanziaria 2005), nella parte in cui devolve alla giurisdizione esclusiva del<br />

giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto le procedure ed i provvedimenti in materia di impianti di<br />

energia elettrica di cui al decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7 (Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema<br />

elettrico nazionale), convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2002, n. 55 e le relative questioni risarcitorie.<br />

2. – Sulle eccezioni di carattere preliminare sollevate da più parti si osserva quanto segue.<br />

Una prima eccezione – di cui si fa carico il giudice a quo – attiene al fatto che la disposizione censurata, in quanto<br />

entrata in vigore nel corso del procedimento cautelare a quo, non sarebbe in questo applicabile, in quanto il rimettente,<br />

in base all’art. 5 del codice di procedura civile, avrebbe conservato la giurisdizione attribuitagli dalla normativa vigente<br />

al momento della proposizione della domanda.<br />

Sul punto, il rimettente sostiene – non implausibilmente che la norma denunciata, modificativa della giurisdizione,<br />

sarebbe comunque rilevante nel giudizio cautelare a quo, in quanto il provvedimento cautelare eventualmente concesso<br />

sarebbe inevitabilmente destinato alla inefficacia per l’impossibilità di promuovere (art. 669-novies, primo comma, cod.<br />

proc. civ.) il giudizio di merito.<br />

Infondata è l’eccezione, sollevata dalle società resistenti, di carenza di legittimazione del Comune ricorrente: una<br />

consolidata giurisprudenza del giudice di legittimità afferma che «deve riconoscersi al Comune che deduca un danno o<br />

pericolo di danno alla salute dei cittadini la facoltà di agire davanti al giudice ordinario».<br />

Altrettanto infondata è l’eccezione del CODACONS in ordine alla rilevanza. Secondo tale associazione, l’azione<br />

cautelare del comune di Ladispoli, in quanto rivolta nei confronti di società avente natura privatistica, sarebbe<br />

sufficiente ad escludere ogni ipotesi di giurisdizione amministrativa.<br />

La Corte osserva che la controversia riguarda un’attività svolta da società concessionarie di un pubblico servizio, in<br />

esecuzione di provvedimenti amministrativi ai quali direttamente si imputano i danni temuti dai ricorrenti.<br />

Inammissibili, in quanto concernenti aspetti di merito, sono le ulteriori eccezioni formulate dalle società Enel ed Enel<br />

produzione in ordine sia all’asserita impossibilità di accertare la consistenza della situazione di pericolo alla salute<br />

dipendente dalla messa in esercizio della centrale elettrica de qua; sia alla sussistenza di effettive ragioni di urgenza<br />

giustificative del ricorso alla procedura promossa dal Comune di Ladispoli davanti al Tribunale rimettente.<br />

2.1.– Fondata è, invece, l’eccezione – sollevata da due delle parti private - di difetto di motivazione dell’ordinanza di<br />

rimessione, in ordine alla dedotta violazione all’articolo 25 Cost. Su tale parametro, infatti, l’ordinanza non si sofferma<br />

affatto, limitandosi ad enunciarlo.<br />

Sotto questo profilo la questione è, pertanto, inammissibile.<br />

248


3. – Con riferimento all’altro parametro, costituito dall’art. 103, primo comma, Cost., il rimettente ricorda che l’art. 1,<br />

comma 552 della legge n. 311 del 2004 – nella parte in cui dispone che «Le controversie aventi ad oggetto le procedure<br />

ed i provvedimenti in materia di impianti di generazione di energia elettrica di cui al decreto-legge 7 febbraio 2002, n.<br />

7, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2003 [recte: 2002], n. 55, e le relative questioni risarcitorie sono<br />

devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo» – consente di ricomprendere la fattispecie in esame,<br />

pur in considerazione delle peculiarità degli interessi fatti valere con il ricorso introduttivo del giudizio cautelare. Ciò,<br />

sia perché la norma censurata include espressamente le azioni risarcitorie (rispetto alle quali l’azione inibitoria<br />

promossa dal Comune ricorrente si colloca in posizione anticipatoria), sia perché l’ambito delle controversie riservate<br />

alla giurisdizione esclusiva del TAR risulta definito da una «endiadi (procedure e provvedimenti in materia di impianti)<br />

non agevolmente delimitabile». In tal modo – a giudizio del rimettente la norma finisce con l’includere, in modo del<br />

tutto indipendente dalla natura degli interessi lesi, qualsiasi controversia interferente con la progettazione, la<br />

realizzazione, l’esistenza e il funzionamento di un impianto di energia elettrica. E ciò, in violazione dell’art. 103, primo<br />

comma Cost.<br />

La questione non è fondata.<br />

Il progetto di riconversione della centrale in questione prevedeva la realizzazione di un impianto di potenza superiore a<br />

300 MW termici, per la cui approvazione si era fatto ricorso al procedimento di autorizzazione unica previsto dall’art. 1<br />

del decreto- legge n. 7 del 2002, convertito dalla legge n. 55 del 2002.<br />

Secondo l’art. 1, comma 1, del citato decreto-legge, emanato in conformità con la direttiva n. 96/92/CE del Parlamento<br />

europeo e del Consiglio del 19 dicembre 1996, (concernente norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica),<br />

attuata con il decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, «la costruzione e l’esercizio degli impianti di energia elettrica di<br />

potenza superiore a 300 MW termici, gli interventi di modifica o ripotenziamento, nonché le opere connesse e le<br />

infrastrutture indispensabili all’esercizio degli stessi, sono dichiarati opere di pubblica utilità e soggetti ad una<br />

autorizzazione unica rilasciata dal Ministero delle attività produttive, la quale sostituisce autorizzazioni, concessioni ed<br />

atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti [….] costituendo titolo a costruire e ad esercitare<br />

l’impianto in conformità al progetto approvato»<br />

Per effetto del comma 2 l’autorizzazione di cui al comma 1 è rilasciata «a seguito di un procedimento unico, al quale<br />

partecipano le Amministrazioni statali e locali interessate, svolto nel rispetto dei princípi di semplificazione e con le<br />

modalità di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni, d’intesa con la regione interessata».<br />

Il procedimento seguito nel caso di specie s’inquadra perfettamente nella formulazione della norma denunciata che<br />

parla di «procedure e […] provvedimenti in materia di impianti di generazione di energia elettrica», proprio per indicare<br />

quel procedimento complesso, in ragione del coinvolgimento di più soggetti pubblici, il quale si conclude con i<br />

provvedimenti specifici riguardanti le singole modalità attuative degli interventi inerenti gli impianti in questione.<br />

La norma censurata, d’altronde, è conforme all’orientamento espresso nelle sentenze n. 204 del 2004 e, soprattutto, n.<br />

191 del 2006 di questa Corte. Secondo tali pronunce, l’art. 103 Cost., pur non avendo conferito al legislatore ordinario<br />

una assoluta ed incondizionata discrezionalità nell’attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua<br />

giurisdizione esclusiva, gli ha riconosciuto il potere di indicare «particolari materie» nelle quali la tutela nei confronti<br />

della pubblica amministrazione investe «anche» diritti soggettivi. Deve trattarsi tuttavia, di materie determinate nelle<br />

quali la pubblica amministrazione agisce nell’esercizio del suo potere.<br />

La richiamata giurisprudenza di questa Corte esclude, poi, che la giurisdizione possa competere al giudice ordinario per<br />

il solo fatto che la domanda abbia ad oggetto esclusivo il risarcimento del danno (sentenza n. 191 del 2006). Il giudizio<br />

amministrativo, infatti, in questi casi assicura la tutela di ogni diritto: e ciò non soltanto per effetto dell’esigenza,<br />

coerente con i princípi costituzionali di cui agli artt. 24 e 111 Cost., di concentrare davanti ad un unico giudice l’intera<br />

protezione del cittadino avverso le modalità di esercizio della funzione pubblica, ma anche perché quel giudice è idoneo<br />

ad offrire piena tutela ai diritti soggettivi, anche costituzionalmente garantiti, coinvolti nell’esercizio della funzione<br />

amministrativa.<br />

Nella fattispecie disciplinata dal censurato comma 552 dell’art. 1 della legge n. 311 del 2004 ricorrono tutti i<br />

presupposti che questa Corte ha ritenuto sufficienti a legittimare il riconoscimento di una giurisdizione esclusiva al<br />

giudice amministrativo. L’oggetto delle controversie è rigorosamente circoscritto alle particolari «procedure e<br />

provvedimenti», tipizzati dalla legge (decreto-legge n. 7 del 2002), e concernenti una materia specifica (gli impianti di<br />

generazione di energia elettrica).<br />

249


Né osta va ribadito alla validità costituzionale del «sistema» in esame la natura «fondamentale» dei diritti<br />

soggettivi coinvolti nelle controversie de quibus, su cui pure insiste il rimettente, non essendovi alcun principio o norma<br />

nel nostro ordinamento che riservi esclusivamente al giudice ordinario escludendone il giudice amministrativo la<br />

tutela dei diritti costituzionalmente protetti. Peraltro, l’orientamento – espresso dalle Sezioni unite della Corte di<br />

cassazione – circa la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario in presenza di alcuni diritti assolutamente<br />

prioritari (tra cui quello alla salute) risulta enunciato in ipotesi in cui venivano in considerazione meri comportamenti<br />

della pubblica amministrazione, e pertanto esso è coerente con la sentenza n. 191 del 2006, con la quale questa Corte ha<br />

escluso dalla giurisdizione esclusiva la cognizione del risarcimento del danno conseguente a meri comportamenti della<br />

pubblica amministrazione. Nel caso in esame, invece, si tratta di specifici provvedimenti o procedimenti «tipizzati»<br />

normativamente.<br />

Deve, dunque, concludersi che legittimamente la norma censurata ha riconosciuto esclusivamente al giudice naturale<br />

della legittimità dell’esercizio della funzione pubblica poteri idonei ad assicurare piena tutela, e quindi anche una tutela<br />

risarcitoria, per equivalente o in forma specifica, per il danno asseritamente sofferto anche in violazione di diritti<br />

fondamentali in dipendenza dell’illegittimo esercizio del potere pubblico da parte della pubblica amministrazione.<br />

Per questi motivi<br />

la Corte Costituzionale<br />

Dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 552, della legge 30 dicembre 2004,<br />

n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2005),<br />

sollevata, in riferimento all’art. 25 della Costituzione, dal Tribunale di Civitavecchia, con l’ordinanza indicata in<br />

epigrafe;<br />

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dello stesso articolo 1, comma 552, della legge n. 311 del<br />

2004 sollevata, in riferimento all’art. 103 della Costituzione, dal Tribunale di Civitavecchia, con l’ordinanza indicata in<br />

epigrafe.<br />

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 aprile 2007.<br />

F.to:<br />

Franco BILE, Presidente<br />

Luigi MAZZELLA, Redattore<br />

Gabriella MELATTI, Cancelliere<br />

Depositata in Cancelleria il 27 aprile 2007.<br />

250


251


GIURISDIZIONE SUI PROVVEDIMENTO DI FERMO DI BENI MOBILI REGISTRATI<br />

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. UNITE CIVILI - sentenza 22 dicembre 2010 n. 25983<br />

Pres. ff. Vittoria, Rel. Massera - Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. (Avv. Capponi) c. Procuratore Generale<br />

rappresentante il Pubblico ministero presso la Corte dei Conti ed Agenzia delle Entrate (Avv.ra Stato) - (dichiara la<br />

giurisdizione della Corte dei Conti).<br />

1. Giurisdizione e competenza - Fermo amministrativo - Ex art. 69, comma 6, del R.D. n. 2440 del 1923 -<br />

Controversie in materia - Giurisdizione - Spetta al giudice al quale è attribuita la cognizione della controversia<br />

sul diritto che da detto fermo è cautelato.<br />

2. Giurisdizione e competenza - Fermo amministrativo - Ex art. 69, comma 6, del R.D. n. 2440 del 1923 - Per<br />

rimborsi dovuti dalla P.A. al concessionario per quote indebitamente restituite ai contribuenti - Giurisdizione<br />

della Corte dei Conti - Sussiste.<br />

1. La giurisdizione sulle controversie relative al fermo amministrativo di cui all’art. 69, comma 6, R.D. 18<br />

novembre 1923, n. 2440, spetta al giudice al quale è attribuita la cognizione della controversia sul diritto che da<br />

detto fermo è cautelato, giacché sussiste uno stretto collegamento tra siffatta misura cautelare e il diritto per la<br />

cui provvisoria tutela essa è concessa. Questo principio ha valenza generale e, infatti, è applicabile anche in<br />

riferimento alle controversie aventi per oggetto il provvedimento di fermo di beni mobili registrati, di cui all’art.<br />

86 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 e successive modificazioni (1).<br />

2. Rientra nella giurisdizione della Corte dei conti un ricorso proposto dal concessionario del servizio avverso il<br />

decreto di fermo amministrativo con il quale era stata disposta, da parte della Agenzia delle Entrate, la<br />

sospensione del pagamento di alcuni rimborsi dovuti per quote indebitamente restituite ai contribuenti,<br />

trattandosi di provvedimento cautelare strumentale al rapporto di merito esistente tra Amministrazione e<br />

concessionario, pacificamente affidato alla giurisdizione della Corte dei Conti.<br />

------------------------------------------------<br />

(1) Cfr. Cass., Sez. Unite, sentenza 14 gennaio 2009, n. 555.<br />

(2) Ha aggiunto la sentenza in rassegna che nella specie non poteva indurre a diversa statuizione la rilevata mancata impugnazione<br />

dei provvedimenti che in precedenza avevano negato il rimborso di quote inesigibili, poiché tale questione può influire non sulla<br />

giurisdizione, che è un prius, ma solo sulla decisione nel merito della domanda, che è un posterius. Del resto il tema della<br />

illegittimità del provvedimento di fermo era stato proposto dalla ricorrente sotto molteplici profili.<br />

-------------------------------------------------<br />

Documenti correlati:<br />

CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONI UNITE CIVILI, ordinanza 26-10-2009, pag. http://www.lexitalia.it/p/92/casssu_2009-10-26-<br />

2.htm (sul giudice competente a decidere le controversie in materia di fermo amministrativo degli autoveicoli - c.d. ganasce fiscali).<br />

CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONI UNITE CIVILI, ordinanza 11-5-2009, pag. http://www.lexitalia.it/p/91/cassu_2009-05-<br />

11o.htm (sul giudice competente a decidere un ricorso avverso il preavviso di fermo amministrativo ex art. 86 D.P.R. n. 602 del<br />

1973, che riguardi una pretesa creditoria dell'ente pubblico).<br />

CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONI UNITE CIVILI, ordinanza 13-2-2008, pag. http://www.lexitalia.it/p/81/cassu_2008-02-13-<br />

3.htm (sul giudice competente a decidere le controversie in materia di fermo amministrativo degli autoveicoli - c.d. ganasce fiscali).<br />

CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONI UNITE CIVILI, ordinanza 17-1-2007, pag. http://www.lexitalia.it/p/71/cassu_2007-01-<br />

17.htm (sul giudice competente a decidere le controversie in materia di provvedimenti di fermo amministrativo degli autoveicoli - cd.<br />

ganasce fiscali).<br />

CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONI UNITE, sentenza 31-1-2006, pag. http://www.lexitalia.it/p/61/casssu_2006-01-31.htm (sul<br />

giudice competente a decidere le controversie in materia di fermo amministrativo degli autoveicoli - c.d. ganasce fiscali).<br />

252


CONSIGLIO DI STATO SEZ. IV, sentenza 3-2-2006, pag. http://www.lexitalia.it/p/61/cds4_2006-02-03.htm (sul giudice<br />

competente a decidere le controversie in materia di fermo amministrativo degli autoveicoli - c.d. ganasce fiscali).<br />

CONSIGLIO DI STATO SEZ. V, sentenza 13-9-2005, pag. http://www.lexitalia.it/p/52/cds5_2005-09-13.htm (sul giudice<br />

competente a decidere le controversie in materia di fermo amministrativo degli autoveicoli - c.d. ganasce fiscali).<br />

TAR CALABRIA - CATANZARO, SEZ. I, sentenza 24-3-2004, pag. http://www.lexitalia.it/p/tar/tarcalabriacz_2004-03-24.htm (sul<br />

giudice competente a decidere le controversie in materia di fermo amministrativo degli autoveicoli).<br />

TAR PUGLIA-BARI, SEZ. I – Ordinanza 5 marzo 2003, pag. http://www.lexitalia.it/tar1/tarpugliaba1_2003-03-05.htm con<br />

commento di L. SPAGNOLETTI, Le "ganasce" fiscali...<br />

TAR PUGLIA-BARI, SEZ. I, sentenza 18-4-2003, pag. http://www.lexitalia.it/private/tar/tarpugliaba1_2003-04-18.htm (sul giudice<br />

competente a decidere controversie in materia di provvedimenti di fermo amministrativo e sulla necessità che i provvedimenti stessi<br />

siano congruamente motivati).<br />

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO<br />

Con sentenza in data 18 aprile 2007 la Sezione Giurisdizionale per la Regione Lazio della Corte dei Conti dichiarò<br />

inammissibile, per difetto di giurisdizione, il ricorso di Monte dei Paschi di Siena S.p.A., società concessionaria del<br />

Servizio per la Riscossione dei Tributi per la Provincia di Roma, avverso il decreto di fermo amministrativo con il quale<br />

era stata disposta, da parte della Agenzia delle Entrate, la sospensione del pagamento di alcuni rimborsi dovuti per<br />

quote indebitamente restituite ai contribuenti, nonché per intervenuta decadenza dell'azione avverso i decreti di<br />

discarico emessi dalla Agenzia medesima perché non tempestivamente impugnati.<br />

Con sentenza in data 19 maggio - 12 giugno 2009 la Corte dei Conti - Sezione prima centrale di appello - rigettò il<br />

gravame della Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. confermando la giurisdizione del giudice amministrativo in<br />

ordine al fermo amministrativo e la improponibilità del rapporto sottostante concernente il discarico delle quote<br />

inesigibili in quanto non azionato tempestivamente.<br />

Avverso la suddetta sentenza la Banca Monte dei Paschi di Siena ha proposto ricorso per cassazione avanti alle Sezioni<br />

Unite affidato ad unico motivo.<br />

Hanno resistito, con separati controricorsi, l'Agenzia delle Entrate e il Procuratore Generale presso la Corte dei Conti.<br />

Monte dei Paschi di Siena e Agenzia delle Entrate hanno presentato memorie.<br />

MOTIVI DELLA DECISIONE<br />

1 - Il Procuratore Generale presso la Corte dei Conti ha eccepito l'inammissibilità del ricorso perchè notificato al<br />

Procuratore Generale della Corte dei Conti per il Lazio e non alla Procura Generale, che ne è venuta a conoscenza solo<br />

a seguito di segnalazione interna.<br />

Queste Sezioni Unite hanno ripetutamele affermato (confronta, ex plurimis, la recente Cass. Sez. Un. n. 23681 del 9<br />

novembre 2009 e Cass. Sez. Un. n. 19 del 29 gennaio 2000) che l'ufficio della Procura Generale presso la Corte dei<br />

Conti e quello della Procura Regionale presso le sezioni giurisdizionali regionali della Corte, ancorchè collegati, sono<br />

processualmente autonomi e pertanto, in sede di impugnazione dinanzi alle Sezioni Unite, di sentenza emessa dalla<br />

Sezione giurisdizionale centrale di appello, la legittimazione a resistere alla stessa compete in via esclusiva al P.G.<br />

presso la Corte dei Conti.<br />

L'orientamento sopra menzionato si è, però, formato con riferimento al rispetto dei termini processuali utili ai fini<br />

dell'impugnazione, di cui è stata affermata la decorrenza a far data dalla notifica effettuata nei confronti del Procuratore<br />

Generale, restando, allo scopo, ininfluente quella effettuata al Procuratore regionale.<br />

Ma la fattispecie presenta un profilo diverso: la sentenza impugnata, non notificata, risulta depositata il 12 giugno 2009,<br />

il ricorso del Monte dei Paschi è stato notificato agli intimati il 16 - 17 marzo 2010 e il controricorso del Procuratore<br />

Generale presso la Corte dei Conti, venuto a conoscenza del ricorso, è stato notificato alla ricorrente il 9 aprile 2010,<br />

253


cioè prima della scadenza del termine utile per proporre il ricorso per cassazione e, quindi, ha spiegato effetto sanante<br />

della nullità in cui essa era incorsa.<br />

L'eccezione va, dunque, respinta.<br />

2 - Con l'unico motivo, la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 37<br />

c.p.c., R.D. n. 1038 del 1933, art. 52 e segg., in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 1; questione di giurisdizione; illegittima<br />

alterazione dell'ordine di esame delle questioni tra merito e giurisdizione.<br />

Assume che, stante lo stretto rapporto di strumentalità tra cautela del fermo amministrativo e merito, la giurisdizione<br />

competente a conoscere la legittimità del provvedimento cautelare è necessariamente quella competente a conoscere del<br />

rapporto nei suoi aspetti di merito.<br />

Gli intimati resistono sottolineando che il fermo contestato, emesso ai sensi del R.D. n. 2440 del 1923, art. 69, è un<br />

provvedimento amministrativo di carattere discrezionale, dinanzi all'esercizio del quale il diritto del destinatario è<br />

degradato ad interesse legittimo.<br />

Le argomentazioni addotte dai resistenti, sviluppate dall'Agenzia delle Entrate anche con la memoria ex art. 378 c.p.c.,<br />

non inducono la Corte a mutare la propria giurisprudenza (vedi art. 360 c.p.c., bis, n. 1), in base alla quale la<br />

giurisdizione sulle controversie relative al fermo amministrativo spetta al giudice al quale è attribuita la cognizione<br />

della controversia.<br />

In tal senso si sodo già espresse le Sezioni Unite con la sentenza 14 gennaio 2009, n. 555, la quale ha affermato,<br />

appunto, che la giurisdizione su controversie relative al fermo amministrativo di cui al R.D. 18 novembre 1923, n. 2440,<br />

art. 69, comma 6, spetta al giudice al quale è attribuita la cognizione della controversia su diritto che da detto fermo è<br />

cautelato, giacchè sussiste uno stretto collegamento tra siffatta misura cautelare e il diritto per la cui provvisoria tutela<br />

essa è concessa.<br />

Questo principio ha valenza generale e, infatti, è stato significativamente applicato anche in riferimento alle<br />

controversie aventi per oggetto il provvedimento di fermo di beni mobili registrati, di cui al D.P.R. 29 settembre 1973,<br />

n. 602, art. 86, e successive modificazioni, dal momento che, pur in presenza di una modifica normativa del D.Lgs. n.<br />

546 del 1992, art. 19, comma 1, (introdotta dal D.L. n. 248 del 2006, art. 35, comma 26 quinquies, convertito con<br />

modificazioni dalla L. n. 296 del 2006) in base alla quale alla serie degli atti impugnabili dinanzi alle Commissioni<br />

tributarie è stato aggiunto il suddetto provvedimento di fermo, si è precisato, che ai fini della giurisdizione rileva la<br />

natura dei crediti posti a fondamento del provvedimento di fermo e che, pertanto, essa spetterà al giudice a tributario o<br />

al giudice ordinario a seconda della natura tributaria o meno dei crediti, ovvero ad entrambi se il provvedimento di<br />

fermo si riferisce in parte a crediti tributali e in parte a crediti non tributari.<br />

Spetta, pertanto, alla Corte dei Conti la giurisdizione a conoscere del decreto 30 settembre 2005 dell'Agenzia delle<br />

Entrate mediante il quale venne disposta la sospensione del pagamento di provvedimenti di rimborso.<br />

Trattasi, infatti, di provvedimento cautelare strumentale al rapporto di merito esistente tra Amministrazione e<br />

Concessionario, pacificamente affidato alla giurisdizione della Corte dei Conti.<br />

Non induce a diversa statuizione la rilevata mancata impugnazione dei provvedimenti che in precedenza (nel 2003)<br />

avevano negato il rimborso di quote inesigibili, poichè tale questione può influire non sulla giurisdizione, che è un<br />

prius, ma solo sulla decisione nel merito della domanda, che è un posterius. Del resto il tema della illegittimità del<br />

provvedimento di fermo era stato proposto dalla ricorrente sotto molteplici profili.<br />

Pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza va cassata con conseguente affermazione della giurisdizione della<br />

Corte dei Conti, avanti alla qua le, e in particolare alla Sezione Giurisdizionale regione Lazio, le parti vanno rimesse.<br />

L'indicata Sezione provvederà anche a regolamentare le spese del giudizio di cassazione.<br />

P.Q.M.<br />

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e dichiara la giurisdizione della Corte dei Conti; rimette le parti, anche<br />

per le spese del giudizio di cassazione, avanti alla Sezione Giurisdizionale Regione Lazio.<br />

Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2010.<br />

254


Depositata in Cancelleria il 22 dicembre 2010.<br />

255


GIURISDIZIONE SU COMPORTAMRNTI IN MATERIA URBANISTICA<br />

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. UNITE CIVILI - ordinanza 22 dicembre 2010 n. 25982<br />

Pres. Vittoria, Rel Salvago - B.C. (Avv.ti Accardo e Frojo) c. Parrocchia di San Bartolomeo di Vigellio, Comune di<br />

Salussola (n.c.) - (dichiara la giurisdizione del giudice ordinario).<br />

1. Giurisdizione e competenza - Azioni risarcitorie nei confronti della P.A. - Per danni derivanti da sistemazione<br />

e manutenzione di aree o beni pubblici - Giurisdizione dell’A.G.O.<br />

2. Giurisdizione e competenza - Giurisdizione esclusiva del G.A. - Ex art. 34 del D.L.vo n. 80 del 1998 - In<br />

materia urbanistica - Necessità, per la sua sussistenza, che i comportamenti materiali siano collegati ad una<br />

attività provvedimentale - Sussiste.<br />

1. Rientra nella giurisdizione dell’A.G.O. un'azione con la quale alcuni privati hanno chiesto il risarcimento dei<br />

danni nei confronti della P.A. per l’inosservanza da parte di quest’ultima, nella sistemazione e manutenzione di<br />

aree o beni pubblici, delle regole tecniche ovvero dei comuni canoni di diligenza e prudenza, atteso che anche la<br />

manutenzione dei beni pubblici deve adeguarsi alle regole di comune prudenza e diligenza, prima fra tutte<br />

quelle, del neminem laedere di cui all'art. 2043 c.c., in applicazione del quale la P.A. è tenuta a far sì che il bene<br />

pubblico non sia fonte di danno per il privato (1).<br />

2. Nel caso in cui si tratti di comportamenti (positivi ovvero omissivi) meramente materiali della P.A., che non<br />

risultino "espressione di una volontà provvedimentale" né alla stessa comunque collegabili, detti comportamenti,<br />

pur se implicanti un uso del territorio, non sono riconducibili alla materia urbanistica e pertanto non rientrano<br />

nella giurisdizione esclusiva introdotta dall’art. 34 del D.Lgs. n. 80 del 1998 (nel testo sostituito dalla L. n. 205<br />

del 2000), perché il dato normativo ivi contenuto rimanda ad attività che esprimano l'esercizio del potere<br />

amministrativo nella forma tipica degli atti o provvedimenti attraverso i quali si esterna l'attività<br />

amministrativa, ovvero attraverso comportamenti, che però devono pur sempre essere ancorati sia pure<br />

"mediatamente" all'esercizio di un potere amministrativo (2)<br />

------------------------------------------------------------<br />

(1) Cfr. Cass., Sez. Un., nn. 7442/2008; 22521/2006, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/62/cassu_2006-10-20-3.htm;<br />

25036/2005.<br />

Nella specie si trattava di una azione proposta da alcuni proprietari di aree limitrofe ad un bene pubblico (nella specie, una chiesa<br />

antica semidiroccata) nei confronti di un Comune tendente all'adozione dei provvedimenti più idonei ad assicurare il loro diritto alla<br />

salute pregiudicato da alcune opere edili eseguite da detta amministrazione anche su un terreno di loro proprietà onde sostenere la<br />

chiesa, oltre al risarcimento dei danni sofferti.<br />

(2) Cfr. Cass. sez. un. 9139/2003, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/ago/casssu_2003-06-6.htm; Corte Cost., n. 191/2006,<br />

ivi, pag. http://www.lexitalia.it/p/61/ccost_2006-05-11.htm<br />

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO<br />

I coniugi I.G. e B.C. in esito alle risultanze di un accertamento tecnico preventivo chiedevano al Tribunale di Biella la<br />

condanna del Comune di Salussola all'adozione dei provvedimenti più idonei ad assicurare il loro i diritto alla salute<br />

pregiudicato da alcune opere edili eseguite da detta amministrazione nel 2005 anche su un terreno di loro proprietà onde<br />

sostenere una chiesa antica semidiroccata, oltre al risarcimento dei danni sofferti.<br />

Con successivo ricorso ex art. 700 c.p.c., chiedevano quindi l'adozione dei provvedimenti necessari per evitare e<br />

rimuovere le conseguenze di dette opere che avevano consentito ... a nidificazione ed il proliferare di volatili e di fatti,<br />

nonchè il deposito dei loro detriti.<br />

256


Il Tribunale adito dichiarava inammissibile quest'ultimo ricorso perchè rientrante nella giurisdizione esclusiva del<br />

giudice amministrativo di cui al D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 34; e poi con provvedimento del 14 luglio 2010 ne<br />

respingeva il ree amo osservando che anche in materia di diritti fondamentali, quali quello alla salute, allorchè la loro<br />

Lesione sia dedotta come effetto di un comportamento positivo od omissivo,espressione di poteri autoritativi in materie,<br />

come l'urbanistica riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, la cognizione di qualsiasi richiesta,<br />

inibitoria, demolitoria o risarcitoria è devoluta al giudice suddetto.<br />

L' I. e la B. con atto del 12 febbraio 2010 hanno proposto regolamento di giurisdizione, insistendo in quella ordinaria<br />

perchè il petitum sostanziale dell'azione era costituito dalla richiesta di tutela del diritto alla salute;e perchè pur vertendo<br />

la controversia in materia urbanistica a seguito di ordinanza dello stesso comune che aveva disposto l'abbattimento della<br />

chiesa,ridotta ad un rudere, l'operato dell'amministrazione si fondava su meri comportamenti materiali. Il P.G. ha invece<br />

concluso chiedendo che fosse dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo.<br />

MOTIVI DELLA DECISIONE<br />

La Corte deve osservare che i ricorrenti hanno addebitato il lamentato pregiudizio al loro diritto alla salute (nonchè ai<br />

loro ceni) non già al provvedimento del 2005 con cui il comune di Salussola, ottenuta da essi l'autorizzazione (per la<br />

porzione di terreno di cui sono proprietari), aveva disposto la uosa di alcuni puntelli a sostegno di un rudere<br />

precedentemente adibito a chiesa; e neppure al successivo provvedimento 11 novembre 2006 della stessa<br />

amministrazione che aveva revocato la precedente disposizione di posa dei puntelli e disposto L'abbattimento del<br />

rudere: costituendo entrambi gli atti la cui validità ed esecutorietà è fuor di dubbio in questo giudizio, meri antecedenti<br />

storici che hanno esaurito ogni effetto in relazione alla vicenda denunciata che si concreta esclusivamente nella precaria<br />

situazione sanitaria por l' I., i propri familiari ed i proprì beni a causa della successiva inerzia del comune che aveva<br />

consentito il nidificare e proliferare di volatili e di ratti intorno al rudere abbandonato, facendo divenire insalubre<br />

l'intero ambiente circostante.<br />

Nella fattispecie non è allora dedotta la lesione del loro diritto come effetto di un comportamento materiale espressione<br />

di poteri autoritativi e conseguente ai menzionati atti dell'ente pubblico di cui venga denunciata l'illegittimità, in materie<br />

riservate alla giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi (come quella della gestione del territorio; cfr. Cass. sez.<br />

un. 27187/2007), ma gli è addebitata la cattiva gestione e l'omessa manutenzione di un proprio bene in violazione delle<br />

disposizioni di legge e di regolamento nonchè delle generali norme di prudenza e diligenza, imposte dal precetto del<br />

neminem laedere a tutela dell'incolumità dei cittadini e dell'integrità del loro patrimonio.<br />

Per cui le Sezioni Unite devono dare continuità al principio ripetutamente affermato che, in caso di inosservanza da<br />

parte della pubblica amministrazione, nella sistemazione e manutenzione di aree o beni pubblici (delle regole tecniche,<br />

ovvero) dei comuni, canoni di diligenza e prudenza, ricorre la giurisdizione del giudice ordinario: in quanto anche la<br />

manutenzione di detti beni pubblici deve adeguarsi alle regole di comune prudenza e diligenza, prima fra tutte quelle,<br />

del neminem laedere di cui all'art. 2043 c.c., in applicazione del. quale la pubblica amministrazione è tenuta a far sì che<br />

il bene pubblico non sia fonte di danno per il privato (Cass. sez. un. 7442/2008; 22521/2006; 25036/2005).<br />

Non vale in tal caso invocare la giurisdizione esclusiva introdotta nella materia urbanistica dal D.Lgs. n. 80 del 1998,<br />

art. 34, (nel testo sostituito dalla L. n. 205 del 2000), perchè il dato normativo, ivi contenuto, rimanda ad attività che<br />

esprimano l'esercizio del potere amministrativo nella forma tipica degli atti o provvedimenti attraverso i quali si esterna<br />

l'attività amministrativa, ovvero attraverso comportamenti, che però devono pur sempre essere ancorati sia pure<br />

"mediatamente" all'esercizio di un potere amministrativo: sicchè, allorquando si tratti,come nel caso concreto, di<br />

comportamenti (positivi ovvero emissivi) meramente materiali, che non risultino "espressione di una volontà<br />

provvedimentale" nè alla stessa comunque collegabili,detti comportamenti, pur se implicanti un uso del territorio non<br />

sono riconducibili alla materia urbanistica (Cass. sez. un.9139/2003 e succ.; Corte Costit. 191/2006).<br />

Va in conseguenza dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.<br />

P.Q.M.<br />

La Corte, a sezioni unite, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario.<br />

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2010.<br />

Depositata in Cancelleria il 22 dicembre 2010.<br />

257


GTIURISDIZIONE SULLE PROCEDURA DI DISMISSIONE DEL PATRIMONIO PUBBLICO INDETTE<br />

DALLE SCIP<br />

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - sentenza 31 gennaio 2006 n. 308<br />

Pres. Salvatore, Est. Cacace - Onceas S.p.a. (Avv.ti Decio, Satta e Lattanti) e Consorzio G1 Aste Individuali (Avv.<br />

Scanzano e Clarizia) c. Società SIM 92 Sviluppo Immobiliare S.p.a. (Avv.ti Ferrari e Quattrocchi), Ministero<br />

dell’economia e delle finanze (Avv.ra Stato), I.N.P.S. (n.c.) e Gabetti S.p.a. (Avv. Loiacono Romagnoli) – (previa<br />

riunione di due appelli, conferma T.A.R. Lazio - Roma, Sez. II, sent. 19 aprile 2004, n. 3367, pubblicata in questa<br />

Rivista, pag. http://www.lexitalia.it/p/tar/tarlazio2_2004-04-19.htm).<br />

1. Giurisdizione e competenza – Demanio e patrimonio – Vendita di beni pubblici – Procedura di vendita indetta<br />

da una società incaricata dalla SCIP – Nell’ambito del processo di cartolarizzazione dei beni pubblici –<br />

Controversie – Giurisdizione generale di legittimità del g.a. – Sussiste.<br />

2. Contratti della P.A. – Bando – Formalità prescritte – Debbono essere ragionevoli.<br />

3. Contratti della P.A. – Bando – Clausole che pongono a carico dei partecipanti a pena di esclusione oneri non<br />

necessari – Illegittimità.<br />

4. Contratti della P.A. – Bando – Clausola che impone la consegna della documentazione in busta priva di segni<br />

identificativi – Illegittimità – Fattispecie.<br />

1. Rientra nella giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo una controversia relativa ad un<br />

procedura indetta dal Consorzio G1 all’uopo incaricato dalla SCIP, nell’attività di alienazione dei beni immobili<br />

trasferiti a quest’ultima con DD.MM. 30 novembre 2001 e 21 novembre 2002. Invero, in tema di dismissione<br />

degli immobili pubblici ex artt. 2 e 3 del d.l. 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, in legge 23<br />

novembre 2001, n. 410, tanto le disposizioni legislative, quanto i successivi decreti del Ministero dell'economia e<br />

delle finanze (con cui sono stati disciplinati il trasferimento degli immobili alla SCIP, le caratteristiche delle<br />

operazioni di cartolarizzazione e le procedure di vendita degli immobili trasferiti) consentono di ritenere che la<br />

SCIP stessa svolga una attività, che, sia per le sue oggettive caratteristiche, sia per i vincoli posti al suo esercizio,<br />

deve considerarsi strettamente funzionalizzata al perseguimento delle finalità di interesse pubblico (1).<br />

2. In materia di procedimenti ad evidenza pubblica finalizzati all'aggiudicazione di contratti o comunque<br />

all'individuazione di soggetti aspiranti a conseguire un beneficio pubblico, le formalità prescritte dal bando di<br />

gara debbono risultare dirette ad assicurare un particolare interesse dell'amministrazione (2), al fine di evitare<br />

di cadere in un eccessivo formalismo, che finirebbe col risolversi nel pretendere una accurata diligenza da parte<br />

dei concorrenti per finalità non degne di nota o di rilievo; ne discende che le formalità richieste dal bando a pena<br />

di esclusione dalla gara devono rispondere al comune canone di ragionevolezza, in stretta relazione con le<br />

precitate esigenze.<br />

3. Debbono ritenersi in contrasto con il principio di ragionevolezza e, pertanto, illegittime quelle prescrizioni del<br />

bando di gara che aggravino immotivatamente le condizioni della stessa, ponendo a carico dei partecipanti a<br />

pena di esclusione oneri non necessari (3).<br />

4. E’ illegittima la clausola del bando secondo cui, ai fini della partecipazione alla gara, è necessario che gli<br />

interessati consegnino, a pena di esclusione, i documenti "in un plico chiuso e sigillato su entrambi i lembi di<br />

chiusura, senza indicazioni che possano ricondurre all'identificazione dell'offerente"; tale clausola, infatti, pone<br />

a carico dei partecipanti oneri del tutto ingiustificati con l’ulteriore prescrizione, che vieta qualsiasi indicazione,<br />

sul plico, suscettibile di "ricondurre all'identificazione dell'offerente" (alla stregua del principio è stato ritenuto<br />

illegittimo il provvedimento di esclusione dalla gara di una ditta che aveva presentato la busta contenente la<br />

documentazione sopra elencata, che era stata controfirmata sui lembi di chiusura).<br />

------------------------------------------------------<br />

(1) V. nello stesso senso T.A.R. Lombardia - Brescia, sent. 13 dicembre 2005, n. 1286, in questa Rivista, pag.<br />

http://www.lexitalia.it/p/52/tarlombbr_2005-12-13.htm<br />

258


Con la sentenza in rassegna la Sez. IV, dopo aver disposto l’acquisizione di documentati chiarimenti con apposita sentenza<br />

interlocutoria (pubblicata in questa Rivista, pag. http://www.lexitalia.it/p/51/cds4_2005-02-11-2.htm), ha ritenuto che la SCIP,<br />

nell’attività di alienazione dei beni immobili trasferitile con DD.MM. 30 novembre 2001 e 21 novembre 2002, agisce non già come<br />

soggetto privato e, quindi, nell’esercizio di corrispondenti potestà, ma in esecuzione di poteri pubblici e cioè come autorità, nei<br />

confronti della quale è accordata tutela al cittadino davanti al Giudice amministrativo (v. Corte cost., 6 luglio 2004, n. 204).<br />

A tale società sono infatti attribuiti ex lege:<br />

- i beni "trasferiti" dal patrimonio immobiliare dello Stato e degli altri enti pubblici di cui all’art. 1 del d.l. n. 351 cit. (previa loro<br />

individuazione e conseguente passaggio al "patrimonio disponibile", che costituiscono "patrimonio separato a tutti gli effetti" da<br />

quello della società) a fronte del pagamento di un prezzo iniziale, più un eventuale residuo (art. 2, commi 1 e 2; art. 3, comma 1, del<br />

d.l. n. 351 cit.);<br />

- il compito di effettuare, per finanziare il pagamento del prezzo suddetto, "le operazioni di cartolarizzazione, anche in più fasi,<br />

mediante l’emissione di titoli o l’assunzione di finanziamenti", i diritti derivanti dalle quali i predetti beni immobili, specificamente<br />

individuati per ogni operazione, sono destinati a soddisfare (art. 2, comma 2; art. 3, comma 1, del d.l. n. 351 cit.);<br />

- l’ulteriore compito, che rappresenta il vero obiettivo politico – economico dell’intera operazione, di rivendere i beni immobili<br />

oggetto del trasferimento, vendita il cui ricavo (così come quello derivante dalla gestione temporanea degli immobili medesimi) è in<br />

prima battuta destinato al rimborso dei titoli di cui sopra (oltre che al pagamento degli altri oneri e costi connessi all’operazione di<br />

cartolarizzazione) e, per la parte eventualmente residua, al pagamento di un "prezzo differito", da allocarsi tra i soggetti pubblici<br />

originarii proprietarii degli immobili ( art. 3, commi 2 e ss. del d.l. n. 351 cit.; art. 3 D.M. 21 novembre 2002 "Trasferimento alla<br />

società di cartolarizzazione dei beni immobili appartenenti agli enti previdenziali e allo Stato italiano" ).<br />

Ha osservato la Sez. IV che, sebbene la SCIP abbia natura formalmente privatistica (essendo costituita secondo il modello comune<br />

delle società di capitali), evidenti - alla stregua dei predetti elementi - sono il suo carattere strumentale rispetto al perseguimento di<br />

finalità pubblicistiche e l’esistenza di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario.<br />

Essa pertanto rappresenta lo strumento operativo in concreto individuato dal legislatore per il soddisfacimento della esigenza<br />

pubblicistica, posta alla base delle operazioni di cartolarizzazione ad essa affidate, di dismissione di una parte non indifferente del<br />

patrimonio immobiliare pubblico, garantendo al tempo stesso speditezza, efficacia ed efficienza di quell’operazione di reperimento di<br />

introiti per l’erario, cui in fin dei conti l’intera manovra è finalizzata.<br />

(2) Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 14 maggio 1995, n. 167; Sez. V, 17 gennaio 2000, n. 290.<br />

(3) V. in tal senso Cons. Stato, Sez. IV, 20 settembre 2000, n. 4934 e 5 aprile 2003, n. 1785.<br />

---------------------------------------------<br />

Documenti correlati:<br />

CONSIGLIO DI STATO SEZ. V, sentenza 4-2-2005, n. 316, pag. http://www.lexitalia.it/p/51/cds4_2005-02-11-2.htm (al fine di<br />

stabilire se le controversie in materia di alienazione di beni pubblici a seguito di cartolarizzazione rientrino o meno nella<br />

giurisdizione amministrativa è necessario accertare la natura giuridica dell'ente delegato - SCIP).<br />

TAR LOMBARDIA - BRESCIA - sentenza 13 dicembre 2005, n. 1286, pag. http://www.lexitalia.it/p/52/tarlombbr_2005-12-13.htm<br />

(sulla sussistenza delle giurisdizione amministrativa per le gare indette dalla SCIP s.r.l. per la vendita di immobili pubblici e<br />

sull’applicabilità a tali gare anche delle norme sulla documentazione amministrativa).<br />

TAR LAZIO - ROMA SEZ. II - sentenza 19 aprile 2004, n. 3367, pag. http://www.lexitalia.it/p/tar/tarlazio2_2004-04-19.htm (sulla<br />

giurisdizione competente a decidere le controversie relative a procedure di gara indette dalle società di cartolarizzazione per la<br />

vendita di immobili pubblici e sull’illegittimità dell’esclusione di una offerta presentata in busta controfirmata sui lembi che<br />

violerebbe la regola che impone l’anonimato).<br />

DIRITTO<br />

1. – Deve essere preliminarmente fatta oggetto di disamina la questione di giurisdizione posta con entrambi gli atti di<br />

appello.<br />

259


La ricorrente originaria ha azionato la propria posizione giuridica soggettiva di concorrente in un’asta pubblica gestita<br />

dal Consorzio G1 Aste Individuali e dalla Gabetti S.p.A. per conto della S.C.I.P. Società Cartolarizzazione Immobili<br />

Pubblici S.r.l., finalizzata ad attuare la dismissione di patrimonio immobiliare dell’I.N.P.S.<br />

Essa si è doluta, con il ricorso di primo grado, della lesione della posizione medesima, per effetto dell'alterazione delle<br />

regole che presiedono alla trasparenza ed all'imparzialità del confronto concorrenziale, a sua volta conseguìta alla<br />

asserita contraddittorietà, manifesta ingiustizia, irragionevolezza ed illogicità della norma del regolamento di gara, la<br />

cui applicazione ha portato alla sua esclusione dalla gara.<br />

Alla stregua di tale ricostruzione, come già osservato nella decisione interlocutoria n. 315/2005, si deve scrutinare la<br />

questione della sussistenza della giurisdizione amministrativa non tanto con riferimento alla verifica dell'ascrivibilità<br />

della controversia de qua all’àmbito della giurisdizione esclusiva (ed in particolare entro l'ambito applicativo dell'art. 23<br />

bis, lett. e), della legge n. 1034/71, a proposito del quale è tuttora controverso in dottrina e giurisprudenza se esso debba<br />

intendersi come disposizione regolatrice del solo rito, avente valore meramente ricognitivo della già esistente<br />

giurisdizione generale di legittimità in materia di privatizzazioni di imprese o beni pubblici, senza alcuna valenza<br />

costitutiva di nuove potestà giurisdizionali nelle controversie ivi elencate, ovvero se la stessa comporti invece<br />

l'estensione della giurisdizione amministrativa alla conoscenza di tutte le posizioni soggettive direttamente coinvolte nel<br />

complesso fenomeno della privatizzazione di beni o imprese pubblici, anche laddove siano configurabili diritti), quanto<br />

con riguardo alla pertinenza o meno della lite all'esercizio di una funzione pubblicistica incidente sull'interesse legittimo<br />

(nella specie azionato) al rispetto delle regole poste a presidio della concorrenza ed alla correttezza nella contrattazione<br />

delle pubbliche amministrazioni e dunque all’esistenza ed individuazione di vincoli legali dell’azione di queste ultime<br />

in òrdine alla selezione del contraente privato.<br />

Può, quindi, concludersi che la controversia in esame resterebbe validamente radicata davanti al giudice adìto se ed in<br />

quanto possa intendersi riferita alla giurisdizione generale di legittimità, agevolmente riconoscibile nell'esercizio della<br />

funzione della contrattazione della pubblica amministrazione con i privati, dalla quale esulano i soli atti o<br />

comportamenti, dei quali non si fa qui peraltro questione, relativi alla fase propriamente esecutiva del rapporto generato<br />

dalla stipula del contratto ( fase peraltro non configurabile ontologicamente nella materia delle dismissioni di beni<br />

pubblici, posto che il procedimento finalizzato alla cessione del bene o dell'impresa esaurisce i suoi effetti con la stipula<br />

del contratto di rivendita, che produce i relativi e definitivi effetti traslativi della proprietà e che, successivamente a tale<br />

momento, non è dato ravvisare alcun ulteriore segmento del rapporto da sottrarre alla cognizione del giudice<br />

amministrativo: v. Cons. St., 14 luglio 2003, n. 4167 ).<br />

Orbene, i provvedimenti impugnati in primo grado sono stati emessi in attuazione della normativa primaria ( D.L. 25<br />

settembre 2001, n. 351, "Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare<br />

pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare", pubblicato nella Gazz. Uff. 26 settembre 2001,<br />

n. 224 e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 23 novembre 2001, n. 410 ), che ha previsto la<br />

privatizzazione del patrimonio immobiliare pubblico mediante trasferimento a titolo oneroso, con uno o più decreti di<br />

natura non regolamentare del Ministro dell’Economia e delle Finanze ( art. 3, comma 1 ), alle società costituite ai sensi<br />

del primo periodo del comma 1 dell’art. 2 ( "Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a costituire o a<br />

promuovere la costituzione, anche attraverso soggetti terzi, di più società a responsabilità limitata con capitale iniziale<br />

di 10.000 euro, aventi ad oggetto esclusivo la realizzazione di una o più operazioni di cartolarizzazione dei proventi<br />

derivanti dalla dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato e degli altri enti pubblici di cui all'articolo 1" ), ai fini<br />

della successiva rivendita.<br />

Lo stesso art. 3 citato prevede, infatti, che "con gli stessi decreti sono determinati:<br />

a) il prezzo iniziale che le società corrispondono a titolo definitivo a fronte del trasferimento dei beni immobili e le<br />

modalità di pagamento dell'eventuale residuo, che può anche essere rappresentato da titoli;<br />

b) le caratteristiche dell'operazione di cartolarizzazione che le società realizzano per finanziare il pagamento del prezzo.<br />

All'atto di ogni operazione di cartolarizzazione è nominato un rappresentante comune dei portatori dei titoli, il quale,<br />

oltre ai poteri stabiliti in sede di nomina a tutela dell'interesse dei portatori dei titoli, approva le modificazioni delle<br />

condizioni dell'operazione;<br />

c) l'immissione delle società nel possesso dei beni immobili trasferiti;<br />

d) la gestione dei beni immobili trasferiti e dei contratti accessori, da regolarsi in via convenzionale con criteri di<br />

remuneratività;<br />

260


e) le modalità per la valorizzazione e la rivendita dei beni immobili trasferiti".<br />

Occorre, allora, in sostanza qui accertare se gli atti della procedura di vendita de qua, emessi dal Consorzio G1 all’uopo<br />

incaricato dalla SCIP ( ex art. 4 D.M. 21 novembre 2002 ), siano qualificabili come formali provvedimenti<br />

amministrativi, emessi nell'ambito e nell'esercizio di poteri autoritativi e discrezionali ad essa spettanti ( di fronte ai<br />

quali le posizioni soggettive del privato hanno natura non di diritto soggettivo, bensì di interessi legittimi, tutelabili,<br />

quindi, davanti al giudice amministrativo ).<br />

E’ all’uopo da verificarsi, dunque, se la SCIP, nell’attività di alienazione dei beni immobili trasferitile con DD.MM. 30<br />

novembre 2001 e 21 novembre 2002, agisca come soggetto privato e, quindi, nell’esercizio di corrispondenti potestà<br />

(donde la esclusione della giurisdizione del G.A.), oppure in esecuzione di poteri pubblici e cioè come autorità, nei<br />

confronti della quale è accordata tutela al cittadino davanti al Giudice amministrativo ( v. Corte cost., 6 luglio 2004, n.<br />

204 ).<br />

Si pone, pertanto, un problema di individuazione della effettiva natura del soggetto SCIP ( costituito ai sensi dell’art. 2,<br />

comma 1, citato ), al di là della sua formale qualificazione come persona giuridica privata in quanto società a<br />

responsabilità limitata, ai fini della cui risoluzione rilevano tanto il carattere strumentale o meno dell’ente societario<br />

rispetto al perseguimento di finalità pubblicistiche ( e dunque se esso agisca o meno in forza di poteri autoritativi<br />

delegatile dalla P.A. e nella fedele esecuzione di disposizioni e provvedimenti da questa emanati ), quanto l’esistenza o<br />

meno di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario, sintomatica, in particolare, della<br />

strumentalità della società rispetto al conseguimento di finalità pubblicistiche ( v. Cons. St., VI, 17 settembre 2002, n.<br />

4711 ): pagg. 8 – 12 dec. cit.<br />

La stessa, citata, decisione interlocutoria, al fine di "decidere della natura pubblica di una compagine ( quale la SCIP )<br />

costituita secondo il comune modello della società di capitali e dunque per appurare se ci si trovi dinanzi ad un caso di<br />

privatizzazione solo formale dell’esercizio di pubbliche funzioni, tale da sottrarre la SCIP ad un inquadramento nella<br />

sfera del diritto privato e da configurare, in definitiva, la società stessa come una longa manus ed una portatrice di poteri<br />

autoritativi proprii", riteneva necessaria una adeguata attività istruttoria, vòlta ad indagare, in estremo dettaglio, le<br />

qualità soggettivo/oggettive dell’attività, oggetto di controversia, posta in essere da SCIP, all’uopo ordinando al<br />

Ministero dell’Economia e delle Finanze ed alla SCIP medesima di provvedere ciascuno al deposito di relazione<br />

illustrativa di tutti gli elementi nella stessa decisione analiticamente indicati, corredata di tutti gli atti dei quali sia ivi<br />

fatta menzione, nonché di ogni altro atto ritenuto utile ai fini del decidere, fissandone il termine per l’adempimento al<br />

31 marzo 2005.<br />

In parziale adempimento della stessa, in data 31 marzo 2005, il Consorzio G1 ha depositato una prima, analitica,<br />

relazione, con allegata documentazione rilevante.<br />

Con Ordinanza Presidenziale n. 1/2005 in data 15 luglio 2005, è stato rinnovato l’ordine istruttorio.<br />

In esecuzione delle dette esigenze istruttorie, in data 29 settembre 2005, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha<br />

prodotto una relazione corredata da documentazione.<br />

Alla luce delle risultanze della attività istruttoria espletata, il Collegio ritiene che gli atti della procedura di vendita de<br />

qua, emessi dal Consorzio G1 all’uopo incaricato dalla SCIP ( ex art. 4 D.M. 21 novembre 2002 ), costituiscano<br />

espressione di attivita’ pubblicistica provvedimentale, in relazione alla quale sussiste la giurisdizione del Giudice<br />

amministrativo.<br />

Invero, in tema di dismissione degli immobili pubblici ex artt. 2 e 3 del d.l. 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con<br />

modificazioni, in legge 23 novembre 2001, n. 410, tanto le dette disposizioni legislative, quanto i successivi decreti del<br />

Ministero dell'economia e delle finanze ( con cui sono stati disciplinati il trasferimento degli immobili alla SCIP, le<br />

caratteristiche delle operazioni di cartolarizzazione e le procedure di vendita degli immobili trasferiti ) consentono di<br />

ritenere che la SCIP stessa svolga una attività, che, sia per le sue oggettive caratteristiche, sia per i vincoli posti al suo<br />

esercizio con i detti atti normativi e non, deve considerarsi strettamente funzionalizzata al perseguimento delle finalità<br />

di interesse pubblico, che sono alla base dell’indicata regolamentazione legislativa.<br />

A tale società sono infatti attribuiti ex lege:<br />

- i beni "trasferiti" dal patrimonio immobiliare dello Stato e degli altri enti pubblici di cui all’art. 1 del d.l. n. 351 cit.<br />

(previa loro individuazione e conseguente passaggio al "patrimonio disponibile", che costituiscono "patrimonio separato<br />

261


a tutti gli effetti" da quello della società) a fronte del pagamento di un prezzo iniziale, più un eventuale residuo (art. 2,<br />

commi 1 e 2; art. 3, comma 1, del d.l. n. 351 cit.);<br />

- il compito di effettuare, per finanziare il pagamento del prezzo suddetto, "le operazioni di cartolarizzazione, anche in<br />

più fasi, mediante l’emissione di titoli o l’assunzione di finanziamenti", i diritti derivanti dalle quali i predetti beni<br />

immobili, specificamente individuati per ogni operazione, sono destinati a soddisfare (art. 2, comma 2; art. 3, comma 1,<br />

del d.l. n. 351 cit.);<br />

- l’ulteriore compito, che rappresenta il vero obiettivo politico – economico dell’intera operazione, di rivendere i beni<br />

immobili oggetto del trasferimento, vendita il cui ricavo ( così come quello derivante dalla gestione temporanea degli<br />

immobili medesimi ) è in prima battuta destinato al rimborso dei titoli di cui sopra (oltre che al pagamento degli altri<br />

oneri e costi connessi all’operazione di cartolarizzazione) e, per la parte eventualmente residua, al pagamento di un<br />

"prezzo differito", da allocarsi tra i soggetti pubblici originarii proprietarii degli immobili ( art. 3, commi 2 e ss. del d.l.<br />

n. 351 cit.; art. 3 D.M. 21 novembre 2002 "Trasferimento alla società di cartolarizzazione dei beni immobili<br />

appartenenti agli enti previdenziali e allo Stato italiano" ).<br />

Orbene, sebbene tale società abbia natura formalmente privatistica ( essendo costituita secondo il modello comune delle<br />

società di capitali ), evidenti sono il suo carattere strumentale rispetto al perseguimento di finalità pubblicistiche e<br />

l’esistenza di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario.<br />

Quanto al primo indice, valga notare che la società in questione, per espressa volontà del legislatore ha "ad oggetto<br />

esclusivo la realizzazione di una o più operazioni di cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla dismissione del<br />

patrimonio immobiliare dello Stato e degli altri enti pubblici di cui all'articolo 1" (art. 2, comma 1, del D.L. 25-9-2001<br />

n. 351).<br />

In sostanza, dunque, al di là delle pur brillanti prospettazioni contrarie delle odierne appellanti, essa rappresenta lo<br />

strumento operativo in concreto individuato dal legislatore per il soddisfacimento della esigenza pubblicistica, posta alla<br />

base delle operazioni di cartolarizzazione ad essa affidate, di dismissione di una parte non indifferente del patrimonio<br />

immobiliare pubblico, garantendo al tempo stesso speditezza, efficacia ed efficienza di quell’operazione di reperimento<br />

di introiti per l’erario, cui in fin dei conti l’intera manovra è finalizzata.<br />

Del resto, elemento decisivo per decidere della natura pubblica della compagine de qua è la qualificazione, alla società<br />

medesima attribuita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, di "società veicolo" ( v. D.M. 18-12-2001<br />

"Operazione di cartolarizzazione degli immobili degli enti previdenziali, nonché emissione dei titoli da parte della<br />

Società veicolo" ) e cioè di ente societario, che costituisce mezzo e strumento per la realizzazione delle politiche e delle<br />

finalità dal legislatore dettate all’Amministrazione; sì che, nella fattispecie, gli enti pubblici possono cartolarizzare il<br />

loro patrimonio immobiliare, una volta svincolato dalla sua destinazione pubblica, solo per il tramite della società<br />

veicolo, cui i beni stessi vengono "trasferiti", si badi, all’unico fine della "rivendita" funzionale ad una operazione di<br />

cartolarizzazione effettuata, in definitiva, esclusivamente nell’interesse dell’Amministrazione, alla quale è infatti<br />

corrisposta, a titolo di prezzo differito, la eventuale differenza "se positiva, tra (a) il ricavo netto effettivo per la S.C.I.P.<br />

Società Cartolarizzazione Immobili Pubblici S.r.l. derivante dalla gestione e vendita degli immobili trasferiti ai sensi del<br />

presente decreto e dalle altre operazioni accessorie all'operazione di cartolarizzazione relativa ai medesimi immobili e<br />

(b) quanto dovuto a titolo di capitale ed interessi per il rimborso dei titoli di cui all'articolo 14 e per il pagamento degli<br />

altri oneri e costi connessi all'operazione di cartolarizzazione regolata dal presente decreto" (art. 3, comma 3, del D.M.<br />

21-11-2002 "Trasferimento alla società di cartolarizzazione dei beni immobili appartenenti agli enti previdenziali e allo<br />

Stato italiano").<br />

Quanto al secondo degli indici sopra individuati, la pur suggestiva formula prescelta, nel caso di specie, per il controllo<br />

della società veicolo di cui si tratta ( e cioè l’utilizzo di due fondazioni costituite ai sensi del diritto olandese nella forma<br />

di Stichting ), che pare rappresentare l’estremo ésito della forte spinta verso la privatizzazione di pubbliche funzioni<br />

caratteristica della legislazione degli ultimi venticinque anni, non pare, invero, sufficiente alla affermazione della natura<br />

sostanzialmente ( oltre che formalmente ) privata dell’ente di cui si tratta, atteso che:<br />

- "il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha richiesto alle banche incaricate di curare l’operazione di<br />

cartolarizzazione sino al collocamento dei titoli per finanziare il pagamento da parte della società di cartolarizzazione<br />

del prezzo iniziale di acquisto dei beni immobili, di provvedere, tra i vari adempimenti connessi all’operazione, anche<br />

alla costituzione di una società avente le caratteristiche indicate dal d.l. 25 settembre 2001 n. 351" ( pagg. 10 – 11 nota<br />

illustrativa del Consorzio G1 in data 29 marzo 2005 ): tale richiesta (della quale non vengono peraltro specificati né la<br />

forma, né gli estremi, né i termini e nemmeno, infine, gli effettivi destinatarii, né le loro modalità di selezione) consente<br />

262


di ricondurre in toto al Ministero stesso la fase costitutiva della società in questione al di là dell’intervento, meramente<br />

formale, in sede di costituzione, delle due Stichting;<br />

- "il Ministero ha promosso la costituzione della SCIP S.r.l. versando il capitale sociale iniziale di 10.000 euro, ripartito<br />

equamente tra due fondazioni olandesi" ( pag. 4 Relazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze in data 28<br />

settembre 2005 ), il che consente di imputare alla Pubblica Amministrazione la materiale erogazione dell’intero capitale<br />

sociale necessario per la costituzione della società, erogazione che pertanto, non essendone in alcun modo precisato il<br />

titolo, se di sovvenzione, contributo, finanziamento od altro ( così come non vengono indicati né il documento<br />

amministrativo utilizzato per la sua autorizzazione né le modalità di copertura della spesa ), pare più che altro doversi<br />

ascrivere all’ipotesi del socio occulto, che eroghi la provvista finanziaria di una società;<br />

- i vincoli posti alla attività della società veicolo, così come delineati dal legislatore e poi concretamente configurati dai<br />

decreti ministeriali di attuazione ( privi, per espressa volontà del legislatore stesso, dei caratteri della generalità e<br />

dell'astrattezza proprii degli atti normativi secondari e per questo non soggetti al parere del Consiglio di Stato ), paiono<br />

sicuramente idonei a condizionare, regolandone anche minuziosamente la gran parte delle attività, la vita dell’ente<br />

veicolo, incidendo in misura decisiva su quel parametro della "autonomia imprenditoriale e patrimoniale", che, pur<br />

avendo consentito a questo Consiglio in sede consultiva di considerare la società di cui si tratta come "completamente<br />

estranea alla pubblica amministrazione" ( Cons. St., sez. III, n. 2342/03 ), si rivela invece, ad una attenta analisi, quasi<br />

inesistente.<br />

I penetranti poteri riservati dal legislatore al Ministero dell’Economia e delle Finanze, così come poi da questi<br />

concretamente esercitati con i decreti menzionati, vanificano, invero, del tutto detto elemento di autonomia ( tipico della<br />

forma societaria ), facendo emergere peraltro in modo palese l’intento di avvalersi di tale strumento per esercitare con<br />

più ampia libertà gestionale le funzioni proprie dell’Amministrazione medesima.<br />

La società in argomento opera, infatti, completamente secondo gli indirizzi e le direttive specifiche e puntuali impartiti<br />

dal Ministero predetto.<br />

Quanto sopra risulta evidente laddove si consideri che:<br />

a) il prezzo dovuto dalla SCIP a fronte del trasferimento degli immobili in suo favore è determinato con il decreto<br />

ministeriale di trasferimento ( art. 3, comma 1, lett. a) del d.l. n. 351 cit. ed art. 3 del D.M. 21 novembre 2002 cit. );<br />

b) il capitale necessario per tale operazione viene reperito dalla SCIP tramite l’emissione di titoli su mercati<br />

regolamentati (ovvero mediante aperture di credito da parte del settore bancario e finanziario), le cui caratteristiche e le<br />

cui modalità di collocamento sono dettagliatamente disciplinate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze ( art. 2,<br />

comma 2 ed art. 3, comma 1, lett. b), del d.l. n. 351 cit.; artt. 3, 12, 14 e 17 del D.M. 21 novembre 2002 cit. ), fino ad<br />

imputare al Ministero stesso l’attività di collocamento dei titoli emessi dalla SCIP e ad addossare al medesimo la<br />

"copertura dei rischi connessi alla variabilità del tasso di interesse e dell’eventuale tasso di cambio" sui titoli stessi;<br />

c) la SCIP procede alla rivendita sul mercato degli immobili trasferitile, secondo criterii varii definiti dal legislatore ( v.<br />

art. 3 d.l. n. 351 cit. ), ma, soprattutto, secondo dettagliate modalità e procedure ( per le quali vedansi l’art. 3, comma 1,<br />

lett. e) del d.l. n. 351 cit., l’art. 3 del D.M. 21 novembre 2002 cit. ed il D.M. 21-11-2002 "Modalità e procedure di<br />

vendita dei beni immobili trasferiti alla società di cartolarizzazione" ), che giungono a regolare nei dettagli, tra l’altro, il<br />

concreto esperimento delle aste da tenersi per la vendita, il prezzo da porsi a base d’asta (differenziando tra la prima e le<br />

successive), la partecipazione ad esse dei soggetti interessati, i casi di aggiudicazione provvisoria e definitiva,<br />

l’esercizio dei diritti di prelazione, le ipotesi di decadenza dall’aggiudicazione, i termini per la stipula dei contratti<br />

conseguenti, i modi di individuazione ( "con procedura competitiva" ) degli operatori, cui la SCIP affidi la vendita degli<br />

immobili non abitativi;<br />

d) la SCIP, benché formalmente titolare degli immobili trasferitile, delega ogni atto di gestione degli immobili agli enti<br />

originarii proprietarii ( che peraltro "fino alla rivendita … sono responsabili a tutti gli effetti ed a proprie spese per gli<br />

interventi necessari di manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché per l'adeguamento dei beni alla normativa<br />

vigente: art. 3, comma 2, d.l. n. 351 cit. ), in forza di contratti di mandato non devoluti alla sua autonomia, in quanto da<br />

stipularsi secondo la puntuale individuazione di contenuti effettuata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (v. art.<br />

4 del D.M. 21 novembre 2002 "Trasferimento alla società di cartolarizzazione dei beni immobili appartenenti agli enti<br />

previdenziali e allo Stato italiano"), o, comunque, in forza di una apposita delega ex lege (art. 3, comma 1, lett. d), del<br />

d.l. n. 351 cit.);<br />

263


e) la SCIP non ha nemmeno autonomia alcuna circa le modalità di gestione della propria liquidità, in quanto, ai sensi<br />

dell’art. 5 del D.M. 21 novembre 2002 "Trasferimento alla società di cartolarizzazione dei beni immobili appartenenti<br />

agli enti previdenziali e allo Stato italiano", accende "un nuovo conto presso la Tesoreria centrale dello Stato, diverso ed<br />

ulteriore rispetto a quello dalla medesima acceso in virtù dell'articolo 5 del D.M. 30 novembre 2001 …, nel quale sono<br />

versate le somme specificate all'articolo 16. Sulla giacenza media del medesimo conto il Ministero dell'economia e delle<br />

finanze corrisponde semestralmente alla S.C.I.P. Società Cartolarizzazione Immobili Pubblici S.r.l. interessi calcolati ad<br />

un tasso pari a quello corrisposto dalla Banca d'Italia sul conto «disponibilità del Tesoro per il servizio di Tesoreria» ai<br />

sensi della legge 26 novembre 1993, n. 483" ( primi due periodi del comma 1 dell’art. 5 citato );<br />

f) a scapito ulteriore della sua autonomia imprenditoriale, nelle procedure per la vendita dei beni immobili a carattere<br />

commerciale facenti parte del piano straordinario di dismissione di cui all'art. 7 del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79,<br />

trasferiti alla società di cartolarizzazione ai sensi del primo decreto del Ministro dell'economia e modalità di esercizio<br />

dell'eventuale diritto di prelazione in relazione a detti immobili ( v. allegato 3 al D.M. 18-12-2001 cit. ), la SCIP, nei<br />

turni di aste senza prezzo base, può, esercitare la facoltà di non accettare le offerte ritenute non congrue e di non<br />

procedere all'aggiudicazione definitiva dandone comunicazione al notaio incaricato dell'espletamento della relativa asta<br />

a mezzo lettera raccomandata con ricevuta di ritorno da inviarsi entro i sette giorni successivi all'aggiudicazione<br />

provvisoria, ma "deve" preventivamente acquisire il parere in merito della Patrimonio della Stato S.p.A.; mentre, al fine<br />

di ottimizzare il prezzo complessivo di vendita degli immobili rimasti invenduti ad esito di aste in cui sia previsto un<br />

prezzo base d'asta, in alternativa alla previsione precedente in merito ad una offerta in vendita degli immobili senza<br />

prezzo base d'asta, può provvedere a suddividere tali immobili rimasti invenduti in diversi lotti comprensivi di uno o più<br />

immobili secondo criteri di omogeneità strutturale e/o di ubicazione geografica, ma la composizione e la strategia di<br />

vendita, ivi inclusa la connessa determinazione di un eventuale prezzo base d'asta, sono sottoposte, con la necessaria<br />

documentazione di supporto, alla preventiva approvazione della Patrimonio dello Stato S.p.A., che è tenuta a fornire le<br />

proprie indicazioni entro venti giorni, inutilmente decorsi i quali l'approvazione si dà per ottenuta ( e si badi che la<br />

Patrimonio dello Stato S.p.a. rientra a sua volta nella categoria degli enti pubblici a struttura societaria, alla stregua della<br />

giurisprudenza, che ha riconosciuto la natura di soggetto pubblico alle società per azioni, che: siano istituite<br />

direttamente dalla legge; siano regolate da norme, che pongono deroghe al regime societario tipico ed in tal senso la<br />

Patrimonio S.p.a. è sottoposta ad un potere di indirizzo strategico del Ministero dell’Economia e delle Finanze ed al<br />

potere di direttive di massima del C.I.P.E.; siano partecipate in via maggioritaria da soggetti pubblici, come appunto<br />

previsto per la stessa dal comma 3 dell’art. 7 del d.l. 15 aprile 2002, n. 63, convertito in legge 15 giugno 2002, n. 112 ).<br />

1.1 – Se è vero, allora, che, come è stato già più volte sottolineato dalla stessa Corte di Cassazione ( Cass., Sez. Un.:<br />

6.5.1995, n. 4989; 6.6.1997, n. 5085; 26.8.1998, n. 8454; da ultimo, 15 aprile 2005, n. 7799 ), la società per azioni con<br />

partecipazione pubblica non muta la sua natura di soggetto di diritto privato solo perché lo Stato o gli enti pubblici<br />

(Comune, Provincia, etc.) ne posseggano le azioni in tutto o in parte (non assumendo rilievo alcuno, per le vicende della<br />

medesima, la persona dell'azionista, dato che tale società, quale persona giuridica privata, opera "nell'esercizio della<br />

propria autonomia negoziale, senza alcun collegamento con l'ente pubblico"), dall’analisi degli elementi di cui sopra (<br />

necessariamente, peraltro, sintetica anche se adeguata ai fini che nella specie rilevano ) emerge chiaro, a parere del<br />

Collegio, come sia proprio tale assoluta autonomia ad essere del tutto assente nella posizione funzionale della SCIP e<br />

nell’esercizio delle attività demandatele dal legislatore, apparendo, al contrario, la stessa soggetta, in tale ambito,<br />

all’esercizio del potere gestionale discrezionale e totalizzante dell’Amministrazione di riferimento ( il Ministero<br />

dell’Economia e delle Finanze ) di incidere in maniera del tutto pervasiva sulla sua solo astratta e presunta autonomia,<br />

così divenendo di fatto essa stessa strumento per l’esercizio di poteri pubblicistici.<br />

Non occorre, dunque, far luogo ad una rivalutazione della teoria dell’organo indiretto per ritenere le controversie<br />

inerenti tale esercizio riconducibili nell’alveo della giurisdizione di legittimità di questo Giudice, versandosi in<br />

un’ipotesi di traslazione delle istituzionali funzioni amministrative in favore di un nuovo soggetto, che lo schermo<br />

formale del diritto privato non può valere a sottrarre ai precisi vincoli pubblicistici derivanti dalla posizione di<br />

subordinazione alla legge, che spetta all’attività amministrativa.<br />

2. – Vincoli di siffatta natura, e veniamo così al mérito della questione posta con gli appelli all’esame, risultano esser<br />

stati, nella fattispecie che ne occupa, effettivamente violati nell’attività posta in essere da Consorzio G1 e da Gabetti<br />

S.p.A. per conto e nell’interesse della SCIP ( e dunque del tutto strumentale alle funzioni ed ai poteri pubblicistici ad<br />

essa attribuiti ), sì che gli appelli stessi sono da respingere e la sentenza di primo grado va confermata.<br />

Premesso, invero, che la clausola della lex specialis impugnata con il ricorso originario non rivestiva carattere<br />

immediatamente preclusivo dell'ammissione del concorrente alla selezione e che, dunque, da un lato la partecipazione<br />

alla gara con la presentazione della domanda non costituisce acquiescenza e non impedisce la proposizione del<br />

successivo gravame, dall’altro va escluso l'onere dell'immediata impugnazione delle clausole del bando riguardanti gli<br />

oneri formali di partecipazione ( v. Cons. St., Ad. Plen., 29 gennaio 2003, n. 1 ), la clausola del bando di cui si discute (<br />

punto 3.1 del Regolamento d'Asta, che stabilisce che, ai fini della partecipazione all'asta, "... gli interessati [dovevano]<br />

264


consegnare, a pena di esclusione, ... i documenti di cui in appresso contenuti in un plico chiuso e sigillato su entrambi i<br />

lembi di chiusura, senza indicazioni che possano ricondurre all'identificazione dell'offerente" ), in applicazione della<br />

quale l’odierna appellata ha subito la esclusione dalla gara ( in relazione alle modalità da essa seguite per la<br />

presentazione della busta contenente la documentazione sopra elencata, che è risultata controfirmata sui lembi di<br />

chiusura e, quindi, ritenuta in contrasto con quanto prescritto dal veduto punto 3.1 ), si appalesa effettivamente, come ha<br />

rilevato il giudice di primo grado, "sprovvista di un’idonea giustificazione" ( pag. 9 sent. ).<br />

Com’è noto, in materia di procedimenti ad evidenza pubblica finalizzati all'aggiudicazione di contratti o comunque<br />

all'individuazione di soggetti aspiranti a conseguire un beneficio pubblico, si ritiene che le formalità prescritte dal bando<br />

di gara debbano risultare dirette ad assicurare un particolare interesse dell'amministrazione ( cfr. CdS: sez.IV, 14<br />

maggio 1995, n. 167; sez.V, 17 gennaio 2000, n. 290 ), al fine di evitare di cadere in un eccessivo formalismo, che<br />

finirebbe col risolversi nel pretendere una accurata diligenza da parte dei concorrenti per finalità non degne di nota o di<br />

rilievo.<br />

Ne discende che le formalità richieste dal bando a pena di esclusione dalla gara devono rispondere al comune canone di<br />

ragionevolezza, in stretta relazione con le precitate esigenze.<br />

Al riguardo, occorre allora precisare che il bando di gara de quo, laddove prevede, al punto 3.1, la consegna dei<br />

documenti costituenti l’offerta "in un plico chiuso e sigillato su entrambi i lembi di chiusura, senza indicazioni che<br />

possano ricondurre all'identificazione dell'offerente", se risponde indubbiamente ad un interesse essenziale per il<br />

proficuo svolgimento delle operazioni concorsuali ( quello della segretezza delle offerte ) nella parte in cui stabilisce<br />

che il detto plico deve risultare "chiuso e sigillato su entrambi i lembi di chiusura" ( interesse cui peraltro mira anche la<br />

classica previsione della firma sui lembi di sigillatura del plico, firma invece preclusa dal Regolamento all’esame, che<br />

dunque, nel tutelare, come si vedrà, l’esigenza di anonimato, sacrifica incongruamente quello ben più rilevante della<br />

garanzia di segretezza ), pone a càrico dei partecipanti òneri del tutto ingiustificati con l’ulteriore prescrizione, che vieta<br />

qualsiasi indicazione, sul plico medesimo, suscettibile di "ricondurre all'identificazione dell'offerente".<br />

Alla stregua, invero, del principio, secondo cui devono ritenersi in contrasto con il principio di ragionevolezza e,<br />

pertanto, illegittime quelle prescrizioni del bando di gara, che aggravino immotivatamente le condizioni della stessa,<br />

ponendo a carico dei partecipanti a pena di esclusione oneri non necessarii ( in tal senso Cons. St., Sez. IV, 20 settembre<br />

2000, n. 4934 e 5 aprile 2003, n. 1785 ), il veduto divieto, aggravando immotivatamente le condizioni di gara, sfugge al<br />

necessario scrutinio di ragionevolezza.<br />

Se, infatti, la tutela dell’anonimato dell’offerta, cui detta clausola con tutta evidenza mira, può sicuramente considerarsi<br />

meritevole se e nella misura in cui sia volta ad impedire ai terzi l’accesso alle informazioni riguardanti i soggetti<br />

partecipanti alla procedura con misure assimilabili a quella del pur inconferente, ratione materiae, art. 22 della legge<br />

11-2-1994 n. 109 ( Legge quadro in materia di lavori pubblici ), lo stesso non può dirsi di una misura di tutela<br />

dell’anonimato, che, lungi dall’incidere, come la disposizione appena sopra richiamata, sull’accesso dei terzi, sia volta<br />

invece, come appunto accade nel caso di specie, ad impedire detta conoscenza agli agenti della stessa Amministrazione<br />

procedente ( addetti alla ricezione, smistamento e collazione delle offerte pervenute ) e, addirittura, ai membri della<br />

stessa Commissione Aggiudicatrice, la cui "previa conoscenza del nominativo dell’offerente" potrebbe, secondo<br />

l’appellante Onceas S.p.A., "favorire azioni finalizzate all’alterazione del contenuto" dei plichi ( pag. 25 mem. del 28<br />

novembre 2005 ).<br />

Ordunque, se questo è lo scopo specifico della clausola in argomento, la stessa risulta anzitutto contraddetta ( e dunque<br />

lo scopo vanificato ), come pertinentemente rilevato dal T.A.R., da altre prescrizioni del regolamento di gara, che, con<br />

lo stabilire la libertà di scelta del mezzo di trasmissione delle offerte, consentivano per altra, semplice, via all’intraneus<br />

di risalire all’identità del presentatore dell’offerta ( e si pensi non solo alla spedizione tramite corriere, ma anche alla<br />

stessa tradizionale modalità della Racc. A.R. tramite servizio postale pubblico ).<br />

Ma, peraltro, la stessa ratio, attribuita dalle appellanti alla disposizione di gara di cui si discute, di evitare possibili<br />

effetti pregiudizievoli per l’Amministrazione derivanti da un "inquinamento" interno della procedura non regge ad una<br />

corretta analisi logica, dal momento che il particolare interesse dell’Amministrazione ad evitare l’alterazione dei plichi<br />

è garantito dalla clausola che prevede la chiusura e sigillatura degli stessi (ed anzi detto preminente interesse è<br />

addirittura, come s’è visto, messo in pericolo proprio dalla particolare ulteriore prescrizione della cui legittimità qui si<br />

controverte), mentre quello alla non diffusione di notizie circa l’identità dei partecipanti alla gara ad opera di soggetti<br />

interni all’Amministrazione stessa è garantito a sufficienza dalle norme penali poste a tutela del segreto d’ufficio e della<br />

libertà degli incanti, oltre che dal connesso riconoscimento della qualifica di pubblico ufficiale, secondo la attuale<br />

formulazione dell'art. 357 c.p., a tutti i soggetti, che, pubblici dipendenti o semplici privati, quale che sia la loro<br />

posizione soggettiva, possono e debbono, nell'ambito di una potestà regolata dal diritto pubblico, formare e manifestare<br />

265


la volontà della P.A., ovvero esercitare poteri autoritativi o certificativi (laddove il diritto pubblico comprende il genere<br />

tutto ciò che attiene agli interessi pubblici e alla loro attuazione, a prescindere dai soggetti cui essa è affidata; la<br />

formazione e la manifestazione della volontà della P.A. implicano cooperazione ai procedimenti amministrativi con cui<br />

si deliberano e/o si rendono efficaci all'esterno gli atti inerenti alle pubbliche funzioni; i poteri autoritativi fanno<br />

riferimento ai c.d. atti d'imperio, con cui si modificano unilateralmente situazioni giuridiche di terzi; i poteri certificativi<br />

attengono alla formazione dei documenti originariamente destinati a costituire prova dei fatti in essi rappresentati: Cass.<br />

SS.UU. 27-3-1992, Delogu; Cass. Pen., sez. VI, 4 luglio 1997, n. 7972).<br />

3. - Sulla scorta delle osservazioni che precedono, gli appelli principali ed incidentali all’esame vanno respinti. 4. - La<br />

particolarità e novità di alcune delle questioni trattate inducono il Collegio a disporre la totale compensazione, tra le<br />

parti tutte, delle spese ed onorarii del presente grado di giudizio.<br />

266


267


CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. UNITE CIVILI - sentenza 12 marzo 2007 n. 5593<br />

Pres. Carbone, Rel. Bucciante - Consorzio G1 ed altri c. Sim 92 ed altri - P.M. Iannelli (difforme)<br />

Giurisdizione e competenza - Demanio e patrimonio - Cartolarizzazione dei beni pubblici - Procedimenti di<br />

vendita dei beni - Controversie - Giurisdizione amministrativa - Sussiste.<br />

Rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo le controversie relative alle procedure di «rivendita» di<br />

beni pubblici previste dall’articolo 3 del D.L. n. 351/2001, convertito con modificazioni con la L. n. 410/2001,<br />

nell’ambito del procedimento di "cartolarizzazione"; tali procedure di rivendita, dovendo essere effettuate «al<br />

miglior offerente individuato con procedura competitiva, le cui caratteristiche sono determinate dai decreti» di<br />

attuazione, che il Ministro dell’economia e delle finanze è stato incaricato di emanare, sono infatti sottoposte a<br />

norme di carattere pubblicistico, aventi di mira le finalità di interesse generale complessivamente perseguite<br />

mediante la "cartolarizzazione", che attribuiscono alla società Scip - e per essa ai suoi mandatari - particolari<br />

poteri e facoltà, a fronte dei quali la situazione giuridica dei partecipanti all’asta ha consistenza di interesse<br />

legittimo.<br />

--------------------------------<br />

Documenti correlati:<br />

CONSIGLIO DI STATO SEZ. IV, sentenza 31-1-2006, n. 308, pag. http://www.lexitalia.it/p/61/cds4_2006-01-31.htm (sulla<br />

giurisdizione competente a decidere le controversie relative a procedure di gara indette dalle società di cartolarizzazione - SCIP - per<br />

la vendita di immobili pubblici).<br />

CONSIGLIO DI STATO SEZ. V, sentenza 4-2-2005, n. 316, pag. http://www.lexitalia.it/p/51/cds4_2005-02-11-2.htm (al fine di<br />

stabilire se le controversie in materia di alienazione di beni pubblici a seguito di cartolarizzazione rientrino o meno nella<br />

giurisdizione amministrativa è necessario accertare la natura giuridica dell'ente delegato - SCIP).<br />

TAR LAZIO - ROMA SEZ. II, sentenza 19-4-2004, n. 3367, pag. http://www.lexitalia.it/p/tar/tarlazio2_2004-04-19.htm (sulla<br />

giurisdizione competente a decidere le controversie relative a procedure di gara indette dalle società di cartolarizzazione per la<br />

vendita di immobili pubblici).<br />

TAR LOMBARDIA - BRESCIA - sentenza 13 dicembre 2005, n. 1286, pag. http://www.lexitalia.it/p/52/tarlombbr_2005-12-13.htm<br />

(sulla sussistenza delle giurisdizione amministrativa per le gare indette dalla SCIP s.r.l. per la vendita di immobili pubblici e<br />

sull’applicabilità a tali gare anche delle norme sulla documentazione amministrativa).<br />

TAR LAZIO - ROMA SEZ. II - sentenza 19 aprile 2004, n. 3367, pag. http://www.lexitalia.it/p/tar/tarlazio2_2004-04-19.htm (sulla<br />

giurisdizione competente a decidere le controversie relative a procedure di gara indette dalle società di cartolarizzazione per la<br />

vendita di immobili pubblici).<br />

VIRGA P., La cartolarizzazione: una operazione nuova, anzi antica, in LexItalia.it n.<br />

http://www.lexitalia.it/articoli/virgap_cartolarizzazione.htm<br />

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO<br />

La Spa SIM 92 - Sviluppo immobiliare ha impugnato davanti al Tar per il Lazio, insieme con gli atti presupposti e<br />

consequenziali, la deliberazione con la quale essa era stata esclusa dall’asta pubblica per l’acquisto di un immobile non<br />

residenziale, già di proprietà dell’Istituto nazionale della previdenza sociale - Inps, posto in vendita all’incanto, con<br />

numerosi altri, dal consorzio G1 Aste individuali, con la collaborazione della Spa Gabetti, per delega della Srl Società<br />

cartolarizzazione immobili pubblici - Scip, nell’ambito delle operazioni di dismissione del patrimonio immobiliare dello<br />

Stato e degli enti pubblici.<br />

Con sentenza pubblicata il 19 aprile 2004 il Tar, in accoglimento della domanda, ha annullato gli atti impugnati dalla<br />

ricorrente, previo rigetto dell’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, che era stata sollevata dal<br />

consorzio G1 Aste individuali, dalla Spa Gabetti, dall’Istituto nazionale della previdenza sociale - Inps, dal ministero<br />

dell’economia e delle finanze e dalla Srl Golconda, aggiudicataria dell’immobile.<br />

268


Adito in appello dal consorzio G1 Aste individuali, in proprio e quale mandatario della Srl Società cartolarizzazione<br />

immobili pubblici - Scip, nonché in via incidentale dalla Spa Gabetti, il Consiglio di Stato, con decisione pubblicata il<br />

30 gennaio 2006, ha respinto i gravami e confermato la sentenza di primo grado.<br />

Il consorzio G1 Aste individuali, in proprio e quale mandatario della Srl Società cartolarizzazione immobili pubblici -<br />

Scip, ha proposto ricorso per cassazione, in base a quattro motivi. L’Istituto nazionale della previdenza sociale -Inps ha<br />

aderito, con un proprio ricorso incidentale, all’impugnazione principale. La Spa SIM 92 - Sviluppo immobiliare si è<br />

costituita con controricorso. Il Ministero dell’economia e delle finanze, la Spa Gabetti e la Srl Golconda non hanno<br />

svolto attività difensive in questa sede. Il consorzio G1 Aste individuali, l’Istituto nazionale della previdenza sociale -<br />

Inps e la Spa SIM 92 - Sviluppo immobiliare hanno presentato memorie.<br />

MOTIVI DELLA DECISIONE<br />

In quanto proposte contro la stessa sentenza, le due impugnazioni vengono riunite in un solo processo, in applicazione<br />

dell’articolo 335 Cpc.<br />

La resistente ha contestato l’ammissibilità del ricorso principale, rilevando che l’illustrazione di ognuno dei quattro<br />

motivi su cui è basato si conclude con la formulazione di un quesito di diritto, in conformità con il disposto dell’articolo<br />

366 bis Cpc, introdotto dall’articolo 6 del D.Lgs 40/2006: norma di cui l’articolo 27 dello stesso decreto stabilisce però<br />

l’applicabilità soltanto ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati,<br />

diversamente che nella specie, dopo la sua entrata in vigore.<br />

L’eccezione va disattesa.<br />

Poiché la sentenza impugnata è stata depositata in segreteria il 30 gennaio 2006, superfluamente nel ricorso principale<br />

sono stati rivolti a questa Corte i quesiti di cui si tratta. L’atto, tuttavia, è comunque dotato dei requisiti di ammissibilità<br />

prescritti dalla disciplina alla quale era soggetto ratione temporís: in particolare, in ottemperanza a quanto disponeva<br />

l’articolo 366 Cpc, nel testo originario, gli argomenti esposti dal Consiglio di Stato, per affermate la pertínenza della<br />

controversia alla giurisdizione amministrativa, anziché a quella ordinaria, vengono criticati mediante specifiche<br />

contestazioni, precise e puntuali.<br />

Con esse viene addebitato al giudice a quo, essenzialmente:<br />

- di aver ingiustificatamente trascurato di considerare che gli atti impugnati dalla Spa SIM 92 - Sviluppo immobiliare<br />

sono stati posti in essere dal consorzio G1 Aste individuali e dalla Spa Gabetti, enti indubbiamente di diritto privato, su<br />

mandato a sua volta di natura esclusivamente privatistica loro conferito dalla Srl Scip - Società cartolarizzazione<br />

immobili pubblici;<br />

- di aver attribuito natura pubblicistica alle finalità perseguite dalla società Scip, pur se la "cartolarizzazione" viene<br />

compiuta mediante strumenti del diritto civile, destinati a tutelare i privati investitori e finanziatori dell’operazione;<br />

- di aver desunto da pretesi elementi síntomatici, privi di ogni significatività, l’asserito carattere sostanzialmente<br />

amministrativo delle attività compiute dalla società Scip;<br />

- di aver quindi erroneamente disconosciuto che si tratta, invece, di compiti il cui svolgimento è interamente regolato<br />

dal diritto privato.<br />

Nessuna di queste censure può essere accolta.<br />

La "cartolarizzazione" degli immobili appartenenti allo Stato e agli enti pubblici, disciplinata dalle «disposizioni urgenti<br />

in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di<br />

investimento immobiliare», contenute nel Dl 351/01, convertito con modificazioni con la legge 410/01, nonché nei<br />

decreti ministeriali emanati per la loro attuazione, si inserisce nel più vasto ambito delle «procedure di privatizzazione o<br />

di dismissione di imprese o beni pubblici», che viene indicato come possibile oggetto dei «giudizi davanti agli organi di<br />

giustizia amministrativa» dall’articolo 23 bis della legge 1034/71, nella quale è stato inserito dall’articolo 4 della legge<br />

205/00.<br />

Ciò non implica che la cognizione di tutte le controversie relative a tale materia sia riservata al giudice amministrativo,<br />

come nel corso della discussione orale ha sostenuto il difensore della resistente. Lo si deve escludere- come lo è stato<br />

269


anche con la sentenza impugnata – in coerenza con l’univoca giurisprudenza di questa Corte regolatrice, secondo cui la<br />

citata disposizione «non contiene norme sulla giurisdizione del giudice amministrativo (che sono invece previste negli<br />

articoli 6 e 7 della legge 205/00), ma disciplina un rito speciale che presuppone la sussistenza della giurisdizione<br />

amministrativa. Trattandosi di disposizionì sul rito processuale, e non sulla giurisdizione, da esse non può derivare<br />

alcuna modifica ai normali criteri di riparto tra le giurisdizioni» (Cassazione, 10726/02, 9103/05, 20322/06). La norma<br />

introduce dunque particolari regole di procedura, per controversie che già competevano al giudice amministrativo, e non<br />

configura nuove ipotesi di giurisdizione esclusiva per i "blocchi di materie", cui si riferisce, come appunto, tra gli altri,<br />

la privatizzazione o dismissione di imprese o beni pubblici: il che, peraltro, contrasterebbe con quanto dispone l’articolo<br />

103 della Costituzione (cfr. Corte costituzionale 204/04, 191/06).<br />

Tuttavia, è significativo che il legislatore, con la citata disposizione, abbia presupposto che la materia di cui si tratta<br />

rientri tra quelle in cui possono venire in questione non soltanto diritti soggettivi, ma in ipotesi anche interessi legittimi.<br />

Ne resta smentito l’assunto dei ricorrenti, secondo cui le "cartolarizzazioni" sono attività indefettibilmente disciplinate<br />

dal diritto civile, in tutti i singoli segmenti in cui si articolano.<br />

Per ognuno di questi, invece, occorre verificare se siano sottoposti a norme di diritto amministrativo, oppure di diritto<br />

privato, sia pure eventualmente "speciale".<br />

A tal fine, non è decisivo che il consorzio G1 Aste individuali e la società Gabetti non abbiano natura di enti pubblici,<br />

né che i loro rapporti con la società Scip siano regolati da un contratto di mandato con rappresentanza di carattere<br />

privatistico, come i ricorrenti hanno osservato. Non è su tali rapporti che si verte in questo giudizio, bensì su quello<br />

instaurato, mediante la domanda di partecipazione all’asta, tra la società Golconda da un lato, il consorzio G1 Aste<br />

individuali e la società Gabetti dall’altro. Questi ultimi hanno gestito l’incanto in nome e per conto della società Scip, su<br />

suo incarico, sicché ciò che va accertato è se essa fosse dotata - e lo fossero quindi i suoi mandatari - di poteri<br />

pubblicistici verso gli aspiranti acquirenti, o si trovasse nei loro confronti in posizione paritaria.<br />

Il conferimento appunto di poteri pubblicistici a soggetti formalmente privati, per lo svolgimento di compiti di interesse<br />

generale, è fenomeno sempre più diffuso, come per converso lo è anche quello della progressiva estensione dell’<br />

"attività di diritto privato" della pubblica amministrazione. Ciò che rileva non è dunque la veste formale dell’ente, ma la<br />

natura delle finalità che gli sono assegnate e delle norme che ne disciplinano il perseguimento: veste e natura che non<br />

debbono necessariamente trovare reciproca corrispondenza.<br />

Che la "cartolarizzazione", contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, sia stata disposta per uno scopo di pubblico<br />

interesse ben preciso e specifico, oltre che di rilevante importanza, appare chiaro se si considerano la consistenza e la<br />

funzione dell’operazione: non si tratta dell’alienazione di singoli beni, ma di una generale manovra di "privatizzazione"<br />

(che nella sola tornata di cui si tratta comprendeva oltre diecimila immobili) destinata a contribuire efficacemente a un<br />

rapido risanamento dei conti pubblici.<br />

La sua disciplina, molto complessa e articolata, delinea un procedimento scandito in vari momenti: il Ministro<br />

dell’economia e delle finanze costituisce o promuove la costituzione di più società a responsabilità limitata, aventi ad<br />

oggetto esclusivo la "cartolarizzazione"; ad esse vengono trasferiti a titolo oneroso i beni da dimettere, previamente<br />

individuati dall’Agenzia del demanio; il relativo prezzo iniziale viene versato con i fondi che le società acquisiscono<br />

mediante l’emissione di titoli o l’assunzione di finanziamenti; si provvede infine alla rivendita degli immobili.<br />

Di tali fasi, soltanto l’ultima viene in considerazione in questa sede, in cui si deve unicamente decidere, come già si è<br />

prima avvertito, se la situazione giuridica degli aspiranti all’acquisto abbia consistenza di diritto soggettivo o di<br />

interesse legittimo. Sono perciò inconferenti, sebbene in parte abbiano formato oggetto di trattazione anche nella<br />

sentenza impugnata, le argomentazioni diffusamente svolte dai ricorrenti, come anche dalla resistente, a proposito degli<br />

altri segmenti dell’operazione. Non occorre quindi soffermarsi sulle questioni relative alla natura pubblicistica o<br />

privatistica dei rapportidella società Scip con lo Stato e gli enti pubblici già proprietari dei beni da privatizzare, o con i<br />

sottoscrittori dei titoli e gli erogatori dei finanziamenti: questioni derivanti dall’avvenuta costituzione della Scip come<br />

società "orfana", ad opera di due fondazioni di diritto olandese; dal "trasferímento" dei beni da dímettere e dalla loro<br />

"sdemanializzazione"; dalle modalità di determinazione del relativo "prezzo iniziale"; dal sistema di collocamento dei<br />

titoli e di accesso ai finanziamenti; dalla gestione degli immobili da rivendere; dalla disponibilità della propria liquidità<br />

da parte della società Scip e dalla destinazione degli utili che consegue; dalla inclusione dei beni trasferiti in un<br />

"patrimonio separato"; dalla sorte dell’eventuale "eccedenza" del prezzo rispetto al prezzo iniziale; dal diritto attribuito<br />

alla società di cartolarizzazione a ottenere una remunerazione per la sua opera.<br />

270


L’attenzione deve invece essere incentrata sul momento della «rivendita», che a norma dell’articolo 3 del citato Dl<br />

351/01 deve essere effettuata «al miglior offerente individuato con procedura competitiva, le cui caratteristiche sono<br />

determinate dai decreti» di attuazione, che il Ministro dell’economia e delle finanze è stato incaricato di emanare.<br />

Le relative norme, di fonte primaria e secondaria, pur se non rinviano alle disposizioni della contabilità dello Stato,<br />

delineano comunque un procedimento sostanzialmente di "evidenza pubblica" per la scelta dell’acquirente degli<br />

immobili non abitativi (che non sia titolare di diritto di prelazione) : la vendita deve avvenire mediante l’esperimento di<br />

aste, singolarmente per ogni immobile; la promozione e la gestione degli incanti sono affidate ad uno o più operatori<br />

aventi particolare esperienza nel settore immobiliare, individuati dalla società Scip con procedura competitiva; il prezzo<br />

base deve essere determinato in ogni caso sulla base delle valutazioni correnti di mercato; va pubblicato un avviso<br />

d’asta, con la prescrizione di termini da rispettare, documentazione da fornire, depositi cauzionali da versare, modalità<br />

di presentazione delle offerte da adottare; le operazioni sono svolte da una commissione di tre membri, uno dei quali è<br />

nominato dall’Agenzia del demanio o dall’ente previdenziale originario proprietario del bene; la stipulazione del<br />

contratto deve avvenire entro un determinato termine dall’aggiudicazione, a pena di decadenza dal diritto all’acquisto e<br />

alla restituzione del deposito cauzionale; in caso di mancata vendita, gli immobili sono accorpati in lotti e offerti ancora<br />

all’incanto a prezzi ridotti secondo determinate percentuali; se anche queste ulteriori aste vanno deserte, si procede<br />

senza prezzo base, previa eventuale variazione della composizione dei lotti; in questa ipotesi, per gli immobili già<br />

compresi nel piano di dismissione di cui al Dl 79/1997, convertito con modificazíoni con la legge 140/97, la società<br />

Scip può rifiutare le offerte ritenute non congrue.<br />

La «rivendita», in questa fase precedente alla conclusione del contratto, è dunque sottoposta a norma di carattere<br />

pubblicistico, aventi di mira le finalità di interesse generale complessivamente perseguite mediante la<br />

"cartolarizzazione", che attribuiscono alla società Scip - e per essa ai suoi mandatari - particolari poteri e facoltà, a<br />

fronte dei quali la situazione giuridica dei partecipanti all’asta ha consistenza di interesse legittimo.<br />

Rigettati pertanto i ricorsi. va dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo.<br />

Le spese del giudizio di cassazione vengono compensate tra le parti per giusti motivi, ravvisabili nella novità della<br />

questione dibattute.<br />

PQM<br />

La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta; dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo; compensa tra le parti le spese<br />

del giudizio di cassazione.<br />

Così deciso alla c.c. del 6 febbraio 2007.<br />

Depositata il 12 marzo 2007.<br />

271


GIURISDIZIONE SUGLI AMMINISTRATORI DELLE SOCIETA’ PUBBLICHE<br />

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. UNITE CIVILI - sentenza 19 dicembre 2009 n. 26806<br />

Pres. Carbone, Rel. Segreto - (omissis) (Avv.ti Protto, Diodà e Borghi) e (omissis) (Avv.ti Giuliano e Todarello) c.<br />

Procuratore Generale presso la Corte dei Conti - (dichiara la carenza di giurisdizione della Corte dei Conti)<br />

1. Giurisdizione e competenza - Giurisdizione della Corte dei conti - In materia di società pubbliche - Azione<br />

proposta nei confronti dell’amministratore per danno cagionato al patrimonio della società - Non sussiste -<br />

Ragioni.<br />

2. Giurisdizione e competenza - Giurisdizione della Corte dei conti - In materia di società pubbliche - Azione<br />

proposta nei confronti dell’amministratore per danno cagionato direttamente all’ente pubblico socio - Sussiste.<br />

1. Va esclusa la giurisdizione della Corte dei conti, dovendosi affermare la giurisdizione del Giudice ordinario,<br />

nel caso di responsabilità degli amministratori di società di diritto privato partecipate da un ente pubblico, atteso<br />

che tali società non perdono la loro natura di enti privati per il solo fatto che il loro capitale sia alimentato anche<br />

da conferimenti provenienti dallo Stato o da altro ente pubblico. La scelta della P.A. di acquisire partecipazioni<br />

in società private implica, infatti, il suo assoggettamento alle regole proprie della forma giuridica prescelta;<br />

dall'identità dei diritti e degli obblighi facenti capo ai componenti degli organi sociali di una società a<br />

partecipazione pubblica, pur quando direttamente designati dal socio pubblico, logicamente perciò discende la<br />

responsabilità di detti organi nei confronti della società, dei soci, dei creditori e dei terzi in genere, nei medesimi<br />

termini - contemplati dagli artt. 2392 e segg. del codice civile - in cui tali diverse possibili proiezioni della<br />

responsabilità sono configurabili per gli amministratori e per gli organi di controllo di qualsivoglia altra società<br />

privata (1).<br />

2. Rientra nella giurisdizione della Corte dei conti l'azione di responsabilità per il danno arrecato all'immagine<br />

dell'ente da organi della società partecipata. Infatti, tale danno, anche se non comporta apparentemente una<br />

diminuzione patrimoniale alla pubblica amministrazione, è suscettibile di una valutazione economica finalizzata<br />

al ripristino del bene giuridico leso (2).<br />

(1-2) Commento di<br />

MICHELE COLONNA<br />

(Studio Legale Bonelli Erede Pappalardo)<br />

Danni al patrimonio della società. Difetto di giurisdizione della<br />

Corte dei Conti - giurisdizione del Giudice ordinario.<br />

1. Premessa.<br />

Ogni rappresentazione che si rispetti necessita almeno di una scena, degli attori e della trama. La scena è<br />

importante. Lo sono ancora di più gli attori, che con la loro capacità interpretativa ed evocativa riescono ad avvincere<br />

gli spettatori. Ma l’elemento fondamentale è la trama; i suoi intrecci e la sua evoluzione. Trama e azione, avvertiva<br />

Aristotele nella sua Poetica, sono anteriori sul piano logico a ogni altra parte della creazione drammatica. Lo stesso<br />

filosofo dell’immanenza suggeriva un ingrediente fondamentale della creazione drammatica: per essere interessante,<br />

una trama che si rispetti deve introdurre l’inaspettato. A un certo punto, per non precipitare nel sonno il pubblico deve<br />

essere colpito con qualcosa di inaspettato.<br />

Sembra essere questo quanto avvenuto a proposito della questione della giurisdizione della Corte dei conti sulle<br />

società pubbliche. Dopo avere avallato ormai da anni un orientamento (per la verità l’unico) fortemente espansivo della<br />

Corte dei conti, la Cassazione - chiamata a pronunciarsi sulla giurisdizione - introduce l’inaspettato. Segna, infatti, una<br />

battuta d’arresto a tale tendenza.<br />

Si badi: non chiude la porta della giurisdizione contabile sulla mala gestio degli amministratori. Semplicemente,<br />

chiude quello che prima era un portone spalancato e usa dei tornelli per l’ingresso, come si fa per gli stadi. Anzi, la<br />

272


Cassazione sembra replicare quanto sta avvenendo per i controlli aeroportuali: rafforza di gran lunga il controllo<br />

sull’ingresso della giurisdizione contabile.<br />

Ma con una significativa differenza. Ad essere attentamente scandagliato non è tanto il soggetto, ma il danno. La<br />

giurisdizione della Corte dei conti trova ingresso nei casi di danno erariale arrecato al patrimonio dell’ente pubblico<br />

partecipante alla società pubblica. Il giudice contabile rimane fuori dalla porta nel caso di danno arrecato al patrimonio<br />

della società. Ed è questo l’elemento che introduce il brivido dell’inaspettato. Sino ad ora, si dibatteva sulla<br />

giurisdizione della Corte dei conti in funzione della natura (pubblica o meno) della società partecipata. Con una vera e<br />

propria rivoluzione copernicana, la Corte segna il punto di caduta nella natura del danno e del soggetto danneggiato. Il<br />

danno patrimoniale diretto alla società non è (più) appannaggio del magistrato giuscontabile. Il pregiudizio arrecato<br />

all’ente partecipante si.<br />

2. Il caso e la decisione.<br />

In seguito agli atti di un procedimento penale (e alle dichiarazioni confessorie ivi rese), la procura della Corte dei<br />

conti per la Lombardia avvia un’indagine. In esito alla stessa, il magistrato giuscontabile conviene in giudizio il<br />

management della società Enel Power S.p.A. ed Enel distribuzione S.p.A..<br />

Addebiti contestati sono a) il danno patrimoniale diretto e b) il danno alla concorrenza. Comportamento<br />

contestato è l’aver concordato e accettato indebite dazioni di denaro al fine di favorire alcune imprese costruttrici<br />

nell’aggiudicazione (e successiva gestione) di appalti in danno di società pubbliche.<br />

L’epilogo processuale, in primo grado, della vicenda vede prevalere la tesi della procura giuscontabile:<br />

l’accoglimento della domanda risarcitoria e la condanna a titolo di danno patrimoniale diretto e di danno all’immagine<br />

dei convenuti.<br />

A conclusioni analoghe giunge la Sezione giurisdizionale centrale della Corte dei conti. Il giudice d’appello,<br />

infatti, respinge l’eccezione di giurisdizione avanzata dalla difesa dei convenuti. La sezione afferma la propria<br />

giurisdizione ritenendo ipotizzabile la responsabilità amministrativa degli amministratori e dei dipendenti di S.p.A. a<br />

partecipazione pubblica.<br />

La palla passa alle sezioni unite della Cassazione, chiamata su ricorso per motivi di giurisdizione. La Cassazione:<br />

i) ha escluso la giurisdizione della Corte dei conti per i danni subiti direttamente al patrimono della società per effetto<br />

della mala gestio dei suoi amministratori; ii) ha ammesso la giurisdizione erariale nei confronti di chi, all’interno<br />

dell’ente pubblico socio, avesse omesso di adottare un comportamento volto all’esercizio dell’azione (civile) di<br />

responsabilità nei confronti degli amministratori, dando luogo al danno per la società partecipata e quindi per l’ente<br />

pubblico partecipante; iii) ha ammesso la giurisdizione contabile in relazione al danno all’immagine subito dall’ente<br />

partecipante.<br />

3. L’eccezione di difetto di giurisdizione e il suo fondamento logico giuridico.<br />

L’eccezione rilevata dai ricorrenti dinanzi alla Cassazione muove da un assunto preciso: quale società per azioni,<br />

Enel svolge attività di impresa su mercati liberi e concorrenziali, esercitata con fine di lucro e senza finalità<br />

pubblicistiche. Pertanto, tale soggetto (rectius le persone che operano nello stesso) non può essere sottoposto alla<br />

giurisdizione delle Corte dei conti.<br />

La tesi riflette l’acceso dibattito sulla giurisdizione della Corte dei conti sulle società operanti nei mercati<br />

liberalizzati. Questa è la sintesi delle posizioni:<br />

a) posizione dei negazionisti:se la società partecipata dall’ente pubblico svolge attività di mercato e ha un fine di<br />

lucro, il relativo statuto privatistico mette fuori gioco, in ogni caso, il giudice contabile;<br />

b) posizione della Corte dei conti: la società partecipata è sempre assoggettata alla giurisdizione della Corte dei<br />

conti.<br />

A sommesso avviso di chi scrive, entrambe le posizioni si espongono a censure. E’ difficile sostenere che il fine<br />

di lucro dell’ente societario partecipato sia incompatibile con la gestione pubblica. Le esternalizzazioni di funzioni e<br />

servizi pubblici su enti societari hanno condotto a una massiccia attrazione di soggetti societari nella sfera pubblicistica.<br />

Ma è altrettanto azzardato - come sovente fa il giudice contabile - affermare che la società partecipata è sempre<br />

strumento di perseguimento di fini pubblici. Occorre verificare caso per caso. Sbaglia per eccesso, insomma,<br />

l’orientamento su cui oggi sembra attestarsi il giudice contabile. Quello in base al quale le imprese a controllo pubblico<br />

si muoverebbero sempre in un’orbita pubblicistica tale da radicare in ogni caso la giurisdizione contabile. Come ha<br />

precisato il giudice amministrativo, le imprese pubbliche possono legittimamente trovarsi in una situazione giuridica<br />

differente rispetto a quelle private solo nei casi in cui siano affidatarie di rilevanti interessi pubblici. E’ necessario,<br />

quindi, verificare l’esistenza di questo presupposto. Occorre accertare con massimo rigore se sussista la<br />

funzionalizzazione dell’ente societario al conseguimento di interessi collettivi. La ricorrenza di questo requisito<br />

teleologico non deve essere valutata sulla base di dati formali, quali la sussistenza di una concessione, ma sulla base di<br />

elementi sostanziali, quali le attività esercitate dal soggetto stesso. Nei casi di enti privatizzati, in particolare, occorre<br />

accertare se l’organismo societario assolva le medesime funzioni dell’ente pubblico di derivazione secondo una<br />

sostanziale linea di continuità<br />

A questo punto, prima di esaminare il decisum della Cassazione occorre ripercorrere le tappe del riconoscimento<br />

della giurisdizione della Corte dei conti sulle società pubbliche.<br />

273


4. La base normativa della giurisdizione della Corte dei conti.<br />

L’art. 103, co. 2, Cost, dispone: “la Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle<br />

altre specificate dalla legge”. Tale norma: i) aggancia la giurisdizione della Corte dei conti al concetto di “contabilità<br />

pubblica”; ii) attribuisce alla normazione primaria la specificazione dei parametri dell’azione giuscontabile.<br />

In particolare, la legge 19 gennaio 1994, n. 20 attribuisce alla Corte dei conti la giurisdizione risarcitoria nei<br />

confronti di amministratori e dipendenti pubblici per i danni cagionati, nell’esercizio delle loro funzioni. Più<br />

recentemente, l’art. 16 bis della legge 28 febbraio 2008, n. 31 (che ha convertito il d.l. 31 dicembre 2007, n. 248) ha<br />

attribuito al giudice ordinario l’azione di responsabilità contro amministratori di società con azioni quotate in mercati<br />

regolamentati, con partecipazione anche indiretta dello Stato o di altre amministrazioni o di enti pubblici, inferiore al 50<br />

per cento, nonché per le loro controllate.<br />

Il perimetro della giurisdizione della Corte dei conti, quindi, è segnato dal “concetto di contabilità pubblica”.<br />

Peraltro, in una prospettiva più moderna, l’espressione “contabilità pubblica” è oggi sostituita da quella di “gestioni<br />

pubbliche”. La giurisdizione della Corte dei conti vige in presenza di gestioni pubbliche [1].<br />

Per gestione pubblica si intende l’utilizzo di risorse pubbliche per perseguire fini pubblici. Nella sua ampiezza, la<br />

gestione pubblica esprimersi certamente in forma amministrativa (tramite atti e procedimenti), ma abbraccia anche<br />

operazioni di natura materiale che si affiancano (e completano) all’attività amministrativa in senso stretto. Pur potendo<br />

esprimersi in forme non amministrative, la gestione pubblica non è una semplice attività di diritto privato della p.a.. E’<br />

qualcosa di più, perché presuppone l’uso di risorse pubbliche. Anzi, per precisione, presuppone la gestione<br />

funzionalizzata di risorse (e cioè il loro impiego verso un pubblico interesse). Il dato rilevante, quindi, è l’uso<br />

funzionalizzato della risorsa. E’ questo il motivo per cui, secondo la Cassazione, anche privati che beneficiano di<br />

finanziamenti pubblici per perseguire programmi di pubblico interesse sono assoggettati alla giurisdizione della Corte<br />

dei conti.<br />

5. L’evoluzione giurisprudenziale .<br />

La prima tappa del percorso che porta la Corte dei conti alle società pubbliche sono le due sentenze delle sezioni<br />

unite del 1992 [2]. Ivi la Cassazione ammette la giurisdizione contabile sugli enti pubblici economici e ne delimita<br />

l’ambito. Al riguardo, la Suprema Corte precisa che, al fine di devolvere alla cognizione della Corte dei conti i giudizi<br />

di responsabilità a carico di amministratori e funzionari di enti pubblici economici, non è sufficiente la sola natura<br />

pubblica dell’ente danneggiato dalla condotta di tali soggetti. Occorrono due presupposti ulteriori:<br />

a) che la gestione della risorsa monetaria sia assoggettata, nei vari momenti della destinazione (impegno,<br />

erogazione e contabilizzazione), ai vincoli previsti per la spesa del denaro pubblico;<br />

b) che l’evento dannoso sia collegato causalmente con l’inosservanza, da parte dell’autore della condotta, degli<br />

obblighi di servizio su di lui gravanti.<br />

Al venir meno di uno solo di tali requisiti, avverte il giudice di legittimità, consegue il difetto di giurisdizione del<br />

giudice contabile a vantaggio della competenza del giudice ordinario (in questo caso si trattava di amministratori<br />

dell’ente Ferrovie dello stato) [3].<br />

Tale orientamento si muove lungo tre direttrici logico giuridiche:<br />

a) la gestione degli enti pubblici economici mediante gli strumenti privatistici dell’attività imprenditoriale<br />

esclude la giurisdizione della Corte dei conti per l’accertamento della responsabilità di dipendenti e amministratori che,<br />

con il loro comportamento, abbiano arrecato danno all’ente;<br />

b) tale principio si applica agli enti di gestione di partecipazioni statali, poiché questi non sono che una specie del<br />

genere ente pubblico economico;<br />

c) la giurisdizione della Corte dei conti sussiste solo nei confronti di amministratori e dipendenti degli enti<br />

economici quando la loro attività sia espressione di poteri autoritativi di autoorganizzazione, ovvero di funzioni<br />

pubbliche attribuite all’ente in quanto impresa-organo dello Stato o di enti pubblici non economici [4] , in modo che<br />

l’attività degli amministratori produttiva di danno si collochi in una sfera che esorbiti dall’attività imprenditoriale per<br />

rientrare nell’ambito dell’esercizio di funzioni amministrative in senso stretto.<br />

La sentenza Cass., sez. un., 22 dicembre 2003, n. 19667 afferma con maggiore forza il sindacato della Corte dei<br />

conti nei confronti di amministratori e dipendenti di enti pubblici economici. La sequenza argomentativa sviluppata<br />

dalle sezioni si articola in sei passaggi essenziali:<br />

a) poiché “l’amministrazione svolge attività amministrativa non solo quando esercita pubbliche funzioni e poteri<br />

autoritativi, ma anche quando, nei limiti consentiti dall’ordinamento, persegue le proprie finalità istituzionali mediante<br />

un’attività disciplinata in tutto od in parte dal diritto privato”, gli enti pubblici economici – soggetti pubblici per<br />

definizione che perseguono scopi del pari pubblici con risorse di eguale natura – svolgono anch’essi attività<br />

amministrativa, rispetto alla quale tali forme costituiscono nient’altro che lo strumento a tali fini utilizzabile e utilizzato;<br />

b) per converso, il processo di privatizzazione non ha comportato una riduzione della sfera di competenza della<br />

Corte dei conti, ma una sua espansione;<br />

c) è rilevante il superamento, per effetto della l. 20 del 1994 (art. 1, ult. comma), della responsabilità contrattuale<br />

come limite alla sua giurisdizione, l’ambito della quale investe ora anche la responsabilità extracontrattuale nei<br />

confronti di amministrazioni ed enti pubblici diversi da quelli di appartenenza, tra cui rientrano, data l’ampia<br />

formulazione della norma, anche gli enti pubblici economici;<br />

274


d) ne consegue che oggi per individuare la linea di discrimine tra le giurisdizioni rileva unicamente la qualità del<br />

soggetto danneggiato e, pertanto, la natura delle risorse finanziarie di cui si avvale che, se pubblica (la natura),<br />

comporta la giurisdizione della Corte dei conti;<br />

e) ritenute irrilevanti le modalità della condotta del soggetto imputato di responsabilità, che può violare tanto<br />

norme di natura pubblicistica quanto privatistica, a maggior ragione, osserva la Suprema corte – queste lo sono “quando<br />

il danno sia stato cagionato alla stessa amministrazione di appartenenza, non essendo pensabile che il legislatore<br />

abbia voluto tutelare in misura meno incisiva quest’ultima”;<br />

f) pertanto, dopo l’entrata in vigore della l. 20/94 sussiste la giurisdizione della Corte dei conti nei confronti di<br />

amministratori di enti pubblici economici per comportamenti assunti in violazione oltre che di norme pubblicistiche<br />

(relative all’esercizio di poteri autoritativi), anche privatistiche, come quelle relative allo svolgimento di attività<br />

d’impresa.<br />

Si arriva, per questa via, ai soggetti societari. Ciò avviene con la sentenza 26 febbraio 2004, n. 3899. Ivi, infatti,<br />

si assoggetta al giudice contabile la responsabilità di amministratori di una società per azioni (SO.GE.MI – avente a<br />

oggetto mercati all’ingrosso), pressoché interamente partecipata dal Comune, per il danno a quest’ultimo arrecato con la<br />

stipula di un contratto, frutto di un accordo illecito [5]. A sostegno di tale conclusione, si precisa che neanche la<br />

liberalizzazione del settore in cui opera la società comporta la sottrazione dell’agere lesivo dei suoi dipendenti alla<br />

magistratura contabile “cosicché le delibere comunali richiamate dai resistenti, che ne vorrebbero dedurre l’esclusione<br />

del carattere di servizio pubblico, sembrano più correttamente interpretabili come rinuncia del Comune a gestire<br />

direttamente tali attività, demandandole a un ente diverso”.<br />

Considerazioni analoghe sono state sviluppate in una successiva pronuncia riguardante gli amministratori di un<br />

consorzio di sviluppo industriale [6].<br />

La ricostruzione della Cassazione è stato il volano di una intensa attività della Corte dei conti, scaturita in<br />

plurime condanne nei confronti di amministratori di imprese pubbliche (Enel, Eni, ecc.) [7].<br />

6. La (scettica) posizione dottrinale.<br />

Non sono state poche le censure avanzate a tale trend.<br />

Nei suoi pregevoli Sentieri interrotti di legalità, per esempio, Merusi avverte che la responsabilità amministrativa<br />

riformata si configura come sanzione pecuniaria personale alternativa e sostitutiva rispetto alla responsabilità<br />

patrimoniale di diritto comune e solleva dubbi di legittimità costituzionale per la mancata predeterminazione legislativa<br />

dei presupposti e dei criteri per quantificare la sanzione [8].<br />

Il dibattito è arricchito da D’Auria, per il quale le pronunce della Corte dei conti non possono essere lette come<br />

un’anticipazione di analoghe prese di posizione della Suprema corte con riguardo agli amministratori e dipendenti di<br />

strutture privatistiche costituite per lo svolgimento di compiti pubblici [9]. Infatti, sostiene il giurista, le privatizzazioni<br />

si sono sviluppate secondo direttrici non univoche: nelle privatizzazioni formali rimane il comando<br />

dell’amministrazione (cambia il tipo di organizzazione ma non i mezzi, i fini, e i soggetti che ne derivano sono lontani<br />

dalla causa delle società codicistiche) e in quelle sostanziali si trasferisce ai privati il controllo della società.<br />

Conseguentemente, occorre verificare di volta in volta se la figura soggettiva privata costituisca uno strumento<br />

dell’amministrazione (nel senso di essere legata a questa da un rapporto di servizio) per lo svolgimento di compiti<br />

istituzionali o se operi al di fuori dell’amministrazione, in situazioni di concorrenza sul mercato, per quanto sottoposta a<br />

poteri pubblicistici, a controlli pubblici, o partecipata (anche in prevalenza) da organismi pubblici, senza escludere,<br />

anche nel secondo caso, che tali soggetti possano assolvere compiti che l’amministrazione è tenuta a svolgere<br />

nell’interesse generale (es. alcuni servizi forniti da Poste italiane spa).<br />

Tema non diverso dalla qualificazione come pubbliche amministrazioni – ai fini della giurisdizione sui relativi<br />

atti – di organismi formalmente di diritto privato, caratterizzati da un’influenza dominante sulla proprietà e attività di<br />

gestione e sul piano funzionale dalla svolgimento di servizio pubblico. Pertanto, lo svolgimento, da parte della figura<br />

soggettiva privata, di funzioni o servizi pubblici “non comporta che l’intera sua attività ricada nella disciplina<br />

pubblicistica, ma che a tale disciplina siano sottoposti i soli segmenti di attività nei quali prevale lo svolgimento di<br />

funzioni o servizi pubblici, tutti gli altri restando soggetti alla disciplina privatistica” [10]. La Cassazione, invece, non<br />

effettua distinzioni e opta per il criterio di collegamento dato dall’esistenza di un rapporto di servizio tra figura<br />

soggettiva privata e amministrazione.<br />

7. La sentenza della Cassazione.<br />

La parabola logico-argomentativa tracciata dalla Corte, nella sentenza in commento, si regge quattro capisaldi.<br />

Primo: la distinzione tra i) i casi in cui una s.p.a. pubblica risponda, come persona giuridica, per danno erariale a<br />

una p.a., e ii) quelli in cui gli amministratori di una s.p.a. pubblica rispondano dei danni direttamente prodotti alla<br />

società e indirettamente riflessi sulla p.a., titolare della partecipazione azionaria. La Cassazione dichiara di occuparsi<br />

della seconda ipotesi (perché investita nel giudizio di tale caso). Per inciso, si evidenzia che la Corte dei conti riconosce<br />

pacificamente la responsabilità erariale della persona giuridica [11].<br />

Secondo: la partecipazione al capitale di società di diritto privato da parte dello Stato o di altro ente pubblico non<br />

fa perdere alle società la natura di enti privato né incide in materia determinante sullo statuto giuridico della società.<br />

Terzo: nel codice civile sussiste una distinzione tra la responsabilità degli organi sociali nei confronti della<br />

società (artt. 2393 e 2476 c.c.) e la responsabilità degli stessi nei confronti di singoli soci o terzi (artt. 2395 e 2476 c.c.).<br />

275


Di qui la conclusione cui approda la Corte: è pacifica la giurisdizione contabile per l’azione di responsabilità nei<br />

confronti degli amministratori quando questi abbiano illegittimamente e direttamente danneggiato l’ente pubblico<br />

partecipante. Non sussiste, invece, la giurisdizione della Corte dei conti quando l’azione di responsabilità sia proposta<br />

per ottenere il risarcimento dei danni direttamente subiti dalla società. Infatti, non vi è alcun rapporto di servizio tra<br />

l’ente partecipante e l’amministratore autore della mala gestio. Non si verifica un danno erariale in quanto i) la<br />

personalità giuridica della società è distinta rispetto a quella dei soci e ii) vi è autonomia patrimoniale tra società e<br />

partecipanti.<br />

8. Danno all’ente e danno alla società.<br />

Punto cruciale della sentenza è la distinzione tra il danno all’ente e danno dalla società partecipata. La società,<br />

come accennato, può essere legata da un rapporto di servizio con l’ente partecipante. Anche se la Corte non lo dice,<br />

come tale potrebbe essere assoggettata a giurisdizione amministrativa contabile. Ma tale eventualità non si traduce in un<br />

travaso automatico di responsabilità degli amministratori che ivi operano.<br />

Nulla, afferma correttamente la sentenza, consente di riferire loro in via automatica il rapporto di servizio di cui<br />

la società medesima sia parte. Ma la sentenza avverte: residuano spazi di giurisdizione della Corte dei conti con<br />

riferimento ai comportamenti illegittimi degli organi societari direttamente causativi di un danno all’ente partecipante.<br />

Si tratta della diretta responsabilità dell’amministratore o del componente dell’organo di controllo derivante da un<br />

danno diretto arrecato al socio pubblico. Come precisa la Corte, la presenza dell’ente pubblico all’interno della<br />

compagine sociale e la valenza strumentale della società al perseguimento di finalità pubbliche non deve sfuggire al<br />

management e agli organi di controllo.<br />

Tali considerazioni riecheggiano il tema del rilevanza dell'interesse pubblico di cui è portatore l'ente pubblico<br />

azionista e alla correlata natura giuridica di tali modelli societari. Secondo una prima ricostruzione (ormai superata),<br />

l’interesse di cui è portatore l’azionista pubblico assume esclusivo rilievo extra-sociale, con la conseguenza che le<br />

società de quibus assumono natura interamente privatistica.<br />

A conclusioni opposte giunge la giurisprudenza del giudice amministrativo, ad avviso del quale le società<br />

partecipate possono configurare moduli organizzativi a preminente connotazione pubblicistica [12]. Questa<br />

ricostruzione muove dal principio della neutralità della forma societaria rispetto al conseguimento dello scopo pubblico;<br />

scopo che, di per sé, non è in contrasto con il fine societario lucrativo previsto dall’art. 2247 del codice civile. Indice<br />

rivelatore di questa connotazione pubblicistica è, per esempio, un regime che consente all’azionista pubblico di<br />

riferimento di indirizzare le attività della società a finalità di interesse pubblico senza seguire gli ordinari meccanismi di<br />

funzionamento delle strutture societarie previste dal codice civile.<br />

In questi casi, amministratori e organi di controllo - afferma la sentenza in commento - devono evitare<br />

comportamenti che possano danneggiare l’ente pubblico partecipante. Per esempio devono evitare la perpetrazione di<br />

danni all’immagine al soggetto pubblico detentore della partecipazione. Danni che possono certamente produrre un<br />

danno per quest’ultimo e, come tali, essere assoggettati alla giurisdizione contabile.<br />

9. Conclusioni.<br />

La statuizione della Cassazione non mancherà di alimentare dibattiti. Certamente, non segna un punto d’arrivo.<br />

Sono ampi i punti non chiariti, specie sul versante della frazione di giurisdizione rimasta. Quali possono essere i casi di<br />

danno diretto? A ben vedere, l’unico esempio pratico fatto dalla Corte è destinato ad avere carattere recessivo, dopo il<br />

lodo Bernardo (comma 30-ter dell’art. 17 d.l. 78/2009 che disciplina e limita le modalità dell’azione della magistratura<br />

contabile per il risarcimento del danno all'immagine nei soli di una sentenza irrevocabile di condanna pronunciata nei<br />

confronti dei dipendenti pubblici). Rimane da attendere la reazione e l’applicazione della Corte dei conti di questa<br />

sentenza, che comunque assume rilevanza decisiva.<br />

[1] D. Ielo, Ente di diritto pubblico: nozione a maglie larghe (nota a Corte dei Conti, sez. giurisdiz. per la Lombardia, 10 luglio 2009,<br />

n. 476) in Diritto e pratica amministrativa, 2009, 10, 21; M. Sciascia, Diritto delle gestioni pubbliche, Milano, 2007, 5 e ss..<br />

[2] Cass., sez. un., 17 ottobre 1992, n. 11436 (in Mass. 1992); Cass., sez. un., 22 ottobre 1992, n. 11560 (in Foro it., 1994, I, 872)<br />

[3] Nello stesso senso, Cass., sez un., 2 febbraio 1998, n. 9780, (in Foro it., 1999, I, 575, con nota di D’Auria, Brevissime in tema di<br />

giurisdizione sulla responsabilità degli amministratori di enti pubblici economici); Cass, sez. un., 21 novembre 2000, n. 1193, in<br />

Cons. St., 2001, II, 745, con nota di Palumbo.<br />

[4] Cass., sez un., 17 luglio 2001, n. 9649, in Foro it., II, 2792.<br />

[5]<br />

Cass. Sez. un. 26 febbraio 2004, n. 3899, in Foro it., 2005, I, 2675 ss (o in www.dirittodeiservizipubblici.it/sentenze). In<br />

argomento, Pinotti, La responsabilità degli amministratori di società tra riforma del diritto societario ed evoluzione della<br />

276


giurisprudenza, con particolare riferimento alle società a partecipazione pubblica, in Rass. giur. energia elettrica, 2004, p. 509 ss.;<br />

Merusi, Sentieri interrotti della legalità, Bologna, 2007, p. 179.<br />

[6] Cass, sez un, 25 maggio 2005, n. 10973, in Foro it, 2005, I, 2674; Cass, sez un, 20 giugno 2006, n 14101, (in Mass., 2006, 1145),<br />

per la quale il dato essenziale che radica la giurisdizione contabile nell’attuale assetto normativo è rappresentato dall’evento dannoso<br />

verificatosi a carico di una pa e non dal quadro di riferimento – pubblico o privato –nel quale si colloca la condotta produttiva del<br />

danno.<br />

[7] Corte dei conti, sez giur. Reg Lombardia, 9 febbraio 2005, n 32, (in Riv Corte conti, 2005, I, 1, p. 137, con nota di Lombardo, In<br />

tema di giurisdizione della Corte dei conti in ordine alla responsabilità di amministratori di società per azioni partecipate dallo<br />

stato); Corte dei conti, sez giur reg Lombardia 22 febbraio 2006, n 114, in Giornale dir. amm., 2006, 534.<br />

[8][8]<br />

F. Merusi, Sentieri interrotti, cit., p. 168 ss ; Pubblico e privato nell’istituto della responsabilità amministrativa, in<br />

Responsabilità amministrativa e giurisdizione contabile (ad un decennio dalle riforme), Atti del LI convegno di studi di Varenna , p.<br />

112 ss.<br />

[9] G. D’Auria, Amministratori e dipendenti di enti economici e società pubbliche, cit., partic. 2687 ss.<br />

[10] Cfr. G. Berti, Cenni sulla responsabilità pubblica tra controllo amministrativo e giurisdizione della Corte dei conti, in Riv. Corte<br />

conti, 2005, V, 6, p. 340 ss.<br />

[11] V. Tenore, La nuova Corte dei conti: responsabilità, pensioni, controlli, Milano, 2004, 48.<br />

[12] C. St., sez. VI, 2-3-2001 n. 1206 in Urbanistica ed appalti, 6/2001, 632 con commento di R. Garofoli, Servizio pubblico e società<br />

pubblica: implicazioni in punto di giurisdizione636. In argomento, C. St., sez. VI, 28-10-1998, n. 1478, in Foro it., 1999, III, 178,<br />

con nota di R. Garofoli; cfr. T.a.r. Piemonte, sez. II, 18. 02.2000, n. 181, in Trib. amm. reg., 2000, I, 1814.<br />

(omissis)<br />

REPUBBLICA ITALIANA<br />

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO<br />

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE<br />

Sezioni unite civili<br />

Svolgimento del processo<br />

Con atto di citazione depositato in data 8 aprile 2005 la Procura regionale della Corte dei Conti per la Lombardia<br />

evocava in giudizio (omissis), in qualità di amministratore delegato di Enel Power s.p.a., (omissis), in qualità di<br />

amministratore delegato di Enel distribuzione s.p.a., (omissis), in qualità di vice presidente pro tempore di Enel Power<br />

s.p.a. e (omissis), dipendente di Enel distribuzione s.p.a. fino al 30.11.2000 e poi in rapporto di collaborazione<br />

coordinata con Enel Power fino all’11.6.2003, e ne chiedeva la condanna al risarcimento per complessivi €<br />

62.442.681,01, in relazione a molteplici condotte illecite dai medesimi tenute, consistenti nell’aver concordato e<br />

accettato indebite dazioni di denaro al fine di favorire le imprese costruttrici nell’aggiudicazione e successiva gestione<br />

degli appalti in danno di società pubbliche. I fatti venivano desunti dagli atti del procedimento penale e dalle<br />

dichiarazioni confessorie rese dai convenuti.<br />

Con sentenza del 9.11.2005, la Sezione regionale di I grado della Corte dei conto accoglieva solo parzialmente la<br />

domanda risarcitoria, sia con riferimento al danno patrimoniale diretto che al danno all’immagine.<br />

Proponevano appello i convenuti ed appello incidentale il Procuratore regionale.<br />

La Sezione giurisdizionale centrale della Corte dei Conti, con sentenza depositata il 3.12.2008, rigettava gli appelli dei<br />

convenuti, accogliendo solo parzialmente l’appello dell’(omissis), quanto al danno all’immagine, condannando lo stesso<br />

per tale titolo al pagamento di € 100.000.<br />

277


La Sezione centrale della Corte dei conti affermava, come già il I giudice, la sua giurisdizione, ritenendo ipotizzabile la<br />

responsabilità amministrativa degli amministratori e dipendenti si s.p.a. a partecipazione azionaria pubblica ed<br />

effettivamente sussistente la stessa nella fattispecie.<br />

Avverso questa sentenza hanno proposto ricorso per cassazione (omissis), nonché ricorso incidentale (omissis).<br />

Resiste con controricorso il P.G. presso la Corte dei Conti.<br />

1.1. Preliminarmente vanno riuniti i ricorsi.<br />

Motivi della decisione<br />

Con il primo motivo dei rispettivi ricorsi, sostanzialmente simili, i ricorrenti (omissis), lamentano, ai sensi dell’art. 360<br />

n. 1, c.p.c., la violazione degli artt.1 l. n. 20/1994, 3 e 7 , 1. n. 97/2001, dell’art. 81, r.d. n. 2440/1923 e 52<br />

r.d.1234/1214, per avere la Corte dei conti affermato la sussistenza della responsabilità amministrativa di essi<br />

amministratori di s.p.a. a partecipazione pubblica, mentre tale responsabilità non era ipotizzabile, segnatamente tenuto<br />

conto che l’Enel svolgeva attività di impresa su mercati liberi e concorrenziali, esercitata con finalità di lucro e senza<br />

finalità pubblicistiche, con conseguente difetto di giurisdizione della Corte dei conti,<br />

1.2. Con il primo motivo del ricorso incidentale l’(omissis) lamenta la violazione delle norme che disciplinano la<br />

giurisdizione della Corte dei conti (artt. 1 1. n. 20/1994, 3 e 7 1. n. 97/2001, dell’art. 81, r.d. n. 2440/1923 e 52<br />

r.d.1234/1214), assumendo il difetto di giurisdizione del giudice contabile nei confronti di esso incaricato di una s.p.a.,<br />

per quanto facente parte di un gruppo societario la cui capogruppo, sempre una s.p.a., sia qualificabile come impresa<br />

pubblica.<br />

2. Preliminarmente vanno riuniti i ricorsi a norma dell’art. 335 c.p.c..<br />

Il problema che si pone è quello relativo alla questione se agli amministratori e dipendenti di una s.p.a. cosiddetta “in<br />

mano pubblica” si applichino le norme di diritto societario o se dalla presenza di capitali pubblici consegua invece<br />

l’assoggettamento di questi soggetti alle norme proprie della responsabilità amministrativa, con la conseguente<br />

giurisdizione della Corte dei conti.<br />

Il problema non è quello di definire se, come e quando una s.p.a. “pubblica” risponda , come persona giuridica per<br />

danno erariale ad una P.A., ma si tratta di stabilire sulla base di quale statuto gli amministratori o i dipendenti di una<br />

s.p.a. “pubblica” rispondano dei danni ad essa direttamente prodotti ed indirettamente riflessi sulla p.a., in quanto<br />

titolare della partecipazione azionaria.<br />

La differenza è rilevante, se si considera che nel primo caso la s.p.a. “pubblica” è il soggetto responsabile del danno che<br />

deve risarcire con il proprio patrimonio sociale, nel secondo caso essa diviene il soggetto danneggiato il cui patrimonio<br />

deve essere reintegrato.<br />

Vanno, quindi, fissati alcuni principi generali.<br />

3.1. Com’è noto, il limite esterno della giurisdizione della Corte dei conti, sul quale le sezioni unite della Corte di<br />

cassazione sono chiamate a pronunciarsi, ha rilevanza costituzionale:<br />

discende dal disposto dell’art. 103, comma secondo, della Costituzione, a tenore del quale “la Corte dei conti ha<br />

giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge”. Al di fuori delle materie di<br />

contabilità pubblica, e quindi anche in tema di responsabilità, occorre dunque che la giurisdizione della Corte dei conti<br />

abbia il suo fondamento in una specifica disposizione di legge.<br />

In termini generali, il contenuto ed i limiti della giurisdizione della Corte dei conti in tema di responsabilità trovano la<br />

loro base normativa nella previsione dell’art. 13 del r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, secondo cui la corte giudica sulla<br />

responsabilità per danni arrecati all’erario da pubblici funzionari nell’esercizio delle loro funzioni. Tali limiti sono stati<br />

successivamente ampliati dall’art. 1, quarto comma, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, che ha esteso il giudizio della<br />

Corte dei conti alla responsabilità di amministratori e dipendenti pubblici anche per danni cagionati ad amministrazioni<br />

o enti pubblici diversi da quelli di appartenenza. La giurisdizione di detta corte non è quindi circoscritta alla sola ipotesi<br />

di responsabilità contrattuale dell’agente, ma può esplicarsi anche in caso di responsabilità aquiliana.<br />

278


3.2. In passato i limiti esterni della giurisdizione della Corte dei conti, al pari di quella del giudice amministrativo, erano<br />

però (relativamente) più agevoli da tracciare: la più netta distinzione tra l’area del pubblico e quella del privato, la<br />

normale corrispondenza tra la natura pubblica dell’attività svolta dall’agente ed il suo organico inserimento nei ranghi<br />

della pubblica amministrazione, la conseguente più agevole demarcazione di confini tra l’agire dell’amministrazione in<br />

forza della potestà pubblica ad essa spettante e per le finalità tipicamente a questa connesse ed il suo agire invece iure<br />

privatorum: erano tutti elementi che facilitavano anche l’individuazione dei limiti esterni della giurisdizione in esame.<br />

La più recente evoluzione dell’ordinamento ha reso ora questi confini assai meno chiari, da un lato incanalando sovente<br />

le finalità della pubblica amministrazione in ambiti tipicamente privatistici, dall’altro affidando con maggiore frequenza<br />

a soggetti privati la realizzazione di finalità una volta ritenute di pertinenza esclusiva degli organi pubblici.<br />

In quest’ottica anche le sezioni unite della Cassazione, per evitare il rischio di un sostanziale svuotamento - o almeno di<br />

un grave indebolimento - della giurisdizione della corte contabile in punto di responsabilità, ha teso a privilegiare un<br />

approccio più “sostanzialistico”, sostituendo ad un criterio eminentemente soggettivo, che identificava l’elemento<br />

fondante della giurisdizione della Corte dei conti nella condizione giuridica pubblica dell’agente, un criterio oggettivo<br />

che fa leva sulla natura pubblica delle funzioni espletate e delle risorse finanziarie a tal fine adoperate.<br />

Si è perciò affermato che, quando si discute del riparto della giurisdizione tra Corte dei conti e giudice ordinario,<br />

occorre aver riguardo al rapporto di servizio tra l’agente e la pubblica amministrazione, ma che per tale può intendersi<br />

anche una relazione con la pubblica amministrazione caratterizzata dal fatto di investire un soggetto, altrimenti estraneo<br />

all’amministrazione medesima, del compito di porre in essere in sua vece un’attività, senza che rilevi né la natura<br />

giuridica dell’atto di investitura - provvedimento, convenzione o contratto - né quella del soggetto che la riceve, sia essa<br />

una persona giuridica o fisica, privata o pubblica (Sez. un. 3 luglio 2009, n. 15599; 31 gennaio 2008, n. 2289; 22<br />

febbraio 2007, n. 4112; 20 ottobre 2006, n. 22513; 5 giugno 2000, n. 400; Sez. un., 30 marzo 1990, n. 2611, ed altre<br />

conformi)<br />

L’affidamento da parte di un ente pubblico ad un soggetto esterno, da esso controllato, della gestione di un servizio<br />

pubblico integra quindi una relazione funzionale incentrata sull’inserimento del soggetto medesimo nell’organizzazione<br />

funzionale dell’ente pubblico e ne implica, conseguentemente, l’assoggettamento alla giurisdizione della Corte dei conti<br />

per danno erariale, a prescindere dalla natura privatistica dello stesso soggetto e dello strumento contrattuale con il<br />

quale si sia costituito ed attuato il rapporto (Sez. un. 27 settembre 2006, n. 20886; 1 aprile 2008, n. 8409; 1 marzo 2006,<br />

n. 4511; 19 febbraio 2004, 2004, n. 3351), anche se l’estraneo venga investito solo di fatto dello svolgimento di una<br />

data attività in favore della pubblica amministrazione (Sez. un- 9 settembre 2008, n. 22652) ed anche se difetti una<br />

gestione del danaro secondo moduli contabili di tipo pubblico o secondo procedure di rendicontazione proprie della<br />

giurisdizione contabile in senso stretto (Sez. un. 12 ottobre 2004, n. 20132). Lo stesso dicasi per l’accertamento della<br />

responsabilità erariale conseguente all’illecito o indebito utilizzo, da parte di una società privata, di finanziamenti<br />

pubblici (Sez. un. 5 giugno 2008, n. 14825, e Sez. un., n. 4511/06, cit.); o per la responsabilità in cui può incorrere il<br />

concessionario privato di un pubblico servizio o di un’opera pubblica, quando la concessione investe il privato<br />

dell’esercizio di funzioni obiettivamente pubbliche, attribuendogli la qualifica di organo indiretto dell’amministrazione,<br />

onde egli agisce per le finalità proprie di quest’ultima (Sez. un., n. 4112/07, cit.).<br />

Nella medesima ottica, a partire dal 2003, le sezioni unite di questa Corte hanno ritenuto spettare alla Corte dei conti,<br />

dopo l’entrata in vigore dell’art. 1, ultimo comma, della legge n. 20 del 1994, la giurisdizione sulle controversie aventi<br />

ad oggetto la responsabilità di privati funzionari di enti pubblici economici (quali, ad esempio, i consorzi per la gestione<br />

di opere) anche per i danni conseguenti allo svolgimento dell’ordinaria attività imprenditoriale e non soltanto per quelli<br />

cagionati nell’espletamento di funzioni pubbliche o comunque di poteri pubblicistici (Sez. un., 22 dicembre 2003, n.<br />

19667). Si è sottolineato che si esercita attività amministrativa non solo quando si svolgono pubbliche funzioni e poteri<br />

autoritativi, ma anche quando, nei limiti consentiti dall’ordinamento, si perseguono le finalità istituzionali proprie<br />

dell’amministrazione pubblica mediante un’attività disciplinata in tutto o in parte dal diritto privato; con la conseguenza<br />

- si è precisato - che, nell’attuale assetto normativo, il dato essenziale che radica la giurisdizione della corte contabile è<br />

rappresentato dall’evento dannoso verificatosi a carico di una pubblica amministrazione e non più dal quadro di<br />

riferimento - pubblico o privato - nel quale sì colloca la condotta produttiva del danno (Sez. un., 25 maggio 2005, n.<br />

10973; 20 giugno 2006, n. 14101; 1 marzo 2006, n. 4511; Cass. 15 febbraio 2007, n. 3367)<br />

3.3. Se quanto appena osservato vale certamente per gli enti pubblici economici, i quali restano nell’alveo della<br />

pubblica amministrazione pur quando eventualmente operino imprenditorialmente con strumenti privatistici, è da<br />

stabilire entro quali limiti alla medesima conclusione si debba pervenire anche nel diverso caso della responsabilità di<br />

amministratori di società di diritto privato partecipate da un ente pubblico. Le quali non perdono la loro natura di enti<br />

privati per il solo fatto che il loro capitale sia alimentato anche da conferimenti provenienti dallo Stato o da altro ente<br />

pubblico.<br />

279


Il codice civile dedica alla società per azioni a partecipazione pubblica solo alcune scarne disposizioni, oggi contenute<br />

nell’art. 2449 (come modificato dall’art. 13 della legge 25 febbraio 2008, n. 34, a seguito della pronuncia della Corte<br />

giustizia delle Comunità europee, 6 dicembre 2007, n. 463/04), essendo stato il successivo art. 2450 ormai abrogato<br />

dall’art. 3, primo comma, del d. 1. 15 febbraio 2007, n. 10, convertito con modificazioni dalla legge 6 aprile 2007, n.<br />

46. Ma siffatte residue disposizioni del codice non valgono a configurare uno statuto speciale per dette società (spesso,<br />

viceversa, interessate da norme speciali, non sempre tra loro ben coordinate), salvo per i profili inerenti alla nomina e<br />

revoca degli organi sociali, specificamente ivi contemplati, né comunque investono il tema della responsabilità di detti<br />

organi, che resta quindi disciplinato dalle ordinarie norme previste dal codice civile a questo riguardo, com’è<br />

confermato dalla immutata indicazione del secondo comma del citato art. 2449, a tenore del quale anche i componenti<br />

degli organi amministrativi e di controllo di nomina pubblica “hanno i diritti e gli obblighi dei membri nominati<br />

dall’assemblea”. Né pare dubbio che quest’ultimo principio valga anche per le società a responsabilità limitata<br />

eventualmente partecipate da un ente pubblico, in difetto di qualsiasi specifica disposizione del codice che se ne occupi.<br />

Se ne è desunto anche alla luce di quanto espressamente indicato nella relazione (“E’ lo Stato medesimo che si<br />

assoggetta alla legge delle società per azioni per assicurare alla propria gestione maggiore snellezza di forme e nuove<br />

possibilità realizzatrici”) - che la scelta della pubblica amministrazione di acquisire partecipazioni in società private<br />

implica il suo assoggettamento alle regole proprie della forma giuridica prescelta. Dall’identità dei diritti e degli<br />

obblighi facenti capo ai componenti degli organi sociali di una società a partecipazione pubblica, pur quando<br />

direttamente designati dal socio pubblico, logicamente perciò discende la responsabilità di detti organi nei confronti<br />

della società, dei soci, dei creditori e dei terzi in genere, nei medesimi termini - contemplati dagli artt. 2392 e segg. del<br />

codice - in cui tali diverse possibili proiezioni della responsabilità sono configurabili per gli amministratori e per gli<br />

organi di controllo di qualsivoglia altra società privata.<br />

3.4. E’ innegabile, nondimeno, che si possano determinare dei problemi quando il modello giuridico-formale prescelto<br />

entra in tensione con il fenomeno economico sottostante, come non di rado accade proprio nel caso in cui lo Stato o<br />

altro ente pubblico assume una partecipazione in una società per perseguire in tal modo finalità di rilevanza pubblica.<br />

Ne è testimone, in certa misura, la sentenza delle sezioni unite 26 febbraio 2004, n. 3899, che, dopo aver ribadito il<br />

principio per cui una società per azioni costituita con capitale maggioritario del comune in vista dello svolgimento di un<br />

servizio pubblico ha una relazione funzionale con l’ente territoriale, caratterizzata dall’inserimento della società<br />

medesima nell’iter procedimentale dell’ente locale e dal conseguente rapporto di servizio venutosi così a determinare,<br />

ha riconosciuto la giurisdizione della Corte dei conti nelle controversie in materia di responsabilità patrimoniale per<br />

danno erariale riguardanti gli amministratori ed i dipendenti di una siffatta società. La portata dì tale affermazione non<br />

risulta però del tutto univoca: perché nella medesima sentenza si ha cura di specificare, per un verso, che l’elemento<br />

determinante della decisione era costituito, in quel caso, dal rapporto di servizio intercorrente tra la società privata ed il<br />

comune (piuttosto che dal rapporto partecipativo e dal conseguente investimento di risorse finanziarie pubbliche nel<br />

patrimonio della società privata) e, per altro verso, che la questione se il danno subito dal comune partecipante alla<br />

società fosse diretto, o meramente riflesso, rispetto a quello arrecato al patrimonio sociale, costituiva un profilo estraneo<br />

al giudizio sui limiti della giurisdizione.<br />

Proprio quest’ultimo profilo sembra invece meritare un ulteriore approfondimento, potendo assumere carattere decisivo<br />

ai fini che qui interessano.<br />

3.5. In primo luogo, non sembra si possa prescindere dalla distinzione tra la posizione della società partecipata, cui<br />

eventualmente fa capo il rapporto di servizio instaurato con la pubblica amministrazione, e quella personale degli<br />

amministratori (nonché dei sindaci o degli organi di controllo della stessa società) i quali, ovviamente, non<br />

s’identificano con la società, sicché nulla consente di riferire loro, sic et simpliciter, il rapporto di servizio di cui la<br />

società medesima sia parte.<br />

Quanto appena osservato non vale però a chiudere ogni possibile spazio alla giurisdizione della Corte dei conti in ordine<br />

ad eventuali comportamenti illegittimi imputabili agli organi delle società a partecipazione pubblica, dai quali sia<br />

scaturito un danno per il socio pubblico.<br />

S’è già prima accennato vuoi alla possibilità che tale giurisdizione sia riferita anche ad ipotesi di responsabilità<br />

aquiliana, vuoi alla possibilità che essa si configuri pure in difetto di una formale investitura pubblica dell’agente. Entra<br />

allora in gioco un ulteriore importante elemento normativo, cui finora non si è fatto riferimento ma che occorre adesso<br />

prendere in considerazione. Si allude alla disposizione dell’art. 16 bis della legge 28 febbraio 2008, n. 31 (che ha<br />

convertito il d.l. 31 dicembre 2007, n. 248), così concepita: “Per le società con azioni quotate in mercati regolamentati,<br />

con partecipazione anche indiretta dello Stato o di altre amministrazioni o di enti pubblici, inferiore al 50 per cento,<br />

280


nonché per le loro controllate, la responsabilità degli amministratori e dei dipendenti è regolata dalle norme del diritto<br />

civile e le relative controversie sono devolute esclusivamente alla giurisdizione del giudice ordinario”.<br />

Tale norma, benché la sua applicazione ai giudizi in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione sia<br />

espressamente esclusa, assume un evidente significato retrospettivo, nella misura in cui lascia chiaramente intendere<br />

che, in ordine alla responsabilità di amministratori e dipendenti di società a partecipazione pubblica, vi sia una naturale<br />

area di competenza giurisdizionale diversa da quella ordinaria. Non si capirebbe, altrimenti, la ragione per la quale il<br />

legislatore ha inteso stabilire che, per l’avvenire (e limitatamente alle società quotate, o loro controllate, con<br />

partecipazione pubblica inferiore al 50%), la giurisdizione spetta invece in via esclusiva proprio al giudice ordinario.<br />

Resta però da verificare entro quali limiti, al di fuori del ristretto campo d’applicazione della disposizione da ultimo<br />

richiamata, sia davvero configurabile la giurisdizione del giudice contabile che il legislatore ha in tal modo presupposto<br />

in rapporto ad atti di mala gestio degli organi di società a partecipazione pubblica.<br />

In difetto di norme esplicite in tal senso (e fatta salva la specificità di singole società a partecipazione pubblica il cui<br />

statuto sia soggetto a regole legali sui generis, come nel caso della Rai), è ai principi generali ed alle linee portanti del<br />

sistema che occorre aver riguardo. Ed è proprio in quest’ottica che assume rilievo decisivo la già accennata distinzione<br />

tra la responsabilità in cui gli organi sociali possono incorrere nei confronti della società (prevista e disciplinata, per le<br />

società azionarie, dagli artt. 2393 e segg. e, per le società a responsabilità limitata, dal primo, terzo, quarto e quinto<br />

comma dell’art. 2476 c.c.) e la responsabilità che essi possono assumere direttamente nei confronti di singoli soci o terzi<br />

(prevista e disciplinata, per le società azionarie, dall’art. 2395 e, per le società a responsabilità limitata, dal sesto comma<br />

del citato art. 2476)<br />

3.6. In tale ultimo caso la configurabilità dell’azione del procuratore contabile, tesa a far valere la responsabilità<br />

dell’amministratore o del componente di organi di controllo della società partecipata dall’ente pubblico quando questo<br />

sia stato direttamente danneggiato dall’azione illegittima, non incontra particolari ostacoli (né si pongono difficoltà<br />

derivanti dalla possibile concorrenza di siffatta azione con quella ipotizzata in sede civile dai citati artt. 2395 e 2476,<br />

sesto comma, poiché l’una e l’altra mirerebbero in definitiva al medesimo risultato)<br />

Non importa qui indagare sulla natura dell’indicata responsabilità: se essa abbia carattere extracontrattuale (come la<br />

giurisprudenza è per lo più incline a ritenere: si vedano, tra le altre, Cass. 5 agosto 2008, n. 21130; 25 luglio 2007, n.<br />

16416; e 3 aprile 2007, n.8359) o se pur sempre presupponga la violazione di un preesistente obbligo di corretto<br />

comportamento dell’amministratore e del componente dell’organo di controllo anche nei diretti confronti di ciascun<br />

singolo socio (onde alcune autorevoli voci di dottrina ravvisano anche in tal caso un’ipotesi di responsabilità almeno<br />

lato sensu contrattuale). Quel che appare certo è che la presenza dell’ente pubblico all’interno della compagine sociale<br />

ed il fatto che la sua partecipazione sia strumentale al perseguimento di finalità pubbliche ed abbia implicato l’impiego<br />

di pubbliche risorse non può sfuggire agli organi della società e non può non comportare, per loro, una peculiare cura<br />

nell’evitare comportamenti tali da compromettere la ragione stessa di detta partecipazione sociale dell’ente pubblico o<br />

che possano comunque direttamente cagionare un pregiudizio al patrimonio di quest’ultimo.<br />

Tipico esempio di questa situazione è il danno all’immagine dell’ente pubblico (su cui si veda Sez. un. 20 giugno 2007,<br />

n. 14297) che derivi da atti illegittimi posti in essere dagli organi della società partecipata: danno che può<br />

eventualmente prodursi immediatamente in capo a detto ente pubblico, per il fatto stesso di essere partecipe di una<br />

società in cui quei comportamenti illegittimi si siano manifestati, e che non s’identifica con il mero riflesso di un<br />

pregiudizio arrecato al patrimonio sociale (indipendentemente dall’essere o meno configurabile e risarcibile anche un<br />

autonomo e distinto danno all’ immagine della medesima società)<br />

Nessun dubbio, quindi, sulla sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti in un’ipotesi siffatta; e se ne trae<br />

conferma anche dal disposto dell’art. 17, comma 30-ter, della legge 3 agosto 2009, n. 102 (quale risulta dopo le<br />

modifiche apportate dal d.l. in pari data, n. 103, convertito con ulteriori modificazioni nella legge 3 ottobre 2009, n.<br />

141), che disciplina e limita le modalità dell’azione della magistratura contabile appunto in caso di danno all’immagine,<br />

nelle ipotesi previste dall’art. 7 della legge 27 marzo 2001, n. 97, ossia in presenza di una sentenza irrevocabile di<br />

condanna pronunciata nei confronti dei dipendenti indicati nel precedente art. 3 della stessa legge, compresi quelli “di<br />

enti a prevalente partecipazione pubblica”. Non si vede come la medesima regola stabilita per i dipendenti non debba<br />

valere anche per gli amministratori e gli organi di controllo della società a partecipazione pubblica.<br />

3.7. Ad opposta conclusione si deve invece pervenire nel caso in cui l’azione sia proposta per reagire ad un danno<br />

cagionato al patrimonio della società.<br />

281


Non solo, come detto, non è configurabile alcun rapporto di servizio tra l’ente pubblico partecipante e l’amministratore<br />

(o componente di un organo di controllo) della società partecipata, il cui patrimonio sia stato leso dall’atto di mala<br />

gestio, ma neppure sussiste in tale ipotesi un danno qualificabile come danno erariale, inteso come pregiudizio<br />

direttamente arrecato al patrimonio dello Stato o di altro ente pubblico che della suindicata società sia socio. La ben<br />

nota distinzione tra la personalità giuridica della società di capitali e quella dei singoli soci e la piena autonomia<br />

patrimoniale dell’una rispetto agli altri non consentono di riferire al patrimonio del socio pubblico il danno che<br />

l’illegittimo comportamento degli organi sociali abbia eventualmente arrecato al patrimonio dell’ente: patrimonio che è<br />

e resta privato.<br />

E’ certo vero che il danno sofferto dal patrimonio della società è per lo più destinato a ripercuotersi anche sui soci,<br />

incidendo negativamente sul valore o sulla redditività della loro quota di partecipazione; ma - fatte salve le limitate<br />

eccezioni oggi introdotte dall’art. 2497 c.c. (come modificato dal d. lgs n. 6 del 2003), in tema di responsabilità<br />

dell’ente posto a capo di un gruppo di imprese societarie, che qui non rilevano - il sistema del diritto societario impone<br />

di tener ben distinti i danni direttamente inferti al patrimonio del socio (o del terzo) da quelli che siano il mero riflesso<br />

di danni sofferti dalla società.<br />

Dei danni diretti, cioè di quelli prodotti immediatamente nella sfera giuridico-patrimoniale del socio e che non<br />

consistano nella semplice ripercussione di un danno inferto alla società, solo il socio stesso è legittimato a dolersi; di<br />

quelli sociali, invece, solo alla società compete il risarcimento, di modo che per il socio anche il ristoro è destinato a<br />

realizzarsi unicamente nella medesima maniera indiretta in cui si è prodotto il suo pregiudizio (principio pacifico: si<br />

vedano, ex multis, Cass. 5 agosto 2008, n. 21130; 3 aprile 2007, n. 8359; 27 giugno 1998, n. 6364; e 28 febbraio 1998,<br />

n. 2251)<br />

Si capisce, allora, come il danno inferto dagli organi della società al patrimonio sociale, che nel sistema del codice<br />

civile può dar vita all’azione sociale di responsabilità ed eventualmente a quella dei creditori sociali, non è idoneo a<br />

configurare anche un’ipotesi di azione ricadente nella giurisdizione della Corte dei conti: perché non implica alcun<br />

danno erariale, bensì unicamente un danno sofferto da un soggetto privato (appunto la società), riferibile al patrimonio<br />

appartenente soltanto a quel soggetto e non certo ai singoli soci - pubblici o privati - i quali sono unicamente titolari<br />

delle rispettive quote di partecipazione ed i cui originari conferimenti restano confusi ed assorbiti nell’unico patrimonio<br />

sociale.<br />

L’esattezza di tale conclusione trova conferma anche nell’impossibilità di realizzare, altrimenti, un soddisfacente<br />

coordinamento sistematico tra l’ipotizzata azione di responsabilità dinanzi giudice contabile e l’esercizio delle<br />

surriferite azioni di responsabilità (sociale e dei creditori sociali) contemplate dal codice civile. L’azione del procuratore<br />

contabile ha presupposti e caratteristiche completamente diverse dalle azioni di responsabilità sociale e dei creditori<br />

sociali contemplate dal codice civile: basta dire che l’una è obbligatoria, le altre discrezionali; l’una ha finalità<br />

essenzialmente sanzionatoria (onde non implica necessariamente il ristoro completo del pregiudizio subito dal<br />

patrimonio danneggiato dalla mala gestio dell’amministratore o dall’omesso controllo del vigilante), le altre hanno<br />

scopo ripristinatorio; l’una richiede il dolo o la colpa grave, e solo in determinati casi è esercitabile anche contro gli<br />

eredi del soggetto responsabile del danno; per le altre è sufficiente anche la colpa lieve ed il debito risarcitorio è<br />

pienamente trasmissibile agli eredi.<br />

D’altronde, almeno in tutti i casi nei quali vi siano anche soci privati la cui partecipazione è suscettibile di subire danno<br />

per effetto del comportamento illegittimo degli organi sociali, sarebbe impossibile escludere l’esperibilità degli ordinari<br />

strumenti di tutela approntati dal codice civile a beneficio della società (e dei soci privati, nonché eventualmente dei<br />

creditori)<br />

E però, se si ipotizzasse il possibile concorso tra l’azione del procuratore contabile e l’azione sociale di responsabilità<br />

contemplata dal codice civile, occorrerebbe poter individuare il modo di disciplinare tale concorso, stante la descritta<br />

diversità delle rispettive caratteristiche delle differenti azioni. L’assenza del benché minimo abbozzo di coordinamento<br />

normativo in proposito suona palese conferma della non configurabilità, in simili situazioni, di un’azione diversa da<br />

quelle previste dal codice civile, che sia destinata a ricadere nella giurisdizione del giudice contabile.<br />

3.8. Giova ancora aggiungere che l’esclusione dell’ipotizzata giurisdizione del giudice contabile per l’azione di<br />

risarcimento di danni cagionati al patrimonio della società partecipata da un ente pubblico neppure provoca, a ben<br />

vedere, il rischio di una lacuna nella tutela dell’interresse pubblico coinvolto nella descritta situazione.<br />

Nell’attuale disciplina della società azionaria - ed in misura ancor maggiore in quella della società a responsabilità<br />

limitata - l’esercizio dell’azione sociale di responsabilità, in caso di mala gestio imputabile agli organi della società, non<br />

è più monopolio dell’assemblea e non è più, quindi, unicamente rimessa alla discrezionalità della maggioranza dei soci.<br />

282


Una minoranza qualificata dei partecipanti alla società azionaria (art. 2393-bis c.c.) ed addirittura ciascun singolo socio<br />

della società a responsabilità limitata (art. 2476, terzo comma, c.c.) sono infatti legittimati ad esercitare tale azione<br />

(anche nel proprio interesse, ma a beneficio della società) eventualmente sopperendo all’inerzia della maggioranza. Ne<br />

consegue che, trattandosi di società a partecipazione pubblica, il socio pubblico è di regola in grado di tutelare egli<br />

stesso i propri interessi sociali mediante l’esercizio delle suindicate azioni civili. Se ciò non faccia e se, in conseguenza<br />

di tale omissione, l’ente pubblico abbia a subire un pregiudizio derivante dalla perdita di valore della partecipazione, è<br />

sicuramente prospettabile l’azione del procuratore contabile nei confronti (non già dell’amministratore della società<br />

partecipata, per il danno arrecato al patrimonio sociale, bensì nei confronti) di chi, quale rappresentante dell’ente<br />

partecipante o comunque titolare del potere di decidere per esso, abbia colpevolmente trascurato di esercitare i propri<br />

diritti di socio ed abbia perciò pregiudicato il valore della partecipazione. Ed è ovvio che, con riguardo ad un’azione<br />

siffatta, vi sia piena competenza giurisdizionale della Corte dei conti.<br />

4.1. Sulla base dei suddetti principi la questione della giurisdizione ha semplice soluzione.<br />

La Corte dei conti ha pronunziato sentenza nei confronti degli attuali ricorrenti (omissis) per danni diretti al patrimonio<br />

delle Società, conseguenti all’aggiudicazione delle gare d’appalto, a condizioni meno vantaggiose per l’impresa<br />

appaltante ovvero al recupero da parte dell’impresa aggiudicataria della dazione illecita nel corso dell’esecuzione del<br />

contratto ovvero mediante la c.d. retrocessione dei corrispettivi contrattuali convenuti, nonché per il danno patrimoniale<br />

da disservizio costituito dalle spese sostenute dalle società (Enelpower o Enel produzione) per ripristinare l’efficienza<br />

lesa.<br />

Quanto all’(omissis), questi egualmente è stato condannato al risarcimento di danni subiti direttamente dal patrimonio<br />

della società Enelpower in relazione a consulenze, ad outsorcing e ad un contratto dell’Enelpower con la società croata<br />

Centro Promed Doo.<br />

Tutti e quattro i ricorrenti sono stati poi condannati al pagamento del danno all’immagine subito Enel s.p.a., Enel<br />

Produzione S.p.a. ed Enelpower s.p.a..<br />

Si tratta, all’evidenza, di tutti danni direttamente subiti dalla società.<br />

4.2. Ne consegue che per le domande relative a tali danni va esclusa la giurisdizione della Corte dei conti, dovendosi<br />

affermare la giurisdizione del giudice ordinario.<br />

La giurisdizione della Corte dei conti era configurabile nei confronti di chi, all’interno dell’ente pubblico partecipante,<br />

avesse omesso di adottare, essendo chiamato a farlo, un comportamento volto all’esercizio da parte del socio -pubblica<br />

amministrazione- dell’azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori, con conseguente danno della<br />

società partecipata e, dunque, dell’ente pubblico partecipante.<br />

5.l. Invece va affermata la giurisdizione delle Corte dei conti solo relativamente alla condanna di risarcimento del danno<br />

all’immagine subita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.<br />

Rientra nella giurisdizione della Corte dei conti l’azione di responsabilità per il danno arrecato all’immagine dell’ente<br />

da organi della società partecipata. Infatti, tale danno, anche se non comporta apparentemente una diminuzione<br />

patrimoniale alla pubblica amministrazione, è suscettibile di una valutazione economica finalizzata al ripristino del bene<br />

giuridico leso (Cass. civ., Sez. Unite, 02/04/2007, n. 8098).<br />

5.2. Non può essere accolta la tesi sostenuta dai ricorrenti (omissis) , secondo cui, in applicazione dell’art. 1 del d.l. n<br />

103/2009, contenente modificazioni al d.l. n. 78/2009, va dichiarato il difetto di giurisdizione per ogni tipo di danno<br />

all’immagine, in quanto tale danno potrebbe essere liquidato solo nei casi e nei modi di cui all’art. 7 1. n. 97/2001, e<br />

cioè in presenza di una sentenza penale irrevocabile di condanna per delitto contro la p.a., che nella fattispecie<br />

mancherebbe.<br />

Infatti, a parte altri rilievi, come rilevano gli stessi ricorrenti la norma nella sua formulazione letteraria fa salvi gli atti<br />

posti in essere dalla procura della Corte dei conti nel caso in cui, alla data di entrata in vigore del decreto legge<br />

convertito, fosse già intervenuta una sentenza nell’ambito del giudizio sottoposto alla cognizione del giudice contabile.<br />

6. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente (omissis) lamenta la violazione dell’art. 360 c.p.c., dell’art. 1 L.<br />

20/1994, artt. 3 e 7 1. n. 97/2001, art. 81 r.d. n. 2440/1923 e dell’art. 52 r.d.n. 1234/1214.<br />

283


Assume il ricorrente che erroneamente la sentenza impugnata ha ritenuto che egli fosse stato dipendente anche di<br />

Enelpower, avendo svolto solo funzioni per Enel produzione.<br />

7. Il motivo è inammissibile.<br />

Anche dopo l’inserimento della garanzia del giusto processo nella formulazione dell’art. 111 Cost., il sindacato delle<br />

Sezioni Unite della Corte di cassazione sulle decisioni della Corte dei conti in sede giurisdizionale continua ad essere<br />

circoscritto al controllo dell’eventuale violazione dei limiti esterni della giurisdizione del giudice contabile, ovvero<br />

all’esistenza dei vizi che attengono all’essenza della funzione giurisdizionale e non si estende al modo del suo esercizio.<br />

(Cass. Sez. Unite, 16/02/2007, n. 3615) Nella fattispecie il ricorrente prospetta profili che attengono al merito del<br />

giudizio promosso davanti alla Corte dei conti, negando il rapporto di servizio intrattenuto con Enelpower e la sua<br />

partecipazione agli illeciti in danno di società del gruppo Enel, nonché il nesso causale tra la sua condotta ed i plurimi<br />

eventi dannosi. I vizi lamentati attengono, quindi, a pretesi errores in iudicando della Corte dei conti, per cui la loro<br />

prospettazione è inammissibile in questa sede.<br />

8. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente incidentale (omissis) lamenta la carenza di giurisdizione della Corte dei<br />

conti per violazione delle disposizioni che disciplinano l’ambito della giurisdizione contabile nei confronti di<br />

collaboratori esterni consulenti di s.p.a. aventi natura pubblicistica (art. 1 1. n. 20/1994; artt. 3 e 7 1. n. 97/2001, art. 81<br />

r.d. n. 2440/1923; art. 52 r.d. n. 1214/1934). Assume il ricorrente che all’epoca dei fatti oggetto di causa egli non era<br />

dipendente di EPW, ma era legato ad essa solo da un contratto di collaborazione e poi di consulenza, donde il difetto di<br />

giurisdizione della Corte dei conti nei suoi confronti.<br />

9.1. Il motivo è infondato.<br />

In tema di responsabilità per danno erariale, l’esistenza di un rapporto di servizio, quale presupposto per un addebito di<br />

responsabilità al detto titolo, non è limitata al rapporto organico o al rapporto di impiego pubblico, ma è configurabile<br />

anche quando il soggetto, benché estraneo alla Pubblica Amministrazione, venga investito, anche di fatto, dello<br />

svolgimento, in modo continuativo, di una determinata attività in favore della Pubblica Amministrazione, con<br />

inserimento nell’organizzazione della medesima, e con particolari vincoli ed obblighi diretti ad assicurare la<br />

rispondenza dell’attività stessa alle esigenze generali cui è preordinata. (Cass. Sez. Unite, 12/03/2004, fl. 5163; Cass.<br />

S.U. n. 19661/2003)<br />

9.2. Nella fattispecie la sentenza impugnata ha ravvisato tale inserimento dell’(omissis) nell’organizzazione della s.p.a.<br />

Enelpower, con l’assunzione di vincoli ed obblighi funzionali, poichè questi agiva nell’espletamento dell’attività<br />

consulenziale per conto di Enelpower , sulla base di lettera di incarico e di due disposizioni interne.<br />

Ne consegue che le censure mosse dal ricorrente sul punto attengono a vizi in iudicando che non possono trovare<br />

ingresso in questa sede, poiché rientrano nei limiti interni della giurisdizione, estranei al sindacato di questa Corte di<br />

cassazione (Cass. civ. (Ord.) , Sez. Unite, 16/12/2008, n. 29348)<br />

10. In definitiva va accolto, nei termini di cui in motivazione, il primo motivo di ricorso, per cui va dichiarato il difetto<br />

di giurisdizione della Corte dei conti in merito alla domanda proposta dalla Procura della Corte dei conti limitatamente<br />

ai soli danni attinenti alle società, con esclusione della domanda attinente al risarcimento del danno all’immagine subita<br />

dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Vanno rigettati i restanti motivi dei ricorsi del (omissis) e dell’(omissis).<br />

Va cassata senza rinvio, in relazione al motivo accolto, l’impugnata sentenza.<br />

Esistono giusti motivi per compensare per intero tra le parti, le spese del giudizio di cassazione.<br />

P.Q.M.<br />

Riunisce i ricorsi. Accoglie, nei termini di cui in motivazione, il primo motivo di ciascun ricorso. Dichiara il difetto di<br />

giurisdizione della Corte dei conti limitatamente ai soli danni attinenti al patrimonio delle società. Rigetta i restanti<br />

motivi dei ricorsi del (omissis) e dell’(omissis). Cassa senza rinvio, in relazione al motivo accolto, l’impugnata<br />

sentenza.<br />

Compensa per intero tra le parti, le spese del giudizio di cassazione.<br />

Così deciso in Roma, lì 27 ottobre 2009.<br />

284


Depositata in cancelleria il 19 dicembre 2009.<br />

285


GIURISDIZIONE SULLA PROCEDURA DI SCELTA DEL SOCIO INDUSTRIALE DI SOCIETA’<br />

PUBBLICA<br />

CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - sentenza 18 dicembre 2009 n. 8376<br />

Pres. Branca, Est. Carlotti - Auto Guidovie Italiane s.p.a. (Avv.ti Domenichelli, Bigolaro, Zanchetta e Manzi) c. Società<br />

Pubblica Trasporti s.p.a. (Avv.ti Sica e Protto), FNM s.p.a. (Avv.ti Sciumè, Bombelli, Tassan Mazzocco e Clarizia) ed<br />

ASF Autolinee s.r.l. (n.c.) - (annulla con rinvio T.A.R. Lombardia - Milano, Sez. I, sentenza 17 giugno 2008, n. 2065).<br />

Giurisdizione e competenza - Servizi pubblici - Società per azioni a capitale pubblico - Affidataria di servizio<br />

pubblico - Aumento di capitale per ingresso di socio privato operativo - Controversie in materia - Giurisdizione<br />

amministrativa - Sussiste - Inapplicabilità del principio nel caso di ingresso nel capitale della società di un<br />

soggetto privato finanziatore o che comunque non partecipa alla gestione o allo svolgimento del servizio affidato.<br />

Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo - il quale è giudice naturale di tutte le attività<br />

amministrative autoritative, anche se poste in essere tramite soggetti formalmente privati, ma controllati o<br />

dominati da pubbliche amministrazioni - una procedura volta ad aprire ad un socio operativo privato il capitale<br />

di una società pubblica già affidataria di un servizio pubblico, attraverso un'operazione straordinaria di vendita<br />

di quote o di aumento di capitale, cosicché risulti modificato, per effetto di detta operazione, l'assetto soggettivo<br />

della gestione, atteso che tale procedura costituisce comunque una modifica dell’assetto soggettivo della gestione,<br />

e integra un diverso affidamento del servizio: essa pertanto configura un’attività connotata da autoritatività, a<br />

fronte della quale si stagliano interessi legittimi dei soggetti coinvolti, e deve svolgersi attraverso procedure di<br />

evidenza pubblica. Esorbita invece dalla giurisdizione amministrativa ogni altra vicenda in cui una società<br />

affidataria di un servizio riceva apporti al proprio capitale da parte di soggetti privati che siano meri<br />

finanziatori, ossia non aventi le caratteristiche di soci industriali, o i quali comunque non partecipino<br />

direttamente alla gestione o allo svolgimento del servizio affidato (1).<br />

----------------------------------<br />

(1) La sentenza in rassegna, nel ritenere la sussistenza nella specie della giurisdizione amministrativa, che era stata negata dal giudice<br />

di primo grado, ha affermato i seguenti principi:<br />

a) l'art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 163/2006 (secondo cui, nel caso di società miste per la realizzazione e/o gestione di un'opera<br />

pubblica o di un servizio, la scelta del socio privato avviene con procedure di evidenza pubblica) si applica anche nell'ipotesi in cui<br />

una società mista, ove pure non originariamente tale, apra il proprio capitale all'apporto di un socio privato industriale attraverso<br />

un'operazione straordinaria di vendita di quote o di aumento di capitale, cosicché risulti modificato, per effetto di detta operazione,<br />

l'assetto soggettivo della gestione;<br />

b) ogniqualvolta - attraverso il ricorso ad operazioni di carattere straordinario destinate a mutare la compagine di una società che<br />

abbia ottenuto l'affidamento diretto o tramite gara di un servizio pubblico - si pervenga al risultato di dar vita a una società mista<br />

oppure, alternativamente, al risultato di modificare il profilo soggettivo del gestore del servizio pubblico già affidato (mediante<br />

l'associazione al capitale e alla gestione di nuove figure imprenditoriali o la sostanziale sostituzione delle imprese originariamente<br />

affidatarie), allora si realizza in via derivata anche un diverso affidamento del servizio pubblico;<br />

c) l'affidamento di un servizio, quand'anche realizzato attraverso la costituzione, originaria o successiva, di una società mista con<br />

socio privato operativo, è un'attività sempre connotata da autoritatività a fronte della quale si stagliano interessi legittimi dei soggetti<br />

coinvolti e, come tale, esso soggiace anche all'osservanza delle regole pubblicistiche e si deve necessariamente svolgere attraverso<br />

procedure di evidenza pubblica, governate dai principi del diritto interno e sovranazionale;<br />

d) sulle vicende descritte nei precedenti punti, la giurisdizione spetta al giudice amministrativo, in quanto giudice naturale di tutte le<br />

attività amministrative autoritative - qualunque siano gli strumenti giuridici utilizzati - seppure poste in essere per tramite di soggetti<br />

formalmente privati, ma controllati o dominati da pubbliche amministrazioni;<br />

e) esorbita invece dalla giurisdizione amministrativa, non configurandosi come un partenariato pubblico-privato cosiddetto<br />

«istituzionalizzato» (PPPI), ogni altra vicenda in cui una società affidataria di un servizio riceva apporti al proprio capitale da parte di<br />

soggetti privati che siano meri finanziatori, ossia non aventi le caratteristiche di soci industriali, o i quali comunque non partecipino<br />

direttamente alla gestione o allo svolgimento del servizio affidato.<br />

286


Commento di<br />

ALESSIA MEGGIOLARO<br />

Necessità di gara e sussistenza della giurisdizione amministrativa per la scelta del socio operativo<br />

di una società pubblica affidataria di un servizio<br />

Con l’ampia e assai curata pronuncia in rassegna, il Consiglio di Stato, nel riformare una precedente sentenza del<br />

TAR Lombardia, compie alcune importanti affermazioni sulle regole che le pubbliche amministrazioni devono seguire<br />

nelle operazioni societarie volte a dare ingresso a soggetti privati nel mondo dei servizi pubblici locali; e riconosce la<br />

giurisdizione del giudice amministrativo al riguardo (rinviando conseguentemente la causa al Giudice di primo grado,<br />

che l’aveva esclusa).<br />

La vicenda riguarda la procedura con cui SPT spa – una società interamente pubblica, partecipata dal Comune di<br />

Como, dalla Provincia di Como, dalla Provincia di Lecco e da un Consorzio di trasporti, pubblico anch’esso – ha<br />

individuato un soggetto privato interessato ad acquistare una quota di minoranza (49%) di una propria società (SPT<br />

Linea), e ciò attraverso il meccanismo della sottoscrizione di un aumento di capitale con esclusione del diritto di<br />

opzione. SPT Linea, in virtù di precedenti contratti con i soci pubblici di SPT (Provincia e Comune di Como), già<br />

provvedeva ai servizi di trasporto pubblico locale in tali aree; e per la gestione di tali servizi si era dunque ritenuto di<br />

procedere alla ricerca di un partner industriale.<br />

La procedura seguita da SPT era stata censurata da altro soggetto che vi aveva partecipato senza essere prescelto;<br />

ma SPT e SPT Linea avevano replicato che la procedura svolta era stata del tutto informale, dato che nessuna legge<br />

imponeva loro di seguire procedure di gara per la selezione del partner privato.<br />

Il TAR Lombardia, in primo grado, aveva accolto tale impostazione, dichiarando conseguentemente il proprio<br />

difetto di giurisdizione. Esso aveva, in particolare, rilevato che "la scelta del socio è attratta alla giurisdizione del g.a.<br />

solo in quanto la stessa si configuri quale modalità di affidamento del servizio"; mentre invece, nella fattispecie, il<br />

servizio era già stato precedentemente conferito a SPT Linea, e dunque "l’area dell’autoritatività si è esaurita, e con<br />

essa la giurisdizione del .g.a.". Insomma, secondo il TAR Lombardia vi era stata una "disarticolazione" tra<br />

l’attribuzione del servizio a SPT Linea, avvenuta in precedenza con gara pubblica, e la successiva scelta del socio<br />

privato; e tale disarticolazione escludeva la giurisdizione del Giudice amministrativo sulla seconda fase.<br />

Il Consiglio di Stato ha riformato la sentenza di primo grado, sulla scorta di un percorso argomentativo assai<br />

articolato.<br />

L’art. 1, co. 2, del Codice dei contratti viene individuato nella pronuncia come norma dichiarativa di un principio<br />

generale, già peraltro affermatosi nell’ordinamento interno, secondo il quale la scelta del socio privato di società miste<br />

che siano affidatarie di servizi pubblici deve sempre avvenire con procedure di evidenza pubblica; e ciò in conformità al<br />

diritto sopranazionale (e, in specie, al diritto comunitario in tema di partenariati pubblico-privati).<br />

Tale principio generale risponde del resto, ad avviso del Consiglio di Stato, ad evidenti esigenze di natura<br />

sostanziale: se il socio da scegliere non è un mero finanziatore, ma un socio operativo (come nel caso), allora è indubbio<br />

che attraverso la sua partecipazione al capitale sociale si realizza una "circolazione dell’affidamento", giacché si<br />

concretizza l’"attribuzione all’esterno del circuito pubblicistico di un’utilità economicamente valutabile". Insomma, il<br />

risultato è la gestione da parte di un soggetto privato, attraverso la partecipazione ad una società a partecipazione<br />

pubblica, di un servizio pubblico: e a tale risultato non si può giungere senza il rispetto delle procedure pubblicistiche.<br />

Così, appunto, nel caso di specie, giacché SPT si era rivolta al mercato non per reperire capitali di rischio, ma al<br />

preciso scopo di assicurare alla propria società SPT Linea un partner operativo in grado di gestire i servizi di trasporto<br />

già in precedenza acquisiti da SPT Linea.<br />

Certo, vi è stata la "disarticolazione" – rilevata dal Giudice di primo grado – tra il momento dell’affidamento dei<br />

servizi a SPT Linea e il momento in cui quest’ultima è divenuta una società mista (con l’ingresso del socio privato).<br />

Ma, ad avviso del Consiglio di Stato, "l’autoritatività è sempre immanente nella scelta del socio privato quando questi<br />

faccia ingresso, nella veste e con i compiti del socio operativo, in una società in mano pubblica che sia anche<br />

affidataria di un pubblico servizio, senza che possa rilevare in contrario il momento in cui detto ingresso si perfezioni".<br />

287


E da ciò consegue – come coerentemente conclude la pronuncia in esame – che sull’operazione che conduce alla<br />

scelta del socio privato e alla gestione del servizio da parte sua la giurisdizione spetti al Giudice amministrativo, in<br />

quanto giudice naturale di tutte le attività amministrative autoritative.<br />

N.8376/09 REG.DEC.<br />

ha pronunciato la seguente<br />

REPUBBLICA ITALIANA<br />

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO<br />

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione<br />

DECISIONE<br />

sul ricorso in appello n. 7563 del 2008 proposto da AUTO GUIDOVIE ITALIANE S.P.A., costituitasi in persona del<br />

legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Vittorio Domenichelli, Stefano Bigolaro, Riccardo<br />

Maria Zanchetta e Luigi Manzi, elettivamente domiciliata in Roma, via Confalonieri, n. 5, presso lo studio dell'ultimo<br />

difensore nominato;<br />

contro<br />

la SOCIETA' PUBBLICA TRASPORTI S.P.A., costituitasi in persona del Presidente del Consiglio di amministrazione<br />

e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Marco Sica e Mariano Protto, elettivamente<br />

domiciliata in Roma, via Chelini, n. 10, presso lo studio del secondo difensore nominato;<br />

e nei confronti<br />

della FNM S.P.A., della S.A.B. AUTOSERVIZI S.R.L. E della OMNIBUS PARTECIPAZIONI S.R.L., costituitesi in<br />

persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avv.ti Alberto Sciumè, Stefano<br />

Bombelli, Danilo Tassan Mazzocco e Angelo Clarizia, elettivamente domiciliate in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2,<br />

presso lo studio dell'ultimo difensore nominato;<br />

della ASF AUTOLINEE S.R.L., già S.P.T. LINEA S.R.L.,<br />

non costituitasi in giudizio;<br />

e anche nei confronti<br />

per l'annullamento<br />

della sentenza n. 2065 del 17 giugno 2008 pronunciata dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, sede di<br />

Milano, sez. I;<br />

Visto il ricorso con i relativi allegati;<br />

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate;<br />

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;<br />

Visti gli atti tutti della causa;<br />

Designato relatore il consigliere Gabriele Carlotti;<br />

288


Uditi alla pubblica udienza del 5 giugno 2009 l’avv. Manzi, per l'appellante, l'avv. Protto per la Società pubblica<br />

trasporti S.p.A. e l'avv. Clarizia per le altre società costituite;<br />

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.<br />

FATTO E DIRITTO<br />

1. - Viene in decisione l'appello interposto dalla Auto Guidovie Italiane S.p.A. (d'ora innanzi "AGI") contro la sentenza,<br />

di estremi specificati in epigrafe, con la quale il T.a.r. della Lombardia ha dichiarato inammissibile il ricorso promosso<br />

in prime cure dall'odierna appellante per difetto della giurisdizione amministrativa.<br />

2. - Si sono costituite, per resistere all'appello, la Società pubblica trasporti S.p.A. (nel prosieguo "STP"), nonché la<br />

FNM S.p.A. (dipoi "FNM"), la S.A.B. Autoservizi S.r.l. (in seguito "SAB") e la Omnibus Partecipazioni S.r.l..<br />

3. - All'udienza pubblica del 5 giugno 2009 il ricorso è stato trattenuto in decisione.<br />

4. - Giova premettere alla successiva esposizione una succinta ricostruzione della vicenda sulla quale si è innestata la<br />

presente controversia.<br />

5. - Nel 2006 la STP - società per azioni a capitale interamente pubblico, partecipata dal Comune di Como, dalla<br />

Provincia di Como, dalla Provincia di Lecco e dal Consorzio Pubblici Trasporti – indisse una gara informale per la<br />

sottoscrizione di un aumento di capitale, per una significativa quota di minoranza (fino al 49%), della controllata S.P.T.<br />

Linea S.r.l. (d'ora in poi "Linea"), divenuta affidataria, a seguito di procedure di evidenza pubblica, di servizi di<br />

trasporto pubblico locale.<br />

La Linea è controllata al 99,91% dalla SPT (con la residua, minimale partecipazione di Ferrovienord S.p.A.).<br />

6. - La gara fu aggiudicata al raggruppamento costituito tra SAB e FNM; la AGI si collocò al secondo posto.<br />

7. - Il contratto tra la STP e il raggruppamento resosi aggiudicatario fu stipulato il 21 giugno 2007.<br />

8. - La AGI adì il T.a.r. della Lombardia onde ottenere, tra l'altro, l'annullamento del verbale del Consiglio di<br />

amministrazione della STP recante l'approvazione degli atti della gara.<br />

9. - Il T.a.r. dichiarò, tuttavia, l'inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione.<br />

10. - L'articolato itinerario decisorio percorso dal primo Giudice è così ricostruibile:<br />

a) la STP non è un ente pubblico in forma societaria, pertanto il fondamento dell'eventuale giurisdizione amministrativa<br />

va ricercato in una specifica previsione normativa che abbia esteso il tradizionale ambito soggettivo di detta juris dictio;<br />

b) tale previsione va rinvenuta nel combinato disposto degli artt. 1, comma 2, e 244, comma 1, del D.Lgs. n. 163/2006,<br />

dal momento che la prima disposizione citata si applica anche al caso di una società mista che già operi quale affidataria<br />

di un servizio pubblico e che, nondimeno, intenda aprire il proprio capitale all'ingresso di privati;<br />

c) nella fattispecie la STP non era però tenuta, ai sensi del sunnominato art. 1, comma 2, a indire una procedura di<br />

evidenza pubblica, in quanto i servizi di trasporto pubblico locale (TPL) erano stati già affidati alle Linea, mentre la<br />

gara contestata era unicamente volta a individuare un socio di minoranza e, quindi, essa si configurava come<br />

un'operazione del tutto scevra di risvolti pubblicistici;<br />

d) invero, è soltanto l'affidamento del servizio pubblico, inteso quale atto autoritativo, che giustifica l'attribuzione al<br />

giudice amministrativo di una giurisdizione sulle procedure di scelta del socio privato delle società miste;<br />

e) la scelta del socio privato, inoltre, è una vicenda attratta nell'ambito della giurisdizione amministrativa solo quando<br />

attraverso di essa si realizzi una modalità di affidamento del servizio;<br />

289


f) per contro, qualora l'affidamento del servizio e la scelta del socio si presentino disarticolati, sia sul piano soggettivo<br />

sia sul versante temporale, allora si determina l'impossibilità di una riemersione di momenti autoritativi ormai esauriti,<br />

con conseguente e definitiva fuoriuscita di ogni eventuale controversia dall'alveo della giurisdizione amministrativa.<br />

11. - Il ragionamento sviluppato dal T.a.r., il cui impianto logico poggia implicitamente sulla sentenza n. 204/2004 della<br />

Corte costituzionale nonché su alcune suggestioni tratte dal parere della n. 456/2007 della Seconda Sezione e dalla<br />

decisione n. 1/2008 dell'Adunanza plenaria di questo Consiglio, è stato criticato dall'AGI con plurime argomentazioni.<br />

In via devolutiva l'appellante ha riproposto anche i motivi non esaminati dal Tribunale.<br />

12. - Dal canto loro, le appellate hanno invece sostenuto la correttezza della pronuncia impugnata.<br />

13. - Merita, ovviamente, prioritario scrutinio il mezzo di gravame incentrato sull'affermazione, nella fattispecie, della<br />

giurisdizione declinata dal T.a.r..<br />

La questione è pregiudiziale e dirimente rispetto ad ogni altro aspetto della controversia. Ed invero, qualora fosse<br />

confermata, sul punto, la sentenza impugnata non vi sarebbe spazio alcuno per la trattazione di altri profili della<br />

controversia; specularmente, laddove fosse invece annullata la decisione, allora dovrebbe rimettersi al Tribunale<br />

lombardo lo scrutinio di tutti gli altri aspetti del contenzioso non esaminati in primo grado, a cominciare dalle eccezioni<br />

di inammissibilità del primitivo ricorso (per motivi diversi dalla giurisdizione).<br />

14. - Tanto premesso, può anticiparsi che il Collegio ritiene di dover annullare la sentenza gravata, disponendo il rinvio<br />

della controversia al primo Giudice ai sensi dell'art. 35 della L. n. 1034/1971; contrariamente a quanto statuito dal T.a.r.<br />

la lite appartiene infatti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.<br />

15. - Onde illustrare le ragioni di tale convincimento, occorre muovere dai formanti indicati dal Tribunale alla stregua di<br />

altrettante norme fondative, nello specifico, della juris dictio amministrativa. Al riguardo il Collegio ritiene che la<br />

selezione delle disposizioni rilevanti, operata in sentenza, sia corretta, ma incompleta. Difatti, ancorché non rilevi il<br />

combinato disposto degli artt. 210 e 23 del Codice dei contratti pubblici (dal quale si ricava l'estraneità rispetto al<br />

campo di applicazione del decreto dei soli appalti relativi alla prestazione di un servizio pubblico), merita di esser<br />

richiamato anche il D.Lgs. n. 422/1997 (e non già l'art. 113 del D.Lgs. n. 267/2000, impropriamente citato dal T.a.r.; si<br />

veda, sul punto, il comma 1-bis del predetto art. 113), che reca la disciplina sostanziale dei servizi di TPL.<br />

16. - Detti servizi, seppure regolati da contratti di servizio (art. 18, comma 1, del D.Lgs. n. 422/1997), sono oggetto di<br />

un rapporto di natura concessoria.<br />

Essi inoltre sono affidati con procedure di evidenza pubblica, in conformità alla normativa comunitaria e nazionale sugli<br />

appalti pubblici di servizio (tanto si ricava dall'art. 18 del citato decreto).<br />

17. - Appartiene dunque al novero delle norme che radicano la giurisdizione amministrativa esclusiva sui servizi di TPL<br />

e sulle relative procedure di affidamento, in aggiunta agli artt. 1 e 244 del D.Lgs. n. 163/2006 (si veda l'allegato II al<br />

decreto che contempla vari servizi di trasporto), anche l'art. 33 del D.Lgs. n. 80/1998; i relativi contratti di servizio sono<br />

peraltro attratti alla medesima giurisdizione in forza dell'art. 11 della L. n. 241/1990.<br />

18. - L'art. 33 del D.Lgs. n. 80/1998, nel testo riscritto dalla Corte costituzionale, attribuisce al giudice amministrativo,<br />

le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti<br />

indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal<br />

gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo disciplinato dalla legge 7 agosto 1990, n. 241,<br />

ovvero ancora relative all'affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore,<br />

nonché quelli afferenti alla vigilanza sul credito, sulle assicurazioni e sul mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai<br />

trasporti, alle telecomunicazioni e ai servizi di cui alla legge 14 novembre 1995, n. 481.<br />

19. - Vale ricordare, a tal proposito, che questo Consiglio ha avuto occasione per ribadire (tra le molte, si ricorda la<br />

decisione della Sesta Sezione, 27 febbraio 2006 , n. 838) che le controversie attinenti alla materia dei trasporti<br />

continuano a ricadere, anche a seguito della nuova formulazione del predetto art. 33, nella sfera di giurisdizione<br />

esclusiva del giudice amministrativo, poiché in tale settore vi è sempre e comunque esercizio di un potere autoritativo<br />

da parte della pubblica amministrazione.<br />

20. - E' poi incontestato che il D.Lgs. n. 422/1997 contempla, tra le varie modalità di gestione dei servizi di TPL, le<br />

società miste (si veda, sul punto, ancora l'art. 18 summenzionato).<br />

290


21. - L'art. 1, comma 2, del Codice dei contratti pubblici viene in rilievo come norma dichiarativa di un principio<br />

generale, già peraltro affermatosi nell'ordinamento interno (mercé il D.P.R. 533/1996, attuativo dell'art. 12 della L. n.<br />

498/1992, ora rifluito nell'art. 116 del D.Lgs. n. 267/2000; l'art. 6, comma 2, della L. n. 205/2000, recepito nell'art. 244<br />

del Codice dei contratti, nonché, per quanto concerne la giurisprudenza, la decisione di questa Sezione n. 2516/2003,<br />

insieme a numerose altre), secondo il quale la scelta di socio privato di società miste, a partecipazione pubblica anche<br />

minoritaria, che siano affidatarie di servizi pubblici, deve sempre avvenire con procedure di evidenza pubblica.<br />

22. - Tale approdo è, del resto, conforme al diritto sopranazionale in materia di partenariati pubblico-privati<br />

istituzionalizzati (PPPI), dei quali la società mista è una tipica epifania. Vale richiamare, sul punto, la Comunicazione<br />

interpretativa della Commissione europea sull'applicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle<br />

concessioni ai partenariati pubblico-privati istituzionalizzati (PPPI), pubblicata sulla G.U. C 91 del 12 aprile 2008 (5<br />

febbraio 2008, C-2007/6661), là dove si è osservato che: "Nel diritto comunitario, le autorità pubbliche sono ... libere di<br />

esercitare in proprio un'attività economica o di affidarla a terzi, ad esempio ad entità a capitale misto costituite<br />

nell'ambito di un partenariato pubblico-privato. Tuttavia, se un soggetto pubblico decide di far partecipare un soggetto<br />

terzo all'esercizio di un'attività economica a condizioni che configurano un appalto pubblico o una concessione, è tenuto<br />

a rispettare le disposizioni del diritto comunitario applicabili in materia. L'obiettivo di tali disposizioni è permettere a<br />

tutti gli operatori economici interessati di concorrere all'aggiudicazione di appalti pubblici e concessioni a condi-zioni<br />

eque e trasparenti nello spirito del mercato interno europeo, elevando in tal modo la qualità di questo tipo di progetti e<br />

riducendone i costi grazie ad una maggiore concorrenza. Dalla consultazione pubblica sul Libro verde relativo ai<br />

partenariati pubblico-privati ed al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni è emersa la necessità<br />

concreta di chiarire l'applicazione di tali regole nel caso dei partenariati pubblico-privati cosiddetti «istituzionalizzati»<br />

(PPPI). Per partenariato pubblico-privato istituzionalizzato la Commissione intende la cooperazione tra partner pubblici<br />

e privati che costituiscono un'entità a capitale misto per l'esecuzione di appalti pubblici o di concessioni. L'apporto<br />

privato alle attività del PPPI consiste, a parte il conferimento di capitali o altri beni, nella partecipazione attiva<br />

all'esecuzione dei compiti assegnati all'entità a capitale misto e/o nella gestione di tale entità. Al contrario, il semplice<br />

conferimento di fondi da parte di un investitore privato ad un'impresa pubblica non costituisce un PPPI.".<br />

Inoltre, in tal senso dispone oggi anche l'art. 3, comma 15-ter, del Codice dei contratti pubblici, introdotto dal c.d. "terzo<br />

correttivo".<br />

23. - Per riassumere tutto quanto finora osservato, può dunque affermarsi che:<br />

- rientrano nella giurisdizione amministrativa esclusiva, per il convergere di plurime indicazioni normative e<br />

giurisprudenziali, tutte le controversie in materia di affidamento di servizi di TPL;<br />

- per la scelta del socio privato delle società miste affidatarie di tali servizi, occorre rispettare le procedure di evidenza<br />

pubblica.<br />

24. - Le conclusioni testé rassegnate sono, peraltro, rafforzate dall'obiettiva disamina delle conseguenze di natura<br />

"sostanziale" prodotte dall'ingresso di un socio privato in una società mista che gestisca un servizio pubblico.<br />

In effetti, qualora detto socio non sia un mero finanziatore, ma presenti le caratteristiche di un socio "operativo" o<br />

"industriale", allora è indubbio che, attraverso la sua partecipazione al capitale sociale, si realizzi anche un parallelo<br />

fenomeno di circolazione dell'affidamento. Ricorre pertanto, anche in tale ipotesi, l'esigenza di osservare i principi di<br />

pubblicità, trasparenza, non discriminazione, parità di trattamento e concorrenza immanenti in ogni vicenda in cui si<br />

abbia l'attribuzione, all'esterno del circuito pubblicistico, di un'utilità economicamente valutabile (argomenti, in tal<br />

senso, si ricavano da numerose altre previsioni di carattere generale, quali, ad esempio, gli artt. 30 del D.Lgs. n.<br />

163/2006 e 12 della L. n. 241/1990).<br />

25. - Bisogna ora verificare se il quadro sopra delineato si attagli anche al caso in esame.<br />

26. - Ad avviso del Collegio si deve prendere l'abbrivo da un fondamentale dato di fatto, ossia che l'aumento di capitale,<br />

senza diritto di opzione, nella Linea, è stato promosso dalla SPT al precipuo fine di selezionare soggetti privati in grado<br />

di "contribuire, tramite il loro coinvolgimento nella gestione, alla crescita e allo sviluppo" (v. l'"invito a manifestare<br />

interesse") della propria controllata. Non è un caso, invero, che i partecipanti alla gara fossero imprese operanti nel<br />

settore dei trasporti.<br />

27. - E' pertanto indiscutibile che la SPT si sia rivolta al mercato, non già per reperire capitali di rischio, ma al preciso<br />

scopo di associare alla Linea un partner operativo (industriale), in grado di concorrere alla gestione dei servizi di TPL<br />

291


su gomma già affidati alla Linea da alcune delle stesse amministrazioni locali controllanti la SPT (ossia la Provincia e il<br />

Comune di Como).<br />

28. - Riguardata la vicenda da questa prospettiva, emerge con evidenza la circostanza che, attraverso la sottoscrizione<br />

dell'aumento di capitale, la SPT ha inteso realizzare, nei fatti, un sub-affidamento dei servizi di TPL.<br />

29. - Sebbene quello appena descritto sia l'indubbio effetto, sopra definito "sostanziale", dell'intera operazione societaria<br />

straordinaria della quale si controverte, il Collegio non ignora che la fattispecie concreta presenti talune peculiarità.<br />

Segnatamente:<br />

- la SPT non è un'amministrazione pubblica;<br />

- la SPT non è l'affidante dei servizi gestiti dalla Linea;<br />

- l'ingresso dei soci privati nella Linea non si è avuto contestualmente alla costituzione della società né in occasione<br />

dell'affidamento dei servizi di TPL succitati, ma in epoca successiva; si è verificata cioè quella disarticolazione, sia<br />

soggettiva sia cronologica, alla quale ha accennato il primo Giudice.<br />

30. - Il Collegio è tuttavia dell'opinione che nessuna delle richiamate circostanze valga ad escludere la riconducibilità<br />

della vicenda entro l'ambito della giurisdizione amministrativa esclusiva.<br />

31. - La SPT, benché non sia un'amministrazione pubblica, è comunque una società totalmente partecipata da<br />

amministrazioni pubbliche locali.<br />

La forma societaria non può però far velo alla pubblicità reale della sua attività (almeno di quella parte di attività ora<br />

sottoposta al vaglio giurisdizionale). Il ricorso a schemi organizzativi di tipo privatistico non oscura difatti il dato<br />

sostanziale rappresentato dal concreto esercizio di poteri autoritativi, consistiti nell'affidamento, in via mediata, di<br />

servizi pubblici.<br />

In questo senso depongono, d'altronde, molte previsioni del Codice dei contratti pubblici applicabili, come noto, anche<br />

agli organismi di diritto pubblico e alle imprese pubbliche (e imprese pubbliche sono sicuramente sia la SPT sia la<br />

Linea, anche all'indomani dell'aumento di capitale).<br />

L'uso degli schermi societari non può, d'altra parte, risolversi in un "abuso" della personalità (o della soggettività)<br />

giuridica tale da sottrarre l'attività delle amministrazioni al dominio della legge e all'osservanza delle vincolanti e<br />

imperative discipline per esse dettate.<br />

Diversamente opinando si aprirebbero le porte a gravi elusioni del principio di legalità amministrativa, del tutto<br />

inaccettabili in uno Stato di diritto che riconosce nell'art. 97 Cost. l'essenziale statuto delle pubbliche amministrazioni.<br />

Anche l'attività amministrativa concretantesi nella costituzione e nella gestione di società di capitali, ogniqualvolta essa<br />

si risolva nell'esercizio (ove pure indiretto) di potestà autoritative pubbliche, è e rimane "attività funzionalizzata" (sulla<br />

"funzionalizzazione" si richiama il recente precedente della Sezione n. 1365/2009) e, come tale, soggiace anche alla<br />

disciplina pubblicistica che le è propria.<br />

Non bisogna invero confondere lo strumentario giuridico utilizzato, nella specie il diritto commerciale societario, con i<br />

poteri esercitati.<br />

L'ordinamento amministrativo attuale, in cui molteplici e sofisticate sono ormai le manifestazioni della<br />

"privatizzazione", offre del resto numerosi esempi in cui alla veste formale civilistica del soggetto agente si<br />

accompagna, in realtà, l'esercizio di poteri indiscutibilmente pubblicistici.<br />

Quand'anche svolta secondo moduli organizzativi di tipo privatistico, l'attività amministrativa autoritativa non muta<br />

tuttavia la sua essenza e deve sempre perseguire "i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di<br />

efficacia, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla ... legge ..., nonché dai principi<br />

dell'ordinamento comunitario" (art. 1 della L. n. 241/1990).<br />

292


Il principio, testé enunciato, è tanto più valido del settore degli appalti e delle concessioni di servizi, in cui assai<br />

variegato è il catalogo dei soggetti affidanti.<br />

32. - Nemmeno rileva, contro l'affermazione della giurisdizione amministrativa, il fatto che non sia stata la SPT ad aver<br />

affidato alla controllata Linea i servizi di TPL da quest'ultima gestiti.<br />

Si è già osservato, al riguardo, che l'aumento di capitale ha comportato un sub-affidamento di un servizio: l'unica<br />

particolarità è che la circolazione del servizio, ossia il suo affidamento di secondo grado, è stata decisa e attuata dalle<br />

amministrazioni pubbliche locali che indirettamente – cioè attraverso l'intermediazione di SPT - controllano la Linea.<br />

La circostanza che la SPT non sia l'affidataria del servizio non cambia la "sostanza" dell'operazione posta in essere né<br />

incide sulla natura dell'utilitas e, per certi versi, del munus fatto circolare. E' indubbiamente l'oggetto di tale<br />

circolazione (ossia il servizio affidato) più che la forma organizzativa del soggetto che la realizza a scriminare la<br />

disciplina applicabile, anche sul piano del riparto giurisdizionale.<br />

L'esistenza di una non obliterabile "pubblicità reale" al di sotto delle apparenze privatistiche è d'altronde un fenomeno<br />

da lungo tempo noto alla giurisprudenza costituzionale, civile, contabile e amministrativa (si pensi, solo per citare uno<br />

dei precedenti più rilevanti, alla celeberrima sentenza della Corte costituzionale, 28 dicembre 1993, n. 466) e pure<br />

diffusamente disciplinato da molti plessi normativi vigenti (uno per tutti il Codice dei contratti pubblici, ma può<br />

spaziarsi dagli artt. 1, comma 1-ter, e 23 della L. n. 241/1990 fino al recente art. 16-bis della L. n. 248/2007).<br />

Si ignora se le amministrazioni pubbliche locali che ebbero ad affidare i servizi alla Linea (in parte soggettivamente<br />

coincidenti con i soci della SPT) abbiano, o no, imposto a quest'ultima vincoli al mutamento della propria compagine<br />

societaria, ma quand'anche divieti del genere non siano stati stabiliti, viene comunque in rilievo - e si tratta di una<br />

rilevanza assorbente - che nel caso in esame si è comunque attuato un affidamento, dipendente da quello<br />

originariamente perfezionatosi in capo alla Linea e a questo avvinto da un nesso di collegamento e di derivazione.<br />

Orbene, come ha giustamente affermato il T.a.r., il ricorso alle procedure di evidenza pubblica si giustifica<br />

ogniqualvolta si abbia affidamento di un servizio; ne consegue che anche nel caso di specie, in cui un affidamento, sia<br />

pur del tipo sopra descritto, ha avuto luogo, la SPT avrebbe dovuto far applicazione delle discipline sull'evidenza<br />

pubblica.<br />

33. - Le considerazioni appena svolte valgono anche per la terza peculiarità della vicenda, ossia per quella<br />

"disarticolazione" alla quale si è già accennato e che maggiormente è stata valorizzata dal T.a.r. come elemento per<br />

declinare la giurisdizione amministrativa.<br />

La scissione tra l'affidamento del servizio e la successiva trasformazione della Linea in società mista (rectius, il<br />

successivo incremento della quota del capitale privato) non ha affatto determinato, siccome ritenuto dal T.a.r., un<br />

esaurimento del momento autoritativo. L'autoritatività è sempre immanente nella scelta del socio privato quando questi<br />

faccia ingresso, nella veste e con i compiti del socio operativo, in una società in mano pubblica che sia anche affidataria<br />

di un pubblico servizio, senza che possa rilevare in contrario il momento in cui detto ingresso si perfezioni.<br />

Del tutto condivisibilmente, peraltro, il T.a.r. della Lombardia ha sostenuto che l'art. 1, comma 2, del Codice dei<br />

contratti pubblici richiede un'interpretazione estensiva, dovendo la disposizione trovare applicazione anche nelle ipotesi<br />

in cui una società già operi come affidataria di un servizio.<br />

Da tale premessa però il primo Giudice avrebbe dovuto trarre coerenti conclusioni anche sul piano della giurisdizione.<br />

Non è sostenibile, invero, che una medesima vicenda possa, o meno, rientrare nella cognitio di un determinato plesso<br />

magistratuale a seconda della concreta successione temporale in cui venga ad esistenza la relativa fattispecie. Affermare<br />

il contrario, significherebbe ammettere, in ispregio della inderogabilità dei criteri di riparto, che l'individuazione della<br />

giurisdizione possa scaturire, non già dall'applicazione di regole oggettive, ma dalle scelte delle parti, qualora rese libere<br />

di selezionare il giudice attraverso l'accorto governo degli elementi giuridici costitutivi di un determinato effetto<br />

giuridico.<br />

Lo stesso Tribunale, d'altra parte, ha affermato che ogni affidamento consiste in realtà nell'esercizio di una potestà<br />

pubblica autoritativa, ma allora, in quanto tale, esso deve essere necessariamente procedimentalizzato, a prescindere dal<br />

momento in cui esso si verifichi, posto che – come ha da lungo tempo insegnato la migliore dottrina amministrativistica<br />

– il procedimento, aperto alla partecipazione e al controllo diffuso dei soggetti coinvolti, è l'unica dimensione in cui in<br />

uno Stato veramente democratico possono estrinsecarsi i poteri di supremazia.<br />

293


Divisando diversamente risulterebbe ben agevole per le amministrazioni percorrere la via della "privatizzazione" delle<br />

forme organizzative, sia pure indiretta e postuma (ossia, successiva all'affidamento), per gestire in piena libertà (ovvero<br />

con i soli strumenti del diritto privato) la circolazione di una res (il servizio) naturalmente soggetta al dominio pubblico<br />

e al controllo in via amministrativa da parte delle collettività di riferimento.<br />

34. - Traendo le conclusioni da tutto quanto sopra considerato, il Collegio ritiene che la fattispecie dedotta in<br />

contenzioso non esorbiti dall'ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.<br />

35. - Né vale invocare la L. n. 474/1994 (di conversione del D.L. n. 332/1994, in tema di dismissione dell'azionariato<br />

pubblico), sulla cui applicabilità alla vicenda molto hanno insistito le avversarie dell'AGI.<br />

Innanzitutto è dubbio che il caso in esame sia regolato anche dalla legge citata (ossia, in aggiunta alla normativa<br />

sull'evidenza pubblica). La legge n. 474/1994 infatti deroga alla normativa primaria e secondaria in materia di<br />

contabilità pubblica e, dunque, reca disposizioni eccezionali e di stretta interpretazione. Ne consegue che il<br />

provvedimento legislativo sunnominato non può trovare applicazione a operazioni diverse dall'alienazione di azioni di<br />

società a partecipazione pubblica (non, quindi, all'ipotesi di sottoscrizione di quote di una s.r.l.).<br />

Al di là di tale perplessità, che spetterà al T.a.r. dissolvere (esulando la questione dall'oggetto del presente grado di<br />

giudizio), è comunque dirimente osservare che la predetta L. n. 474/1994 non fonda alcuna giurisdizione, ma la<br />

presuppone.<br />

Come stabilito dalla Corte costituzionale, il riparto della giurisdizione tra i giudici amministrativi e quelli ordinari<br />

dipende soltanto dall'esistenza, o no, di un momento autoritativo, inteso quale fatto generatore di interessi legittimi. E'<br />

dunque indifferente, sotto certi aspetti, stabilire quale sia la normativa, sostanziale o procedurale, alla quale ricondurre<br />

la soluzione delle singole controversie, posto che la ricerca dei formanti pertinenti ai fini del decidere postula la<br />

preventiva individuazione del giudice chiamato a selezionarli e ad applicarli.<br />

Una diversa esegesi (come quella patrocinata dalle appellate) porterebbe, del resto, a considerare, analogamente alla L.<br />

n. 474/1994, anche l'art. 23-bis, lett. e), della L. n. 1034/1971 come norma fondativa della juris dictio e, quindi, a<br />

ritenere che ogni vicenda dismissiva, costitutiva, modificativa o estintiva di imprese pubbliche sia automaticamente<br />

attratta alla cognizione della giurisdizione amministrativa.<br />

Invece, notoriamente, così non è, giacché pure l'art. 23-bis sunnominato presuppone, e non pone, la giurisdizione,<br />

essendo quest'ultima, come già osservato, una variabile dipendente dalla natura, autoritativa, o no, del segmento di<br />

attività amministrativa di volta in volta dedotto in lite.<br />

36. - L'approdo delle superiori, assorbenti riflessioni è l'annullamento della sentenza impugnata, con rinvio della<br />

controversia al T.a.r. della Lombardia (alla medesima sezione in diversa composizione soggettiva o, qualora ciò sia<br />

impossibile, a diversa sezione), ai sensi e per gli effetti dell'art. 35, commi 2 e 4, della L. n. 1034/1971.<br />

37. - Si enunciano, in conclusione, i seguenti principi:<br />

1) l'art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 163/2006 si applica anche nell'ipotesi in cui una società mista, ove pure non<br />

originariamente tale, apra il proprio capitale all'apporto di un socio privato industriale attraverso un'operazione<br />

straordinaria di vendita di quote o di aumento di capitale, cosicché risulti modificato, per effetto di detta operazione,<br />

l'assetto soggettivo della gestione;<br />

2) ogniqualvolta - attraverso il ricorso ad operazioni di carattere straordinario destinate a mutare la compagine di una<br />

società che abbia ottenuto l'affidamento diretto o tramite gara di un servizio pubblico - si pervenga al risultato di dar<br />

vita a una società mista oppure, alternativamente, al risultato di modificare il profilo soggettivo del gestore del servizio<br />

pubblico già affidato (mediante l'associazione al capitale e alla gestione di nuove figure imprenditoriali o la sostanziale<br />

sostituzione delle imprese originariamente affidatarie), allora si realizza in via derivata anche un diverso affidamento<br />

del servizio pubblico;<br />

3) l'affidamento di un servizio, quand'anche realizzato attraverso la costituzione, originaria o successiva, di una società<br />

mista con socio privato operativo, è un'attività sempre connotata da autoritatività a fronte della quale si stagliano<br />

interessi legittimi dei soggetti coinvolti e, come tale, esso soggiace anche all'osservanza delle regole pubblicistiche e si<br />

deve necessariamente svolgere attraverso procedure di evidenza pubblica, governate dai principi del diritto interno e<br />

sovranazionale;<br />

294


4) sulle vicende descritte nei precedenti punti, la giurisdizione spetta al giudice amministrativo, in quanto giudice<br />

naturale di tutte le attività amministrative autoritative - qualunque siano gli strumenti giuridici utilizzati - seppure poste<br />

in essere per tramite di soggetti formalmente privati, ma controllati o dominati da pubbliche amministrazioni;<br />

5) esorbita invece dalla giurisdizione amministrativa, non configurandosi come un PPPI, ogni altra vicenda in cui una<br />

società affidataria di un servizio riceva apporti al proprio capitale da parte di soggetti privati che siano meri finanziatori,<br />

ossia non aventi le caratteristiche di soci industriali, o i quali comunque non partecipino direttamente alla gestione o allo<br />

svolgimento del servizio affidato.<br />

38. - E' riservato al Giudice del rinvio l'esame di tutte le altre questioni dedotte dalle parti (che non è stato possibile<br />

esaminare in questa sede in ossequio al principio del doppio grado di giurisdizione).<br />

39. - Va infine rimessa alla decisione definitiva ogni determinazione sulla liquidazione delle spese processuali del<br />

presente grado.<br />

P.Q.M.<br />

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l’appello e, per l'effetto, annulla la sentenza<br />

impugnata, con rinvio dell'affare al T.a.r. della Lombardia.<br />

Spese al definitivo.<br />

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.<br />

Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, nella camera di consiglio del 5<br />

giugno 2009, con l'intervento dei magistrati:<br />

Marzio Branca Presidente<br />

Francesco Caringella Consigliere<br />

Carlo Saltelli Consigliere<br />

Gabriele Carlotti Consigliere estensore<br />

Roberto Capuzzi Consigliere<br />

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE<br />

f.to Gabriele Carlotti f.to Marzio Branca<br />

IL SEGRETARIO<br />

f.to Agatina M. Vilardo<br />

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 18.12.2009<br />

295


RESPONSABILITA’ PRECONTRATTUALE DELLA P.A. E RIPARTO DI GIURISDIZIONE<br />

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. UNITE CIVILI - sentenza 12 maggio 2008 n. 11656<br />

Pres. Carbone, Est. Segreto - Hermes s.r.l. c. Regione Calabria - (accoglie il ricorso e dichiara la giurisdizione del<br />

Giudice ordinario).<br />

1. Contratti della P.A. - Generalità - Responsabilità precontrattuale della P.A. - Configurabilità - Ragioni -<br />

Individuazione.<br />

2. Contratti della P.A. - Generalità - Responsabilità precontrattuale della P.A. - Configurabilità - Presupposti -<br />

Individuazione.<br />

3. Giurisdizione e competenza - Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - In materia di procedure di<br />

appalto - Ex art. 6, c. 1, L. n. 205 del 2000 (v. oggi l’analogo art. 244 del Codice degli appalti pubblici) - Riguarda<br />

anche l’eventuale responsabilità precontrattuale della P.A.<br />

4. Contratti della P.A. - Generalità - Vendita di cosa futura - Da parte della P.A. - Ha carattere eccezionale -<br />

Valutazione preventiva dell’impossibilità di esperire procedure ordinarie di realizzazione delle opere pubbliche -<br />

Necessità - Sussiste.<br />

5. Contratti della P.A. - Generalità - Contratto di vendita di fabbricato non ancora ultimato - Con obbligo a<br />

carico dell’acquirente di ultimarlo - Natura giuridica - Individuazione.<br />

6. Giurisdizione e competenza - Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - In materia di procedure ad<br />

evidenza pubblica - Ex art. 6, c. 1, della L. n. 205 del 2000 (v. oggi l’analogo art. 244 del Codice degli appalti<br />

pubblici) - Non riguarda l'azione di responsabilità precontrattuale della P.A. per contratto di compravendita di<br />

immobile.<br />

7. Giurisdizione e competenza - Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - In materia di procedure ad<br />

evidenza pubblica - Ex art. 6, c. 1, della L. n. 205 del 2000 (v. oggi l’analogo art. 244 del Codice degli appalti<br />

pubblici) - Non riguarda l'azione di responsabilità precontrattuale della P.A. per una procedura di ricerca di<br />

mercato finalizzata all'acquisizione in locazione con eventuale opzione di acquisto di un immobile - Giurisdizione<br />

per tale tipo di azione - Spetta all’A.G.O.<br />

1. Deve ammettersi la configurabilità di una responsabilità precontrattuale anche a carico della P.A., poiché pure<br />

nei confronti di quest'ultima grava l'obbligo giuridico sancito dall'art. 1337 cod. civ. di comportarsi secondo<br />

buona fede durante lo svolgimento delle trattative, perchè con l'instaurarsi delle medesime sorge tra le parti un<br />

rapporto di affidamento che l'ordinamento ritiene meritevole di tutela.<br />

2. Se durante la fase formativa di un negozio giuridico la P.A. viola il dovere di lealtà e correttezza, ponendo in<br />

essere comportamenti che non salvaguardano l'affidamento della controparte (anche colposamente, in quanto<br />

non occorre un particolare comportamento oggettivo di malafede, né la prova dell'intenzione di arrecare<br />

pregiudizio all'altro contraente) in modo da sorprendere la sua fiducia sulla conclusione del contratto, essa<br />

risponde per responsabilità precontrattuale.<br />

3. L'art. 6, comma 1, della L. n. 205 del 2000 (articolo successivamente abrogato dall'art. 256 del D.L.vo n. 163<br />

del 2006 - Codice dei contratti pubblici, ma riprodotto in forma pressoché analoga, nell'art. 244 dello stesso<br />

Codice, secondo cui "Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie<br />

relative a procedure di affidamento di lavori, servizi o forniture svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del<br />

contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza<br />

pubblica previsti dalla normativa statale o regionale") ha previsto una giurisdizione esclusiva in favore del giudice<br />

amministrativo anche per l'azione di risarcimento per responsabilità precontrattuale nelle procedure di<br />

affidamento di contratti di appalto di lavori, servizi o forniture, da parte di soggetti tenuti nella scelta del<br />

contraente all'applicazione della normativa comunitaria o al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica (1).<br />

4. L'esperibilità della vendita di cosa futura da parte della P.A., pur essendo ammissibile in astratto, in concreto<br />

è condizionata dalla ricorrenza di situazioni eccezionalissime e dalla necessità - dettata dalla finalità di evitare<br />

296


intenti elusivi del principio tendenziale e generale del procedimento d'appalto - che l'amministrazione valuti<br />

preventivamente la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie di realizzazione delle opere pubbliche (2).<br />

5. Il contratto avente ad oggetto la cessione di un fabbricato non ancora realizzato, con previsione dell'obbligo<br />

del cedente - che sia proprietario anche del terreno su cui l'erigendo fabbricato insisterà - di eseguire i lavori<br />

necessari al fine di completare il bene e di renderlo idoneo al godimento, può integrare alternativamente tanto gli<br />

estremi della vendita di una cosa futura (verificandosi allora l'effetto traslativo nel momento in cui il bene viene<br />

ad esistenza nella sua completezza), quanto quelli del negozio misto, caratterizzato da elementi propri della<br />

vendita di cosa presente (il suolo, con conseguente effetto traslativo immediato dello stesso) e dell'appalto: e ciò a<br />

seconda che nel sinallagma contrattuale, assuma un rilievo centrale il conseguimento della proprietà<br />

dell'immobile completato ovvero tale ruolo centrale sia costituito dal trasferimento della proprietà attuale (del<br />

suolo) e dall'attività realizzatrice dell'opera da parte del cedente. Si avrà quindi vendita di cosa futura quando<br />

l'intento delle parti abbia ad oggetto il trasferimento della cosa futura e consideri l'attività costruttiva nella mera<br />

funzione strumentale e per contro si avrà vendita con effetti reali del suolo ed appalto della costruzione, quando<br />

l'attività costruttiva, che il cedente assume a proprio rischio con la propria organizzazione, viene considerata<br />

come oggetto della prestazione di fare.<br />

6. La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per l'azione di responsabilità precontrattuale proposta in<br />

relazione a procedure ad evidenza pubblica non è ravvisabile in tema di contratto di compravendita di immobile,<br />

in mancanza di una norma specifica. Nessuna delle direttive comunitarie (nn. 92/50 in materia di appalti di<br />

servizi, 93/36 in materia di appalti di forniture, 93/37 in materia di appalti di lavori) assoggetta infatti alla<br />

propria disciplina la compravendita di edifici esistenti.<br />

7. Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario una controversia relativa ad una azione di risarcimento dei<br />

danni per responsabilità precontrattuale della P.A. proposta in relazione ad una procedura di ricerca di mercato<br />

finalizzata all'acquisizione in locazione con eventuale opzione di acquisto, ovvero all'acquisto anche per cosa<br />

futura e/o mediante leasing di un complesso immobiliare esistente o da realizzare da destinare ad uffici pubblici;<br />

in tale ipotesi, infatti, non versandosi in materia di procedura di affidamento di appalto di lavori, ma di<br />

trattative relative ad un contratto di compravendita di cosa futura, per l'azione di responsabilità precontrattuale<br />

nei confronti della P.A. non sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (prevista per le sole<br />

controversie relative alle procedure di affidamento di lavori da parte delle P.A., ai sensi dell'art. 6 L. 21 luglio<br />

2000, n. 205), ma la giurisdizione del giudice ordinario. Infatti, esclusa l'applicabilità di tale ultima norma, la<br />

giurisdizione va affermata sulla base dei criteri di riparto ancorati alla distinzione tra diritti soggettivi ed<br />

interessi legittimi, e perciò in funzione della natura giuridica delle situazioni soggettive dedotte in giudizio; tale<br />

natura, nell'ipotesi prospettata, attiene ad una pretesa il cui soddisfacimento non postula la demolizione di alcun<br />

atto amministrativo, giacché allega un illecito extracontrattuale a carico della P.A. e non contesta la procedura<br />

relativa alla individuazione del contraente (3).<br />

----------------------------------------<br />

(1) Cfr. Cass. S.U. n. 16319/2002; Cass. S.U. 18 ottobre 2005, n. 20116; Cons. Stato, Sez. V, n. 7194/2006.<br />

V. anche Cons. Stato, Sez. VI, 1 marzo 2005, n. 816, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/51/cds6_2005-03-01-6.htm (sulla<br />

possibilità per la P.A. di recedere dalle trattative precontrattuali e sui presupposti per la configurabilità nei confronti della stessa di<br />

una responsabilità ex art. 1337 cod.civ.).<br />

(2) Nella motivazione della sentenza in rassegna si ricorda peraltro che l’Adunanza Generale del Consiglio di Stato, con parere 17<br />

febbraio 2000, n. 2, ha ritenuto che l'istituto della compravendita di cosa futura non è stato espunto dall'ordinamento con il<br />

sopravvenire della più recente legislazione sui lavori pubblici, salvo verificare se, in concreto, l'amministrazione abbia stipulato un<br />

contratto di vendita o di appalto.<br />

E' quindi ammissibile il ricorso alla compravendita di cosa futura, ma solo nei ristrettissimi limiti in cui l'opera da acquisire<br />

costituisca, secondo un ampiamente motivato e documentato apprezzamento dell'amministrazione, un bene infungibile, con riguardo<br />

alle sue caratteristiche strutturali e topografiche, ovvero un "unicum" non acquisibile in altri modi, ovvero a prezzi, condizioni e<br />

tempi inaccettabili per il più solerte perseguimento dell'interesse pubblico.<br />

Ne consegue la necessità che l'amministrazione valuti preventivamente la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie di<br />

realizzazione delle opere pubbliche, e ove ne verifichi la non praticabilità in relazione a specialissime, motivate e documentate<br />

esigenze di celerità, funzionalità ed economicità, potrà scegliere di acquisire l'immobile secondo il meccanismo della compravendita.<br />

(3) Cass. S.U. n. 9645 del 2001, e 10160 del 2003; Cass. S.U. 3 luglio 2006, n. 15199; Cass. S.U. 6 febbraio 2006, n. 2450.<br />

297


----------------------------------------<br />

Documenti correlati (relativi alla responsabilità precontrattuale della P.A.):<br />

CONSIGLIO DI STATO - ADUNANZA PLENARIA, sentenza 5-9-2005, n. 6, pag. http://www.lexitalia.it/p/52/cdsap_2005-09-05-<br />

2.htm sulla sussistenza della responsabilità precontrattuale della P.A. nel caso di revoca dell’aggiudicazione di un appalto per<br />

mancanza di mezzi finanziari e sui criteri di determinazione dell’ammontare del risarcimento del danno dovuto in tale ipotesi).<br />

CONSIGLIO DI STATO SEZ. IV, sentenza 4-10-2007, n. 5179, pag. http://www.lexitalia.it/p/72/cds4_2007-10-4.htm (sulla<br />

configurabilità di una responsabilità precontrattuale della P.A. nel caso di revoca dell’aggiudicazione di una gara di appalto, sui<br />

criteri per determinare il risarcimento del danno dovuto in tale ipotesi ed in particolare per riconoscere il danno da perdita di chance).<br />

CONSIGLIO DI STATO SEZ. V, sentenza 30-11-2007, n. 6137, pag. http://www.lexitalia.it/p/72/cds5_2007-12-30-5.htm (sulla<br />

legittimità o meno della delibera con la quale un Consiglio comunale revoca in autotutela l’aggiudicazione provvisoria di una gara<br />

per l’affidamento di un servizio ed affida il servizio stesso ad una società multiservice in mano pubblica nelle more costituita e sulla<br />

configurabilità o meno in tal caso di una responsabilità precontrattuale della P.A.).<br />

CGA - SEZ. GIURISDIZIONALE, sentenza 29-9-2005, n. 635, pag. http://www.lexitalia.it/p/52/cga_2005-09-29-2.htm (sui<br />

presupposti per la responsabilità precontrattuale della P.A.).<br />

CGA - SEZ. GIURISDIZIONALE, sentenza 29-8-2005, n. 573, pag. http://www.lexitalia.it/p/51/cga_2005-08-29.htm (sulla<br />

possibilità o meno per la P.A. appaltante di revocare l’aggiudicazione per mancanza di mezzi finanziari e sulla responsabilità<br />

precontrattuale della P.A. per un errore commesso nel corso della procedura ad evidenza pubblica).<br />

TAR CAMPANIA - SALERNO SEZ. I, sentenza 10-11-2005, n. 2450, pag. http://www.lexitalia.it/p/52/tarcampsa1_2005-11-10.htm<br />

(sulla sussistenza della responsabilità precontrattuale della P.A. nel caso di revoca della gara, ancorchè la relativa delibera sia<br />

legittima).<br />

TAR LAZIO - LATINA, sentenza 22-6-2004, n. 438, pag. http://www.lexitalia.it/p/tar/tarlaziolatina_2004-06-22.htm (sui<br />

presupposti per la sussistenza di una responsabilità precontrattuale della P.A. ex art. 1337 cod.civ.).<br />

TAR LAZIO - ROMA SEZ. I BIS, sentenza 7-7-2003, n. 5991, pag. http://www.lexitalia.it/p/tar/tralazio1bis_2003-5991.htm (sulla<br />

sussistenza di una responsabilità precontrattuale nel caso di revoca dell’aggiudicazione di un appalto per mancanza di mezzi<br />

finanziari e sui limiti entro i quali in tale ipotesi può essere liquidato il danno).<br />

TAR LAZIO - ROMA SEZ. III, sentenza 13-7-2007, n. 6369, pag. http://www.lexitalia.it/p/72/tarlazio3_2007-07-13.htm (sulla<br />

legittimità o meno della revoca dell’aggiudicazione per sopravvenute difficoltà finanziarie dell’amministrazione appaltante dovute<br />

alla riduzione del budget regionale e sulla possibilità di ritenere sussistente la responsabilità precontrattuale della P.A. anche nel caso<br />

in cui non spetti l’indennizzo ex art. 21 quinquies della legge n. 241/90).<br />

TAR LAZIO - ROMA SEZ. III, sentenza 10-1-2007, n. 76, pag. http://www.lexitalia.it/p/71/tarlazio3_2007-01-10.htm (sulla<br />

possibilità di condannare la P.A. al risarcimento per responsabilità precontrattuale anche se la revoca dell’aggiudicazione sia<br />

legittima, sull’impossibilità di utilizzare l’istituto della variante prima che sia stato stipulato il contratto di appalto e sulla sussistenza<br />

della giurisdizione amministrativa fino alla momento della stipula del contratto di appalto)<br />

TAR LOMBARDIA - MILANO SEZ. III, sentenza 31-7-2000, n. 5130, pag. http://www.lexitalia.it/private/tar/tarlombmi3_2000-<br />

5130.htm (Trattativa privata - Ingiustificata rottura delle trattative - Responsabilità precontrattuale della P.A. - Sussiste -<br />

Determinazione del risarcimento del danno - Criteri - Individuazione).<br />

TAR PUGLIA - LECCE SEZ. II, sentenza 9-6-2006, n. 3360, pag. http://www.lexitalia.it/p/61/tarpugliale2_2006-06-09.htm (sui<br />

presupposti della responsabilità precontrattuale della P.A e sull’inammissibilità della domanda di risarcimento del danno per<br />

responsabilità precontrattuale della P.A. nel caso in cui non sia stato impugnato il provvedimento lesivo dell’interesse legittimo<br />

pretensivo).<br />

TAR SARDEGNA - CAGLIARI, sentenza 29-8-2003, n. 1046, pag. http://www.lexitalia.it/p/tar/tarsardegna_2003-1046.htm (in<br />

materia di servizi pubblici e di responsabilità precontrattuale della P.A.).<br />

TAR SICILIA - PALERMO SEZ. I, sentenza 18-4-2005, n. 560, pag. http://www.lexitalia.it/p/51/tarsiciliapa1_2005-04-18.htm<br />

(sulla possibilità di disporre l’annullamento degli atti di indizione di una gara di appalto per mancanza di adeguata copertura<br />

finanziaria e sulla sussistenza di una responsabilità precontrattuale della P.A. in tale ipotesi).<br />

TAR SICILIA - PALERMO SEZ. I, sentenza 30-9-2004, n. 2144, pag. http://www.lexitalia.it/p/tar/tarsiciliapa1_2004-09-30.htm<br />

(sulla sussistenza o meno della giurisdizione amministrativa, a seguito della sent. della Corte cost. n. 204/04, in materia di<br />

298


isarcimento del danno per responsabilità precontrattuale della P.A. e sull’ammissibilità o meno di una azione di risarcimento del<br />

danno a seguito di annullamento dell’atto in sede di autotutela).<br />

TAR TOSCANA - FIRENZE SEZ. II, sentenza 29-11-2007, n. 4386, pag. http://www.lexitalia.it/p/72/tartoscana2_2007-11-29-<br />

2.htm (sulla possibilità o meno di condannare la P.A. al risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale, nel caso di recesso<br />

di una ditta aggiudicataria per ingiustificato ritardo della stazione appaltante nella stipula del contratto di appalto).<br />

TAR TOSCANA - FIRENZE SEZ. II, sentenza 5-12-2003, n. 6037, pag. http://www.lexitalia.it/p/tar/tartoscana2_2003-12-05.htm<br />

(sul risarcimento dovuto a titolo di responsabilità precontrattuale al vincitore di un concorso nel caso di illegittima revoca della<br />

procedura concorsuale), con commento di O. CARPARELLI.<br />

TAR VENETO SEZ. I, sentenza 28-4-2008, n. 1113, pag. http://www.lexitalia.it/p/81/tarveneto1_2008-04-28.htm (sul giudice<br />

competente a decidere una controversia avente ad oggetto la domanda di risarcimento del danno derivante da responsabilità<br />

precontrattuale della P.A., determinata dall’ingiustificata interruzione delle trattative finalizzate all’acquisto, mediante avviso<br />

pubblico, di un bene immobile).<br />

TAR CAMPANIA-NAPOLI, SEZ. I, sentenza 26-8-2003, n. 11259, pag. http://www.lexitalia.it/p/tar/tarcampaniana1_2003-<br />

11259.htm (non è necessario, ai fini del risarcimento del danno, il preventivo annullamento dell’atto illegittimo, nel caso in cui<br />

quest’ultimo sia già stato annullato di ufficio dalla P.A.; l’annullamento di un bando disposto quando la gara era conclusa è fonte di<br />

responsabilità precontrattuale per la P.A. appaltante).<br />

TAR LAZIO - ROMA, SEZ. III, sentenza 10-9-2007, n. 8761, pag. http://www.lexitalia.it/p/72/tarlazio3_2007-09-10.htm (sulla<br />

giurisdizione esclusiva del G.A. per una azione di risarcimento dei danni per responsabilità precontrattuale della P.A., sulla<br />

configurabilità di tale tipo di responsabilità nel caso di revoca degli atti di gara e dell’aggiudicazione con inescusabile ritardo, sulla<br />

decorrenza del termine di prescrizione quinquennale e sui danni che sono in tal caso da ritenere risarcibili).<br />

TAR LOMBARDIA-MILANO, SEZ. III, sentenza 31-7-2000, n. 5130, pag. http://www.lexitalia.it/private/tar/tarlombmi3_2000-<br />

5130.htm (Trattativa privata - Ingiustificata rottura delle trattative - Responsabilità precontrattuale della P.A. - Sussiste -<br />

Determinazione del risarcimento del danno - Criteri - Individuazione).<br />

TAR LOMBARDIA-MILANO, SEZ. III, sentenza 9-3-2000, n. 1869, pag. http://www.lexitalia.it/tar1/tarlombmi3_2000-1869.htm<br />

(che, nel caso di revoca di una gara d'appalto, ammette la risarcibilità degli interessi legittimi a titolo di responsabilità precontrattuale<br />

e nei limiti del c.d. interesse negativo).<br />

TAR PUGLIA - BARI SEZ. III, sentenza 26-7-2004, n. 3492, pag. http://www.lexitalia.it/p/tar/tarpugliaba3_2004-07-26.htm (nel<br />

caso di accertata lesione di interessi legittimi di tipo pretensivo, la natura della responsabilità della P.A. è assimilabile a quella<br />

precontrattuale e per la dimostrazione del presupposto della colpa si verifica una inversione degli oneri probatori).<br />

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO<br />

La società Hermes s.r.l. con citazione notificata il 17.4.2003, conveniva davanti al Tribunale di Catanzaro la regione<br />

Calabria per sentirla condannare al pagamento della somma di €. 21.179.800,00, oltre accessori, a titolo di<br />

responsabilità precontrattuale, o, in subordine, al pagamento della somma di €. 6.507.300,00, oltre accessori, a titolo dì<br />

indebito arricchimento per l'acquisizione di elaborati contrattuali.<br />

Assumeva l'attrice che era proprietaria di un terreno in località Sansinaro di Catanzaro, su cui aveva diritto, in forza di<br />

convenzione con il Comune, a realizzare un complesso edilizio composto da 418 alloggi; che la regione Calabria con<br />

delibera di giunta del 16.10.2001, n. 873, pubblicava sulla G.U. un avviso al fine di esperire una ricerca di mercato<br />

finalizzata all'acquisizione in locazione con eventuale opzione di acquisto, ovvero all'acquisto anche per cosa futura e/o<br />

mediante leasing di un complesso immobiliare esistente o da realizzare in Catanzaro da destinare agli uffici regionali;<br />

che l'offerta presentata da essa Hermes per la costruzione di un complesso immobiliare con tali caratteristiche veniva<br />

giudicata come la più idonea da apposita commissione; che, con delibera del 4 novembre 2002, la Giunta regionale<br />

approvava la stipulazione di un contratto di compravendita del complesso immobiliare da costruire, in base ad allegato<br />

schema contrattuale, al quale l'attrice dichiarava di aderire; che con delibera del 17.12.2002, n. 1238, la giunta regionale<br />

ritirava la precedente deliberazione e con delibera del 27.12.2002, n. 1239, manifestava la propria intenzione di<br />

procedere all'acquisto dell'area ed - in mancanza all'espropriazione, realizzando successivamente il complesso<br />

immobiliare con la procedura di finanza di progetto di cui all'art. 37 bis l. n. 109/1994; che essa attrice, riservandosi<br />

ogni azione per i danni subiti dalle determinazioni regionali, cedeva l'area con atto notarile, in vista della possibilità di<br />

esperire una procedura di finanza di progetto nel termine del 28.2.2003; che, essendo inutilmente scaduto tale termine,<br />

si vedeva costretta ad adire il tribunale per il risarcimento del danno da responsabilità contrattuale provocato della<br />

299


egione, ex art. 1337 c.c., per avere quest'ultima ingiustificatamente rifiutato di stipulare il contratto di vendita di cosa<br />

futura, pur avendo ingenerato in essa attrice un affidamento che l'aveva indotta a sopportare ingenti spese di<br />

progettazione ed a rinunziare alla realizzazione del complesso edilizio residenziale, ed in via gradata per il danno da<br />

indebito arricchimento per aver la regione utilizzato gli elaborati progettuali e di studio da essa attrice predisposti.<br />

Si costituiva la Regione Calabria, che resisteva alla domanda, eccependo, in via pregiudiziale, il difetto di giurisdizione.<br />

Il Tribunale di Catanzaro, con sentenza n. 46/2005, dichiarava il difetto di giurisdizione dell'AGO in favore del giudice<br />

amministrativo.<br />

Su appello della s. r. 1. Hermes, la corte di appello di Catanzaro, con sentenza n. 46 del 13.2.2006, rigettava l'appello.<br />

Riteneva la corte di merito che, nonostante il contrario assunto dell'appellante, la sua domanda risarcitoria si<br />

riconnetteva all'emanazione di atti amministrativi (delibere del 17 e del 27.12.2002), con cui veniva ritirata in autotutela<br />

per vizi di legittimità (violazione di normativa comunitaria e di contabilità pubblica) la delibera del novembre 2002 ed<br />

erano disposti l'acquisizione dell'area ed il project financing; che nella fattispecie la regione aveva dato corso ad una<br />

"procedura di affidamento di lavori, servizi o forniture"; che la regione era tenuta nella scelta del contraente<br />

all'applicazione della normativa comunitaria o al rispetto del procedimento di evidenza pubblica; che la regione aveva<br />

indetto una pubblica gara finalizzata all'acquisto di immobili da destinare ad uffici regionali; che le offerte erano state<br />

valutate da una commissione; che nella specie era, quindi, applicabile l'art. 6 della l. n. 205/2000, che conferisce al<br />

giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva nelle ipotesi di affidamento di lavori; che nella fattispecie, trattandosi<br />

di esecuzione di opera rispondente ad esigenze della P.A. aggiudicatrìce, doveva ritenersi che trattavasi di appalto<br />

pubblico di lavoro; che nella fattispecie il contratto allegato alla delibera n. 119 del 4.11.2002 aveva solo il nomen iuris<br />

di vendita di cosa futura, trattandosi invece di appalto di opera pubblica, poiché era previsto un acconto in corso<br />

d'opera, un termine di ultimazione dei lavori e che gli impianti tecnici fossero eseguiti a regola d'arte.<br />

Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Hermes s.r.l.<br />

Resiste con controricorso la regione Calabria.<br />

Entrambe le parti hanno presentato memorie.<br />

MOTIVI DELLA DECISIONE<br />

1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dei principi generali in materia<br />

di riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo e delle norme di cui agli artt. 2043 e 1337<br />

c.c., in relazione all'art. 360 n. 1 e 3 c.p.c.<br />

Assume la ricorrente che nel caso di specie non viene in contestazione la legittimità di atti amministrativi, ma soltanto<br />

che, avendo la regione agito iure privatorum, a seguito di un avviso di ricerca di mercato, abbia poi omesso di dar corso<br />

alla stipulazione del contratto di compravendita di cosa futura, nonostante l'affidamento ingenerato in ordine alla<br />

conclusione di tale contratto, con violazione degli obblighi di correttezza e buona fede nell'ambito delle trattative<br />

contrattuali, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario, in difetto di ipotesi di affidamento dei lavori,<br />

rientrante nell'art. 6 della l. n. 205/2000.<br />

2. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 6, comma 1, legge n.<br />

205/2000 e dell'art. 11 della direttiva 93/37 CEE, in relazione all'art. 360 n. 1 e 3 c.p.c, nonché omessa, insufficiente e<br />

contraddittoria motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c.<br />

Ritiene la ricorrente che erroneamente nella fattispecie la sentenza impugnata ha ritenuto che si vertesse in ipotesi di<br />

affidamento di un appalto pubblico di lavori, le cui controversie rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo, poiché la regione non ha predisposto alcun bando di gara, secondo i requisiti e modalità di cui all'art. 11<br />

direttiva 93/37 CEE, ma solo un "avviso in funzione dì ricerca di mercato per una locazione con successiva opzione dì<br />

riscatto ovvero per un acquisto di cose future o per una locazione finanziaria"; che l'avviso non era impegnativo per<br />

l'Ente, come espressamente indicato; che sono irrilevanti gli elementi valorizzati dalla sentenza, secondo cui vi era<br />

un'apposta commissione di valutazione delle offerte (in quanto tutta la procedura aveva carattere atipico ed informale) e<br />

vi furono successivi atti deliberativi della regione (rientrando gli stessi tra gli atti interni di formazione della volontà<br />

contrattuale).<br />

300


3. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 6 l. n. 205/2 000, degli<br />

artt. 1362/1363 e 1472 c.c., dell'art. 2, c. 1, l. 104/1994 e dell'art. 1 c. 1, lett. a) direttiva 93/37 CEE, in relazione all'art.<br />

360 n. 1 e 3 c.p.c, nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a punti decisivi della<br />

controversia, in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c.<br />

Assume la ricorrente che erroneamente la sentenza impugnata ha ritenuto che nella fattispecie il contratto che le parti<br />

volevano stipulare era un contratto di appalto, mentre in effetti si trattava di contratto di vendita di cosa futura, tenuto<br />

conto che le aree su cui doveva essere realizzata l'opera erano di proprietà della Hermes; che era assente l'elemento del<br />

facere, caratterizzante il contratto di appalto, mentre nella fattispecie la prestazione consisteva in un dare (la cosa futura<br />

e l'area su cui insisteva).<br />

Secondo la ricorrente la corte di merito avrebbe erroneamente attribuito rilevanza ad elementi non incompatibili con il<br />

contratto di vendita di cosa futura, e cioè alla previsione di un acconto, del termine di ultimazione dei lavori e<br />

dell'obbligo che gli impianti fossero eseguiti a regola d'arte.<br />

Assume la ricorrente che dal contratto, e segnatamente dagli artt. 2, 3 e 4, emerge con chiarezza che si trattava di<br />

contratto di acquisto di cosa futura, con conseguente esclusione dell' applicabilità dell'art. 6 l. n. 205/2000, e della<br />

giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.<br />

4.1. I tre motivi di ricorso, essendo strettamente connessi, vanno esaminati congiuntamente.<br />

Con la domanda principale 1'attrice ha richiesto la condanna della regione al risarcimento del danno da responsabilità<br />

precontrattuale a norma dell'art. 1337 c.c.<br />

Con la domanda subordinata l'attrice ha richiesto la condanna della convenuta all'indennizzo per arricchimento senza<br />

causa ex art. 2041 c.c..<br />

Il giudice di primo grado ha affermato la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.<br />

Il giudice di secondo grado ha rigettato l'appello, pronunziandosi esclusivamente sulla giurisdizione in merito alla<br />

domanda risarcitoria per responsabilità precontrattuale. Nessuna pronunzia la corte territoriale ha emesso in merito<br />

all'affermata giurisdizione amministrativa per l'azione di arricchimento senza causa ed il punto non è stato oggetto di<br />

ricorso per cassazione.<br />

4.2. L'affermazione della giurisdizione è stata fondata dal giudice di appello su tre rilievi: a) la pretesa risarcitoria si<br />

riconnetteva all'emanazione di atti amministrativi, cioè alle delibere n. 1238 e 1239 del 2002, di ritiro della precedente<br />

deliberazione di approvazione dello schema contrattuale di vendita di cosa futura; b) nella fattispecie era applicabile<br />

l'art. 6, c. 1, della l. n. 205/2000, trattandosi di affidamento di lavori; c) il contratto, relativamente al quale era ipotizzata<br />

la responsabilità precontrattuale, costituiva un contratto di appalto e non di vendita di cosa futura.<br />

Va, anzitutto, premesso che con la delibera n. 873/2001 relativa alla ricerca di mercato per l'acquisizione (sia pure<br />

attraverso varie formule) di un complesso edilizio e con quella del 4.11.2002, n. 1010, dì approvazione della<br />

stipulazione del contratto di compravendita secondo lo schema contrattuale allegato, l'amministrazione effettuava la<br />

scelta di operare iure privatorum, secondo valutazioni di sua competenza che si inquadravano nei poteri conferitile<br />

dall'art. 1 della legge n. 241/1990. Avendo ad oggetto tali delibere la ricerca e poi l'acquisizione di un complesso<br />

edilizio sul libero mercato si è fuori dalla fattispecie di cui all'art. 33 del d. lgs n. 80/1998, come modificato dall'art. 7<br />

della l. n. 205/2000.<br />

Quanto al primo punto, su cui si basa la statuizione della sentenza impugnata, va osservato, ai fini della giurisdizione,<br />

che la controversia non investe la legittimità di atti amministrativi posti in essere dalla regione: la ricorrente infatti non<br />

lamenta che alcuna delle delibere indicate sia illegittima ovvero che non sia stata data esecuzione a quelle delibere. Le<br />

deliberazioni sono riportate come momento formativo della volontà dell'ente, la quale, per effetto di tali delibere, prima<br />

si era formata nel senso di addivenire alla stipulazione di un contratto di acquisto di cosa futura e successivamente nel<br />

senso contrario per l'acquisto (o espropriazione) della sola area e per la successiva realizzazione dell'opera con la<br />

procedura della finanza di progetto.<br />

La ricorrente appunto lamenta che in un primo momento l'ente aveva trattato per un contratto di acquisto di cosa futura<br />

ed in questo senso aveva creato un affidamento nella conclusione di tale contratto e che in un momento successivo<br />

aveva interrotto la fase di conclusione, a suo parere ingiustificatamente.<br />

301


La domanda, quindi, si fonda, come previsto dal paradigma normativo di cui all'art. 1337 c.c., sul comportamento<br />

tenuto nei confronti di essa attrice dalla contraente regione nella fase formativa del contratto, per quanto in esecuzione<br />

di dette delibere.<br />

4.3. Osserva questa Corte che il punto relativo al "se ed in quali termini tali delibere potessero legittimamente realizzare<br />

l'affidamento assunto dell'attrice e giustificare il comportamento della regione di interruzione della contrattazione" è<br />

questione che può attenere al merito della controversia sulla pretesa responsabilità precontrattuale, ma non alla<br />

giurisdizione.<br />

La domanda risarcitoria proposta dall'attuale appellante prescinde dalla demolizione giuridica di determinazioni<br />

amministrative, in quanto ciò che si controverte attiene al danno (asseritamente) subito dalla Società attrice in base ad<br />

un contegno posto dall'Amministrazione in violazione delle regole che tutelano il legittimo affidamento delle parti in<br />

una trattativa precontrattuale.<br />

5.1. Si pone quindi la questione della responsabilità precontrattuale della P.A..<br />

La giurisprudenza solo con la sentenza n. 1675/1961 delle SS. UU. della Cassazione riconobbe la configurabilità della<br />

responsabilità precontrattuale in capo alla Pubblica amministrazione, affermando che compito del giudice di merito non<br />

è quello di valutare se il soggetto amministrativo sia stato un corretto amministratore, bensì se sia stato un corretto<br />

contraente. Il limite fondamentale di questa prima - pur importante - pronuncia fu quello di ritenere sussistente la culpa<br />

in contrahendo della Pubblica amministrazione in caso di recesso senza giustificato motivo da una trattativa privata<br />

(c.d. pura), cioè solo nei casi in cui la Pubblica amministrazione si spoglia dei propri poteri pubblicistici ed opera come<br />

un qualunque altro soggetto (con la conseguenza che nelle ipotesi successivamente sempre più ricorrenti - a seguito<br />

delle impostazioni di matrice comunitaria - dì trattativa privata preceduta da gara informale non potevano applicarsi i<br />

prìncipi civilistici della culpa in contrahendo).<br />

Per le procedure di gara (aperte o ristrette), invece, la giurisprudenza continuava ad operare un distinguo: in particolare,<br />

se l'illecito era avvenuto prima o dopo l'aggiudicazione. La giurisprudenza riteneva, infatti, che la responsabilità poteva<br />

essere affermata solo dopo l'aggiudicazione di una gara.<br />

Questa Corte, nel negare la qualità di contraente al mero partecipante alla gara, anteriormente all'aggiudicazione (donde<br />

l'affermazione della normale non applicabilità, in tale fase, della responsabilità precontrattuale della Pubblica<br />

amministrazione ai sensi dell'articolo 1337 c.c.) ha tuttavia ammesso che, una volta intervenuta l'aggiudicazione,<br />

l'aggiudicatario dovesse ormai ritenersi parte a tutti gli effetti (Cass., SS.UU. civ., 26 maggio 1997 n. 4673).<br />

Già prima delle innovazioni del 1998-2000 la giurisprudenza era, dunque, approdata alla conclusione della possibilità<br />

dell'applicazione delle regole in tema di responsabilità precontrattuale alla Pubblica amministrazione committente,<br />

ancorché solo dopo l'aggiudicazione, nella fase intercorrente tra l'aggiudicazione e la stipula del contratto.<br />

Il dibattito sull'ammissibilità della responsabilità precontrattuale della Pubblica Amministrazione nell'ambito<br />

dell'attività negoziale si è arricchito a seguito delle note riforme del 1998-2000. Un'ulteriore spinta innovativa è derivata<br />

dalla nota pronuncia n. 500/1999 di queste Sezioni Unite sulla risarcibìlità del danno da lesione di interessi legittimi.<br />

5.2. Si ammette oggi pacificamente la configurabilità di una responsabilità precontrattuale a carico anche della P.A.,<br />

poiché anche a suo carico grava l'obbligo giuridico sancito dall'art. 1337 cod. civ. di comportarsi secondo buona fede<br />

durante lo svolgimento delle trattative, perchè con l'instaurarsi delle medesime sorge tra le parti un rapporto di<br />

affidamento che l'ordinamento ritiene meritevole di tutela.<br />

Pertanto, se durante tale fase formativa del negozio una parte viola il dovere di lealtà e correttezza ponendo in essere<br />

comportamenti che non salvaguardano l'affidamento della controparte (anche colposamente, in quanto non occorre un<br />

particolare comportamento oggettivo di malafede, né la prova dell'intenzione di arrecare pregiudizio all'altro contraente)<br />

in modo da sorprendere la sua fiducia sulla conclusione del contratto, essa risponde per responsabilità precontrattuale.<br />

Invero - pur trascurando in questa primo approccio, 1'indagine circa la possibilità di qualificare il rapporto de quo in<br />

termini di appalto pubblico di lavori, servizi o forniture - è assorbente il rilievo che la pretesa risarcitoria va posta nel<br />

quadro dell'art. 2043 c.c. (al quale il precetto dell'art. 1337 c.c.. sì collega).<br />

La giurisdizione, quindi, ove si dovesse riscontrare che manchi una norma attributiva al giudice amministrativo della<br />

giurisdizione esclusiva nella materia in esame, è devoluta alla cognizione del giudice ordinario senza che assuma rilievo<br />

la qualificazione della situazione giuridica dedotta in giudizio come diritto soggettivo o interesse legittimo, in forza dei<br />

302


principi affermati da queste S.U. con sentenza 22 luglio 1999, n. 500 (Cass. S.U. 19.11.2002, n. 16319; Cass. S.U.<br />

22.6.2003; Cass. 16.7.2001, n. 9645).<br />

6.1. Nella fattispecie la domanda è successiva alla data di entrata in vigore dell'art. 6, c. 1, l. n. 205/2000 (articolo<br />

successivamente abrogato dall'art. 256 n. 163/2006, ma riprodotto in forma pressoché analoga, nell'art. 244 d. lgs n.<br />

163/2 006 - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture).<br />

Tale norma statuisce che: "Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie<br />

relative a procedure di affidamento di lavori, servizi o forniture svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del<br />

contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza<br />

pubblica previsti dalla normativa statale o regionale".<br />

Ne consegue che, per effetto dì tale norma, è stata configurata una giurisdizione esclusiva in favore del giudice<br />

amministrativo anche per l'azione di risarcimento per responsabilità precontrattuale nelle procedure di affidamento di<br />

contratti di appalto di lavori, servizi o forniture, da parte di soggetti tenuti nella scelta del contraente all'applicazione<br />

della normativa comunitaria o al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica (cfr. Cass. S.U. n. 16319/2002; Cass. S.<br />

U. 18/10/2005, n. 20116; Cons. Stato sez. V, n. 7194/2006).<br />

6.2. Tale giurisdizione esclusiva per l'azione di responsabilità precontrattuale non è invece ravvisabile in tema di<br />

contratto di compravendita di immobile, in mancanza di una norma specifica. Nessuna delle direttive comunitarie<br />

vigenti al momento dei fatti posti a base della domanda (92/50 in materia di appalti di servizi, 93/36 in materia di<br />

appalti di forniture, 93/37 in materia di appalti dì lavori), assoggettava alla propria disciplina la compravendita di edifici<br />

esistenti.<br />

Sulla stessa linea si è mossa la normativa nazionale di recepimento. Si consideri, ad esempio, che l'art. 5, lett. a), d.lgs.<br />

n. 157 del 1995 esclude espressamente dal proprio ambito di applicazione i contratti aventi ad oggetto 1r acquisizione o<br />

la locazione, indipendentemente dalle modalità finanziarie, di terreni o edifici esistenti.<br />

7.1. Il problema che si pone è quindi quello di individuare se nella fattispecie il. contratto in fieri tra le parti, di cui si<br />

lamenta l'interruzione delle trattative, costituisca un contratto di compravendita di cosa futura (nel qual caso<br />

sussisterebbe la giurisdizione del giudice ordinario) o un contratto di appalto di lavori pubblici (nel qual caso<br />

sussisterebbe la giurisdizione esclusiva del G.A.).<br />

Nel nostro ordinamento non vige il sistema del nec ultra vires (che caratterizza invece l'attività delle persone giuridiche<br />

di diritto pubblico nel sistema anglosassone) e, pertanto, sia le persone giuridiche pubbliche che private hanno la<br />

medesima capacità giuridica, per cui la p.a. può porre in essere contratti di diritto privato in assenza di specifici divieti.<br />

A tal fine va osservato che l'acquisto di cosa futura è un istituto che non solo opera in deroga alla normativa generale in<br />

materia di appalti pubblici, ma, addirittura, si pone in alternativa all'appalto di opera pubblica, che resta il sistema<br />

ordinario per l'acquisizione di opere di pertinenza pubblica.<br />

Sicché, l'esperibilità della vendita di cosa futura da parte della pubblica amministrazione, pur essendo ammissibile in<br />

astratto, in concreto è condizionata dalla ricorrenza di situazioni eccezionalissime e dalla necessità - dettata dalla finalità<br />

di evitare intenti elusivi del principio tendenziale e generale del procedimento d'appalto - che l'amministrazione valuti<br />

preventivamente la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie di realizzazione delle opere pubbliche (Cons. Stato<br />

1.3.2005, n. 816).<br />

Infatti il Cons. Stato, (Ad. Gen.), 17/02/2000, n. 2, ha ritenuto che l'istituto della compravendita di cosa futura non è<br />

stato espunto dall'ordinamento con il sopravvenire della più recente legislazione sui lavori pubblici, salvo verificare se,<br />

in concreto, l'amministrazione abbia stipulato un contratto di vendita o di appalto. E' quindi ammissibile il ricorso alla<br />

compravendita di cosa futura, ma solo nei ristrettissimi limiti in cui l'opera da acquisire costituisca, secondo un<br />

ampiamente motivato e documentato apprezzamento dell'amministrazione, un bene infungibile, con riguardo alle sue<br />

caratteristiche strutturali e topografiche, ovvero un "unicum" non acquisibile in altri modi, ovvero a prezzi, condizioni e<br />

tempi inaccettabili per il più solerte perseguimento dell'interesse pubblico. Ne consegue la necessità che<br />

l'amministrazione valuti preventivamente la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie di realizzazione delle opere<br />

pubbliche, e ove ne verifichi la non praticabilità in relazione a specialissime, motivate e documentate esigenze di<br />

celerità, funzionalità ed economicità, potrà scegliere di acquisire l'immobile secondo il meccanismo della<br />

compravendita.<br />

303


7.2. Occorre, quindi, esaminare se nella fattispecie il contratto in fieri avesse ad oggetto un appalto o una vendita dì<br />

cosa futura.<br />

A tal fine va ribadito che di nessun rilievo è, ai fini della giurisdizione, accertare se sussistevano le condizioni per la<br />

Regione per poter utilizzare il contratto di compravendita di cosa futura, per poter procedere in autotutela a "ritirare" la<br />

delibera che aveva dato inizio ai contatti, e se la controparte avesse conoscenza di eventuali illegittimità procedimentali<br />

e quale rilievo ciò avesse nella fattispecie.<br />

In questa sede relativa all'accertamento della pretesa violazione dei principi sulla giurisdizione, occorre solo acclarare se<br />

il contratto in corso di formazione in questione integrasse un contratto di appalto di lavori o di compravendita di cosa<br />

futura, poiché solo questo determina l'applicabilità o meno della giurisdizione esclusiva del GA, anche per la<br />

responsabilità precontrattuale.<br />

7.3. Comunemente si sostiene che la vendita ha per oggetto un dare, mentre l'appalto ha per oggetto un facere. La prima<br />

è diretta ad un trasferimento, mentre il secondo è inteso in primis alla produzione di un opus, mediante un'attività<br />

elaboratrice. L'uno presuppone l'esistenza attuale della cosa; l'altro l'inesistenza ed è posto in essere per produrla.<br />

Il problema si complica allorché si tratta di vendita di cosa futura (art. 1472 c.c..) e cioè di bene non ancora esistente,<br />

segnatamente allorché si tratti un prodotto d'opera non ancora realizzato e per l'esistenza del quale occorre l'attività<br />

strumentale positiva dell'alienante.<br />

Anche in relazione a questo tipo di vendita si ritiene dalla dottrina maggioritaria e dalla giurisprudenza che si versi in<br />

ipotesi di contratto ab inizio perfetto, ricorrendo in esso tutti gli elementi essenziali del contratto, ma ad effetti<br />

obbligatori, poiché il momento traslativo sussisterà solo allorché la cosa sia venuta ad esistenza: l'esigenza di tutelare il<br />

compratore contro il rischio del perimento dell'opera che si trovi ancora nella sfera di controllo dell'alienante induce a<br />

ritenere che l'opera debba ritenersi esistente solo al momento del suo completamento (Cass. 18.5.2001 n. 6851; Cass. n.<br />

8118/1991; Cass. n. 3854/1989).<br />

7.4. I criteri di distinzione proposti sono sostanzialmente due.<br />

Un primo criterio di distinzione, che può definirsi obbiettivo, propone di distinguere l'appalto dalla compravendita di<br />

cosa futura in base alla prevalenza quantitativa dell'elemento lavoro sull'elemento materia (il principio è applicato<br />

soprattutto in materia tributaria, essendo il criterio seguito dal d.p.r. n. 633/1972, Cass. sez. V, n. 9320/2006).<br />

Si è validamente obbiettato, allorché tale criterio è stato trasferito fuori dall'area tributaria, che non è la prevalenza<br />

quantitativa del lavoro sulla materia che ha valore decisivo, ma il modo come il lavoro è considerato dalle parti.<br />

Il secondo criterio di distinzione tra i due contratti è quello subiettivo, alla stregua del quale dovrà vedersi in che modo<br />

le parti hanno considerato l'opera, se cioè in sé stessa o in quanto prodotto necessario di un'attività e quindi se la volontà<br />

delle parti aveva ad oggetto un dare o un facere.<br />

Il criterio subiettivo è quello più seguito dalla giurisprudenza (Cass. 20.10.1997 n. 10256; Cass. 19.11.2002, n. 16319;<br />

Cass. 2.8.2002, n. 11602). Per volontà delle parti deve intendersi non l'intenzione soggettiva, cioè l'opinione che esse<br />

abbiano avuto della natura del rapporto, ma l'intento empirico tipico in cui si inquadra la volontà che le muove. E' stato<br />

già rilevato che il privato non è padrone delle conseguenze giuridiche dei negozi che compie, le quali si producono vi<br />

legis e non vi voluntatis.<br />

La cosiddetta libertà contrattuale dei privati comincia e termina con la creazione dell'elemento di fatto del negozio e<br />

cioè con la manifestazione di un determinato intento empirico. L'effetto giuridico è indipendente dalla rappresentazione<br />

che se ne faccia l'agente, il quale nessuna diretta influenza potrà esercitare su di esso. Quando perciò si propone di far<br />

richiamo alla volontà delle parti per qualificare il negozio, per volontà delle parti si deve intendere il dato dell'intento<br />

empirico che le parti hanno dimostrato di voler conseguire: se tale intento empirico coincide con quello della vendita,<br />

nel senso che il conseguimento della cosa costituisce la vera ed unica finalità del negozio ed il lavoro sia solo il mezzo<br />

per produrla, si ha vendita di cosa futura; se coincide con quello proprio dell'appalto, nel senso che l'attività realizzatrice<br />

della cosa sia la vera finalità del negozio, si ha appalto.<br />

7.5. In giurisprudenza è stato più volte deciso che il contratto avente ad oggetto il trasferimento della proprietà di<br />

un'area edificabile in cambio di un fabbricato o di alcune sue parti da costruire sulla stessa, superficie a cura e con i<br />

mezzi del cessionario, può integrare sia un contratto di permuta di un bene esistente con un bene futuro, sia un contratto<br />

304


misto, costituito con gli elementi della vendita e dell'appalto. Si configura il primo contratto se il sinallagma negoziale<br />

sia consistito nel trasferimento reciproco della proprietà attuale con la cosa futura (ipotesi la quale si verifica anche se si<br />

sia previsto il pagamento di un conguaglio in denaro, non incidendo tale clausola sulla causa tipica del negozio di<br />

permuta) e l'obbligo di erigere l'edificio sia restato su un piano accessorio e strumentale, mentre si ravvisa l'altro<br />

contratto, qualora la costruzione del fabbricato sia stata al centro della volontà delle parti e l'alienazione dell'area abbia<br />

costituito soltanto il mezzo per conseguire l'obiettivo primario (Cass. 09/11/2005, n. 21773; Cass. 12/04/2001, n. 5494;<br />

Cass. 24/01/1992, n. 811; Cass. n. 13 del 1990, Cass. n. 5147 del 1987).<br />

7.6. Ritengono queste S.U. di dover aderire a tale orientamento consolidato, anche in tema di differenza tra vendita di<br />

cosa futura ed appalto.<br />

Pertanto il contratto avente ad oggetto la cessione di un fabbricato non ancora realizzato, con previsione dell'obbligo del<br />

cedente - che sia proprietario anche del terreno su cui l'erigendo fabbricato insisterà - di eseguire i lavori necessari al<br />

fine di completare il bene e di renderlo idoneo al godimento, può integrare alternativamente tanto gli estremi della<br />

vendita di una cosa futura (verificandosi allora l'effetto traslativo nel momento in cui il bene viene ad esistenza nella sua<br />

completezza), quanto quelli del negozio misto, caratterizzato da elementi propri della vendita di cosa presente (il suolo,<br />

con conseguente effetto traslativo immediato dello stesso) e dell'appalto: e ciò a seconda che nel sinallagma<br />

contrattuale, assuma un rilievo centrale il conseguimento della proprietà dell'immobile completato ovvero tale ruolo<br />

centrale sia costituito dal trasferimento della proprietà attuale (del suolo) e dall'attività realizzatrice dell'opera da parte<br />

del cedente.<br />

Si avrà quindi vendita di cosa futura quando l'intento delle parti abbia ad oggetto il trasferimento della cosa futura e<br />

consideri l'attività costruttiva nella mera funzione strumentale e per contro si avrà vendita con effetti reali del suolo ed<br />

appalto della costruzione, quando l'attività costruttiva, che il cedente assume a proprio rischio con la propria<br />

organizzazione, viene considerata come oggetto della prestazione di fare. In quest'ultima ipotesi si verserà in ipotesi di<br />

contratto misto (di vendita e di appalto),la cui disciplina giuridica va individuata, in base alla teoria dell'assorbimento,<br />

che privilegia la disciplina dell'elemento in concreto prevalente, in quella risultante dalle norme del contratto atipico nel<br />

cui schema sono riconducibili gli elementi prevalenti (cosiddetta teoria dell'assorbimento o della prevalenza), senza<br />

escludere ogni rilevanza giuridica degli altri elementi, che sono voluti dalle parti e concorrono a fissare il contenuto e<br />

l'ampiezza del vincolo contrattuale, elementi ai quali si applicano le norme proprie del contratto cui essi appartengono,<br />

in quanto compatibili con quelle del contratto prevalente (Cass. 24/07/2000, n. 9662; Cass. 08/02/2006, n. 2642).<br />

7.7. Viene poi costantemente affermato che l'indagine sul reale contenuto delle volontà, espresse nella convenzione<br />

negoziale "de qua", risolvendosi in un apprezzamento di fatto, è riservata al giudice del merito ed è conseguentemente<br />

incensurabile in sede di legittimità se sorretta da adeguata motivazione.<br />

Sennonché nella fattispecie il ricorso è proposto soprattutto sotto il profilo di violazione delle norme in tema di<br />

giurisdizione, ai sensi dell'art. 360 n. 1 c.p.c.<br />

In proposito vige, quindi, il diverso principio secondo cui questa Corte, istituzionalmente giudice di legittimità, per<br />

quanto riguarda le questioni di giurisdizione è anche giudice del fatto e, come tale, ha il potere di apprezzare<br />

direttamente i "fatti", anche non processuali,, e di trarre conseguenze autonome e indipendenti, non solo dalle deduzioni<br />

delle parti, ma anche dal giudice del merito (Cass. S.U. , 22/07/2002, n. 10696, Cass. S.U. 10/08/2000, n. 560; Cass.<br />

S.U. 19 febbraio 1999, n. 79; Cass. S.U. 9 ottobre 1984, n. 5028; Cass. S.U. 19 novembre 1979, n. 6025) . I "fatti" sulla<br />

base dei quali la giurisdizione deve essere determinata sono, anzitutto, quelli allegati alla domanda (arg. ex art. 386<br />

c.p.c.), ma è evidente che se un'attività istruttoria è stata, almeno in parte, espletata, la Corte deve tener conto delle sue<br />

risultanze e procedere alla loro valutazione.<br />

8.1. Passando quindi ad esaminare i fatti, il punto di partenza è costituito dalla "ricerca di mercato" deliberata dalla<br />

giunta regionale con delibera del 16.10.2001, n. 873, "finalizzata all'acquisizione in locazione con opzione di acquisto<br />

ovvero all'acquisto anche per cosa futura e/o mediante locazione finanziaria esistente, in corso di realizzazione o da<br />

realizzare ubicato nella città di Catanzaro....".<br />

Contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza impugnata nella fattispecie non si trattava di "un bando di gara per la<br />

realizzazione dell'appalto del complesso immobiliare", ma semplicemente di un avviso con funzione di consentire una<br />

ricerca di mercato al fine di acquisire un complesso immobiliare per gli uffici regionali.<br />

Sulla scorta della più attenta giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr. sez. VI, 29 marzo 2001, n. 1881), deve essere<br />

rimarcata la differenza fra sondaggio esplorativo e gara ufficiosa istituti entrambi utilizzabili nella trattativa privata: il<br />

primo tende solo ad acquisire una conoscenza dell'assetto del mercato e dunque dell'esistenza di imprese potenziali<br />

305


contraenti e del tipo di condizioni contrattuali che sono disposte a praticare; il secondo, oltre ad essere strumento di<br />

conoscenza implica una valutazione comparativa delle offerte, valutazione che è insita nel concetto stesso di gara e che<br />

pone l'obbligo per l'amministrazione di rispettare le prescrizioni assunte in sede di autovincolo, in ossequio ai canoni di<br />

trasparenza, buon andamento ed imparzialità. Ma, al di fuori del rispetto di tale autovincolo, la gara informale non<br />

snatura le linee fondamentali ed i caratteri tipici della trattativa privata, trasformandosi in una procedura meccanica di<br />

gara formale ad evidenza pubblica.<br />

Già dal modo di "porsi sul mercato" con tale "ricerca di mercato" emerge che la regione mirava ad acquisire il<br />

godimento di un immobile {come diritto personale o come contenuto del diritto di proprietà) tramite preventiva<br />

locazione, anche finanziaria, con diritto di riscatto ovvero con acquisto di cosa futura, e non l'attività realizzatrice di un<br />

appaltatore.<br />

8.2. Infondato è l'assunto della sentenza impugnata, secondo cui con lo schema della vendita di cosa futura sarebbe<br />

incompatibile la previsione di acconti.<br />

Incompatibile con la vendita di cosa futura non è l'acconto di per sé, quanto la previsione di acconti in corso d'opera in<br />

relazione a stati di avanzamento dei lavori, propri, invece dell'appalto.<br />

Mentre nell'appalto l'acconto si giustifica in virtù del SAL e dunque di una parziale esecuzione dell'oggetto del<br />

contratto, nella vendita di cosa futura l'adempimento dell'alienante si configura solo con il completamento del bene, per<br />

cui antecedentemente non è previsto un pagamento per un "parziale" adempimento.<br />

Sennonché nello schema di contratto allegato alla delibera n. 119/2002 il pagamento di 14 milioni di euro è previsto non<br />

come "acconto d'opera", ma come anticipazione di pagamento di parte del prezzo finale.<br />

8.3. Egualmente infondato è l'assunto della sentenza impugnata, secondo cui la previsione di un termine di ultimazione<br />

dei lavori sarebbe tipica dell'appalto e normalmente estranea all'ipotizzato contratto di vendita.<br />

Infatti, allorché la vendita di cosa futura preveda che la cosa venga ad esistenza attraverso il comportamento<br />

dell'alienante e che, quindi, sia pure quale elemento accessorio, sia prevista un'attività di questi, è perfettamente<br />

conciliabile con tale schema contrattuale la fissazione di un termine entro cui detta cosa futura debba venire ad<br />

esistenza.<br />

8.4. Neppure è elemento, che milita necessariamente per la qualificazione dello schema contrattuale come appalto,<br />

l'obbligo assunto dall'attrice di realizzare gli impianti a perfetta regola d'arte, in quanto anche nella vendita di cosa<br />

futura devono essere preventivamente individuate le caratteristiche tecniche dell'opera da realizzare, analogamente<br />

quanto alla costituzione di una commissione di esperti per verificare la "regolare esecuzione del contratto", in quanto<br />

l'intervento di detta commissione, non è stato previsto come controllo in corso d'opera, quale quello che effettua il<br />

direttore dei lavori della stazione appaltante o l'ingegnere capo, ma dopo la realizzazione e consegna dell'opera. Non<br />

potendo tale commissione incidere nel momento del facere, il ruolo ad essa spettante è solo quello di verifica dell'opera<br />

compiuta, che è perfettamente conciliabile con la vendita di cosa futura. Inoltre nella fattispecie si tratta di commissione<br />

paritetica, composta da rappresentati di entrambi le parti, mentre tali non sono i controlli svolti in corso di contratto di<br />

appalto. Ritenuti, quindi, insussistenti gli elementi posti dalla sentenza impugnata a base della qualificazione del<br />

contratto in questione quale contratto di appalto, vanno ora esaminati, quali sono gli elementi che fanno qualificare<br />

detto contratto come contratto di vendita di cosa futura.<br />

8.5. E' vero che il namen iuris dato dalle parti allo schema contrattuale in questione di per sé non è rilevante e neppure<br />

lo è l'art. 4 nella parte in cui dichiara che " le parti convengono espressamente che il presente contratto si configura<br />

come acquisto di cosa futura, anche agli effetti dell'art. 1472 c.c.", per le ragioni già dette, secondo cui ciò che conta<br />

non è l'intenzione soggettiva delle parti sulle conseguenze giuridiche delle volontà espresse, ma l'intento empirico di<br />

tale manifestazioni di volontà.<br />

In questo senso sono quindi rilevanti l'art. 2, in cui la Hermes dichiara di trasferire la piena proprietà del complesso<br />

immobiliare da realizzare in Catanzaro e la Regione Calabria dichiara di acquistare tale bene; l'art. 3, in cui le parti<br />

dichiarano che oggetto del trasferimento sono l'appezzamento del terreno,. i manufatti e le opere da realizzare; l'art. 4,<br />

nella parte in cui le parti specificano che la proprietà dei beni sarà trasferita alla regione solo nel momento in cui il<br />

complesso viene ad esistenza.<br />

306


8.6. Quanto all'interpretazione delle clausole contrattuali va, anzitutto, rilevato che l'art. 1362 c.c., allorché nel primo<br />

comma prescrive all'interprete di indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti senza limitarsi al senso<br />

letterale delle parole, non svaluta l'elemento letterale del contratto, anzi intende ribadire che, qualora la lettera della<br />

convenzione, per le espressioni usate, rilevi con chiarezza ed univocità la volontà dei contraenti e non vi è divergenza<br />

tra la lettera e lo spirito della convenzione, una diversa interpretazione non è ammissibile; soltanto quando le<br />

espressioni letterali del contratto non sono chiare, precise ed univoche, è consentito al giudice ricorrere agli altri<br />

elementi interpretativi indicati dagli artt. 1362 e s. ce, che hanno carattere sussidiario {Cass. 22/02/2007, n. 4176; Cass.<br />

1.4.1993, n. 3936).<br />

Pertanto, nella ricerca della comune intenzione dei contraenti, il primo e principale strumento dell'operazione<br />

interpretativa è costituito dalle parole ed espressioni del contratto e, qualora queste siano chiare e dimostrino un'intima<br />

ratio, il giudice non può ricercarne una diversa, venendo così a sovrapporre la propria soggettiva opinione all'effettiva<br />

volontà dei contraenti {Cass. 22/12/2005, n. 28479; 03/12/2004, n. 22781; Cass. 22.4.1995,n. 4563).<br />

8.7. Nella fattispecie, come risulta sia dall'avviso di ricerca di mercato che dallo schema del contratto, l'interesse<br />

dell'amministrazione non era tanto quello di ottenere il suolo per una successiva trasformazione del medesimo, quanto<br />

l'acquisizione di un edificio già realizzato rispetto al quale sia l'acquisto del suolo che il lavoro del costruttore appaiono<br />

come elementi indispensabili, ma comunque accessori, rispetto all'oggetto effettivo del contratto..<br />

Peraltro, come si è visto, a fronte della ritenuta natura del contratto come compravendita di cosa futura, non avrebbe<br />

mai potuto sussistere solo un contratto di appalto, in quanto il terreno era della stessa Hermes (ipotetica appaltatrice) ed<br />

il contratto in questione sarebbe stato un contratto di appalto di opera pubblica su terreno di proprietà dello stesso<br />

appaltatore, ma un contratto misto di vendita con effetti reali di bene esistente (il terreno) e di contestuale appalto per la<br />

realizzazione dell'edificio.<br />

Sennonché, come detto, dall'art. 2 del contratto emerge che l'intento delle parti non era quello di trasferire la sola<br />

proprietà del terreno ma anche quella dell'intero complesso da realizzare e che lo stesso trasferimento della proprietà del<br />

terreno sarebbe avvenuto in una alla proprietà del complesso immobiliare, allorché esso sarebbe stato ultimato.<br />

8.8. In merito al passaggio di proprietà dell'opera nell'appalto di costruzione di immobili, la dottrina, che se ne è<br />

occupata, ritiene condivisibilmente che, se il suolo è di proprietà del committente, l'opera nasce di sua proprietà per<br />

accessione; se invece il terreno è dell'appaltatore (o perché già suo o perché l'abbia acquistato ai fini dell'esecuzione del<br />

contratto di appalto, rivestendo in questo acquisto la qualità di mandatario del soggetto committente l'appalto) e non sia<br />

stato trasferito al committente, l'appaltatore che ha fornito anche i materiali ed il lavoro, è acquirente originario della<br />

proprietà dell'opera, che passa nella proprietà del committente solo con l'accettazione dell'opera, che deve essere data<br />

per iscritto, trattandosi di immobili.<br />

Nella fattispecie - invece - il trasferimento della proprietà era previsto nel contratto per effetto della sola venuta ad<br />

esistenza ed ultimazione del complesso e non per effetto dell'accettazione, il che è conforme alla disciplina della vendita<br />

di cosa futura.<br />

9.1. Ne consegue che, non versandosi in ipotesi di procedura di affidamento di appalto di lavori, ma di trattative relative<br />

ad un contratto di compravendita di cosa futura, per la proposta azione di responsabilità precontrattuale nei confronti<br />

della regione convenuta, non sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (per le controversie relative<br />

alle procedure di affidamento di lavori da parte delle P.A., ai sensi dell'art. 6 l. 21.7.2000, n. 205), ma la giurisdizione<br />

del giudice ordinario.<br />

Infatti, esclusa 1'applicabilità di tale ultima norma, la giurisdizione va affermata sulla base dei criteri di riparto ancorati<br />

alla distinzione tra diritti soggettivi ed interessi legittimi, e perciò in funzione della natura giuridica delle situazioni<br />

soggettive dedotte in giudizio. Tale natura attiene ad una pretesa il cui soddisfacimento non postula la demolizione di<br />

alcun atto amministrativo, giacché allega un illecito extracontrattuale a carico della P.A. e non contesta la procedura<br />

relativa alla individuazione del contraente (Cass. S.U. n. 9645 del 2001, e 10160 del 2003; Cass. S.U. 03/07/2006, n.<br />

15199; Cass. S.U. 6/02/2006, n. 2450).<br />

9.2. Va pertanto accolto il ricorso; va cassata l'impugnata sentenza e dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario,<br />

con conseguente rinvio al tribunale di Catanzaro, in diversa composizione, quale giudice di primo grado, ai sensi degli<br />

articoli 383, terzo comma, e 353, primo comma, cod. proc. civ., anche per le spese del giudizio di cassazione.<br />

307


P.Q.M.<br />

Accoglie il ricorso. Cassa l'impugnata sentenza; dichiara la giurisdizione del giudice ordinario e rinvia la causa al<br />

Tribunale di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.<br />

Così deciso in Roma, lì 22 aprile 2008.<br />

Il cons. est.<br />

Il Presidente<br />

308


RAPPORTI TRA GIUSTIZIA SPORTIVA E GIUSTIZIA STATALE<br />

COSTITUZIONALE - sentenza 11 febbraio 2011 n. 49<br />

Pres. De Siervo, Red. Napolitano - (giudizio promosso dal T.A.R. Lazio nel procedimento vertente tra Cirelli Andrea e<br />

la Federazione Italiana Pallacanestro ed altri con ordinanza dell’11 febbraio 2010, iscritta al n. 194 del registro<br />

ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell’anno 2010).<br />

Sport e spettacolo - Controversie riguardanti lo sport - Relative a sanzioni disciplinari, diverse da quelle<br />

tecniche, inflitte ad atleti, tesserati, associazioni e società sportive - Disciplina prevista dell’art. 2, commi 1,<br />

lettera b), e 2, del decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220 - Nella parte in cui riserva la decisione di dette<br />

controversie al giudice sportivo - Questione di legittimità costituzionale - Sollevata con riferimento agli artt. 24,<br />

103 e 113 della Costituzione - Infondatezza.<br />

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata in riferimento agli artt. 24, 103 e 113 della<br />

Costituzione - dell’art. 2, commi 1, lettera b), e 2, del decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220 (Disposizioni urgenti in<br />

materia di giustizia sportiva), convertito, con modificazioni, con legge 17 ottobre 2003, n. 280, nella parte in cui<br />

riserva al solo giudice sportivo la competenza a decidere le controversie aventi ad oggetto sanzioni disciplinari,<br />

diverse da quelle tecniche, inflitte ad atleti, tesserati, associazioni e società sportive, sottraendole al sindacato del<br />

giudice amministrativo, anche ove i loro effetti superino l’ambito dell’ordinamento sportivo, incidendo su diritti<br />

soggettivi ed interessi legittimi.<br />

---------------------------------------------------<br />

Documenti correlati:<br />

CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONI UNITE CIVILI, ordinanza 21-10-2009, pag. http://www.lexitalia.it/p/92/ccass_2009-10-<br />

21.htm (sui limiti della giurisdizione esclusiva del G.A. ex art. 3 del D.L. n. 220 del 2003, in materia di controversie aventi ad<br />

oggetto atti del CONI o delle Federazioni sportive).<br />

CONSIGLIO DI STATO SEZ. VI, sentenza 10-9-2007, pag. http://www.lexitalia.it/p/72/cds6_2007-09-10.htm (sulla determinazione<br />

della giurisdizione competente a decidere controversie sugli atti emessi dalle federazioni sportive; fattispecie relativa a procedura<br />

indetta dalla Federazione Italiana della Caccia per la stipula di una assicurazione r.c. in favore di tutti gli iscritti).<br />

TAR LAZIO - ROMA SEZ. III TER, sentenza 22-8-2006, n. 7331, pag. http://www.lexitalia.it/p/62/tarlazio3ter_2006-08-22.htm<br />

(sulla sussistenza della giurisdizione del G.A. nel caso di controversie riguardanti decisioni della C.A.F. presso la Federazione<br />

Italiana Gioco Calcio).<br />

TAR PUGLIA-BARI, SEZ. I, sentenza 11-9-2001, pag. http://www.lexitalia.it/private/tar/tarpugliaba1_2001-09-11.htm (pur a<br />

seguito della c.d. legge Melandri, sussiste la giurisdizione amministrativa per controversie relative a norme regolamentari ed atti<br />

gestionali adottati dagli organi delle federazioni sportive).<br />

MALPESI I., Rapporti tra giurisdizione amministrativa e giustizia sportiva in materia di applicazione delle regole tecnico – sportive<br />

(nota a T.A.R. Lazio – Roma, Sez. III ter, sent. 2 luglio 2008, n. 6352), in LexItalia.it n. 2/2009, pag.<br />

http://www.lexitalia.it/articoli/malpesi_rapporti.htm<br />

SENTENZA N. 49<br />

ANNO 2011<br />

REPUBBLICA ITALIANA<br />

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO<br />

LA CORTE COSTITUZIONALE<br />

composta dai signori:<br />

309


- Ugo DE SIERVO Presidente<br />

- Paolo MADDALENA Giudice<br />

- Alfio FINOCCHIARO "<br />

- Alfonso QUARANTA "<br />

- Franco GALLO "<br />

- Luigi MAZZELLA "<br />

- Gaetano SILVESTRI "<br />

- Sabino CASSESE "<br />

- Giuseppe TESAURO "<br />

- Paolo Maria NAPOLITANO "<br />

- Giuseppe FRIGO "<br />

- Alessandro CRISCUOLO "<br />

- Paolo GROSSI "<br />

- Giorgio LATTANZI "<br />

[ELG:PREMESSA]<br />

ha pronunciato la seguente<br />

SENTENZA<br />

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 1, lettera b), e 2, del decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220<br />

(Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva), convertito, con modificazioni, con legge 17 ottobre 2003, n. 280,<br />

promosso dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio nel procedimento vertente tra Cirelli Andrea e la<br />

Federazione Italiana Pallacanestro (FIP) ed altri con ordinanza dell’11 febbraio 2010, iscritta al n. 194 del registro<br />

ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell’anno 2010.<br />

Visti gli atti di costituzione della FIP, del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) nonchè l’atto di intervento<br />

della Associazione Sportiva Agorà e del Presidente del Consiglio dei ministri;<br />

udito nell’udienza pubblica del 14 dicembre 2010 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;<br />

uditi l’avvocato Luciano de Luca per l’Associazione Sportiva Agorà, Guido Valori per la FIP, Alberto Angeletti e Luigi<br />

Medugno per il CONI e l’avvocato dello Stato Carlo Sica per il Presidente del Consiglio dei ministri.<br />

Ritenuto in fatto<br />

1. – Nel corso di un giudizio avente ad oggetto la impugnazione, proposta da persona tesserata, in qualità di dirigente<br />

sportivo, presso la Federazione italiana pallacanestro (FIP) della sanzione disciplinare della inibizione allo svolgimento<br />

di ogni attività endofederale per la durata di anni 3 e mesi 4, irrogata nei suoi confronti con decisione della Camera di<br />

conciliazione e arbitrato per lo sport del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), e di numerosi altri atti ad essa<br />

prodromici, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con ordinanza depositata in data 11 febbraio 2010, ha<br />

sollevato, in riferimento agli artt. 24, 103 e 113 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 2,<br />

310


commi 1, lettera b), e 2, del decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220 (Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva),<br />

convertito, con modificazioni, con legge 17 ottobre 2003, n. 280.<br />

1.1. – Il giudice rimettente, prima di illustrare i profili di rilevanza e di non manifesta infondatezza della presente<br />

questione, riferisce ampiamente in merito alle vicende del giudizio a quo, nei termini qui di seguito riassunti.<br />

Nel marzo del 2007 il ricorrente in tale giudizio, team manager della squadra di pallacanestro Benetton Treviso, fu<br />

deferito dal Procuratore federale della FIP di fronte agli organi della giustizia federale in quanto, al fine di consentire il<br />

tesseramento per la predetta compagine di un giocatore, avrebbe confezionato un falso atto di risoluzione contrattuale<br />

relativo alla posizione di altro giocatore della medesima squadra. Per tali fatti, costituenti illecito sportivo, egli, oltre ad<br />

essere stato licenziato dalla Benetton Treviso, veniva sanzionato dal giudice sportivo di primo grado con la inibizione<br />

da qualsiasi attività federale per la durata di anni 2. Essendo stato tale provvedimento impugnato, sia dalla FIP che dal<br />

tesserato, di fronte alla Corte federale, questa, in accoglimento del gravame proposto dalla Federazione, aggravava la<br />

sanzione irrogata protraendo la durata della inibizione sino a complessivi anni 3 e mesi 4. In relazione a tale<br />

provvedimento il tesserato proponeva istanza di conciliazione di fronte alla Camera di conciliazione e arbitrato per lo<br />

sport che, però, fallito il tentativo di conciliazione, confermava, in sede contenziosa, il precedente provvedimento.<br />

A questo punto il dirigente sportivo inibito, articolando tre motivi di censura (ampliati, in seguito, con altri due motivi<br />

aggiunti), impugnava di fronte al TAR del Lazio sia la decisione assunta in sede conciliativa che quelle prese nelle<br />

precedenti fasi giustiziali nonché i provvedimenti con i quali egli era stato deferito agli organi della giustizia sportiva.<br />

Impugnava, altresì, le disposizioni, di natura statutaria e regolamentare, le quali, disciplinando le modalità di<br />

funzionamento della giustizia sportiva, prevedono che i tesserati federali debbano adire gli organi della suddetta<br />

giustizia nelle materia di cui all’art. 2 del decreto-legge n. 220 del 2003, comminando a loro volta, in caso di violazione<br />

di tale dovere, ulteriori sanzioni disciplinari.<br />

1.2. – Nel giudizio di fronte al TAR, si costituivano la FIP ed il CONI eccependo ambedue, in via preliminare, il difetto<br />

di giurisdizione del giudice adito, e il secondo, sempre preliminarmente, la propria carenza di legittimazione passiva, là<br />

dove, nel merito, ambedue sostenevano la infondatezza del ricorso.<br />

1.3. – Dopo che il ricorrente aveva depositato presso la segreteria del TAR copia della sentenza del Tribunale di<br />

Bologna che lo aveva assolto dal reato di frode sportiva usando la formula «perché il fatto non sussiste», il TAR, in data<br />

28 gennaio 2010, tratteneva la causa per la decisione<br />

2. – Il giudice a quo ritiene di dovere preliminarmente esaminare l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalle<br />

parti resistenti costituite, secondo le quali le sanzioni sportive sarebbero impugnabili, ai sensi dell’art. 2, primo comma,<br />

lettera b), del decreto-legge n. 280 del 2003, solo di fronte agli organi della giustizia sportiva.<br />

A tale proposito, rileva di avere più volte affermato la propria giurisdizione in materia di sanzioni disciplinari sportive<br />

diverse da quelle tecniche – cioè da quelle preordinate ad assicurare la regolarità della competizione e la rispondenza<br />

del risultato ai valori sportivi in essa espressi – in considerazione del fatto che il principio, espresso dal decreto-legge n.<br />

220 del 2003, secondo il quale l’ordinamento sportivo è disciplinato autonomamente da quello statale, trova una<br />

espressa deroga in caso di rilevanza per quest’ultimo di situazioni giuridiche, costituenti diritti soggettivi e interessi<br />

legittimi, connesse con il primo. È il caso delle controversie che abbiano ad oggetto rapporti giuridici patrimoniali fra<br />

società sportive ed atleti, devolute al giudice ordinario, ovvero il caso di controversie relative ai provvedimenti del<br />

CONI o delle Federazioni sportive, devolute al giudice amministrativo.<br />

2.1. – Tale impostazione è compendiata dal rimettente nel principio secondo il quale la giustizia sportiva si occupa della<br />

applicazione delle regole sportive, quella statale entra in gioco ove la controversia concerna la lesione di diritti<br />

soggettivi o interessi legittimi.<br />

In particolare, per ciò che concerne la giurisdizione disciplinare, il TAR ha più volte affermato che l’art. 2, comma 1,<br />

lettera b), del decreto-legge n. 220 del 2003, il quale riserva al giudice sportivo le questione relative a «comportamenti<br />

rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni sportive», non opera là dove la<br />

sanzione non si esaurisca nell’ambito sportivo, refluendo, invece, anche nell’ordinamento dello Stato.<br />

In applicazione di tale tesi il TAR, prosegue l’ordinanza di rimessione, ha affermato la propria giurisdizione in relazione<br />

a ricorsi proposti da dirigenti, società sportive e giudici di gara in relazione alle note sanzioni disciplinari emesse dalla<br />

Corte federale della Federazione italiana giuoco calcio al termine della stagione calcistica 2005/2006, mentre la ha<br />

311


declinata in occasione della impugnazione del provvedimento con il quale un arbitro di calcio non era stato iscritto nei<br />

ruoli degli arbitri della Serie A e B in considerazione della asserita carenza delle necessarie qualità tecniche.<br />

2.2. – Tale impostazione, ad avviso del rimettente, si fonda anche sulla necessità di dare dell’art. 2, comma 1, lettera b),<br />

del decreto-legge n. 220 del 2003 una lettura costituzionalmente orientata, in accordo col principio, più volte espresso<br />

dal giudice delle leggi, secondo il quale l’interprete deve, fra più letture possibili di una norma, privilegiare quella<br />

idonea a fugare i dubbi di costituzionalità, dovendosi dichiarare la illegittimità costituzionale di una disposizione<br />

legislativa solo là dove sia impossibile dare di essa una interpretazione che preservi i valori costituzionali ad essa<br />

sottesi.<br />

Aggiunge il rimettente che anche nel caso esaminato nel giudizio a quo vi erano argomenti che, alla luce della pregressa<br />

giurisprudenza, consentivano di affermare che il legislatore, col decreto-legge n. 220 del 2003 avesse voluto sì garantire<br />

il previo esperimento di tutti i rimedi propri della giustizia sportiva, ma senza che ciò, una volta esauriti quelli,<br />

escludesse, per le sanzioni rilevanti anche nell’ordinamento generale, la possibilità di adire il giudice dello Stato.<br />

2.3. – Tale «parabola argomentativa» – riferisce sempre il rimettente TAR – però non è stata, di recente, condivisa dal<br />

Consiglio di Stato che, partendo dal rilievo che frequentemente i provvedimenti disciplinari adottati in ambito sportivo<br />

incidono, almeno indirettamente, su situazioni giuridiche rilevanti per l’ordinamento generale, si è interrogato se, in tali<br />

evenienze, debba prevalere il valore della autonomia dell’ordinamento sportivo ovvero il diritto di azione e di difesa in<br />

giudizio. Rispondendo a tale quesito, pur consapevole delle perplessità di ordine costituzionale che ne potrebbero<br />

derivare, il Consiglio di Stato ha ritenuto di dover privilegiare la prima delle due possibili alternative, affermando che,<br />

visto il tenore letterale degli artt. 2 e 3 del decreto-legge n. 220 del 2003, deve concludersi che il legislatore, nel<br />

demandare alla giustizia sportiva la cognizione sui comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e sulle conseguenti<br />

sanzioni, non ha attribuito importanza al fatto che queste ultime possano anche produrre effetti incidenti sul piano<br />

morale o patrimoniale.<br />

3. – Ritiene, pertanto, il rimettente, tenuto conto del ricordato recente arresto del Consiglio di Stato, di dovere aderire<br />

alla impostazione di quest’ultimo, sollevando, però, questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera<br />

b), e, in parte qua, anche del comma 2 del decreto-legge n. 220 del 2003, convertito con modificazioni, con legge n.<br />

280 del 2003, per contrasto con gli artt. 24, 103 e 113 della Costituzione, nella parte in cui riserva al giudice sportivo la<br />

competenza a decidere in via definitiva le controversie aventi ad oggetto sanzioni disciplinari non tecniche inflitte ad<br />

atleti, tesserati, associazioni e società sportive, sottraendole al giudice amministrativo, anche se i loro effetti superano<br />

l’ambito dell’ordinamento sportivo, incidendo su diritti ed interessi legittimi.<br />

Riscontrata la rilevanza della questione nel giudizio a quo, atteso che l’esame della impugnazione del ricorrente postula<br />

la giurisdizione del giudice adito, il rimettente, aderendo alla ricordata opzione ermeneutica del Consiglio di Stato, volta<br />

a privilegiare il tenore letterale dell’art. 2 del citato decreto-legge n. 220 del 2003, a scapito di una lettura sistematica di<br />

esso, in passato adottata dallo stesso rimettente, che valorizzi anche il regime derogatorio previsto nella parte finale del<br />

comma 2 del medesimo decreto-legge, afferma la non manifesta infondatezza della questione.<br />

3.1. – Ritiene il rimettente che la tesi ora seguita violi in primo luogo l’art. 24 della Costituzione che garantisce il<br />

diritto, in ogni stato e grado del procedimento, di agire in giudizio a tutela dei propri diritti ed interessi legittimi. Violati<br />

sarebbero, altresì, gli artt. 103 e 113 della Costituzione, che consentono l’impugnativa degli atti amministrativi di fronte<br />

agli organi della giustizia amministrativa, non potendosi dubitare, proprio per la riserva di giurisdizione contenuta<br />

nell’art. 3 del decreto-legge n. 220 del 2003, della riconducibilità al genere degli atti amministrativi dei provvedimenti<br />

emessi dal CONI e dalle Federazioni sportive.<br />

Né la disciplina censurata può ritenersi giustificata dalla esigenza di assicurare, in considerazione della peculiarità degli<br />

interessi in gioco, una giustizia rapida che l’ordinamento statuale non sarebbe in grado di assicurare, dato che lo stesso<br />

legislatore del 2003, consapevole di ciò, ha esteso al contenzioso sportivo la disciplina acceleratoria del processo dettata<br />

per altre materie in cui è riscontrabile la medesima esigenza di speditezza. Aggiunge il rimettente che, se ciò non fosse<br />

stato ritenuto sufficiente, il legislatore, senza giungere a violare il diritto di difesa, avrebbe potuto introdurre ulteriori<br />

strumenti di velocizzazione del processo.<br />

Precisa il rimettente che la illegittimità costituzionale non viene da lui ravvisata nella cosiddetta pregiudiziale sportiva,<br />

che è, anzi, una logica conseguenza della autonomia dell’ordinamento sportivo, ma nella preclusione del ricorso alla<br />

giurisdizione ordinaria una volta esauriti i gradi di quella sportiva. Parimenti estraneo alla problematica in esame è il<br />

caso della sanzione tecnica, irrogata nel corso od in conseguenza della competizione sportiva: in tal caso, infatti, manca<br />

lo stesso presupposto per poter invocare la tutela dell’art. 24 della Costituzione, cioè la lesione di posizioni giuridiche<br />

rilevanti. Invero, alle regole tecniche non può attribuirsi la valenza di norme di relazione da cui scaturiscono diritti<br />

312


soggettivi e contrapposti obblighi per quanti operano nell’ordinamento sportivo. Dovendosi altresì escludere che le<br />

decisioni assunte dai giudici di gara abbiano valenza provvedimentale, non è ravvisabile in capo ai destinatari di esse<br />

una posizione di interesse legittimo. In definitiva sia la violazione delle regole tecniche proprie di una disciplina<br />

sportiva che le sanzioni da essa derivanti appartengono all’«irrilevante giuridico», per il quale la «giustiziabilità può<br />

essere […] riservata agli organi della giustizia sportiva».<br />

A tale approdo, rileva il rimettente, era, peraltro, già pervenuto il giudice ordinario allorché aveva affermato, sia pure<br />

anteriormente alla entrata in vigore del decreto-legge n. 220 del 2003, che l’ordinamento generale, pur riconoscendo<br />

l’autonomia di quello sportivo, per un verso pretende che le norme fondamentali di questo si armonizzino con le proprie<br />

e per altro verso assicura la tutela delle posizioni giuridiche che gravitano nella sua orbita, esulando da essa le<br />

disposizioni, meramente tecniche, che l’ordinamento speciale ha elaborato ai fini della acquisizione del risultato della<br />

competizione sportiva.<br />

3.2. – Ritiene il TAR del Lazio che tale caratteristica, cioè l’esaurire la loro efficacia all’interno dell’ordinamento<br />

sportivo, non sia propria anche dei provvedimenti con i quali sono inflitte sanzioni disciplinari per violazioni di regole<br />

non tecniche, posto che queste, dirette a modificare in modo sostanziale, sebbene non irreversibile, lo status<br />

dell’affiliato, ridondano in danno della sua sfera giuridica rilevante per l’ordinamento generale.<br />

Né può invocarsi al proposito l’autonomia dell’ordinamento sportivo, essendo giustificabile la intangibilità di questo<br />

solo in quanto gli atti e le pronunce ad esso riferibili esauriscano i loro effetti all’interno del medesimo.<br />

Ciò non avviene ove le valutazioni e gli apprezzamenti espressi investano con immediatezza i diritti fondamentali del<br />

loro destinatario, influendo negativamente sulla sua onorabilità, così come si verifica nel caso di specie, là dove il danno<br />

sofferto dal ricorrente starebbe non tanto nella misura interdittiva a lui applicata, quanto nel giudizio di riprovevolezza<br />

morale che ad essa sottende.<br />

3.3. – Pertanto il TAR del Lazio ha sollevato, in relazione agli artt. 24, 103 e 113 della Costituzione, questione di<br />

legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 1, lettera b), e, in parte qua, 2, del decreto-legge n. 220 del 2003, convertito,<br />

con modificazioni, con legge n. 280 del 2003, nella parte in cui riserva al giudice sportivo la cognizione sulle<br />

controversie relative alle sanzioni disciplinari non tecniche inflitte ad atleti, tesserati associazioni e società sportive,<br />

sottraendola al giudice amministrativo, anche là dove esse incidano su diritti ed interessi legittimi che, per<br />

l’ordinamento generale, il rimettente TAR è chiamato a tutelare.<br />

4. – Si è costituito in giudizio il CONI chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata<br />

inammissibile ovvero, in subordine, infondata.<br />

4.1. – Ad avviso della difesa del CONI, l’ordinanza di rimessione presenta profili di inammissibilità connessi alla<br />

mancata valutazione della natura della decisione, oggetto di impugnazione di fronte al TAR, della Camera di<br />

conciliazione ed arbitrato dello sport. Infatti, se tale decisione fosse qualificata come lodo arbitrale rituale, tenuto conto<br />

della "compromettibilità" degli interessi sostanziali coinvolti dalla decisione, resterebbe salva la possibilità per il<br />

destinatario di essa di giovarsi delle forme di gravame consentite dal codice di rito in relazione a siffatta tipologia di<br />

decisioni.<br />

Prosegue la difesa del CONI rilevando che il descritto difetto motivazionale della ordinanza di rimessione neppure<br />

potrebbe essere ovviato dal riferimento, peraltro non contenuto nella ordinanza del TAR del Lazio, all’indirizzo<br />

giurisprudenziale, da tale parte definito "consolidato", in base al quale le decisioni assunte in seno alla Camera di<br />

conciliazione ed arbitrato dello sport, sebbene assunte nel contraddittorio delle parti, avrebbero la natura di<br />

provvedimenti amministrativi, sicché non sarebbe ad esse applicabile la normativa in tema di impugnazione dei lodi<br />

arbitrali. Tale orientamento, infatti, è sorto in materia di ricorsi avverso la mancata ammissione a campionati, e si fonda<br />

sulla non suscettibilità degli interessi in tali casi coinvolti ad essere oggetto di clausola compromissoria, dato che essi –<br />

stante il potere «pacificamente pubblicistico» spiegato dal soggetto che ha denegato la ammissione – sarebbero<br />

qualificabili sotto la specie degli interessi legittimi. Poiché tale vincolo negativo non sussisterebbe in materia<br />

disciplinare, il ricordato orientamento giurisprudenziale (a prescindere dai dubbi espressi sulla sua correttezza) non<br />

sarebbe pertinente al caso in questione.<br />

4.2. – Nell’esaminare, a questo punto, la normativa concernente la giustiziabilità delle sanzioni disciplinari irrogate in<br />

ambito sportivo, la suddetta difesa osserva che la loro sottrazione alla cognizione della autorità giudiziaria statuale<br />

concerne le sole sanzioni irrilevanti per l’ordinamento generale, posto che la autonomia dell’ordinamento sportivo,<br />

sancita dal decreto-legge n. 220 del 2003, non è assoluta, ma, a mente del comma 2 dell’art. 1 del citato decreto-legge,<br />

trova una deroga ogni qual volta la sanzione ha una attitudine lesiva che trascende i limiti dell’ordinamento sportivo.<br />

313


Esemplificando, la difesa dell’Ente sostiene che esulano dalla soglia di indifferenza connessa a tale ordinamento le<br />

sanzioni che incidono direttamente sullo status di tesserato rescindendo il legame associativo, come nel caso della<br />

radiazione, mentre sono comprese in essa quelle da cui non può derivare alcuna lesione rilevante per l’ordinamento<br />

generale (sanzioni pecuniarie, inibizione allo svolgimento di attività endofederale, penalizzazioni sportive).<br />

Emblematica sarebbe, in tal senso, la stessa vicenda oggetto del giudizio a quo, posto che la inibizione inflitta comporta<br />

solo il divieto di svolgere attività in ambito federale, senza incidere sul rapporto di lavoro, unico rilevante sul piano<br />

generale, che lega il dirigente alla società sportiva. Parimenti irrilevanti per l’ordinamento generale sono le sanzioni<br />

pecuniarie, posto che le federazioni sportive per la loro esazione non possono ricorrere a strumenti apprestati<br />

dell’ordinamento statuale ma solo a quelli previsti da quello speciale.<br />

Ritiene, infine, la difesa del CONI che sarà, di volta in volta, compito dell’organo giudicante valutare se i termini della<br />

controversia a lui devoluta siano tali da coinvolgere direttamente posizioni giuridiche tutelate dall’ordinamento<br />

generale, ritenendo solo in questo caso la propria giurisdizione, declinandola nel caso opposto. Così intesa la disciplina<br />

contenuta nel decreto-legge n. 220 del 2003 non dà più adito a dubbi di legittimità costituzionale, risultando non tutelate<br />

solo le posizioni giuridiche prive di rilevanza in ambito statuale.<br />

Va tuttavia precisato, prosegue la esponente difesa, che il coinvolgimento della posizione giuridica rilevante deve essere<br />

diretto e non, come in passato sostenuto dal TAR del Lazio, anche indiretto, atteso che questa opzione ermeneutica<br />

avrebbe l’effetto di rendere "lettera morta" la riserva di giurisdizione disciplinare in favore degli organi della giustizia<br />

sportiva posta dal legislatore, dato che, come certamente non è sfuggito a quest’ultimo, ogni sanzione sportiva è di per<br />

sé astrattamente idonea a determinare effetti riflessi proiettati anche al di fuori dell’ordinamento sportivo.<br />

Che le uniche sanzioni disciplinari destinate a incidere direttamente su posizioni giuridiche rilevanti per l’ordinamento<br />

generale siano quelle coinvolgenti lo status del destinatario è desumibile anche dal fatto che, in sede di conversione in<br />

legge del decreto-legge n. 220 del 2003, il Parlamento eliminò dal comma 1 dell’art. 2 l’intera lettera c), la quale<br />

riservava all’autonomia dell’ordinamento sportivo anche le questioni concernenti «l’ammissione e l’affiliazione alle<br />

Federazioni sportive di società, associazioni sportive e di singoli tesserati», restituendo, quindi, agli organi dello Stato le<br />

eventuali controversie su di esse.<br />

4.3. – Osserva, conclusivamente, la difesa del CONI che, nel corso del giudizio a quo, la disciplina dei rimedi giustiziali<br />

propri dell’ordinamento sportivo ha subito una sensibile revisione: infatti, attraverso la sostituzione della Camera di<br />

conciliazione ed arbitrato dello sport con il Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport, si è inteso accentuare<br />

sensibilmente i profili arbitrali di tale organo giudicante, dotato espressamente di "competenza arbitrale" e le cui<br />

decisioni, definite "lodi" e alle quali si perviene a seguito di un iter procedurale ampiamente ricalcato su quello previsto<br />

dal codice di rito per i giudizi arbitrali, sono, se assunte riguardo a controversie «rilevanti per l’ordinamento giuridico<br />

dello Stato», suscettibili del mezzo di gravame di cui all’art. 828 cod. proc. civ.<br />

Privo, invece, di siffatta connotazione arbitrale sarebbe, invece, l’altro organo ora previsto al vertice della giustizia<br />

sportiva, l’Alta Corte di giustizia sportiva, che, in quanto destinato a giudicare su materie sottratte ai poteri di<br />

disposizione delle parti o in assenza di regolamentazione pattizia e poiché munito di un’investitura di fonte<br />

regolamentare e formato da soggetti non scelti dalle parti, deve essere considerato «depositario di funzioni decisorie di<br />

natura amministrativa», tali, pertanto, da consentire la qualificazione in termini di provvedimento amministrativo degli<br />

atti da essa assunti, con le derivanti conseguenze in termini di regime impugnatorio.<br />

Da tali novità ordinamentali la costituita difesa fa discendere la inattualità della questione proposta dal TAR del Lazio<br />

ed il rischio che un suo eventuale accoglimento renderebbe l’ordinamento sportivo privo della necessaria riserva di<br />

giurisdizione riguardo alle sanzioni disciplinari che non producono effetti esterni all’ordinamento stesso.<br />

5. – Si è, altresì, costituita in giudizio la FIP, la quale ha concluso nel senso della inammissibilità della questione di<br />

legittimità costituzionale o, comunque, della sua infondatezza.<br />

5.1. – Quanto alla inammissibilità, la difesa della FIP osserva che, in realtà, il dubbio di legittimità costituzionale<br />

dedotto dal TAR non si alimenta tanto del tenore testuale della disposizione censurata quanto deriva dalla<br />

interpretazione che di essa ne è stata data dal Consiglio di Stato con la nota decisione n. 5782 del 2008, interpretazione,<br />

ricorda la esponente difesa, che lo stesso TAR aveva in passato disatteso, ritenendo, invece, che ne fosse consentita<br />

un’altra che facesse salva la giurisdizione statuale ogniqualvolta gli effetti che discendono dalla sanzione disciplinare<br />

non esauriscano i loro effetti all’interno dell’ordinamento sportivo ma li proiettino anche all’esterno di esso.<br />

Essendo chiaro che, nel caso di specie, il rimettente avrebbe avuto tutti gli strumenti per verificare l’ambito di efficacia<br />

della sanzione disciplinare irrogata al ricorrente nel giudizio a quo, si afferma la inammissibilità della questione,<br />

314


essendo stata questa sollevata non tanto per dirimere un effettivo dubbio di costituzionalità, quanto per ottenere l’avallo<br />

della Corte ad una determinata interpretazione normativa.<br />

Ritiene, peraltro, la difesa della FIP che nella fattispecie, avendo il ricorrente in sostanza chiesto al TAR di pronunziarsi<br />

sulla sussistenza o meno dei presupposti sostanziali per la irrogazione della sanzione disciplinare, sarebbe evidente il<br />

tentativo di trasformare, attraverso la allegazione di effetti indiretti della sanzione, il giudice statale in un giudice (del<br />

fatto) sportivo; ma proprio la mancanza di una posizione giuridica tutelata nell’ordinamento generale viene a<br />

giustificare, in questo caso, la declinatoria di giurisdizione.<br />

5.2. – Prosegue la Federazione osservando che, comunque, la questione, ove se ne riscontrasse la rilevanza, sarebbe<br />

infondata. Infatti l’art. 2 del decreto-legge n. 220 del 2003 va letto congiuntamente all’art. 1 che, nel garantire la<br />

autonomia dell’ordinamento sportivo, precisa che siffatta tutela si esplica in termini assoluti solo nelle materie il cui<br />

rilievo è esclusivamente interno a tale ordinamento. Invece, là dove entrano in gioco diritti ed interessi protetti<br />

dall’ordinamento generale, la garanzia dell’ordinamento particolare cede di fronte a quelle apprestate ai soggetti<br />

dall’ordinamento generale.<br />

Non essendo sempre possibile individuare le due diverse tipologie di interessi in gioco, il legislatore ha ritenuto di<br />

selezionare due "blocchi di regole" che attengono in maniera esclusiva all’ordinamento sportivo, non potendo questo<br />

sopravvivere se non può, per un verso, autonomamente regolamentare la propria attività e non ha, per altro verso, gli<br />

strumenti per ottenere, attraverso i procedimenti disciplinari, il rispetto dei principi di lealtà sportiva.<br />

In questo senso al concetto di autonomia si ricollega quello della autodichia, dovendo un ordinamento, legittimato ad<br />

emanare regole, essere in grado di istituire organi che valutino le relative controversie. In tal senso il legislatore statuale<br />

ha riservato alla esclusiva giurisdizione sportiva le questioni di cui alle lettere a) e b) dell’art. 2 del decreto-legge n. 220<br />

del 2003, ma tale esclusività non sarebbe assoluta, in quanto il giudice statuale è comunque chiamato a conoscere,<br />

anche in questi casi, sui diritti e sugli interessi protetti dallo Stato.<br />

Dalla applicazione dei criteri che precedono consegue la infondatezza del dubbio di legittimità costituzionale dell’art. 2<br />

del decreto-legge n. 220, atteso che la riserva di giurisdizione nelle materie di cui alle lettere a) e b) del medesimo non<br />

comporta la sottrazione allo Stato delle sue prerogative riguardanti le posizioni giuridiche soggettive protette<br />

dall’ordinamento generale, in quanto per queste ultime rimane salva la giurisdizione del giudice statale.<br />

5.3. – La problematica, in sostanza, consisterebbe nella delimitazione, rimessa all’apprezzamento del giudice, del<br />

concetto di cosa sia "giuridicamente rilevante", così esulando dalla costituzionalità della norma ora in questione. Ove<br />

sia rinvenibile tale rilevanza, sussisterebbe l’esigenza di tutela giurisdizionale che legittima il ricorso al giudice statale,<br />

ove, invece, sia richiesta la tutela di una posizione di mero fatto, difettando una vera e propria domanda giudiziale, non<br />

vi può essere radicamento della giurisdizione statale.<br />

Applicando tali principi all’ipotesi di sanzione disciplinare irrogata in ambito sportivo, se la impugnazione di questa è<br />

solo finalizzata al riesame delle medesima questione già decisa dal giudice sportivo, essa, senza che rilevino – per<br />

quanto gravi possano essere – gli eventuali effetti indiretti del provvedimento impugnato, è insindacabile dal giudice<br />

ordinario.<br />

6. – E’ intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale<br />

dello Stato, che ha concluso per la inammissibilità della questione o, comunque, per la sua non fondatezza.<br />

6.1. – Riguardo alla inammissibilità, la difesa erariale osserva che il TAR rimettente ritiene che la lesione subita dal<br />

ricorrente nel giudizio a quo è data dalle pregiudizievoli valutazioni personali contenute negli atti impugnati, tali da<br />

fondare un giudizio negativo sulle qualità morali dello stesso, Atteso, però, che nel giudizio a quo è solamente richiesto<br />

l’annullamento degli atti impugnati, senza alcun profilo risarcitorio, mancherebbe nel caso di specie – o quantomeno<br />

non ne è adeguatamente chiarita dal rimettente la sussistenza – quel riflesso nell’ordinamento generale della sanzione<br />

sportiva che ne giustificherebbe il sindacato da parte del giudice statale: di tal che la questione sarebbe irrilevante nel<br />

giudizio a quo.<br />

Essa sarebbe, comunque, anche infondata. Il legislatore del 2003 si sarebbe, infatti, limitato a precisare, riportandosi ad<br />

un consolidato orientamento precedentemente formatosi sia in dottrina che in giurisprudenza, quali sono gli atti delle<br />

"associazioni sportive" indifferenti per l’ordinamento statale e che, pertanto, sfuggono alla giurisdizione di questo. Fra<br />

questi gli atti con i quali viene sanzionato il comportamento del tesserato sul piano disciplinare.<br />

315


Tale scelta risponderebbe ad un generale criterio di ragionevolezza, rispettando l’autonomia dell’associazionismo<br />

sportivo.<br />

La diversa opinione formulata dal rimettente, secondo la quale, ferma restando la distinzione fra sanzioni tecniche e<br />

sanzioni ordinarie, sarebbero rilevanti per l’ordinamento generale le sanzioni disciplinari ordinarie incidenti su di un<br />

interesse patrimoniale o morale del destinatario di esse, sarebbe tale che travolgerebbe anche la stessa distinzione,<br />

essendo evidente che anche da una sanzione tecnica possono derivare rilevanti conseguenze sia di carattere patrimoniale<br />

che di carattere morale.<br />

Il criterio distintivo deve, invece, costruirsi sul tipo di situazione soggettiva coinvolta, risultando indifferente al diritto<br />

statuale quella che non giunga alla soglia di diritto soggettivo o di interesse legittimo.<br />

Data tale indifferenza non vi sarebbe contrasto fra la norma censurata ed i parametri costituzionali evocati.<br />

Parametri che, riguardo agli artt. 103 e 113 della Costituzione, appaiono altresì non pertinenti alla fattispecie, atteso che<br />

i provvedimenti resi dalle Federazioni sportive, organismi di diritto privato che nella materia giustiziale non operano su<br />

delega del CONI, non sono sussumibili sotto la specie del provvedimento amministrativo, sicché neppure sarebbero<br />

suscettibili di essere annullati dal Tribunale rimettente.<br />

7. – È, altresì, intervenuta nel giudizio di legittimità costituzionale la Associazione sportiva Agorà, la quale, in punto di<br />

fatto, riferisce di avere impugnato di fronte al TAR del Lazio il provvedimento, reso nei suoi confronti dalla Camera di<br />

conciliazione ed arbitrato per lo sport del CONI in data 24 dicembre 2004, con il quale era stata confermata una<br />

sanzione disciplinare, consistente nella squalifica dalle competizioni per la durata di un anno e 8 mesi, a lei inflitta dalla<br />

Commissione d’appello della Federazione italiana wushu kung fu.<br />

Avendo il TAR rigettato la richiesta di sospensione cautelare del provvedimento impugnato, argomentando, fra l’altro<br />

sulla base della dubbia ammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione, la Agorà ha eccepito la illegittimità<br />

costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettere a) e b), del decreto-legge n. 220 del 2003. Avendo, quindi, appreso che il<br />

medesimo TAR, in altro giudizio, ha sollevato la questione di costituzionalità della norma citata mentre il giudizio che<br />

la vede ricorrente è stato rinviato a data da destinarsi, la Agorà è intervenuta nel presente giudizio, ritenendosi a ciò<br />

legittimata, anche sulla base di taluni precedenti della Corte costituzionale, in quanto titolare di una posizione<br />

qualificata rispetto alla definizione di esso – attese le conseguenze decisive che la sua definizione avrà nell’ambito della<br />

controversia promossa di fronte al TAR – tale da farle affermare la sussistenza di un "interesse diretto" ad intervenire<br />

nel presente giudizio strettamente funzionale all’esercizio del diritto di difesa all’interno di un processo pendente.<br />

Riguardo al merito della questione, la interveniente si associa ai dubbi sulla legittimità costituzionale della disposizione<br />

censurata formulati dal rimettente, osservando che detta disposizione suscita altresì dubbi in ordine alla sua rispondenza<br />

al canone della ragionevolezza.<br />

8. – Nell’imminenza della udienza, la difesa della FIP ha depositato una memoria illustrativa, in larga parte<br />

confermativa delle precedenti difese.<br />

8.1. – Riguardo all’intervento della Associazione sportiva Agorà, la difesa federale ne rileva l’inammissibilità, in quanto<br />

spiegato da soggetto estraneo al giudizio a quo, non titolare di una posizione sostanziale connessa in modo immediato e<br />

diretto a quella dedotta nel giudizio principale.<br />

La FIP insiste poi per la inammissibilità dell’incidente di costituzionalità sollevato dal TAR del Lazio, in quanto la<br />

questione difetterebbe del requisito della rilevanza. Infatti, per un verso, essa avrebbe potuto essere risolta verificando<br />

se l’oggetto della domanda proposta di fronte al rimettente fosse tra le questioni cui l’ordinamento dello Stato<br />

attribuisce tutela e, per altro verso, è lo stesso ricorrente, non avendo dedotto alcun atto lesivo di un proprio diritto né<br />

avendo formulato alcuna domanda risarcitoria, a confinare la questione nel "giuridicamente irrilevante".<br />

Precisa, tuttavia, la FIP che la questione sarebbe, comunque, infondata. Ricordato che sin dal 2004 la Corte di<br />

cassazione ha individuato, con riferimento al contenzioso di carattere sportivo, la categoria del "giuridicamente<br />

indifferente", si osserva come, con recentissima ordinanza delle Sezioni unite civili, la Corte regolatrice sia tornata<br />

sull’argomento ribadendo che la sussistenza o meno di una situazione astrattamente tutelabile non integra una questione<br />

di giurisdizione ma attiene al merito della controversia, costituendo uno dei presupposti della domanda giudiziale.<br />

316


Nel caso di specie il ricorrente, come detto, non ha dedotto la lesione di una situazione giuridica protetta, lamentando<br />

solo la adozione del provvedimento disciplinare ai suoi danni in assenza del necessario presupposto fattuale, costituito<br />

dalla ricorrenza dell’illecito sportivo. Mancando, pertanto, ad avviso della difesa della FIP, una posizione giuridica<br />

assunta come lesa, non sarebbe possibile affermare la giurisdizione. Né avrebbe senso fondare la giurisdizione sugli<br />

effetti indiretti (del provvedimento sanzionatorio), posto che così verrebbe disancorata la domanda dalla esistenza del<br />

diritto, facendosi così discendere una «molteplicità di possibili situazioni protette» da un «mero fatto».<br />

Tale conclusione, fra l’altro, tradirebbe il senso del d.l. n. 220 del 2003, in base al quale, invece, esiste un’area<br />

giuridicamente neutra e, in quanto tale, sottratta al sindacato del giudice statale.<br />

Il TAR, viceversa, prima di interrogarsi sulla esistenza della posizione tutelabile, si domanda se vi è la sua<br />

giurisdizione. Anzi, precisa la FIP, il TAR individua solo una posizione indirettamente tutelata per chiedersi se su di<br />

essa vi sia la giurisdizione.<br />

In tal modo, attesa la diversa opinione già espressa dal Consiglio di Stato, il TAR, in realtà, chiede alla Corte l’avallo<br />

alla sua interpretazione.<br />

Peraltro, conclude la memoria, ove si esaminino le deroghe al principio della autonomia dell’ordinamento sportivo<br />

contenute nell’art. 1 del d.l. n. 220 del 2003 nonché l’art. 3 del medesimo d.l., il quale assegna al TAR del Lazio la<br />

cognizione sulle controversie, escluse quelle di natura patrimoniale, esulanti dalla autonomia sportiva, risulterà chiaro<br />

che, là dove la vicenda, pur originata all’interno dell’ordinamento sportivo, abbia ad oggetto la lesione di diritti o<br />

interessi legittimi – lesione da verificare caso per caso – sarà assicurata la tutela giurisdizionale statale.<br />

Considerato in diritto<br />

1. – Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio dubita, in riferimento agli artt. 24, 103 e 113 della Costituzione,<br />

della legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 1, lettera b), e 2, del decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220<br />

(Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva), convertito, con modificazioni, con legge 17 ottobre 2003, n. 280,<br />

nella parte in cui riserva al solo giudice sportivo la competenza a decidere le controversie aventi ad oggetto sanzioni<br />

disciplinari, diverse da quelle tecniche, inflitte ad atleti, tesserati, associazioni e società sportive, sottraendole al<br />

sindacato del giudice amministrativo, anche ove i loro effetti superino l’ambito dell’ordinamento sportivo, incidendo su<br />

diritti soggettivi ed interessi legittimi.<br />

1.1. – Prima di ogni altra considerazione giova premettere che il decreto-legge n. 220 del 2003 è stato oggetto di talune<br />

modificazioni, ancorché non riguardanti le disposizioni censurate, a seguito della entrata in vigore del decreto<br />

legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al Governo<br />

per il riordino del processo amministrativo).<br />

In particolare, all’art. 3, comma 1, le parole «è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo» sono<br />

state sostituite, dal comma 13 dell’art. 3 dell’allegato 4 del d.lgs. n. 104 del 2010, dalle parole «è disciplinata dal codice<br />

del processo amministrativo»; mentre i successivi commi 2, 3 e 4 sono stati abrogati dal numero 29 del comma 1<br />

dell’art. 4 dell’allegato 4 del d.lgs. n. 104 del 2010.<br />

Tali modificazioni, in realtà, non mutano la disciplina normativa in questione, posto che il codice del processo<br />

amministrativo contiene disposizioni che, di fatto, riproducono quelle modificate o abrogate, così lasciando in sostanza<br />

inalterato il complessivo quadro normativo.<br />

Esse, pertanto, non incidono sul presente giudizio di legittimità costituzionale.<br />

2. – Deve essere prioritariamente esaminata la ammissibilità dell’intervento in giudizio spiegato dalla Associazione<br />

sportiva Agorà. Esso, conformemente alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, deve essere dichiarato<br />

inammissibile.<br />

La detta Associazione sportiva fonda la propria legittimazione ad intervenire in giudizio sulla circostanza che, essendo<br />

anch’essa destinataria di un provvedimento disciplinare, emesso dalla Camera di conciliazione ed arbitrato per lo sport,<br />

oggetto di impugnazione di fronte al TAR del Lazio, è parte di un giudizio amministrativo –rinviato a data da destinarsi<br />

in attesa della definizione del presente incidente di legittimità costituzionale – il cui esito è subordinato alla odierna<br />

decisione. Questa Corte ribadisce che è sua costante giurisprudenza che possono partecipare al giudizio di legittimità<br />

costituzionale le sole parti del giudizio principale ed i terzi portatori di un interesse qualificato, immediatamente<br />

317


inerente al rapporto sostanziale dedotto nel giudizio e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma<br />

oggetto di censura. L’inammissibilità dell’intervento di soggetti diversi rispetto a quelli sopra elencati non viene meno<br />

in forza della pendenza di un procedimento analogo a quello principale, quand’anche sospeso in via di fatto nell’attesa<br />

della pronuncia di questa Corte, posto che la contraria soluzione risulterebbe elusiva del carattere incidentale del<br />

giudizio di legittimità costituzionale, implicando l’accesso delle parti prima che, nell’ambito della relativa controversia,<br />

sia stata verificata la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione (da ultimo sentenza n. 288 del 2010 e, in<br />

precedenza, fra le molte, ordinanza collegiale allegata alla sentenza n. 245 del 2007).<br />

3. – Stante la sua preliminarità, va a questo punto esaminata la eccezione di inammissibilità della questione, per difetto<br />

di motivazione sulla sua rilevanza, formulata dalla difesa del CONI con riferimento alla mancata adeguata valutazione<br />

da parte del rimettente della natura del provvedimento emesso dalla Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport. Se,<br />

infatti, questo fosse considerato un lodo arbitrale, data la soggezione di tali atti a ipotesi tipizzate di motivi di<br />

impugnazione, secondo la disciplina all’uopo dettata dal codice di rito civile, il ricorso di fronte al giudice a quo<br />

sarebbe inammissibile e, non ricorrendo, secondo quanto riferito dal rimettente, alcuna delle ipotesi in questione, la<br />

sollevata questione di legittimità costituzionale si paleserebbe altresì irrilevante.<br />

3.1. – L’eccezione non è fondata.<br />

È, infatti, evidente che il giudice rimettente, sia pure per implicito, si è conformato all’orientamento del tutto<br />

consolidato nella giurisprudenza amministrativa di primo e di secondo grado, come testimoniato dalla ampia messe di<br />

precedenti giurisprudenziali riscontrabili in argomento, secondo il quale, ancorché adottate nel contraddittorio delle<br />

parti, le decisioni assunte dalla Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport (organismo, peraltro, oramai soppresso<br />

in quanto sostituito in seno al CONI dal neo istituito Tribunale nazionale arbitrale dello sport) hanno la natura di<br />

provvedimenti amministrativi, di talché non è, in linea di principio, implausibile che il giudice amministrativo affermi la<br />

sua giurisdizione (che è di natura esclusiva) nei confronti di ogni tipo di decisione della Camera di conciliazione ed<br />

arbitrato. Al riguardo, si deve sottolineare che questa Corte ha più volte affermato che il difetto di giurisdizione per<br />

essere rilevabile deve essere macroscopico (da ultimo, sent. n. 34 del 2010).<br />

3.2. – Deve essere, parimenti, disattesa la eccezione di inammissibilità formulata sulla base dell’assunto secondo il<br />

quale il giudice rimettente più che esporre un reale dubbio di costituzionalità ricerca, da parte di questa Corte, un<br />

improprio avallo alla interpretazione da lui in passato seguita e, ora, sconfessata dal giudice del gravame.<br />

Invero il TAR del Lazio, pur avendo riferito i profili della propria precedente posizione, si dà carico del fatto che essa è<br />

stata motivatamente disattesa sia dal Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana (sentenza n. 1048 del<br />

2007), sia dallo stesso Consiglio di Stato (sentenza n. 5782 del 2008), il quale, pur ritenendola l’unica possibile, si pone<br />

peraltro in termini problematici rispetto alla compatibilità costituzionale della propria interpretazione. Pertanto, di fronte<br />

alla opposta tesi, argomentatamente sostenuta dal giudice del gravame, che è, riguardo al caso, anche giudice di ultima<br />

istanza di merito (la cui decisione non è più scalfibile neppure a seguito di ricorso ex ultimo comma dell’art. 111 Cost.<br />

ove ricorra un’ipotesi di carenza assoluta di giurisdizione), non restava al rimettente, proprio in quanto aderiva<br />

all’interpretazione del Consiglio di Stato, che sollevare il presente dubbio di costituzionalità, in tal senso portando a<br />

compimento l’iter esegetico lumeggiato dallo stesso Consiglio di Stato.<br />

4. – Venendo al merito della questione, essa deve essere dichiarata non fondata, nei sensi di cui in motivazione.<br />

4.1. – Va, innanzitutto, ricordato che il decreto-legge n. 220 del 2003 è stato emanato in una situazione che fu<br />

espressamente definita dal relatore, durante i lavori parlamentari che hanno portato alla approvazione della legge di<br />

conversione, un «vero e proprio disastro incombente sul mondo del calcio». Con esso si è affrontata una questione<br />

particolarmente delicata, vale a dire il rapporto tra l’ordinamento statale e uno dei più significativi ordinamenti<br />

autonomi che vengono a contatto con quello statale, cioè l’ordinamento sportivo.<br />

La singolarità della situazione e la connessa difficoltà di una actio finium regundorum tra queste due realtà è<br />

individuabile già dall’impostazione iniziale del decreto-legge il quale, nell’affermare che la normativa riconosce e<br />

favorisce «l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale», chiarisce che esso è «articolazione dell’ordinamento<br />

sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale». Si afferma cioè, reiterando concetti già<br />

espressi in altri testi normativi (quali gli artt. 2 e 15 del d.lgs. 23 luglio 1999, n. 242, recante «Riordino del Comitato<br />

olimpico nazionale italiano – C.O.N.I., a norma dell’articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59»), che questo<br />

ordinamento autonomo costituisce l’articolazione italiana di un più ampio ordinamento autonomo avente una<br />

dimensione internazionale e che esso risponde ad una struttura organizzativa extrastatale riconosciuta dall’ordinamento<br />

della Repubblica.<br />

318


Anche prescindendo dalla dimensione internazionale del fenomeno, deve sottolinearsi che l’autonomia<br />

dell’ordinamento sportivo trova ampia tutela negli artt. 2 e 18 della Costituzione, dato che non può porsi in dubbio che<br />

le associazioni sportive siano tra le più diffuse «formazioni sociali dove [l’uomo] svolge la sua personalità» e che debba<br />

essere riconosciuto a tutti il diritto di associarsi liberamente per finalità sportive.<br />

4.2. – Per ciò che concerne lo specifico esame delle disposizioni su cui verte la questione di costituzionalità sollevata<br />

dal rimettente TAR, si osserva che al comma 1 dell’art. 2 del predetto decreto-legge è stato previsto, peraltro dando<br />

veste normativa ad un già affermato orientamento giurisprudenziale, che è riservata all’ordinamento sportivo la<br />

disciplina delle questioni concernenti, oltre che l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e<br />

statutarie finalizzate a garantire il corretto svolgimento delle attività sportive – cioè di quelle che sono comunemente<br />

note come "regole tecniche" – anche «i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione<br />

delle relative sanzioni disciplinari». Viene, altresì, precisato, al successivo comma 2, che in siffatte materie i soggetti<br />

dell’ordinamento sportivo (società, associazioni, affiliati e tesserati) hanno l’onere di adire (si intende: ove vogliano<br />

censurare la applicazione delle predette sanzioni) «gli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo», secondo le<br />

previsioni dell’ordinamento settoriale di appartenenza.<br />

Al contenuto di tale disposizione fa riferimento il successivo art. 3 del decreto-legge n. 220, il quale, nel testo vigente al<br />

momento della proposizione della questione di legittimità costituzionale, individua, in sostanza, una triplice forma di<br />

tutela giustiziale. Una prima forma, limitata ai rapporti di carattere patrimoniale tra società sportive, associazioni<br />

sportive, atleti (e tesserati), è demandata alla cognizione del giudice ordinario. Una seconda, relativa ad alcune delle<br />

questioni aventi ad oggetto le materie di cui all’art. 2, nella quale, in linea di principio, la tutela, stante la irrilevanza per<br />

l’ordinamento generale delle situazioni in ipotesi violate e dei rapporti che da esse possano sorgere, non è apprestata da<br />

organi dello Stato ma da organismi interni all’ordinamento stesso in cui le norme in questione sono state poste (e nel cui<br />

solo ambito esse, infatti, godono di pacifica rilevanza), secondo uno schema proprio della cosiddetta "giustizia<br />

associativa".<br />

4.2.1. – È opportuno – prima di valutare la portata della terza forma di tutela, di carattere residuale e rimessa al giudice<br />

amministrativo – soffermarsi sulla seconda, interna all’ordinamento sportivo, perché si viene a lambire la questione di<br />

costituzionalità avanzata dal rimettente. Quest’ultimo osserva che «la giustizia sportiva costituisce lo strumento di tutela<br />

[definitivo] per le ipotesi in cui si discute dell’applicazione delle regole sportive».<br />

Più oltre, sempre nell’ordinanza, si afferma che «tali sono, indiscutibilmente, le norme meramente tecniche, e fra esse<br />

sicuramente rientrano quelle che l’ordinamento sportivo ha elaborato ed elabora ai fini dell’acquisizione dei risultati<br />

delle competizioni agonistiche».<br />

Né può, in questi casi, in cui, per la tutela della situazione di cui si lamenta la violazione, è escluso un intervento della<br />

giurisdizione statale, invocarsi la violazione dell’art. 24 Cost., dato che è proprio la situazione che si pretende lesa che<br />

non assume la consistenza del diritto soggettivo o dell’interesse legittimo. Infatti il rimettente osserva che «Alle regole<br />

tecniche che vengono in gioco non può essere attribuita natura di norme di relazione dalle quali derivino diritti<br />

soggettivi […] ma non sono configurabili neanche posizioni di interesse legittimo».<br />

Si tratta di conclusioni coerenti con quelle cui la Corte regolatrice è pervenuta in due sentenze, entrambe assunte,<br />

trattandosi di questioni attinenti alla giurisdizione, a Sezioni Unite, la prima antecedente alla legge in esame (sentenza<br />

n. 4399 del 1989) e la seconda successiva alla sua entrata in vigore (sentenza n. 5775 del 2004). In quest’ultima, che ha<br />

una struttura argomentativa analoga alla prima, si afferma che tali questioni «non hanno rilevanza nell’ordinamento<br />

giuridico generale e le decisioni adottate in base [alle regole promananti dall’associazionismo sportivo] sono collocate<br />

in un’area di non rilevanza per l’ordinamento statale, senza che possano essere considerate come espressione di potestà<br />

pubbliche ed essere considerate alla stregua di decisioni amministrative. La generale irrilevanza per l’ordinamento<br />

statuale di tali norme e della loro violazione conduce all’assenza della tutela giurisdizionale statale».<br />

Se queste sono le conclusioni cui è giunto il giudice della giurisdizione esaminando la questione dal punto di vista<br />

sostanziale, cioè del grado di consistenza oggettiva che tali situazioni vengono ad avere se valutate nell’ambito<br />

dell’ordinamento generale, analoghe sono quelle cui il medesimo giudice giunge affrontando la questione sotto l’aspetto<br />

processuale del diritto di agire in giudizio per la loro eventuale tutela. Nella recente ordinanza n. 18052 dell’agosto<br />

2010 le Sezioni Unite ritengono inammissibile il regolamento preventivo di giurisdizione concernente la possibilità di<br />

sottoporre al giudice statale una controversia relativa al ridimensionamento degli iscritti nei ruoli dei direttori di gara,<br />

altrimenti riservata all’autonomia dell’ordinamento sportivo, in quanto «costituisce […] accertamento rimesso al<br />

giudice del merito la configurabilità o meno di una situazione giuridicamente rilevante per l’ordinamento statale e,<br />

come tale, tutelabile».<br />

319


In altre parole, la valutazione tra l’irrilevante giuridico, che non dà accesso alla giurisdizione statale, e ciò che invece è<br />

per quest’ultima rilevante non può che essere rimessa al giudice di merito, che assumerà le sue decisioni secondo<br />

quanto prevede il diritto positivo.<br />

Ciò, del resto, è conforme ad un risalente insegnamento di questa Corte, la quale, già nella sentenza n. 87 del 1979,<br />

pronunciandosi con riferimento ad una questione relativa all’art. 2059 cod. civ., affermava la subordinazione logica del<br />

diritto di azione alla sia pur astratta configurabilità di una posizione soggettiva sostanziale giuridicamente rilevante.<br />

4.3. – L’ulteriore forma di tutela giustiziale ha il carattere dalla tendenziale residualità, in quanto è relativa a tutto ciò<br />

che per un verso non concerne i rapporti patrimoniali fra società, associazioni sportive, atleti (e tesserati) – demandati,<br />

come si è detto, al giudice ordinario – e, per altro verso, pur scaturendo da atti del CONI e delle Federazioni sportive,<br />

non rientra fra le materie che, ai sensi dell’art. 2 del decreto-legge n. 220 del 2003, sono riservate – in quanto, come<br />

detto, non idonee a far sorgere posizioni soggettive rilevanti per l’ordinamento generale, ma solo per quello settoriale –<br />

all’esclusivo interesse degli organi della giustizia sportiva. Si tratta cioè (per riprendere la originaria formulazione<br />

legislativa) di «ogni altra controversia» che è «devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo».<br />

Se si segue l’iter parlamentare del decreto-legge n. 220 del 2003, si constata che è lo stesso legislatore ad indicare<br />

alcune delle «situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo» per le quali ritiene si verifichi il<br />

caso della «rilevanza per l’ordinamento della Repubblica».<br />

Al riguardo, è sufficiente osservare che, secondo la primigenia versione del decreto-legge n. 220 del 2003, fra le materie<br />

che, essendo inserite al comma 1 dell’art. 2, potevano considerarsi sottratte alla cognizione del giudice statale, erano<br />

anche le questioni aventi ad oggetto l’ammissione e l’affiliazione alle federazioni di società, associazioni o singoli<br />

tesserati nonché quelle relative alla organizzazione e svolgimento delle attività agonistiche ed alla ammissione ad esse<br />

di squadre ed atleti. La circostanza che, in sede di conversione del decreto-legge, il legislatore abbia espunto le lettere c)<br />

e d) del comma 1 dell’art. 2, ove erano indicate le summenzionate materie, fa ritenere che su di esse vi sia la<br />

competenza esclusiva del giudice amministrativo allorché siano lesi diritti soggettivi od interessi legittimi.<br />

Appare chiaro, anche attraverso l’esame dei ricordati lavori preparatori della legge n. 280 del 2003 di conversione del<br />

decreto-legge n. 220, che siffatta modificazione, per sottrazione, dell’originario testo normativo sia giustificata dalla<br />

considerazione che la possibilità, o meno, di essere affiliati ad una Federazione sportiva o tesserati presso di essa<br />

nonché la possibilità, o meno, di essere ammessi a svolgere attività agonistica disputando le gare ed i campionati<br />

organizzati dalle Federazioni sportive facenti capo al CONI – il quale, a sua volta, è inserito, quale articolazione<br />

monopolistica nazionale, all’interno del Comitato Olimpico Internazionale – non è situazione che possa dirsi irrilevante<br />

per l’ordinamento giuridico generale e, come tale, non meritevole di tutela da parte di questo. Ciò in quanto è attraverso<br />

siffatta possibilità che trovano attuazione sia fondamentali diritti di libertà – fra tutti, sia quello di svolgimento della<br />

propria personalità, sia quello di associazione – che non meno significativi diritti connessi ai rapporti patrimoniali – ove<br />

si tenga conto della rilevanza economica che ha assunto il fenomeno sportivo, spesso praticato a livello professionistico<br />

ed organizzato su base imprenditoriale – tutti oggetto di considerazione anche a livello costituzionale.<br />

L’intervento del legislatore della conversione è, quindi, apparso coerente con quanto disposto all’art. 1, comma 2, del<br />

decreto-legge n. 220 del 2003, là dove, in fine, viene espressamente precisato che l’autonomia dell’ordinamento<br />

sportivo recede allorché siano coinvolte situazioni giuridiche soggettive che, sebbene connesse con quello, siano<br />

rilevanti per l’ordinamento giuridico della Repubblica.<br />

4.4. – Si può passare, ora, alla questione di costituzionalità sollevata dal TAR Lazio.<br />

Quest’ultimo dubita della più volte citata disposizione legislativa nella parte in cui riserverebbe al solo giudice sportivo<br />

la competenza a decidere le controversie aventi ad oggetto sanzioni disciplinari, diverse da quelle tecniche, inflitte ad<br />

atleti, tesserati, associazioni e società sportive, sottraendole al sindacato del giudice amministrativo. Chiarisce che i<br />

dubbi di costituzionalità «non attengono alla previsione della c.d. pregiudiziale sportiva», dato che ritiene che essa sia<br />

«corretta e logica conseguenza della riconosciuta autonomia dell’ordinamento sportivo», ma «alla generale preclusione<br />

[…] ad adire il giudice statale una volta esauriti i gradi della giustizia sportiva».<br />

Afferma, altresì, che della disposizione sospettata di illegittimità costituzionale potrebbe darsi (anzi, in passato è stata<br />

data) altra interpretazione, ma che una recente pronuncia del Consiglio di Stato (Sez. VI, sent. n. 5782 del 25 novembre<br />

2008), che ha fatto seguito ad altra analoga del Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana (sent. n.<br />

1048 dell’8 novembre 2007), gli impone di tralasciare la precedente interpretazione e di adeguarsi a quella fatta propria<br />

dal giudice del gravame che, a suo giudizio, presenta aspetti di contrasto con gli artt. 24, 103 e 113 Cost.<br />

320


Deve, al riguardo, considerarsi che anche se, come si è innanzi visto, il rimettente estende il giudizio agli artt. 103 e 113<br />

della Costituzione, in realtà la censura non attiene ad aspetti specifici relativi alle suddette disposizioni costituzionali, in<br />

quanto si incentra su un unico profilo. Esso è chiaramente definito laddove il rimettente afferma che dai parametri<br />

costituzionali di cui si invoca l’applicazione «si evince che a nessuno può essere negata la tutela della propria sfera<br />

giuridica dinanzi ad un giudice statale, ordinario o amministrativo che sia».<br />

Anche più oltre nell’ordinanza si sottolinea che il dubbio di costituzionalità sorge ove la normativa censurata consente<br />

una «deroga al principio costituzionale del diritto ad ottenere la tutela della propria posizione giuridica di diritto<br />

soggettivo o di interesse legittimo dinanzi ad un giudice statale» e che il «limite del rispetto del diritto di difesa […]<br />

finisce per essere irrimediabilmente leso proprio dalla preclusione del ricorso al giudice statale».<br />

Quindi, anche se nell’ordinanza si fa riferimento ai sopracitati tre articoli della Costituzione, la censura ha un carattere<br />

unitario, compendiabile nel dubbio che la normativa censurata precluda «al giudice statale» (espressione più volte<br />

utilizzata) di conoscere questioni che riguardino diritti soggettivi o interessi legittimi. La prospettazione della violazione<br />

anche degli artt. 103 e 113 Cost. viene formulata in quanto essi, a parere del giudice a quo, rappresentano il fondamento<br />

costituzionale delle funzioni giurisdizionali del giudice amministrativo che il rimettente, ai sensi di quanto dispone la<br />

normativa di cui deve fare applicazione, individua come il "giudice naturale" delle suddette controversie. Peraltro, con<br />

la loro evocazione, non si prospettano illegittimità costituzionali diverse da quelle formulate con riferimento all’art. 24<br />

Cost..<br />

4.5. – Si deve, preliminarmente, condividere l’assunto del rimettente, che richiama un costante insegnamento di questa<br />

Corte, per cui «le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perché è possibile darne interpretazioni<br />

incostituzionali, ma perché è impossibile darne interpretazioni costituzionali» (ex multis: sent. n. 403 del 2007, sent. n.<br />

356 del 1996, ord. n. 85 del 2007).<br />

Proprio in aderenza a questo principio, si osserva che è la stessa sentenza del Consiglio di Stato, dal rimettente ritenuta<br />

"diritto vivente", a fornire, nel percorso argomentativo seguito (ed a prescindere da quanto in precedenza affermato in<br />

quella stessa sentenza), una chiave di lettura che fuga i dubbi di costituzionalità.<br />

Nella sentenza si afferma, infatti, proprio con riferimento all’art. 1 del d.l. n. 220 del 2003 che «tali norme debbano<br />

essere interpretate, in un’ottica costituzionalmente orientata, nel senso che laddove il provvedimento adottato dalle<br />

Federazioni sportive o dal C.O.N.I. abbia incidenza anche su situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento<br />

giuridico statale, la domanda volta ad ottenere non la caducazione dell’atto, ma il conseguente risarcimento del danno,<br />

debba essere proposta innanzi al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, non operando alcuna riserva<br />

a favore della giustizia sportiva, innanzi alla quale la pretesa risarcitoria nemmeno può essere fatta valere». Si precisa,<br />

altresì, che «Il Giudice amministrativo può, quindi, conoscere, nonostante la riserva a favore della "giustizia sportiva",<br />

delle sanzioni disciplinari inflitte a società, associazioni ed atleti, in via incidentale e indiretta, al fine di pronunciarsi<br />

sulla domanda risarcitoria proposta dal destinatario della sanzione».<br />

Quindi, qualora la situazione soggettiva abbia consistenza tale da assumere nell’ordinamento statale la configurazione<br />

di diritto soggettivo o di interesse legittimo, in base al ritenuto "diritto vivente" del giudice che, secondo la suddetta<br />

legge, ha la giurisdizione esclusiva in materia, è riconosciuta la tutela risarcitoria.<br />

In tali fattispecie deve, quindi, ritenersi che la esplicita esclusione della diretta giurisdizione sugli atti attraverso i quali<br />

sono state irrogate le sanzioni disciplinari – posta a tutela dell’autonomia dell’ordinamento sportivo – non consente che<br />

sia altresì esclusa la possibilità, per chi lamenti la lesione di una situazione soggettiva giuridicamente rilevante, di agire<br />

in giudizio per ottenere il conseguente risarcimento del danno.<br />

È sicuramente una forma di tutela, per equivalente, diversa rispetto a quella in via generale attribuita al giudice<br />

amministrativo (ed infatti si verte in materia di giurisdizione esclusiva), ma non può certo affermarsi che la mancanza di<br />

un giudizio di annullamento (che, oltretutto, difficilmente potrebbe produrre effetti ripristinatori, dato che in ogni caso<br />

interverrebbe dopo che sono stati esperiti tutti i rimedi interni alla giustizia sportiva, e che costituirebbe comunque, in<br />

questi casi meno gravi, una forma di intromissione non armonica rispetto all’affermato intendimento di tutelare<br />

l’ordinamento sportivo) venga a violare quanto previsto dall’art. 24 Cost.. Nell’ambito di quella forma di tutela che può<br />

essere definita come residuale viene, quindi, individuata, sulla base di una argomentata interpretazione della normativa<br />

che disciplina la materia, una diversificata modalità di tutela giurisdizionale.<br />

È utile, al riguardo, sottolineare quanto questa Corte ha già avuto modo di affermare nella sentenza n. 254 del 2002,<br />

quando ha esaminato una questione relativa all’esonero di responsabilità che l’allora vigente normativa concedeva ai<br />

gestori del servizio telegrafico, e cioè che «appartiene alla sfera della discrezionalità legislativa apportare una deroga al<br />

321


diritto comune della responsabilità civile che realizzi un ragionevole punto di equilibrio tra le esigenze proprie» dei due<br />

portatori di interesse che si contrappongono.<br />

Tra l’altro, le ipotesi di tutela esclusivamente risarcitoria per equivalente non sono certo ignote all’ordinamento. Infatti<br />

– ed il riferimento è pertinente in quanto si verte in tema di giurisdizione esclusiva –, è proprio una disposizione del<br />

codice civile, vale a dire l’art. 2058, richiamata dall’art. 30 del recente d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione<br />

dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo<br />

amministrativo), a prevedere il risarcimento in forma specifica come un’eventualità («qualora sia in tutto o in parte<br />

possibile»), peraltro sempre sottoposta al potere discrezionale del giudice («tuttavia il giudice può disporre che il<br />

risarcimento avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il<br />

debitore»).<br />

In questo caso, secondo il "diritto vivente" cui il rimettente fa riferimento, il legislatore ha operato un non irragionevole<br />

bilanciamento che lo ha indotto, per i motivi già evidenziati, ad escludere la possibilità dell’intervento giurisdizionale<br />

maggiormente incidente sull’autonomia dell’ordinamento sportivo.<br />

Per questi motivi<br />

LA CORTE COSTITUZIONALE<br />

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 1,<br />

lettera b), e 2, del decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220 (Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva),<br />

convertito, con modificazioni, con legge 17 ottobre 2003, n. 280, sollevata dal Tribunale amministrativo regionale del<br />

Lazio, in riferimento agli artt. 24, 103 e 113 della Costituzione, con l’ordinanza in epigrafe.<br />

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, palazzo della Consulta, il 7 febbraio 2011.<br />

F.to:<br />

Ugo DE SIERVO, Presidente<br />

Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore<br />

Gabriella MELATTI, Cancelliere<br />

Depositata in Cancelleria l'11 febbraio 2011.<br />

322


CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - sentenza 25 novembre 2008 n. 5782<br />

Pres. Ruoppolo, Est. Giovagnoli - A.C. Arezzo S.p.A. (Avv.ti Corso e Pesce) c. F.I.G.C. – Federazione Italiana Giuoco<br />

Calcio (Avv.ti Medugno e Gallavotti), C.O.N.I. – Comitato Olimpico Nazionale Italiano (Avv. Angeletti), Lega<br />

Nazionale Professionisti serie A e B (Avv. Stincardini) e Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport presso il<br />

C.O.N.I. ed altri (n.c.) - (dichiara inammissibile il ricorso di primo grado per difetto di giurisdizione ed annulla T.A.R.<br />

Lazio - Roma, Sez. III ter, 21 giugno 2007, n. 5645/2007).<br />

1. Giurisdizione e competenza - Sport e spettacolo - Ordinamento sportivo - Disciplina prevista dall’art. 1 del<br />

D.L. n. 220 del 2003, conv. in L. n. 280 del 2003 - Controversie tecniche riguardanti il corretto svolgimento delle<br />

competizioni sportive - Sono riservate alla giustizia sportiva - Controversie riguardanti l’ammissione e<br />

l'affiliazione alle federazioni di società, di associazioni sportive e di singoli tesserati - Rientrano nella<br />

giurisdizione amministrativa.<br />

2. Giurisdizione e competenza - Sport e spettacolo - Ordinamento sportivo - Disciplina prevista dall’art. 1 del<br />

D.L. n. 220 del 2003, conv. in L. n. 280 del 2003 - Controversie c.d. disciplinari, riguardanti la irrogazione di<br />

provvedimenti di carattere punitivo nei confronti di atleti, associazioni e società sportive - Sono riservate alla<br />

giustizia sportiva.<br />

3. Giurisdizione e competenza - Sport e spettacolo - Ordinamento sportivo - Disciplina prevista dall’art. 1 del<br />

D.L. n. 220 del 2003, conv. in L. n. 280 del 2003 - Azioni di risarcimento dei danni subiti da una società sportiva<br />

in conseguenza delle decisioni adottate da una Federazione sportiva o dagli organi della giustizia sportiva -<br />

Giurisdizione amministrativa - Sussiste - Ragioni.<br />

4. Sport e spettacolo - Ordinamento sportivo - Azioni di risarcimento dei danni subiti da una società in<br />

conseguenza delle decisioni adottate da una Federazione sportiva o dagli organi della giustizia sportiva -<br />

Proponibilità innanzi al giudice amministrativo - Ammissibilità - Condizioni - Esaurimento dei gradi della<br />

giustizia sportiva - Necessità - Sussiste.<br />

5. Sport e spettacolo - Ordinamento sportivo - Azione di risarcimento dei danni - Subiti dall’Arezzo calcio in<br />

conseguenza del lodo della Camera arbitrale - Deduzione avverso tale lodo di censure non riconducibili ad<br />

alcuno dei motivi previsti dall’art. 829 c.p.c. - Inammissibilità dell’azione proposta - Va dichiarata.<br />

1. A seguito dell’art.1 del d.l. n. 220/2003, conv. in l. 19 agosto 2003 n. 280 (c.d. "salva calcio" o "blocca T.A.R.) -<br />

secondo cui i rapporti tra l'ordinamento sportivo e quello statale sono regolati in base al principio di autonomia,<br />

"salvi i casi di rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse<br />

con l'ordinamento sportivo" - mentre sono riservate giustizia sportiva le c.d. controversie tecniche (quelle cioè che<br />

riguardano il corretto svolgimento della prestazione sportiva, ovvero la regolarità della competizione sportiva),<br />

in quanto non vi è lesione né di diritti soggettivi, né di interessi legittimi, sono invece riservate alla giurisdizione<br />

amministrativa le questioni concernenti l’ammissione e l'affiliazione alle federazioni di società, di associazioni<br />

sportive e di singoli tesserati (1).<br />

2. Per le controversie in materia sportiva c.d. disciplinari, le quali attengono alla irrogazione di provvedimenti di<br />

carattere punitivo nei confronti di atleti, associazioni e società sportive, la giurisdizione statale - ai sensi del d.l. n.<br />

220/2003, conv. in l. n. 280/2003 - è sempre esclusa, a prescindere dalle conseguenze ulteriori – anche se<br />

patrimonialmente rilevanti o rilevantissime – che possano indirettamente derivare da atti che la legge considera<br />

propri dell’ordinamento sportivo e a quest’ultimo puramente riservati (2).<br />

3. Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la domanda volta ad ottenere il risarcimento del danno<br />

subito da una società in conseguenza delle decisioni adottate da una Federazione sportiva o dagli organi della<br />

giustizia sportiva, atteso che la domanda risarcitoria non è proponibile innanzi agli organi della giustizia<br />

sportiva (ai quali si può chiedere solo l’annullamento della sanzione); l’art. 1 d.l. n. 220 del 2003, conv. in l. n.<br />

280/2003 (il quale sancisce il principio dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, ma fa proprio "salvi i casi di<br />

rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con<br />

l'ordinamento sportivo"), va infatti interpretato nel senso che laddove il provvedimento adottato dalle<br />

Federazioni sportive o dal C.O.N.I. abbia incidenza anche su situazioni giuridiche soggettive rilevanti per<br />

l’ordinamento giuridico statale, la domanda volta ad ottenere non la caducazione dell’atto, ma il conseguente<br />

risarcimento del danno, debba essere proposta innanzi al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione<br />

esclusiva, non operando alcuna riserva a favore della giustizia sportiva, innanzi alla quale la pretesa risarcitoria<br />

nemmeno può essere fatta valere.<br />

323


4. Anche per le controversie risarcitorie opera il c.d. vincolo della giustizia sportiva, e quindi potranno essere<br />

instaurate solo dopo che siano "esauriti i gradi della giustizia sportiva", così come prevede l’art. 3 d.l. n. 220 del<br />

2003, conv. in l. n. 280/2003. L’esistenza del c.d. vincolo della giustizia sportiva, in forza del quale il ricorso<br />

giurisdizionale è proponibile solo dopo l’esaurimento dei gradi della giustizia sportiva, fa sì che l’atto fonte del<br />

danno debba essere individuato nella decisione che esaurisce i gradi della giustizia sportiva, ovvero nella<br />

decisione del Collegio arbitrale istituito presso la Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport.<br />

5. E’ inammissibile il ricorso proposto dalla A.C. Arezzo S.p.A. tendente ad ottenere il risarcimento del danno<br />

subito a seguito delle decisioni succedutesi dinanzi alle corti di giustizia sportiva culminate con il lodo della<br />

Camera arbitrale, che ha sancito per la società sportiva stessa la penalizzazione di alcuni punti in classifica nel<br />

campionato di calcio; il lodo oggetto del giudizio va infatti qualificato come lodo rituale e, quindi, soggetto ai<br />

motivi di impugnazione tassativamente indicati nell’art. 829 c.p.c. e, nella specie, con il ricorso proposto, avverso<br />

la pronuncia arbitrale, non sono spiegate censure riconducibili ad alcuna delle tipologie dei vizi previsti dalla<br />

citata norma (3).<br />

------------------------------<br />

(1) Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 9 luglio 20004, n. 3917, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/cds/cds6_2004-06-09.htm<br />

Ha osservato in particolare la Sez. VI che le questioni concernenti l’ammissione e l'affiliazione alle federazioni di società, di<br />

associazioni sportive e di singoli tesserati - nel testo dell’originario D.L. n. 220/2003 - rientravano tra le questioni riservate<br />

all’ordinamento sportivo (art. 2, comma 1, lett. c).<br />

La soppressione in sede di conversione di tale categoria, costituisce chiaro indice della volontà del legislatore di non considerare<br />

indifferenti per l’ordinamento statale controversie, quali quelle inerenti, l’affiliazione delle società alle federazioni e i provvedimenti<br />

di ammissione ai campionati, trattandosi di provvedimenti di natura amministrativa in cui le Federazioni esercitano poteri di carattere<br />

pubblicistico in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del Coni.<br />

(2) Cfr. C.G.A, sentenza 8 novembre 2007 n. 1048, in LexItalia.it, pag. http://www.lexitalia.it/p/72/cga_2007-11-08.htm secondo cui<br />

il legislatore del 2003 "ha operato una scelta netta, nell’ovvia consapevolezza che l’applicazione di una norma regolamentare<br />

sportiva ovvero l’irrogazione di una sanzione disciplinare sportiva hanno normalmente grandissimo rilievo patrimoniale indiretto; e<br />

tale scelta l’interprete è tenuto ad applicare, senza poter sovrapporre la propria "discrezionalità interpretativa" a quella legislativa<br />

esercitata dal Parlamento".<br />

La Sez. VI, con la decisone in rassegna, nel condividere tale decisione del C.G.A., che sembra più aderente alla formulazione<br />

letterale degli artt. 2 e 3 d.l. n. 220/2003 (i quali demandano in via esclusiva alla giustizia tutti i "comportamenti rilevanti sul piano<br />

disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive"), ha tuttavia aggiunto che il d.l. n. 220/2003<br />

(conv. in l. n. 280/2003), dà luogo ad alcune perplessità in ordine alla legittimità costituzionale della riserva a favore della<br />

"giustizia sportiva": in particolare, non risultano manifestamente infondati quei dubbi di costituzionalità, che evocano un possibile<br />

contrasto col principio della generale tutela statuale dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi (art. 24 Cost.), e con la previsione<br />

costituzionale che consente sempre l’impugnativa di atti e provvedimenti amministrativi dinnanzi agli organi di giustizia<br />

amministrativa (art. 103 e 113 Cost.).<br />

Né sembra possibile procedere ad una interpretazione correttiva e costituzionalmente orientata della norme in esame: la strada<br />

dell’interpretazione "correttiva" (nella specie praticata dal T.A.R. Lazio con la sentenza appellata), finisce, infatti, per tradursi, di<br />

fronte ad una norma dalla chiara ed univoca portata precettiva, in una operazione di disapplicazione della legge incostituzionale,<br />

senz’altro preclusa al Giudice amministrativo.<br />

(3) Nella specie era stata dedotta la nullità del lodo, non essendo stato sottoscritto contestualmente dagli arbitri.<br />

Ha osservato la Sez. VI che tale motivo non rientra in nessuno dei motivi di nullità tassativamente indicati nell’art. 829 c.p.c., atteso<br />

che per il lodo rituale, la possibilità di una sottoscrizione non contestuale da parte degli arbitri è espressamente prevista dall’art. 816,<br />

u.c. c.p.c. Tale possibilità è ulteriormente confermata dall’art. 823 n. 8) c.p.c.: quest'ultima norma, richiedendo, come requisito del<br />

lodo, l’indicazione della data delle sottoscrizioni, ammette implicitamente l’eventualità di una sottoscrizione con date diverse.<br />

E’ stato peraltro aggiunto, che anche qualificando la decisione impugnata come atto amministrativo collegiale o come lodo irrituale,<br />

il motivo andrebbe respinto in quanto nessuna norma impone la contestualità della sottoscrizione da parte di coloro che hanno preso<br />

parte all’atto.<br />

N.5782/08 Reg.Dec.<br />

324


N. 5578 Reg.Ric. ANNO 2007<br />

Disp.vo 605/2008<br />

REPUBBLICA ITALIANA<br />

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO<br />

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente<br />

DECISIONE<br />

sul ricorso in appello n. 5578/2007, proposto dall’A.C. Arezzo S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,<br />

rappresentato e difeso dagli avv.ti prof. Guido Corso e Giovanni Pesce, elettivamente domiciliata presso lo studio del<br />

secondo in Roma, via XX Settembre n. 1;<br />

contro<br />

F.I.G.C. – Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv.ti<br />

Luigi Medugno e Mario Gallavotti, presso il primo elettivamente domiciliata, in Roma, via Panama n. 58;<br />

C.O.N.I. – Comitato Olimpico Nazionale Italiano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e<br />

difeso dall’avv. Alberto Angeletti, presso il quale è elettivamente domiciliato in Roma, alla via Giuseppe Pisanelli, n. 2;<br />

e nei confronti<br />

della Lega Nazionale Professionisti serie A e B, rappresentata e difesa dall’avv. Ruggero Stincardini, elettivamente<br />

domiciliata in Roma, via Varrone, n. 9, presso lo studio dell’avv. Francesco Vannicelli;<br />

della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport presso il C.O.N.I., in persona del legale rappresentante pro<br />

tempore, del Collegio arbitrale, in persona del Presidente pro tempore, della A.C. Cesena S.p.a., della U.S. Triestina<br />

Calcio S.r.l., della Spezia Calcio S.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in<br />

giudizio;<br />

per l’annullamento e/o la riforma<br />

della sentenza del T.a.r. Lazio, sezione III ter, n. 5645/2007, depositata il 21 giugno 2007;<br />

Visto il ricorso con i relativi allegati;<br />

Visto l'atto di costituzione della F.I.G.C., del C.O.N.I. e della Lega Nazionale professionisti;<br />

Visto l’appello incidentale proposto dalla F.I.G.C.;<br />

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;<br />

Visti gli atti tutti della causa;<br />

Alla pubblica udienza del 21 ottobre 2008 relatore il Consigliere Roberto Giovagnoli;<br />

Uditi gli avv.ti Pesce, Medugno e Angeletti;<br />

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:<br />

325


FATTO<br />

1. Con ricorso proposto innanzi al T.a.r. del Lazio, la società sportiva A.C. Arezzo s.p.a. ha impugnato, chiedendo<br />

anche il risarcimento del danno subito, le decisioni succedutesi dinanzi alle corti di giustizia sportiva culminate con il<br />

lodo della Camera arbitrale, che ha sancito per l’Arezzo la penalizzazione di 6 punti in classifica nel campionato di<br />

calcio di serie B, stagione 2006/2007, penalizzazione rivelatasi poi decisiva per la retrocessione dell’Arezzo dalla serie<br />

B alla serie C1.<br />

La penalizzazione è stata inflitta all’Arezzo a titolo di illecito sportivo, per fatti connessi alla vicenda della c.d.<br />

"calciopoli", insorta nella stagione calcistica 2005/2006.<br />

2. La vicenda è nata dall’intercettazione di una telefonata intercorsa il 16/5/05 tra il sig. Titomanlio, designato come<br />

guardalinee per la delicata partita Arezzo - Salernitana, disputata il precedente 14/5, e terminata con il risultato di 1 - 0,<br />

ed il sig. Meani, dirigente del Milan ed amico del primo, ove si riferisce di un incontro e di una conversazione<br />

intervenuta a Coverciano tra il medesimo Titomanlio ed il sig. Mazzei, vicecommissario della CAN ed incaricato della<br />

formazione fisica e tecnica degli assistenti di gioco, nel corso della quale il Mazzei avrebbe riservatamente<br />

rappresentato al proprio interlocutore di seguire con attenzione la competizione sportiva; nel corso della telefonata,<br />

inoltre, il Titomanlio riferisce di un paio di episodi di giuoco da lui segnalati all’arbitro (che non li aveva ritenuti fallosi)<br />

inseriti in azioni di gioco che avrebbero potuto portare al pareggio della Salernitana.<br />

3. Giova ancora evidenziare che l’Arezzo è stato sanzionato in ragione dell’applicazione della figura della c.d.<br />

responsabilità presunta prevista dal codice della giustizia sportiva, all’art. 9, comma terzo (pure oggetto di impugnativa<br />

innanzi al T.a.r. Lazio).<br />

4. Il T.a.r. Lazio, con la sentenza n. 5645 del 2007, ha respinto il ricorso, dopo aver disatteso alcune eccezioni di<br />

inammissibilità sollevate dalle parti resistenti. In particolare, ha respinto le eccezioni di inammissibilità fondate sul<br />

difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo, e sulla natura giuridica delle decisione emessa dal Collegio<br />

arbitrale.<br />

5. Avverso tale sentenza ha proposto l’A.C. Arezzo s.p.a. ha proposto appello, chiedendo, in via cautelare, la<br />

sospensione.<br />

Si costituita in giudizio la F.I.G.C. che ha spiegato anche appello incidentale, riproponendo le eccezioni di<br />

inammissibilità (fondate sul difetto di giurisdizione e sulla natura non provvedi mentale del lodo emesso dalla Camera<br />

di Conciliazione e arbitrato del C.O.N.I.).<br />

Si sono costituiti in giudizio, sostenendo posizioni analoghe a quella della F.I.G.C., anche il C.O.N.I. e la Lega<br />

Nazionale Professionisti serie A e B.<br />

6. Con ordinanza n. 4098/2007, emessa all’esito della camera di consiglio del 31 luglio 2007, la Sezione ha respinto<br />

l’istanza cautelare volta alla sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza proposta dall’appellante principale.<br />

7. All’udienza del 21 ottobre 2008, la causa è stata trattenuta per la decisione.<br />

MOTIVI DELLA DECISIONE<br />

1. Appare opportuno premettere che il presente giudizio ha ormai ad oggetto soltanto il risarcimento del danno subito<br />

dall’A.C. Arezzo in conseguenza della penalizzazione inflitta che ha determinato, al termine della stagione 2006/2007,<br />

la retrocessione della società in serie C1.<br />

L’A.C. Arezzo, infatti, ha già disputato il campionato 2007/2008 in serie C1 (anziché in serie B, come sarebbe avvenuto<br />

senza la penalizzazione). Gli atti impugnati hanno, quindi, prodotto conseguenze irreversibili, nel senso che - come del<br />

resto evidenziato, in sede di istanza cautelare, dallo stesso appellante principale - neanche una eventuale decisione<br />

favorevole di questo Giudice potrebbe restituire all’Arezzo il "bene della vita" (qui coincidente con la permanenza in<br />

serie B) che la squadra avrebbe ottenuto senza la sanzione dei 6 punti.<br />

La legittimità degli atti impugnati viene, quindi, in rilievo, in via indiretta, al fine di decidere sulla domanda risarcitoria<br />

proposta dall’A.C. Arezzo s.p.a.<br />

326


Ciò premesso, si può ora procedere all’esame dei motivi di appello.<br />

2. Risulta logicamente pregiudiziale l’esame delle eccezioni di inammissibilità respinte dal T.a.r. e riproposte, mediante<br />

appello incidentale, dalla F.I.G.C.<br />

3. Va, in primo luogo, esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione dell’adito giudice<br />

amministrativo, eccezione riproposta dalla F.I.G.C. nell’assunto che oggetto del gravame sia una sanzione disciplinare<br />

sportiva (consistente nella penalizzazione in classifica), destinata ad esaurire i propri effetti nell’ambito<br />

dell’ordinamento settoriale, con conseguente irrilevanza per l’ordinamento statale, alla stregua anche di quanto disposto<br />

dall’art. 2, della legge n. 280/2003.<br />

3.1. Occorre, a tal fine, ricostruire brevemente il quadro normativo e il dibattito giurisprudenziale sviluppatosi in ordine<br />

ai rapporti tra giustizia sportiva e giurisdizione amministrativa.<br />

Il d.l. n. 220/2003, conv. in l. n. 280/2003, (c.d. "salva calcio" o "blocca T.a.r.) stabilisce, all’art. 1, che i rapporti tra<br />

l'ordinamento sportivo e quello statale sono regolati in base al principio di autonomia, "salvi i casi di rilevanza per<br />

l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo" (art.<br />

1, primo comma).<br />

Dando applicazione al principio dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, il successivo art. 2 riserva all'ordinamento<br />

sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: a) l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari,<br />

organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto<br />

svolgimento delle attività sportive; b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione<br />

delle relative sanzioni disciplinari sportive.<br />

L’art. 3 d.l. cit., infine, occupandosi specificamente della giurisdizione prevede che, "esauriti i gradi della giustizia<br />

sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e<br />

atleti, ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni<br />

sportive non riservata agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo ai sensi dell'articolo 2, e' devoluta alla<br />

giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. In ogni caso e' fatto salvo quanto eventualmente stabilito dalle<br />

clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle<br />

Federazioni sportive di cui all'articolo 2, comma 2, nonché quelle inserite nei contratti di cui all'articolo 4 della legge<br />

23 marzo 1981, n. 91".<br />

3.2. Le norme appena riportate, nate con il preciso intento di arginare l’intervento della giustizia statale sull’autonomia<br />

dell’ordinamento sportivo, hanno inteso tracciare una linea di confine netta tra i territori rispettivamente riservati<br />

all’ordinamento sportivo, e ai suoi organi di giustizia, e quelli nei quali è possibile l’intervento della giurisdizione<br />

statale, e del giudice amministrativo in particolare<br />

Il legislatore non è, tuttavia, pienamente riuscito nel suo scopo chiarificatore.<br />

Anche dopo del d.l. n. 220/2003, la linea di confine tra giustizia sportiva e giurisdizione amministrativa è rimasta spesso<br />

incerta, come dimostrano le numerose divergenze interpretative che si riscontrano anche all’interno della giurisprudenza<br />

amministrativa.<br />

Si tratta di difficoltà ermeneutiche che riflettono, del resto, la stessa complessità che si incontra nel tentativo di<br />

conciliare due principi che mostrano diversi momenti di potenziale conflitto: il principio dell’autonomia<br />

dell’ordinamento sportivo (che trova il suo fondamento costituzionale negli artt. 2 e 18 della Costituzione) e il principio<br />

del diritto di azione e di difesa, espressamente qualificato come inviolabile dall’art. 24 Cost.<br />

3.2. In questa indagine sui rapporti tra ordinamento sportivo e ordinamento statale si deve partire da una considerazione<br />

di fondo: quella secondo cui la "giustizia sportiva" costituisce lo strumento di tutela per le ipotesi in cui si discute<br />

dell'applicazione delle regole sportive, mentre la giustizia statale è chiamata a risolvere le controversie che presentano<br />

una rilevanza per l'ordinamento generale, concernendo la violazione di diritti soggettivi o interessi legittimi.<br />

3.3. Proprio alla luce di tale principio, oggi c’è sostanziale concordia sul fatto che siano riservate giustizia sportiva le<br />

c.d. controversie tecniche, (quelle cioè che riguardano il corretto svolgimento della prestazione sportiva, ovvero la<br />

regolarità della competizione sportiva) in quanto non vi è lesione né di diritti soggettivi, né di interessi legittimi.<br />

327


3.4. Ugualmente, è ormai pacifico che siano riservate alla giurisdizione amministrativa le questioni concernenti<br />

l’ammissione e l'affiliazione alle federazioni di società, di associazioni sportive e di singoli tesserati (cfr. Cons. Stato,<br />

sez. VI, 9 luglio 20004, n. 3917).<br />

Nel testo dell’originario D.L. n. 220/2003 esse rientravano tra le questioni riservate all’ordinamento sportivo (art. 2,<br />

comma 1, lett. c). La soppressione in sede di conversione di tale categoria, costituisce chiaro indice della volontà del<br />

legislatore di non considerare indifferenti per l’ordinamento statale controversie, quali quelle inerenti, l’affiliazione<br />

delle società alle federazioni e i provvedimenti di ammissione ai campionati, trattandosi di provvedimenti di natura<br />

amministrativa in cui le Federazioni esercitano poteri di carattere pubblicistico in armonia con le deliberazioni e gli<br />

indirizzi del Coni.<br />

3.5. La questione si fa, invece, molto più delicata per le controversie c.d. disciplinari, le quali attengono alla irrogazione<br />

di provvedimenti di carattere punitivo nei confronti di atleti, associazioni e società sportive. In questo caso, è, infatti,<br />

frequente che il provvedimento punitivo adottato nell’ambito dell’ordinamento sportivo incida, almeno indirettamente,<br />

per i gravi effetti anche economici che comporta, su situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento<br />

sportivo, ma rilevanti per l’ordinamento generale.<br />

Il problema allora è se debba prevalere il valore dell’autonomia dell’ordinamento sportivo o quello del diritto di azione<br />

o di difesa in giudizio.<br />

A favore della prima soluzione sembrerebbe deporre la formulazione letterale dell’art. 2 d.l. n. 220/2003 che riserva alla<br />

giustizia sportiva, senza alcuna ulteriore distinzione, "i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed<br />

applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive".<br />

A favore della seconda lettura si può, tuttavia, invocare la parte finale dell’art. 1 d.l. n. 220/2003 che, nell’affermare<br />

solennemente il principio dell’autonomia sportiva, fa espressamente "salvi i casi di rilevanza per l'ordinamento<br />

giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo".<br />

3.6. In giurisprudenza sono state sostenute entrambe le posizioni.<br />

3.6.1. Alcune sentenze, soprattutto di primo grado,<br />

proprio dando rilevanza alla rilevanza esterna (in termini di incidenza si situazioni giuridiche soggettive protette<br />

dall’ordinamento generale) delle conseguenze derivanti dal provvedimento afflittivo irrogato dalla Federazione<br />

sportiva, hanno ritenuto sussistente la giurisdizione amministrativa anche sui ricorsi avverso le sanzioni disciplinari<br />

irrogate avverso società o singoli tesserati.<br />

Così, proprio con specifico riferimento alle penalizzazioni di alcuni punti in classifica, si segnala T.a.r. Lazio, sez. III,<br />

22 agosto 2006, n. 7331 secondo cui tale sanzione, determinando l’esclusione dalla graduatoria delle società ripescabili<br />

nel campionato nazionale, e la conseguente retrocessione della società di calcio, assumerebbe anche rilevanza esterna,<br />

incidendo sullo status del soggetto in termini non solo economici, ma anche di onorabilità.<br />

A tale orientamento interpretativo (che afferma o nega la giurisdizione in base alla gravità delle conseguenze che<br />

derivano dal provvedimento punitivo) fa, del resto, esplicito riferimento la sentenza di primo grado oggetto del presente<br />

appello.<br />

3.6.2. In senso opposto, si è pronunciato invece il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia con la<br />

nota sentenza 8 novembre 2007 n. 1048, secondo cui in materia disciplinare la giurisdizione statale è sempre esclusa, a<br />

prescindere dalle conseguenze ulteriori – anche se patrimonialmente rilevanti o rilevantissime – che possano<br />

indirettamente derivare da atti che la legge considera propri dell’ordinamento sportivo e a quest’ultimo puramente<br />

riservati.<br />

A sostegno di tale tesi si osserva che il legislatore del 2003 "ha operato una scelta netta, nell’ovvia consapevolezza che<br />

l’applicazione di una norma regolamentare sportiva ovvero l’irrogazione di una sanzione disciplinare sportiva hanno<br />

normalmente grandissimo rilievo patrimoniale indiretto; e tale scelta l’interprete è tenuto ad applicare, senza poter<br />

sovrapporre la propria "discrezionalità interpretativa" a quella legislativa esercitata dal Parlamento" (C.G.A.,<br />

sentenza 8 novembre 2007 n. 1048).<br />

328


3.7. Tra le due diverse opzioni ermeneutiche, la seconda appare quella più aderente alla formulazione letterale degli artt.<br />

2 e 3 d.l. n. 220/2003.<br />

Tali norme, infatti, demandano in via esclusiva alla giustizia tutti i "comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e<br />

l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive". Il legislatore non fa alcuna distinzione in<br />

ordine alla conseguenze patrimoniali che quelle sanzioni possono produrre.<br />

Del resto, come è stato rilevato ((C.G.A., sentenza 8 novembre 2007 n. 1048), il legislatore allorché emanò il decreto<br />

legge n. 220 del 2003, non poteva certo ignorare che l’applicazione del regolamento sportivo – sia da parte dell’arbitro<br />

nella singola gara determinante per l’esito dell’intera stagione; sia da parte del giudice sportivo di primo o di ultimo<br />

grado – e l’irrogazione delle più gravi sanzioni disciplinari quasi sempre producono conseguenze patrimoniali indirette<br />

di rilevantissima entità.<br />

Tuttavia a tali conseguenze non ha attribuito alcun rilievo ai fini della verifica di sussistenza della giurisdizione statuale;<br />

che, infatti, il legislatore ha radicato solo nei casi diversi da quelli, espressamente eccettuati, di cui all’art. 2, comma 1,<br />

del decreto legge citato.<br />

3.8. Così inteso, tuttavia, il d.l. n. 220/2003 (conv. In l. n. 280/2003), dà luogo ad alcune perplessità in ordine alla<br />

legittimità costituzionale della riserva a favore della "giustizia sportiva": in particolare, non risultano manifestamente<br />

infondati quei dubbi di costituzionalità, prospettati anche dall’appellante principale, che evocano un possibile contrasto<br />

col principio della generale tutela statuale dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi (art. 24 Cost.), e con la<br />

previsione costituzionale che consente sempre l’impugnativa di atti e provvedimenti amministrativi dinnanzi agli organi<br />

di giustizia amministrativa (art. 103 e 113 Cost.).<br />

Né sembra possibile procedere ad una interpretazione correttiva e costituzionalmente orientata della norme in esame: la<br />

strada dell’interpretazione "correttiva", che poi è quella praticata dal T.a.r. Lazio con la sentenza appellata, finisce,<br />

infatti, per tradursi, di fronte ad una norma dalla chiara ed univoca portata precettiva, in una operazione di<br />

disapplicazione della legge incostituzionale, senz’altro preclusa a questo Giudice.<br />

3.9. Tuttavia, nel caso di specie, il Collegio ritiene di poter decidere la presente controversia senza sollevare la<br />

questione di costituzionalità delle norme contenute negli artt. 2 e 3 d.l. n. 220/2003 (conv. in l. n. 280/2003).<br />

Ciò in quanto, come sopra si è precisato, oggetto del presente giudizio non è più l’annullamento della sanzione<br />

disciplinare irrogata dalla Federazione all’Arezzo Calcio e delle decisioni che organi di giustizia sportiva che hanno<br />

respinto i ricorsi della società. Tali atti, infatti, hanno ormai prodotto effetti irreversibili (avendo l’Arezzo già disputato,<br />

in conseguenza della sanzione subita e della conseguente retrocessione, il campionato di serie C1, anziché quello di<br />

serie B).<br />

Una eventuale decisione di annullamento pronunciata da questo Giudice non potrebbe comunque restituire all’A.C.<br />

Arezzo il "bene della vita" (coincidente con la permanenza in serie B) che la squadra avrebbe ottenuto senza la sanzione<br />

dei 6 punti.<br />

La legittimità degli atti impugnati viene, pertanto, in rilievo solo in via indiretta ed incidentale, al fine di decidere sulla<br />

domanda risarcitoria, che a questo punto rappresenta l’oggetto esclusivo del presente giudizio.<br />

3.10. Rispetto alla domanda volta ad ottenere il risarcimento del danno subito da una società in conseguenza delle<br />

decisioni adottate da una Federazione sportiva o dagli organi della giustizia sportiva non può essere sostenuto il difetto<br />

assoluto di giurisdizione, invocando gli artt. 2 e 3 del più volte citato d.l. n. 220 del 2003.<br />

A tale conclusione conducono le seguenti considerazioni.<br />

In primo luogo, la domanda risarcitoria non è proponibile innanzi agli organi della giustizia sportiva (ai quali si può<br />

chiedere solo l’annullamento della sanzione).<br />

Escludere la giurisdizione statale avrebbe, allora, la conseguenza di creare un vero proprio vuoto di tutela: i danni<br />

provocati dalle decisioni delle Federazioni sportive (o dalla Camera di Conciliazione e di Arbitrato del CONI)<br />

diventerebbero irrisarcibili, anche quando incidono (come spesso accade) su situazioni giuridiche soggettive meritevoli<br />

di tutela secondo l’ordinamento giuridico generale.<br />

329


Non si avrebbe più soltanto una questione processuale, involgente i rapporti tra giustizia sportiva e giurisdizione statale,<br />

ma si avrebbe una vera e propria deroga sostanziale all’applicazione dell’art. 2043 c.c., deroga priva di ogni plausibile<br />

giustificazione e sprovvista di fondamento normativo espresso.<br />

3.11. In questo caso, tuttavia, l’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme è possibile.<br />

Da un lato, infatti, l’art. 2 d.l. cit., nel delimitare la riserva a favore dell’ordinamento sportivo, non fa alcun riferimento<br />

alle controversie risarcitorie.<br />

Dall’altro, l’art. 3 prevede espressamente che, "esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione<br />

del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, ogni altra controversia avente ad<br />

oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia<br />

dell'ordinamento sportivo ai sensi dell'articolo 2, e' devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo".<br />

Infine, l’art. 1 d.l. n. 220 del 2003, nel sancire il principio dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, fa proprio "salvi i<br />

casi di rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con<br />

l'ordinamento sportivo".<br />

Ebbene, il Collegio ritiene che tali norme debbano essere interpretate, in un’ottica costituzionalmente orientata, nel<br />

senso che laddove il provvedimento adottato dalle Federazioni sportive o dal C.O.N.I. abbia incidenza anche su<br />

situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento giuridico statale, la domanda volta ad ottenere non la<br />

caducazione dell’atto, ma il conseguente risarcimento del danno, debba essere proposta innanzi al giudice<br />

amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, non operando alcuna riserva a favore della giustizia sportiva, innanzi<br />

alla quale la pretesa risarcitoria nemmeno può essere fatta valere.<br />

3.12. Anche per le controversie risarcitorie opera, tuttavia, il c.d. vincolo della giustizia sportiva, e quindi potranno<br />

essere instaurate solo dopo che siano "esauriti i gradi della giustizia sportiva", così come prevede l’art. 3.<br />

In definitiva, anche se, secondo la vigente normativa, la giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo prevista<br />

dall’art. 3 d.l. n. 220/2003 non include le domande volte all’annullamento delle sanzioni disciplinari, deve, tuttavia,<br />

ritenersi, in base ad una interpretazione costituzionalmente orientata del tessuto normativo, che siano proponibili<br />

innanzi al Giudice amministrativo le domande volte ad ottenere il risarcimento del danno che tali sanzioni disciplinari<br />

hanno provocato incidendo anche su situazioni rilevanti per l’ordinamento generale della Repubblica.<br />

Il Giudice amministrativo può, quindi, conoscere, nonostante la riserva a favore della "giustizia sportiva", delle sanzioni<br />

disciplinari inflitte a società, associazioni ed atleti, in via incidentale e indiretta, al fine di pronunciarsi sulla domanda<br />

risarcitoria proposta dal destinatario della sanzione.<br />

Alla luce di tali considerazioni, deve, quindi, affermarsi la sussistenza della giurisdizione amministrativa sulla domanda<br />

risarcitoria proposta dall’A.C. Arezzo, volta ad ottenere i danni subiti a causa della retrocessione in serie C1determinata<br />

dalla penalizzazione subita.<br />

Il primo motivo dell’appello incidentale va, pertanto, respinto.<br />

3.13. La domanda risarcitoria, tuttavia, come prevede l’art. 3 cit., è proponibile solo dopo l’esaurimento dei gradi della<br />

giustizia sportiva.<br />

La necessità che siano esauriti i gradi della giustizia sportiva impone di distinguere due ipotesi.<br />

3.13.1. La prima si verifica se gli organi della giustizia sportiva annullano la sanzione inflitta dalla Federazione: in tal<br />

caso, al Giudice amministrativo potranno essere chiesti i danni che si sono medio tempore prodotti nonostante<br />

l’annullamento della sanzione.<br />

Considerato che il provvedimento fonte del danno è già stato annullato nell’ambito dell’ordinamento sportivo, il giudice<br />

non dovrà compiere alcuna valutazione incidentale sulla legittimità dello stesso, limitandosi a verificare l’an e il<br />

quantum del danno provocato.<br />

3.13.2. La seconda ipotesi ricorre se la sanzione inflitta viene confermata dagli organi della giustizia sportiva.<br />

330


Anche in tal caso, la domanda risarcitoria potrà essere comunque proposta innanzi al Giudice amministrativo, che, però,<br />

ricorrendo tale evenienza, dovrà procedere ad una valutazione incidentale della legittimità del provvedimento, allo<br />

scopo di decidere sulla domanda risarcitoria.<br />

3.14. Si pone qui l’ulteriore problema di individuare l’atto fonte del danno che, come tale, deve essere oggetto del<br />

sindacato incidentale da parte del Giudice amministrativo.<br />

L’esistenza del c.d. vincolo della giustizia sportiva, in forza del quale il ricorso giurisdizionale è proponibile solo dopo<br />

l’esaurimento dei gradi della giustizia sportiva, fa sì che l’atto fonte del danno debba essere individuato nella decisione<br />

che esaurisce i gradi della giustizia sportiva, ovvero, come accade nel caso di specie, nella decisione del Collegio<br />

arbitrale istituito presso la Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport.<br />

E’ allora necessario, per delineare i limiti del sindacato giurisdizionale esercitabile dal Giudice amministrativo, capire<br />

quale sia la natura giuridica di tale decisione.<br />

4. Si tratta proprio della questione oggetto del secondo motivo di appello incidentale, con il quale la F.I.G.C. deduce<br />

l’inammissibilità del ricorso sostenendo, appunto, che la decisione della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo<br />

Sport ha natura di pronuncia arbitrale vera e propria e non di atto amministrativo.<br />

4.1. Il motivo è fondato.<br />

4.2. Il Collegio non ignora, ma anzi condivide, l’orientamento giurisprudenziale proprio di questa Sezione, secondo cui<br />

la decisione della camera di conciliazione e arbitrato per lo sport del C.O.N.I. non costituisce un vero e proprio lodo<br />

arbitrale, ma rappresenta la decisione di ultimo grado della giustizia sportiva, avente quindi il carattere sostanziale di<br />

provvedimento amministrativo, benché emesso con le forme e le garanzie tratte dal giudizio arbitrale.<br />

Si tratta, come specificato da Cons. Stato, sez. VI, 9 luglio 2004, n. 3917, di una decisione emessa dal supremo organo<br />

della giustizia sportiva sulla base di principi e garanzie tipiche del giudizio arbitrale, ma che resta soggetta agli ordinari<br />

strumenti di tutela giurisdizionale per le fattispecie non riservate all’ordinamento sportivo.<br />

4.3. Tale qualificazione del lodo in termini di atto amministrativo non può essere, tuttavia, applicata alla presente<br />

fattispecie.<br />

Nel caso in esame, infatti, la sanzione inflitta all’A.C. Arezzo, consistendo in una penalizzazione di classifica (da<br />

scontare nel campionato di serie B 2006/2007) non era arbitrabile ai sensi dell’art. 27.3 dello Statuto federale all’epoca<br />

vigente.<br />

Come correttamente deduce l’appellante incidentale, la controversia, quindi, è stata portata all’esame della Camera di<br />

Conciliazione ed Arbitrato dello Sport solo a seguito di un apposito accordo compromissorio, di cui, del resto si dà atto<br />

sia nelle premesse del lodo ("all’udienza arbitrale del 24 novembre 2006, le parti accettando il regolamento della<br />

Camera senza alcuna riserva in ordine ai poteri del Collegio arbitrale, accettando altresì la designazione del Collegio<br />

arbitrale […]"), sia nel verbale del della prima riunione del Collegio arbitrale ("preliminarmente le parti dichiarano di<br />

accettare, per quanto possa occorrere, la designazione dell’odierno collegio arbitrale, ogni eccezione rimossa").<br />

4.4. Dalla qualificazione della decisione della Camera di Conciliazione in termini di vero e proprio lodo arbitrale (e non<br />

di atto amministrativo, come è, invece, per il lodo pronunciato su controversie arbitrabili ai sensi dello Statuto federale),<br />

discende che tale atto può formare oggetto di impugnazione nei soli limiti consentiti dal codice di procedura civile.<br />

In particolare, il lodo rituale è soggetto al regime di impugnazione per le cause di nullità, tassativamente indicare<br />

nell’art. 829 c.p.c.; il lodo irrituale, invece, se avente origine da convenzioni arbitrali stipulate, come nella fattispecie,<br />

successivamente al 3.3.2006, è sottoposto ai motivi di impugnazione previsti dall’art. 808 ter c.p.c. (norma introdotta<br />

dal d.lgs. n. 40/2006), ai quali, secondo la tesi prevalente, si aggiungono, comunque, le ordinarie impugnative negoziali<br />

(incapacità, errore, violenza, dolo, eccesso di mandato, violazione di norme imperative).<br />

Il dubbio circa la natura rituale o irrituale dell’arbitrato oggi deve essere risolto, in base a quanto previsto dall’art. 808<br />

ter c.p.c., a favore della natura rituale del lodo. Con tale norma, infatti, il legislatore ha chiarito che la scelta in favore di<br />

un arbitrato che abbia esito in un lodo irrituale (come tale non destinato agli effetti di cui all’art. 824 bis c.p.c.), oltre a<br />

richiedere una forma scritta, deve essere espressa: in caso contrario, ogni dubbio sulla qualificazione come rituale o<br />

331


irrituale dell’arbitrato prescelto dalle parti deve sciogliersi a favore della natura riturale e della conseguente integrale<br />

applicabilità della disciplina legale, anche per quel che riguarda il regime di impugnazione di cui all’art. 827 c.p.c.<br />

E’ stato così superato per tabulas il precedente maggioritario orientamento giurisprudenziale che, invece, in caso<br />

incertezza sulla individuazione della species di arbitrato, optava per la natura irrituale in considerazione del favor della<br />

competenza giurisdizionale, a cui le parti eccezionalmente derogherebbero con il deferimento ad arbitri rituali del<br />

potere di decidere la controversia.<br />

4.5. Da quanto detto deriva che il lodo oggetto del presente giudizio debba essere qualificato come lodo rituale e,<br />

quindi, soggetto ai motivi di impugnazione tassativamente indicati nell’art. 829 c.p.c.<br />

Emerge allora l’inammissibilità sotto questo profilo del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado (e della relativa<br />

domanda risarcitoria), non essendo state con esso spiegate censure riconducibili ad alcuna delle tipologie dei vizi a<br />

critica vincolata ammesse avverso la pronuncia arbitrale.<br />

L’unico motivo che potrebbe essere ricondotto alla cause di nullità previste dall’art. 829 c.p.c. è, soltanto, quello con cui<br />

si fa valere la inesistenza del lodo per difetto di rituale sottoscrizione. L’appellante principale sostiene che il lodo è stato<br />

deliberato in Roma in data 24/11/2006, ma poi è stato sottoscritto dai vari arbitri in diversi luoghi e differenti date.<br />

Anche tale motivo non è, tuttavia, suscettibile di accoglimento: esso, infatti, è stato proposto muovendo dal dichiarato<br />

presupposto che nel caso di specie venga in considerazione o un provvedimento amministrativo collegiale (per il quale<br />

sarebbe necessaria la contestualità tra deliberazione e sottoscrizione) o un lodo irrituale (perché, deduce l’appellante,<br />

anche i negozi giuridici dovrebbero essere sottoscritti appena deliberati nel contenuto).<br />

La censura è invece inammissibile con riferimento al lodo rituale, dato che non rientra in nessuno dei motivi di nullità<br />

tassativamente indicati nell’art. 829 c.p.c. E non potrebbe essere diversamente, dato che per il lodo rituale, la possibilità<br />

di una sottoscrizione non contestuale da parte degli arbitri è espressamente prevista dall’art. 816, u.c. c.p.c. Tale<br />

possibilità è ulteriormente confermata dall’art. 823 n. 8) c.p.c.: tale norma, richiedendo, come requisito del lodo,<br />

l’indicazione della data delle sottoscrizioni, ammette implicitamente l’eventualità di una sottoscrizione con date diverse.<br />

E’ appena il caso di aggiungere, peraltro, che anche qualificando la decisione impugnata come atto amministrativo<br />

collegiale o come lodo irrituale, il motivo andrebbe respinto in quanto nessuna norma impone la contestualità della<br />

sottoscrizione da parte di coloro che hanno preso parte all’atto.<br />

4.6. Alla luce delle considerazioni che precedono, deve essere accolto l’appello incidentale proposto dalla F.I.G.C. e,<br />

per l’effetto, il ricorso di primo grado va dichiarato inammissibile.<br />

5. Le spese del giudizio devono essere integralmente compensate fra le parti ricorrendo giusti motivi, in considerazione<br />

della complessità e della novità delle questioni esaminate.<br />

P.Q.M.<br />

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione VI, accoglie l’appello incidentale e, per l’effetto, dichiara<br />

inammissibile il ricorso di primo grado.<br />

Compensa le spese di giudizio.<br />

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.<br />

Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 21 ottobre 2008 con l’intervento dei Sigg.ri:<br />

Giovanni Ruoppolo Presidente<br />

Paolo Buonvino Consigliere<br />

Domenico Cafini Consigliere<br />

Roberto Giovagnoli Consigliere Est. e Rel.<br />

332


Manfedo Atzeni Consigliere<br />

Presidente<br />

GIOVANNI RUOPPOLO<br />

Consigliere Segretario<br />

ROBERTO GIOVAGNOLI GIOVANNI CECI<br />

DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 25/11/2008<br />

333


334


Reg. ord. n. 194 del 2010 pubbl. su G.U. del 30/06/2010 n. 26<br />

Ordinanza del Tribunale amministrativo regionale di Lazio del 11/02/2010<br />

Notifica del 03/05/2010<br />

Tra: Cirelli Andrea C/ Federazione Italiana Pallacanestro ed altri 3<br />

Altre parti: Federazione Italiana Pallacanestro, FIP, CONI, Comitato Olimpico Nazionale Italiano, Associazione<br />

Sportiva Agorà<br />

Oggetto:<br />

Giustizia amministrativa - Controversie relative a sanzioni disciplinari, diverse da quelle tecniche, inflitte ad atleti,<br />

tesserati, associazioni e società sportive - Riserva al giudice sportivo - Illegittima sottrazione al giudice amministrativo o<br />

ordinario di controversie relative a sanzioni disciplinari che non esauriscano la loro rilevanza all'interno dell'ordinamento<br />

sportivo incidendo su diritti soggettivi ed interessi legittimi tutelati dall'ordinamento generale - Lesione del diritto di azione<br />

e difesa in giudizio e del principio di tutela giurisdizionale.<br />

Norme impugnate<br />

Num. Art. Co. Nesso<br />

decreto legge 19/08/2003 220 2 1 lett. b)<br />

decreto legge 19/08/2003 220 2 2 convertito<br />

legge 17/10/2003 280<br />

Parametri costituzionali<br />

Num. Art. Co. Nesso<br />

Costituzione 24<br />

Costituzione 103<br />

Costituzione 113<br />

Udienza Pubblica del 14 dicembre 2010 rel. NAPOLITANO<br />

Testo dell'ordinanza<br />

N 194 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11/2/2010.<br />

Ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio dell'11<br />

febbraio 2010 sul ricorso proposto da Cirelli Andrea contro<br />

Federazione Italiana Pallacanestro ed altri..<br />

Giustizia amministrativa - Controversie relative a sanzioni<br />

disciplinari, diverse da quelle tecniche, inflitte ad atleti,<br />

tesserati, associazioni e societa' sportive - Riserva al giudice<br />

sportivo - Illegittima sottrazione al giudice amministrativo o<br />

ordinario di controversie relative a sanzioni disciplinari che non<br />

esauriscano la loro rilevanza all'interno dell'ordinamento sportivo<br />

incidendo su diritti soggettivi ed interessi legittimi tutelati<br />

dall'ordinamento generale - Lesione del diritto di azione e difesa<br />

in giudizio e del principio di tutela giurisdizionale.<br />

- Decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220, art. 2, commi 1, lett. b), e<br />

2, convertito, con modificazioni, nella legge 17 ottobre 2003, n.<br />

280.<br />

- Costituzione, artt. 24, 103 e 113.<br />

(GU n. 26 del 30.6.2010)<br />

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE<br />

Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso n. 6515/07,<br />

proposto dal sig. Andrea Girelli, rappresentato e difeso dagli avv.ti<br />

Alessandro Gracis, Giorgio De Arcangelis e Carlo Abbate e con questi<br />

elettivamente domiciliato in Roma, via F.P. de' Calboli n. 1, presso<br />

Io studio dell'avv. Carlo Abbate,<br />

335


Contro<br />

la Federazione Italiana Pallacanestro, in persona del legale<br />

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Guido<br />

Valori e Paola Maria Angela Vaccaro, presso il cui studio in Roma,<br />

viale delle Milizie n. 106, e' elettivamente domiciliata, il Comitato<br />

Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.), in persona del legale<br />

rappresentate pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Alberto<br />

Angeletti, presso il cui studio in Roma, via Giuseppe Pisanelli n. 2,<br />

e' elettivamente domiciliato, nonche' la Camera di Conciliazione e<br />

Arbitrato per lo Sport del C.O.N.I., in persona del legale<br />

rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio, nonche', nei<br />

confronti di Pallacanestro Treviso Benetton, in persona del legale<br />

rappresentate pro tempore, non costituita in giudizio, per<br />

l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, della sanzione<br />

dell'inibizione dallo svolgimento di ogni attivita' endofederale per<br />

tre anni e quattro mesi, irrogata definitivamente con la decisione<br />

della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport del C.O.N.I.,<br />

depositata il 18 maggio 2007, anch'essa impugnata; dell'atto di<br />

deferimento della procura Federale del 5 marzo 2007, nella parte in<br />

cui il ricorrente e' stato deferito alla Commissione Giudicante<br />

Nazionale; della decisione della Commissione Giudicante Nazionale n.<br />

81, giusta Comunicato Ufficiale n. 650 del 21 marzo 2007, nella parte<br />

in cui e' stata affermata la responsabilita' del ricorrente per la<br />

tentata frode sportiva a lui contestata ed e' stata irrogata la<br />

sanzione dell'inibizione da qualsiasi attivita' federale e sociale<br />

per la durata di due anni; della decisione della. Corte Federale n.<br />

44 di cui al Comunicato Ufficiale n. 672 del 27 marzo 2007 nella<br />

parte in cui e' stata confermata la responsabilita' per frode<br />

sportiva consumata ex art. 43, primo comma, lett. c), e per l'effetto<br />

determinata la sanzione dell'inibizione da ogni attivita' federale e<br />

sociale a carico del ricorrente per tre anni e quattro mesi a<br />

decorrere dal 21 marzo 2007; di ogni altro atto comunque presupposto,<br />

connesso e consequenziale e, in particolare: in parte qua dell'art.<br />

43, secondo comma, del Regolamento di Giustizia, nonche' di tutte le<br />

norme statutarie e regolamentari nella parte in cui prevedono<br />

l'adozione di provvedimenti disciplinari, sino alla radiazione, a<br />

carico dei tesserati che abbiano violato il cd. vincolo di giustizia;<br />

di tutte le norme statutarie e regolamentari che attribuiscono natura<br />

di lodo arbitrale irrituale anziche' di provvedimento amministrativo<br />

di secondo grado alle decisioni assunte dalla Camera di Conciliazione<br />

e, in particolare, dell'art. 43,secondo e terzo comma, dello Statuto<br />

della F.I.P. nella parte in cui dispone che «gli affiliati, i<br />

tesserati ed i soggetti ad essi equiparati sono tenuti ad adire gli<br />

Organi di Giustizia dell'ordinamento sportivo nelle materie di cui<br />

all'art. 2 d.l. n. 220 del 2003. Nelle materie predette e' possibile,<br />

ai sensi dell'art. 12, ottavo comma, dello Statuto del C.O.N.I., il<br />

ricorso all'arbitrato irrituale. L'inosservanza della presente<br />

disposizione comporta l'adozione di provvedimenti disciplinari sino<br />

alla radiazione, nei modi e termini indicati»; dell'art. 6 del<br />

Regolamento di Giustizia della F.I.P., nella parte in cui prevede che<br />

«gli affiliati, i tesserati ed i soggetti ad essi equiparati sono<br />

tenuti ad adire gli Organi di Giustizia dell'ordinamento sportivo<br />

nelle materie di cui all'art. 2 d.l. n. 220 del 2003. L'inosservanza<br />

della presente disposizione... comporta l'adozione di provvedimenti<br />

disciplinari, sino alla radiazione»; nonche' dell'art. 12 dello<br />

Statuto del C.O.N.I. e dell'art. 8 del Regolamento della Camera di<br />

Conciliazione e Arbitrato.<br />

Visti il ricorso ed i relativi allegati;<br />

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Federazione<br />

Italiana Pallacanestro;<br />

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comitato Olimpico<br />

Nazionale Italiano (C.O.N.I.);<br />

336


Visto l'atto di motivi aggiunti, notificato il 16 ottobre 2007 e<br />

depositato il successivo 23 ottobre;<br />

Viste le memorie prodotte dalle parti in causa costituite a<br />

sostegno delle rispettive difese;<br />

Visti gli atti tutti della causa;<br />

Relatore alla pubblica udienza del 28 gennaio 2010 il Consigliere<br />

Giulia Ferrari; uditi altresi' i difensori presenti delle parti in<br />

causa, come da verbale;<br />

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue,<br />

F a t t o<br />

1. - Con ricorso notificato in data 9 luglio 2007 e depositato il<br />

successivo 18 luglio 2007 il sig. Andrea Girelli impugna, tra gli<br />

altri, la sanzione dell'inibizione dallo svolgimento di ogni<br />

attivita' endofederale per tre anni e quattro mesi, irrogata<br />

definitivamente con la decisione della Camera di Conciliazione e<br />

Arbitrato per lo Sport del C.O.N.I., depositata il 18 maggio 2007.<br />

Espone, in fatto, di essere titolare di tessera della Federazione<br />

Italiana Pallacanestro (F.I.P) con la qualifica di dirigente e di<br />

aver ricoperto, sino al 24 febbraio 2007, la carica di Team Manager<br />

della Pallacanestro Treviso Benetton.<br />

In data 5 marzo 2007 e' stato deferito dal Procuratore federale<br />

della F.I.P. alla Commissione Giudicante Nazionale perche'<br />

«avvalendosi del concorso di persona non soggetta alla giurisdizione<br />

federale ed al fine di favorire la Pallacanestro Treviso Benetton,<br />

violava gli artt. 2, comma 1, 39 e 43 del Regolamento di Giustizia,<br />

richiedendo ed, ottenendo dagli Uffici della lega Basket Serie A di<br />

inserire nel fascicolo del tesseramento del giocatore Gino Cuccarolo<br />

un atto di risoluzione contrattuale recante data anteriore a quella<br />

dell'effettiva presentazione, con cio' alterando o tentando di<br />

alterare l'elenco degli atleti professionisti tesserati ed iscritti a<br />

referto per la societa' trevigiana, che in tal modo avrebbe avuto la<br />

possibilita' di utilizzare e di iscrivere a referto altro atleta<br />

professionista». A causa dei predetti fatti e' stato licenziato dalla<br />

Pallacanestro Treviso Benetton. In data 21 marzo 2007 la Commissione<br />

Giudicante Nazionale gli ha irrogato la sanzione dell'inibizione da<br />

qualsiasi attivita' federale e sociale per la durata di due anni,<br />

considerato quanto previsto dall'art. 43, secondo comma, del<br />

Regolamento di Giustizia per le fattispecie a livello di tentativo.<br />

Avverso detto provvedimento e' stato presentato ricorso in appello,<br />

oltre che dallo stesso sig. Girelli, anche dalla F.I.P., quest'ultima<br />

lamentando l'esiguita', della pena comminata. La Corte Federale, in<br />

parziale accoglimento dell'appello della Procura Federale, ha<br />

condannato il ricorrente alla sanzione dell'inibizione da ogni<br />

attivita' federale e sociale per tre anni e quattro mesi a decorrere<br />

dal 21 marzo 2007. L'istanza di conciliazione, proposta dal<br />

ricorrente, non ha sortito alcun risultato. Il Collegio arbitrale, al<br />

quale il sig. Cirelli si era rivolto, ha rigettato l'istanza<br />

confermando la sanzione dell'inibizione per tre anni e quattro mesi.<br />

2. - Avverso i predetti provvedimenti il ricorrente e' insorto<br />

deducendo:<br />

a) Illegittimita', per violazione artt. 24, 97, 103, 113<br />

Cost. dello Statuto e del Regolamento di Giustizia della F.I.P.<br />

Il diritto di difesa del tesserato e' limitato, essendo prevista<br />

l'obbligatorieta' del ricorso agli Organi di giustizia sportiva pena<br />

l'adozione di provvedimenti sanzionatori. Illegittima e' anche la<br />

qualificazione del giudizio ex art. 12, ottavo comma, dello Statuto<br />

del C.O.N.I. come arbitrato irritale e la relativa decisione della<br />

Camera di Conciliazione e Arbitrato come lodo arbitrale irrituale,<br />

anziche' come provvedimento amministrativo, limitandone<br />

l'impugnabilita' dinanzi al giudice amministrativo.<br />

b) Illegittimita' della sanzione e dei provvedimenti<br />

337


impugnati per violazione e/o falsa applicazione dell'art. 43, primo<br />

comma, lett. c), R.D. della F.I.P. - Eccesso di patere per errore e<br />

travisamento nei presupposti di fatto e di diritto Carenza ed<br />

insufficiente istruttoria - Illogicita' e contraddittorieta'<br />

manifesta, nonche' manifesta irragionevolezza della sanzione irrogata<br />

- In via subordinata, illegittimita' dell'art. 42 del R G.<br />

nell'interpretazione ed applicazione resa dagli organi di Giustizia<br />

Federale e della Camera di conciliazione ed arbitrato del C.O.N.I.<br />

per violazione dei principi vigenti dell'ordinamento statale in<br />

particolare, per violazione, degli artt. 49 e115 c.p.<br />

Illegittimamente la Corte Federale prima ed il Collegio arbitrale<br />

poi hanno considerato la frode sportiva un'ipotesi di illecito<br />

disciplinare, consumazione anticipata, nel senso che non sarebbe<br />

necessario che la frode si consumi, essendo sufficiente il compimento<br />

di un atto finalizzato ad un obiettivo illecito. In ogni caso la<br />

condotta attribuita al ricorrente non ha avuto rilevanza per<br />

l'ordinamento perche' non e' stata esternalizzata. Infine, e a tutto<br />

voler concedere, detta condotta avrebbe potuto essere qualificata<br />

come contraria ai doveri di lealta' e correttezza di cui all'art. 2<br />

del Regolamento di Giustizia ed essere, quindi, sanzionata ai sensi e<br />

per gli effetti dell'art. 39 dello stesso Regolamento.<br />

c) Illegittimita' della sanzione e dei provvedimenti<br />

impugnati per violazione e/o falsa applicazione dell'art. 43, primo<br />

comma, lett. c), e secondo comma R.G. della F.I.P.; violazione<br />

dell'art. 73 R. G. della F.I.P. - Eccesso di potere per errore e<br />

travisamento nei presupposti di fatto e di diritto - Per carenza ed<br />

insufficienza di istruttoria - Per illogicita' e contraddittorieta'<br />

manifesta nonche' per manifesta irragionevolezza della sanzione<br />

applicata - In via subordinata, si eccepisce l'illegittimita'<br />

dell'art. 43, secondo comma, R. G. nell'interpretazione ad<br />

applicazione resa dagli Organi di Giustizia Federale e dalla camera<br />

di Conciliazione ad Arbitrato del C.O.N.I. per violazione dei<br />

principi vigenti nell'ordinamento statale ed in particolare per<br />

violazione 56 c.p.<br />

La sanzione irrogata appare ancora piu' illegittima in quanto<br />

applicativa della pena prevista per la fattispecie consumata e non<br />

della pena ridotta per la fattispecie tentata.<br />

3. - Con atto di motivi aggiunti, notificato il 16 ottobre 2007 e<br />

depositato il successivo 23 ottobre, il ricorrente deduce ulteriori<br />

profili di illegittimita' dei provvedimenti impugnati con l'atto<br />

introduttivo del giudizio, rilevati a seguito delle intercettazioni<br />

telefoniche operate dai Nas di Bologna relativamente al «caso<br />

Lorbek», dalle quali sarebbero emersi numerosi contatti tra i<br />

funzionari della Camera di Conciliazione e i rappresentanti del<br />

C.O.N.I. durante i lavori del lodo.<br />

Il ricorrente deduce, in particolare:<br />

a) Violazione art. 12, ottavo comma, dello Statuto del<br />

C.O.N.I. - violazione degli artt. 1, 14 e 27 del Regolamento della<br />

Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport.<br />

A seguito delle indagini disposte dalla Procura di Bologna sul<br />

«caso Lorbek» e' stato accertato che durante i lavori della Camera<br />

arbitrale vi sono stati contatti con i rappresentanti dei vertici<br />

delle istituzioni sportive e gli arbitri della Camera.<br />

b) Violazione artt. 1, quarto comma, 19, 20, 27 del<br />

Regolamento della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport -<br />

Violazione delle regole e dei principi generali che presiedono alla<br />

formazione del lodo arbitrale.<br />

Dalle predette intercettazioni telefoniche e' emerso che il<br />

Presidente della Camera arbitrale ha affidato la redazione del lodo a<br />

persone estranee al Collegio arbitrale, che non avevano partecipato<br />

al procedimento e alle relative udienze.<br />

4. - Si e' costituita in giudizio la Federazione Italiana<br />

Pallacanestro, che ha preliminarmente eccepito il difetto di<br />

338


giurisdizione del giudice adito mentre nel merito ha sostenuto<br />

l'infondatezza del ricorso.<br />

5. - Si e' costituito in giudizio il Comitato Olimpico Nazionale<br />

Italiano (C.O.N.I.), che ha preliminarmente eccepito il difetto di<br />

giurisdizione del giudice adito e la propria carenza di<br />

legittimazione passiva mentre nel merito ha sostenuto l'infondatezza<br />

del ricorso.<br />

6. - La Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport del<br />

C.O.N.I. non si e' costituita in giudizio.<br />

7. - La Pallacanestro Treviso Benetton non si e' costituita in<br />

giudizio.<br />

8. - Con memorie depositate alla vigilia dell'udienza di<br />

discussione le parti costituite hanno ribadito le rispettive tesi<br />

difensive.<br />

9. - In data 12 novembre 2009 il ricorrente ha depositato copia<br />

della sentenza n. 2208 del 28 gennaio 2009 del Tribunale di Bologna,<br />

sezione per le indagini preliminari, che lo ha assolto dal reato di<br />

frode sportiva perche' il fatto non sussiste.<br />

10. - Alla Camera di consiglio del 6 agosto 2007, sull'accordo<br />

delle parti, l'esame dell'istanza di sospensione cautelare e' stato<br />

abbinato al merito.<br />

11. - All'udienza del 28 gennaio 2010 la causa e' stata<br />

trattenuta per la decisione.<br />

Diritto<br />

1. - Come esposto in narrativa, e' impugnata la sanzione<br />

dell'inibizione dallo svolgimento di ogni attivita' endofederale per<br />

tre anni e quattro mesi, irrogata in via definitiva al sig. Girelli<br />

con la decisione della Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo<br />

Sport del C.O.N.I., depositata il 18 maggio 2007.<br />

Deve essere preliminarmente esaminata l'eccezione di difetto di<br />

giurisdizione, sollevata sia dalla Federazione Italiana Pallacanestro<br />

(F.I.P.) che dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano (C.O.N.I.) sul<br />

rilievo che le sanzioni sportive sarebbero impugnabili, ai sensi<br />

dell'art. 2, primo comma, lett. b), e secondo comma, d.l. 19 agosto<br />

2003 n. 220, convertito in legge 17 ottobre 2003 n. 280, solo dinanzi<br />

agli organi della Giustizia sportiva.<br />

Rileva il Collegio che piu' volte questo Tribunale ha affermato<br />

la propria giurisdizione in occasione dell'impugnazione di sanzioni<br />

sportive diverse da quelle c.d. tecniche (per esse dovendosi<br />

intendere quelle preordinate ad assicurare la regolarita' della gara<br />

e la corrispondenza del suo risultato ai valori sportivi espressi in<br />

campo), inflitte a dirigenti sportivi, ad arbitri o a societa'<br />

calcistiche. Cio' nella considerazione che, ai sensi del cit. d.l. n.<br />

220 del 2003, il criterio secondo il quale i rapporti tra<br />

l'ordinamento sportivo e quello statale sono regolati in base al<br />

principio di autonomia - con conseguente sottrazione al sindacato del<br />

giudice statale degli atti a contenuto tecnico sportivo - trova una<br />

deroga nel caso di rilevanza per l'ordinamento giuridico della<br />

Repubblica di situazioni giuridiche soggettive, qualificabili in<br />

termini di diritti soggettivi e/o di interessi legittimi, connesse<br />

con l'ordinamento sportivo; in tale ipotesi, le relative controversie<br />

sono attribuite alla giurisdizione dell'Autorita' giudiziaria<br />

ordinaria, ove abbiano per oggetto i rapporti patrimoniali tra<br />

Societa', Associazioni ed atleti, mentre ogni altra controversia<br />

avente ad oggetto atti del C.O.N.I. o delle Federazioni sportive<br />

nazionali e' devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo.<br />

In altri termini, la giustizia sportiva costituisce lo strumento<br />

di tutela per le ipotesi in cui si discute dell'applicazione delle<br />

regole sportive, mentre quella statale e' chiamata a risolvere le<br />

controversie che presentano una rilevanza per l'ordinamento generale,<br />

339


concernendo la violazione di diritti soggettivi o interessi legittimi<br />

ai quali e' l'ordinamento statale che appresta tutela (Cons.Stato, VI<br />

Sez., 9 luglio 2004 n. 5025).<br />

Con precipuo riferimento al principio, introdotto dal cit. art.<br />

2, primo comma, lett. b), che riserva al giudice sportivo la<br />

definizione delle questioni aventi ad oggetto «i comportamenti<br />

rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione<br />

delle relative sanzioni disciplinari sportive», questa Sezione ha<br />

gia' piu' volte chiarito che detta disposizione, letta unitamente<br />

all'art. 1, secondo comma, dello stesso decreto-legge, non appare<br />

operante nel caso in cui la sanzione non esaurisce la sua incidenza<br />

nell'ambito strettamente sportivo, non ha cioe' rilevanza<br />

esclusivamente tecnica, ma rifluisce nell'ordinamento generale dello<br />

Stato (T.A.R. Lazio, sez. III ter, 22 agosto 2006 n. 7331; 18 aprile<br />

2005 n. 2801 e 14 dicembre 2005 n. 13616).<br />

In applicazione di detto principio ha quindi affermato (Sentt. 21<br />

giugno 2007 n. 5645; 8 giugno 2007 n. 5280) la giurisdizione del<br />

giudice amministrativo nei ricorsi proposti da dirigenti, da societa'<br />

sportive e da arbitri avverso le sanzioni inflitte con la decisione<br />

della Corte Federale della F.I.G.C. per illecito sportivo per fatti<br />

connessi alla vicenda della c.d. «calciopoli», insorta nella stagione<br />

calcistica 2005/2006, mentre ha dichiarato (Sentt. 5 novembre 2007<br />

nn. 10894 e 10911) il difetto assoluto di giurisdizione dello stesso<br />

giudice nella controversia promossa da un arbitro per la mancata sua<br />

iscrizione alla Commissione Arbitri Nazionale della serie A e B,<br />

fondandosi il provvedimento impugnato su un giudizio basato<br />

esclusivamente sulla rilevata mancanza delle necessarie qualita'<br />

tecniche da parte del soggetto in questione ed essendo, dunque, privo<br />

di qualsiasi effetto all'esterno dell'ordinamento sportivo.<br />

La conclusione alla quale questa Sezione era giunta era stata<br />

dettata anche dalla necessita' di dare una lettura costituzionalmente<br />

orientata dell'art. 2 d.l. n. 220 del 2003.<br />

Costituisce, infatti, principio ricorrente nella giurisprudenza<br />

del giudice delle leggi che, dinanzi ad un dubbio interpretativo di<br />

una norma o ad un'aporia del sistema, prima di dubitare della<br />

legittimita' costituzionale della norma stessa occorre verificare la<br />

possibilita' di darne un'interpretazione secondo Costituzione (Corte<br />

cost. 22 ottobre 1996 n. 356). Ha chiarito la Corte costituzionale<br />

(30 novembre 2007 n. 403) che il giudice (specie in assenza di un<br />

consolidato orientamento giurisprudenziale) ha il dovere di adottare,<br />

tra piu' possibili interpretazioni di una stessa disposizione, quella<br />

idonea a fugare ogni dubbio di legittimita' costituzionale,<br />

sollevando la questione dinanzi al giudice delle leggi solo quando la<br />

lettera della norma sia tale da precludere ogni possibilita'<br />

ermeneutica idonea a offrirne una lettura conforme a Costituzione. Ha<br />

infine aggiunto la Corte costituzionale che, in linea di principio,<br />

le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perche' e'<br />

possibile dare di esse interpretazioni incostituzionali, ma perche'<br />

e' impossibile dare delle stesse interpretazioni costituzionali.<br />

Ora, nel caso all'esame della Sezione, si era ritenuto che non<br />

mancassero argomenti e precedenti giurisprudenziali a dimostrazione<br />

che il Legislatore del 2003 avesse voluto solo garantire il previo<br />

esperimento, nella materia della disciplina sportiva, di tutti i<br />

rimedi interni, senza peraltro elidere la possibilita', per le parti<br />

del rapporto, di adire il giudice dello Stato se la sanzione<br />

comminata non esaurisce la sua rilevanza all'interno del solo<br />

ordinamento sportivo.<br />

Peraltro, da ultimo la parabola argomentativa della Sezione non<br />

e' stata condivisa dal giudice di appello (Cons. Stato, VI Sez., 25<br />

novembre 2008 n. 5782). Quest'ultimo, premesso che di frequente<br />

accade che i provvedimenti sanzionatori inflitti ad atleti,<br />

associazioni e societa' sportive, adottati nell'ambito<br />

dell'ordinamento sportivo, incidano, almeno indirettamente, per i<br />

340


gravi effetti anche economici che comportano, su situazioni<br />

giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo, ma<br />

rilevanti per l'ordinamento generale, si e' posto il problema se,<br />

verificandosi tale evenienza, debba prevalere il valore<br />

dell'autonomia dell'ordinamento sportivo o quello del diritto di<br />

azione o di difesa in giudizio. Ha precisato che a favore della prima<br />

soluzione sembrerebbe deporre il testo letterale dell'art. 2 d.l. n.<br />

220 del 2003 che riserva alla giustizia sportiva, senza alcuna<br />

ulteriore distinzione in ragione degli effetti che dall'intervento<br />

sanzionatorio discendono, «i comportamenti rilevanti sul piano<br />

disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni<br />

disciplinari sportive». A favore della seconda lettura sarebbe invece<br />

invocabile la parte finale dell'art. 1 dello stesso d.l. n. 220 che,<br />

nell'affermare il principio dell'autonomia sportiva, fa espressamente<br />

«salvi i casi di rilevanza per l'ordinamento giuridico della<br />

Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con<br />

l'ordinamento sportivo».<br />

Il giudice di appello ha dichiarato di aderire alla prima opzione<br />

ermeneutica, ritenendola piu' aderente alla formulazione letterale<br />

degli artt. 2 e 3 d.l. n. 220 del 2003. Ha chiarito che tali norme<br />

demandano in via esclusiva alla giustizia sportiva tutti i<br />

«comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed<br />

applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive». Il<br />

legislatore, dunque, da un lato non farebbe alcuna distinzione in<br />

ordine alle conseguenze morali e patrimoniali che da quelle sanzioni<br />

possono derivare e, dall'altro, allorche' emano' il d.l. n. 220 del<br />

2003, non poteva ignorare che l'applicazione del regolamento sportivo<br />

- sia da parte dell'arbitro nella singola gara, sia da parte del<br />

giudice sportivo di primo o di ultimo grado - e l'irrogazione delle<br />

piu' gravi sanzioni disciplinari quasi sempre producono conseguenze<br />

morali e i. patrimoniali indirette di rilevantissima entita'.<br />

Tuttavia a tali conseguenze non ha attribuito alcun rilievo ai fini<br />

della verifica di sussistenza della giurisdizione statuale che,<br />

infatti, ha riconosciuto solo nei casi diversi da quelli,<br />

espressamente indicati, di cui all'art. 2, primo comma, del<br />

decreto-legge citato.<br />

Lo stesso giudice di appello ha pero' riconosciuto che, cosi'<br />

inteso, l'art. 2 d.l. n. 220 del 2003 da' luogo ad alcune<br />

perplessita' in ordine alla legittimita' costituzionale della riserva<br />

a favore della «giustizia sportiva».<br />

In effetti anche questa Sezione, prima ancora del Consiglio di<br />

Stato, aveva manifestato analoghe perplessita' in ordine al disposto<br />

dell'art. 2 d.l. n. 220 del 2003, ma aveva ritenuto di poterle<br />

superare con specifico, puntuale riferimento all'insegnamento del<br />

giudice delle leggi, le cui regole fanno parte del bagaglio culturale<br />

e professionale di ogni operatore del diritto, e cioe' che prima di<br />

attivare il procedimento per l'annullamento di una legge per<br />

contrasto con principi costituzionali il giudice remittente ha<br />

l'obbligo di verificare se il suo testo consente, sul piano<br />

interpretativo, anche una lettura dello stesso che renda le<br />

prescrizioni in esso contenute compatibili con il dettato<br />

costituzionale.<br />

Ed e' questa, in effetti, la strada che la Sezione ha sempre<br />

percorso in materia di sanzioni disciplinari non tecniche, assumendo<br />

come criterio di individuazione della giurisdizione gli effetti che<br />

da esse discendono, cioe' a seconda che detti effetti si esauriscano<br />

all'interno dell'ordinamento sportivo o si proiettino anche<br />

all'esterno di esso, con danni non solo patrimoniali ma anche morali<br />

per il soggetto che ne e' destinatario. Cosi' argomentando la Sezione<br />

aveva motivatamente recepito e fatte proprie anche le indicazioni<br />

provenienti dalla giurisprudenza comunitaria e dalla dottrina piu'<br />

qualificata.<br />

Il giudice comunitario (Corte di giustizia 18 luglio 2006<br />

341


C-519/04 P), partendo dalla premessa che le sanzioni sportive, specie<br />

se interdittive dell'attivita', sono suscettibili in concreto di<br />

ledere le liberta' economiche degli atleti e di coloro che operano<br />

negli organismi sportivi, ha concluso nel senso che la circostanza<br />

che sia indiscussa una regola eminentemente sportiva non puo'<br />

precludere in via automatica l'accertamento da parte dell'Autorita'<br />

giudiziaria ordinaria della violazione della liberta' e dei diritti<br />

garantiti dal Trattato e del contesto nel quale si colloca il fatto o<br />

il comportamento sanzionato. Dello stesso avviso si e' detta la<br />

dottrina interessata al problema, la quale ha concluso nel senso che<br />

la norma disciplinare dell'ordinamento sportivo non ha sempre una<br />

mera rilevanza interna, ma e' suscettibile di incidere su posizioni<br />

soggettive riconosciute e tutelate sia dall'ordinamento statale che<br />

da quello comunitario atteso che, diversamente opinando, l'autonomia<br />

e la riserva di giurisdizione del giudice sportivo si tradurrebbero<br />

in una ingiustificata riduzione del diritto ad una effettiva e<br />

completa tutela giurisdizionale.<br />

A fronte del recente arresto del giudice di appello la Sezione<br />

ritiene di dover far proprie le conclusioni alle quali questo e'<br />

pervenuto e di sollevare la questione di costituzionalita' affinche'<br />

il giudice delle leggi decida se l'art. 2, primo comma, lett. b),<br />

d.l. n. 220 del 2003 deve essere eliminato dall'ordinamento perche'<br />

contrastante con i principi fondamentali che la Carta costituzionale<br />

detta a tutela dei diritti e degli interessi legittimi dei cittadini<br />

e preclusiva, in questo caso, della possibilita' di far ricorso<br />

finale al giudice statale ove la pronuncia del giudice sportivo sia<br />

ritenuta errata o comunque non satisfattiva.<br />

Appare infatti dubbia la legittimita' costituzionale dell'art. 2,<br />

primo comma, lett. b), e in parte qua del secondo comma, d.l. 19<br />

agosto 2003 n. 220, convertito dalla L. 17 ottobre 2003 n. 280, per<br />

violazione degli artt. 24, 103 e 113 Cost., nella parte in cui<br />

riserva al giudice sportivo la competenza a decidere in via<br />

definitiva le controversie aventi ad oggetto sanzioni disciplinari,<br />

non tecniche (id est non dirette ad assicurare la regolarita' della<br />

gara ma che, ancorche' occasionate da una gara, riguardano gli<br />

ordinari rapporti di correttezza fra associati e organi sportivi),<br />

inflitte a atleti, tesserati, associazioni e societa' sportive,<br />

sottraendole al sindacato del giudice amministrativo, anche se i loro<br />

effetti vanno oltre i confini assegnati dalla legge a detto<br />

ordinamento, ma incidono su diritti e interessi la cui tutela e'<br />

affidata al giudice statale.<br />

La questione e' certamente rilevante nella presente controversia,<br />

atteso che presupposto per poter esaminare i motivi dedotti dal sig.<br />

Cirelli avverso gli atti impugnati e' che il giudice adito sia<br />

competente decidere.<br />

Il Collegio ritiene peraltro che la questione, oltre che<br />

rilevante, sia, anche non manifestamente infondata, ove sia ritenuto<br />

corretto e assorbente il rilievo esclusivo assegnato dal Consiglio di<br />

Stato al testo letterale del cit. art. 2 e invece additivo il<br />

tentativo di questa Sezione di offrirne una lettura congiunta con il<br />

disposto del precedente art. 1, nella parte in cui detta il generale<br />

criterio di riparto della giurisdizione fra giudice sportivo e<br />

giudice statale.<br />

In questo caso risulta in primo luogo violato l'art. 24 cost.<br />

che, definendo la difesa come un diritto inviolabile in ogni stato e<br />

grado del procedimento, garantisce a tutti la possibilita' di agire<br />

in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, e<br />

affida tale compito al giudice statale.<br />

Risultano altresi' violati gli artt. 103 e 113 Cost., che<br />

consentono sempre l'impugnativa di atti e provvedimenti<br />

amministrativi dinanzi agli organi di giustizia amministrativa, senza<br />

che si possa, al contrario, dubitare della natura degli atti adottati<br />

dal C.O.N.I. e dalle Federazioni sportive e, dunque, della loro<br />

342


iconducibilita' all'art. 103 Cost., atteso che l'art. 3 dello stesso<br />

d.l. n. 220 del 2003 riserva alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo la cognizione dei ricorsi proposti avverso detti atti,<br />

salvi i casi previsti dal precedente 2, primo comma, lett. a) e b).<br />

L'art. 2, primo comma, lett. b), e in parte qua secondo comma,<br />

viola dunque gli artt. 24, 103 e 113 Cost., dal cui combinato<br />

disposto si evince che a nessuno puo' essere negata la tutela della<br />

propria sfera giuridica dinanzi ad un giudice statale, ordinario o<br />

amministrativo che sia. L'innanzi richiamata norma riserva invece<br />

agli organi della giustizia sportiva - e, dunque, ad organi la cui<br />

composizione e' affidata ad una sola delle parti in causa - la<br />

competenza a risolvere, in via definitiva, le controversie insorte<br />

tra l'ordinamento sportivo e i suoi affiliati ove oggetto delle<br />

stesse siano l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari,<br />

organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e<br />

delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento<br />

delle attivita' sportive e i comportamenti rilevanti sul piano<br />

disciplinare, con l'irrogazione ed applicazione delle relative<br />

sanzioni disciplinari sportive.<br />

Ne' puo' ritenersi che la deroga al principio costituzionale del<br />

diritto ad ottenere la tutela della propria posizione giuridica di<br />

diritto soggettivo o di interesse legittimo dinanzi ad un giudice<br />

statale possa essere giustificata - e quindi ammessa - in<br />

considerazione della necessita', dettata dalla peculiarita' degli<br />

interessi in gioco, di avere una «giustizia rapida», che<br />

l'ordinamento giudiziario statale potrebbe non consentire. E' agevole<br />

in primo luogo rilevare che lo stesso legislatore del 2003, attento a<br />

questa esigenza, ha esteso al contenzioso c.d. sportivo la disciplina<br />

celere dettata per alcune materie di particolare rilevanza<br />

economico-sociale (appalti, delibere delle Autorita' indipendenti)<br />

dall'art. 23-bis legge 6 dicembre 1971 n. 1034, che consente, dunque,<br />

di definire in tempi rapidi le controversie che vedono coinvolti le<br />

Federazioni sportive ed i propri associati. Aggiungasi che se il<br />

legislatore non avesse ritenuto sufficiente il rimedio processuale<br />

gia' sperimentato (ad es. per il contenzioso in materia di appalti<br />

pubblici, nella quale e' veramente pressante la necessita' di<br />

chiudere in tempi strettissimi le controversie instaurate), avrebbe<br />

potuto dettare una nuova regola processuale per rendere ancora piu'<br />

celere il rito, con l'unico limite del rispetto del diritto di<br />

difesa, diritto che, ad avviso di questo Collegio, finisce per essere<br />

irrimediabilmente leso proprio dalla preclusione del ricorso al<br />

giudice statale e, dunque, dal rimedio che sarebbe stato introdotto<br />

per assicurare una tutela rapida delle ragioni del soggetto inciso<br />

dalle decisioni degli organi dell'ordinamento sportivo.<br />

Va peraltro chiarito, al fine di sgomberare il campo da possibili<br />

equivoci e di delineare nei suoi esatti confini la questione<br />

sottoposta al giudice delle leggi, che i dubbi di costituzionalita'<br />

della norma, espressi dalla Sezione, non attengono alla previsione<br />

della c.d. pregiudiziale sportiva, essendo essa corretta e logica<br />

conseguenza della riconosciuta autonomia dell'ordinamento sportivo,<br />

ma alla generale preclusione (ultronea rispetto ad essa) ad adire il<br />

giudice statale una volta esauriti i gradi della giustizia sportiva.<br />

Gli stessi problemi non si pongono neppure per l'ipotesi in cui<br />

la materia del contendere e' la sanzione c.d. tecnica comminata<br />

durante o in conseguenza di una competizione sportiva (ad es.<br />

l'ammonizione o l'espulsione di un giocatore). E' agevole, infatti,<br />

osservare che in tali casi manca il presupposto per poter invocare<br />

l'art. 24 Cost., e cioe' la tutela di posizioni giuridiche di diritto<br />

soggettivo o di interesse legittimo. Alle regole tecniche che vengono<br />

in gioco non puo' essere attribuita natura di norme di relazione<br />

dalle quali derivino diritti soggettivi e contrapposti obblighi in<br />

capo ai soggetti coinvolti nell'esercizio dell'attivita' sportiva. Ma<br />

non sono configurabili neanche posizioni di interesse legittimo, che<br />

343


presupporrebbero la possibilita' di qualificare le decisioni assunte<br />

dai giudici di gara come provvedimenti amministrativi. In altri<br />

termini, e per concludere sul punto, la violazione di regole di gara,<br />

aventi dunque connotato prettamente ed esclusivamente tecnico, che la<br />

dottrina piu' qualificata fa rientrare nell'ambito «dell'irrilevante<br />

giuridico», da' luogo all'applicazione di sanzioni anch'esse<br />

tecniche, indifferenti per l'ordinamento statale, la cui<br />

giustiziabilita' puo' essere correttamente riservata agli organi di<br />

giustizia sportiva.<br />

In effetti a questa conclusione era gia' giunto il giudice della<br />

giurisdizione (Cass. civ., 26 ottobre 1989 n. 4399) il quale,<br />

nell'individuare i criteri che consentono di stabilire quali<br />

questioni possono essere sottoposte alla cognizione del giudice<br />

statale, aveva chiarito che rientrano in modo diretto nella categoria<br />

delle norme organizzatone, riservate come tali al giudice sportivo,<br />

le regole che l'ordinamento federale ha emanato o emana per<br />

l'ordinata acquisizione dei «risultati delle competizioni<br />

agonistiche», non potendo ogni e qualunque provvedimento attuativo di<br />

esse essere qualificato come provvedimento amministrativo. Ha<br />

aggiunto - con affermazioni che, sebbene svolte con riferimento ad un<br />

tessuto normativo antecedente alla novella del 2003, sono sicuramente<br />

applicabili anche ad essa - che «l'ordinamento generale ha, bensi',<br />

interesse all'inserimento dell'organizzazione sportiva nell'ambito<br />

della realta' sociale di modo che, se pur con formale riconoscimento,<br />

consente (per non mortificare un'insopprimibile vocazione<br />

autonomistica) che l'intera struttura assuma forma e sostanza di<br />

ordinamento separato, tuttavia impone (quando giudica inopportuna una<br />

completa abdicazione sui capisaldi programmatici) che le norme<br />

fondamentali di esso si armonizzino con quelle proprie, oppure<br />

assicura (quando e' in gioco il primato della giurisdizione) la<br />

tutela delle posizioni giuridiche gravitanti nell'orbita<br />

dell'ordinamento predetto. Tutto questo, pero', non significa che<br />

l'ingerenza sia tale da coprire ogni aspetto dell'attivita' normativa<br />

dell'ordinamento separato, posto che esistono norme interne<br />

(denominate extragiuridiche dalla dottrina che ne ha individuato<br />

l'essenza), che pur dotate di rilevanza nell'ambito dell'ordinamento<br />

che le ha espresse, sono insuscettibili di inquadramento giuridico<br />

nell'ambito dell'ordinamento generale. Tali sono, indiscutibilmente,<br />

le norme meramente tecniche; e fra esse sicuramente rientrano quelle<br />

che l'ordinamento sportivo ha elaborato ed elabora ai fini<br />

dell'acquisizione dei risultati delle competizioni agonistiche».<br />

Dalle considerazioni appena svolte emerge evidente che l'unico<br />

modo per superare i dubbi di costituzionalita' dell'art. 2 d.l. 19<br />

agosto 2003 n. 220 sarebbe sostenere che anche le sanzioni<br />

disciplinari, inflitte non in violazione di regole tecniche di gioco,<br />

hanno carattere meramente interno ed esauriscono la loro efficacia<br />

all'interno dell'ordinamento sportivo. Ma a questa conclusione il<br />

Collegio ritiene di non poter pervenire, atteso che tali sanzioni non<br />

si esauriscono in ambito sportivo ma, essendo dirette a modificare in<br />

modo sostanziale, ancorche' non sempre totalmente irreversibile, lo<br />

status dell'affiliato, ridondano pure in danno della sua sfera<br />

giuridica nell'ambito dell'ordinamento statale.<br />

E non e' certo l'incontestata autonomia di cui gode l'ordinamento<br />

sportivo (riconosciuta e favorita ex art. 1 d.l. n. 220 del 2003),<br />

rispetto a quello statale, a contrastare tale affermazione. Autonomia<br />

sta, infatti, a significare inibizione per un ordinamento giuridico<br />

di interferire con le proprie regole e i propri strumenti attuativi<br />

in un ambito normativamente riservato ad altro ordinamento<br />

coesistente (nella specie, quello sportivo), ma a condizione che gli<br />

atti e le pronunce in detto ambito intervenuti in esso esauriscano i<br />

propri effetti.<br />

Tale situazione non ricorre affatto allorche' la materia del<br />

contendere e' costituita innanzi tutto da valutazioni e apprezzamenti<br />

344


personali che, a prescindere dalla qualifica professionale rivestita<br />

dal soggetto destinatario degli stessi e dal settore nel quale egli<br />

ha svolto la sua attivita', investono con immediatezza diritti<br />

fondamentali dello stesso quanto uomo e cittadino, con conseguenze<br />

lesive della sua onorabilita' e negativi, intuitivi riflessi nei<br />

rapporti sociali.<br />

Verificandosi questa ipotesi, che e' poi quella che ricorre nel<br />

caso all'esame del Collegio - atteso che il danno asseritamente<br />

ingiusto, sofferto dal ricorrente e', piu' che nelle misure<br />

interdittive comminate, nel giudizio negativo sulle sue qualita'<br />

morali, che esse inequivocabilmente sottintendono - e' davvero<br />

difficile negare il diritto all'odierno ricorrente ad accedere a<br />

colui che di dette vicende e' incontestabilmente il giudice naturale.<br />

Per le ragioni sopra esposte il Collegio solleva, ritenendola<br />

rilevante e non manifestamente infondata in relazione agli artt. 24,<br />

103 e 113 Cost., la questione di legittimita' costituzionale<br />

dell'art. 2, primo comma, lett. b), e, in parte qua, secondo comma,<br />

d.l. 19 agosto 2003 n. 220, convertito dalla legge 17 ottobre 2003 n.<br />

280, nella parte in cui riserva al solo giudice sportivo la<br />

competenza a decidere le controversie aventi ad oggetto sanzioni<br />

disciplinari «non tecniche», ma con effetti che vanno oltre l'ambito<br />

sportivo, inflitte ad atleti, tesserati, associazioni e societa'<br />

sportive, sottraendole allo scrutinio del giudice amministrativo,<br />

ancorche' a giudizio di quest'ultimo sia palese la loro incidenza su<br />

diritti e interessi legittimi che dall'ordinamento generale egli e'<br />

chiamato a tutelare.<br />

Il giudizio deve pertanto essere sospeso, e gli atti vanno<br />

trasmessi alla Corte costituzionale.<br />

Ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine alle<br />

spese resta, riservata alla decisione definitiva.<br />

P.Q.M.<br />

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione III Ter,<br />

pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, visti gli<br />

artt.134 Cost., 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e<br />

23 legge 11 marzo 1953 n. 87 solleva, ritenendola rilevante e non<br />

manifestamente infondata in relazione agli artt. 24, 103 e 113 Cost.,<br />

la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, primo comma,<br />

lett. b) e, in parte qua, secondo comma, d.l. 19 agosto 2003 n. 220,<br />

convertito dalla legge 17 ottobre 2003 n. 280, nella parte in cui<br />

riserva al solo giudice sportivo la competenza a decidere le<br />

controversie aventi ad oggetto sanzioni disciplinari, diverse da<br />

quelle tecniche, inflitte ad atleti, tesserati, associazioni e<br />

societa' sportive, sottraendole al sindacato del giudice<br />

amministrativo.<br />

Dispone la sospensione del presente giudizio.<br />

Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte<br />

costituzionale.<br />

Ordina che a cura della segreteria della Sezione la presente<br />

ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del<br />

Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai Presidenti delle Camere<br />

dei deputati e del Senato della Repubblica.<br />

Riserva alla decisione definitiva ogni ulteriore statuizione in<br />

rito, in merito e in ordine alle spese.<br />

Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28<br />

gennaio 2010.<br />

Il Presidente: Riggio<br />

L'estensore: Ferrari<br />

345


R. Chieppa,<br />

Commento al codice del processo amminsitrativo,<br />

Giuffrè, 2010.<br />

3. LA GIURISDIZIONE AMMINISTRATIVA E LE QUESTIONI DI GIURISDIZIONE<br />

(Artt. 7 – 12)<br />

CAPO III<br />

Giurisdizione amministrativa<br />

Art. 7<br />

Giurisdizione amministrativa<br />

1. Sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie, nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e,<br />

nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi, concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del<br />

potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente<br />

all’esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni. Non sono impugnabili gli atti o provvedimenti<br />

emanati dal Governo nell’esercizio del potere politico.<br />

2. Per pubbliche amministrazioni, ai fini del presente codice, si intendono anche i soggetti ad esse equiparati o<br />

comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo.<br />

3. La giurisdizione amministrativa si articola in giurisdizione generale di legittimità, esclusiva ed estesa al merito.<br />

4. Sono attribuite alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo le controversie relative ad atti,<br />

provvedimenti o omissioni delle pubbliche amministrazioni, comprese quelle relative al risarcimento del danno per<br />

lesione di interessi legittimi e agli altri diritti patrimoniali consequenziali, pure se introdotte in via autonoma.<br />

5. Nelle materie di giurisdizione esclusiva, indicate dalla legge e dall’articolo 133, il giudice amministrativo conosce,<br />

pure ai fini risarcitori, anche delle controversie nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi.<br />

6. Il giudice amministrativo esercita giurisdizione con cognizione estesa al merito nelle controversie indicate dalla legge<br />

e dall’articolo 134. Nell’esercizio di tale giurisdizione il giudice amministrativo può sostituirsi all’amministrazione.<br />

7. Il principio di effettività è realizzato attraverso la concentrazione davanti al giudice amministrativo di ogni forma di<br />

tutela degli interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, dei diritti soggettivi.<br />

8. Il ricorso straordinario è ammesso unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa.<br />

Art. 8<br />

Cognizione incidentale e questioni pregiudiziali<br />

1. Il giudice amministrativo nelle materie in cui non ha giurisdizione esclusiva conosce, senza efficacia di giudicato, di<br />

tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti, la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla<br />

questione principale.<br />

2. Restano riservate all'autorità giudiziaria ordinaria le questioni pregiudiziali concernenti lo stato e la capacità delle<br />

persone, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio, e la risoluzione dell'incidente di falso.<br />

346


Art. 9<br />

Difetto di giurisdizione<br />

1. Il difetto di giurisdizione è rilevato in primo grado anche d’ufficio. Nei giudizi di impugnazione è rilevato se dedotto<br />

con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha statuito sulla<br />

giurisdizione.<br />

Art. 10<br />

Regolamento preventivo di giurisdizione<br />

1. Nel giudizio davanti ai tribunali amministrativi regionali è ammesso il ricorso per regolamento preventivo di<br />

giurisdizione previsto dall’articolo 41 del codice di procedura civile. Si applica il primo comma dell’articolo 367 dello<br />

stesso codice.<br />

2. Nel giudizio sospeso possono essere chieste misure cautelari, ma il giudice non può disporle se non ritiene sussistente<br />

la propria giurisdizione.<br />

Art. 11<br />

Decisione sulle questioni di giurisdizione<br />

1. Il giudice amministrativo, quando declina la propria giurisdizione, indica, se esistente, il giudice nazionale che ne è<br />

fornito.<br />

2. Quando la giurisdizione è declinata dal giudice amministrativo in favore di altro giudice nazionale o viceversa, ferme<br />

restando le preclusioni e le decadenze intervenute, sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda se il<br />

processo è riproposto innanzi al giudice indicato nella pronuncia che declina la giurisdizione, entro il termine perentorio<br />

di tre mesi dal suo passaggio in giudicato.<br />

3. Quando il giudizio è tempestivamente riproposto davanti al giudice amministrativo, quest’ultimo, alla prima udienza,<br />

può sollevare anche d’ufficio il conflitto di giurisdizione.<br />

4. Se in una controversia introdotta davanti ad altro giudice le sezioni unite della Corte di cassazione, investite della<br />

questione di giurisdizione, attribuiscono quest’ultima al giudice amministrativo, ferme restando le preclusioni e le<br />

decadenze intervenute, sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda, se il giudizio è riproposto dalla<br />

parte che vi ha interesse nel termine di tre mesi dalla pubblicazione della decisione delle sezioni unite.<br />

5. Nei giudizi riproposti, il giudice, con riguardo alle preclusioni e decadenze intervenute, può concedere la rimessione<br />

in termini per errore scusabile ove ne ricorrano i presupposti.<br />

6. Nel giudizio riproposto davanti al giudice amministrativo, le prove raccolte nel processo davanti al giudice privo di<br />

giurisdizione possono essere valutate come argomenti di prova.<br />

7. Le misure cautelari perdono la loro efficacia trenta giorni dopo la pubblicazione del provvedimento che dichiara il<br />

difetto di giurisdizione del giudice che le ha emanate. Le parti possono riproporre le domande cautelari al giudice<br />

munito di giurisdizione.<br />

Art. 12<br />

Rapporti con l’arbitrato<br />

1. Le controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo possono essere<br />

risolte mediante arbitrato rituale di diritto.<br />

347


COMMENTO<br />

3.1. La clausola generale sulla giurisdizione amministrativa e la tripartizione della giurisdizione.<br />

Con riferimento alla giurisdizione, il criterio di delega si limita a prevedere il riordino delle norme vigenti sulla<br />

giurisdizione del giudice amministrativo, anche rispetto alle altre giurisdizioni.<br />

Il Capo III del Titolo I del Libro I, dedicato alla “giurisdizione amministrativa”, si apre con l’articolo 7, che definisce la<br />

giurisdizione del giudice amministrativo in ossequio alle norme costituzionali e ai noti principi dettati dalla Corte<br />

costituzionale, in particolare nelle sentenze nn. 204 del 2004 e 191 del 2006.<br />

L’articolo 7 costituisce una clausola generale tesa a spiegare la ratio delle diverse ipotesi di giurisdizione<br />

amministrativa in termini unitari.<br />

Il richiamo nella prima parte del comma 1 alle “controversie, nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle<br />

particolari materie indicate dalla legge” riproduce quasi testualmente l’art. 103 della Costituzione al fine di rendere<br />

evidente che l’inserimento nel Codice di una clausola generale sulla giurisdizione non ha alcuna pretesa di spostare il<br />

riparto tra le due giurisdizione, come consolidatosi negli ultimi anni grazie alla giurisprudenza costituzionale.<br />

Rispetto al testo dell’art. 103 Cost, non è inserita la parola “anche” prima di diritti soggettivi e nella relazione è spiegato<br />

che tale inserimento è ritenuto non necessario sia perché sarebbe impropria una riproduzione testuale della norma<br />

costituzionale sia perché la formula, in ossequio alla giurisdizione della Corte costituzionale e al diritto vivente della<br />

Corte di cassazione, ha richiamato l’esistenza o l’inesistenza di una norma attributiva del potere ed il criterio di<br />

connessione del diritto soggettivo al potere come fondamento dell’esistenza stessa della giurisdizione amministrativa di<br />

tipo esclusivo.<br />

Non è stata quindi recepita l’osservazione della Commissione Giustizia della Camera, che chiedeva di esplicitare che<br />

“nelle particolari materie indicate dalla legge” sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie nelle<br />

quali si faccia questione anche di diritti soggettivi. Nella relazione si precisa che la formulazione proposta non è<br />

sembrata, per vero, neppure correttamente formulata rispetto al contenuto del precetto costituzionale, il quale in effetti<br />

non postula che la giurisdizione esclusiva si eserciti su questioni in cui si tratti “anche” di diritti soggettivi, potendo al<br />

contrario tale giurisdizione riguardare unicamente questi ultimi, purché nelle particolari materie previste dalla legge.<br />

In applicazione di tali regole e principi la giurisdizione amministrativa è strettamente connessa all’esercizio (o al<br />

mancato esercizio) del potere amministrativo e in tale ambito rientrano in essa le controversie concernenti<br />

provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente a detto potere.<br />

Il collegamento con il potere è quindi il tratto distintivo della giurisdizione amministrativa nel suo complesso e anche la<br />

cognizione dei diritti soggettivi è nella clausola generale riferita alla connessione con l’esercizio (o il mancato esercizio)<br />

del potere,<br />

Soprattutto per i diritti soggettivi la riconduzione all’esercizio del potere può essere anche mediata in coerenza con la<br />

giurisprudenza della Corte Costituzionale.<br />

Resta fermo che il prevalente criterio per individuare, a fronte dell'agire amministrativo, interessi e diritti, fa leva sulla<br />

patologia del provvedimento, e in particolare sulla distinzione tra carenza di potere e cattivo uso del potere.<br />

Quando il potere esiste, anche se è male esercitato, la situazione del privato è di interesse legittimo (e quindi la<br />

giurisdizione è del g.a.); quando invece il potere è carente, nel senso che la p.a. pretende di esercitare un potere che<br />

nessuna norma le attribuisce, la situazione del privato è di diritto soggettivo (devoluto alla cognizione dell’A.G.O.).<br />

348


Questo criterio risente molto della teoria della degradazione. Secondo l'elaborazione giurisprudenziale, a fronte di atti<br />

amministrativi, ancorché illegittimi, perché frutto del cattivo uso di potere, i diritti soggettivi « degradano » ad interessi<br />

legittimi, e vanno tutelati davanti al giudice amministrativo (c.d. teoria della degradazione).<br />

Se, tuttavia, l'atto amministrativo è addirittura emesso in « carenza di potere », lo stesso non è idoneo a degradare il<br />

diritto ad interesse legittimo, sicché, nel permanere di una situazione soggettiva di diritto, la tutela giurisdizionale è<br />

accordata dal giudice ordinario.<br />

Si ricorda che le posizioni della Cassazione e del Consiglio di Stato non hanno raggiunto un punto di convergenza sulla<br />

questione della carenza di potere da verificare in astratto o in concreto.<br />

Il Consiglio di Stato considera nullo il provvedimento adottato da un'amministrazione totalmente priva del potere,<br />

appunto, di emanarlo, o perché il potere di provvedere appartiene ad un'amministrazione radicalmente diversa - si parla<br />

in questo caso di incompetenza assoluta - oppure perché si tratta di un potere precluso ad ogni amministrazione e<br />

riservato invece ad un altro potere dello Stato, giurisdizionale o legislativo (carenza di potere in astratto). 1<br />

La Corte di Cassazione ha per prima fatto riferimento al concetto di carenza di potere ai fini del riparto di giurisdizione,<br />

evidenziando come il provvedimento adottato in carenza di potere fosse inidoneo ad affievolire l'originaria consistenza<br />

del diritto, in quanto l'atto è appunto privo della potestà di degradazione dei diritti soggettivi con conseguente<br />

giurisdizione del giudice ordinario, a differenza del caso di cattivo uso del potere in cui l'illegittimità del provvedimento<br />

non incide sulla sua efficacia degradatoria, con giurisdizione del giudice amministrativo. 2<br />

Sempre la Cassazione ha poi fatto rientrare il concetto di carenza di potere non solo la figura originaria di carenza per<br />

inesistenza del potere (carenza in astratto), ma anche l'ipotesi della c.d. carenza in concreto, in cui il potere<br />

amministrativo, pur essendo in astratto attribuito all'amministrazione, non può in concreto essere esercitato a causa di<br />

una preclusione legislativa, quale esempio la scadenza dei termini della procedura espropriativi. 3<br />

Si tratta di una distinzione che si presta a considerazioni critiche in quanto:<br />

a) è fonte di incertezze, perché è molto sottile la linea tra requisiti di legittimità e condizione di esistenza);<br />

b) identifica una categoria di speciali vizi che non sembra trovare conforto positivo e che anzi, come vedremo nel par.<br />

successivo, contrasta con le disposizioni analiticamente introdotte con l'art. 14 della l. 11 febbraio 2005, n. 15;<br />

c) sostituisce il criterio della riferibilità dell'esercizio del potere all'agire autoritativo, con il criterio del sindacato<br />

concreto della legittimità del provvedimento della cui applicazione si tratta, che non si vede come possa tal volta<br />

competere al giudice ordinario e tal altra al giudice amministrativo (Cons. Stato, Ad. plen. n. 12/2007);<br />

d) finisce per fare dipendere la giurisdizione dalla gravità del vizio di legittimità da cui il provvedimento è affetto. 4<br />

Va evidenziato come – di recente – proprio con riguardo ad una delle fattispecie più problematiche la Cassazione ha<br />

riconosciuto che il decreto di espropriazione adottato fuori termine non è atto nullo adottato in carenza di potere e<br />

quindi "viziato da difetto assoluto di attribuzione", ma è solamente annullabile. 5<br />

In sostanza, la giurisdizione ordinaria è invocabile soltanto quando l'amministrazione espropriante abbia agito<br />

nell'assoluto difetto di una potestà ablativa, intesa come mancanza di qualunque facultas agendi vincolata o<br />

discrezionale di elidere o comprimere detto diritto. 6<br />

E’, quindi, preferibile ritenere che sussista il vizio di nullità il caso della carenza di potere in astratto, nella quale si ha<br />

violazione della norma attributiva del potere, mentre il provvedimento è solo annullabile in caso di carenza di potere in<br />

1 Cons. St., ad. Plen., 26 marzo 2003 n. 4.<br />

2 Cass. Civ., SU, 4 luglio 1949, n. 1657, in Foro It., 1949, I, 926.<br />

3 Cass. Civ., SU, 29 gennaio 2001 n. 36.<br />

4 R. CHIEPPA – R. GIOVAGNOLI, Manuale breve di diritto amministrativo, Milano, 2009, 70.<br />

5 Cass. Civ., SU, 13 maggio 2009 n. 11002<br />

6 Cass. sez. un. 6 febbraio 2008 n. 2765.<br />

349


concreto, nella quale non si viola la norma attributiva del potere, che esiste, ma solo delle norme che ne limitano<br />

l’esercizio e lo condizionano (cosiddetto cattivo esercizio del potere). 7<br />

Sotto altro profilo, viene evidenziato che le ipotesi di carenza di potere in concreto sono sempre collegate a<br />

comportamenti esecutivi in materie attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e che, una volta<br />

riconosciuta la sussistenza di tale giurisdizione, la carenza di potere in concreto potrebbe essere più serenamente<br />

ricompressa tra le ipotesi di nullità, con maggiori garanzie per il privato, che potrebbe – ad esempio – agire in via<br />

restitutoria o risarcitoria senza necessità della previa impugnazione dell’atto 8 , anche se tale tesi deve oggi fare i conti<br />

con il termine di decadenza inserito dall’art. 31, comma 4 del Codice per l’azione di nullità.<br />

Va poi considerato che tradizionalmente il potere è “ogni energia capace di spostare le posizioni giuridiche dei soggetti<br />

di un ordinamento mediante un atto, esercizio di quel potere” ed è espressione di un rapporto tra forza dell’autorità e<br />

forza delle libertà, che sta alla base della società. 9<br />

La massima espressione del momento dell’autorità (dell’esercizio del potere) è costituita dall’adozione dei<br />

provvedimenti amministrativi, che realizzano la cura dell’interesse pubblico rimesso alla singola amministrazione<br />

competente a provvedere; l’idoneità ad incidere in maniera unilaterale sui privati cittadini determina l’esigenza di<br />

“circondare” il provvedimento amministrativo di cautele di vario tipo a beneficio del destinatari dell’azione. 10<br />

In tali casi non è posta in dubbio la qualificazione delle situazioni giuridiche soggettive in termini di interessi legittimi e<br />

la conseguente giurisdizione amministrative di legittimità.<br />

Tuttavia, l’evoluzione dell’azione amministrativa e del concetto di pubblica amministrazione conducono oggi il potere a<br />

mutare spesso forma con il venire meno del suo tipico esito provvedimentale e a volte assottigliarsi, lasciando spazio<br />

all’autonomia dei privati..<br />

In molti casi, l’utilizzo di modelli consensuali avviene in sostituzione all’esercizio del potere amministrativo: la p.a.<br />

resta titolare di poteri unilaterali autoritativi, ma anziché esercitarli d’imperio, sceglie la strada di negoziare con il<br />

privato tale esercizio, giungendo ad accordi con quest’ultimo. Si è in presenza della negoziazione della funzione<br />

amministrativa, o meglio dell’esercizio consensuale della potestà amministrativa, che è stato codificato dall’art. 11 della<br />

legge n. 241/1990, che dapprima ha assoggettato gli accordi sostitutivi al principio di tipicità, ammettendoli solo “nei<br />

casi previsti dalla legge” e li ha poi generalizzati e resi atipici a seguito dell’abrogazione dell’appena riportato inciso ad<br />

opera della legge n. 15/2005.<br />

Tuttavia, in questi casi resta inalterato il collegamento tra le situazioni giuridiche soggettive e il potere<br />

dell’amministrazione, come ci ha ricordato la Corte Costituzionale con la sentenza n. 204 del 2004, con cui ha<br />

evidenziato che una materia può essere oggetto di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo se in essa la<br />

pubblica amministrazione agisce esercitando il suo potere autoritativo ovvero, attesa la facoltà, riconosciutale dalla<br />

7 R. VILLATA, L’atto amministrativo, in Diritto amministrativo (AA.VV.), Bologna, 2005, 821.<br />

8 M.L. MADDALENA, Comportamenti amministrativi e nullità provvedimentale: prospettive di tutela tra g.o. e g.a., in in Dir. Amm.,<br />

2007, 586.<br />

9 F. BENVENUTI, Appunti di diritto amministrativo, Padova, 1957, 22.<br />

10 Sulla elaborazione della figura del provvedimento amministrativo dalla teorizzazione compita da Massimo Severo Giannini alla<br />

codificazione avvenuta con la legge n. 241/1990, vedi F.G. SCOCA, La teoria del provvedimento dalla sua formulazione alla legge sul<br />

procedimento, in Dir. amm. 1995, 1, 1, il quale ricorda che l'autorità del provvedimento consiste nella sua idoneità a modificare<br />

situazioni giuridiche altrui, senza necessità dell'altrui consenso; e che l'imperatività si manifesta in modo pregnante soltanto nella<br />

vicenda descritta come degradazione e affievolimento dei diritti soggettivi; negli altri casi essa si manifesta semplicemente come<br />

esecutività del provvedimento. L’Autore aggiunge che: dal punto di vista della struttura, il provvedimento è un atto unilaterale, che<br />

costituisce esercizio di un potere unilaterale (ed autoritativo); dal punto di vista della funzione, è un atto di cura di interessi pubblici;<br />

dal punto di vista della formazione, è l'atto terminale del procedimento, che (logicamente, e sempre più spesso, anche<br />

giuridicamente) segue la decisione, dalla quale rimane separato; dal punto di vista della disciplina, è un atto la cui validità è<br />

parametrata prevalentemente sui profili funzionali (con scarso rilevo di quelli strutturali), e la cui efficacia è caratterizzata dalla<br />

esecutività.<br />

350


legge, di adottare strumenti negoziali in sostituzione del potere autoritativo, se si vale di tale facoltà (la quale, tuttavia,<br />

presuppone l'esistenza del potere autoritativo: art. 11 della legge n. 241 del 1990).<br />

Allo stesso modo l’ampliamento del concetto di pubblica amministrazione ha determinato la piena assimilazione ad essa<br />

di soggetti tenuti al rispetto di regole pubblicistiche, come gli organismi di diritto pubblico o come i soggetti privati<br />

preposti all'esercizio di attività amministrative, che – ai sensi dell’art. 1-ter della legge n. 241/90, devono assicurare il<br />

rispetto dei criteri e dei principi dell’attività amministrativa.<br />

Tale assimilazione è stata richiamata nell’art. 7 del Codice, che stabilisce che per pubbliche amministrazioni, ai fini del<br />

presente codice, si intendono anche i soggetti ad esse equiparati o comunque tenuti al rispetto dei principi del<br />

procedimento amministrativo.<br />

L’art. 7, dopo l’espressa definizione della giurisdizione del giudice amministrativo, enuclea il contenuto dei tre diversi<br />

tipi di giurisdizione; generale di legittimità, esclusiva e di merito, riproponendo la tradizionale tripartizione, che era<br />

stata presa in esame anche dal Consiglio di Stato, che aveva alla fine proposto una norma in cui non era fatto espresso<br />

riferimento alla tripartizione.<br />

Viene, quindi, ribadito che la giurisdizione amministrativa si articola in;<br />

a) giurisdizione generale di legittimità (in cui rientrano le controversie relative ad atti, provvedimenti o omissioni delle<br />

pubbliche amministrazioni, comprese quelle relative al risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi e agli<br />

altri diritti patrimoniali consequenziali, pure se introdotte in via autonoma);<br />

b) giurisdizione esclusiva (nelle cui materie, indicate dalla legge e dall’articolo 133, il giudice amministrativo conosce,<br />

pure ai fini risarcitori, anche delle controversie nelle quali si faccia questione di diritti soggettivi);<br />

c) giurisdizione estesa al merito (nelle controversie indicate dalla legge e dall’articolo 134, in cui il giudice<br />

amministrativo può sostituirsi all’amministrazione).<br />

All’interno di questo perimetro il giudice amministrativo si caratterizza quale giudice naturale della legittimità<br />

dell’esercizio del pubblico potere (secondo la definizione utilizzata nella giurisprudenza della Consulta e delle Sezioni<br />

Unite della Cassazione) e come tale è il giudice chiamato ad apprestare ogni forma di tutela, anche risarcitoria, agli<br />

interessi legittimi.<br />

Questo è il motivo per cui la giurisdizione di legittimità viene definita “generale”; va anche notato che mentre nella<br />

clausola generale di cui al comma 1 dell’art. 7 si fa riferimento a “provvedimenti, atti, accordi o comportamenti<br />

riconducibili anche mediatamente all’esercizio del potere”, per la giurisdizione di legittimità sono richiamati solo “atti,<br />

provvedimenti o omissioni delle pubbliche amministrazioni” e dalla “sottrazione” si desume che accordi e<br />

comportamenti rientrano nella sola giurisdizione esclusiva.<br />

La giurisdizione esclusiva è limitata alle particolari materie indicate dalla legge (ora elencate nella “norma catalogo” di<br />

cui all’art. 133) alla, luce dei principi fissati dalla Corte Costituzionale, che con le sentenze n. 204/2004 e n. 191/2006,<br />

ha escluso l’assenza di limiti alla discrezionalità del legislatore nell'introduzione di ipotesi di giurisdizione esclusiva.<br />

In particolare la Corte ha negato che il riferimento generico all'interesse pubblico coinvolto nella fattispecie e la<br />

presenza della P.A. come parte processuale sorreggano — legittimamente dal punto di vista costituzionale — una<br />

previsione di giurisdizione esclusiva, posto che il g.a. non può e non deve essere il giudice della P.A. e, quindi, di tutte<br />

le controversie che la riguardano.<br />

La discrezionalità del legislatore — non assoluta e non incondizionata — deve allora dispiegarsi con la individuazione<br />

di « particolari materie » nelle quali la tutela nei confronti della P.A. investe sì diritti soggettivi ma perché strettamente<br />

connessi all'adozione di atti e provvedimenti autoritativi (ovvero di moduli convenzionali alternativi tipizzati dalla<br />

351


legge), espressione dell'esercizio della funzione pubblica: giammai potrebbe avere ad oggetto settori interi<br />

dell'economia o del diritto, non specificamente individuati con riferimento all'esercizio di potestà pubbliche.<br />

Il Codice ha ripreso la distinzione operata dalla Consulta fra comportamenti non riconducibili all'esercizio del potere<br />

pubblico e comportamenti riconducibili solo « mediatamente »; ai primi la Corte assimila quelli posti in essere « in<br />

carenza di potere » e « in via di mero fatto »; fra i secondi include i comportamenti i cui effetti giuridici sono comunque<br />

condizionati da un provvedimento amministrativo anche se illegittimo. L'avverbio « mediatamente », riproposto anche<br />

nel dispositivo di illegittimità costituzionale della sentenza n. 191/2006 e ora fatto proprio dal Codice, descrive il livello<br />

minimo essenziale di relazione che deve correre fra l'atto e il potere amministrativo ai fini della giustificazione<br />

costituzionale delle ipotesi di giurisdizione esclusiva.<br />

Pertanto, in puntuale applicazione dei criteri direttivi della delega il codice insieme definisce e consolida, nel rispetto<br />

delle regole e della giurisprudenza costituzionale, il ruolo del giudice amministrativo nel complessivo funzionamento<br />

del servizio giustizia.<br />

Già la norma sulla giurisdizione rende palese che quella innanzi al giudice amministrativo è una tutela piena, nel senso<br />

che per le diverse posizioni giuridiche soggettive azionabili innanzi al giudice amministrativo sono esperibili adeguati<br />

strumenti di tutela, ivi compresa quella risarcitoria.<br />

Come chiarito dalla Corte Costituzionale, il risarcimento del danno è, infatti, uno strumento di tutela e come tale è<br />

utilizzabile a protezione sia delle posizioni di interesse legittimo che di quelle di diritto soggettivo (ed è così richiamato<br />

in entrambi i commi 4 e 5 dell’art. 7) e la concentrazione davanti al giudice amministrativo di ogni forma di tutela degli<br />

interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, dei diritti soggettivi serve proprio a realizzare il<br />

principio di effettività della tutela giurisdizionale, come ricordato dal comma 7 dell’art. 7.<br />

A rafforzamento dell’attribuzione al giudice amministrativo della tutela risarcitoria, l’art. 30, comma 6, stabilisce che di<br />

ogni domanda di condanna al risarcimento di danni per lesioni di interessi legittimi o, nelle materie di giurisdizione<br />

esclusiva, di diritti soggettivi conosce esclusivamente il giudice amministrativo (anche per i profili di giurisdizione delle<br />

domande di risarcimento del danno si rinvia al commento all’art. 30).<br />

La scelta del Codice è stata quella di non “appesantire” il libro I con l’elenco delle materie di giurisdizione esclusiva e<br />

di giurisdizione estesa al merito e, infatti, l’art. 7 rinvia per entrambi i casi alle due norme catalogo (art. 133 e 134),<br />

inseriti nel Libro V, al cui commento anche si rinvia, limitandosi qui a fare presente che la giurisdizione stesa al merito<br />

è una giurisdizione che si aggiunge a quella di legittimità ed è caratterizzata non da un diverso criterio di qualificazione<br />

delle posizione soggettive, ma dall’attribuzione al giudice amministrativo di maggiori poteri (estesi al merito), che gli<br />

consentono di sostituirsi all’amministrazione.<br />

3.2. La conferma della insindacabilità degli atti politici.<br />

Nel testo predisposto dal Consiglio di Stato, una delle novità più rilevanti era l’abrogazione dell’art. 31 del T.U. del<br />

Consiglio di Stato, che stabiliva che “Il ricorso al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale non è ammesso se trattasi di<br />

atti o provvedimenti emanati dal Governo nell'esercizio del potere politico”.<br />

Secondo l’orientamento tradizionale, la collocazione della funzione amministrativa e di quella di governo all’interno del<br />

potere esecutivo impone di distinguere l’attività politica da quella amministrativa.<br />

L’attività politica consiste nella direzione suprema della cosa pubblica (indirizzo politico).<br />

Gli atti politici costituiscono espressione della libertà (politica) affidata dalla Costituzione ai supremi organi decisionali<br />

dello Stato per la soddisfazione di esigenze unitarie ed indivisibili a questo inerenti e sono liberi nella scelta dei fini,<br />

mentre gli atti amministrativi, anche quando sono espressione di ampia discrezionalità, sono comunque legati ai fini<br />

352


posti dalla legge; gli atti amministrativi sono pertanto caratterizzati da due profili, l'uno soggettivo, dovendo provenire<br />

l'atto da organo di pubblica amministrazione e l'altro oggettivo, dovendo riguardare la costituzione, la salvaguardia e il<br />

funzionamento dei pubblici poteri. 11<br />

La distinzione assumeva un fondamentale rilievo proprio ai fini della sindacabilità degli atti da parte del giudice: mentre<br />

gli atti politici sono insindacabili ai sensi dell’art. 31 del T.U. Cons. Stato, gli atti amministrativi sono invece<br />

pienamente soggetti al controllo giurisdizionale; ciò dipende proprio dal fatto che l’assenza di un vincolo funzionale per<br />

l’attività politica determina che la stessa sfugga necessariamente ad un controllo, che sarebbe privo di parametri di<br />

riferimento, mentre il giudice deve verificare se l’attività (quella amministrativa) risponda alle finalità poste dal<br />

legislatore o dal governo stesso con atti sovraordinati.<br />

Secondo Cons. Stato, sez. IV, ord. 29 luglio 2008 n. 3992, ha natura di atto politico, essendo riconducibile ad attività di<br />

carattere internazionale fra Stati, il provvedimento col quale il Governo italiano ha autorizzato l’ampliamento della base<br />

U.S.A. sita nel territorio di Vicenza; tale provvedimento, in quanto atto politico, è sottratto al sindacato giurisdizionale<br />

di legittimità, ai sensi dell’art. 31 R.D. 26 giugno 1924 n. 1054, recante il Testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato.<br />

Ciò in quanto: 1) le attività di ampliamento della base militare di Vicenza sono regolamentate da accordo bilaterale<br />

internazionale fra Italia e Stati Uniti d’America; 2) le procedure fissate in tale accordo prevedono il totale finanziamento<br />

a carico degli Stati Uniti e l’assegnazione delle commesse sulla base della procedura speciale pattizia e non delle norme<br />

interne, salvo che per le norme italiane di carattere generale regolanti le costruzioni; 3) l’atto di assenso del Governo<br />

italiano alla richiesta del Governo statunitense costituisce espressione di potere politico, insindacabile a livello<br />

giurisdizionale; 4) la determinazione autorizzatoria impugnata è rispettosa delle condizioni previste per l’approvazione<br />

del progetto; 5) non è prevista negli accordi intervenuti fra i due Governi la consultazione popolare; 6) non appaiono<br />

comprovate ragioni di danno ambientale capaci di costituire ostacolo alla realizzazione delle opere in questione.<br />

Va, comunque, evidenziato che la funzione politica resta comunque soggetta alla Costituzione e, di conseguenza,, in<br />

sede di conflitto di attribuzioni o di ricorso, in via principale o incidentale, possono essere assoggettati al controllo della<br />

Corte Costituzionale.<br />

L’abrogazione dell’art. 31 del T.U. Cons. Stato senza ricollocazione in altra sede del divieto di sindacato sugli atti<br />

politici avrebbe fatto cadere la preclusione all’impugnazione di tali atti davanti al giudice amministrativo e il problema<br />

si strenne sarebbe spostato sulla attinenza a valutazioni di merito (politico) in tali atti, sempre sindacabili per vizi di<br />

legittimità.<br />

Recependo le osservazioni formulate dalla Commissione Affari costituzionali del Senato e dalle Commissioni Giustizia<br />

e Affari costituzionali della Camera il Governo ha ora reintrodotto il principio della non impugnabilità di atti o<br />

provvedimenti emanati dal Governo nell’esercizio del potere politico, lasciando quindi invariato il quadro precedente.<br />

3.3. La trasformazione del ricorso straordinario come solo strumento alternativo alla giurisdizione<br />

amministrativa.<br />

A seguito del processo di privatizzazione del rapporto di pubblico impiego e della conseguente attribuzione al giudice<br />

ordinario delle controversie aventi ad oggetto tale rapporto, il Consiglio di Stato aveva ammesso che gli atti di microorganizzazione<br />

e di gestione del rapporto di lavoro potessero essere impugnabili con ricorso straordinario al Presidente<br />

della Repubblica.<br />

Era stato sostenuto che la natura solo soggettivamente amministrativa di un atto non ne preclude l’impugnazione<br />

mediante il ricorso straordinario; il ricorso straordinario può essere proposto anche nelle materie che rientrano nella<br />

11 Cons. Stato, sez. V, 23 gennaio 2007 n. 209.<br />

353


giurisdizione del giudice ordinario; in questi casi il ricorso straordinario per l’annullamento dell’atto e l’azione civile<br />

per l’accertamento del diritto sono rimedi concorrenti e non alternativi, ferma restando la possibilità per il giudice<br />

ordinario di disapplicare l’eventuale decisione del ricorso e ferma restando l’improcedibilità del ricorso stesso ove<br />

previamente si formi il giudicato in sede civile. 12<br />

Tale orientamento era stato, tuttavia, criticato dalla dottrina, che ha evidenziato che il ricorso straordinario dovrebbe<br />

essere consentito solo nei confronti di atti soggettivamente ed oggettivamente amministrativi, ossia assunti<br />

nell'esplicazione di competenze pubblicistiche, e quando la lesione della situazione soggettiva sia riconducibile<br />

all'amministrazione quale autorità. 13<br />

Tale orientamento aveva resistito anche di recente a tali critiche e viene ora superato dall’art. 7, comma 8, del Codice<br />

che stabilisce che il ricorso straordinario è ammesso unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione<br />

amministrativa.<br />

La soluzione è condivisibile nel merito e rispondente alla giurisdizionalizzazione dell’istituto del ricorso straordinario<br />

avvenuta ad opera della stessa legge n. 69/2009, anche se appare dubbia la sussistenza della delega per operare in tal<br />

modo, tenuto conto che la delega attiene alla riforma del processo amministrativo e l’interpretazione che ne è stata data<br />

ha condotto appunto all’adozione di un Codice del processo amministrativo, rispetto al quale sembrano essere estranee<br />

le questioni attinenti al solo ricorso straordinario se non per gli aspetti della trasposizione in sede giurisdizionale<br />

(disciplinata, infatti, dall’art. 48 del Codice) e della possibilità di esperire il giudizio di ottemperanza anche per le<br />

decisioni rese su ricorso straordinario (non prevista, invece, dal Codice).<br />

3.4. Le modalità per rilevare il difetto di giurisdizione e le questioni pregiudiziali.<br />

L’art. 8 del Codice costituisce la mera riproposizione degli artt. 7 e 8 della L. Tar sulla cognizione incidentale da parte<br />

del giudice amministrativo senza efficacia di giudicato, di tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti,<br />

la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale (le cognizione è solo incidentale nelle<br />

materia in cui il g.a. non ha giurisdizione esclusiva).<br />

Restano riservate all'autorità giudiziaria ordinaria le sole questioni pregiudiziali concernenti lo stato e la capacità delle<br />

persone, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio, e la risoluzione dell'incidente di falso.<br />

In coerenza con l’art. 30 della L. Tar, l’art. 10 del Codice si limita a richiamare l’esperibilità, nel giudizio davanti ai<br />

tribunali amministrativi regionali, del il ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione previsto dall’articolo 41 del<br />

codice di procedura civile, che determina – ai sensi dell’art. 367, comma 1, c.p.c. – la sospensione del processo a meno<br />

che non ritenga l’istanza manifestamente inammissibile o la contestazione della giurisdizione manifestamente<br />

infondata.<br />

La sospensione del giudizio non preclude la concessione di misure cautelari, che è però resa ora subordinata al fatto che<br />

il giudice ritenga sussistente la propria giurisdizione (modifica introdotta dal Governo).<br />

Ciò comporta che nel caso di condivisione da parte del giudice della contestazione della giurisdizione, si potrebbe<br />

creare un vuoto per la tutela cautelare, anche se la sussistenza della giurisdizione dovrebbe comunque costituire uno dei<br />

presupposti per la concessione delle misure; qui il problema è che, in attesa della decisione della Cassazione, il<br />

ricorrente resta bloccato, potendo solo adire un’altra giurisdizione creando però una situazione di litispendenza.<br />

Con l’art. 9 vengono recepite le indicazioni della giurisprudenza della Cassazione in materia di cd. giudicato implicito<br />

sulla giurisdizione, da cui derivano limiti alla rilevazione del difetto di giurisdizione nei giudizi di impugnazione. In<br />

12 Cons. Stato, Ad. gen., 10 giugno 1999, n. 7 e n. 9.<br />

13 E.A. APICELLA, Lavoro nelle pubbliche amministrazioni, in Enc. Dir., vol. VI, Milano, 2002.<br />

354


particolare, in primo grado il difetto di giurisdizione è rilevabile anche d’ufficio; nei giudizi di impugnazione è rilevato<br />

solo se dedotto con specifico motivo avverso il capo della pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito, ha<br />

statuito sulla giurisdizione.<br />

Tale orientamento deriva da una recente interpretazione adeguatrice dell'art. 37 c.p.c. da parte della Cassazione, che ha<br />

ritenuto che:<br />

a) fino a quando la causa non sia decisa nel merito in primo grado, il difetto di giurisdizione può essere eccepito dalle<br />

parti anche dopo la scadenza dei termini previsti dall'art. 38 c.p.c.;<br />

b) la sentenza di primo grado di merito può sempre essere impugnata per difetto di giurisdizione;<br />

c) le sentenze di appello sono ricorribili in Cassazione per difetto di giurisdizione soltanto se sul punto non si è formato<br />

il giudicato implicito o esplicito, operando la relativa preclusione anche per il giudice di legittimità;<br />

d) il giudice di merito può rilevare anche d'ufficio il difetto di giurisdizione fino a quando sul punto non si sia formato il<br />

giudicato implicito o esplicito. 14<br />

La novità è costituita dal fatto che anche la statuizione implicita sulla giurisdizione è idonea a formare il giudicato<br />

interno con la conseguenza che se la sentenza che (anche implicitamente statuendo nel merito) ha ritenuto sussistere la<br />

giurisdizione non è impugnata sul punto, la questione di giurisdizione non può più essere contestata.<br />

3.5. La translatio iudicii.<br />

Per translatio iudicii si intende la questione degli effetti di una pronuncia di difetto di giurisdizione sulle parti del<br />

processo ai fini di stabilire se esse debbano instaurare ex novo un giudizio davanti al giudice munito di giurisdizione,<br />

ovvero possano trasferire davanti a questo il giudizio già promosso davanti al giudice dichiarato privo di giurisdizione,<br />

conservando gli effetti interruttivi della prescrizione e impeditivi della decadenza connessi all'originaria domanda<br />

davanti al giudice privo di giurisdizione.<br />

Nel 2007 le Sezioni Unite della Cassazione prima 15 e la Corte Costituzionale poi 16 hanno affermato, sia pure sulla base<br />

di percorsi argomentativi diversi, il principio della translatio iudicii: allorquando un giudice declini al propria<br />

giurisdizione rilevando la sussistenza di quella di un altro giudice, il processo può proseguire innanzi al giudice fornito<br />

di giurisdizione e rimangono salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda proposta davanti al giudice<br />

giurisdizionalmente incompetente.<br />

Alla base di tale affermazione vi è la premessa concettuale secondo cui la esistenza di più ordini giurisdizionali,<br />

mantenuta dalla Costituzione in base alla scelta di considerare il giudice ordinario e quello amministrativo giudici<br />

naturali, rispettivamente, dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi, non può tuttavia tradursi in un depotenziamento<br />

del diritto di difesa dei cittadini.<br />

La pluralità dei giudici « non può risolversi in una minore effettività, o addirittura in una vanificazione della tutela<br />

giurisdizionale », in quanto deve essere al contrario finalizzata ad una più effettiva e pregnante tutela.<br />

Per diverse applicazioni del principio della translatio iudicii si segnala Cons. Stato, sez. VI, n. 1059/2008 che,<br />

applicando analogicamente l'art. 50 c.p.c. fissa il termine entro il quale il processo va riassunto (termine scaduto il quale<br />

la salvezza degli effetti viene meno) e Cons. Stato, sez. V, n. 1605/2008, secondo cui il G.A., quando declina la<br />

giurisprudenza, deve indicare il giudice che ha giurisdizione, ma non può statuire sulle modalità della riassunzione.<br />

14 Cass., sez. un., ottobre 2008 n. 24883 e, per l’applicabilità anche al processo amministrativo, Cass., sez. un., 7 novembre 2008 n.<br />

26789.<br />

15 Cass. civ., sez. un., 22 febbraio 2007, n. 4109.<br />

16 Corte Cost., 12 marzo 2007, n. 77.<br />

355


Sulla questione è poi intervenuto il legislatore con l’art. 59 della legge n. 69/2009, con cui è stata data attuazione alla<br />

pronuncia n. 77/2007 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 30 l. 6 dicembre<br />

1971 n. 1034, nella parte in cui non prevede che gli effetti, sostanziali e processuali, prodotti dalla domanda proposta a<br />

giudice privo di giurisdizione si conservino, a seguito di declinatoria di giurisdizione, nel processo proseguito davanti al<br />

giudice munito di giurisdizione.<br />

La Corte aveva aggiunto che per colmare la lacuna derivante dalla dichiarazione d'illegittimità costituzionale dell'art. 30<br />

l. n. 1034 del 1971, il legislatore avrebbe dovuto dare attuazione al principio della conservazione degli effetti,<br />

sostanziali e processuali, prodotti dalla domanda proposta a giudice privo di giurisdizione nel giudizio ritualmente<br />

riattivato - a seguito di declinatoria di giurisdizione - davanti al giudice che ne è munito, potendo disciplinare nel modo<br />

ritenuto più opportuno il meccanismo della riassunzione (stabilendo se mantenere in vita il principio per cui ogni<br />

giudice è giudice della propria giurisdizione, ovvero adottando l'opposto principio seguito dal codice di procedura civile<br />

per la competenza).<br />

L’art. 59 della legge n. 69/2009 ha previsto che il giudice che, in materia civile, amministrativa, contabile, tributaria o di<br />

giudici speciali, dichiara il proprio difetto di giurisdizione indica altresì, se esistente, il giudice nazionale che ritiene<br />

munito di giurisdizione e che se, entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della pronuncia<br />

declaratoria del difetto di giurisdizione, la domanda è riproposta al giudice ivi indicato, nel successivo processo le parti<br />

restano vincolate a tale indicazione e sono fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali che la domanda avrebbe<br />

prodotto se il giudice di cui è stata dichiarata la giurisdizione fosse stato adito fin dall’instaurazione del primo giudizio,<br />

ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute.<br />

Viene anche precisato che se sulla questione di giurisdizione non si sono già pronunciate, nel processo, le sezioni unite<br />

della Corte di cassazione, il giudice davanti al quale la causa è riassunta può sollevare d’ufficio, con ordinanza, tale<br />

questione davanti alle medesime sezioni unite della Corte di cassazione, fino alla prima udienza fissata per la trattazione<br />

del merito.<br />

L’inosservanza dei termini fissati ai sensi del presente articolo per la riassunzione o per la prosecuzione del giudizio<br />

comporta l’estinzione del processo, che è dichiarata anche d’ufficio alla prima udienza, e impedisce la conservazione<br />

degli effetti sostanziali e processuali della domanda.<br />

Viene anche precisato che la pronuncia sulla giurisdizione resa dalle sezioni unite della Corte di Cassazione è<br />

vincolante per ogni giudice e per le parti anche in altro processo.<br />

Con l’art. 11 viene inserito anche nel Codice il principio della translatio iudicii, da cui deriva che la domanda<br />

giudiziaria proposta innanzi ad un giudice privo di giurisdizione conserva i suoi effetti sostanziali e processuali presso il<br />

giudice munito della giurisdizione.<br />

Pur nella diversità – anche nel computo della ragionevole durata del processo – dei giudizi svolti davanti a giurisdizioni<br />

distinte, si è pienamente assicurata la salvezza degli effetti processuali e sostanziali della domanda rispetto al momento<br />

in cui è stata proposta, anche se erroneamente introdotta dinanzi a giudice sfornito di giurisdizione, nonché delle prove<br />

raccolte nel processo davanti al giudice privo di giurisdizione, che possono dunque essere valutate (come argomenti di<br />

prova). Tale ultima previsione è stata aggiunta dal Governo al testo licenziato dalla Commissione insediata presso il<br />

Consiglio di Stato, in adesione ad un’osservazione svolta dalla Commissione Giustizia del Senato, riproducendo in tal<br />

modo la norma già contenuta nell’ultimo comma dell’art. 59, l. n. 69 del 2009 in materia di translatio judicii.<br />

Nella relazione governativa si dà atto che l’inserzione testé riferita è idonea, altresì, a dar conto delle ragioni per cui non<br />

si è ritenuto di poter accogliere neppure le molteplici osservazioni (della Commissione Affari costituzionali del Senato e<br />

della Commissione Giustizia della Camera) che suggerivano di sostituire – ferma comunque restando, nella translatio<br />

356


judicii, la salvezza degli effetti sostanziali e processuali della prima domanda, secondo quanto richiesto dalla pronuncia<br />

della Corte costituzionale 12 marzo 2007, n. 77, che non a caso ha espressamente rimesso al legislatore le modalità di<br />

realizzazione del nuovo istituto, purché esso assicuri il principio della conservazione degli effetti sostanziali e<br />

processuali della prima domanda proposta al giudice privo di giurisdizione – la “riproposizione” del ricorso con la sua<br />

“riassunzione”; se quest’ultima, infatti, implica la totale conservazione degli effetti degli atti compiuti nel primo<br />

giudizio svoltosi davanti a un giudice privo di giurisdizione, ciò sarebbe stato – secondo il Governo - in stridente<br />

contrasto con il disposto dell’ultimo comma dell’art. 59 della legge n. 69 del 2009 (la stessa legge, peraltro, il cui art. 44<br />

reca la delega sulla cui base il codice è stato redatto), oltre che con il comma 2 dello stesso art. 59, recante la norma<br />

cardine in materia di translatio, che fa parimenti riferimento alla “riproposizione” della domanda davanti al giudice<br />

fornito di giurisdizione. Se, allora, si fosse introdotta una “riassunzione” anche per il transito da una giurisdizione<br />

all’altra, si sarebbe stravolto l’istituto già forgiato nel cit. art. 59.<br />

Nella relazione è aggiunto che, a giustificazione di tale ipotizzato stravolgimento, non sembra potersi correttamente<br />

invocare la locuzione usata, in proposito, dall’art. 44 della legge delega: ivi, infatti, l’uso del termine “riassunzione”<br />

deriva, palesemente, dal fatto che esso viene utilizzato in promiscuo riferimento a una molteplicità di istituti (tra cui<br />

l’incompetenza e le vicende anomale del processo), per l’unitaria considerazione dei quali non sarebbe stato possibile<br />

usare alcuna altra parola.<br />

Con il corollario che va senza dubbio escluso il significato tecnico del termine ivi utilizzato dal legislatore delegante,<br />

ben potendo – e anzi, alla stregua delle superiori considerazioni, addirittura dovendo – quello delegato mantenere, in<br />

relazione al difetto di giurisdizione del giudice adito, l’istituto della “riproposizione” della domanda secondo quanto già<br />

previsto dall’art. 59 sopra esaminato; e riservare la “riassunzione” alle altre vicende, prima fra cui quella relativa<br />

all’incompetenza.<br />

In tale contesto, il Governo segnala da ultimo l’incongruenza che deriverebbe da una considerazione unitaria dei due<br />

giudizi; che, pur essendo stato introdotto il primo per un errore di parte, si risolverebbe – agli effetti dell’indennizzo<br />

dovuto in base alla c.d. legge Pinto nei casi di eccessiva durata del processo – in maggior beneficio indennitario per la<br />

parte che abbia mal adito la giurisdizione, con ingiustificato pregiudizio erariale.<br />

Peraltro può accadere che l’erronea individuazione del giudice si accompagni anche all’errore sulla situazione giuridica<br />

tutelata e quindi sui termini per esercitare il diritto di azione; sicché, se da un lato si è voluto evitare un abuso della<br />

translatio, quale meccanismo sanante decadenze ormai verificatesi in modo inescusabile, dall’altro si è prevista la<br />

possibilità per il giudice di concedere la rimessione in termini per errore scusabile.<br />

Sempre nella logica della comunicazione tra distinte giurisdizioni è stata fatta salva, in taluni casi e per un termine<br />

definito, l’efficacia delle misure cautelari adottate da un giudice diverso da quello munito di giurisdizione.<br />

Condizione perché operi la salvezza degli effetti processuali e sostanziali della domanda erroneamente proposta dinanzi<br />

ad un giudice privo di giurisdizione è che il giudizio sia riproposto, al giudice indicato nella pronuncia che declina la<br />

giurisdizione, entro il termine perentorio di tre mesi dal suo passaggio in giudicato.<br />

3.6. La compromettibilità in arbitri delle controversie concernenti diritti soggettivi.<br />

L’art. 12 del Codice ripropone senza modifiche la disposizione contenuta nell’art. 6, comma 2 della legge n. 205/2000,<br />

secondo cui le controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo possono<br />

essere risolte mediante arbitrato rituale di diritto.<br />

L’art. 6 della legge n. 205/2000 aveva così definitivamente superato quell’orientamento della Cassazione, che fondava<br />

il criterio circa l’ammissibilità dell’arbitrato non sulla natura della situazione giuridica fatta valere, ma sulla natura del<br />

357


giudice cui la controversia era attribuita, escludendo la possibilità di arbitrato nel caso di controversie rientranti nella<br />

giurisdizione del giudice amministrativo (Cass. n. 7643/1995).<br />

Lo stesso art. 6, e ora l’art. 12 del Codice, non hanno però fatto venir meno il principio, secondo cui non è ammessa la<br />

devoluzione ad arbitri di controversie aventi ad oggetto interessi legittimi (anzi sembra aver dato una base normativa a<br />

tale principio, affermando espressamente la possibilità di devolvere ad arbitri le controversie concernenti solo diritti<br />

soggettivi devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo).<br />

Problemi interpretativi e questioni rilevanti<br />

L’art. 7 del Codice può porre problemi di costituzionalità ?<br />

La risposta dovrebbe essere no, in quanto il contenuto della clausola generale è conforme all’attuale art. 103 della<br />

Costituzione e alla giurisprudenza costituzionale formatasi.<br />

La norma nulla aggiunge all’attuale dimensione della giurisdizione amministrativa e ciò dovrebbe scoraggiare lo<br />

sviluppo di tesi dirette ad ampliare la giurisdizione amministrativa, escludendo così in radice la sussistenza di un<br />

problema di costituzionalità.<br />

Cosa si intende per criterio della causa petendi applicato alla questione di giurisdizione ?<br />

La nascita della giustizia amministrativa (e del lungo dibattito in ordine al criterio di riparto della giurisdizione tra G.O.<br />

e G.A.) coincide storicamente con l'istituzione (ad opera della l. n. 5992 del 1889) della IV Sezione del Consiglio di<br />

Stato (la prima Sezione alla quale venivano attribuite funzioni giurisdizionali, che andava ad affiancarsi alla tre già<br />

esistenti sezioni consultive).<br />

È a partire da tale momento che inizia a porsi il problema di individuare quali sono, nell'ambito delle controversie tra<br />

P.A. e privato, quelle che debbono essere conosciute dal G.O. e quelle che invece rientrano nella competenza del G.A.<br />

La questione era resa più complessa dalla discrasia tra l'art. 2 della l. n. 2248/1865, all. E (la norma che delimitava la<br />

giurisdizione del G.O.) e l'art. 3, della legge del 1889.<br />

La prima norma perimetrava (e perimetra tutt'ora) la giurisdizione del G.O. facendo riferimento alla natura della<br />

situazione giuridica di cui si chiede la tutela (a mente di esso, infatti, sono “devolute alla giurisdizione ordinaria tutte le<br />

cause in cui si fa questione di un diritto civile o politico, ancorché vi possa essere interessata la P.A. e ancorché siano<br />

emanati provvedimenti del potere esecutivo o dell'autorità amministrativa”); la seconda norma, (e le disposizioni<br />

successive che l'hanno riprodotta), per delimitare la giurisdizione del neo-istituito giudice amministrativo, non ha<br />

riguardo alla natura della situazione giuridica lesa, ma alla contestazione da parte del privato di un provvedimento della<br />

P.A.: essa, infatti, prevede il potere del g.a. di decidere i ricorsi per incompetenza, eccesso di potere e violazione di<br />

legge contro gli atti dell'amministrazione.<br />

Le citate disposizioni favorirono la nascita di due tesi:<br />

1) la tesi del petitum formale: in forza della quale, per individuare il giudice competente, rileva ciò che il privato<br />

formalmente chiede (il petitum appunto), con la conseguenza che, ogniqualvolta la domanda è volta ad ottenere<br />

l'annullamento dell'atto, sussiste la giurisdizione amministrativa, anche quando la situazione soggettiva lesa si configura<br />

come un diritto soggettivo. Si parla, a tal proposito, della possibilità di far valere il diritto come interesse;<br />

358


2) la tesi della causa petendi (o del petitum sostanziale): in base ad essa, ciò che rileva, non è il petitum formale, ma la<br />

natura della situazione giuridica fatta valere in giudizio. Il giudice ordinario conosce sempre e solo dei diritti soggettivi,<br />

mentre al giudice amministrativo spetta la cognizione degli interessi legittimi.<br />

Nel 1930, grazie al famoso compromesso tra i Presidenti della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato — Mariano<br />

D'Amelio e Santi Romano — prevale il criterio della causa petendi: si affermò che la possibilità di chiedere al G.A.<br />

l'annullamento di un provvedimento postula che la situazione pregiudicata sia un interesse legittimo, attribuendo rilievo<br />

determinante alla causa petendi.<br />

Successivamente, la Costituzione del 1948 ha sanzionato in modo molto netto il criterio di riparto fondato sulla<br />

distinzione tra diritti e interessi legittimi, consacrando definitivamente il criterio della causa petendi.<br />

Tale criterio è quello ancora oggi recepito dalla giurisprudenza sia ordinaria che amministrativa (v. R. CHIEPPA – R.<br />

GIOVAGNOLI, Manuale breve di diritto amministrativo, Milano, 2009, 68)<br />

Cosa succede per i ricorsi straordinari proposti in materia di pubblico impiego privatizzato ?<br />

Il contenuto innovativo della norma rispetto all’attuale diritto vivente dovrebbe escluderne l’applicazione ai ricorsi<br />

straordinari già proposti, a meno di non voler rimettere in discussione il principio elaborato dalla giurisprudenza del<br />

Consiglio di Stato in sede consultiva.<br />

Di conseguenza, la limitazione opererà per i soli ricorsi straordinari proposti dopo il 16 settembre 2010.<br />

SCHEDE RIEPILOGATIVE<br />

Cosa cambia<br />

E’ inserita nel Codice una clausola generale sulla giurisdizione amministrativa, che richiama il contenuto dell’art. 103<br />

Cost. e ancora tale giurisdizione al collegamento con l’esercizio (o il mancato esercizio del potere) in conformità alla<br />

giurisprudenza costituzionale, senza incidere sull’attuale riparto della giurisdizione.<br />

Non solo ai fini della giurisdizione, è inserita una disposizione di equiparazione alla p.a. dei soggetti comunque tenuti<br />

al rispetto dei principi del procedimento amministrativo, oltre a quelli per altra via assimilati alla p.a.<br />

La giurisdizione amministrativa viene tripartita in giurisdizione generale di legittimità, esclusiva ed estesa al merito e<br />

viene confermata come giurisdizione piena, estesa alla tutela risarcitoria.<br />

E’ confermata la non impugnabilità di atti o provvedimenti emanati dal Governo nell’esercizio del potere politico.<br />

E’ codificato il principio di concentrazione davanti al giudice amministrativo di ogni forma di tutela degli interessi<br />

legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, dei diritti soggettivi quale attuazione del principio di effettività<br />

della tutela.<br />

Il ricorso straordinario è limitato unicamente alle controversie devolute alla giurisdizione amministrativa (con<br />

esclusione, quindi, di quelle relative al rapporto di lavoro privatizzato alle dipendenze della p.a.).<br />

359


E’ codificato il principio del giudicato implicito sulla giurisdizione, che preclude in sede di impugnazione ogni<br />

contestazione o rilevabilità d’ufficio in assenza di specifica censura.<br />

E’ disciplinato il meccanismo della translatio iudicii con alcuni adattamenti al giudizio amministrativo.<br />

Differenze rispetto al testo approvato dal Consiglio di Stato.<br />

Rispetto al testo approvato dal Consiglio di Stato, nella clausola generale sulla giurisdizione è stata delineata in modo<br />

netto la tripartizione tra giurisdizione generale di legittimità, esclusiva ed estesa al merito.<br />

E’ stata reintrodotta la non impugnabilità di atti o provvedimenti emanati dal Governo nell’esercizio del potere politico<br />

ed è stata inserita una disposizione che limita il ricorso straordinario unicamente alle controversie devolute alla<br />

giurisdizione amministrativa.<br />

La norma sulla translatio iudicii ha subito alcune modifiche, la più rilevante delle quali è costituita dalla sostituzione del<br />

termine “riassunzione” con il termine “riproposizione”.<br />

360


Differenze rispetto alla normativa previgente<br />

PRECEDENTE DISCIPLINA<br />

CODICE<br />

Art. 7 Giurisdizione amministrativa<br />

1. Sono devolute alla giurisdizione amministrativa le<br />

controversie, nelle quali si faccia questione di interessi<br />

legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge,<br />

di diritti soggettivi, concernenti l’esercizio o il mancato<br />

esercizio del potere amministrativo, riguardanti<br />

provvedimenti, atti, accordi o comportamenti<br />

riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale<br />

potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni.<br />

Non sono impugnabili gli atti o provvedimenti emanati<br />

dal Governo nell’esercizio del potere politico.<br />

Art. 31 TU Cons. Stato<br />

Il ricorso al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale non è<br />

ammesso se trattasi di atti o provvedimenti emanati dal<br />

Governo nell'esercizio del potere politico<br />

Art. 7 comma 3 L. Tar<br />

Il tribunale amministrativo regionale, nell'ambito della sua<br />

giurisdizione, conosce anche di tutte le questioni relative<br />

all'eventuale risarcimento del danno, anche attraverso la<br />

reintegrazione in forma specifica, e agli altri diritti<br />

patrimoniali consequenziali.<br />

D.lgs. n. 80/998<br />

35. 1. Il giudice amministrativo, nelle controversie devolute<br />

alla sua giurisdizione esclusiva, dispone, anche attraverso la<br />

reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno<br />

ingiusto (84) .<br />

5. Sono abrogati l'articolo 13 della legge 19 febbraio 1992,<br />

2. Per pubbliche amministrazioni, ai fini del presente<br />

codice, si intendono anche i soggetti ad esse equiparati<br />

o comunque tenuti al rispetto dei principi del<br />

procedimento amministrativo.<br />

3. La giurisdizione amministrativa si articola in<br />

giurisdizione generale di legittimità, esclusiva ed estesa<br />

al merito.<br />

4. Sono attribuite alla giurisdizione generale di<br />

legittimità del giudice amministrativo le controversie<br />

relative ad atti, provvedimenti o omissioni delle<br />

pubbliche amministrazioni, comprese quelle relative al<br />

risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi<br />

e agli altri diritti patrimoniali consequenziali, pure se<br />

introdotte in via autonoma.<br />

5. Nelle materie di giurisdizione esclusiva, indicate<br />

dalla legge e dall’articolo 133, il giudice<br />

amministrativo conosce, pure ai fini risarcitori, anche<br />

delle controversie nelle quali si faccia questione di<br />

diritti soggettivi.<br />

361


n. 142, e ogni altra disposizione che prevede la devoluzione<br />

al giudice ordinario delle controversie sul risarcimento del<br />

danno conseguente all'annullamento di atti amministrativi<br />

Art. 26, comma 2, L. Tar<br />

Se accoglie il ricorso per motivi di incompetenza, annulla<br />

l'atto e rimette l'affare all'autorità competente. Se accoglie<br />

per altri motivi annulla in tutto o in parte l'atto impugnato, e<br />

quando è investito di giurisdizione di merito, può anche<br />

riformare l'atto o sostituirlo, salvi gli ulteriori provvedimenti<br />

dell'autorità amministrativa.<br />

6. Il giudice amministrativo esercita giurisdizione con<br />

cognizione estesa al merito nelle controversie indicate<br />

dalla legge e dall’articolo 134. Nell’esercizio di tale<br />

giurisdizione il giudice amministrativo può sostituirsi<br />

all’amministrazione.<br />

7. Il principio di effettività è realizzato attraverso la<br />

concentrazione davanti al giudice amministrativo di<br />

ogni forma di tutela degli interessi legittimi e, nelle<br />

particolari materie indicate dalla legge, dei diritti<br />

soggettivi.<br />

8. Il ricorso straordinario è ammesso unicamente per le<br />

controversie devolute alla giurisdizione amministrativa.<br />

Art. 8 Cognizione incidentale e questioni<br />

pregiudiziali<br />

Art. 8. L. Tar.<br />

Il tribunale amministrativo regionale, nelle materie in cui non<br />

ha competenza esclusiva, decide con efficacia limitata di<br />

tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti,<br />

la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla<br />

questione principale.<br />

Art. 7, comma 3 L. Tar<br />

Restano riservate all'autorità giudiziaria ordinaria le<br />

questioni pregiudiziali concernenti lo stato e la capacità dei<br />

privati individui, salvo che si tratti della capacità di stare in<br />

giudizio, e la risoluzione dell'incidente di falso<br />

1. Il giudice amministrativo nelle materie in cui non ha<br />

giurisdizione esclusiva conosce, senza efficacia di<br />

giudicato, di tutte le questioni pregiudiziali o incidentali<br />

relative a diritti, la cui risoluzione sia necessaria per<br />

pronunciare sulla questione principale.<br />

2. Restano riservate all'autorità giudiziaria ordinaria le<br />

questioni pregiudiziali concernenti lo stato e la capacità<br />

delle persone, salvo che si tratti della capacità di stare<br />

in giudizio, e la risoluzione dell'incidente di falso.<br />

Art. 8 L. Tar<br />

La risoluzione dell'incidente di falso e le questioni<br />

concernenti lo stato e la capacità dei privati individui restano<br />

di esclusiva competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria,<br />

362


salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio<br />

Art. 30. L. Tar<br />

Il difetto di giurisdizione deve essere rilevato anche<br />

d'ufficio. Avverso le sentenze dei tribunali amministrativi<br />

regionali, che affermano o negano la giurisdizione del<br />

giudice amministrativo è ammesso il ricorso al Consiglio di<br />

Stato previsto dall'articolo 28<br />

Art. 30 L. Tar<br />

Nei giudizi innanzi ai tribunali amministrativi è ammessa<br />

domanda di regolamento preventivo di giurisdizione a norma<br />

dell'articolo 41 del codice di procedura civile<br />

La proposizione di tale istanza non preclude l'esame della<br />

domanda di sospensione del provvedimento impugnato.<br />

Art. 59. L. 69/2009 (Decisione delle questioni di<br />

giurisdizione)<br />

1. Il giudice che, in materia civile, amministrativa, contabile,<br />

tributaria o di giudici speciali, dichiara il proprio difetto di<br />

giurisdizione indica altresì, se esistente, il giudice nazionale<br />

che ritiene munito di giurisdizione. La pronuncia sulla<br />

giurisdizione resa dalle sezioni unite della Corte di<br />

cassazione è vincolante per ogni giudice e per le parti anche<br />

in altro processo.<br />

2. Se, entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in<br />

giudicato della pronuncia di cui al comma 1, la domanda è<br />

riproposta al giudice ivi indicato, nel successivo processo le<br />

parti restano vincolate a tale indicazione e sono fatti salvi gli<br />

effetti sostanziali e processuali che la domanda avrebbe<br />

prodotto se il giudice di cui è stata dichiarata la giurisdizione<br />

fosse stato adito fin dall'instaurazione del primo giudizio,<br />

ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute. Ai<br />

fini del presente comma la domanda si ripropone con le<br />

modalità e secondo le forme previste per il giudizio davanti<br />

al giudice adito in relazione al rito applicabile.<br />

3. Se sulla questione di giurisdizione non si sono già<br />

Art. 9 Difetto di giurisdizione<br />

1. Il difetto di giurisdizione è rilevato in primo grado<br />

anche d’ufficio. Nei giudizi di impugnazione è rilevato<br />

se dedotto con specifico motivo avverso il capo della<br />

pronuncia impugnata che, in modo implicito o esplicito,<br />

ha statuito sulla giurisdizione.<br />

Art. 10 Regolamento preventivo di giurisdizione<br />

1. Nel giudizio davanti ai tribunali amministrativi<br />

regionali è ammesso il ricorso per regolamento<br />

preventivo di giurisdizione previsto dall’articolo 41 del<br />

codice di procedura civile. Si applica il primo comma<br />

dell’articolo 367 dello stesso codice.<br />

2. Nel giudizio sospeso possono essere chieste misure<br />

cautelari, ma il giudice non può disporle se non ritiene<br />

sussistente la propria giurisdizione.<br />

Art. 11 Decisione sulle questioni di giurisdizione<br />

1. Il giudice amministrativo, quando declina la propria<br />

giurisdizione, indica, se esistente, il giudice nazionale<br />

che ne è fornito.<br />

2. Quando la giurisdizione è declinata dal giudice<br />

amministrativo in favore di altro giudice nazionale o<br />

viceversa, ferme restando le preclusioni e le decadenze<br />

intervenute, sono fatti salvi gli effetti processuali e<br />

sostanziali della domanda se il processo è riproposto<br />

innanzi al giudice indicato nella pronuncia che declina<br />

la giurisdizione, entro il termine perentorio di tre mesi<br />

dal suo passaggio in giudicato.<br />

3. Quando il giudizio è tempestivamente riproposto<br />

davanti al giudice amministrativo, quest’ultimo, alla<br />

prima udienza, può sollevare anche d’ufficio il conflitto<br />

di giurisdizione.<br />

4. Se in una controversia introdotta davanti ad altro<br />

giudice le sezioni unite della Corte di cassazione,<br />

investite della questione di giurisdizione, attribuiscono<br />

quest’ultima al giudice amministrativo, ferme restando<br />

le preclusioni e le decadenze intervenute, sono fatti<br />

salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda,<br />

363


pronunciate, nel processo, le sezioni unite della Corte di<br />

cassazione, il giudice davanti al quale la causa è riassunta<br />

può sollevare d'ufficio, con ordinanza, tale questione davanti<br />

alle medesime sezioni unite della Corte di cassazione, fino<br />

alla prima udienza fissata per la trattazione del merito.<br />

Restano ferme le disposizioni sul regolamento preventivo di<br />

giurisdizione.<br />

4. L'inosservanza dei termini fissati ai sensi del presente<br />

articolo per la riassunzione o per la prosecuzione del giudizio<br />

comporta l'estinzione del processo, che è dichiarata anche<br />

d'ufficio alla prima udienza, e impedisce la conservazione<br />

degli effetti sostanziali e processuali della domanda.<br />

5. In ogni caso di riproposizione della domanda davanti al<br />

giudice di cui al comma 1, le prove raccolte nel processo<br />

davanti al giudice privo di giurisdizione possono essere<br />

valutate come argomenti di prova.<br />

Art. 6, comma 2, L. n. 205/2000<br />

2. Le controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla<br />

giurisdizione del giudice amministrativo possono essere<br />

risolte mediante arbitrato rituale di diritto<br />

se il giudizio è riproposto dalla parte che vi ha interesse<br />

nel termine di tre mesi dalla pubblicazione della<br />

decisione delle sezioni unite.<br />

5. Nei giudizi riproposti, il giudice, con riguardo alle<br />

preclusioni e decadenze intervenute, può concedere la<br />

rimessione in termini per errore scusabile ove ne<br />

ricorrano i presupposti.<br />

6. Nel giudizio riproposto davanti al giudice<br />

amministrativo, le prove raccolte nel processo davanti<br />

al giudice privo di giurisdizione possono essere valutate<br />

come argomenti di prova.<br />

7. Le misure cautelari perdono la loro efficacia trenta<br />

giorni dopo la pubblicazione del provvedimento che<br />

dichiara il difetto di giurisdizione del giudice che le ha<br />

emanate. Le parti possono riproporre le domande<br />

cautelari al giudice munito di giurisdizione.<br />

Art. 12 Rapporti con l’arbitrato<br />

1. Le controversie concernenti diritti soggettivi<br />

devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo<br />

possono essere risolte mediante arbitrato rituale di<br />

diritto.<br />

364


R. Chieppa,<br />

Commento al codice del processo amminsitrativo,<br />

Giuffrè, 2010.<br />

34. IL RITO IN MATERIA DI PUBBLICI APPALTI<br />

(Artt. 120 – 125)<br />

Art. 120<br />

Disposizioni specifiche ai giudizi di cui all’articolo 119, comma 1, lettera a)<br />

1. Gli atti delle procedure di affidamento, ivi comprese le procedure di affidamento di incarichi e concorsi di<br />

progettazione e di attività tecnico-amministrative ad esse connesse, relativi a pubblici lavori, servizi o forniture, nonché<br />

i connessi provvedimenti dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, sono<br />

impugnabili unicamente mediante ricorso al tribunale amministrativo regionale competente.<br />

2. Nel caso in cui sia mancata la pubblicità del bando, il ricorso non può comunque essere più proposto decorsi trenta<br />

giorni decorrenti dal giorno successivo alla data di pubblicazione dell’avviso di aggiudicazione definitiva di cui<br />

all’articolo 65 e all’articolo 225 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, a condizione che tale avviso contenga la<br />

motivazione dell’atto con cui la stazione appaltante ha deciso di affidare il contratto senza previa pubblicazione del<br />

bando. Se sono omessi gli avvisi o le informazioni di cui al presente comma oppure se essi non sono conformi alle<br />

prescrizioni ivi contenute, il ricorso non può comunque essere proposto decorsi sei mesi dal giorno successivo alla data<br />

di stipulazione del contratto.<br />

3. Salvo quanto previsto dal presente articolo e dai successivi, si applica l’articolo 119.<br />

4. Quando è impugnata l’aggiudicazione definitiva, se la stazione appaltante fruisce del patrocinio dell’Avvocatura<br />

dello Stato, il ricorso è notificato, oltre che presso detta Avvocatura, anche alla stazione appaltante nella sua sede reale,<br />

in data non anteriore alla notifica presso l’Avvocatura, e al solo fine dell’operatività della sospensione obbligatoria del<br />

termine per la stipulazione del contratto.<br />

5. Per l’impugnazione degli atti di cui al presente articolo il ricorso e i motivi aggiunti, anche avverso atti diversi da<br />

quelli già impugnati, devono essere proposti nel termine di trenta giorni, decorrente dalla ricezione della comunicazione<br />

di cui all’articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, o, per i bandi e gli avvisi con cui si indice una gara,<br />

autonomamente lesivi, dalla pubblicazione di cui all’articolo 66, comma 8, dello stesso decreto; ovvero, in ogni altro<br />

caso, dalla conoscenza dell’atto.<br />

6. Quando il giudizio non è immediatamente definito ai sensi dell’articolo 60, l’udienza di merito, ove non indicata dal<br />

collegio ai sensi dell’articolo 119, comma 3, è immediatamente fissata d’ufficio con assoluta priorità.<br />

7. I nuovi atti attinenti la medesima procedura di gara devono essere impugnati con ricorso per motivi aggiunti.<br />

8. Il giudice decide interinalmente sulla domanda cautelare, anche se ordina adempimenti istruttori, se concede termini a<br />

difesa, o se solleva o vengono proposti incidenti processuali.<br />

9. Il dispositivo del provvedimento con cui il tribunale amministrativo regionale definisce il giudizio è pubblicato entro<br />

sette giorni dalla data della sua deliberazione.<br />

10. Tutti gli atti di parte e i provvedimenti del giudice devono essere sintetici e la sentenza è redatta, ordinariamente,<br />

nelle forme di cui all’articolo 74.<br />

11. Le disposizioni dei commi 3, 6, 8 e 10 si applicano anche nel giudizio di appello innanzi al Consiglio di Stato,<br />

proposto avverso la sentenza o avverso l’ordinanza cautelare, e nei giudizi di revocazione o opposizione di terzo. La<br />

parte può proporre appello avverso il dispositivo, al fine di ottenerne la sospensione prima della pubblicazione della<br />

sentenza.<br />

Art. 121<br />

Inefficacia del contratto nei casi di gravi violazioni<br />

1. Il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva dichiara l’inefficacia del contratto nei seguenti casi, precisando in<br />

funzione delle deduzioni delle parti e della valutazione della gravità della condotta della stazione appaltante e della<br />

situazione di fatto, se la declaratoria di inefficacia è limitata alle prestazioni ancora da eseguire alla data della<br />

pubblicazione del dispositivo o opera in via retroattiva:<br />

a) se l’aggiudicazione definitiva è avvenuta senza previa pubblicazione del bando o avviso con cui si indice una gara<br />

nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea o nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, quando tale<br />

pubblicazione è prescritta dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;<br />

b) se l’aggiudicazione definitiva è avvenuta con procedura negoziata senza bando o con affidamento in economia fuori<br />

dai casi consentiti e questo abbia determinato l’omissione della pubblicità del bando o avviso con cui si indice una gara<br />

nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea o nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, quando tale<br />

pubblicazione è prescritta dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;<br />

c) se il contratto è stato stipulato senza rispettare il termine dilatorio stabilito dall’articolo 11, comma 10, del decreto<br />

legislativo 12 aprile 2006, n. 163, qualora tale violazione abbia privato il ricorrente della possibilità di avvalersi di<br />

mezzi di ricorso prima della stipulazione del contratto e sempre che tale violazione, aggiungendosi a vizi propri<br />

dell’aggiudicazione definitiva, abbia influito sulle possibilità del ricorrente di ottenere l’affidamento;<br />

365


d) se il contratto è stato stipulato senza rispettare la sospensione obbligatoria del termine per la stipulazione derivante<br />

dalla proposizione del ricorso giurisdizionale avverso l’aggiudicazione definitiva, ai sensi dell’articolo 11, comma 10-<br />

ter, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, qualora tale violazione, aggiungendosi a vizi propri<br />

dell’aggiudicazione definitiva, abbia influito sulle possibilità del ricorrente di ottenere l’affidamento.<br />

2. Il contratto resta efficace, anche in presenza delle violazioni di cui al comma 1 qualora venga accertato che il rispetto<br />

di esigenze imperative connesse ad un interesse generale imponga che i suoi effetti siano mantenuti. Tra le esigenze<br />

imperative rientrano, fra l’altro, quelle imprescindibili di carattere tecnico o di altro tipo, tali da rendere evidente che i<br />

residui obblighi contrattuali possono essere rispettati solo dall’esecutore attuale. Gli interessi economici possono essere<br />

presi in considerazione come esigenze imperative solo in circostanze eccezionali in cui l’inefficacia del contratto<br />

conduce a conseguenze sproporzionate, avuto anche riguardo all’eventuale mancata proposizione della domanda di<br />

subentro nel contratto nei casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporta l’obbligo di rinnovare la gara. Non<br />

costituiscono esigenze imperative gli interessi economici legati direttamente al contratto, che comprendono fra l’altro i<br />

costi derivanti dal ritardo nell’esecuzione del contratto stesso, dalla necessità di indire una nuova procedura di<br />

aggiudicazione, dal cambio dell’operatore economico e dagli obblighi di legge risultanti dalla dichiarazione di<br />

inefficacia.<br />

3. A cura della segreteria, le sentenze che provvedono in applicazione del comma 2 sono trasmesse alla Presidenza del<br />

Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le politiche comunitarie.<br />

4. Nei casi in cui, nonostante le violazioni, il contratto sia considerato efficace o l’inefficacia sia temporalmente limitata<br />

si applicano le sanzioni alternative di cui all’articolo 123.<br />

5. La inefficacia del contratto prevista dal comma 1, lettere a) e b), non trova applicazione quando la stazione appaltante<br />

abbia posto in essere la seguente procedura:<br />

a) abbia con atto motivato anteriore all’avvio della procedura di affidamento dichiarato di ritenere che la procedura<br />

senza previa pubblicazione del bando o avviso con cui si indice una gara nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea<br />

ovvero nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana sia consentita dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;<br />

b) abbia pubblicato, rispettivamente per i contratti di rilevanza comunitaria e per quelli sotto soglia, nella Gazzetta<br />

Ufficiale dell’Unione europea ovvero nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana un avviso volontario per la<br />

trasparenza preventiva ai sensi dell’articolo 79-bis del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in cui manifesta<br />

l’intenzione di concludere il contratto;<br />

c) il contratto non sia stato concluso prima dello scadere di un termine di almeno dieci giorni decorrenti dal giorno<br />

successivo alla data di pubblicazione dell’avviso di cui alla lettera b).<br />

Art. 122<br />

Inefficacia del contratto negli altri casi<br />

1. Fuori dei casi indicati dall’articolo 121, comma 1, e dall’articolo 123, comma 3, il giudice che annulla<br />

l’aggiudicazione definitiva stabilisce se dichiarare inefficace il contratto, fissandone la decorrenza, tenendo conto, in<br />

particolare, degli interessi delle parti, dell’effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione alla luce<br />

dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in cui il<br />

vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara e la domanda di subentrare sia stata proposta.<br />

Art. 123<br />

Sanzioni alternative<br />

1. Nei casi di cui all’articolo 121, comma 4, il giudice amministrativo individua le seguenti sanzioni alternative da<br />

applicare alternativamente o cumulativamente:<br />

a) la sanzione pecuniaria nei confronti della stazione appaltante, di importo dallo 0,5% al 5% del valore del contratto,<br />

inteso come prezzo di aggiudicazione, che è versata all’entrata del bilancio dello Stato – con imputazione al capitolo<br />

2301, capo 8 “Multe, ammende e sanzioni amministrative inflitte dalle autorità giudiziarie ed amministrative, con<br />

esclusione di quelle aventi natura tributaria” – entro sessanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza che irroga<br />

sanzione; decorso il termine per il versamento, si applica una maggiorazione pari ad un decimo della sanzione per ogni<br />

semestre di ritardo. La sentenza che applica le sanzioni è comunicata, a cura della segreteria, al Ministero dell’economia<br />

e delle finanze entro cinque giorni dalla pubblicazione;<br />

b) la riduzione della durata del contratto, ove possibile, da un minimo del dieci per cento ad un massimo del cinquanta<br />

per cento della durata residua alla data di pubblicazione del dispositivo.<br />

2. Il giudice amministrativo applica le sanzioni assicurando il rispetto del principio del contraddittorio e ne determina la<br />

misura in modo che siano effettive, dissuasive, proporzionate al valore del contratto, alla gravità della condotta della<br />

stazione appaltante e all'opera svolta dalla stazione appaltante per l'eliminazione o attenuazione delle conseguenze della<br />

violazione. A tal fine si applica l’articolo 73, comma 3. In ogni caso l’eventuale condanna al risarcimento dei danni non<br />

costituisce sanzione alternativa e si cumula con le sanzioni alternative.<br />

3. Il giudice applica le sanzioni di cui al comma 1 anche qualora il contratto è stato stipulato senza rispettare il termine<br />

dilatorio stabilito per la stipulazione del contratto, ovvero è stato stipulato senza rispettare la sospensione della<br />

stipulazione derivante dalla proposizione del ricorso giurisdizionale avverso l’aggiudicazione definitiva, quando la<br />

violazione non abbia privato il ricorrente della possibilità di avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipulazione del<br />

contratto e non abbia influito sulle possibilità del ricorrente di ottenere l’affidamento.<br />

366


Art. 124<br />

Tutela in forma specifica e per equivalente<br />

1. L’accoglimento della domanda di conseguire l’aggiudicazione e il contratto è comunque condizionato alla<br />

dichiarazione di inefficacia del contratto ai sensi degli articoli 121, comma 1, e 122. Se il giudice non dichiara<br />

l’inefficacia del contratto dispone il risarcimento del danno per equivalente, subito e provato.<br />

2. La condotta processuale della parte che, senza giustificato motivo, non ha proposto la domanda di cui al comma 1, o<br />

non si è resa disponibile a subentrare nel contratto, è valutata dal giudice ai sensi dell’articolo 1227 del codice civile.<br />

Art. 125<br />

Ulteriori disposizioni processuali per le controversie relative a infrastrutture strategiche<br />

1. Nei giudizi che riguardano le procedure di progettazione, approvazione, e realizzazione delle infrastrutture e degli<br />

insediamenti produttivi e relative attività di espropriazione, occupazione e asservimento, di cui alla parte II, titolo III,<br />

capo IV del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, oltre alle disposizioni del presente Capo, con esclusione<br />

dell’articolo 122, si applicano le seguenti previsioni.<br />

2. In sede di pronuncia del provvedimento cautelare, si tiene conto delle probabili conseguenze del provvedimento<br />

stesso per tutti gli interessi che possono essere lesi, nonché del preminente interesse nazionale alla sollecita<br />

realizzazione dell’opera, e, ai fini dell’accoglimento della domanda cautelare, si valuta anche la irreparabilità del<br />

pregiudizio per il ricorrente, il cui interesse va comunque comparato con quello del soggetto aggiudicatore alla celere<br />

prosecuzione delle procedure.<br />

3. Ferma restando l’applicazione degli articoli 121 e 123, al di fuori dei casi in essi contemplati la sospensione o<br />

l’annullamento dell’affidamento non comporta la caducazione del contratto già stipulato, e il risarcimento del danno<br />

eventualmente dovuto avviene solo per equivalente. Si applica l’articolo 34, comma 3.<br />

4. Le disposizioni del comma 3 si applicano anche alle controversie relative alle procedure di cui all’articolo 140 del<br />

decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.<br />

COMMENTO<br />

34.1. Il processo in materia di appalti nella c.d. direttiva ricorsi.<br />

Il processo amministrativo in materia di appalti ha subito nel 2010 diversi interventi di riforma, ora culminati con<br />

l’entrata in vigore del Codice.<br />

In precedenza le controversie in materia di procedure di appalto erano assoggettiate al rito speciale di cui all’art. 23-bis<br />

della L. Tar, al pari altre tipologie di giudizi, ritenuti dal legislatore meritevoli di un binario privilegiato.<br />

A prescindere dall’iter di riforma del processo amministrativo, avviato con la legge delega di cui all’art. 44 della legge<br />

n. 69/2009, il processo in materia di appalti era comunque avviato verso una profonda modifica in conseguenza della<br />

necessità di dare attuazione alla direttiva 2007/66/CE dell’11 dicembre 2007, del Parlamento europeo e del Consiglio,<br />

che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE del Consiglio, per quanto riguarda il miglioramento dell’efficacia<br />

delle procedure di ricorso in materia d’aggiudicazione degli appalti pubblici (c.d. “direttiva ricorsi”).<br />

I principali contenuti della Direttiva possono essere così sintetizzati:<br />

a) In primo luogo, al fine di garantire in materia di appalti, una tutela processuale effettiva e celere, che giunga, di<br />

regola prima della stipula del contratto, si disciplina, analiticamente, l’obbligo, per le stazioni appaltanti, di rispettare un<br />

congruo termine dilatorio – o sospensivo (c.d. stand-still) - fra l’aggiudicazione e la stipulazione del contratto. Gli Stati<br />

membri devono, inoltre, prevedere un ulteriore effetto sospensivo decorrente dalla proposizione del ricorso<br />

giurisdizionale e perdurante fino alla pronuncia giurisdizionale (cautelare o di merito a scelta degli Stati membri).<br />

b) Si prevedono alcune ipotesi tipiche in cui l’accertata violazione di determinati precetti del diritto comunitario deve<br />

comportare – obbligatoriamente - la integrale “privazione di effetti” del contratto eventualmente stipulato, salve alcune<br />

tassative eccezioni che conducono all’applicazione di sanzioni alternative. Tali fattispecie sono riferite, essenzialmente,<br />

alla radicale assenza della procedura concorrenziale o al mancato rispetto di uno dei termini sospensivi per la stipula del<br />

contratto. Negli altri casi la tutela della parte interessata è rimessa al diritto nazionale, il quale può anche prevedere che<br />

essa sia limitata al solo risarcimento del danno per equivalente.<br />

c) Sotto il profilo processuale, la direttiva prevede che la privazione di effetti obbligatoria del contratto debba essere<br />

accertata con apposita decisione di un organo di ricorso indipendente.<br />

d) Il diritto comunitario non prende alcuna significativa posizione sulla definizione delle conseguenze giuridiche<br />

sostanziali della “privazione degli effetti” obbligatoria. Non si tratta di una lacuna “dogmatica”, ma di una meditata<br />

scelta, volta ad attribuire, anche in questo campo, un ampio margine di scelta agli ordinamenti nazionali. In questa<br />

prospettiva, il comma 2, dell’articolo 2-quinquies, della Direttiva stabilisce che “le conseguenze di un contratto<br />

considerato privo di effetti sono previste dal diritto nazionale. Pertanto, il diritto nazionale può prevedere la<br />

soppressione con effetto retroattivo di tutti gli obblighi contrattuali o viceversa limitare la portata della soppressione di<br />

quegli obblighi che rimangono da adempiere. In quest’ultimo caso gli Stati membri prevedono l’applicazione di altre<br />

sanzioni ai sensi dell’articolo 2 sexies, paragrafo 2.”.<br />

e) la Direttiva prevede anche che “gli Stati membri possono prevedere che, se un risarcimento danni viene domandato<br />

a causa di una decisione presa illegittimamente, per prima cosa l’organo che ha la competenza necessaria a tal fine<br />

annulli la decisione contestata”. Il diritto comunitario dunque chiarisce che una soluzione normativa nel senso<br />

367


dell’introduzione della “pregiudiziale” non sarebbe affatto in contrasto con la direttiva ricorsi e non potrebbe<br />

considerarsi limitativa delle garanzie minime di difesa, imposte al livello europeo.<br />

34.2. Il recepimento della direttiva ricorsi con il D. Lgs 20 marzo 2010 n. 53.<br />

L’art. 44 della legge 7 luglio 2009, n. 80 aveva conferito al Governo la delega per l’attuazione della direttiva ricorsi<br />

entro il termine di recepimento della stessa (20 dicembre 2009); termine prorogato di novanta giorni per effetto della<br />

trasmissione dello schema al parere delle Commissioni parlamentari ai sensi dell’art. 1, comma 3, della stessa legge n.<br />

88/2009.<br />

Alcune delle scelte che la direttiva rimetteva alla valutazione degli Stati nazionali erano già contenute nella norma di<br />

delega, caratterizzata per l’indicazione di criteri direttivi spesso molto analitici e dettagliati, quali:<br />

a) l’introduzione di un rito speciale in materia di appalti, con razionalizzazione e abbreviazione di tutti i termini vigenti,<br />

ivi compreso quello per la proposizione del ricorso che, per espressa previsione, non può essere superiore a trenta<br />

giorni;<br />

b) la preclusione alla stipulazione del contratto fino alla pubblicazione del provvedimento cautelare definitivo, ovvero<br />

sino alla pubblicazione del dispositivo di primo grado, in udienza o nei successivi sette giorni, se la causa può essere<br />

decisa nel merito nella camera di consiglio fissata per l’esame della domanda cautelare;<br />

c) la privazione obbligatoria degli effetti del contratto in presenza delle violazioni molto gravi individuate dal diritto<br />

comunitario, lasciando al giudice che annulla l’aggiudicazione la scelta, in funzione del bilanciamento degli interessi<br />

coinvolti, tra privazione di effetti retroattiva o limitata alle prestazioni da eseguire;<br />

d) l’attribuzione in tutti gli altri casi al giudice della scelta tra privazione di effetti del contratto ovvero risarcimento per<br />

equivalente del danno effettivamente subito e comprovato.<br />

In sede di attuazione della direttiva, sullo schema di decreto legislativo è stato acquisito il parere della Consiglio di<br />

Stato, reso quasi contestualmente alla conclusione dei lavori della Commissione istituita per redigere l’articolato del<br />

Codice. 1<br />

Il Consiglio di Stato ha formulato una serie di osservazioni sullo schema trasmesso dal Governo, dirette a semplificare il<br />

testo normativo, riducendo il contenuto di alcuni articoli al fine di evitare di codificare, con specifico riguardo al settore<br />

degli appalti, principi generali, ampiamente consolidati nella giurisprudenza, riguardo ai quali la necessità, o meno, di<br />

una codificazione sarebbe stata valutata in sede di predisposizione dell’allora emanando Codice del processo<br />

amministrativo.<br />

La riformulazione e suddivisione degli articoli da parte del Consiglio di Stato è stata effettuata anche al fine di<br />

individuare fin da allora le disposizioni solo processuali, che necessariamente sarebbero dovute confluire nel Codice del<br />

processo amministrativo.<br />

Inoltre, le osservazioni sono state anche dirette a sottolineare la necessità di limitare allo stretto necessario le deroghe<br />

rispetto a istituti generali (ad es, accesso ai documenti amministrativi o autotutela) o rispetto a regimi già speciali (rito<br />

processuale ex art. 23-bis della L. Tar).<br />

Con riguardo a tale ultimo profilo, secondo il parere del Consiglio di Stato la proposta formulazione delle regole<br />

processuali consente di costruire un rito caratterizzato da alcune ulteriori e significative accelerazioni rispetto quello<br />

disciplinato dall’art. 23-bis della L. Tar, senza però privilegiare il processo in materia di appalti fino al punto di<br />

prevedere sempre un regime talmente celere, da mettere a rischio – proprio per tale generalizzazione, idonea a incidere<br />

sui tempi di altre istanze di giustizia – il principio della ragionevole durata del processo, da garantire per ogni tipologia<br />

di controversia, non solo di rilevanza economica equivalente al settore degli appalti, ma soprattutto anche per quelle<br />

aventi ad oggetto diritti o interessi costituzionalmente protetti.<br />

Le osservazioni del Consiglio di Stato sono state in parte recepite e in sede di attuazione della direttiva è stato condiviso<br />

l’intento di “isolare” le disposizioni processuali destinate a confluire nel Codice.<br />

L’iter di attuazione della direttiva ricorsi si è concluso, con qualche mese di ritardo, con il decreto legislativo 20 marzo<br />

2010, n. 53, pubblicato nella Gazz. Uff. 12 aprile 2010, n. 84.<br />

Il sistema di tutela apprestato da tale decreto può essere riassunto nei seguenti termini:<br />

- la comunicazione dell’avvenuta aggiudicazione di un gara di appalto deve essere inviata tempestivamente a tutte le<br />

imprese in gara e deve essere motivata. Da tale comunicazione decorre un primo termine sospensivo di 35 giorni fino<br />

alla cui scadenza non può essere stipulato il contratto.<br />

Tale termine sospensivo è prorogato ex lege in casi di proposizione di ricorso contente la domanda cautelare e l’effetto<br />

sospensivo (c.d. stand still) dura dal momento della notificazione dell’istanza cautelare alla stazione appaltante e per i<br />

successivi venti giorni, a condizione che entro tale termine intervenga almeno il provvedimento cautelare di primo<br />

grado o la pubblicazione del dispositivo della sentenza di primo grado in caso di decisione del merito all’udienza<br />

cautelare ovvero fino alla pronuncia di detti provvedimenti se successiva (quindi non è sufficiente il decorso di 20<br />

giorni ma è necessario che intervenga un ordinanza cautelare collegiale o il dispositivo della sentenza; se intervengono<br />

prima dei 20 giorni, si deve comunque attendere il decorso dei 20 giorni prima di stipulare).<br />

L’effetto sospensivo cessa anche: a) quando, in sede di esame della domanda cautelare, il giudice si dichiara<br />

incompetente; b) viene fissata con ordinanza la data di discussione del merito senza concedere misure cautelari; c) viene<br />

1 Cons. Stato, Comm. spec., 1 febbraio 2010, n. 368.<br />

368


inviato al giudizio di merito l’esame della domanda cautelare, con il consenso delle parti, da intendersi quale implicita<br />

rinuncia all’immediato esame della domanda cautelare.<br />

- prima della presentazione di un ricorso le imprese sono tenute a inviare una informativa in ordine all’intento di<br />

proporre ricorso giurisdizionale alla stazione appaltante, che deve decidere se intervenire o meno in autotutela entro 15<br />

giorni (l’inerzia equivale a diniego di autotutela).<br />

Non si tratta di un vero e proprio obbligo, ma l’omissione della comunicazione (così l’inerzia della stazione appaltante)<br />

costituiscono comportamenti valutabili, ai fini della decisione sulle spese di giudizio, nonché ai sensi dell’articolo 1227<br />

del codice civile, con la conseguenza che le imprese che intendo proporre ricorso saranno comunque indotte ad inviare<br />

sempre tale comunicazione prima di proporre il ricorso.<br />

- il processo amministrativo in materia di appalti si svolge secondo una tempistica ancora più serrata rispetto all’attuale<br />

art. 23-bis della l. Tar, che resta applicabile per quanto non derogato. In particolare questi i nuovi termini e fasi del<br />

processo fissati dal D. Lgs. n. 53/2010:<br />

a) 30 giorni per la notificazione di ricorso principale e incidentale e dei motivi aggiunti avverso atti diversi da quelli già<br />

impugnati;<br />

b) 10 giorni per il deposito del ricorso principale, del ricorso incidentale, dell’atto contenente i motivi aggiunti,<br />

dell’appello avverso l’ordinanza cautelare;<br />

c) quindici giorni per la proposizione dei motivi aggiunti avverso gli atti già impugnati (i motivi aggiunti diventano<br />

obbligatori per i nuovi atti , e non alternativi ad un ricorso autonomo);<br />

d) quindici giorni per l’appello avverso l’ordinanza cautelare decorrenti dalla sua comunicazione o, se anteriore,<br />

notificazione.<br />

e) competenza territoriale inderogabile e rilevabile d’ufficio;<br />

f) quando è impugnata l’aggiudicazione definitiva, se la stazione appaltante fruisce del patrocinio dell’Avvocatura dello<br />

Stato, il ricorso è notificato, oltre che presso detta Avvocatura, anche alla stazione appaltante nella sua sede reale, in<br />

data non anteriore alla notifica presso l’Avvocatura, e al solo fine dell’operatività della sospensione obbligatoria del<br />

termine per la stipulazione del contratto;<br />

g) in caso di domanda cautelare, le parti a cui è notificato il ricorso possono presentare istanze e memorie, in relazione<br />

ad essa, entro cinque giorni dalla ricevuta notificazione. La domanda cautelare è comunque trattata alla prima udienza<br />

utile in camera di consiglio, decorso il predetto termine di cinque giorni;<br />

h) l’udienza di merito deve tenersi entro sessanta giorni dalla scadenza del termine per la costituzione delle parti diverse<br />

dal ricorrente (5 giorni dalla notificazione).<br />

- in caso di violazioni gravi la regola è la dichiarazione di inefficacia del contratto con effetti ex tunc e in via<br />

eccezionale il giudice amministrativo può prevedere la limitazione dell’inefficacia agli effetti ex nunc o che il contratto<br />

resti efficace, applicando in questi due casi le sanzioni alternative (sanzione pecuniaria per la stazione appaltante e/o<br />

riduzione della durata residua del contratto).<br />

- in caso di violazioni non gravi spetta al giudice amministrativo decidere se il contratto resta in vita o è dichiarato<br />

inefficace.<br />

- per il subentro nel contratto serve apposita domanda e la mancata proposizione della domanda di subentro o il rifiuto<br />

nel subentro sono valutati dal giudice ai sensi dell’art. 1227 c.c..<br />

- il risarcimento del danno è limitato solo in caso di mancata aggiudicazione del contratto, e non anche per la perdita di<br />

chance (“Se il giudice non dichiara l’inefficacia del contratto dispone, su domanda e a favore del solo ricorrente avente<br />

titolo all’aggiudicazione, il risarcimento per equivalente del danno da questi subito e provato”); ma tale disposizione,<br />

inserita all’ultimo nel decreto, oltre a porsi in contrasto con il principio costituzionale dell’effettività della tutela<br />

giurisdizionale, è apparsa subito non compatibile con la direttiva comunitaria, andando ad escludere il risarcimento<br />

proprio in un caso di violazione grave (mancato svolgimento della gara), in cui l’unica forma di risarcimento per<br />

equivalente è appunto quella per perdita di chance (v. oltre per la modifica della norma nel Codice).<br />

34.3. L’inserimento nel Codice delle norme processuali in materia di appalti.<br />

Il testo del Codice proposto dal Consiglio di Stato conteneva tutti gli articoli relativi alla nuova tutela in materia di<br />

appalti, ma erano articoli accompagnati da un asterisco per significare che si trattava delle sole proposte formulate dal<br />

Consiglio di Stato in sede di parere (la Commissione ha, infatti, licenziato il Codice l’8 febbraio 2010, mentre<br />

l’attuazione della direttiva è avvenuta successivamente con il D. Lgs 20 marzo 2010 n. 53).<br />

Il Consiglio dei Ministri, in sede di approvazione preliminare del Codice, ha inserito le norme processuali in materia di<br />

appalti, apportando già qualche modifica rispetto a quelle contenute nel D. Lgs. n. 53/2010 (che a sua volta aveva<br />

inserito le norme nel Codice dei contratti pubblici – D. Lgs. n. 163/2006).<br />

Gli adattamenti sono stati indicati nella relazione come strettamente necessari per assicurare una sostanziale uniformità<br />

alla restante disciplina codicistica.<br />

Ulteriori modifiche sono state apportate dopo i pareri della Commissioni parlamentari e, in particolare, il rito non è stato<br />

strutturato come rito autonomo e separato dal rito abbreviato, disciplinato dall’art. 119 del Codice (come era nel testo<br />

del Consiglio di Stato e nel primo testo approvato dal Governo), ma è stata scelta la strada di riunire tutti i giudizi,<br />

compresi quelli in materia di appalti, entro un unico rito abbreviato, dettando specifiche disposizioni per il processo<br />

appalti (articoli da 120 a 125).<br />

369


Tale stratificazione di cambiamenti determina che i termini di diversi atti processuali sono diversi se compiuti prima<br />

dell’entrata in vigore del D.Lgs n. 53/2001, o tra la data di entrata in vigore di tale decreto (27 aprile 2010) e quella di<br />

entrata in vigore del Codice (16 settembre 2010), o dopo l’entrata in vigore del Codice.<br />

34.4. Il processo in materia di appalti quale rito abbreviato “speciale”.<br />

La tecnica di intervento di cui al D. Lgs. n. 53/2010 era stata quella di creare un complesso di norme speciali, in parte<br />

sostanziali e in parte processuali, inerenti il miglioramento dell’efficacia delle procedure di ricorso in materia<br />

d’aggiudicazione degli appalti pubblici, inserendole nel Codice dei contratti pubblici (D. Lgs. n. 163/2006) e abrogando<br />

le precedenti disposizioni processuali, prima fra tutte l’inserimento di tali controversie tra quelle assoggettate all’art. 23-<br />

bis della L.Tar (nel comma 1 dell’art. 23-bis erano state soppresse le lettere a) e c) e modificata la lettera b).<br />

La scelta del Consiglio di Stato prima e del Governo poi (in sede di approvazione preliminare) era stata quella di<br />

inserire un Capo autonomo per il rito in materia di procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture,<br />

distinto dal rito abbreviato disciplinato dall’art. 119, che era solo richiamato per quanto non previsto dal Capo.<br />

Nel testo finale del Codice viene eliminato il capo autonomo e le controversie relative ai provvedimenti concernenti le<br />

procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture tornano ad essere elencate nell’art. 119 sul rito<br />

abbreviato (che corrisponde al vecchio art. 23-bis della L. Tar), salvo quanto previsto dagli articoli 120 e seguenti.<br />

Si può dire che le strade di rito abbreviato e rito “appalti” si sono decisamente allontanate con il D. Lgs. n. 53/2010, per<br />

poi riavvicinarsi dopo pochi mesi.<br />

La sovrapposizione di termini processuali diversi sarà regolata dal principio tempus regit actum e potrà creare in questa<br />

fase di transizione qualche problema, che forse poteva essere evitato, tenuto conto che, trattandosi di due decreti<br />

delegati, è stato lo stesso Governo ad operare due scelte diverse: dapprima non sono state recepite parte delle<br />

osservazioni del Consiglio di Stato che erano dirette proprio ad attenuare le differenze e poi si è proceduto con la scelta<br />

opposta, creando peraltro qualche problema interpretativo, che verrà di seguito affrontato.<br />

34.5. L’ambito di applicazione del rito in materia di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture.<br />

Un primo problema è quello di definire l’ambito di applicazione del rito disciplinato dagli articoli da 120 a 125 e<br />

dall’art. 119 per quanto non previsto in tali disposizioni.<br />

L’art 120 si riferisce chiaramente ai giudizi di cui all’articolo 119, comma 1, lettera a) e tali giudizi sono appunto le<br />

controversie relative ai provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture.<br />

L’ambito di applicazione è confermato dal comma 1 dell’art. 120, che fa riferimento agli atti delle procedure di<br />

affidamento, ivi comprese le procedure di affidamento di incarichi e concorsi di progettazione e di attività tecnicoamministrative<br />

ad esse connesse, relativi a pubblici lavori, servizi o forniture, nonché i connessi provvedimenti<br />

dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.<br />

Va segnalato che l’ambito di applicazione viene in questo modo modificato rispetto al D. Lgs. n. 53/2010, in base al<br />

quale il rito speciale di cui all’art. 245 del D. Lgs. n. 163/06 era definito con un rinvio all’art. 244 dello stesso decreto.<br />

L’art. 244 era norma sulla giurisdizione e prevedeva che “sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo tutte le controversie, ivi incluse quelle risarcitorie, relative a procedure di affidamento di lavori, servizi,<br />

forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa<br />

comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale. La<br />

giurisdizione esclusiva si estende alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento<br />

dell'aggiudicazione e alle sanzioni alternative.”<br />

Non è in discussione la norma sulla giurisdizione, che è stata trasposta nell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1), del Codice,<br />

ma l’applicabilità del rito speciale che perde il riferimento alle procedure “svolte da soggetti comunque tenuti, nella<br />

scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di<br />

evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale”.<br />

Dovrebbe ritenersi che nel rito “appalti” rientrino anche le procedure sotto-soglia comunitaria, mentre non rientrano le<br />

procedure di sola scelta del socio senza affidamento, che a questo punto non sono assoggettate neanche al rito<br />

abbreviato di cui all’art. 119, ma al rito ordinario. 2<br />

2 M. LIPARI, La direttiva ricorsi nel codice del processo amministrativo: dal 16 settembre 2010 si cambia ancora ?, in<br />

www.giustamm.it., luglio 2010, evidenzia che il rito dell’articolo 120, non contemplando il richiamo all’articolo 133, presenta, sul<br />

piano formale, un raggio di azione diverso da quello dell’articolo 245 del codice dei contratti: a) più ampio, nella parte in cui fa<br />

riferimento alle procedure contrattuali, senza enunciare il nesso con la normativa di evidenza pubblica; b) più ristretto, nella parte in<br />

cui non contempla il riferimento alle controversie riguardanti la scelta del socio; c) più ristretto, nella parte in cui non considera<br />

espressamente le controversie risarcitorie, nonché quelle riguardanti l’inefficacia del contratto e l’applicazione delle sanzioni<br />

alternative.<br />

L’autore prosegue evidenziando che la scelta dell’esclusione delle controversie riguardanti solo la domanda di risarcimento del danno<br />

(per equivalente) potrebbe essere ragionevole, perché in tali controversie non emergerebbe l’esigenza di accelerazione tipica dei<br />

giudizi impugnatori. Al riguardo del resto, si è ormai consolidato un indirizzo interpretativo, confermato dall’Adunanza Plenaria del<br />

Consiglio di Stato, 30 luglio 2007, n. 9, secondo cui la dimidiazione dei termini, di cui al citato art. 23 bis della legge TAR, non è<br />

applicabile alle controversie che sottopongano alla cognizione del giudice amministrativo profili di stampo esclusivamente<br />

risarcitorio. A bene vedere, aggiunge, la citata pronuncia della Plenaria si riferisce all’ambito applicativo del rito accelerato nelle<br />

controversie espropriative. A stretto rigore, invece, nel codice dei contratti pubblici, il rinvio compiuto dall’articolo 245 all’articolo<br />

370


Qualche dubbio si potrebbe porre per le concessioni di pubblici servizi, in relazione alle quali la formula, forse meno<br />

tecnica, dell’art. 23-bis della L. Tar era stata interpretata come comprendente anche tali controversie (“i provvedimenti<br />

relativi alle procedure di aggiudicazione, affidamento ed esecuzione di servizi pubblici e forniture, ivi compresi i bandi<br />

di gara e gli atti di esclusione dei concorrenti”).<br />

Il termine “affidamento di servizi” dovrebbe essere inteso come riferito a qualsiasi affidamento, sia relativo agli appalti<br />

pubblici di servizi, sia alle concessioni di pubblico servizio.<br />

Sarebbe stato forse preferibile una maggiore chiarezza, anche perché la questione non è solo limitata al rito da seguire,<br />

ma è estesa anche all’applicabilità, o meno, delle disposizioni successive, inerenti l’inefficacia del contratto, le sanzioni<br />

alternative, la tutela in forma specifica e l’inammissibilità dell’utilizzo dello strumento del ricorso straordinario.<br />

Deve, quindi ritenersi che l’ambito di applicazione del rito di cui agli artt. 120 e seguenti è quello delle controversie<br />

relative ai provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture, tra cui vanno<br />

incluse quella aventi ad oggetto gli appalti sottosoglia, la scelta del socio privato con contestuale affidamento di una<br />

attività alla società mista e le concessioni di pubblici servizi.<br />

34.6. Termini e modalità della proposizione dei ricorsi.<br />

Descritto l’ambito di applicazione del c.d. “rito appalti”, si deve passare ad esaminare il contenuto delle regole<br />

processuali diverse rispetto al già speciale rito abbreviato, che prevede il dimezzamento di tutti i termini, salvo, nei<br />

giudizi di primo grado, quelli per la notificazione del ricorso introduttivo, del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti.<br />

Nel rito appalti la prima deroga è costituita dal dimezzamento per il primo grado del giudizio anche dei termini per<br />

ricorso e motivi aggiunti, che sono appunti fissati in trenta giorni e tale scelta, già presente nell’art. 44 della legge n.<br />

88/2009 (delega per l’attuazione della direttiva ricorsi) dipende dal fine di far scadere il termine per la proposizione dei<br />

ricorsi prima della scadenza della prima sospensione della stipula del contratto, fissata – ex art. 11, comma 10, del D.<br />

Lgs. n. 163/06 - in giorni trentacinque dall'invio dell'ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione<br />

definitiva.<br />

Sennonché la scelta di uniformare i termini delle domande introduttive in trenta giorni, eliminando una differenza che il<br />

D. Lgs. n. 53/09 aveva inserito per i motivi aggiunti avverso atti già impugnati (termine di 15 giorni, ora eliminato) si è<br />

imbattuta in una apparente svista, costituita dalla scomparsa dalla versione finale del Codice del richiamo – nell’art.<br />

120, comma 5 – del ricorso incidentale ai fini dell’applicabilità anche a questo del termine di 30 giorni.<br />

Il problema è che l’art. 119, che dovrebbe in questi casi supplire, prevede un termine di 60 giorni espressamente riferito<br />

anche al ricorso incidentale e la tesi secondo cui il termine “ricorso” debba essere riferito sia a quello principale che a<br />

quello incidentale contrasta con tale dato letterale.<br />

Al di là dei chiarimenti, che la giurisprudenza potrà fornire, si rende necessario un intervento di modifica al fine di<br />

inserire nell’art. 120, comma 5, anche il ricorso incidentale. 3<br />

Il termine per proporre motivi aggiunti è stato, invece, uniformato a quello del ricorso (trenta giorni), senza distinguere<br />

come faceva il D. Lgs. n. 53/2010 tra motivi aggiunti avverso gli atti già impugnati (15 giorni) e motivi aggiunti<br />

avverso i nuovi atti (30 giorni).<br />

Per i motivi aggiunti gli atti già impugnati abbiamo quindi tre diversi termini a seconda del diverso periodo temporale:<br />

60 giorni fino al 27 aprile 2010 (data di entrata in vigore del D. Lgs. n. 53/10; termine confermato dalla adunanza<br />

plenaria 4 ); 15 giorni nel periodo 27 aprile 2010 – 16 settembre 2010; 30 giorni dopo il 16 settembre 2010.<br />

E stata confermato l’obbligo di impugnare con motivi aggiunti, e non con ricorsi autonomi, i nuovi atti attinenti la<br />

medesima procedura di gara.<br />

La decorrenza del termine di trenta giorni avviene:<br />

a) in caso di impugnazione dell’aggiudicazione dalla comunicazione di cui all’articolo 79 del D. Lgs. n. 163/2006 (che<br />

deve contenere anche la motivazione del provvedimento)<br />

b) per i bandi e gli avvisi con cui si indice una gara, autonomamente lesivi, dalla pubblicazione di cui all’articolo 66,<br />

comma 8, dello stesso decreto;<br />

c) ovvero, in ogni altro caso, dalla conoscenza dell’atto (clausola di chiusura inserita dal Governo).<br />

Vi è poi una ulteriore ipotesi, disciplinata dal comma 2 dell’art. 120, che riguarda i termini entro cui contestare una<br />

aggiudicazione avvenuta senza previa pubblicazione del bando.<br />

In questo caso il ricorso deve essere proposto entro trenta giorni, decorrenti dal giorno successivo alla data di<br />

pubblicazione dell’avviso di aggiudicazione definitiva di cui all’articolo 65 e all’articolo 225 del Codice dei contratti<br />

pubblici (avviso sui risultati della procedura di affidamento e agli appalti aggiudicati da pubblicare in determinati casi<br />

244 risulta piuttosto chiaro nell’imporre l’integrale osservanza del rito speciale in tutte le controversie indicate dalla norma, che<br />

contempla espressamente anche i giudizi risarcitori.<br />

3 R. DE NICTOLIS, Il recepimento della direttiva ricorsi nel codice appalti e nel nuovo codice del processo amministrativo, in<br />

www.giustizia-amministrativa.it. Ritiene che questo differenziato regime sia frutto non di consapevole volontà ma di refuso materiale<br />

in sede di riscrittura del rito appalti, e che non si giustifica affatto sul piano della parità delle parti; un’interpretazione storica e<br />

sistematica dovrebbe far intendere la parola “ricorso” contenuta nell’art. 120, co. 5, c.p.a., come “genus” comprensivo sia del ricorso<br />

principale che di quello incidentale.<br />

4 Cons. Stato, Ad. Plen., 15 aprile 2010 n. 2155.<br />

371


secondo le modalità previste nei bandi), a condizione che tale avviso contenga la motivazione dell’atto con cui la<br />

stazione appaltante ha deciso di affidare il contratto senza previa pubblicazione del bando.<br />

Se sono omessi anche tali avvisi oppure se gli avvisi non sono conformi alla legge, è comunque previsto un termine<br />

massimo di sei mesi decorrenti dal giorno successivo alla data di stipulazione del contratto, oltre il quale non può più<br />

essere proposto ricorso.<br />

Con tali disposizioni sono stati, dunque, introdotti termini massimi per impugnare gli atti comunque non superabili (sei<br />

mesi dalla stipula del contratto e trenta giorni dalla pubblicazione degli avvisi richiamati dalla stessa norma). La<br />

scadenza di tali termini ha effetto preclusivo a prescindere dalla piena conoscenza del provvedimento.<br />

Con riguardo al termine massimo di sei mesi, il Consiglio di Stato aveva segnalato la criticità della previsione, pur<br />

riconoscendola coerente con la legge delega e con la direttiva, il cui art. 2-septies prevede che “gli Stati membri possono<br />

stabilire che la proposizione di un ricorso a norma dell’art. 2 quinquies, paragrafo 1, debba avvenire […] in ogni caso<br />

prima dello scadere di un periodo di almeno sei mesi a decorrere dal giorno successivo alla data di stipula del<br />

contratto”.<br />

La direttiva, quindi, lasciava agli Stati facoltà di prevedere un termine preclusivo decorso il quale il ricorso proposto ai<br />

sensi dell’art. 2-quinquies paragrafo 1 (cioè nel caso in cui sia mancata la obbligatoria pubblicità del bando) non può<br />

comunque essere più proposto, a prescindere dal fatto che ci sia stata o meno la piena conoscenza degli atti lesivi. Ove<br />

lo Stato avesse deciso di avvalersi di tale facoltà, il diritto comunitario lasciava agli Stati una ulteriore scelta in merito<br />

alla durata del termine, stabilendo solo che doveva essere di “almeno sei mesi” (quindi non inferiore a sei mesi).<br />

La legge delega ha esercitato tutte le scelte: non solo ha introdotto il termine preclusivo, ma ne ha anche predeterminato<br />

la durata, vincolando il Governo a prevedere i termini minimi di ricorso previsti dalla norma comunitaria (cioè, nel caso<br />

di specie, sei mesi).<br />

Pur risultando quindi imposta la soluzione poi accolta, era stato segnalato che la norma introduce nel nostro<br />

ordinamento un termine massimo preclusivo per la proposizione del ricorso che opera a prescindere da qualsiasi<br />

conoscenza che il soggetto leso possa avere avuto degli atti illegittimi e da qualsiasi forma di pubblicità.<br />

La norma, in tal modo, introducendo una vistosa deroga a principi giuridici consolidati in materia di impugnazione degli<br />

atti amministrativi, risulta del tutto estranea al nostro sistema processuale.<br />

L’effetto di tale preclusione è ancora più rilevante se si considera che essa è destinata ad operare in presenza di<br />

situazioni caratterizzate da una particolare violazione delle regole, riconducibili alle fattispecie di affidamento diretto<br />

senza gara e senza pubblicità. E’ serio, quindi, il rischio che questa disposizione consenta il consolidamento a situazioni<br />

di macroscopica illegittimità, rendendo inattaccabili contratti stipulati senza alcuna gara.<br />

Passando ad altro aspetto va segnalato che, in caso di impugnazione dell’aggiudicazione definitiva da parte di una<br />

stazione appaltante che fruisce del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, il ricorso deve essere notificato, oltre che<br />

presso detta Avvocatura, anche alla stazione appaltante nella sua sede reale, in data non anteriore alla notifica presso<br />

l’Avvocatura, e al solo fine dell’operatività della sospensione obbligatoria del termine per la stipulazione del contratto.<br />

Ciò significa che l’omessa notificazione presso la sede reale non ha alcun effetto sull’ammissibilità del ricorso, ma<br />

rileva unicamente ai fini dell’operatività dell’obbligo di non stipulare il contratto.<br />

Anche questa disposizione, che assume carattere speciale, è stata mantenuta, manche se il Consiglio di Stato aveva<br />

osservato che, se un soggetto è rappresentato dall’Avvocatura dello Stato, spetterà a quest’ultima comunicare<br />

prontamente la ricezione di atti che incidono sull’esercizio dell’attività amministrativa (in alternativa, si poteva<br />

prevedere che il ricorrente comunichi anche in via informale alla stazione appaltante l’avvenuta notificazione del<br />

ricorso presso l’Avvocatura dello Stato).<br />

Il Codice ha, invece, eliminato la deroga relativa al termine per il deposito del ricorso principale, del ricorso incidentale,<br />

dell'atto contenente i motivi aggiunti, dell'appello avverso l'ordinanza cautelare, che era stato fissato in 10 giorni (con<br />

norma vigente, quindi, fino all’entrata in vigore del Codice) e si applica, di conseguenza,il dimezzamento del termine a<br />

15 giorni ai sensi dell’art. 119.<br />

Altra novità introdotta dal D. Lgs. n. 53/2010 è stata la limitazione della tutela al solo ricorso al T.A.R. con esclusione<br />

della possibilità di proporre ricorso straordinario al Capo dello Stato.<br />

Nel precedente testo dell’art. 245 del D. Lgs. n. 163/06 si faceva espresso riferimento al ricorso straordinario, mentre è<br />

ora previsto che gli atti delle procedure di affidamento sono impugnabili “unicamente” mediante ricorso al tribunale<br />

amministrativo regionale competente.<br />

La ragione della scelta va individuata nella accentuata specialità che connota il nuovo rito in materia di appalti;<br />

specialità che ha condotto anche ad escludere il ricordo straordinario in materia di accesso ai documenti amministrativi.<br />

E’ vero che con riferimento all’art. 23-bis l. n. 1034/1971 il Consiglio di Stato ha, in passato, ritenuto che la specialità<br />

del rito non fosse incompatibile con il ricorso straordinario. Tale considerazione non valeva, tuttavia, a mettere in<br />

discussione la scelta effettuata dal D. Lgs. n. 53/2010, in quanto il nuovo rito speciale in materia di appalti risultava<br />

caratterizzato da elementi di specialità senz’altro più marcati rispetto a quelli che caratterizzano il rito abbreviato, anche<br />

se va ora rilevato come tali elementi siano stati attenuati nella versione finale del Codice, anche se è stata tenuta ferma<br />

la scelta di escludere il ricorso straordinario.<br />

Inoltre, si segnala che il Governo non ha recepito l’osservazione della Commissione Affari costituzionali del Senato,<br />

che chiedeva l’espressa previsione della legittimazione dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori,<br />

servizi e forniture ad impugnare gli atti illegittimi dei procedimenti delle gare di appalto. L’introduzione di una<br />

legittimazione processuale attiva in capo a detta Autorità avrebbe costituito, infatti, una surrettizia introduzione della<br />

372


figura del Pubblico ministero nel processo amministrativo, incompatibile con la sua natura strutturale di “giurisdizione<br />

soggettiva”.<br />

Va, infine, ricordato che, ai sensi dell’art. 243-bis del d. lgs. n. 163/06, prima della presentazione di un ricorso le<br />

imprese sono tenute a inviare una informativa in ordine all’intento di proporre ricorso giurisdizionale alla stazione<br />

appaltante, che deve decidere se intervenire o meno in autotutela entro 15 giorni (l’inerzia equivale a diniego di<br />

autotutela).<br />

Non si tratta di un vero e proprio obbligo, ma l’omissione della comunicazione (così l’inerzia della stazione appaltante)<br />

costituiscono comportamenti valutabili, ai fini della decisione sulle spese di giudizio, nonché ai sensi dell’articolo 1227<br />

del codice civile. Converrà, quindi, sempre inviare tale comunicazione prima di proporre ricorso. Si segnala che il<br />

Codice ha sostituito l’articolo 243 bis, comma 6, nei seguenti termini “Il diniego totale o parziale di autotutela, espresso<br />

o tacito, è impugnabile solo unitamente all’atto cui si riferisce, ovvero, se quest’ultimo è già stato impugnato, con<br />

motivi aggiunti”<br />

34.7. Il giudizio cautelare e lo stand-still processuale.<br />

Il D. Lgs. n. 53/2010 aveva introdotto un rito cautelare speciale in materia di appalti, caratterizzato da termini<br />

strettissimi: in caso di domanda cautelare, le parti a cui era notificato il ricorso potevano presentare istanze e memorie,<br />

in relazione ad essa, entro cinque giorni dalla ricevuta notificazione e la domanda cautelare doveva comunque essere<br />

trattata alla prima udienza utile in camera di consiglio, decorso il predetto termine di cinque giorni.<br />

Un termine così stretto (5 giorni) assumeva carattere irragionevole per il mancato coordinamento con il più lungo<br />

termine di 10 giorni per il deposito, che determinava che il termine alle parti resistenti per presentare memorie scadeva<br />

addirittura prima della scadenza del termine per il deposito.<br />

Le parti resistenti avrebbero dovuto presentare memorie, quando il ricorso ancora non era iscritto e per di più dovevano<br />

costantemente controllare l’avvenuto deposito, perché dopo i 5 giorni dalla notificazione era possibile l’immediata<br />

fissazione della camera di consiglio per la decisione sulla domanda cautelare.<br />

In teoria, il ricorrente avrebbe potuto depositare il ricorso dopo i 5 giorni e ottenere la fissazione della camera di<br />

consiglio ad horas.<br />

Tale previsione speciale è ora stata eliminata con la conseguente applicabilità dei termini dimezzati del rito abbreviato:<br />

- la camera di consiglio è la prima successiva al decimo giorno dal perfezionamento, anche per il destinatario,<br />

dell’ultima notificazione e, altresì, al quinto giorno dal deposito del ricorso;<br />

- le parti possono depositare memorie e documenti fino a un giorno libero prima della camera di consiglio; le parti<br />

possono costituirsi anche alla camera di consiglio, ma senza presentare memorie. In via eccezionale, può essere<br />

autorizzata la tardiva presentazione di documenti, ma non di memorie.<br />

I termini per l’esame della domanda cautelare risultano importanti, perché, come già ricordato, il termine sospensivo<br />

(c.d. stand-still), che le stazioni appaltanti devono rispettare fra l’aggiudicazione e la stipulazione del contratto (35<br />

giorni), è prorogato in caso di proposizione del ricorso con domanda cautelare.<br />

La preclusione processuale alla stipulazione del contratto opera dal momento della notificazione dell'istanza cautelare<br />

alla stazione appaltante e per i successivi venti giorni, a condizione che entro tale termine intervenga almeno il<br />

provvedimento cautelare di primo grado o la pubblicazione del dispositivo della sentenza di primo grado in caso di<br />

decisione del merito all'udienza cautelare ovvero fino alla pronuncia di detti provvedimenti se successiva.<br />

Non è, quindi, sufficiente il decorso di 20 giorni ma è necessario che intervenga un ordinanza cautelare collegiale o il<br />

dispositivo della sentenza; se intervengono prima dei 20 giorni, si deve comunque attendere il decorso dei 20 giorni<br />

prima di stipulare.<br />

L’effetto sospensivo cessa anche:<br />

a) quando, in sede di esame della domanda cautelare, il giudice si dichiara incompetente;<br />

b) viene fissata con ordinanza la data di discussione del merito senza concedere misure cautelari;<br />

c) viene rinviato al giudizio di merito l’esame della domanda cautelare, con il consenso delle parti, da intendersi quale<br />

implicita rinuncia all’immediato esame della domanda cautelare.<br />

Tali regole non sono state inserite nel Codice perché non sono regole processuali, ma sostanziali, destinate ad incidere<br />

sulla possibilità delle stazioni appaltanti di stipulare il contratto, anche se in relazione alla proposizione di una domanda<br />

cautelare.<br />

L’automatico prolungamento dell’effetto sospensivo derivante dalla domanda cautelare impone particolare attenzione a<br />

comportamenti processuali dilatori, finalizzati strumentalmente a prolungare la sospensione; il ricorso potrebbe essere<br />

proposto anche pretestuosamente per ottenere la sospensione ex lege della stipula, magari da parte dell’impresa uscente<br />

che, in tal modo, può vedersi prorogato lo svolgimento del servizio o dei lavori fino alla stipula del nuovo contratto.<br />

A tal fine è stato anche previsto che il giudice debba decidere interinalmente sulla domanda cautelare, anche se ordina<br />

adempimenti istruttori, se concede termini a difesa, o se solleva o vengono proposti incidenti processuali.<br />

Per questo è stato anche precisato che l’effetto sospensivo sulla stipulazione del contratto cessa nel caso in cui, in sede<br />

di esame della domanda cautelare, il giudice si limiti a fissare entro trenta giorni l’udienza di merito, senza sospendere<br />

gli atti impugnati; tale pronuncia, infatti, pur fondandosi sulla sussistenza di profili di fumus, non comporta la<br />

concessione di misure cautelari, o meglio costituisce un accoglimento parziale della domanda cautelare ai soli fini della<br />

fissazione del merito, con reiezione (anche implicita) della richiesta di sospensione degli atti impugnati e ciò determina<br />

la cessazione dello stand-still. Analoga cessazione dell’effetto sospensivo si ha in caso di rinvio al merito, con il<br />

373


consenso delle parti, dell’esame della domanda cautelare, integrando tale ipotesi una implicita rinuncia all’immediato<br />

esame della domanda cautelare, incompatibile con il permanere dello stand-still.<br />

34.8. Altre disposizioni processuali.<br />

Nel Codice sono state eliminate specifiche disposizioni per il processo appalti sulla competenza territoriale, essendo poi<br />

stata generalizzata la scelta della inderogabilità della competenza territoriale.<br />

Rispetto alla disciplina introdotta dal D. Lgs. n. 53/2010 ( e vigente fino al 16 settembre 2010) la previsione della<br />

fissazione dell’udienza di merito entro un termine massimo di sessanta giorni dalla scadenza del termine per la<br />

costituzione delle parti diverse dal ricorrente è stata sostituita da una meno stringente fissazione d’ufficio dell’udienza<br />

con assoluta priorità.<br />

E’ altresì stato previsto, in coerenza con il principio generale della sinteticità degli atti di cui all’art. 3 del Codice, che<br />

tutti gli atti di parte e i provvedimenti del giudice devono essere sintetici e la sentenza è redatta, ordinariamente, in<br />

forma semplificata.<br />

Si tratta comunque di disposizioni prive di sanzioni.<br />

In deroga alla nuova regola della facoltatività del dispositivo, reso a richiesta di parte nel rito abbreviato di cui all’art.<br />

119, è invece stato previsto che il dispositivo del provvedimento con cui il tribunale amministrativo regionale definisce<br />

il giudizio è pubblicato entro sette giorni dalla data della sua deliberazione.<br />

Non chiaro è il riferimento al provvedimento, che potrebbe essere inteso come riferito anche a ordinanze, ma ciò<br />

contrasta con la successiva locuzione “che definisce il giudizio”; sarebbe stato meglio riferirsi al dispositivo delle<br />

sentenze.<br />

L’obbligatorietà del dispositivo, che è una deroga rispetto al rito abbreviato, viene però a sua volta derogata in appello;<br />

il mancato richiamo dell’applicabilità del comma 9 in appello da parte del comma 11 dello stesso art. 120 determina che<br />

davanti al Consiglio di Stato il dispositivo è a richiesta di parte anche nel processo appalti.<br />

La ragione della obbligatorietà della pubblicazione del dispositivo in primo grado risiede nella possibilità che sia ancora<br />

in corso la sospensione della stipula del contratto con la conseguente esigenza di accelerare la conoscenza dell’esito del<br />

giudizio (si pensi al caso della sentenza pronunciata in sede di esame cautelare, che prolunga appunto la sospensione<br />

fino alla pubblicazione del dispositivo).<br />

Nella relazione governativa, si rappresenta che tale esigenza, per definizione, non è ipotizzabile in secondo grado –<br />

risolvendosi l’impedimento ex lege alla stipulazione comunque con la definizione del giudizio cautelare o di merito in<br />

primo grado – si è preferito non estendere una tale disposizione speciale al giudizio di ultimo grado; per il quale vanno<br />

anche ponderati gli inconvenienti connessi con l’irreparabilità di eventuali sviste occorse in sede decisoria e riscontrate<br />

solo al momento della redazione della sentenza.<br />

Tralasciando l’aspetto meno tecnico delle “sviste”, si rileva che anche in appello, vi possono essere casi di permanenza<br />

della impossibilità di stipulare il contratto che avrebbero richiesto una analoga soluzione (ad es., quando il Consiglio di<br />

Stato ha accolto un appello cautelare e ha poi sospeso la sentenza del tar di reiezione del ricorso). 5<br />

34.9. L’estensione della giurisdizione amministrativa alla sorte del contratto.<br />

Fino al recepimento della Direttiva ricorsi la questione di giurisdizione sulla cognizione in ordine alla sorte del contratto<br />

stipulato in seguito ad una aggiudicazione poi annullata presentava profili problematici.<br />

La Cassazione aveva affermato che, annullata l'aggiudicazione da parte del G.A., le controversie relative alla sorte che il<br />

contratto subisce a causa di detto annullamento sono devolute alla giurisdizione del G.O. 6<br />

Gli effetti di tale pronuncia, che rischiava di incidere sull’effettività della tutela e sulla concentrazione dei giudizi,<br />

costringendo il ricorrente ad adire due giurisdizioni per la stessa vicenda, erano stati in parte attenuati dal Consiglio di<br />

Stato, che aveva affermato che era in questi casi utilizzabile il giudizio di ottemperanza della decisione di annullamento<br />

dell’aggiudicazione; giudizio non precluso dalla circostanza che, nelle more della definizione del giudizio di<br />

cognizione, il contratto è già stato stipulato e che pende davanti al giudice ordinario un giudizio per l'impugnativa<br />

negoziale dello stesso. Ferma infatti restando la giurisdizione del giudice ordinario sulla sorte del contratto, l'eventuale<br />

nullità o inefficacia del contratto stipulato può comunque essere valutata incidenter tantum dall'amministrazione<br />

chiamata a dare esecuzione al giudicato e, di conseguenza, può essere incidentalmente valutata dal giudice<br />

amministrativo in sede di ottemperanza, in quanto in tale sede egli si sostituisce all'amministrazione rimasta inerte ed<br />

esercita una giurisdizione di merito. 7<br />

5 M. LIPARI, La direttiva ricorsi nel codice del processo amministrativo: dal 16 settembre 2010 si cambia ancora ?,, cit. evidenzia,<br />

con riguardo alla disciplina del dispositivo che l’impressione è che il codice, in questa parte così importante, riguardante la<br />

formazione della certezza legale della decisione del giudice, contenga più di una sbavatura, contraddicendo la linea di chiarezza e<br />

semplificazione che pervade tutto il disegno di riforma della giustizia amministrativa, osservando che, ora, avremo la seguente serie:<br />

a) regola: non si pubblica il dispositivo;<br />

b) eccezione: nelle materie dell’articolo 119, si pubblica il dispositivo a domanda;<br />

c) eccezione all’eccezione: nelle materie dell’articolo 120, si pubblica sempre il dispositivo, anche in mancanza di domanda;<br />

d) eccezione all’eccezione dell’eccezione: in appello e nei giudizi di impugnazione, nelle materie dell’articolo 120, si pubblica il<br />

dispositivo a domanda.<br />

6 Cass. sez. un. 28 dicembre 2007, n. 27169.<br />

7 Cons. Stato, Ad. plen., 30 luglio 2008, n. 9.<br />

374


L’intera impostazione della direttiva ricorsi conduceva ad attribuire ad un unico “organo di ricorso indipendente” il<br />

compito di conoscere delle illegittimità delle procedure di gare e di accertare la carenza di effetti del contratto.<br />

In coerenza con la direttiva la legge delega ha previsto la giurisdizione del giudice amministrativo sulla sorte del<br />

contratto all’esito dell’annullamento dell’aggiudicazione, qualificando tale giurisdizione come esclusiva (art. 44,<br />

comma 3, lett. h, della l. n. 88/09).<br />

Del resto, la necessità di concentrare davanti ad un unico giudice le controversie aventi ad oggetto l’aggiudicazione e la<br />

sorte del contratto ha reso obbligata la scelta del legislatore delegante, derivando la giurisdizione del giudice<br />

amministrativo sugli atti delle procedure di evidenza pubblica dal criterio di riparto di giurisdizione di cui all’art. 103<br />

della Costituzione, prima ancora che dalle norme primarie che attribuiscono al giudice amministrativo tale tipologia di<br />

controversie (art. 244 del Codice dei contratti). Si tratta, infatti, di procedimenti di natura amministrativa, rispetto ai<br />

quali le posizioni dei privati assumono consistenza di interesse legittimo al corretto svolgimento della procedura.<br />

La necessaria estensione di tale giurisdizione alla cognizione circa la sorte del contratto costituisce una tipica ipotesi di<br />

presenza di posizioni giuridiche differenziate di interesse legittimo e di diritto soggettivo, che rende necessario<br />

qualificare tale giurisdizione come esclusiva.<br />

L’esplicitazione della sussistenza della giurisdizione amministrativa sulla sorte del contratto è avvenuta attraverso la<br />

modifica dell’art. 244 del Codice dei contratti, oggi trasfusa nell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1), che prevede appunto<br />

l’estensione della giurisdizione esclusiva del g.a. alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento<br />

dell’aggiudicazione ed alle sanzioni alternative.<br />

Prima ancora della definitiva approvazione del decreto di recepimento della direttiva ricorsi, la svolta sulla giurisdizione<br />

è stata anticipata da revirement della Cassazione, che, consapevole della necessità derivante dall’ordinamento<br />

dell’Unione europea di concentrare la tutela davanti ad un unico giudice, ha affermato che, sin dalla data di entrata in<br />

vigore della direttiva ricorsi, una interpretazione orientata costituzionalmente e quindi comunitariamente (art. 117 Cost.)<br />

delle norme che precedono, per le gare bandite dopo tale data, rende necessario l'esame congiunto della domanda di<br />

invalidità dell'aggiudicazione e di privazione degli effetti del contratto concluso, nonostante l'annullamento della gara,<br />

prima o dopo la decisione del giudice adito, in ragione dei principi che la norma comunitaria impone agli Stati membri<br />

di attuare che corrispondono a quelli di concentrazione, effettività e ragionevole durata del giusto processo disegnato<br />

nella carta costituzionale. 8<br />

La necessità di concentrare su un solo giudice la cognizione di diritti e interessi quando sia domandata la caducazione<br />

degli effetti del contratto di appalto come reintegratoria del diritto sorto dall'annullamento della gara chiesto con il<br />

medesimo del termine per la trasposizione di essa nell'ordinamento interno incide sull'interpretazione delle norme in<br />

materia (su tale valenza ermeneutica delle Direttive, cfr. S.U. 16 marzo 2009 n. 6316), e impone di riconoscere il rilievo<br />

per il diritto comunitario della connessione tra le domande in precedenza ritenuta irrilevante a favore di una<br />

giurisdizione unica del giudice amministrativo, estesa anche agli effetti del contratto concluso a seguito di illegittima<br />

aggiudicazione, che appare certa nelle materie di giurisdizione esclusiva.<br />

Tale conclusione – prosegue la Cassazione - è pienamente conforme alle norme costituzionali che impongono la<br />

effettività della tutela (artt. 24 e 111 Cost.) perché la rilevanza della connessione denegata in passato per la cognizione<br />

congiunta della lesione degli interessi legittimi e dei diritti conseguenti, non è oggi contestabile, derivando da norma<br />

comunitaria incidente sulla ermeneutica delle norme interne (art. 117), che è vincolante in tale senso per l'interprete.<br />

La posizione soggettiva del ricorrente, che ha chiesto il risarcimento in forma specifica delle posizioni soggettive a base<br />

delle sue domande di annullamento dell'aggiudicazione e di caducazione del contratto concluso dall'aggiudicatario, è da<br />

trattare unitariamente dal giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva ai sensi della Direttiva CE n.<br />

66/2007, che riconosce il rilievo peculiare in tal senso alla connessione tra le due indicate domande, che pertanto vanno<br />

decise di regola da un solo giudice.<br />

La Cassazione ha fatto anche retroagire l’applicabilità del principio al dicembre del 2007, rilevando che la soluzione<br />

indicata è ormai ineludibile per tutte le controversie in cui la procedura di affidamento sia intervenuta dopo il dicembre<br />

2007, data dell'entrata in vigore della richiamata normativa comunitaria del 2007 e, comunque, quando la tutela delle<br />

due posizioni soggettive sia consentita dall'attribuzione della cognizione al giudice amministrativo di esse nelle materie<br />

di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e possa essere effettiva solo attraverso la perdita di efficacia dei<br />

contratti conclusi dall'aggiudicante con l'aggiudicatario prima o dopo l'annullamento degli atti di gara, fermo restando il<br />

potere del giudice amministrativo di preferire, motivatamente e in relazione agli interessi generali e pubblici oggetto di<br />

controversia, un'eventuale reintegrazione per equivalente, se richiesta dal ricorrente in via subordinata».<br />

Dunque, la Suprema Corte riconosce al diritto comunitario, benché ancora non recepito nel diritto interno, una decisiva<br />

valenza ermeneutica delle norme nazionali imponendo di darne un’interpretazione comunitariamente orientata.<br />

La legge delega per il recepimento della direttiva ricorsi non è stata, invece, attuata per attribuire al giudice<br />

amministrativo anche una giurisdizione di merito, benché fosse consentita tale possibilità.<br />

La scelta di non prevedere una giurisdizione di merito è stata con forza sostenuta dal Consiglio di Stato, in sede di<br />

parere, in quanto la previsione di una ipotesi di giurisdizione di merito presuppone che la legge autorizzi il giudice<br />

amministrativo a “sostituirsi” all’amministrazione, effettuando in luogo di questa scelte discrezionali conformi a regole<br />

non giuridiche di buona amministrazione, che attengono ai profili di opportunità e di convenienza del provvedimento<br />

amministrativo, che può essere adottato dal giudice o da un suo ausiliare in sostituzione, appunto, dell’amministrazione.<br />

8 Cassazione, sezioni unite civili, ordinanza 10 febbraio 2010, n. 2906.<br />

375


Tale carattere della giurisdizione, peraltro in fase di contrazione proprio con l’allora emanando Codice, mal si attaglia a<br />

controversie aventi ad oggetto aspetti, di natura civilistica, inerenti l’effetto dell’annullamento dell’aggiudicazione sul<br />

contratto già stipulato.<br />

Pur potendo essere prevista in tali casi la scelta da parte del giudice tra più rimedi, tale scelta non costituisce l’esercizio<br />

di un potere di merito, ma l’esito di valutazioni effettuate in sede giurisdizionale sulla base di presupposti<br />

predeterminati dal legislatore.<br />

34.10. La declaratoria di inefficacia del contratto.<br />

Come esposto nel primo paragrafo, la direttiva comunitaria prevede che in alcune ipotesi tipiche l’accertata violazione<br />

di determinati precetti del diritto comunitario deve comportare – obbligatoriamente - la integrale “privazione di effetti”<br />

del contratto eventualmente stipulato, salve alcune tassative eccezioni che conducono all’applicazione di sanzioni<br />

alternative, mentre negli altri casi la tutela della parte interessata è rimessa al diritto nazionale, il quale poteva anche<br />

prevedere che essa fosse limitata al solo risarcimento del danno per equivalente.<br />

La scelta del nostro legislatore è stata quella di prevedere la possibile caducazione del contratto anche negli altri casi, e<br />

non solo per i vizi più gravi per i quali l’art. 2-quinques, comma 1, della direttiva imponeva agli Stati membri in via<br />

obbligatoria di introdurre la privazione di effetti, seppur temperata da alcune deroghe.<br />

Il termine utilizzato dal D. Lgs. n. 53/2010 (dichiarazione di inefficacia del contratto) è il frutto dell’accoglimento di<br />

una specifica osservazione del Consiglio di Stato.<br />

La traduzione italiana della direttiva e la legge delega avevano utilizzato il termine “privazione di effetti” e il Governo<br />

aveva proposto tale locuzione.<br />

Il Consiglio di Stato aveva osservato che non si trattava di una scelta obbligata, sia perché le direttive comunitarie<br />

spesso volutamente usano termini generici idonei ad essere adattati ai singoli ordinamenti degli Stati membri, sia perché<br />

la traduzione in altre lingue della stessa direttiva 2077/66 non è esattamente coincidente con il termine “privazione di<br />

effetti”.<br />

Il termine “privazione di effetti” del contratto è volutamente generico proprio perché destinato ad incidere su<br />

ordinamenti, ispirati a principi anche molto diversi fra loro su tale materia.<br />

Inoltre, i testi della direttiva tradotti in altre lingue fanno riferimento all’inefficacia: nella versione spagnola si utilizzano<br />

le parole “declare la ineficacia”; in quella inglese “is considered ineffective”; in quella francese, invece, si dice “déclare<br />

dépourvu d’effets”.<br />

Nella versione francese si parla però anche di “absence d’effets”, in quella spagnola, nel considerando, “falta de<br />

efectos” e anche nella direttiva tradotta in italiano – al considerando 13 – si fa riferimento all’accertamento da parte del<br />

giudice della carenza di effetti.<br />

In tale situazione, è stato ritenuto preferibile recepire la direttiva, utilizzando termini e istituti che il nostro ordinamento<br />

ha già approfondito e sperimentato con riguardo proprio alla questione della sorte del contratto all’esito<br />

dell’annullamento dell’aggiudicazione.<br />

Non si intende in questa sede approfondire i vari orientamenti giurisprudenziali sviluppatisi sul punto, ci si limita a<br />

ricordare che la tradizionale tesi dell’annullabilità del contratto in seguito all’annullamento dell’aggiudicazione sia stata<br />

superata da orientamenti tendenti ad una caducazione automatica del contratto, che hanno sviluppato in vario modo le<br />

tesi della nullità e soprattutto della inefficacia (a partire da Cons. Stato, VI, n. 2332/2003).<br />

Tale ultimo sviluppo giurisprudenziale appare maggiormente coerente con la ratio della direttiva comunitaria, che mira<br />

a colpire, soprattutto in caso di violazioni gravi, il contratto stipulato in base ad una aggiudicazione viziata.<br />

In particolare, l’inefficacia meglio si presta a correggere il difetto di una locuzione atecnica e generica, quale è la<br />

“privazione di effetti” e a comprendere le diverse possibilità di incidere sul contratto con effetti ex tunc o ex nunc.<br />

E’ noto che la categoria dell’inefficacia non è disciplinata dal codice civile, che però se ne occupa con riferimento a<br />

istituti di carattere sia generale (ad es. la condizione ex art. 1353 c.c.), che particolare (ad es. azione revocatoria ex artt.<br />

2901 e ss.).<br />

Spetta al legislatore disciplinare i presupposti e le condizioni perché possa essere dichiarata l’inefficacia e, con<br />

riferimento alla materia qui in esame, la declaratoria di inefficacia presuppone l’accertamento del vizio<br />

dell’aggiudicazione e dell’assenza degli elementi, che sotto diversi profili – nei limiti di quanto previsto dalla direttiva –<br />

possono determinare che il contratto resti efficace.<br />

Tale accertamento, come già detto, non integra una nuova ipotesi di giurisdizione di merito, ma va fatto in base ad<br />

elementi predeterminati dal legislatore, che spetterà alla giurisprudenza rendere maggiormente oggettivi.<br />

Gli effetti dell’annullamento dell’aggiudicazione sono, pertanto, rimessi alla scelta (non di merito) del giudice e i suoi<br />

presupposti variano in funzione della tipologia e della gravità del vizio dell’aggiudicazione.<br />

La prima ipotesi è quella delle violazioni gravi, che ricorrono in presenza di :<br />

a) l’affidamento diretto di un appalto senza previa pubblicazione del bando;<br />

b) aggiudicazione definitiva è avvenuta con procedura negoziata senza bando o con affidamento in economia fuori dai<br />

casi consentiti e senza pubblicità del bando o avviso con cui si indice una gara;<br />

c) la violazione dei termini sospensivi (sia il primo stand-still che quello processuale) per la stipula del contratto che<br />

abbia privato il ricorrente della possibilità di avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipulazione del contratto e abbia<br />

influito sulle opportunità del ricorrente di ottenere l’affidamento.<br />

376


In tali casi, la regola è l’inefficacia del contratto con decorrenza ex tunc e l’eccezione è costituita dalla declaratoria di<br />

inefficacia ex nunc o dalla conservazione degli effetti del contratto con applicazione in entrambi i casi delle sanzioni<br />

ulteriori.<br />

Il mantenimento dell’efficacia del contratto può avvenire qualora venga accertato che il rispetto di esigenze imperative<br />

connesse ad un interesse generale imponga che i suoi effetti siano mantenuti.<br />

Tra le esigenze imperative rientrano, fra l’altro, quelle imprescindibili di carattere tecnico o di altro tipo, tali da rendere<br />

evidente che i residui obblighi contrattuali possono essere rispettati solo dall’esecutore attuale; si tratta di una<br />

indicazione solo esemplificativa, collegata non all’interesse della parte privata che ha stipulato, ma ad una obiettiva<br />

difficoltà tecnica nel consentire il subentro.<br />

Viene, inoltre, precisato che gli interessi economici possono essere presi in considerazione come esigenze imperative<br />

solo in circostanze eccezionali in cui l’inefficacia del contratto conduce a conseguenze sproporzionate, avuto anche<br />

riguardo all’eventuale mancata proposizione della domanda di subentro nel contratto nei casi in cui il vizio<br />

dell’aggiudicazione non comporta l’obbligo di rinnovare la gara.<br />

E’ ribadita, quindi, l’eccezionalità della conservazione degli effetti del contratto e tra gli elementi che il giudice deve<br />

tenere in considerazione ci è anche l’eventuale proposizione della domanda di subentro nei casi in cui il vizio accolto<br />

conduca al conseguimento dell’aggiudicazione da parte del ricorrente (non ha senso, infatti, proporre una domanda di<br />

subentro quando il vizio accolto porti alla rinnovazione della procedura di gara, come nel caso di appalto aggiudicato<br />

senza gara).<br />

Come risulta anche dalla “esemplificazione legislativa” si deve ritenere che le ragioni idonee ad evitare la dichiarazione<br />

di inefficacia attengono essenzialmente alle esigenze di tutela dell’interesse pubblico che sta alla base della decisione<br />

dell’amministrazione di indire quella determinata procedura di gara. 9<br />

La formulazione della norma sembra lasciare intendere che nei casi gravi, anche quando il vizio possa condurre al<br />

conseguimento dell’aggiudicazione, l’eventuale mancata proposizione della domanda di subentro non costituisce un<br />

limite alla declaratori di inefficacia del contratto (sul punto, v. il par. seguente).<br />

Non costituiscono, comunque, esigenze imperative gli interessi economici legati direttamente al contratto, che<br />

comprendono fra l’altro i costi derivanti dal ritardo nell’esecuzione del contratto stesso, dalla necessità di indire una<br />

nuova procedura di aggiudicazione, dal cambio dell’operatore economico e dagli obblighi di legge risultanti dalla<br />

dichiarazione di inefficacia.<br />

Quando il giudice non dichiara l’inefficacia del contratto nei casi gravi, scatta un obbligo di trasmissione alla<br />

Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le politiche comunitarie delle sentenze (adempimento da<br />

effettuare a cura delle segreterie anche in assenza di specifico ordine nella parte dispositiva delle sentenze).<br />

Viene, poi, specificata l’ipotesi di non applicazione della inefficacia quando la stazione appaltante segue la procedura,<br />

prevista dagli articoli 2-quinques, comma 4 e 3-bis della direttiva, caratterizzata da un avviso volontario per la<br />

trasparenza preventiva.<br />

Infine, si segnala che la regola è la declaratoria di inefficacia con effetti ex tunc e ciò si ricava dalla previsione di<br />

sanzioni alternative quando la declaratoria è limitata ad effetti ex nunc.<br />

La distinzione tra effetti ex tunc o ex nunc non è stata finora approfondita dalla giurisprudenza, ma ora sarà necessario<br />

dare un significato a tale distinzione e l’unico senso ragionevole è quello di ritenere che la declaratoria ex tunc travolga<br />

anche la parte di contratto già eseguita, che resta quindi senza causa con i conseguenti obblighi di restituzione nei limiti<br />

dell’arricchimento.<br />

In sostanza, la parte che ha eseguito un contratto, dichiarato poi inefficace ex tunc, dovrebbe restituire il corrispettivo<br />

ricevuto, trattenendo solo i costi; deve restituire, quindi, l’utile e tale restituzione in favore della stazione appaltante<br />

costituirà in genere la quantificazione del risarcimento del danno in favore della parte ricorrente vincitrice in giudizio<br />

(in realtà non sempre vi sarà tale corrispondenza, in quanto in caso di accertamento del diritto a conseguire il contratto,<br />

potranno essere invocati anche danni curriculari ulteriori rispetto all’utile non percepito; mentre in caso di vizio che<br />

avrebbe condotto alla rinnovazione della gara, non più possibile per l’integrale esecuzione del contratto, il danno è<br />

limitato alla perdita di chance che è una percentuale di quell’utile).<br />

Del resto, il considerando 21 della direttiva prevede, in caso che gli obblighi derivanti dal contratto siano stati già in<br />

parte adempiuti, che “il diritto nazionale dovrà determinare inoltre le conseguenze riguardanti il possibile recupero delle<br />

somme eventualmente versate nonché ogni altra forma di possibile restituzione, compresa la restituzione in valore<br />

qualora la restituzione in natura non sia possibile”.<br />

Il D. Lgs. n. 53/2010 non ha affrontato tale punto, nonostante una indicazione in tal senso da parte del Consiglio di<br />

Stato e la questione dovrà essere risolta in base ai principi generali, non potendo essere escluso che in alcuni casi vi<br />

possa essere un contenzioso tra le due imprese private, avente ad oggetto la restituzione dell’utile percepito da chi ha<br />

eseguito (illegittimamente) il contratto; contenzioso che potrebbe porre l’ulteriore problema della individuazione della<br />

giurisdizione cui rivolgersi.<br />

In caso di violazioni non gravi (inefficacia del contratto negli altri casi – art. 122), il legislatore, che avrebbe anche<br />

potuto limitare la tutela al risarcimento del danno, ha scelto invece di attribuire al giudice che annulla l’aggiudicazione<br />

definitiva il compito di stabilire se dichiarare inefficace il contratto, fissandone la decorrenza, tenendo conto, in<br />

9 In questo senso. V. LOPILATO, Categorie contrattuali, contratti pubblici e i nuovi rimedi previsti dal decreto legislativo n. 53 del<br />

2010 di attuazione della direttiva ricorsi, in www.giustamm.it, giugno 2010.<br />

377


particolare, degli interessi delle parti, dell’effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione alla luce<br />

dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in cui il<br />

vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara e la domanda di subentrare sia stata proposta.<br />

Qui non vi è una netta preferenza in favore dell’inefficacia e gli elementi da valutare sono meno obiettivo, anche se si<br />

tratta pur sempre di valutazioni non di merito.<br />

Vi è un maggiore rilievo alla proposizione della domanda di subentro, come verrà di seguito illustrato.<br />

Infine, la collocazione delle norme sull’inefficacia nel Codice avvalora il loro contenuto processuale e la tesi<br />

dell’immediata applicabilità anche ai giudizi in corso. 10<br />

34.11. Inefficacia del contratto, subentro e domande delle parti.<br />

Il descritto regime della inefficacia del contratto pone alcuni interrogativi sulla natura di tale declaratoria di inefficacia<br />

del contratto e sui rapporti tra il potere del giudice e le domande delle parti.<br />

Il problema va affrontato in modo separato per le violazioni gravi e per gli altri casi.<br />

Per le violazioni gravi l’art. 121, comma 2, sembra alludere ad una domanda di “subentro” nel rapporto contrattuale che<br />

potrebbe anche mancare senza per questo impedire l’accertamento di inefficacia.<br />

In primo luogo, va rilevato come i principali casi violazioni gravi riguardano contratti stipulati senza gara e, in questi<br />

casi, il vizio accolto non potrà mai condurre al diretto conseguimento dell’aggiudicazione, ma alla rinnovazione della<br />

procedura mediante gara.<br />

In questi casi non è neanche ipotizzabile proporre una domanda di subentro e la richiesta di annullamento<br />

dell’affidamento diretto dovrebbe presupporre un accertamento dell’inefficacia del contratto, al fine di ottenere<br />

l’obbligo conformativo di rinnovare la procedura.<br />

Il ricorrente potrebbe però chiedere espressamente solo il risarcimento del danno da perdita di chance, rinunciando ad<br />

avvalersi del predetto obbligo conformativo.<br />

Altra ipotesi è quella della violazione grave per l’inosservanza del rispetto del periodo di sospensione della stipula del<br />

contratto, accompagnata da un vizio dell’aggiudicazione e qui può ricorrere l’ipotesi del possibile conseguimento<br />

dell’aggiudicazione con subentro del ricorrente in un contratto in corso di esecuzione.<br />

Anche in questo caso può mancare la domanda di subentro e il ricorrente potrebbe chiedere solo il risarcimento del<br />

danno per equivalente.<br />

Ci si deve chiedere se le due descritte condotte processuali limitino il potere del giudice di dichiarare il contratto<br />

inefficace.<br />

Pur condividendo le critiche mosse alla configurazione di tale potere officioso 11 , il citato dato letterale della norma non<br />

sembra impedire in tali casi la declaratoria di inefficacia; peraltro, è pacifico che il giudice potrebbe mantenere in vita il<br />

contratto, ma poi accorciarne anche in modo sensibile la durata residua come sanzione alternativa.<br />

L’art. 121 sembra aver introdotto una sorta di annullamento pieno dell’aggiudicazione, esteso alla declaratoria di<br />

inefficacia del contratto, a tutela del diritto dell’Unione europea. 12<br />

Tale potere crea certamente qualche problema di sistema nel nostro ordinamento, ma questa appare la scelta che è stata<br />

effettuata dal legislatore.<br />

Negli altri casi (violazioni non gravi), la riposta è invece diversa.<br />

L’art. 122 dà maggiore rilievo alla domanda di subentro, che nel successivo art. 124 è definita anche domanda di<br />

conseguire l’aggiudicazione e il contratto 13 e si deve ritenere che in tanto va pronunciata l’inefficacia in quanto sia<br />

chiesto il subentro, che a quella pronuncia è subordinato.<br />

La mancata domanda di subentro o di conseguimento dell’aggiudicazione e del contratto preclude la declaratoria di<br />

inefficacia, e potrà essere valutata – ai sensi dell’art. 1227 c.c., ai fini dell’esame della domanda risarcitoria (v. oltre).<br />

Va precisato che una volta proposta la domanda di subentro non serve una espressa domanda di dichiarare il contratto<br />

inefficace; può essere consigliato alle parti di proporla comunque, ma deve ritenersi che rispetto alla domanda di<br />

subentro l’accertamento dell’inefficacia del contratto costituisca comunque una questione pregiudiziale rimessa al<br />

giudice dalla domanda di parte, pur non attenendo al titolo della domanda (i beni della vita che il ricorrente domanda<br />

sono l’aggiudicazione e il contratto e l’esistenza del contratto è un fatto impeditivo del diritto fatto valere in giudizio).<br />

Tale soluzione evita interpretazioni formalistiche, tendenti a precludere la tutela per la sola assenza di una domanda<br />

(accertamento dell’inefficacia del contratto), attinente ad una questione che può comunque essere esaminata in via<br />

pregiudiziale e decisa con efficacia di giudicato, come previsto dall’art. 34 c.p.c..<br />

10 In questo senso, ;M. LIPARI, La direttiva ricorsi nel codice del processo amministrativo: dal 16 settembre 2010 si cambia ancora<br />

?, in www.giustamm.it., luglio 2010<br />

11 F. CINTIOLI, In difesa del processo di parti ((Note a prima lettura del parere del Consiglio di Stato sul “nuovo” processo<br />

amministrativo sui contratti pubblici), in www.giustamm.it., marzo 2010.<br />

12 Secondo altra tesi, la rilevabilità d’ufficio dell’inefficacia del contratto costituisce logica conseguenza della qualificazione del<br />

rimedio in termini di nullità del contratto per violazione di norma imperativa ovvero, valutate nel loro insieme le disposizioni cogenti<br />

rilevanti nel settore, per violazione dell’ordine pubblico economico (V. LOPILATO, Categorie contrattuali, contratti pubblici e i nuovi<br />

rimedi previsti dal decreto legislativo n. 53 del 2010 di attuazione della direttiva ricorsi, cit.).<br />

13 Secondo V. LOPILATO, Categorie contrattuali, contratti pubblici e i nuovi rimedi previsti dal decreto legislativo n. 53 del 2010 di<br />

attuazione della direttiva ricorsi, cit., la domanda di conseguire l’aggiudicazione e il contratto costituisce una sorta di azione di<br />

adempimento.<br />

378


Anche ragionando diversamente, si dovrebbe comunque ritenere che la parte che chiede il subentro chiede<br />

implicitamente anche la pronuncia di inefficacia, che ne è il presupposto, pervenendo allo stesso risultato; stessa<br />

conclusione vale per chi chiede l’annullamento dell’aggiudicazione al fine di conseguire la rinnovazione della gara,<br />

previa declaratoria di inefficacia del contratto (tale interesse strumentale deve emergere dalla domanda, anche in<br />

assenza di una formale domanda di accertamento dell’inefficacia del contratto).<br />

Se invece viene chiesto solo il risarcimento per equivalente, non vi è luogo a pronuncia di inefficacia.<br />

Un ultimo aspetto concerne l’accoglimento della domanda di subentro o di conseguimento dell’aggiudicazione e del<br />

contratto rispetto ad eventuali ulteriori accertamenti, rimessi alla stazione appaltante, quali possono essere la verifica<br />

(obbligatoria o facoltativa) dell’anomalia dell’offerta del ricorrente; altre verifica documentali (l’aggiudicazione<br />

definitiva diviene efficace dopo la verifica del possesso dei prescritti requisiti ex art. 11, comma 8, d. lgs. n. 163/06, e<br />

solo successivamente la stazione appaltante può stipulare il contratto).<br />

Da un lato l’accoglimento sic et simpliciter della domanda di subentro (nel contratto) può far pensare ad un giudicato di<br />

accertamento definitivo e assoluto di tale diritto, a dispetto degli obblighi di verifica imposti dalla legge; dall’altro, un<br />

richiamo da parte del giudice troppo puntuale alla p.a. dei suoi obblighi di legge può essere male interpretato e indurre<br />

le stazioni appaltanti a successive esclusioni.<br />

Sarebbe preferibile che nelle sentenze vengano utilizzate formule che tengano conto di entrambe le esigenze, con<br />

l’accoglimento della domanda diretta a conseguire l’aggiudicazione e il subentro nel contratto, “sotto le condizioni di<br />

legge”.<br />

34.12. Le sanzioni alternative.<br />

Nei casi di gravi violazioni, come già detto, il giudice, nel conservare in vita il contratto, deve procedere<br />

all’applicazione di sanzioni alternative (art. 123).<br />

Si tratta, quindi, di due sanzioni (sanzione pecuniaria e riduzione della durata del contratto), previste in alternativa alla<br />

totale inefficacia del contratto.<br />

Forti dubbi vi sono sulla coerenza con il nostro ordinamento della previsione di un potere d’ufficio del giudice di<br />

irrogare sanzioni alternative, in assenza di uno specifico contraddittorio, rispetto alle quali le parti potrebbero trovarsi<br />

nell’impossibilità di controdedurre (ad esempio, nell’ipotesi di sanzioni applicate con la decisione di appello; problema<br />

solo in parte risolto dalle modifiche di cui si dirà oltre).<br />

Tuttavia, si rileva che l’art. 2-sexies, comma 2, della direttiva richiama le sanzioni alternative con specifico riferimento<br />

alle valutazioni dell’organo di ricorso e ciò rende la soluzione individuata nello schema coerente con la direttiva,<br />

rispetto ad altre soluzioni in astratto ipotizzabili, quale, ad esempio, la attribuzione della competenza ad irrogare le<br />

sanzioni all’Autorità di vigilanza a seguito della trasmissione delle sentenze da parte del giudice amministrativo<br />

(soluzione che restava preferibile, ma che non è stata perseguita).<br />

Le sanzioni alternative, che possono essere applicate alternativamente o cumulativamente e che vanno tenute distinte<br />

dal risarcimento del danno che non costituisce una sanzione, sono:<br />

a) la sanzione pecuniaria nei confronti della stazione appaltante, di importo dallo 0,5% al 5% del valore del contratto,<br />

inteso come prezzo di aggiudicazione;;<br />

b) la riduzione della durata del contratto, ove possibile, da un minimo del dieci per cento ad un massimo del cinquanta<br />

per cento della durata residua alla data di pubblicazione del dispositivo.<br />

Per assicurare il contraddittorio in sede di applicazione, da parte del giudice, delle sanzioni alternative, e accogliendo<br />

un’osservazione formulata sul punto dalla Commissione Affari costituzionali della Camera, è stato espressamente<br />

richiamato il principio, stabilito in via generale dal codice in materia di eccezioni rilevabili d’ufficio, secondo cui prima<br />

di comminare dette sanzioni occorre dare avviso alle parti per dar loro modo di controdedurre sulla questione (art. 123,<br />

comma 2).<br />

Un ulteriore caso di applicazione delle sanzioni alternative ricorre quando il contratto è stato stipulato senza rispettare il<br />

termine dilatorio stabilito per la stipulazione del contratto, ovvero è stato stipulato senza rispettare la sospensione della<br />

stipulazione derivante dalla proposizione del ricorso giurisdizionale avverso l’aggiudicazione definitiva, qualora la<br />

violazione non abbia privato il ricorrente della possibilità di avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipulazione del<br />

contratto e non abbia influito sulle possibilità del ricorrente di ottenere l’affidamento.<br />

In sostanza, la violazione del termine di sospensione è punita con la sanzione alternativa, anche quando non ha avuto<br />

effetti sull’aggiudicazione (nel senso che, in assenza di altri vizi, l’aggiudicazione è legittima) ed è quindi del tutto<br />

scollegata dalla domanda del ricorrente, che in questi casi verrebbe respinta con applicazione però della sanzione alla<br />

parte resistente.<br />

Tale soluzione era imposta dall’art. 2-sexies, comma 1, della direttiva, che ha inteso sanzionare anche il caso della<br />

violazione dei termini che non abbia condotto ad un concreto pregiudizio per altri soggetti.<br />

Infine, va segnalato che l’art. 15 delle Norme di attuazione di cui all’allegato 2 prevede che il gettito delle sanzioni<br />

pecuniarie previste dal codice, è versato al bilancio dello Stato, per essere riassegnato allo stato di previsione del<br />

Ministero dell'economia e delle finanze per le spese di cui all’articolo 1, comma 309, della legge 30 dicembre 2004, n.<br />

311, e successive modificazioni.”<br />

Secondo la norma richiamata il maggior gettito derivante dall’aumento del contributo unificato è riassegnato allo stato<br />

di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per le spese riguardanti il funzionamento del Consiglio di<br />

379


Stato e dei tribunali amministrativi regionali, ivi comprese quelle occorrenti per incentivare progetti speciali per lo<br />

smaltimento dell’arretrato e per il miglior funzionamento del processo amministrativo.<br />

I proventi delle sanzioni pecuniarie ulteriori previste dall’art. 123 finiscono nel bilancio della giustizia amministrativa e<br />

l’auspicio è che tale destinazione non influenzi le decisioni del giudice in ordine alla conservazione o privazione di<br />

effetti del contratto, in caso di gravi violazioni.<br />

34.13. Tutela in forma specifica e risarcimento del danno.<br />

L’art. 124 prevede che l’accoglimento della domanda di conseguire l’aggiudicazione e il contratto è comunque<br />

condizionato alla dichiarazione di inefficacia del contratto e ciò non contrasta con l’interpretazione in precedenza<br />

fornita circa i rapporti tra domanda di subentro e inefficacia del contratto.<br />

Il D. Lgs. n. 53/2010 aveva previsto che “se il giudice non dichiara l'inefficacia del contratto dispone, su domanda e a<br />

favore del solo ricorrente avente titolo all'aggiudicazione, il risarcimento per equivalente del danno da questi subito e<br />

provato”.<br />

Il risarcimento del danno veniva così limitato solo alla mancata aggiudicazione del contratto, e non anche alla perdita di<br />

chance, in quanto il “ricorrente avente titolo all’aggiudicazione” era solo chi dimostrava il giudizio tale diritto, e non<br />

anche chi ricorreva facendo valere l’interesse strumentale alla rinnovazione della gara.<br />

Tale disposizione, inserita all’ultimo dal Governo nel decreto, oltre a porsi in contrasto con il principio costituzionale<br />

dell’effettività della tutela giurisdizionale, non era chiaramente compatibile con la direttiva comunitaria, andando ad<br />

escludere il risarcimento proprio in un caso di violazione grave (mancato svolgimento della gara), in cui l’unica forma<br />

di risarcimento per equivalente è appunto quella per perdita di chance.<br />

Accogliendo un’osservazione formulata dalla Commissione Affari costituzionali del Senato e dalla Commissione Affari<br />

costituzionali della Camera, l’art. 245 quinquies del D.Lgs. n. 53 del 2010, che disciplina la tutela in forma specifica e<br />

per equivalente, è stato riprodotto senza la limitazione che escludeva il diritto al risarcimento dei danni per equivalente<br />

nell’ipotesi di perdita di chances (“Se il giudice non dichiara l’inefficacia del contratto dispone il risarcimento del<br />

danno per equivalente, subito e provato”).<br />

Il problema è stato, quindi risolto, senza necessità di dover ricorrere alla disapplicazione di una norma contrastante con<br />

il diritto dell’Unione europea.<br />

Ai fini dell’esame della domanda di risarcimento, l’art. 124, comma 2, dà rilievo alla mancata proposizione della<br />

domanda di conseguire l’aggiudicazione e il contratto e alla eventuale non disponibilità della parte nel subentro.<br />

L’assenza di tale domanda come pure la menzionata indisponibilità al subentro non precludono la domanda di<br />

risarcimento, ma costituiscono elementi che il giudice deve valutare ai sensi dell’art. 1227 c.c..<br />

Il giudice deve valutare se la condotta processuale della parte sia senza giustificato motivo e, a tal fine, potrà assumere<br />

rilievo – ad esempio – il fatto che dopo aver determinato a seguito della proposizione del ricorso la sospensione della<br />

stipula del contratto ed aver visto il proprio ricorso accolto, il ricorrente rifiuti – senza giustificato motivo – di<br />

subentrare in un contratto, che poteva eseguire fin dall’inizio.<br />

Al contrario, quando l’annullamento dell’aggiudicazione avviene a contratto già in corso di esecuzione, va applicato il<br />

principio, già affermato dalla giurisprudenza, secondo cui spetta al ricorrente la scelta tra il conseguimento degli effetti<br />

della tutela demolitorio-conformativa e la tutela risarcitoria, nel caso in cui comunque il bene della vita controverso è<br />

ormai conseguibile solo in parte. La possibilità di optare per il risarcimento per equivalente e di rifiutare l'esecuzione,<br />

ormai solo parziale, del giudicato deriva anche dall'applicazione del principio di carattere generale, desumibile dall'art.<br />

1181 c.c., secondo cui il creditore può sempre rifiutare l'offerta di un adempimento parziale rispetto all'originaria<br />

configurazione del rapporto obbligatorio (ad un adempimento parziale è equiparabile la possibilità di consentire<br />

l’esecuzione solo parziale del contratto). Deve, quindi, riconoscersi la possibilità per la ricorrente di optare per il solo<br />

risarcimento del danno, rinunciando ad avvalersi degli effetti conformativi del giudicato, non essendo l'esecuzione del<br />

giudicato più possibile in modo pieno. 14<br />

La rilevanza, ai fini dell’art. 1227 c.c., di tali elementi non può non avere conseguenze sulla questione di una azione<br />

risarcitoria autonoma, oggi proponibile ai sensi dell’art. 30, comma 3.<br />

La introduzione in materia di appalti di efficaci strumenti di tutela volti a paralizzare la stipula del contratto dovrebbe<br />

indurre i giudici amministrativi a valutare con maggiore rigore, rispetto ad altre fattispecie, l’assolvimento dell’onere di<br />

diligenza da parte del danneggiato, potendo rientrare in tale onere la proposizione non solo del ricorso, ma anche della<br />

domanda cautelare, che determina l’effetto sospensivo sulla stipula del contratto.<br />

34.14. Le controversie relative alle infrastrutture strategiche.<br />

Per le infrastrutture strategiche (art. 246 d. lgs. n. 163/06) e per il quadro strategico nazionale (’art. 20, comma 8, del<br />

D.L. n. 185/2008), il legislatore aveva proceduto ad escludere espressamente la caducazione del contratto una volta<br />

stipulato e tale limitazione si poneva in contrasto con la direttiva comunitaria, che non consente salvezze dei contratti<br />

collegate ai settori di intervento, ma opera una distinzione orizzontale sulla base delle gravità della violazione.<br />

Peraltro, l’art. 20, comma 8, del d.l. n. 184/2008 escludeva in ogni caso la caducazione del contratto, senza prevedere<br />

alcun termine dilatorio per la sua stipula.<br />

14 Cons. Stato, sez. VI, 25 gennaio 2008 n. 213; v., per un approfondimento più esteso della questione il commento all’art. 30.<br />

380


Con il D. lgs. n. 53/2010, è stata lasciata la previsione che esclude la caducazione del contratto in tutti i casi diversi<br />

dalle violazioni gravi, applicandosi per queste ultime le previsioni dell’art. 245-bis. Negli altri casi è, infatti, nella<br />

disponibilità degli stati membri disciplinare la sorte del contratto all’esito dell’annullamento dell’aggiudicazione e la<br />

scelta è stata per queste opere di limitare la tutela al risarcimento per equivalente, una volta stipulato il contratto.<br />

Non del tutto ragionevole, anche se comunitariamente compatibile, è il mantenimento della applicabilità del diverso<br />

sistema anche ai casi di cui all’art. 140 del d. lgs. n. 163/06 (fallimento dell’aggiudicatario e risoluzione per<br />

inadempimento) , che non riguardano opere di particolare importanza e non sembrano avere rilievo tale da giustificare<br />

una estensione della disciplina in deroga rispetto ai nuovi principi derivanti dal recepimento della direttiva comunitaria.<br />

E’ restato invece fermo il particolare regime della tutela cautelare, che impone di tenere conto delle probabili<br />

conseguenze del provvedimento stesso per tutti gli interessi che possono essere lesi, nonché del preminente interesse<br />

nazionale alla sollecita realizzazione dell’opera, e, ai fini dell’accoglimento della domanda cautelare, si valuta anche la<br />

irreparabilità del pregiudizio per il ricorrente, il cui interesse va comunque comparato con quello del soggetto<br />

aggiudicatore alla celere prosecuzione delle procedure.<br />

Sia il D. Lgs. n. 53/2010 si il Codice, nell’abrogare il citato articolo 20, comma 8, del decreto-legge 29 novembre 2008,<br />

n. 185, ne fanno salva l’applicabilità “limitatamente agli interventi previsti nel citato articolo 20, per i quali siano già<br />

stati nominati i relativi commissari o vengano nominati entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore” del D. Lgs.<br />

n. 53/2010 (art. 15, comma 4, del decreto legislativo 20 marzo 2010, n. 53, richiamato espressamente dall’art. 4, comma<br />

1, n. 41), delle Norme di coordinamento e abrogazione del Codice).<br />

Tale previsione che consente di tenere sempre salvo il contratto, a prescindere dalla gravità del vizio, si applica a<br />

procedure in settori oggetto di commissariamento, dove sono di recenti emerse gravi patologie nell’affidamento diretto<br />

di lavori senza gara.<br />

Tali affidamenti diretti, se in contrasto con il diritto dell’Unione europea, costituiscono violazioni gravi, per le quali la<br />

direttiva impone la declaratoria di inefficacia del contratto, salvo le menzionate deroghe.<br />

L’art. 15, comma 4, del D. Lgs. n. 53/2010 è, quindi, norma in contrasto con il diritto dell’Unione europea, che deve<br />

essere disapplicata dai giudici.<br />

Problemi interpretativi e questioni rilevanti<br />

In quali casi è possibile stipulare il contratto senza attendere il decorso del primo termine sospensivo di 35 giorni<br />

decorrenti dalla comunicazione dell’aggiudicazione ?<br />

L’art. 11, comma 9, del D. Lgs. n. 163/2006 prevede che “L'esecuzione di urgenza di cui al presente comma non è<br />

consentita durante il termine dilatorio di cui al comma 10 e durante il periodo di sospensione obbligatoria del termine<br />

per la stipulazione del contratto previsto dal comma 10-ter, salvo che nelle procedure in cui la normativa vigente non<br />

prevede la pubblicazione del bando di gara, ovvero nei casi in cui la mancata esecuzione immediata della prestazione<br />

dedotta nella gara determinerebbe un grave danno all'interesse pubblico che è destinata a soddisfare, ivi compresa la<br />

perdita di finanziamenti comunitari”.<br />

La prima deroga è pienamente coerente con le espresse previsioni della direttiva, mentre la seconda deroga è, come<br />

aveva osservato il Consiglio di Stato, oltre che eccessivamente generica perché basata sul concetto elastico di danno<br />

grave al pubblico interesse, non in linea con la disciplina comunitaria, che indica con chiarezza le tassative ed<br />

eccezionali situazioni in cui può derogarsi alla regola del termine dilatorio.<br />

La circostanza che la direttiva non contempli affatto l’evenienza di un’esecuzione precedente la stessa stipulazione del<br />

contratto, infatti, non sembra poter avallare, dal punto di vista comunitario, l’esecuzione delle prestazioni dedotte nel<br />

contratto prima della scadenza del termine. Anzi, la condotta esecutiva, iniziata prima ancora della stessa formale<br />

stipulazione, rappresenta una violazione spesso più grave del principio secondo cui deve intercorrere un congruo<br />

termine sospensivo tra l’aggiudicazione e la stipulazione del contratto.<br />

Né il riferimento alla la perdita di finanziamenti comunitari è idoneo a salvare la norma da una valutazione di<br />

incompatibilità comunitarie, che ne determina la disapplicabilità da parte dei giudici interni.<br />

D’altro canto, l’esplicita deroga alla regola del termine dilatorio, prevista dal diritto comunitario, riguardante le ipotesi<br />

di affidamenti senza previa pubblicazione del bando, si riferisce proprio ai casi in cui il possibile nocumento<br />

all’interesse pubblico collegato all’esecuzione delle prestazioni contrattuali risulta più evidente.<br />

In caso di dichiarazione di inefficacia del contratto ex tunc quali conseguenze vi sono per chi ha in parte eseguito il<br />

contratto stipulato a seguito di una aggiudicazione annullata ?<br />

Il considerando 21 della direttiva prevede, in caso che gli obblighi derivanti dal contratto siano stati già in parte<br />

adempiuti, che “il diritto nazionale dovrà determinare inoltre le conseguenze riguardanti il possibile recupero delle<br />

somme eventualmente versate nonché ogni altra forma di possibile restituzione, compresa la restituzione in valore<br />

qualora la restituzione in natura non sia possibile”.<br />

Il D. Lgs. n. 53/2010 non è intervenuto sul punto.<br />

381


Il Codice, pur non affrontando direttamente la questione, ha previsto (art. 41, comma 2) che “Qualora sia proposta<br />

azione di condanna, anche in via autonoma, il ricorso è notificato altresì agli eventuali beneficiari dell’atto illegittimo,<br />

ai sensi dell’articolo 102 del codice di procedura civile; altrimenti il giudice provvede ai sensi dell’articolo 49.”<br />

Per l’azione di condanna (in particolare, al risarcimento del danno) viene introdotto un caso di litisconsorzio necessario<br />

con la parte privata beneficiaria dell’atto illegittimo.<br />

In precedenza, la giurisprudenza aveva sempre ritenuto che quando la domanda era limitata al risarcimento del danno il<br />

beneficiario del provvedimento fonte del danno non era parte necessaria del giudizio, solo risarcitorio.<br />

Nella relazione viene indicato che “per quanto attiene all’azione di condanna – che nel codice ha trovato<br />

sistematizzazione – si è mantenuto il litisconsorzio necessario con i beneficiari, ove esistenti, dell’atto di cui il<br />

ricorrente assume l’illegittimità e in dipendenza della quale propone la domanda risarcitoria. Ciò si pone in linea, da un<br />

lato, con la consueta presenza nel giudizio amministrativo, accanto all’amministrazione convenuta, del beneficiario del<br />

suo atto (sicché, in sostanza, si è inteso confermare anche in questo nuovo ambito tale tradizionale strutturazione<br />

soggettiva del processo); dall’altro lato, si vuol provocare la formazione del giudicato sull’illegittimità dell’atto anche<br />

nei confronti dei suoi eventuali beneficiari (sicché, almeno per tale profilo, non potrà più essere contestato in altra sede<br />

l’eventuale ricorso all’autotutela); l’opzione in parola, infine, risulta coerente con alcune suggestioni interpretative e<br />

sistematiche, seppur ancora generiche, di origine sia comunitaria che interna (c.f.r., quanto alle prime, il 21°<br />

“considerando” della direttiva comunitaria 11 dicembre 2007, n. 2007/66/CE, recepita in Italia con il d.lgs. 20 marzo<br />

2010, n. 53, a sua volta trasfuso, quanto ai profili processuali, nel presente codice; nonché, quanto alle seconde, la<br />

decisione di C.G.A.R.S. n. 600 del 2008)”.<br />

Deve ritenersi che la declaratoria di inefficacia del contratto con effetti ex tunc possa comportare il recupero delle<br />

somme versate all’aggiudicatario sbagliato e ciò ovviamente avverrà nei limiti dell’arricchimento.<br />

Il Codice non prende posizione su quali possano essere le azioni per pervenire a tali restituzioni, né su quale possa<br />

essere la giurisdizione davanti alla quale proporre tali azioni, ma crea i presupposti affinché la domanda di risarcimento<br />

autonoma, che può contenere un accertamento dell’illegittimità dell’atto, sia pronunciata anche nei confronti del<br />

beneficiario dell’atto e fare stato nei suoi confronti.<br />

SCHEDE RIEPILOGATIVE<br />

Cosa cambia<br />

(la segnalazione dei cambiamenti rilevanti viene qui fatta con riferimento alla disciplina inclusa nel Codice, anche per<br />

effetto di norme già in vigore, dopo il recepimento della direttiva ricorsi; non vengono qui segnalate le regole, ora<br />

abrogate, che sono state applicabili dal 27 aprile 2010, data di entrata in vigore del D. Lgs. n. 53/2010 al 16 settembre<br />

2010, data di entrata in vigore del Codice).<br />

E’ ormai consolidata la sussistenza della giurisdizione amministrativa sulla sorte del contratto all’esito<br />

dell’annullamento dell’aggiudicazione.<br />

Il rito in materia di appalti (da intendersi esteso anche alle concessioni di pubblici servizi) è disciplinato dall’art. 119<br />

relativo al rito abbreviato e dalle disposizioni speciali previste dagli articoli da 120 a 125.<br />

Il termine per il ricorso e i motivi aggiunti è di 30 giorni, decorrenti dalla comunicazione (motivata) dell’avvenuta<br />

aggiudicazione di un gara.<br />

Il mancato richiamo del ricorso incidentale per l’applicabilità del termine di 30 giorni determina l’applicabilità<br />

dell’art. 119, che prevede un termine di 60 giorni per il ricorso incidentale, salve interpretazioni adeguatici della<br />

giurisprudenza o – più auspicabilmente – una rapida correzione della norma.<br />

In caso di omessa pubblicazione di un bando e di un successivo avviso il termine massimo per ricorrere è di sei mesi<br />

dal giorno successivo alla data di stipulazione del contratto.<br />

Dalla comunicazione dell’aggiudicazione decorre un primo termine sospensivo di 35 giorni fino alla cui scadenza non<br />

può essere stipulato il contratto. Tale termine sospensivo è prorogato ex lege in casi di proposizione di ricorso<br />

contenente la domanda cautelare e l’effetto sospensivo (c.d. stand still) dura dal momento della notificazione<br />

dell’istanza cautelare alla stazione appaltante e per i successivi venti giorni, a condizione che entro tale termine<br />

intervenga almeno il provvedimento cautelare di primo grado o la pubblicazione del dispositivo della sentenza di primo<br />

grado in caso di decisione del merito all’udienza cautelare ovvero fino alla pronuncia di detti provvedimenti se<br />

successiva (quindi non è sufficiente il decorso di 20 giorni ma è necessario che intervenga un ordinanza cautelare<br />

collegiale o il dispositivo della sentenza; se intervengono prima dei 20 giorni, si deve comunque attendere il decorso dei<br />

20 giorni prima di stipulare).<br />

382


L’effetto sospensivo cessa anche: a) quando, in sede di esame della domanda cautelare, il giudice si dichiara<br />

incompetente; b) viene fissata con ordinanza la data di discussione del merito senza concedere misure cautelari; c) viene<br />

rinviato al giudizio di merito l’esame della domanda cautelare, con il consenso delle parti, da intendersi quale implicita<br />

rinuncia all’immediato esame della domanda cautelare.<br />

Prima della presentazione di un ricorso le imprese sono tenute a inviare una informativa in ordine all’intento di<br />

proporre ricorso giurisdizionale alla stazione appaltante, che deve decidere se intervenire o meno in autotutela entro 15<br />

giorni (l’inerzia equivale a diniego di autotutela).<br />

Non si tratta di un vero e proprio obbligo, ma l’omissione della comunicazione (così l’inerzia della stazione appaltante)<br />

costituiscono comportamenti valutabili, ai fini della decisione sulle spese di giudizio, nonché ai sensi dell’articolo 1227<br />

del codice civile.<br />

Quando è impugnata l’aggiudicazione definitiva, se la stazione appaltante fruisce del patrocinio dell’Avvocatura dello<br />

Stato, il ricorso deve essere notificato, oltre che presso detta Avvocatura, anche alla stazione appaltante nella sua sede<br />

reale, in data non anteriore alla notifica presso l’Avvocatura, e al solo fine dell’operatività della sospensione<br />

obbligatoria del termine per la stipulazione del contratto.<br />

I nuovi atti attinenti alla medesima procedura devono essere contestati necessariamente con motivi aggiunti, e non con<br />

ricorso autonomo.<br />

A partire dal 16 settembre 2010 gli altri termini del processo appalti tornano ad essere gli stessi del rito abbreviato e,<br />

quindi, sono, oltre al termine di 15 giorni per il deposito:<br />

Per la fase cautelare:<br />

- la camera di consiglio è la prima successiva al decimo giorno dal perfezionamento, anche per il<br />

destinatario, dell’ultima notificazione e, altresì, al quinto giorno dal deposito del ricorso.<br />

- Le parti possono depositare memorie e documenti fino a un giorno libero prima della camera di<br />

consiglio; le parti possono costituirsi anche alla camera di consiglio, ma senza presentare memorie. In via eccezionale,<br />

può essere autorizzata la tardiva presentazione di documenti, ma non di memorie.<br />

Questi i termini relativi all’udienza:<br />

- - il decreto di fissazione è comunicato almeno trenta giorni prima; (termine è ridotto a ventitre giorni, su<br />

accordo delle parti, se l’udienza di merito è fissata a seguito di rinuncia alla definizione autonoma della domanda<br />

cautelare);- produzione di documenti fino a venti giorni liberi prima dell’udienza;<br />

- - produzione di memorie fino a quindici giorni liberi prima dell’udienza;<br />

- - repliche scritte fino a dieci giorni liberi prima dell’udienza.<br />

La pubblicazione del dispositivo della sentenza è obbligatoria in primo grado e, a richiesta di parte, in appello.<br />

In caso di violazioni gravi la regola è la dichiarazione di inefficacia del contratto (anche in assenza di domanda,<br />

secondo una tesi) con effetti ex tunc e in via eccezionale il giudice amministrativo può prevedere la limitazione<br />

dell’inefficacia agli effetti ex nunc o che il contratto resti efficace, applicando in questi due casi le sanzioni alternative<br />

(sanzione pecuniaria per la stazione appaltante e/o riduzione della durata residua del contratto).<br />

In caso di violazioni non gravi spetta al giudice amministrativo decidere se il contratto resta in vita o è dichiarato<br />

inefficace e la mancata proposizione della domanda di conseguire l’aggiudicazione e il contratto (subentro) dovrebbe<br />

precludere la declaratoria di inefficacia.<br />

La declaratoria di inefficacia ex tunc può comportare obblighi restitutori da parte di chi ha eseguito il contratto sulla<br />

base di una aggiudicazione poi annullata.<br />

Prima di applicare le sanzioni alternative, il giudice deve consentire il contraddittorio, prospettando la questione alle<br />

parti.<br />

Per il subentro nel contratto serve apposita domanda e la mancata proposizione della domanda di subentro o il rifiuto<br />

nel subentro sono valutati dal giudice ai sensi dell’art. 1227 c.c..<br />

E’ stata eliminata la limitazione al risarcimento del danno da perdita di chance, introdotta con il D. Lgs. n. 53/2010.<br />

383


Resta ferma l’applicabilità dell’articolo 20, comma 8, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, “limitatamente<br />

agli interventi previsti nel citato articolo 20, per i quali siano già stati nominati i relativi commissari o vengano nominati<br />

entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore” del D. Lgs. n. 53/2010 (art. 15, comma 4, del decreto legislativo 20<br />

marzo 2010, n. 53, da ritenere in contrasto con il diritto dell’Unione europea e quindi da disapplicare nei casi di<br />

violazioni gravi).<br />

Differenze rispetto al testo approvato dal Consiglio di Stato.<br />

Il testo approvato dal Consiglio di Stato conteneva una serie di disposizioni, accompagnate da un asterisco, che<br />

precisava che le norme inserite erano la riproduzione di quanto proposto dal Consiglio di Stato in sede di espressione<br />

del parere sullo schema di decreto di attuazione della direttiva 2007/66/CE sul miglioramento dell’efficacia delle<br />

procedure di ricorso in materia di aggiudicazione di appalti pubblici. Il Consiglio di Stato segnalava che tali norme<br />

all’esito del procedimento approvativo di quel decreto avrebbero necessitato di verifica ed eventuale riformulazione<br />

anche al fine del necessario coordinamento con la restante disciplina dettata dal presente codice.<br />

Ciò è poi avvenuto, dopo la pubblicazione del D. Lgs. n. 53/2010 e non ha alcun rilievo indicare qui le differenze<br />

rispetto alla bozza di norme, estrapolate dal parere del Consiglio di Stato.<br />

384


Differenze rispetto alla normativa previgente<br />

PRECEDENTE DISCIPLINA<br />

Art. 245 D. Lgs. n. 163/2006<br />

Strumenti di tutela.<br />

1. Gli atti delle procedure di affidamento, ivi comprese<br />

le procedure di affidamento di incarichi e concorsi di<br />

progettazione e di attività tecnico-amministrative ad esse<br />

connesse, relativi a lavori, servizi o forniture, di cui<br />

all'articolo 244, nonché i connessi provvedimenti<br />

dell'Autorità, sono impugnabili unicamente mediante<br />

ricorso al tribunale amministrativo regionale<br />

competente. (1)<br />

(1) Prime delle modifiche apportate dal D. Lgs. n.<br />

53/2010, il comma 1 era il seguente:<br />

Gli atti delle procedure di affidamento, nonché degli<br />

incarichi e dei concorsi di progettazione, relativi a<br />

lavori, servizi e forniture previsti dal presente codice,<br />

nonché i provvedimenti dell’Autorità, sono impugnabili,<br />

alternativamente, mediante ricorso al tribunale<br />

amministrativo regionale competente o mediante ricorso<br />

straordinario al Presidente della Repubblica. Davanti al<br />

giudice amministrativo si applica il rito di cui<br />

all’articolo 23-bis, della legge 6 dicembre 1971, n.<br />

1034.<br />

2. Nel caso in cui sia mancata la pubblicità del bando, il<br />

ricorso non può comunque essere più proposto decorsi<br />

trenta giorni decorrenti dalla data di pubblicazione<br />

dell'avviso di aggiudicazione definitiva di cui all'articolo<br />

65 e all'articolo 225, a condizione che tale avviso<br />

contenga la motivazione dell'atto con cui la stazione<br />

appaltante ha deciso di affidare il contratto senza previa<br />

pubblicazione del bando. Se sono omessi gli avvisi o le<br />

informazioni di cui al presente comma oppure se essi<br />

non sono conformi alle prescrizioni ivi contenute, il<br />

ricorso non può comunque essere proposto decorsi sei<br />

mesi dalla data di stipulazione del contratto<br />

2-bis. Salvo quanto previsto dal presente articolo e dagli<br />

articoli seguenti si applica l'articolo 23-bis della legge 6<br />

dicembre 1971, n. 1034<br />

L’originario comma 2 dell’art. 245 prevedeva:<br />

Si applicano i rimedi cautelari di cui all’articolo 21 e<br />

all’articolo 23-bis, della legge 6 dicembre 1971, n.<br />

1034, e di cui all’articolo 3, comma 4, della legge 21<br />

luglio 2000, n. 205, e gli strumenti di esecuzione di cui<br />

agli articoli 33 e 37, della legge 6 dicembre 1971, n.<br />

1034.<br />

2-ter. Quando è impugnata l'aggiudicazione definitiva,<br />

se la stazione appaltante fruisce del patrocinio<br />

dell'Avvocatura dello Stato, il ricorso è notificato, oltre<br />

che presso detta Avvocatura, anche alla stazione<br />

appaltante nella sua sede reale, in data non anteriore alla<br />

notifica presso l'Avvocatura, e al solo fine<br />

dell'operatività della sospensione obbligatoria del<br />

termine per la stipulazione del contratto.<br />

2-quater. La competenza territoriale del tribunale<br />

amministrativo regionale è inderogabile e il relativo<br />

difetto è rilevato, anche d'ufficio, prima di ogni altra<br />

CODICE<br />

Art. 120 Disposizioni specifiche ai giudizi di cui<br />

all’articolo 119, comma 1, lettera a)<br />

1. Gli atti delle procedure di affidamento, ivi comprese le<br />

procedure di affidamento di incarichi e concorsi di<br />

progettazione e di attività tecnico-amministrative ad esse<br />

connesse, relativi a pubblici lavori, servizi o forniture,<br />

nonché i connessi provvedimenti dell’Autorità per la<br />

vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture,<br />

sono impugnabili unicamente mediante ricorso al tribunale<br />

amministrativo regionale competente.<br />

2. Nel caso in cui sia mancata la pubblicità del bando, il<br />

ricorso non può comunque essere più proposto decorsi<br />

trenta giorni decorrenti dal giorno successivo alla data di<br />

pubblicazione dell’avviso di aggiudicazione definitiva di cui<br />

all’articolo 65 e all’articolo 225 del decreto legislativo 12<br />

aprile 2006, n. 163, a condizione che tale avviso contenga la<br />

motivazione dell’atto con cui la stazione appaltante ha<br />

deciso di affidare il contratto senza previa pubblicazione del<br />

bando. Se sono omessi gli avvisi o le informazioni di cui al<br />

presente comma oppure se essi non sono conformi alle<br />

prescrizioni ivi contenute, il ricorso non può comunque<br />

essere proposto decorsi sei mesi dal giorno successivo alla<br />

data di stipulazione del contratto.<br />

3. Salvo quanto previsto dal presente articolo e dai<br />

successivi, si applica l’articolo 119.<br />

4. Quando è impugnata l’aggiudicazione definitiva, se la<br />

stazione appaltante fruisce del patrocinio dell’Avvocatura<br />

dello Stato, il ricorso è notificato, oltre che presso detta<br />

Avvocatura, anche alla stazione appaltante nella sua sede<br />

reale, in data non anteriore alla notifica presso<br />

l’Avvocatura, e al solo fine dell’operatività della<br />

sospensione obbligatoria del termine per la stipulazione del<br />

contratto.<br />

385


questione, e pronunciato, con ordinanza in sede di primo<br />

esame della domanda cautelare ovvero, in mancanza di<br />

questa, nella prima udienza di merito. L'ordinanza indica<br />

il tribunale amministrativo regionale competente,<br />

davanti al quale il processo deve essere riassunto entro<br />

quindici giorni decorrenti da quando diventa definitiva<br />

l'ordinanza che declina la competenza. L'ordinanza del<br />

giudice adito che dichiara la propria incompetenza è<br />

impugnabile nel termine di quindici giorni dalla<br />

comunicazione o notificazione con il regolamento di<br />

competenza. Il regolamento può essere altresì richiesto<br />

d'ufficio alla prima udienza dal giudice indicato come<br />

competente dal tribunale adito. La questione di<br />

competenza inderogabile può comunque essere fatta<br />

valere anche con il regolamento di competenza<br />

2-quinquies. I termini processuali sono stabiliti in:<br />

a) trenta giorni per la notificazione del ricorso e per la<br />

proposizione di motivi aggiunti avverso atti diversi da<br />

quelli già impugnati, decorrenti dalla ricezione della<br />

comunicazione degli atti ai sensi dell'articolo 79 o, per i<br />

bandi e gli avvisi con cui si indice una gara,<br />

autonomamente lesivi, dalla pubblicazione di cui<br />

all'articolo 66, comma 8;<br />

b) dieci giorni per il deposito del ricorso principale, del<br />

ricorso incidentale, dell'atto contenente i motivi aggiunti,<br />

dell'appello avverso l'ordinanza cautelare;<br />

c) trenta giorni per la proposizione del ricorso<br />

incidentale, decorrenti dalla notificazione del ricorso<br />

principale;<br />

d) quindici giorni per la proposizione dei motivi aggiunti<br />

avverso gli atti già impugnati;<br />

e) quindici giorni per l'appello avverso l'ordinanza<br />

cautelare decorrenti dalla sua comunicazione o, se<br />

anteriore, notificazione<br />

2-sexies. In luogo della prova della notificazione può<br />

essere depositata la prova che il ricorso è stato<br />

consegnato per le notifiche o spedito; la prova delle<br />

eseguite notifiche va depositata appena è disponibile e<br />

comunque entro l'udienza o camera di consiglio in cui la<br />

causa è discussa<br />

2-octies. Il processo, ferma la possibilità della sua<br />

definizione immediata nell'udienza cautelare ove ne<br />

ricorrano i presupposti, viene comunque definito ad una<br />

udienza fissata d'ufficio e da tenersi entro sessanta giorni<br />

dalla scadenza del termine per la costituzione delle parti<br />

diverse dal ricorrente. Della data di udienza è dato<br />

avviso alle parti a cura della segreteria, anche a mezzo<br />

fax o posta elettronica, almeno venti giorni liberi prima<br />

della data dell'udienza<br />

2-septies. I nuovi atti attinenti la medesima procedura di<br />

gara devono essere impugnati con ricorso per motivi<br />

aggiunti<br />

2-nonies. In caso di esigenze istruttorie o quando è<br />

necessario integrare il contraddittorio o assicurare il<br />

rispetto di termini a difesa, la definizione del merito<br />

viene rinviata, con l'ordinanza che dispone gli<br />

adempimenti istruttori o l'integrazione del<br />

contraddittorio o dispone il rinvio per l'esigenza di<br />

rispetto dei termini a difesa, ad una udienza da tenersi<br />

non oltre sessanta giorni<br />

5. Per l’impugnazione degli atti di cui al presente articolo il<br />

ricorso e i motivi aggiunti, anche avverso atti diversi da<br />

quelli già impugnati, devono essere proposti nel termine di<br />

trenta giorni, decorrente dalla ricezione della comunicazione<br />

di cui all’articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006,<br />

n. 163, o, per i bandi e gli avvisi con cui si indice una gara,<br />

autonomamente lesivi, dalla pubblicazione di cui all’articolo<br />

66, comma 8, dello stesso decreto; ovvero, in ogni altro<br />

caso, dalla conoscenza dell’atto.<br />

6. Quando il giudizio non è immediatamente definito ai<br />

sensi dell’articolo 60, l’udienza di merito, ove non indicata<br />

dal collegio ai sensi dell’articolo 119, comma 3, è<br />

immediatamente fissata d’ufficio con assoluta priorità.<br />

7. I nuovi atti attinenti la medesima procedura di gara<br />

devono essere impugnati con ricorso per motivi aggiunti.<br />

8. Il giudice decide interinalmente sulla domanda cautelare,<br />

anche se ordina adempimenti istruttori, se concede termini a<br />

difesa, o se solleva o vengono proposti incidenti<br />

processuali.<br />

2-decies. Il dispositivo della sentenza che definisce il 9. Il dispositivo del provvedimento con cui il tribunale<br />

386


giudizio è pubblicato entro sette giorni dalla data<br />

dell'udienza<br />

2-undecies. Tutti gli atti di parte devono essere sintetici<br />

e la sentenza che decide il ricorso è redatta,<br />

ordinariamente, in forma semplificata<br />

2-duodecies. In caso di domanda cautelare, le parti a cui<br />

è notificato il ricorso possono presentare istanze e<br />

memorie, in relazione ad essa, entro cinque giorni dalla<br />

ricevuta notificazione. La domanda cautelare è<br />

comunque trattata alla prima udienza utile in camera di<br />

consiglio, decorso il predetto termine di cinque giorni. Il<br />

giudice decide interinalmente sulla domanda cautelare,<br />

anche se ordina adempimenti istruttori, se concede<br />

termini a difesa, o se solleva o vengono proposti<br />

incidenti processuali<br />

2-terdecies. Le disposizioni dei commi che precedono si<br />

applicano anche nel giudizio di appello innanzi al<br />

Consiglio di Stato, proposto avverso la sentenza o<br />

avverso l'ordinanza cautelare, e nei giudizi di<br />

revocazione o opposizione di terzo. La parte può<br />

proporre appello avverso il dispositivo al fine di<br />

ottenerne la sospensione<br />

I commi da 3 a 8 riguardavano la tutela cautelare ante<br />

causam, ora prevista in termini generali dall’art. 61 del<br />

Codice<br />

Art. 245-bis D. Lgs. n. 163/2006<br />

Inefficacia del contratto in caso di gravi violazioni<br />

1. Il giudice che annulla l'aggiudicazione definitiva<br />

dichiara l'inefficacia del contratto nei seguenti casi,<br />

precisando in funzione delle deduzioni delle parti e della<br />

valutazione della gravità della condotta della stazione<br />

appaltante e della situazione di fatto, se la declaratoria di<br />

inefficacia è limitata alle prestazioni ancora da eseguire<br />

alla data della pubblicazione del dispositivo o opera in<br />

via retroattiva:<br />

a) se l'aggiudicazione definitiva è avvenuta senza previa<br />

pubblicazione del bando o avviso con cui si indice una<br />

gara nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea o nella<br />

Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, quando tale<br />

pubblicazione è prescritta dal presente codice;<br />

b) se l'aggiudicazione definitiva è avvenuta con<br />

procedura negoziata senza bando o con affidamento in<br />

economia fuori dai casi consentiti e questo abbia<br />

determinato l'omissione della pubblicità del bando o<br />

avviso con cui si indice una gara nella Gazzetta Ufficiale<br />

dell'Unione europea o nella Gazzetta Ufficiale della<br />

Repubblica italiana, quando tale pubblicazione è<br />

prescritta dal presente codice;<br />

c) se il contratto è stato stipulato senza rispettare il<br />

termine dilatorio stabilito dall'articolo 11, comma 10,<br />

qualora tale violazione abbia privato il ricorrente della<br />

possibilità di avvalersi di mezzi di ricorso prima della<br />

stipulazione del contratto e sempre che tale violazione,<br />

aggiungendosi a vizi propri dell'aggiudicazione<br />

definitiva, abbia influito sulle possibilità del ricorrente di<br />

ottenere l'affidamento;<br />

d) se il contratto è stato stipulato senza rispettare la<br />

sospensione obbligatoria del termine per la stipulazione<br />

derivante dalla proposizione del ricorso giurisdizionale<br />

avverso l'aggiudicazione definitiva, ai sensi dell'articolo<br />

11, comma 10-ter, qualora tale violazione,<br />

amministrativo regionale definisce il giudizio è pubblicato<br />

entro sette giorni dalla data della sua deliberazione.<br />

10. Tutti gli atti di parte e i provvedimenti del giudice<br />

devono essere sintetici e la sentenza è redatta,<br />

ordinariamente, nelle forme di cui all’articolo 74.<br />

11. Le disposizioni dei commi 3, 6, 8 e 10 si applicano<br />

anche nel giudizio di appello innanzi al Consiglio di Stato,<br />

proposto avverso la sentenza o avverso l’ordinanza<br />

cautelare, e nei giudizi di revocazione o opposizione di<br />

terzo. La parte può proporre appello avverso il dispositivo,<br />

al fine di ottenerne la sospensione prima della pubblicazione<br />

della sentenza.<br />

Art. 121 Inefficacia del contratto nei casi di gravi<br />

violazioni<br />

1. Il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva dichiara<br />

l’inefficacia del contratto nei seguenti casi, precisando in<br />

funzione delle deduzioni delle parti e della valutazione della<br />

gravità della condotta della stazione appaltante e della<br />

situazione di fatto, se la declaratoria di inefficacia è limitata<br />

alle prestazioni ancora da eseguire alla data della<br />

pubblicazione del dispositivo o opera in via retroattiva:<br />

a) se l’aggiudicazione definitiva è avvenuta senza previa<br />

pubblicazione del bando o avviso con cui si indice una gara<br />

nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea o nella<br />

Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, quando tale<br />

pubblicazione è prescritta dal decreto legislativo 12 aprile<br />

2006, n. 163;<br />

b) se l’aggiudicazione definitiva è avvenuta con procedura<br />

negoziata senza bando o con affidamento in economia fuori<br />

dai casi consentiti e questo abbia determinato l’omissione<br />

della pubblicità del bando o avviso con cui si indice una<br />

gara nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea o nella<br />

Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, quando tale<br />

pubblicazione è prescritta dal decreto legislativo 12 aprile<br />

2006, n. 163;<br />

c) se il contratto è stato stipulato senza rispettare il termine<br />

dilatorio stabilito dall’articolo 11, comma 10, del decreto<br />

legislativo 12 aprile 2006, n. 163, qualora tale violazione<br />

abbia privato il ricorrente della possibilità di avvalersi di<br />

mezzi di ricorso prima della stipulazione del contratto e<br />

sempre che tale violazione, aggiungendosi a vizi propri<br />

dell’aggiudicazione definitiva, abbia influito sulle<br />

possibilità del ricorrente di ottenere l’affidamento;<br />

d) se il contratto è stato stipulato senza rispettare la<br />

sospensione obbligatoria del termine per la stipulazione<br />

derivante dalla proposizione del ricorso giurisdizionale<br />

avverso l’aggiudicazione definitiva, ai sensi dell’articolo 11,<br />

comma 10-ter, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163,<br />

387


aggiungendosi a vizi propri dell'aggiudicazione<br />

definitiva, abbia influito sulle possibilità del ricorrente di<br />

ottenere l'affidamento.<br />

qualora tale violazione, aggiungendosi a vizi propri<br />

dell’aggiudicazione definitiva, abbia influito sulle<br />

possibilità del ricorrente di ottenere l’affidamento.<br />

2. Il contratto resta efficace, anche in presenza delle<br />

violazioni di cui al comma 1 qualora venga accertato che<br />

il rispetto di esigenze imperative connesse ad un<br />

interesse generale imponga che i suoi effetti siano<br />

mantenuti. Tra le esigenze imperative rientrano, fra<br />

l'altro, quelle imprescindibili di carattere tecnico o di<br />

altro tipo, tali da rendere evidente che i residui obblighi<br />

contrattuali possono essere rispettati solo dall'esecutore<br />

attuale. Gli interessi economici possono essere presi in<br />

considerazione come esigenze imperative solo in<br />

circostanze eccezionali in cui l'inefficacia del contratto<br />

conduce a conseguenze sproporzionate, avuto anche<br />

riguardo all'eventuale mancata proposizione della<br />

domanda di subentro nel contratto nei casi in cui il vizio<br />

dell'aggiudicazione non comporta l'obbligo di rinnovare<br />

la gara. Non costituiscono esigenze imperative gli<br />

interessi economici legati direttamente al contratto, che<br />

comprendono fra l'altro i costi derivanti dal ritardo<br />

nell'esecuzione del contratto stesso, dalla necessità di<br />

indire una nuova procedura di aggiudicazione, dal<br />

cambio dell'operatore economico e dagli obblighi di<br />

legge risultanti dalla dichiarazione di inefficacia.<br />

3. A cura della segreteria, le sentenze che provvedono in<br />

applicazione del comma 2 sono trasmesse alla<br />

Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per<br />

le politiche comunitarie<br />

4. Nei casi in cui, nonostante le violazioni, il contratto<br />

sia considerato efficace o l'inefficacia sia temporalmente<br />

limitata si applicano le sanzioni alternative di cui<br />

all'articolo 245-quater.<br />

2. Il contratto resta efficace, anche in presenza delle<br />

violazioni di cui al comma 1 qualora venga accertato che il<br />

rispetto di esigenze imperative connesse ad un interesse<br />

generale imponga che i suoi effetti siano mantenuti. Tra le<br />

esigenze imperative rientrano, fra l’altro, quelle<br />

imprescindibili di carattere tecnico o di altro tipo, tali da<br />

rendere evidente che i residui obblighi contrattuali possono<br />

essere rispettati solo dall’esecutore attuale. Gli interessi<br />

economici possono essere presi in considerazione come<br />

esigenze imperative solo in circostanze eccezionali in cui<br />

l’inefficacia del contratto conduce a conseguenze<br />

sproporzionate, avuto anche riguardo all’eventuale mancata<br />

proposizione della domanda di subentro nel contratto nei<br />

casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporta<br />

l’obbligo di rinnovare la gara. Non costituiscono esigenze<br />

imperative gli interessi economici legati direttamente al<br />

contratto, che comprendono fra l’altro i costi derivanti dal<br />

ritardo nell’esecuzione del contratto stesso, dalla necessità<br />

di indire una nuova procedura di aggiudicazione, dal cambio<br />

dell’operatore economico e dagli obblighi di legge risultanti<br />

dalla dichiarazione di inefficacia.<br />

3. A cura della segreteria, le sentenze che provvedono in<br />

applicazione del comma 2 sono trasmesse alla Presidenza<br />

del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le politiche<br />

comunitarie.<br />

4. Nei casi in cui, nonostante le violazioni, il contratto sia<br />

considerato efficace o l’inefficacia sia temporalmente<br />

limitata si applicano le sanzioni alternative di cui<br />

all’articolo 123.<br />

388


5. La inefficacia del contratto prevista dal comma 1,<br />

lettere a) e b), non trova applicazione quando la stazione<br />

appaltante abbia posto in essere la seguente procedura:<br />

a) abbia con atto motivato anteriore all'avvio della<br />

procedura di affidamento dichiarato di ritenere che la<br />

procedura senza previa pubblicazione del bando o avviso<br />

con cui si indice una gara nella Gazzetta Ufficiale<br />

dell'Unione europea ovvero nella Gazzetta Ufficiale<br />

della Repubblica italiana sia consentita dal presente<br />

codice;<br />

b) abbia pubblicato, rispettivamente per i contratti di<br />

rilevanza comunitaria e per quelli sotto soglia, nella<br />

Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea ovvero nella<br />

Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana un avviso<br />

volontario per la trasparenza preventiva ai sensi<br />

dell'articolo 79-bis, in cui manifesta l'intenzione di<br />

concludere il contratto;<br />

c) il contratto non sia stato concluso prima dello scadere<br />

di un termine di almeno dieci giorni decorrenti dal<br />

giorno successivo alla data di pubblicazione dell'avviso<br />

di cui alla lettera b)<br />

5. La inefficacia del contratto prevista dal comma 1, lettere<br />

a) e b), non trova applicazione quando la stazione appaltante<br />

abbia posto in essere la seguente procedura:<br />

a) abbia con atto motivato anteriore all’avvio della<br />

procedura di affidamento dichiarato di ritenere che la<br />

procedura senza previa pubblicazione del bando o avviso<br />

con cui si indice una gara nella Gazzetta Ufficiale<br />

dell’Unione europea ovvero nella Gazzetta Ufficiale della<br />

Repubblica italiana sia consentita dal decreto legislativo 12<br />

aprile 2006, n. 163;<br />

b) abbia pubblicato, rispettivamente per i contratti di<br />

rilevanza comunitaria e per quelli sotto soglia, nella<br />

Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea ovvero nella<br />

Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana un avviso<br />

volontario per la trasparenza preventiva ai sensi dell’articolo<br />

79-bis del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in cui<br />

manifesta l’intenzione di concludere il contratto;<br />

c) il contratto non sia stato concluso prima dello scadere di<br />

un termine di almeno dieci giorni decorrenti dal giorno<br />

successivo alla data di pubblicazione dell’avviso di cui alla<br />

lettera b).<br />

Art. 245-ter D. Lgs. n. 163/2006<br />

Inefficacia del contratto negli altri casi.<br />

1. Fuori dei casi indicati dagli articoli 245-bis e 245-<br />

quater, comma 3, il giudice che annulla l'aggiudicazione<br />

definitiva stabilisce se dichiarare inefficace il contratto,<br />

fissandone la decorrenza, tenendo conto, in particolare,<br />

degli interessi delle parti, dell'effettiva possibilità per il<br />

ricorrente di conseguire l'aggiudicazione alla luce dei<br />

vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e<br />

della possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in<br />

cui il vizio dell'aggiudicazione non comporti l'obbligo di<br />

rinnovare la gara e la relativa domanda sia stata proposta<br />

Art. 245-quater D. Lgs. n. 163/2006<br />

Sanzioni alternative.<br />

Art. 122 Inefficacia del contratto negli altri casi<br />

1. Fuori dei casi indicati dall’articolo 121, comma 1, e<br />

dall’articolo 123, comma 3, il giudice che annulla<br />

l’aggiudicazione definitiva stabilisce se dichiarare inefficace<br />

il contratto, fissandone la decorrenza, tenendo conto, in<br />

particolare, degli interessi delle parti, dell’effettiva<br />

possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione<br />

alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del<br />

contratto e della possibilità di subentrare nel contratto, nei<br />

casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporti<br />

l’obbligo di rinnovare la gara e la domanda di subentrare sia<br />

stata proposta.<br />

Art. 123 Sanzioni alternative<br />

389


1. Nei casi di cui all'articolo 245-bis, comma 4, il<br />

giudice amministrativo individua le seguenti sanzioni<br />

alternative da applicare alternativamente o<br />

cumulativamente:<br />

a) la sanzione pecuniaria nei confronti della stazione<br />

appaltante, di importo dallo 0,5 per cento al 5 per cento<br />

del valore del contratto, inteso come prezzo di<br />

aggiudicazione, che è versata all'entrata del bilancio<br />

dello Stato - con imputazione al capitolo 2301, capo 8<br />

«Multe, ammende e sanzioni amministrative inflitte<br />

dalle autorità giudiziarie ed amministrative, con<br />

esclusione di quelle aventi natura tributaria» - entro<br />

sessanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza<br />

che irroga sanzione; decorso il termine per il<br />

versamento, si applica una maggiorazione pari ad un<br />

decimo della sanzione per ogni semestre di ritardo. La<br />

sentenza che applica le sanzioni è comunicata, a cura<br />

della segreteria, al Ministero dell'economia e delle<br />

finanze entro cinque giorni dalla pubblicazione;<br />

b) la riduzione della durata del contratto, ove possibile,<br />

da un minimo del dieci per cento ad un massimo del<br />

cinquanta per cento della durata residua alla data di<br />

pubblicazione del dispositivo.<br />

1. Nei casi di cui all’articolo 121, comma 4, il giudice<br />

amministrativo individua le seguenti sanzioni alternative da<br />

applicare alternativamente o cumulativamente:<br />

a) la sanzione pecuniaria nei confronti della stazione<br />

appaltante, di importo dallo 0,5% al 5% del valore del<br />

contratto, inteso come prezzo di aggiudicazione, che è<br />

versata all’entrata del bilancio dello Stato – con<br />

imputazione al capitolo 2301, capo 8 “Multe, ammende e<br />

sanzioni amministrative inflitte dalle autorità giudiziarie ed<br />

amministrative, con esclusione di quelle aventi natura<br />

tributaria” – entro sessanta giorni dal passaggio in giudicato<br />

della sentenza che irroga sanzione; decorso il termine per il<br />

versamento, si applica una maggiorazione pari ad un decimo<br />

della sanzione per ogni semestre di ritardo. La sentenza che<br />

applica le sanzioni è comunicata, a cura della segreteria, al<br />

Ministero dell’economia e delle finanze entro cinque giorni<br />

dalla pubblicazione;<br />

b) la riduzione della durata del contratto, ove possibile, da<br />

un minimo del dieci per cento ad un massimo del cinquanta<br />

per cento della durata residua alla data di pubblicazione del<br />

dispositivo.<br />

2. Il giudice amministrativo applica le sanzioni,<br />

assicurando il rispetto del principio del contraddittorio e<br />

ne determina la misura in modo che siano effettive,<br />

dissuasive, proporzionate al valore del contratto, alla<br />

gravità della condotta della stazione appaltante e<br />

all'opera svolta dalla stazione appaltante per<br />

l'eliminazione o attenuazione delle conseguenze della<br />

violazione. In ogni caso l'eventuale condanna al<br />

risarcimento dei danni non costituisce sanzione<br />

alternativa e si cumula con le sanzioni alternative.<br />

3. Il giudice applica le sanzioni di cui al comma 1 anche<br />

qualora il contratto è stato stipulato senza rispettare il<br />

termine dilatorio stabilito per la stipulazione del<br />

contratto, ovvero è stato stipulato senza rispettare la<br />

sospensione della stipulazione derivante dalla<br />

proposizione del ricorso giurisdizionale avverso<br />

l'aggiudicazione definitiva, quando la violazione non<br />

abbia privato il ricorrente della possibilità di avvalersi di<br />

mezzi di ricorso prima della stipulazione del contratto e<br />

non abbia influito sulle possibilità del ricorrente di<br />

2. Il giudice amministrativo applica le sanzioni assicurando<br />

il rispetto del principio del contraddittorio e ne determina la<br />

misura in modo che siano effettive, dissuasive,<br />

proporzionate al valore del contratto, alla gravità della<br />

condotta della stazione appaltante e all'opera svolta dalla<br />

stazione appaltante per l'eliminazione o attenuazione delle<br />

conseguenze della violazione. A tal fine si applica l’articolo<br />

73, comma 3. In ogni caso l’eventuale condanna al<br />

risarcimento dei danni non costituisce sanzione alternativa e<br />

si cumula con le sanzioni alternative.<br />

3. Il giudice applica le sanzioni di cui al comma 1 anche<br />

qualora il contratto è stato stipulato senza rispettare il<br />

termine dilatorio stabilito per la stipulazione del contratto,<br />

ovvero è stato stipulato senza rispettare la sospensione della<br />

stipulazione derivante dalla proposizione del ricorso<br />

giurisdizionale avverso l’aggiudicazione definitiva, quando<br />

la violazione non abbia privato il ricorrente della possibilità<br />

di avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipulazione del<br />

contratto e non abbia influito sulle possibilità del ricorrente<br />

di ottenere l’affidamento.<br />

390


ottenere l'affidamento<br />

Art. 245-quinques D. Lgs. n. 163/2006<br />

Tutela in forma specifica e per equivalente.<br />

1. L'accoglimento della domanda di conseguire<br />

l'aggiudicazione e il contratto è comunque condizionato<br />

alla dichiarazione di inefficacia del contratto ai sensi<br />

degli articoli 245-bis e 245-ter. Se il giudice non<br />

dichiara l'inefficacia del contratto dispone, su domanda e<br />

a favore del solo ricorrente avente titolo<br />

all'aggiudicazione, il risarcimento per equivalente del<br />

danno da questi subito e provato.<br />

. La condotta processuale della parte che, senza<br />

giustificato motivo, non ha proposto la domanda di cui<br />

al comma 1, o non si è resa disponibile a subentrare nel<br />

contratto, è valutata dal giudice ai sensi dell'articolo<br />

1227 del codice civile<br />

Art. 245-sexies D. Lgs. n. 163/2006<br />

Norme processuali ulteriori per le controversie relative<br />

a infrastrutture e insediamenti produttivi<br />

1. Nei giudizi davanti agli organi di giustizia<br />

amministrativa che comunque riguardino le procedure di<br />

progettazione, approvazione, e realizzazione delle<br />

infrastrutture e degli insediamenti produttivi e relative<br />

attività di espropriazione, occupazione e asservimento,<br />

di cui alla parte II, titolo III, capo IV, oltre alle<br />

disposizioni degli articoli 244, 245, 245-bis, 245-quater<br />

e 245-quinquies si applicano le previsioni del presente<br />

articolo<br />

2. [Non occorre domanda di fissazione dell’udienza di<br />

merito, che ha luogo entro quarantacinque giorni dalla<br />

data di deposito del ricorso] (1)<br />

(1) Comma abrogato dalla lettera c) del comma 1<br />

dell’art. 13, D.Lgs. 20 marzo 2010, n. 53<br />

3. In sede di pronuncia del provvedimento cautelare, si<br />

tiene conto delle probabili conseguenze del<br />

provvedimento stesso per tutti gli interessi che possono<br />

essere lesi, nonché del preminente interesse nazionale<br />

alla sollecita realizzazione dell’opera, e, ai fini<br />

dell’accoglimento della domanda cautelare, si valuta<br />

anche la irreparabilità del pregiudizio per il ricorrente, il<br />

cui interesse va comunque comparato con quello del<br />

soggetto aggiudicatore alla celere prosecuzione delle<br />

procedure.<br />

4. Ferma restando l'applicazione degli articoli 245-bis e<br />

245-quater, al di fuori dei casi in essi contemplati, la<br />

sospensione o l’annullamento dell’affidamento non<br />

comporta la caducazione del contratto già stipulato, e il<br />

risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene<br />

solo per equivalente.<br />

Prima delle modifiche apportate dal D. Lgs. n. 53/2010,<br />

il comma 4 così disponeva:<br />

4. La sospensione o l’annullamento dell’affidamento non<br />

comporta la caducazione del contratto già stipulato, e il<br />

risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene<br />

solo per equivalente.<br />

5. Le disposizioni del comma 4 si applicano anche alle<br />

controversie relative alle procedure di cui all’articolo<br />

140.<br />

Art. 124 Tutela in forma specifica e per equivalente<br />

1. L’accoglimento della domanda di conseguire<br />

l’aggiudicazione e il contratto è comunque condizionato alla<br />

dichiarazione di inefficacia del contratto ai sensi degli<br />

articoli 121, comma 1, e 122. Se il giudice non dichiara<br />

l’inefficacia del contratto dispone il risarcimento del danno<br />

per equivalente, subito e provato.<br />

2. La condotta processuale della parte che, senza giustificato<br />

motivo, non ha proposto la domanda di cui al comma 1, o<br />

non si è resa disponibile a subentrare nel contratto, è<br />

valutata dal giudice ai sensi dell’articolo 1227 del codice<br />

civile.<br />

Art. 125 Ulteriori disposizioni processuali per le<br />

controversie relative a infrastrutture strategiche<br />

1. Nei giudizi che riguardano le procedure di progettazione,<br />

approvazione, e realizzazione delle infrastrutture e degli<br />

insediamenti produttivi e relative attività di espropriazione,<br />

occupazione e asservimento, di cui alla parte II, titolo III,<br />

capo IV del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, oltre<br />

alle disposizioni del presente Capo, con esclusione<br />

dell’articolo 122, si applicano le seguenti previsioni.<br />

2. In sede di pronuncia del provvedimento cautelare, si tiene<br />

conto delle probabili conseguenze del provvedimento stesso<br />

per tutti gli interessi che possono essere lesi, nonché del<br />

preminente interesse nazionale alla sollecita realizzazione<br />

dell’opera, e, ai fini dell’accoglimento della domanda<br />

cautelare, si valuta anche la irreparabilità del pregiudizio per<br />

il ricorrente, il cui interesse va comunque comparato con<br />

quello del soggetto aggiudicatore alla celere prosecuzione<br />

delle procedure.<br />

3. Ferma restando l’applicazione degli articoli 121 e 123, al<br />

di fuori dei casi in essi contemplati la sospensione o<br />

l’annullamento dell’affidamento non comporta la<br />

caducazione del contratto già stipulato, e il risarcimento del<br />

danno eventualmente dovuto avviene solo per equivalente.<br />

Si applica l’articolo 34, comma 3.<br />

4. Le disposizioni del comma 3 si applicano anche alle<br />

controversie relative alle procedure di cui all’articolo 140<br />

del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.<br />

391


R. Chieppa,<br />

Commento al codice del processo amminsitrativo,<br />

Giuffrè, 2010.<br />

SEZIONE QUINTA<br />

IL LIBRO QUINTO: NORME FINALI<br />

37. LA GIURISDIZIONE ESCLUSIVA.<br />

(Art. 133)<br />

LIBRO V<br />

NORME FINALI<br />

Art. 133<br />

Materie di giurisdizione esclusiva<br />

1. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge:<br />

a) le controversie in materia di:<br />

1) risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di<br />

conclusione del procedimento amministrativo;<br />

2) formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento amministrativo e degli<br />

accordi fra pubbliche amministrazioni;<br />

3) dichiarazione di inizio attività;<br />

4) determinazione e corresponsione dell'indennizzo dovuto in caso di revoca del provvedimento amministrativo;<br />

5) nullità del provvedimento amministrativo adottato in violazione o elusione del giudicato;<br />

6) diritto di accesso ai documenti amministrativi;<br />

b) le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione<br />

delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi e quelle attribuite ai tribunali delle acque pubbliche<br />

e al Tribunale superiore delle acque pubbliche;<br />

c) le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti<br />

indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal<br />

gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo, ovvero ancora relative all'affidamento di un<br />

pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore, nonché afferenti alla vigilanza sul credito, sulle<br />

assicurazioni e sul mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai trasporti, alle telecomunicazioni e ai servizi di<br />

pubblica utilità;<br />

d) le controversie concernenti l’esercizio del diritto a chiedere e ottenere l'uso delle tecnologie telematiche nelle<br />

comunicazioni con le pubbliche amministrazioni e con i gestori di pubblici servizi statali;<br />

e) le controversie:<br />

1) relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella<br />

scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di<br />

evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, ivi incluse quelle risarcitorie e con estensione della<br />

giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione ed<br />

alle sanzioni alternative;<br />

2) relative al divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, relative alla clausola di revisione<br />

del prezzo e al relativo provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, nell’ipotesi di cui<br />

all’articolo 115 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché quelle relative ai provvedimenti applicativi<br />

dell’adeguamento dei prezzi ai sensi dell’articolo 133, commi 3 e 4, dello stesso decreto;<br />

f) le controversie aventi ad oggetto gli atti e i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia urbanistica e<br />

edilizia, concernente tutti gli aspetti dell'uso del territorio, e ferme restando le giurisdizioni del Tribunale superiore delle<br />

acque pubbliche e del Commissario liquidatore per gli usi civici, nonché del giudice ordinario per le controversie<br />

riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura<br />

espropriativa o ablativa;<br />

g) le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti, riconducibili, anche<br />

mediatamente, all'esercizio di un pubblico potere, delle pubbliche amministrazioni in materia di espropriazione per<br />

pubblica utilità, ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario per quelle riguardanti la determinazione e la<br />

corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa;<br />

h) le controversie aventi ad oggetto i decreti di espropriazione per causa di pubblica utilità delle invenzioni industriali;<br />

i) le controversie relative ai rapporti di lavoro del personale in regime di diritto pubblico;<br />

392


l) le controversie aventi ad oggetto tutti i provvedimenti, compresi quelli sanzionatori ed esclusi quelli inerenti ai<br />

rapporti di impiego privatizzati, adottati dalla Banca d’Italia, dalla Commissione nazionale per le società e la borsa,<br />

dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, dall’Autorità<br />

per l’energia elettrica e il gas, e dalle altre Autorità istituite ai sensi della legge 14 novembre 1995, n. 481, dall’Autorità<br />

per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, dalla Commissione vigilanza fondi pensione, dalla<br />

Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità della pubblica amministrazione, dall’Istituto per la vigilanza<br />

sulle assicurazioni private, comprese le controversie relative ai ricorsi avverso gli atti che applicano le sanzioni ai sensi<br />

dell’articolo 326 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209;<br />

m) le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti in materia di comunicazioni elettroniche, compresi quelli relativi<br />

all’imposizione di servitù;<br />

n) le controversie relative alle sanzioni amministrative ed ai provvedimenti adottati dall'organismo di regolazione<br />

competente in materia di infrastrutture ferroviarie ai sensi dell’articolo 37 del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188;<br />

o) le controversie, incluse quelle risarcitorie, attinenti alle procedure e ai provvedimenti della pubblica amministrazione<br />

concernenti la produzione di energia, ivi comprese quelle inerenti l’energia da fonte nucleare, i rigassificatori, i gasdotti<br />

di importazione, le centrali termoelettriche e quelle relative ad infrastrutture di trasporto ricomprese o da ricomprendere<br />

nella rete di trasmissione nazionale o rete nazionale di gasdotti;<br />

p) le controversie aventi ad oggetto le ordinanze e i provvedimenti commissariali adottati in tutte le situazioni di<br />

emergenza dichiarate ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e le controversie comunque<br />

attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti della<br />

pubblica amministrazione riconducibili, anche mediatamente, all'esercizio di un pubblico potere, quand’anche relative a<br />

diritti costituzionalmente tutelati;<br />

q) le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti anche contingibili ed urgenti, emanati dal Sindaco in materia di<br />

ordine e sicurezza pubblica, di incolumità pubblica e di sicurezza urbana, di edilità e di polizia locale, d'igiene pubblica<br />

e dell’abitato;<br />

r) le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti relativi alla disciplina o al divieto dell'esercizio d'industrie insalubri<br />

o pericolose;<br />

s) le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti adottati in violazione delle disposizioni in materia di danno<br />

all’ambiente, nonché avverso il silenzio inadempimento del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare<br />

e per il risarcimento del danno subito a causa del ritardo nell'attivazione, da parte del medesimo Ministro, delle misure<br />

di precauzione, di prevenzione o di contenimento del danno ambientale, nonché quelle inerenti le ordinanze ministeriali<br />

di ripristino ambientale e di risarcimento del danno ambientale;<br />

t) le controversie relative all'applicazione del prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari;<br />

u) le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti in materia di passaporti;<br />

v) le controversie tra lo Stato e i suoi creditori riguardanti l'interpretazione dei contratti aventi per oggetto i titoli di Stato<br />

o le leggi relative ad essi o comunque sul debito pubblico;<br />

z) le controversie aventi ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non<br />

riservate agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo ed escluse quelle inerenti i rapporti patrimoniali tra società,<br />

associazioni e atleti.<br />

COMMENTO<br />

37.1. L’elenco delle materie di giurisdizione esclusiva.<br />

Il Libro V è dedicato alle norme finali del codice e, con l’articolo in commento, vengono in primo luogo elencate le<br />

ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.<br />

Nel primo libro, l’art. 7, comma 5 si limita a richiamare le materie di giurisdizione esclusiva, indicate dalla legge e<br />

dall’articolo 133.<br />

La tecnica seguita è stata quella di riunire in un unico articolo tutte le vigenti fattispecie di giurisdizione esclusiva del<br />

giudice amministrativo, abrogando o modificando le attuali disposizioni in modo da avere una sorta di “norma<br />

catalogo”, esaustiva di tutti i casi di giurisdizione esclusiva del g.a..<br />

In sostanza, si è deciso di seguire il criterio del recepimento di tutte le ipotesi di giurisdizione esclusiva contemplate da<br />

altri testi normativi, con conseguente abrogazione delle disposizioni originarie e inserimento, in seno a queste ultime, di<br />

opportune disposizioni di rinvio al codice (Allegato 4). La soluzione adottata presenta il vantaggio di accorpare nella<br />

pertinente sede della normativa processuale tutte le materie di giurisdizione esclusiva, evitando le rigidità e le<br />

disarmonie insite nel meccanismo del rinvio mobile.<br />

Ovviamente, è auspicabile che in futuro il legislatore non continui ad intervenire in modo disordinato e scoordinato,<br />

come finora avvenuto e come si può ben cogliere dall’elenco delle disposizioni in precedenza in vigore, contenuto nella<br />

tabella allegata al presente capitolo.<br />

Per il futuro il legislatore dovrebbe intervenire direttamente sul presente articolo al fine di aggiungere nuove ipotesi,<br />

limitandosi ad un rinvio al Codice nei vari testi normativi.<br />

Tuttavia, il già citato art. 7, comma 5 fa rinvio anche alle materie di giurisdizione esclusiva indicate dalla legge, non<br />

escludendo, quindi, che la previsione di nuove materie di giurisdizione esclusiva possa avvenire con disposizioni<br />

collocate fuori dal Codice.<br />

393


Del resto, a seguito dell’eliminazione dal Codice dell’azione per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari<br />

dei servizi pubblici, non più inclusa nei riti speciali e restata disciplinata dal D. lgs. 20 dicembre 2009, n. 198, il<br />

Governo ha espunto dal presente articolo anche il richiamo alla relativa fattispecie di giurisdizione esclusiva.<br />

La “norma catalogo” nasce, dunque, in modo incompleto a causa della mancanza di una fattispecie disciplinata nel<br />

citato decreto.<br />

Si tratta di una scelta non coerente con l’impostazione del Codice; già si può dubitare della bontà della decisione di<br />

lasciare fuori dal Codice il rito speciale previsto per l’azione per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari<br />

dei servizi pubblici, in quanto una volta incluse tutte le controversie, pure quelle elettorali, anche tale rito avrebbe<br />

dovuto trovare collocazione nel Codice; comunque, anche volendo tenere ferma la scelta, non si giustifica il mancato<br />

richiamo di una fattispecie di giurisdizione esclusiva nella norma che ha la pretesa di elencarle tutte.<br />

Alla non coerenza della suddetta scelta ha fatto seguito una ulteriore incongruenza del legislatore, che, con la legge 30<br />

luglio 2010 n. 122 (di conversione del d.l. 31 maggio 2010 n. 78), ha interamente sostituito l’art. 19 della l. n. 241/90,<br />

introducendo al posto della d.i.a. la c.d. scia – segnalazione certificata di inizio attività e precisando che ogni relativa<br />

controversia è devoluta alla giurisdizione esclusiva del g.a.. L’effetto è quello di avere reintrodotto una ipotesi di<br />

giurisdizione esclusiva collocata fuori dal Codice e di aver lasciato una norma del Codice non più attuale, costituita<br />

dall’art. 133, co. 1, lett. a), n. 6) inerente alla non più prevista d.i.a..<br />

37.2. La ricognizione delle materie di giurisdizione esclusiva.<br />

La c.d. “norma catalogo” ha un carattere prevalentemente ricognitivo, salvo le innovazioni descritte nel paragrafo<br />

seguente.<br />

Anche la parte ricognitiva presente limitate modifiche, effettuate sia per recepire il contenuto delle sentenze della Corte<br />

Costituzionale, sia per razionalizzare alcune norme che si erano sovrapposte in materie parzialmente coincidenti.<br />

Per quanto concerne gli aspetti più rilevanti della menzionata attività ricognitiva:<br />

le ipotesi di giurisdizione esclusiva nella legge n. 241/90.<br />

Il primo gruppo di fattispecie di giurisdizione esclusiva, contenuto nella “norma catalogo” è relativo a quelle incluse<br />

nella legge n. 241/90.<br />

E’ inserita la noma più recente, costituita dall’art. 2-bis, avente ad oggetto le conseguenze risarcitorie per il ritardo<br />

dell’amministrazione nella conclusione del procedimento.<br />

Le ulteriori ipotesi riguardano le controversie in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi<br />

integrativi o sostitutivi di provvedimento; gli accodi tra p.a.; le controversie in materia di determinazione e<br />

corresponsione dell'indennizzo in caso di revoca di atti amministrativi; le questioni inerenti alla nullità dei<br />

provvedimenti amministrativi in violazione o elusione del giudicato e le controversie in materia di accesso ai documenti<br />

amministrativi.<br />

Il Codice, nel riprodurre quasi testualmente tutte le disposizioni, si limitava a un sintetico riferimento alle controversie<br />

in materia di dichiarazione di inizio attività, senza riprodurre il riferimento (di incerta interpretazione) anche al silenzio<br />

assenso contenuto nell’art. 19, comma 5 della legge n. 241/90. Come appena segnalato, ora la legge 30 luglio 2010 n.<br />

122 ha sostituito l’intero art. 19, reintroducendo – in modo del tutto non coordinato con il Codice - sia il riferimento alla<br />

giurisdizione esclusiva per la nuova “Scia”, sia il richiamo al silenzio assenso.<br />

i servizi pubblici:<br />

Come è noto il d.lgs. n. 80/1998, all'art. 33 aveva introdotto un'ipotesi estremamente ampia di giurisdizione esclusiva in<br />

materia dei servizi pubblici, prevedendo che fossero devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo<br />

tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli afferenti alla vigilanza sul credito, sulle<br />

assicurazioni e sul mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai trasporti, alle telecomunicazioni e ai servizi di cui alla<br />

l. 14 novembre 1995, n. 481.<br />

Il comma 2 dell'art. 33 aggiungeva che tali controversie fossero, in particolare, quelle:<br />

a) concernenti la istituzione, modificazione o estinzione di soggetti gestori di pubblici servizi, ivi comprese le<br />

aziende speciali, le istituzioni o le società di capitali anche di trasformazione urbana;<br />

b) tra le amministrazioni pubbliche e i gestori comunque denominati di pubblici servizi;<br />

c) in materia di vigilanza e di controllo nei confronti di gestori dei pubblici servizi;<br />

d) aventi ad oggetto le procedure di affidamento di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, svolte da soggetti<br />

comunque tenuti alla applicazione delle norme comunitarie o della normativa nazionale o regionale;<br />

e) riguardanti le attività e le prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale, rese nell'espletamento di<br />

pubblici servizi, ivi comprese quelle rese nell'ambito del Servizio sanitario nazionale e della pubblica istruzione, con<br />

esclusione dei rapporti individuali di utenza con soggetti privati, delle controversie meramente risarcitorie che<br />

riguardano il danno alla persona o a cose e delle controversie in materia di invalidità.<br />

E’ anche noto che l'art. 33 d.lgs. n. 80/1998 è stato ridimensionato dalla decisione della Corte Costituzionale, che lo<br />

ha dichiarato incostituzionale nella parte in cui prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo « tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli », anziché « le controversie in<br />

materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed<br />

altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico<br />

servizio in un procedimento amministrativo disciplinato dalla l. 7 agosto 1990 n. 241, ovvero ancora relative<br />

394


all'affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore, nonché » afferenti alla<br />

vigilanza sul credito, sulle assicurazioni, sul mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai trasporti, alle<br />

telecomunicazioni e ai servizi di cui alla legge 14 novembre 1995, n. 481. La Corte ha dichiarato inoltre incostituzionale<br />

l'intero secondo comma dell'art. 33.<br />

La materia dei servizi pubblici, oggetto di giurisdizione esclusiva, comprende pertanto, dopo la riscrittura operatane<br />

dalla Corte Costituzionale:<br />

— le concessioni di pubblici servizi, con esclusione delle liti in tema di indennità canoni e altri corrispettivi (ipotesi<br />

similare era prevista dall'art. 5, l. TAR);<br />

— i provvedimenti adottati da pubblica amministrazione o gestore di un pubblico servizio in un procedimento<br />

soggetto alla l. n. 241/1990;<br />

— l'affidamento di un pubblico servizio (dunque le procedure selettive per la scelta del gestore, o dei soci in caso di<br />

costituzione di una società mista per la gestione del servizio);<br />

— la vigilanza e il controllo nei confronti del gestore del servizio pubblico;<br />

— la vigilanza sul credito, sulle assicurazioni sul mercato mobiliare;<br />

— servizio farmaceutico;<br />

— trasporti;<br />

— telecomunicazioni;<br />

— servizi di cui alla l. n. 481/1995 (servizi di pubblica utilità).<br />

La disposizione inserita nel presente articolo è quella risultante dalla pronuncia della Corte Costituzionale, senza<br />

alcun ulteriore intervento additivo.<br />

concessione di beni pubblici:<br />

la disposizione riproduce nella sostanza l’art. 5 della L. Tar (ora abrogato), che attribuisce alla giurisdizione esclusiva<br />

del giudice amministrativo le concessioni in materia di beni pubblici, lasciando al giudice ordinario solo il contenzioso<br />

relativo a indennità, canoni e altri corrispettivi.<br />

La giurisdizione esclusiva si estende anche al rapporto di concessione, salvo gli aspetti riservati all’A.G.O. e, quindi,<br />

alle vicende estintive del rapporto, quali il recesso, per sopravvenuti motivi di interesse pubblico e la decadenza del<br />

concessionario, per inadempimento degli obblighi assunti con la convenzione accessiva alla concessione.<br />

procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture (la estensione della giurisdizione alle sorti del<br />

contratto)<br />

La giurisdizione esclusiva, prevista in origine dall'art. 6, comma 1, l. n. 205/2000 (poi abrogato dal codice dei<br />

contratti pubblici) era contenuta nell'art. 244 del D. Lgs. n. 163/2006, che ha subito rilevanti modifiche ad opera del D.<br />

Lgs. n. 53/2010 di recepimento della c.d. direttiva comunitaria in materia di ricorsi.<br />

L’attuale disposizione ne riproduce sostanzialmente i contenuti attribuendo alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo tutte le controversie relative a procedure di affidamento di lavori, servizi o forniture, svolte da soggetti<br />

comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla<br />

normativa comunitaria, statale o regionale.<br />

La norma in questione ha, quindi, collegato la giurisdizione esclusiva a nozioni di diritto amministrativo sostanziale,<br />

sia di carattere oggettivo che di carattere soggettivo, essendo necessario che siano compresenti i seguenti elemento: a)<br />

una procedura di affidamento di lavori, servizi o forniture, o di scelta del socio; b) la procedura di affidamento o di<br />

scelta del socio deve essere posta in essere da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, al<br />

rispetto del diritto comunitario, o delle procedure di evidenza pubblica delineate dal diritto interno, nazionale o<br />

regionale.<br />

L'individuazione dei soggetti che hanno l'obbligo dell'evidenza pubblica avviene sulla base delle norme sostanziali,<br />

comunitarie e interne, dovendosi chiaramente escludere che possa assumere rilievo il fatto che sia stata in concreto<br />

posta in essere una procedura di evidenza pubblica, pur in assenza di un obbligo in tal senso.<br />

La rilevante novità, derivante dalle modifiche apportate dal D. Lgs, n. 53/2010, è costituita dalla estensione della<br />

giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione ed<br />

alle sanzioni alternative (sul punto, v. il commento agli artt. 120 e ss.).<br />

edilizia e urbanistica.<br />

In materia di edilizia e urbanistica la giurisdizione esclusiva del G.A. trovava il suo fondamento nell'art. 34 d.lgs. n.<br />

80/1998 e nell'art. 53 T.U. espropriazioni. Va, infatti, considerato che l’art. 34, comma 2, contiene un concetto di<br />

urbanistica, esteso a tutti gli aspetti dell'uso del territorio.<br />

Ai fini del riparto della giurisdizione, quindi, per urbanistica non si intende solo la disciplina pianificatoria volta a<br />

regolare l'uso del territorio, ma tutti gli aspetti dell'uso del territorio, compreso quelle concernente l'attuazione concreta<br />

della pianificazione mediante la realizzazione delle scelte urbanistiche. La nozione di urbanistica si estende, quindi, ai<br />

procedimenti di esproprio e alle occupazioni poste in essere dalla P.A. nell'ambito di procedimenti di esproprio.<br />

L’originario ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo si estendeva anche ad ogni tipo di<br />

comportamento della p.a., ma tale ambito è stato ristretto dalla Corte Costituzionale.<br />

395


che, muovendo dalla categoria dei diritti soggettivi incomprimibili e varcando la soglia della sola descrittività, sancisca<br />

aprioristicamente limiti assoluti e non costituzionalmente posti alla giurisdizione amministrativa.<br />

Anche la Cassazione sembra aver aderito a tali principi, riconoscendo la sussistenza della giurisdizione<br />

amministrativa anche in controversie in cui i ricorrenti invocavano diritti fondamentali costituzionalmente protetti e<br />

precisando che a tale conclusione deve giungersi ogni volta che la lesione di tali diritti sia dedotta come effetto di<br />

comportamenti espressione di poteri autoritativi della p.a.. 3<br />

il pubblico impiego non privatizzato<br />

Il processo di privatizzazione del pubblico impiego ha comportato la devoluzione delle relative controversie<br />

all’A.G.O.<br />

Rispetto all'originaria versione dell'art. 68 del d.lgs. n. 29/1993, solo con il d.lgs. n. 80/1998 sono stati effettivamente<br />

ridotti gli ambiti soggetti al regime pubblicistico e contestualmente è stato prevista l'effettiva attribuzione al giudice<br />

ordinario, in funzione di giudice del lavoro, delle controversie di cui all'articolo 68 del d.lgs. n. 29/1993 (oggi art. 63 del<br />

d.lgs. n. 165/2001), relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998. Per le<br />

controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data è stata, invece,<br />

confermata l'attribuzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo a condizione che, a pena di decadenza,<br />

l'azione venisse proposta entro il 15 settembre 2000 (art. 45, comma 17, del d.lgs. n. 80/1998, oggi art. 69, comma 7,<br />

del d.lgs. n. 165/2001).<br />

Il 30 giugno 1998 è stato quindi il termine di sbarramento per il passaggio delle controversie all'A.G.O., con<br />

riferimento alle questioni attinenti un periodo del rapporto di lavoro antecedente o successivo a tale data ed è stato<br />

aggiunto anche un termine di decadenza (15 settembre 2000) per la proposizione di controversie davanti al G.A.,<br />

relative al periodo anteriore.<br />

Si tratta di un termine sostanziale, e non meramente processuale, scaduto il quale la tutela è preclusa. Tale limitazione<br />

è stata ritenuta costituzionalmente compatibile dalla Corte Costituzionale, che ha rilevato che la disparità di trattamento<br />

tra i dipendenti privati e quelli pubblici, soggetti — relativamente ai diritti sorti anteriormente alla data del 30 giugno<br />

1998 — ad un termine di decadenza, è ragionevolmente giustificata dall'esigenza di contenere gli effetti, temuti dal<br />

legislatore come pregiudizievoli per il regolare svolgimento dell'attività giurisdizionale, prodotti dal trasferimento della<br />

competenza giurisdizionale al g.o. e dal temporaneo mantenimento di tale competenza in capo ai tribunali<br />

amministrativi, ed in quanto è ampia la discrezionalità del legislatore nell'operare le scelte più opportune — purché non<br />

manifestamente irragionevoli e arbitrarie — per disciplinare la successione di leggi processuali nel tempo” e che “ da un<br />

lato, non è certamente ingiustificata la previsione di un termine di decadenza e, dall'altro lato, tale termine (di oltre<br />

ventisei mesi) non è certamente tale da rendere “oltremodo difficoltosa” la tutela giurisdizionale. 4<br />

La devoluzione delle controversie al giudice ordinario ha sole due eccezioni, in cui permane la giurisdizione del<br />

giudice amministrativo:<br />

a) le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche<br />

amministrazioni;<br />

b) in sede di giurisdizione esclusiva, le controversie, comprese quelle attinenti ai diritti patrimoniali connessi, relative<br />

ai rapporti di lavoro del personale, che resta in regime di diritto pubblico ai sensi dell'art. 3 dello stesso d.lgs. n.<br />

165/2001 (c.d. personale non contrattualizzato): i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e<br />

procuratori dello Stato, il personale militare e le Forze di polizia di Stato, il personale della carriera diplomatica e della<br />

carriera prefettizia, i dipendenti di alcune autorità amministrative indipendenti e degli enti pubblici che svolgono attività<br />

nell'ambito di determinate materie (funzione creditizia e valutaria; tutela del risparmio, borsa, mercato dei valori<br />

mobiliari; tutela della concorrenza del mercato), il personale, anche di livello dirigenziale, del Corpo nazionale dei vigili<br />

del fuoco, esclusi il personale volontario e il personale volontario di leva, il personale della carriera dirigenziale<br />

penitenziaria, i professori e i ricercatori universitari.<br />

Si tratta di una giurisdizione piena, estesa, a differenza di quanto prevedeva la precedente giurisdizione esclusiva in<br />

materia di pubblico impiego, anche a tutti i diritti patrimoniali consequenziali e, quindi, al risarcimento del danno.<br />

Negli altri casi le controversie appartengono alla giurisdizione ordinaria, sempre che si tratti di rapporti di lavoro alle<br />

dipendenze delle pubbliche amministrazioni; per quanto concerne altre tipologie di rapporto (di lavoro autonomo,<br />

incarico professionale, servizio onorario), resta fermo il tradizionale criterio di riparto, fondato sulla natura della<br />

posizione soggettiva. Per il servizio onorario, ad esempio, deve ritenersi sussistente la giurisdizione amministrativa per<br />

l'impugnazione degli atti di nomina e revoca dei vertici di enti pubblici (presidenti, consiglieri di amministrazione,<br />

commissari straordinari), dovendosi escludere l'instaurazione di un rapporto di pubblico impiego e avendo l'atto di<br />

conferimento natura di provvedimento amministrativo con conseguente qualificazione della posizione giuridica in<br />

termini di interesse legittimo.<br />

Nella “norma catalogo” in commento è presente il richiamo alle controversie relative ai rapporti di lavoro del<br />

personale in regime di diritto pubblico, in quanto la giurisdizione sulle procedure concorsuali è una giurisdizione di<br />

legittimità, e non esclusiva.<br />

giurisdizione e danno ambientale<br />

3 Cass. civ., sez. un. 28 dicembre 2007 n. 27187, in una controversia in cui veniva contestata la realizzazione di una discarica di<br />

rifiuti.<br />

4 Corte Cost ord., 7 ottobre 2005, n. 382.<br />

397


Nel codice vengono confermate le ipotesi di giurisdizione esclusiva in tema di danno ambientale, previste nel D. Lgs.<br />

n. 152/2006.<br />

Costituisce danno ambientale qualsiasi deterioramento misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o<br />

dell'utilità assicurata da quest'ultima.<br />

Il ruolo primario dello Stato nella difesa dell'ambiente ha costituito la ragione, per la quale il legislatore ha<br />

configurato l'obbligazione al risarcimento del danno pubblico ambientale esclusivamente nei confronti dello Stato, che è<br />

quindi l'unico soggetto legittimato a riscuotere i crediti risultanti dalle eventuali sentenze di condanna.<br />

L'art. 18 della legge n. 349/1986 (ora abrogato) aveva, infatti, previsto che “qualunque fatto doloso o colposo in<br />

violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti adottati in base a legge che comprometta l'ambiente, ad esso<br />

arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte, obbliga l'autore del fatto al<br />

risarcimento nei confronti dello Stato”.<br />

La norma aveva assegnato agli enti territoriali una titolarità di tipo subordinato rispetto a quella statale, per la quale<br />

sono legittimati a promuovere l'azione di risarcimento del danno ambientale prodottosi nell'ambito territoriale e<br />

funzionale di rispettiva competenza, e ha riservato alle associazioni di protezione ambientale (individuate con decreto<br />

del Ministro dell'ambiente ex art. 13) sia la facoltà di intervenire ad adiuvandum nei giudizi di danno ambientale<br />

intrapresi dallo Stato o dagli enti suddetti (magari su sollecitazione delle stesse associazioni) sia la possibilità di<br />

ricorrere dinanzi al giudice amministrativo per l'annullamento degli atti illegittimi.<br />

Con il citato art. 18, la giurisdizione in materia di danno ambientale è stata attribuita al giudice ordinario e la<br />

giurisprudenza ha chiarito che anche l'azione per il risarcimento del danno ambientale, esercitata nei confronti di<br />

amministratori e funzionari di un ente territoriale, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario e non in quella della<br />

Corte dei conti, spettando al giudice ordinario i giudizi per i danni arrecati dai dipendenti e funzionari pubblici in modo<br />

diretto ed alla Corte dei conti quelli di rivalsa della P.A. contro il dipendente o l'amministratore che abbia danneggiato<br />

un terzo, agendo con dolo o colpa grave, in violazione dei doveri del suo ufficio.<br />

Ferma restando la priorità del ripristino, la determinazione del danno ambientale può rivelarsi operazione non facile e<br />

per questo il legislatore ha espressamente fatto riferimento alla liquidazione in via equitativa, pur indicando alcuni<br />

criteri, quali la gravità della colpa individuale, il costo necessario per il ripristino, il profitto conseguito dal trasgressore<br />

in conseguenza del suo comportamento lesivo ei beni ambientali.<br />

L'assenza di poteri idonei a supplire all'eventuale inerzia delle autorità statali ha contribuito a rendere meno effettiva<br />

la tutela in presenza di danno ambientale e la situazione era solo parzialmente mutata con l'entrata in vigore dell'art. 4,<br />

comma 3, della l. n. 266/1999, poi riformulato nell'art. 9, comma 3, del d.lgs. n. 267/2000, che ha introdotto la c.d.<br />

azione popolare delle associazioni di protezione ambientale, prevedendo che tali enti esponenziali possano esercitare<br />

davanti al giudice ordinario le azioni conseguenti a danno ambientale che spettino al comune e alla provincia e che<br />

l'eventuale risarcimento è liquidato in favore dell'ente sostituito e le spese processuali sono liquidate in favore o a carico<br />

dell'associazione (norma ora abrogata).<br />

Il quadro normativo è mutato, con l'approvazione del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, in parte anticipato dai commi da 439<br />

a 443 dell'art. 1 della legge n. 266/2005. A seguito dell'abrogazione dell'art. 18 della legge n. 349/86 e dell'attribuzione<br />

della titolarità dell'azione per danno ambientale al solo Ministero, si è determinata una ulteriore centralizzazione della<br />

tutela risarcitoria per i danni all'ambiente.<br />

Gli enti territoriali vengono privati dalla titolarità dell'azione di danno ambientale, che pur in parte avevano ai sensi<br />

dell'art. 18, comma 3, della legge n. 349/86 e parte della dottrina ha evidenziato che tale scelta, prima ancora di essere<br />

verificata sotto il profilo della costituzionalità, non sembra ragionevole.<br />

Con riferimento alle azioni esercitabili dal Ministro per il risarcimento del danno ambientale, accanto all'azione<br />

risarcitoria esercitabile in un giudizio civile o anche in sede penale, come già avviene sulla base dell'art. 18 della legge<br />

n. 349/1986, è prevista l'emanazione di una ordinanza amministrativa.<br />

La possibilità di emanare una ordinanza ministeriale costituisce una novità e può rappresentare un utile strumento per<br />

rendere effettiva la azione di tutela in presenza di danni ambientali. Quando a seguito dell'istruttoria il Ministro accerti<br />

un fatto, commissivo o omissivo, che abbia causato danno ambientale, emette un'ordinanza immediatamente esecutiva<br />

con la quale ingiunge ai trasgressori il ripristino della situazione ambientale antecedente a titolo di risarcimento in<br />

forma specifica; con la medesima ordinanza ingiunge inoltre il pagamento entro 10 giorni di una somma pari al 15% del<br />

danno accertato ed irroga anche le sanzioni amministrative di sua competenza previste dalla legislazione vigente.<br />

Il potere di ordinanza è, quindi, alternativo all'azione giudiziale e lascia salva solo la possibilità dell'intervento nel<br />

giudizio penale.<br />

La scelta di procedere attraverso l'ordinanza o attraverso l'azione giudiziale comporta dei riflessi in punto di<br />

giurisdizione.<br />

Mentre in precedenza era solo il giudice ordinario competente in materia di danno ambientale, salva la giurisdizione<br />

della Corte dei Conti per le azioni di rivalsa, ora in caso di azione giudiziale il danno ambientale sarà determinato dal<br />

giudice ordinario, mentre in caso di ordinanza, sarà il giudice amministrativo che verificherà la correttezza delle<br />

valutazioni e della quantificazione effettuata dal Ministro.<br />

Il ruolo di Regioni, enti locali ed associazioni ambientalistiche è stato ridotto ad un potere di segnalazione al<br />

Ministero di fatti concernenti qualsiasi caso di danno ambientale o di minaccia imminente di danno ambientale, con<br />

richiesta di intervento statale a tutela dell'ambiente.<br />

398


Solo, in caso di inerzia del Ministero o di intervento ritenuto non adeguato, gli stessi soggetti che possono presentare<br />

la richiesta di intervento sono legittimati ad agire secondo i principi generali avverso il silenzio del Ministero, o per<br />

l'annullamento degli atti e dei provvedimenti adottati, nonché per il risarcimento del danno subito a causa del ritardo<br />

nell'attivazione delle misure di precauzione, di prevenzione o di contenimento del danno ambientale. Non si tratta<br />

dell'attribuzione della titolarità dell'azione risarcitoria per danno ambientale, ma di un risarcimento dei danni derivati<br />

dall'inerzia o dalla inadeguatezza dell'intervento ministeriale.<br />

Nella sostanza, i poteri di intervento e di azione spettano solo al Ministro, mentre Regioni, Enti locali ed associazioni<br />

ambientalistiche possono eventualmente collaborare con il Ministro (senza alcun obbligo per l'autorità centrale in tal<br />

senso) e possono richiedere l'intervento statale con possibilità di agire in giudizio in caso di inerzia o di intervento<br />

inadeguato.<br />

La giurisdizione esclusiva del g.a., confermata dal Codice, riguarda quindi, le controversie aventi ad oggetto atti e<br />

provvedimenti adottati in violazione delle disposizioni in materia di danno all’ambiente, nonché avverso il silenzio<br />

inadempimento del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e per il risarcimento del danno subito a<br />

causa del ritardo nell'attivazione, da parte del medesimo Ministro, delle misure di precauzione, di prevenzione o di<br />

contenimento del danno ambientale, nonché quelle inerenti le ordinanze ministeriali di ripristino ambientale e di<br />

risarcimento del danno ambientale.<br />

controversie sportive<br />

Sulle controversie sportive, in passato si dava rilievo alla natura degli atti posti in essere dalle Federazioni sportive.<br />

L’ordinamento statale riconosce ampia autonomia all’ordinamento sportivo, che è caratterizzato dalla peculiare<br />

posizione del Coni e delle Federazioni sportive.<br />

Il Coni è ente pubblico, mentre le Federazioni sportive, pur sorgendo come soggetti privati (associazioni non<br />

riconosciute), in presenza di determinati presupposti assumono la qualifica di “organi del C.O.N.I.” e partecipano alla<br />

natura pubblica di questo. 5<br />

L’elemento discriminante per individuare il limite tra le due funzioni svolte dalle Federazioni è quello della natura<br />

dell’attività svolta: a) in caso di applicazione di norme che attengono alla vita interna della federazione ed ai rapporti tra<br />

società sportive e tra le società stesse e gli sportivi professionisti, le Federazioni operano come associazioni di diritto<br />

privato; b) quando invece l’attività è finalizzata alla realizzazione di interessi fondamentali ed istituzionali dell'attività<br />

sportiva, devono essere considerate organi del CONI.<br />

Solo gli atti di quest'ultimo tipo posti in essere dalle federazioni in qualità di organi del CONI sono esplicazione di<br />

poteri pubblici, partecipano della natura pubblicistica e sono soggetti alla giurisdizione del giudice amministrativo<br />

allorché incidano su posizioni di interesse legittimo.<br />

Il successivo D.L. 19 agosto 2003 n. 220, contenente disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva, convertito<br />

nella legge 17 ottobre 2003, n. 280, stabilisce che i rapporti tra l'ordinamento sportivo e quello statale sono regolati in<br />

base al principio di autonomia, "salvi i casi di rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni<br />

giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo" (art. 1 primo comma).<br />

La "giustizia sportiva" costituisce lo strumento di tutela per le ipotesi in cui si discute dell'applicazione delle regole<br />

sportive; quella statale è chiamata, invece, a risolvere le controversie che presentano una rilevanza per l'ordinamento<br />

generale, concernendo la violazione di diritti soggettivi o interessi legittimi.<br />

Nelle materie riservate all’ordinamento sportivo vige il sistema del cd. "vincolo sportivo", imperniato sull'onere di<br />

adire gli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo e sulla salvezza incondizionata delle clausole compromissorie<br />

previste dagli statuti e dai regolamenti del Coni, delle Federazioni sportive e di quelle inserite nei contratti di cui alla<br />

legge istitutiva del Coni.<br />

Possono, quindi, essere indicate le seguenti tipologie di controversie inerenti la giustizia sportiva:<br />

a) le questioni che hanno per oggetto l'osservanza e l’applicazione di norme regolamentari, organizzative e statutarie<br />

dell’ordinamento sportivo e delle sue articolazioni, al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive e le<br />

questioni che nascono da comportamenti rilevanti sul piano disciplinare, derivanti dalla violazione da parte degli<br />

associati di norme anch'esse interne all'ordinamento sportivo: le regole che sono emanate in questo ambito sono<br />

espressione dell'autonomia normativa interna delle federazioni, non hanno rilevanza nell'ordinamento giuridico generale<br />

e le decisioni adottate in base ad esse sono collocate in un'area di non rilevanza (o d'indifferenza) per l'ordinamento<br />

statale;<br />

b) le questioni concernenti i rapporti patrimoniali tra società, associazioni ed atleti, per le quali, esaurito l'obbligo del<br />

rispetto di eventuali clausole compromissorie, le relative controversie sono devolute alla giurisdizione del giudice<br />

ordinario;<br />

c) ogni altra controversia avente ad oggetto atti del CONI o delle federazioni sportive nazionali, esauriti i gradi della<br />

giustizia sportiva, è sottoposta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.<br />

Il Codice ha confermato l’impostazione di cui al citato D.L. n. 220/2003.<br />

37.3. Le innovazioni in punto di giurisdizione: gli atti delle autorità indipendenti.<br />

5 Cass. civ., S.U., 4 luglio 2002 n. 6090; Cons. Stato, sez. VI, 9 luglio 2004 n. 5025.<br />

399


Fino all’entrata in vigore del Codice, l’attribuzione al giudice amministrativo della giurisdizione in ordine agli di<br />

determinate autorità indipendenti era contenuta in singole leggi speciali, prive di un contenuto unitario, a conferma del<br />

fatto che l’assenza di un disegno unitario che disciplini il fenomeno delle Autorità indipendenti si ripercuote anche<br />

sull’individuazione del giudice competente in ordine al controllo degli atti di tali organismi.<br />

Pur emergendo una preferenza del legislatore in favore della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, il<br />

riparto di giurisdizione è stato disciplinato caso per caso da singole norme di settore o in alcuni casi ricade nell’ambito<br />

di applicazione di disposizioni più generali.<br />

In particolare, il legislatore ha attribuito al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, i ricorsi avverso i<br />

provvedimenti dell’autorità antitrust ai sensi dell’art. 33 della legge n. 287/1990, mentre le azioni di nullità e di<br />

risarcimento del danno 6 devono essere promosse davanti al giudice ordinario (alla Corte di appello competente per<br />

territorio); avverso gli atti e i provvedimenti delle Autorità per i servizi di pubblica utilità ai sensi dell’art. 2 della legge<br />

n. 481/1995; avverso i provvedimenti dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ai sensi dell’art. 2 della legge n.<br />

249/1997; avverso gli atti sanzionatori dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ai<br />

sensi dell’art. 244, comma 2,del d.lgs. n. 163 del 2006; mentre sono invece attribuite alla giurisdizione del giudice<br />

ordinario le controversie aventi ad oggetto gli atti del Garante della privacy ai sensi dell’art. 145 del D. Lgs. n. 196/2003.<br />

Per quanto concerne le Authorities prive di una specifica norma sulla giurisdizione operano i criteri generali di riparto,<br />

tenendo però presente che per quanto concerne la Banca d’Italia e la Consob l’art. 33, comma 1, del D. Lgs. n. 80/1998,<br />

anche nella versione successiva alla sentenza della Corte Costituzionale n. 204/2004, attribuisce alla giurisdizione<br />

esclusiva del giudice amministrativo le controversie “afferenti alla vigilanza sul credito, sulle assicurazioni e sul mercato<br />

mobiliare” e quindi anche quelle relative all’attività di vigilanza delle due autorità oltre che dell’Isvap e che,<br />

successivamente, l’art. 24 della Legge 28 dicembre 2005, n. 262 (Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina<br />

dei mercati finanziari), ha previsto che “avverso gli atti adottati dalle Autorità di cui al comma 4 [Banca d'Italia, Consob,<br />

Isvap, Covip e Autorità garante della concorrenza e del mercato] può essere proposto ricorso giurisdizionale dinanzi al<br />

tribunale amministrativo regionale del Lazio” e poi appello al Consiglio di Stato.<br />

Si può quindi affermare che, pur in assenza di un unico criterio di riparto di giurisdizione, il legislatore italiano abbia<br />

manifestato un chiaro favor per la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.<br />

Il Codice ha ora incluso tutte le diverse ipotesi di giurisdizione esclusiva sugli atti delle Authorities in una unica<br />

disposizione che richiama le controversie aventi ad oggetto tutti i provvedimenti, compresi quelli sanzionatori ed esclusi<br />

quelli inerenti ai rapporti di impiego privatizzati, adottati dalla Banca d’Italia, dalla Commissione nazionale per le<br />

società e la borsa, dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, dall'Autorità per le garanzie nelle<br />

comunicazioni, dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas, e dalle altre Autorità istituite ai sensi della legge 14<br />

novembre 1995, n. 481, dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, dalla<br />

Commissione vigilanza fondi pensione, dalla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità della pubblica<br />

amministrazione, dall’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private, comprese le controversie relative ai ricorsi<br />

avverso i decreti ministeriali che applicano le sanzioni ai sensi dell’articolo 326 del decreto legislativo 7 settembre 2005,<br />

n. 209.<br />

Viene, quindi, inclusa anche l’ultima autorità sorta (la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità della<br />

pubblica amministrazione, di cui al D. Lgs. n. 150/2009).<br />

In questa disposizione si racchiudono due novità di rilievo.<br />

Una prima è costituita dall’espressa esclusione delle controversie inerenti ai rapporti di impiego privatizzati.<br />

Probabilmente, tale esclusione può assumere anche un valore interpretativo della disciplina previgente; fino ad oggi,<br />

tuttavia, la tendenza era stata quella di includere nella giurisdizione esclusiva del g.a., tali controversie sulla base del<br />

mero riferimento agli atti delle autorità, devoluti appunto al g.o. e senza una indagine circa il regime, privato o pubblico,<br />

del rapporto di lavoro.<br />

Oggi, tale indagine sarà necessaria perché dal regime, pubblico o privato del rapporto di impiego, dipende la<br />

giurisdizione in coerenza con il principio generale.<br />

Una novità di ancora maggiore rilievo è costituita dalla introdotta portata generale della giurisdizione esclusiva su tutti i<br />

provvedimenti sanzionatori adottati dalla Banca d’Italia, dalla Commissione nazionale per le società e la borsa,<br />

dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, dall’Autorità per<br />

l’energia elettrica e il gas e dalle altre autorità istituite ai sensi della l. 14 novembre 1995, n. 481, dall’Autorità per la<br />

vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, dalla Commissione vigilanza fondi pensione, dalla<br />

Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità della pubblica amministrazione, dall’Istituto per la vigilanza<br />

sulle assicurazioni private.<br />

La stretta connessione tra potere di vigilanza (costituente già servizio pubblico nei settori di cui all’art. 33, d.lgs. n. 80<br />

del 1998) e potere sanzionatorio, ha indotto, infatti, la Commissione, a prevedere, anche per tutte le sanzioni irrogate da<br />

Banca d’Italia e da Consob, una giurisdizione esclusiva onnicomprensiva. Sono quindi abrogate le disposizioni dettate<br />

dagli artt. 145, d.lgs. n. 385 del 1993 e dall’art. 195, d.lgs. n. 58 del 1998, che prevedono la giurisdizione ordinaria<br />

(segnatamente, la competenza della Corte d’appello di Roma) per le sanzioni in materia rispettivamente creditizia e<br />

mobiliare.<br />

6 Si ricorda che le domande di risarcimento del danno proposte nei confronti dell'autorità rientrano nella giurisdizione esclusiva del<br />

giudice amministrativo.<br />

400


Infatti, in passato il quadro normativo era il seguente: premesso che la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo<br />

e in particolare quella ex art. 33 del D. Lgs. n. 80/98 comprende, secondo l’orientamento maggioritario 7 , anche i ricorsi<br />

avverso le sanzioni irrogate dalle Authorities, va segnalato che l’art. 1, comma 2, del D. Lgs. m. 5/2003 8 ha derogato a<br />

tale principio per le sanzioni bancarie e per le sanzioni in materia di intermediazione finanziaria (attribuite al giudice<br />

ordinario) e che, successivamente, l’art. 24 della Legge 28 dicembre 2005, n. 262 (Disposizioni per la tutela del<br />

risparmio e la disciplina dei mercati finanziari), ha previsto che “avverso gli atti adottati dalle Autorità di cui al comma 4<br />

[Banca d'Italia, CONSOB, ISVAP, COVIP e Autorità garante della concorrenza e del mercato] può essere proposto<br />

ricorso giurisdizionale dinanzi al tribunale amministrativo regionale del Lazio” e poi appello al Consiglio di Stato. Il<br />

legislatore ha comunque fatto salve le previgenti disposizioni previste per l'impugnazione di provvedimenti sanzionatori<br />

davanti all’A.G.O.. 9<br />

La deroga di cui al D. Lgs. n. 5/03 aveva comunque confermato che il criterio generale è quello di includere le<br />

controversie sulle sanzioni irrogate dalle Authorities nella giurisdizione esclusiva del GA, salvo diversa ed espressa<br />

scelta del legislatore.<br />

Oggi le deroghe esistenti in materia bancaria e mobiliare sono state abrogate ed è stata introdotta la giurisdizione<br />

esclusiva (e anche di merito) del giudice amministrativo su tali sanzioni.<br />

Va infine sottolineato che l’art. 33, comma 1, del D. Lgs. n. 80/1998, che - come già detto -anche nella versione<br />

successiva alla sentenza della Corte Costituzionale n. 204/2004, attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo le controversie “afferenti alla vigilanza sul credito, sulle assicurazioni e sul mercato mobiliare”,<br />

attribuisce al GA anche le controversie relative all’attività di vigilanza svolta da Banca d’Italia, Consob e Isvap, salvo<br />

quanto appena detto per le sanzioni.<br />

Deve tuttavia ritenersi che solo i ricorsi avverso gli atti delle predette Autorità siano attribuiti alla giurisdizione esclusiva<br />

del GA, mentre le azioni risarcitorie proposte nei confronti delle autorità per l’omessa vigilanza restano affidate alla<br />

giurisdizione dell’AGO.<br />

In tal senso si era espressa la Cassazione che aveva rilevato che la domanda di risarcimento del danno proposta da<br />

risparmiatori nei confronti della CONSOB per violazione degli obblighi di vigilanza sul credito e sul mercato mobiliare è<br />

devoluta, anche in base al regime di riparto della giurisdizione introdotto dall'art. 7 della l. 21 luglio 2000, n. 205 - al<br />

giudice ordinario. Pur avendo, infatti, il citato art. 33 del d.lg. n. 80/1998, nel testo vigente, attribuito alla giurisdizione<br />

esclusiva del giudice amministrativo "tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli afferenti alla<br />

vigilanza sul credito, sulle assicurazioni e sul mercato mobiliare", la suddetta domanda esula dalla giurisdizione<br />

medesima, atteso che la controversia con essa proposta deve farsi rientrare nella categoria delle "controversie meramente<br />

risarcitorie che riguardano il danno alla persona o a cose" (che lo stesso art. 33, comma 2, eccettua dall'ambito della<br />

giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo). 10<br />

Pur essendo oggi caduto il secondo comma del citato art. 33 per effetto della sentenza n. 204/2004 della Corte<br />

Costituzionale, non appare ragionevole ritenere che il ridimensionamento della giurisdizione esclusiva del GA, operato<br />

dalla Corte, possa avere avuto l’effetto di ampliare invece tale giurisdizione con riferimento alle suddette domande<br />

risarcitorie, che peraltro non sono consequenziali rispetto ad un atto amministrativo e con cui viene chiesto il<br />

risarcimento di un danno derivante da un comportamento di soggetti privati (senz’altro devoluto all’AGO), rispetto al<br />

quale l’eventuale omessa vigilanza dell’Autorità di controllo agisce come mera concausa. 11<br />

Conferma di tale orientamento è giunta dalla Cassazione, che ha ribadito che le controversie aventi ad oggetto la<br />

domanda di risarcimento del danno proposta da risparmiatori nei confronti della Consob per violazione degli obblighi di<br />

vigilanza sul mercato mobiliare è devoluta al g.o., non rientrando tra le controversie in materia di pubblici servizi<br />

attribuite alla giurisdizione esclusiva del g.a. dall'art. 33 d.lg. 31 marzo 1998 n. 80, nel testo introdotto dall'art. 7 l. 21<br />

7 V. Cons. Stato, VI, 13 maggio 2003 n. 2533.<br />

8 Il comma stabilisce che “Restano ferme tutte le norme sulla giurisdizione. Spettano esclusivamente alla corte d'appello tutte le<br />

controversie di cui agli articoli 145 decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e 195 decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58”.<br />

9 In particolare, sono state fatte salve le disposizioni previste per l'impugnazione dei provvedimenti sanzionatori dall'articolo 145,<br />

commi 4 e seguenti, del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 dagli articoli 187-septies, commi 4 e<br />

seguenti, e 195, commi 4 e seguenti, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, dall'articolo 6 della legge 5<br />

marzo 2001, n. 57, dagli articoli 12, quinto comma, e 19, settimo comma, della legge 7 febbraio 1979, n. 48, dall'articolo 10, sesto<br />

comma, della legge 28 novembre 1984, n. 792, dall'articolo 11, comma 5, della legge 17 febbraio 1992, n. 166, e dall'articolo 18-bis,<br />

comma 5-bis, del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124 ( In precedenza, la Cassazione aveva affermato che anche a seguito della<br />

nuova disciplina di cui all'art. 33 d.lg. 31 marzo 1998 n. 88 (così come riformulato dall'art. 7 l. 21 luglio 2000 n. 205), che ha<br />

introdotto un nuovo e generale assetto dei rapporti tra giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa, devolvendo alla<br />

giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi, tra l'altro, quelli<br />

afferenti alla vigilanza sul mercato mobiliare, la competenza giurisdizionale a conoscere delle opposizioni (art. 196 d.lg. 24 febbraio<br />

1998 n. 58) avverso le sanzioni inflitte dalla Consob ai promotori finanziari, anche se di tipo interdittivo, spetta all'autorità giudiziaria<br />

ordinaria (Cass. civ, sez. un., 22 luglio 2004, n. 13703).<br />

10 Nella fattispecie, l'azione di risarcimento del danno era stata proposta da alcuni risparmiatori per tardivo recepimento della<br />

direttiva 10 maggio 1993, n. 93/22/CEE, relativa ai servizi di investimento. V. Cass., Sez unite, 2 maggio 2003 n. 6719, in Foro It.,<br />

2003, I, 1685.<br />

11 Una diversa conclusione condurrebbe a ritenere la sussistenza di due differenti giurisdizioni per una domanda risarcitoria a seconda<br />

che si chieda il danno al soggetto privato o anche all’Autorità che su tale impresa aveva il dovere di esercitare la propria attività di<br />

vigilanza.<br />

401


luglio 2000 n. 205 - quale risultante a seguito della sentenza della Corte cost. n. 204 del 2004 - in quanto a differenza,<br />

infatti, di quanto avviene rispetto ai "soggetti abilitati" - nei cui confronti l'Autorità di vigilanza esercita una serie di<br />

"poteri" diretti ad assicurare che i loro comportamenti siano "trasparenti e corretti", onde le posizioni di tali soggetti nei<br />

confronti dell'Autorità si configurano, in linea di massima, come interessi legittimi - la Consob non esercita alcun<br />

"potere" sui risparmiatori, trattandosi dei soggetti che essa è tenuta a tutelare, con la conseguenza che la posizione di<br />

questi ultimi nei confronti dell'Autorità di vigilanza assume la consistenza del diritto soggettivo: diritto che - proprio<br />

perché non collegato ad alcuna relazione di potere con la p.a. - deve essere tutelato, in caso di violazione, innanzi al g.o.,<br />

e ciò tanto più quando (come nel caso di specie) l'azione proposta trovi il suo fondamento in un preteso<br />

"comportamento" illecito della p.a. e sia diretta a conseguire il risarcimento dei danni subiti. 12<br />

37.4. Fattispecie di giurisdizione esclusiva eliminate.<br />

Non sono state riprodotte nel Codice alcune fattispecie di giurisdizione esclusiva, ormai desuete o superate dalla<br />

sopravvenuta disciplina.<br />

In particolare, sono state eliminate le seguenti:<br />

- art. 29, TU Cons. Stato:<br />

1) i ricorsi relativi al rapporto d'impiego prodotti dagli impiegati dello Stato, degli enti od istituti pubblici sottoposti a<br />

tutela od anche a sola vigilanza dell'amministrazione centrale dello Stato o da agenti di ferrovie e tramvie concesse<br />

all'industria privata ai sensi dell'art. 15 del R.D.L. 19 ottobre 1923, n. 2311 (35) , quando non si tratti di materia spettante<br />

alla giurisdizione della Corte dei conti o a quella di altri corpi o collegi speciali;<br />

2) i ricorsi contro i provvedimenti che autorizzano o negano la fondazione di istituzioni pubbliche di beneficenza, o di<br />

istituzioni pubbliche di istruzione e di educazione, o che ne approvano o modificano gli statuti;<br />

3) i ricorsi relativi al concentramento, al raggruppamento, alla fusione, alla trasformazione, alla costituzione in<br />

consorzio o alla federazione delle istituzioni pubbliche indicate nel numero precedente o ad esse equiparate a norma<br />

dell'art. 91 della L. 17 luglio 1890, n. 6972;<br />

5) i ricorsi circa la competenza passiva delle spese ritenute rispettivamente obbligatorie per lo Stato, per la Provincia e<br />

per il Comune, ai termini delle leggi vigenti in materia di sanità pubblica;<br />

9) i ricorsi contro le decisioni delle giunte provinciali amministrative emesse in materia di loro esclusiva giurisdizione.<br />

- art. 4 R.D. 26-6-1924 n. 1058<br />

La Giunta provinciale amministrativa giudica con giurisdizione esclusiva sui ricorsi per questioni derivanti dal rapporto<br />

d'impiego prodotti da impiegati assunti in servizio, secondo gli ordinamenti delle rispettive amministrazioni, dai<br />

Comuni, dalle Province, dalle istituzioni pubbliche di beneficenza o da qualsiasi altro ente od istituto pubblico<br />

sottoposto alla tutela od anche alla sola vigilanza dell'amministrazione pubblica locale. Restando tuttavia ferme le<br />

disposizioni vigenti circa i maestri elementari.<br />

Sono altresì attribuiti all'esclusiva giurisdizione della Giunta provinciale amministrativa, che si pronuncia anche in<br />

merito:<br />

1° I ricorsi e le opposizioni contro le deliberazioni dei Consigli comunali in materia di fiere e mercati, ai termini dell'art.<br />

1 della legge 17 maggio 1866, n. 2983 (15) , omessa la decisione della Deputazione provinciale (16) preveduta nel secondo<br />

capoverso del detto articolo.<br />

2° I ricorsi contro le iscrizioni nel ruolo della spesa per la somministrazione del chinino agli operai ed ai coloni affetti di<br />

febbri palustri, ai termini dell'art. 159 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 1° agosto 1907,<br />

n. 636 (17<br />

Non è stata inclusa nella giurisdizione esclusiva la materia dell’edilizia economica popolare: l’art. 131, comma 2, del<br />

R.D. 28-4-1938 n. 1165 (Approvazione del testo unico delle disposizioni sull'edilizia popolare ed economica) prevede<br />

che contro le decisioni della Commissione di vigilanza è ammesso soltanto ricorso al Consiglio di Stato in sede<br />

giurisdizionale nei casi previsti dall'art. 26 del T.U. approvato con R.D. 26 giugno 1924, n. 1054. Tale norma era stata<br />

interpretata come attributiva di giurisdizione esclusiva, ma il Codice non ha confermato tale tesi.<br />

Problemi interpretativi e questioni rilevanti<br />

Cosa succede se il legislatore introduce una ulteriore ipotesi di giurisdizione esclusiva del g.a. senza modificare la<br />

presente norma ?<br />

Il Codice è fonte di rango primario, inidonea a prevalere su altre leggi e il legislatore ben può prevedere ulteriori ipotesi<br />

di giurisdizione esclusiva senza modificare la presente disposizione.<br />

Una corretta tecnica legislativa consiglierebbe di operare su tale articolo, ma del resto anche l’art. 7, comma 5 fa rinvio<br />

anche alle materie di giurisdizione esclusiva indicate dalla legge, non escludendo, quindi, che la previsione di nuove<br />

materie di giurisdizione esclusiva possa avvenire con disposizioni collocate fuori dal Codice.<br />

Come si fa a stabilire il riparto di giurisdizione per il personale delle autorità indipendenti ?<br />

12 Cass. civ., sez. un., 29 luglio 2005, n. 15916.<br />

402


Si deve fare riferimento alla disciplina sostanziale del rapporto di lavoro. Se il rapporto non è contrattualizzato e<br />

permane in regime di diritto pubblico sussiste la giurisdizione amministrativa, altrimenti la giurisdizione è dell’AGO.<br />

Da quando si applica la devoluzione al g.a. della giurisdizione sulle sanzioni irrogate da Consob e Banca d’Italia ?<br />

In base all’art. 5 c.p.c. la giurisdizione si determina con riguardo alla legge vigente al momento della proposizione della<br />

domanda. Quindi, in caso di sanzioni adottate prima dell’entrata in vigore del Codice, ma non ancora impugnate, il<br />

ricorso va proposto al giudice amministrativo.<br />

SCHEDE RIEPILOGATIVE<br />

Cosa cambia<br />

tutte le ipotesi di giurisdizione esclusiva del g.a. sono ora contenute in una “norma catalogo”, anche se ciò non<br />

esclude una diversa collocazione di future norme (attualmente, una diversa collocazione la ha solo la previsione della<br />

giurisdizione esclusiva per l’azione per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari dei servizi pubblici, non<br />

più inclusa nei riti speciali e restata disciplinata dal D. lgs. 20 dicembre 2009, n. 198, senza neanche il richiamo nella<br />

norma in commento).<br />

le norme oggetto (anche non diretto) di pronunce della Corte Costituzionale sono state adeguate ai principi affermati<br />

dalla Consulta (v., in particolare, il riferimento ai comportamenti, riconducibili, anche mediatamente, all'esercizio di un<br />

pubblico potere, rientranti nella giurisdizione esclusiva.<br />

è prevista la giurisdizione esclusiva per le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti anche contingibili ed<br />

urgenti, emanati dal Sindaco in materia di ordine e sicurezza pubblica, di incolumità pubblica e di sicurezza urbana, di<br />

edilità e di polizia locale, d'igiene pubblica e dell’abitato e per le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti relativi<br />

alla disciplina o al divieto dell'esercizio d'industrie insalubri o pericolose.<br />

la giurisdizione esclusiva del g.a. è limitata alle controversie inerenti il personale delle autorità indipendenti in regime<br />

di diritto pubblico (se il personale è in regime di diritto privato la giurisdizione è dell’A.G.O.).<br />

con disposizione innovativa sono state attribuite al giudice amministrativo le controversi sulle sanzioni irrogate da<br />

Consob e Banca d’ Italia e sono state abrogate le deroghe che attribuivano tale giurisdizione al giudice ordinario.<br />

Differenze rispetto al testo approvato dal Consiglio di Stato<br />

E’ stato eliminato anche dalla “norma catalogo” il richiamo alla giurisdizione esclusiva del g.a. per l’azione per<br />

l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari dei servizi pubblici, non più inclusa nei riti speciali e restata<br />

disciplinata dal D. lgs. 20 dicembre 2009, n. 198.<br />

Non è presente l’ipotesi di giurisdizione esclusiva per le “le controversie relative agli atti del procedimento preparatorio<br />

per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica”, avendo il Governo eliminato tale parte dal<br />

Codice e avendo deciso di non attuare la delega sul punto.<br />

In adesione ad un’osservazione formulata dalla I Commissione del Senato, è stato chiarito che resta ferma la<br />

giurisdizione del Commissario liquidatore per gli usi civici.<br />

403


Differenze rispetto alla normativa previgente<br />

PRECEDENTE DISCIPLINA<br />

Legge n. 241/90<br />

Art. 2-bis. Conseguenze per il ritardo<br />

dell’amministrazione nella conclusione del<br />

procedimento.<br />

1. Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui<br />

all’articolo 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento<br />

del danno ingiusto cagionato in conseguenza<br />

dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di<br />

conclusione del procedimento.<br />

2. Le controversie relative all’applicazione del presente<br />

articolo sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del<br />

giudice amministrativo. Il diritto al risarcimento del<br />

danno si prescrive in cinque anni (comma abrogato)<br />

11. Accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento.<br />

5. Le controversie in materia di formazione, conclusione<br />

ed esecuzione degli accordi di cui al presente articolo<br />

sono riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo. (comma abrogato)<br />

15. Accordi fra pubbliche amministrazioni.<br />

2. Per detti accordi si osservano, in quanto applicabili, le<br />

disposizioni previste dall'articolo 11, commi 2, 3 e 5<br />

19. Dichiarazione di inizio attività.<br />

5. Ogni controversia relativa all'applicazione dei commi<br />

1, 2 e 3 è devoluta alla giurisdizione esclusiva del<br />

giudice amministrativo. Il relativo ricorso<br />

giurisdizionale, esperibile da qualunque interessato nei<br />

termini di legge, può riguardare anche gli atti di assenso<br />

formati in virtù delle norme sul silenzio assenso previste<br />

dall’articolo 20 (comma abrogato)<br />

21-quinquies. Revoca del provvedimento.<br />

1. Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero<br />

nel caso di mutamento della situazione di fatto o di<br />

nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, il<br />

provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può<br />

essere revocato da parte dell'organo che lo ha emanato<br />

ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca<br />

determina la inidoneità del provvedimento revocato a<br />

produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta<br />

pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati,<br />

l'amministrazione ha l'obbligo di provvedere al loro<br />

indennizzo. Le controversie in materia di determinazione<br />

e corresponsione dell'indennizzo sono attribuite alla<br />

giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo<br />

(ultimo periodo abrogato)<br />

21-septies. Nullità del provvedimento.<br />

2. Le questioni inerenti alla nullità dei provvedimenti<br />

amministrativi in violazione o elusione del giudicato<br />

sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo. (comma abrogato)<br />

25. Modalità di esercizio del diritto di accesso e ricorsi.<br />

5. Contro le determinazioni amministrative concernenti<br />

il diritto di accesso e nei casi previsti dal comma 4 è<br />

dato ricorso, nel termine di trenta giorni, al tribunale<br />

amministrativo regionale, il quale decide in camera di<br />

consiglio entro trenta giorni dalla scadenza del termine<br />

CODICE<br />

Art. 133 Materie di giurisdizione esclusiva<br />

1. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge:<br />

a) le controversie in materia di:<br />

1) risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza<br />

dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di<br />

conclusione del procedimento amministrativo;<br />

2) formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi<br />

integrativi o sostitutivi di provvedimento amministrativo e<br />

degli accordi fra pubbliche amministrazioni;<br />

3) dichiarazione di inizio attività;<br />

4) determinazione e corresponsione dell'indennizzo dovuto<br />

in caso di revoca del provvedimento amministrativo;<br />

5) nullità del provvedimento amministrativo adottato in<br />

violazione o elusione del giudicato;<br />

6) diritto di accesso ai documenti amministrativi;<br />

404


per il deposito del ricorso, uditi i difensori delle parti che<br />

ne abbiano fatto richiesta. In pendenza di un ricorso<br />

presentato ai sensi della legge 6 dicembre 1971, n. 1034,<br />

e successive modificazioni, il ricorso può essere<br />

proposto con istanza presentata al presidente e depositata<br />

presso la segreteria della sezione cui è assegnato il<br />

ricorso, previa notifica all'amministrazione o ai<br />

controinteressati, e viene deciso con ordinanza istruttoria<br />

adottata in camera di consiglio. La decisione del<br />

tribunale è appellabile, entro trenta giorni dalla notifica<br />

della stessa, al Consiglio di Stato, il quale decide con le<br />

medesime modalità e negli stessi termini. Le<br />

controversie relative all'accesso ai documenti<br />

amministrativi sono attribuite alla giurisdizione<br />

esclusiva del giudice amministrativo (comma riscritto)<br />

L. Tar<br />

Art. 5. Sono devoluti alla competenza dei tribunali<br />

amministrativi regionali i ricorsi contro atti e<br />

provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni<br />

pubblici. Si applicano, ai fini dell'individuazione del<br />

tribunale competente, il secondo e il terzo comma<br />

dell'articolo 3 (5) .<br />

Resta salva la giurisdizione dell'autorità giudiziaria<br />

ordinaria per le controversie concernenti indennità,<br />

canoni ed altri corrispettivi e quelle dei tribunali delle<br />

acque pubbliche e del tribunale superiore delle acque<br />

pubbliche, nelle materie indicate negli articoli 140-144<br />

del testo unico 11 dicembre 1933, n. 1775 (abrogato)<br />

D.lgs. n. 80/1998<br />

Art. 33. 1. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva<br />

del giudice amministrativo tutte le controversie in<br />

materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli afferenti<br />

alla vigilanza sul credito, sulle assicurazioni e sul<br />

mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai trasporti,<br />

alle telecomunicazioni e ai servizi di cui alla legge 14<br />

novembre 1995, n. 481.<br />

2. Tali controversie sono, in particolare, quelle:<br />

a) concernenti la istituzione, modificazione o estinzione<br />

di soggetti gestori di pubblici servizi, ivi comprese le<br />

aziende speciali, le istituzioni o le società di capitali<br />

anche di trasformazione urbana;<br />

b) tra le amministrazioni pubbliche e i gestori comunque<br />

denominati di pubblici servizi;<br />

c) in materia di vigilanza e di controllo nei confronti di<br />

gestori dei pubblici servizi;<br />

d) aventi ad oggetto le procedure di affidamento di<br />

appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, svolte da<br />

soggetti comunque tenuti alla applicazione delle norme<br />

comunitarie o della normativa nazionale o regionale;<br />

e) riguardanti le attività e le prestazioni di ogni genere,<br />

anche di natura patrimoniale, rese nell'espletamento di<br />

pubblici servizi, ivi comprese quelle rese nell'ambito del<br />

Servizio sanitario nazionale e della pubblica istruzione,<br />

con esclusione dei rapporti individuali di utenza con<br />

soggetti privati, delle controversie meramente<br />

risarcitorie che riguardano il danno alla persona o a cose<br />

e delle controversie in materia di invalidità.<br />

3. All'articolo 5, primo comma, della legge 6 dicembre<br />

1971, n. 1034, sono soppresse le parole: «o di servizi».<br />

(articolo abrogato).<br />

La Corte costituzionale, con sentenza 5-6 luglio 2004, n.<br />

b) le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti<br />

relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad<br />

eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni<br />

ed altri corrispettivi e quelle attribuite ai tribunali delle<br />

acque pubbliche e al Tribunale superiore delle acque<br />

pubbliche;<br />

c) le controversie in materia di pubblici servizi relative a<br />

concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti<br />

indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a<br />

provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal<br />

gestore di un pubblico servizio in un procedimento<br />

amministrativo, ovvero ancora relative all'affidamento di un<br />

pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti<br />

del gestore, nonché afferenti alla vigilanza sul credito, sulle<br />

assicurazioni e sul mercato mobiliare, al servizio<br />

farmaceutico, ai trasporti, alle telecomunicazioni e ai servizi<br />

di pubblica utilità;<br />

405


204 (Gazz. Uff. 14 luglio 2004, n. 27 - Prima serie<br />

speciale), ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità del<br />

comma 1, nella parte in cui prevede che sono devolute<br />

alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo<br />

«tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi<br />

compresi quelli» anziché «le controversie in materia di<br />

pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi,<br />

escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri<br />

corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati<br />

dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un<br />

pubblico servizio in un procedimento amministrativo<br />

disciplinato dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, ovvero<br />

ancora relative all'affidamento di un pubblico servizio,<br />

ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore,<br />

nonché».<br />

La Corte costituzionale, con sentenza 5-6 luglio 2004, n.<br />

204 (Gazz. Uff. 14 luglio 2004, n. 27 - Prima serie<br />

speciale), ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità del<br />

comma 2.<br />

D.Lgs. 7-3-2005 n. 82. Codice dell'amministrazione<br />

digitale.<br />

3. Diritto all'uso delle tecnologie.<br />

1. I cittadini e le imprese hanno diritto a richiedere ed<br />

ottenere l'uso delle tecnologie telematiche nelle<br />

comunicazioni con le pubbliche amministrazioni e con i<br />

gestori di pubblici servizi statali nei limiti di quanto<br />

previsto nel presente codice (9) .<br />

1-bis. Il principio di cui al comma 1 si applica alle<br />

amministrazioni regionali e locali nei limiti delle risorse<br />

tecnologiche ed organizzative disponibili e nel rispetto<br />

della loro autonomia normativa (10) .<br />

1-ter. Le controversie concernenti l'esercizio del diritto<br />

di cui al comma 1 sono devolute alla giurisdizione<br />

esclusiva del giudice amministrativo (comma<br />

modificato).<br />

Art. 244 D. Lgs. n. 163/2006.<br />

1. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo tutte le controversie, ivi incluse quelle<br />

risarcitorie, relative a procedure di affidamento di lavori,<br />

servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti,<br />

nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione<br />

della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei<br />

procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla<br />

normativa statale o regionale. La giurisdizione esclusiva<br />

si estende alla dichiarazione di inefficacia del contratto a<br />

seguito di annullamento dell'aggiudicazione e alle<br />

sanzioni alternative.<br />

3. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo le controversie relative al divieto di<br />

rinnovo tacito dei contratti, quelle relative alla clausola<br />

di revisione del prezzo e al relativo provvedimento<br />

applicativo nei contratti ad esecuzione continuata o<br />

periodica, nell’ipotesi di cui all’articolo 115, nonché<br />

quelle relative ai provvedimenti applicativi<br />

dell’adeguamento dei prezzi ai sensi dell’articolo 133<br />

commi 3 e 4.<br />

Art. 34 D.lgs. n. 80/1998<br />

1. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti,<br />

i provvedimenti e i comportamenti delle amministrazioni<br />

d) le controversie concernenti l’esercizio del diritto a<br />

chiedere e ottenere l'uso delle tecnologie telematiche nelle<br />

comunicazioni con le pubbliche amministrazioni e con i<br />

gestori di pubblici servizi statali;<br />

e) le controversie:<br />

1) relative a procedure di affidamento di pubblici lavori,<br />

servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella<br />

scelta del contraente o del socio, all’applicazione della<br />

normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti<br />

di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o<br />

regionale, ivi incluse quelle risarcitorie e con estensione<br />

della giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia<br />

del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione<br />

ed alle sanzioni alternative;<br />

2) relative al divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici<br />

di lavori, servizi, forniture, relative alla clausola di revisione<br />

del prezzo e al relativo provvedimento applicativo nei<br />

contratti ad esecuzione continuata o periodica, nell’ipotesi<br />

di cui all’articolo 115 del decreto legislativo 12 aprile 2006,<br />

n. 163, nonché quelle relative ai provvedimenti applicativi<br />

dell’adeguamento dei prezzi ai sensi dell’articolo 133,<br />

commi 3 e 4, dello stesso decreto;<br />

f) le controversie aventi ad oggetto gli atti e i provvedimenti<br />

delle pubbliche amministrazioni in materia urbanistica e<br />

edilizia, concernente tutti gli aspetti dell'uso del territorio, e<br />

ferme restando le giurisdizioni del Tribunale superiore delle<br />

406


pubbliche e dei soggetti alle stesse equiparati in materia<br />

urbanistica ed edilizia.<br />

2. Agli effetti del presente decreto, la materia urbanistica<br />

concerne tutti gli aspetti dell'uso del territorio.<br />

3. Nulla è innovato in ordine:<br />

a) alla giurisdizione del tribunale superiore delle acque;<br />

b) alla giurisdizione del giudice ordinario per le<br />

controversie riguardanti la determinazione e la<br />

corresponsione delle indennità in conseguenza<br />

dell'adozione di atti di natura espropriativa o<br />

ablativa.(articolo abrogato)<br />

La Corte costituzionale, con sentenza 5-6 luglio 2004, n.<br />

204 (Gazz. Uff. 14 luglio 2004, n. 27 - Prima serie<br />

speciale), ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità del<br />

presente comma, nella parte in cui prevede che sono<br />

devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo le controversie aventi per oggetto «gli<br />

atti, i provvedimenti e i comportamenti» anziché «gli atti<br />

e i provvedimenti» delle pubbliche amministrazioni e dei<br />

soggetti alle stesse equiparati, in materia urbanistica ed<br />

edilizia.<br />

D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327. Testo unico delle<br />

disposizioni legislative e regolamentari in materia di<br />

espropriazione per pubblica utilità. (Testo A)<br />

Art. 53. (L) Disposizioni processuali.<br />

1. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti,<br />

i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti delle<br />

amministrazioni pubbliche e dei soggetti ad esse<br />

equiparati, conseguenti alla applicazione delle<br />

disposizioni del testo unico. (L)<br />

(…)<br />

3. Resta ferma la giurisdizione del giudice ordinario per<br />

le controversie riguardanti la determinazione e la<br />

corresponsione delle indennità in conseguenza<br />

dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa.<br />

(L)<br />

La Corte costituzionale, con sentenza 3-11 maggio 2006,<br />

n. 191 (Gazz. Uff. 17 maggio 2006, n. 20 - Prima serie<br />

speciale), ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 53,<br />

comma 1, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 325,<br />

trasfuso nel presente comma, nella parte in cui,<br />

devolvendo alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo le controversie relative a «i<br />

comportamenti delle pubbliche amministrazioni e dei<br />

soggetti ad esse equiparati», non esclude i<br />

comportamenti non riconducibili, nemmeno<br />

mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere.<br />

D.Lgs. 10-2-2005 n. 30. Codice della proprietà<br />

industriale, a norma dell'articolo 15 della L. 12 dicembre<br />

2002, n. 273<br />

Art. 142. Decreto di espropriazione (delle invenzioni<br />

industriali)<br />

5. Contro i decreti di espropriazione per causa di<br />

pubblica utilità è ammesso il ricorso al Tribunale<br />

amministrativo regionale competente per territorio il<br />

quale provvede con giurisdizione esclusiva e con<br />

applicazione del rito speciale di cui all'articolo 23-bis,<br />

legge 6 dicembre 1971, n. 1034. (comma modificato)<br />

acque pubbliche e del Commissario liquidatore per gli usi<br />

civici, nonché del giudice ordinario per le controversie<br />

riguardanti la determinazione e la corresponsione delle<br />

indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura<br />

espropriativa o ablativa;<br />

g) le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti,<br />

gli accordi e i comportamenti, riconducibili, anche<br />

mediatamente, all'esercizio di un pubblico potere, delle<br />

pubbliche amministrazioni in materia di espropriazione per<br />

pubblica utilità, ferma restando la giurisdizione del giudice<br />

ordinario per quelle riguardanti la determinazione e la<br />

corresponsione delle indennità in conseguenza<br />

dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa;<br />

h) le controversie aventi ad oggetto i decreti di<br />

espropriazione per causa di pubblica utilità delle invenzioni<br />

industriali;<br />

407


D.Lgs. 30-3-2001 n. 165<br />

Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle<br />

dipendenze delle amministrazioni pubbliche.<br />

Art. 63.<br />

4. Restano devolute alla giurisdizione del giudice<br />

amministrativo le controversie in materia di procedure<br />

concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle<br />

pubbliche amministrazioni, nonché, in sede di<br />

giurisdizione esclusiva, le controversie relative ai<br />

rapporti di lavoro di cui all'articolo 3, ivi comprese<br />

quelle attinenti ai diritti patrimoniali connessi. (non<br />

modificato)<br />

Legge n. 287/90<br />

33. Competenza giurisdizionale.<br />

1. I ricorsi avverso i provvedimenti amministrativi<br />

adottati sulla base delle disposizioni di cui ai titoli dal I<br />

al IV della presente legge rientrano nella giurisdizione<br />

esclusiva del giudice amministrativo. Essi devono essere<br />

proposti davanti al Tribunale amministrativo regionale<br />

del Lazio.<br />

2. Le azioni di nullità e di risarcimento del danno,<br />

nonché i ricorsi intesi ad ottenere provvedimenti di<br />

urgenza in relazione alla violazione delle disposizioni di<br />

cui ai titoli dal I al IV sono promossi davanti alla corte<br />

d'appello competente per territorio<br />

D.Lgs. 6-9-2005 n. 206. Codice del consumo, a norma<br />

dell'articolo 7 della L. 29 luglio 2003, n. 229<br />

27. Tutela amministrativa e giurisdizionale.<br />

13. I ricorsi avverso le decisioni adottate dall'Autorità<br />

sono soggetti alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo. Per le sanzioni amministrative<br />

pecuniarie conseguenti alle violazioni del presente<br />

decreto si osservano, in quanto applicabili, le<br />

disposizioni contenute nel capo I, sezione I, e negli<br />

articoli 26, 27, 28 e 29 della legge 24 novembre 1981, n.<br />

689, e successive modificazioni. Il pagamento delle<br />

sanzioni amministrative di cui al presente articolo deve<br />

essere effettuato entro trenta giorni dalla (30) notifica del<br />

provvedimento dell'Autorità.<br />

i) le controversie relative ai rapporti di lavoro del personale<br />

in regime di diritto pubblico;<br />

l) le controversie aventi ad oggetto tutti i provvedimenti,<br />

compresi quelli sanzionatori ed esclusi quelli inerenti ai<br />

rapporti di impiego privatizzati, adottati dalla Banca<br />

d’Italia, dalla Commissione nazionale per le società e la<br />

borsa, dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato,<br />

dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni,<br />

dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas, e dalle altre<br />

Autorità istituite ai sensi della legge 14 novembre 1995, n.<br />

481, dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di<br />

lavori, servizi e forniture, dalla Commissione vigilanza<br />

fondi pensione, dalla Commissione per la valutazione, la<br />

trasparenza e l’integrità della pubblica amministrazione,<br />

dall’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private,<br />

comprese le controversie relative ai ricorsi avverso gli atti<br />

che applicano le sanzioni ai sensi dell’articolo 326 del<br />

decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209;<br />

D.Lgs. 2-8-2007 n. 145<br />

Attuazione dell'articolo 14 della direttiva 2005/29/CE<br />

che modifica la direttiva 84/450/CEE sulla pubblicità<br />

ingannevole.<br />

8. Tutela amministrativa e giurisdizionale.<br />

13. I ricorsi avverso le decisioni adottate dall'Autorità<br />

sono soggetti alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo. Per le sanzioni amministrative<br />

pecuniarie conseguenti alle violazioni del presente<br />

decreto si osservano, in quanto applicabili, le<br />

disposizioni contenute nel capo I, sezione I, e negli<br />

articoli 26, 27, 28 e 29 della legge 24 novembre 1981, n.<br />

689, e successive modificazioni. Il pagamento delle<br />

sanzioni amministrative di cui al presente articolo deve<br />

essere effettuato entro trenta giorni (3) dalla notifica del<br />

provvedimento dell'Autorità.<br />

14. Ove la pubblicità sia stata assentita con<br />

provvedimento amministrativo, preordinato anche alla<br />

verifica del carattere non ingannevole della stessa o di<br />

liceità del messaggio di pubblicità comparativa, la tutela<br />

408


dei soggetti e delle organizzazioni che vi abbiano<br />

interesse, è esperibile in via giurisdizionale con ricorso<br />

al giudice amministrativo avverso il predetto<br />

provvedimento.<br />

L. 28-12-2005 n. 262 Disposizioni per la tutela del<br />

risparmio e la disciplina dei mercati finanziari.<br />

24. Procedimenti per l'adozione di provvedimenti<br />

individuali.<br />

4. Alle sanzioni amministrative irrogate dalla Banca<br />

d'Italia, dalla CONSOB, dall'ISVAP, dalla COVIP e<br />

dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato<br />

non si applicano le disposizioni sul pagamento in misura<br />

ridotta contenute nell'articolo 16 della legge 24<br />

novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni,<br />

salvo che per le sanzioni indicate dall'articolo 193,<br />

comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 24<br />

febbraio 1998, n. 58, per la violazione delle disposizioni<br />

previste dall'articolo 120, commi 2, 3 e 4, del medesimo<br />

testo unico.<br />

5. Avverso gli atti adottati dalle Autorità di cui al<br />

comma 4 può essere proposto ricorso giurisdizionale<br />

dinanzi al tribunale amministrativo regionale del Lazio. I<br />

termini processuali sono ridotti della metà, con<br />

esclusione di quelli previsti per la presentazione del<br />

ricorso. Non possono essere nominati consulenti tecnici<br />

d'ufficio i dipendenti dell'Autorità sul cui atto verte il<br />

ricorso, anche se cessati dal servizio. Restano ferme le<br />

disposizioni previste per l'impugnazione dei<br />

provvedimenti sanzionatori dall'articolo 145, commi 4 e<br />

seguenti, del testo unico di cui al decreto legislativo 1°<br />

settembre 1993, n. 385 dagli articoli 187-septies, commi<br />

4 e seguenti, e 195, commi 4 e seguenti, del testo unico<br />

di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58,<br />

dall'articolo 6 della legge 5 marzo 2001, n. 57, dagli<br />

articoli 12, quinto comma, e 19, settimo comma, della<br />

legge 7 febbraio 1979, n. 48, dall'articolo 10, sesto<br />

comma, della legge 28 novembre 1984, n. 792,<br />

dall'articolo 11, comma 5, della legge 17 febbraio 1992,<br />

n. 166, e dall'articolo 18-bis, comma 5-bis, del decreto<br />

legislativo 21 aprile 1993, n. 124 (comma abrogato).<br />

L. 14-11-1995 n. 481<br />

Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di<br />

pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione<br />

dei servizi di pubblica utilità.<br />

Art. 2<br />

25. I ricorsi avverso gli atti e i provvedimenti delle<br />

Autorità rientrano nella giurisdizione esclusiva del<br />

giudice amministrativo e sono proposti avanti il<br />

tribunale amministrativo regionale ove ha sede<br />

l'Autorità.<br />

L. 31-7-1997 n. 249<br />

Istituzione dell'Autorità per le garanzie nelle<br />

comunicazioni e norme sui sistemi delle<br />

telecomunicazioni e radiotelevisivo<br />

Art. 1. Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.<br />

26. I ricorsi avverso i provvedimenti dell'Autorità<br />

rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo. La competenza di primo grado è<br />

409


attribuita in via esclusiva ed inderogabile al tribunale<br />

amministrativo regionale del Lazio.<br />

L. 22-2-2000 n. 28<br />

Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di<br />

informazione durante le campagne elettorali e<br />

referendarie e per la comunicazione politica<br />

Art. 10. Provvedimenti e sanzioni<br />

10. I provvedimenti dell'Autorità di cui al presente<br />

articolo possono essere impugnati dinanzi al Tribunale<br />

amministrativo regionale (TAR) del Lazio entro trenta<br />

giorni dalla comunicazione dei provvedimenti stessi. In<br />

caso di inerzia dell'Autorità, entro lo stesso termine i<br />

soggetti interessati possono chiedere al TAR del Lazio,<br />

anche in sede cautelare, la condanna dell'Autorità stessa<br />

a provvedere entro tre giorni dalla pronunzia. In caso di<br />

richiesta cautelare, i soggetti interessati possono<br />

trasmettere o depositare memorie entro cinque giorni<br />

dalla notifica. Il TAR del Lazio, indipendentemente<br />

dalla suddivisione del tribunale in sezioni, si pronunzia<br />

sulla domanda di sospensione nella prima camera di<br />

consiglio dopo la scadenza del termine di cui al<br />

precedente periodo, e comunque non oltre il settimo<br />

giorno da questo. Le stesse regole si applicano per<br />

l'appello dinanzi al Consiglio di Stato (32<br />

Art. 11-quinquies. Vigilanza e poteri dell'Autorità.<br />

4. I provvedimenti dell'Autorità di cui al presente<br />

articolo possono essere impugnati dinanzi agli organi di<br />

giustizia amministrativa in sede di giurisdizione<br />

esclusiva, ai sensi dell'articolo 23-bis della legge 6<br />

dicembre 1971, n. 1034. La competenza di primo grado<br />

è attribuita in via esclusiva ed inderogabile al tribunale<br />

amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma (39<br />

D.Lgs. 7-9-2005 n. 209<br />

Codice delle assicurazioni private.<br />

326. Procedura di applicazione delle sanzioni<br />

amministrative pecuniarie.<br />

1. L'ISVAP (..)<br />

7. Le controversie relative ai ricorsi avverso i decreti<br />

ministeriali che applicano la sanzione sono devolute alla<br />

giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. I<br />

ricorsi medesimi, da proporsi al tribunale amministrativo<br />

regionale sono notificati anche all'ISVAP, che provvede<br />

alla difesa in giudizio con propri legali.<br />

331. Procedura di applicazione delle sanzioni<br />

disciplinari.<br />

6. Le controversie relative ai ricorsi avverso i<br />

provvedimenti che applicano la sanzione disciplinare<br />

sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo. L'ISVAP provvede alla difesa in<br />

giudizio con propri legali.<br />

Art. 244 D. Lgs. n. 163/2006 Codice dei contratti<br />

pubblici<br />

2. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo le controversie relative ai provvedimenti<br />

sanzionatori emessi dall’Autorità.<br />

D.Lgs. 1-8-2003 n. 259. Codice delle comunicazioni<br />

elettroniche<br />

Art. 9. Ricorsi avverso provvedimenti del Ministero e<br />

m) le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti in<br />

materia di comunicazioni elettroniche, compresi quelli<br />

relativi all’imposizione di servitù;<br />

410


dell'Autorità.<br />

1. I ricorsi avverso i provvedimenti del Ministero e<br />

dell'Autorità adottati sulla base delle disposizioni del<br />

Codice sono devoluti alla giurisdizione esclusiva del<br />

giudice amministrativo. La competenza nei giudizi di<br />

primo grado è attribuita in via esclusiva ed inderogabile<br />

dalle parti al Tribunale amministrativo regionale (TAR)<br />

del Lazio, con sede in Roma;<br />

ai giudizi si applica l'articolo 23-bis della legge 6<br />

dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni<br />

Art. 92. Servitù.<br />

Comma 9. La giurisdizione in materia di imposizione di<br />

servitù spetta in via esclusiva al giudice amministrativo<br />

Art. 37 D.Lgs. 8-7-2003 n. 188. Attuazione della<br />

direttiva 2001/12/CE, della direttiva 2001/13/CE e della<br />

direttiva 2001/14/CE in materia ferroviaria<br />

7. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo le controversie relative alle sanzioni<br />

amministrative di cui al presente articolo ed ai<br />

provvedimenti adottati dall'organismo di regolazione<br />

L. 30-12-2004 n. 311. Disposizioni per la formazione<br />

del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge<br />

finanziaria 2005).<br />

Art. 1, comma 552. Le controversie aventi ad oggetto le<br />

procedure ed i provvedimenti in materia di impianti di<br />

generazione di energia elettrica di cui al decreto-legge 7<br />

febbraio 2002, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla<br />

legge 9 aprile 2003, n. 55, e le relative questioni<br />

risarcitorie sono devolute alla giurisdizione esclusiva del<br />

giudice amministrativo. Alle controversie di cui al<br />

presente comma si applicano le disposizioni di cui<br />

all'articolo 23-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034.<br />

Legge 23 luglio 2009, n. 99 Disposizioni per lo sviluppo<br />

e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in<br />

materia di energia<br />

Art. 41(Tutela giurisdizionale)<br />

1. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo e attribuite alla competenza del tribunale<br />

amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma,<br />

tutte le controversie, anche in relazione alla fase<br />

cautelare e alle eventuali questioni risarcitorie,<br />

comunque attinenti alle procedure e ai provvedimenti<br />

dell'amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa<br />

equiparati concernenti la produzione di energia elettrica<br />

da fonte nucleare, i rigassificatori, i gasdotti di<br />

importazione, le centrali termoelettriche di potenza<br />

termica superiore a 400 MW nonchè quelle relative ad<br />

infrastrutture di trasporto ricomprese o da ricomprendere<br />

nella rete di trasmissione nazionale o rete nazionale di<br />

gasdotti.<br />

D.L. 30-11-2005 n. 245. Misure straordinarie per<br />

fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella<br />

regione Campania ed ulteriori disposizioni in materia di<br />

protezione civile<br />

Art. 3. Destinazione delle risorse finanziarie e<br />

procedure esecutorie<br />

2-bis. In tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai<br />

sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio<br />

1992, n. 225, la competenza di primo grado a conoscere<br />

della legittimità delle ordinanze adottate e dei<br />

consequenziali provvedimenti commissariali spetta in<br />

n) le controversie relative alle sanzioni amministrative ed ai<br />

provvedimenti adottati dall'organismo di regolazione<br />

competente in materia di infrastrutture ferroviarie ai sensi<br />

dell’art. 30 del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188;<br />

o) le controversie, incluse quelle risarcitorie, attinenti alle<br />

procedure e ai provvedimenti della pubblica<br />

amministrazione concernenti la produzione di energia, ivi<br />

comprese quelle inerenti l’energia da fonte nucleare, i<br />

rigassificatori, i gasdotti di importazione, le centrali<br />

termoelettriche e quelle relative ad infrastrutture di trasporto<br />

ricomprese o da ricomprendere nella rete di trasmissione<br />

nazionale o rete nazionale di gasdotti;<br />

p) le controversie aventi ad oggetto le ordinanze e i<br />

provvedimenti commissariali adottati in tutte le situazioni di<br />

emergenza dichiarate ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della<br />

legge 24 febbraio 1992, n. 225, e le controversie comunque<br />

attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei<br />

rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti della<br />

pubblica amministrazione riconducibili, anche<br />

mediatamente, all'esercizio di un pubblico potere,<br />

quand’anche relative a diritti costituzionalmente tutelati;<br />

411


via esclusiva, anche per l'emanazione di misure<br />

cautelari, al tribunale amministrativo regionale del<br />

Lazio, con sede in Roma (16) (17) (18) (19) (20) (21) .<br />

2-quater. Le norme di cui ai commi 2-bis e 2-ter si<br />

applicano anche ai processi in corso. L'efficacia delle<br />

misure cautelari adottate da un tribunale amministrativo<br />

diverso da quello di cui al comma 2-bis permane fino<br />

alla loro modifica o revoca da parte del tribunale<br />

amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma,<br />

cui la parte interessata può riproporre il ricorso.<br />

D.L. 23-5-2008 n. 90. Misure straordinarie per<br />

fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento<br />

dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni<br />

di protezione civile.<br />

Art. 4. Tutela giurisdizionale<br />

1. Ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 3 del<br />

decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245, convertito, con<br />

modificazioni, dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21, con le<br />

risorse umane e strumentali previste a legislazione<br />

vigente, sono devolute alla giurisdizione esclusiva del<br />

giudice amministrativo tutte le controversie, anche in<br />

ordine alla fase cautelare, comunque attinenti alla<br />

complessiva azione di gestione dei rifiuti, seppure posta<br />

in essere con comportamenti dell'amministrazione<br />

pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati. La<br />

giurisdizione di cui sopra si intende estesa anche alle<br />

controversie relative a diritti costituzionalmente tutelati.<br />

2. Le misure cautelari, adottate da una autorità<br />

giudiziaria diversa da quella di cui al comma 1, cessano<br />

di avere effetto ove non riconfermate entro trenta giorni<br />

dalla data di entrata in vigore del presente decreto<br />

dall'autorità giudiziaria competente ai sensi del presente<br />

articolo.<br />

R.D. 26-6-1924 n. 1058<br />

La Giunta provinciale amministrativa è investita di<br />

giurisdizione amministrativa per decidere, pronunciando<br />

anche in merito, dei ricorsi che non siano di competenza<br />

dell'Autorità giudiziaria, né appartengono alla<br />

giurisdizione od alle attribuzioni contenziose di corpi o<br />

collegi speciali, relativi alle materie seguenti:<br />

..<br />

3° Ricorsi contro i provvedimenti contingibili ed urgenti<br />

di sicurezza pubblica, emanati dal Sindaco sulle materie<br />

di edilità e di polizia locale ed in materia d'igiene<br />

pubblica, attribuite per legge ai Comuni, contro l'ordine<br />

da essi emanato, di esecuzione dei provvedimenti stessi<br />

a spese degli interessati, nonché contro l'ordinanza del<br />

sottoprefetto (6) , che rende esecutoria la nota delle<br />

medesime, ai termini di quanto è disposto nell'art. 153<br />

del testo unico suddetto (7) , modificato dall'art. 32 del<br />

regio decreto 30 dicembre 1923, n. 2839 (8) .<br />

4° Ricorsi contro i provvedimenti emanati dal Sindaco in<br />

materia d'igiene dell'abitato, secondo le attribuzioni che<br />

gli sono conferite negli articoli 69, 70 e 71 del testo<br />

unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto<br />

1° agosto 1907, n. 636<br />

(in precedenza, giurisdizione di merito)<br />

Art. 29 TU Cons. Stato.<br />

8) i ricorsi contro il decreto del Prefetto che, in seguito<br />

al reclamo di parte o d'ufficio, abbia provveduto per<br />

q) le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti anche<br />

contingibili ed urgenti, emanati dal Sindaco in materia di<br />

ordine e sicurezza pubblica, di incolumità pubblica e di<br />

sicurezza urbana, di edilità e di polizia locale, d'igiene<br />

pubblica e dell’abitato;<br />

r) le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti relativi<br />

alla disciplina o al divieto dell'esercizio d'industrie insalubri<br />

o pericolose;<br />

412


egolare o vietare l'esercizio d'industrie insalubri o<br />

pericolose ai termini degli artt. 32, 33 e 34 della legge<br />

sulla pubblica sicurezza 30 giugno 1889, n. 6144, e<br />

dell'art. 68 della legge sanitaria, T.U. 1° agosto 1907, n.<br />

636<br />

D.Lgs. 3-4-2006 n. 152. Norme in materia ambientale.<br />

310. Ricorsi.<br />

1. I soggetti di cui all'articolo 309, comma 1, sono<br />

legittimati ad agire, secondo i principi generali, per<br />

l'annullamento degli atti e dei provvedimenti adottati in<br />

violazione delle disposizioni di cui alla parte sesta del<br />

presente decreto nonché avverso il silenzio<br />

inadempimento del Ministro dell'ambiente e della tutela<br />

del territorio e per il risarcimento del danno subito a<br />

causa del ritardo nell'attivazione, da parte del medesimo<br />

Ministro, delle misure di precauzione, di prevenzione o<br />

di contenimento del danno ambientale.<br />

2. Nell'ipotesi di cui al comma 1, il ricorso al giudice<br />

amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, può<br />

essere preceduto da una opposizione depositata presso il<br />

Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio o<br />

inviata presso la sua sede a mezzo di posta raccomandata<br />

con avviso di ricevimento entro trenta giorni dalla<br />

notificazione, comunicazione o piena conoscenza<br />

dell'atto. In caso di inerzia del Ministro, analoga<br />

opposizione può essere proposta entro il suddetto<br />

termine decorrente dalla scadenza del trentesimo giorno<br />

successivo all'effettuato deposito dell'opposizione presso<br />

il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.<br />

316. Ricorso avverso l'ordinanza.<br />

1. Il trasgressore, entro il termine perentorio di sessanta<br />

giorni dalla comunicazione dell'ordinanza di cui<br />

all'articolo 313, può ricorrere al Tribunale<br />

amministrativo regionale, in sede di giurisdizione<br />

esclusiva, competente in relazione al luogo nel quale si è<br />

prodotto il danno ambientale.<br />

D.L. 26-4-2005 n. 63. Disposizioni urgenti per lo<br />

sviluppo e la coesione territoriale, nonché per la tutela<br />

del diritto d'autore, e altre misure urgenti<br />

Art. 2-sexies. Controversie relative ai prodotti lattierocaseari.<br />

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della legge<br />

di conversione del presente decreto, le controversie<br />

relative all'applicazione del prelievo supplementare nel<br />

settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari sono<br />

devolute alla giurisdizione esclusiva dei giudici<br />

amministrativi competenti territorialmente. Verificare se<br />

abrogare<br />

2. L'articolo 1, comma 551, della legge 30 dicembre<br />

2004, n. 311, è abrogato.<br />

3. Tutti i giudizi civili, in ogni ordine e grado, anche se<br />

instaurati in data antecedente alla promulgazione della<br />

legge 30 dicembre 2004, n. 311, promossi avverso i<br />

prelievi supplementari nel settore del latte e dei prodotti<br />

lattiero-caseari prima della data di entrata in vigore della<br />

legge di conversione del presente decreto, restano<br />

devoluti alla competenza dei giudici ordinari.<br />

L. 21-11-1967 n. 1185. Norme sui passaporti<br />

Art. 11. Sui ricorsi contro i provvedimenti definitivi in<br />

materia di passaporti ha giurisdizione esclusiva il<br />

Consiglio di Stato, che decide pronunciandosi anche in<br />

s) le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti<br />

adottati in violazione delle disposizioni in materia di danno<br />

all’ambiente, nonché avverso il silenzio inadempimento del<br />

Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare<br />

e per il risarcimento del danno subito a causa del ritardo<br />

nell'attivazione, da parte del medesimo Ministro, delle<br />

misure di precauzione, di prevenzione o di contenimento del<br />

danno ambientale, nonché quelle inerenti le ordinanze<br />

ministeriali di ripristino ambientale e di risarcimento del<br />

danno ambientale;<br />

t) le controversie relative all'applicazione del prelievo<br />

supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattierocaseari;<br />

u) le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti in<br />

materia di passaporti;<br />

413


merito..<br />

D.P.R. 30-12-2003 n. 398. Testo unico delle<br />

disposizioni legislative e regolamentari in materia di<br />

debito pubblico<br />

81. (L) Giurisdizione.<br />

1. Per le controversie tra lo Stato e i suoi creditori<br />

riguardanti l'interpretazione dei contratti aventi per<br />

oggetto i titoli di Stato, o le leggi relative ad essi o<br />

comunque sul debito pubblico, la giurisdizione esclusiva<br />

è esercitata dal tribunale amministrativo regionale in<br />

primo grado, e dal Consiglio di Stato in grado di appello.<br />

(L).<br />

D.L. 19-8-2003 n. 220. Disposizioni urgenti in materia<br />

di giustizia sportiva<br />

Art. 3. Norme sulla giurisdizione e disciplina<br />

transitoria.<br />

1. Esauriti i gradi della giustizia sportiva e ferma<br />

restando la giurisdizione del giudice ordinario sui<br />

rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti,<br />

ogni altra controversia avente ad oggetto atti del<br />

Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni<br />

sportive non riservata agli organi di giustizia<br />

dell'ordinamento sportivo ai sensi dell'articolo 2, è<br />

devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo. In ogni caso è fatto salvo quanto<br />

eventualmente stabilito dalle clausole compromissorie<br />

previste dagli statuti e dai regolamenti del Comitato<br />

olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive<br />

di cui all'articolo 2, comma 2, nonché quelle inserite nei<br />

contratti di cui all'articolo 4 della legge 23 marzo 1981,<br />

n. 91.<br />

v) le controversie tra lo Stato e i suoi creditori riguardanti<br />

l'interpretazione dei contratti aventi per oggetto i titoli di<br />

Stato o le leggi relative ad essi o comunque sul debito<br />

pubblico;<br />

z) le controversie aventi ad oggetto atti del Comitato<br />

olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non<br />

riservate agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo<br />

ed escluse quelle inerenti i rapporti patrimoniali tra società,<br />

associazioni e atleti.<br />

414


4gji 4-3<br />

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE<br />

SEZIONI UNITE CIVILI<br />

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:<br />

Dott. ROBERTO PREDEN - Primo Pres.te f.f. -<br />

Dott. MARIA GABRIELLA LUCCIOLI - Presidente Sezone -<br />

Dott. LUIGI PICCIALLI - Consigliere -<br />

Dott. RENATO RORDORF - Consigliere -<br />

Dott. ALDO CECCHERINI - Consigliere -<br />

Dott. ALFONSO AMATUCCI - Consigliere -<br />

Dott. CARLO PICCININNI - Consigliere -<br />

Oggetto<br />

Appalto<br />

pubblico,<br />

annullamento<br />

in<br />

autotutela,<br />

inefficacia<br />

del<br />

contratto,<br />

domande<br />

conseguenti,<br />

giurisdizione<br />

esclusiva<br />

del giudice<br />

amministrativo<br />

R.G.N. 28837/2011<br />

Dott. LUIGI MACIOCE<br />

Dott. ROBERTA VIVALDI<br />

ha pronunciato la seguente<br />

- Consigliere - R e p.<br />

- Rel. Consigliere - Ud. 19/C6/2012<br />

1,<br />

cc<br />

ORDINANZA<br />

sul ricorso 28837-2011 proposto da:<br />

AZIENDA OSPEDALIERA NAZIONALE S.S. ANTONIO E BIAGIO E<br />

CESARE ARRIGO, in persona del legale rappresentante<br />

pro-tempore,<br />

elettivamente<br />

domiciliata<br />

in ROMA,<br />

2012<br />

LUNGOTEVERE<br />

RAFFAELLO<br />

SANZIO<br />

l, presso<br />

lo studio<br />

404<br />

dell'avvocato<br />

ROMANO ALBERTO,<br />

rappresentata<br />

e difesa<br />

dall'avvocato<br />

CAVALLO PERIN<br />

ROBERTO,<br />

per<br />

delega a<br />

margine del ricorso;<br />

415


- ricorrente -<br />

D.A.S. S.R.L. - DISTRIBUTORI ARTICOLI SANITARI, in<br />

persona del legale rappresentante pro-tempore,<br />

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SAN BASILIO 72,<br />

presso lo studio dell'avvocato PINGUE FILIPPO, che la<br />

rappresenta e difende, per delega a margine del<br />

controricorso e ricorso incidentale;<br />

- controricorrente e ricorrente incidentale -<br />

per regolamento di giurisdizione in relazione al<br />

giudizio pendente n. 869/2011 del TRIBUNALE<br />

AMMINISTRATIVO REGIONALE di TORINO;<br />

udito l'avvocato Filippo PINGUE;<br />

udita la relazione della causa svolta nella camera di<br />

consiglio del 19/06/2012 dal Consigliere Dott. ROBERTA<br />

VIVALDI;<br />

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore<br />

Generale dott. Libertino Alberto RUSSO, il quale<br />

chiede che le Sezioni unite della Corte di cassazione<br />

dichiarino la giurisdizione del giudice<br />

amministrativo.<br />

416


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO<br />

L'Azienda Ospedaliera Nazionale S.S. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo<br />

annullò in autotutela le sue precedenti deliberazioni, con le quali era stata<br />

affidata, senza gara, alla società DAS srl, la fornitura del sistema robotico<br />

"Da Vinci" a servizio di specialità chirurgiche diverse della stessa Azienda<br />

Ospedaliera.<br />

Il giudice amministrativo, adito dalla DAS srl, rigettò, con sentenza<br />

confermata dal Consiglio di Stato e passata in giudicato, il ricorso proposto<br />

avverso il provvedimento di autoannullamento dell'amministrazione<br />

sanitaria, ritenendolo legittimo, perché l'originario contratto era stata'<br />

concluso senza la previa gara.<br />

Accertò, anche, la sussistenza di un interesse pubblico all'annullamento<br />

per l'imprevista sottoutilizzazione dell'apparecchiatura sanitaria.<br />

L'Azienda Ospedaliera, poi, propose, davanti al TAR Piemonte, il giudizio<br />

che ha dato luogo al presente regolamento di giurisdizione, chiedendo che<br />

fosse dichiarata la inefficacia o la nullità del contratto concluso con la DAS<br />

srl; che la stessa società fosse condannata alla restituzione, a titolo di<br />

ripetizione di indebito, della somma di C 1.321.992, 46; in via subordinata,<br />

che fosse accertato e dichiarato quanto dovuto dall'Azienda Ospedaliera<br />

alla DAS srl a titolo di arricchimento senza causa, con la restituzione della<br />

somma eccedente.<br />

La società, costituitasi, eccepì il difetto di giurisdizione del giudice<br />

amministrativo.<br />

L'Azienda Ospedaliera ha proposto regolamento di giurisdizione affidato a<br />

due motivi.<br />

Resiste, con controricorso, la Distributori Articoli Sanitari - D.A.S. srl, che<br />

ha anche proposto ricorso incidentale affidato ad un motivo illustrato da<br />

memoria.<br />

MOTIVI DELLA DECISIONE<br />

Ricorso principale<br />

Con il primo motivo la ricorrente denuncia giurisdizione del g.a. sulla<br />

domanda di dichiarazione d'inefficacia o nullità del contratto.<br />

3<br />

417


Con il secondo motivo si denuncia giurisdizione esclusiva del g.a. sulle<br />

domande di ripetizione dell'indebito, o arricchimento senza causa,<br />

conseguenti alla dichiarazione d'inefficacia o nullità del contratto.<br />

I due motivi sono trattati congiuntamente, essendo intimamente connessi<br />

per le ragioni che seguono.<br />

Le Sezioni Unite di questa Corte si sono ormai più volte pronunciate - in<br />

materia di giurisdizione - nelle controversie relative a procedure di<br />

aggiudicazione degli appalti pubblici, sugli effetti della direttiva 11<br />

dicembre 2007, n. 2007/66/CE - recante modifica delle direttive<br />

89/665/CEE e 92/13/CEE (SU. ord. 10.2.2010, n. 2906; S.U. ord.<br />

5.3.2010, n. 5291; v. anche S.U. 24.6.2011, n. 13910).<br />

Con tali pronunce, le Sezioni Unite della Corte di cassazione - dando rilievo<br />

alle modifiche al sistema derivate dalle direttive anzidette - hanno<br />

superato il principio che negava la giurisdizione der giudice amministrativo<br />

sulla domanda di invalidità o inefficacia del contratto stipulato all'esito di<br />

gara annullata perché illegittima, in base all'argomento che non può<br />

incidere la riconosciuta connessione tra più domande oggetto di distinte<br />

giurisdizioni, per spostare questa da uno ad altro giudice.<br />

Infatti, sulla base della Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio<br />

dell'Il dicembre 2007 n. 66, relativa al miglioramento dell'efficacia delle<br />

procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici" - i<br />

cui principi dovevano essere trasposti nel nostro ordinamento interno<br />

entro il 20 dicembre 2009 - fin dalla data di entrata in vigore di essa, una<br />

interpretazione orientata costituzionalmente, e quindi comunitariamente<br />

(art. 117 Cost.), delle norme sulla giurisdizione - per le gare bandite dopo<br />

tale data - ha reso necessario l'esame congiunto della domanda di<br />

invalidità dell'aggiudicazione e di privazione degli effetti del contratto<br />

concluso, nonostante l'annullamento della gara, prima o dopo la decisione<br />

del giudice adito, in ragione dei principi che la norma comunitaria impone<br />

agli Stati membri di attuare, che corrispondono a quelli di concentrazione,<br />

effettività e ragionevole durata del giusto processo disegnato nella carta<br />

costituzionale.<br />

Per effetto di tale Direttiva, anche prima del termine indicato per la sua<br />

trasposizione nel diritto interno, la pubblica amministrazione era, infatti,<br />

onerata a dichiarare privo di effetti il contratto, se concluso con<br />

4<br />

418


aggiudicatario diverso da quello dovuto, a meno che sussistessero<br />

condizioni che consentissero di non farlo.<br />

Lo stesso potere-dovere dell'amministrazione, poi, imponeva di attribuire<br />

al giudice amministrativo, nelle materie di giurisdizione esclusiva, la<br />

cognizione delle controversie relative anche ai contratti, essendo tale<br />

giudice l'organo indipendente dalla amministrazione (indicato dalla<br />

Direttiva), che ha, nell'ordinamento interno, il potere di pronunciare<br />

l'annullamento della aggiudicazione.<br />

Ora, si tratta di stabilire se gli stessi principii possano applicarsi anche<br />

nell'ipotesi in cui sia stata chiesta la declaratoria di inefficacia o di nullità<br />

del contratto di fornitura, quale effetto dell'annullamento in autotutela<br />

delle precedenti deliberazioni con le quali - nel caso in esame - era stata<br />

affidata, senza gara, all'odierna resistente la fornitura del sistema<br />

robotico "Da Vinci"; con le conseguenti domande di ripetizione di indebito<br />

e di arricchimento senza causa formulate dalla stessa azienda ospedaliera;<br />

e con le domande riconvenzionali di condanna al pagamento delle somme<br />

dovute - come precisato in atti - e di risarcimento dei danni.<br />

Come si è visto, le leggi di derivazione comunitaria - e successivamente le<br />

norme del codice sul processo amministrativo ( art. 133, comma 1, lett.<br />

e), d.lgs.2.7.2010, n. 104 - hanno attratto alla materia "affidamento di<br />

pubblici lavori, servizi e forniture" - di giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo - sia le controversie risarcitorie, sia quelle di dichiarazione<br />

d'inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell'aggiudicazione.<br />

La norma dell'art. 121, comma 1, d.lgs. n. 104 del 2010, prevede, poi,<br />

sotto la rubrica Inefficacia dei contratto nei casi di gravi violazioni<br />

che il giudice che annulla l'aggiudicazione definitiva dichiari l'inefficacia<br />

del contratto: a) se l'aggiudicazione definitiva è avvenuta senza previa<br />

pubblicazione del bando o avviso con cui si indice una gara nella Gazzetta<br />

Ufficiale dell'Unione europea o nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica<br />

italiana, quando tale pubblicazione è prescritta dal decreto legislativo 12<br />

aprile 2006, n. 163; b) se l'aggiudicazione definitiva è avvenuta con<br />

procedura negoziata senza bando o con affidamento in economia fuori dai<br />

casi consentiti e questo abbia determinato l'omissione della pubblicità del<br />

bando o avviso con cui si indice una gara nella Gazzetta Ufficiale<br />

dell'Unione europea o nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana,<br />

5<br />

419


quando tale pubblicazione è prescritta dal decreto legislativo 12 aprile<br />

2006, n. 163; c) se il contratto è stato stipulato senza rispettare il termine<br />

dilatarlo stabilito dall'artico/oli, comma 10, del decreto legislativo 12<br />

aprile 2006, n. 163, qualora tale violazione abbia privato il ricorrente della<br />

possibilità di avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipulazione del<br />

contratto e sempre che tale violazione, aggiungendosi a vizi propri<br />

dell'aggiudicazione definitiva, abbia influito sulle possibilità del ricorrente<br />

di ottenere l'affidamento; d) se il contratto è stato stipulato senza<br />

rispettare la sospensione obbligatoria del termine per la stipulazione<br />

derivante dalla proposizione del ricorso giurisdizionale avverso<br />

l'aggiudicazione definitiva, ai sensi dell' articolo 11, comma 10-ter, del<br />

decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, qualora tale violazione,<br />

aggiungendosi a vizi propri dell'aggiudicazione definitiva, abbia influito<br />

sulle possibilità del ricorrente di ottenere l'affidamento.<br />

Ora, il breve excursus sulle ipotesi nelle quali il giudice amministrativo ha<br />

il potere di dichiarare anche l'inefficacia del contratto, rende evidente che<br />

la ratio della norma intende preservare i principii di trasparenza, pubblicità<br />

e concorrenza cui deve ispirarsi l'attività della pubblica amministrazione in<br />

materia di appalti pubblici.<br />

Così, se è previsto che la giurisdizione del giudice amministrativo ricorra<br />

quando si tratti di dichiarare l'inefficacia del contratto a seguito<br />

dell'annullamento della aggiudicazione (art. 133, comma 1, lett. e), ad<br />

eguale conclusione deve giungersi anche nella situazione - di gran lunga<br />

più grave - in cui la inefficacia del contratto consegua all'annullamento di<br />

un affidamento diretto, senza alcuna previsione di gara, in violazione delle<br />

norme comunitarie e nazionali in materia di contratti pubblici.<br />

Nel caso in esame, va, in particolare, sottolineato che vi è una sentenza<br />

passata in giudicato del giudice amministrativo che ha confermato il<br />

provvedimento di annullamento emesso dalla pubblica amministrazione.<br />

Per effetto di tale pronuncia si consolida l'effetto dell'annullamento emesso<br />

in sede di autotutela.<br />

In questo contesto riconoscere la giurisdizione del giudice civile sul<br />

contratto, oltre a contraddire i principii comunitari indicati, comporterebbe<br />

il duplice, pernicioso effetto di moltiplicare i procedimenti e di porre le<br />

condizioni per un possibile conflitto di pronunce.<br />

6<br />

420


La conclusione cui deve necessariamente giungersi è, allora, che, se è<br />

vero che la norma testualmente non prevede il caso, in quanto limita il<br />

riconoscimento della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo alle<br />

ipotesi di inefficacia del contratto conseguente all'annullamento<br />

dell'aggiudicazione, è altrettanto vero che non ci si deve fermare al solo<br />

criterio ermeneutico testuale in quanto, in base all'art. 12 delle preleggi,<br />

questo deve essere integrato dal criterio della ratto legis.<br />

Ed è di tutta evidenza che si è in presenza di un' eadem ratio che - come<br />

si è detto - è quella di preservare i principii di trasparenza, pubblicità e<br />

concorrenza cui deve ispirarsi la pubblica amministrazione in materia di<br />

appalti pubblici.<br />

Invero, il senso della disposizione è quello di attribuire al giudice<br />

amministrativo la cognizione piena di tutte le controversie conseguenti<br />

all'annullamento di un'aggiudicazione - comunque intervenuta -; quindi, a<br />

maggior ragione, nell'ipotesi di affidamento diretto, posto in essere in<br />

violazione delle norme nazionali e comunitarie, per non essere stata<br />

disposta alcuna gara.<br />

D'altra parte, sarebbe una contraddizione logica del sistema ammettere la<br />

giurisdizione del giudice amministrativo nel caso in cui una gara sia,<br />

comunque, stata effettuata e negarla in quello, di gran lunga più grave, di<br />

affidamento diretto, posto in essere dalla pubblica amministrazione con<br />

abuso delle funzioni pubbliche.<br />

Né alcun rilievo - proprio per le motivazioni che sorreggono il più recente<br />

indirizzo assunto dalle Sezioni Unite di questa Corte con l'indicata<br />

ordinanza 10.2.2010, n. 2906 - riveste la questione relativa alla<br />

collocazione temporale della vicenda in questione, se prima o dopo<br />

l'entrata in vigore della direttiva CE n. 66/2007.<br />

E ciò perché si è affermato che, anche in riferimento alla pregressa<br />

normativa, non potesse negarsi la immanenza dei principii di<br />

concentrazione, effettività e ragionevole durata del processo, di indubbia<br />

valenza costituzionale, in relazione, quindi, alla necessità della trattazione<br />

congiunta della questione di invalidità della procedura di affidamento del<br />

servizio pubblico e di quella connessa alla privazione degli affetti del<br />

contratto concluso.<br />

7<br />

421


Non senza evidenziare che il giudice non può sottrarsi all'obbligo generale<br />

della c.d. interpretazione evolutiva e sistematica della legge, per osservare<br />

il quale egli non deve limitarsi a rievocarne il senso originario, ma al fine di<br />

evitare che la stessa legge si esaurisca nella sua primitiva formulazione,<br />

deve invece cercare di conciliare il contenuto originario della formula<br />

legislativa con la situazione esistente al momento in cui la norma deve<br />

essere applicata, così da evitare situazioni di contrasto o, comunque, di<br />

disarmonia dell'ordine giuridico.<br />

Questa regola ermeneutica è stata sistematicamente applicata dalla<br />

Suprema Corte ( v. fra le altre S.U. 1.7. 2008, n, 17927), ed è divenuta<br />

ineludibile a seguito della partecipazione dell'Italia alla comunità europea,<br />

soprattutto per l'obbligo di interpretazione conforme degli Stati aderenti al<br />

diritto comunitario.<br />

La Corte di Giustizia delle comunità europee in numerose recenti decisioni<br />

ha riaffermato quest'obbligo, quanto alle direttive della Comunità, in modo<br />

incondizionato " a prescindere dal fatto che si tratti di norme precedenti o<br />

successive alla direttiva"; con la conseguenza che il giudice nazionale è<br />

onerato, anche in tal caso, di un'esegesi da svolgersi quanto più possibile<br />

alla luce della lettera e dello scopo della direttiva "onde conseguire il<br />

risultato perseguito da quest'ultima" (in tal senso, tra le molte, le sentenze<br />

5 ottobre 2004, C-397/01-403/01; 22 maggio 2003, C-462/99, nonché 15<br />

maggio 2003, C- 160/01; 13 novembre 1990, C-106/89).<br />

In definitiva, il diritto comunitario incide nel sistema giurisdizionale interno<br />

anche retroattivamente, esigendo la trattazione unitaria delle domande di<br />

affidamento dell'appalto e di caducazione del contratto concluso per effetto<br />

dell'illegittima aggiudicazione; ciò che avviene, per le ragioni già dette,<br />

anche nell'ipotesi in cui la richiesta di caducazione degli effetti del<br />

contratto (concluso senza gara) consegua al provvedimento emesso in<br />

autotutela dalla pubblica amministrazione e confermato in sede<br />

giurisdizionale (sulla valenza ermeneutica delle Direttive, v. anche S.U.<br />

16.3.2009, n. 6316).<br />

Conclusivamente, va affermata la giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo sulla domanda di dichiarazione di inefficacia o nullità del<br />

contratto, ai sensi dell'art. 244 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163.<br />

8<br />

422


Ad eguale conclusione deve pervenirsi anche in ordine alle domande di<br />

ripetizione di indebito o di arricchimento senza causa, proposte dall'attuale<br />

ricorrente nel giudizio di merito.<br />

Ai sensi dell'art. 133, comma 1, lett. e), n. 1 del d.lgs. n. 104 del 2010<br />

sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le<br />

controversie relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi,<br />

forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o<br />

del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto<br />

dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o<br />

regionale, ivi incluse quelle risarcitorie e con estensione della<br />

giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a<br />

seguito di annullamento dell'aggiudicazione ed alle sanzioni alternative.<br />

Ora, l'affermazione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo<br />

sulla domanda di dichiarazione di inefficacia o nullità del contratto - per le<br />

ragioni già evidenziate - postula, inevitabilmente, che le domande<br />

conseguenti ad una tale declaratoria debbano essere conosciute dallo<br />

stesso giudice al quale è riconosciuta la giurisdizione sul contratto.<br />

Le domande di ripetizione di indebito o di arricchimento senza causa,<br />

infatti, si presentano come effetti restitutori conseguenti alla declaratoria<br />

di inefficacia (o nullità) del contratto di fornitura.<br />

E se le controversie di natura risarcitoria rientrano nella giurisdizione<br />

esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell'art.133, comma 1, lett.<br />

e), n. 1 del d.lgs. n. 104 del 2010, a maggior ragione, un tale<br />

riconoscimento meritano quelle restitutorie che, non solo sono connesse,<br />

ma sono strettamente conseguenti alla declaratoria d'inefficacia del<br />

contratto.<br />

D'altra parte, la soluzione del problema deriva da un evidente argomento<br />

logico (cd. argomento a fortiori): se la giurisdizione esclusiva si applica<br />

alle questioni legate da connessione indiretta ed eventuale alla<br />

declaratoria d'inefficacia del contratto, a maggior ragione deve applicarsi a<br />

quelle connesse direttamente, cioè conseguenti.<br />

Ed una tale conclusione s'impone anche sulla base dei principii di<br />

concentrazione dei processi e di effettività della tutela.<br />

9<br />

423


RICORSO INCIDENTALE<br />

Con il ricorso incidentale la DAS srl in sostanza propone, a sua volta, le<br />

medesime questioni relative alla giurisdizione avanzate dalla ricorrente<br />

principale, affermando, però, che il loro esame spetti al giudice ordinario.<br />

Le concrusioni cui si è pervenuti in ordine all'affermazione della<br />

giurisdizione del giudice amministrativo tolgono pregio alle considerazioni<br />

in questa sede avanzate dalla ricorrente incidentale, e già risolte.<br />

In particolare, deve dissentirsi dall'affermazione per cui la giurisdizione del<br />

giudice amministrativo possa riconoscersi soltanto in ipotesi di<br />

proposizione congiunta della domanda di invalidità della aggiudicazione e<br />

di privazione degli effetti del contratto concluso, con il richiamo al<br />

precedente di queste Sezioni Unite n. 14805 del 2009.<br />

In quel caso, infatti, la decisione riguardava la materia della retrocessione<br />

totale o parziale di beni espropriati in materia urbanistico - edilizia ed<br />

espropriativa, diversa da quella degli appalti pubblici oggetto del presente<br />

giudizio, sulla quale ha inciso, anche retroattivamente ir diritto comunitario<br />

(v. anche S.U. ord. 10.2.2010, n. 2906; S.U. ord. 5.3.2010, n. 5291);<br />

come si è già detto.<br />

Conclusivamente, è dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo.<br />

Le peculiarità delle questioni trattate giustificano la compensazione delle<br />

spese fra le parti.<br />

P.Q.M.<br />

La Corte, pronunciando sui ricorsi, dichiara la giurisdizione del giudice<br />

amministrativo. Compensa spese.<br />

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, in<br />

data 19 giugno 2012.<br />

i F,”-€7.-:.nari<br />

GiudiZititb<br />

AUTISTA<br />

Il President<br />

in Cniicefloria<br />

A5o..2017.<br />

.•.. •<br />

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10<br />

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Integrazione alla dispensa sul riparto della giurisdizione<br />

Selezione di sentenze e di contributi dottrinali sul riparto della giurisdizione<br />

sulla sorte del contratto in caso di annullamento d’ufficio degli atti della fase<br />

prodromica alla stipula del contratto (con particolare riferimento ai contratti<br />

derivati – c.d. swap – stipulati dall’Amministrazione).<br />

Contratti derivati: all’Adunanza Plenaria la questione della giurisdizione sulla sorte del contratto in caso di<br />

annullamento d’ufficio<br />

Cons. Stato, ordinanza 14 ottobre 2013, n. 5499 – Pres Volpe – Est. Prosperi<br />

Ai sensi dell’art. 99, comma 1, c.p.a., va rimessa all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato la questione del riparto<br />

della giurisdizione (anche con riferimento alla validità della clasuola contrattuale di deroga alla giurisdizione italiana)<br />

sull’atto con cui l’Amministrazione annulla d’ufficio la precedente deliberazione recante l’autorizzazione alla<br />

stipulazione di contratti di derivati (cosiddetti swap) e sulla sorte stessa dei contratti in conseguenza di detto<br />

annullamento d’ufficio. Occorre, in particolare, stabilire se l’atto di autotutela impugnato possa essere qualificato come<br />

provvedimento autoritativo o come atto di recesso negoziale, nel caso in cui alla stipula del contratto si sia giunti senza<br />

un procedimento di evidenza pubblica, ma sulla base di una trattativa informale.<br />

N. 04999/2013 REG.PROV.COLL.<br />

N. 01759/2013 REG.RIC.<br />

R E P U B B L I C A I T A L I A N A<br />

Il Consiglio di Stato<br />

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)<br />

ha pronunciato la presente<br />

436


ORDINANZA DI RIMESSIONE ALL'ADUNANZA PLENARIA<br />

sul ricorso numero di registro generale 1759 del 2013, proposto da:<br />

Regione Piemonte, in persona del presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Mauro Renna e Franco Gaetano<br />

Scoca, con domicilio eletto presso Franco Gaetano Scoca in Roma, via Giovanni Paisiello 55;<br />

contro<br />

Intesa San Paolo S.p.A. (già Banca Infrastrutture Innovazione e Sviluppo S.p.A.), in persona del legale rappresentante<br />

in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Francesco Cardarelli e Fabio Elefante, con domicilio eletto presso Francesco<br />

Cardarelli in Roma, via P.L. da Palestrina, 47;<br />

per la riforma<br />

della sentenza del T.A.R. PIEMONTE, Sez. I, n. 01389/2012, resa tra le parti, concernente appello avverso sentenza con<br />

cui il giudice amministrativo ha dichiarato il difetto di giurisdizione - annullamento in autotutela della sottoscrizione del<br />

contratto di swap;<br />

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;<br />

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Intesa San Paolo S.p.A. (già Banca Infrastrutture Innovazione e Sviluppo<br />

S.p.A.);<br />

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;<br />

Visti tutti gli atti della causa;<br />

Relatore nella camera di consiglio del giorno 23 luglio 2013 il Cons. Raffaele Prosperi e uditi per le parti gli avvocati<br />

F.G. Scoca, M. Renna, F. Cardarelli e F. Elefante;<br />

1. Con l’appello in epigrafe la Regione Piemonte ha impugnato la sentenza n. 1389 del 21 dicembre 2012, con la quale<br />

il TAR del Piemonte ha dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo il ricorso<br />

proposto da Intesa San Paolo S.p.A. avverso la decisione della Giunta regionale e le conseguenti determinazioni<br />

dirigenziali, con le quali era stata parzialmente annullata d’ufficio, ai sensi dell’art. 21 nonies della L. 7 agosto 1990 n.<br />

241, la precedente deliberazione della stessa Giunta recante l’autorizzazione alla stipulazione di contratti di derivati –<br />

cosiddetti swap.<br />

In breve, la Regione aveva emesso nel 2006 due tranches di prestito obbligazionario, l’una del valore nominale di €.<br />

1.800 milioni riservato ad investitori istituzionali con scadenza trentennale e tasso di interesse variabile, l’altra del<br />

valore nominale di €. 56 milioni, destinata a a fondazioni bancarie italiane, con durata di sette anni e tasso d’interesse<br />

fisso; ai sensi della normativa vigente – art. 41, comma 2, L. 28 dicembre 2001 n. 448 - la Regione e gli istituti bancari,<br />

selezionati mediante una gara informale per l’organizzazione ed il collocamento sul mercato della prima emissione<br />

obbligazionaria, avevano appunto concordato di affiancare ai due prestiti la stipula di contratti derivati al fine di<br />

consentire sia l’accantonamento periodico delle somme necessarie al rimborso alla scadenza, sia di disporre delle<br />

risorse necessarie a pagare le cedole, proteggendo così sia l’emittente dalle fluttuazioni dei tassi di interesse, sia gli<br />

istituti bancari dal rischio di default dello Stato.<br />

Sennonché, nel corso del 2011, la Regione aveva rilevato un’asserita criticità dei contratti derivati, adducendo<br />

l’illegittimità di questi per l’inidoneità a realizzare un contenimento del costo dell’indebitamento e quindi a coprire il<br />

rischio, l’esistenza di costi impliciti e la violazione da parte delle banche degli obblighi di corretta e completa<br />

informazione, nonché l’interesse pubblico ad evitare ulteriori esborsi fortemente lesivi dell’equilibrio finanziario<br />

regionale, prevalente sul sacrificio imposto alle banche.<br />

Su dette basi, la Regione procedeva quindi al rammentato annullamento d’ufficio.<br />

Intesa San Paolo S.p.A. impugnava allora gli atti di autotutela davanti al TAR del Piemonte, deducendo una serie di<br />

illegittimità ed inoltre la nullità degli atti adottati per carenza assoluta del potere e la loro inidoneità a determinare la<br />

caducazione degli effetti contrattuali.<br />

2. Il TAR ha affermato, con riferimento al criterio del petitum sostanziale, che nel caso di specie la “consistenza<br />

effettiva” delle situazioni giuridiche delle parti doveva essere individuata quale rapporto di natura prettamente<br />

civilistica, derivante da contratti di diritto privato che ponevano le parti in posizioni del tutto paritarie; quindi, i supposti<br />

vizi di legittimità non riguardavano il procedimento amministrativo prodromico alla stipulazione, ma in realtà i pretesi<br />

vizi genetici o funzionali del sinallagma contrattuale.<br />

Di conseguenza, nella pronuncia di inammissibilità è stato ricompreso il ricorso incidentale proposto dalla Regione con<br />

437


la domanda di dichiarare la caducazione dei contratti derivati e la condanna della ricorrente principale alla restituzione<br />

di quanto indebitamente percepito in applicazione di tali contratti.<br />

L’assenza di un procedimento amministrativo finalizzato alla selezione del soggetto con cui contrattare e dei vizi di<br />

legittimità di tale procedimento – l’unico procedimento ha riguardato l’individuazione del progettista e collocatore della<br />

prima emissione obbligazionaria, mentre la decisione di ricorrere agli swap è stata frutto di successiva negoziazione -<br />

rendeva evidente che le eventuali patologie riguardavano la negoziazione contrattuale e che la pretesa autotutela nulla<br />

esprimeva altro che la volontà della Regione di sciogliersi unilateralmente da un vincolo contrattuale ritenuto<br />

squilibrato.<br />

3. Con una lunga esposizione in fatto e in diritto la Regione Piemonte contestava in appello le statuizioni della sentenza<br />

impugnata, sostenendo in sintesi la natura pubblicistica del procedimento di selezione degli istituti bancari chiamati a<br />

progettare e collocare il prestito obbligazionario e la ricomprensione all’interno della stessa procedura di gara<br />

dell’ipotesi di stipulare i contratti sui derivati; il tutto, del resto, in fedele esecuzione della normativa in materia di<br />

contabilità pubblica di cui ai rr.dd. 2440/1923 e 827/1924, i quali impongono l’utilizzo di procedure concorsuali aperte<br />

per la selezione dei contraenti in caso di spese a carico dell’erario oppure nel caso di previsioni di entrate nel rispetto<br />

dell’art. 19, comma 1, lett. d), del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, il quale ricomprende espressamente i servizi finanziari<br />

tra i settori esclusi.<br />

L’autotutela esercitata ha agito non tanto sui rapporti contrattuali in essere, ma sull’originaria fase prodromica, in cui<br />

emergevano vizi inerenti il contenimento del costo dell’indebitamento e mancate previsioni sulla struttura dei contratti<br />

derivati, elementi che portavano ad oneri finanziari gravosi, non previsti e contrari alla legge.<br />

Quanto al ricorso incidentale, la Regione ribadiva le proprie tesi inerenti la dipendenza dei contratti derivati<br />

dall’originaria deliberazione della Giunta che aveva promosso il procedimento di gara e ciò anche ai sensi dell’art. 120<br />

e seguenti del c.p.a., che affidano il giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, la potestà di dichiarare la<br />

caducazione dei contratti pubblici conseguenti a procedure di affidamento.<br />

La Regione Piemonte concludeva per la dichiarazione della giurisdizione del giudice amministrativo e per la rimessione<br />

al TAR della causa, con vittoria di spese.<br />

Intesa San Paolo S.p.A. si è costituita in giudizio, eccependo, preliminarmente, la carenza di interesse alle ricorso della<br />

Regione, poiché:<br />

a) gli atti adottati in assunto esercizio del potere di autotutela sarebbero inidonei a determinare la caducazione<br />

automatica dei contratti derivati;<br />

b) la giurisdizione spetterebbe al giudice inglese.<br />

Intesa San Paolo S.p.A. ha sostenuto, inoltre, l’infondatezza delle tesi sollevate con l’appello in esame e ha chiesto la<br />

conferma della sentenza impugnata.<br />

Alla odierna camera di consiglio la causa è passata in decisione.<br />

4. Il Collegio ritiene di rimettere la questione all’esame dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato.<br />

In primo luogo si deve verificare se le determinazioni contrattuali in tema di derivati sono effettivamente scaturite da un<br />

procedimento amministrativo, oppure sono frutto diretto di trattative contrattuali che hanno generato obblighi di natura<br />

civilistica al di fuori del procedimento – come affermato dal TAR – dai quali la Regione si vuole sciogliere mediante<br />

l’utilizzazione indebita di poteri di diritto pubblico.<br />

La verifica di ciò deve passare attraverso l’analisi della deliberazione di Giunta n. 135 – 3655 del 2 agosto 2006 (di<br />

revoca anche della precedente delibera di Giunta di affidamento n. 72 - 2946 del 22 maggio 2006), che ha disposto<br />

l’affidamento nei confronti di Dexia, Merryl Linch e Banca OPI, ora BIIS, del coordinamento, organizzazione e<br />

collaborazione con la Regione del programma di emissione obbligazionaria ed oggetto della delibera di parziale<br />

annullamento d’ufficio per supposti vizi di legittimità, ed inoltre degli atti prodromici adottati preliminarmente alla<br />

stregua di atti di gara per l’individuazione degli istituti finanziari.<br />

Dapprima la Giunta deliberava il 24 ottobre 2005 di avviare una gara informale per la selezione di un massimo di tre<br />

istituti bancari relativamente al collocamento del prestito obbligazionario in parola e successivamente la Direzione<br />

Bilanci e Finanze inviava ad undici banche di investimento, all’epoca ritenute tra le massime quanto ad esperienza e<br />

solidità, invito a presentare offerta per la selezione di un arranger per operazioni finanziarie. In tale lettera di invito<br />

venivano descritti l’oggetto dell’incarico, coordinamento del gruppo di lavoro incaricato della redazione di un<br />

programma di Medium Term Notes ed organizzazione e collocamento delle emissioni obbligazionarie sui mercati<br />

internazionali dei capitali, i contenuti della proposta che la banca invitata avrebbe dovuto presentare ed i metodi di<br />

individuazione dei prescelti secondo un sistema articolato di punteggi su vari requisiti circa la capacità tecnica e<br />

l’indicazione delle commissioni richieste per il servizio di arrangement, questo ultimo ai fini della valutazione<br />

dell’offerta economica; seguiva il criterio di assegnazione dei punteggi secondo i parametri previsti ed ulteriori<br />

specificazioni.<br />

Si deve rilevare il rinvio alle trattative tra le parti per quanto concerne le commissioni di collocamento del prestito e<br />

l’indicazione, quanto ai contenuti dell’incarico, dei soli organizzazione e collocamento senza inclusione alcuna dei<br />

contratti sui derivati. Per il resto, vista la successiva operazione di apertura delle buste e l’attribuzione dei punteggi con<br />

l’individuazione dei soggetti cui affidare l’incarico, si palesa una struttura tipicamente procedimentalizzata.<br />

Con la delibera 22 maggio 2006 n. 72 – 2946 la Giunta conferiva l’incarico ai soggetti prima indicati e quindi si<br />

giungeva alla delibera di affidamento ed avvio dell’operazione del 2 agosto 2006, poi oggetto del parziale<br />

autoannullamento, con la quale venivano definiti tutti i contenuti e i termini dell’operazione – ivi compreso<br />

438


l’ammontare del prestito – ed inoltre, quanto alle modalità di rimborso, la previsione di stabilire un piano di<br />

ammortamento ovvero, se opportuno, l’attivazione di un’operazione in derivati che consentisse alla Regione di ricreare<br />

un effetto di ammortamento attraverso la stipula di uno swap ed ancora eventuali operazioni di interest rate swap per la<br />

gestione del rischio derivante dall’andamento dei tassi di interesse od altre operazioni che si rendessero opportune per la<br />

gestione dei rischi correlati all’operazione.<br />

Nella successiva fase di contrattazione veniva deciso di attivare l’operazione in derivati.<br />

L’individuazione del soggetto incaricato di organizzare l’intera determinazione di emissione delle obbligazioni e di<br />

attuarla sui mercati finanziari è stata preceduta innegabilmente da un procedimento amministrativo in cui la Regione si<br />

è autovincolata a deliberare secondo criteri predeterminati alla stregua di un ordinario procedimento di gara, mentre<br />

nella stessa sede autoritativa il singolo aspetto attinente la stipulazione dei contratti derivati è stato solamente previsto<br />

in via alternativa, non è stato oggetto di regole in sede di gara ed è stato definito solamente in sede di trattativa con gli<br />

arrangers.<br />

Il Collegio non può a questo punto prescindere dalla pronuncia cardine data in materia da questa Sezione, la sentenza n.<br />

5032 del 7 settembre 2011, emessa su identica questione in seguito ad analogo provvedimento di autotutela della<br />

Provincia di Pisa, la quale aveva ritenuto l’illegittimità di un contratto su derivati concluso per proteggere l’Ente<br />

pubblico dalle variazioni dei tassi di interesse connessi a propria emissione obbligazionaria.<br />

Anche in questo caso l’organizzatore e collocatore del prestito era stato selezionato con una gara informale, in cui<br />

l’offerta tecnica doveva dare la completa misura dell’intera operazione, dunque di tutti i costi ipotizzabili, in conformità<br />

alle norme regolatrici del settore, la L. 448/2001, il d.m. 1 dicembre 2003 n. 389, la circolare MEF del 27 maggio 2004;<br />

non vi era nel bando o nelle regole di gara la previsione espressa di una negoziabilità di eventuali contratti su derivati,<br />

ma vi era stata, così come rilevato dalla Sezione, una mancata valutazione per erroneo ed incolpevole apprezzamento<br />

della convenienza economica dei costi impliciti conseguenti al meccanismo finanziario degli swap, derivante dalla<br />

mancata informazione, all’interno delle offerte tecniche delle banche aggiudicatarie, di questo aspetto peculiare.<br />

Ora, se nel caso di specie mancava una previsione di futura negoziazione tra Provincia di Pisa e banche incaricate di<br />

eventuali derivati, il Collegio ha però ritenuto che comunque tale ipotesi non potesse che essere contenuta nelle<br />

proposte degli istituti finanziari, potendosi a questo punto configurare non tanto una violazione delle trattative<br />

contrattuali, ma una domanda di partecipazione alla gara incompleta e priva di quei requisiti necessari per legge, la<br />

precisa indicazione di tutti i costi o almeno la conoscenza dei possibili oneri derivanti dall’intera operazione.<br />

Quindi, secondo la citata sentenza n. 5032/2011, all’interno della gara dovevano essere valutate tutte le opzioni ed<br />

un’impossibilità di tale valutazione aveva condotto l’Ente pubblico ad un affidamento di incarico privo di una serie di<br />

elementi inerenti i costi, i quali andavano invece considerati per obbligo di legge.<br />

Nel caso in esame, al contrario, la stipulazione di contratti su derivati è stata solamente ipotizzata in sede di affidamento<br />

dell’incarico e dunque la determinazione di stipulare è intervenuta solamente in sede di trattative tra le parti; non<br />

essendo stata oggetto diretto del procedimento di aggiudicazione<br />

Così che potrebbe essere corretta la pronuncia appellata che esclude la giurisdizione del giudice amministrativo a favore<br />

di quello ordinario e, nella specie, del giudice inglese per espressa attribuzione delle parti. Ciò - in mancanza del previo<br />

espletamento di un procedimento amministrativo volto alla selezione del contraente e senza avere riguardo ad alcun<br />

vizio di tale procedimento - qualificando l’autotutela esercitata dall’amministrazione come mero atto di recesso che<br />

incide sull’esecuzione contrattuale e riguarda vizi genetici o funzionali del sinallagma contrattuale.<br />

5. Tuttavia, potendo configurare la mancata valutazione dei costi eventuali insiti negli swap un’illegittima omessa presa<br />

in considerazione dei così detti costi impliciti, l’intera operazione consistente nel ricorso alla finanza derivata consegue<br />

pur sempre, anche se non direttamente, alla previa determinazione di affidamento della Regione Piemonte, di cui alla<br />

delibera (oggetto di autotutela) n. 135 - 3655 del 2 agosto 2006; con la quale si è approvata l’emissione obbligazionaria<br />

mediante possibile ricorso all’operazione in derivati.<br />

Se così è ci si trova nell’ambito di una procedura, seppure informale, finalizzata alla scelta del contraente migliore per<br />

l’amministrazione; procedura la quale, anche se vertendosi in tema di “contratti di servizi esclusi” non si applica il<br />

codice dei contratti pubblici [art. 19, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 163/2006], deve pur sempre osservare i “principi di<br />

economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità”, oltre che le disposizioni sul<br />

procedimento amministrativo di cui alla l. n. 241/1990 (art. 27, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 163/2006); ossia si deve<br />

seguire una procedura ad evidenza pubblica.<br />

Ne consegue che, in relazione ai procedimenti ad evidenza pubblica per l'affidamento di lavori, servizi e forniture,<br />

l'amministrazione conserva il potere di annullare il bando, le singole operazioni di gara e lo stesso provvedimento di<br />

aggiudicazione, ancorché definitivo, in presenza di gravi vizi dell'intera procedura, dovendo tener conto delle<br />

preminenti ragioni di salvaguardia del pubblico interesse. E il provvedimento di aggiudicazione definitiva, come anche<br />

la stipulazione del relativo contratto, non costituiscono ostacolo giuridicamente insormontabile al suo stesso<br />

annullamento, anche in autotutela, oltre che all'annullamento degli atti amministrativi che ne costituiscono il<br />

presupposto; di fronte all'esercizio del potere di annullamento la situazione del privato è di interesse legittimo, a nulla<br />

rilevando che tale esercizio, in ultima analisi, produca effetti indiretti su di un contratto stipulato da cui sono derivati<br />

diritti.<br />

Così che, in ordine alle relative controversie, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo (Cons. Stato, sez. V, 7<br />

settembre 2011, n. 5032).<br />

6.1. Con riguardo alla domanda azionata in primo grado dalla Regione tendente a conseguire la declaratoria<br />

439


dell’inefficacia del contratto, data la stretta conseguenzialità tra l'aggiudicazione della gara pubblica e la stipula del<br />

relativo contratto, l'annullamento a seguito di autotutela della procedura amministrativa comporta la caducazione<br />

automatica degli effetti negoziali del contratto successivamente stipulato, stante la preordinazione funzionale tra tali<br />

atti, con attribuzione delle relative controversie alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.<br />

Ciò in virtù della disciplina introdotta dal d.lgs. 20 marzo 2010, n. 53, poi trasfusa nell'art. 122 del c.p.a., imperniata<br />

sulle esigenze di semplificazione e concentrazione delle tutele ai fini della loro effettività, dovendo precisarsi al<br />

riguardo che le disposizioni contenute negli artt. 121 e 122 del c.p.a., riferiti alle modalità di esercizio di un potere di<br />

decisione del giudice, trovano piena applicazione anche in relazione ai contratti stipulati sulla base di aggiudicazioni<br />

annullate in epoca anteriore all'entrata in vigore del citato d.lgs. n. 53/2010, purché sia ancora controversa l'efficacia del<br />

contratto, stante la loro pacifica natura processuale. Anche nel caso di annullamento d'ufficio dell'aggiudicazione,<br />

l'annullamento comporta la caducazione automatica del contratto e le relative controversie sono devolute al giudice<br />

amministrativo (Cons. Stato: sez. III, 23 maggio 2013, n. 2802; sez. V: 7 settembre 2011, n. 5032; 14 gennaio 2011, n.<br />

11; 20 ottobre 2010, n. 7578).<br />

Tra l’altro anche la Corte di Cassazione (sez. un., 8 agosto 2012, n. 14260) ha ribadito, in tema di controversie relative a<br />

procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi<br />

dell'art. 244 del d.lgs. n. 163/2006 (e ora del c.p.a.), in ordine alle domande di dichiarazione di inefficacia o di nullità<br />

del contratto di fornitura alla pubblica amministrazione, nonché di ripetizione di indebito e di arricchimento senza<br />

causa, conseguenti all'annullamento in autotutela delle deliberazioni di affidamento, imponendo, tanto il medesimo<br />

diritto europeo quanto il vigente sistema interno, la trattazione unitaria delle domande di affidamento dell'appalto e di<br />

caducazione del contratto concluso per effetto dell'illegittima aggiudicazione, come anche delle domande restitutorie<br />

direttamente connesse alla declaratoria di inefficacia o di nullità del contratto stesso.<br />

6.2. Qualora, invece, si ritenga che la controversia sia rivolta ad accertare le condizioni di validità e di efficacia del<br />

contratto e ad ottenerne la conseguente declaratoria, essa spetta al giudice ordinario, posto che ha ad oggetto non già i<br />

provvedimenti riguardanti la scelta del contraente ma sostanzialmente il rapporto privatistico discendente dal negozio<br />

(Cass., sez. un.: 29 maggio 2012, n. 8515; 5 aprile 2012, n. 5446, ordinanza).<br />

7. Può, inoltre, prospettarsi anche un’ulteriore soluzione, nel caso in cui si ritenga che la controversia sia al di fuori<br />

dell’ipotesi in cui l’ordinamento attribuisce espressamente al giudice amministrativo la giurisdizione sulla sorte del<br />

contratto che si pone a valle di un procedimento amministrativo viziato, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1),<br />

del c.p.a.; secondo cui sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie “relative a<br />

procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del<br />

contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza<br />

pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, ivi incluse quelle risarcitorie e con estensione della giurisdizione<br />

esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione ed alle sanzioni<br />

alternative”.<br />

L’autotutela amministrativa nei confronti di atti prodromici alla conclusione di un contratto costituisce pur sempre<br />

esercizio di potere. Nella specie la Regione Piemonte, per ragioni che in questa sede non è consentito sindacare, ha<br />

ritenuto l’illegittimità dell’alternativa, precedentemente concessa (con la delibera di Giunta n. 135 – 3655 del 2 agosto<br />

2006 e i successivi atti di esecuzione: tra la gestione di un fondo per l’ammortamento del capitale da rimborsare e la<br />

conclusione di uno swap per l’ammortamento del debito), con riguardo alla possibilità (da parte delle tre banche<br />

affidatarie) di concludere operazioni in derivati.<br />

Trattandosi di esercizio di potere (di autotutela), che si manifesta con l’emanazione di provvedimenti amministrativi, lo<br />

stesso non può che incidere su posizioni di interesse legittimo, con la conseguente giurisdizione (generale di legittimità)<br />

del giudice amministrativo.<br />

In tal modo, secondo l'ordinario criterio di riparto, spetta al giudice amministrativo conoscere dei vizi del procedimento<br />

e del provvedimento amministrativo, e al giudice ordinario dei vizi del contratto, anche quando si tratti di invalidità<br />

derivata dal procedimento amministrativo presupposto dal contratto. Tale riparto di giurisdizione non fa però venire<br />

meno l'interesse a impugnare davanti al giudice amministrativo gli atti amministrativi prodromici di un negozio privato,<br />

atteso che il loro annullamento produce un effetto viziante del negozio a valle. Con la conseguente possibilità di:<br />

azionare rimedi risarcitori, impugnare il negozio davanti al giudice ordinario, chiedere all'amministrazione<br />

l'ottemperanza al giudicato amministrativo e, in caso di perdurante inottemperanza, adire il giudice amministrativo che<br />

in sede di ottemperanza può intervenire sulla sorte del contratto.<br />

In sostanza, l'annullamento degli atti del procedimento amministrativo non comporta, di regola, l'automatica<br />

caducazione del negozio giuridico a valle (così detto effetto caducante), producendo piuttosto un’invalidità derivata<br />

(così detto effetto viziante), che deve essere dedotta davanti al giudice avente giurisdizione sull'atto negoziale (Cons.<br />

Stato, ad. plen., 3 giugno 2011, n. 10).<br />

Così che sui provvedimenti impugnati in primo grado avrebbe comunque giurisdizione il giudice amministrativo,<br />

mentre sulla domanda (della Regione) di accertamento dell’inefficacia dei contratti stipulati dopo l’emanazione dei<br />

provvedimenti annullati d’ufficio conoscerebbe il giudice ordinario.<br />

8. Quanto alla clausola contrattuale contenuta nei contratti swap che, derogando alla giurisdizione italiana, assoggetta la<br />

loro disciplina alla legge di un altro paese, anche in termini di giurisdizione sulle relative controversie, il Consiglio di<br />

Stato (sez. V, 7 settembre 2011, n. 5032) ha affermato che essa non rileva allorquando l'amministrazione abbia revocato<br />

i predetti contratti nell'esercizio del potere amministrativo di autotutela e non già mediante l'esercizio di un potere<br />

440


negoziale di risoluzione unilaterale. Infatti, ai sensi dell'art. 4 della l. 31 maggio 1995, n. 218, la deroga alla<br />

giurisdizione italiana può riguardare solo le cause vertenti su diritti disponibili e quindi solo le questioni di<br />

interpretazione ed esecuzione dell'accordo (agreement), ma non può estendersi fino a comprendere anche il sindacato<br />

sul corretto esercizio del potere amministrativo; non potendo ascriversi al novero dei diritti disponibili gli interessi<br />

pubblici alla cui cura è finalizzato l'esercizio dei poteri pubblicistici accordati all’amministrazione nell'ambito dei<br />

procedimenti di gara. Con la conseguenza che la riconducibilità alla giurisdizione amministrativa della controversia<br />

relativa alla legittimità dell'esercizio concreto del potere di autotutela e alla sorte del contratto, in quanto vertente su<br />

interessi legittimi e in quanto caratterizzata da un’inestricabile commistione tra interessi pubblici e privati, implica<br />

l'irrilevanza della clausola contenuta nel contratto di swap che assoggetta detto contratto alla giurisdizione inglese.<br />

Va rilevato, tuttavia, che il giudice inglese ha già deciso, in senso positivo, sulla validità e sull’efficacia dei contratti di<br />

cui trattisi. Così che una soluzione opposta a quella seguita dal primo giudice potrebbe portare a un contrasto di<br />

giudicati.<br />

9. Considerato che il punto di diritto in tema di giurisdizione sottoposto all’esame della Sezione può dar luogo a<br />

contrasti giurisprudenziali, dati anche la rilevanza (pure economica) della questione e il diffuso ricorso da parte degli<br />

enti locali a strumenti di finanza derivata con successivi conseguenti contenziosi, il presente appello viene rimesso<br />

all'esame dell'adunanza plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi dell'art. 99, co. 1, del c.p.a..<br />

P.Q.M.<br />

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), non definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe,<br />

ne dispone la rimessione all'adunanza plenaria del Consiglio di Stato.<br />

Manda alla segreteria della sezione per gli adempimenti di competenza e, in particolare, per la trasmissione del<br />

fascicolo di causa e della presente ordinanza al segretario incaricato di assistere all'adunanza plenaria.<br />

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:<br />

Carmine Volpe, Presidente<br />

Carlo Saltelli, Consigliere<br />

Sabato Malinconico, Consigliere<br />

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere<br />

Raffaele Prosperi, Consigliere, Estensore<br />

L'ESTENSORE<br />

DEPOSITATA IN SEGRETERIA<br />

Il 14/10/2013<br />

IL SEGRETARIO<br />

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)<br />

441


Autorità: Cassazione civile sez. un.<br />

Data: 05 aprile 2012<br />

Numero: n. 5446<br />

CLASSIFICAZIONE<br />

GIURISDIZIONE CIVILE - Giurisdizione ordinaria e amministrativa: contratti della P.A. - in genere<br />

COMPETENZA E GIURISDIZIONE - Contratti della p.a. - Controversie relative alla fase di individuazione del<br />

contraente - Giurisdizione amministrativa - Controversie relative alla fase di esecuzione del rapporto<br />

contrattuale - Giurisdizione dell'A.G.O. Vedi tutto<br />

COMPETENZA E GIURISDIZIONE - Contratti della p.a. - Controversie relative alla interpretazione del<br />

contratto ed alle condizioni di validità e di efficacia e ad ottenerne la declaratoria di nullità o inefficacia, ovvero<br />

l'annullamento - Giurisdizione dell'A.G.O. - Fattispecie.<br />

Giurisdizione civile - Giurisdizione ordinaria e amministrativa - Attività negoziale della p.a. - Controversie<br />

riguardanti la invalidità e inefficacia del contratto - Invalidità derivante da mancanza o invalidità del<br />

procedimento di evidenza pubblica - Giurisdizione del giudice ordinario - Sussistenza - Fondamento - Fattispecie<br />

INTESTAZIONE<br />

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE<br />

SEZIONI UNITE CIVILI<br />

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:<br />

Dott. VITTORIA Paolo - Primo Presidente f.f. -<br />

Dott. ROVELLI Luigi Antonio - Presidente Sez. -<br />

Dott. SALVAGO Salvatore - rel. Consigliere -<br />

Dott. BUCCIANTE Ettore - Consigliere -<br />

Dott. MAZZACANE Vincenzo - Consigliere -<br />

Dott. NOBILE Vittorio - Consigliere -<br />

Dott. SPIRITO Angelo - Consigliere -<br />

Dott. D'ALESSANDRO Paolo - Consigliere -<br />

Dott. TRAVAGLINO Giacomo - Consigliere -<br />

ha pronunciato la seguente:<br />

ordinanza<br />

sul ricorso 12000/2011 proposto da:<br />

REGIONE CALABRIA, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, elettivamente domiciliata in<br />

ROMA, VIA OTTAVIANO 9, presso lo studio dell'avvocato PUNGI' GRAZIANO, rappresentata e<br />

difesa dall'avvocato NAIMO GIUSEPPE, per delega a margine del ricorso;<br />

- ricorrente -<br />

contro<br />

R.S.A. VILLA SERENA S.R.L.;<br />

- intimata -<br />

per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 3390/2011 del TRIBUNALE di CATANZARO;<br />

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/02/2012 dal Consigliere Dott. SALVATORE<br />

SALVAGO.<br />

FATTO<br />

FATTO E MOTIVI<br />

La Corte, Premesso in fatto.<br />

1 - E' stata depositata in cancelleria il 17 novembre 2011 la seguente relazione, in applicazione dell'art. 380 bis c.p.c.: 1.<br />

La Regione Calabria ha proposto opposizione a decreto con cui il Presidente del Tribunale di Catanzaro le ha ingiunto il<br />

pagamento di Euro 410.405 alla soc. Villa Serena, iscritta nel Registro delle strutture private accreditate con il S.S.N.<br />

per le prestazioni assistenziali erogate dal mese di ottobre 2007 al mese di agosto 2009,deducendo tra l'altro l'invalidità<br />

dei relativi contratti stipulati il 20 dicembre 2007 ed il 2 dicembre 2009 con l'Azienda sanitaria provinciale di Reggio<br />

Calabria per omessa effettuazione della procedura ad evidenza pubblica per la scelta del contraente privato. Nel corso<br />

del giudizio ha avanzato regolamento preventivo di giurisdizione per il fatto che il relativo sindacato appartiene alla<br />

giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo L. n. 205 del 2000, ex art. 6, e prospettando il dubbio che il giudice<br />

ordinario non possa compiere il sindacato suddetto, ma ciò malgrado chiedendo la conferma della giurisdizione<br />

ordinaria.<br />

2. Il ricorso può essere esaminato in camera di consiglio con declaratoria della giurisdizione del giudice ordinario, se<br />

sono condivise le considerazioni che seguono: costituiscono principi di diritto assolutamente consolidati nella<br />

giurisprudenza delle Sezioni Unite: 1) che nel settore dell'attività negoziale della p.a. tutte le controversie che attengono<br />

alla fase preliminare - antecedente e prodromica al contratto - inerente alla formazione della sua volontà ed alla scelta<br />

442


del contraente privato in base alle regole c.d.<br />

dell'evidenza pubblica, appartengono al giudice amministrativo.<br />

Mentre quelle che radicano le loro ragioni nella serie negoziale successiva che va dalla stipulazione del contratto fino<br />

alle vicende del suo adempimento, e riguarda la disciplina dei rapporti che dal contratto scaturiscono, sono devolute al<br />

giudice ordinario; 2) che conseguentemente appartengono al giudice ordinano le controversie concernenti<br />

l'interpretazione dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, nonchè quelle rivolte ad accertarne le condizioni di<br />

validità e di efficacia e ad ottenerne la declaratoria di nullità o inefficacia, ovvero l'annullamento, posto che anche esse<br />

hanno ad oggetto non già i provvedimenti riguardanti la scelta dell'altro contraente, ma il rapporto privatistico<br />

discendente dal negozio; e che gli eventuali vizi di questo devono essere esaminati esclusivamente dal giudice ordinario<br />

competente a conoscerne l'intera disciplina (Cons. St. 6^, 4956/2007; 7215/2006); 3) che nell'ambito delle patologie ed<br />

inefficacie negoziali, rientrano non soltanto quelle inerenti alla struttura del contratto, siano esse estranee (Cass. sez. un.<br />

4116/2007; 13033/2006; 10994/2006) e/o alla stessa sopravvenute, ma anche quelle derivanti da irregolarità -<br />

illegittimità della procedura amministrativa a monte, perciò comprendenti anche le fattispecie di radicale mancanza del<br />

procedimento di evidenza pubblica (o di vizi che ne affliggono singoli atti): perciò accertabile incidentalmente da parte<br />

di detto giudice, al quale le parti possono rivolgersi senza necessità del previo annullamento "in parte qua" ad opera del<br />

giudice amministrativo (Cass. sez. un. 7578/2009; 27169/2007; 20504/2006;<br />

5179/2004).<br />

3. Pertanto, poichè nel caso la Regione ha dedotto la nullità e comunque l'invalidità dei contratti di affidamento di<br />

servizi sanitari per cui la società ha chiesto ed ottenuto il decreto ingiuntivo, il relativo accertamento rivolto ad<br />

impedirne l'esecuzione e perciò ad escludere il diritto soggettivo della controparte al pagamento del corrispettivo spetta<br />

al giudice ordinario.<br />

2. Il Pubblico Ministero non ha presentato conclusioni scritte.<br />

Ritenuto in diritto.<br />

3. - Il collegio, esaminato il ricorso, la relazione,il controricorso e le difese ulteriori,ha condiviso gli argomenti svolti<br />

nella relazione e la soluzione che vi è stata proposta.<br />

4. - Va pertanto dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario;<br />

mentre nessuna statuizione va emessa in ordine alle spese processuali poichè la soc. Villa Serena non ha spiegato difese.<br />

P.Q.M.<br />

La Corte, a sezioni unite dichiara la giurisdizione del giudice ordinario.<br />

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio delle Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione, il 28 febbraio<br />

2012.<br />

Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2012<br />

CONFORMI E DIFFORMI<br />

(1) In senso sostanzialmente conforme cfr. Cass. 28 dicembre 2007 n. 27169.<br />

NOTE GIURISPRUDENZIALI<br />

Resp. civ. e prev. 2012, 03, 0995<br />

(1-2) La fattispecie concerne una causa di opposizione a decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Catanzaro con cui era stato<br />

ingiunto alla Regione Calabria di pagare alla ricorrente (società convenzionata con il servizio sanitario regionale per prestazioni<br />

assistenziali) una somma a titolo di corrispettivo per le prestazioni erogate in regime di convenzionamento.<br />

Alla stregua del principio in massima è stata ritenuta sussistente la giurisdizione dell'A.G.O. con riguardo all'eccezione sollevata<br />

dalla Regione con cui ha fatto valere la nullità e comunque l'invalidità dei contratti di affidamento di servizi sanitari per i quali la<br />

società aveva chiesto ed ottenuto il decreto ingiuntivo per totale carenza della procedura di evidenza pubblica preordinata alla scelta<br />

del contraente; in tale ipotesi, quindi, secondo la Suprema Corte, trattandosi di accertamento volto ad impedire l'esecuzione del<br />

decreto ingiuntivo e perciò ad escludere il diritto soggettivo della controparte al pagamento del corrispettivo, la giurisdizione spettava<br />

al giudice ordinario.<br />

Sul principio di cui alla prima massima, pacificamente: Cons. Stato, Sez. VI, nn. 4956/2007 e 7215/2006.<br />

Con riguardo alla seconda massima, si tratta di una specificazione del precedente principio: la dedotta carenza di una procedura di<br />

evidenza pubblica non costituisce l'oggetto della cognizione in via principale del giudice ordinario ma è oggetto di cognizione<br />

incidentale relativa alla concreta fattispecie dedotta.<br />

Appare utile sottolineare come i servizi socio-sanitari rientrano nel campo di applicazione della Direttiva comunitaria 31 marzo 2004,<br />

2004/18/CE (Allegato II B, categoria 25) che il d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (allegato II B, categoria 25) elencano i «servizi sanitari e<br />

sociali». Devono quindi essere aggiudicati mediante appalto e non tramite concessione.<br />

L'art. 21 della Direttiva 2004/18/CE prevede, inoltre, che «L'aggiudicazione degli appalti aventi per oggetto i servizi elencati<br />

nell'allegato II B è disciplinata esclusivamente dall'articolo 23 e dall'articolo 35, paragrafo 4», disposizione ripresa dall'art. 20,<br />

comma 1, d.lgs. n. 163/2006.<br />

Conferma di quanto appena esposto si trae dal «Libro verde» in materia di appalti pubblici della Commissione Europea COM(2011)<br />

15 definitivo (v, in particolare, par. 4.4 «I servizi sociali sono elencati nell'allegato II B della Direttiva 2004/18/CE»). Quindi, gli<br />

appalti per i servizi sociali di valore superiore alle soglie per l'applicazione delle direttive sugli appalti pubblici sono soggetti soltanto<br />

ad alcune norme specifiche delle direttive (quelle concernenti le specifiche tecniche e la pubblicazione dei risultati della procedura di<br />

appalto, i c.d. obblighi di «post-ifnormazione») e ai principi fondamentali del diritto UE, come la non discriminazione e la<br />

trasparenza. Come si è detto in precedenza, gli appalti di valore inferiore alle soglie sono soggetti soltanto ai principi fondamentali<br />

del diritto UE, come la non discriminazione e la trasparenza, se presentano un interesse transfrontaliero.<br />

Infine, l'Autorità di Vigilanza per i Contratti Pubblici, con la Delibera n. 34/2011, ha ulteriormente ribadito — proprio in relazione ai<br />

443


servizi socio sanitari — che «In merito ai servizi di cui all'allegato II B, questa Autorità si è già più volte pronunciata evidenziando<br />

che essi restano soggetti, oltre che all'art. 20, anche all'art. 27 del d.lgs. n. 163/2006 in base al quale l'affidamento di contratti<br />

pubblici sottratti in tutto o in parte all'applicazione del codice deve avvenire nel rispetto di principi di evidenza pubblica e di buon<br />

andamento della Pubblica Amministrazione (da ultimo, deliberazioni n. 102 del 5 novembre 2009, n. 15 del 26 febbraio 2009)».<br />

Resp. civ. e prev. 2012, 03, 0995<br />

(1-2) La fattispecie concerne una causa di opposizione a decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Catanzaro con cui<br />

era stato ingiunto alla Regione Calabria di pagare alla ricorrente (società convenzionata con il servizio sanitario<br />

regionale per prestazioni assistenziali) una somma a titolo di corrispettivo per le prestazioni erogate in regime di<br />

convenzionamento.<br />

Alla stregua del principio in massima è stata ritenuta sussistente la giurisdizione dell'A.G.O. con riguardo all'eccezione<br />

sollevata dalla Regione con cui ha fatto valere la nullità e comunque l'invalidità dei contratti di affidamento di servizi<br />

sanitari per i quali la società aveva chiesto ed ottenuto il decreto ingiuntivo per totale carenza della procedura di<br />

evidenza pubblica preordinata alla scelta del contraente; in tale ipotesi, quindi, secondo la Suprema Corte, trattandosi di<br />

accertamento volto ad impedire l'esecuzione del decreto ingiuntivo e perciò ad escludere il diritto soggettivo della<br />

controparte al pagamento del corrispettivo, la giurisdizione spettava al giudice ordinario.<br />

Sul principio di cui alla prima massima, pacificamente: Cons. Stato, Sez. VI, nn. 4956/2007 e 7215/2006.<br />

Con riguardo alla seconda massima, si tratta di una specificazione del precedente principio: la dedotta carenza di una<br />

procedura di evidenza pubblica non costituisce l'oggetto della cognizione in via principale del giudice ordinario ma è<br />

oggetto di cognizione incidentale relativa alla concreta fattispecie dedotta.<br />

Appare utile sottolineare come i servizi socio-sanitari rientrano nel campo di applicazione della Direttiva comunitaria<br />

31 marzo 2004, 2004/18/CE (Allegato II B, categoria 25) che il d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (allegato II B, categoria 25)<br />

elencano i «servizi sanitari e sociali». Devono quindi essere aggiudicati mediante appalto e non tramite concessione.<br />

L'art. 21 della Direttiva 2004/18/CE prevede, inoltre, che «L'aggiudicazione degli appalti aventi per oggetto i servizi<br />

elencati nell'allegato II B è disciplinata esclusivamente dall'articolo 23 e dall'articolo 35, paragrafo 4», disposizione<br />

ripresa dall'art. 20, comma 1, d.lgs. n. 163/2006.<br />

Conferma di quanto appena esposto si trae dal «Libro verde» in materia di appalti pubblici della Commissione Europea<br />

COM(2011) 15 definitivo (v, in particolare, par. 4.4 «I servizi sociali sono elencati nell'allegato II B della Direttiva<br />

2004/18/CE»). Quindi, gli appalti per i servizi sociali di valore superiore alle soglie per l'applicazione delle direttive<br />

sugli appalti pubblici sono soggetti soltanto ad alcune norme specifiche delle direttive (quelle concernenti le specifiche<br />

tecniche e la pubblicazione dei risultati della procedura di appalto, i c.d. obblighi di «post-ifnormazione») e ai principi<br />

fondamentali del diritto UE, come la non discriminazione e la trasparenza. Come si è detto in precedenza, gli appalti di<br />

valore inferiore alle soglie sono soggetti soltanto ai principi fondamentali del diritto UE, come la non discriminazione e<br />

la trasparenza, se presentano un interesse transfrontaliero.<br />

Infine, l'Autorità di Vigilanza per i Contratti Pubblici, con la Delibera n. 34/2011, ha ulteriormente ribadito — proprio<br />

in relazione ai servizi socio sanitari — che «In merito ai servizi di cui all'allegato II B, questa Autorità si è già più volte<br />

pronunciata evidenziando che essi restano soggetti, oltre che all'art. 20, anche all'art. 27 del d.lgs. n. 163/2006 in base<br />

al quale l'affidamento di contratti pubblici sottratti in tutto o in parte all'applicazione del codice deve avvenire nel<br />

rispetto di principi di evidenza pubblica e di buon andamento della Pubblica Amministrazione (da ultimo, deliberazioni<br />

n. 102 del 5 novembre 2009, n. 15 del 26 febbraio 2009)».<br />

Cassazione civile sez. un., 05 aprile 2012, n. 5446<br />

444


445


Autorità: Cassazione civile sez. un.<br />

Data: 08 agosto 2012<br />

Numero: n. 14260<br />

Parti: Osp. SS. Antonio Biagio C. Soc. D.A.S.<br />

Fonti: Giust. civ. Mass. 2012, 7-8, 1030, Foro amm. CDS 2012, 11, 2772<br />

CLASSIFICAZIONE<br />

GIURISDIZIONE CIVILE - Giurisdizione ordinaria e amministrativa: contratti della P.A. - in genere<br />

TESTO<br />

Giurisdizione civile - Giurisdizione ordinaria e amministrativa - Controversie relative all'aggiudicazione degli<br />

appalti pubblici - Annullamento in autotutela dell'affidamento diretto della fornitura - Domande di caducazione<br />

del contratto, di ripetizione di indebito e di arricchimento senza causa - Giurisdizione amministrativa ai sensi<br />

dall'art. 244 del d.lg. n. 163 del 2006 - Sussistenza - Fondamento<br />

In tema di controversie relative a procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, va affermata la giurisdizione<br />

esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 244 d.lg. 12 aprile 2006 n. 163, in ordine alle domande di<br />

dichiarazione di inefficacia o di nullità del contratto di fornitura alla p.a., nonché di ripetizione di indebito e di<br />

arricchimento senza causa, conseguenti all'annullamento in autotutela, confermato in sede giurisdizionale, delle<br />

deliberazioni di affidamento diretto, senza indizione di gara, attuato in violazione delle norme comunitarie e nazionali,<br />

imponendo tanto il medesimo diritto comunitario quanto il vigente sistema interno la trattazione unitaria delle domande<br />

di affidamento dell'appalto e di caducazione del contratto concluso per effetto dell'illegittima aggiudicazione, come<br />

anche delle domande restitutorie direttamente connesse alla declaratoria di inefficacia o di nullità del contratto stesso.<br />

CONFORMI E DIFFORMI<br />

(1) Non si rinvengono precedenti in termini.<br />

Cassazione civile sez. un., 08 agosto 2012, n. 14260<br />

Autorità: Cassazione civile sez. un.<br />

Data: 08 agosto 2012<br />

Numero: n. 14260<br />

CLASSIFICAZIONE<br />

GIURISDIZIONE CIVILE - Giurisdizione ordinaria e amministrativa: contratti della P.A. - in genere<br />

Giurisdizione civile - Giurisdizione ordinaria e amministrativa - Controversie relative all'aggiudicazione degli<br />

appalti pubblici - Annullamento in autotutela dell'affidamento diretto della fornitura - Domande di caducazione<br />

del contratto, di ripetizione di indebito e di arricchimento senza causa - Giurisdizione amministrativa ai sensi<br />

dall'art. 244 del d.lg. n. 163 del 2006 - Sussistenza - Fondamento<br />

INTESTAZIONE<br />

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE<br />

SEZIONI UNITE CIVILI<br />

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:<br />

Dott. PREDEN Roberto - Primo Presidente f.f. -<br />

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Presidente Sez. -<br />

Dott. PICCIALLI Luigi - Consigliere -<br />

Dott. RORDORF Renato - Consigliere -<br />

Dott. CECCHERINI Aldo - Consigliere -<br />

Dott. AMATUCCI Alfonso - Consigliere -<br />

Dott. PICCININNI Carlo - Consigliere -<br />

Dott. MACIOCE Luigi - Consigliere -<br />

Dott. VIVALDI Roberta - rel. Consigliere -<br />

ha pronunciato la seguente:<br />

ordinanza<br />

sul ricorso 28837-2011 proposto da:<br />

AZIENDA OSPEDALIERA NAZIONALE S.S. ANTONIO E BIAGIO E CESARE ARRIGO,<br />

in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE<br />

RAFFAELLO SANZIO 1, presso lo studio dell'avvocato ROMANO ALBERTO, rappresentata e difesa dall'avvocato<br />

CAVALLO PERIN ROBERTO, per delega a margine del ricorso;<br />

- ricorrente -<br />

D.A.S. S.R.L. - DISTRIBUTORI ARTICOLI SANITARI, in persona del legale rappresentante pro-tempore,<br />

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SAN BASILIO 72, presso lo studio dell'avvocato PINGUE FILIPPO, che la<br />

rappresenta e difende, per delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;<br />

- controricorrente e ricorrente incidentale -<br />

446


per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 869/2011 del TRIBUNALE<br />

AMMINISTRATIVO REGIONALE di TORINO; udito l'avvocato Filippo PINGUE;<br />

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/06/2012 dal Consigliere Dott. ROBERTA<br />

VIVALDI;<br />

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale dott. Libertino Alberto RUSSO, il quale chiede che le<br />

Sezioni unite della Corte di cassazione dichiarino la giurisdizione del giudice<br />

amministrativo.<br />

FATTO<br />

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO<br />

L'Azienda Ospedaliera Nazionale S.S. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo annullò in autotutela le sue precedenti<br />

deliberazioni, con le quali era stata affidata, senza gara, alla società DAS srl, la fornitura del sistema robotico "Da<br />

Vinci" a servizio di specialità chirurgiche diverse della stessa Azienda Ospedaliera.<br />

Il giudice amministrativo, adito dalla DAS srl, rigettò, con sentenza confermata dal Consiglio di Stato e passata in<br />

giudicato, il ricorso proposto avverso il provvedimento di autoannullamento dell'amministrazione sanitaria, ritenendolo<br />

legittimo, perchè l'originario contratto era stato concluso senza la previa gara.<br />

Accertò, anche, la sussistenza di un interesse pubblico all'annullamento per l'imprevista sottoutilizzazione<br />

dell'apparecchiatura sanitaria.<br />

L'Azienda Ospedaliera, poi, propose, davanti al TAR Piemonte, il giudizio che ha dato luogo al presente regolamento di<br />

giurisdizione, chiedendo che fosse dichiarata la inefficacia o la nullità del contratto concluso con la DAS srl; che la<br />

stessa società fosse condannata alla restituzione, a titolo di ripetizione di indebito, della somma di Euro 1.321.992, 46;<br />

in via subordinata, che fosse accertato e dichiarato quanto dovuto dall'Azienda Ospedaliera alla DAS srl a titolo di<br />

arricchimento senza causa, con la restituzione della somma eccedente.<br />

La società, costituitasi, eccepì il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.<br />

L'Azienda Ospedaliera ha proposto regolamento di giurisdizione affidato a due motivi.<br />

Resiste, con controricorso, la Distributori Articoli Sanitari - D.A.S. srl, che ha anche proposto ricorso incidentale<br />

affidato ad un motivo illustrato da memoria.<br />

DIRITTO<br />

MOTIVI DELLA DECISIONE<br />

Ricorso principale.<br />

Con il primo motivo la ricorrente denuncia giurisdizione del g.a.<br />

sulla domanda di dichiarazione d'inefficacia o nullità del contratto.<br />

Con il secondo motivo si denuncia giurisdizione esclusiva del g.a.<br />

sulle domande di ripetizione dell'indebito, o arricchimento senza causa, conseguenti alla dichiarazione d'inefficacia o<br />

nullità del contratto.<br />

I due motivi sono trattati congiuntamente, essendo intimamente connessi per le ragioni che seguono.<br />

Le Sezioni Unite di questa Corte si sono ormai più volte pronunciate - in materia di giurisdizione - nelle controversie<br />

relative a procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, sugli effetti della direttiva 11 dicembre 2007, n.<br />

2007/66/CE - recante modifica delle direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE (S.U. ord. 10.2.2010, n. 2906;<br />

S.U. ord. 5.3.2010, n. 5291; v. anche S.U. 24.6.2011, n. 13910).<br />

Con tali pronunce, le Sezioni Unite della Corte di cassazione - dando rilievo alle modifiche al sistema derivate dalle<br />

direttive anzidette - hanno superato il principio che negava la giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda di<br />

invalidità o inefficacia del contratto stipulato all'esito di gara annullata perchè illegittima, in base all'argomento che non<br />

può incidere la riconosciuta connessione tra più domande oggetto di distinte giurisdizioni, per spostare questa da uno ad<br />

altro giudice.<br />

Infatti, sulla base della Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2007 n. 66, relativa al<br />

miglioramento dell'efficacia delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici" - i cui<br />

principi dovevano essere trasposti nel nostro ordinamento interno entro il 20 dicembre 2009 - fin dalla data di entrata in<br />

vigore di essa, una interpretazione orientata costituzionalmente, e quindi comunitariamente (art. 117 Cost.), delle norme<br />

sulla giurisdizione - per le gare bandite dopo tale data - ha reso necessario l'esame congiunto della domanda di<br />

invalidità dell'aggiudicazione e di privazione degli effetti del contratto concluso, nonostante l'annullamento della gara,<br />

prima o dopo la decisione del giudice adito, in ragione dei principi che la norma comunitaria impone agli Stati membri<br />

di attuare, che corrispondono a quelli di concentrazione, effettività e ragionevole durata del giusto processo disegnato<br />

nella carta costituzionale.<br />

Per effetto di tale Direttiva, anche prima del termine indicato per la sua trasposizione nel diritto interno, la pubblica<br />

amministrazione era, infatti, onerata a dichiarare privo di effetti il contratto, se concluso con aggiudicatario diverso da<br />

quello dovuto, a meno che sussistessero condizioni che consentissero di non farlo.<br />

Lo stesso potere-dovere dell'amministrazione, poi, imponeva di attribuire al giudice amministrativo, nelle materie di<br />

giurisdizione esclusiva, la cognizione delle controversie relative anche ai contratti, essendo tale giudice l'organo<br />

indipendente dalla amministrazione (indicato dalla Direttiva), che ha, nell'ordinamento interno, il potere di pronunciare<br />

l'annullamento della aggiudicazione.<br />

447


Ora, si tratta di stabilire se gli stessi principii possano applicarsi anche nell'ipotesi in cui sia stata chiesta la declaratoria<br />

di inefficacia o di nullità del contratto di fornitura, quale effetto dell'annullamento in autotutela delle precedenti<br />

deliberazioni con le quali - nel caso in esame - era stata affidata, senza gara, all'odierna resistente la fornitura del<br />

sistema robotico "Da Vinci"; con le conseguenti domande di ripetizione di indebito e di arricchimento senza causa<br />

formulate dalla stessa azienda ospedaliera; e con le domande riconvenzionali di condanna al pagamento delle somme<br />

dovute - come precisato in atti - e di risarcimento dei danni.<br />

Come si è visto, le leggi di derivazione comunitaria - e successivamente le norme del codice sul processo<br />

amministrativo ( D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, art. 133, comma 1, lett. e), - hanno attratto alla materia "affidamento di<br />

pubblici lavori, servizi e forniture" - di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - sia le controversie<br />

risarcitorie, sia quelle di dichiarazione d'inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell'aggiudicazione.<br />

La norma del D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 121, comma 1, prevede, poi, sotto la rubrica Inefficacia del contratto nei casi<br />

di gravi violazioni che il giudice che annulla l'aggiudicazione definitiva dichiari l'inefficacia del contratto: a) se<br />

l'aggiudicazione definitiva è avvenuta senza previa pubblicazione del bando o avviso con cui si indice una gara nella<br />

Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea o nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, quando tale pubblicazione è<br />

prescritta dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163; b) se l'aggiudicazione definitiva è avvenuta con procedura<br />

negoziata senza bando o con affidamento in economia fuori dai casi consentiti e questo abbia determinato l'omissione<br />

della pubblicità del bando o avviso con cui si indice una gara nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea o nella<br />

Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, quando tale pubblicazione è prescritta dal D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163; c)<br />

se il contratto è stato stipulato senza rispettare il termine dilatorio stabilito dal D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 11,<br />

comma 10, qualora tale violazione abbia privato il ricorrente della possibilità di avvalersi di mezzi di ricorso prima<br />

della stipulazione del contratto e sempre che tale violazione, aggiungendosi a vizi propri dell'aggiudicazione definitiva,<br />

abbia influito sulle possibilità del ricorrente di ottenere l'affidamento; d) se il contratto è stato stipulato senza rispettare<br />

la sospensione obbligatoria del termine per la stipulazione derivante dalla proposizione del ricorso giurisdizionale<br />

avverso l'aggiudicazione definitiva, ai sensi del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 11, comma 10-ter, qualora tale<br />

violazione, aggiungendosi a vizi propri dell'aggiudicazione definitiva, abbia influito sulle possibilità del ricorrente di<br />

ottenere l'affidamento.<br />

Ora, il breve excursus sulle ipotesi nelle quali il giudice amministrativo ha il potere di dichiarare anche l'inefficacia del<br />

contratto, rende evidente che la ratio della norma intende preservare i principii di trasparenza, pubblicità e concorrenza<br />

cui deve ispirarsi l'attività della pubblica amministrazione in materia di appalti pubblici.<br />

Così, se è previsto che la giurisdizione del giudice amministrativo ricorra quando si tratti di dichiarare l'inefficacia del<br />

contratto a seguito dell'annullamento della aggiudicazione (art. 133, comma 1, lett. e), ad eguale conclusione deve<br />

giungersi anche nella situazione - di gran lunga più grave - in cui la inefficacia del contratto consegua all'annullamento<br />

di un affidamento diretto, senza alcuna previsione di gara, in violazione delle norme comunitarie e nazionali in materia<br />

di contratti pubblici.<br />

Nel caso in esame, va, in particolare, sottolineato che vi è una sentenza passata in giudicato del giudice amministrativo<br />

che ha confermato il provvedimento di annullamento emesso dalla pubblica amministrazione. Per effetto di tale<br />

pronuncia si consolida l'effetto dell'annullamento emesso in sede di autotutela.<br />

In questo contesto riconoscere la giurisdizione del giudice civile sul contratto, oltre a contraddire i principii comunitari<br />

indicati, comporterebbe il duplice, pernicioso effetto di moltiplicare i procedimenti e di porre le condizioni per un<br />

possibile conflitto di pronunce.<br />

La conclusione cui deve necessariamente giungersi è, allora, che, se è vero che la norma testualmente non prevede il<br />

caso, in quanto limita il riconoscimento della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo alle ipotesi di<br />

inefficacia del contratto conseguente all'annullamento dell'aggiudicazione, è altrettanto vero che non ci si deve fermare<br />

al solo criterio ermeneutico testuale in quanto, in base all'art. 12 preleggi, questo deve essere integrato dal criterio della<br />

ratio legis.<br />

Ed è di tutta evidenza che si è in presenza di un'eadem ratio che - come si è detto - è quella di preservare i principii di<br />

trasparenza, pubblicità e concorrenza cui deve ispirarsi la pubblica amministrazione in materia di appalti pubblici.<br />

Invero, il senso della disposizione è quello di attribuire al giudice amministrativo la cognizione piena di tutte le<br />

controversie conseguenti all'annullamento di un'aggiudicazione - comunque intervenuta -; quindi, a maggior ragione,<br />

nell'ipotesi di affidamento diretto, posto in essere in violazione delle norme nazionali e comunitarie, per non essere stata<br />

disposta alcuna gara.<br />

D'altra parte, sarebbe una contraddizione logica del sistema ammettere la giurisdizione del giudice amministrativo nel<br />

caso in cui una gara sia, comunque, stata effettuata e negarla in quello, di gran lunga più grave, di affidamento diretto,<br />

posto in essere dalla pubblica amministrazione con abuso delle funzioni pubbliche.<br />

Nè alcun rilievo - proprio per le motivazioni che sorreggono il più recente indirizzo assunto dalle Sezioni Unite di<br />

questa Corte con l'indicata ordinanza 10.2.2010, n. 2906 - riveste la questione relativa alla collocazione temporale della<br />

vicenda in questione, se prima o dopo l'entrata in vigore della direttiva CE n. 66/2007.<br />

E ciò perchè si è affermato che, anche in riferimento alla pregressa normativa, non potesse negarsi la immanenza dei<br />

principii di concentrazione, effettività e ragionevole durata del processo, di indubbia valenza costituzionale, in<br />

relazione, quindi, alla necessità della trattazione congiunta della questione di invalidità della procedura di affidamento<br />

del servizio pubblico e di quella connessa alla privazione degli affetti del contratto concluso.<br />

Non senza evidenziare che il giudice non può sottrarsi all'obbligo generale della cd. interpretazione evolutiva e<br />

448


sistematica della legge, per osservare il quale egli non deve limitarsi a rievocarne il senso originario, ma al fine di<br />

evitare che la stessa legge si esaurisca nella sua primitiva formulazione, deve invece cercare di conciliare il contenuto<br />

originario della formula legislativa con la situazione esistente al momento in cui la norma deve essere applicata, così da<br />

evitare situazioni di contrasto o, comunque, di disarmonia dell'ordine giuridico.<br />

Questa regola ermeneutica è stata sistematicamente applicata dalla Suprema Corte (v. fra le altre S.U. 1.7. 2008, n.<br />

17927), ed è divenuta ineludibile a seguito della partecipazione dell'Italia alla comunità europea, soprattutto per<br />

l'obbligo di interpretazione conforme degli Stati aderenti al diritto comunitario.<br />

La Corte di Giustizia delle comunità europee in numerose recenti decisioni ha riaffermato quest'obbligo, quanto alle<br />

direttive della Comunità, in modo incondizionato "a prescindere dal fatto che si tratti di norme precedenti o successive<br />

alla direttiva"; con la conseguenza che il giudice nazionale è onerato, anche in tal caso, di un'esegesi da svolgersi quanto<br />

più possibile alla luce della lettera e dello scopo della direttiva "onde conseguire il risultato perseguito da quest'ultima"<br />

(in tal senso, tra le molte, le sentenze 5 ottobre 2004, C-397/01-403/01; 22 maggio 2003, C-462/99, nonchè 15 maggio<br />

2003, C- 160/01; 13 novembre 1990, C-106/89). In definitiva, il diritto comunitario incide nel sistema giurisdizionale<br />

interno anche retroattivamente, esigendo la trattazione unitaria delle domande di affidamento dell'appalto e di<br />

caducazione de contratto concluso per effetto dell'illegittima aggiudicazione; ciò che avviene, per le ragioni già dette,<br />

anche nell'ipotesi in cui la richiesta di caducazione degli effetti del contratto (concluso senza gara) consegua al<br />

provvedimento emesso in autotutela dalla pubblica amministrazione e confermato in sede giurisdizionale (sulla valenza<br />

ermeneutica delle Direttive, v. anche S.U. 16.3.2009, n. 6316).<br />

Conclusivamente, va affermata la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulla domanda di dichiarazione di<br />

inefficacia o nullità del contratto, ai sensi del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 244.<br />

Ad eguale conclusione deve pervenirsi anche in ordine alle domande di ripetizione di indebito o di arricchimento senza<br />

causa, proposte dall'attuale ricorrente nel giudizio di merito.<br />

Ai sensi del D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 133, comma 1, lett. e), n. 1 sono devolute alla giurisdizione esclusiva del<br />

giudice amministrativo le controversie relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da<br />

soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al<br />

rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, ivi incluse quelle risarcitorie<br />

e con estensione della giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento<br />

dell'aggiudicazione ed alle sanzioni alternative.<br />

Ora, l'affermazione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulla domanda di dichiarazione di<br />

inefficacia o nullità del contratto - per le ragioni già evidenziate - postula, inevitabilmente, che le domande conseguenti<br />

ad una tale declaratoria debbano essere conosciute dallo stesso giudice al quale è riconosciuta la giurisdizione sul<br />

contratto.<br />

Le domande di ripetizione di indebito o di arricchimento senza causa, infatti, si presentano come effetti restitutori<br />

conseguenti alla declaratoria di inefficacia (o nullità) de contratto di fornitura.<br />

E se le controversie di natura risarcitoria rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi del<br />

D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 133, comma 1, lett. e), n. 1, a maggior ragione, un tale riconoscimento meritano quelle<br />

restitutorie che, non solo sono connesse, ma sono strettamente conseguenti alla declaratoria d'inefficacia del contratto.<br />

D'altra parte, la soluzione del problema deriva da un evidente argomento logico (cd. argomento a fortiori): se la<br />

giurisdizione esclusiva si applica alle questioni legate da connessione indiretta ed eventuale alla declaratoria<br />

d'inefficacia del contratto, a maggior ragione deve applicarsi a quelle connesse direttamente, cioè conseguenti.<br />

Ed una tale conclusione s'impone anche sulla base dei principii di concentrazione dei processi e di effettività della<br />

tutela.<br />

RICORSO INCIDENTALE. Con il ricorso incidentale la DAS srl in sostanza propone, a sua volta, le medesime<br />

questioni relative alla giurisdizione avanzate dalla ricorrente principale, affermando, però, che il loro esame spetti al<br />

giudice ordinario.<br />

Le conclusioni cui si è pervenuti in ordine all'affermazione della giurisdizione del giudice amministrativo tolgono<br />

pregio alle considerazioni in questa sede avanzate dalla ricorrente incidentale, e già risolte.<br />

In particolare, deve dissentirsi dall'affermazione per cui la giurisdizione del giudice amministrativo possa riconoscersi<br />

soltanto in ipotesi di proposizione congiunta della domanda di invalidità della aggiudicazione e di privazione degli<br />

effetti del contratto concluso, con il richiamo al precedente di queste Sezioni Unite n. 14805 del 2009.<br />

In quel caso, infatti, la decisione riguardava la materia della retrocessione totale o parziale di beni espropriati in materia<br />

urbanistico - edilizia ed espropriativa, diversa da quella degli appalti pubblici oggetto del presente giudizio, sulla quale<br />

ha inciso, anche retroattivamente il diritto comunitario (v. anche S.U. ord. 10.2.2010, n. 2906; S.U. ord. 5.3.2010, n.<br />

5291); come si è già detto.<br />

Conclusivamente, è dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo.<br />

Le peculiarità delle questioni trattate giustificano la compensazione delle spese fra le parti.<br />

P.Q.M.<br />

La Corte, pronunciando sui ricorsi, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo. Compensa spese.<br />

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 19 giugno 2012.<br />

Depositato in Cancelleria il 8 agosto 2012<br />

449


CONFORMI E DIFFORMI<br />

(1) Non si rinvengono precedenti in termini.<br />

Cassazione civile sez. un., 08 agosto 2012, n. 14260<br />

450


451


Autorità: Cassazione civile sez. un.<br />

Data: 29 maggio 2012<br />

Numero: n. 8515<br />

Parti: Banca naz. lav. C. Com. Terni.<br />

Fonti: Foro amm. CDS 2012, 5, 1060 (s.m.)<br />

CLASSIFICAZIONE<br />

GIURISDIZIONE CIVILE - Giurisdizione ordinaria e amministrativa - in genere<br />

TESTO<br />

Giurisdizione civile - Giurisdizione ordinaria e amministrativa - Contratti di finanza derivata - Validità -<br />

Controversia insorta tra un Comune ed una banca - Giurisdizione ordinaria - Devoluzione - Condizioni -<br />

Fondamento.<br />

Appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario la cognizione della controversia insorta tra un Comune e una banca<br />

in relazione alla contestazione da parte dell'ente territoriale della validità di contratti di finanza derivata, stipulati senza<br />

alcuna procedura di gara, essendo il rapporto dedotto di natura prettamente privatistica.<br />

Cassazione civile sez. un., 29 maggio 2012, n. 8515<br />

Autorità: Cassazione civile sez. un.<br />

Data: 29 maggio 2012<br />

Numero: n. 8515<br />

CLASSIFICAZIONE<br />

GIURISDIZIONE CIVILE - Giurisdizione ordinaria e amministrativa - autorità giudiziaria ordinaria<br />

Giurisdizione civile - Giurisdizione ordinaria e amministrativa - Contratti di finanza derivata - Validità -<br />

Controversia insorta tra un Comune ed una banca - Giurisdizione ordinaria - Devoluzione - Condizioni -<br />

Fondamento<br />

INTESTAZIONE<br />

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE<br />

SEZIONI UNITE CIVILI<br />

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:<br />

Dott. VITTORIA Paolo - Primo Presidente f.f. -<br />

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Presidente Sezione -<br />

Dott. CECCHERINI Aldo - Consigliere -<br />

Dott. MACIOCE Luigi - Consigliere -<br />

Dott. BUCCIANTE Ettore - rel. Consigliere -<br />

Dott. TOFFOLI Saverio - Consigliere -<br />

Dott. VIVALDI Roberta - Consigliere -<br />

Dott. PETITTI Stefano - Consigliere -<br />

Dott. TIRELLI Francesco - Consigliere -<br />

ha pronunciato la seguente:<br />

ordinanza<br />

sul ricorso 23007-2011 proposto da:<br />

BANCA NAZIONALE DEL LAVORO S.P.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente<br />

domiciliata in ROMA, VIA PRINCIPESSA CLOTILDE 2, presso lo studio dell'avvocato CLARIZIA<br />

ANGELO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati GRAZIADEI GIANFRANCO, TROTTA<br />

FRANCESCO, per delega a margine del ricorso;<br />

- ricorrente -<br />

contro<br />

COMUNE DI TERNI;<br />

- intimato -<br />

per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 287/2011 del TRIBUNALE AMMINISTRATIVO<br />

REGIONALE di PERUGIA;<br />

udito l'avvocato Angelo CLARIZIA;<br />

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/03/2012 dal Consigliere Dott. ETTORE<br />

BUCCIANTE;<br />

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale dott. Carlo DESTRO, il quale chiede che le<br />

Sezioni unite della Corte vogliano dichiarare inammissibile il proposto regolamento preventivo di giurisdizione.<br />

La Corte:<br />

FATTO<br />

452


RITENUTO<br />

che:<br />

la s.p.a. Banca Nazionale del Lavoro ha impugnato davanti al Tribunale amministrativo regionale per l'Umbria la nota<br />

in data 1 giugno 2011, con cui il Vice Sindaco e il Dirigente del Comune di Terni le avevano comunicato che i contratti<br />

di finanza derivata stipulati dall'ente con l'istituto di credito dovevano intendersi affetti da nullità, come anche,<br />

consequenzialmente, tutte le delibere e le determine che ne fossero state effetto, data l'esistenza di costi occulti e la<br />

carenza della qualificazione dell'operatore;<br />

a sostegno della domanda di annullamento dell'atto la ricorrente ha dedotto la violazione della L. 7 agosto 1990, n. 241,<br />

artt. 7, 21- septies e 21-novies e dell'art. 31 del regolamento Consob n. 11522/98, sostenendo essersi trattato di un<br />

illegittimo e abnorme provvedimento di autotutela, avente per oggetto la pretesa - e insussistente - nullità di negozi di<br />

diritto privato;<br />

la stessa s.p.a. Banca Nazionale del Lavoro, con istanza di regolamento preventivo, ha chiesto a questa Corte di<br />

dichiarare la giurisdizione del giudice ordinario, segnalando che il proprio interesse è di accertare la validità ed efficacia<br />

dei contratti in questione, i quali erano stati stipulati senza alcuna procedura di gara;<br />

il Comune di Terni non ha svolto attività difensive in questa sede;<br />

il pubblico ministero ha presentato le sue requisitorie scritte, contestando l'ammissibilità de ricorso, in quanto<br />

sull'aspetto sostanziale della vicenda non era insorta controversia in sede giudiziaria, nè alcuna questione circa la<br />

giurisdizione era stata posta nel giudizio a quo;<br />

la s.p.a. Banca Nazionale del Lavoro ha presentato una memoria;<br />

le eccezioni di inammissibilità sollevate dal pubblico ministero vanno entrambe disattese;<br />

in ordine alla prima - che è basata sul rilievo dell'assenza di una effettiva res litigiosa portata alla cognizione del giudice<br />

- si deve obiettare che invece una controversia in sede giudiziaria è in atto tra le parti, per iniziativa della s.p.a. Banca<br />

Nazionale de lavoro, nè può formare oggetto di verifica in questa sede, poichè non attiene alla giurisdizione ma al<br />

merito, la sussistenza di un reale e concreto interesse ad agire della stessa s.p.a. Banca Nazionale del lavoro;<br />

quanto all'altra eccezione, è sufficiente osservare che il regolamento preventivo può essere richiesto anche dalla parte<br />

attrice, ove abbia ragionevole motivo di dubitare della sussistenza della giurisdizione dei giudice da essa stessa adito,<br />

indipendentemente dalla formulazione di contestazioni sul punto ad opera dell'altra parte (v., tra le altre, Cass. s.u. 12<br />

luglio 2011 n. 15237);<br />

l'individuazione del plesso giurisdizionale cui compete la cognizione di una controversia deve essere compiuta alla<br />

stregua del criterio della consistenza effettiva delle situazioni giuridiche delle parti, prescindendo dalle prospettazioni e<br />

dalle richieste, eventualmente improprie, rivolte al giudice (v., per tutte, Cass. 11 ottobre 2011 n. 20902);<br />

il rapporto dedotto in giudizio nella specie è di natura prettamente civilistica, derivando dalla conclusione di contratti -<br />

della cui validità nella sostanza si controverte, in seguito alle contestazioni sollevate in via stragiudiziale dal Comune di<br />

Terni - eminentemente di diritto privato, che hanno posto le parti in posizione del tutto paritaria, nonostante la qualità di<br />

ente pubblico di una di loro, facendo sorgere per entrambe tipiche posizioni di diritto soggettivo;<br />

deve pertanto essere dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario, davanti a quale vanno rimesse le parti;<br />

le spese dei giudizi davanti a Tribunale amministrativo regionale e davanti a questa Corte vengono compensate per<br />

giusti motivi, stante l'errore nel quale la stessa s.p.a. Banca Nazionale del Lavoro, la cui richiesta viene ora accolta, era<br />

incorsa nell'adire il giudice amministrativo.<br />

P.Q.M.<br />

Dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, davanti al quale rimette le parti; compensa le spese dei giudizi davanti al<br />

Tribunale amministrativo regionale e davanti a questa Corte.<br />

Così deciso in Roma, il 13 marzo 2012.<br />

Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2012<br />

CONFORMI E DIFFORMI<br />

(1) Non si rinvengono precedenti in termini.<br />

453


Autorità: Cassazione civile sez. un.<br />

Data: 30 dicembre 2011<br />

Numero: n. 30167<br />

Parti: Soc. Golfo Aranci C. Soc. Golfo degli Aranci e altro<br />

Fonti: Giust. civ. Mass. 2011, 12, 1910, Foro amm. CDS 2012, 3, 539<br />

CLASSIFICAZIONE<br />

GIURISDIZIONE CIVILE - Giurisdizione ordinaria e amministrativa - in genere Vedi tutto<br />

GIURISDIZIONE CIVILE - Giurisdizione ordinaria e amministrativa: determinazione e criteri - in genere<br />

TESTO<br />

Giurisdizione civile - Giurisdizione ordinaria e amministrativa - P.A. - Costituzione o partecipazione a società -<br />

Attività unilaterale prodromica alla vicenda societaria - Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo -<br />

Fondamento - Atti societari a valle della scelta di utilizzo del modello societario - Patologie del contratto sociale<br />

seppur derivanti da illegittimità della fase procedimentale a monte - Giurisdizione del giudice ordinario -<br />

Fondamento<br />

In tema di riparto di giurisdizione, spettano alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie<br />

aventi ad oggetto l'attività unilaterale prodromica alla vicenda societaria, considerata dal legislatore di natura<br />

pubblicistica, con cui un ente pubblico delibera di costituire una società (provvedendo anche alla scelta del socio) o di<br />

parteciparvi o di procedere ad un atto modificativo o estintivo della società medesima o di interferire, nei casi previsti<br />

dalla legge, nella vita della stessa. Sono invece attribuite alla giurisdizione ordinaria le controversie aventi ad oggetto<br />

gli atti societari a valle della scelta di fondo di utilizzo del modello societario, le quali restano interamente soggette alle<br />

regole del diritto commerciale proprie del modello recepito, dal contratto di costituzione della società, alla successiva<br />

attività della compagine societaria partecipata con cui l'ente esercita, dal punto di vista soggettivo e oggettivo, le facoltà<br />

proprie del socio (azionista), fino al suo scioglimento. Nell'ambito di quest'ultima categoria rientrano le controversie<br />

volte ad accertare l'intero spettro delle patologie e inefficacie negoziali, siano esse inerenti alla struttura del contratto<br />

sociale, siano estranee e/o alla stessa sopravvenute e derivanti da irregolarità-illegittimità della procedura<br />

amministrativa a monte, perciò comprendenti le fattispecie sia di radicale mancanza del procedimento di evidenza<br />

pubblica (o di vizi che ne affliggono singoli atti), sia di successiva mancanza legale provocata dall'annullamento del<br />

provvedimento di aggiudicazione, ivi compresi i profili di illegittimità degli atti consequenziali compiuti dalla società<br />

già istituita, i quali costituiscono espressione non di potestà amministrativa, bensì del \.sistema delle invaliditàinefficacia<br />

del contratto sociale che postula una verifica, da parte del giudice ordinario, di conformità alla normativa<br />

positiva delle regole in base alle quali l'atto negoziale è sorto ovvero è destinato a produrre i suoi effetti tipici.<br />

CONFORMI E DIFFORMI<br />

(1) Non si rinvengono precedenti in termini. Nel senso che rientra nella giurisdizione del giudice ordinario il<br />

provvedimento del comune inizio azionista di società per azioni di revoca degli amministratori cfr. Cass. 15 aprile 2005<br />

n. 7799.<br />

Cassazione civile sez. un., 30 dicembre 2011, n. 30167<br />

Autorità: Cassazione civile sez. un.<br />

Data: 30 dicembre 2011<br />

Numero: n. 30167<br />

CLASSIFICAZIONE<br />

GIURISDIZIONE CIVILE - Giurisdizione ordinaria e amministrativa - in genere Vedi tutto<br />

GIURISDIZIONE CIVILE - Giurisdizione ordinaria e amministrativa: determinazione e criteri - in genere<br />

Giurisdizione civile - Giurisdizione ordinaria e amministrativa - P.A. - Costituzione o partecipazione a società -<br />

Attività unilaterale prodromica alla vicenda societaria - Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo -<br />

Fondamento - Atti societari a valle della scelta di utilizzo del modello societario - Patologie del contratto sociale<br />

seppur derivanti da illegittimità della fase procedimentale a monte - Giurisdizione del giudice ordinario -<br />

Fondamento<br />

INTESTAZIONE<br />

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE<br />

SEZIONI UNITE CIVILI<br />

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:<br />

Dott. VITTORIA Paolo - Primo presidente f.f. -<br />

Dott. FIORETTI Francesco Maria - Presidente di sez. -<br />

Dott. GOLDONI Umberto - Consigliere -<br />

Dott. SALME' Giuseppe - Consigliere -<br />

Dott. SALVAGO Salvatore - rel. Consigliere -<br />

454


Dott. BUCCIANTE Ettore - Consigliere -<br />

Dott. SPIRITO Angelo - Consigliere -<br />

Dott. PETITTI Stefano - Consigliere -<br />

Dott. TIRELLI Francesco - Consigliere -<br />

ha pronunciato la seguente:<br />

sentenza<br />

sul ricorso proposto da:<br />

GOLFO ARANCI S.P.A - SOCIETA' DI TRASFORMAZIONE URBANA, in persona del legale rappresentante pro<br />

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NICOLO' PORPORA 16, presso lo studio degli avvocati PROTO<br />

MASSIMO, MOLE' MARCELLO, che la rappresentano e difendono, per delega a margine del ricorso;<br />

- ricorrente -<br />

contro<br />

GOLFO DEGLI ARANCI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in<br />

ROMA, VIALE PARIOLI 180, presso lo studio dell'avvocato SANINO MARIO, che la rappresenta e difende<br />

unitamente agli avvocati PUNZI CARMINE, CERASI FRANCESCO, per delega in calce al controricorso;<br />

- controricorrente -<br />

e contro<br />

PIRELLI & C. REAL ESTATE S.P.A., REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA,<br />

C.F., COMUNE DI GOLFO DEGLI ARANCI, S.M.;<br />

- intimati -<br />

sul ricorso 22075-2010 proposto da:<br />

PIRELLI & C. REAL ESTATE S.P.A., in persona del legale<br />

rappresentante<br />

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI RIPETTA 142, presso lo studio dell'avvocato<br />

FERRARI GIUSEPPE FRANCO, che la rappresenta e difende, per delega a margine del ricorso;<br />

- ricorrente -<br />

contro<br />

GOLFO DEGLI ARANCI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in<br />

ROMA, VIALE PARIOLI 180, presso lo studio dell'avvocato SANINO MARIO, che la rappresenta e difende<br />

unitamente agli avvocati PUNZI CARMINE, CERASI FRANCESCO, per delega in calce al controricorso;<br />

- controricorrente -<br />

e contro<br />

S.M., C.F., REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA, GOLFO DEGLI ARANCI S.P.A. -<br />

SOCIETA' DI TRASFORMAZIONE URBANA, COMUNE DI GOLFO ARANCI;<br />

- intimati -<br />

avverso la decisione n. 3489/2010 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 03/06/2010;<br />

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/06/2011 dal Consigliere Dott. SALVATORE<br />

SALVAGO;<br />

uditi gli avvocati Giuseppe Franco FERRARI, Marcello MOLE', Francesco CERASI, Mario SANINO, Antonio<br />

D'ALESSIO per delega dell'avvocato Carmine Punti;<br />

udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso<br />

in via principale per il rigetto, in subordine accoglimento parziale.<br />

FATTO<br />

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO<br />

Il TAR Sardegna con sentenza 972/2009, su ricorso della s.r.l. Il Golfo degli Aranci, annullava la delibera 7 settembre<br />

2005 n. 34 del comune di Golfo Aranci, che aveva scelto a trattativa privata ai sensi del D.Lgs. n. 157 del 2005, art. 7<br />

un socio privato onde costituire una società di trasformazione urbana (STU) ai sensi della L. n. 127 del 1997, artt. 17 e<br />

59 e D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 120 individuato nel raggruppamento costituito da Pirelli Re &amp; c. Real Estate<br />

s.p.a.; e con questo aveva costituito con atto notarile del 18 novembre 2005 la STU Golfo Aranci s.p.a. Annullava<br />

altresì detto contratto e tutti gli atti successivi compiuti dalla società illegittimamente composta. L'impugnazione del<br />

raggruppamento Pirelli è stata respinta dal Consiglio di Stato con sentenza 3 giugno 2010 n. 3489 che, in ordine a<br />

quest'ultimo punto ha osservato: a) la direttiva CE 11 dicembre 2007 n. 66, pur riguardando la materia degli appalti<br />

pubblici, ha previsto la privazione degli effetti del contratto (non più automatica) da parte di un unico organo<br />

giurisdizionale, che è quello amministrativo,competente per la fase dell'affidamento; per cui la stessa regola è<br />

estensibile anche alle procedure di scelta del socio privato di STU accomunate dal D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 244 alle<br />

procedure di affidamento di lavori servizi e forniture nell'obbligo di osservanza della normativa comunitaria ovvero del<br />

rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale; b) anche le Sezioni Unite con<br />

la decisione 2906/2010 hanno devoluto al giudice amministrativo la giurisdizione sulla connessa domanda di privazione<br />

degli effetti del contratto concluso in conseguenza dell'annullamento dell'aggiudicazione dell'appalto, per tutte le<br />

controversie in cui la procedura di affidamento sia intervenuta dopo il dicembre 2007, epoca di entrata in vigore della<br />

direttiva suddetta che gli Stati erano obbligati a recepire entro il termine del 20 dicembre 2009; c) la pendenza del<br />

455


giudizio a tale data rendeva irrilevante che la selezione del socio e la costituzione della STU fossero antecedenti alla<br />

direttiva,trovando applicazione l'art. 5 cod. proc. civ. che persegue lo scopo di conservare la giurisdizione del giudice<br />

correttamente adito (in base alla nuova normativa).<br />

Per la cassazione di questo capo della sentenza hanno proposto separati ricorsi il raggruppamento Pirelli, per un motivo,<br />

nonchè la STU Golfo Aranci, per 3 motivi; cui resiste la s.r.l. Il Golfo degli Aranci con controricorso. I ricorsi sono stati<br />

riuniti.<br />

DIRITTO<br />

MOTIVI DELLA DECISIONE<br />

2. Con il primo motivo la s.p.a. Golfo Aranci deducendo violazione degli art. 103 e 113 Cost., nonchè art. 1 Direttiva<br />

89/665/CEE, art. 14 preleggi censura la sentenza impugnata per avere dichiarato la giurisdizione esclusiva del giudice<br />

amministrativo anche per la caducazione degli atti costitutivi della STU Golfo Aranci fondandola sulla Direttiva della<br />

CE 11 dicembre 2007 n. 66 che invece si riferisce esclusivamente "agli appalti pubblici di lavori, di forniture e di<br />

servizi", nonchè a specifiche ipotesi agli stessi correlate perciò non estensibili alla procedura di scelta di soci privati di<br />

STU. Con il secondo, deducendo violazione anche del D.Lgs. 163 del 2006, n. 244 censura la decisione per aver<br />

invocato a sostegno della giurisdizione amministrativa l'ordinanza 2906/2010 delle Sezioni Unite resa sulla medesima<br />

direttiva che l'aveva recepita ritenendo altresì che anche prima della sua adozione nel diritto interno la p.a. fosse onerata<br />

a dichiarare inefficace il contratto concluso con aggiudicatario diverso da quello dovuto; senza considerare che non<br />

sussistono analoghe disposizioni in relazione alle vicende di una STU illegittimamente costituita peraltro estranee anche<br />

alla previsione dell'originario D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 244. Con il terzo motivo, addebita al Consiglio di Stato di non<br />

aver considerato che in ogni caso la Direttiva poteva riguardare gli atti successivi al 20 dicembre 2009, data in cui lo<br />

Stato italiano avrebbe dovuto conformarsi ad essa, e non una selezione indetta e conclusa nell'anno 2005: come si ricava<br />

proprio dalla ricordata decisione 2906/2010 delle Sezioni Unite che si era riferita a procedure successive al dicembre<br />

2007. Queste doglianze sono state ribadite nel ricorso della Pirelli &amp; Real Estate la quale deducendo altresì<br />

violazione degli artt. 2332 e 2484 cod. civ. ha rilevato:<br />

A) che la disciplina della nullità e/o inefficacia del contratto di appalto non è comunque estensibile alle società neppure<br />

con partecipazione pubblica, quali le STU in difetto di norme pubblicistiche che tale estensione prevedono;ed in<br />

presenza di una serie di disposizioni codicistiche che regolano espressamente tutte le patologie della società, ed i<br />

procedimenti consequenziali; la cui cognizione è devoluta dalla giurisprudenza non soltanto delle Sezioni Unite, ma<br />

anche degli stessi giudici amministrativi, alla giurisdizione ordinaria;<br />

B) che in ogni caso le vicende per cui è causa si erano svolte in epoca antecedente alla menzionata Direttiva 66/2007, ad<br />

esse inapplicabile, l'istituzione di una fattispecie di giurisdizione esclusiva estesa all'annullamento del contratto sociale<br />

non poteva che spettare al solo legislatore: perciò rendendo la sentenza impugnata viziata da eccesso di potere<br />

giurisdizionale.<br />

3. Il ricorso è fondato.<br />

Il Consiglio di Stato, discostandosi dalla propria precedente giurisprudenza, ha affermato nella presente controversia<br />

relativa alla scelta del socio da parte di soggetti comunque tenuti all'applicazione della normativa comunitaria, la<br />

giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo a pronunciare anche in merito alla domanda di caducazione degli atti<br />

consequenziali alla scelta suddetta - e cioè dell'atto costitutivo della STU e di quelli ulteriori dalla medesima<br />

(illegittimamente composta) posti in essere - sulla Direttiva 11 dicembre 2007 n. 2007/66/CE recante modifica delle<br />

direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE, come interpretata dalle note ordinanze 2906 e 5921/2010 delle Sezioni Unite; che in<br />

applicazione di principi corrispondenti a quello di concentrazione, effettività e ragionevole durata del giusto processo<br />

voluto dagli artt. 24 e 111 Cost. hanno attribuito, nelle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, rilievo alla<br />

connessione tra le domande di annullamento dell'aggiudicazione e di caducazione del contratto di appalto concluso a<br />

seguito di illegittima aggiudicazione, devolvendole entrambe alla giurisdizione esclusiva ai sensi del D.Lgs. n. 163 del<br />

2006, art. 244.<br />

Sennonchè, l'art. 1 della Direttiva ne indica specificamente l'ambito di applicabilità ed accessibilità limitandolo "agli<br />

appalti di cui alla direttiva 2004/18/CE del Parl.eur. e del Consiglio, del 31 marzo 2004 relativa al coordinamento delle<br />

procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori,di forniture e di servizi, a meno che tali appalti siano esclusi<br />

a norma degli artt. da 10 a 18 di tale direttiva"; e tutte le successive disposizioni hanno continuato a rivolgersi<br />

esclusivamente agli appalti suddetti senza mai menzionare le procedure di scelta del socio, nè assimilarle in qualche<br />

fattispecie applicativa, pur soltanto processuale alla categoria negoziale che si intendeva disciplinare: anzi ulteriormente<br />

circoscritta dall'art. 1, comma 2 "agli appalti pubblici, agli accordi quadro, alle concessioni di lavori pubblici ed ai<br />

sistemi dinamici di acquisizione".<br />

Per cui, sotto un profilo costituzionale, non è consentito estendere il contenuto di taluna delle norme poste dalla<br />

direttiva anche alle procedure di scelta di socio privato di STU al fine di reperire un principio sovranazionale che<br />

consenta di superare i criteri di riparto delle giurisdizioni stabiliti dagli artt. 103 e 113 Cost. per poi applicarlo alle<br />

procedure suddette desumendolo analogicamente dalla interpretazione di queste Sezioni Unite appena ricordata:<br />

quanto meno perchè laddove sorga l'esigenza di istituire una nuova fattispecie di giurisdizione esclusiva ovvero di<br />

inglobarvi situazioni soggettive assurte al rango di diritti, con l'effetto pratico di provocare lo spostamento della<br />

giurisdizione dal giudice ordinario a quello amministrativo, la Costituzione, come rilevato da ultimo dalla nota<br />

pronuncia 204/2004 della Corte Costituzionale, pone precisi limiti e condizioni e soprattutto individua nella legge<br />

456


l'unico strumento idoneo a realizzare entrambe dette finalità.<br />

In mancanza, non può essere il giudice, con interpretazione estensiva o analogica di disposizioni preesistenti a<br />

modificare l'ordine costituzionale delle competenze dei diversi ordini giurisdizionali; il cui riparto resta fondato<br />

secondo la giurisprudenza della Consulta (sent. 204/2004; 401/2007) sulla separazione imposta dal menzionato art. 103,<br />

comma 1, tra il piano del diritto pubblico (e del procedimento amministrativo) ed il piano negoziale, interamente retto<br />

dal diritto privato attraverso il necessario collegamento delle materie assoggettabili a giurisdizione esclusiva con la<br />

natura delle situazioni soggettive dalla loro qualificazione di particolari rispetto a quelle devolute alla giurisdizione<br />

generale di legittimità. Il quale introduce il limite invalicabile che le materie affidate alla giurisdizione suddetta devono<br />

necessariamente partecipare della medesima natura - segnata dall'agire della P.A. come autorità, nei confronti della<br />

quale è accordata tutela alle posizioni di diritto soggettivo del cittadino dinanzi al giudice amministrativo - di quelle<br />

devolute alla giurisdizione generale di legittimità: perciò inequivocabilmente separando il momento autoritativo da<br />

quello privatistico-contrattuale che neppure il legislatore ordinario potrebbe sottrarre al giudice ordinario (Così Corte<br />

Costit. 204/2004 cit.).<br />

4. D'altra parte nel caso concreto non ricorrono neppure le ragioni che hanno indotto la direttiva 2007/66 a disciplinare<br />

la sorte del contratto di appalto sopravvissuto alla caducazione dell'aggiudicazione della gara da parte di "un organo di<br />

ricorso indipendente": avendo il legislatore comunitario ritenuto di enucleare alcune specifiche fattispecie, in cui gli<br />

Stati restano obbligati a dichiarare comunque il contratto privo di effetti, salvo restando il potere di ciascun diritto<br />

nazionale di regolare le conseguenze del contratto dichiarato privo di effetti. E di rimettergli in ogni altra ipotesi la<br />

facoltà (più non costituente dunque un obbligo) di caducare egualmente il contratto di appalto ovvero (e semprecchè<br />

ricorrano i presupposti indicati dalla Direttiva) di applicare le sanzioni alternative individuate dal successivo art. 2<br />

sexies.<br />

Per attuare questa disciplina, specifica, articolata e funzionale al solo contratto di appalto, il legislatore nazionale ha<br />

aggiunto una ulteriore disposizione al D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 244, comma 1 con la quale la giurisdizione esclusiva<br />

è stata estesa alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell'aggiudicazione nonchè alle<br />

sanzioni alternative.<br />

E se è vero che la norma ha utilizzato il termine generico "contratto", è pur vero che la stessa segue immediatamente<br />

quella precedente (ed originaria) che attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le<br />

controversie, ivi incluse quelle risarcitorie, relative a "procedure di affidamento dei lavori,servizi e forniture...."; che<br />

quindi continuano a costituirne esse sole l'oggetto esclusivo. E che sul piano letterale il riferimento alla "scelta del<br />

socio" (nel primo periodo) vale soltanto ad individuare le procedure suddette che sono, appunto, quelle "svolte da<br />

soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al<br />

rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale":e quindi i soggetti tenuti ad<br />

osservarle.<br />

L'interpretazione letterale trova conferma sotto il profilo sistematico: a) nell'articolata normativa dell'art. 245 e succ. che<br />

disciplina l'intero regime processuale e sostanziale delle relative impugnazioni davanti al giudice amministrativo<br />

sempre riferendosi alle procedure di affidamento di ogni tipologia di lavori, servizi e forniture da parte delle<br />

amministrazioni aggiudicatrici e dei soggetti equiparati previste dal codice del 2006: oggi trasfusa negli artt. 120-124<br />

del codice del processo amministrativo, che pur utilizzando il medesimo termine generico "Inefficacia del contratto e<br />

relative violazioni" nell'epigrafe dell'art. 121, disciplinano esclusivamente i "provvedimenti concernenti le procedure di<br />

affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture (art. 119, comma 1 sub a ed epigrafe dell'art. 120); b) nella<br />

elencazione tassativa da parte dell'art. 133 di tutte le fattispecie oggi ricorrenti di giurisdizione esclusiva; che pur<br />

seguendo nel sistema le disposizioni procedimentali appena menzionate,e costituendone una norma di chiusura, ancora<br />

una volta limita l'estensione di detta giurisdizione (art.l33, sub c, n. 1) alle sole controversie "relative a procedure di<br />

affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture..."; c) nella precedente L. 7 luglio 2009, n. 88 che l'ha consentita<br />

delegando il Governo a dare attuazione alla Direttiva 2007/66/CE, ma nel contempo limitando nell'art. 44, comma 3,<br />

sub h) la previsione della privazione di effetti del contratto ai soli casi dalla stessa indicati che riguardano tutti<br />

esclusivamente l'appalto; "lasciando al giudice che annulla l'aggiudicazione la scelta, in funzione del bilanciamento<br />

degli interessi coinvolti nei casi concreterà privazione di effetti del contratto e sanzioni alternative" (sub 1- 4). Proprio a<br />

questo quadro normativo si riferisce del resto la decisione della Corte di giustizia CE 220 del 18 gennaio 2007,ricordata<br />

dalla sentenza impugnata, la quale si è espressa nel senso dell'applicazione della normativa comunitaria in materia di<br />

appalti "alle convenzioni pubbliche di sistemazione urbanistica" (concluse con altra amministrazione), rilevando in<br />

particolare che un'amministrazione aggiudicatrice non è dispensata dal fare ricorso alle procedure di aggiudicazione<br />

degli appalti pubblici di lavori previste dalla direttiva CE 93/37/CE per il fatto che intende concludere l'appalto di cui<br />

trattasi con una seconda amministrazione aggiudicatrice". Per cui, anche al lume del nuovo sistema della giustizia<br />

amministrativa, le Sezioni Unite devono ribadire che la disciplina suddetta non è trasferibile alle procedure con le quali<br />

la p.a. non aggiudica o affida appalti pubblici, ma sceglie il socio di società miste, non avendo neppure il legislatore<br />

ritenuto di introdurre disposizioni specifiche in merito alla caducazione del contratto societario e soprattutto sulla sorte<br />

dei successivi atti negoziali stipulati dalla società illegittimamente costituita; e comunque diverse da quelle già stabilite<br />

dalla L. n. 127 del 1997, art. 17, comma 59 e D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 120 proprio con riguardo alle STU,sulla<br />

necessità, richiamata da ultimo dal menzionato D.Lgs. n. 163, art. 244 che i soci di società miste siano scelti tramite<br />

procedure di evidenza pubblica. In tali sensi si è pronunciata anche la giurisprudenza amministrativa,tanto antecedente<br />

(Cons. St. 4586/2001; 2714/2004; 6867/2004), quanto successiva alla decisione impugnata che ha ricevuto di recente<br />

457


l'autorevole avallo dell'Adunanza plenaria (Cons. St. Ad.plen. 10/2011, nonchè 4086/2011); per la quale, al di fuori dei<br />

casi in cui l'ordinamento attribuisce espressamente al giudice amministrativo la giurisdizione sulla sorte del contratto<br />

che si pone a valle di un procedimento amministrativo viziato, secondo l'ordinario criterio di riparto di giurisdizione,<br />

spetta al giudice amministrativo conoscere dei vizi del procedimento amministrativo, ed al giudice ordinario dei vizi del<br />

contratto:anche quando si tratti di invalidità derivata (c.d.<br />

effetto viziante) dal procedimento amministrativo presupposto dal contratto, che deve essere dedotta davanti al giudice<br />

avente giurisdizione sull'atto negoziale.<br />

5. Neppure sotto il profilo civilistico, infine, la privazione di effetti di un contratto societario e dei rapporti che allo<br />

stesso conseguono è in alcun modo assimilabile a quella del contratto di appalto pubblico: quanto meno perchè<br />

quest'ultima si inserisce semplicemente nel sistema delle inefficacie negoziali rappresentandone una ulteriore patologia<br />

sostanzialmente collegata al difetto del presupposto di cui all'art. 1325 c.c., n. 1; e si concreta in una sanzione atta ad<br />

impedire l'esecuzione dell'appalto, con ciò esaurendo l'intera vicenda contrattuale in conseguenza di essa cancellata dal<br />

mondo giuridico. Mentre la costituzione (pur invalida) di una società della natura delle STU e la sua obbligatoria<br />

iscrizione nel registro delle imprese comporta la nascita di una nuova persona giuridica abilitata ad operare attraverso la<br />

propria organizzazione di persone e di mezzi nell'ordinamento giuridico: e quindi di un soggetto giuridico autonomo la<br />

cui vita ed attività le cui modifiche e la cui estinzione soprattutto sono interamente soggette alla disciplina del diritto<br />

societario contenuta nell'art. 2247 c.c. e segg..<br />

Alla situazione che si determina non sono quindi estensibili nè l'automaticità, nè la consequenzialità logica peculiari del<br />

rapporto caducazione dell'aggiudicazione della gara-caducazione del contratto di appalto, in quanto l'accertata<br />

violazione delle regole da seguire nel procedimento di scelta del socio privato, come già rilevato dalle Sezioni Unite<br />

(sent. 12339/2010), non è tale invece da incidere direttamente sull'esistenza giuridica della società di capitali, ormai<br />

iscritta nel registro delle imprese; ma si traduce nell'impossibilità per detta società di operare secondo l'originario<br />

progetto statutario e, quindi, di conseguire il proprio oggetto. Sicchè la stessa, ancorchè giuridicamente esistente, è da<br />

considerare in situazione di scioglimento (non essendo in condizione di perseguire utilmente lo scopo per cui era stata<br />

creata); il quale, come è noto non comporta anche l'estinzione della società, determinata, invece, soltanto dalla effettiva<br />

liquidazione dei rapporti giuridici pendenti e dalla definizione di tutte le controversie giudiziarie in corso con i terzi per<br />

ragioni di dare e avere (Cass. 18600/2008; 12553/2004; 7972/2000). La relativa disciplina consente semmai di<br />

distinguere lo scioglimento della società da quello del rapporto sociale limitatamente ad un socio, comprendente<br />

l'esclusione dello stesso pure per cause direttamente ricollegabili alla legge; ma anche la relativa disamina appartiene<br />

alla normativa privatistica della società in generale (art. 2285 segg.) e/o di quella della società per azioni in particolare<br />

che, escludendo qualsiasi automatismo, stabiliscono le ipotesi di recesso e di decadenza, i soggetti legittimati a<br />

provocarla, nonchè i procedimenti ed i rimedi attribuiti al socio per impugnarle:<br />

disciplina perciò rientrante, pur essa, tutta nella giurisdizione ordinaria.<br />

D'altra parte, il processo di assimilazione-estensione dell'effetto caducatorio automatico peculiare dell'appalto alle<br />

società trova (ulteriore) ostacolo non superabile nell'art. 2332 cod. civ., il quale dispone che, avvenuta l'iscrizione nel<br />

registro delle imprese, la nullità della società può essere pronunciata soltanto nei casi specificamente indicati dalla<br />

stessa norma: casi che sono stati dichiarati tassativi dalla giurisprudenza di legittimità anche perchè il testo della<br />

disposizione è stato modificato in tali sensi dal D.P.R. 29 dicembre 1969, n. 1127, art. 3 emanato in attuazione della<br />

direttiva C.E.E. n. 68 del 151, di armonizzazione della disciplina societaria, la quale esclude, al di fuori dei casi<br />

elencati, l'assoggettamento delle società "ad alcuna causa di inesistenza, nullità assoluta, nullità relativa e annullabilità"<br />

(art. secondo): anche per l'esigenza di non pregiudicare posizioni giuridiche della società medesima e particolarmente<br />

dei terzi che,estranei alla fase formativa del contratto sociale abbiano riposto affidamento nella validità dell'atto<br />

costitutivo, nonchè nella stabilità dei rapporti instaurati dalla società (Cass. 3666/1997; 12302/1992).<br />

Proprio siffatta esigenza ha indotto questa Corte fin dalle decisioni più lontane nel tempo a considerare la suddetta<br />

disposizione codicistica un'applicazione del principio della tutela dell'affidamento dei terzi, comportante a differenza<br />

della nullità e/o inefficacia del contratto di appalto, che anche l'avvenuta dichiarazione di nullità dell'atto costitutivo di<br />

una società non può pregiudicare l'efficacia degli atti compiuti in nome della società stessa; che la relativa dichiarazione<br />

ha effetto solo ex nunc) operando in modo analogo ad una causa di scioglimento; e che la persona giuridica ha avuto,<br />

per il passato, vita regolare per effetto della dichiarata nullità, per poi trasformarsi da organizzazione di esercizio, in<br />

organizzazione di liquidazione: con conseguente applicazione della relativa normativa.<br />

Questo quadro normativo non appare superabile per il fatto che nel caso trattasi di società a partecipazione pubblica<br />

istituita da una scelta (provvedimentale) delle amministrazioni locali ed a seguito di procedimento ad evidenza<br />

pubblica, costituendo principio del tutto pacifico nella più qualificata dottrina e nella giurisprudenza, che anche la<br />

società suddetta non muta la sua natura di soggetto di diritto privato per la presenza maggioritaria di capitale pubblico o<br />

perchè detto capitale sia alimentato anche da conferimenti provenienti dal comune o da altri enti pubblici: il rapporto tra<br />

società e detti enti locali è di assoluta autonomia, agli stessi non essendo consentito incidere unilateralmente sullo<br />

svolgimento del rapporto medesimo e sull'attività della società per azioni mediante l'esercizio di poteri autoritativi o<br />

discrezionali, ma solo avvalendosi degli strumenti previsti dal diritto societario, da esercitare a mezzo dei membri di<br />

nomina comunale presenti negli organi della società (Cass. sez. un. 392/2011; 7799/2005;<br />

8454/1998). E del resto il codice civile dedica alla società (per azioni) a partecipazione pubblica solo alcune scarne<br />

disposizioni, oggi contenute nell'art. 2449 (come modificato dalla L. n. 34 del 2008, art. 13 a seguito della pronuncia<br />

della Corte giustizia delle Comunità europee, 6 dicembre 2007, n. 463/04); che perciò non valgono a configurare uno<br />

458


statuto speciale per dette società salvo per i profili inerenti alla nomina e revoca degli organi sociali, specificamente ivi<br />

contemplati, nè comunque investono il tema della loro attività negoziale e delle patologie in cui la stessa può incorrere,<br />

che resta quindi disciplinato dalle norme previste dal codice civile a questo riguardo.<br />

Non par dubbio infine che quest'ultimo principio valga anche per le STU posto che il D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 120<br />

che ne prevede l'istituzione (anche a seguito delle modifiche arrecate dalla L. n. 166 del 2002) si limita a ribadire<br />

l'obbligo dei procedimenti ad evidenza pubblica per il reperimento degli azionisti privati, nonchè a prevedere i modi di<br />

acquisizione degli immobili interessati all'intervento ed infine a stabilire la necessità di una preventiva convenzione<br />

contenente la disciplina a pena di nullità dei rapporti tra gli enti privati azionisti e la società (nel caso regolarmente<br />

attuata unitamente alla acquisizione ed individuazione degli immobili interessati all'intervento): perciò senza incidere<br />

sullo svolgimento dei rapporti sociali e sull'attività della società, comunque costituita, pur essi soggetti alla normativa di<br />

diritto comune societario. Per queste ragioni con riguardo alle società in questione le Sezioni Unite, hanno enunciato il<br />

principio (sent.<br />

21776/2004), che qui va ribadito, che le domande di nullità, annullamento o risoluzione dell'atto costitutivo di una<br />

società, con apertura della liquidazione, non attengono al rapporto pubblicistico che sta a monte della costituzione della<br />

società e non coinvolgono i provvedimenti del Comune inerenti alla sua costituzione anche attraverso procedimenti di<br />

evidenza pubblica, nè altri provvedimenti resi nell'esercizio di poteri autoritativi, ma attengono, sulla scorta della<br />

disciplina delle società di capitali, alla validità ed agli effetti di quell'atto costitutivo, stipulato secondo schemi<br />

privatistici nella fase di esecuzione della menzionata scelta pubblicistica di far gestire quel servizio da una società a<br />

partecipazione mista; che d'altra parte potrebbe avere anche più di due soci: perciò rientrando nell'assenza (dopo la<br />

citata sentenza n. 204 del 2004) di deroghe ai comuni canoni sul riparto della giurisdizione, nella cognizione del giudice<br />

ordinario, perchè rivolte a tutelare posizioni di diritto soggettivo di fonte contrattuale.<br />

6. Conclusivamente, le Sezioni unite devono ribadire i criteri di riparto della giurisdizione nella materia in precedenza<br />

applicati e recepiti pure dalla giurisprudenza amministrativa per i quali: 1) spettano alla giurisdizione esclusiva del<br />

giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto l'interesse legittimo delle parti al corretto svolgimento della<br />

fase procedimentale relativa al perfezionamento di un atto negoziale ad evidenza pubblica (già devolute dalla normativa<br />

antecedente al D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 33 alla giurisdizione di legittimità), nonchè i provvedimenti di natura<br />

autoritativa, preliminari e funzionali rispetto alle successive deliberazioni societarie, con cui gli enti locali esprimono la<br />

funzione di indirizzo e di governo rispetto agli organismi preposti alla produzione, gestione ed erogazione dei servizi<br />

pubblici di loro pertinenza (Cass. sez. un. 23200/2009): e quindi in concreto l'attività unilaterale prodromica ad una<br />

vicenda societaria, considerata dal legislatore di natura pubblicistica, con cui un ente pubblico delibera di costituire una<br />

società, o di parteciparvi, o di procedere ad un atto modificativo o estintivo della società medesima; 2) vi rientrano<br />

altresì specifici atti e provvedimenti di natura pubblicistica con cui il legislatore consente all'ente pubblico di interferire<br />

con la vita della società:<br />

esemplificativamente ravvisati dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nei provvedimenti indicati negli art. 2 sub<br />

b e c e D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 122; 3) per converso tutti i successivi atti societari a valle della scelta di fondo di<br />

utilizzo del modello societario - dal contratto di costituzione della società, alla successiva attività della compagine<br />

societaria partecipata con cui l'ente esercita dal punto di vista sia soggettivo che oggettivo le facoltà proprie del socio<br />

(azionista), fino al suo scioglimento - restano interamente soggetti alle regole del diritto commerciale proprie del<br />

modello recepito; con conseguente loro attribuzione alla giurisdizione ordinaria; 4) nell'ambito di quest'ultima categoria<br />

rientrano le controversie rivolte ad accertare l'intero spettro delle patologie ed inefficacie negoziali, siano esse inerenti<br />

alla struttura del contratto sociale, siano esse estranee (Cass. sez. un. 4116/2007; 13033/2006; 10994/2006) e/o alla<br />

stessa sopravvenute e derivanti da irregolarità-illegittimità della procedura amministrativa a monte: perciò<br />

comprendenti sia le fattispecie di radicale mancanza del procedimento di evidenza pubblica (o di vizi che ne affliggono<br />

singoli atti), sia quella di successiva mancanza legale provocata dall'annullamento del provvedimento di aggiudicazione<br />

(Cass. sez, un. 7578/2009; 27169/2007; 20504/2006;<br />

5179/2004). E vi rientrano a fortiori i profili di illegittimità degli atti consequenziali compiuti dalla società già istituita,<br />

costituendo gli stessi espressione non di potestà amministrativa, bensì del sistema delle invalidità-inefficacia del<br />

contratto sociale e delle relative conseguenze, che postula una verifica, da parte del giudice, di conformità alla<br />

normativa positiva delle regole in base alle quali l'atto negoziale è sorto ovvero è destinato a produrre i suoi effetti<br />

tipici.<br />

La sentenza impugnata risulta dunque conforme a questa suddivisione laddove ha affermato la giurisdizione<br />

amministrativa in merito ai profili di invalidità della Delib. 7 settembre 2005 con cui il comune di Golfo Aranci ha<br />

ritenuto di individuare il socio per la costituzione di una STU; mentre ha invaso la giurisdizione del giudice ordinario<br />

laddove ha dichiarato l'inefficacia del contratto costitutivo della s.p.a. Golfo Aranci STU, stipulato con atto 18<br />

novembre 2005 del Notar Giocosa tra il comune di Golfo Aranci ed il socio privato ATI di Pirelli Re, e "degli ulteriori<br />

atti di natura privatistica conclusi a seguito della scelta di detto socio" dalla nuova società: in tal modo genericamente<br />

accomunati e neppure individuati, senza esaminare se si trattava di negozi coinvolgenti soggetti terzi (neanch'essi<br />

identificati) e se l'estensione della giurisdizione esclusiva alla declaratoria di inefficacia di detti atti fosse conciliabile<br />

con la tutela dei loro diritti soggettivi attribuita dalla disciplina codicistica. Detta decisione va di conseguenza cassata<br />

limitatamente alla declaratoria in questione, relativamente alla quale va affermata la giurisdizione dell'A.G.O.;<br />

mentre va mantenuta ferma la regolamentazione delle spese processuali compiuta dal giudice amministrativo.<br />

La complessità delle questioni trattate ed il susseguirsi di disposizioni non sempre univoche sui criteri di riparto della<br />

459


giurisdizione nel settore in esame, giustificano la totale compensazione tra le parti di quelle del giudizio di legittimità.<br />

P.Q.M.<br />

La Corte, a sezioni unite, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e dichiara la giurisdizione del giudice<br />

ordinario sul capo impugnato; rimette le parti in relazione alla domanda di cui al capo suddetto al Tribunale<br />

territorialmente competente in sede civile;<br />

mantiene ferma la liquidazione delle spese compiuta dal giudice amministrativo e dichiara interamente compensate tra<br />

le parti quelle del giudizio di legittimità.<br />

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2011.<br />

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011<br />

CONFORMI E DIFFORMI<br />

(1) Non si rinvengono precedenti in termini. Nel senso che rientra nella giurisdizione del giudice ordinario il<br />

provvedimento del comune inizio azionista di società per azioni di revoca degli amministratori cfr. Cass. 15 aprile 2005<br />

n. 7799.<br />

Cassazione civile sez. un., 30 dicembre 2011, n. 30167<br />

460


461


ANNULLAMENTO D'UFFICIO E SORTE DEL CONTRATTO: IL CASO DEGLI INTEREST RATE SWAPS<br />

Bartolini Antonio<br />

Cons. Stato Sez. V, 07 settembre 2011, n. 5032<br />

L. 07-08-1990, n. 241, art. 21-nonies<br />

L. 30-12-2004, n. 311, art. 136<br />

FONTE
Urbanistica e appalti, 2012, 2, 197<br />

Sommario: La questione - I precedenti - La decisione in commento - La caducazione del contratto derivata<br />

dall'annullamento d'ufficio contrasta con il principio di legalità - Casi tipizzati di provvedimenti di autotutela incidenti<br />

su rapporti negoziali - Annullamento d'ufficio ed inefficacia del contratto - Il rapporto tra annullamento d'ufficio ex art.<br />

21-nonies e quello per risparmio di spesa di cui all'art. 1, comma 136, L. 311/2004 - La giurisdizione sull'inefficacia del<br />

rapporto negoziale (a seguito di annullamento d'ufficio)<br />

La questione<br />

La sentenza in esame fornisce utili indicazioni sul potere di annullamento d'ufficio delle delibere a contrarre e delle<br />

conseguenti ricadute sul contratto a valle.<br />

La questione nasce dalla annosa vicenda degli Interest rate swap (d'ora in poi, Irs) (1) negoziati dagli enti locali con gli<br />

istituti di credito, che come noto hanno comportato per i primi delle ingenti perdite economiche (2) .<br />

La vicenda che ha portato all'emersione della problematica in esame è in sostanza quella dei c.d. costi impliciti (3) , per<br />

cui gli istituti di credito, nel negoziare gli swap con gli enti locali ed in genere le pubbliche amministrazioni, hanno<br />

(talvolta) imputato a queste ultime dei costi non dovuti e senza darne informativa. È stato pertanto posta in essere, nel'id<br />

quod plerumque accidit, una pratica commerciale scorretta lesiva del canone fondamentale della buona fede oggettiva.<br />

Talvolta questa pratica ha assunto (o meglio, pare aver assunto) i contorni della truffa, tant'è che diverse Procure della<br />

Repubblica hanno disposto il sequestro, presso gli Istituti di credito coinvolti, del mark to market (4) . Anche i Tribunali<br />

civili iniziano a dichiarare la nullità (per diversi motivi) di alcuni contratti Irs con gli enti locali territoriali (5) . Da<br />

ultimo, le medesime pubbliche amministrazioni si sono autotutelate, disponendo l'annullamento d'ufficio delle delibere<br />

a contrarre, con il chiaro intento di far cadere il contratto Irs a valle. Si è, pertanto, posto il problema di stabilire se sia<br />

legittimo procedere in via di autotutela a tale scopo, invocando, in particolare, l'art. 21-nonies della L. 7 agosto 1990, n.<br />

241, che consente l'annullamento d'ufficio dei provvedimenti amministrativi.<br />

Sotto questo profilo il Consiglio di Stato è stato chiamato ad esprimersi sotto tre principali profili, ovvero se: a) sia<br />

riconosciuto alle pubbliche amministrazioni il potere di annullare d'ufficio le delibere e le determinazioni a contrarre; b)<br />

in caso di risposta affermativa, quale sia la sorte del contratto a valle; c) e, se, infine, su detta tipologia di controversia<br />

vi sia la giurisdizione del giudice amministrativo.<br />

I precedenti<br />

Il potere di annullamento d'ufficio, come potestà generale riconosciuta a tutte le pubbliche amministrazioni, trova, per<br />

l'appunto, fondamento nell'art. 21-nonies, L. n. 241/90, ove si dispone che "il provvedimento amministrativo illegittimo<br />

ai sensi dell'art. 21-octies può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine<br />

ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero<br />

462


da altro organo previsto dalla legge" (primo comma) (6) . Il codice dei contratti, stabilisce, inoltre, che dopo<br />

l'aggiudicazione definitiva è possibile la stipula del contratto "fatto salvo l'esercizio dei poteri di autotutela nei casi<br />

consentiti dalle norme vigenti" (art. 11, comma 9, D.Lgs. n. 163/2006). Sicché nei casi previsti dalla legge si può<br />

disporre l'autotutela nei confronti di delibere e determinazioni a contrarre con cui è disposta l'aggiudicazione definitiva.<br />

Le norme in esame, peraltro, non prevedono espressamente un potere di autotutela, e segnatamente di annullamento<br />

d'ufficio, dell'aggiudicazione definitiva, una volta intervenuta la stipula del contratto. Esiste, invece, una disposizione di<br />

diritto speciale che consente entro tre anni dalla stipula del contratto di procedere all'annullamento dell'aggiudicazione<br />

(ma su quest'ultimo aspetto vedi amplius infra). Sicché, in assenza di una disposizione che preveda espressamente la<br />

potestà di annullamento dell'aggiudicazione definitiva (una volta intervenuta la conclusione contrattuale), ma anche di<br />

una norma che lo vieti espressamente, si è chiesto alla giurisprudenza, in via pretoria, di chiarire l'ambito di operatività<br />

del potere di annullamento d'ufficio nei confronti delle aggiudicazioni definitive, cui sia seguita la stipula del contratto.<br />

La giurisprudenza, prima dell'attuazione della cd. direttiva ricorsi da parte del D.Lgs. 20 marzo 2010, n. 53, è stata<br />

sostanzialmente orientata ad ammettere la possibilità di travolgere l'aggiudicazione definitiva in via di autotutela. A tal<br />

fine, peraltro, si è cercato di precisare l'ambito dell'intervento tutorio a seconda che l'aggiudicazione abbia ancora<br />

carattere provvisorio, od, invece, abbia assunto valore definitivo. Si è, infatti, ritenuto che alle pubbliche<br />

amministrazioni sia sempre consentito ritirare i propri provvedimenti in materia di appalto "sia per porre rimedio a vizi<br />

di legittimità sia perché le originarie scelte compiute per il perseguimento dei fini, cui era preordinato strutturalmente il<br />

contratto, non si rivelano più conformi alla realizzazione dell'interesse pubblico attuale, conseguentemente utilizzando<br />

nel primo caso l'istituto dell'annullamento d'ufficio e, nel secondo, quello della revoca" (7) . Per quanto riguarda, in<br />

particolare, l'annullamento d'ufficio intervenuto prima dell'aggiudicazione definitiva (vertendo, quindi, su atti<br />

endoprocedimentali), non viene richiesta neanche una specifica motivazione sull'interesse pubblico "giustificandosi ex<br />

se in base alla sola dichiarata sopravvenuta inopportunità o riscontrata esistenza di vizi di legittimità, in difetto di<br />

qualsiasi effetto di consolidamento dei risultati di gara" (8) . Con l'aggiudicazione definitiva, invece, la situazione di<br />

affidamento dell'aggiudicatario viene a consolidarsi; ciò, peraltro, non precluderebbe all'amministrazione di riesaminare<br />

la propria decisione, purché, l'atto di autotutela sia assistito da una congrua motivazione: "non può non rilevarsi che,<br />

secondo un indirizzo giurisprudenziale consolidato, benché nei contratti della pubblica Amministrazione<br />

l'aggiudicazione, in quanto atto conclusivo del procedimento di scelta del contraente, segna di norma il momento<br />

dell'incontro della volontà della pubblica amministrazione di concludere il contratto e della volontà del privato<br />

manifestata con l'offerta ritenuta migliore (con la conseguenza che da tale momento sorge il diritto soggettivo<br />

dell'aggiudicatario nei confronti della stessa pubblica amministrazione), non è precluso all'amministrazione stessa di<br />

procedere, con atto successivo, purché adeguatamente motivato con richiamo ad un preciso e concreto interesse<br />

pubblico, alla revoca d'ufficio ovvero all'annullamento dell'aggiudicazione" (9) .<br />

Secondo autorevole indirizzo, peraltro, con l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 53/2010 il potere di annullamento d'ufficio<br />

ex art. 21-nonies sarebbe venuto meno, atteso che con l'attuazione della direttiva ricorsi il giudizio sull'inefficacia del<br />

contratto è scisso dalla questione dell'invalidità del provvedimento di aggiudicazione a monte: "poiché ... l'intera<br />

struttura del D.Lgs. n. 53/2010 presuppone una scissione tra sorte dell'aggiudicazione e sorte del contratto (nel senso<br />

che l'annullamento della prima non comporta automaticamente l'inefficacia del secondo, che viceversa deve essere<br />

accertata dal giudice all'esito di un giudizio che tien conto di tutta una serie ulteriore di condizioni e circostanze), si<br />

deve concludere che l'annullamento d'ufficio ex art. 21-nonies non può mai provocare l'inefficacia del contratto" (10) .<br />

A dire il vero, non sembra (per i motivi che verranno esposti amplius infra) che il sistema di tutela giurisdizionale<br />

previsto per gli appalti pubblici, segnatamente per quanto concerne la tematica della sorte del contratto, possa essere<br />

automaticamente trasfuso ad una problematica di ordine sostanziale quale l'annullamento d'ufficio dell'aggiudicazione<br />

definitiva e le relative conseguenze sul contratto a valle. Anche se certamente non si possono trascurare sotto un profilo<br />

sistematico le questioni riguardanti le convergenze parallele tra il rimedio giustiziale e quello sostanziale: tant'è che in<br />

giurisprudenza (prima della pronuncia in commento) si sono formate opinioni differenti.<br />

Un primo orientamento, in continuità, con i pregressi indirizzi ha affermato che l'annullamento dell'aggiudicazione<br />

definitiva sia possibile, comportando, tra l'altro, la caducazione del contratto a valle. Si è, infatti, ritenuto che<br />

"l'Amministrazione ha il potere di annullare l'aggiudicazione di un appalto pubblico anche dopo la stipulazione del<br />

contratto, in presenza ovviamente di adeguate esigenze di interesse pubblico"; sicché "in tale evenienza e in virtù della<br />

stretta consequenzialità tra l'aggiudicazione della gara pubblica e la stipula del relativo contratto, l'annullamento<br />

giurisdizionale, ovvero, come nella specie, l'annullamento a seguito di autotutela degli atti della procedura<br />

amministrativa, comporta la caducazione automatica degli effetti negoziali del contratto successivamente stipulato,<br />

stante la preordinazione funzionale tra tali atti", in quanto "il contratto non ha una autonomia propria ed è destinato a<br />

subire gli effetti del vizio che affligge il provvedimento cui è inscindibilmente collegato restando "caducato" a seguito<br />

463


dell'annullamento degli atti che ne hanno determinato la sottoscrizione" (11) .<br />

Di recente sull'argomento (anche se in obiter) è intervenuta l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che<br />

diversamente opinando ha, da un lato, implicitamente ammesso la possibilità di annullare d'ufficio gli atti di gara,<br />

ritenendo, tuttavia, dall'altro, che il contratto non venga - per l'effetto - caducato: "nei casi in cui un negozio di diritto<br />

privato posto in essere da una pubblica amministrazione è preceduto da un procedimento amministrativo,<br />

l'annullamento degli atti del procedimento amministrativo non comporta, di regola, l'automatica caducazione del<br />

negozio giuridico a valle (cd. effetto caducante), producendo piuttosto una invalidità derivata (cd. effetto viziante), che<br />

deve essere dedotta davanti al giudice avente giurisdizione sull'atto negoziale" (12) . La mancata caducazione del<br />

contratto determinerebbe, inoltre, una carenza di giurisdizione del giudice amministrativo sulla sorte del contratto:<br />

difatti, secondo il supremo Consesso, al di fuori dei casi in cui l'ordinamento attribuisce espressamente al giudice<br />

amministrativo la giurisdizione sulla "sorte del contratto" che si pone a valle di un procedimento amministrativo viziato<br />

(v. art. 133, comma 1, lett. e), n. 1, c.p.a., in tema di contratti pubblici relativi a lavori, servizi, e forniture), secondo<br />

l'ordinario criterio di riparto di giurisdizione spetta al giudice amministrativo conoscere dei vizi del procedimento<br />

amministrativo, e al giudice ordinario dei vizi del contratto, anche quando si tratti di invalidità derivata dal<br />

procedimento amministrativo presupposto dal contratto; tuttavia, sempre ad avviso dell'Adunanza Plenaria "tale riparto<br />

di giurisdizione non fa però venire meno l'interesse a impugnare davanti al giudice amministrativo gli atti<br />

amministrativi prodromici di un negozio societario, atteso che il loro annullamento produce un effetto viziante del<br />

negozio ... a valle, con la conseguente possibilità di: azionare rimedi risarcitori; impugnare il negozio societario davanti<br />

al giudice ordinario; chiedere all'Amministrazione l'ottemperanza al giudicato amministrativo, e, in caso di perdurante<br />

inottemperanza, adire il giudice amministrativo che in sede di ottemperanza può intervenire sulla sorte del<br />

contratto" (13) .<br />

Quest'ultima pronuncia, quindi, non fa derivare dall'annullamento d'ufficio la caducazione del contratto, ma solo un<br />

effetto viziante che, in linea generale, va conosciuto dal g.o. quale giudice dei diritti soggettivi (o dal g.a., ma in sede di<br />

ottemperanza) (14) . La pronuncia, tuttavia, è stata espressa in relazione allo sorte del negozio societario, che ha delle<br />

peculiarità del tutto proprie e diverse da quelle degli appalti, per cui non appare del tutto generalizzabile.<br />

La decisione in commento<br />

Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato, collocandosi nell'alveo dell'orientamento passato, ha affermato, da<br />

un lato, la legittimità dell'annullamento d'ufficio anche nel caso di aggiudicazione definitiva cui sia seguita la stipula del<br />

contratto; dall'altro lato, ha ritenuto che in siffatta ipotesi l'annullamento d'ufficio determini la caducazione degli effetti<br />

contrattuali. Ravvisando, inoltre, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulla vicenda riguardante la<br />

caducazione contrattuale.<br />

L'iter logico giuridico seguito dal giudice di appello è sostanzialmente il seguente.<br />

In primo luogo, richiamando la giurisprudenza pregressa, viene ribadito che "l'amministrazione conserva il potere di<br />

annullare il bando, le singole operazioni di gara e lo stesso provvedimento di aggiudicazione, in presenza di gravi vizi<br />

dell'intera procedura, dovendo tener conto delle preminenti ragioni di salvaguardia del pubblico interesse". Ad avviso<br />

del supremo Consesso il potere di autotutela trova fondamento "nei principi di legalità, imparzialità e buon andamento,<br />

cui deve essere improntata l'attività della pubblica amministrazione, ai sensi dell'art. 97 della Costituzione, in attuazione<br />

dei quali l'amministrazione deve adottare atti il più possibile rispondenti ai fini da conseguire". Viene, inoltre,<br />

rammentato che il potere di annullamento d'ufficio, per potere essere legittimamente esercitato, è subordinato "oltre che<br />

alla comunicazione di avvio del procedimento, anche ad una adeguata motivazione circa la natura e la gravità delle<br />

anomalie verificatesi, alla sussistenza di un interesse pubblico attuale alla sua eliminazione (che tuttavia non può<br />

giammai ridursi all'esigenza del mero ripristino alla legalità violata ...), alla comparazione tra quest'ultimo e la<br />

contrapposta posizione consolidata dell'aggiudicatario e la ragionevole durata del tempo intercorso tra l'atto illegittimo e<br />

la sua rimozione".<br />

In secondo luogo, il Collegio affronta il tema della sorte del contratto a seguito dell'annullamento d'ufficio dell'atto a<br />

monte. Ad avviso dei giudici di Palazzo Spada "l'annullamento dell'aggiudicazione ... in virtù della stretta<br />

consequenzialità tra l'aggiudicazione della gara pubblica e la stipula del relativo contratto ... comporta la caducazione<br />

automatica degli effetti negoziali del contratto successivamente stipulato, stante la preordinazione funzionale tra tali<br />

atti". Sempre secondo la pronuncia in commento, la caducazione sarebbe un istituto comune sia all'annullamento<br />

464


giurisdizionale che a quello in autotutela: "ciò che rileva, infatti, è il collegamento sostanziale tra i due atti,<br />

l'aggiudicazione e il contratto, i quali simul stabunt, simul cadent, qualunque sia la sede dell'annullamento (illegittimità<br />

dichiarata dal giudice a seguito di ricorso ovvero illegittimità o inopportunità, conseguente dell'esercizio del potere di<br />

autotutela da parte dell'amministrazione)".<br />

In terzo luogo, viene affermata la giurisdizione del giudice amministrativo sulle vicende riguardanti la sorte del<br />

contratto derivante da annullamento d'ufficio. Sotto questo profilo, la sentenza in esame, afferma, innanzitutto che<br />

sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo sulla potestà di annullamento di provvedimenti che incidono su<br />

situazione contrattuali: "di fronte all'esercizio del potere di annullamento la situazione del privato è di interesse<br />

legittimo, a nulla rilevando che tale esercizio, in ultima analisi, produca effetti indiretti su di un contratto da cui sono<br />

derivati diritti". Parimenti, sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulla sorte del contratto: difatti,<br />

ad avviso del Consesso, il potere esclusivo del giudice amministrativo discenderebbe direttamente dal codice del<br />

processo amministrativo (c.p.a.), e segnatamente dagli artt. 121 e 122 del c.p.a. Ad avviso del Collegio la giurisdizione<br />

esclusiva sulla sorte del contratto deriverebbe da una valutazione di ragionevolezza, non potendosi ammettere "una<br />

(peraltro) irragionevole diversificazione della disciplina in esame, con la reviviscenza del potere del giudice ordinario<br />

sulla sorte del contratto, allorquando l'annullamento dell'aggiudicazione (o degli atti ad essa presupposti) sia effetto<br />

dell'esercizio del potere di autotutela ... Né d'altra parte può dubitarsi della ragionevolezza della scelta del legislatore di<br />

affidare la decisione di tali controversie alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, laddove si tenga<br />

effettivamente conto che esse, come del resto emerge dagli atti di causa, sono caratterizzate da una inestricabile<br />

commistione di interessi, pubblici e privati, tra i quali è quanto meno problematico, se non impossibile, individuare con<br />

assoluta certezza posizioni di interesse legittimo e/o di diritto soggettivo che, com'è noto, costituiscono il discrimine<br />

fondamentale della giurisdizione ordinaria e di quella generale di legittimità del giudice amministrativo".<br />

In quarto luogo, viene affrontata una questione specifica riguardante gli Irs, poiché nei contratti oggetto di causa<br />

(seguendo una prassi diffusa nel mondo creditizio degli swap di rilevante valore) era stata inserita una clausola arbitrale<br />

internazionale. Il Consiglio di Stato, rammentando che la controvertibilità per arbitri con la pubblica amministrazione è<br />

limitata ai diritti disponibili, ritiene che nel caso di specie non ricorra detta possibilità, poiché la giurisdizione sulla<br />

caducazione del contratto si muove in quel terreno mobile e melmoso in cui si confondono diritti ed interessi: sul punto<br />

viene, infatti, ricordato che "ai sensi dell'art. 4 della L. 31 maggio 1995, n. 218, la deroga alla giurisdizione italiana può<br />

riguardare solo le cause vertenti su diritti disponibili ... e quindi solo le questioni di interpretazione ed esecuzione<br />

dell'accordo (agreement), ma non può estendersi fino a comprendere anche il sindacato sul corretto esercizio del potere<br />

amministrativo, non potendo ascriversi al novero dei diritti disponibili gli interessi pubblici alla cui cura è finalizzato<br />

l'esercizio dei poteri pubblicistici accordati alla pubblica amministrazione anche nell'ambito dei procedimenti di gara".<br />

La caducazione del contratto derivata dall'annullamento d'ufficio contrasta con il principio di legalità<br />

La sentenza in esame appare condivisibile nei risultati raggiunti, anche se l'iter argomentativo condotto non sembra<br />

essere del tutto persuasivo. In particolare non appare convincente l'affermazione secondo cui dall'annullamento d'ufficio<br />

del provvedimento a monte deriverebbe la caducazione del contratto a valle.<br />

A tal fine, va, in primo luogo, rammentato che secondo l'impostazione tradizionale la caducazione è un istituto<br />

processuale derivante dall'annullamento giurisdizionale dei provvedimenti a monte che si riverbera sugli atti a valle<br />

(anche validi): la caducazione, infatti, non è una figura di diritto sostanziale, ma processuale (e procedimentale),<br />

essendo il riflesso dell'effetto demolitorio dell'invalidazione, il quale non colpisce solamente l'atto presupposto, ma<br />

anche i provvedimenti legati (al primo) da un nesso di dipendenza funzionale. In altre parole la caducazione è il frutto<br />

dell'effetto cassatorio della pronuncia giurisdizionale portato alle sue estreme conseguenze (15) . Sicché, non pare che<br />

possa essere estesa all'annullamento in autotutela, i cui effetti sono di ordine puramente sostanziale.<br />

In secondo luogo, la migliore dottrina ha da tempo criticato la figura della caducazione contrattuale, rilevando,<br />

esattamente, come "il meccanismo non sembra teoricamente accettabile": da un lato, difatti, "il sopraggiungere della<br />

inefficacia non ... può essere individuata nel venir meno in tutto o in parte del procedimento di evidenza pubblica, dato<br />

che questo non può essere costruito come una condizione legale di efficacia: attenendo al modo di formazione del<br />

contratto il procedimento può influire semmai sulla validità del contratto"; dall'altro lato, "è soprattutto l'idea che<br />

l'annullamento dell'aggiudicazione abbia sempre la stessa conseguenza sul contratto, sia essa la caducazione sia essa<br />

l'inefficacia, e che tale conseguenza si produca automaticamente, a non apparire condivisibile, perché non tiene conto<br />

delle profonde differenze che in concreto caratterizzano la situazione che si viene a creare a seguito dell'annullamento<br />

465


dell'aggiudicazione ... e non tiene conto degli interessi effettivi di ognuna delle parti coinvolte; interessi anch'essi<br />

decisamente influenzati dallo stato di fatto e di diritto che si viene a determinare in seguito all'annullamento<br />

dell'aggiudicazione" (16) .<br />

In terzo luogo, la tesi della caducazione del contratto a seguito di annullamento d'ufficio contrasta con il principio di<br />

tipicità e legalità. Se, difatti, la disciplina dei poteri amministrativi richiede un fondamento legislativo, a fortiori,<br />

quest'esigenza è avvertita nel caso in cui la p.a. si muova all'interno degli schemi dell'autonomia privata. In altri termini,<br />

regimi di privilegio che consentono alle pubbliche amministrazioni di muoversi in una situazione di supremazia nei<br />

confronti della controparte, possono essere ammessi solo in caso di un fondamento legislativo, frutto, per di più, di un<br />

assetto degli interessi in gioco ragionevole e proporzionato (17) .<br />

Per cui si è correttamente evidenziato come l'effetto caducante si possa produrre solo nel caso in cui sia previsto<br />

direttamente dalla legge: ammettere la caducazione automatica del contratto equivarrebbe ad ammettere che una delle<br />

parti in conflitto (la p.a.) possa "risolvere una contesa di cui è parte", ipotesi, quest'ultima "veramente poco<br />

plausibile" (18) .<br />

Casi tipizzati di provvedimenti di autotutela incidenti su rapporti negoziali<br />

Del resto una conferma che in materia viga uno stretto principio di tipicità deriva dall'osservazione che il legislatore ove<br />

ha voluto la caducazione del contratto (od effetti equivalenti) lo ha previsto espressamente.<br />

Si pensi, innanzitutto, alla nuova disciplina dell'inefficacia del contratto da disporre a seguito dell'annullamento degli<br />

atti di gara. Si tratta, in particolare di un'inefficacia funzionale al subentro nel contratto (19) , frutto di una pronuncia<br />

costitutiva del giudice, e dall'esito non scontato (20) .<br />

La disciplina processuale dell'inefficacia, inoltre, stante lo stretto principio di legalità non sembra potersi applicare in<br />

via analogica al caso di annullamento d'ufficio del contratto: la logica del rito appalti è imbevuta della finalità proconcorrenziale,<br />

sicché l'inefficacia contrattuale, disposta dal giudice, è "funzionale" al subentro del ricorrente nel<br />

contratto medesimo; l'annullamento d'ufficio, invece, può essere disposto (come dimostra il caso di specie) per finalità<br />

che esulano dal diritto della concorrenza, ovvero al fine di garantire (come rammentato nella sentenza) i principi<br />

costituzionali d'imparzialità e buon andamento. Ne consegue che i "parametri cui deve avvalersi il giudice nel<br />

pronunziare la dichiarazione di inefficacia (o persistente efficacia) paiono fortemente impregnati di giurisdizionalità",<br />

ragion per cui i medesimi non sono suscettibili di applicazione analogica nel caso di annullamento d'ufficio (21) .<br />

Invero, non c'è bisogno di rintracciare nell'ordinamento processuale (come in parte ha fatto il giudice del caso) la<br />

disciplina della sorte del contratto a seguito dell'esercizio di poteri di autotutela, poiché una risposta a queste domande<br />

si trova nel diritto sostanziale.<br />

A tal fine, giova rammentare come la sorte del contratto trovi una disciplina di diritto positivo sia per il caso di<br />

annullamento d'ufficio che di revoca. In particolare ci s'intende riferire, da un lato, all'art. 21-quinquies, comma 1-bis,<br />

della L. n. 241 del 1990, per quanto concerne la revoca, e, dall'altro, all'annullamento per risparmio di spesa, di cui<br />

all'art. 1, comma 136, della L. 30 dicembre 2004, n. 311 (22) . Queste disposizioni (riportate in nota) (23) sono accomunate<br />

dal fatto di prevedere esplicitamente che il potere di autotutela possa incidere su rapporti negoziali (contrattuali o<br />

convenzionali), e che, in tal caso, debba essere corrisposta al privato un'indennità (24) .<br />

Le disposizioni cennate, peraltro, non si preoccupano di definire quale sia la sorte del contratto (in termini di<br />

caducazione, inefficacia, nullità o quant'altro). Anzi si disinteressano della sorte del contratto, preoccupandosi, invece,<br />

del rapporto negoziale: l'autotutela, pertanto, non tocca il negozio ma il rapporto giuridico negoziale sottostante.<br />

Si può, tuttavia, ritenere che l'incisione determinata dall'autotutela abbia carattere afflittivo per il contraente privato, in<br />

quanto le norme in esame prevedono un'indennità per il danno patito. Danno che, naturalmente, consiste nella<br />

preclusione - per il privato contraente - di poter far valere i diritti e le pretese nascenti dal rapporto negoziale con la p.a.<br />

Usando la terminologia propria del diritto europeo, che non ama i rigidi schemi definitori della tradizione pandettistica,<br />

con le disposizioni in esame viene conferita all'autotutela della p.a. (nei casi tipicamente contemplati dalla legge) la<br />

466


forza di privare i contratti degli effetti su cui ha incidenza l'annullamento. Od ancor meglio: di rendere inefficaci i<br />

rapporti negoziali (dietro pagamento di un indennizzo) (25) .<br />

Annullamento d'ufficio ed inefficacia del contratto<br />

Tornando alle questioni affrontate con la decisione in commento, il breve excursus sulle figure tipizzate di autotutela<br />

incidenti su rapporti negoziali porta con sé due interrogativi.<br />

Da un lato, quello di vedere quale rapporto sussista tra l'annullamento d'ufficio ex art. 21-nonies, L. n. 241/90, e quello<br />

previsto per risparmi di spesa dalla L. n. 311/2004. Argomento tra l'altro solamente sfiorato dalla sentenza epigrafata.<br />

Dall'altro lato, quello di comprendere, in assenza di una tipizzazione espressa, se l'annullamento d'ufficio previsto in via<br />

generale dalla L. n. 241 del 1990 possa avere incidenza sui rapporti negoziali.<br />

Si partirà da questo primo interrogativo, osservando come dottrina e giurisprudenza siano assestate su posizioni molto<br />

differenti tra loro.<br />

In letteratura, in mancanza di una previsione espressa, l'opinione prevalente è quella che allo stato di fatto<br />

l'annullamento d'ufficio non sia possibile (26) o comunque sostanzialmente impraticabile non avendo la forza tipica<br />

d'incidere sui rapporti negoziali (27) .<br />

In giurisprudenza (come si è già avuto modo di evidenziare: v. amplius supra) si ritiene, invece, che dal potere generale<br />

di annullamento d'ufficio discenda la possibilità d'incidere sui rapporti negoziali o con la strumento della caducazione o<br />

con il meccanismo dell'invalidità derivata (28) .<br />

In forza di quanto premesso, la questione (mi pare che) deve essere risolta alla luce del principio di legalità/tipicità.<br />

Sotto questo profilo è innegabile che l'amministrazione, in forza della disposizione generale contenuta nell'art. 21-<br />

nonies L. n. 241/90, possa disporre l'annullamento dei provvedimenti illegittimi, compresi quelli riguardanti le<br />

procedure di evidenza pubblica. Del resto è il medesimo art. 11, comma 9, del D.Lgs. n. 163/2006, a non porre un<br />

divieto all'autotutela sugli atti dell'evidenza pubblica, laddove viene "fatto salvo l'esercizio dei poteri di autotutela nei<br />

casi consentiti dalle norme vigenti" (29) .<br />

Il punctum dolens pare essere, invece, l'assenza di una disposizione tipica che consenta all'annullamento d'ufficio (ex<br />

art. 21-nonies) d'incidere sui rapporti negoziali. Tuttavia, come rilevato da tempo in letteratura la materia della sorte del<br />

rapporto negoziale è oggetto della disciplina di diritto comune contenuta nel codice civile, come tale applicabile a<br />

pubblici e privati operatori.<br />

Spetta a Guido Greco il merito di aver evidenziato, in una nota e fondamentale monografia sui contratti<br />

dell'amministrazione, che la tematica della sorte dei contratti può essere risolta all'interno del codice civile (30) .<br />

Partendo, difatti, dalla premessa che gli enti pubblici possono essere inquadrati nel più ampio genus delle persone<br />

giuridiche, sicché alle pubbliche amministrazioni può essere applicata "- senza necessità di ricorrere all'analogia - la<br />

disciplina generale delle associazioni e delle fondazioni, in mancanza di disposizioni con essa incompatibili" (31) . In<br />

questo quadro, ai fini che in questa sede interessa, soccorrono gli articoli "23 comma 2 e il 25 comma 2 del codice<br />

civile, a proposito dell'annullamento - anche da parte dell'Autorità amministrativa - delle deliberazioni delle<br />

associazioni e delle fondazioni ... [i quali] statuiscono che l'annullamento della deliberazione (ovviamente, formativa,<br />

almeno in parte, della volontà negoziale dell'ente) "non pregiudica i diritti acquistati dai terzi in buona fede in base ad<br />

atti compiuti in esecuzione della delibera medesima" " (32) .<br />

Tale disposizione, tra l'altro, risulta pure coerente con i casi di autotutela sopra considerati che, come visto, mirano a<br />

tutelare la buona fede del contraente. Questi ultimi, in particolare, sono volti a monetizzare la buona fede, attraverso la<br />

logica indennitaria; il codice civile, invece, preferisce la tutela in forma specifica, rendendo inopponibile al terzo in<br />

buona fede l'annullamento della delibera (e determinazione) a contrarre. La disposizione pare essere in linea con le<br />

ipotesi tipiche sopra evidenziate anche per un diverso profilo, in quanto tutte sono caratterizzate dal fatto che<br />

l'annullamento non incide direttamente sul contratto, ma sul rapporto negoziale.<br />

467


Tutte queste invarianti del sistema che caratterizza l'annullamento incidente su rapporti negoziali tende, a fortiori, a<br />

confermare che la tesi della caducazione, sposata dalla sentenza in commento, non sia corretta. La caducazione,<br />

innanzitutto, difetta di proporzionalità in quanto tende a travolgere tutti i rapporti negoziali, senza differenziare tra<br />

contraenti in buona e mala fede. In secondo luogo non è sorretta da alcun addentellato normativo.<br />

In conclusione, per le ragioni sopra esposte, si può a ben ragione ritenere che anche l'annullamento d'ufficio, disposto ai<br />

sensi dell'art. 21-nonies, L. n. 241 del 1990, possa incidere sui rapporti negoziali, in quanto il fondamento normativo di<br />

quest'effetto è rinvenibile nel diritto comune. Peraltro l'annullamento d'ufficio non avendo un effetto caducante non può<br />

travolgere qualsiasi rapporto negoziale, essendo inopponibile al contraente in buona fede: sicché potrà incidere solo sui<br />

rapporti negoziali intercorrenti con contraenti in mala fede.<br />

È chiaro che l'impostazione in questa sede seguita comporta una valutazione ben più complessa di quella derivante<br />

dall'automatica applicazione della teoria della caducazione, dovendosi ogni volta operare in distinguishing tra<br />

contraente in buona e mala fede, distinzione, di sicuro, non semplice da compiere sul piano operativo, specie in<br />

mancanza di una tipizzazione giurisprudenziale del contraente in buona e mala fede. A tal fine, peraltro, potrebbe<br />

innanzitutto soccorrere l'esperienza tedesca ove viene stabilito che "il beneficiario (di un provvedimento) non si può<br />

appellare all'affidamento qualora egli 1) abbia ottenuto l'atto amministrativo mediante dolo, minaccia o corruzione; 2)<br />

abbia ottenuto l'atto amministrativo mediante dichiarazioni sostanzialmente erronee o incomplete ..." (33) . Inoltre<br />

potrebbe essere utile il richiamo alla giurisprudenza comunitaria ove, a proposito della responsabilità degli stati per<br />

inadempimento al diritto comunitario, è previsto che non vi può essere affidamento in caso di richiesta di benefici<br />

contrastanti con una norma precisa ed estremamente chiara; oppure quando si chieda un beneficio negato da<br />

giurisprudenza consolidata; etc.<br />

Il rapporto tra annullamento d'ufficio ex art. 21-nonies e quello per risparmio di spesa di cui all'art. 1, comma 136, L.<br />

311/2004<br />

Rimane, peraltro, sospeso l'interrogativo di quale sia il corretto rapporto intercorrente tra l'annullamento d'ufficio ex art.<br />

21-nonies e quello previsto dall'art. 1, comma 136, L. n. 311/2004.<br />

In ipotesi, difatti, si potrebbe sostenere che in base al principio secondo cui lex specialis derogat generali, nella materia<br />

dell'autotutela incidente su rapporti contrattuali opererebbe quella che si pone in rapporto di specialità, ovvero<br />

l'annullamento per risparmio di spesa (34) .<br />

Specie, per quanto concerne, il caso in esame, la questione non è indifferente, atteso che l'annullamento delle delibere e<br />

determinazione dirette ad autorizzare la stipula di Irs comporta, in caso di incidenza economica negativa sulle pubbliche<br />

amministrazioni, un evidente risparmio di spesa.<br />

La questione pur non essendo affrontata funditus dalla sentenza in commento, merita di essere valutata.<br />

A ben vedere tra le due disposizioni esaminate non sussiste un rapporto di esclusione, ma di complementarità, nel senso<br />

che le medesime operano per casi ed ipotesi differenti.<br />

Come evidenziato in letteratura il tratto differenziale è dato dal fatto che nel caso di annullamento per risparmio di<br />

spesa non è richiesta da parte dell'amministrazione una ponderazione con l'interesse pubblico (35) , mentre nel caso di<br />

annullamento d'ufficio (ex art. 21-nonies), occorre svolgere una ponderazione che tenga conto dell'interesse pubblico<br />

attuale, delle situazioni di affidamento e del principio di proporzionalità (36) . Sembrerebbe che il legislatore, in tal modo,<br />

si sia ispirato a quel filone giurisprudenziale che vede come in re ipsa l'interesse all'annullamento di provvedimenti di<br />

indebita erogazione di benefici economici (37) .<br />

Ulteriore tratto differenziale (come sopra evidenziato) è la diversa tutela apprestata al contraente in buona fede. Nel<br />

caso di annullamento d'ufficio, per giurisprudenza consolidata, la situazione di legittimo affidamento risulta come<br />

fattispecie preclusiva all'invalidazione del provvedimento, laddove l'amministrazione non motivi sull'interesse concreto<br />

ed attuale all'annullamento (38) ; costituisce, inoltre, limite all'annullamento anche il decorso del tempo oltre un termine<br />

ragionevole; infine, l'annullamento d'ufficio posto in essere violando i canoni di correttezza e buona fede può essere<br />

468


fonte di responsabilità precontrattuale (39) .<br />

Diversamente, nel caso dell'annullamento per risparmio di spesa "la tutela dell'affidamento si risolve nella previsione<br />

del termine decadenziale triennale e nell'obbligo di tenere indenni i privati stessi dall'eventuale pregiudizio patrimoniale<br />

derivante" (40) .<br />

In sostanza la tutela dell'affidamento trova un apprezzamento normativo differente: nel caso dell'annullamento ex art.<br />

21-nonies la tutela del contraente in buona fede è in forma specifica, poiché, in forza degli artt. 23 e 25 del codice<br />

civile, gli effetti dall'autotutela non sono opponibili e quindi i diritti del rapporto negoziale vengono fatti salvi; nel caso<br />

del risparmio di spesa, l'annullamento incide proprio sul rapporto negoziale con il contraente in buona fede, il quale,<br />

tuttavia, vede tutelato il proprio affidamento in forma monetaria, mediante l'obbligo di corresponsione<br />

dell'indennizzo (41) .<br />

Sicché l'annullamento per risparmio di spesa sembra proprio preordinato a derogare alla disciplina generale in tema di<br />

annullamento incidente su rapporti negoziali con contraenti in buona fede, attraverso una tutela monetaria e non in<br />

forma specifica di questi ultimi.<br />

Laddove, invece, il contraente privato sia in mala fede (essendosi comportato scorrettamente con la p.a.) l'annullamento<br />

per risparmio di spesa non potrà essere esperito, poiché si arriverebbe all'assurdo di indennizzare un contraente non<br />

meritevole di tutela (cioè quello in mala fede) e di imbrigliare il potere di annullamento in un regime temporale di<br />

favore quale è quello decadenziale di tre anni. In quest'ultima ipotesi la strada da percorrere è l'annullamento d'ufficio<br />

ex art. 21-nonies, che travolge i diritti dei contraenti in mala fede.<br />

In definitiva con entrambe le tipologie di annullamento si mira ad incidere sul rapporto negoziale, privandone gli effetti:<br />

tuttavia, in quello per risparmio di spesa, posto a tutela del contraente in buona fede, quest'ultimo ha diritto<br />

all'indennizzo, monetizzando la sua posizione di legittimo affidamento.<br />

Ragion per cui tra le due norme non vi è un rapporto di esclusione, ma di complementarità: difatti, fermo restando il<br />

comune obiettivo di privare di efficacia il rapporto negoziale, l'annullamento per risparmio di spesa potrà essere<br />

adottato laddove il destinatario sia un contraente in buona fede, mentre quello ex art. 21-nonies per quello in mala fede.<br />

La giurisdizione sull'inefficacia del rapporto negoziale (a seguito di annullamento d'ufficio)<br />

Profili problematici sono posti anche dalla questione di giurisdizione. Sotto questo aspetto, la pronuncia in commento,<br />

partendo dall'assunto che l'annullamento produce un effetto caducante ritiene sussistente la giurisdizione del giudice<br />

amministrativo. In particolare, come già messo in evidenza amplius supra, il Consiglio di Stato ritiene sussistente la<br />

propria giurisdizione in ragione del fatto che gli artt. 121 e 122 del c.p.a. attribuiscono esclusivamente al g.a. i poteri di<br />

decisione (e valutazione) dell'efficacia del contratto a seguito dell'annullamento dell'aggiudicazione. Aggiungendo che<br />

sarebbe irragionevole diversificare la disciplina in esame (riconoscendo la giurisdizione al giudice ordinario) nel caso di<br />

annullamento d'ufficio (42) .<br />

Le predette conclusioni sembrano essere sostanzialmente persuasive nei risultati, anche se a parere di chi scrive diverso<br />

sarebbe dovuto essere l'iter argomentativo.<br />

A tal fine, va, innanzitutto, puntualizzato che seguendo la tesi in questa sede prospettata, la privazione degli effetti del<br />

contratto non deriva da meccanismi di ordine processuale (quale la caducazione), ma dalle norme di diritto sostanziale<br />

che dispongono l'opponibilità dell'annullamento d'ufficio al terzo in buona fede (dietro indennizzo) ed a quello in mala<br />

fede.<br />

Come chiarito sempre da Guido Greco questa situazione di opponibilità determina sostanzialmente un'inefficacia del<br />

rapporto negoziale, discendente direttamente dall'annullamento d'ufficio: "l'annullamento del procedimento<br />

amministrativo di formazione della volontà contrattuale produrrà immediati effetti travolgenti sull'assetto contrattuale",<br />

determinando una situazione di opponibilità comportante "l'inefficacia nei confronti dell'ente" (43) .<br />

469


Detta inefficacia, peraltro, non è per nulla riconducibile a quella prevista rispettivamente negli artt. 121 e 122 del codice<br />

dei contratti: queste ultime disposizioni, difatti, prevedono l'inefficacia del contratto da disporsi a seguito<br />

dell'annullamento giurisdizionale del provvedimento di aggiudicazione definitiva; inefficacia che non deriva<br />

direttamente dall'annullamento, ma è frutto di una pronuncia costitutiva del giudice amministrativo in cui sono valutati<br />

gli interessi contrapposti del ricorrente, dell'amministrazione e dell'aggiudicatario.<br />

L'inefficacia derivante, invece, dall'annullamento d'ufficio, ha una disciplina di carattere sostanziale, e comporta un<br />

regime di opponibilità/inopponibilità, in cui il giudice ha un potere di mero accertamento, dovendo valutare solo se il<br />

contraente sia in una situazione di buona o mala fede.<br />

Su questo tipo di inefficacia sostanziale sussiste ragionevolmente la giurisdizione del giudice amministrativo per un<br />

plurimo ordine di ragioni.<br />

Bisogna, difatti, rammentare che, secondo i più felici approdi cui è giunta la moderna letteratura, tra provvedimento e<br />

contratto (nella procedura di evidenza pubblica) non vi è una netta cesura, poiché aggiudicazione definitiva e stipula del<br />

contratto fanno parte del medesimo episodio di vita: "la vicenda giuridica del contratto amministrativo dà luogo ad un<br />

procedimento unitario, perché unico è l'interesse sottostante (pubblico e per il mercato ad un tempo)" (44) . Impiegando,<br />

altrimenti, una categoria giuridica mutuata dall'esperienza francese, aggiudicazione del contratto e stipula del medesimo<br />

sono racchiusi nella figura unitaria dell'operazione amministrativa: con quest'ultima locuzione, difatti, s'intende "il<br />

complesso delle attività necessarie al conseguimento di un unico risultato pratico" (45) . Nel caso in esame l'evidenza<br />

pubblica è preordinata alla stipula del contratto, per cui tra il momento pubblicistico e quello privatistico non vi è<br />

cesura, poiché, anzi, vi è unitarietà, data, per l'appunto, dal contenitore dell'operazione amministrativa.<br />

Sicché la vicenda genetica del contratto non rientra tra i diritti disponibili, ma, come correttamente messo in evidenza<br />

anche dalla sentenza annotata, tra situazioni soggettive intimamente connesse all'esercizio di poteri amministrativi. Per<br />

quanto riguarda - più in particolare - l'annullamento d'ufficio del provvedimento di aggiudicazione, la situazione<br />

soggettiva di cui è portatore il contraente che si vede opposta l'inefficacia del contratto sembra avere, infatti, la<br />

consistenza dell'interesse legittimo. Difatti, una volta che l'amministrazione abbia annullato d'ufficio l'aggiudicazione, il<br />

contraente in buona fede (da indennizzare) o quello in mala fede vedranno opporsi il medesimo annullamento, ovvero il<br />

travolgimento dei diritti nascenti dal rapporto negoziale da parte dell'atto di autotutela: l'opponibilità dell'annullamento,<br />

non facendo salvi i diritti dei terzi, comporta ex se che la situazione soggettiva del contraente sia di interesse legittimo<br />

(non essendo più salvi i propri diritti). Ragion per cui il contraente, colpito dall'annullamento d'ufficio, è portatore di un<br />

interesse legittimo oppositivo all'inefficacia del contratto prodottasi ipso iure, che potrà essere fatto valere dinnanzi al<br />

giudice degli interessi - ovvero quello amministrativo - mediante un'azione di accertamento (46) .<br />

Un secondo ordine di ragioni a favore della giurisdizione in capo al g.a. viene dalla lettura delle disposizioni contenute<br />

nel c.p.a. Sotto questo profilo la sentenza in commento, giova ancora ricordarlo, radica la propria giurisdizione negli<br />

artt. 121 e 122: si è già detto che questo riferimento non appare corretto. Peraltro non va dimenticato che l'art. 133 del<br />

c.p.a. attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo "le controversie relative ... alla dichiarazione di<br />

inefficacia del contratto". Sicché parrebbe devoluta alla cognizione del g.a la cognizione, in sede di giurisdizione<br />

esclusiva, anche dell'inefficacia del contratto derivante da annullamento d'ufficio.<br />

Si potrebbe, peraltro, obiettare - come del resto è stato fatto di recente per questione diversa ma simile (47) - che la<br />

giurisdizione esclusiva in materia di inefficacia del contratto si riferisca solamente alle controversie oggetto della<br />

direttiva ricorsi, e quindi riguarderebbe solo l'inefficacia funzionale al subentro nel contratto. Tuttavia, una ipotetica<br />

lettura, diretta, ad attribuire al giudice ordinario la cognizione sulla sorte del contratto derivante da annullamento<br />

d'ufficio, risulterebbe essere irragionevole, non potendosi ammettere una diversificazione di giurisdizione a seconda che<br />

l'annullamento venga disposto dal giudice o dall'amministrazione: come è unitario l'episodio di vita celato dietro<br />

l'operazione amministrativa di attribuzione del contratto, unitario deve essere il suo giudice. Unicuique suum.<br />

-----------------------<br />

(1) Gli swap sono contratti a termine; essi prevedono lo scambio a termine di flussi di cassa, calcolati con modalità stabilite alla<br />

stipulazione del contratto. Questo sistema può permettere di annullare il rischio connesso per esempio alle fluttuazioni dei tassi di<br />

interesse o di cambio. L'interest Rate Swap è il contratto swap più diffuso, con il quale due parti si accordano per scambiarsi<br />

reciprocamente, per un periodo di tempo predefinito al momento della stipula, pagamenti calcolati sulla base di tassi di interesse<br />

differenti e predefiniti, applicati ad un capitale nozionale. Da sottolineare che non c'è scambio di capitali, ma solo di flussi<br />

corrispondenti al differenziale fra i due interessi (di solito uno fisso ed uno variabile): http://it.wikipedia.org/wiki/InterestRateSwap.<br />

470


(2) Su tali problematiche v. F. Caputo Nassetti, Contratto swap con ente pubblico territoriale con pagamento upfront, in Giur.<br />

Comm., 2011, 196 ss. V. anche F. Fracchia, Giudice amministrativo, crisi finanziaria globale e mercati, in Annuario Aipda 2009,<br />

Napoli, 2010, 605 ss.<br />

(3) I costi impliciti od occulti sono quei costi non evidenziati né nella presentazione delle offerte, né all'atto della stipula dei contratti,<br />

ma appurati solo successivamente a quest'ultima.<br />

(4) È un metodo di valutazione, utilizzato nell'ambito dei mercati dei futures e delle opzioni, in base al quale il valore della posizione<br />

netta di ciascun operatore viene determinato quotidianamente sulla base degli ultimi prezzi di mercato: nel caso degli interest rate<br />

swap è il prezzo che il cliente dovrebbe pagare, in base alla valutazione di mercato, per recedere dal contratto di swap. Nella pratica<br />

il mark to market è di sovente molto elevato per cui risulta oneroso per il cliente recedere dal contratto.<br />

(5) Trib. Bari, 15 luglio 2010 e Trib. Pescara, 12 aprile 2010, con nota di G. Orefice e A. Pisapia, L'invalidità dei contratti di swap e<br />

Interest rate swap, in Contratti, 2011, 244 ss.; Trib. Rimini, 12 ottobre 2010, n. 1523; Trib. Milano, 23 maggio 2011; Trib. Orvieto,<br />

ord. 21 ottobre 2011. Contra Trib. Bologna, 14 dicembre 2009, con nota di S. Vesentini, Il giudice civile si pronuncia sui derivati<br />

utilizzati dagli enti locali: l'up front nei contratti di interest rate swap, in Resp. Civ., 2010, 821 ss.<br />

(6) Per un primo inquadramento di tale disposizione v., ex multis, G. Ferrari, Art. 21-nonies, in A. Bartolini, S. Fantini, G. Ferrari (a<br />

cura di), Codice dell'azione amministrativa e delle responsabilità, Roma, 2010, 625 ss.<br />

(7) T.A.R. Campania, Napoli, sez., I, 16 febbraio 2009, n. 826.<br />

(8) Ex multis T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 8 febbraio 2006, n. 1794.<br />

(9) Cons. Stato, sez. IV, 31 ottobre 2006, n. 6456;in termini Cons. Stato, sez. V, 10 settembre 2009, n. 5427.<br />

(10) Così G. Greco, Illegittimo affidamento dell'appalto, sorte del contratto e sanzioni alternative nel D.Lgs. 53/2010, in<br />

www.giustamm.it (vedilo anche in Riv. It. Dir. Pubbl. Com., 2010, 729 ss.)<br />

(11) Cons. Stato, sez. V, 4 gennaio 2011, n. 11.<br />

(12) Cons. Stato, Ad. Plen., 3 giugno 2011, n. 10.<br />

(13) Ancora Cons. Stato, Ad. Plen., 3 giugno 2011, n. 10.<br />

(14) In termini T.A.R. Toscana, 11 novembre 2010, n. 6579, riformata dalla sentenza in commento.<br />

(15) È questa sostanzialmente la tesi di P. Virga, Caducazione dell'atto amministrativo per effetto travolgente dell'annullamento<br />

giurisdizionale, in Studi in memoria di E. Guicciardi, Padova, 1975, 698.<br />

(16) Così autorevolmente F. G. Scoca, Annullamento dell'aggiudicazione e sorte del contratto, in www.giustamm.it (anche in Foro<br />

Amm. TAR, 2007, 797 ss.).<br />

(17) La necessità di osservare il principio di legalità nel campo dell'attività contrattuale della pubblica amministrazione è ben<br />

evidenziata da D. de Pretis, L'attività contrattuale della p.a. e l'articolo 1-bis della legge n. 241 del 1990: l'attività non autoritativa<br />

secondo le regole del diritto privato e il principio di specialità, in F. Mastragostino (a cura di), Tipicità e atipicità nei contratti<br />

pubblici, Bologna, 2007, 29 ss., ove correttamente evidenzia che detta necessità è ancor più avvertita a seguito dell'introduzione del<br />

comma 1-bis dell'art. 1, L. n. 241/90: è, infatti, evidente che detta disposizione laddove esplicita che la pubblica amministrazione<br />

"agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente", pare "escludere, in materia contrattuale, la<br />

validità di deroghe al diritto comune in favore dell'amministrazione che non derivino da un'espressa disposizione di legge, ma<br />

semplicemente da una prassi amministrativa o dalla giurisprudenza applicativa" (p. 40). Per conclusioni analoghe v. M. Renna, Il<br />

regime delle obbligazioni nascenti dall'accordo amministrativo, in S. Civitarese Matteucci, L. del Federico (a cura di), Azione<br />

amministrativa ed azione impositiva tra autorità e consenso, Milano, 2010, 161 ss. Per la traiettoria storica (in fase recessiva) dei<br />

privilegi della p.a. v. A. Benedetti, I contratti della pubblica amministrazione tra specialità e diritto comune, Torino, 1999.<br />

(18) Così E. Sticchi Damiani, Annullamento dell'aggiudicazione e inefficacia funzionale del contratto, in www.giustamm.it (anche in<br />

Dir. Proc. Amm., 2011, 240 ss.).<br />

471


(19) Così ancora E. Sticchi Damiani, Annullamento dell'aggiudicazione e inefficacia funzionale del contratto, cit.<br />

(20) Non è questa la sede per approfondire la tematica in esame, rinviando ad A. Bartolini, S. Fantini, F. Figorilli, Il decreto di<br />

recepimento della direttiva ricorsi, in questa Rivista, 2010, 661 ss.<br />

(21) Ancora E. Sticchi Damiani, Annullamento dell'aggiudicazione e inefficacia funzionale del contratto, cit. È importante inoltre<br />

rammentare che nel nostro ordinamento oramai vige una forte limitazione dei poteri impliciti: su questa tematica v. G. Morbidelli, Il<br />

principio di legalità e i c.d. poteri impliciti, in www.giustamm.it (pure in Dir. Amm., 2007, 703 ss.).<br />

(22) Per una disamina congiunta delle due disposizioni, anche se sotto il profilo indennitario, v. G. Manfredi, Le indennità di<br />

autotutela, in Dir. Amm., 2008, 163 ss. e più in generale F. Romoli, L'autotutela sull'evidenza pubblica e il contratto. Spunti<br />

problematici e prospettive, ivi, 599 ss.<br />

(23) L'art. 21-quinquies, comma 1-bis, L. n. 241/90 così dispone: "ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o<br />

istantanea incida su rapporti negoziali, l'indennizzo liquidato dall'amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno<br />

emergente e tiene conto sia dell'eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell'atto amministrativo<br />

oggetto di revoca all'interesse pubblico, sia dell'eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all'erronea valutazione della<br />

compatibilità di tale atto con l'interesse pubblico".<br />

L'art. 1, comma 136, L. n. 311/2004, prevede che: "al fine di conseguire risparmi o minori oneri finanziari per le amministrazioni<br />

pubbliche, può sempre essere disposto l'annullamento di ufficio di provvedimenti amministrativi illegittimi, anche se l'esecuzione<br />

degli stessi sia ancora in corso. L'annullamento di cui al primo periodo di provvedimenti incidenti su rapporti contrattuali o<br />

convenzionali con privati deve tenere indenni i privati stessi dall'eventuale pregiudizio patrimoniale derivante, e comunque non può<br />

essere adottato oltre tre anni dall'acquisizione di efficacia del provvedimento, anche se la relativa esecuzione sia perdurante".<br />

(24) Sulle problematiche di ordine indennitario, oltre al già richiamato G. Manfredi, Le indennità di autotutela, cit., 163 ss., si vedano<br />

pure i contributi di R. Giovagnoli, Autotutela e risparmio di spesa nella finanziaria 2005, in questa Rivista, 2005, 395 ss. ed Id., I<br />

criteri per la quantificazione dell'indennizzo in caso di revoca del provvedimento: le novità del decreto Bersani, ivi, 2007, 401 ss.<br />

(25) Per interessanti notazioni sulla problematica relativa agli atti di autotutela incidenti su rapporti negoziali v. S. Fantini, La revoca<br />

dei provvedimenti incidenti su rapporti negoziali, in www.giustamm.it (anche in Dir. Proc. Amm., 2009, 1 ss.).<br />

(26) È questa la già ricordata opinione di G. Greco, Illegittimo affidamento dell'appalto, sorte del contratto e sanzioni alternative nel<br />

D.Lgs. 53/2010, cit.<br />

(27) Su questa posizione, come già visto, v. E. Sticchi Damiani, Annullamento dell'aggiudicazione e inefficacia funzionale del<br />

contratto, cit.<br />

(28) Anche la "dottrina giurisprudenziale" è favorevole ad ammettere che l'autotutela possa incidere su rapporti negoziali: S. Fantini,<br />

La revoca dei provvedimenti incidenti su rapporti negoziali, cit.; G. Tulumello, Riflessioni a margine della decisione n. 9 del 2008<br />

dell'A.P. del Consiglio di Stato, sull'attuale modello di tutela processuale degli interessi legittimi, e sul rapporto fra provvedimento e<br />

contratto, in www.giustamm.it; F. Romoli, L'autotutela, cit., 624, è a favore della tesi dell'invalidità derivata.<br />

(29) In questo senso già S. Fantini, La revoca dei provvedimenti incidenti su rapporti negoziali, cit.<br />

(30) Ci si riferisce a G. Greco, I contratti dell'amministrazione tra diritto pubblico e privato. I contratti ad evidenza pubblica, Milano,<br />

1986, 130 ss.<br />

(31) G. Greco, I contratti dell'amministrazione, cit., 137.<br />

(32) Ancora G. Greco, op. cit., 138. Come osservato dal medesimo Greco e più recentemente da F. G. Scoca, Annullamento<br />

dell'aggiudicazione e sorte del contratto, cit., inoltre tali disposizioni hanno carattere di principio generale dell'ordinamento atteso<br />

che anche gli artt. 2377 e 2388, in materia di s.p.a., stabiliscono regole analoghe.<br />

(33) Così il par. 48 della legge tedesca sul procedimento amministrativo richiamato da G. Manfredi, Le indennità di autotutela, cit.,<br />

177.<br />

472


(34) Per le diverse opzioni sul regime intercorrente tra le due discipline vedi per maggiori approfondimenti G. Manfredi,<br />

Annullamento d'ufficio, tutela dell'affidamento, indennità, in questa Rivista, 2007, 1433 ss.<br />

(35) Tuttavia T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 23 febbraio 2007, n. 362, ritiene che anche in siffatta fattispecie si debba procedere<br />

alla ponderazione.<br />

(36) Così sostanzialmente R. Giovagnoli, Autotutela, cit. In termini dubitativi, invece, G. Manfredi, Le indennità di autotutela, cit.,<br />

197 ss.<br />

(37) La notazione è condivisa sia da R. Giovagnoli, op. cit., che da G. Manfredi, op. cit., 184.<br />

(38) Ex multis Cons. Stato, sez. V, 24 settembre 2003, n. 5444.<br />

(39) V. ad es. Cons. Stato, sez. V, 16 marzo 2011, n. 1627;T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 14 febbraio 2011, n. 1392;T.A.R. Lazio,<br />

Roma, sez. I-bis, 11 luglio 2006, n. 5766. Cons. Stato, sez. V, 30 novembre 2007, n. 6137, ritiene che non sussista responsabilità<br />

precontrattuale quando l'annullamento è tempestivo.<br />

(40) Così esattamente G. Manfredi, Annullamento d'ufficio, tutela dell'affidamento, indennità, cit.<br />

(41) Si tratta di una fenomenologia che molto spesso trova attuazione anche in fattispecie diverse da quella in esame: "quando la<br />

ragionevole ponderazione degli interessi implica il sacrificio della tutela dell'affidamento, la tutela dell'affidamento non viene meno,<br />

ma si sposta sul suo equivalente pecuniario" (F. Merusi, Buona fede e affidamento nel diritto pubblico. Dagli anni trenta<br />

all'alternanza, Milano, 2001, 15).<br />

(42) Non sembra essere di questa opinione Cass., Sez. U., 30 dicembre 2011, n. 30167, pubblicata all'atto di andare in stampa.<br />

(43) G. Greco, I contratti, cit., 141 e 142.<br />

(44) Così correttamente A. Angiuli, Contratto pubblico e sindacato del giudice amministrativo, in Annuario Aipda, cit. 111.<br />

(45) Così D. D'Orsogna, Contributo allo studio dell'operazione amministrativa, Napoli, 2005, 207.<br />

(46) Non è questa la sede per affrontare la vexata quaestio dell'azione di accertamento nel processo amministrativo. Sembra, peraltro,<br />

che l'orientamento prevalente sia diretto ad ammettere timidamente detta azione, nonostante il rumoroso silenzio del c.p.a.: v. Cons.<br />

Stato, Ad. Plen., 29 luglio 2011, n. 15 e più di recente T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 25 novembre 2011, n. 1807.<br />

(47) Ci si riferisce a Cass., Sez. Un., 30 dicembre 2011, n. 30167, dove la suprema Corte ha dichiarato la giurisdizione del g.o. sulla<br />

sorte del contratto societario a seguito di annullamento giurisdizionale del g.a. del provvedimento a monte.<br />

473


PROVVEDIMENTI DI AUTOTUTELA E LORO QUALIFICAZIONE: NUOVO CONFLITTO SULLA<br />

GIURISDIZIONE?<br />

Stefano Salvatore Scoca<br />

Cass. civ. Sez. Unite Ordinanza, 29 maggio 2012, n. 8515<br />

FONTE
Giur. It., 2012, 11<br />

Sommario: 1. Premessa: la questione controversa. - 2. L'atto impugnato e la sua qualificazione - 3. Le procedure di<br />

scelta del contraente per i derivati pubblici. - 4. Il precedente del Consiglio di Stato e quelli del giudice ordinario. - 5.<br />

La giurisdizione in materia.<br />

1. Premessa: la questione controversa.<br />

La pronuncia in commento sembra (ri)aprire un conflitto sul piano della giurisdizione con il giudice amministrativo in<br />

materia di attività contrattuale dell'amministrazione(1). Nel caso di specie si dibatteva sulla natura di atti adottati<br />

dall'amministrazione pubblica destinati a incidere in via mediata (o immediata) sui contratti di finanza derivata stipulati<br />

da un ente locale con un istituto di credito(2). Il punctum dolens consiste nella verifica, e conseguente valutazione, della<br />

natura dell'attività effettivamente posta in essere dall'amministrazione: se riferibile ad atti amministrativi, ovvero ad atti<br />

negoziali. La questione, sebbene non sia direttamente connessa con il tema dell'evidenza pubblica, richiama per molti<br />

aspetti vicende assai tormentate e risolte a livello normativo solo con il D.Lgs. n. 53/2010, e successivamente con il<br />

codice del processo amministrativo(3). In sostanza ritorna all'attenzione il problema della sorte di un atto negoziale in<br />

qualche modo legato a un provvedimento dell'amministrazione; anche se, occorre specificare, nel caso in esame è<br />

opportuno indagare previamente la natura dell'atto dell'amministrazione e l'oggetto che esso abbia. La scelta consente di<br />

verificare se l'amministrazione abbia posto in essere un'attività amministrativa, ovvero un'attività negoziale, con<br />

trasposizione della giurisdizione rispettivamente presso il giudice amministrativo od ordinario. Il tutto, però, passa, da<br />

un lato, per il filtro dell'atto impugnato, dall'altro, dipende da come viene qualificato il rapporto processuale dedotto in<br />

giudizio. Sembra che si possa sin da subito evidenziare come la suprema Corte nel caso in parola abbia optato per la<br />

verifica del rapporto sostanziale dedotto attraverso l'impugnazione dell'atto dell'amministrazione (la cui natura dunque è<br />

da accertare). In tal senso, milita l'inciso nel quale la Corte afferma che nella ''sostanza'' si dibatte della validità del<br />

contratto, non dunque della legittimità del provvedimento impugnato.<br />

Invero, dalla scarna motivazione contenuta nell'ordinanza in parola non è dato rilevare se la ricorrente abbia impugnato<br />

degli atti negoziali (unilaterali) posti in essere dall'amministrazione, ovvero degli atti amministrativi di autotutela posti<br />

in essere dall'ente pubblico, e aventi a oggetto i provvedimenti amministrativi antecedenti la stipula del contratto. Tale<br />

distinzione appare essenziale al fine di riuscire a individuare il discrimine sul quale la suprema Corte ha operato la<br />

propria statuizione. Tuttavia, la Cassazione ha chiaramente affermato trattarsi di atti negoziali idonei a coinvolgere<br />

situazioni di diritto soggettivo.<br />

2. L'atto impugnato e la sua qualificazione<br />

Questione preliminare risiede dunque nella qualificazione dell'atto impugnato: atto amministrativo di autotutela o<br />

negoziale. Se nel secondo caso non si pongono soverchi dubbi sul piano della giurisdizione, dovendosi concordare<br />

pienamente con il giudice della giurisdizione, risultati diversi devono ipotizzarsi laddove l'atto impugnato possa essere<br />

qualificato come un atto amministrativo di autotutela.<br />

È questo uno dei temi più problematici del diritto: la distinzione e il discrimine tra atti amministrativi e di diritto<br />

privato. Tale sede impone di procedere assai schematicamente rinviando ad altre fonti per gli opportuni<br />

approfondimenti dottrinali(4).<br />

Atto amministrativo è termine tecnico e preciso(5), ma allo stesso tempo con notevoli sfumature che ne connotano<br />

diversi significati(6).<br />

Nell'accezione più piena atto amministrativo dovrebbe essere l'atto con cui viene esercitata una funzione pubblica, e,<br />

conseguentemente, che sia soggettivamente (ossia emanato dall'amministrazione) e oggettivamente amministrativo<br />

474


(ossia soggetto a regime amministrativo).<br />

Laddove si volesse utilizzare tale nozione ''funzionale'' di atto amministrativo, allora, al fine di qualificare l'atto<br />

impugnato avanti la Cassazione sarebbe sufficiente verificare l'elemento funzionale. Tuttavia la differenza tra atto<br />

amministrativo e negoziale si rende più sfumata allorché si consideri la nozione dei c.d. atti autoritativi e non:<br />

caratterizzati, i primi, dalla imperatività in quanto è escluso che il destinatario di essi possa concorrere nella<br />

determinazione degli effetti(7). Quanto agli atti non autoritativi (richiamati dall'art. 1, comma 1 bis, legge n. 241/1990<br />

s.m.i.) secondo autorevole dottrina sono soggetti al diritto privato(8).<br />

Se queste sono le premesse da cui far partire l'indagine occorre rilevare che, in base al criterio funzionale, atto<br />

amministrativo è solo quello autoritativo emanato nell'esercizio di un potere pubblicistico; mentre l'atto non autoritativo<br />

è soltanto un atto ''soggettivamente'' dell'amministrazione.<br />

La pronuncia in commento, invero, aggira tale qualificazione andandosi a impuntare sulla natura sostanziale dell'atto<br />

impugnato. Invero, meglio sarebbe dire sugli effetti sostanziali dell'atto; o, meglio ancora, sull'intento che<br />

l'amministrazione si era prefissata allorché ha ritenuto di emanare i provvedimenti impugnati.<br />

Tali provvedimenti, emanati dall'amministrazione alla stregua di atti di autotutela, sono stati invece qualificati come atti<br />

negoziali in quanto finalizzati a dichiarare invalido il vincolo negoziale sorto con il contraente privato. In sostanza, la<br />

Cassazione ha negato la natura di tali atti come provvedimenti amministrativi.<br />

Al fine di verificarne la natura occorre valutare l'oggetto degli atti impugnati: essendo atti di secondo grado, si tratta di<br />

verificare se avevano a oggetto altri provvedimenti amministrativi antecedenti la stipula del contratto, ovvero<br />

dichiarazioni attinenti al vincolo negoziale.<br />

Nell'ipotesi in cui oggetto degli atti impugnati fossero altri provvedimenti amministrativi, la conseguenza è che<br />

l'amministrazione ha posto in essere un atto amministrativo di autotutela, in quanto tale impugnabile avanti il giudice<br />

amministrativo, potendosi al più indagare se, e in che modo, gli effetti dell'annullamento in autotutela potessero incidere<br />

sul contratto stipulato. Nell'ipotesi in cui oggetto di tali atti fosse invece il vincolo negoziale, allora appare evidente che<br />

trattasi di atto di natura privatistica, e, nella specie, però da ricostruirsi, come dichiarazione di non essere tenuti<br />

all'adempimento.<br />

Sembra che la suprema Corte abbia optato per tale seconda soluzione negando per tale via una qualsiasi valutazione<br />

pubblicistica agli atti impugnati.<br />

Qualora, invece, si attribuisse valore pubblicistico agli atti impugnati, allora si sarebbe risolta la questione con il c.d.<br />

doppio binario: annullamento dei provvedimenti avanti il G.A. e valutazione delle conseguenze sul contratto avanti il<br />

G.O.<br />

Sembra però che la Cassazione abbia voluto tener conto del rapporto dedotto in giudizio, obliterando la natura degli atti<br />

impugnati.<br />

3. Le procedure di scelta del contraente per i derivati pubblici.<br />

Uno dei presupposti dai quali muove la Cassazione nell'ordinanza in commento attiene alla constatazione che i contratti<br />

in questione erano stati stipulati senza alcuna procedura di evidenza pubblica. Tale elemento induce, innanzitutto, a<br />

verificare se detti contratti possano legittimamente essere stipulati senza l'esperimento di una gara, esulando<br />

dall'applicazione del D.Lgs. n. 163/2006, ovvero, se essi debbano seguire le ordinarie procedure di evidenza pubblica.<br />

È stato rilevato che tali contratti vengono stipulati seguendo la prassi di effettuare scelte fiduciarie(9), dunque con<br />

affidamento sostanzialmente diretto, in quanto sembrano rientrare nell'alveo previsionale di cui all'art. 19, comma 1,<br />

lett. d), del D.Lgs. n. 163/2006(10).<br />

Invero, l'inquadramento dei contratti di finanza derivata appare quanto mai complesso in ragione della non cristallina<br />

indicazione normativa. Al riguardo occorre rilevare come nell'elenco di cui all'Allegato IIA al D.Lgs. n. 163/2006, e<br />

475


dunque tra le figure assoggettate alla integrale applicazione del codice dei contratti, rientrino i contratti aventi a oggetto<br />

i servizi bancari e finanziari; nello stesso Allegato IIA compare, però, una postilla in forza della quale risultano esclusi<br />

da tale qualificazione i «contratti dei servizi finanziari relativi all'emissione, all'acquisto, alla vendita e al trasferimento<br />

di titoli o di altri strumenti finanziari, nonché dei servizi forniti da banche centrali»(11). Pertanto, se il genus dei servizi<br />

finanziari rientra nell'applicazione piena del D.Lgs. n. 163/2006, ne risultano escluse le species dei servizi finanziari<br />

relativi all'emissione, all'acquisto, alla vendita e al trasferimento di titoli o di altri strumenti finanziari.<br />

Se tale è l'ambito di applicazione, e se si ritiene che i contratti di finanza derivata rientrino nella specie indicata, allora<br />

essi otterranno la regolamentazione propria della disciplina dei contratti esclusi, con conseguente applicazione dell'art.<br />

27 del D.Lgs. n. 163/2006, che impone il rispetto dei principi dell'evidenza pubblica e una gara informale con invito<br />

rivolto ad almeno cinque operatori.<br />

Una volta operata la qualificazione nell'ambito dei contratti esclusi, appare coerente l'affidamento diretto anche se deve<br />

sempre essere garantito il rispetto dei principi indicati nell'art. 27 D.Lgs. n. 163/2006, i quali sembra si debbano ritenere<br />

non tassativi e passibili di integrazione con i principi di cui all'art. 2 D.Lgs. n. 163/2006, almeno di quelli<br />

compatibili(12).<br />

Tale interpretazione appare osteggiata nel momento applicativo, ma tuttavia confermata anche dalla Corte dei conti, la<br />

quale ha constatato che l'affidamento di tali operazioni finanziarie è intervenuto con l'individuazione diretta<br />

dell'intermediario finanziario(13).<br />

Tuttavia la Corte dei conti non ha invocato l'applicazione della disciplina comunitaria in materia di contratti pubblici,<br />

quanto quella interna relativa alla contabilità pubblica, la quale impone che la scelta di qualsiasi contraente, e quindi<br />

anche degli intermediari finanziari con i quali si vogliono negoziare operazioni di carattere finanziario, avvenga per il<br />

tramite di procedure selettive di natura concorsuale.<br />

Tali rilievi, pur condivisibili, depongono per la chiara applicazione dell'art. 27 D.Lgs. n. 163/2006, e, dunque, per<br />

l'esclusione delle regole dell'evidenza pubblica, anche se residua la cogenza dei principi indicati dall'articolo da ultimo<br />

menzionato.<br />

Tuttavia anche la non applicazione delle regole dell'evidenza pubblica, ma solo dei principi di cui all'art. 27 D.Lgs. n.<br />

163/2006, non esclude la giurisdizione del giudice amministrativo per le controversie in materia di scelta del contraente,<br />

né dovrebbe escludere l'applicazione degli artt. 120 e segg. D.Lgs. n. 104/2010 (c.p.a.) in caso di annullamento<br />

dell'aggiudicazione.<br />

Più arduo appare, invece, ritenere che spetti al giudice amministrativo la giurisdizione in caso di esercizio di<br />

annullamento in autotutela degli atti di gara, sebbene vi siano pronunce in tal senso(14).<br />

4. Il precedente del Consiglio di Stato e quelli del giudice ordinario.<br />

In una recente sentenza (interlocutoria) il Consiglio di Stato aveva preso una posizione opposta a quella adesso percorsa<br />

dalla Cassazione(15). Invero entrambi gli orientamenti hanno ampi argomenti di sostegno a seconda di come il giudice<br />

di volta in volta investito della questione voglia qualificare sia l'atto impugnato, sia il rapporto dedotto in giudizio; i due<br />

elementi appaiono connessi e funzionali all'individuazione del giudice con poteri giurisdizionali.<br />

La questione portata alla cognizione del Consiglio di Stato atteneva all'impugnazione di provvedimenti emanati<br />

dall'amministrazione provinciale con i quali si procedeva ad annullare in autotutela precedenti atti amministrativi, quali<br />

i provvedimenti di gara. In tale processo le appellanti sostenevano che i provvedimenti impugnati erano da considerarsi<br />

nulli perchésolo apparentemente costituivano esercizio di un potere amministrativo, laddove invece tramite essi<br />

l'amministrazione aveva inteso unilateralmente risolvere il contratto, adducendo a fondamento motivi che peraltro non<br />

riguardavano la fase procedimentale ad evidenza pubblica e la conseguente aggiudicazione, bensì consistevano in veri e<br />

propri vizi della volontà contrattuale, così che la controversia de qua apparteneva alla cognizione del giudice<br />

ordinario(16). Conseguentemente, il Consiglio di Stato ha cercato di qualificare i provvedimenti impugnati, ponendosi<br />

il dubbio se essi fossero espressione di un potere pubblicistico e, dunque, da inquadrare come provvedimenti<br />

amministrativi, ovvero se essi dovessero essere ritenuti atti negoziali.<br />

476


In estrema sintesi il Consiglio di Stato ha posto in essere il seguente ragionamento(17). Assodato che l'amministrazione<br />

ha il potere di annullare i provvedimenti di gara, e che l'aggiudicazione definitiva non costituisce un ostacolo<br />

insormontabile all'esercizio dell'autotutela demolitoria; allora gli atti impugnati sono provvedimenti amministrativi<br />

idonei a radicare la giurisdizione del giudice amministrativo(18). Quanto alla verifica in concreto del potere esercitato<br />

dall'amministrazione con i provvedimenti impugnati, i giudici di Palazzo Spada hanno ritenuto trattarsi di un vero e<br />

proprio potere di autotutela culminato nella determinazione dirigenziale impugnata, il quale non è stato «esercitato per<br />

sottrarsi puramente e semplicemente ad un contratto economicamente squilibrato, quanto piuttosto a causa della<br />

mancata corretta valutazione della convenienza economica che legittimava l'operazione di ristrutturazione del debito, ai<br />

sensi dell'art. 41 della L. 28 dicembre 2001, n. 448, e che come tale non rientrava nella ''causa'' del contratto di swap,<br />

costituendone piuttosto il presupposto logico-giuridico»(19).<br />

In base a tali argomentazioni il Consiglio di Stato ha riconosciuto natura provvedimentale e non negoziale agli atti<br />

impugnati, con conseguente affermazione della propria giurisdizione.<br />

Per quanto concerne la giurisdizione, il Consiglio di Stato ha ritenuto applicabile la disciplina di cui agli artt. 120 e<br />

segg. c.p.a. equiparando tout court l'annullamento giurisdizionale a quello in autotutela, e, conseguentemente, ha<br />

ritenuto di essere stato investito della speciale giurisdizione esclusiva (ex art. 133 c.p.a.(20)) introdotta in materia di<br />

contratti a evidenza pubblica.<br />

Il richiamo a tali passaggi appare essenziale in quanto consente di cogliere a pieno la disparità di vedute dei due giudici.<br />

Infatti, nella controversia decisa con l'ordinanza in commento le ricorrenti hanno prospettato la medesima tesi, trovando<br />

stavolta accoglimento da parte del giudice della giurisdizione, il quale ha dunque ritenuto che i provvedimenti<br />

impugnati avessero ad oggetto esclusivamente la risoluzione contrattuale, atteggiandosi in tal guisa ad atti negoziali<br />

idonei a radicare la giurisdizione presso il giudice ordinario.<br />

Appare utile anche un breve e sintetico richiamo ad alcune posizioni espresse dal giudice ordinario che<br />

precedentemente aveva affrontato le questioni di merito attinenti alla validità dei contratti di finanza derivata stipulati<br />

dalle amministrazioni.<br />

Tali giudizi, introdotti dagli enti locali, avevano ad oggetto la declaratoria di nullità dei richiamati contratti.<br />

Tra questi va segnalata la pronuncia del Tribunale di Bologna(21), che ha negato la nullità dei contratti stipulati<br />

dall'amministrazione comunale e l'istituto di credito, rilevando che le norme che consentono agli enti locali di accedere<br />

a questi strumenti finanziari (legge n. 448/2001 e D.M. 1° dicembre 2003, n. 389) li finalizzano strettamente al debito<br />

pubblico: con la conseguenza che si può impegnare con gli swap il denaro pubblico solo per ricuperare quello che serve<br />

a pagare i debiti altrimenti contratti e coprirne così il rischio; pertanto, l'ammontare del debito dell'ente pubblico entra<br />

nei contratti di swap solo virtualmente come capitale di riferimento perché faccia da parametro per il calcolo degli<br />

interessi. Pertanto, secondo tale giudice, la clausola up front, concretandosi nella mera attualizzazione degli interessi<br />

con conseguente sconto dei tassi dovuto all'anticipazione, non trasforma un contratto che ha la sua specifica funzione<br />

economica in un altro di diverso tipo e forma che le parti non vollero.<br />

Successivamente il giudice ordinario ha avuto modo di ulteriormente tornare sulla vicenda giungendo a dichiarare la<br />

nullità di tali contratti a cagione di diversi ordini di motivi.<br />

In particolare sembra che i giudici di merito ordinari abbiano operato sull'art. 23 del TUF e sull'art. 31 del Regolamento<br />

Consob intermediari al fine di rilevare la nullità dei contratti portati al loro vaglio.<br />

Trattasi, in sostanza, di una nullità formale a motivo della inefficacia della dichiarazione da parte del c.d. ''operatore<br />

qualificato'' ai sensi dell'art. 28, lett. b), Regolamento Consob intermediari n. 11522/98 in relazione all'art. 31, comma 1<br />

del medesimo Regolamento(22).<br />

In particolare, secondo tali pronunce la nullità dell'operazione finanziaria deriverebbe dalla mancanza di un contratto<br />

redatto per iscritto ai sensi dell'art. 23, comma 1, TUF, ovvero per inosservanza della forma prescritta, con conseguente<br />

nullità; laddove il contratto risulti essere stato sottoscritto solo dal cliente e non anche dall'intermediario, è ipotesi<br />

meramente astratta, giacché osta alla sua configurazione la qualità di operatore qualificato dell'intermediario.<br />

477


Appare utile rilevare che la questione dell'operatore qualificato, almeno per come è stata affrontata nelle pronunce<br />

indicate, appare superata con il recepimento della direttiva 2004/39/CE (MiFID — Markets in Financial Instruments<br />

Directive) e i successivi Regolamenti Consob(23), anche se le controversie attenevano a questioni disciplinate, ratione<br />

temporis, dal regolamento Consob n. 11522/1998.<br />

La questione afferiva alla qualifica dell'operatore così come recata dall'art. 23 TUF e dall'art. 31, comma 2 regolamento<br />

Consob n. 11522/98: ovvero se potesse ritenersi qualificato l'operatore solo in base alla dichiarazione, o fosse<br />

necessaria una verifica circa la sua reale ed effettiva competenza in operazioni finanziarie. I giudici di merito, seguendo<br />

l'orientamento della Cassazione(24), hanno ritenuto che la dichiarazione dell'intermediario deve essere corredata dalla<br />

specifica competenza.<br />

Accanto a queste pronunce il giudice di merito ordinario ha indicato un'altra via per dichiarare la nullità dei contratti di<br />

finanza derivata pubblica stipulati dagli enti locali. In particolare, è stato rilevato che i contratti di swap sottoscritti dagli<br />

enti locali che alla data della sottoscrizione presentino mark to market negativo (c.d. swap non par), ove non siano<br />

previsti interventi di riequilibrio sinallagmatico, debbano intendersi nulli per mancanza della causa in concreto(25).<br />

Tale conclusione deriva dal divieto, posto dall'art. 41 legge n. 448/2001, per gli enti locali di stipulare swap con<br />

funzione speculativa, con la conseguenza che lo squilibrio iniziale priva il contratto della funzione causale meramente<br />

conservativa, come imposta dal D.M. n. 389/2003, e risulta, quindi, incompatibile con la funzione di ammortamento e<br />

ristrutturazione del debito(26).<br />

5. La giurisdizione in materia.<br />

Nella pronuncia in commento la Cassazione accede alla tesi delle ricorrenti, per cui l'atto impugnato era un «illegittimo<br />

e abnorme provvedimento di autotutela, avente per oggetto la pretesa nullità di negozi di diritto privato»; e decide<br />

rilevando che trattasi, nella sostanza, di atti di natura negoziale, dunque connotati da posizioni di diritto soggettivo.<br />

Si pongono nella vicenda in questione l'analisi e la verifica della natura dell'atto che ha posto in essere<br />

l'amministrazione, e, laddove se ne dovesse riconoscere la natura pubblicistica, la sua idoneità a incidere anche su<br />

contratti stipulati e non soltanto sui precedenti provvedimenti amministrativi; ovvero la qualificazione della<br />

dichiarazione di nullità contrattuale posta in essere dall'amministrazione in esito agli atti di autotutela, e, infine, se<br />

residuano margini di applicazione degli artt. 120 e segg. c.p.a. con giurisdizione del giudice amministrativo.<br />

In estrema sintesi, occorre verificare se l'annullamento in autotutela di provvedimenti e, conseguentemente, del<br />

contratto a valle, possa configurare una unica operazione idonea a caducare il contratto per vincolo di presupposizione,<br />

come sostiene il Consiglio di Stato, ovvero se esso sia atto a incidere solo su provvedimenti amministrativi, dovendosi<br />

arrestare a fronte di vincoli negoziali privatistici. Solo in seconda battuta si pone il problema se la normativa introdotta<br />

a seguito, e in applicazione, della direttiva ricorsi (2007/66/CE) si applichi unicamente ai provvedimenti giurisdizionali<br />

di annullamento degli atti di gara, ovvero anche a quelli in autotutela.<br />

Nella vicenda in esame sembra si possa rilevare come l'amministrazione abbia posto in essere atti di autotutela<br />

strumentali a incidere in via mediata sui contratti di finanza derivata stipulati, e, dunque, sia condivisibile quanto<br />

statuito dalla Cassazione nell'ordinanza in commento.<br />

Che le amministrazioni abbiano il potere di procedere con autotutela demolitoria rispetto agli atti di gara non pare<br />

dubbio(27); occorre, tuttavia, verificare il limite entro il quale il potere di autotutela delinea i propri effetti(28).<br />

In dottrina sembra ravvisarsi il dato comune nel riconoscere il limite degli effetti dell'autotutela ai soli atti<br />

amministrativi, lasciando impregiudicata l'attività negoziale, e dunque valutando l'irrilevanza del potere amministrativo<br />

rispetto al contratto stipulato(29).<br />

Le ragioni vanno ricercate proprio nel fatto che una volta stipulato il contratto l'amministrazione agisce iure privatorum<br />

con poteri di autonomia negoziale che non possono, pena la violazione del sinallagma contrattuale, unilateralmente<br />

sciogliere detto vincolo costituito e disciplinato ai sensi dell'art. 1372 c.c.<br />

D'altronde, in mancanza di una norma che attribuisca espressamente il potere a una delle parti del contratto (nella specie<br />

l'amministrazione) di poter sciogliere unilateralmente il vincolo negoziale, si avrebbe la più patente violazione del<br />

478


principio di legalità.<br />

Al riguardo tuttavia non si può non far menzione dell'art. 1, comma 136, L. 30 dicembre 2004, n. 311 (Finanziaria<br />

2005) che stabilisce una disciplina speciale degli atti di annullamento in autotutela che possono incidere su rapporti<br />

contrattuali o convenzionali limitatamente allo scopo di risparmio di spesa pubblica. A ben guardare tale norma<br />

potrebbe essere applicata nel caso di specie, anche se, tuttavia, non pare attribuire un generale potere di incisione<br />

contrattuale a favore della pubblica amministrazione a seguito di esercizio di autotutela. In sostanza la norma generale<br />

sull'annullamento di ufficio è recata dall'art. 21 nonies, legge n. 241/1990, mentre l'annullamento ex art. 1, comma 136,<br />

legge n. 311/2004 opera solo nel caso di contenimento della spesa. Ma nessuna delle due norme attribuisce un generale<br />

potere di incidere su atti negoziali. L'art. 1, comma 136 citato, operando come norma speciale impone<br />

all'amministrazione di valutare il risparmio che otterrebbe con l'annullamento di un provvedimento illegittimo che ha<br />

ricadute su atti negoziali, potendoli inficiare. Tuttavia una attenta lettura della norma in parola non garantisce un reale<br />

vantaggio dall'incisione sul rapporto negoziale, in quanto stabilisce che i privati, il cui contratto viene inciso a seguito di<br />

autotutela, devono essere tenuti indenni dall'eventuale pregiudizio patrimoniale derivante. Tale locuzione impone di<br />

ritenere che non sia previsto un indennizzo, quanto piuttosto una forma risarcitoria.<br />

A ogni buon conto nel caso in parola la norma può essere ragionevolmente invocata. Ma, se così fosse, sarebbe stato<br />

compito dell'amministrazione di richiamarla quale presupposto dell'esercizio del proprio potere di autotutela.<br />

Discorso differente è da fare con riferimento alla previsione di un generale potere di incidere unilateralmente sui<br />

contratti stipulati da parte dell'amministrazione. In tale ipotesi laddove si volesse reperire la norma attributiva del potere<br />

di sciogliere unilateralmente il vincolo negoziale a favore di una delle due parti (in specie quella pubblica) occorrerebbe<br />

operare sulle innovazioni legislative introdotte a seguito della direttiva ricorsi, ma nessuna di esse sembra militare nel<br />

senso di estendere tale potere anche alle amministrazioni.<br />

In primo luogo non appare, infatti, applicabile l'istituto dell'analogia, né legis, né tantomeno iuris.<br />

Quanto a quest'ultima, l'attribuzione di un potere tale all'amministrazione si scontra con i basilari principi<br />

dell'autonomia negoziale e dell'attività di diritto privato delle pubbliche amministrazioni. Quanto all'analogia legis essa<br />

appare di difficile applicazione sol che si veda l'oggetto delle norme, le quali sono eminentemente processuali e<br />

attribuiscono tale ''speciale potere'' solo al giudice amministrativo. Tanto la direttiva ricorsi quanto il c.p.a. (artt. 120 e<br />

segg.) si riferiscono esclusivamente al giudice attribuendo a esso, e solo a esso, il potere di incidere sul contratto avendo<br />

riguardo agli interessi sottesi in giuoco. A ben vedere la direttiva ricorsi, che sul punto appariva più ampia<br />

dell'applicazione fattane dal legislatore interno, non ha mai consentito una interpretazione tanto estesa da farvi rientrare<br />

le stesse amministrazioni (o le parti) contraenti, ma parla in senso più lato di ''organi di ricorso'', dunque soggetti terzi al<br />

rapporto contrattuale.<br />

Ammettere, dunque, la possibilità che l'amministrazione possa unilateralmente sciogliersi dal vincolo contrattuale<br />

dichiarandone la nullità appare un'operazione che non può rivestire alcuna valenza pubblicistica, atteggiandosi, invece,<br />

a mera dichiarazione (con valenza negoziale) di non voler adempiere alle obbligazioni contrattuali, in quanto si ritiene<br />

che il contratto sia affetto da nullità. In sostanza l'amministrazione ha ritenuto di dichiarare la nullità del contratto non<br />

avendo tale potere e dovendosi intendere, invece, come mero potere unilaterale (negoziale) di non adempiere al<br />

contratto in quanto da essa ritenuto nullo. Tuttavia, a quanto risulta, ad oggi le amministrazioni sono sfornite del potere<br />

di dichiarare nulli gli atti negoziali, potendo la eventuale autotutela operare esclusivamente sugli atti di diritto pubblico<br />

da esse (in via unilaterale) posti in essere.<br />

Appare, dunque, condivisibile la posizione espressa dalla suprema Corte, che qualifica la dichiarazione<br />

dell'amministrazione alla stregua di un atto negoziale, nella specie dichiarazione di non voler adempiere, e, soprattutto,<br />

la verifica circa il rapporto della cui sostanza si controverte.<br />

Conseguentemente, laddove l'impugnazione delle ricorrenti si fosse rivolta alla sola legittimità del provvedimento di<br />

autotutela con effetti incidenti su atti amministrativi pregressi, la giurisdizione sarebbe stata quella del giudice<br />

amministrativo; laddove, come nel caso di specie, l'amministrazione con il provvedimento di autotutela abbia inteso<br />

travolgere il contratto allora si verte in tema di giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi di un comportamento<br />

inadempiente ''mascherato'' da dichiarazione (della parte) di nullità del contratto.<br />

Resta, infine, da verificare se sia in qualche modo applicabile la disciplina del c.p.a., con conseguente recupero, per<br />

479


altra via, della giurisdizione del giudice amministrativo.<br />

In particolare, restando impregiudicata la giurisdizione del giudice amministrativo sulla verifica di legittimità<br />

dell'esercizio dell'autotutela da parte dell'amministrazione, occorre stabilire se in tale giudizio lo stesso possa estendere<br />

la propria cognizione, laddove richiesto in virtù del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, anche alla<br />

verifica della sorte del contratto a seguito di annullamento degli atti di autotutela, con applicazione degli artt. 120 e<br />

segg. c.p.a.<br />

La soluzione della questione appare estremamente complessa.<br />

Una volta portata alla cognizione del giudice amministrativo l'intera vicenda, esso potrebbe estendere la propria<br />

cognizione anche al contratto, sebbene numerose siano le disposizioni che militano per la negazione della giurisdizione<br />

del giudice amministrativo.<br />

Valga quanto segue. L'art. 120 c.p.a. affida unicamente alla giurisdizione ''speciale'' del giudice amministrativo gli atti<br />

delle procedure di affidamento; in tale sede il giudice amministrativo può conoscere della efficacia dei contratti medio<br />

tempore stipulati. Se queste sono le premesse, occorre verificare se gli atti di autotutela involgenti i provvedimenti delle<br />

procedure di affidamento rientrino nella ''speciale'' cognizione del giudice amministrativo, ovvero integrano la ordinaria<br />

giurisdizione di legittimità di detto plesso giurisdizionale. Nel primo caso essi sarebbero attratti dallo speciale regime<br />

processuale, nel secondo ne esulerebbero.<br />

Sembra che, in forza di una interpretazione estensiva dell'art. 120 c.p.a., la locuzione «gli atti delle procedure di<br />

affidamento» possa includere anche quelli in autotutela, sicché il giudice amministrativo potrà conoscere in detto rito<br />

speciale anche delle conseguenze sul contratto. Invero l'ipotesi non è peregrina in quanto sarà il giudice, e non<br />

l'amministrazione, a dichiarare la sorte che spetterà al contratto a seguito del vaglio di legittimità sui provvedimenti di<br />

autotutela.<br />

Tuttavia tale ricostruzione si espone a dubbi laddove si dia luogo ad un'interpretazione coerente delle norme.<br />

La disciplina recata dal c.p.a. non consente comunque al giudice amministrativo di estendere il proprio sindacato sulla<br />

fase di esecuzione del contratto. Nel caso di specie si è rilevato che la dichiarazione operata dall'amministrazione in<br />

sede di autotutela altro non è se non una dichiarazione di non voler adempiere al contratto, in quanto sospetto di nullità.<br />

Tale fase rientra pienamente nella esecuzione contrattuale affidata alla giurisdizione del giudice ordinario(30).<br />

A ciò si aggiungano ulteriori due considerazioni.<br />

In primo luogo, la giurisdizione ''speciale'' del giudice amministrativo risulta ammessa solo per la verifica della efficacia<br />

del contratto; conseguentemente, non è consentita l'azione di nullità, in materia, volta ad accertare la nullità negoziale.<br />

Ammettere una simile ipotesi significherebbe ancora una volta ledere il principio di legalità e la tassatività delle azioni<br />

processuali da intendersi come necessario limite all'esercizio dei poteri giurisdizionali, e ciò soprattutto laddove si<br />

consideri che il c.p.a. ha espressamente rinunciato all'azione c.d. atipica, propendendo per azioni tipiche e negando una<br />

generalità dell'azione dichiarativa.<br />

In secondo luogo, nel caso in esame non si chiedeva che il contratto fosse dichiarato inefficace, ma che<br />

l'inadempimento dell'amministrazione fosse accertato quale mancata esecuzione contrattuale.<br />

Tale situazione, però, ha il pregio di dimostrare che la soluzione legislativa adottata in applicazione della direttiva<br />

ricorsi risulta parzialmente efficace, in quanto idonea a superare l'impasse che si era creata, ma non coerente con la<br />

teoria generale del diritto, e dunque tendenzialmente non risolutiva delle diverse e variegate ipotesi che si verranno a<br />

profilare nel corso del tempo. Appare auspicabile una riforma della disciplina applicativa della direttiva ricorsi in<br />

maniera conforme alla teoria generale del diritto.<br />

-----------------------<br />

(1) Con una recente pronuncia il Consiglio di Stato aveva affermato la propria giurisdizione in tema di provvedimenti di autotutela su<br />

strumenti di finanza derivata; tale statuizione, aliena alla pronuncia in commento, ma a essa antecedente, ha determinato, da parte<br />

delle ricorrenti in Cassazione, la necessità di adire preventivamente il giudice amministrativo onde sollevare in quella sede<br />

480


egolamento preventivo di giurisdizione. Cons. di Stato, Sez. V, 7 settembre 2011, n. 5032, in Foro Amm. CdS, 2011, 2769; in Giorn.<br />

Dir. Amm., 2012, 394 e segg., con nota di Cortese, Le operazioni con strumenti finanziari derivati e l'autotutela amministrativa; in<br />

Resp Civ., 2012, 42, con nota di Fantetti, L'annullabilità in autotutela dei contratti derivati; annotata da Ucciardello, Potere di<br />

autotutela, strumenti derivati e finanza pubblica alla luce della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 7 settembre 2011, n. 5032, in<br />

Ianus, 5, 2011, 341 e segg. Controversie di merito, attinenti alla validità dei contratti di finanza derivata stipulati dagli enti locali,<br />

avevano avuto sbocco in qualche pronuncia del giudice ordinario: tra queste Trib. Bologna, Sez. II, 14 dicembre 2009, n. 5244, in<br />

Dir. e Giust., 2010 (s.m.), con nota di Zamagni-Cedrini, La clausola ''up front'' non cambierebbe l'inquadramento dello ''swap'' in<br />

mutuo, parola di Tribunale. E anche i piccoli Comuni erano abilitati al rischio di sovraindebitarsi, ivi, 75 e segg. In altre pronunce i<br />

giudici ordinari hanno mutato orientamento: Trib. Milano, Sez. VI civ., 14 aprile 2011, n. 5118, in dirittobancario.it; Id. Rimini, Sez.<br />

civ., 12 ottobre 2010, n. 1523.<br />

(2) La Banca d'Italia con circolare n. 299/99, definisce i derivati come contratti che insistono su elementi di altri schemi negoziali,<br />

quali valute, tassi di interesse, tassi di cambio, indici di borsa ed il cui valore economico deriva dal valore del titolo sottostante o da<br />

altri elementi di riferimento. Recentemente sull'utilizzo degli strumenti finanziari da parte degli enti pubblici Fracchia, Giudice<br />

amministrativo, crisi finanziaria globale e mercati, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2010, 451 e segg.; Scognamiglio, Profili di<br />

costituzionalità dei limiti all'utilizzo degli strumenti finanziari derivati da parte degli enti territoriali, in Banca Borsa, 2011, 18 e<br />

segg.; Antonioli, Enti pubblici e strumenti finanziari: i nuovi confini della finanza globale, in Dir. Eco., 2011, 19 e segg.; Carleo-<br />

Mottura-Mottura, I derivati nel bilancio degli enti locali: alcuni elementi per una corretta lettura delle risultanze contabili, in Foro<br />

Amm. TAR, 2011, 1085 e segg.; Ferrero, Profili civilistici dei nuovi strumenti finanziari, in Riv. Dir. Comm., 1992, 635 e segg.;<br />

Agostinelli, Le operazioni di swap e la struttura contrattuale sottostante, in Banca Borsa, 1997, I, 126; Irrera, voce ''Swaps'', in<br />

Digesto Comm., XV, Torino, 1998, 314; Girino, I contratti derivati, Milano, 2010; Carriero, La crisi dei mercati finanziari:<br />

disorganici appunti di un giurista, in Scritti di diritto dell'economia a cura di Carriero, Milano, 2010, 329 e segg.; Atelli (a cura di),<br />

Gli strumenti derivati negli enti locali, Milano, 2008; Monorchio-Mottura, Derivati e finanza pubblica. Considerazioni sul dibattito<br />

in Italia tra enti e banche, in Economia italiana, n. 1, 2010; Pardi, Strumenti finanziari derivati ed enti locali : una relazione difficile,<br />

in Riv. Corte Conti, 2009, 234 e segg.; Speca, Indebitamento e ristrutturazione del debito degli enti locali: spunti di riflessione alla<br />

luce della circolare del ministero dell'economia e delle finanze n. 8 del 17 febbraio 2006, in www.giustamm.it, 12/2006.<br />

(3) Sulla tematica da ultimo Benetazzo, Contratti della P.A. e annullamento dell'aggiudicazione, Padova, 2012; Massera, Lo Stato<br />

che contratta e che si accorda, Pisa, 2011, spec. 305 e segg.<br />

(4) Per tutti M.S. Giannini, Atto amministrativo, in Enc. Dir., IV, Milano, 1959, 157 e segg.; Sorace, Atto amministrativo, in Enc.<br />

Dir., Annali, III, Milano, 2010, 46 e segg.; Villata-Ramajoli, Il provvedimento amministrativo, Torino, 2006, passim, e ivi per ampi<br />

approfondimenti e richiami dottrinali.<br />

(5) Occorre doverosamente premettere che non si intende in questa sede operare la distinzione tra i vari atti amministrativi e i<br />

provvedimenti amministrativi e quali siano le differenze tra essi.<br />

(6) Sorace, op. ult. cit., 47-48 rileva che il sintagma ''atto amministrativo'' viene usato in tre significati diversi: atto della<br />

amministrazione; atto di amministrazione; atto sottoposto a regime amministrativo.<br />

(7) Sorace, op. ult. cit., 54.<br />

(8) Sorace, op. ult. cit., 87.<br />

(9) In tal senso Fracchia, op. ult. cit., 462.<br />

(10) Tali sono i contratti «concernenti servizi finanziari relativi all'emissione, all'acquisto, alla vendita e al trasferimento di titoli o di<br />

altri strumenti finanziari, in particolare le operazioni di approvvigionamento in denaro o capitale delle stazioni appaltanti, nonché i<br />

servizi forniti dalla Banca d'Italia». Per una ricostruzione sul tema Taccogna, I mutui degli enti pubblici tra affidamento mediante<br />

gara e ricorso diretto alla Cassa Depositi e Prestiti, in Urb e Appalti, 2009, 5 e segg.<br />

(11) Allegato IIA, elenco dei servizi di cui all'art. 20 e 21: Categoria n. 6. Denominazione: Servizi finanziari: a) servizi assicurativi;<br />

b) servizi bancari e finanziari. Numero di riferimento CPC: ex 81, 812, 814. Numero di riferimento CPV: da 66100000-1 a<br />

66430000-3 e da 67110000-1 a 67262000-1. Tuttavia la postilla dispone: «Ad esclusione dei contratti dei servizi finanziari relativi<br />

all'emissione, all'acquisto, alla vendita e al trasferimento di titoli o di altri strumenti finanziari, nonché dei servizi forniti da banche<br />

centrali».<br />

(12) In tal senso Cons. di Stato, Ad. plen., 1° agosto 2011, n. 16, in Foro Amm. CdS, 2011, 2326 e segg. laddove stabilisce che l'art.<br />

27 in parola è inteso a porre un principio di rispetto di regole minimali di evidenza pubblica, a tutela della concorrenza e del mercato,<br />

seppure tali regole minimali vengono imposte da un lato solo ai soggetti che ricadono nell'ambito di applicazione del codice degli<br />

appalti e delle direttive comunitarie di cui costituisce recepimento, e per i contratti esclusi comunque menzionati nel codice, dall'altro<br />

481


lato ai contratti nominati ma esenti, e non anche ai contratti estranei. Stante quanto innanzi, qualora, come nella specie, l'appalto<br />

risulti estraneo sia ai settori speciali, sia ai settori ordinari, sia all'art. 27, di cui al D.Lgs. n. 163/2006, oltre che sottratto ai principi<br />

dei Trattati, va affermato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e per converso la giurisdizione del giudice ordinario.<br />

(13) Corte Conti, Sez. riun. contr., Indagine conoscitiva sull'utilizzo e la diffusione degli strumenti di finanza derivata e delle<br />

cartolarizzazioni nelle pubbliche amministrazioni, Senato della Repubblica VI Commissione «Finanze e tesoro», 18 febbraio 2009,<br />

34.<br />

(14) Cons. di Stato, Sez. V, 4 gennaio 2011, n. 11, in Foro Amm CdS, 2011, 151 (s.m.) laddove afferma che la stretta<br />

consequenzialità tra l'aggiudicazione della gara pubblica e la stipula del relativo contratto, e, nella specie, l'annullamento a seguito di<br />

autotutela degli atti della procedura amministrativa, comporta la caducazione automatica degli effetti negoziali del contratto<br />

successivamente stipulato, stante la preordinazione funzionale tra tali atti. Non avendo il contratto una autonomia propria è destinato<br />

a subire gli effetti del vizio che affligge il provvedimento cui è inscindibilmente collegato restando ''caducato'' a seguito<br />

dell'annullamento degli atti che ne hanno determinato la sottoscrizione. In termini Cons. di Stato, Sez. V, 20 ottobre 2010, n. 7578, in<br />

Foro Amm CdS, 2010, 2150 (s.m.).<br />

(15) Cons. di Stato, Sez. V, 7 settembre 2011, n. 5032, cit.<br />

(16) Cons. di Stato, Sez. V, 7 settembre 2011, n. 5032, cit., punto VI.1.<br />

(17) Per una chiara e schematica ricostruzione del ragionamento seguito dal Consiglio di Stato Cortese, Le operazioni con strumenti<br />

finanziari derivati e l'autotutela amministrativa, cit.; Bartolini, Annullamento d'ufficio e sorte del contratto: il caso degli interest rate<br />

swaps, in Urb. e App., 2012, 197 e segg.<br />

(18) In tal senso ex multis Cons. di Stato Sez. VI, ord., 12 novembre 2009, n. 5652, in Urb. e App., 2009, 454 con nota di Usai,<br />

Revoca dell'aggiudicazione e comunicazione di avvio del procedimento; Id, Sez. V, 12 febbraio 2010, n. 743, in Corr. Giur., 2010,<br />

878 con nota a cura di L. Carbone e D'Adamo con la collaborazione di Dell'Oro.<br />

(19) Cons. di Stato, Sez. V, 7 settembre 2011, n. 5032, cit., punto VI.1.3.2.<br />

(20) Sulla natura della giurisdizione in tale materia si è registrato un ampio dibattito dottrinario. Per tutti Follieri, I poteri del giudice<br />

amministrativo nel decreto legislativo 20 marzo 2010 n. 53 e negli artt. 120-124 del codice del processo amministrativo, in Dir.<br />

Proc. Amm., 2010, 1067; Cintioli, Le innovazioni del processo amministrativo sui contratti pubblici (ancora in difesa del processo di<br />

parti), ivi, 2012, 3 e segg.<br />

(21) Trib. Bologna, Sez. II, 14 dicembre 2009, n. 5244, cit.<br />

(22) In tal senso Trib. Rimini, 12 ottobre 2010, n. 1523, cit.; Id. Bari, Sez. IV, ord. 15 luglio 2010, in Foro It., 2010, I, 3220; Id.<br />

Pescara, ord. 12 aprile 2010, in Contratti, 244 con note di Orefice, L'invalidità dei contratti di swap e interest rate swap, ivi, 244, e<br />

Pisapia, L'invalidità dei contratti di swap e interest rate swap, ivi, 247.<br />

(23) Direttiva recepita con D.Lgs. 17 settembre 2007, n. 164. Regolamenti Consob n. 16190 del 29 ottobre 2007 (e successivamente<br />

modificato con delibere n. 16736 del 18 dicembre 2008, n. 17581 del 3 dicembre 2010 e n. 18210 del 9 maggio 2012) e n. 16191 del<br />

29 ottobre 2007 (e successivamente modificato con delibere n. 16530 del 25 giugno 2008, n. 16850 del 1 aprile 2009, n. 17221 del 12<br />

marzo 2010, n. 17389 del 23 giugno 2010, n. 18079 del 20 gennaio 2012 e n. 18214 del 9 maggio 2012)<br />

(24) Cass., Sez. I, 26 maggio 2009, n. 12138, in Foro It., 2010, I, 121, con nota di La Rocca, Gli ''operatori qualificati'' in<br />

Cassazione: un altro capitolo del difficile rapporto della Suprema corte con il diritto privato del mercato finanziario.<br />

(25) Sulla causa in concreto ex multis, Cass., Sez. I, 4 agosto 1988, n. 4825, in Giur. It., 1989, I,1, 67; Id., 8 maggio 2006, n. 10490,<br />

in Contratti, 2007, 621 e segg., con nota di Rimoldi, La causa quale ragione in concreto del singolo contratto; Id., Sez. III, 24 luglio<br />

2007, n. 16315, in Giur. It., 2008, 5, 1133; Id., Sez. III, 1 aprile 2011, n. 7557, in Giust. Civ. Mass., 2011, 529. Quanto alla causa<br />

rileva la Corte dei Conti, Indagine conoscitiva sull'utilizzo e la diffusione degli strumenti di finanza derivata e delle cartolarizzazioni<br />

nelle pubbliche amministrazioni, cit., 8 che «la mancata funzionalizzazione del contratto all'andamento dei rischi connessi<br />

all'indebitamento dell'ente si riflette sulla causa genetica dei contratti di swap di tasso di interesse, facendola venire meno».<br />

(26) In tal senso Trib. Milano, Sez. VI, 14 aprile 2011, n.5118, cit.; nello stesso senso Id. Orvieto, 12 aprile 2012. Sebbene il<br />

richiamo alla causa in concreto non appare l'unica strada per dichiarare la nullità di tali contratti in quanto era sufficiente il richiamo<br />

alla nullità per violazione di norme imperative.<br />

482


(27) In tal senso ex multis Cons. di Stato, Sez. V, 4 gennaio 2011, n. 11, cit.; Id, Sez. V, 20 ottobre 2010, n. 7578, cit.<br />

(28) In tema spunti in Sticchi Damiani, Annullamento dell'aggiudicazione e inefficacia funzionale del contratto, in Dir. Proc. Amm.,<br />

2011, 240; Cicero-Fosci, Riflessioni in tema di invalidità derivata dei contratti pubblici, in Resp. Civ. e Prev., 2009, 925; Vinti,<br />

Quali rimedi per la salvaguardia dell'interesse legittimo al cospetto dei negozi giuridici? il giudice del riparto e i legislatori<br />

(comunitario e domestico)alle prese con gli effetti dell'annullamento dell'aggiudicazione sul contratto di appalto pubblico, in Dir.<br />

Proc. Amm., 2008, 789; Scoca, Evidenza pubblica e contratto: profili sostanziali e processuali, Milano, 2008, 184 e segg.; Baldi,<br />

Aggiudicazione provvisoria e potere di autotutela della P.A., in Urb e Appalti, 2007, 1287.<br />

(29) Rileva condivisibilmente Sticchi Damiani, op. ult. cit., 251 che il potere di dichiarare l'inefficacia deve ritenersi riservato a<br />

un'espressa previsione normativa, se tale previsione è assente per quanto riguarda gli effetti dell'annullamento d'ufficio, se non opera,<br />

per eterogeneità dei presupposti, il meccanismo dell'analogia significa che l'amministrazione che annulla l'aggiudicazione non ha il<br />

potere di incidere direttamente e unilateralmente sull'efficacia del contratto. Nella stessa direzione sembra muoversi Cicero-Fosci, op.<br />

ult. cit., 928 laddove si rileva che l'automatica caducazione del contratto per effetto dell'annullamento in via di autotutela o di revoca<br />

dell'aggiudicazione, significa attribuire all'Amministrazione il potere di incidere unilateralmente sulle sorti del contratto, e consentire<br />

l'ingresso di poteri pubblici nell'ambito di un contesto contrattuale, eminentemente privatistico.<br />

(30) Da ultimo Cass., Sez. un., 5 aprile 2012, n. 5446, in Resp. Civ. e Prev., 2012, 995, laddove rileva che in tema di attività<br />

negoziale della P.A., rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario le controversie aventi ad oggetto tutti gli atti della serie<br />

negoziale successiva alla stipulazione del contratto, cioè non solo quelle che attengono al suo adempimento e quindi concernenti<br />

l'interpretazione dei diritti e degli obblighi delle parti, ma anche quelle volte ad accertare le condizioni di validità, efficacia, nullità o<br />

annullabilità del contratto, siano esse inerenti o estranee o sopravvenute alla struttura del contratto, comprese quelle derivanti da<br />

irregolarità o illegittimità della procedura amministrativa a monte e le fattispecie di radicale mancanza del procedimento di evidenza<br />

pubblica o sussistenza di vizi che ne affliggono singoli atti, accertabili incidentalmente da detto giudice, al quale le parti possono<br />

rivolgersi senza necessità del previo annullamento da parte del giudice amministrativo; nello stesso senso Cass., Sez. un., 30 marzo<br />

2009, n. 7578, in Giust. Civ. Mass., 2009, 545. Con riferimento alla scelta del socio nelle società miste, ma con identiche motivazioni<br />

con riferimento alle patologie contrattuali, Cass., Sez. un., 30 dicembre 2011, n. 30167, in Foro Amm. CdS, 2012, 539 (s.m.); Id.,<br />

Sez. un., 2 agosto 2011, n. 16856, in Giust. Civ. Mass., 2011, 1142.<br />

483


A GIURISDIZIONE SUL CONTRATTO FRA GIURISDIZIONE AMMINISTRATIVE E GIURISDIZIONE<br />

ORDINARIA: LA DISCIPLINA DEL C.P.A. E I NUOVI INTERROGATIVI<br />

Travi Aldo<br />

Cass. civ. Sez. Unite, 29 maggio 2012, n. 8515<br />

D.Lgs. 02-07-2010, n. 104, art. 120<br />

D.Lgs. 02-07-2010, n. 104, art. 121<br />

D.Lgs. 02-07-2010, n. 104, art. 133<br />

D.Lgs. 20-03-2010, n. 53<br />

FONTE
Urbanistica e appalti, 2012, 11, 1148<br />

Sommario: La tesi della Cassazione: la giurisdizione del giudice amministrativo sul contratto come competenza<br />

"accessoria" - (Segue): e il giudice civile come "giudice del contratto" - Disapplicazione del giudice ordinario e<br />

sovrapposizione delle tutele nel contenzioso sui contratti pubblici - La giurisdizione nel caso di annullamento d'ufficio<br />

(o di dichiarazione di nullità) dell'aggiudicazione - Una lacuna grave nella reazione alle patologie dell'attività negoziale<br />

dell'amministrazione - La giurisdizione rispetto ai contratti non assoggettati al codice dei contratti pubblici -<br />

Conclusioni: il nucleo del processo amministrativo attiene ancora alla questione di legittimità dei provvedimenti<br />

amministrativi<br />

La tesi della Cassazione: la giurisdizione del giudice amministrativo sul contratto come competenza "accessoria"<br />

L'ordinanza delle Sezioni Unite dichiara che spetta al giudice ordinario la vertenza insorta fra un istituto di credito e un<br />

ente locale, in merito a un contratto di finanza derivata di cui l'ente locale aveva dichiarato la nullità.<br />

L'ordinanza, specie se letta in relazione alla precedente pronuncia delle stesse Sezioni Unite 5 aprile 2012, n. 5446 (1) ,<br />

solleva alcuni interrogativi sul riparto di giurisdizione fra giudice amministrativo e giudice ordinario in tema di attività<br />

contrattuale dell'amministrazione. Questi interrogativi riguardano sia il riparto di giurisdizione rispetto ai contratti<br />

sottoposti al D.Lgs. n. 163/2006 (cd. codice dei contratti pubblici), o comunque contemplati nell'art. 120 e nell'art. 133,<br />

lett. e), n. 1, c.p.a., sia profili più particolari, che attengono al caso di specie.<br />

Sul piano generale, in discussione è il riparto fra giurisdizione civile e giurisdizione esclusiva. Nonostante sia emerso di<br />

recente in dottrina un orientamento che minimizza il rilievo aggiuntivo della giurisdizione esclusiva rispetto alla<br />

giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo (2) , il confronto con la giurisdizione civile ha una sua<br />

specificità che riguarda proprio la giurisdizione esclusiva. In particolare risultano estranee le considerazioni inerenti alle<br />

situazioni giuridiche soggettive: è necessario invece procedere secondo la logica della "materia" e capire come si<br />

confrontino insieme la giurisdizione civile e la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle controversie sui<br />

contratti pubblici.<br />

La posizione della Cassazione, quale si desume dall'ordinanza in commento e dall'ordinanza n. 5446/2012, sembra<br />

sintetizzabile in questa formula: se la domanda concerne in via principale l'efficacia e la validità del vincolo<br />

contrattuale, e perciò non sia richiesta una pronuncia sul procedimento amministrativo "a monte", la giurisdizione spetta<br />

al giudice ordinario. A questa stregua, la giurisdizione del giudice amministrativo vale invece per le controversie sul<br />

procedimento amministrativo: in tale caso, e in tale caso soltanto, il giudice amministrativo può pronunciarsi anche<br />

sull'efficacia del contratto, ai sensi dell'art. 121 ss. c.p.a.<br />

Se questo è il modello che ispira le Sezioni Unite, sembrano opportune alcune considerazioni.<br />

484


(Segue): e il giudice civile come "giudice del contratto"<br />

Il modello di riparto prospettato prima nel D.Lgs. 20 marzo 2010, n. 53, e successivamente recepito e integrato negli<br />

artt. 121 ss. c.p.a. assegna al giudice amministrativo "che annulla l'aggiudicazione definitiva" la competenza a<br />

dichiarare anche l'inefficacia del contratto. Analogamente dispone, in tema di giurisdizione esclusiva, l'art. 133, lett. e),<br />

n. 1, c.p.a. Il riferimento all'annullamento dell'aggiudicazione definitiva probabilmente non può essere assunto in<br />

termini tassativi (3) . Tuttavia dalle disposizioni del D.Lgs. n. 53/2010 ed oggi del codice si deduce ancora, con una certa<br />

chiarezza, che il giudice amministrativo non è il giudice del contratto; il giudice del contratto è il giudice civile e il<br />

giudice amministrativo può pronunciarsi sull'efficacia del contratto solo in quanto abbia accolto un ricorso proposto<br />

contro l'atto amministrativo di individuazione del contraente ("aggiudicazione definitiva") o comunque idoneo a<br />

travolgere il procedimento amministrativo "a monte".<br />

A questi fini non è decisivo stabilire se la dichiarazione di inefficacia del contratto (che risulta comunque necessaria e<br />

infungibile, anche ai sensi dell'art. 121 c.p.a. (4) ) possa essere pronunciata solo in presenza di una domanda della parte<br />

(soluzione che pare più ragionevole (5) ) o se invece possa essere pronunciata anche d'ufficio: questa tematica,<br />

indubbiamente centrale per altri versi (perché attiene alla coerenza del nuovo processo amministrativo col principio<br />

della domanda (6) ), qui interessa meno. Invece è importante che, nell'assetto del codice, la dichiarazione di inefficacia<br />

del contratto da parte del giudice amministrativo sia un segmento di una pronuncia che ha al centro l'attività<br />

amministrativa "a monte" del contratto. Il codice non riserva al giudice amministrativo la giurisdizione sul contratto: gli<br />

assegna, invece, il compito di determinare gli effetti della pronuncia di annullamento dell'aggiudicazione rispetto al<br />

contratto.<br />

Forse, per descrivere questa situazione, qualcuno potrebbe invocare il fenomeno della connessione: in realtà nell'art.<br />

121 c.p.a., più che al caso di due azioni distinte che sia opportuno trattare insieme, si deve porre l'attenzione<br />

sull'esigenza di definire tutti gli effetti dell'annullamento di un provvedimento che ha la particolarità di essere il<br />

presupposto di un contratto. Nell'art. 121 c.p.a. la dichiarazione di inefficacia del contratto non è dissociabile<br />

dall'annullamento dell'aggiudicazione (7) . Anzi, a ben vedere, le incertezze riscontrate nell'attuazione del principio della<br />

domanda negli artt. 121-124 c.p.a. trovano causa anche nella circostanza che il legislatore non ha neppure considerato la<br />

prospettiva della pluralità di domande, che possano essere riunite, per ragioni di connessione, davanti a una sola<br />

giurisdizione.<br />

Disapplicazione del giudice ordinario e sovrapposizione delle tutele nel contenzioso sui contratti pubblici<br />

Se dunque il ricorrente non chiede l'annullamento dell'aggiudicazione, la controversia sul contratto non spetta al giudice<br />

amministrativo, ma spetta al giudice ordinario: questa è, se non sbaglio, la soluzione accolta dalle Sezioni Unite.<br />

Tuttavia questa soluzione, pur lineare nei suoi termini generali, suscita alcuni interrogativi, non appena la questione di<br />

diritto venga ambientata in una controversia concreta.<br />

Innanzi tutto alcuni interrogativi sono suscitati dalla soluzione accolta dalle Sezioni Unite nell'ordinanza n. 5446/2012,<br />

secondo cui la controversia sul contratto devoluta al giudice civile potrebbe estendersi alla verifica della legittimità del<br />

procedimento amministrativo "a monte": il giudice civile potrebbe conoscere di tale legittimità ai fini di pronunciarsi<br />

sulla validità o sull'efficacia del contratto, esercitando il potere di "disapplicazione" previsto dagli artt. 4 e 5 della legge<br />

di abolizione del contenzioso amministrativo. Questa soluzione solleva alcuni dubbi di ordine sostanziale e di ordine<br />

processuale.<br />

Per il profilo sostanziale, suscita dubbi - a maggior ragione dopo il D.Lgs. n. 53/2010 e il codice del processo<br />

amministrativo - che una cognizione incidentale sulla illegittimità dell'aggiudicazione possa travolgere il contratto.<br />

Dell'autonomia del contratto rispetto all'aggiudicazione è stato scritto ampiamente; tuttavia la dichiarazione di<br />

inefficacia del contratto, in conseguenza dei vizi dell'aggiudicazione, nelle disposizioni in esame trova ragione in una<br />

pronuncia costitutiva, di annullamento dell'aggiudicazione. Rispetto ad una pronuncia del genere, la disapplicazione è<br />

comunque un fenomeno diverso. Di conseguenza non sembra sufficiente prescindere dagli effetti dell'aggiudicazione,<br />

per dichiarare l'inefficacia del contratto, ma sarebbe necessario piuttosto che l'aggiudicazione venisse formalmente<br />

caducata.<br />

485


Per il profilo processuale risulta singolare la concorrenza, che le Sezioni Unite finiscono con l'ammettere, fra<br />

l'impugnazione dell'aggiudicazione avanti al giudice amministrativo, che potrebbe comportare anche la dichiarazione<br />

d'inefficacia del contratto, e l'avvio di una controversia avanti al giudice civile sulla validità e sull'efficacia del<br />

contratto, per la cui decisione il giudice ordinario potrebbe verificare la legittimità dell'aggiudicazione nei termini della<br />

disapplicazione. In questo modo si ammette la possibilità di una sostanziale sovrapposizione della tutela offerta dalle<br />

due giurisdizioni, che finirebbero con l'avere un'ampiezza equivalente per lo meno quanto ad utilità offerte, e la cui<br />

selezione risulterebbe rimessa, in ultima analisi, alla formulazione della domanda da parte di chi promuove il giudizio.<br />

Certamente non si può dimenticare che un fenomeno del genere, benché raro, sia già riscontrabile nel nostro sistema di<br />

tutela nei confronti dell'amministrazione. Nella controversia di lavoro, il giudice civile può disapplicare gli atti<br />

presupposti che abbiano determinato la lesione di un diritto soggettivo del dipendente dell'amministrazione, anche se<br />

quest'ultimo avrebbe potuto impugnare direttamente tali atti presupposti (8) . Nel giudizio di opposizione a sanzione<br />

amministrativa, il giudice civile può disapplicare il regolamento la cui violazione è contestata all'opponente, anche se in<br />

ipotesi il regolamento avrebbe potuto essere impugnato direttamente dal cittadino. Ecc. Nel caso in esame, però, nella<br />

vicenda ricorre almeno un elemento ulteriore.<br />

Infatti, negli esempi proposti, la concorrenza fra annullamento e disapplicazione postula sempre la convinzione che il<br />

giudizio civile verta su situazioni diverse (il diritto del dipendente a un certo risultato; il diritto del preteso trasgressore<br />

a non essere sanzionato) rispetto a quella che potrebbe essere oggetto del giudizio amministrativo. Invece nel caso del<br />

contratto dell'amministrazione di cui si assuma l'illegittimità del procedimento amministrativo "a monte", sulla efficacia<br />

del contratto potrebbe pronunciarsi in via principale il giudice amministrativo (in conseguenza dell'annullamento<br />

dell'aggiudicazione, ai sensi dell'art. 121 c. p.a.), ovvero anche, alla stregua di quanto afferma la Cassazione, il giudice<br />

civile (previa disapplicazione del provvedimento dell'aggiudicazione, o della determinazione a contrarre, ecc.).<br />

Questa conclusione ripropone, per alcuni aspetti, problematiche affrontate alle origini, in tema di riparto di<br />

giurisdizione: in un sistema che aveva riguardo alla giurisdizione generale di legittimità, il rifiuto del criterio del<br />

petitum e di quello della prospettazione rispecchiavano appunto l'esigenza che rispetto a una certa vicenda vi potesse<br />

essere soltanto un giudice, per il ragionevole timore che la giurisdizione venisse piegata a una scelta di comodo<br />

dell'attore o del ricorrente. Rispetto alla giurisdizione esclusiva, queste ragioni non vengono meno per il fatto che il<br />

riparto non segua il criterio delle situazioni soggettive: anche il criterio della "materia" identifica un ordine nelle<br />

giurisdizioni e comporta perciò la riserva a un giudice di un ambito di giurisdizione. Di conseguenza anche in questo<br />

caso, seppure non assuma rilievo la qualificazione delle posizioni soggettive, non si può accettare che la giurisdizione<br />

venga subordinata alla formulazione della domanda. Fra l'altro, a ben vedere, la giurisdizione esclusiva risponde anche<br />

all'esigenza di circoscrivere le interferenze (quali la disapplicazione da parte del giudice civile o la cognizione<br />

incidentale del diritto da parte del giudice amministrativo) che si riscontrano invece quando il riparto riguardi la<br />

giurisdizione generale di legittimità. E la disapplicazione risponde a una logica "compensativa", di efficacia della tutela<br />

civile (si pensi all'art. 4 della legge di abolizione del contenzioso amministrativo), ma non a un criterio di<br />

istituzionalizzazione delle interferenze.<br />

Pertanto, nei casi previsti dall'art. 120 c.p.a., ove venga dedotta l'inefficacia del contratto per vizi del procedimento ad<br />

evidenza pubblica, la soluzione corretta non sembra rappresentata da un'azione civile di accertamento su cui si<br />

innesterebbe la disapplicazione degli atti del procedimento, ma è rappresentata dall'impugnazione avanti al giudice<br />

amministrativo degli stessi atti del procedimento. E non pare ragionevole limitare questa soluzione al caso della<br />

controversia promossa dal terzo risultato escluso dall'aggiudicazione e non estenderla anche al caso della controversia<br />

fra l'amministrazione e l'aggiudicatario-contraente, per lo meno ogni qual volta sia configurabile una legittimazione a<br />

ricorrere contro gli atti del procedimento.<br />

La giurisdizione nel caso di annullamento d'ufficio (o di dichiarazione di nullità) dell'aggiudicazione<br />

Ulteriori riflessioni sulla giurisdizione rispetto al contratto sono sollecitate dal caso che i vizi del procedimento<br />

amministrativo "a monte" siano già stati accertati direttamente dall'amministrazione con un atto col quale sia stata<br />

esclusa la produzione degli effetti del provvedimento finale. Nel caso deciso dalle Sezioni Unite, l'amministrazione<br />

comunale aveva dichiarato formalmente la nullità del contratto; più frequentemente, però, nel contenzioso sui cd.<br />

derivati, si è trattato di vizi del procedimento amministrativo che hanno determinato l'annullamento d'ufficio della<br />

determinazione a contrarre.<br />

486


La Quinta sezione del Consiglio di Stato, nella recente sentenza relativa a un contratto per strumenti finanziari derivati<br />

stipulato dalla Provincia di Pisa (9) , ha sostenuto che, anche in presenza di un annullamento d'ufficio degli atti<br />

amministrativi "a monte", la giurisdizione sull'efficacia del contratto spetterebbe sempre al giudice amministrativo:<br />

sarebbe «irragionevole» (scrive la Quinta sezione) ammettere «una reviviscenza del potere del giudice ordinario sulla<br />

sorte del contratto, allorquando l'annullamento dell'aggiudicazione (o degli atti ad essa presupposti) sia effetto<br />

dell'esercizio del potere di autotutela». L'annullamento d'ufficio della determinazione a contrarre (o degli atti ad essa<br />

equipollenti o preordinati) amputerebbe di una sua componente il sindacato del giudice amministrativo sulla vicenda<br />

contrattuale, ma ciò non giustificherebbe il sacrificio della giurisdizione amministrativa residua. La giurisdizione<br />

amministrativa non ha un ambito variabile, come è invece nella logica di chi ammette uno spostamento della<br />

giurisdizione "per connessione", ma ha un ambito suo proprio: di conseguenza sarebbe sempre riservata al giudice<br />

amministrativo la valutazione circa l'efficacia del contratto, in conseguenza di atti che abbiano travolto l'aggiudicazione<br />

perché illegittima.<br />

A questa stregua la soluzione non dovrebbe mutare neppure se l'amministrazione avesse dichiarato la nullità del<br />

provvedimento, anziché procedere al suo annullamento d'ufficio: l'ipotesi della nullità degli atti del procedimento<br />

amministrativo "a monte" del contratto non sposterebbe la giurisdizione, perché ricorrerebbe sempre lo stesso<br />

paradigma riconducibile all'art.121, comma 1, c.p.a. D'altra parte in questo caso la nullità degli atti del procedimento<br />

amministrativo non dovrebbe rappresentare un argomento per recuperare spazi per una cognizione principale del<br />

giudice ordinario: infatti, nei casi di giurisdizione esclusiva il giudice amministrativo è competente a pronunciarsi in via<br />

esclusiva anche sulla nullità di provvedimenti.<br />

In effetti, però, l'orientamento espresso dalla Quinta Sezione non sembra aver convinto alcuni giudici di merito, che<br />

hanno continuato a declinare la giurisdizione in vertenze del genere (10) . E, in definitiva, la posizione contraria alla<br />

giurisdizione del giudice amministrativo è condivisa anche dalle Sezioni Unite nell'ordinanza che si annota. Infatti dalla<br />

motivazione dell'ordinanza, pur molto stringata, si desume ("a contrario") che argomento decisivo a favore della<br />

giurisdizione ordinaria è stato il fatto che non fossero impugnati atti d'aggiudicazione. Di conseguenza, a quanto<br />

sembra, secondo la Cassazione, la circostanza che la questione della validità o dell'efficacia del contratto renda<br />

necessaria una verifica della legittimità di atti amministrativi non giustificherebbe alcuna deroga: il giudice<br />

amministrativo può intervenire sull'efficacia e sulla validità del contratto solo in conseguenza di una "sua" pronuncia di<br />

annullamento sulla procedura di affidamento. In ogni altro caso la giurisdizione spetta al giudice ordinario.<br />

Il profilo della disapplicazione assume, in casi del genere, un rilievo diverso e forse minore. Se l'amministrazione ha<br />

annullato d'ufficio l'aggiudicazione (definitiva), la controversia sulla validità e sull'efficacia del contratto ha come<br />

presupposto la mancanza di un'aggiudicazione efficace, e pertanto non si può neppure configurare una sentenza del<br />

giudice amministrativo di annullamento del provvedimento che possa travolgere il contratto. Nello stesso tempo, una<br />

disapplicazione da parte del giudice ordinario del provvedimento di annullamento d'ufficio dell'aggiudicazione<br />

susciterebbe le riserve già espresse sopra.<br />

Discorso in parte diverso potrebbe valere per il caso della dichiarazione di nullità, da parte dell'amministrazione, degli<br />

atti del procedimento. Si potrebbe rilevare che, diversamente dal caso dell'annullamento, l'intervento<br />

dell'amministrazione in questo caso non sarebbe infungibile e non avrebbe effetti costitutivi. In realtà non è per nulla<br />

scontato che alla "dichiarazione" di nullità dell'amministrazione possano estendersi i medesimi caratteri tipici della<br />

categoria della nullità: per esempio, con la dichiarazione di nullità, l'amministrazione intende senz'altro precludere che<br />

il suo precedente atto possa produrre effetti giuridici e anche ciò induce a ritenere, per lo meno, che la dichiarazione di<br />

nullità di un provvedimento amministrativo possa risultare anch'essa un provvedimento amministrativo, con ogni<br />

conseguente implicazione. Si può discutere forse se anche in un caso del genere il sindacato sulla nullità del<br />

provvedimento debba essere riservato al giudice amministrativo (11) . Ad ogni modo, anche in questo caso, la fattispecie<br />

risulta strutturalmente diversa da quella contemplata nell'art. 121, comma 1, c.p.a.<br />

Una lacuna grave nella reazione alle patologie dell'attività negoziale dell'amministrazione<br />

La conclusione cui sembra aderire la Cassazione, secondo cui al giudice amministrativo sarebbe assegnata la<br />

giurisdizione sull'inefficacia del contratto solo in presenza dell'impugnazione dell'aggiudicazione, appare coerente con<br />

le disposizioni sulla giurisdizione amministrativa in materia di attività contrattuale dell'amministrazione. Comporta però<br />

l'individuazione di una lacuna nel sistema complessivo introdotto prima dal D.Lgs. n. 53/2010, e poi riordinato nel<br />

codice del processo amministrativo (art. 120 ss.). La lacuna attiene alla mancanza di una disciplina adeguata per il caso<br />

487


di esercizio, da parte dell'amministrazione, di poteri di autotutela rispetto ad atti della procedura negoziale.<br />

La normativa vigente è modellata sul caso di annullamento giurisdizionale dell'affidamento del contratto (artt. 121-124<br />

c.p.a.). Gli apprezzamenti che la legge in questo caso assegna al giudice amministrativo non possono essere demandati<br />

anche all'amministrazione (12) . Ciò indubbiamente comporta scenari inusuali rispetto al rapporto fra giudice<br />

amministrativo ed amministrazione: va però considerato che il parallelismo fra poteri del giudice amministrativo e<br />

poteri d'autotutela dell'amministrazione vale solo per l'annullamento dell'atto amministrativo (di conseguenza, quando<br />

siano in gioco altre misure - come, in questo caso, la pronuncia sull'efficacia del contratto - l'argomento del parallelismo<br />

non è determinante).<br />

Per superare il problema è stato sostenuto che, una volta stipulato il contratto, l'autotutela amministrativa non potrebbe<br />

più essere esercitata.<br />

Questa soluzione non mi convince: a mio parere non si può negare all'amministrazione, in via generale, un potere di<br />

autotutela sui propri provvedimenti, a maggior ragione oggi, dopo l'entrata in vigore dell'art. 21-nonies della L. n.<br />

241/1990. Tale potere non si può negare neppure per il fatto che il codice dei contratti pubblici preveda espressamente<br />

una fase dedicata specificamente alla verifica della legittimità della procedura da parte della stazione appaltante (13) , e<br />

per il fatto che, per il caso di contenzioso, la legge processuale assegni al giudice amministrativo poteri estesi alla sorte<br />

del contratto (14) . Resta però da capire come nel caso di esercizio di poteri di autotutela che travolgano il provvedimento<br />

di affidamento possano essere garantiti i risultati che oggi, per effetto del legislatore comunitario, dovrebbero<br />

caratterizzare la reazione alle patologie dei procedimenti contrattuali (15) . Si tratta dei risultati che non riguardano<br />

soltanto la pronuncia sull'efficacia del contratto, ma che riguardano soprattutto - ove il contratto non sia travolto -<br />

l'applicazione delle sanzioni alternative.<br />

La giurisdizione rispetto ai contratti non assoggettati al codice dei contratti pubblici<br />

Nel caso affrontato dalla pronuncia in esame, che concerne un contratto per strumenti finanziari derivati, il tema della<br />

giurisdizione coinvolge anche alcuni profili più specifici.<br />

In particolare, i contratti per strumenti finanziari derivati non sono soggetti al codice dei contratti pubblici. L'art. 19,<br />

comma 1, lett. d), del codice esclude dall'ambito della disciplina i contratti «concernenti servizi finanziari relativi<br />

all'emissione, all'acquisto, alla vendita e al trasferimento di titoli o di altri strumenti finanziari»; l'esclusione è<br />

confermata anche nell'allegato II A (cat. 6), lett. b), dello stesso codice dei contratti (16) . Le disposizioni del codice del<br />

processo amministrativo (art. 120 ss.; art. 133, comma 1, lett. c), n. 1)), e quelle precedenti del D.Lgs. n. 53/2010 (17) ,<br />

non hanno previsto la giurisdizione amministrativa in termini generali sui contratti dell'amministrazione, ma l'hanno<br />

circoscritta a casi specifici: in primo luogo, ai contratti sottoposti al codice dei contratti pubblici (18) . Rispetto alle<br />

tipologie contrattuali "escluse" dalla disciplina del codice dei contratti, l'applicazione della specifica disciplina<br />

processuale, ove ammessa, è stata disposta con previsioni espresse di rinvio (cfr. art. 30, comma 7, del codice dei<br />

contratti pubblici).<br />

Ai fini della questione di giurisdizione è di rilievo minore stabilire se per i contratti non assoggettati al codice dei<br />

contratti valga o meno lo stretto vincolo, che è rappresentato negli artt. 121 ss. del codice del processo amministrativo,<br />

fra annullamento dell'affidamento ed efficacia del contratto. La portata generale di questo modello è stata negata di<br />

recente con forza dall'Adunanza Plenaria (19) : l'Adunanza Plenaria aveva rilevato che nei casi in cui un negozio di diritto<br />

privato sia preceduto da un procedimento amministrativo, l'annullamento degli atti del procedimento non<br />

comporterebbe di regola la caducazione dell'atto negoziale e che la disciplina sostanziale introdotta per i contratti<br />

pubblici di lavori, servizi e forniture ha carattere speciale. La Quinta Sezione del Consiglio di Stato, nella sua pronuncia<br />

già richiamata sugli strumenti derivati della Provincia di Pisa, aveva invece disatteso questa conclusione. La Quinta<br />

Sezione aveva sostenuto che il paradigma "annullamento dell'affidamento - inefficacia del contratto" avrebbe valore<br />

generale e anche su questa base aveva ritenuto, come si ègià visto, che la giurisdizione amministrativa si estendesse ad<br />

ogni vertenza in cui si discutesse dell'efficacia di un contratto, in relazione all'illegittimità degli atti amministrativi "a<br />

monte".<br />

Ai fini che qui interessano è però decisivo il profilo della giurisdizione, che è profilo distinto dal rapporto sostanziale<br />

fra aggiudicazione e contratto. Per affrontare la questione di giurisdizione è necessario chiarire se le disposizioni sulla<br />

488


giurisdizione dettate dall'art. 133, comma 1, lett. c), n. 1), c.p.a. (e, conseguentemente, quelle sui poteri del giudice<br />

amministrativo contenute dagli artt. 121 ss. c.p.a.) valgano soltanto per le procedure di affidamento di pubblici appalti<br />

(di lavori, servizi e forniture) assoggettate al codice (20) (o assoggettate "puntualmente" al codice) o se abbiano invece<br />

una valenza più generale.<br />

Sulla base di un'interpretazione tassativa delle disposizioni che assegnano al giudice amministrativo la giurisdizione<br />

sulle procedure contrattuali, la soluzione negativa era stata accolta dalle Sezioni Unite, prima del codice del processo<br />

amministrativo, nella pronuncia 26 ottobre 2009, n. 22584. In questa occasione le Sezioni Unite avevano dimostrato di<br />

ritenere che ai contratti "esclusi" elencati negli artt. 16 ss. del codice non si estendesse la giurisdizione esclusiva del<br />

giudice amministrativo. In termini analoghi le Sezioni Unite si sono pronunciate anche dopo il codice, nell'ordinanza 30<br />

dicembre 2011, n. 30167 (21) : con riferimento a un contratto di società, avevano sostenuto che fossero demandate al<br />

giudice ordinario le controversie relative alla validità e all'efficacia del contratto, anche se le patologie del contratto<br />

erano determinate da vizi della procedura amministrativa precedente.<br />

A me pare che rispetto a questo dibattito vi siano due punti fermi da considerare. In primo luogo il codice del processo<br />

amministrativo prevede la giurisdizione esclusiva in relazione alle «procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi<br />

o forniture», sottoposte alla disciplina loro specifica quanto alla «scelta del contraente o del socio» (art. 133, lett. e), n. 1<br />

c.p.a.). Di conseguenza la giurisdizione esclusiva non ha carattere di generalità, rispetto alle procedure contrattuali. In<br />

secondo luogo la giurisdizione esclusiva non è però strettamente correlata all'ambito di applicazione della disciplina<br />

puntuale del codice dei contratti: ferma restando la limitazione appena richiamata, la giurisdizione esclusiva è correlata<br />

anche al «rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica». In alcuni casi che riguardano i contratti "esclusi", il codice<br />

dei contratti pubblici impone comunque procedure di selezione dei contraenti e, quindi, il modello dell'evidenza<br />

pubblica (cfr. art. 27, comma 1, c.p.a., che richiede un invito ad «almeno cinque concorrenti», precisando, però, «se<br />

compatibile con l'oggetto del contratto»).<br />

Conclusioni: il nucleo del processo amministrativo attiene ancora alla questione di legittimità dei provvedimenti<br />

amministrativi<br />

In definitiva la più recente giurisprudenza della Cassazione sollecita l'avvio di una riflessione più approfondita sui<br />

rapporti fra giurisdizione ordinaria e giurisdizione esclusiva. Nello stesso tempo la posizione della Cassazione riflette la<br />

conferma di una convinzione: il nucleo del processo amministrativo, rispetto all'attività negoziale dell'amministrazione,<br />

è rappresentato sempre dalla questione di legittimità dell'aggiudicazione. Le altre pronunce (sull'efficacia del contratto,<br />

ecc.) sono devolute al giudice amministrativo soltanto in una logica di accessorietà.<br />

Il riconoscimento di questo carattere di accessorietà comporta anche una accentuata specialità. Pertanto la giurisdizione<br />

del giudice amministrativo sull'efficacia del contratto non può ammettersi in via generale, né nei termini di una<br />

cognizione autonoma sul contratto, né nei termini di una estensione alle controversie su tutte le tipologie contrattuali.<br />

-----------------------<br />

(1) In questa Rivista, 2012, 879, con nota di Reggio d'Aci, Le patologie negoziali derivanti da illegittimità della procedura di gara:<br />

quali limiti alla valutazione incidentale postuma del giudice ordinario?<br />

(2) Cfr. Mazzamuto, A cosa serve l'interesse legittimo?, in Dir. Proc. Amm., 2012, 46 ss. (soprattutto 55 ss.), ove si sostiene che il<br />

criterio di riparto al quale si sarebbe realmente ispirato il nostro sistema di giustizia amministrativa sarebbe stato rappresentato dalla<br />

distinzione fra diritto pubblico e diritto privato. In questa prospettiva, la giurisdizione esclusiva finisce col risultare ultronea, e infatti<br />

l'autore conclude che essa non aggiungerebbe nulla all'ambito naturale della giurisdizione amministrativa (pag. 58-59). Per ampi<br />

richiami a questa concezione cfr. anche Reggio d'Aci, Le patologie negoziali cit.<br />

(3) Si consideri, infatti, l'orientamento accolto da T.A.R. Lombardia, sez. III, 20 agosto 2007, n. 5750, e da Cons. Stato, sez. IV, 7<br />

settembre 2004, n. 5768, secondo cui l'annullamento del bando avrebbe un effetto caducante (e non meramente viziante) rispetto alla<br />

successiva aggiudicazione. Più problematico è il caso dell'amministrazione che abbia omesso del tutto gli atti amministrativi<br />

preliminari al contratto: in un caso del genere, il Conseil d'Etat francese ha ritenuto la propria giurisdizione (16 juil. 2007, caso<br />

Tropic, su cui cfr. Diemer, Les opinions doctrinales sur l'arrêt du Conseil d'état Société Tropic Travaux, Bordeaux 2008 - non si<br />

dimentichi, però, che in Francia il contenzioso sui contratti pubblici è devoluto alla "pleine juridiction" del giudice amministrativo).<br />

Questa ipotesi non è trattata dall'art. 120, comma 2, c.p.a., che considera invece la decorrenza dei termini per il ricorso nel caso di<br />

489


omissione della pubblicità degli atti amministrativi preliminari.<br />

(4) Cfr. "considerando" n. 13 della direttiva 2007/66/CE: «La carenza di effetti [del contratto] non dovrebbe essere automatica ma<br />

dovrebbe essere accertata da un organo di ricorso indipendente o dovrebbe essere il risultato di una decisione di quest'ultimo».<br />

(5) Il principio della domanda risponde, anche in questo caso, all'esigenza di assicurare l'interesse della parte che ha esercitato<br />

l'azione. Tale parte potrebbe non trovarsi più nelle condizioni di eseguire utilmente la prestazione.<br />

(6) Su questo tema cfr. in generale Cintioli, Le innovazioni del processo amministrativo sui contratti pubblici (ancora in difesa del<br />

processo di parti), in Dir. Proc. Amm., 2012, 3 ss.<br />

(7) Cfr. art. 121 c.p.a.: «Il giudice che annulla l'aggiudicazione definitiva dichiara l'inefficacia del contratto»: i due momenti<br />

(annullamento dell'aggiudicazione e dichiarazione dell'inefficacia del contratto) sono componenti di un identico modulo processuale.<br />

Pertanto, se l'impresa cui sia stata negata illegittimamente l'aggiudicazione, abbia proposto distintamente un ricorso per<br />

l'annullamento dell'aggiudicazione e un ricorso distinto per la declaratoria di inefficacia del contratto, la riunione dei due ricorsi non<br />

attuerebbe tanto ragioni di connessione fra due azioni distinte, ma rappresenterebbe piuttosto la riunificazione in un'unica causa di<br />

un'azione disarticolata artificiosamente in due segmenti.<br />

(8) Cfr. Cass., Sez. Un., 14 aprile 2010, n. 8836.<br />

(9) Cons. Stato, sez. V, 7 settembre 2011, n. 5032, in questa Rivista, 2012, 197 ss., con ampia nota di Bartolini, Annullamento d'ufficio<br />

e sorte del contratto: il caso degli Interest rate swaps, cui si fa rinvio.<br />

(10) Cfr. T.A.R. Toscana, sez. I, 12 dicembre 2011, n. 1925: la vertenza riguardava contratti per derivati finanziari stipulati dal<br />

Comune di Prato. Nel senso che la controversia sull'annullamento d'ufficio dell'aggiudicazione non sia assimilabile, per i profili<br />

processuali, alle controversie regolate dall'art.120 ss. c.p.a., cfr. T.A.R. Lazio, sez. I-ter, 20 marzo 2012, n. 2683, in www.giustiziaamministrativa.it,<br />

segnalata in questa Rivista, 2012, 966 (con riferimento al termine per il ricorso).<br />

(11) Nel senso, già illustrato, che si possa escludere la configurabilità di una cognizione concorrente del giudice civile.<br />

(12) Le disposizioni in esame assegnano al giudice amministrativo poteri peculiari, che è difficile ammettere che possano essere<br />

esercitati dall'amministrazione. Basti pensare ai casi in cui l'annullamento dell'aggiudicazione non determina necessariamente<br />

l'inefficacia del contratto: in questo caso al giudice sono rimesse valutazioni, che riguardano anche gli interessi specifici delle parti,<br />

che certamente non possono essere demandate alla stazione appaltante. E, ancora, in alcuni casi, al giudice è demandata<br />

l'applicazione di sanzioni alternative, fra l'altro da graduare tra un minimo e un massimo edittale (art. 123 c.p.a.): non avrebbe alcun<br />

senso ammettere che l'amministrazione sanzioni sé stessa. L'assegnazione di questi poteri al giudice amministrativo trova ragione<br />

inequivocabilmente nella sua terzietà rispetto all'amministrazione.<br />

(13) Cfr. art. 11, comma 9, del codice dei contratti pubblici. La previsione di questa fase, però, non vale a circoscrivere ad essa<br />

l'esercizio di poteri di annullamento d'ufficio, ma incide soltanto sulle condizioni per l'esercizio di tali poteri.<br />

(14) In termini diversi cfr. Greco, Illegittimo affidamento dell'appalto, sorte del contratto e sanzioni alternative nel D.Lgs. 53/2010, in<br />

Riv. It. Dir. Pubbl. Comunit., 2010, 729 ss.<br />

(15) In altre parole, il legislatore non sembra aver considerato il caso che l'amministrazione eserciti i suoi poteri di autotutela al fine di<br />

evitare proprio pronunce sfavorevoli sul contratto o l'applicazione delle sanzioni alternative previste dall'art. 123 c.p.a.<br />

(16) Nel senso dell'esclusione, cfr. già il XVI "considerando" della direttiva 2004/18/CE.<br />

(17) L'indirizzo favorevole ad ammettere la giurisdizione amministrativa era stato anticipato, come è noto, da Cass., Sez. Un., 10<br />

febbraio 2010, n. 2906, in questa Rivista, 2010, 421, con note di Lamberti e di Calvo.<br />

(18) D'altra parte è proprio a questo ambito specifico che si riferiva la direttiva ricorsi (direttiva 2007/66/CE) attuata dal legislatore<br />

nazionale con le disposizioni processuali citate.<br />

(19) Cons. Stato, Ad. Plen., 3 giugno 2011, n. 10, in questa Rivista, 2011, 1456 ss., con ampia nota di Spuntarelli, Questioni<br />

interpretative in ordine alla costituzione di società commerciali da parte delle Università; cfr. anche la nota di Granieri, Di<br />

università imprenditoriale, società spin-off e finalità istituzionali dell'ente, in Foro It., 2011, III, 365. A sostegno di quanto affermato<br />

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dall'Adunanza Plenaria, si rileva che la disciplina dettata per gli appalti di lavori, servizi e forniture ha contenuti tipici, in particolare<br />

per ciò che concerne l'inefficacia del contratto, come è testimoniato dalle disposizioni (dettate innanzi tutto a tutela degli operatori<br />

illegittimamente pretermessi) in tema di dichiarazione di inefficacia del contratto e di sanzioni alternative.<br />

(20) E alla eventuale scelta del socio privato: cfr. già art. 244, comma 1, del codice dei contratti pubblici, in cui era stato riprodotto<br />

l'art. 6, della L. n. 205/2000.<br />

(21) Su questa pronuncia, cfr. il commento di Fantini, La giurisdizione sulla sorte del contratto di società, in questa Rivista, 2012, 309<br />

ss.<br />

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