GALLETTI PATRIZIA - Tesi TRIENNALE 09.06.2011- MATRIMONIO, ADULTERIO E MATERNITA' NELLA LETTERATURA AL FEMMINILE DELLA SPAGNA CONTEMPORANEA- frontespizio-indice e bibliografia.pdf
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<strong>AL</strong>MA MATER STUDIORUM – UNIVERSITA’ DI BOLOGNA<br />
FACOLTA’ DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERE<br />
Corso di Laurea in Lingue e Letterature Straniere<br />
Piano Didattico B “Lingue e scienze del linguaggio” Classe XI – Lingue e culture moderne<br />
<strong>MATRIMONIO</strong>, <strong>ADULTERIO</strong> E MATERNITA’<br />
<strong>NELLA</strong> <strong>LETTERATURA</strong> <strong>AL</strong> <strong>FEMMINILE</strong> <strong>DELLA</strong><br />
<strong>SPAGNA</strong> <strong>CONTEMPORANEA</strong><br />
Prova finale in: <strong>LETTERATURA</strong> SPAGNOLA<br />
Relatore<br />
Prof. Eugenio Maggi<br />
Presentata da<br />
Patrizia Galletti<br />
Sessione SECONDA<br />
Anno Accademico: 2010/2011
INDICE<br />
Introduzione .............................................................................................................. 3<br />
Matrimonio e adulterio ............................................................................................. 5<br />
Maternità ................................................................................................................. 33<br />
Conclusione ............................................................................................................ 43<br />
BIBLIOGRAFIA ..................................................................................................... 45<br />
1
Introduzione<br />
In base al presupposto che il linguaggio è unico, ma è l’uso che se ne fa che diverge e<br />
rende esplicita la differente visione di chi si esprime, trattare la narrativa al femminile,<br />
sul femminile, comporta un approccio che tenga conto delle implicazioni sociali,<br />
culturali e storico-politiche del soggetto che scrive, al di là della componente di genere.<br />
Questa infatti, in base ad una prospettiva già post-femminista applicata negli ultimi anni<br />
alla scrittura di genere, non può essere considerata determinante nell’analisi della<br />
produzione letteraria da parte di scrittrici donne. Non si prescinde comunque dal fatto<br />
che l’apporto dello studio di genere iniziato in seguito al diffondersi dei movimenti<br />
femministi, sia stato determinante per l’evolversi di una nozione di scrittura al<br />
femminile considerata “diversa”. Ciò non tanto riguardo ad un carattere fisico,<br />
biologico o psicologico attribuito al sesso di chi scrive, come accadeva nei secoli passati<br />
da parte di numerosi esponenti della scienza o della letteratura, ma per i connotati<br />
sociali, culturali e politici del contesto in cui si trova ad operare e a vivere la scrittrice in<br />
quanto donna.<br />
Nella società spagnola, dalla fine della Guerra Civile nel 1939 e per tutto il periodo<br />
franchista, si assiste ad un profondo arretramento della condizione femminile. Tutte le<br />
conquiste in ambito lavorativo, di accesso allo studio e dei diritti civili ottenute durante<br />
la Repubblica (diritto al voto per le donne nel 1931, legalizzazione del divorzio, ecc.)<br />
vengono cancellate. Il Franchismo infatti ristabilisce l’obsoleto Codice del 1889, che<br />
poneva la donna nelle mani dell’uomo, fosse questo il padre, il fratello o il marito. Alla<br />
donna spagnola della posguerra venne preclusa quindi qualsiasi possibilità di scelta di<br />
vita e di affermazione della propria individualità. Una tale degradazione portò Geraldine<br />
Nichols a definire la donna spagnola, senza esagerazione, “una casta a parte” 1<br />
devalorizzata, come si spinse ad affermare nel 1945 il corrispondente a Madrid del New<br />
York Post,<br />
[a] la Edad Media. Franco le arrebató los derechos civiles y la mujer española no puede poseer<br />
propiedades ni incluso, cuando muere el marido, heredarle, ya que la herencia pasa a los hijos<br />
1<br />
Geraldine Nichols, Des/cifrar la diferencia. Narrativa femenina de la España contemporánea, Siglo<br />
XXI, Madrid, 1992, p. 27.<br />
3
varones o al pariente varón más próximo. No puede frecuentar los sitios públicos en compañía de<br />
un hombre, si no es su marido, y después, cuando está casada, el marido la saca raramente del<br />
hogar 2 .<br />
La fine della guerra civile aveva lasciato una nazione devastata economicamente, e una<br />
popolazione divisa e decimata da circa un milione di morti per combattimenti,<br />
esecuzioni o stenti e dall’esilio di molti. Lo scopo primario della nuova classe politica<br />
dirigente era riportare l’ordine e il controllo, puntando sulla stabilità della famiglia ed<br />
obbligando quindi la donna a ritornare al focolare domestico, al suo posto di ángel del<br />
hogar, che le era stato assegnato già dalla metà del XIX secolo in seno alla borghesia<br />
emergente. La Sezione Femminile della Falange si prese carico della missione di<br />
educare le donne ad una femminilità devota, silenziosa, obbediente e paziente, che<br />
anelasse ad essere servitrice di marito e figli, impartendole lezioni di cucina, cucito e<br />
puericultura, gli unici ambiti a lei confacenti. Questa operazione formativa che<br />
annullava la volontà femminile fin dall’infanzia, era naturalmente sostenuta anche dalle<br />
gerarchie ecclesiastiche, che imponevano una morale e un pudore volti ad annichilire<br />
ogni pensiero o desiderio:<br />
“cuando estés casada, jamás te enfrentarás con él (…) Cuando se enfade, callarás, bajarás la<br />
cabeza sin replicar; cuando exija, cederás (…) Soportar… ésa es la fórmula” 3 .<br />
L’unica carriera prevista ed ammessa per le donne era quindi quella matrimoniale.<br />
Essere moglie devota e madre di numerosi figli (avere meno di tre figli era considerato<br />
un affronto ad una nazione che necessitava un reintegro della popolazione decimata<br />
dalla guerra) 4 era l’unica aspettativa concessa e l’unica condizione per essere<br />
considerata parte utile della società.<br />
La rappresentazione di questa farsa legittimata del<br />
mito femminile caduco e<br />
conservatore, imposto dal potere totalitario, di una donna spagnola, sposa, santa e<br />
2<br />
La Hora, 7 de deciembre de 1945, citato da Rosa Isabel Galdona Pérez in Discurso femenino en la<br />
novela española de posguerra, Universidad de la Laguna, 2001, p. 126.<br />
3<br />
Da La muchacha en el noviazgo di padre Enciso, cit. in Carmen Alcalde, Mujeres en el Franquismo.<br />
Exiliadas, nacionalistas y opositoras, Flor del Viento, Barcelona,1983, p. 81.<br />
4<br />
“Para mantener el nivel de población de un país es preciso que, cuando menos, el matrimonio tenga tres<br />
hijos “, consigliava il dott. Clavero Núñez in Antes de que te cases, pubblicato nel 1946, citato da<br />
Inmaculada de la Fuente in Mujeres de la posguerra, Planeta, Barcelona, 2002, p. 51.<br />
4
madre, che deformò e trasformò intere generazioni di madri e figlie si ritrova, come è<br />
ovvio immaginare, nella letteratura delle generazioni di scrittrici che pubblicarono a<br />
partire dagli anni Cinquanta. Ma l’impronta impressa nella cultura e nella società<br />
spagnola è stata tale che vediamo gli stessi temi trattati anche nella narrativa delle<br />
successive generazioni di scrittrici, a conferma che l’attuale situazione della donna<br />
spagnola sconta, ancora oggi, i problemi del passato.<br />
Lo scopo che mi propongo nella redazione della presente <strong>Tesi</strong> consiste nell’individuare<br />
nei testi narrativi trattati i temi del matrimonio, dell’adulterio e della maternità, tenendo<br />
conto dell’approccio più o meno realista o critico in considerazione della situazione<br />
socio-culturale e politica in cui si veniva a realizzare l’opera, in epoca franchista o postfranchista.<br />
Matrimonio e adulterio<br />
Il matrimonio durante il periodo franchista era un obiettivo vitale per le donne, inculcato<br />
fin dall’infanzia in ambito familiare, statale e religioso. Costituiva quindi l’unica<br />
opzione per raggiungere la felicità che veniva concessa alle giovani donne, per le quali<br />
era quindi vitale la realizzazione della “favola del principe azzurro”.<br />
Tutto ciò era naturalmente al di fuori di ogni realtà ed una volta sposate queste giovani<br />
donne si rendevano ben presto conto dell’inganno, vittime inconsapevoli di questa farsa<br />
della felicità, e con loro il marito stesso, cresciuto secondo le regole maschiliste e<br />
misogine dell’epoca. La felicità promessa si rivelava più prossima a concetti come<br />
sacrificio, rinuncia, rassegnazione e insoddisfazione, e quella gioia meravigliosa che<br />
avevano immaginato esisteva solo nella loro fantasia di donne ingenue, alimentata dalla<br />
letteratura cosiddetta “rosa” e dalle riviste femminili che tanta voga avevano all’epoca.<br />
Come afferma R. I. Galdona Pérez, la maggior parte di queste donne si piegarono alla<br />
situazione, vivendo così una vita fatta di ipocrisia e doppia morale, le basi reali su cui si<br />
fondava la concezione “normale” della famiglia e della società franchista. Una Spagna<br />
delle apparenze rispettabili che nascondevano infamie e condotte indecorose allo scopo<br />
5
di mantenere ad ogni costo l’ideale di società stabile, in cui la donna poteva solo<br />
obbedire o, come unica alternativa, trasgredire e diventare un’esclusa.<br />
La solterona es un ser fracasado y, por tanto, desprestigiado socialmente, que no ha sido capaz de<br />
lograr la única meta digna en la vida de una mujer. (…) Las razones prácticas para apoyar esa<br />
condena social de la mujer soltera fueron la necesidad de aumentar la población nacional (…) 5 .<br />
Quelle fra loro che si ribellavano finivano infatti emarginate e tacciate di diverse, strane:<br />
la divorziata, o la solterona indesiderata, vista con pietà e sdegno e identificabile, come<br />
indica Carmen Martín Gaite, perché “la que iba para solterona solía ser detectada por<br />
cierta intemperancia de carácter, por su intransigencia o por su inconformismo” 6 .<br />
Le voci di queste donne rassegnate o ribelli emergono dai romanzi delle autrici che<br />
pubblicarono le loro prime opere durante il Franchismo e danno testimonianza della<br />
loro lotta silenziosa, delle loro paure, dubbi e speranze.<br />
Sulla letteratura dei decenni del Franchismo si abbatteva implacabile la censura, che<br />
colpiva qualsiasi opera sospettata di irriverenza o immoralità. Chi stava al potere<br />
concepiva l’arte, e quindi anche la letteratura, come esempio per la popolazione di come<br />
doveva essere un’esistenza sana e timorosa di Dio. Il filtro del censore proibiva<br />
tassativamente di presentare il divorzio come un atto giustificato, o l’aborto come scelta<br />
opponibile agli indottrinamenti della Chiesa o della Sezione Femminile della Falange.<br />
Osare trattare tali temi poteva costare la messa al bando della propria opera da parte<br />
della censura, come nel caso di Luciérnagas 7 , di Ana María Matute, dove l’autrice<br />
trattava l’aborto. Nonostante si fosse classificata semifinalista al premio Nadal nel 1948,<br />
è rimasta inedita nella sua versione originale fino al 1993 8 .<br />
5<br />
Francisca López, Mito y discurso en la novela femenina de posguerra en España, Madrid, Pliegos,<br />
1995, p. 21, citato in Rosa Isabel Galdona Pérez, Discurso femenino en la novela española de posguerra,<br />
Universidad de la Laguna, 2001, p. 127.<br />
6<br />
Carmen Martín Gaite, Usos amorosos de la posguerra española, Anagrama, Barcelona, 1994, p. 38.<br />
7<br />
Per essere risultata “distruttrice dei valori umani e religiosi essenziali” e per considerarsi “tutto il<br />
romanzo e il suo sfondo… criticabile”: parole del censore che proibì il romanzo Luciérnagas di Ana<br />
María Matute, raccolte dalla scrittrice nel prologo del tomo II delle sue Obras completas, Barcelona,<br />
Destino, 1975, p. 9.<br />
8<br />
Ana María Matute, Luciérnagas, prima versione corretta e rivista dalla censura con il titolo En esta<br />
tierra, 1955; versione definitiva, Destino, Barcelona, 1993.<br />
6
Considerando che le idee e, ancor più, le attività femministe arrivarono in Spagna con<br />
grande ritardo rispetto al resto d’Europa, la scrittura di queste autrici non è certamente<br />
da considerare in alcun modo legata a tali ideologie, né all’attivismo politico della<br />
militanza femminista. Di conseguenza i loro romanzi diventano una testimonianza<br />
spontanea della condizione femminile dell’epoca.<br />
Senza denunciare o criticare apertamente, eludendo la censura, rappresentano le<br />
frustrazioni senza importanza, le emarginazioni accettabili, le discriminazioni<br />
convenienti, così come erano imposte dalla società franchista, e mettono in evidenza la<br />
differenza contestuale che soggiogava la donna. Danno voce a quella moltitudine di<br />
donne che non avevano la possibilità di parlare, perché non era dato loro il privilegio di<br />
pensare e per questo nemmeno di essere educate a pensare. La mancanza di libertà della<br />
donna, già a fondamento della società borghese sviluppatasi nel secolo precedente,<br />
annullava gli aspetti fondamentali della personalità femminile. Questa personalità<br />
riappare nelle opere delle autrici dell’epoca, che rappresentano tutte la propria visione<br />
della realtà, così come loro stesse l’avevano osservata e vissuta in prima persona.<br />
Il personaggio di Andrea in Nada 9 , la prima opera di Carmen Laforet, ad esempio,<br />
rappresenta la giovane donna adolescente, educata secondo i precetti dell’epoca, che<br />
però rifiuta. Il suo vagabondare per le strade di Barcellona e il piacere che ne ricava<br />
sono un’espressione di quell’anelito di libertà che era negato. Appena arrivata alla casa<br />
dei parenti in calle de Aribau, la zia Angustias si affretta a darle lezione di modestia e<br />
sottomissione, nell’intento di redimere questa nipote un poco ribelle:<br />
Toda prudencia en la conducta es poca, pues el diablo reviste tentadoras formas… Una joven en<br />
Barcelona debe ser como una fortaleza. ¿Me entiendes?<br />
- No tía.<br />
(…)<br />
- Te lo diré de otra forma: eres mi sobrina; por tanto, una niña de buena familia, modosa, cristiana e<br />
inocente. Si yo no me preocupara de ti para todo, tú en Barcelona encontrarías multitud de peligros.<br />
Por lo tanto, quiero decirte que no te dejaré dar un paso sin mi permiso. ¿Entiendes ahora?<br />
- Sí 10 .<br />
9<br />
Carmen Laforet, Nada, Destino, Barcelona, 1945.<br />
10<br />
Ivi, p. 26.<br />
7
Andrea invece si inoltrerà per le strade di Barcellona, quasi un labirinto in cui trovare la<br />
sua identità, appena le sarà possibile, sfruttando il fatto che deve frequentare le lezioni<br />
all’Università, quello studio che le fa ambire una professione a cui dedicarsi in un<br />
futuro, cosa tutt’altro che normale per una ragazza, e le potrebbe permettere di<br />
discostarsi dal glorioso destino maritale per il quale veniva educata. Questa eventualità<br />
era incomprensibile semplicemente perché, potendo far fronte da sola alle proprie<br />
necessità economiche, avrebbe rotto il legame di dipendenza con la figura onnipotente<br />
dell’uomo, rifiutando la vita di coppia e negando così il suo supposto e unico ruolo di<br />
riproduttrice, tanto necessario alla ripresa della nazione e alla conferma della status<br />
sociale patriarcale.<br />
Esempio di tale rottura di cui si fa artefice è l’incontro con Pons, giovane rampollo della<br />
ricca borghesia spagnola, un buon partito quindi, il meglio che qualsiasi ragazza “ben<br />
educata” avrebbe mai potuto ambire. Pons le porrà le domande spontanee e<br />
ragionevolmente scontate e naturali per una persona educata secondo i postulati più<br />
ortodossi del Patriarcato:<br />
Pons me preguntó:<br />
- ¿Qué piensas hacer este verano?<br />
- Nada, no sé…<br />
- ¿Y cuando termines la carrera?<br />
- No sé tampoco. Daré clases, supongo.<br />
(…)<br />
- ¿No te gustaría más casarte?<br />
Yo no le contesté 11 .<br />
Il silenzio di Andrea è già una forma di ribellione, confermata dal finale con<br />
l’abbandono della città e di calle de Aribau, sfruttando l’aiuto della famiglia di Ena.<br />
L’atteggiamento trasgressivo di Andrea viene in parte spiegato da Laforet adducendo il<br />
fatto che è orfana di madre, e manca quindi della figura indispensabile per una corretta<br />
11<br />
Ivi, p. 193.<br />
8
educazione. È questa la giustificazione che dà sua nonna al suo comportamento<br />
sconveniente dicendole: “Niña, no se debe escuchar por la cerraduras de las puertas…<br />
Mi madre no me lo hubiera permitido, pero tú eres huérfana… es por eso…” 12<br />
Troviamo invece in Gloria, la moglie di Juan, zio di Andrea, un esempio di donna<br />
rassegnata e soggiogata al marito, che scarica su di lei le sue frustrazioni picchiandola<br />
ogni qual volta scopre che è uscita di nascosto la notte, per poter guadagnare qualcosa<br />
per sfamare o curare il figlio (come mezzo di guadagno si fa riferimento al gioco<br />
d’azzardo notturno presso la casa della sorella di Gloria nel quartiere malfamato del<br />
Barrio Chino, che potrebbe essere metafora della prostituzione, così diffusa all’epoca ed<br />
occultata dalla mentalità franchista), dato che il marito fallito e distrutto dalla guerra<br />
non è in grado di far fronte a tale dovere. Gloria resta comunque al suo fianco, perché<br />
non conosce altra via per se stessa, come spiega ad Andrea:<br />
¿Y cómo se puede huir cuando el hombre tiene una navaja y unas piernas para seguirte hasta el<br />
fin del mundo? ¡Ay, chica, tú no sabes lo que es tener miedo!.. (…) Y siempre fuera malo, chica,<br />
yo le podría aborrecer y sería mejor. Pero a veces me acaricia, me pide perdón y se pone a llorar<br />
como un niño pequeño…Y yo, ¿qué voy a hacer? Me pongo también a llorar y me entran<br />
también los remordimientos…, porque todos tenemos nuestros remordimientos, hasta yo, no<br />
creas 13 .<br />
Per colei che non sia riuscita ad accedere alla posizione di moglie e madre devota,<br />
spesso per occultare una situazione poco dignitosa di zitella come unica alternativa per<br />
una vita decorosa resta solo la vita da “santa” dedicata alla vocazione religiosa. Come<br />
nel caso della zia di Andrea, Angustias, che per salvare la sua reputazione di signora e il<br />
buon nome della sua famiglia decide di ritirarsi in convento, non potendo riconoscere in<br />
società la verità dei suoi sentimenti, che l’hanno legata per anni ad un uomo sposato.<br />
- Pero es verdad que sólo hay dos caminos para la mujer. Dos únicos caminos honrosos...Yo he<br />
escogido el mío, y estoy orgullosa de ello. He procedido como una hija de mi familia debía<br />
hacer. Como tu madre hubiera hecho en mi caso. Y Dios sabrá entender mi sacrificio… 14 .<br />
12<br />
Ivi, p. 51.<br />
13<br />
Ivi, p. 303.<br />
14<br />
Ivi, p. 104.<br />
9
Quindi doppia morale, come era inevitabile in una società che non dava valore ai veri<br />
sentimenti, ma solo alle apparenze di una illusoria stabilità, a cui si ancoravano<br />
all’epoca le famiglie borghesi rovinate a causa della guerra. Per anni Angustias aveva<br />
nascosto il rapporto con un uomo sposato, Jerónimo Sanz, che aveva dovuto rifiutare in<br />
gioventù per volere del padre, perché egli, in quanto semplice figlio di un negoziante,<br />
non era adatto al suo rango. Una morale “guasta” che il fratello Juan le rimprovera<br />
duramente.<br />
-¡No te hagas la mártir, Angustia, que no se la pegas a nadie (…) Que a mí no me lo pegas con<br />
esta comedia de tu santidad!<br />
(…)<br />
- ¡Eres una mezquina! ¿Me oyes? No te casaste con él porque a tu padre se le ocurrió decirte que<br />
era poco el hijo de un tendero para ti…¡Por esooo! Y cuando volvió casado y rico de América lo<br />
has estado entreteniendo, se lo has robado a su mujer durante veinte años… y ahora no te atreves<br />
a irte con él porque crees que toda la calle de Aribau y toda Barcelona están pendientes de ti (…)<br />
¡Y te vas con tu aureola de santa! 15<br />
A partire dall’allontanamento di Angustias, Andrea inizia ad identificarsi sempre più<br />
nello stereotipo della chica rara. Prima le venivano proposti vari modelli di donna della<br />
Spagna dell’epoca da seguire: la donna muy mujer franchista, che si rifà al modello di<br />
Pilar Primo de Rivera e la Sezione Femminile, incarnato da Angustias e la donna<br />
indipendente che porta il denaro in famiglia, ma che vive nel proibito, come Gloria.<br />
Fuori di casa il modello di Margarita, la madre di Ena, le propone il modello della<br />
madre.<br />
Partita Angustias e allontanatasi dall’amica Ena, Andrea non risponde a nessuno di<br />
questi modelli e trasgredisce le convenzioni sociali. Si avvicina ad esempio a un gruppo<br />
di bohemiens formato da giovani studenti di buona famiglia, che rappresentano la nuova<br />
gioventù più affine al libero pensiero che ai dettami del Franchismo. Andrea comincia a<br />
realizzare un modello femminile proprio: una donna che sceglie di non sposarsi, di non<br />
avere figli, che si basa sulla sua esperienza per fare le sue scelte.<br />
Sceglie la scrittura come modo di riconoscersi, per raccontare il suo vissuto nel viaggio<br />
a Barcellona, dove è cominciata la sua realizzazione. Una esperienza che non le aveva<br />
dato niente, e, apparentemente, niente portava con sé, come lei stessa afferma alla fine<br />
15<br />
Ivi, p. 114.<br />
10
dell’opera, lasciando la casa di calle de Aribau e la città alla volta di Madrid, luogo<br />
promesso del cambiamento: “De la calle de Aribau no me llevaba nada. Al menos, así<br />
creía yo entonces.”<br />
Quando l’illusione della felicità promessa decade schiacciata dalla realtà del<br />
matrimonio, la donna si trova a vivere un’esistenza caratterizzata da continue<br />
mortificazioni, inganni ed umiliazioni, dove spesso l’unica consolazione viene ad essere<br />
il bere. Come Emilia, la zia di Matia, in Primera memoria 16 di A. M. Matute, che affoga<br />
le sue frustrazioni nell’alcool, e maschera con il trucco e le menzogne il suo dolore<br />
silenzioso. Matia osserva la zia sconcertata, cercando di capire come possa essere<br />
questo il modello di donna che tanto insistentemente vorrebbero lei emulasse:<br />
Verla así, abandonada, con la boca doblada hacia abajo y los ojos cerrados… sumida en su tristeza,<br />
me confundía. La carne se le salía de la bata, y contemplé las piernas extendidas, con la falda<br />
levantada sobre el tobillo derecho y el pie descalzo… Sería en otra vida, casi en otro mundo,<br />
cuando yo sintiera lo mismo que la tía Emilia… con su espera blanca y fofa… buscando el<br />
coloquio triste con la copa rubí, llena de coñac celosamente oculto en el armario…Con (la copa) en<br />
alto miré mis hombros delgados… “No soy una mujer. Oh, no, no soy una mujer”, y sentí como si<br />
un peso se me quitara de encima 17 .<br />
Matia è una adolescente orfana di madre in cerca della propria identità che si confronta<br />
con il mondo dove suo malgrado è costretta a vivere. Nelle sue parole “No soy una<br />
mujer”, troviamo il suo negare l’ingresso nel mondo degli adulti, per lei quasi alieni<br />
brutali, che le impongono comportamenti e modelli in cui non si riconosce. Come in<br />
molte altre opere di Matute, lo scontro con il mondo reale da parte di chi esce<br />
dall’infanzia o dall’adolescenza è visto come un trauma che squarcia, uno strappo alla<br />
volta, il velo dietro cui bambini e ragazzini osservano ciò che li aspetta.<br />
In Pequeño teatro 18 , sempre di A. M. Matute, la protagonista Zazu, anch’ella orfana di<br />
madre, non rinuncia alla propria libertà anche a costo di una scelta drastica. Promessa<br />
16<br />
Ana María Matute, Primera memoria, Círculo de Lectores, Barcelona, 1986.<br />
17<br />
Ivi, pp. 98-99.<br />
18<br />
Ana María Matute, Pequeño teatro, Planeta, Barcelona, 1994.<br />
11
sposa ad un giovane che non ama, sente orrore all’idea di condividere la sua vita con un<br />
uomo che non desidera. Ma ancor più la devasta la consapevolezza di essere legata allo<br />
spirito di un intrepido sconosciuto arrivato in paese, un avventuriero con aria di<br />
conquistatore, di cui si innamora al di là di ogni ragione. Ma è comunque in grado di<br />
calibrare il nonsenso di questo suo sentimento:<br />
(…) No nací para seguirle (…) Pero no puedo huir. Si huyo de él (…) lo encontraré en todas<br />
partes (…) si yo sigo sus pasos, jamás podré desligarme, jamás podré retroceder (…) Un<br />
pensamiento la hizo vacilar un instante: “¿Acaso no es mejor el vacío al eterno desencanto?” 19<br />
Zazu, che non intende essere la marionetta del giovane sconosciuto, Marco, ma<br />
nemmeno alimentare le speranze del pretendente ufficiale, si sottrae a questo<br />
disinganno, che minaccia di annullarla completamente, scegliendo quindi l’unica risorsa<br />
che le offre la garanzia dell’infallibilità, il suicidio.<br />
Il racconto di Matute ci guida nel processo di rivelazione dello spirito della giovane, al<br />
risveglio della sua autodeterminazione e nel suo cammino deciso verso la morte, che si<br />
fonde in simbiosi con un albeggiare piovoso che rinnova e purifica, e che conduce la<br />
protagonista verso il suo ultimo viaggio di comunione con il mare.<br />
(…) “Huir, huir de él es lo único posible” . Pero Zazu no podía huir de otro modo. “(…) Él está<br />
en mi sueño y en mi corazón”. (…) A Zazu sólo le quedaba un largo camino, gris y estrecho.<br />
Solo podía llegar a un lugar donde no hubiera cabida para él. (…) Esto es, liberarla, al fin, de él.<br />
20<br />
Come afferma R. I. Galdona Pèrez, Zazu è “l’antagonista (…) che disarticola con la sua<br />
bruttezza e la sua ribellione la farsa della favola convenzionale” 21 , la cui eroina è stata,<br />
ed è tutt’oggi sotto altre forme, almeno una volta proposta come esempio nella vita di<br />
ogni giovane donna, e col suo gesto estremo apre un nuovo spazio per una possibile<br />
affermazione femminile, e, aggiungerei io, di profonda fedeltà a se stessa.<br />
19<br />
Ivi, pp. 218-219.<br />
20<br />
Ivi, pp. 242-243.<br />
21<br />
Rosa Isabel Galdona Pérez, Discurso femenino en la novela española de posguerra, cit., p. 216.<br />
(traduzione all’italiano mia)<br />
12
Molte delle donne che scoprirono la falsità di quella frode istituzionalizzata che si<br />
rivelava il matrimonio, decisero di porre fine a all’inganno e si trasformano in donne<br />
maledette, separate, prostitute. Altre, d’altra parte, rinunciarono come queste ultime alla<br />
ricerca della felicità promessa seppur inesistente, ma non si ribellarono se non<br />
ripiegandosi in se stesse, nella propria amara esperienza, un atto silenzioso che le<br />
poneva comunque al di fuori dell’ortodossia.<br />
Matia, la protagonista de La trampa 22 di A. M. Matute, è una di queste donne ingannate<br />
dalle convenzioni sociali. Ella riflette sulle infamie che hanno falsificato la sua vita e<br />
riconoscendo i suoi propri errori segue un percorso di riconciliazione con se stessa.<br />
La trampa è l’ultimo romanzo della trilogia Los mercaderes. Mentre Primera memoria,<br />
essendo la prima delle tre opere, presentava ancora una adolescente ribelle, qui Matia è<br />
una donna già matura che ricorda le molteplici delusioni del suo passato, in<br />
un’autoanalisi della sua insoddisfazione.<br />
Cerca spiegazioni ed evoca l’educazione che ha ricevuto, ortodossa e ipocrita:<br />
Casi siempre intenté engañarme sobre el verdadero motivo de mis actos. Este fue el gran truco<br />
sobre el que se edificó mi educación sentimental (mi educación intelectual no importó jamás, ya<br />
que una mujer no precisa de ciertos bagajes para instalarse dignamente en la sociedad que se me<br />
destinaba), mi formación de criatura nacida para entablar una lucha mezquina y dulzona contra<br />
el sexo masculino (al que, por otra parte, estaba inexorablemente destinada) 23 .<br />
Matia ricorda come da bambina credeva che un giorno avrebbe conosciuto qualcuno<br />
brillante, raffinato, che le avrebbe dato la chiave del mondo. Ma questo sogno finisce<br />
per rivelarsi una terribile trappola, che uccide il suo entusiasmo di adolescente discola e<br />
ribelle. Nel collegio dove viene educata dopo la guerra riescono a plasmare la sua natura<br />
difficile trasformandola in una ragazza timida e rispettosa. E a quel punto arriva il<br />
silenzio:<br />
(…) aquel día, no sé ciertamente cuál, en que, como el protagonista de un cuento infantil, perdí<br />
mi voz 24 .<br />
22<br />
Ana María Matute, La trampa, Destino, Barcelona, 1969.<br />
23<br />
Ivi, p. 25.<br />
24<br />
Ivi, p. 30.<br />
13
Da qui, come evidenzia Galdona Pérez 25 , comincia una sequela di fallimenti e rinunce<br />
che la protagonista non riesce a comprendere, ma che lascia fluire dal passato alla sua<br />
memoria per cercare un suo personale ordine interiore, che necessita nel suo presente.<br />
Alla base di tutto pare sia stata determinante la presenza autoritaria e insensibile nella<br />
sua adolescenza della nonna Práxedes, di famiglia ricca e conservatrice, ossessivamente<br />
legata ai suoi beni materiali e ai suoi convenzionalismi, che osteggia le scelte<br />
repubblicane del padre di Matia. L’occasione dei festeggiamenti del suo centenario, e il<br />
conseguente ritorno all’isola, dà il via al fluire dalla coscienza dei ricordi<br />
dell’adolescenza di Matia, che tramite la scrittura del suo Diario en desorden (titolo<br />
ripetuto per i capitoli dedicati alla sua narrazione in prima persona) cerca di recuperare<br />
il passato per dare un altro valore al presente. Ricorda infatti che a questa “patriarca”<br />
deve la sua educazione, ma anche la sua ignoranza e la sua ipocrisia. A lei deve l’aver<br />
appreso a lasciarsi trascinare dalla convenienza e la capacità di fingere in nome del<br />
decoro. “Mis más importantes armas – ricorda – fueron velos con que encubrir el<br />
egoísmo y la ambición, la ignorancia y el desamparo, la pereza y la sensualidad. ” 26<br />
Per questo sceglierà di sposare David, il figlio della seconda moglie del padre, anche se<br />
non è nemmeno sicura di esserne innamorata, in quanto, come fa notare Matia,<br />
“además éramos españoles (…) puesto que (…) exhibía un appellio tan incuestionable<br />
como Díaz.” “Español, como tú y yo” 27 le ripeteva il padre. Si lascia quindi trasportare<br />
dalla superficialità e dall’opportuna casualità che li aveva fatti incontrare all’estero, e<br />
credere che ciò fosse motivo sufficiente per contrarre matrimonio. Ma non sarà<br />
naturalmente sufficiente per evitarle una convivenza infernale, colpita dall’alcolismo del<br />
marito, fino a farla quasi sprofondare in una depressione irreversibile e al conseguente<br />
abbandono del figlio Bear di due anni alle cure della suocera.<br />
A Matia si contrappone in La trampa Isa, l’altra donna del racconto. È più giovane e<br />
proviene dalla piccola borghesia di provincia. Rappresenta la nuova generazione di<br />
donne che si sottrae ai controlli familiari e alle pressioni sociali, pagando però<br />
25<br />
Rosa Isabel Galdona Pérez, Discurso femenino en la novela española de posguerra, cit..<br />
26<br />
Ana María Matute, La trampa, cit., p. 25.<br />
27<br />
Ivi, pag. 215.<br />
14
duramente questa libertà. I capitoli dedicati a Isa, intitolati En esta ciudad (a<br />
esemplificare il suo trasferimento dalla piccola provincia bigotta alla grande città, che<br />
fomentava grandi aspettative) raccontano in terza persona essenzialmente il suo amore<br />
per Mario, un amore totalizzante con un desiderio di possessione assoluto. Isa pretende<br />
di sposarlo. Non può più aspettare né accettare altre scuse, ma nonostante ciò lo perderà.<br />
Anche Isa come Matia va con la memoria al suo passato nella piccola cittadina di<br />
provincia, dove aveva tentato di adeguarsi alla mentalità ristretta che vedeva come unica<br />
possibilità per una ragazza bene l’avere un fidanzato da portare all’altare.<br />
(…) un novio era lo mejor que se podía tener, en aquellos días, en aquel lugar. 28<br />
Lascerà questo ambiente soffocante così come il fidanzato per una nuova vita nella<br />
grande città, dove però le illusioni saranno deluse e non troverà la felicità che cercava,<br />
ma solo solitudine. Situazione condivisa anche da Matia; quindi, sebbene in epoche e<br />
ambienti diversi, sembra che per Matute non ci sia altro destino per le donne.<br />
Lo afferma Isa:<br />
Una mujer como yo, en este país, tiene poco que hacer. La soledad y la ignorancia son su<br />
patrimonio natural. 29<br />
e lo ribadisce Matia:<br />
No soy un ser feliz, no puedo serlo, nunca lo fui. El mundo está lleno de mujeres como yo: esa es<br />
la única historia de mi vida (…) egoísmo, incomprensión y soledad, es aún, al fin y al cabo, el<br />
comun y vulgar transcurrir de tantas y tantas mujeres como yo. 30<br />
Un approccio tragico al matrimonio lo troviamo in La Plaza del Diamante 31 , dove<br />
Mercè Rodoreda rappresenta l’annullamento della personalità della donna nella figura<br />
28<br />
A. M. Matute, La trampa, cit., p. 55.<br />
29<br />
Ivi, p. 54.<br />
30<br />
Ivi, p. 151.<br />
31<br />
Mercè Rodoreda, La Plaza del Diamante, Trad. Enrique Sordo, Edhasa, Barcelona, 1965. Nonostante<br />
Rodoreda fosse scrittrice in lingua catalana, includo La plaza del Diamante in versione castigliana fra le<br />
opere trattate in quanto è considerato romanzo essenziale del posguerra spagnolo insieme a Nada di<br />
Laforet, Los hijos muertos di Matute o La familia de Pascual Duarte di Cela.<br />
15
della protagonista, Natàlia, per mano di uno stravagante falegname, detto Quimet, che la<br />
abborda al ballo in Piazza del Diamante. Questi da subito, come per cancellare la sua<br />
individualità, le dà un soprannome, Colometa (palombella).<br />
(…) cuando le dije que me llamaba Natàlia se volvió a reír y dijo que yo sólo podía tener un<br />
nombre: Colometa 32 .<br />
Natàlia, cioè Colometa, ricorda il dolore che sentiva, provocato dall’abbraccio troppo<br />
impetuoso di Quimet durante il ballo, così forte che le conficca nella carne l’elastico di<br />
gomma della cintura del suo abito. L’impossibilità di trovarvi rimedio è come una<br />
premonizione, più per il lettore che per la protagonista stessa, del futuro di dolore che<br />
l’aspetta.<br />
Infatti Colometa vive tutto come una fatalità, come se non potesse avvenire in altra<br />
maniera. La morte della madre l’aveva resa più libera di altre sue coetanee, ma anche<br />
indifesa contro le prepotenze della vita, e l’insistenza di Quimet nel farle, fin dal primo<br />
istante, accettare i suoi precetti di maschio:<br />
Me soltó un gran sermón sobre el hombre y la mujer y los derechos del uno y los derechos de la<br />
otra y cuando pude cortarle le pregunté:<br />
- ¿Y si una cosa no me gusta de ninguna manera?<br />
-Te tendrá que gustar, porque tú no intiendes 33 .<br />
Quimet vuole una donna sottomessa, una madre modellata sull’esempio della sua stessa<br />
madre e delle madri dei Re cattolici, e come sposa ideale la Vergine, esempio di<br />
abnegazione e sacrificio.<br />
Y otra vez las madres de los Reyes Católicos y que a lo mejor nos podríamos casar pronto<br />
porque ya tenía amigos buscándole piso. Y que me haría unos muebles que en cuanto los viera<br />
me caería de espaldas porque él era ebanista como San José y que yo era como si fuese la<br />
Virgen 34 .<br />
32<br />
Ivi, p. 12.<br />
33<br />
Mercè Rodoreda, Ivi, p.17<br />
34<br />
Ivi, p.18.<br />
16
Una volta sposati, l’operazione di annientamento della personalità di Natàlia prosegue<br />
nell’obbligo da parte di Quimet ad abbandonare il suo posto di lavoro presso una<br />
pasticceria.<br />
Colometa è repressa dal marito che adotta il ruolo di padre, capriccioso e despota, che<br />
impone il suo umore nella vita domestica come se fosse legge. La protagonista ricorda,<br />
in prima persona, nel corso del romanzo il fluire degli eventi, come trangugiati per<br />
forza, le sopportazioni del marito e delle sue manie. Come quella dell’allevamento di<br />
colombi, che invadono lentamente tutta la casa, fino ad appestarne l’aria e i mobili. Le<br />
tolgono fisicamente lo spazio vitale, che nel suo intimo è già stato invaso dalla volontà<br />
di Quimet.<br />
Quando questi partirà per combattere, Colometa dovrà lavorare per mantenere lei e i<br />
suoi figli. La stanchezza nell’affrontare tutto da sola, nella povertà e l’inedia, farà sì che<br />
aprirà gli occhi e prenderà coscienza della situazione. Decide quindi di disfarsi di tutti i<br />
colombi, e, con loro, metaforicamente, anche di Quimet.<br />
Questo è l’atto di ribellione nei confronti del marito più importante del romanzo,<br />
specialmente per il suo essere una ribellione silenziosa, che, come lei di sfuggita<br />
ricorda, coincide con lo scoppio di un’altra rivoluzione, quella della Guerra Civile:<br />
Y mientras yo armaba la gran revolución con las palomas vino lo que vino, que parecía una cosa<br />
que tenía que ser muy corta 35 .<br />
Alla notizia della morte del marito, in una Barcellona distrutta, nonostante la fine della<br />
guerra dia un minimo di sollievo, si troverà in una situazione insostenibile, tanto che,<br />
presa dalla disperazione, deciderà di uccidere se stessa e i figli.<br />
Inaspettatamente il destino le riserva una possibilità di salvezza. Il negoziante, a cui si<br />
rivolge per acquistare l’acquaforte per i suoi intenti disperati, intuisce la sua situazione e<br />
le propone un accordo di mutua convenienza: sposarlo per dargli una compagna nella<br />
sua vita di solitudine; in cambio lui manterrà lei e i suoi figli, senza pretendere altro,<br />
dato che una ferita di guerra lo ha reso impotente.<br />
35<br />
Ivi, p. 133.<br />
17
Niente di meno romantico come matrimonio, ma la salvezza per Natàlia, non più<br />
Colometa, e i figli. Lei è libera dai doveri coniugali, sempre imposti da Quimet, e può<br />
assicurare pasti regolari e una casa nuova alla sua famiglia.<br />
La favola tanto predicata alle giovani donne non si avvera neanche questa volta, ma<br />
l’amicizia che nasce con Antoni, il negoziante, le assicura una convivenza non più<br />
oppressa dalle manie e imposizioni a cui era abituata con Quimet.<br />
Alla fine del romanzo, una notte Natàlia tornerà sola alla Piazza del Diamante e griderà,<br />
liberandosi dell’oppressione del passato, in una catarsi che apre la possibilità di un<br />
futuro diverso.<br />
La fine dell’epoca e dell’ideologia franchista, sancita ufficialmente dalla morte di<br />
Franco nel 1975, era in realtà già in germe da alcuni anni, come evidenziano alcuni<br />
avvenimenti storici e politici precedenti tale data, definiti parte della cosiddetta<br />
“Transición democrática”. Ad esempio la richiesta ufficiale nel 1962 del Governo<br />
spagnolo per l’ingresso nel Mercato Comune Europeo della Spagna, che darà inizio ad<br />
un lungo cammino di “europeizzazione” della nazione spagnola, culminante nel suo<br />
effettivo ingresso nella Comunità Europea nel 1986.<br />
Da un punto di vista culturale, è invece indicativo del cambiamento l’anno 1967 con<br />
l’abolizione della censura preventiva, atto finale di un processo di rottura con la politica<br />
autarchica iniziato appunto nel 1962.<br />
Di conseguenza si può affermare che l’anno della morte di Franco non ha costituito un<br />
punto di rottura con le stesse forti ripercussioni a livello sociale e culturale come aveva<br />
comportato la Guerra Civile. Infatti, dal punto di vista della produzione letteraria, la<br />
riprova sta nel fatto che nell’anno 1975 non si assiste a nessun accadimento<br />
trascendentale che indichi un fiorire particolare di letteratura “liberata” dalla fine del<br />
Franchismo. Come indica Vance R. Holloway 36 , i fermenti letterari erano già in atto<br />
almeno dalla fine degli anni sessanta, dove, dopo il realismo dei primi anni della<br />
dittatura, si era passati ad una narrativa sperimentale riferita alla corrente denominata<br />
dei Novísimos, tra il 1967 e il 1975, come prima fase del postmodernismo spagnolo, per<br />
arrivare poi, in una seconda fase, a partire dal 1975, ad un ritorno al realismo, ma<br />
ironico e autoreferenziale, “che sovverte la stabilità di ogni sistema di rappresentazione,<br />
36<br />
Vance R. Holloway, El posmodernismo y otras tendencias de la novela española (1967-1995),<br />
Fundamentos, Madrid, 1999.<br />
18
che sia la storia o il soggetto umano, (…) utilizzando la parodia, il pastiche, la<br />
commistione di temi colti e popolari, in una narrativa intertestuale ed eterogenea”. 37<br />
Per quanto riguarda la narrativa femminile in Spagna, dato il boom di pubblicazioni di<br />
testi di scrittrici donne a partire dagli anni Settanta, si assiste, grazie alla diffusione delle<br />
idee femministe e degli studi di genere angloamericani, ad una polemica sull’esistenza o<br />
meno del romanzo femminile. Studiosi e autrici stesse si dividono su tale punto tra<br />
coloro che affermano che non si può parlare di una narrativa al femminile in quanto<br />
scritta da donna, e quindi non si può considerare la produzione al femminile un genere<br />
distinto dal resto della narrativa di produzione maschile 38 , e coloro che identificano<br />
comunque alcuni caratteri stilistici e tematici che più frequentemente si ritrovano nella<br />
scrittura femminile rispetto alla maschile: un realismo psicologico al posto di un<br />
realismo sociale; strutture sintattiche più libere; un linguaggio più informale; il dominio<br />
dell’espressione interiore su quella esterna; la maggior frequenza del racconto in prima<br />
persona o del monologo; la visione soggettiva della narratrice/autrice alla base del<br />
racconto 39 .<br />
Infatti la donna scrittrice tende a rappresentare il suo mondo personale per riflettere,<br />
attraverso la presa di coscienza della propria esperienza, sulla sua condizione e<br />
situazione in primo luogo per se stessa. Da qui la preferenza del linguaggio interiore e<br />
soggettivo, contrapposto a quello marcatamente esteriore e oggettivo tipico del<br />
romanziere uomo.<br />
Secondo E. Showalter l’approccio a tale scrittura femminile è effettuato secondo tre tipi<br />
e prospettive diverse, così classificabili: 1) femminile, dove le scrittrici accettano la<br />
situazione e il ruolo sociale che si attribuisce loro; 2) femminista, rappresentato da<br />
donne ribelli che polemizzano attraverso la parole o l’atteggiamento; 3) di donna, dove<br />
37<br />
Ivi, p. 62. (traduzione all’italiano mia)<br />
38<br />
A tal proposito Almudena Grandes, intervistata sull’argomento, afferma che “non è una questione di<br />
differenza o uguaglianza, ma di identità attraverso la scrittura”. Quindi non si può “parlare di letteratura<br />
femminile perché nessuno parla di letteratura maschile, perché si presume allegramente che la grande<br />
letteratura sia maschile, nient’altro”. Sempre secondo Grandes, “La scrittura ha genere, ma anche età,<br />
nazionalità, colore, carattere, ecc.” Tratto da Mercedes Valenzuela Cruz, “Soledad, pasión y frustración<br />
en los personajes de Almudena Grandes”, articolo della rivista Espéculo. Revista de estudios literarios.<br />
Universidad Complutense de Madrid, 2009, pp. 2-3, scaricabile da<br />
http://www.ucm.es/info/especulo/numero43/agrandes.html . (traduzione all’italiano mia)<br />
39<br />
M.ª del Carmen Bobes Nave, La novela y la poética femenina, articolo in Signa, Revista de la<br />
Asociación Española de Semiótica, n. 3, Anno 1994, UNED, Madrid, p. 15, scaricabile da<br />
www.cervantesvirtual.com, (Hemeroteca) .<br />
19
le autrici si concentrano sulla scoperta del soggetto femminile, senza contrasti o<br />
raffronti con la cultura maschile 40 . Nonostante questa classificazione sia basata sullo<br />
studio della narrativa femminile inglese del secolo XIX, è stata comunque applicata<br />
anche alla narrativa al femminile spagnola, in quanto in ogni epoca si possono<br />
riconoscere queste attitudini nella narrativa al femminile.<br />
Come indica Bobes Naves, in ciò che concerne gli aspetti dello stile che scaturiscono<br />
dall’approccio preminentemente soggettivo della narratrice, possiamo considerare “la<br />
gran flessibilità nella composizione e nella disposizione dei motivi narrativi, dato che il<br />
tempo psicologico, (che si contrappone a quello cronologico reale), e lo spazio mentale<br />
in cui si situano le azioni, non ha condizionamenti, permette associazioni inaspettate,<br />
vuoti discorsivi e disordine cronologico” 41 . Quindi attraverso l’auto-consapevolezza<br />
realizzata con la scrittura, l’autrice crea una propria forma linguistica, prevalentemente<br />
tramite il discorso in prima persona e il monologo interiore.<br />
Si può quindi concludere che “mentre gli uomini raccontano il tempo tramite le azioni,<br />
le donne sono solite ricordarlo attraverso le emozioni che hanno sperimentato.” 42<br />
Possiamo trovare esempi di questo tipo di scrittura nella narrativa al femminile spagnola<br />
sia di epoca franchista che post-franchista. Ad esempio, tra le opere già trattate, il<br />
percorso di autoconsapevolezza di Matia, la protagonista di La trampa di Matute 43 , o il<br />
racconto tipo stream of consciousness di Natàlia/Colometa in La Plaza del Diamante di<br />
Rodoreda 44 .<br />
Ritroviamo però la stessa prevalenza della soggettività e le stesse risorse linguistiche e<br />
stilistiche anche nella narrativa al femminile della Spagna democratica, quella<br />
sperimentale e di riflessione esistenzialista o intimista, dove includerei la narrativa di<br />
Marta Portal, come Pago de traición 45 e Un espacio erótico 46 , come pure Nubosidad<br />
variable 47 di Martín Gaite .<br />
40<br />
E. Showlater, A Literature of Their Own. British Women Novelists from Brönte to Lessing, Princeton:<br />
P.U.P., 1977, citata in M.ª del Carmen Bobes Naves, cit., p. 16.<br />
41<br />
M.ª del Carmen Bobes Naves, cit., p.17 (traduzione all’italiano mia)<br />
42<br />
Ivi, p. 18. (traduzione all’italiano mia)<br />
43<br />
Ana María Matute, La trampa, cit.<br />
44<br />
Mercè Rodoreda, La Plaza del Diamante, cit.<br />
45<br />
Marta Portal, Pago de traición, Planeta, Barcelona, 1983. (testo originale gentilmente fornito<br />
dall’autrice)<br />
46<br />
Marta Portal, Un espacio erótico, Ibérico Europea de Ediciones, Madrid, 1982. (testo originale<br />
gentilmente fornito dall’autrice)<br />
47<br />
Carmen Martín Gaite, Nubosidad variable, Anagrama, Barcelona, 1992.<br />
20
Lo stesso vale per romanzi come Atlas de Geografía Humana di Almudena Grandes 48 o<br />
Los estados carenciales di Ángela Vallvey 49 .<br />
In tutte queste opere troviamo la presentazione della vita dei personaggi femminili<br />
attraverso la loro personale esperienza in quanto donne, con ampi spazi dati alla<br />
percezione e al monologo interiore.<br />
Ciò che le differenzia da donne come Andrea in Nada o Natàlia/Colometa in La Plaza<br />
del Diamante, è l’affrontare la vita con la consapevolezza della propria situazione,<br />
ferme restando le difficoltà, i dubbi e le paure che derivano dal contrasto fra la “nuova”<br />
situazione della donna dagli anni Settanta in poi in Spagna, e il peso ancora pressante<br />
dell’educazione tradizionale ricevuta e della società ancora prevalentemente misogina.<br />
Potremmo trovare un legame madre/figlia tra i personaggi delle opere della posguerra e<br />
quelli delle opere pubblicate dopo la transizione democratica, che vado a trattare.<br />
Quindi se Andrea in Nada rappresenta la donna adolescente che non accetta le regole<br />
che le vengono imposte, dove l’adolescenza può coincidere non solo nel semplice<br />
ingresso nell’età della maturazione, ma anche nella presa di coscienza di se sessa in<br />
quanto donna e nella possibilità di una indipendenza economica, dall’altro le quattro<br />
protagoniste di Atlas de Geografía Humana, sono adulte, emancipate e hanno già<br />
intrapreso la carriera di professioniste che aspetta Andrea alla fine del suo viaggio verso<br />
Madrid, ma nonostante ciò non sono riuscite “ad articolare le relazioni familiari e<br />
l’indipendenza individuale: essere figlia, sposa e madre, senza smettere di essere una<br />
persona. 50 ”<br />
Fran, Rosa, Marisa e Ana lavorano tutte ad un progetto per una casa editrice per la<br />
preparazione di un Atlante di Geografia Umana. Umana è il termine scelto per<br />
distinguersi da altre edizioni dello stesso genere, ma la geografia umana che si rivelerà<br />
sarà quella che si svilupperà lungo la narrazione in prima persona della vita delle<br />
protagoniste, tutte tra i 30 e i 40 anni, quindi “en el epicentro de la catástrofe”, come si<br />
evidenza nella citazione di Mercedes Abad che precede il racconto. Queste donne<br />
rivedono la loro “geografia personale”, tramite il flash back e la memoria, ricordando<br />
48<br />
Almudena Grandes, Atlas de Geografía Humana, Tusquets, Barcelona, 1998.<br />
49<br />
Ángela Vallvey, Los estados carenciales, Destino, Barcelona, 2002.<br />
50<br />
Fernando Valls, “Por un nuevo modelo de mujer. La trayectoria narrativa de Almudena Grandes, 1989-<br />
1998”, in La realidad inventada, Análisis crítico de la novela española actual, Crítica, Barcelona, 2003,<br />
p. 191 (traduzione all’italiano mia).<br />
21
gli eventi della loro vita prima dell’inizio del progetto e durante i tre anni dello stesso,<br />
attraverso il mondo che le circonda e i sentimenti di un’intera generazione. I passaggi<br />
dal racconto della vita dell’una o dell’altra protagonista non sono segnalati al lettore.<br />
Solo dopo alcune pagine del nuovo paragrafo ci si rende conto di chi sia la persona che<br />
sta pensando o ricordando.<br />
Tutte, per l’età che hanno, hanno ricevuto un’educazione tradizionale, sono entrate nel<br />
mondo del lavoro e godono dell’indipendenza economica, e tutte hanno problemi<br />
sentimentali e di relazione. Al termine della narrazione Fran, una donna infelice<br />
nonostante ami molto il marito Martín, abbandonerà le visite dello psicanalista e resterà<br />
incinta; Rosa si separerà da Ignacio, un marito con cui si annoia, nonostante respinga<br />
l’amante, Nacho Huertas, perché non soddisfa le sue aspettative di “uomo vero”; Marisa<br />
è la donna che non si piace, che vive sola, e si nasconde perennemente dietro una<br />
maschera, ma decide di accettarsi com’è e di vivere una vita vera, con Fiorito, un uomo<br />
fallito, ricusato dalla società, ma che la può rendere meno sola, se non felice, dato che,<br />
come lei stessa spiega, “dormir sola por las noches es lo mismo que no tener nada”;<br />
infine, Ana che superando i problemi con la figlia, la madre e il matrimonio del suo<br />
amante, trova l’amore che la soddisfa nella relazione con Javier Álvarez.<br />
Grandes presenta quindi quattro figure di donne del nostro tempo, in parte libere dalle<br />
costrizioni delle loro antenate o delle loro nonne, ma comunque in conflitto di età e<br />
quindi di identità, alla ricerca di una presa di coscienza del tempo che passa e di un<br />
obiettivo di vita soddisfacente . Si confrontano con il loro passato e il loro futuro in una<br />
società dove la donna può e deve ancora lottare per conquistare ciò che desidera per sé.<br />
La visione generale che si avverte è abbastanza ottimista, essendo, per Grandes, i<br />
sentimenti e, in particolare, la vita di coppia, l’unica possibilità di trovare la felicità. 51<br />
Il racconto dei loro incontri con coloro che sono oggi i loro mariti, della consapevolezza<br />
della crisi che stanno vivendo nella coppia, sono descritti liberamente, con profonda<br />
coscienza dei propri sentimenti. Ben lontano da un personaggio come Natàlia/Colometa,<br />
51<br />
“Parto de una convicción personal y es que desconfío de la felicidad sin pareja. Desconfío, aunque hay<br />
quien diga que es posible. Se puede estar bien sin pareja, incluso con una pareja a la que ya no quieres,<br />
pero ser feliz, lo que se dice feliz, no lo creo”; da: J. A. Juristo, “Entrevistas con Almudena Grandes”,<br />
¿Qué leer?, 1998, p. 50.<br />
22
che si lasciava sopraffare dagli eventi e dalle persone, senza comprendere il perché delle<br />
cose né tanto meno se ciò che le accadeva era quello che voleva o non voleva.<br />
I loro rapporti con gli amanti sono altrettanto liberi, senza che l’evidenza della colpa,<br />
che potrebbe derivare dalle idee alla base di una educazione ancora legata alla<br />
tradizione, le costringa a trattenersi dal vivere le loro esperienze.<br />
Non si parla di adulterio al femminile nelle opere della narrativa di donna dell’epoca<br />
franchista che ho considerato. Una tale eventualità non era affatto contemplata.<br />
Probabilmente era più difficile superare la censura con una storia di adulterio che con la<br />
presentazione di un marito che picchia la moglie.<br />
In Atlas de Geografía Humana, invece, l’esperienza dell’adulterio è raccontata come<br />
parte “naturale” della vita sentimentale della donna. Non c’è critica; non viene data altra<br />
giustificazione che quella della situazione della vita della donna in questione.<br />
In una lettera alla Prof.ssa M.ª del Carmen Bobes Naves, Marta Portal scrive che “(…)<br />
creo que en la última narrativa escrita por mujeres en España estamos asistiendo al<br />
descubrimiento de la mujer por la mujer, sin el influjo de las caracterizaciones<br />
masculinas.” 52<br />
Le adultere dei romanzi del post-franchismo, comparate ad una Ana Ozores (che resiste<br />
all’assedio di don Álvaro Mesía per 28 lunghi capitoli, dove elenca ogni tipo di<br />
giustificazione alla sua tentazione), sono “adúlteras muy faciles” come le definisce<br />
Portal.<br />
Nella narrativa realista dell’Ottocento queste donne, descritte da uomini, venivano, ad<br />
esempio per tutte, denigrate, punite o compatite per i loro atti “impuri” di mogli<br />
adultere, in quanto l’adulterio femminile creava una breccia nell’ordine patriarcale e<br />
attaccava i codici della società. Essendo la repressione della donna il fulcro del sistema<br />
etico imposto, non era ammessa una sua scelta in questo senso 53 .<br />
52<br />
M.ª del Carmen Bobes Naves, cit., p. 12.<br />
53<br />
A tal propostito Biruté Ciplijauskaité cita in La mujer insatisfecha. El adulterio en la novela realista,<br />
Edhasa, Barcelona, 1984, p. 65, lo stesso Clarín quando mette nelle parole di Emma in Su único hijo la<br />
sua opinione riguardo l’adulterio femminile: “En cuanto a las mujeres, no les reconocía el derecho de<br />
adulterio en circunstancias normales, porque parecía feo y porque la mujer es otra cosa (…)”, dove le<br />
circostanze non “normali” che permettevano tale scelta risultavano essere lo scoprire in flagranza di<br />
tradimento il marito, cosa che ammetteva la rivalsa, o nel caso in cui il marito fosse così brutto da creare<br />
disgusto nella moglie.<br />
23
Simile è il caso delle donne del periodo franchista, la cui situazione non si discostava<br />
molto da quella di fine Ottocento, e in alcuni casi forse era peggiore.<br />
La trasformazione che ha subito la donna in Spagna dalla Seconda Repubblica al postfranchismo<br />
viene descritta da A. Grandes in Malena es un nombre de tango 54 , dove<br />
attraverso la vita della famiglia degli Alcántara assistiamo all’apparizione di una “donna<br />
nuova”, che “per la prima volta prende le redini della sua vita, decide cosa farà e come,<br />
prende decisioni sulle sue relazioni sessuali, sceglie con chi dormire, ecc..” 55<br />
Può essere considerato un romanzo di formazione di un personaggio e al tempo stesso<br />
una saga familiare, il cui racconto generazionale aiuta la protagonista Malena a<br />
maturare una propria identità di donna.<br />
Nel comportamento delle tre grandi donne del romanzo (la nonna Soledad, la zia Magda<br />
e Malena) si riconoscono i diversi stadi che ha attraversato la donna nella recente storia<br />
di Spagna: la libertà repubblicana della gioventù di nonna Soledad, poi la conseguente<br />
repressione del Franchismo vissuto da Soledad e Magda, infine i nostri giorni, di nuovo<br />
liberi con il ritorno alla democrazia, dove Malena ricostruisce la sua esistenza tramite i<br />
loro racconti.<br />
In una lunga conversazione con Soledad, Malena viene messa a conoscenza del vissuto<br />
dei suoi nonni, repubblicani, vittime della guerra civile. Il nonno fucilato, Soledad, che<br />
insegnava storia in un istituto, inquisita.<br />
Perdí a mi famiglia – le cuenta la abuela Soledad a Malena -, perdí mi trabajo, perdí mi casa, a<br />
mis amigos, mis cosas…Con la guerra perdí la ciudad en la que había nacido, el país en el que<br />
había vivido, la época de la que formaba parte… 56<br />
Attraverso questo racconto Malena conosce l’altra Spagna, quella della Repubblica, una<br />
Spagna più libera e tollerante, dove attraverso il racconto della storia d’amore di<br />
Soledad con il marito, riceve una visione delle relazioni di coppia diversa da quella<br />
imposta dall’ordine sociale franchista.<br />
54<br />
Almudena Grandes, Malena es un nombre de tango, Tusquets, Barcelona, 1994.<br />
55<br />
Fernando Valls, cit,. p. 182 (traduzione all’italiano mia).<br />
56<br />
Almudena Grandes, cit., p. 270<br />
24
Dalla zia Magda apprende che “sólo hay un mundo”, che la soluzione non sta nel<br />
convertirsi in uomo, ma che “tienes que aprender a ser distinta, y tienes que aprender a<br />
ser tú sola” 57 . Malena riuscirà ad imparare ad essere lei stessa, ad accettarsi come<br />
donna solo dopo un lungo cammino. Alla fine del quale, dopo essersi sposata, separata e<br />
aver avuto un figlio, tornata simbolicamente al sud in visita alla zia Magda, afferma:<br />
Descubrí (…) que ser mujer es tener piel de mujer, dos cromosomas X y la capacidad de<br />
concebir y alimentar a las crías que engendra el macho de la especie. Y nada más, porque todo lo<br />
demás es cultura 58 .<br />
Il pensiero di Malena inquadra quindi l’opera come romanzo di formazione,<br />
dall’adolescenza, attraverso la conoscenza del passato e la consapevolezza della propria<br />
situazione di donna matura.<br />
Carmen Martín Gaite fin dagli inizi della sua produzione letteraria si è occupata del<br />
conflitto originato dalla problematica ricerca della identità femminile. In Nubosidad<br />
variable 59 ad esempio, ad ostacolare tale ricerca troviamo le restrizioni della vita da<br />
casalinga confrontate con le insoddisfazioni di una vita in solitudine, dedicata alla sola<br />
professione, raccontate sotto forma di diario e lettera, le forme più caratteristiche della<br />
produzione letteraria femminile.<br />
In quest’opera infatti Gaite narra la vita di due donne, Sofía Montalvo e Mariana León,<br />
che furono amiche intime a scuola, ma che si innamorarono dello stesso ragazzo,<br />
Guillermo, e per tale motivo si separarono. Ora in occasione dell’inaugurazione di una<br />
mostra di un artista amico comune, si incontrano dopo più di trent’anni. Questo incontro<br />
e l’impegno nello scriversi per raccontarsi ciò che succede loro, le parole che usano nei<br />
loro scritti, fanno sì che le loro esistenze si trasformino. Attraverso la scrittura infatti<br />
rivivono le confidenze di gioventù, l’apprendimento di se stesse attraverso la parola, la<br />
fantasia, il primo amore.<br />
Entrambe comprendono che non hanno raggiunto la felicità che si erano prefissate da<br />
ragazze. Sofía è casalinga, con marito e tre figli. La sera dell’incontro scoprirà che il<br />
57<br />
Ivi, p. 81.<br />
58<br />
Almudena Grandes, cit., p. 395.<br />
59<br />
Carmen Martín Gaite, Nubosidad variable, Anagrama, Barcelona, 1992.<br />
25
marito la tradisce. Mariana è ancora single, nonostante diverse avventure sentimentali,<br />
ed è diventata una psichiatra di successo.<br />
Ancora due donne del nostro tempo, della borghesia, istruite, che hanno fatto scelte<br />
diverse, o la vita le ha fatte per loro.<br />
Alla fine del romanzo entrambe romperanno con i loro vincoli: Sofía lascia il marito,<br />
con cui non ha più niente in comune, dato che lui ha scambiato i suoi ideali con il<br />
desiderio di arricchirsi; Mariana fugge dalla professione, che non le dà soddisfazioni,<br />
che considera faticosa perché, come conviene lei stessa, “la vida… no tiene cura” 60 .<br />
Entrambe arrivano a prendere coscienza della loro situazione e scelgono di cambiare.<br />
La scrittura (in lettere e quaderni) serve a Mariana e Sofía “come ancora di salvezza,<br />
come rifugio” 61 , “para ajustar las cuentas con el tiempo”. 62<br />
Le parole diventano il mezzo di autodeterminazione dell’identità della donna; come dice<br />
Mariana, “no se ama, ni se habla, ni se escribe para convencer a nadie de nada, sino para<br />
convencerse uno a sí mismo de que sigue en forma”. 63<br />
Si potrebbe quindi identificare Nubosidad variable come esempio di quella narrativa al<br />
femminile per il femminile di cui ancora si discute così diffusamente. Una narrativa<br />
dove esemplare, quasi metanarrativa, è l’identificazione della scrittura come mezzo per<br />
conoscersi, per confrontarsi, per imporsi nel proprio mondo.<br />
Un atto di scrittura condiviso da molte, se non quasi tutte, le scrittrici donne, da quelle<br />
prime autrici che ne hanno posto a fatica le basi, in epoche non propizie ad accettare<br />
l’esistenza di una scrittura femminile, a quelle che tutt’ora continuano a rendere<br />
evidenza della situazione della donna, sempre carica di contrasti con il suo ambiente.<br />
Secondo María Dolores De Asís, autrice della recensione 64 dell’opera, Pago de traición<br />
di Marta Portal 65 ӏ una testimonianza di fino a che punto il romanzo moderno privilegi<br />
60<br />
Carmen Martín Gaite, cit., p. 184.<br />
61<br />
Fernando Valls, “Como liebre en el erial. Carmen Martín Gaite, “Nubosidad variable”, 1992”, in La<br />
realidad inventada, Análisis crítico de la novela española actual, Crítica, Barcelona, 2003, p. 247<br />
(traduzione all’italiano mia).<br />
62<br />
Carmen Martín Gaite, cit., p. 381.<br />
63<br />
Ivi, p. 142.<br />
64<br />
María Dolores de Asís, “Textura íntima de una conciencia”, recensione di Pago de traicíon di Marta<br />
Portal, apparsa sulla rivista YA del 23 ottobre 1983. L’articolo è stato gentilmente concesso dall’autrice<br />
stessa del romanzo (traduzione mia).<br />
65<br />
Marta Portal, Pago de traición, Planeta, Barcelona, 1983. La scrittrice è nata a Nava, Asturie, nel 1930.<br />
Laureata in Lettere e Filosofia, Dottoressa in Scienza dell’Informazione, professoressa emerita<br />
dell’Università Complutense di Madrid; è studiosa di letteratura ispanoamericana, saggista e giornalista.<br />
26
i fatti di coscienza e di come i procedimenti narrativi raggiungano la trasparenza<br />
interiore di personaggi tormentati e contraddittori”.<br />
Tali personaggi sono qui, come nelle altre opere di narrativa di Portal, donne che,<br />
attraverso il monologo interiore e lo stream of consciousness, danno evidenza della<br />
precarietà dell’esistenza, per se stesse e per il lettore/lettrice.<br />
Nel caso di Pago de traición la protagonista, che non ha nome, “indizio del suo valore<br />
prototipico come immagine di donna disegnata dalla donna” 66 , per tutta la prima parte<br />
del romanzo si autoanalizza ossessivamente in una notte insonne. Ricorda gli episodi<br />
fondamentali della sua vita: la sua relazione adultera con l’uomo a cui allude sempre<br />
con il solo “él”, l’episodio dello spintone alla madre anziana, smemorata e malata, con il<br />
quale forse ne ha avvicinato la morte, la dissimulazione della normalità con il marito, a<br />
cui è stata diagnosticata una malattia terminale. Da questa prima trama essenziale la<br />
protagonista approfondisce ancora di più l’autoanalisi, fino ad arrivare a indagare sul<br />
significato stesso dell’esistenza. Tutto partendo dall’affermazione che apre il racconto:<br />
“Yo sé más que mi conciencia.” 67<br />
Quindi una conferma della sua identità come persona e donna.<br />
Nella prima parte del racconto la protagonista non trova nessuna contraddizione<br />
all’infedeltà al marito, nel suo cuore c’è spazio sia per questi che per l’amante. La<br />
descrizione del sentimento per l’amante è esente da qualsiasi senso di colpa.<br />
(…) yo había reconocido sin tapujos mentales el amor que subrepticiamente se había despertado<br />
en mí, y rendía al sentimento un tibio culto en mi interior.<br />
Todo mi vivir adoptaba el ritmo de este saber que me enfatuaba (…) por el hecho de ser capaz<br />
todavía (…) de sentir con intensidad la precencia íntima de otro ser: un temblor bajo mi piel y<br />
una calma de infalibilidad en cuanto hacía o decía, porque aquel nuevo latido me daba la<br />
seguridad de una presencia ausente y rememorativa que me embargaba como una onda cálida 68 .<br />
L’attesa del prossimo incontro con l’amante nel ricordo è alla base della sua vita:<br />
Nel 1966 ottiene il Premio Planeta con il romanzo A tienta y a ciegas. Da allora si dedica con regolarità<br />
alla scrittura. Fra le successive opere: A ras de la sombra (1968), Ladridos a la luna (1970), Un espacio<br />
erótico (1982), El ángel caído (1994), Él y yo, nosotros tres (2002). Nel 2007 il Principato delle Asturie<br />
istituì il Premio per la Saggistica Marta Portal e le fu concesso il Premio della Letteratura delle Asturie.<br />
66<br />
M.ª del Carmen Bobes Nave, cit., p. 10. (traduzione all’italiano mia)<br />
67<br />
Marta Portal, cit., p. 9.<br />
68<br />
Ivi, p. 34.<br />
27
Yo no hacía ningún plan material, me contentaba, sin vista, sin presencia del amado, con<br />
enriquecer lo rememorado e imaginar próximos encuentros, proponiéndome no desperdiciar<br />
ninguna oportunidad que me dejase mi situación matrimonial y que los contingentes de él me<br />
ofrecieran 69 .<br />
La morte del marito, Félix, non porta a nessun ripensamento riguardo il suo rapporto<br />
extra matrimoniale.<br />
(…) él me incitó a salir, a viajar. Después de la muerte de Félix, pasada una etapa prudencial, él<br />
concibió la necesidad de un viaje, de un cambio de aires para mí. (…) Me dejé convencer. Era<br />
tan fácil, dejarse, abandonarse a los planes de los otros (…) 70 .<br />
Pretendí ir por delante del tiempo y de las cosas, suscitándolas, haciendo que se acomodasen a<br />
mi deseo, a la prefiguración que yo hubiera imaginado. (…) Me sentí desgarrada en lo profondo<br />
de mi alma, queriendo realizar aquello que ya estaba en camino de hacer y sintiéndome llamada<br />
hacia la inercia por una mitad de mí misma que me compadecía. Todas las mujeres anteriores<br />
que hay en mí se condolieron de la inseguridad de mi firme resolución. Yo quise mirar hacia<br />
delante, hacia la futura, y le dije, dándome ánimos: “Qué suerte, tú, que llevarás sólo lastre de<br />
mí.” 71<br />
La relazione con Félix rimane distinta, vissuta a parte, e ricordandola dopo la sua morte,<br />
si rende conto che niente l’ha intaccata, neanche la sua infedeltà.<br />
Ahora que él ha suspendido definitivamente el juicio sobre mí, es cuando yo puedo incontrarlo,<br />
más allá de las sospechas y de los disimulos, más allá de las traiciones, en ese espacio exclusivo,<br />
suyo y mío, que nadie ha podio invadir nunca, que nadie ha podido disputar 72 .<br />
Il problema etico della sua condotta si presenta nella seconda e terza parte dell’opera,<br />
dove va a confrontarsi sempre più con se stessa, affondando ancora di più nel suo<br />
spazio interiore, considerando la validità a livello sociale e familiare dei suoi atti.<br />
La conclusione della narratrice/protagonista non è molto ottimistica: l’indagine sulla sua<br />
vita e lo scavare nel suo passato e in quello della madre le causa una gran confusione.<br />
69<br />
Ivi, p. 43.<br />
70<br />
Ivi, p. 11.<br />
71<br />
Ivi, p. 24.<br />
72<br />
Ivi, p. 60.<br />
28
Nella seconda parte infatti ritorna al paese della sua infanzia per indagare su una foto di<br />
un uomo (che non è il padre) trovata per caso nascosta nel medaglione da cui in vita la<br />
madre non si era mai separata. Dopo la lunga conversazione con il parroco del paese, la<br />
protagonista viene a conoscenza di un amore adultero della madre (l’amante si scopre<br />
essere stato il sacerdote stesso), della sua decisione di lasciare la famiglia per fuggire, e<br />
della sua rinuncia dopo la malattia del marito e la conseguente necessità di occuparsi lei<br />
sola dei figli. La delusione della protagonista è terribile, e la stessa donna che viveva<br />
con tanta facilità la sua relazione adultera, difficilmente sopporta quella di sua madre.<br />
¿Cómo pudo mi madre hacernos esto? ¿Cómo puede afectarme algo tan remoto en el pasado,<br />
algo que trascendió, que se mantuvo en los límites del sigilo y del deseo agazapado? ¿Por qué la<br />
condeno a ella del mismo pecado de que me absuelvo a mí? (…) Porque su adulterio ha<br />
degradado la imagen de mi celosa propiedad personal 73 .<br />
Il personaggio della protagonista si rivela contraddittorio e Portal non lascia trapelare<br />
nessuna spiegazione, se non il fatto che l’infedeltà non produce conflitto al soggetto<br />
infedele, né nel marito, ma è molto doloroso per i figli, che perdono la sicurezza e<br />
vedono crollare il loro mondo.<br />
Per tale motivo alla fine dell’opera la protagonista/narratrice, di ritorno dal suo viaggio<br />
in cerca di sé stessa, ha perso l’euforia della sicurezza della prima parte (“Yo sé más de<br />
mi conciencia”). La sua vita pare sarà d’ora in poi quella quotidiana e monotona, senza<br />
più orizzonti ampi, di un comodo lasciarsi trasportare, nell’accettare quello che la vita<br />
dà di bene o di male, perché la conoscenza tradisce sempre le aspettative.<br />
Sé, espero, que occurirá algo; cuanto ocurra quedará recogido en el paño de la memoria como en<br />
el calco de la Verónica, como restos de un festín de romería. (…) Ver, oír, escuchar, decir,<br />
emprender, contemplar, anticipar, recordar, repentizar…, todo el trajín de cada día que macera<br />
mi cuerpo y da acopio de saber inédito a mi mente 74 .<br />
73<br />
Ivi, p. 170.<br />
74<br />
Ivi, pp. 201-202.<br />
29
Alla fine dell’opera il lettore avrà condiviso con la protagonista ricordi, emozioni,<br />
ossessioni, sensualità, le sensazioni del suo corpo, i suoi pensieri notturni, insomma<br />
tutto ciò che costituisce la trama intima di una coscienza.<br />
Per tale motivo ho inteso identificare quest’opera, tra le altre di Portal, nella narrativa<br />
sperimentale fondata sul monologo interiore, e l’intimità dei personaggi, caratteristica di<br />
quella che indicavo relativa alla seconda fase del postmodernismo spagnolo.<br />
A mio parere questa tecnica si distanzia notevolmente da quelle utilizzate dalle autrici<br />
del periodo franchista, ed è, come è logico, conseguenza di una maggiore libertà e<br />
coscienza della donna raggiunta nel post-franchismo.<br />
Non è più argomento da trattare e sviscerare quindi il come e quando una donna si<br />
debba sposare e/o sopportare la vita matrimoniale. È un dato di fatto che la donna abbia<br />
diritto ad una vita sentimentale e sessuale soddisfacente, e possa scegliere di<br />
conseguenza.<br />
Si va quindi oltre, a spiegare i dubbi dell’esistenza umana.<br />
L’unico elemento che riporta la protagonista di Pago de traición verso ciò che di<br />
tradizionale sopravvive nell’educazione delle donne, è la contraddizione fra<br />
l’atteggiamento di naturalità con cui vive il suo adulterio (sentito come quotidiano), e lo<br />
sconcerto che ha nei confronti di quello della madre, in quanto pone in questione la sua<br />
stessa appartenenza come figlia alla famiglia in cui è cresciuta. Portal non risolve questo<br />
conflitto, in quanto le basta porlo in essere, caratteristica che ricondurrei alla forma del<br />
romanzo postmoderno, con finale aperto o irrisolto.<br />
Al di là di questo particolare, è ad ogni modo esemplare il fatto che l’adulterio della<br />
narratrice viene presentato come si poteva presentare un adulterio maschile. Infatti,<br />
anche se l’autrice non ci dà l’opinione di chi è coinvolto (né del marito, né della madre),<br />
è comunque chiaro che per la protagonista il suo comportamento non le provoca<br />
conflitti interiori, né, crede, neppure agli altri, come lo sarebbe per un uomo.<br />
In Los estados carenciales l’autrice Ángela Vallvey 75 tratta i temi che più le stanno a<br />
cuore: le relazioni amorose e tutto ciò che le circonda e coinvolge: amore, disamore,<br />
75<br />
Ángela Vallvey, Los estados carenciales, Destino, Barcelona, 2002. La scrittrice è nata a San Lorenzo,<br />
Ciudad Real, nel 1964. Laureata in Storia Contemporanea all’Università di Granada, segue i corsi di<br />
Filosofia, Antropologia e Teoria dell’Arte e pubblica la sua prima opera nel 1992. Dopo una prima tappa<br />
di letteratura giovanile, passa ad una seconda tappa più matura che vedrà la pubblicazione dei primi<br />
30
gelosia, conflitti e perplessità dell’uomo e della donna contemporanei, e quindi il<br />
matrimonio, “una delle principali ossessioni dei personaggi di Vallvey e anche uno dei<br />
principali misteri.” 76 La protagonista del romanzo, delusa dagli eventi della vita, si<br />
domanderà infatti “qué es en realidad el matrimonio.” 77 L’autrice affronta qui il<br />
matrimonio da un punto di vista parodico, tramite una rivisitazione o attualizzazione del<br />
mito di Ulisse e Penelope, considerati come coppia archetipica, spiegandone in chiave<br />
allegorica alcuni aspetti. La parodia sta nell’inversione che l’autrice fa della mitica<br />
coppia protagonista dell’Odissea; qui Ulises è un pittore, che resta a casa ad accudire il<br />
figlio, che si chiama appunto Telémaco, mentre lei, Penélope, disegnatrice di moda,<br />
lascia la casa per una profonda crisi sentimentale a causa dell’infedeltà del marito.<br />
L’opera è divisa in tre parti, come spiega l’autrice, in onore a Schopenhauer: quello che<br />
rappresentiamo, quello che abbiamo e quello siamo. Il tema centrale è infatti la ricerca<br />
della felicità (la traduzione italiana porta appunto come titolo “Lezioni di felicità”). Alla<br />
fine del romanzo troviamo una sentenza rivolta al lettore: “Nunca olvides que tu<br />
felicidad depende de ti mismo, de lo que tú eres, no de lo que tienes ni de lo que<br />
representas 78 ”.<br />
La prima parte si concentra sulla vita di Ulises, marito abbandonato che ha dovuto<br />
apprendere a curare il figlioletto Telemaco dall’oggi al domani. Vediamo quindi il suo<br />
punto di vista sulla separazione dalla moglie. Le sue preoccupazioni nel nutrire o vestire<br />
il figlio, pensando al giudizio della madre se fosse presente. Ma la sua pena per<br />
l’assenza della moglie non va oltre. La sua vita ha subito solo una virata per l’impegno<br />
del figlio 24 ore su 24, il suo atteggiamento resta lo stesso. Durante la narrazione avrà<br />
una avventura casuale. Questo rende chiara la motivazione dell’abbandono.<br />
Nella seconda parte vediamo la situazione dal punto di vista di Penélope, la moglie,<br />
partita per l’estero spinta dall’ultimo tradimento del marito. È una donna in carriera, con<br />
il talento per arrivare in alto. Ma ogni giorno pensa al suo bambino, ai vestiti che gli ha<br />
comprato prima di partire, e a come lo accudirà il marito. È una donna piena di rancore<br />
successi: A la caza del último hombre salvaje (1999), Vías de extinción (2000), Los estados carenciales<br />
(2002) con cui vince il Premio Nadal del 2002.<br />
76<br />
Ángeles Encinar y Kathleen M. Glenn (Eds.), Entre la ironía y el desencanto : la narrativa de Ángela<br />
Vallvey, in La pluralidad narrativa. Escritores españoles contemporáneos (1984-2004), Biblioteca<br />
Nueva, Madrid, 2005, p. 139 (traduzione all’italiano mia).<br />
77<br />
Ángela Vallvey, cit., p. 249.<br />
78<br />
Ivi, p. 363.<br />
31
verso gli uomini, con voglia di rivalsa; vuole sentirsi ancora desiderata. La sua<br />
esperienza matrimoniale le ha insegnato che due persone non possono integrarsi troppo<br />
senza scontrarsi e distruggersi. Anche se ammette di amare ancora Ulises, non<br />
rimpiange di averlo lasciato.<br />
Ma non vuole che l’arrivismo della carriera e il matrimonio in crisi la separino dal figlio<br />
Telémaco e nella terza parte del romanzo tornerà alla casa dei genitori per incontrare il<br />
marito e chiedere il figlio in affido. Ha deciso che non può non far parte della sua vita.<br />
Narrando la notte in cui riavrà, dopo molte settimane, il figlio fra le braccia, il narratore<br />
evidenzia i conflitti familiari che vive:<br />
Es una intrépida exploradora afrontando con coraje lo desconocido. Un largo pasillo, la noche<br />
lluviosa, la jungla doméstica, un marido huraño y traidor, un hijo inocente, una madre. Penélope<br />
es también una madre. 79<br />
Anche qui una donna che decide di scegliere, una donna che stravolge il pregiudizio che<br />
vuole la moglie succube del libertinaggio del marito, nell’ipocrisia e la mistificazione<br />
della realtà. Esce lei dal focolare di cui dovrebbe essere l’angelo, per riprendersi il<br />
tempo rubato al suo lavoro, la sua passione, per fare la madre. E riprendersi la sua<br />
identità di donna professionista e indipendente, così come il diritto di essere madre oltre<br />
che realizzata nel lavoro.<br />
L’autrice allude ad una probabile riconciliazione fra i due, ma in realtà le possibilità<br />
sono varie. Il finale quindi è aperto, perché la narrazione non dà al lettore la ricetta per<br />
la felicità.<br />
Forse per questo Vallvey aggiunge al termine della narrazione un’Appendice intitolata<br />
“Eudemología. (Pequeño Arte de ser feliz)”, dove raccoglie, inventa e parafrasa diverse<br />
sentenze riguardo la felicità. Ed in una nota aggiunge che “(…) Personalmente, pocas<br />
cosas me han producido en la vida tanta felicidad como leer a los filósofos: ellos me<br />
han ayudado siempre a comprender.” 80<br />
79<br />
Ivi, p. 233.<br />
80<br />
Ivi, p. 65.<br />
32
Quindi non c’è risposta o soluzione nei rapporti sentimentali (quelli di Ulises e<br />
Penélope non si risolvono) se non forse nell’arricchirsi interiormente, in anima e spirito,<br />
per bastare a se stessi.<br />
Maternità<br />
Come già accennato, la Guerra Civile lasciò una popolazione decimata dove lo Stato si<br />
vide costretto “a stimolare i maschi sopravvissuti ad una accelerata ricostituzione e<br />
riproduzione della Nazione e della sua gente.” 81<br />
La via più idonea alla soddisfazione di questa necessità era utilizzare le spagnole come<br />
strumento riproduttore. Strumento che andava quindi controllato e mantenuto in rigidi<br />
limiti. Da qui la propaganda a favore del matrimonio, corsi di puericultura direttamente<br />
supervisionati dallo Stato, e una politica di “protezione della famiglia”. Tutto ciò ha<br />
contribuito ad una esagerata mistificazione della funzione materna che fece delle donne<br />
le vere detentrici della prodezza di mettere al mondo nuovi spagnoli anche a costo della<br />
loro vita.<br />
Questa politica si coniugava con il postulato cattolico che destinava al matrimonio il<br />
solo fine di fonte di procreazione incontrollata.<br />
Alla donna si conferì un destino glorioso, che mai avrebbe raggiunto da solterona<br />
improduttiva, arrivando perfino a porre in relazione il suo sacrificio con quello della<br />
Vergine Maria, come si desume dalla stampa dell’epoca:<br />
Se llega a la maternidad por el dolor como se llega a la gloria por la renunciación… Maternidad<br />
es continuo martirio. Martirio creador, perpetuador, que comienza con la primera sonrisa del hijo<br />
y sólo finiquita cuando los ojos inmensos de la madre se cierran para siempre (…) Sólo es mujer<br />
perfecta la que sabe formarse para ser madre (…) El gozo de ser madre por el dolor y el<br />
sacrificio es tarea inexcusablemente femenina 82 .<br />
81<br />
Rosa Isabel Galdona Pérez, Discurso femenino en la novela española de posguerra, cit., p. 153<br />
(traduzione all’italiano mia).<br />
82<br />
José Juanes, Medina, 6 de dicembre de 1942, citato da Carmen Martín Gaite en Usos amorosos de la<br />
posguerra española, cit., pp. 107-108.<br />
33
Gli effetti di una propaganda così pressante si ritrovano in alcune protagoniste della<br />
narrativa al femminile di questo periodo che assumono il ruolo di procreatrici<br />
predestinate.<br />
Marta ad esempio, in La isla y los demonios 83 di Laforet, dice a se stessa:<br />
La vida para mujer es amor y realidad. Amor, realidad, palpitación en la sangre. (…) Tienes<br />
dentro de ti semillas de muchos hijos que han que nacer. 84<br />
Anche in Nada, troviamo Andrea che è messa a parte del miracolo della maternità dalla<br />
madre di Ena, quando le racconta la rivelazione che ha avuto su di lei la maternità,<br />
perché le spiega che “fue la niña quien me descubrió la fina urdimbre de la vida, las mil<br />
dulzuras del renunciamiento y del amor (…) Fue ella la que me hizo querer a su padre y<br />
me hizo querer más hijos”. 85<br />
Non mancano le donne che pagarono con la loro stessa vita la maternità, come<br />
Magdalena, in Los hijos muertos 86 di Matute, che sarà uccisa dal suo unico figlio. O<br />
come Beatriz, che perse la vita anch’ella al primo parto. La narrazione non specifica se<br />
voleva o non voleva figli. Solo ci dà conoscenza del fatto che la gestazione fu<br />
conseguenza quasi immediata di un matrimonio a cui arrivò già a quarant’anni, con i<br />
“suoi bauli pieni di lenzuoli bordati”, la sua dote da “vecchia fidanzata”. Ad ogni modo,<br />
dopo un doloroso parto di due giorni e due notti:<br />
Beatriz murió al amanecere del tercer día, y su rostro amarillo, huesudo, tenía entre los críos una<br />
paz extraña, casi dulce. Los baúles reforzados, ya vacíos, se vendieron al buhonero, y el cuerpo<br />
flaco, cumplidor, sirviente, se escondió en la tierra de Herzog (…) 87<br />
In Primera memoria, sempre di Matute, la figura materna è assente; infatti come in altre<br />
opere dell’autrice la/il protagonista sono orfani, e di conseguenza assume più peso la<br />
figura paterna. Matia in Primera memoria afferma di avere un ricordo abbastanza<br />
83<br />
Carmen Laforet, La isla y los demonios, Destino, Barcelona, 1991.<br />
84<br />
Ivi, p. 130.<br />
85<br />
Carmen Laforet, Nada, cit., p. 239.<br />
86<br />
Ana María Matute, Los hijos muertos, Plaza y Janés, Barcelona, 1958.<br />
87<br />
Ivi, pp. 30-31.<br />
34
sfuocato della madre, mentre è la governante, al quale il padre l’affida alla scomparsa<br />
della madre, che prende per lei il ruolo della figura affettuosa e protettrice di madre.<br />
Motivo centrale nella narrativa di Matute è infatti il disamore materno, origine del suo<br />
scontento e disillusione verso la vita, che, secondo Alicia Redondo Goicoechea 88 , è<br />
appunto la mancanza di amore nell’infanzia.<br />
La rivendicazione esasperata della funzione riproduttrice della donna di quegli anni, la<br />
portò ad assumere il ruolo di persona di seconda classe, sottomessa al maschio e oggetto<br />
riproduttore.<br />
La consapevolezza del suo destino di sofferenza per il solo fatto di essere donna, porta<br />
ogni madre a sentirsi colpevole nel mettere al mondo nuove future donne, come nel caso<br />
della madre di Ena in Nada:<br />
Cuando me dijeron que era una niña, a mi desagna se unió una extrema congoja. No la quería<br />
ver. (…) Yo sentía remordimiento para haberla hecho nacer de mí, por haberla condenado a<br />
llevar mi herencia. Así, empezé a llorar con una debilitada tristeza de que por mi culpa aquella<br />
cosa gimiente pudiese llegar a ser una mujer algún día 89 .<br />
Nonostante questa consapevolezza non c’è unione fra le donne in una società<br />
patriarcale, dove la madre diventa la prima difensora del privilegio maschile, attaccando<br />
le altre donne che ne minano le basi. Non possono vedere altro che il mondo maschile,<br />
che ammirano perché hanno insegnato loro che è superiore, ne sono talmente<br />
assoggettate al punto di aver paura e disgusto per la donna, come spiega Hélène Cixous:<br />
Ellos han cometido el peor crimen contra las mujeres: las han arrastrado, insidiosa,<br />
violentemente, a odiar a las mujeres, a ser sus propias enemigas, a movilizar su inmenso poder<br />
contra sí mismas, a ser las ejecutoras del viril trabajo 90 .<br />
Marta, in Los hijos muertos di Matute, fa parte di questo gioco insidioso. La povera<br />
donna, che aveva dato tutta se stessa a due uomini che l’avevano abbandonata,<br />
88<br />
Alicia Redondo Goicoechea, La narrativa de Ana María Matute in Mujeres novelistas en el panorama<br />
literario del siglo XX, coord. Marina Villalba Álvarez, Ediciones de la Universidad de Castilla-La<br />
Mancha, Cuenca, 2000, p. 63.<br />
89<br />
Carmen Laforet, Nada, cit., p. 239.<br />
90<br />
Hélène Cixous, La risa de la medusa. Ensayos sobre la escritura, Anthropos, Barcelona, 1995, p. 21.<br />
35
lasciandola con tre figli, due femmine e un maschio, con la sua reputazione non poteva<br />
aspettarsi altro che restare sola tutta la vita. Il lavoro come cuoca presso la ricca<br />
famiglia dei Corvos le assicurava un sostentamento, ma dovette accettare che le sue<br />
figlie, nate nel peccato, vivessero esiliate in uno squallido tugurio.<br />
Diverso trattamento verrà riservato al figlio maschio, anch’egli di padre ignoto, ma a<br />
quanto pare con un valore particolare per la madre, tanto che il “piccolo ometto” sarà<br />
ammesso alla casa padronale, dove la stessa proprietaria lo accudirà, mentre le sorelle<br />
soffriranno la fame e il freddo.<br />
Questa figura di madre che promuove la schiavitù secolare di tutte le donne è diventata<br />
oggetto di forte critica in ambito femminista, tanto da parlare di “matricidio”, come<br />
definisce Luce Irigaray in El cuerpo a cuerpo con la madre 91 , “l’annullamento vitale<br />
che (…) soffre quella figura di maternità che respira oltre il suo ruolo sociale e<br />
materiale di riproduttrice di creature”.<br />
La letteratura femminile spagnola della posguerra seppe scorgere la differenza abissale<br />
tra la figura materna promossa dallo Stato e dalla Chiesa e l’altro lato della maternità,<br />
quella madre-origine che vive nel profondo degli animi di ogni donna, che rimane però<br />
latente nel silenzio del testo.<br />
Il dolore e l’alienazione della donna, costretta alla maternità quasi per volere divino,<br />
sono il filo conduttore della vita di Natàlia/Colometa in La Plaza del Diamante.<br />
È Quimet, il marito, a imporle la maternità come le relazioni sessuali. Sia la gravidanza<br />
che il parto per lei sono eventi dolorosi. Non riesce affatto a godere dell’esperienza.<br />
Yo no sé lo que parecía, redonda como una bola, con los pies debajo y la cabeza encima 92 .<br />
La gravidanza la riempie di aria, “de una cosa muy rara” 93 , ma non la riempie come<br />
donna né come madre.<br />
91<br />
Luce Irigaray, El cuerpo a cuerpo con la madre, La Sal, Barcelona, 1985, p. 7 (traduzione all’italiano<br />
mia).<br />
92<br />
Mercé Rodoreda, La Plaza del Diamante, cit., p. 63.<br />
93<br />
Ivi, p. 65.<br />
36
L’esperienza del parto la lascia esausta; non si preoccupa per il neonato; c’è un distacco<br />
tra madre e figlio. Infatti Natàlia/Colometa non può allattarlo e questo la rende, per la<br />
società in cui vive, una madre incompleta. Antoni, il neonato, accentua ulteriormente la<br />
tragedia quando si rifiuta di prendere il biberon e rischia di morire.<br />
Del secondo parto ci sono poche indicazioni. Solo che è stato peggiore del primo e che<br />
stava sul punto di morire dissanguata.<br />
Fue niña y le pusieron Rita. Por poco me quedo, porque la sangre me salía como un río y no me<br />
la podían cortar 94 .<br />
Rita sarà l’unico personaggio che non cambierà nome in tutta la narrazione. La figlia è<br />
infatti l’opposto di Natàlia, è il prototipo della donna nuova, anche se accetterà di<br />
sposarsi, assecondando le norme sociali dell’epoca.<br />
In La trampa di Matute, la protagonista Matia, nel corso del suo elucubrare sugli errori<br />
della sua vita, ricorda quello più grave di tutti: la separazione dal figlio. Era avvenuta<br />
dopo il ricovero del marito per disintossicarsi dall’alcol, quando, di nuovo, la<br />
mansuetudine femminile a cui era stata educata le aveva fatto accettare il consiglio<br />
della suocera a partire per l’Europa per riposarsi e riprendersi, lasciando il figlio Bear a<br />
lei. Mettere così tanta distanza tra lei e l’affetto ad un bambino per cui era tutto fu forse<br />
la perdita che maggiormente condizionò la sua vita.<br />
“Ahora Bear es otro desconocido. Hablarle, verle a menudo, compesar de alguna manera la gran<br />
separación, ¿tiene objeto? Es una decepción continua, doliente, (…) Antes, a veces, cuando era<br />
todavía un niño y le visitaba, de tarde en tarde, yo me decía: es mi hijo. Ahora inesperadamente,<br />
es un hombre.” 95<br />
Quella di Matia è una maternità vissuta nella desolazione, che la fa soffrire in modo<br />
indicibile, tanto che, pensando al figlio, arriva a confondere amore con dolore:<br />
94<br />
Ivi, p. 84.<br />
95<br />
Ana María Matute, La trampa, cit., p. 84-85.<br />
37
¿Qué he sabido yo nunca de la función materna? Es doloroso pensarlo ahora, cuando lo veo<br />
crecido, absolutamente ajeno. Me duele su juventud, como me dolía en otro tempo verle avanzar<br />
torpemente, sobre sus piernas de dos años, hacia mí (…) Cualquier cosa que de él venga, me<br />
duele como algo irremisible y de lo que me siento total, absolutamente culpable. Tal vez el dolor<br />
se parece mucho al amor 96 .<br />
Nella descrizione di questa esperienza traumatica di Matia possiamo intravedere quella<br />
delle donne che nell’epoca franchista osavano trasgredire l’ordine patriarcale e separarsi<br />
dal marito. Dato che il divorzio era stato bandito, rimaneva la sola parola separada a<br />
esemplificare una situazione dequalificante per la donna. La separazione comportava<br />
l’allontanamento della madre, in quanto indegna, dai figli.<br />
Nelle parole di Matia, Matute è probabile che abbia riversato la sua personale tragica<br />
esperienza di donna separata nella Spagna franchista, la cui legge imponeva la<br />
separazione di figli delle donne separate.<br />
La fine del Franchismo e la Transizione verso la democrazia porterà al ritorno dei diritti<br />
civili e legali anche per la donna. Ma dal punto di vista sociale e culturale la<br />
progressione sarà più lenta. La donna sarà libera di studiare, lavorare, di scegliere il<br />
proprio compagno, di essere madre, ma il peso dell’educazione repressiva del passato si<br />
farà ancora sentire sulle prime generazioni, anche se per nascita non vivono di persona<br />
l’epoca franchista.<br />
Nel volume Modelos de mujer 97 Almudena Grandes raccoglie sette racconti riportanti<br />
vari esempi di figure di donne che attraversano la sofferenza di una esistenza, che non<br />
trova spazio nella cultura e società in cui vivono.<br />
Fra questi racconti in La buena hija (inserito anche nella raccolta, curata da Laura<br />
Freixas 98 , di racconti di varie autrici spagnole sul tema del rapporto madre-figlia)<br />
Grandes presenta uno dei grandi temi della sua narrativa: la relazione di disamore e<br />
perfino di odio tra madre e figlia. La protagonista Berta, la figlia, ricorda da adulta il<br />
difficile rapporto con la madre Carmen, cercando di recuperare nella memoria della sua<br />
96<br />
Ana María Matute, La trampa, cit., p. 125.<br />
97<br />
Almudena grandes, Modelos de mujer, Tusquets, Barcelona, 1996.<br />
98<br />
Laura Freixas, Madres e hijas, Anagrama, Barcelona, 1996.<br />
38
infanzia la figura materna, ma si rende conto che nel suo pensiero questa è stata ed è<br />
ancora identificata con Piedad, la serva a cui sua madre l’aveva totalmente affidata,<br />
perché non intenzionata a curarsene. Carmen viene così rappresentata come la tipica<br />
madre del patriarcato spagnolo, una figura inflessibile e rigida.<br />
Mi madre era la autoridad, la señora que tomaba las decisiones importantes. Ella pagaba la<br />
matrícula en septiembre y firmaba las notas de junio (…) mi madre se disolvía en un instante, sin<br />
quejarse, sin llamar la atención, sin hacer ruido, para ceder su cuerpo y su rostro, sus manos y su<br />
voz, a mamá, una especie de hada doméstica de poderes suficientes para revolver la mitad de los<br />
problemas y hacer mucho más soportable la otra mitad. En la vida de todos los niños que yo<br />
conocía, una sola mujer bastaba para representar ambos papeles, pero en la mía había dos. Doña<br />
Carmen era mi madre. Piedad era mamá. 99<br />
Attraverso la memoria e il racconto in prima persona, Berta riallaccia passato, presente<br />
e futuro per il recupero di un mondo affettivo materno che la riconduce alla figura di<br />
Piedad, che la madre biologica ha cacciato di casa. Nello spazio del racconto Berta<br />
ricrea la sua identità di donna ricucendo lo strappo subito da bambina. Recupera la<br />
propria indipendenza liberandosi dalla tirannia della madre anziana e malata che l’aveva<br />
trasformata in figlia abnegata, tipica vecchia zitella per imposizione delle incombenze<br />
familiari, lasciandola alle cure di una infermiera.<br />
In Un espacio erótico 100 di Marta Portal, l’autrice, in una struttura narrativa di<br />
sperimentazione postmoderna (monologo interiore, flash back, racconti tra<br />
l’immaginario e l’onirico, metanarrativa e intertestualità) segue il percorso tormentato<br />
di Elvira, la protagonista, alla ricerca di se stessa, del suo spazio, dove ritrovare la sua<br />
personalità femminile, la sua sensualità, e il suo essere donna e madre.<br />
Fugge dal Messico, dove un marito autoritario e misogino l’aveva ridotta ad una vita<br />
ignobile, per ritornare in Spagna, il luogo in cui può rifarsi una vita col suo lavoro di<br />
giornalista, ma al prezzo della separazione dal figlio.<br />
Il dolore di questo distacco impostole è concomitante con il vuoto che le dà il fallimento<br />
che ha subito come moglie e come donna. Alla ricerca di una definizione che renda<br />
meglio la sua situazione dice a se stessa:<br />
99<br />
Almudena Grandes, “La buena hija” in Modelos de mujer, cit., pp.207-208<br />
100<br />
Marta Portal, Un espacio erótico, cit..<br />
39
“¿Señora, señorita?” Robledo [il suo capo al giornale in cui lavora] quiso decirme que ni tengo ni<br />
dejo de tener un marido. “Señora es la mujer del señor, y se aplica especialmente – según el<br />
diccionario – a la casata o viuda”. Yo fui mujer del señor, y ya no soy mujer, pero tampoco soy<br />
su viuda. Tampoco soy “señorita” al no ser soltera, y no ser hija de un señor de representación.<br />
Los tecnónimos femeninos del DRAE no me son aplicables, “ex-señora de” o “señora que fue<br />
de…”. En una sociedad antifeminista como la nuestra, debería existir otro término que<br />
significase un modo de existir, de ser, proveniente del rechazo; un andrónimo de prestigio<br />
hispanoárabe, que hiciese referencia a una función anterior, al cargo del que la mujer fuera<br />
expulsada, arrojada a las tinieblas sociales, con un acta de identificación: repudiada del señor. Ni<br />
“divorciada”, que tiene para nosostros resonancias exóticas anglosajonas, ni “separada”, que<br />
parece aludir a inconfesos motivos confesionales.”<br />
“Repudiada - siguió divagando Elvira -, eso es; un calificativo de fácil abreviatura para<br />
pasaportes y documentos de identidad: Rep. Un tecnónimo de fácil adaptación a la broma y al<br />
insulto etimologizante. Rep. Repu. Una legítima “repu” ” 101 .<br />
Un insulto la definizione che trova per sé stessa, come un insulto alla sua legittimità di<br />
donna l’aver dovuto abbandonare il figlio.<br />
Nell’ansia del recupero del figlio perduto Elvira arriva a elaborare in seno al mito<br />
cristiano dell’Annunciazione una teoria di maternità che prescinde dal padre.<br />
…en la iconografía posterior, la Virgen con el niño es la negación del Padre;… 102<br />
E pensa che questo mito della Vergine Madre sia rivelatore di un futuro con un nuovo<br />
nucleo familiare, quello che anela per sè:<br />
¿No estará prefigurando el nucleo esencial de la familia del futuro, madre-hijo, complementado<br />
con padres putativos y rotativos, no esenciales? 103<br />
101<br />
Ivi, p. 43.<br />
102<br />
Ivi, p. 126.<br />
103<br />
Ivi, p. 126.<br />
40
La sua situazione la aliena dalla vita di una Madrid, dai riferimenti a fatti storici<br />
presumibilmente postfranchista, dove la vita scorre senza di lei, presa dallo<br />
straniamento dei suoi pensieri e nel ricordo della nascita del figlio.<br />
….Dejarse ir a esa vida (…) entre las gentes con problemas mediocres, con sentimientos<br />
efímeros, esa gente que la desconoce y que no saben…, que nunca sabrán. ¿Y si nunca hubiera<br />
ocurrido nada? ¿Y si todo fuera una inflación de la fantasía? Porque, ¿qué es la dignidad herida?<br />
(…) La humillación es siempre cierta, como el dolor. (…) Y la vida que irrumpe llorando, aquel<br />
llanto primero descolgado por entre sus piernas, (…). Era irrazonable que ella trajera un indio al<br />
mundo. Pero aquel pedazo de carne prieta y pelos era inmejorable e irremplazable, porque era<br />
precisamente eso: él, su hijo, algo único e irrepetibile. (…) con una identidad plural, de mera<br />
especie, como la del uno o de la otra, pero con una identidad singular para ella, Elvira, para ella,<br />
su madre 104 .<br />
L’identificazione di Elvira come madre, per il legame che la unisce al figlio, riporta alla<br />
madre-origine tanto agognata dalle femministe. La madre dalla femminilità denudata,<br />
primordiale e libera dalle sovrastrutture di una società misogina e patriarcale.<br />
Lo stesso sentimento che spingerà Penélope in Los estados carenciales a tornare per<br />
ricongiungersi al figlio. Lei lo aveva abbandonato per scelta e necessità. Lo strappo di<br />
Elvira è stato imposto e ritrovare il figlio sarà più difficile.<br />
In uno sguardo d’insieme risulta che entrambe sono donne della nuova società spagnola,<br />
che hanno vissuto la maternità come scelta, ed entrambe hanno dovuto separarsi per la<br />
difficoltà dei rapporti con l’altro sesso, e in un certo senso causate dai residui del<br />
patriarcato che resistono nel fondo della cultura e delle norme sociali.<br />
Nell’ultimo capitolo di Nubosidad variable di C. Martín Gaite 105 abbiamo tre<br />
generazioni legate dal filo della eredità materna. Sofía stabilisce una comunicazione,<br />
sebbene fittizia o onirica, con la madre defunta, che lamenta di non aver capito il<br />
bisogno della figlia di voler andare contro le regole.<br />
104<br />
Ivi, p. 79.<br />
105<br />
Carmen Martín Gaite, Nubosidad variable, cit.<br />
41
Sólo te voy a decir una cosa; que no me imites a mí en este tipo de inventarios, que lo que te<br />
haga sufrir lo descartes (…) 106<br />
Si ricompone il legame famigliare grazie al pentimento della madre che non ha saputo<br />
capire lo spirito di libertà della figlia, e quello della figlia che non ha condiviso i suoi<br />
desideri con la madre. Il legame matrilineare si completa con l’intervento della figlia<br />
maggiore di Sofía, Encarna, la quale era stata in confidenza con la nonna, che le aveva<br />
raccontato dei sogni romantici in cui avevano vissuto le donne delle due generazione<br />
precedenti la sua. Encarna non li condivide; ciò che desidera per sé è un appartamento<br />
tutto suo (una versione attualizzata della stanza tutta per sé di Virginia Woolf) e sarà il<br />
suo senso pratico a spingere la madre a lasciare il marito e uscire da un matrimonio<br />
insoddisfacente.<br />
Si viene così a ristabilire la relazione femminile con la madre, schiacciata dalla cultura<br />
patriarcale, restituendo quella potenza simbolica alla società che, secondo Muraro,<br />
“rappresenta il germe di una cultura femminile dell’amore per la madre”. 107<br />
106<br />
Ivi, p. 358.<br />
107<br />
Luisa Muraro, L’ordine simbolico della madre, Editori Riuniti, Roma, 1991, p. 25.<br />
42
Conclusione<br />
Attraverso il realismo narrativo delle scrittrici della posguerra spagnola ho cercato di<br />
dare evidenza di alcune delle esperienze femminili vincolate alla realtà sociale e<br />
culturale di quella Spagna dell’intolleranza.<br />
Le autrici hanno prestato ascolto ad una pluralità di voci che si muovevano tra le norme<br />
imposte e l’illegalità silenziata. Hanno descritto gli archetipi di una femminilità<br />
vincolata alla discriminazione, così come i modelli di donne che si ribellano, oppure che<br />
decidono di non attaccare, mantenendosi però al margine dell’ordine imposto.<br />
Il passaggio alla transizione democratica ha restituito di diritto la parola e l’azione alla<br />
donna, che tuttavia si è ritrovata presa tra le vecchie tradizioni patriarcali e la vita<br />
concitata di una Spagna catapultata nella modernità. L’evoluzione non è stata semplice,<br />
ha comportato e comporta tutt’ora rotture e conflitti nelle relazioni fra i sessi e<br />
nell’affermarsi della donna in un mondo ancora prettamente maschile.<br />
La produzione narrativa delle scrittrici della Spagna democratica fa propri questi<br />
conflitti, questi contrasti. Il linguaggio rispetto al passato è più libero, per sperimentare,<br />
innovare, ma le paure, i dubbi della donna che si confronta in una società immersa nella<br />
modernità, ma ancora legata agli antichi postulati patriarcali, restano al centro dei temi<br />
trattati.<br />
Sul finire del XX secolo, mentre nel mondo occidentale l’uguaglianza tra i sessi è<br />
teoricamente raggiunta, la produzione letteraria femminile si libera delle connotazioni<br />
maschili e acquisisce un linguaggio proprio, opponendosi alla legge del padre con la<br />
ripresa del legame con la madre, fonte di una nuova coscienza femminile.<br />
Nei testi letterari delle scrittrici spagnole contemporanee si affermano le relazioni fra<br />
donne e fra donne e uomini, ci si riappropria dell’identità sessuale con caratteristiche<br />
proprie della femminilità, si recuperano la memoria di un passato per molto tempo<br />
considerato essenzialmente soggettivo ed infine si afferma l’universo femminile che<br />
completa, ma anche sovverte, l’organizzazione onnicomprensiva del Patriarcato.<br />
Come afferma Marta Portal<br />
in una intervista, apparsa su La Voz de Asturias in<br />
occasione della consegna alla scrittrice del Premio de Las Letras de Asturias, “ [la<br />
43
literatura en España en los últimos 50 años] Ha evolucionado mucho y ahora estamos<br />
asistiendo a una narrativa escrita por mujeres en la que están surgiendo de ahí<br />
personajes femeninos que no existían en la narrativa anterior. Esos sí que son personajes<br />
auténticos de ahora, porque la mujer se conoce más a sí misma y ha aprendido de<br />
ello.” 108<br />
108<br />
Blanca M. García, “Marta Portal Escritora: «Ángel González es el mejor poeta vivo que conserva<br />
nuestro país ”, intervista apparsa su La Voz de Asturias del 05 ottobre 2007, scaricabile da:<br />
http://archivo.lavozdeasturias.es/html/369757.html, sezione: Cultura/Espectáculos.<br />
44
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