Torquato Tasso Dafne e Silvia, Aminta e Tirsi T76 ... - Palumbo Editore

PARTE SESTA L’età della Controriforma: il Manierismo e la letteratura tardo-rinascimentale (1545-1610)
CAPITOLO III Tasso e l’esperienza della follia
T76 ON LINE
409 Silvia, [che è l’ ]onore delle selve, fuoco (ardor) [: origine
di amore] delle anime? Silvia/selve costituiscono
una figura paraetimologica.
413 né fue: né [vi] fu.
414-417 Le [nostre] case (alberghi) erano vicine (congiunti),
ma i [nostri] cuori [erano ancora] più vicini;
la [nostra] età era eguale (conforme), ma il [nostro] modo
di pensare (pensier) [era ancora] più eguale [: c’era
pieno accordo]. L’armonia del rapporto è sottolineata dal
parallelismo ai vv. 414-15 e dal *chiasmo ai vv. 416-17.
418-421 con lei (seco) tendevo con le reti tranelli (insidie)
Torquato Tasso ~ Dafne e Silvia, Aminta e Tirsi
Silvia, onor de le selve, ardor de l’alme?
410 Di questa parlo, ahi lasso; vissi a questa
così unito alcun tempo, che fra due
tortorelle più fida compagnia
non sarà mai, né fue.
Congiunti eran gli alberghi,
415 ma più congiunti i cori;
conforme era l’etate,
ma ’l pensier più conforme:
seco tendeva insidie con le reti
a i pesci ed a gli augelli, e seguitava
420 i cervi seco e le veloci damme;
e ’l diletto e la preda era commune.
Ma, mentre io fea rapina d’animali,
fui non so come a me stesso rapito.
A poco a poco nacque nel mio petto,
425 non so da qual radice,
com’erba suol che per se stessa germini,
un incognito affetto,
che mi fea desiare
d’esser sempre presente
430 a la mia bella Silvia;
e bevea da’ suoi lumi
un’estranea dolcezza,
che lasciava nel fine
un non so che d’amaro;
435 sospirava sovente, e non sapeva
la cagion de’ sospiri.
Così fui prima amante ch’intendessi
che cosa fosse amore.
Ben me n’accorsi al fin; ed in qual modo,
440 ora m’ascolta, e nota.
TIRSI
AMINTA
È da notare.
A l’ombra d’un bel faggio Silvia e Filli
sedean un giorno, ed io con loro insieme,
quando un’ape ingegnosa, che cogliendo
sen’ giva il mel per que’ prati fioriti,
445 a le guancie di Fillide volando,
a le guancie vermiglie come rosa,
le morse e le rimorse avidamente:
ch’a la similitudine ingannata
forse un fior le credette. Allora Filli
ai pesci e agli uccelli, e con lei inseguivo (seguitava) i
cervi e le daine veloci; e il divertimento e la preda erano
comuni.
422 fea: facevo.
425 radice: origine.
426 germini: germogli.
427-436 un sentimento (affetto) sconosciuto (incognito)
che mi faceva desiderare di stare sempre accanto (presente)
alla mia bella Silvia; e prendevo (bevea = bevevo;
*metafora) dai suoi occhi (lumi) una strana (un’estranea)
dolcezza che lasciava alla fine un qualche co-
Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese LETTERATURA STORIA IMMAGINARIO [G. B. PALUMBO EDITORE]
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sa (un non so che) di amaro; sospiravo spesso, e non
sapevo la causa dei [miei] sospiri. La rievocazione dell’innamoramento
presenta un infittirsi dei *settenari, a
rendere lo stato d’animo concitato di Aminta.
437 ch’intendessi: di capire.
440 È da notare: È giusto stare attenti; è un’assicurazione
riguardo all’interessamento al racconto del giovane
amico.
443-444 cogliendo…mel: se ne andava cogliendo il miele,
cioè il polline da cui produrre il miele.
448 perché, ingannata dalla somiglianza (a la similitudine).