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Rapporto Unicredit Banca sulle Piccole Imprese

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<strong>Rapporto</strong> UniCredit <strong>Banca</strong><br />

<strong>sulle</strong> <strong>Piccole</strong> <strong>Imprese</strong><br />

Il CaPItalIsmo deI PICColI<br />

Il commercio in Italia, tra tradizione<br />

e innovazione<br />

I percorsi e le prospettive dei piccoli imprenditori<br />

IV edizione<br />

2007-2008


<strong>Rapporto</strong> UniCredit <strong>Banca</strong><br />

<strong>sulle</strong> <strong>Piccole</strong> <strong>Imprese</strong><br />

IV edizione<br />

2007-2008


2<br />

<strong>Rapporto</strong> UniCredit <strong>Banca</strong> <strong>sulle</strong> <strong>Piccole</strong> <strong>Imprese</strong><br />

L’“Osservatorio <strong>Piccole</strong> <strong>Imprese</strong>” nasce nel 2004 dalla collaborazione tra<br />

UniCredit <strong>Banca</strong> e il Consorzio A.A.STER di Aldo Bonomi.<br />

Giunta alla sua IV edizione, il <strong>Rapporto</strong> rappresenta una delle principali attività<br />

dell’Osservatorio.<br />

L’Ufficio Studi di UniCredit <strong>Banca</strong> ne ha curato il coordinamento mentre tutte le<br />

banche della nuova realtà Retail del Gruppo UniCredit saranno coinvolte nella<br />

distribuzione.<br />

Hanno contribuito alla sua stesura:<br />

Research & Strategy, UniCredit Group<br />

Annalisa Aleati<br />

Andrea Brasili<br />

Direzione Marketing Clienti <strong>Piccole</strong> <strong>Imprese</strong>, UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Renato Martini<br />

Sergio Bellini<br />

Roberto Parafioriti<br />

Marco Leone<br />

Consorzio A.A.STER<br />

Aldo Bonomi<br />

Enzo Rullani<br />

Linda Barsotti<br />

Simone Bertolino<br />

Francesco Cancellato<br />

Daniele Germiniani<br />

Albino Gusmeroli<br />

Retail Planning and Controlling Area, UniCredit Group<br />

Oreste Massolini<br />

Luciano Bovini<br />

Ufficio Studi, UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Franco Mosconi (Coordinatore Scientifico)<br />

Francesca Bartoli<br />

Angela Botticini<br />

Mario De Gregorio<br />

Serena Frazzoni<br />

Massimiliano R. Riggi


<strong>Rapporto</strong> UniCredit <strong>Banca</strong> <strong>sulle</strong> <strong>Piccole</strong> <strong>Imprese</strong><br />

Nella preparazione del presente <strong>Rapporto</strong>, l’Ufficio Studi è stato affiancato dalla<br />

Direzione Commerciale. In particolare, Raffaele Persico, Roberto Remondi, Giorgio<br />

Canino, Valeria Marcaccioli e Giovanna Vetere della U.O. Alleanze, Confidi e Finanza<br />

Agevolata hanno collaborato nella fase di elaborazione dei questionari (di cui ai<br />

capitoli 4, 5 e 6) e nell’attività di collegamento con le Associazioni di Categoria.<br />

L’Ufficio Studi ha altresì beneficiato dei commenti e delle osservazioni formulati<br />

da Francesco Giordano ed Enrica Elena Belli dell’Area Research & Strategy di<br />

UniCredit Group.<br />

Si ringraziano:<br />

Luciana Aimone (<strong>Banca</strong> d’Italia)<br />

Andrea Babbi (Iscom Emilia-Romagna)<br />

Barbara Bailini (eBay)<br />

Franco Bassanini (Astrid)<br />

Daniele Bogiatto (eBay)<br />

Sandro Castaldo (SDA Bocconi)<br />

Enrico Colla (Negocia)<br />

Giuseppina Conti (Confesercenti)<br />

Giuseppe Dell’Aquila (Confesercenti)<br />

Mauro Ferraresi (IULM)<br />

Graziano Fiorelli (Assofranchising)<br />

Claudio Gagliardi (Unioncamere)<br />

Ernesto Ghidinelli (Confcommercio)<br />

Gianpiero Lugli (Università di Parma)<br />

Anna Lusa (Iscom Emilia-Romagna)<br />

Chiara Mauri (SDA Bocconi)<br />

Gabriele Mazzantini (Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato)<br />

Giuseppe Nicoletti (OCSE)<br />

Luca Pellegrini (TradeLab)<br />

Giovanni Petroro (eBay)<br />

Andrea Pezzoli (Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato)<br />

Cino Ripani (Compagnia delle Opere)<br />

Ivano Ruscelli (Iscom Emilia-Romagna)<br />

Fabiano Schivardi (Università di Cagliari)<br />

Francesco Vernaci (Unioncamere)<br />

Eliana Viviano (<strong>Banca</strong> d’Italia)<br />

Il presente <strong>Rapporto</strong> è stato chiuso con le informazioni disponibili al 31 ottobre 2007.<br />

3


4<br />

<strong>Rapporto</strong> UniCredit <strong>Banca</strong> <strong>sulle</strong> <strong>Piccole</strong> <strong>Imprese</strong><br />

one<br />

Presentazione


<strong>Rapporto</strong> UniCredit <strong>Banca</strong> <strong>sulle</strong> <strong>Piccole</strong> <strong>Imprese</strong><br />

È con grande piacere che presentiamo il nuovo <strong>Rapporto</strong> UniCredit <strong>Banca</strong> <strong>sulle</strong> <strong>Piccole</strong> <strong>Imprese</strong>, che<br />

in questo 2007 giunge alla sua quarta edizione e affronta un tema di straordinaria rilevanza economica<br />

e sociale: il settore della distribuzione commerciale, con particolare riferimento al commercio “dei<br />

piccoli”.<br />

Proseguendo, infatti, l’esperienza avviata nel 2004 con la prima edizione del <strong>Rapporto</strong>, UniCredit<br />

<strong>Banca</strong> intende ogni anno approfondire una questione che influenza – nel profondo – le prospettive di<br />

crescita, il benessere e le aspirazioni di quell’ampio e variegato universo rappresentato dalle piccole<br />

(ma anche piccolissime) imprese. Si spiega in questa luce la successione che abbiamo voluto dare<br />

alla serie del <strong>Rapporto</strong>; serie che è iniziata con una generale riflessione intorno al “Capitalismo dei<br />

Piccoli”, ed è poi proseguita con un focus su “Turismo e Agricoltura” prima (2005), e sui “Consorzi<br />

Fidi” poi (2006).<br />

Quest’anno, infine, abbiamo concentrato la nostra attenzione sui piccoli imprenditori del commercio<br />

all’ingrosso e al dettaglio, dato il ruolo che rivestono nella crescita del nostro Paese. Si tratta di oltre<br />

1,2 milioni di imprese che abbiamo trovato vivaci ed attente all’evoluzione del mercato. Il <strong>Rapporto</strong> è<br />

un’ulteriore testimonianza dell’impegno di tutti quanti noi e della costante attenzione al territorio che<br />

vuole rendere la nostra <strong>Banca</strong> partner speciale per i piccoli imprenditori.<br />

Da quest’anno, tra l’altro, la squadra del Gruppo UniCredit si arricchisce di tre nuove grandi realtà:<br />

Bipop Carire, <strong>Banca</strong> di Roma e Banco di Sicilia. Dal prossimo anno, anche loro saranno preziose<br />

protagoniste delle nostre ricerche. Tutte le banche, insieme, si avvicineranno ancora di più ai<br />

rispettivi territori.<br />

Pochi argomenti, come il commercio, sono capaci di concentrare su di sé un insieme così vasto<br />

di fattori di natura microeconomica e macroeconomica, che vanno – solo per fare due esempi –<br />

dalla dinamica del reddito disponibile (e dei consumi) alla liberalizzazione del mercato. I nessi che<br />

legano tutti questi fattori emergeranno dalla lettura delle pagine che seguono. È questo un primo tratto<br />

distintivo della metodologia utilizzata per la stesura del nostro <strong>Rapporto</strong>, che in tutte le sue edizioni si<br />

è sempre sforzato di gettare luce su ambiti e/o settori di attività economica al di là di ciò che appare<br />

in superficie. E i luoghi comuni (da sfatare) <strong>sulle</strong> piccole e piccolissime imprese sono davvero tanti.<br />

Ben lungi dall’essere sempre e comunque l’anello debole dell’economia, esse assomigliano di più a<br />

un laboratorio di “selezione darwiniana” popolato da operatori evoluti, capaci di adattarsi al mutato<br />

contesto competitivo e capaci soprattutto di interpretare i bisogni e i gusti dei consumatori. È per<br />

questo motivo che sin dalla prima edizione del <strong>Rapporto</strong> abbiamo sostenuto che “piccolo non è né<br />

bello né brutto: piccolo è una realtà”.<br />

5


6<br />

<strong>Rapporto</strong> UniCredit <strong>Banca</strong> <strong>sulle</strong> <strong>Piccole</strong> <strong>Imprese</strong><br />

Vi è poi un altro tratto distintivo del nostro <strong>Rapporto</strong> che ci piace ricordare: esso si concentra sul<br />

caso Italia, ma nel fare ciò volge costantemente lo sguardo in direzione dell’Europa, in primis degli<br />

altri quattro grandi Paesi dell’Unione Europea (UE). Nel caso di quest’anno, l’ottica comparata appare<br />

particolarmente utile e necessaria per quattro ordini di motivi.<br />

Innanzitutto, in tutti i grandi Paesi dell’UE il settore del commercio (dettaglio più ingrosso) ha un<br />

peso rilevante, nell’insieme delle attività economiche, sia in termini di valore aggiunto prodotto sia di<br />

occupati: in base ai dati Eurostat i valori oscillano, per il primo indicatore, fra il 17 e il 21 per cento,<br />

e fra il 22 e il 28 per cento per il secondo.<br />

Elevato è altresì il numero delle imprese esercenti, nei singoli Paesi in questione, un’attività<br />

commerciale (sempre nel senso di commercio al dettaglio più ingrosso); ma questo dato, a ben<br />

vedere, ci porta al secondo motivo che giustifica – in questo <strong>Rapporto</strong> più di altri – l’enfasi sulla<br />

comparazione internazionale. Infatti, nel settore del commercio sono non poche le differenze “di<br />

struttura” (ossia, semplificando, nel numero e nella dimensione relativa delle imprese) fra il nostro<br />

Paese e Germania, Francia, Regno Unito, mentre più simile a noi è la situazione della Spagna.<br />

Il fatto di avere, in Italia, un numero di imprese di molto superiore a quello dei nostri principali partner<br />

europei – imprese che sono anche mediamente più piccole – non deve, tuttavia, essere scambiato<br />

per un giudizio di valore. Il settore italiano della distribuzione commerciale, specialmente per ciò<br />

che riguarda il segmento al dettaglio, è, per ragioni storiche, geografiche e sociali, più frammentato<br />

o capillare che altrove. Ciononostante, esso realizza performance nient’affatto trascurabili e<br />

contribuisce in una misura non piccola a disegnare il volto delle nostre città. Di più: è un settore che<br />

da circa un decennio sta attraversando una fase di grandi trasformazioni all’insegna di una crescente<br />

liberalizzazione del mercato. È proprio la liberalizzazione il terzo motivo che ha consigliato un’analisi<br />

di questo settore non circoscritta al mercato domestico, bensì aperta sullo scenario europeo e<br />

internazionale (si pensi all’ambito OCSE).<br />

Siamo così giunti al quarto, e ultimo, motivo a fondamento di questa nostra analisi comparata: la<br />

relazione fra “consumo e crescita”, sulla quale ha offerto numerosi spunti di riflessione il Governatore<br />

della <strong>Banca</strong> d’Italia, Mario Draghi, parlando recentemente di fronte alla Società Italiana degli Economisti<br />

(Torino, 26 settembre). Nella sua Lezione, parlando dell’Italia, egli ha osservato: “La spesa pro capite per<br />

consumi è oggi più che raddoppiata rispetto al 1970. La sua crescita si è però fermata negli ultimi sei<br />

anni, dopo essere stata pari in media all’1,7 per cento nel corso degli anni Novanta. Dal 1990 la dinamica<br />

dei consumi è stata comunque assai più sostenuta di quella del reddito disponibile, il cui valore è<br />

rimasto sostanzialmente stazionario per tutto il periodo. Questi andamenti si discostano da quelli delle<br />

altri maggiori economie dell’UE”.


<strong>Rapporto</strong> UniCredit <strong>Banca</strong> <strong>sulle</strong> <strong>Piccole</strong> <strong>Imprese</strong><br />

Fattori squisitamente economici, dinamiche sociali e “regole del gioco”, in conclusione, contribuiscono<br />

nel loro insieme a determinare l’evoluzione del settore della distribuzione commerciale (a cominciare<br />

proprio dal commercio “dei piccoli”), settore – a sua volta – parte rilevante di quell’insieme di attività<br />

del terziario che generano, oggi, circa il 70 per cento del PIL delle economie occidentali un tempo<br />

definite “industrializzate”.<br />

Il <strong>Rapporto</strong>, come già si può vedere dall’Indice pubblicato nelle pagine che seguono, è frutto di<br />

un’intensa collaborazione fra numerose strutture interne di UniCredit <strong>Banca</strong>, l’unità Research &<br />

Strategy del Gruppo e il Consorzio A.A.STER di Milano. Il lavoro è stato coordinato dall’Ufficio Studi<br />

di UniCredit <strong>Banca</strong>, facente capo alla Retail Planning and Controlling Area.<br />

Al pari degli scorsi anni, ci auguriamo che le analisi e le proposte qui contenute possano stimolare<br />

un ampio dibattito, nella speranza di ricevere da subito i Vostri commenti.<br />

Roberto Nicastro<br />

Amministratore Delegato<br />

UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Aristide Canosani<br />

Presidente<br />

UniCredit <strong>Banca</strong><br />

7


8<br />

Sommario<br />

Sintesi dei principali risultati 11<br />

1. Lo scenario dell’economia per le piccole imprese 19<br />

UniCredit Research and Strategy, UniCredit Group<br />

1.1 Il quadro dell’economia italiana 20<br />

1.2 Alcune prime indicazioni relative alle imprese del commercio 24<br />

1.3 Alcune considerazioni sul rapporto con le banche 27<br />

2. La parola ai piccoli imprenditori: l’evoluzione della fiducia<br />

e il rapporto con il sistema fiscale e burocratico 33<br />

Direzione Marketing <strong>Piccole</strong> <strong>Imprese</strong> e Ufficio Studi, UniCredit <strong>Banca</strong><br />

2.1 Introduzione e principali risultati 34<br />

2.2 La fiducia dei piccoli imprenditori italiani 37<br />

2.3 Il rapporto con le banche 55<br />

2.4 Gli adempimenti fiscali e amministrativi: la parola alle piccole imprese 60<br />

2.5 Appendice 71<br />

3. Il piccolo commercio dall’economia della prossimità<br />

all’economia delle esperienze 91<br />

Consorzio A.A.STER<br />

3.1 Premessa 92<br />

3.2 Dalla grande organizzazione alla qualità. Muta lo scenario della modernità 93<br />

3.3 Le strategie del commercio nel nuovo scenario postfordista 97<br />

3.4 Il rapporto tra piccola impresa del commercio e sistema bancario 111<br />

3.5 Conclusioni (a cura di Enzo Rullani) 116


Sommario<br />

4. Struttura, dinamica e regolamentazione del commercio<br />

in Italia e in Europa 125<br />

Ufficio Studi, UniCredit <strong>Banca</strong><br />

4.1 Introduzione 126<br />

4.2 Le caratteristiche strutturali, processi di modernizzazione e forme organizzative:<br />

un confronto fra Italia ed Europa 127<br />

4.3 Le politiche pubbliche e il processo di riforma della regolamentazione 135<br />

4.4 L’impatto della regolamentazione su struttura e risultati economici 149<br />

4.5 Conclusioni 164<br />

5. Voce ai piccoli imprenditori commerciali:<br />

i risultati delle indagini campionarie 167<br />

Ufficio Studi, UniCredit <strong>Banca</strong><br />

5.1 Introduzione 168<br />

5.2 Le caratteristiche del piccolo imprenditore commerciale 168<br />

5.3 Il posizionamento competitivo degli operatori commerciali 171<br />

5.4 I risultati economici degli operatori commerciali 187<br />

5.5 Le condizioni del settore: il ruolo degli attori del territorio 190<br />

5.6 La banca e il piccolo imprenditore commerciale 193<br />

5.7 Conclusioni 196<br />

5.8 Appendice. La metodologia delle indagini campionarie 197<br />

6. Le prospettive del commercio in Italia 199<br />

Ufficio Studi, UniCredit <strong>Banca</strong><br />

6.1 Introduzione 200<br />

6.2 Il piccolo imprenditore commerciale e la concorrenza 200<br />

6.3 Le reti tra imprese commerciali 202<br />

6.4 Il piccolo imprenditore commerciale e l’innovazione 208<br />

6.5 Il ruolo degli attori nelle prospettive del settore 216<br />

6.6 I percorsi del commercio tra rete e innovazione 227<br />

6.7 L’evoluzione dei modelli competitivi 231<br />

6.8 Osservazioni conclusive 234<br />

6.9 Appendice. I risultati dell’indagine ai consumatori 237<br />

9


intesi<br />

Sintesi


Sintesi dei principali<br />

risultati


12<br />

Sintesi dei principali risultati<br />

Premessa<br />

Il settore del commercio in Italia contribuisce a produrre un quinto del valore aggiunto complessivo, dà<br />

lavoro a un quarto degli occupati dell’intera economia e conta oltre un terzo delle imprese attive. Siamo<br />

dunque in presenza di un’attività economica di rilievo, ma non è questo l’unico punto di interesse.<br />

Dal 1997 si è assistito ad una sorta di “selezione darwiniana” delle piccole imprese del commercio<br />

all’ingrosso e al dettaglio: quasi 900 mila sono le aziende cessate, ma il totale delle attive è – seppur<br />

lievemente – cresciuto, passando da 1,1 a 1,2 milioni. Questo dato è testimonianza del riassetto e della<br />

riorganizzazione del settore, guidati da precise scelte legate alla capacità dei piccoli imprenditori di<br />

comprendere le esigenze del mercato. E di adeguarvisi. Così, se la “selezione” ha inghiottito le piccole<br />

imprese incapaci di soddisfare le nuove richieste, d’altra parte ha incentivato sia la nascita di forme<br />

distributive di medie-grandi dimensioni, sia l’emergere di piccoli imprenditori commerciali capaci di<br />

puntare su beni e servizi a elevato contenuto di personalizzazione.<br />

Alla luce di questa premessa, il <strong>Rapporto</strong> propone un approfondimento sul tema del commercio con lo<br />

scopo ultimo di identificare i percorsi e le prospettive dei piccoli imprenditori commerciali in Italia.<br />

Capitolo 1. Lo scenario dell’economia per le piccole<br />

imprese<br />

Il capitolo 1 è dedicato allo scenario macroeconomico in cui operano le piccole imprese. In questa<br />

chiusura d’anno, la situazione congiunturale dell’economia italiana appare articolata.<br />

I consumi sono risultati la componente più dinamica nel corso del 2007, mentre sono le vendite al<br />

dettaglio a mostrare segnali di debolezza.<br />

Continua a scendere il tasso di disoccupazione, che nel secondo trimestre del 2007 si è attestato al<br />

6%, e ciononostante resta piuttosto contenuta l’inflazione. L’indice armonizzato dei prezzi al consumo è<br />

sceso all’1,7% (base annua), e da 5 mesi si mantiene in linea o addirittura a livelli inferiori rispetto alla<br />

media dell’area Euro. Andamento analogo anche per quanto riguarda i prezzi alla produzione.<br />

Nel complesso, i dati evidenziano un rallentamento dell’economia italiana già prima delle turbolenze<br />

registrate sui mercati finanziari nell’agosto scorso, con una crescita prevista del PIL pari all’1,8% su<br />

base annua.<br />

Dato che le ripercussioni sull’economia reale delle difficoltà del mercato finanziario dovrebbero essere<br />

maggiori per gli Stati Uniti che per l’Europa, le previsioni restano caute anche per il 2008, con riduzioni<br />

dovute per lo più al raffreddamento della domanda estera. Per quanto attiene ai consumi, il buon<br />

andamento dell’occupazione e un’impostazione di politica fiscale meno restrittiva nel 2007 dovrebbero<br />

favorire una buona dinamica della spesa delle famiglie anche nel prossimo futuro.<br />

La prima indicazione aggregata che si può trarre dai dati di contabilità nazionale è che il macrosettore<br />

del commercio (quello relativo a commercio, alberghi, pubblici esercizi, trasporti e comunicazioni)<br />

mostra per il primo semestre 2007 un margine operativo lordo in robusta crescita (8,9% su base


Sintesi dei principali risultati<br />

annua). In particolare, negli ultimi mesi sono state le tipologie estreme (esercizi di grandi dimensioni,<br />

con più di 20 dipendenti, o i piccoli, con 1 o 2 dipendenti) a presentare gli andamenti migliori.<br />

In conclusione, il quadro macroeconomico relativo ai consumi e alle imprese del commercio al<br />

dettaglio suggerisce che, dopo una buona ripresa nel 2006, anche il periodo attuale si presenta positivo,<br />

nonostante persistano ancora alcune tensioni legate alla dinamica complessiva dell’economia.<br />

In tale quadro, i piccoli esercizi sembrano aver trovato una collocazione che tende a stabilizzarsi, e<br />

quindi beneficiano in maniera più diretta del buon andamento dei consumi.<br />

Conclude il capitolo uno sguardo al sistema bancario da cui emerge un sempre maggior ricorso a<br />

impieghi a più lunga scadenza e una sostanziale convergenza dei livelli di rischiosità tra settori.<br />

Capitolo 2. La parola ai piccoli imprenditori:<br />

l’evoluzione della fiducia e il rapporto con il sistema<br />

fiscale e burocratico<br />

Il capitolo 2 presenta per il quarto anno consecutivo i risultati dell’indagine UniCredit <strong>Banca</strong> sulla<br />

fiducia, condotta su un campione rappresentativo di circa 6.000 piccole imprese.<br />

L’indice di fiducia sintetico rilevato a settembre 2007 sale a 98 punti, in crescita rispetto all’88 dello<br />

scorso anno (valore stabile dal 2005), ma soprattutto in netta ripresa rispetto al sensibile decremento<br />

avutosi tra il 2004 (93) e il 2005 (88, appunto).<br />

Per la prima volta il divario di fiducia tra le microimprese e quelle più strutturate si riduce. I risultati<br />

dell’analisi costituiscono la prova che le piccole imprese hanno beneficiato della ripresa dell’economia<br />

italiana cominciata nel 2006 e protrattasi, seppure con intensità inferiore, nel 2007. Il nostro sistema<br />

produttivo, nonostante gli anni di congiuntura economica sfavorevole che hanno caratterizzato la prima<br />

metà di questo decennio, sembra essere riuscito a rispondere in maniera efficace ed efficiente alle<br />

mutate condizioni di competitività. Questo grazie al processo di “selezione darwiniana” prima citato,<br />

che ha fatto uscire dal mercato le aziende meno competitive e ha stimolato l’intensa ristrutturazione<br />

delle altre.<br />

Per quanto riguarda le aree geografiche, quest’anno è il Centro a distinguersi per il forte recupero di<br />

fiducia, come testimoniano anche i dati di crescita economica rilevati da Unioncamere. Il Sud invece<br />

resta su valori inferiori alla media, a conferma del permanere di un divario rispetto alle altre aree del<br />

Paese.<br />

In termini di dinamiche settoriali, continua la crescita della fiducia del manifatturiero, che si conferma un<br />

settore trainante. Il commercio e le costruzioni, dopo il brusco calo del 2006, mostrano una inversione di<br />

tendenza, recuperando in parte il gap rispetto ai valori di fiducia espressi dagli altri settori. In particolare,<br />

il commercio al dettaglio recupera 14 punti (98 contro 84 del 2006), riduce il gap rispetto alla media<br />

degli altri settori, e si qualifica come secondo settore (dopo le costruzioni) in termini di recupero rispetto<br />

ai valori registrati lo scorso anno. L’ingrosso recupera 13 punti (99 contro 86 del 2006) e si riporta<br />

13


14<br />

Sintesi dei principali risultati<br />

su valori positivi e superiori alla media. Infine il settore dei servizi (escluso il commercio) è il meno<br />

fiducioso, nonostante un leggero miglioramento dei valori espressi rispetto al 2006.<br />

Tornando a considerare il commercio al dettaglio, il rilevante recupero di fiducia osservato riflette<br />

probabilmente i mutamenti strutturali in atto nel settore, dove, grazie alla crescente diffusione dei centri<br />

commerciali, i piccoli esercizi di vendita non vengono più sostituiti dalla Grande Distribuzione ma<br />

trovano nella crescita di quest’ultima una nuova opportunità di sviluppo (ad esempio, con la formula<br />

delle gallerie commerciali). Certamente ciò non riguarda tutte le tipologie merceologiche, ma solo<br />

quelle (prevalentemente non alimentari) che risultano maggiormente complementari alla Grande<br />

Distribuzione.<br />

Completa il capitolo un approfondimento su sistema fiscale e burocrazia. I risultati delle interviste<br />

indicano che le piccole imprese hanno una conoscenza parziale sul tema in generale, ma idee ben<br />

definite per quanto riguarda pressione fiscale e evasione. La maggioranza ritiene che l’aumento dei<br />

controlli non diminuisca affatto o diminuisca solo in parte l’evasione fiscale. Tra i provvedimenti di<br />

semplificazione amministrativa, emerge come necessità prioritaria la riduzione del numero e della<br />

complessità delle pratiche amministrative.<br />

Capitolo 3. Il piccolo commercio dall’economia<br />

della prossimità all’economia delle esperienze<br />

Il capitolo 3 affronta il tema delle trasformazioni del commercio, soffermandosi in particolare sul<br />

passaggio (in atto) dal commercio “fordista” a quello “postfordista”. Vengono identificati tre tipi di<br />

evoluzione del tradizionale commercio di prossimità:<br />

1. il commercio low-cost: si rivolge a un consumatore interessato quasi esclusivamente al binomio<br />

prezzo-praticità dell’acquisto;<br />

2. il commercio esperienziale: si fonda sulla cosiddetta “economia delle esperienze”, ovvero sulla<br />

produzione di significati ed esperienze “memorabili” che costituiscono il vero bene consumato dalla<br />

clientela;<br />

3. il commercio mediatore di filiera: l’imprenditore commerciale fonda la sua competitività sulla<br />

capacità di costruire filiere tra un’offerta di merci e servizi sempre più articolata e una domanda del<br />

consumatore sempre più complessa, ma in difficoltà nel rivolgersi direttamente all’offerta.<br />

Emerge quindi come l’evoluzione dal modello di commercio fordista a quello postfordista corrisponda<br />

a quattro strategie, ognuna delle quali sottende la costruzione di nuove reti di relazione:<br />

1. creazione di senso: si riferisce ad una relazione tra commerciante e cliente volta a dare un valore alla<br />

transazione che vada al di là del costo e del valore d’uso del bene, cosa che presuppone un surplus<br />

nella qualità di servizio come nell’empatia tra i soggetti della transazione;<br />

2. creazione di community: si riferisce a reti di relazioni fra gli utenti di un determinato prodotto o<br />

servizio, poste in essere dal venditore del medesimo;<br />

3. creazione di ragnatele del valore, orizzontali o verticali;


Sintesi dei principali risultati<br />

4. creazione del global service: mira a creare un rapporto fiduciario sempre più stretto tra commerciante<br />

e cliente, in questo caso a partire da un servizio che va oltre la vendita e che necessita, a sua volta,<br />

di una marcata specializzazione da parte del commerciante.<br />

Infine, il capitolo si sofferma sulla “intelligenza diffusa” quale importante risorsa competitiva posseduta<br />

dai piccoli imprenditori commerciali. Essa è in grado di mettere in comunicazione, sulla base di un<br />

rapporto interpersonale, l’universo mondo della tecnologia, in continua e indefinita espansione, con<br />

l’evoluzione altrettanto rapida dei significati, dei desideri, delle passioni che contraddistinguono ogni<br />

consumatore. Se poi si vende un servizio immateriale, lo spazio diventa rapidamente l’economia<br />

globale grazie all’uso di ICT.<br />

Per la maggior parte delle imprese, il passaggio non è indolore. Servono in primo luogo investimenti,<br />

per non ridurre tutto alla micro-innovazione e al piccolo cabotaggio su aree marginali di innovazione.<br />

Capitolo 4. Struttura, dinamica e regolamentazione<br />

del commercio in Italia e in Europa<br />

Il capitolo 4 è dedicato all’analisi della struttura e della regolamentazione del commercio, in Italia e<br />

in Europa. Esistono infatti molteplici modelli di commercio, e ognuno di essi presenta caratteristiche<br />

precise non solo per quanto riguarda la struttura, ma anche sotto il profilo della regolamentazione.<br />

Per quanto riguarda la regolamentazione, i dati OCSE indicano l’Italia come in linea rispetto alla media<br />

dei principali partner europei, grazie anche e soprattutto al processo di liberalizzazione innescato<br />

dal decreto Bersani del 1998 (e successive modificazioni). Tuttavia, l’autonomia normativa concessa<br />

alle Regioni (ulteriormente rafforzata dalla modifica al Titolo V della Costituzione) ha portato a una<br />

eterogeneità su tempi e modi di recepimento dei principi generali sanciti dalla riforma. In un certo senso,<br />

la stessa molteplicità di modelli che caratterizza il panorama europeo si è riprodotta anche a livello subnazionale.<br />

I dati di struttura e regolamentazione sono poi stati incrociati per indagare l’esistenza di una relazione<br />

tra grado di liberalizzazione e performance economiche. E in effetti, a livello regionale emerge una –<br />

seppur debole – relazione tra liberalizzazione e natalità imprenditoriale.<br />

Quale giudizio preliminare sul sistema distributivo italiano? Nonostante i ripetuti appelli alla<br />

“modernizzazione” del settore, l’elevata capillarità è una caratteristica strutturale del sistema<br />

imprenditoriale italiano che di per sé non può essere considerata un indicatore di arretratezza. È bene<br />

infatti ricordare che oltre alla capacità di spesa va garantita la libertà di scelta, ovvero la possibilità di<br />

fare acquisti in negozi di piccola, media o grande dimensione, nella misura in cui ciascuna superficie<br />

esprime delle peculiarità in relazione a servizio, assortimento e convenienza. La varietà dell’offerta<br />

distributiva va dunque tutelata al pari della ricchezza economica e sociale di cui i piccoli operatori<br />

commerciali sono portatori.<br />

15


16<br />

Sintesi dei principali risultati<br />

Capitolo 5. Voce ai piccoli imprenditori commerciali:<br />

i risultati delle indagini campionarie<br />

Il capitolo 5 presenta i risultati delle principali indagini campionarie condotte per il presente<br />

<strong>Rapporto</strong>.<br />

Il quadro che emerge vede la piccola impresa commerciale italiana diretta sempre più verso una<br />

marcata specializzazione dei prodotti trattati e verso un’attenzione sempre crescente per la customer<br />

satisfaction. Entrambe queste strategie si rivelano vincenti nel mutato contesto competitivo.<br />

Se infatti ci si limita a un ragionamento sul prezzo, lo scenario è indubbiamente problematico per i<br />

piccoli operatori commerciali, schiacciati tra l’incudine dei margini risicati e il martello dei costi. E<br />

diviene ancora più problematico in una eventuale prospettiva di maggiore penetrazione della Grande<br />

Distribuzione.<br />

Fortunatamente, la leva del prezzo non è il solo strumento a disposizione dell’imprenditore, soprattutto<br />

in una società di mercato come quella moderna. Dall’indagine risulta che uno degli elementi chiave<br />

è l’innovazione, applicata – nello specifico – alla relazione con il cliente, alla creazione di esperienze<br />

d’acquisto e alla personalizzazione del servizio.<br />

Quale ulteriore – ma non secondaria – leva competitiva, emergono le strategie di aggregazione<br />

flessibile (ad esempio, il franchising) che stanno prendendo piede negli ultimi anni. Tramite<br />

l’aggregazione flessibile il piccolo imprenditore sopperisce alla difficoltà nel conseguire economie di<br />

scala con il ricorso alle economie di rete, conservando allo stesso tempo la propria indipendenza.<br />

Il capitolo si conclude con un’analisi del ruolo degli attori del territorio: le Associazioni di Categoria, la<br />

Pubblica Amministrazione e il Sistema <strong>Banca</strong>rio.<br />

Capitolo 6. Le prospettive del commercio in Italia<br />

Il capitolo 6 delinea infine i percorsi e le prospettive del piccolo imprenditore commerciale.<br />

Da alcuni anni assistiamo a dinamiche che vedono l’intero settore impegnato a conciliare la tradizione del<br />

commercio di “prossimità”, che caratterizza il nostro Paese, con la crescente esigenza di innovazione.<br />

Sia la riforma della regolamentazione che l’ingresso massiccio sul mercato di operatori di medie e<br />

grandi dimensioni hanno influenzato le dinamiche recenti sul fronte dell’offerta.<br />

Ma anche la domanda negli ultimi dieci anni è cambiata, divenendo dappertutto sempre più sofisticata.<br />

In questo contesto, gli Italiani si distinguono per l’importanza attribuita al fattore qualità nei consumi<br />

rispetto ai prezzi, come testimonia l’indagine ad hoc condotta per il presente <strong>Rapporto</strong>.<br />

Il punto chiave è che, rispetto agli altri Paesi europei, l’Italia ha avuto un diverso percorso di sviluppo<br />

per il settore distributivo. Vale la pena sottolineare ancora una volta come l’elevata capillarità del settore<br />

commerciale non vada considerata a priori indice di arretratezza. Ciò che conta è che il mercato sia<br />

contendibile, ovvero virtualmente accessibile a operatori esterni. Inoltre, se è il consumatore che va<br />

tutelato in maniera prioritaria, oltre alla possibilità di acquistare beni e servizi a prezzi convenienti, va


Sintesi dei principali risultati<br />

garantita la possibilità di scelta tra differenti format distributivi. A ciascun format sono infatti associate<br />

caratteristiche differenti in termini di specializzazione, spazi, servizi accessori, qualità, assortimento più<br />

o meno di nicchia, nonché aspetti collaterali legati alla dimensione ludico-ricreativa dell’acquisto (il<br />

cosiddetto “commercio esperienziale”).<br />

Tirando le fila del ragionamento, in un contesto di mercato in continua evoluzione – e tenendo in debito<br />

conto la difficoltà nel generare economie di scala al pari della Grande Distribuzione – le strategie a<br />

disposizione dei piccoli imprenditori commerciali sono:<br />

contenere i costi con un modello organizzativo che sopperisca alla mancanza di economie di scala<br />

tramite economie di rete;<br />

creare valore aggiunto perseguendo la via dell’innovazione, in modo da collocare in secondo piano<br />

la dimensione di costo.<br />

Si tratta di strategie che possono essere combinate tra loro per creare un modello di business sostenibile<br />

e di successo.<br />

In questo contesto emergono forti potenzialità per il sistema bancario. Tre i punti chiave: la consulenza<br />

nella gestione del ciclo finanziario; la diffusione della moneta elettronica; il credito al consumo,<br />

strumento importante sia per i consumatori che per i piccoli imprenditori. Ai primi consente infatti di<br />

pianificare al meglio le proprie decisioni di spesa; ai secondi di arricchire l’offerta dei propri beni con<br />

un servizio molto particolare e aumentare di conseguenza il volume delle vendite.<br />

17


1<br />

Capitolo 1


Lo scenario dell’economia<br />

per le piccole imprese<br />

UniCredit Research & Strategy, UniCredit Group


20<br />

Lo scenario dell’economia per le piccole imprese<br />

1.1 Il quadro dell’economia italiana<br />

In questa chiusura d’anno, la situazione congiunturale dell’economia italiana appare articolata. Chiuso<br />

il 2006 con una chiara accelerazione, era naturale attendersi una lieve pausa all’inizio del 2007, ma era<br />

altrettanto naturale confidare in una nuova accelerazione in arrivo con la primavera.<br />

Tuttavia i dati macroeconomici non hanno supportato del tutto questo stato delle cose. Le statistiche<br />

relative al prodotto interno lordo hanno consegnato due trimestri deboli, il primo in crescita dello<br />

0,3% sul precedente e il secondo di solo lo 0,1%. Tra le componenti del PIL, i consumi privati sono<br />

l’unica variabile che mostra una certa dinamicità nel primo semestre, mentre gli investimenti e le<br />

esportazioni frenano sensibilmente (Tabella 1).<br />

Tabella 1 - Il PIL italiano e le sue componenti<br />

2006<br />

4° trim. 2006 1° trim. 2007 2° trim. 2007<br />

su base<br />

trim.<br />

su base<br />

annuale<br />

su base<br />

trim.<br />

su base<br />

annuale<br />

su base<br />

trim.<br />

su base<br />

annuale<br />

PIL 1,9 1,1 2,8 0,3 2,3 0,1 1,8<br />

Importazioni 4,5 2,0 5,6 -0,9 3,2 -0,3 2,6<br />

Consumi finali 1,0 0,2 1,2 0,5 1,5 0,5 1,7<br />

Consumi privati 1,5 0,2 1,7 0,7 1,9 0,6 2,2<br />

Consumi pubblici -0,3 0,0 -0,2 0,1 0,1 0,1 0,4<br />

Investimenti 2,3 1,8 3,8 0,7 2,8 0,1 2,0<br />

Esportazioni 5,5 4,5 6,3 0,4 4,1 -1,0 1,1<br />

Scorte (contributo) 0,3 -0,1 -0,5 -0,1<br />

Fonte: ISTAT<br />

È utile analizzare anche la dinamica delle variabili a frequenza mensile per avere indicazioni più<br />

chiare e soprattutto prospettiche per l’ultima parte dell’anno in corso. Le statistiche sulla produzione<br />

industriale, disponibili fino a luglio 2007, confermano l’evidenza di una perdita di ritmo: il livello<br />

toccato nel dicembre 2006 è piuttosto lontano e il cumulato dei primi otto mesi dell’anno suggerisce<br />

una crescita molto contenuta rispetto al periodo corrispondente del 2006 (appena lo 0,9%), anche se<br />

si è registrato un buon recupero in agosto (i dati di questo mese dell’anno vanno però considerati con<br />

molta cautela, sia per la stagionalità che caratterizza il mese, sia per le turbolenze che sono emerse<br />

nell’agosto del 2007). La Figura 1 evidenzia il divario accumulato nella prima metà dell’anno rispetto<br />

alle performance della Germania.


Figura 1<br />

Indice della produzione<br />

industriale<br />

Fonte: Eurostat<br />

117<br />

112<br />

107<br />

102<br />

Indice della produzione industriale (2000=100)<br />

Italia Germania Eurozona<br />

97<br />

Feb-05 Giu-05 Ott-05 Feb-06 Giu-06 Ott-06 Feb-07 Giu-07<br />

Capitolo 1<br />

L’indice di fiducia delle imprese elaborato dall’ISAE mostra un quadro analogo e lo scenario<br />

complessivo è effettivamente di stabilizzazione, anche se l’estate qualche segno di indebolimento<br />

l’ha portato.<br />

Figura 2<br />

Produzione industriale<br />

e fiducia delle imprese<br />

Fonte: ISTAT, ISAE<br />

105<br />

100<br />

95<br />

90<br />

85<br />

80<br />

Gen-99<br />

Fiducia delle imprese, sc. sin.<br />

Indice della produzione industriale<br />

Gen-00 Gen-01 Gen-02 Gen-03 Gen-04 Gen-05 Gen-06<br />

È naturale poi che l’apprezzamento dell’euro e le tensioni sui mercati finanziari abbiano contribuito al<br />

calo registrato dalla fiducia nel mese di settembre, che è scesa a 92,2 dal livello di 94,5 di inizio anno.<br />

Se da un lato i dati di contabilità nazionale hanno evidenziato i consumi come la componente più<br />

dinamica nel corso del 2007, con una crescita dello 0,7% e 0,6% su base trimestrale nei primi due<br />

trimestri, dall’altro le statistiche a frequenza mensile hanno un tono abbastanza variegato. Le vendite<br />

al dettaglio mostrano segnali di debolezza, con una crescita di appena lo 0,5% in ragione d’anno nei<br />

primi sette mesi del 2007 confrontati con l’analogo periodo del 2006, e con un incremento a luglio di<br />

appena lo 0,1% sempre su base annua.<br />

Gen-07<br />

104<br />

100<br />

96<br />

92<br />

21


22<br />

Lo scenario dell’economia per le piccole imprese<br />

Figura 3<br />

Indice del valore<br />

delle vendite<br />

al dettaglio<br />

Fonte: ISTAT<br />

3,0<br />

1,5<br />

0,0<br />

-1,5<br />

Vendite al dettaglio, var. % m/m<br />

Vendite al dettaglio, var. % a/a, sc. dx<br />

-3,0<br />

Gen-01 Ott-01 lug-02 Apr-03 Gen-04 Ott-04 Lug-05 Apr-06 Gen-07<br />

Anche la fiducia dei consumatori, ancora di fonte ISAE, consegna un segnale di cautela. Dopo aver<br />

aperto l’anno su valori intorno a 111 (questo è il valore medio dell’indice nei mesi da novembre a<br />

febbraio) si situa intorno a quota 107 da quattro mesi a questa parte.<br />

Figura 4<br />

Fiducia<br />

dei consumatori<br />

Fonte: ISAE<br />

130<br />

120<br />

110<br />

100<br />

Fiducia dei consumatori, indice<br />

Fiducia dei consumatori,<br />

media mobile a 3 mesi<br />

90<br />

Gen-01 Dic-01 Nov-02 Ott-03 Set-04 Ago-05 Lug-06 Giu-07<br />

Ulteriori indicazioni dello stato di fiducia dei consumatori derivano dalle disaggregazioni per<br />

destinazione d’uso proposte dall’ISTAT. In queste, l’attività relativa ai beni di consumo durevoli è più<br />

brillante di quella relativa ai non durevoli (basti pensare al mercato dell’auto: nei primi 9 mesi sono<br />

state immatricolate il 6,6% di auto in più rispetto al corrispondente periodo del 2006).<br />

Continua a scendere il tasso di disoccupazione, che nel secondo trimestre del 2007 si è attestato<br />

al 6,0%; questo avviene contestualmente a una riduzione del ritmo di crescita degli occupati (essi<br />

crescevano dell’1,9% in media nel 2006 mentre gli incrementi in base annuale nei primi due trimestri<br />

del 2007 sono stati rispettivamente 0,5% e 0,4%), dovuto a un crescente fenomeno di scoraggiamento<br />

e di uscita dalle forze di lavoro soprattutto nel Mezzogiorno.<br />

6<br />

4<br />

2<br />

0<br />

-2<br />

-4


3,3<br />

3,1<br />

2,9<br />

2,7<br />

2,5<br />

2,3<br />

2,1<br />

1,9<br />

1,7<br />

1,5<br />

CPI var. % a/a<br />

PPI var. % a/a<br />

Capitolo 1<br />

Per questo motivo, sebbene il tasso di disoccupazione sia diminuito, non se ne hanno significativi<br />

benefici in termini di sostegno ai consumi.<br />

Resta piuttosto contenuta l’inflazione; il tendenziale dei prezzi al consumo è sceso all’1,6% su base<br />

annua misurato con l’indice nazionale e all’1,7% con l’armonizzato; da 5 mesi consecutivi è in linea o<br />

inferiore al livello medio di Eurozona e questo è un segnale positivo.<br />

Anche per quanto riguarda i prezzi alla produzione si registra un rallentamento piuttosto evidente del<br />

tendenziale (dal 4,0% in gennaio 2007 al 2,1% di luglio). In ogni caso i livelli di agosto e settembre<br />

dovrebbero costituire il punto di minimo ed è molto probabile che si assista ad un certa risalita, sull’onda<br />

anche delle nuove tensioni registrate sul prezzo del petrolio, attutite dall’apprezzamento dell’euro.<br />

Figura 5<br />

Inflazione<br />

alla produzione<br />

e al consumo<br />

Fonte: ISTAT<br />

1,3<br />

-2<br />

Gen-00 Ott-00 Lug-01 Apr-02 Gen-03 Ott-03 Lug-04 Apr-05 Gen-06 Ott-06 Lug-07<br />

Nel complesso, i dati evidenziano dunque un rallentamento della crescita dell’economia italiana già<br />

prima delle turbolenze registrate sui mercati finanziari nell’agosto scorso.<br />

In questo momento, tenendo conto delle attuali volatilità e incertezze che caratterizzano questa fase dei<br />

mercati finanziari, sembra piuttosto improbabile che si verifichi una forte accelerazione negli ultimi<br />

mesi del 2007.<br />

Se la crescita acquisita a metà anno era di 1,5% è possibile che il PIL aumenti dell’1,8% a fine anno.<br />

In uno scenario in cui le ripercussioni sull’economia reale delle difficoltà del mercato finanziario<br />

dovrebbero influenzare più gli Stati Uniti che l’Europa, si registrerà un lieve rallentamento nel 2008<br />

dovuto per lo più al raffreddamento della domanda estera.<br />

Per quanto attiene ai consumi, il buon andamento dell’occupazione e un’impostazione di politica fiscale<br />

meno restrittiva che nel 2007 dovrebbero favorire una buona dinamica della spesa delle famiglie anche<br />

nel prossimo futuro.<br />

8<br />

7<br />

6<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

-1<br />

23


24<br />

Lo scenario dell’economia per le piccole imprese<br />

1.2 Alcune prime indicazioni relative alle imprese del commercio<br />

In questa sezione si cercherà di estrapolare dai dati macroeconomici le evidenze relative alle imprese<br />

del commercio per delinearne la situazione congiunturale, avendo a particolare riferimento le imprese<br />

di piccola dimensione.<br />

La prima indicazione aggregata che si può trarre dai dati di contabilità nazionale è che il macrosettore<br />

che le comprende (quello relativo al commercio, ma anche ad alberghi, pubblici esercizi, trasporti e<br />

comunicazioni) mostra un margine operativo lordo in robusta crescita (dell’8,9%) nel primo semestre<br />

del 2007 rispetto al primo semestre dell’anno precedente.<br />

Andando ad analizzare con più attenzione la dinamica recente delle vendite al dettaglio, la prima<br />

evidenza che è opportuno sottolineare proviene dalle statistiche ISTAT, che, in relazione a questa<br />

tipologia di vendita appunto, fornisce le informazioni separate per dimensione dell’esercizio<br />

commerciale.<br />

Sembra abbastanza evidente che negli ultimi mesi (vedi Figura 6) sono state le dimensioni intermedie<br />

ad essere penalizzate, mentre le tipologie estreme (gli esercizi di grandi dimensioni, con più di 20<br />

dipendenti, o quelli piccoli, con 1 o 2 dipendenti) presentano andamenti migliori.<br />

Figura 6<br />

Vendite al dettaglio<br />

(var. perc. per dimensione<br />

su base annua)<br />

Fonte: ISTAT<br />

7,0<br />

6,0<br />

5,0<br />

4,0<br />

3,0<br />

2,0<br />

1,0<br />

0,0<br />

-1,0<br />

-2,0<br />

Piccoli esercizi (1-2 dip)<br />

Da 3 a 5<br />

Da 6 a 9<br />

Da 10 a 19<br />

Grandi esercizi (> 20 dip)<br />

-3,0<br />

Gen-05 Giu-05 Nov-05 Apr-06 Set-06 Feb-07 Lug-07<br />

Per quanto riguarda le composizioni di tipo merceologiche appare poi che la Grande Distribuzione<br />

faccia meglio della piccola, in particolare per le vendite di beni non alimentari.


Figura 7<br />

Vendite al dettaglio<br />

(var. perc. per tipologia<br />

su base annua)<br />

Fonte: ISTAT<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

Capitolo 1<br />

-1<br />

Grandi esercizi (non alimentari)<br />

Piccoli esercizi (non alimentari)<br />

-2<br />

-3<br />

Grandi esercizi (alimentari)<br />

Piccoli esercizi (alimentari)<br />

Gen-05 Giu-05 Nov-05 Apr-06 Set-06 Feb-07 Lug-07<br />

Si possono trarre indicazioni utili anche da altre fonti, in particolare da due indagini sul commercio al<br />

dettaglio realizzate rispettivamente dall’ISAE e da Bloomberg.<br />

La prima suggerisce un’indicazione più in linea con le evidenze della contabilità nazionale (vale a dire<br />

una buona dinamica dei consumi, come si evince anche dalla Tabella 1) piuttosto che con le rilevazioni<br />

<strong>sulle</strong> vendite al dettaglio dell’ISTAT (già menzionate nel corso di questo paragrafo).<br />

Figura 8<br />

Fiducia delle<br />

imprese<br />

del commercio<br />

al dettaglio<br />

Fonte: ISAE<br />

120<br />

115<br />

110<br />

105<br />

100<br />

95<br />

90<br />

85<br />

Fiducia del commercio al dettaglio<br />

Media mobile a 3 mesi<br />

Gen-01 Feb-02 Mar-03 Apr-04 Mag-05 Giu-06 Lug-07<br />

Complessivamente la fiducia delle imprese del commercio al dettaglio sembra intonata positivamente<br />

e, al di là del picco toccato a novembre 2006 e poi riassorbito, sembra inserita in un trend crescente<br />

con una certa regolarità.<br />

Andando a guardare più in dettaglio, le imprese intervistate dall’ISAE suggeriscono però una dinamica<br />

molto differenziata tra Grande Distribuzione e commercio al minuto (qui le indicazioni fornite vanno<br />

lette in termini di tendenza, senza comparare i livelli delle variabili considerate).<br />

25


26<br />

Lo scenario dell’economia per le piccole imprese<br />

Figura 9<br />

Fiducia delle imprese<br />

del commercio al<br />

dettaglio: distribuzione<br />

tradizionale e moderna<br />

Fonte: ISAE<br />

125<br />

120<br />

115<br />

110<br />

105<br />

100<br />

95<br />

Commercio al minuto tradizionale<br />

Grande distribuzione<br />

Clima di fiducia<br />

90<br />

Set-05 Gen-06 Mag-06 Set-06 Gen-07 Mag-07 Set-07<br />

In effetti, sembra che le imprese della distribuzione tradizionale (commercio al minuto) abbiano trovato<br />

un modus vivendi che consente loro di poter partecipare alla competizione sul mercato. In termini<br />

di attese per il prossimo futuro si confermano queste indicazioni, con segnali positivi da parte delle<br />

imprese tradizionali.<br />

Figura 10<br />

Aspettative per<br />

i prossimi 3 mesi:<br />

distribuzione<br />

tradizionale e moderna<br />

Fonte: ISAE<br />

70<br />

60<br />

50<br />

40<br />

Andamento degli affari (previsioni a 3 mesi)<br />

30<br />

-5<br />

-10<br />

20<br />

Grande distribuzione<br />

Commercio al minuto tradizionale<br />

-15<br />

10<br />

-20<br />

Set-05 Gen-06 Mag-06 Set-06 Gen-07 Mag-07 Set-07<br />

L’indagine Bloomberg, realizzata con metodologie differenti rispetto a quella dell’ISAE, in merito alle<br />

vendite al dettaglio ha un tono decisamente meno ottimistico. Le attese sui margini non sono positive<br />

mentre le aspettative per le vendite nel prossimo futuro, pur non essendo sugli alti livelli di fine 2006,<br />

evidenziano comunque uno spunto positivo più coerente con le indicazioni dell’indagine ISAE.<br />

Nel capitolo 2 il tema della fiducia sarà approfondito con un’indagine ad hoc interamente dedicata<br />

alle piccole imprese.<br />

20<br />

15<br />

10<br />

5<br />

0


Figura 11<br />

Indice PMI<br />

delle imprese del<br />

commercio al dettaglio:<br />

distribuzione<br />

tradizionale e moderna<br />

Fonte: Bloomberg<br />

75<br />

70<br />

65<br />

60<br />

55<br />

50<br />

45<br />

40<br />

Vendite attese<br />

nel mese seguente<br />

Margini lordi<br />

Capitolo 1<br />

35<br />

Gen-06 Mag-06 Set-06 Gen-07 Mag-07 Set-07<br />

In conclusione il quadro delle evidenze macroeconomiche sui consumi e <strong>sulle</strong> imprese del commercio<br />

al dettaglio suggerisce che, dopo una buona ripresa nel 2006, anche il periodo attuale si presenta<br />

positivo, pur restando delle tensioni legate alla dinamica complessiva dell’economia.<br />

Presumibilmente le indicazioni meno ottimistiche formulate dagli operatori della Grande Distribuzione<br />

rispetto ai commercianti più piccoli dipendono dal fatto che, dopo la grande rincorsa degli anni passati,<br />

il grado di concorrenzialità di questa forma distributiva si è notevolmente accresciuto mettendo dunque<br />

sotto pressione i margini delle imprese presenti sul mercato.<br />

I piccoli esercizi appaiono invece aver trovato una collocazione che tende a stabilizzarsi, e quindi<br />

beneficiano più direttamente del buon andamento dei consumi. Nel corso del capitolo 5 il tema del<br />

posizionamento competitivo dei piccoli imprenditori commerciali sarà trattato in modo più esteso, e nel<br />

capitolo 6 si effettueranno alcune considerazioni volte a delineare le prospettive future del settore.<br />

1.3 Alcune considerazioni sul rapporto con le banche<br />

Anche nel 2007 i prestiti bancari in Italia, così come nei principali Paesi europei, hanno continuato<br />

a crescere a ritmi decisamente sostenuti, sebbene a partire dal secondo trimestre si sono mostrati in<br />

moderata decelerazione.<br />

Il relativo rallentamento è da imputare principalmente a una più contenuta domanda di credito da parte<br />

delle famiglie (soprattutto per acquisto di abitazioni ma anche per credito al consumo) frenata dai più<br />

elevati tassi d’interesse, mentre le imprese hanno presentato una dinamica in marcata accelerazione<br />

superando ampiamente quella delle famiglie.<br />

Questo grazie a una situazione finanziaria in netto miglioramento e a conferma di un ciclo degli<br />

investimenti particolarmente brillante.<br />

Nello specifico, a fronte di una crescita dei prestiti totali, ad agosto, del 9,5% annuo (dal 10,7% a<br />

dicembre 2006), i prestiti alle imprese sono aumentati del 12,9% (dal 12,4% a dicembre 2006) e quelli<br />

alle famiglie del 9,6% (10,5% a dicembre 2006).<br />

27


28<br />

Lo scenario dell’economia per le piccole imprese<br />

Figura 12<br />

Prestiti bancari<br />

per settore<br />

(var. perc. annuale)<br />

Fonte: elaborazioni UniCredit Research<br />

& Strategy su dati <strong>Banca</strong> d’Italia<br />

18<br />

16<br />

14<br />

12<br />

10<br />

8<br />

6<br />

4<br />

2<br />

Soc. non finanziarie<br />

Fam. produttrici<br />

Fam. consumatrici<br />

Totale<br />

0<br />

Dic-02 Lug-03 Feb-04 Set-04 Apr-05 Nov-05 Giu-06 Gen-07 Ago-07<br />

Gli impieghi alle piccole imprese 1 (Figura 12) hanno registrato tassi di crescita più contenuti, anche<br />

se su un trend sostanzialmente stabile, con incrementi ad agosto del 6,5% (7,8% a dicembre 2006),<br />

così come i prestiti alle società non finanziarie con meno di 20 addetti, cresciuti del 6% ad agosto<br />

dal 5,7% a dicembre 2006. Le dinamiche più sostenute si sono registrate nel Mezzogiorno per tutti i<br />

principali settori di attività economica.<br />

Passando ora all’analisi disaggregata dei prestiti alle piccole imprese per attività economica, si<br />

rileva come la domanda di credito da parte degli esercizi commerciali ha presentato una dinamica<br />

relativamente più contenuta, con un incremento a luglio 2007 del 6% contro un 6,3% del totale<br />

piccole imprese.<br />

La quota di prestiti al piccolo commercio sul totale dei prestiti bancari di sistema si è dunque<br />

ulteriormente assottigliata nel corso di questo anno, scendendo a luglio sull’1,3% dall’1,4% di<br />

dicembre 2006 (1,9% nel 2000).<br />

Figura 13<br />

Prestiti bancari al<br />

piccolo commercio<br />

versus. sistema<br />

(var. perc. annuale su<br />

medie mobili di 12 termini)<br />

Fonte: elaborazioni UniCredit Research<br />

& Strategy su dati <strong>Banca</strong> d’Italia<br />

12,0<br />

10,0<br />

1 Approssimate con l’aggregato delle famiglie produttrici.<br />

8,0<br />

6,0<br />

4,0<br />

2,0<br />

0,0<br />

Commercio<br />

Fam. produttrici<br />

Totale sistema<br />

-2,0<br />

Giu-00 Giu-01 Giu-02 Giu-03 Giu-04 Giu-05 Giu-06 Giu-07


Capitolo 1<br />

La quota dei prestiti al commercio rispetto al totale dei prestiti alle piccole imprese si è invece<br />

sostanzialmente stabilizzata nel corso del 2007, attestandosi a luglio sul 22% dal 21,9% di dicembre<br />

2006, ancorché in forte calo rispetto al 26% del 2000.<br />

In generale la crescita relativamente contenuta dei prestiti agli esercizi commerciali di piccola<br />

dimensione trova conferma in un andamento del settore che dà segnali di stanchezza e solo<br />

marginalmente sembra essere riuscito a beneficiare dell’ultima fase di ripresa dell’economia.<br />

Figura 14<br />

Prestiti bancari<br />

al piccolo commercio<br />

e vendite al dettaglio<br />

(var. perc. a/a su medie<br />

mobili di 12 termini)<br />

Fonte: Elaborazioni UniCredit Research<br />

& Strategy su dati <strong>Banca</strong> d’Italia e ISTAT<br />

6<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

0<br />

-1<br />

Totale<br />

<strong>Piccole</strong> superfici<br />

-2<br />

-3<br />

Grande distribuzione<br />

Prestiti commercio<br />

Giu-00 Giu-01 Giu-02 Giu-03 Giu-04 Giu-05 Giu-06 Giu-07<br />

Sulla base dei dati ISTAT (Figura 14), gli esercizi commerciali di piccola dimensione, pur in<br />

accelerazione marcata rispetto alla recessione di tutto il biennio 2004-2005, si sono mantenuti su<br />

crescite delle vendite nell’intorno dell’1%, mostrando un nuovo leggero rallentamento a partire dal<br />

secondo trimestre di quest’anno.<br />

Tale decelerazione, ancorché moderata, non trova riscontro nella dinamica dei prestiti del settore, che<br />

all’opposto si sono mossi in lieve accelerazione nello stesso periodo.<br />

La dicotomia delle dinamiche di crescita di prestiti e vendite del settore piccolo commercio non sembra<br />

essere un fenomeno recente. Come si può osservare, la correlazione negativa tra le due variabili è<br />

evidente anche nel passato. È interessante osservare in particolare come la maggiore accelerazione<br />

dei prestiti si sia registrata nella fase di maggiore debolezza del settore, a conferma di un sostegno<br />

da parte del sistema bancario che è in aumento nelle fasi di maggiori necessità finanziarie. Per un<br />

approfondimento sul tema si rimanda al Quadro 1.<br />

29


30<br />

Lo scenario dell’economia per le piccole imprese<br />

Quadro 1<br />

Il ricorso al debito bancario risulta per il settore del commercio una fonte privilegiata di finanziamento.<br />

Dall’analisi dei finanziamenti che distingue tra commercio all’ingrosso e al dettaglio si evince che<br />

l’ingrosso comincia a mostrare segni di ripresa economica. Lo dimostra il fatto che nel corso del 2006<br />

sono ripresi i finanziamenti a breve termine come componente ciclica legata al fabbisogno di capitale<br />

circolante (Figura 15).<br />

Dal 2002 è in atto il ricorso a impieghi con scadenze più lunghe, sottoscritti per il rafforzamento delle<br />

strutture patrimoniali. L’approvvigionamento di impieghi oltre i 18 mesi ha giovato fino ad ora della bassa<br />

incidenza degli oneri finanziari, grazie a condizioni distese sul mercato del credito. Non è da dimenticare<br />

inoltre che nel commercio gli impieghi a lungo finanziano generalmente le scorte.<br />

Figura 15<br />

Variazione<br />

percentuale degli<br />

impieghi per<br />

durata: commercio<br />

all’ingrosso<br />

Fonte: Elaborazioni Ufficio Studi<br />

UniCredit <strong>Banca</strong> su dati <strong>Banca</strong> d’Italia<br />

20%<br />

10%<br />

0%<br />

-10%<br />

Breve termine<br />

Medio-Lungo<br />

Giu-02 Dic-02 Giu-03 Dic-03 Giu-04 Dic-04 Giu-05 Dic-05 Giu-06 Dic-06<br />

Per quanto riguarda invece il commercio al dettaglio (Figura 16), i finanziamenti del sistema bancario<br />

hanno sostenuto in modo più vigoroso il settore rispetto all’ingrosso tra il giugno 2003 e il giugno<br />

2005, per poi stabilizzarsi nell’ultimo periodo osservato.<br />

Sono gli anni in cui le aziende neo-nate (sulla spinta della liberalizzazione del commercio introdotta<br />

nel 1998) e quelle già presenti sul mercato hanno fatto ingente ricorso al debito di terzi in mancanza di<br />

capitale proprio. Questo sia per consolidare il patrimonio, sia per fronteggiare il ciclo non positivo dei<br />

consumi che, negli ultimi anni, ha depresso gli acquisti dei consumatori.<br />

L’indebitamento a breve non ha ancora dato i segnali attesi di ripresa, come è accaduto invece per il<br />

resto dell’economia e nel commercio all’ingrosso nello specifico, mentre il finanziamento a medio lungo<br />

termine rimane la componente più rilevante del portafoglio dei dettaglianti.


continua “Quadro 1”<br />

Figura 16<br />

Variazione<br />

percentuale degli<br />

impieghi per durata:<br />

commercio al<br />

dettaglio<br />

Fonte: Elaborazioni Ufficio Studi<br />

UniCredit <strong>Banca</strong> su dati <strong>Banca</strong> d’Italia<br />

20%<br />

10%<br />

0%<br />

-10%<br />

Breve termine<br />

Medio-Lungo<br />

Giu-02 Dic-02 Giu-03 Dic-03 Giu-04 Dic-04 Giu-05 Dic-05 Giu-06 Dic-06<br />

Capitolo 1<br />

La qualità del credito nel commercio all’ingrosso è migliore rispetto a quella del dettaglio (Figura 17).<br />

In generale si assiste a una sostanziale convergenza dei livelli di rischiosità tra settori e il differenziale di<br />

rischio tra il commercio all’ingrosso e quello al dettaglio si sta assottigliando, seppure a dicembre 2006<br />

si attesti intorno ai due punti percentuali.<br />

L’indice delle sofferenze sugli impieghi esprime uno stato di malessere del piccolo commerciante al<br />

dettaglio, che fatica a trovare nei finanziamenti bancari uno dei volani per la ripresa.<br />

Il diffondersi di strumenti di credito a supporto dei beni di consumo può rappresentare un’opportunità<br />

per i piccoli imprenditori commerciali (si rimanda al capitolo 6 per una più diffusa argomentazione in<br />

proposito).<br />

Figura 17<br />

Indice delle<br />

sofferenze sugli<br />

impieghi<br />

Fonte: Elaborazioni Ufficio Studi<br />

UniCredit <strong>Banca</strong> su dati <strong>Banca</strong> d’Italia<br />

12%<br />

10%<br />

8%<br />

6%<br />

4%<br />

Commercio al dettaglio Commercio all’ingrosso Totale settori<br />

Giu-02 Dic-02 Giu-03 Dic-03 Giu-04 Dic-04 Giu-05 Dic-05 Giu-06 Dic-06<br />

31


2<br />

Capitolo 2


La parola ai piccoli<br />

imprenditori: l’evoluzione<br />

della fiducia e il rapporto<br />

con il sistema fiscale<br />

e burocratico<br />

Direzione Marketing <strong>Piccole</strong> <strong>Imprese</strong> e Ufficio Studi, UniCredit <strong>Banca</strong>


34<br />

La parola ai piccoli imprenditori: l’evoluzione della fiducia e il rapporto<br />

con il sistema fiscale e burocratico<br />

2.1 Introduzione e principali risultati<br />

Come nelle tre precedenti edizioni del <strong>Rapporto</strong> UniCredit <strong>Banca</strong> <strong>sulle</strong> <strong>Piccole</strong> <strong>Imprese</strong>, abbiamo<br />

misurato con una indagine somministrata ad un campione di piccole imprese la percezione degli<br />

imprenditori in merito all’andamento dell’economia, per capire in che modo ha influenzato il clima di<br />

fiducia e le loro attese per il futuro, e per comprendere quali conseguenze ha avuto e avrà <strong>sulle</strong> loro<br />

scelte strategiche. La nostra indagine sulla fiducia ha dunque l’obiettivo di sondare in quale contesto<br />

economico le piccole e piccolissime imprese sentono di lavorare.<br />

Anche quest’anno la prima parte dell’indagine è volta a comprendere l’evoluzione della fiducia dei piccoli<br />

imprenditori e ad interpretarla sulla base dei diversi elementi che la influenzano. Di questo si occuperà<br />

la prima parte del capitolo; la seconda, invece, è organizzata in due sezioni. La prima sezione, relativa<br />

al rapporto con le banche, è rivolta a individuare l’evoluzione dei giudizi degli imprenditori su aspetti<br />

relativi alla qualità del servizio delle banche e alla capacità di queste ultime di sostenere le aziende<br />

con consulenza professionale e strumenti creditizi. La seconda sezione è dedicata alla percezione dei<br />

piccoli imprenditori su due temi alquanto dibattuti a livello nazionale, la fiscalità e la burocrazia.<br />

Modalità di ricerca e panel<br />

Nel mese di settembre 2007, abbiamo contattato telefonicamente circa 6.000 piccoli imprenditori<br />

per sottoporre loro un questionario composto da 45 domande.<br />

Dalle 6.000 interviste effettuate abbiamo creato un campione di 2.000 imprese rappresentativo della<br />

piccola imprenditoria italiana, omogeneo con il campione degli anni precedenti sia dal punto di<br />

vista della dimensione (vedi Tabella 1), che del macro-settore di attività (vedi Tabella 2), che della<br />

distribuzione geografica (vedi Tabella 3). In questo modo i risultati della indagine sono confrontabili<br />

con quelli delle tre edizioni precedenti. È per lo stesso motivo che da questo campione sono esclusi<br />

gli imprenditori operanti nel settore agricolo.<br />

Tabella 1 - Distribuzione dell’universo e del campione per addetti<br />

addetti totale PerCentuale<br />

CamPione<br />

teoriCo<br />

CamPione<br />

realizzato<br />

1 2.038.155 58,8 1.176 1.176<br />

2 617.817 17,8 356 356<br />

3-5 512.457 14,8 296 296<br />

6-10 176.071 5,1 102 102<br />

> 10 121.951 3,5 70 70<br />

imprese italiane 3.466.451 100 2.000 2.000<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong> sulla fiducia


Tabella 2 - Distribuzione dell’universo e del campione per settore di attività<br />

settore totale PerCentuale<br />

Capitolo 2<br />

Grazie al maggior numero di interviste realizzate quest’anno (circa 6.000 rispetto alle 4.000 del 2006)<br />

siamo riusciti inoltre ad aumentare da 50 a 70 le province esaminate (70% circa delle province<br />

italiane). Abbiamo distribuito i contatti su ciascuna provincia in modo tale da avere un campione<br />

rappresentativo della popolazione delle imprese sul territorio, sia in base al settore economico sia alla<br />

classe dimensionale di appartenenza. In appendice mostriamo la tabella con le province in cui abbiamo<br />

raggiunto una buona significatività del campione e il relativo indice di fiducia.<br />

Il questionario<br />

CamPione<br />

teoriCo<br />

CamPione<br />

realizzato<br />

Industria 1.012.201 29,2 584 584<br />

Commercio 1.220.643 35,2 704 704<br />

Altri servizi 1.233.607 35,6 712 712<br />

imprese italiane 3.466.451 100 2.000 2.000<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong> sulla fiducia<br />

Tabella 3 - Distribuzione dell’universo e del campione per area geografica<br />

area<br />

GeoGrafiCa<br />

totale PerCentuale<br />

CamPione<br />

teoriCo<br />

CamPione<br />

realizzato<br />

Nord ovest 1.029.788 29,7 593 593<br />

Nord est 765.938 22,1 442 442<br />

Centro 724.027 20,9 418 418<br />

Sud-isole 946.698 27,3 547 547<br />

imprese italiane 3.466.451 100 2.000 2.000<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong> sulla fiducia<br />

Il questionario è incentrato su 36 domande suddivise in 3 aree d’indagine, cui sono state aggiunte 9<br />

domande utili alla classificazione dell’impresa e dell’imprenditore 1 .<br />

1 Le 9 domande di classificazione sono state incentrate sull’anagrafica dell’imprenditore (età, esperienza, titolo di studio) e dell’impresa<br />

(dimensione, settore, zona geografica, forma giuridica, crescita) al fine di valutare la percezione sulla situazione delle diverse tipologie di<br />

imprenditori.<br />

35


36<br />

La parola ai piccoli imprenditori: l’evoluzione della fiducia e il rapporto<br />

con il sistema fiscale e burocratico<br />

La prima area d’indagine è composta da 14 domande inerenti alla situazione economica del Paese,<br />

all’andamento del settore di appartenenza dell’imprenditore, alla crescita dei ricavi dell’azienda,<br />

all’evoluzione dei tempi di incasso, all’andamento degli investimenti effettuati in azienda, alla<br />

disponibilità di finanziamenti per lo sviluppo dell’impresa e all’evoluzione dell’occupazione. Per i sette<br />

temi sopra indicati abbiamo voluto valutare l’opinione dei piccoli imprenditori sia rispetto ai 12 mesi<br />

trascorsi sia rispetto alle aspettative per i 12 mesi che verranno.<br />

La seconda area, composta da 4 domande, è volta ad indagare l’evoluzione del giudizio dei piccoli<br />

imprenditori sulla qualità dei servizi offerti dalle banche e in particolare dei servizi offerti dalle banche<br />

quali finanziatori dei progetti d’impresa.<br />

La terza area, composta da 18 domande, è volta ad indagare l’opinione degli imprenditori su due<br />

tematiche di grande attualità e molto sentite dell’imprenditoria italiana: il tema della fiscalità e<br />

della burocrazia. L’obiettivo è quello di raccogliere spunti e considerazioni che possano aiutare ad<br />

identificare possibili interventi utili a ridimensionare l’impatto di questi due elementi, che condizionano<br />

negativamente l’efficienza e la competitività delle imprese italiane.<br />

L’indice di fiducia dei piccoli imprenditori - aspetti metodologici<br />

Le prime 14 domande sono state ideate per poter sviluppare un indice di fiducia relativo ai piccoli<br />

imprenditori italiani. Onde consentire una facilità di lettura del risultato ed un confronto con altri indici<br />

di fiducia, abbiamo rispettato la metodologia generalmente adottata per la compilazione dell’indice di<br />

fiducia 2 . Nell’interpretazione dei dati basta considerare che l’indice 100 rappresenta la soglia oltre la<br />

quale l’indice indica il prevalere dei fiduciosi sugli sfiduciati tra i piccoli imprenditori.<br />

I risultati più importanti della ricerca<br />

Analizzando la composizione dell’indice di fiducia emerge una netta inversione di tendenza rispetto<br />

allo scorso anno. Nel 2006 avevamo assistito ad una ripresa della fiducia <strong>sulle</strong> variabili esogene, alla<br />

quale si contrapponeva un calo della fiducia negli investimenti e nell’occupazione. Quest’anno emerge<br />

un ulteriore miglioramento su tutte le variabili esogene, ad eccezione dell’economia in generale. Ma<br />

2 Abbiamo selezionato 7 argomenti chiave per la fiducia degli imprenditori armonizzando il nostro approccio con quanto già utilizzato in<br />

altri Paesi, per esempio dallo “Small Business Index”, con cui da settembre 2003 Wells Fargo e Gallup “tastano il polso” alla piccola<br />

imprenditoria degli Stati Uniti. In analogia con la metodologia adottata da ISAE e Wells Fargo/Gallup, abbiamo verificato l’opinione dei<br />

piccoli imprenditori sui 7 parametri sia a riguardo dell’andamento negli ultimi 12 mesi, che in previsione prospettica sui prossimi 12 mesi.<br />

Alle 14 domande si sono offerte risposte multiple con 5 alternative, con graduazioni dal “molto negativo” al “molto positivo” (passando<br />

attraverso il “negativo”, “neutro” e “positivo”). Per ogni domanda abbiamo calcolato la percentuale di risposte positive (“positivo” e “molto<br />

positivo”), cui abbiamo sottratto la percentuale di risposte negative (“negativo” e “molto negativo”). Per calcolare l’indice di fiducia sintetico,<br />

abbiamo calcolato la media dei 14 numeri così ottenuti ed abbiamo sommato il risultato a 100.


Capitolo 2<br />

migliorano nettamente anche i fattori relativi alla performance aziendale, associata ad una ripresa della<br />

fiducia negli investimenti e nell’occupazione. Si registra dunque uno sfasamento temporale di circa un<br />

anno tra la percezione del miglioramento della congiuntura economica e la trasformazione di questo<br />

sentiment nell’azione concreta sugli investimenti e l’occupazione.<br />

In merito all’ambito dimensionale, si riduce per la prima volta il divario tra le microimprese e quelle<br />

più strutturate. Dopo 4 anni di stagnazione, nel 2006 la congiuntura economica aveva manifestato<br />

un’inversione di tendenza della quale le piccole imprese sembravano non aver beneficiato. Con la<br />

conferma della crescita nel 2007 e con previsioni macroeconomiche positive della nostra economia per<br />

i prossimi anni, seppure leggermente inferiore alla media dell’area dell’euro, anche le piccole imprese<br />

cominciano a manifestare un’inversione di rotta nella fiducia.<br />

In termini di dinamiche settoriali, continua la crescita della fiducia del manifatturiero, che si conferma<br />

un settore trainante anche da un punto di vista macroeconomico. Il commercio e le costruzioni, dopo<br />

il brusco calo del 2006, mostrano una inversione di tendenza, recuperando in parte il gap rispetto ai<br />

valori di fiducia espressi dagli altri settori. Infine quello dei servizi (escluso il commercio), nonostante<br />

un leggero miglioramento dei valori espressi rispetto al 2006, è il settore meno fiducioso.<br />

Infine, fra le aree geografiche, quest’anno è il Centro a distinguersi per il forte recupero di fiducia come<br />

testimoniano anche i dati di crescita economica rilevati da Unioncamere. Il Sud invece, nonostante<br />

il recupero della fiducia, resta su valori inferiori alla media, a conferma del permanere di un divario<br />

rispetto alle altre aree del Paese.<br />

I piccoli imprenditori che rappresentano la parte dinamica e più fiduciosa del tessuto economico<br />

italiano confermano le caratteristiche demografiche che già avevamo messo in evidenza lo scorso<br />

anno: si tratta di imprenditori con età più bassa della media (hanno meno di 45 anni), un buon titolo<br />

di studio (diplomati e laureati), che hanno adottato una struttura societaria più evoluta. Le aziende<br />

mediamente più piccole (con 1-2 addetti) con una struttura societaria meno evoluta, soprattutto ditte<br />

individuali, si confermano più sfiduciate.<br />

L’analisi del rapporto con le banche conferma il trend di miglioramento del giudizio espresso dalle<br />

piccole imprese in merito alla qualità dei servizi offerti dalle banche e alla capacità delle stesse di<br />

sostenerne la crescita attraverso una adeguata disponibilità di credito.<br />

2.2 La fiducia dei piccoli imprenditori italiani<br />

L’indice di fiducia sintetico dei piccoli imprenditori rilevato a settembre 2007 sale a 98 punti da 88 del<br />

2006, dopo un anno di stabilità seguito al sensibile decremento che avevamo registrato nel 2005, (vedi<br />

Figura 1).<br />

37


38<br />

La parola ai piccoli imprenditori: l’evoluzione della fiducia e il rapporto<br />

con il sistema fiscale e burocratico<br />

Figura 1<br />

Indice di fiducia<br />

complessivo<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong> sulla fiducia<br />

2004 2005 2006 2007<br />

93<br />

88 88<br />

<strong>Piccole</strong> <strong>Imprese</strong> UniCredit <strong>Banca</strong><br />

I risultati dell’analisi costituiscono la prova che le piccole imprese hanno beneficiato della ripresa<br />

dell’economia italiana cominciata nel 2006 e protrattasi nel 2007, seppure con una intensità inferiore<br />

rispetto alle altre imprese.<br />

Anche i dati congiunturali dei principali istituti economici e statistici confermano l’inizio di una fase di<br />

ripresa della nostra economia, dopo alcuni anni caratterizzati da molte difficoltà, trasformatesi prima in<br />

sfiducia e poi in incertezza.<br />

Tuttavia il livello più elevato di fiducia che abbiamo rilevato quest’anno, rispetto alle precedenti<br />

edizioni del <strong>Rapporto</strong>, è spiegato solo in parte dal momento congiunturale favorevole. In parte, infatti,<br />

è dovuto anche al processo di trasformazione del nostro sistema produttivo, che durante questi anni di<br />

congiuntura economica sfavorevole sembra essere riuscito, attraverso una consistente selezione delle<br />

aziende meno competitive e una intensa ristrutturazione delle altre, a rispondere in maniera efficace alle<br />

mutate condizioni di competitività.<br />

Analisi per fattore di fiducia<br />

Particolarmente utile per l’interpretazione delle tendenze in atto è la scomposizione dell’analisi per<br />

ognuno dei sette fattori che compongono l’indice sintetico, illustrata nella Figura 2.<br />

Il miglioramento più evidente di quest’anno riguarda i giudizi espressi sull’andamento dei tempi di<br />

incasso, che recuperano 21 punti (108 contro 87), e dei ricavi che recuperano 15 punti (103 contro 88),<br />

due componenti che hanno in passato sempre registrato valori molto bassi.<br />

Inoltre, dopo il rallentamento dello scorso anno, gli imprenditori recuperano la fiducia nelle proprie<br />

capacità e nei fattori che possono governare, come gli investimenti (112 contro 103) e l’occupazione<br />

(107 contro 100), sempre più supportati da una buona disponibilità di credito. Infatti, il dato sul<br />

credito migliora ulteriormente portandosi su valori tra i più elevati degli ultimi 4 anni (la variabile<br />

aumenta di dieci punti, passando da un valore di 100 a 108). Questi fattori si confermano tra i primi<br />

in valore assoluto.<br />

98


Capitolo 2<br />

Non si registra un recupero altrettanto deciso della fiducia nei fattori non direttamente collegabili<br />

all’impresa, come ad esempio l’economia del Paese, che cala di 3 punti, o l’andamento del settore,<br />

che recupera 7 punti ma resta al di sotto del valore medio dell’indice.<br />

Infine, si è allungata la distanza (57 punti da 45 dello scorso anno) tra le variabili che registrano i valori<br />

estremi, cioè andamento dell’economia e investimenti.<br />

Comunque il lieve miglioramento nei giudizi espressi sull’andamento dei fattori congiunturali<br />

analizzati si è tradotto in una crescita significativa sul versante delle variabili che esprimono la volontà<br />

dei piccoli imprenditori di sviluppare la propria attività, come gli investimenti (+9) e l’occupazione<br />

(+13). Questa dinamica è in netta controtendenza rispetto ai risultati dello scorso anno, in cui<br />

avevamo assistito a un miglioramento della percezione delle variabili congiunturali, che però non<br />

si era tradotto in maggiori investimenti e occupazione, come se ci fosse da parte degli imprenditori<br />

un atteggiamento di riflessione, espressione della volontà di restare in attesa per capire se i primi<br />

segnali di ripresa sarebbero stati confermati. Il ritardo temporale di circa un anno tra la percezione<br />

di miglioramento nell’andamento delle variabili congiunturali e il suo riflesso positivo in termini di<br />

investimenti e occupazione evidenzia una certa lentezza, a conferma di un atteggiamento di cautela da<br />

parte dei piccoli imprenditori, come rileva anche l’Osservatorio CRIF-Nomisma sui Piccoli Operatori<br />

Economici 3 .<br />

Figura 2<br />

Indice di fiducia<br />

delle piccole imprese<br />

per fattore costituente<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong> sulla fiducia<br />

55<br />

58<br />

46<br />

59<br />

103<br />

112<br />

114<br />

112<br />

87<br />

83<br />

90<br />

108<br />

100<br />

102<br />

99<br />

108<br />

107<br />

94 103<br />

103<br />

103<br />

88<br />

93<br />

101<br />

92<br />

77<br />

85<br />

88<br />

2004 2005 2006 2007<br />

Andamento investimenti<br />

Disponibilità di credito<br />

Andamento occupazione<br />

Situazione economica generale<br />

3 CRIF - Nomisma, IX edizione dell’”Osservatorio sulla finanza per i Piccoli Operatori Economici”, Bologna, luglio 2007.<br />

Tempi di incasso<br />

Andamento ricavi<br />

Situazione settore<br />

Il rallentamento dell’economia italiana nei primi mesi del 2007, dopo la forte accelerazione del<br />

2006, è stato percepito dai piccoli imprenditori, come dimostra il lieve peggioramento della fiducia<br />

sull’andamento dell’economia italiana, sceso a 55 da 58 del 2006, dopo il notevole recupero<br />

(+12 punti) dell’anno scorso.<br />

39


40<br />

La parola ai piccoli imprenditori: l’evoluzione della fiducia e il rapporto<br />

con il sistema fiscale e burocratico<br />

Se scomponiamo i giudizi espressi sull’andamento dell’economia tra ultimi 12 mesi e prossimi 12<br />

mesi, i giudizi sul futuro sono orientati ad un cauto ottimismo. Infatti il giudizio sintetico di 55 su<br />

questo fattore è una media tra 42 sul passato e 68 sul futuro, con una differenza di 26 punti.<br />

Un analogo divario, seppure di portata inferiore, si registra <strong>sulle</strong> altre variabili esogene (settore,<br />

ricavi e tempi di incasso) in cui le aspettative di miglioramento sono in media superiori di 15 punti<br />

sull’andamento di questi item nei prossimi 12 mesi. La cosa che sorprende è che la maggiore<br />

fiducia nell’andamento futuro delle variabili congiunturali non trova un riscontro in una maggiore<br />

propensione ad effettuare investimenti e a creare occupazione. Infatti i valori registrati da queste due<br />

variabili, sul passato e sul futuro, restano abbastanza vicini.<br />

Il giudizio sull’andamento del proprio settore, invece, dopo la crescita di 8 punti del 2006, sale di<br />

ben 7 punti passando da 85 a 92, grazie ad una generalizzato trend di ripresa della fiducia trasversale<br />

a tutti i settori, pur rimanendo su valori negativi, cioè inferiori a 100. Anche qui gli imprenditori sono<br />

molto più fiduciosi se si guarda all’andamento del proprio settore per il prossimo anno rispetto a<br />

quello appena trascorso, con una differenza di 15 punti. Le imprese che prevedono il miglioramento<br />

più evidente del proprio settore nei prossimi 12 mesi appartengono al commercio ed ai servizi (+20<br />

punti di differenza), mentre per costruzioni e manifattura il giudizio è inferiore alla media, come se<br />

percepissero un rallentamento del ciclo favorevole per il proprio settore.<br />

La tendenza più interessante che emerge dalla rilevazione di quest’anno riguarda l’evoluzione di due<br />

fattori come i ricavi (103) e i tempi di incasso (108).<br />

Il giudizio espresso sull’andamento dei ricavi aziendali registra un incremento della fiducia dopo il<br />

calo di 8 punti nel 2005 e di 5 nel 2006. Il miglioramento dell’andamento dei ricavi ha registrato<br />

un incremento medio di 15 punti (103 del 2007 contro 88 del 2006), con giudizi molto più elevati<br />

della media nel commercio (109) e un livello più basso nelle costruzioni (93). Questo trend sembra<br />

confermato anche dai risultati dell’ultima rilevazione del Centro Studi Unioncamere 4 su un campione<br />

rappresentativo di 100.000 imprese italiane con almeno un dipendente, che consente di ricostruire<br />

un’immagine del nostro sistema produttivo in pieno movimento e consapevole delle proprie<br />

potenzialità di crescita. Secondo il <strong>Rapporto</strong> Unioncamere, nel complesso, il 30,4% delle aziende<br />

italiane con almeno un dipendente ha registrato nel 2006 incrementi di fatturato (5 punti percentuali<br />

in più rispetto a quanto rilevato per il 2005), mentre il 19,2% ha segnalato una flessione delle vendite<br />

(quasi 3 punti in meno in confronto all’anno precedente). Il saldo fra incrementi e diminuzioni è<br />

dunque pari a +11,2 punti percentuali per il totale dell’economia italiana, a fronte del +2,5 del 2005.<br />

Secondo questo studio, per mantenere o migliorare i risultati raggiunti, gli imprenditori intendono<br />

aumentare gli investimenti focalizzando le loro strategie sulla qualità, sull’integrazione tra produzione<br />

e servizi e sul miglioramento dell’efficienza.<br />

4 Unioncamere, “<strong>Rapporto</strong> Unioncamere 2007”, sezione “Il fatturato delle imprese italiane nel 2006”, Roma, 2007.


Capitolo 2<br />

La componente dei tempi di incasso, dopo il recupero di 4 punti dello scorso anno, registra una<br />

crescita rilevante (+21), riportandosi su valori superiori alla media, superiori ai valori degli ultimi anni<br />

e soprattutto su valori superiori a 100. È un dato incoraggiante, se interpretato come miglioramento<br />

della capacità delle piccole imprese di gestire la crescita dei ricavi con una coerente gestione dei flussi<br />

di cassa. Tale gestione, dalle nostre rilevazioni, ha sempre rappresentato un punto debole delle piccole<br />

imprese, che soprattutto in momenti di congiuntura sfavorevole si trovano costrette a dilazionare i<br />

tempi di pagamento dei clienti per restare sul mercato.<br />

Anche i principali indicatori di rischiosità del credito erogato alle piccole imprese hanno evidenziato<br />

un costante miglioramento durante il 2007. Questi risultati possono essere dovuti all’effetto congiunto<br />

dell’introduzione dei nuovi criteri di valutazione del credito da parte del sistema bancario, che comincia<br />

a provocare ricadute positive nella strategia di gestione finanziaria delle piccole imprese, e del<br />

perfezionamento dell’efficacia dei sistemi di credit scoring adottati dalle banche in applicazione delle<br />

norme previste dall’accordo di Basilea 2.<br />

Questi giudizi potrebbero essere il segnale di un miglioramento effettivo nella gestione finanziaria,<br />

che se trascurata, diventa onerosa e riduce la capacità di autofinanziamento delle imprese e ne frena<br />

lo sviluppo. Questo miglioramento può essere in parte indotto dal miglioramento delle performance<br />

aziendali e in parte spiegato alla luce dei giudizi positivi espressi in merito alla disponibilità di credito<br />

concessa dalle banche. I giudizi positivi espressi nei confronti delle banche, come riportato nella terza<br />

sezione di questo capitolo, indicano che il rapporto banche - piccole imprese è strategico per aiutare<br />

queste ultime a superare alcune debolezze strutturali e comincia ad assumere una nuova impostazione<br />

orientata alla relazione di lungo periodo.<br />

La buona propensione agli investimenti riportata dal <strong>Rapporto</strong> Unioncamere è confermata dai risultati<br />

della nostra analisi, che registra un miglioramento dell’andamento degli investimenti in recupero<br />

di 9 punti rispetto allo scorso anno.<br />

La ripresa degli investimenti è confermata anche dai risultati di recenti indagini condotte dalla <strong>Banca</strong><br />

d’Italia 5 sugli investimenti delle imprese, che indicano un deciso miglioramento dei ritmi di crescita<br />

degli investimenti nel 2007 soprattutto tra le aziende medio-grandi (mentre le piccole sembrano<br />

esprimere maggiore cautela).<br />

Il maggiore ottimismo sull’andamento degli investimenti nei prossimi 12 mesi rispetto all’anno<br />

precedente (114 contro 110), sembra supportato dalle previsioni sulla politica monetaria che intravedono<br />

una intonazione relativamente accomodante delle condizioni finanziarie applicate alle imprese. Anche<br />

le previsioni circa la futura evoluzione della domanda e della produzione, spinte da esigenze di rinnovo<br />

degli impianti e di razionalizzazione dei processi produttivi, lasciano presagire un ampliamento della<br />

5 <strong>Banca</strong> d’Italia, “Bollettino Economico”, aprile 2007.<br />

41


42<br />

La parola ai piccoli imprenditori: l’evoluzione della fiducia e il rapporto<br />

con il sistema fiscale e burocratico<br />

capacità produttiva. Va anche detto che nelle rilevazioni Crif-Nomisma sugli investimenti dei Piccoli<br />

Operatori Economici, i valori dichiarati sui prossimi 12 mesi sono più elevati su tutti i settori e su tutte<br />

le macroaree, ma vengono puntualmente visti al ribasso dai risultati consuntivati l’anno successivo a<br />

dimostrazione di un divario tra la voglia dei piccoli imprenditori di realizzare nuovi investimenti e ciò<br />

che riescono concretamente a mettere in atto.<br />

Infine, l’andamento dell’occupazione (+13) è la componente che, dopo tempi di incasso e ricavi,<br />

ha registrato la crescita più accentuata e merita considerazioni a parte.<br />

Il giudizio sull’andamento dell’occupazione, dopo il calo rilevante registrato nel 2006 che ha fatto sì che<br />

questa scendesse dal secondo al terzo posto in valore assoluto, cresce di 13 punti portandosi a 107,<br />

segnalando il passaggio dalla sfiducia alla fiducia. Le valutazioni fortemente positive sull’andamento<br />

dell’occupazione trovano conferma nelle rilevazioni dei principali istituti economici, secondo i quali<br />

continuerà anche nel 2007 la crescita dell’occupazione, seppure in misura inferiore a quella registrata<br />

nel 2006 (+1% circa nel 2007 contro l’1,6% del 2006 secondo le previsioni di Unioncamere 6 ).<br />

In base ai risultati dell’ultima indagine svolta da Unioncamere nell’ambito del progetto Excelsior 7 ,<br />

relativa ai programmi di assunzione delle aziende per il 2007, l’occupazione dovrebbe continuare a<br />

crescere, ma con un tasso di variazione inferiore di oltre un punto percentuale rispetto alla crescita<br />

stimata del PIL. Tale andamento lascerebbe quindi presagire, nel breve termine, un maggior equilibrio<br />

tra crescita economica e produttività, anche come conseguenza di una generale riformulazione della<br />

domanda di lavoro a vantaggio dei profili a maggior qualificazione.<br />

Anche dalla nostra analisi, spaccando il giudizio sul fattore occupazione tra passato e futuro emerge<br />

una maggiore propensione a creare occupazione per il prossimo anno (111) rispetto ai 12 mesi già<br />

trascorsi (102).<br />

Le risposte degli imprenditori sull’andamento dell’occupazione divise tra passato e futuro confermano<br />

un rallentamento della propensione a creare nuova occupazione da parte delle imprese del<br />

manifatturiero, mentre tra le imprese del commercio al dettaglio, delle costruzioni e dei servizi la<br />

fiducia su questa variabile è maggiore di circa 10 punti, se si guarda alle prospettive del prossimo<br />

anno rispetto a quello appena trascorso.<br />

Un istituto di ricerche econometriche 8 sembra confermare che per l’immediato futuro la dinamica<br />

dell’occupazione dovrebbe essere da una parte trainata dai servizi e in misura inferiore dalla manifattura,<br />

e che vedrà esaurirsi la sua fase di forte crescita occupazionale.<br />

6 Unioncamere, “<strong>Rapporto</strong> Unioncamere 2007”, sezione “Efficienza del mercato del lavoro e del sistema formativo”, Roma, 2007.<br />

7 Unioncamere, “<strong>Rapporto</strong> Excelsior 2007: I fabbisogni professionali e formativi delle imprese italiane nell’industria e nei servizi”.<br />

8 Prometeia, “Le prospettive di medio termine dell’economia italiana”, rapporto di consenso elaborato da Prometeia per conto del CNEL,<br />

luglio 2007.


Capitolo 2<br />

A livello settoriale, la crescita dell’occupazione ha subito un rallentamento nell’industria mentre è<br />

aumentata nei servizi. Il tasso di disoccupazione nel nostro Paese è sceso a 6,2% delle forze lavoro,<br />

un livello molto basso sia per il nostro Paese (il dato migliore degli ultimi trent’anni) sia se confrontato<br />

con il 7,1% dell’area dell’euro (come anticipato nel capitolo I, almeno in parte ciò è però dovuto alla<br />

diminuzione della forza lavoro).<br />

Inoltre, i dati Unioncamere confermano l’influenza dei risultati economici delle imprese sui loro<br />

programmi occupazionali. Tra questi il più rilevante è l’andamento dei ricavi: il 40% delle aziende<br />

che hanno visto aumentare il giro d’affari nel 2006 ha programmato almeno una assunzione nel 2007,<br />

circa 14 punti in più rispetto alla media (26,5%).<br />

I risultati di fiducia su occupazione e investimenti restano ancora una volta tra i più elevati, a conferma<br />

non solo dell’impegno delle aziende italiane nella riorganizzazione del fattore lavoro e in un processo<br />

orientato all’ammodernamento degli impianti, ma anche di strategie aziendali volte alla ristrutturazione<br />

del processo produttivo, condizione necessaria per affrontare con maggiori possibilità di successo la<br />

competizione sui mercati esteri e domestici.<br />

Come già anticipato migliora il giudizio dei piccoli imprenditori sulla capacità del sistema bancario di<br />

dare un adeguato supporto alla loro propensione agli investimenti: l’indice relativo alla disponibilità<br />

di credito si colloca al secondo posto tra i fattori di fiducia e, grazie al recupero di 8 punti rispetto al<br />

2006, si porta ad un valore decisamente positivo e il più elevato dall’inizio della nostra indagine.<br />

Questo dato è confermato dall’andamento dei volumi di credito erogati alle imprese con meno di 10<br />

dipendenti e/o 2,5 milioni di euro di fatturato, andamento che rivela un clima di ritrovata positività e<br />

dinamicità 9 . Nel corso del 2007, si sono registrati incrementi molto positivi nel volume di impieghi<br />

erogati alle imprese da parte del sistema bancario e si è accentuato ulteriormente il trend di crescita<br />

manifestatosi negli ultimi anni. In particolare, i dati risultano brillanti sia in termini di crescita su base<br />

annua degli impieghi, sia per le imprese non finanziarie (+13,7% ad aprile 2007) sia per le imprese di<br />

piccola dimensione (+7,8% ad aprile 2007).<br />

Da una parte continua la crescita sostenuta della componente di medio lungo termine, che confermano<br />

un processo di ristrutturazione del debito delle imprese ancora in atto e un orientamento verso linee di<br />

finanziamento a copertura di investimenti di lunga durata. Dall’altra, anche la crescita della componente a<br />

breve termine contribuisce all’aumento degli impieghi complessivi, riconfermando l’importanza di questa<br />

tipologia di finanziamento nel rispondere all’esigenza dell’imprenditore di sostenere la gestione corrente.<br />

Gli imprenditori da noi intervistati credono nella possibilità di un ulteriore miglioramento della<br />

disponibilità di credito da parte del sistema bancario per il futuro: l’indice relativo alla disponibilità di<br />

credito per i prossimi 12 mesi è pari a 111, contro 104 dei 12 mesi trascorsi.<br />

9 Nostra elaborazione sui volumi dei crediti erogati alle società non finanziarie nell’aprile del 2007, estratti dalla matrice <strong>Banca</strong> d’Italia e<br />

suddivisi per settore di attività economica secondo la classificazione di <strong>Banca</strong> d’Italia.<br />

43


44<br />

La parola ai piccoli imprenditori: l’evoluzione della fiducia e il rapporto<br />

con il sistema fiscale e burocratico<br />

Analisi per prospettiva temporale<br />

Un ulteriore segnale positivo oltre al generale miglioramento del sentiment rispetto allo scorso anno,<br />

emerge dalla Figura 3 che mostra l’indice di fiducia suddiviso tra le domande relative ai trascorsi 12<br />

mesi ed ai 12 mesi futuri. Esaminando le risposte degli imprenditori sul prossimo anno emerge che<br />

su tutte le componenti della fiducia le aspettative sono improntate ad un diffuso ottimismo. A fronte<br />

di un indice pari a 91 sui passati 12 mesi, guardando al futuro i piccoli imprenditori si mostrano<br />

decisamente ottimisti e registrano un indice pari a 104. La fiducia nei 12 mesi futuri recupera 15 punti<br />

rispetto al valore registrato nel 2006, facendo crescere il differenziale rispetto ai 12 mesi passati (da +7<br />

a +13). Questo dato evidenzia che i nostri imprenditori continuano ad avere una maggiore fiducia nel<br />

futuro, indipendentemente dal leggero rallentamento della congiuntura economica nella prima parte<br />

di quest’anno. Lo scarto più evidente fra valutazione sul periodo trascorso e attese per i prossimi<br />

12 mesi si registra sui fattori legati allo scenario economico, come l’andamento dell’economia (+26)<br />

e del settore (+16). Anche i tempi di incasso (+17) e i ricavi (+14) presentano uno scarto elevato.<br />

Tuttavia il maggiore ottimismo nell’andamento futuro su queste variabili non sembra incentivare le<br />

scelte strategiche delle piccole imprese, che appaiono già abbastanza soddisfatte dei valori raggiunti<br />

da investimenti e occupazione.<br />

Figura 3<br />

Indice di fiducia<br />

delle piccole imprese<br />

italiane per arco<br />

temporale<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong> sulla fiducia<br />

Fiducia per classe dimensionale<br />

2004 2005 2006 2007<br />

87<br />

82<br />

84<br />

91<br />

100<br />

94 91<br />

Passati 12 mesi Futuri 12 mesi<br />

Il dato viene confermato dall’analisi dell’indice di fiducia delle piccole imprese per classe<br />

dimensionale, come evidenzia anche la Figura 4: la fiducia cresce al crescere della dimensione<br />

d’impresa.<br />

Le aziende con più di 2 addetti, che rappresentano il 25% del campione totale, manifestano un indice di<br />

fiducia pari a 106. Tale valore è superiore alla soglia di prevalenza delle opinioni positive e in leggero<br />

aumento rispetto al 2006.<br />

104


Capitolo 2<br />

Le aziende con 1-2 addetti, invece, dopo il progressivo calo dei tre anni precedenti, mostrano una<br />

decisa inversione di tendenza. Infatti, registrano un significativo recupero (+12 punti) rispetto al<br />

basso dato dello scorso anno (82), a dimostrazione del fatto che anche le piccole, dopo un anno di<br />

scarso dinamismo, hanno preso coscienza della inversione di tendenza che l’economia del nostro<br />

Paese ha avviato. Nonostante il recupero, l’indice si ferma a 94, un livello di fiducia ancora inferiore<br />

alla media (98).<br />

In parte il recupero di fiducia delle microimprese può essere spiegato dal fatto che negli ultimi anni<br />

l’accresciuta competitività dei mercati ha imposto alle aziende di superare gli ostacoli alla loro crescita<br />

dimensionale, che da anni frenano la competitività del nostro sistema produttivo. Tale processo ha<br />

prodotto una forte selezione naturale e l’espulsione dal sistema delle imprese più deboli.<br />

Le imprese più strutturate sono anche quelle che hanno più frequentemente rapporti con mercati<br />

esteri. Tale percentuale è invece inferiore al 10% per le microimprese con meno di 10 addetti. È un<br />

dato di fatto dunque che una maggiore consistenza dimensionale dia maggiori possibilità di reagire<br />

alle nuove sfide imposte dalla concorrenza internazionale ed una maggiore fiducia nel mercato e nelle<br />

proprie capacità.<br />

Entrando nel merito dei singoli fattori che compongono l’indice, si osserva che le imprese con più di<br />

2 addetti risultano più fiduciose su tutte le variabili considerate ed in particolare sull’andamento del<br />

proprio settore (99, +7 rispetto alla media). Ciò è in parte dovuto al fatto che le aziende più strutturate,<br />

sia come forma giuridica che come numero di addetti, sono prevalentemente concentrate nell’industria<br />

e in particolare nel manifatturiero, settore che negli ultimi anni ha attraversato un periodo di profonda<br />

selezione e ristrutturazione interna, dal quale sembra ora essere uscito. La migliore percezione del<br />

quadro congiunturale porta queste imprese a agire con maggiore convinzione <strong>sulle</strong> variabili da loro<br />

dipendenti. Infatti hanno una maggiore fiducia negli investimenti (123, +11), grazie anche ad una<br />

maggiore disponibilità di credito (116, +9), e creano maggiore occupazione (119, +11) rispetto alle<br />

imprese con 1-2 addetti.<br />

L’ultimo rapporto dell’Istituto Tagliacarne 10 indica che la quota di piccole imprese che si posizionano<br />

nella fascia alta della scala competitiva è in crescita nel 2007 rispetto al 2005 (32% contro 27%),<br />

confermando il rafforzamento della tendenza alla trasformazione ed alla crescita dimensionale di molte<br />

piccole imprese che era stata preannunciata nell’edizione del <strong>Rapporto</strong> UniCredit <strong>Banca</strong> del 2005.<br />

Questa tendenza testimonia che molte piccole imprese stanno imitando la politica di riposizionamento<br />

organizzativo e di mercato che una parte delle stesse ha intrapreso già da qualche anno, consentendo<br />

loro di diventare più competitive e capaci di rispondere alle sfide della globalizzazione.<br />

10 Istituto Guglielmo Tagliacarne, “<strong>Rapporto</strong> sulla piccola e media Impresa - Il dinamismo della ristrutturazione”, ottobre 2007.<br />

45


46<br />

La parola ai piccoli imprenditori: l’evoluzione della fiducia e il rapporto<br />

con il sistema fiscale e burocratico<br />

Figura 4<br />

Indice di fiducia<br />

per classe<br />

dimensionale<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong> sulla fiducia<br />

Analisi per fatturato<br />

2004 2005 2006 2007<br />

111<br />

95<br />

91<br />

83 80<br />

92 91 92<br />

88<br />

101<br />

95 95 93<br />

101<br />

95<br />

91<br />

116<br />

106 103<br />

99<br />

1 addetto 2 addetti 3 - 5 addetti 6 - 9 addetti 10 addetti e più<br />

La Figura 5 mostra l’andamento dell’indice di fiducia per classi di fatturato. Innanzitutto, la distribuzione<br />

delle imprese per classi di fatturato evidenzia un comune recupero di fiducia rispetto allo scorso anno<br />

(ad eccezione di quelle con fatturato superiore ai 3 milioni di euro). In particolare, le imprese con<br />

fatturato inferiore ai 250 mila euro hanno recuperato 16 punti rispetto allo scorso anno, passando da<br />

78 a 94. In tal modo hanno ridimensionato il gap (da -40 a -14 punti) rispetto alle aziende più grandi,<br />

cioè quelle con fatturato superiore ai 3 milioni di euro. Tuttavia resta una maggiore difficoltà della<br />

piccolissima azienda ad approfittare del miglioramento della congiuntura economica, alla quale fa<br />

da contraltare una maggiore vitalità dell’impresa medio piccola. Il grafico conferma ancora una volta<br />

una crescita del clima di fiducia delle piccole imprese al crescere della loro dimensione. Nondimeno,<br />

confrontando i dati delle indagini degli ultimi quattro anni emerge che anche le aziende posizionate<br />

in una fascia intermedia di fatturato (tra 251 mila euro e 1 milione di euro), che l’anno scorso hanno<br />

manifestato qualche difficoltà, hanno raggiunto un valore di fiducia di 105, a conferma dell’uscita<br />

definitiva da una difficile fase economica. Quelle più strutturate tra le piccole imprese (con un fatturato<br />

superiore al milione di euro) continuano a restare più o meno sugli stessi valori dello scorso anno,<br />

già positivi.<br />

Il maggiore ottimismo delle aziende con fatturato superiore a 250 mila euro sembra essere giustificato,<br />

a eccezione dell’andamento dell’economia in generale e dell’andamento dei ricavi, in uguale misura da<br />

tutte le variabili. Infatti, sono aziende più fiduciose nel proprio settore (+12 punti rispetto alla media) e<br />

riescono ad avere minori tensioni finanziarie legate ai tempi d’incasso (+14 punti rispetto alla media).<br />

Sembrano anche avere maggiore facilità di accesso al credito (+16 rispetto alla media), aspetto che<br />

si riflette in maniera positiva sia sull’andamento dell’occupazione (+14 punti rispetto alla media) che<br />

sugli investimenti (+16 rispetto alla media).


Figura 5<br />

Indice di fiducia<br />

delle piccole imprese<br />

italiane per classe<br />

di fatturato<br />

(dati in migliaia)<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong> sulla fiducia<br />

Analisi per settore industriale<br />

2004 2005 2006 2007<br />

118<br />

105 106 104 106 106 108<br />

104<br />

108<br />

94 94<br />

97 97<br />

92<br />

96<br />

92 92<br />

87<br />

90<br />

78<br />

< 250 250 - 500 500 - 1.000 1.000 - 3.000 > 3.000<br />

Capitolo 2<br />

La Figura 6 mostra l’evoluzione dell’indice di fiducia nel corso degli anni per settore industriale.<br />

L’analisi settoriale è quella che da sempre mostra i risultati più interessanti e che suggerisce l’esistenza<br />

di una forte correlazione tra l’evoluzione della fiducia e il contesto macroeconomico. Anche quest’anno,<br />

infatti, i settori che hanno prodotto i migliori risultati in base alle rilevazioni macroeconomiche sono gli<br />

stessi che presentano i valori di fiducia più elevati. Tuttavia, l’andamento del contesto macroeconomico<br />

spiega solo in parte le differenze tra i vari settori, in quanto i valori di fiducia sono espressione anche<br />

del diverso grado di diffusione delle microimprese all’interno degli stessi. Abbiamo infatti provato ad<br />

analizzare i valori di fiducia espressi da ciascun settore, distinguendo tra le aziende con 1-2 addetti<br />

e quelle con più di 2. Ebbene, i giudizi espressi dalle aziende con più di 2 addetti anche nei settori<br />

che complessivamente si mostrano meno fiduciosi, come il commercio ed i servizi, sono piuttosto<br />

ottimistici (rispettivamente 103 e 104). Passiamo ora all’analisi della fiducia dei singoli settori.<br />

La manifattura si conferma il settore più fiducioso con il giudizio più elevato in valore assoluto<br />

(105). Il settore registra una ulteriore crescita di 10 punti, dopo il recupero di 12 punti dello scorso<br />

anno, confermandosi su valori superiori alla media e portandosi quest’anno per la prima volta su<br />

un valore superiore a 100. Pertanto, si conferma il ruolo trainante dell’industria nel dare slancio alla<br />

ripresa dell’economia italiana e nel rivitalizzare il clima di fiducia del sistema, come testimonia anche<br />

l’importante contributo del settore sul valore aggiunto (30% circa del valore aggiunto totale), cresciuto<br />

grazie soprattutto alla ripresa delle esportazioni e dalla maggiore produttività del settore rispetto alla<br />

media (1,2% contro 0,3%).<br />

L’elemento che determina l’alto indice sintetico del settore manifatturiero è, oltre all’evoluzione del<br />

settore (+19 punti), l’andamento dei tempi di incasso (14 punti sopra la media). Si mantiene elevata la<br />

fiducia sull’andamento degli investimenti (113) e sull’occupazione (109).<br />

47


48<br />

La parola ai piccoli imprenditori: l’evoluzione della fiducia e il rapporto<br />

con il sistema fiscale e burocratico<br />

Dopo la brusca frenata del 2006, ritorna a crescere la fiducia delle imprese del settore delle<br />

costruzioni (+18 punti), anche se l’edilizia non risulta più essere trainante come la manifattura.<br />

Questo settore fa registrare il recupero di fiducia più significativo, passando da 81 a 99, collocandosi al<br />

di sopra della media degli altri settori e su valori superiori a quelli del 2005 e del 2006. Questo settore,<br />

caratterizzato da una forte prevalenza di microimprese, ha beneficiato della forte iniezione di fiducia<br />

proprio delle piccole imprese.<br />

Gli imprenditori del settore delle costruzioni segnalano dati superiori alla media su quasi tutte le variabili.<br />

In particolare, il recupero più forte si registra sull’andamento degli investimenti, dell’occupazione e dei<br />

tempi di incasso. La componente dei tempi d’incasso registra un indice di 111 (di 3 punti superiore alla<br />

media nazionale), il valore più elevato dopo quello espresso dalla manifattura (122).<br />

Tuttavia i risultati della nostra indagine appaiono in contrasto con le principali rilevazioni congiunturali<br />

del settore. L’ultimo Annuario CRESME 11 segnala addirittura per il settore una fase di stagnazione.<br />

Secondo Prometeia, ad eccezione della componente della manutenzione residenziale che continua a<br />

manifestare segnali di vitalità 12 , gli altri motori principali del settore registrano tutti dinamiche negative.<br />

L’inversione del ciclo dell’edilizia sembra essere collegata principalmente alle difficoltà del settore<br />

pubblico. Lo stesso rapporto rileva anche un calo dell’occupazione, interpretato come un indicatore<br />

chiaro della conclusione di un lungo ciclo espansivo del settore costruzioni, che è stato la locomotiva<br />

che ha trainato l’economia italiana in un periodo di grande difficoltà.<br />

I giudizi piuttosto positivi che quest’anno esprimono le piccole imprese di questo settore forse possono<br />

essere spiegati da una maggiore flessibilità dovuta alla loro piccola dimensione ed al fatto che le loro<br />

performance e le loro scelte in termini di investimento e occupazione beneficiano ancora di commesse<br />

già pianificate in passato. Si tratterà di verificare se l’anno prossimo cominceranno a riflettersi anche su<br />

di loro gli effetti della congiuntura economica negativa rilevata dagli studi sopra citati.<br />

La fiducia nel settore dei servizi scende per la prima volta sotto la media e registra il valore più<br />

basso (93).<br />

Nonostante il recupero di 4 punti, che lo vede salire a 93 da 89 del 2006, l’indice si colloca su un<br />

valore decisamente inferiore alla media degli altri settori, dopo che nelle precedenti rilevazioni si era<br />

mantenuto su livelli leggermente superiori.<br />

11 CRESME (Centro Ricerche Economiche e Sociali di Mercato per l’Edilizia e il Territorio”, annuario 2007.<br />

12 Prometeia, “<strong>Rapporto</strong> di previsione”, luglio 2007.


Capitolo 2<br />

Anche le rilevazioni Unioncamere 13 confermano il rallentamento del settore nella prima parte del 2007.<br />

Tra le imprese dei servizi prevalgono quelle che hanno registrato una diminuzione nell’andamento<br />

del volume d’affari e del proprio settore nel secondo trimestre del 2007, rispetto allo stesso periodo<br />

dell’anno precedente. I giudizi critici provengono dalle imprese con meno di 50 addetti, mentre tra<br />

quelle con più di 50 addetti prevalgono coloro che hanno registrato una crescita.<br />

Questo dato induce a fare delle riflessioni in un periodo in cui si assiste ad un costante fenomeno di<br />

terziarizzazione del sistema produttivo, come dimostrato da una parte dai tassi di crescita demografici<br />

delle imprese più elevati rispetto agli altri settori, e dall’altra dalla crescita del peso che questo settore<br />

ha in termini di occupazione. Il settore dei servizi presenta il gap più elevato (6 punti) rispetto alla<br />

media su investimenti, occupazione e tempi di incasso oltre che sulla disponibilità di credito. Nel<br />

capitolo 6 del presente rapporto viene messo in evidenza il ritardo di questo settore in termini di<br />

investimenti informatici se recuperato, potrebbe favorire la produttività e l’efficienza con positivi effetti<br />

in termini di fiducia.<br />

Il commercio, dopo due anni di tendenza al ribasso, manifesta quest’anno una inversione di tendenza.<br />

Il dettaglio recupera 14 punti (98 contro 84 del 2006) e riduce il gap rispetto alla media degli altri<br />

settori. L’ingrosso recupera 13 punti (99 contro 86 del 2006) e si riporta su valori positivi e superiori<br />

alla media.<br />

Disaggregando l’indice di fiducia delle due tipologie di commercio sui singoli componenti, il<br />

commercio al dettaglio presenta ancora degli scarti negativi di circa 10 punti su investimenti e<br />

disponibilità di credito, mentre presenta un vantaggio su tutte le variabili congiunturali considerate;<br />

in particolare godono di migliori tempi di incasso rispetto alle piccole imprese dell’ingrosso (110<br />

contro 97).<br />

Il commercio al dettaglio è il secondo settore, dopo le costruzioni, in termini di recupero rispetto ai<br />

valori registrati lo scorso anno. Inoltre presenta una minore propensione all’investimento rispetto<br />

all’ingrosso, confermata anche dall’ultimo <strong>Rapporto</strong> sulla finanza dei Piccoli Operatori Economici<br />

realizzata da Crif e Nomisma dalla quale emerge che solo un imprenditore su tre nel commercio al<br />

dettaglio ha investito nell’ultimo anno. Tale dato è in linea con quello dei servizi, ma molto al di<br />

sotto di quello dell’industria, dove più della metà dei piccoli imprenditori dichiara di aver effettuato<br />

investimenti.<br />

13 Unioncamere, “Indagine trimestrale sulla congiuntura dei servizi e del commercio”, agosto 2007.<br />

49


50<br />

La parola ai piccoli imprenditori: l’evoluzione della fiducia e il rapporto<br />

con il sistema fiscale e burocratico<br />

L’aspetto positivo è che il commercio al dettaglio ha registrato un ottimo recupero in termini di fiducia<br />

grazie al buon andamento delle vendite del 2007. Secondo le rilevazioni ISTAT 14 , nei primi sette mesi del<br />

2007 tutte le tipologie del commercio hanno segnato, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente,<br />

un aumento del valore delle vendite.<br />

Il commercio ingrosso recupera 13 punti sul 2006 portandosi da 86 a 99, un valore superiore alla<br />

media. Presenta una fiducia di un punto superiore al commercio al dettaglio e alla media degli altri<br />

settori. Le imprese dell’ingrosso presentano un vantaggio su investimenti e occupazione, mentre hanno<br />

uno scarto negativo su tutte le variabili congiunturali considerate; in particolare godono di peggiori<br />

tempi di incasso rispetto alle imprese più piccole (97 contro 110).<br />

I dati appena osservati sono assai interessanti. Da un lato perché il commercio è uno dei pochi<br />

settori in cui le grandi imprese prevedono tassi di crescita occupazionali positivi e superiori a quelli<br />

delle imprese di minori dimensioni 15 . Dall’altro lato perchè la crescita più rilevante osservata nelle<br />

piccole imprese riflette probabilmente i mutamenti strutturali in atto nel settore dove, grazie alla<br />

crescente diffusione dei centri commerciali, i piccoli esercizi di vendita non vengono più sostituiti<br />

dalla Grande Distribuzione, ma trovano nell’espansione di quest’ultima una nuova opportunità di<br />

sviluppo, ad esempio nella formula delle gallerie commerciali. Certamente ciò non riguarda tutte le<br />

tipologie merceologiche, ma solo quelle, prevalentemente non alimentari, che risultano maggiormente<br />

complementari alla Grande Distribuzione.<br />

Figura 6<br />

Indice di fiducia<br />

delle piccole imprese<br />

italiane per settore<br />

economico<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong> sulla fiducia<br />

2004 2005 2006 2007<br />

105<br />

93 95<br />

83<br />

103<br />

96 99 99 98<br />

94<br />

89<br />

90<br />

86<br />

81<br />

83 84<br />

Industria Costruzioni Commercio<br />

ingrosso<br />

14 Comunicato stampa ISTAT. “Indice del valore delle vendite del Commercio fisso al dettaglio”, luglio 2007.<br />

Commercio<br />

dettaglio<br />

94 95 93<br />

89<br />

Servizi<br />

alle aziende<br />

15 Unioncamere - Ministero del Lavoro, Sistema Informativo Excelsior, “Le Previsioni occupazionali e i fabbisogni professionali per il 2007”,<br />

settembre 2007.


Analisi per zona geografica<br />

Capitolo 2<br />

La scomposizione territoriale dell’indice di fiducia mostra distanze inferiori tra le quattro macroaree<br />

rispetto alle rilevazioni precedenti.<br />

Infatti, a fronte della stabilità del nord est, le altre aree registrano recuperi a due cifre rispetto ai valori<br />

del 2006.<br />

Il Nord Est aggiunge solo 1 punto al forte recupero di fiducia dello scorso anno, portandosi a 96 da 95.<br />

Il Nord Est, anche per la sua collocazione geografica e la forte dipendenza delle proprie performance dai<br />

rapporti con i mercati esteri, sembra aver risentito del rallentamento della congiuntura internazionale ed<br />

europea nella prima parte di quest’anno.<br />

La crescita della fiducia in quest’area ha rallentato rispetto al 2006, quando aveva registrato un recupero<br />

di ben 9 punti. Il rallentamento della crescita della fiducia trova conferma nell’andamento dell’economia<br />

di quest’area, che negli ultimi mesi ha cominciato a rallentare rispetto all’andamento medio del 2006.<br />

Quest’anno la fiducia nel Nord Est si colloca leggermente al di sotto della media nazionale. I fattori che<br />

contribuiscono a determinare questa leggera distanza dalla media sono gli investimenti (-6 punti) e<br />

l’andamento dei tempi di incasso (-2 punti).<br />

Il nord ovest recupera 11 punti in valore assoluto e sale a 98, in linea con la media nazionale.<br />

Quest’area ha recuperato fiducia su tutte le componenti considerate rispetto ai valori registrati<br />

lo scorso anno, in particolare più di 10 punti <strong>sulle</strong> performance aziendali e sugli investimenti e<br />

occupazione. Questi valori sono confermati dai dati congiunturali del 2006, quando l’economia<br />

dell’area ha registrato un incremento del PIL dell’1,6%.<br />

Anche il sud recupera 11 punti e sale a 96 da 85 del 2006, riducendo il gap rispetto alla media.<br />

Oltre alla elevata presenza di piccolissime imprese, il Sud è caratterizzato da un’economia fondata sul<br />

prevalere del commercio che, insieme alle costruzioni, ha registrato una inversione di tendenza positiva<br />

della fiducia. Le componenti che più deprimono l’indice complessivo di quest’area nel 2007 sono<br />

l’andamento dell’economia (-6) e l’andamento del settore (-3). Fra i fattori che distinguono positivamente<br />

il Sud rispetto al resto del Paese si conferma l’andamento degli investimenti (119 contro 112 a livello<br />

nazionale), sostenuto da una maggiore vivacità degli impieghi da parte del sistema bancario rispetto<br />

alle altre macroaree.<br />

Resta elevata e in linea con la media la fiducia nell’occupazione al Sud (107), anche se non più trainante<br />

rispetto alle altre macroaree. Questo rallentamento trova conferma nelle rilevazioni dell’indagine<br />

Excelsior, redatta da Unioncamere, secondo la quale la domanda attesa di lavoratori dipendenti al Sud<br />

per il 2007 crescerà ad un tasso più basso che in passato (+1,3% contro il +1,9% del 2006).<br />

51


52<br />

La parola ai piccoli imprenditori: l’evoluzione della fiducia e il rapporto<br />

con il sistema fiscale e burocratico<br />

Inoltre stenta a chiudersi il divario tra il Sud e le altre macroaree in termini di performance di mercato<br />

delle imprese. Infatti a fronte di un valore medio di fiducia di 103, quest’area registra sull’andamento<br />

dei ricavi un valore di 91, inferiore di 12 punti rispetto alla media degli altri settori. Secondo i risultati<br />

di un’indagine pubblicata di recente da Unioncamere 16 , i saldi fra andamenti positivi e negativi del<br />

giro d’affari delle imprese si attestano su valori elevati (14 punti percentuali) al Centro-Nord, mentre<br />

stentano a riprendere quota le aziende del Mezzogiorno: con un saldo pari ad appena 4 punti (sintesi<br />

di un 26% di aziende con incrementi del giro d’affari e un 22% che ha invece subito una flessione),<br />

non sembrano aver ancora beneficiato della congiuntura favorevole dei mercati. I dati relativi al primo<br />

trimestre 2007 indicano che il fatturato e la produzione dovrebbero subire un’ulteriore riduzione in<br />

termini tendenziali, pari rispettivamente a -1,9% e a -2,1%. Il gap con le altre aree appare evidente, se<br />

si tiene conto che nello stesso trimestre il giro d’affari è cresciuto del +1,9% per le imprese del Centro,<br />

del +2,1% al Nord-Ovest e addirittura del +3,4% nel Nord-Est.<br />

Segnale estremamente positivo, infine, proviene dal Centro: l’area più pessimista nella precedente<br />

rilevazione si posiziona come area più ottimista del 2007. Il Centro recupera ben 20 punti rispetto ai<br />

valori di fiducia registrati nel 2006, portandosi a 102 valore positivo e superiore alla media, grazie ad<br />

un vantaggio su tutti i fattori analizzati.<br />

Il sentiment delle imprese delle diverse aree geografiche è influenzato dall’andamento degli indicatori<br />

macroeconomici. L’aumento del PIL, pari al +2,0% a livello nazionale, presenta chiare differenze su<br />

scala territoriale: è il Centro a ottenere i risultati migliori, con uno sviluppo del PIL nel 2007 pari al<br />

2,2%, mentre al di sotto della media nazionale si trova solo l’1,7% del Mezzogiorno 17 .<br />

In particolare, oltre ad una maggiore fiducia sull’andamento del proprio settore (100 contro 92), i<br />

piccoli imprenditori del Centro sono più soddisfatti delle proprie performance aziendali (+5 punti) e<br />

della gestione della situazione finanziaria aziendale (+7 punti).<br />

Figura 7<br />

Indice di fiducia<br />

delle piccole imprese<br />

per zona geografica<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong> sulla fiducia<br />

16 Unioncamere - Prometeia, “Scenari di sviluppo delle economie locali italiane”, maggio 2007.<br />

17 Unioncamere - Prometeia, opera citata.<br />

92<br />

2004 2005 2006 2007<br />

91<br />

82<br />

102<br />

100<br />

86<br />

95<br />

96<br />

95<br />

98<br />

89 88 89<br />

87<br />

85<br />

Centro Nord-est Nord-ovest Sud<br />

96


Analisi per età del rispondente<br />

Capitolo 2<br />

La Figura 8 mostra i risultati dell’indice di fiducia disaggregati in base all’età dei rispondenti e conferma<br />

una forte correlazione fra tale variabile e la fiducia degli imprenditori. Segnali positivi vengono ancora<br />

una volta dai giovani (età inferiore ai 35 anni), che recuperano 12 punti e si portano su un valore di<br />

108, con prevalenza dei fiduciosi sugli sfiduciati. Un valore decisamente positivo in termini assoluti e<br />

superiore alla media. Anche gli imprenditori appartenenti alle altre classi di età recuperano fiducia, ma<br />

in misura inferiore, pertanto la distanza tra la fiducia espressa dai giovani con meno di 35 anni rispetto<br />

agli altri imprenditori aumenta da 8 a 10.<br />

Da un punto di vista dinamico, a fronte di un recupero di circa 10 punti di tutte le fasce di età, i giovani<br />

con meno di 35 anni sono seguiti dagli imprenditori in fascia di età 36-45, con un indice di fiducia pari<br />

a 103 in aumento rispetto a 89 dello scorso anno (+14 punti). La fiducia poi scende al crescere dell’età,<br />

fino ad arrivare a valori decisamente negativi nella fascia di età più elevata (oltre 55 anni). Questi risultati<br />

vengono confermati anche componendo la fiducia in base all’anzianità dell’esperienza imprenditoriale.<br />

In particolare chi ha cominciato a fare l’imprenditore da meno di 2 anni dichiara una fiducia di 110,<br />

mentre quelli che hanno un’esperienza imprenditoriale di almeno 15 anni si attestano ad un livello<br />

pari a 93. Questi ultimi costituiscono oltre la metà degli intervistati e condizionano fortemente l’indice<br />

complessivo.<br />

Tali dati confermano la criticità della scarsa presenza dei giovani nel nostro sistema economico. Il<br />

tema del ricambio generazionale sarà un tema cruciale per gli imprenditori 18 , entro i prossimi 10<br />

anni. La capacità delle imprese di agevolare il passaggio generazionale sarà condizione essenziale<br />

per la continuità competitiva delle imprese di oggi. Infatti, alcune analisi sul tema 19 sottolineano che<br />

un’imprenditoria con una scarsa presenza di giovani soffre da un lato di avversione alle innovazioni<br />

organizzative, dall’altro esprime un impellente bisogno di trasferimento delle conoscenze, competenze<br />

e know how accumulati, patrimonio alla base della competitività dell’azienda (ruolo della formazione<br />

manageriale/training). Il problema spesso non è costituito dal trasferimento della proprietà, ma dal<br />

trasferimento del controllo e dall’avversione al trasferimento di funzioni decisionali.<br />

Il livello di fiducia dei giovani, generalmente più elevato su tutti i fattori, conferma i risultati di tali studi,<br />

rilevando degli scostamenti particolarmente elevati sull’andamento degli investimenti (+16 punti di<br />

differenza), del proprio settore (+15 punti) e dei tempi di incasso (+14 punti).<br />

Sono gli imprenditori più prossimi a lasciare la loro attività a dimostrare meno fiducia (indice 90<br />

per gli imprenditori con più di 55 anni). Questi imprenditori soffrono in maniera più evidente per<br />

l’andamento dei tempi di incasso e del proprio settore.<br />

18 Secondo l’Osservatorio ASAM-PMI dell’Università Cattolica di Milano, nel 2003 il 52,7% degli imprenditori a capo di piccole e medie<br />

<strong>Imprese</strong> aveva più di 60 anni.<br />

19 Si veda ad esempio Giacomelli S. e Trento S. (2004) “Proprietà, controllo e trasferimenti nelle imprese italiane. Cosa è cambiato nel<br />

decennio 1993-2003?”, maggio 2004.<br />

53


54<br />

La parola ai piccoli imprenditori: l’evoluzione della fiducia e il rapporto<br />

con il sistema fiscale e burocratico<br />

Figura 8<br />

Indice di fiducia delle<br />

piccole imprese<br />

italiane per fasce di<br />

età dell’imprenditore<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong> sulla fiducia<br />

Analisi per forma giuridica<br />

2004 2005 2006 2007<br />

105 108<br />

99 96<br />

103<br />

94 93<br />

89 91<br />

83 86<br />

95<br />

< 35 ANNI 36 - 45 46 - 55 > 55 ANNI<br />

Le società di capitale fanno registrare un valore di fiducia di 103, superiore a quello rilevato lo scorso<br />

anno. Si confermano ancora una volta più ottimiste rispetto alle ditte individuali (95) ed alle società<br />

di persone (98). Questo dato è di buon auspicio se interpretato alla luce di un trend in atto nella<br />

struttura imprenditoriale del nostro Paese, che vede aumentare il peso percentuale delle società di<br />

capitali. L’analisi delle dinamiche demografiche per forma giuridica di Unioncamere evidenzia nell’arco<br />

temporale 2000-2006 l’accresciuta incidenza delle società di capitale sul totale delle imprese, pari<br />

a 4,3 punti percentuali (+38,7% in termini di nuove imprese), segnando così l’affermarsi di una<br />

organizzazione di impresa più complessa e “attrezzata” per competere 20 . Perdono invece di peso in<br />

percentuale, pur in presenza di un incremento positivo in valori assoluti, sia le società di persone<br />

(-0,5%), sia le ditte individuali (3,8 punti percentuali in meno sul totale). Questo trend è proseguito in<br />

maniera accentuata anche nel corso del 2007. Pertanto, il processo di ricomposizione all’interno del<br />

nostro sistema produttivo è ancora in corso, ma in ottica prospettica lascia ben sperare poichè aumenta<br />

sempre più tra le nuove imprese la quota di quelle più strutturate.<br />

Analisi tra clienti UniCredit <strong>Banca</strong> e non clienti<br />

L’indice di fiducia dei clienti UniCredit <strong>Banca</strong> si conferma superiore alla media (vedi Figura 9).<br />

I clienti UniCredit <strong>Banca</strong> registrano un indice di fiducia pari a 101, di 3 punti superiore a quello del<br />

campione rappresentativo del Paese e di 11 punti superiore al valore espresso dai non clienti (90). In<br />

parte la differenza è spiegata dalla maggiore presenza in UniCredit <strong>Banca</strong> di imprese mediamente più<br />

strutturate rispetto alla media italiana che, come più volte sottolineato, sono quelle più fiduciose.<br />

20 Tale passaggio è stato anche facilitato dalle recenti novità legislative che hanno introdotto la limitazione di responsabilità per le SRL con<br />

socio unico.<br />

84<br />

75<br />

80<br />

86


Capitolo 2<br />

I principali fattori che influenzano l’indice complessivo dei clienti UniCredit <strong>Banca</strong> sono innanzitutto<br />

una maggiore fiducia nel proprio settore (+17 punti, dovuta ad una presenza superiore nei settori ad<br />

alta fiducia, quali la manifattura e le costruzioni). Tale fiducia si riflette in una maggiore propensione<br />

all’investimento (l’indice è 116 contro il 103 dei non clienti), connessa alla disponibilità di credito, che<br />

fa segnare un indice di fiducia di 111 dei clienti UniCredit <strong>Banca</strong>, e un indice di 101 dei non clienti.<br />

UniCredit <strong>Banca</strong>, oltre ad aver aumentato i finanziamenti erogati ai piccoli imprenditori con tassi di<br />

incremento costantemente superiori rispetto a quelli del sistema, negli ultimi anni ha concentrato i<br />

propri sforzi per indirizzare i propri clienti verso un utilizzo più consapevole del credito.<br />

Figura 9<br />

Indice di fiducia<br />

dei clienti UniCredit<br />

<strong>Banca</strong> vs campione<br />

rappresentativo<br />

dei non clienti<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong> sulla fiducia<br />

2004 2005 2006 2007<br />

101<br />

93<br />

89<br />

101<br />

Clienti UniCredit <strong>Banca</strong> Non Clienti<br />

L’appendice a questo capitolo riporta il dettaglio quest’anno dedicato a 70 province italiane di particolare<br />

interesse per UniCredit <strong>Banca</strong>, o perché si tratta di province di significativo peso economico o per la<br />

presenza storica della nostra <strong>Banca</strong>.<br />

2.3 Il rapporto con le banche<br />

Come nelle precedenti edizioni del <strong>Rapporto</strong> UniCredit <strong>Banca</strong> <strong>sulle</strong> <strong>Piccole</strong> <strong>Imprese</strong>, in appendice<br />

all’indagine sulla fiducia, abbiamo somministrato agli imprenditori alcune domande sul rapporto tra<br />

banca-impresa, con lo scopo di monitorare l’evoluzione dei loro giudizi sui servizi bancari, anche alla<br />

luce di alcune recenti innovazioni legislative che hanno provocato importanti modifiche nel settore.<br />

In particolare, quest’anno abbiamo investigato i temi della qualità del servizio delle banche e della<br />

concessione del credito.<br />

93<br />

87<br />

86<br />

90<br />

55


56<br />

La parola ai piccoli imprenditori: l’evoluzione della fiducia e il rapporto<br />

con il sistema fiscale e burocratico<br />

Le risposte a queste domande sono state raggruppate in 3 scaglioni 21 . Come evidenziato dalla Figura 10,<br />

si conferma il trend di aumento delle percentuali dei clienti soddisfatti della qualità dei servizi offerti dalle<br />

banche. Più di un terzo degli imprenditori intervistati si ritiene ampiamente soddisfatto. La percentuale<br />

dei soddisfatti è salita dal 33% dello scorso anno al 35%. Continua ad aumentare il numero dei clienti<br />

piccole imprese che percepisce l’impegno delle banche volto a migliorare la qualità dei propri servizi.<br />

Disaggregando il dato medio dei soddisfatti per area geografica emergono differenze significative.<br />

Infatti si passa da una percentuale del 32% del Centro al 38% del Nord Est, un’area caratterizzata da<br />

una forte concentrazione di sportelli bancari che alimenta la concorrenza tra i vari istituti di credito.<br />

L’anzianità dell’azienda si conferma una variabile discriminante: le aziende costituite da meno di 4<br />

anni si ritengono soddisfatte nel 43% dei casi dai servizi offerti dalle banche, ma questa percentuale<br />

scende progressivamente all’aumentare dell’anzianità dell’azienda.<br />

Infine, a fronte di un giudizio stabile per le microimprese rispetto allo scorso anno, la percentuale<br />

di imprese soddisfatte tra quelle con fatturato superiore a 250 mila euro o con più di due addetti<br />

sale al 39% dal 33% del 2006, dimostrando una maggiore capacità delle banche di rispondere alle<br />

aspettative delle imprese più strutturate. Molto sopra la media (44%) il giudizio positivo espresso<br />

dagli imprenditori giovani (meno di 35 anni).<br />

Le imprese intervistate sembrano aver beneficiato della diminuzione di alcuni costi fissi bancari. Una<br />

rilevazione Eurostat mostra da gennaio a oggi un’inversione di tendenza in Italia, dove per la prima volta<br />

si registra una discesa del livello dei costi di gestione dei conti correnti, in controtendenza rispetto alla<br />

media europea (+1,3% l’ultimo mese) 22 . Inoltre appare ormai generalizzata la consapevolezza presso<br />

i consumatori dell’eliminazione delle spese fisse di estinzione dei conti correnti bancari: il 14% dei<br />

titolari di conto corrente dichiara di aver già usufruito della possibilità di trasferire o chiudere il proprio<br />

conto senza sostenere alcuna spesa. Questa possibilità aumenta la mobilità dei clienti da una banca<br />

all’altra e stimola le banche a migliorare la qualità del servizio offerto 23 .<br />

Il miglioramento del giudizio espresso nei confronti delle banche è confermato anche da un recente<br />

studio 24 secondo il quale la fiducia nei confronti delle istituzioni bancarie sarebbe salita nell’ultimo anno.<br />

Secondo questa indagine, il giudizio espresso sul mondo bancario è migliorato di 6 punti rispetto al 2006,<br />

variazione che, seppur su valori piuttosto bassi (20,5%), segnala un’inversione di tendenza.<br />

21 Il primo sottoinsieme, costituito dai “soddisfatti”, è dato dalla somma di coloro che rispondono “molto” e “abbastanza” alle domande.<br />

Il secondo gruppo, degli “insoddisfatti”, è costituito da coloro che rispondono “poco” e “per niente” alle domande. Infine, il terzo gruppo,<br />

quello degli ininfluenti, si colloca al centro ed è costituito da tutti gli imprenditori i cui giudizi non influiscono né in misura negativa né in<br />

misura positiva sul componente analizzato.<br />

22 www.Governo.it, “Dossier liberalizzazioni”, ottobre 2007.<br />

23 Indagine IPI-SWG sul grado di informazione dei consumatori sui provvedimenti di liberalizzazione, ricerca condotta nell’ambito di un<br />

progetto di collaborazione fra il Ministero dello Sviluppo Economico - Direzione Generale per l’Armonizzazione del Mercato e Tutela dei<br />

Consumatori (DGAMTC) e l’I.P.I. - Istituto per la Promozione Industriale, luglio 2007.<br />

24 Fondazione Nord Est, “L’Italia delle imprese”, giugno 2007.


Figura 10<br />

Come valuta<br />

i servizi offerti oggi<br />

dalle banche?<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong> sulla fiducia<br />

1,3%<br />

2,1%<br />

2,1%<br />

27,4%<br />

24,6%<br />

35,5%<br />

33,2%<br />

32,6%<br />

35,8%<br />

40,1%<br />

30,6%<br />

34,7%<br />

2005 2006 2007<br />

Molto + abbastanza buoni<br />

Capitolo 2<br />

Normali<br />

Molto + abbastanza scarsi<br />

Non indica<br />

Nella Figura 11 sono riportate le valutazioni degli imprenditori sull’iter che è necessario seguire per<br />

ottenere il credito dalle banche. La percentuale di coloro che ritengono che l’iter da seguire sia semplice<br />

è calata dal 37% dello scorso anno al 21%. Sale leggermente tra le aziende con fatturato inferiore a<br />

250 mila euro, mentre tra le aziende con fatturato superiore a 1 milione di euro la percentuale scende<br />

drasticamente al 10%.<br />

Salgono al 24% coloro che trovano semplice l’iter per ottenere la linea di credito tra le ditte individuali<br />

e le imprese con meno di 2 anni di anzianità. Questo trova una spiegazione nei sistemi di scoring, che<br />

recentemente hanno permesso di automatizzare maggiormente il processo di valutazione del merito<br />

creditizio delle piccole imprese da parte delle banche.<br />

Tra le società di capitale, le imprese con fatturato superiore a 250 mila euro e quelle con più di 2 anni<br />

di anzianità la percentuale scende fino a 15. Il giudizio più critico delle aziende più strutturate nei<br />

confronti dell’iter procedurale è in contrasto rispetto all’accoglimento delle richieste di finanziamento,<br />

che aumenta al crescere del fatturato dell’azienda richiedente, come conferma anche un recente studio<br />

di Crif in collaborazione con l’Università Cattolica 25 .<br />

Questo peggioramento significativo dei giudizi espressi sull’adeguatezza dell’iter da seguire per<br />

ottenere credito potrebbe essere collegato alla necessità da parte delle banche di avviare i meccanismi<br />

derivanti dall’introduzione di Basilea 2. La nuova normativa innova in maniera sostanziale il processo<br />

di valutazione del merito creditizio, migliorando la trasparenza delle informazioni necessarie alla<br />

valutazione. Questa novità potrebbe aver causato, almeno in questa prima fase, qualche disagio alle<br />

aziende che si devono adeguare al nuovo processo.<br />

25 Università Cattolica del Sacro Cuore - Crif, “La relazione fra banche e piccole imprese”, ottobre 2007.<br />

57


58<br />

La parola ai piccoli imprenditori: l’evoluzione della fiducia e il rapporto<br />

con il sistema fiscale e burocratico<br />

Resta comunque ancora tanta la strada da fare sul versante della riduzione dei tempi di risposta alle<br />

richieste di finanziamento delle imprese, visto che un imprenditore su due giudica ancora inadeguato<br />

l’iter procedurale da seguire per ottenere un finanziamento dalle banche.<br />

Figura 11<br />

Come valuta l’iter<br />

procedurale che è<br />

necessario seguire per<br />

ottenere una linea di<br />

credito oggi in Italia?<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong> sulla fiducia<br />

5,1%<br />

7,3%<br />

5,0%<br />

20,7%<br />

25,8%<br />

27,0%<br />

28,8%<br />

23,7%<br />

26,3%<br />

37,6%<br />

2005 2006 2007<br />

47,2%<br />

45,5%<br />

Molto + abbastanza buoni<br />

Normali<br />

Molto + abbastanza<br />

complesso<br />

Non indica<br />

Per quel che riguarda la consulenza, sale quest’anno a 27% (dal 23% dell’anno scorso) la percentuale<br />

di coloro che ritengono buona la capacità delle banche di sostenere nelle aziende la struttura finanziaria<br />

più adeguata ai progetti futuri (vedi Figura 12). A differenza che nella precedente rilevazione, sono<br />

le imprese in fase di avvio (meno di 4 anni di anzianità) a dare un giudizio superiore alla media su<br />

questo tema (più del 30% degli intervistati), forse perché le banche hanno saputo accogliere le istanze<br />

manifestate da queste aziende. Inoltre le ditte individuali e con fatturato inferiore a 250 mila euro danno<br />

un giudizio positivo nel 30% dei casi, mentre le società di capitale solo nel 23%.<br />

Figura 12<br />

Come valuta la capacità<br />

delle banche italiane<br />

di offrirle consulenza<br />

per definire la struttura<br />

finanziaria più adeguata<br />

in funzione dei suoi progetti<br />

di sviluppo futuri?<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong> sulla fiducia<br />

9,7%<br />

11,2%<br />

8,4%<br />

26,6%<br />

23,0%<br />

28,7%<br />

35,7%<br />

40,1%<br />

30,0%<br />

28,0%<br />

25,7%<br />

32,9%<br />

2005 2006 2007<br />

Molto + Abbastanza buona<br />

Normale<br />

Molto + Abbastanza scarsa<br />

Non indica


Capitolo 2<br />

Come mostrato dalla Figura 13, sale dal 12% al 18% la percentuale di coloro che esprimono un<br />

giudizio positivo sulla capacità delle banche di valutare le prospettive future dell’impresa. Inoltre, sale<br />

al 57%, dal 51% dello scorso anno, il peso dei piccoli imprenditori che non segnala criticità nella<br />

capacità delle banche di valutare la struttura finanziaria più adeguata in funzione dei loro sviluppi<br />

futuri. Tale percentuale sale ulteriormente (62%) nell’industria e nelle aziende con più di due addetti.<br />

Infine, anche su questo fattore si conferma come elemento discriminante la dimensione: c’è una<br />

distanza di 6 punti tra le aziende con meno di 250 mila euro di fatturato (20%) e le aziende con un<br />

fatturato superiore (13%).<br />

Figura 13<br />

Come valuta la capacità<br />

delle banche italiane di<br />

valutare, all’interno del<br />

processo di valutazione del<br />

merito creditizio, oltre che<br />

la sua attuale situazione<br />

patrimoniale anche le<br />

prospettive future della sua<br />

attività?<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong> sulla fiducia<br />

11,8%<br />

10,2%<br />

11,0%<br />

18,5%<br />

20,8%<br />

19,4%<br />

38,8%<br />

39,6%<br />

32,4%<br />

32,5%<br />

29,2%<br />

35,8%<br />

2005 2006 2007<br />

Molto + Abbastanza buona<br />

Normale<br />

Molto + Abbastanza scarsa<br />

Non indica<br />

I risultati della sezione dedicata al rapporto con le banche confermano che il sistema bancario ha<br />

intrapreso la strada giusta, anche se gli sforzi da fare sono ancora tanti.<br />

Nel complesso la qualità dei servizi in generale riceve il maggior numero di giudizi positivi (35%) tra<br />

i fattori dell’offerta bancaria analizzati, mentre la percentuale di giudizi positivi più bassa si registra<br />

sulla complessità dell’iter burocratico necessario per ottenere credito e sulla capacità delle banche<br />

di valutare, oltre alla situazione patrimoniale attuale, le prospettive future delle aziende (20% circa).<br />

Il maggior grado di soddisfazione sui servizi in generale rispetto ai temi più propriamente legati al<br />

credito, lasciano presumere che, da una parte, sono stati percepiti i grandi sforzi fatti dalle banche<br />

per ridurre i costi fissi di alcuni servizi (di cui hanno beneficiato in particolare le microimprese) e per<br />

semplificare la gestione dell’area incassi e pagamenti attraverso una maggiore diffusione dei sistemi<br />

di remote e internet banking, dall’altra il maggior numero di giudizi severi sull’area del credito può in<br />

parte essere correlato al maggiore livello di aspettative delle imprese.<br />

59


60<br />

La parola ai piccoli imprenditori: l’evoluzione della fiducia e il rapporto<br />

con il sistema fiscale e burocratico<br />

I problemi sul credito non sembrano legati alla quantità di credito disponibile, come testimoniano da<br />

una parte l’elevata fiducia su questo componente e dall’altra i tassi a due cifre con cui continuano a<br />

crescere i crediti erogati dal sistema bancario alle imprese. L’attesa principale è di ricevere credito in<br />

tempi rapidi e con procedure più semplici e che non si limitino a considerare i dati patrimoniali ma<br />

valutino anche le prospettive future delle loro aziende.<br />

2.4 Gli adempimenti fiscali e amministrativi: la parola<br />

alle piccole imprese<br />

Nelle precedenti sezioni si è delineato il quadro della fiducia delle piccole imprese e dei loro rapporti<br />

con il sistema bancario. Come nelle passate edizioni del <strong>Rapporto</strong>, si vuole fornire nella presente<br />

sezione un approfondimento su un tema specifico. Il tema di questa edizione è il rapporto delle micro<br />

e piccole imprese con il sistema fiscale e la burocrazia.<br />

A tal fine è stato somministrato un questionario a 2.062 clienti di UniCredit <strong>Banca</strong>. Nel 90% dei casi<br />

ha risposto alle domande l’imprenditore, nei restanti casi il responsabile finanziario dell’impresa.<br />

La maggior parte delle imprese intervistate opera nel settore dei servizi, escluso il commercio (43% del<br />

campione). Le imprese operanti nel settore del commercio al dettaglio ed all’ingrosso sono 793 (37%<br />

dell’intero campione). In particolare, le imprese operanti nel commercio al dettaglio costituiscono il<br />

26% dell’intero campione. Infine, il 12% dell’imprese intervistate opera nel settore edile, mentre il 9%<br />

del campione appartiene al settore dell’industria in senso stretto.<br />

Il settore del commercio risulta sovra-rappresentato rispetto alla popolazione di riferimento (+7%),<br />

tranne nell’area del Sud e delle Isole (-19%), essendo il mondo dei piccoli imprenditori commerciali<br />

l’oggetto del presente <strong>Rapporto</strong> 26 .<br />

Gli altri settori sono invece lievemente sotto-rappresentati rispetto alla popolazione di riferimento,<br />

specie l’industria in senso stretto (-4%).<br />

Le interviste sono state effettuate sull’intero territorio nazionale, sebbene le aree del Nord-Ovest e del<br />

Nord-Est siano sovra-rappresentate rispetto alla popolazione di riferimento (rispettivamente +8% e<br />

+19%).<br />

26 Per popolazione di riferimento si intende l’insieme delle imprese, suddivise per settore di attività e area territoriale, misurate dal Sistema<br />

di indicatori territoriali dell’ISTAT (rilevazione del 2003).


Capitolo 2<br />

La forma giuridica maggiormente riscontrata nel campione è la ditta individuale (34%), che risulta<br />

ancor più diffusa tra le imprese intervistate nel settore del commercio (43%) 27 . Viceversa, nel settore<br />

dell’edilizia e soprattutto in quello dell’industria in senso stretto sono prevalenti le società di capitali<br />

(rispettivamente 37% e 54%). Le società di persone si registrano invece principalmente nel settore dei<br />

servizi escluso il commercio (33%).<br />

Il 32% delle imprese intervistate ha tra i 3 ed i 5 addetti, mentre sono meno rappresentate le imprese<br />

con un numero di addetti compreso tra 6 e 9 (14%). Le imprese con 10 o più addetti, meno diffuse<br />

nel commercio (8%), sono prevalenti nel settore delle costruzioni e soprattutto dell’industria in senso<br />

stretto (rispettivamente 30% e 43%).<br />

Come anticipato all’inizio della sezione, oggetto generale di indagine è il rapporto delle micro e piccole<br />

imprese con il sistema fiscale e la burocrazia. Nello specifico, sono state poste domande riguardo a:<br />

la conoscenza del sistema fiscale;<br />

l’impatto degli adempimenti fiscali e amministrativi sull’attività dell’impresa;<br />

la pressione fiscale, l’evasione e la qualità dei servizi resi dalla pubblica amministrazione;<br />

gli interventi da attuare sul sistema fiscale a amministrativo. Nelle sezioni seguenti si esamineranno<br />

nel dettaglio i risultati ottenuti.<br />

La conoscenza del sistema fiscale<br />

Il primo aspetto approfondito è quello della conoscenza del sistema fiscale italiano. Dalle interviste<br />

emerge che tale conoscenza è solo parzialmente diffusa tra le piccole imprese. Infatti, il 46% degli<br />

intervistati ritiene di conoscere in parte il sistema fiscale italiano, mentre un altro 33,5% ritiene di<br />

conoscerlo abbastanza. Il 14% afferma invece di non conoscerlo per niente. Gli intervistati appartenenti<br />

all’industria in senso stretto si rivelano più sicuri: solo l’11% dichiara di non conoscere affatto il<br />

sistema fiscale italiano.<br />

La non completa informazione in tema di fiscalità è confermata anche dalle risposte sulla tipologia ed<br />

incidenza delle imposte cui è soggetto il reddito d’impresa: sebbene il 36% degli intervistati dichiari<br />

una conoscenza abbastanza precisa, solo il 14% afferma di conoscere con molta precisione tali dati,<br />

e tra le imprese del commercio la quota scende all’11%. Gli imprenditori del settore dell’industria in<br />

senso stretto si mostrano più cauti: il 35% dichiara una conoscenza parziale, anche se solo il 13%<br />

ammette di non sapere nulla su questo aspetto. Al contrario, la maggioranza degli intervistati del<br />

settore dei servizi escluso il commercio ritiene di conoscere con molta (16%) o abbastanza (38%)<br />

precisione a quali imposte e in quale misura è soggetto il reddito della propria impresa.<br />

27 Come evidenziato nella sezione 4 del capitolo 4, la ditta individuale è la forma giuridica più diffusa tra le imprese operanti nel settore<br />

commercio (65% per l’ingrosso, 78% per il dettaglio).<br />

61


62<br />

La parola ai piccoli imprenditori: l’evoluzione della fiducia e il rapporto<br />

con il sistema fiscale e burocratico<br />

Le imprese intervistate mostrano qualche segno di difficoltà anche per quanto riguarda la quantificazione<br />

dell’incidenza della tassazione sugli investimenti: il 37% degli intervistati ritiene di non essere in grado di<br />

prevedere in modo preciso quale quota del rendimento di un investimento spetti al Fisco, mentre solo il<br />

12% afferma di essere assolutamente in grado di effettuare tale previsione.<br />

Infine, solo il 28,5% degli intervistati è in grado di indicare l’imposta per la quale il pagamento è<br />

maggiormente oneroso in termini di tempo. Tale quota scende al 25% per gli imprenditori del commercio,<br />

mentre sale al 31% per gli intervistati operanti nel settore dei servizi escluso il commercio.<br />

Nel complesso, emergono dunque alcune difficoltà sia per quanto riguarda la conoscenza dei<br />

meccanismi generali del sistema fiscale, sia per quanto riguarda le imposte e le tasse più propriamente<br />

legate all’attività imprenditoriale.<br />

L’impatto degli adempimenti fiscali ed amministrativi sulla piccola<br />

impresa<br />

Come evidenziato da un’indagine dell’ISTAT, condotta su un campione di imprese avviate nel 2002 e<br />

ancora viventi dopo 3 anni, gli oneri amministrativi e fiscali rappresentano la principale criticità per le<br />

micro e piccole imprese 28 .<br />

I risultati della nostra indagine lo confermano: il 96% delle imprese intervistate si avvale della<br />

consulenza di un professionista per adempimenti fiscali ed amministrativi e tale percentuale sale per<br />

gli operatori del commercio (99%). Viceversa gli intervistati appartenenti al settore dei servizi escluso<br />

il commercio ricorrono ad un consulente nel 92% dei casi.<br />

Altri dati che testimoniano tale fenomeno sono forniti da Unioncamere, la cui indagine condotta su<br />

2.400 imprese con una dimensione aziendale tra 1 e 500 addetti evidenzia come circa il 46% dei costi<br />

per gli adempimenti amministrativi siano esterni all’impresa 29 .<br />

Un’ulteriore conferma proviene dalla Fondazione PromoPA, che ha intervistato 1.255 imprese con<br />

meno di 50 addetti escluse le ditte individuali. Da questa indagine risultano valori decisamente<br />

inferiori a quelli da noi riscontrati: solo il 74% degli intervistati (70% nel settore del commercio)<br />

chiede l’aiuto di un consulente esterno per gli adempimenti burocratici 30 .<br />

28 ISTAT, “Le nuove attività imprenditoriali”. In particolare, il 52% degli imprenditori dichiara che gli oneri fiscali sono un forte ostacolo<br />

per lo sviluppo dell’attività, mentre il 23% pone l’accento sugli adempimenti amministrativi quale principale difficoltà nell’avvio<br />

dell’impresa.<br />

29 Unioncamere, “<strong>Rapporto</strong> Unioncamere 2007”, sezione IV, capitolo 9, Roma, (2007).<br />

30 Fondazione PromoPA, “<strong>Rapporto</strong> annuale sulla soddisfazione delle piccole e micro imprese nei confronti della Pubblica Amministrazione”,<br />

(2007).


Capitolo 2<br />

Tale differenza potrebbe essere spiegata con il diverso campione considerato: le ditte individuali da<br />

noi intervistate sono infatti più di un terzo del totale, mentre quelle con meno di 10 addetti sono meno<br />

del 10%.<br />

Per quanto riguarda il tempo dedicato agli adempimenti fiscali ed amministrativi e considerando<br />

coloro che si avvalgono della consulenza di un professionista, il 36% vi impiega almeno un giorno<br />

lavorativo a settimana. Tale quota sale al 40% per le imprese dell’industria in senso stretto e al 45%<br />

nel caso di imprese del settore edile.<br />

Il 24% degli intervistati dichiara di impiegare almeno mezza giornata lavorativa a settimana. Tale quota<br />

sale al 29% per le imprese dell’industria in senso stretto e al 43% per le imprese commerciali.<br />

Questi dati sono confermati anche da altre indagini. In particolare, la rilevazione della Fondazione<br />

PromoPA, precedentemente citata, segnala una media di 24 giornate-uomo all’anno dedicate agli<br />

adempimenti burocratici, cioè circa mezza giornata a settimana. Tale quota sale a 28 giornate-uomo<br />

per il settore del commercio.<br />

Inoltre, secondo un’indagine Censis-Confcommercio, basata su dati della <strong>Banca</strong> Mondiale, il titolare<br />

di un’impresa italiana perde complessivamente 360 ore all’anno (203 ore la media OCSE) per pagare<br />

imposte e contributi, impiegando il triplo di ore che in Germania, Inghilterra e Francia, anche se meno<br />

che in Spagna 31 .<br />

È interessante notare come, secondo la nostra indagine, siano le imprese con più addetti ad impiegare<br />

un maggior numero di ore per gli adempimenti amministrativi e fiscali, in aggiunta al servizio fornito da<br />

un consulente esterno. Infatti, solo il 52% delle imprese con 1 o 2 addetti (pari al 35% del campione)<br />

vi dedica fino ad una giornata a settimana, mentre tra le imprese con 6 o più addetti (pari al 32% del<br />

campione) tale quota sale al 66%.<br />

Ciononostante, il 61,5% delle imprese intervistate non ritiene necessario alcun intervento in azienda<br />

per rendere più efficiente l’attività collegata agli adempimenti fiscali ed amministrativi. Solo il 22%<br />

invece ritiene che sarebbe opportuno assumere una persona a tempo pieno dedicata.<br />

Al di là del dispendio di tempo, la nostra indagine ha cercato di approfondire quali sono, secondo le<br />

piccole imprese, gli aspetti più critici legati agli adempimenti amministrativi e fiscali.<br />

Come riportato nella Tabella 1, l’aspetto che crea alle piccole imprese i maggiori disagi è la poca coerenza<br />

e stabilità delle norme in materia fiscale ed amministrativa (segnalato dal 37,1%, degli intervistati).<br />

Questo dato evidenzia l’insofferenza dei piccoli imprenditori di fronte all’elevato numero di norme a<br />

cui sono soggetti, norme spesso poco coerenti tra di loro e sottoposte a frequenti modifiche, essendo<br />

questi tutti aspetti che complicano la gestione d’impresa.<br />

31 Confcommercio-Censis, “L’impresa di fare impresa”, Roma, (2006).<br />

63


64<br />

La parola ai piccoli imprenditori: l’evoluzione della fiducia e il rapporto<br />

con il sistema fiscale e burocratico<br />

Tale percezione è confermata da un calcolo del CNEL: per ciascuna impresa vengono prodotti in media<br />

ogni anno 601 atti da conoscere e rispettare, di cui il 4,5% di provenienza comunitaria, l’83,9% di<br />

provenienza nazionale e il 6,3% di provenienza regionale 32 . Questo quadro contrasta notevolmente con<br />

quanto auspicato dalla Commissione Europea, che ha presentato nel 2006 una proposta finalizzata a<br />

ridurre del 25% gli oneri amministrativi per le imprese entro il 2012 33 .<br />

Due ulteriori ostacoli alla gestione d’impresa riguardano la scarsa organizzazione e collaborazione<br />

tra i vari uffici amministrativi (25,1% delle imprese intervistate) e gli eccessivi tempi di attesa per<br />

l’espletamento delle pratiche (21,9% delle imprese intervistate).<br />

Tali aspetti sono evidenziati anche nell’indagine della Fondazione PromoPA già citata. Più precisamente,<br />

secondo il 50% degli intervistati esiste un ampio scarto tra il grado di importanza attribuito ed il<br />

grado di soddisfazione percepito sia per l’organizzazione e la collaborazione tra uffici che per tempi di<br />

attesa. L’unico aspetto su cui l’indagine della Fondazione PromoPA registra una criticità maggiore è la<br />

semplicità dell’iter burocratico.<br />

Anche il <strong>Rapporto</strong> di Unioncamere sopra citato segnala la mancata tempestività di espletamento delle<br />

pratiche quale aspetto critico sulla qualità percepita dalle imprese intervistate per quanto concerne i<br />

servizi forniti dalla Pubblica Amministrazione nel corso del 2006.<br />

Infine, secondo l’indagine Censis-Confcommercio già citata, il 32% degli imprenditori denuncia un<br />

rapporto critico con la Pubblica Amministrazione. Il principale fattore di difficoltà sembra essere la<br />

lunghezza delle procedure burocratiche e dei passaggi che una pratica effettua da un ufficio all’altro<br />

della medesima amministrazione (44,3% degli intervistati). Inoltre, secondo il 28,3% degli intervistati<br />

traspare dai front desk delle amministrazioni pubbliche locali e centrali un senso di generale inefficienza<br />

organizzativa e gestionale.<br />

Tra le cause di minore disagio per le imprese da noi intervistate si segnalano l’insufficiente diffusione<br />

dei servizi telematici nella Pubblica Amministrazione (9,4%) e l’inadeguatezza degli orari e dei giorni<br />

di apertura al pubblico (6,5%).<br />

Analoghi risultati emergono dal <strong>Rapporto</strong> della Fondazione PromoPA sopra citato: solo il 38% ed il<br />

43% degli intervistati segnala un forte scarto tra grado di importanza attribuito e grado di soddisfazione<br />

percepito rispettivamente per l’informatizzazione della Pubblica Amministrazione e per le modalità di<br />

apertura degli uffici pubblici.<br />

32 CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro), “Competitività delle piccole e medie imprese: ostacoli legislativi e burocratici<br />

allo sviluppo e ostacoli all’internazionalizzazione”, Roma, (2007).<br />

33 Commissione Europea, documento IP/06/1562, 14 novembre 2006.


Capitolo 2<br />

Per quanto attiene al primo aspetto, a livello legislativo sono già da tempo stati fissati i modi ed i tempi<br />

dell’informatizzazione della Pubblica Amministrazione. Il ritardo vero su questo fronte si registra per<br />

quel che riguarda l’attuazione dei provvedimenti da parte delle singole amministrazioni 34 .<br />

Tabella 4 - Quale dei seguenti aspetti ritiene che Le crei maggiori disagi<br />

negli adempimenti burocratici?<br />

Poca coerenza e stabilità delle norme in materia fiscale<br />

ed amministrativa<br />

34 Andrea Marini, “Burocrazia online a singhiozzo”, Il Sole 24 Ore, 8 ottobre 2007, p. 9.<br />

frequenza PerCentuale<br />

764 37,1<br />

Poca organizzazione e sinergia tra i vari uffici 518 25,1<br />

Eccessivi tempi di attesa per l’espletamento delle pratiche 452 21,9<br />

Insufficiente diffusione dei servizi telematici nella Pubblica Amministrazione 193 9,4<br />

Inadeguatezza degli orari e dei giorni di apertura al pubblico 135 6,5<br />

totale 2.062 100,0<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong> sugli adempimenti fiscali ed amministrativi<br />

Le risposte sui principali aspetti critici legati agli adempimenti fiscali ed amministrativi riportate nella<br />

Tabella 4 restano valide anche se si considerano singolarmente i settori di appartenenza delle imprese.<br />

Solamente le imprese con un maggior numero di addetti si distinguono in parte dal comportamento<br />

dell’intero campione (vedi Tabella 5).<br />

Tabella 5 - <strong>Imprese</strong> con 6 o più addetti - Quale dei seguenti aspetti ritiene<br />

che Le crei maggiori disagi negli adempimenti burocratici?<br />

Poca coerenza e stabilità delle norme in materia fiscale<br />

ed amministrativa<br />

frequenza PerCentuale<br />

268 40,7<br />

Poca organizzazione e sinergia tra i vari uffici 151 22,9<br />

Eccessivi tempi di attesa per l’espletamento delle pratiche 140 21,2<br />

Insufficiente diffusione dei servizi telematici nella Pubblica Amministrazione 63 9,6<br />

Inadeguatezza degli orari e dei giorni di apertura al pubblico 37 5,6<br />

totale 659 100,0<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong> sugli adempimenti fiscali ed amministrativi<br />

65


66<br />

La parola ai piccoli imprenditori: l’evoluzione della fiducia e il rapporto<br />

con il sistema fiscale e burocratico<br />

Oltre che sulla normale attività d’impresa, gli adempimenti amministravi e fiscali possono avere un<br />

effetto <strong>sulle</strong> scelte strategiche, quali la crescita dimensionale o la localizzazione dell’azienda stessa.<br />

A tal proposito, la maggior parte degli intervistati ritiene che la pressione fiscale possa influire in modo<br />

molto negativo (40%) o abbastanza negativo (25%) sulla crescita dimensionale dell’impresa, mentre<br />

solo il 16% degli intervistati pensa che non vi sia alcun collegamento tra le due variabili. Si osserva<br />

una maggiore polarizzazione delle risposte tra gli operatori appartenenti all’industria in senso stretto: il<br />

45% afferma che esiste un collegamento molto negativo tra pressione fiscale e crescita dimensionale,<br />

mentre solo l’8% ritiene che non vi sia alcuna relazione.<br />

Complessivamente meno convinti dell’esistenza di un legame tra pressione fiscale e crescita della<br />

dimensione dell’impresa sono coloro che operano nel settore dei servizi escluso il commercio (le<br />

percentuali si attestano rispettivamente a 37,5% e 18%).<br />

Il tema della localizzazione dell’azienda è meno sentito, probabilmente a causa della forte presenza nel<br />

campione di imprese con al massimo 2 addetti. Infatti, solo il 31% degli intervistati sarebbe pronto<br />

a spostare l’attività della propria azienda all’estero in caso migliori opportunità di mercato. Tra gli<br />

imprenditori disposti a spostare l’attività all’estero, il 65% pensa che poter sfruttare il differenziale fiscale<br />

tra l’Italia ed un altro Paese potrebbe avere molto (34%) o abbastanza (31%) peso nella decisione. Tale<br />

quota sale tra gli intervistati nell’industria in senso stretto (71%). Più scettici si dimostrano gli operatori<br />

del settore dell’edilizia: secondo il 17% gli intervistati il differenziale fiscale con un altro Paese non<br />

avrebbe alcun ruolo nella decisione di trasferire l’attività della propria impresa all’estero (contro il 13%<br />

degli intervistati nell’intero campione).<br />

La pressione fiscale, l’evasione e la qualità dei servizi resi<br />

della Pubblica Amministrazione<br />

Altri due importanti temi che si è voluto approfondire sono l’evasione fiscale e la qualità dei<br />

servizi forniti dalla Pubblica Amministrazione. Tali aspetti sono tra loro strettamente collegati,<br />

come riconosciuto anche dal Ministero dell’Economia e delle Finanze in una recente relazione al<br />

Parlamento 35 .<br />

Si consideri innanzitutto l’evasione fiscale. Alcune stime effettuate per il periodo 1993-2003 mostrano<br />

come tendenzialmente questo fenomeno sia in crescita 36 . Con l’eccezione di due anni in cui l’evasione<br />

fiscale è diminuita circa del 4%, nel resto del decennio sono stati stimati tassi di crescita compresi tra<br />

il 2% ed il 18%.<br />

35 Ministero dell’Economia e delle Finanze, “Relazione al Parlamento del Ministero dell’Economia e delle Finanze - I risultati della lotta<br />

all’evasione”, 22 ottobre 2007.<br />

36 Maurizio Bovi, (2006), “La pressione fiscale a carico degli onesti”, www.lavoce.info.it.


Capitolo 2<br />

Inoltre, a causa dell’evasione fiscale, è necessario distinguere tra pressione fiscale “apparente” (cioè il<br />

carico fiscale calcolato in base alle aliquote in vigore) ed “effettiva” (cioè il carico fiscale effettivamente<br />

sostenuto dal contribuente). Secondo uno studio dell’Agenzia delle Entrate, dal 1982 la pressione<br />

fiscale effettiva è superiore alla pressione fiscale apparente di circa 8-10 punti percentuali annui. Per<br />

di più, tale divario è cresciuto nel periodo 2002-2004, quando si è registrata una leggera ma costante<br />

riduzione della pressione fiscale apparente. Pertanto, una parte della riduzione della pressione fiscale<br />

apparente si è tradotta in un incremento dell’evasione 37 .<br />

Sul tema dell’evasione fiscale le piccole imprese hanno idee ben definite. La maggioranza degli<br />

intervistati ritiene che l’aumento dei controlli non diminuisca affatto (40%) o diminuisca solo in parte<br />

(18%) l’evasione fiscale. Ancor più netto il parere degli imprenditori del commercio (rispettivamente<br />

43% e 19%), mentre gli operatori del settore dei servizi escluso il commercio esprimono una posizione<br />

meno decisa (rispettivamente 37% e 17%).<br />

Inoltre, il 62% degli intervistati è convinto che l’evasione fiscale aumenti tanto più è alta la possibilità<br />

di rimanere impuniti e tanto maggiore è il vantaggio economico che ne deriva. Tra chi ritiene che<br />

l’evasione fiscale sia positivamente collegata a questi due aspetti, il 58% indica quale maggiore<br />

incentivo all’evasione il vantaggio economico che se ne può trarre, mentre sarebbe meno rilevante la<br />

scarsa probabilità di essere sottoposto a controlli 38 .<br />

Per quanto riguarda la qualità dei servizi offerti dalla Pubblica Amministrazione, secondo la<br />

maggioranza degli intervistati (64,2%) non esiste un reale collegamento con il prelievo fiscale. Solo il<br />

14,9% ritiene la pressione fiscale sia molto (4,3%) o abbastanza (10,6%) rispecchiata nella qualità dei<br />

servizi degli uffici pubblici. Tra gli intervistati del settore dell’industria in senso stretto la valutazione è<br />

complessivamente migliore: sono meno numerosi gli intervistati che non trovano un collegamento tra<br />

prelievo fiscale e qualità dei servizi pubblici (59%), più numerosi gli intervistati che credono vi sia un<br />

legame effettivo tra i due aspetti (6%).<br />

Questi risultati, riportati nella Tabella 6, possono essere interpretati come la manifestazione di una sorta<br />

di insoddisfazione da parte delle micro e piccole imprese sull’operato della Pubblica Amministrazione.<br />

L’indagine curata dalla Fondazione PromoPA sopra citata riporta un giudizio complessivo sull’operato<br />

della Pubblica Amministrazione pari a 4,9 su 10, ossia insufficiente. Secondo lo studio della Fondazione<br />

PromoPA esistono comunque differenze a livello settoriale e territoriale. In particolare, il grado di<br />

soddisfazione nei confronti della Pubblica Amministrazione è positivo per le imprese dei settori<br />

dell’industria e del commercio e per quelle operanti nel Nord-Ovest. Inoltre, la stessa indagine evidenzia<br />

anche un aumento del 25% del numero di imprenditori che ha aspettative ottimistiche sull’evoluzione<br />

della Pubblica Amministrazione, specie grazie alle novità in ambito legislativo, come la Legge Bassanini.<br />

37 Pasquale Maggese, “In Italia il prelievo non scende”, Il Sole 24 Ore, 10 settembre 2007, p. 46.<br />

38 Questa convinzione è documentata da diversi studi teorici ed empirici, come riportato anche dalla Relazione al Parlamento<br />

precedentemente citata.<br />

67


68<br />

La parola ai piccoli imprenditori: l’evoluzione della fiducia e il rapporto<br />

con il sistema fiscale e burocratico<br />

Tabella 6 - Secondo Lei, la pressione fiscale è effettivamente collegata alla qualità<br />

dei servizi offerti dagli enti pubblici?<br />

frequenza PerCentuale<br />

Sì, molto 88 4,3<br />

Si, abbastanza 217 10,6<br />

Sì, ma solo in parte 329 16,0<br />

No, per nulla 1.324 64,2<br />

Non sa / non risponde 104 5,0<br />

totale 2.062 100,0<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong> sugli adempimenti fiscali ed amministrativi<br />

Anche il <strong>Rapporto</strong> di Unioncamere, già citato, segnala valutazioni analoghe a quanto emerge dalle<br />

interviste ai clienti di UniCredit <strong>Banca</strong>. Infatti, le micro-imprese esprimono il minor livello di<br />

soddisfazione complessivo. Inoltre, le imprese del settore del commercio rivelano un livello di<br />

soddisfazione in crescita rispetto all’anno precedente, ma inferiore alla media. I livelli di soddisfazione<br />

più bassi sono dovuti ad un giudizio maggiormente negativo sia sulla tempestività di espletamento<br />

delle pratiche, sia sul livello di competenza del personale amministrativo.<br />

Gli interventi sul sistema fiscale ed amministrativo secondo i piccoli<br />

imprenditori<br />

La parte finale della nostra indagine è volta a capire quali siano i cambiamenti del sistema fiscale ed<br />

amministrativo che le imprese auspicano (vedi Tabella 7). Tali interventi sono principalmente rivolti<br />

alla semplificazione amministrativa, a cui si riconosce un ruolo cruciale nel rapporto tra le imprese ed<br />

il sistema fiscale 39 .<br />

Tra i provvedimenti di semplificazione amministrativa, il 38% degli intervistati segnala come prioritaria<br />

la riduzione del numero e della complessità delle pratiche amministrative.<br />

Questo risultato è confermato dall’indagine della Fondazione PromoPA, già citata: per il 54% degli<br />

intervistati la semplicità dell’iter burocratico, ed in particolare lo snellimento delle procedure, ha il più<br />

ampio scarto tra grado di importanza attribuito e grado di soddisfazione percepito.<br />

39 Vedi la “Relazione al Parlamento del Ministero dell’Economia e delle Finanze - I risultati della lotta all’evasione”, p. 5, 7-8 e 28, citata in<br />

precedenza.


Capitolo 2<br />

Inoltre, da un’indagine della Fondazione Nord Est condotta in aprile e maggio 2007, risulta che per il<br />

43,6% degli imprenditori intervistati una burocrazia snella sia il più importante fattore di attrattività di<br />

un territorio 40 .<br />

Un’altra proposta che raccoglie consensi è quella della riduzione del numero di imposte, a parità di<br />

somma complessiva versata (34% degli intervistati).<br />

I piccoli imprenditori sembrano dunque lamentarsi non tanto del peso dell’imposizione, ma della<br />

complessità dell’apparato normativo e dell’iter burocratico necessario per essere in regola.<br />

Tale disagio è ormai riconosciuto a livello pubblico, tanto che al momento attuale è allo studio un<br />

intervento di riforma del sistema fiscale che fa capo alle imprese. La ratio di tale intervento è quella di<br />

allineare il carico fiscale delle società di persone a quello delle società di capitali, in modo tale da non<br />

influenzare la scelta della forma societaria 41 .<br />

Infine, sembrano essere meno prioritari gli interventi volti alla riduzione ad un unico interlocutore<br />

pubblico, a cui l’impresa può rivolgersi per l’avvio, la modifica o la cessazione di un’attività e/o per<br />

installare/modificare un impianto (15% del campione) e l’allineamento delle scadenze fiscali (9% del<br />

campione) 42 .<br />

Tabella 7 - Quale dei seguenti interventi di semplificazione amministrativa<br />

Lei ritiene sia più utile/importante?<br />

40 Fondazione Nord Est, “L’Italia delle imprese”, (2007). Sono stati intervistati i titolari di 1.641 imprese con almeno 10 addetti.<br />

41 Marco Mobili e Salvatore Padula, “Ires per tutte le società”, Il Sole 24 Ore, 17 settembre 2007, pp. 37 e 38.<br />

frequenza PerCentuale<br />

ridurre il numero e la complessità delle pratiche amministrative 780 37,8<br />

ridurre il numero di imposte, a parità di somma complessiva 695 33,7<br />

ridurre ad uno l’interlocutore pubblico a cui l’impresa deve rivolgersi 306 14,8<br />

allineare le scadenze fiscali (IVA, INPS, IRAP, IRES...) 189 9,2<br />

Non sa / non risponde 92 4,5<br />

totale 2.062 100,0<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong> sugli adempimenti fiscali ed amministrativi<br />

42 Secondo l’indagine Censis-Confcommercio, citata in precedenza, le imprese italiane devono effettuare15 diversi versamenti nel corso<br />

dell’anno, tra imposte nazionali e tasse locali.<br />

69


70<br />

La parola ai piccoli imprenditori: l’evoluzione della fiducia e il rapporto<br />

con il sistema fiscale e burocratico<br />

Come già riscontrato nelle risposte sugli aspetti più critici legati agli adempimenti fiscali ed<br />

amministrativi, gli interventi che le imprese intervistate auspicano sono i medesimi qualunque sia<br />

il settore di appartenenza delle stesse. Si distinguono in parte le imprese di maggiori dimensioni,<br />

che registrano una più netta preferenza per la riduzione del numero e della complessità delle pratiche<br />

amministrative (vedi Tabella 8).<br />

Tabella 8 - <strong>Imprese</strong> con 6 o più addetti - Quale dei seguenti interventi<br />

di semplificazione amministrativa Lei ritiene sia più utile/importante?<br />

frequenza PerCentuale<br />

ridurre il numero e la complessità delle pratiche amministrative 267 40,5<br />

ridurre il numero di imposte, a parità di somma complessiva 214 32,5<br />

ridurre ad uno l’interlocutore pubblico a cui l’impresa deve rivolgersi 89 13,5<br />

allineare le scadenze fiscali (IVA, INPS, IRAP, IRES...) 61 9,3<br />

Non sa / non risponde 28 4,2<br />

totale 659 100,0<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong> sugli adempimenti fiscali ed amministrativi<br />

Infine, le imprese intervistate valutano negativamente l’ipotesti che la pressione fiscale si sposti dai<br />

redditi ai consumi (45%). Solo il 5% degli imprenditori sarebbe molto favorevole ad una misura di<br />

questo genere.


2.5 Appendice<br />

Capitolo 2<br />

Di seguito si riportano alcune Tabelle relative all’indagine sulla fiducia dei piccoli imprenditori<br />

commerciali.<br />

Indice di fiducia sintetico di alcune province chiave<br />

ProvinCia o raGGruPPamento<br />

di ProvinCe<br />

indiCe<br />

ProvinCia o raGGruPPamento<br />

di ProvinCe<br />

indiCe<br />

Alessandria - Asti - Novara 92 Modena 99<br />

Ancona 101 Napoli 100<br />

L’Aquila - Pescara 101 Novara 98<br />

Bari 102 Nuoro 106<br />

Belluno 94 Padova 92<br />

Bergamo 103 Palermo 87<br />

Bologna 95 Parma 96<br />

Bolzano 101 Perugia 105<br />

Brescia 108 Pesaro - Macerata - Ascoli 112<br />

Cagliari 91 Piacenza 90<br />

Campobasso 77 Pordenone 99<br />

Caserta 97 Potenza 104<br />

Catania 96 Ravenna 99<br />

Como 106 Rimini 100<br />

Cosenza 99 Roma 97<br />

Cremona - Lodi - Mantova 100 Salerno 101<br />

Cuneo 95 Sassari 108<br />

Ferrara 90 Siena 104<br />

Firenze 103 Taranto 97<br />

Frosinone 98 Terni 96<br />

Genova 96 Torino 94<br />

Latina 107 Trento 102<br />

Lecce 109 Treviso 98<br />

Lecco 103 Trieste 94<br />

Livorno 97 Udine - Gorizia 108<br />

Lucca 93 Varese 95<br />

Matera 96 Venezia 101<br />

Messina 100 Verona 91<br />

Milano 103 Vicenza 96<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

71


72<br />

La parola ai piccoli imprenditori: l’evoluzione della fiducia e il rapporto<br />

con il sistema fiscale e burocratico<br />

Indice di fiducia scomposto per fattore costituente di alcune<br />

province chiave<br />

Alessandria - Asti - Novara<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Ancona<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

L’Aquila - Pescara<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Bari<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

45<br />

48<br />

52<br />

62<br />

92<br />

83<br />

101<br />

95<br />

93<br />

100<br />

98<br />

110<br />

104<br />

113<br />

110<br />

107<br />

106<br />

103<br />

102<br />

115<br />

119<br />

115<br />

115<br />

113<br />

105<br />

118<br />

115<br />

129<br />

Investimenti<br />

Addetti<br />

Credito<br />

Tempi incasso<br />

Ricavi<br />

Settore<br />

Paese<br />

Tempi incasso<br />

Addetti<br />

Investimenti<br />

Credito<br />

Ricavi<br />

Settore<br />

Paese<br />

Tempi incasso<br />

Investimenti<br />

Addetti<br />

Credito<br />

Ricavi<br />

Settore<br />

Paese<br />

Investimenti<br />

Credito<br />

Tempi incasso<br />

Addetti<br />

Ricavi<br />

Settore<br />

Paese


Belluno<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Bergamo<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Bologna<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Bolzano<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

48<br />

52<br />

55<br />

83<br />

108<br />

108<br />

104<br />

104<br />

96<br />

88<br />

94<br />

99<br />

98<br />

116<br />

115<br />

113<br />

112<br />

108<br />

105<br />

106<br />

104<br />

111<br />

110<br />

107<br />

105<br />

104<br />

102<br />

99<br />

Capitolo 2<br />

Addetti<br />

Credito<br />

Investimenti<br />

Tempi incasso<br />

Ricavi<br />

Settore<br />

Paese<br />

Tempi incasso<br />

Addetti<br />

Investimenti<br />

Credito<br />

Ricavi<br />

Settore<br />

Paese<br />

Credito<br />

Addetti<br />

Investimenti<br />

Tempi incasso<br />

Ricavi<br />

Settore<br />

Paese<br />

Ricavi<br />

Addetti<br />

Tempi incasso<br />

Investimenti<br />

Settore<br />

Credito<br />

Paese<br />

73


74<br />

La parola ai piccoli imprenditori: l’evoluzione della fiducia e il rapporto<br />

con il sistema fiscale e burocratico<br />

Brescia<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Cagliari<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Campobasso<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Caserta<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

37<br />

37<br />

46<br />

49<br />

66<br />

70<br />

79<br />

78<br />

93<br />

93<br />

82<br />

113<br />

109<br />

106<br />

91<br />

99<br />

121<br />

118<br />

114<br />

113<br />

109<br />

102<br />

126<br />

106<br />

111<br />

109<br />

123<br />

120<br />

Tempi incasso<br />

Investimenti<br />

Credito<br />

Ricavi<br />

Settore<br />

Addetti<br />

Paese<br />

Investimenti<br />

Addetti<br />

Tempi incasso<br />

Credito<br />

Ricavi<br />

Settore<br />

Paese<br />

Addetti<br />

Investimenti<br />

Credito<br />

Tempi incasso<br />

Ricavi<br />

Settore<br />

Paese<br />

Tempi incasso<br />

Credito<br />

Addetti<br />

Investimenti<br />

Ricavi<br />

Settore<br />

Paese


Catania<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Como<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Cosenza<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Cremona - Lodi - Mantova<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

55<br />

51<br />

52<br />

67<br />

86<br />

85<br />

99<br />

87<br />

112<br />

111<br />

108<br />

97<br />

96<br />

105<br />

125<br />

123<br />

107<br />

105<br />

103<br />

105<br />

114<br />

113<br />

120<br />

119<br />

117<br />

113<br />

113<br />

110<br />

Capitolo 2<br />

Investimenti<br />

Credito<br />

Addetti<br />

Tempi incasso<br />

Ricavi<br />

Settore<br />

Paese<br />

Tempi incasso<br />

Investimenti<br />

Addetti<br />

Credito<br />

Ricavi<br />

Settore<br />

Paese<br />

Investimenti<br />

Credito<br />

Tempi incasso<br />

Addetti<br />

Ricavi<br />

Settore<br />

Paese<br />

Investimenti<br />

Addetti<br />

Credito<br />

Tempi incasso<br />

Settore<br />

Ricavi<br />

Paese<br />

75


76<br />

La parola ai piccoli imprenditori: l’evoluzione della fiducia e il rapporto<br />

con il sistema fiscale e burocratico<br />

Cuneo<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Ferrara<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Firenze<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Frosinone<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

41<br />

47<br />

45<br />

65<br />

70<br />

94<br />

91<br />

93<br />

110<br />

109<br />

108<br />

95<br />

93<br />

109<br />

107<br />

105<br />

103<br />

102<br />

101<br />

100<br />

116<br />

108<br />

123<br />

107<br />

114<br />

112<br />

118<br />

120<br />

Investimenti<br />

Tempi incasso<br />

Ricavi<br />

Credito<br />

Addetti<br />

Settore<br />

Paese<br />

Investimenti<br />

Credito<br />

Ricavi<br />

Addetti<br />

Tempi incasso<br />

Settore<br />

Paese<br />

Investimenti<br />

Tempi incasso<br />

Addetti<br />

Ricavi<br />

Credito<br />

Settore<br />

Paese<br />

Investimenti<br />

Addetti<br />

Credito<br />

Tempi incasso<br />

Ricavi<br />

Settore<br />

Paese


Genova<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Latina<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Lecce<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Lecco<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

53<br />

52<br />

66<br />

68<br />

89<br />

87<br />

99<br />

97<br />

107<br />

105<br />

110<br />

108<br />

105<br />

103<br />

103<br />

116<br />

117<br />

115<br />

114<br />

110<br />

109<br />

108<br />

130<br />

126<br />

129<br />

127<br />

123<br />

131<br />

Capitolo 2<br />

Investimenti<br />

Tempi incasso<br />

Credito<br />

Addetti<br />

Ricavi<br />

Settore<br />

Paese<br />

Investimenti<br />

Ricavi<br />

Tempi incasso<br />

Credito<br />

Addetti<br />

Settore<br />

Paese<br />

Tempi incasso<br />

Credito<br />

Investimenti<br />

Settore<br />

Addetti<br />

Ricavi<br />

Paese<br />

Ricavi<br />

Tempi incasso<br />

Credito<br />

Investimenti<br />

Addetti<br />

Settore<br />

Paese<br />

77


78<br />

La parola ai piccoli imprenditori: l’evoluzione della fiducia e il rapporto<br />

con il sistema fiscale e burocratico<br />

Livorno<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Lucca<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Matera<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Messina<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

36<br />

49<br />

47<br />

56<br />

75<br />

76<br />

99<br />

86<br />

107<br />

104<br />

90<br />

89<br />

94<br />

93<br />

100<br />

126<br />

106<br />

105<br />

132<br />

110<br />

115<br />

118<br />

118<br />

116<br />

115<br />

114<br />

111<br />

109<br />

Investimenti<br />

Tempi incasso<br />

Credito<br />

Addetti<br />

Ricavi<br />

Settore<br />

Paese<br />

Addetti<br />

Credito<br />

Investimenti<br />

Tempi incasso<br />

Ricavi<br />

Settore<br />

Paese<br />

Investimenti<br />

Ricavi<br />

Credito<br />

Addetti<br />

Tempi incasso<br />

Settore<br />

Paese<br />

Investimenti<br />

Credito<br />

Addetti<br />

Tempi incasso<br />

Ricavi<br />

Settore<br />

Paese


Milano<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Modena<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Napoli<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Novara<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

51<br />

56<br />

54<br />

55<br />

94<br />

92<br />

93<br />

100<br />

118<br />

116<br />

112<br />

111<br />

108<br />

112<br />

109<br />

108<br />

108<br />

102<br />

101<br />

115<br />

114<br />

110<br />

108<br />

107<br />

103<br />

103<br />

120<br />

119<br />

Capitolo 2<br />

Tempi incasso<br />

Investimenti<br />

Credito<br />

Addetti<br />

Ricavi<br />

Settore<br />

Paese<br />

Investimenti<br />

Addetti<br />

Credito<br />

Tempi incasso<br />

Ricavi<br />

Settore<br />

Paese<br />

Investimenti<br />

Credito<br />

Addetti<br />

Tempi incasso<br />

Ricavi<br />

Settore<br />

Paese<br />

Investimenti<br />

Credito<br />

Tempi incasso<br />

Addetti<br />

Ricavi<br />

Settore<br />

Paese<br />

79


80<br />

La parola ai piccoli imprenditori: l’evoluzione della fiducia e il rapporto<br />

con il sistema fiscale e burocratico<br />

Nuoro<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Padova<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Palermo<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Parma<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

47<br />

40<br />

48<br />

49<br />

73<br />

80<br />

127<br />

117<br />

109<br />

109<br />

105<br />

88<br />

94<br />

94<br />

96<br />

101<br />

98<br />

102<br />

99<br />

102<br />

112<br />

109<br />

108<br />

106<br />

111<br />

110<br />

108<br />

128<br />

Tempi incasso<br />

Investimenti<br />

Credito<br />

Ricavi<br />

Addetti<br />

Settore<br />

Paese<br />

Investimenti<br />

Credito<br />

Addetti<br />

Ricavi<br />

Tempi incasso<br />

Settore<br />

Paese<br />

Investimenti<br />

Addetti<br />

Tempi incasso<br />

Credito<br />

Ricavi<br />

Settore<br />

Paese<br />

Credito<br />

Investimenti<br />

Addetti<br />

Settore<br />

Tempi incasso<br />

Ricavi<br />

Paese


Perugia<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Pesaro - Macerata - Ascoli<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Piacenza<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Pordenone<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

40<br />

53<br />

56<br />

76<br />

69<br />

76<br />

99<br />

117<br />

114<br />

113<br />

111<br />

110<br />

92<br />

128<br />

124<br />

123<br />

121<br />

118<br />

115<br />

97<br />

108<br />

106<br />

115<br />

117<br />

115<br />

113<br />

109<br />

106<br />

Capitolo 2<br />

Investimenti<br />

Credito<br />

Ricavi<br />

Tempi incasso<br />

Addetti<br />

Settore<br />

Paese<br />

Tempi incasso<br />

Investimenti<br />

Credito<br />

Settore<br />

Ricavi<br />

Addetti<br />

Paese<br />

Investimenti<br />

Addetti<br />

Credito<br />

Ricavi<br />

Tempi incasso<br />

Settore<br />

Paese<br />

Investimenti<br />

Addetti<br />

Credito<br />

Ricavi<br />

Tempi incasso<br />

Settore<br />

Paese<br />

81


82<br />

La parola ai piccoli imprenditori: l’evoluzione della fiducia e il rapporto<br />

con il sistema fiscale e burocratico<br />

Potenza<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Ravenna<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Rimini<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Roma<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

55<br />

53<br />

53<br />

47<br />

82<br />

88<br />

86<br />

83<br />

95<br />

99<br />

85<br />

106<br />

103<br />

91<br />

113<br />

117<br />

114<br />

112<br />

126<br />

124<br />

124<br />

122<br />

134<br />

132<br />

115<br />

115<br />

113<br />

112<br />

Investimenti<br />

Tempi incasso<br />

Credito<br />

Addetti<br />

Settore<br />

Ricavi<br />

Paese<br />

Investimenti<br />

Tempi incasso<br />

Addetti<br />

Credito<br />

Ricavi<br />

Settore<br />

Paese<br />

Investimenti<br />

Ricavi<br />

Addetti<br />

Credito<br />

Tempi incasso<br />

Settore<br />

Paese<br />

Investimenti<br />

Tempi incasso<br />

Credito<br />

Addetti<br />

Ricavi<br />

Settore<br />

Paese


Salerno<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Sassari<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Siena<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Taranto<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

50<br />

54<br />

53<br />

55<br />

94<br />

98<br />

92<br />

96<br />

95<br />

120<br />

119<br />

115<br />

112<br />

117<br />

116<br />

113<br />

113<br />

96<br />

99<br />

123<br />

111<br />

118<br />

118<br />

115<br />

140<br />

116<br />

113<br />

109<br />

Capitolo 2<br />

Credito<br />

Investimenti<br />

Tempi incasso<br />

Addetti<br />

Settore<br />

Ricavi<br />

Paese<br />

Tempi incasso<br />

Credito<br />

Investimenti<br />

Ricavi<br />

Addetti<br />

Settore<br />

Paese<br />

Credito<br />

Investimenti<br />

Ricavi<br />

Tempi incasso<br />

Addetti<br />

Settore<br />

Paese<br />

Tempi incasso<br />

Investimenti<br />

Addetti<br />

Credito<br />

Settore<br />

Ricavi<br />

Paese<br />

83


84<br />

La parola ai piccoli imprenditori: l’evoluzione della fiducia e il rapporto<br />

con il sistema fiscale e burocratico<br />

Terni<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Torino<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Trento<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Treviso<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

43<br />

49<br />

56<br />

60<br />

77<br />

91<br />

94<br />

110<br />

107<br />

105<br />

104<br />

92<br />

110<br />

110<br />

108<br />

104<br />

103<br />

103<br />

102<br />

107<br />

107<br />

124<br />

114<br />

110<br />

108<br />

107<br />

105<br />

120<br />

Tempi incasso<br />

Investimenti<br />

Ricavi<br />

Addetti<br />

Credito<br />

Settore<br />

Paese<br />

Investimenti<br />

Tempi incasso<br />

Credito<br />

Addetti<br />

Ricavi<br />

Settore<br />

Paese<br />

Investimenti<br />

Addetti<br />

Ricavi<br />

Tempi incasso<br />

Credito<br />

Settore<br />

Paese<br />

Tempi incasso<br />

Credito<br />

Addetti<br />

Investimenti<br />

Ricavi<br />

Settore<br />

Paese


Trieste<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Udine - Gorizia<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Varese<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Venezia<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

30<br />

61<br />

54<br />

55<br />

72<br />

98<br />

103<br />

90<br />

109<br />

114<br />

123<br />

120<br />

119<br />

115<br />

113<br />

112<br />

95<br />

98<br />

126<br />

107<br />

106<br />

101<br />

101<br />

107<br />

115<br />

116<br />

113<br />

113<br />

Capitolo 2<br />

Investimenti<br />

Tempi incasso<br />

Addetti<br />

Credito<br />

Ricavi<br />

Settore<br />

Paese<br />

Tempi incasso<br />

Investimenti<br />

Addetti<br />

Credito<br />

Ricavi<br />

Settore<br />

Paese<br />

Investimenti<br />

Addetti<br />

Credito<br />

Ricavi<br />

Tempi incasso<br />

Settore<br />

Paese<br />

Tempi incasso<br />

Credito<br />

Investimenti<br />

Addetti<br />

Ricavi<br />

Settore<br />

Paese<br />

85


86<br />

La parola ai piccoli imprenditori: l’evoluzione della fiducia e il rapporto<br />

con il sistema fiscale e burocratico<br />

Verona<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

Vicenza<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong><br />

44<br />

51<br />

89<br />

96<br />

95<br />

107<br />

105<br />

102<br />

101<br />

100<br />

99<br />

110<br />

107<br />

106<br />

Credito<br />

Addetti<br />

Tempi incasso<br />

Investimenti<br />

Ricavi<br />

Settore<br />

Paese<br />

Investimenti<br />

Ricavi<br />

Addetti<br />

Credito<br />

Tempi incasso<br />

Settore<br />

Paese


Capitolo 2<br />

Di seguito sono qui riportati alcuni dati riguardanti l’indagine sugli adempimenti fiscali e amministrativi,<br />

in particolare la distribuzione del campione a livello regionale (Tabella 9) e le principali caratteristiche<br />

degli imprenditori intervistati (Tabelle 10-13).<br />

Tabella 9 - Distribuzione regionale<br />

frequenza PerCentuale<br />

Lombardia 381 18,5<br />

Emilia-Romagna 216 10,5<br />

Veneto 214 10,4<br />

Piemonte 207 10,0<br />

Lazio 153 7,4<br />

Campania 152 7,4<br />

Puglia 113 5,5<br />

Toscana 104 5,0<br />

Sicilia 90 4,4<br />

Marche 78 3,8<br />

Friuli-Venezia Giulia 69 3,3<br />

Liguria 59 2,9<br />

Sardegna 54 2,6<br />

Umbria 50 2,4<br />

Calabria 35 1,7<br />

Trentino-Alto Adige 31 1,5<br />

Basilicata 20 1,0<br />

Abruzzo 17 0,8<br />

Molise 13 0,6<br />

Valle d’Aosta 6 0,3<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong> sugli adempimenti fiscali ed amministrativi<br />

2.062 100,0<br />

87


88<br />

La parola ai piccoli imprenditori: l’evoluzione della fiducia e il rapporto<br />

con il sistema fiscale e burocratico<br />

Nel 35% dei casi l’intervistato ha tra i 35 e i 45 anni. Gli intervistati con più di 65 anni sono il 5%.<br />

Tabella 10 - Età dell’intervistato<br />

frequenza PerCentuale<br />

Meno di 35 anni 355 17,2<br />

35-45 724 35,1<br />

46-55 591 28,7<br />

56-65 290 14,1<br />

Oltre 65 anni 95 4,6<br />

Non sa / non risponde 7 0,3<br />

totale 2.062 100,0<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong> sugli adempimenti fiscali ed amministrativi<br />

Il 61% degli intervistati ha un diploma di scuola media superiore, il 12% ha una laurea e meno<br />

dell’1% ha un titolo di studio post-laurea (questi ultimi appartengono al settore dell’edilizia e<br />

soprattutto al settore dei servizi, escluso il commercio).<br />

Tabella 11 - Titolo di studio dell’intervistato<br />

frequenza PerCentuale<br />

Scuola elementare/media inferiore 521 25,3<br />

Diploma scuola media superiore 1.257 61,0<br />

Laurea 254 12,3<br />

Post - laurea 8 0,4<br />

Non sa / non risponde 22 1,1<br />

totale 2.062 100,0<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong> sugli adempimenti fiscali ed amministrativi<br />

Nel 53% dei casi l’intervistato è imprenditore da almeno 15 anni e solo nel 4% dei casi l’intervistato<br />

è imprenditore da meno di 2 anni. Inoltre, il 47% delle imprese sono attive da almeno 15 anni e solo<br />

il 6% ha meno di 2 anni di attività. Nel settore del commercio queste caratteristiche sono accentuate,<br />

specie per quanto riguarda il numero di imprenditori e di imprese che operano da almeno 15 anni<br />

(rispettivamente 56% e 50%). Viceversa, nel settore dei servizi, escluso il commercio, gli imprenditori<br />

e le imprese di lungo corso sono meno diffuse (rispettivamente 50% e 44%), a fronte di una relativa


Capitolo 2<br />

maggiore presenza di imprese con meno di 2 anni di vita e titolari che sono imprenditori da meno di 2<br />

anni (rispettivamente 5% e 7%).<br />

Tabella 12 - Da quanti anni il titolare fa l’imprenditore?<br />

Tabella 13 - Da quanti anni è costituita l’impresa?<br />

frequenza PerCentuale<br />

Meno di 2 anni 130 6,3<br />

2-4 213 10,3<br />

4-15 735 35,6<br />

Oltre 15 anni 973 47,2<br />

Non sa / non risponde 11 0,5<br />

totale 2.062 100,0<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong> sugli adempimenti fiscali ed amministrativi<br />

frequenza PerCentuale<br />

Meno di 2 anni 82 4,0<br />

2-4 147 7,1<br />

4-15 734 35,6<br />

Oltre 15 anni 1.087 52,7<br />

Non sa / non risponde 12 0,6<br />

totale 2.062 100,0<br />

Fonte: Indagine UniCredit <strong>Banca</strong> sugli adempimenti fiscali ed amministrativi<br />

89


3<br />

Capitolo 3


Il piccolo commercio<br />

dall’economia della<br />

prossimità all’economia<br />

delle esperienze<br />

Consorzio A.A.STER


92<br />

Il piccolo commercio dall’economia della prossimità all’economia delle esperienze<br />

3.1 Premessa<br />

Dopo aver focalizzato l’attenzione sui Consorzi Fidi, quest’anno il <strong>Rapporto</strong> sul “capitalismo dei<br />

piccoli” si rivolgerà ad un settore storicamente centrale nell’economia di piccola impresa italiana, il<br />

commercio.<br />

Nucleo centrale del lavoro autonomo tradizionale e delle classi medie, il piccolo commercio, nel<br />

nostro Paese, ha tradizionalmente svolto importanti funzioni di equilibrio dell’economia di mercato sul<br />

versante della coesione sociale. Dato per spacciato di fronte all’incedere della Grande Distribuzione<br />

o, nel migliore dei casi, considerato come un corposo residuo di economie comunitarie periferiche, il<br />

piccolo commercio, a sorpresa, sembra aver riconciliato i propri destini con quelli della modernità. La<br />

“riscossa dei piccoli” si è avviata: negli ultimi sette anni le imprese al dettaglio nel nostro Paese sono<br />

aumentate del 5,7% fino a raggiungere quota 881.000.<br />

Che cosa sta succedendo, dunque? La nostra tesi è che ci si trovi di fronte non ad un mero aggiustamento<br />

congiunturale, quanto all’inizio di un nuovo ciclo. Il commercio nel nostro Paese non è entrato in una<br />

condizione di declino, ma ha attraversato una crisi di transizione di cui oggi si iniziano a scorgere gli<br />

sbocchi. Si è verificata una durissima selezione di mercato che ha messo in crisi gli esercizi più marginali,<br />

ma nel contempo sembra aver rafforzato quelli più competitivi, efficienti e produttivi.<br />

Ciò consente di affermare che, anche in un settore tradizionalmente reputato “arretrato” come il<br />

piccolo commercio, oggi stiano affermandosi delle eccellenze. C’è una nuova generazione di imprese<br />

commerciali che, dopo aver attraversato la crisi degli anni novanta, è cresciuta e si è ormai affermata.<br />

È una coorte di imprese che si mostra capace di utilizzare gli spazi di opportunità per modelli di<br />

business innovativi che la nuova economia flessibile e postfordista apre anche al settore del commercio.<br />

Questo fa giustizia anche di una immagine del piccolo commercio che lo descrive come un universo<br />

indistinto e indifferenziato schiacciato sull’immagine della “bottega”. Al contrario oggi sarebbe più<br />

corretto parlarne al plurale: crescono differenti tipologie di commercio che rendono questo settore un<br />

universo profondamente stratificato al suo interno.<br />

Lo studio di questi piccoli “campioni nazionali” e delle modalità con cui hanno affrontato la transizione<br />

appare particolarmente utile per identificare strategie che siano potenzialmente generalizzabili entro il<br />

settore. Ciò appare possibile perché, oggi, è la stessa idea di modernità economica che ha mutato molti<br />

dei suoi parametri: i processi di modernizzazione economica non sono più riconducibili unicamente<br />

all’alternativa tra grande e piccola dimensione. Certo la tradizionale distinzione è tutt’ora molto rilevante.<br />

Ma nel contempo emergono altre linee di differenziazione.<br />

Dal punto di vista dei materiali di ricerca utilizzati, questo primo rapporto si fonda essenzialmente su<br />

due fonti. Una prima fonte rappresentata dal focus group svoltosi a Bologna nel giugno 2007 nella sede<br />

di UniCredit <strong>Banca</strong> in occasione del Premio OK Italia. Successivamente sono state realizzate interviste<br />

in profondità ad un campione di imprese commerciali operanti in due tipi di ambiente competitivo, le<br />

grandi aree metropolitane e le città medie di provincia.


Capitolo 3<br />

3.2 Dalla grande organizzazione alla qualità. Muta lo scenario<br />

della modernità<br />

Abbiamo già accennato come alla base dei processi di trasformazione del commercio stia un vero e<br />

proprio salto di paradigma nella stessa idea di modernità economica.<br />

Per tutto il corso del Novecento e fino alla svolta cruciale degli anni Settanta, efficienza e creazione del<br />

valore venivano considerate mete perseguibili soltanto attraverso il costante aumento di dimensioni e<br />

complessità degli apparati produttivi. Anche nel commercio, l’Organizzazione (quella con la O maiuscola)<br />

era considerata l’unico strumento efficiente per rispondere a bisogni dati e uniformi. In questa visione<br />

piuttosto rigida della modernizzazione, il fenomeno della piccola impresa e del capitalismo personale<br />

non poteva certo trovare posto, se non come “patologia” storico-politica del sistema. Per lungo tempo<br />

questa è stata l’immagine tradizionalmente attribuita al piccolo commercio nel suo insieme.<br />

La crisi del fordismo muta profondamente questo scenario. A partire dagli anni Settanta si sviluppa una<br />

duplice transizione: prendono vigore economie decentrate fondate su piccola dimensione, flessibilità<br />

e specializzazione, ma soprattutto mutano i comportamenti di consumo in transizione dal mondo dei<br />

bisogni a quello dei desideri. L’individuo-consumatore differenzia i suoi gusti che divengono così<br />

meno fedelmente prevedibili da parte di un’offerta produttiva standardizzata. Questo non significa,<br />

naturalmente, il venir meno dei principali vantaggi delle economie di scala, quanto il fatto che, ora,<br />

“sono le imprese a dover rincorrere, con qualche affanno, il modello della flessibilità contingente,<br />

che si adatta al mercato invece di guidarlo in anticipo e dall’alto” 1 . Questo ribaltamento nelle relazioni<br />

tra produzione e consumo, è alla base di una potente tendenza verso la smaterializzazione del lavoro<br />

e delle merci. La produzione del valore deve così incorporare dosi sempre più massicce di fattori<br />

immateriali come conoscenza e relazioni per adattarsi al mutamento culturale degli stili di consumo.<br />

Il capitalismo diventa sempre più economia della conoscenza diffusa, un modello di ordine produttivo<br />

in cui l’elemento della personalizzazione, con i suoi corollari di flessibilità, creatività e innovazione,<br />

torna ad avere quello spazio che l’avvento della razionalizzazione organizzativa nella fase precedente<br />

gli aveva sottratto.<br />

Questo passaggio ha profondamente trasformato la struttura dei vantaggi competitivi del commercio<br />

lungo l’asse piccola/grande dimensione. Se prima, infatti, la strategia “competitiva” più efficace dei<br />

piccoli esercizi era il posizionamento protetto (spesso politicamente protetto), ora l’erosione delle rendite<br />

di posizione e l’affermarsi di nuovi modelli di consumo spingono il commercio verso un’alternativa<br />

diversa, quella che possiamo definire come la modernizzazione postfordista fatta di ricerca della<br />

qualità, personalizzazione dei rapporti, consolidamento dei legami fornitore-cliente, condivisione delle<br />

conoscenze, aumento della complessità del servizio, ecc.<br />

1 E. Rullani, Valore, rischio e lavoro nella società della conoscenza. Vivere sperimentalmente, vivere pericolosamente, 2007, manoscritto.<br />

93


94<br />

Il piccolo commercio dall’economia della prossimità all’economia delle esperienze<br />

Il commercio in transizione dalle economie dei luoghi alla società<br />

dei flussi<br />

Il piccolo commercio nel nostro Paese, per lo più, è stato considerato come un settore dell’economia<br />

statico e poco propenso all’innovazione. Se questa lettura aveva molte ragioni per quanto riguarda il<br />

passato, allo stato attuale in gran parte non costituisce più una immagine corrispondente al vero. Oggi<br />

il commercio rappresenta un universo in grande trasformazione in cui, fianco a fianco, convivono<br />

elementi di resistenza alle dinamiche della modernizzazione con punte di eccellenza. Possiamo<br />

distinguere almeno tre differenti fasi di sviluppo caratterizzanti l’evoluzione del mondo del commercio<br />

a partire dal secondo dopoguerra fino ad oggi:<br />

la fase dell’economia della prossimità comunitaria, in cui il piccolo commercio rappresenta una<br />

articolazione del tessuto comunitario locale;<br />

la fase della sfida fordista, caratterizzata dall’espansione della Grande Distribuzione;<br />

la fase dell’adattamento postfordista, in cui accanto alla questione dimensionale assumono crescente<br />

rilevanza nuovi fattori di modernizzazione di tipo immateriale.<br />

L’idea di un’evoluzione del mondo del commercio da una economia comunitaria, passando per la fase<br />

fordista della Grande Distribuzione fino ai nuovi paradigmi postfordisti, utile in chiave espositiva/<br />

esplicativa non va assunta in modo rigido dal punto di vista empirico/temporale. Infatti, ciascuna<br />

fase si contraddistingue per la presenza di una pluralità di modelli di commercio, in cui le eredità del<br />

passato e le nuove forme di distribuzione si stratificano, secondo un modello ad “ondate” successive<br />

in un mix fortemente condizionato dalle caratteristiche dei territori.<br />

È evidente, ad esempio, che forme di economia commerciale di prossimità persistono e attraversano<br />

tutte e tre le fasi, mentre la Grande Distribuzione si insedia nelle maggiori aree urbane già a partire<br />

dall’immediato dopoguerra. Semmai è vero che il succedersi delle fasi produce una maggiore<br />

complessità.<br />

La prima fase, che si spinge temporalmente fino alla metà degli anni Ottanta, si caratterizza per un<br />

modello che abbiamo definito, in prima approssimazione, dell’economia della prossimità comunitaria.<br />

È una fase in cui il commercio diffuso e minuto è parte integrante dell’economia dei luoghi della<br />

comunità di paese e/o di quartiere. Storicamente, è una fase che si caratterizza per il prevalere di<br />

strategie di posizionamento politicamente protetto del piccolo commercio. La bottega, inserita in una<br />

rete di relazioni comunitarie primarie, svolge il ruolo di micro-autonomia funzionale del sociale sia<br />

nelle comunità periferiche di paese, sia nei quartieri periferici delle grandi città. Il commercio si fonda<br />

sulla tenuta della reti comunitarie locali. L’impresa commerciale è espressione tipica del modello di<br />

capitalismo di territorio: un modello di sviluppo capitalistico incentrato sullo straordinario impasto<br />

tra capitale economico, capitale sociale e capitale culturale, sull’assoluta prevalenza della piccola<br />

dimensione, sulla centralità della famiglia messa al lavoro e proprietaria, sulla prevalenza nella gestione<br />

dell’impresa e del bacino di consumo di reti corte e chiuse e sulla centralità dell’accompagnamento<br />

finanziario da parte dell’istituzione bancaria locale.


Capitolo 3<br />

Il secondo passaggio, che abbiamo definito della sfida fordista, collocabile approssimativamente tra<br />

la metà degli anni Ottanta e la fine del decennio successivo, rappresenta una fase di dura transizione<br />

per l’universo del commercio. Una fase certamente non ancora conclusa. L’impatto con le economie<br />

di scala della Grande Distribuzione che, nel decennio in questione, si diffonde massicciamente nelle<br />

grandi periferie urbane per poi penetrare anche la provincia, produce una selezione feroce del settore. È<br />

una fase, tuttavia che, come già nel caso del fordismo produttivo, si sviluppa con un timing particolare,<br />

tutto italiano. Nel nostro Paese, l’avvento di una GDO (Grande Distribuzione Organizzata) organizzata<br />

sulla pura estensione quantitativa degli spazi di vendita e su un’offerta standardizzata si sviluppa in<br />

ritardo, quando, nell’insieme delle economie capitalistiche avanzate, è già iniziata una transizione a<br />

forme di distribuzione più flessibili e postfordiste.<br />

Il terzo passaggio evolutivo, l’adattamento postfordista del commercio, rappresenta una promettente<br />

finestra d’opportunità per il piccolo commercio fuori dall’interesse esclusivo per il fattore dimensionale.<br />

Fattori competitivi centrali non sono più, dunque, la comunità locale originaria oppure le grandi<br />

dimensioni, quanto la qualità e l’estensione delle reti personali dell’imprenditore commerciale. È una<br />

trasformazione che trova il suo viatico istituzionale nella liberalizzazione promossa dalla riforma Bersani<br />

del 1998, ma soprattutto vede al centro due processi sistemici tra loro interrelati. Primo, il tendenziale<br />

riposizionamento del commercio, oggi non più collocato (soltanto) a valle ma a monte del processo di<br />

valorizzazione economica. In breve, da quando è l’ordine d’acquisto che determina la produzione di una<br />

merce, il commercio è diventato potenzialmente il motore dello sviluppo. Secondo, il passaggio della<br />

pratica del consumo da connotazione funzionale, che aveva ancora nella fase fordista, per entrare in “una<br />

sfera culturale in grado di produrre visione del mondo, sistema di valori, struttura di personalità” 2 .<br />

Il consumatore diventa “consumatore”, ovvero attore che contribuisce a “creare” e valorizzare ciò che<br />

consuma attraverso lo stesso atto del consumo. Il fare shopping diviene la motivazione reale del consumo<br />

e il consumatore tende a trasformarsi in un collezionista di esperienze più che di oggetti. Una conseguenza<br />

collaterale è anche la micro-finanziarizzazione prodotta dal diffondersi anche nel nostro Paese del credito<br />

al consumo. Ad aprile 2007 questo mercato finanziario ammontava nel nostro Paese a 51,5 miliardi di<br />

euro con un aumento dell’11,2 % per cento in più in un anno, con il 58,8 % dei consumatori che si<br />

rivolgono alla propria banca e il 39,1 % a una società finanziaria soprattutto per l’acquisto di moto e auto<br />

(31,4 %), per ristrutturare un immobile (18,2 %), ma anche per acquistare elettrodomestici (6,1 %) 3 .<br />

In definitiva, siamo entrati in una fase in cui la priorità non è più tanto l’industrializzazione del<br />

commercio, quanto la sua terziarizzazione, laddove per terziarizzazione si intenda l’innovazione fondata<br />

sulla centralità di elementi immateriali e su un nuovo utilizzo delle tecnologie di rete. In questo processo<br />

di cambiamento, il commerciante assume l’identità di un imprenditore di servizi la cui creatività e<br />

innovatività è sempre più inserita nella funzione imprenditoriale stessa.<br />

2 V. Codeluppi, La sociologia dei consumi, Carocci, Roma, 2002.<br />

3 Indagine Matrixfin 2007. È da notare che per il 20,8 % degli intervistati servirebbe maggior trasparenza sui tassi di interesse, per il 14,6 %<br />

c’è poca trasparenza nelle spese accessorie, il 9,2 % vorrebbe tempi più rapidi nella concessione dei crediti e l’8,2 % una minore richiesta<br />

di garanzie.<br />

95


96<br />

Il piccolo commercio dall’economia della prossimità all’economia delle esperienze<br />

Dalla prossimità all’economia delle esperienze: via alta e via bassa<br />

alla modernizzazione<br />

Dunque, ciò che si sta sviluppando in seno al piccolo commercio rappresenta un mutamento<br />

potenzialmente di grande portata. Non mutano soltanto le strategie di marketing utilizzate per invogliare<br />

i consumi, ma la stessa antropologia dei soggetti viene messa in gioco. La figura del commerciante<br />

tende ad assomigliare sempre meno allo stereotipo del “bottegaio”, di età media avanzata, magari con<br />

bassa istruzione e fortemente radicato nella comunità naturale del paese o del quartiere. Ovvero la<br />

figura egemone nella fase che abbiamo definito del commercio di prossimità.<br />

Oggi il commerciante “postfordista” che si muove in direzione del marketing delle esperienze o della<br />

costruzione di reti economiche ad alta complessità, è divenuto capace di maneggiare tecnologie e<br />

simboli culturali. Insomma una figura che nelle sue punte più evolute entra a buon diritto in quella<br />

economia della creatività particolarmente radicata soprattutto in ambito urbano. Il commercio evolve,<br />

di conseguenza, fuori dall’assillo della pura crescita dimensionale, mettendo al centro elementi come<br />

la personalizzazione del servizio, la diversificazione, la qualità, la capacità di porsi come mediatore di<br />

informazioni verso un consumatore in grado di scegliere e assetato di informazioni che gli consentano<br />

di distinguere nei flussi merceologici. Il commerciante, in questo processo, diviene nodo di una rete<br />

complessa in cui vengono scambiati conoscenza e relazioni.<br />

Limitarsi a questa rappresentazione sarebbe tuttavia fuorviante. Ciò che si sta sviluppando è invece<br />

una duplice via alla modernizzazione in cui accanto ad una via “alta”, orientata alla specializzazione<br />

e all’incremento della produttività, si affianca una via “bassa” al cambiamento tutta fondata sulla<br />

compressione dei costi come strategia di ampliamento del mercato e di allargamento della sfera dei<br />

consumi.<br />

In realtà, oggi in Italia sono riconoscibili almeno tre tipi di evoluzione a partire dal tradizionale modello<br />

del commercio di prossimità su cui storicamente si è incardinato il ceto dei commercianti.<br />

Il primo tipo di evoluzione esemplifica bene quella che abbiamo appena definito come via “bassa”<br />

alla modernizzazione. È rappresentato per l’appunto da quello che possiamo definire il commercio<br />

low-cost. È un tipo di attività commerciale che nasce per rispondere all’ascesa di un nuovo tipo di<br />

consumatore: un consumatore “flusso”, nomadico, orientato a ripartire sul maggior numero possibile<br />

di beni e servizi il reddito che ha a disposizione. È un consumatore “interessato quasi esclusivamente<br />

al binomio prezzo-praticità di consumo, cioè un consumo alieno rispetto alle due principali motivazioni<br />

tradizionali, ovvero la qualità e la durata del bene consumato oppure l’utilizzo del bene per affermare una<br />

appartenenza e/o una posizione di classe o di status” 4 . È l’affermazione del consumo come principale<br />

pratica di integrazione sociale anche tra strati sociali medio-bassi ma desiderosi di accedere a livelli di<br />

consumi tradizionalmente patrimonio di ceti più elevati.<br />

Afferenti invece ad una via “alta” al cambiamento sono gli altri due tipi di commercio, il commercio<br />

esperienziale e il commercio mediatore di filiera. Il primo si fonda sulla cosiddetta economia delle esperienze,<br />

4 M.Gaggi e E.Narduzzi, La fine del ceto medio e la nascita della società low cost, Einaudi, Torino, 2006.


Capitolo 3<br />

ovvero sulla produzione di significati ed esperienze “memorabili” che costituiscono il vero bene<br />

consumato dalla clientela. L’offerta di esperienze ha luogo, infatti, “ogni qualvolta un’impresa utilizzi<br />

intenzionalmente i servizi come palcoscenico e i beni come supporto per coinvolgere un individuo”.<br />

L’impresa commerciale diventa così un vero e proprio “regista di esperienze”, che non offre più soltanto<br />

beni e servizi, ma l’esperienza che ne deriva. È un tipo di commercio che si fonda, perciò, sulla centralità<br />

della produzione di significati culturali, circuiti di comunità virtuali tra consumatori, ecc.<br />

Orientato più alla costruzione di reti che all’utilizzo di significati è infine il commercio mediatore di<br />

filiera, in cui l’imprenditore commerciale fonda la sua competitività sulla capacità di costruire filiere<br />

tra un’offerta di merci e servizi sempre più articolata e una domanda del consumatore sempre più<br />

complessa ma in difficoltà nel rivolgersi direttamente all’offerta.<br />

In questo contributo abbiamo scelto di concentrare l’attenzione <strong>sulle</strong> tipologie di commercio che<br />

rappresentano un’innovazione alta del settore. Mentre l’evoluzione low-cost, infatti, a tutt’oggi appare<br />

praticata soprattutto dal nuovo commercio diffuso nelle aree urbane ad alta concentrazione di flussi<br />

di immigrazione (ad esempio, i call-center oppure le botteghe dei quartieri cinesi specializzate<br />

nell’intermediazione delle merci a basso costo prodotte nelle economie emergenti) oppure da grandi<br />

soggetti multinazionali, quella che abbiamo definito “via alta” e che punta su tecnologia e cultura<br />

appare sicuramente più strategica per il piccolo commercio nazionale perché in grado di far compiere<br />

un salto di qualità nei livelli di produttività e redditività del settore.<br />

3.3 Le strategie del commercio nel nuovo scenario postfordista<br />

Nell’indagine di territorio, volta a ricercare le strategie di adattamento del commercio al nuovo scenario<br />

postfordista, si è preferito non andare alla ricerca di casi di eccellenza assoluta, tanto proiettati nel<br />

futuro, quanto avulsi dal presente di questo settore, dai suoi vincoli dimensionali, finanziari e - perché<br />

no - culturali, ma anche dalle sue tradizioni, dal suo capitale sociale, umano e relazionale nonché dalle<br />

innovazioni che scaturiscono da questo insieme di fattori. Si è scelto pertanto di ricercare testimonianze<br />

di esperienze e pratiche innovative nella “pancia” del piccolo commercio italiano, lungo le vie della<br />

transizione che hanno portato - e, in diversi casi, stanno ancora portando - i bottegai di una volta a<br />

diventare imprenditori commerciali tout court.<br />

L’analisi ha pertanto riguardato titolari di esercizi attivi da diverse generazioni, così come soggetti dalla<br />

recente specializzazione, alcuni spinti da un’idea brillante e dalla voglia di rischiare, altri per i quali<br />

il commercio ha rappresentato una via di fuga dal lavoro dipendente. Allo stesso modo, sono stati<br />

presi egualmente in considerazione sia i settori commerciali tradizionali, sia quelli emergenti, quelli<br />

localizzati in spazi fisici e quelli situati negli spazi virtuali di internet.<br />

Come nella manifattura, per capire le innovazioni di queste realtà diventa centrale capire il mutamento<br />

di contesto che le ha originate o, per meglio dire, “indotte”. Anche nel commercio è infatti centrale<br />

il soddisfacimento della domanda sempre più complessa e diversificata dell’utente-cliente. Laddove<br />

integra progettazione, produzione e commercializzazioni, questo compito spetta alla manifattura. Se ciò<br />

non accade questo compito spetta al commercio, che viene quindi ad assumere il ruolo, già richiamato<br />

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Il piccolo commercio dall’economia della prossimità all’economia delle esperienze<br />

nell’introduzione, di “mediatore di filiera”, di sintonizzatore dei desideri dei consumatori con tutto ciò<br />

che la produzione offre. Affinché il piccolo commercio possa assumere questo ruolo è necessario che<br />

riesca a recuperare un capitale di fiducia simile a quello del commercio di vicinato, riuscendo tuttavia a<br />

passare dalla comunità locale alla vicinanza ideale e di senso, dalla prossimità all’attrattività.<br />

Le quattro strategie che verranno di seguito analizzate rappresentano altrettante sfaccettature del<br />

passaggio in atto dal commercio fordista a quello postfordista ed ognuna di esse sottende la costruzione<br />

di nuove reti di relazione. Se si parla di creazione di senso, infatti, ci si riferisce ad una relazione tra<br />

commerciante e cliente volta a dare un valore alla transazione che vada al di là del costo e del valore<br />

d’uso del bene, cosa che presuppone un surplus nella qualità di servizio come nell’empatia tra i soggetti<br />

della transazione. Se invece si parla della creazione di community ci si riferisce a reti di relazioni fra<br />

gli utenti di un determinato prodotto o servizio poste in essere dal venditore del medesimo. Che anche<br />

la creazione di ragnatele del valore, orizzontali o verticali che siano, attenga alla sfera delle relazioni<br />

è implicito sin dal termine. E anche la strategia del global service mira a creare un rapporto fiduciario<br />

sempre più stretto tra commerciante e cliente, in questo caso a partire da un servizio che va oltre la<br />

vendita e che necessita, a sua volta, di una marcata specializzazione da parte del commerciante.<br />

Nell’analizzare queste quattro strategie è opportuno evitare due errori d’interpretazione: il primo, quello<br />

di considerarle come alternative l’una all’altra. È vero l’opposto, in realtà: è, ad esempio, molto difficile<br />

creare una community senza che vi sia una condivisione di senso attorno al prodotto o al servizio<br />

in questione e affinché ciò avvenga è necessario che la relazione tra commerciante e cliente non si<br />

esaurisca in una fredda e semplice transazione, ma che vi sia un valore aggiunto insito in essa non<br />

direttamente riferibile alla sfera economica, bensì a quella emotiva. Allo stesso modo è possibile che tale<br />

creazione di senso sottenda un rapporto di estrema fiducia tra le parti tale da andare oltre la transazione<br />

e in grado di trasformarsi in un rapporto più propriamente riferibile a ciò che si è precedentemente<br />

denominato global service.<br />

Tali strategie possono quindi considerarsi complementari, addirittura talvolta legate da un rapporto<br />

di causalità l’una con l’altra. Tuttavia, non è corretto nemmeno - e questo è il secondo errore<br />

- considerarle come assolutamente imprescindibili: non è detto, in altre parole, che ogni impresa<br />

commerciale debba crearsi una propria community o implementare una rete di relazione orizzontale<br />

con altre realtà simili ad essa. Ogni settore, ogni realtà territoriale o virtuale, finanche ogni soggettività,<br />

ha i suoi canoni di comunicazione e le sue peculiarità relazionali. È l’adattamento razionale al proprio<br />

contesto di riferimento di queste strategie idealtipiche che decreta il successo o l’insuccesso delle<br />

realtà commerciali in questione.<br />

Quel che seguirà, pertanto, è il racconto del processo di adattamento dei casi territoriali presi in esame.<br />

La creazione di senso nel processo di vendita<br />

“I’m lovin’ it”. È questo, da qualche anno ormai, il claim pubblicitario che accompagna il logo della<br />

catena di fast food Mc Donald’s, ed è solo la punta dell’iceberg, il caso più evidente, di una strategia<br />

molto diffusa: quella di far innamorare le persone di un marchio, di un prodotto, di un’azienda.


Capitolo 3<br />

Scrive Kevin Roberts, Ceo di Worldwide Saatchi & Saatchi e autore del saggio “Lovemarks, il futuro oltre<br />

i brand 5 ”: “Per sopravvivere, i grandi brand devono suscitare nei consumatori un senso di Fedeltà Oltre<br />

la Ragione. Questo è l’unico modo per loro di distinguersi da un qualsiasi pallido brand senza futuro.”<br />

Questo ragionamento, che vale per Mc Donald’s e Apple, così come per la Ducati e la Fiat 500, è<br />

estendibile, per certi aspetti, anche al piccolo commercio. Certo, prossimità e convenienza sono ancora<br />

due forti fattori di scelta, ma una buona parte degli acquisti avviene “d’impulso”, attraverso logiche<br />

non completamente razionali, in cui non è da sottovalutare il ruolo di fattori quali, ad esempio, la<br />

fascinazione indotta dalla localizzazione strategica del punto vendita (prendere un caffè in Piazza San<br />

Marco a Venezia, ad esempio), nonché la sua attrattività da un punto di vista estetico; la qualità del<br />

servizio offerto; la cortesia, la disponibilità e la competenza del venditore; la reputazione accumulata<br />

nel corso degli anni, sino ad una coerenza ideale che, come un filo rosso, congiunge produttore,<br />

commerciante e consumatore.<br />

Tutto questo, a ben vedere, è in grado di generare nei potenziali consumatori “quel senso di fedeltà oltre<br />

la ragione” di cui parla Roberts, o per adottare la terminologia di questo lavoro, quella dimensione di<br />

senso in grado di aumentare il significato di una transazione al di la del suo valore economico, e di<br />

un bene acquistato al di là del suo valore d’uso. Così accade che la titolare della libreria Bonomo di<br />

Bologna, specializzata in testi universitari e localizzata nella centralissima via Zamboni, si senta invitare<br />

da diversi studenti alla loro festa di laurea perché “fa parte di un nostro pezzo di storia”.<br />

“La più grossa soddisfazione in 7 anni di attività da sola è quando i ragazzi vengono a invitarmi<br />

alle feste di laurea. Quando chiedo come mai mi dicono che faccio parte di un loro pezzo di storia.<br />

Secondo me questa è la soddisfazione, è questo che ti fa sopravvivere”. (A.Zama, titolare libreria<br />

Bonomo, Bologna)<br />

O che la titolare del punto vendita in franchising di Yamamay a San Donà del Piave, in provincia di<br />

Venezia, si senta dire dai suoi clienti che negli altri negozi non riescono a comprare, che “io devo venire<br />

a comprare qua”.<br />

“Un cliente con noi “fa l’amore in negozio”, viene, ci ricorda e quando è fuori dal nostro negozio<br />

deve parlare di noi. Abbiamo clienti che vengono e ci dicono che sono andati nel negozio della<br />

concorrenza, ma non riesco a comprare, che loro devono venire a comprare qua. Questo è il<br />

legame che ci lega al nostro cliente”. (T.P., titolare azienda omonima, San Donà del Piave)<br />

Perché accade questo? Perché evidentemente il fattore relazionale ed empatico, in ultima analisi umano,<br />

gioca un ruolo fondamentale nell’attrarre e soprattutto nel fidelizzare la clientela.<br />

Anche in un settore tradizionale come quello delle farmacie - soprattutto dopo le recenti liberalizzazioni<br />

che hanno portato i farmaci generici da banco sugli scaffali della Grande Distribuzione - non è immune<br />

5 Kevin Roberts, “Lovemarks, il futuro oltre i brand”, Mondatori 2005.<br />

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Il piccolo commercio dall’economia della prossimità all’economia delle esperienze<br />

dalla necessità di creare senso attorno alla propria attività. Altrimenti, come argomenta il titolare dalla<br />

Farmacia Brocchieri di Roma, “le farmacie sono una uguale all’altra”. E, si badi bene, quest’affermazione<br />

viene fatta in riferimento ad una farmacia attiva dal 1929 e quindi, si suppone, molto radicata nel suo<br />

contesto di prossimità. Innovazione d’immagine, crescita della clientela, maggiore ritorno economico:<br />

questi, sempre secondo il titolare, i tre principali benefici di una strategia volta allo specializzazione su<br />

alcune nicchie di mercato, nello specifico quella delle “alimentazioni particolari”, una su tutte quella<br />

per celiaci, e quella della cosmesi di alta qualità.<br />

“Io sono subentrato un po’ di anni fa nella gestione, nel cercare di rinnovare un lavoro che è sempre<br />

considerato abbastanza tradizionalista. Un lavoro che però sta cambiando repentinamente, non è<br />

più così statico come un tempo e quindi bisogna inventarsi qualcosa di nuovo per poter rimanere<br />

competitivi sul mercato e per poter offrire poi al consumatore qualcosa di innovativo. Altrimenti le<br />

farmacie sono una uguale all’altra, le aspirine sono uguali per tutti e quindi scegliere una farmacia<br />

da una parte piuttosto che dall’altra, aldilà della simpatia che il cliente può aver con il negoziante.<br />

Da qui è nata un po’ l’esigenza di andare a sviluppare nicchie di mercato e settori innovativi che<br />

ci hanno portato sicuramente dei benefici notevoli, sia a livello d’immagine, ma specialmente per<br />

ciò che riguarda i consensi da parte della clientela, e anche a livello economico. Aver specializzato<br />

la farmacia con un reparto di alimentazione particolare, un reparto cosmetico particolarmente<br />

innovativo, basti pensare che abbiamo alcuni marchi che hanno solo 30 punti vendita in tutta<br />

Italia. Questa è stata l’unica ricetta che ci ha permesso in questa prima fase di spuntare qualcosa di<br />

differente rispetto alle farmacie concorrenti”. (A.B., Farmacia Brocchieri, Roma)<br />

Si può dire che farmacia Brocchieri abbia costruito l’identità di senso sulla specializzazione: non solo,<br />

tuttavia, in nicchie innovative come quelle sopra descritte, ma anche guardandosi alle spalle e tornando<br />

a preparare farmaci nel laboratorio interno. Tutto questo è funzionale a differenziarsi e a comunicare al<br />

potenziale cliente professionalità e competenza. A questo - come per altro in tutti i casi presi in esame<br />

in questo paragrafo - si aggiunge una grande attenzione al rapporto con la clientela.<br />

“Ci distinguiamo specialmente per la nostra capacità di trattare con la clientela, per la nostra<br />

disponibilità. Infatti due mesi fa abbiamo preso un altro premio intitolato “Un sorriso per tutti.<br />

Cortesia e disponibilità.” Un’associazione di Roma ce lo ha assegnato perché ci sono due<br />

dottoresse che hanno sempre una parola gentile e cordiale per gli anziani”. (A.B., Farmacia<br />

Brocchieri, Roma)<br />

la costruzione di communities: una strategia ancora inespressa<br />

Una delle strategie attraverso cui la creazione di senso può essere utilizzata come veicolo per la<br />

costruzione di valore è la creazione di communities di utenti-clienti, ovvero l’utilizzo di circuiti di<br />

empatia e di collegamento tra consumatori sia mediante reti fisiche che virtuali. Attraverso queste reti<br />

si creano arene di discussione e relazione orientate a permettere al consumatore di vivere esperienze<br />

coinvolgenti. È una tecnica di marketing orientata al business to consumer multicanale in cui la


Capitolo 3<br />

creazione di reti di relazione orizzontali tra i consumatori rappresenta la risorsa fondamentale. In<br />

questo caso, si può dire, la creazione di valore deriva non tanto dalla qualità della relazione diretta tra<br />

commerciante e singolo cliente, quanto dalla densità e frequenza degli scambi tra i clienti.<br />

È una strategia che, per ora, appare non molto diffusa anche tra i commercianti del nostro campione,<br />

forse per gli elevati costi organizzativi e tecnici a fronte di benefici soltanto ipotetici nel breve periodo,<br />

che questa strategia implica per soggetti di piccola dimensione. Tra gli imprenditori intervistati se ne<br />

possono, comunque, trovare riferimenti soprattutto tra le imprese che maggiormente utilizzano un<br />

marketing di tipo esperienziale oppure che fondano il loro business sulla creazione di reti digitali.<br />

È il caso, ad esempio, di un’impresa che tratta la merce esperienziale per eccellenza, il divertimento,<br />

come la Karting Como dove pare funzionare un meccanismo di comunità virtuali e informali tra i clienti;<br />

oppure nel caso di Ricaricati, impresa di net-economy specializzata nella “virtualizzazione” digitale di<br />

biglietti delle reti di trasporto e delle ricariche per la telefonia. Quest’ultima, in modo particolare, fonda<br />

il suo appeal sulla creazione di una community virtuale tra gli utenti-clienti fungendo da veicolo di<br />

aggregazione dei clienti per conto dei grandi provider.<br />

“Il rapporto di prossimità non fa molto per noi, anche se in verità noi costruiamo amicizie,<br />

rafforziamo amicizie, facciamo team building E poi facciamo la notte bianca a Como, la notte<br />

bianca a Varese, per quello che possiamo entriamo sul territorio e viviamo il territorio andando a<br />

proporre il nostro prodotto. Ovviamente cerchiamo di coinvolgere le associazioni e di fare attività<br />

comune, per riuscire a far golf e karting, sci e karting, rally e karting”. (F.P., Karting Como, Como)<br />

La ragnatela del valore nel commercio<br />

La dimensione del senso nel processo di vendita, di cui si è trattato nel precedente paragrafo, attiene<br />

alle relazioni che il venditore intrattiene con il potenziale acquirente. Molte altre, tuttavia, sono<br />

le interconnessioni che un’impresa commerciale sviluppa: anzi, nel nuovo contesto competitivo,<br />

l’implementazione di legami, seppur deboli, a monte e a valle della filiera, o orizzontali con realtà<br />

analoghe e non, possono contribuire a creare significative economie di scopo, intendendo con questo<br />

termine la creazione di valore attraverso un uso più efficiente delle risorse a disposizione. Come mostra<br />

la storia del capitalismo italiano, ed in particolare l’esperienza dei distretti industriali, è connaturata<br />

nel DNA imprenditoriale italiano la tendenza a svilupparsi, più che per crescita dimensionale interna<br />

all’impresa attraverso l’implementazione delle reti di relazione del capitalismo di territorio.<br />

Un modello, quello del nostro capitalismo, che si compone di varietà territoriali fatte di ragnatele<br />

del valore e del concorso di molteplici competenze professionali, dell’irriducibile intreccio tra medie<br />

imprese di eccellenza e piccole imprese localizzate, da specializzazioni di alto profilo tecnologico e di<br />

tradizionali professionalità che con quelle entrano costantemente in rapporto. Per questo motivo, perché<br />

la creatività sta potenzialmente dappertutto, la ragnatela del valore - anche in riferimento al commercio -<br />

è uno dei principali motori di creazione di vantaggi competitivi. In questo paragrafo, pertanto, faremo un<br />

passo avanti rispetto al precedente: se in precedenza si sono analizzate le nuove forme di relazione nel<br />

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Il piccolo commercio dall’economia della prossimità all’economia delle esperienze<br />

rapporto venditore-cliente, nelle prossime pagine l’analisi si concentrerà <strong>sulle</strong> nuove forme di relazione<br />

tra l’impresa commerciale ed altre realtà, siano esse commerciali, manifatturiere o istituzionali. Al fine<br />

di una maggiore chiarezza, tale analisi sarà scomposta in tre differente tipologie di relazioni:<br />

quelle a monte, che trattano dei servizi di approvvigionamento o di progettazione di nuove soluzioni<br />

congiuntamente ai propri fornitori;<br />

quelle a valle, che attengono a forme successive di intermediazione commerciale, come ad esempio<br />

la moltiplicazione dei punti vendita attraverso la realizzazione di reti di franchising;<br />

quelle orizzontali, che consentono il riutilizzo di un’idea di successo o di una competenza specifica,<br />

nonché l’uso esteso di brevetti o di conoscenze possedute, o che promuovono iniziative coalizionali<br />

di prossimità come i centri commerciali naturali all’interno dei centri storici di diverse città.<br />

le reti di relazione a monte<br />

Il Gruppo Arimel è un’azienda commerciale della provincia di Forlì Cesena specializzata nella<br />

distribuzione automatica di prodotti alimentari. Il recente successo di quest’azienda è principalmente<br />

dovuto a una strategia di innovazione dei prodotti commercializzati: caffè di qualità superiore, ad<br />

esempio, ma soprattutto prodotti come frutta, yogurt e spremute. Come spiega il titolare, è questa<br />

una strategia che parte dalla domanda inevasa dell’utente cliente, poiché tradizionalmente “il nostro<br />

settore pretende che il consumatore prenda quel che noi mettiamo nei distributori”. Questo cambio<br />

di paradigma, che peraltro coinvolge anche altri fattori di rischio e innovazione, come ad esempio la<br />

necessità di non spezzare la catena del freddo, è stato tuttavia realizzato attraverso la collaborazione con<br />

il locale consorzio agro-alimentare, fornitore della materia prima.<br />

Non solo, tuttavia: con la Provincia di Forlì Cesena è partito un progetto per la distribuzione di frutta<br />

nelle scuole, progetto che è stato successivamente richiesto anche dalla Provincia di Ravenna e da<br />

quella di Rimini, ed è infine stato adottato anche a livello nazionale grazie alla partnership con il<br />

Ministero della Salute. Oggi la Arimel ha 130 distibutori simili, da Bologna a Bari.<br />

“Quest’idea mi è venuta perché io ho una figlia di 16 anni che non mangia frutta. Mi sono detto:<br />

“Come posso far mangiare questi prodotti a mia figlia?” Noi partiamo dall’istituto agro alimentare,<br />

i presidi, e a loro volta gli insegnanti, i bidelli, e gli alunni. Siamo partiti due anni fa con la<br />

provincia di Forlì Cesena che ci ha appoggiato solo simbolicamente, e abbiamo installato questi<br />

distributori. Grazie al successo di questi lo stesso progetto è stato chiesto alla provincia di<br />

Ravenna, poi è stato chiesto alla provincia di Rimini, il Ministro ci ha poi convocato per estenderlo<br />

anche a livello nazionale. Da settembre partiranno Bologna, Roma e Bari, come minimo, perchè<br />

ne arriveranno sicuramente molte altre. Per me è una grandissima soddisfazione, è qualcosa<br />

che oltre al business fine a se stesso è un fiore all’occhiello che ci apre tantissime porte”. (S.G.,<br />

Arimel Group, San Carlo di Cesena)<br />

Settore diverso, ma simile strategia, quella adottata dall’Italian Solar Infocenter, impresa di Padova<br />

specializzata nella commercializzazione di pannelli e rivestimenti fotovoltaici. In questo caso le reti di


Capitolo 3<br />

relazione a monte sono state costruite a partire dal gemellaggio tra Padova e Friburgo, città simbolo<br />

dell’edilizia sostenibile e dell’uso di fonti energetiche rinnovabili.<br />

“L’idea, si può dire che è stata quasi una conseguenza di eventi e di conoscenze. Nel senso che<br />

mio padre, rappresentando a livello delle categorie produttive artigianali al tempo, aveva siglato<br />

un protocollo di collaborazione con un rappresentante appunto della città di Friburgo, con una<br />

lettera di intenti di buona collaborazione tra le categorie produttive.<br />

E a questo poi hanno fatto seguito una serie di visite guidate nella città di Friburgo. Ovviamente<br />

le prime sono state le più importanti, perché sono quelle che proprio ci hanno dato la sensazione<br />

di impatto su questa realtà assolutamente diversa dalla nostra, per quanto riguarda il modo di<br />

costruire, il modo di organizzare il traffico, di gestire proprio la quotidianità della vita in un ambito<br />

di sostenibilità”. (M.B., Italian Solar Infocenter, Padova)<br />

A partire da questo gemellaggio si è costruita una rete di relazioni tale da portare alla nascita di una<br />

società italo-tedesca, nata dalla joint venture tra Italian Solar Infocenter e Solar Mat, un’impresa<br />

produttrice di rivestimenti fotovoltaici tedesca, società che si occupa di distribuzione e vendita di<br />

materiale a tecnologia solare su tutto il territorio nazionale.<br />

“È una neo società appena fondata di cui sono stato nominato anche amministratore, quindi<br />

la gestiamo sempre tra di noi, ma che ha lo scopo di dare un vantaggio reciproco al mercato<br />

sia italiano che tedesco. Quindi una società compartecipata, nata nell’ambito del gemellaggio; e<br />

quindi anche patrocinata e supportata moralmente dagli stessi Comuni delle due città”. (M.B.,<br />

Italian Solar Infocenter, Padova)<br />

Ulteriori esempi di fruttuose relazioni a monte vengono anche da due imprese già citate nel precedente<br />

paragrafo: la farmacia Brocchieri di Roma e la libreria Bonomo di Bologna.<br />

Per quanto riguarda la farmacia è interessante la scelta, per certi versi in controtendenza rispetto a quanto<br />

ci si aspetterebbe, di puntare su rapporti di fornitura stabili e stretti con piccoli produttori di nicchia,<br />

generalmente dal marchio sconosciuto. L’adozione di questa strategia, che è funzionale a migliorare<br />

l’offerta qualitativa complessiva, è ovviamente legata a doppio filo al grado di reputazione dell’esercizio<br />

commerciale: se da un lato il brand noto di un prodotto irradia la sua fascinazione anche sul negozio<br />

che lo vende, è altrettanto vero che, al contrario, solo un negozio con una forte identità e reputazione è<br />

in grado di essere credibile nel veicolare un prodotto sconosciuto al potenziale consumatore.<br />

“Io ultimamente ho smesso di lavorare con i grossi e <strong>sulle</strong> nicchie di mercato ho preso tutti i<br />

piccoli. Piccoli, ma che in realtà hanno un valore aggiunto nettamente superiore perché i grossi<br />

vivono esclusivamente di pubblicità e quindi investono milioni di euro in campagne per un<br />

prodotto che poi non vale quasi niente, perché il costo è solo quello pubblicitario, mentre se si<br />

va a guardare a questi piccoli marchi è tutto valore, non pubblicizzano, e ti seguono: qualsiasi<br />

cosa nel giro di una giornata sono capaci di risolvertela, di crearti dei prodotti”. (A.B., Farmacia<br />

Brocchieri, Roma)<br />

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Il piccolo commercio dall’economia della prossimità all’economia delle esperienze<br />

Anche la libreria Bonomo ha implementato un’interessante e innovativa relazione con diversi autori di<br />

testi o dispense universitarie, anch’essi, a loro modo, fornitori di nicchia. Tale relazione si è sostanziata<br />

grazie alla possibilità di abbattere i costi fissi legati all’edizione di un testo attraverso il print on<br />

demand. Nella sua forma “virtuale”, infatti, il libro non è nient’altro che un file digitale, perlomeno sino<br />

all’acquisto da parte di un cliente. Solo in quel momento viene stampato mediante comuni stampanti<br />

laser - quindi senza complessi e costosi impianti di stampa - e rilegato. E siccome - come racconta<br />

anche Chris Anderson nel suo fortunato saggio “La coda lunga 6 ” - “i bit vengono trasformati in atomi<br />

soltanto quando arriva un ordine, i costi sono commisurati ai profitti. O, per dirla in parole povere, il<br />

costo di produzione e inventario di un libro in “print on demand” è pari a zero”.<br />

La stesso processo viene raccontato anche dalla titolare della libreria Bonomo.<br />

“Questa cosa ha comportato il fatto di poter dire a tutti che si possono pubblicare libri. Nel<br />

nostro sito se uno è un autore può addirittura vedere quanto gli può costare, perché io viaggio<br />

su questa logica: una volta bisognava fare un tetto di copie, sperare di venderle e quindi si<br />

hanno i ricavi, però per la parte dei costi uno doveva fare un impianto di 1000/1500 pagine.<br />

Adesso non più, una copia si stampa, due copie si stampano, una copia la vendo, ho margine,<br />

due copie le vendo. Ho margine e non ho l’investimento iniziale. Lo stesso l’autore, mi dà<br />

soltanto il copyright sul fatto che sono io la sua casa editrice, se io lo vendo lui ha un margine<br />

sul prezzo di copertina, e si va avanti così. Questa è una cosa che sono riuscita a introdurre<br />

nella mia libreria e ad avere il modo di avere un aumento di fatturato annuo”. (A.Z., Libreria<br />

Bonomo, Bologna)<br />

le reti di relazione a valle<br />

A valle dei commercianti al dettaglio, in teoria, dovrebbero esserci solo i consumatori. In teoria,<br />

perché nella pratica vi sono alcune forme di relazione/integrazione a valle che allungano la catena<br />

d’intermediazione, consentendo da un lato la crescita dimensionale, l’ampliamento del bacino d’utenza<br />

e un miglioramento di efficienza nella gestione logistica, mentre dall’altro minimizzano i rischi connessi<br />

ad errate valutazioni, ad esempio nell’apertura di nuovi punti vendita, attraverso la ripartizione del<br />

rischio d’impresa.<br />

“Il successo del franchising è stato che chiunque vuole aprire un locale per noi anche se non<br />

è capace di fare da mangiare non è un problema, perché gli facciamo noi tutta la formazione.<br />

Tuttavia alla fine del contratto di 6 anni non può andarsene e creare un locale da solo. Questo per<br />

tutelare il nostro know how”. (M. G., titolare Ristohsawa, Pisogne)<br />

Si tratta, in altre parole, di quella forma di affiliazione commerciale che prende il nome di franchising e<br />

che rappresenta per il capitalismo commerciale italiano una strategia d’ingresso e di sviluppo - dipende<br />

6 Chris Anderson, “La coda lunga. Da un mercato di massa a una massa di mercati”, Edizioni Codice, 2007.


Capitolo 3<br />

da che lato la si guardi - numericamente sempre più importante. Alcune cifre tratte dall’indagine Fif-<br />

Confesercenti sul franchising in Italia del 2005, rendono bene l’idea dell’ampiezza del fenomeno: il<br />

totale dei punti vendita censiti è risultato pari a 10.226, dei quali 2.182 punti vendita diretti e 8.044<br />

in franchising; i franchisor - gli affilianti - stimati nel 2005 sono 803, i franchesee - ossia gli affiliati<br />

- 41.222, il personale occupato è pari a 106.487 unità, mentre il giro d’affari raggiunge i 16,2 miliardi<br />

di euro. Entrando poi nel merito della struttura delle reti, in media ad ogni franchisor corrispondono<br />

66 punti vendita diretti e in franchising, ma un marchio su quattro ha meno di 10 punti vendita. Per<br />

quanto concerne la nazionalità del franchisor è italiana nel 95% dei casi dei quali ben il 13% ha punti<br />

di vendita all’estero.<br />

Come già si è detto in precedenza, è questo un tema che può essere analizzato da due differenti<br />

prospettive, quella dell’affiliante e quella dell’affiliato. La prima prospettiva è ben rappresentata<br />

dalla catena di ristoranti Ristohsawa; la seconda dalla già citata titolare di un punto vendita affiliato<br />

all’azienda produttrice di intimo Yamamay. Per i franchisor la valutazione di questa strategia di crescita<br />

è genericamente positiva: Ristohsawa, nasce come evoluzione di un’esperienza di ristorazione del tutto<br />

particolare, denominata “glisver” dal suo ideatore e titolare e che prevede l’assenza, tra gli ingredienti,<br />

di latte, burro, uova, formaggi, carne, pesce, zucchero e, più in generale, prodotti non biologici. Target<br />

di questa nuova forma di alimentazione sono, come afferma il titolare, “dal diabetico al celiaco, da chi è<br />

l’intollerante al grano, a chi lo ha scelto per ragioni religiose, dall’ebreo al musulmano”, ma, nella sua<br />

versione originale, si trova a dover fare i conti con la necessità di ampliare il proprio bacino d’utenza<br />

per rendere quantitativamente consistente questa nicchia di potenziali consumatori. Necessità questa<br />

risolta con la trasformazione del ristorante in catena di fast food - seppur atipica - in franchising. Due i<br />

vantaggi principali di questa scelta: l’abbassamento drastico dei prezzi, da 70 euro a 20 euro a testa per<br />

un pasto; e l’ampliamento del mercato, attraverso l’apertura di nuovi punti vendita. Stando alle parole<br />

del titolare, è stato un “successo enorme”.<br />

“Nella mia azienda tutti i miei dipendenti hanno il patto di non concorrenza a livello mondiale<br />

per 5 anni perché non ho concorrenza in tutto il mondo e siamo in espansione continuamente,<br />

e da lì ho aperto 6 ristoranti, 2 negozi e 4 ristoranti, ne sto aprendo altri 3 entro la fine del 2007<br />

e diamo lavoro a circa 29 persone. È stata un’avventura particolarissima: deteniamo il primato<br />

di trasformare tutto con niente, e il vantaggio di questa cosa è stata creare una dieta alimentare<br />

salutistica visto che oggi abbiamo tutti problemi alimentari perché mangiamo male da una vita,<br />

abbiamo portato il piatto veloce a un prezzo basso, non più 70e a testa, ma a un prezzo di circa<br />

20e a testa si può mangiare tranquillamente. Diamo posti di lavoro, tutti i mesi cresciamo. È un<br />

successo enorme”. (M. G., titolare Ristohsawa, Pisogne)<br />

In questa logica, peraltro, l’investimento in risorse umane e formazione ha effetti benefici anche sul<br />

sistema nel suo complesso, in quanto è veicolo di competenze professionali e manageriali che, partendo<br />

dall’esperienza di imprese commerciali già strutturate, concorre a formare soggetti che, in diversi casi,<br />

si affrancano per la prima volta al mondo del commercio. In questo modo quindi il franchising può<br />

essere letto come una modalità di crescita culturale a rischio controllato di tutto il sistema commerciale<br />

nel suo complesso.<br />

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106<br />

Il piccolo commercio dall’economia della prossimità all’economia delle esperienze<br />

“Abbiamo avuto anche l’azienda che ci ha conosciuto che lavoravamo in fabbrica, quindi non<br />

abbiamo avuto solo bisogno della fiducia delle banche, ma anche della fiducia dell’azienda<br />

stessa, che doveva accettare. Per fortuna quell’azienda era molto giovane quindi diciamo che<br />

accettava tutto quello che veniva, perché aveva solo 30 negozi, rispetto ad adesso che ne ha 500,<br />

quindi in quel momento più che dare fiducia aveva bisogno di fiducia. Io adesso vi dico solo che<br />

a distanza di 3 anni e mezzo che abbiamo aperto il primo negozio, subito l’azienda si è accorta<br />

che avevamo delle grosse potenzialità a livello personale. Quindi io ho collaborato con l’azienda<br />

per più di 3 anni come assistente di zona, aprivo i negozi, e il titolare dell’azienda gli ho detto ma<br />

cosa devo andare a fare nei negozi, e lui mi ha detto: “Tu vai e fai quello che fai nel tuo negozio”,<br />

e io sono andata e quello che facevo nel mio facevo negli altri”. (T.P., Titolare impresa omonima,<br />

San Donà del Piave)<br />

le reti di relazione orizzontali<br />

Nel raccontare di reti di relazioni orizzontali tra commercianti, due sono le tipologie che vanno prese<br />

in considerazione: quelle dei legami che si creano tra imprese commerciali che operano nello stesso<br />

settore, ma su mercati diversi e, al contrario, quelli tra imprese commerciali che insistono sul medesimo<br />

territorio, operando in diversi settori.<br />

La prima tipologia rimanda al mondo dell’associazionismo di settore, anche se, nei casi riscontrati,<br />

emerge come un’entità con finalità che poco ha a che fare con la sfera della rappresentanza degli<br />

interessi ed è invece più direttamente riferibile al trasferimento di conoscenza e alla creazione di<br />

economie di scopo. Questo, perlomeno, è quanto ha fatto, ancora una volta, la libreria Bonomo di<br />

Bologna, che, da un lato, ha creato un sito internet denominato “scuola per librai” che permette ai<br />

piccoli librari di reperire e scambiarsi informazioni utili sul loro mestiere. Una sorta di e-learning<br />

orizzontale e partecipato, in pratica, che muove le conoscenze contestuali e contribuisce a diffondere<br />

i saperi formali del fare impresa commerciale, in un settore come quello librario in cui è forte, per le<br />

piccole librerie, la tensione competitiva causata dalle grandi catene distributive.<br />

“Come tutti conoscete nelle librerie di 35 mq, non può competere certo con la Grande<br />

Distribuzione: così abbiamo implementato un sito che noi chiamiamo scuola per i librai,<br />

abbiamo realizzato un sito di e-learning, abbiamo contattato vari maestri, professori di librerie,<br />

e abbiamo creato un sito di e-learning dove tutti i librai piccoli come me possono accedere a<br />

informazioni riguardanti la piccola imprenditoria”. (A. Z., Libreria Bonomo, Bologna)<br />

Non solo: contestualmente la libreria Bonomo si è legata ad altre piccole librerie locali con l’obiettivo<br />

di creare una rete di data network per ottimizzare le risorse a disposizione della piccola distribuzione<br />

libraria, mettendo cioè in connessione gli inventari, e condividendo le informazioni. Il tutto come forma<br />

di resistenza delle piccole realtà nei confronti della grande distribuzione libraria.


Capitolo 3<br />

“L’ultima cosa, per architettarci fra piccole librerie, abbiamo una catena di librerie in data<br />

network, siamo 30 librerie in Italia, quindi ci siamo associate, il soggetto, la cultura che vogliamo<br />

affrontare, e anche questo è indipendente, siamo un network, non siamo un franchising, non<br />

siamo niente, ma è un grosso aiuto perché sappiamo tutti, quello che c’è non può schiacciare la<br />

Grande Distribuzione”. (A. Z., Libreria Bonomo, Bologna)<br />

Ben più strutturata è invece l’esperienza del titolare del Grand Hotel Terme di Roseo di Bagni di Romagna,<br />

azienda rilevata nel 1990 quand’era sull’orlo del fallimento. “Da solo non sarei andato lontano”, afferma<br />

in riferimento alla sua idea di dare una svolta radicale al termalismo di benessere. L’innovazione,<br />

infatti, è stata supportata dall’implementazione di una realtà consortile che unisse le tre realtà termali<br />

di Bagno di Romagna al fine di creare una società congiunta di promozione, commercializzazione e<br />

ricerca scientifica.<br />

“Bagni di Romagna nel caso specifico ha superato la crisi investendo sulla qualità, formazione e<br />

facendo sistema. Questo se andiamo ad analizzare i dati statistici dell’Istituto Mercole di Firenze,<br />

ci fa vedere che, dal ‘90 ad oggi, Bagni di Romagna come località è l’unica nel grafico che è in<br />

alto, le altre terme chi è andato bene è piatto, o tutti in discesa, a tutt’oggi, perché il termalismo<br />

tradizionale è in crisi. Adesso tutti hanno cominciato a capire che bisogna investire sul benessere,<br />

dare la svolta, è un po’ tardi, ma non è mai troppo tardi, speriamo che questo avvenga”. (G.R.,<br />

titolare Terme e Federterme, Forlì)<br />

Nel caso specifico di questo consorzio, si è raccontato un raro esempio di collaborazione tra imprese<br />

appartenenti allo stesso settore e che insistono sullo stesso territorio. Raro, perché di solito queste due<br />

situazioni sono autoescludenti. Nel caso di imprese che insistono sullo stesso territorio, d’altra parte, vi<br />

sono diversi esempi di collaborazione. Molto spesso queste collaborazioni riguardano i negozi dei centri<br />

storici o di quei quartieri alla ricerca di un’identità smarrita. Anche in questo caso, peraltro, la necessità<br />

di “fare sistema” nasce dalla pressione competitiva generata dagli ipermercati della Grande Distribuzione<br />

organizzata. Non a caso queste forme di collaborazione prendono il nome di “centri commerciali naturali”.<br />

Un esempio significativo del ruolo di attore della qualità urbana, e quindi non solo di servizio alla<br />

popolazione, assunto dal piccolo commercio è rappresentato da quanto rinvenibile nel processo<br />

di mutamento che interessa, ormai da qualche anno, uno dei luoghi simbolo di Palermo, ovvero la<br />

Kalsa. Si tratta di un quartiere che, nel corso degli ultimi anni, ha conosciuto un forte mutamento<br />

della composizione sociale insediata nell’area. Al declino delle storiche attività legate alla pesca, con<br />

il suo indotto artigianale e commerciale, si è infatti sostituito un flusso significativo di strati sociali<br />

provenienti dal ceto medio dei professionisti e del terziario metropolitano, che ha usufruito delle<br />

politiche di riqualificazione urbana promosse dagli entri locali. Tra queste spicca Kals’art, manifestazione<br />

culturale promossa dal Comune di Palermo, giunta nel 2007 alla quarta edizione. Durante il periodo<br />

di svolgimento della manifestazione il quartiere è interessato da un vasto calendario di eventi culturali<br />

di diversa natura (cinema, teatro, musica, arte) diventando un grande palcoscenico all’aperto, un’isola<br />

pedonale di 300 mila metri quadrati che attira ogni estate circa 150 mila visitatori. Le 50 serate lungo<br />

le quali si snoda la manifestazione hanno saputo, nel corso di pochi anni, inserirsi efficacemente nel<br />

107


108<br />

Il piccolo commercio dall’economia della prossimità all’economia delle esperienze<br />

processo di valorizzazione del già ricco e stratificato patrimonio storico-architettonico dell’area della<br />

Kalsa, contribuendo ad accrescere il tasso di riappropriazione sociale di un quartiere storicamente in<br />

condizioni precarie dal punto di vista della vivibilità e della sicurezza.<br />

“Io vivo in questo quartiere da quando sono nato. Alla Kalsa, un tempo, vivevano tremila persone.<br />

Era un’area molto abitata, anche perché le famiglie erano molto numerose. Dopo il terremoto<br />

del 1968, moltissime persone hanno abbandonato le loro case. Alcune sono andate a vivere a<br />

Borgonuovo, altri allo Zen, altri in viale Michelangelo. Sono rimasti soltanto i commercianti,<br />

coloro che producono prodotti gastronomici, chi aveva già un lavoro. Ma non c’era quasi più<br />

nessuno. Tirare avanti era davvero molto difficile. E non belle erano le voci che giravano su questo<br />

quartiere, si parlava di delinquenza, di criminalità, di mafia; tutte cose che, di certo, scoraggiano<br />

l’affluenza dei turisti. Questa per noi è stata la rovina. Un bel giorno, così, dal nulla si inizia a<br />

parlare di kals’art. Noi commercianti e abitanti del quartiere, a dire il vero, eravamo poco fiduciosi.<br />

È da quando opero qui che chiediamo che si faccia qualcosa per il quartiere, nessuno mi aveva<br />

mai ascoltato. Ecco, nel momento in cui ho smesso di urlare al vento è nata una splendida<br />

manifestazione come il Kals’art. Qualcosa si è svegliato”. (F.S., commerciante della Kalsa)<br />

In questo quadro non c’è dubbio che il nucleo locale intorno al quale è stata impostata la manifestazione<br />

è costituito dagli operatori del commercio (in particolare della ristorazione e della produzione/<br />

commercializzazione di prodotti tipici) che, storicamente, hanno presidiato il quartiere. La trasformazione<br />

del quartiere ha determinato, inoltre, una crescita dei flussi turistici nell’area, fenomeno che ha a sua<br />

volta determinato uno sviluppo delle attività commerciali in senso “attrattivo”, cioè puntando non più<br />

soltanto sulla prossimità della clientela di quartiere, ma introducendo criteri di selezione della tipologia di<br />

offerta da proporre: nicchie qualitative, scelta di assortimento, specializzazione merceologica, embrioni<br />

di servizio, in funzione della nuova identità che, tra mille difficoltà, cerca di darsi la Kalsa.<br />

Palermo, peraltro, è protagonista anche di un altro interessante esempio: da oltre 1000 anni a questa<br />

parte, infatti, quartieri-mercato come Ballarò, Vucciria, Capo e Borgo Vecchio, mantengono viva la loro<br />

funzione di punto di incontro e scambio di merci e culture e quindi la loro capacità di rappresentare<br />

fedelmente la composizione sociale di una città, specie nella sua dimensione popolare.<br />

Già in tempi remoti Ballarò, storicamente organizzato secondo i canoni spaziali del souk arabo,<br />

rappresentava il cuore dello scambio pulsante ritmato dalle attività agricole della campagna circostante,<br />

questo luogo ha poi progressivamente assunto un carattere di continuità via via che le diverse epoche<br />

di modernizzazione sociale avanzavano, sino alla nostra civiltà dei consumi.<br />

Il mercato di Ballarò ha sempre mantenuto una certa vitalità, anche durante la lunga fase di relativo<br />

declino coincisa la situazione di decadenza architettonica del centro storico, proprio per la sua capacità<br />

di offrire un’ampia gamma di prodotti alimentari a prezzi molto contenuti. Oggi che il centro storico<br />

comincia a ripopolarsi non solo di nuovi residenti ma anche di crescenti flussi di turisti, mercati<br />

come questo continuano ad essere fortemente competitivi con la GDO, non solo perché si tratta di<br />

attività semi-sommerse, ma anche perché contano su una rete di fornitori efficiente ed una platea di<br />

consumatori che, oltre a trovare prodotti dal rapporto qualità/prezzo molto interessanti, sono attratti da<br />

tutta una serie di dimensioni che rimandano ad elementi immateriali della cultura locale.


Capitolo 3<br />

“Nel mercato affluiscono un po’ tutti, in questa macelleria, durante il periodo estivo, sentiamo<br />

molto la presenta dei turisti che alloggiano nei B&B della zona. L’incremento del turismo sta<br />

dando i suoi frutti. Negli ultimi anni alcune escursioni organizzate da operatori turistici, quali<br />

le società che organizzano crociere garantiscono un flusso quasi costante almeno due giorni a<br />

settimana. Lo stesso vale per alcuni alberghi. Le escursioni forniscono una buona quantità di<br />

clienti”. (R.B., commerciante di frutta)<br />

Dal vendere prodotti a fornire servizi globali<br />

“Nella nostra attività noi vendiamo un servizio, perché chi ha bisogno di un completo intimo può<br />

andare al supermercato a prenderlo, non ha bisogno di venire nel mio negozio”. (T.P., Titolare<br />

impresa omonima, San Donà del Piave)<br />

Così la già citata titolare del punto vendita Yamamay di San Donà del Piave definisce la sua<br />

attività. Vendere un servizio, non un prodotto. In questa affermazione, che a prima vista potrebbe<br />

anche sembrare banale, c’è molto del percorso di adattamento del commercio nel nuovo scenario<br />

postfordista. Perché una persona deve andare in un negozio a prendere un prodotto che può trovare,<br />

magari più facilmente e a un prezzo migliore, in un supermercato? Centrale, in questo senso, è il<br />

concetto di fiducia: il consumatore tende a fidarsi di chi, ritiene, meglio soddisferà la sua domanda.<br />

Se questa domanda è completamente assorbita da facilità d’accesso e convenienza questi tenderà a<br />

dirigersi verso la Grande Distribuzione Organizzata.<br />

Laddove la domanda si fa più complessa, il consumatore richiederà qualcosa in più di un basso<br />

prezzo e di un ampio parcheggio: ad esempio, competenza, specializzazione, affidabilità. È questo<br />

che caratterizzava le vecchie botteghe di quartiere, da quella del macellaio a quella del fruttivendolo.<br />

Diversa, invece, era la modalità di costruzione di questa fiducia, derivante dal rapporto personale e<br />

dalla contiguità spaziale. Una fiducia “a prescindere” dalla competenza, quasi naturale. Una fiducia che<br />

peraltro resiste in gran parte delle realtà territoriali del nostro Paese, in cui la comunità originaria resiste<br />

- talvolta faticosamente - alle trasformazioni che altrove, ad esempio nelle aree metropolitane, sono<br />

indubbiamente più accentuate. Una fiducia naturale, tuttavia, a cui si somma una nuova fiducia che<br />

potremmo definire artificiale, in quanto costruita dal commerciante stesso attraverso la segmentazione<br />

della propria attività, e di conseguenza del proprio mercato in nicchie iper-specializzate, che offrono al<br />

consumatore un surplus sia qualitativo che quantitativo.<br />

“Perché vivendo il quartiere di persona, succede che quando nascono questi grossi centri<br />

commerciali hai subito paura che si perda il contatto, e subito si perde questo contatto, e tu devi<br />

essere bravo se hai certi articoli come la fortuna che ho avuto io, di modificare il tuo tipo di lavoro<br />

e servizio”. (S. A., titolare Prodotti Ittici, Parma)<br />

109


110<br />

Il piccolo commercio dall’economia della prossimità all’economia delle esperienze<br />

Così ha fatto la farmacia Brocchieri nell’aprire due nuove linee di investimento nei settori della cosmesi<br />

e della alimentazione particolare. Ma questa strategia non avrebbe costituito un vantaggio competitivo<br />

senza l’affermazione di una forte specializzazione in questi due segmenti. Così, ad esempio, mentre<br />

“quasi tutte le farmacie hanno delle addette alla cosmetica - racconta il titolare - “io alle ragazze ho<br />

affiancato due farmaciste, una delle quali con una forte propensione per la cosmetica”. Perché? Perché<br />

“un consiglio dato da un farmacista vale dieci volte quello dato da una ragazza e questo ha contribuito<br />

notevolmente a fidelizzare la nostra clientela”.<br />

Un ulteriore caso emblematico, in questo senso, è quello dell’agenzia di comunicazione e marketing<br />

ABC&Marketing di Bologna, che ha sviluppato una vera e propria strategia di global service per venire<br />

incontro alle esigenze di una clientela che richiedeva sempre più riscontri immediati.<br />

“Io, inizialmente, per i clienti che già gestivo, ho offerto il servizio del sito web, demandandolo<br />

ad altre società. Ho trovato una grossa società a dialogare con persone che non avevano una<br />

mentalità orientata al marketing, che vuol dire orientata a dei risultati. Il sito web allora doveva<br />

essere nel migliore dei modi, era una bella vetrina, c’erano persone che facevano siti web e<br />

dicevano al cliente, dammi i testi e ti faccio il sito. E allora dov’è il tuo valore aggiunto? A quel<br />

punto io ho creato invece, ho fatto formazione all’interno, ho creato delle figure, ho trovato le figure<br />

che servivano per fare questo servizio, quindi all’interno dell’agenzia ho la linea di produzione<br />

completa, dall’account, al copyright, al programmatore web, a un paio di grafici che sanno gestire<br />

sia la parte editoriale, depliant, campagne stampa, che la parte web, e una condivisione strategica<br />

orientata agli obiettivi. Questo ci sta portando, arrivo subito alla parte finale, per esempio a<br />

rivalutare enormemente l’attività, la presenza su internet da parte dei nostri clienti e dei nuovi<br />

clienti che abbracciamo”. (D.D., Abc&marketing, Bologna)<br />

Come si legge dalla citazione sopra riportata il tutto è stato possibile attraverso massicci investimenti<br />

in capitale umano e formazione.<br />

La specializzazione come valore aggiunto nel concorrere a creare un servizio globale pare essere la<br />

motivazione che ha spinto il “figlio di un pescivendolo ambulante di Parma”, a portare avanti la sua<br />

personale innovazione del proprio business, che l’ha portato negli anni ad un costante aumento di<br />

fatturato. In questo caso l’idea è stata quella di passare dalla vendita ambulante alla creazione di un vero<br />

e proprio servizio di ristorazione a domicilio.<br />

“Cosa ho fatto di diverso dalla solita routine quotidiana? Mi sono inventato il ristorante a domicilio,<br />

mi sono inventato i piatti da asporto nei quartieri anche di sera, ho acquistato degli automarket<br />

attrezzati e l’ho fatto mettere nei vari quartieri aprendolo dalle 5.30 alle 9 di sera cosicché, quando<br />

la gente arriva a casa dall’ufficio, dalla palestra o da dove è andato, si prende su il classico fritto<br />

misto, la sogliola alla griglia, i sughi già pronti, gli antipasti, cioè dare dei servizi. L’idea è stata<br />

questa, dimezzare i costi di ristorante facendolo mangiare nell’intimità familiare. È una cucina<br />

espressa sotto casa. Questo mi ha portato ad una grossa soddisfazione, sia come tipo di clienti<br />

che come varie tipologie di clientela, perché la nostra tipologia è rivolta a tutti, dal classico<br />

operaio fino agli industriali”. (S.A., titolare Prodotti Ittici, Parma)


Capitolo 3<br />

3.4 Il rapporto tra piccola impresa del commercio e sistema<br />

bancario<br />

Il monitoraggio qualitativo degli atteggiamenti, delle opinioni e delle esperienze che sostanziano il<br />

rapporto tra sistema bancario e piccola impresa hanno rappresentato un punto di attenzione costante<br />

nell’ambito delle diverse edizioni del <strong>Rapporto</strong> sul Capitalismo dei Piccoli, sino ad occupare l’intero<br />

campo di interesse nell’edizione del 2006 dedicata all’evoluzione dei Consorzi Fidi.<br />

Questa edizione, che torna ad occuparsi di un settore specifico di azione della piccola e micro impresa,<br />

intende offrire in questa sezione una panoramica di quanto raccolto sul campo, cercando di evidenziare<br />

eventuali specificità che interessano il settore del piccolo commercio.<br />

In generale il percorso di imprenditorializzazione che interessa ormai da qualche anno la piccola<br />

impresa, e che abbiamo cercato di delineare nei precedenti paragrafi per quanto attiene al piccolo<br />

commercio, vede nell’evoluzione del rapporto tra banca e piccola impresa uno dei suoi banchi di prova<br />

più significativi. Se infatti, sino al recente passato, la leva finanziaria non costituiva uno strumento<br />

granché utilizzato per la gestione e la crescita delle piccole attività commerciali, oggi è possibile<br />

sostenere senza tema di smentita che sia in atto, un significativo processo di crescita della cultura<br />

finanziaria di cui sono portatori, non solo i commercianti, ma anche artigiani e agricoltori. Possiamo<br />

anzi dire che, proprio lo sviluppo di competenze di una sensibilità finanziaria orientata all’impresa,<br />

costituisca una delle variabili di discontinuità nel determinare le possibilità di attraversare efficacemente<br />

il forte processo di selezione cui è stato sottoposto il piccolo commercio e di investire su una nuova<br />

fase di riposizionamento e crescita delle attività imprenditoriali.<br />

È chiaro, tuttavia, che su questo versante le chances di sopravvivenza, consolidamento e sviluppo della<br />

piccola impresa dipendono anche dalle trasformazioni che contestualmente investono l’altro attore in<br />

gioco in questa relazione, ovvero la banca. Prima di entrare nel merito delle opinioni espresse dagli<br />

intervistati sull’insieme delle variabili in gioco nel determinare la qualità della relazione tra banca e<br />

piccola impresa vale la pena di compiere una breve riflessione sulla stessa natura di questa relazione.<br />

Se, infatti, sino a quindici anni fa, gli elementi relazionali di mercato rinvenibili in questo rapporto<br />

erano piuttosto scarsi, considerata la natura di intermediazione istituzionale delle banche di “interesse<br />

pubblico” costitutiva del sistema del credito nazionale sino all’entrata in vigore della Legge Amato nel<br />

1990 e del Testo unico bancario nel 1994, nonché la scarsa efficienza del settore del commercio cui<br />

erano affidate prevalenti funzioni di coesione sociale importanti per la stabilità sociale del sistema-<br />

Paese, i processi di modernizzazione che si sono dispiegati a partire dalla metà degli anni ‘90 hanno<br />

senza dubbio depotenziato gli elementi relazionali finalizzati all’integrazione sociale e sistemica, a<br />

favore di una crescita della componente di mercato.<br />

Così se in precedenza il modello di relazione dai forti connotati di informalità (tipica quella tra piccolo<br />

imprenditore e direttore di filiale) scoraggiava fortemente i processi di crescita e di innovazione<br />

aziendale, in quanto portatori di mutamenti (nella continuità d’impresa, negli assetti proprietari)<br />

fondamentalmente indesiderati da entrambi gli attori, l’introduzione crescente di criteri formali di<br />

111


112<br />

Il piccolo commercio dall’economia della prossimità all’economia delle esperienze<br />

regolazione dei meccanismi di mercato (ad es. gli accordi di Basilea), i fenomeni di ristrutturazione<br />

del settore del commercio (es. l’avvento della GDO) e la nuova centralità dell’utente-cliente hanno<br />

dato avvio ad una ri-definizione progressiva dei rapporti tra banca e piccola impresa in senso più<br />

trasparente e ordinato dal punto di vista della disciplina di mercato.<br />

D’altra parte i noti processi di privatizzazione, aggregazione, fusione, acquisizione sono tutti<br />

fenomeni intervenuti massicciamente a ridefinire l’assetto del sistema bancario, alla luce di nuove<br />

modalità regolative finalizzate ad introdurre crescenti dosi di concorrenza nel settore, hanno impattato<br />

significativamente sulla ri-definizione del rapporto tra banca e piccola impresa. Questa trasformazione<br />

è per altro non di rado stata percepita dalle piccole imprese nei termini negativi: eccessivo turn over<br />

dei referenti bancari con conseguenti risorse da investire per la ricostruzione degli standard di fiducia,<br />

scarsa stabilità delle strutture operative a causa di continui mutamenti organizzativi, revisione dei<br />

processi di affidamento e dei profili di rischio, etc.<br />

Nel racconto degli intervistati emergono i diversi elementi che caratterizzano questa fase di mutamento<br />

del rapporto tra piccola impresa del commercio e banche. Da una parte sussistono modalità di relazioni<br />

sostanzialmente tradizionali, nelle quali il rapporto si esaurisce in una domanda di credito garantita dal<br />

patrimonio familiare o sulla base della credibilità accumulata dalla generazione che ha fondato l’attività,<br />

e che ne ha assicurato la guida nel lungo periodo.<br />

“Tuttora, purtroppo lo devo dire, vado avanti con la fiducia che mi dà mio padre, facendo lui da<br />

garante, non c’è niente da fare. Le banche purtroppo in tutta la trafila dei fidi eccetera, esigono la<br />

firma di mio padre, è sempre stato così”. (A.Z., Librera Bonomo)<br />

“Il problema delle banche, io non l’ho mai avuto, perché la banca secondo me è una di quelle<br />

cose che se non ce n’è ritorniamo al discorso che ci vogliono i genitori che coprono il buco, se<br />

invece vedono che uno sta cavalcando un’onda vincente hai molte richieste anche di più banche,<br />

a me è successo questo, io penso sempre, il mio vecchio papà mi diceva sempre che banche e<br />

assicurazioni sono obbligatorie tutte e due”. (S.A., Pescheria Aiolfi)<br />

Nei casi in cui prevale questa visione tradizionale, la leva finanziaria non viene ancora ritenuta uno<br />

strumento strategico per lo sviluppo dell’attività, pur trovandoci di fronte a piccole imprese che hanno<br />

saputo rinnovarsi sul piano del modello di business. Se tuttavia nel secondo caso citato siamo di fronte<br />

alla classica percezione della banca come “male” necessario, nel primo caso si intravedono problematiche<br />

non ancora risolte sul piano dell’accreditamento che passa attraverso il processo di successione<br />

imprenditoriale: sebbene la generazione entrante abbia ormai preso in mano le redini dell’attività, è<br />

ancora la generazione dei fondatori quelle a cui è demandato il “complicato” rapporto con la banca.<br />

Ma, come evidenziato da un altro intervistato, la difficoltà per i giovani successori di accreditarsi anche<br />

in questo particolare ambito dell’attività imprenditoriale segue inerzie non sempre giustificate. Ne è la<br />

dimostrazione quanto vissuto da un giovane titolare di panetteria, nel corso di una fase di successione<br />

drammatica che lo ha obbligato, unitamente alla banca di riferimento, a gestire una fase di emergenza:


Capitolo 3<br />

“Andando cronologicamente, nel 2001 viene a mancare mio padre, e immaginate le banche con<br />

diverse attività credo 2 milioni 2,5 milioni di euro impegnati vedere un ragazzo di 22 anni che ha<br />

in mano questo, hanno avuto un attimo di tremori. Comunque ci siamo incontrati e siamo riusciti<br />

a preparare una strada in cui siamo andati avanti”. (A.O. Orsatti Group)<br />

In ogni caso, i meccanismi di consolidamento dei meccanismi fiduciari tra piccola impresa commerciale<br />

e banche si muove oggi secondo due modalità principali. Da una parte abbiamo testimonianze di<br />

relazioni banca-imprese che perseguono la via del capitale sociale informale basato fortemente <strong>sulle</strong><br />

relazioni interpersonali di lungo corso, dall’altra relazioni che puntano ad una maggiore formalizzazione<br />

e trasparenza, secondo i dettami di Basilea 2.<br />

“Le banche mi sono state vicino nel lavoro normale, in cui ci hanno sempre sostenuto, quindi nella<br />

normale quotidianità abbiamo sempre avuto un sostegno da parte delle banche. Quando l’anno<br />

scorso anche per questioni personali nostre abbiamo deciso di fare un acquisto immobiliare del<br />

nuovo punto vendita alcune banche, ci ha un po’ lasciato in mezzo ai guai. Fortunatamente c’era<br />

una banca locale che non adotta il rating di Basilea II. Era radicata sul territorio, radicata sul<br />

territorio, piccola banca, ci conosce da quando eravamo piccolini, per prossimità, non ha avuto<br />

problemi”. (G.P., Spendibene Maxishop)<br />

“Dialogare con le banche, per me vuol dire presentare il programma e il progetto per ogni singolo<br />

piano che vogliamo fare, e poi dimostrare che siamo in grado di realizzarlo. Verso le banche il<br />

nostro rapporto è sempre stato totalmente trasparente: possono avere accesso a tutti i nostri dati,<br />

quando e come vogliono. Non ci sono problemi. Questo viene sempre fatto, in ogni momento.<br />

Crediamo che questo abbia giocato molto, per essere poi aiutati in questo senso. Abbiamo<br />

sempre pagato i nostri conti, perché abbiamo sempre considerato la banca socia della nostra<br />

azienda”. (E.C. Artech)<br />

È evidente come nel primo caso obiettivo dell’imprenditore, ma anche della piccola banca cui egli si<br />

è affidato, fosse orientato ad attivare uno strumento creditizio relativamente semplice (mutuo), mentre<br />

nel secondo caso la banca non sembra più rappresentare semplicemente un fornitore di denaro, ma<br />

piuttosto un partner capace di aiutare l’impresa a sviluppare il proprio business, offrendo prodotti<br />

finanziari utili e adatti alle esigenze espresse dall’impresa in quella particolare fase del suo corso di<br />

vita. Ciò appare non secondariamente legato alla professionalizzazione del titolare in campo finanziario,<br />

ma anche alla capacità del rappresentante della banca di porsi come soggetto che, in qualche modo,<br />

condivide i rischi connessi ad una scommessa imprenditoriale.<br />

Ovviamente quest’ultima modalità di relazione deve ancora trovare piena applicazione nella pratica<br />

quotidiana. Non di rado l’impresa, specie quando si tratti di una start-up, oltre a ricorrere a capitali<br />

propri (quando presenti) ottiene un valido supporto da parte delle strutture Confidi delle Associazioni<br />

di Categoria.<br />

113


114<br />

Il piccolo commercio dall’economia della prossimità all’economia delle esperienze<br />

“Le banche non ci hanno mai finanziato assolutamente, grazie a Confesercenti che tramite Confidi<br />

Lombardia ha messo una garanzia del 30% del finanziamento che noi volevamo andare a correre,<br />

io tra l’altro ripeto ero partito con una macchina di 14 anni dal lago di Iseo e non eravamo<br />

riusciti ad arrivare perché si era fermata, non avevo soldi, e in quel periodo la Confesercenti ci<br />

spalleggiava in quel sistema, e le banche si appoggiavano a Confesercenti, più che a noi perché<br />

non ci conoscevano essendo noi lontani da casa, quindi grazie a Confesercenti ci è riuscito di<br />

contattare una banca, loro ci hanno appoggiato come garanti, tutti gli altri hanno sempre rifiutato<br />

questo progetto”. (M.G., Ristohsawa)<br />

Come già evidenziato anche in altre occasioni (<strong>Rapporto</strong> Capitalismo dei Piccoli, 2004), una delle<br />

tematiche che restano ancora oggi irrisolte rimanda al finanziamento da parte del credito bancario<br />

di start-up di attività alla base delle quali vi è un investimento di carattere immateriale e di abilità<br />

individuale, cioè su un elemento che offre poche o nulle garanzie reali e che richiede particolare perizia,<br />

ancorché volontà e convenienza, nella valutazione del rischio e delle potenzialità da parte del personale<br />

bancario, che, non dimentichiamolo, è un attore fondamentale per instaurare una relazione positiva con<br />

il cliente small business.<br />

“Ho bisogno di lavorare con delle banche che hanno dietro delle persone che rischiano con me.<br />

C’è poco da dire, bisogna andare in banca e trovare un direttore che abbia la sensibilità a livello<br />

commerciale e che dica sì, ti finanzio, credo in te e nel tuo progetto, e ti finanzia al di là di qualsiasi<br />

rischio che tu possa correre. [...] Penso che senza di lui, non senza quella banca, senza di lui<br />

non ce l’avrei mai fatta. Quello che voglio dire è questo, più che avere la banca bisogna avere le<br />

persone all’interno della banca, che abbiano coraggio, gli imprenditori hanno coraggio, abbiamo<br />

bisogno di banche che abbiano coraggio di rischiare con noi”. (T.P., impresa omonima)<br />

Da questo punto di vista alcuni intervistati percepiscono la situazione in Europa più favorevole al<br />

finanziamento delle idee imprenditoriali. Le banche straniere sarebbero più capaci di affiancarsi<br />

all’imprenditore, potendo così assumere più elementi per decidere eventuali modalità di finanziamento e<br />

concorrere, così ad abbattere notevolmente i vincoli finanziari interni ai portatori di idee imprenditoriali<br />

interessanti.<br />

“Dovrebbero essere un po’ più snelle, affiancarsi all’imprenditore, come fanno le banche all’estero.<br />

Se un qualsiasi imprenditore ha bisogno di sviluppare un progetto e chiede un finanziamento non<br />

è che glielo danno semplicemente, si affiancano all’imprenditore, magari entrano nel consiglio<br />

d’amministrazione e cercano di dare una mano. Questo secondo me è il grosso limite delle banche<br />

da noi, come funziona: chiedo 10, ma te li do solo se ne hai 20 di garanzia, e poi tu mi dai quei dieci<br />

e finisce li, ti lasciano abbandonato. Qui partiamo dal concetto che ci sono state “sole” per tantissimi<br />

anni e quindi dal presupposto che ti chiedo i soldi e prima o poi mi darai la “sola” quindi devo fare<br />

tantissimi controlli. All’estero fanno il contrario, te li chiedi i soldi, ma prima devi dimostrarmi che il<br />

progetto è interessante e se lo è, io vengo con te e te lo finanzio, quando sarà tutto a posto io ti lascio<br />

e te vai con le gambe tue. Secondo me è la cosa migliore”. (A. B., Farmacia Brocchieri)


Capitolo 3<br />

Vi è comunque consapevolezza che l’atteggiamento prudente delle banche sia dettato anche da<br />

una presunta scarsa cultura della trasparenza del richiedente, per altro giustificata da una pratica<br />

imprenditoriale desumibile dall’esperienza che evidenzia opacità nei comportamenti dell’imprenditore,<br />

scarsa patrimonializzazione dell’attività aziendale a fronte di una buona consistenza finanziaria sul<br />

piano personale-familiare.<br />

A questo quadro tradizionale se ne va delineando, come già accennato, un altro. Si tratta di quel nucleo<br />

di imprese del commercio, tra le quali spiccano significative esperienze di internazionalizzazione, che<br />

hanno compiuto un passo significativo in direzione di un sistema di relazioni con la propria banca di<br />

riferimento (riducendo tra l’altro in modo significativo il fenomeno del multiaffidamento) alla cui base<br />

è rinvenibile un’evoluzione della cultura finanziaria.<br />

“È molto importante, perché noi operando soltanto con aziende partner che sono all’estero<br />

e sono anche fuori dall’Europa, abbiamo bisogno di una banca in grado di fare le procedure<br />

estere per quanto concerne l’attività. Perché non tutte le banche lo fanno alla stessa<br />

maniera; adesso non vorrei fare una classificazione di A, B e C, però noi ultimamente stiamo<br />

utilizzando soltanto ad esempio una banca proiettata all’estero per certe operazioni, perché<br />

gli altri arrivano troppo in ritardo; ormai, con i sistemi di trasferimento elettronico devono<br />

essere visti i pagamenti, immediatamente. Pertanto l’internazionalizzazione è importante, e<br />

devo anche dire questo: che quando all’estero ci vengono chieste referenze, chiaramente,<br />

mettendo in elenco una banca conosciutissima come la nostra, siamo agevolati. Ovviamente,<br />

a noi servono banche snelle in grado di operare in campo internazionale. Anche perché noi,<br />

essendo un’azienda piccola non ci possiamo permettere di avere persone dedicate a fare<br />

questo; pertanto noi deleghiamo alla banca tutta questa attività, che fanno per nostro conto.<br />

Io non ho un direttore finanziario, che mi segue tutto in modo particolare; noi, la contabilità<br />

abbiamo fatto la scelta di portarla fuori. Ma tutto quello che sono gli ordini di pagamento,<br />

queste cose importanti o attività internazionali che partono da me o da mia moglie, diamo<br />

il ‘la’ con una e-mail e qualcuno deve andare avanti da solo, e deve andare avanti molto<br />

rapidamente. Pertanto, il partner banca che fa al meglio l’operazione e rapidamente, è quello<br />

che noi privilegiamo perché mi evita anche di dover avere una struttura per seguire quelle<br />

cose lì”. (E.C. Artech)<br />

L’estrazione tecnico-commerciale dei titolari di piccola impresa, nonché la concorrente debolezza<br />

dell’articolazione organizzativa della gestione finanziaria, ha sino ad oggi condizionato fortemente<br />

la crescita della cultura finanziaria dell’impresa, concorrendo a determinare una situazione di<br />

fragilità sul lato della capitalizzazione delle imprese. Oggi cominciamo ad avere esempi, anche<br />

grazie all’azione di alfabetizzazione finanziaria portata avanti dalle associazioni di rappresentanza,<br />

di soggetti che interloquiscono in modo più trasparente e più complesso con il proprio referente<br />

bancario. Dall’altra le banche, specie quelle che abbiano costituito unità specializzate nella gestione<br />

dello small business, si stanno attrezzando per accrescere la propria capacità di valutazione dei<br />

progetti imprenditoriali, dotandosi di personale formato per valutare le opportunità di business dei<br />

propri clienti e mettendo a punto prodotti e servizi personalizzati, così da coniugare il più possibile<br />

115


116<br />

Il piccolo commercio dall’economia della prossimità all’economia delle esperienze<br />

la domanda sempre più articolata proveniente dal mondo delle imprese con il quadro regolativo di<br />

Basilea 2.<br />

È chiaro che si tratta di una fase di evoluzione nella quale i diversi attori in gioco (imprese, banche,<br />

rappresentanze, confidi, etc.) vanno ridefinendo i propri rapporti su meccanismi fiduciari formali.<br />

Se un tempo le forme di accumulazione di capitale sociale derivante dalla relazione tra banca e<br />

impresa rimandavano a elementi di cooperazione consuetudinari tra gli agenti di una comunità che<br />

si trasformavano in fattore di produzione, in quanto facilitatore della circolazione di conoscenze tra i<br />

soggetti, i mercati, gli avvenimenti, oggi siamo di fronte ad un processo di costruzione consapevole di<br />

relazioni strumentali che devono necessariamente tenere insieme prossimità ed efficienza.<br />

3.5 Conclusioni (a cura di Enzo Rullani)<br />

Il piccolo commercio ha finora pensato sé stesso, in negativo, come un concentrato di assenze di<br />

debolezze competitive. Quasi che, nel confronto aperto, gli avversari avessero in mano tutte le carte<br />

vincenti. Ma oggi - la risposte che abbiamo avuto nelle interviste lo documentano - non è più così. Anche<br />

il piccolo commercio, se presta la dovuta attenzione all’innovazione e fa gli investimenti necessari per<br />

realizzarla, è in possesso di una risorsa competitiva importante: l’intelligenza diffusa che è in grado di<br />

mettere in comunicazione, sulla base di un rapporto interpersonale, l’universo mondo della tecnologia,<br />

in continua e indefinita espansione, con l’evoluzione altrettanto rapida dei significati, dei desideri, delle<br />

passioni che nascono nella mente e nel cuore di ogni consumatore. E che non possono essere riportate<br />

al banale possesso di un oggetto standard, visto sugli scaffali di qualche ipermercato e comprato senza<br />

troppa cognizione di causa.<br />

È vero, i consumatori di oggi stanno sempre più separando, nella loro visione del mondo, un sistema<br />

di beni e servizi low cost per tutte le cose in cui interessa perdere poco tempo, spendere pochi soldi e<br />

avere a disposizione le prestazioni essenziali. Ogni complicazione e offerta aggiuntiva richiede tempo,<br />

consuma denaro e pregiudica la semplicità di uso. Questi oggetti e servizi low cost dovranno essere<br />

prodotti da una filiera che abbatte i costi in ogni fase della catena del valore, nessuna esclusa. Come<br />

si può fare? Usando le macchine col massimo della standardizzazione, ripetitività e impersonalità<br />

possibile: le ICT consentono oggi di portare i criteri della produzione di massa anche nel campo<br />

dei servizi. Su questa parte del mercato, il piccolo commercio non ha chances: la logica del minimo<br />

costo premia le grandi organizzazione produttive e le intelligenze centralizzate, attrezzate in modo da<br />

ri-utilizzare la stessa conoscenza per migliaia o milioni di volte.<br />

Ma l’economia della modernità che possiamo intravedere all’orizzonte, e che già informa una quota<br />

importante dell’economia di oggi, non si esaurisce certo nelle produzioni low cost. C’è di più e d’altro.<br />

C’è un prepotente bisogno di qualità e di senso, che non riguarda tutti gli aspetti della vita, ma quelli a<br />

cui consumatori, lavoratori, imprenditori, cittadini - con l’aggiunta dei risparmiatori “etici” o sociali -<br />

danno importanza. C’è bisogno, inoltre, di garanzie e di competenze affidabili ogni volta che si affronta<br />

un problema complesso, dove molte sono le soluzioni possibili ma poche le idee su come sceglierle


Capitolo 3<br />

e portarle avanti nel corso del tempo: anche in questo caso, la gente non cerca il low cost, ma un<br />

rapporto di servizio, o di co-apprendimento, insieme ad un esperto che possa stare al tuo fianco mentre<br />

si progetta che cosa fare e mentre, poi, si “aggiusta” il disegno iniziale, con tutti gli adattamenti e gli<br />

inconvenienti del caso.<br />

Qualità, senso, complessità, assunzione di rischi sono tutti campi in cui la risposta non può venire che<br />

da un’intelligenza diffusa che si pone a fianco delle persone e delle imprese direttamente interessate<br />

ad un problema. Un’intelligenza che metta persone e imprese a contatto con una rete di specialisti<br />

e di idee nuove, che non possono essere usare dal grande pubblico senza disporre di interpreti,<br />

mediatori, garanti affidabili. Tutti hanno bisogno oggi da far parte di reti che collegano le competenze<br />

sempre più estese e differenziate della scienza con una potenziale domanda che è sempre più difficile<br />

da interpretare, mobilitare, appassionare. Almeno fino a che non si capisce che serve una rete di<br />

connettori intelligenti che realizzino il legame, creando la trama giusta delle scelte e dei percorsi<br />

seguiti da ciascuno.<br />

In questa prospettiva, il piccolo commercio, in quanto apportatore di una intelligenza diffusa<br />

declinabile a rete e vicina al consumatore, può riguadagnare la centralità che in passato aveva perso.<br />

I casi studiati ce lo dicono. Ormai i commercianti di successo non vendono soltanto prodotti e<br />

nemmeno soltanto servizi: vendono idee. Vendono affidabilità. Vendono significati coinvolgenti. E lo<br />

fanno, ovviamente, non in quanto piccoli commercianti, ma se si attrezzano a svolgere questa nuova<br />

funzione, che può partire - certo - dalla bottega e dal rapporto pre-esistente con un certo gruppo di<br />

consumatori e di fornitori, ma deve “prendere sul serio” una prospettiva di cambiamento. Quella<br />

che porta alla costruzione di un nuovo modello di business, per cui il piccolo commerciante (ma<br />

potremmo chiamarlo in altro modo: il nuovo imprenditore dei servizi, ad esempio) produce e vende ai<br />

suoi clienti una risorsa rara e richiesta: l’intelligenza diffusa espressa da lui, come persona, e dalla rete<br />

di specialisti grandi e piccoli che egli è in grado di mobilitare, mettendola al servizio della domanda<br />

che ha un bisogno di qualità, di senso, di garanzia, di relazione. Se i potenziali clienti - che devono<br />

essere cercati in uno spazio ampio e con canali efficienti di comunicazione - riconoscono il vantaggio<br />

competitivo di cui questo o quell’imprenditore commerciale si è guadagnato, il prezzo ricavato basterà<br />

a fare profitti e a rendere convenienti nuovi investimenti, che portino avanti il cammino intrapreso.<br />

La rivoluzione delle funzioni di intermediazione è infatti solo all’inizio. Forze potenti promettono di<br />

aprirle spazi crescenti nel corso del tempo. I primi passi, documentati dalle interviste, sono appunto<br />

i primi passi: il percorso sarà lungo, ma chi per primo ha cominciato l’esplorazione di questo nuovo<br />

continente ha probabilmente maggiori probabilità di fare, per strada, le esperienze decisive nella<br />

costruzione di vantaggi competitivi difendibili.<br />

Certo, per la maggior parte delle imprese, il passaggio non è indolore. Servono, prima di tutto,<br />

investimenti, per non ridurre tutto alla micro-innovazione e al piccolo cabotaggio su aree marginali<br />

di innovazione. E qui un diverso rapporto con la finanza per l’innovazione e col credito bancario può<br />

essere determinante. Soprattutto servono decisioni coraggiose che rompano le incrostazioni culturali<br />

e sociali create dal passato, rivendicando coraggiosamente lo spazio necessario per la costruzione di<br />

questi nuovi modelli di business.<br />

117


118<br />

Il piccolo commercio dall’economia della prossimità all’economia delle esperienze<br />

Non bisogna sottovalutare il peso del passato nell’esperienza dei singoli imprenditori del commercio,<br />

delle loro associazioni, e dell’intero sistema di cui fanno parte. Quel passato pesa anche oggi, e rende<br />

molti diffidenti verso l’innovazione, ostili alle liberalizzazioni e scettici verso gli investimenti da fare.<br />

In realtà bisogna capire da un lato le ragioni che ci hanno condotto sin qui; e le ragioni - altrettanto<br />

forti - che oggi impongono un cambiamento di direzione e di passo. Certi schematismi, ereditati dalla<br />

storia passata, vanno superati, da tutte le parti in causa. E la ricerca può contribuire a situare in modo<br />

corretto il dibattito in corso.<br />

Il piccolo commercio, in passato, ha subito la modernizzazione come un male necessario: qualcosa<br />

di inevitabile, a cui occorre dunque adattarsi; ma anche qualcosa di lontano, imprendibile, che non<br />

crea opportunità, ma solo minacce. Fino a che l’intermediazione commerciale non aveva alternative<br />

credibili, questa cesura tra le forme del piccolo commercio e la rivoluzione tecnica ed organizzativa<br />

portata avanti dalla modernità non ha avuto effetti dirompenti, salvo un progressivo aumento dei<br />

prezzi relativi nel terziario (tra cui il terziario commerciale) rispetto all’industria. Ma poi le cose<br />

sono cambiate, quando ha cominciato a svilupparsi un’alternativa temibile, e moderna: la Grande<br />

Distribuzione Organizzata.<br />

Da allora è cominciato un confronto che molti hanno descritto come quello di Davide contro Golia.<br />

Il diritto dei piccoli a sopravvivere, presidiando spazi importanti della vita urbana e sociale; contro<br />

la forza dell’efficienza messa in campo dalla GDO, che spesso ha trovato dalla sua le preferenze di<br />

quei consumatori - e sono tanti - particolarmente attenti a risparmiare tempo e a comprare a prezzi<br />

convenienti, due caratteristiche tipiche degli acquisti fatti al supermercato o all’ipermercato.<br />

Questo confronto ha avuto due esiti negativi che oggi, come la ricerca dimostra, cominciano per fortuna<br />

ad essere superati.<br />

Da un lato ha schiacciato la nozione di modernità su quella della produzione di massa, che,<br />

nell’industria è stata rappresentata dalla fabbrica fordista e nel commercio ha preso la forma del<br />

servizio standardizzato e impersonale della GDO tradizionale. Ma la modernità aveva molte più frecce<br />

al suo arco: nel campo industriale il fordismo è in crisi da più di trenta anni, e la sua preferenza<br />

per lo standard e le prescrizioni ha lasciato spazio alla flessibilità delle reti e all’intelligenza<br />

dell’economia imprenditoriale e di territorio. Ma nei servizi, questo passaggio della modernità sul<br />

terreno postfordista - della creazione di desideri, esperienze, percorsi maggiormente differenziati<br />

e complessi - è arrivato con ritardo. E sta prendendo forma adesso, come ci dicono i molti casi<br />

selezionati dalla ricerca. C’è un’innovazione delle forme di intermediazione commerciale che comincia<br />

ad utilizzare elementi portanti della modernità postfordista, come le ICT, il valore dei significati che<br />

sono associati alle prestazioni materiali, le reti lunghe di divisione del lavoro e di condivisione della<br />

conoscenza. E su questo fronte, la distanza che un tempo separava piccoli e grandi diventa meno<br />

decisiva: i piccoli, lavorando a rete e specializzandosi in funzioni di nicchia, possono rimediare al<br />

deficit di economie di scala che li ha sempre frenati, mettendo invece a frutto le loro competenze<br />

ed esperienze sul piano del legame fiduciario col cliente, della personalizzazione del servizio, della<br />

creatività nell’offerta. D’altra parte, anche i grandi (della GDO) stanno rapidamente virando in questa<br />

direzione, seguendo la spinta dell’evoluzione tecnologica, che li conduce verso le reti, e i desideri


Capitolo 3<br />

dei consumatori che vogliono più varietà, più personalizzazione, più contatti interpersonali anche<br />

nelle asettiche strutture di vendita che una volta venivano offerte da supermercati e ipermercati.<br />

Dove, oggi, si comincia a trovare di tutto, ibridando vecchio e nuovo, grande e piccolo, low cost e<br />

consumo esperienziale.<br />

Una parabola simile la troviamo nel campo opposto, quello del piccolo commercio. Che parte da una<br />

posizione molto distante dai modelli della GDO, e che si avvicina col tempo alla modernità postfordista<br />

di oggi, attenuando le differenze dimensionali e di cultura imprenditoriale.<br />

La rigida contrapposizione di campo che abbiamo avuto in passato, tuttavia, ha creato anche dal lato<br />

del piccolo commercio abitudini culturali e scelte di politica associativa che sono rimaste schiacciate<br />

sui modelli di business tradizionali, sulla base di una ipotesi (oggi sempre meno vera) di mancato<br />

incontro con la modernità. Fino a che il piccolo commerciante non vede un potenziale di business o<br />

di sopravvivenza nelle forme suggerite e portate avanti dalla modernità (vecchio tipo), è abbastanza<br />

logico che le sue chance di sopravvivenza competitiva siano giocate difendendo ad oltranza il modello<br />

di business tradizionale, che - concentrandosi sul servizio di prossimità e sul presidio - punta al<br />

controllo esclusivo degli spazi urbani e sociali, occupati dal circuito distributivo dei piccoli negozi e<br />

delle micro-imprese di servizio.<br />

Di qui la tendenza, nel corso del tempo, a resistere alle innovazioni, che quel circuito avrebbero<br />

scompaginato, e a proteggere le posizioni occupate. Qualche volta in modo efficace; la maggior<br />

parte delle volte in modo illusorio. Licenze, categorie merceologiche, orari tassativi di apertura e di<br />

chiusura, restrizioni normative alla libertà di insediarsi, alle tipologie edilizie, ai metri quadri da mettere<br />

a disposizione del cliente nello spazio di vendita: la storia del confronto tra il piccolo commercio e i<br />

suoi competitors, variamente arbitrata dal potere pubblico, ha riempito le pagine della storia del nostro<br />

Paese e della cronaca di tutti i giorni.<br />

Ma anche questo disincanto del commercio, rispetto ad una modernità imprendibile e dunque nemica,<br />

ha perso le sue ragioni di fondo nel momento in cui la società e l’economia hanno cominciato a<br />

riscoprire l’importanza della flessibilità, della personalizzazione, dei significati, delle reti: tutte cose<br />

che, senza escludere la GDO che voglia innovare, sono potenzialmente “amiche” delle piccole imprese<br />

commerciali e di servizi. Sempre che non siano semplicemente adagiate sulla difesa dei vecchi modelli<br />

di business e sulla diffidenza verso il nuovo.<br />

Quante sono le imprese del piccolo commercio disposte a trovare un nuovo terreno di intesa con la<br />

modernità? La ricerca ci suggerisce che il mondo del commercio è abbastanza differenziato, avendo<br />

stratificato nel tempo visioni delle cose divergenti: alcune assolutamente scettiche verso il nuovo,<br />

altre aperte invece alla sperimentazione di nuove modalità di svolgere il mestiere di imprenditore e di<br />

intermediare le filiere produttive, nel loro rapporto verso il consumatore.<br />

Un ruolo fondamentale, a questo riguardo, possono svolgerlo le associazioni, le banche e le stesse<br />

imprese industriali, perché chiedendo o offrendo nuovi servizi e nuove idee possono aiutare il settore,<br />

o almeno della maggior parte di esso, ad avvicinarsi al nuovo spazio di opportunità che si sta aprendo.<br />

119


120<br />

Il piccolo commercio dall’economia della prossimità all’economia delle esperienze<br />

Gli stessi consumatori, oggi più esigenti, attivi e collegati in rete rispetto ad un tempo - si pensi alle<br />

numerose comunità di consumatori che contribuiscono a definire i significati delle esperienze fatte da<br />

ciascuno - possono indicare al piccolo commercio, con cui entrano in contatto, quanto valore possa<br />

avere un’intelligenza commerciale diffusa sul territorio, che lavora a stretto contatto col consumatore<br />

finale.<br />

La ricerca mette in evidenza come le formule imprenditoriali che oggi sono sperimentate nelle aziende di<br />

servizi associano l’innovazione del modello tradizionale con l’esplorazione di nuovi terreni: la creazioni<br />

di significati e di esperienze non consuete (sense-making), la mediazione di filiera, che fornisce un<br />

contatto affidabile intelligente ai diversi soggetti a monte, a valle e in linea orizzontale; lo sviluppo di un<br />

rapporto coinvolgente col cliente che sceglie di affidare ad una certa impresa certi aspetti della sua vita,<br />

cercando un rapporto di global service. La costruzione di comunità che non siano solo di prossimità è<br />

oggi un’altra grande promessa che scuote l’organizzazione dei consumi.<br />

Le scelte sopra richiamate, che organizzano le risposte degli intervistati, si appoggiano a forze evolutive<br />

che continueranno a lungo a spingere le scelte imprenditoriali in questa direzione.<br />

Prima di tutto, l’evoluzione che valorizza l’intelligenza diffusa si appoggia alle ICT che rendono possibile<br />

ampliare le reti di specialisti con cui entrare in contatto, consentendo ad ogni impresa della rete di<br />

diventare a sua volta specialista in un campo di eccellenza e di andare a cercare i potenziali clienti in<br />

uno spazio molto più esteso di una volta. Se poi si vende un servizio immateriale, lo spazio diventa<br />

rapidamente l’economia globale.<br />

D’altra parte, anche il consumatore cambia per effetto della sempre più diffusa disponibilità di<br />

reti ICT che rendono mobile e on-line la relazione tra consumatore e filiere a cui egli si rivolge,<br />

direttamente o con l’aiuto - come abbiamo detto - di mediatori intelligenti che stanno al suo fianco.<br />

Lo stesso accade per la produzione, ossia per le fasi che stanno a monte delle filiere produttive. I<br />

produttori manifatturieri tendono a specializzarsi ad offrire prodotti e servizi nuovi, rivolti a pubblici<br />

diversi da quelli consueti (segmenti specializzati e emergenti di consumo), con investimenti rilevanti<br />

per comunicare direttamente con il consumatore finale (marchi, rete distributiva diretta, reti in<br />

franchising).<br />

L’intermediazione commerciale può da un lato essere parte di questa trasformazione, offrendo ai<br />

produttori e ai consumatori il tipo di rapporto funzionale alla trasformazione postfordista della produzione<br />

e del consumo; o può essa stessa diventare parte attiva di questa trasformazione, proponendo propri<br />

modelli di servizio o di prodotto, anticipando le tendenze generali anche nei confronti dei produttori<br />

industriali.<br />

Il business commerciale, in questo quadro, può essere innovato agendo su diverse funzioni:<br />

a) creazione di significati originali o intermediazione degli stessi verso il consumo, se sono elaborati<br />

dall’industria;<br />

b) consulenza verso il consumo per organizzare soluzioni e servizi personalizzati;<br />

c) servizio logistico verso monte (ricerca e collegamento col fornitore migliore) e verso valle (consegna<br />

a domicilio o forme alternative di servizio);


d) garanzia;<br />

Capitolo 3<br />

e) servizio applicativo da svolgersi per organizzare l’ambiente di consumo in modo appropriato,<br />

modificare i prodotti o il loro uso quando serve, riduzione dei rischi per il consumatore in consumi<br />

complessi e di rilevante investimento.<br />

Si tratta di una prospettiva che, come abbiamo detto, ha grandi chances in tutti i campi in cui esiste<br />

un bisogno complesso da soddisfare: gestione degli edifici e degli spazi connessi; gestione della casa<br />

(domotica, riparazioni); gestione della documentazione; gestione della logistica e dei flussi; gestione<br />

delle reti informatiche e dei circuiti comunicativi.<br />

A questi si accompagnano campi di grande complessità in cui si attendono rilevanti investimenti privati<br />

e pubblici:<br />

la gestione dei cicli energetici (risparmio, fonti rinnovabili, edilizia per lo sviluppo sostenibile<br />

ecc.);<br />

gestione dell’ambiente (inquinanti, rifiuti, riduzione delle emissioni di gas serra, ecc.);<br />

gestione della sicurezza delle persone, delle cose e dei negozi;<br />

gestione dei flussi di traffico urbano;<br />

gestione dei flussi turistici nelle città d’arte;<br />

gestione dei servizi on demand che, grazie alle reti mobili, sostituiscono beni in proprietà (auto,<br />

magazzini, computers ecc.), con risparmio di capitale e riduzione dei rischi a vantaggio del<br />

cliente.<br />

La risposta anticipatrice alla domanda latente di nuovi servizi e di nuove competenze richiede,<br />

in definitiva, che sia catturata l’attenzione imprenditoriale verso queste prospettive di business.<br />

Ma richiede, al tempo stesso, un importante investimento immateriale da parte dell’imprenditore<br />

commerciale.<br />

Diventano infatti rilevanti:<br />

la qualità del capitale umano disponibile (maggiore qualificazione, maggiori costi del personale,<br />

investimenti in formazione);<br />

la ricerca e sviluppo per mettere a punto le innovazioni;<br />

la creazione e comunicazione di significati originali ed esclusivi, con relativi marchi o brevetti<br />

protetti;<br />

lo sviluppo di tecnologie e codici ICT, sia per il knowledge management interno (cataloghi, soluzioni,<br />

category management), sia per la gestione degli ordini nella filiera (ERP), sia per l’interazione con i<br />

consumatori a valle;<br />

l’organizzazione di un circuito logistico a monte e a valle;<br />

121


122<br />

Il piccolo commercio dall’economia della prossimità all’economia delle esperienze<br />

l’organizzazione di servizi di garanzia e di personalizzazione rivolti al cliente;<br />

l’organizzazione di un sistema organizzato di fornitura, con prezzi e qualità garantita;<br />

la costruzioni di reti che consentano di fare economie di scala nel riutilizzo delle conoscenze<br />

(accesso a reti stabili di fornitori specializzati, franchising e alleanze commerciali).<br />

Le imprese commerciali attuali hanno investimenti limitati e soprattutto in beni materiali (magazzino,<br />

edifici, aree) o in licenze istituzionalmente protette. Non sono attrezzate né culturalmente né<br />

finanziariamente per realizzare questa transizione.<br />

C’è dunque da immaginare una trasformazione profonda delle persone e dei modelli imprenditoriali del<br />

settore, per far posto a imprese innovative che facciano le cose sopra richiamate.<br />

Inoltre bisogna mettere l’accento sulla precarietà del rapporto con la finanza, richiamato in molte<br />

interviste: in un settore in cui le imprese si basano in gran parte sull’autofinanziamento e in cui i<br />

finanziatori esterni usano soprattutto la leva del credito commerciale, è difficile finanziare gli<br />

investimenti immateriali sopra in capitale intellettuale e relazionale, sopra richiamati, con l’ordinaria<br />

amministrazione dei rapporti societari in essere e con il flusso di autofinanziamento corrente.<br />

In che modo potranno essere finanziati gli investimenti immateriali a rischio che sopra abbiamo<br />

ricordato?<br />

Servono nuove strutture societarie (società di capitali, joint ventures, nuovi soci) e nuovi circuiti<br />

finanziari, adatti alla dimensione delle imprese e alla specificità di ciascuna, tenuto conto anche del<br />

rilevante peso che le persone hanno entro l’impresa.<br />

Serve, infine, un rapporto diverso col territorio, che non può rimanere neutrale. È vero che il piccolo<br />

commercio ha finora presidiato il territorio in forme che hanno mirato più a conservare la trama di<br />

rapporti esistente che ad innovarla. Ma, come abbiamo detto, le cose cambiano e possono cambiare<br />

ancora di più per effetto delle potenzialità che ad ogni livello aumentano il valore assegnato all’intelligenza<br />

diffusa. Molti territori, che si avviano ad essere non-luoghi, privi di identità e di reti sociali efficaci,<br />

hanno tutto da guadagnare se si riesce a mettere in moto un processo di rigenerazione delle identità e<br />

delle reti sociali appoggiandosi alla nuova imprenditorialità dei servizi, che produce e vende qualità,<br />

senso, garanzia, relazioni affidabili e personalizzate.<br />

Ogni trasformazione importante in tema di servizi e di commercio ha un rilevante impatto sul territorio:<br />

che da una parte è una risorsa, più o meno capace di facilitare i processi di innovazione delle imprese;<br />

e dall’altra è destinatario delle innovazioni messe in cantiere dalle imprese, che modificano flussi,<br />

residenze, valori delle aree, abitudini di consumo, qualità e quantità dell’occupazione locale.<br />

La politica delle istituzioni può influire in diversi modi <strong>sulle</strong> trasformazioni del commercio, soprattutto<br />

in rapporto alla gestione dei luoghi e dei flussi di consumo. D’altra parte le imprese, con le loro proposte<br />

e le loro disponibilità, possono influire <strong>sulle</strong> scelte fatte dalle istituzioni del territorio, perseguendo<br />

questa o quella politica.


Capitolo 3<br />

Il circuito è aperto: l’economia reale spesso corre più velocemente di quanto facciano le sue<br />

rappresentazioni, specie quando queste prendono forma politica, cristallizzando i ruoli entro vecchie<br />

matrici di significato, che reggono sempre meno.<br />

È solo tornando ai dati reali, come fa questa ricerca, e facendo parlare gli interlocutori che hanno<br />

già compiuto un pezzo del cammino, che si possono scoprire spazi promettenti di esplorazione e<br />

di crescita per tutti. Dove anche il piccolo commercio possa recuperare un rapporto positivo con la<br />

modernità, mettendo fine ad una storia di distanze e di paure che è durata sin troppo.<br />

123

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