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Orchestra
Orchester
19. novembre/November 1987
ore 20.30 Uhr
20. novembre/November 1987
ore 20.30 Uhr
21. novembre/November 1987
ore 20.30 Uhr
23. novembre/November 1987
ore 21 Uhr
BOLZANO/BOZEN
Kulturhaus
MERANO/MERAN
Teatro Puccini/Stadttheater
ORT1SEI/ST. ULRICH
Palazzo dei congressi/Kongresshaus
TRENTO
Auditorium
Alun Francis
direttore/Dirigent
ha studiato composizione e corno al Royal
Mancester College of Music, e all’età di 18 anni
è entrato nell’organico della Halle Orchestra e
poi alla Bournemouth Symphony Orchestra.
Due anni dopo ha partecipato e vinto un
concorso per direzione d’orchestra e da quel
momento la sua carriera è proseguita sulla
strada della direzione d’orchestra.
Alun Francis ha diretto più di 60 orchestre in
più di 20 paesi. Collabora regolarmente con
orchestre tedesche, italiane, olandesi, americane.
In Inghilterra ha diretto le principali
orchestre fra cui la Philharmonia, la Royal
Philharmonic, la London Symphony, la English
Chamber Orchestra, la London Mozart Players.
Il suo repertorio comprende anche numerose
produzioni di opera e la sua specialità sono
opere di Verdi, Donizetti e Puccini. È considerato
uno specialista della musica contemporanea
con un repertorio che va da Berio e
Stockhausen fino a compositori minori.
Alun Francis è stato direttore stabile della
Ulster und Northern Ireland Opera Trust, è
stato direttore della Northwest Chamber Orchestra
di Seattle. Recentemente è stato nominato
direttore stabile della Nordwestdeutsche Philharmonie
(Germania Ovest).
hat am Royal Manchester College of Music
Komposition und Horn studiert; im Alter von 18
Jahren trat er dem Halle Orchestra und dann
dem Bournemouth Symphony Orchestra bei.
Zwei Jahte später nahm er an einem Wettbewerb
in Orchesterleitung teil, aus dem er als
Sieger hervorging; seitdem ist er als Dirigent
tätig.
Alun Francis hat am Pult von über 60 Orchestern
in mehr denn 20 Ländern gestanden. Er
arbeitet regelmäßig mit deutschen, italienischen,
holländischen und amerikanischen
Klangkörpern zusammen. In England hat er die
bedeutendsten Orchester, so das Philharmonia,
das Royal Philharmonie, das London Symphony,
das English Chamber Orchestra und das
London Mozart Players geleitet.
Sein Repertoire umfaßt auch zahlreiche Opern;
dabei sind die,Bühnenwerke Verdis, Donizettis
und Puccinis seine Spezialität. Er gilt als
besonderer Fachmann auf dem Gebiet der
zeitgenössischen Musik, von Berio über Stockhausen
bis zu den weniger bedeutenden Meistern.
Alun Francis war ständiger Dirigent des Ulster
and Northern Ireland Opera Trust, sowie
Dirigent des Northwest Chamber Orchestra von
Seattle. Unlängst ist er zum ständigen Leiter
der Norddeutschen Philharmonie (Bundesrepublik
Deutschland) ernannt worden.
Bruno Giuranna
violista/Violist
nato a Milano da una famiglia di musicisti,
ha compiuto gli studi musicali a
Roma. È stato uno dei fondatori del
complesso “I Musici" e, come solista di
viola e viola d’amore, ha partecipato a
numerosissime tournées in tutti i Paesi
d’Europa, Centro e Nord America.
Ha iniziato la carriera solistica nel 1954
presentando in prima esecuzione assoluta,
con la direzione di Herbert von
Karajan, la “Musica da Concerto per
viola e orchestra d’archi” composta per
lui da G.F. Ghedini. Da allora ha
suonato con le più importanti orchestre
europee ed i più celebri direttori fra cui
Celibidache, Giulini, Muti, Abbado, ecc;
Celebri sono i suoi corsi di perfezionamento
a Siena ed in molti Paesi Europei
ed extra Europei.
La sua discografia comprende la Sinfonia
Concertante di Mozart con Henryk
Szeryng e l’edizione integrale dei Concerti
per viola d’amore di Vivaldi.
ist gebürtiger Mailänder. Er entstammt
einer Musikerfamilie una hat in Rom
studiert. Er war einer der Gründer des
Ensembles “I Musici" und hat als Bratschen-
und Viola d’amore-Solist an überaus
zahlreichen Konzerttourneen teilgenommen,
die ihn durch sämtliche
Länder Europas sowie Mittel-und Nordamerikas
führten.
Seine Solistenlaufbahn begann er 1954
mit der Uraufführung der "Musica da
Concerto per viola e orchestra d'archi”,
welche Giorgio F. Ghedini fiir ihn geschrieben
hatte. Als Dirigent wirkte bei
dieser Gelegenheit Herbert von Karajan.
Seitdem hat er mit den bedeutendsten
europäischen Orchestern zusammengearbeitet,
sowie mit Dirigenten wie Celibidache,
Giulini, Muti, Abbado, usw.
Giuranna leitet die Meisterklassen an der
Accademia Chigiana von Siena und
ferner hält er laufend ähnliche Kurse in
zahlreichen Ländern Europas und
außerhalb Europas.
Zu den Werken, die er auf Platten
gespielt hat, zählen die Sinfonia Concertante
von Mozart mit Henryk Szeryng
sowie sämtliche Konzerte von Viola
d'amore von Vivaldi.
Programma/Programm
BACH
Concerto brandeburghese n. 4 in sol magg.
Brandenburgisches Konzert Nr. 4 G-Dur
Allegro
Andante
Presto
Violino/Violine
Stefano Pagliani
Flauti/Flöten
Vincenzo Gallo
Alessandro Visintini
HINDEMITH fy 90
Der Schwanendreher
Konzert nach alten Volksliedern für Bratsche u. kleines Orchester
Concerto su antichi canti popolari per viola e piccola orchestra
Zwischen Berg und tiefem Tal (Langsam)
Nun laube, Lindlein, laube (Sehr ruhig)-
Der Gutzgauch auf dem Zaune sass (Fugato)
Variationen: Seid ihr nicht der Schwanendreher (Mässig schnell)
Violista/Bratschist
BRUNO GIURANNA
SCHUBERT
Sinfonia n. 6 in do magg.
Symphonie Nr. 6 C-Dur
Adagio, Allegro
Andante
Scherzo: Presto
Allegro moderato
Direttore/Dirigent
ALUN FRANCIS
NOTE AL PROGRAMMA
Bach: Concerto brandeburghese n. 4 in sol magg.
I Six Concerts avec plusieurs instruments, tale è il titolo sul frontespizio
originale dei Concerti Brandeburghesi, furono composti da Johann Sebastian
Bach (1685-1750) per il margravio Christian Ludwig di Brandeburgo e a lui
dedicati il 24 marzo 1721. La caratteristica più rilevante di queste opere, che
addottane, anche all’interno di uno stesso concerto, ora la forma del concerto
grosso, ora quella del concerto solistico, è quella di presentare un insieme di
strumenti principali sempre diverso: cosicché anche la ricerca timbrica e
sonora appare molto varia da un concerto all’altro. Nel Concerto
Brandeburghese N. 4 in sol magg. BWV 1049 alla massa del ripieno
orchestrale (archi e cembalo) il musicista contrappone tre strumenti: un
violino principale e due flauti (quasi certamente si trattava di due flageolets o
flauti a becco).
L’Allegro iniziale è un movimento di insolite proporzioni, dall’andamento
calmo e sereno, con ricche fioriture dei tre solisti, soprattutto del violino
principale. La cantabilità dell’Andante è espressa da un tessuto orchestrale
compatto: soltanto il flauto primo si libera dal resto dell’orchestra con due
brevi volatine, la seconda in chiusura del movimento. Il finale ha invece una
struttura fugata; il discorso contrappuntistico si interrompe verso la metà per
permettere al violino principale di dar libero sfogo ad una cadenza
virtuosistica (anche se accompagnata dal ripieno) tipicamente concertistica.
Alberto Cristani
Hindemith: Der Schwanendreher
«Un giullare giunge in mezzo a una lieta brigata e fa sentire ciò che ha
portato con sé di lontano: sono canti tristi e lieti, e alla fine una danza. Egli
ampia e adorna le melodie come sa e come può, da buon menestrello,
preludiando e improvvisando: questo quadro medievale è stato il modello
della composizione». Così scrive Paul Hindemith (1895-1963) nella
avvertenza al suo Concerto per viola e piccola orchestra, su antichi canti
popolari, intitolato Der Schwanendreher; esso fu composto nel 1935, quando
già si era scatenata contro Hindemith una violenta campagna da parte dei
nazisti tendente ad assimilarlo alla schiera di artisti degenerati, nemici del
popolo e corruttori della musica tedesca: e forse non è eccessivo identificare
nel «giullare che viene da lontano» lo stesso compositore, sempre più
costretto a trovare rifugio fuori dalla Germania, e alla fine ad abbandonarla.
La passione di Hindemith per il mondo medievale non trova espressione
soltanto in questo Concerto; è anzi una costante della sua poetica, che
persegue il tentativo di trovare un punto di incontro tra passato e futuro, tra
tradizione e modernità, per rinserrare in un unico complesso logico l’arte
musicale di ogni tempo. Grande importanza in questo progetto assume il
ricorso al canto arcaico tedesco (popolare e non), che funge da tessuto
connettivo fra stili e linguaggi diversi, dalla modalità antica al contrappunto
classico, alla lezione chiarificatrice di Bach; in questo senso, l’arcaismo di
partenza si risolve in una contemporaneità tutta particolare, espressa
attraverso una scrittura moderna e personale. Se a tutto questo si aggiunge il
fatto che Hindemith fu un grande virtuoso della viola, suo strumento
prediletto, non sembrerà esagerato affermare che Der Schwanendreher
rappresenta una delle sue opere maggiori, e quasi emblematiche della sua
figura di compositore.
Le melodie popolari che il menestrello intona sul suo strumento (e la viola o
«viella» è per eccellenza lo strumento dei trovatori medievali) siglano
l’evolversi dell’opera attraverso una costruzione solida quanto libera e
fantasiosa; esse sono: nella prima parte Tra il monte e la valle profonda
(Lento-Moderatamente mosso), nella seconda parte le due antiche canzoni
popolari Metti le foglie, piccolo tiglio (Molto tranquillo-Lento) e II cuculo
sulla siepe (fugato), nella terza la canzone popolare da cui prende il nome il
Concerto (Siete voi Io Schwanendreher) trattata nella forma della Variazione.
Sergio Sablich
Schubert: Sinfonia n. 6
Prima di affrontare le grandi prove delle ultime due sinfonie Franz Schubert
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scrive senza troppe pretese una sinfonia che gli riuscirà uno dei più squisiti
ed inimitabili documenti della civiltà musicale austriaca. È infatti attraverso
componimenti come la sesta sinfonia schubertiana che si precisa quel
costume musicale che come un fluido segreto si dipana fino alle partiture di
Bruckner, di Mahler, di Berg e di Webern. Che cosa sia questo costume
austriaco mi vieta di dirlo non tanto un ragionevole pudore verso le questioni
dello spirito, quanto una certa inflazione che cerca oggi di ridurre quel
medesimo e finissimo spirito in gettoni di conio grossolano spendibili in
qualsiasi supermarket turistico-culturale.
Per cogliere tale spirito bisogna abituarsi a maneggiare con disinvoltura
Grillparzer, Nestroy, Weinheber, Schnitzler, Roth e tutti gli altri che oggi
vanno di moda attraverso sommari di una superficialità grossolana e
insultante, ma bisogna abituarsi ad ascoltare con disinvoltura ancor maggiore
quello Schubert al quale la storia ha fatto il torto di una popolarità esagerata
e sbilenca al tempo stesso, perchè solo una porzione minima della
produzione del Maestro viennese gode i dubbi vantaggi di una universale
popolarità.
La sesta sinfonia è infatti decisamente negletta rispetto alle due celebri che la
seguono e del tutto immeritatamente, chè in essa si ha la rara occasione di
ascoltare quel certo spirito austriaco per così dire allo stato nascente.
Dopo una breve introduzione in tempo Adagio dalla blasonata solennità,
Schubert liquida ogni residuo formalistico. Comincia a circolare nella
composizione una certa aria campagnola portata dallo squisito concertare
dell’ensemble dei fiati. Questa stupenda vena popolaresca viene assorbita,
secondo le consuetudini romantiche, entro le strutture di collaudate forme
musicali, ma queste ultime ne escono ringiovanite e completamente
trasformate.
La quieta ispirazione romantica della sesta sinfonia raggiunge i momenti di
maggior ispirazione nell’Andante che affida nuovamente i suoi splendidi
temi al timbro velato dei fiati.
Nello Scherzo che costituisce il terzo movimento si ha la glorificazione di un
altro momento musicale tipicamente austriaco. Il pulsare brioso e
spensierato dei ritmi danzanti ha un carattere di esuberante e gentile
popolarità che acquista continuo slancio dal moto alterno degli archi e dei
fiati.
L’Allegro moderato conclusivo riporta in una certa misura quella atmosfera
cittadina che si conviene ad un componimento sinfonico. I temi assai
semplici hanno un andamento in cui pare di sentire la traccia della vita
teatrale coi suoi accenti di fanfara e i suoi gesti da ouverture.
Enzo Restagno
ANMERKUNGEN ZUM PROGRAMM
Bach: Brandenburgisches Konzert Nr. 4 G-Dur
Seine Sechs Brandenburgischen Konzerte oder “Six Concerts avec plusieurs
instruments” - so lautete die Bezeichnung auf dem Titelblatt der Handschrift
- hatte Johann Sebastian Bach (1685-1750) für den Markgrafen Christian
Ludwig von Brandenburg geschrieben und diesem am 24. März 1721
gewidmet. Die Besonderheit dieser Kompositionen, welche bald die
Merkmale des Concerto grosso, bald die des Konzerts mit Solopartie
aufweisen und mitunter sogar innerhalb eines und desselben Werkes von den
einen zu den anderen überwechseln, besteht in der stets neuen Besetzung des
Grosso oder - um es modern auszudrücken - des Orchesters; entsprechend
verschieden ist auch von einer zur anderen die timbrische und allgemein
klangliche Wirkung. Im Brandenburgischen Konzert Nr. 4 in G-Dur BWV
1049 stellt der Komponist einem Ensemble aus Streichern und Cembalo drei
Soloinstrumente entgegen: eine Geige und zwei Flöten (aller Wahrscheinlichkeit
nach Flageolette, d.h. kleine Schnabelflöten).
Der erste Satz, ein Allegro, ist ungewöhnlich breit angelegt, im Verlauf
heiter-ruhig; die drei Soloinstrumente, besonders die Geige, ergehen sich in
reichhaltigen Verzierungen. Das sangbare Andante wird vom Orchesterpart
und den Soli geschlossen vorgetragen; nur die erste Flöte schweift zweimal
kurz von der melodischen Linie der übrigen Instrumente ab, das zweite Mal
im Schlußabschnitt des Satzes.
Das Finale weist die Form eines Fugatos auf, doch wird der kontrapunktische
Aufbau gegen die Mitte hin unterbrochen, um der Sologeige nach typisch
konzertanter Manier die Möglichkeit zu einer virtuosen Kadenz zu bieten,
die allerdings vom Orchester begleitet wird.
Alberto Cristani
Hindemith: Der Schwanendreher
In den Anmerkungen zu seinem Konzert für Viola und kleines Orchester
über alte Volksweisen, genannt “Der Schwanendreher”, gibt Paul Hindemith
(1895-1963) einen kurzen Hinweis auf das, was ihm bei dieser seiner
Komposition als Modell vorgeschwebt habe: die Ankunft eines fahrenden
Sängers im Kreise einer fröhlichen Runde, und wie dieser seine Gesänge
darbiete, bald traurige, bald fröhliche Weisen, und am Ende einen Tanz; und
wie er sie als braver Spielmann abzuwandeln wisse. Indem er ihnen
kunstvolle Einleitungen voranstelle, sie durch gekonnte Improvisation
erweitere: eine echte mittelalterliche Szene.
Dieses Werk Hindemiths entstand im Jahre 1935, als die Nazis bereits eine
heftige Kampagne gegen den Komponisten entfesselt und versucht hatten,
ihn als degenerierten Künstler, als Feind des Volkes und Verderber der guten
deutschen Musik hinzustellen. Es ist vielleicht gar nicht übertrieben, wenn
man im Spielmann, der aus der Ferne kommt, den Komponisten selbst sieht,
der sich immer häufiger bewogen sah, seine Zuflucht außerhalb Deutschlands
zu suchen und dieses schließlich zu verlassen gezwungen war.
Das Interesse Hindemiths für die Welt des Mittelalters kommt nicht nur in
diesem Konzert zum Ausdruck; es ist vielmehr eine Konstante seiner Poetik,
welche auf der ständigen Suche nach einem Punkt der Begegnung zwischen
Vergangenheit und Zukunft ist, zwischen Tradition und neuzeitlichem
Gepräge, und darauf abzielt, die musikalische Kunst aller Zeiten in einer
einzigen logischen Ganzheit zusammenzufassen. Große Bedeutung kommt
in diesem seinem Bestreben dem Rückgriff auf die alten deutschen Lieder,
Volksweisen und andere, zu: sie stellen sozusagen das Bindegewebe zwischen
den verschiedenen Stilen und Kunstsprachen dar, von der alten Kirchenmusik
ausgehend bis zur klassischen Kontrapunktik und zum erläuternden
Eingriff Bachs; in diesem Sinne läuft der Archaismus, der am Anfang steht,
schließlich auf eine durchaus eigenartige Modernität aus, welche in einer
höchst persönlichen Schreibweise zum Ausdruck gelangt. Wenn man ferner
bedenkt, daß Hindemith die Viola als sein Lieblingsinstrument virtuos
beherrschte, so dürfte es nicht übertrieben sein zu behaupten, daß der
“Schwanendreher” eines seiner größten Werke ist, und daß er darüber hinaus
geradezu als Sinnbild seines Schöpfers angesehen werden kann.
Die Volksweisen, welche der Menestrel auf seinem Instrument, der Viola
oder “Vielle” als dem Ausdrucksmittel der mittelalterlichen Troubadoure
schlechthin, anstimmt, sind, in solider, wenngleich freier und phantasievoller
Form aneinandergereiht, die folgenden: im ersten Teil “Zwischen Berg und
tiefem Tal” (Lento - Moderatamente mosso), im zweiten zwei alte
Volkslieder, deren eines di Linde im Frühling, das andere den Kuckuck zum
Gegenstand hat (Molto tranquillo - Lento bzw. Fugato), und im Dritten das
Volkslied vom Schwanendreher, nach dem das Konzert benannt ist
(Variationen).
Sergio Sablich
Schubert: Symphonie Nr. 6
Bevor er sich an die Komposition seiner beiden letzten großen Symphonien
wagte, schrieb Schubert, ohne besondere Ansprüche auf Vollendung zu
erheben, eine Symphonie, die eines der echtesten, unverkennbaren Zeugnisse
der österreichischen Musikkultur werden sollte. Wir finden darin jene
besondere Musikalität, die später auch aus den Werken anderer österreichischer
Meister, so Bruckners, Mahlers, Bergs und Weberns, zu uns spricht,
bereits im wesentlichen vor.
Welcher Art diese typisch österreichische Musikalität ist, das zu sagen
verbietet mir nicht so sehr eine weise Zurückhaltung, die ich mir etwa im
Aussagen über geistige Dinge auferlegen wollte, als vielmehr die Tatsache,
daß sich heutzutage eine sozusagen inflationistische Tendenz der genannten
Musikalität bemächtigt und die Werke, die in ihrem Geiste geschaffen
wurden, durch rücksichtslose Anpassung an den Zeitgeschmack entehrt, ja
zu Spielautomatenmusik herabgewürdigt hat.
Um diese Musikalität, diesen musikalischen Geist erfassen zu können, muß
man sich bemühen einen Grillparzer, Nestroy, Weinheber, Schnitzler, Roth
und wie sie alle heißen, richtig kennen zu lernen, statt sich damit zu
begnügen, die eigene Kenntnis ihrer Werke auf das Wenige zu gründen, was
dürftige Blütenlesen oder gar oberflächliche Beschreibungen bieten, wie es
leider heute Mode geworden zu sein scheint; noch mehr aber sollte man
durch häufiges Anhören seiner Musik jenen Schubert auf sich einwirken
lassen, dem die Geschichte dadurch Unrecht getan hat, daß sie gewisse seiner
Werke zum Allgemeingut werden ließ, und dies zudem auf eine Weise,
welche dem wahren Wert derselben keineswegs Rechnung trug, während
andererseits der weitaus größere Teil seiner Produktion der breiten
Öffentlichkeit unbekannt geblieben ist.
So ist die sechste Symphonie zum Unterschied von den beiden berühmten,
die ihr folgen, nur wenig bekannt, verdient aber diese Geringschätzung
keineswegs, da man gerade an ihr Gelegenheit hat, jene gewisse echt
österreichische Musikalität in nuce vorzufinden.
Nach einer kurzen Einleitung, einem edel feierlichen Adagio, läßt Schubert
alle formalistischen Bedenken fahren. Ein gewissermaßen ländlicher Geist
spricht fortan aus dem Werk, getragen vom köstlichen Zusammenspiel der
Bläser. Zwar geht dieses prächtige volkstümliche Element, den romantischen
Gepflogenheiten entsprechend, strukturmäßig in den üblichen, bewährten
musikalischen Formen auf, doch treten letztere daraus verjüngt und völlig
umgestaltet hervor.
Momente höchster romantischer Inspiration erreicht die Sechste im
Andante, dessen prächtige Themen wieder in der gedämpften Klangfarbe der
Bläser zum Vortrag gelangen.
Das Scherzo stellt die Verherrlichung eines weiteren echt österreichischen
moment musical dar. Das lebhafte, unbekümmerte Pulsieren der Tanzrhythmen
weist den Charakter einer überschwenglichen Volkstümlichkeit auf,
welche durch das Abwechseln von Streichern und Bläsern stets neuen
Auftrieb erhält.
Das abschließende Allegro moderato versetzt den Hörer gewissermaßen
wieder in jene städtische Atmosphäre zurück, die einem symphonischen
Werk ansteht. Die äußerst einfachen Themen haben einen Verlauf, aus dem
man Spuren des Bühnenlebens mit typischen Fanfarenanklängen und der
Form der Ouvertüre entlehnten Elementen herauszuhören glaubt.
Enzo Restagno
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