PRIMA LINEA30(© Antonello Nusca/Ag.Sintesi)Lampedusa. Immigrati clandestini appena salvati dalla guardia costiera vengono soccorsi da volontariA Lampedusa lavorail “medico degli immigrati”“L’esperienza di specialisti della rianimazione, chirurghi,psichiatri, anestesisti, otorinolaringoiatri, pediatri e cardiologiimpegnati presso il Centro di prima accoglienzadi Ezio PaseroLampedusa – “Noi siamomedici, e ci occupiamodella vita. Tutto il restonon ci interessa”. Il dottorNino D’Angelo (“Sì, propriocome il cantante, e inveceguardi con questo nomecosa mi sono ritrovatoa fare”) è un chirurgo di 42anni e da sette lavora pressol’infermeria del Centrodi prima accoglienza diLampedusa. Se non era unmedico dell’emergenza, loè diventato, perché quil’emergenza è routine. “Èun’esperienza che ti cambiala vita”, dice, “perchéquando sei a contatto tuttii giorni con questa realtàdrammatica, ti rendi contoche i nostri presunti problemiquotidiani sono in realtàproblemi da ridere.Troppa poca gente sa purtroppoche cosa passa daLampedusa”.È vero. Perché del problemadegli immigrati clandestiniche cercano di sbarcaresulle coste dell’isola, anchequest’estate, si è parlatosempre e solo in terminipolitici, polemici. Spessonon considerando che setante carrette del mare arrivanopiene di disperati incondizioni esauste, donneincinte in condizioni gravi,bambini allo stremo, e unavolta sbarcati tutti sopravvivono,è perché qualcunosi prodiga per loro. Perchéci occupa delle loro vite ebasta, come dice il dottorD’Angelo. Gente come luie come gli altri medici e infermieriche si alternano inturni settimanali presso l’infermeriadel Centro. Comesa bene, per esempio, il giovanesomalo arrivato a fineagosto su un gommone didisperati proveniente dalCorno d’Africa che era statointercettato da una motovedettamaltese che peròlo aveva respinto in mare,verso nord, e che invece aLampedusa è stato sbarcato,trattenuto e curato. Qui,nel Centro di prima accoglienza,ci sono specialistidella rianimazione, chirurghi,psichiatri, anestesisti,otorinolaringoiatri, pediatri,cardiologi. Non è moltofacile dire in cosa consistaqui l’ambulatorio, che pureè attrezzatissimo, come sottolineal’avvocato FedericoMiragliotta, direttore delCentro, e dispone di defibrillatoreautomatico, saturimetro,apparecchio permonitoraggio dei parametrivitali, bombole per ossigenoterapia,set per intubazionee ventilazione, aspiratore,lettini piani e ginecologicie strumentazioneper interventi di piccola chirurgia…Non è facile perché,spiega il dottor D’Angelo,“a seconda delle circostanzee delle necessità,l’infermeria si espande e quitutto diventa infermeria, anchele sedie, anche i tavoli”.Da due a quattro medici e“È nel triage al moloche i mediciidentificanole prioritàassistenziali
da uno a tre infermieri sonosempre presenti nell’ambulatorioaperto ventiquattr’oresu ventiquattro,dipende dalle emergenze. Ele emergenze non sono lascabbia, o la malaria, o latubercolosi, o tutto ciò chespaventa quanti sostengonoche “gli immigrati ci portanole malattie”, e poi consideranoinvece normale ilfatto che i nostri figli, nellenostre belle scuole, tutti glianni si prendono i pidocchi.Le emergenze, innanzi tutto,si evidenziano al molo,quando gli immigrati vengonoportati a terra daimezzi della Guardia di Finanzao della Guardia Costierache, in molti casi, lihanno ripescati e salvati dauna misera fine. È nel triageal molo, strumento diimportanza spesso vitale,che si identificano le prioritàassistenziali, valutando isegni e i sintomi che gli immigratipresentano, fondamentaliper la gestione eclassificazione delle emergenzemedico-sanitarie.“C’è da dire che gli immigratiche sbarcano a Lampedusasono tutti giovani,e questo gioca a loro favore”.E non è un caso, infatti,come evidenzia la tabel-COMPARATIVO SULLE PATOLOGIE DEGLI IMMIGRATI,UN CONFRONTO CON LA POPOLAZIONE ITALIANAla comparativa che pubblichiamo,come le incidenzedelle varie patologie sianoassai inferiori negli immigratiche nella media dellapopolazione italiana. “Nelloro caso svolge un ruoloessenziale la selezione naturale”,continua il chirurgo,“e quindi le emergenzeche dobbiamo affrontare leha provocate l’Africa primadella loro partenza, oppureil mare durante il viaggio.È proprio il tipo diviaggio che fa la differenza:quando dura, come è lamaggior parte dei casi, dalleotto alle sedici ore, gli immigratiarrivano relativamentein buone condizioni.Se invece fanno naufragio,a creare problemi è la duratadella permanenza inImmigratiPRIMA LINEAItalianiPatologie cardiovascolari 0,20% 2%Patologie delle vie urinarie 0,53% 1%Patologie respiratorie 1,93% 14,30%Patologie dermatologiche 1,24% 1%Patologie gastrointestinali e odontalgie 1,20% 4%Affezioni muscoloscheletriche 3,13% 5%Patologie psichiatriche 0,24% 5%Ferite 0,96% 3%Otalgie 0,44% 1%Altre malattie 3,56% 2%(© Sergio Cornioli/Emblema/Sintesi)mare: dove non hanno ciboe non possono bere, oppurebevono acqua di mare.E poi ci sono, spessissimo,le ustioni da benzene,che riguardano soprattuttole donne: sedute al centrodella barca, costrette in unaposizione obbligata per tuttoil viaggio, vengono ustionatedalla macerazione dell’acquadi mare, della lorourina e del carburante chesi riversa in parte dentrol’imbarcazione quando lotravasano nel serbatoio delmotore. Noi ce ne accorgiamosubito perché scendonoal molo camminandoa fatica, anche per via dell’atrofismomuscolare”. Epoi ci sono le febbri d’inverno,le infezioni alle vierespiratorie, i problemi delledonne incinte, che all’occorrenzavengono trasferitesubito al poliambulatoriodi Lampedusa o in elicotteroa Palermo, e tutti quelli,eritrei soprattutto, che arrivanocon i polpastrelli ustionatio tagliuzzati per evitare,anche se in questo modoriescono solo a ritardare,il riconoscimento attraversole impronte digitali.“Il problema è cercare di capirli,mettersi dalla loro parte,che è quella di chi ha unacultura e una mentalità diversissimedalle nostre”, diceancora il dottor D’Angelo.“Per esempio, mi ha colpitouna donna eritrea chescappava dal suo paese perchédiceva di essere cardiopaticae che non poteva curarsi,là non trovava i farmaci.Noi abbiamo fattotutte le indagini, anche grazieai medici del 118, e abbiamoverificato che soffrivasolo di un riflusso gastroesofageo,ma lei non cicredeva: “Dottore, ho vistotante atrocità nel mio paese,crede che mi spaventose mi dice che sono malata?”,mi diceva.E quando l’ho ricoverata ele ho detto che poteva portarecon lei sua figlia, unabimba di quattro anni bellissima,che si chiama Runa,mi ha detto: “no, grazie,dottore, preferisco che latenga lei”. Continua a raccontarele sue esperienzeprofessionali e umane, il medicodegli immigrati, e nonsi può non rimanere affascinati.È proprio vero: troppapoca gente sa che cosasuccede a Lampedusa… •Lampedusa. Al Centro di prima accoglienza un dottore visita un neonato31
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