SOCIETÀLe (in)finite possibilitàdell’innamorato virtualedi Antonio GulliLa rapidissima diffusione di Internet e la rilevanza che questo “mondo parallelo”sta avendo nella vita delle persone – rappresentando una vera e propriarivoluzione in tutti gli ambiti della quotidianità, sia pubblica che privata –suggerisce l’ipotesi di essere in presenza di un vero e proprio salto evolutivo nelmodo in cui l’uomo intrattiene unrapporto con se stesso attraversoil mondo. Èun’innovazione cheha inciso nel nostromodo di vivere– e continueràa trasformarcisempre più– che può essereparagonata alla diffusionedella correnteelettrica nelle case. Se ilpianeta non è rimasto più lostesso dopo l’avvento “dell’interruttore”,ogni ambito della nostra esistenza non può più considerarsitale – si pensi alla salute, al lavoro, agli affetti o alsemplice incontro con gli altri – con la possibilità, attraversoun click, di curarsi, lavorare, innamorarsi o, più semplicemente,sentirsi meno soli. In sostanza Internet ha cambiatopelle all’umanità riuscendo a cambiare ognuno dinoi. Immaginiamo che ogni computer fosse segnalato dauna lampadina colorata e, ora, di poter sorvolare la terradi notte: lo spettacolo cui assisteremmo sarebbe senza dubbiofantasmagorico. Milioni e milioni di luci colorate chesi rincorrono per tutto il pianeta accendendosi e spegnendosisenza posa. Milioni e milioni di persone che – per leragioni più disparate – entrano ed escono dal Word WideWeb offrendo fisicità a ciò che materiale non è. Questanuova “realtà” ha colonizzato la mente e il cuore modificando– per qualità e intensità – ognuno di noi. La mente,avendo favorito in essa una nuova percezione di libertà; ilcuore, per aver abbattuto “lo spazio e il tempo” che puòdistanziarci dal nostro desiderato interlocutore.Sembra passato chissà quanto tempo da quando questoInternational Network – in una parola Internet – si è impossessatodelle nostre quotidianità. E in effetti, dalla nascitadi Arpanet – un sistema ingrado di collegare i computertra loro mediantetelefono senzadover necessariamentepassareper un “collegamentodedicato”– sonopassati quasicinquant’anni.Erano gli anni Sessantaquando questosistema cominciava afunzionare permettendo a uncerto numero di macchine di “interagire” tra loro. Oggi,con il sistema PPP (Point to Point Protocol) siamo in presenzadi un protocollo che si potrebbe definire di “democraziainformatica”. Attualmente, la possibilità di esseresu Internet non si lega più nemmeno al luogo in cui ci troviamo:il popolo delle cosiddette “pennette”, ovvero la chiavettache ci permette di navigare attraverso un portatile inqualsiasi luogo, è in forte espansione. Ma al di là dei datistorici riferibili all’inverarsi di questa “realtà parallela”,quello su cui è forse più interessante soffermarci è la mutazioneantropologica che ne è seguita.Il cyberspazio è l’immenso; è il non misurato né misurabile.Lo possiamo definire la placenta universale in cui fluttuanogli uomini del nuovo tempo. Si potrebbe dire che,come siamo passati dall’homo erectus all’homo habilis; daquello faber all’homo sapiens, oggi si è affermato un altrotipo di umano: il cybernauta. Ovvero, l’uomo della “realtàvirtuale”. Ma quanto virtuale? Se con la televisione abbiamoguadagnato un senso del reale del tutto nuovo, conInternet siamo in presenza di una vera e propria “terza realtà”.Se la prima è possibile individuarla in ciò che la realtàè “in sé e per sé”, ineffabile e immanente nelle nostrevite; e se la seconda è quella che noi riusciamo a inter-46
pretare, così come viene percepita in base a ciò che noisiamo in relazione ai nostri vissuti e alle esperienze chesi vivono; con Internet la realtà diventa quella che noi costruiamoseguendo un immaginario e un desiderato chetrova pochi ostacoli nell’affermarsi. Si potrebbe dire –malignamente – che siamo in presenza di un tipo di umanoidecon “milioni di paia di scarpe ma senza piede”? Diun tipo di umanoide che si realizza tutto nell’esserci ascapito dell’essere? Non c’è dubbio che il “navigare intensamente”possa incidere in profondità sulle attività cerebralie sulle loro forme, sulla capacità o sull’interessea tener vivo e a seguire il vincolo logico della razionalitàsia formale che sostanziale. In altre parole che ci si puòmettere in gioco le coordinate mentali fondamentali. Maquesti sono i rischi. Il cattivo uso dello strumento e dellepossibilità che a questo si legano è più materia che siriferisce alla mancanza di una vera e propria educazioneal mezzo. Fatto sta che oggi come gettiamo l’occhio sull’orologioda polso che ogni mattina vestiamo per regolareciò che dobbiamo fare, così accendiamo il computerper sapere cosa è successo nel mondo, cosa dobbiamodire, dove dobbiamo andare e, non in ultimo, sapere chici ha pensato. Ovvero, se quel “messaggio in bottiglia” –essendoci collegati la sera prima in uno di quei centinaiadi siti che promettono l’incontro con l’“anima gemella”– ha trovato occhi attenti e un cuore disponibile. Soloin Italia questi siti sono decine e solo per approssimazionepossiamo accostarli alle vecchie “agenzie matrimoniali”.Qui il rapporto è diretto; si leggono le presuntecaratteristiche dell’altro e le poche e scarne righe diciò che l’altro desidera e via. Via in chat. Dalla “stanzaLa seduzione delle molteplici possibilitàpuò farci svalutare il “reale” già trovatoSul palcoscenico della vita virtualele parole e le espressioni emotivespesso riescono a trasmettere addirittural’immagine della personapubblica”, se l’incontro risulta interessante, si passa aquella “privata”, in modo che altri non possano leggeree intervenire. Ed ecco che ci si ritrova – come in un salotto– a parlare di sé, della propria quotidianità, dei proprisogni e di ciò a cui aspiriamo. Lagnanze e soddisfazionisi rincorrono. Del resto è facile parlare con una personache non si guarda in faccia. Questo potrà costituireun problema, ma solo dopo. Per il momento sul palcoscenicodella vita virtuale le parole e le espressioni emotivespesso riescono a trasmettere addirittura l’immaginedella persona, i suoi occhi, il suo profumo, il suo mododi ridere. In sostanza tutto il potere del chatter è datodalle parole. Da qui l’idea che le chat – per la mancanzadi una reale fisicità – rispecchiano una natura tuttafemminile (Cfr., Troiano – Petrone, 2001). Dalla chat,alle e-mail; dalla telefonata all’incontro reale. Ma l’esperienzacondotta dal soggetto non si esaurisce con l’incontro.Il reale è sempre qualcosa che aggiunge qualcosa.Nel bene o nel male, esso è sempre – al contempo –qualcosa di più e di meno. Ma in tanti casi le cose vannobene: oramai tanti altari o municipi hanno istituzionalizzatocoppie che si sono conosciute tramite Internet.Ma un’altra forma dì esperienza ha guadagnato il sensodel reale: e questa è la “possibilità”. Ovvero, l’impressionedi avere sempre a portata di mano un’altra opportunità.Nel mondo fantastico di Internet tutto è possibilee immaginabile e soprattutto è pensabile come attuabile.Mentre si esplora l’altro sconosciuto, un segnale ciinforma che altri interlocutori bussano alla nostra porta.In questo caleidoscopio di nuove possibilità il sogno siaccende e si spegne. Il “principe azzurro” o la “principessadi marzapane” possono celarsi proprio dietro quelsegnale. Il reale è sempre il reale: richiede sempre un adattamento.Il sognare o lo sperare, al contrario, non ha confini.Dietro quel segnale ci potrebbe essere proprio quellui o quella lei più “reale di quel reale” che stiamo scoprendo.Cliccare o non cliccare per andare a vedere – aquesto punto – diventa il vero problema. La seduzionedelle molteplici possibilità può portarci continuamente“altrove”; ci può afferrare, imbrigliando la mente in ungioco svalutativo circa il “reale” già trovato. Anche qui –come nella realtà vera – o prima o dopo ci si dovrà accontentare,pensando che tutto ciò che è possibile puònon essere realizzato. Rimanere solo un sogno. •SOCIETÀ“47
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