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La macchina - Il laboratorio di Galileo Galilei

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g’ = g/ 2 (4)e quin<strong>di</strong>, ricapitolando:v = g t (1)H = (1/2)g t 2 (2’)v(t) 2 = 2 gH(t) (5)Con questo quadro teorico in mente, anche se non espresso informule matematiche e senza un valore preciso per la costante <strong>di</strong>proporzionalità g, <strong>Galileo</strong> è portato a valutare la situazione finalecome quella in cui i due pesi compagni si muovono con velocitàfinale costante, che è ottenuta nel modo che ha spiegato nella TerzaGiornata dei Discorsi:Si conserverà dunque il detto grado massimo <strong>di</strong> velocità, ed il moto,<strong>di</strong> accelerato, si convertirà in equabile: quale poi sia per essere lafutura velocità, è manifesto dalle cose <strong>di</strong>mostrate e vedute ne’ passatigiorni, cioè che la velocità futura sarà tale, che in altrettanto tempoquanto fu quella della scesa, si passerà doppio spazio <strong>di</strong> quello dellacaduta.Applichiamo quando prescrive: da (2’) segue che il tempo dellascesa è t = [2H/g] 1/2 e in questo tempo lo spazio percorso con lavelocità finale, secondo <strong>Galileo</strong>,s = v ft = 2H. Quin<strong>di</strong> v f= 2H/t = 2H/[2H/g] 1/2 = [2gH] 1/2 = v iSi ritrova dunque l’affermazione che la velocità finale dei due pesi èquella raggiunta da m 2nella sua caduta libera.In realtà la velocità finale è la metà <strong>di</strong> quella iniziale e questo seguedalla conservazione della quantità <strong>di</strong> moto al momento dellastrappata. Trattandosi <strong>di</strong> masse uguali, posso scrivere la relazionevettoriale senza in<strong>di</strong>care la massa comune, che appare ai due latidell’uguaglianza.15

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