Un solideo di Papa Wojtila a ChiariIl solideo (Soli Deo… honor =solo a Dio si deve onore) derivada una tradizione rabbinica che,interpretando letteralmente Deut.4,15 fa obbligo al devoto ebreo dinon percorrere più di dieci metricol capo scoperto, per rispetto allamaestà di Yahwè.Nella tradizione cattolica si è mutatoin una quantità di copricapo (tricorno,saturno o cappello da viaggio,mitra, tiara orientale e latina, cappucciomonastico…) che per lo piùsi riducono ora al solo uso liturgico.Anche i laici avevano l’abitudine dicoprirsi il capo: le donne col velo, gliuomini col cappello o berretto. Finoa poco tempo fa era consideratosconveniente andare in pubblico acapo scoperto. Attualmente i copricapo“feriali” (solideo o papalina)hanno il colore bianco per il Papa,rosso per i Cardinali, violaceo per iVescovi e nero per gli Abati.2 aprile 1987 in PatagoniaUno dei suoi viaggi missionari GiovanniPaolo II lo riservò al ConoSud d’America: Argentina e Cile(marzo-aprile 1987). Nella città diViedma, culla dei Salesiani in Patagonia,fece sosta il 2 aprile.Lì fra gli altri erano vissuti il CardinalCagliero, il Beato Artemide Zatti,il venerabile indio santo ZeffirinoNamuncurà… il Papa intese rendereomaggio all’opera evangelizzatricedei Salesiani. Ricevettero l’illustreospite, nel deserto adiacenteall’aeroporto, più di diecimila persone.Guidati dal gran difensore deidiritti umani, Mons. Jaime F. De NevaresSdB, giunsero in treno da Nequèn,a 700 km, più di mille indiosMapuches. Giovanni Paolo II gradìda un sacerdote della razza primitiva,Padre Juvenal Currulef, un“mate”, simbolo di amicizia e dibenvenuto. Disse un “buono!”, storcendola bocca per l’amarezza dellabevanda e poi lo restituì. La gentecominciò a gridargli: “Èl del estribo!Èl del estribo!”.Il Pontefice pronunciò il suo magistralediscorso sulla “nuova evangelizzazione”e dopo aver impartitola benedizione dal palcoscenicopiù povero in tutti i suoi viaggi(due piattaforme di camion accostatecon un piccolo riparo contro ilfurioso papero) si volse attorno percercare qualche sacerdote da salutare.In altre udienze era stato assediatoda preti e suore: a Viedma ipochi missionari eravamo mescolaticon la nostra gente. In quel momentouna folata di vento gli fecevolare il solideo ben lontano. Quandotoccò il mio turno per salutare ilPapa, una guardia della Polizia Federalemi porse il povero cappellinoe feci atto di porgerglielo. Se lopose sulla mano sinistra e mi chiese:“Cosa mi gridava la gente colfamoso” estribo”?”. Io gli spiegaiche fra i gauchos delle steppe patagonichec’è l’abitudine di salutarsie conversare prendendo lo stesso“mate” che è un infuso di erbastimolante con acqua calda in unrecipiente adatto e che si sorbiscecon la stessa cannuccia senza pulirla.Per un “chasqui”(un cavalieremessaggero) il minimo di educazioneesigeva che sorbisse un “mate”all’arrivo e un secondo nel rimetterepiede nella “staffa” (estribo) primadi ripartire. Giovanni Paolo II sorridendomi rimise in mano il solideoe mi pregò di tenerlo. Poi alzando ledue mani chiese il famoso “mate delestribo”… ma senza esito.La mia anziana mamma, che erasempre stata la missionaria della retroguardianei miei 22 anni di girovagaretra le tribù patagoniche enei 10 anni come missionario tra iQuichuas delle Ande dell’Ecuador,custodì gelosamente il ricordo delPapa “che era andato a trovare suofiglio”. Purtroppo un’ischemia cerebralesta marcando gli ultimi giornidi mia madre. Sono venuto per accompagnarlacon l’unico modo chele fa capire il mio affetto: una carezza,uno sguardo, la vicinanza.Rovistando tra i ricordi di famigliaritrovai il solideo papale. Lo presentaia mamma e le chiesi se era contentadi regalarlo a una Chiesa peresservi custodito: con un cenno degliocchi mi fece capire di sì.Ed ecco come il ricordo del caroWojtyla è ora in mano a don AntonioFerrari che ha avuto la bontà diospitarmi a Treviglio ed ora a Chiari.Che dal cielo il Papa Santo affrettiil mio rientro nella Patagonia deisogni di don Bosco.don Sergio Micheli,Missionario SalesianoPRESBITERIO CLARENSECURAZIA DI SAN BERNARDINOVia Palazzolo, 1don Antonio Ferrari (Direttore)030/7006811don Mino Gritti030/7000959 - 3289004767don Gianni Pozzi030/712356 - 333 3367973don Silvio Galli030/700220020
550° del Convento e della Chiesa di San BernardinoUn artista a SamberIl nostro convento di San Bernardinoappartiene al periodo di grandesviluppo della Regolare Osservanzain seno all’Ordine Francescano, favoritada san Bernardino in persona(1380-1444) che, da Vicario Generaledegli Osservanti, portò da venti aduecento i conventi della stessa Osservanza.Anche in Lombardia tale riformasi divulgò, avendo una propriaVicaria Osservante Milanese, differenziandosidagli altri frati francescanidetti “Conventuali”, pur sotto uncomune ed unico Ministro Provincialeper mantenere l’unità dell’Ordine.Quando Brescia, nel 1428, si staccòpoliticamente dal Ducato di Milanoe passò alla Repubblica di Venezia,nacque nel 1472 la Vicaria OsservanteBresciana, con l’approvazione diPapa Sisto IV, riconosciuta definitivamentedal Capitolo Generale di Napoli,nel 1475. Contemporaneamentesi andava affermando anche un’altrariforma francescana, quella degliAmadeiti, così chiamati dall’iniziatoreB. Amedeo Menez da Sylva, cheebbe diversi conventi nel bresciano eche durò un centinaio d’anni fino al1568, quando rientrò negli Osservanti.Risalgono a san Bernardino stessola fondazione a Brescia del Conventodei Santi Apollonio e Rocco, quelladi Aguzzano fuori “Orci Nuovi”,quella di Santa Maria degli Angeli aGardone Valtrompia e quella di Pralboino.A discepoli di san Bernardinoe nello stesso periodo sono da attribuireil Convento di San Maurizio aLovere, quello di Ghedi, di Salò, diIsola di Iseo e di Orzinuovi. In generenascono tali donazioni in seguitoall’entusiasmo per la predicazione disan Bernardino e dei suoi discepoli,alcuni raffigurati anche nella nostrachiesa, come san Giacomo dellaMarca e san Giovanni da Capestrano.Per la nostra chiesa e convento,l’occasione è stata la predicazione delPadre Bonaventura Piantanida degliOsservanti di Milano e ne fu autorizzatal’accettazione da Papa Nicolò V,con la Bolla “Inter coetera desiderabilia”del 7 giugno 1447, come recitala scritta sotto il suo ritratto sull’intradossodella porta d’entrata del primochiostro. La predicazione di PadreBonaventura Piantanida avevaportato molti frutti, quali la pace trale diverse fazioni, l’attenzione ai poverie alcune riforme in perfetta corrispondenzaai principi della giustiziae della carità cristiana. Oltre che perl’emulazione con altri paesi della diocesi,la Comunità di Chiari volle edificareil convento e la chiesa per devozioneal Santissimo Nome di Gesù,raffigurato nel monogramma bernardinianoe in ricordo di San Bernardinoche, nelle sue predicazioni a Brescia,passò anche da Chiari. Difatti,il monogramma bernardiniano dominatutta la costruzione, in una lastradi marmo bianco collocata sulfrontone della chiesa a conclusionedei lavori, durati ben nove anni trala raccolta di offerte e la muratura.Soltanto il 28 ottobre 1456 il PadreBonaventura Piantanida, diventatoVicario Provinciale, ne accoglieva laproprietà, riservandosi di continuarenella questua fino a completamentodei lavori.don Felice RizziniDa domenica 4 dicembre a domenica11 dicembre, nella Parrocchiadi San Giovanni Bosco in Brescia,accanto alla Mostra del PiccoloQuadro è stata allestita una personaledi don Piero Bettinzoli. Il gruppo“Arte e cultura salesiana”, fondatoda don Piero, ha voluto onorarein questo modo il 20° di attivitàe nello stesso tempo il suo ideatore.La motivazione fondamentaleè nata dal voler che anche lagente ordinaria, senza grandi mezzi,avesse la possibilità di gustare lebellezze dell’arte e ne potesse ornarela propria casa, cioè riscoprire la funzione educativa dell’arte. Non solovisitare mostre e monumenti, ma rendere possibile usufruire dell’arte nelproprio ambiente di vita. Don Piero ha preceduto i suoi giovani artisti conle sue diverse realizzazioni: case e cascine di una campagna impregnatadi vita solidale, scorci cittadini, fiori, finestre con fiori, paesaggi primaverili,nevicate, ecc. Tutto racconta l’adesione alla vita in una pittura sommessa,dai toni smorzati e dolci, eppure flutto palpitante e grato. Contemporaneamenteoffriva ai suoi parrocchiani la grande pittura nella chiesa,ad opera del pittore Bogani. Insieme ripensavano la storia della salvezza,operata da Gesù Cristo e ne illustravano i vari momenti: ne veniva unacerta completezza dell’educazione dell’arte; nelle case un inno alle virtùdomestiche e alla vita quotidiana, nella chiesa l’epopea delle grandiscelte di Dio per venire incontro alla povertà e fragilità umana. La genteammirava i diversi quadri, esprimendo il loro parere e giudizio. Si avevala percezione che vent’anni di educazione avevano raffinato il gusto e lacapacità di valutazione. Il nostro accompagnatore, tutto preso dalla contemplazionedelle opere di don Piero, ci ha messo in rilievo la sua sceltaanti-retorica, attraverso una luce che si frantuma sulle cose, sull’ambientein nome di una dignità umile, in una pace veramente fraterna. E ha concluso:“La pittura pare concepita da don Piero come difesa di un patrimoniodi sentimenti, di affetti e di relazioni da conservare nel gusto del veroe del bello, nel grembo della natura e del focolare domestico”.D.F.R.21