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Il 17 marzo 2011,<br />
nell’Arsenale M.M. di<br />
La Spezia, il palombaro<br />
Maurizio Lomaglio rende<br />
omaggio ai 150 anni<br />
dell’Unità d’Italia,<br />
immergendosi con la<br />
bandiera nazionale.<br />
A passi di piombo<br />
di Roberta Rastrelli - © foto di Francesco Rastrelli<br />
Un reportage esclusivo sugli ultimi <strong>Palombari</strong> dell’Arsenale Militare Marittimo di La<br />
Spezia. In immersione con loro durante i lavori in bacino sulle Signore del Mare, le<br />
Navi Scuola della Marina Militare Italiana. Viaggio nella storia e nell’attualità di un<br />
mestiere antico.<br />
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scalfito. Anzi: è felice come un fanciullo per<br />
la conclusione del restauro della sua vecchia<br />
lancia. Parliamo anche di Luciano Rosa, ottantatreenne<br />
detto “Maneghetta”: una vita intera<br />
trascorsa sott’acqua, prima con i lavori subacquei<br />
nel porto di La Spezia, poi a Suez a recuperare<br />
le imbarcazioni da guerra affondate e infine<br />
di nuovo nel Golfo ligure a raccogliere i ricci con<br />
i quali ha rifornito i più noti locali della Versilia (si<br />
dice che Mina, alla Bussola, andasse pazza per i<br />
suoi frutti di mare).<br />
Oggi le attività subacquee hanno subito un’evoluzione<br />
inimmaginabile. I palombari moderni si<br />
avvalgono di tecniche ed equipaggiamenti ultramoderni,<br />
rendendo gli operatori tradizionali,<br />
quelli inghiottiti da una veste enorme, zavorrati<br />
con scarponi di piombo e isolati nel loro elmo,<br />
una specie ormai in via d’estinzione. In tutta<br />
Italia se ne possono contare solo più una decina:<br />
uomini che in acqua non nuotano ma si<br />
spostano in verticale sul fondo marino e avanzano<br />
saltellando, quasi con passi di danza che<br />
sembrano rendere lieve un mestiere durissimo<br />
e d’altri tempi.<br />
La Spezia è la loro capitale ideale fin dalla metà<br />
dell’800, sede della scuola di formazione dei<br />
sommozzatori “Teseo Tesei”, del Comando Suin<br />
alto:Nella cala del palombaro<br />
inizia la<br />
vestizione: dapprima con<br />
le “lane”, gli indumenti<br />
pesanti di protezione dal<br />
freddo e poi con il “vestito”<br />
di tela gommata, come<br />
quelli appesi alle spalle di<br />
Lomaglio e Conte.<br />
nella pagina a fianco<br />
in alto: Il palombaro<br />
manovra la valvola di<br />
regolazione dell’aria per<br />
mantenersi in assetto verticale<br />
durante<br />
un’operazione in bacino.<br />
Sullo sfondo, la prua<br />
dell’Amerigo Vespucci.<br />
SOTTO: Al termine<br />
dell’immersione, sulla<br />
lancia appoggio, la guida<br />
libera il palombaro dalla<br />
zavorra aggiunta attorno<br />
al collare dell’elmo, che<br />
verrà poi svitato e tolto.<br />
La radice etimologica del termine palombaro<br />
è controversa: potrebbe venire dal latino palumbarius,<br />
lo sparviero che dà la caccia alle<br />
palombe, assimilando così chi si immerge in<br />
acque insidiose al rapace che cala sulla preda.<br />
E i palombari, quando si calano nelle profondità<br />
marine, in un certo senso lo sono. Il loro è<br />
un mestiere antico: i primi progetti e le relative<br />
primordiali attrezzature risalgono addirittura a<br />
Leonardo da Vinci. Nella seconda metà dell’800,<br />
con il perfezionarsi dell’equipaggiamento e il<br />
contributo delle ricerche scientifiche sulle reazioni<br />
del corpo umano sottoposto alla pressione<br />
atmosferica e alla respirazione artificiale, l’attività<br />
dei palombari si è sviluppata con applicazioni<br />
in diverse settori: dal recupero dei relitti di navi<br />
sommerse alla costruzione di opere marittime<br />
fino alle operazioni belliche e post belliche<br />
come lo sbarramento dei porti, lo sminamento<br />
o il recupero di bombe inesplose. In tutti i casi,<br />
operazioni di grande responsabilità e rischio.<br />
La storia ridonda di racconti su questi personaggi<br />
straordinari. Gente coraggiosa, impavida,<br />
come i veterani palombari di La Spezia. Parliamo<br />
di Mario Garzia, classe 1912, che si avvicina<br />
a compiere un secolo di vita come se anni<br />
di intenso lavoro non l’avessero minimamente<br />
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Il palombaro, per la<br />
pesantezza<br />
dell’attrezzatura,<br />
durante la vestizione<br />
necessita dell’aiuto<br />
costante della guida,<br />
che lo aiuta ad indossare<br />
l’elmo prima di scendere in<br />
acqua dalla lancia<br />
appoggio.<br />
bacquei e Incursori (COMSUBIN) del Varignano,<br />
oltre che centro operativo della Marina Militare,<br />
che qui ha la sua base navale, la flotta, l’Arsenale<br />
e i bacini di carenaggio.<br />
Luciano Conte (classe 1962, nato a La Spezia) e<br />
Maurizio Lomaglio (classe 1978, nato a Brindisi),<br />
appartengono alla “vecchia guardia” esponenti<br />
di un ancestrale modo di esercitare la professione:<br />
Luciano, dopo aver svolto il servizio militare<br />
in Marina, ha partecipato nel 1984 allo<br />
sminamento del Canale di Suez e lavora nei<br />
bacini spezzini dal 2004; Maurizio, prima volontario<br />
in Marina e poi allievo del corso palombari,<br />
opera in bacino dalla seconda metà degli Anni<br />
90. Il loro delicato compito è l’assistenza alle<br />
navi militari, tra cui anche le storiche navi scuola<br />
Amerigo Vespucci e Palinuro.<br />
L’attività in acqua inizia solo dopo un lungo e<br />
complesso rito di vestizione. Si comincia indossando<br />
le ”lane” bianche sulla pelle e la fascia in<br />
vita con il tipico berretto rosso. Quindi un cenno<br />
a “San Bacino”, come hanno gergalmente soprannominato<br />
la piccola scultura in gesso di<br />
una Madonna in preghiera, dalla quale si sentono<br />
protetti. Interviene poi l’”angelo custode”<br />
del palombaro, ovvero la guida che sulla barca<br />
d’appoggio li assiste mentre indossano tuta,<br />
scarponi, elmo collare e piombi aggiuntivi (per<br />
un peso complessivo di circa 80 kg), assicurandosi<br />
che sia tutto perfettamente stagno. Infine<br />
questi collega il tubo in cui viene pompata l’aria<br />
e la braga con cui avviene il passaggio degli strumenti<br />
di lavoro: un rapporto di totale e reciproca<br />
fiducia basato su una gestualità rituale fondata<br />
sull’esperienza.<br />
Quando è pronto, questo cavaliere del mare si<br />
cala in acqua, regolando l’assetto con sapienti<br />
movimenti della testa all’interno dell’elmo. La<br />
nave, prima di essere messa a secco, deve essere<br />
perfettamente centrata ed equidistante nel<br />
senso longitudinale e trasversale rispetto alle murate<br />
del bacino stesso, poi sistemata stabilmente<br />
sui tacchi d’appoggio e infine puntellata con le<br />
taccate laterali ai castelli. Sono i palombari a sovrintendere<br />
l’operazione di posizionamento: la<br />
precisione deve essere millimetrica, senza fretta<br />
(anche 3 o 4 ore) prima di impartire il fatidico ordine<br />
“Svuota il bacino!”.<br />
A dispetto della modernità, la professione di palombaro<br />
resta ancorata su schemi e attrezzature<br />
da Ancien regime. La domanda sorge spontanea:<br />
perché nei bacini di carenaggio lavora il “classico”<br />
palombaro e non il “moderno” sommozzatore?<br />
Perché la differente tecnica e il diverso approccio<br />
psicologico dell’immersione rendono ancora preferibile<br />
avvalersi del primo. L’equipaggiamento,<br />
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IN ALTO: La “braga” di<br />
sicurezza, annodata in<br />
vita al palombaro, è il<br />
legame con la sua guida<br />
sulla lancia: attraverso<br />
questa cima si<br />
trasmettono anche gli<br />
attrezzi necessari<br />
in immersione.<br />
SOTTO, Scarponi originali<br />
Galeazzi: ogni “passo”<br />
del palombaro pesa<br />
almeno 10 kg.<br />
pesante e ingombrante rendono sì l’individuo<br />
impacciato e poco autonomo nella respirazione<br />
ma, d’altro canto, permettono sott’acqua una<br />
stabilità, un precisione e una resistenza senza<br />
pari. Qualità, naturalmente, che si acquisiscono<br />
solo in anni di esperienza. Paradossalmente un<br />
lavoro in cui formazione ed esperienza contano<br />
in maniera così rilevante potrebbe rivelarsi in<br />
futuro la causa stessa dell’estinzione di questa<br />
nobile professione.<br />
L’Arsenale di La Spezia conta otto bacini, sei in<br />
muratura e due galleggianti: per gli unici due<br />
palombari in servizio il lavoro non manca mai.<br />
E, in un certo senso, continua anche oltre l’impegno<br />
professionale: palestra, vita sana e regolare<br />
aiutano a mantenere il fisico in equilibrio,<br />
condizione essenziale per operare in condizioni<br />
limite. Conte e Lomaglio raccontano il mestiere<br />
del palombaro ma non parlano di un lavoro.<br />
Vanno oltre: è una passione che supera la remunerazione<br />
economica o i riconoscimenti. È “l’orgoglio<br />
di indossare lo scafandro”. Raccontano<br />
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A FIANCO: Controllo delle<br />
pale dell’elica e del timone<br />
di Nave Palinuro: insieme<br />
alla costruzione delle<br />
taccate e al controllo del<br />
piano di posa, una delle<br />
delicate operazioni svolte<br />
dai palombari.<br />
NELLA PAGINA PRECEDENTE:<br />
La prua della nave<br />
Amerigo Vespucci, Nave<br />
Scuola della Marina<br />
Militare Italiana varata<br />
nel 1931, emerge a secco<br />
dal bacino dell’Arsenale<br />
Militare Marittimo della<br />
Spezia, dove si svolgono i<br />
lavori di manutenzione.<br />
l’indescrivibile emozione di operare sott’acqua<br />
“lontani dai suoni e dalle visioni normali, in un<br />
mondo surreale non accessibile alla gente comune”.<br />
Un impegno esclusivo, faticoso, non<br />
scevro da rischi e carico di responsabilità ma “in<br />
grado di farti sentire speciale”. E le peculiarità di<br />
questa professione emergono anche dai racconti<br />
degli aneddoti, curiosi o pericolosi. A Luciano<br />
si ruppe un polsino della tuta che provocò<br />
l’allagamento dello scafandro; un’altra volta<br />
dovette vedersela con un polpo da 3,5 Kg che<br />
gli si avvinghiò addosso come un’enorme ventosa.<br />
Maurizio, più giovane, audace e spavaldo,<br />
ama il rischio: è l’unico a eseguire il “tuffo del<br />
palombaro”dagli spalti del bacino (operazione<br />
che richiede totale padronanza dell’erogazione<br />
d’aria nella tuta) e può, purtroppo, annoverare<br />
tra gli incidenti di servizio due gravi embolie<br />
con complicazioni, entrambe risolte in camera<br />
iperbarica. Paradossalmente, invece, si è spaventato<br />
molto di più in occasione di un’immersione<br />
notturna durante il corso palombari: avanzava<br />
nell’oscurità lungo una pesante catena e si scontrò<br />
con un altro allievo partito dal capo opposto!<br />
Maestri d’ascia, valenti carpentieri, raffinati attrezzisti,<br />
tornitori e con loro anche i palombari:<br />
maestranze di cui si rischia di perdere presto ogni<br />
traccia. L’era dei palombari avrà fine? Questo lo<br />
sentenzierà la storia, prossima o futura che sia<br />
ma l’elmo, al contempo strumento di lavoro e<br />
simbolo di un mondo glorioso, sull’emblema del<br />
CONSUBIN resterà a imperitura memoria.<br />
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