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ivista trimestrale, Anno X - Numero 2 GIUGNO <strong>2019</strong><br />
ArcheomaticA<br />
Tecnologie per i Beni Culturali<br />
Proximal Remote Sensing<br />
e Spatial Analysis a Pompei<br />
GIS per beni intangibili<br />
Rilievo Fotogrammetrico e Intelligenza Artificiale<br />
Applicazione e Monitoraggio di miscele biocide<br />
Geoarcheologia a Le Castella<br />
www.archeomatica.it
EDITORIALE<br />
Fotogrammetria e Intelligenza Artificiale for All<br />
La recente esplosione delle tecniche di Intelligenza Artificiale (AI), basata sull’apprendimento della macchina<br />
verso applicazioni dirette alla documentazione e riproduzione, sta portando risultati sempre più soddisfacenti dal<br />
punto di vista della qualità.<br />
Le attuali tendenze vogliono vedere la AI per i Beni Culturali sulle analisi predittive, il riconoscimento<br />
archeologico dei frammenti ceramici, l’attribuzione delle opere, ma quello che veramente può fare la differenza<br />
è la possibilità di cercare informazioni all’interno di diverse banche dati traendone risultati che possano essere<br />
analizzati, valutati e selezionati dalla mente umana che così impartirà alla macchina istruzioni di classificazione<br />
delle informazioni che aiuteranno anche l’intelligenza artificiale a crescere.<br />
Un esempio in questo campo è la frontiera di un progetto che si sta sviluppando all’interno delle banche dati<br />
della Sovrintendenza del Comune di Roma, dove un’intelligenza artificiale creerà le condizioni per cercare le<br />
informazioni di interesse dell’utente su decine di banche dati, normalmente aggiornate e popolate dagli addetti<br />
del settore, che verranno interrogate per fornire risposte senza archiviare nuovi dati, ma solo attribuendo<br />
criteri di affidabilità alle informazioni restituite, in funzione di come studiosi, ricercatori o normali cittadini<br />
preleveranno i risultati.<br />
Un altro aspetto in cui la AI sembra poter dare risposte coerenti è quella della analisi applicata al mondo della<br />
scansione tridimensionale della realtà, attivando un confronto analitico tra lo stato dell'arte in materia di<br />
fotogrammetria negli algoritmi di scansione 3D, attraverso una macchina che riesce autonomamente a classificare<br />
i dati ed a strutturarli gerarchicamente, trovando quelli più rilevanti e utili alla risoluzione del problema<br />
(esattamente come fa la mente umana), migliorando le proprie prestazioni con l’apprendimento continuo.<br />
Una dimostrazione è riportata nell’articolo sulla tecnica di rilievo fotogrammetrica supportata da un algoritmo<br />
di intelligenza artificiale di Nicola Santoro. L’algoritmo può essere allenato, a seconda dell'oggetto della<br />
scansione, su specifici ambiti di ricerca, medicale, artistico, paesaggistico, ingegneristico e architettonico, con<br />
un apprendimento profondo che aiuta il fotogrammetrista a catturare l'oggetto del rilievo a strati incrementali,<br />
consentendo di spaziare dalla scala reale ad ingrandimenti fino a 500 x, ottenendo un livello di dettaglio che può<br />
spingersi fino a consentire indagini sullo stato di degrado dei materiali strutturali.<br />
Di certo l’analisi statistica è alla base di tali algoritmi, i cui risultati possono essere affidabili nell’ambito di<br />
un’incertezza che nel campo della misura si definisce con un certo grado percentuale. Come è difficile poter<br />
definire il valore vero di una misura effettuabile solo con strumenti non perturbati da fattori interni sistematici o<br />
casualmente esterni, anche il risultato del lavoro dell’Intelligenza Artificiale, sempre relativo a quanto la mente<br />
umana ha progettato, è affidabile in termini di valori percentuali che possono crescere ma mai arrivare a dare<br />
una certezza di affidabilità del valore assoluto ricercato.<br />
Di certo in questo confronto si libera la potenzialità della fotogrammetria che integra le nuvole di punti<br />
direttamente rilevate, con nuovi punti originati da immagini con le procedure matematiche di algoritmi<br />
fotogrammetrici classici o algoritmi di nuova tendenza spesso derivati dalle esigenze di costruzione di mondi<br />
virtuali del cinema come quelli dello Structure from Motion.<br />
E l’integrazione ottimale di questi due mondi si sta affacciando con i nuovi Smartphone dotati di camera ToF<br />
Time-of-Flight, un sensore di profondità che utilizza i raggi infrarossi per stimare la distanza dagli oggetti nel<br />
suo campo visivo. Questo è paragonabile al processo utilizzato per creare immagini 3D con laser scanner, ma le<br />
misurazioni sono prese con lunghezze d'onda infrarosse, forse con precisioni inferiori al laser. Il nome Time-of-<br />
Fligt si riferisce al tempo impiegato da un raggio infrarosso per essere inviato e restituito al sensore dopo aver<br />
colpito un oggetto. Poiché la velocità della luce è costante, il dispositivo è in grado di calcolare quanto è lontano<br />
un oggetto basandosi sulla misura del tempo di ritorno del raggio. Una tecnologia non nuova, già presente nei<br />
progetti degli anni ’80, che ora finalmente si affaccia su strumenti alla portata di tutti sfruttando un potenziale<br />
di elaborazione che aggiunge funzionalità significative con costi minimi.<br />
Technology for All, appunto.<br />
Buona lettura,<br />
Renzo Carlucci
IN QUESTO NUMERO<br />
DOCUMENTAZIONE<br />
6 GIS e Beni Culturali: beni<br />
tangibili e beni intangibili<br />
di di Caterina Gattuso,<br />
Philomène Gattuso, Atanasio Pizzi,<br />
Valentina Roviello<br />
In copertina il calco di una vittima dell'eruzione<br />
del Vesuvio, 79 a.C., Pompei, nominata<br />
come "the most valued image on Commons<br />
within the scope: The Sitting Man, Pompeii.<br />
Reason: This is the plaster cast of a victim of<br />
the 79 a.C. eruption of the Mount Vesuvius in<br />
Pompeii, Campania, Italy. Almost 2000 years<br />
later, I find this disturbing and impressive.<br />
Very moving too. Best in scope IMO. Geolocalized.<br />
Jebulon" Questa immagine è stata<br />
selezionata come "picture of the day" su Wikimedia<br />
Commons il 24 Luglio 2018.CC0 1.0<br />
Universal (CC0 1.0) Public Domain Dedication.<br />
12 Proximal Remote Sensing<br />
e Spatial Analysis per la<br />
Conservazione delle Pitture<br />
Parietali Pompeiane - Il Caso<br />
del Gymnasium<br />
di Maria Danese, Maria Sileo,<br />
Rosa Lasaponara, Nicola Masini<br />
3DTarget 2<br />
Codevintec 33<br />
Geogrà 41<br />
Geomax 47<br />
Leica 17<br />
Profilocolore 46<br />
Stonex 19<br />
TECHNOLOGYforALL 23<br />
28 Descrizione di una<br />
Tecnica di Rilievo<br />
Fotogrammetrica<br />
supportata da un<br />
Algoritmo<br />
di Intelligenza<br />
Artificiale<br />
di Nicola Santoro<br />
Testo 11<br />
Topcon 27<br />
Virtualgeo 48<br />
ArcheomaticA<br />
Tecnologie per i Beni Culturali<br />
Anno X, N° 2 - GIUGNO <strong>2019</strong><br />
<strong>Archeomatica</strong>, trimestrale pubblicata dal 2009, è la prima rivista<br />
italiana interamente dedicata alla divulgazione, promozione<br />
e interscambio di conoscenze sulle tecnologie per la tutela,<br />
la conservazione, la valorizzazione e la fruizione del patrimonio<br />
culturale italiano ed internazionale. Pubblica argomenti su<br />
tecnologie per il rilievo e la documentazione, per l'analisi e la<br />
diagnosi, per l'intervento di restauro o per la manutenzione e,<br />
in ultimo, per la fruizione legata all'indotto dei musei e dei<br />
parchi archeologici, senza tralasciare le modalità di fruizione<br />
avanzata del web con il suo social networking e le periferiche<br />
"smart". Collabora con tutti i riferimenti del settore sia italiani<br />
che stranieri, tra i quali professionisti, istituzioni, accademia,<br />
enti di ricerca e pubbliche amministrazioni.<br />
Direttore<br />
Renzo Carlucci<br />
dir@archeomatica.it<br />
Direttore Responsabile<br />
Michele Fasolo<br />
michele.fasolo@archeomatica.it<br />
Comitato scientifico<br />
Annalisa Cipriani, Maurizio Forte,<br />
Bernard Frischer, Giovanni Ettore Gigante,<br />
Sandro Massa, Mario Micheli, Stefano Monti,<br />
Francesco Prosperetti, Marco Ramazzotti,<br />
Antonino Saggio, Francesca Salvemini,<br />
Rodolfo Maria Strollo<br />
Redazione<br />
redazione@archeomatica.it<br />
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valerio.carlucci@archeomatica.it<br />
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domenico.santarsiero@archeomatica.it<br />
luCa papi<br />
luca.papi@archeomatica.it
RESTAURO<br />
30 Applicazione e Monitoraggio di<br />
miscele biocide per pulitura di<br />
superfici attaccate da patina biologica<br />
di Eleonora Marconi, Adele Galetti, Francesco<br />
Geminiani<br />
RIVELAZIONI<br />
34 Nuovi studi di<br />
geoarcheologia a Le<br />
Castella (KR)<br />
di Maurizio Ponte, Giuseppe<br />
Ferraro, Alma Floro, Salvatore<br />
Medaglia, Pierpaolo Pasqua<br />
RUBRICHE<br />
20 AZIENDE E<br />
PRODOTTI<br />
Soluzioni allo Stato<br />
dell'Arte<br />
23 TECHNOLOGY<br />
forALL<br />
42 AGORÀ<br />
Notizie dal mondo delle<br />
Tecnologie dei Beni<br />
Culturali<br />
43 RECENSIONE<br />
46 EVENTI<br />
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del 19 novembre 2009<br />
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dell’editore.<br />
Data chiusura in redazione: 30 agosto <strong>2019</strong>
DOCUMENTAZIONE<br />
GIS e Beni Culturali:<br />
beni tangibili e beni intangibili<br />
di Caterina Gattuso , Philomène Gattuso , Atanasio Pizzi , Valentina Roviello<br />
Nel relazionare informazioni e<br />
dati reali, espressi sotto forma<br />
di simboli, riguardanti un<br />
luogo geografico riportato su<br />
mappe in scala, la cartografia<br />
offre la possibilità di operare<br />
specifiche elaborazioni a<br />
fini conoscitivi, che possono<br />
estendersi non solo nello<br />
spazio, ma anche nel tempo.<br />
Fig. 1 - Mappa della colonia di Vulturnum: rielaborazione<br />
È<br />
noto che un GIS (Geographic Information System)<br />
permette di sovrapporre diversi tematismi<br />
o livelli informativi per produrre nuove informazioni<br />
e quindi dati utili per la gestione del territorio.<br />
La sovrapposizione (overlay) delle carte storiche con<br />
quelle più recenti consente di tracciare l’evoluzione<br />
fisica, ambientale e culturale di un determinato territorio.<br />
Le informazioni in tal modo acquisite diventano quindi<br />
di riferimento sia per il patrimonio dei beni culturali<br />
di tipo tangibile costituito dal patrimonio monumentale<br />
ed archeologico, sia per il patrimonio di tipo<br />
intangibile, quale è la cultura arbëreshë solidamente<br />
radicata sul territorio dell’Italia meridionale.<br />
I dati territoriali incrociati e posti a confronto, con<br />
l’utilizzo di un software GIS, possono fornire importanti<br />
riferimenti concernenti i beni tangibili per la<br />
gestione e la valorizzazione del patrimonio materiale<br />
esistente in una macro-area definita. Nel caso di<br />
beni intangibili invece diverranno fondamentali per<br />
la stesura dei contenuti di una “carta per la tutela”<br />
quale ad esempio quella di una determinata minoranza<br />
storica linguistica che presenta nuclei diffusi sul<br />
territorio.<br />
BENI TANGIBILI E AREE ARCHEOLOGICHE<br />
La colonia di Vulturnum prende il nome dal fiume che<br />
attraversa buona parte della pianura campana. L’area<br />
in esame è stata a lungo oggetto di studi multidisciplinari,<br />
volti:<br />
4 alla ricostruzione della stratigrafia del sottosuolo,<br />
che nel tempo è stato condizionato da frequenti<br />
variazioni eustatiche e da eventi vulcanici, con conseguenti<br />
interdigitazioni di depositi di ambiente marino,<br />
alluvionale, vulcanico, e la formazione di una<br />
circolazione idrica sotterranea superficiale (Sacchi<br />
M. et al., 2014, Amorosi A. et al., 2012);<br />
4allo studio dell’uso del suolo e della geo-morfologia<br />
costiera dall’antichità ad oggi, ossia lo studio dei processi<br />
di tipo naturale o antropico che hanno determinato<br />
l’ evoluzione del territorio e della costa (D’Ambra<br />
G. et al., 2009, Ruberti D. et al., 2008);<br />
4allo studio delle popolazioni floristiche e faunistiche<br />
che popolano l’area, mirato alla conservazione del paesaggio,<br />
conferendole un’importanza non solo a livello<br />
naturalistico, ma anche ecologico (l’Oasi dei Variconi e<br />
la Pineta di Castel Volturno) (D’Ambra G. et al., 2005).<br />
6 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 7<br />
Pochi studi sono stati condotti su quest’area, per la ricerca<br />
dei siti di interesse archeologico mirati alla loro conservazione.<br />
Tuttavia, dalla ricerca bibliografica ne emerge uno<br />
molto dettagliato (Crimaco L., 1991), nel quale viene sviluppata<br />
in modo dettagliato una applicazione GIS (Roviello<br />
V. 2008). Si racconta che, dove sorge ora il centro di Castel<br />
Volturno, nell’antichità sorgeva la colonia romana di Vulturnum.<br />
Alcuni autori come Varrone, più tardi Plinio e Pomponio<br />
Mela, la definiscono come un oppidum, altri la annoverano<br />
semplicemente perché sorgeva nei pressi del mare<br />
o nei pressi del fiume Volturno, ma essa non è menzionata<br />
in alcuna fonte di età tarda. Fondata nel 194 a.C, fu sede<br />
episcopale, come sembrano confermare alcuni documenti<br />
dell’età di Papa Simaco (498-514) e anche una lettera attribuita<br />
a Papa Pelagio I (551-556). La diocesi di Vulturnum<br />
rimase ancora attiva durante il pontificato di Papa Gregorio<br />
Magno (540-604), alla fine del VI secolo. La ricerca topografica<br />
condotta a tappeto su circa 70 kmq di territorio,<br />
nelle varie località della colonia di Vulturnum, ha fornito<br />
parecchi dati utili a ricostruire le abitudini della civiltà insediatavi<br />
e alcune delle attività che producevano sviluppo<br />
nell’area.<br />
All’interno di case coloniche, ville, villaggi, santuari e necropoli,<br />
sono state recuperate numerose ceramiche, suppellettili,<br />
frammenti di pavimento e mosaici, statue, teste<br />
votive, articoli di corredo funebre, tutti databili tra la seconda<br />
metà del IV sec.a.C. e il VI sec. d.C. (Fig. 1). L’ampio<br />
utilizzo della ceramica è testimoniato anche da un esteso<br />
scarico di anfore, ritrovato nei pressi di un ansa fluviale,<br />
che probabilmente riconduce alla presenza di un vero e proprio<br />
quartiere industriale specializzato nella produzione di<br />
ceramiche. Inoltre il ritrovamento di diverse macine da grano<br />
in lava leucitica, richiama l’attività di coltivazione cerealicola<br />
lungo le allora fertili sponde fluviali. Le religiosità<br />
era molto sentita all’epoca, basti pensare alle numerose<br />
pratiche e luoghi di sepoltura presenti nelle necropoli (tombe<br />
a cappuccina, a cassa e a camera). L’overlay eseguito in<br />
ambiente GIS, mediante il software Geomedia Professional,<br />
ha permesso di ampliare le conoscenze su questa colonia,<br />
sovrapponendo a tali dati, la ricostruzione storica dei meandri<br />
abbandonati del fiume Volturno (Fig. 2).<br />
Probabilmente il motivo per cui i siti ricadono sulle antiche<br />
anse abbandonate è da ricondurre al ruolo di via di comunicazione<br />
che aveva il fiume, che consentiva di raggiungere<br />
più facilmente le aree interne dal mare, ma anche e<br />
soprattutto alle attività urbane e commerciali, in quanto<br />
le fertili sponde offrivano alle popolazioni un grande bene-<br />
Fig. 2 - Rielaborazione: overlay tra i siti di ritrovamento archeologico e la ricostruzione<br />
delle anse sepolte del Fiume Volturno<br />
ficio, che quindi qui vi si insediavano. Purtroppo l’area presenta<br />
oggi un notevole livello di inquinamento e degrado,<br />
con ogni sorta di rifiuti accumulati nel corso degli anni nelle<br />
acque del fiume, sulle sponde, nei suoli e perfino nella falda<br />
idrica sotterranea.<br />
BENI INTANGIBILI E CULTURA ARBËRESHË<br />
Gli ambiti naturali e i sistemi urbani diffusi sulle colline<br />
dell’Italia meridionale, rappresentano l’humus ideale dove<br />
i beni tangibili e intangibili della minoranza “arbëreshë”<br />
hanno trovato dimora e vita per riverberarsi ciclicamente<br />
sino a oggi. Storicamente la minoranza è riconosciuta come<br />
una delle poche in grado di tramandare, grazie alla consuetudine,<br />
all’idioma e ai riti, utilizzando la sola forma orale<br />
(Fig. 3). Per tale motivo gli studi hanno privilegiato gli<br />
aspetti prettamente linguistici, sottovalutando per decenni<br />
il rapporto che gli esuli hanno avuto con i territori posseduti,<br />
abitati, frequentati o attraversati; in altre parole, è<br />
venuto a mancare l’attenzione verso il GENIUS LOCI (Pizzi<br />
A., 2003). Ciononostante, la storia sin dai tempi dei romani<br />
con Servio, ricorda che “ nessun luogo è senza un genio ”<br />
(nullus locus sine genio).<br />
Per sopperire a tale carenza storica è possibile trarre informazioni,<br />
attraverso la sovrapposizione (overlay) e il con-<br />
Fig. 3 - Arberia - aspetti caratteristici<br />
Fig. 4 - Italia - Carta delle regioni Arbereshe
fronto di carte storiche con quelle più recenti fornite dall’Istituto<br />
Geografico Militare (IGM) che, tenendo conto anche<br />
dei rilevamenti digitali odierni, permetteranno di tracciare<br />
un percorso storico, ambientale e culturale della minoranze<br />
e sopperire così alla mancanza di informazioni documentali.<br />
Per delineare un quadro delle aree prese in esame, il territorio<br />
del Regno delle due Sicilie è stato suddiviso in macroaree<br />
omogenee corrispondenti alle Regioni dell’Italia meridionale<br />
(Fig. 4) come di seguito riportate:<br />
Abruzzo: Provincia di Pescara; (Macroarea della Strada<br />
Trionfale);<br />
Molise: Provincia di Campobasso; (Macroarea del Biferno);<br />
Campania: Provincia di Avellino; (Macroarea Irpina);<br />
Lucania: Provincia di Potenza; (Macroarea del Vulture, del<br />
Castello e del Sarmento);<br />
Puglia: Provincia di Lecce e Taranto; (Macroarea del Limitone<br />
e della Daunia);<br />
Calabria: Province di Cosenza; (Macroarea della Cinta Sanseverinense<br />
suddivisa in sub m.c. del Pollino, delle Miniere,<br />
della Mula, della Sila Greca); Provincia di Crotone; (Macroarea<br />
del Neto); Provincia di Catanzaro; (Macroarea dei Due<br />
Mari); Provincia di Regio Calabria; (Macroarea dei Caraffa<br />
di Bruzzano);<br />
Sicilia: Provincia di Palermo; (Macro-area del Primo Maggio).<br />
Va rilevato inoltre che, nel Mediterraneo, i nuclei insediativi<br />
e i loro contesti naturali ricadenti in questi macro-sistemi<br />
abitativi essendo ritenuti “preziosi frammenti dell’umanità<br />
non replicabili”, vanno considerati oggetto di studi privilegiati<br />
e necessari per garantirne una corretta tutela.<br />
La realizzazione di un G.I.S., diventerebbe, quindi, un supporto<br />
fondamentale, in cui far convergere tutte le informazioni<br />
acquisite.<br />
L’implementazione di un Relational DataBase Management<br />
System (RDBMS), inoltre, fornirebbe informazioni dettagliate<br />
riferibili a momenti storici di zone ben identificate,<br />
inquadrandone l’evoluzione e gli aspetti che hanno caratterizzato<br />
l’insediamento dei minoritari albanofoni.<br />
CARTE STORICHE E DISPOSIZIONE DEI CENTRI URBANI<br />
L’analisi delle carte storiche consente già, semplicemente<br />
mediante la loro sovrapposizione, di rilevare una linea altimetrica<br />
lungo la quale sono situati gli agglomerati diffusi<br />
arbëreshë corrispondenti agli odierni centri storici.<br />
L’interessante informazione ottenuta rafforza il principio<br />
Fig. 6 - Calabria - Disposizione dei paesi Albanesi<br />
secondo cui le scelte d’insediamento nella provincia Citeriore,<br />
come storicamente accade, non sono da ritenere<br />
casuali, ma dettate da esigenze strategiche preordinate e<br />
studiate per rilanciarne l’economia e per garantire opportune<br />
difese da incursioni alloctone.<br />
Nel confrontare i rilievi cartografici di varie epoche relativi<br />
ad aree a rischio malarico (Fig. 5), si è rilevato che l’edificato<br />
residenziale segue sempre lo stesso tracciato della linea<br />
riconducibile alla detta cinta Sanseverinense, che unisce<br />
tutti gli agglomerati della provincia citeriore calabrese su<br />
uno stesso piano altimetrico (Fig. 6). Il tracciato trova conferma<br />
anche nelle abitudini storiche delle genti che vissero<br />
le terre oltre il mare Adriatico così come richiamato dal<br />
teorema del filosofo Aristotele, riportato nel libro VII° che<br />
si riferisce alla città buona.<br />
Tali informazioni consentono di comprendere i criteri seguiti<br />
ed utilizzati per riconoscere e selezionare aspetti climatici,<br />
orografici e di salubrità adeguati che in terra citeriore erano<br />
garantiti nei territori posti a 400m sul livello del mare; si<br />
tratta delle isoipse sulle quali sono posizionate le residenze<br />
albanofone. I presidi di residenza, furono trasformati dagli<br />
abitanti, abituati da secoli al rispetto del territorio, stabilendo<br />
un rapporto di mutua e rispettosa convivenza con i<br />
parametri morfologici, orografici, climatici, vegetali e faunistici<br />
delle aree. (Mazziotti I., 2004, Giura V, 1984) In queste<br />
macro-aree, assicurata la salubrità dei luoghi di residenza,<br />
confermate le costanti dei sistemi urbani, si è costruito<br />
utilizzando tipologie abitative ancora presenti su tutto il<br />
territorio della RsA (Regione storica Arbëreshë), adoperando<br />
esclusivamente materiali reperibili in loco senza troppo<br />
incidere sul territorio, composte da tre componenti:<br />
4il recinto delimita il territorio ove la famiglia allargata<br />
aveva il controllo assoluto;<br />
4la casa, anch’essa circoscritta dal cortile, costituita da<br />
un unico ambiente in cui conservare le poche suppellettili<br />
e alimenti;<br />
4il giardino, luogo della prima spogliatura, dimora dell’orto<br />
stagionale.<br />
Fig. 5 - Calabria - Aree a rischio Malarico<br />
La presenza di tali elementi segna il territorio occupato dagli<br />
albanofoni, dando vita nel corso della storia ai rioni che<br />
ne caratterizzano i paesi con i toponimi storici.<br />
Per quanto attiene agli aspetti sociali, nel periodo che va<br />
8 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 9<br />
dal XV secolo, data di arrivo degli albanofoni, sino al XXI<br />
secolo, gli esuli lentamente si dissociano dal modello familiare<br />
allargato, per quello urbano e in seguito, in tempi più<br />
recenti, si afferma il modello della multi-medialità (Mandalà<br />
M. 2007).<br />
Quando la famiglia allargata inizia ad assumere la connotazione<br />
di famiglia urbana, si realizzano i primi isolati (manxane),<br />
seguendo schemi indissolubili sociali, dando inizio allo<br />
sviluppo degli agglomerati diffusi albanofoni, tendenzialmente<br />
accolgono le direttive dell’urbanistica grecanica, ciò<br />
è identificabile nella regola che allocava prevalentemente<br />
gli accessi delle abitazioni sulle strette vie secondarie,<br />
ruhat e con molta diffidenza nel tardo periodo in quelle<br />
principali hudat (Capasso B. 1905). Un’ attenta disamina<br />
comunque non può sorvolare su un aspetto fondamentale:<br />
il significato di“rione” e di “quartiere”, due momenti storici<br />
che identificano ambiti prettamente urbanistici e quindi<br />
elastici, da quelli delle disposizioni rigide dei presidi militari;<br />
il rione, diviene elemento fondamentale degli assetti<br />
urbanistici diffusi, dei modelli caratteristica arbëreshë. Per<br />
confermare quanto detto è stato eseguito un confronto su<br />
aero-foto e planimetrie dei Comuni di Cavallerizzo, Santa<br />
Sofia De Leo P. (1988) e Civita Cirelli F. (2006), da cui emergono<br />
schemi tipologici di sviluppo urbano diffuso, riferibile<br />
al concetto di famiglia allargata Dodaj P. (1941), lo stesso<br />
che accomuna gli ambiti minoritari del Regno di Napoli dal<br />
XV secolo abitati da albanofoni. (Figg. 7, 8). Lo schema di<br />
sviluppo segue due parametri fondamentali: “articolato”,<br />
quello più antico, mentre in tempi più recenti riconducibili<br />
a quello “lineare”; essi vengono generati da presupposti<br />
sociali che poi sono riconducibili all’antico concetto di Gjitonia<br />
(Pizzi op. cit) .<br />
Quest’ultima è riconducibile alla frase “dove vedo e dove<br />
sento”, che tradotta letteralmente dall’albanese antico,<br />
vuole individuare il luogo in cui gli arbëreshë riescono a<br />
convergere i cinque sensi; infatti la Gjitonia si avverte, si<br />
respira, si assapora, si vede, per certi versi è persino palpabile,<br />
senza poter essere tracciata fisicamente (Pizzi op.<br />
cit).<br />
Nello specifico è stato esaminato in maniera più dettagliata<br />
il borgo di Civita, in quanto conserva intatto il suo antico<br />
assetto planimetrico, infatti il suo centro storico ha subito<br />
solo lievi ammodernamenti e la periferia si presenta pur<br />
essa intatta poiché non sono state realizzate aree periferi-<br />
Fig. 7 - Albania - Insediamenti Rupestri<br />
che di espunzione (Fig. 9).<br />
La costruzione di un GIS in cui inserire i dati, consentirebbe<br />
di gestire informazioni utili per creare un percorso storicoculturale<br />
riferibile ai beni tangibili e intangibili albanofoni e<br />
quindi di avviare opportune azioni di tutela del patrimonio.<br />
Ciò anche in considerazione del dibattito relativo ai centri<br />
storici minori tendenti ad avere più parsimonia nell’utilizzo<br />
del territorio e maggiore sensibilità nei confronti della tutela<br />
dell’immagine del paesaggio.<br />
Poiché l’architettura può essere considerata una traccia sul<br />
territorio, simbolo del carattere distintivo degli agglomerati<br />
albanofoni, le informazioni raccolte nel sistema<br />
geografico d’indagine possono essere di ausilio non solo per<br />
sostenere le azioni di recupero dell’antico edificato ma anche<br />
per tracciare in modo più approfondito la storia degli<br />
ultimi sei secoli. Determinati caratteri costruttivi rilevabili<br />
nelle architetture appartenenti ai sistemi (Pizzi op. cit) urbani<br />
arbëreshë apparentemente privi di significato, possono<br />
infatti, con l’ausilio di un sistema geo-referenziato, rivelarsi<br />
utili elementi (Pizzi op. cit) ai fini della ricostruzione<br />
delle modalità di crescita e delle trasformazioni urbane di<br />
una cultura caratterizzata soprattutto da un patrimonio di<br />
Fig. 8 - Calabria - Insediamento di Cavallerizzo<br />
Fig. 9 - Civita - La struttura urbana policentrica e gli interventi dal 1835
conoscenze che si tramanda solo oralmente. L’intangibilità<br />
dei valori arbëreshë si può quindi cogliere anche attraverso<br />
segni chiaramente tangibili riscontrabili sul territorio quale<br />
ad esempio le tipiche rotondità che caratterizzano i vicoli e<br />
rappresentano i confini dei lotti (Gonzalès R. A. 2005).<br />
Il recupero dei beni tangibili e intangibili dei centri storici<br />
albanofoni attraverso un RDBMS avrà come riferimento le<br />
cartografie riferite alle tappe della storia, i concetti della<br />
famiglia allargata e la sua ascesa, dati legati all’economia,<br />
i concetti dell’urbanistica e degli agglomerati diffusi, le arti<br />
edificatorie, l’analisi delle metodiche e l’utilizzo dei materiali,<br />
dati che, opportunamente intrecciati, forniranno un<br />
itinerario storico per interpretare e comprendere l’evoluzione<br />
delle singole macro-aree urbane. La conoscenza del<br />
GENIUS LOCI albanofono sarà fondamentale per un recupero<br />
funzionale più attendibile e corrispondente all’immagine<br />
architettonica arbëreshë, secondo un protocollo sancito<br />
dalla Carta della Regione Storica, la cui finalità è la tutela<br />
delle peculiarità del tessuto edificato storico. In quest’ottica<br />
le informazioni contenute nel GIS diventano basilari per<br />
il recupero e la valorizzazione di spazi, edifici e ambiti che<br />
rappresentano la vera risorsa dell’economia minoritaria, secondo<br />
consuetudini uniche; essi possono permettere inoltre<br />
di individuare tipologie, tecnologie pigmentazioni e materiali<br />
tipici che hanno tenuto vive le costanti dei minoritari<br />
albanofoni; lingua, consuetudine e religione, tramandate<br />
esclusivamente in forma orale.<br />
CONCLUSIONI<br />
Informazioni e dati intangibili diversamente per quel che<br />
accade per quelli tangibili non possono essere facilmente<br />
trasferiti su mappe geo-referenziate; ne deriva la necessità<br />
di individuare elementi sul territorio che assumano funzione<br />
di supporto sulla base di opportune correlazioni.<br />
Nello studio proposto vengono esaminate due tipologie di<br />
patrimonio, una di tipo tangibile ed una di tipo intangibile<br />
che hanno un comune forte riferimento rappresentato dal<br />
territorio in cui si trovano.<br />
Il primo è costituito dai siti archeologici della colonia di Vulturnum,<br />
presenti nel sistema fluviale della bassa pianura del<br />
fiume Volturno in Campania; il secondo riguarda la cultura<br />
“Arbëreshë” che trova le proprie connessioni nel linguaggio<br />
tipologico-costruttivo e nella peculiare conformazione urbana<br />
dei centri albanofoni.<br />
In ambedue i casi appare di notevole rilievo l’utilizzo delle<br />
potenzialità offerte dai sistemi GIS, essi attraverso la raccolta<br />
geo-referenziata di dati ed informazioni, consentono<br />
di acquisire un importante bagaglio di conoscenze utili per<br />
valorizzare il patrimonio di beni tangibili di una comunità<br />
ed anche quelli apparentemente meno evidenti rappresentati<br />
dai beni intangibili la cui esistenza si esprime attraverso<br />
forme espressive singolari leggibili sul territorio a cui sono<br />
associati aspetti culturali.<br />
Le informazioni contenute in un sistema geo-referenziato<br />
dovrebbero fornire dati attraverso i quali sviluppare attività<br />
e progetti di valorizzazione come la redazione della carta<br />
per la tutela della Regione Storica Arbëreshë” prevede.<br />
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De Leo P. (1988). Minoranze etniche in Calabria e in Basilicata, Di Mauro<br />
Editore<br />
Abstract<br />
Information and intangible data cannot be easily transferred to georeferenced<br />
maps; it follows the need to identify elements on the territory<br />
based on appropriate correlations. The paper examines two types<br />
of heritage, one of a tangible type and one of an intangible one, which<br />
have a common strong reference represented by the territory in which<br />
they are located. The first consists of the archaeological sites of the<br />
colony of Vulturnum, present in the river system of the low plain of the<br />
Volturno river in Campania; the second concerns the culture "Arbëreshë"<br />
which finds its connections in the typological-constructive language and<br />
in the peculiar urban conformation of the Albanian-speaking centers.<br />
Parole chiave<br />
Patrimonio intangibile; GIS; Vulturnum; Arbëreshë<br />
Autore<br />
Caterina Gattuso<br />
caterina.gattuso@unical.it<br />
Università della Calabria<br />
Philomène Gattuso<br />
philomene.gattuso@unical.it<br />
Università della Calabria<br />
Atanasio Pizzi<br />
atanasio@atanasiopizzi.it<br />
Architetto ricercatore sulla storia arbëreshë,<br />
Valentina Roviello<br />
valentina.roviello@unina.it<br />
Università degli Studi di Napoli Federico II<br />
10 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 11<br />
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DOCUMENTAZIONE<br />
Proximal Remote Sensing e Spatial Analysis<br />
per la Conservazione delle Pitture Parietali<br />
Pompeiane. il Caso del Gymnasium<br />
di Maria Danese, Maria Sileo, Rosa Lasaponara, Nicola Masini<br />
Gli affreschi pompeiani<br />
rappresentano una delle più<br />
importanti ed innovative<br />
espressioni artistiche dell’antichità<br />
la cui influenza stilistica ed<br />
estetica sulla pittura è durata fino<br />
a tutto l’800. Venivano eseguite su<br />
intonaco di calce fresca con colori<br />
macinati e diluiti in acqua. I motivi<br />
decorativi e i contenuti narrativi<br />
consentono di individuare quattro<br />
fasi storiche o stili che coprono un<br />
arco temporale che va dalla fine<br />
del II secolo a.C. al 79 d.C.<br />
Fig. 1 – Risultati della SfM (nell’angolo in alto a destra): RGB (in alto) e DSM (in basso).<br />
Il primo stile collocabile tra 150 a.C. e 80 a.C., impreziosiva sia edifici pubblici che le domus private e tendeva<br />
a riprodurre il rivestimento delle pareti in opus quadratum, che veniva chiamato anche “stile dell’incrostazione”.<br />
Si articolava in tre fasce: una al livello superiore caratterizzata da cornici in stucco sporgente, la<br />
seconda intermedia dipinta con i colori predominanti rosso e nero imitava il marmo e il granito, l’ultimo era uno<br />
zoccolo dipinto di colore giallo.<br />
Il secondo stile pompeiano, anche detto stile architettonico, è datato ad un periodo compreso tra l’80 a.C. e la<br />
fine del I secolo a.C. Si contraddistingue per le eleganti scene architettoniche e paesaggi, impreziositi podi, colonnati,<br />
frontoni sporgenti, edicole e porte, attraverso le quali si aprivano vedute prospettiche nelle quali erano<br />
raffigurate scene tragiche, comiche o satiriche.<br />
Il terzo stile detto ornamentale, collocabile tra la fine del I sec. a.C. e la metà del I sec. d.C. abbandona la<br />
prospetticità e la tridimensionalità del secondo stile per preferire scene e figure piatte con un solo colore, in<br />
prevalenza scure, a mò di piccoli pannelli che raffiguravano ornamenti, solitamente a tonalità più chiare, quali<br />
candelabri, figure alate, motivi vegetali.<br />
Infine il quarto stile pompeiano, detto dell’illusionismo prospettico, si afferma in età neroniana. Si distingue dagli<br />
altri per l’introduzione di architetture dotate di grande scenicità e caratterizzata da un ricco decorativismo.<br />
Si ripropongono, infine, l’imitazione dei rivestimenti marmorei e l’illusione di oggetti reali e tridimensionali.<br />
12 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 13<br />
I danni causati dall’evento eruttivo del 79 d.C.,<br />
le caratteristiche tecnico-esecutive, la lunga<br />
esposizione a fattori degradanti, nonostante i diversi<br />
interventi di restauro effettuati tra ‘800 e<br />
‘900, rendono generalmente le pitture parietali<br />
di Pompei molto fragili e bisognose di particolare<br />
attenzione dal punto di vista della conservazione.<br />
A tal fine è necessario analizzare e mappare<br />
le patologie di degrado attraverso l’impiego di<br />
efficaci e non invasive tecniche di diagnostica ed<br />
imaging.<br />
Tale approccio è stato adottato nel Gymnasium<br />
di Pompei dove sono state integrate tecniche<br />
geofisiche (georadar ad alta frequenza), imaging<br />
nell’infrarosso termico e nello spettro del visibile<br />
e metodi di analisi spaziale.<br />
Il remote sensing oggi, grazie allo sviluppo dei sensori, al<br />
miglioramento delle procedure di elaborazione dati, ed<br />
alla non invasività è una tecnologia impiegata con crescente<br />
successo nel settore del patrimonio culturale da quello<br />
archeologico (Lasaponara & Masini 2008) a quello architettonico<br />
(Masini, Persico, Rizzo et al. 2010), dalla conoscenza<br />
alla conservazione delle diverse componenti costruttive<br />
ed artistiche (dalle murature portanti agli elementi lapidei<br />
decorativi (Masini, Nuzzo et Rizzo 2007) e dipinti parietali<br />
(Danese, Sileo et Masini 2018)<br />
Parallelamente si è anche avuto lo sviluppo di avanzati strumenti<br />
di analisi per l’estrazione di pattern dai dati rilevati<br />
da remoto. Tra questi, si sta rivelando molto efficace, anche<br />
per “spazi geografici impropri” quali le superfici verticali,<br />
l’uso delle analisi spaziali, dalla cluster analisi ai metodi derivanti<br />
dalla Geovisualization (Danese, Sileo et Masini 2018<br />
Danese, Demšar, Masini & Carlton 2010).<br />
In questo studio è presentato il lavoro svolto su un affresco<br />
di Pompei per il quale sono state utilizzate tecnologie geofisiche<br />
integrate con metodi di analisi spaziale.<br />
IL CASO DI STUDIO: GLI AFFRESCHI<br />
DEL GYMNASIUM (POMPEI)<br />
L’affresco studiato decora la parete Est del<br />
Gymnasium delle Terme del Sarno, nell’insula<br />
2 della Regio VIII in Pompei. Il dipinto, datato<br />
al 50 d.C., raffigura atleti e scene di battaglia.<br />
Come altre pittura parietali di Pompei<br />
è costituito da tre strati. Il primo, l’intonachino,<br />
è uno strato di intonaco bianco sottile costituito<br />
da legante a base di calce con calcite<br />
cristallina come aggregati. Il secondo strato,<br />
di spessore 1-1.5 cm, è composto di vari strati<br />
di colore grigio (posato a fresco), costituiti da<br />
legante a base di calce e aggregato contenente<br />
sabbia vulcanica nera e grumi di materiale<br />
calcareo. Un sotto strato di intonaco è costituito<br />
da aggregati con granulometria più grossolana<br />
rispetto allo strato superiore. Infine il<br />
terzo strato è il cosiddetto arriccio, di spessore<br />
3-4 cm, la cui funzione è quella di favorire una<br />
adeguata azione di “aggrappaggio” alla parete<br />
e fornire una buona riserva di umidità per gli<br />
strati soprastanti.<br />
Fig. 2 – Estensione dell’area e profili di acquisizione con il GPR.<br />
METODOLOGIA<br />
Lo studio è stato effettuato integrando tecniche di rilievo<br />
e di imaging basate sul telerilevamento prossimale, (incluso<br />
il georadar (GPR) e l’infrarosso termico multitemporale<br />
(MIRT)), con metodologie di analisi spaziale e Geovisual<br />
Analytics, quali la Map Algebra, la Trasformazione da RGB<br />
ad HSV (, la Cluster Analysis e la Self-organizing map (SOM).<br />
L’obiettivo è stato quello di facilitare i processi di riconoscimento,<br />
estrazione e interpretazione delle patologie di<br />
degrado dei dipinti parietali con riferimento sia alla superficie<br />
pittorica che agli strati di intonaco che compongono<br />
l’affresco.<br />
Segue la spiegazione delle diverse di metodologie di imaging<br />
e delle analisi impiegate.<br />
METODI DI RILIEVO ED IMAGING<br />
SfM (Structure-from-Motion photogrammetry)<br />
La prima indagine condotta sull’affresco del Gymnasium è<br />
stata eseguita elaborando, con il metodo structure-frommotion,<br />
più immagini parzialmente sovrapposte scattate<br />
utilizzando una macchina fotografica Nikon D90, con un<br />
obiettivo NIKKOR NIKON 18-55 AF-S Dx con una risoluzione<br />
Fig. 3 – (1) Estrazione di sali sull’affresco: confronto tra RGB (1A e 1B) e la corrispondente<br />
perimetrazione dell’efflorescenza (1C e 1D). (2) Individuazione di decolorazioni locali tramite<br />
il raster della tonalità H. (3) Cluster analysis applicata all’intensità V: viene enfatizzata<br />
una progressiva decolorazione spostandosi verso la sinistra dell’affresco.
Fig. 4 – (1) Estrazione di mancanze, rigonfiamenti e rugosità sulla parete affrescata. (2) Isolinee derivate dal DSM della parete.<br />
di 12,3 Megapixel. Da questa indagine sono state prodotte<br />
(Fig. 1) una ortofoto (risoluzione di 0.77mm) ed un DSM (Digital<br />
Surface Model, con risoluzione di 1.74mm).<br />
GPR (Ground Penetrating Radar)<br />
I dati GPR sono stati acquisiti utilizzando il Georadar IDS<br />
Hi-Mod GPR con un’antenna di frequenza a 2 GHz. L’acquisizione<br />
dei dati è stata effettuata su una piccola parte della<br />
superficie totale dell’affresco (Fig.2). La non invasività è<br />
garantita grazie all’interposizione di un pannello di plastica<br />
tra lo strumento e l’affresco, spostando l’antenna in direzione<br />
orizzontale. I dati GPR sono stati acquisiti utilizzando<br />
una funzione di guadagno manuale con una scansione di 512<br />
campioni per una finestra di registrazione di 30 ns. La spaziatura<br />
tra le diverse strisciate di acquisizione orizzontali<br />
è stata di 20 cm (che è anche la risoluzione delle immagini<br />
raster di output) per una lunghezza massima dei profili longitudinali<br />
pari a cinque metri e fino a 0,8-1,0 m di altezza a<br />
partire da un metro circa dalla pavimentazione. La velocità<br />
nel mezzo dell’onda elettromagnetica è stata stimata intorno<br />
a 0,10 m/ns.<br />
MIRT (Multitemporal Infrared Thermography)<br />
Le immagini all’infrarosso termico sono state catturate utilizzando<br />
una termocamera FLIR SC660 con microbolometro<br />
non raffreddato e rivelatore FPA (Focal Plane Array) che lavora<br />
nell’intervallo spettrale tra 7,5 e 13 14 μm. L’indagine<br />
è stata effettuata il 21/04/2015 nel pomeriggio (dopo le<br />
14:30) con una distanza dal muro affrescato di circa 3 metri<br />
e una temperatura esterna di 26,6 ° C e un’umidità relativa<br />
di 88,0%. Sono stati presi tre termogrammi, aventi una<br />
risoluzione spaziale di 1.51cm e una risoluzione temporale<br />
di 8 minuti.<br />
METODI DI ANALISI SPAZIALE<br />
Trasformazione da RGB ad HSV<br />
Il primo metodo usato consiste nella trasformazione della<br />
immagine realizzata con SfM dal sistema RGB (Red, Green,<br />
Blue) al sistema HSV (tonalità, saturazione ed intensità).<br />
Ciò perché il sistema HSV si mostra più efficace, nonché più<br />
vicino anche alla visione umana, ai fini della classificazione.<br />
Di minore efficacia risulta invece il sistema RGB in cui di<br />
solito viene effettuata l’acquisizione delle immagini per via<br />
della correlazione tra queste tre bande.<br />
Map Algebra<br />
La Map Algebra è più che uno strumento di processamento<br />
di dati raster: si tratta di un vero è proprio linguaggio di<br />
modellazione dei dati spaziali di alto livello, che include<br />
operatori, funzioni ed istruzioni che permettono di programmare<br />
e sviluppare modelli anche complessi (De Mers<br />
2002). Gli strumenti di map algebra vengono classificati in<br />
letteratura come locali, focali e zonali (Tomlin 1990) oltre<br />
alle tecniche derivanti dalla combinazione di essi. In questo<br />
caso sono state usate le Surface analysis, in particolare la<br />
costruzione di isolinee estratte dal DSM e semplici metodi<br />
di riclassificazione.<br />
Cluster analysis<br />
La cluster analysis permette di valutare il tipo di autocorre-<br />
14 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 15<br />
Fig. 5 – Screenshot della SOM analysis con il V-Analytics. (1) Estrazione<br />
dell’efflorescenza sulla parete, nella parte dove l’affresco è ormai<br />
scomparso. (2) Individuazione del fenomeno di ascesa capillare.<br />
Fig. 6 – Esempio di cluster analysis svolta su una time slice derivante<br />
da GPR survey ad una profondità di 0.25 (A) e 3.5cm (B). Le aree in<br />
blu e in rosso evidenziano i cold e gli hot spot.<br />
lazione spaziale presente nel campione di dati analizzato.<br />
Nello specifico, per gli affreschi, la contemporanea prossimità<br />
e somiglianza (autocorrelazione positiva) tra eventi<br />
spaziali (pixel) rappresenta le proprietà dei materiali costituenti<br />
e aiuta a caratterizzare il loro livello di conservazione<br />
o degrado.<br />
In questo lavoro è stato usato l’indice G i<br />
* di Getis & Ord<br />
(Getis & Ord 1992), definito nella formula 1<br />
in cui<br />
4n, nel caso di analisi di un dato raster, è il numero totale<br />
di pixel del dataset.<br />
4x j<br />
rappresenta l’intensità del j-esimo pixel. Nel caso di<br />
studio l’intensità prescelta è data dal valore derivante dai<br />
diversi metodi di indagine usati in fase di survey.<br />
4 X è il valore atteso degli eventi (media).<br />
4w i,j<br />
è un elemento della matrice dei pesi, usata per concettualizzare<br />
e quantificare le relazioni spaziali e quantitative<br />
tra gli elementi studiati, ovvero il metodo scelto<br />
per la modellazione delle distanze e i criteri di contiguità<br />
e influenza tra eventi. In questo lavoro, per il calcolo della<br />
matrice dei pesi, sono stati usati sempre i seguenti parametri:<br />
la distanza euclidea per la modellazione delle distanze,<br />
Fig. 7 –Mappa finale con le diverse tipologie di degrado individuate, definite e quantizzate in tabella.
il Fixed Distance Band, come metodo per valutare se gli<br />
elementi devono essere considerati contigui o meno, con<br />
uno spatial lag di 2, essendo il dato trattato di tipo raster<br />
(Nolè et al. 2012).<br />
S è la deviazione standard.<br />
L’indice G i<br />
* deve essere valutato in contemporanea con l’intensità:<br />
alti (bassi) valori di G i<br />
* e di intensità indicano autocorrelazione<br />
spaziale positiva alta, cioè un hot (cold) spot);<br />
lo stesso concetto viene espresso in maniera sintetica dalla<br />
versione standardizzata dell’indice, lo G z<br />
score: maggiore è<br />
lo G z<br />
, maggiore sarà anche l’intensità e si avrà quindi correlazione<br />
spaziale positiva.<br />
SOM (Self-organizing map)<br />
La SOM è uno dei metodi di analisi appartenenti alle Geovisual<br />
Analytics, basata sull’organizzazione di processi di informazione<br />
in rete analoghi alle reti neurali artificiali.<br />
L’obiettivo di tale metodo è quello di analizzare dati geografici<br />
caratterizzati da multidimensionalità ed eterogeneità<br />
delle informazioni, allo scopo di ridurre la complessità e<br />
la quantità dei dati processati. Le Geovisual Analytics fanno<br />
parte della Geovisualization, disciplina finalizzata all’analisi<br />
dell’informazione geografica e che integra le grandi capacità<br />
di processamento dei computer con l’abilità umana di<br />
individuare pattern visivi (MacEachren & Kraak 2001).<br />
Nello specifico la SOM usa l’architettura delle reti neurali<br />
per ridurre la multidimensionalità del dataset analizzato ad<br />
un lattice bidimensionale tramite un algoritmo di apprendimento<br />
non supervisionato (Kohonen 1997). I pixel vengono<br />
associati ai nodi di tale lattice e quindi colorati come<br />
essi. La clusterizzazione così ottenuta può essere valutata<br />
tramite interpretazione visuale e quantitativa allo scopo di<br />
estrarre pattern utili, in questo caso, alla caratterizzazione<br />
dello stato di degrado dell’affresco analizzato. In questo<br />
studio è stato usato il software V-Analytics (Andrienko &<br />
Andrienko 2005).<br />
RISULTATI<br />
Conversione in HSV<br />
I primi risultati si ottengono convertendo l’RGB ottenuto<br />
con la SfM in HSV. Dalle analisi effettuate, è emerso che le<br />
aree aventi una intensità V superiore a 0.85 sono utili per<br />
l’identificazione e l’estrazione di aree caratterizzate dalla<br />
formazione di sali sull’affresco (Fig. 3.1A-1B-1C-1D). Inoltre<br />
dalla immagine raster della tonalità (corrispondente all’immagine<br />
H) è possibile evidenziare ed estrarre le aree con<br />
piccoli distacchi locali di pigmenti (Fig. 3.2). Ulteriori informazioni<br />
si possono ottenere dall’analisi spaziale, infatti,<br />
l’intensità V è stata analizzata con l’indice G i<br />
* e ne risulta<br />
che, guardando da sinistra verso destra si ha un progressivo<br />
fenomeno di decolorazione dei pigmenti pittorici esistenti<br />
(Fig. 3.3). Questo è probabilmente dovuto ad una maggiore<br />
esposizione di quest’area al sole e più in generale agli<br />
agenti esterni.<br />
Analisi del DSM<br />
Il DSM è stato utilizzato per estrarre i pattern relativi a<br />
rigonfiamenti, distacchi e lacune/mancanze, effettuando<br />
un contouring su di esso con un intervallo di 0.2mm. A tale<br />
scopo, le feature ottenute dal contouring sono state riclassificate<br />
in quantili, ottenendo, in tal modo classi, convertite<br />
in poligoni, che si differenziano per essere poligoni aperti o<br />
chiusi. In particolare, i pattern di interesse, ovvero rigonfiamenti,<br />
distacchi e lacune/mancanze sono rappresentati dai<br />
poligoni chiusi. Per quanto riguarda, nello specifico, le lacune,<br />
sono state individuate tre tipologie, classificate come:<br />
superficiali, mediamente profonde e profonde in relazione<br />
alla profondità in tre intervalli (Fig. 4.1). E’ importante<br />
considerare che un’analisi di tipo visivo dell’RGB consente<br />
di individuare solo le lacune profonde. D’altro canto, dalle<br />
analisi effettuate è anche emerso un limite della metodologia<br />
utilizzata, essa consente di evidenziare ed identificare<br />
solo le fratture maggiori.<br />
Sempre con il contour è stata enfatizzata e rilevata, nella<br />
parte a sinistra in alto dell’affresco (precisamente in corrispondenza<br />
dello spigolo delle due pareti) un’area caratterizzata<br />
da una intensa rugosità (Fig. 4.1). Sulla base della<br />
posizione occupata da tale intensa rugosità, se ne può dedurre<br />
che essa è stata in larga parte causata da una maggiore<br />
esposizione agli agenti esterni ed in particolare al vento,<br />
avutasi soprattutto in passato quando non ancora stata installata<br />
la tettoia che copre l’affresco.<br />
Infine, è interessante osservare l’andamento complessivo<br />
delle isolinee: le aree coperte dai distacchi superficiale<br />
hanno la stessa “quota” di alcune aree poste in alto in cui<br />
è ancora presente l’affresco (Fig. 4.2, in ciano e bluette).<br />
Si ipotizza, pertanto, che in futuro queste aree potrebbero<br />
essere più esposte al rischio di distacco, come le zone caratterizzate<br />
da rigonfiamento.<br />
Analisi dei dati MIRT in combinazione con la SOM<br />
Il dataset MIRT è caratterizzato da 425115 osservazioni (603<br />
colonne x 235 righe x 3 valori di temperature derivanti dalle<br />
tre misurazioni) per cui sono state analizzate con una SOM<br />
di 5x3 elementi. Da questa analisi è stato possibile estrarre<br />
il pattern dell’efflorescenza presente sulla parte di parete<br />
su cui non c’è più l’affresco (Fig. 5.1). Inoltre, è stato possibile<br />
delimitare in basso le aree caratterizzate da un fenomeno<br />
di ascesa capillare, con tre diversi livelli di gravità<br />
(in Fig. 5.2 dal viola in basso all’arancione chiaro e scuro).<br />
Infine, si è ottenuto un risultato che è concorde con quanto<br />
ottenuto dall’analisi del DSM: nella parte superiore<br />
dell’affresco la SOM clusterizza parte della fascia superiore<br />
dell’affresco con una parte della parete in cui l’affresco<br />
è già distaccato per cui, ancora una volta quest’area potrebbe<br />
essere a più alto rischio di distacco rispetto al resto<br />
dell’affresco.<br />
Analisi dei dati derivanti dal GPR in combinazione con la<br />
cluster analysis<br />
Il dataset rilevato con GPR indica le anomalie di adesione<br />
tra i diversi layer che compongono la stratigrafia dell’affresco,<br />
per cui ogni time slice ottenuta per diverse profondità<br />
è stata analizzata con la cluster analysis per evidenziare<br />
tale adesione o, eventualmente, la mancanza di essa. In figura<br />
sono state individuate in rosso e blu le zone fredde e<br />
calde dell’analisi, cioè le zone caratterizzate da migliore e<br />
peggiore aderenza. Queste ultime sono visibili soprattutto<br />
dalle time slice più superficiali (Fig. 6) e ciò è in perfetto accordo<br />
con alcune anomalie trovate con l’infrarosso termico.<br />
16 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 17<br />
Scopri di più
CONCLUSIONI<br />
L’analisi degli affreschi è ancora ad oggi<br />
prevalentemente affidata all’interpretazione<br />
visiva degli output ottenuti dalle<br />
analisi strumentali. L’uso di statistiche,<br />
analisi spaziali, classificazioni e la combinazione<br />
dei diverse metodologie, incluse<br />
indagini geofisiche, anche se condotte<br />
su uno spazio “geografico improprio”, è<br />
molto utile all’estrazione e quantificazione<br />
di pattern di degrado, poiché permettono<br />
di ottenere una mappa oggettiva<br />
(Fig. 7) dello stato di conservazione<br />
più precisa e completa anche di fenomeni<br />
che non sono individuabili solo con<br />
l’analisi visiva.<br />
Tramite questo approccio è stato possibile<br />
ottenere i seguenti risultati:<br />
Codice Tipo di degrado Estensione (mq)<br />
0 Area con lo stato di conservazione dell’affresco migliore 6.42<br />
Degrado superficiale:<br />
1<br />
- Sali<br />
0.93<br />
2<br />
- Aree con rischio di decolorazione<br />
6.62<br />
3<br />
- Rugosità<br />
1.47<br />
Danno interessante tutta la stratigrafia:<br />
4<br />
- Rigonfiamenti<br />
0.46<br />
- Distacchi<br />
5<br />
- Superficiali<br />
14.95<br />
6<br />
- A media profondità<br />
2.17<br />
7<br />
- Profondi<br />
1.51<br />
8<br />
- Area con rischio di distacco<br />
8.48<br />
Risalita capillare:<br />
9<br />
- Bassa<br />
2.37<br />
10<br />
- Media<br />
2.24<br />
11<br />
- Alta<br />
0.59<br />
Fig. 7 – Mappa finale con le diverse tipologie di degrado individuate, definite e quantizzate in tabella<br />
4È stato ricostruito un modello 3D della parete che costituisce<br />
la mappa di deformazione della parete stessa e<br />
dell’affresco che su di essa si trova.<br />
4Sono stati estratti e quantificati in automatico diversi<br />
pattern di degrado.<br />
4Sono state individuate delle zone con maggior rischio di<br />
ulteriore deterioramento.<br />
4La mappa finale realizzata (Fig. 7) caratterizza su più<br />
livelli l’affresco analizzato e costituisce un primo passo<br />
per il restauro, la protezione e la mitigazione dei rischi<br />
dell’affresco.<br />
Questo tipo di approccio contiene tuttavia alcune limitazioni,<br />
si deve considerare che i diversi layer realizzati con le<br />
diverse metodologie di survey hanno risoluzione spaziale e<br />
talvolta anche estensione spaziale diversa e ciò comporta<br />
un livello di accuratezza variabile dei diversi pattern estratti.<br />
Questo aspetto dovrebbe essere ulteriormente approfondito,<br />
anche allo scopo di individuare quella che potrebbe<br />
essere una risoluzione spaziale “ottimale” ai fini di questo<br />
tipo di analisi. Inoltre, la metodologia proposta richiede ulteriore<br />
sperimentazione, poiché ciò consentirebbe non solo<br />
di sperimentarla su altre tipologie di affreschi ma anche di<br />
perfezionarla e migliorarla.<br />
Bibliografia<br />
Andrienko N, Andrienko G (2005) Exploratory Analysis of Spatial and Temporal<br />
Data: A Systematic Approach. Springer-Verlag New York, Inc.,Avdelidis N.P.,<br />
Moropoulou A. (2004) “Applications of infrared thermography for the investigationof<br />
historic structures”. Journal of Cultural Heritage 5 (2004) 119–127.<br />
Danese M., Sileo M., Masini N.(2018) Geophysical Methods and Spatial Information<br />
for the Analysis of Decaying Frescoes. Survey in Geophysics<br />
39(6),1149-1166.<br />
Danese M., Demšar U., Masini N., Charlton M.(2010). Investigating material<br />
decay of historic building using Visual Analytics with multi-temporal infrared<br />
thermographic data. Archaeometry, 52 (3), 482–501<br />
De Mers M.N. (2002) - GIS Modeling in raster. USA, p. 55.<br />
Getis, A., Ord, J. K. (1992) - The analysis of spatial association by use of<br />
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Kohonen T (1997) Self-organizing maps. 3rd edition edn. Springer, Berlin.<br />
Koloski Ostrow A (1990) The Sarno Bath Complex Roma : "L'Erma" di Bretschneider,<br />
Lasaponara R., Masini N. (Eds) 2008, Advances in Remote Sensing for Archaeology<br />
and Cultural Heritage Management, Proc. of I International EARSeL Workshop<br />
“Advances in Remote Sensing for Archaeology and Cultural Heritage<br />
Management”, Aracne, Roma, ISBN: 978-88-548-2030-2<br />
MacEachren AM, Kraak M-J (2001) Research Challenges in Geovisualization<br />
Cartography and Geographic Information Science 28:3-12<br />
doi:10.1559/152304001782173970.<br />
Masini N., Persico R., Rizzo E. et al. 2010, Integrated Techniques for Analysis<br />
and Monitoring of Historical Monuments: the case of S. Giovanni al Sepolcro<br />
in Brindisi (Southern Italy), Near Surface Geophysics, 8(5), 423-432,<br />
doi:10.3997/1873-0604.2010012<br />
Masini N., Nuzzo L., Rizzo E.(2007) GPR investigations for the study and the<br />
restoration of the Rose Window of Troia Cathedral (Southern Italy), Near Surface<br />
Geophysics, 5(5), 287-300, doi:10.3997/1873-0604.2007010<br />
Masini N., Sileo M., Leucci G., et al.(2017) Integrated In Situ Investigations<br />
for the Restoration: The Case of Regio VIII in Pompeii, in: N. Masini, F. Soldovieri<br />
(eds) Sensing the Past. Geotechnologies and the Environment”, vol. 16,<br />
Springer,557-586.<br />
Masini N., Capozzoli L., Chen P., Chen F., Romano G., Lu P., Tang P., Sileo M.,<br />
Ge Q., Lasaponara R. (2017). Towards an operational use of geophysics for<br />
Archaeology in Henan (China): Archaeogeophysical investigations, approach<br />
and results in Kaifeng. Remote Sensing 9 (8), 809, doi: 10.3390/rs9080809<br />
Nolè G., Danese M., Murgante B., Lasaponara R., Lanorte A. 2012 Using spatial<br />
autocorrelation techniques and multi-temporal satellite data for analyzing<br />
urban sprawl. International Conference on Computational Science and Its Applications<br />
512-527 Springer, Berlin, Heidelberg<br />
Tomlin C.D. (1990) - Geographic Information Systems and Cartographic Modeling.<br />
Englewood Cliffs, New Jersey: Prentice Hall.<br />
Abstract<br />
The paper presents a combination of geophysics technologies and<br />
spatial analysis methods for the analysis of an improper geographical<br />
space: the frescoe of the east wall at the Gymnasium (Pompei). This<br />
allows to construct a decay map and to quantify decay patterns found<br />
as a first step for restauration, protection and mitigation of the risk<br />
that involves the frescoe.<br />
Parole chiave<br />
Affreschi, Analisi spaziali, Structure-from-motion,<br />
Termografia multitemporale, GPR<br />
Autore<br />
MARIA DANESE, maria.danese@cnr.it<br />
NICOLA MASINI, nicola.masini@cnr.it<br />
MARIA SILEO, maria.sileo@cnr.it<br />
Istituto di Scienze per il Patrimonio Culturale (ISPC)-CNR<br />
Contr.da S. Loja, 85050 Tito (Pz)<br />
ROSA LASAPONARA, rosa.lasaponara@cnr.it<br />
Istituto di Metodologie di Analisi Ambientale (IMAA)-CNR<br />
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Tecnologie per i Beni Culturali 19<br />
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dai cacciatori di tesori per oltre 300 anni - è<br />
stato scoperto il 27 novembre 2015 e reso di recente<br />
pubblico. La ricerca è stata effettuata da un veicolo<br />
subacqueo autonomo (AUV) dotato di SSS EdgeTech<br />
2200. Il San Jose era un galeone da 62 cannoni di una<br />
flotta spagnola che trasportava oro, argento e smeraldi<br />
dalle miniere del Perù in Spagna.<br />
I SideScan Sonar EdgeTech offrono la possibilità di “fotografare”<br />
vaste aree del fondo marino durante le ricerche<br />
in acque profonde, quando la posizione degli<br />
oggetti affondati è in gran parte sconosciuta.<br />
Il San Josè Fu affondato l'8 giugno 1708 in una battaglia<br />
contro gli inglesi al largo di Cartagena, in Colombia.<br />
La nave affondò così rapidamente che sopravvissero<br />
solo 11 delle 600 persone a bordo. Le esclusive opzioni<br />
di accoppiamento delle frequenze dei SSS EdgeTech -<br />
come 400/900 kHz - consentono ricerche ad altissima<br />
risoluzione; le combinazioni 75/230 kHz permettono<br />
ricerche a lungo raggio, come quella con swath di<br />
2.000 metri che recentemente ha portato alla scoperta<br />
dell'USS Indianapolis.<br />
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ricerche in acque profonde e sono ancora in servizio<br />
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Le popolazioni antiche hanno lasciato in eredità oggetti<br />
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col passare del tempo, subiscono diversi gradi di erosione<br />
a causa delle intemperie e della loro stessa natura<br />
fragile. Di conseguenza, la conservazione del patrimonio<br />
è diventato un compito estremamente urgente nonché<br />
fondamentale.<br />
Allo stato attuale, la digitalizzazione 3D ha dimostrato<br />
di essere la tecnologia più popolare ed ha attirato l'attenzione<br />
mondiale nel settore dei Beni Culturali. La tecnologia<br />
di scansione 3D offre una velocità di misurazione<br />
rapida e un'accurata capacità di acquisizione e può essere<br />
utilizzata per l'archiviazione, la visualizzazione e il<br />
ripristino dei dati.<br />
Inoltre, è abile nel raccogliere dati 3D accurati da diverse<br />
prospettive, il che è utile, accompagnata da altre<br />
tecnologie come la stampante 3D, per il ripristino dei<br />
manufatti quando si verificano danni accidentali.<br />
La tecnologia che viene in soccorso alla conservazione<br />
dei Beni Culturali è quella di ScanTech.<br />
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rosso;<br />
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scansione più comoda e sicura;<br />
4Allineamento versatile per diverse esigenze: supporto<br />
per modalità di allineamento texture, geometrico e<br />
markers;<br />
4Molteplici campi di applicazione: medico, body art,<br />
industriale, scultura digitale, ritratti 3D, Cultural Heritage<br />
e molto altro;<br />
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20 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 21<br />
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si stanno dotando di questi sistemi per la conservazione<br />
del patrimonio storico. In particolare, lo scanner<br />
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estremamente irregolari e che sono ricchi di dettagli,<br />
come appunto i reperti storici.<br />
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22 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>
019<br />
Tecnologie per l'emergenza, gestione e monitoraggio del territorio<br />
ROMA 4-6 DICEMBRE<br />
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Science & Technology Communication<br />
Science & Technology Communication
01<br />
digitizing<br />
the<br />
world<br />
Se da una parte ormai si è avviata una<br />
grande campagna di digitalizzazione<br />
dell’esistente, è pur vero che ancora oggi si<br />
registrano casi di accumulo di grandi quantità<br />
di dati che nel breve come nel lungo<br />
termine, senza che richiedano particolari<br />
abilità di consultazione e implementazione,<br />
vanno incontro a limitazioni procedurali<br />
di controllo nella pratica gestionale di<br />
transizione. I temi della semplificazione o<br />
della better regulation in ambito europeo<br />
sono attuali e non poche industrie hanno<br />
avanzato soluzioni di grande interesse. Il<br />
passaggio dall’acquisizione del reale su<br />
nuvole di punti ai sistemi del BIM sta<br />
comportando investimenti importanti per<br />
le strutture di gestione e progettazione.<br />
01.1. L’acquisizione intelligente del dato,<br />
la selezione semantica, l’archiviazione e la<br />
fruizione<br />
01.2. Dalla nuvola di punti al BIM,<br />
alla AR/VR/MR<br />
02<br />
heritage<br />
watchers<br />
hub<br />
Chi sono gli osservatori che dovrebbero<br />
analizzare lo stato di conservazione del<br />
territorio, delle sue infrastrutture e del<br />
suo patrimonio anche paesaggistico?<br />
Come possono velocemente acquisire<br />
informazioni sullo stato di degrado e<br />
procedere a proporre interventi migliorativi?<br />
Queste informazioni sono relazionate<br />
alla geografia del territorio e il tema<br />
Geo4All è preponderante per tutte le<br />
azioni in cui anche l’impegno di volontariato<br />
degli utenti può fare la differenza<br />
rispetto a quanto proviene da una realtà<br />
che si modifica. Recentemente si è andata<br />
formando una opinione sempre più diffusa<br />
che occorre seguire un modello che<br />
preveda la creazione di figure che operino<br />
nel territorio con specifici compiti nel<br />
monitoraggio, che siano in grado di<br />
utilizzare sistemi diagnostici e di<br />
documentazione avanzati.<br />
02.1 La “valigetta degli attrezzi”<br />
per un watcher<br />
02.2 Voluntereed Geographic Information<br />
03<br />
IoT<br />
5G<br />
positioning<br />
Le recenti possibilità di trasmissione<br />
rapida di grandi quantità di dati della<br />
rete 5G, che sarà a breve implementata<br />
in tutte le aree metropolitane, apre nuovi<br />
scenari alle tecniche di monitoraggio e<br />
piattaforme di controllo del territorio e<br />
delle infrastrutture. I sistemi via satellite<br />
hanno un ruolo definito nello sviluppo e<br />
nel dispiegamento del futuro sistema 5G,<br />
ma quali sono le iniziative concrete in<br />
atto nel nostro paese? Le richieste che<br />
vengono dagli operatori in emergenza o<br />
dagli amministratori addetti al<br />
quotidiano monitoraggio del territorio e<br />
del patrimonio possono trovare una<br />
risposta adeguata? La situazione attuale<br />
dello sviluppo della tecnologia e dei<br />
servizi satellitari, a confronto con il vero<br />
interesse della comunità nazionale<br />
sull’argomento.<br />
03.1. Ultimi prototipi per il<br />
monitoraggio delle infrastrutture<br />
03.2. Patrimonio culturale, fruizione e<br />
piattaforme di monitoraggio<br />
5 - 6 DICEMBRE <strong>2019</strong><br />
– ISA –<br />
ISTITUTO SUPERIORE<br />
ANTINCENDI<br />
EX MAGAZZINI GENERALI<br />
Via del Commercio, 13<br />
00154 - Roma<br />
4 DICEMBRE <strong>2019</strong><br />
AREA ARCHEOLOGICA<br />
CENTRALE DI ROMA<br />
Workshop di campo
Tecnologie fulcro del TECHNOLOGY for ALL<br />
Le tecnologie al centro dell’evento TECHNOLOGY for ALL consentono di conoscere, documentare, proteggere e monitorare il nostro ambiente<br />
sia dal punto di vista territoriale che dal punto di vista del costruito, con un particolare riguardo a tutte quelle manifestazioni rappresentative emergenti,<br />
in cui, indipendentemente dall’epoca, dall’ubicazione e dalle caratteristiche tecniche e strutturali, si possa riconoscere la testimonianza di<br />
un’identità materiale trasmissibile alle generazioni future, sopravveniente anche nella semplificazione dei processi infrastrutturali delle nostre città<br />
storiche intelligenti. In questa edizione dell’evento particolare enfasi sarà data alle seguenti tecnologie:<br />
DRONI LASER SCANNER AnD<br />
rappresentati da sistemi a pilotaggio<br />
remoto o automatico che sfruttano la<br />
fotogrammetria per fornire informazioni<br />
geometriche accurate, ravvicinate o a bassa<br />
quota, anche utilizzando sensori sofisticati<br />
o sistemi LiDAR per produrre elaborati<br />
molto accurati in zone inaccessibili o<br />
troppo ristrette per i costi del volo aereo<br />
tradizionale. Sensori sempre più sofisticati<br />
consentono di vedere oltre il visibile.<br />
in continua evoluzione verso sistemi di<br />
auto localizzazione, che consentano anche<br />
la ricostruzione in tempo reale di uno spazio<br />
circostante, finalizzata a soddisfare esigenze<br />
tecnologiche prima inimmaginabili,<br />
come quella dell’orientamento da remoto<br />
della guida autonoma per mezzi terrestri o<br />
aerei. Protagonisti della digitalizzazione del<br />
mondo reale, con tecniche topografiche.<br />
le Analisi non Distruttive consentono<br />
di conoscere le caratteristiche strutturali<br />
dei materiali sottoposti a indagine senza<br />
alterarne l’integrità, mantenendo intatta<br />
la loro funzionalità. Trovano particolare<br />
applicazione per conoscere in anticipo le<br />
cause di guasti e malfunzionamenti delle<br />
opere realizzate dall’uomo e in particolare<br />
per il Patrimonio Culturale.<br />
BIM GEODATI PNT<br />
con una particolare attenzione al laser<br />
scanner e alla fotogrammetria, che costituiscono<br />
il primo passo per la digitalizzazione<br />
della realtà che ci circonda, le cui<br />
caratteristiche storiche inducano ad introdurre<br />
iltermine HBIM (Heritage Building<br />
Information Modeling), particolarmente<br />
finalizzato alla manutenzione programmata,<br />
elemento essenziale per una gestione<br />
intelligente del futuro.<br />
in un processo continuo di standardizzazione,<br />
uniformazione e integrazione, per<br />
i quali i due ambiti della Geodesia e della<br />
Geoinformatica, si stanno fondendo a<br />
seguito di un’onda inarrestabile intrapresa<br />
e guidata dalla digitalizzazione come<br />
fenomeno regolato dai mass media e dallo<br />
sviluppo dei social network.<br />
un acronimo per individuare l’integrazione<br />
di tre processi, positioning, navigation, e<br />
timing dei molteplici usi, cui sono oggi<br />
destinati, tra i quali i sistemi di navigazione<br />
quando applicati congiuntamente ai<br />
geodati (cartografie, meteo, traffico, etc) o<br />
i sistemi di navigazione cosiddetta autonoma<br />
sicura, sia in campo terrestre che aereo<br />
a bassa quota.<br />
SATELLITI AR, VR, MR IMAGING<br />
rappresentati da sistemi a pilotaggio<br />
remoto o automatico che sfruttano la<br />
fotogrammetria per fornire informazioni<br />
geometriche accurate, ravvicinate o a bassa<br />
quota, anche utilizzando sensori sofisticati<br />
o sistemi LiDAR per produrre elaborati<br />
molto accurati in zone inaccessibili o<br />
troppo ristrette per i costi del volo aereo<br />
tradizionale. Sensori sempre più sofisticati<br />
consentono di vedere oltre il visibile.<br />
in continua evoluzione verso sistemi di<br />
auto localizzazione, che consentano anche<br />
la ricostruzione in tempo reale di uno spazio<br />
circostante, finalizzata a soddisfare esigenze<br />
tecnologiche prima inimmaginabili,<br />
come quella dell’orientamento da remoto<br />
della guida autonoma per mezzi terrestri o<br />
aerei. Protagonisti della digitalizzazione del<br />
mondo reale, con tecniche topografiche.<br />
le Analisi non Distruttive consentono<br />
di conoscere le caratteristiche strutturali<br />
dei materiali sottoposti a indagine senza<br />
alterarne l’integrità, mantenendo intatta<br />
la loro funzionalità. Trovano particolare<br />
applicazione per conoscere in anticipo le<br />
cause di guasti e malfunzionamenti delle<br />
opere realizzate dall’uomo e in particolare<br />
per il Patrimonio Culturale.<br />
Le future smart city baseranno la maggior parte della loro funzionalità sul posizionamento di precisione e sull’infrastruttura<br />
geografica continuamente aggiornata, sia per consentire il flusso informativo dai sensori, che per collegare gli oggetti<br />
monitorati resi interattivi attraverso la rete Internet. I Big Data sono in continua evoluzione, inoltre, verso l’accumulo e<br />
l’aggregazione per mezzo dell’intelligenza artificiale dedicata, istantanea nell’apprendimento sia dalla risposta che dall’interrogativo<br />
umano, elaborando l’una e l’altro quantitativamente e serialmente.<br />
In questa fucina tecnologica l’applicazione industriale italiana si sta muovendo con proposizione convincente, non del tutto<br />
favorevole la domanda interna, soprattutto se considerata sul piano massivo a costo contenuto della produzione, ma non<br />
senza competitività verso l’andamento positivo delle innovazioni registrato sul mercato mondiale, orientato al nostro trading<br />
dai paesi che nell’immediato traggano il maggior vantaggio dall’avanzamento anche prototipale apportato dall’Italia.
04<br />
Dic. <strong>2019</strong><br />
05<br />
Dic. <strong>2019</strong><br />
06<br />
Dic. <strong>2019</strong><br />
Workshop sul campo<br />
09:00 - 16:00<br />
Il Forum si articola in una<br />
giornata di workshop operativo<br />
in campo presso un monumento<br />
o sito archeologico, a cui seguono<br />
due giornate di dibattito<br />
necessario a promuovere il<br />
confronto tra esperti e utilizzatori<br />
delle nuove tecnologie. I dati<br />
rilevati ed elaborati vengono<br />
quindi messi a disposizione della<br />
amministrazione concedente.<br />
Apertura del Forum<br />
08:30 - 09:00<br />
Conferenza inaugurale<br />
09:30 - 11:30<br />
A.1. Osservazione della Terra: uso,<br />
dati e diffusione<br />
11:30 - 13:30<br />
A.2. Gestione delle emergenze e la<br />
sicurezza del territorio<br />
14:30 - 16:30<br />
A.3. Dalla geolocalizzazione al<br />
mapping tra GPS e Galileo<br />
16:30 - 18:30<br />
Risultanze Workshop<br />
sul campo<br />
08:30-11:00<br />
B.1.Quali tecnologie nella<br />
prevenzione e monitoraggio<br />
11:00 - 13:30<br />
B.2. Digitalizzazione e<br />
documentazione: dalla realtà<br />
ai modelli<br />
14:00 - 16:00<br />
B.3. Multimedialità e fruizione:<br />
efficacia dei sistemi AR/VR/MR<br />
16:00 - 18:00<br />
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DOCUMENTAZIONE<br />
Descrizione di una Tecnica di Rilievo<br />
Fotogrammetrica supportata da un<br />
Algoritmo di Intelligenza Artificiale<br />
di Nicola Santoro<br />
Il Deep Learning è entrato<br />
prepotentemente nella vita di tutti<br />
noi, non soltanto nelle professioni<br />
tecniche. Non sempre ci rendiamo<br />
conto di quanto sia pervasiva questa<br />
tecnologia. La troviamo nel mondo del<br />
giornalismo, dove è possibile generare<br />
automaticamente informazioni in tempi<br />
rapidissimi partendo dai contenuti<br />
reperibili nel WEB, nel settore<br />
economico, dove da anni si utilizzano<br />
tecniche molto sofisticate per generare<br />
previsioni sugli andamenti economici di<br />
borsa. E' oggetto di ricerca nel settore<br />
medicale, dove è possibile generare<br />
diagnosi molto precise, e cosi' in<br />
numerosi altri ambiti scientifici.<br />
Nel mondo della scansione<br />
tridimensionale della realtà, numerose<br />
sono le possibilità di implementazione. Il<br />
caso di studio che viene presentato parte<br />
dalla scansione fotogrammetrica della<br />
statua di Dante a Verona.<br />
Localizzazione della Statua di Dante in Piazza dei Signori a Verona (Google Map)<br />
Piazza dei Signori, conosciuta<br />
anche come Piazza Dante, è una<br />
piazza situata nel centro storico<br />
di Verona, adiacente a piazza delle<br />
Erbe.<br />
La piazza nasce nel medioevo dallo<br />
sviluppo dei palazzi scaligeri, ed assume<br />
fin dall'inizio funzioni politiche,<br />
amministrative e di rappresentanza.<br />
La piazza è inquadrata da alcuni edifici<br />
monumentali, collegati tra loro da arcate<br />
e logge.<br />
Nella metà del XVII secolo venne<br />
proposta dal podestà di Verona la costruzione<br />
di una fontana, che venne re-<br />
alizzata poi da Pietro Tedesco. Già sul<br />
finire del secolo si decise che era insufficiente<br />
ad ornare una piazza tanto<br />
monumentale, così venne demolita.<br />
Al centro della piazza venne eretto<br />
un nuovo monumento solo nel 1865:<br />
si scelse di collocarvi una statua di<br />
Dante, che per un periodo era stato<br />
ospitato proprio in un palazzo che si<br />
affaccia alla piazza, e di cui ricorreva<br />
il sesto centenario dalla nascita,<br />
sfidando la censura austriaca, riprendendo<br />
un monumento simile in Piazza<br />
Santa Croce a Firenze scolpita da Enrico<br />
Pazzi.<br />
La statua è stata realizzata da Ugo<br />
Zannoni in marmo di Carrara: sorretta<br />
da un piedistallo, ha un'altezza di tre<br />
metri. Venne inaugurata il 14 maggio<br />
1865. Il modello in bronzo è conservato<br />
nelle collezioni della Galleria<br />
d'Arte Moderna Achille Forti.<br />
Per dimostrare al più ampio pubblico<br />
la validità della ricerca e degli algoritmi<br />
sviluppati con ricerca indipendente<br />
negli ultimi anni, permettendo<br />
un confronto analitico tra lo stato<br />
dell'arte in materia di fotogrammetria<br />
e lo sviluppo del Deep Learning negli<br />
algoritmi di scansione 3D, si è voluta<br />
28 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 29<br />
utilizzare una ricostruzione già realizzata dallo Studio Professionale<br />
Picelli-Taccone con l'ottimo software 3DF Zephyr.<br />
3DF Zephyr è largamente utilizzato in architettura e nell'<br />
ambito dei beni culturali. Sul sito della 3DFlow è possibile<br />
ottenere il dataset fotografico, liberamente scaricabile per<br />
uso didattico.<br />
Il dataset è stato scaricato e riprocessato con la piattaforma<br />
proprietaria Point Mesh Studio.<br />
103 fotografie scattate alla risoluzione di 3648 x 5472 sono<br />
state inizialmente processate con PMS per ottenere una nuvola<br />
densa di 0,7 GB. Tempi di elaborazione di circa 7 minuti<br />
per ottenere la nuvola densa iniziale.<br />
PMS ha un modulo interno alla piattaforma che utilizza<br />
un vasto dataset di fotografie di monumenti. A seconda<br />
dell'oggetto della scansione, è possibile allenare l'algoritmo<br />
su specifici ambiti di ricerca ( medicale, artistico, paesaggistico,<br />
settore dell'ingegneria ed architettura ecc..). In<br />
questo caso non è stato possibile utilizzare il box composto<br />
da microprocessore e AI autonomo costruito sulle specifiche<br />
della reflex per funzionare sulla macchina fotogrammetrica<br />
in quanto si è scelto di partire dal tipico flusso di lavoro<br />
oggi utilizzato dai professionisti. Utilizzare l'intelligenza artificiale<br />
in cantiere consente di ottenere subito le migliori<br />
condizioni possibili di cattura: definizione, esposizione, perfetta<br />
messa a fuoco di tutta la scena.<br />
Il Deep Learning aiuta il fotogrammetrista rilevatore a catturare<br />
l'oggetto del rilievo a "strati" incrementali. In linea teorica,<br />
è possibile spaziare dalla scala reale ad ingrandimenti<br />
fino a 500 X, attraverso macchine costruite su misura per<br />
queste specifiche esigenze, ottenendo un livello di dettaglio<br />
che in altri lavori ha permesso di svolgere indagini sullo stato<br />
di degrado dei materiali strutturali. La convergenza multidisciplinare<br />
di numerose tecniche e tecnologie esprime in<br />
generale l'esigenza di rappresentare l'intima essenza materica<br />
del manufatto oggetto di studio, attingendo alle tecniche<br />
tomografiche, registrando automaticamente insieme le nuvole<br />
di punti da laser scanner e fotogrammetria attraverso<br />
protocolli sperimentali ma già collaudati in diversi lavori.<br />
Lo step parziale mostrato in questo studio permette di magnificare<br />
le foto esistenti, aggiungendo dettagli estrapolati<br />
dalle centinaia di migliaia di fotografie di archivio.<br />
Point Mesh Studio utilizza il deep learning in diversi step. Ma<br />
per lo scopo della ricerca condotta e qui illustrata, anche<br />
il suo uso parziale ha permesso di elevare la qualità della<br />
ricostruzione di diversi ordini di grandezza, nello specifico<br />
di circa 15 volte, passando da una nuvola densa di 0,7 GB ad<br />
una ricostruzione di oltre 11 GB.<br />
La mesh renderizzata nella tavola grafica migliora sensibilmente<br />
il livello di dettaglio delle texture, valorizzando il<br />
lavoro già fatto ed estendendone gli ambiti d'uso.<br />
Fig. 2 – Confronto tra rilievo originale e processamento con AI<br />
Abstract<br />
Deep Learning has entered strongly into the everyday lives of all of us. We find<br />
it in the world of journalism, in the economic sector, in the medical sector and<br />
so on. In the world of three-dimensional reality capturing, there are numerous<br />
possibilities for implementation. The case study, presented here, starts from<br />
the photogrammetric scan of the statue of Dante located at Piazza dei Signori<br />
in Verona.<br />
Parole chiave<br />
Deep learning; 3D; reality capture; photogrammetric scan<br />
Autore<br />
Nicola Santoro<br />
nikkosantoro@gmail.com
RESTAURO<br />
Applicazione e Monitoraggio di miscele biocide per<br />
pulitura di superfici attaccate da patina biologica<br />
di Eleonora Marconi, Adele Galetti, Francesco Geminiani<br />
Fig. 1 - 0: nessuna crescita; ++++: crescita accentuata; +++:<br />
crescita; ++: crescita parziale; +: scarsa crescita.<br />
È stato eseguito un lavoro di monitoraggio<br />
tramite confronto sull’efficacia<br />
del potere biocida di diverse miscele<br />
commerciali, utilizzando principalmente<br />
la tecnica della bioluminescenza. L’obiettivo<br />
è di confrontare miscele, oramai<br />
consolidate sul mercato, con altre di<br />
nuova generazione a base di oli essenziali,<br />
evidenziando le capacità performanti<br />
di quest’ultime in relazione al tipo di<br />
materiale su cui sono state applicate. Il<br />
vantaggio risiede nella bassa tossicità ed<br />
ecocompatibilità di questi materiali.<br />
I<br />
Beni Culturali immobili sono composti da materiali inorganici<br />
sia naturali, se derivati dall’estrazione dei materiali<br />
come marmo, granito, arenaria ecc, che artificiali,<br />
se non esistenti in natura e ottenuti per manipolazione<br />
antropica, come ad esempio mattoni, terre cotte, malte,<br />
intonaci, vetri e metalli. L’esposizione agli agenti atmosferici<br />
e l’orientamento di questi edifici influiscono sulla<br />
tipologia di deterioramento del materiale. Sia l’uno che<br />
l’altro influenzano, infatti, la colonizzazione di microorganismi<br />
dando luogo alla formazione di una patina biologica.<br />
Il deterioramento che ne consegue sarà differente se<br />
la superficie colonizzata è esposta a pioggia battente ed<br />
erosione del vento rispetto a una superficie più riparata<br />
in cui vengono favoriti i processi di deposizione di particellato<br />
atmosferico e di microorganismi. Una superficie<br />
verticale impiega più tempo ad essere colonizzata rispetto<br />
ad una superficie orizzontale.<br />
I microrganismi comunemente presenti da tali superfici<br />
sono funghi, muschi, licheni e cianobatteri. I funghi demaziacei<br />
e batteri della famiglia delle Geodermatophilacecae,<br />
spesso risultano essere gli unici colonizzatori. La loro<br />
crescita sul substrato è riconoscibile da colorazioni scure<br />
per funghi o rossastre per i batteri con sviluppo radiale o<br />
colonie circolari. Se il materiale presenta lesioni, spesso<br />
la colonizzazione avviene al di sotto della superficie.<br />
I metodi di controllo dei biodeteriogeni possono essere<br />
suddivisi in metodi diretti, indiretti e biologici. I metodi<br />
indiretti sono quei metodi che hanno lo scopo di controllare<br />
la crescita microbica agendo su fattori ambientali<br />
(acqua, luce, temperatura, umidità, nutrienti, inquinanti,<br />
ossidazione ecc…) che ne favoriscono la colonizzazione<br />
e attecchimento sulle superfici. L’applicazione di questi<br />
metodi è abbastanza attuabile in ambienti confinati e per<br />
materiali posti in contenitori (bacheche, teche, camere<br />
con fattori ambientali controllati) mentre è più problematica<br />
per monumenti situati in ambienti esterni. I metodi<br />
indiretti, invece, sono applicati direttamente sull'agente<br />
biodeteriogeno e si dividono in: meccanici, fisici e chimici.<br />
I metodi meccanici sono utilizzati per la rimozione<br />
e sfoltimento della biomassa (patina biologica) con strumenti<br />
quali scalpello o spatola. I metodi fisici prevedono<br />
l’utilizzo di radiazione UV in un range di lunghezza d’onda<br />
tra 280-240 nm. Infine, i metodi chimici, utilizzano composti<br />
chimici, detti biocidi, nella cui composizione vi è un<br />
principio attivo, il co-formulato e il solvente. Un prodotto<br />
può essere utilizzato nel campo dei Beni Culturali solo se<br />
possiede i seguenti requisiti:<br />
1 Basso rischio di inquinamento ambientale<br />
2 Nessuna interferenza col substrato<br />
3 Facilità di applicazione<br />
4 Basso costo<br />
30 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 31<br />
I biocidi comunemente utilizzati nel campo dei Beni Culturali<br />
sono a base di Sali di Ammonio Quaternari e carbammati.<br />
Queste sostanze sono applicate in diversi settori come:<br />
sanitario, prodotti per la pulizia, industria alimentare,<br />
farmaceutica e cosmesi. La loro modalità di azione agisce<br />
sulle membrane cellulari come destabilizzatore di membrana.<br />
Ad alta concentrazione, producono aggregazione<br />
proteica citoplasmatica con perdita di struttura terziaria.<br />
Infatti, in quanto detergente anionico è in grado di legare<br />
rapidamente superfici cariche negativamente, come le<br />
membrane batteriche, intercalandosi alla membrana stessa<br />
e alterandone la normale struttura. La formazione di<br />
pori e l’alterata permeabilità della membrana determina<br />
così la perdita di enzimi, coenzimi e ioni, compromettendo<br />
seriamente le proprietà biosintetiche della cellula fino<br />
a determinarne la morte. Queste sostanze, normalmente<br />
impiegati nel restauro, sono composti altamente tossici<br />
e difficilmente biodegradabili e, alle volte, dannosi per i<br />
materiali.<br />
Negli ultimi anni, è accresciuto enorme interesse sull’utilizzo<br />
degli Oli Essenziali (EOs) come sostanza biocida in<br />
molti campi applicativi: medicale, industriale, alimentare<br />
e restauro. Nel settore dei Beni Culturali, molti gruppi di<br />
ricerca hanno utilizzato e stanno ancora sperimentando gli<br />
oli essenziali per la loro spiccata attività antimicrobica.<br />
Tra gli OEs interessanti, gli OEs di origano e timo sono tra i<br />
più efficaci e, per questo motivo, sono stati sporadicamente<br />
indagati anche nel campo dei Beni Culturali. Il vantaggio<br />
dell’utilizzo di miscele a base di oli essenziali, risiede nella<br />
salvaguardia della salute di operatori, fruitori, diminuzione<br />
dell’impatto sull’ambiente (aria, acqua, terreno), contenere<br />
i rifiuti e migliorare la loro gestione.<br />
L’obiettivo della sperimentazione è di utilizzare una soluzione<br />
biocida in grado di bloccare la crescita biologica e di<br />
assottigliare, ove necessario, la patina biologica metabolicamente<br />
inattiva. Per poter scegliere il prodotto biocida<br />
più idoneo, si è deciso di agire per confronto, eseguendo<br />
una campionatura in situ su aree rappresentative del manufatto,<br />
utilizzando diverse miscele biocide commerciali.<br />
Il fine ultimo, è di ottenere il miglior effetto di azione<br />
biocida in termini di durabilità nel tempo mantenendo i<br />
criteri di reversibilità, compatibilità e minimo intervento;<br />
con il vantaggio di monitorare un prodotto non tossico ed<br />
ecofriendly rispetto ai biocidi commerciali.<br />
LA SPERIMENTAZIONE<br />
Gli interventi di restauro per il controllo del biodeterioramento<br />
presuppongono misure utili per eliminare il degrado<br />
ad opera di microrganismi e a ritardarne la loro ricomparsa,<br />
nei limiti del possibile.<br />
L’efficacia degli interventi diretti mediante applicazione di<br />
prodotti biocida dipende da numerosi fattori:<br />
4 La scelta delle metodologie adottate<br />
4 Lo stato di conservazione delle superfici e le caratteristiche<br />
intrinseche di ogni materiale<br />
4 Le condizioni ambientali in cui l’opera è posta<br />
Gli interventi diretti che possiamo programmare devono<br />
avere come obiettivo la riduzione del biodeterioramento,<br />
nella consapevolezza che la crescita di microrganismi ed<br />
organismi si verificherà inevitabilmente se permarranno le<br />
condizioni ambientali ad esse favorevoli.<br />
Allo stato attuale dell’arte, i trattamenti biocidi utilizzati<br />
in ambiente esterno sono sostanzialmente di tipo chimico/<br />
meccanico, e interessano molecole biocide con spettro di<br />
azione più o meno ampio, efficacia e durabilità nel tempo<br />
spesso limitate.<br />
Si apre, così, la possibilità di utilizzo di nuovi materiali di<br />
origine naturale come gli OEs. Il lavoro di monitoraggio si<br />
è articolato nelle seguenti fasi:<br />
1 Registrazione dell’attività metabolica delle patine<br />
attive presenti sui manufatti, che si sono sviluppate<br />
nelle condizioni ambientali spontanee.<br />
2 Registrazione dell’efficacia delle miscele biocide presenti<br />
sul mercato e applicate su casi di studio reali,<br />
con confronto attraverso analisi con Bio-Tape® e Bioluminometro.<br />
3 Creare un sistema di raccordo dove raccogliere tutti i<br />
dati registrati per effettuare confronti tra le miscele<br />
applicate su diversi materiali con valori oggettivi.<br />
4 Monitoraggio nel tempo delle miscele applicate con<br />
il fine di registrare efficienza biocida e/o alterazioni<br />
cromatiche.<br />
MATERIALI E METODI<br />
Biocidi: sono stati applicati cinque biocidi commerciali<br />
differenti stendendo la miscela con il pennello due volte<br />
consecutive. I prodotti utilizzati agiscono secondo i diversi<br />
principi attivi che contengono: (i) isotiazolinoni (AL);<br />
(ii) Sali quaternari di ammonio (BAC); (iii) combinazione di<br />
isotiazolinoni e Sali quaternari d’ammonio (BT); (iv) combinazione<br />
di carbammati e isotiazolinoni (BR); (v) oli essenziali<br />
a base di carvacrolo (MB). L’acquisizione mediante<br />
Bio-Tape è stata effettuata rispettando i tempi d’azione<br />
riportati nelle rispettive schede tecniche.<br />
Substrati: La sperimentazione ha previsto l’applicazione<br />
di diverse miscele biocida su differenti superfici di edifici<br />
di interesse storico artistico: cemento, cotto, marmo,<br />
carrara e pietra forte (arenaria carbonatica). La superficie<br />
di cemento si presenta in buono stato di conservazione,<br />
con un colore grigio e una rugosità disomogenea dovuta<br />
alle esigenze artistiche. I microorganismi riconosciuti in un<br />
precedente lavoro, sono Miceti dei generi Alternaria, Penicilium,<br />
Cladosporium, Fusarium e Aspergillus. La superficie<br />
dei mattoni in cotto si presenta compatta, dilavata<br />
nelle zone esposte e ricoperta omogeneamente da patina<br />
biologica di colore verde brillante. Il marmo si presentava<br />
in buono stato conservativo con una parziale colonizzazione<br />
biodeteriogena. Il Carrara verte in un pessimo stato<br />
conservativo manifestando fenomeni di polverizzazione e<br />
disgregazione. Infine, la Pietra Forte presenta fenomeni di<br />
erosione causati da dilavamenti, formando cavità adatte<br />
alla crescita biologica.<br />
Per il cemento, il monitoraggio è stato eseguito mediante<br />
Bio-Tape e coltura in piastra Petri con terreno generico<br />
agar. Successivamente sono stati raccolti i conteggi di ATP<br />
solo nelle aree trattate con MB. In tabella 1 sono stati<br />
messi in correlazione l’applicazione di miscele biocide sul<br />
materiale. Mentre, in tabella 2 sono elencate tutte le miscele<br />
utilizzate durante le campionature, con le rispettive<br />
specifiche e modalità di applicazione.<br />
RISULTATI E DISCUSSIONE<br />
Test applicativi su differenti supporti sono stati effettuati<br />
per valutare l’efficacia biocida degli olii essenziali e dei<br />
prodotti tradizionali ottenendo un dato comparativo, valutando<br />
in maniera oggettiva l’esito delle campionature<br />
sulla base di:<br />
4 efficacia nei confronti delle patine biologiche<br />
4 compatibilità con il supporto garantendone alcuna alterazione<br />
o modifica chimico/ fisica<br />
4 minimo intervento mediante mappatura e rilievo<br />
dell’intervento
Cemento Cotto Marmo Carrara Pietra Forte<br />
Algochene X<br />
BAC X X X X<br />
Biotin T X X X X X<br />
Biotin R X X X X X<br />
Moss Buster X X X X<br />
Tab. 1 - Miscele applicate sui diversi materiali.<br />
I risultati ottenuti sulle piastre Petri, su cui sono state<br />
coltivate colonie raccolte mediante Bio-Tape, hanno evidenziato<br />
l’azione antimicrobica degli OE. Il Bio-Tape ha<br />
raccolto diverse specie batteriche che, opportunamente<br />
nutrite dalle piastre di Petri, hanno formato colonie molto<br />
varie: sono gialle, biancastre, arancioni, rosse, grigie;<br />
lucide o non; con diverse dimensioni. L’esperimento con<br />
Bio-Tape è stato ripetuto nelle stesse condizioni post trattamento<br />
biocida. I risultati ottenuti, riportati in figura 1,<br />
mostrano una significativa riduzione della formazione di<br />
colonie batteriche. Le muffe bianche presenti nel pre- e<br />
post-trattamento sono da riferirsi ad una non totale sterilità<br />
del Bio-Tape.<br />
Con il Bioluminometro portatile sono state acquisite 3<br />
misure in aree da 4 cm2 per ottenere il valore medio e la<br />
deviazione standard. Successivamente, è stato deciso di<br />
rappresentare i dati ottenuti sui conteggi di ATP riferendosi<br />
ad un’attività metabolica iniziale del 100% registrata sulle<br />
diverse superfici prima dell’applicazione biocida. Sono<br />
state poi calcolate le rispettive percentuali di patina<br />
Miscela Principio attivo Modalità di utilizzo<br />
Algochene N - b u t i l - 1 , 2 -<br />
benzisotiazolin-3-one<br />
Diluito al 3% in White<br />
Spirit<br />
BAC Benzalconio Cloruro Diluito al 5% in acqua –<br />
pennello<br />
Biotin T OIT e Carbammato Diluito al 2% in acqua –<br />
pennello<br />
Biotin R<br />
Moss Buster<br />
OIT e Sali di Ammonio<br />
Quaternario<br />
Oli essenziali di timo e<br />
origano<br />
Diluito al 2% in white<br />
spirit – pennello<br />
Tal quale – pennello<br />
Tab. 2 - Miscele utilizzate per le campionature sui diversi materiali.<br />
attiva post trattamento in base ai conteggi riportati in<br />
tab.3.<br />
Il monitoraggio dell’efficacia del potere biocida delle miscele<br />
commerciali è partito con la registrazione delle patine<br />
attive presenti sulle superfici di interesse. Dai i dati<br />
ottenuti con il Biouminometro è possibile affermare che<br />
una patina biologica, metabolicamente attiva, registra un<br />
conteggio di ATP superiore a 3000 conteggi. A seguito di applicazione<br />
di miscele biocide si evidenzia una percentuale<br />
di patina attiva inferiore al 50%, come riportato nel grafico<br />
1, ad eccezione del Biotin T applicato sul marmo.<br />
Nello specifico, si osserva un’azione biocida del Moss Buster<br />
per:<br />
4 Cemento che registra una discreta efficacia con un conteggio<br />
di patina attiva del 31%;<br />
4 Il cotto, più efficace rispetto al Biotin T e BAC, confrontabile<br />
ma molto efficace come il Biotin R;<br />
4 Marmo, più efficace del Biotin T, confrontabile con il<br />
BAC, meno efficace del Biotin R;<br />
4 La Pietra Forte: più efficace del BAC ma meno rispetto<br />
al Biotin R.<br />
Per tutti i materiali, inoltre, non si evidenziano alterazioni<br />
cromatiche, mediante comparse di macchie, dovute<br />
alla componente organica degli oli essenziali. È, Pertanto,<br />
auspicabile continuare la ricerca e il monitoraggio degli<br />
effetti, nel tempo, di questi composti organici per controllare<br />
lo stato di attività del biocida in termini di efficacia.<br />
Conclusioni<br />
I risultati ottenuti attraverso il Bio-Tape e Bioluminometro<br />
sono in accordo tra loro evidenziando la capacità biocida<br />
degli oli essenziali. La crescita su terreni generici ha evidenziato<br />
un risultato migliore per Algochene e Moss Buster<br />
seguiti da Biotin T e Biotin R. I conteggi registrati dal Bioluminometro<br />
mostrano un comportamento simile tra BAC e<br />
Moss Buster per tutti i tipi di materiali.<br />
Materiale<br />
tal<br />
quale<br />
BAC<br />
Biotin<br />
T<br />
Biotin<br />
R<br />
Moss<br />
Buster<br />
cemento 6226 ND ND ND 1935<br />
cotto 6806 610 1664 492,3 519,3<br />
marmo 3510 1203,7 2450,7 577,3 1597,3<br />
carrara 3219 299,3 251 879,3 ND<br />
Pietra<br />
Forte<br />
5161 715,3 1395,7 415 628,3<br />
Fig. 2 - Grafico dei Conteggi di ATP con bioluminometro.<br />
Tab. 3 - Conteggi di ATP rilevata sui diversi materiali per ciascuna applicazione<br />
biocida.<br />
32 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 33<br />
Le potenzialità degli oli essenziali sono ormai appurate<br />
e più volte constatate in sede di laboratorio,<br />
tuttavia, non si sono ancora raccolti dati sperimentali<br />
in situ sufficienti per una comparazione oggettiva<br />
in termini di efficacia. L’obiettivo di questo lavoro<br />
è raccogliere più informazioni possibili sul campo<br />
per ottenere un metro di confronto oggettivo sulla<br />
capacità biocida delle miscele in commercio su casi<br />
di studio reali. Quando si opera sul campo diventa<br />
fondamentale: (i) inserire queste sperimentazioni<br />
in progetti multidisciplinari, con controlli costanti e<br />
valutazioni scientifiche nel tempo dei loro esiti; (ii)<br />
prevedere un utilizzo selettivo dei prodotti in funzione<br />
delle specifiche esigenze conservative di ogni<br />
singola porzione da trattare.<br />
Abstract<br />
The aim of the present study is to identify and characterise the best biocidal<br />
formulation for controlling biodeterioration phenomena. Given the requirements<br />
which define a good biocide, i.e. being environmentally sustainable,<br />
negligible interference with stone materials, being safe from a toxicological<br />
point of view, being easy to apply, having long-lasting effect, and being cost<br />
effective, the overall objective is to minimise environmental impact by ensuring<br />
an efficient use of resources. The attainments of our approach have<br />
been: protection of operators’ and end users’ health, sustainability, reversibility,<br />
compatibility and minimal intervention criterion.<br />
The specific objectives of this work are articulated in 4 points:<br />
1. Recording of metabolic activity of the active patinas present upon the<br />
artefact surface, grown in spontaneous environmental conditions<br />
2. Registration of the data on effectiveness of commercial biocidal mixtures,<br />
applied to real case studies, by Bioluminescence analyses<br />
3. Create a connection system to collect all the recorded data in order to<br />
compare mixtures applied on different materials with objective values.<br />
4. Monitoring over time of the mixtures applied, aiming to recording biocidal<br />
efficiency andpossible chromatic alterations.<br />
Parole Chiave<br />
Beni culturali; biodeterioramento; restauro; monitoraggio; miscele biocide;<br />
Bio-Tape; superfici pittoriche<br />
Autore<br />
Eleonora Marconi<br />
eleonora.marconi@uniroma3.it<br />
Università degli studi di Roma Tre<br />
Adele Galetti<br />
a.galetti@studioleonardo.it<br />
Leonardo Srl<br />
Francesco Genimiani<br />
f.geminiano@studioleonardo.it<br />
Leonardo Srl<br />
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Strumenti per:<br />
Indagini archeologiche<br />
Rilievo di strutture<br />
sommerse ed emerse<br />
Studio dei fondali<br />
e delle coste<br />
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Anche a noleggio.
RIVELAZIONI<br />
Nuovi studi di geoarcheologia a Le Castella (KR)<br />
di Maurizio Ponte, Giuseppe Ferraro, Alma Floro, Salvatore Medaglia, Pierpaolo Pasqua<br />
Fig. 1 - L'"isolotto" su cui sorge la fortezza (da Google Earth)<br />
Il sito archeologico di "Le Castella" è noto<br />
principalmente per l’antica fortezza, la cui ultima<br />
edificazione è datata all'epoca aragonese (XV secolo<br />
d.C.), che sorge su un piccolo "isolotto", collegato alla<br />
terraferma mediante una lingua di terra.<br />
Tutta l’area crotonese risulta notoriamente<br />
interessata da una subsidenza storica, oltre che da<br />
diffusi crolli all’interfaccia terra-mare, dovuti anche<br />
a fenomeni di “lateral spreading”. In tale contesto,<br />
appare singolare la sostanziale integrità strutturale<br />
della fortezza.<br />
Nel presente lavoro, dopo un'approfondita trattazione<br />
del sito dal punto di vista storico e archeologico,<br />
verranno esposte le risultanze di una campagna di<br />
indagine volta alla definizione dei caratteri geologicogeotecnici<br />
dei terreni affioranti su cui si imposta<br />
l'edificio monumentale di Le Castella.<br />
CENNI STORICI ED ARCHEOLOGICI:<br />
DALLE ORIGINI AL XIII SECOLO<br />
Grazie alla peculiare conformazione topografica, l’esile<br />
striscia di terra, delle dimensioni planimetriche di circa<br />
200m x 80m (Fig. 1), su cui sorge l’imponente fortezza<br />
aragonese (Fig. 2) è stata interessata da un’occupazione<br />
umana che ben si può dire millenaria.<br />
Le più antiche testimonianze risalgono, infatti, ad età neolitica<br />
e consistono in ceramiche d’impasto della facies di<br />
Stentinello e industrie su ossidiana collegabili ad una stazione<br />
preistorica di superficie (Foti, 1976 e 1981; Medaglia,<br />
2010). Nell’età del Bronzo l’isolotto ospitò un insediamento<br />
stabile, culturalmente legato ad aspetti del Bronzo peninsulare<br />
sia di facies protoappenninica che subappenninica,<br />
come dimostrano i materiali individuati<br />
nel corso di un saggio di scavo effettuato<br />
nel 1981 all’interno del maniero.<br />
Con queste indagini furono portati alla<br />
luce pochi materiali ceramici che si inquadrano<br />
nelle fasi dell’età del Bronzo<br />
medio e del Bronzo recente (Lattanzi,<br />
1981; Tucci, 2002; Marino et alii, 2017).<br />
In età storica le tracce dell’occupazione<br />
umana si fanno più consistenti,<br />
soprattutto a partire dall’età greca<br />
quando l’isolotto, gravitante all’interno<br />
della chora di Kroton, ebbe funzioni<br />
strategiche. Di fatto, l’area costiera<br />
di Le Castella, con il suo piccolo porto<br />
naturale, mantenne in antico una<br />
certa importanza quale scalo lungo la<br />
rotta ionica. Ne fanno fede i ritrovamenti<br />
archeologici sottomarini ricon-<br />
Fig. 2 - La fortezza aragonese di Le Castella (foto M. Ponte)<br />
34 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 35<br />
ducibili ad innumerevoli naufragi localizzati nello specchio<br />
di mare antistante il fortilizio e databili a partire da età<br />
arcaica (Medaglia 2010). Per i naviganti il profilo costiero<br />
di Le Castella costituiva, assieme agli altri promontori della<br />
penisola crotonese, un importante punto di riferimento per<br />
l’osservazione e l’orientamento. Forse non è un caso che<br />
nella descrizione che il geografo Strabone fa della costiera<br />
a sud di Crotone, dopo Lakinion (promontorio Lacinio,<br />
attuale Capo Colonna) egli ponga altri tre promontori denominati<br />
Iapigi (Japygon akrai treis) che la critica moderna<br />
concordemente identifica con Capo Cimiti, Capo Rizzuto e,<br />
appunto, Le Castella (Givigliano, 1994).<br />
Il ruolo strategico di quest’area costiera si delineò definitivamente<br />
quando la Lega italiota fu sconfitta nel 389 a.C.<br />
ad opera dell’esercito di Dionisio I di Siracusa nella battaglia<br />
dell’Elleporo (Diod., XIV, 103-105). A seguito di questo<br />
evento bellico, il territorio della polis Kroton subì una forte<br />
contrazione sul versante meridionale. Fu proprio in risposta<br />
alle nuove esigenze militari che probabilmente Le Castella<br />
diventò un vero e proprio baluardo a difesa del versante<br />
meridionale della regione di stretta influenza crotoniate.<br />
Infatti, tra la fine del IV e l’inizio del III sec. a.C. i Crotoniati<br />
eressero sull’isolotto un phrourion, vale a dire una<br />
sorta di avamposto militare fortificato, che garantiva alla<br />
polis achea il controllo dell’antica via costiera ionica e di un<br />
esteso tratto di mare del kolpos Skylletikos, attuale golfo<br />
di Squillace (Medaglia, 2010). Di questo fortilizio sono tuttora<br />
visibili le imponenti vestigia inglobate nelle strutture<br />
del castello aragonese. Esse furono realizzate con la calcarenite<br />
organogena, un materiale ampiamente utilizzato in<br />
antico nell’area crotonese per via della facile reperibilità e<br />
lavorabilità. Il più imponente avanzo del phrourion greco è<br />
un lungo muro di contenimento di oltre 30 metri che venne<br />
alla luce dopo una forte mareggiata negli anni ’60 del secolo<br />
passato. Si tratta di un muraglione a doppia cortina e<br />
con diatoni trasversali, messo in opera con l’alternanza di<br />
blocchi isodomi e zone a risparmio riempite di pietrame a<br />
secco (Ardovino, 1978). Sulla faccia vista dei blocchi sono<br />
tuttora visibili alcune incisioni, per lo più lettere dell’alfabeto<br />
greco, in cui sono da riconoscere dei marchi di cava<br />
(Medaglia, 2010).<br />
La tecnica costruttiva “a scacchiera” del muraglione di Le<br />
Castella trova stretti parallelismi con quella utilizzata, tra<br />
la fine del IV e il primo quarto del III sec. d.C., sempre in<br />
Magna Grecia, a Velia. Altri spezzoni di murature riferibili al<br />
phrourion di età greca sono localizzati sul lato occidentale<br />
del mastio (struttura isodoma ad angolo con blocchi di calcarenite)<br />
e, come accertato in seguito ad interventi della<br />
Soprintendenza archeologica, al di sotto delle fortificazioni<br />
cinquecentesche (Lattanzi, 1999). Altri elementi murari,<br />
forse di età antica, sono inglobati sulla terraferma in un<br />
muro moderno posto al termine del tombolo. Sempre alla<br />
fase di occupazione greca sono pure da attribuire una serie<br />
di ceramiche a vernice nera di III sec. a.C. recuperate in più<br />
punti dell’isolotto e le numerose anfore da trasporto ellenistiche<br />
scoperte sui bassi fondali dello specchio d’acqua del<br />
porticciolo naturale (Ardovino, 1978; Lattanzi, 1981).<br />
Per l’età romana le evidenze materiali sinora recuperate al<br />
di sopra dell’isolotto si limitano ad alcune ceramiche di I e<br />
II sec. d.C. Va però precisato che alla penuria di dati riferibili<br />
alla terraferma fanno da contraltare i diversi recuperi<br />
di anfore di età tardo-repubblicana e soprattutto imperiale<br />
effettuati nell’ultimo trentennio nelle acque circostanti.<br />
Le fonti letterarie antiche contribuiscono a gettare non<br />
poca luce sulle fasi di occupazione di età tardo-ellenistica/<br />
repubblicana e imperiale. Plinio il Vecchio nella Naturalis<br />
Historia (III, 95) accenna ad un “portus qui vocatur Castra<br />
Hannibalis” posizionato nel golfo di Squillace e precisamente<br />
sul lato ionico dell’istmo che egli, non a torto, considera<br />
il punto più stretto della penisola italiana (“nusquam angustiore<br />
Italia”). La presenza di un luogo lungo la costa ionica<br />
dei Bruttii che nella toponomastica richiamava la figura del<br />
condottiero cartaginese non è isolata ma, al contrario, trova<br />
ampia conferma negli itineraria romana. All’interno del<br />
cursus publicus della regione, infatti, è segnalata una tappa<br />
il cui nome presenta alcune varianti: Annibali nella Tabula<br />
Peutingeriana (VI, 2), Anival, Anniba e Hannibal negli itineraria<br />
tardi dell’Anonimo Ravennate (IV, 31-32 e V, 1) e di<br />
Guidone (30-31, 72) (Medaglia, 2010).<br />
Sebbene la distanza che la Tabula Peutingeriana frappone<br />
nel segmento compreso tra le stationes di Lacenium e Annibali<br />
si presenti problematica in termini di computazione<br />
(XXXI milia passuum), gran parte degli studiosi sono concordi<br />
nel ritenere incongruente questa parte dell’intinerarium<br />
pictum a causa di un mero errore imputabile alla tradizione<br />
manoscritta (Crogiez, 1990; Givigliano, 1994; Taliano Grasso<br />
1996-1997). L’ipotesi che taluni sostengono a proposito<br />
della localizzazione dei Castra Hannibalis più a sud, nella<br />
zona di Marina di Soverato, è da respingere: in questo tratto<br />
semilunato del golfo di Squillace l’unico ridotto naturale<br />
che può in qualche modo ricordare un porto è quello di Le<br />
Castella. Un altro risolutivo indizio legato alla localizzazione<br />
dei Castra a Le Castella va cercato in un passo di Tito<br />
Livio (XXVIII, 46, 16) che, discorrendo degli avvenimenti del<br />
205/204 a.C., ricorda come Annibale trascorse l’estate del<br />
204 a.C. accampandosi nelle vicinanze del tempio di Giunone<br />
Lacinia (“Propter Iunonis Laciniae templum aestatem<br />
Hannibali egit”). C’è dunque da supporre che la vicenda legata<br />
al Barcide sul finire della seconda guerra punica abbia<br />
finito con il designare il toponimo della località crotonese<br />
prescelta dal condottiero. Si consideri che il passo di Tito<br />
Livio scoraggia eventuali tentativi di porre troppo a sud rispetto<br />
al Lacinium promonturium i suddetti accampamenti<br />
Fig. 3 - Successione stratigrafica del Bacino Crotonese (Zecchin, 2014).
Fig. 4 - Calcareniti in affioramento (foto A. Floro).<br />
Fig. 5 - Ubicazione della boa reale e della boa virtuale<br />
(da Google Earth).<br />
in quanto essi vanno posti in un contesto topograficamente<br />
non molto distante dal tempio di Giunone Lacinia. Del resto,<br />
la localizzazione dei Castra Hannibalis a Le Castella assume<br />
nell’economia del passo liviano una certa logica considerando<br />
che Annibale scelse di porre i suoi acquartieramenti in un<br />
luogo già munito di un fortilizio (phrourion) e che, inoltre,<br />
era dotato di un comodo scalo che non si discostava molto<br />
dalla via costiera Regium – Tarentum (Medaglia, 2010).<br />
Il rinvenimento di due monete auree attribuibili a Leone<br />
I e a Giustino sull’isolotto, nonché di numerose anfore di<br />
VI-VII sec. d.C. nelle acque limitrofe, costituisce conferma<br />
dell’occupazione dell’area anche in età tardoantica. A<br />
questo proposito non va taciuto che i massicci interventi<br />
costruttivi di età medioevale finalizzati all’erezione del castello<br />
hanno molto probabilmente nociuto alle testimonianze<br />
precedenti, in parte inglobandole e in parte distruggendole.<br />
È, infatti, più che lecito pensare che l’isolotto fosse<br />
parte integrante della catena di presidi messi in opera dai<br />
Bizantini nell’ambito del rafforzamento del limes marittimo,<br />
poichè per l’area del crotonese contava non solo la<br />
Fig. 6 – Classificazione delle apparizioni d'onda per direzione<br />
ed altezza.<br />
fortificazione della città di Crotone da parte di Belisario tra<br />
il 547 e il 552, ma anche le guarnigioni a presidio dei punti<br />
d’imbarco di Capo Colonna e Capo Rizzuto (Corrado, 2001).<br />
Il toponimo, nella configurazione che un po’ ricorda quella<br />
moderna, è noto a partire dalla metà del XII secolo allorché<br />
esso compare nella forma Qas’tal all’interno del portolano<br />
del geografo arabo Idrisi che così recita: “[…] da<br />
Massa a Qas’tal, città (pur) piccola, 30 miglia, da Qas’tal a<br />
Q.trunah, navigando a golfo lanciato 13 miglia, 18 costeggiando”<br />
(Amari & Schiaparelli, 1883). In alcuni documenti<br />
del XIII secolo, con riferimento a Le Castella, compaiono le<br />
designazioni “Castro Maris”, “Castellorum Maris”, “Castellis<br />
Maris”, ecc. (Raimondo et Al., 1998).<br />
Le fasi più antiche della fortezza sono state isolate all’interno<br />
della torre circolare e datate in un “momento ancora<br />
non meglio precisabile, anteriore comunque al XIII secolo”.<br />
Esse impiegano elementi di calcarenite “di dimensioni<br />
medio-grandi e di inclusi minori (pietre calcaree, selci),<br />
organizzati in pseudo-filari orizzontali”. Successivamente,<br />
alla fine del XIII secolo, fu costruita una nuova torre che<br />
inglobò la precedente (Raimondo et Al., 1998). Così come<br />
oggi appare, la fortezza è il frutto delle definitive sistemazioni<br />
messe a punto dal conte Andrea Carafa nel corso della<br />
prima metà del Cinquecento poco dopo aver acquistato Le<br />
Castella assieme ad altri possedimenti per 9000 ducati da<br />
Federico d’Aragona (Rubino, 1970; Valente, 1982).<br />
GEOLOGIA DELL’AREA DI STUDIO<br />
Il sito di “Le Castella” ricade in un bacino sedimentario (Bacino<br />
Crotonese) e la successione stratigrafica poggia su un<br />
basamento cristallino, attribuito all’Unità della Sila.<br />
La serie stratigrafica dell’area di studio è costituita da un’unità<br />
basale costituita da argille limose-azzurre plastiche del<br />
Pleistocene Inferiore (Santerniano, Fig. 3), con saltuarie<br />
lenti di sabbie e limi, sulle quali poggiano, in trasgressione,<br />
calcareniti cementate bruno-rossastre del Pleistocene<br />
Medio-Superiore (Massari et al., 2002; Zecchin et al., 2003,<br />
2004a; Mellere et al., 2005).<br />
Le calcareniti, nell’area di studio, affiorano in potenti banchi<br />
a stratificazione incrociata concava e foreset (Fig. 4)<br />
in cui si identificano anche tracce di locomozione di echinidi.<br />
Gli affioramenti caratterizzano tutta la linea di costa<br />
dell’area e subiscono l’erosione e l’alterazione degli eventi<br />
atmosferici e marini, oltre alla dinamica più complessa che<br />
coinvolge l’intero bacino.<br />
Infatti, il sollevamento del basamento cristallino del mas-<br />
36 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 37<br />
Fig. 7 - Acquisizione di immagine tramite drone (foto R. De Fiore).<br />
Fig. 8 - Ubicazione dei punti di prelievo dei campioni rocciosi.<br />
siccio silano, attualmente stimato in circa 0,8mm/anno a<br />
scala regionale, ha provocato la genesi di formazioni sedimentarie<br />
di copertura del Bacino, con rilevanti movimenti<br />
gravitativi verso l’area ionica e di DGPV (Deformazioni<br />
Gravitative Profonde di Versante), processi indotti dalla<br />
gravità che possono avere un’evoluzione molto lenta ed interessare<br />
interi versanti, dislocando volumi di roccia anche<br />
di centinaia di migliaia di metri cubi (Guerricchio, 2001 e<br />
2015). A questi movimenti inoltre, va aggiunto anche il problema<br />
della subsidenza regionale delle coste evidente su<br />
siti adiacenti il castello.<br />
Fig. 9 - Il prelievo del campione per mezzo del trapano "Rodon 100"<br />
(foto M. Ponte).<br />
INQUADRAMENTO MAREOGRAFICO<br />
Al fine di definire il regime e la direzione prevalente delle<br />
correnti marine nell’area in oggetto, è stato condotto uno<br />
studio mareografico sul tratto di mare in prossimità della<br />
costa (“paraggio”) di Le Castella. Lo studio si basa sulla<br />
trasposizione dei dati ondosi registrati dalla boa reale di<br />
Crotone ad un punto al largo del paraggio in esame, definito<br />
“boa virtuale” (Fig. 5), e ha lo scopo di descrivere le caratteristiche<br />
delle onde e l’impatto che il clima ondoso medio<br />
ha sul litorale.<br />
Lo studio condotto ha consentito di poter determinare il<br />
numero e la percentuale di apparizione delle onde per ciascuna<br />
altezza e direzione di provenienza (Fig. 6). Il maggior<br />
numero di onde osservato ha provenienza da S-SSE, esattamente<br />
concorde con l’”asse” principale della piccola baia<br />
compresa tra l’”isolotto” su cui sorge la fortezza e la terraferma,<br />
che risulta, pertanto, esposta alle correnti marine,<br />
rendendone difficile l’utilizzo come “cala” adibita ad<br />
operazioni di carico di blocchi di roccia provenienti dalle<br />
vicine cave.<br />
INDAGINI NELL’AREA DI STUDIO<br />
Preliminarmente, al fine di determinare le dimensioni in<br />
pianta e in altezza della fortezza è stato condotto un rilievo<br />
topografico mediante un drone modello Yuneec H520 (Fig. 7).<br />
Nell’ambito del presente studio è stata condotta una campagna<br />
di campionamento delle argille affioranti, sia in ambiente<br />
subacqueo che in ambiente subaereo, per la determinazione<br />
delle loro caratteristiche mineralogiche, fisiche<br />
e di deformabilità.<br />
Fig. 10 - Curva granulometrica per il campione "LC1U".<br />
Fig. 11 - Curva granulometrica per il campione "LC1S".
Fig. 12 - Analisi mineralogica del campione LC1U.<br />
Fig. 13 - Analisi mineralogica del campione LC1S.<br />
Al fine di determinare i carichi litostatici trasmessi dalle<br />
calcareniti sulle sottostanti argille, sono stati prelevati<br />
campioni lapidei da sottoporre a prove di laboratorio per la<br />
determinazione della massa volumica.<br />
Inoltre, è stata condotta una campagna di prospezioni geofisiche<br />
(elettriche e sismiche), sia in superficie che sott’acqua,<br />
finalizzata alla definizione delle caratteristiche geometriche<br />
e fisiche e dei rapporti stratigrafici dei litotipi<br />
riconosciuti nell’area.<br />
In ambiente subaereo, il campionamento è stato effettuato<br />
su un affioramento di argilla immediatamente a ovest<br />
dell’abitato di Le Castella, mentre il prelievo dei campioni<br />
in mare, ad una profondità di circa 6m, è stato effettuato<br />
in un punto ubicato immediatamente a Ovest del castello<br />
(rispettivamente LC1S e LC1U in Fig. 8).<br />
Per il campionamento subacqueo si è proceduto con l’impiego<br />
di un trapano subacqueo appositamente progettato,<br />
denominato Rodon 100, con l’impiego di fustelle in acciaio<br />
del diametro esterno di 60mm (Fig. 9).<br />
Sui due campioni di terreno, è stata condotta una caratterizzazione<br />
geotecnica completa.<br />
Da un punto di vista granulometrico, Il campione subacqueo<br />
“LC1U” è risultato essere classificabile come Limo (50,8%)<br />
con Argilla (48,2%) (Fig. 10), mentre il campione subaereo<br />
“LC1S” è classificabile come Argilla (52,8%) con Limo<br />
(46,2%) (Fig. 11).<br />
Su entrambi i campioni state condotte le analisi mineralogiche<br />
mediante diffrattometria ai raggi X (XRD). L’analisi<br />
mineralogica semiquantitativa della frazione “tal quale” è<br />
stata effettuata su polveri “random”. Le rispettive abbondanze<br />
delle fasi mineralogiche sono state calcolate misurando<br />
l’area dei picchi ottenuti utilizzando il programma<br />
WINFIT. Si è osservata una buona coerenza tra i dati di entrambi<br />
i campioni (Figg. 12 e 13).<br />
Per il solo campione subacqueo “LC1U” è stata condotta la<br />
prova edometrica su due provini (Fig. 14).<br />
Al fine di determinare il carico litostatico trasmesso dalle<br />
calcareniti alle sottostanti argille, ne è stato prelevato un<br />
campione (Fig. 15) da sottoporre a prove di laboratorio per<br />
la determinazione del peso di unità di volume, che è risultato<br />
pari a 18,3kN/m 3 .<br />
Allo scopo di ricostruire la stratigrafia fino ad una profondità<br />
di 15-30m dal fondale, sono state condotte delle prospezioni<br />
geoelettriche in mare, con stendimenti di 95m ciascuno,<br />
denominati “Le Castella 1” e “Le Castella 2”, posizionati<br />
e orientati, rispettivamente, a NO del castello con orientamento<br />
NE-SW e a E con orientamento NW-SE, e restituiti<br />
come modelli di resistività.<br />
Inoltre, sono state eseguite anche tre prospezioni sismiche,<br />
con metodologia MASW, finalizzate alla ricostruzione degli<br />
andamenti delle velocità di trasmissione delle onde di taglio<br />
(Vs) con la profondità. Le stese sismiche sono state eseguite,<br />
rispetto al castello, a E (MASW 1) e a NW (MASW 2),<br />
mentre la terza stesa (MASW 3) è stata eseguita sulla lingua<br />
di terra che collega l’”isolotto” su cui poggia il castello con<br />
la terraferma (Fig. 16).<br />
Il modello di resistività “Le Castella 1” si caratterizza per<br />
la presenza di un nucleo relativamente alto-resistivo (10-18<br />
Ωm) nella parte iniziale e superficiale del modello, prossimo<br />
alla scogliera artificiale, che puó essere attribuito agli<br />
elementi litoidi che la costituiscono; nella porzione piú profonda<br />
(fino a 4-6 m) i dati di resistività potrebbero essere<br />
dovuti alla presenza di strutture antropiche in posto o di<br />
crollo; i valori della resistenza elettrica specifica si riducono<br />
nettamente all’approfondirsi del fondale e sono riferibili a<br />
termini essenzialmente pelitici (Fig. 17).<br />
Fig. 14 – Grafici<br />
della prova edometrica<br />
per il<br />
campione "LC1U".<br />
38 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 39<br />
Fig. 15 – Il campione di calcarenite<br />
Fig. 16 - Ubicazione delle prospezioni sismiche e geoelettriche.<br />
La parte più superficiale del modello di resistività “Le Castella<br />
2” è interessata da un’importante e brusca variazione<br />
laterale di resistività, dove da 1-2 Ωm si passa, verso SE, a<br />
valori nettamente più elevati, presumibilmente dovuti alla<br />
presenza di un orizzonte saturo più propriamente calcarenitico.<br />
Lo spessore di questo orizzonte tende a crescere verso<br />
la parte terminale del modello, dove raggiunge i 6m circa.<br />
Nella parte più profonda del modello, si nota un lieve aumento<br />
della resistenza elettrica specifica, dovuta ad un aumento<br />
della componente limosa o, più probabilmente, della<br />
componente calcarea (Fig. 18).<br />
L’interpretazione delle prospezioni geosismiche MASW1 e<br />
MASW2 ha consentito di determinare lo spessore delle calceraniti,<br />
che è risultato rispettivamente pari a 8,3m e 7,1m<br />
(Fig. 19).<br />
In controtendenza, i dati dello stendimento MASW3 ubicato<br />
nella stretta striscia di scogliera artificiale che collega la<br />
terraferma all’”isolotto” del castello, testimonierebbero la<br />
mancanza del sottostante lastrone calcarenitico riscontrato<br />
nelle aree adiacenti e, quindi, una soluzione di continuità<br />
dello stesso (Fig. 20).<br />
Le prove geotecniche di laboratorio condotte sulle argille<br />
campionate in mare, hanno consentito di determinare il cedimento<br />
che il carico rappresentato dal peso della fortezza<br />
avrebbe dovuto indurre. Il peso è stato determinato attraverso<br />
l’elaborazione delle immagini ottenute con il rilevo<br />
tramite drone, mentre per gli spessori degli strati di roccia<br />
si è fatto riferimento alle risultanze delle prospezioni geofisiche.<br />
Il calcolo del cedimento indotto è stato condotto tramite il<br />
“metodo edometrico”.<br />
Secondo tale metodo, il cedimento (DH) indotto dall’applicazione<br />
di un carico può essere calcolato, nel caso di terreni<br />
normalconsolidati, nel modo seguente:<br />
DH = H CR log 10<br />
[(s’ v0<br />
+ Ds v<br />
) / s’ v0<br />
]<br />
in cui H è lo spessore del banco di argilla (assunto pari a<br />
40m), CR è il rapporto di compressione desunto dalle prove<br />
edometriche, s’ v0<br />
è il valore della tensione verticale effettiva<br />
a metà dello spessore del banco di argilla e Ds v<br />
è il carico<br />
trasmesso dalla fortezza (assunto pari a 200kPa).<br />
Il calcolo ha fornito un valore del cedimento (ipotetico) pari<br />
a circa 1,5m, valore che, qualora si fosse in effetti verificato,<br />
avrebbe indotto nel manufatto un quadro deformativo in<br />
realtà non riscontrato.<br />
CONCLUSIONI<br />
Al fine di investigare l’anomalia rappresentata dal sostanziale<br />
ottimo stato di conservazione della fortezza di Le Ca-<br />
Fig. 17 - Modello di resistività "Le Castella 1"<br />
Fig. 18 - Modello di resistività "Le Castella 2".
Fig. 19 – Profili delle velocità MASW1 e MASW2.<br />
Fig. 20 – Profilo delle velocità MASW3.<br />
stella all’interno di un contesto geologico e geomorfologico<br />
particolarmente dinamico quale quello dell’area del crotonese,<br />
è stata condotta una campagna di indagine geognostica<br />
nel sito, consistente in prospezioni geoelettriche in<br />
mare, prospezioni sismiche in superficie e analisi di laboratorio<br />
su campioni di argilla prelevati sia in mare che in<br />
superficie.<br />
Attraverso le prospezioni geofisiche è stato possibile ricostruire<br />
la geometria degli orizzonti litologici in profondità,<br />
oltre ad ottenere importanti informazioni sulla loro variabilità<br />
laterale e sulla presenza di possibili strutture antropiche<br />
sepolte.<br />
I dati sismici, in particolare, confermerebbero l’ipotesi<br />
secondo la quale il sito su cui insiste il castello in tempi<br />
storici avrebbe quindi assunto le caratteristiche fisiche di<br />
un’”isola” separata da un braccio di mare dalla terraferma.<br />
Le prove eseguite in laboratorio geotecnico hanno consentito,<br />
poi, di determinare i parametri di deformabilità del<br />
terreno, in base ai quali è stato condotto un calcolo del<br />
cedimento che le argille, stratigraficamente poste al disotto<br />
del lastrone calcarenitico su cui poggia la fortezza, avrebbero<br />
dovuto manifestare in seguito alla costruzione della<br />
fortezza stessa.<br />
Il calcolo ha indicato che, sotto l’effetto del carico indotto,<br />
si sarebbe dovuto verificare un cedimento di notevole entità<br />
(di circa 1,5m), che sicuramente avrebbe prodotto danni<br />
rilevanti alla struttura della fortezza. Poiché non vi sono<br />
sulle strutture evidenze di quadri fessurativi riconducibili<br />
a cedimenti, si può ritenere che tale cedimento, in realtà,<br />
non si sia verificato. Ciò può essere ascrivibile a condizioni<br />
geotecniche differenti da quelle ipotizzate, quali, ad<br />
esempio, caratteristiche di deformabilità delle argille che<br />
migliorano con la profondità, oppure, più verosimilmente,<br />
alla presenza di strutture più antiche poste al di sotto della<br />
fortezza, che, fungendo da “sottofondazione”, hanno limitato<br />
fortemente la manifestazione dei cedimenti.<br />
In conclusione, può ritenersi che i risultati ottenuti nel presente<br />
studio, seppur preliminari, costituiscano una base di<br />
partenza per le future attività di geoarcheologia, finalizzate<br />
alla tutela di uno dei siti monumentali più importanti della<br />
Calabria.<br />
Prospezioni georadar nell’area emersa, all’interno e esterno<br />
dell’edificio esistente, supportati da saggi di scavo, darebbero<br />
valide indicazioni sulla presenza delle ipotizzate<br />
strutture preesistenti su cui potrebbe poggiare l’impianto<br />
attuale. Inoltre, indagini in mare mediante tecniche geofisiche<br />
di tomografia elettrica ad alta risoluzione e rilievi<br />
batimetrici e di sub-bottom profiler, sarebbero da verifica<br />
ed affinamento nella ricostruzione delle anomalie dovute ad<br />
elementi antropici sepolti nel fondale.<br />
RINGRAZIAMENTI<br />
Si ringraziano la spin-off “Tech4Sea” dell’Università della<br />
Calabria, per l’utilizzo del trapano Rodon 100, e il Dott.<br />
Redentore De Fiore, per le riprese da drone.<br />
Abstract<br />
In this work, the results of a survey campaign aimed at defining the geological-geotechnical<br />
features of the small "islet" on which is set the monumental<br />
fortress of Le Castella (Crotone area, Calabria region), dating back<br />
to the Aragonese period (XV century AD), will be exposed. The “islet” is<br />
actually connected to the mainland by a strip of land .<br />
As the entire Crotone area is notoriously affected by historical subsidence,<br />
as well as by widespread collapses at the land-sea interface, also due to<br />
"lateral spreading" phenomena, the substantial structural integrity of the<br />
fortress appears singular.<br />
Parole Chiave<br />
Archeologia; geoarcheologia subacquea; georadar; geofisica; geotecnica;<br />
Le Castella<br />
Autore<br />
Maurizio Ponte<br />
maurizio.ponte@unical.it<br />
Dipartimento di Biologia, Ecologia e Scienze della Terra - Università della<br />
Calabria<br />
Giuseppe Ferraro<br />
geofisica@alice.it<br />
geologo collaboratore esterno alle ricerche di geoarcheologia<br />
Alma Floro<br />
lavinia.floro@outlook.it<br />
geologo collaboratore esterno alle ricerche di geoarcheologia<br />
Salvatore Medaglia<br />
salvatore.medagli@unical.it<br />
Laboratorio di topografia antica e antichità calabresi - Dipartimento di<br />
Ingegneria Meccanica, Energetica e Gestionale - Università della Calabria<br />
Pierpaolo Pasqua<br />
pierpaolo.pasqua@virgilio.it<br />
geologo collaboratore esterno alle ricerche di geoarcheologia<br />
40 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali 41<br />
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Southern Italy. Journal of the Geological Society of the Geological Society<br />
of London, 160, 863- 880.<br />
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è l’ intelligenza artificiale, in effetti<br />
l’ evoluzione tecnologica mette ormai a<br />
disposizione di tutti le quantità di storage<br />
necessarie al machine learning e gli<br />
algoritmi open source di chatbot o veri<br />
e propri bot da attivare in vari ambienti.<br />
E’ quindi possibile ormai applicare la<br />
AI anche al campo dei BB.CC. e subito<br />
vengono in mente le analisi predittive, il<br />
riconoscimento delle immagini, l’attribuzione<br />
delle opere ecc..<br />
Tuttavia a mio parere questo tipo di applicazioni<br />
sono abbastanza vulnerabili<br />
per la legge del garbage in - garbage out;<br />
nel campo dei BB.CC. infatti non c’è una<br />
abbondanza di dati tale da consentire l’<br />
uso delle tecnologie di analisi di BigData<br />
(ed è risaputo che se il campione è insufficiente<br />
anche le migliori analisi falliscono)<br />
e anche l’ accuratezza e l’affidabilità<br />
dei dati è quanto meno variabile.<br />
Il limite che vedo è<br />
che un BOT è forzato,<br />
entro certi<br />
limiti, a fornire un<br />
risultato mentre l’<br />
intelligenza umana<br />
ha ancora una<br />
migliore coscienza<br />
dei propri limiti ed<br />
evita di giungere a<br />
conclusioni in caso<br />
di dati insufficienti.<br />
In fondo la ricerca<br />
nel campo dei<br />
BB.CC. è sostanzialmente<br />
investigazione,<br />
ma accettereste<br />
di affidare<br />
una investigazione<br />
di polizia ad una<br />
AI? Asimov lo ha immaginato e ha perfino<br />
inventato una coppia di sbirri di cui uno<br />
è un umano e l’altro una AI e nel suo ciclo<br />
dei robot e nella letteratura la cosa<br />
sembra funzionare, ma è appunto una<br />
geniale intuizione su come i limiti della<br />
AI debbano essere temperati e controllati<br />
da vicino dalla morale umana.<br />
Le riflessioni esposte sopra non escludono<br />
però la possibilità di utilizzo della AI<br />
nei BB.CC. purchè si abbia l’ umiltà di<br />
cominciare da livelli bassi, non troppo<br />
rivoluzionari, come ad esempio la Business<br />
Intelligence che ha obbiettivi meno<br />
ambiziosi della AI.<br />
Il problema principe della BI è singolarmente<br />
analogo a quello che si è sempre<br />
trovato di fronte qualsiasi studioso: il<br />
problema dell’ amministratore delegato….<br />
Per un archeologo, o uno storico dell’<br />
arte il problema non è tanto la scarsità<br />
di informazioni quanto la loro disomogeneità,<br />
la disorganicità, la duplicazione,<br />
la provenienza da fonti diverse, la diversa<br />
affidabilità e completezza<br />
delle fonti. E’<br />
esattamente quello a<br />
cui si trova di fronte un<br />
amministratore di una<br />
multinazionale che per<br />
prendere decisioni ha<br />
bisogno di informazioni<br />
provenienti da settori<br />
e dipartimenti diversi<br />
ciascuno col proprio sistema<br />
informativo, col<br />
proprio paradigma di<br />
dati con le proprie sintesi.<br />
Nel tempo anche nei<br />
BB.CC. si sono sviluppati<br />
molteplici sistemi,<br />
preziose banche dati<br />
delimitate alcune volte tematicamente,<br />
altre geograficamente, altre ancora per<br />
competenza amministrativa/gestionale;<br />
del resto è inevitabile che ogni ricerca<br />
abbia un “focus” o comunque un dominio<br />
ontologico e che questo si rifletta sul<br />
sistema che viene generato, il dato è oggettivamente<br />
sempre neutro, ma certamente<br />
diversi sono i punti di vista da cui<br />
lo si raccoglie, analizza e contestualizza.<br />
Per raggiungere una certa unità e completezza<br />
le strade battute in passato<br />
erano quelle del consolidamento, dell’<br />
accorpamento e della migrazione delle<br />
basi dati verso sistemi sempre più complessi<br />
che avevano l’ ambizione di essere<br />
“il sistema dei BB. CC.” Quanto questo<br />
fosse velleitario e poco efficace è evidente<br />
anche perché obbligava ad adottare<br />
un unico punto di vista mortificando la<br />
diversità, inoltre le importazioni di dati<br />
e talvolta anche le migrazioni implicano<br />
spesso un degrado dei dati, proprio come<br />
avveniva in passato nel tramandare le informazioni<br />
oralmente, nel tradurle, nella<br />
copia scritta di un’ opera; una enciclopedia<br />
è per sua natura meno accurata, approfondita,<br />
aggiornata ed esaustiva, di<br />
una serie di studi monografici.<br />
L’ interoperabilità ha in qualche modo<br />
posto fine a questo sviluppo miope dei sistemi,<br />
ma non ha certo risolto il problema<br />
generale cioè quello di poter scalare<br />
le informazioni ottenendo al contempo<br />
la massima sintesi e la massima analisi,<br />
in fondo l’ interoperabilità dal punto di<br />
vista funzionale somiglia alle note a piè<br />
di pagina o alla bibliografia posta alla<br />
fine di un’ opera.<br />
Per farla breve lo studioso, ma anche chi<br />
è chiamato alla tutela valorizzazione e<br />
gestione dei beni, avrebbe bisogno in definitiva<br />
di una sintesi unitaria il più completa<br />
possibile tra tutti i punti di vista<br />
che consenta però di risalire in caso di<br />
necessità alla fonte e ai dati analitici. A<br />
complicare non poco le cose c’è il fatto<br />
che le informazioni da sintetizzare sono<br />
dal punto di vista formale alfanumeriche,<br />
raster e vettoriali e da quello logico<br />
testuali, strutturate, geografiche, iconografiche.<br />
Ebbene questa operazione può<br />
effettivamente essere affidata ad una AI<br />
senza particolari problemi perché non ha<br />
necessità di intervenire sui dati originariamente<br />
raccolti, ma può contribuire in<br />
modo determinante alla loro interpretazione<br />
e contestualizzazione attraverso<br />
un processo reversibile alla bisogna.<br />
(To be continued...)<br />
---<br />
Questa nota fa parte di un articolo in<br />
corso di pubblicazione sulla Rivista <strong>Archeomatica</strong>,<br />
a breve disponibile.<br />
42 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong><br />
42 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali<br />
43<br />
Alla scoperta di Abu Tbeirah:<br />
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È stato appena presentato alla Sapienza di Roma il volume in lingua<br />
inglese “Abu Tbeirah. Excavations I. Area 1 Last Phases and Bulding<br />
A Phase 1” ( Sapienza editrice) a cura di Licia Romano e Franco D’Agostino.<br />
Il libro raccoglie i risultati degli scavi condotti nel sito di Abu<br />
Tbeirah (Nasiriyah, Iraq Meridionale) e delle analisi effettuate dal team<br />
italo-iracheno di ricercatori. Il volume è disponibile sia in cartaceo sia in<br />
open-access al link http://www.editricesapienza.it/node/7845<br />
L’area interessata dalle ricerche del team della Sapienza e della Direzione<br />
delle Antichità irachena si trova ben più a sud di Baghdad. Abu Tbeirah<br />
è infatti un sito sumerico del III millennio a.C. situato nella parte più<br />
meridionale della cosiddetta Bassa Mesopotamia. Il Tell (n.d.r “collina<br />
artificiale”) è situato a pochi chilometri di distanza dalla capitale sumerica<br />
di Ur, famosa per via dei suoi antichi monumenti tra cui spicca di<br />
certo la Ziqqurat, la torre templare del dio lunare Nannar/Suena.<br />
Dopo un’introduzione alle premesse scientifiche e politiche dell’inizio<br />
delle attività di scavo ad Abu Tbeirah, scritta da SE Dott. Abdulamir al-<br />
Hamdani, archeologo e Ministro Iracheno della Cultura, del Turismo e<br />
delle Antichità, la prima sezione del volume è dedicata all’inquadramento<br />
del sito dal punto di vista paleo-ambientale. Salvatore Milli e<br />
Luca Forti presentano il setting geologico dell’area e analizzano i cambiamenti<br />
della linea di costa, che nel III millennio a.C. si trovava vicina al<br />
sito, molto più a nord rispetto alla posizione attuale. Alessandra Celant<br />
e Donatella Magri riassumono le evidenze paleo-botaniche e polliniche<br />
del Vicino Oriente, introducendo la flora antica dell’area della Bassa<br />
Mesopotamia. Jafar Jotheri conclude la sezione con una analisi della<br />
canalizzazione antica nella regione di Abu Tbeirah, sulla base di uno<br />
studio che mette insieme remote sensing e analisi sul campo.<br />
La parte centrale del volume comprende tre capitoli realizzati da Licia<br />
Romano. Il capitolo 6 presenta il sito di Abu Tbeirah e un excursus generale<br />
sulle aree di scavo, sulla metodologia applicata, sui fenomeni<br />
post-deposizionali. Si approfondisce poi la stratigrafia dell’Area 1, situata<br />
nella porzione Sud-est del sito. Qui è stata rinvenuta una household<br />
(ndr struttura abitativa di grandi dimensioni), abbandonata e distrutta<br />
nel corso del tempo da una serie di attività più tarde, tra cui anche diverse<br />
sepolture. La cronologia di questo abbandono graduale dell’area<br />
fornisce un quadro del momento critico in cui la città di Abu Tbeirah<br />
inizia la sua decadenza e il suo ridimensionamento, per poi definitivamente<br />
scomparire alla fine del III mill. a.C.<br />
I due capitoli successivi descrivono in dettaglio tutte le attività antropiche<br />
relative al cimitero e all’ultimissima fase di occupazione dell’area e<br />
analizzano la struttura sottostante vano per vano, il tutto illustrato da<br />
un ricco apparato grafico.<br />
Segue poi lo studio da parte di Susanna Cereda dei residui pesanti della<br />
pavimentazione di un vano dell’edificio: nei casi di strutture abbandonate<br />
(e non solo) l’analisi dei pavimenti, insieme a quella dei macroartefatti<br />
portati alla luce, è difatti l’unico modo per poter comprendere<br />
quali attività venivano compiute all’interno di un ambiente. I risultati<br />
nel caso di Abu Tbeirah sono piuttosto interessanti: la Room 23, oggetto<br />
dello studio, rivela una molteplicità di attività che variano dal consumo<br />
di cibo alla fusione del bitume e probabilmente alla produzione<br />
di strumenti.<br />
Alla parte più prettamente stratigrafica segue una sezione di diversi<br />
capitoli dedicata all’analisi dei manufatti ed ecofatti portati alla luce<br />
durante gli scavi.<br />
Si inizia con l’analisi di Licia Romano, Marta Zingale, Giulia Festa e Vanessa<br />
Forte della ceramica che viene descritta sia dal punto di vista<br />
tipologico sia tecnologico, con un focus particolare sui dati provenienti<br />
dalle analisi neutroniche effettuate su diversi campioni.<br />
Mary Anne Tafuri poi presenta uno studio preliminare sui resti umani<br />
rinvenuti sia nel cimitero sia nelle tombe sub-pavimentali dell’edificio<br />
dell’Area 1, mettendo in risalto sia la presenza di paleopatologie sia di<br />
stress muscolo-scheletrici, indicazione delle attività svolte in vita dagli<br />
antichi abitanti di Abu Tbeirah. I risultati delle analisi isotopiche, pur<br />
nei limiti dovuti al danneggiamento post-deposizionale dei reperti, forniscono<br />
poi un quadro interessante sulla paleodieta.<br />
Francesca Alhaique descrive e analizza in dettaglio i rinvenimenti faunistici<br />
dai diversi contesti scavati, mettendo in luce associazioni e ricorrenze<br />
particolari. Si sottolinea poi il largo consumo da parte degli<br />
antichi abitanti di Abu Tbeirah di specie acquatiche sia dulcicole sia<br />
marine.<br />
Dai reperti faunistici si passa poi agli studi sulla litica realizzati da Daniele<br />
Moscone e da Davide D’Errico, che forniscono una chiara immagine<br />
della produzione della litica scheggiata e del suo utilizzo. A conclusione<br />
del volume Angela Greco e Franco D’Agostino presentano una serie di<br />
nomi di città con cui potrebbe identificarsi il sito di Abu Tbeirah: l’analisi<br />
si basa su alcuni testi cuneiformi che raccontano le tappe dei viaggi<br />
delle statue delle divinità sumeriche durante i festival sacri.<br />
A cura di Francesca Salvemini
AGORÀ<br />
INNOVA CHM - Innovation in Construction<br />
and Cultural Heritage Management<br />
INNOVA CHM - INNOVATION IN CON-<br />
STRUCTION AND CULTURAL HERITAGE<br />
MANAGEMENT è il nome unificatore di<br />
tutti i progetti finanziati dalla Regione<br />
Emilia-Romagna grazie al lavoro di Clust-<br />
ER Build e Assorestauro che hanno collaborato<br />
con diverse realtà del territorio<br />
emiliano-romagnolo.<br />
La ricerca e l’innovazione tecnologica<br />
realizzate in Emilia-Romagna nel settore<br />
delle costruzioni e del restauro. Ma non<br />
solo. Le opportunità e la promozione internazionale<br />
delle imprese emiliano-romagnole<br />
del comparto del restauro nonché<br />
una “Summer school after damages”<br />
che, partendo dall’esperienza maturata<br />
a seguito al sisma che ha colpito l’Emilia<br />
nel 2012, formi esperti internazionali<br />
sulla riduzione e gestione del rischio<br />
correlato agli impatti di eventi naturali<br />
catastrofici.<br />
Sono questi, in sintesi, alcuni dei contenuti<br />
di 6 progetti e programmi sostenuti<br />
dalla Regione con risorse regionali<br />
ed europee Por Fesr 2014-2020 per un<br />
ammontare complessivo di 3,7 milioni<br />
di euro e realizzati dalle Università di<br />
Ferrara, Bologna e Parma, Assorestauro<br />
e dal Clust-ER Build, comunità di soggetti<br />
pubblici e privati quali atenei, centri<br />
di ricerca, imprese, enti di formazione<br />
che condividono idee, competenze, strumenti,<br />
risorse per sostenere la competitività<br />
dei sistemi produttivi più rilevanti<br />
dell’Emilia-Romagna.<br />
Le iniziative sono state presentate in<br />
conferenza stampa l’11 settembre <strong>2019</strong><br />
dall’assessore regionale alle Attività<br />
produttive Palma Costi, da Alessandro<br />
Zanini presidente Assorestauro e Marcello<br />
Balzani, presidente Clust-ER Build<br />
Emilia-Romagna. Nei prossimi giorni troveranno<br />
spazio anche nella programmazione<br />
scientifica dei lavori della XXVI°<br />
edizione del Salone internazionale del<br />
Restauro che si terrà a Ferrara, dal 18 al<br />
20 settembre, assieme a RemTech Expo,<br />
evento internazionale specializzato sulle<br />
bonifiche, rischi ambientali e naturali,<br />
sicurezza, manutenzione, riqualificazione,<br />
rigenerazione del territorio, cambiamenti<br />
climatici e chimica verde e sostenibile.<br />
“Questi progetti - sostiene l’Assessore<br />
alle Attività Produttive, Palma Costi -<br />
dimostrano come si possano potenziare<br />
competitività e valore anche nelle<br />
costruzioni, che come tutti i settori ha<br />
bisogno di innovazioni in grado di introdurre<br />
nuove tecnologie e conoscenze. La<br />
Regione, con i progetti finanziati, vuole<br />
sostenere concretamente questa trasformazione.<br />
La sicurezza sismica, la diagnostica<br />
predittiva, le tecnologie smart, la<br />
creazione di prototipi in 3D, sono il frutto<br />
di buone pratiche e modelli operativi<br />
di innovazione che daranno nuovo slancio<br />
al settore. E questa missione l’abbiamo<br />
affidata al Build Cluster edilizia<br />
e costruzioni che si occupa di sviluppare<br />
attività di ricerca collaborativa e trasferimento<br />
tecnologico mettendo assieme<br />
laboratori di ricerca pubblici e privati,<br />
centri per l’innovazione, operatori della<br />
formazione e soprattutto tante imprese.<br />
Un processo e una modalità collaborativi<br />
per potenziare ricerca e innovazione<br />
che ci aiutino a continuare a competere<br />
a livello europeo e internazionale e che<br />
sono rafforzati anche nell’esperienza di<br />
ricostruzione post sisma”.<br />
“Il Cluster Build – sostiene il Presidente<br />
del Clust-ER Build Edilizia e Costruzioni,<br />
Marcello Balzani – ha selezionato degli<br />
obiettivi strategici, necessari ad abilitare<br />
imprese, professioni tecniche e tutti<br />
gli operatori della filiera. E questi sono<br />
diventati progetti concreti che renderanno<br />
possibile integrare diagnosi predittive,<br />
sistemi di sicurezza, nuovi materiali<br />
smart sostenibili e processi di building<br />
information modeling su casi studio reali<br />
per definirne modelli di intervento e di<br />
gestione. Quando si sale su un’auto- dice<br />
Balzani- ormai tutto è ‘parlante’, sensori<br />
e interfacce registrano e analizzano dati<br />
fondamentali per la sicurezza di guida e<br />
l’ottimizzazione del consumo. Invece,<br />
entrando in un edificio questo oggi non<br />
accade: tutto è ‘muto’. Ogni componente<br />
non dice nulla, o molto poco,<br />
di come si stia integrando con<br />
gli altri componenti, di come<br />
invecchi e degradi, a quali sollecitazione<br />
sia esposto per programmare<br />
la sua vita manutentiva<br />
e non solo, per la sicurezza<br />
e il benessere degli abitanti e<br />
dei servizi che in questo spazio<br />
si svolgono. Questa è la trasformazione<br />
in atto su cui i laboratori<br />
di ricerca regionale stanno<br />
lavorando insieme alle imprese,<br />
anche per internazionalizzare<br />
le nostre abilità, competenze e<br />
prodotti. E tutto verrà sviluppato anche<br />
in rapporto al grande cantiere regionale<br />
del sisma 2012”.<br />
Come spiega Alessandro Zanini, Presidente<br />
di Assorestauro "il nostro rapporto con<br />
la Regione ha le sue radici nel 2012. Le<br />
attività congiunte sia su base locale che<br />
estera, nel corso di questi anni, hanno<br />
promosso e portato risultati concreti per<br />
le aziende associate di Assorestauro. È<br />
un orgoglio proseguire la collaborazione<br />
con la Regione che ha affiancato e finanziato<br />
Assorestauro nei progetti originali<br />
che coinvolgono, oltre alla parte commerciale,<br />
un ampio risvolto tecnico e di<br />
formazione. Nel <strong>2019</strong> svilupperemo due<br />
progetti che coinvolgeranno le aziende<br />
locali che si occupano del restauro, che<br />
saranno impegnate in attività sia con gli<br />
Stati Uniti che con Israele, attraverso importanti<br />
partnership con associazioni ed<br />
enti locali. L’approccio ai progetti di internazionalizzazione<br />
è come sempre inclusivo,<br />
tiene quindi sempre presente le<br />
altre realità che sul territorio, o a livello<br />
nazionale, possano contribuire al rafforzamento<br />
delle azioni di promozione e<br />
potenziare le opportunità per il nostro<br />
comparto industriale. Questo è il caso<br />
delle sinergie che si stanno attuando con<br />
il Cluster e con la Fiera Ferrara”.<br />
I PROGETTI DI RICERCA<br />
Promozione internazionale: i progetti<br />
Re-USA e Med-ART. Attraverso le risorse<br />
del Programma operativo “Internazionalizzazione<br />
del sistema produttivo” della<br />
Regione, per un contributo complessivo<br />
di € 152.537, Assorestauro (l’Associazione<br />
italiana per il restauro architettonico,<br />
artistico e urbano fondata nel 2005) realizzerà,<br />
nell’autunno di quest’anno, due<br />
progetti rivolti all’export delle aziende<br />
locali del settore, da una parte negli<br />
Stati Uniti con il progetto Re. Usa – Restoration<br />
in the Usa (dal 6 al 12 ottobre<br />
iniziative in Emilia-Romagna e dal 19 a<br />
24 novembre a Miami) e dall’altra in Israele<br />
con il progetto Med Art – Israel (dal<br />
3 all’8 novembre 25 esperti in regione e<br />
dal 8 al 10 dicembre a tel Aviv). I progetti<br />
promuoveranno le aziende italiane<br />
appartenenti al comparto del restauro<br />
architettonico, della sostenibilità ed efficienza<br />
energetica del costruito storico<br />
e moderno. I progetti prevedranno la realizzazione<br />
di incoming, workshop tecnici,<br />
conferenze ed esposizioni fieristiche,<br />
coadiuvati da una ricerca di mercato<br />
mirata e un sistema di comunicazione su<br />
base nazionale e internazionale.<br />
Timesafe. Il progetto riguarda le tecnologie<br />
integrate e innovative a limitato<br />
impatto e invasività per il miglioramento<br />
sismico degli edifici senza interruzione<br />
d’uso. Il coordinatore del progetto è Ciri<br />
44 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>
Tecnologie per i Beni Culturali<br />
45<br />
Ec dell’Università di Bologna, in partnership<br />
con Unimore - Crict, Laboratorio<br />
Teknehub (Università di Ferrara), Università<br />
Iuav di Venezia, Centro Ceramico e<br />
con la collaborazione di alcune imprese<br />
del territorio. L’obiettivo è sviluppare<br />
un insieme di nuove tecnologie, tra loro<br />
integrate e a bassa invasività, per il miglioramento<br />
del livello di sicurezza sismico<br />
del patrimonio edilizio esistente. Le<br />
tecnologie oggetto della ricerca possono<br />
essere messe in opera per fasi successive<br />
e senza una significativa interruzione<br />
d’uso della costruzione (sia in edifici residenziali<br />
che pubblici). Queste tecnologie<br />
possono inoltre essere integrate con<br />
nuove impiantistiche e sistemi di monitoraggio<br />
ambientale e strutturale. Il costo<br />
complessivo del progetto è di 1 milione<br />
117 mila euro di cui € 799.375,00 è il contributo<br />
della Regione con le risorse europee<br />
Por Fesr 2014-2020.<br />
Inspire. Il progetto, coordinato dall’Università<br />
di Ferrara e TekneHub, punta a<br />
implementare l’architettura di un sistema<br />
di diagnostica predittiva, attraverso<br />
una rete di sensori wireless, per il monitoraggio<br />
dello stato di conservazione<br />
di materiali, componenti e sistemi del<br />
patrimonio costruito esistente che, in<br />
normali condizioni di esercizio, volge<br />
al termine della vita utile. Il risultato<br />
è uno strumento strategico di supporto<br />
decisionale alle attività di manutenzione<br />
predittiva e di gestione che, attuando<br />
procedure di intervento su un patrimonio<br />
costruito esistente, in condizioni limite<br />
di esercizio e/o in emergenza, ne<br />
incrementa la vita utile e ne capitalizza<br />
il valore economico. Il contributo della<br />
Regione è per un totale di € 799.902,13.<br />
Mimesis. CertiMaC, capofila del progetto<br />
“Materiali smart, sensorizzati e sostenibili<br />
per il costruito storico”, in partnership<br />
con CNR, Università di Bologna<br />
(Ciri-Ec), Centro Ceramico e Sister, ed<br />
in collaborazione con alcune imprese<br />
del territorio regionale, svilupperanno e<br />
valideranno (sia in laboratorio che in siti<br />
pilota) prototipi di sistemi costruttivi dotati<br />
di tecnologie smart, che prevedono<br />
l’integrazione di sensori e dispositivi di<br />
misura opportunamente ingegnerizzati<br />
all’interno dei materiali da costruzione<br />
tipici del patrimonio edilizio esistente. Il<br />
contributo della regione per questo progetto<br />
è € 798.359,72.<br />
eBIM. Il progetto, con un contributo regionale<br />
complessivo di € 799.946,40,<br />
coordinato dall’Università di Parma e<br />
da Cim, punta a supportare l’innovazione<br />
nell’implementazione, condivisione<br />
e fruizione di modelli 3D del patrimonio<br />
costruito esistente. Questo attraverso<br />
la costruzione di archivi informatizzati,<br />
digitali e integrati consentendo, in virtù<br />
della disponibilità di tecnologie e dei<br />
risultati accessibili della ricerca, nuove<br />
forme di collaborazione per l’innovazione<br />
di prodotti e servizi. L’obiettivo è<br />
quello di realizzare un approccio inclusivo<br />
all’applicazione degli strumenti della<br />
digitalizzazione, quali gli strumenti di<br />
Building information modeling, nei processi<br />
di intervento e gestione del costruito<br />
esistente, favorendo la collaborazione<br />
tra tutti gli attori della filiera.<br />
SUMMER SCHOOL AFTER DAMAGE. “After<br />
the damages, prevention and safety<br />
solutions through design and practice<br />
on existing built environment. The Italian<br />
experience” è il progetto di alta<br />
formazione triennale promosso dall’Università<br />
di Ferrara, Parma e Modena per<br />
la formazione di esperti internazionali,<br />
tecnici e policy maker, sulla riduzione<br />
e gestione del rischio correlato agli<br />
impatti di eventi catastrofici naturali e<br />
provocati dall'uomo sul patrimonio culturale.<br />
A partire dall’esperienza maturata<br />
in Emilia a seguito degli eventi sismici<br />
del maggio 2012, il progetto è attuato<br />
in collaborazione con la Soprintendenza<br />
archeologia, belle arti e paesaggio per la<br />
città metropolitana di Bologna e le province<br />
di Modena, Reggio Emilia e Ferrara,<br />
l’Ibacn, l’Agenzia per la Ricostruzione<br />
– Sisma 2012 e in partenariato internazionale<br />
di enti e associazioni di ricerca<br />
e di alta formazione con sede in Turchia,<br />
Slovenia, India, Brasile, Spagna, Equador<br />
e Cina. Il progetto sarà finanziato dalla<br />
Regione Emilia-Romagna per un contributo<br />
complessivo di € 350.000,00.<br />
Accordi conclusi e rinnovati per<br />
“Technology for All <strong>2019</strong>”, il forum dedicato<br />
all’innovazione tecnologica per<br />
il territorio e l’ambiente, i beni culturali<br />
e le smart city - Giunto alla sesta<br />
edizione, l’evento si svolgerà a Roma dal<br />
4 al 6 dicembre prossimi nella prestigiosa<br />
location dell’ISA – Istituto Superiore<br />
Antincendi dei Vigili del Fuoco presso le<br />
strutture di archeologia industriale degli<br />
ex-Magazzini Generali di Roma, un esempio<br />
di recupero e ristrutturazione d’eccezione<br />
da non perdere.<br />
Ribadito il format della manifestazione<br />
che, ormai preso ad esempio in molti altri<br />
eventi simili, offrirà sempre momenti<br />
informativi e formativi di alto livello, oltre<br />
ad occasioni di confronto e di business<br />
tra le Pubbliche Amministrazioni, le<br />
Università, i Centri di Ricerca, i Professionisti<br />
e le aziende specializzate.<br />
In fase di definizione l’intenso programma<br />
di convegni, conferenze e workshop,<br />
che affronteranno l'intero processo di<br />
utilizzo delle tecnologie innovative,<br />
dall'acquisizione dei dati alla loro elaborazione<br />
fino la diffusione agli utenti<br />
finali. Attese anche numerose attività dimostrative<br />
sul campo delle più sofisticate<br />
strumentazioni disponibili sul mercato<br />
internazionale.<br />
A breve la comunicazione ufficiale sull’area<br />
archeologica ove saranno dimostrate<br />
le tecnologie di acquisizione di dati da e<br />
per il monitoraggio con rilievi particolari<br />
e finalizzati a temi specifici, che verranno<br />
presto annunciati, costituenti il blocco<br />
di dati geo-spaziali che organizzati e<br />
resi efficienti, verranno donati alla amministrazione<br />
che ospiterà il workshop di<br />
campo.<br />
“La conferma del format di successo che<br />
vede dimostrazioni pratiche sul campo,<br />
discusse poi in un successivo convegno,<br />
con un punto di vista pratico e di effettiva<br />
convenienza e la ricerca di un accordo<br />
con partner scientifici di tutto rilievo nei<br />
settori della fotogrammetria, topografia,<br />
geomatica e telerilevamento: sono queste<br />
solo le prime novità che caratterizzeranno<br />
la prossima edizione di ‘Technology<br />
for All <strong>2019</strong>’ e che, ne siamo certi,<br />
daranno un forte impulso per un’ulteriore<br />
crescita alla nostra manifestazione”,<br />
spiega Alfonso Quaglione, amministratore<br />
di mediaGEO. “Giunti alla sesta edizione,<br />
intendiamo consolidare il prestigio<br />
ed anche incrementare le dimensioni<br />
di questo evento, che si conferma come<br />
l’unico grande appuntamento in Italia<br />
dedicato alle nuove tecnologie applicate<br />
al territorio, all’ambiente, ai beni culturali<br />
e alle smart city”.<br />
Ulteriori informazioni su:<br />
www.technologyforall.it
EVENTI<br />
30 SETTEMBRE - 2 OCTOBER<br />
<strong>2019</strong><br />
Heritage Middle East:<br />
securing the future for the<br />
past<br />
Abu Dhabi (UAE)<br />
http://tiny.cc/4p0vdz<br />
3 – 4 OTTOBRE <strong>2019</strong><br />
LuBeC <strong>2019</strong> | Patrimonio<br />
culturale e sostenibilità tra<br />
pubblico e privato<br />
Lucca<br />
https://www.lubec.it<br />
9 - 10 OTTOBRE <strong>2019</strong><br />
SAR Analytics Symposium<br />
Roma<br />
www.geoforall.it/krquk<br />
10 - 12 OTTOBRE <strong>2019</strong><br />
3rd International<br />
Conference in Green<br />
Conservation of Cultural<br />
Heritage<br />
Porto (Portugal)<br />
http://artes.porto.ucp.pt/<br />
en/greenconservation<strong>2019</strong><br />
23 - 25 OTTOBRE <strong>2019</strong><br />
Conferenza Nazionale AIPnD<br />
Associazione Italiana Prove<br />
non Distruttive<br />
Milano<br />
www.aipnd.it<br />
4 - 6 NOVEMBRE <strong>2019</strong><br />
Conference on Cultural<br />
Heritage and New<br />
Technologies CHNT24<br />
Vienna (Austria)<br />
https://www.chnt.at<br />
12-14 NOVEMBRE <strong>2019</strong><br />
ASITA <strong>2019</strong><br />
Trieste<br />
http://www.asita.it/<br />
conferenza-<strong>2019</strong>/<br />
2-3 DICEMBRE <strong>2019</strong><br />
ISPRS Optical 3D<br />
Metrology workshop<br />
Strasbourg (France)<br />
www.geoforall.it/kr64p<br />
4 – 6 DICEMBRE <strong>2019</strong><br />
TECHNOLOGYforALL <strong>2019</strong><br />
www.technologyforall.it<br />
24 - 26 GIUGNO 2020<br />
D-SITE Drones - Systems<br />
of Information on culTural<br />
hEritage<br />
Pavia<br />
https://www.<br />
dsiteconference.com<br />
<strong>2019</strong><br />
ROMA 4-6 dicembre<br />
www.technologyforall.it<br />
SISTEMI DI IMAGING<br />
COLORIMETRIA<br />
RADIOMETRIA SPETTRALE<br />
TEXTURE ANALYSIS<br />
BENI CULTURALI<br />
MONITORAGGIO AMBIENTALE<br />
AGRICOLTURA DI PRECISIONE<br />
CONTROLLO QUALITÀ E PROCESSO DI PRODUZIONE<br />
INVESTIGAZIONE E ANALISI DELLA SCENA DEL CRIMINE<br />
Lettura rapida non invasiva in alta risoluzione e precisione delle<br />
caratteristiche radiometriche e morfologiche di superfici e materia.<br />
Processi ottimizzati per l’estenzione della sensibilità<br />
delle fotocamere standard.<br />
Algoritmi di calibrazione proprietari basati su Intelligenza Artificiale e<br />
affidabili riferimenti radiometrici e colorimetrici.<br />
Immagini CIELAB standard.<br />
Famiglia di strumenti software di analisi per elaborazione tradizionale<br />
delle immagini, visione artificiale, database colorimetrico e radiometrico.<br />
System integrator, sviluppo di progetti integrati<br />
in pipeline di produzione esistenti.<br />
46 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong><br />
Profilocolore s.r.l. Piazza Elba, 1 00141 - Roma tel. +39 0662289818 info@profilocolore.com
Tecnologie per i Beni Culturali 47
www.uace.eu<br />
Valorizzazione - Promozione - Catalogazione Advanced 3D - BIM - VR - Marketing