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Archeomatica_2_2019

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ivista trimestrale, Anno X - Numero 2 GIUGNO <strong>2019</strong><br />

ArcheomaticA<br />

Tecnologie per i Beni Culturali<br />

Proximal Remote Sensing<br />

e Spatial Analysis a Pompei<br />

GIS per beni intangibili<br />

Rilievo Fotogrammetrico e Intelligenza Artificiale<br />

Applicazione e Monitoraggio di miscele biocide<br />

Geoarcheologia a Le Castella<br />

www.archeomatica.it


EDITORIALE<br />

Fotogrammetria e Intelligenza Artificiale for All<br />

La recente esplosione delle tecniche di Intelligenza Artificiale (AI), basata sull’apprendimento della macchina<br />

verso applicazioni dirette alla documentazione e riproduzione, sta portando risultati sempre più soddisfacenti dal<br />

punto di vista della qualità.<br />

Le attuali tendenze vogliono vedere la AI per i Beni Culturali sulle analisi predittive, il riconoscimento<br />

archeologico dei frammenti ceramici, l’attribuzione delle opere, ma quello che veramente può fare la differenza<br />

è la possibilità di cercare informazioni all’interno di diverse banche dati traendone risultati che possano essere<br />

analizzati, valutati e selezionati dalla mente umana che così impartirà alla macchina istruzioni di classificazione<br />

delle informazioni che aiuteranno anche l’intelligenza artificiale a crescere.<br />

Un esempio in questo campo è la frontiera di un progetto che si sta sviluppando all’interno delle banche dati<br />

della Sovrintendenza del Comune di Roma, dove un’intelligenza artificiale creerà le condizioni per cercare le<br />

informazioni di interesse dell’utente su decine di banche dati, normalmente aggiornate e popolate dagli addetti<br />

del settore, che verranno interrogate per fornire risposte senza archiviare nuovi dati, ma solo attribuendo<br />

criteri di affidabilità alle informazioni restituite, in funzione di come studiosi, ricercatori o normali cittadini<br />

preleveranno i risultati.<br />

Un altro aspetto in cui la AI sembra poter dare risposte coerenti è quella della analisi applicata al mondo della<br />

scansione tridimensionale della realtà, attivando un confronto analitico tra lo stato dell'arte in materia di<br />

fotogrammetria negli algoritmi di scansione 3D, attraverso una macchina che riesce autonomamente a classificare<br />

i dati ed a strutturarli gerarchicamente, trovando quelli più rilevanti e utili alla risoluzione del problema<br />

(esattamente come fa la mente umana), migliorando le proprie prestazioni con l’apprendimento continuo.<br />

Una dimostrazione è riportata nell’articolo sulla tecnica di rilievo fotogrammetrica supportata da un algoritmo<br />

di intelligenza artificiale di Nicola Santoro. L’algoritmo può essere allenato, a seconda dell'oggetto della<br />

scansione, su specifici ambiti di ricerca, medicale, artistico, paesaggistico, ingegneristico e architettonico, con<br />

un apprendimento profondo che aiuta il fotogrammetrista a catturare l'oggetto del rilievo a strati incrementali,<br />

consentendo di spaziare dalla scala reale ad ingrandimenti fino a 500 x, ottenendo un livello di dettaglio che può<br />

spingersi fino a consentire indagini sullo stato di degrado dei materiali strutturali.<br />

Di certo l’analisi statistica è alla base di tali algoritmi, i cui risultati possono essere affidabili nell’ambito di<br />

un’incertezza che nel campo della misura si definisce con un certo grado percentuale. Come è difficile poter<br />

definire il valore vero di una misura effettuabile solo con strumenti non perturbati da fattori interni sistematici o<br />

casualmente esterni, anche il risultato del lavoro dell’Intelligenza Artificiale, sempre relativo a quanto la mente<br />

umana ha progettato, è affidabile in termini di valori percentuali che possono crescere ma mai arrivare a dare<br />

una certezza di affidabilità del valore assoluto ricercato.<br />

Di certo in questo confronto si libera la potenzialità della fotogrammetria che integra le nuvole di punti<br />

direttamente rilevate, con nuovi punti originati da immagini con le procedure matematiche di algoritmi<br />

fotogrammetrici classici o algoritmi di nuova tendenza spesso derivati dalle esigenze di costruzione di mondi<br />

virtuali del cinema come quelli dello Structure from Motion.<br />

E l’integrazione ottimale di questi due mondi si sta affacciando con i nuovi Smartphone dotati di camera ToF<br />

Time-of-Flight, un sensore di profondità che utilizza i raggi infrarossi per stimare la distanza dagli oggetti nel<br />

suo campo visivo. Questo è paragonabile al processo utilizzato per creare immagini 3D con laser scanner, ma le<br />

misurazioni sono prese con lunghezze d'onda infrarosse, forse con precisioni inferiori al laser. Il nome Time-of-<br />

Fligt si riferisce al tempo impiegato da un raggio infrarosso per essere inviato e restituito al sensore dopo aver<br />

colpito un oggetto. Poiché la velocità della luce è costante, il dispositivo è in grado di calcolare quanto è lontano<br />

un oggetto basandosi sulla misura del tempo di ritorno del raggio. Una tecnologia non nuova, già presente nei<br />

progetti degli anni ’80, che ora finalmente si affaccia su strumenti alla portata di tutti sfruttando un potenziale<br />

di elaborazione che aggiunge funzionalità significative con costi minimi.<br />

Technology for All, appunto.<br />

Buona lettura,<br />

Renzo Carlucci


IN QUESTO NUMERO<br />

DOCUMENTAZIONE<br />

6 GIS e Beni Culturali: beni<br />

tangibili e beni intangibili<br />

di di Caterina Gattuso,<br />

Philomène Gattuso, Atanasio Pizzi,<br />

Valentina Roviello<br />

In copertina il calco di una vittima dell'eruzione<br />

del Vesuvio, 79 a.C., Pompei, nominata<br />

come "the most valued image on Commons<br />

within the scope: The Sitting Man, Pompeii.<br />

Reason: This is the plaster cast of a victim of<br />

the 79 a.C. eruption of the Mount Vesuvius in<br />

Pompeii, Campania, Italy. Almost 2000 years<br />

later, I find this disturbing and impressive.<br />

Very moving too. Best in scope IMO. Geolocalized.<br />

Jebulon" Questa immagine è stata<br />

selezionata come "picture of the day" su Wikimedia<br />

Commons il 24 Luglio 2018.CC0 1.0<br />

Universal (CC0 1.0) Public Domain Dedication.<br />

12 Proximal Remote Sensing<br />

e Spatial Analysis per la<br />

Conservazione delle Pitture<br />

Parietali Pompeiane - Il Caso<br />

del Gymnasium<br />

di Maria Danese, Maria Sileo,<br />

Rosa Lasaponara, Nicola Masini<br />

3DTarget 2<br />

Codevintec 33<br />

Geogrà 41<br />

Geomax 47<br />

Leica 17<br />

Profilocolore 46<br />

Stonex 19<br />

TECHNOLOGYforALL 23<br />

28 Descrizione di una<br />

Tecnica di Rilievo<br />

Fotogrammetrica<br />

supportata da un<br />

Algoritmo<br />

di Intelligenza<br />

Artificiale<br />

di Nicola Santoro<br />

Testo 11<br />

Topcon 27<br />

Virtualgeo 48<br />

ArcheomaticA<br />

Tecnologie per i Beni Culturali<br />

Anno X, N° 2 - GIUGNO <strong>2019</strong><br />

<strong>Archeomatica</strong>, trimestrale pubblicata dal 2009, è la prima rivista<br />

italiana interamente dedicata alla divulgazione, promozione<br />

e interscambio di conoscenze sulle tecnologie per la tutela,<br />

la conservazione, la valorizzazione e la fruizione del patrimonio<br />

culturale italiano ed internazionale. Pubblica argomenti su<br />

tecnologie per il rilievo e la documentazione, per l'analisi e la<br />

diagnosi, per l'intervento di restauro o per la manutenzione e,<br />

in ultimo, per la fruizione legata all'indotto dei musei e dei<br />

parchi archeologici, senza tralasciare le modalità di fruizione<br />

avanzata del web con il suo social networking e le periferiche<br />

"smart". Collabora con tutti i riferimenti del settore sia italiani<br />

che stranieri, tra i quali professionisti, istituzioni, accademia,<br />

enti di ricerca e pubbliche amministrazioni.<br />

Direttore<br />

Renzo Carlucci<br />

dir@archeomatica.it<br />

Direttore Responsabile<br />

Michele Fasolo<br />

michele.fasolo@archeomatica.it<br />

Comitato scientifico<br />

Annalisa Cipriani, Maurizio Forte,<br />

Bernard Frischer, Giovanni Ettore Gigante,<br />

Sandro Massa, Mario Micheli, Stefano Monti,<br />

Francesco Prosperetti, Marco Ramazzotti,<br />

Antonino Saggio, Francesca Salvemini,<br />

Rodolfo Maria Strollo<br />

Redazione<br />

redazione@archeomatica.it<br />

Giovanna Castelli<br />

giovanna.castelli@archeomatica.it<br />

liCia RoMano<br />

licia.romano@archeomatica.iT<br />

valeRio CaRluCCi<br />

valerio.carlucci@archeomatica.it<br />

doMeniCo santaRsieRo<br />

domenico.santarsiero@archeomatica.it<br />

luCa papi<br />

luca.papi@archeomatica.it


RESTAURO<br />

30 Applicazione e Monitoraggio di<br />

miscele biocide per pulitura di<br />

superfici attaccate da patina biologica<br />

di Eleonora Marconi, Adele Galetti, Francesco<br />

Geminiani<br />

RIVELAZIONI<br />

34 Nuovi studi di<br />

geoarcheologia a Le<br />

Castella (KR)<br />

di Maurizio Ponte, Giuseppe<br />

Ferraro, Alma Floro, Salvatore<br />

Medaglia, Pierpaolo Pasqua<br />

RUBRICHE<br />

20 AZIENDE E<br />

PRODOTTI<br />

Soluzioni allo Stato<br />

dell'Arte<br />

23 TECHNOLOGY<br />

forALL<br />

42 AGORÀ<br />

Notizie dal mondo delle<br />

Tecnologie dei Beni<br />

Culturali<br />

43 RECENSIONE<br />

46 EVENTI<br />

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Alfonso Quaglione<br />

a.quaglione@archeomatica.it<br />

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<strong>Archeomatica</strong> è una testata registrata al<br />

Tribunale di Roma con il numero 395/2009<br />

del 19 novembre 2009<br />

ISSN 2037-2485<br />

Stampa<br />

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Gli articoli firmati impegnano solo la responsabilità<br />

dell’autore. È vietata la riproduzione anche parziale<br />

del contenuto di questo numero della Rivista<br />

in qualsiasi forma e con qualsiasi procedimento<br />

elettronico o meccanico, ivi inclusi i sistemi di<br />

archiviazione e prelievo dati, senza il consenso scritto<br />

dell’editore.<br />

Data chiusura in redazione: 30 agosto <strong>2019</strong>


DOCUMENTAZIONE<br />

GIS e Beni Culturali:<br />

beni tangibili e beni intangibili<br />

di Caterina Gattuso , Philomène Gattuso , Atanasio Pizzi , Valentina Roviello<br />

Nel relazionare informazioni e<br />

dati reali, espressi sotto forma<br />

di simboli, riguardanti un<br />

luogo geografico riportato su<br />

mappe in scala, la cartografia<br />

offre la possibilità di operare<br />

specifiche elaborazioni a<br />

fini conoscitivi, che possono<br />

estendersi non solo nello<br />

spazio, ma anche nel tempo.<br />

Fig. 1 - Mappa della colonia di Vulturnum: rielaborazione<br />

È<br />

noto che un GIS (Geographic Information System)<br />

permette di sovrapporre diversi tematismi<br />

o livelli informativi per produrre nuove informazioni<br />

e quindi dati utili per la gestione del territorio.<br />

La sovrapposizione (overlay) delle carte storiche con<br />

quelle più recenti consente di tracciare l’evoluzione<br />

fisica, ambientale e culturale di un determinato territorio.<br />

Le informazioni in tal modo acquisite diventano quindi<br />

di riferimento sia per il patrimonio dei beni culturali<br />

di tipo tangibile costituito dal patrimonio monumentale<br />

ed archeologico, sia per il patrimonio di tipo<br />

intangibile, quale è la cultura arbëreshë solidamente<br />

radicata sul territorio dell’Italia meridionale.<br />

I dati territoriali incrociati e posti a confronto, con<br />

l’utilizzo di un software GIS, possono fornire importanti<br />

riferimenti concernenti i beni tangibili per la<br />

gestione e la valorizzazione del patrimonio materiale<br />

esistente in una macro-area definita. Nel caso di<br />

beni intangibili invece diverranno fondamentali per<br />

la stesura dei contenuti di una “carta per la tutela”<br />

quale ad esempio quella di una determinata minoranza<br />

storica linguistica che presenta nuclei diffusi sul<br />

territorio.<br />

BENI TANGIBILI E AREE ARCHEOLOGICHE<br />

La colonia di Vulturnum prende il nome dal fiume che<br />

attraversa buona parte della pianura campana. L’area<br />

in esame è stata a lungo oggetto di studi multidisciplinari,<br />

volti:<br />

4 alla ricostruzione della stratigrafia del sottosuolo,<br />

che nel tempo è stato condizionato da frequenti<br />

variazioni eustatiche e da eventi vulcanici, con conseguenti<br />

interdigitazioni di depositi di ambiente marino,<br />

alluvionale, vulcanico, e la formazione di una<br />

circolazione idrica sotterranea superficiale (Sacchi<br />

M. et al., 2014, Amorosi A. et al., 2012);<br />

4allo studio dell’uso del suolo e della geo-morfologia<br />

costiera dall’antichità ad oggi, ossia lo studio dei processi<br />

di tipo naturale o antropico che hanno determinato<br />

l’ evoluzione del territorio e della costa (D’Ambra<br />

G. et al., 2009, Ruberti D. et al., 2008);<br />

4allo studio delle popolazioni floristiche e faunistiche<br />

che popolano l’area, mirato alla conservazione del paesaggio,<br />

conferendole un’importanza non solo a livello<br />

naturalistico, ma anche ecologico (l’Oasi dei Variconi e<br />

la Pineta di Castel Volturno) (D’Ambra G. et al., 2005).<br />

6 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 7<br />

Pochi studi sono stati condotti su quest’area, per la ricerca<br />

dei siti di interesse archeologico mirati alla loro conservazione.<br />

Tuttavia, dalla ricerca bibliografica ne emerge uno<br />

molto dettagliato (Crimaco L., 1991), nel quale viene sviluppata<br />

in modo dettagliato una applicazione GIS (Roviello<br />

V. 2008). Si racconta che, dove sorge ora il centro di Castel<br />

Volturno, nell’antichità sorgeva la colonia romana di Vulturnum.<br />

Alcuni autori come Varrone, più tardi Plinio e Pomponio<br />

Mela, la definiscono come un oppidum, altri la annoverano<br />

semplicemente perché sorgeva nei pressi del mare<br />

o nei pressi del fiume Volturno, ma essa non è menzionata<br />

in alcuna fonte di età tarda. Fondata nel 194 a.C, fu sede<br />

episcopale, come sembrano confermare alcuni documenti<br />

dell’età di Papa Simaco (498-514) e anche una lettera attribuita<br />

a Papa Pelagio I (551-556). La diocesi di Vulturnum<br />

rimase ancora attiva durante il pontificato di Papa Gregorio<br />

Magno (540-604), alla fine del VI secolo. La ricerca topografica<br />

condotta a tappeto su circa 70 kmq di territorio,<br />

nelle varie località della colonia di Vulturnum, ha fornito<br />

parecchi dati utili a ricostruire le abitudini della civiltà insediatavi<br />

e alcune delle attività che producevano sviluppo<br />

nell’area.<br />

All’interno di case coloniche, ville, villaggi, santuari e necropoli,<br />

sono state recuperate numerose ceramiche, suppellettili,<br />

frammenti di pavimento e mosaici, statue, teste<br />

votive, articoli di corredo funebre, tutti databili tra la seconda<br />

metà del IV sec.a.C. e il VI sec. d.C. (Fig. 1). L’ampio<br />

utilizzo della ceramica è testimoniato anche da un esteso<br />

scarico di anfore, ritrovato nei pressi di un ansa fluviale,<br />

che probabilmente riconduce alla presenza di un vero e proprio<br />

quartiere industriale specializzato nella produzione di<br />

ceramiche. Inoltre il ritrovamento di diverse macine da grano<br />

in lava leucitica, richiama l’attività di coltivazione cerealicola<br />

lungo le allora fertili sponde fluviali. Le religiosità<br />

era molto sentita all’epoca, basti pensare alle numerose<br />

pratiche e luoghi di sepoltura presenti nelle necropoli (tombe<br />

a cappuccina, a cassa e a camera). L’overlay eseguito in<br />

ambiente GIS, mediante il software Geomedia Professional,<br />

ha permesso di ampliare le conoscenze su questa colonia,<br />

sovrapponendo a tali dati, la ricostruzione storica dei meandri<br />

abbandonati del fiume Volturno (Fig. 2).<br />

Probabilmente il motivo per cui i siti ricadono sulle antiche<br />

anse abbandonate è da ricondurre al ruolo di via di comunicazione<br />

che aveva il fiume, che consentiva di raggiungere<br />

più facilmente le aree interne dal mare, ma anche e<br />

soprattutto alle attività urbane e commerciali, in quanto<br />

le fertili sponde offrivano alle popolazioni un grande bene-<br />

Fig. 2 - Rielaborazione: overlay tra i siti di ritrovamento archeologico e la ricostruzione<br />

delle anse sepolte del Fiume Volturno<br />

ficio, che quindi qui vi si insediavano. Purtroppo l’area presenta<br />

oggi un notevole livello di inquinamento e degrado,<br />

con ogni sorta di rifiuti accumulati nel corso degli anni nelle<br />

acque del fiume, sulle sponde, nei suoli e perfino nella falda<br />

idrica sotterranea.<br />

BENI INTANGIBILI E CULTURA ARBËRESHË<br />

Gli ambiti naturali e i sistemi urbani diffusi sulle colline<br />

dell’Italia meridionale, rappresentano l’humus ideale dove<br />

i beni tangibili e intangibili della minoranza “arbëreshë”<br />

hanno trovato dimora e vita per riverberarsi ciclicamente<br />

sino a oggi. Storicamente la minoranza è riconosciuta come<br />

una delle poche in grado di tramandare, grazie alla consuetudine,<br />

all’idioma e ai riti, utilizzando la sola forma orale<br />

(Fig. 3). Per tale motivo gli studi hanno privilegiato gli<br />

aspetti prettamente linguistici, sottovalutando per decenni<br />

il rapporto che gli esuli hanno avuto con i territori posseduti,<br />

abitati, frequentati o attraversati; in altre parole, è<br />

venuto a mancare l’attenzione verso il GENIUS LOCI (Pizzi<br />

A., 2003). Ciononostante, la storia sin dai tempi dei romani<br />

con Servio, ricorda che “ nessun luogo è senza un genio ”<br />

(nullus locus sine genio).<br />

Per sopperire a tale carenza storica è possibile trarre informazioni,<br />

attraverso la sovrapposizione (overlay) e il con-<br />

Fig. 3 - Arberia - aspetti caratteristici<br />

Fig. 4 - Italia - Carta delle regioni Arbereshe


fronto di carte storiche con quelle più recenti fornite dall’Istituto<br />

Geografico Militare (IGM) che, tenendo conto anche<br />

dei rilevamenti digitali odierni, permetteranno di tracciare<br />

un percorso storico, ambientale e culturale della minoranze<br />

e sopperire così alla mancanza di informazioni documentali.<br />

Per delineare un quadro delle aree prese in esame, il territorio<br />

del Regno delle due Sicilie è stato suddiviso in macroaree<br />

omogenee corrispondenti alle Regioni dell’Italia meridionale<br />

(Fig. 4) come di seguito riportate:<br />

Abruzzo: Provincia di Pescara; (Macroarea della Strada<br />

Trionfale);<br />

Molise: Provincia di Campobasso; (Macroarea del Biferno);<br />

Campania: Provincia di Avellino; (Macroarea Irpina);<br />

Lucania: Provincia di Potenza; (Macroarea del Vulture, del<br />

Castello e del Sarmento);<br />

Puglia: Provincia di Lecce e Taranto; (Macroarea del Limitone<br />

e della Daunia);<br />

Calabria: Province di Cosenza; (Macroarea della Cinta Sanseverinense<br />

suddivisa in sub m.c. del Pollino, delle Miniere,<br />

della Mula, della Sila Greca); Provincia di Crotone; (Macroarea<br />

del Neto); Provincia di Catanzaro; (Macroarea dei Due<br />

Mari); Provincia di Regio Calabria; (Macroarea dei Caraffa<br />

di Bruzzano);<br />

Sicilia: Provincia di Palermo; (Macro-area del Primo Maggio).<br />

Va rilevato inoltre che, nel Mediterraneo, i nuclei insediativi<br />

e i loro contesti naturali ricadenti in questi macro-sistemi<br />

abitativi essendo ritenuti “preziosi frammenti dell’umanità<br />

non replicabili”, vanno considerati oggetto di studi privilegiati<br />

e necessari per garantirne una corretta tutela.<br />

La realizzazione di un G.I.S., diventerebbe, quindi, un supporto<br />

fondamentale, in cui far convergere tutte le informazioni<br />

acquisite.<br />

L’implementazione di un Relational DataBase Management<br />

System (RDBMS), inoltre, fornirebbe informazioni dettagliate<br />

riferibili a momenti storici di zone ben identificate,<br />

inquadrandone l’evoluzione e gli aspetti che hanno caratterizzato<br />

l’insediamento dei minoritari albanofoni.<br />

CARTE STORICHE E DISPOSIZIONE DEI CENTRI URBANI<br />

L’analisi delle carte storiche consente già, semplicemente<br />

mediante la loro sovrapposizione, di rilevare una linea altimetrica<br />

lungo la quale sono situati gli agglomerati diffusi<br />

arbëreshë corrispondenti agli odierni centri storici.<br />

L’interessante informazione ottenuta rafforza il principio<br />

Fig. 6 - Calabria - Disposizione dei paesi Albanesi<br />

secondo cui le scelte d’insediamento nella provincia Citeriore,<br />

come storicamente accade, non sono da ritenere<br />

casuali, ma dettate da esigenze strategiche preordinate e<br />

studiate per rilanciarne l’economia e per garantire opportune<br />

difese da incursioni alloctone.<br />

Nel confrontare i rilievi cartografici di varie epoche relativi<br />

ad aree a rischio malarico (Fig. 5), si è rilevato che l’edificato<br />

residenziale segue sempre lo stesso tracciato della linea<br />

riconducibile alla detta cinta Sanseverinense, che unisce<br />

tutti gli agglomerati della provincia citeriore calabrese su<br />

uno stesso piano altimetrico (Fig. 6). Il tracciato trova conferma<br />

anche nelle abitudini storiche delle genti che vissero<br />

le terre oltre il mare Adriatico così come richiamato dal<br />

teorema del filosofo Aristotele, riportato nel libro VII° che<br />

si riferisce alla città buona.<br />

Tali informazioni consentono di comprendere i criteri seguiti<br />

ed utilizzati per riconoscere e selezionare aspetti climatici,<br />

orografici e di salubrità adeguati che in terra citeriore erano<br />

garantiti nei territori posti a 400m sul livello del mare; si<br />

tratta delle isoipse sulle quali sono posizionate le residenze<br />

albanofone. I presidi di residenza, furono trasformati dagli<br />

abitanti, abituati da secoli al rispetto del territorio, stabilendo<br />

un rapporto di mutua e rispettosa convivenza con i<br />

parametri morfologici, orografici, climatici, vegetali e faunistici<br />

delle aree. (Mazziotti I., 2004, Giura V, 1984) In queste<br />

macro-aree, assicurata la salubrità dei luoghi di residenza,<br />

confermate le costanti dei sistemi urbani, si è costruito<br />

utilizzando tipologie abitative ancora presenti su tutto il<br />

territorio della RsA (Regione storica Arbëreshë), adoperando<br />

esclusivamente materiali reperibili in loco senza troppo<br />

incidere sul territorio, composte da tre componenti:<br />

4il recinto delimita il territorio ove la famiglia allargata<br />

aveva il controllo assoluto;<br />

4la casa, anch’essa circoscritta dal cortile, costituita da<br />

un unico ambiente in cui conservare le poche suppellettili<br />

e alimenti;<br />

4il giardino, luogo della prima spogliatura, dimora dell’orto<br />

stagionale.<br />

Fig. 5 - Calabria - Aree a rischio Malarico<br />

La presenza di tali elementi segna il territorio occupato dagli<br />

albanofoni, dando vita nel corso della storia ai rioni che<br />

ne caratterizzano i paesi con i toponimi storici.<br />

Per quanto attiene agli aspetti sociali, nel periodo che va<br />

8 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 9<br />

dal XV secolo, data di arrivo degli albanofoni, sino al XXI<br />

secolo, gli esuli lentamente si dissociano dal modello familiare<br />

allargato, per quello urbano e in seguito, in tempi più<br />

recenti, si afferma il modello della multi-medialità (Mandalà<br />

M. 2007).<br />

Quando la famiglia allargata inizia ad assumere la connotazione<br />

di famiglia urbana, si realizzano i primi isolati (manxane),<br />

seguendo schemi indissolubili sociali, dando inizio allo<br />

sviluppo degli agglomerati diffusi albanofoni, tendenzialmente<br />

accolgono le direttive dell’urbanistica grecanica, ciò<br />

è identificabile nella regola che allocava prevalentemente<br />

gli accessi delle abitazioni sulle strette vie secondarie,<br />

ruhat e con molta diffidenza nel tardo periodo in quelle<br />

principali hudat (Capasso B. 1905). Un’ attenta disamina<br />

comunque non può sorvolare su un aspetto fondamentale:<br />

il significato di“rione” e di “quartiere”, due momenti storici<br />

che identificano ambiti prettamente urbanistici e quindi<br />

elastici, da quelli delle disposizioni rigide dei presidi militari;<br />

il rione, diviene elemento fondamentale degli assetti<br />

urbanistici diffusi, dei modelli caratteristica arbëreshë. Per<br />

confermare quanto detto è stato eseguito un confronto su<br />

aero-foto e planimetrie dei Comuni di Cavallerizzo, Santa<br />

Sofia De Leo P. (1988) e Civita Cirelli F. (2006), da cui emergono<br />

schemi tipologici di sviluppo urbano diffuso, riferibile<br />

al concetto di famiglia allargata Dodaj P. (1941), lo stesso<br />

che accomuna gli ambiti minoritari del Regno di Napoli dal<br />

XV secolo abitati da albanofoni. (Figg. 7, 8). Lo schema di<br />

sviluppo segue due parametri fondamentali: “articolato”,<br />

quello più antico, mentre in tempi più recenti riconducibili<br />

a quello “lineare”; essi vengono generati da presupposti<br />

sociali che poi sono riconducibili all’antico concetto di Gjitonia<br />

(Pizzi op. cit) .<br />

Quest’ultima è riconducibile alla frase “dove vedo e dove<br />

sento”, che tradotta letteralmente dall’albanese antico,<br />

vuole individuare il luogo in cui gli arbëreshë riescono a<br />

convergere i cinque sensi; infatti la Gjitonia si avverte, si<br />

respira, si assapora, si vede, per certi versi è persino palpabile,<br />

senza poter essere tracciata fisicamente (Pizzi op.<br />

cit).<br />

Nello specifico è stato esaminato in maniera più dettagliata<br />

il borgo di Civita, in quanto conserva intatto il suo antico<br />

assetto planimetrico, infatti il suo centro storico ha subito<br />

solo lievi ammodernamenti e la periferia si presenta pur<br />

essa intatta poiché non sono state realizzate aree periferi-<br />

Fig. 7 - Albania - Insediamenti Rupestri<br />

che di espunzione (Fig. 9).<br />

La costruzione di un GIS in cui inserire i dati, consentirebbe<br />

di gestire informazioni utili per creare un percorso storicoculturale<br />

riferibile ai beni tangibili e intangibili albanofoni e<br />

quindi di avviare opportune azioni di tutela del patrimonio.<br />

Ciò anche in considerazione del dibattito relativo ai centri<br />

storici minori tendenti ad avere più parsimonia nell’utilizzo<br />

del territorio e maggiore sensibilità nei confronti della tutela<br />

dell’immagine del paesaggio.<br />

Poiché l’architettura può essere considerata una traccia sul<br />

territorio, simbolo del carattere distintivo degli agglomerati<br />

albanofoni, le informazioni raccolte nel sistema<br />

geografico d’indagine possono essere di ausilio non solo per<br />

sostenere le azioni di recupero dell’antico edificato ma anche<br />

per tracciare in modo più approfondito la storia degli<br />

ultimi sei secoli. Determinati caratteri costruttivi rilevabili<br />

nelle architetture appartenenti ai sistemi (Pizzi op. cit) urbani<br />

arbëreshë apparentemente privi di significato, possono<br />

infatti, con l’ausilio di un sistema geo-referenziato, rivelarsi<br />

utili elementi (Pizzi op. cit) ai fini della ricostruzione<br />

delle modalità di crescita e delle trasformazioni urbane di<br />

una cultura caratterizzata soprattutto da un patrimonio di<br />

Fig. 8 - Calabria - Insediamento di Cavallerizzo<br />

Fig. 9 - Civita - La struttura urbana policentrica e gli interventi dal 1835


conoscenze che si tramanda solo oralmente. L’intangibilità<br />

dei valori arbëreshë si può quindi cogliere anche attraverso<br />

segni chiaramente tangibili riscontrabili sul territorio quale<br />

ad esempio le tipiche rotondità che caratterizzano i vicoli e<br />

rappresentano i confini dei lotti (Gonzalès R. A. 2005).<br />

Il recupero dei beni tangibili e intangibili dei centri storici<br />

albanofoni attraverso un RDBMS avrà come riferimento le<br />

cartografie riferite alle tappe della storia, i concetti della<br />

famiglia allargata e la sua ascesa, dati legati all’economia,<br />

i concetti dell’urbanistica e degli agglomerati diffusi, le arti<br />

edificatorie, l’analisi delle metodiche e l’utilizzo dei materiali,<br />

dati che, opportunamente intrecciati, forniranno un<br />

itinerario storico per interpretare e comprendere l’evoluzione<br />

delle singole macro-aree urbane. La conoscenza del<br />

GENIUS LOCI albanofono sarà fondamentale per un recupero<br />

funzionale più attendibile e corrispondente all’immagine<br />

architettonica arbëreshë, secondo un protocollo sancito<br />

dalla Carta della Regione Storica, la cui finalità è la tutela<br />

delle peculiarità del tessuto edificato storico. In quest’ottica<br />

le informazioni contenute nel GIS diventano basilari per<br />

il recupero e la valorizzazione di spazi, edifici e ambiti che<br />

rappresentano la vera risorsa dell’economia minoritaria, secondo<br />

consuetudini uniche; essi possono permettere inoltre<br />

di individuare tipologie, tecnologie pigmentazioni e materiali<br />

tipici che hanno tenuto vive le costanti dei minoritari<br />

albanofoni; lingua, consuetudine e religione, tramandate<br />

esclusivamente in forma orale.<br />

CONCLUSIONI<br />

Informazioni e dati intangibili diversamente per quel che<br />

accade per quelli tangibili non possono essere facilmente<br />

trasferiti su mappe geo-referenziate; ne deriva la necessità<br />

di individuare elementi sul territorio che assumano funzione<br />

di supporto sulla base di opportune correlazioni.<br />

Nello studio proposto vengono esaminate due tipologie di<br />

patrimonio, una di tipo tangibile ed una di tipo intangibile<br />

che hanno un comune forte riferimento rappresentato dal<br />

territorio in cui si trovano.<br />

Il primo è costituito dai siti archeologici della colonia di Vulturnum,<br />

presenti nel sistema fluviale della bassa pianura del<br />

fiume Volturno in Campania; il secondo riguarda la cultura<br />

“Arbëreshë” che trova le proprie connessioni nel linguaggio<br />

tipologico-costruttivo e nella peculiare conformazione urbana<br />

dei centri albanofoni.<br />

In ambedue i casi appare di notevole rilievo l’utilizzo delle<br />

potenzialità offerte dai sistemi GIS, essi attraverso la raccolta<br />

geo-referenziata di dati ed informazioni, consentono<br />

di acquisire un importante bagaglio di conoscenze utili per<br />

valorizzare il patrimonio di beni tangibili di una comunità<br />

ed anche quelli apparentemente meno evidenti rappresentati<br />

dai beni intangibili la cui esistenza si esprime attraverso<br />

forme espressive singolari leggibili sul territorio a cui sono<br />

associati aspetti culturali.<br />

Le informazioni contenute in un sistema geo-referenziato<br />

dovrebbero fornire dati attraverso i quali sviluppare attività<br />

e progetti di valorizzazione come la redazione della carta<br />

per la tutela della Regione Storica Arbëreshë” prevede.<br />

Bibliografia<br />

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e deposizione in un ambiente vulcanico attivo: il riempimento<br />

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gestione integrata della fascia costiera: studio e correlazione di variabili<br />

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al litorale Domitio, in provincia di Caserta, Atti del Convegno<br />

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15-17/05/2008, Studi e ricerche della collana dell’Autorità di Bacino<br />

della Basilicata n. 9, 309-319.<br />

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olocenica del Lago di Patria, Campania: un esempio Mediterraneo<br />

di laguna costiera associata a un sistema deltizio, Global and<br />

Planetary Change.<br />

De Leo P. (1988). Minoranze etniche in Calabria e in Basilicata, Di Mauro<br />

Editore<br />

Abstract<br />

Information and intangible data cannot be easily transferred to georeferenced<br />

maps; it follows the need to identify elements on the territory<br />

based on appropriate correlations. The paper examines two types<br />

of heritage, one of a tangible type and one of an intangible one, which<br />

have a common strong reference represented by the territory in which<br />

they are located. The first consists of the archaeological sites of the<br />

colony of Vulturnum, present in the river system of the low plain of the<br />

Volturno river in Campania; the second concerns the culture "Arbëreshë"<br />

which finds its connections in the typological-constructive language and<br />

in the peculiar urban conformation of the Albanian-speaking centers.<br />

Parole chiave<br />

Patrimonio intangibile; GIS; Vulturnum; Arbëreshë<br />

Autore<br />

Caterina Gattuso<br />

caterina.gattuso@unical.it<br />

Università della Calabria<br />

Philomène Gattuso<br />

philomene.gattuso@unical.it<br />

Università della Calabria<br />

Atanasio Pizzi<br />

atanasio@atanasiopizzi.it<br />

Architetto ricercatore sulla storia arbëreshë,<br />

Valentina Roviello<br />

valentina.roviello@unina.it<br />

Università degli Studi di Napoli Federico II<br />

10 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 11<br />

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DOCUMENTAZIONE<br />

Proximal Remote Sensing e Spatial Analysis<br />

per la Conservazione delle Pitture Parietali<br />

Pompeiane. il Caso del Gymnasium<br />

di Maria Danese, Maria Sileo, Rosa Lasaponara, Nicola Masini<br />

Gli affreschi pompeiani<br />

rappresentano una delle più<br />

importanti ed innovative<br />

espressioni artistiche dell’antichità<br />

la cui influenza stilistica ed<br />

estetica sulla pittura è durata fino<br />

a tutto l’800. Venivano eseguite su<br />

intonaco di calce fresca con colori<br />

macinati e diluiti in acqua. I motivi<br />

decorativi e i contenuti narrativi<br />

consentono di individuare quattro<br />

fasi storiche o stili che coprono un<br />

arco temporale che va dalla fine<br />

del II secolo a.C. al 79 d.C.<br />

Fig. 1 – Risultati della SfM (nell’angolo in alto a destra): RGB (in alto) e DSM (in basso).<br />

Il primo stile collocabile tra 150 a.C. e 80 a.C., impreziosiva sia edifici pubblici che le domus private e tendeva<br />

a riprodurre il rivestimento delle pareti in opus quadratum, che veniva chiamato anche “stile dell’incrostazione”.<br />

Si articolava in tre fasce: una al livello superiore caratterizzata da cornici in stucco sporgente, la<br />

seconda intermedia dipinta con i colori predominanti rosso e nero imitava il marmo e il granito, l’ultimo era uno<br />

zoccolo dipinto di colore giallo.<br />

Il secondo stile pompeiano, anche detto stile architettonico, è datato ad un periodo compreso tra l’80 a.C. e la<br />

fine del I secolo a.C. Si contraddistingue per le eleganti scene architettoniche e paesaggi, impreziositi podi, colonnati,<br />

frontoni sporgenti, edicole e porte, attraverso le quali si aprivano vedute prospettiche nelle quali erano<br />

raffigurate scene tragiche, comiche o satiriche.<br />

Il terzo stile detto ornamentale, collocabile tra la fine del I sec. a.C. e la metà del I sec. d.C. abbandona la<br />

prospetticità e la tridimensionalità del secondo stile per preferire scene e figure piatte con un solo colore, in<br />

prevalenza scure, a mò di piccoli pannelli che raffiguravano ornamenti, solitamente a tonalità più chiare, quali<br />

candelabri, figure alate, motivi vegetali.<br />

Infine il quarto stile pompeiano, detto dell’illusionismo prospettico, si afferma in età neroniana. Si distingue dagli<br />

altri per l’introduzione di architetture dotate di grande scenicità e caratterizzata da un ricco decorativismo.<br />

Si ripropongono, infine, l’imitazione dei rivestimenti marmorei e l’illusione di oggetti reali e tridimensionali.<br />

12 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 13<br />

I danni causati dall’evento eruttivo del 79 d.C.,<br />

le caratteristiche tecnico-esecutive, la lunga<br />

esposizione a fattori degradanti, nonostante i diversi<br />

interventi di restauro effettuati tra ‘800 e<br />

‘900, rendono generalmente le pitture parietali<br />

di Pompei molto fragili e bisognose di particolare<br />

attenzione dal punto di vista della conservazione.<br />

A tal fine è necessario analizzare e mappare<br />

le patologie di degrado attraverso l’impiego di<br />

efficaci e non invasive tecniche di diagnostica ed<br />

imaging.<br />

Tale approccio è stato adottato nel Gymnasium<br />

di Pompei dove sono state integrate tecniche<br />

geofisiche (georadar ad alta frequenza), imaging<br />

nell’infrarosso termico e nello spettro del visibile<br />

e metodi di analisi spaziale.<br />

Il remote sensing oggi, grazie allo sviluppo dei sensori, al<br />

miglioramento delle procedure di elaborazione dati, ed<br />

alla non invasività è una tecnologia impiegata con crescente<br />

successo nel settore del patrimonio culturale da quello<br />

archeologico (Lasaponara & Masini 2008) a quello architettonico<br />

(Masini, Persico, Rizzo et al. 2010), dalla conoscenza<br />

alla conservazione delle diverse componenti costruttive<br />

ed artistiche (dalle murature portanti agli elementi lapidei<br />

decorativi (Masini, Nuzzo et Rizzo 2007) e dipinti parietali<br />

(Danese, Sileo et Masini 2018)<br />

Parallelamente si è anche avuto lo sviluppo di avanzati strumenti<br />

di analisi per l’estrazione di pattern dai dati rilevati<br />

da remoto. Tra questi, si sta rivelando molto efficace, anche<br />

per “spazi geografici impropri” quali le superfici verticali,<br />

l’uso delle analisi spaziali, dalla cluster analisi ai metodi derivanti<br />

dalla Geovisualization (Danese, Sileo et Masini 2018<br />

Danese, Demšar, Masini & Carlton 2010).<br />

In questo studio è presentato il lavoro svolto su un affresco<br />

di Pompei per il quale sono state utilizzate tecnologie geofisiche<br />

integrate con metodi di analisi spaziale.<br />

IL CASO DI STUDIO: GLI AFFRESCHI<br />

DEL GYMNASIUM (POMPEI)<br />

L’affresco studiato decora la parete Est del<br />

Gymnasium delle Terme del Sarno, nell’insula<br />

2 della Regio VIII in Pompei. Il dipinto, datato<br />

al 50 d.C., raffigura atleti e scene di battaglia.<br />

Come altre pittura parietali di Pompei<br />

è costituito da tre strati. Il primo, l’intonachino,<br />

è uno strato di intonaco bianco sottile costituito<br />

da legante a base di calce con calcite<br />

cristallina come aggregati. Il secondo strato,<br />

di spessore 1-1.5 cm, è composto di vari strati<br />

di colore grigio (posato a fresco), costituiti da<br />

legante a base di calce e aggregato contenente<br />

sabbia vulcanica nera e grumi di materiale<br />

calcareo. Un sotto strato di intonaco è costituito<br />

da aggregati con granulometria più grossolana<br />

rispetto allo strato superiore. Infine il<br />

terzo strato è il cosiddetto arriccio, di spessore<br />

3-4 cm, la cui funzione è quella di favorire una<br />

adeguata azione di “aggrappaggio” alla parete<br />

e fornire una buona riserva di umidità per gli<br />

strati soprastanti.<br />

Fig. 2 – Estensione dell’area e profili di acquisizione con il GPR.<br />

METODOLOGIA<br />

Lo studio è stato effettuato integrando tecniche di rilievo<br />

e di imaging basate sul telerilevamento prossimale, (incluso<br />

il georadar (GPR) e l’infrarosso termico multitemporale<br />

(MIRT)), con metodologie di analisi spaziale e Geovisual<br />

Analytics, quali la Map Algebra, la Trasformazione da RGB<br />

ad HSV (, la Cluster Analysis e la Self-organizing map (SOM).<br />

L’obiettivo è stato quello di facilitare i processi di riconoscimento,<br />

estrazione e interpretazione delle patologie di<br />

degrado dei dipinti parietali con riferimento sia alla superficie<br />

pittorica che agli strati di intonaco che compongono<br />

l’affresco.<br />

Segue la spiegazione delle diverse di metodologie di imaging<br />

e delle analisi impiegate.<br />

METODI DI RILIEVO ED IMAGING<br />

SfM (Structure-from-Motion photogrammetry)<br />

La prima indagine condotta sull’affresco del Gymnasium è<br />

stata eseguita elaborando, con il metodo structure-frommotion,<br />

più immagini parzialmente sovrapposte scattate<br />

utilizzando una macchina fotografica Nikon D90, con un<br />

obiettivo NIKKOR NIKON 18-55 AF-S Dx con una risoluzione<br />

Fig. 3 – (1) Estrazione di sali sull’affresco: confronto tra RGB (1A e 1B) e la corrispondente<br />

perimetrazione dell’efflorescenza (1C e 1D). (2) Individuazione di decolorazioni locali tramite<br />

il raster della tonalità H. (3) Cluster analysis applicata all’intensità V: viene enfatizzata<br />

una progressiva decolorazione spostandosi verso la sinistra dell’affresco.


Fig. 4 – (1) Estrazione di mancanze, rigonfiamenti e rugosità sulla parete affrescata. (2) Isolinee derivate dal DSM della parete.<br />

di 12,3 Megapixel. Da questa indagine sono state prodotte<br />

(Fig. 1) una ortofoto (risoluzione di 0.77mm) ed un DSM (Digital<br />

Surface Model, con risoluzione di 1.74mm).<br />

GPR (Ground Penetrating Radar)<br />

I dati GPR sono stati acquisiti utilizzando il Georadar IDS<br />

Hi-Mod GPR con un’antenna di frequenza a 2 GHz. L’acquisizione<br />

dei dati è stata effettuata su una piccola parte della<br />

superficie totale dell’affresco (Fig.2). La non invasività è<br />

garantita grazie all’interposizione di un pannello di plastica<br />

tra lo strumento e l’affresco, spostando l’antenna in direzione<br />

orizzontale. I dati GPR sono stati acquisiti utilizzando<br />

una funzione di guadagno manuale con una scansione di 512<br />

campioni per una finestra di registrazione di 30 ns. La spaziatura<br />

tra le diverse strisciate di acquisizione orizzontali<br />

è stata di 20 cm (che è anche la risoluzione delle immagini<br />

raster di output) per una lunghezza massima dei profili longitudinali<br />

pari a cinque metri e fino a 0,8-1,0 m di altezza a<br />

partire da un metro circa dalla pavimentazione. La velocità<br />

nel mezzo dell’onda elettromagnetica è stata stimata intorno<br />

a 0,10 m/ns.<br />

MIRT (Multitemporal Infrared Thermography)<br />

Le immagini all’infrarosso termico sono state catturate utilizzando<br />

una termocamera FLIR SC660 con microbolometro<br />

non raffreddato e rivelatore FPA (Focal Plane Array) che lavora<br />

nell’intervallo spettrale tra 7,5 e 13 14 μm. L’indagine<br />

è stata effettuata il 21/04/2015 nel pomeriggio (dopo le<br />

14:30) con una distanza dal muro affrescato di circa 3 metri<br />

e una temperatura esterna di 26,6 ° C e un’umidità relativa<br />

di 88,0%. Sono stati presi tre termogrammi, aventi una<br />

risoluzione spaziale di 1.51cm e una risoluzione temporale<br />

di 8 minuti.<br />

METODI DI ANALISI SPAZIALE<br />

Trasformazione da RGB ad HSV<br />

Il primo metodo usato consiste nella trasformazione della<br />

immagine realizzata con SfM dal sistema RGB (Red, Green,<br />

Blue) al sistema HSV (tonalità, saturazione ed intensità).<br />

Ciò perché il sistema HSV si mostra più efficace, nonché più<br />

vicino anche alla visione umana, ai fini della classificazione.<br />

Di minore efficacia risulta invece il sistema RGB in cui di<br />

solito viene effettuata l’acquisizione delle immagini per via<br />

della correlazione tra queste tre bande.<br />

Map Algebra<br />

La Map Algebra è più che uno strumento di processamento<br />

di dati raster: si tratta di un vero è proprio linguaggio di<br />

modellazione dei dati spaziali di alto livello, che include<br />

operatori, funzioni ed istruzioni che permettono di programmare<br />

e sviluppare modelli anche complessi (De Mers<br />

2002). Gli strumenti di map algebra vengono classificati in<br />

letteratura come locali, focali e zonali (Tomlin 1990) oltre<br />

alle tecniche derivanti dalla combinazione di essi. In questo<br />

caso sono state usate le Surface analysis, in particolare la<br />

costruzione di isolinee estratte dal DSM e semplici metodi<br />

di riclassificazione.<br />

Cluster analysis<br />

La cluster analysis permette di valutare il tipo di autocorre-<br />

14 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 15<br />

Fig. 5 – Screenshot della SOM analysis con il V-Analytics. (1) Estrazione<br />

dell’efflorescenza sulla parete, nella parte dove l’affresco è ormai<br />

scomparso. (2) Individuazione del fenomeno di ascesa capillare.<br />

Fig. 6 – Esempio di cluster analysis svolta su una time slice derivante<br />

da GPR survey ad una profondità di 0.25 (A) e 3.5cm (B). Le aree in<br />

blu e in rosso evidenziano i cold e gli hot spot.<br />

lazione spaziale presente nel campione di dati analizzato.<br />

Nello specifico, per gli affreschi, la contemporanea prossimità<br />

e somiglianza (autocorrelazione positiva) tra eventi<br />

spaziali (pixel) rappresenta le proprietà dei materiali costituenti<br />

e aiuta a caratterizzare il loro livello di conservazione<br />

o degrado.<br />

In questo lavoro è stato usato l’indice G i<br />

* di Getis & Ord<br />

(Getis & Ord 1992), definito nella formula 1<br />

in cui<br />

4n, nel caso di analisi di un dato raster, è il numero totale<br />

di pixel del dataset.<br />

4x j<br />

rappresenta l’intensità del j-esimo pixel. Nel caso di<br />

studio l’intensità prescelta è data dal valore derivante dai<br />

diversi metodi di indagine usati in fase di survey.<br />

4 X è il valore atteso degli eventi (media).<br />

4w i,j<br />

è un elemento della matrice dei pesi, usata per concettualizzare<br />

e quantificare le relazioni spaziali e quantitative<br />

tra gli elementi studiati, ovvero il metodo scelto<br />

per la modellazione delle distanze e i criteri di contiguità<br />

e influenza tra eventi. In questo lavoro, per il calcolo della<br />

matrice dei pesi, sono stati usati sempre i seguenti parametri:<br />

la distanza euclidea per la modellazione delle distanze,<br />

Fig. 7 –Mappa finale con le diverse tipologie di degrado individuate, definite e quantizzate in tabella.


il Fixed Distance Band, come metodo per valutare se gli<br />

elementi devono essere considerati contigui o meno, con<br />

uno spatial lag di 2, essendo il dato trattato di tipo raster<br />

(Nolè et al. 2012).<br />

S è la deviazione standard.<br />

L’indice G i<br />

* deve essere valutato in contemporanea con l’intensità:<br />

alti (bassi) valori di G i<br />

* e di intensità indicano autocorrelazione<br />

spaziale positiva alta, cioè un hot (cold) spot);<br />

lo stesso concetto viene espresso in maniera sintetica dalla<br />

versione standardizzata dell’indice, lo G z<br />

score: maggiore è<br />

lo G z<br />

, maggiore sarà anche l’intensità e si avrà quindi correlazione<br />

spaziale positiva.<br />

SOM (Self-organizing map)<br />

La SOM è uno dei metodi di analisi appartenenti alle Geovisual<br />

Analytics, basata sull’organizzazione di processi di informazione<br />

in rete analoghi alle reti neurali artificiali.<br />

L’obiettivo di tale metodo è quello di analizzare dati geografici<br />

caratterizzati da multidimensionalità ed eterogeneità<br />

delle informazioni, allo scopo di ridurre la complessità e<br />

la quantità dei dati processati. Le Geovisual Analytics fanno<br />

parte della Geovisualization, disciplina finalizzata all’analisi<br />

dell’informazione geografica e che integra le grandi capacità<br />

di processamento dei computer con l’abilità umana di<br />

individuare pattern visivi (MacEachren & Kraak 2001).<br />

Nello specifico la SOM usa l’architettura delle reti neurali<br />

per ridurre la multidimensionalità del dataset analizzato ad<br />

un lattice bidimensionale tramite un algoritmo di apprendimento<br />

non supervisionato (Kohonen 1997). I pixel vengono<br />

associati ai nodi di tale lattice e quindi colorati come<br />

essi. La clusterizzazione così ottenuta può essere valutata<br />

tramite interpretazione visuale e quantitativa allo scopo di<br />

estrarre pattern utili, in questo caso, alla caratterizzazione<br />

dello stato di degrado dell’affresco analizzato. In questo<br />

studio è stato usato il software V-Analytics (Andrienko &<br />

Andrienko 2005).<br />

RISULTATI<br />

Conversione in HSV<br />

I primi risultati si ottengono convertendo l’RGB ottenuto<br />

con la SfM in HSV. Dalle analisi effettuate, è emerso che le<br />

aree aventi una intensità V superiore a 0.85 sono utili per<br />

l’identificazione e l’estrazione di aree caratterizzate dalla<br />

formazione di sali sull’affresco (Fig. 3.1A-1B-1C-1D). Inoltre<br />

dalla immagine raster della tonalità (corrispondente all’immagine<br />

H) è possibile evidenziare ed estrarre le aree con<br />

piccoli distacchi locali di pigmenti (Fig. 3.2). Ulteriori informazioni<br />

si possono ottenere dall’analisi spaziale, infatti,<br />

l’intensità V è stata analizzata con l’indice G i<br />

* e ne risulta<br />

che, guardando da sinistra verso destra si ha un progressivo<br />

fenomeno di decolorazione dei pigmenti pittorici esistenti<br />

(Fig. 3.3). Questo è probabilmente dovuto ad una maggiore<br />

esposizione di quest’area al sole e più in generale agli<br />

agenti esterni.<br />

Analisi del DSM<br />

Il DSM è stato utilizzato per estrarre i pattern relativi a<br />

rigonfiamenti, distacchi e lacune/mancanze, effettuando<br />

un contouring su di esso con un intervallo di 0.2mm. A tale<br />

scopo, le feature ottenute dal contouring sono state riclassificate<br />

in quantili, ottenendo, in tal modo classi, convertite<br />

in poligoni, che si differenziano per essere poligoni aperti o<br />

chiusi. In particolare, i pattern di interesse, ovvero rigonfiamenti,<br />

distacchi e lacune/mancanze sono rappresentati dai<br />

poligoni chiusi. Per quanto riguarda, nello specifico, le lacune,<br />

sono state individuate tre tipologie, classificate come:<br />

superficiali, mediamente profonde e profonde in relazione<br />

alla profondità in tre intervalli (Fig. 4.1). E’ importante<br />

considerare che un’analisi di tipo visivo dell’RGB consente<br />

di individuare solo le lacune profonde. D’altro canto, dalle<br />

analisi effettuate è anche emerso un limite della metodologia<br />

utilizzata, essa consente di evidenziare ed identificare<br />

solo le fratture maggiori.<br />

Sempre con il contour è stata enfatizzata e rilevata, nella<br />

parte a sinistra in alto dell’affresco (precisamente in corrispondenza<br />

dello spigolo delle due pareti) un’area caratterizzata<br />

da una intensa rugosità (Fig. 4.1). Sulla base della<br />

posizione occupata da tale intensa rugosità, se ne può dedurre<br />

che essa è stata in larga parte causata da una maggiore<br />

esposizione agli agenti esterni ed in particolare al vento,<br />

avutasi soprattutto in passato quando non ancora stata installata<br />

la tettoia che copre l’affresco.<br />

Infine, è interessante osservare l’andamento complessivo<br />

delle isolinee: le aree coperte dai distacchi superficiale<br />

hanno la stessa “quota” di alcune aree poste in alto in cui<br />

è ancora presente l’affresco (Fig. 4.2, in ciano e bluette).<br />

Si ipotizza, pertanto, che in futuro queste aree potrebbero<br />

essere più esposte al rischio di distacco, come le zone caratterizzate<br />

da rigonfiamento.<br />

Analisi dei dati MIRT in combinazione con la SOM<br />

Il dataset MIRT è caratterizzato da 425115 osservazioni (603<br />

colonne x 235 righe x 3 valori di temperature derivanti dalle<br />

tre misurazioni) per cui sono state analizzate con una SOM<br />

di 5x3 elementi. Da questa analisi è stato possibile estrarre<br />

il pattern dell’efflorescenza presente sulla parte di parete<br />

su cui non c’è più l’affresco (Fig. 5.1). Inoltre, è stato possibile<br />

delimitare in basso le aree caratterizzate da un fenomeno<br />

di ascesa capillare, con tre diversi livelli di gravità<br />

(in Fig. 5.2 dal viola in basso all’arancione chiaro e scuro).<br />

Infine, si è ottenuto un risultato che è concorde con quanto<br />

ottenuto dall’analisi del DSM: nella parte superiore<br />

dell’affresco la SOM clusterizza parte della fascia superiore<br />

dell’affresco con una parte della parete in cui l’affresco<br />

è già distaccato per cui, ancora una volta quest’area potrebbe<br />

essere a più alto rischio di distacco rispetto al resto<br />

dell’affresco.<br />

Analisi dei dati derivanti dal GPR in combinazione con la<br />

cluster analysis<br />

Il dataset rilevato con GPR indica le anomalie di adesione<br />

tra i diversi layer che compongono la stratigrafia dell’affresco,<br />

per cui ogni time slice ottenuta per diverse profondità<br />

è stata analizzata con la cluster analysis per evidenziare<br />

tale adesione o, eventualmente, la mancanza di essa. In figura<br />

sono state individuate in rosso e blu le zone fredde e<br />

calde dell’analisi, cioè le zone caratterizzate da migliore e<br />

peggiore aderenza. Queste ultime sono visibili soprattutto<br />

dalle time slice più superficiali (Fig. 6) e ciò è in perfetto accordo<br />

con alcune anomalie trovate con l’infrarosso termico.<br />

16 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 17<br />

Scopri di più


CONCLUSIONI<br />

L’analisi degli affreschi è ancora ad oggi<br />

prevalentemente affidata all’interpretazione<br />

visiva degli output ottenuti dalle<br />

analisi strumentali. L’uso di statistiche,<br />

analisi spaziali, classificazioni e la combinazione<br />

dei diverse metodologie, incluse<br />

indagini geofisiche, anche se condotte<br />

su uno spazio “geografico improprio”, è<br />

molto utile all’estrazione e quantificazione<br />

di pattern di degrado, poiché permettono<br />

di ottenere una mappa oggettiva<br />

(Fig. 7) dello stato di conservazione<br />

più precisa e completa anche di fenomeni<br />

che non sono individuabili solo con<br />

l’analisi visiva.<br />

Tramite questo approccio è stato possibile<br />

ottenere i seguenti risultati:<br />

Codice Tipo di degrado Estensione (mq)<br />

0 Area con lo stato di conservazione dell’affresco migliore 6.42<br />

Degrado superficiale:<br />

1<br />

- Sali<br />

0.93<br />

2<br />

- Aree con rischio di decolorazione<br />

6.62<br />

3<br />

- Rugosità<br />

1.47<br />

Danno interessante tutta la stratigrafia:<br />

4<br />

- Rigonfiamenti<br />

0.46<br />

- Distacchi<br />

5<br />

- Superficiali<br />

14.95<br />

6<br />

- A media profondità<br />

2.17<br />

7<br />

- Profondi<br />

1.51<br />

8<br />

- Area con rischio di distacco<br />

8.48<br />

Risalita capillare:<br />

9<br />

- Bassa<br />

2.37<br />

10<br />

- Media<br />

2.24<br />

11<br />

- Alta<br />

0.59<br />

Fig. 7 – Mappa finale con le diverse tipologie di degrado individuate, definite e quantizzate in tabella<br />

4È stato ricostruito un modello 3D della parete che costituisce<br />

la mappa di deformazione della parete stessa e<br />

dell’affresco che su di essa si trova.<br />

4Sono stati estratti e quantificati in automatico diversi<br />

pattern di degrado.<br />

4Sono state individuate delle zone con maggior rischio di<br />

ulteriore deterioramento.<br />

4La mappa finale realizzata (Fig. 7) caratterizza su più<br />

livelli l’affresco analizzato e costituisce un primo passo<br />

per il restauro, la protezione e la mitigazione dei rischi<br />

dell’affresco.<br />

Questo tipo di approccio contiene tuttavia alcune limitazioni,<br />

si deve considerare che i diversi layer realizzati con le<br />

diverse metodologie di survey hanno risoluzione spaziale e<br />

talvolta anche estensione spaziale diversa e ciò comporta<br />

un livello di accuratezza variabile dei diversi pattern estratti.<br />

Questo aspetto dovrebbe essere ulteriormente approfondito,<br />

anche allo scopo di individuare quella che potrebbe<br />

essere una risoluzione spaziale “ottimale” ai fini di questo<br />

tipo di analisi. Inoltre, la metodologia proposta richiede ulteriore<br />

sperimentazione, poiché ciò consentirebbe non solo<br />

di sperimentarla su altre tipologie di affreschi ma anche di<br />

perfezionarla e migliorarla.<br />

Bibliografia<br />

Andrienko N, Andrienko G (2005) Exploratory Analysis of Spatial and Temporal<br />

Data: A Systematic Approach. Springer-Verlag New York, Inc.,Avdelidis N.P.,<br />

Moropoulou A. (2004) “Applications of infrared thermography for the investigationof<br />

historic structures”. Journal of Cultural Heritage 5 (2004) 119–127.<br />

Danese M., Sileo M., Masini N.(2018) Geophysical Methods and Spatial Information<br />

for the Analysis of Decaying Frescoes. Survey in Geophysics<br />

39(6),1149-1166.<br />

Danese M., Demšar U., Masini N., Charlton M.(2010). Investigating material<br />

decay of historic building using Visual Analytics with multi-temporal infrared<br />

thermographic data. Archaeometry, 52 (3), 482–501<br />

De Mers M.N. (2002) - GIS Modeling in raster. USA, p. 55.<br />

Getis, A., Ord, J. K. (1992) - The analysis of spatial association by use of<br />

distance statistics. Geographical Analysis, 24, 189-206.<br />

Kohonen T (1997) Self-organizing maps. 3rd edition edn. Springer, Berlin.<br />

Koloski Ostrow A (1990) The Sarno Bath Complex Roma : "L'Erma" di Bretschneider,<br />

Lasaponara R., Masini N. (Eds) 2008, Advances in Remote Sensing for Archaeology<br />

and Cultural Heritage Management, Proc. of I International EARSeL Workshop<br />

“Advances in Remote Sensing for Archaeology and Cultural Heritage<br />

Management”, Aracne, Roma, ISBN: 978-88-548-2030-2<br />

MacEachren AM, Kraak M-J (2001) Research Challenges in Geovisualization<br />

Cartography and Geographic Information Science 28:3-12<br />

doi:10.1559/152304001782173970.<br />

Masini N., Persico R., Rizzo E. et al. 2010, Integrated Techniques for Analysis<br />

and Monitoring of Historical Monuments: the case of S. Giovanni al Sepolcro<br />

in Brindisi (Southern Italy), Near Surface Geophysics, 8(5), 423-432,<br />

doi:10.3997/1873-0604.2010012<br />

Masini N., Nuzzo L., Rizzo E.(2007) GPR investigations for the study and the<br />

restoration of the Rose Window of Troia Cathedral (Southern Italy), Near Surface<br />

Geophysics, 5(5), 287-300, doi:10.3997/1873-0604.2007010<br />

Masini N., Sileo M., Leucci G., et al.(2017) Integrated In Situ Investigations<br />

for the Restoration: The Case of Regio VIII in Pompeii, in: N. Masini, F. Soldovieri<br />

(eds) Sensing the Past. Geotechnologies and the Environment”, vol. 16,<br />

Springer,557-586.<br />

Masini N., Capozzoli L., Chen P., Chen F., Romano G., Lu P., Tang P., Sileo M.,<br />

Ge Q., Lasaponara R. (2017). Towards an operational use of geophysics for<br />

Archaeology in Henan (China): Archaeogeophysical investigations, approach<br />

and results in Kaifeng. Remote Sensing 9 (8), 809, doi: 10.3390/rs9080809<br />

Nolè G., Danese M., Murgante B., Lasaponara R., Lanorte A. 2012 Using spatial<br />

autocorrelation techniques and multi-temporal satellite data for analyzing<br />

urban sprawl. International Conference on Computational Science and Its Applications<br />

512-527 Springer, Berlin, Heidelberg<br />

Tomlin C.D. (1990) - Geographic Information Systems and Cartographic Modeling.<br />

Englewood Cliffs, New Jersey: Prentice Hall.<br />

Abstract<br />

The paper presents a combination of geophysics technologies and<br />

spatial analysis methods for the analysis of an improper geographical<br />

space: the frescoe of the east wall at the Gymnasium (Pompei). This<br />

allows to construct a decay map and to quantify decay patterns found<br />

as a first step for restauration, protection and mitigation of the risk<br />

that involves the frescoe.<br />

Parole chiave<br />

Affreschi, Analisi spaziali, Structure-from-motion,<br />

Termografia multitemporale, GPR<br />

Autore<br />

MARIA DANESE, maria.danese@cnr.it<br />

NICOLA MASINI, nicola.masini@cnr.it<br />

MARIA SILEO, maria.sileo@cnr.it<br />

Istituto di Scienze per il Patrimonio Culturale (ISPC)-CNR<br />

Contr.da S. Loja, 85050 Tito (Pz)<br />

ROSA LASAPONARA, rosa.lasaponara@cnr.it<br />

Istituto di Metodologie di Analisi Ambientale (IMAA)-CNR<br />

Contr.da S. Loja, 85050 Tito (Pz)<br />

18 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 19<br />

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Chi è Edgetech<br />

Edgetech nasce nel 1965 come EG&G Marine Instruments,<br />

divenendo Edgetech in onore del dr. Edgerton, pioniere<br />

dei sistemi marini e fondatore della società.<br />

EdgeTech è produttore leader di tecnologie subacquee:<br />

SideScan Sonar, SubBottom Profiler, sistemi batimetrici,<br />

payload per AUV e ROV, USBL, beacon transponder, acoustic<br />

release di profondità, acque superficiali e a lunga<br />

durata.<br />

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Il Side Scan Sonar Edgetech 2200 è stato eccellente<br />

partner: il relitto del galeone spagnolo San Jose - ricercato<br />

dai cacciatori di tesori per oltre 300 anni - è<br />

stato scoperto il 27 novembre 2015 e reso di recente<br />

pubblico. La ricerca è stata effettuata da un veicolo<br />

subacqueo autonomo (AUV) dotato di SSS EdgeTech<br />

2200. Il San Jose era un galeone da 62 cannoni di una<br />

flotta spagnola che trasportava oro, argento e smeraldi<br />

dalle miniere del Perù in Spagna.<br />

I SideScan Sonar EdgeTech offrono la possibilità di “fotografare”<br />

vaste aree del fondo marino durante le ricerche<br />

in acque profonde, quando la posizione degli<br />

oggetti affondati è in gran parte sconosciuta.<br />

Il San Josè Fu affondato l'8 giugno 1708 in una battaglia<br />

contro gli inglesi al largo di Cartagena, in Colombia.<br />

La nave affondò così rapidamente che sopravvissero<br />

solo 11 delle 600 persone a bordo. Le esclusive opzioni<br />

di accoppiamento delle frequenze dei SSS EdgeTech -<br />

come 400/900 kHz - consentono ricerche ad altissima<br />

risoluzione; le combinazioni 75/230 kHz permettono<br />

ricerche a lungo raggio, come quella con swath di<br />

2.000 metri che recentemente ha portato alla scoperta<br />

dell'USS Indianapolis.<br />

I sistemi EdgeTech sono il punto di riferimento per le<br />

ricerche in acque profonde e sono ancora in servizio<br />

nella ricerca del volo MH370 della Malaysian Airlines.<br />

Codevintec vende, noleggia e assiste i sistemi Edgetech<br />

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Chi è Codevintec?<br />

Codevintec è riferimento per strumenti ad alta tecnologia<br />

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Dal 1973 introduce in Italia sistemi innovativi per:<br />

4Geofisica terrestre e marina<br />

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CULTURALI<br />

Le popolazioni antiche hanno lasciato in eredità oggetti<br />

e monumenti dal valore inestimabile. I reperti, tuttavia,<br />

col passare del tempo, subiscono diversi gradi di erosione<br />

a causa delle intemperie e della loro stessa natura<br />

fragile. Di conseguenza, la conservazione del patrimonio<br />

è diventato un compito estremamente urgente nonché<br />

fondamentale.<br />

Allo stato attuale, la digitalizzazione 3D ha dimostrato<br />

di essere la tecnologia più popolare ed ha attirato l'attenzione<br />

mondiale nel settore dei Beni Culturali. La tecnologia<br />

di scansione 3D offre una velocità di misurazione<br />

rapida e un'accurata capacità di acquisizione e può essere<br />

utilizzata per l'archiviazione, la visualizzazione e il<br />

ripristino dei dati.<br />

Inoltre, è abile nel raccogliere dati 3D accurati da diverse<br />

prospettive, il che è utile, accompagnata da altre<br />

tecnologie come la stampante 3D, per il ripristino dei<br />

manufatti quando si verificano danni accidentali.<br />

La tecnologia che viene in soccorso alla conservazione<br />

dei Beni Culturali è quella di ScanTech.<br />

Il modello iReal 2S, ad esempio, è dotato delle tecnologie<br />

più all’avanguardia:<br />

4Doppia tecnologia laser: Luce LED blu e spettro invisibile<br />

rosso;<br />

4Lo spettro rosso di CLASSE I offre l’esperienza di<br />

scansione più comoda e sicura;<br />

4Allineamento versatile per diverse esigenze: supporto<br />

per modalità di allineamento texture, geometrico e<br />

markers;<br />

4Molteplici campi di applicazione: medico, body art,<br />

industriale, scultura digitale, ritratti 3D, Cultural Heritage<br />

e molto altro;<br />

4Algoritmo di post-elaborazione completamente automatico;<br />

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4Abbinamento perfetto tra 3D Scanning e AR: tramite<br />

20 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 21<br />

il dispositivo E-AR puoi vivere un’esperienza di scansione<br />

3D immersiva.<br />

Diversi musei ed Enti culturali nel panorama internazionale<br />

si stanno dotando di questi sistemi per la conservazione<br />

del patrimonio storico. In particolare, lo scanner<br />

iReal 2S riesce a catturare gli oggetti che presentano forme<br />

estremamente irregolari e che sono ricchi di dettagli,<br />

come appunto i reperti storici.<br />

Nell’intero processo di conservazione, possiamo facilmente<br />

scoprire che la scansione 3D svolge un ruolo decisivo<br />

nel riprodurre digitalmente i reperti storici e archeologici.<br />

In futuro, ScanTech si impegnerà nello sviluppo di nuovi<br />

sistemi di scanner 3D rendendoli più professionali ed<br />

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e uniscili automaticamente in un modello<br />

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• Utilizza le funzionalità avanzate di Stonex 3D Reconstructor<br />

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in aree difficili.<br />

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distanze. F6 fornisce un’ottima qualità dei dati<br />

rendendolo il dispositivo ideale per la scansione di scene<br />

complesse in pochi secondi.<br />

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è ancora possibile scegliere fra le diverse date e sedi del<br />

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(13-14-15 dicembre).<br />

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dicembre). Le sessioni formative erogano 18 crediti formativi<br />

professionali per diverse categorie di professionisti.<br />

A tutti i partecipanti verrà consegnato un attestato di<br />

partecipazione con l'indicazione degli argomenti trattati<br />

e delle competenze acquisite nelle tre giornate di formazione.<br />

Obiettivo del corso base è quello di fornire le prime conoscenze<br />

operative per poter gestire e analizzare i dati<br />

geografici attraverso QGIS, uno dei migliori software GIS<br />

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e studenti universitari. Tra i principali argomenti affrontati<br />

troviamo la gestione dei layer vettoriali e raster, i sistemi<br />

di riferimento cartografici, la georeferenziazione,<br />

il disegno vettoriale, il database e la stampa.<br />

Per soddisfare l'esigenza di approfondire queste conoscenze<br />

il corso avanzato, dopo un breve riepilogo delle<br />

funzionalità base del software, si focalizzerà sulla gestio-


AZIENDE E PRODOTTI<br />

ne avanzata del database, sulle analisi spaziali raster e<br />

vettoriali, sul Toolbox di Processing e infine sulla gestione<br />

avanzata dei layout di stampa. Il metodo di apprendimento<br />

prevede che i partecipanti ripetano i passaggi<br />

mostrati dal docente e si confrontino anche con alcune<br />

esercitazioni.<br />

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22 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>


019<br />

Tecnologie per l'emergenza, gestione e monitoraggio del territorio<br />

ROMA 4-6 DICEMBRE<br />

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Science & Technology Communication<br />

Science & Technology Communication


01<br />

digitizing<br />

the<br />

world<br />

Se da una parte ormai si è avviata una<br />

grande campagna di digitalizzazione<br />

dell’esistente, è pur vero che ancora oggi si<br />

registrano casi di accumulo di grandi quantità<br />

di dati che nel breve come nel lungo<br />

termine, senza che richiedano particolari<br />

abilità di consultazione e implementazione,<br />

vanno incontro a limitazioni procedurali<br />

di controllo nella pratica gestionale di<br />

transizione. I temi della semplificazione o<br />

della better regulation in ambito europeo<br />

sono attuali e non poche industrie hanno<br />

avanzato soluzioni di grande interesse. Il<br />

passaggio dall’acquisizione del reale su<br />

nuvole di punti ai sistemi del BIM sta<br />

comportando investimenti importanti per<br />

le strutture di gestione e progettazione.<br />

01.1. L’acquisizione intelligente del dato,<br />

la selezione semantica, l’archiviazione e la<br />

fruizione<br />

01.2. Dalla nuvola di punti al BIM,<br />

alla AR/VR/MR<br />

02<br />

heritage<br />

watchers<br />

hub<br />

Chi sono gli osservatori che dovrebbero<br />

analizzare lo stato di conservazione del<br />

territorio, delle sue infrastrutture e del<br />

suo patrimonio anche paesaggistico?<br />

Come possono velocemente acquisire<br />

informazioni sullo stato di degrado e<br />

procedere a proporre interventi migliorativi?<br />

Queste informazioni sono relazionate<br />

alla geografia del territorio e il tema<br />

Geo4All è preponderante per tutte le<br />

azioni in cui anche l’impegno di volontariato<br />

degli utenti può fare la differenza<br />

rispetto a quanto proviene da una realtà<br />

che si modifica. Recentemente si è andata<br />

formando una opinione sempre più diffusa<br />

che occorre seguire un modello che<br />

preveda la creazione di figure che operino<br />

nel territorio con specifici compiti nel<br />

monitoraggio, che siano in grado di<br />

utilizzare sistemi diagnostici e di<br />

documentazione avanzati.<br />

02.1 La “valigetta degli attrezzi”<br />

per un watcher<br />

02.2 Voluntereed Geographic Information<br />

03<br />

IoT<br />

5G<br />

positioning<br />

Le recenti possibilità di trasmissione<br />

rapida di grandi quantità di dati della<br />

rete 5G, che sarà a breve implementata<br />

in tutte le aree metropolitane, apre nuovi<br />

scenari alle tecniche di monitoraggio e<br />

piattaforme di controllo del territorio e<br />

delle infrastrutture. I sistemi via satellite<br />

hanno un ruolo definito nello sviluppo e<br />

nel dispiegamento del futuro sistema 5G,<br />

ma quali sono le iniziative concrete in<br />

atto nel nostro paese? Le richieste che<br />

vengono dagli operatori in emergenza o<br />

dagli amministratori addetti al<br />

quotidiano monitoraggio del territorio e<br />

del patrimonio possono trovare una<br />

risposta adeguata? La situazione attuale<br />

dello sviluppo della tecnologia e dei<br />

servizi satellitari, a confronto con il vero<br />

interesse della comunità nazionale<br />

sull’argomento.<br />

03.1. Ultimi prototipi per il<br />

monitoraggio delle infrastrutture<br />

03.2. Patrimonio culturale, fruizione e<br />

piattaforme di monitoraggio<br />

5 - 6 DICEMBRE <strong>2019</strong><br />

– ISA –<br />

ISTITUTO SUPERIORE<br />

ANTINCENDI<br />

EX MAGAZZINI GENERALI<br />

Via del Commercio, 13<br />

00154 - Roma<br />

4 DICEMBRE <strong>2019</strong><br />

AREA ARCHEOLOGICA<br />

CENTRALE DI ROMA<br />

Workshop di campo


Tecnologie fulcro del TECHNOLOGY for ALL<br />

Le tecnologie al centro dell’evento TECHNOLOGY for ALL consentono di conoscere, documentare, proteggere e monitorare il nostro ambiente<br />

sia dal punto di vista territoriale che dal punto di vista del costruito, con un particolare riguardo a tutte quelle manifestazioni rappresentative emergenti,<br />

in cui, indipendentemente dall’epoca, dall’ubicazione e dalle caratteristiche tecniche e strutturali, si possa riconoscere la testimonianza di<br />

un’identità materiale trasmissibile alle generazioni future, sopravveniente anche nella semplificazione dei processi infrastrutturali delle nostre città<br />

storiche intelligenti. In questa edizione dell’evento particolare enfasi sarà data alle seguenti tecnologie:<br />

DRONI LASER SCANNER AnD<br />

rappresentati da sistemi a pilotaggio<br />

remoto o automatico che sfruttano la<br />

fotogrammetria per fornire informazioni<br />

geometriche accurate, ravvicinate o a bassa<br />

quota, anche utilizzando sensori sofisticati<br />

o sistemi LiDAR per produrre elaborati<br />

molto accurati in zone inaccessibili o<br />

troppo ristrette per i costi del volo aereo<br />

tradizionale. Sensori sempre più sofisticati<br />

consentono di vedere oltre il visibile.<br />

in continua evoluzione verso sistemi di<br />

auto localizzazione, che consentano anche<br />

la ricostruzione in tempo reale di uno spazio<br />

circostante, finalizzata a soddisfare esigenze<br />

tecnologiche prima inimmaginabili,<br />

come quella dell’orientamento da remoto<br />

della guida autonoma per mezzi terrestri o<br />

aerei. Protagonisti della digitalizzazione del<br />

mondo reale, con tecniche topografiche.<br />

le Analisi non Distruttive consentono<br />

di conoscere le caratteristiche strutturali<br />

dei materiali sottoposti a indagine senza<br />

alterarne l’integrità, mantenendo intatta<br />

la loro funzionalità. Trovano particolare<br />

applicazione per conoscere in anticipo le<br />

cause di guasti e malfunzionamenti delle<br />

opere realizzate dall’uomo e in particolare<br />

per il Patrimonio Culturale.<br />

BIM GEODATI PNT<br />

con una particolare attenzione al laser<br />

scanner e alla fotogrammetria, che costituiscono<br />

il primo passo per la digitalizzazione<br />

della realtà che ci circonda, le cui<br />

caratteristiche storiche inducano ad introdurre<br />

iltermine HBIM (Heritage Building<br />

Information Modeling), particolarmente<br />

finalizzato alla manutenzione programmata,<br />

elemento essenziale per una gestione<br />

intelligente del futuro.<br />

in un processo continuo di standardizzazione,<br />

uniformazione e integrazione, per<br />

i quali i due ambiti della Geodesia e della<br />

Geoinformatica, si stanno fondendo a<br />

seguito di un’onda inarrestabile intrapresa<br />

e guidata dalla digitalizzazione come<br />

fenomeno regolato dai mass media e dallo<br />

sviluppo dei social network.<br />

un acronimo per individuare l’integrazione<br />

di tre processi, positioning, navigation, e<br />

timing dei molteplici usi, cui sono oggi<br />

destinati, tra i quali i sistemi di navigazione<br />

quando applicati congiuntamente ai<br />

geodati (cartografie, meteo, traffico, etc) o<br />

i sistemi di navigazione cosiddetta autonoma<br />

sicura, sia in campo terrestre che aereo<br />

a bassa quota.<br />

SATELLITI AR, VR, MR IMAGING<br />

rappresentati da sistemi a pilotaggio<br />

remoto o automatico che sfruttano la<br />

fotogrammetria per fornire informazioni<br />

geometriche accurate, ravvicinate o a bassa<br />

quota, anche utilizzando sensori sofisticati<br />

o sistemi LiDAR per produrre elaborati<br />

molto accurati in zone inaccessibili o<br />

troppo ristrette per i costi del volo aereo<br />

tradizionale. Sensori sempre più sofisticati<br />

consentono di vedere oltre il visibile.<br />

in continua evoluzione verso sistemi di<br />

auto localizzazione, che consentano anche<br />

la ricostruzione in tempo reale di uno spazio<br />

circostante, finalizzata a soddisfare esigenze<br />

tecnologiche prima inimmaginabili,<br />

come quella dell’orientamento da remoto<br />

della guida autonoma per mezzi terrestri o<br />

aerei. Protagonisti della digitalizzazione del<br />

mondo reale, con tecniche topografiche.<br />

le Analisi non Distruttive consentono<br />

di conoscere le caratteristiche strutturali<br />

dei materiali sottoposti a indagine senza<br />

alterarne l’integrità, mantenendo intatta<br />

la loro funzionalità. Trovano particolare<br />

applicazione per conoscere in anticipo le<br />

cause di guasti e malfunzionamenti delle<br />

opere realizzate dall’uomo e in particolare<br />

per il Patrimonio Culturale.<br />

Le future smart city baseranno la maggior parte della loro funzionalità sul posizionamento di precisione e sull’infrastruttura<br />

geografica continuamente aggiornata, sia per consentire il flusso informativo dai sensori, che per collegare gli oggetti<br />

monitorati resi interattivi attraverso la rete Internet. I Big Data sono in continua evoluzione, inoltre, verso l’accumulo e<br />

l’aggregazione per mezzo dell’intelligenza artificiale dedicata, istantanea nell’apprendimento sia dalla risposta che dall’interrogativo<br />

umano, elaborando l’una e l’altro quantitativamente e serialmente.<br />

In questa fucina tecnologica l’applicazione industriale italiana si sta muovendo con proposizione convincente, non del tutto<br />

favorevole la domanda interna, soprattutto se considerata sul piano massivo a costo contenuto della produzione, ma non<br />

senza competitività verso l’andamento positivo delle innovazioni registrato sul mercato mondiale, orientato al nostro trading<br />

dai paesi che nell’immediato traggano il maggior vantaggio dall’avanzamento anche prototipale apportato dall’Italia.


04<br />

Dic. <strong>2019</strong><br />

05<br />

Dic. <strong>2019</strong><br />

06<br />

Dic. <strong>2019</strong><br />

Workshop sul campo<br />

09:00 - 16:00<br />

Il Forum si articola in una<br />

giornata di workshop operativo<br />

in campo presso un monumento<br />

o sito archeologico, a cui seguono<br />

due giornate di dibattito<br />

necessario a promuovere il<br />

confronto tra esperti e utilizzatori<br />

delle nuove tecnologie. I dati<br />

rilevati ed elaborati vengono<br />

quindi messi a disposizione della<br />

amministrazione concedente.<br />

Apertura del Forum<br />

08:30 - 09:00<br />

Conferenza inaugurale<br />

09:30 - 11:30<br />

A.1. Osservazione della Terra: uso,<br />

dati e diffusione<br />

11:30 - 13:30<br />

A.2. Gestione delle emergenze e la<br />

sicurezza del territorio<br />

14:30 - 16:30<br />

A.3. Dalla geolocalizzazione al<br />

mapping tra GPS e Galileo<br />

16:30 - 18:30<br />

Risultanze Workshop<br />

sul campo<br />

08:30-11:00<br />

B.1.Quali tecnologie nella<br />

prevenzione e monitoraggio<br />

11:00 - 13:30<br />

B.2. Digitalizzazione e<br />

documentazione: dalla realtà<br />

ai modelli<br />

14:00 - 16:00<br />

B.3. Multimedialità e fruizione:<br />

efficacia dei sistemi AR/VR/MR<br />

16:00 - 18:00<br />

#TFA<strong>2019</strong><br />

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and Technology<br />

I passi da gigante nelle tecnologie di comunicazione e misurazione stanno trasformando<br />

il modo in cui le infrastrutture sono costruite. Creando soluzioni che abbracciano questi<br />

progressi, lavoriamo per aiutarvi a stare al passo con gli sviluppi di oggi e di domani.<br />

La nostra integrazione di posizionamento ad alta precisione, imaging ad alta velocità,<br />

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DOCUMENTAZIONE<br />

Descrizione di una Tecnica di Rilievo<br />

Fotogrammetrica supportata da un<br />

Algoritmo di Intelligenza Artificiale<br />

di Nicola Santoro<br />

Il Deep Learning è entrato<br />

prepotentemente nella vita di tutti<br />

noi, non soltanto nelle professioni<br />

tecniche. Non sempre ci rendiamo<br />

conto di quanto sia pervasiva questa<br />

tecnologia. La troviamo nel mondo del<br />

giornalismo, dove è possibile generare<br />

automaticamente informazioni in tempi<br />

rapidissimi partendo dai contenuti<br />

reperibili nel WEB, nel settore<br />

economico, dove da anni si utilizzano<br />

tecniche molto sofisticate per generare<br />

previsioni sugli andamenti economici di<br />

borsa. E' oggetto di ricerca nel settore<br />

medicale, dove è possibile generare<br />

diagnosi molto precise, e cosi' in<br />

numerosi altri ambiti scientifici.<br />

Nel mondo della scansione<br />

tridimensionale della realtà, numerose<br />

sono le possibilità di implementazione. Il<br />

caso di studio che viene presentato parte<br />

dalla scansione fotogrammetrica della<br />

statua di Dante a Verona.<br />

Localizzazione della Statua di Dante in Piazza dei Signori a Verona (Google Map)<br />

Piazza dei Signori, conosciuta<br />

anche come Piazza Dante, è una<br />

piazza situata nel centro storico<br />

di Verona, adiacente a piazza delle<br />

Erbe.<br />

La piazza nasce nel medioevo dallo<br />

sviluppo dei palazzi scaligeri, ed assume<br />

fin dall'inizio funzioni politiche,<br />

amministrative e di rappresentanza.<br />

La piazza è inquadrata da alcuni edifici<br />

monumentali, collegati tra loro da arcate<br />

e logge.<br />

Nella metà del XVII secolo venne<br />

proposta dal podestà di Verona la costruzione<br />

di una fontana, che venne re-<br />

alizzata poi da Pietro Tedesco. Già sul<br />

finire del secolo si decise che era insufficiente<br />

ad ornare una piazza tanto<br />

monumentale, così venne demolita.<br />

Al centro della piazza venne eretto<br />

un nuovo monumento solo nel 1865:<br />

si scelse di collocarvi una statua di<br />

Dante, che per un periodo era stato<br />

ospitato proprio in un palazzo che si<br />

affaccia alla piazza, e di cui ricorreva<br />

il sesto centenario dalla nascita,<br />

sfidando la censura austriaca, riprendendo<br />

un monumento simile in Piazza<br />

Santa Croce a Firenze scolpita da Enrico<br />

Pazzi.<br />

La statua è stata realizzata da Ugo<br />

Zannoni in marmo di Carrara: sorretta<br />

da un piedistallo, ha un'altezza di tre<br />

metri. Venne inaugurata il 14 maggio<br />

1865. Il modello in bronzo è conservato<br />

nelle collezioni della Galleria<br />

d'Arte Moderna Achille Forti.<br />

Per dimostrare al più ampio pubblico<br />

la validità della ricerca e degli algoritmi<br />

sviluppati con ricerca indipendente<br />

negli ultimi anni, permettendo<br />

un confronto analitico tra lo stato<br />

dell'arte in materia di fotogrammetria<br />

e lo sviluppo del Deep Learning negli<br />

algoritmi di scansione 3D, si è voluta<br />

28 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 29<br />

utilizzare una ricostruzione già realizzata dallo Studio Professionale<br />

Picelli-Taccone con l'ottimo software 3DF Zephyr.<br />

3DF Zephyr è largamente utilizzato in architettura e nell'<br />

ambito dei beni culturali. Sul sito della 3DFlow è possibile<br />

ottenere il dataset fotografico, liberamente scaricabile per<br />

uso didattico.<br />

Il dataset è stato scaricato e riprocessato con la piattaforma<br />

proprietaria Point Mesh Studio.<br />

103 fotografie scattate alla risoluzione di 3648 x 5472 sono<br />

state inizialmente processate con PMS per ottenere una nuvola<br />

densa di 0,7 GB. Tempi di elaborazione di circa 7 minuti<br />

per ottenere la nuvola densa iniziale.<br />

PMS ha un modulo interno alla piattaforma che utilizza<br />

un vasto dataset di fotografie di monumenti. A seconda<br />

dell'oggetto della scansione, è possibile allenare l'algoritmo<br />

su specifici ambiti di ricerca ( medicale, artistico, paesaggistico,<br />

settore dell'ingegneria ed architettura ecc..). In<br />

questo caso non è stato possibile utilizzare il box composto<br />

da microprocessore e AI autonomo costruito sulle specifiche<br />

della reflex per funzionare sulla macchina fotogrammetrica<br />

in quanto si è scelto di partire dal tipico flusso di lavoro<br />

oggi utilizzato dai professionisti. Utilizzare l'intelligenza artificiale<br />

in cantiere consente di ottenere subito le migliori<br />

condizioni possibili di cattura: definizione, esposizione, perfetta<br />

messa a fuoco di tutta la scena.<br />

Il Deep Learning aiuta il fotogrammetrista rilevatore a catturare<br />

l'oggetto del rilievo a "strati" incrementali. In linea teorica,<br />

è possibile spaziare dalla scala reale ad ingrandimenti<br />

fino a 500 X, attraverso macchine costruite su misura per<br />

queste specifiche esigenze, ottenendo un livello di dettaglio<br />

che in altri lavori ha permesso di svolgere indagini sullo stato<br />

di degrado dei materiali strutturali. La convergenza multidisciplinare<br />

di numerose tecniche e tecnologie esprime in<br />

generale l'esigenza di rappresentare l'intima essenza materica<br />

del manufatto oggetto di studio, attingendo alle tecniche<br />

tomografiche, registrando automaticamente insieme le nuvole<br />

di punti da laser scanner e fotogrammetria attraverso<br />

protocolli sperimentali ma già collaudati in diversi lavori.<br />

Lo step parziale mostrato in questo studio permette di magnificare<br />

le foto esistenti, aggiungendo dettagli estrapolati<br />

dalle centinaia di migliaia di fotografie di archivio.<br />

Point Mesh Studio utilizza il deep learning in diversi step. Ma<br />

per lo scopo della ricerca condotta e qui illustrata, anche<br />

il suo uso parziale ha permesso di elevare la qualità della<br />

ricostruzione di diversi ordini di grandezza, nello specifico<br />

di circa 15 volte, passando da una nuvola densa di 0,7 GB ad<br />

una ricostruzione di oltre 11 GB.<br />

La mesh renderizzata nella tavola grafica migliora sensibilmente<br />

il livello di dettaglio delle texture, valorizzando il<br />

lavoro già fatto ed estendendone gli ambiti d'uso.<br />

Fig. 2 – Confronto tra rilievo originale e processamento con AI<br />

Abstract<br />

Deep Learning has entered strongly into the everyday lives of all of us. We find<br />

it in the world of journalism, in the economic sector, in the medical sector and<br />

so on. In the world of three-dimensional reality capturing, there are numerous<br />

possibilities for implementation. The case study, presented here, starts from<br />

the photogrammetric scan of the statue of Dante located at Piazza dei Signori<br />

in Verona.<br />

Parole chiave<br />

Deep learning; 3D; reality capture; photogrammetric scan<br />

Autore<br />

Nicola Santoro<br />

nikkosantoro@gmail.com


RESTAURO<br />

Applicazione e Monitoraggio di miscele biocide per<br />

pulitura di superfici attaccate da patina biologica<br />

di Eleonora Marconi, Adele Galetti, Francesco Geminiani<br />

Fig. 1 - 0: nessuna crescita; ++++: crescita accentuata; +++:<br />

crescita; ++: crescita parziale; +: scarsa crescita.<br />

È stato eseguito un lavoro di monitoraggio<br />

tramite confronto sull’efficacia<br />

del potere biocida di diverse miscele<br />

commerciali, utilizzando principalmente<br />

la tecnica della bioluminescenza. L’obiettivo<br />

è di confrontare miscele, oramai<br />

consolidate sul mercato, con altre di<br />

nuova generazione a base di oli essenziali,<br />

evidenziando le capacità performanti<br />

di quest’ultime in relazione al tipo di<br />

materiale su cui sono state applicate. Il<br />

vantaggio risiede nella bassa tossicità ed<br />

ecocompatibilità di questi materiali.<br />

I<br />

Beni Culturali immobili sono composti da materiali inorganici<br />

sia naturali, se derivati dall’estrazione dei materiali<br />

come marmo, granito, arenaria ecc, che artificiali,<br />

se non esistenti in natura e ottenuti per manipolazione<br />

antropica, come ad esempio mattoni, terre cotte, malte,<br />

intonaci, vetri e metalli. L’esposizione agli agenti atmosferici<br />

e l’orientamento di questi edifici influiscono sulla<br />

tipologia di deterioramento del materiale. Sia l’uno che<br />

l’altro influenzano, infatti, la colonizzazione di microorganismi<br />

dando luogo alla formazione di una patina biologica.<br />

Il deterioramento che ne consegue sarà differente se<br />

la superficie colonizzata è esposta a pioggia battente ed<br />

erosione del vento rispetto a una superficie più riparata<br />

in cui vengono favoriti i processi di deposizione di particellato<br />

atmosferico e di microorganismi. Una superficie<br />

verticale impiega più tempo ad essere colonizzata rispetto<br />

ad una superficie orizzontale.<br />

I microrganismi comunemente presenti da tali superfici<br />

sono funghi, muschi, licheni e cianobatteri. I funghi demaziacei<br />

e batteri della famiglia delle Geodermatophilacecae,<br />

spesso risultano essere gli unici colonizzatori. La loro<br />

crescita sul substrato è riconoscibile da colorazioni scure<br />

per funghi o rossastre per i batteri con sviluppo radiale o<br />

colonie circolari. Se il materiale presenta lesioni, spesso<br />

la colonizzazione avviene al di sotto della superficie.<br />

I metodi di controllo dei biodeteriogeni possono essere<br />

suddivisi in metodi diretti, indiretti e biologici. I metodi<br />

indiretti sono quei metodi che hanno lo scopo di controllare<br />

la crescita microbica agendo su fattori ambientali<br />

(acqua, luce, temperatura, umidità, nutrienti, inquinanti,<br />

ossidazione ecc…) che ne favoriscono la colonizzazione<br />

e attecchimento sulle superfici. L’applicazione di questi<br />

metodi è abbastanza attuabile in ambienti confinati e per<br />

materiali posti in contenitori (bacheche, teche, camere<br />

con fattori ambientali controllati) mentre è più problematica<br />

per monumenti situati in ambienti esterni. I metodi<br />

indiretti, invece, sono applicati direttamente sull'agente<br />

biodeteriogeno e si dividono in: meccanici, fisici e chimici.<br />

I metodi meccanici sono utilizzati per la rimozione<br />

e sfoltimento della biomassa (patina biologica) con strumenti<br />

quali scalpello o spatola. I metodi fisici prevedono<br />

l’utilizzo di radiazione UV in un range di lunghezza d’onda<br />

tra 280-240 nm. Infine, i metodi chimici, utilizzano composti<br />

chimici, detti biocidi, nella cui composizione vi è un<br />

principio attivo, il co-formulato e il solvente. Un prodotto<br />

può essere utilizzato nel campo dei Beni Culturali solo se<br />

possiede i seguenti requisiti:<br />

1 Basso rischio di inquinamento ambientale<br />

2 Nessuna interferenza col substrato<br />

3 Facilità di applicazione<br />

4 Basso costo<br />

30 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 31<br />

I biocidi comunemente utilizzati nel campo dei Beni Culturali<br />

sono a base di Sali di Ammonio Quaternari e carbammati.<br />

Queste sostanze sono applicate in diversi settori come:<br />

sanitario, prodotti per la pulizia, industria alimentare,<br />

farmaceutica e cosmesi. La loro modalità di azione agisce<br />

sulle membrane cellulari come destabilizzatore di membrana.<br />

Ad alta concentrazione, producono aggregazione<br />

proteica citoplasmatica con perdita di struttura terziaria.<br />

Infatti, in quanto detergente anionico è in grado di legare<br />

rapidamente superfici cariche negativamente, come le<br />

membrane batteriche, intercalandosi alla membrana stessa<br />

e alterandone la normale struttura. La formazione di<br />

pori e l’alterata permeabilità della membrana determina<br />

così la perdita di enzimi, coenzimi e ioni, compromettendo<br />

seriamente le proprietà biosintetiche della cellula fino<br />

a determinarne la morte. Queste sostanze, normalmente<br />

impiegati nel restauro, sono composti altamente tossici<br />

e difficilmente biodegradabili e, alle volte, dannosi per i<br />

materiali.<br />

Negli ultimi anni, è accresciuto enorme interesse sull’utilizzo<br />

degli Oli Essenziali (EOs) come sostanza biocida in<br />

molti campi applicativi: medicale, industriale, alimentare<br />

e restauro. Nel settore dei Beni Culturali, molti gruppi di<br />

ricerca hanno utilizzato e stanno ancora sperimentando gli<br />

oli essenziali per la loro spiccata attività antimicrobica.<br />

Tra gli OEs interessanti, gli OEs di origano e timo sono tra i<br />

più efficaci e, per questo motivo, sono stati sporadicamente<br />

indagati anche nel campo dei Beni Culturali. Il vantaggio<br />

dell’utilizzo di miscele a base di oli essenziali, risiede nella<br />

salvaguardia della salute di operatori, fruitori, diminuzione<br />

dell’impatto sull’ambiente (aria, acqua, terreno), contenere<br />

i rifiuti e migliorare la loro gestione.<br />

L’obiettivo della sperimentazione è di utilizzare una soluzione<br />

biocida in grado di bloccare la crescita biologica e di<br />

assottigliare, ove necessario, la patina biologica metabolicamente<br />

inattiva. Per poter scegliere il prodotto biocida<br />

più idoneo, si è deciso di agire per confronto, eseguendo<br />

una campionatura in situ su aree rappresentative del manufatto,<br />

utilizzando diverse miscele biocide commerciali.<br />

Il fine ultimo, è di ottenere il miglior effetto di azione<br />

biocida in termini di durabilità nel tempo mantenendo i<br />

criteri di reversibilità, compatibilità e minimo intervento;<br />

con il vantaggio di monitorare un prodotto non tossico ed<br />

ecofriendly rispetto ai biocidi commerciali.<br />

LA SPERIMENTAZIONE<br />

Gli interventi di restauro per il controllo del biodeterioramento<br />

presuppongono misure utili per eliminare il degrado<br />

ad opera di microrganismi e a ritardarne la loro ricomparsa,<br />

nei limiti del possibile.<br />

L’efficacia degli interventi diretti mediante applicazione di<br />

prodotti biocida dipende da numerosi fattori:<br />

4 La scelta delle metodologie adottate<br />

4 Lo stato di conservazione delle superfici e le caratteristiche<br />

intrinseche di ogni materiale<br />

4 Le condizioni ambientali in cui l’opera è posta<br />

Gli interventi diretti che possiamo programmare devono<br />

avere come obiettivo la riduzione del biodeterioramento,<br />

nella consapevolezza che la crescita di microrganismi ed<br />

organismi si verificherà inevitabilmente se permarranno le<br />

condizioni ambientali ad esse favorevoli.<br />

Allo stato attuale dell’arte, i trattamenti biocidi utilizzati<br />

in ambiente esterno sono sostanzialmente di tipo chimico/<br />

meccanico, e interessano molecole biocide con spettro di<br />

azione più o meno ampio, efficacia e durabilità nel tempo<br />

spesso limitate.<br />

Si apre, così, la possibilità di utilizzo di nuovi materiali di<br />

origine naturale come gli OEs. Il lavoro di monitoraggio si<br />

è articolato nelle seguenti fasi:<br />

1 Registrazione dell’attività metabolica delle patine<br />

attive presenti sui manufatti, che si sono sviluppate<br />

nelle condizioni ambientali spontanee.<br />

2 Registrazione dell’efficacia delle miscele biocide presenti<br />

sul mercato e applicate su casi di studio reali,<br />

con confronto attraverso analisi con Bio-Tape® e Bioluminometro.<br />

3 Creare un sistema di raccordo dove raccogliere tutti i<br />

dati registrati per effettuare confronti tra le miscele<br />

applicate su diversi materiali con valori oggettivi.<br />

4 Monitoraggio nel tempo delle miscele applicate con<br />

il fine di registrare efficienza biocida e/o alterazioni<br />

cromatiche.<br />

MATERIALI E METODI<br />

Biocidi: sono stati applicati cinque biocidi commerciali<br />

differenti stendendo la miscela con il pennello due volte<br />

consecutive. I prodotti utilizzati agiscono secondo i diversi<br />

principi attivi che contengono: (i) isotiazolinoni (AL);<br />

(ii) Sali quaternari di ammonio (BAC); (iii) combinazione di<br />

isotiazolinoni e Sali quaternari d’ammonio (BT); (iv) combinazione<br />

di carbammati e isotiazolinoni (BR); (v) oli essenziali<br />

a base di carvacrolo (MB). L’acquisizione mediante<br />

Bio-Tape è stata effettuata rispettando i tempi d’azione<br />

riportati nelle rispettive schede tecniche.<br />

Substrati: La sperimentazione ha previsto l’applicazione<br />

di diverse miscele biocida su differenti superfici di edifici<br />

di interesse storico artistico: cemento, cotto, marmo,<br />

carrara e pietra forte (arenaria carbonatica). La superficie<br />

di cemento si presenta in buono stato di conservazione,<br />

con un colore grigio e una rugosità disomogenea dovuta<br />

alle esigenze artistiche. I microorganismi riconosciuti in un<br />

precedente lavoro, sono Miceti dei generi Alternaria, Penicilium,<br />

Cladosporium, Fusarium e Aspergillus. La superficie<br />

dei mattoni in cotto si presenta compatta, dilavata<br />

nelle zone esposte e ricoperta omogeneamente da patina<br />

biologica di colore verde brillante. Il marmo si presentava<br />

in buono stato conservativo con una parziale colonizzazione<br />

biodeteriogena. Il Carrara verte in un pessimo stato<br />

conservativo manifestando fenomeni di polverizzazione e<br />

disgregazione. Infine, la Pietra Forte presenta fenomeni di<br />

erosione causati da dilavamenti, formando cavità adatte<br />

alla crescita biologica.<br />

Per il cemento, il monitoraggio è stato eseguito mediante<br />

Bio-Tape e coltura in piastra Petri con terreno generico<br />

agar. Successivamente sono stati raccolti i conteggi di ATP<br />

solo nelle aree trattate con MB. In tabella 1 sono stati<br />

messi in correlazione l’applicazione di miscele biocide sul<br />

materiale. Mentre, in tabella 2 sono elencate tutte le miscele<br />

utilizzate durante le campionature, con le rispettive<br />

specifiche e modalità di applicazione.<br />

RISULTATI E DISCUSSIONE<br />

Test applicativi su differenti supporti sono stati effettuati<br />

per valutare l’efficacia biocida degli olii essenziali e dei<br />

prodotti tradizionali ottenendo un dato comparativo, valutando<br />

in maniera oggettiva l’esito delle campionature<br />

sulla base di:<br />

4 efficacia nei confronti delle patine biologiche<br />

4 compatibilità con il supporto garantendone alcuna alterazione<br />

o modifica chimico/ fisica<br />

4 minimo intervento mediante mappatura e rilievo<br />

dell’intervento


Cemento Cotto Marmo Carrara Pietra Forte<br />

Algochene X<br />

BAC X X X X<br />

Biotin T X X X X X<br />

Biotin R X X X X X<br />

Moss Buster X X X X<br />

Tab. 1 - Miscele applicate sui diversi materiali.<br />

I risultati ottenuti sulle piastre Petri, su cui sono state<br />

coltivate colonie raccolte mediante Bio-Tape, hanno evidenziato<br />

l’azione antimicrobica degli OE. Il Bio-Tape ha<br />

raccolto diverse specie batteriche che, opportunamente<br />

nutrite dalle piastre di Petri, hanno formato colonie molto<br />

varie: sono gialle, biancastre, arancioni, rosse, grigie;<br />

lucide o non; con diverse dimensioni. L’esperimento con<br />

Bio-Tape è stato ripetuto nelle stesse condizioni post trattamento<br />

biocida. I risultati ottenuti, riportati in figura 1,<br />

mostrano una significativa riduzione della formazione di<br />

colonie batteriche. Le muffe bianche presenti nel pre- e<br />

post-trattamento sono da riferirsi ad una non totale sterilità<br />

del Bio-Tape.<br />

Con il Bioluminometro portatile sono state acquisite 3<br />

misure in aree da 4 cm2 per ottenere il valore medio e la<br />

deviazione standard. Successivamente, è stato deciso di<br />

rappresentare i dati ottenuti sui conteggi di ATP riferendosi<br />

ad un’attività metabolica iniziale del 100% registrata sulle<br />

diverse superfici prima dell’applicazione biocida. Sono<br />

state poi calcolate le rispettive percentuali di patina<br />

Miscela Principio attivo Modalità di utilizzo<br />

Algochene N - b u t i l - 1 , 2 -<br />

benzisotiazolin-3-one<br />

Diluito al 3% in White<br />

Spirit<br />

BAC Benzalconio Cloruro Diluito al 5% in acqua –<br />

pennello<br />

Biotin T OIT e Carbammato Diluito al 2% in acqua –<br />

pennello<br />

Biotin R<br />

Moss Buster<br />

OIT e Sali di Ammonio<br />

Quaternario<br />

Oli essenziali di timo e<br />

origano<br />

Diluito al 2% in white<br />

spirit – pennello<br />

Tal quale – pennello<br />

Tab. 2 - Miscele utilizzate per le campionature sui diversi materiali.<br />

attiva post trattamento in base ai conteggi riportati in<br />

tab.3.<br />

Il monitoraggio dell’efficacia del potere biocida delle miscele<br />

commerciali è partito con la registrazione delle patine<br />

attive presenti sulle superfici di interesse. Dai i dati<br />

ottenuti con il Biouminometro è possibile affermare che<br />

una patina biologica, metabolicamente attiva, registra un<br />

conteggio di ATP superiore a 3000 conteggi. A seguito di applicazione<br />

di miscele biocide si evidenzia una percentuale<br />

di patina attiva inferiore al 50%, come riportato nel grafico<br />

1, ad eccezione del Biotin T applicato sul marmo.<br />

Nello specifico, si osserva un’azione biocida del Moss Buster<br />

per:<br />

4 Cemento che registra una discreta efficacia con un conteggio<br />

di patina attiva del 31%;<br />

4 Il cotto, più efficace rispetto al Biotin T e BAC, confrontabile<br />

ma molto efficace come il Biotin R;<br />

4 Marmo, più efficace del Biotin T, confrontabile con il<br />

BAC, meno efficace del Biotin R;<br />

4 La Pietra Forte: più efficace del BAC ma meno rispetto<br />

al Biotin R.<br />

Per tutti i materiali, inoltre, non si evidenziano alterazioni<br />

cromatiche, mediante comparse di macchie, dovute<br />

alla componente organica degli oli essenziali. È, Pertanto,<br />

auspicabile continuare la ricerca e il monitoraggio degli<br />

effetti, nel tempo, di questi composti organici per controllare<br />

lo stato di attività del biocida in termini di efficacia.<br />

Conclusioni<br />

I risultati ottenuti attraverso il Bio-Tape e Bioluminometro<br />

sono in accordo tra loro evidenziando la capacità biocida<br />

degli oli essenziali. La crescita su terreni generici ha evidenziato<br />

un risultato migliore per Algochene e Moss Buster<br />

seguiti da Biotin T e Biotin R. I conteggi registrati dal Bioluminometro<br />

mostrano un comportamento simile tra BAC e<br />

Moss Buster per tutti i tipi di materiali.<br />

Materiale<br />

tal<br />

quale<br />

BAC<br />

Biotin<br />

T<br />

Biotin<br />

R<br />

Moss<br />

Buster<br />

cemento 6226 ND ND ND 1935<br />

cotto 6806 610 1664 492,3 519,3<br />

marmo 3510 1203,7 2450,7 577,3 1597,3<br />

carrara 3219 299,3 251 879,3 ND<br />

Pietra<br />

Forte<br />

5161 715,3 1395,7 415 628,3<br />

Fig. 2 - Grafico dei Conteggi di ATP con bioluminometro.<br />

Tab. 3 - Conteggi di ATP rilevata sui diversi materiali per ciascuna applicazione<br />

biocida.<br />

32 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 33<br />

Le potenzialità degli oli essenziali sono ormai appurate<br />

e più volte constatate in sede di laboratorio,<br />

tuttavia, non si sono ancora raccolti dati sperimentali<br />

in situ sufficienti per una comparazione oggettiva<br />

in termini di efficacia. L’obiettivo di questo lavoro<br />

è raccogliere più informazioni possibili sul campo<br />

per ottenere un metro di confronto oggettivo sulla<br />

capacità biocida delle miscele in commercio su casi<br />

di studio reali. Quando si opera sul campo diventa<br />

fondamentale: (i) inserire queste sperimentazioni<br />

in progetti multidisciplinari, con controlli costanti e<br />

valutazioni scientifiche nel tempo dei loro esiti; (ii)<br />

prevedere un utilizzo selettivo dei prodotti in funzione<br />

delle specifiche esigenze conservative di ogni<br />

singola porzione da trattare.<br />

Abstract<br />

The aim of the present study is to identify and characterise the best biocidal<br />

formulation for controlling biodeterioration phenomena. Given the requirements<br />

which define a good biocide, i.e. being environmentally sustainable,<br />

negligible interference with stone materials, being safe from a toxicological<br />

point of view, being easy to apply, having long-lasting effect, and being cost<br />

effective, the overall objective is to minimise environmental impact by ensuring<br />

an efficient use of resources. The attainments of our approach have<br />

been: protection of operators’ and end users’ health, sustainability, reversibility,<br />

compatibility and minimal intervention criterion.<br />

The specific objectives of this work are articulated in 4 points:<br />

1. Recording of metabolic activity of the active patinas present upon the<br />

artefact surface, grown in spontaneous environmental conditions<br />

2. Registration of the data on effectiveness of commercial biocidal mixtures,<br />

applied to real case studies, by Bioluminescence analyses<br />

3. Create a connection system to collect all the recorded data in order to<br />

compare mixtures applied on different materials with objective values.<br />

4. Monitoring over time of the mixtures applied, aiming to recording biocidal<br />

efficiency andpossible chromatic alterations.<br />

Parole Chiave<br />

Beni culturali; biodeterioramento; restauro; monitoraggio; miscele biocide;<br />

Bio-Tape; superfici pittoriche<br />

Autore<br />

Eleonora Marconi<br />

eleonora.marconi@uniroma3.it<br />

Università degli studi di Roma Tre<br />

Adele Galetti<br />

a.galetti@studioleonardo.it<br />

Leonardo Srl<br />

Francesco Genimiani<br />

f.geminiano@studioleonardo.it<br />

Leonardo Srl<br />

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Indagini archeologiche<br />

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RIVELAZIONI<br />

Nuovi studi di geoarcheologia a Le Castella (KR)<br />

di Maurizio Ponte, Giuseppe Ferraro, Alma Floro, Salvatore Medaglia, Pierpaolo Pasqua<br />

Fig. 1 - L'"isolotto" su cui sorge la fortezza (da Google Earth)<br />

Il sito archeologico di "Le Castella" è noto<br />

principalmente per l’antica fortezza, la cui ultima<br />

edificazione è datata all'epoca aragonese (XV secolo<br />

d.C.), che sorge su un piccolo "isolotto", collegato alla<br />

terraferma mediante una lingua di terra.<br />

Tutta l’area crotonese risulta notoriamente<br />

interessata da una subsidenza storica, oltre che da<br />

diffusi crolli all’interfaccia terra-mare, dovuti anche<br />

a fenomeni di “lateral spreading”. In tale contesto,<br />

appare singolare la sostanziale integrità strutturale<br />

della fortezza.<br />

Nel presente lavoro, dopo un'approfondita trattazione<br />

del sito dal punto di vista storico e archeologico,<br />

verranno esposte le risultanze di una campagna di<br />

indagine volta alla definizione dei caratteri geologicogeotecnici<br />

dei terreni affioranti su cui si imposta<br />

l'edificio monumentale di Le Castella.<br />

CENNI STORICI ED ARCHEOLOGICI:<br />

DALLE ORIGINI AL XIII SECOLO<br />

Grazie alla peculiare conformazione topografica, l’esile<br />

striscia di terra, delle dimensioni planimetriche di circa<br />

200m x 80m (Fig. 1), su cui sorge l’imponente fortezza<br />

aragonese (Fig. 2) è stata interessata da un’occupazione<br />

umana che ben si può dire millenaria.<br />

Le più antiche testimonianze risalgono, infatti, ad età neolitica<br />

e consistono in ceramiche d’impasto della facies di<br />

Stentinello e industrie su ossidiana collegabili ad una stazione<br />

preistorica di superficie (Foti, 1976 e 1981; Medaglia,<br />

2010). Nell’età del Bronzo l’isolotto ospitò un insediamento<br />

stabile, culturalmente legato ad aspetti del Bronzo peninsulare<br />

sia di facies protoappenninica che subappenninica,<br />

come dimostrano i materiali individuati<br />

nel corso di un saggio di scavo effettuato<br />

nel 1981 all’interno del maniero.<br />

Con queste indagini furono portati alla<br />

luce pochi materiali ceramici che si inquadrano<br />

nelle fasi dell’età del Bronzo<br />

medio e del Bronzo recente (Lattanzi,<br />

1981; Tucci, 2002; Marino et alii, 2017).<br />

In età storica le tracce dell’occupazione<br />

umana si fanno più consistenti,<br />

soprattutto a partire dall’età greca<br />

quando l’isolotto, gravitante all’interno<br />

della chora di Kroton, ebbe funzioni<br />

strategiche. Di fatto, l’area costiera<br />

di Le Castella, con il suo piccolo porto<br />

naturale, mantenne in antico una<br />

certa importanza quale scalo lungo la<br />

rotta ionica. Ne fanno fede i ritrovamenti<br />

archeologici sottomarini ricon-<br />

Fig. 2 - La fortezza aragonese di Le Castella (foto M. Ponte)<br />

34 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 35<br />

ducibili ad innumerevoli naufragi localizzati nello specchio<br />

di mare antistante il fortilizio e databili a partire da età<br />

arcaica (Medaglia 2010). Per i naviganti il profilo costiero<br />

di Le Castella costituiva, assieme agli altri promontori della<br />

penisola crotonese, un importante punto di riferimento per<br />

l’osservazione e l’orientamento. Forse non è un caso che<br />

nella descrizione che il geografo Strabone fa della costiera<br />

a sud di Crotone, dopo Lakinion (promontorio Lacinio,<br />

attuale Capo Colonna) egli ponga altri tre promontori denominati<br />

Iapigi (Japygon akrai treis) che la critica moderna<br />

concordemente identifica con Capo Cimiti, Capo Rizzuto e,<br />

appunto, Le Castella (Givigliano, 1994).<br />

Il ruolo strategico di quest’area costiera si delineò definitivamente<br />

quando la Lega italiota fu sconfitta nel 389 a.C.<br />

ad opera dell’esercito di Dionisio I di Siracusa nella battaglia<br />

dell’Elleporo (Diod., XIV, 103-105). A seguito di questo<br />

evento bellico, il territorio della polis Kroton subì una forte<br />

contrazione sul versante meridionale. Fu proprio in risposta<br />

alle nuove esigenze militari che probabilmente Le Castella<br />

diventò un vero e proprio baluardo a difesa del versante<br />

meridionale della regione di stretta influenza crotoniate.<br />

Infatti, tra la fine del IV e l’inizio del III sec. a.C. i Crotoniati<br />

eressero sull’isolotto un phrourion, vale a dire una<br />

sorta di avamposto militare fortificato, che garantiva alla<br />

polis achea il controllo dell’antica via costiera ionica e di un<br />

esteso tratto di mare del kolpos Skylletikos, attuale golfo<br />

di Squillace (Medaglia, 2010). Di questo fortilizio sono tuttora<br />

visibili le imponenti vestigia inglobate nelle strutture<br />

del castello aragonese. Esse furono realizzate con la calcarenite<br />

organogena, un materiale ampiamente utilizzato in<br />

antico nell’area crotonese per via della facile reperibilità e<br />

lavorabilità. Il più imponente avanzo del phrourion greco è<br />

un lungo muro di contenimento di oltre 30 metri che venne<br />

alla luce dopo una forte mareggiata negli anni ’60 del secolo<br />

passato. Si tratta di un muraglione a doppia cortina e<br />

con diatoni trasversali, messo in opera con l’alternanza di<br />

blocchi isodomi e zone a risparmio riempite di pietrame a<br />

secco (Ardovino, 1978). Sulla faccia vista dei blocchi sono<br />

tuttora visibili alcune incisioni, per lo più lettere dell’alfabeto<br />

greco, in cui sono da riconoscere dei marchi di cava<br />

(Medaglia, 2010).<br />

La tecnica costruttiva “a scacchiera” del muraglione di Le<br />

Castella trova stretti parallelismi con quella utilizzata, tra<br />

la fine del IV e il primo quarto del III sec. d.C., sempre in<br />

Magna Grecia, a Velia. Altri spezzoni di murature riferibili al<br />

phrourion di età greca sono localizzati sul lato occidentale<br />

del mastio (struttura isodoma ad angolo con blocchi di calcarenite)<br />

e, come accertato in seguito ad interventi della<br />

Soprintendenza archeologica, al di sotto delle fortificazioni<br />

cinquecentesche (Lattanzi, 1999). Altri elementi murari,<br />

forse di età antica, sono inglobati sulla terraferma in un<br />

muro moderno posto al termine del tombolo. Sempre alla<br />

fase di occupazione greca sono pure da attribuire una serie<br />

di ceramiche a vernice nera di III sec. a.C. recuperate in più<br />

punti dell’isolotto e le numerose anfore da trasporto ellenistiche<br />

scoperte sui bassi fondali dello specchio d’acqua del<br />

porticciolo naturale (Ardovino, 1978; Lattanzi, 1981).<br />

Per l’età romana le evidenze materiali sinora recuperate al<br />

di sopra dell’isolotto si limitano ad alcune ceramiche di I e<br />

II sec. d.C. Va però precisato che alla penuria di dati riferibili<br />

alla terraferma fanno da contraltare i diversi recuperi<br />

di anfore di età tardo-repubblicana e soprattutto imperiale<br />

effettuati nell’ultimo trentennio nelle acque circostanti.<br />

Le fonti letterarie antiche contribuiscono a gettare non<br />

poca luce sulle fasi di occupazione di età tardo-ellenistica/<br />

repubblicana e imperiale. Plinio il Vecchio nella Naturalis<br />

Historia (III, 95) accenna ad un “portus qui vocatur Castra<br />

Hannibalis” posizionato nel golfo di Squillace e precisamente<br />

sul lato ionico dell’istmo che egli, non a torto, considera<br />

il punto più stretto della penisola italiana (“nusquam angustiore<br />

Italia”). La presenza di un luogo lungo la costa ionica<br />

dei Bruttii che nella toponomastica richiamava la figura del<br />

condottiero cartaginese non è isolata ma, al contrario, trova<br />

ampia conferma negli itineraria romana. All’interno del<br />

cursus publicus della regione, infatti, è segnalata una tappa<br />

il cui nome presenta alcune varianti: Annibali nella Tabula<br />

Peutingeriana (VI, 2), Anival, Anniba e Hannibal negli itineraria<br />

tardi dell’Anonimo Ravennate (IV, 31-32 e V, 1) e di<br />

Guidone (30-31, 72) (Medaglia, 2010).<br />

Sebbene la distanza che la Tabula Peutingeriana frappone<br />

nel segmento compreso tra le stationes di Lacenium e Annibali<br />

si presenti problematica in termini di computazione<br />

(XXXI milia passuum), gran parte degli studiosi sono concordi<br />

nel ritenere incongruente questa parte dell’intinerarium<br />

pictum a causa di un mero errore imputabile alla tradizione<br />

manoscritta (Crogiez, 1990; Givigliano, 1994; Taliano Grasso<br />

1996-1997). L’ipotesi che taluni sostengono a proposito<br />

della localizzazione dei Castra Hannibalis più a sud, nella<br />

zona di Marina di Soverato, è da respingere: in questo tratto<br />

semilunato del golfo di Squillace l’unico ridotto naturale<br />

che può in qualche modo ricordare un porto è quello di Le<br />

Castella. Un altro risolutivo indizio legato alla localizzazione<br />

dei Castra a Le Castella va cercato in un passo di Tito<br />

Livio (XXVIII, 46, 16) che, discorrendo degli avvenimenti del<br />

205/204 a.C., ricorda come Annibale trascorse l’estate del<br />

204 a.C. accampandosi nelle vicinanze del tempio di Giunone<br />

Lacinia (“Propter Iunonis Laciniae templum aestatem<br />

Hannibali egit”). C’è dunque da supporre che la vicenda legata<br />

al Barcide sul finire della seconda guerra punica abbia<br />

finito con il designare il toponimo della località crotonese<br />

prescelta dal condottiero. Si consideri che il passo di Tito<br />

Livio scoraggia eventuali tentativi di porre troppo a sud rispetto<br />

al Lacinium promonturium i suddetti accampamenti<br />

Fig. 3 - Successione stratigrafica del Bacino Crotonese (Zecchin, 2014).


Fig. 4 - Calcareniti in affioramento (foto A. Floro).<br />

Fig. 5 - Ubicazione della boa reale e della boa virtuale<br />

(da Google Earth).<br />

in quanto essi vanno posti in un contesto topograficamente<br />

non molto distante dal tempio di Giunone Lacinia. Del resto,<br />

la localizzazione dei Castra Hannibalis a Le Castella assume<br />

nell’economia del passo liviano una certa logica considerando<br />

che Annibale scelse di porre i suoi acquartieramenti in un<br />

luogo già munito di un fortilizio (phrourion) e che, inoltre,<br />

era dotato di un comodo scalo che non si discostava molto<br />

dalla via costiera Regium – Tarentum (Medaglia, 2010).<br />

Il rinvenimento di due monete auree attribuibili a Leone<br />

I e a Giustino sull’isolotto, nonché di numerose anfore di<br />

VI-VII sec. d.C. nelle acque limitrofe, costituisce conferma<br />

dell’occupazione dell’area anche in età tardoantica. A<br />

questo proposito non va taciuto che i massicci interventi<br />

costruttivi di età medioevale finalizzati all’erezione del castello<br />

hanno molto probabilmente nociuto alle testimonianze<br />

precedenti, in parte inglobandole e in parte distruggendole.<br />

È, infatti, più che lecito pensare che l’isolotto fosse<br />

parte integrante della catena di presidi messi in opera dai<br />

Bizantini nell’ambito del rafforzamento del limes marittimo,<br />

poichè per l’area del crotonese contava non solo la<br />

Fig. 6 – Classificazione delle apparizioni d'onda per direzione<br />

ed altezza.<br />

fortificazione della città di Crotone da parte di Belisario tra<br />

il 547 e il 552, ma anche le guarnigioni a presidio dei punti<br />

d’imbarco di Capo Colonna e Capo Rizzuto (Corrado, 2001).<br />

Il toponimo, nella configurazione che un po’ ricorda quella<br />

moderna, è noto a partire dalla metà del XII secolo allorché<br />

esso compare nella forma Qas’tal all’interno del portolano<br />

del geografo arabo Idrisi che così recita: “[…] da<br />

Massa a Qas’tal, città (pur) piccola, 30 miglia, da Qas’tal a<br />

Q.trunah, navigando a golfo lanciato 13 miglia, 18 costeggiando”<br />

(Amari & Schiaparelli, 1883). In alcuni documenti<br />

del XIII secolo, con riferimento a Le Castella, compaiono le<br />

designazioni “Castro Maris”, “Castellorum Maris”, “Castellis<br />

Maris”, ecc. (Raimondo et Al., 1998).<br />

Le fasi più antiche della fortezza sono state isolate all’interno<br />

della torre circolare e datate in un “momento ancora<br />

non meglio precisabile, anteriore comunque al XIII secolo”.<br />

Esse impiegano elementi di calcarenite “di dimensioni<br />

medio-grandi e di inclusi minori (pietre calcaree, selci),<br />

organizzati in pseudo-filari orizzontali”. Successivamente,<br />

alla fine del XIII secolo, fu costruita una nuova torre che<br />

inglobò la precedente (Raimondo et Al., 1998). Così come<br />

oggi appare, la fortezza è il frutto delle definitive sistemazioni<br />

messe a punto dal conte Andrea Carafa nel corso della<br />

prima metà del Cinquecento poco dopo aver acquistato Le<br />

Castella assieme ad altri possedimenti per 9000 ducati da<br />

Federico d’Aragona (Rubino, 1970; Valente, 1982).<br />

GEOLOGIA DELL’AREA DI STUDIO<br />

Il sito di “Le Castella” ricade in un bacino sedimentario (Bacino<br />

Crotonese) e la successione stratigrafica poggia su un<br />

basamento cristallino, attribuito all’Unità della Sila.<br />

La serie stratigrafica dell’area di studio è costituita da un’unità<br />

basale costituita da argille limose-azzurre plastiche del<br />

Pleistocene Inferiore (Santerniano, Fig. 3), con saltuarie<br />

lenti di sabbie e limi, sulle quali poggiano, in trasgressione,<br />

calcareniti cementate bruno-rossastre del Pleistocene<br />

Medio-Superiore (Massari et al., 2002; Zecchin et al., 2003,<br />

2004a; Mellere et al., 2005).<br />

Le calcareniti, nell’area di studio, affiorano in potenti banchi<br />

a stratificazione incrociata concava e foreset (Fig. 4)<br />

in cui si identificano anche tracce di locomozione di echinidi.<br />

Gli affioramenti caratterizzano tutta la linea di costa<br />

dell’area e subiscono l’erosione e l’alterazione degli eventi<br />

atmosferici e marini, oltre alla dinamica più complessa che<br />

coinvolge l’intero bacino.<br />

Infatti, il sollevamento del basamento cristallino del mas-<br />

36 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 37<br />

Fig. 7 - Acquisizione di immagine tramite drone (foto R. De Fiore).<br />

Fig. 8 - Ubicazione dei punti di prelievo dei campioni rocciosi.<br />

siccio silano, attualmente stimato in circa 0,8mm/anno a<br />

scala regionale, ha provocato la genesi di formazioni sedimentarie<br />

di copertura del Bacino, con rilevanti movimenti<br />

gravitativi verso l’area ionica e di DGPV (Deformazioni<br />

Gravitative Profonde di Versante), processi indotti dalla<br />

gravità che possono avere un’evoluzione molto lenta ed interessare<br />

interi versanti, dislocando volumi di roccia anche<br />

di centinaia di migliaia di metri cubi (Guerricchio, 2001 e<br />

2015). A questi movimenti inoltre, va aggiunto anche il problema<br />

della subsidenza regionale delle coste evidente su<br />

siti adiacenti il castello.<br />

Fig. 9 - Il prelievo del campione per mezzo del trapano "Rodon 100"<br />

(foto M. Ponte).<br />

INQUADRAMENTO MAREOGRAFICO<br />

Al fine di definire il regime e la direzione prevalente delle<br />

correnti marine nell’area in oggetto, è stato condotto uno<br />

studio mareografico sul tratto di mare in prossimità della<br />

costa (“paraggio”) di Le Castella. Lo studio si basa sulla<br />

trasposizione dei dati ondosi registrati dalla boa reale di<br />

Crotone ad un punto al largo del paraggio in esame, definito<br />

“boa virtuale” (Fig. 5), e ha lo scopo di descrivere le caratteristiche<br />

delle onde e l’impatto che il clima ondoso medio<br />

ha sul litorale.<br />

Lo studio condotto ha consentito di poter determinare il<br />

numero e la percentuale di apparizione delle onde per ciascuna<br />

altezza e direzione di provenienza (Fig. 6). Il maggior<br />

numero di onde osservato ha provenienza da S-SSE, esattamente<br />

concorde con l’”asse” principale della piccola baia<br />

compresa tra l’”isolotto” su cui sorge la fortezza e la terraferma,<br />

che risulta, pertanto, esposta alle correnti marine,<br />

rendendone difficile l’utilizzo come “cala” adibita ad<br />

operazioni di carico di blocchi di roccia provenienti dalle<br />

vicine cave.<br />

INDAGINI NELL’AREA DI STUDIO<br />

Preliminarmente, al fine di determinare le dimensioni in<br />

pianta e in altezza della fortezza è stato condotto un rilievo<br />

topografico mediante un drone modello Yuneec H520 (Fig. 7).<br />

Nell’ambito del presente studio è stata condotta una campagna<br />

di campionamento delle argille affioranti, sia in ambiente<br />

subacqueo che in ambiente subaereo, per la determinazione<br />

delle loro caratteristiche mineralogiche, fisiche<br />

e di deformabilità.<br />

Fig. 10 - Curva granulometrica per il campione "LC1U".<br />

Fig. 11 - Curva granulometrica per il campione "LC1S".


Fig. 12 - Analisi mineralogica del campione LC1U.<br />

Fig. 13 - Analisi mineralogica del campione LC1S.<br />

Al fine di determinare i carichi litostatici trasmessi dalle<br />

calcareniti sulle sottostanti argille, sono stati prelevati<br />

campioni lapidei da sottoporre a prove di laboratorio per la<br />

determinazione della massa volumica.<br />

Inoltre, è stata condotta una campagna di prospezioni geofisiche<br />

(elettriche e sismiche), sia in superficie che sott’acqua,<br />

finalizzata alla definizione delle caratteristiche geometriche<br />

e fisiche e dei rapporti stratigrafici dei litotipi<br />

riconosciuti nell’area.<br />

In ambiente subaereo, il campionamento è stato effettuato<br />

su un affioramento di argilla immediatamente a ovest<br />

dell’abitato di Le Castella, mentre il prelievo dei campioni<br />

in mare, ad una profondità di circa 6m, è stato effettuato<br />

in un punto ubicato immediatamente a Ovest del castello<br />

(rispettivamente LC1S e LC1U in Fig. 8).<br />

Per il campionamento subacqueo si è proceduto con l’impiego<br />

di un trapano subacqueo appositamente progettato,<br />

denominato Rodon 100, con l’impiego di fustelle in acciaio<br />

del diametro esterno di 60mm (Fig. 9).<br />

Sui due campioni di terreno, è stata condotta una caratterizzazione<br />

geotecnica completa.<br />

Da un punto di vista granulometrico, Il campione subacqueo<br />

“LC1U” è risultato essere classificabile come Limo (50,8%)<br />

con Argilla (48,2%) (Fig. 10), mentre il campione subaereo<br />

“LC1S” è classificabile come Argilla (52,8%) con Limo<br />

(46,2%) (Fig. 11).<br />

Su entrambi i campioni state condotte le analisi mineralogiche<br />

mediante diffrattometria ai raggi X (XRD). L’analisi<br />

mineralogica semiquantitativa della frazione “tal quale” è<br />

stata effettuata su polveri “random”. Le rispettive abbondanze<br />

delle fasi mineralogiche sono state calcolate misurando<br />

l’area dei picchi ottenuti utilizzando il programma<br />

WINFIT. Si è osservata una buona coerenza tra i dati di entrambi<br />

i campioni (Figg. 12 e 13).<br />

Per il solo campione subacqueo “LC1U” è stata condotta la<br />

prova edometrica su due provini (Fig. 14).<br />

Al fine di determinare il carico litostatico trasmesso dalle<br />

calcareniti alle sottostanti argille, ne è stato prelevato un<br />

campione (Fig. 15) da sottoporre a prove di laboratorio per<br />

la determinazione del peso di unità di volume, che è risultato<br />

pari a 18,3kN/m 3 .<br />

Allo scopo di ricostruire la stratigrafia fino ad una profondità<br />

di 15-30m dal fondale, sono state condotte delle prospezioni<br />

geoelettriche in mare, con stendimenti di 95m ciascuno,<br />

denominati “Le Castella 1” e “Le Castella 2”, posizionati<br />

e orientati, rispettivamente, a NO del castello con orientamento<br />

NE-SW e a E con orientamento NW-SE, e restituiti<br />

come modelli di resistività.<br />

Inoltre, sono state eseguite anche tre prospezioni sismiche,<br />

con metodologia MASW, finalizzate alla ricostruzione degli<br />

andamenti delle velocità di trasmissione delle onde di taglio<br />

(Vs) con la profondità. Le stese sismiche sono state eseguite,<br />

rispetto al castello, a E (MASW 1) e a NW (MASW 2),<br />

mentre la terza stesa (MASW 3) è stata eseguita sulla lingua<br />

di terra che collega l’”isolotto” su cui poggia il castello con<br />

la terraferma (Fig. 16).<br />

Il modello di resistività “Le Castella 1” si caratterizza per<br />

la presenza di un nucleo relativamente alto-resistivo (10-18<br />

Ωm) nella parte iniziale e superficiale del modello, prossimo<br />

alla scogliera artificiale, che puó essere attribuito agli<br />

elementi litoidi che la costituiscono; nella porzione piú profonda<br />

(fino a 4-6 m) i dati di resistività potrebbero essere<br />

dovuti alla presenza di strutture antropiche in posto o di<br />

crollo; i valori della resistenza elettrica specifica si riducono<br />

nettamente all’approfondirsi del fondale e sono riferibili a<br />

termini essenzialmente pelitici (Fig. 17).<br />

Fig. 14 – Grafici<br />

della prova edometrica<br />

per il<br />

campione "LC1U".<br />

38 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 39<br />

Fig. 15 – Il campione di calcarenite<br />

Fig. 16 - Ubicazione delle prospezioni sismiche e geoelettriche.<br />

La parte più superficiale del modello di resistività “Le Castella<br />

2” è interessata da un’importante e brusca variazione<br />

laterale di resistività, dove da 1-2 Ωm si passa, verso SE, a<br />

valori nettamente più elevati, presumibilmente dovuti alla<br />

presenza di un orizzonte saturo più propriamente calcarenitico.<br />

Lo spessore di questo orizzonte tende a crescere verso<br />

la parte terminale del modello, dove raggiunge i 6m circa.<br />

Nella parte più profonda del modello, si nota un lieve aumento<br />

della resistenza elettrica specifica, dovuta ad un aumento<br />

della componente limosa o, più probabilmente, della<br />

componente calcarea (Fig. 18).<br />

L’interpretazione delle prospezioni geosismiche MASW1 e<br />

MASW2 ha consentito di determinare lo spessore delle calceraniti,<br />

che è risultato rispettivamente pari a 8,3m e 7,1m<br />

(Fig. 19).<br />

In controtendenza, i dati dello stendimento MASW3 ubicato<br />

nella stretta striscia di scogliera artificiale che collega la<br />

terraferma all’”isolotto” del castello, testimonierebbero la<br />

mancanza del sottostante lastrone calcarenitico riscontrato<br />

nelle aree adiacenti e, quindi, una soluzione di continuità<br />

dello stesso (Fig. 20).<br />

Le prove geotecniche di laboratorio condotte sulle argille<br />

campionate in mare, hanno consentito di determinare il cedimento<br />

che il carico rappresentato dal peso della fortezza<br />

avrebbe dovuto indurre. Il peso è stato determinato attraverso<br />

l’elaborazione delle immagini ottenute con il rilevo<br />

tramite drone, mentre per gli spessori degli strati di roccia<br />

si è fatto riferimento alle risultanze delle prospezioni geofisiche.<br />

Il calcolo del cedimento indotto è stato condotto tramite il<br />

“metodo edometrico”.<br />

Secondo tale metodo, il cedimento (DH) indotto dall’applicazione<br />

di un carico può essere calcolato, nel caso di terreni<br />

normalconsolidati, nel modo seguente:<br />

DH = H CR log 10<br />

[(s’ v0<br />

+ Ds v<br />

) / s’ v0<br />

]<br />

in cui H è lo spessore del banco di argilla (assunto pari a<br />

40m), CR è il rapporto di compressione desunto dalle prove<br />

edometriche, s’ v0<br />

è il valore della tensione verticale effettiva<br />

a metà dello spessore del banco di argilla e Ds v<br />

è il carico<br />

trasmesso dalla fortezza (assunto pari a 200kPa).<br />

Il calcolo ha fornito un valore del cedimento (ipotetico) pari<br />

a circa 1,5m, valore che, qualora si fosse in effetti verificato,<br />

avrebbe indotto nel manufatto un quadro deformativo in<br />

realtà non riscontrato.<br />

CONCLUSIONI<br />

Al fine di investigare l’anomalia rappresentata dal sostanziale<br />

ottimo stato di conservazione della fortezza di Le Ca-<br />

Fig. 17 - Modello di resistività "Le Castella 1"<br />

Fig. 18 - Modello di resistività "Le Castella 2".


Fig. 19 – Profili delle velocità MASW1 e MASW2.<br />

Fig. 20 – Profilo delle velocità MASW3.<br />

stella all’interno di un contesto geologico e geomorfologico<br />

particolarmente dinamico quale quello dell’area del crotonese,<br />

è stata condotta una campagna di indagine geognostica<br />

nel sito, consistente in prospezioni geoelettriche in<br />

mare, prospezioni sismiche in superficie e analisi di laboratorio<br />

su campioni di argilla prelevati sia in mare che in<br />

superficie.<br />

Attraverso le prospezioni geofisiche è stato possibile ricostruire<br />

la geometria degli orizzonti litologici in profondità,<br />

oltre ad ottenere importanti informazioni sulla loro variabilità<br />

laterale e sulla presenza di possibili strutture antropiche<br />

sepolte.<br />

I dati sismici, in particolare, confermerebbero l’ipotesi<br />

secondo la quale il sito su cui insiste il castello in tempi<br />

storici avrebbe quindi assunto le caratteristiche fisiche di<br />

un’”isola” separata da un braccio di mare dalla terraferma.<br />

Le prove eseguite in laboratorio geotecnico hanno consentito,<br />

poi, di determinare i parametri di deformabilità del<br />

terreno, in base ai quali è stato condotto un calcolo del<br />

cedimento che le argille, stratigraficamente poste al disotto<br />

del lastrone calcarenitico su cui poggia la fortezza, avrebbero<br />

dovuto manifestare in seguito alla costruzione della<br />

fortezza stessa.<br />

Il calcolo ha indicato che, sotto l’effetto del carico indotto,<br />

si sarebbe dovuto verificare un cedimento di notevole entità<br />

(di circa 1,5m), che sicuramente avrebbe prodotto danni<br />

rilevanti alla struttura della fortezza. Poiché non vi sono<br />

sulle strutture evidenze di quadri fessurativi riconducibili<br />

a cedimenti, si può ritenere che tale cedimento, in realtà,<br />

non si sia verificato. Ciò può essere ascrivibile a condizioni<br />

geotecniche differenti da quelle ipotizzate, quali, ad<br />

esempio, caratteristiche di deformabilità delle argille che<br />

migliorano con la profondità, oppure, più verosimilmente,<br />

alla presenza di strutture più antiche poste al di sotto della<br />

fortezza, che, fungendo da “sottofondazione”, hanno limitato<br />

fortemente la manifestazione dei cedimenti.<br />

In conclusione, può ritenersi che i risultati ottenuti nel presente<br />

studio, seppur preliminari, costituiscano una base di<br />

partenza per le future attività di geoarcheologia, finalizzate<br />

alla tutela di uno dei siti monumentali più importanti della<br />

Calabria.<br />

Prospezioni georadar nell’area emersa, all’interno e esterno<br />

dell’edificio esistente, supportati da saggi di scavo, darebbero<br />

valide indicazioni sulla presenza delle ipotizzate<br />

strutture preesistenti su cui potrebbe poggiare l’impianto<br />

attuale. Inoltre, indagini in mare mediante tecniche geofisiche<br />

di tomografia elettrica ad alta risoluzione e rilievi<br />

batimetrici e di sub-bottom profiler, sarebbero da verifica<br />

ed affinamento nella ricostruzione delle anomalie dovute ad<br />

elementi antropici sepolti nel fondale.<br />

RINGRAZIAMENTI<br />

Si ringraziano la spin-off “Tech4Sea” dell’Università della<br />

Calabria, per l’utilizzo del trapano Rodon 100, e il Dott.<br />

Redentore De Fiore, per le riprese da drone.<br />

Abstract<br />

In this work, the results of a survey campaign aimed at defining the geological-geotechnical<br />

features of the small "islet" on which is set the monumental<br />

fortress of Le Castella (Crotone area, Calabria region), dating back<br />

to the Aragonese period (XV century AD), will be exposed. The “islet” is<br />

actually connected to the mainland by a strip of land .<br />

As the entire Crotone area is notoriously affected by historical subsidence,<br />

as well as by widespread collapses at the land-sea interface, also due to<br />

"lateral spreading" phenomena, the substantial structural integrity of the<br />

fortress appears singular.<br />

Parole Chiave<br />

Archeologia; geoarcheologia subacquea; georadar; geofisica; geotecnica;<br />

Le Castella<br />

Autore<br />

Maurizio Ponte<br />

maurizio.ponte@unical.it<br />

Dipartimento di Biologia, Ecologia e Scienze della Terra - Università della<br />

Calabria<br />

Giuseppe Ferraro<br />

geofisica@alice.it<br />

geologo collaboratore esterno alle ricerche di geoarcheologia<br />

Alma Floro<br />

lavinia.floro@outlook.it<br />

geologo collaboratore esterno alle ricerche di geoarcheologia<br />

Salvatore Medaglia<br />

salvatore.medagli@unical.it<br />

Laboratorio di topografia antica e antichità calabresi - Dipartimento di<br />

Ingegneria Meccanica, Energetica e Gestionale - Università della Calabria<br />

Pierpaolo Pasqua<br />

pierpaolo.pasqua@virgilio.it<br />

geologo collaboratore esterno alle ricerche di geoarcheologia<br />

40 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali 41<br />

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of the prograding wedges in a tectonically active setting, Crotone basin,<br />

Southern Italy. Journal of the Geological Society of the Geological Society<br />

of London, 160, 863- 880.<br />

Via Indipendenza, 106<br />

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AGORÀ<br />

Prima tappa della ricostruzione di Notre-Dame:<br />

la digitalizzazione 3d d’emergenza<br />

condotta da Art Graphique &<br />

Patrimoine - L’ ultima frontiera informatica<br />

è l’ intelligenza artificiale, in effetti<br />

l’ evoluzione tecnologica mette ormai a<br />

disposizione di tutti le quantità di storage<br />

necessarie al machine learning e gli<br />

algoritmi open source di chatbot o veri<br />

e propri bot da attivare in vari ambienti.<br />

E’ quindi possibile ormai applicare la<br />

AI anche al campo dei BB.CC. e subito<br />

vengono in mente le analisi predittive, il<br />

riconoscimento delle immagini, l’attribuzione<br />

delle opere ecc..<br />

Tuttavia a mio parere questo tipo di applicazioni<br />

sono abbastanza vulnerabili<br />

per la legge del garbage in - garbage out;<br />

nel campo dei BB.CC. infatti non c’è una<br />

abbondanza di dati tale da consentire l’<br />

uso delle tecnologie di analisi di BigData<br />

(ed è risaputo che se il campione è insufficiente<br />

anche le migliori analisi falliscono)<br />

e anche l’ accuratezza e l’affidabilità<br />

dei dati è quanto meno variabile.<br />

Il limite che vedo è<br />

che un BOT è forzato,<br />

entro certi<br />

limiti, a fornire un<br />

risultato mentre l’<br />

intelligenza umana<br />

ha ancora una<br />

migliore coscienza<br />

dei propri limiti ed<br />

evita di giungere a<br />

conclusioni in caso<br />

di dati insufficienti.<br />

In fondo la ricerca<br />

nel campo dei<br />

BB.CC. è sostanzialmente<br />

investigazione,<br />

ma accettereste<br />

di affidare<br />

una investigazione<br />

di polizia ad una<br />

AI? Asimov lo ha immaginato e ha perfino<br />

inventato una coppia di sbirri di cui uno<br />

è un umano e l’altro una AI e nel suo ciclo<br />

dei robot e nella letteratura la cosa<br />

sembra funzionare, ma è appunto una<br />

geniale intuizione su come i limiti della<br />

AI debbano essere temperati e controllati<br />

da vicino dalla morale umana.<br />

Le riflessioni esposte sopra non escludono<br />

però la possibilità di utilizzo della AI<br />

nei BB.CC. purchè si abbia l’ umiltà di<br />

cominciare da livelli bassi, non troppo<br />

rivoluzionari, come ad esempio la Business<br />

Intelligence che ha obbiettivi meno<br />

ambiziosi della AI.<br />

Il problema principe della BI è singolarmente<br />

analogo a quello che si è sempre<br />

trovato di fronte qualsiasi studioso: il<br />

problema dell’ amministratore delegato….<br />

Per un archeologo, o uno storico dell’<br />

arte il problema non è tanto la scarsità<br />

di informazioni quanto la loro disomogeneità,<br />

la disorganicità, la duplicazione,<br />

la provenienza da fonti diverse, la diversa<br />

affidabilità e completezza<br />

delle fonti. E’<br />

esattamente quello a<br />

cui si trova di fronte un<br />

amministratore di una<br />

multinazionale che per<br />

prendere decisioni ha<br />

bisogno di informazioni<br />

provenienti da settori<br />

e dipartimenti diversi<br />

ciascuno col proprio sistema<br />

informativo, col<br />

proprio paradigma di<br />

dati con le proprie sintesi.<br />

Nel tempo anche nei<br />

BB.CC. si sono sviluppati<br />

molteplici sistemi,<br />

preziose banche dati<br />

delimitate alcune volte tematicamente,<br />

altre geograficamente, altre ancora per<br />

competenza amministrativa/gestionale;<br />

del resto è inevitabile che ogni ricerca<br />

abbia un “focus” o comunque un dominio<br />

ontologico e che questo si rifletta sul<br />

sistema che viene generato, il dato è oggettivamente<br />

sempre neutro, ma certamente<br />

diversi sono i punti di vista da cui<br />

lo si raccoglie, analizza e contestualizza.<br />

Per raggiungere una certa unità e completezza<br />

le strade battute in passato<br />

erano quelle del consolidamento, dell’<br />

accorpamento e della migrazione delle<br />

basi dati verso sistemi sempre più complessi<br />

che avevano l’ ambizione di essere<br />

“il sistema dei BB. CC.” Quanto questo<br />

fosse velleitario e poco efficace è evidente<br />

anche perché obbligava ad adottare<br />

un unico punto di vista mortificando la<br />

diversità, inoltre le importazioni di dati<br />

e talvolta anche le migrazioni implicano<br />

spesso un degrado dei dati, proprio come<br />

avveniva in passato nel tramandare le informazioni<br />

oralmente, nel tradurle, nella<br />

copia scritta di un’ opera; una enciclopedia<br />

è per sua natura meno accurata, approfondita,<br />

aggiornata ed esaustiva, di<br />

una serie di studi monografici.<br />

L’ interoperabilità ha in qualche modo<br />

posto fine a questo sviluppo miope dei sistemi,<br />

ma non ha certo risolto il problema<br />

generale cioè quello di poter scalare<br />

le informazioni ottenendo al contempo<br />

la massima sintesi e la massima analisi,<br />

in fondo l’ interoperabilità dal punto di<br />

vista funzionale somiglia alle note a piè<br />

di pagina o alla bibliografia posta alla<br />

fine di un’ opera.<br />

Per farla breve lo studioso, ma anche chi<br />

è chiamato alla tutela valorizzazione e<br />

gestione dei beni, avrebbe bisogno in definitiva<br />

di una sintesi unitaria il più completa<br />

possibile tra tutti i punti di vista<br />

che consenta però di risalire in caso di<br />

necessità alla fonte e ai dati analitici. A<br />

complicare non poco le cose c’è il fatto<br />

che le informazioni da sintetizzare sono<br />

dal punto di vista formale alfanumeriche,<br />

raster e vettoriali e da quello logico<br />

testuali, strutturate, geografiche, iconografiche.<br />

Ebbene questa operazione può<br />

effettivamente essere affidata ad una AI<br />

senza particolari problemi perché non ha<br />

necessità di intervenire sui dati originariamente<br />

raccolti, ma può contribuire in<br />

modo determinante alla loro interpretazione<br />

e contestualizzazione attraverso<br />

un processo reversibile alla bisogna.<br />

(To be continued...)<br />

---<br />

Questa nota fa parte di un articolo in<br />

corso di pubblicazione sulla Rivista <strong>Archeomatica</strong>,<br />

a breve disponibile.<br />

42 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong><br />

42 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali<br />

43<br />

Alla scoperta di Abu Tbeirah:<br />

un libro in Open Access<br />

RECENSIONE<br />

A CURA DI: LICIA ROMANO, FRANCO D'AGOSTINO<br />

FORMATO ELETTRONICO: PDF OPEN ACCESS SCARICABILE QUI:<br />

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PAGINE: 492<br />

PREZZO: 0 EURO<br />

ISBN: 978-88-9377-108-5<br />

È stato appena presentato alla Sapienza di Roma il volume in lingua<br />

inglese “Abu Tbeirah. Excavations I. Area 1 Last Phases and Bulding<br />

A Phase 1” ( Sapienza editrice) a cura di Licia Romano e Franco D’Agostino.<br />

Il libro raccoglie i risultati degli scavi condotti nel sito di Abu<br />

Tbeirah (Nasiriyah, Iraq Meridionale) e delle analisi effettuate dal team<br />

italo-iracheno di ricercatori. Il volume è disponibile sia in cartaceo sia in<br />

open-access al link http://www.editricesapienza.it/node/7845<br />

L’area interessata dalle ricerche del team della Sapienza e della Direzione<br />

delle Antichità irachena si trova ben più a sud di Baghdad. Abu Tbeirah<br />

è infatti un sito sumerico del III millennio a.C. situato nella parte più<br />

meridionale della cosiddetta Bassa Mesopotamia. Il Tell (n.d.r “collina<br />

artificiale”) è situato a pochi chilometri di distanza dalla capitale sumerica<br />

di Ur, famosa per via dei suoi antichi monumenti tra cui spicca di<br />

certo la Ziqqurat, la torre templare del dio lunare Nannar/Suena.<br />

Dopo un’introduzione alle premesse scientifiche e politiche dell’inizio<br />

delle attività di scavo ad Abu Tbeirah, scritta da SE Dott. Abdulamir al-<br />

Hamdani, archeologo e Ministro Iracheno della Cultura, del Turismo e<br />

delle Antichità, la prima sezione del volume è dedicata all’inquadramento<br />

del sito dal punto di vista paleo-ambientale. Salvatore Milli e<br />

Luca Forti presentano il setting geologico dell’area e analizzano i cambiamenti<br />

della linea di costa, che nel III millennio a.C. si trovava vicina al<br />

sito, molto più a nord rispetto alla posizione attuale. Alessandra Celant<br />

e Donatella Magri riassumono le evidenze paleo-botaniche e polliniche<br />

del Vicino Oriente, introducendo la flora antica dell’area della Bassa<br />

Mesopotamia. Jafar Jotheri conclude la sezione con una analisi della<br />

canalizzazione antica nella regione di Abu Tbeirah, sulla base di uno<br />

studio che mette insieme remote sensing e analisi sul campo.<br />

La parte centrale del volume comprende tre capitoli realizzati da Licia<br />

Romano. Il capitolo 6 presenta il sito di Abu Tbeirah e un excursus generale<br />

sulle aree di scavo, sulla metodologia applicata, sui fenomeni<br />

post-deposizionali. Si approfondisce poi la stratigrafia dell’Area 1, situata<br />

nella porzione Sud-est del sito. Qui è stata rinvenuta una household<br />

(ndr struttura abitativa di grandi dimensioni), abbandonata e distrutta<br />

nel corso del tempo da una serie di attività più tarde, tra cui anche diverse<br />

sepolture. La cronologia di questo abbandono graduale dell’area<br />

fornisce un quadro del momento critico in cui la città di Abu Tbeirah<br />

inizia la sua decadenza e il suo ridimensionamento, per poi definitivamente<br />

scomparire alla fine del III mill. a.C.<br />

I due capitoli successivi descrivono in dettaglio tutte le attività antropiche<br />

relative al cimitero e all’ultimissima fase di occupazione dell’area e<br />

analizzano la struttura sottostante vano per vano, il tutto illustrato da<br />

un ricco apparato grafico.<br />

Segue poi lo studio da parte di Susanna Cereda dei residui pesanti della<br />

pavimentazione di un vano dell’edificio: nei casi di strutture abbandonate<br />

(e non solo) l’analisi dei pavimenti, insieme a quella dei macroartefatti<br />

portati alla luce, è difatti l’unico modo per poter comprendere<br />

quali attività venivano compiute all’interno di un ambiente. I risultati<br />

nel caso di Abu Tbeirah sono piuttosto interessanti: la Room 23, oggetto<br />

dello studio, rivela una molteplicità di attività che variano dal consumo<br />

di cibo alla fusione del bitume e probabilmente alla produzione<br />

di strumenti.<br />

Alla parte più prettamente stratigrafica segue una sezione di diversi<br />

capitoli dedicata all’analisi dei manufatti ed ecofatti portati alla luce<br />

durante gli scavi.<br />

Si inizia con l’analisi di Licia Romano, Marta Zingale, Giulia Festa e Vanessa<br />

Forte della ceramica che viene descritta sia dal punto di vista<br />

tipologico sia tecnologico, con un focus particolare sui dati provenienti<br />

dalle analisi neutroniche effettuate su diversi campioni.<br />

Mary Anne Tafuri poi presenta uno studio preliminare sui resti umani<br />

rinvenuti sia nel cimitero sia nelle tombe sub-pavimentali dell’edificio<br />

dell’Area 1, mettendo in risalto sia la presenza di paleopatologie sia di<br />

stress muscolo-scheletrici, indicazione delle attività svolte in vita dagli<br />

antichi abitanti di Abu Tbeirah. I risultati delle analisi isotopiche, pur<br />

nei limiti dovuti al danneggiamento post-deposizionale dei reperti, forniscono<br />

poi un quadro interessante sulla paleodieta.<br />

Francesca Alhaique descrive e analizza in dettaglio i rinvenimenti faunistici<br />

dai diversi contesti scavati, mettendo in luce associazioni e ricorrenze<br />

particolari. Si sottolinea poi il largo consumo da parte degli<br />

antichi abitanti di Abu Tbeirah di specie acquatiche sia dulcicole sia<br />

marine.<br />

Dai reperti faunistici si passa poi agli studi sulla litica realizzati da Daniele<br />

Moscone e da Davide D’Errico, che forniscono una chiara immagine<br />

della produzione della litica scheggiata e del suo utilizzo. A conclusione<br />

del volume Angela Greco e Franco D’Agostino presentano una serie di<br />

nomi di città con cui potrebbe identificarsi il sito di Abu Tbeirah: l’analisi<br />

si basa su alcuni testi cuneiformi che raccontano le tappe dei viaggi<br />

delle statue delle divinità sumeriche durante i festival sacri.<br />

A cura di Francesca Salvemini


AGORÀ<br />

INNOVA CHM - Innovation in Construction<br />

and Cultural Heritage Management<br />

INNOVA CHM - INNOVATION IN CON-<br />

STRUCTION AND CULTURAL HERITAGE<br />

MANAGEMENT è il nome unificatore di<br />

tutti i progetti finanziati dalla Regione<br />

Emilia-Romagna grazie al lavoro di Clust-<br />

ER Build e Assorestauro che hanno collaborato<br />

con diverse realtà del territorio<br />

emiliano-romagnolo.<br />

La ricerca e l’innovazione tecnologica<br />

realizzate in Emilia-Romagna nel settore<br />

delle costruzioni e del restauro. Ma non<br />

solo. Le opportunità e la promozione internazionale<br />

delle imprese emiliano-romagnole<br />

del comparto del restauro nonché<br />

una “Summer school after damages”<br />

che, partendo dall’esperienza maturata<br />

a seguito al sisma che ha colpito l’Emilia<br />

nel 2012, formi esperti internazionali<br />

sulla riduzione e gestione del rischio<br />

correlato agli impatti di eventi naturali<br />

catastrofici.<br />

Sono questi, in sintesi, alcuni dei contenuti<br />

di 6 progetti e programmi sostenuti<br />

dalla Regione con risorse regionali<br />

ed europee Por Fesr 2014-2020 per un<br />

ammontare complessivo di 3,7 milioni<br />

di euro e realizzati dalle Università di<br />

Ferrara, Bologna e Parma, Assorestauro<br />

e dal Clust-ER Build, comunità di soggetti<br />

pubblici e privati quali atenei, centri<br />

di ricerca, imprese, enti di formazione<br />

che condividono idee, competenze, strumenti,<br />

risorse per sostenere la competitività<br />

dei sistemi produttivi più rilevanti<br />

dell’Emilia-Romagna.<br />

Le iniziative sono state presentate in<br />

conferenza stampa l’11 settembre <strong>2019</strong><br />

dall’assessore regionale alle Attività<br />

produttive Palma Costi, da Alessandro<br />

Zanini presidente Assorestauro e Marcello<br />

Balzani, presidente Clust-ER Build<br />

Emilia-Romagna. Nei prossimi giorni troveranno<br />

spazio anche nella programmazione<br />

scientifica dei lavori della XXVI°<br />

edizione del Salone internazionale del<br />

Restauro che si terrà a Ferrara, dal 18 al<br />

20 settembre, assieme a RemTech Expo,<br />

evento internazionale specializzato sulle<br />

bonifiche, rischi ambientali e naturali,<br />

sicurezza, manutenzione, riqualificazione,<br />

rigenerazione del territorio, cambiamenti<br />

climatici e chimica verde e sostenibile.<br />

“Questi progetti - sostiene l’Assessore<br />

alle Attività Produttive, Palma Costi -<br />

dimostrano come si possano potenziare<br />

competitività e valore anche nelle<br />

costruzioni, che come tutti i settori ha<br />

bisogno di innovazioni in grado di introdurre<br />

nuove tecnologie e conoscenze. La<br />

Regione, con i progetti finanziati, vuole<br />

sostenere concretamente questa trasformazione.<br />

La sicurezza sismica, la diagnostica<br />

predittiva, le tecnologie smart, la<br />

creazione di prototipi in 3D, sono il frutto<br />

di buone pratiche e modelli operativi<br />

di innovazione che daranno nuovo slancio<br />

al settore. E questa missione l’abbiamo<br />

affidata al Build Cluster edilizia<br />

e costruzioni che si occupa di sviluppare<br />

attività di ricerca collaborativa e trasferimento<br />

tecnologico mettendo assieme<br />

laboratori di ricerca pubblici e privati,<br />

centri per l’innovazione, operatori della<br />

formazione e soprattutto tante imprese.<br />

Un processo e una modalità collaborativi<br />

per potenziare ricerca e innovazione<br />

che ci aiutino a continuare a competere<br />

a livello europeo e internazionale e che<br />

sono rafforzati anche nell’esperienza di<br />

ricostruzione post sisma”.<br />

“Il Cluster Build – sostiene il Presidente<br />

del Clust-ER Build Edilizia e Costruzioni,<br />

Marcello Balzani – ha selezionato degli<br />

obiettivi strategici, necessari ad abilitare<br />

imprese, professioni tecniche e tutti<br />

gli operatori della filiera. E questi sono<br />

diventati progetti concreti che renderanno<br />

possibile integrare diagnosi predittive,<br />

sistemi di sicurezza, nuovi materiali<br />

smart sostenibili e processi di building<br />

information modeling su casi studio reali<br />

per definirne modelli di intervento e di<br />

gestione. Quando si sale su un’auto- dice<br />

Balzani- ormai tutto è ‘parlante’, sensori<br />

e interfacce registrano e analizzano dati<br />

fondamentali per la sicurezza di guida e<br />

l’ottimizzazione del consumo. Invece,<br />

entrando in un edificio questo oggi non<br />

accade: tutto è ‘muto’. Ogni componente<br />

non dice nulla, o molto poco,<br />

di come si stia integrando con<br />

gli altri componenti, di come<br />

invecchi e degradi, a quali sollecitazione<br />

sia esposto per programmare<br />

la sua vita manutentiva<br />

e non solo, per la sicurezza<br />

e il benessere degli abitanti e<br />

dei servizi che in questo spazio<br />

si svolgono. Questa è la trasformazione<br />

in atto su cui i laboratori<br />

di ricerca regionale stanno<br />

lavorando insieme alle imprese,<br />

anche per internazionalizzare<br />

le nostre abilità, competenze e<br />

prodotti. E tutto verrà sviluppato anche<br />

in rapporto al grande cantiere regionale<br />

del sisma 2012”.<br />

Come spiega Alessandro Zanini, Presidente<br />

di Assorestauro "il nostro rapporto con<br />

la Regione ha le sue radici nel 2012. Le<br />

attività congiunte sia su base locale che<br />

estera, nel corso di questi anni, hanno<br />

promosso e portato risultati concreti per<br />

le aziende associate di Assorestauro. È<br />

un orgoglio proseguire la collaborazione<br />

con la Regione che ha affiancato e finanziato<br />

Assorestauro nei progetti originali<br />

che coinvolgono, oltre alla parte commerciale,<br />

un ampio risvolto tecnico e di<br />

formazione. Nel <strong>2019</strong> svilupperemo due<br />

progetti che coinvolgeranno le aziende<br />

locali che si occupano del restauro, che<br />

saranno impegnate in attività sia con gli<br />

Stati Uniti che con Israele, attraverso importanti<br />

partnership con associazioni ed<br />

enti locali. L’approccio ai progetti di internazionalizzazione<br />

è come sempre inclusivo,<br />

tiene quindi sempre presente le<br />

altre realità che sul territorio, o a livello<br />

nazionale, possano contribuire al rafforzamento<br />

delle azioni di promozione e<br />

potenziare le opportunità per il nostro<br />

comparto industriale. Questo è il caso<br />

delle sinergie che si stanno attuando con<br />

il Cluster e con la Fiera Ferrara”.<br />

I PROGETTI DI RICERCA<br />

Promozione internazionale: i progetti<br />

Re-USA e Med-ART. Attraverso le risorse<br />

del Programma operativo “Internazionalizzazione<br />

del sistema produttivo” della<br />

Regione, per un contributo complessivo<br />

di € 152.537, Assorestauro (l’Associazione<br />

italiana per il restauro architettonico,<br />

artistico e urbano fondata nel 2005) realizzerà,<br />

nell’autunno di quest’anno, due<br />

progetti rivolti all’export delle aziende<br />

locali del settore, da una parte negli<br />

Stati Uniti con il progetto Re. Usa – Restoration<br />

in the Usa (dal 6 al 12 ottobre<br />

iniziative in Emilia-Romagna e dal 19 a<br />

24 novembre a Miami) e dall’altra in Israele<br />

con il progetto Med Art – Israel (dal<br />

3 all’8 novembre 25 esperti in regione e<br />

dal 8 al 10 dicembre a tel Aviv). I progetti<br />

promuoveranno le aziende italiane<br />

appartenenti al comparto del restauro<br />

architettonico, della sostenibilità ed efficienza<br />

energetica del costruito storico<br />

e moderno. I progetti prevedranno la realizzazione<br />

di incoming, workshop tecnici,<br />

conferenze ed esposizioni fieristiche,<br />

coadiuvati da una ricerca di mercato<br />

mirata e un sistema di comunicazione su<br />

base nazionale e internazionale.<br />

Timesafe. Il progetto riguarda le tecnologie<br />

integrate e innovative a limitato<br />

impatto e invasività per il miglioramento<br />

sismico degli edifici senza interruzione<br />

d’uso. Il coordinatore del progetto è Ciri<br />

44 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong>


Tecnologie per i Beni Culturali<br />

45<br />

Ec dell’Università di Bologna, in partnership<br />

con Unimore - Crict, Laboratorio<br />

Teknehub (Università di Ferrara), Università<br />

Iuav di Venezia, Centro Ceramico e<br />

con la collaborazione di alcune imprese<br />

del territorio. L’obiettivo è sviluppare<br />

un insieme di nuove tecnologie, tra loro<br />

integrate e a bassa invasività, per il miglioramento<br />

del livello di sicurezza sismico<br />

del patrimonio edilizio esistente. Le<br />

tecnologie oggetto della ricerca possono<br />

essere messe in opera per fasi successive<br />

e senza una significativa interruzione<br />

d’uso della costruzione (sia in edifici residenziali<br />

che pubblici). Queste tecnologie<br />

possono inoltre essere integrate con<br />

nuove impiantistiche e sistemi di monitoraggio<br />

ambientale e strutturale. Il costo<br />

complessivo del progetto è di 1 milione<br />

117 mila euro di cui € 799.375,00 è il contributo<br />

della Regione con le risorse europee<br />

Por Fesr 2014-2020.<br />

Inspire. Il progetto, coordinato dall’Università<br />

di Ferrara e TekneHub, punta a<br />

implementare l’architettura di un sistema<br />

di diagnostica predittiva, attraverso<br />

una rete di sensori wireless, per il monitoraggio<br />

dello stato di conservazione<br />

di materiali, componenti e sistemi del<br />

patrimonio costruito esistente che, in<br />

normali condizioni di esercizio, volge<br />

al termine della vita utile. Il risultato<br />

è uno strumento strategico di supporto<br />

decisionale alle attività di manutenzione<br />

predittiva e di gestione che, attuando<br />

procedure di intervento su un patrimonio<br />

costruito esistente, in condizioni limite<br />

di esercizio e/o in emergenza, ne<br />

incrementa la vita utile e ne capitalizza<br />

il valore economico. Il contributo della<br />

Regione è per un totale di € 799.902,13.<br />

Mimesis. CertiMaC, capofila del progetto<br />

“Materiali smart, sensorizzati e sostenibili<br />

per il costruito storico”, in partnership<br />

con CNR, Università di Bologna<br />

(Ciri-Ec), Centro Ceramico e Sister, ed<br />

in collaborazione con alcune imprese<br />

del territorio regionale, svilupperanno e<br />

valideranno (sia in laboratorio che in siti<br />

pilota) prototipi di sistemi costruttivi dotati<br />

di tecnologie smart, che prevedono<br />

l’integrazione di sensori e dispositivi di<br />

misura opportunamente ingegnerizzati<br />

all’interno dei materiali da costruzione<br />

tipici del patrimonio edilizio esistente. Il<br />

contributo della regione per questo progetto<br />

è € 798.359,72.<br />

eBIM. Il progetto, con un contributo regionale<br />

complessivo di € 799.946,40,<br />

coordinato dall’Università di Parma e<br />

da Cim, punta a supportare l’innovazione<br />

nell’implementazione, condivisione<br />

e fruizione di modelli 3D del patrimonio<br />

costruito esistente. Questo attraverso<br />

la costruzione di archivi informatizzati,<br />

digitali e integrati consentendo, in virtù<br />

della disponibilità di tecnologie e dei<br />

risultati accessibili della ricerca, nuove<br />

forme di collaborazione per l’innovazione<br />

di prodotti e servizi. L’obiettivo è<br />

quello di realizzare un approccio inclusivo<br />

all’applicazione degli strumenti della<br />

digitalizzazione, quali gli strumenti di<br />

Building information modeling, nei processi<br />

di intervento e gestione del costruito<br />

esistente, favorendo la collaborazione<br />

tra tutti gli attori della filiera.<br />

SUMMER SCHOOL AFTER DAMAGE. “After<br />

the damages, prevention and safety<br />

solutions through design and practice<br />

on existing built environment. The Italian<br />

experience” è il progetto di alta<br />

formazione triennale promosso dall’Università<br />

di Ferrara, Parma e Modena per<br />

la formazione di esperti internazionali,<br />

tecnici e policy maker, sulla riduzione<br />

e gestione del rischio correlato agli<br />

impatti di eventi catastrofici naturali e<br />

provocati dall'uomo sul patrimonio culturale.<br />

A partire dall’esperienza maturata<br />

in Emilia a seguito degli eventi sismici<br />

del maggio 2012, il progetto è attuato<br />

in collaborazione con la Soprintendenza<br />

archeologia, belle arti e paesaggio per la<br />

città metropolitana di Bologna e le province<br />

di Modena, Reggio Emilia e Ferrara,<br />

l’Ibacn, l’Agenzia per la Ricostruzione<br />

– Sisma 2012 e in partenariato internazionale<br />

di enti e associazioni di ricerca<br />

e di alta formazione con sede in Turchia,<br />

Slovenia, India, Brasile, Spagna, Equador<br />

e Cina. Il progetto sarà finanziato dalla<br />

Regione Emilia-Romagna per un contributo<br />

complessivo di € 350.000,00.<br />

Accordi conclusi e rinnovati per<br />

“Technology for All <strong>2019</strong>”, il forum dedicato<br />

all’innovazione tecnologica per<br />

il territorio e l’ambiente, i beni culturali<br />

e le smart city - Giunto alla sesta<br />

edizione, l’evento si svolgerà a Roma dal<br />

4 al 6 dicembre prossimi nella prestigiosa<br />

location dell’ISA – Istituto Superiore<br />

Antincendi dei Vigili del Fuoco presso le<br />

strutture di archeologia industriale degli<br />

ex-Magazzini Generali di Roma, un esempio<br />

di recupero e ristrutturazione d’eccezione<br />

da non perdere.<br />

Ribadito il format della manifestazione<br />

che, ormai preso ad esempio in molti altri<br />

eventi simili, offrirà sempre momenti<br />

informativi e formativi di alto livello, oltre<br />

ad occasioni di confronto e di business<br />

tra le Pubbliche Amministrazioni, le<br />

Università, i Centri di Ricerca, i Professionisti<br />

e le aziende specializzate.<br />

In fase di definizione l’intenso programma<br />

di convegni, conferenze e workshop,<br />

che affronteranno l'intero processo di<br />

utilizzo delle tecnologie innovative,<br />

dall'acquisizione dei dati alla loro elaborazione<br />

fino la diffusione agli utenti<br />

finali. Attese anche numerose attività dimostrative<br />

sul campo delle più sofisticate<br />

strumentazioni disponibili sul mercato<br />

internazionale.<br />

A breve la comunicazione ufficiale sull’area<br />

archeologica ove saranno dimostrate<br />

le tecnologie di acquisizione di dati da e<br />

per il monitoraggio con rilievi particolari<br />

e finalizzati a temi specifici, che verranno<br />

presto annunciati, costituenti il blocco<br />

di dati geo-spaziali che organizzati e<br />

resi efficienti, verranno donati alla amministrazione<br />

che ospiterà il workshop di<br />

campo.<br />

“La conferma del format di successo che<br />

vede dimostrazioni pratiche sul campo,<br />

discusse poi in un successivo convegno,<br />

con un punto di vista pratico e di effettiva<br />

convenienza e la ricerca di un accordo<br />

con partner scientifici di tutto rilievo nei<br />

settori della fotogrammetria, topografia,<br />

geomatica e telerilevamento: sono queste<br />

solo le prime novità che caratterizzeranno<br />

la prossima edizione di ‘Technology<br />

for All <strong>2019</strong>’ e che, ne siamo certi,<br />

daranno un forte impulso per un’ulteriore<br />

crescita alla nostra manifestazione”,<br />

spiega Alfonso Quaglione, amministratore<br />

di mediaGEO. “Giunti alla sesta edizione,<br />

intendiamo consolidare il prestigio<br />

ed anche incrementare le dimensioni<br />

di questo evento, che si conferma come<br />

l’unico grande appuntamento in Italia<br />

dedicato alle nuove tecnologie applicate<br />

al territorio, all’ambiente, ai beni culturali<br />

e alle smart city”.<br />

Ulteriori informazioni su:<br />

www.technologyforall.it


EVENTI<br />

30 SETTEMBRE - 2 OCTOBER<br />

<strong>2019</strong><br />

Heritage Middle East:<br />

securing the future for the<br />

past<br />

Abu Dhabi (UAE)<br />

http://tiny.cc/4p0vdz<br />

3 – 4 OTTOBRE <strong>2019</strong><br />

LuBeC <strong>2019</strong> | Patrimonio<br />

culturale e sostenibilità tra<br />

pubblico e privato<br />

Lucca<br />

https://www.lubec.it<br />

9 - 10 OTTOBRE <strong>2019</strong><br />

SAR Analytics Symposium<br />

Roma<br />

www.geoforall.it/krquk<br />

10 - 12 OTTOBRE <strong>2019</strong><br />

3rd International<br />

Conference in Green<br />

Conservation of Cultural<br />

Heritage<br />

Porto (Portugal)<br />

http://artes.porto.ucp.pt/<br />

en/greenconservation<strong>2019</strong><br />

23 - 25 OTTOBRE <strong>2019</strong><br />

Conferenza Nazionale AIPnD<br />

Associazione Italiana Prove<br />

non Distruttive<br />

Milano<br />

www.aipnd.it<br />

4 - 6 NOVEMBRE <strong>2019</strong><br />

Conference on Cultural<br />

Heritage and New<br />

Technologies CHNT24<br />

Vienna (Austria)<br />

https://www.chnt.at<br />

12-14 NOVEMBRE <strong>2019</strong><br />

ASITA <strong>2019</strong><br />

Trieste<br />

http://www.asita.it/<br />

conferenza-<strong>2019</strong>/<br />

2-3 DICEMBRE <strong>2019</strong><br />

ISPRS Optical 3D<br />

Metrology workshop<br />

Strasbourg (France)<br />

www.geoforall.it/kr64p<br />

4 – 6 DICEMBRE <strong>2019</strong><br />

TECHNOLOGYforALL <strong>2019</strong><br />

www.technologyforall.it<br />

24 - 26 GIUGNO 2020<br />

D-SITE Drones - Systems<br />

of Information on culTural<br />

hEritage<br />

Pavia<br />

https://www.<br />

dsiteconference.com<br />

<strong>2019</strong><br />

ROMA 4-6 dicembre<br />

www.technologyforall.it<br />

SISTEMI DI IMAGING<br />

COLORIMETRIA<br />

RADIOMETRIA SPETTRALE<br />

TEXTURE ANALYSIS<br />

BENI CULTURALI<br />

MONITORAGGIO AMBIENTALE<br />

AGRICOLTURA DI PRECISIONE<br />

CONTROLLO QUALITÀ E PROCESSO DI PRODUZIONE<br />

INVESTIGAZIONE E ANALISI DELLA SCENA DEL CRIMINE<br />

Lettura rapida non invasiva in alta risoluzione e precisione delle<br />

caratteristiche radiometriche e morfologiche di superfici e materia.<br />

Processi ottimizzati per l’estenzione della sensibilità<br />

delle fotocamere standard.<br />

Algoritmi di calibrazione proprietari basati su Intelligenza Artificiale e<br />

affidabili riferimenti radiometrici e colorimetrici.<br />

Immagini CIELAB standard.<br />

Famiglia di strumenti software di analisi per elaborazione tradizionale<br />

delle immagini, visione artificiale, database colorimetrico e radiometrico.<br />

System integrator, sviluppo di progetti integrati<br />

in pipeline di produzione esistenti.<br />

46 ArcheomaticA N°2 giugno <strong>2019</strong><br />

Profilocolore s.r.l. Piazza Elba, 1 00141 - Roma tel. +39 0662289818 info@profilocolore.com


Tecnologie per i Beni Culturali 47


www.uace.eu<br />

Valorizzazione - Promozione - Catalogazione Advanced 3D - BIM - VR - Marketing

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