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Religion Today 2021 - REC

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REC

RELIGIONI E CINEMA

N°1 / ANNO XII / 22 SETTEMBRE 2021

RELIGION TODAY FILM FESTIVAL

COPIA OMAGGIO

___

SOMMARIO

DENTRO IL FESTIVAL

In evidenza p. 2

IL TEMA DELL'ANNO

Tutte le dimensioni del viaggio p. 3

SEGNALAZIONI

I film a soggetto pp. 4-5

SGUARDI

I cortometraggi pp. 6-7

SPIGOLATURE

Documentari e percorsi pp. 8-9

NON SOLO CINEMA

Fotografia, libri, musica, teatro p. 10

AND THE WINNER IS...

Premi e giurie p. 11

IN CAMMINO

Collaborazioni e redazione p. 12


DENTRO IL FESTIVAL

2

IN EVIDENZA

2021, rimettiamoci in cammino

la redazione

È “Nomadi nella Fede” il titolo della 24a

edizione di Religion Today, in programma dal

22 al 29 settembre dopo un ricco programma

di anticipazioni “Aspettando il festival”.

I due anni di pandemia ci hanno messi

drammaticamente di fronte alla nostra fragilità,

evidenziando per contrasto l’importanza della

relazione. «In quest’anno che ci si augura di

ripresa – come chiosa il direttore artistico

Andrea Morghen – il Festival vuole rimettersi in

cammino, fedele alla sua anima itinerante, e

riflettere con il pubblico e i tanti ospiti

internazionali sul viaggio come esperienza di

formazione e scoperta non solo di altre fedi,

ma di una spiritualità più profonda e

autentica».

Ai numeri del concorso cinematografico, con 83

film provenienti da 36 Paesi diversi e

selezionati tra più di 1400 iscrizioni, tra cui 2

anteprime mondiali, 7 europee e 14 italiane, si

aggiunge un denso programma di incontri,

intersezioni con altri linguaggi, eventi speciali.

Mercoledì 22 settembre, alle ore 18.30, la

cerimonia inaugurale al Castello del

Buonconsiglio vedrà la presenza dell’attivista

afghana Zahra Ahmadi, imprenditrice di Kabul

recentemente premiata alla Mostra del cinema

di Venezia, costretta a lasciare il paese e

raggiungere la famiglia in Italia dopo la

coraggiosa partecipazione alle proteste seguite

al ritorno dei talebani.

Il film di apertura, alle 21 al Supercinema

Vittoria di Trento, sarà “Chiara Lubich – L’amore

vince tutto”, per la prima volta al cinema dopo il

successo televisivo. Il regista Giacomo

Campiotti sarà presente in sala assieme al

produttore Luca Barbareschi e a una

delegazione di Rai ed Eliseo Multimedia.

Dopo sei intense giornate di proiezioni a Trento

e in altre località regionali – Arco, Lavarone,

Pergine, Baselga di Piné, Oies in Val Badia –

mercoledì 29 settembre il Festival si sposterà

infine nel cuore delle Dolomiti, a Madonna di

Campiglio, presso il Rifugio Malga Montagnoli,

dove si terrà la premiazione finale. Al rientro a

Trento, la serata conclusiva darà spazio al

teatro con lo spettacolo La Commedia in Barca.

Di porto in porto per terre e per acque, coproduzione

della compagnia La Gazza Ladra e

Porto Arlecchino.

Già da lunedì 20 settembre, in città, torna la

“Tenda di Abramo” in piazza Fiera, luogo di

incontro e di scambio aperto a chiunque voglia

conoscere il Festival e partecipare ai numerosi

eventi organizzati. Per tutta la durata della

rassegna si susseguiranno inoltre le matinée

per le scuole, con proiezioni e incontri con i

registi, lo staff e gli esperi del Forum trentino

per la pace e i diritti umani. Saranno coinvolte

classi di Arco, Ronzo, Borgo Valsugana,

Lavarone, Trento e Bolzano, in linea con

l’impegno della manifestazione che da sempre

si pone l’obiettivo di coinvolgere i giovani e le

periferie. In collaborazione con la Trentino Film

Commission, sarà poi proposta ai giovani

professionisti del territorio una master class di

direzione della fotografia con il maestro Gino

Sgreva.

Tra le novità spicca la media partnership con

VatiVision, portale di film on-demand di settore,

che renderà disponibili in streaming una

selezione dei film in concorso su Vativision.com.

Con le parole di Alberto Beltrami, presidente

dell’Associazione BiancoNero, che organizza

Religion Today «oggi più che mai è

fondamentale parlare dei temi dell’incontro e

del dialogo. Vedere i numerosi film arrivati da

ogni parte del mondo ci dà la forza di

continuare con determinazione a dare voce a

registi e artisti e rilanciare un messaggio di

pace e fratellanza».

Illustrazioni di Chiara Abastanotti

Dal film The Blue Girl

Andrea Morghen (sopra) e Alberto Beltrami


3

----- REC • RELIGIONI E CINEMA / N°1 / ANNO XII / SETTEMBRE 2021

RELIGION TODAY FILM FESTIVAL www.religionfilm.com

VIAGGI E PELLEGRINAGGI

Nomadi nella fede

di Giovanna Rech

Inizio a scrivere nella seconda metà di agosto 2021.

Le cronache mediatiche sono stracolme delle vicende che

hanno condotto alla ripresa dell’Afghanistan da parte dei

Talebani, vent’anni dopo aver cannonato le statue dei

Buddha di Bamiyan, un sito archeologico iscritto nella lista

dei patrimoni culturali mondiali dell’umanità dell’UNESCO.

Le immagini di persone che si aggrappano a un aereo

lasciano solo sgomento e incredulità. Come in altre

emergenze umanitarie, è centrale la possibilità oggettiva e

soggettiva di spostarsi, andarsene o restare.

Al di là dell’urgenza della cronaca, esploriamo qui alcuni dei

significati della mobilità umana oggi. È una mobilità che

sociologicamente si declina nello spazio fisico o in quello

sociale. I viaggi e i pellegrinaggi appartengono alla prima

forma di mobilità, quella orizzontale, mentre è caratteristica

del mutamento sociale una mobilità che considera anche

l’affiliazione religiosa come una caratteristica variabile dei

comportamenti e delle convinzioni individuali e collettive,

nel corso della vita o fra generazioni. In questo duplice

senso, il tema dell’anno del 24° Religion Today Film Festival,

Nomadi nella fede, evoca le peregrinazioni che il corpo e

l’anima intraprendono fisicamente e metaforicamente per

fortificare la propria fede, per condividerla, per trasmetterla

e talvolta per imporla. Nomadi nella fede richiama pure

l’inevitabile pluralismo che caratterizza l’epoca attuale e

molte delle nostre società in cui le diversità religiose sono

parte di un’offerta alla quale poter attingere cognitivamente,

oltre che sotto il profilo delle credenze, nel corso

del proprio ciclo di vita oppure in una continuità o

discontinuità fra generazioni.

Fino a qualche secolo fa, le motivazioni sociali al viaggio

possono essere ricondotte alla guerra, al commercio e alla

religione: le forme di mobilità così delineate si configurano

per la strumentalità. Ci si muove per un fine preciso ovvero

combattere, scambiare dei beni o per recarsi in un luogo di

culto. Solo in epoca moderna e tardo moderna, il viaggio

come un fine in se stesso prende quella forma di mobilità

pacifica, ludica, diventata ormai un consumo fra gli altri e

una fonte indiscussa di ricchezza globale che è il turismo.

Esiste un continuum fra il viaggiatore e il turista, così come

fra il turista e il pellegrino: in tutti i casi la permanenza è

temporanea e si viaggia volontariamente; seppure a

distanze che possono essere notevoli, la direzione del

viaggio è duplice, ovvero a un’andata fa seguito un ritorno,

senza che questo movimento sia necessariamente

ricorrente. Viaggiatore, turista e pellegrino differiscono

sulla motivazione al viaggio e se la ricerca di novità e

cambiamento possono talvolta accomunarli, le

caratteristiche della destinazione che un pellegrino sceglie,

dalla quale è chiamato o alla quale è tenuto a recarsi

hanno sempre una relazione vivente con la trascendenza e

col mondo sovrasensibile.

Illustrazione di Chiara Abastanotti

Dal film Man of God

Dal film The Pilgrimage of Magdalena

Andare e stare

L’umanità è in movimento dalla notte dei tempi. Il

nomadismo e l’erranza sono coesistenti all’umanità stessa.

Le ragioni sono molteplici e abbracciano tutte, in qualche

misura, la sopravvivenza fisica, morale o spirituale.

Accaparrarsi migliori e più adeguate risorse, cercare

territori più ospitali, fuggire da condizioni insostenibili,

recarsi in luoghi dove riunirsi nella comune fede o dove

creare nuovi nuclei di socialità sono solo alcuni esempi dei

motivi della mobilità umana nello spazio. Tali spostamenti

si compiono da soli o in compagnia, organizzati o

completamente improvvisati, in tempi moderni affidandosi

all’intermediazione di agenzie e professionisti, online

oppure offline. Gli spostamenti avvengono però anche

sotto costrizione, quando l’incolumità è a rischio e da dove

organizzazioni politiche, militari o paramilitari forzano

percorsi e viaggi, molto spesso, di massa.

Alla mobilità fa eco la stanzialità ovvero il bisogno di

dimorare in un certo luogo, abitarlo e dargli senso. Anche

la stanzialità è tipicamente umana e probabilmente in

alcuni dei suoi esiti passati e odierni è ciò che ci differenzia

dagli altri animali non umani. La coltivazione della terra, la

decorazione o l’assetto funzionale degli ambienti di vita

plasmano gli spazi aperti o quelli chiusi. Nello stare è

possibile prendersi cura e condividere fra simili un

progetto che si estende ai membri del clan o della famiglia,

a piccole o a grandi comunità, a intere società, ma sempre

più al mondo intero con l’avvento della globalizzazione e

della connessione senza sosta..

di Giovanna Rech

IL TEMA DELL'ANNO


I FILM A SOGGETTO

4

TESTIMONIANZE DI FEDE

Vite straordinarie

di Katia Malatesta

Il viaggio come metafora dell’esistenza, nel

senso ovvio del suo fluire dalla nascita verso la

morte, ma anche in quanto archetipo di

percorsi segnati da tappe, ostacoli, incidenti,

traguardi: esperienze che ci mettono alla prova

e ci trasformano, struttura e linfa di ogni

sceneggiatura. Dall’altra parte, non meno in

evidenza, lo stare, tra confinamento, prigionia,

ritiro spirituale, contemplazione. Sono gli

ingredienti di tre film in concorso accomunati

anche dallo staordinario carisma dei tre

protagonisti, altrettante figure storiche di

diverse religioni e confessioni, e dalle difficoltà

e rinunce che ciascuno di loro ha dovuto

superare prima del definitivo riconoscimento

da parte della propria chiesa. Senza

dimenticare il forte accento posto sulla

dimensione generativa dell’educazione, contro

ogni deriva esclusiva e radicale.

È Chiara Lubich – L’amore vince tutto il titolo

scelto per la serata di apertura del 24° Religion

Today Film Festival, mercoledì 22 settembre

alle ore 21 presso il Supercinema Vittoria di

Trento. La proiezione cade a pochi mesi dalle

celebrazioni del centenario della nascita della

fondatrice del Movimento dei Focolari e nella

sua città, che il film - una coproduzione di Rai

Fiction con Eliseo Multimedia, con la

collaborazione di Trentino Film Commission e il

sostegno della Fondazione Museo storico del

Trentino - racconta con ampiezza, com’era negli

anni della giovinezza di Chiara. Il tv movie di

Giacomo Campiotti rievoca gli scenari terribili

della guerra e dei bombardamenti del 1943,

quando la giovane maestra, interpretata da

Cristiana Capotondi, cerca disperatamente di

dare un senso all’orrore della storia e sceglie di

vivere concretamente il Vangelo per la

realizzazione del testamento di Gesù: “che tutti

siano uno”.

Chiara Lubich - ph. M. Bellucci e F. Di Benedetto

Una decisione, condivisa con un gruppo di

amiche, che le attira anche incomprensioni e

accuse, fino alla convocazione in Vaticano, dove

sarà interrogata dal Sant’Uffizio.,

La scelta di concentrarsi sugli anni trentini e

sulla prova più difficile, quando a Chiara fu

chiesto di allontanarsi dalla responsabilità del

Movimento, sottolinea l’importanza della storia

delle origini di un messaggio di fratellanza

universale che ha segnato la storia del ‘900.

Giovedì 23 settembre alle ore 21, al Teatro San

Marco, il trittico prosegue con Man of God, di

Yelena Popovic, che ripercorre le coerenti

scelte di vita di San Nectarios di Egina (1846-

1920), prelato, pastore e educatore della chiesa

ortodossa, celebrandone il pensiero, la

predicazione, l’umiltà, a fronte dell’esilio

ingiusto, della condanna senza processo, delle

molte calunnie, dei giochi di potere di cui fu più

volte vittima, anche dopo il ritiro nel monastero

della SS. Trinità a Egina, da lui fondato su

richiesta di un gruppo di suore.

Il film, prodotto negli Stati Uniti e girato in

Grecia, vede Aris Servetalis nei panni del

metropolita e la partecipazione di Mickey

Rourke nel ruolo del sofferente che con lui

condivide l’ultima camera d’ospedale.

Yelena Popovic si confronta direttamente con

la sfida della rappresentazione del miracolo,

ma rifugge gli eccessi agiografici.

«Oggi molti gridano alla giustizia e molti

potranno identificarsi con San Nectarios –

dichiara la regista, che del santo ha inteso dare

un ritratto molto umano. – Ognuno di noi vive

la propria lotta personale. La vittoria più grande

è quella che otteniamo dentro di noi. La sua è

una storia universale.»

La terza proposta, ancora al Teatro San Marco

nella seconda serata di venerdì 24, alle ore

22.30, ci porta nella regione uzbeka di

Turakurgan, per un fluviale dramma in costume

sullo sfondo dei rivolgimenti politici che

interessarono il Turkestan russo tra la fine del

XIX e l'inizio del XX secolo.

Le prime scene di Ibrat, di Djakhangir Kasymov,

ci presentano un giovane musulmano che con i

suoi risparmi apre una scuola per elevare il

livello delle conoscenze con lezioni gratuite e

nuovi metodi di insegnamento. Presto il suo

impegno di intellettuale progressista viene

avvertito come una minaccia dai religiosi più

conservatori. Inizia così il lungo viaggio di

Iskhakkhan Ibrat, che parte alla volta della

Mecca per eseguire l’Hajj. Il desiderio di sapere

lo spinge fino in Occidente, ma Ibrat non

dimentica mai la sua vocazione, che è quella di

contribuire all’istruzione della sua gente. Un

servizio che sullo schermo si conclude

poeticamente nel rigido inverno del regime

sovietico, con l’ultima, dolorosa partenza,

epilogo di una vita degna e illuminata.

RIVISITAZIONI

Esau, una storia senza tempo

di Miriam Padovani

"Ogni cosa nel mondo è il risultato di una

catena spezzata di cause ed effetti. A volte il

grido di un gabbiano a Capo Cod affonda una

nave nel canale della Manica. E a volte una

campana russa a Gerusalemme provoca la

nascita di gemelli ebrei”.

Con un cast che vanta, tra gli altri, Harvey Keitel

e Shira Haas (Shtisel, Unorthodox), Esau, in

programma martedì 28 settembre, alle ore

20.45, al Teatro San Marco, nell’ambito della

consolidata collaborazione con il Cineforum, è

un film che “rivela l'anima ebraica”, come si è

espresso il regista russo Pavel Lungin, palma

d’oro al Festival di Cannes del 1990. La

sceneggiatura è tratta dal romanzo omonimo

dello scrittore israeliano Meir Shalev, che

ripropone in chiave moderna la storia biblica

senza tempo dei fratelli gemelli Giacobbe ed

Esaù.

Come nella Genesi, dove Giacobbe sottrae la

primogenitura ad Esaù per un piatto di

lenticchie, così nel film Jacob la ottiene in

cambio di un paio di occhiali che servono ad

Esau per ammirare la ragazza più bella del

villaggio. Ben presto Esau si troverà non solo

senza primogenitura, ma anche senza la bella

Leah che andrà in sposa al fratello. Vent'anni

dopo ritroviamo Esau negli Stati Uniti, dove si è

imposto come scrittore.

Dopo un'insolita telefonata, decide di tornare a

casa. Qui è costretto a fare i conti con la

famiglia, che aveva lasciato molto tempo prima

ferito e arrabbiato, e con il suo passato.

È la storia di un ritorno, la storia di un grande

amore, ma soprattutto è la storia di due fratelli

che fino alla fine, nonostante tutto quello che

hanno vissuto e che si sono fatti a vicenda, non

riescono a non volersi bene.


5

----- REC • RELIGIONI E CINEMA / N°1 / ANNO XII / SETTEMBRE 2021

RELIGION TODAY FILM FESTIVAL www.religionfilm.com

CINEMA E DIRITTI UMANI

Medio Oriente, tra documento e poesia

di Katia Malatesta

Da sempre l’immagine e la narrazione giocano un ruolo

fondamentale nella formazione della consapevolezza sui

diritti umani, che rischiano di rimanere concetti astratti e

unidimensionali in mancanza di forme concrete di

rappresentazione. Per questo, nel tempo, il cinema si è

accreditato come strumento di primaria importanza per

un’ampia diffusione del discorso sui diritti e le loro

violazioni. Nel 1988, la fondazione dello Human Rights

Watch International Film Festival ha dato avvio

all’espansione globale di una rete di decine di rassegne

specializzate, rilanciando l’efficacia del film come mezzo di

denuncia, informazione, sensibilizzazione. Nasce da queste

premesse l’ormai decennale collaborazione del Festival con

il Forum trentino per la pace e i diritti umani, che in sala

partecipa alla presentazione e commento dei titoli a tema.

Tra questi, l’edizione 2021 conta tre film a soggetto, in

programma al Teatro San Marco di Trento, che

attraversano storia e presente della regione mediorientale.

Si comincia domenica 26 settembre, alle ore 21.30, con la

crudele dolcezza di Neighbours, del regista curdo-svizzero

Mano Khalil. Il film, ambientato in un villaggio al confine

turco-siriano all’inizio degli anni ‘80 del secolo scorso,

racconta l’assurdità della guerra attraverso gli occhi del

piccolo Sero, un bambino curdo di sei anni, cresciuto in un

microcosmo di pacifica convivenza che include con

naturalezza i vicini ebrei. Tutto cambia quando sua madre

muore per un proiettile sparato da un soldato di frontiera,

mentre il nuovo maestro arabo inviato da Damasco

sottopone la classe di Sero ad un grottesco

indottrinamento nazionalista e antisemita. Khalil tratteggia

con note feroci la fosca china della radicalizzazione, ma

Neighbours – Vicini – conserva un soffio felliniano che

impedisce all’amarezza di prendere il sopravvento.

PILLOLE DI FESTIVAL

Un tema difficile, un contesto che non lo rende più facile, al

regista ma anche allo spettatore. A diversi anni da Amour di

Haneke e nello stesso anno in cui a Venezia François Ozon

presenta Tutto è andato bene, il regista messicano José Luis

Isoard Arrubarrena racconta con Father Pablo, in

programma sabato 25 settembre, alle 17.30, al Teatro San

Marco, il (mancato) rapporto fra il giovane sacerdote Pablo

e il padre, che si ritrovano, dopo essersi persi forse anche

per la scelta di vita del figlio, sul letto di morte del vecchio.

Pablo è costretto ad abbandonare la sua vita protetta e

controllata, e tornare nei luoghi della sua infanzia dove

trova ricordi, la domestica che lo ha cresciuto e che ora si

prende cura del padre morente, cugini e amici che con

poca delicatezza lo costringono a confrontarsi con una vita

e dei rapporti umani che non gli appartengono più. Il

padre, non più autosufficiente, disgustato dalla sua

condizione, stanco di costringere la domestica Esmeralda

ad accudirlo, le chiede di aiutarlo a morire, e lei può farlo,

forse, con l'assoluzione di un prete, ma non uno

qualunque, deve essere Pablo. Lo spettatore accompagna

Pablo, fra silenzi, sguardi obliqui e dialoghi che sanno di

discussioni lasciate in sospeso e riprese dopo anni di

lontananza. La scelta di Pablo forse non è così importante,

forse quello che conta è imparare a confrontarsi con la vita

in tutta la sua pienezza.

di Simone Semprini

Dal film Neighbours

Nel lungometraggio turco Omar and Us di Maryna Er

Gorbach & Mehmet Bahadir Er, in programma lunedì 27

settembre alle ore 18.00, il tema sempre bruciante delle

migrazioni trova rappresentazione nella storia di Ismet, ex

comandante della guardia costiera turca, appena andato in

pensione, e del suo incontro con Omar e sua sorella

Mariye, due profughi siriani – interpretati da veri rifugiati –

che cercano di raggiungere l’Europa attraverso la Turchia e

la Grecia. L’incontro metterà gradualmente in discussione

la rigida contrapposizione tra “noi e loro” rivelando le

condizioni per un dialogo tra differenze religiose e

nazionali.

Martedì 28 settembre, alle ore 17.30, l’intersezione con il

Cineforum San Marco propone infine l'eco 'neorealista' di

The Blue Girl di Keivan Majidi, produzione iraniana che con

forte taglio documentaristico e attori non professionisti ci

porta in un remoto villaggio tra le cime rocciose del

Kurdistan, dove tutti seguono con passione i mondiali di

calcio, e bambine e bambini decidono di spianare un

pendio di montagna, unendo le forze per creare il loro

campo da gioco. Lo sport torna metafora di un sentimento

di unità che attraversa barriere e confini; ma brucia il

ricordo della Blue Girl, la tifosa morta suicida diventata

simbolo della lotta per i diritti delle donne in Iran.

Una tersa parabola sull’amore di una madre che travalica

qalunque ostacolo, supera qualsiasi frontiera e riesce a

risvegliare il lato migliore anche nelle persone più indurite.

Un dramma di guerra, il lungometraggio ucraino del regista

Zaza Buadze Mother of Apostles è basato su fatti

realmente accaduti nel 2014, durante la guerra in Ucraina,

non ancora terminata. Il film è in programma domenica 26

settembre alle ore 18.00 al Teatro San Marco. Saranno

presenti il regista e il produttore della pellicola.

In Mother of Apostles viene mostrato agli spettatori il lato più

tragico di un conflitto bellico. La crudezza della natura e le

rovine delle città riflettono i tratti interiori dei dominatori di

quelle terre. Lungo il viaggio che la madre compie alla

ricerca del figlio si scorgono segni distintivi del popolo

ucraino, tra cui la forte religiosità. Chiari i riferimenti mariani

per una figura che da madre di un pilota diventa la madre di

tutti. E il lamento profondo dell'animo ritorna nella litania di

un canto tradizionale ucraino. Dedicato a tutte le persone

che sono morte difendendo la propria terra.

di Olha Vozna

SEGNALAZIONI


I CORTOMETRAGGI

6

DIVERSITÀ

Sotto il velo

di Sanà Sadouni Breigheche

Diversity, di Martina Huismann e Marc Eggers,

ci racconta un’esperienza di diversità che

pensiamo di conoscere, per poi svelarci con un

finale a sorpresa che il nostro tentativo di

incasellare la protagonista è fallito

miseramente. Nella società dove la dignità

umana è inviolabile e la libertà di espressione

un caposaldo, una ragazza dall’identità

sconosciuta ci dice di non sentirsi libera, come

è possibile? Il cortometraggio, in programma

nelle matinée per le scuole del Festival, invita

ad avvicinarci a lei, a guardare più da vicino,

senza decidere a priori il suo destino. All’inizio

siamo trasportati nella routine mattutina della

protagonista e abbiamo già deciso la sua

identità, probabilmente pensiamo di avere gli

strumenti per capirlo, ci aspettiamo che lei sia

quello che abbiamo pensato, non può essere

altro.

Quel che più colpisce di questo corto è la

facilità con cui lo spettatore si avvicina alla

storia della protagonista senza alcuno sforzo di

immedesimazione, un avvicinamento che nella

nostra quotidianità non saremmo costretti a

vivere, o che forse non vorremmo vivere.

Colpisce ancora di più il finale che invece di

lasciarci con un’espressione di scetticismo

stampata sul viso ci lascia con un sorriso: è la

forza dell’esperienza umana e della

condivisione che apre dentro ognuno di noi la

voglia di scoprire, di capire chi abbiamo di

fronte con uno sguardo di curiosità e di

rispetto. L’esperienza umana ci coglie

impreparati e ci lascia piacevolmente sopresi di

aver reso nostra uno storia che incontrata per

strada avremmo deciso che non faceva per noi,

che non ci riguardava. La storia della nostra

protagonista è la storia di tante ragazze in Italia

e in Europa che attraverso il loro essere libere

ci raccontano una religiosità diversa in una

maniera disarmante, liberandoci dal fardello

del pregiudizio. Nello scrivere queste righe

penso alla mia storia di ragazza musulmana

italiana e a come effettivamente l’unico modo

per raccontare chi sono non avviene attraverso

grandi discorsi sulla teologia, o sul mio essere

una ragazza culturalmente italiana ma di fede

non cattolica; avviene invece attraverso

un’esperienza di libertà che mi porta a ricoprire

ruoli che forse da una donna velata non ci

aspettiamo. Ma come a tutti, anche a me il

finale del corto lascia un sorriso di stupore, a

dimostrazione che l’identità religiosa, vissuta

con libertà, è una piacevole sorpresa anche per

chi si considera un esperto di diversità.

Dal film Diversity

SE LA MIA IDENTITÀ NON È

'PROFESSIONALE'

Stereotipi e discriminazione

di Clizia Mistretta

La storia, scritta da Chibundu Onuzu e Joan

Iyiola, scrittrice nigeriana la prima, attrice e

sceneggiatrice britannico-nigeriana la seconda,

è diretta da Ethosheia Hylton, originale e

talentuosa regista emergente britannica, la cui

produzione è stata premiata all'American Black

Film Festival 2020. Dọlápọ̀ Is Fine (UK, 2020,

15’) è l'ultimo dei suoi lavori, che verrà

presentato al Teatro Don Bosco di Pergine

Valsugana sabato 25 settembre alle ore 20.30.

Quella in cui ci immergiamo è una potente

narrazione di una giovane donna nera che sta

per lasciare il suo collegio inglese per entrare

nel mondo del lavoro. In una scuola che si

vanta di abbracciare le diversità, Dọlápọ̀

subisce la pressione di doversi assimilare alla

cultura bianca dominante, vedendosi costretta

a slegarsi da qualsiasi legame con la propria.

La contraddizione, che avvolge volutamente

tutta la trama, è evidente da subito nel fatto

che le pressioni provengono principalmente

dalla sua consulente: donna dalle sue stesse

origini che non accetta di rimettere in

discussione se stessa dopo essersi assimilata

completamente alla nuova cultura, al punto di

non mostrare alcuna empatia nei confronti

della stessa Dọlápọ̀. Non solo, una visione più

attenta potrà mostrare la contraddittorietà tra

le parole dette e quelle scritte: "assimilation

first" (assimilazione prima di tutto), sarà

l’ammonimento di Daisy a Dolapò per spiegare

come presentarsi nella City (il centro finanziario

della capitale), mentre "diversity unlimited"

rimane scritto sul cartellino della propria

scrivania. Fin dalle prime immagini del film la

nostra attenzione è portata sull’apparenza e

sulla capigliatura in particolare, cosa che viene

rimarcata anche dai dialoghi iniziali fra la

protagonista e la sua amica: è in questo

momento che conosciamo Dọlápọ̀, anche

attraverso l’invito che fa alla compagna a

focalizzarsi su se stessa e non sull’opinione che

il ragazzo che le piace può avere di lei (“you

need to focus on yourself”). Dọlápọ̀ Is Fine è

una storia di discriminazione e stereotipi, che ci

mostra la crisi identitaria di una giovane donna,

che a partire dalle insicurezze sul proprio nome

si trova alla ricerca del proprio posto nella

società e nel mondo. Dọlápọ̀ accompagna

anche noi, se lo vogliamo, in un percorso di

rimessa in discussione di sé e di ciò in cui

scegliamo di credere.

CHIUNQUE, NESSUNO

Il cinema distopico di Lanthimos

di Mattia Voltolini

Con Nimic (dal rumeno: niente, qualsiasi cosa),

in programma martedì 28 settembre alle 20.45

al Teatro San Marco, ancora una volta il grande

regista greco Yorgos Lanthimos ci porta nel suo

mondo misterioso e grottesco, giocando

magistralmente con una storia di vita

quotidiana resa inquietante e surreale grazie al

sonoro e alle riprese e movimenti di macchina

che caratterizzano il suo cinema visionario.

La musica entra ed esce violentemente nella

scena, scandendo il ritmo e caricando subito

l'atmosfera di tensione e suspense.

Grandangoli, panoramiche, carrellate laterali e

lenti zoom-in seguono un padre di famiglia (un

sempre ottimo Matt Dillon, pienamente in

parte), che durante un giorno qualunque della

sua vita perfettamente scandita da un trantran

sempre uguale si imbatte in una sconosciuta,

incontrata sulla metropolitana, che poco a

poco prende il suo posto. La donna lo

sostituisce come marito, come padre e infine

come elemento dell’orchestra in cui suonava, e

seppur dopo un primo momento di

spaesamento da parte dei figli, che rifiutano di

farsi giudici di chi sia il loro vero padre, lo

scambio viene “ufficializzato” da un’intima prova

familiare. La moglie, stesa sul letto e bendata,

viene abbracciata prima dal marito e poi dalla

sconosciuta. Il ballo appassionato dei piedi con

la sostituta la proclama come vincitrice.

La vicenda, seppur surreale, fa riflettere sulla

questione dell'identità. Chi siamo noi? Cosa ci

distingue dagli altri? Esiste qualcosa che può

renderci insostituibili? Siamo “solo” il ruolo che

svolgiamo?

Il sistema consumistico in cui viviamo ci

continua a martellare sull’importanza di essere

unici, di distinguerci come indispensabile

premessa del successo, e questa storia mostra

per contrasto la paura più grande dell’individuo

occidentale, rivelando una verità di fondo.

La distopia di Lanthimos mette in dubbio le

nostre certezze intorno agli stessi concetti di sé

e di realtà, così interpretando ansie e tendenze

caratteristiche del cinema del terzo millennio.

Dal film Nimic


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RELIGION TODAY FILM FESTIVAL www.religionfilm.com

L'ISTITUZIONE CHE UCCIDE

Solitudini che vanno oltre la prigione

di Emanuele Pastorino

Fast food, baffo sporco, sguardo triste:

Richard (Oscar Isaac) è il volto comune di un

sogno quando si scontra con la realtà. Una

realtà imperfetta, sciatta, che tratta i desideri e

lo slancio - personale, umano, politico (?) -

come fossero una seccatura, soffocandoli sotto

una cappa dorata di potere, prestigio, forse di

responsabilità.

La premessa di The Letter Room, il

cortometraggio candidato all'Oscar della

regista Elvira Lind, in programma sabato 25

settembre, alle 20, al Bar Terzo Tempo di

Villazzano, è lo squilibrio: tra l’aspirazione e la

burocrazia, tra l’umanità di un singolo e la

disfunzionale disumanità di un’istituzione.

A questi squilibri evidenti si affiancano quelli

che assaltano Richard, “a decent man”, quando

viene trasferito dalla guardia dei detenuti di

una prigione senza nome nella stanza delle

lettere, quella dove passano gli affetti, i

problemi, i bisogni, le speranze e le illusioni di

quegli uomini rinchiusi.

E’ l'umanità - in ogni sua forma, dalla

compassione alla sessualità frustrata - ad

essere messa in crisi da questi squilibri:

empatia, immedesimazione, trasporto emotivo,

senso civico. Aspetti che, in un sistema mondo

che costantemente li nega, generano

frustrazione, solitudine, abbandono.

Richard è solo ma il suo viaggio è accompagnato

da altri tre volti dell’umanità che il

sistema carcerario americano - ogni sistema

carcerario, nella realtà - schiaccia nel momento

in cui è pensato come strumento banalmente

punitivo. William è nel braccio della morte,

legge libri e scherza con le guardie. Cris è due

celle più in là, è silenzioso, non mangia. Rosita è

fuori, la voce che rompe l’equilibrio mediocre

che Richard ha costruito.

I personaggi sono spaccati diversi di un prisma

con moltissime facce ancora – le altre guardie

che non condividono l’empatia di Richard, la

direttrice che è l’istituzione, sciatta e senza

nome. Accompagnano l’osservatore: per

mezz’ora, l’insieme improbabile di queste vite –

di cui sappiamo pochissimo, pur intuendo tutto

– esce fuori dallo schema classico di molti film

sulle carceri americane. E allora è la felicità –

illusoria, rassicurante, di passaggio – che

diventa il centro dell’azione: di Richard, per

uscire dalla mediocrità della sua vita; di Rosita,

per stare accanto a Cris, la persona che ama,

nonostante il mondo sia andato avanti senza di

lui “e senza di me”; di William, che cerca una

rassicurazione per tutto il percorso.

I MISERABILI

Sullo schermo la spiritualità di Tolstoj

di Marianna Beltrami

Il suggestivo adattamento di una poesia di Victor

Hugo successivamente rivisitata da Tolstoj offre

allo spettatore un quarto d’ora di rara intensità

emotiva, cinematografica e spirituale.

ABBANDONATI

Le conseguenze della guerra

di Mattia Voltolini

Luci fredde, riprese statiche ed un sonoro

realistico fanno immergere lo spettatore in

un’atmosfera carica di tensione e tristezza,

specchio di una routine che rende accettabile

qualsiasi cosa. Anche il fatto che Brahim debba

passare tutto il suo tempo libero ad accudire il

fratello Mehdi, reduce di guerra, colpito al

cervello da una pallottola, sopravvissuto ma

con gravi conseguenze psichiche.

Nel cortometraggio Big Guy, di di Hicham e

Samir Harrag, in programma giovedì 23

settembre a Lavarone, sembra che Mehdi,

durante la colazione, stia guidando un assalto

in prima linea. Le sue mani si muovono veloci, i

gesti seguono una sequenza precisa che solo

lui conosce, infine alza il braccio per segnalare

ai compagni che il campo è libero.

La storia ci mostra gli effetti psicologici della

guerra, che non solo può uccidere, ma può

creare nuove quotidianità distruttive, non solo

per il ferito ma anche e soprattutto per le

persone che lo accudiscono. La guerra ha

sempre fame, deve cibarsi continuamente di

soldati, altrimenti morirebbe. Per questo trova

tutti i modi possibili per farsi sembrare bella,

necessaria, magari vendendo un sogno di

gloria, o una pensione militare.

Ma il cortometraggio fa riflettere anche sul

sistema assistenziale delle persone non

autosufficienti.

Con uno stile lento e contemplativo, e immagini

dalla fotografia pensata ed incisiva, la regista

Lolita Naranovich in The Poor People, in

programma lunedì 27 settembre alle 20.30 al

Teatro San Marco, mette in scena quella che

risulta essere una preghiera continua, o meglio

ancora diverse preghiere stratificate l’una

sull’altra. E non del tutto immediate: oltre alla

preghiera diretta fatta di fronte ad un’icona che

sembra sempre essere troppo distante, la

storia, attraverso le sue immagini suggestive, la

sua musica e la recitazione delicata, presenta

quasi un continuo Padre Nostro,un “dacci oggi

il nostro pane quotidiano” che è presente come

grido già dalla ninna nanna cantata dolcemente

dalla madre. Ed è anche una lunga preghiera

piena di simbolismo spirituale: dal pane alla

tempesta, i pesci, la richiesta di aiuto, l’attesa, la

paura, la promessa del ritorno, le travolgenti

immagini dell’acqua, le reti, la vita e il miracolo,

per poi culminare nella fotografia che, da

immagini dense di contrasti intensi e

movimenti ritmati, sfocia in una risoluzione di

luce e brezza leggera.

Grazie a The Poor People il pubblico avrà la

preziosa occasione di poter apprezzare una

storia dall’inconfondibile stampo tolstoiano

nella sua sensibilità spirituale, con una regia

fondata nell’oggi, che ci parla attraverso scambi

di colori quasi familiari e musica che anticipa,

trasporta, che fa paura e che segna i respiri. Un

piccolo attimo di riflessione sulla povertà,

l’attesa e le scelte compiute insieme.

Brahim sembra lasciato solo, il peso di essere

responsabile di Mehdi aumenta ogni giorno di

più. Spesso deve lasciare il lavoro perché il

fratello ha combinato qualche guaio. Mehdi è

ridotto così perché ha difeso il suo paese, e ora

il suo paese lo tratta come un rifiuto. Solo i

bambini sembrano capirlo veramente.

La guerra è distruttiva, e lo è perché ti fa

costringe a scelte che mai avresti voluto dover

prendere. Come succede a Brahim, che ha la

possibilità di affidare il fratello ad un istituto,

un’opzione che vede come un tradimento. E a

chi non sembrerebbe tale? Ma se la nostra vita

si risolvesse in un alternarsi di lavoro e

"accompagnamento" , forse anche noi

penseremmo, anche solo per un attimo, di

affidare nostro fratello ad un centro di salute

mentale.

La questione che pone il film è proprio questa,

come prendersi cura degli altri? Forse esiste

una terza via, che il film accenna quando la

vicina di casa, che accudisce Mehdi, dopo un

attacco di panico lo tiene a casa sua. In

contrasto con l’estrema frammentazione di una

società di individui lasciati soli con i propri

fardelli, la terza via potrebbe essere una

comunità di persone che si aiutano, che

scambiano solidarietà e che risolvono i conflitti

in modo pacifico.


I DOCUMENTARI

8

SIAMO TUTTI DEI VIANDANTI?

Vecchie e nuove forme del pellegrinaggio

di Marco Guglielmi, Matteo Gabriel Pouli

Il tema del viaggio e nello specifico del

pellegrinaggio, che è al centro di questa

edizione del Festival, trova interessanti

declinazioni nella selezione dei 30 documentari

in concorso. Abbiamo deciso in particolare di

recensirne tre che, sebbene molto differenti per

le vicende raccontate, sembrano collocare le

storie dei pellegrini e la genesi dei loro

pellegrinaggi su uno sfondo comune. Nelle

pellicole, la categoria del pellegrinaggio appare

contraddistinta da confini sfumati e inclusivi,

rivelandosi come un fenomeno sociale antico

quanto attuale, capace grazie alle sue molteplici

forme di far luce sul rapporto tra secolare e

religioso.

La forma di pellegrinaggio più consueta è

affrontata nell’opera Homo Peregrinus di

Andrzej Święch, in programma giovedì 23

settembre alle ore 17.00 al Teatro San Marco, in

apertura della sezione “Viaggio e pellegrinaggio”.

Il film racconta il cammino di un gruppo di

pellegrini polacchi dalla città di Gdynia al

santuario cattolico ubicato a Częstochowa. Tale

pellegrinaggio avviene ogni anno tra luglio e

agosto, e percorre un tragitto di circa 550 km

attraverso l’intera Polonia. In questi 18 giorni di

cammino, il pellegrino si affida all’ospitalità degli

abitanti che incontra lungo la strada,

ricompensandoli con le proprie preghiere. Il

documentario cerca perciò di fare luce sia sul

più generale fenomeno del pellegrinaggio

collettivo, sia sulle figura dell’homo peregrinus.

Le testimonianze dei pellegrini, soprattutto

ragazzi e ragazze, mostrano che la decisione di

intraprendere il cammino, per quanto talvolta

dubbiosa e sofferta, si sia trasformata ben

presto in un’espressione della propria

autenticità: essa li ha aiutati a ri-guadagnare

una dimensione più vera nella fede e del

proprio credo. Più si procede con il

documentario, più sembra crescere tra i

partecipanti la consapevolezza che l’homo

peregrinus è colui che incontra Dio nella

relazione con il prossimo lungo il cammino e

nella fatica all’interno di questa esperienza di

fede.

Sebbene a prima vista non sembri trattare la

storia di un pellegrinaggio, il docufilm

statunitense The Return of Elder Pingree -

Memoir of a Departed Mormon di Geoff

Pingree, programmato per mercoledì 29

settembre alle ore 18.00, sempre al Teatro San

Marco, ne racconta un caso eclatante quanto

personale. L’opera segue il ritorno del regista,

ex praticante e dirigente mormone, in

Guatemala ben 24 anni dopo la sua prima visita

come missionario. Questa visita nel paese

latino-americano assume i tratti di un

pellegrinaggio individuale che l’ex missionario

compie presso tutte le persone a cui aveva

insegnato i dogmi della fede e che talvolta aveva

persino battezzato. In particolare, tali incontri di

Pingree sono preceduti dal dubbio di non

essere riconosciuto dagli autoctoni mormoni, e

dal timore di essere giudicato per la propria

nuova vita. Più il protagonista avanza nel suo

cammino, più appare chiaro che l’obiettivo del

suo pellegrinaggio è quello di riconciliarsi con il

proprio passato. Tale viaggio diviene anche

l’occasione per ri-comprendere la storia

tormentata di questo paese. Con uno sguardo

retrospettivo, infatti, il protagonista può ora

intravedere quella sua ingenuità di giovane

missionario proveniente da una nazione

benestante: convinto di aiutare una nazione

povera con un messaggio religioso, ne ignorava

completamente il clima politico violento e

repressivo.

Infine, una forma di pellegrinaggio più moderna

è quella raccontata nel documentario The Tour

of Dreams di Madis Ligema e Taavi Arus, che

sarà presentato giovedì 23 settembre, ore

18.45, al Cinema Modena di Trento. In questa

opera la band estone Robirrohi, impegnata nella

musica bluegrass e nella diffusione di un

messaggio cristiano, desidera ardentemente

intraprendere un tour negli Stati Uniti d’America.

In madrepatria, la band deve confrontarsi con

uno dei paesi europei maggiormente

secolarizzati in Europa, dove tra l’altro la loro

musica è relegata a uno status marginale.

Pertanto, i componenti del gruppo ambiscono

a un tour statunitense, sia per ritornare nelle

terre dove la musica bluegrass è nata, sia per

cercare di esprimere al meglio la loro

dimensione spirituale. Difatti, tutti i membri

della band vivono in maniera intensa la propria

fede, coniugandola ed esprimendola attraverso

la loro grande passione per la musica. In tale

scenario, il rapporto dei Robirohi con gli Stati

Uniti sembra per certi versi simile a quello di un

pellegrino con la meta del suo cammino: il

Tennessee, la culla della musica bluegrass,

appare come la loro Gerusalemme, luogo di

elezione per vivere in maniera profonda e

condivisa la propria cristianità.

In conclusione, alla luce delle diverse sensibilità

culturali e religiose emerse nelle tre opere, il

pellegrinaggio è apparso come una categoria

sfaccettata e plurale, non identificabile

necessariamente nella sua concezione più

tradizionale (come ad esempio quella di pratica

devozionale o di cammino confessionale verso

un dato luogo di culto), bensì all’interno di un

senso più ampio e differenziato.

Nelle sue molteplici forme, questo fenomeno

sociale si è rivelato come un'esperienza

esistenziale di natura transitoria, capace di

privare il protagonista delle sue certezze

abituali e di mettere in luce alcune intersezioni

tra aspetti secolari e religiosi. Accettando la

sfida di “farsi cammino”, il protagonista accoglie

una messa in discussione della propria identità

personale, motivato dalla promessa di trovarne

una più autentica alla fine di questo viaggio.

Dal film Homo Peregrinus

Dal film The Tour of Dreams


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----- REC • RELIGIONI E CINEMA / N°1 / ANNO XII / SETTEMBRE 2021

RELIGION TODAY FILM FESTIVAL www.religionfilm.com

SPECIALE AFGHANISTAN

Vent'anni dopo

di Katia Malatesta

Venti anni fa, l’attacco alle Torri Gemelle cambiava

profondamente le priorità dell’Occidente e le relazioni

internazionali. Quell’evento spartiacque segnò anche il

percorso di Religion Today, in un contesto in cui il dialogo

tra le religioni assurgeva all’attenzione come unica via

d’uscita dalla logica funesta dello “scontro di civiltà”.

Da quel trauma epocale, il 7 ottobre 2001, prendeva

origine anche la guerra più lunga combattuta dagli Stati

Uniti d’America. Da allora, il conflitto in Afghanistan è

costato agli USA 2.300 miliardi dollari e ha provocato circa

240mila vittime, tra cui 3.600 militari della coalizione

internazionale (di cui 53 italiani) e 70.000 soldati afghani;

oltre 5.000 i civili uccisi solo nei primi sei mesi del 2021.

Con la partenza dell’ultimo aereo USA da Kabul, il conflitto

è oggi, finalmente, concluso. Come nel caso dell’Iraq, della

Siria, della Libia, la guerra non ha portato diritti e

democrazia. L’invasione dell’Afghanistan ha innescato un

costante, ingente flusso migratorio e lasciato un paese

tragicamente impoverito, dove 7 persone su 10 vivono con

meno di un euro al giorno. Oggi, la fine ingloriosa della

presenza occidentale nel Paese coincide con il ritorno al

potere dei Talebani, in drammatico contrasto con le attese

di una transizione annunciata come ‘naturale’. Il nuovo

governo ha preso immediatamente di mira i diritti

faticosamente conquistati dalla popolazione e soprattutto

dalle donne afghane. Ma indignarsi – ipocritamente – non

basta. Occorre trasformare l’emozione in sostegno

concreto alle forze democratiche cresciute nel Paese.

Si è sviluppata su questi binari, nella data simbolica dell’11

settembre, la serata Vent'anni dopo, vent'anni indietro

organizzata presso la Campana dei Caduti di Rovereto da

Associazione BiancoNero e Forum trentino per la pace e i

diritti umani nell’ambito del percorso di avvicinamento alla

24° edizione di Religion Today. un forte appello alla

responsabilità, che ci chiama a sostenere attivamente il

popolo afghano in questo difficile passaggio.

Al Festival la riflessione proseguirà fin dall'apertura,

mercoledì 22 settembre, alle 18.30, al Castello del

Buonconsiglio, con la presenza dell’attivista afghana Zahra

Ahmadi, mentre giovedì 23, alle 20.30, la Tenda di Abramo

in piazza Fiera accoglierà la presentazione del libro di

Giuseppe Caridi Afghanistan – Viaggio nel cuore di un popolo

straordinario. Nella stessa giornata, alle 17.30 al al Cinema

Modena, il programma cinematografico propone inoltre

una coppia di titoli che concorrono ad una più ampia

comprensione della condizione femminile nella regione.

Nel cortometraggio iraniano Before Darkness di Mosayeb

Hanaei, una donna in fuga dall’Afghanistan nasconde il

figlio neonato in una borsa per portarlo oltre il confine

iraniano. Un tragico specchio del dramma che in queste

ore torna a colpire le donne afghane: abbiamo negli occhi

le immagini delle madri disperate che all'aeroporto di

Kabul consegnavano i loro bambini senza futuro nelle mani

di soldati stranieri, con la preghiera di portarli in salvo.

Nel documentario slovacco Orchestra From the Land of

Silence, di Lucia Kasova, seguiamo invece le giovani

musiciste della prima orchestra femminile afgana, Zohra,

nella loro realtà quotidiana in Afghanistan e nel loro

incontro con la società europea in occasione di un tour

oltre confine.Una storia che rilancia la necessità pressante

di agire anche a livello locale, nazionale e europeo,

fermando i rimpatri e adottando politiche di accoglienza e

riconoscimento dei diritti dei profughi afghani.

Dal film Before Darkness

Cinema e ambiente

Con l’edizione 2020, Earth I Care – Custodi della Terra,

Religion Today ha abbracciato convintamente la visione di

una società della cura di tutta la vita, intrecciando la lezione

della pandemia con il monito dei movimenti giovanili sui

temi del clima e dell’ambiente.

Il senso ritrovato del limite e di un ritorno alla natura

mediato attraverso molteplici cosmologie, visioni, culture

indigene percorre anche quest’anno vari titoli in concorso,

come l’intenso documentario colombiano Between Fire

and Water di Viviana Gómez Echeverry, storia di un

giovane alla ricerca della propria identità e notevole ritratto

di una comunità solidale che preserva con ponderatezza

valori e rituali antichi (giovedì 23 settembre alle ore 21 al

cinema Modena di Trento).

Ma è soprattutto il lungometraggio kirghiso Shambala, in

programma lunedì 27 settembre alle ore 20.45 al Teatro

San Marco, a ricordarci che quando un filo d’erba viene

strappato, l’intero universo trema.

Liberamente tratto dal romanzo di Chingiz Aitmatov La

nave bianca, il film, di Artyk Suyundukov, prende il nome dal

piccolo protagonista, un bambino di sette anni che porta

luce alle persone che gli sono vicine: in kirghiso, non a caso,

“Sham” indica la candela e “bala” significa “ragazzo”. Ma

Shambala è anche il regno spirituale, invisibile agli occhi

umani, che simboleggia la vittoria della saggezza e della

spiritualità sull’ignoranza e sull’egoismo.

Suyundukov, che ha coltivato il progetto del film per oltre

40 anni, sviluppa queste premesse con sensibilità

aggiornata sulle preoccupazioni e le sfide del 21° secolo.

La storia, ambientata nell’odierno Kirghizistan, si svolge

all’ombra della favolosa foresta da sempre sacra agli occhi

di Nonno Momun; arriva al cuore la scena in cui il vecchio

chiede il permesso di abbattere un albero allo Spirito della

foresta. Ma l’innocenza edenica di Shambala sarà turbata

dai conflitti degli adulti e dall’invasione brutale di una

modernità senz’anima, in sintonia con la consapevolezza

dell’urgenza di un cambiamento profondo nel modo di

rapportarci all’ambiente e con la denuncia di una falsa idea

di civiltà e di progresso che si interseca con la condizione

diffusa di disorientamento morale e valoriale.

Tra antiche saghe, leggende, potenti metafore visive, la

regia di Suyundukov trasmette la storia con una semplicità

meditativa esaltata dalla splendida fotografia e da una

modulata colonna sonora, che alterna i suoni della natura

al rumore dissacrante della macchina. E ci consegna

immense visioni di cielo e della montagna, testimone

silente dell’eterna lotta tra la luce e il buio.

di Katia Malatesta

TEMI E PERCORSI


NON SOLO CINEMA

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INTERSEZIONI

Fotografia, libri, musica, teatro

la redazione

Religion Today si conferma palestra di

confronto e di scambio, anche tra i numerosi

linguaggi artistici che nel programma si

alternano e si ibridano per tutta la durata della

manifestazione.

Dal 20 al 25 settembre, in piazza Fiera, sarà

allestita la Tenda di Abramo, che sarà luogo

aperto di incontro e di eventi. Ospiterà tra

l’altro la mostra fotografica Nei Giardini di Allah,

viaggio tra le oasi del Sahara, a cura della rivista

“Africa”, e lo stand della libreria “Viaggeria”, che

vi si trasferirà per tutta la durata

dell’installazione. Giorno per giorno, i sei

appuntamenti con i Libri del mondo

proporranno altrettanti incontri con autori e

autrici che declinano a proprio modo i temi del

Festival e il filo rosso del viaggio e del

pellegrinaggio. Il grande cinema d’autore sarà a

sua volta protagonista nella serata di venerdì

24 settembre, alle ore 18.00, con la

presentazione del libro di Renato Butera,

docente di Giornalismo e Linguaggi

cinematografici all’Università Pontificia

Salesiana, La morale del deseo. La dimensione

etica dei film di Pedro Almodóvar. Nei film del

maestro spagnolo, infatti, i complessi vissuti dei

protagonisti, in stretta relazione con il contesto

culturale postmoderno, ci parlano di felicità,

libertà e responsabilità, come anche di

solidarietà e compassione: nelle parole di

Butera, “due dei valori più celebrati dal regista

e opposti alla solitudine”, che non ha paura a

considerare come “un male assoluto, alla

stregua della stessa morte”.

Grande risalto avrà la musica, protagonista fin

dalla cerimonia d’apertura al Castello del

Buonconsiglio, mercoledì 22 settembre alle ore

18.30, quando saranno presentati i risultati

della partnership con musicaRivafestival

intorno al progetto “La natura della musica”.

L’iniziativa ha visto la realizzazione di una

masterclass di musica da film tenuta dal

compositore di fama internazionale Carlo

Crivelli, che ha fornito agli studenti

un’esperienza di livello professionale nella

realizzazione concreta di una breve colonna

sonora per un cortometraggio fornito da

Religion Today.

Nella serata di sabato 25 settembre, i più

giovani, ma non solo, potranno seguire il

Festival anche presso il Bar Terzo Tempo a

Villazzano, dove verrà proiettato il corto di

Elvira Lind A Letter Room, candidato all’Oscar

per il miglior cortometraggio, e proposta la

musica coinvolgente di un percorso che conta

"tanti numeri per un solo mondo", nato in

Trentino nel 2020, dopo il primo lungo

lockdown di primavera. Sul lago di Lagolo si

sono incontrati 16 artisti internazionali per

un’esperienza di creatività e condivisione al di

fuori degli schemi. Sotto la direzione di Nana

Motobi della Abe pe show Music house,

l’equipe di produzione e gli artisti, provenienti

da Portogallo, Capo Verde, Gambia, Ghana,

Italia, Sierra Leone, Francia, Germania e Togo

hanno condiviso competenze e sonorità hip

hop, afrobeat, dancehall, elettronica e

strumenti acustici etnici: dal suono del

didgeridoo dell’Australia, al flow dei ghetti di

Lisbona, dalla calda melodia afro al ritmo

frenetico della trap trentina.

Anche la cerimonia di premiazione, mercoledì

29 settembre alle ore 11 a Madonna di

Campiglio, presso il Rifugio Malga Montagnoli,

sarà accompagnata dalla voce e dalla musica

della cantautrice e violinista piemontese

Barbara Monte, che negli ultimi anni ha

lavorato molto anche in Francia, così

arricchendo il suo progetto musicale di nuove

sonorità e collaborazioni.

Il producer Nana Motobi

Nella stessa giornata,, al Teatro San Marco di

Trento, la conclusione del 24°Religion Today è

affidata al teatro, con lo spettacolo La

Commedia in Barca. Di porto in porto per terre e

per acque, co-produzione della compagnia La

Gazza Ladra e Porto Arlecchino.

La Commedia in Barca rievoca l'antica chiatta

del Burchiello che navigava il Canale Brenta da

Venezia fino Padova, ma si allarga ad esplorare

anche nuovi porti fluviali: da Portogruaro a

Pordenone, per poi proseguire con le antiche

vie dell'acqua che dalla Serenissima si

diramavano come vene nell'entroterra,

attraverso tutto il Triveneto fino ai lontani

affluenti del Po, nella bergamasca e in terra

lombarda o sabauda e di lì al resto di Italia e del

mondo. Al posto dei buoi che trainavano

controcorrente l'antico Burchiello sul Brenta,

ora abbiamo il Capocomico Giullare che traina

di persona, come un mulo paziente, la zattera

della compagnia, al ritmo dei canti della

Cortigiana Rizzolina, seguito dal Pantalone

Innamorato che trasporta reti e masserizie.

Ad ogni porto e ad ogni tappa la Commedia in

Barca si ferma, offre il proprio divertente

repertorio di comici casi umani, di uomini e

donne, di servi e padroni, di soldati e capitani,

di giovani e vecchi, di amori e tradimenti, in un

miscuglio di collaborazione e competizione, di

orgoglio e autoironia, di amicizia e condivisione

che con una risata stimola il viaggio della

fantasia e della memoria.

Il regista Pedro Almodóvar

La cantautrice Barbara Monte


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----- REC • RELIGIONI E CINEMA / N°1 / ANNO XII / SETTEMBRE 2021

RELIGION TODAY FILM FESTIVAL www.religionfilm.com

GIURIE E PREMI

Verso il palmarès

la redazione

Anche quest’anno, nel rispetto delle misure anti-contagio, Religion Today sarà

cornice di una fitta sequenza di incontri, con il pubblico e dietro le quinte.

Al concorso cinematografico, il Festival affianca infatti la dimensione di “laboratorio

di convivenza” per operatori ed esperti cinematografici di diverse fedi e

provenienza, che condividono i dibattiti in sala con momenti di riflessione, tempi di

preghiera e di convivialità. Novità della 24a edizione, dedicata al viaggio, è la

proposta concreta di pellegrinaggio che nella giornata di lunedì 27 settembre

partirà da Oies in Val Badia sulle tracce di Josef Freinademetz, missionario in Cina.

Le giornate del Festival rappresentano quindi occasioni di comprensione

reciproca oltre che una piattaforma per scambiare idee e condividere progetti.

Lo stesso spirito caratterizza i lavori della giuria internazionale, chiamata ad

assegnare i riconoscimenti più ambiti dalle crew che partecipano alla

manifestazione. Ne farà parte Elaheh Nobakht, una delle donne pioniere

dell'industria cinematografica iraniana: CEO della International Production and

Distribution Film Company, ELI Image, collabora con partner in Francia, Norvegia e

Germania ed è produttrice e distributrice di film candidati all’Oscar e selezionati

da decine di grandi festival come la Berlinale, IDFA e HotDocs. In giuria siederà

anche Diana Ashimova, direttrice artistica del Bastau International Festival, cofondatrice

di “Kazakhstan Cinema”, consulente del programma internazionale

sull’Asia centrale per Cairo IFF e fondatrice della compagnia cinematografica A

Team. Accanto a loro, Mustafa Cenap Aydin, attivista e docente di Sociologia

della religione, relazioni interreligiose, diversità e inclusione presso diverse

Università italiane e vaticane; nato e cresciuto a Istanbul, a Roma dal 2004, è cofondatore

e direttore del centro di studi interreligiosi Istituto Tevere e membro del

Consiglio Direttivo Nazionale di Religioni per la Pace Italia. Viene dalla Serbia il

cineasta Miljan Gocic, laureato all’Accademia di Arti di Belgrado e attivo come

autore e regista di documentari per i quali è stato premiato in numerosi festival

internazionali; dal 2017 lavora come direttore del festival internazionale del

documentario a Zajecar, Serbia. L’Italia è infine rappresentata da Lidia Magni,

giornalista professionista responsabile della comunicazione della Sezione Migranti

e Rifugiati, piccolo ufficio vaticano, diretto personalmente da Papa Francesco, che

aiuta la Chiesa e altre realtà ad accompagnare coloro che sono costretti a fuggire

e assicurarsi che non vengano esclusi o lasciati indietro. Insieme decreteranno i

vincitori dei premi per il Miglior Film, Miglior Documentario, Miglior Documentario

Corto, Miglior Cortometraggio e il Gran Premio “Nello spirito della fede” che

richiama la mission di Religion Today.

Una dimensione internazionale avrà anche la giuria espressa da SIGNIS,

l’Associazione Cattolica Mondiale per la Comunicazione, presente in 140 paesi.

Il palmarès inoltre si arricchirà grazie ai riconoscimenti speciali conferiti a cura

degli enti e dei soggetti partner del Festival. Il premio della sezione “Film for our

future” sarà conferito sabato 25 settembre, alle ore 11, presso la Tenda di

Abramo in piazza Fiera, a cura di Luciaan Groenier, responsabile progetti della

rete di festival di cui Religion Today è membro sin dal 2018. Il network mira a

coinvolgere attivamente i giovani registi con l’obiettivo di informare e ispirare

persone di ogni condizione sulle sfide globali del nostro tempo.

La collaborazione decennale con il Forum trentino per la pace e i diritti umani si

estenderà all’assegnazione del premio speciale “Nello spirito della pace”,

esemplato sul riconoscimento distintivo di Religion Today, rivisitato sotto il segno

del richiamo alla pace e alla nostra comune umanità, nella convinzione che il

cinema abbia la capacità di dare voce agli esclusi, aprirci gli occhi su piccole e

grandi storie di ingiustizia e discriminazione, amplificare le quotidiane battaglie di

chi crede in un futuro migliore del nostro presente.

Una sensibilità analoga orienterà la scelta dei film vincitori dei premi “Migrazioni

e Coesistenza”, attribuito dal Centro Missionario Diocesano e Pastorale delle

migrazioni, e “Religioni con gli occhi di donna”, espresso dalla giuria

interreligiosa del Comune di Arco. Attesi anche i riconoscimenti “Nello spirito

delle Dolomiti” e per la Miglior Colonna Sonora, “Nuovi Sguardi”, a cura degli

studenti della Università Pontificia Salesiana, e “Popoli e religioni”, assegnato del

coordinamento dei festival trentini CinemAMoRe.

Mercoledì 29 settembre, alla cerimonia di premiazione in programma alle 11 a

Malga Ritorto presso Madonna di Campiglio seguiranno il rientro a Trento e le

proiezioni non stop di una selezione dei film premiati ospitate al Cinema Modena

dalle ore 17.00. Come sempre, che vinca il migliore..

.

I membri della giuria internazionale

AND THE WINNER IS...


IN CAMMINO

Cammino da quando ero bambino. Non ho mai smesso e, forse, non sono capace. In questi tempi i

rapporti tra persone sono diventati sempre più immateriali, sfilacciati, forse per colpa dei social network che

li hanno consegnati al virtuale. Non lo so. A noi piace pensare che sia in corso anche una rivoluzione dolce,

che passa attraverso una maggiore esigenza di autenticità, che si riflette anche nella scelta dei viaggi, e ha

portato a una grande riscoperta di un modo terra terra di viaggiare: a piedi. Negli anni abbiamo preso

cento aerei, ci siamo proiettati nei paesi più lontani ed esotici del mondo. Ora, è tempo di riscoprire, un

metro alla volta, l'Italia e l'Europa, percorrendo antiche vie e nuovi sentieri... Vogliamo spostarci portando

solo l’essenziale, vogliamo dormire ogni sera sotto un tetto diverso, e sentirci a casa ovunque. Vogliamo

avere per compagne la fatica e la meraviglia. Vogliamo raccontarvi cosa succede una volta che si indossa lo

zaino e ci si lascia alle spalle la sicurezza della cosiddetta ‘civiltà’. Perché l'uomo che arriva alla fine del

viaggio, non è mai lo stesso che è partito. Vogliamo camminare.

Enrico Brizzi, “Cammini. Itinerari storici e antiche vie a passo d'uomo”, trailer, 2020. Podcast, storielibere.fm/cammini

FACCE DA

REDAZIONE

LA RIVISTA

Anche quest’anno la rivista

di Religion Today raccoglie

contributi a firma dello staff

dell’Associazione Bianconero

e di ragazzə in servizio civile

al Forum trentino per la

pace e i diritti umani,

promotore e partner della

manifestazione.

Un’occasione per dare

spazio in particolare alle

sensibilità giovanili e

valorizzare il confronto e lo

scambio vivace di

competenze tra

generazioni..

IL FESTIVAL

Religion Today è realizzato dall’associazione BiancoNero grazie a:

Promotori - Provincia autonoma di Trento / Regione Autonoma Trentino

Alto Adige/Südtirol / Comune di Trento

Con il contributo e il patrocinio della Direzione Generale Cinema e

Audiovisivo - Ministero della Cultura Con il contributo di Deutsche Post

Stiftung / Comune di Arco / Comunità Alta Valsugana e Bersntol / Forum

trentino per la pace e i diritti umani

Main partners - Arcidiocesi di Trento / Dhaka International Film Festival /

Vativision / Women of Faith for Peace / Religions for peace

Partnership e collaborazioni - Comune di Lavarone / Biblioteca Comunale

Lavarone / Comune di Baselga / Copiné Ospitalità Pinetana / APT Piné

Cembra e Madonna di Campiglio / Sportfung / Fenz / Università

Pontificia Salesiana / Sulle strade del mondo / Edizioni del Faro / Missio

Diocesi Bolzano-Bressanone / Città di Bolzano / Aurora Vision / musica

riva festival / Le Formichine

Sponsor - Ferrari / Malga Montagnoli

Media partner - Vativision / Vita trentina / il Dolomiti

N°1 / ANNO XII / 22 SETTEMBRE 2021

COPIA OMAGGIO

RELIGION TODAY FILM FESTIVAL

www.religionfilm.com

DIRETTORE - ANDREA CAGOL

EDITO DA

ASSOCIAZIONE BIANCONERO

RELIGION TODAY FILM FESTIVAL

IMPAGINAZIONE

KATIA MALATESTA

MATTIA VOLTOLINI

DESIGN POSTER - LUIGI FILIPPELLI

STAMPATO DA - STAMPANOVA, TN

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