2025_5_Powertrain-D
- DIESEL OF THE YEAR. HD Hyundai Infracore: In Italia si legge Socoges - SALONI. KEY Rimini: Come elettrificare i consumi - DCM. Milano: 1,5 GW per i data center - FOCUS: Bimotor: A cavallo tra 2024 e 2025; Cummins: Parliamo di Helm. Con Vaiani - BAUMA 2025. Panoramica: Quel pungolo “alternativo”
- DIESEL OF THE YEAR. HD Hyundai Infracore: In Italia si legge Socoges
- SALONI. KEY Rimini: Come elettrificare i consumi
- DCM. Milano: 1,5 GW per i data center
- FOCUS: Bimotor: A cavallo tra 2024 e 2025; Cummins: Parliamo di Helm. Con Vaiani
- BAUMA 2025. Panoramica: Quel pungolo “alternativo”
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2023 2025
N° 10 5-6
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ISSN 0042 - Poste Italiane s.p.a. - Sped. in a. p.
D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46)
art. 1, comma 1, LO/MI
• AL BAUMA ABBIAMO FATTO IL PIENO DI
IDROGENO, HVO, ETANOLO
• SALONI: UN POLIEDRICO KEY A RIMINI.
I DATA CENTER A MILANO
• STORYTELLING: DELLORTO C’È, RAMA E
TECNIWELL, LANDI E IL BLENDING DINAMICO
Maggio-Giugno 2025
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42
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IL SONDAGGIO
DEL MESE
Al bauma è emersa l’intenzione
di diversificare i combustibili
alternativi. È la strada giusta?
Rispondi su
powertrainweb.it
Il sondaggio non ha valore statistico. Le rilevazioni
non sono basate su un campione scientifico
LE RISPOSTE DI
MARZO-APRILE
Vi trovate in sintonia con il Libro
Verde del MIMIT?
83%
sì
17%
no
DIESEL OF THE YEAR
6. HD Hyundai Infracore:
In Italia si legge Socoges
SALONI
14. KEY Rimini:
Come elettrificare i consumi
15. DCM Milano:
1,5 GW per i data center
FOCUS
18. Bimotor:
A cavallo tra 2024 e 2025
20. Cummins:
Parliamo di Helm. Con Vaiani
BAUMA 2025
22. Panoramica:
Quel pungolo “alternativo”
26. AGCO:
Con il Core 80
27. Cummins:
X15H, QSK60, Meritor MoX
28. Hatz:
Benvenuta, serie F
29. John Deere:
NextGen, Kreisel, etanolo
30. Parker:
Tra H2 e BEV
32. Perkins:
E il dimostratore elettrico
CONFRONTO
34. 3,6-3,9 litri:
Lo sprint di Deutz e Deere
MACCHINE
38. Tecniwell:
Insieme a RAMA e al JD18
COMPONENTI
34. Dellorto:
E la politica dei due binari
RUBRICHE
4. Editoriale 8. Hi-Tech
10. Automotive 40. Alternativi
46. VeT 50. Oem&motori
SOMMARIO
3
OSTICO PIÙ CHE AGNOSTICO
EDITORIALE
4
Pianeta bauma, anno 2022: il
sentiment è “o si fa elettrico, o
non se ne fa niente!” Negli anni
seguenti, imperversa l’idrogeno.
Vi immaginate un travaso di H2 tra i
padiglioni A1 e A6? Fuochino, anzi...
acqua. Prima di tratteggiare l’identikit
dell’edizione 2025, occorre precisare
che nell’etere alligna uno spettro, armato
di un vistoso ciuffo arancio-platino. Il
convitato di pietra è proprio lui, Donald
Trump, insieme al profilo acuminato della
sua creatura, l’arma affilata dei dazi. Si
riveleranno shuriken, i pugnali da lancio
dei ninja, o saranno boomerang? Di
sicuro l’effetto inibitore ha indotto alcune
aziende, anche americane, a rivedere i
piani di investimento in India, per non
incappare nella trappola dei prezzi dopati
sul suolo americano. Effetto ritardante,
dice nulla? Non ci riferiamo allo “slow
motion”... È la spada di Damocle che
incombe sul comparto. Il secondo
riflesso inibitore proviene dai costruttori
cinesi. Avete presente “L’urlo di Chen
terrorizza anche l’Occidente”? Il film
(1972) e il suo interprete, Bruce Lee
(1940-73), sono memoria del passato,
ma è tra gli spazi esterni del bauma che
si esplicita la deterrenza cinese. Non
parliamo di nucleare, ma di LiuGong,
Sany, XGMC e tutti gli Oem dalla
Terra di Mezzo, senza contare i coreani
di Hyundai e la pletora di costruttori
giapponesi. Spaventano la campagna
acquisti tra i professionisti reclutati
tra i marchi occidentali, gli incentivi
statali dirottati sull’export, l’imponente
capacità produttiva e il legame a doppio
filo con BYD, CATL e la filiera BEV.
Ma torniamo al fil rouge del bauma
2025. Non è elettrico, non è idrogeno,
cos’è? È tanto ostico quanto agnostico,
perché il failure delle aspettative di
elettrificazione ha indotto gli attori
del settore a riabilitare l’endotermico.
Cometto e Faymonville con il rimorchio
modulare semovente, elettrificato da
Scania. Yanmar ha convertito il 4TN101
all’idrogeno. Eppure... quello che si
evince dai padiglioni A1- A6 è che lo
stallo tecnologico induce a tergiversare,
avvalorando diesel e gas metano e
alternativi e pacchi batterie e idrogeno.
La reiterazione del passepartout “non
esiste un game changer”. Ed emerge che
i vettori di questa poliedrica transizione
sono i signori del motion control, come
Danfoss, Parker, Rexroth, i componentisti
come Bonfiglioli, BorgWarner, Walvoil e
chi l’elettricità ce l’ha nel sangue, cinesi a
parte, come ABB, Siemens e Gruppo Zapi.
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diesel of the year. HD Hyundai Infracore
PERIPLO
MEDITERRANEO
È la traiettoria descritta dalla collaborazione tra
Socoges e HD Hyundai Infracore, un sodalizio
giunto al trentesimo giro di boa. Socoges è stata
insignita anche della concessione esclusiva in
Spagna e Portogallo. Ne abbiamo parlato con
Enzo Galanto, alla luce delle prospettive della
serie DX nel mercato italiano
TERRA
Così scrivemmo a pagina 9 del numero di settembre
2013. “Si tratta di uno sbarco che
non passerà inosservato, quello della serie
G2, che per massa critica presenta contenuti che
potrebbero renderla appetibile ai costruttori di
queste parti. La serie G2 (Socoges attingerà però
al listino completo, che probabilmente snocciolerà
altri aggiornamenti, magari su cilindrate più
corpose) guarda dritto negli occhi i principali costruttori
europei e giapponesi”. Ne è passata di
acqua sotto i ponti, Doosan Infracore è diventata
HD Hyundai Infracore, la rivista DIESEL è stata
ribattezzata POWERTRAIN. Socoges, invece, è
rimasta orgogliosamente fedele a sé stessa, anche
nell’onomastica. Del resto, se è vero che le nostre
previsioni si sono effettivamente avverate, i
numeri, di conseguenza, hanno dato ragione alla
creatura dei fratelli Galanto, che si è recentemen-
te fregiata del titolo di Diesel of the year 2025,
assegnato al DX05 e al DX08 di HD Hyundai
Infracore. I motivi di legittimo vanto di Socoges
proseguono però ben oltre la semplice targa del
premio, esposta all’EIMA di Bologna e al bauma
Monaco. Proprio nel corso di quest’anno ricorre il
trentennale del sodalizio, impermeabile alle variazioni
della ragione sociale di Incheon. Prima con
Daewoo, successivamente con Doosan Infracore,
infine con HD Hyundai Infracore.
E il perimetro si allarga...
A dodici anni dal lancio della serie G2, la collaborazione
tra HD Hyundai Infracore e Socoges
si rafforza, aprendo nuove prospettive nei mercati
europei.
«Il rapporto con HD Hyundai Infracore si fonda
su una visione condivisa e su una collaborazione
che ci consente oggi di operare con una proposta
altamente competitiva, non solo in termini di prodotto,
ma anche di servizio e capacità di personalizzazione»,
racconta Enzo Galanto, alla guida
di Socoges.
Recentemente, l’azienda pugliese ha ricevuto l’incarico
esclusivo di distribuire i motori Hyundai
anche in Spagna e Portogallo. Una responsabilità
importante, accompagnata da investimenti mirati:
«Abbiamo potenziato la nostra presenza sul territorio
iberico con uffici commerciali locali, per garantire
un servizio di prossimità e risposte rapide
alle esigenze applicative dei clienti».
«L’evoluzione della gamma Hyundai ha risposto
perfettamente alle esigenze di un mercato dinamico
come quello del Sud Europa, dove compattezza,
potenza e adattabilità rappresentano asset
decisivi», prosegue Galanto. «L’ampiezza degli
allestimenti ci permette oggi di coprire con efficacia
segmenti diversificati, dall’off-highway alla
nautica, fino alla generazione di potenza».
«I clienti ci scelgono anche per il valore aggiunto
del nostro supporto tecnico, che oggi si estende
alla consulenza applicativa e progettuale. Lavoriamo
fianco a fianco con loro, non solo nella fase
di fornitura, ma anche durante tutto il ciclo di vita
del prodotto, inclusa l’assistenza post-vendita, che
per noi è parte integrante dell’offerta».
Il lancio della gamma DX ha segnato un ulteriore
passo in avanti: «Ci ha permesso di accrescere la
nostra presenza nei comparti più strategici, grazie
a un’offerta che spazia da 33 a 381 kW e che si
dimostra performante anche in contesti complessi.
La flessibilità dei sistemi di post-trattamento, ad
esempio, rappresenta una risposta concreta alle
richieste specifiche degli Oem, non solo in termini
normativi ma anche progettuali».
Una segmentazione coi baffi
«Oggi possiamo contare su un portafoglio completo,
che ci consente di presidiare tutte le principali
fasce di potenza, comprese quelle con il maggior
potenziale di crescita. In particolare, i DX ci stanno
aprendo nuovi scenari in applicazioni come
drilling, lifting e power generation, ma anche nei
segmenti agricoli e speciali». E l’anno che verrà?
«Il 2025 sarà un anno di consolidamento, in un
mercato che ha vissuto un rallentamento fisiologico
dopo il boom del 2024. Ma siamo ben posizionati
e stiamo già consegnando motori per progetti
dimostrativi, accompagnati da ordini strutturati.
Guardiamo al 2026 con fiducia, sostenuti da una
pipeline solida e da un portafoglio tecnologico
competitivo».
Lo Stage V che non ti aspetti
«L’introduzione dello Stage V ha trasformato il
modo in cui si progetta e si sceglie un motore.
Oggi il confronto con il cliente è molto più tecnico
e orientato alla soluzione più efficiente, personalizzata
e conforme. Questo ci permette di valorizzare
appieno le caratteristiche del nostro prodotto».
I DX, ritratti al
bauma (a sinistra),
e all’EIMA (qui
sopra). In basso,
da sinistra a destra,
i fratelli Enzo e
Giovanni Galanto,
alla guida di
Scocoges
6
7
Giornata Economica Federtec
AS Labruna, FPT e l’elettrico in acqua
LA PAROLA
AI DATI
Al tradizionale appuntamento
Federtec sono stati presentati i dati
relativi all’andamento dell’intera
filiera dell’industria italiana della
componentistica e delle tecnologie
meccatroniche per l’oleodinamica, la
trasmissione di potenza, il controllo
e l’automazione intelligente dei
prodotti e dei processi industriali
HI-TECH
8
Il focus della Giornata Economica
Federtec è stato tutto
sull’interpretazione dei dati e
sulle previsioni per il 2025, che
risultano particolarmente difficili
in uno scenario globale incerto
come quello attuale, in cui non si
conoscono ancora gli effetti delle
politiche doganali imposte dagli
Stati Uniti. Ciò che preoccupa il
settore è il calo della produzione
industriale, aggravato in Italia da
un sistematico aumento del costo
dell’energia. Il presidente di Federtec
Mauro Rizzolo ha aperto
il lavoro ricordando la mission
della federazione: «Dobbiamo
comprendere lo stato di salute del
nostro settore, fornire informazioni
e chiavi di lettura dei dati e infine
contribuire al dibattito pubblico».
La presentazione dei dati del comparto
è affidata a Marco Ferrara,
direttore Federtec: per quanto riguarda
i sistemi di trasmissione di
movimento e di potenza, la produzione
è calata del -8,6%, l’export
del -8,7%. «Si tratta di un calo
significativo dopo tre anni di crescita,
ma siamo ancora su valori
molto alti, da picco». L’andamento
del settore Fluid Power è analizzato
da Alessandro Carmona, presidente
della divisione Industrial
di Danfoss Power Solutions: per
quanto riguarda l’oleodinamica,
la produzione in Italia è calata del
12%, l’export del -11%, e anche
il mercato nazionale ha registrato
un calo significativo (-14%). Un
po’ meglio la pneumatica, con un
calo produttivo del -5%. Per quanto
riguarda i settori di applicazione,
l’agricolo è sceso del -12%,
le costruzioni del -11% e l’unico
settore in leggera crescita (+2,5%)
è quello delle macchine da imballaggio.
Per l’Italia il mercato più
importante per l’export sono gli
Usa (36%), seguiti da Cina (27%)
e Germania (10%), con aspettative
negative per il 2025 (un po’ meno
fosche nel settore della pneumatica).
Passa poi la parola a Fabio
Gallo, Strategic Marketing Director
presso Carraro DriveTech: «Il
2024 è stato un anno di decrescita
perché dipendiamo fortemente dal
settore mobile. Nel settore agricoltura/costruzioni,
a livello globale
c’è stata una contrazione non
particolarmente severa, più grave
invece in Europa. La produzione
è calata del -8,4% nelle trasmissioni,
-7,2% nei cuscinetti e -5,4%
negli ingranaggi. Le aziende italiane
hanno mostrato comunque
una buona resilienza nonostante la
forte dipendenza dalla Germania».
Lo scenario per l’Italia e le prospettive
per il 2025 sono analizzate
anche da Ciro Rapacciuolo,
Senior Economist del Centro Studi
di Confindustria: «Il 2024 nel
settore industriale è stato un anno
di modesta crescita (+0,7%), con
una tendenza al risparmio più che
ai consumi. Le previsioni sono positive
perché il reddito disponibile
reale pro-capite è aumentato.
Vanno male però gli investimenti
in impianti e macchine, situazione
che potrebbe aggravarsi con
l’introduzione dei dazi. È urgente
aprire un tavolo di trattativa europeo».
L’intervento di Luca Nutarelli,
direttore di Unacea, fa il punto
sull’andamento del mercato delle
macchine da costruzione: «Le cose
non vanno malissimo, ma le troppe
incognite impediscono di sviluppare
piani industriali aggressivi.
Gli incentivi di Industria 4.0 sono
serviti a svecchiare il parco macchine
e a renderlo meno impattante
dal punto di vista ambientale, la
5.0 invece ha estromesso il motore
a combustione anche Stage V, anche
se può essere alimentato da
carburanti non fossili. E sappiamo
bene che l’elettrico non è applicabile
a tutti i tipi di lavori e che
attualmente occupa solo lo 0,3%
del mercato». Seguono i dati Unacea:
le macchine movimento terra
vedono un calo del -12%, quelle
da costruzione del -11%, anche se
alcune categorie hanno il segno
più (dozer, escavatori cingolati,
minipale compatte, dumper articolati).
«Rispetto alla crisi del 2013
(solo 5.990 macchine vendute) e
al picco del 2022 (25.000), siamo
ancora in una fase di picco.
Per il movimento terra, nel 2025
ci aspettiamo un -2,5% (20.471
macchine), anche perché i lavori
ci sono e le macchine stanno lavorando:
ce lo conferma la diagnostica
a distanza. In Europa il
mercato italiano è quello che è
cresciuto di più».
SENZA LA SCOSSA
Nell’anno del 50° anniversario di IVECO, FPT
Industrial ha presentato l’eBS 37 EVO della gamma
ePowertrain per il settore marino allo stand di AS
Labruna al Nauticsud di Napoli
La “catena” elettrica di Scania sale sull’autobus
Scania ha in rampa di lancio
un e-powertrain per gli
autobus elettrici, da 240 kW,
270 kW, 300 kW e 330 kW. È
prevista un’opzione con 312
kWh di energia installata, e
una seconda interfaccia di
ricarica nello sbalzo posteriore,
disponibile per una potenza
di ricarica di 325 kW con un
massimo di 500 A, rispetto ai
130 kW della ricarica anteriore
attuale con 200 A di potenza
di ricarica. Il motore trasforma
l’energia elettrica immagazzinata
Che Massimo Labruna sia
promotore della diversificazione
delle fonti energetiche,
per le applicazioni marine,
lo sanno anche i sassi, paron, gli
scogli. Al NauticSud di Napoli ,
dall’8 al 16 febbraio, allo stand
AS l’elettrificazione ha assunto
la morfologia di una scatola
nera, alla lettera. È l’involucro
del’eBS 37 EVO, un pacco batteria
modulare al litio manganese
nickel cobalto (Li-NMC), che
integra celle e moduli perseguendo
l’obiettivo di implentare la
densità energetica, rivolgendosi
espressamemte al mondo delle
imbarcazioni. Il pacco batteria
dichiara un’energia nominale di
37 kWh, con una tensione nominale
di 355 Volt. Presenta alcune
innovazioni sostanziali rispetto
alla versione precedente: il sistema
di gestione della batteria
nella batteria in energia
meccanica, creando coppia,
mentre l’inverter trasforma la
tensione in corrente continua
dalla batteria in corrente
alternata trifase. Questa potenza
convertita viene immessa
nella macchina elettrica,
consentendole di controllare
e regolare efficacemente sia
la velocità che la coppia. C’è
anche un singolo sistema di olio
con due pompe, che raffredda la
macchina elettrica e lubrifica il
cambio.
Il 2024 del Gruppo Schaeffler
Il fatturato del Gruppo Schaeffler nel
2024 è stato di 18,2 miliardi di euro
(anno precedente: 16,3 miliardi di
euro). La crescita dei ricavi di vendita
al netto degli effetti di cambio è stata
del 12,9% ed è attribuibile al fatturato
delle società controllate da Vitesco
Technologies Group, che hanno
cessato di esistere a seguito della
fusione; queste controllate sono state
consolidate integralmente nel bilancio
consolidato dal 1° ottobre 2024 e
hanno contribuito con 1,949 milioni di
euro di ricavi che sono stati riportati
nella divisione Others. Schaeffler
ha generato 811 milioni di euro di
utili prima del risultato finanziario,
delle imposte sul reddito (Ebit) e
delle operazioni straordinarie (anno
precedente: 1.187 milioni di euro).
«Nonostante un contesto avverso,
nell’ultimo anno abbiamo conseguito
importanti traguardi per la direzione
futura dell’azienda», ha affermato Klaus
Rosenfeld, amministratore delegato
di Schaeffler. «Ciononostante, l’Ebit
non ha raggiunto le nostre aspettative
e le diverse performance delle nostre
divisioni lo riflettono. Mentre la Divisione
Automotive Technologies si è dimostrata
eBM 5, interamente sviluppato
e prodotto da FPT Industrial,
e un nuovo design interno che
consente alla batteria di rispettare
gli standard di sicurezza del
Regolamento ECE R100.3 &
ECE R10.6. Grazie al sistema di
gestione della batteria sviluppato
internamente da FPT Industrial
eBM 5, l’eBS 37 EVO assicura
una maggiore durata secondo i
requisiti specifici.
Alcune cifre
per identificare
l’eBS EVO di FPT
Industrial: Energia
nominale 37 kWh;
Tensione nominale
355 V; Densità
energetica (Wh/kg):
>140; C-Rate (in
continuo) ricarica/
scarica: 1C/2C
resiliente e in particolare la Divisione
Vehicle Lifetime Solutions ha generato
ancora una volta forti guadagni, la
Divisione Bearings & Industrial Solutions
ha registrato un calo dei ricavi e degli
utili. Stiamo rispondendo a queste
sfide con le misure strutturali atte ad
aumentare la competitività a lungo
termine che abbiamo presentato il 5
novembre 2024. Con la nostra struttura
riallineata a quattro divisioni orientate
al prodotto, guardiamo con ottimismo
al futuro. Proporremo un dividendo di
25 centesimi all’Assemblea Generale
Annuale di aprile».
9
ricarica elettrica. È la svolta?
UN ‘PIENO’ IN
5 MINUTI
Firmata da BYD, la nuova tecnologia
Super e-Platform da 1.000 chilowatt
potrebbe essere la pietra angolare che
manda in pensione lo stress da ricarica.
E rappresenta lo schiaffo tecnologico
del Paese del Dragone ai dazi imposti
dall’amministrazione Trump
AUTOMOTIVE
10
Sarà la Storia, quella con la esse maiuscola, a
dirci se il 2 aprile 2025 è stato davvero il Liberation
Day come ha annunciato Donald Trump
nel mettere i dazi a tutto il mondo. La reazione di
Pechino non è stata però delle più concilianti. E al
di fuori dell’incrocio di crescenti dazi e controdazi,
la Cina fin dai primi passi dell’amministrazione
Trump ha dato segno di voler trasformare la competizione
in uno showdown della propria supremazia
tecnologica. Non è un caso che già il 17 marzo
il colosso dell’automotive BYD, leader mondiale
delle auto elettriche, abbia lanciato l’innovativa tecnologia
Super e-Platform. Un ecosistema che in un
paio di anni potrebbe relegare nei musei le Tesla e
il network dei Supercharger di Elon Musk.
Tre gli assi portanti dell’ecosistema BYD Super e-
Platform a 1.000 V: batteria blade “flash charging”
a ricarica ultrarapida (raggiunge i 1.000 A), motore
supercompatto da 30.000 giri/minuto, chip di potenza
al carburo di silicio con tensione nominale fino a
1.500 V. In più, un piccolo gioiello per azzerare lo
stress da ricarica, la cosiddetta “charging anxiety”:
il MFCT Megawatt Flash Charging Terminal. «Interamente
raffreddata a liquido e in grado di erogare
fino a 1.360 chilowatt» ha dichiarato
Lian Yubo, executive vice president di
BYD «la colonnina MFCT adotta la
nuova tecnologia di “ricarica a doppio
canale” con due cavi di collegamento al
veicolo». Chiave della Super e-Platform
è infatti l’adozione di due moduli da 580
kW ciascuno che, collegati alla colonnina
MFCT, possono ricevere 400 chilometri
di autonomia in 5 minuti esatti,
polverizzando gli standard esistenti.
Stato dell’arte
Giusto per avere una misura, secondo il
centro di ricerche strategiche britannico
Finbold la nuova tecnologia BYD da
1.000 chilowatt che permette di caricare
80 km/min costituisce il doppio dei 42 km/min del
concorrente cinese LI Auto che opera a 520 kW e
stacca sia i 33 km/min del sistema Mercedes a 400
kW e i 30 di Volvo (350 kW) sia tutti gli altri: i 23
di Hyundai (sempre a 350 kW), i 18 di Tesla sui
Supercharger da 250 kW e i 17 km/min di Lucid
(a 350 kW). Per chi poi nutrisse il sospetto che
l’annuncio di Lian Yubo non sia supportato dai fatti,
BYD in Cina ha già aperto le prenotazioni per due
modelli sviluppati sulla Super e-Platform: la berlina
Han L e il suv Tang L. E intende completare l’installazione
delle prime 500 colonnine MFCT entro
il mese di maggio, puntando ad attivarne almeno
4mila nella sola Cina in un biennio. Quanto alla
UE, la nuova piattaforma potrebbe arrivare molto
presto, almeno a dare credito alle affermazioni a un
recente convegno di Alfredo Altavilla, dallo scorso
settembre special advisor di BYD Europe.
A stretto giro di posta Xiaomi, altrettanto refrattaria
ai dazi, ha rincarato la dose e ha annunciato
che i 5,5 miliardi di dollari raccolti attraverso
un’emissione azionaria nel primo trimestre saranno
usati per il raddoppio dello stabilimento alle porte
di Pechino dedicato alla berlina XU7 con l’obiettivo
non solo di portare la produzione da 150mila
I dolori della giovane Tesla
Mescolare politica e marketing non porta fortuna: British
Leyland a fine anni Ottanta è fallita nonostante la campagna
«Buy British» sostenuta da Margaret Thatcher in persona. E
il legame tra Elon Musk e Trump ha un suo ruolo nei rovesci
commerciali di Tesla (meno 13% nel primo trimestre 2025).
Ma basta seguire sui social i vari Tesla Club per cogliere
come molti clienti, meno visceralmente “innamorati” del
marchio, comincino a dimostrare insofferenza per i tanti
(troppi) difetti delle bev di Musk. La Model 3, per esempio,
nelle revisioni a tre anni svolte in Germania dal Tüv si è
dimostrata di gran lunga l’auto peggiore. E con i “teslari” è
meglio non toccare temi come i freni (“sono progettate per
usarli poco, frenate col rigenerativo”), i semiassi (“ah ma
se giocate a fare zero-cento, ogni 10mila km vi ritroverete
in officina: non è una supercar con i braccini in titanio”), la
condensa nei fari (“le Tesla non sono le sole”) oppure i volanti
in pelle che “si spellano” al sole. In realtà il vero problema è
a 350mila unità entro il 2025, ma pure di avviare
l’esportazione della XU7 con il MY 2027. Senza dimenticare
Zeekr, brand premium del gigante Geely,
che ha in corso di lancio la berlina 007 sviluppata
su una piattaforma a 800 V in grado di passare dal
10 all’80% di ricarica in 10 minuti grazie a una
rete di colonnine dedicate che entro il 2026 in Cina
prevederà 2mila stazioni per complessivi 100mila
punti di rifornimento.
Mr Trump è servito.
Che sia in corso
di risoluzione uno
dei grattacapi
delle applicazioni
elettriche? BYD
ha annunciato il
Megawatt Flash
Charging Terminal,
che fornisce un
biberonaggio di
400 chilometri in
appena 5 minuti
nell’età delle piattaforme Tesla. Quando Musk ha debuttato
nel 2012 con la Model S, e nel 2015 con il suv Model X, il gap
coi concorrenti era colossale: le Tesla erano astronavi con
comandi touch sullo schermo centrale, design minimalista,
pompa di calore, guida autonoma col lidar, telecamere
dappertutto, update on-the-air del software. Dieci anni e
rotti più tardi – oltre alla sparizione del lidar e dei sensori
di prossimità, imposta da Musk e apprezzata da pochi – la
guida autonoma resta una chimera. Una Renault 5 E-Tech
si confronta senza imbarazzo in fatto di design, software e
dotazioni. Ed è pure dotata della funzione V2L (Vehicle to
Load) per ricaricare una bici elettrica o un accessorio esterno
con la batteria dell’auto, mai vista sulle Tesla. Per non parlare
delle concorrenti cinesi, dalle berline BYD con lo schermo
centrale rotante, batterie blade a prova di incendio e finiture
da Bmw al suv “galleggiante” YangWang U8, giusto per
restare nella scuderia dei marchi BYD.
11
key rimini
ELETTRIFICARE
I CONSUMI
Questo è il predicato del KEY, fin dall’atto
fondativo, che si sta inverando anno dopo
anno. Lo dimostra la presenza di bocche di
fuoco dello storage elettrico come i cinesi BYD
Energy e CATL e i tedeschi di Siemens. Anche
i motoristi tradizionali si adattano e sfoderano
proposte calibrate, come quella di BU Energy
e il Power Island di Avoni. Tra gli endotermici,
spiccano ETS, Jenbacher, Tedom e Tessari
Sulla sinistra, Tener
S, della famiglia
CATL. Presentato
a Pechino il 9
aprile 2024, Tener
è un sistema
di accumulo di
energia di 6,25
MWh che dichiara
un degrado zero
nei primi cinque
anni di utilizzo. Di
fianco, la famiglia
BU Energy si è
allargata, dopo
l’apparizione in
anteprima alla
edizione dello
scorso anno.
energia
Riprendiamo pari pari le parole con cui Christian
Previati, Exhibition Manager di KEY,
ha introdotto la chiacchierata che avete letto
sul numero di marzo-aprile. «L’evento è sempre
più coerente al progetto inziale. Il driver primario
è l’elettrificazione dei consumi, inteso come
efficientamento energetico di tutte le aree economiche».
Tornati da Rimini, possiamo confermare
che il KEY è in effetti sempre più “energy”, anche
se ha relegato questa parola dal soggetto al complemento
oggetto “The Energy Transition Expo”.
Dopo la separazione consensuale con Ecomondo,
si può parlare di un’operazione “win win”, nonostante
le perplessità di parte del mondo della cogenerazione.
Ecomondo procede stabilmente verso
il sold-out, e il KEY si è affrancato dal suo ruolo
ancillare all’interno della rassegna novembrina. La
centralità della rassegna è affidata alla produzione
di energia per il residenziale e il manifatturiero.
Un esempio illuminante proviene da Energia Europa,
società vicentina che ha esaltato il suo EP-X
come “un dispositivo per l’efficientamento energetico
delle imprese, sviluppato sula base di un filtro
passivo induttivo serie ma capace di ottimizzare
la qualità dell’energia su tutta la linea alimentata
dal trasformatore di media tensione, per ridurre
gli sprechi negli impianti”.
Prescrive il CSRD
Da quest’anno il Corporate Sustainability Reporting
Directive (CSRD) impone alle aziende con oltre
250 dipendenti e 50 milioni di fatturato di redigere
un bilancio di sostenibilità. Energia Europa propone
anche l’E-Var, uno “Static var generator”, per compensare
in tempo reale sia l’energia reattiva induttiva
che capacitiva e bilanciare il carico elettrico.
L’E-Var corregge il fattore di potenza seguendo il
profilo di assorbimento del carico in meno di 15 ms.
La stessa alleanza con Hannover Messe, che ha
co-promosso l’agenda fieristica sull’idrogeno, si
esprime in questo passaggio del comunicato sulla
collaborazione tra Italia e Germania per l’idrogeno
verde: “L’idrogeno è, infatti, strategico per
la decarbonizzazione e declinabile in molteplici
settori, come i trasporti e la logistica, ma soprattutto
il comparto industriale, in cui può aiutare
a preservare la competitività del tessuto produttivo,
specialmente delle imprese energivore”. Il
quartiere fieristico è stato densamente popolato
da espositori e visitatori cinesi, in rappresentanza
del fotovoltaico e dello stoccaggio, settori visualizzabili
quasi esclusivamente nel campo ottico
del Dragone. Perfetti testimonial sono stati BYD
Energy Storage e CATL, che si agganciano ovviamente
alle sinergie con l’accumulo che la vede
dilagare tra le applicazioni automobilistiche e industriali.
Sebbene le bocche negli stand cinesi siano
tendenzialmente cucite, l’allestimento di BYD
riverbera quanto troviamo sul sito, spaziando dalla
produzione di energia in isola, all’allacciamento
alla rete, al cosiddetto C&I (commercial and industrial)
al residenziale. Insomma, nulla è lasciato
al caso.
Sfogliando velocemente le pagine dell’Energy storage
battery system di CATL, la tensione massima
di ingresso è di 1.500V e una corrente massima di
ingresso Mppt (Maximum power point tracking)
di 40°. Gli ingressi sono fino a tre e la capacità
di accumulo del singolo rack è di 95 kWh. Le
celle hanno la dominante chimica LFP (litio-ferrofosfato),
da 95Ah, con potenza di carica e scarica
nominale a 48 kW.
L’isola degli Avoni
Restringendo il fuoco sulle applicazioni motoristiche
troviamo, per la prima volta, Avoni al di fuori
del recinto del DPE, che nel 2026 farà ritorno nel
perimetro di KEY. La collocazione è appropriata,
in considerazione della missione del Power Island,
che si compone di pannelli fotovoltaici, una batteria
di accumulo da 70 kWh e un generatore da
100 kVA, alimentato ad Hvo. Costituisce a tutti
gli effetti un hub energetico, in grado di accumulare
energia da fonti rinnovabili (solare, eolico,
etc), riceverne dalla rete e, contemporaneamente,
di immetterne. Consente dunque una sola linea di
prelievo, che in questa applicazione alimenta tre
colonnine, ma potremmo enumerare diversi altri
impieghi. Il nostro usuale mentore, Roberto Paolozzi,
ci illustra altre due preziosissime funzioni,
illustrate durante il talk intitolato “Transizione
energetica: Power Island una risposta concreta”.
Due funzioni esaltate dall’applicazione in isola.
In prima istanza, il “water treatment”, cioè tutto
quello che riposa dietro al trattamento delle acque.
In caso di calamità naturali, questo hub energetico
permette di azionare le pompe per l’estrazione
dell’acqua, potenzialmente provvidenziale nelle
zone alluvionate. Esistono anche istanze di determinate
aree del globo, come l’Africa, che rientrano
tra le funzioni del Power Island, relative
alla depurazione e alla desalinizzazione. Un’altra
funzione è quella sviluppata con Eolo, in merito
alla fibra cablata wi-fi, in quelle zone impervie,
generalmente montuose, dove non c’è copertura
del segnale. Anche questo è lavoro per l’hub di
Avoni, che ha arruolato l’F36 di FPT Industrial
nei panni del generatore.
BU Energy
Un altro nome legato a doppio filo alla catena
cinematica è quello di BU Power, sinonimico di
Perkins. Attenzione, però, qui ci troviamo di fronte
a BU Energy, che fece la sua prima apparizione
a queste latitudini l’anno scorso, in tandem
con Shi Lei Shing Hong Energy. Inevitabile avere
un partner cinese per chi ambisce a proporre dei
pannelli solari. Nel plateau di BU Energy anche i
Bess, sia in versione per applicazioni residenziali
che per quelle commerciali e industriali. I moduli
esposti consentono uno stivaggio di 200 kWh in
chiave modulare e possono essere messi in parallelo
fino a 1 MegaWatt. Quest’anno BU Energy ha
esposto il CP100, che affianca il CP200, completo
di certificazioni. Come anticipato, il residenziale
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data center nation. Milano
IN DOPPIA
CIFRA
C’è il V8 di Scania, annunciata sotto
la inconfondibile livrea arancione, nel
gruppo ENW 700 OV di Tessari Energia. A
seguire, lo stand Avoni, dove campeggia
il Power Island, con tanto di auto elettrica
per il rifornimento. In primo piano un
power pack a quattro mani con Bastelli.
Come le dinamiche di mercato che
rappresenta, l’edizione 2025 del
Data Center Milano ha visto lievitare
espositori e visitatori. Nei prossimi
anni, nel comprensorio milanese,
saranno installati circa 1,5 GigaWatt di
potenza per allimentare questi voraci
calcolatori, sollecitati dall’emergenza
della intelligenza artificiale
energia
è sempre nel mirino, ma l’obiettivo è spostarsi
sull’industriale, assecondando gli orientamenti del
mercato. Del resto, come ci è stato esplicitamente
detto, «i vecchi impianti un pensierino sul pacco
batteria dovranno pur farlo, prima o poi».
Sganciatasi dalla divisione Hydraulics nel 2020,
Eaton si è affacciata al KEY con un corredo di
soluzioni in linea con lo spirito dell’evento, vedi
le colonnine di ricarica Evci, per l’ottimizzazione
dei consumi energetici e, come l’xStorage Hybrid,
per la produzione e l’accumulo dell’energia stessa,
sia monofase che trifase. Con i quadri di media
tensione fino a 24kV MT SF6Free Xiria. Brightlayer:
la soluzione di monitoraggio software che
facilita l’utilizzo di informazioni intelligenti e utili
provenienti dai dati per generare valore operativo.
Alla voce “ricarica”
Affollata la scena della ricarica elettrica. Ewiva
è un charging point operator, specializzato negli
Hpc (High power charging) per la ricarica ultraveloce,
con potenza tra 100 e 350 chilowatt, i cui
genitori sono Enel X e Volkswagen. L’obiettivo è
allestire 3.000 punti di ricarica in Italia. Il sito di
ricarica nelle corde di Ewiva si fa in quattro: un
connettore, fino a 100 kW; con due infrastrutture
e quattro punti di ricarica, fino a 300 kW; con
tre infrastrutture e sei punti. Il più performante è
definito Premium, con almeno sei infrastrutture
e 12 punti di ricarica, per una potenza massima
di 350 chilowatt. Gioca in casa Electra, che ha
aperto una stazione di ricarica ultraveloce a tre
minuti dal casello autostradale di Rimini Sud.
La roccaforte motoristica è presidiata da Man ed
Ets, sulla quale ci siamo lungamente soffermati
sul numero di marzo. Abbiamo sbirciato lo stand
di Tessari Energia e ci è balzato all’occhio una
sagoma arancione. Era il profilo del V8, il DC16
078° da 700 kVA, associato a un alternatore trifase
di Marelli.
È stata anche l’occasione per la prima uscita davanti
al grande pubblico per Intergen, da quando
la famiglia Keller ha dismesso la proprietà. Entrata
nell’orbita Tedom il 25 settembre 2024, Intergen
è di fatto controllata da Yanmar che a sua volta
aveva siglato l’acquisizione del costruttore ceco
tre settimane prima. Yanmar è dunque diventato
un attore di primo piano nel mercato europeo della
generazione, con il controllo di Himoinsa e di
Tedom. I giapponesi erano presenti al KEY anche
con RMB Energie. La centrale di cogenerazione
neoTower è disponibile in quattro allestimenti, capaci
di soddisfare un fabbisogno termico annuo di
circa 150.000 kWh, nella versione più esuberante.
I verdi tirolesi
Quando si parla di motori in questo contesto è
ineludibile il nome di Jenbacher. Che con la serie
2F, la low entry degli austriaci, ha fatto breccia
anche nell’impiantistica per il biometano, esulando
dal familiare orizzonte della cogenerazione.
Rivendica un gruppo valvole con ponte oscillante,
un intercooler che raggiunge una temperatura
dell’acqua di 70°C, albero a camme e centralina di
accensione rinnovati. Compare anche l’idrogeno,
nell’orizzonte tirolese. Non qui, a Rimini, ad Amburgo,
al lato opposto dell’Europa continentale.
Un progetto in essere coinvolge un J416 di Jenbacher
dalla potenza di 1 MW, capace di digerire una
miscela fino al 100% di idrogeno.
Ottobre 2024, Himoinsa e Yanmar tolgono i
veli alla HGY Series, disegnata su misura
dell’oggetto del desiderio: i data centre.
Nel 2027 i gruppi di generazione superiori al MW
per applicazioni mission-critical dovrebbero attestarsi
sulle 16mila unità, per un volume di affari
di 9 miliardi di euro. Quale migliore aggancio per
il resoconto sul Data Center Nation Milano 2025,
che si candida a diventare il punto di riferimento
del settore in Italia e nel Sud Europa? L’edizione
appena anadata in archivio ha registrato la partecipazione
di 3.000 operatori (erano circa 1.900 nel
2024), 157 sponsor (contro i 107 dell’anno scorso)
e oltre 50 sessioni. Durante uno di questi approfondimenti,
è emerso che nella sola area milanese
è attesa l’installazione di 1,5 GW nei prossimi anni.
Passiamo la parola a Marco Monsurrò, Presidente
di Generazione Distribuita, Anima Confindustria ed
Europgen. Cosa aspettarsi da questo evento, che si
tiene all’Allianz MiCo di Milano, all’interno del
circuito che prevede tappe europee a Parigi, Varsavia
e Zurigo, e un’incursione a Riyadh?
Marco Monsurrò
«Il mercato dei data centre è in crescita esponenziale,
la trasformazione digitale induce a posizionare i
data center sul territorio nazionale, il più possibile
vicino agli utilizzatori. In qualità di Presidente di
Generazione Distribuita e di Europgen, mi sento di
ribadire la centralità del gruppo elettrogeno, che
assicura la continuità e la ridondanza dei sistemi.
L’Uptime institute, che certifica la resilienza dei
data center in una scala da 1 a 4, esprime le sue
valutazioni in base alla presenza dei gruppi elettrogeni.
Come lo è per la transizione energetica, il
genset diventa una tecnologia abilitante per i data
center e la trasformazione digitale. I gruppi devono
essere progettati per rispettare parametri sia
di sicurezza che di emissione. Con le associazioni
stiamo lavorando a progetti di legge che tengano
conto dei cicli di avvio e spegnimento dei gruppi,
l’utilizzo di sistemi di filtraggio, come l’Scr».
Isotta Fraschini e il Gruppo Fincantieri
Nel 2024, il DCN Milano fu l’occasione per incontrare
Marco Golinelli, nei suoi nuovi panni di capo
del commerciale di Isotta Fraschini Motori. Come
si dice, “buona la prima”? Pare di sì, al punto che
Isotta Fraschini ha bissato la presenza dell’anno
scorso. Allo stand di Isotta Fraschini Motori possiamo
leggere in calce la potenza di fuoco del Gruppo
Fincantieri, espressa da una triade di specialisti.
L’obiettivo è la massima sinergia, per fornire un
allestimento chiavi in mano. Al motorista di Bari
spettano le competenze legate alla produzione di
energia tramite i 12 e 16 cilindri a Power4Future è
lo spin-off che dispiega il know-how relativo alle
batterie, mentre Fincantieri SI svolge il ruolo di
integratore e farà da collante verso gli utilizzatori
finali.
Baudouin
Baudouin ha espresso a più riprese l’intenzione di
attecchire saldamente in questo settore, dove Caterpillar,
Cummins e Rolls-Royce la fanno da padroni.
I francesi si giocano la carta della modularità.
Gli operatori di data center preferiscono soluzioni
modulari, che consentono di aumentare la disponibilità
dei ricambi e ridurre la complessità delle
scorte. L’azienda del Gruppo Weichai è in grado di
fornire motori ai gruppisti e il gruppo elettrogeno
completo. Il gruppo elettrogeno 20M55 vanta una
potenza di uscita di 5250 kVA, ed è stato sorpassato,
al MEE Dubai, dal 20M61, 5.800 kVA a 50
H, 6.250 a 60 Hz. Queste macchine sono disegnate
appositamente per le elevate potenze richieste dai
data center e consentono di risparmiare spazio.
Facciamo spazio a un volto noto, quello di Nicola
stazionari
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stazionari
Tessari, Amministratore della Tessari Energia. Si
trova in compagnia di Cesare Lemmi, Sales Director
di Eurogen Power.
Eurogen Power e Tessari Energia
«Ci proponiamo con il prodotto finito, come system
integrator e per il commissionig, al fine di assecondare
le esigenze del mercato, che richiede un
servizio completo. Eurogen Power costruisce dal
1981 gruppi elettrogeni stand-by e in prime. Per
farle un esempio, abbiamo elettrificato le isole Eolie
con i nostri gruppi in contuinuo, che funzionano
in base alla richiesta del carico. Il matrimonio
con la Tessari è stato naturale. Da circa tre anni
stiamo rilanciando il marchio, nell’industria e anche
nelle infrastrutture. Del gruppo fanno parte
Biemme Insonorizzazione, che costruisce container
customizzati, ed Electro System, produttore di
quadri elettrici, schede elettroniche e cablaggi per
gruppi. Il gruppo è in grado di fornire un servizio
post-vendita, anche grazie ad ETS». ETS significa
MAN, che nello stazionario è alfiere dei motori a
gas. Difficile convertire i dieselisti dei data center?
«Parlavamo con alcuni colleghi del mercato irlandese,
dove i data center hanno preso piede quindici
anni fa. La rete è satura e non riesce a portare dorsali
nei data center nonostante abbiano necessità
di crescere. Stanno quindi utilizzando il gas metano
in prime power, abbinato ad altre fonti di energia:
il bilanciamento gas-batterie è la fonte primaria.
Questa tecnologia potrebbe essere il prossimo step
intermedio, prima del nucleare, per diventare back-
up quando arriverà la dorsale. C’è richiesta anche
negli Stati Uniti».
A proposito di batterie, FIAMM presidia questo
segmento del centro dati. Il tempo di backup delle
batterie è assai breve, e le batterie fanno da transitorio
tra la mancanza della rete e l’entrata in servizio
dei gruppi elettrogeni diesel.
Rolls-Royce Power Systems
Giriamo l’angolo e ci imbattiamo nello spazio di
Rolls-Royce. Sotto una teca riconosciamo uno dei
prodotti più sofisticati della generazione di Friedrichshafen.
Dal primo di febbraio 2021, i sistemi
di alimentazione con accumulo di energia a volano
sono commercializzati come mtu Kinetic Power-
Packs. Originariamente Kinolt, rilevata nel luglio
2020, questa business unit è stata incorporata in
Rolls-Royce Power Systems ed è ora il centro di
competenza per i gruppi di continuità dinamici.
Trattasi di un Ups dinamico: l’accumulo di energia
avviene all’interno di un tamburo rotante ad asse
orizzontale, di tipo meccanico, e non sono previste
batterie di accumulo. L’energia è rilasciata
istantaneamente attraverso l’accoppiamento elettromagnetico
con un albero a cui è calettato anche
l’alternatore, che fornisce protezione ai carichi.
L’accoppiamento di questo albero dell’alternatore
col motore diesel avviene attraverso una frizione
elettromagnetica. Questa permette anche di portare
il motore in avviamento mediante trascinamento,
fornendo una ridondanza al sistema: Il motore
diesel si può azionare con due starter elettrici in-
dipendenti, ognuno col suo pacchetto batterie. In
meno di 6 secondi il motore è in grado di erogare
il 100% della potenza nominale. I data center utilizzano
gruppi di emergenza diesel, più economici
rispetto al Kinetic PowerPack, indicato per quei
carichi critici che richiedono il mantenimento delle
utenze. I benefit sono chiaramente superiori; come
anticipato, servono meno di sei secondi per entrare
a regime, rispetto ai quindici secondi del motore
diesel. È in grado di sopperire alle micro-interruzioni
sui carichi, fungendo da sistema di continuità
assoluta, tanto da essere utilizzato nelle sale
operatorie degli ospedali, oltre che in aeroporti,
aziende farmaceutiche, data centre e attività manifatturiere
mission critical, come la produzione
di semiconduttori. L’mtu Kinetic PowerPack viene
elettricamente allacciato in parallelo tra i carichi
critici e la rete elettrica nazionale, interponendo
un’induttanza serie, per fare disaccoppiamento con
le utenze. Questo sistema, che opera in parallelo
rete, offre benefit unici, tra cui garantire la tensione
nominale in uscita entro ±1% ed una forma
perfettamente sinusoidale, l’induttanza in serie e la
reattanza sincrona dell’alternatore agiscono come
un filtro dinamico, filtrando le armoniche di corrente
per avere un THD≤3%. Inoltre, rifasano dinamicamente
i carichi, fornendo localmente la potenza
reattiva richiesta. Sono in grado di tollerare
correnti di corto circuito fino a 20 volte la corrente
nominale. L’affidabilità dell’Ups dinamico rispetto
all’Ups statico è superiore ed è quantificata con un
Mtbf più alto. Il footprint è mediamente inferiore
del 30% a parità di potenza erogata. Si accoppia
ai diesel, perché la rampa dei motori a gas è
più lenta. Dall’estate 2023, i Kinetic PowerPack,
basati sui diesel serie 4000, 2000 e 1600, sono
ufficialmente compatibili con l’Hvo e gli altri carburanti
diesel sintetici dello standard EN15940.La
singola macchina eroga da 500 a 2.750 kVA, da
400 a 2.200 kWe. È una soluzione modulabile, che
consente l’installazione fino a 31 macchine in parallelo.
Le configurazioni elettriche possono essere
di tipo diverso, si può fare ridondanza, secondo i
parametri dell’Uptime Institute. Siamo in grado
di fornire alternatori in bassa tensione, 380, 400 e
415 V e possiamo dimensionare l’alternatore anche
in media tensione, da 6 kV a 36 kV. È prevista
anche l’opzione dell’alternatore in bassa tensione,
associata al trasformatore elevatore per arrivare al
livello di tensione richiesto. Il rendimento globale
del sistema in conditioning mode, quando cioè
protegge i carichi, è in funzione della macchina,
nel range tra il 94% e il 97%.
Margen
Tra gli Oem, Margen ha realizzato in Italia un’installazione
da 42 MW, con macchine da 3,8 MW
cadauna, in collaborazione con Rolls-Royce, e prodotti
co-brandizzati. Oltre a mtu, utilizzano motori
diesel Baudouin e Cummins. Nel gas, si avvalgono
di Rolls-Royce e Jenbacher, in alcuni casi di ABC.
In passato, anche sistemi dinamici, Short Break,
con un volano che, in caso di mancanza della rete,
grazie all’inerzia produce l’elettricità sufficiente per
l’avviamento del generatore.
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bimotor. Ai Raggi X
AVANTI
SAVOIA
Il cahiers de doléances del 2024 non ha fatto
prigionieri, nemmeno a Ciriè. Quelli di Bimotor
sono però riusciti a raddrizzare il timone,
nonostante la mestizia delle generazione. Sprinkler,
nautica commerciale, ricambistica e service hanno
interrotto l’emorragia. Nel primo trimestre di
quest’anno la tendenza si è addirittura invertita.
E i programmi di formazione portano i frutti sperati
Una panoramica di
quanto vi abbiamo
raccontato. In
apertura, la sede
Bimotor di Ciriè. Qui
sopra, uno scatto al
KEY di Rimini. Qui, a
sinistra, al Salone di
Venezia
TERRA-mare
Il 2024 è alle spalle, per fortuna, e ci si augura che
il 2025 non voglia ricalcarne le orme. Il 2023 di
Bimotor si è chiuso con un fatturato di 115 milioni
di euro, con una crescita che si aggirava intorno
al 15-16% rispetto al 2022, con 11.400 motori venduti.
Il 2024 iscrive circa 9.000 unità e 101 milioni
di fatturato. In linea di continuità ci sono le coccole
delle onde marine e la vitalità dell’antiincendio.
Nota dolente, la generazione di potenza, definita
“un disastro”, soprattutto per i motori non emissionati.
Il segmento dei gruppi elettrogeni ha subito
un’emorragia, rispetto ai 6.500 motori del 2023. Lo
scossone è stato però avvertito a Ciriè con minore
intensità, rispetto allo tsunami che si è abbattuto
ad altre latitudini. Merito della sostanziale tenuta
della fornitura per le applicazioni mobili industriali,
definita “sufficiente ma non entusiasmante” e, soprattutto,
della brillantezza del segmento sprinkler,
della nautica commerciale e della ricambistica. Per
questo motivo, Bimotor ha implementato l’organico
del settore vendite e del back office, del Dipartimento
“Parti di ricambio”.
Direttamente dalla voce di Rinaldo Marengo
Il Sales & Purchasing General Manager di Bimotor
è l’autore delle esternazioni citate. Gli chiediamo
che cosa ha lasciato a Bimotor questo malandato
2024. «Ci ha permesso di guardarci in casa e di
riflettere» precisa Marengo. «La tenuta del marino
è dipesa dalle performance di alcuni mercati, tra
cui l’Australia. Inoltre, il progetto intrapreso con
Scania ci sta aiutando a instaurare collaborazioni
con interlocutori come l’Associazione Italiana Armatori
Trasporto Passeggeri». L’anno scorso avevate
nel mirino gli onboard genset. Tra 10 e 40 kVA
vi affidate a motori Raywin, nella fascia intermedia,
fino a 250 kVA, a FPT Industrial, la parte alta
del listino, da 300 a 600 kVA, è coperta da Scania.
«Confermo», replica Marengo, «questa è la nostra
proposta, nella quale tuttora crediamo fortemente».
A proposito degli sprinkler, l’anno scorso ci raccontaste
che: «ci stanno regalando grosse soddisfazioni
che ci hanno indotti a creare un reparto produttivo
per l’antincendio». E vi strappano ancora qualche
sorriso, giusto? «È così, al punto di partecipare
al Fire Sprinkler International di Salisburgo. È
un luogo di networking della community UL/FM,
estremamente esigente. In questo settore si devono
registrare tutti i passaggi, per ottimizzarli. Bimotor
dispone di una gamma rinnovata, che si spinge
fino al B10, 340 kW a 2.400 giri, nell’ambito della
certificazione UL/FM. Nel 2024 lo sprinkler ha tenuto
molto bene, con quasi 1.500 unità vendute, tra
listate e non listate. Nel corso del 2024, abbiamo
arricchito la gamma UL/FM di tre motori certificati
e stiamo allestendo due banchi prova per aumentare
la capacità produttiva; la normativa UL/FM richiede
di sottoporre ogni motore a un ciclo di prova
a caldo. Riusciremo a raddoppiare, e forse più, la
capacità produttiva attuale di 130 motori UL/FM
all’anno. Sempre in tema di motori sprinkler, non
regolamentati, sono in fase di sviluppo due nuove
unità, che ampliano la gamma, compresa tra 36 a
370 kW. Il primo motore è il 3,8 litri Raywin da 65
kW e coprirà il buco tra 48 e 73 kW, quest’ultimo
prodotto da FPT. Entro fine anno è prevista l’introduzione
del 16 litri meccanico Yuchai da 450 kW.
È un nodo di potenza estremamente interessante,
perché il mercato richiede impianti sprinkler sempre
più potenti. Mi riferisco in particolare ai poli
logistici per la distribuzione, che faticano a trovare
soluzioni di questa taglia».
E il sodalizio con Valdinoci?
«Prosegue come è stato concepito, all’insegna della
trasparenza e della collaborazione. Ci siamo suddivisi
il supporto tecnico. Valdinoci si occupa del
mondo ad aria, Bimotor di quello ad acqua. Nel
caso dell’R38, capace di 50 e 60 kVA, la proposta
Raywin, offerta da Valdinoci, adotta la pompa in
linea cinese, mentre gli FPR R38, distribuiti da Bimotor,
adottano la rotativa Stanadyne. Al MEE di
Dubai, Raywin presenterà un motore bicilindrico,
raffreddato ad acqua, Stage V, per le torri faro, un
segmento attualmente dominato da Kubota. Entro
la fine del mese di aprile riceveremo il primo container,
di motori di serie». Segue una precisazione,
tutt’altro che banale: «Vestiamo i motori Sprinkler
uno ad uno, attraverso un supporto vitale per il
backoffice, che configura ogni conferma d’ordine,
nel modo più dettagliato possibile».
Ragionando in prospettiva, il primo quarto del 2025
si è rivelato prodigo di soddisfazioni. «Prevediamo di
chiudere l’anno con un fatturato intorno ai 105 milioni»
auspica Rinaldo Marengo, «recuperando parte
delle unità perse per strada nel 2024, anche nella generazione.
Un punto importante nel 2025 continuerà
ad essere il supporto all’integrazione dello Stage V
presso i clienti della power generation; mai come
oggi necessitano di un supporto puntuale e della nostra
competenza tecnica, per configurare il prodotto
finale in linea con le linee guida della normativa.
Tale attività consente al produttore di porre sul mercato
macchine conformi ai dettami della gestione
delle procedure di inducement. Sembra un dettaglio
secondario; purtroppo, la gestione sbagliata di queste
procedure può provocare problematiche, estremamente
onerose da risolvere, con aspetti di fermo
macchina che, nel caso del marcato del noleggio,
potrebbe implicare anche aspetti di natura legale,
come interruzioni di pubblico servizio».
Infine, il capitolo formazione. «Il calendario del
training rivolto verso le nostre officine autorizzate
si snoda da marzo a novembre. Al fine di migliorare
la proposta formativa è stato istituito un training
corner, dove viene svolta l’attività di troubleshooting,
con motori in moto, sia marini che industriali
(Stage V). La formazione verso il mondo degli Istituti
superiori, oltre ad essere in continuo aumento,
si è rivelata proficua: a dicembre 2024 è stato
reclutato il terzo formatore in organico, nella scia
del percorso che nel 2023 ha portato a Ciriè un
altro neodiplomato. Vogliamo ricordare la collaborazione
con l’Istituto Professionale CIAC di Ciriè.
All’interno di questo progetto, gli studenti di alcune
classi spenderanno sei mesi del loro percorso formativo,
alternando una settimana di lavoro effettivo
in Bimotor, tra officina, sala prova, e dipartimento
R&D, e una a scuola. Questa attività dovrebbe permettere
ai ragazzi di verificare le proprie attitudini
per progettare, in modo consapevole, il proprio percorso
lavorativo futuro. Infine, ci piace sottolineare
il progetto di formazione dei tecnici ACTV, svolto
sui motori equipaggianti le imbarcazioni che svolgono
servizio in Laguna».
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CUMMINS. E la famiglia Helm
CONFESSIONE
AGNOSTICA
Cosa rappresenta questa parola impregnata di sano
realismo, ci riferiamo al termine “agnostico”? Ne
abbiamo discusso anche tra i padiglioni del Bauma
Monaco. Prima ancora, ci siamo rivolti a Fabio
Vaiani, On/Off Highway Regional Sales Manager di
Cummins. «È una tecnologia ponte», ci ha detto,
che conserva la medesima interfaccia all’interno
di un ventaglio di alternative tra le quali diesel, gas
naturale e biometano, idrogeno. Insomma, si scrive
agnostico e si pronuncia multi-combustibile
TERRA
Da quando il linguaggio del marketing ha saccheggiato
quello della filosofia, anche il termine
agnostico ha trovato diritto di cittadinanza.
Come dobbiamo interpretare questo concetto, è forse
plausibile immaginare un contenitore neutrale che
possa alloggiare indifferentemente sistemi propulsivi
intercambiabili? Risposta negativa, che ci autorizza
a tradurre agnostico in multi-combustibile. Nella nomenclatura
di Cummins si scrive Helm (acronimo di
“Higher effieciency lower emission e multiple fuels”)
e consente ad installatori e utilizzatori finali il cosiddetto
saving, assecondando le esigenze del mercato
in questa complicata fase di transizione. In sintesi,
diminuire la complessità dell’installazione e garantire
flessibilità nell’utilizzo dei combustibili. Abbiamo
chiesto a Fabio Vaiani, On/Off Highway Regional
Sales Manager di Cummins, di confortare la nostra
interpretazione. O di smentirla.
Parola a Fabio Vaiani
«Sicuramente la questione non è così semplice e immediata,
come la sostituzione di una capsula all’interno
di un contenitore» puntualizza Vaiani. «La
piattaforma Helm rientra nella mission di Cummins
per la destination zero». Ed è qui che spunta la parola
assennata che esprime al meglio l’essenza del concetto
di transizione. «È una tecnologia “ponte”, cioè
una soluzione immediata e praticabile, che gestisce
la richiesta nel breve periodo e ambisce a integrare
un prodotto standard per massimizzare la riduzione
degli inquinanti allo scarico. Nella versione a idrogeno
elimina le emissioni di polveri sottili, impattando
in misura ridotta sulla CO2 e producendo una
minima quantità di ossidi di azoto».
Un concetto su cui inguainare i cardini del motore
multi-combustibile è la sua propensione ad abbassare
gli inquinanti pur conservando un’interfaccia
standard nei confronti degli installatori. «Serve tanta
flessibilità per assecondare i livelli di emissione
di ogni area del mondo, anche Cina e India contribuiscono
a differenziare le soluzioni (China IV
e Bharat VI, ndr). I costruttori di macchine sono
obbligati ad avere stock multipli per rispondere a
queste necessità. E dobbiamo considerare gli interrogativi
sul futuro dei passaggi normativi, dal
momento che l’attuale amministrazione americana
non fa mistero del proprio scetticismo sulle strategie
rivolte a ridurre le emissioni in atmosfera. In
proiezione, Stage VI e Tier 5 sono in bilico sulle
tempistiche, più che essere in discussione l’entrata
in vigore in sé e per sé. Helm conserva la stessa
interfaccia meccanica di sempre. Il grande vantaggio
della piattaforma sta nell’intercambiabilità
del combustibile: diesel, gas naturale, idrogeno.
Non significa però che il motore sia esattamente
lo stesso. Gli aggiustamenti coinvolgono la parte
superiore del motore, la testa, l’iniezione, la turbina,
quindi la parte di potenza, esclusi gli organi
interni, pistoni e cilindri sono gli stessi. Occorrono
degli adattamenti a partire dal serbatoio, perché
un’autonomia di otto ore con l’idrogeno richiede
volumi completamente diversi rispetto al diesel.
Cummins ha sempre ribadito che ad oggi non esiste
una tecnologia vincente, dipende dalle applicazioni
e dall’ambito di utilizzo. Il motore Helm incontra
specifiche richieste del mercato, che possono essere
più vicine all’off-highway oppure ai camion di
lunga percorrenza, specialmente nel Nord America.
Il diesel rimane prevalente e trascina con sé gli ingenti
investimenti per adeguarne la tecnologia, tuttora
la più efficiente. Siamo sicuri degli sforzi che
esercitiamo nell’ambito del motore a combustione
interna anche in ragione del milione e mezzo di
motori che produciamo ogni anno. Cummins dovrà
comunque aggiustare il tiro, perché non è pensabile
che i soli motori diesel produrranno per sempre un
fatturato di 35 miliardi di dollari. La destinazione
ad impatto zero è quella delle fuel cell, che richiede
una rivoluzione a livello di installazione, infrastruttura
e di macchine. E di costi, che non diminuiranno
fino a quando non saranno ridimensionati dal
settore auto».
Diciamoci la verità, il termico a idrogeno paga pegno
alla inefficienza di sistema e di processo, dalla
produzione assai energivora del combustibile alla
combustione. «Certo, i cambi tecnologici sono guidati
dalle normative, perché sono gli incentivi e i
vincoli imposti dai legislatori a determinare il salto.
È l’unico modo per governare il cambio tecnologico.
Oggi come oggi non conviene, Tco alla mano. Il
diesel si conferma il più economico e su alcune applicazioni
sarà egemone anche in futuro. Due anni
fa mi trovavo in una miniera di estrazione dell’oro,
in Turchia. Il nostro cliente, che doveva rimotorizzare
alcuni dumper, ci ha spiegato che ogni ora
di fermo macchina gli costa 150mila dollari. Nel
mondo del mining, ci sono situazioni che non possono
tollerare nessuna perdita di tempo. In questi
ambiti la garanzia di affidabilità è più importante
del costo e l’idrogeno applicato all’endotermico
potrebbe avere senso».
Facciamo ritorno al nostro e al principio della modularità.
«L’Helm ha il 70% di installazione comune.
L’interfaccia motore – macchina non cambia,
così la meccanica, il blocco in ghisa, il volano al
quale attacco trasmissione e pompe idrauliche, la
sezione frontale con una ventola attaccata al motore.
Il 15 litri è stato pioniere nell’adottare questa
tecnologia. Al Bauma è stato introdotto l’X15 new
generation, in produzione dal 2026, cruciale per rimotorizzare
i camion in Nord America. Sarà la base
per l’aggiornamento della versione multi-fuel. In
seconda battuta, il 6,7 litri, che sta però superando
il 15 litri come tempistica di introduzione. Si prevede
che sarà in mass production nel 2028, trasversale
a stradale, marino, generazione, off-highway. In
programma c’è anche il 10 litri Helm, al momento
disponibile nella versione diesel stradale, che sarà
implementata nel construction».
E quel 30% di personalizzazione?
«Beh, sull’iniezione diesel, abbiamo una partnership
con Bosch, su design Cummins, oppure ci affidiamo
a progetti come l’HPI o l’XPI, concepiti a
quattro mani con Scania. L’idrogeno è una tecnologia
in divenire. Abbiamo rilevato Hydrogenics, che
dispone di un know-how specifico sull’idrogeno, occupandosi
di iniezione e di serbatoi. È una strada
ancora da esplorare, siamo infatti ancora in una
fase di ricerca e sviluppo. L’iniezione a gas deriva
invece dall’acquisizione della ex-Westport, integrata
nel 2022. Ci aspettiamo di traguardare livelli di
potenza e coppia analoghi a quelli del diesel, anche
se la densità non potrà essere le stessa. Cummins
investe 1,5 miliardi di dollari all’anno in R&D, il
cui ritorno è da valutare nei prossimi anni»
In apertura, uno
scatto dell’X15
Helm, in occasione
dello IAA di
Hannover. Sopra,
Fabio Vaiani, On/Off
Highway Regional
Sales Manager di
Cummins
20
21
bauma 2025
TU VUO’ FA’
L’ALTERNATIVO
Si susseguono le edizioni ma il fattore
d’attrazione del bauma Monaco rimane immutato.
Quest’anno sono state registrati circa 600mila
presenti e 3.601 espositori. L’elettrificazione
“batte in testa”, per forzare una comune
espressione del mondo della meccanica. Tanti
i demo a idrogeno in attesa di spasimanti. La
tendenza che emerge con forza è la ricerca di
combustibili alternativi, non solo l’Hvo
In apertura, lo
stand Deutz.
Dall’alto in basso, la
cella a combustibile
di Honda, pacchi
batterie di Flash
Battery e il sei
cilindri a idrogeno
di Liebherr
terra
Per azzardare la parola “cautela”, in riferimento
all’affluenza al bauma, occorre tanta cautela.
Lunedì 7 aprile la folla di operatori del settore
appariva meno oceanica del solito. Un’impressione
ben presto rivelatasi fallace. I dati di affluenza
parlano chiaro, con circa 600.000 visitatori e 3.601
espositori da 57 nazioni. Code nelle arterie urbane
e alle fermate della metro, ressa lungo i corridoi
dei padiglioni e negli spazi esterni. Holger Schulz,
amministratore delegato di Zeppelin, che in Germania
fa rima con Caterpillar, ha bene espresso
questo concetto: «Ancora una volta ha dimostrato
di essere il cuore pulsante del settore. I sette giorni
della fiera sono per noi una scarica di adrenalina
pura». Quale bilancio, dal nostro punto di vista,
asserragliati nelle ridotte dei padiglioni A3, A4 e
A5? L’elettrificazione ha fatto un passo indietro,
rispetto al 2022, quando pareva fuori discussione
che i miniescavatori e le minipale sotto i 56 chilowatt
dovessero inesorabilmente convertirsi al verbo
elettrico.
Alla ricerca dell’alternativo giusto
L’idrogeno rimane cool, ma il paradigma più volte
declamato è quello dei combustibili alternativi.
L’Hvo non è più solo al comando, tallonato dall’etanolo,
col metanolo a seguire. L’ammoniaca è impresa
per pochi eletti, vedi i gruppi di Bruno Generators
e Liebherr. Le miscele sono un orizzonte da
esplorare. L’impressione è che il mondo del motion
control possa supportare (o sorpassare?) i motoristi
nella ricerca della pietra filosofale, dagli specialisti
dell’elettrificazione ai tradizionali player della
componentistica oleodinamica. Questi sempre più
attrezzati per fornire agli aspiranti “elettrificatori”
gli strumenti per completare la driveline elettrica,
integrandola alle batterie. Escludendo i protagonisti
delle monografie che appariranno su questo numero
e sul prossimo, procediamo in ordine alfabetico.
Briggs & Stratton si è presentata a doppia trazione,
con i Vanguard e le batterie. Tra i Vanguard presente
il Big Block V-Twin, avvistato anche all’EI-
MA, dotato di controllo elettronico dell’acceleratore
(ETC) che mantiene uniforme la potenza e del sistema
di iniezione elettronica EFI. Da Milwaukee pure
la batteria intercambiabile Vanguard 48V 1,5kWh,
e il pacco batterie commerciale 48V 5,0kWh. Tra
le applicazioni esposte al bauma, il robot da demolizione
ARE, la Powerbank EQLab, la frattazzatrice
B-Mac e la gru Scorpick Pick & Carry.
Caterpillar ha spento 100 candeline, di fronte a un
ibrido in serie composto da motore, generatore, inverter,
motore elettrico e batteria, al C13D, rivelato
a Las Vegas e riproposto a Monaco anche con l’alimentazione
a idrogeno. Il C3.6 alza l’asticella a 106
kW, al pari del gemello britannico (il Perkins 904J),
come annunciato al Design Museum di Londra.
Digerita l’acquisizione di UMS, per supportare i
processi di elettrificazione (la funzione inizialmente
svolta da Torqeedo), Deutz ha presentato Markus
Villinger, insediato al vertice di Deutz Classic. Reduce
da Daimler Truck, come si dice è decisamente
“sul pezzo” per quanto riguarda il travaso dell’offhighway
mtu, dalla serie 1000 alla 1500. Spetterà a
lui anche la promozione dell’ultimo cavallo di razza
della scuderia di Colonia, il TCD3.9/4.0. A Monaco
anche il TCG 7.8 H2, l’endotermico a idrogeno
certificato Stage V.
C’è chi delle batterie ha fatto una professione, ed ha
pure la nazionalità italiana. È Flash Battery, che ci
ha condotti per mano in un video, quasi come quegli
Lgv (Laser guided vehicles) che ne costituiscono
la naturale inclinazione applicativa. Per illustrarci
l’attitudine sartoriale, il video si è soffermato su una
minipala, con batterie da 102,4V e 230 Ah. Sono
moduli di nuova generazione, disegnati col pensiero
alla densità energetica; in precedenza, con il medesimo
ingombro, la capacità di stoccaggio era di 210
Ah. Hanno integrato una Pdu (Power distribution
unit), per connettere i controlli e il caricabatterie. La
penna laser dei designer è stata orientata alle sollecitazioni.
Tra l’altro, i moduli sono saldati a laser,
non avvitati, il che riduce ulteriormente le sollecitazioni.
Anche la forma è on demand, per adattarla
agli spazi disponibili.
JCB Powertrain si è mostrata nella veste di fornitore
del pacchetto completo: motore, trasmissione e
assali. L’asso nella manica del parterre motoristico
è stato il 448 a idrogeno, che ha ottenuto da 11 autorità
nazionali europee l’autorizzazione all’utilizzo
commerciale. A quanto pare l’idrogeno è di gran
voga, in Estremo Oriente, a giudicare dal prototipo
di cella a combustibile nello stand Honda: 80 kW,
da 275 a 600 V, 206 chili di peso. Impiegabile tanto
su mezzi stradali che su quelli cantieristici, al bauma
ha ratificato l’accordo con la belga e-power per
l’allestimento di un gruppo, alimentato dalla fuel
cell Honda, particolarmente indicato per le aree sensibili
come i cantieri urbani. Sarà commercializzato
a partire dal prossimo anno. E c’è idrogeno anche
sul pianeta Yanmar, con il 4TN101, sviluppato sulla
base del 3,8 litri. I giapponesi hanno messo in
mostra anche una driveline elettrica, nella sagoma
di una mini-pala gommata.
Nell’area esterna, l’HX12 di HD Hyundai Infracore
è apparsa sotto le insegne di Develon. L’11 litri
è stato recentemente testato fino a meno 20 gradi.
Nei paraggi, i cugini di Hyundai Construction
Equipment hanno esposto l’HW155H, miniescavatore
equipaggiato con una fuel cell da 90 chilowatt.
L’idrogeno, per Liebherr, fa rima con H9x6, 6 cilindri
da 13 litri, con sistema di iniezione multiport,
PFI, con pressione a 20 bar.
Rehlko ha avuto un’intuizione. In concomitanza
con la presenza del nuovo presidente della divisione
motori, Eric Fontaine, ha posto l’accento sull’olio
motore e sui refrigeranti, denominati Xtreme
Conditions Oil e Xtended Life Formula Coolant.
Avremo occasione di parlarne a breve. La visita
allo stand Kubota è stata l’occasione per conoscere
Giovanni Venturelli, responsabile dell’ufficio italiano
della divisione motori, che affiancherà SAIM
nel proselitismo sul territorio nazionale. Al bauma
il 3307 da 90 kW sfoggia l’Scr, e il 3,8 litri si è
presentato in una duplice veste: a idrogeno e diesel,
22
23
terra
quest’ultimo con la novità del sensore di monitoraggio
del carburante, inserito all’interno del filtro,
che diventerà fondamentale con la diffusione dell’Hvo.
Attacchiamo la spina, mentre ci avviciniamo
ai motoristi svedesi. Il Bess di Volvo Penta ha una
chimica NCA/si-Grafite, dove il catodo è composto
da una combinazione di nichel, cobalto e alluminio,
e l’anodo è costituito da silicio (Si) con grafite. Scania
ha presentato, a braccetto con Cometto, gruppo
Faymonville, un semovente modulare elettrificato.
Facciamo una rapida incursione tra i componentisti.
ABB, Bonfiglioli, Danfoss e Parker avranno uno
spazio dedicato. Dell’azienda danese ci sentiamo
di citare Chris Shrive, Head of Cam Lobe Motors,
Danfoss Power Solutions, perché proprio questo
motori sono stati valorizzati al bauma. «Le pale
gommate compatte utilizzano generalmente motori
Cam Lobe o motori a pistoni assiali combinati con
un riduttore per la trasmissione dei cingoli. Ogni
soluzione ha i suoi vantaggi, ma in genere i motori
Cam Lobe non soddisfano i requisiti in termini di
facilità di installazione e di durata dei cuscinetti.
Il nostro CLM 12 T migliora l’offerta motori
Cam Lobe in queste aree mantenendo il vantaggio
dell’efficienza ad alta velocità», ha affermato Shrive.
Dana, dov’eravamo rimasti? Alla fine dell’anno
scorso, Goldman Sachs e Morgan Stanley hanno
ricevuto mandato di trovare un attore industriale
in grado di rilevare la parte off-highway. Una partita
che potrebbe risolversi prima del crepuscolo
dei questo 2025. Craig Price era stato insediato il
primo settembre 2024 Senior Vice President e President
di Dana’s Off-Highway Drive and Motion
Systems. In merito alla esibizione antologica in quel
di Monaco, Price ha detto che «Per decenni, i prodotti
Spicer, Brevini e Graziano hanno stabilito lo
standard per le prestazioni, la durata e il valore a
lungo termine nel settore delle costruzioni e dell’industria
mineraria. Oggi, con il programma Dana
Certified Reman, stiamo accelerando il passaggio
alle tecnologie a energia pulita, massimizzando la
durata delle attrezzature esistenti». Tra gli spunti
“elettrici”, la SpicerTM eSG001 e- Transmission,
un motore TM4TM a bassa tensione con inverter
dedicato e il regolatore SpicerTM APC400. Sempre
a firma Spicer, la HVT2 è stata concepita per
i carburanti alternativi, idrogeno e Hvo in testa I
riduttori elicoidali e ortogonali Brevini EvoMax
per applicazioni minerarie sono ora disponibili, su
richiesta, con ventola integrata. Aria di novità anche
tra i riduttori epicicloidali, con il Brevini S270, capace
di assorbire coppie fino a 51mila Nm.
Da un colosso all’altro, Bosch Rexroth, di cui riporteremo
un’intervista sul prossimo numero, si è
riproposta come una specie di one-stop shop delle
macchine movimento terra. Si comincia dal software,
con l’ambiente di sviluppo BODAS Studio, basato
su un’architettura software aperta, che consente
di risparmiare tempo nella generazione del codice
e fornisce servizi Over-The-Air. CAS è il sistema
che rileva oggetti e persone grazie a radar, ultrasuoni
e telecamere intelligenti, segnala le collisioni
imminenti o decelera il veicolo fino alla frenata di
emergenza. Il Kinematic Position Sensing (KPS), in
combinazione con più sensori inerziali, fornisce la
base tecnica per funzioni semi-automatizzate come
la pesatura, i muri virtuali o la livellazione dei
pendii. La piattaforma di controllo comune eLION
Power&Motion Control è sul mercato anche a uso
e consumo dei sistemi elettrici di bordo a bassa e
alta tensione. ZAPI Group ha meso sul piatto il
DCC3, convertitore DC/DC (Gen 3) sviluppato da
Inmotion, che converte tensioni di ingresso da 250
a 900 V in un’uscita stabile e regolabile a 12 o 24
V, fornendo fino a 10 chilowatt di potenza. Tra i
sistemi di ricarica rapida delle batterie, XV3300
e CT3.3, sono sistemi di ricarica 3 in 1, ad alte
prestazioni per ricarica rapida rivolte ad applicazioni
da 3,3 kW. Il sistema di gestione dell’energia
all-in-one di Zeliox di Eberspächer si propone
di portare l’elettricità direttamente nei cantieri, in
quattro diverse classi di potenza, da 0,65 kWh (50
Ah) a 2,6 kWh (200 Ah). Durante il funzionamento,
il convertitore DC/DC consente al sistema Zeliox
di ricaricarsi rapidamente attraverso la batteria del
veicolo: si ricarica completamente in tre ore per
ECO 1 e 2 e in meno di sei ore per ECO 3. In
alternativa, può raggiungere la carica completa in
appena un’ora e mezza utilizzando un’infrastruttura
di ricarica per veicoli elettrici o un collegamento a
230V per gli endotermici di potenza medio-bassa.
MTA ha schierato diverse tipologie di centraline di
distribuzione della potenza e protezione delle utenze,
in grado di gestire tensioni comprese tra 400 V
e 1.000 V, installabili nel vano motore così come in
cabina. All’interno della gamma di OBC per i mezzi
elettrici o ibridi plug-in, con voltaggi fino a 1.000 V
e potenze fino a 22 kW, è spuntato il recente BHP,
proposto nella classe di potenza di 19,2 kW (BHP
19) per il mercato statunitense e di 22 kW (BHP22)
per quello europeo.
In alto, da
sinistra a destra,
una panoramica
“idrogenata”:
Hyundai, allo stand
Develon, Yanmar e
Kubota.
In basso, JCB
Powertrain e Briggs
& Stratton
24
25
agco power. Core 80
Cummins. L’X15, il QSK60 e Meritor
VALZER DI COPPIA
Ne è passata di acqua sotto i ponti finlandesi, dai tempi di Sisu... Agco Power
ha lanciato nel 2022 la serie Core, che al bauma si è arricchita del top di gamma.
L’8 litri sciorina 1.680 Nm, la Vgt e la connettività over the air. Allo stand anche la
singolare conversione a idrogeno del Core 50, in configurazione mild hybrid
QUEL TRIS SUL BANCO
X15 ancora sugli scudi. Dopo “l’arringa” di Fabio Vaiani, nel servizio dedicato, il
15 litri della famiglia Helm ha ricevuto un bagno di folla tra gli addetti ai lavori del
bauma. A Monaco abbiamo parlato anche del QSK 60 per applicazioni minerarie
e dell’ultimogenito in casa Meritor, l’assale MoX per sollevatori telescopici
Da sinistra, il Core
50 e-hydrogen e
l’ultimogenito della
famiglia Core, l’8
litri
Tinto di rosso, un motore o è Deutz o è AGCO.
Sebbene i finlandesi abbiano attecchito e proliferato
nell’ecosistema forestale e in quello
agricolo, hano approfittato della vetrina del bauma
per due annunci di assoluto rilievo. Cominciamo dal
primo, prossimo alla produzione seriale. Si chiama
Core 80 e scalza il Core 75 dalla vetta della famiglia
Core. Il 6 cilindri dalla cubatura di 8 litri (AxC
110x139 mm) si è presentato al grande pubblico proprio
qui, a Monaco. Abbiamo chiesto qualcosa di più
al Marketing manager, Tommi Puomisto.
Vedo un nuovo motore qui, o sbaglio? Come si chiama
il nuovo arrivato?
«È vero, abbiamo appena presentato il Core 80,
esattamente oggi, lunedì 7 aprile. È il più grande
e avanzato della famiglia Core. Con una cilindrata
di 8 litri, eroga fino a 252 chilowatt e 1.680 Nm di
coppia. Un aumento significativo rispetto ai 1450
Nm del Core 75. Completa la nostra gamma, che
ora comprende Core 50, 75 e 80. Come nella nostra
migliore tradizione, questi motori sono disponibili
per gli Oem e sono ovviamente utilizzati nei trattori
dei marchi Agco Corporation. Per esempio, il Core
75 è montato sulla serie 700 Vario di Fendt, mentre
il Core 50 equipaggia la serie 600. Non possiamo
ancora svelare dove sarà utilizzato il Core 80, ma
entrerà in produzione di serie quest’estate. Forniremo
ulteriori dettagli nel corso dell’anno».
Ci sono novità tecnologiche nel Core 80?
«Assolutamente sì. È il nostro primo motore con turbo
a geometria variabile, che consente, tra l’altro,
di sfruttare il freno motore e incentiva l’efficienza
dei consumi. La Vgt aumenta la coppia e rende
il motore più reattivo. Un’altra grande novità è
la connettività over-the-air (Ota), che permette di
collegarsi da remoto alla centralina del motore per
diagnostica, controllo e aggiornamenti software.
Questo semplifica enormemente la gestione delle
flotte. Queste funzionalità debuttano con il Core 80,
ma è molto probabile che saranno introdotte anche
nei futuri aggiornamenti del Core 75 e del Core 50».
Idrogeno sui generis. È mild hybrid
Nello spazio di AGCO Power abbiamo notato
l’eHydrogen, sviluppato sulla base del Core 50,
annunciato alla precedente edizione di Agritechica.
La formula è inusuale: l’endotermico è alimentato
a idrogeno in un contesto mild hybrid. La testa del
motore è stata modificata per l’accensione comandata,
con candele e sistema di alimentazione dedicato.
È abbinato a componenti elettrici di trazione e a un
pacco batterie, che forniscono potenza e coppia supplementari.
L’effetto della parziale elettrificazione
non si avverte solo sullo spunto, interviene anche
sulla prontezza della risposta, mentre l’idrogeno
garantisce una potenza stabile e un rifornimento rapido.
Il sistema ibrido include una batteria da 48 V
e un volano elettrico, che contribuisce a mantenere
la carica e a fornire boost. In questo modo secondo
AGCO, è possibile raggiungere, anche solo per brevi
momenti, gli stessi livelli di potenza e coppia del
motore diesel.
Su queste pagine compare una chiacchierata con
FabioVaiani, centrata sull’X15 e sulla piattaforma
di cui parlimo gioco forza pure qui.
La piattaforma Helm consente di adottare diesel,
gas naturale e idrogeno con lo stesso basamento,
variando solo componenti specifici come la testata,
le valvole, il sistema di iniezione e la gestione
dell’aria. L’obiettivo non è certo quello di stimolare
un’accelerazione del mercato verso l’idrogeno,
ma quello di garantire flessibilità: Ci spiegano allo
stand Cummins che: «Molti installatori sono globali
e si muovono in mercati molto diversi tra loro,
qouindi un approccio multifuel evita che un cliente
resti vincolato a una tecnologia prematura per la
sua area». Il convenzionale X15, cioè la versione
diesel, promette il 10% in più di efficienza, il 30%
in meno di componenti e un Tco più competitivo.
Rispetto al diesel, l’idrogeno comporta alcune sfide:
potere calorifico inferiore, necessità di materiali
resistenti alla corrosione e lubrificanti specifici. «Il
nostro motore è stato progettato da zero, non è il
semplice adattamento di un diesel». L’X15H coprirà
fasce di potenza tra 294 e 515 chilowatt,
puntando a grandi macchine da cantiere: escavatori,
dumper, frantumatori, movimentatori e applicazioni
portuali. Miniaturizzato (pesa più di 8 tonellate),
abbiamo visto anche il QSK60. Si tratta di uno dei
jolly di Columbus. Basti pensare che già all’SMM
di Amburgo 2018 fu presentato come certificato
IMO Tier III. Nel settore minerario, il QSK60 è
il cuore meccanico del pacchetto ibrido dell’NHL
NTH260, un dumper cinese con un carico utile di
220 tonnellate, uscito dalla linea di produzione nel
gennaio 2024 e diretto alla miniera di minerale di
ferro di Baiyun del Gruppo Baogang in Cina. Il
QSK60 garantisce oltre 40.000 ore di funzionamento
prima di richiedere la revisione del motore. Le
prestazioni del 16 litri (AxC 159 x 190 millimetri)
vanno di pari passo alle dimensioni monstre: 2.125
chilowatt e 11.218 Nm. Cummins punta anche ad
accelerare l’integrazione nella catena cinematica,
in seguito all’assimilazione dei processi tecnicoproduttivi
di Meritor. Ora si cambia sponda applicativa.
Cummins ha presentato gli assali Meritor
MoX per sollevatori telescopici. Questi assali sono
progettati per varie capacità di sollevamento e sono
compatibili con le fonti di alimentazione convenzionali
e alternative. MoX è caratterizzato da un design
modulare che offre opzioni di applicazione flessibili.
L’alloggiamento dell’assale è personalizzato per
soddisfare i requisiti di resistenza, capacità e carreggiata.
Incorpora un sistema di riduzione planetaria
con un’ampia gamma di rapporti di trasmissione. La
configurazione standard comprende un differenziale
aperto e un differenziale a slittamento limitato (Lsd)
opzionale. È dotato di un freno a disco in bagno
d’olio; su richiesta il freno a disco in bagno d’olio
di stazionamento Sahr. L’assale è inoltre dotato di
un cilindro di sterzo e di un sensore di posizione
centrale opzionale.
Tre frecce nell’arco
di Cummins al
bauma, per
altrettanti bersagli.
L’X15 è l’eclettico
per le grandi
macchine da
cantiere, il QSK60
per i grossissimi
calibri della miniera,
l’MoX è l’assale per
i telescopici
terra
terra
26
27
hatz. La Serie F
john deere. JD4, JD14, JD18, Kreisel Electric e...
PRECISIONE BAVARESE
Geometrico, ordinato e assortito: così abbiamo visto lo spazio scenico di Hatz,
che nel giardino di casa, il bauma, ha ritrovato lo slancio tecnologico che il mondo
del movimento terra le riconosce. Quale migliore vetrina dove esporre la Serie F,
concepita sia per l’industriale che lo stazionario? Da 0.952 a 1.758 cc di precisione
IPOTESI ETANOLO
L’andatura del Cervo procede al trotto quando si tratta di alzare i picchi di densità,
al servizio del costo totale di proprietà, e nella funzionalità dell’assistenza. Per
galoppare in modalità elettrica, Kreisel ha potenziato la capacità produttiva e nello
spazio riservato a Wirtgen sono spuntati sistemi di ricarica mobile. E l’etanolo...
In basso, un faccia
a faccia tra una
delle versioni della
Serie F (disponibile
sia per applicazioni
mobili che
stazionarie, anche
IOPU) e il concept
cube, un’unità
telecomandata
che può muoversi
liberamente in tutte
le direzioni
Hatz si è presentata in grande spolvero in quel
crogiolo di idee che rappresenta l’anima
stessa dell’azienda di Ruhstorf an der Rott:
il bauma Monaco. Molto di più di una semplice rassegna
fieristica, il bauma incarna l’essenza dell’eccellenza
ingegneristica bavarese, applicata allo scenario
cantieristico. Nel corse degli anni è diventato
un luogo di pellegrinaggio per i professionisti del
movimento terra. Le fondamenta del percorso tecnologico
che ha portato Hatz all’attuale interpretazione
dello Stage V sono state gettate nel 2013,
con il debutto del 4H50TIC, un motore sofisticato
e super-compatto, dotato di un Egr esterno Wahler
e di un Doc di HJS. Tre anni dopo, la stessa canna
modulare si è riverberata in una versione a tre cilindri.
Con una cilindrata di appena mezzo litro per
cilindro, il motore ha virato verso il common rail
Bosch. All’epoca, la sua potenza specifica di 28,6
di kW/dm³ e la densità di coppia di 121,1 Nm/dm³
costituivano un punto di riferimento al di sotto dei
56 chilowatt. E da allora Hatz non si è più allontanata
da questa strada. Prima di tuffarci nel prossimo
capitolo, che inizia con la lettera F, ci affidiamo
alle parole di Michael Hatz, Global Communication
Manager, che ha inquadrato la presenza
dell’azienda al bauma di Monaco. «Quest’anno,
al bauma, abbiamo deciso di riflettere sulla nostra
tradizione, evidenziando al contempo gli elementi
di innovazione. Abbiamo voluto rendere omaggio ai
nostri partner, che sono al nostro fianco da quasi
150 anni. Con l’avvicinarsi del nostro 150° anniversario
(attualmente siamo a quota 145), vediamo
il bauma come il luogo perfetto per iniziare questo
percorso di celebrazione dell’eccellenza. Al nostro
stand abbiamo presentato la nostra gamma completa,
evidenziando da dove veniamo e quale direzione
stiamo percorrendo. Oltre ai nostri motori, abbiamo
esposto anche altre recenti innovazioni, dai servizi
alle soluzioni energetiche, offrendo una visione
completa di ciò che Hatz rappresenta oggi stesso
e di quello che stiamo sviluppando per i prossimi
cinque anni. Il punto forte è la nostra nuova linea
di endotermici, la serie F, che completa la nostra
offerta. Con essa copriamo una gamma di potenze
che va da 1,5 kW a 64 kW, senza interruzioni. Questo
è il significato di “nuovo” per noi: una line-up
senza soluzione di continuità. Sebbene vi sia una
parziale sovrapposizione con la serie H, la serie
F ha apportato alcuni significativi miglioramenti
tecnici. Entrambe le serie condividono gli stessi
standard di alta qualità che contraddistinguono
Hatz. La serie F ci consente di offrire una gamma
completa, con densità di potenza e dimensioni diversificate,
nella classe di cilindrata da 1 a 2 litri.
Soddisfa le diverse esigenze delle applicazioni compatte
tipiche dei cantieri, senza trascurare la generazione».
Le cilindrate disponibili sono 0,95, 1,1,
1,3 e 1,75 litri, con potenze da 7,5 a 18 kW e coppie
da 48 a 76 Nm. I motori sono dotati di un regolatore
meccanico (disponibile, su richiesta, elettronico).
La spina dorsale dell’attuale offerta di John Deere
Power Systems rimane l’endotermico, seppure
in una forma completamente aggiornata.
La nuova generazione del cervo, che comprende
i modelli JD4, JD14 e JD18, riflette un approccio
volto a massimizzare la densità di potenza, ottimizzare
l’efficienza dei consumi e semplificare la
manutenzione. La densità, in particolare, è il volano
per blandire la Tco. Il JD4, che eroga fino a
129 kW, può sostituire i quadricilindrici con canna
da 1,1 litri. Il JD14 e il JD18 sono gli arieti per le
applicazioni gravose e più esigenti in termini di
coppia disponibile. Tra le priorità, nell’agenda di
John Deere, c’è il supporto post-vendita. L’azienda
americana rivendica la capillarità della propria
rete, con oltre 9.000 punti di assistenza, supportati
dalla John Deere Lifecycle Service Solution. Questa
soluzione comprende piani di manutenzione
proattiva, il PowerGard Protection Plan e il John
Deere Connected Support. Da un lato la causa del
diesel presidiata senza cedimenti, dall’altro nessun
cedimento sul versante dell’elettrificazione, in
particolare per le basse potenze. Acquisita alla fine
del 2021, Kreisel Electric raddoppierà la capacità
produttiva. A partire dal prossimo anno, oltre al
sito austriaco, sarà in funzione uno stabilimento di
115.000 metri quadrati a Kernersville, nella Carolina
del Nord. Sono in corso di sviluppo congiunto
dei sistemi di batterie modulari ad alta durata con
Dynamic Performance Management, che combina
software, gestione termica e raffreddamento a immersione
brevettato per ottimizzare le prestazioni
e la sicurezza. Tra le nuove soluzioni presentate in
anteprima a Monaco di Baviera c’è il pacco batterie
KBE.59.750M, la cui produzione è prevista
per il 2026. Presso lo stand Wirtgen erano esposti
sistemi di ricarica mobili e fissi, tra cui il caricatore
rapido CC ad alta potenza Chimero. Una
necessaria integrazione della catena di fornitura, in
ragione ddella variabilità della fornitura di energia
elettrica e delle esigenze localizzate degli utilizzatori.
In Nord America, l’etanolo è un carburante
accessibile e familiare, mentre l’Europa dimostra
un crescente interesse per l’Hvo, nonostante il suo
costo incida sensibilmente sul Tco. Il biodiesel rimane
un’opzione accessibile in diversi mercati.
L’utilizzo dell’etanolo in ambito industriale è limitato
dalla inferiore densità di potenza e coppia.
«Se riusciremo a superare queste sfide», ci ha fatto
presente Eric Risius, Manager, Power Solutions
& Combustion Engines, «l’etanolo potrebbe diventare
un carburante industriale più redditizio».
Nel frattempo, l’oggetto del desiderio, l’idrogeno,
rimane un obiettivo a lungo termine, in ragione
degli ostacoli infrastrutturali e logistici. Deere sta
conducendo delle ricerche a Saran, in collaborazione
con istituzioni accademiche, per esplorare le
soluzioni più adatte per l’iniezione dell’idrogeno.
L’immagine in
basso evidenzia
la centralità
della tecnologia
endotermica nella
linea di fuoco di
John Deere. Non
tragga però in
inganno. Non solo
batterie, a firma
Kreisel. Allo stand
di Wirtgen, erano
esposti anche i
sistemi di ricarica.
Quel che si dice
“fare sistema”
terra
terra
28
29
parker hannifin. Al bauma 2025
MANO NELLA
MANO
Oltre al motion control dei motori tradizionali,
Parker è impegnata nell’elettrificazione e nelle
celle a combustibile. L’idrogeno richiede
stabilità ed elevata capacità di filtrazione.
L’elettrico passeggia a braccetto con la
digitalizzazione. L’azienda americana si
dimostra proattiva su tutti questi fronti
terra
Al bauma Parker ha calato due assi, non uno,
per intercettare le esigenze della decarbonizzazione.
Cominciamo dalle fuel cell. In questo
contesto, Parker si posiziona come partner strategico
nella filiera dell’idrogeno, con un ventaglio
integrato di componenti per celle a combustibile ed
endoyermici alimentati a idrogeno. Al Bauma 2025,
l’azienda ha presentato un insieme coerente di tecnologie
abilitanti, in linea con l’obiettivo di decarbonizzare
le applicazioni mobili medio-pesanti.
L’approccio Parker si distingue per la capacità di
coprire fino all’80% del bilanciamento di un sistema
a celle a combustibile. A partire dalla gestione
dei flussi d’idrogeno, Parker fornisce componenti
per la regolazione e il controllo della pressione
su linee da 350 e 700 bar, con sistemi di valvole,
raccordi e tubing ad alta integrità progettati per ridurre
al minimo le perdite e garantire la sicurezza
operativa. L’idrogeno, prima di raggiungere la
cella, attraversa un circuito complesso che richiede
componenti chimicamente compatibili e resistenti a
shock e vibrazioni.
Filtraggio multistadio
Sul lato aria, Parker ha sviluppato sistemi di filtrazione
multistadio ad alta efficienza, in grado di
rimuovere le particelle solide in ingresso anche in
ambienti estremamente polverosi. Un secondo stadio
di filtrazione dedicato ai gas consente di proteggere
la membrana elettrochimica (MEA) da contaminanti
volatili. Il controllo dell’umidità è affidato
a umidificatori compatti e a separatori d’acqua integrati,
mentre la gestione delle temperature si avvale
di moduli scambiatori ottimizzati per il controllo
preciso della temperatura operativa.
Uno dei punti critici nella progettazione dei sistemi
a fuel cell risiede nella gestione della conducibilità
elettrica del fluido refrigerante: al contrario di
quanto avviene nei motori endotermici tradizionali,
un’eccessiva conducibilità può generare scariche
che danneggiano lo stack. Parker ha quindi integrato
nel circuito soluzioni di filtrazione specifica
per il liquido termico, contribuendo a preservare la
stabilità dielettrica del sistema.
L’attenzione ai dettagli progettuali si estende alle
tenute delle piastre bipolari, elementi fondamentali
per la separazione dei gas e il mantenimento
dell’integrità del sistema. Parker Prädifa propone
guarnizioni in elastomero e Ptfe (politetrafluoroetilene),
sigillature composite su frame portanti, e
soluzioni customizzate per stack con elevati requisiti
di durata, integrabilità e resistenza chimicotermica.
La tecnologia di tenuta è progettata per
ridurre le perdite interne ed esterne, semplificare
l’assemblaggio e consentire la produzione in serie
con qualità costante. Anche per gli endotermici alimentati
a idrogeno, Parker impiega gran parte delle
tecnologie sviluppate per la fuel cell, in particolare
per il trasporto dell’idrogeno e la regolazione della
pressione. I componenti per i motori a combustione
interna condividono gli stessi requisiti in termini
di compatibilità chimica, resistenza meccanica e
integrazione in ambienti gravosi, e sono già oggi
disponibili per applicazioni prototipali e di pre-serie
su powertrain di medie e grandi dimensioni.
Quindi, filtrazione, temperatura, pressione
Attraverso un approccio modulare e verticale, Parker
supporta l’implementazione di sistemi a idrogeno
nelle macchine operatrici mobili, integrando
funzionalità critiche come la filtrazione, la gestione
termica, la tenuta e il controllo della pressione. La
presenza allargata su tutti i sottosistemi chiave consente
all’azienda di proporsi come fornitore unico
per progetti fuel cell o H2 ICE, contribuendo alla
riduzione della complessità e all’accelerazione dello
sviluppo industriale.
Adesso svoltiamo sull’elettrificazione e sulla digitalizzazione,
due ambienti che procedono mano nella
mano. Mentre la meccanica tradizionale continua
ad avere un ruolo importante, il software sta diventando
sempre più determinante per aumentare
le funzionalità e l’autonomia delle macchine. Queste
tecnologie consentono di rispondere ai requisiti
normativi in evoluzione, come quelli della nuova
Direttiva Macchine 2026, migliorando al contempo
l’efficienza operativa e la sostenibilità.
Uno dei più recenti sviluppi presentati da Parker
è il motore elettrico Gvm (Global vehicle motor),
progettato in abbinamento a un riduttore. Una delle
sue caratteristiche più distintive è la capacità di
raffreddamento integrata, fondamentale per gestire
i picchi di coppia tipici dei cicli di lavoro più
gravosi. L’efficace gestione termica consente di
mantenere prestazioni elevate senza compromettere
l’affidabilità. Grazie al design compatto, il Gvm
contribuisce a una riduzione del consumo energetico.
L’integrazione con riduttore ed e-PTO (cioè la
power take-off elettrica) consente di abbandonare
completamente l’uso del motore a combustione,
mantenendo comunque la possibilità di alimentare
pompe idrauliche. Il pacchetto include inverter,
drive e motore elettrico di dimensioni adeguate,
adattabili alla pompa desiderata. Con l’elettrificazione,
le pompe sono diventate più versatili. In precedenza,
il tipo di pompa dipendeva direttamente
dal motore meccanico. Oggi è possibile utilizzare
pompe fisse che si comportano come variabili grazie
al controllo elettronico e alle funzioni integrate
nel drive. Un esempio concreto è la nuova T8Mini,
evoluzione della serie T7, basata sull’affidabile
tecnologia Denison vane. Ottimizzata per i sistemi
elettrici, la T8Mini si distingue per la bassa rumorosità,
l’elevata efficienza e la compattezza. Abbinata
a un motore elettrico brushless sincrono, migliora
sensibilmente le prestazioni della macchina, garantendo
al tempo stesso un ridotto impatto ambientale,
in particolare nelle applicazioni urbane, e un minore
costo totale di proprietà. Gli inverter Gvi Gen 2
hanno implementato il controllo motore sia per la
trazione che per le funzioni ausiliarie. È disponibile
in due taglie: 75 kW e 250 kW, a cui si aggiungerà
a breve la versione da 125 kW, e si adatta ai motori
CA a magneti permanenti (Pmac) della citata serie
Gvm. Tra le funzioni di sicurezza figurano Safe
Torque Off, High Voltage Interlock Loop, la scarica
attiva e passiva dei condensatori e la protezione da
sovratensione ad alta velocità.
E la digitalizzazione?
Questo è un altro pilastro fondamentale: Parker ha
investito molto in modellazione, simulazione e digital
twin, riducendo il time-to-market e semplificando
il lavoro di progettazione. I clienti possono
utilizzare i modelli simulativi per testare configurazioni,
ottimizzare le soluzioni e accelerare lo sviluppo
senza ricorrere immediatamente a prototipi
hardware.
In apertura,
il layout che
evidenzia il
contributo di
Parker nelle fuel
cell. A seguire,
la pompa T8Mini.
In basso, una
rassegna degli
inverter Gvi Gen2
30
31
perkins. Dimostratore elettrico e Progetto COEUS
Powertrain
INTERNATIONAL
È “DIROMPENTE”
E se Perkins avesse trovato la pietra filosofale, che loro chiamano “Disruptor”?
L’unità di alimentazione elettrica a batteria di Perkins è stata messa alla prova in una
macchina per l’alettatura dei tubi, la McElroy TracStar 900i, come dimostratore. Ci
siamo soffermati con Paul Muller anche sul Progetto Coeus. A destra, il 12,9 litri
Lo chiamano
“disruptor”, da
noi tradotto come
“dirompente”. È la
soluzione elettrica
integrata in grado
di sostituire un
motore diesel e
di simularne il
comportamento
terra
32
Perkins ha risposto a chi mugugnava quando furono
presentate le batterie “in solitaria”, cioè
svincolate da un sistema cinematico. A Monaco
campeggiava un gruppo propulsore elettrico
“drop-in”. Il dimostratore, installato in una macchina
per l’alettatura dei tubi, la McElroy TracStar
900i, sostituisce il 3,6 litri 904 di Perkins. L’unità
elettrica è stata concepita con i punti di montaggio
meccanici ed elettrici del diesel, per agevolare gli
Oem nell’elettrificazione delle piattaforme esistenti
senza oneri di reingegnerizzazione. Come dire, sia
per il primo equipaggiamento che per il retrofit. Include
la batteria, gli inverter, i motori, il caricabatterie
di bordo, il sistema di raffreddamento, la logica
di controllo e la telematica, il tutto integrato in un
modulo compatto e chiavi in mano. Ci spiegano che
«il sistema replica i segnali del motore tradizionale,
come la pressione dell’olio, consentendo un funzionamento
perfetto con le macchine abituate a questi
input. Questo livello di emulazione garantisce quindi
la piena compatibilità con i comandi macchina
esistenti e riduce i tempi di sviluppo. Elettrica a tutti
gli effetti, ma in grado di mimare il comportamento
dell’endotermico. Tutti i componenti ad alta tensione
sono racchiusi all’interno dell’unità, sgravando
gli installatori dalla gestione dei cavi arancioni o
l’integrazione HV ad alta tensione. Il dimostratore
elettrico a batteria fornisce una potenza continua di
circa 105 kW, in continuaità con il quadricilindrico.
C’è un’altra dimensione applicativa su cui Perkins
è in una fase avanzata di ricerca e sperimentazione,
ed è quella dell’ibridazione, all’interno del Progetto
Coeus. L’obiettivo è quello di sviluppare un’unità di
potenza ibrida con accensione comandata. Al bauma
abbiamo incontrato Paul Muller, Technical Sales
Manager, uno dei nostri ciceroni al London Design
Museum. «Il motore a idrogeno è funzionante, attualmente
in fase di test. L’obiettivo è fornire un
sistema ibrido da 180-280 kW che offra prestazioni
costanti con quattro tipi di carburante: idrogeno,
etanolo, metanolo e biometano». Tutti i carburanti
indicati si prestano all’accensione a scintilla, consentendo
lo sviluppo di una piattaforma di combustione
comune. Il sistema ibrido sarà configurato
come soluzione plug-and-play, consentendo agli
utenti di adattarsi alla disponibilità locale di carburante
o alle richieste normative senza compromettere
la densità di potenza o le prestazioni. Oltre alle
unità di potenza, Perkins sta potenziando i servizi
connessi, concentrandosi sulla gestione delle batterie,
sulla telematica e sulla manutenzione predittiva.
Il sistema telematico integrato può monitorare a distanza
lo stato di salute della batteria e avvisare gli
utenti o le reti di assistenza in tempo reale. «Stiamo
costruendo sistemi in grado di diagnosticare i problemi
dell’intera trasmissione - batteria, inverter,
motore - in modo da poter individuare i guasti e
reagire più rapidamente», ci spiegano. «Si tratta di
mantenere le macchine in funzione, massimizzare i
tempi di attività e ridurre i costi di proprietà».
1
What is called
ALTERNATIVE
ACT Expo: So much ‘e’, so much ‘H2’ - FPT Teardown -
Intermat: Cummins, Moog, Yanmar CE - Isotta Fraschini
at DCN Milan - Diesel of the Year & Alternative Engine Award
Raise the
1
INTERNATIONAL
Powertrain
Powertrain
A hydrogen
FILL-UP
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July 2024
KOREAN FLAG
HD Hyundai Infracore DX is the Diesel of the Year 2025 -
Under
FPT Industrial XCursor 13 wins the Alternative Engine Award -
EIMA previews - Himoinsa - Echoes from IAA Transportation
PRESSURE
Queen and David Bowie? No, let’s talk about hydrogen -
HD Hyundai DX Diesel of the Year - Bauma Munich: BEV,
INTERNATIONAL
despite the situation in Europe and the US - Perkins Coeus
Powertra
PowertraIN
Powertrain
Bringing H2 to the dock, from pleasure to commercial boats -
Batteries: Exide and Riva EL-Iseo - FPT Industrial e-Plant step
by step - Kohler DemoDays - Rolls-Royce PG Symposium
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Alternative &
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November 2024
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DOTY & AEA awarding sessions with Hyundai and FPT -
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January 2025
CONFRONTO. Industriali da 3,6 a 3,9 litri
TALLONANO
I QUATTRO
Non si intendono solamente i quattro
cilindri con canna da litro che hanno
progressivamente sostituito. I compatti da
3,8-3,9 litri erogano potenze rintracciabili
in precedenza sui 4,4 litri. Brilla la stella di
Cummins, Deere e Deutz danno un colpo
di reni, Perkins alza l’asticella. Volti nuovi
dall’Estremo Oriente
Sezionare i range di cilindrata in modo chirurgico
è un’operazione più complicata che nel passato.
La possibilità di intervenire sui sistemi di
controllo elettronico consente a motoristi ed installatori
di manipolare il profilo delle curve al di là
della inerziale attitudine meccanica della cubatura.
Generalmente avviciniamo i compatti con un metro
elastico. In questo caso abbiamo deciso di escludere
i 3,4 e accorpare i 3,6 e i 3,8 litri, includendo alcune
stelle nascenti dell’Estremo Oriente, come Kioti e
Weichai (non Raywin, dal momento che il loro 3,8
litri risulta non emissionato). A questo punto, come
ignorare il 3,9 di Deutz e John Deere? Seppure
acceleri sensibilmente l’arrampicata sulla curva di
potenza, questo motore si trova a una manciata di
centimetri cubici dal resto del gruppo.
Partiamo dai 3,9 litri
Cominciamo dunque proprio dal motore che, all’ombra
della cattedrale di Colonia, affiancherà il Tcd3.6
ed è destinato a fagocitare il Tcd4.1. Perché questa
è l’anomalia dei compatti maggiorati (espressione
che potrebbe risuonare paradossale). Da un lato raccolgono
il testimone delle cilindrate unitarie da 800
a 900 cc, che hanno fagocitato la canna da litro,
dall’altro si approssimano proprio a quella cilindrata
unitaria (esattamente 0,975 litri, quindi un’inezia
rispetto al cilindro che ha fatto la storia della meccanizzazione
agricola). Il 3,9 litri allunga quindi sul
3,6 litri, che rimane uno dei fiori all’occhiello del
listino Deutz, con il quale convivrà a lungo, e sostituirà
progressivamente il 4,1 litri. La base meccanica
Compatti
La 421G è la
pala gommata di
CASE Construction
Equipment appena
introdotta sul
mercato. Con un
peso operativo
di 8.970 chili, si
inserisce tra le pale
gommate compatte
e quelle di medie
dimensioni. È
equipaggiata
con l’F36 di FPT
Industrial
PERKINS SALE A 106, DEERE E DEUTZ CON IL 3,9L
TERRA
Marca CUMMINS DEUTZ DEUTZ FPT INDUSTRIAL JOHN DEERE KIOTI KUBOTA PERKINS SAME YANMAR YUCHAI
Modello F3.8 TCD 4.0 TCD3.6 L4 HP F36 JD4 4J383TA V3800-TIEF4HB 904J-E22TA FARMOTION KF4115TA 4TN101 YCDK04140-T400
CARTA D’IDENTITÀ
A x C mm - C/A 102 x 115 - 1,13 99 x 128 - 1,29 98 x 120 - 1,22 102 x 110 - 1,08 99 x 128 - 1,29 103 x 115 - 1,12 100 x 120 - 1,20 98 x 120 - 1,22 103 x 115 - 1,12 101 x 120 - 1,19 98 x 120 - 1,22
N. cilindri - litri 4 - 3,75 4 - 3,94 4 - 3,62 4 - 3,59 4 - 3,94 4 - 3,83 4 - 3,77 4 - 3,62 4 - 3,85 4 - 3,84 4 - 3,62
Potenza intermittente kW - rpm 129 - 2.500 129 - 2.200 105 - 2.300 105 - 1.900 129 - 2.200 104,5 - 2.200 96,4 - 2.400 106 - 2.200 115 - 2.000 105 - 2.200 103 - 2.400
Pme bar 16,8 18,2 15,4 18,8 18,2 15,2 13 16,3 18,3 15,2 14,5
Velocità lineare pistone m/s 9,6 9,4 9,2 7 9,4 8,4 9,6 8,8 7,7 8,8 9,6
Coppia max Nm - rpm 617 - 1.500 696 - 1.300 550 - 1.600 600 - 1.400 696 - 1.300 540 - 1.400 446,6 - 1.500 568 - 1.500 666 - 1.400 550 - 1.500 500 - 1.600
Pme a coppia max bar 21,1 22,7 19,5 21,4 22,7 18,1 15,2 20,1 22,2 18,3 17,7
Riserva di coppia % 38 44,1 42,3 47,1 44,1 41,7 36,4 43,6 48,1 42,3 38,6
Coppia a potenza max Nm 490 559 441 529 559 451 382 461 549 461 412
% Potenza a coppia max (kW) 75,2 (97) 73,50 (95) 87,80 (92) 83,80 (88) 73,50 (95) 75,80 (79) 72,80 (70) 84,20 (89) 85 (98) 82,30 (86) 81,40 (84)
NELLO SPECIFICO
Potenza kW/litro 34,2 32,6 29 29,2 32,6 27,2 25,5 29,2 29,7 27,3 28,4
Coppia Nm/litro 164,1 176,6 151,8 166,9 176,6 140,8 118,4 156,8 172,9 143 138
Potenza areale kW/dm 2 39,45 41,88 34,77 32,11 41,88 31,38 30,70 35,10 34,53 32,81 34,11
METRO E BILANCIA
Peso kg 280 460 350 320 460 522 345 275 540 420 280
L x W x H mm 818x728x786 760x680x843 900x592x1.036 714x601x852 700x680x810 948x666x1.136 844x581x835 667x569x776 602x578x679 890x630x870 790x590x790
Ingombro m 3 0,47 0,44 0,55 0,37 0,39 0,72 0,41 0,29 0,24 0,49 0,37
Massa/potenza kg/kW 2,2 3,6 3,3 3 3,6 5 3,6 2,6 4,7 4 2,7
Densità globale kg/litri 74,5 116,7 96,7 89 116,7 136,2 91,5 75,9 140,3 109,2 77,3
Densità di potenza kW/m 3 274,5 293,2 190,9 283,8 330,8 145,1 235,1 365,5 479,1 214,3 278,4
Densità assoluta t/m 3 0,60 1,05 0,64 0,86 1,18 0,73 0,84 0,95 2,2 0,86 0,76
Densità relativa litri/m 3 8 8,96 6,58 9,72 10,11 5,32 9,20 12,49 16 7,85 9,79
INDICI
ELASTICITÀ 12,6 11,7 9,6 7,7 11,7 10,3 11,1 9,6 6,2 9,4 10,4 6,1
PRESTAZIONI 6,2 6,5 5,8 6 6,5 5,4 5 5,9 6,2 5,5 5,5 5,5
SOLLECITAZIONE 10,2 10,7 9,6 9,5 10,7 8,8 8,3 9,6 10 9 9,1 8,4
LEGGEREZZA 8,9 13,9 11,1 10,2 13,9 16,7 11 8,7 16,8 13 9,1
COMPATTEZZA 20,9 23,7 16,2 26,1 26,8 11,6 17,4 31,6 21,1 17,3 22,1
DIESEL INDUSTRIALI 8,1 7,5 7,2 7,2 7,5 6,7 6,9 7,6 6,9 6,9 7,4
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ed elettronica consente a Colonia di allestirlo in formato
“gruppo elettrogeno”, con una potenza prevista
di 100 kVA, con la quale presidierà un nodo strategico
di queste applicazioni e abbraccerà segmenti
finora inesplorati da Deutz. Senza considerare il potenziale
nella nautica commerciale. Consentendo la
semplificazione dell’alloggiamento, quindi l’architettura
multipla sotto coperta, con più unità in linea,
potrebbe costituire una carta da spendere per il rilancio
della stessa Deutz nella nautica. Sicuramente
è un “oggetto interessante” per il gemello in verde,
a firma di John Deere Power Systems, che a gennaio
ha annunciato la marinizzazione di due cavalli
rampanti della scuderia, il 14 e il 18 litri (il JD18 è
stato eletto Diesel of the year nel 2021). L’intervallo
di potenza, nella fascia apicale dell’offerta di John
Deere, è così segmentato in modo più regolare, da
298 a 599 chilowatt. A questo punto, perché non
rendere questa segmentazione ancora più flessibile
nella fascia di attacco, che si rivolge alle piccole e
medie barche da lavoro (tra cui pilotine, taxi e piccoli
rimorchiatori). Questo motore dispone di un treno
di ingranaggi posteriore che permette alla presa
di forza di attingere a una potenza maggiore. Il JD4,
così è stato battezzato nella nomenclatura americana,
contempla intervalli di manutenzione dei fluidi
compresi tra 750 e 1.000 ore. Un altro elemento di
innovazione riguarda i regolatori idraulici (Hla) che
rimuovono la manutenzione del gioco delle valvole.
Il motore offre fino a due pattini di trasmissione
ausiliari, con un effetto boost sulla potenza ausiliaria,
fungendo da agevolatore per l’eventuale ibridizzazione
del sistema. Concepito sia per i mercati
emissionati che per quelli con limiti assai più laschi
(insomma, dallo Stage IIIA allo Stage V), si attrezza
con il ricircolo dei gas di scarico raffreddato esternamente
per il IIIA. L’Egr risulta espiantato nello
Stage V, seguendo una tendenza che ha investito anche
gli interpreti della scuola ingegneristica tedesca,
paladini dell’approccio anti-emissioni a monte della
combustione, quali Deutz e MAN. Vi invitiamo però
a leggere l’articolo su Dellorto, che trovate in questo
numero, per ricredervi su questo assunto. L’Egr è
tutt’altro che fuori gioco e si ritrova a fronteggiare
nuove sfide. Dal momento che le portate sono
in continua crescita, si sta rapidamente passando
dalla tradizionale valvola a fungo all’Egr a farfalla.
All’EIMA, Rama Motori, storico distributore per
l’Italia dei motori John Deere, ha avuto l’onore di
annunciare l’estensione della potenza del JD4 a 129
chilowatt, in precedenza appannaggio esclusivo di
Deutz. Sostanzialmente le curve sono speculari, con
il punto di minor consumo specifico a 1.300/1.400
giri e una stabilizzazione della potenza a 2.200 giri.
Sprint Cummins
A tallonare da vicino Deere e Deutz troviamo
Cummins. L’F3.8 ha giocato d’anticipo, in questa
rincorsa alla densità di potenza. Risale al 2019 la
genesi del progetto “Performance Series”, che investe
anche il 3,75 litri, passato da 97 a 129 chilowatt,
guadagnano addirittura il 33%, rispetto alla originaria
edizione Stage V. La revisione del pacchetto
emissioni ha comportato l’espianto dell’Egr e un
modulo singolo per i dispositivi a valle. Una soluzione
che riguarda B4,5, B6,7 e L9, tutti fin da allora
congegnati per l’installazione per oltre il 70%,
inclusi post-trattamento, sistema di raffreddamento,
tubi flessibili, filtro dell’aria e kit di montaggio.
Questo confronto, che manca da diversi anni, trova
nuova linfa anche dalla vitaminizzazione delle
curve del 904J di Perkins. Quello che fu in origine
battezzato Syncro calca le scene da un decennio,
quando sganciò Perkins dall’abbraccio con FPT Industrial
per il 3,4 litri siglato 854. Correva l’anno
2016 e si fece ammirare sotto una teca proprio al
Bauma Monaco. A Shanghai, nell’edizione cinese
della kermesse bavarese, nel novembre successivo,
sarebbe apparso il fratellino minore da 2,8 litri. Vi
abbiamo raccontato sul numero di Marzo-Aprile di
quanto annunciato al Museo del Design di Londra.
A Peterborough hanno alzato l’asticella della potenza
del 6%, 106 kW a 2.220 giri e coppia a 566 Nm,
con un balzo di circa 12 punti percentuali. Hanno
messo mano al design, intervenendo sul post-trattamento
Emat (Engine mounted aftertreatment), che
ridimensiona il packaging dell’Scr e posiziona il
modulo sempre a castello sul motore, ma riducendone
l’impatto volumetrico. La flessibilità investe
anche il posizionamento della pompa del combustibile,
il volano e le prese di forza. Nell’agosto del
2020 Yuchai ha certificato Stage V un 4,8 e un 3,62
litri per rafforzare la presenza in Europa. Non abbiamo
notizie di applicazioni off-highway europei
equipaggiati dal compatto di Pechino, ma la carta
d’identità è allineata con i principali concorrenti.
Quasi un peso piuma, sebbene non sia chiaro se
i 280 chili dichiarati comprendano catalizzatore,
filtro antiparticolato ed erogatore di urea tecnica.
C’è anche Kioti
Eccovi la new entry. Si chiama Kioti, è commercializzata
in Italia da Pitteri Violini, e si propone come
top di gamma. Nel più classico filone onomastico
del Far East, il motore è identificato con una sigla:
4J383TA. Anche in questo caso, come in quello dei
dirimpettai cinesi, il costruttore coreano è riuscito
a imprimere grinta al monoblocco, che si dimostra
competitivo, con 104,5 chilowatt e 540 Nm. Il 3,83
litri risulta penalizzato dal peso, che incorpora però
esplicitamente il modulo Scr, volano e ventola. Il
4J380 si trova sotto i cofani dei trattori Kioti e si
presenta come l’asso di briscola per sparigliare le
carte sul tavolo dei costruttori europei. Scalando a
livello geografico, dalla penisola coreana ci imbarchiamo
per l’isola giapponese di Honsu. Si replica
l’eterno duello tra Yanmar e Kubota. La prima ha
svelato i tratti del 4TN101 all’Intermat del 2018,
mentre alla edizione del Bauma appena consegnata
agli archivi è stata la volta della versione a idrogeno.
Yanmar prosegue nella scelta del ricircolo
raffreddato, che interviene sulla miscela in camera
di combustione e contribuisce a moderare la detonazione
e il punto di fiamma. L’alchimia, per evitare
il rischio trade-off, è il bilanciamento con la quantità
di urea tecnica erogata dagli ugelli dell’Scr. Il
risultato è all’altezza delle aspettative: la potenza
è di 105 chilowatt, per 550 Nm, appena 100 Nm
in meno a 1.000 giri. I dirimpettai di Kubota, da
lepri si ritrovano nel ruolo di inseguitori, incalzati
da una concorrenza ormai plafonata sopra i 100 kW.
La stessa Yuchai da anni si è proposta con un 3,6
da 103 kW e 600 Nm. L’F36 di FPT Industrial si
distingue per la riserva di coppia e la coppia disponibile
a potenza massima, che potete trovare sulla
pala gommata 421G di Case CE. Ci soffermiamo in
Italia, a Treviglio, casa natale di SAME. Per assorbimento
puramente captive, i 2,9 e 3,8 della famiglia
Farmotion sono prodotti anche a Bandirma, in
Turchia, dove SDF vanta una presenza significativa.
Lo stabilimento di 10.000 metri quadri sul Mar di
Marmara è stato inaugurato nel maggio 2024, per
la produzione dei FARMotion e per le lavorazioni
meccaniche.
In basso, a sinistra,
una pompa per
l’irrigazione di
OCMIS. Una delle
prime applicazioni
con il JD4 di John
Deere, distribuito
da Rama Motori. Di
seguito, il Landini
Serie 5, motorizzato
dal TCD3.6 di
Deutz.
TERRA
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37
rama motori. Per Tecniwell
BINOMIO
HEAVY DUTY
Potenza ed affidabilità. Questo è quanto richiesto
ai motori per il jet grouting. Tecniwell ha pensato
al JD18, di John Deere, capace di 677 chilowatt
a 1.900 giri, per una motopompa in grado di
soddisfare le esigenze performative di questa
applicazione, che vi spieghiamo nel dettaglio. Per
il 18 litri, parola ad Andrea Perduca di Rama Motori
Da sinistra a destra,
l’applicazione
di Tecniwell per
il jet grouting
equipaggiata
dal JD18, con
il supporto e
l’assistenza di
RAMA Motori. Il
motore è stato
ritratto alla scorsa
edizione del
Conexpo di Las
Vegas
stazionari
Tecniwell. Sono trascorsi otto anni da quando ne
parlammo. All’epoca, nella scuderia piacentina,
comparivano Cat, Deutz, Scania e Volvo. In questa
sede parliamo invece di John Deere. I pianeti di
Rama Motori e di Tecniwell si sono infatti allineati
nel segno del JD18. Sì, è stato reclutato proprio lui, il
Diesel of the year 2021. A sud di Piacenza, in quel di
Podenzano, il 18 litri ha motorizzato una motopompa
per il jet-grouting. Questa tecnologia è utilizzata per il
consolidamento e l’impermeabilizzazione del terreno,
nonché per il miglioramento delle sue caratteristiche
meccaniche. Il processo inizia con una perforazione
realizzata mediante aste di piccolo diametro, generalmente
tra 90 e 140 millimetri, che possono raggiungere
profondità anche superiori a 30 metri, a seconda
delle necessità progettuali. All’estremità della batteria
di aste è montato un utensile dotato di speciali ugelli,
attraverso i quali viene iniettata una miscela cementizia
ad altissima pressione, solitamente compresa tra
300 e 500 bar, e con una portata elevata.
Addentrandoci nel jet grouting
Questa iniezione, combinata con la rotazione e la risalita
controllata della batteria di aste, genera un’azione
erosiva sul terreno circostante, miscelandolo
con il cemento in una configurazione a spirale sovrapposta.
Una volta che la miscela ha completato
il processo di maturazione, si forma una colonna
consolidata di diametro significativo, generalmente
variabile tra 0,6 e oltre 3 metri, caratterizzata da elevate
proprietà meccaniche e idrauliche. Questo rende
il jet grouting particolarmente efficace per interventi
di stabilizzazione dei terreni, creazione di barriere
impermeabili e fondazioni speciali. Data la complessità
e l’elevata pressione di iniezione richiesta dal
processo, le pompe impiegate devono essere dotate
di motori ad alta potenza e grande affidabilità, garantendo
così prestazioni costanti, anche in condizioni
operative difficili. Un ruolo fondamentale in questo
processo è svolto dalle specifiche motopompe, che
devono garantire elevate pressioni e portate costanti
per ottenere colonne di terreno trattato con caratteristiche
ottimali. Facciamo un salto indietro, al 2022.
Il JD18 fece il primo nido nelle trince della serie
9000. Nonostante l’imprinting agricolo, il motore di
John Deere rivendica il diritto di cittadinanza all’interno
del cantiere, come dimostrano l’applicazione
di Tecniwell e un cospicuo numero di pompe per
il dewatering, motorizzate dal 18 litri, utilizzate per
pompare acqua nei pozzi del fracking. Il passo verso
l’universo construction è quindi compiuto. Nel numero
di Marzo 2021 fummo facili profeti, commentando
l’allora Diesel of the year. Questo fu il nostro
pronostico: «seppure costituisca l’approdo naturale,
riteniamo che questo motore non esaurisca la candidatura
alle trince e alle mietitrebbie. L’erogazione
di una coppia così poderosa potrebbe fare al caso di
quelle macchine per le infrastrutture stradali e civili
che richiedono prese di forza, periferiche e picchi di
coppia durante la traslazione, lo sbraccio, la trivellazione
o altro, di fronte a carichi bassi e stabili».
Andrea Perduca
Il Sales Manager & Business Development di Rama
Motori, ci ha ricordato che: «Un anno fa, di questi
giorni, presentammo questo motore al Road Show di
Reggio Emilia. Da allora, la campagna divulgativa
a sostegno del JD18 ha portato i primi frutti. Possiamo
considerare questo motore, che non necessita
di alcun post-trattamento, come un passe-partout nel
mercato. Un’architettura che lo rende assai appetibile,
da 522 chilowatt in su, in considerazione delle problematiche
che spesso l’Ats può comportare in diversi
ambienti operativi. Nonostante nel jet grouting la potenza
installata sia utilizzata a regimi elevati, questa
tecnologia presenta alcune sfide per il motore. Tra
un’iniezione e l’altra, i frequenti momenti di standby
possono influire negativamente sul processo di posttrattamento,
aumentando il rischio di cristallizzazione
all’interno dell’Scr. Il JD 18 si rivela dunque ideale
per il jet grouting come per le trivelle e altri impieghi
gravosi. John Deere ha nel suo Dna gli utilizzi
heavy duty. I nostri motori devono durare nel tempo
e garantire la continuità delle prestazioni, dimostrandosi
affidabili e convenienti a livello di manutenzioni
e ricambistica. La potenza richiesta, in questo caso, è
di 677 chilowatt a 1.900 giri». L’intervallo del JD18
si iscrive da 522 a 677 chilowatt a 1.900 giri, con un
picco di coppia di 4.250 Nm. Il treno di ingranaggi
si trova sul posteriore, per moderare le sollecitazioni
torsionali e all’albero a gomiti. I regolatori idraulici
eliminano il gioco valvole. Tornando all’impiego specifico,
chiediamo a Perduca quanto incida la manutenzione
su un’applicazione come questa. «Anomalie
del motore possono compromettere il funzionamento
della macchina, con il rischio di bloccare un intero
cantiere e andare incontro a severe penali da parte
del committente. L’affidabilità e la facilità di manutenzione
sono un valore aggiunto. Se si contabilizzano
anche i benefici dell’assenza dell’after-treatment,
la macchina risulta particolarmente performante e
conveniente nell’intero ciclo di utilizzo. Consideri,
infine, che anche in questo motore è stato inserito il
Connected Support, che in caso di anomalie allerta il
dealer o il servizio assistenza più vicino al cantiere. I
dati raccolti da John Deere nell’ultimo decennio consentono
un approccio predittivo, per il controllo del
funzionamento del motore».
Manutenzione predittiva, un autentico tormentone.
Può farci un esempio? «Ammettiamo che emerga
l’alterazione di un dato di un sensore. L’anomalia
viene segnalata ed elaborata attraverso la banca
dati di John Deere. Il sistema risponde suggerendo
al service più vicino ed al cliente la soluzione più
efficace, per esempio, la verifica del funzionamento
del sensore, prima di effettuare una nuova gettata,
evitando un possibile fermo macchina».
La collaborazione con Tecniwell si esaurisce al motore?
«Abbiamo fornito il powerpack, completo di
radiatore e ventola a giunto viscoso, che gestisce le
temperature del motore in maniera efficiente, riducendo
l’assorbimento di potenza parassita. RAMA
ha allestito un vero modello plug&play, con tanto
di cablaggio, filtri aria montati fino alla scatola dei
fusibili sul motore. Non posso nascondere la soddisfazione
nell’avere travasato nel 18 litri le competenze
già presenti in RAMA su motori di cilindrata
più contenuta, senza alcuna complicazione. Test precedenti
hanno addirittura registrato delle prestazioni
superiori alle più alte aspettative. Consideri che un
must di John Deere è il dimensionamento del sistema
di raffreddamento per una temperatura ambiente
esterna di 52 gradi centigradi, chiaramente sul
livello del mare. Il power pack è stato messo alla
frusta nella già calda estate del 2024 ed ha superato
brillantemente l’esame in condizioni di utilizzo più
che affidabili».
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landi renzo. E il blending dinamico
SMART È GIÀ
STATO DETTO?
In generale, si abusa del termine “smart”. Nel caso
dell’anello di congiuzione tra Landi Renzo e il
blending dinamico, si può proprio dire che sia
così. Sostanzialmente si adatta la percentuale di
sostituzione alle esigenze contingenti del motore.
Dinamico è infatti il sistema di dosaggio dei
combustibili. L’elettronica è a firma Landi Renzo
automtoive
Abbiamo incontrato Landi Renzo, un annetto
fa, e si sono aperte le porte di un ecosistema,
dinamico come il blending di cui vi raccontiamo
oggi. L’organizzazione dell’azienda emiliana
le consente ramificazioni in grado di intercettare le
esigenze degli utilizzatori di combustibili gassosi a
monte e a valle del processo. Per capirci, ragionando
di gas metano e Gpl, dai compressori allo stoccaggio
e all’erogazione del gas, fino ai regolatori di
pressione e all’elettronica di controllo. Chiamatela
galassia, chiamatelo arcipelago, ci potete comunque
trovare anche il blending dinamico di cui abbiamo
fatto cenno. Gas, nella semantica di Landi Renzo,
significa anche miscele, per esempio con l’idrogeno.
Abbiamo chiamato a raccolta una specie di think
tank, che ha risposto presente. Andrea Piovesan è
responsabile di Electronic & Applications, quindi
della parte R&D elettronica. Una sede si trova nel
quartier generale di Cavriago, prevalentemente per
il passenger car. Giuseppe Miletto si è collegato
dall’altra sede di Volvera, deputata allo sviluppo
delle applicazioni heavy duty.
On Board blending
Ci racconta Piovesan: «È nell’ambito di questa sede,
nella cintura torinese, e delle attività che abbiamo
svolto negli ultimi due anni, che abbiamo contribuito
a un progetto di on board blending, in partnership
con un Oem, che ci ha fornito prima un camion e
poi un motore che abbiamo testato su banco prova,
per fare analisi sul blending dinamico più approfondite
di quanto non si riesca a fare direttamente sul
veicolo. In fin dei conti un camion, come qualsiasi
altra applicazione, è un dimostratore statico, limitato
da un determinato numero di vincoli, dettati dal
fatto che il veicolo non consente di esplorare l’intero
campo di sostituzione del blending, a differenza
di quanto si può fare in cella, in piena sicurezza.
Abbiamo dunque maturato esperienza nella miscelazione
di idrogeno e metano, di tipo dinamico perché
le sostituzioni potevano essere regolate». La palla
passa nella metà campo di Giuseppe Miletto, classe
1964, il veterano del gruppo. «Ho sempre lavorato
nell’ambito motoristico, nella scia dei carburanti
puliti. Nella seconda metà degli Anni 90 mi hanno
chiesto di dedicarmi a uno specifico progetto sul metano,
finalizzato alla realizzazione della catena di
rifornimento di miscele per le automobili. Avevamo
studiato che sui propulsori stradali, non succedeva
nulla fino al 25-30% di idrogeno nel metano. Potevano
cioè andare più che bene sia il sistema di accumulo
che l’iniezione, senza impatti significativi sulla
combustione. Quella è la miscelazione statica, che
eroga nel serbatoio una miscela predeterminata, pari
all’8-10% circa in massa di idrogeno nel carburante.
Passano gli anni e mi coinvolgono in un progetto di
blending dinamico. Lo definiamo dinamico perché
prevede che si faccia rifornimento a due serbatoi,
metano e idrogeno. C’è un sistema che si occupa
di capire come, dove e quanto si può sostituire, in
riferimento alla sottrazione di metano dalle quantità
iniettate per sostituirlo con l’idrogeno. La sostituzione
può quindi andare da zero a percentuali elevate,
circa 25-30% in massa, cioè la quantità di molecole,
che in termini di volume è superiore. Teoricamente
potremmo sostituire il combustibile al 100% e funzionare
quindi solo a idrogeno.
È smart perché è “sensibile”
Il blending dinamico è smart perché adatta la percentuale
di sostituzione alle esigenze contingenti del
motore. Non posso però operare la sostituzione desiderata
ad ogni punto di motore, nella misura che
vorrei, per non innescare situazioni critiche.
Con la componentistica disponibile abbiamo realizzato
un sistema in grado di iniettare entrambi i
combustibili stoccati a bordo macchina. Abbiamo
realizzato un sistema di dosaggio dinamico dei due
combustibili, grazie al regolatore elettronico della
pressione sviluppato da noi, alla Landi Renzo, e
una centralina di controllo, in grado di modificare
in modo dinamico la quantità di idrogeno e metano
introdotte nel rail». Fino a qui siano rimasti nel perimetro
operativo di POWERTRAIN. Landi ci consente
però di andare oltre. Riccardo Bagagli, Cto
di SAFE, centrata sul ramo infrastruttura, ci spiega
come. SAFE realizza impianti di compressione per
diversi settori legati alla transizione energetica, con
un focus particolare su gas naturale, bio metano e
idrogeno.
Il contributo di SAFE
«Uno degli ambiti strategici in cui SAFE opera è
quello del blending, nella sua declinazione sulle applicazioni
dell’infrastruttura ossia la miscelazione di
gas all’interno della rete. Dal punto di vista infrastrutturale,
gli impianti sono progettati per gestire
l’immissione in rete di gas prodotto da fonti rinnovabili,
come il metano rinnovabile, che viene miscelato
con il gas naturale di origine fossile. Un altro esempio
sono gli impianti di compressione dell’idrogeno,
utilizzati per iniettarlo nella rete e mescolarlo con il
gas naturale. L’aspetto dinamico del blending diventa
cruciale perché la produzione di gas rinnovabili
è per natura variabile. Gli impianti devono quindi
essere progettati per garantire una flessibilità operativa
che consenta di mantenere costante la pressione
di immissione in rete pur essendo potenzialmente
variabile quella di produzione. Inoltre, il processo
di compressione deve rispettare precisi standard di
purezza del gas, evitando contaminazioni. Per questo
motivo, SAFE adotta tecnologie avanzate, come
sistemi di filtraggio e soluzioni di compressione “oilfree”,
che assicurano il rispetto di tali requisiti. Per
quanto riguarda l’idrogeno immesso in rete, già da
alcuni anni gli impianti di compressione tradizionali
sono stati adeguati per gestire un blending dell’Idrogeno
con il metano con percentuali fino al 20%.
Questa soluzione ha due obiettivi principali: da un
lato, permette di trasportare l’idrogeno sfruttando
l’infrastruttura esistente del gas naturale; dall’altro,
contribuisce alla riduzione delle emissioni di CO2,
grazie all’inserimento di una percentuale di idrogeno
nel mix di gas utilizzato per le applicazioni industriali
e civili.
Anche per l’upgrading
Un’altra area di intervento per SAFE riguarda l’aggiornamento
tecnologico (upgrading) degli impianti
esistenti, con particolare attenzione alla compatibilità
con percentuali di idrogeno crescenti. Un esempio
è il sistema di svuotamento delle pipeline durante
le operazioni di manutenzione. Grazie alle soluzioni
di decompressione e ri-compressione prodotte
da SAFE, il gas contenuto nelle sezioni interessate
dall’intervento non viene disperso in atmosfera, ma
recuperato e reimmesso nella rete. Questa tecnologia,
inizialmente sviluppata per il gas naturale,
è ora oggetto di richieste di aggiornamento per il
trattamento di miscele contenenti idrogeno, in linea
con le nuove esigenze del mercato. In sintesi, SAFE
si posiziona come un anello fondamentale nella catena
del valore tra la produzione di gas e la rete di
trasporto. I suoi impianti gestiscono la variabilità
di pressione e quantità, che può dipendere sia dalle
caratteristiche del gas rinnovabile sia dai diversi requisiti
delle reti nazionali. Il tutto senza compromettere
la purezza del gas trattato, grazie a soluzioni di
compressione avanzate e adattabili alle nuove sfide
della transizione energetica».
Cosa si intende per
blending dinamico?
Di miscele si fa
un gran parlare,
nel tentativo
di individuare
una soluzione
praticabile che
rigeneri gli
endotermici. Alla
Landi Renzo, le
miscele, fanno
parte dell’alfabeto.
40
41
DELLORTO
QUI SI
LAVORA!
E si lavora bene, come dimostra l’indice di
affidabilità riscontrato da Dellorto anche nel
comparto dei motori industriali. Che si tratti di
valvole di ricircolo dei gas di scarico e di corpi
farfallati, oppure della nouvelle vague delle
emissioni zero, a Cabiate riescono a seguire i
progetti per le applicazioni mobili industriali sulla
stessa direttrice di qualità seguita per le due ruote
terra
Dellorto persegue una politica che lo stesso Paolo
Colombo, R&D Labs & Innovation Manager,
definisce dei due binari. Da un lato, consolidarsi
e rafforzarsi tra le applicazioni endotermiche;
dall’altro, approcciare in modo convinto l’elettrificazione
seppure in modo graduale, senza improbabili
“all-in”. «Sulla scorta di una presenza consolidata
nel settore dei motori industriali, vogliamo rafforzare
ulteriormente la nostra posizione, in un momento in
cui nuove normative sono al vaglio del legislatore.
C’è un grande fermento, in un ventaglio di soluzioni
articolato, dai diesel tradizionali a quelli alimentati
con biocombustibili e Hvo 100, fino ai combustibili
gassosi, gas naturale e biogas, Gpl e, non ultimo, l’idrogeno,
che suscita interesse soprattutto nel settore
camionistico e nel movimento terra. In ambito industriale
attualmente equipaggiamo propulsori FPT
Industrial, Mahindra, Rehlko, SAME, Tata e VM Motori,
sia per diesel che a gas, ed abbiamo già fornito
prototipi e campioni a diversi altri costruttori del
settore, che stanno già guardando all’Euro7 Heavyduty
ed al futuro Stage V».
Linee strategiche
Dellorto fornisce soluzioni customizzate, senza richiedere
chissà quali volumi produttivi. «Questo
perché ci caratterizziamo per proattività, rapidità
di risposta e flessibilità» precisa Colombo. «Disponiamo
di attuatori elettrici concepiti sia per applicazioni
a 12V che a 24 V e possono dunque essere
utilizzati indifferentemente su veicoli che hanno il
network di bordo con una qualunque delle due tensioni.
Un altro esempio è la tipologia di comando
della farfalla o della valvola Egr, con azionamento
diretto da parte dell’uscita PWM della centralina
motore, oppure integrando il controllo di posizione
nel nostro prodotto, nella configurazione denominata
smart-actuator. In questo caso il microprocessore
gestisce il controllo della valvola, comunicando con
la centralina controllo motore secondo un protocollo
di comunicazione che può essere CAN, LIN o PWM
logico. Qui, la centralina motore non ha un output di
potenza bensì informatico, che invia i comandi e riceve
un feedback di tipo diagnostico. Adottiamo delle
soluzioni costruttive specifiche a livello di dimensionamenti,
cuscinetti, guarnizioni di tenuta, materiali
e cinematismi. Uno dei nostri punti di forza consiste
in soluzioni capaci di rispettare i requisiti long life
con costi e complessità inferiori rispetto alle tradizionali
soluzioni. Ad esempio, abbiamo sviluppato,
validato ed introdotto in serie degli attuatori elettrici
in corrente continua a spazzole (DCm brushed) in
grado di rispettare tali requisiti con un prodotto più
semplice dal punto di vista dell’integrazione e del
controllo. Cionondimeno gestiamo anche la tecnologia
brushless (Bldc), che può risultare più indicata
in funzione delle specifiche architetture elettriche/
elettroniche del motore o per impieghi particolari.
Per DC-motor, con o senza spazzole, selezioniamo
soluzioni specifiche anche per i cuscinetti, in modo
tale da garantire prestazioni long-life. Quando si
parla di combustibili gassosi subentrano ulteriori
requisiti, che richiedono soluzioni peculiari per le
guarnizioni di tenute dell’alberino, che si tratti di
un corpo farfallato elettronico (Etb) oppure di una
valvola Egr, ognuna col suo ambito d’impiego. Solo
a titolo d’esempio, negli Etb abbiamo tenute doppie,
triple, e in alcuni casi utilizziamo anche doppi cuscinetti.
Per le applicazioni marine abbiamo inoltre
diverse soluzioni per la protezione dalla corrosione,
in funzione dell’esposizione del componente, dal motore
fuoribordo fino alle moto d’acqua. Ad oggi i nostri
corpi farfallati coprono una gamma di diametri
che arriva fino a 90mm, equipaggiando motori fino a
13 litri». Diamo spazio a una approfondita digressione
sull’Egr, che condivide il know-how di base con
la differenza che la valvola deve operare anche in
posizione di completa chiusura. Questo componente
lavora in un ambiente ostile, con gas caldi, chimicamente
aggressivi, e con possibili depositi. «In questo
ci aiuta tutta l’esperienza automotive e quella maturata
per le attuali forniture per veicoli commerciali
e off-highway. Sappiamo molto bene che lo stesso
motore, in applicazioni diverse o con differenti profili
di utilizzo, può portare a depositi molto diversi
sulla valvola Egr, che spaziano da depositi gommosi
fino a lacche dalla consistenza quasi vetrosa. Anche
in presenza di queste condizioni così variabili dobbiamo
comunque garantire la corretta funzionalità
dell’Egr. Per questa ragione nel corso degli ultimi
vent’anni abbiamo sviluppato soluzioni costruttive
e controllistiche per prevenire o rimuovere possibili
impuntamenti della valvola. Le nostre strategie
di controllo, da implementare nella centralina da
parte del cliente, prevengono la formazione di incrostazioni
carboniose od ossidazioni sul commutatore
elettrico, grazie a routine specifiche durante il
funzionamento del motore o all’atto dell’accensione
e spegnimento. Inoltre, studiamo accuratamente in
co-design coi clienti il passaggio dei gas per evitare
delle zone di potenziale ristagno e deposito di
residui della combustione. In funzione delle temperature
di lavoro, il corpo della valvola può essere in
acciaio o ghisa, con l’attuatore elettrico protetto da
una paratia anti-calore per proteggere l’elettronica
dall’irraggiamento di calore. In altri casi le valvole
Egr possono essere invece realizzate in alluminio
con un circuito di raffreddamento ottimizzato e con
l’attuatore integrato. Siccome le portate dell’Egr
sono in continua crescita, si sta rapidamente passando
dalla tradizionale valvola a fungo all’Egr a
farfalla: quando è completamente aperta non oppone
resistenza al flusso e offre una maggiore permeabilità
fluidodinamica, consentendo di massimizzare
il ricircolo ed evitare il ristagno di depositi carboniosi.
Abbiamo in pancia sia valvole per circuito di
alta pressione che per il circuito di bassa pressione.
Fra i prodotti degni di nota, la valvola combinata
con farfalla Egr e paletta sul ramo di aspirazione
dell’aria per aumentare il ricircolo, caratterizzata da
Anche la fonderia
è internalizzata.
Dellorto segue da
vicino l’ingegneria
di processo e di
prodotto, in modo
da accelerare il
time to market
e assecondare
le richieste dei
costruttori, anche
per piccoli volumi
42
43
Qui a sinistra,
la sede centrale
di Dellorto,
a Cabiate,
in provincia
di Como. Si
seguito, un
modello di Egr
a tre vie. In
basso, a sinistra,
un altro modulo
di ricircolo
terra
un unico attuatore elettrico per la movimentazione
delle due valvole. Dellorto è anche una delle poche
aziende a produrre in serie valvole Egr low-pressure
per motori benzina ibridi turbo-GDI, soluzione assai
promettente per supportare le future innovazioni nel
settore della combustione. Nell’ambito del ricircolo
siamo anche sistemisti con i cosiddetti moduli Egr,
in cui integriamo la valvola EGR insieme a cooler
e, per le applicazioni automotive, il by-pass del cooler,
che nell’off Highway ancora non si vede ma che
consentirebbe un ricircolo caldo o freddo a seconda
delle necessità». Per la gestione dei flussi di aria e di
scarico, Dellorto ha sviluppato valvole di by-pass per
i sistemi a doppio turbocompressore nonché valvole
allo scarico. C’è la sua firma anche in alcuni progetti
di ricerca avanzata per sistemi di recupero del calore
dai gas di scarico.
«Per tutte le nostre valvole elettroattuate abbiamo
sviluppato un sensore di posizione senza contatti.
Un magnete vincolato all’alberino farfalla si affaccia
ad un circuito integrato che restituisce la
posizione angolare della farfalla, sia con uscita singola
che doppia ridondata. Sulla scorta di quest’esperienza
abbiamo avviato la produzione di sensori
peculiari, come ad esempio un sensore integrato
tre in uno, che registra temperatura, pressione e
posizione angolare. Abbiamo inoltre sviluppato sensori
combinati di pressione e temperatura aria per
motori sia aspirati che i turbocompressi, nonché
sen, un settore importante in Europa». Si volta pagina,
quella che non può mancare… «Rimanendo
ben consci che l’elettrico a batterie non può soddisfare
tutti i profili d’impiego, siamo convinti che
l’elettrificazione abbia un ruolo importante per il
futuro. In quest’ambito siamo partiti dalle basse
potenze, per la mobilità urbana, su veicoli a due
e tre ruote, minicar, delivery. In modo sinergico
abbiamo abbracciato il settore degli small utility
engines, a benzina o diesel, dove abbiamo sviluppato
soluzioni plug & play, con una power unit da
3kW complete della parte elettronica di potenza e
di controllo. Il nostro modulo integrato raffreddato
ad aria racchiude in un unico dispositivo l’inverter,
il convertitore DC-DC e l’elettronica di controllo,
già in serie sullo scooter Fantic Electric e sul minidumper
Imer Taurus, nelle versioni da 500 chili di
carico con 2 batterie e da 700 chili con 3 batterie.
È attualmente in fase avanzata lo sviluppo della
power unit da 6kW, che verrà completato nel corso
di quest’anno. La road map di sviluppo prevede
taglie superiori di potenza in un’ottica di modularità
e scalabilità del progetto. Contestualmente
alle power unit Dellorto ha sviluppato e produce le
relative batterie, di tipo rimovibile raffreddate ad
aria, con tensione nominale di 48V. Queste batterie
da 2,3 kWh hanno una massa contenuta in 12 chili,
e si possono ricaricare da normali prese domestiche
a 220V. In funzione dell’applicazione specifica,
e delle richieste di prestazioni ed autonomia,
si possono installare fino a otto batterie in parallelo.
L’intelligenza a bordo dei Bms fa in modo che,
quando vengono usate in parallelo, uno di questi
si coordini con gli altri e assuma il ruolo di master,
con gli altri che fungono da slave, per massimizzare
l’efficienza d’impiego. Partendo da questa
esperienza nelle batterie al litio è stata sviluppata
la batteria di avviamento da 12V, per applicazioni
motociclistiche, da 5 fino a 12,5Ah. Le celle hanno
una chimica specifica, diversa rispetto a quelle
per la trazione, perché non serve stoccare grandi
quantità di energia ma bisogna erogare un picco di
diverse centinaia di ampere all’avviamento. Questa
batteria di avviamento risulta più leggera rispetto a
quelle al piombo, materiale che diventa sempre più
difficile da utilizzare per il suo impatto ambientale.
Per le applicazioni elettrificate ad alta tensione, è
sovente richiesta una batteria in bassa tensione,
in questo caso non d’avviamento ma a supporto
del network di bordo. Questa batteria, che stiamo
sviluppando, potrà essere declinata nelle versioni
a 12, 24 o anche 48V». Infine, l’idrogeno. «Per le
fuel cell, abbiamo realizzato valvole per la gestione
dell’alimentazione aria e per l’isolamento per
la protezione delle fuel cell stack, tenendo conto
delle specifiche esigenze applicative. Per i motori
a combustione abbiamo sviluppato dei corpi farfallati
specifici, in grado di sopportare le concentrazioni
di idrogeno sul lato aria. Ricordiamoci che
si tratta di motori diesel profondamente rivisti per
funzionare con il ciclo Otto. La tendenza è quella
di utilizzare forte eccesso d’aria, lambda 2, perché
in questo modo la combustione dell’idrogeno è più
controllata e sostanzialmente esente da emissioni.
Anche il ricircolo dei gas è una tecnica molto utile
per gestire gli elevati gradienti di pressione, tipici
della combustione dell’idrogeno. Ci affacciamo anche
su questo scenario. I motori funzionano bene,
trascurando il discorso della rete, dello stoccaggio
e della distribuzione. Se la rete infrastrutturale
delle batterie sta vivendo la fase dell’adolescenza,
quella dell’idrogeno ad oggi è ancora allo stato
embrionale».
Geografia e produzione
Il gruppo Dellorto ha sedi produttive in Italia, India
e Cina. A Cabiate, a pochi chilometri da Milano,
hanno sede il quartier generale ed il centro di Ricerca
e Sviluppo. Lo stabilimento italiano produce
prevalentemente componenti elettromeccanici ed
assembla i kit delle power unit elettriche. In India
i due stabilimenti di Pune producono componenti
per motori endotermici e centraline di iniezione
elettronica per motocicli, settore in cui l’India è il
primo mercato al mondo. Nel corso del 2024 Dellorto
ha prodotto 5 milioni di corpi farfallati ed oltre
un milione di centraline elettroniche. Due stabilimenti
anche in Cina: uno dedicato ai moduli pompa
combustibile per applicazioni motociclistiche,
l’altro alla produzione delle batterie al litio. Nelle
sedi indiana e cinese gruppi di lavoro supportano
localmente i clienti nell’applicazione dei prodotti
Dellorto. «Nella nostra logica industriale puntiamo
a localizzare le produzioni là dove si concentra la
domanda» conclude Paolo Colombo.
44
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ISSN 0042 2096 Poste Italiane
s.p.a. - SPED. IN A. P. - D.L.
353/2003 (conv. in L.
27/02/2004 n° 46) art. 1,
comma 1, LO/MI
Estratto da ‘VADO E TORNO’ n. 4, 2025
Estratto da ‘AUTOBUS’ n. 4, 2025
APRILE
2025
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Prima immissione:
8 aprile 2025
4
VADO E TORNO EDIZIONI
www.vadoetorno.com
50 ANNI
IVECO
FESTEGGIA
CON IL TOUR
DEGLI S-WAY
ELETTRICI
LA UE CI
RIPENSA SUI
VAN MA NON
SUI TRUCK
così il
trattore
diventa
smart
PROVE
VW CRAFTER E
IL MERCEDES
SPRINTER SI FA
UN VIAGGIO
In archivio un
2024 da 26 mila
immatricolazioni,
via alle iniziative
che celebrano il
50 o anniversario
del costruttore
nazionale. Tra
queste, l’Iveco
S-Way Tour
porta in giro per
l’Italia i trattori
stradali model
year 2024, pronti
per aggredire il
mercato
Ztl, ovvero il
calvario per gli
operatori dei
bus turistici.
Burocrazia
infinita,
restrizioni e
costi elevati
hanno un
impatto negativo
per il settore. E
così l’autobus,
nonostante sia
il mezzo meno
inquinante,
risulta il più
penalizzato...
Quello che celebra i 50 anni
(eh sì, era il 1975…)
dalla fondazione dell’azienda
non può essere un anno
come tutti gli altri. In attesa della
festa vera e propria, prevista
per giugno a Torino (ça va sans
dire), anche l’ormai tradizionale
conferenza stampa d’inizio anno
è stata permeata dall’anniversario
ormai pienamente in corso. E
ad aprile partirà l’Iveco S-Way
Tour: vero e proprio giro d’Italia
che coinvolgerà ben cinque Iveco
S-Way della nuova gamma e
L’anno dei 50 di Iveco
Feste, tour e
gamma al top
toccherà i principali interporti
italiani, oltre ad alcune location
d’eccezione (ne parliamo più diffusamente
nel box). Con queste
premesse, il numero uno del mercato
Italia di Iveco, Massimiliano
Perri, da ben 27 anni in azienda,
ha in qualche modo aperto ufficialmente
l’anno celebrativo.
2025 che per il country manager
del mercato Italia dovrà essere
quello del «ritorno alla normalità»,
inteso come ritorno alle
normali dinamiche del mercato
dopo lo shock della pandemia e
gli effetti di guerre ed eventi geopolitici
degli ultimi anni. 2025
che per il country manager del
mercato Italia dovrà essere quello
del «ritorno alla normalità»,
inteso come ritorno alle normali
dinamiche del mercato dopo lo
shock della pandemia e gli effetti
di guerre ed eventi geopolitici
degli ultimi anni. (...)
Prosegue a pag. 24
di Vado e Torno di Aprile 2025.
Inquadra il QRcode e
leggi l’articolo integrale.
Le Ztl (zone a traffico limitato)
servirebbero per salvaguardare
territori e popolazione da
ingorghi e veicoli, ma l’assenza di
un’impostazione generale da seguire
ha lasciato aperta la porta alla
stesura di una moltitudine di regolamenti
comunali, tutti diversi tra
loro, che rendono ardua l’organizzazione
dei viaggi turistici in bus.
È il caos. La vicenda, già intricata
di per sé, non è manchevole di
un ‘italico’ paradosso. L’autobus,
si sa, costituisce il mezzo meno
inquinante, eppure è quello che
deve affrontare i costi più elevati
Il rapporto Anav sugli impatti delle Ztl bus
Che
confusione!
per entrare nei centri urbani. E nelle
grandi città turistiche il ‘ticket
bus’ è tendenzialmente maggiore
dell’imposta di soggiorno. Qualcosa
non quadra. Il tarlo lo mette il
primo rapporto Anav ‘Bus turistici
e Ztl: una convivenza possibile?’
che, presentato alla Borsa Italiana
del Turismo (Bit) a Fiera Milano,
descrive le enormi difficoltà che
incontrano gli operatori dei bus
turistici.
Tariffe Ztl bus?
A sentimento
Attualmente gli enti comunali
hanno la possibilità di richiedere
il pagamento di una determinata
somma per l’ingresso o la circolazione
dei veicoli nei propri confini.
Infatti sono diversi, in tutto
il territorio nazionale, quelli che
applicano sistemi di tariffazione
per gli autobus che svolgono
servizi di trasporto commerciale
non soggetti a obblighi di (...)
Prosegue a pag. 16
di Autobus Aprile 2025.
Inquadra il QRcode e
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ioioni
N.4 - 2025 ANNO 30°
VADO E TORNO EDIZIONI
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ISSN 1720-3503 - Poste Italiane s.p.a. - Sped. in a. p.
D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46)
art. 1, comma 1, LO/MI
SUPPLEMENTO A TRATTORI
APRILE
N°1 2025
APRILE
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L’ultimo samurai
FOCUS: DATA ACT. INIZIA UNA NUOVA ERA PER L’UTILIZZO DEI DATI
CONFRONTO: LA SFIDA IN EUROPA È TRA I 220 E I 240 CAVALLI
Estratto da ‘TRATTORI’ n. 4, 2025
Estratto da ‘e-Construction’ n. 1, 2025
FOCUS
ELETTRIFICAZIONE
Quale futuro in un
mercato sostanzialmente
fermo per mancanza di
domanda?
TEST IN CAMPO
Escavatore idraulico
HYUNDAI HX520AL
Pala gommata
HIDROMEK HMK640 WL
Bauma
2025
ESCAVATORI IDRAULICI
Le novità di Bauma
tra nuove serie e
ampliamenti di offerta
L’uso dei dati sta
trasformando
l’agricoltura,
rendendo
connettività,
AI e sensori sempre
più centrali.
Il Data Act segna
un punto di svolta,
imponendo
nuove regole
sulla proprietà e
condivisione delle
informazioni, ma
solleva questioni
delicate su
interoperabilità e
segreti industriali
Bauma 2025
segna un cambio
di passo da molti
punti di vista.
Molte scelte che
fino ad ora hanno
condizionato
i costruttori
usciranno
fortemente
cambiate dalla
kermesse tedesca
sia sulla spinta
della variazione di
scenario politico,
sia su un mercato
fortemente
scettico rispetto
all’elettrificazione
Inchiesta
Bauma 2025. Efficienza, tecnologia e mining
L
‘unica cosa certa è che i dati
non li mangeremo mai, su
tutto il resto invece si sta
lavorando. Questo perché ormai
si può dare per assodato che la
quarta rivoluzione industriale,
quella immateriale dei dati, del
software e dell’intelligenza artificiale,
sia definitivamente arrivata
anche nel mondo agricolo.
Si sono abbassati i prezzi delle
tecnologie, sono aumentati i casi
d’uso e, immediatamente, connettività,
sensori e AI si apprestano
a diventare centrali anche in
Dati e
agricoltura
agricoltura, non senza un enorme
corollario di nodi da sciogliere.
Cosa dice L’Europa?
Il Data Act, deliberato il 13 dicembre
2023, ha sancito l’inizio
di un cambiamento destinato a
mutare radicalmente il mondo
agricolo. «La Commissione Europea
- spiega Alessio Bolognesi
di Feder-Unacoma - sta lavorando
per sviluppare politiche di gestione
dei dati, al fine di garantirne
la sovranità, almeno di quelli
generati in Europa, mantenendo-
li sul territorio europeo e assicurando
la tutela degli utenti.
Molte delle politiche europee attuali
sono orientate alla protezione
dei consumatori, ma nel settore
agricolo esistono altre sensibilità
legate ai dati, dal momento
che vi è una sovrapposizione tra
quelli legati agli utenti e quelli
relativi al loro business. (...)
Prosegue a pag. 18
di Trattori Aprile 2025.
Inquadra il QRcode e
leggi l’articolo integrale.
Verso nuove
frontiere operative
Bauma 2025 è arrivato.
Un’attesa legata a diverse
tematiche che, soprattutto
dopo le attuali scelte politiche
europee, rimagono ancora fortemente
in sospeso. I costruttori
sono infatti in sospeso tra soluzioni
differenti per quanto riguarda
l’abbattimento delle emissioni e
la decarbonizzazione. Dal “tutto
elettrico” che è stato il mantra
di alcuni costruttori con una visione
utopica del mercato, si sta
infatti finalmente guardando con
concreto interesse a soluzioni
alternative come i biocarburanti.
Soluzioni che si basano su tecnologie
altamente collaudate e poco
impattanti che ci consentono di
guardare all’efficienza aziendale
in modo positivo.
A Bauma si fanno quindi i bilanci
e si indirizza la visione dei
prossimi anni. Soprattutto perché
si è in Germania. E soprattutto
perché molte decisioni disastrose
del passato sembra che stiano
per essere completamente riviste.
Questo scenario ci porta a vedere
il Bauma come piazza di confronto
in cui le differenti visioni tecnologiche
sono a disposizione delle imprese
che, come obiettivo, hanno
quello di aumentare la marginalità
e la competitività per favorire la
crescita. Una visione di efficienza
che i costruttori assecondano con
tecnologie digitali e soluzioni per
diminuire i consumi a parità di
tonnellate movimentate. (...)
Prosegue a pag. 18
di e-Construction di Aprile
2025. Inquadra il QRcode e
leggi l’articolo integrale.
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ATOMATIKA E PERKINS
FINO AL
70%
È la percentuale di
tolleranza di pendenze
e inclinazione laterale
del robot agricolo della
pugliese Agricobots.
Il motore è il 2,2 litri di
Perkins da 55 chilowatt
Motori e componenti per OEM
Cultura, tecnica, impieghi
e mercato del motore diesel.
Fondato nel 1986
Direttore responsabile
Maurizio Cervetto
Coordinatore redazionale
Fabio Butturi
In redazione
Stefano Agnellini, Ornella Cavalli,
Fabrizio Dalle Nogare, Stefano Eliseo,
Fabio Franchini, Riccardo Schiavo,
Cristina Scuteri, Luca Vitali
Impaginazione e grafica
Marco Zanusso
Gestione editoriale
Fabio Zammaretti
Stampa
Industrie Grafiche RGM srl,
Rozzano (Mi)
COUNTDOWN TO
IFM DECARBONIZATION PATHWAY
Fotolito
Industrie Grafiche RGM srl,
Rozzano (Mi)
oem&motori
Si chiama Atomatika ed è il robot
di Agricobots motorizzato
dal 404J di Perkins, 4 cilindri
da 2,2 litri sovralimentato, nella sua
massima potenza, pari a 55 chilowatt,
per 270 Nm a 1.800 giri. La
capacità del serbatoio di carburante
è di 60 litri, mentre quello dell’olio
per l’idraulica può arrivare fino a
75 litri. L’impianto elettrico ha una
tensione di funzionamento di 12
Vcc. Il robot agricolo è controllabile
tramite un apparecchio Scanreco
con una radio frequenza di lavoro
di 2,4 Ghz, e un raggio d’azione
fino 150 metri. La progettazione e
il design sono a cura dei progettisti
di Agricobots, di Montemesola, nel
tarantino, con sede amministrativa
a Rho (MI), è ideale per operare su
terreni con pendenze fino al 70%.
Inoltre, portando in dote un attacco
a tre punti in categoria 2, è compatibile
con una vasta gamma di attrezzi
agricoli già in uso presso la
maggior parte delle aziende agricole.
Lungo 3.378 mm e largo 1.600
mm, ha un carico a vuoto di 2.400
chili. La trasmissione è idrostatica
ed è in grado di far raggiungere al
robot agricolo velocità comprese tra
0 e 7 km/h. Nonostante la mole, il
mezzo autonomo di Agricobots è in
grado di lavorare su terreni, come si
accennava, con pendenze e inclinazione
laterale fino al 70%. Caratteristiche
performanti, che lo rendono
un porta-attrezzi ideale per le operazioni
in difficili condizioni orografiche
(peraltro assai diffuse in Italia,
fatta eccezione per il piano padano).
Il robot è stato esposto in anteprima
a Fieragricola Tech, completo di un
pianale scarrabile per far adeguare il
mezzo a differenti condizioni operative.
Il sistema di guida autonoma
è il Modello Kas (Kinetic autopilot
system), con auto-mappatura e
Vrt. Di fabbrica è presente anche
il tablet touchscreen da campo con
schermo 10”, Geolocalizzazione
satellitare della macchina da remoto
tramite piattaforma su cloud e il
sistema Agricobots con supporto
remoto esteso in telediagnosi per
abilitazione agricoltura 5.0.
Autorizzazione del tribunale
di Milano n.860 del 18 dicembre 1987
Registro Nazionale della Stampa
n. 4596 del 20/04/1994
n. iscrizione R.O.C. 2880 del 30-11-2001
Poste Italiane s.p.a. - Sped. in a. p. -
D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004
n° 46) art. 1, comma 1, LO/MI
VADO E TORNO
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Our new ambition is rising.
When it comes to engines, we’ve been on the leading edge of technology
and innovation since our foundation. But we don’t simply provide you with
functional power: we redefine your energy resilience with industry-leading
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to create better lives and communities in a more sustainable future.