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Laocoonte: il mito e la statua nelle fonti classiche Per una lettura di ...

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<strong>di</strong> appartenza. Non mancano i moduli epici tra<strong>di</strong>zionali, tuttavia essi vengono caricati <strong>di</strong> <strong>una</strong> nuova sensib<strong>il</strong>ità. Un<br />

esempio è l’uso degli epiteti che, fissi e talora avulsi e inappropriati nel contesto omerico, in Virg<strong>il</strong>io tendono a<br />

suggerire <strong>di</strong> più <strong>di</strong> quello che <strong>la</strong> narrazione <strong>di</strong>ce esplicitamente. Gli epiteti contribuiscono al<strong>la</strong> costruzione del senso e<br />

costituiscono un invito al lettore a col<strong>la</strong>borare per esplicitare gli accenni e integrare i vuoti. Infine è da segna<strong>la</strong>re, <strong>di</strong><br />

contro all’oggettività omerica, l’aumento del<strong>la</strong> soggettività che caratterizza lo st<strong>il</strong>e virg<strong>il</strong>iano: <strong>una</strong> maggior iniziativa è<br />

accordata, oltre che al lettore, ai personaggi, dei quali a tratti emerge <strong>il</strong> punto <strong>di</strong> vista e al narratore, che si affaccia a<br />

più livelli nel racconto. L’accresciuta soggettività, lungi dal compromettere <strong>la</strong> struttura epica dell’impianto, è<br />

sapientemente calibrata dall’autore che garantisce, attraverso <strong>la</strong> ricomposizione dei singoli punti <strong>di</strong> vista soggettivi,<br />

l’immagine <strong>di</strong> un progetto unitario.<br />

«Immo age, et a prima <strong>di</strong>c, hospes, origine nobis / insi<strong>di</strong>as» (Aen. I, 53-54). Il primo libro dell’Eneide si<br />

chiudeva sul<strong>la</strong> sospensione <strong>di</strong> <strong>una</strong> richiesta, quel<strong>la</strong> del<strong>la</strong> regina Didone che invita l’ospite forestiero a fornire<br />

un resoconto delle vicende troiane a prima origine. Il clima <strong>di</strong> partecipata attesa conduce al s<strong>il</strong>enzio attento<br />

degli astanti con cui si apre <strong>il</strong> II libro, che riporta <strong>il</strong> doloroso e commosso racconto dell’esule troiano. Enea,<br />

seppur chiamato a rinnovare un infandum dolorem (v.3) e sebbene <strong>il</strong> suo animo meminisse horret (v.12), non<br />

si sottrae, in virtù <strong>di</strong> quel<strong>la</strong> pietas che lo contrad<strong>di</strong>stingue, al<strong>la</strong> richiesta <strong>di</strong> colei che gli ha offerto ospitalità.<br />

Proprio ab origine del<strong>la</strong> sciagura troiana si colloca l’episo<strong>di</strong>o del cavallo <strong>di</strong> legno, dono esiziale <strong>di</strong> carattere<br />

sospetto che <strong>di</strong>vide <strong>il</strong> volgus incertum (v.39) in pareri contrastanti. È a questo punto che s’inserisce <strong>la</strong><br />

vicenda <strong>di</strong> <strong>Laocoonte</strong>, sacerdote <strong>di</strong> Nettuno, che irrompe con forza sul<strong>la</strong> scena per ammonire i troiani sulle<br />

insi<strong>di</strong>e che sicuramente si ce<strong>la</strong>no <strong>di</strong>etro a qualsiasi dono da parte dei Greci. Virg<strong>il</strong>io presenta <strong>Laocoonte</strong> che<br />

accorre per primo e che incombe ardente dall’alto del<strong>la</strong> rocca: <strong>la</strong> potenza del dettato virg<strong>il</strong>iano, <strong>la</strong> sapiente<br />

collocazione delle parole, l’ab<strong>il</strong>e perizia retorica conferiscono da subito al<strong>la</strong> figura del sacerdote un carattere<br />

<strong>di</strong> in<strong>di</strong>scussa preminenza e autorità: <strong>Laocoonte</strong> non ha bisogno <strong>di</strong> presentazioni, <strong>la</strong> sua presenza sul<strong>la</strong> scena<br />

<strong>di</strong>ce tutto del suo temperamento, tenace al punto da richiamere a sé l’attenzione, sebbene imperversi <strong>il</strong><br />

caotico delirio del<strong>la</strong> fol<strong>la</strong> turbata. I versi 40-42 presentano in posizione iniziale tre termini che concorrono<br />

al<strong>la</strong> costruzione del<strong>la</strong> solida presenza <strong>di</strong> <strong>Laocoonte</strong> che, come si <strong>di</strong>ceva, accorre primus, ardens e che<br />

pronuncia <strong>il</strong> suo <strong>la</strong>pidario monito procul, <strong>di</strong>stante quin<strong>di</strong>, ma non solo: egli par<strong>la</strong> infatti ab arce, dall’alto<br />

de<strong>la</strong> rocca. Le sue parole si snodano nell’incalzare vorticoso delle domande, nel ritmo martel<strong>la</strong>nte<br />

dell’anafora, per culminare nel sentenzioso appello finale, <strong>di</strong>venuto celebre: «equo ne cre<strong>di</strong>te, Teucri. /<br />

Quidquid id est, timeo Danaos et dona ferentis» (vv. 48-49). A suggello <strong>di</strong> questo potente <strong>di</strong>sorso,<br />

<strong>Laocoonte</strong> scaglia con forza mirab<strong>il</strong>e <strong>la</strong> sua <strong>la</strong>ncia contro <strong>il</strong> ventre cavo del cavallo, che risuona vibrando<br />

sotto <strong>il</strong> colpo: «Sic fatus vali<strong>di</strong>s ingentem viribus hastam / in <strong>la</strong>tus inque feri curvam compagibus alvom /<br />

contorsit. Stetit <strong>il</strong><strong>la</strong> tremens, uteroque percusso / insonuere cavae gemitumque dedere cavernae» (vv. 50-<br />

53). Sembra quasi che nell’espressione contorquere hastam riecheggi quell’idea <strong>di</strong> torsione, <strong>di</strong> piegamento,<br />

<strong>di</strong> tensione che sarà propria delle membra marmoree del gruppo vaticano. Di grande efficacia fonosimbolica<br />

sono i vv. 52-53: l’allitterazione del<strong>la</strong> vibrante rievoca al<strong>la</strong> mente <strong>il</strong> tremore del<strong>la</strong> <strong>la</strong>ncia confitta;<br />

l’iso<strong>la</strong>mento del termine gemitum, incastonato in <strong>una</strong> struttura paralle<strong>la</strong> in cui interviene <strong>la</strong> figura<br />

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