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bs luglio/agosto 2007 - Bollettino Salesiano - Don Bosco nel Mondo

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4<br />

IL PUNTO GIOVANI<br />

di Carlo Di Cicco<br />

SAPPIAMO POCO<br />

DI LUI DI LEI<br />

Troppo spesso, la rinuncia all’educazione in nome della libertà,<br />

all’i care in nome della privacy, al colloquio in nome<br />

della non ingerenza, creano tragici scompensi,<br />

con conseguenze inimmaginabili…<br />

I l<br />

video testamento di Cho Seung Hui,<br />

il giovane universitario reso noto al<br />

mondo per l’assassinio di 32 persone<br />

<strong>nel</strong> Campus americano di Blacksburg<br />

in Virginia seguito dal proprio suicidio,<br />

provoca choc per il concentrato di<br />

assurdo e tragico che esprime. Ma non<br />

meno paradossale è stata la prima<br />

dichiarazione pubblica dell’autorità di<br />

quel centro universitario duramente<br />

colpito dall’orrido massacro del giovane<br />

killer: “Sappiamo poco di lui”.<br />

Uno dei giovani ospiti era come fosse un<br />

estraneo, uno sconosciuto in quel centro<br />

di formazione che si sarebbe dovuto<br />

occupare seriamente di ogni studente.<br />

Ora che quel lutto tremendo, a distanza<br />

di tempo, resta un ricordo simile alla<br />

strage della scuola americana di<br />

Columbine, senza tuttavia l’emozione<br />

del primo impatto con l’opinione pubblica<br />

dovremmo rispondere a qualche<br />

scomoda domanda se vogliamo<br />

scongiurare analoghi gesti.<br />

La più inquietante delle domande<br />

si deve rivolgere alle grandi istituzioni<br />

formative: quale percorso educativo<br />

si offre in un centro di formazione se<br />

un giovane ospite può restare e di fatto<br />

resta un perfetto sconosciuto ai suoi<br />

educatori e professori? Si può<br />

presumere con fondatezza che la<br />

condizione di sconosciuti sia molto<br />

diffusa tra i giovani <strong>nel</strong> tempo della loro<br />

formazione scolastica e lavorativa?<br />

La risposta, di fronte a continui episodi<br />

di violenza patita o esercitata dai giovani<br />

<strong>nel</strong>la scuola e in altri centri di formazione,<br />

rischia fortemente di essere affermativa.<br />

Domande scomode si devono porre<br />

pure alle famiglie. Tutte, dal momento<br />

che pure genitori che pensano di<br />

seguire con cura i propri figli scoprono<br />

non di rado situazioni a dir poco<br />

imbarazzanti e inciampano in<br />

confessioni laceranti di fronte alle quali<br />

i genitori temono fortemente di vivere<br />

accanto a dei figli che si rivelano dei<br />

perfetti sconosciuti.<br />

Nella stessa giornata della tragedia<br />

in Virginia, i giornali sbattevano in prima<br />

pagina il suicidio di una ragazzina di 13<br />

anni che si gettava dal settimo piano<br />

dopo aver denunciato abusi sessuali da<br />

LUGLIO/AGOSTO <strong>2007</strong> BS<br />

parte di un gruppo di otto ragazzi, sette<br />

dei quali minorenni. E il suo suicidio<br />

seguiva di pochi giorni quello di un altro<br />

giovane che pure si era gettato dalla<br />

finestra per le ironie sulla sua presunta<br />

omosessualità che rendevano invivibile<br />

la sua convivenza scolastica.<br />

Questi e tanti altri episodi – non solo<br />

conclusi con il suicidio di ragazzi<br />

e ragazze disperati nei loro segreti –<br />

accertano l’esistenza di una difficile<br />

o del tutto assente comunicabilità tra<br />

educatori e giovani. Tanto più dura<br />

e preoccupante se si va sempre più<br />

restringendo la comunicazione<br />

amichevole, fino alla complicità, che<br />

caratterizza la relazione tra giovanissimi.<br />

Si fa posto alla competizione smodata<br />

e piccole aggregazioni lobbistiche di<br />

interessi particolari.<br />

Ma gli adulti – siano essi docenti<br />

o genitori, catechisti, preti, allenatori,<br />

formatori – sanno dialogare con i<br />

giovani? Sono preparati ad ascoltarli?<br />

Molti dubbi sono leciti.<br />

È in questo contesto di sazietà di parole<br />

e immagini della società della<br />

comunicazione sempre più consolidata,<br />

che emerge l’attualità di <strong>Don</strong> <strong>Bosco</strong><br />

quale modello di ascolto e di incontro<br />

con i giovani. Egli è stato davvero un<br />

modello di alto profilo dell’educatore<br />

“con il grembiule” evangelico del servizio<br />

e della prossimità. I giovani pensati<br />

come persone fragili e bisognose al cui<br />

servizio pieno dedicare tutte le proprie<br />

forze e le proprie competenze. È una<br />

bella sfida davvero. Soprattutto<br />

importante e attuale. Insegna a non<br />

sentirsi maestri e padroni dei giovani.<br />

Impegna a vivere secondo il bene che<br />

loro si propone. E a non dimenticare la<br />

voglia di vivere <strong>nel</strong>la gioia che ogni<br />

giovane porta con sé.<br />

Quando manca l’accessibilità a<br />

questa gioia, quando si sente la propria<br />

vita come uno scarto destinato a<br />

dispiegarsi senza gioia, avviene la resa<br />

dei giovani che può materializzarsi con<br />

la distruzione di sé o degli altri. E allora<br />

ci accorgiamo impotenti, che di lui o di<br />

lei sapevamo poco o nulla. Anche per<br />

una nostra scelta. Il sapere di più<br />

coinvolge.

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