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Un'ora dopo mi ero preparata uno spuntino a base di formaggio cremoso e cracker dolci, avevo rimesso in ordine la<br />
cucina e guardato un po'' di Tv. In un angolo recondito della mente, però, era ancora annidato l'sms che mi intimava di<br />
restare a casa. Era stato facile definirlo un errore o uno scherzo quando ero al sicuro <strong>nell</strong>'auto di Vee, ma poi, una volta<br />
sola, non mi sentivo per niente tranquilla. Pensai di mettere su Chopin per rompere il silenzio, ma non volevo rischiare<br />
di non sentire i rumori. L'ultima cosa di cui avevo bisogno era che qualcuno mi arrivasse di soppiatto alle spalle.<br />
«Tirati su!» ordinai a me stessa. «Nessuno ti sorprenderà alle spalle.»<br />
Dopo un po'', quando non ci fu più niente di decente da guardare in Tv, me ne andai di sopra. La mia camera era<br />
pulita, così mi misi a riorganizzare il guardaroba per colore per cercare di tenermi occupata e non avere la tentazione di<br />
addormentarmi. Se mi fossi appisolata sarei stata vulnerabile, e volevo ritardare quel momento il più possibile.<br />
Spolverai il piano dello scrittoio, quindi sistemai i libri in ordine alfabetico. Cercai di tranquillizzarmi pensando che non<br />
sarebbe successo niente di brutto. Probabilmente l'indomani mattina, al mio risveglio, mi sarei resa conto di quanto fosse<br />
stata ridicola la mia paranoia.<br />
E poi, di nuovo, pensai che forse il messaggio era stato mandato da qualcuno che voleva tagliarmi la gola nel sonno. In<br />
una notte da brividi come quella, niente sembrava inverosimile.<br />
Più tardi, mi svegliai nel buio. Le tende dall'altra parte della stanza ondeggiavano al soffio del ventilatore elettrico. La<br />
temperatura era eccessivamente alta e avevo la canottiera e i boxer appiccicati addosso, ma ero così presa a immaginare<br />
i peggiori scenari che l'idea di aprire un po'' la finestra non mi sfiorò nemmeno. Gettai uno sguardo di lato e misi a fuoco<br />
le cifre sull'orologio: mancavano una manciata di minuti alle tre.<br />
La tempia destra mi martellava furiosamente e avevo l'occhio gonfio e chiuso. Accendendo tutte le luci della casa,<br />
scalza, mi mossi cauta fino al congelatore e mi preparai una borsa del ghiaccio riempiendo di cubetti uno di quei<br />
sacchetti per surgelare gli alimenti. Affrontai lo specchio del bagno e gemetti: un livido viola e rosso mi attraversava il<br />
viso, dal sopracciglio alla guancia.<br />
- Come hai potuto lasciare che accadesse? - chiesi alla mia immagine riflessa. — Come hai potuto permettere a Marcie<br />
di picchiarti?<br />
Presi gli ultimi due analgesici rimasti, li mandai giù e mi infilai a letto. Il ghiaccio mi bruciava la pelle intorno<br />
all'occhio e allo stesso tempo mi faceva rabbrividire. Mentre aspettavo che l'analgesico facesse effetto, lottai con<br />
l'immagine di Marcie che saliva sulla jeep di Patch. Nella mia mente quella scena veniva proiettata, poi il nastro si<br />
riavvolgeva e veniva proiettata ancora. Mi girai e rigirai, arrivai a mettermi il cuscino sulla testa per non vederla più, ma<br />
quell'immagine continuava a danzarmi davanti, tormentadomi.<br />
Dopo un'ora circa, con il cervello consumato a furia di pensare a tutti i modi più creativi di uccidere sia Marcie sia<br />
Patch, scivolai nel sonno.<br />
Mi svegliai al suono di una serratura che scattava.<br />
Aprii gli occhi, ma avevo la vista annebbiata: ci vedevo in bianco e nero, a bassa definizione, come quando avevo<br />
sognato di essere in Inghilterra centinaia di anni prima. Battei le palpebre per cercare di riacquistare una visione<br />
normale, ma il mondo rimase color fumo e ghiaccio.<br />
Di sotto, la porta d'ingresso si aprì senza sforzo, con un leggero cigolio.<br />
Mia madre non sarebbe tornata prima di sabato mattina, quindi doveva essere qualcun altro. Un estraneo.<br />
Mi guardai intorno in cerca di qualcosa da usare come arma. Sul comodino erano disposti alcuni portafotografie e una<br />
lampada da quattro soldi.<br />
Sentii dei passi muoversi lievi sul pavimento di legno duro dell'ingresso. Qualche secondo dopo, erano sulle scale.<br />
L'intruso non si preoccupava di non farsi sentire. Sapeva esattamente dove andare. Rotolai giù dal letto silenziosamente<br />
e raccolsi da terra i collant che mi ero tolta. Li tirai stringendoli tra le mani e mi appiattii contro la parete dietro la porta,<br />
madida di sudore. C'era un silenzio così profondo che riuscito a sentire il rumore del mio respiro.<br />
Appena varcò la soglia gli avvolsi le calze intorno al collo, tirando con tutta la mia forza. Lottammo per un momento,<br />
finché fui trascinata in avanti di scatto e mi ritrovai faccia a faccia con Patch.<br />
Lui mi guardò attraverso le calze che mi aveva sottratto. - Vuoi spiegarmi?<br />
- Che ci fai qui? - domandai, il respiro affannoso. Poi feci due più due. - Sei stato tu a mandarmi quel messaggio?<br />
Quello dove mi dicevi di restare a casa? Da quando hai un numero segreto?<br />
- Ho dovuto prendere un numero nuovo. Un numero che fosse più sicuro.<br />
Non volevo saperlo. Che razza di persona ha bisogno di tanta segretezza? Da chi temeva potessero essere intercettate<br />
le sue telefonate? Dagli arc<strong>angeli</strong>?