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Adesso sono nel vento - Comune di Rimini

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to altrove, in con<strong>di</strong>zioni profondamente <strong>di</strong>verse, un qualcosa che a loro sembrava certamente<br />

giusto conoscere per poter ricordare, ma al contempo come un qualcosa <strong>di</strong> lontano,<br />

<strong>di</strong> teoricamente impossibile da concepirsi come probabilità realizzabile qui in Italia.<br />

Insomma il cosiddetto mito degli “Italiani brava gente” era ben ra<strong>di</strong>cato anche <strong>nel</strong>l’immaginario<br />

dei giovani. Nulla sapevano poi dei campi <strong>di</strong> internamento creati dai fascisti, del<br />

collaborazionismo della polizia italiana <strong>nel</strong>la deportazione degli ebrei dall’Italia verso<br />

Auschwitz e <strong>di</strong> molto altro, ma non dovremmo interrogarci sul perché non sapessero?<br />

Nei viaggi ai lager che ho guidato purtroppo mi mancava il tempo <strong>di</strong> conoscere un po’ più<br />

a fondo i ragazzi, i quali ascoltavano – è vero - le mie spiegazioni e le testimonianze dei<br />

sopravvissuti quasi sempre in religioso silenzio e con le migliori intenzioni <strong>di</strong> comprendere,<br />

ma non sempre percepivo la sensazione che scattasse in loro qualcosa <strong>di</strong> più dell’ascolto<br />

<strong>di</strong>sciplinato.<br />

Parlare della Shoah è un’esperienza profondamente <strong>di</strong>versa da qualsiasi altra. Ammoniva<br />

Wiesel: “comprendere la Shoah significa prima <strong>di</strong> tutto capire che qualcosa intorno a noi<br />

cambia”. L’argomento è quanto mai profondo e complesso, può essere declinato in molteplici<br />

aspetti, non solo per fornire dati e date, ma soprattutto per offrire una chiave <strong>di</strong> lettura<br />

della storia e dei comportamenti umani in situazioni estreme.<br />

Inoltre, quando si sceglie <strong>di</strong> portare dei giovani ai campi <strong>di</strong> concentramento e <strong>di</strong> sterminio<br />

non si può non parlare <strong>di</strong> tutti i protagonisti, quelli che Raul Hilberg, il massimo storico<br />

della Shoah, chiama i “carnefici, le vittime, gli spettatori”, dal titolo omonimo <strong>di</strong> un<br />

suo libro pubblicato da Mondadori <strong>nel</strong> 1994.<br />

E’ impossibile non percepire il <strong>di</strong>lemma centrale che rende l’argomento “sterminio” in<strong>di</strong>cibile,<br />

impensabile, incre<strong>di</strong>bile e, al contempo, narrabile, spiegabile, raccontabile.<br />

Nessuno, credo, può affermare <strong>di</strong> riuscire a spiegare o a comprendere a fondo le ragioni<br />

che hanno portato la società moderna a partorire il progetto <strong>di</strong> annientamento nazista<br />

attraverso la creazione dei campi, eppure questo non ci assolve dal tentativo <strong>di</strong> spiegazione<br />

dei meccanismi <strong>di</strong> potere che crearono le premesse per l’annientamento dei <strong>di</strong>versi<br />

e dei deboli.<br />

Anche con le migliori e più dettagliate spiegazioni storiche e tecniche sul dove, quando<br />

e come è accaduto lo sterminio, scatterà sempre in noi la domanda del perché. Perché<br />

la Shoah? La <strong>di</strong>namica profonda del fenomeno continua a sfuggire alla nostra capacità<br />

raziocinante. Concepire la Shoah <strong>nel</strong>le sue enormi proporzioni senza una valida (<strong>nel</strong><br />

senso <strong>di</strong> razionalmente accettabile) ragione mi sembra intollerabile sul piano etico.<br />

E’ questo, a mio avviso, l’interrogativo profondo che deve rimanere nei giovani, al rientro<br />

del viaggio, un sentimento <strong>di</strong> crisi, <strong>di</strong> sconvolgimento <strong>di</strong> idee e giu<strong>di</strong>zi pre-costituiti<br />

(ad esempio l’uomo uccide l’altro uomo perché è malvagio, perché o<strong>di</strong>a, perché vuole<br />

ven<strong>di</strong>carsi <strong>di</strong> qualcosa, assioma smentito categoricamente dal nazismo), crisi che –<br />

ovviamente – deve comportare non una depressione ma un periodo <strong>di</strong> crescita, in cui si<br />

è accompagnati dagli adulti (insegnanti, genitori).<br />

In questi ultimi anni, anche grazie al lavoro svolto instancabilmente dal <strong>Comune</strong>, la partecipazione<br />

delle scuole alle <strong>di</strong>verse attività è stata talmente forte da non poter accogliere<br />

tutte le richieste delle classi.<br />

Il modello recentemente adottato <strong>di</strong> scegliere uno o più temi specifici e <strong>di</strong> organizzare<br />

eventi <strong>di</strong>versi collegabili ad essi sembra funzionare ed essere <strong>di</strong> particolare interesse ed

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