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La Danza: Suoni in Movimento La Danza: Suoni in Movimento

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DOTT.SSA LAURA RUZZA<br />

<strong>La</strong> <strong>La</strong> <strong>Danza</strong>: <strong>Danza</strong>: <strong>Suoni</strong> <strong>Suoni</strong> <strong>in</strong> <strong>in</strong> <strong>Movimento</strong> <strong>Movimento</strong><br />

<strong>Movimento</strong><br />

Appunti del Corso di Antropologia della Musica<br />

presso il Conservatorio C. Poll<strong>in</strong>i di Padova<br />

A.A. 2006-2007<br />

http://www.utenti.lycos.it/lauraruzza/<br />

E-mail: musiclandia@tiscali.it<br />

Cell. 3336470115


1-LA LA DANZA DANZA GRECA<br />

GRECA<br />

TRADIZIONE TRADIZIONE E E FOLKLORE<br />

FOLKLORE<br />

In nessun paese europeo la danza locale è così viva e così legata alla vita quotidiana, come <strong>in</strong> Grecia. Ci sono paesi stranieri con un<br />

maggior numero di gruppi di danza, ma qui quest’ultima è sopravvissuta solo grazie agli spettacoli, raramente gli abitanti balleranno<br />

le loro danze nelle feste dei paesi, nei matrimoni, o nelle taverne, come avviene <strong>in</strong> Grecia. Per nessun altro popolo la danza ha un<br />

ruolo così importante, come mezzo di mantenimento dell'identità nazionale. In Nord America, si trovano migliaia di greci di seconda<br />

e terza generazione che ignorano del tutto o parlano a stento la l<strong>in</strong>gua greca, ma ballano bene le danze greche. <strong>La</strong> danza greca vive e<br />

regna! Nel piccolo villaggio, come danza tradizionale; nei gruppi di ballo, come danza folkloristica; nelle taverne e nei locali, come<br />

danza popolare, con i clar<strong>in</strong>i, lires e buzukia; come danza turistica, con il syrtaki. <strong>La</strong> festa del matrimonio, dove gli sposi guideranno<br />

le danze con gli <strong>in</strong>vitati, rimane ancora e resterà una regola. Sebbene le discoteche si moltiplich<strong>in</strong>o, il liscio subisca una flessione, il<br />

balletto e la danza moderna guadagn<strong>in</strong>o terreno, ma la danza greca tiene duro e bene.<br />

Spesso il term<strong>in</strong>e “tradizionale”, si usa <strong>in</strong> modo improprio e per quanto riguarda, almeno la danza, va chiarito. “Tradizionale”, è la<br />

parte del bagaglio culturale (oppure la cultura stessa) che si tramanda direttamente da una generazione all’altra. “Tradizionale”, può<br />

essere un oggetto, ma nello stesso tempo lo è sia il modo di produrlo, che il modo di usarlo. <strong>La</strong> vera danza tradizionale è quella che è<br />

parte <strong>in</strong>tegrante ed <strong>in</strong>divisibile di una società tradizionale. Quando tutta l’istruzione e la cultura si tramandano <strong>in</strong> modo tradizionale,<br />

cosi si tramanderà anche la danza che immediatamente si legherà <strong>in</strong> maniera organica al resto degli elementi culturali.<br />

Nella società tradizionale, nel villaggio greco del secolo scorso, la danza era <strong>in</strong>teramente rituale e piena di significati. Dirò solo che<br />

nella società tradizionale la danza si trova molto vic<strong>in</strong>o al centro della vita sociale, mentre nella società moderna <strong>in</strong>dustriale, la danza<br />

si colloca nella parte periferica. Mantiene sempre la sua ritualità, esprime sempre la società che la balla, ma le sue funzioni nella<br />

nostra società moderna sono parziali e complementari. Nelle società pre<strong>in</strong>dustriali, ballavano re, generali e alti prelati. Ballavano non<br />

solo alle feste, ai matrimoni e <strong>in</strong> taverna, ma prima della battaglia, dopo la caccia, dentro la chiesa, durante l’istruzione ed <strong>in</strong> ogni<br />

occasione ufficiale. <strong>La</strong> danza era necessaria come l’omelia. Oggi, uno può parlare perfettamente e non aver mai ballato <strong>in</strong> vita sua.<br />

Anche oggi esiste la danza, ma è un elemento accessorio, come molti aspetti della nostra società e possiamo fare tranquillamente a<br />

meno. Il concetto antico della danza è molto profondo. Inanzitutto è più vic<strong>in</strong>o al concetto che ne davano i greci antichi, che non<br />

dist<strong>in</strong>guevano la danza, dalla musica e dal canto. Il movimento, il suono e il canto, come una cosa <strong>in</strong>divisibile nell'orchestrazione,<br />

quando si presentavano separatamente, non erano altro che facce della stessa realtà. Questo si vede ancora oggi nel villaggio greco: le<br />

parole della canzone, la melodia e i movimenti, formano nel pensiero della gente un unico ed <strong>in</strong>divisibile concetto. A questa <strong>in</strong>terna<br />

tridimensionale costruzione, ne corrisponde una esterna polidimensionale. <strong>La</strong> danza non può essere concepita separatamente dal<br />

contesto specifico che la circonda. <strong>La</strong> danza non è solo passi e movimenti del danzatore, ma anche il suo stesso corpo, il suo<br />

costume, gli altri che ballano con lui e quelli che siedono <strong>in</strong>torno. E’ la musica e i musicisti, il canto e il cantante. Dentro la danza<br />

sono i cibi sul tavolo, il v<strong>in</strong>o, quelli che si addormentano seduti, gli anziani che osservano, i bamb<strong>in</strong>i che corrono da per tutto, i visi<br />

agitati, l’emozione, gli sguardi. E’ tutto quello che è successo prima di arrivare a ballare, e tutto quello che succederà dopo. E’ una<br />

scena che <strong>in</strong>clude tutta la storia del villaggio. Il fatto di isolare i passi dei piedi e di presentarli come la danza, è degradante ed<br />

offensivo. Infatti, se qualcuno vorrà leggere qualcosa sulla danza tradizionale, troverà solamente libri con le “impronte dei piedi”.<br />

Questi libri illustrano la meccanica dei piedi, ma non <strong>in</strong>segnano a ballare; nel migliore dei casi, esistono per ricordarci, spesso con<br />

errori, una danza precedentemente imparata. Così, l’immag<strong>in</strong>e che presenta oggi la pratica della danza greca, è divisa <strong>in</strong> due parti. Da<br />

una parte, quelli che ballano le “loro” danze, quelle che hanno imparato nel villaggio, <strong>in</strong> occasione di matrimoni e feste (panighiri).<br />

Spesso costoro non conoscono altre danze e non sono <strong>in</strong>teressati nemmeno ad impararle. Quando ballano, vengono attraversati dalla<br />

storia del loro villaggio, così come l’hanno vissuta e come gli è stata raccontata. Non importa dove ballano, il loro villaggio si<br />

materializza <strong>in</strong>torno a loro. Sono gli ultimi depositari della tradizione. Dall’altra parte, c’è tutto il resto: quelli che non hanno vissuto<br />

nel villaggio, oppure sono andati via da piccoli; quelli che hanno imparato il Kalamatianos a scuola ed il Chassapico al party e quelli<br />

che, con grande dispiacere, eseguiranno un tango o un rock, se la loro moglie <strong>in</strong>sisterà. Esistono anche i giovani dei gruppi di danza<br />

che non riescono a f<strong>in</strong>ire un Pentozali, avendo visto Creta solo sulla cart<strong>in</strong>a geografica. Questa categoria balla folklore. Folkloristica,<br />

è la danza tradizionale che si trova staccata dalla sua società tradizionale e così, mentre sembra fedele alla tradizionale, è<br />

profondamente contam<strong>in</strong>ata e diversa. In alcuni casi, si creano delle coreografie e si passa alla categoria dei balletti; <strong>in</strong> altri casi, si<br />

presentano spettacoli di vari gruppi di danza ed <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e nel caso peggiore non si parla nemmeno di “spettacolo” ma di semplice<br />

g<strong>in</strong>nastica. <strong>La</strong> caratteristica pr<strong>in</strong>cipale della danza folkloristica è che la sua trasmissione non avviene <strong>in</strong> modo tradizionale, ma<br />

attraverso un meccanismo di riproduzione. Tutti gli <strong>in</strong>segnanti di danza e di g<strong>in</strong>nastica, la televisione e le case discografiche ne fanno<br />

parte. Passando attraverso il meccanismo di riproduzione della cultura della danza, il ballo smette di essere tradizionale,<br />

pr<strong>in</strong>cipalmente perchè diventa oggetto di scelta. L’<strong>in</strong>segnante e la televisione scelgono se e come <strong>in</strong>segnare Sirtos, mentre il padre,<br />

nel villaggio 50 anni fa, poteva <strong>in</strong>segnare a suo figlio solo Sirtos.<br />

2


2-LA LA LA PIZZICA PIZZICA PIZZICA<br />

PIZZICA<br />

TARANTISMO e PIZZICA PIZZICA: l'euforia e la mitificazione<br />

<strong>La</strong> cura dei disagi psichici o fisici attraverso la musica e la danza ha sempre destato vivo <strong>in</strong>teresse, perché significa percorrere strade<br />

diverse dalla medic<strong>in</strong>a ufficiale e sancire l'esistenza di una pluralità di culture della sanità. Se poi si aggiunge - come nel tarantismo<br />

meridionale e nell'argismo sardo - la pregnante componente mitico-simbolica e magico-religiosa della taranta e della coreoterapia,<br />

allora il tema si fa pers<strong>in</strong>o affasc<strong>in</strong>ante; <strong>in</strong>fatti per secoli il fenomeno ha "<strong>in</strong>trigato" molti medici, viaggiatori stranieri, artisti ed<br />

ecclesiastici, i quali, sp<strong>in</strong>ti dalla curiosità o per ragioni di studio, si sono recati <strong>in</strong> Puglia per constatare di persona il fenomeno.<br />

Quasi del tutto est<strong>in</strong>to il tarantismo, nonostante permanga forte la sua memoria, il Salento si trova oggi a re<strong>in</strong>terpretare il ruolo della<br />

terra del mito aracnideo. Un <strong>in</strong>aspettato e al contempo costruito entusiasmo stanno trasformando musica e danza della zona <strong>in</strong><br />

prodotti alla moda pronti per essere commercializzati. Attorno al ballo - la pizzica - considerato erroneamente come l'unico capace di<br />

"guarire" o di provocare supposti effetti di estraneazione (trance, possessione, esorcismo, endorcismo, ecc.), si è creato un<br />

movimento consistente di nuovi "devoti", con le proprie liste <strong>in</strong>formatiche, i raduni, gli idoli, i feticci, il mercato.Ma se si vuole<br />

scavare nel profondo per dare sostanza filologica alla reale pratica dei balli <strong>in</strong> Puglia e al loro uso ritualizzato, allora diventa<br />

obbligatoria la ricerca etnografica, che <strong>in</strong> realtà pochi praticano metodicamente. Insomma, quali erano le pizziche eseguite realmente<br />

dagli anziani? Quali le differenze tra la forma ludica e quella terapeutica? In quali contesti e <strong>in</strong> quali forme si ballava nei secoli<br />

precedenti? <strong>La</strong> pizzica pizzica può essere ancora un ballo scatenante e liberatorio? Queste alcune delle domande che numerosi<br />

giovani ci rivolgono di frequente.<br />

LA PIZZICA PIZZICA<br />

Dal 1980 stiamo perlustrando con varie campagne di <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e la tradizione del ballo <strong>in</strong> Salento (1980-82, 1988, 2000-2006)<br />

alla ricerca delle diverse forme di danza e, via via che la ricerca si allarga anche alle altre prov<strong>in</strong>ce pugliesi, il quadro va facendosi<br />

sempre più chiaro e complesso, confortato da documenti c<strong>in</strong>e-video talora sorprendenti.<br />

Area Area Area di di diffusione e stato di conservazione<br />

conservazione. conservazione<br />

Dal Salento, al Tarant<strong>in</strong>o, a tutto il Barese, dal Materano all'area ionica della Basilicata<br />

era diffuso s<strong>in</strong>o all'ultima guerra il nome della pizzica pizzica per <strong>in</strong>dicare un ballo vivace di coppia, che affiancava o talvolta si<br />

confondeva con la tarantella stessa. Legata al rituale terapeutico del tarantismo, la pizzica pizzica compare come term<strong>in</strong>e<br />

coreutico nelle fonti solo alla f<strong>in</strong>e del secolo XVIII. Oggi la pratica viva nelle forme orig<strong>in</strong>ali del ballo è quasi del tutto est<strong>in</strong>ta<br />

(fanno eccezioni solo poche località <strong>in</strong> area non del Salento leccese), i repertori che si recuperano attraverso le testimonianze<br />

esecutive degli anziani sono scarni e impoveriti.<br />

L'uso L'uso del del fazzoletto fazzoletto. fazzoletto Un tempo il ballo prevedeva anche l'<strong>in</strong>vito con la consegna del fazzoletto da parte della persona che <strong>in</strong>iziava<br />

il ballo verso quella che con cui desiderava ballare; di questo uso c'è ancora traccia nella memoria degli anziani salent<strong>in</strong>i. Lo<br />

stesso meccanismo di <strong>in</strong>vito avveniva <strong>in</strong> tutta la regione e ancora oggi avviene <strong>in</strong> alcune aree della Basilicata e della Campania<br />

con apposito canto d'<strong>in</strong>vito codificato.<br />

Brevi Brevi cenni cenni morfologici<br />

morfologici. morfologici Dal punto di vista morfologico, i diversi documenti etnografici raccolti <strong>in</strong> pellicola e <strong>in</strong> video - grazie<br />

alla riesecuzione degli anziani portatori e agli ultimi residui di pratica reale - legano <strong>in</strong> modo <strong>in</strong>equivocabile la pizzica pizzica al<br />

più ampio sottogruppo apulo-lucano della tarantella meridionale. Sul piano strutturale vi è molta analogia fra la varianti di<br />

pizzica pizzica e le altre tarantelle dell'area apulo-lucana: la danza, pr<strong>in</strong>cipalmente eseguita <strong>in</strong> coppia (ma non solo) all'<strong>in</strong>terno di<br />

una ronda o cerchio di spettatori, suonatori e baller<strong>in</strong>i, si compone essenzialmente di ballo frontale e giro; tali figure ricorrenti<br />

sono arricchite da rotazioni su se stessi, brevi avvic<strong>in</strong>amenti confidenziali, giri legati e "mosse" di chiaro riferimento sessuale. Pur<br />

prevalendo la formula <strong>in</strong> coppia mista, la pizzica pizzica può essere danzata anche fra donne e fra uom<strong>in</strong>i. In quest'ultima<br />

comb<strong>in</strong>azione la pizzica può trasformarsi <strong>in</strong> scherma danzata, se i ballatori ne conoscono il repertorio e se si crea quel clima di<br />

necessaria scherzosa competizione.<br />

PIZZICA SCHERMA<br />

Nel Leccese, nel Br<strong>in</strong>dis<strong>in</strong>o e nel Tarant<strong>in</strong>o si pratica (<strong>in</strong> molti centri si praticava) da parte di soli uom<strong>in</strong>i la forma duellata della<br />

pizzica, detta appunto pizzica scherma o schermata, oppure più semplicemente scherma. Vi sono modi diversi di schermare e gli<br />

schermitori sono spesso legati al mondo carcerario o rom stanziale (ne scrive Gramsci nelle “Lettere dal carcere”). Si mima il<br />

coltello con le dita della mano, molta parte della gestualità risente dei codici schermitòri e di una simbolica tradizionale non sempre<br />

di facile lettura . <strong>La</strong> semantica gestuale è conservata e trasmessa con riserbo o addirittura segretezza. <strong>La</strong> partecipazione alla danzascherma<br />

aveva modalità settarie e <strong>in</strong>iziatorie tipiche delle società segrete: <strong>in</strong>fatti un tempo per entrare nella cerchia degli schermitori<br />

bisognava aver avuto lezioni da maestri di riconosciuta fama, passare una sorta di rito di <strong>in</strong>iziazione (conoscenza delle tecniche, delle<br />

regole e degli adepti) e godere dell'altrui considerazione, altrimenti si rischiava di essere beffeggiati dagli altri schermitori. Una<br />

forma analoga, pur se diversa nello stile, è oggi presente nella Calabria meridionale, con la tarantella schermata riggitana (non<br />

immune da contatti socio-simbolici della 'ndrangheta). Si hanno comunque tracce di una diffusa presenza un tempo <strong>in</strong> tutto il sud di<br />

questa particolare tipologia coreutica.<br />

3


LA NEO-PIZZICA<br />

Dalla seconda metà degli anni '90 nel Salento leccese alcuni suonatori e baller<strong>in</strong>i del mondo teatrale e folk-revivalistico, senza una<br />

capillare <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e sul campo, hanno diffuso una neo-pizzica sostanzialmente difforme dalle strutture e dallo stile esecutivo della<br />

tradizione, vendendola talvolta come ballo della tradizione. Un entusiastico mercato di nicchia prevalentemente giovanile, sensibile<br />

alla creazione di nuovi miti “alternativi” e pronto a lasciarsi andare ad una sorta di “fasc<strong>in</strong>azione collettiva” prodotta dalla riscoperta<br />

culturale del tarantismo, ha assunto la pizzica ad emblema ideologico dell'antiglobalizzazione. Grande successo ha avuto <strong>in</strong>fatti la<br />

nuova moda coreutica tra i centri sociali giovanili, divenendo un importante mezzo di socializzazione ed un emblema quasi<br />

ideologico.<br />

<strong>La</strong> neo-pizzica si basa su una mescolanza approssimativa di <strong>in</strong>gredienti preparati con lo scopo di costruire un ballo-simbolo che<br />

rappresentasse nel mondo l'immag<strong>in</strong>e del sud e dell'Italia: corteggiamento esasperato att<strong>in</strong>to dal folklorismo di spettacolo (come il<br />

gioco degli sguardi ravvic<strong>in</strong>ati, la testa rigirata e la mimica “caballera”, passett<strong>in</strong>i lenti d maniera, atteggiamenti flamencati o “a<br />

torero”, pantomima teatrale di una narrazione erotica (fuga-<strong>in</strong>seguimento-accettazione), elementi di rituali estatici (rotazioni,<br />

d<strong>in</strong>amiche parossistiche, estraneamenti momentanei) sono stati mescolati e vengono trasmessi da giovane a giovane (non da vecchio<br />

a giovane com'è solitamente nella tradizione) durante i grandi concerti di "pizzica-rave” dell'estate salent<strong>in</strong>a o da improvvisati<br />

<strong>in</strong>segnanti <strong>in</strong> corsi di danza. Secondo ogni buona regola di market<strong>in</strong>g, la nuova <strong>in</strong>venzione è sostenuta da qualche f<strong>in</strong>ction<br />

c<strong>in</strong>ematografica (Pizzicata, Sangue vivo, servizi televisivi, ecc.), da ritrovi musicali di "pizzicati” <strong>in</strong> tutta Italia e da nuove<br />

term<strong>in</strong>ologie “ad effetto”, <strong>in</strong>esistenti nella tradizione, come: “pizzica de core”, il “ballo della taranta”, la “danza dei coltelli” o la<br />

“danza delle spade”, le “tre tarante”, ecc.. Gli elementi stilistici e strutturali di maggior diversità della neo-pizzica con la pizzica<br />

pizzica tradizionale stanno<br />

- nel diverso rapporto dei corpi col terreno: più battuto ed energico e senza eccessivi abbellimenti nella forma tradizionale;<br />

- nella gesticolazione di braccia, polsi e mani: accademica e delicata nella neo-pizzica, robusta e contad<strong>in</strong>a nell'altra;<br />

- nel rapporto visivo tra i baller<strong>in</strong>i: sguardi fissi e impostati, colli torti e mimiche artificiali nella neo-pizzica, semplice e appena<br />

visibile nella tradizionale;<br />

- nella perdita della trama circolare dei percorsi nella nuova forma, molto legato al senso di circolarità - risaltato dalla ronda - quella<br />

antica. Oggi si avverte tra i salent<strong>in</strong>i - soprattutto studiosi di folklore - una tendenza a frenare queste <strong>in</strong>novazioni esasperate che<br />

tengono gli anziani distanti e derubati nel loro ruolo di trasmettitori; si <strong>in</strong>iziano a fare i dovuti "dist<strong>in</strong>guo” e a privilegiare dimensioni<br />

più ridotte e familiari, mentre qualche studente universitario sta avviando ricerche su forme e contesti del ballo, comunciando a<br />

dist<strong>in</strong>guere le rare forme tradizionali dal revival.<br />

TARANTA, TARANTISMO E TARANTELLA: dibattito<br />

Il vivace ritorno negli ultimi anni del dibattito culturale sul tarantismo pugliese ha <strong>in</strong>nescato un <strong>in</strong>atteso processo di valorizzazione di<br />

alcune espressioni del patrimonio tradizionale salent<strong>in</strong>o che rischiavano altrimenti la def<strong>in</strong>itiva est<strong>in</strong>zione: <strong>in</strong> modo particolare la<br />

musica e la danza tradizionale sono diventate un segno di riconoscimento e di recuperata identità dei giovani salent<strong>in</strong>i s<strong>in</strong>o a<br />

propagarsi <strong>in</strong> tutta l’Italia e oltre i conf<strong>in</strong>i nazionali negli ambienti legati alla world music. <strong>La</strong> pizzica non è oggi solo un ballo, è un<br />

emblema, un forte richiamo, una griffe, una sorta di nuovo mito culturale che crea moda, spettacolo, turismo, mercato editoriale e<br />

musicale. Il Salento si configura <strong>in</strong> Italia come un importante laboratorio antropologico, nel quale si misurano e si <strong>in</strong>terconnettono<br />

bisogni identitari (smantellati con troppa fretta dalle generazioni precedenti) e strade diverse dalla globalizzazione culturale <strong>in</strong> atto;<br />

un laboratorio nel quale si gioca una scommessa sul ruolo che la tradizione potrà avere nella società post-<strong>in</strong>dustriale e multimediale e<br />

nei futuri processi di turismo di massa e di s<strong>in</strong>cretismi culturali <strong>in</strong>teretnici. Ma dietro alla diffusa domanda di danza popolare<br />

mancano <strong>in</strong> Salento una capillare ricerca sui balli degli anziani e adeguati studi etnocoreologici; le varie “neo-pizziche” che circolano<br />

nei concerti folk sono state re<strong>in</strong>ventate - come si è detto prima - senza un reale confronto e una mutuazione coerente dei modelli<br />

tradizionali. Come tutte le mode culturali, la pizzica sta esorbitando dagli ambiti e dalle funzioni che la tradizione le assegnava e<br />

viene vissuta con nuovi l<strong>in</strong>guaggi corporei dettati da una visione folkloristica e tardo-romantica della danza. Davanti al rischio di<br />

eccessiva spettacolarizzazione e di radicale stravolgimento dei tratti dist<strong>in</strong>tivi del folklore salent<strong>in</strong>o, negli ultimi anni da parte di<br />

alcuni operatori culturali del settore si è aperto un fecondo dibattito per dist<strong>in</strong>guere fra tradizione e legittima creazione artistica, al<br />

f<strong>in</strong>e di limitare gli approcci superficiali e le <strong>in</strong>esattezze cognitive ed avviare un rapporto più stretto con i portatori della tradizione,<br />

quegli stessi anziani che ora sono <strong>in</strong> gran parte esclusi dal loro ruolo di “maestri”. Porsi la questione della tutela del patrimonio<br />

culturale salent<strong>in</strong>o vuol dire <strong>in</strong>nanzitutto conoscerlo bene. Il nostro viaggio nella pizzica pizzica nasce da una lunga ricerca sul campo<br />

a partire dal 1979 e si avvale del contributo di esperti e di varie angolazioni discipl<strong>in</strong>ari. Ma ci rendiamo conto quanto sia urgente<br />

oggi avviare ricerche approfondite sul tarantismo per arricchire la fugace (pur se fondamentale) esplorazione demart<strong>in</strong>iana, prima che<br />

gli ultimi testimoni diretti del fenomeno scompaiano per sempre. Il messaggio più orig<strong>in</strong>ale, che la nostra associazione cerca di<br />

trasmettere da oltre 20 anni, sta nel grande valore da dare alle fonti e alla critica delle fonti, sia storiche che etnografiche.<br />

Il dibattito <strong>in</strong>fiamma i sostenitori dei vari <strong>in</strong>dirizzi di studi e di vissuto. <strong>La</strong> gran parte degli appassionati, all'oscuro spesso delle forme<br />

orig<strong>in</strong>ali della pizzica o male ammaestrati da docenti improvvisati si colloca sul “modernismo” e sulla liceità di <strong>in</strong>ventarsi espressioni<br />

nuove della contemporaneità. <strong>La</strong> m<strong>in</strong>oranza “tradizionalista" vuole un recupero del ruolo degli anziani e un ricalco - pur se mediato<br />

dai l<strong>in</strong>guaggi corporei mutati dell'oggi - delle forme tradizionali che recano <strong>in</strong> se un'altra concezione del corpo e della danza.<br />

dimensioni da recuperare. In realtà processi di <strong>in</strong>novazione o di rottura col passato sono sempre esistite nella storia delle tradizioni<br />

popolari. Bisognerà aspettare ancora diversi anni per constatare se si tratta di una delle tante mode passeggere giovanili o se<br />

attecchirà sul territorio salent<strong>in</strong>o e diventerà espressione trasmessa anche alle future generazioni. In ogni modo sarà fondamentale<br />

pure <strong>in</strong> questo caso il ruolo dei ricercatori documentaristi che potranno attestare l'avvenuta cesura e discont<strong>in</strong>uità col passato. Ai<br />

posteri l'ardua sentenza! Per il momento dei risultati positivi il “movimento della pizzica” li sta già ottenendo:<br />

- avvic<strong>in</strong>are i giovani alla questione della sopravvivenza e della rimessa <strong>in</strong> gioco nella società contemporanea della tradizione<br />

popolare - <strong>in</strong>centivare un mercato culturale che a sua volta stimola ricerche e pubblicazioni; - riscoprire sonorità, strumenti musicali e<br />

corporeità che fanno parte delle proprie radici culturali e che ci identificano rispetto ad una semplificazione e omologazione<br />

planetaria.<br />

4


Per questo studiosi e operatori culturali non possono stare a guardare, ma devono contribuire a dare spessore scientifico alla sete di<br />

sapere e di radici culturali e a rendere meno superficiale l'accostamento ad una identità profonda che ci portiamo comunque dentro.<br />

5


3-IL IL SALTARELLO<br />

SALTARELLO<br />

Il saltarello è un'ampia famiglia di balli tradizionali di alcune regioni dell'Italia centrale (Abruzzo, <strong>La</strong>zio, Marche, Umbria e Molise).<br />

Solo poche aree però conservano oggi una tradizione viva ed autentica del ballo. Dagli anni '50 l'emigrazione, l'arrivo di nuove mode<br />

di ballo e il mutamento generale dei modelli di vita hanno rarefatto la pratica del vecchio saltarello. <strong>La</strong> maggior parte dei repertori<br />

consiste <strong>in</strong> balli di coppia (non necessariamente uomo-donna), ma esistono forme più rare a quattro persone, <strong>in</strong> cerchio e<br />

processionali. Sul piano della struttura coreografica si ritrovano forme antiche mono-strutturate, ma il modello più ricorrente è quello<br />

a struttura bipartita o tripartita. Un discorso a parte merita un particolare tipo di danza tradizionale <strong>in</strong> forma di contraddanza detta<br />

anche saltarello ed attestata sul versante adriatico di alcune regioni (Emilia e Romagna, Marche, Toscana e Veneto). Nonostante il<br />

nome (che si associa a quello di ball<strong>in</strong>sei e russiano), sembra piuttosto appartenere alla famiglia delle gighe dell'Italia centrosettentrionale,<br />

poiché si balla <strong>in</strong> sei (3+3) a schiere contrapposte.<br />

CENNI STORICI<br />

«<strong>La</strong> saltatio era un genere autoctono di ballo dei lat<strong>in</strong>i, di gran lunga il ballo più diffuso s<strong>in</strong> dai primi secoli di Roma, [...] tanto che<br />

ben presto nella l<strong>in</strong>gua lat<strong>in</strong>a saltationes e saltare hanno ampliato il loro campo semantico s<strong>in</strong>o a significare <strong>in</strong> genere "balli" e<br />

"ballare". Mentre le choreae erano danze di gruppo ,di struttura circolare dall'andamento più grave e cadenzato, eseguite al suono di<br />

cantilene che gli stessi danzatori cantavano durante il ballo, le saltationes sembrano essere state f<strong>in</strong>o a tutto l'alto medioevo delle<br />

danze di carattere più vivace, eseguite con varie comb<strong>in</strong>azioni di baller<strong>in</strong>i e con elementi di evidente espressività erotica, tanto che<br />

non pochi <strong>in</strong>terventi della chiesa <strong>in</strong> epoca tardo-imperiale e medievale hanno cercato di contenere l'uso delle saltationes durante le<br />

feste e durante gli stessi rituali liturgici. Saltarello sembrerebbe dunque derivare etimologicamente dalla saltatio lat<strong>in</strong>a, ma la scarsità<br />

di fonti scritte e figurative certe non ci permette una ricostruzione storico-morfologica del ballo e del suo uso popolare dalla lat<strong>in</strong>ità<br />

ai nostri giorni. Infatti un enigma storico ancora da chiarire sta proprio nel fatto che la maggior parte delle citazioni. Nel XIV sec.<br />

troviamo già alcune trascrizioni musicali di saltarello ... Nel 1465 il Cornazano lo <strong>in</strong>dica come "balo da villa" molto frequente fra gli<br />

italiani. Tra il XIV e il XVII sec. il saltarello è uno dei quattro modi basilari della danza di corte italiana (bassadanza, saltarello,<br />

quaternaria, piva): gli ambienti aristocratici erano soliti ispirarsi ai balli popolari, per effettuare poi trasposizioni <strong>in</strong> stile aulico di<br />

musiche e coreografie. Nel XVIII e XIX sec. si è sviluppata per mano di numerosi artisti italiani e stranieri una ricca iconografia con<br />

scene di saltarello.<br />

Purtroppo le fonti letterarie oggi note non ci permettono di identificare una qualche forma dei saltarelli popolari r<strong>in</strong>ascimentali, anzi<br />

si nota l'<strong>in</strong>congruenza fra le aree di diffusione del saltarello quattro-c<strong>in</strong>quecentesco prevalentemente attestato nelle corti dell'Italia<br />

centro-settentrionale e la diffusione degli ultimi due secoli delle versioni folkloriche <strong>in</strong> area centrale. Molti sono dunque i nodi da<br />

sciogliere sul piano storico.<br />

Nel XVIII e XIX sec. si è sviluppata per mano di numerosi artisti italiani e stranieri una ricca iconografia con scene di saltarello,<br />

osservate da viaggiatori e artisti, la cui descrizione tende però a dare più l'<strong>in</strong>terpretazione del ballo secondo l'artista, che <strong>in</strong> modi<br />

obiettivi.<br />

MORFOLOGIA<br />

In ambito popolare attuale il saltarello ha molte aff<strong>in</strong>ità con la tarantella dell'Italia meridionale, entrambe sono delle ampie e<br />

diversificate famiglie coreutiche, nelle quali modelli aventi lo stesso nome sono spesso morfologicamente differenti. Ambedue queste<br />

famiglie coreutiche presentano generalmente una struttura tipologica, sia musicale che coreutica, modulare: nell'esecuzione musicale<br />

piccole cellule melodiche vengono organizzate autonomamente <strong>in</strong> s<strong>in</strong>tonia fra i suonatori, così come <strong>in</strong> quella coreutica i baller<strong>in</strong>i<br />

eseguono <strong>in</strong> stretta relazione fra loro i moduli c<strong>in</strong>etici tradizionali variamente organizzati. Suonatori e baller<strong>in</strong>i compongono cioè con<br />

relativa soggettività la durata e l'ord<strong>in</strong>e del fraseggio coreo-melodico, cercando solo una corrispondenza ritmica fra danza e musica,<br />

ed una corrispondenza tematica nella danza". [Tratto dal libretto che accompagna il compact disc "<strong>La</strong> saltarella dell'Alta Sab<strong>in</strong>a" (a<br />

cura di G. M. Gala), collana "Ethnica", Firenze, ed. Taranta, 1993].<br />

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4-LA LA LA TARANTELLA<br />

TARANTELLA<br />

NOTIZIE STORICHE ED ETNOGRAFICHE<br />

<strong>La</strong> tarantella è un'ampia e diversificata famiglia di balli tradizionali distribuiti nelle regioni dell'Italia meridionale (Puglia, Campania,<br />

Basilicata, Calabria, Sicilia e Molise). Solo alcune aree però conservano oggi una tradizione viva, assidua ed autentica del ballo: sono<br />

<strong>in</strong>fatti <strong>in</strong> corso processi di profonda trasformazione delle forme coreiche tradizionali, sia per est<strong>in</strong>zione del bisogno di esprimersi con<br />

un l<strong>in</strong>guaggio corporeo proveniente dalle generazioni precedenti, sia per i radicali mutamenti dei modelli di vita nelle comunità<br />

attuali. <strong>La</strong> maggior parte dei repertori consiste <strong>in</strong> balli di coppia (non necessariamente uomo-donna), ma esistono forme a quattro<br />

persone, <strong>in</strong> cerchio e processionali. Più rare sono le forme con solamente un baller<strong>in</strong>o o una baller<strong>in</strong>a. Vi sono aree <strong>in</strong> cui i "ballatori"<br />

(così vengono più comunemente detti nel sud) fanno uso di castagnole (dette anche castagnette o castagnelle) nelle mani. Vi sono<br />

sottogruppi stilistici che hanno una propria denom<strong>in</strong>azione (pizzica pizzica , ballë 'n copp'o tammurrë, zumpareddu, pastorale,<br />

tarascone, viddhaneddha, ballarella, zumparella, ecc.), così come vari sono i repertori musicali (<strong>in</strong> 2/4, 6/8, 4/4, 12/8, ecc.) e gli<br />

strumenti usati per suonarli (canto, tamburo, zampogna, ciaramella, organetto, fisarmonica, chitarra battente, viol<strong>in</strong>o, mandol<strong>in</strong>o,<br />

flauto - fraulo e friscalettu - doppio flauto, tromba degli z<strong>in</strong>gari o marranzanu, clar<strong>in</strong>o,tamburo a frizione, ecc.).<br />

«... Non v'è più alcun dubbio che il term<strong>in</strong>e "tarantella" sia il semplice dim<strong>in</strong>utivo con suffisso <strong>in</strong> -ella (molto diffuso nel sud) di<br />

"taranta", lemma che <strong>in</strong> quasi tutti i dialetti meridionali <strong>in</strong>dica la "tarantola" (lat. lycosa tarentula). Il nome del ballo dunque conduce<br />

direttamente al rituale di terapia coreo-musicale del tarantismo. <strong>La</strong> tarantella è s<strong>in</strong> nell'etimo un ballo all'orig<strong>in</strong>e di carattere<br />

s<strong>in</strong>tomatologico o terapeutico. ed estatico. <strong>La</strong> disquisizione poi sull'orig<strong>in</strong>e toponimica del nome lat<strong>in</strong>o tarentula dato al particolare<br />

tipo di ragno poiché ritenuto frequente soprattutto nel territorio apulo <strong>in</strong>torno l'importante città della Magna Grecia jonica, Tarentum<br />

- Taranto, corrispondente oggi alla Puglia centro-meridionale, è difficile da confermare sul piano statistico nell'antichità, la stretta<br />

vic<strong>in</strong>anza degli etimi fra Tarentum e tarentula sembra confermarlo. Il "tarantolismo" o "tarantismo", come fenomeno mitico e<br />

magico-rituale di cura o di venerazione del morso ("pizzico") di un animale, trova forti analogie anche <strong>in</strong> altre aree del Mediterraneo.<br />

[...] All'occhio attento di chi si addentra nell'analisi dei repertori dei balli tradizionali, svanisce di colpo o viene fortemente mitigato il<br />

luogo comune per cui la danza etnica italiana, <strong>in</strong> particolar modo quella meridionale, sia essenzialmente una danza erotica, di<br />

corteggiamento, esegu<strong>in</strong>ta <strong>in</strong> coppia. <strong>La</strong> tarantella si porta dietro questa diffusa remora, derivante da una <strong>in</strong>terpretazione di orig<strong>in</strong>e<br />

turistica: "la danza a coppie - precisa il De Simone (Canti e tradizioni popolari <strong>in</strong> Campania, Roma, <strong>La</strong>to Side, 1979) - non deve<br />

assolutamente associarsi all'oleografica danza d'amore tra un uomo e una donna. Tali danze riguardano il folklorismo deteriore e non<br />

esprimono affatto il senso culturale del ballo tradizionale". Ridurre la danza popolare <strong>in</strong> coppia - forma di gran lunga più frequente <strong>in</strong><br />

tutta Italia - ad un mero gioco di conquista, <strong>in</strong>namoramento, litigio, gelosia, vendetta e quant'altro della letteratura "rosa", priva il<br />

ballo di altre dimensioni e di una complessità semantica di cui esso vive. Ciò non toglie che l'aspetto erotico sia una delle funzioni<br />

della danza <strong>in</strong> genere, ma va visto <strong>in</strong> un orizzonte antropologico più vasto. In tutte le forme <strong>in</strong> coppia della tarantella meridionale,<br />

accanto ai temi erotici di <strong>in</strong>iziazione-persuasione-esibizione-possessione-fertilità (specialmente nel caso di ballo eseguito <strong>in</strong> coppia<br />

mista) permangono comunemente forme <strong>in</strong> cui la ritualità ieratica e distaccata di esecuzione (si pensi alla tarantella fra due donne),<br />

dona al ballo altri connotati simbolici, leggibili con categorie <strong>in</strong>terpretative differenti. [...] Le prime fonti che parlano di tarantella<br />

risalgono - secondo le conoscenze attuali - al XVII sec. e sono fonti musicali legate alla cura del morso della tarantola; ben più<br />

antiche sono le trattazioni mediche sul fenomeno epidemico e terapeurico. Ma per risalire a chiare citazioni del ballo riconosciuto col<br />

nome di tarantella [e riconducibile a forme simili alle attuali ] bisogna spostarsi più avanti nel XVIII sec.<br />

[...]<br />

Per una serie di concause nessun'altra espressione culturale può essere assunta quale migliore e più profondo emblema del sud<br />

<strong>in</strong>tero...». [Tratto da Gala G. M., <strong>La</strong> tarantella dei pastori, Firenze, Ed. Taranta, 1999].<br />

LA NUOVA MODA DELLE TARANTELLE<br />

<strong>La</strong> fuga verso l'etnico come rito di purificazione di massa<br />

Negli ultimi anni si assiste anche nel Sud da parte dei giovani delle città (Napoli, Bari, Taranto, Lecce, Foggia, Br<strong>in</strong>disi, Benevento,<br />

ecc.) ad una entusiastica riscoperta del valore dei balli tradizionali, ma <strong>in</strong> assenza di validi esperti, di studi specifici e di documenti<br />

visivi, i processi di recupero tendono a prendere o la strada spettacolare del folklorismo che snatura e decontestualizza l'evento danza,<br />

oppure quella del folk-revival giovanile urbano, che svuota di funzioni proprie il ballo e vi aggiunge forme e f<strong>in</strong>alità nuove, più<br />

legate ai contemporanei raduni da concerto rock o alla discoteca. Il fasc<strong>in</strong>o delle tarantelle (pizzica, tammurriata, tarantella<br />

calabrese, ecc.) si sta propagando a macchia d'olio, divenendo un emblema sociale e ideologico di alternativa culturale alla<br />

globalizzazione. D'estate o nei giorni delle feste tradizionali si assiste a veri e propri "pellegr<strong>in</strong>aggi laici" di giovani, che dalle città<br />

del sud o dalle varie regioni del nord si recano al sud per immergersi <strong>in</strong> improprie tarantelle di massa, come una sorta di nuova<br />

danzimania medievale. Così per molti giovani, pieni di entusiasmo e di voglia di conoscere le danze e le tradizioni meridionali,<br />

hanno per modello di riferimento altri coetanei, le nuove danze si propagano con l'errata consapevolezza di essere le vere "forme<br />

antiche". L'aspetto più contraddittorio del fenomeno è quello di giustificare le re<strong>in</strong>venzione di nuovi balli creando attorno ad essi<br />

un'aura di classicità (dionisismo, menadismo, riti di possessione, culto della Madre Terra, ecc.). In realtà i balli contad<strong>in</strong>i vanno<br />

est<strong>in</strong>guendosi, e queste nuove forme di <strong>in</strong>vasione culturale stanno dando il colpo di grazia alla tradizione coreutica contad<strong>in</strong>a e si<br />

stanno sostituendo ad essa.<br />

7


UNA DANZA DEL NORD D'ITALIA<br />

5-LA LA MANFRINA<br />

MANFRINA<br />

«Etimologicamente si è soliti far derivare la manfr<strong>in</strong>a dalla toponimica monferr<strong>in</strong>a (ballo del Monferrato, <strong>in</strong> Piemonte). Qui<br />

avanziamo altre due ipotesi che sul piano etimologico potrebbero essere entrambe valide, ma che andrebbero suffragate da una più<br />

approfondita <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e storica e coreomusicale: la manfred<strong>in</strong>a del XIII sec. e la manfrol<strong>in</strong>a del XV sec., entrambe presenti anche <strong>in</strong><br />

ambienti aristocratici.<strong>La</strong> manfr<strong>in</strong>a è la più ampia famiglia di danze dell’Italia settentrionale e di parte dell’Italia centrale (Toscana,<br />

Umbria, Marche e Sab<strong>in</strong>a). Dai primi dell’Ottocento la maggior parte delle manfr<strong>in</strong>e si compone di più parti coreografiche, forse un<br />

tempo autoctone e dist<strong>in</strong>te. V’è stato nel tempo un proliferare di varianti, quasi che ogni comunità tendesse a elaborarne una propria<br />

forma.<br />

In Umbria la manfr<strong>in</strong>a è diffusa quasi ovunque (eccetto l’area appenn<strong>in</strong>ica orientale) e convive generalmente con molte altre<br />

danze.Tutte le manfr<strong>in</strong>e umbre f<strong>in</strong>ora documentate sono eseguite da due coppie miste ed hanno una struttura chiusa guidata<br />

dall’esecuzione musicale, anch’essa articolata <strong>in</strong> parti ben def<strong>in</strong>ite».<br />

8


6-'O 'O BALLË BALLË 'N 'N COPP'O COPP'O TAMMURRË<br />

TAMMURRË<br />

Il ballo sul tamburo <strong>in</strong> Campania<br />

Sottogruppo etnocoreutico dell'ampia famiglia della tarantella dell'Italia meridionale, diffuso <strong>in</strong> Campania, lungo la costa tirrenica e<br />

nelle aree immediatamente <strong>in</strong>terne, a partire dal casertano (un tempo comprendente anche territori dell'attuale basso-<strong>La</strong>zio), all'area<br />

domiziana, a quella vesuviana s<strong>in</strong>o al Nolano nell'<strong>in</strong>terno, all'agro nocer<strong>in</strong>o-sarnese e ai Monti <strong>La</strong>ttari e alla penisola sorrent<strong>in</strong>a.<br />

Sono stati <strong>in</strong>dividuati s<strong>in</strong>ora almeno quattro sub-generi tipologici diversi del ballo sul tamburo: quello domiziano (con forte<br />

corrispondenza tra repertorio sonoro e musicale), quello vesuviano (ancora ben tenuto e strutturato), quello lattaro (tendente alla<br />

"vutata" <strong>in</strong> direzione oraria) e quello sarnese-nocer<strong>in</strong>o (<strong>in</strong> stato di avanzata corruzione, oggi ballata con la tendenza a ridurre gli<br />

elementi strutturali ed esaltare le movenze di anche). Detta f<strong>in</strong>o ad alcuni decenni or sono semplicemente o ballë, sottol<strong>in</strong>eava col<br />

nome la supremazia di questa danza su altre passeggere o di moda presenti nell'area suddetta. Spurio sembra essere nello stesso<br />

territorio il nome di tarantella, sentito dagli anziani quasi come un'imposizione cittad<strong>in</strong>a della capitale partenopea. Rilevante ruolo lo<br />

svolgono le braccia <strong>in</strong> questa danza, le quali "parlano" gestualità diverse, tutte codificate dalla tradizione. Il movimento dei polsi e<br />

delle avambraccia sono funzionali alla necessità di far schioccare le castagnette, tenute <strong>in</strong> entrambe le mani.<br />

In molte feste della zona oggi si assiste ad una eclettica e corrotta forma urbana di "tammurriata" da parte dei giovani, una versione<br />

moderna che annulla le differenze stilistiche e simboliche locali e che ha <strong>in</strong>vaso e sopraffatto modi e regole del ballare tradizionale.<br />

Parallelamente alla domanda di ballo, spuntano qua e là anche improvvisati e fantasiosi studiosi, assillati più dal suppore improbabili<br />

ascendenze storiche e mitologie coreutiche estatico-dionisiache nell'antichità classica che dal bisogno di <strong>in</strong>dagare <strong>in</strong> profondità con<br />

ricerche etnocoreutiche sul campo o con reperimento di fonti storiche certe.<br />

Proponiamo alcune segnalazioni bibliografiche sull'argomento:<br />

De Simone Roberto, <strong>La</strong> tradizione <strong>in</strong> Campania, Roma, <strong>La</strong>to Side, 1979.<br />

- Gala Giuseppe Michele, Feste e tamburi <strong>in</strong> Campania, compact disc con libretto <strong>in</strong>terno di 24 pp., Collana "Ethnica", Edizioni<br />

Taranta, 1999.<br />

- Gorgoni Patrizia, Roll<strong>in</strong> Gianni, Tammurriata. Canto di popolo, Altrastampa Edizioni, Napoli 1997.[Interessante per l'apparato<br />

fotografico e il calendario delle feste, del tutto <strong>in</strong>attendibile sul piano storico e antropologico, quasi <strong>in</strong>esistente l'<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e sui testi dei<br />

canti a ballo].<br />

In campo discografico consigliamo:<br />

Gruppo Contad<strong>in</strong>o della Zabatta, Canti del Vesuviano, Collana Fonit Cetra LPP 376, 1978.<br />

De Simone Roberto (a cura di), <strong>La</strong> tradizione <strong>in</strong> Campania (7 lp), Milano, EMI, 1979.<br />

De Gregorio Sergio (a cura di), Musiche e canti popolari della Campania, Collana "Albatros" VPA8439, Rozzano sul Naviglio,<br />

Sciascia Ed., 1979.Gala Giuseppe Michele (a cura di), Feste e tamburi <strong>in</strong> Campania, Collana "Ethnica", Edizioni Taranta, 1999.<br />

9


Il ballo tondo e la Sardegna<br />

7-BALLOS BALLOS SARDOS<br />

SARDOS<br />

Il ballo tondo o ballo <strong>in</strong> cerchio era la forma coreografica dom<strong>in</strong>ante nell'antichità e largamente testimoniato nel Medioevo s<strong>in</strong>o al<br />

R<strong>in</strong>ascimento. Esso si è conservato <strong>in</strong> area italiana soprattutto <strong>in</strong> Sardegna, dove esistono numerose varianti modulari con diverse<br />

denom<strong>in</strong>azioni (passu, passu torrau, dillu, dantza, bicchiri, tsoppu, ecc.). Su ballu tundu (detto anche semplicemente per<br />

antonomasia ballu) è una danza collettiva che vive della partecipazione e della relazione di un gruppo di balladores, i quali formano<br />

un corpo danzante organico e vivono ballando un evento fortemente condiviso al proprio <strong>in</strong>terno. Su ballu tundu tende negli ultimi<br />

decenni spesso ad aprirsi e a "mostrarsi" all'esterno. Probabilmente questa "rottura" del cerchio è oggi stimolata anche dalla sempre<br />

più frequente spettacolarizzazione dei tanti gruppi folkloristici, per i quali l'<strong>in</strong>troversismo del ballo esclude lo sguardo dello spettatore<br />

dalla scena madre dello spazio coreutico e rappresenta qu<strong>in</strong>di - secondo i modelli espositivi del ballo dom<strong>in</strong>anti - un ostacolo<br />

all'ostentazione dei baller<strong>in</strong>i e del loro operato.<br />

CARATTERI GENERALI DEI BALLI SARDI<br />

«<strong>La</strong> Sardegna è oggi la regione d’Italia che più di altre ha mantenuto viva la tradizione del ballo etnico, soprattutto nelle zone centrali<br />

dell'isola (Barbagia, Mandrolisai, Baronia, Goceano, Margh<strong>in</strong>e, Barigadu, Montiferru). Quello del ballo sardo è un microcosmo<br />

orig<strong>in</strong>alissimo e di grande <strong>in</strong>teresse antropologico ed etnocoreutico, che si diversifica molto dalle altre tipologie di danze ancora<br />

presenti <strong>in</strong> vari punti della penisola italiana. Esso va collocato fra quelle danze mediterranee che più hanno mantenuto una funzione<br />

terapeutica e catartica, perché l’<strong>in</strong>sistente iterazione microvariata di “passi” e strutture, i frenetici movimenti sussultori dei corpi e la<br />

serietà con la quale vengono eseguiti denotano la natura sacrale ed estatica del rito coreutico. I tratti dist<strong>in</strong>tivi del ballo sardo<br />

possiamo così brevemente riassumerli:<br />

- impianto coreografico basilare: predom<strong>in</strong>io del ballo tondo (oggi un po’ <strong>in</strong> decl<strong>in</strong>o);<br />

- vettore direzionale spaziale: rotazione <strong>in</strong> senso solare del cerchio;<br />

- prossemica: connessione obbligatoria con con presa per mano (ed eventuale <strong>in</strong>treccio di braccia) tra i balladores; - postura<br />

dom<strong>in</strong>ante: corpo eretto con scarsa mobilità della parte superiore ed estrema vivacità degli arti <strong>in</strong>feriori;<br />

- rapporto musica-danza: stretta corrispondenza fra metrica coreutica e metrica musicale (ogni motivo coreutico corrisponde alla<br />

pikkiada musicale);<br />

- metrica coreutica: struttura modulare codificata e possibilità di microvariazioni <strong>in</strong>dividuali;<br />

- somatizzazione ritmica: frammentazione delle cadenze ritmiche e conseguente tremolio sussultorio;<br />

- alta specializzazione tecnica di suonatori e baller<strong>in</strong>i, con tendenza a personalizzare e stilizzare il repertorio di appartenenza.<br />

IL PROBLEMA DELLA CLASSIFICAZIONE DEI BALLI SARDI<br />

Solo negli ultimi anni si è avviato un serio percorso di studi di etnocoreologia sarda: ma per poter analizzare e comprendere il<br />

complesso pianeta del ballo <strong>in</strong> Sardegna è urgente completare il censimento di tutte le forme coreutiche oggi recuperabili sull'isola.<br />

L'opera di documentazione audiovisiva sta progredendo ed oggi abbiamo un <strong>in</strong>ventario abbastanza nutrito di molte dec<strong>in</strong>e di esempi<br />

locali. Per questo è possibile tracciare una prima classificazione del ballare sardo. Ma ogni formulazione tassonomica dipende dai<br />

parametri classificatori adoperati.<br />

Dal punto di vista strutturale la maggior parte dei balli sardi tradizionali si suddividono <strong>in</strong> due pr<strong>in</strong>cipali famiglie: danze monostrutturate<br />

e danze bi-strutturate. Le prime, certamente più antiche, prevedono un andamento ritmico e c<strong>in</strong>esico omogeneo e iterativo;<br />

sono quelle eseguite <strong>in</strong> genere sulle launeddas, sul canto monodico o sul canto polifonico dei tenores senza cambio di tonalità o di<br />

parti melodiche diverse formalizzate (ne fanno parte: passu, ballu seriu, passu torrau, ballu tsoppu, ballu gabillu, passu ‘e trese,<br />

ecc.). Le danze a doppia struttura sono quelle formate da una parte lenta e posata (sa seria o su passu) e una parte più vivace e<br />

articolata (detta secondo le zone: sa lestra, br<strong>in</strong>cada, puntada, sciampitta, tr<strong>in</strong>cada, ecc.). Questa seconda parte viene stimolata<br />

dall’esecuzione musicale che usa toni alti, briosità ritmica e abbellimenti melodici; i baller<strong>in</strong>i evidenziano il cambio immettendo salti,<br />

battute di piedi e aumentando la sussultorietà ritmica di tutto il corpo, secondo la regola per cui s’alza il suono e si eleva anche il<br />

passo con tutto il corpo. Ne fanno parte sa danza, su ballu br<strong>in</strong>cu o br<strong>in</strong>cadu, su ballu sartiu, su dillu, su bicchiri, sa logudoresa,<br />

s’arroxiada, ecc. Adoperando il criterio coreografico nell’analisi dei repertori, il panorama etnocoreutico sardo comprende molte<br />

altre varietà di balli: balli processionali o dal percorso <strong>in</strong>trecciato o a serpent<strong>in</strong>a: sa co<strong>in</strong>trotza (= la coda <strong>in</strong>trecciata), su ballu ‘e<br />

s’esse (= il ballo della esse), s’arroxiada (= l’<strong>in</strong>trecciata); balli a tre baller<strong>in</strong>i (un uomo e due donne) con giochi di <strong>in</strong>treccio di<br />

braccia: ballu ‘e trese (= ballo di tre) e s’<strong>in</strong>dassa (= l’<strong>in</strong>treccio). Si conservano anche balli di provenienza esterna come la mufful<strong>in</strong>a<br />

(probabilmente da manfrol<strong>in</strong>a r<strong>in</strong>ascimentale o - più probabilmente - dalla manfr<strong>in</strong>a dell’Italia centro-settentrionale) e lo scotis<br />

ottocentesco di orig<strong>in</strong>e centro-europea, nonché una grande quantità di produzione locale di valzer, polke, mazurke e tango, detti <strong>in</strong><br />

Sardegna “ballu tzivile”, a rimarcare la differenza con i balli autoctoni più etnicamente sardi.<br />

Sotto l’aspetto metrico-modulare i balli sardi si possono suddividere <strong>in</strong> tre grandi gruppi: uno a modulo ternario composto (su passu<br />

torrau, su ballu tundu, su passu ‘e trese (= passo a tre) campidanesu), l'altro a modulo ternario semplice (ballu logudoresu, alcuni<br />

tipi di ballu tsoppu)e il terzo a modulo b<strong>in</strong>ario (dillu, dillaru o dillanu, bicchiri, passu ‘e dusu, ecc.). Ma se alle strutture<br />

cronometriche si rapportano quelle c<strong>in</strong>etiche, allora il quadro si fa davvero più complicato. Si tratta di formule c<strong>in</strong>etiche di base, sulle<br />

quali poi i baller<strong>in</strong>i possono compiere numerose variazioni previste dall'uso locale o per scelta <strong>in</strong>dividuale, rispettando però gli<br />

impulsi forti del ritmo musicale e la grammatica c<strong>in</strong>esica della comunità di appartenenza. Non sempre i nomi dati ai balli<br />

corrispondono ad una precisa e relativa tipologia formale. In altri term<strong>in</strong>i non sempre allo stesso nome corrisponde la stessa forma, e<br />

viceversa».<br />

[dal libretto allegato al cd "Ballos sardos" di G. M. Gala, 1997]<br />

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8-LA LA FURLANA<br />

FURLANA<br />

NOTIZIE STORICHE ED ETNOGRAFICHE<br />

« <strong>La</strong> furlana (o un ballo praticato alla maniera degli abitanti del Friuli) è già citata da fonti scritte del XVI sec., figura <strong>in</strong>oltre come<br />

“ballo furlano” nel “Primo libro di balli” di G. Ma<strong>in</strong>erio (1578), J. B. Duval parla di “danses à la forlane” viste a Venezia nel 1609.<br />

E' proprio la Venezia il centro di irradiazione di questo ballo, che oltrepassò i conf<strong>in</strong>i della repubblica veneziana e dell'Italia, per<br />

affermarsi <strong>in</strong> Francia e nelle corti europee come ballo di moda soprattutto nel XVII e XVIII sec., per poi andare <strong>in</strong> decadenza con la<br />

f<strong>in</strong>e dell'ancien régime.<br />

Il nome di furlana, <strong>in</strong> uso già da alcuni secoli, farebbe derivare questa variata famiglia etnocoreutica dalla tradizione friulana; il<br />

panorama etnocoreutico attuale non permette una comparazione fra le varie forme documentate e un prototipo di una danza oggi<br />

esistente <strong>in</strong> area friulana, a causa dell’est<strong>in</strong>zione nella maggior parte del territorio friulano dei vecchi balli popolari (fanno eccezione<br />

alcune valli con popolazioni allogene). Va precisato per tutti quei balli che oggi recano ancora nella tradizione un nome toponimico,<br />

che, date le <strong>in</strong>numerevoli metamorfosi e la cont<strong>in</strong>ua circolazione di modelli coreutici, è pressoché impossibile riconoscere <strong>in</strong> qualche<br />

versione il modello orig<strong>in</strong>ario di un ballo; anche perché la ricerca etnocoreutica degli ultimi anni ha dimostrato che non esiste di una<br />

danza un’unica forma coreutica regionale, ma numerose varianti di un modello dom<strong>in</strong>ante. Inoltre non sempre i riferimenti<br />

toponimici, come si è già notato più volte, sono garanzia sulla provenienza reale di forme espressive popolari, soprattutto quando<br />

nella supposta terra madre di una danza non è presente un esempio di ballo riconducibile ai modelli circolanti che recano la<br />

toponimia <strong>in</strong> questione. Attualmente si riscontrano numerose varianti coreografiche che complicano la ricerca per <strong>in</strong>dividuare un<br />

eventuale archetipo, <strong>in</strong>fatti il proliferare di numerose e diversificate forme coreutiche fa pensare alla furlana come ad un ampio<br />

“contenitore” nel quale sono poi f<strong>in</strong>ite strutture c<strong>in</strong>etiche e melodie diverse che vanno sotto il nome di furlana, così come è successo<br />

per le altre grandi famiglie etnocoreutiche italiane come la tarantella, il saltarello, la manfr<strong>in</strong>a, ecc. [...] Esistono poi anche numerose<br />

varianti term<strong>in</strong>ologiche locali che trasformano per metafonia il nome <strong>in</strong> furlena, forlana, frullena, frullana. ecc.<br />

Dal punto di vista canoro, poche versioni della furlana hanno conservato la memoria di testi cantati, alcune <strong>in</strong> Romagna riprendono il<br />

canto della “ciociara”, di altre è stato possibile recuperare solo frammenti. I temi testuali, musicali e coreutici della furlana si<br />

<strong>in</strong>trecciano con quelli di altri modelli diffusi <strong>in</strong> aree multiregionali: veneziana, trescone, paronc<strong>in</strong>a, ecc.<br />

Il ballo.<br />

Sono stati documentati fra Istria, Romagna, Marche, Umbria e Toscana due prevalenti modelli tipologici del ballo: uno eseguito <strong>in</strong><br />

genere a quattro baller<strong>in</strong>i (o più raramente <strong>in</strong> coppia) strutturato <strong>in</strong> parti melo-coreutiche ben precise, ed uno molto più pantomimico<br />

e liberamente espressivo, eseguibile da uno o più baller<strong>in</strong>i, appartenente ad un genere diverso e più antico di danza. ...».<br />

Una suggestiva ipotesi sul ballo della furlana la avanza il compianto don Gilberto Pressacco, il quale lega il ballo a quel genere di<br />

danze antiche del bac<strong>in</strong>o mediterraneo legate ad un'antica funzione terapeutica ed estatica.<br />

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9-GIGA GIGA<br />

“<strong>La</strong> giga, come la piva e la musette, appartiene a quella categoria di danze che derivano il proprio nome dagli strumenti di<br />

accompagnamento, grazie al fatto che un espressione come "suonare la giga" può essere riferita contestualmente sia allo strumento<br />

che alla musica della danza che con esso viene eseguita. [...] Il punto di partenza è il verbo germanico geigan "muoversi <strong>in</strong> qua e là",<br />

che è sopravvissuto nell'antico islandese geiga e nel norvegese giga "dondolare, oscillare" e ha dato <strong>in</strong> antico tedesco il sostantivo<br />

giga, attestato nel XII secolo <strong>in</strong> glossari tedesco-lat<strong>in</strong>i, dove viene tradotto con tricordium.“ [Dall'articolo di Nocent<strong>in</strong>i Alberto sulla<br />

rivista "Choreola" - vedi bibliografia sottostante]. Il nome giga per designare un genere di ballo trae probabilmente orig<strong>in</strong>e<br />

dall'omonimo strumento a corde tardomedievale già citato nella Commedia dell'Alighieri. Ma la diffusione <strong>in</strong> tutta Europa di un<br />

modello coreutico moderno risale ai secoli XVII e XVIII, che pare avere avuto un più profondo radicamento nel centro-nord europeo.<br />

In Italia troviamo diffusi balli recanti tali nomi soprattutto nell'Italia settentrionale e centrale . Quasi tutte le gighe documentate si<br />

presentano come contraddanze a due, tre, quattro o sei coppie, con coreografie varie a struttura chiusa, su apposite musiche anch'esse<br />

strutturate <strong>in</strong> parti corrispondenti.<br />

Tra le varie gighe ricordiamo la mar<strong>in</strong>a, ballo a contraddanza della famiglia delle gighe con quattro coppie miste disposte a croce. Il<br />

ballo era diffuso un tempo <strong>in</strong> Toscana lungo tutto l'arco appenn<strong>in</strong>ico (ne abbiamo ritrovato s<strong>in</strong>ora tracce di quattro modelli diversi,<br />

ma ne vengono menzionati altri con term<strong>in</strong>ologie varie). L'Ungarelli lo elenca anche fra i balli dell'area bolognese. <strong>La</strong> trama<br />

coreografica prevede solitamente varie figure ripetute meccanicamente f<strong>in</strong>o a che tutti gli uom<strong>in</strong>i ballano con tutte le donne. In<br />

ancuni modelli è prevista una tresca f<strong>in</strong>ale consistente <strong>in</strong> una sorta di breve quadriglia.<br />

12


10 10-SPALLATA<br />

10<br />

SPALLATA<br />

SPALLATA<br />

Famiglia coreutica dell'Italia centro-meridionale<br />

«Dell'esistenza della spallata ne avevamo avuta notizia sia da <strong>in</strong>formazioni orali, sia da brevi citazioni scritte, e <strong>in</strong> un primo tempo<br />

pensavamo di trovarci di fronte ad una di quelle danze particolari a diffusione strettamente locale. Un primo saggio documentario lo<br />

abbiamo avuto nei primi di gennaio del 1981 <strong>in</strong> alcuni centri della Val di Sangro, dove viene praticata di tanto <strong>in</strong> tanto <strong>in</strong> forma di<br />

contraddanza; solo però dall'agosto del 1982 al settembre del 1983 è stata effettuata una prima <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e sistematica mirante a<br />

documentare le varianti di questa danza esistenti nell'Abruzzo meridionale. Dopo una pausa di anni l'<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e si è <strong>in</strong>tensificata<br />

dall'estate del 1988 al settembre del 1990 su scala multiregionale, poiché i segnali che ci giungevano facevano allargare a macchia<br />

d'olio l'attestazione di questa danza. Man mano dunque che la ricerca procedeva e si spostava <strong>in</strong> regioni attigue, il fenomeno andava<br />

assumendo sempre più i connotati di una compatta ma diversificata "famiglia etnocoreutica". Dall'Abruzzo meridionale, al Molise,<br />

alla Campania s<strong>in</strong>o alle soglie della Basilicata tale famiglia andava manifestando una varietà term<strong>in</strong>ologica e morfologica veramente<br />

<strong>in</strong>teressante. <strong>La</strong> ricerca, comunque, ha privilegiato quelle aree dove il fenomeno etnocoreutico <strong>in</strong> questione è ancora radicato nella<br />

pratica o nella memoria delle popolazioni locali. Al momento attuale siamo <strong>in</strong> possesso di alcune dec<strong>in</strong>e di documenti filmici att<strong>in</strong>ti<br />

<strong>in</strong> sei prov<strong>in</strong>ce diverse, le esecuzioni sono state riprese <strong>in</strong> contesto festivo rituale, <strong>in</strong> situazioni festive occasionali e <strong>in</strong> vitro <strong>in</strong> casa di<br />

alcuni baller<strong>in</strong>i durante ritrovi di parenti e conoscenti. [...]<br />

Generalità morfologiche dei vari repertori della spallata<br />

1) Gli elementi costanti del ballo.<br />

Tutte le varianti etnocoreutiche osservate e classificate come facenti parte della famiglia della spallata hanno come figura centrale e<br />

caratteristica il colpo di spalla, di fianco o di natica tra i baller<strong>in</strong>i. Il momento del contatto viene rimarcato generalmente<br />

dall'esecuzione musicale con un forte accento ritmico-melodico, riconoscibile <strong>in</strong> genere dal colpo di mantice dell'organetto che<br />

elevando con ciò l'emissione di aria - qu<strong>in</strong>di del volume sonoro - e facendo una breve pausa successiva <strong>in</strong>dica ai baller<strong>in</strong>i quando<br />

devono toccarsi reciprocamente. Il contatto può essere più o meno vivace a seconda delle usanze coreutiche locali e del momento di<br />

maggiore o m<strong>in</strong>ore tensione emotiva determ<strong>in</strong>ata dal contesto [...].<br />

2) Impianti coreografici e denom<strong>in</strong>azioni.<br />

<strong>La</strong> varietà coreografica con cui si presenta la famiglia della spallata dimostra la ricchezza dell'articolazione coreica attorno al nucleo<br />

essenziale dei colpi di spalla; anzi spesso osserviamo che <strong>in</strong> alcuni centri convivono impianti coreografici diversi e il ballo può essere<br />

eseguito nelle modalità scelte di volta <strong>in</strong> volta dagli esecutori di turno.» [...]* Vari sono gli impianti coreografici osservati: <strong>in</strong> ballo<br />

tondo, a contraddanza, a più coppie disposte <strong>in</strong> circolo, ecc. Numerose sono anche le denom<strong>in</strong>azioni per <strong>in</strong>dicare i balli basati sul<br />

percuotersi ritmico e guidato dalla musica: spallata, batticulo, bottaculo, tozzaculo e vengono pers<strong>in</strong>o scomodati i nomi di santi per<br />

nom<strong>in</strong>are il ballo.<br />

3) Cenni storici<br />

Fra le varie tante danze praticate nei secoli scorsi dalle varie popolazioni italiane, la spallata ha il vantaggio di avere poche ma<br />

salienti citazioni a partire dalla f<strong>in</strong>e del XVI sec. s<strong>in</strong>o ai viaggiatori stranieri a cavallo fra XIX e XX sec. Legato spesso al<br />

cerimoniale nuziale, questo ballo, così come risulta dai racconti degli anziani, <strong>in</strong>treccia elementi di evidente energia maschile con<br />

quelli di allusione erotica nelle forme con presenza mista di uom<strong>in</strong>i e donne.<br />

* <strong>La</strong> citazione è tratta - con lievi aggiustamenti e s<strong>in</strong>tetizzazioni - dal saggio di G. M. Gala pubblicato sui nn. 1 e 2 della rivista di<br />

danza popolare "Choreola" (vedi bibliografia)<br />

13


TRA I PIÚ ANTICHI BALLI ITALIANI<br />

11 11-IL 11<br />

IL TRESCONE<br />

TRESCONE<br />

TRESCONE<br />

«L’etimo ne rivela un’orig<strong>in</strong>e medievale (dall’antico germanico “thriskan” = battere, oggi “dresken” = trebbiare) e quello che<br />

doveva essere un tempo il motivo c<strong>in</strong>esico dom<strong>in</strong>ante, il percuotere i piedi sulla terra, atto ergonomico funzionale alla trebbiatura: le<br />

persone battevano con i piedi il grano sparso sull’aia per staccare i chicchi dalla paglia. Di qui probabilmente l’orig<strong>in</strong>e ergonomica<br />

del ballo. Ma la tresca del XIII e XIV sec. si presenta come un ballo vivace (Dante, Inf. XIV, 40-41), «È la tresca una maniera di<br />

ballare, la quale si fa di mani e di piedi» (Boccaccio, Il Commento..., II, 261), (Buti, Commento ovvero Lettura..., 14). Le fonti scritte<br />

non ci trasmettono però sufficienti <strong>in</strong>formazioni per comprendere le strutture ed i movimenti del ballo, dalla traslazione semantica<br />

che il “tresca” e “trescare” hanno avuto a partire dal XV sec. comprendiamo che doveva essere un ballo di evidente carattere erotico.<br />

Le prime <strong>in</strong>dicazioni a noi note del lemma “trescone” (come alterato dispregiativo di “tresca”) risalgono al secondo C<strong>in</strong>quecento.<br />

Ancora oggi la tresca e trescone si r<strong>in</strong>tracciano <strong>in</strong> aree d’<strong>in</strong>fluenza toscana (nella Toscana tutta, nell’Appenn<strong>in</strong>o tosco-emiliano, <strong>in</strong><br />

Romagna e nell’Umbria occidentale), ma tracce del nome trescone sono presenti <strong>in</strong> Sicilia (tarascuni), Basilicata (tarasconë),<br />

Corsica (tarascone) e Provenza (tarascon).Oggi il trescone cont<strong>in</strong>ua ad essere ballato <strong>in</strong> modo rituale e <strong>in</strong> casi molto rari solo <strong>in</strong><br />

Maremma. Qui più che altrove, il trescone è un ballo pantomimico ballato <strong>in</strong> coppia o <strong>in</strong> piccoli gruppi, nel quale si simula <strong>in</strong> forme<br />

scherzose l’amplesso. Il trescone non è un ballo “normale”, per qualsiasi momento o eseguibile da qualsiasi persona. Emerge solo <strong>in</strong><br />

particolari rituali (befanate, carnevali, feste private, veglie, ecc.) e <strong>in</strong> contesti <strong>in</strong> cui il gruppo sociale si trova <strong>in</strong> armonica e piacevole<br />

convivialità: il v<strong>in</strong>o, il cibo, l’allegria e la battuta salace sono <strong>in</strong>gredienti per un ballo simile, così come a ballarlo sono sempre i<br />

"tresconai", persone caratterialmente teatranti che <strong>in</strong>terpretano con serietà giocosa il ruolo fra ilarità e provocazione attiva dei<br />

presenti. In occasioni all’aperto il trescone è spesso ballato da soli uom<strong>in</strong>i, dei quali qualcuno può <strong>in</strong>terpretare anche un caricaturale<br />

ruolo femm<strong>in</strong>ile, con o senza travestimento improvvisato. [...]».<br />

[Testo tratto dal libretto del cd Trescone a veglia. Balli della maremma toscana (di G. M. Gala) della collana discografica "Ethnica",<br />

Ed. Taranta 2001, pp. 16-17.]<br />

Sull'Appenn<strong>in</strong>o mugellese la tresca viveva come ballo autonomo ma trasformato <strong>in</strong> una sorta di polka [ricerche di T. Biagi e G. M.<br />

Gala], mentre sul versante della Val del Savena (prov<strong>in</strong>cia di Bologna) la tresca veniva solitamente usata come appendice e chiusura<br />

i tutti i nalli saltati della zona [ricerche di S. Cammelli e P. Staro]. Anche <strong>in</strong> Veneto il Cornoldi attesta la presenza del trescone sotto<br />

forma di contraddanza, simile alle forme del saltarello romagnolo. Nell'Archivio di Documentazione Etnocoreutica dell'Associazione<br />

Culturale Taranta sono conservati diversi materiali video e fotografie con esecuzioni di tresconi toscani, umbri e romagnoli registrate<br />

<strong>in</strong> varie situazioni rituali e <strong>in</strong> vitro. Ancor più numerose sono le registrazioni sonore di brani musicali di tresconi depositate <strong>in</strong><br />

archivio.<br />

LA TRESCA<br />

Ballo autonomo di carattere vivace, nel corso del XX sec. nella montagna bolognese, sull'Appenn<strong>in</strong>o pistoiese e nell'alto Mugello<br />

veniva <strong>in</strong>serito a f<strong>in</strong>e dei balli "saltati" montanari o della mar<strong>in</strong>a come chiusura; nel primo caso come ballo generalmente <strong>in</strong> coppia e<br />

nel secondo sotto forma di essenziale quadriglia da parte del gruppo dei baller<strong>in</strong>i.<br />

14


12 12-BALLI 12<br />

BALLI POPOLARI POPOLARI ITALIANI<br />

ITALIANI<br />

Alcune delle numerose danze ritrovate, documentate e studiate <strong>in</strong> varie<br />

regioni italiane<br />

Ballarella<br />

Famiglia coreutica diffusa a <strong>in</strong>tercaped<strong>in</strong>e tra l'area della tarantella e quella del saltarello. Appartenente alla tipologia delle danze<br />

centro.meridionali a struttura aperta, la danza ha un rapporto con le apposite musiche solo di tipo ritmico. Esistono varianti esecutive<br />

<strong>in</strong> coppia (di vario genere), a quattro e a più coppie, così come dal punto di vista c<strong>in</strong>etico spesso si articolano <strong>in</strong> ballarelle lente e<br />

saltate<br />

Ball<strong>in</strong>dodici<br />

Contraddanza della famiglia delle gighe, smessa da oltre 30 anni e ripresa recentemente tra Val di Chiana e Orvietano. Il ball<strong>in</strong>dodici<br />

viene ballato - come dice lo stesso nome - da 12 persone (6 coppie miste). L'organizzazione coreografica risente anche dell'<strong>in</strong>flusso<br />

della quadriglia, tanto che i nomi stessi delle figurazioni sono francesizzati. <strong>La</strong> struttura coreo-musicale è tripartita.<br />

Ballittu<br />

Gruppo etnocoreutici siciliano, avente molte analogie con la più ampia famiglia della tarantella meridionale. Veniva eseguito nella<br />

maggior parte dei casi <strong>in</strong> coppia mista e non. Numerose le varianti locali, alcune anche <strong>in</strong> forma legata e molto "girata" (pirullè), così<br />

come vasto è il repertorio musicale riferibile a lu ballittu.<br />

Ballo del canto<br />

<strong>Danza</strong> a saltarello di antica orig<strong>in</strong>e che consiste nell'<strong>in</strong>vito cantato che ogni baller<strong>in</strong>o a turno rivolge ad una donna fra i presenti per<br />

ballare con lei e <strong>in</strong> una sua risposta prima di eseguire <strong>in</strong>sieme un giro di saltarello <strong>in</strong> caso di accettazione dell'<strong>in</strong>vito. Il canto segue i<br />

normali schemi metrici del canto a saltarello.<br />

Ballo del chiamo o ballo della sala<br />

Canzone a ballo di orig<strong>in</strong>e medievale già nota nel '300, il Boccaccio accenna nel Decameron ad una sua versione <strong>in</strong> uso a Varlungo<br />

nei pressi di Firenze dal nome "L'acqua corre alla borrana". Un suo commentatore postumo riporta il testo del canto e la trama del<br />

ballo, che presentano una forte analogia con l'ampia famiglia diffusa tuttora dalla Toscana, l'Emilia, la Romagna s<strong>in</strong>o al <strong>La</strong>zio e<br />

all'Abruzzo meridionale. <strong>La</strong> danza ha bisogno di un corifeo che canta , guida il ballo e forma le coppie.<br />

Ballo dei gobbi (bal di göb, bal di tri gob)<br />

Ballo carnevalesco maschile eseguito un tempo dalla "compagnia dei gobbi". Si danzava anche come buffa rappresentazione nei<br />

fest<strong>in</strong>i domestici; <strong>in</strong> genere i "gobbi" erano tre (spesso <strong>in</strong>fatti beniva detto ballo dei tre gobbi), due o più gruppi di tre. Il ballo<br />

prevedeva un giro <strong>in</strong> fila <strong>in</strong>diana e una sequenza di gesti grossolani e sconci <strong>in</strong> controtempo eseguita stando sul posto.<br />

Ballo imperiale<br />

Interessante canzone a ballo ad <strong>in</strong>vito, anch'essa di probabile orig<strong>in</strong>e medievale o r<strong>in</strong>ascimentale. Ha forme esecutive analoghe al<br />

ballo del chiamo.<br />

Ballo della lavandaia (o del fazzoletto)<br />

Antico ballo pantomimico cantato di larga diffusione <strong>in</strong> Europa s<strong>in</strong> dal tardo Medioevo. Citato già come branle des lavandères dal<br />

Tho<strong>in</strong>ot Arbeau nel sec. XV <strong>in</strong> Francia, questo tipo di danza doveva avere una larga diffusione <strong>in</strong> tutta la penisola, dove viene anche<br />

detto ballo della lavandera o ballo del fazzoletto. Esiste anche una diffusa trasformazione ludica come canto e gioco di bamb<strong>in</strong>i col<br />

nome di "la bella lavander<strong>in</strong>a".<br />

Ballo della mela<br />

Altro ballo cantato a <strong>in</strong>vito, con offerta simbolica di una mela o di un arancio; serviva ad <strong>in</strong>vitare la donna <strong>in</strong> ballo ed ha formare<br />

qu<strong>in</strong>di le coppie. Dal sec. XIX è eseguito come ballo legato per tante coppie.<br />

Ballo del sospiro<br />

<strong>Danza</strong> di società che serviva a formare e disfare più volte le coppie. Attualmente è <strong>in</strong> disuso ed emergono diverse <strong>in</strong>certezze nella sua<br />

ricostruzione mnemonica. "Sospirando" si dichiarava la persona con cui si voleva ballare.<br />

Ballo degli schiaffi<br />

Più che appartenere alla famiglia dei balli-gioco, questa danza si ascrive strutturalmente al gruppo delle polke figurate, con<br />

l'<strong>in</strong>termezzo dei battiti di mano a ritmo musicale apposito.<br />

Ballo sul tamburo<br />

Genere dell'ampia famiglia della tarantella, diffusa <strong>in</strong> Campania <strong>in</strong>torno all'area vesuviana. Sono stati <strong>in</strong>dividuate s<strong>in</strong>ora 3-4 subgeneri<br />

tipologici diversi del ballo sul tamburo: quello domiziano (con forte corrispondenza tra repertorio sonoro e musicale), quello<br />

vesuviano (ancora ben tenuto e strutturato), quello lattaro (tendente alla "vutata" <strong>in</strong> direzione oraria) e quello sarnese-nocer<strong>in</strong>o (<strong>in</strong><br />

stato di avanzata corruzione).<br />

15


Ballu tundu<br />

Forma coreografica dom<strong>in</strong>ante nell'antichità e largamente testimoniato nel Medioevo siono al R<strong>in</strong>ascimento, trova oggi piena<br />

legittimazione soprattutto <strong>in</strong> Sardegna, dove esistono numerose varianti modulari con diverse denom<strong>in</strong>azioni (passu, passu torrau,<br />

dillu, dantza, bicchiri, tsoppu, ecc.). Su ballu tundu tende negli ultimi decenni spesso ad aprirsi e a "mostrarsi" all'esterno.<br />

Probabilmente questa "rottura" del cerchio è stimolata anche dalla sempre più frequente spettacolarizzazione dei tanti gruppi<br />

folkloristici, per i quali l'<strong>in</strong>troversismo del ballo esclude lo sguardo dello spettatore dalla scena madre dello spazio coreutico.<br />

Riferimenti bibliografici:Carta Mantiglia G., Tavera A., Il ballo sardo: storia, identità e tradizione. Vol. 1: Le fonti del ballo sardo,<br />

Firenze, Ed. Taranta, 1999.<br />

Gala G. M. (a cura di), Il ballo sardo: storia, identità e tradizione. Vol. 2: Forme e contesti del ballo sardo, Firenze, Ed. Taranta,<br />

2000.<br />

Furlana<br />

Il nome farebbe derivare questo ballo dal Friuli, ma non sempre i riferimenti toponomici sono garanzia sulla provenienza reale di<br />

forme espressive popolari. <strong>La</strong> furlana è già citata da fonti scritte del XVI sec., figura <strong>in</strong>oltre come "ballo furlano" nel "Primo libro di<br />

balli" di G. Ma<strong>in</strong>erio (1578). Questo ballo, propagatosi soprattutto nel XVII e XVIII sec. grazie all'<strong>in</strong>fluenza di Venezia, da ballo<br />

popolare divenne con le dovute modificazioni anche ballo aristocratico. Oggi si ritrovano esempi <strong>in</strong> Istria, Umbria, Romagna e<br />

Marche. Anche la furlana è praticata secondo le zone come ballo a struttura chiusa o come ballo pantomimico di coppia.<br />

Corrente<br />

Ballo già presente <strong>in</strong> ambito nobile tra XVII e XVIII sec., è attestato soprattutto <strong>in</strong> area piemontese, dove si manifesta più<br />

diffusamente come ballo a più coppie miste.<br />

Giga<br />

<strong>La</strong> giga, che trae probabilmente nome dall'omonimo strumento a corde tardomedievale, è di orig<strong>in</strong>e centro-nordeuropea e si è diffusa<br />

nell'Italia settentrionale e centrale nei secoli XVII e XVIII. Quasi tutte le gighe documentate si presentano come contraddanze a due,<br />

tre, quattro o sei coppie, con coreografie varie a struttura chiusa, su apposite musiche anch'esse strutturate <strong>in</strong> parti corrispondenti.<br />

<strong>La</strong>vander<strong>in</strong>a<br />

Nelle regioni appartenenti all'ex Stato della Chiesa era diffuso f<strong>in</strong>o ad alcuni decenni or sono un ballo detto, secondo i luoghi,<br />

lavander<strong>in</strong>a, lavandera, lavandara, ballo della lavandaia o ballo del fazzoletto. Si tratta di un antico ballo pantomimico a carattere<br />

narrativo e rappresentativo, di larga diffusione <strong>in</strong> Europa s<strong>in</strong> dal tardo Medioevo. Citato già come branle des lavandères da Tho<strong>in</strong>ot<br />

Arbeau nel sec. XV <strong>in</strong> Francia, questo tipo di danza doveva avere una larga diffusione <strong>in</strong> tutta la penisola. Nel secolo scorso il Belli<br />

citava questa danza <strong>in</strong>sieme al saltarello come uno dei balli più usati nella Roma popolare. Esiste tuttora una diffusa trasformazione<br />

ludica come canto e gioco di bamb<strong>in</strong>i col nome di "la bella lavander<strong>in</strong>a". Ma mentre alcune versioni prevedevano un dialogo cantato<br />

e mimato fra un uomo ed una lavandaia, nel quale traspariva come aspetto predom<strong>in</strong>ante il corteggiamento, le versioni romagnole<br />

f<strong>in</strong>ora emerse dalle descrizioni mnemoniche avevano perso il testo dialogato e si presentavano <strong>in</strong> forme <strong>in</strong>fluenzate dalla manfr<strong>in</strong>a o<br />

dalla quadriglia.<br />

Manfr<strong>in</strong>a<br />

Etimologicamente si è soliti far derivare la manfr<strong>in</strong>a dalla toponimica monferr<strong>in</strong>a (ballo del Monferrato); ma vi sono altre ipotesi più<br />

antiche. <strong>La</strong> manfr<strong>in</strong>a un'ampia famiglia di danze dell'Italia settentrionale e centrale, si è diffusa anche f<strong>in</strong>o nell'Umbria e la Sab<strong>in</strong>a.<br />

Formatasi negli attuali assetti <strong>in</strong> tra f<strong>in</strong>e '700 e i primi dell'800, essa si compone di più parti coreografiche, forse un tempo autoctone<br />

e dist<strong>in</strong>te. È praticata con numerosi varianti, prevalentemente nella formula a due coppie miste, ma non mancano anche manfr<strong>in</strong>e di<br />

coppia, a sei persone o a più coppie, come ballo di sala. Le manfr<strong>in</strong>e f<strong>in</strong>ora documentate si presentano sotto una doppia tipologia: gli<br />

esempi più numerosi recuperati presentano una struttura chiusa guidata dall'esecuzione musicale, anch'essa articolata <strong>in</strong> parti ben<br />

def<strong>in</strong>ite; ma esistono anche casi rari di manfr<strong>in</strong>e pantomimiche.<br />

Mar<strong>in</strong>a (o giga mar<strong>in</strong>a)<br />

Ballo a contraddanza della famiglia delle gighe con quattro coppie miste disposte a croce. Il ballo era diffuso un tempo <strong>in</strong> Toscana<br />

lungo tutto l'arco appenn<strong>in</strong>ico (ne abbiamo ritrovato s<strong>in</strong>ora tracce di quattro modelli diversi, ma ne vengono menzionati altri con<br />

term<strong>in</strong>ologie varie). L'Ungarelli lo elenca anche fra i balli dell'area bolognese. <strong>La</strong> trama coreografica prevede solitamente varie figure<br />

ripetute meccanicamente f<strong>in</strong>o a che tutti gli uom<strong>in</strong>i ballano con tutte le donne. In ancuni modelli è prevista una tresca f<strong>in</strong>ale<br />

consistente <strong>in</strong> una sorta di breve quadriglia.<br />

Moresca<br />

Ampia famiglia di danze armate diffusa <strong>in</strong> tutta l'Europa e <strong>in</strong> alcuni Paesi venuti a contatto con la colonizzazione europea. In Italia è<br />

presente <strong>in</strong> molte regioni (Piemonte, Trent<strong>in</strong>o, Toscana, <strong>La</strong>zio, Molise, Campania, Sicilia) sotto vari aspetti e differenti nomi (bal do<br />

sabre, danza della spada o degli spadonari, 'ndrezzata, ballo con le mazzarelle, mattacc<strong>in</strong>o, taratatà). Comuni denom<strong>in</strong>atori sono<br />

l'uso di armi (spade, bastoni, ecc,), la partecipazione di un gruppo di esecutori (un tempo solo maschi), il combattimento o la perizia<br />

nell'uso delle armi .<br />

Paronc<strong>in</strong>a<br />

Canzone a ballo d'<strong>in</strong>certa etimologia. Oggi è r<strong>in</strong>tracciabile soprattutto <strong>in</strong> Romagna, nel Montefeltro e <strong>in</strong> alta Valtiber<strong>in</strong>a. Molte sono<br />

le analogie melodiche e coreografiche tra la paronc<strong>in</strong>a, la furlana e la veneziana.<br />

Punta e tacco<br />

Nell'Italia centro-meridionale più volte ci siamo imbattuti <strong>in</strong> una danza o <strong>in</strong> motivo coreutico dai nomi di tacco e punta o punta e<br />

tacco. Si tratta di una specie di polka figurata nella quale si <strong>in</strong>seriscono su apposito fraseggio musicale dei passi "di tacco e di punta".<br />

16


Pizzica pizzica e pizzica scherma<br />

Dal Salento a tutto il Barese, dal Materano all'area ionica della Basilicata era diffuso s<strong>in</strong>o all'ultima guerra il nome della pizzica<br />

pizzica per <strong>in</strong>dicare un ballo vivace di coppia che affiancava o talvolta si confondeva con la tarantella stessa. Legata al rituale<br />

terapeutico del tarantismo, la pizzica pizzica compare come term<strong>in</strong>e coreutico nelle fonti solo dai primi anni del XIX sec. Oggi la<br />

pratica viva nelle forme orig<strong>in</strong>ali del ballo è quasi del tutto est<strong>in</strong>ta; dal punto di vista morfologico i diversi documenti video raccolti<br />

grazie alla riesecuzione degli anziani, legano la pizzica pizzica al un più ampio sottogruppo apulo-lucano della tarantella<br />

meridionale. Un tempo il ballo prevedeva anche l'<strong>in</strong>vito con la consegna del fazzoletto. Dalla seconda metà degli anni '90 nel Salento<br />

leccese alcuni operatori hanno diffuso una neo-pizzica totalmente difforme dalle strutture e dallo stile esecutivo della tradizione,<br />

vendendola come ballo DOC. Un mercato di nicchia prevalentemente giovanile lo ha recepito come una sorta di nuovo mito<br />

"alternativo" <strong>in</strong>sieme ad un senso di fasc<strong>in</strong>azione collettiva prodotta dalla riscoperta del fenomeno del tarantismo. Nel Leccese, nel<br />

Br<strong>in</strong>dis<strong>in</strong>o e nel Tarant<strong>in</strong>o si pratica da parte di soli uom<strong>in</strong>i la forma duellata della pizzica, detta appunto pizzica scherma o<br />

schermata. Vi sono modi diversi di schermare e gli schermitori sono spesso legati al mondo carcerario e rom stanziale.<br />

Quadriglia<br />

Complesso e ibrido ballo circolare e a contraddanza di org<strong>in</strong>e tardo-settecentesca diffusosi prima nelle corti centrosettentrionali<br />

europee e poi att<strong>in</strong>to dalle classi popolari di vari Paesi europei. Le figure vengono comandate talvolta <strong>in</strong> francese dialettizzato e oltre<br />

a quelle più tradizionali (promenade, circolo, cerchio <strong>in</strong>trecciato, spirale, serpent<strong>in</strong>a, catena, pirulé, galleria, marcia, ecc.), possono<br />

essere <strong>in</strong>ventate estemporaneamente delle altre purché si <strong>in</strong>nest<strong>in</strong>o bene dell'evoluzione coreografica delle diverse figurazioni.<br />

Scotis<br />

<strong>Danza</strong> <strong>in</strong> coppia legata facente parte dell'ampia famiglia di polke figurate. Comparsa verso il 1830 nelle regioni tedesche col nome di<br />

schottische, era formata - secondo il Sachs - dal passo della écossaise e dal giro di polka; si diffonde rapidamente nelle sale<br />

aristocratiche <strong>in</strong> Francia e <strong>in</strong> altri Stati europei (compresi i vari Stati <strong>in</strong> cui era divisa l'Italia) come danza a coppie miste plurime.<br />

Passando attraverso gli ambienti della piccola borghesia di paese, entra poi <strong>in</strong>sieme al valzer, alla polka e alla mazurka, anche nel<br />

mondo contad<strong>in</strong>o. In Italia sono state documentate alcune dec<strong>in</strong>e di scotis (il ballo è detto anche con molte varianti lessicali locali)<br />

tutte a struttura rigidamente chiusa su un fraseggio musicale prestabilito.<br />

Sor Cesare<br />

Mazurka figurata della seconda metà del secolo scorso, nata probabilmente <strong>in</strong> Toscana da una canzone narrativa, che riprendeva un<br />

fatto di cronaca rosa fra Cesare Bon-Bon e una certa N<strong>in</strong>a. <strong>La</strong> canzone fu diffusa dai cantastorie sulle piazze durante le fiere,<br />

mediante la vendita di foglietti volanti.<br />

Spallata<br />

Famiglia etnocoreutica diffusa tra Abruzzo e Basilicata, con forme <strong>in</strong> coppia ed a più coppie su assetto circolare o <strong>in</strong> fila. Il basso si<br />

basa nel darsi colpi di spalla o di anca su corrispondente ritmo musicale. Documentata s<strong>in</strong> dai primi anni del XVI sec.<br />

Trescone<br />

I nomi di tresca e trescone sembrano derivare dal tedesco arcaico medievale thriskan che significava "battere, pestare, trebbiare". Ma<br />

le forme di trescone che sono giunte s<strong>in</strong>o a noi sembrano appartenere più ad un genere di balli pantomimici a carattere fortemente<br />

erotico e allusivo. Il trescone era diffuso soprattutto <strong>in</strong> Toscana e nelle aree di contorno (Umbria, Emilia, Romagna e Liguria) e<br />

veniva eseguito nei momenti di maggior vivacità e tensione della festa da persone <strong>in</strong> genere allegre e buffe, disposte a mimare e<br />

rappresentare con mosse e gesti un corteggiamento brioso e osceno.<br />

Veneziana<br />

<strong>Danza</strong> cantata di orig<strong>in</strong>e r<strong>in</strong>ascimentale, che prende nome dalla figura femm<strong>in</strong>ile veneziana che ne è la protagonista ; oggi l’epicentro<br />

di diffusione sembra essere stata la Toscana. I testi hanno spesso carattere allusivo e scherzoso. Si ballava <strong>in</strong> quattro, con due coppie<br />

miste.<br />

V<strong>in</strong>chia<br />

<strong>Danza</strong> <strong>in</strong> cerchio documentata sulla riviera romagnola, ma già nota nei primi decenni del XX sec. <strong>in</strong> Friuli. Di probabile orig<strong>in</strong>i<br />

austro-ungarica, si presenta come danza <strong>in</strong> cerchio con <strong>in</strong>termezzo di gesti o battiti ritmati.<br />

Zomparello/a<br />

Zumpariddë o zumparieddu: famiglia coreutica che convive e spesso si fonde e confonde con la tarantella o il saltarello. Ballo <strong>in</strong><br />

coppia mista e non, diffuso <strong>in</strong> tutto l'ex Regno di Napoli dall'Abruzzo alla Sicilia. Sul piano lessicale è la corrispondente dialettale del<br />

saltarello o della saltarella (zompare = saltare).<br />

17


13<br />

13-SULLA ULLA TARANTELLA TARANTELLA CALA CALABRESE CALA BRESE CONFRO CONFRONTATA CONFRO NTATA CON<br />

LE LE ALTRE ALTRE FORME FORME DI DI TA TARANTELLA<br />

TA TARANTELLA<br />

RANTELLA<br />

"Diversificate risultano le stesse orig<strong>in</strong>i dei vari tipi di tarantella. <strong>La</strong> più giovane e' la "napoletana"; di chiare orig<strong>in</strong>i settecentesche e<br />

derivata da danze medievali italiane. E' una "danza lat<strong>in</strong>a" e risulta la più aderente a canoni artistici e spettacolari. <strong>La</strong> più antica e'<br />

quella che discende dal fenomeno del tarantismo. E' <strong>in</strong>controllata nell'espressione e le sue radici affondano senz'altro nel mondo<br />

mediterraneo ed africano. Una terza ancora--che a parere di chi scrive comprende anche la "viddhaneddha" o comunque tutte le<br />

forme di tarantella danzata a coppie s<strong>in</strong>gole -- ha un'attribuzione lontana nel tempo e forse parallela a quella determ<strong>in</strong>ata dal<br />

tarantismo, ma da questa si differenzia per la ricerca costante di rituali simbolici dall'alto contenuto culturale. Per riconoscerne<br />

l'appartenenza ad uno dei tre filoni bisogna fare qu<strong>in</strong>di delle dist<strong>in</strong>zioni di base. <strong>La</strong> tarantella "corale", quella dei gruppi folcloristici<br />

per <strong>in</strong>tenderci, si riallaccia presumibilmente ai canoni napoletani nel senso musicale e coreografico, con l'<strong>in</strong>serimento frequente di<br />

momenti <strong>in</strong>terpretativi affidati all'estro ed alle esigenze di spettacolo. Il più delle volte si può parlare di arte e non di folklore. <strong>La</strong><br />

tarantella a coppie s<strong>in</strong>gole <strong>in</strong>vece, o meglio, le differenti versioni di tarantella che si rifanno alla tradizione calabrese si ricollegano ad<br />

espressioni artistiche orig<strong>in</strong>ate dalla più pura scuola della "danza greca". Anche il momento del tarantismo-- tranne alcune<br />

manifestazioni ancora presenti nella media ed alta Calabria jonica--si ritiene venga superato. Questa presunzione di nobiltà si<br />

evidenzia maggiormente con l'analisi delle caratteristiche della "viddhaneddha", la versione regg<strong>in</strong>a quale classica esemplificazione<br />

della tradizionale tarantella calabrese. Giova <strong>in</strong>tanto dire che essa viene <strong>in</strong> genere, danzata s<strong>in</strong>golarmente a coppie e non <strong>in</strong> forma<br />

collettiva. Inoltre la coppia può essere "mista" (uomodonna) oppure "omogenea" (uomouomo). Sia nell'uno che nell'altro caso e una<br />

danza che, pur lasciando una certa libertà <strong>in</strong>terpretativa--priva di codificazioni cioè-- comporta tutta una serie di rituali e di<br />

simboliche raffigurazioni che le conferiscono aspetti culturali di tutto rilievo Un'attenta analisi dei passi e dei comportamenti mimici<br />

dei baller<strong>in</strong>i ipotizza chiaramente l'orig<strong>in</strong>e greca e non lat<strong>in</strong>a della "viddhaneddha". <strong>La</strong> "danza lat<strong>in</strong>a" (da cui discendono<br />

<strong>in</strong>direttamente il trescone, il saltarello, la tarantella napoletana, come si e già detto) e <strong>in</strong>nanzi tutto una "danza aerea", nel senso che<br />

nella sua manifestazione si presuppone un'esuberanza pantomimica di sicura derivazione popolare con frequenti concessioni a passi<br />

acrobatici (il salto quale espressione di gioia e di elevazione, la piroetta ad asse verticale come momento di abilita esibizionistica). In<br />

questo caso la danza denota la decisa tendenza a d<strong>in</strong>amicizzare la composizione coreografica su una dialettica di forze risultante dalla<br />

messa <strong>in</strong> valore delle energie naturali del corpo umano. Non a caso si nota nel danzatore l'assenza di una posizione baricentrica: le<br />

braccia e la testa del baller<strong>in</strong>o sono univocamente co<strong>in</strong>volte con le gambe nel movimento d<strong>in</strong>amico. <strong>La</strong> ("danza greca" è <strong>in</strong>vece una<br />

"danza di terra", più vic<strong>in</strong>a ai canoni primari della "danza accademica" che non a quelli della "danza libera". I movimenti del<br />

baller<strong>in</strong>o sono perlopiù ispirati da esigenze mimiche e maggiormente <strong>in</strong>cl<strong>in</strong>i alla libertà gestuale. Il danzatore ha un ideale baricentro<br />

alla c<strong>in</strong>tura che sembra separare il corpo <strong>in</strong> due sezioni tra loro <strong>in</strong>dipendenti nella d<strong>in</strong>amica. <strong>La</strong> posizione delle gambe sono<br />

comb<strong>in</strong>abili a piacere con quella delle braccia, con costante presupposizione pero della stazione eretta del corpo. Cioè, la testa deve<br />

stare sullo stesso asse verticale delle gambe. Il ventre deve, nell'azione della danza, essere rientrato con conseguente sollevamento del<br />

diaframma. L'espressione del movimento obbedisce quasi al gioco sistolediastole, tensionedistensione, contrazioneespansione, caduta<br />

ripresa dell'equilibrio. Non sono accettati movimenti ed atteggiamenti predeterm<strong>in</strong>ati, codificati, tramandabili come vocaboli. Non vi<br />

e qualificabilità al di fuori della sua forza espressiva nella quale nasce e muore. Dalla def<strong>in</strong>izione di questi pr<strong>in</strong>cipi scaturisce la<br />

radice greca, e qu<strong>in</strong>di arcaica, della tarantella calabrese classica. <strong>La</strong> brevità dei passi, anche quando <strong>in</strong>dulgono alla velocità, e la quasi<br />

immobilità del tronco superiore sono anche caratteristiche del "ballu sarda" e del greco "sirtaki", anche essi di orig<strong>in</strong>e mediterranea<br />

orientale. [...]<br />

Anche gli strumenti si rifanno alla tradizione greca: il filo melodico e affidato all'organetto, che sostituisce ormai quasi sempre la<br />

"ciarameddha" (zampogna), a sua volta derivata dall'antico aulos (flauto) o diaulos (flauto a due canne) degli italioti. <strong>La</strong> scansione<br />

ritmica e assicurata dal tamburello, orig<strong>in</strong>ato dal tympanon dalla chitarra (non frequente), dallo "'zzar<strong>in</strong>u" (acciar<strong>in</strong>o = triangolo di<br />

ferro percorso da una bacchetta metallica) dalla "scartagnetta" o "castagnetta" (vale a dire dallo scrocchio delle dita), ad imitazione<br />

degli ellenici crotali, oppure dal battito delle mani del baller<strong>in</strong>o. Nella tarantella calabrese, <strong>in</strong> genere, vi e l'assenza del canto, al<br />

contrario delle altre (sicula e campana). Talvolta la musica viene accompagnata da brevi strofe allusive agli astanti o di<br />

<strong>in</strong>coraggiamento (specie nelle tarantelle a coppie miste), ma quasi normalmente l'unico suono emesso dai baller<strong>in</strong>i o dai suonatori e<br />

uno spagnolesco "ayay" più o meno prolungato o ripetuto che sottol<strong>in</strong>ea la difficoltà o la sottigliezza di alcune figurazioni attirando<br />

l'attenzione degli astanti e stimolando la bravura dei baller<strong>in</strong>i. [...]"<br />

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