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Usi e abusi dello Spirito - Università degli Studi di Trieste

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<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Trieste</strong><br />

Facoltà <strong>di</strong> Lettere e Filosofia<br />

Corso <strong>di</strong> laurea in Filosofia<br />

TESI DI LAUREA IN STORIA DELLE RELIGIONI<br />

<strong>Usi</strong> e <strong>abusi</strong> <strong>dello</strong> “<strong>Spirito</strong>”<br />

Riflessioni ai margini del fenomeno pentecostalecarismatico<br />

Laureando: Relatore:<br />

Giacomo SANDRON prof.ssa Ileana CHIRASSI COLOMBO<br />

Correlatore:<br />

prof. Pier Aldo ROVATTI<br />

Anno Accademico 2006/2007


INTRODUZIONE. FRAMMENTO DI UNA MICROBIOGRAFIA PERSONALE ...........................3<br />

UN INCONTRO FORTUITO ..........................................................................................................................3<br />

LE RIUNIONI DEL GRUPPO .........................................................................................................................4<br />

ALCUNI GIOVANI DEL GRUPPO..................................................................................................................6<br />

UN CAMBIO DI PROSPETTIVA ....................................................................................................................7<br />

IL CANTO ..................................................................................................................................................9<br />

LA “PRESENZA” DELLO SPIRITO .............................................................................................................11<br />

IL GRUPPO OGGI......................................................................................................................................12<br />

PER UNA PROBLEMATIZZAZIONE: MOVIMENTI CARISMATICI E STORIA DELLE<br />

RELIGIONI..............................................................................................................................................16<br />

PROBLEMATICHE DEL “SACRO” ....................................................................................................20<br />

TRA DUE INTERPRETAZIONI: “SACRO” PHAINOMENON E “SACRO” GENOMENON.....24<br />

IL “SACRO” COME ESPERIENZA: LA “PRESENZA” DI DE MARTINO...................................33<br />

LA FINE DEL MONDO E IL “CARISMA” DI LANTERNARI ........................................................43<br />

LA PENTECOSTE “STORICA”............................................................................................................51<br />

LA PENTECOSTE CRISTIANA ...................................................................................................................51<br />

LA PROBLEMATICA DELLA SPERIMENTAZIONE DEL “SACRO” .................................................................56<br />

LA SPERIMENTAZIONE DEL “SACRO” NEI MONOTEISMI...........................................................................66<br />

QUALE PNEUMA ?...................................................................................................................................74<br />

ONDA SU ONDA: LA “NUOVA” PENTECOSTE ..............................................................................81<br />

UNA PANORAMICA .................................................................................................................................81<br />

IL PENTECOSTALISMO PROTESTANTE......................................................................................................86<br />

Il pentecostalismo “classico”: Topeka, Azusa street, il revival gallese ...........................................88<br />

Il neo-pentecostalismo ......................................................................................................................92<br />

Il neo-pentecostalismo in Italia: la Chiesa Evangelica Internazionale e gli “uomini d’affari”.......96<br />

La Third Wave ..................................................................................................................................99<br />

Il pentecostalismo nel sud del mondo, un esempio africano: il culto pentecostale in Ghana.........101<br />

LA RISPOSTA CATTOLICA NEGLI U.S.A.................................................................................................107<br />

Come una nuova Pentecoste ...........................................................................................................107<br />

LA RISPOSTA CATTOLICA IN ITALIA......................................................................................................119<br />

I primi gruppi..................................................................................................................................119<br />

Sviluppo del movimento: organismi, strutture, separazioni............................................................123<br />

I “carismatici” e la Chiesa.............................................................................................................130<br />

OSSERVAZIONI FINALI ....................................................................................................................139<br />

BIBLIOGRAFIA ....................................................................................................................................143<br />

ARTICOLI DA PERIODICI.................................................................................................................151<br />

VOCI ENCICLOPEDICHE..................................................................................................................154<br />

ARTICOLI TRATTI DA SITI INTERNET ........................................................................................155<br />

FILMOGRAFIA.....................................................................................................................................156<br />

2


Introduzione. Frammento <strong>di</strong> una microbiografia<br />

personale<br />

Un incontro fortuito<br />

Avevo sentito parlare del Rinnovamento nello <strong>Spirito</strong> Santo (RnS)<br />

principalmente da mia madre e da qualche conoscente. Sapevo che con quel nome si<br />

stava ad in<strong>di</strong>care un gruppo <strong>di</strong> preghiera “alternativo” che si ritrovava spesso al <strong>di</strong> fuori<br />

<strong>degli</strong> spazi e dei tempi della solita celebrazione domenicale e che praticavano un tipo <strong>di</strong><br />

preghiera “particolare”. Si <strong>di</strong>ceva che pregassero in varie lingue oppure che si<br />

“lasciassero pregare” modulando spontaneamente la propria voce e nel fare questo<br />

fossero soliti suonare e cantare dei canti molto coinvolgenti. Si <strong>di</strong>ceva anche che<br />

durante i loro incontri pregassero intensamente per delle persone gravemente malate e<br />

che grazie a ciò si fossero verificate delle guarigioni cui i me<strong>di</strong>ci stessi non sapevano<br />

dare una spiegazione. Sapevo che una volta all’anno gruppi provenienti da tutta Italia si<br />

riunivano in un convegno nazionale a Rimini per qualche giorno e qui davano luogo a<br />

delle gran<strong>di</strong> celebrazioni molto rumorose, con migliaia <strong>di</strong> persone che cantavano e si<br />

muovevano agitando le braccia in alto, pregando ad alta voce, invocando Gesù e lo<br />

<strong>Spirito</strong> Santo, e ogni tanto poteva succedere che qualcuno perdesse i sensi o che<br />

guarisse da un qualche tipo <strong>di</strong> infermità. Sapevo anche che da qualche tempo questo<br />

“strano” gruppo <strong>di</strong> persone si riuniva durante la settimana nella chiesa vicino alla nostra<br />

abitazione, ma non davo molta importanza a tutto ciò.<br />

Successe però che una sera dell’estate 2003 passavo a pie<strong>di</strong> davanti a quella<br />

chiesa, e dalle porte spalancate sentii che dentro delle persone stavano suonando e<br />

cantando con molto entusiasmo. Incuriosito, mi avvicinai per saperne un po’ <strong>di</strong> più.<br />

Chiesi chi fossero ad intonare quei canti ad un signore che si trovava presso l’entrata, ed<br />

egli mi spiegò che si trattava <strong>di</strong> una messa del gruppo del RnS che ogni mercoledì sera<br />

si riuniva in quella chiesa, e che se avessi voluto avere ulteriori delucidazioni avrei<br />

potuto scambiare qualche battuta con suo figlio che sarebbe uscito entro qualche<br />

minuto. Rimasi così ad aspettare il ragazzo. Più tar<strong>di</strong>, da lui seppi a gran<strong>di</strong> linee che<br />

cos’era il RnS e in che cosa consistevano le loro riunioni settimanali a cui, peraltro, non<br />

3


mancò <strong>di</strong> invitarmi. Dopo qualche settimana <strong>di</strong> incertezza, decisi <strong>di</strong> partecipare ad uno<br />

<strong>di</strong> questi incontri.<br />

Le riunioni del gruppo<br />

Il primo incontro a cui partecipai si tenne in un’altra chiesa, più piccola e più in<br />

periferia. Quando furono più o meno arrivati tutti - venti-trenta persone circa, larga<br />

maggioranza femminile, età me<strong>di</strong>a sui quaranta anni – furono <strong>di</strong>sposte delle se<strong>di</strong>e in<br />

circolo in fondo alla chiesa, vicino alle porte spalancate a causa della calura. Ad ognuno<br />

venne <strong>di</strong>stribuito un libretto con dei canti, e una donna che aveva tutta l’aria <strong>di</strong> essere la<br />

responsabile del gruppo si impegnava ad illustrarci quale sarebbe stata la scaletta da<br />

rispettare quella sera. Un ragazzo e una ragazza, rispettivamente alla chitarra e al piano,<br />

cominciarono a suonare. Fecero due o tre canti <strong>di</strong> fila, senza interruzioni. I canti erano<br />

accompagnati dai presenti con braccia levate al cielo e agitate leggermente, battiti <strong>di</strong><br />

mani, ondeggiamenti del corpo, qualcuno durante il canto teneva gli occhi chiusi. Tra un<br />

canto e l’altro, quando la melo<strong>di</strong>a tendeva a scemare, veniva lasciato spazio alla<br />

preghiera personale, ed in questa occasione ho avuto modo <strong>di</strong> assistere alla cosiddetta<br />

“preghiera in lingue”: con gli occhi chiusi, le braccia levate, i palmi delle mani aperti,<br />

ondeggiando lievemente, i presenti si lasciavano andare producendo con la voce i suoni<br />

più <strong>di</strong>sparati. Chi li emetteva bassi, chi alti e acuti, chi ripeteva alcuni versi del canto<br />

appena terminato, chi si abbandonava a nenie e a melo<strong>di</strong>e improvvisate, chi invocava a<br />

voce alta lo <strong>Spirito</strong> Santo, chi innalzava parole <strong>di</strong> gratitu<strong>di</strong>ne e <strong>di</strong> lode a Dio per le sue<br />

opere, e tutto contribuiva a creare un intreccio sonoro molto suggestivo.<br />

Al termine <strong>di</strong> questa prima fase <strong>di</strong> canti e preghiera spontanea, il giovane che<br />

occupava il posto accanto al mio, rivolgendosi a me, ultimo arrivato, usò queste parole,<br />

quasi per giustificarsi: “Siamo tutti matti, non è vero?” come se un lembo della sua<br />

consapevolezza fosse rimasto vigile durante il coinvolgimento emotivo dato dalla<br />

musica e dalla danza e non potesse fare a meno <strong>di</strong> considerare alla stregua <strong>di</strong><br />

sciocchezze ciò che essi stavano facendo in nome <strong>di</strong> Dio.<br />

Successivamente si passò ad un’altra fase in cui i partecipanti, messisi a sedere,<br />

aprirono e sfogliarono le Bibbie che portavano con sé e a turno leggevano ad alta voce<br />

passi delle Scritture, a volte commentandoli brevemente o riportandoli a episo<strong>di</strong> della<br />

4


loro vita personale, altre volte senza aggiungere niente. Anche la lettura <strong>di</strong> questi passi<br />

era accompagnata e sottolineata da invocazioni a Dio, allo <strong>Spirito</strong> Santo e a Gesù.<br />

Seguirono altri canti che ricalcavano lo schema precedentemente descritto, al termine<br />

dei quali una donna del gruppo prese la parola. Essa si era incaricata <strong>di</strong> leggere<br />

l’enciclica papale Pacem in terris e si apprestava ora ad esporne brevemente i contenuti<br />

ai presenti, arricchendoli con alcune riflessioni personali. Infine, alcune donne si<br />

occuparono <strong>di</strong> organizzare i turni della preghiera personale durante la settimana e <strong>di</strong><br />

raccogliere le intenzioni <strong>di</strong> chi avesse voluto pregare per qualcuno che si trovava in<br />

stato <strong>di</strong> sofferenza. La riunione infine si sciolse dopo altri canti.<br />

Ho partecipato ad altre quattro-cinque riunioni settimanali <strong>di</strong> questo gruppo del<br />

RnS, e gli incontri si sviluppavano lungo la serata seguendo bene o male lo schema<br />

appena descritto. All’interno <strong>di</strong> una sequenza pressoché fissa - che comprende l’apertura<br />

della serata con canti, seguiti da preghiera “in lingue”, lettura spontanea ed eventuale<br />

commento <strong>di</strong> passi della Bibbia, ancora canti e preghiera “in lingue”, spazio de<strong>di</strong>cato a<br />

testimonianze, conclusione nuovamente accompagnata da canti – c’è spazio anche per<br />

alcune “improvvisazioni”. Un ragazzo del gruppo mi ha infatti raccontato <strong>di</strong> come<br />

qualcuno particolarmente “ispirato” nel corso della serata possa proporre, per esempio,<br />

<strong>di</strong> formare un cerchio tenendosi per mano attorno all’altare, oppure <strong>di</strong> muoversi<br />

liberamente nello spazio della chiesa durante i canti.<br />

La descrizione della serata precedentemente offerta riguardava l’incontro detto<br />

“<strong>di</strong> preghiera”. Questo si alterna settimanalmente con altre due tipologie <strong>di</strong> incontro cui<br />

ho avuto modo <strong>di</strong> partecipare. Una volta al mese, infatti, i membri del RnS celebrano<br />

una messa “loro”, <strong>di</strong> solito celebrata dal sacerdote della parrocchia in cui essi svolgono<br />

le loro attività. La messa del RnS si svolge seguendo lo schema della messa tra<strong>di</strong>zionale<br />

cattolica; la <strong>di</strong>fferenza sostanziale sta nella grande importanza che viene data ai<br />

momenti del canto, che vengono <strong>di</strong>latati e accompagnati come sempre dalla preghiera<br />

“in lingue” e da invocazioni allo <strong>Spirito</strong>. Un’altra <strong>di</strong>fferenza rispetto alla celebrazione<br />

domenicale la possiamo riscontrare nel momento imme<strong>di</strong>atamente successivo alla<br />

comunione, in cui ognuno è libero <strong>di</strong> esprimere apertamente ciò che ha “sperimentato”<br />

ricevendo l’eucaristia.<br />

Un altro tipo <strong>di</strong> incontro è l’incontro “<strong>di</strong> adorazione”, caratterizzato <strong>di</strong> solito da<br />

un’atmosfera più intima e raccolta. I partecipanti stanno in ginocchio, in silenzio, luci<br />

basse, mentre <strong>di</strong> fronte a loro viene esposto l’ostensorio dell’eucaristia. Di tanto in tanto<br />

vengono intonati dei canti, <strong>di</strong> solito in tono più sommesso <strong>di</strong> quanto si faccia negli altri<br />

5


incontri, regolarmente accompagnati dalla preghiera “in lingue”, da lo<strong>di</strong> e<br />

ringraziamenti al Padre, al Figlio, allo <strong>Spirito</strong> Santo, e da esternazioni <strong>di</strong> quanto<br />

sperimentato “nell’incontro con Cristo”.<br />

Alcuni giovani del gruppo<br />

Ho avuto modo <strong>di</strong> passare del tempo con i membri più giovani del gruppo <strong>di</strong><br />

Portogruaro anche al <strong>di</strong> fuori <strong>degli</strong> incontri settimanali del RnS. I giovani nel gruppo<br />

sono in netta minoranza, solo in cinque si recano agli incontri abbastanza regolarmente<br />

mentre altri quattro frequentano in modo molto <strong>di</strong>scontinuo. Tutti rispecchiano un tratto<br />

caratteristico dei “carismatici”, che è quello <strong>di</strong> essere impegnati in qualche modo<br />

all’interno delle rispettive parrocchie: chi animando con canti e letture le liturgie<br />

domenicali, chi insegnando catechismo ai bambini, chi prestando assistenza agli anziani<br />

o ai malati. Dei cinque più assidui, due sono una coppia <strong>di</strong> sposi appena sopra i<br />

trent’anni con un figlio (lui meccanico, lei aiuta il padre nella sua attività che non mi è<br />

stata meglio specificata), due fidanzati ventisettenni che hanno in progetto <strong>di</strong> sposarsi<br />

entro breve (lei operaia in una fabbrica della zona ma sogna <strong>di</strong> fare la commessa, lui<br />

impiegato al Consorzio <strong>di</strong> Bonifica), un ragazzo single, ventottenne, elettricista. Tutti<br />

hanno cominciato a lavorare relativamente presto, dopo il <strong>di</strong>ploma, conseguito spesso<br />

con qualche <strong>di</strong>fficoltà. Tutti provengono da piccoli paesi, frazioni del portogruarese, tra<br />

<strong>di</strong> loro tendono a parlare prevalentemente in <strong>di</strong>aletto.<br />

Al <strong>di</strong> fuori delle riunioni non sembrano particolarmente “ispirati”, gli argomenti<br />

<strong>di</strong> cui parlano tra <strong>di</strong> loro non <strong>di</strong>fferiscono da quelli <strong>di</strong> qualsiasi giovane della loro età<br />

nelle loro stesse con<strong>di</strong>zioni, con la <strong>di</strong>fferenza che ad essi si somma l’attenzione<br />

particolare che de<strong>di</strong>cano alle sorti del gruppo del RnS <strong>di</strong> cui sono parte e, più in<br />

generale, alle attività a livello nazionale del RnS, a cui sono peraltro tenuti a<br />

partecipare. Il coinvolgimento psicologico che manifestano nei confronti del loro<br />

gruppo <strong>di</strong> preghiera è evidente da quanto dettomi da uno dei ragazzi. Egli è un grande<br />

tifoso <strong>di</strong> uno dei maggiori club calcistici italiani che, oltre alla domenicale partita <strong>di</strong><br />

campionato, si trova spesso a giocare partite valide per le coppe europee il mercoledì<br />

sera. Il mercoledì sera era però anche il momento in cui il gruppo <strong>di</strong> preghiera si riuniva<br />

6


per i propri incontri, e quando partita <strong>di</strong> coppa e riunione si sovrapponevano il giovane<br />

entrava in un certo imbarazzo. Più volte, quando aveva iniziato a frequentare il RnS, era<br />

uscito con gli amici a vedere la partita come faceva <strong>di</strong> solito; in seguito però,<br />

continuando la frequentazione del gruppo <strong>di</strong> preghiera, mi confessò che ogni qual volta<br />

sceglieva il calcio provava un sempre più grande senso <strong>di</strong> colpa nei confronti <strong>di</strong> Gesù e<br />

<strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong>, e decise, alfine, <strong>di</strong> rinunciare al mercoledì <strong>di</strong> coppa e agli amici.<br />

Un cambio <strong>di</strong> prospettiva<br />

Dalla mia personale esperienza <strong>di</strong> incontro con i membri del RnS sono nate una<br />

serie <strong>di</strong> riflessioni che mi hanno spinto ad approfon<strong>di</strong>re la conoscenza <strong>di</strong> questo<br />

fenomeno fino a farlo <strong>di</strong>ventare l’oggetto della mia tesi <strong>di</strong> laurea. Per realizzare ciò è<br />

stato necessario apportare alcune mo<strong>di</strong>fiche innanzitutto all’approccio con il fenomeno.<br />

Da un iniziale punto <strong>di</strong> vista “interno” al gruppo, è maturata mano a mano<br />

l’esigenza <strong>di</strong> operare un cambio <strong>di</strong> prospettiva per poter meglio comprendere questo<br />

fenomeno “carismatico”. Occorreva abbandonare le spoglie del cosiddetto “osservatore<br />

partecipante” e assumere una posizione decisamente “esterna”, che mi desse la<br />

possibilità <strong>di</strong> poter mettere in relazione quanto accadeva nella specificità del gruppo in<br />

questione con <strong>di</strong>namiche storiche, culturali, sociali, più ampie. Occorreva operare uno<br />

slittamento da quello che è chiamato un punto <strong>di</strong> vista emic, ad un punto <strong>di</strong> vista ethic.<br />

Del significato <strong>di</strong> questa terminologia in uso nella moderna antropologia, <strong>di</strong>amo la<br />

seguente definizione:<br />

“I termini emic ed ethic sono presi dalla linguistica che li utilizza per in<strong>di</strong>care<br />

l’opposizione tra fonema e suono, e sono stati elaborati in primis da Franz Boas<br />

nell’ambito dell’antropologia culturale, portando alla svolta del relativismo culturale. I<br />

due termini sono ripresi dalla New Ethnograpy americana sulla suggestione della<br />

metodologia strutturale e della linguistica dove il metodo “etico” in<strong>di</strong>ca un approccio<br />

basato sull’assunzione a priori della esistenza <strong>di</strong> parametri concettuali universali. Emico<br />

è invece il metodo <strong>di</strong> indagine che rinuncia ad assunti aprioristici e parte<br />

dall’assunzione programmatica del punto <strong>di</strong> vista cognitivo interno alla cultura che si va<br />

ad incontrare. Il punto <strong>di</strong> vista emic che riflette, oltre che la terminologia linguistica,<br />

anche le posizioni estreme della fenomenologia, porta alle <strong>di</strong>fficoltà fatte affiorare dal<br />

relativismo culturale della scuola boasiana, che riven<strong>di</strong>ca la necessaria accettazione dei<br />

7


singoli modelli culturali – anche sul piano morale e religioso nel senso della prassi<br />

rituale – come determinati dalle singole scelte operate dalle singole culture.” 1<br />

La necessità <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>re lo stu<strong>di</strong>o del fenomeno “carismatico” da un punto <strong>di</strong> vista<br />

storico-religioso si è affermata in seguito a una precisa constatazione. Le modalità<br />

espressive a cui ricorrevano i membri del gruppo <strong>di</strong> Portogruaro – insistente<br />

invocazione <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo; il rivolgersi alle figure <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> o del Cristo in<br />

maniera intima, <strong>di</strong>retta, colloquiale; la richiesta da parte dei fedeli <strong>di</strong> “doni”<br />

soprannaturali, ma anche <strong>di</strong> benefici più pratici ed imme<strong>di</strong>ati - mi richiamavano alla<br />

mente certi culti <strong>di</strong> possessione <strong>di</strong> matrice islamica, in particolare lo stambali tunisino e<br />

lo zar kuwaitiano, che proprio in quel periodo stavamo affrontando all’interno del corso<br />

<strong>di</strong> Storia delle religioni.<br />

Questi culti <strong>di</strong> possessione si caratterizzavano per una complessa pratica rituale<br />

che, attraverso un <strong>di</strong>spositivo coreutico-musicale, mirava all’in<strong>di</strong>viduazione dell’entità<br />

“penetrata” nel fedele e, una volta riconosciutala, ad assecondarne le richieste per<br />

placarne l’azione perturbante 2 . L’interpretazione <strong>di</strong> tali pratiche veniva ricondotta ad<br />

una funzione prettamente culturale <strong>di</strong> affermazione <strong>di</strong> un’identità che nello spazio<br />

“protetto” e co<strong>di</strong>ficato del rito trovava la possibilità <strong>di</strong> esprimersi, <strong>di</strong> essere socialmente<br />

riconosciuta. Ad una prima valutazione, il ruolo fondamentale ricoperto dalla musica e<br />

dal canto nei culti <strong>di</strong> possessione, accompagnati dalla recitazione ad alta voce <strong>di</strong><br />

invocazioni rivolte all’entità con cui si entra in “contatto”, sono gli aspetti che<br />

maggiormente colpiscono per l’affinità formale con le cerimonie del gruppo del RnS.<br />

Queste rassomiglianze formali tra culti appartenenti a tra<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong>fferenti ha<br />

portato a interrogarmi a proposito <strong>di</strong> quali spazi e luoghi occupasse e occupa tuttora in<br />

ambito cattolico, e più in generale nella nostra società, il culto “carismatico” <strong>dello</strong><br />

<strong>Spirito</strong> Santo, su che rapporti legano lo sviluppo <strong>di</strong> tale culto con le <strong>di</strong>namiche <strong>di</strong><br />

profonda mutazione sociale e culturale caratteristiche del Novecento.<br />

E poi, perché proprio lo <strong>Spirito</strong> Santo? Quali funzioni, quali necessità<br />

rappresenta e risolve – se le risolve - il ricorso alla terza figura della trinità cattolica, al<br />

suo modo <strong>di</strong> agire, ai “doni” che secondo la tra<strong>di</strong>zione cristiana esso elargisce? Che<br />

posto occupa oggi il corpo “carismatico” che danza, si <strong>di</strong>mena, alza le braccia, canta e<br />

prega a voce alta?<br />

1 Chirassi Colombo 2006/2007<br />

2 Per una dettagliata descrizione delle pratiche <strong>dello</strong> zar in Kuwait, confronta Ashkanani 1991, per i culti<br />

legati allo stambali tunisino, Ferchiou 1991<br />

8


Cominciamo allora da ciò che è più facilmente osservabile: l’uso che, all’interno<br />

<strong>di</strong> questo piccolo gruppo <strong>di</strong> preghiera, viene fatto del canto e della musica, e in che<br />

modo essi stabiliscano il proprio rapporto con lo <strong>Spirito</strong>.<br />

Il canto<br />

Sembra che la “presenza” <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> sia fortemente legata al canto. La<br />

preghiera “in lingue” infatti, “segno” della presenza <strong>di</strong>vina, avviene normalmente<br />

proprio durante i momenti cantati. Per questo ogni membro del gruppo è in possesso <strong>di</strong><br />

un libretto intitolato Dio della mia lode, in cui sono raccolti i canti del movimento da<br />

eseguire durante gli incontri. La maggior parte dei canti sono composti traendo spunto<br />

da episo<strong>di</strong> della Bibbia: particolare fonte <strong>di</strong> ispirazione sono i salmi e i libri dei profeti;<br />

oppure sono un adattamento <strong>di</strong> canti “popolari” dell’America Latina e dell’Africa; o<br />

ancora la traduzione <strong>di</strong> canti originali americani o francesi composti in prevalenza negli<br />

anni Settanta, nel periodo cioè della maggior <strong>di</strong>ffusione del movimento; o canti<br />

composti da alcuni tra i membri più in vista <strong>dello</strong> stesso RnS ma anche <strong>di</strong> altri<br />

movimenti cattolici, come ad esempio Salvatore Martinez, attuale responsabile<br />

nazionale del RnS.<br />

Generalmente i canti sono caratterizzati da una grande melo<strong>di</strong>cità; essi sono<br />

ovviamente rivolti a Dio, a Gesù Cristo, allo <strong>Spirito</strong> Santo: ora lodandoli per le loro<br />

opere, ora invocando la loro venuta o un segno miracoloso, ora invitando i fedeli ad<br />

abbandonarsi completamente al loro volere. Uno dei canti che meglio esprime ciò che<br />

gli appartenenti al RnS cercano e offrono, l’incon<strong>di</strong>zionata fiducia nello <strong>Spirito</strong>, la<br />

speranza e il desiderio <strong>di</strong> una vita “rinnovata”, è quello intitolato appunto Lasciati<br />

andare, le cui strofe recitano così:<br />

Lasciati andare nelle mani<br />

<strong>di</strong> Gesù il Figliol <strong>di</strong> Dio.<br />

La tua anima e il tuo cuor sod<strong>di</strong>sferà.<br />

Tutte le cose a cui ti appoggi<br />

lascia che le prenda lui<br />

e ripieno del suo <strong>Spirito</strong> sarai!<br />

Su canta una melo<strong>di</strong>a<br />

con la gioia nel tuo cuor<br />

9


dolcemente le tue mani innalza al ciel.<br />

Dai a Gesù la tua tristezza<br />

i tuoi anni <strong>di</strong> dolor<br />

ed allora nella vita entrerai.<br />

È interessante notare anche la presenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi canti incentrati sulla ripetizione ad<br />

libitum <strong>di</strong> singole parole quali “Gesù”, “Maria”, oppure “ruah”, che quando vengono<br />

eseguiti finiscono con il creare una atmosfera quasi ipnotica e che richiamano alla<br />

mente analoghi meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> auto-induzione della trance presenti in altre culture. Tra<br />

questa tipologia <strong>di</strong> canti spicca Quando lo <strong>Spirito</strong>, che fa esplicito riferimento<br />

all’episo<strong>di</strong>o biblico della “pazzia” <strong>di</strong> re David. Il canto ha una struttura molto semplice,<br />

la prima strofa recita:<br />

Quando lo <strong>Spirito</strong> vive in me io canto come David<br />

Io canto, io canto, io canto come David<br />

Ogni strofa viene ripetuta due volte mentre le strofe successive sono uguali alla prima;<br />

solamente il verbo “cantare” viene sostituito <strong>di</strong> volta in volta con “lodare”, “pregare”,<br />

“amare”, “danzare” e così via.<br />

L’importanza data al canto è così grande da aver spinto il Comitato Nazionale <strong>di</strong><br />

Servizio del RnS a creare negli anni un vero e proprio Servizio Nazionale della Musica<br />

e del Canto (SNMC) che i membri del RnS definiscono ad<strong>di</strong>rittura come “ministero”.<br />

L’ SNMC, si legge nel libretto, ha il compito <strong>di</strong><br />

“Portare la gente che vive nel Rinnovamento alla presenza <strong>di</strong> Dio, attraverso la lode e<br />

l’adorazione cantata. Ogni membro che collabora a questo ministero nazionale è scelto<br />

con attento <strong>di</strong>scernimento tramite i responsabili locali e nazionali. Non sono persone<br />

messe insieme a caso, ma si tratta <strong>di</strong> uomini e donne <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse età e provenienza<br />

geografica che si qualificano per la loro provata esperienza musicale con una speciale<br />

unzione per la lode profetica. I <strong>di</strong>rigenti, i cantori, i musicisti e i tecnici sono chiamati a<br />

rendere questo servizio ecclesiale oltre che per le loro capacità specifiche, anche e<br />

soprattutto per la loro sensibilità lasciandosi guidare dallo <strong>Spirito</strong> Santo.” 3<br />

3 Associazione RnS 2002<br />

10


La “presenza” <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong><br />

Gli aderenti al gruppo credono sostanzialmente nel potere pressoché illimitato<br />

<strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo, a cui demandano le decisioni da prendere nella propria vita. Essi<br />

nutrono un rapporto particolarmente intimo, confidenziale con la figura del Cristo,<br />

molto personale, ponendosi quasi sullo stesso piano. Parlano <strong>di</strong> Cristo come se fosse<br />

una persona viva, in carne e ossa, dandogli quasi sempre del “tu”. Una donna mi<br />

raccontò come avesse tenuto girato il crocifisso per tre giorni perché era arrabbiata con<br />

Cristo, per poi rigirarlo quando le era passata l’arrabbiatura.<br />

Durante gli incontri i partecipanti avevano nei miei confronti un atteggiamento<br />

molto accogliente, cercando <strong>di</strong> coinvolgermi nelle loro attività. Subito mi invitavano<br />

alle loro riunioni e mi esortavano a portare amici e conoscenti. Davano molta<br />

importanza alla preghiera, sia personale che comunitaria, e sottolineavano spesso<br />

l’importanza <strong>di</strong> chiedere aiuto allo <strong>Spirito</strong> incoraggiandomi a farlo, per esempio per<br />

avere successo nello stu<strong>di</strong>o o per smettere <strong>di</strong> fumare. Una ragazza mi raccontò <strong>di</strong> come<br />

fosse una fumatrice e <strong>di</strong> come da un giorno all’altro non sentisse più il desiderio <strong>di</strong><br />

fumare. In seguito, mi <strong>di</strong>sse, scoprì che sua madre aveva insistentemente pregato<br />

durante la novena pasquale affinché si liberasse da quel vizio.<br />

Allo <strong>Spirito</strong> vengono innalzate lo<strong>di</strong> per la sua potenza, ringraziamenti per le sue<br />

opere; a lui i partecipanti offrono specialmente i propri dolori e le sofferenze esistenziali<br />

sicuri che lo <strong>Spirito</strong> saprà donare loro la forza necessaria per affrontare le prove della<br />

vita. Si intercede presso lo <strong>Spirito</strong> pregando per la salute del pontefice o dei politici che<br />

governano il paese, si chiedono allo <strong>Spirito</strong> segni della sua presenza, si prega spesso<br />

affinché le persone e soprattutto i giovani che non credono possano convertirsi, si<br />

chiede la guarigione <strong>di</strong> persone care malate o la risoluzione <strong>di</strong> conflitti, sia relazionali<br />

sia sociali e politici come la guerra in Iraq o la questione israelo-palestinese. Si prega<br />

per i terroristi. Si chiedono anche benefici più imme<strong>di</strong>ati come trovare un buon lavoro,<br />

convolare a giuste nozze con l’amato o l’amata, la pioggia per i raccolti (l’estate 2003 è<br />

stata particolarmente secca).<br />

L’impressione generale che se ne ricava è comunque quella <strong>di</strong> un “rinnovamento<br />

nello <strong>Spirito</strong>” che ha puntualmente luogo durante le riunioni e le celebrazioni del<br />

gruppo, ma <strong>di</strong> cui si fa fatica a trovare traccia al <strong>di</strong> fuori della chiesa. Questa<br />

impressione mi è stata confermata da un piccolo episo<strong>di</strong>o accaduto una sera al termine<br />

<strong>di</strong> un incontro che ben esemplifica come l’amore e la gioia “<strong>di</strong>vini” spesso possano<br />

11


lasciare il posto al pregiu<strong>di</strong>zio e alla <strong>di</strong>ffidenza così profondamente umani. Finito<br />

dunque l’incontro <strong>di</strong> preghiera si era sul sagrato della chiesa dove come sempre si<br />

trovava un po’ <strong>di</strong> tempo per fermarsi a chiacchierare. Ad un certo punto un uomo sui<br />

trentacinque anni, membro del gruppo da <strong>di</strong>verso tempo che soffriva però <strong>di</strong> un evidente<br />

<strong>di</strong>sagio psichico, ancorché non grave, e <strong>di</strong> spora<strong>di</strong>che crisi epilettiche, comincia a<br />

chiedere la <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> un passaggio in automobile verso casa. Visto che tutti i<br />

presenti si <strong>di</strong>chiaravano impossibilitati ad aiutarlo in questo suo bisogno, mi offrii <strong>di</strong><br />

accompagnarlo. Come questo si fu allontanato, quelli che avevano assistito alla scena si<br />

affrettarono a mettermi in guar<strong>di</strong>a dal dargli troppa confidenza, alcuni ad<strong>di</strong>rittura<br />

<strong>di</strong>ssero che posto in macchina ne avevano ma avevano preferito rifiutarsi <strong>di</strong><br />

accompagnarlo perché aveva il “vizio” <strong>di</strong> parlare troppo.<br />

Il gruppo oggi<br />

Mentre sto scrivendo, il gruppo <strong>di</strong> preghiera in questione non si riunisce più<br />

settimanalmente nei locali della parrocchia in cui li incontrai nel 2003, ma in una chiesa<br />

nella vicina Concor<strong>di</strong>a Sagittaria; ai membri è stato affiancato un nuovo sacerdote<br />

<strong>di</strong>ocesano affinché li segua nelle loro attività. Quella <strong>di</strong> un posto fisso dove potersi<br />

riunire e <strong>di</strong> una “guida” <strong>di</strong>ocesana che li sod<strong>di</strong>sfi sembra essere una questione spinosa e<br />

non ancora completamente risolta per i membri del gruppo.<br />

Parlando con alcuni <strong>di</strong> loro ho saputo che solitamente cambiano la parrocchia in<br />

cui riunirsi ogni due o tre anni. Molti hanno inoltre espresso più volte il proprio<br />

<strong>di</strong>sappunto nei confronti dei sacerdoti nominati dalla <strong>di</strong>ocesi per seguirli, in quanto non<br />

sarebbero, a detta loro, abbastanza in sintonia con le modalità della preghiera<br />

“carismatica”. Di contro, il sacerdote che oggi partecipa alle attività dei “carismatici” un<br />

giorno mi ha confidato che durante le celebrazioni deve fare attenzione affinché<br />

“rimangano con i pie<strong>di</strong> per terra”. Nonostante ciò i “carismatici” riba<strong>di</strong>scono la loro<br />

fede nell’opera <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> e accettano <strong>di</strong> buon grado le decisioni della <strong>di</strong>ocesi.<br />

Questo rapporto tra membri “carismatici” e rappresentanti della gerarchia<br />

cattolica riproduce in piccolo ciò che avviene a livello istituzionale. Da una parte questi<br />

gruppi che sentono la necessità <strong>di</strong> un “rinnovamento”, e lo propongono facendo ricorso<br />

alle tematiche dei “doni” derivanti dall’azione spontanea <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong>, cioè alla sfera<br />

12


più emozionale della dottrina cattolica; dall’altra la Chiesa che, in un’ottica <strong>di</strong><br />

preservazione <strong>di</strong> un’economia <strong>di</strong> potere, onde evitare ulteriori emorragie <strong>di</strong> fedeli,<br />

consente che questi gruppi trovino espressione al suo interno ma contemporaneamente li<br />

sottopone a un costante monitoraggio.<br />

In sostanza ho potuto constatare che il gruppo del RnS <strong>di</strong> Portogruaro non è<br />

molto conosciuto; anche tra chi frequenta regolarmente le funzioni domenicali, in molti<br />

sono a conoscenza soltanto vagamente <strong>di</strong> cosa sia il movimento RnS e che un suo<br />

gruppo <strong>di</strong> preghiera sia presente sul loro territorio. I “carismatici” sono solitamente<br />

identificati come persone che pregano in maniera “strana”, ma non si ha un’ idea precisa<br />

<strong>di</strong> cosa facciano e <strong>di</strong> cosa essi rappresentino. Il gruppo del RnS <strong>di</strong> Portogruaro sembra<br />

dunque porsi ai margini del contesto sociale citta<strong>di</strong>no in cui si è sviluppato; i suoi<br />

membri infatti non lo pubblicizzano se non tramite il passaparola, non propongono<br />

nessun tipo <strong>di</strong> attività rivolta a persone esterne al gruppo ma allo stesso tempo sono<br />

pronti ad accogliere chiunque desideri entrarvi e sia <strong>di</strong>sposto ad adeguarsi al loro modo<br />

<strong>di</strong> fare. Per il resto il gruppo <strong>di</strong> preghiera sembra assolvere alla funzione <strong>di</strong> punto <strong>di</strong><br />

riferimento comunitario per in<strong>di</strong>vidui desiderosi <strong>di</strong> con<strong>di</strong>videre l’esperienza particolare<br />

<strong>di</strong> essere “rinnovati” nello <strong>Spirito</strong>.<br />

A <strong>di</strong>spetto della poca visibilità che il gruppo del RnS <strong>di</strong> Portogruaro ha nella<br />

zona, esso fa parte <strong>di</strong> un più ampio movimento “carismatico” <strong>di</strong> matrice cattolica<br />

conosciuto con il nome <strong>di</strong> Rinnovamento Carismatico Cattolico (RCC), presente in<br />

Italia e nel mondo da più <strong>di</strong> trent’anni. Il fatto che questo movimento, nonostante sia<br />

presente nel nostro territorio da lungo tempo, risultasse pressoché sconosciuto, mi ha<br />

portato a delle ricerche al termine delle quali ho constatato come il RCC sia stato<br />

oggetto <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> in ambito accademico limitatamente verso la fine <strong>degli</strong> anni Settanta, ai<br />

tempi cioè della sua prima <strong>di</strong>ffusione in Italia. Non esistono dunque stu<strong>di</strong> che tengano<br />

conto <strong>di</strong> eventuali sviluppi recenti del movimento.<br />

Come punto <strong>di</strong> partenza possiamo <strong>di</strong>re che il RnS, e con lui il RCC in generale,<br />

si inserisce pienamente all’interno <strong>di</strong> quel più vasto fenomeno <strong>di</strong> riscoperta <strong>di</strong> un<br />

“sacro” costruito e vissuto <strong>di</strong>rettamente dal credente che viene generalmente etichettato<br />

come “Nuove Religioni” o “Nuovi Movimenti Religiosi”. Più in particolare esso si<br />

configura come la risposta cattolica, inizialmente spontanea e in seguito<br />

istituzionalizzata, al <strong>di</strong>ffondersi a macchia d’olio, nel corso della seconda metà del<br />

Novecento, <strong>di</strong> quel fenomeno <strong>di</strong> matrice protestante che va sotto il nome <strong>di</strong><br />

pentecostalismo.<br />

13


Come si evince dal nome, il movimento pentecostale porta l’attenzione<br />

sull’episo<strong>di</strong>o biblico della Pentecoste, in cui si narra della <strong>di</strong>scesa dei carismi <strong>dello</strong><br />

<strong>Spirito</strong> Santo sugli apostoli riuniti nel cenacolo.<br />

Questo episo<strong>di</strong>o, nella tra<strong>di</strong>zione cristiana, è ritenuto essere il momento<br />

fondativo della ekklesia universale, perchè grazie all’intervento <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> gli apostoli<br />

cominciano a parlare in lingue <strong>di</strong>verse e danno inizio alla pre<strong>di</strong>cazione del messaggio<br />

evangelico a tutte le genti. La <strong>di</strong>scesa <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo come momento fondativo<br />

della ekklesia cristiana viene ripreso dai pentecostali e riproposto come evento<br />

rigenerante in<strong>di</strong>viduale, momento fondante per una vita nuova, rinnovata, più autentica.<br />

Di fronte alla <strong>di</strong>ffusione del pentecostalismo all’interno della chiese cristiane “storiche”,<br />

si sviluppa in ambito cattolico un movimento analogo – che <strong>di</strong>verrà in seguito il RCC –<br />

che recupera le tematiche pentecostali, tentando però <strong>di</strong> integrarle all’interno della<br />

tra<strong>di</strong>zione cattolica ricercando il consenso della Chiesa.<br />

Vedremo meglio in seguito le <strong>di</strong>namiche e gli intrecci dei vari movimenti. Ci<br />

basti per ora concludere sottolineando un altro aspetto importante che ci ha stimolato<br />

nel proseguimento <strong>di</strong> questa ricerca. Tra tutti i cosiddetti “Nuovi Movimenti Religiosi”<br />

il movimento pentecostale e il movimento carismatico sono quelli che più sono usciti da<br />

una delimitazione locale o regionale per affermarsi in maniera perentoria a livello<br />

mon<strong>di</strong>ale.<br />

C’è chi <strong>di</strong>ce che i pentecostali e i carismatici nel mondo sono cento milioni, chi<br />

mezzo miliardo, chi ad<strong>di</strong>rittura seicento milioni, mentre le previsioni per il futuro<br />

vedono il numero dei suoi aderenti in continuo aumento. Al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> una quantificazione<br />

numerica precisa, resta il fatto che i movimenti incentrati sul culto <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo<br />

occupano una posizione <strong>di</strong> rilievo nel panorama “religioso” o<strong>di</strong>erno per la capacità <strong>di</strong><br />

fornire uno strumento <strong>di</strong> “salvezza” in grado <strong>di</strong> adattarsi con successo a realtà storiche e<br />

culturali <strong>di</strong>fferenti, tanto che l’espressione “boom dei pentecostali” è usata spesso e<br />

volentieri. Per limitarci al caso italiano, nell’enciclope<strong>di</strong>a Le religioni in Italia, <strong>di</strong><br />

prossima pubblicazione a cura <strong>di</strong> Massimo Introvigne e Pierluigi Zoccatelli, sotto la<br />

<strong>di</strong>citura “il protestantesimo pentecostale”, sono raccolte ben novantuno voci che si<br />

riferiscono ad altrettanti gruppi <strong>di</strong> preghiera o chiese presenti sul nostro territorio.<br />

Ed è proprio questo “boom” che dovrebbe farci riflettere e stimolare una<br />

ricostruzione delle <strong>di</strong>namiche storiche e culturali che hanno portato alla formazione <strong>di</strong><br />

un orizzonte simbolico dominato dallo <strong>Spirito</strong> Santo e dai “doni” che egli concede.<br />

Tanto più se questo orizzonte simbolico è stato sicuramente in certi casi strumento <strong>di</strong><br />

14


“salvezza” in<strong>di</strong>viduale e comunitaria – si pensi a certe chiese africane - , ma molto più<br />

spesso, e soprattutto nella nostra società occidentale, ha dato luogo a situazioni<br />

controverse, caratterizzate prevalentemente da un’accentuata carica alienante e dal<br />

rifiuto <strong>di</strong> un’azione efficace sul piano sociale.<br />

Tentare una ricostruzione delle <strong>di</strong>namiche storiche e culturali che sono alla base<br />

del successo del culto <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo, possono quin<strong>di</strong> aiutarci a focalizzare certe<br />

tendenze devianti della civiltà in cui operiamo.<br />

15


Per una problematizzazione: movimenti carismatici e<br />

storia delle religioni<br />

“Nelle più varie società ed epoche storiche, specie in corrispondenza con momenti <strong>di</strong><br />

intenso travaglio sociale, economico, culturale, psicologico, prodotti da fattori<br />

perturbanti <strong>di</strong> origine interna o esterna, sorsero e pur oggi sorgono movimenti socialreligiosi<br />

nei quali i rispettivi gruppi sociali o etnici esprimono il loro malessere, la loro<br />

insod<strong>di</strong>sfazione per il presente e l’ansia <strong>di</strong> miglioramento. In questi movimenti essi<br />

proiettano la speranza e l’attesa <strong>di</strong> una pronta e ra<strong>di</strong>cale trasformazione delle con<strong>di</strong>zioni<br />

generali <strong>di</strong> esistenza, sia fisiche che sociali e psicologiche.”<br />

Con queste parole inizia la prefazione alla seconda e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Movimenti<br />

religiosi <strong>di</strong> libertà e <strong>di</strong> salvezza dei popoli oppressi, il testo fondamentale che Vittorio<br />

Lanternari ha de<strong>di</strong>cato allo stu<strong>di</strong>o dei movimenti <strong>di</strong> impronta profetica e millenarista<br />

sviluppatisi nei territori sottoposti al dominio coloniale europeo.<br />

Pubblicato per la prima volta nel 1960, esso viene riproposto al pubblico italiano<br />

nel 2003 con il titolo significativamente accorciato in Movimenti religiosi <strong>di</strong> libertà e<br />

salvezza. La soppressione della specificazione <strong>di</strong> sapore etnografico dell’e<strong>di</strong>zione<br />

originale assume oggi un significato particolare; infatti, mentre poco più <strong>di</strong> quarant’anni<br />

fa la nascita e lo sviluppo <strong>di</strong> movimenti religiosi che ponevano particolarmente<br />

l’accento sulle tematiche <strong>di</strong> “libertà” e “salvezza” sembrava una prerogativa <strong>di</strong> società<br />

cosiddette <strong>di</strong> “interesse etnologico”, frutto dell’incontro traumatico con la cultura<br />

occidentale ovviamente oppressiva, negli ultimi decenni abbiamo assistito ad una<br />

sempre più feconda germinazione <strong>di</strong> una grande quantità <strong>di</strong> movimenti all’interno della<br />

nostra stessa cultura occidentale. Movimenti che variamente propongono “libertà” e<br />

“salvezza” come temi centrali nel loro messaggio.<br />

Ecco dunque che la specificazione dei popoli oppressi non ha più ragione<br />

d’essere in quanto cessa <strong>di</strong> racchiudere in sé un riferimento puramente etnografico a<br />

popolazioni extra-occidentali; essa assume invece una valenza esistenziale più ampia in<br />

cui oppresso <strong>di</strong>venta sinonimo <strong>di</strong> creatore <strong>di</strong> forme culturali volte ad esprimere e<br />

riscattare una situazione presente <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio percepita, appunto, come oppressiva.<br />

Questa “necessità” <strong>di</strong> riscatto, intesa come “bisogno <strong>di</strong> sacro”, definisce una con<strong>di</strong>zione<br />

in cui lo stesso mondo culturale occidentale si trova immerso oggi come mai prima<br />

nella storia.<br />

16


È la recente pubblicazione de Le religioni in Italia, pubblicato a cura <strong>di</strong><br />

Massimo Introvigne e Pier Luigi Zoccatelli, che ci offre una panoramica sui cosiddetti<br />

“Nuovi Movimenti Religiosi” (NMR) presenti sul territorio italiano 4 . I NMR sono<br />

l’espressione tangibile del tentativo <strong>di</strong> organizzazione <strong>di</strong> modelli <strong>di</strong> fruizione <strong>di</strong> un<br />

“sacro” costruito come alternativo ai modelli tra<strong>di</strong>zionali, nel nostro caso al mo<strong>dello</strong><br />

cattolico che pure è fortemente ra<strong>di</strong>cato. Questo atteggiamento sottolinea ulteriormente<br />

e inequivocabilmente come, <strong>di</strong> fronte a una voragine <strong>di</strong> senso che pare inarrestabile, si<br />

faccia sentire altrettanto inarrestabile l’urgenza <strong>di</strong> ricomporre le leggi del cosmo.<br />

Introvigne e Zoccatelli in<strong>di</strong>viduano <strong>di</strong>ligentemente circa seicento “religioni”<br />

alternative al cattolicesimo ufficiale che vengono in<strong>di</strong>stintamente raggruppate sotto la<br />

<strong>di</strong>citura <strong>di</strong> “sacralità postmoderna”. Si opera così una riduzione che non tiene conto<br />

delle <strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne storico e situazionale che specificano il ruolo e il significato<br />

svolto dai cosiddetti NMR all’interno della società occidentale.<br />

Inoltre le motivazioni della <strong>di</strong>ffusione dei NMR vengono ricondotte a<br />

espressioni ambigue e generalizzanti come “la rivincita <strong>di</strong> Dio” o al fatto che “in un<br />

modo o nell’altro la stragrande maggioranza <strong>degli</strong> italiani prega” 5 ; motivazioni, queste,<br />

che testimoniano dell’atteggiamento che sta alla base della ricerca <strong>di</strong> Introvigne e che<br />

noi respingiamo in quanto, partendo da un presupposto cattolico-centrico e quin<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>scriminante a priori, inficia i presupposti per una più corretta comprensione <strong>di</strong> un<br />

fenomeno assai più complesso e sfumato com’è quello della cosiddetta “riscoperta del<br />

sacro”.<br />

Tuttavia l’unificazione arbitrariamente operata <strong>di</strong> fenomeni “religiosi” <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa<br />

derivazione è sintomo <strong>di</strong> un fatto strutturalmente omogeneo che caratterizza non solo<br />

l’Italia, ma anche e in misura sicuramente più evidente e maggiormente particolaristica<br />

la società statunitense e soprattutto i paesi dell’Africa e dell’America Latina. Questo<br />

fatto, visto in precedenza, è noto come la ricerca <strong>di</strong> un “rifugio nel sacro” che<br />

caratterizza lo sviluppo recente delle suddette società, e che trova la sua espressione nel<br />

proliferare <strong>di</strong> movimenti religiosi che si basano sulla richiesta sempre più pressante <strong>di</strong><br />

esperienze e risposte rivolte alla sfera del soprannaturale. Questa richiesta rilevante<br />

4 Si tratta della rie<strong>di</strong>zione aggiornata della Enciclope<strong>di</strong>a delle religioni in Italia del 2001, pubblicata<br />

sempre a cura <strong>di</strong> Massimo Introvigne e Pier Luigi Zoccatelli, rispettivamente <strong>di</strong>rettore e vice<strong>di</strong>rettore del<br />

CESNUR <strong>di</strong> Torino (Centro <strong>Stu<strong>di</strong></strong> sulle Nuove Religioni), che da quasi venti anni si occupa <strong>di</strong> fornire una<br />

mappatura sulle origini e gli sviluppi <strong>di</strong> eventuali nuove proposte <strong>di</strong> “sacro”, con una particolare<br />

attenzione rivolta alla realtà italiana.<br />

5 Non essendo riuscito a reperire il testo in questione, mi sono basato su alcune recensioni pubblicate nei<br />

mesi scorsi su <strong>di</strong>versi quoti<strong>di</strong>ani sia locali che nazionali; in particolare l’articolo <strong>di</strong> Maria Novella De<br />

Luca, L’11 settembre e la riscoperta della fede, apparso sul quoti<strong>di</strong>ano Repubblica del 9 maggio 2006.<br />

Ulteriori informazioni sono reperibili sul sito web del CESNUR<br />

17


appare conseguenza <strong>degli</strong> effetti travolgenti del processo <strong>di</strong> cambiamento dei modelli<br />

culturali, dei sistemi <strong>di</strong> valori, che ha segnato indelebilmente il XX secolo, e della<br />

conseguente <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> malessere e straniamento che i sistemi religiosi “tra<strong>di</strong>zionali”<br />

hanno fatto fatica a contenere.<br />

Rispetto alla presentazione che <strong>di</strong> questi fenomeni da Introvigne, il pregio<br />

in<strong>di</strong>scutibile del lavoro <strong>di</strong> ricerca <strong>di</strong> Lanternari a proposito dei movimenti <strong>di</strong> “libertà” e<br />

“salvezza” sta nell’offrirci una visione “<strong>di</strong>namica” <strong>di</strong> tali movimenti. Egli infatti valuta<br />

attentamente il ruolo non solo “religioso” ma anche storico, sociale, politico, che essi<br />

hanno avuto, nonché gli sviluppi che hanno subito nel corso del tempo nelle società in<br />

cui hanno trovato modo <strong>di</strong> germogliare. Infatti, sia che si tratti <strong>di</strong> movimenti sviluppatisi<br />

in seno a una società come reazione all’incontro-scontro con una civiltà <strong>di</strong>versa dagli<br />

atteggiamenti repressivi, sia che si tratti <strong>di</strong> movimenti endogeni, sorti cioè all’interno <strong>di</strong><br />

una stessa società con lo scopo <strong>di</strong> esprimere e risolvere situazioni critiche proprie <strong>di</strong><br />

quella data società, il “momento religioso” è solo una parte del più ampio e complesso<br />

processo che determina una realtà culturale. Occorre specificare a questo proposito che<br />

la classificazione operata da Lanternari in movimenti “endogeni” ed “esogeni”, così<br />

come la contrapposizione tra religione “ufficiale” e religione “popolare”, o tra mondo<br />

“etnologico” e mondo “colto” o “moderno”, non vogliono corrispondere nelle intenzioni<br />

dell’autore ad un rigido schematismo tipologico, tipico <strong>di</strong> un approccio fenomenologico<br />

allo stu<strong>di</strong>o del fenomeno religioso. Lanternari stesso precisa che le <strong>di</strong>stinzioni proposte<br />

sono da intendersi come “momenti” <strong>di</strong>versi ma non separati, che anzi spesso sono<br />

strettamente collegati tra loro e che si risolvono nel concreto processo storico,<br />

determinando lo sviluppo <strong>di</strong> un dato movimento.<br />

Per una più corretta capacità <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio occorre dunque affrontare l’analisi dei<br />

NMR tenendo presente il loro stretto intreccio con gli altri “momenti” che costituiscono<br />

una data struttura sociale – appunto quello storico, politico, economico ecc.<br />

Mantenendo dunque vivo un approccio comparativistico che non si limiti alla<br />

considerazione del “sacro” in sé, ma alle logiche che ne sottendono la costruzione in<br />

stretto rapporto con la sfera del “profano”, Lanternari ci rimanda tutta la complessa<br />

vitalità creativa che caratterizza quell’operazione culturale che è la nascita e lo sviluppo<br />

<strong>di</strong> un movimento “religioso”. Tale complessità ci fa dunque dubitare <strong>di</strong> troppo facili<br />

generalizzazioni, <strong>di</strong> etichette sotto cui ancora troppo spesso si raggruppano i più vari<br />

fenomeni nel tentativo <strong>di</strong> conferire loro una ra<strong>di</strong>ce storica e culturale comune che in<br />

realtà non posseggono, aprendo così la via, invece che ad una più completa<br />

18


comprensione della realtà, a possibili strumentalizzazioni, utili per operazioni<br />

revisionistiche che sembrano essere tornate tanto attuali.<br />

Se l’approccio comparativistico ci permette <strong>di</strong> considerare i vari movimenti nella<br />

loro irriducibile particolarità storica e culturale, allo stesso tempo ci consente <strong>di</strong><br />

osservarli nel loro insieme e <strong>di</strong> tentare in qualche modo una definizione della logica che<br />

sta alla base della creazione <strong>di</strong> un fatto “religioso”. Con ciò vogliamo intendere il<br />

tentativo <strong>di</strong> rintracciare le <strong>di</strong>namiche particolari che sottendono l’accettazione da parte<br />

<strong>di</strong> una comunità <strong>di</strong> un determinato insieme <strong>di</strong> norme comportamentali, <strong>di</strong> culti e<br />

pratiche rituali, <strong>di</strong> un immaginario con<strong>di</strong>viso, nella prospettiva <strong>di</strong> inserire all’interno <strong>di</strong><br />

una struttura significante i dubbi, gli imprevisti, le avversità che l’esistenza umana<br />

inevitabilmente comporta.<br />

19


Problematiche del “sacro”<br />

I <strong>di</strong>fferenti atteggiamenti interpretativi nei confronti dei NMR proposti da<br />

Introvigne da una parte e da Lanternari dall’altra, fanno riferimento a concezioni<br />

opposte per quanto riguarda il concetto <strong>di</strong> “sacro”. Tali concezioni fanno capo alle<br />

correnti <strong>di</strong> pensiero che propongono un approccio allo stu<strong>di</strong>o del fenomeno “religione”<br />

che ha preso il nome rispettivamente <strong>di</strong> “fenomenologico” e <strong>di</strong> “storico-religioso”.<br />

È a partire dal 1917, con la pubblicazione del volume Das Heilige da parte del<br />

teologo Rudolf Otto, che si delinea all’interno della cultura occidentale il concetto <strong>di</strong> un<br />

“sacro” inteso come qualcosa caratterizzato da una propria specificità irriducibile ad<br />

altro. Un “sacro” avulso dal contesto della/delle religioni.<br />

L’esempio <strong>di</strong> Otto, per quanto significativo, non è tuttavia isolato, ma si colloca<br />

in un momento storico animato da una particolare insistenza innovativa culturale. Tra le<br />

varie ricostruzioni dell’evoluzione del pensiero storico-religioso, vogliamo fare<br />

riferimento in particolare alla prima parte del saggio <strong>di</strong> Ernesto De Martino Mito,<br />

scienze religiose e civiltà moderna, datato 1959 e posto in apertura del volume Furore<br />

Simbolo Valore. Riferendosi alla situazione delle scienze religiose negli anni precedenti<br />

la fine del primo conflitto mon<strong>di</strong>ale, l’autore scrive:<br />

“In generale, consapevoli o no che ne fossero i singoli autori, la religione e il mito<br />

venivano ricondotti ad altro, erano “maschera” <strong>di</strong> qualche cosa d’altro: <strong>di</strong> esigenze<br />

filosofiche, scientifiche, estetiche, morali, <strong>di</strong> mondani bisogni proiettati nel sopramondo<br />

illusoriamente sod<strong>di</strong>sfatti, <strong>di</strong> strutture economico-sociali o ad<strong>di</strong>rittura della sessualità.<br />

[…] Negli ultimi quarant’anni, invece, si è venuto affermando in Occidente un vario<br />

movimento <strong>di</strong> pensiero che tende a riven<strong>di</strong>care la autonomia della religione e del mito<br />

nel quadro <strong>di</strong> una tematica esistenzialistica alimentata da un continuo riferimento alla<br />

concreta varietà dei fenomeni religiosi della storia umana. Etnologi come Frobenius,<br />

Jensen, Malinowski, Leenhardt, storici e fenomenologi della religione come R. Otto,<br />

Hauer, van der Leeuw, Eliade, W. Otto, Kereny, sociologi come Levy-Bruhl, Levi-<br />

Strauss e Caillois, filosofi come Cassirer, Bergson, Bachelard, Gusdorf, psicologi come<br />

Jung e Neumann, hanno inaugurato una valutazione della vita religiosa e del mito che,<br />

in netto contrasto con l’età precedente, è orientata verso il riconoscimento <strong>di</strong> profonde<br />

motivazioni esistenziali del “sacro”, del “mitico”, del “simbolico”.” 6<br />

6 De Martino 2002 (1962): 35-36<br />

20


Il “sacro” proposto da Otto è essenzialmente Ganz Anderes, letteralmente il Tutto Altro,<br />

l’alterità ra<strong>di</strong>cale, ab soluta rispetto all’uomo e alla sua con<strong>di</strong>zione. L’alterità del<br />

“sacro” è ontologicamente pensata come esistente in sé, al <strong>di</strong> fuori dei sistemi<br />

relazionali culturalmente determinati, una vera e propria categoria al <strong>di</strong> fuori anche delle<br />

stesse “religioni”, in cui esso appare organizzato culturalmente.<br />

Grazie ad Otto si afferma un mo<strong>dello</strong> più elastico cui fare riferimento che, in<br />

alternativa al concetto <strong>di</strong> “religione”, si configura come un comune denominatore che si<br />

può rintracciare attraverso tutte le esperienze <strong>di</strong> rapporto con ciò che è percepito come<br />

extraumano. In questo senso il “sacro” ottiano funge da convergenza per tutti i sistemi<br />

“religiosi”, invalidandone ogni pretesa <strong>di</strong> assolutezza e accomunandoli nell’<br />

accettazione <strong>di</strong> un unico Assoluto. L’Assoluto <strong>di</strong> Otto non si confonde però con l’idea<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>o o con i vari modelli <strong>di</strong> dei, ma esprime un a priori irriducibile che <strong>di</strong>viene<br />

identificabile e interpretabile all’interno della storia in cui agisce come “elemento<br />

altamente <strong>di</strong>namico e in<strong>di</strong>pendente”.<br />

La pretesa assolutezza del “sacro” <strong>di</strong> Otto <strong>di</strong>mora in quella che egli chiama<br />

religiöses Erlebnis, una “esperienza emozionale religiosa” non classificabile né<br />

definibile secondo gli schematismi delle varianti culturali, ma riconoscibile anzitutto<br />

come “emozione” esistente in sé che agisce sull’uomo coinvolgendolo secondo le<br />

polarità antitetiche del tremendum e del fascinans, atterrendo cioè profondamente<br />

l’uomo e contemporaneamente attirandolo irresistibilmente a sé, invitandolo ad un<br />

inevitabile rapporto.<br />

All’inizio del terzo capitolo della sua opera, Otto invita infatti il lettore a<br />

“rievocare un momento <strong>di</strong> commozione religiosa, possibilmente specifica”, ammonendo<br />

chi “non può farlo o chi non ha mai avuto <strong>di</strong> tali momenti” <strong>di</strong> non proseguire oltre con<br />

la lettura. La sostanza ultima che trascende tutti i modelli religiosi e permette<br />

l’esperienza del “sacro” è chiamata da Otto il numinoso, dal latino numen, termine<br />

in<strong>di</strong>cante la <strong>di</strong>vinità intesa nella sua essenza, fondamentalmente inconoscibile:<br />

“Si tratta dunque <strong>di</strong> trovare un nome per designare questo momento (del sentimento del<br />

“sacro”) isolatamente, nome che, prima ne determini tutta la peculiarità e che,<br />

secondariamente renda possibile <strong>di</strong> comprendere e rilevarne le eventuali sottospecie o i<br />

gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> sviluppo. Io formo pertanto la parola: il numinoso intendendo parlare <strong>di</strong> una<br />

speciale categoria numinosa che interpreti e valuti, e <strong>di</strong> uno stato d’animo numinoso che<br />

subentra ogni qualvolta quella sia applicata, vale a <strong>di</strong>re, quando un oggetto è pensato<br />

come numinoso. Simile categoria è assolutamente sui generis e non è definibile nel<br />

21


senso stretto, come non lo è alcun dato fondamentale e originale, ma è soltanto atta a<br />

essere accennata.” 7<br />

Quanto detto fino a qui basta ad evidenziare il cambiamento <strong>di</strong> prospettiva inaugurato<br />

dal pensiero del teologo tedesco, con cui si afferma definitivamente quella visione <strong>di</strong> un<br />

“sacro” essenzialmente “psicologico” e insieme ontologico.<br />

Questa interpretazione apriva alla possibilità <strong>di</strong> fondare su basi filosofiche una<br />

“storia comparata” che evitasse <strong>di</strong> ricondurre il fenomeno “religione” a qualcosa <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>verso dalla propria specificità. Infatti, riducendo l’ “essenza” <strong>di</strong> ciò che è considerato<br />

“religione” al sentimento del “sacro”, la visione <strong>di</strong> Otto permette <strong>di</strong> proporre una ricerca<br />

in cui sia possibile includere sullo stesso piano <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio anche manifestazioni<br />

definibili comunque “religiose” che possono però essere profondamente <strong>di</strong>verse e<br />

lontane dal cristianesimo eurocentrico e più in generale dai sistemi che fanno capo<br />

all’idea del Dio monoteista.<br />

Esperienze che coinvolgono più <strong>di</strong>rettamente il corpo attraverso l’uso dei<br />

cosiddetti “stati mo<strong>di</strong>ficati <strong>di</strong> coscienza” ricevono così <strong>di</strong>gnità non solo “scientifica” e<br />

permettono <strong>di</strong> mettere in evidenza tra<strong>di</strong>zioni sotterranee, da sempre comunque ben<br />

presenti nei filoni della mistica, delle pratiche esoteriche e dell’occulto, e <strong>di</strong> metterle in<br />

relazione con il quadro occidentale.<br />

Le riflessioni <strong>di</strong> Otto crearono delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> pensiero favorevoli per lo<br />

sviluppo della cosiddetta “fenomenologia della religione”, che si impegnò a co<strong>di</strong>ficare<br />

un “sacro” essenzialmente metastorico, posto oltre i confini della ragione umana, quin<strong>di</strong><br />

esplicitamente a-razionale, che ebbe, come si sa, larga fortuna nel corso del Novecento.<br />

L’idea <strong>di</strong> un “sacro” metastorico e ambiguo, esistente in sé e per sé, trova una larga<br />

<strong>di</strong>ffusione non solo in ambito accademico grazie soprattutto al successo dell’opera <strong>di</strong><br />

Mircea Eliade. Se si eccettua il “caso” italiano, le tesi <strong>dello</strong> stu<strong>di</strong>oso rumeno sono<br />

recepite entusiasticamente ed acriticamente, e godono <strong>di</strong> un consenso pressoché<br />

unanime fino alla fine <strong>degli</strong> anni Sessanta 8 . Il fatto che le impostazioni <strong>di</strong> Otto<br />

andassero a colmare un vuoto teorico percepito come necessario da riempire, è<br />

testimoniato dalla trasversalità con cui esse vennero accolte. Non bisogna <strong>di</strong>menticare<br />

infatti che Eliade proviene da un contesto culturale legato alla destra rumena, e la sua<br />

adesione negli anni Trenta alla politica fascista della Guar<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Ferro creò qualche<br />

riserva nei suoi confronti. Tuttavia l’uso <strong>di</strong> questo specifico concetto <strong>di</strong> “sacro” trova<br />

applicazione anche tra gli ambienti della sinistra francese, in particolare all’interno <strong>di</strong><br />

7 Otto 1994 (1917): 19<br />

8 confronta Angelini 2001 e De Martino-Pavese 1991<br />

22


quel singolare esperimento culturale che fu il College de Sociologie. Nella Parigi che si<br />

preparava alla guerra, autori come Bataille, ma in particolar modo Caillois nutrivano<br />

l’ambizione <strong>di</strong> compilare una vera e propria “sintassi del sacro”. Il loro punto <strong>di</strong><br />

partenza è esplicitamente quello <strong>di</strong> Otto, ma a fronte dell’approccio “introspettivo” del<br />

teologo tedesco, essi ricercavano un “sacro” che fosse attivo, che percorresse<br />

letteralmente, rigenerandolo, quell’organismo vivente che loro intendevano fosse la<br />

società 9 .<br />

Tuttavia il limite del pensiero <strong>di</strong> Otto sta proprio in questa sorta <strong>di</strong> isolamento<br />

metafisico in cui viene posto il “sacro”, sottraendolo così a ulteriori indagini critiche<br />

volte a determinarne le <strong>di</strong>namiche costitutive. Sarà questa esigenza <strong>di</strong> “razionalizzare”<br />

ulteriormente il limite metastorico del “sacro” a creare i presupposti per lo sviluppo <strong>di</strong><br />

un metodo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o delle “religioni” su base rigorosamente storicistica.<br />

Si vengono così consolidando, nei primi decenni del XX secolo, due linee<br />

interpretative che fungeranno da punto <strong>di</strong> riferimento nello stu<strong>di</strong>o del fenomeno<br />

“religione”. Una via è quella fenomenologica, che intendeva il “sacro” come entità<br />

categoriale trascendente, esistente in sé ed estranea ai con<strong>di</strong>zionamenti storici; l’altra è<br />

quella storicistica che viceversa immergeva pienamente il “sacro” all’interno del<br />

<strong>di</strong>venire storico, considerandolo una variante culturale analizzabile attraverso gli<br />

strumenti della ricerca comparativa. Per cercare <strong>di</strong> meglio chiarire questi due approcci<br />

tanto antitetici quanto reciprocamente connessi, faremo riferimento ai percorsi<br />

intellettuali <strong>di</strong> due tra i più rappresentativi esponenti <strong>di</strong> queste correnti <strong>di</strong> pensiero: il<br />

rumeno Mircea Eliade da una parte, e l’italiano Raffaele Pettazzoni dall’altra, uniti in<br />

vita da un ventennale rapporto <strong>di</strong> reciproca stima.<br />

9 Caillois 2001 (1939)<br />

23


Tra due interpretazioni: “sacro” phainomenon e<br />

“sacro” genomenon<br />

Le considerazioni <strong>di</strong> Otto sul “sacro” creeranno le premesse teoriche per<br />

l’affermazione della nozione <strong>di</strong> ierofania, coniata da Mircea Eliade. Intesa come<br />

“manifestazione del sacro”, essa si attesta come mo<strong>dello</strong> più ampio in grado <strong>di</strong> cogliere<br />

l’onnipresenza del “sacro” nella sua essenza e trascendenza, quali si presentano nelle<br />

manifestazioni simboliche rilevabili storicamente all’interno dei vari sistemi culturali.<br />

Tuttavia i riferimenti teorici più prossimi ad Eliade non sono tanto quelli<br />

teologizzanti del “sacro” <strong>di</strong> Otto, quanto piuttosto quelli dei cosiddetti “teorici della<br />

tra<strong>di</strong>zione”. Fino alla Seconda Guerra Mon<strong>di</strong>ale infatti, l’interesse del giovane rumeno è<br />

rivolto ad autori come Evola, Guénon, Coomarswamy, che facevano parte <strong>di</strong> un più<br />

ampio gruppo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>osi che sostenevano l’esistenza <strong>di</strong> una tra<strong>di</strong>zione primor<strong>di</strong>ale,<br />

sovrastorica, che unificava sotto un unico principio trascendente le <strong>di</strong>verse tra<strong>di</strong>zioni<br />

culturali sviluppatesi lungo i secoli. Egli sceglie deliberatamente <strong>di</strong> innestare il proprio<br />

cammino <strong>di</strong> riflessione sulla scia delle teorie <strong>di</strong>vulgate dai “tra<strong>di</strong>zionalisti” senza<br />

prendere in considerazione lo storicismo <strong>di</strong> un Pettazzoni, o la fenomenologia <strong>di</strong> un van<br />

der Leeuw che pure conosceva. Semplicemente i percorsi ermeneutici proposti dai<br />

“tra<strong>di</strong>zionalisti” meglio si adattavano ai suoi intenti. Ciò a cui mirava Eliade infatti, era<br />

la ricostruzione <strong>di</strong> una “metafisica arcaica” andata via via degradandosi nel tempo e<br />

costituita attorno al tema della reintegrazione della realtà nel tutto in<strong>di</strong>stinto che precede<br />

la creazione.<br />

Nei suoi primi volumi scientifici de<strong>di</strong>cati all’alchimia, si afferma una visione del<br />

mondo arcaico in cui la natura era vissuta come un corpo organico animato in cui tutti i<br />

“livelli” della realtà - storico e mitico – potevano essere uniti senza per questo venire<br />

annullati. A svolgere questa funzione unificante è designato il “simbolo religioso”<br />

creato dall’uomo. L’uomo infatti, secondo Eliade, prendendo coscienza della propria<br />

posizione nel cosmo, <strong>di</strong>viene consapevole <strong>di</strong> una caduta, <strong>di</strong> una separazione, intuisce la<br />

<strong>di</strong>vinità come un intero <strong>di</strong> cui non è più parte. Questa consapevolezza è fonte <strong>di</strong> dolore,<br />

timore e <strong>di</strong>sperazione, e da qui nasce l’atto religioso come bisogno fondamentale<br />

dell’uomo <strong>di</strong> restaurare l’unità con il cosmo. Il rifacimento <strong>di</strong> questa unità, tramite il<br />

24


<strong>di</strong>spositivo mitico-rituale, implica una sorta <strong>di</strong> “rottura <strong>di</strong> livello” in cui si rende<br />

possibile un fondamentale paradosso: la <strong>di</strong>struzione del cosmo e la sua ricostruzione in<br />

un’unica unità. Si rende possibile una coincidenza <strong>di</strong> contrari, la coincidenza <strong>di</strong> un<br />

frammento – l’uomo – con il tutto – il <strong>di</strong>vino 10 .<br />

Agli inizi del suo lavoro scientifico comunque, Eliade recupera le principali<br />

categorie interpretative dei “tra<strong>di</strong>zionalisti” – il tema della reintegrazione, della<br />

coincidenza dei contrari – ma le riutilizza spogliandole <strong>di</strong> ogni autonomia ontologica,<br />

con un senso puramente morfologico per cercare <strong>di</strong> arrivare a una comprensione della<br />

“metafisica arcaica”:<br />

“[Eliade] trasferisce il tema della reintegrazione dal livello metafisico al piano<br />

esperienziale e affettivo del sentimento e dell’angoscia esistenziale. […]L’atto rituale,<br />

secondo Eliade, costituisce un tentativo <strong>di</strong> reintegrazione dell’Assoluto perché<br />

manifesta la convergenza paradossale dell’essere e del non-essere, del sacro e del<br />

profano, e pertanto realizza su un piano empirico la coincidenza <strong>degli</strong> opposti” 11<br />

È questo spostamento, questa “rottura <strong>di</strong> livello” rispetto alle teorie “tra<strong>di</strong>zionaliste”,<br />

che traccia il solco per una nuova struttura concettuale che sfocerà nel concetto <strong>di</strong><br />

ierofania, attorno al quale verrà impostato il pensiero dell’Eliade maturo, e che viene<br />

esposto nella sua opera forse più conosciuta e ambiziosa che è il Trattato <strong>di</strong> storia delle<br />

religioni 12 .<br />

L’attenzione che Eliade riserva alla <strong>di</strong>mensione esperienziale traspare anche<br />

nelle modalità con cui egli racconta <strong>di</strong> aver concepito la nozione <strong>di</strong> ierofania. Tale<br />

concetto gli si rivela – è proprio il caso <strong>di</strong> <strong>di</strong>rlo – nella notte del 9 settembre 1940,<br />

nascosto in un rifugio antiaereo durante un pesante bombardamento su Londra, dove si<br />

trovava in qualità <strong>di</strong> addetto culturale presso la legazione reale rumena. L’episo<strong>di</strong>o è<br />

riportato da Pietro Angelini <strong>di</strong>rettamente dai <strong>di</strong>ari <strong>dello</strong> stesso Eliade che la descrive<br />

come una vera e propria folgorazione 13 . Sotto il frastuono delle esplosioni gli si<br />

10<br />

Per una ricostruzione delle linee <strong>di</strong> sviluppo del pensiero del giovane rumeno confronta Pisi 1998<br />

11<br />

Pisi 1998: 59<br />

12<br />

Il Trattato <strong>di</strong> storia delle religioni venne pubblicato nel gennaio 1949 dopo una lunga gestazione. Il<br />

nome dell’opera venne imposto a Eliade dall’e<strong>di</strong>tore francese Payot, mentre l’autore rumeno aveva<br />

proposto, più correttamente, Prolegomeni a una storia comparata delle religioni.<br />

13<br />

Angelini 2001. Il racconto è riportato poi, dallo stesso Angelini anche nell’introduzione da lui curata<br />

all’ultima e<strong>di</strong>zione italiana del Trattato (Eliade 2001), in cui aggiunge, tra l’altro, altre pagine dai <strong>di</strong>ari<br />

elia<strong>di</strong>ani: “Annoto, per il momento, l’idea fondamentale: le ierofanie, cioè la manifestazione del sacro<br />

nelle realtà cosmiche (oggetti o processi che appartengono al mondo profano), hanno una struttura<br />

paradossale, perché mostrano e camuffano allo stesso tempo la sacralità. Seguendo questa <strong>di</strong>alettica delle<br />

ierofanie fino alle sue ultime conseguenze (il sacro rivelato e nel contempo occultato nel Cosmo, in un<br />

essere umano – esempio supremo: l’incarnazione - , in una “Storia Santa”), si potrebbe identificare un<br />

nuovo camuffamento nelle pratiche, nelle istituzioni e nelle creazioni “culturali” moderne.<br />

Evidentemente, si sapeva che le funzioni biologiche importanti (l’alimentazione, la sessualità, la fertilità),<br />

25


presenta chiaramente alla mente l’idea delle ierofanie come manifestazioni del sacro<br />

nella realtà profana e come paradossale coincidenza <strong>di</strong> contrari.<br />

Il tema della ripetizione <strong>di</strong> un archetipo, così come quello della reintegrazione <strong>di</strong><br />

un passato mitico, costituiscono l’intreccio teorico su cui verrà imbastito il Trattato <strong>di</strong><br />

storia delle religioni. Per Eliade l’archetipo è un mo<strong>dello</strong> esemplare, simile all’ideale<br />

platonico, ma in<strong>di</strong>ca anche “l’aspetto costante, l’invariabile strutturale e astorica – e<br />

insieme la forma perfetta – del simbolismo religioso e delle ierofanie” 14 . La forza<br />

creatrice <strong>degli</strong> archetipi continuerebbe invariabilmente ad agire nell’uomo, e grazie a<br />

questa continuità, la storia riceverebbe il suo senso in quanto storia “sacra”. Così Eliade:<br />

“Tutte queste azioni archetipali furono rivelate allora, in illo tempore, in un tempo che<br />

non potrebbe essere localizzato cronologicamente, nel tempo mitico. Però queste azioni<br />

rivelandosi hanno creato un “principio”, un “avvenimento”, che viene a inserirsi nella<br />

prospettiva grigia e uniforme della durata profana (durata in cui appaiono e scompaiono<br />

gli atti insignificanti) e costruisce così la “storia”, la serie <strong>degli</strong> “avvenimenti che hanno<br />

un senso”, ben <strong>di</strong>stinta dalla <strong>di</strong>spersione dei gesti automatici e senza significato.” 15<br />

L’unità tra passato e presente, tra mondo arcaico e società moderna, garantita dalla<br />

ripetizione <strong>di</strong> un medesimo universo mitico-simbolico, è ciò che secondo lo stu<strong>di</strong>oso<br />

rumeno rende possibile una storia delle religioni. Ai suoi occhi infatti, la storia si<br />

configura come un susseguirsi <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse concezioni del mondo, determinate dalle varie<br />

manifestazioni del “sacro”, e il compito <strong>dello</strong> storico consisterebbe nel ricomporre<br />

questa successione.<br />

La ierofania impostata da Eliade aveva il merito <strong>di</strong> riaffermare la specificità e<br />

l’irriducibilità ad altro del fenomeno “religione”. Essa apriva inoltre alla comparabilità<br />

tra comportamenti religiosi “altri”, <strong>di</strong>stanti dalla prospettiva etnocentrica occidentale,<br />

con un respiro interculturale ed extraconfessionale più ampio rispetto alle posizioni <strong>di</strong><br />

Otto. Il Trattato infatti, si presenta fondamentalmente come una vasta collezione <strong>di</strong> miti<br />

e <strong>di</strong> riti classificati sulla base <strong>di</strong> una presunta “qualità” della paradossale “esperienza del<br />

sacro” resa possibile per mezzo <strong>di</strong> realtà profane. I vari capitoli in cui è sud<strong>di</strong>visa<br />

l’opera ci presentano altrettante raccolte <strong>di</strong> quelle che sono considerate ierofanie,<br />

or<strong>di</strong>nate secondo uno schema che parte dalla “esperienza del sacro” ritenuta più comune<br />

le arti (la danza, la musica, la poesia, le arti plastiche), i lavori e i mestieri (la caccia, l’agricoltura, le<br />

costruzioni <strong>di</strong> ogni genere ecc.), le tecniche e le scienze (la metallurgia, la me<strong>di</strong>cina, l’astronomia, la<br />

matematica, la chimica) avevano avuto all’origine una funzione e un valore magico-religioso. Ma io<br />

volevo mostrare che, anche sotto le sue forme ra<strong>di</strong>calmente desacralizzate, la cultura occidentale<br />

camuffava dei significati magico-religiosi che i nostri contemporanei (con l’eccezione <strong>di</strong> alcuni poeti e<br />

artisti) non sospettavano” (Eliade 2001: XVI)<br />

14 Pisi 1998: 69<br />

15 Eliade 2001 (1948): 359-360<br />

26


e imme<strong>di</strong>ata – ierofanie uraniche, solari e lunari – per arrivare a quelle ritenute più<br />

complesse – ierofanie temporali e spaziali.<br />

Tuttavia per Eliade il “sacro” esiste al <strong>di</strong> fuori dell’uomo e nelle singole<br />

circostanze nelle quali si rivela. Questa qualità “ontica” che caratterizza il “sacro”<br />

elia<strong>di</strong>ano, esistente in sé, acriticamente accettato, e che in quanto tale rende possibile la<br />

ierofania, penalizzava una più rigorosa prospettiva storica e laica. Lo stu<strong>di</strong>oso rumeno,<br />

infatti, non rinunciò mai <strong>di</strong> fare riferimento al richiamo storicistico, egli però<br />

considerava l’in<strong>di</strong>viduazione storica e culturale come un momento preliminare<br />

nell’analisi del fatto “religioso”, cui doveva necessariamente seguire una classificazione<br />

tipologica del materiale in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>schiuderne il significato metastorico. In altre<br />

parole le <strong>di</strong>namiche storiche acquistano senso per Eliade soltanto nella misura in cui<br />

rendono l’uomo consapevole <strong>di</strong> nuove modalità del “sacro” 16 .<br />

L’opposizione tra metodologia tipologica-fenomenologica e metodologia<br />

storicistica coinvolge alla ra<strong>di</strong>ce la pensabilità del “sacro” come oggetto specifico <strong>di</strong><br />

indagine. Tale opposizione si concretizza nel confronto critico che traspare dal lungo<br />

rapporto intercorso tra Eliade e l’italiano Raffaele Pettazzoni. Fondatore in Italia della<br />

<strong>di</strong>sciplina storico-religiosa e della cosiddetta Scuola Romana <strong>di</strong> Storia delle Religioni,<br />

egli fu il primo a collocare con chiarezza il concetto <strong>di</strong> “sacro” in una <strong>di</strong>mensione<br />

totalmente storica. Nel cercare <strong>di</strong> mettere in luce la via aperta da Pettazzoni, partiamo da<br />

quanto egli stesso scrive in uno dei suoi ultimi articoli, Il metodo comparativo, apparso<br />

sulla rivista Numen nel 1959, pochi mesi prima della sua scomparsa:<br />

“Ciò che manca alla fenomenologia religiosa, ciò che essa esplicitamente ripu<strong>di</strong>a, è<br />

l’idea <strong>di</strong> svolgimento. Intendendo il fenomeno religioso come “apparizione” o<br />

“rivelazione” del sacro, e come esperienza del sacro, la fenomenologia deliberatamente<br />

ignora quell’altro modo <strong>di</strong> pensare e <strong>di</strong> intendere per quale ogni phainomenon è un<br />

genomenon, ogni apparizione presuppone una formazione, ed ogni evento ha <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> sé<br />

un processo <strong>di</strong> sviluppo. L’idea <strong>di</strong> svolgimento è invece al centro del pensiero<br />

storicistico, mentre allo storicismo è estranea quella istanza che per la fenomenologia è<br />

fondamentale, cioè il riconoscimento della religione come valore autonomo. […] In<br />

termini sistematici, si tratta <strong>di</strong> superare le posizioni unilaterali della fenomenologia e<br />

<strong>dello</strong> storicismo integrandole reciprocamente, e cioè potenziando la fenomenologia<br />

religiosa col concetto storicistico <strong>di</strong> svolgimento e la storiografia storicistica con<br />

16 Confronta a questo proposito quanto scrive Paola Pisi in un interessante contributo apparso su SMSR in<br />

occasione <strong>di</strong> un numero monografico de<strong>di</strong>cato a Raffaele Pettazzoni a trent’anni dalla sua morte: “Lo<br />

stu<strong>di</strong>o storico, pur necessario per istituire quella “scienza integrale delle religioni” auspicata da Eliade, si<br />

riduce così, in definitiva, a fornire i materiali per l’e<strong>di</strong>ficazione per una morfologia sistematica, in cui la<br />

parola ultima è demandata all’ermeneutica, che sola può comprendere e interpretare i fatti religiosi. Il<br />

“senso” dei fenomeni religiosi si rivela in tal modo in ciò che risulta irriducibile alla storia (in ultima<br />

analisi nel sacro come modalità <strong>di</strong> significazione del mondo e nell’ “incoercibile desiderio umano <strong>di</strong><br />

trascendere il tempo e la storia”)”(Pisi 1990: 254)<br />

27


l’istanza fenomenologica del valore autonomo della religione, restando con ciò risolta la<br />

fenomenologia nella storia, e insieme riconosciuto alla storia religiosa il carattere <strong>di</strong><br />

scienza storica qualificata” 17<br />

Volendo ridurre la questione ai minimi termini, potremmo <strong>di</strong>re che l’apporto<br />

fondamentale <strong>di</strong> Pettazzoni sta tutto in questo cambio <strong>di</strong> prospettiva, ricco <strong>di</strong><br />

conseguenze e <strong>di</strong> possibilità. Il “sacro” non è il phainomenon elia<strong>di</strong>ano e<br />

fenomenologico, non una “manifestazione” <strong>di</strong> qualche cosa che esiste in sé, non il “tutto<br />

altro”, bensì un genomenon, produzione integralmente umana, qualcosa che l’umanità si<br />

costruisce <strong>di</strong> volta in volta nel corso della sua esistenza storica. Secondo questa ottica il<br />

“sacro” può cambiare, anzi, deve modellarsi a seconda dei bisogni, <strong>degli</strong> adattamenti,<br />

<strong>degli</strong> scopi che <strong>di</strong> volta in volta si presentano come necessari.<br />

Prima ancora che nella sottile e velata critica a Eliade e alla fenomenologia, che<br />

si rivelerà esplicitamente solo nei suoi Ultimi appunti pubblicati postumi, Pettazzoni<br />

organizza l’interpretazione storica del “sacro” nel confronto-conflitto con Benedetto<br />

Croce.<br />

Il nodo teorico della <strong>di</strong>scussione verteva attorno al problema del valore<br />

autonomo della religione. Com’è noto lo storicismo crociano negava uno spazio<br />

specifico della religione all’interno delle “categorie <strong>dello</strong> spirito”, e così facendo<br />

contestava ra<strong>di</strong>calmente le fondamenta teoriche <strong>di</strong> una <strong>di</strong>sciplina storico-religiosa.<br />

Diversamente Pettazzoni sosteneva la legittimità <strong>di</strong> riconoscere alla religione una<br />

propria specificità analizzabile rispetto agli altri tratti culturali <strong>di</strong> una determinata<br />

società, specificità che non stava però a significare in<strong>di</strong>pendenza assoluta, né tantomeno<br />

trascendenza. Tra i vari interventi a questo proposito, riportiamo quanto scritto<br />

nell’introduzione a La religione primitiva in Sardegna, pubblicata da Pettazzoni nel<br />

1912, ben prima dunque della formulazione dell’autonomia categoriale del “sacro” da<br />

parte <strong>di</strong> Otto:<br />

“La scienza delle religioni ha una in<strong>di</strong>vidualità sua propria fin da quando si è<br />

emancipata dalle <strong>di</strong>scipline affini. Essa è oggimai un organismo a sé, che per sua<br />

peculiare natura ha molteplici ed intimi rapporti con molte altre scienze, che si giova<br />

delle loro conquiste e progre<strong>di</strong>sce pei loro interessi, e in compenso dà loro una nozione<br />

che spesso mostrano <strong>di</strong> non possedere, la nozione del fenomeno religioso nel suo essere<br />

e nel suo <strong>di</strong>venire, nella sua unità complessa e nella sua varietà multiforme.” 18<br />

17 Pettazzoni 1959, riportato in Montanari 1990: 21<br />

18 Pettazzoni 1912, riportato in Pisi 1990: 256. E ancora, sempre riportato da Paola Pisi, un brano tratto da<br />

La religione nella Grecia antica fino ad Alessandro: “La religione è una forma della civiltà, e<br />

storicamente non si intende se non nel quadro <strong>di</strong> quella particolare civiltà <strong>di</strong> cui fa parte, e in organica<br />

connessione con le altre forme, quali la poesia, l’arte, il mito, la filosofia, la struttura economica, sociale e<br />

politica.”<br />

28


Date questa premesse risulta evidente come lo stu<strong>di</strong>oso italiano guardasse con interesse<br />

al percorso fenomenologico. Tale interesse si realizzava non tanto nella con<strong>di</strong>visione<br />

<strong>degli</strong> intenti programmatici volti a in<strong>di</strong>viduare “strutture” metastoriche del “sacro”,<br />

bensì nella valutazione positiva dell’impostazione metodologica, che poggiava<br />

sull’assunto del valore autonomo del fenomeno “religione”. Grazie a tale assunto, la<br />

fenomenologia arrivava a riconoscere un insieme <strong>di</strong> fatti e aspetti, culturalmente<br />

determinati e definiti come “religiosi”, che si presentavano realmente analoghi, se non<br />

altro formalmente, e ciò ne rendeva quin<strong>di</strong> possibile la comparazione. Tuttavia per<br />

Pettazzoni il metodo comparativo era ben lungi dal fungere da mero strumento <strong>di</strong><br />

classificazione tipologica <strong>di</strong> somiglianze e <strong>di</strong>fferenze, doveva invece essere orientato a<br />

in<strong>di</strong>viduare e a giu<strong>di</strong>care su base storica gli irripetibili processi <strong>di</strong> formazione e sviluppo<br />

in cui si risolvono integralmente le varie “religioni”.<br />

La proposta <strong>di</strong> Pettazzoni non si risolve dunque in una alternativa tra metodo<br />

storico e metodo fenomenologico, bensì in un tentativo <strong>di</strong> sintesi tra una fenomenologia<br />

religiosa che corre il rischio <strong>di</strong> assolutizzare il proprio oggetto <strong>di</strong> indagine ma che ne<br />

riconosce la specificità, e lo storicismo assoluto crociano che nega a priori la possibilità<br />

<strong>di</strong> un’indagine storiografica sulla religione e <strong>di</strong>sconosce le possibilità conoscitive del<br />

comparativismo. Egli infatti non intende riconoscere alla “religione” lo status<br />

categoriale <strong>di</strong> ingenerazione e immutabilità, in modo da affiancarla alle categorie<br />

crociane, ma piuttosto in<strong>di</strong>viduare un oggetto empirico da sottoporre alla ricerca e alla<br />

comparazione storica.<br />

Le parole <strong>di</strong> Paola Pisi chiariscono ulteriormente quanto detto:<br />

“La teorizzazione <strong>di</strong> una complementarità <strong>di</strong> storicismo e fenomenologia permette<br />

pertanto a Pettazzoni <strong>di</strong> evitare il rischio <strong>di</strong> una ontologizzazione metafisica dell’oggetto<br />

(religione come manifestazione <strong>di</strong> un “sacro” irriducibile alla storia, e pertanto passibile<br />

<strong>di</strong> una “comprensione” ermeneutica volta a scoprire, al <strong>di</strong> là delle variabili storiche,<br />

“essenze”, “strutture” e “archetipi” metastorici), sia <strong>di</strong> una reificazione filosofica del<br />

metodo (come accade con lo storicismo assoluto crociano, che trasforma la storia da<br />

metodo in valore). Così come la religione non assurge a un universale metastorico alla<br />

maniera dei fenomenologi, allo stesso modo lo storicismo pettazzoniano non <strong>di</strong>viene<br />

mai un sistema filosofico, ma è piuttosto il metodo <strong>di</strong> una ricerca che, proprio in quanto<br />

storica, impone <strong>di</strong> risolvere sul piano della storia, e delle ragioni umane e culturali, i<br />

fenomeni analizzati. Se dunque il rapporto storia/fenomenologia non si realizza, negli<br />

scritti pettazzoniani, come antitesi assoluta, è vero però che il momento tipologico e<br />

morfologico non può che avere, al massimo, una funzione preliminare rispetto a quello<br />

della critica storica: la gerarchia stabilita da Eliade, per cui la storia doveva essere<br />

29


ancilla phaenomenologiae, si trova ad essere ribaltata: fenomenologia ancilla<br />

historiae.” 19<br />

Il merito <strong>dello</strong> stu<strong>di</strong>oso italiano, non adeguatamente riconosciuto e compreso, sta nel<br />

proporre uno storicismo inteso come metodo d’indagine e non come presupposto<br />

filosofico, teorizzando così quella particolare scienza che è la “storia delle religioni”, la<br />

quale si presenta quin<strong>di</strong> come <strong>di</strong>sciplina “aperta”, che acquista <strong>di</strong>gnità e si determina<br />

proprio in virtù del suo stesso farsi, dell’applicazione rigorosa del proprio metodo <strong>di</strong><br />

analisi. Ciò che è comparabile non sono gli aspetti formali decontestualizzati e<br />

destorificati, ma le particolari <strong>di</strong>namiche <strong>di</strong> genesi e sviluppo <strong>di</strong> ciò che è comunemente<br />

definito “religione” ben inserite all’interno del contesto sociale, culturale, politico,<br />

economico, in cui tali <strong>di</strong>namiche hanno avuto modo <strong>di</strong> prodursi, cioè tenendo conto dei<br />

salti, delle interruzioni, <strong>degli</strong> sconvolgimenti, dei ricongiungimenti, che caratterizzano il<br />

continuo <strong>di</strong>venire della storia.<br />

Il senso del “sacro” per Pettazzoni deve dunque essere ricercato nel sistema <strong>di</strong><br />

rapporti che una determinata formazione “religiosa” intrattiene con le altre variabili che<br />

compongono il sistema culturale da cui essa è stata partorita. In questo senso le<br />

classificazioni da lui proposte, che non mancarono comunque <strong>di</strong> suscitare perplessità,<br />

intendono effettuare un passaggio “dalla tipologia alla storia”:<br />

“La frequente proposta <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferenziare e articolare le formazioni religiose in prenazionali,<br />

nazionali e sopranazionali (o pre-arcaiche, arcaiche e moderne) non è<br />

orientata ad elaborare una classificazione naturalistica coestensiva all’intero mondo<br />

delle religioni, ma piuttosto a storicizzare il problema dell’universalismo religioso.<br />

Cristianesimo, Islam e Bud<strong>di</strong>smo (insieme a Zoroastrismo e Manicheismo)<br />

appartengono – scrive Pettazzoni – allo stesso tipo religioso (convenzionalmente detto<br />

“moderno” o “supernazionale”) non tanto e principalmente perché possiedono alcuni<br />

tratti “statici” comuni (presenza <strong>di</strong> un fondatore alla loro origine, soteriologia<br />

oltremondana, pratica del proselitismo, <strong>di</strong>ffusione, almeno programmaticamente,<br />

universale), quanto perché hanno adempiuto storicamente ad una “funzione” analoga –<br />

quella cioè, ponendo la salvezza extramondana al <strong>di</strong> sopra e in opposizione ad ogni<br />

valore mondano, <strong>di</strong> determinare il nascere della religione come valore assoluto,<br />

sovraor<strong>di</strong>nato rispetto a qualsiasi elemento <strong>di</strong> identificazione “nazionale”. Le religioni<br />

autenticamente e propriamente sopranazionali non sono tali perché genericamente<br />

portatrici <strong>di</strong> un messaggio rivolto all’intera umanità, ma perché si sono storicamente<br />

realizzate come superamento e/o negazione – in nome <strong>di</strong> una salvezza “assoluta” extra-<br />

e oltre-mondana – <strong>di</strong> precedenti religioni, il cui fine era l’e<strong>di</strong>ficazione <strong>dello</strong> stato, o<br />

comunque del gruppo sociale.” 20<br />

19 Pisi 1990: 263<br />

20 Pisi 1990 : 266<br />

30


Metodo e oggetto del comparativismo storicistico sono dunque <strong>di</strong>aletticamente<br />

interconnessi e non si possono dare l’uno senza l’altro. Volendo ra<strong>di</strong>calizzare le<br />

posizioni <strong>di</strong> Pettazzoni, potremmo <strong>di</strong>re che una definizione tout court <strong>di</strong> cosa sia la<br />

“religione” o il “sacro” non sembra rendersi più necessaria. Necessaria si mostra<br />

piuttosto la possibilità della pensabilità <strong>di</strong> un “sacro” come prodotto storico e culturale,<br />

quin<strong>di</strong> essenzialmente mobile e cangiante. È la consapevolezza <strong>di</strong> questa necessità che<br />

porterà Dario Sabbatucci ad affermare provocatoriamente che un effetto del metodo<br />

inaugurato da Pettazzoni è quello della “vanificazione dell’oggetto religioso” 21 . Ed è<br />

probabilmente la in<strong>di</strong>scriminata non accettazione <strong>degli</strong> assunti teorici su cui si basa la<br />

ricerca storica delle religioni che ha portato questa <strong>di</strong>sciplina a non essere ancora<br />

pienamente riconosciuta in Italia, e a produrre una rimozione pressoché collettiva della<br />

figura <strong>di</strong> Pettazzoni dal panorama culturale del nostro paese.<br />

Ciò che viene vanificato non è tuttavia la “religione” in quanto fenomeno, la<br />

quale anzi viene riconosciuta come invenzione culturale fondamentale, bensì il concetto<br />

che <strong>di</strong> essa si è affermato nella cultura occidentale, cioè <strong>di</strong> essere un oggetto metastorico<br />

e metaculturale che “trasforma i prodotti culturali contingenti in oggetti necessari e<br />

conseguentemente in valori normativi” 22 .<br />

A proposito della provocazione <strong>di</strong> Sabbatucci, Nicola Gasbarro osserva:<br />

“Vanificare un oggetto è <strong>di</strong>ssolvere la sua pretesa oggettiva e annullare la reificazione<br />

del termine in sistemi culturali <strong>di</strong> relazioni storicamente determinati: persino<br />

l’assolutizzazione naturalistica o dogmatica è una costruzione culturale che nasconde<br />

nell’oggettività e sottrae alla storia ciò che vuole immutabilmente e intensivamente al<br />

vertice della piramide dei valori.” 23<br />

Alla luce <strong>di</strong> quanto detto fin qui, risulta evidente come etichette concettuali del tipo “la<br />

rivincita <strong>di</strong> Dio” o “il ritorno del sacro”, usate con successo per definire la massiccia<br />

<strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> Nuovi Movimenti Religiosi a partire dalla seconda metà del XX secolo,<br />

non abbiano significato da un punto <strong>di</strong> vista storicistico. Esse infatti fanno<br />

implicitamente appello alla concezione <strong>di</strong> un “sacro” che si “manifesta”, quin<strong>di</strong><br />

ontologicamente inteso, in cui la componente esperienziale si presenta come fondante e<br />

viene interpretata come un dato in sé. Ciò che manca è dunque un approccio che vada<br />

ad indagare le <strong>di</strong>namiche e le motivazioni storiche, i presupposti culturali <strong>di</strong> una tale<br />

proliferazione.<br />

21 Sabbatucci 1990, ma confronta anche Gasbarro 1990: 102-114<br />

22 Gasbarro 1990: 109<br />

23 Gasbarro 1990: 109<br />

31


Per tornare al nostro oggetto specifico <strong>di</strong> indagine, occorre quin<strong>di</strong> interrogarsi<br />

sui fattori che hanno reso possibile in pochi anni la moltiplicazione a livello mon<strong>di</strong>ale<br />

del fenomeno pentecostale-carismatico, in<strong>di</strong>viduare le funzioni a cui esso assolve nei<br />

contesti e nelle forme in cui si è espresso. Come mai tale fenomeno, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> altri<br />

movimenti recenti come ad esempio la New Age che negli ultimi anni ha registrato un<br />

calo <strong>di</strong> popolarità, non accenna ad arrestarsi ma continua il suo movimento <strong>di</strong><br />

espansione ?<br />

32


Il “sacro” come esperienza: la “presenza” <strong>di</strong> De Martino<br />

La concezione <strong>di</strong> un “sacro” inteso come “esperienza” ha riscosso una larga<br />

popolarità nel corso <strong>di</strong> tutto il Novecento, ed è alla base della <strong>di</strong>ffusione dei Nuovi<br />

Movimenti Religiosi. La cosiddetta “esperienza <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo” nel fenomeno<br />

pentecostale-carismatico è considerato il momento cruciale per la conversione del<br />

fedele. Va da sé che un <strong>di</strong>scorso sulla <strong>di</strong>mensione esperienziale del “sacro”, su come<br />

esso venga percepito e pensato, coinvolge la determinazione delle sue “origini”, della<br />

sua “natura”.<br />

All’interno dell’impostazione metodologica teorizzata da Pettazzoni, per cui il<br />

“sacro” è da intendersi come genomenon, prodotto interamente culturale il cui<br />

significato si sviluppa e si risolve interamente all’interno delle <strong>di</strong>namiche storiche che<br />

lo compongono, non sembrava trovare spazio una considerazione del fatto “religioso” al<br />

<strong>di</strong> fuori da queste <strong>di</strong>namiche. Tuttavia Paola Pisi, nella parte finale del suo saggio su<br />

Storicismo e fenomenologia nel pensiero <strong>di</strong> Raffaele Pettazzoni, mette in luce come<br />

nella sua ricerca sugli Esseri supremi onniscienti lo stu<strong>di</strong>oso italiano tracci una<br />

corrispondenza tra “religioso” e “angoscia” o “sentimento” intesi come dati ultimi, non<br />

storicizzabili ulteriormente, in cui in<strong>di</strong>viduare quella specificità altrimenti<br />

irraggiungibile. È lecito allora domandarsi:<br />

“Dunque, anche Pettazzoni, alla fine riconoscerebbe, al pari dei fenomenologi<br />

irrazionalisti, una originarietà e specificità del sentimento religioso soggiacente ad ogni<br />

<strong>di</strong>fferenziazione storica, aderendo all’errore <strong>di</strong> credere che idee chiare possano nascere<br />

da emozioni confuse ?” 24<br />

In realtà Pisi risolve la questione in poche battute segnando la <strong>di</strong>fferenza tra il ricorso al<br />

“sentimento del sacro”, aprioristico e programmatico, da parte <strong>di</strong> fenomenologi alla<br />

Otto o alla Van der Leeuw, e quello operato da Pettazzoni, comunque secondario<br />

rispetto all’indagine storico-culturale. Questa concessione alla <strong>di</strong>mensione affettiva<br />

testimonia comunque <strong>di</strong> una esigenza viva che in effetti rimane marginale nel pensiero<br />

pettazzoniano. Toccherà al napoletano Ernesto De Martino problematizzare a fondo, in<br />

24 Pisi 1990: 276<br />

33


chiave storicistica, la questione del “sentimento del sacro”, che <strong>di</strong>verrà uno dei no<strong>di</strong><br />

fondamentali della sua attività <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>oso.<br />

De Martino, infatti, si è particolarmente de<strong>di</strong>cato a mettere in luce i limiti del<br />

<strong>di</strong>scorso fenomenologico sulla natura del “sacro”, elaborando, <strong>di</strong> contro, una nuova e<br />

organica chiave <strong>di</strong> lettura dell’efficacia del nesso mitico-rituale come fondamentale<br />

mo<strong>dello</strong> culturale per la risoluzione, sia a livello sociale che in<strong>di</strong>viduale, <strong>di</strong> momenti<br />

particolarmente critici.<br />

Il contributo specifico <strong>di</strong> De Martino si <strong>di</strong>pana lungo tutto l’arco del suo<br />

percorso intellettuale attraverso un continuo confronto, denso, serrato, sempre<br />

attraversato da una forte tensione etica, che egli ha condotto con il pensiero <strong>di</strong> alcuni dei<br />

maggiori rappresentanti del metodo fenomenologico quali Otto, Van der Leeuw, Eliade,<br />

nell’intento <strong>di</strong> gettare le basi teoriche per uno stu<strong>di</strong>o dell’origine del fatto “religioso”<br />

che si esaurisca completamente all’interno <strong>di</strong> <strong>di</strong>namiche storiche, emancipandosi così da<br />

griglie interpretative teologizzanti o misticheggianti.<br />

È importante sottolineare come pur sottoponendo a costante e dura critica il<br />

metodo fenomenologico, anche De Martino si allinea con Pettazzoni nel riconoscere a<br />

più riprese l’importanza fondamentale che esso ricopre nel campo <strong>degli</strong> stu<strong>di</strong> religiosi<br />

proponendo la sfera del “sacro” come oggetto <strong>di</strong> analisi specifico e autonomo 25 .<br />

Il punto cruciale in De Martino è la definizione in chiave storica del “tutto altro”<br />

fenomenologico, e ciò avviene innanzitutto ribaltandone l’impostazione filosofica,<br />

andando a reinterpretare la ra<strong>di</strong>cale alterità del sacro non più come dato metafisico<br />

assoluto ma come “rischio concreto, terrestre, <strong>di</strong> alienazione dell’umano”.<br />

Tale preciso rischio esistenziale, definito dall’etnologo napoletano come la<br />

“per<strong>di</strong>ta della presenza”, richiede <strong>di</strong> essere culturalmente rielaborato per “restituire<br />

l’uomo a se stesso”, ed è a questa precisa funzione che assolvono le varie tecniche<br />

mitico-rituali.<br />

La “presenza” demartiniana si pone dunque come concetto fondante, sia della<br />

riflessione speculativa <strong>di</strong> De Martino, sia della <strong>di</strong>namica mitico-rituale. Essa è<br />

dall’autore variamente definita lungo tutta la sua opera in un incessante lavoro <strong>di</strong><br />

25 Confronta, a questo proposito, saggi teorici fondamentali come Mito, scienze religiose e civiltà<br />

moderna pubblicato in De Martino 2002 (1962), Fenomenologia religiosa e storicismo assoluto e<br />

Storicismo e irrazionalismo nella storia delle religioni, entrambi ripubblicati a cura <strong>di</strong> Massenzio in De<br />

Martino 1995, assieme a una raccolta <strong>di</strong> scritti ine<strong>di</strong>ti dell’autore napoletano. Confronta anche De<br />

Martino – Pavese 1991, in cui viene ricostruita la vicenda della cosiddetta “collana viola”, coraggioso<br />

progetto e<strong>di</strong>toriale con cui De Martino intendeva svecchiare la cultura italiana del secondo dopoguerra<br />

rendendo reperibili opere che analizzassero l’oggetto “religione” da <strong>di</strong>versi punti <strong>di</strong> vista (etnologico,<br />

storico, fenomenologico...)<br />

34


evisione delle proprie tesi, ma si impone come strettamente collegata alla riflessione<br />

sul sacro a seguito della polemica contro l’Erlebnis <strong>di</strong> van der Leeuw, il rivivere un dato<br />

fenomeno religioso dopo essersene immersi sentimentalmente. Concetto chiave per un<br />

approccio ermeneutico al fenomeno “religioso”, l’Erlebnis è da De Martino considerato<br />

un tentativo <strong>di</strong> eluderne una autentica comprensione perché pone all’inizio del processo<br />

ierogenetico non l’uomo, ma l’esperienza <strong>di</strong> Dio e delle sue manifestazioni:<br />

“Ciò che per l’uomo religiosamente impegnato sta come punto <strong>di</strong> partenza (il <strong>di</strong>vino o il<br />

numinoso che si rende presente, che si manifesta) costituisce per lo storico soltanto una<br />

tappa o un momento del reale processo ierogenetico da ricostruire. […] In realtà il<br />

rapporto in sé col numinoso mantiene la sua apparenza <strong>di</strong> «nudo contatto con il <strong>di</strong>vino»<br />

preculturale me<strong>di</strong>ante una oscillazione fra il vuoto <strong>di</strong> una mera definizione verbale e la<br />

falsa pienezza che deriva dalla generalizzazione e dalla assolutizzazione <strong>di</strong> determinate<br />

esperienze religiose storicamente determinate.” 26<br />

È dunque nello sforzo <strong>di</strong> rigenerazione della derivazione storica <strong>di</strong> una determinata<br />

esperienza religiosa, che viene erroneamente assolutizzata e percepita come un “dato”,<br />

che si contestualizza la posizione e la funzione della presenza umana. Delle varie<br />

definizioni della presenza che si possono riscontrare negli scritti <strong>di</strong> De Martino - sia tra<br />

quelle più compiutamente elaborate nelle opere pubblicate in vita dall’autore, sia tra<br />

quelle presenti negli appunti dati alle stampe postumi – ne scegliamo alcune<br />

appartenenti a quest’ultimo gruppo perché ci sembrano maggiormente evidenziare la<br />

ricerca <strong>di</strong> De Martino <strong>di</strong> inserirsi in un confronto aperto con la cultura europea sua<br />

contemporanea, ricerca che si inserisce pienamente nell’intento <strong>di</strong> svecchiamento del<br />

panorama culturale italiano, altro leit motiv dell’opera demartiniana:<br />

“Presenza significa “farsi presente alla situazione”: non è quin<strong>di</strong> la existentia<br />

dell’ontologia tra<strong>di</strong>zionale. Farsi presente alla situazione significa trascenderla nel<br />

valore, staccarsi da essa valorizzandola, ed emergere come presenza in virtù <strong>di</strong> tale<br />

valorizzazione, nella misura in cui ha luogo il trascen<strong>di</strong>mento valorizzante. […]<br />

L’esistenza è “presenza” (Dasein, esserci), la presenza è trascen<strong>di</strong>mento della situazione<br />

nel valore, oltrepassare ciò che passa facendolo passare in forme <strong>di</strong> coerenza culturale.<br />

La presenza esiste nella misura in cui decide valorizzando ed entra in crisi nella misura<br />

in cui resta prigioniera <strong>di</strong> una situazione critica. […] Il <strong>di</strong>ssolversi dell’ethos del<br />

trascen<strong>di</strong>mento costituisce il rischio <strong>di</strong> perdersi della presenza, in quanto la presenza<br />

passa con ciò che passa in luogo <strong>di</strong> far passare la situazione nel valore, emergendo come<br />

presenza in virtù proprio <strong>di</strong> questo “far passare”. L’esistenza è pertanto<br />

presentificazione valorizzante in lotta col rischio <strong>di</strong> non esserci. […] La presenza che si<br />

perde è la presenza che si isola, che perde rapporto con i compiti <strong>di</strong> universalizzazione e<br />

26 De Martino 1995: 77-78<br />

35


<strong>di</strong> valorizzazione che la fondano come presenza: è il regre<strong>di</strong>re dalla socialità e dalla<br />

comunicabilità verso il privato, il cifrato, l’incomunicabile.” 27<br />

E ancora:<br />

“La presenza può formare problema vitale preponderante, nel senso che può correre il<br />

rischio <strong>di</strong> non esserci, <strong>di</strong> smarrirsi o <strong>di</strong> <strong>di</strong>leguare, e può quin<strong>di</strong> sentirsi impegnata a<br />

possedersi, ad appropriarsi <strong>di</strong> sé, a recuperare la possibilità del completo <strong>di</strong>spiegamento<br />

delle potenze operative che fanno uomo l’uomo; a combattere l’angoscia <strong>di</strong> perdere se<br />

stessa e il mondo, se stessa e la cultura umana. Questa angoscia non è propriamente <strong>di</strong><br />

nulla, ma <strong>di</strong> quel non essere relativo che è il non esserci della presenza nel <strong>di</strong>venire<br />

storico, il non esserci come centro <strong>di</strong> decisione e <strong>di</strong> scelta secondo <strong>di</strong>stinte potenze<br />

operative: è la esperienza <strong>di</strong> una catastrofe definitiva, la possibilità <strong>di</strong> ricadere dal piano<br />

umano a quello sub-umano della mera opposizione naturale, cieca del lume della<br />

<strong>di</strong>stinzione, incapace <strong>di</strong> andar oltre la mera vitalità organica o corporea o animale che si<br />

<strong>di</strong>ca.” 28<br />

In una concezione che opera una netta <strong>di</strong>stinzione qualitativa tra mondo naturale (del<br />

corpo e delle sue funzioni organiche, dei suoi bisogni e dei suoi istinti) e mondo<br />

culturale (la sfera del dominio tecnico della natura oggettiva e, conseguentemente,<br />

dell’elaborazione <strong>di</strong> tecniche produttive senza le quali non sarebbero possibili l’ethos,<br />

l’arte, il logos), la presenza è per l’uomo un bene fondamentale perché è la con<strong>di</strong>zione<br />

che gli permette <strong>di</strong> stare al mondo come creatore <strong>di</strong> cultura; <strong>di</strong> operare scelte e decisioni<br />

che trascendano il livello meramente naturale; <strong>di</strong> rico<strong>di</strong>ficare il <strong>di</strong>venire irrelato e<br />

angoscioso che caratterizza tale livello entro un orizzonte simbolico valorizzante che<br />

consente alla presenza <strong>di</strong> determinarsi come tale. Tuttavia la presenza non è per l’uomo<br />

un dato acquisito una volta per tutte, è anzi una con<strong>di</strong>zione dell’operatività storica che<br />

in determinate situazioni corre il rischio <strong>di</strong> venire meno.<br />

De Martino riconosce infatti l’esistenza del cosiddetto “istinto <strong>di</strong> morte”<br />

freu<strong>di</strong>ano, <strong>di</strong> una eversione fine a se stessa dalla storicità culturalmente determinata,<br />

eversione con<strong>di</strong>zionata da un irrelato “ritorno” <strong>di</strong> un passato idealizzato che spesso si<br />

concretizza in comportamenti <strong>di</strong>struttivi e in esplosioni <strong>di</strong> aggressività incontrollata. Ed<br />

è questa <strong>di</strong>struzione dell’or<strong>di</strong>ne che il <strong>di</strong>spositivo religioso ha sempre contrastato,<br />

inserendola all’interno della sfera protetta della rappresentazione mitico-rituale che<br />

prevede la rifondazione dell’orizzonte <strong>di</strong> valori messo in <strong>di</strong>scussione 29 .<br />

27<br />

La raccolta <strong>di</strong> appunti in questione è stata pubblicata da Massenzio con il titolo I fondamenti <strong>di</strong> una<br />

teoria del sacro in De Martino 1995: 97-138<br />

28<br />

De Martino 1995: 59<br />

29<br />

A proposito della funzione del simbolo mitico-rituale la cui efficacia è venuta meno nella società<br />

contemporanea occidentale, confronta il saggio Furore in Svezia, pubblicato in De Martino 2002 (1962):<br />

167-173, in cui l’autore espone un fatto <strong>di</strong> cronaca avvenuto a Stoccolma la notte <strong>di</strong> capodanno del 1956.<br />

36


Nell’elaborazione del concetto della presenza che ab<strong>di</strong>ca dal suo ruolo<br />

valorizzante De Martino cerca il confronto – ravvisabile anche nella scelta <strong>di</strong> adattarsi<br />

ad un linguaggio specifico per cui la presenza è intesa come esserci-nel-mondo - con<br />

l’analitica esistenziale heideggeriana. Nel tentativo <strong>di</strong> “passare da un orizzonte<br />

ontologico a un orizzonte storiografico”, l’autore napoletano si sofferma in particolare<br />

sul concetto <strong>di</strong> Geworfenheit:<br />

“La deiezione, la Geworfenheit, l’essere-gettato-nel-mondo è il rischio che travolge<br />

l’esserci-nel-mondo: ma l’esserci-nel-mondo, la presenza, è sempre un gettare il mondo<br />

davanti a sé attraverso l’opera universalizzante, l’apertura ai valori. L’essere-gettatonel-mondo<br />

significa già la presenza che si perde e che, perdendosi, perde il mondo. La<br />

Geworfenheit è il male estremo che minaccia, e da cui – al tempo stesso – si riscatta<br />

l’ethos della presenza.” 30<br />

Come suo solito dunque, De Martino interpreta il pensiero altrui secondo le proprie<br />

coor<strong>di</strong>nate: la deiezione dell’Heidegger <strong>di</strong> Essere e Tempo non viene intesa come<br />

struttura ontologica essenziale, che si manifesta nella quoti<strong>di</strong>anità dell’Esserci<br />

in<strong>di</strong>pendentemente da con<strong>di</strong>zionamenti esterni 31 . Al contrario viene identificata con<br />

quella con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> totale alienazione che segue la per<strong>di</strong>ta della presenza e del mondo,<br />

proprio con quel lato oscuro determinato da particolari momenti critici del <strong>di</strong>venire.<br />

Avendo dunque la deiezione una caratteristica ra<strong>di</strong>calmente negativa, essa non può<br />

assolutamente rientrare nella <strong>di</strong>mensione del quoti<strong>di</strong>ano, il quale invece è per De<br />

Martino essenzialmente mundus.<br />

È in questo senso che si definisce il “tutto altro” demartiniano, cioè come la<br />

con<strong>di</strong>zione storicamente determinata della presenza che si aliena a se stessa, ed è in<br />

questo senso che il “sacro” si manifesta come sintomo <strong>di</strong> una patologia da cui è<br />

necessario guarire per poter riguadagnare quell’operatività che <strong>di</strong>stingue l’uomo come<br />

tale.<br />

Tecnica <strong>di</strong> “guarigione” è quella che De Martino chiama “destorificazione<br />

religiosa” o “destorificazione istituzionale”, che interviene sul “tutto altro” della<br />

Durante i festeggiamenti si erano registrate delle immotivate esplosioni <strong>di</strong> violenza da parte <strong>di</strong> centinaia<br />

<strong>di</strong> giovani: De Martino interpreta l’accaduto come il limite estremo cui giunge chi non trova più adeguati<br />

sistemi <strong>di</strong> risoluzione culturale per una crisi esistenziale in atto.<br />

30 De Martino 1995: 104<br />

31 Confronta il brano <strong>di</strong> Heidegger riportato anche da Massenzio nell’introduzione a De Martino 1995: 24:<br />

“Il fenomeno della deiezione non ci fa conoscere una specie <strong>di</strong> “faccia notturna” dell’Esserci, una qualità<br />

ontica tale da costituire l’integrazione dell’aspetto abituale <strong>di</strong> questo ente. La deiezione rivela una<br />

struttura ontologica essenziale dell’Essere stesso, struttura che ne costituisce così poco l’aspetto notturno<br />

da riempire, nella quoti<strong>di</strong>anità tutti i suoi giorni.”<br />

37


presenza alienata a sé stessa e sul ritorno irrelato e non controllato <strong>di</strong> un “passato”<br />

angoscioso.<br />

Tramite il <strong>di</strong>spositivo mitico-rituale, l’uomo identifica le contingenze della vita<br />

con il para<strong>di</strong>gma rassicurante del racconto mitico.<br />

Nel mito l’esito <strong>di</strong> una vicenda è già dato una volta per tutte, quin<strong>di</strong> è sufficiente<br />

“riviverlo” nella pratica rituale per garantirsi il medesimo esito positivo. Dunque, la<br />

ripetizione rituale dell’evento primor<strong>di</strong>ale mitico, dall’esito assicurato, assicura<br />

all’uomo la fuga dall’angoscia della storia e <strong>di</strong> vivere in essa “come se” non ci stesse,<br />

dandogli così modo, attraverso il “simbolo”, <strong>di</strong> plasmare il “furore” della crisi in una<br />

nuova azione valorizzante.<br />

L’alterità del “sacro”, interpretata nei termini angosciosi della crisi della<br />

presenza, è dunque fondamentalmente terapeutica proprio in quanto istituzionalizzata e<br />

regolata. Diventa così veicolo essenziale per riaccedere al mondo “profano” delle<br />

attività quoti<strong>di</strong>ane.<br />

L’analisi del <strong>di</strong>spositivo salvifico che permette <strong>di</strong> accedere alla <strong>di</strong>mensione<br />

metastorica del controllo rituale, dove tutto è già deciso una volta per tutte rimane,<br />

lungo l’intero percorso intellettuale <strong>di</strong> De Martino, momento fondamentale su cui<br />

basare il giu<strong>di</strong>zio sull’efficacia <strong>di</strong> un determinato sistema mitico-rituale.<br />

Tale sistema inteso come tentativo <strong>di</strong> risoluzione <strong>di</strong> una crisi è strumento <strong>di</strong><br />

genesi culturale. In quest’ottica si colloca quello che per De Martino è il compito<br />

fondamentale <strong>dello</strong> storico delle religioni: ricostruire cioè le <strong>di</strong>namiche storiche e<br />

culturali che hanno condotto alla formazione <strong>di</strong> un determinato sistema religioso. Per<br />

<strong>di</strong>rla con le parole <strong>dello</strong> stesso De Martino:<br />

“La storia delle religioni è quin<strong>di</strong> chiamata per la parte che le spetta a rigenerare nel<br />

pensiero la nascita dell’umano: ma non già <strong>di</strong> quella nascita che avvenne una volta per<br />

sempre dal grembo della natura e che nel gergo antropologico si chiama ominazione, ma<br />

<strong>di</strong> quella che continuamente è messa in causa dalla vita culturale, e che mantiene<br />

tuttavia, al <strong>di</strong> là delle sue forme storiche, un significato complessivo unitario.” 32<br />

Il significato unitario è quell’aspetto patologico del sacro cui abbiamo accennato e che<br />

vedremo darà a<strong>di</strong>to a delle <strong>di</strong>vergenze nell’interpretazione dell’ultimo De Martino.<br />

Per ora ci preme specificare come lo storico delle religioni napoletano abbia<br />

preso come oggetto specifico <strong>di</strong> indagine critica la società in cui si è trovato a vivere.<br />

L’utilizzo della tecnica mitico-rituale rimane una prerogativa necessaria per le culture<br />

32 De Martino 1995: 91<br />

38


cosiddette “primitive” che sarebbero più spesso sottoposte a situazioni critiche; al<br />

contrario tale <strong>di</strong>spositivo protettivo non è, e non può più essere attivamente operante<br />

nella civiltà occidentale contemporanea.<br />

Infatti il valore della storia è stato me<strong>di</strong>ato nella società occidentale proprio dal<br />

cristianesimo, e più in generale dall’intera tra<strong>di</strong>zione giudaico-cristiana 33 .<br />

La religione cristiana poggia su una concezione del tempo molto particolare, che<br />

commemora ciclicamente il suo momento fondatore: il sacrificio del Cristo, dell’uomo-<br />

<strong>di</strong>o. Tale momento, tuttavia, non è posto al <strong>di</strong> fuori della storia, anzi ne occupa un<br />

“luogo” preciso e fondamentale, e in virtù <strong>di</strong> ciò esso è inserito nel tempo che tutto può<br />

mo<strong>di</strong>ficare. La storia cristiana si sviluppa seguendo la prospettiva del “già e non<br />

ancora”, inaugurata dalla venuta <strong>di</strong> Cristo, dalla sua morte e resurrezione e dalla<br />

successiva <strong>di</strong>scesa <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo durante la Pentecoste.<br />

Questi avvenimenti non hanno però attualizzato fino in fondo la promessa <strong>di</strong> una<br />

palingenesi ra<strong>di</strong>cale, e nel mondo cristiano si afferma la necessità <strong>di</strong> operare attivamente<br />

nella storia – legittimando così l’azione missionaria, anche violenta -, valorizzandola in<br />

vista della definitiva realizzazione “storica” del Regno <strong>di</strong> Dio, la cosiddetta “seconda<br />

venuta” che il cristianesimo stesso ha collocato in un tempo futuro tanto inevitabile<br />

quanto inconoscibile da parte dell’uomo.<br />

Con l’affermazione del cristianesimo si ha dunque, parimenti, l’affermazione <strong>di</strong><br />

una concezione del tempo e della storia che potremmo definire “lineare” e che si<br />

contrappone a una concezione ciclica, che presuppone una rassicurante “uscita dalla<br />

storia”, tipica <strong>di</strong> altri sistemi simbolici.<br />

Possiamo <strong>di</strong>re che ciò ha permesso, all’interno del mondo influenzato dalla<br />

tra<strong>di</strong>zione cristiana, una crescente “laicizzazione” dei costumi e soprattutto il costituirsi<br />

<strong>di</strong> una coscienza storicistica in grado <strong>di</strong> analizzare criticamente il percorso della storia, e<br />

all’interno <strong>di</strong> esso il ricorso al nesso mitico-rituale come <strong>di</strong>spositivo <strong>di</strong> salvezza,<br />

evidenziandone via via l’inattualità.<br />

Tuttavia sottolineare l’inadeguatezza del simbolo “religioso” non equivale a<br />

negare efficacia all’azione simbolica in sé, che anzi rimane strumento culturalmente<br />

fondante. La soluzione proposta da De Martino è quella che segue la via del cosiddetto<br />

“umanesimo etnografico”, il cui scopo consiste nel salvare l’uomo non dalla storia, ma<br />

dall’inevitabile angoscia che l’esistenza umana comporta.<br />

33 Per le riflessioni <strong>di</strong> De Martino sul Cristianesimo come me<strong>di</strong>atore del valore della storia confronta De<br />

Martino 2002 (1977), in particolare il capitolo riguardante Il dramma dell’apocalisse cristiana<br />

39


Attraverso l’incontro con l’etnograficamente “altro”, sia sincronico che<br />

<strong>di</strong>acronico, lo storico delle religioni può e deve giungere ad una presa <strong>di</strong> coscienza<br />

critica del proprio patrimonio culturale e soprattutto mettere in luce i limiti e i guadagni<br />

sottesi all’utilizzo <strong>di</strong> tecniche mitico-rituali all’interno <strong>di</strong> una data cultura.<br />

Per quanto riguarda la società occidentale contemporanea, una volta presa<br />

coscienza del ruolo efficace che il simbolo mitico-rituale ha svolto in una lunga epoca<br />

storica, e del progressivo esaurimento della sua funzione, si fa sentire la necessità <strong>di</strong> un<br />

simbolismo “laico” tramite cui la fase della “origine fondatrice e autenticatrice” non<br />

venga ricondotta ad un piano mitico, destorificato, ma appartenga integralmente alla<br />

<strong>di</strong>mensione della realtà storica. 34<br />

A questo proposito c’è un passaggio de La fine del mondo che esprime in<br />

maniera esemplare gli intenti <strong>di</strong> De Martino. Pur nella sua lunghezza, vale la pena<br />

citarlo per intero per la sua estrema attualità, e perché, nonostante in alcuni punti ceda il<br />

passo a una certa enfasi retorica, rimanda intatta la tensione etica che pervade tutto<br />

l’operato dell’autore napoletano, fungendo allo stesso tempo da magnifico testamento e<br />

da stimolante invito programmatico per il futuro:<br />

“L’alternativa è chiara: o si accetta o non si accetta la realtà della con<strong>di</strong>zione umana,<br />

che è limite e iniziativa che oltrepassa il limite, situazione e valore che trascende la<br />

situazione, morte e opera che sopravvive alla morte. Se non si accetta questa<br />

con<strong>di</strong>zione, perché l’accettarla comporterebbe l’annientamento <strong>dello</strong> stesso coraggio<br />

civile creatore <strong>di</strong> civiltà e <strong>di</strong> storia, allora non resta che negare realtà a questa<br />

con<strong>di</strong>zione, e occultarla e mascherarla nei gran<strong>di</strong> temi protettivi della vita religiosa, del<br />

mito e del rito, della teologia e della metafisica, della magia e della mistica. Non resta<br />

cioè che svalutare a mondo <strong>di</strong> segni e <strong>di</strong> simboli i ritmi dell’opera quoti<strong>di</strong>ana, e svolgere<br />

all’ombra <strong>di</strong> un or<strong>di</strong>ne già istituito in illo tempore il compito <strong>di</strong> istituire, qui ed ora, un<br />

or<strong>di</strong>ne nuovo. Il fare sarà allora mascherato nel ripetere e nell’imitare, lo star desto sarà<br />

ricompresso in un sognare, e nella storia si starà come se non ci si stesse, perché si è già<br />

fuori; ma intanto, per questa pia fraus, si opererà e si creerà, e si innalzerà l’e<strong>di</strong>ficio<br />

della civiltà. Se invece si accetta la con<strong>di</strong>zione umana, e si riconosce senza scandalo che<br />

essa ha un limite che l’opera è chiamata senza sosta a valicare, e si scorge nell’al <strong>di</strong> là<br />

dell’opera dotata <strong>di</strong> valore l’unico modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>staccare l’uomo dalla natura e <strong>di</strong> avviarlo<br />

dal transeunte al permanente; se si ha coraggio e forza <strong>di</strong> creare opere <strong>di</strong> poesia e <strong>di</strong><br />

scienza, <strong>di</strong> economia e <strong>di</strong> vita morale senza bisogno del sistema tecnico-protettivo <strong>di</strong><br />

una vera patria in cui è tutto già a suo posto, e nella quale saremo alfine integrati: allora<br />

si batte la via dell’umanesimo storicistico, della civiltà moderna, della coscienza che i<br />

beni culturali hanno integralmente origine e destinazione umana, sono fatti dall’uomo<br />

per l’uomo, e chiamano al giu<strong>di</strong>zio e all’opera secondo questo criterio fondamentale.<br />

L’alternativa è chiara: ma la prima delle due resterà in pie<strong>di</strong> sempre che la rete <strong>di</strong> limiti<br />

dentro la quale siamo chiamati ad operare è troppo fitta e tenace perché ci sia dato<br />

34 Confronta a questo proposito l’Introduzione <strong>di</strong> Massenzio a De Martino 2002 (1962), e il saggio <strong>dello</strong><br />

stesso De Martino, Promesse e minacce dell’etnologia, pubblicato sempre in De Martino 2002 (1962):<br />

84-118.<br />

40


<strong>di</strong>stricarcene senza fare appello a un mondo metastorico già fatto, a una civiltà <strong>di</strong>vina,<br />

che rassicuri il fanciullino <strong>di</strong> Cebete; e la seconda alternativa resta un compito da<br />

realizzare, e una <strong>di</strong>gnità da proteggere dall’insi<strong>di</strong>a rinascente della prima opzione, che<br />

sospinge verso la magia e la religione. Se dovessimo definire la nostra epoca, e noi<br />

stessi in essa, dovremmo <strong>di</strong>re che noi siamo attualmente impegnati proprio<br />

nell’alternativa, e la stiamo decidendo con pena e tormento: alla mente abbiamo già<br />

davanti il quadro <strong>di</strong> un umanesimo integrale, ma in noi e intorno a noi c’è l’insi<strong>di</strong>a<br />

dell’angoscia e il bisogno del porto sicuro.” 35<br />

Come mai dunque, in una società come quella occidentale, il cui sistema religioso<br />

maggiormente rappresentativo – quello cristiano – ha esso stesso favorito una presa <strong>di</strong><br />

consapevolezza della con<strong>di</strong>zione umana su <strong>di</strong> un piano storicistico, slegato come mai in<br />

passato da una <strong>di</strong>mensione metastorica, si può osservare dalla seconda metà del<br />

Novecento una crescita esponenziale <strong>di</strong> movimenti e gruppi che propongono variamente<br />

una fruizione <strong>di</strong>retta, personale, del “sacro”? Tale proposta si articola tra l’altro su<br />

<strong>di</strong>versi piani. O enfatizzando gli aspetti più emozionali e miracolistici <strong>di</strong> un sistema<br />

religioso già esistente – è questo il caso dei pentecostali e dei carismatici che rivalutano<br />

la figura <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo e dei carismi ad esso connessi – o innestandosi<br />

acriticamente su modelli culturali non occidentali, o ancora abbandonandosi a derive<br />

variamente definibili in senso lato esoteriche o occultistiche. La risposta che si ricava<br />

dal <strong>di</strong>scorso demartiniano rimanda ancora una volta al concetto <strong>di</strong> presenza. La<br />

presenza, il Sé, deve essere considerata come una “formazione storica sufficientemente<br />

consolidata ma non ontologicamente garantita” 36 , una conquista culturale che, come<br />

tale, non è “data” e può persino essere smarrita. Quando non è chiara la coscienza <strong>di</strong> ciò<br />

– la coscienza della propria determinazione storica – non è chiara nemmeno la<br />

caratteristica essenzialmente patologica del “sacro” e la funzione che esso svolge; a sua<br />

volta non considerare il “sacro”, la tecnica crisi-riscatto della presenza, come prodotto<br />

interamente storico e culturale, ne favorisce la cristallizzazione in una giustificazione<br />

ontologica che ne impe<strong>di</strong>sce il superamento.<br />

Considerare troppo sbrigativamente e faziosamente il fenomeno della<br />

proliferazione dei NMR come un generico ritorno al “sacro”, ai “valori autentici”, o<br />

viceversa come un aberrante e “peccaminoso” allontanamento da essi, nasconde quin<strong>di</strong><br />

un duplice frainten<strong>di</strong>mento: da una parte abbiamo vari fattori <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne economico,<br />

politico, sociale, che nel corso del Novecento hanno determinato una <strong>di</strong>ffusa con<strong>di</strong>zione<br />

<strong>di</strong> crisi che, invece <strong>di</strong> essere compresa nel corso del <strong>di</strong>venire storico, è stata<br />

demonizzata come “altro-da-sé” tentando <strong>di</strong> esorcizzarla su <strong>di</strong> un piano metastorico;<br />

35 De Martino 2002 (1977): 356<br />

36 Cherchi 1991: 872<br />

41


dall’altra abbiamo l’illusione che le <strong>di</strong>namiche culturali siano un bene “dato” da sempre<br />

e per sempre.<br />

Affinché tornino ad essere efficacemente operanti basta “riviverle” all’interno<br />

<strong>di</strong> un orizzonte mitico-rituale, che però a questo punto perde la sua funzione salvifica,<br />

rimanendo una cieca ripetizione <strong>di</strong> sé.<br />

42


La fine del mondo e il “carisma” <strong>di</strong> Lanternari<br />

“Si è detto più riprese che la funzione del <strong>di</strong>spositivo mitico-rituale è <strong>di</strong> avviare a<br />

soluzione le varie forme <strong>di</strong> crisi che minacciano l’integrità della presenza. Perché questo<br />

<strong>di</strong>segno si realizzi, è necessario che il simbolo mitico-rituale assuma la crisi, la accolga<br />

al suo interno per poterla, quin<strong>di</strong>, riplasmare nella prospettiva del suo superamento.<br />

Accade, però che la relazione tra simbolo e crisi non si presenti mai (o quasi mai) allo<br />

storico delle religioni in modo imme<strong>di</strong>ato, in quanto il simbolo tende a decollare dalla<br />

situazione specifica da cui ha tratto origine, caricandosi <strong>di</strong> ulteriori valenze, via via più<br />

articolate.<br />

Pertanto, per ricostruire la suddetta relazione – che permette <strong>di</strong> accedere al nucleo della<br />

ierogenesi – <strong>di</strong>venta necessario per lo storico delle religioni il ricorso criticamente<br />

sorvegliato ai dati della psicopatologia: questi ultimi fanno luce sulle <strong>di</strong>verse modalità<br />

<strong>di</strong> crisi in atto «che entrano come rischio nella <strong>di</strong>namica della ierogenesi, fornendo la<br />

materia su cui si modellano le tecniche religiose <strong>di</strong> destorificazione e <strong>di</strong><br />

reintegrazione».” 37<br />

Con queste parole contenute nell’introduzione a Storia e metastoria, Marcello<br />

Massenzio vuole sottolineare un aspetto importante che riguarda la presenza umana nel<br />

mondo e l’uso del <strong>di</strong>spositivo mitico-rituale, cui De Martino de<strong>di</strong>cò particolare<br />

attenzione e che ci è in<strong>di</strong>spensabile per meglio focalizzare la problematica riguardante i<br />

culti pentecostali e carismatici: la percezione della fine.<br />

Nell’ultima fase della sua vita infatti, egli sviluppa una propria riflessione<br />

teorica riguardante la crisi <strong>di</strong> valori con cui la civiltà borghese occidentale si trova a<br />

dover fare i conti nel corso del XX secolo. In La fine del mondo, la crisi viene<br />

problematizzata come autentica apocalisse, come “minaccia incombente e finale del<br />

nostro vissuto quoti<strong>di</strong>ano e borghese” e si pone la questione <strong>di</strong> una nuova forma <strong>di</strong><br />

riscatto da opporle, che non si basi più solo sul simbolismo religioso.<br />

Nell’opera postuma sono raccolti una grande quantità <strong>di</strong> appunti,<br />

precedentemente rimasti ine<strong>di</strong>ti, che affrontano la tematica <strong>di</strong> questa crisi analizzando<br />

<strong>di</strong>verse espressioni della cultura occidentale contemporanea.<br />

La redazione <strong>degli</strong> ine<strong>di</strong>ti proposta da Clara Gallini e Marcello Massenzio<br />

traccia un percorso apparentemente eterogeneo che prende in considerazione dapprima<br />

un’ampia documentazione psicopatologica, passando poi per la <strong>di</strong>mensione escatologica<br />

dell’apocalittica cristiana, i movimenti <strong>di</strong> stampo apocalittico sorti tra le popolazioni<br />

37 Massenzio, La problematica storico-religiosa <strong>di</strong> Ernesto De Martino: il rimosso e l’ine<strong>di</strong>to,<br />

introduzione a De Martino 1995: 18<br />

43


coloniali in risposta all’invasione occidentale, i tratti dell’apocalittica marxiana, e infine<br />

la letteratura, le arti figurative, la musica del Novecento.<br />

Ciò che accomuna queste varie formazioni apocalittiche sono proprio le loro<br />

caratteristiche formali, che insistono nel porre l’accento su tematiche simili come la<br />

per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> senso della realtà mondana e l’annuncio <strong>di</strong> una sua prossima fine. La<br />

<strong>di</strong>scriminante fondamentale è però rappresentata non tanto dai contenuti, quanto dalle<br />

strutture significanti in cui questi sono inseriti. Per l’ambito psicopatologico possiamo<br />

infatti parlare <strong>di</strong> una “nuda crisi” che si propone come un presente inelu<strong>di</strong>bile che non<br />

contiene alcuna possibilità <strong>di</strong> riscatto; nella storia culturale invece, il tema della fine è<br />

inserito all’interno del processo <strong>di</strong>namico <strong>di</strong> crisi e riscatto, in cui <strong>di</strong>venta parte<br />

essenziale della <strong>di</strong>alettica che oscilla tra crollo e recupero della <strong>di</strong>mensione valorizzante<br />

- domestica - della presenza.<br />

Da questo confronto tra apocalissi psicopatologiche e apocalissi culturali, per De<br />

Martino emerge il dato inquietante <strong>di</strong> una cultura occidentale che al momento della<br />

messa in <strong>di</strong>scussione <strong>di</strong> certi ambiti della domesticità – momento legittimo e<br />

fondamentale ai fini <strong>di</strong> un processo evolutivo – non fa seguire una rielaborazione <strong>di</strong> tale<br />

messa in <strong>di</strong>scussione secondo un nuovo orizzonte <strong>di</strong> valori storicamente operanti.<br />

Questo cortocircuito verificatosi all’interno del <strong>di</strong>spositivo simbolico salvifico<br />

occidentale ha fatto sì che venisse a mancare il momento fondante della reintegrazione,<br />

generando così una situazione caratterizzata da una crisi irrisolta, che annulla l’azione<br />

umana valorizzante in un perenne presente angoscioso. Il vuoto culturale che si è venuto<br />

determinando in questo modo ha favorito lo sviluppo, nel recente passato, <strong>di</strong> ideologie<br />

religiose, politiche, sociali, che a livello comunitario hanno agito e continuano ad agire<br />

come mero “risarcimento psichico”, mirante alla “riscoperta” <strong>di</strong> “origini” mistificate e<br />

mistificanti, piuttosto che ad una reale presa <strong>di</strong> coscienza della propria con<strong>di</strong>zione<br />

storica.<br />

In questo panorama i NMR occupano un posto tanto rilevante quanto ambiguo,<br />

specialmente negli ultimi anni, e in particolare i movimenti carismatici e pentecostali,<br />

legati al culto <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo e dei carismi, che godono <strong>di</strong> una larga <strong>di</strong>ffusione su<br />

scala mon<strong>di</strong>ale.<br />

Il tema della fine <strong>di</strong> un mondo, <strong>di</strong> un cosmo or<strong>di</strong>nato che determina l’operabilità<br />

umana seguendo le <strong>di</strong>namiche <strong>di</strong> un telos che oltrepassa la situazione critica e <strong>di</strong>schiude<br />

la possibilità <strong>di</strong> nuovi valori, nuova cultura, nuova storia, è dunque in<strong>di</strong>spensabile per<br />

comprendere la natura e lo sviluppo <strong>di</strong> determinati movimenti. Il fatto che tale fine<br />

44


venga percepita o come rischio, incombente e minaccioso ma ancora potenzialmente<br />

evitabile, o viceversa come dato <strong>di</strong> fatto inelu<strong>di</strong>bile, definisce se a tali movimenti si<br />

possa conferire o meno le prerogative della formazione mitico-rituale.<br />

Nei movimenti pentecostali e carismatici, le tematiche legate alla corruzione<br />

morale della società, e all’inevitabile fine verso cui il mondo si starebbe <strong>di</strong>rigendo,<br />

occupano una parte fondamentale nel messaggio che propongono.<br />

Non a caso, infatti, il momento della conversione – che coincide con la ricezione<br />

dei “doni” <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> - viene presentato come assolutamente necessario e fondante<br />

una vita nuova, e per il fedele funge da vero e proprio spartiacque da cui operare una<br />

ra<strong>di</strong>cale reinterpretazione del proprio passato che spesso viene rimosso o considerato<br />

profondamente peccaminoso.<br />

Pren<strong>di</strong>amo ad esempio due sermoni <strong>di</strong> Berten A. Waggoner, uno dei leaders<br />

della Vineyard Church, una denominazione pentecostale statunitense tra le meglio<br />

organizzate, appartenente alla cosiddetta “terza ondata” pentecostale, la più recente, in<br />

cui le tematiche apocalittiche si fanno sentire ancora molto forti 38 . In questi sermoni la<br />

civiltà contemporanea viene <strong>di</strong>pinta come assolutamente senza speranza:<br />

“Ours is a world without hope. The rosy colored optimism of the enlightenment is<br />

buried beneath the ashes of Auschwitz, Hiroshima, the Gulag, two world wars,<br />

Vietnam, the World Trade Center, Afghanistan and now Iraq. The promises made by<br />

modernity’s prophets – the promises of a wonderful life to be acquired through the<br />

trinity of science, technology and education – has proven to be clouds filled with the<br />

putrid acids of <strong>di</strong>sillusionment. This toxic rain is fin<strong>di</strong>ng its way into every segment of<br />

our society causing despair and the stench of a death. There is a growing sense that we<br />

really do “live in a yellow submarine” as the Beatles once prophesied.”<br />

Innanzitutto è molto importante sottolineare come il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> Waggoner desideri<br />

inserirsi in un contesto <strong>di</strong> stretta attualità con i riferimenti ai fatti dell’11 settembre e<br />

alla guerra in Iraq. Questi episo<strong>di</strong> recenti vengono posti in ideale continuità con altri<br />

drammatici eventi che hanno segnato il Novecento, e tutti vengono interpretati come gli<br />

effetti nefasti provocati da un “allontanamento” da Dio.<br />

Questa riduzione arbitraria crea i presupposti affinché la cultura moderna venga<br />

presa d’assalto: la ricerca scientifica, il progresso tecnologico vengono accusati in<br />

quanto tali <strong>di</strong> fallimento e <strong>di</strong> essere la causa dei problemi sociali, politici del mondo. Si<br />

38 I due sermoni, che portano i titoli significativi <strong>di</strong> Buil<strong>di</strong>ng a community of hope in a despairing world e<br />

A community of hope in a despairing world, sono datati luglio 2003 e sono liberamente scaricabili dal sito<br />

web ufficiale della denominazione, all’in<strong>di</strong>rizzo www.vineyard.com<br />

45


punta il <strong>di</strong>to contro l’educazione, condannata per i suoi sforzi <strong>di</strong> combattere l’ignoranza<br />

invece del peccato. La situazione critica del mondo contemporaneo viene ricondotta al<br />

fatto che gli uomini, affidandosi alla ragione illuministica, non sentono più il bisogno <strong>di</strong><br />

Dio e delle sue rivelazioni. La soluzione che si evince dai testi <strong>di</strong> Waggoner, il quale fa<br />

largo uso <strong>di</strong> citazioni sparse, prese dall’Antico Testamento, in particolare dai libri dei<br />

profeti e da quello dei Salmi, è quella <strong>di</strong> costituire una vera e propria “comunità<br />

escatologica” – eschatological community, nel senso <strong>di</strong> “ultimi”, “eletti” 39 – il cui<br />

compito è quello <strong>di</strong> prepararsi in vista dell’imminente ritorno <strong>di</strong> Cristo e del definitivo<br />

compimento del Regno <strong>di</strong> Dio. In questo sforzo <strong>di</strong> creare una comunità ideale, i fedeli<br />

sono esortati a “essere rinnovati nei carismi <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong>” – to be renewed in the things<br />

of the Spirit – che secondo la teologia cristiana sono il segno che il Cristo ha lasciato<br />

agli apostoli come promessa della sua seconda venuta.<br />

Nell’ottica pentecostale protestante – ma in una certa misura, come vedremo,<br />

anche tra i carismatici cattolici – si dà la necessità e la possibilità al credente <strong>di</strong><br />

“rivivere” <strong>di</strong>rettamente e personalmente la <strong>di</strong>mensione entusiastica e miracolistica dei<br />

carismi, per portare a compimento il <strong>di</strong>segno <strong>di</strong>vino, e questa struttura interpretativa ha<br />

permesso che all’interno <strong>di</strong> questa denominazioni si verificassero particolari episo<strong>di</strong><br />

avvicinabili a certe forma psicopatologiche <strong>di</strong> allucinazione collettiva.<br />

Ne è un esempio ciò che è avvenuto durante un convegno della Toronto Airport<br />

Christian Fellowship, denominazione pentecostale sorta dalla Vineyard Church e in<br />

seguito resasi autonoma. Il 3 marzo 1999 <strong>di</strong>versi fedeli testimoniarono <strong>di</strong> aver ricevuto<br />

come dono <strong>di</strong> Dio denti d’oro e d’argento durante un momento <strong>di</strong> preghiera. Episo<strong>di</strong><br />

simili, accompagnati anche da una pioggia <strong>di</strong> polvere dorata, si erano verificati in<br />

precedenza durante riunioni pentecostali in Argentina e Brasile, a partire dalla metà<br />

<strong>degli</strong> anni Settanta. Gli stessi fedeli raccontarono, poi, <strong>di</strong> come una volta tornati a casa<br />

lo stesso “miracolo” si fosse ripetuto tra parenti e amici, e <strong>di</strong> come alcuni avessero<br />

ricevuto i denti dorati semplicemente assistendo all’evento in <strong>di</strong>retta televisiva. Ciò che<br />

stupisce infine, è che, mentre alcuni dentisti, visitati i presunti miracolati, negarono<br />

qualsiasi intervento <strong>di</strong>vino, ce ne furono <strong>di</strong>versi che confermarono l’avvenuto pro<strong>di</strong>gio.<br />

Dal canto suo la denominazione, in un comunicato ufficiale si esprime in questi termini:<br />

39 Confronta Waggoner, Buil<strong>di</strong>ng a community of hope in a despairing world: “When something is<br />

“eschatological” it is the last of a kind. There will not be anything of that kind beyond it. A people who<br />

are “eschatological” are the final people. That is what the church of Jesus Christ is. It is God’s final<br />

temple, final remnant and final Israel.”<br />

46


“TACF is encouraging people to obtain dental confirmations. We will do a follow-up<br />

report in the near future and publish our fin<strong>di</strong>ngs. Meanwhile dental miracles, along<br />

with many other healings, continue to take place at the nightly meetings. Things that we<br />

have seen happening in Argentina and Brazil for fifteen years are starting to happen<br />

here now. Conversions to Christ have also increased! While we are thankful for the<br />

miracles and healings that are taking place, our eyes are on Jesus and it is Him alone we<br />

look to and worship.” 40<br />

Questi episo<strong>di</strong> sono solo un esempio tra i tanti <strong>di</strong> tematiche e pratiche che agiscono su<br />

uno sfondo apocalittico, inserite all’interno <strong>di</strong> una struttura mitico-rituale definita e<br />

<strong>di</strong>ffusa come quella pentecostale. L’organizzazione simbolica <strong>di</strong> queste denominazioni<br />

pentecostali recenti, potrebbe solo apparentemente bastare a rivalutare l’efficacia del<br />

nesso mitico-rituale metastorico come <strong>di</strong>spositivo salvifico operante, e a considerare i<br />

movimenti pentecostali e carismatici come vali<strong>di</strong> strumenti <strong>di</strong> resistenza culturale alla<br />

crisi occidentale del XX secolo. In realtà, <strong>di</strong> fronte a casi <strong>di</strong> formazioni religiose recenti,<br />

che pur proponendo la riscoperta <strong>di</strong> valori salvifici sono caratterizzate da forti istanze<br />

reazionarie, quando non decisamente alienanti – basti come esempio-limite il caso della<br />

setta del se<strong>di</strong>cente “profeta” Jim Jones che nel 1978 <strong>di</strong>ede vita al suici<strong>di</strong>o collettivo <strong>di</strong><br />

tutti i suoi membri in una fattoria della Guyana –, non basta più soltanto considerare un<br />

sistema simbolico religioso come <strong>di</strong>spositivo me<strong>di</strong>atore <strong>di</strong> una crisi. Occorre, ora più<br />

che mai, indagare le ideologie che sottendono tali formazioni religiose recenti, per<br />

valutarne l’eventuale concreta efficacia su <strong>di</strong> un piano storico e comunitario o,<br />

viceversa, smascherarne il carattere strumentalizzante, sintomo dell’incapacità da parte<br />

della civiltà occidentale <strong>di</strong> elaborare forme <strong>di</strong> riscatto culturale alternative alla<br />

destorificazione rituale.<br />

In particolare, facendo riferimento all’oggetto specifico della nostra tesi, occorre<br />

verificare l’efficacia del simbolismo legato alla figura <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo e dei suoi<br />

“poteri” che viene proposto dai pentecostali protestanti e dai carismatici cattolici, e che<br />

pure ottiene un grande successo. Che tipo <strong>di</strong> salvezza propongono? Il “rinnovamento”<br />

che offrono, la scoperta <strong>di</strong> una vita “nuova”, “nello <strong>Spirito</strong>”, sono effettivamente tali<br />

anche su <strong>di</strong> un piano storico, comunitario, socialmente con<strong>di</strong>viso oppure si risolvono in<br />

una mera fuga dalla storia?<br />

È noto come il De Martino de La fine del mondo lasci intravedere un<br />

orientamento verso orizzonti speculativi che sembrano entrare in contrad<strong>di</strong>zione con la<br />

40 Sul sito web del CESNUR (www.cesnur.org) è presente una raccolta <strong>di</strong> brevi articoli riguardanti il<br />

fenomeno e apparsi la maggior parte su riviste pentecostali e carismatiche come Spread the Fire o<br />

Charisma Magazine, ma anche su The Times. Gli articoli sono raccolti alla pagina web dal titolo They go<br />

for the gold. Gold dust and gold teeth filling miracles claimed in charismatic churches.<br />

47


sua concezione <strong>dello</strong> storicismo assoluto, per cui il senso dell’agire umano si risolve,<br />

senza residui, nella storia. Negli ultimi appunti rimastici infatti, la tesi <strong>di</strong> fondo <strong>di</strong> tutto<br />

il suo operato, quella <strong>di</strong> un rischio preliminare, precategoriale, in virtù del superamento<br />

del quale si ha la costituzione <strong>di</strong> forme culturali, viene ripresa e portata alle estreme<br />

conseguenze; il rischio <strong>di</strong> crisi viene connotato come “struttura psichica perenne”,<br />

in<strong>di</strong>pendentemente dalle con<strong>di</strong>zioni storiche che contribuiscono a determinarlo.<br />

Non inten<strong>di</strong>amo qui entrare nel merito della questione relativa all’interpretazione<br />

dell’ultima produzione demartiniana, che si è sviluppata secondo <strong>di</strong>verse <strong>di</strong>rettive 41 . Ci<br />

basti constatare che si è affermata la visione <strong>di</strong> un De Martino che tende verso un tipo <strong>di</strong><br />

ontologismo che, come <strong>di</strong>ce Lanternari:<br />

“È esplicitamente e polemicamente contrapposto ai vari ontologismi d’estrazione<br />

apertamente irrazionalista alla Eliade e alla Frobenius, e tanto più agli ontologismi<br />

teologizzanti d’un Cullmann o Bultmann. Certo però la stessa natura <strong>di</strong> «ontologismo» ,<br />

come teoria che riguarda l’«essenza universale» dell’uomo e la sua «presenza» nel<br />

mondo, tra<strong>di</strong>sce l’inconscio «irrazionalismo» demartiniano, in contrad<strong>di</strong>zione con la<br />

polemica anti-irrazionalista che egli persiste a condurre.” 42<br />

Consideriamo la via percorsa da Vittorio Lanternari come la più stimolante per<br />

proseguire in maniera proficua nel nostro tentativo <strong>di</strong> maggior comprensione del<br />

fenomeno pentecostale e carismatico. Il suo pregio sta nel non cercare <strong>di</strong> operare alcuna<br />

“riduzione” definitiva del pensiero <strong>di</strong> De Martino, ma nel sottolinearne la versatilità,<br />

pronto tuttavia a denunciarne i limiti con determinazione, e con altrettanta<br />

determinazione a imboccarne i sentieri più fecon<strong>di</strong>.<br />

Si potrebbe <strong>di</strong>re che il proposito che guida il De Martino de La fine del mondo è<br />

quello <strong>di</strong> “misurare l’ampiezza e i limiti d’efficacia riscattatoria <strong>di</strong> ciascuna<br />

formazione”, rimanendo forse impigliato in una considerazione dell’ethos valorizzante<br />

su <strong>di</strong> un piano eccessivamente teorico, che pure lo ha portato alla fondamentale<br />

intuizione dell’umanesimo etnografico. Ciò che Lanternari mette in evidenza è proprio<br />

41 Le vie più significative sono sicuramente quelle che vedono da una parte impegnati Clara Gallini e<br />

Marcello Massenzio a focalizzare l’attenzione sul De Martino “pensatore”, mettendo in evidenza il filo<br />

teorico che unisce la sua produzione e ponendolo in una relazione <strong>di</strong> continuità con il patrimonio culturale<br />

europeo (ve<strong>di</strong> la loro Introduzione a De Martino 2002 (1977) e l’Introduzione <strong>di</strong> Massenzio a De Martino<br />

1995); sul filo della continuità ma soprattutto dell’innovazione si muove anche Lanternari, che si<br />

focalizza <strong>di</strong> più sulla metodologia storicistica da applicare allo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> forme religiose che per ragioni<br />

anagrafiche l’autore napoletano non ha avuto modo <strong>di</strong> affrontare. C’è anche un tentativo <strong>di</strong> “storicizzare”<br />

De Martino che si muove lungo due <strong>di</strong>rettive contrapposte: da una parte Cesare Cases che opera una<br />

storicizzazione “in negativo” mettendo l’accento sui limiti della sua impostazione speculativa derivante<br />

da una emancipazione dalla filosofia della storia crociana mai avvenuta completamente (ve<strong>di</strong><br />

Introduzione a De Martino 2003 (1948); dall’altra l’opera critica <strong>di</strong> Placido Cherchi che, “in positivo”,<br />

definisce De Martino “pensatore dell’anno zero”, ponendolo come figura chiave nello sforzo <strong>di</strong> rifondare<br />

la cultura italiana ed europea nella seconda metà del Novecento (Cherchi 1991).<br />

42 Lanternari 1983: 271<br />

48


la rinuncia <strong>di</strong> De Martino ad analizzare i fattori <strong>di</strong> conflittualità che orientano le<br />

<strong>di</strong>namiche <strong>di</strong> creazione culturale, e che sono sostanzialmente <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne “profano” –<br />

sociale, etnico, politico, economico:<br />

“Direi in generale che, per dare una valutazione appropriata dell’ethos valorizzante nelle<br />

sue forme storiche concrete, e per <strong>di</strong>scernere i limiti <strong>di</strong> autenticità <strong>di</strong> un sistema<br />

simbolico e culturale come ethos valorizzante, è in<strong>di</strong>spensabile guardare al <strong>di</strong> là delle<br />

formazioni religiose e culturali in se stesse, e considerare le matrici strutturali ad esse<br />

preposte, nel gioco conflittuale <strong>di</strong> interessi primari.” 43<br />

Ciò che egli sostanzialmente opera è dunque una “restituzione” della metodologia<br />

storicistica demartiniana al piano dell’indagine etno-antropologica applicata. Come<br />

detto in precedenza, Lanternari si è molto de<strong>di</strong>cato allo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> formazioni religiose <strong>di</strong><br />

recente sviluppo, operando una “riduzione” in chiave storicistica <strong>di</strong> alcuni concetti<br />

chiave che stanno alla base <strong>dello</strong> stu<strong>di</strong>o sull’origine <strong>di</strong> tali movimenti, tra cui quello <strong>di</strong><br />

“carisma”, essenziale ai fini della nostra ricerca.<br />

Essendo l’insorgenza <strong>di</strong> un potere carismatico in stretto rapporto con il processo<br />

<strong>di</strong> mutamento sociale, in particolare con un’esigenza <strong>di</strong> cambiamento <strong>dello</strong> status quo<br />

vigente, esso possiede un intrinseco valore creativo che <strong>di</strong> conseguenza caratterizza<br />

l’autorità che ne deriva. I vari stu<strong>di</strong> etno-antropologici de<strong>di</strong>cati ai movimenti <strong>di</strong> “libertà<br />

e salvezza”, sviluppatisi tra le popolazioni colonizzate attorno al carisma <strong>di</strong> profeti<br />

in<strong>di</strong>geni come risposta alla cultura occidentale oppressiva, avevano favorito<br />

l’affermazione <strong>di</strong> una concezione <strong>di</strong> “creatività” che coincideva con “innovazione”,<br />

“rivoluzione”, “emancipazione”, “resistenza culturale”.<br />

Portando l’attenzione a formazioni social-religiose promosse da personalità<br />

“carismatiche” all’interno della società occidentale contemporanea, ci si accorge che la<br />

“creatività” del carisma non sempre corrisponde a una reale rivoluzione in senso<br />

emancipatorio, ma può dare luogo a forti spinte evasionistiche fini a se stesse che,<br />

consapevolmente o meno, continuano a perpetrare l’ideologia dominante che si<br />

vorrebbe invece sottoporre a rinnovamento.<br />

Da una prospettiva fenomenologica, psicologica, sociologica, il potere<br />

carismatico risulta comunque salvifico per i seguaci che ne usufruiscono, ma spesso tale<br />

efficacia salvifica rimane ad un livello puramente in<strong>di</strong>viduale o elitario.<br />

43 Lanternari 1983: 273<br />

49


Nell’ottica <strong>di</strong> un “sacro” come prodotto interamente culturale occorre guardare<br />

agli effetti <strong>di</strong> tale fenomeno non solo sull’elite dei suoi seguaci, ma soprattutto sui<br />

rapporti con il contesto sociale dove è venuto sviluppandosi:<br />

“Fra un tipo e l’altro <strong>di</strong> carisma v’è la <strong>di</strong>fferenza essenziale che dall’uno si creano nuovi<br />

valori, dall’altro soltanto la maschera <strong>di</strong> un valore, cui presta fede il gruppo ristretto, ma<br />

che la storia è destinata presto a demistificare, come prova il vorticoso moltiplicarsi,<br />

avvicendarsi, crescere e rapido sfiorire delle tante sette carismatiche contemporanee, in<br />

un affannoso processo <strong>di</strong> efflorescenze consecutive e auto<strong>di</strong>vorantisi.” 44<br />

È allora opportuno <strong>di</strong>stinguere tra una creatività operante a livello simbolico e una<br />

creatività operante a livello storico e sociale, onde evitare <strong>di</strong> porre sul medesimo piano<br />

valutativo le formazioni le cui iniziative <strong>di</strong> mutamento si arrestano ad un livello<br />

intimistico e in<strong>di</strong>viduale, e quelle che invece propongono un reale mutamento<br />

dell’or<strong>di</strong>namento vigente.<br />

Potere “carismatico” caratterizzato dunque da un’ambiguità <strong>di</strong> fondo, che però<br />

non è da confondere con quella “psicologica” del tremendum e del fascinans formulata<br />

da Otto. L’ambiguità che inten<strong>di</strong>amo è quella che si determina nell’oscillazione tra i due<br />

poli della <strong>di</strong>alettica che coinvolge piano simbolico e piano storico-culturale.<br />

Si rende dunque necessario un passo ulteriore rispetto a De Martino. Tale passo consiste<br />

nell’analisi dei legami sociali e strutturali che un determinato potere “carismatico”<br />

intrattiene con le forze politiche e sociali dominanti. Tali legami infatti, fin dalle origini<br />

ne determinano gli esiti.<br />

44 Lanternari 1984: 49<br />

50


La Pentecoste “storica”<br />

La Pentecoste cristiana<br />

Il punto focale e fondante del culto pentecostale è lo scopo <strong>di</strong>chiarato <strong>di</strong><br />

richiamare e rivivere i “doni” <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo così come sono narrati nell’episo<strong>di</strong>o<br />

biblico della Pentecoste. La pretesa riattualizzazione <strong>degli</strong> eventi straor<strong>di</strong>nari occorsi ai<br />

Do<strong>di</strong>ci in seguito alla morte <strong>di</strong> Gesù è il motivo principale che spinge gli aderenti al<br />

culto pentecostale a presentarsi come i più autentici continuatori della tra<strong>di</strong>zione<br />

cristiana originaria e originale.<br />

Vista la posizione centrale che l’episo<strong>di</strong>o della “<strong>di</strong>scesa” <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> occupa<br />

nella riflessione pentecostale-carismatica, si rende necessario a questo punto in<strong>di</strong>viduare<br />

qual è il significato storico-religioso <strong>di</strong> quell’episo<strong>di</strong>o, e ciò equivale a cercare <strong>di</strong><br />

rispondere alla domanda “che cos’è la Pentecoste ?”.<br />

Nel fare ciò occorre innanzitutto fare riferimento al racconto alla Pentecoste così<br />

come viene esposto all’interno del Nuovo Testamento e ai significati che esso ha<br />

assunto in seguito per la tra<strong>di</strong>zione cristiana.<br />

Cominciamo con qualche accenno alla Pentecoste nell’istituto tra<strong>di</strong>zionale<br />

ebraico, che determina le caratteristiche generali <strong>di</strong> questo tempo festivo, lungo il cui<br />

solco si definirà in seguito la Pentecoste cristiana. Non preten<strong>di</strong>amo in alcun modo <strong>di</strong><br />

farci carico delle problematiche relative all'inserimento della Pentecoste nel calendario<br />

festivo ebraico la cui ricostruzione pone problemi complessi.<br />

Originariamente, presso gli Ebrei, la festa <strong>di</strong> Shavuot segnalava il suo carattere<br />

agricolo <strong>di</strong> ringraziamento, da celebrare alla fine della mietitura. Da sempre, dunque, si<br />

presenta come una festa mobile, strettamente connessa con i tempi <strong>di</strong> maturazione dei<br />

cereali che possono variare sensibilmente <strong>di</strong> anno in anno. In seguito alla liberazione<br />

dalla schiavitù in Egitto, viene canonizzata come una delle tre feste annuali ebraiche,<br />

strettamente collegata alla festa <strong>di</strong> Pesach che sancisce l’inizio della liberazione, e <strong>di</strong> cui<br />

rappresenta l’ideale compimento. La Shavuot, che viene per questo definita anche<br />

‘atzeret – chiusura – <strong>di</strong>venta infatti la celebrazione della stipula dell’Alleanza con Dio<br />

sul monte Sinai, per cui il popolo d’Israele riceve la Legge <strong>di</strong>vina e si determina<br />

compiutamente come “scelto”. La Pasqua e la Pentecoste ebraiche stanno dunque a<br />

51


appresentare un cambio <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zione, il passaggio da una situazione <strong>di</strong> schiavitù e <strong>di</strong><br />

sofferenza a una situazione <strong>di</strong> libertà e emancipazione che si esprimerà nella<br />

compilazione della rigida ortoprassi ebraica come pratica identitaria. Da schiavo a<br />

sovrano, dunque.<br />

Le interpretazioni simboliche della festa della Pentecoste ebraica rientrano in un<br />

importante mo<strong>dello</strong> ermeneutico <strong>di</strong> tipo allegorico molto presente nel mondo antico non<br />

solo giudaico e dove il segno del cereale , del grano, gioca un ruolo rilevante non tanto<br />

a livello agricolo ma a livello "culturale e politico" 45 .<br />

Il periodo <strong>di</strong> sette settimane che intercorreva tra le due feste era detto “periodo<br />

dell’omer” e corrisponde approssimativamente al periodo <strong>di</strong> tempo trascorso dagli Ebrei<br />

nel deserto prima <strong>di</strong> giungere al monte Sinai. Tale tempo è “sacro” nel senso <strong>di</strong> tempo<br />

<strong>di</strong>viso, separato, secondo l’accezione <strong>di</strong> sacro, sacer sacrum latino e qdosh ebraico.<br />

Il frammento <strong>di</strong> tempo viene infatti considerato periodo <strong>di</strong> lutto in memoria delle<br />

<strong>di</strong>fficoltà occorse al popolo d’Israele, durante il quale non vengono celebrati matrimoni.<br />

Nel racconto biblico esso è inoltre tempo privilegiato per l’azione pro<strong>di</strong>giosa <strong>di</strong> Dio: le<br />

<strong>di</strong>eci piaghe che colpiscono la popolazione egiziana, l’apertura del Mar Rosso, la caduta<br />

della manna dal cielo, l’acqua che sgorga dalle rocce, la vittoria nella guerra contro gli<br />

Amaleciti, sono solo alcuni dei “segni” con cui Dio <strong>di</strong>mostra la sua vicinanza al popolo<br />

ebraico e lo accompagna nel raggiungimento della Terra Promessa, “scegliendo” Mosè<br />

come unico depositario della volontà <strong>di</strong>vina e unico facitore <strong>di</strong> miracoli autorizzato,<br />

l’unico uomo ad essere ammesso al suo cospetto e a ricevere le tavole dell’Alleanza.<br />

Il tema dell’azione pro<strong>di</strong>giosa <strong>di</strong> Yhwe è molto importante. Al contrario <strong>di</strong><br />

quanto accade nel campo <strong>di</strong>vinatorio dei politeismi, i pro<strong>di</strong>gia , i terata kai semeia<br />

attraverso i quali si manifesta il <strong>di</strong>o monoteista, il <strong>di</strong>o solo Yhwe, non sono in<strong>di</strong>cazioni<br />

rispetto le quali si deve provare l’abilità del tecnico, l’indovino in grado <strong>di</strong><br />

deco<strong>di</strong>ficarne il senso, ma mezzi attraverso i quali Yhwe segnala la sua potenza<br />

assoluta 46 .<br />

L’episo<strong>di</strong>o della Pentecoste cristiana è raccontato nel libro che più <strong>di</strong> ogni altro<br />

fa riferimento allo <strong>Spirito</strong> Santo, quello <strong>degli</strong> Atti <strong>degli</strong> Apostoli (2, 1-41). Ne<br />

riportiamo il testo:<br />

“Quando giunse il giorno della Pentecoste, stavano tutti assieme nello stesso luogo. A<br />

un tratto, si fece dal cielo un fragore, come <strong>di</strong> vento impetuoso, e pervase tutta la casa<br />

45 Come mostrano i ruoli della dea Demeter in Grecia e della sua corrispondente Ceres a Roma. (Chirassi<br />

Colombo 1976)<br />

46 Confronta Chirassi Colombo 1998<br />

52


dove essi si trovavano. E videro delle lingue che sembravano come <strong>di</strong> fuoco, <strong>di</strong>vidersi e<br />

posarsi sopra ciascuno <strong>di</strong> loro. Tutti furono ripieni <strong>di</strong> <strong>Spirito</strong> Santo e cominciarono a<br />

parlare in altre lingue, secondo il modo in cui lo <strong>Spirito</strong> concedeva loro <strong>di</strong> esprimersi.<br />

Ora in Gerusalemme <strong>di</strong>moravano pii Giudei <strong>di</strong> ogni nazione che è sotto il cielo. U<strong>di</strong>to<br />

quel fragore, si radunò una gran folla che rimase sbalor<strong>di</strong>ta, perché ciascuno li sentiva<br />

parlare nella propria lingua. Fuori <strong>di</strong> sé per lo stupore, <strong>di</strong>cevano meravigliati: “Ma<br />

non sono tutti galilei costoro che parlano? E come mai noi li u<strong>di</strong>amo, ciascuno nella<br />

nostra lingua nativa? Parti, Me<strong>di</strong>, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea,<br />

della Cappadocia, del Ponto, dell’Asia, della Frigia, della Panfilia, dell’Egitto, dei<br />

paesi della Libia che è intorno a Cirene; inoltre, i pellegrini romani, sia Giudei che<br />

proseliti; Cretesi e Arabi; come mai li u<strong>di</strong>amo <strong>di</strong>scorrere delle grandezze <strong>di</strong> Dio nelle<br />

nostre lingue?”<br />

Tutti erano sbalor<strong>di</strong>ti e perplessi scambievolmente si domandavano: “Che è mai tutto<br />

questo?” Altri invece, burlandosene, <strong>di</strong>cevano : “Sono pieni <strong>di</strong> dolce mosto!”<br />

Allora Pietro, insieme con gli un<strong>di</strong>ci, si fece avanti, alzò la voce, e parlò così: “O<br />

Giudei, o voi tutti che abitate a Gerusalemme, vi sia ben noto e ascoltate attentamente<br />

le mie parole. Realmente costoro non sono ebbri, come voi credete, giacchè sono<br />

appena le nove del mattino; questo è, anzi, l’evento preannunziato per mezzo del<br />

profeta Gioele:<br />

“E avverrà negli ultimi tempi, <strong>di</strong>ce il Signore:<br />

io effonderò del mio <strong>Spirito</strong> sopra ogni persona,<br />

e i vostri figli e le vostre figlie profeteranno,<br />

visioni contempleranno i vostri giovani<br />

e sogni i vostri vecchi sogneranno.<br />

Sì, sui miei servi e sulle mie serve<br />

In quei dì effonderò del mio <strong>Spirito</strong>, e profeteranno;<br />

pro<strong>di</strong>gi farò su nel cielo e segni giù sulla terra:<br />

sangue e fuoco e fumose esalazioni.<br />

Il sole si oscurerà e sanguinea sarà la luna<br />

prima che venga il gran dì splendente del Signore.<br />

E chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvo.”<br />

O Israeliti, ascoltate queste parole: Gesù Nazareno, quell’uomo che Dio ha accre<strong>di</strong>tato<br />

presso <strong>di</strong> voi con portenti, miracoli e pro<strong>di</strong>gi, che, come ben sapete, Dio per mezzo suo<br />

operò tra voi; questi, che per precisa volontà e prescienza <strong>di</strong> Dio fu consegnato, voi<br />

uccideste, crocifiggendolo per mezzo <strong>di</strong> gente iniqua, Dio lo risuscitò, sciogliendo le<br />

sofferenze della morte, poiché era impossibile che avesse potere su <strong>di</strong> lui. David, infatti,<br />

<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> lui:<br />

“Sempre vedevo il Signore avanti a me,<br />

poiché egli è alla mia destra affinché io non mi turbi.<br />

Perciò gioì il mio cuore e esultò la lingua mia,<br />

e nella speranza riposerà pure il mio corpo;<br />

perché l’anima mia tu non l’abbandonerai all’Ade<br />

né permetterai che il tuo santo veda la corruzione.<br />

Mi hai fatto conoscere sentieri <strong>di</strong> vita,<br />

con la tua presenza mi riempi <strong>di</strong> gioia.”<br />

Fratelli! Mi sia lecito parlare liberamente <strong>di</strong>nanzi a voi del patriarca David, che morì e<br />

fu sepolto, tanto che la sua tomba si trova ancora oggi presso <strong>di</strong> noi. Siccome egli era<br />

profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato che uno della sua stirpe doveva sedere sopra<br />

il suo trono, egli previde ed annunciò la risurrezione del messia, quando <strong>di</strong>sse che<br />

questi non sarebbe stato abbandonato all’Ade né il suo corpo avrebbe veduto la<br />

corruzione. Ebbene, questo Gesù Id<strong>di</strong>o l’ha resuscitato e noi ne siamo tutti testimoni.<br />

53


Egli, ora, elevato al cielo dalla destra <strong>di</strong> Dio e ricevuto dal Padre il promesso <strong>Spirito</strong><br />

Santo, lo ha effuso come voi adesso vedete e ascoltate. David infatti non salì al cielo,<br />

eppure egli <strong>di</strong>ce:<br />

“Disse il Signore al Signor mio: Sie<strong>di</strong> alla mia destra<br />

finchè io ponga i tuoi nemici per sgabello ai tuoi pie<strong>di</strong>.”<br />

Dunque, con certezza assoluta sappia tutta la nazione d’Israele, che Id<strong>di</strong>o costituì lui<br />

Signore e messia, questo Gesù che voi crocifiggeste.”<br />

Quando ebbero u<strong>di</strong>to queste parole, si sentirono il cuore compunto e chiesero a Pietro<br />

e agli altri apostoli: “Fratelli, che cosa dobbiamo fare?” E Pietro a loro:<br />

“Convertitevi” <strong>di</strong>sse, “e ognuno <strong>di</strong> voi si faccia battezzare nel nome <strong>di</strong> Gesù Cristo per<br />

la remissione dei vostri peccati, e riceverete il dono <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo. Infatti, la<br />

promessa è a favore vostro e dei vostri figli, ma anche per tutti quelli che sono lontani,<br />

quanti a sé ne chiamerà il Signore nostro Dio.” E con molte altre parole egli li<br />

persuadeva; e li ammoniva <strong>di</strong>cendo: “Salvatevi da questa generazione perversa!”<br />

Quelli dunque che accettarono la sua esortazione si fecero battezzare e, in quel giorno,<br />

circa tremila persone si associarono alla chiesa.”<br />

Rispetto alla Pentecoste ebraica, quella cristiana ne mantiene la struttura significante<br />

essenziale <strong>di</strong> evento festivo che attua un passaggio <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zione e fonda un or<strong>di</strong>ne<br />

nuovo, ma contemporaneamente ne rinnova profondamente i significati. All’interno<br />

della comunità dei <strong>di</strong>scepoli <strong>di</strong> Gesù la Pentecoste ha infatti perso il significato ebraico.<br />

La Pentecoste cristiana inaugura la possibilità della presenza costante <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> e la<br />

possibilità per chiunque <strong>di</strong> godere dei suoi benefici. Alla celebrazione per la ricezione<br />

delle tavole della Legge si sostituisce la celebrazione per la <strong>di</strong>scesa <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo<br />

che, con l’effusione dei carismi, sancisce una Nuova Alleanza tra Dio e gli uomini.<br />

Il <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> Pietro alla folla incredula, con i riferimenti al profeta Gioele e alla<br />

figura mitica del re David, assolve alla funzione <strong>di</strong> inserire l’atteggiamento perturbante<br />

<strong>degli</strong> apostoli nel solco della tra<strong>di</strong>zione giudaica, presentando l’effusione dei “doni”<br />

<strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> come la realizzazione delle promesse fatte da Dio per bocca dei profeti (Is<br />

32,15-20; 44, 3; 59,21; Ez 11,19; 36,25-27). Nel racconto biblico, con la Pentecoste si<br />

completa il processo che porta alla plasmazione della figura <strong>di</strong> Gesù <strong>di</strong> Nazareth in<br />

quella del Cristo atteso, che si pone ora come unica figura nel cui nome è possibile<br />

realizzare la salvezza promessa.<br />

Su <strong>di</strong> un piano simbolico, dunque, la Pentecoste si presenta innanzitutto come<br />

evento messianico, portatore <strong>di</strong> una <strong>di</strong>mensione salvifica che si realizza nel contatto<br />

<strong>di</strong>retto con lo <strong>Spirito</strong> che “ispira” il fedele e lo ricolma <strong>di</strong> poteri soprannaturali. Tale<br />

contatto assicura ai fedeli il perdono dai peccati e l’acquisizione <strong>di</strong> “doni” particolari, in<br />

vista del definitivo ritorno del Cristo e della piena realizzazione sulla terra del Regno<br />

dei Cieli, così come anticipato dallo stesso Gesù nel corso del suo ministero terreno (Gv<br />

14,26; 16,7). L’effusione dei “doni <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong>” è infatti “segno” della nuova<br />

54


ene<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Dio che il popolo d’Israele attendeva, e si impone così come<br />

compimento delle Scritture vetero-testamentarie e contemporaneamente come loro<br />

superamento.<br />

Il superamento dell’istituto tra<strong>di</strong>zionale giudaico si manifesta sia su un piano<br />

simbolico con la riplasmazione del significato originario della Pentecoste ebraica, sia su<br />

un piano socio-culturale, con la costituzione <strong>di</strong> una nuova comunità legata a determinate<br />

pratiche rituali. L’istituzione <strong>di</strong> un nuovo rapporto con la sfera del <strong>di</strong>vino va <strong>di</strong> pari<br />

passo con l’istituzione <strong>di</strong> una nuova comunità <strong>di</strong> fedeli.<br />

L’azione <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> si rende infatti efficace soltanto all’interno <strong>di</strong> nuove forme<br />

aggregative che si definiscono nella partecipazione ai suoi “doni”, i quali<br />

sostanzialmente rappresentano la possibilità <strong>di</strong> realizzare pro<strong>di</strong>gia, terata, miracoli,<br />

come manifestazioni <strong>di</strong> potere.<br />

In particolare il “dono” della glossolalia, del “parlare in lingue”, viene inteso<br />

come la possibilità dell’accesso alla pre<strong>di</strong>cazione del messaggio del Cristo anche da<br />

parte delle genti non Giudee. Nell’accessibiltà della “parola” <strong>di</strong> Dio si vuole vedere il<br />

superamento delle <strong>di</strong>visioni originatesi tra gli uomini con l’episo<strong>di</strong>o della torre <strong>di</strong><br />

Babele (Genesi, capitolo 11) e la ricostituzione dell’unità dell’umanità in un unico<br />

“corpo”. La Pentecoste è infatti intesa come momento fondativo dell’ekklesia cristiana,<br />

una comunità potenzialmente universale, che si costituisce per conversione e non<br />

secondo presupposti <strong>di</strong> appartenenza etnica come era invece il caso della comunità<br />

ebraica.<br />

L’effusione dei “doni <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong>” vuol <strong>di</strong>re anche l’istituzione della pratica<br />

dell’esercizio <strong>di</strong> poteri personali sovrannaturali. Secondo la dottrina cristiana è Gesù<br />

risorto che “comunica” lo <strong>Spirito</strong> agli apostoli affinché essi gli rendano testimonianza<br />

nel mondo e possano continuare a compiere la sua stessa missione <strong>di</strong> salvezza.<br />

Numerosi sono infatti, negli Atti <strong>degli</strong> Apostoli, gli episo<strong>di</strong> narrati in cui le gesta dei<br />

<strong>di</strong>scepoli sono accompagnate dall’azione <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> che dona loro l’autorità per<br />

compiere pro<strong>di</strong>gi così come aveva fatto Gesù prima <strong>di</strong> loro. Grazie allo <strong>Spirito</strong> essi<br />

operano guarigioni e ottengono conversioni, smascherano i falsi profeti come Simon<br />

Mago e si fanno <strong>di</strong>retti interpreti delle Scritture come nell’episo<strong>di</strong>o dell’eunuco <strong>di</strong><br />

Etiopia, trovano le parole per potersi esprimere apertamente contro l’autorità dei<br />

sacerdoti del sinedrio. Esemplare a questo proposito è il <strong>di</strong>scorso attribuito a Stefano,<br />

uno dei primi <strong>di</strong>aconi arrestato a causa della sua pre<strong>di</strong>cazione (At, capitolo 7). Egli, <strong>di</strong><br />

fronte al sommo sacerdote, con il viso che “sembrava quello <strong>di</strong> un angelo”, elabora una<br />

55


ilettura della storia ebraica tracciando un parallelo tra Mosè e i profeti e la figura <strong>di</strong><br />

Gesù: i primi perseguitati dagli antenati, il secondo non riconosciuto come Cristo e fatto<br />

crocifiggere. Il non aver riconosciuto senza esitazioni Mosè come il “servo” <strong>di</strong> Dio - e<br />

quin<strong>di</strong> Dio stesso che parlava letteralmente tramite Mosè – porta all’accusa verso la<br />

casta sacerdotale <strong>di</strong> non essere osservante della legge mosaica, accusa aggravata dal non<br />

aver riconosciuto in Gesù <strong>di</strong> Nazareth il Cristo promesso, rifiutando nuovamente il<br />

volere <strong>di</strong> Dio. A seguito <strong>di</strong> questo <strong>di</strong>scorso Stefano viene messo a morte, <strong>di</strong>ventando<br />

così il primo martire cristiano.<br />

La problematica della sperimentazione del “sacro”<br />

L’episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Pentecoste si configura dunque come snodo fondamentale e<br />

delicato nella creazione del “sacro” cristiano. Esso si propone come <strong>di</strong>spositivo<br />

salvifico, che “salva” in quanto pone le basi per la possibilità della creazione <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>namiche relazionali sia tra esseri umani sia tra la sfera dell’umano e quella del <strong>di</strong>vino.<br />

La creazione <strong>di</strong> queste <strong>di</strong>namiche risponde pienamente a quella interpretazione del sacro<br />

non come situazione statica, ontica, ma come costruzione <strong>di</strong>namica. Interpretazione<br />

interna alla prospettiva della scuola storico-religiosa romana a cominciare dal sacro<br />

genomenon <strong>di</strong> Pettazzoni.<br />

Nella <strong>di</strong>mensione della Pentecoste cristiana queste <strong>di</strong>namiche si costituiscono a<br />

seguito <strong>di</strong> una “esperienza” particolare che è quella del “contatto” con lo <strong>Spirito</strong> Santo.<br />

Lo <strong>Spirito</strong> in questa prospettiva è agente costruttore <strong>di</strong> sacro nella storia, e vi sono<br />

persone come i carismatici e i pentecostali che costruiscono questo tipo <strong>di</strong> sacro in<br />

risposta alle esigenze circostanziali.<br />

Nella tra<strong>di</strong>zione cristiana questo processo <strong>di</strong>namico è co<strong>di</strong>ficato nella narrazione<br />

<strong>degli</strong> Atti <strong>degli</strong> Apostoli ed è stata recentemente riproposta dalla visione pentecostale-<br />

carismatica come momento “vitale” per un auspicato “rinnovamento”, e della propria<br />

vita personale, e più in generale della Chiesa e della società contemporanea. Quin<strong>di</strong><br />

come intervento attivo del “sacro” secondo le esigenze della storia.<br />

Abbiamo visto in precedenza – facendo riferimento ai sermoni <strong>di</strong> Berten<br />

Waggoner, leader pentecostale <strong>di</strong> una delle più recenti denominazioni protestanti –<br />

56


come l’esigenza <strong>di</strong> fare riferimento ai “doni” <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> nasca innanzitutto dalla<br />

percezione <strong>di</strong> una crisi in atto che occorre arginare e risolvere.<br />

Anche per quanto riguarda il “carismatismo” cattolico il punto <strong>di</strong> partenza è la<br />

percezione <strong>di</strong> una crisi. Tra i numerosi riferimenti presenti nella letteratura<br />

“carismatica” <strong>di</strong>vulgativa, facciamo riferimento a quanto scrive a metà <strong>degli</strong> anni<br />

Settanta il sacerdote calabrese Serafino Falvo, tra i primi e più accesi sostenitori del<br />

movimento “carismatico” in Italia.<br />

Alla ricerca dei “segni dei tempi” che secondo lui annuncerebbero un “ritorno<br />

dei carismi”, dà una visione della società moderna molto simile a quella <strong>di</strong> Waggoner.<br />

La sua attenzione si rivolge poi alla situazione della Chiesa:<br />

“La Chiesa sta vivendo oggi forse le ore più drammatiche della sua storia. Ci sono state<br />

in passato altre crisi religiose che hanno sconvolto le coscienze dei credenti, ma mai<br />

così vaste e profonde come l’attuale. Allora intere nazioni si staccavano dalla Chiesa<br />

cattolica – come avvenne per la Riforma protestante - , per cercarne un’altra che, a loro<br />

giu<strong>di</strong>zio, era migliore e più aderente al Vangelo. Oggi invece la crisi investe tutte le<br />

Chiese, tutte le fe<strong>di</strong>. Oggi non si rinnega un credo, o parte <strong>di</strong> esso, ma ogni credo; non si<br />

passa da una Chiesa all’altra, ma si <strong>di</strong>sertano tutte le Chiese. […] Il momento attuale è<br />

caratterizzato da confusione, <strong>di</strong>sorientamento, defezioni, criticismo <strong>di</strong>struttivo,<br />

sbandamenti, stanchezza, dubbi su tutto, perfino su dogmi fondamentali quali la Trinità,<br />

la <strong>di</strong>vinità e la resurrezione <strong>di</strong> Cristo, l’esistenza del demonio ecc. Si chiedono alla<br />

Chiesa riforme tendenti a naturalizzare il messaggio evangelico, a spogliarla del suo<br />

carattere soprannaturale. Molti sacerdoti, per non sembrare arretrati, non pre<strong>di</strong>cano più<br />

il tra<strong>di</strong>zionale <strong>di</strong>mensionalismo verticale: cielo, terra, inferno; ma preferiscono quello<br />

orizzontale: centro, destra, sinistra!” 47<br />

Di fronte alla presa <strong>di</strong> coscienza <strong>di</strong> un ra<strong>di</strong>cale venir meno <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> certezze<br />

percepite come fondamentali, la strada da intraprendere che Falvo suggerisce è quella <strong>di</strong><br />

“rivivere l’esperienza <strong>di</strong> Pentecoste”, cioè riappropriarsi <strong>di</strong> quei doni che rendono chi li<br />

riceve, la comunità dei cristiani, ricchi <strong>di</strong> poteri:<br />

“Rinnovare nella Chiesa <strong>di</strong> oggi il clima infuocato delle origini, l’esperienza carismatica<br />

della Chiesa apostolica, la quale non era soltanto depositaria <strong>di</strong> verità rivelate, ma in<br />

possesso <strong>di</strong> energie potenti e irresistibili. È ricreare l’atmosfera pneumatica della prima<br />

comunità cristiana, per la quale lo <strong>Spirito</strong> Santo non era un’astrazione teologica, ma<br />

vita, forza, guida, coraggio, entusiasmo.” 48<br />

La Pentecoste si presenta dunque, nell’ottica pentecostale-carismatica come “luogo”<br />

privilegiato da cui attingere una “forza” derivante dal “contatto” con lo <strong>Spirito</strong> Santo, e<br />

47 Falvo 1977: 75-76. Altri riferimenti alla crisi della società moderna e della Chiesa, interpretata come<br />

conseguenza della “morte <strong>di</strong> Dio” si possono variamente riscontrare in Suenens 1976, Gouriou-Jehanno<br />

1998, Gallagher Mansfield 2005<br />

48 Falvo 1977: 89<br />

57


in grado <strong>di</strong> operare una “rivitalizzazione carismatica nelle attuali strutture della<br />

Chiesa” 49 e, <strong>di</strong> conseguenza, nella società tutta.<br />

La <strong>di</strong>mensione essenzialmente “esperienziale” della Pentecoste cristiana – per<br />

cui si “percepisce” un’entità sovrannaturale come lo <strong>Spirito</strong> Santo, il quale elargisce<br />

“doni” e “poteri” specifici che <strong>di</strong>ventano “segni” dell’avvenuta conversione alla fede<br />

nel Cristo – che comporta un forte coinvolgimento del corpo, ci permette <strong>di</strong> considerare<br />

questo episo<strong>di</strong>o come una variante <strong>di</strong> quei modelli mitico-rituali che nella costruzione e<br />

fruizione del “sacro” assumono particolare valore.<br />

Possiamo in questa prospettiva considerare i cosiddetti “stati mo<strong>di</strong>ficati <strong>di</strong><br />

coscienza” come risposta alla ricerca <strong>di</strong> uscire dai limiti cognitivi “normali”.<br />

L’esperienza <strong>di</strong>retta del “sacro” apre alla problematica riguardante la<br />

sperimentazione <strong>di</strong> una conoscenza allargata che comporta l’acquisizione <strong>di</strong> poteri<br />

personali, <strong>di</strong> capacità sovrannaturali in grado <strong>di</strong> operare il superamento della con<strong>di</strong>zione<br />

umana contingente. Perno <strong>di</strong> questa sperimentazione è l’uso ritualizzato del corpo del<br />

credente, perciò in questa prospettiva acquistano rilevanza i modelli <strong>di</strong> trance e <strong>di</strong><br />

possessione.<br />

La <strong>di</strong>citura “stati mo<strong>di</strong>ficati <strong>di</strong> coscienza” appare nel linguaggio etno-<br />

antropologico verso la fine <strong>degli</strong> anni Sessanta, in concomitanza con la pubblicazione <strong>di</strong><br />

numerosi stu<strong>di</strong> riguardanti queste forme <strong>di</strong> sperimentazione del “sacro”, sviluppatisi<br />

sull’onda del <strong>di</strong>lagare della controcultura psichedelica.<br />

Nel 1968 Erica Bourguignon è tra i primi a proporre una mappa <strong>di</strong> ripartizione<br />

dei sistemi culturali che si basano sulla sperimentazione della trance, in particolare <strong>di</strong><br />

quella <strong>di</strong> possessione, rilevando in questo caso l’importanza dell’area africana e, <strong>di</strong><br />

conseguenza, <strong>di</strong> quella afro-brasiliana e afro-caraibica. Il merito della Bourguignon sta<br />

nel ricondurre queste pratiche, solo apparentemente <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nate e <strong>di</strong> derivazione<br />

patologica, all’interno <strong>di</strong> specifiche coor<strong>di</strong>nate <strong>di</strong> determinazioni culturali, quin<strong>di</strong><br />

analizzabili secondo una prospettiva storico-religiosa.<br />

L’articolo della Bourguignon del 1968, Patterns of Possessions, è pubblicato nel<br />

volume Trance and Possession States, e<strong>di</strong>to a cura <strong>di</strong> Raymond Prince. In un lavoro <strong>di</strong><br />

qualche anno successivo la Bourguignon propone tre <strong>di</strong>versi esempi tratti da <strong>di</strong>fferenti<br />

contesti culturali: il primo tratto dal vodoo haitiano, il secondo dalla popolazione<br />

Amahuaca dell’America del Sud, il terzo dai Sioux del Nordamerica. Al termine della<br />

comparazione traccia la seguente griglia interpretativa:<br />

49 Falvo 1977: 89<br />

58


“In ciascuno <strong>di</strong> questi esempi, le persone cercano <strong>di</strong> mettersi in contatto <strong>di</strong>retto con gli<br />

spiriti attraverso uno stato <strong>di</strong> alterazione della coscienza. Lo fanno secondo una maniera<br />

tra<strong>di</strong>zionale, che un giovane che cresce in quelle società deve imparare, per potersi<br />

comportare nel modo giusto o avere le opportune esperienze. Gli stati <strong>di</strong> alterazione<br />

della coscienza non sono spontanei o i<strong>di</strong>osincratici, ma rientrano in uno schema<br />

culturale. Gli spiriti, almeno nelle gran<strong>di</strong> linee, sono noti, e in una certa misura colui che<br />

li cerca è consapevole <strong>di</strong> ciò che lo aspetta. Inoltre, in ciascun caso intervengono<br />

in<strong>di</strong>vidui sperimentati ed esperti, che sanno che cosa bisogna fare. In tutte le situazioni<br />

<strong>di</strong> stato <strong>di</strong> alterazione della coscienza che troviamo in queste <strong>di</strong>verse culture incidono<br />

dunque lo schema culturale, la pratica sociale, l’appren<strong>di</strong>mento e l’esperienza.” 50<br />

Vasta è comunque la bibliografia riguardante i cosiddetti “stati mo<strong>di</strong>ficati <strong>di</strong> coscienza”.<br />

Tra i più conosciuti segnaliamo gli stu<strong>di</strong> sui culti <strong>di</strong> possessione <strong>di</strong> area islamica <strong>dello</strong><br />

scozzese Lewis, per quelli <strong>di</strong> impronta messianica e profetica il già citato Lanternari,<br />

per l’area afro-brasiliana e caraibica i francesi Bastide e Lapassade. Non possiamo non<br />

citare, infine, la ricerca sul campo sul tarantismo pugliese, effettuata da De Martino in<br />

Salento alla fine <strong>degli</strong> anni Cinquanta. La terra del rimorso è probabilmente il primo<br />

esempio <strong>di</strong> valutazione della possessione come fenomeno culturale. De Martino tuttavia<br />

stu<strong>di</strong>ò il tarantismo non tanto come un caso specifico <strong>di</strong> possessione, quanto come caso<br />

straor<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> “sopravvivenza” <strong>di</strong> una strategia rituale me<strong>di</strong>terranea e precristiana.<br />

Pur avendo riscosso grande successo, l’etichetta “stati mo<strong>di</strong>ficati <strong>di</strong> coscienza”<br />

risulta essere estremamente vaga, comprendendo al suo interno tipologie <strong>di</strong> fenomeni<br />

molto <strong>di</strong>versi gli uni dagli altri. Occorre quin<strong>di</strong> operare delle <strong>di</strong>stinzioni.<br />

Generalmente si riconoscono due esperienze ritenute opposte, quella della trance<br />

e quella dell’estasi. Di fronte al modo confuso e all’interscambiabilità con cui questi<br />

termini sono stati usati in passato, Gilbert Rouget ne propone un uso specifico nel suo<br />

classico stu<strong>di</strong>o sui rapporti tra musica e fenomeni <strong>di</strong> possessione. L’analisi <strong>di</strong> Rouget<br />

parte proprio dalla constatazione dell’uso in<strong>di</strong>scriminato e spesso contrad<strong>di</strong>ttorio con<br />

cui “trance” ed “estasi” vengono utilizzati nel linguaggio etnoantropologico. Tale<br />

confusione deriva anche dalla approssimativa definizione che se ne dà, come l’autore<br />

riscontra raffrontando alcune enciclope<strong>di</strong>e inglesi e francesi. Rouget dunque constata<br />

che<br />

“Queste due parole non sono mai utilizzate per opporre due stati molto <strong>di</strong>versi l’uno<br />

dall’altro, mentre tale opposizione esiste e sarebbe importante riuscire a definirla. Nella<br />

prospettiva specifica <strong>di</strong> questo stu<strong>di</strong>o è tanto più importante precisarla in quanto la<br />

trance e l’estasi si trovano con la musica in rapporti per nulla identici. Occorre quin<strong>di</strong><br />

50 Bourguignon 1983 (1979): 304-305<br />

59


in<strong>di</strong>care in maniera netta ciò che le <strong>di</strong>stingue per porre fine alla confusione esistente fra<br />

questi termini e definire ciò che chiameremo d’ora in avanti estasi e trance.” 51<br />

Nel tentativo <strong>di</strong> definire delle forme “pure” <strong>di</strong> queste esperienze, egli suggerisce <strong>di</strong><br />

usare “estasi” per riferirsi a quel tipo <strong>di</strong> stati raggiunti nel silenzio, nell’immobilità,<br />

nella solitu<strong>di</strong>ne, caratterizzati da allucinazioni e dal ricordo dell’esperienza vissuta. Con<br />

“trance”, invece, ci si rifà agli stati cui si perviene in una <strong>di</strong>mensione collettiva, in<br />

con<strong>di</strong>zioni rumorose, agitate, tramite stimolazione sensoriale, senza allucinazioni e<br />

senza ricordo. Comunque<br />

“La trance si presenta sempre, in un modo o nell’altro, come un superamento <strong>di</strong> se<br />

stesso, come una liberazione derivante dall’intensificarsi <strong>di</strong> una <strong>di</strong>sposizione mentale o<br />

fisica.” 52<br />

Ovviamente, essendo dei “modelli”, queste due definizioni si pongono come i poli<br />

“ideali” tra cui oscillano le varie rappresentazioni rituali, molto più complesse e<br />

sfumate.<br />

Date queste premesse, l’episo<strong>di</strong>o della Pentecoste ci fa optare decisamente per i<br />

fenomeni legati alla trance. Essi vengono a loro volta sud<strong>di</strong>visi in due tipologie<br />

antitetiche che stanno a rappresentare due opposte modalità <strong>di</strong> relazione con<br />

l’extraumano: da una parte la trance conosciuta come “sciamanica”, dall’altra la trance<br />

detta <strong>di</strong> “possessione”. La trance <strong>dello</strong> “sciamano” appare come una incursione in un<br />

mondo superiore o inferiore durante la quale, attraverso un processo <strong>di</strong> sdoppiamento, la<br />

sua anima abbandona il corpo e va incontro alle entità extraumane in cerca <strong>di</strong><br />

conoscenze allargate da utilizzare per varie soluzioni contingenti, legate spesso a<br />

episo<strong>di</strong> <strong>di</strong> guarigione.<br />

Nella trance <strong>di</strong> “possessione” il rapporto tra sfera umana e soprannaturale si<br />

inverte. In questo caso infatti sono gli uomini a essere penetrati dalle entità extraumane<br />

e a essere usati come mezzi <strong>di</strong> “incarnazione” o per mandare messaggi in linguaggio<br />

umano, mettendo in scena una vera e propria rappresentazione del <strong>di</strong>vino nell’umano e<br />

viceversa.<br />

Tornando al nostro racconto biblico della Pentecoste, ve<strong>di</strong>amo come possiamo<br />

considerarlo una forma <strong>di</strong> possessione, come del resto lo stesso Rouget riconosce,<br />

preferendo però parlare <strong>di</strong> trance <strong>di</strong> “ispirazione”, in quanto non si attuerebbe la<br />

51 Rouget 1986: 15. Più avanti nel testo, mettendo in luce il carattere eccessivamente omnicomprensivo<br />

che la Bourguignon attribuisce al concetto <strong>di</strong> “stati mo<strong>di</strong>ficati <strong>di</strong> coscienza”, l’autore sottolinea: “Perché<br />

non accontentarsi semplicemente <strong>di</strong> chiamare la trance “trance”?”<br />

52 Rouget 1986: 26<br />

60


completa identificazione tra posseduto e possessore. Egli parla anche <strong>di</strong> trance “<strong>di</strong><br />

comunione”, intendendo con ciò le rappresentazioni rituali in cui la relazione tra<br />

<strong>di</strong>vinità e in<strong>di</strong>viduo in trance è vissuta, appunto, come una comunione, o una<br />

rivelazione, o un’illuminazione, piuttosto che come una forma <strong>di</strong> incarnazione 53 .<br />

Rouget rivolge l’attenzione in particolare al mondo della cultura araba, in cui la<br />

trance <strong>di</strong> possessione è istituzionalizzata, come vedremo, grazie al sufismo e alla<br />

presenza, legittimata dal Corano, <strong>degli</strong> jinn. Egli rileva tuttavia delle analogie tra la<br />

pratica del dhikr (che consiste nel recitare il nome <strong>di</strong> Allah cantando e danzando) e del<br />

samâ’ (cioè ascoltare musica, specialmente canto, allo scopo <strong>di</strong> raggiungere la trance,<br />

per poi esprimerla attraverso la danza) e alcune pratiche presenti in movimenti <strong>di</strong><br />

ispirazione cristiana come gli Shakers negli Stati Uniti, i Chlysty in Russia, ma anche i<br />

battisti e i pentecostali. A proposito <strong>di</strong> questi ultimi scrive:<br />

“Le trance che si osservano presso i Neri (e a volte i Bianchi) americani – Battisti,<br />

Pentecostali o altro – si collocherebbero piuttosto sul versante della trance indotta, e<br />

quin<strong>di</strong> della possessione, a causa dell’importante ruolo svolto nel culto dai musicisti<br />

(cantanti, organisti ecc.) e dal ministro protestante.” 54<br />

L’iconografia cristiana, del resto, nella rappresentazione pittorica dell’evento, co<strong>di</strong>fica<br />

questa relazione tra umano ed extraumano che “<strong>di</strong>scende” raffigurando lo <strong>Spirito</strong> come<br />

delle piccole fiammelle che si posano sul capo <strong>degli</strong> apostoli e <strong>di</strong> Maria, oppure come<br />

dei raggi provenienti da un emisfero scuro, simbolo della trascendenza <strong>di</strong>vina.<br />

L’oscurità è interpretata come l’effetto agli occhi umani della luce brillantissima e<br />

inaccessibile che si manifesta con la <strong>di</strong>scesa <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong>, il quale illumina e trasfigura<br />

tutta la realtà rendendo così l’uomo partecipe della sapienza <strong>di</strong>vina. Le prime<br />

raffigurazioni della Pentecoste, provenienti dalla Siria e dalla Palestina, avevano la<br />

stessa struttura compositiva dell’episo<strong>di</strong>o dell’Ascensione, con il fuoco <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong><br />

Santo che <strong>di</strong>scende sugli apostoli in pie<strong>di</strong> attorno a Maria. Con l’affermarsi della<br />

Pentecoste come momento fondativo della Chiesa missionaria, il modulo compositivo<br />

cambia e si afferma il ritratto collettivo in cui un gruppo <strong>di</strong> saggi siede attorno al<br />

maestro, volendo sottolineare così la parità <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zione e la continuità dell’azione tra i<br />

do<strong>di</strong>ci e il Cristo.<br />

Se, come scritto nell’introduzione agli Atti <strong>degli</strong> Apostoli, “il libro fu scritto per i<br />

cristiani provenienti dal paganesimo, ai quali vuol <strong>di</strong>mostrare che la loro religione è<br />

l’opera <strong>di</strong> Dio, <strong>di</strong>retta alla salvezza del mondo”, è lecito ipotizzare come la nuova<br />

53 Rouget 1986: 42-43.<br />

54 Rouget 1986: 392<br />

61


eligione venga proposta alle popolazioni politeiste facendo leva su un mo<strong>dello</strong><br />

culturale, quello <strong>di</strong> una modalità della trance da possessione, ben conosciuto e <strong>di</strong>ffuso,<br />

anche se comunque inserito all’interno <strong>di</strong> un sistema monoteista.<br />

La presenza <strong>di</strong>ffusa e contestualizzata <strong>di</strong> pratiche inerenti l’utilizzo della trance,<br />

nei suoi <strong>di</strong>versi aspetti e modalità, è ampiamente documentata nell’area culturale del<br />

me<strong>di</strong>terraneo antico. L’appartenenza del fenomeno della possessione al bacino del<br />

me<strong>di</strong>terraneo è evidenziata in particolare da Ernesto De Martino. Nel corso dei suoi<br />

stu<strong>di</strong> sul tarantismo salentino, egli ne in<strong>di</strong>vidua gli antecedenti storici nella vita religiosa<br />

greca <strong>di</strong> cui la Puglia era partecipe in quanto parte della Magna Grecia. De Martino<br />

traccia l’ipotesi <strong>di</strong> un complesso arcaico me<strong>di</strong>terraneo che avrebbe determinato le<br />

strutture del coribantismo, la possessione sperimentata dalla comunità dei Coribanti<br />

nella Grecia del V secolo a.C. e <strong>di</strong> cui Platone riporta alcune testimonianze<br />

nell’Eutidemo e nello Ione in relazione al complesso coreutico-musicale a fini<br />

terapeutici. Le stese strutture, secondo l’etnologo napoletano, sono presenti nel<br />

tarantismo pugliese, nei culti africani zar e bori e nei loro derivati afro-americani, in<br />

particolare nel vodoo haitiano 55 .<br />

Nei sistemi politeistici, in cui la reciproca interazione tra sfera umana ed<br />

extraumana sta alla base della costituzione <strong>di</strong> ogni particolarità della <strong>di</strong>mensione<br />

quoti<strong>di</strong>ana, la possessione è uno dei mezzi più utilizzati per rappresentare gli dei,<br />

rendere manifesta e relazionabile la loro presenza.<br />

Il fatto che le maggiori <strong>di</strong>spute nel processo <strong>di</strong> affermazione del monoteismo<br />

cristiano riguardassero la figura del Cristo inteso contemporaneamente come uomo e<br />

come Dio, piuttosto che il ruolo e la figura <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> – è la figura del Cristo la vera<br />

idea rivoluzionaria del cristianesimo, anche se essa, già <strong>di</strong> per sé, apre alla<br />

comunicazione <strong>di</strong>retta tra sfera umana ed extraumana, presentando fin dal suo inizio il<br />

cristianesimo come un monoteismo imperfetto -, fa supporre, infatti, come questo<br />

concetto fosse legato, nel panorama culturale del tempo, ad una funzione largamente<br />

riconosciuta e accettata.<br />

Le cose, tuttavia, non sono così semplici. Le uniche testimonianze relative<br />

all’episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Pentecoste ci derivano infatti dai Vangeli e dal libro <strong>degli</strong> Atti <strong>degli</strong><br />

apostoli, in cui il piano del <strong>di</strong>venire storico e quello della sua interpretazione teologica<br />

finiscono inevitabilmente per coincidere, rendendone <strong>di</strong>fficoltosa una lettura storico-<br />

religiosa.<br />

55 De Martino 2002 (1961)<br />

62


Cerchiamo dunque <strong>di</strong> procedere con or<strong>di</strong>ne, partendo da ciò che conosciamo.<br />

È noto come il Cristianesimo rifiuti la possibilità della possessione in virtù della<br />

trascendenza del <strong>di</strong>o monoteista, ammettendola solamente in quanto <strong>di</strong>abolica e, <strong>di</strong><br />

conseguenza, necessitante <strong>di</strong> una cura terapeutica a carattere esorcistico.<br />

Questa concezione ha veicolato all’interno della cultura occidentale l’idea della<br />

possessione come fatto totalmente negativo in quanto depersonalizzante. Tale idea ha<br />

trovato le proprie basi nell’espressione concettuale data dalla coppia <strong>di</strong> termini<br />

soma/psiche, i quali, nel loro essere intesi come poli <strong>di</strong> una contrapposizione pressoché<br />

irrisolvibile, hanno delimitato le coor<strong>di</strong>nate per la pensabilità dell’identità dell’uomo<br />

occidentale.<br />

Questa prospettiva ha portato alla <strong>di</strong>fficoltà, da parte occidentale, <strong>di</strong> pensare la<br />

possessione senza rimandare ad una interpretazione psicopatologica i sintomi che la<br />

identificano, i quali vengono in particolare ricondotti ad attacchi <strong>di</strong> isteria, <strong>di</strong>sturbi della<br />

personalità e <strong>di</strong>ssociazione. Questa “sovrainterpretazione terapeutica” ha spesso<br />

impe<strong>di</strong>to <strong>di</strong> prendere in considerazione le <strong>di</strong>fferenti rappresentazioni <strong>di</strong> persona e <strong>di</strong><br />

corpo che circoscrivono culturalmente la sperimentazione della possessione. Ciò ha<br />

portato a considerarla una pratica tra<strong>di</strong>zionale propria delle società non occidentali,<br />

relegandola nell’ambiguità “<strong>di</strong> un “mondo magico” inteso come luogo altro dove si<br />

intrecciano i confini <strong>di</strong> poteri e saperi considerati impossibili.” 56<br />

L’universalità dei fenomeni legati alla trance, sottolineata dalla Bourguignon e<br />

da Rouget, ci rimanda però ad<br />

“Un mondo “magico” che occupa spazi rilevanti e trasversali nelle culture politeiste<br />

antiche e no come nei gran<strong>di</strong> sistemi monoteisti ma che l’attuale vanificazione del<br />

concetto <strong>di</strong> “magia” in favore della categoria più vasta, generica, ma insieme più<br />

operativa <strong>di</strong> “poteri rituali” <strong>di</strong>lata in modo insospettabile.<br />

In questo processo <strong>di</strong> vanificazione il “magico” perde la sua definizione <strong>di</strong> zona del<br />

marginale, del primitivo, del patologico o dell’irrazionale per acquisire quella <strong>di</strong><br />

situazione morbida e creativa sottintesa nella nozione <strong>di</strong> magismo introdotta da Ernesto<br />

De Martino. Sfuma in questa prospettiva la possibilità <strong>di</strong> definire una categoria del<br />

“magico” come opposta a una categoria del “religioso” tenendo presente che in<br />

entrambi i casi si condensano pratiche proposte come assolutamente efficaci, i rituali<br />

appunto, che costruiscono l’esperienza del “sacro”.” 57<br />

Secondo questa prospettiva dunque, <strong>di</strong>venta più corretto intendere soma e psiche come<br />

le coor<strong>di</strong>nate che il mondo occidentale si è dato per definire non tanto l’identità<br />

dell’uomo in quanto tale, bensì quel “luogo” particolare, culturalmente determinato <strong>di</strong><br />

56 Chirassi Colombo 2006: 163<br />

57 Chirassi Colombo 2006: 163<br />

63


volta in volta, che funge da strumento per la messa in atto <strong>di</strong> pratiche che rappresentano<br />

analogie ed equilibri, avvicinamenti e <strong>di</strong>stanziamenti, interconnessioni tra una realtà<br />

percepita come umana e un’altra come extraumana 58 .<br />

Sempre secondo questa prospettiva si rende necessario prendere in<br />

considerazione l’aspetto politico della messa in pratica della sperimentazione del<br />

“sacro”, in quanto vero e proprio <strong>di</strong>scorso sull’identità.<br />

Ciò <strong>di</strong>venta <strong>di</strong> rilevante importanza quando le pratiche <strong>di</strong> sperimentazione del<br />

“sacro” vengono indagate presso le società che hanno subito un processo <strong>di</strong><br />

colonizzazione, un brusco confronto con una cultura “altra” opprimente. In questo senso<br />

è ancora <strong>di</strong> fondamentale importanza lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Lanternari sull’insorgere dei<br />

movimenti cosiddetti “<strong>di</strong> libertà” e “<strong>di</strong> salvezza” tra le popolazioni in<strong>di</strong>gene sottoposte<br />

al dominio coloniale europeo. Pratiche come la Ghost Dance, la Dream Dance, il<br />

Peiotismo presso i nativi del Nord America, l’Umbanda e il Candomblè brasiliani,<br />

l’episo<strong>di</strong>o delle chiese “spirituali” del Ghana, ma anche la presenza <strong>di</strong> numerose figure<br />

<strong>di</strong> “profeti” in<strong>di</strong>geni sorte un po’ dappertutto nei territori coloniali, sono tutte<br />

espressioni <strong>di</strong> una “religiosità” proveniente “dal basso” che si propone come creazione<br />

identitaria alternativa, quando non in aperto contrasto, all’esercizio dell’autorità europea<br />

e, <strong>di</strong> riflesso, al cristianesimo missionario.<br />

Nella pratica cultuale ciò si realizza nella negazione del patrimonio culturale<br />

“altro”, enfatizzando il ruolo fondante delle pratiche riguardanti la sperimentazione del<br />

“sacro”. Esse sono ampiamente riconosciute all’interno delle strutture tra<strong>di</strong>zionali delle<br />

popolazioni africane, nord e sudamericane. Nel caso dei movimenti messianici e<br />

profetici in questione vengono riadattate in chiave anti-colonialista con il recupero <strong>di</strong><br />

alcuni elementi cristiani, in particolare la figura del Cristo guaritore e taumaturgo, la<br />

nozione del Dio testamentario come Essere Supremo, il concetto stesso <strong>di</strong> <strong>Spirito</strong> 59 .<br />

58 Confronta quanto <strong>di</strong>cono Bottiroli e Ferraro nell’articolo Soma/psiche, presente nel tre<strong>di</strong>cesimo volume<br />

dell’Enciclope<strong>di</strong>a Einau<strong>di</strong>: “La coppia soma/psiche, se considerata, come fin qui sostanzialmente s’è<br />

fatto, quale strumento <strong>di</strong> rappresentazione, esprime quin<strong>di</strong> meno una contrapposizione concettuale che<br />

non un rapporto <strong>di</strong> carattere operativo: tramite essa si definiscono e si mutano identità, si conquistano e si<br />

perdono poteri, si realizzano scambi simbolici e s’instaurano relazioni sociali, si <strong>di</strong>venta adulti e si<br />

perviene alla morte. Se dunque una particolare attenzione è stata de<strong>di</strong>cata in questa pagine ai fenomeni <strong>di</strong><br />

alterazione dell’equilibrio “normale”, i vari generi <strong>di</strong> “possessione” innanzitutto, ciò è dovuto al fatto<br />

ch’essi mostrano molto bene quali possono essere le basi della natura sostanzialmente non statica del<br />

rapporto tra componenti psichiche e somatiche nella rappresentazione della persona. I vari esempi tratti da<br />

culture <strong>di</strong> società semplici stupiscono senza dubbio chi considera la possessione come forma<br />

necessariamente patologica e derazionalizzante, poiché in questi esempi, al contrario, la possessione non<br />

soltanto ha carattere sociale e riceve l’approvazione della comunità, ma arricchisce il corpo <strong>di</strong> valore e <strong>di</strong><br />

senso.”<br />

59 Confronta in particolare Lanternari 2003 (1960), ma anche altri lavori dell’etnologo italiano come<br />

Festa Carisma Apocalisse, Dei Profeti Conta<strong>di</strong>ni, o il più recente Ecoantropologia, in cui vengono presi<br />

64


Questo processo <strong>di</strong> recupero e integrazione <strong>di</strong> elementi della tra<strong>di</strong>zione cristiana<br />

risulta fondamentale, come vedremo, nello sviluppo <strong>di</strong> certe forme <strong>di</strong> pentecostalismo<br />

“in<strong>di</strong>geno”, sorte soprattutto nell’Africa subsahariana su iniziativa <strong>di</strong> personalità locali.<br />

La rielaborazione <strong>di</strong> elementi culturali “altri” in vista dell’affermazione <strong>di</strong> una<br />

nuova identità era stata d'altronde messa in luce precedentemente da Pettazzoni. La<br />

concezione del “sacro” come prodotto interamente culturale gli permette <strong>di</strong> chiarire<br />

l’origine del concetto monoteistico <strong>di</strong> <strong>di</strong>o, in opposizione tanto alla teoria<br />

evoluzionistica quanto a quella del “monoteismo primor<strong>di</strong>ale”. Lo stu<strong>di</strong>oso italiano ne<br />

<strong>di</strong>mostra il significato politico mettendola in relazione alle costruzioni identitarie<br />

ebraica, cristiana e islamica, affermatesi in opposizione alle culture politeiste del tempo,<br />

considerate idolatre 60 .<br />

Sullo stesso piano si muove Sabbatucci con il suo Monoteismo, in cui<br />

l’attenzione si concentra nell’evidenziare le relazioni sussistenti tra le <strong>di</strong>verse modalità<br />

<strong>di</strong> concepire il <strong>di</strong>o unico e le mutazioni <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne culturale, sociale, economico, politico,<br />

dei contesti in cui tali concezioni si sono affermate 61 .<br />

A questo punto risulta chiaro che il problema non riguarda più il fatto se<br />

considerare o meno l’episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Pentecoste come un fenomeno <strong>di</strong> possessione,<br />

piuttosto che <strong>di</strong> ispirazione o <strong>di</strong> comunione. Questa questione è infatti legata a<br />

sfumature <strong>di</strong> significati che sono venuti via via determinandosi lungo la storia del<br />

Cristianesimo stesso e che sottendono un comune significante, quello che riguarda la<br />

possibilità della rappresentazione del contatto <strong>di</strong>retto, personale, senza me<strong>di</strong>azioni, tra la<br />

sfera dell’umano e quella dell’extraumano.<br />

Si tratta allora <strong>di</strong> considerare secondo quali <strong>di</strong>namiche la possibilità della<br />

sperimentazione del “sacro” si è venuta co<strong>di</strong>ficandosi nella tra<strong>di</strong>zione cristiana e <strong>di</strong><br />

riscontrare le <strong>di</strong>fferenze, se ce ne saranno, tra queste e la pretesa pentecostale-<br />

in esame i NMR etichettati come “neo-paganesimo”, che operano un recupero <strong>di</strong> elementi dell’area<br />

culturale celtica riproponendoli come funzionali all’emancipazionismo femminista e al rispetto<br />

ambientale.<br />

60 Confronta Pettazzoni 1957: 161: “Sempre l’affermazione del monoteismo si esprime con la negazione<br />

del politeismo. Sempre tale negazione è il simbolo verbale <strong>di</strong> una lotta religiosa senza quartiere: la lotta<br />

fra una fede che tramonta e una nuova coscienza religiosa che si afferma, - una lotta <strong>di</strong> cui ciascun profeta<br />

del monoteismo è stato insieme ban<strong>di</strong>tore e vittima. Tutto ciò risulta dallo stu<strong>di</strong>o delle religioni<br />

monoteistiche. Da esse ricaviamo il concetto <strong>di</strong> ciò che è realmente il monoteismo, non un concetto<br />

teologico o speculativo, ma prettamente storico secondo il principio del verum ipsum factum, che fa<br />

consistere la vera natura del fatto storico nella sua formazione e nel suo svolgimento.”<br />

61 Confronta Sabbatucci 2001: 62: “Non è corretto interpretare i testi biblici, con l’idea che, quale che sia<br />

il nome <strong>di</strong>vino, si tratta sempre <strong>di</strong> Dio, il <strong>di</strong>o d’Israele, il <strong>di</strong>o dei Cristiani. In una ricerca sul monoteismo,<br />

e non sull’esistenza <strong>di</strong> Dio, le variazioni del nome <strong>di</strong>vino hanno tutta la loro importanza, in quanto<br />

probabili in<strong>di</strong>zi del processo in cui si è formata una concezione monoteista. E ciò vale anche per il<br />

credente, il quale, se vuole, può scorgere in questo processo una graduale rivelazione <strong>di</strong> Dio: è quanto, del<br />

resto, hanno fatto i redattori della Bibbia.”<br />

65


carismatica specificata da Serafino Falvo <strong>di</strong> considerare lo <strong>Spirito</strong> Santo come fonte <strong>di</strong><br />

“vita, forza, guida, coraggio, entusiasmo” piuttosto che come una “astrazione<br />

teologica”.<br />

La sperimentazione del “sacro” nei monoteismi<br />

Se nei sistemi politeisti le pratiche per una relazione “<strong>di</strong>retta” tra sfera umana ed<br />

extraumana ricoprono un ruolo centrale e largamente utilizzato nella determinazione<br />

dell’identità sia personale che collettiva, altrettanto non si può <strong>di</strong>re per i sistemi<br />

monoteisti, cioè sistemi mitico-rituali fortemente gerarchizzati, in cui tali pratiche<br />

trovano espressione ma occupano ruoli marginali.<br />

Nelle formazioni monoteiste infatti, il ricorso a pratiche incentrate sulla<br />

sperimentazione <strong>di</strong>retta del “sacro” è visto con sospetto, ed è stato sottoposto spesso,<br />

quando non riconosciuto, a continui e severi monitoraggi e a cruente repressioni. L’idea<br />

stessa <strong>di</strong> un unico principio <strong>di</strong> tutte le cose che trascende il mondo riduce <strong>di</strong> fatto la<br />

possibilità <strong>di</strong> entrare in contatto con la sfera del <strong>di</strong>vino a una decisione che spetta<br />

unicamente a Dio stesso. Esemplare in questo senso è un’affermazione attribuita ad Al-<br />

Ghazzali, teologo islamico attivo attorno all’anno mille, secondo cui il vero<br />

mussulmano sta nelle mani <strong>di</strong> Dio “come un cadavere tra le braccia del suo lavatore”.<br />

Proprio all’interno dell’islam, tra i monoteismi quello dalla forma più “pura”,<br />

strettamente legata alla ferrea messa in pratica dell’ortoprassi coranica, è possibile<br />

riscontrare la presenza <strong>di</strong> forme <strong>di</strong> sperimentazione <strong>di</strong>retta del “sacro” co<strong>di</strong>ficate. Esse<br />

si sviluppano essenzialmente seguendo due <strong>di</strong>rettive <strong>di</strong>stinte ma strettamente legate.<br />

La prima si collega alla corrente del sufismo che ha rappresentato nel corso della<br />

storia islamica un elemento particolarmente <strong>di</strong>namico. I primi rappresentanti fanno la<br />

loro comparsa già all’epoca del Profeta e per la loro proposta possono essere<br />

formalmente accostati alle espressioni della cristianità tipiche dei primi anacoreti del<br />

deserto e alle formazioni monastiche. Scopo principale del sufismo non era tanto quello<br />

<strong>di</strong> apportare mo<strong>di</strong>fiche a livello dogmatico, quanto piuttosto <strong>di</strong> in<strong>di</strong>care una morale e un<br />

metodo <strong>di</strong> approccio a Dio basato sulla proposta <strong>di</strong> pratiche alternative a quelle della<br />

legge coranica. Ciò portò numerosi sufi ad essere pesantemente perseguitati dai<br />

rappresentanti dell’islam tra<strong>di</strong>zionale.<br />

66


I poli del pensiero sufico stanno nell’esperienza “<strong>di</strong>retta” della <strong>di</strong>vintà e nella<br />

concezione personale della verità. Entrambi sono resi possibili da pratiche ascetiche e a<br />

sfondo coreutico-musicale in cui il fedele subisce l’attrazione che Allah esercita verso <strong>di</strong><br />

sé. Le pratiche più note sono quelle riguardanti la confraternita dei dervisci che<br />

propongono una particolare danza estatica, in senso rotatorio, da eseguire in occasione<br />

del dhikr, la recitazione salmo<strong>di</strong>ata dei testi coranici.<br />

Il mo<strong>dello</strong> sufico crea la base per un’altra forma <strong>di</strong> sperimentazione del “sacro”,<br />

quella resa possibile dalla presenza, nel mondo islamico, delle entità <strong>di</strong> origine pre-<br />

islamica note come jinn. Secondo la tra<strong>di</strong>zione coranica gli jinn sono esseri ignei che<br />

abitavano la terra da prima <strong>degli</strong> uomini “<strong>di</strong>sponendo della signoria, della profezia, della<br />

religione e della legge”, ma in seguito a un episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>enza furono scacciati in<br />

zone remote dell’Arabia. Il loro comportamento è considerato simile a quello <strong>degli</strong><br />

umani, ma essi, non possedendo un corpo, godono <strong>di</strong> una mobilità, <strong>di</strong> un’ubiquità e una<br />

prescienza che gli uomini non possiedono; <strong>di</strong> qui la seduzione che su <strong>di</strong> essi riescono ad<br />

esercitare.<br />

La presenza <strong>degli</strong> jinn ha reso possibile lo sviluppo <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi culti <strong>di</strong><br />

possessione nelle aree dell’Africa settentrionale e nord-orientale e in Me<strong>di</strong>o Oriente. È<br />

accertato come modelli <strong>di</strong> possessione come il bori e lo zar, presenti nell’area<br />

subsahariana compresa tra Niger, Nigeria, Mali, ma le cui origini storiche risultano<br />

tuttavia poco chiarite, si siano <strong>di</strong>ffusi a seguito del processo <strong>di</strong> islamizzazione e della<br />

tratta <strong>di</strong> schiavi gestita da mussulmani in Paesi come Tunisia, Marocco, Algeria dando<br />

origine a formazioni come lo stambali, la derdeba, il <strong>di</strong>wan, sviluppatisi in rapporto<br />

all’autorità islamica.<br />

La pratica <strong>di</strong> questi culti è delimitata all’interno <strong>di</strong> gruppi, confraternite, secondo<br />

il mo<strong>dello</strong> ammesso in ambito islamico dalle tariqa sufiche. Le tariqa sono la principale<br />

forma <strong>di</strong> organizzazione del misticismo islamico: esse sono altamente gerarchizzate<br />

attorno alla figura del maestro, figura me<strong>di</strong>atrice tra Dio e gli uomini in quanto<br />

detentore della baraka, concetto <strong>di</strong> derivazione preislamica che sta a in<strong>di</strong>care una forza<br />

benefica. La trasmissibilità della baraka è all’origine del culto dei “santi” (wali), molto<br />

<strong>di</strong>ffuso nell’ambito delle confraternite, i cui membri compiono perio<strong>di</strong>ci pellegrinaggi<br />

sulla tomba del “santo”, sperando <strong>di</strong> essere partecipi del suo potere.<br />

Generalmente in questi culti la messa in atto del <strong>di</strong>spositivo della possessione è<br />

legato a uno stato “<strong>di</strong> malattia”, intesa sia come spirituale che come fisica. Dagli stessi<br />

pellegrinaggi ci si aspetta guarigioni da malattie o sterilità, tanto che l’islam ortodosso<br />

67


tende a rifiutarne le pratiche, considerandole non finalizzate alla comunicazione con<br />

Dio. La possessione assolve a una funzione essenzialmente “terapeutica” che si<br />

concretizza in complesse pratiche rituali in cui, attraverso un <strong>di</strong>spositivo coreutico-<br />

musicale, si procede con l’in<strong>di</strong>viduare lo spirito possessore, che tormenta, e il renderlo<br />

innocuo tramite il sod<strong>di</strong>sfacimento delle sue richieste.<br />

La trance <strong>di</strong> possessione serve dunque ad organizzare sul piano simbolico le<br />

risposte alle <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> adattamento a una situazione nuova e drammatica, andando a<br />

costituire la base ideologica per le varie tipologie <strong>di</strong> “culti <strong>di</strong> guarigione” <strong>di</strong> cui si<br />

avverte una grande richiesta nella società contemporanea.<br />

La <strong>di</strong>mensione “terapeutica” gioca un ruolo fondamentale nel successo <strong>di</strong> massa<br />

che caratterizza il fenomeno pentecostale-carsimatico. Nella storia contemporanea del<br />

cristianesimo esso non è tuttavia un caso isolato. Nel volume a cura <strong>di</strong> Franco Ferrarotti,<br />

<strong>Stu<strong>di</strong></strong> sulla produzione sociale del sacro, viene presentata una dettagliata casistica<br />

riguardante alcune figure <strong>di</strong> “guaritori” legati al mondo del cristianesimo, con<br />

particolare riferimento al contesto italiano. Negli anni successivi alla seconda guerra<br />

mon<strong>di</strong>ale si riscontra infatti un notevole incremento <strong>di</strong> fenomeni “carismatici” in senso<br />

lato. Tra il 1944 e il 1974 episo<strong>di</strong> “pro<strong>di</strong>giosi” come apparizioni, lacrimazioni <strong>di</strong><br />

immagini, stigmatizzazzioni, si moltiplicano e si contano a varie centinaia, mentre a<br />

tutt’oggi <strong>di</strong>versi programmi televisivi testimoniano dell’interesse “popolare” che ancora<br />

circonda questa tematiche.<br />

Dietro questi fenomeni troviamo la presenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse figure <strong>di</strong> laici, spesso <strong>di</strong><br />

umile con<strong>di</strong>zione sociale, e più raramente <strong>di</strong> religiosi. Essi, pur professando la propria<br />

adesione alla Chiesa cattolica e all’autorità papale, si auto-presentano come interme<strong>di</strong>ari<br />

del volere <strong>di</strong> Dio e soprattutto della Madonna, in virtù <strong>di</strong> una sorta <strong>di</strong> “iniziazione”<br />

personale ottenuta a seguito <strong>di</strong> esperienze drammatiche <strong>di</strong> “contatto” con il <strong>di</strong>vino<br />

tramite sogni, visioni, sofferenze fisiche. Attorno a queste figure si vengono a formare<br />

piccole comunità, più o meno numerose, <strong>di</strong> seguaci che chiedono la guarigione dai<br />

propri mali, fisici o psichici, qualche consiglio per le proprie questioni personali, per<br />

ascoltare i messaggi “rivelati”. Questi fenomeni, legati alla sfera del “miracoloso”,<br />

dell’irruzione perentoria del <strong>di</strong>vino nella quoti<strong>di</strong>anità umana, meriterebbero da soli un<br />

<strong>di</strong>scorso a parte che qui non faremo. Se li abbiamo citati è soltanto per sottolineare<br />

come anche all’interno del dogmatismo cattolico si creino spazi per la sperimentazione<br />

“<strong>di</strong>retta” dell’extraumano, del fascino che tale “esperienza” ancora fortemente esercita,<br />

e <strong>di</strong> come venga ricercata.<br />

68


Nei confronti <strong>di</strong> questi fenomeni la Chiesa cattolica ha nutrito e nutre un<br />

atteggiamento <strong>di</strong> completa chiusura, testimoniato da una numerosa documentazione in<br />

cui si impone la cessazione imme<strong>di</strong>ata <strong>di</strong> tali forme cultuali “private” 62 .<br />

Forme “private”, da intendersi come alternative alla tra<strong>di</strong>zione “ufficiale”, sono<br />

riconoscibili anche nella storia più recente dell’ebraismo, quando l’inasprirsi <strong>degli</strong><br />

atteggiamenti repressivi nei confronti <strong>degli</strong> Ebrei della <strong>di</strong>aspora ha favorito l’insorgere<br />

<strong>di</strong> alcuni movimenti a sfondo messianico all’interno del monoteismo. Tra <strong>di</strong> essi ebbe<br />

particolare fortuna la corrente del hasi<strong>di</strong>smo, sviluppatasi all’inizio del XVIII secolo a<br />

partire dall’Ucraina. Fondato da un umile carrettiere che insegnava come “l’uomo più<br />

semplice possa trovare Dio”, il hasi<strong>di</strong>smo poneva accanto alla preghiera e allo stu<strong>di</strong>o,<br />

pilastri della tra<strong>di</strong>zione rabbinica, la possibilità <strong>di</strong> realizzare l’unione con Dio attraverso<br />

pratiche entusiastiche. Colui che riesce in questo intento è uno zid<strong>di</strong>k (“giusto”), il quale<br />

“Grazie alla santità esemplare della sua vita, raggiunge la comunione intima con Dio e,<br />

non contento <strong>di</strong> servire come mo<strong>dello</strong> per coloro che si collegano a lui, svolge anche la<br />

funzione <strong>di</strong> colui che intercede per l’umanità presso la Divinità” 63<br />

Nel monoteismo ebraico la comunicazione tra Dio e gli uomini è invece ricondotta<br />

principalmente al mo<strong>dello</strong> dei profeti veterotestamentari e <strong>di</strong> Mosè. Nel libro dei<br />

Numeri (12, 24-10) è lo stesso Yhwe che spiega la <strong>di</strong>fferenza tra “profeta” e “servo”:<br />

mentre al primo egli trasmetterà conoscenza tramite sogni o visioni, al secondo parlerà<br />

“bocca a bocca, chiaramente e non per enigmi”. L’episo<strong>di</strong>o si conclude con la punizione<br />

della lebbra per la sorella <strong>di</strong> Mosè che aveva osato aspirare da non prescelta alla<br />

conversazione <strong>di</strong>retta con Dio. Con la conclusione del periodo “profetico” storico,<br />

attestato approssimativamente tra VIII e VI secolo a.C., e la creazione dell’istituto<br />

sacerdotale, cessa la comunicazione <strong>di</strong>retta <strong>di</strong> Dio con il suo popolo. Di fatto però,<br />

alcune forme <strong>di</strong> interrogazione della volontà del Signore rimangono comunque presenti<br />

nel contesto culturale delle tribù d’Israele, venendo poste ai margini ma non ban<strong>di</strong>te del<br />

tutto.<br />

Esse mutano con il mutare delle sorti del Regno d’Israele. Se, come scrive Clara<br />

Kraus Reggiani, “il culto dell’epoca mosaica esclude qualsiasi genere <strong>di</strong> attentato alla<br />

trascendenza <strong>di</strong>vina”, le cose si presentano <strong>di</strong>versamente durante il cosiddetto<br />

62 In De Lutiis 1978, l’autore riporta numerosi stralci tratti da <strong>di</strong>verse notifiche vescovili riguardanti i<br />

suddetti presunti episo<strong>di</strong> “miracolosi” in cui si legge il deciso rifiuto <strong>di</strong> riconoscere carattere<br />

soprannaturale agli episo<strong>di</strong>. Di fronte alla perseveranza <strong>di</strong> alcuni nel proseguire le loro pratiche, si sono<br />

registrate prese <strong>di</strong> posizione <strong>di</strong> forza da parte delle Curie, con tanto <strong>di</strong> interventi delle forze dell’or<strong>di</strong>ne<br />

nei luoghi <strong>di</strong> ritrovo “incriminati” e sequestro <strong>degli</strong> oggetti <strong>di</strong> culto.<br />

63 Gugenheim E. in Puech 1999 (1970): 214<br />

69


“giudaismo ellenistico” (III secolo a.C. – I secolo d.C.) che coinvolge la nascita del<br />

primo cristianesimo 64 . In questo periodo si attestano due <strong>di</strong>rezioni <strong>di</strong>ametralmente<br />

opposte, entrambe rifiutate dall’ebraismo rabbinico, custode delle leggi cultuali e delle<br />

norme morali espresse dalla Torah. La prima consisteva in un orientamento filosofico-<br />

razionalistico sviluppatosi nella <strong>di</strong>aspora ebraica <strong>di</strong> Alessandria d’Egitto, l’altra, in<br />

Palestina, si affermava secondo una tematica apocalittica che mirava ad una evasione<br />

dalla frustrante realtà del momento e alla salvezza in un mondo rinnovato.<br />

“Alla <strong>di</strong>sastrosa situazione politica, che sarebbe culminata nella <strong>di</strong>struzione del Tempio,<br />

conseguì – durante l’occupazione prima greca e poi romana del paese – una<br />

<strong>di</strong>ramazione multipla nel campo della fede […] Il credo nel Dio unico era ormai un dato<br />

acquisito da tempo, ma si era andata configurando la necessità <strong>di</strong> una conoscenza che si<br />

spingesse al <strong>di</strong> là della contingenza storica e che, solo se rivelata da Dio in forme nuove,<br />

avrebbe potuto avvalorare l’attesa <strong>di</strong> un’era <strong>di</strong> bontà e <strong>di</strong> pace, in un futuro prossimo<br />

che poteva essere terreno, ma che <strong>di</strong> necessità era essenzialmente escatologico.” 65<br />

Nel quadro dell’apocalittica giudaica, la ricerca <strong>di</strong> forme alternative <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione tra<br />

umano ed extraumano ha portato al recupero <strong>di</strong> tematiche che hanno precedenti<br />

nell’Antico Testamento e che, adeguatamente rielaborate hanno avuto ripercussioni sul<br />

cristianesimo primitivo. Tra queste tematiche assume particolare rilevanza la figura del<br />

“Figlio dell’uomo”, presente sia nei libri “profetici” <strong>di</strong> Daniele ed Ezechiele, sia in<br />

<strong>di</strong>versa letteratura apocalittica, dalla cui analisi emergono i tratti <strong>di</strong> una figura<br />

“misteriosa, trascendente, preesistente alla creazione del mondo, un salvatore che supera<br />

l’attesa messianica nazionale e terrena.” 66<br />

Dalla prospettiva tracciata nell’articolo della Kraus Reggiani trova conferma che<br />

è il tema del me<strong>di</strong>atore-salvatore, sviluppato dall’apocalittica del pensiero giudaico, che<br />

ha creato i presupposti culturali per la trasposizione della personalità <strong>di</strong> Gesù <strong>di</strong><br />

Nazareth in quella del Messia tanto atteso, nel Cristo, Unto del Signore e Figlio<br />

dell’Uomo. Quest’ultimo appellativo è infatti attribuito innumerevoli volte a Gesù nei<br />

Vangeli e negli Atti, e lo stesso Gesù lo attribuisce a sé stesso, usandolo in terza persona<br />

(Mc 2, 10-11; 14, 62). È questa la pietra <strong>dello</strong> scandalo, ciò che mette profondamente in<br />

<strong>di</strong>scussione l’unicità del <strong>di</strong>o veterotestamentario e, <strong>di</strong> conseguenza, l’autorità della legge<br />

mosaica: la pretesa <strong>di</strong> un contatto <strong>di</strong>retto con Dio reso possibile dalla me<strong>di</strong>azione del<br />

Gesù-Cristo, contemporaneamente uomo e <strong>di</strong>o.<br />

64 Clara Kraus Reggiani è autrice, tra le altre cose, <strong>di</strong> un contributo al fascicolo del 2001 <strong>di</strong> SMSR, Il<br />

monoteismo ebraico e il concetto <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione, cui qui faremo riferimento.<br />

65 Kraus Reggiani 2001: 21<br />

66 Kraus Reggiani 2001: 33<br />

70


L’azione <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo, tramite la sua “<strong>di</strong>scesa” su Maria, aveva infatti<br />

permesso il paradosso dell’incarnazione del Cristo, spogliando Dio della propria<br />

assoluta trascendenza e rendendolo umano tra gli umani. Tale impasse verrà risolta,<br />

salvaguardando l’idea monoteista, solo durante il concilio <strong>di</strong> Nicea con la formulazione<br />

del simbolo trinitario che, affermando la consustanzialità del Figlio e <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> con il<br />

Padre, ne attribuiva la stessa sostanza e la stessa natura trascendente.<br />

È nella narrazione biblica della Pentecoste che viene per la prima volta<br />

co<strong>di</strong>ficata la con<strong>di</strong>zione del Cristo, la cui eccezionalità è garantita dal dono dei<br />

“carismi” fatto agli apostoli.<br />

La portata politica dell’istituzione della “Nuova Alleanza” è messa in luce da<br />

Lanternari, il quale traccia in ottica comparativista un parallelo tra i movimenti “<strong>di</strong><br />

libertà e salvezza” e la formazione delle prime comunità cristiane, giungendo a queste<br />

considerazioni:<br />

“Prodotto da una cultura urbana altamente gerarchizzata, il cristianesimo sorse e si<br />

sviluppò, come manifestazione “popolare”, dal confronto con forze egemoniche<br />

oppressive – il sacerdotalismo giudaico, lo statalismo romano – scaturite dal seno della<br />

società <strong>di</strong> cui esso era parte integrante. Combatterle su un terreno religioso era possibile<br />

a un’unica con<strong>di</strong>zione, cioè globalmente rovesciando i valori dell’esistenza sociale,<br />

ad<strong>di</strong>tando come positivi unicamente i valori ultraterreni.<br />

Insomma, il programma salvifico del cristianesimo, contro il sacerdotalismo e insieme<br />

contro lo statalismo, doveva necessariamente fondarsi su una evasione integrale dalla<br />

storia, sulla fondazione <strong>di</strong> un Regno che doveva attuare il rovesciamento, anzi<br />

l’annullamento delle vigenti sovrastrutture sociali.” 67<br />

Lanternari però non prende in considerazione il fatto che dal cristianesimo primitivo<br />

abbia preso piede un sistema culturale che si è fatto me<strong>di</strong>atore <strong>di</strong> valori che hanno<br />

influenzato un’intera epoca storica, fondando una civiltà. È questo aspetto fondamentale<br />

che <strong>di</strong>stingue lo sviluppo delle prime chiese cristiane da quello dei movimenti<br />

messianici delle popolazioni colonizzate, rimasti invece limitati ad aree regionali e<br />

spesso esauritisi nel giro <strong>di</strong> qualche decennio.<br />

La possibilità del perdurare e del rafforzarsi dell’azione del cristianesimo nella<br />

storia risiede proprio nel valore che essa assume nell’ottica cristiana. È De Martino che<br />

ne evidenzia l’efficacia nelle sue riflessioni attorno alla Pentecoste raccolte ne La fine<br />

del mondo. Egli intanto <strong>di</strong>stingue tra una “apocalittica <strong>di</strong> Gesù pre<strong>di</strong>cante e dei <strong>di</strong>scepoli<br />

che lo ascoltavano” – che probabilmente si rifaceva <strong>di</strong>rettamente alle tematiche<br />

dell’apocalittica giudaica cui abbiamo accennato precedentemente –, e una “apocalittica<br />

67 Lanternari 2003 (1960): 407<br />

71


dopo la morte <strong>di</strong> Gesù e cioè <strong>degli</strong> apostoli e dei <strong>di</strong>scepoli che hanno esperito tale<br />

evento e che drammaticamente, ma vittoriosamente, ne hanno oltrepassato la crisi” 68 –<br />

ed è questa che viene inaugurata dalla <strong>di</strong>scesa <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong>.<br />

La narrazione <strong>di</strong> Pentecoste, secondo la demartiniana concezione patologica del<br />

“sacro”, si presenta così come <strong>di</strong>scorso sulla fine, come <strong>di</strong>spositivo <strong>di</strong> plasmazione e<br />

risoluzione <strong>di</strong> una crisi. La crisi è quella derivante dalla morte <strong>di</strong> Gesù, la scomparsa<br />

della figura <strong>di</strong> riferimento per i <strong>di</strong>scepoli che l’avevano seguito, tanto che<br />

“È possibile interpretare la genesi del protocristianesimo come la esemplarizzazione <strong>di</strong><br />

una storica risoluzione <strong>di</strong> una crisi del cordoglio: risoluzione che trasforma Gesù morto<br />

nel Cristo risorto, e il morto-che-torna della crisi nel morto-risorto presente nella Chiesa<br />

e per eccellenza nel banchetto eucaristico, sino a quando il già accaduto della promessa<br />

sarà compiuto me<strong>di</strong>ante lo slancio missionario.” 69<br />

La qualità umana del Cristo permette <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>care un nuovo messaggio, pienamente<br />

inserito nella storia, rivolto a tutti gli uomini, e <strong>di</strong> pensare un governo del mondo in<br />

nome <strong>di</strong> Dio. La successiva affermazione delle chiese cristiane sul mo<strong>dello</strong> della Roma<br />

imperiale, e viceversa l’adozione da parte <strong>di</strong> Costantino del mo<strong>dello</strong> cristiano, trovano<br />

un punto d’incontro nella visione della terra come ecumene 70 . L’affermazione <strong>di</strong><br />

un’autorità assoluta annulla la possibilità <strong>di</strong> poter accedere liberamente alla fruizione <strong>di</strong><br />

“poteri” soprannaturali, potenzialmente sovvertitrici. Ciò <strong>di</strong> fatto contribuisce a<br />

spogliare l’episo<strong>di</strong>o della Pentecoste del suo valore “mistico”, <strong>di</strong> rottura con la<br />

tra<strong>di</strong>zione giudaica, e a interpretarlo a posteriori come il giorno in cui “è pienamente<br />

rivelata la Trinità Santa” 71 .<br />

Sempre nel Catechismo della Chiesa Cattolica si legge:<br />

“La missione <strong>di</strong> Cristo e <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo si compie nella Chiesa, Corpo <strong>di</strong> Cristo e<br />

tempio <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo. Questa missione congiunta associa ormai i seguaci <strong>di</strong> Cristo<br />

alla sua comunione con il Padre nello <strong>Spirito</strong> Santo: lo <strong>Spirito</strong> prepara gli uomini, li<br />

68 De Martino 2002 (1977): 285<br />

69 De Martino 2002 (1977): 290-291. Anche Destro e Pesce, da un punto <strong>di</strong> vista più strettamente<br />

antropologico, rilevano la centralità dell’episo<strong>di</strong>o della morte <strong>di</strong> Gesù e della sua rielaborazione nella<br />

definizione dell’identità dei primi gruppi cristiani: “È proprio la privazione della presenza fisica del<br />

maestro che può trasformare in comunione permanente la comunità dei <strong>di</strong>scepoli che hanno ricevuto lo<br />

spirito me<strong>di</strong>ante alitazione. Si instaura un’unione in<strong>di</strong>ssolubile e permanente con il leader, perché si è con<br />

lui instaurato un flusso comunicativo vitale e non contingente. Ciò <strong>di</strong> cui ha bisogno il <strong>di</strong>scepolo, d’ora in<br />

avanti, è <strong>di</strong> mantenere il contatto con il maestro scomparso ma vivente presso Dio. Questa ricerca <strong>di</strong><br />

contatto è uno dei caratteri significativi della storia successiva dei <strong>di</strong>scepoli che hanno assunto come<br />

proprio il compito del maestro. […] L’avvento della risurrezione risana la situazione <strong>di</strong> debolezza;<br />

attraverso le apparizioni <strong>di</strong> Gesù, tornato alla vita, il gruppo continua a sussistere in quanto espressione ed<br />

emanazione <strong>di</strong> un vertice attivo e partecipe” (Destro – Pesce 2005: 46-47)<br />

70 Ve<strong>di</strong> Chirassi Colombo 2006, anche per le implicazioni politiche che hanno le proprie ra<strong>di</strong>ci nella<br />

riforma augustea nel nome <strong>di</strong> Apollo Sol<br />

71 Catechismo della Chiesa Cattolica: 203<br />

72


previene con la sua grazia per attirarli a Cristo. Manifesta loro il Signore risorto, ricorda<br />

loro la sua parola, apre il loro spirito all’intelligenza della sua Morte e Resurrezione.<br />

Rende loro presente il Mistero <strong>di</strong> Cristo, soprattutto nell’Eucaristia, al fine <strong>di</strong><br />

riconciliarli e <strong>di</strong> metterli in comunione con Dio perché portino molto frutto”<br />

L’azione <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong>, del pneuma cristianamente inteso, è dunque pienamente inserita<br />

all’interno <strong>di</strong> un’ottica <strong>di</strong> mantenimento <strong>di</strong> potere.<br />

La necessità <strong>di</strong> sottoporre a una rigida <strong>di</strong>sciplina l’uso delle pratiche <strong>di</strong><br />

sperimentazione del “sacro” si manifesta già nel testo biblico. L’apostolo Paolo è colui<br />

cui è attribuito il compito principale <strong>di</strong> <strong>di</strong>vulgazione del messaggio del Cristo tra le<br />

genti. Nelle epistole a lui attribuite si riscontra il tentativo <strong>di</strong> porre sotto una rigida<br />

regolamentazione l’uso dei “doni <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong>”, dei carismi, per sottrarre le pratiche<br />

della sperimentazione del “sacro” all’uso personale.<br />

Nella Prima Lettera ai Corinti S. Paolo presenta una vera e propria lista <strong>di</strong><br />

“carismi”, <strong>di</strong>fferenziandoli e proponendone una precisa gerarchia. L’intento<br />

dell’apostolo è principalmente quello <strong>di</strong> creare una solida base comunitaria, in cui tutto<br />

sia fatto “a scopo <strong>di</strong> e<strong>di</strong>ficazione”, e nel fare ciò non esita a proporsi sovente come<br />

guida ed esempio. La metafora usata è quella conosciuta delle varie parti del corpo che,<br />

pur svolgendo funzioni <strong>di</strong>fferenti, appartengono tutte a un medesimo organismo. Su<br />

questa metafora si <strong>di</strong>spiega l’elenco dei carismi e delle funzioni cui assolvono.<br />

Non a caso Paolo in<strong>di</strong>ca il dono cui maggiormente aspirare nella profezia,<br />

poiché essa è parola comprensibile agli uomini mentre il “parlare in lingue”, la<br />

glossolalia è la modalità <strong>di</strong> relazione con Dio, per cui permette <strong>di</strong> esprimere “in spirito<br />

cose misteriose (I Cor. 14,2)”. Il controllo dei carismi avviene me<strong>di</strong>ante il tentativo <strong>di</strong><br />

una loro sempre più minuziosa definizione che mira sostanzialmente alla messa al<br />

bando del corpo esuberante.<br />

In questo senso si esprime il teologo gesuita Karl Rahner in un libello intitolato<br />

Esperienza <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong>, datato 1977, in un periodo <strong>di</strong> particolare sviluppo per il<br />

fenomeno pentecostale-carismatico. Scrive Rahner:<br />

“L’esperienza <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> prende l’avvio dalla sfera più intima della nostra esistenza,<br />

dal suo polo soggettivo, se così possiamo <strong>di</strong>re, e non consiste nell’incontro con un<br />

oggetto qualsiasi <strong>di</strong> natura particolare, che ci viene incontro dall’esterno e <strong>di</strong> cui<br />

percepiamo gli effetti” 72<br />

In aperta polemica con la tendenza, fortemente avvertita in quegli anni, dei pentecostali<br />

e dei carismatici a formare un’elite, egli ripropone la <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> uno <strong>Spirito</strong> che<br />

72 Rahner 1977: 11<br />

73


agisce nella quoti<strong>di</strong>anità, volto a costituire la comunità cristiana anche attraverso<br />

pratiche giornaliere, “profane”, come, da esempio Rahner, l’amministrare bene la cassa<br />

<strong>di</strong> una comunità. L’uomo che ha fatto esperienza <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong>:<br />

“Accetta con amore, nella sua esistenza quoti<strong>di</strong>ana, la realtà assegnatali <strong>di</strong> questo<br />

mondo” 73<br />

Quale pneuma ?<br />

Il concetto greco <strong>di</strong> pneuma, da cui si fa derivare il latino spiritus, contiene in sé<br />

una ampia gamma <strong>di</strong> sfumature <strong>di</strong> significati che, generalizzando, potremmo ricondurre<br />

alla sfera dell’acquisizione <strong>di</strong> qualità e <strong>di</strong> conoscenze che travalicano la <strong>di</strong>mensione<br />

umana, fisica, ma che ad essa rimangono comunque strettamente connesse. Nella<br />

cultura greca si può riscontrarne l’uso all’interno della filosofia, delle scienze naturali,<br />

della me<strong>di</strong>cina e, naturalmente, in ambito “religioso”. Tracciarne un profilo completo<br />

sarebbe impresa ardua, che richiederebbe numerosi volumi, a cui peraltro già si sono<br />

de<strong>di</strong>cati esaurientemente stu<strong>di</strong>osi come Leisengang e Verbeke.<br />

Gerard Verbeke, nel suo L’evolution de la doctrine du pneuma, traccia una storia<br />

del concetto a partire dal ruolo che occupa nella filosofia stoica, fino alla sua<br />

elaborazione in ambito cristiano nella teologia <strong>di</strong> S. Agostino. Lo stu<strong>di</strong>oso francese<br />

<strong>di</strong>stingue due gran<strong>di</strong> filoni nella pneumatologia antica. Da una parte le concezioni delle<br />

scuole me<strong>di</strong>cali e delle correnti filosofiche greche che, senza subire influenze straniere,<br />

hanno elaborato una concezione del pneuma che non si <strong>di</strong>stacca mai da un materialismo<br />

<strong>di</strong> fondo e che sfocerà nel neoplatonismo. Dall’altra, le dottrine <strong>di</strong> coloro che sono<br />

entrati in contatto con elementi della cultura giudaica che hanno determinato un<br />

progressivo <strong>di</strong>stacco del concetto <strong>di</strong> pneuma da una sfera <strong>di</strong> significati riguardanti la<br />

materialità e la mortalità, e che trova il suo ideale compimento nella teologia del<br />

vescovo d’Ippona. Cercando le cause <strong>di</strong> questa evoluzione della pneumatologia antica,<br />

Verbeke le in<strong>di</strong>vidua nell’apporto specifico dovuto alla religione monoteista che applica<br />

il concetto alla <strong>di</strong>vinità trascendente e all’anima immortale, riconoscendo in ciò il<br />

contributo originale del pensiero giudaico-cristiano.<br />

73 Rahner 1977: 86<br />

74


Per quel che ci riguarda, cercheremo <strong>di</strong> fermare l’attenzione sul ruolo che il<br />

pneuma riveste nella creazione <strong>di</strong> forme sperimentali del “sacro”.<br />

Da un punto <strong>di</strong> vista del significato letterale, il pneuma è in<strong>di</strong>cato come<br />

“La forza elementare della natura e della vita – sostanza e atto insieme – <strong>di</strong> cui l’effetto<br />

esterno e interno si può ravvisare nella corrente d’aria, nel soffiar del vento,<br />

nell’inspirazione e nell’espirazione e, in senso traslato nell’alito <strong>dello</strong> spirito che<br />

ispirando riempie e afferma con la forza dell’entusiasmo.”<br />

Per quest’ultimo significato, che è quello che ci interessa più <strong>di</strong>rettamente, si aggiunge:<br />

“L’alito del vento o del respiro è una forma d’essere e una rappresentazione in cui<br />

soprattutto certe potenze <strong>di</strong>vine superiori, <strong>di</strong> cui l’uomo non può <strong>di</strong>sporre e che<br />

appartengono al genere più <strong>di</strong>sparato, comunicano all’uomo e anche alla natura, nel<br />

bene e nel male, qualcosa <strong>di</strong> quel vivente essere ed agire che esse stesse sono.” 74<br />

Il pneuma dunque può provocare una “possessione”. Un esempio tra i più conosciuti nel<br />

mondo greco è mo<strong>dello</strong> <strong>di</strong> “possessione” costituito dalla mantica non tecnica, che trova<br />

espressione nel culto tributato al <strong>di</strong>o Apollo nella sede oracolare <strong>di</strong> Delfi. Qui, Apollo<br />

riempie con il suo alito <strong>di</strong>vino una donna, sua amante nel mito, sacerdotessa nella<br />

pratica cultuale, la Pizia.<br />

A partire dal I secolo a.C., pneuma si afferma come termine tecnico che in<strong>di</strong>ca la<br />

forza del soffio che investe la Pizia e la rende atta a ricevere e trasmettere in linguaggio<br />

comprensibile, umano, l’oracolo del <strong>di</strong>o. La Pizia, seduta su un tripode posto all’altezza<br />

<strong>di</strong> una spaccatura della terra, “riceve” il pneuma apollineo che da essa si sprigiona. Gli<br />

effetti fisici sono in parte simili a quelli provocati da una folata <strong>di</strong> vento: i capelli si<br />

sciolgono e si arruffano, il respiro si fa affannoso, la sacerdotessa è trascinata<br />

dall’ebbrezza. L’atto del ricevere viene presentato come un vero e proprio<br />

accoppiamento, stando la Pizia, virginale sposa del <strong>di</strong>o, a gambe <strong>di</strong>varicate e rimanendo<br />

gravida del soffio. Altra immagine usata è quella del corpo femminile come<br />

“strumento” usato dal <strong>di</strong>o per “suonare” la propria melo<strong>di</strong>a, rendendola così accessibile.<br />

Anche nel caso dell’oracolo delfico infatti, come nella Pentecoste, l’atto della<br />

“possessione” è strettamente legato alla sperimentazione linguistica. Apollo, in quanto<br />

<strong>di</strong>o, non possiede una voce umana, e tramite la voce femminile assicura la fonazione al<br />

messaggio <strong>di</strong>vino. L’attività oracolare della Pizia trasforma l’impulso pneumatico in<br />

qualcosa d’altro, in parola, e fa arrivare il messaggio a destinazione. In questa<br />

prospettiva, l’episo<strong>di</strong>o della possessione delfica ripropone, confermandola in chiave<br />

74 Kleinknecht in Grande Lessico del Nuovo Testamento<br />

75


metaforica, l’idea greca secondo cui la donna è madre solamente per il suo ruolo <strong>di</strong><br />

“trasformatrice” del seme maschile ricevuto in un figlio analogo al padre.<br />

La “possessione” della Pizia viene presentata come un mo<strong>dello</strong> particolare <strong>di</strong><br />

sperimentazione linguistica, quello in cui il destinatore del messaggio è rappresentato da<br />

un’entità che vuole la comunicazione con l’umano, ma non ne conosce il linguaggio,<br />

servendosi così <strong>di</strong> un tramite presentato come “adatto”. Questo mo<strong>dello</strong> si <strong>di</strong>fferenzia da<br />

altre due possibilità <strong>di</strong> comunicazione tra umano e <strong>di</strong>vino. Una in cui il destinatore sa<br />

come mandare il proprio messaggio: è il caso del Dio onnipotente e onnisciente dei<br />

monoteismi, che si “sceglie” da sé i profeti. L’altra possibilità è data da un destinatore e<br />

un destinatario separati dalla mancanza <strong>di</strong> un co<strong>di</strong>ce comune, costretti dunque a cercare<br />

una me<strong>di</strong>azione. Ciò si realizza nella messa in pratica <strong>di</strong> una lingua nuova, “speciale”,<br />

che dà vita a un circuito comunicativo. È il caso del fenomeno glossolalico, che si pone<br />

in relazione anche con una certa forma <strong>di</strong> follia. In questo caso la formula del “parlare”<br />

con Dio o con gli dei, <strong>di</strong>venta il parlare con l’ “altro” in senso lato, con lo straniero<br />

linguisticamente <strong>di</strong>verso 75 .<br />

Nel Grande Lessico del Nuovo Testamento, in conclusione ad una comparazione<br />

tra il concetto greco-ellenistico del pneuma mantico, e il significato che esso assume<br />

nelle fonti neotestamentarie, si legge:<br />

“Tra il concetto greco profano <strong>di</strong> pneuma – sia esso preso in senso fisiologico-cosmico,<br />

mantico-entusiastico o anche spirituale – e quello neotestamentario corre questa<br />

<strong>di</strong>fferenza, che il Dio che sta alla base <strong>di</strong> una concezione è “del tutto <strong>di</strong>verso” da quello<br />

che si trova nell’altra.”<br />

Pur esistendo <strong>di</strong>verse analogie formali nel modo <strong>di</strong> concepirlo - per cui il pneuma<br />

“riempie”, “genera”, “trascina”, “ispira” e “<strong>di</strong>schiude”, rende possibile la capacità <strong>di</strong><br />

parlare e agire in modo straor<strong>di</strong>nario, mette in relazione con la verità - esiste tra<br />

concezione greca e neotestamentaria una totale <strong>di</strong>versità nel concepirne la provenienza,<br />

la natura e l’autenticità.<br />

Nell’interpretazione greca del pneuma, e in particolare della sua capacità <strong>di</strong><br />

provocare l’ispirazione mantica, esso rimane essenzialmente un principio corporeo,<br />

sottile ed efficace insieme. Esso è letteralmente un soffio che si sprigiona dalle fen<strong>di</strong>ture<br />

della terra o un’illuminazione <strong>di</strong>vina che agisce sull’involucro pneumatico dell’anima,<br />

stimolandone le capacità <strong>di</strong>vinatorie. Questa concezione si riallaccia al monismo<br />

materialista dei filosofi stoici, per cui il pneuma è principio <strong>di</strong>vino immanente che<br />

75 Chirassi Colombo 1998: 90-91.<br />

76


assicura l’unità non solo tra gli esseri umani, ma tra il cosmo intero. L’unità <strong>degli</strong><br />

elementi cosmologici assicura la possibilità <strong>di</strong> accedere ad un altro tipo <strong>di</strong> conoscenza,<br />

quella legata alla pratica della <strong>di</strong>vinazione tecnica, derivante dall’osservazione <strong>di</strong><br />

fenomeni fisici come il volo <strong>degli</strong> uccelli o le interiora <strong>degli</strong> animali sacrificati.<br />

Data la sua natura corporea, il pneuma greco non appartiene mai alla sfera della<br />

pura immaterialità. Strettamente connesso con l’azione del vento, esso è una forza<br />

personale intramondana, un possesso <strong>di</strong> tutti, impersonale e vitale, stabilmente presente<br />

nell’organismo del cosmo e delle sue parti.<br />

Gerard Verbeke, nel suo classico stu<strong>di</strong>o sulla pneumatologia antica, parla <strong>di</strong> una<br />

“spiritualizzazione” del pneuma, cioè un pneuma che viene via via concepito come<br />

separato nettamente dalla sfera materiale, che non ha quin<strong>di</strong> più a che fare con la<br />

<strong>di</strong>mensione della sensorialità del corpo, influendo invece su quella dell’etica e della<br />

morale.<br />

È con Filone d’Alessandria che in ambito greco-ellenistico si riscontrano i primi<br />

esempi <strong>di</strong> un concetto <strong>di</strong> pneuma essenzialmente “spirituale”, slegato da una realtà<br />

materiale. Ciò è dovuto all’influenza che i testi biblici ebbero sul pensatore alessandrino<br />

in quel crocevia sincretico che fu la metropoli egiziana. Il pneuma che garantisce il<br />

contatto tra la sfera dell’umano e quella dell’extraumano, mantiene questa caratteristica<br />

anche all’interno della pneumatologia cristiana. Esso però non è più il pneuma mantico<br />

<strong>di</strong> Apollo, ma è il pneuma del Dio monoteista trascendente, concepito come dono <strong>di</strong>vino<br />

che trascende il mondo. La contrapposizione è tra una sfera <strong>di</strong> significati riconducibili a<br />

una “<strong>di</strong>vinizzazione” della sensibilità corporea come potenzialità, e una sfera che invece<br />

coinvolge soprattutto le facoltà psichiche e intellettuali dell’uomo, in vista non <strong>di</strong> una<br />

“possessione” temporanea e transitoria, ma della costituzione <strong>di</strong> un’etica e <strong>di</strong> una<br />

morale che siano storicamente operanti, così come il Dio monoteista è<br />

fondamentalmente costruttore <strong>di</strong> storia. Al filosofo <strong>di</strong> Platone si contrappone il<br />

pneumatikos <strong>di</strong> S. Paolo, in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>scernere la provenienza <strong>di</strong>vina o meno dei “doni”<br />

derivanti dallo <strong>Spirito</strong> Santo.<br />

A una <strong>di</strong>versa natura del pneuma che ispira e possiede, che vale a <strong>di</strong>re una<br />

<strong>di</strong>versa concezione delle possibilità <strong>di</strong> accedere a conoscenze “altre”, sovrannaturali,<br />

corrisponde una <strong>di</strong>versa istituzionalizzazione delle pratiche che consentono l’accesso a<br />

tali conoscenze. Un altro esempio tratto dall’area culturale greca ci aiuterà a definire il<br />

posto che l’azione pneumatica occupa nella prospettiva cristiana.<br />

77


I cosiddetti “misteri eleusini” proponevano, tramite una complessa pratica<br />

cultuale, il raggiungimento <strong>di</strong> una conoscenza “unica”, tanto che agli iniziati veniva<br />

imposto un severo <strong>di</strong>vieto atto a impe<strong>di</strong>rne la <strong>di</strong>vulgazione al <strong>di</strong> fuori della cerchia dei<br />

partecipanti. Il carattere fortemente esoterico del culto ha reso <strong>di</strong>fficoltoso identificarne<br />

la funzione precisa. Dario Sabbatucci fa rientrare a pieno <strong>di</strong>ritto la pratica eleusina nella<br />

sfera del misticismo, da considerarsi tale in un’ottica essenzialmente “politica”.<br />

Elaborando in chiave storico-religiosa il concetto occidentale <strong>di</strong> “mistica”, Sabbatucci<br />

ne rovescia la prospettiva, in<strong>di</strong>cando l’esperienza mistica non come un “andare verso” –<br />

Dio, l’Assoluto, l’Alterità per eccellenza – ma piuttosto come un “separarsi da”, la<br />

realizzazione <strong>di</strong> una <strong>di</strong>mensione escatologica in un atto rituale operante una negazione<br />

della tra<strong>di</strong>zione, un’evasione ritenuta ra<strong>di</strong>cale in quanto consente l’accesso a una verità<br />

che annulla la contingenza storica 76 .<br />

In quest’ottica la pratica misterica <strong>di</strong> Eleusi risolve su un piano “mistico” un<br />

intento politico, sottraendo l’uso <strong>degli</strong> “stati alterati <strong>di</strong> coscienza” dalle manipolazioni<br />

dei singoli, e inserendolo in un quadro performativo regolato da una rigida liturgia:<br />

“Il fine ultimo della costituzione è il raggiungimento <strong>di</strong> un’effettiva uguaglianza tra i<br />

citta<strong>di</strong>ni e anche tra i non citta<strong>di</strong>ni, l’uguaglianza tra gli uomini, l’utopia che traluce<br />

<strong>di</strong>etro gli sforzi <strong>di</strong> costituzione dell’uguaglianza elitaria tra i pochi membri della<br />

politeia, che sarà risolvibile solo nell’al<strong>di</strong>là. Qui, coloro che non hanno visto e non<br />

sanno il senso dei giochi, dei limiti e delle <strong>di</strong>fferenze, che non hanno cioè partecipato e<br />

capito l’esperienza “femminile” <strong>di</strong> Eleusis, perderanno per sempre il privilegio <strong>di</strong><br />

godere la sorte <strong>degli</strong> uguali.” 77<br />

Ad Eleusi, dunque, si insegna “come capire la vita”, e lo si fa attualizzando un orizzonte<br />

mitico-rituale che ricalca le <strong>di</strong>namiche che sottendono la costituzione dell’istituto della<br />

polis, ma che al contempo mira ad annullarle su <strong>di</strong> un piano metastorico.<br />

Da questa prospettiva possiamo considerare “mistico” anche il primo<br />

cristianesimo. “Mistico” non tanto per la proposta in sé del contatto <strong>di</strong>retto con lo<br />

<strong>Spirito</strong>, ben presente e centrale, quanto piuttosto per la funzione che tale proposta<br />

ricopre nel contesto culturale giudaico in cui si è sviluppata. La possessione-ispirazione<br />

<strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> realizza sul piano mitico-rituale l’intento politico <strong>di</strong> emancipazione <strong>di</strong> una<br />

parte del popolo ebraico da una situazione oppressiva dovuta alla presenza romana in<br />

Palestina.<br />

76 Sabbatucci 1965, ma confronta anche Chirassi Colombo 1986<br />

77 Chirassi Colombo 1986: 11-12<br />

78


L’eversione ra<strong>di</strong>cale si compie nel riconoscimento <strong>di</strong> Gesù come unica fonte <strong>di</strong><br />

autorità in quanto accettato come Cristo, Figlio dell’Uomo e Figlio <strong>di</strong> Dio, mettendo <strong>di</strong><br />

fatto in <strong>di</strong>scussione l’esercizio dell’autorità romana.<br />

La “novità” del Cristo è tuttavia ben inserita nel solco della tra<strong>di</strong>zione giudaica<br />

<strong>di</strong> impronta millenarista, la cui carica utopica verrà variamente riproposta dal<br />

cristianesimo lungo i secoli. Egli è infatti presentato come appartenente alla stirpe <strong>di</strong><br />

David da cui, secondo il profeta Isaia, <strong>di</strong>scenderà il Salvatore nascendo da una madre<br />

vergine (Is 7, 14). Questa nascita pro<strong>di</strong>giosa è il “segno” dell’inizio <strong>di</strong> un tempo felice,<br />

caratterizzato dalla restaurazione della <strong>di</strong>mensione para<strong>di</strong>siaca, in cui lupi e agnelli<br />

pascoleranno insieme, così come leopar<strong>di</strong> e capretti, leoni, pecore e vitelli, sotto la<br />

guida <strong>di</strong> un piccolo fanciullo. Egli giocherà con i serpenti velenosi senza farsi del male,<br />

perché con la sua venuta è scomparsa la ferocia dal mondo (Is. 11, 1-9) 78 .<br />

Durante il suo ministero terreno Cristo <strong>di</strong>chiara compiuta la Legge,<br />

permettendosi dunque <strong>di</strong> infrangerla e invitando quanti lo seguivano a comportarsi<br />

<strong>di</strong>versamente da quanto stabilito dall’autorità sacerdotale. Egli opera “miracoli”<br />

liberamente, pre<strong>di</strong>ca durante il sabato, annulla le restrizioni alimentari, entra in contatto<br />

con persone considerate “impure” come nel caso dell’emorroissa da cui si lascia<br />

toccare, guarendola (Mt 9, 18-22).<br />

Il riconoscimento dell’azione pro<strong>di</strong>giosa del Cristo avviene, agli occhi dei suoi<br />

seguaci, grazie al fatto che in lui agisce lo <strong>Spirito</strong> Santo. Prima della Pentecoste infatti,<br />

nel racconto biblico lo <strong>Spirito</strong> interviene in due altri momenti determinanti: l’<br />

“immacolata concezione” <strong>di</strong> Maria e il battesimo <strong>di</strong> Gesù nel Giordano a opera <strong>di</strong><br />

Giovanni il Battista. In entrambi i casi lo <strong>Spirito</strong> ha la funzione <strong>di</strong> rendere manifesta la<br />

particolarità <strong>di</strong> Gesù come detentore <strong>di</strong> un potere e <strong>di</strong> una conoscenza “altri”, che ne<br />

legittimano l’azione personale.<br />

La presenza <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo ci viene dunque proposta come costantemente<br />

operante agli albori del cristianesimo. Egli assolve a una duplice funzione: da una parte<br />

è elemento <strong>di</strong> aggancio con la tra<strong>di</strong>zione, e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> legittimazione della continuità <strong>di</strong><br />

un percorso culturale e “religioso” nuovo. Contemporaneamente, è ciò che permette il<br />

78 L’immagine della vergine e del bambino compare anche nel Libro III della raccolta <strong>degli</strong> Oracula<br />

Sibillina, testo profetico prodotto dalla comunità ebraica <strong>di</strong> Alessandria d’Egitto, i cui nuclei più antichi<br />

risalgono al II secolo a.C. Essa è anche presente nell’Ecloga IV del poeta romano Virgilio e fu usata<br />

dall’imperatore Costantino nell’orazione tenuta al concilio <strong>di</strong> Nicea per sottolineare l’universalità del<br />

messaggio cristiano. A ciò si deve l’interpretazione <strong>di</strong> Virgilio come inconsapevole profeta, immortalato<br />

da Dante. (Chirassi Colombo 2006/07)<br />

79


definitivo <strong>di</strong>stacco dall’istituto tra<strong>di</strong>zionale e il suo superamento nella fondazione <strong>di</strong> un<br />

nuovo or<strong>di</strong>ne.<br />

Ciò si traduce nell’organizzazione delle prime comunità cristiane secondo<br />

<strong>di</strong>namiche sociali e culturali nuove e autonome rispetto all’istituto tra<strong>di</strong>zionale giudaico.<br />

Adriana Destro e Mauro Pesce nel loro Forme culturali del cristianesimo nascente<br />

mettono in evidenza le <strong>di</strong>fferenze tra le <strong>di</strong>verse forme aggregative <strong>di</strong>scepolari, in<br />

particolare tra le comunità derivanti dalla pre<strong>di</strong>cazione giovannea e da quella paolina.<br />

Entrambe vengono messe in relazione con l’istituto tra<strong>di</strong>zionale dell’oikos,<br />

sottolineandone i caratteri <strong>di</strong> novità e <strong>di</strong> autonomia rispetto ad esso:<br />

“La ekklesia, per sua natura, non sottostà a regole generali della società, ma è il luogo in<br />

cui si realizza un mo<strong>dello</strong> <strong>di</strong>fferenziante <strong>di</strong> rapporti interpersonali, l’essere “fratelli” (la<br />

filadelfia). Tutto questo significa peraltro che la ekklesia non ha bisogno <strong>di</strong><br />

legittimazione esterna. Possiede simbolizzazioni ed esigenze identitarie proprie.” 79<br />

La proposta cristiana dunque, sfrutta abilmente in senso rivoluzionario la possibilità <strong>di</strong><br />

una nuova alleanza tra Dio e uomini, lasciata aperta tra le righe dell’Antico Testamento<br />

con i frequenti richiami all’attesa <strong>di</strong> un messia giu<strong>di</strong>ce ed annunciatore della fine dei<br />

tempi.<br />

Dario Sabbatucci, nel suo stu<strong>di</strong>o sui monoteismi, rileva come lo <strong>Spirito</strong> <strong>di</strong> cui si<br />

parla nei Vangeli sia da considerarsi come concetto analogo al pneuma greco, inteso<br />

cioè come “soffio”, con tutte le implicazioni riguardanti il contatto con la sfera del<br />

<strong>di</strong>vino che abbiamo visto 80 . Non è ancora presente la nozione <strong>di</strong> <strong>Spirito</strong> Santo come<br />

“persona”, che verrà proclamata a Nicea e sancirà ufficialmente la creazione del<br />

monoteismo cristiano, relegando l’efficacia delle pratiche <strong>di</strong> sperimentazione del<br />

“sacro” nel tempo mitico della Pentecoste.<br />

79 Destro-Pesce 2005: 64-65<br />

80 Sabbatucci 2001<br />

80


Onda su onda: la “nuova” Pentecoste<br />

Una panoramica<br />

Occorre prima <strong>di</strong> tutto delimitare il nostro campo <strong>di</strong> analisi, ovvero stabilire a<br />

quali specifici movimenti e a che tipo <strong>di</strong> proposta “religiosa” inten<strong>di</strong>amo riferirci con i<br />

termini “pentecostalismo” e “carismatismo”. Avvertiamo l’urgenza <strong>di</strong> questa necessità<br />

in quanto il carattere frammentario in cui il movimento pentecostale si esprime ha reso<br />

spesso <strong>di</strong>fficoltosa una definizione chiara del fenomeno, sia tra i pentecostali stessi, sia<br />

tra gli stu<strong>di</strong>osi.<br />

Un altro ostacolo a una visione organica del pentecostalismo sta nel fatto che<br />

prima <strong>degli</strong> anni Settanta pochissimi storici estranei al movimento erano interessati a<br />

stu<strong>di</strong>arne le <strong>di</strong>namiche; l’atteggiamento più <strong>di</strong>ffuso era quello <strong>di</strong> considerare il<br />

pentecostalismo non come una forza <strong>di</strong>namica nel panorama della religione statunitense,<br />

ma come un movimento fortemente conservatore che avrebbe esaurito entro breve la<br />

propria carica propositiva. Dagli anni Settanta questo atteggiamento muta in<br />

concomitanza con, da una parte l’ampia <strong>di</strong>ffusione delle tematiche pentecostali, rimaste<br />

fino a quel momento relegate alle fasce più emarginate, tra le classi me<strong>di</strong>o e alto<br />

borghesi della società capitalistica occidentale, dall’altra l’affermazione in ambito<br />

accademico dell’interesse per i cosiddetti “stati alterati <strong>di</strong> coscienza” e gli aspetti più<br />

emotivi dell’esperienza “religiosa” 81 . Questo “ritardo” del mondo accademico<br />

nell’interesse per lo stu<strong>di</strong>o del pentecostalismo aveva comunque lasciato il tempo<br />

perché si affermasse una ricca storiografia pentecostale basata su opere <strong>di</strong> membri<br />

interni al movimento, che ne davano una visione apologetica e a-storica <strong>di</strong> sicuro<br />

impatto popolare ma che ne inficiavano una corretta comprensione 82 .<br />

81 Per una panoramica sui primi stu<strong>di</strong> storici e sociologici riguardanti il pentecostalismo statunitense<br />

riman<strong>di</strong>amo all’articolo <strong>dello</strong> storico Randall J. Stephens, Assessing the roots of pentecostalism, reperibile<br />

alla pagina web www.pctii.org<br />

82 Ci limitiamo qui a segnalare il testo del pastore pentecostale David Wilkerson, La croce e il pugnale,<br />

che ebbe molta influenza sui primi gruppi <strong>di</strong> carismatici cattolici; Il ritorno <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong>: storia e<br />

significato <strong>di</strong> un movimento dei coniugi Kevin e Dorothy Ranaghan e Come una nuova Pentecoste. Lo<br />

straor<strong>di</strong>nario inizio del Rinnovamento Carismatico Cattolico <strong>di</strong> Patti Gallagher Mansfield, tre tra i più<br />

attivi membri del carismatismo cattolico statunitense. Per quanto riguarda il movimento carismatico in<br />

Italia, si segnalano per gli esasperati accenti entusiastici gli scritti del sacerdote calabrese Serafino Falvo.<br />

81


In sostanza il pentecostalismo propone la costruzione <strong>di</strong> una rete relazionale<br />

caratterizzata da una nuova etica, una nuova visione del mondo che ha <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong><br />

sapersi adattare mano a mano ai processi <strong>di</strong> modernizzazione e globalizzazione cui la<br />

società mon<strong>di</strong>ale è stata sottoposta nel XX secolo, riuscendo a mantenere una propria<br />

vitale identità. Le varie fasi della <strong>di</strong>ffusione del pentecostalismo ha portato questo<br />

fenomeno religioso ad assumere una varietà <strong>di</strong> forme che ne rendono effettivamente<br />

<strong>di</strong>fficoltosa una esauriente definizione. In pratica in concomitanza con ogni periodo <strong>di</strong><br />

“risveglio” e con le aree in cui questo “risveglio” ha avuto luogo, gli elementi del culto<br />

pentecostale sono stati sottoposti a <strong>di</strong>verse interpretazioni ed entrando in contatto con<br />

tra<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong>verse, hanno finito con lo sviluppare proprie particolarità. Per evitare <strong>di</strong><br />

incorrere in troppo facili e sbrigative generalizzazioni sarebbe quin<strong>di</strong> opportuno far<br />

seguire il termine “pentecostalismo” da un aggettivo che ne specifichi l’originalità<br />

storica o quantomeno geografica.<br />

È tuttavia possibile riconoscere alcuni elementi comuni che<br />

contemporaneamente ci permettono <strong>di</strong> determinare il pentecostalismo come fenomeno<br />

specifico.<br />

Una prima caratteristica, quella che peculiarmente definisce il movimento,<br />

consiste nella particolare attenzione che i pentecostali riservano alla sfera emozionale,<br />

soprannaturale, a-razionale dell’esperienza umana. La costruzione della comunità<br />

pentecostale ha infatti come caratteristica imprescin<strong>di</strong>bile un’esperienza del “sacro”<br />

specifica: l’esperienza <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo, del pneuma cristianamente inteso, che si<br />

manifesta attraverso dei “doni” particolari, i carismi, come quello <strong>di</strong> operare guarigioni<br />

ed esorcismi, del parlare in lingue, <strong>di</strong> profetare, così some sono descritti nel libro <strong>degli</strong><br />

Atti <strong>degli</strong> Apostoli.<br />

Nonostante il “battesimo nello <strong>Spirito</strong>” sia il minimo comun denominatore<br />

dell’esperienza pentecostale, esso ha mantenuto una elasticità interpretativa che ha dato<br />

luogo a <strong>di</strong>fferenze rilevanti sia sul piano dottrinale, sia sul piano associativo. Per i<br />

carismatici cattolici – la “versione” cattolica del pentecostalismo protestante –<br />

inizialmente in<strong>di</strong>pendenti e successivamente integrati dalla Chiesa nell’istituzione<br />

ecclesiastica, l’esperienza del “battesimo nello <strong>Spirito</strong>” sottostà ai dettami della dottrina:<br />

esso può rafforzare ulteriormente lo <strong>Spirito</strong> già ricevuto dal fedele nei sacramenti del<br />

battesimo e della confermazione, in nessun caso ne sostituisce la vali<strong>di</strong>tà; l’identità<br />

carismatica è dunque sottomessa a quella tra<strong>di</strong>zionalmente cattolica.<br />

82


Per quanto riguarda i pentecostali protestanti il “battesimo nello <strong>Spirito</strong>” assume<br />

invece una valenza assolutamente fondante <strong>di</strong> una vita nuova, rinnovata, che non ha<br />

legami con il passato. Anche all’interno del mondo pentecostale protestante si possono<br />

riscontrare delle <strong>di</strong>vergenze, soprattutto ai tempi della sua prima <strong>di</strong>ffusione.<br />

Differenti interpretazioni del “battesimo nello <strong>Spirito</strong>” danno luogo all’interno<br />

della prima ondata pentecostale a tre famiglie <strong>di</strong>stinte. La prima è definita<br />

pentecostalismo “wesleyano”, con chiaro riferimento alla figura <strong>di</strong> John Wesley,<br />

iniziatore del meto<strong>di</strong>smo. Molti dei leader provengono infatti da ambienti meto<strong>di</strong>sti e <strong>di</strong><br />

essi mantengono l’idea della santificazione come esperienza <strong>di</strong>stinta dalla<br />

giustificazione per fede. Divenuti pentecostali, interpretano il “battesimo nello <strong>Spirito</strong>”<br />

come un’ulteriore esperienza <strong>di</strong> vita cristiana la cui prova è costituita dalla presenza dei<br />

“doni <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong>”. È all’interno <strong>di</strong> questa corrente, soprattutto nelle denominazioni<br />

afro-americane formatesi in zone rurali poverissime, che si sviluppano frange estreme<br />

che, interpretando alla lettera certi passi dei Vangeli, invitano i fedeli a <strong>di</strong>mostrare <strong>di</strong><br />

essere ripieni <strong>di</strong> <strong>Spirito</strong> Santo tenendo tra le mani serpenti velenosi o mettendo le mani<br />

nel fuoco o bevendo veleni.<br />

Una seconda famiglia è detta pentecostalismo “battista”, impropriamente perché<br />

essi <strong>di</strong>stinguono solamente due e non tre esperienze cruciali nella vita cristiana: la<br />

conversione – l’opera <strong>di</strong> Cristo è perfetta e completa e assicura la possibilità della<br />

conversione senza bisogno della seconda tappa della santificazione – e il “battesimo<br />

nello <strong>Spirito</strong>” <strong>di</strong> cui la glossolalia è la prova. Da una rottura all’interno <strong>di</strong> questa<br />

corrente nasceranno le Assemblies of God, che avranno un ruolo fondamentale nello<br />

sviluppo del pentecostalismo in Italia.<br />

La terza famiglia è quella del pentecostalismo oneness (dell’unità) costituito dai<br />

seguaci delle dottrine del pre<strong>di</strong>catore canadese Robert Edward McAlister, che arriva a<br />

negare la nozione <strong>di</strong> Trinità. Egli afferma infatti che le Scritture insegnano a battezzare<br />

solo “nel nome <strong>di</strong> Gesù Cristo” che è esso stesso Dio Padre e creatore, mentre lo <strong>Spirito</strong><br />

Santo è Cristo considerato nel suo potere consolatore e santificatore. La dottrina <strong>di</strong><br />

McAlister mira dunque a negare la Trinità per esaltare ulteriormente la <strong>di</strong>vinità <strong>di</strong> Cristo<br />

e perciò la corrente è detta anche “modalista”, in riferimento alla corrente che nel II e III<br />

secolo sosteneva tre <strong>di</strong>verse manifestazioni o “modalità” <strong>di</strong> Dio: come Padre nella<br />

creazione e nella legislazione, come Figlio nella redenzione, come <strong>Spirito</strong> Santo nella<br />

santificazione.<br />

83


Strettamente collegata all’esperienza dei “doni” <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> che viene<br />

solitamente chiamata “battesimo nello <strong>Spirito</strong>”, c’è un’altra esperienza fondamentale<br />

che è quella della conversione. Per molti pentecostali la conversione è un episo<strong>di</strong>o<br />

personale molto forte e decisivo, spesso definito come il più importante della vita, un<br />

vero e proprio punto <strong>di</strong> svolta che muta ra<strong>di</strong>calmente l’orizzonte <strong>di</strong> valori del credente<br />

tanto che si è soliti <strong>di</strong>stinguere una vita pre- da una post-conversione. La chiesa <strong>di</strong>venta<br />

così un punto <strong>di</strong> riferimento sociale e culturale alternativo che spesso richiede una<br />

profonda revisione dei legami con i non-convertiti e il rifiuto <strong>di</strong> quegli aspetti della<br />

società percepiti come peccaminosi e demoniaci; in contesti in cui l’identità etnica è<br />

ancora forte i membri della chiesa possono dare forma ad una nuova aggregazione<br />

tribale. In generale il mondo culturale <strong>di</strong> provenienza del convertito non viene<br />

completamente abolito ma il modo <strong>di</strong> percepirlo subisce profon<strong>di</strong> mutamenti: l’adesione<br />

al pentecostalismo significa entrare a far parte <strong>di</strong> una nuova comunità che a livello<br />

sociale assume una posizione trasversale, capace cioè <strong>di</strong> rimanere estranea a una<br />

determinazione <strong>di</strong> classe o politica – anche se in questo senso delle eccezioni sono<br />

possibili.<br />

La costruzione <strong>di</strong> questa nuova identità comunitaria si basa su una terza<br />

caratteristica comune ai pentecostali e che consiste nella visione duale del mondo che<br />

essi adottano. Come su <strong>di</strong> un piano in<strong>di</strong>viduale si opera una <strong>di</strong>stinzione tra una vita<br />

precedente e una successiva alla conversione, così su quello sociale il mondo è <strong>di</strong>viso in<br />

due: da una parte Dio e i suoi servitori, dall’altra i seguaci <strong>di</strong> Satana. La conversione<br />

opera la “salvezza” in quanto porta il convertito dalla parte “giusta” e <strong>di</strong> conseguenza<br />

<strong>di</strong>schiude la necessità <strong>di</strong> impegnarsi nella lotta per la vittoria finale <strong>di</strong> Dio sul Maligno,<br />

e <strong>di</strong> operare attivamente alla <strong>di</strong>ffusione del messaggio pentecostale con ogni mezzo. In<br />

vista <strong>di</strong> questa missione le varie chiese pentecostali hanno sviluppato nel tempo una<br />

fiorente attività e<strong>di</strong>toriale con la pubblicazione e la <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> numerosi libri e riviste<br />

perio<strong>di</strong>che, opuscoli, volantini, ma anche cd e videocassette. Inoltre con lo sviluppo <strong>di</strong><br />

ra<strong>di</strong>o e televisione dagli anni Cinquanta, e <strong>di</strong> internet nell’ultimo decennio, i<br />

pentecostali hanno avuto modo <strong>di</strong> aumentare notevolmente il proprio raggio d’azione,<br />

dando luogo in certi casi a vere e proprie comunità virtuali.<br />

In linea <strong>di</strong> massima sono riconoscibili tre <strong>di</strong>verse linee <strong>di</strong> sviluppo del fenomeno<br />

pentecostale che ci permetteranno <strong>di</strong> evidenziare come il culto <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo possa<br />

assumere significati profondamente <strong>di</strong>versi in relazione al contesto storico, sociale e<br />

culturale in cui è venuto sviluppandosi.<br />

84


Innanzitutto un pentecostalismo protestante, sviluppatosi agli inizi del<br />

Novecento negli Stati Uniti e che nel corso <strong>di</strong> varie “ondate” ha dato luogo alla nascita<br />

<strong>di</strong> una grande varietà <strong>di</strong> chiese e movimenti più o meno strutturati; un pentecostalismo<br />

cattolico, sviluppatosi in<strong>di</strong>pendentemente verso la fine <strong>degli</strong> anni Sessanta grazie ad<br />

influenze protestanti, e che è stato successivamente riassorbito all’interno<br />

dell’istituzione-Chiesa assumendo caratteristiche sue proprie, e che per questo<br />

identificheremo con il termine “carismatismo”; un pentecostalismo “in<strong>di</strong>geno”,<br />

sviluppatosi in seguito all’azione <strong>di</strong> missionari cristiani tra le popolazioni soggette al<br />

dominio coloniale occidentale, e che a sua volta, entrando in contatto con i complessi<br />

culturali tra<strong>di</strong>zionali in<strong>di</strong>geni, ha acquisito proprie caratteristiche in<strong>di</strong>pendenti che lo<br />

<strong>di</strong>stinguono dagli altri due.<br />

Accanto a questa <strong>di</strong>stinzione occorre specificarne un’altra che caratterizza<br />

essenzialmente il pentecostalismo protestante e, <strong>di</strong> riflesso, quello “in<strong>di</strong>geno”, mentre il<br />

carismatismo ne rimane sostanzialmente immune; essa coincide con la ripartizione del<br />

processo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione del pentecostalismo in tre <strong>di</strong>verse “ondate”: una prima ondata dai<br />

primi anni del Novecento al secondo dopoguerra (pentecostalismo “classico”), una<br />

seconda ondata dal secondo dopoguerra agli anni Ottanta (neo-pentecostalismo), una<br />

terza ondata dagli anni Ottanta ai giorni nostri (Third Wave).<br />

Ogni ondata nasce come reazione alla progressiva istituzionalizzazione delle<br />

comunità pentecostali che, con il tempo, tendono inevitabilmente a dare vita a delle<br />

denominazioni specifiche. A questa “routinizzazione del carisma” si risponde<br />

enfatizzando variamente <strong>di</strong> volta in volta gli aspetti più spettacolari del culto<br />

pentecostale. In linea generale possiamo <strong>di</strong>re che più in<strong>di</strong>etro nel tempo si situa la<br />

fondazione <strong>di</strong> una comunità pentecostale, meno rilevante è l’attenzione che oggi i suoi<br />

membri riservano alle pratiche entusiastiche, preferendo magari in<strong>di</strong>rizzarsi verso<br />

attività nell’ambito del sociale - è il caso delle Assemblee <strong>di</strong> Dio, denominazione del<br />

pentecostalismo “classico” tra le più <strong>di</strong>ffuse e meglio organizzate a livello mon<strong>di</strong>ale: per<br />

i suoi membri, ad esempio, l’unico vero “segno” del “tocco” <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> è la<br />

glossolalia, mentre gli altri carismi vengono posti in secondo piano. Viceversa, le<br />

denominazioni che si ricollegano ideologicamente alla Third Wave rappresentano a<br />

tutt’oggi l’ultima frontiera dell’esasperazione entusiastica con i loro continui riferimenti<br />

alla demonologia e alla sfera del soprannaturale, alla battaglia spirituale tra bene e male,<br />

alla ricerca <strong>di</strong> un propagan<strong>di</strong>smo sensazionale.<br />

85


Il pentecostalismo protestante<br />

Nella storiografia recente si è soliti <strong>di</strong>stinguere il protestantesimo in tre correnti:<br />

un “primo protestantesimo”, detto anche “protestantesimo storico” è costituito dalle<br />

comunità sviluppatesi <strong>di</strong>rettamente dalla Riforma. Nel “secondo protestantesimo” si<br />

collocano invece i movimenti cosiddetti “<strong>di</strong> risveglio” sorti tra il XVII e il XVIII secolo<br />

come protesta contro le commistioni tra il primo protestantesimo e gli Stati europei e<br />

contro la inevitabile istituzionalizzazione delle prime comunità che porta ad un<br />

raffreddamento del fervore missionario. Tra questa seconda generazione protestante<br />

sono particolarmente i meto<strong>di</strong>sti e i battisti che insistono sull’idea <strong>di</strong> un incontro con<br />

Cristo come esperienza personale che spinge appunto all’attività missionaria. Un “terzo<br />

protestantesimo”, infine, raggruppa quei movimenti che ritengono che i movimenti “<strong>di</strong><br />

risveglio” siano <strong>di</strong>venuti a loro volta troppo istituzionalizzati e “fred<strong>di</strong>”. Tra questa<br />

terza ondata sono compresi i movimenti detti “<strong>di</strong> santità” (holiness), le correnti<br />

“perfezioniste” e “fondamentaliste” e, appunto, il pentecostalismo.<br />

Storicamente dunque, il pentecostalismo si propone come una variante<br />

nell’ambito del cristianesimo della Riforma avviata da Martin Lutero che ha come base<br />

la libera interpretazione delle scritture e, <strong>di</strong> conseguenza, la legittimità <strong>di</strong> fondazione <strong>di</strong><br />

nuove chiese. In particolare i pentecostali partono da premesse presenti nei gruppi<br />

riformati meto<strong>di</strong>sti, facenti capo al pre<strong>di</strong>catore John Wesley e originari dell’Inghilterra<br />

del XVIII secolo. Alla dottrina meto<strong>di</strong>sta della santificazione si può far risalire la<br />

nozione <strong>di</strong> “battesimo nello <strong>Spirito</strong>”, fondamentale nell’ “esperienza” pentecostale in<br />

quanto sta a in<strong>di</strong>care l’avvenuta <strong>di</strong>scesa <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> sul fedele e la conseguente<br />

acquisizione dei carismi, che <strong>di</strong>ventano così “visibili” e “spen<strong>di</strong>bili” all’interno della<br />

comunità. Proprio in ambiente meto<strong>di</strong>sta l’espressione si afferma per in<strong>di</strong>care un<br />

incontro particolare con il potere <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo in seguito alla conversione –<br />

santificazione – e alla giustificazione per fede. Successivamente l’idea <strong>di</strong> un “battesimo<br />

nello <strong>Spirito</strong> Santo” si <strong>di</strong>ffonde negli Stati Uniti in particolare negli anni successivi la<br />

guerra <strong>di</strong> Secessione, durante i quali molti americani aspirano alla riconciliazione e<br />

all’inizio <strong>di</strong> una nuova vita. Risulta che negli ultimi trent’anni dell’Ottocento siano<br />

presenti in Nord America <strong>di</strong>versi pre<strong>di</strong>catori e gruppi che parlano del “battesimo nello<br />

<strong>Spirito</strong>”, sebbene non tutti lo intendano allo stesso modo 83 .<br />

83 In Introvigne 2004: 22-24 l’autore <strong>di</strong>stingue quattro <strong>di</strong>verse interpretazioni del “battesimo nello<br />

<strong>Spirito</strong>” preesistenti allo sviluppo della corrente pentecostale.<br />

86


Dal mondo meto<strong>di</strong>sta viene anche mutuato l’interesse per le guarigioni e per altri<br />

“segni” della presenza <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> come profezie, estasi, fino all’esperienza dell’essere<br />

“gettati a terra dallo <strong>Spirito</strong>”. In particolare il revival meto<strong>di</strong>sta fornisce le basi<br />

teologiche per la pratica della guarigione <strong>di</strong>vina che, fra il Settecento e l’Ottocento,<br />

all’epoca del secondo protestantesimo, <strong>di</strong>venta oggetto <strong>di</strong> rinnovato interesse all’interno<br />

dei gran<strong>di</strong> movimenti <strong>di</strong> risveglio come i Quaccheri, la Society of Friends, i Mormoni,<br />

gli Avventisti. Con la progressiva istituzionalizzazione, l’interesse per la sfera del<br />

“miracoloso” viene meno; tuttavia le tematiche legate alle guarigioni e ai fenomeni<br />

estatici sono mantenute vive fino all’alba del Novecento dall’operato <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi<br />

pre<strong>di</strong>catori in<strong>di</strong>pendenti, alcuni dei quali arriveranno a fondare delle vere e proprie città<br />

incentrate su una spiritualità basata sulla pratica della guarigione, che fungeranno da<br />

punto <strong>di</strong> riferimento per <strong>di</strong>versi leaders pentecostali.<br />

Un ruolo decisivo ebbero anche le posizioni dei Fratelli Moravi, espressione<br />

dell’ala più moderata dell’eresia tardo me<strong>di</strong>evale boema <strong>di</strong> Jan Hus, con cui Wesley<br />

ebbe contatti sia in Inghilterra che negli Stati Uniti. I Fratelli Moravi (o Unitas Fratrum)<br />

sono considerati la prima chiesa protestante internazionale; a causa delle persecuzioni <strong>di</strong><br />

cui furono oggetto in Boemia prima e successivamente in tutta Europa, essi <strong>di</strong>vennero la<br />

prima e più attiva chiesa protestante nel campo della evangelizzazione missionaria,<br />

tanto che suoi membri furono tra i primi padri pellegrini a sbarcare sulle coste<br />

nordamericane. Essi si facevano portatori <strong>di</strong> una dottrina che, sullo sfondo<br />

dell’annuncio della imminente seconda venuta del Regno, sosteneva la completa<br />

depravazione della natura umana, in grado però <strong>di</strong> riconciliarsi con Dio attraverso<br />

un’unione personale con il Cristo; costituivano perciò delle comunità in cui perseguire<br />

un ideale <strong>di</strong> vita semplice e il più possibile <strong>di</strong>staccato dalle occupazioni mondane e che<br />

godevano <strong>di</strong> un’ampia in<strong>di</strong>pendenza nella propria organizzazione e gestione. Le liturgie<br />

delle comunità morave erano caratterizzate da una forte semplicità che lasciava ampio<br />

spazio a forme <strong>di</strong> preghiera spontanea.<br />

87


Il pentecostalismo “classico”: Topeka, Azusa street, il revival<br />

gallese<br />

Secondo la leggenda tutto inizia improvvisamente nella notte fra il 31 <strong>di</strong>cembre<br />

1900 e il 1° gennaio 1901 quando Agnes Ozman, un’allieva della Bethel Bible School,<br />

una scuola biblica <strong>di</strong> Topeka, nel Kansas, comincia a “parlare in lingue”. Evidente è il<br />

forte valore simbolico che si vuole dare a quella che è considerata la prima espressione<br />

glossolalica moderna; situandola letteralmente all’alba <strong>di</strong> un nuovo secolo essa assume<br />

un valore fondante, oltre che per una vita nuova, rinnovata, anche per una nuova epoca<br />

storica 84 .<br />

Fondatore della Bethel Bible School è Charles F. Parham, da alcuni considerato<br />

il padre del pentecostalismo; anche se questa definizione non è accettata volentieri dai<br />

pentecostali contemporanei a causa delle accuse <strong>di</strong> immoralità e razzismo che lo<br />

colpirono in seguito, egli è sicuramente l’uomo sotto la cui <strong>di</strong>rezione si ebbero le prime<br />

manifestazioni riconducibili alle origini del pentecostalismo. Originario <strong>di</strong> Muscatine,<br />

nell’Iowa, Parham era stato pastore meto<strong>di</strong>sta <strong>di</strong> Eudora, Kansas, fino al 1895. In<br />

quell’anno si convince della tesi <strong>di</strong> una parte del movimento holiness secondo cui<br />

occorre lottare contro le denominazioni e costituire comunità cristiane in<strong>di</strong>pendenti,<br />

mantenendo solo tenui legami con altre comunità. Nel 1896 Parham sposa una<br />

quacchera la cui famiglia lo interessa sia al movimento quacchero sia ad alcune dottrine<br />

che vengono dalle frange più ra<strong>di</strong>cali del mondo protestante. L’interesse principale <strong>di</strong><br />

Parham si focalizza sul tema delle guarigioni miracolose e nel 1900 con un gruppo <strong>di</strong><br />

seguaci riuniti in un gruppo chiamato Apostolic Faith apre la scuola biblica <strong>di</strong> Topeka,<br />

con alcune caratteristiche mutuate dall’esperienza <strong>di</strong> Frank Sandford, pastore battista<br />

che a Shiloh, Maine, aveva fondato cinque anni prima una comunità in cui i fenomeni<br />

estatici giocavano un ruolo centrale; lo stesso Parham aveva visitato la comunità e ne<br />

era rimasto fortemente impressionato. Nel solco della tra<strong>di</strong>zione meto<strong>di</strong>sta, Parham<br />

insegna il battesimo nello <strong>Spirito</strong> Santo come terza esperienza dopo la giustificazione e<br />

la santificazione. Secondo lui è necessario che i suoi studenti si preparino nella<br />

me<strong>di</strong>tazione e nella preghiera, chiedendo incessantemente il battesimo <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong><br />

Santo che si mostrerà con segni inequivocabili. Parham scambia il “parlare in lingue” <strong>di</strong><br />

Agnes Ozman come autentica xenoglossia e annuncia alla stampa che la sua allieva<br />

84 L’arbitraria attribuzione <strong>di</strong> un valore fondativo simbolico a questo episo<strong>di</strong>o viene sottolineata da<br />

Introvigne che rileva come, secondo alcuni storici recenti non meglio identificati, l’esperienza <strong>di</strong> Topeka<br />

vada più realisticamente collocata nella serata del primo o nella mattinata del 2 gennaio 1901 (Introvigne<br />

2004: 34).<br />

88


parla in perfetto cinese. Quando in seguito altri allievi <strong>di</strong> Parham, che interpretano il<br />

loro “dono delle lingue” come xenoglossia, cercano <strong>di</strong> svolgere attività missionarie tra<br />

popolazioni asiatiche ed europee, l’equivoco è chiarito e nella sua grande maggioranza<br />

la corrente pentecostale riconosce le proprie esperienze come glossolalia e non come<br />

xenoglossia.<br />

Come per la maggior parte delle organizzazioni pentecostali “classiche”, la<br />

storia della Bethel Bible School dopo l’evento del 1901 rimane comunque modesta.<br />

L’eco è ristretta alla stampa locale e l’interpretazione dei fatti è controversa all’interno<br />

stesso della scuola, tanto che le polemiche ne favoriscono ad<strong>di</strong>rittura la chiusura e il<br />

gruppo <strong>di</strong> Parham <strong>di</strong>venta una piccola “banda” itinerante come molte altre all’interno<br />

del movimento holiness. I fenomeni <strong>di</strong> glossolalia si ripetono ma sono confinati ad<br />

alcune comunità rurali dell’Oklahoma, del Missouri e del Kansas, dove a Keelville, nel<br />

1904, viene costruita la prima cappella pentecostale. Nel 1905 Parham decide <strong>di</strong><br />

estendere le sue attività al Texas e nel 1906, benché utilizzi spesso toni apertamente<br />

razzisti nei confronti della popolazione <strong>di</strong> colore, permette ad alcuni afro-americani <strong>di</strong><br />

assistere alle sue lezioni a Houston. È una decisione che si rivelerà cruciale per il futuro<br />

del pentecostalismo.<br />

Uno <strong>di</strong> questi afro-americani, il battista William J. Seymour, <strong>di</strong> cui si narra che<br />

assistesse alle lezioni <strong>di</strong> Parham nascosto <strong>di</strong>etro una tenda per non turbare le<br />

convenzioni sulla segregazione razziale, viene invitato a pre<strong>di</strong>care a Los Angeles.<br />

Benché non abbia ancora ricevuto il “battesimo nello <strong>Spirito</strong>”, Seymour accetta,<br />

nonostante il parere contrario <strong>di</strong> Parham, e questa <strong>di</strong>sobbe<strong>di</strong>enza creerà una frattura<br />

insanabile tra maestro e <strong>di</strong>scepolo. A Los Angeles Seymour cerca senza successo <strong>di</strong><br />

farsi accogliere come pre<strong>di</strong>catore in varie cappelle del movimento holiness ma incontra<br />

una forte opposizione, in quanto all’interno del movimento non veniva riconosciuta la<br />

glossolalia come prova iniziale e infallibile della presenza <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo.<br />

Finalmente, dopo aver radunato i suoi sostenitori in una casa privata <strong>di</strong> Bonnie Brae<br />

Street, Seymour rimette in or<strong>di</strong>ne una chiesa abbandonata <strong>di</strong> Azusa Street, al numero<br />

312, e questo e<strong>di</strong>ficio è da molti considerato la “chiesa madre” del pentecostalismo.<br />

Seymour e alcuni suoi seguaci avevano sperimentato la glossolalia già prima <strong>di</strong><br />

trasferirsi ad Azusa Street; questi fenomeni non passarono inosservati e le reazioni sulla<br />

stampa locale tendevano a mettere in ri<strong>di</strong>colo la glossolalia. Il Los Angeles Times in un<br />

articolo del 18 aprile 1906 parla <strong>di</strong> “una nuova setta <strong>di</strong> fanatici” e <strong>di</strong> una “selvaggia<br />

89


Babele <strong>di</strong> lingue” 85 . Parham, venuto ad ispezionare Azusa Street <strong>di</strong> persona, definisce i<br />

fenomeni non glossolalia autentica, ma “rumori inarticolati tipici dei negri del sud”. Ad<br />

Azusa Street infatti, la glossolalia come prova iniziale del “battesimo nello <strong>Spirito</strong>” si<br />

fonde con l’oralità tipica della cultura afro-americana. La pre<strong>di</strong>cazione insiste sui temi<br />

del premillenarismo e il terremoto che colpisce San Francisco nello stesso anno venne<br />

visto da molti come l’inizio dei tempi apocalittici.<br />

Tra il 1906 e il 1907 Azusa Street è frequentata da quasi tutti i leader delle<br />

denominazioni holiness e da molti pre<strong>di</strong>catori in<strong>di</strong>pendenti. Tra gli europei che visitano<br />

la cappella <strong>di</strong> Seymour un norvegese <strong>di</strong> origine inglese, Thomas Ball Barratt, svolgerà<br />

un ruolo decisivo per la <strong>di</strong>ffusione del pentecostalismo in Europa. Man mano che il<br />

fenomeno pentecostale cresce e si <strong>di</strong>ffonde a macchia d’olio, scema la capacità <strong>di</strong><br />

Seymour <strong>di</strong> gestirne l’organizzazione e la sua leadership declina inesorabilmente fino a<br />

rimanere confinata a una piccola comunità afro-americana. Negli anni Dieci del<br />

Novecento sono presenti tra gli Stati Uniti e il Canada <strong>di</strong>verse decine <strong>di</strong> migliaia <strong>di</strong><br />

pentecostali che non riconoscono né Parham né Seymour come leader. In realtà nella<br />

grande maggioranza chi vede nella glossolalia la prova inconfutabile del “battesimo<br />

nello <strong>Spirito</strong>” non intende riconoscere alcun leader né alcuna organizzazione, insistendo<br />

invece nella critica contro qualunque forma <strong>di</strong> denominazionalismo. Il pentecostalismo<br />

che viene a formarsi nei primi anni del Novecento non è quin<strong>di</strong> un insieme <strong>di</strong><br />

denominazioni, ma piuttosto una rete <strong>di</strong> relazioni tra <strong>di</strong>versi gruppi e comunità. Gli<br />

aderenti a questa prima forma <strong>di</strong> pentecostalismo sono accomunati dalla glossolalia e da<br />

un premillenarismo che attende l’imminente fine del mondo, ma <strong>di</strong>vergono su molti altri<br />

punti, avendo ogni gruppo locale sviluppato una propria dottrina <strong>di</strong>stintiva.<br />

Il terzo fenomeno che ha contribuito in maniera decisiva alla <strong>di</strong>ffusione del<br />

pentecostalismo è da ricondurre agli avvenimenti che si verificarono in Galles a partire<br />

dal 1904. Il cosiddetto “revival gallese” ha in comune con il pentecostalismo americano<br />

il carattere non organizzato e non denominazionale, anche se si può riconoscere in Evan<br />

John Roberts, un minatore che aveva compiuto stu<strong>di</strong> da pastore meto<strong>di</strong>sta e in seguito<br />

trasformatosi in pre<strong>di</strong>catore itinerante, una figura in grado <strong>di</strong> garantire al movimento<br />

una certa unità. Migliaia <strong>di</strong> persone appartenenti a <strong>di</strong>verse denominazioni protestanti<br />

sono coinvolte in lunghe riunioni che secondo alcuni osservatori sono caratterizzate da<br />

“evidente spontaneità e <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne”. Non è chiaro se in queste riunioni la glossolalia<br />

abbia un ruolo centrale: <strong>di</strong>versi stu<strong>di</strong>osi sostengono la tesi che si tratti <strong>di</strong> una riscoperta<br />

85 Riportato da Introvigne 2004: 38<br />

90


della lingua gallese classica e letteraria da parte <strong>di</strong> persone <strong>di</strong> umili con<strong>di</strong>zioni che<br />

parlano normalmente il gallese moderno. Il fenomeno è variamente classificato come<br />

xenoglossia miracolosa o come riemergere, sotto una grossa spinta emotiva, del ricordo<br />

<strong>di</strong> una lingua appresa nell’infanzia ma poi abbandonata. Appare tuttavia evidente come<br />

il fenomeno possa essere considerato una riven<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> un’identità culturale<br />

autonoma, operata da una minoranza che non ha mai ben gra<strong>di</strong>to fino in fondo la<br />

presenza dell’autorità inglese sul proprio territorio.<br />

Nel frattempo si intensificano gli scambi con gli Stati Uniti. Esponenti del<br />

revival gallese visitano Azusa Street e le prime comunità nate da quell’esperienza,<br />

prendendo così coscienza del pentecostalismo americano, mentre contemporaneamente<br />

pentecostali americani visitano il Galles. Tuttavia la corrente gallese, pur assorbendo<br />

alcuni temi caratteristici del pentecostalismo americano, manterrà sempre un’identità<br />

<strong>di</strong>stinta da esso, che si concretizza in particolare nella costituzione <strong>di</strong> una gerarchia ben<br />

precisa, <strong>di</strong> un “governo spirituale” <strong>di</strong> apostoli, profeti e pastori. Dal Galles il revival si<br />

estende all’Inghilterra e nel 1908 viene fondata una Apostolic Faith Church 86 , ma la<br />

convivenza tra inglesi e gallesi si rivela complicata e nel 1916 uno scisma dà luogo alla<br />

formazione, in Galles, della Apostolic Church, da cui avrà origine in seguito la Chiesa<br />

evangelica apostolica. A causa <strong>di</strong> numerose scissioni che inevitabilmente sorsero nel<br />

corso <strong>degli</strong> anni, oggi le Chiese apostoliche comprendono più <strong>di</strong> cinquanta<br />

denominazioni presenti in trentacinque paesi e comprendenti più <strong>di</strong> un milione <strong>di</strong><br />

membri. Essi insistono particolarmente sul fatto che la loro origine deriva da un<br />

movimento originale <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo tipicamente europeo, e non da scismi o<br />

variazioni rispetto alle organizzazioni nate negli Stati Uniti. Di fatto, pur essendo<br />

inequivocabili le relazioni tra pentecostalismo nordamericano e gallese, essi presentano<br />

numerose <strong>di</strong>fferenze che sono da ricercare nelle rispettive origini storiche. Ne è prova il<br />

fatto che negli stessi Stati Uniti il pastore Joseph Smale, tra i primi visitatori <strong>di</strong> Azusa<br />

Street e contemporaneamente interessato al risveglio gallese, dopo aver lasciato la<br />

chiesa battista <strong>di</strong> cui faceva parte, creò una autonoma New Testament Church per<br />

promuovere da un lato le idee apprese in Galles, e dall’altro scre<strong>di</strong>tare l’operato <strong>di</strong><br />

Seymour.<br />

86 Il risveglio gallese viene definito “apostolico” in quanto veniva sottolineata con fermezza l’equazione<br />

Bibbia-Parola <strong>di</strong> Dio, ponendo così l’attenzione sull’importanza dell’azione <strong>degli</strong> apostoli e dei profeti,<br />

visti come ministeri portanti della struttura ecclesiastica. All’interno dei gruppi poi, era prevista la nomina<br />

<strong>di</strong> alcuni “apostoli” che si assumevano la responsabilità della regolamentazione della vita comunitaria.<br />

Tuttavia oltre alle Chiese derivate dal revival gallese, sono definite “apostoliche” molte Chiese modaliste<br />

e anche alcune Chiese carismatiche e neo-pentecostali, che <strong>di</strong>fferiscono le une dalle altre sia per genesi<br />

storica sia per la dottrina che professano. ( Introvigne 2004: 45 e Bouchard 2003: 103-104 )<br />

91


Il neo-pentecostalismo<br />

Abbiamo visto come le varie chiese appartenenti alla prima ondata pentecostale<br />

manifestassero la volontà <strong>di</strong> costituirsi come una rete <strong>di</strong> relazioni tra gruppi che<br />

protestano contro le denominazioni, sostenendo energicamente <strong>di</strong> non voler creare<br />

strutture organizzate, ponendosi così in un atteggiamento <strong>di</strong> rottura nei confronti <strong>di</strong><br />

qualsiasi istituzionalizzazione del potere. La straor<strong>di</strong>naria <strong>di</strong>ffusione del movimento<br />

pentecostale rende tuttavia inevitabile la formazione <strong>di</strong> denominazioni che nel corso<br />

<strong>degli</strong> anni perdono le caratteristiche dei movimenti <strong>di</strong> protesta, riavvicinandosi al<br />

mondo protestante “classico”. La progressiva istituzionalizzazione dei gruppi della<br />

prima ondata provoca la nascita <strong>di</strong> una seconda ondata pentecostale che riven<strong>di</strong>ca<br />

nuovamente la propria autonomia da ogni forma <strong>di</strong> potere costituito. I fenomeni <strong>di</strong><br />

Topeka e Azusa Street costituiscono la base per la prima ondata del pentecostalismo<br />

definito “storico” o “classico” che rimane delimitato all’interno del mondo protestante.<br />

Con la seconda ondata invece, i temi tipici dell’esperienza pentecostale – la glossolalia,<br />

la guarigione e altri “segni <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong>”, accompagnati da una lettura teologica del<br />

“battesimo nello <strong>Spirito</strong>” – cominciano a circolare tra i fedeli <strong>di</strong> chiese e comunità<br />

cristiane estranei alle denominazioni pentecostali, dando vita al fenomeno che va sotto il<br />

nome <strong>di</strong> neo-pentecostalismo. Come il pentecostalismo “classico”, il neo-<br />

pentecostalismo nasce come momento <strong>di</strong> rottura nei confronti <strong>di</strong> una gerarchia che viene<br />

percepita come eccessivamente “fredda” e quin<strong>di</strong> non adatta ad esprimere il “calore”<br />

della fede.<br />

Nelle denominazioni pentecostali si assiste infatti ad una sistematizzazione della<br />

vita cultuale in cui l’originale spontaneità viene abbandonata per una liturgia legata<br />

sempre più alla figura del pastore, che <strong>di</strong>venta ministro a tempo pieno assumendosi<br />

compiti ben precisi e ricoprendo un ruolo sempre più autoritario. Contemporaneamente<br />

si ravvisano flessioni nel rigore etico che aveva caratterizzato il pentecostalismo <strong>degli</strong><br />

inizi, e che consistono in una certa apertura nei confronti dei modelli dominanti della<br />

società capitalistica – le donne possono portare i capelli corti e seguire le mode nel<br />

vestire, accettazione del cinema e della televisione ecc. -. Queste aperture al “mondo”<br />

vengono percepite come pericolose in quanto mettono in crisi l’identità pentecostale<br />

privilegiata ed eletta dal “battesimo nello <strong>Spirito</strong>”; il neo-pentecostalismo nasce dunque<br />

92


come movimento <strong>di</strong> riaffermazione ra<strong>di</strong>cale dei valori pentecostali che rischiano <strong>di</strong><br />

essere corrotti 87 .<br />

Abbiamo visto come il pentecostalismo si sia sviluppato all’interno delle fasce<br />

più emarginate della società americana, in particolar modo tra gli afro-americani e gli<br />

immigrati italiani che in seguito, al loro ritorno in patria, hanno contribuito a far<br />

conoscere e <strong>di</strong>ffondere il movimento tramite un proselitismo spontaneo ed<br />

inorganizzato. Uno dei tratti fondamentali del pentecostalismo era inoltre il rifiuto <strong>di</strong><br />

qualsiasi forma <strong>di</strong> intellettualismo, portando l’attenzione su una fede miracolistica che<br />

aveva come base un’esperienza emotiva particolarmente coinvolgente 88 . Diversamente,<br />

il neo-pentecostalismo nasce tra teologi e studenti delle università americane, ed è<br />

supportato da organizzazioni forti che ne favoriscono la <strong>di</strong>ffusione nei maggiori centri<br />

urbani. I pentecostali inoltre, rifiutano la chiesa originaria mentre il neo-pentecostalismo<br />

si <strong>di</strong>ffonde all’interno delle maggiori denominazioni protestanti – episcopaliani,<br />

presbiteriani e luterani, ma anche meto<strong>di</strong>sti, mennoniti e battisti – avendo tra le proprie<br />

caratteristiche fondamentali una forte attività evangelizzatrice. Altra caratteristica che<br />

viene riconosciuta al movimento neo-pentecostale è un accentuato “spiritualismo” che<br />

dà luogo a rituali basati su una marcata teatralità, su una regia sapientemente coor<strong>di</strong>nata<br />

dai leaders, sulla spettacolarità dei canti e delle preghiere, in contrasto con i riti<br />

pentecostali improntati ad una semplicità ad<strong>di</strong>rittura austera 89 .<br />

La causa prima della larga <strong>di</strong>ffusione del neo-pentecostalismo e del suo carattere<br />

inter-denominazionale è l’attività <strong>di</strong> alcuni pre<strong>di</strong>catori itineranti che nei loro sermoni<br />

focalizzano l’attenzione particolarmente sulla tematica della guarigione. Pre<strong>di</strong>catori<br />

itineranti sono all’origine <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse denominazioni della prima ondata pentecostale, ma<br />

è dopo la Seconda guerra mon<strong>di</strong>ale che il numero <strong>di</strong> essi aumenta esponenzialmente in<br />

87 Catucci 1978: 301-302: “Un carattere essenziale del rito neo-pentecostale è poi la lettura<br />

“fondamentalistica” dei testi sacri. Contro ogni interpretazione storica della parola <strong>di</strong> Cristo, il male viene<br />

scaricato esclusivamente sulle spalle <strong>degli</strong> uomini, i quali hanno il compito <strong>di</strong> formare un esercito al<br />

servizio <strong>di</strong> Dio. La gerarchia deve essere rispettata; i figli devono cieca ubbi<strong>di</strong>enza ai genitori, soprattutto<br />

al padre; la moglie deve essere soggetta al marito e il pastore della chiesa è l’unica guida in<strong>di</strong>scutibile.<br />

Autoritarismo e magia sono gli elementi peculiari <strong>di</strong> questo movimento religioso, insieme con la<br />

pre<strong>di</strong>cazione dell’assoluto abbandono nelle mani <strong>di</strong> Dio e con la richiesta <strong>di</strong> salvezza: poiché soltanto chi<br />

la chiede sarà salvato. Si pre<strong>di</strong>ca anche un accentuato proselitismo e si offre agli aderenti un manuale nel<br />

quale sono scritte le cose che il neo-pentecostale deve fare se vuole ricevere i doni: ad esempio, chiedere<br />

al Signore il dono delle lingue, anche se non comprende a che cosa servirà; pregare ogni settimana con il<br />

gruppo; de<strong>di</strong>care ogni giorno almeno quin<strong>di</strong>ci minuti alla me<strong>di</strong>tazione dei test sacri; comunicare ai fratelli<br />

le proprie <strong>di</strong>fficoltà e la propria crescita nella preghiera”.<br />

88 A questo proposito è interessante una rivelazione ricevuta da Luigi Francescon, tra i fondatori della<br />

prima chiesa pentecostale italiana, e riportata dal pastore valdese Eugenio Stretti: “Sono stato <strong>di</strong>eci giorni<br />

sotto la croce, ed ho veduto il Signore e mi <strong>di</strong>sse: non farti dottrine, brucia tutti i libri, tieni solo la Bibbia<br />

e il Dizionario biblico”. (Stretti 1998: 21)<br />

89 Catucci 1978: 301 e Castiglione 1974: 6-9<br />

93


tutti gli Stati Uniti. Alcuni <strong>di</strong> questi pre<strong>di</strong>catori non aderiscono al pentecostalismo,<br />

mentre altri lo criticano profondamente, in comune hanno però il carattere non-<br />

denominazionale delle loro “crociate” <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>cazione, e terminano i loro <strong>di</strong>scorsi non<br />

chiedendo <strong>di</strong> aderire alle denominazioni <strong>di</strong> cui essi fanno parte, ma invitando i cristiani<br />

ad essere più partecipi all’interno delle proprie comunità <strong>di</strong> appartenenza, e i non<br />

cristiani a convertirsi. Negli anni Cinquanta i guaritori in<strong>di</strong>pendenti sono contati in<br />

alcune migliaia, alcuni con un notevole numero <strong>di</strong> seguaci regolari. Due dei più attivi<br />

pre<strong>di</strong>catori sono William Marrion Branham, proveniente dal pentecostalismo oneness e<br />

sostenuto anche da influenti pastori delle Assemblee <strong>di</strong> Dio, e Oral Roberts, ministro<br />

della Pentecostal Holiness Church della corrente “wesleyana” del primo<br />

pentecostalismo. Entrambi cercano <strong>di</strong> presentare un messaggio pentecostale spogliato il<br />

più possibile da caratteristiche denominazionali o teologiche specifiche in modo da<br />

raggiungere il più ampio numero possibile <strong>di</strong> u<strong>di</strong>tori. A loro si può affiancare la figura<br />

<strong>di</strong> Gordon J. Lindsey. Nato a Zion City, dove i genitori fanno parte della comunità<br />

formata dal pre<strong>di</strong>catore John A. Dowie, convertito alla glossolalia <strong>di</strong>rettamente da<br />

Parham e successivamente pastore <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse denominazioni tra cui le Assemblee <strong>di</strong> Dio,<br />

Lindsey è un “compen<strong>di</strong>o vivente della storia del pentecostalismo”. Dal 1948 inizia a<br />

pubblicare The Voice of Healing, mensile che dà voce e sostiene un gran numero <strong>di</strong><br />

guaritori itineranti <strong>di</strong> area pentecostale 90 . L’opera <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> migliaia <strong>di</strong><br />

pre<strong>di</strong>catori che percorrevano gli Stati Uniti in lungo e in largo, dai gran<strong>di</strong> centri urbani<br />

alla provincia più profonda, e il successivo impiego massiccio <strong>di</strong> mezzi <strong>di</strong><br />

comunicazione <strong>di</strong> massa come riviste, emittenti ra<strong>di</strong>ofoniche e televisive, unito al loro<br />

<strong>di</strong>chiararsi estranei a qualsiasi tipo <strong>di</strong> denominazione 91 , hanno creato i presupposti<br />

necessari alla larga <strong>di</strong>ffusione delle tematiche pentecostali, che cominciano così a<br />

circolare all’interno delle maggiori denominazioni “storiche” protestanti.<br />

L’incontro tra il protestantesimo “classico” e le pre<strong>di</strong>cazioni dei guaritori<br />

itineranti crea però inevitabilmente nuovi scismi e frammentazioni che portano alla<br />

nascita <strong>di</strong> chiese, comunità o gruppi neo-pentecostali, i quali avranno un ruolo<br />

90 Introvigne 2004: 113-117<br />

91 In realtà in seguito si è assistito a <strong>di</strong>fferenti evoluzioni in questo senso. A partire dal 1960 Branham si<br />

isola dal mondo pentecostale proponendo dottrine considerate da molti eterodosse: da un rinnovato rifiuto<br />

della Trinità all’annuncio <strong>di</strong> una fine del mondo imminente in cui chi avesse fatto parte delle<br />

denominazioni sarebbe stato considerato segnato dal “marchio della Bestia”. Al contrario, Oral Roberts<br />

ha istituzionalizzato sempre <strong>di</strong> più il proprio movimento, fondando nel 1967 la Oral Roberts University;<br />

ha attenuato negli anni i temi caratteristici del pentecostalismo, collaborando molto con pre<strong>di</strong>catori non<br />

pentecostali, fino ad aderire ad una denominazione meto<strong>di</strong>sta nel 1968. Lindsey ha invece convertito<br />

l’organizzazione che presiedeva – nata come struttura <strong>di</strong> servizio o “parachiesa” – in una vera e propria<br />

nuova denominazione pentecostale. (Introvigne 2004: 117-118)<br />

94


fondamentale nella penetrazione della tematica pentecostale all’interno dell’universo<br />

cattolico a partire dalla seconda metà <strong>degli</strong> anni Sessanta.<br />

Dalla pre<strong>di</strong>cazione itinerante dei guaritori in<strong>di</strong>pendenti nasce e si <strong>di</strong>ffonde a<br />

partire dal Canada un movimento che prende il nome da un passo del libro <strong>di</strong> Gioele<br />

(2,23) in cui si legge:<br />

“E voi, figli <strong>di</strong> Sion, esultate, rallegratevi nel Signore Dio vostro, perché egli vi dona la<br />

pioggia d’autunno in giusta misura, vi fa scendere in abbondanza la pioggia d’autunno e<br />

quella <strong>di</strong> primavera, come per l’innanzi”.<br />

Molti pentecostali interpretano come <strong>di</strong> consueto arbitrariamente il passo in modo<br />

simbolico, riferendo la prima pioggia “d’autunno” alla prima Pentecoste sperimentata<br />

dagli apostoli nel cenacolo, mentre la seconda pioggia “<strong>di</strong> primavera” sarebbe la<br />

seconda Pentecoste costituita dalla corrente pentecostale nel suo insieme. Secondo altri<br />

la seconda pioggia avrebbe dovuto precedere gli avvenimenti apocalittici <strong>degli</strong> ultimi<br />

tempi e si sarebbe <strong>di</strong>ffusa tramite l’imposizione delle mani, che sarebbe stata<br />

determinante affinché i fedeli ricevessero i “doni” <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo e a cui la<br />

progressiva istituzionalizzazione della prima ondata pentecostale aveva tolto sempre più<br />

importanza. Il Latter Rain Movement (Movimento della seconda pioggia) nasce dunque<br />

come movimento <strong>di</strong> protesta e <strong>di</strong> ritorno alle origini del pentecostalismo. Esso ha<br />

origine all’interno <strong>di</strong> una congregazione della Chiesa Internazionale del Vangelo<br />

Quadrangolare – denominazione del primo pentecostalismo detto “battista” – e<br />

successivamente si <strong>di</strong>ffonde tra le Assemblee <strong>di</strong> Dio e tra altre denominazioni della<br />

prima ondata. Rispettando quin<strong>di</strong> i criteri <strong>di</strong> inter-denominazionalità e <strong>di</strong> interpretazione<br />

letterale delle Scritture ponendo l’accento sul recupero <strong>degli</strong> aspetti più miracolistici<br />

legati alla figura <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo, si colloca pienamente all’interno della corrente<br />

neo-pentecostale. I leaders del Latter Rain Movement cominciano a ritenersi partecipi <strong>di</strong><br />

una terza fase della cristianità, dopo il cristianesimo tra<strong>di</strong>zionale e il pentecostalismo,<br />

mentre le manifestazioni carismatiche giungono a estremi tali che dal 1950 le chiese<br />

pentecostali cominciano ad espellere i pastori e i fedeli coinvolti nel movimento.<br />

Denominazioni più piccole ne accolgono invece il messaggio e danno vita a una<br />

corrente più complessa denominata Full Gospel (Pieno Vangelo) 92 .<br />

È importante citare il Latter Rain Movement perché al suo interno si è formato e<br />

ha agito il pastore americano John McTernan, il principale fautore della <strong>di</strong>ffusione del<br />

neo-pentecostalismo in Italia.<br />

92 Introvigne 2004: 123-124<br />

95


Il neo-pentecostalismo in Italia: la Chiesa Evangelica Internazionale<br />

e gli “uomini d’affari”<br />

McTernan è <strong>di</strong> fatto il fondatore della Chiesa Evangelica Internazionale,<br />

costituitasi a Roma nel 1959. Dopo gli inizi modesti, nel corso <strong>degli</strong> anni Sessanta si<br />

consolida man mano come organizzazione che funge da ombrello giuri<strong>di</strong>co per le chiese<br />

pentecostali che non si riconoscono nelle Assemblee <strong>di</strong> Dio (ADI) 93 . Nel gennaio 1966 a<br />

Roma si svolge il primo convegno nazionale della Chiesa Evangelica Internazionale,<br />

con una cinquantina <strong>di</strong> partecipanti, comprendenti per un terzo pastori stranieri; nel<br />

frattempo la chiesa, assumendo sempre più il carattere <strong>di</strong> denominazione, si ra<strong>di</strong>ca in<br />

Italia centrale e meri<strong>di</strong>onale e la comunità <strong>di</strong> Roma si ingran<strong>di</strong>sce notevolmente. In<br />

quegli anni il locale <strong>di</strong> culto <strong>di</strong> questa è un enorme cinema nei pressi <strong>di</strong> Cinecittà<br />

riadattato alle funzioni <strong>di</strong> tempio, in cui i fedeli si riuniscono il sabato sera e la<br />

domenica mattina. La Chiesa Evangelica Internazionale è fiancheggiata nelle sue<br />

attività dall’Istituto Biblico Sion, creato per formare quanti vogliono entrare nella<br />

chiesa. Insieme essi promuovono numerose iniziative associazionistiche rivolte in<br />

particolar modo ai giovani nonchè la redazione del perio<strong>di</strong>co Dialogo cristiano, mentre<br />

continuano a tenersi convegni nazionali annuali in cui vengono stu<strong>di</strong>ate le tecniche per<br />

un’evangelizzazione più efficace. Nei primi anni Settanta si assiste al consolidamento<br />

della chiesa anche a livello locale, con l’organizzazione <strong>di</strong> convegni regionali e<br />

interregionali e con l’aumento del numero dei battesimi e delle testimonianze <strong>di</strong><br />

guarigione. Fondamentale al ra<strong>di</strong>camento del movimento neo-pentecostale nel nostro<br />

paese è l’atteggiamento conciliante della Chiesa Evangelica Internazionale nei<br />

confronti delle autorità costituite, così come i buoni rapporti intrecciati con la gerarchia<br />

cattolica, al punto che nel 1972 viene accettata nel Consiglio Ecumenico. L’apertura nei<br />

confronti della Chiesa cattolica è dovuta in particolar modo alla collaborazione tra<br />

McTernan e David Johannes Du Plessis, pastore pentecostale sudafricano che si è<br />

impegnato nel tessere relazioni tra cattolici e protestanti, vantando amicizie tra le<br />

gerarchie <strong>di</strong> entrambe le chiese. Altre figure importanti in questo senso sono il più<br />

controverso giornalista olandese Fred Ladenius, che avrà un ruolo importante nella<br />

<strong>di</strong>ffusione del “carismatismo” cattolico in Sud Italia, conosciuto tra l’altro per aver<br />

93 Introvigne 2004: 125<br />

96


icevuto sia il “battesimo nello <strong>Spirito</strong>” protestante sia quello cattolico, e il teologo<br />

statunitense Francis Sullivan, docente alla cattolica università Gregoriana <strong>di</strong> Roma 94 .<br />

La forte organizzazione della Chiesa Evangelica Internazionale e la sua strenua<br />

campagna evangelizzatrice non avrebbero saputo essere tali e tanto efficaci senza<br />

l’appoggio essenziale della Full Gospel Business Men’s Fellowship International<br />

(Fraternità internazionale <strong>degli</strong> uomini d’affari del Pieno Vangelo). Si tratta <strong>di</strong> una<br />

associazione inter-confessionale fondata da Demos Shakarian che ha come obiettivo la<br />

<strong>di</strong>ffusione della credenza nelle guarigioni e nel “battesimo nello <strong>Spirito</strong>” attraverso una<br />

massiccia opera evangelizzatrice. Shakarian è un ricco industriale <strong>di</strong> origine armena.<br />

Nato nel 1913 a Los Angeles, in una famiglia interessata alla tematica holiness del<br />

“battesimo nello <strong>Spirito</strong> Santo”, a tre<strong>di</strong>ci anni il giovane Demos sperimenta una<br />

“rivelazione personale del Signore”, che lo invita a non dubitare del suo potere. Già<br />

durante le scuole superiori rivela un talento per gli affari e avvia una piccola impresa<br />

che tuttavia fallisce dopo qualche anno. Lentamente, Demos riprende le attività<br />

affermando <strong>di</strong> avere imparato dalle prime traversie la lezione secondo cui ogni attività<br />

economica va intrapresa “con Dio” e non a prescindere da lui, mentre in seguito arriverà<br />

a sostenere che le persone più ripiene <strong>di</strong> <strong>Spirito</strong> sono quelle che ottengono maggiori<br />

successi negli affari. Dopo la ven<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> alcune società Shakarian <strong>di</strong>spone <strong>di</strong> maggiori<br />

fon<strong>di</strong> liqui<strong>di</strong> per le sue attività missionarie, che si svolgono nell’ambito della corrente<br />

Full Gospel. Nel 1948 <strong>di</strong>venta <strong>di</strong>rettore finanziario del Full Gospel Youth Rally, che<br />

organizza <strong>di</strong>verse manifestazioni pubbliche, fra cui una all’Hollywood Bowl cui<br />

partecipano ventiduemila persone. Nell’occasione, Shakarian riunisce cento uomini<br />

d’affari per una cena al parco <strong>di</strong> <strong>di</strong>vertimenti Knott’s Berry Farm, destinata alla raccolta<br />

<strong>di</strong> fon<strong>di</strong>. Il successo <strong>di</strong> questa e ulteriori simili iniziative porta alla fondazione,<br />

nell’ottobre 1951, presso la Clifton’s Cafeteria <strong>di</strong> Los Angeles della Full Gospel<br />

Business Men’s Fellowship International (FGBMFI), che si de<strong>di</strong>ca in particolare a<br />

sostenere le campagne del famoso pre<strong>di</strong>catore Oral Roberts. Il 22 novembre 1952 gli<br />

statuti sono sottoscritti nel corso <strong>di</strong> una cerimonia presso la Clifton’s Cafeteria. Nel<br />

febbraio 1953 è lanciata la rivista Full Gospel Men’s Voice 95 . Le perio<strong>di</strong>che riunioni<br />

dell’associazione sono caratterizzate da un culto tipicamente pentecostale, con<br />

preghiere, canti, testimonianze e l’esercizio dei “doni”. Dopo la riunione chi desidera<br />

94 Catucci 1978: 302-303 e Castiglione 1974: 11-13<br />

95 Confronta gli articoli <strong>di</strong> Introvigne raccolti sotto il titolo Le religioni in Italia. Il protestantesimo<br />

pentecostale, pubblicati sul sito web del CESNUR, il Centro <strong>Stu<strong>di</strong></strong> sulle Nuove Religioni <strong>di</strong> cui lo stesso<br />

Introvigne è <strong>di</strong>rettore (www.cesnur.org)<br />

97


icevere il “battesimo nello <strong>Spirito</strong>” viene invitato ad accomodarsi in stanze separate<br />

dove continuare a pregare, mentre gli altri impongono loro le mani 96 .<br />

Da questi inizi, la storia della FGBMFI si confonde con la storia del movimento<br />

neo-pentecostale <strong>di</strong> cui l’organizzazione segue tutti i passi e si fa promotrice in<br />

numerosi Paesi, accompagnando in particolare con simpatia la nascita <strong>di</strong> un<br />

rinnovamento “carismatico” all’interno della Chiesa cattolica e operando in seguito in<br />

favore dell’ecumenismo e per la rimozione <strong>di</strong> ogni <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo fra carismatici<br />

cattolici e protestanti. Alla morte <strong>di</strong> Demos Shakarian, nel 1993, gli succede il figlio<br />

Richard, e la famiglia Shakarian continua a sostenere finanziariamente l’organizzazione,<br />

ormai <strong>di</strong>ffusa con gruppi attivi in oltre 160 Paesi. Dal 1996 esiste un gruppo tutto<br />

italiano della FGBMFI, fondato da Piero Luciano de Pieri, che aveva conosciuto il<br />

movimento in Svizzera. In Italia la FGBMFI è sostenuta in particolare, pur mantenendo<br />

il suo carattere ecumenico e interconfessionale, da una comunità carismatica cattolica<br />

in<strong>di</strong>pendente, la Comunità Vita Nuova, il cui responsabile è tra l’altro lo stesso Piero<br />

Luciano de Pieri, che conta nel nostro paese oltre 250 gruppi e presso la cui casa<br />

e<strong>di</strong>trice, Il Dono, ha sede la FGBMFI - Italia.<br />

È dunque rilevante il contributo dato dagli “uomini d’affari” alla circolazione<br />

delle tematiche neo-pentecostali a livello mon<strong>di</strong>ale, grazie sia alla solida base<br />

economica che potevano offrire, sia alla visibilità acquisita dal coinvolgimento <strong>di</strong> una<br />

parte della borghesia industriale, che ha permesso <strong>di</strong> raggiungere canali <strong>di</strong> <strong>di</strong>vulgazione<br />

<strong>di</strong> massa che sarebbero stati impensabili se il movimento fosse rimasto confinato, come<br />

il pentecostalismo, alle fasce più emarginate e <strong>di</strong>sagiate della popolazione.<br />

96 Castiglione 1974: 17<br />

98


La Third Wave<br />

In seno all’ambiente protestante si può osservare, dall’inizio <strong>degli</strong> anni Ottanta,<br />

il progre<strong>di</strong>re <strong>di</strong> un movimento che ripropone, rielaborandole, le tematiche che hanno<br />

contrad<strong>di</strong>stinto il pentecostalismo fino a quel momento. Gli stessi partecipanti al<br />

movimento si autodefiniscono come appartenenti a una Third Wave – “terza ondata”,<br />

collocandosi così ideologicamente in continuità con il pentecostalismo “classico” e con<br />

il movimento neo-pentecostale – che pone le proprie basi ideologiche sulla teologia<br />

<strong>dello</strong> spiritual warfare. Le basi <strong>di</strong> questa teologia vanno ricercate nei corsi tenuti al<br />

Fuller Theological Seminary, un’istituzione accademica evangelica con sede a<br />

Pasadena, presso Los Angeles. Qui, nell’anno accademico 1981-1982, i professori Peter<br />

Wagner e John Wimber tengono un corso durante il quale insegnano il power<br />

evangelism, una strategia missionaria che presenta il messaggio cristiano come efficace<br />

solo in virtù dei “poteri” che si manifestano nei credenti: guarigioni, miracoli, capacità<br />

<strong>di</strong> cacciare i demoni, considerati i responsabili dei mali del mondo 97 .<br />

Diversamente dal mondo cattolico, nella tra<strong>di</strong>zione protestante la nozione <strong>di</strong><br />

“possessione <strong>di</strong>abolica” viene rigettata in quanto considerata non biblica; i demoni non<br />

possono “possedere” completamente qualcuno, tuttavia hanno la capacità <strong>di</strong><br />

“demonizzarlo”. I “demonizzati”<br />

“Non si comporteranno come gli indemoniati o le vittime della possessione descritte<br />

nella letteratura cattolica, ma saranno <strong>di</strong> fatto controllati dal Diavolo, che orienterà<br />

sistematicamente le scelte fondamentali della loro vita e ne farà – con <strong>di</strong>versi gra<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

consapevolezza e <strong>di</strong> responsabilità personali da parte loro – i suoi agenti nel mondo.” 98<br />

La vita spirituale ma non solo, anche la quoti<strong>di</strong>anità e in generale la storia, vengono<br />

concepite come una vera e propria guerra – una spiritual warfare appunto – combattuta<br />

dagli angeli e dai <strong>di</strong>avoli e allo stesso tempo dai “buoni” e dai “cattivi” sulla Terra. Il<br />

compito dei “buoni” è <strong>di</strong> assicurare una “copertura <strong>di</strong> preghiera” alle schiere angeliche e<br />

<strong>di</strong> liberare quante più persone dall’influsso del maligno, che non si limita ad agire<br />

soltanto sugli esseri umani ma anche su e<strong>di</strong>fici, città, nazioni (demoni “territoriali”), e<br />

che – rielaborando al negativo la dottrina calvinista della predestinazione - può<br />

ad<strong>di</strong>rittura essere trasmesso dai genitori ai figli, <strong>di</strong> generazione in generazione.<br />

Questa <strong>di</strong>stinzione netta tra “buoni” e “cattivi” - che ci richiama così<br />

apertamente alla mente la contrapposizione tra Paesi del blocco sovietico e filo-<br />

97 Introvigne 2004: 136-137<br />

98 Introvigne 2004: 137<br />

99


statunitensi che proprio negli anni Ottanta raggiunge il suo apice critico – ha avuto largo<br />

successo in ambienti pentecostali tra<strong>di</strong>zionalmente attenti ai “segni”, ma è stata oggetto<br />

<strong>di</strong> numerose obiezioni provenienti dallo stesso mondo evangelico che l’aveva generata<br />

proprio a causa dell’eccessiva insistenza sull’universo soprannaturale 99 .<br />

Anche la Third Wave, come le altre ondate pentecostali, ha portato alla<br />

formazione <strong>di</strong> nuove denominazioni autonome in cui l’idea della spiritual warfare è<br />

centrale. Una delle più rappresentative è la Vineyard Christian Fellowship il cui leader<br />

era John Wimber. Dalla originaria sede in California, le chiese Vineyard si sono <strong>di</strong>ffuse<br />

a centinaia negli Stati Uniti e nel mondo, contando <strong>di</strong>verse decine <strong>di</strong> migliaia <strong>di</strong> fedeli. I<br />

rappresentanti delle chiese Vineyard esasperano ulteriormente una visione della storia<br />

come assolutamente negativa, in balia <strong>degli</strong> orrori causati dagli <strong>abusi</strong> della scienza e<br />

della tecnica 100 . A questa visione fa da contrappeso la proposta <strong>di</strong> pratiche rituali<br />

caratterizzata da una forte carica evasionista e miracolistica.<br />

Fin dagli anni Novanta alcune comunità si sono contrad<strong>di</strong>stinte per la presenza<br />

<strong>di</strong> manifestazioni “carismatiche” identificate come una sorta <strong>di</strong> “ruggito collettivo”, e<br />

soprattutto la holy laughter (sacra risata), un accesso irrefrenabile <strong>di</strong> riso accompagnato<br />

talvolta da una caduta all’in<strong>di</strong>etro e una sorta <strong>di</strong> breve svenimento 101 .<br />

Queste manifestazioni hanno trovato a partire dal 1993 un loro centro<br />

nell’Airport Vineyard, una congregazione del movimento situata nei pressi<br />

dell’aeroporto <strong>di</strong> Toronto la quale, in seguito a controversie sull’interpretazione dei<br />

fenomeni, decide <strong>di</strong> staccarsi dalle chiese Vineyard e <strong>di</strong> proseguire un’esistenza<br />

in<strong>di</strong>pendente come Toronto Airport Christian Fellowship.<br />

99 In Introvigne 2004 sono riportati alcuni episo<strong>di</strong> che hanno come protagonista Peter Wagner e che<br />

testimoniano della ra<strong>di</strong>cale intolleranza che serpeggia alla base <strong>di</strong> questa nuova ondata pentecostale. Egli,<br />

basandosi sulla teologia dei demoni “territoriali” e seguendo comunicazioni “profetiche” <strong>di</strong> suoi<br />

collaboratori, sostiene che le figure della dea greca Diana e della Madonna sarebbero in realtà delle<br />

manifestazioni della “Regina del Cielo”, secondo la tra<strong>di</strong>zione biblica la più <strong>di</strong>retta collaboratrice <strong>di</strong><br />

Satana. Secondo questa visione le adorazioni mariane proprie del cattolicesimo sarebbero dunque delle<br />

adorazioni rivolte a uno dei demoni più tremen<strong>di</strong>. Sempre secondo Wagner, in un’altra incarnazione la<br />

“Regina del Cielo” sarebbe anche alla base delle ra<strong>di</strong>ci spirituali dell’Islam.<br />

100 Confronta a questo proposito gli articoli A community of hope in a despairing world e Buil<strong>di</strong>ng a<br />

community of hope, a nome del leader Berten A. Waggoner, datati luglio 2003 e scaricabili dal sito<br />

ufficiale della chiesa.<br />

101 Introvigne 2004: 147<br />

100


Il pentecostalismo nel sud del mondo, un esempio africano: il culto<br />

pentecostale in Ghana<br />

Con lo sviluppo recente della Third Wave si è assistito alla <strong>di</strong>ffusione massiccia<br />

del culto pentecostale in Africa e America Latina. Se questa forma particolare <strong>di</strong><br />

cristianesimo era una presenza marginale a metà Novecento, oggi rappresenta più <strong>di</strong><br />

cento milioni <strong>di</strong> fedeli tra i due continenti. La penetrazione del pentecostalismo in questi<br />

Paesi ha reso ulteriormente <strong>di</strong>fficoltoso tracciare un giu<strong>di</strong>zio univoco per questo<br />

fenomeno, testimoniando però dell’estrema plasticità e adattabilità che lo caratterizza.<br />

Il culto <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> ha avuto infatti esiti <strong>di</strong>versi a seconda del contesto storico e<br />

culturale in cui è venuto a svilupparsi. Un buon esempio in questo senso è la <strong>di</strong>ffusione<br />

del culto pentecostale nell’Africa sub-sahariana. Prenderemo in considerazione<br />

particolare il Ghana, <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>versi stu<strong>di</strong> ci danno testimonianza delle funzioni<br />

<strong>di</strong>ametralmente opposte che tale culto ha assunto.<br />

Un primo esempio sono le chiese “spirituali” stu<strong>di</strong>ate da Lanternari negli anni<br />

Settanta con una approfon<strong>di</strong>ta ricerca sul campo 102 . Con tale termine si definisce una<br />

tipologia <strong>di</strong> movimenti religiosi sviluppatisi in Ghana – ma non solo, in generale hanno<br />

attecchito in tutti i paesi dell’Africa occidentale – a partire dalla seconda metà del<br />

Novecento, in concomitanza cioè con il crescente processo <strong>di</strong> modernizzazione che ha<br />

favorito un aumento dei rapporti tra culture native e civiltà europea e la conseguente<br />

<strong>di</strong>sgregazione <strong>di</strong> sistemi socio-culturali tra<strong>di</strong>zionali. Queste chiese sono profondamente<br />

legate al cristianesimo in quanto hanno ricevuto influenze <strong>di</strong>rette e in<strong>di</strong>rette in special<br />

modo dal pentecostalismo statunitense, sviluppatosi assieme all’espansionismo<br />

economico, culturale, politico <strong>degli</strong> Stati Uniti. Tuttavia esse hanno un carattere nativo e<br />

autonomo, e sono sorte in<strong>di</strong>pendentemente dalle chiese missionarie, grazie all’azione <strong>di</strong><br />

personalità “profetiche” in<strong>di</strong>gene che, venute a conoscenza della Bibbia, sulla sua<br />

interpretazione e riplasmazione basano il nucleo dottrinale del loro messaggio. Tali<br />

movimenti si pongono dunque, rispetto sia ai sistemi religiosi tra<strong>di</strong>zionali africani, sia<br />

alla religione importata dagli europei, in una posizione particolare che coniuga apertura<br />

ai valori del cristianesimo occidentale e preservazione del patrimonio tra<strong>di</strong>zionale.<br />

Queste chiese vengono dette “spirituali” perché la loro ideologia religiosa ruota<br />

attorno alla nozione <strong>di</strong> “spirito”, nel cui nome intendono dar vita ad un mondo nuovo<br />

102 Resoconti riguardanti le ricerche sul campo sulle chiese “spirituali” africane sono ampiamente presenti<br />

in Lanternari 1988 e Lanternari 1983<br />

101


dove poter trovare un’identità smarrita e minacciata. A proposito <strong>di</strong> questa nozione<br />

Lanternari scrive:<br />

“Da un lato essa riprende la nozione-esperienza propria già del sistema <strong>di</strong> credenze<br />

ancestrali – lo “spirito”, sunsum, che permea <strong>di</strong> sé il mondo animato, opera attraverso<br />

gli dei, e può entrare nell’uomo per possederlo - ; dall’altro fa sua e riplasma la nozioneesperienza<br />

della Pentecoste, come spirito unico e <strong>di</strong>vino. Il sincretismo vuole che<br />

anch’esso sia concepito come capace <strong>di</strong> “possedere” gli in<strong>di</strong>vidui, dando effetti psichici<br />

e motorii del tutto analoghi a quelli della “possessione” antica.” 103<br />

Il potere guaritore <strong>dello</strong> “<strong>Spirito</strong>” trova dunque nel contesto culturale dell’Africa<br />

occidentale, dove sono presenti numerose entità sovrannaturali in grado <strong>di</strong> “possedere”<br />

gli uomini, un terreno fertile su cui attecchire nelle sue componenti più emozionali ed<br />

entusiastiche. Viene in particolare valorizzata la funzione salvifica del cristianesimo,<br />

riattualizzando la figura del Cristo taumaturgo e guaritore pro<strong>di</strong>gioso. Tuttavia<br />

l’assimilazione <strong>di</strong> elementi “religiosi” occidentali non è avvenuta a <strong>di</strong>scapito della<br />

tra<strong>di</strong>zione. Elementi <strong>di</strong> continuità sono ad esempio i rapporti <strong>di</strong> fiducia e protezione tra<br />

paziente e guaritore 104 ; a questo rapporto <strong>di</strong> fiducia si lega il ruolo centrale accordato<br />

alla <strong>di</strong>mensione del sogno e della visione tramite cui, specialmente i vari leaders<br />

in<strong>di</strong>geni scoprono la propria vocazione. Una certa sopravvivenza del complesso<br />

“magico” e “stregonistico”, che induce gli stessi seguaci delle chiese “spirituali” a far<br />

ricorso ancora, in situazioni estreme, ai guaritori tra<strong>di</strong>zionali, testimonia che in queste<br />

chiese<br />

“La tra<strong>di</strong>zione possiede un carattere <strong>di</strong> vischiosità, come forza interiorizzata<br />

nell’in<strong>di</strong>viduo, a <strong>di</strong>spetto della stessa messa in crisi dell’intera cultura tra<strong>di</strong>zionale per<br />

effetto dell’urto con i modelli occidentali.” 105<br />

A <strong>di</strong>fferenza dei movimenti nativisti <strong>di</strong> “libertà e salvezza” sviluppatisi in altre zone<br />

dell’Africa, le chiese “spirituali” del Ghana non prospettano un messianismo<br />

anticolonialista, che vagheggia la scomparsa dei bianchi, la fine del loro dominio e il<br />

rifiuto totale della civiltà occidentale. Ciò è dovuto al fatto che la nascita <strong>di</strong> tali chiese è<br />

da mettere in rapporto essenzialmente con fattori culturali interni alla società ghanese.<br />

103 Lanternari 1988: 218<br />

104 Lanternari 1988: 194 “Profeti-fondatori e pastori preposti al culto – scrive Lanternari – rappresentano,<br />

a loro modo, i successori dei “fetish-priests” o sacerdoti <strong>di</strong> antica tra<strong>di</strong>zione rurale, che tuttora continuano<br />

ad esercitare la loro funzione nell’ambiente dei villaggi, ma anche in ambiente urbano. Infatti in città la<br />

presenza <strong>di</strong> sacerdoti tra<strong>di</strong>zionali con le loro performances o pubbliche manifestazioni <strong>di</strong> culto<br />

caratterizzate da fenomeni <strong>di</strong> possessione e da una partecipazione <strong>di</strong> massa, viene a formare, insieme con<br />

le chiese spirituali <strong>di</strong>stribuite per ogni quartiere, un panorama variegato della religiosità, e insieme alla<br />

me<strong>di</strong>cina ghanese contemporanea.”<br />

105 Lanternari 1988: 197<br />

102


In Ghana l’azione colonizzatrice non <strong>di</strong>ede luogo all’espropriazione forzata e allo<br />

sfruttamento in<strong>di</strong>scriminato delle terre come invece avvenne nei territori dell’Africa<br />

orientale, centrale e meri<strong>di</strong>onale, fatti che stanno alla base dei movimenti anti-bianchi.<br />

Una sorta <strong>di</strong> “ritardo” <strong>degli</strong> effetti più deleteri della colonizzazione nella Costa d’Oro ha<br />

delimitato per un certo periodo il trauma derivante dalla violenza occidentale. Ciò che<br />

venne percepito fu comunque un incontro-scontro con una civiltà “altra” più potente,<br />

tecnologicamente più avanzata che contribuì a mettere in crisi l’assetto tra<strong>di</strong>zionale<br />

in<strong>di</strong>geno. Non il “problema delle terre” dunque, ma la minaccia <strong>di</strong> “spossessamento<br />

culturale” è il motivo scatenante la <strong>di</strong>ffusione delle chiese “spirituali”, minaccia che si<br />

aggrava nei decenni successivi alla seconda guerra mon<strong>di</strong>ale. La rielaborazione<br />

culturale proposta dalle chiese “spirituali” agisce quin<strong>di</strong>, come abbiamo accennato,<br />

sicuramente a un livello simbolico, in quanto esse<br />

“inventano e offrono un linguaggio cerimoniale, che fa da veicolo <strong>di</strong> riunificazione<br />

entro un nuovo sistema sociale e comunicativo, per gente altrimenti perduta in una vera<br />

<strong>di</strong>aspora. Nel sistema <strong>di</strong> segni da esse variamente rielaborato, si trovano dei<br />

“significanti”, dati da espressioni coreutiche, canore, corali, gestuali: tutte continuatrici<br />

<strong>di</strong> altrettante espressioni tra<strong>di</strong>zionali, ma insieme rinnovate sotto gli influssi cristiani e<br />

“moderni”.” 106<br />

L’attrattiva che tale movimento esercita sulla popolazione ghanese non è però dovuta<br />

esclusivamente ai contenuti “religiosi”; esso infatti agisce anche concretamente sul<br />

piano più strettamente sociale, attirando una casistica assai eterogenea <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui,<br />

offrendo loro <strong>di</strong>versi servizi:<br />

“Le chiese spirituali si presentano come ospedali-santuari aperti ai degenti bisognosi <strong>di</strong><br />

brevi o prolungate terapie; offrono rifugio, dormitorio provvisorio e sostentamento a<br />

in<strong>di</strong>vidui travagliati da crisi familiari, coniugali e personali. I profeti de<strong>di</strong>cano molto<br />

tempo alle “consultazioni”: un istituto che ripete e continua quello analogo in uso tra i<br />

fetish-priests tra<strong>di</strong>zionali, ma che assume nuova importanza e efficacia nel nuovo<br />

ambiente. […] Chi debba affrontare problemi d’or<strong>di</strong>ne pratico, <strong>di</strong> lavoro, <strong>di</strong> rapporti<br />

umani o chi abbisogna <strong>di</strong> incoraggiamento in una situazione scabrosa e in una calamità,<br />

trova nella “consultazione” una sede e un crogiuolo per un rapporto privato<br />

fecondo.[…] Offrono inoltre occasioni <strong>di</strong> intrattenimento e d’interazione sociale come<br />

associazioni volontarie.[…] Imprestano, a ex-conta<strong>di</strong>ni inurbati e a in<strong>di</strong>vidui isolati<br />

dalle famiglie e dai lignaggi tra<strong>di</strong>zionali – a causa della detribalizzazione e della<br />

<strong>di</strong>sgregazione dei sistemi parentali – un nuovo tipo d’aggregazione, sostituendo i<br />

sistemi <strong>di</strong> famiglie estese tra<strong>di</strong>zionali con una libera “famiglia” i cui membri cooperano,<br />

solidarizzano, s’aiutano e si considerano (e si chiamano) “fratelli” e “sorelle”, vedendo<br />

nel profeta, a loro volta, un “padre” o un “fratello” maggiore.” 107<br />

106 Lanternari 1988: 217<br />

107 Lanternari 1988: 200<br />

103


Concludendo, possiamo <strong>di</strong>re che le chiese “spirituali”, originatesi dall’azione<br />

“profetica” <strong>di</strong> alcune personalità carismatiche, testimoniano della crisi verificatasi<br />

all’interno dei sistemi socio-religiosi tra<strong>di</strong>zionali dell’Africa occidentale. Il simbolismo<br />

pentecostale dell’azione <strong>dello</strong> “<strong>Spirito</strong> Santo” e dei suoi doni fornisce, in questo caso,<br />

l’elemento nuovo che, innestandosi nel tessuto culturale già presente, ne rinnova le<br />

funzioni simboliche e ne consente il riscatto aprendo la possibilità a nuove tipologie<br />

aggregative che si sovrappongono a quelle tra<strong>di</strong>zionali, ponendosi come vere e proprie<br />

forme <strong>di</strong> ridefinizione identitaria e <strong>di</strong> resistenza culturale.<br />

Diversa è la situazione se pren<strong>di</strong>amo in considerazione lo sviluppo <strong>di</strong> alcune<br />

chiese pentecostali negli ultimi decenni. A partire dagli anni Ottanta si assiste infatti alla<br />

<strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> un culto pentecostale che finisce con l’assumere caratteristiche e funzioni<br />

<strong>di</strong>verse. Tale “ondata” pentecostale che si allarga con successo sia in Africa che in<br />

America Latina è contemporanea alla cosiddetta Third Wave statunitense ed è sostenuta<br />

in prevalenza da missionari occidentali che operano in questi Paesi 108 . Alla base <strong>di</strong><br />

questo tipo <strong>di</strong> pentecostalismo c’è sempre un’ideologia che fa leva su una volontà <strong>di</strong><br />

cambiamento, sulla proposta <strong>di</strong> una nuova visione del mondo da attualizzare con l’<br />

“aiuto” <strong>dello</strong> “<strong>Spirito</strong>”, con l’utilizzo, dunque, <strong>di</strong> pratiche entusiastiche.<br />

Questo cristianesimo “carismatico”, come abbiamo già sottolineato con le chiese<br />

“spirituali”, trova nei contesti socio-religiosi africani e centro-sudamericani -<br />

specialmente in Brasile dove sono ampiamente presenti forme religiose sincretiche<br />

come l’umbanda e il candomblè, che combinano elementi cristiani con elementi della<br />

tra<strong>di</strong>zione yoruba (Africa occidentale) appartenenti agli schiavi – un terreno culturale<br />

fertile su cui attecchire.<br />

Tuttavia, come afferma Andrè Corten, tra i più attenti stu<strong>di</strong>osi <strong>dello</strong> sviluppo dei<br />

culti pentecostali nel Sud del mondo, questa forma <strong>di</strong> pentecostalismo si presenta come<br />

una “cultura <strong>di</strong> resistenza che produce suo malgrado l’ideologia dominante” 109 . In<br />

Africa e in America Latina esso è infatti un esempio dei paradossi legati ai processi <strong>di</strong><br />

globalizzazione e trans-nazionalismo: ne è un esempio l’uniformità delle pratiche rituali<br />

che si riscontra nei vari Paesi – gran<strong>di</strong> raduni <strong>di</strong> massa, insistenza sulla guerra spirituale<br />

per cui occorre cacciare gli spiriti malvagi dai nostri corpi e dai nostri paesi, continui<br />

108 Paul Gifford in The complex provenance of some elements of african pentecostal theology, contributo<br />

a Corten – Marshall Fratani 2001: 62-79, mette in evidenza come le principali dottrine che stanno alla<br />

base del pentecostalismo africano siano <strong>di</strong> origine americana<br />

109 Corten 2001. L’articolo <strong>di</strong> Corten in questione, Il boom dei pentecostali nel Sud del mondo, apparso su<br />

Le monde <strong>di</strong>plomatique nel <strong>di</strong>cembre 2001, porta il seguente, eloquente sottotitolo: Strumento<br />

dell’imperialismo o cultura popolare?<br />

104


iferimenti a un millenarismo che riconosce Israele come luogo predestinato - , lo stesso<br />

uso dei me<strong>di</strong>a – programmi televisivi e ra<strong>di</strong>ofonici de<strong>di</strong>cati alla “guarigione <strong>di</strong>vina”,<br />

grande <strong>di</strong>sponibilità nelle librerie <strong>di</strong> best-seller <strong>di</strong> devozione tradotti dall’americano, il<br />

tutto associato a nomi <strong>di</strong> famosi tele-pre<strong>di</strong>catori statunitensi – le stesse “macchine<br />

narrative” che spettacolarizzano il culto pentecostale andando a mo<strong>di</strong>ficare i concetti<br />

classici <strong>di</strong> “chiesa” e “comunità”, contribuendo a creare un’identità “allargata”,<br />

sopranazionale, che si riconosce nell’appartenenza ad una comunità <strong>di</strong> “eletti” (born<br />

again) che aderisce ad un medesimo immaginario.<br />

L’immaginario con<strong>di</strong>viso da questi pentecostali costituisce per certi versi una<br />

rottura con la tra<strong>di</strong>zione pentecostale precedente, che va in<strong>di</strong>viduata in una <strong>di</strong>versa<br />

considerazione del rapporto tra i credenti e il “mondo”. Una volta avvenuta la<br />

conversione si ha una rottura netta, totale con il proprio passato, sia personale che<br />

culturale; esso viene visto non tanto come peccaminoso, quanto piuttosto come<br />

retrogrado, incapace <strong>di</strong> stare al passo coi tempi, mentre l’adesione al pentecostalismo è<br />

percepita come adesione alla modernità, l’accesso a una con<strong>di</strong>zione sociale più<br />

<strong>di</strong>gnitosa. Questa concezione è strettamente legata alla cosiddetta “dottrina della<br />

prosperità” secondo cui Dio non ama la povertà e arricchirsi non è peccato: la salvezza,<br />

dunque, non è più intesa come separazione dal mondo ma anzi <strong>di</strong>venta sinonimo <strong>di</strong><br />

prosperità economica e, più in generale, materiale. L’ideologia pentecostale,<br />

rivolgendosi<br />

“agli in<strong>di</strong>vidui (generalmente poveri) e non alle fasce proletarizzate in quanto gruppo,<br />

arriva effettivamente ad attutire l’impatto negativo dei programmi <strong>di</strong> aggiustamento<br />

strutturale. Offrono ai convertiti quello che la Banca mon<strong>di</strong>ale auspica, cioè la<br />

concessione <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritti alle donne e agli uomini, la fiducia in sé e nella capacità <strong>di</strong> vincere<br />

le avversità ! Permettono agli esclusi della società <strong>di</strong> non lasciarsi schiacciare. Inebriati<br />

dall’emozione <strong>di</strong> culti esaltanti, i credenti attraversano così, senza protestare, le nuove<br />

prova che la globalizzazione neoliberale impone loro, con la promessa che alla fine<br />

godranno <strong>di</strong> un arricchimento rapido, come i loro pastori che viaggiano in<br />

fuoristrada.” 110<br />

Gli elementi potenzialmente <strong>di</strong>struttivi della globalizzazione e della modernità, gli stessi<br />

che hanno ridotto le popolazioni africane e sudamericane in una posizione subalterna<br />

rispetto ai bianchi occidentali, vengono rielaborati e reinterpretati come “segni” <strong>di</strong> una<br />

superiorità dovuta anche all’intimità con lo <strong>Spirito</strong> Santo. Capitalismo e neoliberismo<br />

selvaggi, da strumenti oppressivi quali si sono <strong>di</strong>mostrati <strong>di</strong> essere, vengono dunque<br />

presentati, in questo tipo <strong>di</strong> pentecostalismo, come elementi essenziali <strong>di</strong> una “salvezza”<br />

110 Corten 2001<br />

105


principalmente in<strong>di</strong>viduale, che manca però della <strong>di</strong>mensione sociale, comunitaria,<br />

fondativa <strong>di</strong> un sistema culturale, quin<strong>di</strong> fondamentalmente riscattatoria.<br />

Contrariamente a quanto visto per le chiese “spirituali”, in questo caso il ricorso<br />

alle pratiche entusiastiche <strong>dello</strong> “<strong>Spirito</strong>” non apre a nuovi orizzonti <strong>di</strong> valori, ma si<br />

configura come evasione fine a se stessa che sfruttando l’illusione del rinnovamento, in<br />

realtà perpetra l’alienazione delle masse sottoposte a un dominio coloniale mai del tutto<br />

concluso.<br />

106


La risposta cattolica negli U.S.A.<br />

Come una nuova Pentecoste<br />

La costituzione <strong>di</strong> un movimento “carismatico” cattolico si colloca negli Stati<br />

Uniti della seconda metà <strong>degli</strong> anni Sessanta del XX secolo. Essa si propone dunque<br />

come risposta alla seconda ondata del “risveglio” pentecostale, quando cioè le tematiche<br />

relative al culto <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo cominciarono a <strong>di</strong>ffondersi, dalle prime<br />

denominazioni pentecostali, anche all’interno delle chiese “storiche” che ne erano<br />

precedentemente rimaste immuni.<br />

Nel 1966 il dott. William Storey, storico, e Ralph Keifer, teologo, sono<br />

professori laici presso l’università cattolica Duquesne a Pittsburgh, Pennsylvania 111 .<br />

Entrambi vengono descritti come uomini <strong>di</strong> preghiera attivamente impegnati in attività<br />

sociali oltre che apostoliche che, delusi dai risultati del proprio lavoro, cominciano ad<br />

interrogarsi sulle ragioni del loro insuccesso. Il gesuita Walter Smet è, agli inizi <strong>degli</strong><br />

anni Settanta, tra i primi osservatori critici del movimento negli Stati Uniti. Nella sua<br />

opera Pentecostalismo cattolico riferisce che mentre Storey e Keifer cercavano una<br />

risposta nei vangeli e negli Atti <strong>degli</strong> apostoli, capirono che<br />

“La loro vita cristiana sembrava essere in modo eccessivo una loro stessa creazione,<br />

come se derivasse unicamente dalle loro forze e dalla loro volontà. […]. C’era un<br />

motivo se mancavano loro il <strong>di</strong>namismo del Signore risorto, la coscienza <strong>di</strong> sapersi<br />

penetrati da Lui e <strong>di</strong> vivere in Lui qui e ora […]. Tirano questa conclusione: Se viviamo<br />

veramente nel Cristo e se il Cristo è veramente presente nella chiesa e, me<strong>di</strong>ante la<br />

chiesa, presente nel mondo, è a causa dell’invio <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong>, dopo l’ascensione <strong>di</strong><br />

Cristo, sulla prima comunità cristiana. E’ qui il mistero della pentecoste, il vero giorno<br />

<strong>di</strong> nascita della chiesa. Il gruppo dei <strong>di</strong>scepoli fu trasformato in una comunità <strong>di</strong> fede e<br />

<strong>di</strong> amore. Senza vergogna glorificavano Dio e rendevano testimonianza a Cristo. Essi ne<br />

ripresero l’opera, la continuarono perseverando fino al martirio. Donde veniva loro<br />

questa forza? Dallo <strong>Spirito</strong> Santo <strong>di</strong> cui erano stati posseduti secondo la promessa. Gesù<br />

non li aveva lasciati orfani ma aveva inviato loro lo <strong>Spirito</strong>. In loro e attraverso loro,<br />

egli si rendeva così presente nel mondo” 112 .<br />

111 Smet 1975: 32. Diversamente Introvigne riferisce <strong>di</strong> Ralph Keifer e <strong>di</strong> un tale Patrick Bourgeois,<br />

assistenti del <strong>di</strong>partimento <strong>di</strong> teologia della Duquesne University (Introvigne 2004). Catucci in<strong>di</strong>ca invece<br />

come iniziatori del movimento i coniugi Dorothy e Kevin Ranaghan, che sarebbero venuti in contatto con<br />

un gruppo <strong>di</strong> presbiteriani neopentecostali, sempre a Duquesne. Altri (il teologo Falvo, il car<strong>di</strong>nale<br />

Suenens, la sociologa Castiglione) rimangono più sul vago, segnalando un generico gruppo <strong>di</strong> persone<br />

composto sia da laici – professori e studenti della Duquesne – sia da religiosi.<br />

112 Smet 1975: 33. La traduzione italiana del titolo dell’opera <strong>di</strong> Smet non rende giustizia a quanto lo<br />

stesso Smet scrive a pagina 30: “Per meglio <strong>di</strong>stinguere il movimento carismatico cattolico dal<br />

107


Storey e Keifer fecero un patto: ogni giorno avrebbero pregato l’uno per l’altro per<br />

ottenere d’essere ripieni <strong>di</strong> <strong>Spirito</strong> Santo e avrebbero ripetuto ogni giorno l’inno Veni<br />

Sanctae Spiritus, rimanendo fiduciosamente in attesa della risposte del Signore. Ad essi<br />

si unirono presto Steve Clark e Ralph Martin, collaboratori laici della parrocchia<br />

universitaria della <strong>Università</strong> <strong>dello</strong> Stato del Michigan, a East Lansing. In seguito i<br />

nostri fecero conoscenza, per interposte persone, con Florence Dodge, carismatica<br />

presbiteriana nella cui casa si tenevano regolarmente riunioni interdenominazionali <strong>di</strong><br />

gruppi <strong>di</strong> pentecostali protestanti, e fu durante uno <strong>di</strong> questi incontri che essi furono<br />

“ripieni <strong>di</strong> <strong>Spirito</strong> Santo”.<br />

L’esperienza <strong>di</strong> alcuni <strong>di</strong> loro venne riportata in questi termini:<br />

“Ora tutto è più facile e più spontaneo. Tutto viene come dall’interiore. Non sono più io<br />

che cerco <strong>di</strong> pregare o <strong>di</strong> collaborare con gli altri […]. Tutto ciò sembra provenire<br />

spontaneamente dall’interiore. Questo non significa che tutte le <strong>di</strong>fficoltà sono superate,<br />

anzi. Ma ho più interiorità, più spontaneità, in altri termini, più forza <strong>di</strong> prima. È un<br />

fatto che dura e che continua a durare. Ogni tanto una mancanza <strong>di</strong> fede ne <strong>di</strong>minuisce il<br />

livello. Sono infatti convinto che Dio non si oppone alla nostra volontà. Bisogna<br />

collaborare con lui, perseverare, lasciarlo agire liberamente in noi. Egli rifiuta ogni<br />

automatismo, ogni magia, ogni superstizione in tutto questo. È sempre la stessa vita<br />

cristiana della mia giovinezza, ma con un’altra <strong>di</strong>mensione, con un’altra forza, con una<br />

interiorità che prima non possedeva” 113 .<br />

Attorno al nucleo iniziale venne formandosi un primo gruppo <strong>di</strong> preghiera<br />

comprendente una trentina <strong>di</strong> persone, tutti studenti o professori dell’università <strong>di</strong><br />

Duquesne. Questo primo gruppo cattolico organizzò per il week-end del 17 febbraio<br />

1967 un ritiro improntato sullo stu<strong>di</strong>o dei primi quattro capitoli <strong>degli</strong> Atti <strong>degli</strong> apostoli.<br />

I partecipanti al ritiro avevano in comune due elementi fondamentali: quasi tutti si erano<br />

interessati alla tematica dei doni <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo frequentando il movimento<br />

ecclesiale dei Cursillos de Cristianidad 114 ; in più avevano con<strong>di</strong>viso la lettura <strong>di</strong> due<br />

pentecostalismo protestante, si preferisce non parlare <strong>di</strong> “pentecostali cattolici” ma <strong>di</strong> “rinnovamento<br />

nello <strong>Spirito</strong> Santo””. Il titolo originale dell’opera, Le renouveau dans l’Esprit. Charismatisme dans<br />

l’Eglise d’aujourd’hui, evita qualsiasi frainten<strong>di</strong>mento. È interessante rilevare questo particolare in<br />

quanto evidenzia la confusione <strong>di</strong> termini con cui ci si riferisce ai <strong>di</strong>fferenti movimenti “carismatici”,<br />

nonché la <strong>di</strong>fficoltà ad usare concetti univocamente definiti.<br />

113 Smet 1975: 34<br />

114 Il movimento dei Cursillos de Cristianidad è nato in Spagna, negli ambienti dell’Azione Cattolica <strong>di</strong><br />

Mallorca nel 1966. Il movimento propone “un’esperienza concentrata in pochi giorni <strong>di</strong> ritiro spirituale,<br />

lungo i quali un <strong>di</strong>rettore spirituale propone un percorso <strong>di</strong> riannuncio del messaggio cristiano. Lo scopo è<br />

duplice: portare laici cattolici a riscoprire i fondamenti della fede e stimolare la formazione <strong>di</strong> piccole<br />

comunità che possano poi vivere <strong>di</strong> vita propria seguendo un cammino che vuole offrire occasioni sia per<br />

alimentare nel tempo la fede riconquistata che per espandere il messaggio nell’ambiente <strong>di</strong> lavoro o nella<br />

realtà sociale in cui abitualmente si vive. […]La <strong>di</strong>namica dell’aggregazione è scan<strong>di</strong>ta dal “pre-cursillo”,<br />

dal “cursillo” vero e proprio e dall’ “ultreya” (le riunioni perio<strong>di</strong>che <strong>di</strong> gruppo post-cursillo). Il pre-<br />

108


libri scritti da esponenti protestanti del mondo pentecostale-carismatico. Uno <strong>di</strong> questi è<br />

un’inchiesta giornalistica sul mondo carismatico, Essi parlano in altre lingue <strong>di</strong> John<br />

Sherrill, l’altro è La croce e il pugnale <strong>di</strong> David Wilkerson, pastore pentecostale che<br />

raccontava come, avendo fede nello <strong>Spirito</strong> Santo, fosse giunto a New York dalla<br />

provincia e avesse pre<strong>di</strong>cato tra le bande <strong>di</strong> giovani dei quartieri <strong>di</strong>sagiati, operando<br />

numerose conversioni e aprendo <strong>di</strong>versi centri <strong>di</strong> recupero nella metropoli<br />

nordamericana 115 .<br />

Questo week-end è rimasto famoso nella storia del movimento sotto il nome <strong>di</strong><br />

“week-end <strong>di</strong> Duquesne” ed è considerato come data ufficiale <strong>di</strong> nascita del<br />

Rinnovamento Carismatico Cattolico in quanto durante il ritiro i partecipanti fecero<br />

l’esperienza del “battesimo nello <strong>Spirito</strong>”. Ecco le parole usate da uno dei partecipanti,<br />

David Mangan, per descrivere l’accaduto:<br />

“Senza comprendere ciò che facevo, entrai nella cappella. Ero in pie<strong>di</strong> davanti all’altare.<br />

Un momento dopo ero steso per terra in un trasporto estatico. Questa esperienza forse<br />

non si ripeterà più nella mia vita. All’improvviso Gesù Cristo era tanto realmente<br />

presente da sentirlo al mio fianco […]. Ero colpito da un amore che era impossibile<br />

esprimere […]. Non so quanto tempo sia stato bocconi. Discendendo i gra<strong>di</strong>ni la mia<br />

reazione fu il dubbio. Tutto quello era realmente accaduto? Compresi presto che nulla <strong>di</strong><br />

quanto era avvenuto corrispondeva al mio temperamento. Per natura, non sono un<br />

sentimentale, non piango facilmente, non mi lascio convincere con troppa facilità.<br />

Mentre riflettevo in questi termini, mi <strong>di</strong>ssi che dovevo ritornare a pregare in cappella.<br />

Avevo paura ma entrai ugualmente. Durante la mia preghiera provai una strana<br />

sensazione…era come se intendessi un altro pregare nel profondo <strong>di</strong> me stesso.<br />

Nell’intervallo, qualcuno era entrato in cappella. Mi sedetti e vi<strong>di</strong> che era una mia<br />

amica. La vedevo pregare. Mi sentivo pieno <strong>di</strong> felicità e non potevo contenerla […]. Mi<br />

chiese se poteva leggermi un passo della Bibbia. Non posso ricordarmi ciò che mi lesse.<br />

Aveva infatti appena letto le prime parole che ebbi <strong>di</strong> nuovo un incontro con Cristo, più<br />

cursillo è un momento <strong>di</strong> selezione delle persone che vengono sollecitate a fare il corso <strong>di</strong> tre giorni,<br />

selezione che in genere ubbi<strong>di</strong>sce a semplici criteri <strong>di</strong> omogeneità per età, sesso e posizione sociale. Il<br />

corso è scan<strong>di</strong>to in tre giornate – una sorta <strong>di</strong> sintesi concentrata dei più famosi esercizi ignaziani –<br />

durante le quali vengono presentati vari “rollos”, le verità fondamentali del cristianesimo, ma non in<br />

modo astratto. La comunicazione tende a essere personalizzata (“Cristo ti chiama, ha un progetto <strong>di</strong><br />

salvezza per te e tramite la tua persona per l’ambiente familiare, lavorativo e sociale in cui sei inserito:<br />

Cristo conta su <strong>di</strong> te”). Al termine del corso il singolo cursillista è chiamato ad impegnarsi, a rinnovare<br />

una promessa <strong>di</strong> de<strong>di</strong>zione delle proprie personali energie a Cristo.” Partendo da un’esperienza emotiva<br />

in<strong>di</strong>viduale molto forte, possiamo enucleare alcuni elementi riscontrabili anche nell’esperienza<br />

“carismatica”: a) primato della conversione soggettiva; b) esperienza religiosa <strong>di</strong>retta; c) ridefinizione del<br />

senso <strong>di</strong> appartenenza ad una comunità <strong>di</strong> credenti; d) riscoperta della centralità del testo sacro, fonte<br />

infallibile <strong>di</strong> ispirazione <strong>di</strong> comportamenti e atteggiamenti morali e mentali. (Pace 1993: 379-380)<br />

115 Introvigne ci riferisce un particolare interessante e poco noto a proposito del tentativo <strong>dello</strong> stesso<br />

Wilkerson <strong>di</strong> staccare il nascente movimento carismatico cattolico dalla Chiesa <strong>di</strong> Roma. Egli avrebbe<br />

comunicato ai leader cattolici una propria rivelazione privata in cui lo <strong>Spirito</strong> gli rivelava che se i cattolici<br />

che avevano sperimentato la glossolalia fossero rimasti all’interno della Chiesa romana, sarebbero stati<br />

perseguitati. Ralph Martin ribatte che “lo spirito <strong>di</strong> in<strong>di</strong>pendenza costituisce uno <strong>degli</strong> elementi meno<br />

salubri che il pentecostalismo tra<strong>di</strong>zionale ha portato come contributo al cristianesimo” ( Introvigne 2004:<br />

132-133 )<br />

109


intenso del primo. Cercavo <strong>di</strong> parlare con quelli che entravano nella cappella, ma<br />

constatavo che parlavo una lingua incomprensibile, come un sordomuto che si mettesse<br />

a parlare […]. Un po’ più tar<strong>di</strong>, lo stesso giorno, dopo un incontro sul terzo capitolo<br />

<strong>degli</strong> Atti <strong>degli</strong> apostoli, ci riunimmo per la preghiera, e, ancora una volta, ebbi un<br />

incontro con il mio Dio […]. Grande era la mia gioia. Mi rendevo conto che il Signore<br />

aveva avuto pietà <strong>di</strong> me e prendeva su <strong>di</strong> sé la mia vita avvenire […]. Egli mi conosceva<br />

da parte a parte e in verità me lo fece duramente sentire […]. Quel giorno scoprii che<br />

anche gli altri erano stati ripieni <strong>di</strong> <strong>Spirito</strong> Santo che aveva loro rivelato il Signore in un<br />

modo completamente nuovo e aveva dato alla loro vita cristiana una <strong>di</strong>mensione<br />

completamente nuova. Ebbene! Ho vissuto questa <strong>di</strong>mensione, vi sono cresciuto da più<br />

<strong>di</strong> un anno, e tutta la mia vita ne è stata trasformata. Il Signore m’ha preso per mano e<br />

m’ha guidato attraverso molte <strong>di</strong>fficoltà. Ciò che importa, l’essenziale, è questo: solo<br />

Lui mi conduce presso <strong>di</strong> sé. Con le mie forze, lo so bene, non lo avrei mai<br />

raggiunto” 116 .<br />

Secondo le descrizioni dei professori e <strong>degli</strong> studenti <strong>di</strong> Duquesne a questo contatto<br />

particolare con Cristo, intimo e nuovo, si accompagnavano “doni” speciali quali la<br />

glossolalia, la profezia, il <strong>di</strong>scernimento <strong>degli</strong> spiriti, tali e quali a quelli descritti nei<br />

brani <strong>degli</strong> Atti che erano loro oggetto <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o. Dopo questi fatti, amici e conoscenti<br />

cominciarono ad aderire al gruppo e si <strong>di</strong>ce che anche su <strong>di</strong> loro sia <strong>di</strong>sceso lo <strong>Spirito</strong><br />

con i suoi “doni”.<br />

Per il 4 e 5 marzo 1967 venne organizzato un altro week-end <strong>di</strong> ritiro, questa<br />

volta presso la Notre Dame University a South Bend, In<strong>di</strong>ana. Vi presero parte una<br />

trentina <strong>di</strong> persone che, guidate da un testimone <strong>degli</strong> avvenimenti <strong>di</strong> Pittsburgh,<br />

pregarono affinché anche loro potessero ricevere i “doni” della pentecoste, e anche loro<br />

li ricevettero. Raccontano i coniugi Kevin e Dorothy Ranaghan, che con i loro libri si<br />

pongono tra i primi e più importanti <strong>di</strong>vulgatori del movimento:<br />

“Avevamo cercato, nel nome <strong>di</strong> Gesù una pienezza <strong>di</strong> vita nello <strong>Spirito</strong> Santo. Ed ecco,<br />

questa grazia si era già concretizzata in noi. Ciascuno <strong>di</strong> noi potrebbe solo <strong>di</strong>re ciò che<br />

gli accadde in<strong>di</strong>vidualmente quella notte. Ma si può affermare che tutti noi abbiamo<br />

sperimentato come l’amore <strong>di</strong> Cristo avesse preso la nostra vita e fossimo testimoni del<br />

modo col quale questa presa <strong>di</strong> possesso si operasse negli altri. Questo amore ci<br />

comunicò pace e gioia, coraggio e certezza nella fede […]. Il giorno dopo qualcuno<br />

sintetizzò le nostre impressioni <strong>di</strong>cendo: “Abbiamo visto il Signore”. Molti si sentirono<br />

chiamati a de<strong>di</strong>care lunghi momenti alla preghiera in cui prevaleva soprattutto la lode <strong>di</strong><br />

Dio. Certi costatavano che aprivano la Bibbia con una reale fame della Parola <strong>di</strong> Dio.<br />

Quasi tutti scoprirono in loro stessi un desiderio nuovo e un nuovo coraggio per rendere<br />

testimonianza al Signore davanti ad amici e sconosciuti. Scomparvero i <strong>di</strong>ssensi tra i<br />

fratelli e l’amore fra gli sposi s’interiorizzò maggiormente in Cristo” 117 .<br />

116 Smet 1975: 36-37<br />

117 Smet 1975: 39<br />

110


La notizia arrivò in seguito alla parrocchia universitaria dell’università <strong>di</strong> Ann Arbor a<br />

East Lansing, Michigan, e nell’aprile 1967 circa un’ottantina tra professori e studenti<br />

delle tre università si incontrarono per un altro week-end a South Bend. Quest’ultima<br />

riunione acquisì un significato storico rilevante in quanto venne considerata la prima<br />

assemblea ufficiale del movimento, mentre la Notre Dame University <strong>di</strong>venne il luogo<br />

<strong>di</strong> appuntamenti a scadenza annuale. Nel 1974, a soli sette anni da questi primi<br />

avvenimenti, al secondo congresso internazionale si contarono circa trentamila<br />

partecipanti provenienti da trentacinque paesi, circa settecento sacerdoti e una<br />

quin<strong>di</strong>cina <strong>di</strong> vescovi.<br />

L’università <strong>di</strong> Ann Arbor <strong>di</strong>venne invece la sede <strong>di</strong> una delle più gran<strong>di</strong><br />

comunità del movimento, la “Word of God community”. A metà <strong>degli</strong> anni settanta è<br />

segnalata la presenza <strong>di</strong> almeno 700 appartenenti che vivono in case, sono sposati e<br />

hanno figli; esistono però anche gruppi <strong>di</strong> soli maschi o sole femmine che hanno scelto<br />

<strong>di</strong> vivere in celibato. Nella comunità <strong>di</strong> Ann Arbor è presente una completa<br />

organizzazione ecclesiale. I coor<strong>di</strong>natori dei gruppi vengono eletti ufficialmente durante<br />

una speciale cerimonia: essi rappresentano gli strumenti attraverso cui la parola del<br />

Signore si <strong>di</strong>ffonde, esigono una totale ubbi<strong>di</strong>enza e possono giu<strong>di</strong>care se i membri<br />

seguono o meno l’ortodossia del movimento, hanno quin<strong>di</strong> potere <strong>di</strong> espellere chi non è<br />

gra<strong>di</strong>to 118 .<br />

Ann Arbor è anche il luogo <strong>di</strong> pubblicazione <strong>di</strong> New Covenant, il primo organo<br />

internazionale <strong>di</strong> collegamento tra i gruppi carismatici nel mondo.<br />

La nascita e il repentino sviluppo del movimento in ambito cattolico hanno<br />

suscitato un largo interesse soprattutto tra i sociologi della religione, principalmente tra<br />

la fine <strong>degli</strong> anni Sessanta e la prima metà dei Settanta. Tale interesse sembra suscitato<br />

dalla sorpresa per un fenomeno che per molti versi si presenta inaspettato, e dalla<br />

conseguente necessità <strong>di</strong> fornirne una deco<strong>di</strong>ficazione chiara. Numerose sono quin<strong>di</strong> le<br />

opere che in quegli anni si occupano del movimento “carismatico” cattolico da un punto<br />

<strong>di</strong> vista prettamente sociologico e spesso interno alla Chiesa quando non ad<strong>di</strong>rittura al<br />

movimento stesso, che mirano soprattutto a dare un’interpretazione delle dottrine e delle<br />

pratiche dei “carismatici” in relazione alla dottrina ufficiale cattolica, tralasciando le<br />

implicazioni storiche e culturali del movimento. Riporteremo quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> seguito alcune<br />

118 Catucci 1978: 308-311. La sociologa Catucci è autrice <strong>di</strong> alcuni stu<strong>di</strong> molto interessanti sul<br />

movimento “carismatico” cattolico nei primi anni della sua <strong>di</strong>ffusione in Italia. Oltre ad una attenta<br />

ricostruzione storica, la Catucci si avvale anche <strong>di</strong> una prolungata esperienza <strong>di</strong> frequentazione <strong>di</strong>retta dei<br />

primi gruppi <strong>di</strong> preghiera “carismatici” sviluppatisi a Roma.<br />

111


caratteristiche generali del movimento nella sua prima espansione negli Stati Uniti e<br />

nello sviluppo successivo che ebbe nel nostro Paese.<br />

Un altro gesuita, Joseph Fichter, è autore de I carismatici cattolici, la prima<br />

ricerca sociologica riguardante i “carismatici” cattolici statunitensi, dalla quale<br />

appren<strong>di</strong>amo che la comunità residenziale <strong>di</strong> Ann Arbor costituisce un’eccezione<br />

all’interno del movimento<br />

“in quanto è formata soltanto ed esclusivamente da gente impegnata, da una elite<br />

spirituale <strong>di</strong> persone <strong>di</strong>sposte a sedersi alla stessa tavola, a pregare insieme e a<br />

con<strong>di</strong>videre la propria casa con gli altri. In altre parole, mentre in teoria questa comunità<br />

è aperta a tutti i membri del movimento, in pratica l’accesso è limitato ad un numero<br />

relativamente ristretto” 119 .<br />

La forma <strong>di</strong> aggregazione più <strong>di</strong>ffusa risulta invece essere quella <strong>di</strong> una o più riunioni<br />

settimanali, nei locali delle parrocchie <strong>di</strong> qualche sacerdote simpatizzante o in altri<br />

stabili adeguati <strong>di</strong> volta in volta per tale scopo. Il movimento “carismatico” cattolico si<br />

configura quin<strong>di</strong>, almeno nei suoi primi anni <strong>di</strong> vita, come un’organizzazione che<br />

affonda saldamente le ra<strong>di</strong>ci nelle comunità locali, tenute assieme da una fitta rete<br />

sociale. Non è possibile avere dei dati atten<strong>di</strong>bili per quanto riguarda il numero <strong>degli</strong><br />

aderenti al movimento, in quanto da una parte le cifre fornite dagli stu<strong>di</strong>osi e dagli<br />

aderenti al gruppo sono eccessivamente <strong>di</strong>scordanti, dall’altra i gruppi <strong>di</strong> preghiera si<br />

sottraevano ad ogni statistica in quanto continuamente ne nascevano <strong>di</strong> nuovi. Nella<br />

continua fioritura <strong>di</strong> gruppi e comunità gioca un ruolo fondamentale il fatto che, a<br />

<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> altri movimenti, per quello “carismatico” cattolico non viene riconosciuto<br />

alcun fondatore o leader ufficiale e tutto viene ricondotto alla forza creatrice <strong>dello</strong><br />

<strong>Spirito</strong> Santo, anche se, come già abbiamo visto e come vedremo in seguito, è<br />

incontestabile l’azione <strong>di</strong>retta <strong>di</strong> alcune personalità ben definite. Gli stessi leaders<br />

rifiutano qualsiasi definizione da attribuire al fenomeno “carismatico”, insistendo sul<br />

fatto che l’opera <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> non deve <strong>di</strong>ventare una routine. Come sempre accade al<br />

sorgere <strong>di</strong> nuovi movimenti religiosi, i primi nuclei “carismatici” desiderano essere<br />

liberi e spontanei, senza alcuna idea <strong>di</strong> strutture o <strong>di</strong> programmazione; man mano che si<br />

moltiplicarono gli aderenti al movimento e i gruppi <strong>di</strong> preghiera, si rese però necessaria<br />

un’organizzazione più ferrea. Ancora Fichter ci <strong>di</strong>ce che<br />

“A due anni <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza del famoso week-end <strong>di</strong> Duquesne, si ebbe un’organizzazione<br />

del culto con programmi da stabilire e con gente <strong>di</strong> cui occuparsi. Si era anche affermato<br />

119 Fichter 1976: 51<br />

112


un gruppo rappresentativo <strong>di</strong> leaders anziani, provenienti da <strong>di</strong>verse parti del paese. Una<br />

burocrazia vera e propria ebbe inizio con la formazione <strong>di</strong> un comitato <strong>di</strong> servizio,<br />

costituito da due sacerdoti e da cinque laici, persone che erano state accettate come<br />

leaders nazionali del rinnovamento carismatico. Durante l’anno, si formò un comitato<br />

consultivo, comprendente anche parecchi canadesi; ne erano membri tre<strong>di</strong>ci sacerdoti,<br />

<strong>di</strong>eci laici, due suore e un frate” 120 .<br />

Il fenomeno “carismatico” si avviava così verso una rapida e larga <strong>di</strong>ffusione a livello<br />

mon<strong>di</strong>ale, tanto che già nel 1969 le autorità ecclesiastiche romane nominarono una<br />

commissione presieduta da monsignor Zalewsky il quale tuttavia suggerì, in un rapporto<br />

alla Conferenza Episcopale americana, <strong>di</strong> non intralciare lo sviluppo del movimento. Da<br />

quel momento però si fece sempre più consistente all’interno dei “carismatici” la<br />

presenza <strong>di</strong> membri della gerarchia cattolica – preti, suore, ma anche monsignori,<br />

car<strong>di</strong>nali e teologi - il cui compito consisteva nel monitorarne gli sviluppi onde<br />

conferire al gruppo un’identità definita cercando <strong>di</strong> evitare possibili deviazioni<br />

eterodosse. La probabilità <strong>di</strong> deviazioni dalla dottrina cattolica ufficiale è infatti elevata<br />

soprattutto agli inizi del movimento, visti gli stretti rapporti che i suoi appartenenti<br />

intrecciano con il mondo protestante, in particolare pentecostale.<br />

Sempre Fichter ci rivela che<br />

“i primi leaders del movimento cattolico della Duquesne University e della Notre Dame<br />

University presenziarono agli incontri <strong>di</strong> preghiera dei pentecostali protestanti e<br />

invitarono dei ministri pentecostali a parlare ai loro gruppi”<br />

Riporta inoltre una testimonianza <strong>dello</strong> stesso Kevin Ranaghan che ammette<br />

apertamente il debito dei carismatici cattolici nei confronti dell’amicizia, delle<br />

preghiere, dell’incoraggiamento e dei consigli dei pentecostali 121 . Esemplare in questo<br />

senso è il largo successo che ebbero tra i cattolici <strong>di</strong>versi guaritori protestanti, in<br />

particolar modo la presbiteriana Katryn Kulhman, ricevuta anche da Paolo VI, che il<br />

primo giugno del 1974 operò un gran numero <strong>di</strong> guarigioni a Ann Arbor 122 . Inoltre, le<br />

pagine del New Covenant sono spesso messe a <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> ministri protestanti,<br />

mentre il programma della conferenza annuale della Notre Dame University prevede gli<br />

interventi <strong>di</strong> alcuni portavoce tra i più importanti del pentecostalismo, tanto da suscitare<br />

pesanti critiche da parte <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi vescovi americani che si pronunciarono apertamente<br />

120 Fichter 1976: 52<br />

121 Fichter 1976: 57<br />

122 Catucci 1978: 314<br />

113


contro il movimento, considerandolo una delle più pericolose minacce per l’unità della<br />

Chiesa nel XX secolo 123 .<br />

Le preoccupazioni dei rappresentanti dell’ortodossia cattolica si rivelano<br />

fondate: come risultato della propria ricerca, Fichter ci segnala la presenza significativa<br />

<strong>di</strong> credenze che non rispettano l’ortodossia cattolica. Egli ne in<strong>di</strong>vidua precisamente tre:<br />

la convinzione <strong>di</strong> una imminente seconda venuta <strong>di</strong> Cristo che porterà una lunga età<br />

dell’oro caratterizzata dalla pace, dalla felicità e dalla santità. Questa tematica era molto<br />

forte nel cristianesimo <strong>degli</strong> inizi ed è stata in seguito adottata da alcune sette protestanti<br />

che basano la loro dottrina su <strong>di</strong> un fondamentalismo caratterizzato da un millenarismo<br />

spesso esasperato. La seconda credenza riguarda la certezza della salvazione totale<br />

ottenuta per grazia <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo al momento della conversione del fedele. Questa<br />

dottrina è tipica del protestantesimo meto<strong>di</strong>sta inaugurato da John Wesley, ed è stata<br />

oltretutto condannata dal Concilio <strong>di</strong> Trento. Il terzo concetto cattolicamente eterodosso<br />

che rileva Fichter è quello riguardante la convinzione che lo <strong>Spirito</strong> parla al cuore<br />

piuttosto che alla mente, concetto apertamente in contrasto con tutta la tra<strong>di</strong>zione<br />

teologica cattolica. Fichter sottolinea il fatto che esso è caratteristico del primo<br />

pentecostalismo, sviluppatosi tra gli strati più bassi e meno istruiti della popolazione, e<br />

che porta a forme <strong>di</strong> culto basate su una emotività molto accentuata 124 .<br />

Alla carica fortemente emotiva della prassi cultuale, si lega il fatto che tra i<br />

carismatici cattolici americani una delle pratiche più <strong>di</strong>ffuse sia quella riguardante la<br />

guarigione attraverso i miracoli, tanto che dal 1973 <strong>di</strong>venne attivo a Notre Dame<br />

l’Healing Service, servizio pubblico <strong>di</strong> guarigione, organizzato e <strong>di</strong>retto dal domenicano<br />

Francis McNutt in collaborazione con altre persone considerate particolarmente dotate<br />

in proposito. Si racconta che all’inaugurazione dell’Healing Service numerose furono le<br />

guarigioni: dopo aver cantato e pregato molto, McNutt domandò quanti fossero stati<br />

“toccati” da Dio e si registrarono guarigioni da cecità, sor<strong>di</strong>tà, artriti, varie malattie<br />

psicosomatiche e ad<strong>di</strong>rittura leucemie. Anche Ann Arbor <strong>di</strong>venne la sede <strong>di</strong> un servizio<br />

<strong>di</strong> guarigione molto conosciuto in cui si tenevano gran<strong>di</strong> raduni, durante i quali la gente<br />

si abbandonava al canto, alle grida <strong>di</strong> alleluia e alle testimonianze fino allo<br />

sfinimento 125 .<br />

123 Fichter 1976: 58<br />

124 Fichter 1976: 63-65<br />

125 Catucci 1978: 312-313<br />

114


È importante sottolineare come quello della guarigione sia uno dei “doni” più ricercati<br />

da parte dei “carismatici” cattolici. Catucci, riferendosi ai gruppi <strong>di</strong> preghiera romani,<br />

sottolinea che<br />

“Imporre le proprie mani sulla testa <strong>di</strong> qualcuno, invocare la guarigione fisica e psichica<br />

<strong>di</strong> chi ne faccia richiesta, pronunciare frasi intraducibili circondati da carismatici in<br />

rapimento estatico e saldamente uniti da una catena <strong>di</strong> mani intrecciate, è una esperienza<br />

che li esalta. Chiunque abbia ricevuto il battesimo, e <strong>di</strong> conseguenza i doni, in pratica<br />

può possedere la capacità <strong>di</strong> guarire. La grazia concessa da Dio riguarda però una sola<br />

persona, scompare l’infermità del singolo che chiede il miracolo e per il quale si prega<br />

invocando lo <strong>Spirito</strong> Santo e imponendogli le mani sul capo. La guarigione produce un<br />

effetto securizzante sul gruppo e i carismatici si convincono che soltanto appartenendo<br />

ad esso possono chiedere e ottenere la salute, la salvezza spirituale.” 126<br />

L’azione soprattutto psicologica della credenza nella guarigione si ravvisa anche nel<br />

fatto che le guarigioni più praticate dai “carismatici” sono quelle “dai ricor<strong>di</strong>” o “dalle<br />

memorie”. Convinti che ognuno custo<strong>di</strong>sce nel proprio inconscio angosce e sofferenze<br />

dovute a traumi subiti nel corso della vita, nelle testimonianze essi danno ampio spazio<br />

all’analisi del proprio vissuto. Il “male” da guarire può così annidarsi in un’infanzia o in<br />

una giovinezza caratterizzate da <strong>di</strong>fficili rapporti con i genitori, esperienze sessuali<br />

<strong>di</strong>fficili, frustrazioni, o in un matrimonio infelice, in un impiego <strong>di</strong> lavoro non<br />

gratificante. Il gruppo <strong>di</strong> preghiera <strong>di</strong>venta quin<strong>di</strong> un circolo psicoanalitico in cui, sotto<br />

la guida del leader, le <strong>di</strong>fficoltà esistenziali vengono risolte nel mito reso attuale del<br />

Cristo che perdona e <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> consolatore 127 .<br />

Un ulteriore influsso del pentecostalismo si evidenzia anche nella<br />

frammentarietà del movimento “carismatico” cattolico: esso infatti si esprime – come<br />

vedremo meglio trattando della sua <strong>di</strong>ffusione in Italia - attraverso scissioni <strong>di</strong> gruppi e<br />

comunità operate dai membri che non si riconoscono come appartenenti alla medesima<br />

realtà “carismatica”, pur senza pre<strong>di</strong>care alcuna rottura ra<strong>di</strong>cale con l’istituzione-Chiesa,<br />

e anzi presentandosi come parte integrante <strong>di</strong> una cattolicità più autentica. Infatti il<br />

“rinnovamento” cui spesso fanno riferimento e a cui mirano i carismatici cattolici non è<br />

<strong>di</strong> tipo istituzionale o strutturale, ma è riferito ad un piano più in<strong>di</strong>viduale, ad una<br />

rigenerazione spirituale, e l’attenzione dei membri è rivolta a ciò che Dio ha fatto per il<br />

singolo in<strong>di</strong>viduo. Riportiamo una delle testimonianze raccolte da Fichter:<br />

“Dacchè sono <strong>di</strong>ventato membro <strong>di</strong> questo movimento, la mia vita è cambiata in misura<br />

tale che mi torna <strong>di</strong>fficile darne una spiegazione. La mia vita spirituale ha assunto un<br />

126 Catucci 1978: 334<br />

127 Catucci 1978: 335-336<br />

115


significato assai più ampio. È una gioia andare alla messa. La mia vita quoti<strong>di</strong>ana viene<br />

vissuta in Dio per tutto ciò che faccio. Mi sono de<strong>di</strong>cato a lui in maniera assoluta. Sia<br />

lode a Dio!” 128<br />

La “salvezza” dal mondo per questi “carismatici” non passa attraverso lo sforzo attivo<br />

<strong>di</strong> agire nella storia per mo<strong>di</strong>ficarne gli aspetti critici, ma si realizza nella ricerca <strong>di</strong> una<br />

“vita nuova in Cristo”, che “salva” in quanto converte e rinnova. Walter Smet raccoglie<br />

la testimonianza <strong>di</strong> tale James Cavnar, collaboratore laico nella parrocchia universitaria<br />

<strong>di</strong> Ann Arbor dal 1972 e membro attivo nel movimento, che ci sembra particolarmente<br />

utile riportare per evidenziare questa <strong>di</strong>namica <strong>di</strong> crisi-ricerca <strong>di</strong> riscatto in<strong>di</strong>viduale,<br />

che facendo ampio ricorso alla sfera simbolica <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo e dei suoi doni, apre<br />

le porte ad un misticismo che sembra orientato più verso un’ab<strong>di</strong>cazione della<br />

personalità da parte dell’in<strong>di</strong>viduo che delega ogni sua azione a Dio, piuttosto che ad<br />

una sua reale emancipazione:<br />

“Scoprire il niente della vita è un’esperienza liberatrice, che può portare sia alla libertà<br />

che riempie <strong>di</strong> felicità, sia a una <strong>di</strong>sperazione, fonte d’infelicità, che sopprime ogni<br />

ragione e ogni desiderio <strong>di</strong> vivere oltre. Fu il mio caso. La <strong>di</strong>sperazione mi tolse a poco<br />

a poco ogni volontà <strong>di</strong> vivere[…]. Dietro insistenza <strong>di</strong> un amico, feci una specie <strong>di</strong><br />

ritiro. Durante questi tre giorni, assistetti a scambi <strong>di</strong> vedute fra laici sulla vita cristiana<br />

e potei <strong>di</strong>scuterne con loro. Mi accorsi allora della <strong>di</strong>fferenza esistenziale apportata dal<br />

Cristianesimo. Tale <strong>di</strong>fferenza è Gesù Cristo. Essere cristiani significa avere un rapporto<br />

personale con una persona, lo stesso Cristo; vivere in unione con altri cristiani,<br />

condurre, assieme a Cristo, gli altri a Cristo. Ciò che il Cristianesimo offriva e non<br />

poteva essere offerto da nessun filosofo, non era un ideale, né un’idea, né un’etica, né<br />

una dottrina ma Gesù <strong>di</strong> Nazareth. Quella notte la mia vita ebbe una svolta ra<strong>di</strong>cale.<br />

La mia <strong>di</strong>sperazione cedette il posto ad una gioia straor<strong>di</strong>naria e alla ferma<br />

determinazione <strong>di</strong> cominciare a conoscere più personalmente Cristo. Cominciai a<br />

pregare ogni giorno, a leggere la Bibbia e a servirmi <strong>di</strong> ogni occasione per con<strong>di</strong>videre<br />

con altri la mia fede nel Cristo. Capivo poco a poco che questa era la cosa più<br />

importante <strong>di</strong> tutte, e che il resto non significava nulla. De<strong>di</strong>cai allora il mio tempo<br />

migliore a costruire la mia fede e a condurre altri a Cristo. Dopo avere a lungo pregato,<br />

cambiai in<strong>di</strong>rizzo ai miei stu<strong>di</strong>. Abbandonai la fisica e passai alla teologia. Speravo così<br />

<strong>di</strong> prepararmi meglio al lavoro apostolico cui mi volevo consacrare” 129 .<br />

L’interesse dei “carismatici” cattolici si in<strong>di</strong>rizza dunque nei confronti <strong>di</strong> un<br />

rinnovamento che è innanzitutto personale, che tralascia il confronto <strong>di</strong>retto con le sfide<br />

della modernità, o meglio, che <strong>di</strong> fronte alle sfide della modernità sceglie <strong>di</strong> cercare<br />

conforto e consolazione in un gruppo che in una certa misura dal mondo si isola,<br />

mettendo in secondo piano tra i suoi programmi un attivo impegno sociale. Essi infatti<br />

128 Fichter 1976: 49<br />

129 Smet 1975: 46, corsivo mio<br />

116


“non sono sod<strong>di</strong>sfatti del mondo come è, ma non hanno la minima intenzione <strong>di</strong> tentare<br />

<strong>di</strong> mutarlo attraverso azioni collettive organizzate. La loro convinzione <strong>di</strong> base è che la<br />

riforma ha origine nella propria casa, nel proprio cuore, e in qualche modo poi trabocca<br />

nelle altre case e negli altri cuori, fintantoché tutta la società non ne sia riformata” 130 .<br />

La tendenza generale è quella <strong>di</strong> un <strong>di</strong>sinteresse per le strutture esterne e i sistemi sia<br />

della Chiesa sia della società, in quanto <strong>di</strong> esse Dio se ne prenderà cura in un modo o<br />

nell’altro.<br />

Questa rinuncia all’azione sociale <strong>di</strong>retta porta i membri del movimento ad<br />

aderire a posizioni essenzialmente conservatrici; essi entrano così in contrasto con i<br />

propositi <strong>di</strong> apertura alla modernità promulgati dal concilio Vaticano II, da cui tuttavia<br />

si <strong>di</strong>cono ispirati. L’atteggiamento più conservatore che tutti gli stu<strong>di</strong>osi del movimento<br />

mettono particolarmente in evidenza è quello della <strong>di</strong>scriminazione nei confronti delle<br />

donne: la maggior parte <strong>di</strong> leaders e scrittori “carismatici” sono uomini, alle donne non<br />

è concesso ricoprire cariche <strong>di</strong> prestigio nelle organizzazioni “carismatiche”, e dove<br />

questo accade è perché non ci sono uomini <strong>di</strong>sponibili. Sebbene la presenza femminile<br />

all’interno del movimento sia <strong>di</strong> gran lunga più numerosa <strong>di</strong> quella maschile, alle donne<br />

viene insegnato ad accettare con sottomissione l’autorità maschile e sembra che le<br />

donne stesse la riconoscano come conseguenza del volere <strong>di</strong>vino 131 . Dalla ricerca <strong>di</strong><br />

Fichter sulle prime comunità “carismatiche” americane, emerge che soltanto tre su <strong>di</strong>eci<br />

tra gli intervistati si <strong>di</strong>ce d’accordo che la Chiesa debba sostenere i movimenti <strong>di</strong><br />

emancipazione femminile, mentre solo un terzo si <strong>di</strong>chiara favorevole al sacerdozio<br />

delle donne. Nonostante la posizione <strong>di</strong> sottomissione, il ruolo delle donne all’interno<br />

del movimento non è <strong>di</strong> pura passività: esse sono attratte in misura sempre maggiore dai<br />

130 Fichter 1976: 100. Renè Gouriou e Yves Jehanno, entrambi insegnanti e membri attivi <strong>di</strong> gruppi<br />

“carismatici” francesi fin dagli anni Settanta, sono autori <strong>di</strong> un testo, Nel soffio <strong>di</strong> Pentecoste…i gruppi<br />

carismatici, in cui è espressa chiaramente qual è ancora oggi la posizione dei “carismatici” nei confronti<br />

della società: “I progressi tecnici attuali sono straor<strong>di</strong>nari. Hanno qualcosa <strong>di</strong> esaltante. Quanti mezzi<br />

sempre più perfezionati in tutti i settori della produzione, dei trasporti, delle comunicazioni! La vita<br />

quoti<strong>di</strong>ana è cambiata considerevolmente in poche <strong>di</strong>ecine d’anni. Col suo rigore scientifico e tecnico<br />

l’uomo padroneggia sempre più il mondo. Tutto ciò non è avvenuto senza rischi. Lo sguardo oggettivo sul<br />

mondo ha degenerato talvolta in filosofia positivista. La volontà <strong>di</strong> agire sulla materia si è evoluta in<br />

ideologia materialista. Il successo dei risultati tecnici ha lasciato nella <strong>di</strong>menticanza le aspirazioni<br />

spirituali […]Bisogna fare i conti con Dio, de<strong>di</strong>care tempo alla preghiera personale, alle riunioni <strong>di</strong><br />

preghiera, ai raduni, ai ritiri. Questa riforma dell’agenda, delle cose da fare, si accompagna a un<br />

rovesciamento dell’or<strong>di</strong>ne dei valori […]Prima <strong>di</strong> fare delle riunioni <strong>di</strong> coscientizzazione o delle<br />

riven<strong>di</strong>cazioni intempestive per chiedere che la società cambi, ciascuno può prima <strong>di</strong> tutto cambiare sé<br />

stesso”. (Gouriou-Jehanno 1998: 101-103)<br />

Catucci riassume esemplarmente la questione in questi termini: “Poiché sulla terra non si è realizzata la<br />

promessa <strong>di</strong> bene, <strong>di</strong> felicità, <strong>di</strong> amore, poiché la scienza e la tecnica si sono rivelate deboli e<br />

insod<strong>di</strong>sfacenti, poiché la cultura è sprofondata in valori edonistici, materialistici, e la secolarizzazione si<br />

rivela un fenomeno in continua espansione, ecco che fioriscono tentativi <strong>di</strong> creare una controcultura”.<br />

(Catucci 1978: 315)<br />

131 “L’analogia teologica raccomanda che proprio come il Figlio guardava in spirito <strong>di</strong> obbe<strong>di</strong>enza al<br />

Padre <strong>di</strong>vino, così la moglie e i figli dovrebbero obbe<strong>di</strong>enza al capo famiglia.” (Fichter 1976: 166)<br />

117


“benefici spirituali” derivanti dai carismi e sembrano essere più portate <strong>degli</strong> uomini ad<br />

esprimersi nelle testimonianze, nelle profezie, ad ammettere <strong>di</strong> parlare in lingue e, in<br />

generale <strong>di</strong> aderire pienamente alla dottrina “carismatica” 132 .<br />

Si riscontra dunque all’interno delle prime comunità americane una sorta <strong>di</strong><br />

fondamentalismo “carismatico”. Nelle previsioni <strong>di</strong> Fichter – che, ricor<strong>di</strong>amo, scrive<br />

nella prima metà <strong>degli</strong> anni Settanta, cioè quando il movimento “carismatico” comincia<br />

appena a darsi una struttura in Nord America e a <strong>di</strong>ffondersi in Europa – lo sviluppo del<br />

movimento dovrebbe portare alla formazione <strong>di</strong> una organizzazione <strong>di</strong> chiaro stampo<br />

conservatore. Catucci riferisce <strong>di</strong> un’intervista a William Storey, tra i fondatori del<br />

movimento e successivamente allontanatosi, che nel 1976 rivela la presenza <strong>di</strong> un<br />

apparato fortemente accentratore e autoritario all’interno del movimento americano: il<br />

Centro <strong>di</strong> Comunicazione Nazionale che stampa libri e riviste, <strong>di</strong>vulga <strong>di</strong>schi, cassette e<br />

altro materiale informativo avrebbe anche il compito <strong>di</strong> scegliere, consigliare ed<br />

eventualmente censurare le letture destinate agli aspiranti “carismatici” e ai membri dei<br />

vari gruppi. Il Comitato Centrale <strong>di</strong> Servizio è assistito da un consiglio <strong>di</strong> 37 elementi<br />

che dovrebbero essere eletti da ogni regione ma che in realtà vengono scelti<br />

arbitrariamente dai membri del consiglio. Accanto a queste linee abbastanza ben<br />

definite <strong>di</strong> potere e <strong>di</strong> autorità convivono tuttavia strutture periferiche che riescono a<br />

mantenere una certa autonomia. Sempre Fichter ci porta l’esempio <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong><br />

giovani carismatici maschi che nel Michigan hanno dato vita a una comune religiosa<br />

in<strong>di</strong>pendente, <strong>di</strong> alcuni benedettini del New Mexico che hanno fondato la prima abbazia<br />

“carismatica”, e <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> genitori e insegnanti che gestiscono una scuola<br />

parrocchiale “carismatica” nel Rhode Island 133 .<br />

132 Fichter 1976: 127-131 e Catucci 1978: 317<br />

133 Fichter 1976: 171<br />

118


La risposta cattolica in Italia<br />

I primi gruppi<br />

Nonostante le iniziali riserve <strong>di</strong> una parte del clero statunitense, in seguito agli<br />

avvenimenti della Duquesne University il movimento “carismatico” cattolico si<br />

sviluppa rapidamente in tutto il mondo. Anche in Italia esso trova il luogo ideale dove<br />

potersi sviluppare all’interno <strong>di</strong> una università cattolica, la Gregoriana, a Roma. Fautore<br />

della costituzione del primo gruppo <strong>di</strong> preghiera “carismatica” in Italia è considerato<br />

unanimemente dagli stessi carismatici il sacerdote canadese Padre Valeriano Gaudet, la<br />

cui storia è raccontata con enfasi trionfalistica. Si <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> lui che nel 1969, durante un<br />

soggiorno negli Stati Uniti, si fosse recato a South Bend dove ricevette il “battesimo<br />

nello <strong>Spirito</strong>” e rimase impressionato dalle guarigioni e dalle conversioni avvenute in<br />

sua presenza. Il percorso che porta P. Gaudet a <strong>di</strong>ventare “carismatico” è raccontato da<br />

Serafino Falvo, sacerdote calabrese tra i primi, assidui sostenitori in Italia del<br />

movimento, cui ha de<strong>di</strong>cato <strong>di</strong>versi libri permeati da una forte vena entusiastica. In<br />

L’ora <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo, riferendosi all’episo<strong>di</strong>o del “battesimo nello <strong>Spirito</strong>” ricevuto,<br />

scrive che P. Gaudet<br />

“sente quel giorno cominciare per lui un nuovo sacerdozio, vede <strong>di</strong>schiudersi <strong>di</strong>nanzi un<br />

nuovo campo <strong>di</strong> lavoro mai sognato, né lontanamente immaginato. Torna a Roma con il<br />

cuore traboccante <strong>di</strong> gioia, come il giorno della prima messa, e smania dal desiderio <strong>di</strong><br />

comunicare ad altri la nuova esperienza. Ma deve attendere più <strong>di</strong> un anno prima che il<br />

Signore gli <strong>di</strong>a il segnale <strong>di</strong> partenza” 134 .<br />

Il “segnale” arriva per P. Gaudet il 10 <strong>di</strong>cembre 1970 tramite una telefonata che lo<br />

invita a tenere un incontro sul Rinnovamento Carismatico presso le suore francesi<br />

“Sorelle del Cenacolo”, a Monte Mario. Da questa serata nasce l’idea <strong>di</strong> creare un<br />

gruppo <strong>di</strong> preghiera a Roma e così avvenne. Il gruppo non ha una sede fissa e si sposta<br />

da un convento all’altro fino a quando l’<strong>Università</strong> Gregoriana, grazie<br />

all’interessamento del professor Francis Sullivan, mette a <strong>di</strong>sposizione una stanza<br />

dell’<strong>Università</strong> stessa. Verso la fine del 1971 il gruppo è così numeroso da dover<br />

134 Falvo 1977: 46 e Catucci 1978: 322<br />

119


ichiedere <strong>di</strong> trasferirsi per le proprie attività nell’au<strong>di</strong>torium, ed è qui che il 19<br />

<strong>di</strong>cembre una quarantina <strong>di</strong> persone <strong>di</strong> nazionalità <strong>di</strong>verse, per lo più religiosi, ricevono<br />

il “battesimo nello <strong>Spirito</strong>” e prendono il nome <strong>di</strong> Lumen Christi. Qualche mese dopo,<br />

nel gennaio del 1972, P. Gaudet dà vita ad un gruppo <strong>di</strong> preghiera in francese, il gruppo<br />

Hosanna, formato inizialmente da un altro sacerdote e da una decina <strong>di</strong> suore che si<br />

riunivano presso le Suore Francescane Missionarie in via Giusti. Siccome inizialmente<br />

pregava ancora in modo "tra<strong>di</strong>zionale", al gruppo vennero invitati anche i coniugi<br />

Alfredo Ancillotti e Jacqueline Dupuy che avevano già avuto modo <strong>di</strong> conoscere la<br />

preghiera “carismatica” partecipando agli incontri che si tenevano all'<strong>Università</strong><br />

Gregoriana.<br />

Nel 1971 P. Gaudet aveva incontrato, nella casa generalizia <strong>degli</strong> Oblati <strong>di</strong><br />

Maria Immacolata, don Giancarlo Moretti e un laico suo amico, Alberto Trevisani. Il<br />

primo, allora cappellano in un piccolo paese della Romagna in provincia <strong>di</strong> Cesena, San<br />

Mauro Pascoli, era desideroso <strong>di</strong> ricevere l'effusione <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo. Da<br />

quest'incontro scaturì una primissima esperienza <strong>di</strong> preghiera “carismatica” 135 . Nel 1972<br />

nascevano a Roma altri gruppi <strong>di</strong> preghiera: Esperanza, <strong>di</strong> lingua spagnola e<br />

Maranathà, <strong>di</strong> lingua tedesca; P. Gaudet, insieme a P. Sullivan, ai coniugi Ancillotti, la<br />

madre <strong>di</strong> lei e altre due persone, pensò <strong>di</strong> dar vita ad un nuovo gruppo <strong>di</strong> preghiera, ma<br />

questa volta <strong>di</strong> lingua italiana. Esso ebbe sede dapprima a casa del giornalista Fred<br />

Ladenius, poi, dato il numero crescente <strong>di</strong> partecipanti, nella chiesa romana <strong>di</strong> "S. Saba"<br />

all'Aventino, tenuta dai Gesuiti. Infine presso le suore Adoratrici del Preziosissimo<br />

Sangue, in via Beata Maria de Mattias. Il gruppo italiano <strong>di</strong> cattolici "carismatici" prese<br />

il nome <strong>di</strong> Emmanuele. Nell'ottobre del 1973, a Grottaferrata, si tenne l'incontro<br />

internazionale dei responsabili del movimento “carismatico” cattolico. Alcuni leaders<br />

vengono ricevuti in u<strong>di</strong>enza, per la prima volta, dal papa Paolo VI 136 .<br />

In realtà non è facile ricomporre l’esatto sviluppo del movimento, in quanto la<br />

bibliografia riguardante la sua origine in Italia è piuttosto scarsa e non sistematica a<br />

causa <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong> <strong>di</strong>screpanze che si riscontrano tra le varie ricostruzioni storiche.<br />

Un’ulteriore <strong>di</strong>fficoltà a ripercorrere l’iter carismatico deriva dall’atteggiamento <strong>degli</strong><br />

stessi appartenenti al movimento, i quali sono restii a proporre una storia del movimento<br />

135 Catucci 1978: 321-323. Caterina Ruggiu nell’articolo Rinnovamento, una nuova stagione pubblicato<br />

sulla rivista Città Nuova del giugno 2002, in<strong>di</strong>ca ad<strong>di</strong>rittura nella citta<strong>di</strong>na <strong>di</strong> San Mauro Pascoli la “culla<br />

del primo gruppo italiano”.<br />

136 Falvo 1977: 47. Una ricostruzione breve ma abbastanza dettagliata sulla formazione dei primi gruppi<br />

<strong>di</strong> preghiera romani si trova sul sito web della comunità carismatica Gesù Risorto, all’in<strong>di</strong>rizzo<br />

www.gesurisorto.it<br />

120


storicamente atten<strong>di</strong>bile. Essi sono infatti più interessati a sottolineare l’originalità<br />

dell’azione <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> nella propria comunità, riven<strong>di</strong>cando una sorta <strong>di</strong> primato<br />

“carismatico” nei confronti <strong>degli</strong> altri gruppi, deviando così dalla versione “ufficiale”<br />

della storia del movimento, che data come suo inizio gli avvenimenti occorsi<br />

all’<strong>Università</strong> <strong>di</strong> Duquesne. A questo proposito è interessante riportare quanto scritto<br />

nel sito web ufficiale <strong>di</strong> un gruppo “carismatico” <strong>di</strong> Palermo, in cui si legge:<br />

“Palermo può essere considerata la città privilegiata dallo <strong>Spirito</strong> Santo, perché le prime<br />

manifestazioni <strong>di</strong> tipo carismatico (lingue, profezie, guarigioni) nella chiesa cattolica<br />

contemporanea ebbero luogo proprio in Palermo, alla fine del 1947 e all’inizio del 1948,<br />

venti anni prima che avvenissero in Duquesne, in America, nel 1967, anno che<br />

comunemente segna la data <strong>di</strong> nascita del Movimento Carismatico Cattolico, adesso<br />

<strong>di</strong>ffuso in tutto il mondo.[…] Le manifestazioni coinvolsero molti fedeli che<br />

gravitavano attorno alla chiesa <strong>di</strong> “Terrasanta” officiata dai Frati Minori. Il fenomeno<br />

durò pochi mesi perché incontrò il duro intervento dell’autorità ecclesiastica del tempo,<br />

Card. Ernesto Ruffini, che come risulta dal suo atteggiamento nel Concilio Vaticano II,<br />

era contrario alle manifestazioni carismatiche” 137 .<br />

Più tar<strong>di</strong>, continua il testo, con la formazione dei primi gruppi romani e in seguito ad<br />

una massiccia opera <strong>di</strong> proselitismo condotta da <strong>di</strong>versi leaders, il movimento<br />

“carismatico” ebbe nuova linfa e modo <strong>di</strong> svilupparsi anche in Sicilia.<br />

Come negli Stati Uniti, anche in Italia l’interesse per il movimento da parte <strong>di</strong><br />

giornalisti, sociologi e teologi si concentra soprattutto nei suoi primi anni <strong>di</strong> vita,<br />

stimolato dalla necessità <strong>di</strong> dare una collocazione definita del fenomeno all’interno della<br />

Chiesa cattolica.<br />

La sociologa Catucci è autrice, verso la fine <strong>degli</strong> anni Settanta, <strong>di</strong> alcuni<br />

interessanti e dettagliati stu<strong>di</strong> tra i primissimi sul movimento “carismatico” in Italia,<br />

arricchiti da una larga partecipazione <strong>di</strong>retta alle attività <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi gruppi <strong>di</strong> preghiera<br />

romani.<br />

Preve<strong>di</strong>bilmente le caratteristiche generali che la stu<strong>di</strong>osa riscontra nei gruppi<br />

romani presentano forti analogie con quelle rilevate da Fichter nello stu<strong>di</strong>o dei gruppi<br />

americani. Come negli Stati Uniti i gruppi <strong>di</strong> preghiera hanno conosciuto un forte<br />

sviluppo: già nel 1976 se ne contano oltre 150 in tutta Italia <strong>di</strong> cui se<strong>di</strong>ci solo a<br />

Roma 138 .<br />

137 Da http://<strong>di</strong>gilander.libero.it/cgesuliberatore/lnstoria/html<br />

138 Catucci 1978: 354: “Dei se<strong>di</strong>ci gruppi già noti, cinque sono in lingua straniera: due inglesi, il terzo<br />

tedesco, il quarto spagnolo, il quinto francese. Di quelli in lingua italiana, cinque si riuniscono in istituti<br />

religiosi e fanno capo, generalmente, al gruppo “Emmanuele”, il primo che si organizzò nella capitale; sei<br />

operano invece <strong>di</strong>rettamente nelle parrocchie con il beneplacito dei parroci e <strong>di</strong>scendono dal gruppo<br />

“Maria”, fondato per iniziativa <strong>di</strong> due leaders usciti da quello “Emmanuele””.<br />

121


Come negli Stati Uniti, il movimento “carismatico” attecchisce in particolare tra i ceti<br />

me<strong>di</strong> della popolazione, in quella fascia sociale composta prevalentemente da<br />

insegnanti, studenti, alti funzionari, <strong>di</strong>rigenti d’azienda, commercianti, che è alla ricerca<br />

<strong>di</strong> una riaffermazione del proprio status. Questa si realizza facendo ricorso al potere dei<br />

carismi <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo, che è al <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> qualsiasi istituzione umana e viene<br />

elargito liberamente, per grazia <strong>di</strong>vina e non secondo una logica meritocratica:<br />

“Il bisogno <strong>di</strong> evasione, <strong>di</strong> sicurezza, <strong>di</strong> protezione, <strong>di</strong> rivalutazione dei valori<br />

in<strong>di</strong>viduali, ha così spinto numerose persone a promuovere un associazionismo in<br />

piccoli gruppi, sia pure inseriti nella istituzione ecclesiastica e da essa tenacemente<br />

controllati” 139 .<br />

Come negli Stati Uniti, anche in Italia la <strong>di</strong>ffusione in ambito cattolico <strong>di</strong> tematiche<br />

legate al culto <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo e <strong>di</strong> forme <strong>di</strong> preghiera pentecostali, sebbene<br />

incanalate prontamente a sostegno della Chiesa in crisi, dà luogo a delle ambiguità.<br />

Ambiguità e riserve sono legate soprattutto al preteso “rinnovamento” pre<strong>di</strong>cato dai<br />

“carismatici” che però si risolve nella proposta <strong>di</strong> una mistica evasionista che porta ad<br />

un atteggiamento <strong>di</strong> chiusura, quando non ad una vera e propria avversione, nei<br />

confronti della realtà sociale. Alla rinuncia ad operare attivamente nel sociale fa da eco<br />

un conservatorismo che si riflette in un’organizzazione “verticistica, autoritaria e<br />

paternalistica” il cui obiettivo consiste nel ridare cre<strong>di</strong>bilità ad una Chiesa in crisi<br />

d’identità 140 . Anche la supposta spontaneità delle forme <strong>di</strong> aggregazione è in realtà il<br />

frutto <strong>di</strong> un’azione ben programmata; scrive infatti Catucci:<br />

“I gruppi <strong>di</strong> preghiera romani si <strong>di</strong>cono spontanei. In realtà essi sono il risultato <strong>di</strong> un<br />

forte proselitismo all’interno e all’esterno e <strong>di</strong> norme ben precise che impegnano il<br />

carismatico a frequentare assiduamente la preghiera, ad imparare canti nuovi, ad<br />

139 Catucci 1978: 345-346<br />

140 “I carismatici si <strong>di</strong>chiarano al <strong>di</strong>retto servizio della chiesa istituzionale, vagheggiandone anzi un suo<br />

rafforzamento ad opera <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo; ripropongono modelli <strong>di</strong> vita religiosa <strong>di</strong> tipo me<strong>di</strong>evale,<br />

basati sui carismi della profezia, della guarigione, del parlare in lingue; credono in un ritorno imminente<br />

<strong>di</strong> Cristo e sono convinti che ci si possa salvare soltanto attraverso lo <strong>Spirito</strong> Santo; <strong>di</strong>vulgano una<br />

ideologia <strong>di</strong> tipo “apostolico”, misticheggiante e securizzante; riuniscono un grande numero <strong>di</strong> laici, <strong>di</strong><br />

suore e sacerdoti che <strong>di</strong>chiarano <strong>di</strong> aver finalmente risolto le loro crisi; si avvalgono delle moderne<br />

tecniche <strong>di</strong> terapia psichica e <strong>di</strong> interazione fra i gruppi per risanare i mali che affliggono gli uomini sulla<br />

terra e per far guadagnare loro il regno dei cieli; fondano la loro tessitura finanziaria su raduni, ritiri,<br />

seminari a pagamento ai quali partecipano laici e religiosi; riconducono ad una religiosità <strong>di</strong> tipo popolare<br />

alquanto singolare se si considera la provenienza sociale <strong>degli</strong> aderenti al movimento; vogliono chiamarsi<br />

“rinnovamento”, mentre in realtà <strong>di</strong>chiarano <strong>di</strong> voler soltanto colmare il vuoto che angoscia la chiesa;<br />

respingono ogni forma <strong>di</strong> vita intellettuale, in quanto si contentano <strong>di</strong> opporre la fede a qualsiasi attività<br />

razionale; rifiutano ogni prospettiva storica, in quanto la vita del popolo <strong>di</strong> Dio è soltanto quella riferita<br />

agli atti <strong>degli</strong> Apostoli; cancellano le preoccupazioni terrene attribuendo valore esclusivamente alla vita<br />

che verrà dopo, nel regno <strong>di</strong> Dio; parlano <strong>di</strong> liberazione a livello in<strong>di</strong>viduale, da realizzarsi subito<br />

attraverso un <strong>di</strong>alogo personale con Cristo; conservano un tenace legame alla madre-patria statunitense e<br />

stretti rapporti con la Chiesa Evangelica Internazionale”. (Catucci 1978: 346-347)<br />

122


occuparsi <strong>di</strong> determinati ministeri, ad essere presente anche in più gruppi, a frequentare<br />

seminari e ritiri, ad abbonarsi alla rivista e a farne regalo agli amici, a dare prova<br />

dell’avvenuta conversione in famiglia, nel posto <strong>di</strong> lavoro, durante la vita<br />

quoti<strong>di</strong>ana” 141 .<br />

Sviluppo del movimento: organismi, strutture, separazioni<br />

Finora abbiamo trattato il movimento “carismatico” cattolico come un’unica<br />

realtà compatta, ed in effetti così è stato nei primissimi anni della sua espansione. Con il<br />

progressivo aumento dei membri e la relativa istituzionalizzazione all’interno della<br />

Chiesa, cominciarono a verificarsi delle scissioni che portarono alla formazione <strong>di</strong><br />

strutture organizzate che si riconoscevano comunque come “carismatiche” cattoliche ma<br />

che intrapresero percorsi in<strong>di</strong>pendenti le une dalle altre. In questo processo l’Italia si<br />

rivelò terreno particolarmente fertile.<br />

Il primo esempio <strong>di</strong> una <strong>di</strong>visione <strong>di</strong> un certo rilievo avviene in Italia<br />

relativamente presto, già nel novembre del 1973, quando a Roma i coniugi Alfredo<br />

Ancillotti e Jacqueline Dupuy si staccano dal gruppo Emmanuele e danno vita al gruppo<br />

Maria che si espanse ben presto a macchia d'olio fino ad arrivare a ottantadue gruppi<br />

sparsi in tutta Italia. Gli spazi a <strong>di</strong>sposizione del gruppo si <strong>di</strong>mostrarono ben presto<br />

insufficienti a contenere le centinaia <strong>di</strong> persone che affluivano il sabato pomeriggio per<br />

la preghiera, provenienti da tutte le parti. Il gruppo si trasferì allora nella chiesa <strong>di</strong> S.<br />

Ignazio, tenuta dai Gesuiti, dove si arrivò fino a circa duemila partecipanti. Nel volgere<br />

<strong>di</strong> brevissimo tempo i Gesuiti presero la leadership del gruppo e, in seguito a<br />

incomprensioni e contrasti interni riguardo al riconoscimento dell'importanza dei<br />

carismi nella vita cristiana e al ruolo dei laici nel movimento, Jacqueline ed Alfredo<br />

Ancillotti nel 1976 fondarono la Comunità Maria, andando a costituire un ramo<br />

autonomo 142 . La comunità romana scelse come sede, per gli incontri settimanali <strong>di</strong><br />

141 Catucci 1978: 326<br />

142 Durante la frequentazione dei gruppi <strong>di</strong> preghiera romani, Catucci ha avuto modo <strong>di</strong> incontrare<br />

personalmente i coniugi Ancillotti ai tempi del loro <strong>di</strong>stacco dal gruppo Maria. Al termine <strong>di</strong> un’intervista<br />

riguardante la loro attività <strong>di</strong> leaders “carismatici” riporta le seguenti, interessanti, considerazioni:<br />

“Quanto hanno detto i due leaders, ex guide del gruppo Maria del centro, non si <strong>di</strong>stacca da quello che ho<br />

ascoltato dagli altri carismatici. C’è da notare tuttavia qualche <strong>di</strong>scordanza, qualche accento <strong>di</strong>verso che<br />

ha poi finito con il procurare loro molte <strong>di</strong>fficoltà. Essi hanno ad esempio parlato, anche se<br />

marginalmente <strong>di</strong> una lettura non fondamentalistica delle scritture; <strong>di</strong> un carisma dei baraccati; hanno<br />

rilevato perché i religiosi e i parroci generalmente vedano i carismatici con <strong>di</strong>ffidenza; hanno attribuito<br />

alla donna un posto importante, sia pure secondario. Tutti questi elementi hanno scatenato contro <strong>di</strong> loro<br />

123


preghiera, l'antica chiesa <strong>di</strong> Sant'Angelo in Pescheria. La Comunità Maria <strong>di</strong> Roma<br />

s'incontrò la prima volta il 13 novembre 1976:<br />

“La Comunità Maria è nata nell’estate-autunno del 1976 da una particolare maturazione<br />

dei doni <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> nei cuori <strong>di</strong> alcuni laici e sacerdoti che, pur avendo scoperto e<br />

sperimentato la propria vita carismatica nei vari gruppi già allora esistenti in Italia,<br />

avvertivano l’esigenza <strong>di</strong> una più totale donazione e partecipazione comunitaria. […]<br />

Dopo il travaglio della nascita, la comunità venne definitivamente alla luce con la<br />

presentazione delle Linee Caratteristiche del 5 marzo 1982 ai Vescovi della <strong>di</strong>ocesi in<br />

cui si stava formando” 143 .<br />

La comunità si definisce “cristocentrica”, “carismatica” e “mariana” 144 ed ebbe modo <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ffondersi in varie città italiane, pubblicare il perio<strong>di</strong>co bimestrale Risuscitò, mentre<br />

nel settembre del 1977 si tenne il primo convegno nazionale, a Napoli. In seno alla<br />

comunità cominciarono a nascere <strong>di</strong>ssapori in seguito a <strong>di</strong>vergenze sulla conduzione<br />

della comunità stessa, alimentate da alcuni Padri Passionisti, che volevano porre dei<br />

limiti all'originaria impronta laicale. Pertanto, dopo il convegno del 1987, svoltosi a San<br />

Benedetto del Tronto, Paolo Serafini e Giampaolo Mollo - già responsabili nazionali<br />

della Comunità Maria e <strong>di</strong>aconi permanenti della <strong>di</strong>ocesi <strong>di</strong> Roma - le rispettive mogli,<br />

Carmencita Leonar<strong>di</strong> e Anna Liberace, decisero <strong>di</strong> fondare, insieme ad Alfredo e<br />

Jacqueline Ancillotti, la Comunità Gesù Risorto. Si racconta che il nome venne<br />

“ispirato” nella preghiera, durante uno dei primi incontri dei circa trenta responsabili<br />

della nuova comunità:<br />

“Una delle caratteristiche fondamentali della Comunità Gesù Risorto fu, fin dall'inizio,<br />

quella <strong>di</strong> essere strettamente legata al vescovo <strong>di</strong>ocesano e alla parrocchia nella quale<br />

viene a ra<strong>di</strong>carsi. Il suo carisma fondante è quello <strong>di</strong> vivere e annunciare la presenza <strong>di</strong><br />

Cristo risorto in mezzo al suo popolo. La sua missione si svolge soprattutto nell'ambito<br />

della parrocchia e della famiglia (non è un caso che la Comunità viene fondata da tre<br />

coppie <strong>di</strong> sposi) oltre che nei luoghi <strong>di</strong> lavoro, attraverso le comunità ambientali” 145 .<br />

sospetti e gelosie. Il <strong>di</strong>chiarare che la donna ha il compito <strong>di</strong> curare la spiritualità del mondo; il porsi al<br />

servizio <strong>di</strong>retto e assoluto della chiesa; l’accennare al carisma “intellettuale”; l’essere convinti <strong>di</strong> poter<br />

fare presto, anzi subito, cose straor<strong>di</strong>narie per mezzo <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo, non appaiono certo sinonimi <strong>di</strong><br />

rinnovamento: ma sono bastate poche note vagamente <strong>di</strong>verse per <strong>di</strong>stinguere i due leaders e creare<br />

intorno ad essi barriere e sottili minacce, fino a rendere impossibile la loro permanenza nei gruppi. Ciò<br />

potrebbe rivelare ancora una volta le reali intenzioni dei carismatici, il loro integrismo, il loro<br />

tra<strong>di</strong>zionalismo. Le stesse persone che durante le preghiere e le effusioni usano i carismi più <strong>di</strong>scutibili,<br />

profetizzano e fanno guarigioni imponendo le mani sul capo della persona in <strong>di</strong>fficoltà, pronunciano<br />

parole senza senso allo scopo <strong>di</strong> creare un rito magico e suggestivo, si sono servite <strong>di</strong> questi stessi aspetti<br />

della preghiera carismatica per accusare i due leaders <strong>di</strong> profetizzare troppo, <strong>di</strong> guarire troppo, ma<br />

soprattutto <strong>di</strong> non attenersi ad una rigorose lettura dei testi sacri, <strong>di</strong> non essere ligi alle norme dei gruppi e<br />

all’ortodossia della chiesa”. Catucci 1978: 390-391<br />

143 Comitato <strong>di</strong> Servizio, a cura <strong>di</strong>, 2004: 2-3<br />

144 Comitato <strong>di</strong> Servizio, a cura <strong>di</strong>, 2004: 4-6<br />

145 Tratto da www.gesurisorto.it<br />

124


La Comunità Maria e la Comunità Gesù Risorto rappresentano ancora oggi, all’interno<br />

del movimento “carismatico” cattolico, due tra le associazioni meglio organizzate e<br />

strutturate, nonché più ampiamente <strong>di</strong>ffuse nel nostro paese. Dal sito web ufficiale della<br />

comunità 146 veniamo a sapere che la Comunità Maria conta oggi gruppi <strong>di</strong> preghiera in<br />

Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana,<br />

Umbria, Veneto; due gruppi in Spagna, entrambi a Barcellona; uno ad<strong>di</strong>rittura in<br />

Eritrea, ad Asmara. Sempre sul sito si trovano pubblicate <strong>di</strong>verse testimonianze <strong>di</strong> fedeli<br />

appartenenti alla comunità che solitamente parlano della propria personale conversione<br />

ed elencano i benefici che l’azione <strong>di</strong> Dio ha arrecato nella loro vita; vengono raccolte<br />

preghiere e intenzioni; vengono proposti i canti della comunità <strong>di</strong> cui si possono<br />

scaricare i testi o gli mp3; si trovano le date dei vari raduni della comunità, regionali o<br />

nazionali, vengono proposti convegni e seminari: in particolare la Comunità Maria<br />

propone un “Seminario <strong>di</strong> effusione <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo” della durata <strong>di</strong> do<strong>di</strong>ci<br />

settimane, in cui il fedele viene fornito <strong>di</strong> uno speciale sussi<strong>di</strong>o per prepararsi alla futura<br />

vita “carismatica” e alla esperienza fondamentale del “battesimo nello <strong>Spirito</strong>”.<br />

Particolarità della Comunità Maria sono un “atto <strong>di</strong> consacrazione a Maria” che il<br />

fedele deve compiere e in cui riba<strong>di</strong>sce il proprio totale abbandono alla figura della<br />

madre <strong>di</strong> Cristo, e la “preghiera delle 12” che prevede che i membri della comunità si<br />

trovino ogni giorno a mezzogiorno per pregare e invocare lo <strong>Spirito</strong> a seconda delle<br />

necessità.<br />

La Comunità Gesù Risorto è più <strong>di</strong>ffusa in Italia anche se, oltre ad essere<br />

presente nei centri urbani più sviluppati come Roma, Milano, Torino, Napoli, <strong>Trieste</strong>,<br />

Bari, si concentra maggiormente nelle citta<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> provincia <strong>di</strong> Puglia, Sicilia e<br />

Campania. La comunità è presente anche all’estero con un gruppo <strong>di</strong> preghiera<br />

rispettivamente in Bolivia, Germania e Stati Uniti, quattro in Croazia e nove in<br />

Colombia. Come per la Comunità Maria, anche il sito web ufficiale della Comunità<br />

Gesù Risorto raccoglie testimonianze dei fedeli, una selezione <strong>di</strong> canti, preghiere e<br />

intenzioni, date <strong>di</strong> convegni e seminari. La comunità pubblica una rivista trimestrale,<br />

Gesù Risorto, e accompagna la propria azione evangelizzatrice con la <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong><br />

musicassette e cd, recital e spettacoli. Per quanto riguarda l’educazione sessuale viene<br />

proposto il metodo Billings, metodo naturale <strong>di</strong> regolazione delle nascite 147 .<br />

La Comunità Maria e la Comunità Gesù Risorto non sono le uniche realtà<br />

“carismatiche” strutturatesi in maniera in<strong>di</strong>pendente le une dalle altre. Nel corso <strong>di</strong> oltre<br />

146 www.comunitamaria.net<br />

147 Cfr. il sito web ufficiale della comunità all’in<strong>di</strong>rizzo www.gesurisorto.it<br />

125


vent’anni ne sono nate una sessantina che mantengono una certa autonomia, hanno i<br />

propri responsabili e molte hanno ricevuto l’approvazione dei loro statuti, contribuendo<br />

così alla formazione <strong>di</strong> una<br />

“realtà comunitaria frantumata, un privato allargato, un insieme <strong>di</strong> gruppi micro-sociali,<br />

con una forte spinta all’esperienzialità e al mondo emozionale” 148 .<br />

Esse sono definite “Comunità <strong>di</strong> Alleanza” e generalmente sono nate grazie all’impegno<br />

<strong>di</strong> laici privati; la loro <strong>di</strong>ffusione e azione rimane comunque limitata a livello locale.<br />

Vale la pena ricordarne quattro, più facilmente rintracciabili sul web: la Comunità<br />

Magnificat, fondata a Perugia nel 1978, la Comunità Shalom, nata a Trento nel 1979, la<br />

Comunità <strong>di</strong> Gesù, Bari, 1983 e la Comunità Gesù Ama, sorta a Roma nel 1992.<br />

L’organizzazione “carismatica” cattolica meglio strutturata, <strong>di</strong>ffusa e conosciuta<br />

rimane comunque il Rinnovamento nello <strong>Spirito</strong> (RnS), ed è quella a cui noi faremo<br />

maggiormente riferimento. La storia del RnS ha inizio nell’aprile del 1977, a Milano<br />

Marittima, in occasione della prima conferenza nazionale dei responsabili dei gruppi<br />

italiani, che si tenne con lo scopo <strong>di</strong> creare un organismo in grado <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nare le varie<br />

realtà “carismatiche” del territorio che prenderà il nome <strong>di</strong> Comitato Nazionale <strong>di</strong><br />

Servizio (CNS). Durante il convegno alcuni leaders e teologi sostennero la necessità <strong>di</strong><br />

dare al movimento “carismatico” una identità nazionale: nacque così il primo nucleo<br />

dell’organizzazione RnS. L'istituzione <strong>di</strong> un Comitato Nazionale <strong>di</strong> Servizio in ogni<br />

nazione venne proposta dall'ICO (International Communications Office), organismo<br />

nato nel 1973 su iniziativa <strong>di</strong> Ralph Martin con l’intenzione <strong>di</strong> promuovere il<br />

movimento “carismatico” nel mondo. Esso aveva il compito <strong>di</strong> mantenere i contatti fra i<br />

leaders e <strong>di</strong> fare da tramite fra il movimento “carismatico” e la Santa Sede, tenendola<br />

costantemente al corrente dell'attività delle <strong>di</strong>verse comunità. L’ICO ebbe un ruolo<br />

fondamentale nell’organizzazione del III Congresso Internazionale dei “carismatici” nel<br />

maggio del 1975 a Roma, alle catacombe <strong>di</strong> San Callisto. In quei giorni affluirono nella<br />

capitale oltre <strong>di</strong>ecimila “carismatici” che il giorno <strong>di</strong> Pentecoste furono ricevuti dal papa<br />

Paolo VI. Grazie all’eco che l’avvenimento ebbe sulla stampa il movimento venne<br />

conosciuto anche dal grande pubblico. Nel 1978 fu proprio Paolo VI che favorì la<br />

costituzione <strong>di</strong> questo ufficio <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento internazionale che mutò il proprio nome<br />

in ICCRO (International Catholic Charismatic Renewal Office), nominando quale<br />

proprio rappresentante il Card. Léon Joseph Suenens, già arcivescovo <strong>di</strong> Bruxelles e<br />

148 Maino 2004: 123-125<br />

126


moderatore al Concilio Vaticano II 149 . A lui subentrò, nel maggio 1984, mons. Paul J.<br />

Cordes. L’ICCRO cambiò in seguito il nome in ICCRS (International Catholic<br />

Charismatic Renewal Services) e nel 1993 il Pontificio Consiglio per i laici lo riconobbe<br />

ufficialmente come organismo <strong>di</strong> promozione del movimento “carismatico”<br />

approvandone gli statuti 150 . Attualmente l’ICCRS ha sede a Roma e si occupa<br />

prevalentemente <strong>di</strong> mantenere e gestire i rapporti tra le varie comunità “carismatiche”<br />

sparse nel mondo e tra queste e la Santa Sede. Nel fare ciò pubblica un Notiziario<br />

bimestrale in Italiano, Inglese, Francese, Spagnolo, Tedesco e Portoghese che contiene<br />

novità, testimonianze ed eventi da tutti i paesi; inoltre organizza regolarmente<br />

conferenze internazionali per i responsabili dei gruppi e ne supporta economicamente le<br />

attività.<br />

Il RnS oggi è <strong>di</strong>ffuso in tutte le regioni d’Italia e conta gruppi <strong>di</strong> preghiera anche<br />

in Svizzera Germania, Australia e Canada. Fonti interne al movimento forniscono per il<br />

2004 i seguenti dati: 1503 gruppi riconosciuti, 225 gruppi in formazione, 64 gruppi<br />

assistiti, per un totale <strong>di</strong> 1864 gruppi che gravitano attorno al RnS 151 . Il nome del<br />

gruppo è stato mutuato da un passo della lettera <strong>di</strong> Paolo a Tito (Tt 3, 4-7):<br />

“Ma quando si manifestò la benignità e l’amore <strong>degli</strong> uomini del salvatore nostro Dio,<br />

non da opere che facemmo noi in giustizia ma conforme alla sua misericor<strong>di</strong>a, ci salvò<br />

me<strong>di</strong>ante un lavacro <strong>di</strong> rigenerazione e rinnovazione <strong>di</strong> <strong>Spirito</strong> Santo, che egli effuse su<br />

noi doviziosamente me<strong>di</strong>ante Gesù Cristo salvatore nostro, affinché, giustificati per la<br />

sua grazia, <strong>di</strong>venissimo ere<strong>di</strong>, secondo speranza <strong>di</strong> vita eterna”.<br />

Anche nel sito web ufficiale del RnS 152 trovano ampio spazio testimonianze e preghiere<br />

dei fedeli, testi e mp3 dei canti, articoli tratti dalle due riviste pubblicate, Rinnovamento<br />

nello <strong>Spirito</strong> e Venite e Vedrete, date <strong>di</strong> seminari, incontri, convegni, oltre a una breve<br />

storia del movimento, la pubblicazione <strong>dello</strong> statuto e <strong>di</strong> documenti riguardanti i<br />

rapporti con i membri della gerarchia ecclesiastica. Oltre a proporre le consuete<br />

tematiche “carismatiche” con relative liturgie, l’opera evangelizzatrice del RnS si<br />

avvale della collaborazione <strong>di</strong> progetti paralleli costituiti con lo scopo <strong>di</strong> raggiungere il<br />

più largo numero <strong>di</strong> persone possibile: il progetto Colonna <strong>di</strong> Fuoco si occupa <strong>di</strong><br />

149<br />

A proposito del card. Suenens Catucci scrive: “Uno dei protettori dei neo-pentecostali europei è il<br />

car<strong>di</strong>nale L.J.Suenens il quale ha scritto un volume de<strong>di</strong>cato al loro movimento ed ha presenziato a molte<br />

riunioni sia in Europa che fuori. Qualcuno ha fatto osservare che, costretto a far rientrare con <strong>di</strong>plomazia<br />

le posizioni progressiste espresse al concilio, Suenens – il quale amerebbe i ruoli vistosi – avrebbe trovato<br />

proprio nel movimento carismatico una nuova occasione per tornare alla ribalta.” (Catucci 1978: 324)<br />

150<br />

Maino 2004: 126-127. Cfr inoltre il sito web ufficiale dell’ICCRS all’in<strong>di</strong>rizzo www.iccrs.org e il sito<br />

web www.gesurisorto.it<br />

151<br />

I dati sono ricavati da Associazione RnS 2004b: 16<br />

152 www.rns-italia.it<br />

127


proporre spettacoli itineranti da portare nelle piazze, nei teatri, negli sta<strong>di</strong> delle città,<br />

mentre la cooperativa Servizi RnS gestisce l’aspetto logistico dell’organizzazione <strong>degli</strong><br />

stessi e dei vari raduni del movimento. La cooperativa VocePiù si occupa della<br />

realizzazione e <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> materiale <strong>di</strong>vulgativo, specialmente au<strong>di</strong>o e video cassette;<br />

Telefono Preghiera offre invece assistenza “a chi si sente triste e debole nella<br />

preghiera”.<br />

Il RnS si presenta oggi come Associazione privata <strong>di</strong> fedeli con sede in Roma,<br />

ed ha un proprio regolamento e un proprio statuto, approvato in via definitiva dalla<br />

Conferenza Episcopale Italiana il 14 marzo 2002. Con questo provve<strong>di</strong>mento il RnS da<br />

“movimento spirituale” o “corrente <strong>di</strong> grazia” <strong>di</strong>venta “movimento ecclesiale”,<br />

completando così il suo cammino verso la progressiva istituzionalizzazione e<br />

regolamentazione del carisma, abolendo <strong>di</strong> fatto ogni pretesa <strong>di</strong> spontaneità. Si legge<br />

infatti nel regolamento:<br />

“L’esperienza spirituale dell’effusione <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo comporta una ra<strong>di</strong>cale<br />

conversione e pone tutta la vita sotto la guida <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo e la signoria <strong>di</strong> Cristo.<br />

Tutte le componenti della vita cristiana acquistano gradualmente il loro valore e<br />

prendono il loro posto: la conformazione a Cristo e la ricerca della santità attraverso<br />

l’obbe<strong>di</strong>enza alla parola <strong>di</strong> Dio, la partecipazione ai sacramenti (specialmente Eucaristia<br />

e Riconciliazione), la preghiera personale e liturgica, la comunione fraterna, l’impegno<br />

per l’evangelizzazione, i carismi e i “ministeri <strong>di</strong> fatto”, i rapporti intraecclesiali, ecc.<br />

Tutte queste potenzialità spirituali si possono sviluppare solo partecipando alla vita <strong>di</strong><br />

un Gruppo o <strong>di</strong> una Comunità, in cui si può trovare la cura pastorale, l’opportuna<br />

formazione spirituale e il sostegno per un equilibrato esercizio dei carismi e<br />

dell’impegno ministeriale. L’esperienza ha <strong>di</strong>mostrato che il percorso del Seminario in<br />

preparazione alla preghiera per una rinnovata effusione <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo è necessario<br />

per tutti, anche per coloro che hanno già una buona formazione dottrinale (come i<br />

sacerdoti, i religiosi e le religiose). Non si tratta, infatti, <strong>di</strong> acquisire soltanto una<br />

conoscenza intellettuale, pur in<strong>di</strong>spensabile, ma <strong>di</strong> essere aiutati a far entrare le verità <strong>di</strong><br />

fede nell’esperienza e nel vissuto me<strong>di</strong>ante l’azione <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo.” 153<br />

“Carismatico” dunque può <strong>di</strong>rsi solo chi, dopo aver frequentato un apposito seminario,<br />

abbia ricevuto il “battesimo nello <strong>Spirito</strong>” me<strong>di</strong>ante “l’intercessione <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong><br />

fratelli/sorelle anziani del Rinnovamento” e abbia partecipato attivamente da almeno un<br />

anno alle attività dell’Associazione. Il RnS propone infatti un grande numero <strong>di</strong><br />

incontri, convegni e seminari che intendono rivolgersi al più ampio numero <strong>di</strong> persone<br />

possibile. Si va dall’annuale Convocazione Nazionale <strong>di</strong> Rimini rivolta a tutti gli<br />

appartenenti e simpatizzanti, a proposte più mirate come campeggi per giovani, vere e<br />

proprie scuole per gli animatori dei gruppi, seminari <strong>di</strong> vita “carismatica”, <strong>di</strong><br />

153 Associazione RnS 2004a: 48-49<br />

128


metodologie per l’evangelizzazione sia per adulti che per bambini e ragazzi, incontri <strong>di</strong><br />

orientamento per fidanzati, coppie <strong>di</strong> sposi, fino ad arrivare al Progetto Cartafraterna,<br />

una vera e propria tessera sociale la cui sottoscrizione offre uno sconto sulle quote <strong>di</strong><br />

iscrizione ai vari corsi e con cui<br />

“non solo ci si sente più partecipi del dono della comunione spirituale, ma si favorisce<br />

concretamente la vita organizzativa, formativa e missionaria.” 154<br />

Il movimento “carismatico” cattolico viene presentato sia dai suoi membri sia, in<br />

generale, dalla gerarchia cattolica come “un avvenimento, un happening” 155 che si è<br />

svolto e continua a svolgersi grazie alla spontanea forza creatrice <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo,<br />

per cui non sarebbe possibile riconoscervi uno o più fondatori né legami con altri<br />

movimenti che non siano riconducibili appunto all’azione <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong>. Tuttavia,<br />

ricostruendone le <strong>di</strong>namiche storiche <strong>dello</strong> sviluppo possiamo notare chiaramente come<br />

si sia andati via via seguendo la strada <strong>di</strong> una regolamentazione e <strong>di</strong> una successiva<br />

rigida strutturazione <strong>di</strong> un movimento inizialmente caratterizzato da una certa<br />

spontaneità ed in<strong>di</strong>pendenza.<br />

Tale avanzato processo <strong>di</strong> strutturazione risulta evidente se si prende in<br />

considerazione una delle registrazioni video prodotte dal RnS stesso e riguardanti in<br />

particolare l’annuale convocazione nazionale del movimento che si tiene a Rimini 156 .<br />

Di fronte ad una platea gremita è allestito un palco dove trova spazio una<br />

orchestra al gran completo e coreografie realizzate con versetti biblici e una grande<br />

colomba rossa stilizzata, simbolo cristiano della <strong>di</strong>scesa <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo. I ritmi delle<br />

giornate sono ben scan<strong>di</strong>ti, sul palco si avvicendano <strong>di</strong> volta in volta leaders nazionali<br />

del movimento che guidano le riunioni: laici come Salvatore Martinez, attuale<br />

coor<strong>di</strong>natore nazionale, e sacerdoti come don Dino Foglio, consigliere spirituale<br />

nazionale. Solitamente si inizia con una “preghiera comunitaria carismatica” in cui i<br />

presenti invocano la <strong>di</strong>scesa <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo e durante la quale si può assistere alla<br />

“preghiera in lingue”; successivamente c’è spazio de<strong>di</strong>cato ai leaders in cui vengono<br />

presentate della relazioni sulla situazione del movimento, si riportano i saluti del<br />

pontefice, vengono proposti spunti <strong>di</strong> riflessione a partire dai testi biblici o esempi <strong>di</strong><br />

laici virtuosi. Si continua con delle testimonianze <strong>di</strong> fedeli che raccontano la loro<br />

esperienza <strong>di</strong> conversione dovuta all’azione <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong>: a questo proposito è da<br />

154 Associazione RnS 2004b: 25-106<br />

155 AAVV 1982: 99<br />

156 Il documento video che ho avuto modo <strong>di</strong> prendere in esame riguarda la XXVII Convocazione<br />

Nazionale dei Gruppi e delle Comunità del RnS, svoltasi a Rimini dal 29 aprile al 2 maggio 2004<br />

129


segnalare la presenza, nel video in questione, <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>a Koll, ex soubrette e popolare<br />

personaggio televisivo che viene appositamente chiamata sul palco a testimoniare. C’è<br />

l’occasione, infine, <strong>di</strong> poter assistere al “ministero <strong>di</strong> preghiera per la liberazione”<br />

presieduto dal sacerdote in<strong>di</strong>ano Rufus Pereira, vice-presidente internazionale <strong>degli</strong><br />

esorcisti, e al “ministero <strong>di</strong> preghiera per la guarigione”, con il frate francescano Matteo<br />

La Grua, carismatico <strong>di</strong> vecchia data. Ogni giornata si conclude con una celebrazione<br />

eucaristica officiata da alti prelati come i car<strong>di</strong>nali Salvatore de Giorgi, arcivescovo <strong>di</strong><br />

Palermo, Giovanni Battista Re, Ennio Antonelli, vescovo <strong>di</strong> Firenze.<br />

È proprio la consistente presenza <strong>di</strong> vari leaders, che gestiscono in maniera<br />

decisa l’evento, che conferma i dubbi sulla pretesa spontaneità del movimento. D’altra<br />

parte l’altrettanto consistente presenza <strong>di</strong> membri della gerarchia cattolica, anche <strong>di</strong> alto<br />

grado, solleva una questione che da sempre accompagna lo sviluppo del fenomeno<br />

carismatico e, più in generale, <strong>di</strong> quei movimenti <strong>di</strong> matrice cristiana che riven<strong>di</strong>cano<br />

una certa autonomia, ed è la questione delicata ma importantissima che riguarda i<br />

rapporti con il potere centrale e centralizzatore del Vaticano.<br />

I “carismatici” e la Chiesa<br />

Fin dalla prima <strong>di</strong>ffusione del movimento “carismatico” cattolico si assiste ad un<br />

atteggiamento ambivalente da parte dei membri della gerarchia. Mentre da una parte<br />

essi lodano la formazione <strong>di</strong> queste nuove forme <strong>di</strong> aggregazione che pretendono <strong>di</strong><br />

essere riconosciuti dalla Chiesa cattolica come riscopritori della sua <strong>di</strong>mensione<br />

“carismatica”, dall’altra mettono in evidenza e criticano duramente le possibili<br />

deviazioni a cui proprio questa riscoperta può dare luogo, invitando i movimenti a fare<br />

continuo riferimento alle <strong>di</strong>rettive dell’autorità ecclesiastica.<br />

In un comunicato ufficiale del 28 aprile 1975, i vescovi canadesi denunciano il<br />

pericolo dell’emozionalismo derivante da una eccessiva pretesa miracolistica,<br />

l’interpretazione letterale delle Scritture, la scarsa preparazione teologica che ne deriva,<br />

la tendenza dei gruppi <strong>di</strong> preghiera a chiudersi in sé stessi, il rischio <strong>di</strong> un ecumenismo<br />

edulcorato 157 . Nel documento ufficiale della Conferenza Episcopale Italiana, datato 2<br />

157 Falvo 1977: 228-245<br />

130


febbraio 1996, in cui si annuncia la prima approvazione ad experimentum <strong>dello</strong> statuto<br />

dell’associazione RnS, si mettono particolarmente in evidenza i seguenti punti:<br />

a) in ogni Diocesi fare riferimento al Vescovo, secondo le esigenze della<br />

comunione ecclesiale;<br />

b) negli itinerari formativi sintonizzarsi con le in<strong>di</strong>cazioni pastorali della<br />

Conferenza Episcopale Italiana;<br />

c) osservare fedelmente le norme liturgiche ed evitare comportamenti inclini al<br />

sensazionalismo e al miracolismo;<br />

d) promuovere una spiritualità ed una testimonianza cristiana feconde anche nella<br />

vita sociale 158 .<br />

Nel maggio 1998 invece, Giovanni Paolo II si rivolge così ai partecipanti al congresso<br />

mon<strong>di</strong>ale dei movimenti ecclesiali tenutosi in San Pietro:<br />

“L’originalità propria del carisma che dà vita a un movimento non pretende, né lo<br />

potrebbe, <strong>di</strong> aggiungere alcunché alla ricchezza del depositum fidei, custo<strong>di</strong>to dalla<br />

Chiesa con appassionata fedeltà. […] Come custo<strong>di</strong>re e garantire l’autenticità del<br />

carisma? È fondamentale, al riguardo, che ogni movimento si sottoponga al<br />

<strong>di</strong>scernimento dell’Autorità ecclesiastica competente. Per questo nessun carisma<br />

<strong>di</strong>spensa dal riferimento e dalla sottomissione ai Pastori della Chiesa. […] Nella<br />

formazione cristiana curata dai movimenti non manchi mai l’elemento <strong>di</strong> questa<br />

fiduciosa obbe<strong>di</strong>enza ai Vescovi, successori <strong>degli</strong> Apostoli, in comunione con il<br />

Successore <strong>di</strong> Pietro” 159 .<br />

Se da una parte la gerarchia cattolica riconosce ufficialmente gli statuti associativi del<br />

RnS e <strong>di</strong> movimenti analoghi, legittimandone una certa autonomia, dall’altra non perde<br />

occasione per riba<strong>di</strong>re altrettanto ufficialmente la necessità <strong>di</strong> una loro sottomissione al<br />

dogma pontificio. Nei rapporti tra i “carismatici” e il potere centrale della Chiesa si<br />

ripropone dunque, in una certa misura, quell’atteggiamento ambiguo che si ritrova<br />

espresso nelle lettere paoline tra l’apostolo delle genti e la comunità cristiana <strong>di</strong> Corinto.<br />

Anche in quel caso infatti, le pratiche “carismatiche” erano da una parte sollecitate,<br />

dall’altra sottoposte ad una rigida regolamentazione.<br />

All’interno della struttura della Chiesa cattolica il RnS occupa una posizione<br />

particolare assieme ad altri movimenti più o meno conosciuti che vengono etichettati<br />

come “movimenti ecclesiali”. È importante sottolineare come tali movimenti siano nati<br />

grazie all’iniziativa <strong>di</strong> laici a da laici siano essenzialmente composti: i movimenti<br />

ecclesiali sono dunque l’espressione <strong>di</strong> esigenze provenienti “dal basso”, esterne alla<br />

gerarchia ecclesiastica, miranti a riempire il vuoto creatosi con la crisi delle tra<strong>di</strong>zionali<br />

158 Associazione RnS 2004a: 10<br />

159 Dal Discorso del Santo Padre ai partecipanti al congresso mon<strong>di</strong>ale dei movimenti ecclesiali, tratto<br />

dal sito web www.laici.org<br />

131


ealtà associative cattoliche 160 . In secondo luogo i movimenti ecclesiali sono<br />

originariamente caratterizzati da una forte spontaneità, fondata su un’evangelizzazione<br />

del “passa parola”. Terzo, si fanno portatori <strong>di</strong> insegnamenti dottrinali e pratiche<br />

liturgiche spesso estranee alla tra<strong>di</strong>zione cattolica e mutuate da un certo tipo <strong>di</strong><br />

protestantesimo: essi portano l’attenzione sulla possibilità <strong>di</strong> avere un’esperienza <strong>di</strong>retta<br />

<strong>di</strong> Dio, un “profondo coinvolgimento emotivo che ridefinisce gli schemi <strong>di</strong> riferimento<br />

abituali <strong>di</strong> una persona inducendola a convertirsi”; a questa centralità dell’in<strong>di</strong>viduo si<br />

affianca la centralità del testo scritto, della Bibbia “come testo inerrante e fonte <strong>di</strong><br />

certezze per la vita”, che viene continuamente letto e interpretato alla luce della propria<br />

esperienza personale 161 ; su queste basi si innesta una particolare pratica cultuale<br />

incentrata sulla figura <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo e improntata su un forte entusiasmo in cui<br />

grande importanza viene data al canto e ai movimenti del corpo, corpo che <strong>di</strong>venta<br />

veicolo privilegiato <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> che ispira le azioni del fedele.<br />

I movimenti ecclesiali si sono incontrati la prima volta “per uno scambio <strong>di</strong><br />

riflessioni e <strong>di</strong> esperienze” al Congresso internazionale tenutosi a Roma dal 24 al 27<br />

settembre 1981, una seconda volta a Rocca <strong>di</strong> Papa (Roma) dal 28 febbraio al 4 marzo<br />

1987, e una terza a Bratislava dall’1 al 4 aprile 1999. In occasione della Pentecoste del<br />

1998 è stata la stessa Santa Sede a proporre a Roma il Congresso mon<strong>di</strong>ale dei<br />

movimenti ecclesiali e delle Nuove Comunità: se ne contarono 56 162 . Tra <strong>di</strong> essi, oltre al<br />

RnS e ai Cursillos de Cristianidad, vanno inserite realtà associative come il Cammino<br />

Neocatecumenale, fondato alla fine <strong>degli</strong> anni Sessanta dallo spagnolo Kiko Arguello<br />

dopo che ebbe vissuto per tre anni nella baraccopoli madrilena <strong>di</strong> Palomeras Altas. Le<br />

comunità neocatecumenali propongono un percorso <strong>di</strong> formazione basato su un vero e<br />

proprio catechismo alternativo, che tuttora non smette <strong>di</strong> sollevare dubbi e perplessità<br />

sulla propria ortodossia; sono oggi più <strong>di</strong> do<strong>di</strong>cimila sud<strong>di</strong>vise tra 1600 parrocchie, 390<br />

<strong>di</strong>ocesi in più <strong>di</strong> 80 nazioni; il controverso Opus Dei, riconosciuto la prima volta nel<br />

160 “La mutazione antropologica investe con lo status sociale, la morale corrente: dalla scuola che decolla<br />

anche ai livelli superiori verso in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> massa, ai mass me<strong>di</strong>a che – specialmente la tv – cambiano le<br />

abitu<strong>di</strong>ni, i gusti e i costumi <strong>degli</strong> italiani, alle maggiori opportunità <strong>di</strong> incontri inter-sessuali, molte sono<br />

le possibili “<strong>di</strong>strazioni”, specialmente per i giovani, dal vecchio mondo dell’associazione e dell’oratorio,<br />

ove vigeva l’apartheid sessuale. Il “mondo” pare ormai offrire più opportunità in termini <strong>di</strong> esperienze,<br />

formazione, svago, <strong>di</strong> un ambiente cattolico che continua a vivere con modelli improvvisamente – quanto<br />

meno agli occhi <strong>di</strong> molti – superati e svuotati. La crisi del tra<strong>di</strong>zionale mondo cattolico, che in poco<br />

tempo – per citare due soli esempi – <strong>di</strong>mezza gli iscritti <strong>di</strong> Azione cattolica e ACLI, ha queste precise<br />

origini “mondane”: l’onda schiumosa della secolarizzazione avviluppa la società italiana con i ritmi della<br />

rivoluzione tecnologica, della secolarizzazione <strong>di</strong> massa e <strong>dello</strong> sfrenamento consumistico.” (AAVV<br />

1981: 428-429)<br />

161 Pace 1993: 363-364<br />

162 Maino 2004: 102<br />

132


1941, che si preoccupa <strong>di</strong> costruire proprie università in cui “formare persone che siano<br />

nei posti chiave dell’economia, della finanza, del potere politico e che, proprio in forza<br />

delle posizioni occupate, possano meglio e più concretamente assicurare la riconquista<br />

cristiana del mondo” 163 ; l’Opera <strong>di</strong> Maria, meglio conosciuta come Movimento dei<br />

Focolari, nato a Trento sotto i bombardamenti della seconda guerra mon<strong>di</strong>ale, per<br />

iniziativa <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> ragazze capitanate da Chiara Lubich. Nel 2003 risulta presente<br />

in 182 paesi con 141.280 membri appartenenti. Aderenti e simpatizzanti si stimano<br />

essere più <strong>di</strong> due milioni, <strong>di</strong> cui oltre 50.000 <strong>di</strong> 350 Chiese e comunità ecclesiali; oltre<br />

30.000 <strong>di</strong> varie religioni, tra cui ebrei, musulmani, bud<strong>di</strong>sti, induisti, taoisti; oltre<br />

100.000 considerati “amici <strong>di</strong> convinzioni <strong>di</strong>verse”. Nel complesso presenta una<br />

composizione molto varia, ne fanno parte infatti sia giovani che famiglie, religiosi e<br />

religiose <strong>di</strong> parecchie congregazioni, sacerdoti e vescovi. Il “carisma” dei focolarini<br />

consiste principalmente nella vita comunitaria con la fondazione delle Mariapoli (città<br />

<strong>di</strong> Maria) presenti in 46 nazioni, notevole è anche la presenza del movimento in campo<br />

e<strong>di</strong>toriale con la casa e<strong>di</strong>trice Città Nuova che pubblica, tra l’altro, ben tre riviste: Città<br />

Nuova, Nuova Umanità e Gen’s 164 . Sono da considerarsi ecclesiali anche movimenti<br />

come Comunione e Liberazione, la Comunità <strong>di</strong> Sant’Egi<strong>di</strong>o, la Communautè de<br />

l’Arche, la Communautè de l’Emmanuel, il Movimento “Chiesa-Mondo”, la Legione <strong>di</strong><br />

Maria, l’Opera <strong>di</strong> Schoenstatt, i movimenti Chiesa Viva, Luce e Vita, Acqua Viva.<br />

Per poter essere ecclesiale, un movimento deve sod<strong>di</strong>sfare determinati criteri che<br />

sono oggi così definiti:<br />

“1) La presenza <strong>di</strong> un carisma, cioè <strong>di</strong> un dono dato liberamente dallo <strong>Spirito</strong> Santo per<br />

il bene <strong>di</strong> tutta la Chiesa: carisma consistente in un modo originale <strong>di</strong> comprendere<br />

qualche aspetto della rivelazione cristiana o <strong>di</strong> porvi una forte accentuazione e in una<br />

forma originale <strong>di</strong> vivere il Vangelo. Un carisma non può mai essere “fuori” della<br />

Tra<strong>di</strong>zione cristiana, garantita dal Papa e dai vescovi in comunione con lui, né mai<br />

essere “fuori” del Vangelo, poiché lo <strong>Spirito</strong> Santo è lo <strong>Spirito</strong> <strong>di</strong> Gesù e ha lo scopo <strong>di</strong><br />

conformare i cristiani a Cristo e <strong>di</strong> farli vivere dei suoi insegnamenti contenuti nel<br />

Vangelo. Scopo del carisma è il bene della Chiesa, il suo rinnovamento e la sua crescita<br />

nella fede e nella carità.<br />

2) La presenza <strong>di</strong> una persona a cui il carisma è stato dato e che <strong>di</strong>viene fondatore <strong>di</strong> un<br />

movimento ecclesiale in quanto esercita una misteriosa attrattiva su altre persone che si<br />

lasciano coinvolgere nella sua esperienza spirituale e formano una particolare comunità.<br />

3) La struttura prevalentemente laicale del movimento e la sua apertura a tutte le<br />

vocazioni presenti nella Chiesa, per cui possono farne parte persone <strong>di</strong> ogni età e <strong>di</strong> ogni<br />

con<strong>di</strong>zione, persone sposate, sacerdoti e religiosi: in tal senso il movimento è ecclesiale,<br />

e quin<strong>di</strong> una “forma <strong>di</strong> autorealizzazione e un riflesso dell’unica Chiesa”.<br />

163 Pace 1993: 372-374 e 391-400<br />

164 De Rosa 2005: 211-212<br />

133


4) La presenza <strong>di</strong> un itinerario <strong>di</strong> fede e <strong>di</strong> testimonianza cristiana, per cui ogni<br />

movimento ecclesiale ha l’obbligo <strong>di</strong> offrire ai suoi aderenti un itinerario che li conduca<br />

alla maturazione della fede, che deve <strong>di</strong>venire consapevole, personale e adulta, e alla<br />

capacità <strong>di</strong> essere testimoni della fede nel loro ambiente familiare e professionale e nella<br />

loro vita pubblica. Questo itinerario <strong>di</strong> fede e <strong>di</strong> testimonianza si ispira al carisma del<br />

movimento, in quanto fonda su <strong>di</strong> esso il proprio metodo pedagogico-spirituale.<br />

5) Il riconoscimento dell’autorità ecclesiastica, locale, se si tratta <strong>di</strong> un movimento che<br />

vive e opera in ambito <strong>di</strong>ocesano, del Pontificio Consiglio dei Laici, se si tratta <strong>di</strong> un<br />

movimento <strong>di</strong>ffuso o tendente a <strong>di</strong>ffondersi a livello della Chiesa universale. Per<br />

riconoscere l’ecclesialità del carisma e quin<strong>di</strong> del movimento, l’autorità ecclesiastica<br />

dovrà far ricorso ai “criteri <strong>di</strong> ecclesialità” delle aggregazioni laicali, in<strong>di</strong>cati dalla<br />

Christifideles laici. Essi sono:<br />

a) il primato dato alla vocazione <strong>di</strong> ogni cristiano alla santità.<br />

b) la responsabilità <strong>di</strong> confessare la fede cattolica.<br />

c) la testimonianza <strong>di</strong> una comunione salda e convinta con il Papa e con i vescovi.<br />

d) la conformità e la partecipazione al fine apostolico della Chiesa.” 165<br />

Questa istituzionalizzazione del “carisma” dei movimenti ecclesiali è il frutto <strong>di</strong> un<br />

lungo e costante processo messo in atto dai rappresentanti della gerarchia cattolica per<br />

riportare all’or<strong>di</strong>ne i possibili focolai devianti dall’ortodossia. La preoccupazione<br />

maggiore riguardante queste realtà associative è infatti quella che esse possano isolarsi e<br />

costituire una “chiesa nella chiesa” 166 .<br />

Per evitare possibili fratture, il ruolo dei movimenti ecclesiali viene integrato<br />

all’interno della storia della Chiesa in una presunta continuità con quanto fatto dagli<br />

165 AAVV 2001: 442-444. Confronta inoltre De Rosa 2004: 528-530<br />

166 De Rosa 2004: 532-536. Confronta inoltre AAVV 2001: 450-451. E’ interessante a questo proposito<br />

segnalare l’articolo Neocatecumenali. Diario esclusivo <strong>di</strong> una messa con battesimo, tratto dal sito web<br />

www.chiesa.espressonline.it. L’autore dell’articolo, che ha preferito rimanere anonimo, è stato invitato<br />

dai genitori neocatecumenali <strong>di</strong> un neonato a partecipare al suo battesimo nella comunità <strong>di</strong> appartenenza<br />

della coppia. Il sacramento è stato celebrato la sera <strong>di</strong> una vigilia <strong>di</strong> Pentecoste, assieme alla messa, in un<br />

locale annesso a un’importante chiesa del centro <strong>di</strong> Roma. Dopo aver minuziosamente descritto la<br />

cerimonia a cui ha assistito, l’autore riporta le proprie impressioni che, seppur personali e opinabili,<br />

contribuiscono senz’altro ad arricchire la riflessione critica sul fenomeno dei movimenti ecclesiali: “La<br />

mia sensazione è stata quella <strong>di</strong> assistere a un cerimoniale <strong>di</strong> iniziazione. Dove però l’iniziato principale<br />

non era l’ignaro bambino ma, per mezzo suo, la comunità. Dove la prova era una sorta <strong>di</strong> sfida lanciata al<br />

mondo esterno e alla mentalità dei moderni “faraoni”. Noi siamo <strong>di</strong>versi! Noi siamo i salvati! Anche a<br />

prezzo <strong>di</strong> dolore! Curiosamente, nell’arco dell’intera veglia, il culmine dell’esaltazione e del canto urlato<br />

è stato raggiunto proprio dopo il triplice tuffo del bambino, che a sua volta – comprensibilmente –<br />

strillava a più non posso. Insomma, assistendo a questo battesimo, mi son fatto l’opinione che il fine della<br />

gran parte dei presenti non fosse tanto quello <strong>di</strong> far rinascere il bambino nella Chiesa, ma <strong>di</strong> annetterlo a<br />

quella particolarissima, autoreferenziale chiesuola che è la setta <strong>di</strong> Kiko”. È altresì interessante riportare<br />

un episo<strong>di</strong>o che riguarda più <strong>di</strong>rettamente il RnS, occorso in Francia con la pubblicazione del libro <strong>di</strong><br />

Baffoy-Delestre-Sauzet, Les naufragés de l’Esprit. Des sectes dans l’Eglise catholique, Seuil, Paris 1996.<br />

Autori <strong>di</strong> questo libro sono <strong>degli</strong> ex appartenenti a dei gruppi francesi del RnS che denunciano le<br />

comunità <strong>di</strong> cui erano membri come delle vere e proprie sette in cui si farebbe uso <strong>di</strong> tecniche <strong>di</strong> lavaggio<br />

del cervello volte a plasmare la volontà dei fedeli. Questo episo<strong>di</strong>o si inseriva in un periodo <strong>di</strong> particolare<br />

attenzione nei confronti dei movimenti religiosi, dopo la pubblicazione nel gennaio 1996 del documento<br />

Le sette in Francia, stilato da una commissione parlamentare che includeva in una lista <strong>di</strong> 172 “sette<br />

pericolose” alcuni movimenti <strong>di</strong> ispirazione cattolica. (confronta l’articolo <strong>di</strong> Introvigne, I naufraghi del<br />

buon senso, tratto dal sito web www.cesnur.org)<br />

134


or<strong>di</strong>ni monastici nel Me<strong>di</strong>oevo e dalle Congregazioni post-tridentine, seguendo la logica<br />

per cui<br />

“tutta la storia della Chiesa, particolarmente nei suoi momenti <strong>di</strong> declino e <strong>di</strong> crisi<br />

spirituale e apostolica, è attraversata da una corrente “carismatica” che ha investito<br />

uomini e donne, dotandoli <strong>di</strong> carismi appropriati alle <strong>di</strong>verse situazioni drammatiche, in<br />

forza dei quali hanno raccolto attorno a sé persone <strong>di</strong> ogni genere che hanno<br />

potentemente contribuito a rinnovare la Chiesa e a darle nuovo slancio spirituale e<br />

apostolico” 167 .<br />

In realtà i movimenti ecclesiali sono l’espressione della crisi <strong>di</strong> potere che la Chiesa si<br />

trova ad affrontare nel XX secolo. Contemporaneamente come effetto e come causa <strong>di</strong><br />

questa crisi, possiamo considerare la convocazione del concilio Vaticano II da parte del<br />

pontefice Giovanni XXIII nell’ottobre 1962.<br />

Esso venne inaugurato negli anni in cui era avvertita l’urgenza <strong>di</strong> lasciarsi alle<br />

spalle trent’anni <strong>di</strong> guerre, gli stenti della ricostruzione, i totalitarismi macchiatisi <strong>di</strong><br />

crimini orren<strong>di</strong>; si consolidava la tensione della guerra fredda e della minaccia nucleare.<br />

Erano anche gli anni della “nuova frontiera” kennedyana, della destalinizzazione, del<br />

benessere economico sempre più facile da raggiungere – almeno in occidente - , alla<br />

vigilia della conquista <strong>dello</strong> spazio; un momento, cioè, in cui la percezione del mondo<br />

da parte dei suoi abitanti stava mo<strong>di</strong>ficandosi ra<strong>di</strong>calmente 168 . Anche la Chiesa<br />

attraversava un periodo nuovo, mai vissuto in precedenza. Il mondo cattolico si<br />

presentava ora assai eterogeneo. Infatti, accanto alle tra<strong>di</strong>zionali oligarchie europee <strong>di</strong><br />

italiani, francesi e spagnoli, la sua gerarchia si componeva anche <strong>di</strong> una sempre più<br />

massiccia presenza <strong>di</strong> nord e sud americani, <strong>di</strong> africani e <strong>di</strong> asiatici rappresentati da<br />

centinaia <strong>di</strong> milioni <strong>di</strong> cattolici generati dal colonialismo europeo. Al cattolicesimo<br />

occorreva, dunque, un repentino aggiornamento.<br />

Dal concilio <strong>di</strong> Trento, indetto nel Cinquecento per sancire la rottura definitiva<br />

con i protestanti, la Chiesa non era più ricorsa alla pratica conciliare per ben tre secoli.<br />

Quello <strong>di</strong> Trento non fu un concilio <strong>di</strong> apertura, convocato per riunire i vertici della<br />

Chiesa e <strong>di</strong>scutere in materia <strong>di</strong> fede. Fu un concilio <strong>di</strong> chiusura, <strong>di</strong> chiamata a raccolta<br />

<strong>di</strong> tutta la gerarchia cattolica in <strong>di</strong>fesa del proprio primato minacciato. Da quel momento<br />

il papa era <strong>di</strong>ventato una sorta <strong>di</strong> monarca assoluto, e la Chiesa si era impossessata del<br />

ruolo <strong>di</strong> unico depositario della verità <strong>di</strong>vina, rimanendo irremovibile nella sua<br />

intransigenza. Tre secoli dopo, nel 1870, in concomitanza con un nuovo pericolo per<br />

167 AAVV 2001: 448<br />

168 Viola 2000: 411<br />

135


l’integrità della Chiesa, cioè la fine del suo potere temporale, papa Pio IX convocava un<br />

nuovo concilio <strong>di</strong> chiusura e arroccamento, il Vaticano I, durante il quale venne<br />

proclamato il dogma dell’infallibilità papale. Giovanni XXIII ebbe il coraggio e<br />

l’intuizione <strong>di</strong> in<strong>di</strong>re nuovamente un concilio, questa volta <strong>di</strong> apertura e <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione<br />

con l’obiettivo <strong>di</strong> far uscire la Chiesa dal suo isolamento, manifestando così la volontà<br />

<strong>di</strong> una parte della gerarchia ecclesiastica <strong>di</strong> seguire le trasformazioni sociali in atto e <strong>di</strong><br />

proporsi come forza <strong>di</strong> progresso 169 .<br />

Senza entrare nello specifico delle risoluzioni prospettate dai padri conciliari, ci<br />

basti <strong>di</strong>re che il Vaticano II propone, nelle intenzioni, la questione <strong>di</strong> una nuova identità<br />

cattolica capace <strong>di</strong> essere al passo con i tempi, e lo fa suggerendo una ridefinizione <strong>di</strong><br />

alcune forme del sacro cattolico. È importante innanzitutto notare come venga<br />

sottolineata l’efficacia dell’azione <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> da parte <strong>degli</strong> stessi pontefici: Giovanni<br />

XXIII affermava <strong>di</strong> aver pensato e proposto il concilio Vaticano II guidato da<br />

un’intuizione <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo e ad esso si rivolgeva con queste parole: “Rinnova<br />

nella nostra epoca i pro<strong>di</strong>gi come <strong>di</strong> una nuova Pentecoste”, mentre Paolo VI<br />

nell’u<strong>di</strong>enza generale del 16 ottobre 1974 si esprimeva in questi termini: “Voglia il<br />

Signore effondere, oggi, una grande pioggia <strong>di</strong> carismi per rendere feconda, bella e<br />

meravigliosa la Chiesa, capace <strong>di</strong> imporsi all’attenzione e allo stupore del mondo<br />

profano, del mondo laicizzante”. D’altro canto già papa Leone XIII, il primo gennaio<br />

1901, data simbolica <strong>di</strong> inizio <strong>di</strong> una nuova era, aveva in<strong>di</strong>cato il Novecento come anno<br />

<strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> Santo intonando il Veni Creator Spiritus in nome dell’unità della Chiesa<br />

dopo la pubblicazione dell’enciclica de<strong>di</strong>cata appunto allo <strong>Spirito</strong> Santo. In essa il<br />

pontefice invitava i cristiani a guardare all’episo<strong>di</strong>o biblico della Pentecoste e ad<br />

invocare lo stesso <strong>Spirito</strong> per la riunione della cristianità.<br />

Le mo<strong>di</strong>fiche che ebbero un più forte impatto all’interno della Chiesa furono<br />

quelle in campo liturgico con l’abolizione del latino quale lingua ufficiale per la<br />

celebrazione dell’Eucaristia e l’uso della Sacre Scritture. La Liturgia delle Ore ad<br />

esempio, una volta appannaggio esclusivo <strong>di</strong> clero e religiosi, è <strong>di</strong>venuta una pratica<br />

sempre più abituale per molti fedeli laici; la recitazione dei Salmi occupa una parte<br />

consistente nella preghiera cristiana, mentre la Bibbia è oggetto <strong>di</strong> riflessione quasi<br />

esclusivo durante i ritiri spirituali e gli incontri <strong>di</strong> preghiera 170 .<br />

Questi atteggiamenti sono il frutto <strong>di</strong> un provve<strong>di</strong>mento che nelle intenzioni<br />

desiderava ri<strong>di</strong>mensionare la secolare supremazia <strong>degli</strong> appartenenti alla gerarchia<br />

169 Viola 2000: 410<br />

170 AAVV 2002: 435<br />

136


ecclesiastica nei confronti del laicato, nel tentativo <strong>di</strong> ricreare una situazione più simile<br />

a quella presente nelle prime comunità cristiane. Il 18 novembre 1965, in unione con<br />

l’assemblea conciliare, Paolo VI rendeva noto il decreto Apostolicam Actuositatem,<br />

de<strong>di</strong>cato all’apostolato dei laici. Il decreto era stato votato in sessione pubblica dalla<br />

totalità, meno due, dei Padri presenti, cioè 2340 voti contro 2. Scrive, a questo<br />

proposito, Paolo Maino, tra i primi membri del RnS in Italia e autore del libro Il<br />

postmoderno nella Chiesa? Il Rinnovamento Carismatico:<br />

“Ricuperando il significato teologico della laicità del mondo e dell’autonomia della<br />

sfera secolare, si sottolinea la missione del laico, quale uomo della Chiesa nel cuore del<br />

mondo e quale uomo del mondo nel cuore della Chiesa. Quin<strong>di</strong> anche il laico è<br />

interprete della parola <strong>di</strong>vina espressa nella creazione e della <strong>di</strong>mensione incarnatoria<br />

della salvezza, in base alla sua stessa vocazione battesimale e non per delega gerarchica.<br />

Questo significa riconoscergli una “competenza” che va rispettata come un carisma<br />

ecclesiale.” 171<br />

In realtà, leggendo il testo dell’Apostolicam Actuositatem, ancora una volta si fa sentire<br />

forte la volontà da parte della gerarchia vaticana <strong>di</strong> esercitare un ferreo controllo per<br />

quanto riguarda le pratiche carismatiche:<br />

“A tutti i cristiani quin<strong>di</strong> è imposto il nobile impegno <strong>di</strong> lavorare affinché il <strong>di</strong>vino<br />

messaggio della salvezza sia conosciuto e accettato da tutti gli uomini su tutta la terra.<br />

Per l’esercizio <strong>di</strong> tale apostolato lo <strong>Spirito</strong> Santo, che già opera la santificazione del<br />

Popolo <strong>di</strong> Dio per mezzo del ministero e dei sacramenti, elargisce ai fedeli anche dei<br />

doni particolari (1 Cor. 12,7) «<strong>di</strong>stribuendoli a ciascuno come vuole» (1 Cor. 12, 11),<br />

affinché mettendo «ciascuno a servizio <strong>degli</strong> altri il suo dono al fine per cui l’ha<br />

ricevuto», contribuiscano anche essi «come buoni <strong>di</strong>spensatori delle <strong>di</strong>verse grazie<br />

ricevute da Dio» (1Petr. 4,10) alla e<strong>di</strong>ficazione <strong>di</strong> tutto il corpo nella carità (Eph. 4,16).<br />

Dall’aver ricevuto questi carismi, anche i più semplici, sorge per ogni credente il <strong>di</strong>ritto<br />

e il dovere <strong>di</strong> esercitarli per il bene <strong>degli</strong> uomini e a e<strong>di</strong>ficazione della Chiesa, sia nella<br />

Chiesa che nel mondo, con la libertà <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong>, il quale «spira dove vuole» (Gio. 3,8)<br />

e al tempo stesso nella comunione con i fratelli in Cristo, soprattutto con i propri<br />

pastori, che hanno il compito <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>care sulla loro genuinità e uso or<strong>di</strong>nato, non certo<br />

per estinguere lo <strong>Spirito</strong>, ma per esaminare tutto e ritenere ciò che è buono.” 172<br />

Oltre ad una inevitabile istituzionalizzazione del “potere carismatico” all’interno del<br />

movimento stesso, per quanto riguarda il RnS e in generale i cosiddetti “movimenti<br />

ecclesiali”, assistiamo ad una loro progressiva integrazione all’interno delle logiche<br />

simboliche del cattolicesimo. Con il richiamo continuo alla tra<strong>di</strong>zione cattolica che<br />

intende il “potere carismatico” <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> operativamente valido se e soltanto se<br />

171 Maino 2004: 101. In seguito, il 6 gennaio 1967, sempre ad opera <strong>di</strong> Paolo VI, viene creato il Pontificio<br />

Consiglio per i Laici.<br />

172 Enchiri<strong>di</strong>on Vaticanum 1970: 525-585<br />

137


sottoposto al giu<strong>di</strong>zio dell’autorità vaticana, in un’ottica <strong>di</strong> mantenimento dell’economia<br />

<strong>di</strong> potere dell’istituzione-Chiesa, la potenziale carica “creativa” insita nei movimenti<br />

carismatici risulta essere vistosamente depotenziata. Pur presentandosi come<br />

rinnovatori, in realtà i gruppi carismatici finiscono spesso con l’aderire all’ala più<br />

conservatrice del cattolicesimo, proponendo una “salvezza” che rimane profondamente<br />

ancorata alla sfera in<strong>di</strong>viduale quando non decisamente alienante, mancando così il<br />

bersaglio <strong>di</strong> un’azione simbolica e politica che sia storicamente, socialmente,<br />

culturalmente emancipante, in una parola: efficace.<br />

138


Osservazioni finali<br />

Innanzitutto è opportuno sottolineare come la capacità <strong>di</strong> sviluppo del fenomeno<br />

pentecostale-carismatico non si sia attenuata negli ultimi anni, anzi si sia fatta sempre<br />

più visibile. Lo attesta la presenza negli ultimi mesi anche in Italia <strong>di</strong> articoli apparsi su<br />

riviste non specialistiche ma <strong>di</strong> carattere popolare e a tiratura nazionale, come Il Venerdì<br />

<strong>di</strong> Repubblica. Sono dati spiccioli che testimoniano inequivocabilmente l’attenzione che<br />

il movimento attira nel variegatissimo panorama delle “innovazioni del sacro” 173 .<br />

I motivi della larga <strong>di</strong>ffusione del pentecostalismo vengono riassunti in un articolo <strong>di</strong><br />

Sabrina Pellazza, ricercatrice che si muove nell’ambito strutturalmente ben<br />

in<strong>di</strong>viduabile del CESNUR, in questi termini.<br />

Il successo pentecostale viene ricondotto alla “portabilità”, alla “trasmissibilità”<br />

e all’ “accessibilità” che caratterizzano le modalità del culto, ma anche e soprattutto,<br />

aggiungiamo, nel tipo <strong>di</strong> messaggio <strong>di</strong> allargamento “infinito” delle potenzialità<br />

personali grazie al rapporto “intimo” con un sacro posto come essenza “altra”, della<br />

quale è possibile appropriarsi o farsi appropriare.<br />

La portabilità si traduce come realtà che non ha bisogno <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> strutture.<br />

Nell’ottica della Riforma alla quale appartengono, le chiese pentecostali possono infatti<br />

nascere in qualsiasi luogo, e in effetti spesso nascono nelle aree più <strong>di</strong>messe delle gran<strong>di</strong><br />

periferie urbane, gran<strong>di</strong> capannoni, vecchi cinema ecc. In secondo luogo il<br />

pentecostalismo si presenta con un apparato dogmatico relativamente leggero, per cui il<br />

convertito viene coinvolto principalmente dall’annuncio <strong>di</strong> salvezza per opera<br />

dell’amore <strong>di</strong> Dio, e non da una serie <strong>di</strong> regole preor<strong>di</strong>nate o da una visione ecclesiale<br />

me<strong>di</strong>atrice e istituzionalizzata.<br />

Infine si rende estremamente accessibile perché rispetto al rigore liturgico delle<br />

chiese “storiche”, il culto pentecostale propone una viva spontaneità ed un’accentuata<br />

emotività legate all’ “azione” <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong> e alle pretese ricchezze che le chiese<br />

carismatiche e pentecostali elargiscono 174 .<br />

Ciò è sicuramente vero ma nel resoconto della Pellazza non è presente alcun<br />

approfon<strong>di</strong>mento sulla qualità <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> dono, come invece accade, per esempio,<br />

nelle riflessioni dei rappresentanti <strong>di</strong> un movimento ugualmente operativo in seno al<br />

173 Confronta Quagliata 2007 e Cicala 2007<br />

174 Confronta Pellazza 2005<br />

139


cristianesimo nel corso del XX secolo, in modo particolare in America Latina, ma anche<br />

in Africa, e che prende anch’esso spunto dai contenuti presenti nel racconto <strong>di</strong><br />

Pentecoste: la cosiddetta Teologia della Liberazione.<br />

Questa particolare forma <strong>di</strong> teologia, fortemente osteggiata dalla gran parte<br />

dell’organizzazione ecclesiastica vaticana, coniugava alla pratica “carismatica”<br />

un’azione a livello collettivo d’or<strong>di</strong>ne sociale, culturale, politico, sottolineando il “dono<br />

<strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong>” come strumento <strong>di</strong> ricostituzione della comunità <strong>di</strong> eguali. Nel contesto <strong>di</strong><br />

proliferazione dei regimi <strong>di</strong>ttatoriali in America Latina, la possibilità, lasciata aperta dal<br />

cristianesimo, <strong>di</strong> un libero accesso da parte <strong>di</strong> chiunque ai “doni” della Pentecoste viene<br />

simbolicamente sfruttata per riven<strong>di</strong>care l’uguaglianza tra esseri umani e la necessità <strong>di</strong><br />

organizzarsi in forme <strong>di</strong> opposizione alle <strong>di</strong>namiche <strong>di</strong> oppressione e sfruttamento.<br />

Come sottolinea Lanternari, che considera la Teologia della Liberazione un<br />

esempio efficace <strong>di</strong> movimento basato su <strong>di</strong> un potere “carismatico”, i leaders <strong>di</strong> questo<br />

movimento, appartenenti al clero cattolico,<br />

“Nell’assumere posizioni antagoniste rispetto alla politica tra<strong>di</strong>zionale della Chiesa e dei<br />

governi locali, si fanno interpreti <strong>di</strong> bisogni, riven<strong>di</strong>cazioni, attese e speranze <strong>di</strong> intere<br />

popolazioni o classi sociali esposte alla miseria, all’oppressione e alla persecuzione. Il<br />

ruolo istituzionale <strong>di</strong> questi leaders non contrad<strong>di</strong>ce il fondamento carismatico della loro<br />

ispirazione e del loro operare, che si richiama al primo potenziale carismatico del<br />

cristianesimo evangelico originario, nella prospettiva totalizzante <strong>di</strong> una palingenesi<br />

umana nel cui contesto però essi rimarcano l’urgenza <strong>di</strong> una liberazione <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne<br />

sociale ed esistenziale, dalla pressione <strong>di</strong> forze tirannicamente oppressive.” 175<br />

In altre parole, essi pongono in evidenza i valori <strong>di</strong> emancipazione sociale e<br />

politica presenti nel messaggio cristiano, adattando la lettura dei Vangeli <strong>di</strong> volta in<br />

volta alle <strong>di</strong>verse necessità delle realtà con cui la loro opera missionaria veniva in<br />

contatto. Esattamente l’opposto avviene con il fenomeno pentecostale-carismatico, in<br />

cui la “verità” dei Vangeli viene proposta come imprescin<strong>di</strong>bile punto <strong>di</strong> riferimento<br />

metastorico a cui doversi necessariamente adeguare.<br />

Lasciamo comunque cadere l’approfon<strong>di</strong>mento appena abbozzato. In questo<br />

contesto esso vuole rimanere l’in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> uno spunto per suggestivi stu<strong>di</strong> futuri sulle<br />

possibilità lasciate aperte dalle tematiche pentecostali, ma che ci porterebbe<br />

inevitabilmente lontano dal percorso tracciato fin qui.<br />

Nell’approccio alla vitalità della “ricerca <strong>dello</strong> <strong>Spirito</strong>” o meglio, della necessità<br />

<strong>di</strong> costruire lo <strong>Spirito</strong>, si ripropone in maniera forte l’ottica tracciata da De Martino per<br />

175 Lanternari 1984: 52<br />

140


cui ciò che perdura non è il bisogno <strong>di</strong> sperimentazione <strong>di</strong> un “sacro” esistente, quanto<br />

piuttosto il bisogno <strong>di</strong> inventare un “sacro” da intendersi come possibilità <strong>di</strong><br />

allargamento <strong>di</strong> “poteri” e <strong>di</strong> “saperi” per conquistare zone <strong>di</strong> sicurezza a norma e<br />

misura delle singole circostanze sia sociali che personali.<br />

Ciò che ritorna è dunque il rischio sempre presente <strong>di</strong> una crisi che occorre<br />

arginare e riplasmare.<br />

La produzione <strong>di</strong>versificata <strong>di</strong> “sacro” spiega e si spiega con le <strong>di</strong>verse<br />

formulazioni che articolano il fenomeno pentecostale-carismatico nella sua molteplice,<br />

variegata realtà. L’acquisizione del concetto storicistico <strong>di</strong> “sacro” inteso come prodotto<br />

interamente culturale ci ha reso possibile in<strong>di</strong>care come non sia propriamente corretto<br />

parlare <strong>di</strong> un unico pentecostalismo.<br />

Infatti, a fronte <strong>di</strong> una comune con<strong>di</strong>zione contingente <strong>di</strong> crisi, il contesto<br />

culturale in cui esso ha preso piede ha determinato <strong>di</strong>fferenti riplasmazioni della figura<br />

<strong>dello</strong> “<strong>Spirito</strong>”.<br />

Abbiamo visto così che in contesti come quello africano il culto <strong>dello</strong> “<strong>Spirito</strong>”,<br />

quando promosso da personalità in<strong>di</strong>gene, si è legato al patrimonio cultuale popolato <strong>di</strong><br />

sogni, visioni, culti <strong>degli</strong> antenati, fungendo da elemento <strong>di</strong>namico per la creazione <strong>di</strong><br />

un’identità da contrapporre alla presenza occidentale e, <strong>di</strong> conseguenza, a forme <strong>di</strong><br />

resistenza culturale attiva. Diversamente, quando è stato promosso da leaders<br />

appartenenti alle denominazioni protestanti lo <strong>Spirito</strong> è stato veicolo <strong>di</strong> imposizione <strong>di</strong><br />

un mo<strong>dello</strong> culturale unico, ispirato al capitalismo globalizzante <strong>di</strong> matrice statunitense.<br />

All’interno del cristianesimo e della cultura occidentale invece, le varie<br />

interpretazioni succedutesi e accavallatesi lungo l’arco della storia hanno permesso al<br />

concetto <strong>di</strong> “<strong>Spirito</strong>” <strong>di</strong> mantenere un’ambiguità <strong>di</strong> fondo. Da una parte la possibilità <strong>di</strong><br />

ricevere i “doni” è relegata nella <strong>di</strong>mensione mitica dell’episo<strong>di</strong>o biblico <strong>di</strong> Pentecoste,<br />

considerato concluso e non più storicamente operabile nel senso in cui è descritto nel<br />

libro <strong>degli</strong> Atti. Con l’affermarsi della chiesa cristiana sul mo<strong>dello</strong> imperiale romano le<br />

possibilità “creative”, ipoteticamente rivoluzionarie, della rappresentazione del contatto<br />

tra sfera umana e sfera extraumana vengono ricondotte “ufficialmente” alla funzione <strong>di</strong><br />

mantenimento <strong>di</strong> un potere centrale e accentratore.<br />

Contemporaneamente però, l’idea del “contatto” <strong>di</strong>retto, “magico” secondo<br />

l’accezione che del termine ne dà De Martino, è stata variamente riproposta lungo i<br />

secoli dai vari movimenti cristiani <strong>di</strong> ispirazione riformata.<br />

141


È su questo aspetto secondario rispetto alla dottrina ufficiale della Chiesa che<br />

anche i “carismatici” cattolici, così come le varie denominazioni pentecostali<br />

protestanti, fanno leva per proporre il loro messaggio <strong>di</strong> salvezza. Questa “salvezza”<br />

rimane però limitata alla sfera ristretta <strong>degli</strong> aderenti al culto: essa rimanda<br />

continuamente alla sfera dell’emozione personale e della realizzazione in<strong>di</strong>vidualistica<br />

mentre non prevede un’azione concreta né sociale né politica, attuando così una<br />

<strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> deresponsabilizzazione collettiva che limita <strong>di</strong> fatto la possibilità <strong>di</strong> un<br />

agire operante nella storia.<br />

Rimane dunque aperta e non ancora risolta l’alternativa prospettata da De<br />

Martino. Da una parte il fanciullino <strong>di</strong> Cebete che esige continui incanti, dall’altra la<br />

necessità <strong>di</strong> prendere consapevolezza della propria con<strong>di</strong>zione storicamente determinata<br />

e determinante.<br />

142


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www.vineyardusa.org<br />

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Filmografia<br />

Associazione RnS, XXVII convocazione nazionale dei gruppi e delle comunità del RnS,<br />

Rimini 29 aprile-2 maggio 2004, dvd<br />

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