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(90-12-9) Uno sport "popolare" capace di educare ... - PGS Italia

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(<strong>90</strong>-<strong>12</strong>-9)<br />

<strong>Uno</strong> <strong>sport</strong> "popolare" <strong>capace</strong> <strong>di</strong> <strong>educare</strong><br />

Cesare Scurati - Docente <strong>di</strong> Pedagogia all'Università Cattolica <strong>di</strong> Brescia<br />

Il sogno <strong>di</strong> uno <strong>sport</strong> educativo è affascinante, ma rischia <strong>di</strong> svanire nel nulla, se non viene<br />

precisato "come", secondo quale stile e con quali strategie operare.<br />

Un invito ad un'attenta revisione, pronti a mettere in <strong>di</strong>scussione il proprio modo <strong>di</strong> agire.<br />

E' oggi possibile, credo, avviare almeno uno dei molti <strong>di</strong>scorsi che si possono fare sullo <strong>sport</strong> con<br />

una considerazione positiva: indubbiamente l'attenzione per i problemi e gli aspetti <strong>di</strong> natura<br />

educativa appare ormai saldamente affermata per cui lo sviluppo <strong>di</strong> analisi <strong>di</strong> impegno e <strong>di</strong><br />

interesse pedagogico in senso critico-culturale deve essere ritenuto non solo pienamente<br />

giustificabile, ma ad<strong>di</strong>rittura imprescin<strong>di</strong>bile in contesto <strong>di</strong> sensibilità agli aspetti più attuali<br />

dell'esperienza sociale.<br />

Il <strong>di</strong>ffondersi dell'attività <strong>sport</strong>iva per fini educativi (il micro<strong>sport</strong> amatoriale pedagogico), che ha<br />

raggiunto una capillarizzazione assolutamente impreve<strong>di</strong>bile non molti anni fa, rende però sempre<br />

più urgente il bisogno <strong>di</strong> una pedagogia più <strong>di</strong>rettamente orientata alla pratica, dalla quale si<br />

possano trarre non tanto la volgarizzazione fine a se stessa della teoria o la ricetta<br />

comportamentale imme<strong>di</strong>ata quanto il richiamo ai principi ed ai criteri fondamentali <strong>di</strong> riflessione<br />

e <strong>di</strong> orientamento per l'azione tecnica, organizzativa, educativa in senso stretto sul campo. Voglio<br />

<strong>di</strong>re, in altri termini, che il micro<strong>sport</strong> amatoriale pedagogico costituisce, <strong>di</strong> fatto, una forma nella<br />

pedagogia popolare, e come tale merita <strong>di</strong> venire considerato.<br />

Questo intervento, quin<strong>di</strong>, intende obbe<strong>di</strong>re proprio all'intento <strong>di</strong> offrire alcuni contributi all'avvio<br />

<strong>di</strong> una pedagogia dello <strong>sport</strong> come pratica educativa "popolare".<br />

BUONI E CATTIVI<br />

Cominciamo, allora, con una domanda <strong>di</strong> carattere orientativo generale: è possibile stabilire in linea<br />

assoluta quali sono le forme e le modalità "buone" e quelle "cattive" <strong>di</strong> <strong>sport</strong>?<br />

Dico subito che, contrariamente a quanto si tende generalmente a ripetere e cioè che lo <strong>sport</strong><br />

professionistico è "cattivo" e quello <strong>di</strong>lettantistico è "buono", lo <strong>sport</strong> <strong>di</strong> vertice è "cattivo" e<br />

quello amatoriale è "buono", ecc., non sono convinto della utilità <strong>di</strong> un approccio <strong>di</strong> questo genere.<br />

Preferisco ritenere più importante e decisivo, per un giu<strong>di</strong>zio fondato, verificare la pratica reale<br />

piuttosto che rifarmi ad una qualsiasi classificazione astratta e pregiu<strong>di</strong>ziale. Voglio <strong>di</strong>re che,<br />

nell'esperienza reale dei fatti e delle testimonianze <strong>di</strong> vita, l'attribuzione del valore <strong>di</strong> positività e<br />

<strong>di</strong> negatività è connessa non tanto alla tipologia della pratica <strong>sport</strong>iva, quanto al contesto <strong>di</strong> senso<br />

ed alla elaborazione <strong>di</strong> significati personali che la accompagnano.<br />

Provo a fare qualche esempio.<br />

Durante qualche viaggio negli USA ho constatato come sia <strong>di</strong>ffusa la preoccupazione per gli<br />

aspetti degenerativi del cosiddetto "college football", vale a <strong>di</strong>re il football americano universitario


che, pur risultando una attività <strong>di</strong> tipo apparentemente amatoriale ed educativo, dà invece luogo<br />

ad una forma immoralmente mascherata <strong>di</strong> cattivo professionismo: promozioni fasulle (molti<br />

docenti si lamentano <strong>di</strong> ricevere pressioni dagli amministratori delle università per promuovere<br />

agli esami gli atleti che danno vittorie, prestigio ed anche denaro), sfruttamento dei giocatoristudenti<br />

da parte delle organizzazioni <strong>sport</strong>ive accademiche, gravi casi <strong>di</strong> corruzione, fenomeni <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sadattamento e <strong>di</strong> crisi personale, e via <strong>di</strong>cendo.<br />

Diventa così sempre più chiaro che è preferibile un <strong>di</strong>chiarato e corretto professionismo ad un<br />

<strong>di</strong>lettantismo <strong>di</strong> questo genere. Del resto anche le trascorse vicende dei cosiddetti "<strong>di</strong>lettanti <strong>di</strong><br />

stato" dei paesi a regime totalitario sono molto istruttive al riguardo.<br />

Non è poi detto, infine, che eventi "favolosamente" positivi come le marce non competitive, se<br />

accompagnate dal non inusuale contorno <strong>di</strong> rumore, sporcizia, villania e maleducazione, siano poi<br />

così i<strong>di</strong>llicamente vali<strong>di</strong> come parrebbe. E cosa <strong>di</strong>re, ancora, del comportamento del pubblico che<br />

assiste alle partitelle, anch'esse non competitive, <strong>di</strong> calcio o <strong>di</strong> basket o <strong>di</strong> pallavolo sui campetti<br />

della domenica, all'oratorio o altrove?<br />

Non sono quin<strong>di</strong> le <strong>di</strong>mensioni esteriori che contano, ma la qualità profonda dell'esperienza, lo<br />

stile complessivo, la coerenza fra le intenzioni e le azioni, il senso globale delle iniziative e il<br />

livello relazionale dell'organizzazione.<br />

In ogni tipo <strong>di</strong> <strong>sport</strong>, dunque, c'è la possibilità <strong>di</strong> valore così come c'è un rischio <strong>di</strong> decadenza e <strong>di</strong><br />

depotenziamento.<br />

VALORI E NO<br />

Allo scopo <strong>di</strong> dare un senso più concreto a questa posizione, prenderò rapidamente in esame le<br />

fondamentali riforme <strong>di</strong> <strong>sport</strong> con le quali ci avviene <strong>di</strong> venire oggi in contatto, vale a <strong>di</strong>re lo <strong>sport</strong><br />

<strong>di</strong> vertice, lo <strong>sport</strong> spettacolo e lo <strong>sport</strong> ricreativo, per proporre qualche riflessione a proposito <strong>di</strong><br />

ciascuna <strong>di</strong> esse.<br />

Lo <strong>sport</strong> <strong>di</strong> vertice (o, come qualcuno lo ha definito, lo <strong>sport</strong> <strong>di</strong> performance, che non vuole <strong>di</strong>re<br />

professionistico nel senso ristretto del termine), esprime un valore <strong>di</strong> autotrascendenza, cioè <strong>di</strong><br />

elevazione al massimo della perfezione possibile delle potenzialità in<strong>di</strong>viduali e, nel caso <strong>di</strong> un<br />

gioco <strong>di</strong> squadra, collettive, che si concretizzino (e si devono saper cogliere) nella bellezza e nella<br />

razionalità naturale del gesto e del comportamento. Il grande gesto atletico trasmette sempre,<br />

infatti, il senso della naturalezza <strong>di</strong> uno sforzo che riesce a giungere al massimo del suo<br />

compimento, che è insieme efficace ed espressivo.<br />

Nessuno, parlando <strong>di</strong> un grande atleta pensa ad un mostro ma ad un esempio realizzato <strong>di</strong> piena<br />

espressività e funzionalità da parte <strong>di</strong> una personalità compiutamente umana. E' evidente, allora<br />

che vengono in primo piano i significati positivi della concentrazione, dell'autocontrollo, della<br />

autoprogettualità, della ricerca della perfezione. Ed è altrettanto evidente che possono rivelarsi, <strong>di</strong><br />

contro, i <strong>di</strong>svalori dell'etero<strong>di</strong>rezionalità, dell'ipertecnicismo artificioso e dell'ascetismo maniacale.<br />

Quanto allo <strong>sport</strong> spettacolo, valgono, oltre a molte delle considerazioni appena fatte, alcune altre<br />

riflessioni, nelle quali possiamo mettere in evidenza, ad esempio, la portata positiva <strong>di</strong> elementi<br />

come la possibilità <strong>di</strong> contemplazione <strong>di</strong>sinteressata della bellezza e della perfezione, il contributo<br />

sul piano della maturazione delle capacità <strong>di</strong> apprezzamento estetico e la maturazione del senso <strong>di</strong><br />

compartecipazione ad un evento comune.


Non sarebbe nemmeno il caso <strong>di</strong> aggiungere, a questo punto, che il tifo rappresenta l'esatto<br />

contrario <strong>di</strong> quanto ho testé ricordato.<br />

Per venire infine allo <strong>sport</strong> ricreativo, esso racchiude tutte le più preziose opportunità <strong>di</strong><br />

esperienza della gratuità intesa come festa, dono, reciprocità, gioia, allegria, uscita dalle<br />

convenzioni quoti<strong>di</strong>ane. Di contro, come si è già avuto modo <strong>di</strong> accennare, troviamo la<br />

<strong>di</strong>sorganizzazione, la volgarità, il <strong>di</strong>sturbo senza motivo, l'assenza del senso del limite, un<br />

concetto basso ed inadeguato della cultura popolare.<br />

Come si vede, i temi e gli spunti per proseguire l'indagine non mancano.<br />

IL NODO CENTRALE<br />

La questione centrale è costituita, comunque, dall'analisi del problema dell'agonismo, in merito al<br />

quale si ripresenta la stessa situazione contrappositiva della quale abbiamo preso le mosse; lo<br />

<strong>sport</strong> agonistico è "cattivo" e quello non agonistico è "buono".<br />

Si ripropone <strong>di</strong> nuovo, allora, la non accettazione <strong>di</strong> questo modo <strong>di</strong> presentare le cose, non<br />

perché non possa darsi <strong>sport</strong> senza agonismo ma perché anche la considerazione attenta della<br />

situazione agonistica permette <strong>di</strong> fare qualche ulteriore passo in avanti.<br />

Non ho paura <strong>di</strong> affermare, infatti, che essa consente <strong>di</strong> compiere una esperienza <strong>di</strong> insostituibile<br />

valore relazionale (che vuol <strong>di</strong>re poi sociale ed etico), consistente nell'elaborare la presenza<br />

dell'avversario come colui del quale, in realtà, ho bisogno per realizzare il mio progetto <strong>di</strong> gioco,<br />

come l'amico che mi rende possibile costruire la situazione nella sua interezza e nella sua piena<br />

significatività. Il che permette, più profondamente ancora, <strong>di</strong> riuscire a vivere la guerra con le<br />

medesime categorie della pace, svolgendo un ancoraggio prezioso alle tensioni ultime della<br />

educazione alla compresenza.<br />

E' questo, a ben vedere, un guadagno <strong>di</strong> grande portata, che viene spesso sottostimato oppure<br />

nemmeno intravisto, per <strong>di</strong>ffondersi magari nella proclamazione retorica <strong>di</strong> un antagonismo <strong>di</strong><br />

maniera che si affretta poi (come l'esperienza <strong>di</strong> ogni domenica facilmente conferma) a smentire<br />

nei fatti.<br />

Qui pone le sue ra<strong>di</strong>ci, infatti, la vera mentalità <strong>sport</strong>iva, in cui l'opposizione riesce ad essere<br />

elaborata anche come collaborazione ed integrazione secondo le leggi della reciprocità.<br />

Il compito dello <strong>sport</strong>, quin<strong>di</strong>, è <strong>di</strong> far vivere il confronto agonistico sotto il controllo <strong>di</strong> un'etica<br />

del rispetto e della co-valorizzazione personale reciproca, come un evento produttivamente<br />

umano in senso relazionale.<br />

UN'EDUCAZIONE ALLA POLITICA<br />

E qui, cade opportuna un'altra osservazione, che ci rimanda ad un'intuizione del grande<br />

pedagogista della formazione morale Foerster, secondo il quale lo <strong>sport</strong> va inteso come una grande<br />

opportunità <strong>di</strong> educazione alla politica.<br />

E' noto invece lo slogan in virtù del quale lo <strong>sport</strong> viene ritenuto un antidoto all'interesse per la<br />

politica: se fosse vero, sarebbe in realtà un motivo, in una società democratica, per non praticarlo.


Lo <strong>sport</strong> educa alla politica in quanto esercizio <strong>di</strong>retto e concreto, oltre che stimolo <strong>di</strong><br />

simbolizzazione profonda, dell'esperienza della collaborazione nella <strong>di</strong>versità e nella concorrenza,<br />

percezione specifica della necessità dell'altro proprio in virtù della sua <strong>di</strong>fferenza, che me lo rende<br />

per l'appunto in<strong>di</strong>spensabile.<br />

Naturalmente, tutto questo si rende realmente attuale soltanto se lo <strong>sport</strong> viene praticato in un<br />

contesto educativamente calibrato al fine <strong>di</strong> fargli esprimere le sue potenzialità formative. Ancora<br />

una volta, non c'è niente <strong>di</strong> meccanico e <strong>di</strong> automatico, né in bene né in male, ma esiste soltanto<br />

l'in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> alternative che tocca a noi portare al loro compimento migliore.<br />

PUNTI DI ATTUAZIONE<br />

Torniamo allora brevemente allo <strong>sport</strong> amatoriale o ricreativo, intorno al quale mi pare importante<br />

segnalare qualche rischio meritevole <strong>di</strong> essere preso in considerazione.<br />

Cattivo protagonismo<br />

Il micro<strong>sport</strong> amatoriale, così come lo <strong>sport</strong> <strong>di</strong> vertice e quello professionistico, definisce un<br />

mondo nel quale la ricerca <strong>di</strong> protagonismo ha uno spazio <strong>di</strong> grande rilievo. Anche qui, è bene non<br />

porsi in un'ottica moralisticamente proclamatoria, in cui alle gran<strong>di</strong> affermazioni (sacrificio,<br />

altruismo, e così via) corrisponde troppo spesso una pratica <strong>di</strong> ben <strong>di</strong>verso segno (arrivismo,<br />

esclusivismo, ecc.). Così come non basta far rilevare che si tratta pur sempre <strong>di</strong> un mondo retto<br />

sul volontariato per pretendere l'assoluzione a priori.<br />

Ora, non c'è mente <strong>di</strong> male, <strong>di</strong> per sé, nella esigenza <strong>di</strong> protagonismo, ma occorre controllare molto<br />

accuratamente il limite che separa i comportamenti <strong>di</strong> donazione e <strong>di</strong> espansione corretta <strong>di</strong> sé da<br />

quelli <strong>di</strong> compensazione - io credo che il mondo della micro<strong>di</strong>rigenza <strong>sport</strong>iva, ad esempio,<br />

presenti molti <strong>di</strong> questi casi -, <strong>di</strong> rivalsa, <strong>di</strong> intrusione e, talvolta, anche <strong>di</strong> strumentalizzazione più<br />

o meno inconscia. Penso che occorra procedere ad una sincera analisi delle motivazioni che<br />

portano su questa strada.<br />

Eccesso <strong>di</strong> carismaticità<br />

L'esperienza dello <strong>sport</strong> organizzato (a macro o a micro livello non importa) è inevitabilmente<br />

aperta a questa connotazione: esiste il più bravo, il <strong>di</strong>vo, l'esempio trascinatore, il numero uno, il<br />

modello da seguire. E' inutile, credo, voler reagire a questo con atteggiamenti, o peggio ancora con<br />

pre<strong>di</strong>che o proclami, che non tengono conto della realtà dei fatti.<br />

L'unico intervento serio che si può attuare si colloca, da un lato, sul piano strettamente tecnico,<br />

dove bisogna creare situazioni in cui l'emergenza venga riconosciuta ma non esasperata, e,<br />

dall'altro, su quello della conduzione dei rapporti, dove occorre inserire il più possibile elementi <strong>di</strong><br />

controllo razionale sul terreno della professionalità.<br />

Di fatto, le associazioni in cui un <strong>di</strong>rigente minaccia tutti i minuti le <strong>di</strong>missioni per vedere "cosa<br />

succede se vado via" o le squadre in cui un'atleta fa i capricci per lo stesso motivo, denotano una<br />

preoccupante carenza <strong>di</strong> razionalità ed un'eccessiva fragilità sul piano dei controlli professionali.


Superficialità<br />

Credo che molto spesso lo <strong>sport</strong> venga apprezzato in maniera sbagliata, cioè non per i suoi valori<br />

autentici, che spero <strong>di</strong> essere riuscito a far vedere con sufficiente precisione, ma per motivi che<br />

finiscono per deprimere il senso e le funzioni più ricche: da molti, infatti, è inteso come una sorta<br />

<strong>di</strong> rifugio mentale anticipato contro le cose serie della vita, gli impegni gravosi, gli scontri con le<br />

realtà spiacevoli. In definitiva, come un'evasione o una zona <strong>di</strong> "droga positiva".<br />

Penso che, con questo, si commettano alcuni pericolosi errori <strong>di</strong> impostazione, che molte biografie<br />

<strong>sport</strong>ive, fra l'altro, documentano con molta chiarezza, poiché allora lo <strong>sport</strong>, invece <strong>di</strong><br />

rappresentare una fonte <strong>di</strong> forza, finisce con l'essere elemento <strong>di</strong> debolezza <strong>di</strong> fronte alla<br />

preparazione per la vita. In realtà l'attività <strong>sport</strong>iva deve collocarsi nel pieno <strong>di</strong> questo corso in<br />

un'assoluta continuità con tutte le altre esperienze <strong>di</strong> un'umanizzazione educativa (la famiglia, la<br />

scuola, il lavoro, la politica, ecc.) senza lasciar da parte in nessun modo il mondo.<br />

Mono<strong>di</strong>mensionalità<br />

Lo <strong>sport</strong> formativo non è mai tecnicamente uni<strong>di</strong>mensionale, orientato alla specializzazione<br />

finalizzata del gesto e dell'atteggiamento mentale, ma è sempre interessato al mantenimento <strong>di</strong> un<br />

certo grado <strong>di</strong> polivalenza il che non vuol <strong>di</strong>re rinuncia ad un serio or<strong>di</strong>namento dei<br />

comportamenti.<br />

E' facile per tutti, infatti, capire che nessuno vuole che i bambini si ammucchino per sempre alla<br />

rinfusa intorno al pallone, ma desta perplessità, tanto per fare un esempio, ascoltare gli or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong><br />

istruttori che danno subito ai bambini, con una rigorosità un po' fuori luogo, in<strong>di</strong>cazioni altamente<br />

specializzate, in cui si parla <strong>di</strong> "uomo" e <strong>di</strong> "fascia".<br />

Qual è, allora, l'esatto equilibrio da mantenere fra il clima <strong>di</strong> "gioco" e quello <strong>di</strong> "lavoro"? E' una<br />

domanda alla quale si può rispondere avvertendo <strong>di</strong> fare attenzione contemporaneamente a due<br />

punti <strong>di</strong> osservazione, costituiti, da una parte, dalla sod<strong>di</strong>sfazione che proviene dalla competenza<br />

(il saper fare bene le cose) e, dall'altra, dal mantenimento della sensazione <strong>di</strong> felicità e <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stensione psicologica E' opportuno, ancora. richiamare l'attenzione sullo <strong>sport</strong> come esperienza<br />

<strong>di</strong> oggettivazione, luogo <strong>di</strong> verifica senza attenuazioni e senza velature del prodotto e del risultato<br />

ottenuto, lezione dell'evidenza. Il gesto e l'atto motorio, infatti, hanno in sé stessi il loro metro, al<br />

quale non mi posso sottrarre: sono andato da qui fin lì, sono stato in pie<strong>di</strong> o sono caduto, ho<br />

raccolto il passaggio o l'ho perso, ecc. L'azione <strong>sport</strong>iva non consente mascheratura, ma è una<br />

continua occasione <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo fra il soggetto ed i fatti.<br />

Iperverbalità<br />

Bisogna purtroppo <strong>di</strong>re, a questo proposito, che ormai si assiste, attraverso la <strong>di</strong>ffusione dello<br />

<strong>sport</strong> registrato e <strong>di</strong> quello parlato, ad un continuo stravolgimento <strong>di</strong> questa naturale ed imme<strong>di</strong>ata<br />

potenzialità poiché la chiacchiera <strong>sport</strong>iva, vanamente alimentata riesce persino a far smarrire la<br />

nozione oggettivamente reale <strong>di</strong> quel che è avvenuto: che il rapporto c'è, ad esempio, fra gli eventi<br />

della domenica e le ricostruzioni del lunedì? Gli uomini sul prato verde corrispondono veramente<br />

ai fantasmi che compaiono sullo schermo? Diventa sempre più necessario, quin<strong>di</strong>, preparare alla<br />

critica applicata allo <strong>sport</strong> come a qualsiasi altra espressione della produzione culturale simbolica,


in modo che la nebbia delle parole e delle immagini riesca ad essere decifrata e riportata alla<br />

chiarezza del concetto e del giu<strong>di</strong>zio personale.<br />

Occorre, quin<strong>di</strong>, accompagnare sempre la pratica alla riflessione, l'imme<strong>di</strong>atezza del fatto alla<br />

me<strong>di</strong>tazione del pensiero, l'immersione nell'esperienza viva al <strong>di</strong>stanziamento della presa <strong>di</strong><br />

coscienza valutante.<br />

ALCUNI ORIENTAMENTI<br />

Per completare l'analisi, <strong>di</strong>rò inoltre che è in<strong>di</strong>spensabile includere l'esercizio educativo dello <strong>sport</strong><br />

in una visione organizzativamente complessa, per la quale sono utili alcuni richiami.<br />

* Attenzione a non confondere una squadra efficiente, per intenderci quella che vince, con un<br />

valido gruppo <strong>di</strong> ragazzi, adolescenti e giovani. Le due realtà non sono necessariamente<br />

sovrapponibili, poiché la costituzione <strong>di</strong> un gruppo, soprattutto <strong>di</strong> un gruppo a cui chiedere forza<br />

<strong>di</strong> trazione educativa, è il risultato <strong>di</strong> un lungo e specifico lavoro, che esige dagli adulti una precisa<br />

ed essenziale responsabilità.<br />

* Le regole <strong>di</strong> natura tecnica devono venire, se necessario, ritoccate <strong>di</strong> quel tanto che consente <strong>di</strong><br />

conseguire gli obiettivi ritenuti educativamente importanti. Ad esempio, non escludere il più<br />

possibilmente nessuno, garantire al maggior numero <strong>di</strong> ragazzi qualche possibilità <strong>di</strong> successo o<br />

comunque <strong>di</strong> apprezzamento, non penalizzare troppo precocemente chi non ha requisiti fisici <strong>di</strong><br />

eccellenza, ecc..<br />

* Le regole comportamentali vanno fissate con precisione per tutti, pubblico compreso e si deve,<br />

a pena <strong>di</strong> sospendere l'attività, pretenderne un rigoroso rispetto.<br />

* Strutturare un campo <strong>di</strong> opportunità il più esteso possibile, in modo che sia possibile, a<br />

seconda delle esigenze e delle opzioni preferenziali <strong>di</strong> ciascuno, trovare occasioni <strong>di</strong> esercizio sia<br />

negli <strong>sport</strong> in<strong>di</strong>viduali che in quelli <strong>di</strong> squadra.<br />

* Le intese organizzative generali, nel caso <strong>di</strong> tornei, devono anche tener conto degli obiettivi<br />

educativi, ed essere tassativamente <strong>di</strong>fese, in modo da ottenere l'osservanza dello stile desiderato<br />

senza bisogno <strong>di</strong> ricorrere ad ulteriori incentivi agonistici (coppe <strong>di</strong>sciplina e simili), che appaiono<br />

veramente deboli sul piano dell'ispirazione pedagogica.<br />

* Tutte le componenti del sistema agonistico-educativo devono essere attivamente coinvolte<br />

nell'impegno formativo. Ciascuna <strong>di</strong> esse (arbitri compresi, che hanno un ruolo pedagogico molto<br />

più importante <strong>di</strong> quanto sembri: basta pensare che il loro stile <strong>di</strong> comando trasmette un'immagine<br />

della forma <strong>di</strong> esercizio dell'autorità) deve adeguare l'interpretazione del suoi compiti e delle sue<br />

funzioni alla luce del progetto da testimoniare.<br />

Lo <strong>sport</strong>, insomma, non e mai educativo <strong>di</strong> per sé, ma lo <strong>di</strong>venta solo a certe con<strong>di</strong>zioni.<br />

Che speriamo <strong>di</strong> avere illustrato a sufficienza.<br />

CON DON BOSCO<br />

In quali termini può, tutto questo, venire riportato anche a quella che possiamo considerare<br />

l'originaria matrice del metodo preventivo, vale a <strong>di</strong>re la testimonianza <strong>di</strong>retta dell'azione educativa<br />

<strong>di</strong> Don Bosco? Ovviamente, la mia domanda non nasce da un approccio salesiano "interno" (per il


quale sono ben più adatti ed autorevoli altri contributi), ma dalla esigenza tecnica <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare un<br />

ulteriore elemento <strong>di</strong> sostegno al <strong>di</strong>scorso fatto. Innanzitutto, si deve <strong>di</strong>re che lo <strong>sport</strong> è stato<br />

presente nella esperienza, nella mentalità, nella pratica e perfino nella struttura personale <strong>di</strong> Don<br />

Bosco, vale a <strong>di</strong>re nella sua "avventura <strong>di</strong> vita" intesa nella più piena e completa estensione del<br />

riferimento.<br />

Vale a <strong>di</strong>re che lo <strong>sport</strong> (ovviamente, nelle forme e nei mo<strong>di</strong> allora accessibili) è un ingre<strong>di</strong>ente del<br />

tutto a suo agio in quello straor<strong>di</strong>nario repertorio <strong>di</strong> cose della vita <strong>di</strong> tutti i giorni (la fatica, lo<br />

stu<strong>di</strong>o, l'allegria, il lavoro, il dolore, il pericolo, la gioia...) <strong>di</strong> cui la pedagogia <strong>di</strong> Don Bosco sa<br />

essere raccoglitore e contenitore: ed è in questo senso, cioè come messaggio ed appello che<br />

proviene <strong>di</strong>rettamente dai sentieri della vita, che l'occasione dello <strong>sport</strong> va capita e giocata per<br />

trasformarla in sereno ed efficace lavoro formativo.<br />

D'altronde, capire, giocare e lavorare sono i tre fondamentali linguaggi che tutti i gran<strong>di</strong> educatori -<br />

Don Bosco tra questi - ci rimandano: non ci resta che riascoltarli e proseguire, per quel che ci<br />

compete, il <strong>di</strong>scorso.<br />

Il saluto del Presidente del CNOS<br />

Come presidente del CNOS vorrei semplicemente darvi la testimonianza del buon lavoro che state<br />

facendo e che avete fatto. L'Assemblea con i suoi partecipanti mi da davvero il senso della<br />

maturazione nello spirito salesiano e <strong>sport</strong>ivo che dovrebbe caratterizzare prettamente la vostra<br />

opera, e credo che questa sia la testimonianza più bella: state lavorando, state camminando bene.<br />

Si tratta adesso <strong>di</strong> continuare, <strong>di</strong> procedere, <strong>di</strong> andare avanti, e credo che per andare avanti<br />

davvero sia stata una buona scelta in questa Assemblea <strong>di</strong> prendere come tema <strong>di</strong> riflessione:<br />

l'evangelizzazione e l'educazione.<br />

L'educazione che per essere piena e completa come esige il nostro Statuto, deve arrivare alla<br />

evangelizzazione. Credo però, ed è l'unica cosa su cui vorrei fare una sottolineatura, che il segreto<br />

per poter arrivare a questa meta, sia la vita associativa, vissuta seriamente, dove il ragazzo viene<br />

aiutato, sostenuto e accolto nei suoi interessi fino a che questi interessi arrivano alla maturità.<br />

Vi auguro <strong>di</strong> procedere su questa strada, veramente in conformità con quelle che sono le vostre<br />

intenzioni e i vostri meto<strong>di</strong>.<br />

Grazie e auguri per il vostro lavoro. Come presidente del CNOS vorrei semplicemente darvi la<br />

testimonianza del buon lavoro che state facendo e che avete fatto. L'Assemblea con i suoi<br />

partecipanti mi da davvero il senso della maturazione nello spirito salesiano e <strong>sport</strong>ivo che<br />

dovrebbe caratterizzare prettamente la vostra opera, e credo che questa sia la testimonianza più<br />

bella: state lavorando, state camminando bene. Si tratta adesso <strong>di</strong> continuare, <strong>di</strong> procedere, <strong>di</strong><br />

andare avanti, e credo che per andare avanti davvero sia stata una buona scelta in questa<br />

Assemblea <strong>di</strong> prendere come tema <strong>di</strong> riflessione: l'evangelizzazione e l'educazione.<br />

L'educazione che per essere piena e completa come esige il nostro Statuto, deve arrivare alla<br />

evangelizzazione.<br />

Credo però, ed è l'unica cosa su cui vorrei fare una sottolineatura, che il segreto per poter arrivare<br />

a questa meta, sia la vita associativa, vissuta seriamente, dove il ragazzo viene aiutato, sostenuto e<br />

accolto nei suoi interessi fino a che questi interessi arrivano alla maturità.


Vi auguro <strong>di</strong> procedere su questa strada, veramente in conformità con quelle che sono le vostre<br />

intenzioni e i vostri meto<strong>di</strong>.<br />

Grazie e auguri per il vostro lavoro.<br />

Don Felice Fizzini<br />

Il saluto della Presidente del CIOFS<br />

Vorrei consegnarvi tre flash.<br />

Il primo è il saluto a nome delle venti ispettrici italiane, <strong>di</strong> Madre Elisabetta incaricata della<br />

pastorale, e della Madre Generale, che stanno a Roma in una Assemblea mon<strong>di</strong>ale che vede<br />

presenti 177 suore <strong>di</strong> circa 50 nazioni: da quelle nere, nere, nere, fino a quelle bianche, bianche,<br />

bianche. Tutte mi hanno proprio incaricato <strong>di</strong> darvi questo saluto.<br />

Il secondo flash è quello che vorrei fosse molto più lungo, e che durasse per tutta l'eternità, ed è il<br />

grazie immenso che l'Istituto sente per ognuno <strong>di</strong> voi, soprattutto per i collaboratori laici che ci<br />

hanno aiutato in questi primi venti anni delle <strong>PGS</strong> femminili. E' un grazie che si fa preghiera<br />

particolarissima per ciascuno <strong>di</strong> voi e per ciascuna delle vostre famiglie, per ciò che vi sta più a<br />

cuore. E' un grazie che vorrei fosse lungo quanto l'eternità.<br />

Il terzo flash: due anni fa, ho parlato all'Assemblea, con molto calore dell'apertura all'Europa. Oggi<br />

vi consegno un altro mio sogno, ma non credo sia solo il mio, (ed in questo credo proprio <strong>di</strong> essere<br />

una brava figlia <strong>di</strong> Don Bosco): il sogno che quelli <strong>di</strong> voi più giovani possono vedere tra una<br />

ventina <strong>di</strong> anni le <strong>PGS</strong> a livello mon<strong>di</strong>ale, quando le <strong>PGS</strong> accoglieranno nelle loro assemblee gente<br />

<strong>di</strong> tutti i colori dall'estremo oriente all'estremo occidente, dal polo Nord al polo Sud.<br />

A me sembra che il vero messaggio del carisma <strong>di</strong> Don Bosco sia quello <strong>di</strong> operare per la salvezza<br />

totale dei giovani partendo dai loro interessi. Don Bosco non si è limitato all'<strong>Italia</strong> o all'Europa,<br />

ma ha sognato tutto il mondo e vi devo <strong>di</strong>re che sono convinta che questo sogno si sta<br />

realizzando. Proprio l'estate scorsa in una breve visita in Polonia, ho sentito che persino nella<br />

Russia ormai c'è gente che si prepara per una vocazione salesiana.<br />

Quin<strong>di</strong> consegno questo sogno a voi, soprattutto ai più giovani, perché ci vorrà un po' <strong>di</strong> tempo<br />

per realizzarlo. Probabilmente noi anziani vi contempleremo dal cielo e pregheremo per tutti voi.<br />

Suor Vera Vorlovà

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