TRE PUNTI E UNA LINEA - Liceo Scientifico A.Bafile
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Walter Cavalieri<br />
<strong>TRE</strong> <strong>PUNTI</strong><br />
E <strong>UNA</strong> <strong>LINEA</strong><br />
LA STORIA ATTRAVERSO LA RADIO
2<br />
SOMMARIO<br />
• Un segno della modernità<br />
• La radiodiffusione nella società di massa<br />
• La radio strumento di controllo totalitario<br />
• Verso una nuova guerra<br />
• La radio nella seconda guerra mondiale : la<br />
“guerra delle onde”<br />
• Radio Londra e la Resistenza<br />
• La radio come sinonimo di libertà<br />
• Radio e guerra fredda<br />
• L’avvento della televisione e la risposta della<br />
radio<br />
• Nascono le radio “libere”<br />
• Dalle “radio libere” alle “radio private”<br />
• La radio nel nuovo Millennio
Un segno della modernità<br />
3<br />
Pochi mezzi di comunicazione sono stati così popolari e hanno avuto una storia tanto<br />
ricca alle spalle come quella che può vantare la radio. Dalla sua nascita, infatti, la<br />
radio ha rappresentato un fondamentale strumento di comunicazione, d’informazione<br />
e di intrattenimento, e la sua voce ha lasciato tracce importanti nella società e nella<br />
cultura, veicolando idee e contribuendo alla formazione del pensiero.<br />
Eppure, è trascorso poco più di un secolo da quando – il 24 dicembre 1906 – il<br />
professore d’ingegneria di origine canadese Reginald Aubrey Fessender trasmise il<br />
primo programma radiofonico con parole e musica, dal suo laboratorio di Brant Rock<br />
sulla costa del Massachussets : un vero miracolo, considerando che i primissimi<br />
esperimenti di Marconi erano avvenuti appena qualche anno prima.<br />
I rapidissimi progressi nel campo delle comunicazioni (si ricordi che, grazie agli studi<br />
sull’elettricità, nel 1844 era stato inventato il telegrafo e che nel 1877 erano nati<br />
telefono, fonografo e grammofono), avevano dunque investito anche la radiofonia,<br />
dando un’ulteriore prova di come lo sviluppo scientifico e tecnologico potesse<br />
produrre in tempi brevissimi sorprendenti effetti sulla qualità della vita.<br />
In questa “belle epoque”, segnata da un ottimismo dilagante e da una smisurata<br />
fiducia nella scienza, gli amministratori del Comune di Bologna avevano voluto<br />
apporre questa targa sulla casa natale di Guglielmo Marconi: Qui nacque Guglielmo<br />
Marconi che su le onde della elettricità primo lanciò la parola senza l’ausilio di cavi<br />
e di fili da un emisfero all’altro a beneficio della umanità civile e a gloria della<br />
Patria. Bologna 1907.”<br />
L’invenzione della radio si inquadrava perfettamente in questo luminoso scenario<br />
positivista. L’elettricità aveva mutato profondamente non solo il modo di produrre le<br />
merci ma i costumi stessi degli uomini : i ritmi antichi della notte e del giorno, già<br />
scompaginati dall’illuminazione a gas, erano definitivamente spezzati; le distanze<br />
divenivano sempre più piccole e la rapidità nelle comunicazioni tendeva ad<br />
annullarle. L’intero mondo s’avviava a divenire un punto.<br />
Dal 1904, durante la guerra russo-giapponese, la radio era diventata d’uso comune<br />
sulle navi e dal 1908 obbligatoria su quelle civili. Eppure, nell’aprile 1912 una delle<br />
prime navi a lanciare via radio il disperato segnale di soccorso SOS (Save Our Souls)<br />
fu proprio quel “Titanic” che, infrangendosi contro un iceberg durante il suo viaggio<br />
inaugurale, avrebbe metaforicamente preannunciato l’imminente naufragio del<br />
mondo intero nel baratro della Grande Guerra.<br />
Naturalmente, con lo scoppio del conflitto, gli esperimenti di radiodiffusione furono<br />
sospesi per ragioni di sicurezza militare in tutte le nazioni belligeranti, dove le<br />
stazioni furono chiuse e le apparecchiature trasmittenti requisite dalle autorità.<br />
E poiché ciò che restava della ricerca e del progresso tecnologico in genere veniva<br />
tutto orientato a soddisfare le esigenze della macchina militare, anche la telegrafia<br />
senza fili, fino allora impiegata soprattutto dalle marine militari, fu estesa ai
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collegamenti fra le unità combattenti di terra. Inoltre, le necessità militari<br />
aumentarono il numero e la potenza dei radiotrasmettitori e sollecitarono anche lo<br />
sviluppo della radiogoniometria.<br />
La radiodiffusione nella società di massa<br />
Tuttavia nel 1917, mentre l’Europa era in guerra, nei lontani Stati Uniti d’America si<br />
svolgevano le prime esperienze di radiodiffusione circolare, cioè di trasmissione non<br />
fra singoli soggetti (comunicazione “uno-a-uno”, simile a quella del telefono), ma<br />
irradiata ad un pubblico fornito di numerosi apparecchi riceventi.<br />
Inoltre, appena terminato il conflitto, nell’euforia del dopoguerra, un po’ in tutto il<br />
mondo numerosi giovani che sui campi di battaglia avevano acquisito nuove<br />
cognizioni tecniche operando con le apparecchiature militari di radiotelegrafia, si<br />
dedicarono alla costruzione di piccole stazioni trasmittenti e riceventi.<br />
David Sarnoff, il radiotelegrafista di origine russa della Marconi Wireless Company<br />
che aveva ricevuto l’SOS del “Titanic”, dichiarò esplicitamente: “Ho in mente un<br />
piano di sviluppo che farebbe della radio un apparecchio d’uso domestico come lo<br />
sono il pianoforte o il fonografo. L’idea è di portare nelle case la musica attraverso<br />
la radio”. Grazie alle sue idee e al suo spirito di iniziativa, Sarnoff ottenne<br />
promozioni fulminanti all’interno della Compagnia, sino ai vertici dell’azienda, e nel<br />
1919, quando la General Electric fondò la RCA, ne venne nominato presidente<br />
Ciò avveniva nonostante il fatto che in ogni paese le autorità militari non vedessero di<br />
buon occhio queste sperimentazioni e cercassero anzi di opporvisi con ogni mezzo,<br />
soprattutto facendo pressione sui governi e sui parlamenti affinché le radiodiffusioni<br />
venissero regolamentate con severi controlli e limitazioni, in quanto materia<br />
strettamente militare.<br />
Soprattutto nei paesi europei fu abbastanza frequente l’emanazione di leggi<br />
fortemente limitative, mentre negli Stati Uniti, paese libertario per eccellenza, il<br />
governo lasciò una sufficiente libertà all’entusiasmo dei radioamatori che si<br />
moltiplicavano di giorno in giorno e, verso la fine del 1919, erano già più di<br />
diecimila.<br />
Non deve sorprendere quindi che negli USA, e precisamente negli stabilimenti della<br />
Westinghouse di Pittsburg (Pennsylvania) nascesse nel 1920 la prima vera stazione<br />
radio della storia con regolari trasmissioni (la KDKA, tuttora in attività), il cui<br />
servizio inaugurale consistette in una radiocronaca politica in diretta dell’Associated<br />
Press sul secondo turno delle elezioni presidenziali americane, che vedevano<br />
contrapporsi le candidature di James Cox e Warren G. Harding. Le informazioni<br />
sull’andamento della lotta dei due candidati e la notizia della vittoria di Harding<br />
vennero ascoltate in quasi tutti gli States, grazie anche ad un’antenna trasmittente<br />
fissata ad un pallone frenato.<br />
Benchè si calcoli che gli apparecchi sintonizzati sulla KDKA fossero meno di un<br />
migliaio, l’avvenimento ebbe una grande risonanza e stimolò importanti aziende<br />
come la Westinghouse a costruire nuove stazioni radio a New York, a Chicago, a<br />
Springfield. Come in tutte le grandi iniziative, anche stavolta la spinta decisiva la
5<br />
dettero gli imprenditori, sia coloro che aprendo nuove emittenti realizzavano lauti<br />
guadagni mediante l’offerta di spazi pubblicitari (la KDKA di Pittsburg ne offriva già<br />
a 10 dollari al minuto), sia coloro che mediante la pubblicità radiofonica davano<br />
impulso alle proprie attività (il primo cliente fu un imprenditore edile, subito imitato<br />
da oltre cento aziende).<br />
Su queste basi, era ormai decollato il concetto di “broadcasting”, cioè di una<br />
trasmissione diffusa, immediata, simultanea e su ampia scala destinata ad un’utenza<br />
domestica. Questa tappa decisiva sul cammino della società di massa rappresentava la<br />
più grande rivoluzione nel campo delle comunicazioni dopo l’invenzione della<br />
stampa. Attraverso la radio, la comunicazione via etere di musica, spettacoli e<br />
informazioni si era fatta più capillare e quotidiana ed entrava direttamente nello<br />
spazio privato delle case, prescindendo da ogni differenza di ceto, di istruzione e di<br />
opinione. A differenza della folla, la massa degli utenti della radio (come sarà poi<br />
quella della stessa televisione) era infatti ad un tempo concentrata e dispersa :<br />
concentrata nel tempo, ma dispersa nello spazio e atomizzata nel privato delle<br />
famiglie e degli individui. E mentre la radio - come ha scritto uno dei suoi primi<br />
teorici (lo psicologo tedesco Rudolf Arnheim) - iniziava ad “organizzare il mondo<br />
per l’orecchio”, la stampa veniva ridimensionata dalla velocità del nuovo mezzo e<br />
destinata ad acquisire un ruolo di approfondimento e di commento.<br />
La frenetica corsa alla radio era ormai inarrestabile, anche grazie alla<br />
commercializzazione da parte della RCA di ricevitori a cristalli di galena da appena<br />
25 dollari, reclamizzati come “la radio per tutti: più piccola di una macchina<br />
fotografica, più semplice di un binocolo, più divertente di un film”. In realtà si<br />
trattava ancora di voluminosi ricevitori collegati ad un massimo di due cuffie grandi<br />
come quelle dei telegrafisti. Ma era evidente che il successo economico della radio<br />
dipendeva non dall’acquisto dei ricchi, che ne facevano un costoso arredo per le loro<br />
case patrizie, ma dalla massa degli acquirenti meno facoltosi che non potevano<br />
permettersi di frequentare teatri o concerti.<br />
Si stima che già nel 1921 gli apparecchi esistenti negli USA fossero circa 50.000, nel<br />
1922 mezzo milione e nel 1924 un milione e mezzo. In un paese che aveva superato<br />
la depressione postbellica e che aveva scoperto i vantaggi della standardizzazione e<br />
della vendita rateale, la radio si andava quindi già affermando nella vita quotidiana<br />
insieme ad altri prodotti industriali come l’automobile, il frigorifero o l’aspirapolvere.<br />
Anche le stazioni trasmittenti americane che nel 1921 erano 60, salivano l’anno<br />
successivo a 382, nel 1923 erano 573 e diventavano 1.105 nel 1924. Questa<br />
situazione, peraltro, apportava disagi notevoli alla ricezione, a causa dell’eccessivo<br />
affollamento di stazioni che interferivano tra loro nell’utilizzo delle bande di<br />
frequenza, prossime alla saturazione.<br />
In materia di conquista delle frequenze soprattutto il mercato fece la sua parte,<br />
giacché le grandi compagnie di radiodiffusione si accaparrarono il grosso degli<br />
introiti pubblicitari, costringendo a chiudere 572 piccole stazioni americane.<br />
Ma non mancarono interventi statali : una Conferenza nazionale della Radio, indetta<br />
nel 1922, cercò infatti di mettere un po’ d’ordine disciplinando le concessioni,<br />
fissando una potenza minima e una massima di emissione e mettendo in atto un piano
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di assegnazione delle frequenze di trasmissione. Inoltre, con il Radio Act del 1927,<br />
che sanciva il controllo tecnico del Governo americano sulle stazioni attraverso una<br />
Commissione federale, si riuscì a disciplinare definitivamente le radiodiffusioni,<br />
riducendo le stazioni a 606 entro il 1929.<br />
Era ormai chiaro che la radiofonia era divenuta una delle più grandi imprese<br />
commerciali, oltre che un potente e innovativo strumento di potere politico e<br />
culturale, e l’Europa – dove più che altrove la guerra aveva rivelato le grandi<br />
potenzialità delle comunicazioni di massa - non tardò a comprendere l’importanza<br />
della radio e il perché del suo successo oltre Oceano.<br />
I primi fermenti si verificarono in Inghilterra dove, nonostante l’opposizione del<br />
governo (il Direttore Generale delle Poste britanniche espresse la propria<br />
indignazione per il frivolo uso che si voleva fare di un servizio nazionale), l’opinione<br />
pubblica impose nel 1922 la nascita di una emittente radiofonica inglese.<br />
Il governo di Londra, tuttavia, temendo che un mezzo così importante fosse<br />
abbandonato al caos dell’etere (come stava accadendo negli Stati Uniti), si pronunciò<br />
subito a favore di un sistema centralizzato di controllo, affidato ad una società di<br />
pubblica utilità senza fini di lucro, libera da interessi unicamente commerciali,<br />
concessionaria in esclusiva del servizio pubblico di radiodiffusione per tutta la Gran<br />
Bretagna e l’Irlanda del Nord : la BBC (British Broadcasting Corporation)<br />
rappresentava dunque il primo esempio nella storia di un monopolio radiofonico<br />
pubblico. In breve tutta l’Europa avrebbe imitato questo modello monopolistico, a<br />
differenza degli Stati Uniti ove, sebbene regolamentata, resisteva la logica della<br />
concorrenza e della libertà commerciale.<br />
Anche in Francia (dove le trasmissioni radio erano iniziate nel 1921 da un’emittente<br />
installata sulla Torre Eiffel) un decreto del novembre ‘23 considerava la radiofonia<br />
un monopolio di Stato, inducendo varie società private sorte spontaneamente a<br />
raggrupparsi in un unico ente. Sempre nel 1923 si verificava in Francia il primo caso<br />
di censura radiofonica della storia, a spese del giornalista Léo Poldès che trasmetteva<br />
dall’emittente privata France Radiola fondata nel 1922 da Emile Girardeau, e subito<br />
dopo rinominata Radio Paris.<br />
Naturalmente la Germania segnava un netto ritardo nello sviluppo della radiofonia, a<br />
causa della difficilissima situazione economica conseguente alla guerra perduta e alle<br />
pesantissime clausole del trattato di pace. Basti dire che nel novembre del 1923 la<br />
Germania contava appena 100.000 apparecchi riceventi contro i 900.000 degli Stati<br />
Uniti, i 490.000 dell’Inghilterra e i 250.000 della Francia.<br />
La radio strumento di controllo totalitario<br />
Per quanto riguarda l’Italia - patria di Marconi (premio Nobel per la Fisica nel 1909)<br />
- paradossalmente si era invece ancora molto scettici sulla possibilità di una<br />
radiofonia ad uso civile, soprattutto perché una legge del 1910 la considerava<br />
strumento ad uso esclusivamente militare.
7<br />
Esistevano tuttavia anche altre leggi e decreti che stabilivano nella sostanza che<br />
“l’impianto e l’esercizio di comunicazioni per mezzo di onde elettromagnetiche senza<br />
l’uso di fili sono riservati allo Stato, con facoltà del governo di accordarli in<br />
concessione”. Il risultato era che agli inizi degli anni Venti, benché non mancassero<br />
domande di concessioni di frequenze, non esisteva ancora una sola stazione italiana<br />
che trasmettesse programmi destinati al pubblico. Il che spiega il prolungato successo<br />
della società «L'Araldo telefonico» che dal 1918 trasmetteva informazioni via-filo<br />
attraverso una rete di trecento chilometri di linee aeree.<br />
Fu Benito Mussolini, su sollecitazione di Costanzo Ciano, vecchio amico di Marconi<br />
e capo del nuovo Ministero fascista delle Comunicazioni (che riuniva le<br />
amministrazioni delle ferrovie, delle poste e telegrafi, dei telefoni e della marina<br />
mercantile), a decidere nell’agosto 1924 la nascita anche in Italia di una radiofonia ad<br />
uso civile, sotto il controllo di una concessionaria monopolistica “all’inglese”<br />
chiamata URI (Unione Radiofonica Italiana).<br />
Quale ente esclusivo preposto alle radiofonia, affidabile politicamente e indipendente<br />
da condizionamenti stranieri, l’URI unificava varie società di broadcasting che fin<br />
dall’inizio degli anni Venti si contendevano le licenze di emissione, come la<br />
Radiofono, la Marconi’s Wireless Telegraph (multinazionale fondata in Gran<br />
Bretagna dallo stesso Marconi), la SIRAC (Società Italiana Radio Audizioni<br />
Circolari, nata dall’americana Western Electric) e la Radioaraldo. Presidente<br />
dell’URI (il cui capitale sociale ammontava a 1.400.000 lire) fu nominato Enrico<br />
Marchesi, un manager di sicura fama, già direttore amministrativo della FIAT. Grazie<br />
alla nascita dell’URI, già nel marzo 1924 si tentò di far udire alla radio la voce di<br />
Mussolini durante un suo discorso al teatro Costanzi di Roma.<br />
Ma la prima trasmissione radiofonica italiana venne emanata da uno studio<br />
improvvisato nel quartiere Parioli di Roma alle ore 21 del 6 ottobre 1924. Si trattava<br />
di un concerto inaugurale di Haydn, presentato dalla voce di una delle esecutrici (Ines<br />
Viviani Donarelli) e concluso dalle note di Giovinezza. Da allora una lunga<br />
generazione di annunciatrici, a partire da Maria Luisa Boncompagni, scandirà le<br />
emissioni dell’ente radiofonico di Stato.<br />
In verità Mussolini, formatosi come giornalista della carta stampata e amante del<br />
contatto diretto con le folle, non comprese subito l’importanza della “scatola<br />
parlante”, al contrario dei maggiori imprenditori industriali del Paese, fra cui il<br />
fondatore della FIAT Giovanni Agnelli (già proprietario del “Resto del Carlino” e del<br />
“Corriere Italiano”). Alla luce di un sano pragmatismo, i dubbi di Mussolini sulle<br />
potenzialità della radio parevano in realtà ben fondati ove si pensi che in parecchie<br />
zone d’Italia non si captavano i segnali radio e che non esistevano neanche le linee<br />
elettriche, che gli apparecchi radio erano ancora molto costosi e che poche persone<br />
erano in grado di comprenderne il linguaggio (erano pochissimi i lettori di quotidiani,<br />
mentre era alto il numero degli analfabeti, dei semianalfabeti e di coloro che si<br />
esprimevano solo in dialetto).<br />
Dunque inizialmente, mediante la scelta monopolistica, il regime si preoccupò<br />
unicamente di esercitare una funzione repressiva sulla radio, controllandone i<br />
contenuti (soprattutto nell’ambito dell’informazione, la cui unica fonte designata dal
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governo era la prestigiosa Agenzia giornalistica Stefani fondata da Cavour nel 1853),<br />
e traendone delle risorse economiche mediante la pubblicità e l’imposizione agli<br />
utenti di un canone di abbonamento.<br />
In breve tempo, tuttavia, il fascismo comprese pienamente che il nuovo mezzo<br />
poteva diventare per il regime anche un potente strumento di propaganda e di<br />
controllo politico. Entusiasta per il successo del suo radiodiscorso in occasione della<br />
battaglia del grano (10 ottobre ’26) Mussolini era stato chiaro : “Ogni villaggio deve<br />
avere la radio. Una radio in ogni scuola, in ogni dopolavoro, in ogni casa”.<br />
Da allora, nuove consistenti risorse furono investite nella radiofonia, mediante la<br />
costituzione della SIPRA (società che raccoglieva le risorse pubblicitarie), l’apertura<br />
di nuove sedi a Milano, Napoli e Torino, nonché la trasformazione nel gennaio 1928<br />
dell’URI in EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche). Nonostante il<br />
cambio del nome, gli azionisti di maggioranza rimasero sostanzialmente invariati: il<br />
gruppo Marconi, la SIRAC, la FIAT, i gruppi finanziari della SIPRA.<br />
In linea con le direttive del duce, il neonato Ente di Stato compì in pochissimi anni un<br />
grande sforzo di adeguamento tecnico e organizzativo per incentivare il numero degli<br />
abbonati radiofonici, aprendo nuove stazioni a Roma, Genova, Bolzano, Firenze,<br />
Napoli, Palermo, Trieste e Torino, e promuovendo ovunque l’ascolto privato o quello<br />
collettivo nei luoghi pubblici (scuole, ospedali, uffici, centri ricreativi). Per<br />
comunicare al pubblico il programma delle trasmissioni, veniva anche fondato il<br />
settimanale "Radiorario", che poi cambierà nome in "Radiocorriere". In effetti, gli<br />
abbonati alla radio salirono dai 26.000 del 1926 ai 62.000 del 1928 (prevalentemente<br />
nelle regioni settentrionali e nelle aree urbane e industriali), ma l’Italia era ancora<br />
molto indietro rispetto agli altri paesi : basti dire, il che è per certi versi sorprendente,<br />
che all’epoca in Italia gli apparecchi radio erano molto meno delle automobili!<br />
Nel 1928 la radio rendeva intanto possibile lo spettacolare salvataggio dei naufraghi<br />
del dirigibile “Italia” di Umberto Nobile, schiantatosi sulla calotta polare durante una<br />
violenta tempesta.<br />
Nell’ottobre del 1929 andava in onda da Milano il primo “Giornale parlato” a<br />
diffusione nazionale (un giornale-radio che ripercorreva semplicemente le notizie dei<br />
quotidiani), mentre una vera e propria leva di “voci littorie” (radiocronisti e<br />
annunciatori), nonché registi e tecnici venivano formati in appositi Centri di<br />
Preparazione Radiofonica a cura del Ministero dell’Educazione.<br />
Via via che si procedeva su questa strada, venivano anche perfezionati i primi<br />
modelli di vere e proprie teorie della propaganda, con la produzione su larga scala di<br />
messaggi funzionali alla “fabbrica del consenso” e alla mobilitazione delle masse<br />
(grandi amplificatori a tromba campeggiavano nelle piazze per diffondere i discorsi<br />
del duce nel corso dei raduni oceanici del regime). Pur essendo estranea alle<br />
dinamiche spettacolarizzanti che sono invece comuni ad altre forme della<br />
comunicazione propagandistica, la propaganda radiofonica rivelava infatti un forza<br />
d’impatto difficilmente paragonabile ad esse.<br />
Moderna e veloce, incarnazione della "spinta al progresso" insita nel movimento<br />
fascista, la radio si rivelava uno strumento di persuasione e d’indottrinamento sempre<br />
più efficace per diffondere i valori ideologici basilari del regime. Oltre che con le
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immagini dei cinegiornali Luce, con le corrispondenze dei quotidiani e con una<br />
copiosa produzione editoriale, il fascismo realizzò mediante i servizi radiofonici un<br />
autentico “bombardamento” ideologico-propagandistico, i cui moduli fondamentali<br />
richiamavano la necessità di combattere il bolscevismo, fomentatore di anarchia, di<br />
disordine e portatore di barbarie.<br />
Tuttavia, in linea con quanto accadeva in altri paesi, la seriosità della radio italiana<br />
dei primi anni (fatta soprattutto di informazione, concerti e teatro) veniva<br />
progressivamente a stemperarsi con l’introduzione di programmi di varietà, di cabaret<br />
e di sport, ai quali davano voce artisti come Vittorio De Sica, direttori d’orchestra<br />
come Pippo Barzizza e radiocronisti sportivi come Niccolò Carosio. La radio iniziava<br />
inoltre a trasmettere brevi bollettini meteorologici, canzonette di successo, imitazioni<br />
di famosi personaggi, notizie di borsa, lezioni di galateo, fiabe per bambini.<br />
Facendo propria la semplice ed efficace formula coniata dal padre della BBC John<br />
Reith (“informare, educare, divertire”), l’EIAR scelse infatti di coniugare<br />
informazione, divertimento e cultura, anche per invogliare il cittadino all’acquisto<br />
dell’apparecchio radiofonico, che entrava sempre più spesso nelle case italiane, pur<br />
rimanendo a lungo uno status symbol a causa del suo costo e del pagamento del<br />
canone (il costo di un moderno apparecchio radio a valvole equivaleva allo stipendio<br />
medio mensile di un impiegato statale e dunque la radio era ancora l’oggetto più<br />
costoso presente in una casa).<br />
Ma il successo della radio veniva sancito in quegli stessi anni dall’atteggiamento<br />
dell’istituzione più tradizionalista del Paese. Ideologicamente e storicamente ostile<br />
verso il progresso scientifico e tecnologico, anche la Chiesa infatti si adeguava ai<br />
tempi e nel 1929, all’indomani dei Patti Lateranensi, Pio XI (che pure qualche anno<br />
prima aveva vietato ai religiosi di possedere una radio) incaricava Guglielmo<br />
Marconi di costruire una stazione trasmittente all’interno dello Stato del Vaticano,<br />
allo scopo di poter comunicare liberamente con i cattolici di tutti i paesi del mondo,<br />
anche laddove i regimi totalitari impedivano la libertà di culto.<br />
Il 12 febbraio 1931 il papa della Conciliazione Pio XI inaugurava il moderno<br />
impianto della Radio Vaticana con un discorso in latino che suscitava vivissima<br />
emozione in tutto il mondo. In quella occasione, il papa coniava il motto della radio :<br />
Spatia devinco, disiuncta coniungo. Per effetto del Concordato, anche l’EIAR iniziò<br />
ad ospitare le letture evangeliche di abili predicatori cattolici, come padre Camillo<br />
Vittorino Facchinetti, futuro vescovo di Tripoli.<br />
Nel frattempo l’EIAR estendeva a sua volta il proprio raggio di emissione, per poter<br />
raggiungere le colonie e l’Albania, perfettamente collegate entro il 1931. Nel giro di<br />
pochi anni, anche le colonie inglesi del Medio Oriente sarebbero state raggiunte dalle<br />
trasmissioni in arabo emanate dalla sede di Bari, il che spingerà la BBC a replicare<br />
con la diffusione di programmi in arabo e in italiano.<br />
E’ interessante ricordare che nel 1932 l’EIAR introduceva come segnale d’intervallo<br />
tra i vari programmi il cinguettio di un usignolo, ottenuto mediante un meccanismo a<br />
molla. L’inconfondibile verso dell’“uccellino della radio” scandirà per decenni le
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giornate degli Italiani, insieme al suono delle campane o al rintocco domestico del<br />
pendolo.<br />
Ma i più grandi cambiamenti nel campo della radiofonia dovevano avvenire con<br />
l’ascesa del nazismo e la guerra d'Etiopia.<br />
Preso il potere in Germania nel 1933, i nazisti dettero infatti un prepotente impulso<br />
all’uso dei nuovi media, allo scopo di “livellare le coscienze” mediante una<br />
comunicazione centralizzata, deformante e fanatizzante. Nel suo “Mein Kampf”<br />
Adolf Hitler aveva scritto a chiare lettere sin dal 1924 che “nelle mani di chi sa farne<br />
uso, la radio è un'arma terribile”, ma fu soprattutto il suo abilissimo ministro della<br />
propaganda Joseph Goebbels ad individuare la radio come l’arma più forte, più<br />
controllabile del cinema e di ogni altro mezzo.<br />
“Nel corso del tempo - egli disse – in tutti i campi, specialmente nella tecnica, si<br />
sono verificate trasformazioni rivoluzionarie. Noi viviamo oggi nell’era della radio.<br />
La vera radio è propaganda. Propaganda significa combattere in ogni campo di<br />
battaglia dello spirito generando, moltiplicando, distruggendo, sterminando,<br />
costruendo, disfacendo.” In un altro famoso discorso (Der Rundfunk als achte<br />
Großmacht - La radio come ottavo grande potere), Goebbels aggiungeva : “Con la<br />
radio abbiamo distrutto lo spirito di ribellione. La radio sarà per il ventesimo secolo<br />
quello che la stampa è stata per il diciannovesimo.”<br />
Conseguentemente, la società radiofonica privata RRG (Reichrundfunk Geselshaft)<br />
veniva statizzata e posta sotto il controllo del Ministero della Propaganda, facendo<br />
della radiodiffusione il più importante strumento di condizionamento ideologico del<br />
regime, il quale incaricò anche una sezione del servizio segreto militare (l’Abwehr)<br />
della individuazione di eventuali radiotrasmittenti clandestine. La formazione di un<br />
pubblico sempre più ampio veniva inoltre promossa mediante il lancio sul mercato<br />
tedesco di un modello economico di radio (Volksempfänger – radio del popolo),<br />
disponibile per tutte le tasche, e senza tasse aggiuntive.<br />
Come in altri campi, anche nel campo della radiofonia la politica tedesca non mancò<br />
di influenzare quella italiana anche perché lo stesso Galeazzo Ciano (figlio di<br />
Costanzo e genero di Mussolini) aveva constatato in Germania il successo dei<br />
provvedimenti promossi da Goebbels. E così, guardando alla Germania hitleriana con<br />
un misto di emulazione e di competizione, anche in Italia venivano immessi sul<br />
mercato apparecchi di ottima qualità, sempre più economici e venduti in regime di<br />
prezzo controllato. Tali apparecchi (come la Radiobalilla o la Radiorurale),<br />
coniugando un prezzo d’acquisto relativamente basso con costi d’esercizio<br />
praticamente nulli, potevano anche in Italia fare della radio un fondamentale mezzo<br />
di informazione e di svago di uso personale alla portata delle classi popolari, il cui<br />
basso reddito precludeva l’accesso ad altre forme d’uso del tempo libero.<br />
Grazie a un’intensa campagna promozionale, gli italiani vennero inoltre invogliati<br />
all’acquisto della radio con sconti, concorsi fotografici, raduni nazionali, raccolte di<br />
figurine collegate a programmi radiofonici. Nel contempo, una forte diversificazione<br />
dell’offerta (rivolta ai bambini, ai ragazzi, alle casalinghe, agli agricoltori, agli<br />
inventori ed enigmisti, ai musicofili, ai tifosi) ampliava ed articolava il pubblico<br />
radiofonico. La programmazione veniva infatti studiata per esaltare tutte le
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potenzialità del mezzo: ai radiodrammi, al varietà e alla musica (che occupava circa<br />
la metà del palinsesto), si affiancavano ben sei edizioni del Giornale Radio e<br />
venivano inoltre create trasmissioni specifiche dirette alle Forze Armate, alle scuole,<br />
alle fabbriche. Non mancavano programmi specifici rivolti alle zone rurali delle<br />
bonifiche agrarie, in linea con la politica di ruralizzazione, lanciata dal duce nella<br />
convinzione che fosse necessario invertire la tendenza dello sviluppo industriale e<br />
urbano. Nella sua funzione di “amplificatore istituzionale”, il mezzo radiofonico<br />
raggiungeva le località più periferiche e metteva fine per la prima volta anche<br />
all’isolamento spaziale e sociale dei contadini e degli analfabeti, oltre a diffondere la<br />
lingua italiana come elemento di unificazione culturale delle varie comunità<br />
nazionali.<br />
Di questo passo, se da una parte la radio degli anni Trenta si era ormai trasformata in<br />
un prezioso strumento politico-propagandistico, dall’altra essa si andava radicando<br />
anche come strumento domestico attorno al quale si riuniva la famiglia,<br />
prefigurazione di quel “nuovo focolare” che più avanti sarebbe stata la televisione.<br />
Soprattutto le manifestazioni sportive funzionarono da banco di prova per le cronache<br />
in diretta via radio : a proposito del mitico Carosio, “La Stampa»” scrisse : “Sa<br />
ricostruire, ricreare, rendere evidente e chiaro, visivo quasi, ogni particolare<br />
dell’azione che egli solo vede”. La radiocronaca offriva infatti la sensazione di<br />
partecipare in prima persona agli avvenimenti, il che valeva per una partita di calcio,<br />
per un incontro di boxe, ma anche per le grandi manifestazioni del regime (la<br />
battaglia del grano, la campagna demografica, la creazione dell’impero), sempre<br />
accompagnate da una sapiente esaltazione radiofonica che tendeva a comunicare<br />
piuttosto emozioni che non informazioni.<br />
Naturalmente, dinanzi alla tempestività dei notiziari radiofonici (che non<br />
richiedevano particolari sforzi di attenzione né spese supplementari), la stampa<br />
quotidiana subì anche in Italia una netta flessione delle vendite, specie fra le classi<br />
popolari, inducendo gli editori a compensare le perdite con il lancio delle riviste<br />
illustrate (sullo stile dell’americana “Life” o del tedesco “Berliner Illustrierte”) nelle<br />
quali la parte fotografica prevaleva decisamente sui testi.<br />
Nonostante l’indubbio successo della radio, molti artisti e intellettuali italiani del<br />
tempo continuavano tuttavia a snobbare decisamente questo “teatro senza la presenza<br />
del pubblico, ideale per gli imbecilli”, seguendo l’esempio di Arturo Toscanini che<br />
nel 1926 si era rifiutato di dirigere un concerto per radio o del grande uomo di teatro<br />
Anton Giulio Bragaglia, che considerava la radio “uno spettacolo da catacombe”.<br />
Contro questa tendenza che sembrava rinnegare le forme più dinamiche della<br />
comunicazione moderna, si schierò nel 1929 il fondatore del Futurismo Filippo<br />
Tommaso Martinetti, pronunciando per radio la sua “declamazione parolibera” del<br />
Bombardamento di Adrianopoli. Nel 1931 il futurista Pino Masnata trasmetteva a sua<br />
volta la radio-opera Tum tum ninna nanna e nel 1933 Marinetti e Masnata<br />
pubblicavano insieme sulla “Gazzetta del Popolo” il Manifesto della radia, in cui fra<br />
l’altro definivano la radio “vita caratteristica di ogni rumore e infinita varietà di<br />
concreto-astratto e fatto-sognato mediante un popolo di rumori”.
12<br />
Impiegando il neologismo “radia” con allusione a cinematografia, commedia,<br />
tragedia ed altre arti foniche, Marinetti dichiarava : “amo la radia perchè sono<br />
futurista” e improvvisava mirabolanti radiocronache (“aeropoesie”), tra le quali farà<br />
epoca quella del trionfale ritorno della squadriglia di Italo Balbo, reduce dall’impresa<br />
aviatoria transoceanica.<br />
Un altro grande futurista, il pittore Fortunato Depero, pubblicava nel ’34 le sue<br />
Liriche radiofoniche, il cui stile si ispirava ai criteri primari della comunicazione<br />
radiofonica, quali “la brevità del tempo”, lo “stile simultaneo e giocondo”, “il lirismo<br />
poetico fuso con il lirismo fonico, sonoro e rumorista”. Al grido di “Futurizziamo la<br />
radiofonia!”, non mancarono feroci critiche futuriste alla stessa EIAR, accusata di<br />
trasmettere solo “sinfonici sonniferi, commedie da ricreatori giovanili clericali o<br />
piagnistei storico-nostalgici”.<br />
Dal canto suo il regime, dopo aver tentato di dissuadere i futuristi dal reiterare<br />
critiche così aspre, proseguiva sulla sua strada e il 27 novembre 1933 inaugurava la<br />
rubrica giornalistica “Commenti ai fatti del giorno” condotta da Roberto Forges<br />
Davanzati, che diventerà la voce politica del fascismo. Davanzati contribuì ad<br />
alimentare il mito della “vittoria mutilata”, e a veicolare l’immagine di un’Italia<br />
laboriosa e pacifica, che accresceva la sua potenza e il suo prestigio internazionale.<br />
La rubrica (che si chiamerà in seguito “Cronache del regime”) andava in onda<br />
regolarmente alle ore 20, nella fascia di massimo ascolto, dopo il giornale radio<br />
serale. Al microfono si susseguirono diversi giornalisti selezionati dal regime, tra cui<br />
Mario Appelius (noto per il fatto di concludere regolarmente il suo programma serale<br />
augurando ai nemici una “malanotte” con l’invocazione “Dio stramaledica gli<br />
inglesi”).<br />
Negli stessi anni in cui Marinetti vedeva nella radio l’ideale mezzo futurista, Walter<br />
Benjamin collaborava con la radio tedesca, Bertolt Brecht scriveva la sua “Teoria<br />
sulla radio”, Thomas Eliot adattava alla radio il suo poema “The Waste Land”,<br />
George Bernard Shaw, Dylan Thomas e Luigi Pirandello scrivevano drammi e<br />
tenevano conferenze sul nuovo strumento.<br />
Verso una nuova guerra<br />
Gli Stati Uniti stavano intanto riprendendosi dalla Grande Depressione seguita al<br />
crollo della borsa di Wall Street dell’estate 1929. Artefice della ripresa economica fu<br />
il presidente Franklyn Delano Roosevelt (eletto una prima volta nel 1933), il quale<br />
attuò un programma di riforme che capovolgeva il precetto repubblicano basato sul<br />
minimo intervento dello Stato nella società civile. Roosevelt intuì però che ciò<br />
richiedeva un rapporto diretto e costante con l’opinione pubblica, ragion per cui egli<br />
fu il primo presidente americano a rivolgersi regolarmente al pubblico attraverso la<br />
radio, entrando nelle case e chiamando tutti “Miei cari amici…”. I suoi famosi<br />
discorsi radiofonici settimanali rivolti alla nazione, passati alla storia come<br />
“chiacchierate al caminetto” (fireside chats) gli diedero l’opportunità di far<br />
conoscere le sue opinioni al grande pubblico, e spesso lo aiutarono a rendere più<br />
popolari i profondi cambiamenti del New Deal. Anche durante la Seconda guerra
13<br />
mondiale le "chiacchierate al caminetto” furono utilizzate da Roosevelt per tenere<br />
alto il morale degli americani, infondendo loro sicurezza e speranza.<br />
Intanto il cancelliere austriaco Engelbert Dollfuss sventava i piani di annessione<br />
dell’Austria alla Germania, facendo installare un’apparecchiatura di disturbo dei<br />
segnali provenienti da Radio Monaco e creando poi un trasmettitore di analoga<br />
potenza per mandare in onda bollettini di controinformazione antinazisti. Poco dopo,<br />
però, morirà a causa del colpo di Stato nazista che doveva aprire la strada<br />
all’Anschluss.<br />
L’Italia era stata appena galvanizzata dal commento radiofonico di Niccolò Carosio<br />
della vittoria ai mondiali di calcio (1934), quando lo scoppio delle guerre d’Etiopia e<br />
di Spagna offrivano una nuova occasione ai regimi totalitari d’impiegare il mezzo<br />
radiofonico per mantenere il consenso delle forze armate e dell’opinione pubblica.<br />
Ma poiché nel frattempo erano nate anche stazioni radiofoniche clandestine<br />
antifasciste, ci si muoveva più che passato sul terreno della contro-propaganda.<br />
Nell’ottobre 1935 la stessa radio che per anni aveva persuaso gli italiani che lo<br />
sviluppo del paese era legato indissolubilmente alla creazione di un impero coloniale,<br />
annunciava l’inizio della guerra d’Etiopia, diffondendo poi regolarmente cronache,<br />
bollettini militari e altre rubriche. Il 5 maggio 1936 il maresciallo Pietro Badoglio,<br />
capo di Stato Maggiore Generale, entrava nella capitale Addis Abeba, dando modo<br />
subito dopo a Mussolini di annunciare trionfalmente via radio che l’Impero era<br />
tornato “sui colli fatali di Roma”.<br />
Un capillare sforzo propagandistico fu profuso anche durante la sanguinosa guerra<br />
civile spagnola, primo decisivo terreno di scontro tra fascismo e antifascismo. Infatti,<br />
come tutte le moderne tecnologie, anche la radio ebbe in Spagna il suo banco di<br />
prova alla vigilia della la Seconda Guerra mondiale, esercitando anche in questo caso<br />
il suo forte impatto nel campo della propaganda e della creazione del consenso.<br />
Nel pieno della guerra, il 22 maggio 1937 veniva creato il Ministero per la Cultura<br />
Popolare (più noto come Minculpop), che assumeva anche le competenze sulla<br />
programmazione radiofonica, che in precedenza spettavano al Ministero delle<br />
Comunicazioni. Il nuovo Ministero istituiva in terra iberica un apposito organismo –<br />
l’Ufficio Stampa e Propaganda - dipendente dalla Missione Militare Italiana in<br />
Spagna (MMIS). Della sezione Radio si occupava Lamberti Sorrentino, inviato de<br />
“La Gazzetta del Popolo”, con l’incarico di redigere bollettini trasmessi in lingua<br />
italiana e di inviare in Italia notizie e radioconversazioni.<br />
Tra i compiti dell’Ufficio vi era anche quello di intercettare le trasmissioni delle radio<br />
europee e quelle delle “radio rosse spagnole”. Infatti le radio repubblicane (come<br />
Radio Madrid, le emittenti di Valencia e Radio Barcellona, dalla quale parlavano<br />
anche volontari italiani accorsi in difesa della repubblica, come Luigi Longo o Carlo<br />
Rosselli) si fronteggiavano regolarmente con le radio franchiste (come Radio Siviglia<br />
e Radio Salamanca), realizzate con il contributo di italiani e tedeschi.<br />
In questa guerra parallela combattuta nell’etere, Ciano volle che una fantomatica<br />
Radio Verdad, che si spacciava per una radio clandestina comunista spagnola ma che<br />
in realtà trasmetteva falsi bollettini da Roma, confondesse le comunicazioni<br />
dell’autentica emittente clandestina dei comunisti italiani impegnati nella guerra di
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Spagna (Radio Milano) che da Arajuez, vicino Madrid, trasmetteva in Italia notizie<br />
non filtrate dalle maglie della propaganda fascista e faceva risentire per la prima volta<br />
in Italia le note dell’Internazionale.<br />
La guerra si concludeva nel marzo ’39, con l’ingresso dei vincitori a Madrid : la<br />
resistenza antifascista, abbandonata dalle democrazie europee e anche dall’URSS,<br />
era vinta e in un suo compiaciuto radiomessaggio, il nuovo papa Pio XII salutava<br />
questa “vittoria della cristianità” (nel febbraio 1939, alla morte di Pio XI, la Radio<br />
Vaticana era stata impegnata nella cronaca del conclave e poi della cerimonia di<br />
incoronazione, commentata in nove lingue).<br />
Nel 1938 gli abbonati alla radio italiana avevano superato di poco il prefissato<br />
traguardo del milione (a fronte dei circa 12 milioni della Germania), ma fra loro non<br />
vi erano più i cittadini ebrei italiani ai quali le famigerate leggi razziali vietavano fra<br />
l’altro il diritto di vendere o detenere apparecchi radio. E l’EIAR iniziava a<br />
trasmettere anche brevi programmi radiofonici di esplicita propaganda antisemita,<br />
incentrata sui celebri (e falsi) Protocolli dei Savi di Sion.<br />
In quello stesso anno 1938, la sera del 30 ottobre l’attore e regista ventitreenne Orson<br />
Welles – nei panni del cronista Carl Phillips - terrorizzava via radio gli Americani<br />
descrivendo per 45 minuti dai microfoni della CBS un’invasione di bellicose<br />
astronavi marziane armate con raggi della morte. Si trattava solo dell’annunciato<br />
adattamento radiofonico del romanzo di fantascienza “La guerra dei mondi” di<br />
Herbert George Wells, ma quella lettura immaginaria – scambiata per una<br />
trasmissione reale, nonostante le concitate smentite della stessa CBS - scatenò un<br />
panico incontrollato in tutti gli Stati Uniti, dove si contavano già circa 50 milioni di<br />
apparecchi radiofonici. Orson Welles, non aveva minimamente previsto la potenza<br />
suggestiva del mezzo radiofonico nè le reazioni di isteria collettiva del suo pubblico<br />
né le conseguenze : alcuni morti, molti feriti, paurosi ingorghi stradali, la paralisi<br />
delle linee telefoniche nazionali e danni per diversi milioni di dollari. Niente male per<br />
uno “scherzetto” a ridosso della festa di Halloween, specie per la stessa CBS che fu<br />
costretta a risarcire i danni subiti dagli ascoltatori…<br />
Lo stesso Welles racconterà più tardi al regista Peter Bogdanovich : “Furono le<br />
dimensioni della reazione ad essere sbalorditive. Sei minuti dopo che eravamo andati<br />
in onda le case si svuotavano e le chiese si riempivano; da Nashville a Minneapolis<br />
la gente alzava invocazioni e si lacerava gli abiti per strada. Cominciammo a<br />
renderci conto, mentre stavamo distruggendo il New Jersey, che avevamo<br />
sottostimato l’estensione della vena di follia della nostra America.”<br />
E’ interessante notare che tre anni dopo, il 7 dicembre 1941, mentre Orson Welles<br />
teneva una trasmissione patriottica alla radio, dovette dare in diretta l’annuncio<br />
dell’attacco giapponese avvenuto a Pearl Harbor : ebbene, molti americani dalla<br />
buona memoria pensarono ad uno scherzo di pessimo gusto e ben pochi lo prese sul<br />
serio. Per cui lo stesso Roosevelt dovette consolare l’attore inviandogli un<br />
telegramma in cui lo paragonava al pastorello che gridava “al lupo!”.
15<br />
Alla fine degli anni Trenta la vendita di apparecchi radiofonici aveva registrato in<br />
tutto il mondo un incremento spettacolare, portando a circa 100 milioni le radio<br />
funzionanti, metà delle quali nel Nord America. La radio italiana produceva nel<br />
1939 il primo spettacolo radiofonico di grande successo popolare (“I quattro<br />
Moschettieri” di Nizza e Morbelli), che miscelava sapientemente musica, parodia,<br />
radiodramma, pubblicità e persino una raccolta di figurine.<br />
Contemporaneamente, dall’altra parte dell’Oceano, la radio americana otteneva<br />
altissimi indici di ascolto, soprattutto fra le casalinghe, mandando in onda i primi<br />
“radio serials” infarciti di travagliate storie d’amore : era nata la “soap opera”, così<br />
chiamata perché gli spazi pubblicitari al suo interno erano occupati prevalentemente<br />
dalle ditte produttrici di saponi e detersivi per uso domestico.<br />
La radio nella seconda guerra mondiale : la “guerra delle onde”<br />
Come in ogni conflitto della storia, anche nella Seconda Guerra mondiale<br />
l’informazione si rivelò una risorsa strategica a tutti gli effetti, e quindi anche la radio<br />
venne usata in modo decisivo, tanto direttamente dai reparti militari in<br />
combattimento, quanto indirettamente come strumento di propaganda e di<br />
informazione volto a spezzare il morale dell’avversario e a mobilitare la propria<br />
opinione pubblica interna e quella degli Stati neutrali. Infatti in ogni Paese la<br />
propaganda bellica fu veicolata, oltre che dai giornali, soprattutto dalla radio, un<br />
mezzo che – insieme al cinegiornale e ai manifesti – era gratuito e capillare, sia nelle<br />
città che nei paesi.<br />
A differenza della prima guerra mondiale, grazie alla radio milioni di persone<br />
(combattenti e civili) potranno seguire simultaneamente, quotidianamente e in tempi<br />
rapidissimi le notizie provenienti dai vari fronti, e per di più senza dover acquistare<br />
giornali e senza dover uscire in cerca di informazioni come richiedeva la visione dei<br />
cinegiornali.<br />
Gli Inglesi, dopo aver appreso l’ingresso in guerra da un discorso radiofonico del<br />
primo ministro Chamberlain, furono i primi ad ascoltare le radiocronache della<br />
guerra, come quella compiuta da un inviato speciale della BBC che nel dicembre<br />
1939 descrisse in diretta lo spettacolare autoaffondamento della corazzata tedesca<br />
“Admiral Graf Spee”, intrappolata dalla flotta inglese nelle acque antistanti<br />
Montevideo (Uruguay). Sempre nello stesso 1939 il governo Daladier faceva<br />
installare nei pressi di Bourges il più potente trasmettitore a onde lunghe d’Europa e<br />
dava inizio a un poderoso programma di potenziamento delle sue stazioni a onde<br />
medie e corte.<br />
In Italia, dopo aver annunciato l’entrata in guerra (il 10 giugno 1940), l’EIAR iniziò a<br />
trasmettere a reti unificate, anticipando la chiusura delle trasmissioni alle ore 22. In<br />
considerazione della tragicità del momento, venivano eliminate le trasmissioni frivole<br />
ed evasive, soppressi i programmi di natura culturale, abolita la musica da ballo e<br />
ridotta quella leggera in genere, dando una netta prevalenza all’informazione, ai<br />
programmi dedicati alle forze armate e ai commenti sui fatti bellici. Col
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convincimento che per vincere occorre convincere, la radio si mobilitava e tutta la<br />
programmazione, scandita dai palinsesti di guerra, veniva utilizzata per far passare le<br />
parole d’ordine del regime, il consenso ideologico, il fervore patriottico e lo spirito di<br />
combattimento. Per la raccolta e la diffusione delle notizie sulle operazioni militari<br />
venne appositamente creato un Centro Radio Guerra, mentre fu consentito allo Stato<br />
Maggiore il diritto di censura anche sulle trasmissioni radiofoniche.<br />
I Giornali Radio, pervasi dalla retorica bellicista fascista, passavano nei giorni feriali<br />
da sei a otto edizioni quotidiane, con un bollettino del Quartier generale delle Forze<br />
Armate in onda alle ore 13. In tutte le città venivano istituiti nuovi punti di ascolto<br />
radiofonici, dotati di altoparlanti stradali, con i quali erano trasmessi i giornali-radio<br />
quando le notizie avevano particolare rilevanza. Spesso i bollettini radiofonici<br />
venivano diffusi anche dagli altoparlanti posti nelle aule scolastiche ed ascoltati dagli<br />
alunni in piedi ed in religioso silenzio. Anche in altri luoghi pubblici la gente era<br />
tenuta ad ascoltare i bollettini di guerra in piedi per rispetto dei soldati che sui vari<br />
fronti combattevano per la “vittoria finale”. Naturalmente le vittorie venivano esaltate<br />
e le sconfitte taciute o appena accennate…<br />
All’inizio del 1941 venne anche istituita l’Agenzia Radio Urbe il cui compito -<br />
sull’esempio di Radio Monaco - era quello di diffondere via etere tendenziose notizie<br />
di guerra direttamente agli altri Paesi. Tra i collaboratori di questo servizio, si distinse<br />
il poeta fascista americano Ezra Pound, successivamente accusato di tradimento e<br />
internato dalle autorità americane in un ospedale psichiatrico.<br />
Dal canto loro gli Americani, al momento dell’entrata in guerra, incaricavano<br />
l’Associated Press di curare un notiziario esclusivo per le emittenti radiofoniche.<br />
Anche l’URSS si attrezzava in tal senso e i microfoni di Radio Mosca continuavano a<br />
fornire alle organizzazioni comuniste materiali propagandistici in svariate lingue per<br />
confezionare volantini, bollettini e iniziative politiche. I programmi quotidiani in<br />
lingua italiana venivano curati da vari dirigenti del PCI, tra cui lo stesso Palmiro<br />
Togliatti che usava lo pseudonimo di Mario Correnti.<br />
Com’è noto, nei primi due anni la guerra sembrò volgere decisamente a favore delle<br />
forze dell’Asse : mezza Europa era già occupata e sembrava che presto sarebbe<br />
caduta anche l’Inghilterra, da dove il generale De Gaulle rivolgeva attraverso Radio<br />
Londra i propri appelli alla resistenza della Francia Libera.<br />
Dal canto loro i tedeschi, s’impadronivano delle radio dei vari paesi occupati (come<br />
la radio olandese di Hilversum o le francesi Radio Paris e Radio Vichy), avviando<br />
trasmissioni d’informazione e di intrattenimento nelle lingue locali. Radio Parigi resta<br />
celebre nella storia per l'importante ruolo di propaganda a sostegno dell'occupazione<br />
nazista : una collaborazione che fece cantare a Pierre Dac il ritornello: «Radio Paris<br />
ment, Radio Paris ment, Radio Paris est allemand» sull’aria della Cucaracha (canto<br />
rivoluzionario messicano). I locali della stazione verranno liberati la sera del 15<br />
agosto 1944 da un commando di poliziotti del movimento “Résistance Police” e da<br />
impiegati della stessa stazione.<br />
Dopo la conquista della Jugoslavia (aprile 1941), i tedeschi s’impadronivano anche di<br />
Radio Belgrado, facendone una delle più potenti emittenti europee e destinandola<br />
esclusivamente a trasmettere programmi rivolti ai soldati del Reich disseminati nei
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vari fronti di guerra. Fu da Radio Belgrado che – nonostante l’avversità di Goebbels -<br />
iniziò a diffondersi fra le truppe una canzone nostalgica interpretata da Lale<br />
Andersen: quella “Lili Marleen” che colpirà la fantasia di tanti ragazzi in uniforme, e<br />
non solo tedeschi, soli e lontani da casa.<br />
Come già accaduto in precedenza, i nazisti allestirono anche false emittenti<br />
clandestine allo scopo di gettare scompiglio fra gli avversari : ricordiamo a titolo di<br />
esempio una “Voce della Scozia” filonazista (in realtà trasmessa dalle strutture<br />
informative del Reich) ed alcune emittenti attribuite a minoranze etniche russe.<br />
Dal 1942 la propaganda radiofonica tedesca fu diretta da Hans Fritzsche, il “vice” del<br />
ministro della propaganda Joseph Goebbels. Essendosi suicidato Goebbels negli<br />
ultimi giorni di guerra, Fritzsche verrà imputato in sua vece nel processo di<br />
Norimberga (ritenuto non colpevole e rilasciato, subirà tuttavia in successivi processi<br />
la condanna a nove anni di carcere).<br />
Importante emittente durante la seconda guerra mondiale fu anche Radio Tokio, la<br />
cui voce era stata affidata alla giovane annunciatrice americana di origine giapponese<br />
Iva Ikuko Toguri, recentemente scomparsa. Ribattezzata Tokyo Rose (“la Rosa di<br />
Tokio”) dai soldati americani, dopo la guerra la donna fu accusata di aver utilizzato il<br />
mezzo radio per demoralizzare le truppe alleate che combattevano nel teatro del<br />
Pacifico, e per questo condannata per tradimento. Dopo aver scontato sei anni in<br />
prigione, fu più tardi assolta poiché si ritenne che, dopo l’attacco a Pearl Harbour,<br />
fosse stata costretta a rimanere in Giappone dove si era recata per visitare i propri<br />
parenti.<br />
Nel panorama delle radio più importanti durante il conflitto, non può mancare la<br />
Radio Vaticana, la quale continuò ad essere uno dei più preziosi mezzi di libera<br />
informazione, nonostante le censure e i disturbi tecnici da più parti provenienti<br />
(Goebbels si propose esplicitamente di ridurla al silenzio). In particolare l’Ufficio<br />
Informazioni della radio lanciava appelli per rintracciare civili e militari dispersi e<br />
trasmetteva messaggi delle famiglie ai prigionieri : dal 1940 al 1946 furono inviati<br />
1.240.728 messaggi, pari a 12.105 ore di trasmissione.<br />
Il 14 giugno le trasmissioni dell’ EIAR tornavano ad essere distinte in un Programma<br />
A ed un Programma B e inoltre il ministro Alessandro Pavolini inaugurava “La radio<br />
del combattente”, trasmissione dedicata ai soldati al fronte.<br />
Una particolare attenzione venne rivolta dalle autorità italiane alla vigilanza contro la<br />
propaganda nemica, che si proponeva di fiaccare il morale, di distruggere la volontà<br />
di combattimento e di creare panico e sfiducia nel fronte interno. Il primo ministro<br />
inglese Winston Churchill amava dire che “il morale delle popolazioni civili è un<br />
obiettivo di guerra”, il che rendeva la BBC - i cui dipendenti erano diventati circa<br />
10.000 - uno strumento insostituibile della guerra psicologica.<br />
Non senza validi motivi, dunque, sin dal 16 giugno 1940 il regime aveva emanato un<br />
decreto legge repressivo dell’ascolto radiofonico di emittenti estere ostili, a<br />
cominciare da Radio Londra (le cui trasmissioni verso le nazioni soggiogate dal<br />
nazifascismo erano iniziate nell’autunno del 1939). Gli agenti che, irrompendo nelle<br />
abitazioni, avessero sorpreso ascoltatori di emittenti clandestine, potevano
18<br />
provvedere al sequestro dell'apparecchio e alla denuncia dei proprietari. Di converso,<br />
si incoraggiava fortemente l’ascolto della radio ufficiale italiana, ma anche di Radio<br />
Berlino e di Radio Monaco.<br />
Come in Germania, anche in Italia vennero approntati dal Ministero per la Stampa e<br />
la Propaganda anche potenti centri di disturbo delle emissioni di controinformazione<br />
non gradite, sia italiane sia straniere. Ad esempio, al fine di disturbare la ricezione di<br />
Radio Londra, la “polizia dell’etere” emanava segnali di disturbo da Roma e poi da<br />
Sesto Calende (Varese). Fu anche istituita una finta radio in lingua russa di<br />
“dissidenti comunisti” per contrastare i notiziari di Radio Mosca.<br />
Nel corso del conflitto, oltre agli scontri degli eserciti e degli apparati<br />
propagandistici, si svolgeva intanto anche la guerra sotterranea dei servizi<br />
informativi. E anche in questo caso gli agenti segreti di ambo le parti fecero uso di<br />
radio rice-trasmittenti clandestine per poter riferire le informazioni carpite in<br />
territorio nemico. E’ il caso della spia turca filo-tedesca Cicero (Elyesa Bzana), della<br />
spia sovietica Richard Sorge e della organizzazione tedesca antinazista “Rote<br />
Kapelle” (Orchestra Rossa) la quale comunicava con i sovietici tramite emittenti<br />
situate in Olanda, Belgio, Francia e Svizzera.<br />
Dalla fine del 1942, con i primi gravi rovesci bellici, la voce della vecchia<br />
propaganda fascista perdeva giorno dopo giorno di credibilità, era sempre più<br />
difficile nascondere le difficoltà e le famiglie esigevano notizie più attendibili sulla<br />
sorte dei propri cari impegnati a combattere al fronte; ragion per cui i toni<br />
inizialmente eccitati ed aggressivi della radio italiana, lasciavano il posto ad una fiera<br />
ma pacata esaltazione del sacrificio dei soldati e della popolazione civile.<br />
Difficile valutare l'effettivo contributo della propaganda americana e inglese nel<br />
determinare la nascita di una diffusa opposizione alla guerra e al regime che l’aveva<br />
voluta. E' certo invece che l’allungarsi del conflitto, con il suo corollario di morti e<br />
distruzioni, volse l’opinione pubblica ad una progressiva avversione alla guerra e al<br />
fascismo, fino al punto che la stessa sconfitta verrà avvertita come un estremo mezzo<br />
di liberazione.<br />
Con lo sbarco alleato in Sicilia del 10 luglio 43, arrivavano anche i "Combat Teams"<br />
dell'esercito americano, truppe speciali con il compito di esercitare la propaganda<br />
nelle zone di combattimento, anche mediante radio locali installate nelle più<br />
importanti città della Sicilia e animate da speakers italo-americani in grado di parlare<br />
il dialetto siciliano.<br />
Tutto questo durò fino al 25 luglio 1943, quando alle ore 22,15, dalla sede dell’EIAR<br />
presidiata dai carabinieri, il popolare annunciatore del giornale radio Giovanni<br />
Battista Arista (lo stesso “Titta” che qualche giorno prima aveva pianto davanti al<br />
microfono annunciando al paese lo sbarco in Sicilia) dette notizia dell’arresto di<br />
Mussolini e della caduta del fascismo. In un secondo comunicato-radio delle ore<br />
22.45, omettendo le consuete note di “Giovinezza”, la radio precisava che il re aveva<br />
accettato le dimissioni da capo del governo del cavalier Benito Mussolini e che il<br />
maresciallo d’Italia cavalier Pietro Badoglio aveva assunto per incarico del re il
19<br />
supremo comando militare. Dappertutto il Paese incredulo inneggiava all’uscita<br />
dell’Italia dal conflitto, ma Badoglio raffreddava gli animi col suo perentorio “la<br />
guerra continua”, per cui bisognerà attendere le 19,42 dell’8 settembre per<br />
apprendere, sempre tramite la radio e dallo stesso Badoglio, la notizia dell’avvenuto<br />
armistizio con gli Alleati.<br />
Dopo di che, per due giorni interi la radio tacque, aumentando lo smarrimento e<br />
l’angoscia dei cittadini. Un’intera Nazione era stordita e un esercito di 800.000<br />
uomini veniva lasciato allo sbando e senza ordini : nell’isola di Cefalonia la divisione<br />
“Acqui” veniva massacrata per rappresaglia dai tedeschi (oltre 6.000 morti, di cui 370<br />
ufficiali) dopo aver inviato inutilmente al comando di Brindisi messaggi radio che<br />
invocavano aiuto.<br />
Intanto i nazisti occupavano Roma, prendendo subito possesso della centrale<br />
telefonica e della sede dell’ EIAR, per cui quella stessa radio che aveva annunciato<br />
l’armistizio veniva consegnata loro per ordine del ministro Serafino Mazzolini,<br />
titolare del dicastero della Cultura Popolare. Il 18 settembre Mussolini, prelevato<br />
giorni prima dai paracadutisti tedeschi dalla sua prigionia del Gran Sasso, tornava per<br />
la prima volta a farsi sentire attraverso i microfoni di Radio Monaco, annunciando<br />
con una voce quasi irriconoscibile la costituzione del Partito fascista repubblicano e<br />
della Repubblica Sociale (R.S.I.), e chiamando gli Italiani a riprendere le armi a<br />
fianco dell’Asse, a riorganizzare le proprie forze armate ed ad eliminare i “traditori”.<br />
Subito dopo l’armistizio, Radio Londra aveva invitato tutte le sedi dell’EIAR a<br />
collaborare con gli Alleati. Radio Bari, salvata dalle distruzioni naziste, accolse<br />
subito questo invito, cominciando a dar voce al legittimo governo di Badoglio e del re<br />
Vittorio Emanuele III, il cui primo messaggio dopo la fuga da Roma veniva<br />
trasmesso l’11 settembre. Sempre da radio-Bari Badoglio incitava apertamente i<br />
militari sbandati a “darsi alla macchia” per condurre conto i tedeschi quella lotta<br />
partigiana delle cui tecniche l’esercito italiano aveva fatto a sua spese ampia<br />
esperienza in Jugoslavia. Nelle concitate e drammatiche ore successive all’annuncio<br />
dell’armistizio e nei giorni immediatamente seguenti, Radio Bari fu la prima e unica<br />
voce autonoma dell’Italia libera, nonché l’unica fonte delle notizie relative alla<br />
resistenza che divampava nel Mezzogiorno, nelle isole greche e nei Balcani.<br />
In mano ad un gruppo di giovani che avevano in Benedetto Croce e nella casa editrice<br />
Laterza i loro punti di riferimento, Radio Bari assunse quindi particolare importanza<br />
per gli antifascisti italiani, e nelle settimane e nei mesi seguenti all’armistizio<br />
intensificò la sua attività, dando conto dell’avanzata anglo-americana e informando<br />
costantemente sull’evoluzione della guerra. Un’attività articolata in 20 ore di<br />
trasmissioni quotidiane, 16 edizioni del notiziario, 8 collegamenti con Radio Londra,<br />
6 con “La voce dell’America” e un ricco numero di notiziari per i Balcani e la Grecia.<br />
La rubrica più ascoltata e prestigiosa era “Italia combatte” , un panorama quotidiano<br />
della situazione politico-militare e della guerra partigiana, ma anche un canale di<br />
messaggi per le azioni di guerriglia. Tra le altre rubriche, vi erano anche "Spie al<br />
muro" (nella quale si segnalavano i sospetti di delazione), “La voce dei giovani”, “La<br />
voce dei lavoratori” e “La voce dei partiti” alla quale collaborava un giovane
20<br />
professore pugliese di nome Aldo Moro. Col passar del tempo, al gruppo originario si<br />
aggiunse una folta pattuglia d’intellettuali, artisti, politici, giornalisti (Alba De<br />
Cespedes, Anton Giulio Majano, Vincenzo Malarico) tutti con un nome di battaglia.<br />
In gran parte provenienti da Roma, avevano attraversato con molti rischi le linee<br />
nemiche, e in poco tempo riuscirono a trasformare Bari in un laboratorio politico e<br />
culturale in grado di suscitare sorpresa ed ammirazione in tutto il mondo libero.<br />
Intanto il 29 settembre 1943, nelle acque di Malta, sul quadrato della nave britannica<br />
“Nelson”, il governo Badoglio aveva firmato con gli Alleati il cosiddetto “lungo<br />
armistizio”, contente condizioni aggiuntive al “corto armistizio” del 3 settembre reso<br />
noto l’8 settembre. L’articolo 16 di questo trattato dispone : “Nessun impianto di<br />
radio o di comunicazione a lunga distanza od altri mezzi di intercomunicazione a<br />
terra o galleggianti, sotto controllo italiano, sia che appartenga all'Italia od altra<br />
Nazione non facente parte delle Nazioni Unite, potrà trasmettere finché disposizioni<br />
per il controllo di questi impianti non saranno state impartite dal Comandante<br />
Supremo delle Forze Alleate. Le autorità italiane si conformeranno alle disposizioni<br />
per il controllo e la censura della stampa e delle altre pubblicazioni, delle<br />
rappresentazioni teatrali e cinematografiche, della radiodiffusione e di qualsiasi<br />
altro mezzo di intercomunicazione che potrà prescrivere il Comandante Supremo<br />
delle Forze Alleate. Il Comandante Supremo delle Forze Alleate potrà a sua<br />
discrezione rilevare stazioni radio, cavi od altri mezzi di comunicazione.”<br />
Con la costituzione della Repubblica Sociale Italiana, anche nell’Italia occupata dai<br />
tedeschi, la radio riprendeva in novembre la sua attività di propaganda fascista,<br />
mantenendo la denominazione di EIAR, sempre sotto il controllo del Minculpop. La<br />
direzione del Radio Giornale veniva tuttavia trasferita a Milano, poiché la città era<br />
più sicura di Roma, più lontana dal fronte, più vicina alla sede del governo e più<br />
centrale rispetto al potenziale bacino di utenza.<br />
Gli Italiani avevano ormai la guerra in casa e il bisogno di informazioni attendibili e<br />
libere dai vincoli della censura militare diventava vitale : non a caso, durante<br />
l’occupazione tedesca gli apparecchi radio furono (e non solo per il loro valore<br />
venale) tra gli oggetti più gelosamente custoditi dai civili e più accuratamente<br />
nascosti per sottrarli alle razzie, insieme ad auto, moto e biciclette, macchine da<br />
scrivere, orologi, gioielli, cappotti, bestiame e alimenti.<br />
Radio Londra e la Resistenza<br />
Durante la guerra la BBC trasmetteva quotidianamente programmi in 46 lingue<br />
diverse, rivolgendosi ad un’“audience” valutata in 200 milioni di persone. In questo<br />
quadro, nelle strategie britanniche di propaganda l’Italia rappresentava inizialmente<br />
un obiettivo secondario; tuttavia, in seguito all’evolversi della situazione, il nostro<br />
paese assunse grande importanza nella politica straniera del Foreing Office. Infatti,<br />
soprattutto dopo gli insuccessi in Russia e in Africa, le trasmissioni in italiano di<br />
Radio Londra furono potenziate, arrivando nell’agosto 1943 ad occupare una durata
21<br />
complessiva di quattro ore e un quarto al giorno ed assumendo grandissima<br />
popolarità. Ormai tutti ne conoscevano la sigla di apertura, costituita dai famosi colpi<br />
ritmati di timpano che in sonoro evocavano le note iniziali della Quinta Sinfonia di<br />
Beethoven, ma che volevano significare i tre punti e una linea che nell’alfabeto<br />
Morse designano la lettera V (iniziale della parola “Victory”, sempre ripetuta da<br />
Churchill).<br />
Benchè la radio inglese venisse ascoltata clandestinamente, a volume bassissimo, in<br />
luoghi nascosti e acusticamente isolati, magari sotto uno spesso strato di coperte, si<br />
può parlare paradossalmente – come attestavano senz’ombra di dubbio i rapporti di<br />
polizia - di un vero e proprio fenomeno di ascolto clandestino di massa. E questo<br />
nonostante che i cittadini sorpresi ad ascoltare trasmissioni dall’estero rischiassero<br />
severe punizioni; anzi, in un certo senso i divieti aumentavano il fascino e la<br />
credibilità delle trasmissioni clandestine che venivano ascoltate con crescente avidità<br />
da un pubblico ormai scettico verso la propaganda di regime.<br />
Inizialmente il sentimento degli ascoltatori era un insieme di sconcerto e d’incertezza,<br />
poiché era legittimo il sospetto che quelle notizie venissero promulgate solo per<br />
minare la fiducia di una nazione nemica. Nel giro di poco tempo, però la redazione di<br />
Radio Londra ottenne un’ampia credibilità grazie al modo tempestivo di trasmettere<br />
informazioni nel mondo, con il suo tipico stile inglese, diretto e pragmatico : alla<br />
violenza verbale degli striduli propagandisti fascisti, Radio Londra contrapponeva<br />
infatti un tono privo di enfasi letteraria, educato, realistico, scientifico, che parlava<br />
alla razionalità piuttosto che all’emotività.<br />
Per quanto riguardava l’Italia, gli argomenti delle trasmissioni erano studiati e<br />
programmati nei minimi particolari, badando sempre a scindere le responsabilità di<br />
Mussolini e del fascismo da quelle del popolo italiano : venivano denunciati la<br />
subalternità dei capi fascisti ai tedeschi, gli arricchimenti dei gerarchi dovuti alla<br />
guerra a fronte delle difficoltà imposte al ceto medio e alla classe operaia, la<br />
bancarotta cui il regime aveva portato il Paese, l’occultamento delle perdite subite in<br />
guerra, gli scandali di Mussolini con le donne, l’assurdità di ogni paragone tra<br />
l’impero italiano e quello britannico.<br />
Nel Servizio Italiano si impose per popolarità la carismatica figura del Colonnello<br />
Harold Stevens – noto con il nomignolo di “Colonnello Buonasera” – il quale, grazie<br />
ai suoi commenti pacati e ragionevoli, ben diversi dalle tracotanze fasciste,<br />
trasmetteva un senso di serenità e di speranza nel futuro. Altra figura carismatica si<br />
rivelò Candidus (pseudonimo di John Joseph Marus), che con la sua dialettica<br />
implacabile smentiva regolarmente tutte le notizie di vittoria diffuse dalla radio<br />
ufficiale e smascherava ogni tentativo della propaganda nazi-fascista di sminuire la<br />
gravità della situazione. Con Radio Londra collaborarono anche diversi fuoriusciti<br />
italiani come Ruggero Orlando (alias Gino Calzonari), Paolo Treves, Livio Zeno<br />
Zencovich, Elio Nissim, Aldo Cassuto e Umberto Calosso, il quale fu il primo a<br />
chiamare la R.S.I. “repubblichina di Salò” e i suoi seguaci “repubblichini”.<br />
Nel 1943 e 1944 furono realizzati per l’Italia due programmi di particolare<br />
importanza : il Fighters and workers programme (programma per i combattenti e i
22<br />
lavoratori, che trasmetteva notizie sulla situazione militare italiana e brevi messaggi<br />
alle famiglie dei soldati prigionieri) e La voce di Londra (che mandava in onda<br />
notiziari, commenti, interviste e messaggi speciali per le forze della Resistenza).<br />
Infatti, oltre ad emanare notiziari, Radio Londra trasmetteva ogni giorno anche decine<br />
e decine di messaggi speciali in codice concertati coi servizi segreti e destinati alle<br />
forze della Resistenza. Con questi messaggi enigmatici mascherati sotto forma di<br />
frasi apparentemente prive di senso (tipo “Felice non è felice”, “la neve è bianca”,<br />
“la gallina ha fatto l’uovo”, “Giacomone bacia Maometto”, “è cessata la pioggia”,<br />
“la vacca non dà latte”, etc.) si fornivano in realtà delle parole d’ordine e si<br />
informavano le unità partigiane sulla presenza di presunte spie nemiche, sugli<br />
spostamenti nemici, sulle operazioni militari in corso o sulle coordinate degli<br />
aviolanci di armi o viveri da parte degli Alleati.<br />
Radio Londra fu per antonomasia “la radio della Resistenza”, benché altre emittenti<br />
rivolgessero dall’estero notiziari e messaggi ai patrioti italiani : citiamo solo la “Voce<br />
dell'America” (Fiorello La Guardia), Radio Montevideo (Randolfo Pacciardi), Radio<br />
Mosca (Togliatti e D’Onofrio), Radio Algeri e l’americana “Mazzini News”.<br />
Tuttavia molte altre radio svolsero un analogo ruolo di controinformazione<br />
clandestina nell’Italia divisa, dimostrando come la radio – che nelle mani dei<br />
totalitarismi aveva rappresentato un dannosissimo strumento di ottundimento delle<br />
intelligenze e di violenza politica e morale – poteva al contrario assolvere ad un ruolo<br />
di formazione e di sviluppo della coscienza antifascista.<br />
Dalla fine del 1943, in ottemperanza alle disposizioni del “lungo armistizio”, tutte le<br />
pubblicazioni a stampa e tutte le stazioni radio del cosiddetto Regno del Sud, già<br />
dipendenti dal Minculpop, passarono sotto il diretto controllo e supervisione del<br />
Psychological Warfare Branch (P.W.B.), l’organo delle Forze alleate, creato dal<br />
generale Eisenhower nel 1942 e diretto in Italia dal maggiore Jan Greenlees, che si<br />
occupava dell'informazione e della propaganda, delle pubbliche relazioni e delle<br />
corrispondenze di guerra. Tra le radio, venivano sottoposte al P.W.B. la già citata<br />
Radio Bari, Radio Palermo, Radio Napoli e Radio Sardegna, emittente creata dopo<br />
l’armistizio da un gruppo di militari italiani. Non mancarono episodi di censura da<br />
parte del P.W.B. che nel marzo ‘44 decretava la chiusura di Radio Bari, il cui<br />
personale si trasferì in buona parte nel capoluogo partenopeo. Così, tra le sedi<br />
radiofoniche ex-EIAR delle città liberate, Radio Napoli si distinse per il gran numero<br />
di giovani talenti che vi approdarono, fra cui Antonio Ghirelli, Raffaele La Capria,<br />
Mario Soldati, Giuseppe Patroni Griffi, Maurizio Barendson, Arnoldo Foà, Aldo<br />
Giuffrè e Ubaldo Lay.<br />
Altre radio che si trovavano nelle zone occupate dai tedeschi alimentarono la<br />
Resistenza in totale clandestinità : parliamo di Radio Roma, di Radio Milano Libertà<br />
(Edoardo D’Onofrio e Giulio Cerreti) e della “Voce della Verità” (Luigi Polano), per<br />
localizzare le quali i tedeschi impiegarono speciali reparti dotati di radiogoniometri.<br />
In particolare, la “Voce della Verità” riuscì ad inserirsi pienamente sulle lunghezze<br />
d’onda dell’EIAR interrompendo le trasmissioni ufficiali e polemizzando aspramente<br />
in diretta con i commentatori del regime neo-fascista. Non riuscendo a localizzare
23<br />
l’emittente, i propagandisti di Salò pensarono ad una astuta contromossa, inventando<br />
un falso intruso che interrompeva le trasmissioni ufficiali con battute addomesticate<br />
che permettevano ai giornalisti di regime di replicare con facili risposte<br />
propagandistiche.<br />
Molte pagine della Resistenza hanno avuto a che fare con la radio, come la morte<br />
eroica del gappista torinese Dante Di Nanni, suicidatosi nel marzo ’44 dopo essere<br />
stato ripetutamente ferito dai fascisti in un’azione contro un ripetitore EIAR che<br />
disturbava le frequenze di Radio Londra.<br />
Ma la radio fu protagonista durante la guerra anche di una vicenda che ha<br />
dell’incredibile : la nascita di un apparecchio radio clandestino in un campo di<br />
concentramento tedesco. Furono alcuni ufficiali italiani deportati dopo l’armistizio<br />
nel campo di Sandbostel (Germania nord-occidentale) a realizzare furtivamente nel<br />
1944 una grossolana radio ricevente, usando ingegnosamente barattoli di latta, la<br />
dinamo di una bicicletta, una vecchia valvola, della celluloide, della stagnola, della<br />
stoffa, della grafite per matite, della cera di candela, monete di rame, liquido per<br />
sottaceti ed altri materiali di fortuna. Quella radio era in grado di captare di notte le<br />
notizie di Radio Londra o di Radio Bari, che venivano poi rilanciate a voce nel<br />
campo. Battezzata simpaticamente come “Caterina”, questa radio alleviò per alcuni<br />
mesi l’angoscia della prigionia di migliaia di uomini, alimentando in loro la speranza<br />
di una imminente liberazione dal nazi-fascismo, e per questo fu anche chiamata “La<br />
Radio della Speranza”. Una radio analoga, chiamata “Mimma”, fu realizzata dagli<br />
stessi ufficiali italiani quando vennero trasferiti nel campo di Fallingbostel.<br />
Sempre nell’ambito delle radio di fortuna autocostruite, ricordiamo il modello “Fox<br />
hole” ideato da un soldato americano : era chiamato anche “radio a lametta” poiché le<br />
sue componenti principali erano lamette da barba, fili di rame e il ricevitore della<br />
cornetta di un telefono da campo.<br />
Il 6 giugno 1944, due giorni dopo la liberazione della città, Radio Roma apriva le<br />
emissioni dal trasmettitore di monte Mario con la notizia dello sbarco in Normandia,<br />
che era stato preannunciato dagli Alleati ai partigiani francesi mediante la<br />
trasmissione radiofonica di alcuni versi di Verlaine.<br />
Sul fronte italiano, via via che la guerra risaliva la penisola martoriata, gli Alleati<br />
promuovevano la nascita di nuove radio, come Radio Bologna Libera, l’emittente<br />
della Quinta armata americana creata all’indomani della cacciata delle truppe<br />
tedesche e diretta da Antonio Ghirelli (futuro direttore di Tuttosport e del Tg2 nonchè<br />
capo dell’ufficio stampa del Quirinale sotto la presidenza di Sandro Pertini.). Ghirelli<br />
aveva ottenuto a Napoli, assieme al collega Tommaso Giglio e a una dozzina fra<br />
tecnici e annunciatori, di poter seguire l’avanzata degli americani con una sorta di<br />
unità mobile costituita da due camion, uno per ricevere e l’altro per trasmettere: erano<br />
giunti così fino a Firenze e alla linea gotica, la cui caduta aveva aperto la strada verso<br />
il Nord.<br />
Sempre per volontà degli Alleati, dopo la liberazione di Roma l’EIAR venne sciolta<br />
(il suo personale sarà poi “epurato” da un’apposita commissione) e sostituita dalla
24<br />
RAI (Radio Audizioni Italia), nome che manterrà fino al 10 aprile 1954 allorché<br />
muterà la denominazione sociale in quella attuale di RAI -Radiotelevisione Italiana.<br />
Tra i primi obiettivi della RAI vi sarà quello di riportare sotto un sistema radiofonico<br />
unificato le molte stazioni radio che, sulla scia della libertà ritrovata, erano nate a<br />
livello territoriale, spesso con tendenza localistiche ed autonomistiche.<br />
La radio come sinonimo di libertà<br />
Il 30 gennaio 1945, dal bunker della Cancelleria, Hitler affidava alla radio la sua voce<br />
ormai lugubre per rivolgere al popolo tedesco il suo ultimo messaggio. Terminata la<br />
guerra in Europa, i sovietici iniziavano a trasmettere da Berlino occupata mediante<br />
l’emittente della “Libera Germania”, mentre dall’altra parte del mondo, dopo lo<br />
scoppio della seconda bomba atomica americana (il 9 agosto 1945 su Nagasaki),<br />
l’imperatore giapponese Hiro Hito usava la radio per rivolgersi per la prima volta alla<br />
popolazione, comunicandole fra lo sbigottimento generale la decisione della resa<br />
incondizionata agli Alleati.<br />
Tutto il mondo si era liberato del nazifascismo e anche nell’Italia repubblicana e<br />
pluralista, la radio tornava a dare voce alla democrazia. Sebbene nel Paese devastato<br />
da lutti e distruzioni inenarrabili continuasse il razionamento dei generi alimentari e<br />
si facesse ancora sentire la fame, l’incubo era finito davvero : si viveva ormai in un<br />
mondo completamente sconosciuto, senza spie, senza censura, dove si poteva fare e<br />
dire quello che si voleva, andare dove si voleva, leggere per primi la propria posta,<br />
esprimersi, partecipare, leggere una stampa libera. E la ritrovata libertà significava<br />
ballare, cantare, discutere in pubblico, ma anche ascoltare liberamente la radio.<br />
La radio (talvolta dotata anche di giradischi) era ancora un grosso apparecchio con<br />
valvole di vetro, manopole e voluminose casse in legno, ma non era più uno status<br />
symbol, bensì oggetto utilitario modesto ed efficiente. Esso assumeva infatti il suo<br />
ruolo definitivo di fornitore di servizi essenziali (notizie, bollettini meteorologici,<br />
segnali orario, cronache sportive) e di intrattenimento (spettacolo, conversazioni,<br />
musica), scandendo e sincronizzando i ritmi di vita collettivi e segnando un decisivo<br />
passo in avanti verso l’unificazione dei comportamenti, dei linguaggi, dei gusti e dei<br />
costumi.<br />
Come prima della guerra, la famiglia tornava tranquillamente a raccogliersi dopo<br />
cena attorno alla radio per ascoltare notizie, quiz, varietà oppure la lettura di racconti<br />
in prosa di romanzieri dell’800 o pagine, anche di teatro, di autori classici (si parlerà<br />
in proposito di un “teatro invisibile”). Per sintonizzarsi con le manopole sui canali<br />
preferiti, ci si imbatteva in canali stranieri esotici e lontani, che trasmettevano in<br />
lingue incomprensibili, attribuendo alla radio il magico potere di portare il mondo in<br />
casa.<br />
Finalmente dai giornali e dalla radio si apprendeva tutto ciò che negli anni di guerra il<br />
fascismo aveva taciuto (come erano andate veramente le varie campagne militari<br />
condotte in Albania, Grecia, Africa, Russia) e venivano resi noti gli eccidi compiuti<br />
dalle forze di occupazione tedesche e le azioni svolte contro di esse dalle varie<br />
formazioni partigiane. Comparvero anche alcuni programmi di servizio (Sulla via del
25<br />
ritorno, Ricerche di connazionali) legati alla situazione contingente del paese e<br />
destinate ai reduci o alle famiglie dei dispersi.<br />
Insomma, anche col contributo della radio il Paese cercava di rimettersi in piedi, e<br />
tuttavia l’informazione del dopoguerra era già segnata dal clima politico della “guerra<br />
fredda”, annunciato in un famoso discorso radiofonico di Alcide De Gasperi del 28<br />
aprile 1947, che di fatto apriva la crisi che doveva portare socialisti e comunisti fuori<br />
dal governo.<br />
Nelle successive infuocate elezioni politiche del 1948 la propaganda elettorale vide<br />
infatti fra i suoi protagonisti il giovane giornalista gesuita Padre Riccardo Lombardi<br />
(curiosamente omonimo di un importante dirigente del PSI),), detto «il microfono di<br />
Dio» per le sue irruente prediche anticomuniste trasmesse quotidianamente dalla<br />
Radio Vaticana. Il magistero dello stesso Pio XII fu volto nel dopoguerra soprattutto<br />
ad arginare la diffusione del comunismo ateo, contro il quale egli bandì una vera e<br />
propria crociata, lanciando innumerevoli radiomessaggi e impartendo rigide direttive<br />
al clero e ai fedeli.<br />
Dopo il 18 aprile ’48, la definitiva rottura dell’unità politica delle forze antifasciste<br />
portava anche nella RAI all’allontanamento di socialisti e comunisti e ad un sempre<br />
più netto controllo da parte della Democrazia Cristiana (Giuseppe Spataro era<br />
presidente della RAI e Mario Scelba Ministro delle Poste).<br />
Nei difficili anni della ricostruzione, l’ente radiofonico dovette provvedere alla<br />
riparazione delle spaventose devastazioni provocate dalla guerra (delle 35 stazioni ad<br />
onde medie e delle 11 ad onde corte che l’EIAR possedeva nel 1940, ne restavano<br />
operanti 12 a onde medie e 2 ad onde corte), aggiudicarsi le frequenze, razionalizzare<br />
i costi per il personale e potenziare le entrate attraverso la SIPRA. Occorreva inoltre<br />
riconquistare la fiducia del pubblico verso una radio ancora associata<br />
nell’immaginario di molti ascoltatori alla propaganda totalitaria. Ispirandosi ancora<br />
una volta al modello della BBC e dell’americana RCA (NBC-ABC), la rete<br />
radiofonica nazionale venne riorganizzata su tre programmi a dimensione nazionale :<br />
la Rete Rossa (poi Programma Nazionale, prevalentemente informativo), la Rete<br />
Azzurra (poi Secondo Programma, più di intrattenimento) e, dal 1° ottobre 1950, il<br />
Terzo Programma (a carattere culturale).<br />
Numerosissime le professionalità coinvolte nella programmazione degli anni<br />
Cinquanta (si pensi solo a Ungaretti, Montanelli, Sapegno, Albertazzi, Foà, Zavoli),<br />
molte delle quali transiteranno più tardi nella televisione. Fra gli argomenti che<br />
appassionarono molti intellettuali italiani (fra cui Carlo Emilio Gadda e Riccardo<br />
Bacchelli) fu quello di definire i caratteri del linguaggio radiofonico, cioè di una<br />
lingua specifica della radio che risultasse adatta all’ascolto piuttosto che alla lettura.<br />
Un vero evento mediatico fu, nel 1951, la trasmissione radiofonica da Sanremo del<br />
Primo Festival della Canzone Italiana. Le venti canzoni in gara, accompagnate<br />
dall’orchestra del maestro Cinico Angelini, erano cantate in diretta da tre soli<br />
concorrenti : Achille Togliani, il duo Fasano e Nilla Pizzi, che avrebbe vinto con<br />
“Grazie dei fiori”. In quella occasione il presentatore Nunzio Filogamo pronunciò per
26<br />
la prima volta una frase molto “radiofonica”, divenuta poi famosissima : “Miei cari<br />
amici vicini e lontani…”<br />
Un’altra novità assoluta interveniva dal 30 novembre 1952, quando la RAI iniziava a<br />
trasmettere ogni domenica mattina la Santa Messa, in collegamento con la Radio<br />
Vaticana.<br />
Agli inizi degli anni Cinquanta la diffusione delle radio a transistor e delle autoradio<br />
(benchè ancora piuttosto costose) aumentava intanto ulteriormente il pubblico dei<br />
radioascoltatori abbonati alla RAI, che rispetto ai 2 milioni del 1947 risultavano quasi<br />
triplicati nel 1953. Leggere, variopinte, dotate di un’antenna a stilo retrattile, basate<br />
su delicati ed instabili transistor al germanio, queste radio di plastica passavano<br />
progressivamente dall’alimentazione elettrica a quella a batterie sostituibili, e<br />
diminuivano pian piano il loro prezzo e le loro dimensioni (da tavolo, portatili, fino a<br />
diventare tascabili): ormai la radio era diventata onnipresente e si poteva ascoltare<br />
ovunque, anche per strada, in auto, allo stadio.<br />
Il 10 aprile 1954 il nome dell’ente pubblico cambiava in RAI-Radiotelevisione<br />
Italiana : infatti anche in Italia da pochi mesi era nata la televisione, mezzo<br />
audiovisivo che andrà subito a contendere popolarità alla radio, la quale conoscerà<br />
infatti un calo di ascolti rilevante, dopo aver toccato nel 1958 una punta massima di<br />
oltre 6 milioni di abbonati (nel 1958 era nato il servizio di filodiffusione a pagamento<br />
tramite le linee telefoniche).<br />
Non senza motivo, molti immaginavano allora che la televisione avrebbe segnato un<br />
rapido ed inarrestabile declino della radio. Ma l’“abbandono” della radio era solo<br />
apparente, dal momento che gli abbonamenti radiofonici venivano semplicemente<br />
ricompresi in quelli televisivi. Inoltre, pur divenendo col tempo un medium<br />
«secondo» rispetto alla «grande sorella», la radio occupava egregiamente gli spazi<br />
(orari e domestici) lasciati liberi dalla televisione. Infatti, secondo un sondaggio Doxa<br />
del 1954 lo svago preferito dagli italiani era ancora quello di ascoltare la radio.<br />
Non va infine sottovalutato il ruolo di vero anello di congiunzione che molte radio (la<br />
RAE di Buenos Aires, Radio Svizzera International, Radio Lussemburgo, ecc.)<br />
continuavano a svolgere tra l’Italia e i nostri numerosi emigranti sparsi per il mondo.<br />
Nel dopoguerra iniziava a diffondersi anche la schiera dei radioamatori i quali, oltre a<br />
praticare un proprio hobby e a dar vita a proprie comunità virtuali, svolgevano un<br />
contributo determinante nelle comunicazioni d’emergenza, quando i normali canali di<br />
comunicazione non erano utilizzabili.<br />
Radio e guerra fredda<br />
Le scienze della comunicazione hanno costituito a partire dagli anni Cinquanta uno<br />
strumento essenziale della pressione esercitata dall’Occidente contro i governi del<br />
blocco comunista e verso quei paesi che si dimostravano ancora incerti nella loro<br />
collocazione politica. La “guerra psicologica” ha costituito uno dei cardini<br />
fondamentali della Guerra Fredda, durante la quale le trasmissioni radiofoniche
27<br />
internazionali divennero uno strumento molto importante in un conflitto condotto sul<br />
piano ideologico assai più che su quello militare. Nacquero a questo scopo il BBC<br />
World Service, Radio France International, Radio Canada, Radio Australia, Deutsche<br />
Welle.<br />
Con l’allargarsi del dominio comunista sull’Europa dell’Est, anche la Radio Vaticana<br />
moltiplicò i programmi trasmessi nelle lingue dei popoli oppressi. E la stessa RAI<br />
varò una rubrica bisettimanale in inglese e francese destinata ai problemi della NATO<br />
e dell’Unità europea e notiziari in varie lingue tra cui il russo, l’ucraino, il lituano, il<br />
rumeno, l’ungherese, l’albanese, il polacco e il ceco.<br />
Ma furono soprattutto gli Stati Uniti a dotarsi di un vero e proprio apparato di<br />
emittenti radiofoniche internazionali : a partire dal 1945, infatti, i presidenti Truman e<br />
Eisenhower istituzionalizzarono tutte le agenzie di propaganda messe in piedi durante<br />
la Seconda Guerra mondiale, assegnando loro una missione strategica nell’ambito<br />
della politica del “contenimento”.<br />
Le emittenti radiofoniche Voice of America, Radio Free Europe e Radio Liberty<br />
(grazie al sostegno finanziario del Congresso degli Stati Uniti e a quello logisticostrategico<br />
della CIA) iniziarono così a trasmettere dalla Germania Occidentale<br />
informazioni e programmi di propaganda antisovietica indirizzati agli abitanti dei<br />
paesi socialisti, soprattutto al fine di contrastare l’informazione ufficiale, di sostenere<br />
e dare voce alle correnti anticomuniste dell’Est Europa ed aiutarle a rovesciare i<br />
propri governi. Dal canto loro, le autorità sovietiche tentarono regolarmente di<br />
intralciare le trasmissioni di Radio Free Europe, mediante vere e proprie azioni di<br />
disturbo per interferenza (“jamming”).<br />
Le radio internazionali di cui s’è detto divennero i principali strumenti di quella che,<br />
per rimarcarne la funzione strategica, fu da allora chiamata “diplomazia pubblica”<br />
(public diplomacy). La United States Information Agency (Usia), l’agenzia<br />
governativa cui dal 1953 furono affidate queste attività, ha definito la diplomazia<br />
pubblica come “la promozione dell’interesse nazionale e della sicurezza nazionale<br />
attraverso la comprensione, l’informazione e l’influenza dei cittadini di paesi esteri”.<br />
Secondo la definizione del Council on Foreign Relations, “la diplomazia pubblica è<br />
l’insieme dei tentativi di informare e influenzare l’opinione pubblica in altri paesi.<br />
Laddove la diplomazia tradizionale è un esercizio tra governi condotto dai<br />
diplomatici, la diplomazia pubblica è diretta al pubblico internazionale. Nota a volte<br />
come lo sforzo di conquistare i cuori e le menti, la diplomazia pubblica statunitense<br />
usa pubblicazioni internazionali, trasmissioni via etere e scambi culturali per<br />
coltivare la benevolenza nei confronti degli Usa, i suoi interessi e le sue politiche”.<br />
Tutta la storia del secondo dopoguerra, con le sue innumerevoli crisi (Corea,<br />
Indocina, Algeria, Congo, Cuba, Medio Oriente), è segnata dal protagonismo della<br />
radio. Solo pochi esempi : l’indipendenza dell’India dalla Gran Bretagna (1947) fu<br />
certamente determinata dall’ampio movimento non violento che si era sviluppato<br />
ascoltando alla radio, in ogni angolo del paese, le parole del Mahatma Gandhi.
28<br />
Nel novembre 1954 la radio del Fronte di Liberazione Nazionale algerino (FLN)<br />
dette dal Cairo l’ordine dell’insurrezione che porterà il paese all’indipendenza dalla<br />
Francia dopo otto anni di durissima lotta partigiana.<br />
Nel luglio 1956, nel quarto anniversario della caduta di re Faruk, il presidente<br />
egiziano Gamal Abdel Nasser annunciò tramite Radio Cairo la nazionalizzazione del<br />
canale di Suez, scatenando la reazione armata anglo-francese.<br />
Nell’ottobre 1956 Radio Budapest dette voce ai patrioti ungheresi che si opponevano<br />
all’invasione armata sovietica. Per timore della collera popolare, la vecchia redazione<br />
uscì furtivamente dalla sede della radio, che venne conquistata dagli insorti e<br />
ribattezzata “Libera trasmittente Kossuth” con questa motivazione : “In quest’ora<br />
comincia un nuovo capitolo della storia della radio ungherese. Questa radio è stata<br />
per anni uno strumento di menzogna. Ha ubbidito agli ordini. Ha mentito di giorno,<br />
ha mentito di notte, ha mentito su tutte le lunghezze d’onda.”<br />
Nell’agosto 1960 Patrice Lumunba, uno dei simboli del movimento anticolonialista<br />
africano, nonché primo capo del governo della neonata Repubblica Democratica del<br />
Congo, lanciava un accorato appello radiofonico in favore dell’unità del paese, pochi<br />
mesi prima di essere assassinato dai secessionisti del Katanga al soldo degli ex-coloni<br />
belgi.<br />
Nel 1969 un colpo di Stato rovesciava il re Idris in Libia e il potere veniva assunto da<br />
un gruppo di giovani ufficiali estremisti, guidati da Muammar al-Gheddafi, formatisi<br />
ascoltando “La Voce degli Arabi”, cioè la radio del leader egiziano Nasser.<br />
Ma al di là delle molteplici crisi locali, nel dopoguerra tutto il mondo visse per<br />
decenni l’incubo delle armi atomiche. In proposito è interessante notare che nei primi<br />
anni Cinquanta il presidente della Regency promosse la produzione di ricevitori<br />
tascabili a transistor partendo dal presupposto che, in previsione di un attacco<br />
nucleare, la radio a transistor avrebbe potuto rappresentare un elemento essenziale<br />
per la sopravvivenza. Infatti, poiché le frequenza delle stazioni trasmittenti<br />
radiotelevisive avrebbero permesso ad eventuali missili nemici di orientarsi nel<br />
territorio americano per colpire bersagli vitali, in caso di allarme nucleare sarebbe<br />
stato necessario “spegnere” tutta la rete nazionale di trasmissioni radio. Ma poiché un<br />
black-out radiotelevisivo durante un attacco nucleare non era certamente auspicabile<br />
per una popolazione disorientata ed impaurita, le radio a transistor avrebbero<br />
assicurato ai civili un sistema alternativo per impartire su frequenze di emergenza ad<br />
onde medie le informazioni e le istruzioni indispensabili. Naturalmente l’aspetto<br />
strategico della radio a transistor quale mezzo di comunicazione d’emergenza, messo<br />
in evidenza a più riprese dal governo americano durante gli anni più critici della<br />
guerra fredda, spinse molti americani all’acquisto, o comunque rappresentò un buon<br />
pretesto per affrontare la spesa.<br />
L’avvento della televisione e la risposta della radio
29<br />
Piuttosto che essere travolta dalla televisione e trasformarsi in un semplice “rumore”<br />
di sottofondo, la radio continuava intanto a svolgere un importante ruolo di<br />
modernizzazione, né la comparsa di altri sistemi di comunicazione sarebbe riuscita<br />
nel futuro a sostituirla o ad indebolirla.<br />
Dinanzi ad un mezzo audiovisivo tecnologicamente più evoluto che invadeva<br />
rapidamente il mercato, che ne sfruttava i generi e i formati più collaudati e che le<br />
sottraeva divi e personaggi, la radio elaborò infatti adeguate strategie di difesa,<br />
potenziando l’informazione e l’approfondimento, occupando nuove fasce orarie<br />
diurne, adattandosi ai cambiamenti della società in termini di rinnovamento musicale,<br />
scolarizzazione di massa, rivoluzione dei costumi, consumismo.<br />
Ad esempio nel 1960 debuttava in radio “Tutto il calcio minuto per minuto”, con<br />
collegamenti in diretta dai vari campi di gioco. Il programma, animato da conduttori<br />
come Niccolò Carosio, Nando Martellini, Sandro Ciotti ed Enrico Ameri, manterrà<br />
per decenni i più alti indici di ascolto dell’intera radiofonia italiana.<br />
Nel contempo si avviavano con grande successo di pubblico anche le trasmissioni<br />
radiofoniche e televisive della “Tribuna elettorale”, seguite poi dalla “Tribuna<br />
politica”, di cui furono magistrali conduttori Gianni Granzotto e Jader Jacobelli.<br />
Come la televisione, anche la radio continuava ad essere rigidamente controllata<br />
dall’unico gestore e rifletteva un orientamento tra il conservatore e il moralista tipico<br />
del partito di maggioranza relativa e della direzione della RAI di allora, retta da<br />
Ettore Bernabei, uomo di fiducia di Amintore Fanfani : ovviamente le novità musicali<br />
e di costume degli anni Sessanta erano recepiti in maniera minima e attentamente<br />
filtrata, poiché gli atteggiamenti vagamente trasgressivi che cominciavano a<br />
affacciarsi venivano visti con grande sospetto. Basti dire che nella RAI esisteva una<br />
commissione di ascolto incaricata di vagliare ciò che poteva essere trasmesso e che<br />
questa commissione, ad esempio, censurò le canzoni di Fabrizio De Andrè, in quanto<br />
trattavano temi non adatti o usavano parole non consentite.<br />
Ma qualcosa di nuovo stava intanto accadendo in Inghilterra, il paese allora più<br />
brillante e all’avanguardia d’Europa e forse del mondo, e quindi più insofferente delle<br />
gabbie monopolistiche e delle restrizioni giuridiche. Infatti, nel 1964, da una<br />
motonave in disarmo ancorata nei pressi delle coste inglesi, al di fuori delle acque<br />
territoriali, iniziava a trasmettere “Radio Caroline”, ovvero la prima “radio pirata”<br />
off-shore della storia. Un brano dei Rolling Stones segnava l’esordio di questa “music<br />
station” illegale che trasmetteva in completa libertà, arrecando alla BBC notevoli<br />
danni in termini di audience e stabilità politica.<br />
Poco tempo prima la rivista inglese New Left Review aveva teorizzato : “Una radiotelevisione<br />
democratica poggia su due semplici principi : che ogni membro della<br />
società ha diritto di scegliere da sé che cosa leggere, ascoltare o guardare; e che<br />
ogni membro della società ha diritto di contribuire a ciò che viene comunicato. Per<br />
quanto riguarda il diritto di ricevere, l’atteggiamento democratico esige la<br />
cessazione di tutte le forme di monopolio o di controllo. Per quanto riguarda il<br />
diritto di trasmettere, esige nei sistemi di comunicazione la creazione di forme che<br />
consentano ad ogni membro della società che desideri contribuire alle attività
30<br />
pubbliche di comunicazione, di farlo senza dover passare attraverso le barriere della<br />
censura, della selezione paternalistica o del calcolo commerciale.”<br />
Naturalmente il successo di“Radio Caroline” fu grande ed immediato, e sebbene il<br />
suo esempio venisse seguito da altre radio scandinave e olandesi montate su navi da<br />
pesca o piccoli mercantili, essa rimase la più influente e ascoltata radio libera degli<br />
anni Sessanta. Altro durissimo colpo al monopolio della BBC fu rappresentato<br />
dall’attività di Radio Luxembourg (RTL 208), emittente attiva sin dal 1933, che<br />
nominalmente trasmetteva per il piccolo stato del Lussemburgo ma che rivolgeva i<br />
suoi potenti trasmettitori al vasto pubblico inglese.<br />
Per ovvi motivi, la radio ufficiale inglese non rimase a guardare e, dopo aver tentato<br />
invano di agire a livello legale o mediante interferenze, nel giro di pochi mesi rispose<br />
con proprie trasmissioni dedicate ai giovani e modellate sullo stile delle radio pirate<br />
(come “Saturday Club” e “Ready Steady Go!”), nelle quali debuttarono sia i Beatles<br />
sia i Rolling Stones.<br />
Anche in Italia, poiché in quegli anni la radio non trasmetteva praticamente alcun<br />
genere di musica pop, si diffuse in moltissimi giovani l’abitudine di sintonizzarsi su<br />
Radio Lussemburgo o su altre emittenti pirate, magari riproducendo i pezzi con<br />
registratori portatili a bobine.<br />
Prendendo atto del fenomeno, anche la RAI decise a metà anni Sessanta di dedicare<br />
maggiore attenzione ai giovani, all’attualità e alla divulgazione musicale. Dal 1965<br />
iniziarono infatti ad andare in onda due storiche trasmissioni (modello di molte di<br />
quelle successive, tra cui “Alto gradimento”), vale a dire “Bandiera gialla” e “Per voi<br />
giovani”, rassegne di successi discografici per lo più internazionali, entrambe ideate<br />
da Gianni Boncompagni e Renzo Arbore. Le trasmissioni, “severamente vietate ai<br />
maggiori di anni 18”, introducevano fra l’altro la conduzione in coppia e l’uso di un<br />
linguaggio insolitamente spontaneo, portando nella RAI una folata di fresco e di<br />
autenticità.<br />
Ma nonostante le contromisure della RAI, ormai le cosiddette radio “libere”, anche se<br />
per il momento trasmettevano dall’estero, avevano conquistato il pubblico italiano. In<br />
particolare, le regioni del Nord-Est dell’Italia si trovavano nel raggio di emissione di<br />
Radio Capodistria, mentre quelle del Nord-Ovest ricevevano le trasmissioni di Radio<br />
Montecarlo, capostipite della categoria delle emittenti commerciali musicali rivolte al<br />
pubblico giovanile.<br />
Anche negli Stati Uniti, a San Francisco ed in altre città, le prime “radio alternative”<br />
(così chiamate perché direttamente concepite per un pubblico giovane ed aperte alle<br />
organizzazioni della nuova sinistra) cominciarono a farsi sentire nel 1967.<br />
Con lo scoppio delle lotte studentesche del 1968, alcune stazioni radio commerciali<br />
francesi assunsero inoltre per un breve periodo una vera e propria funzione di<br />
collegamento fra i manifestanti, nel corso della contestazione del “maggio parigino”.<br />
Purtroppo, però, non tutto il mondo aveva bisogno solo di musica e di politica.<br />
Altrove, infatti, si aprivano nuovi scontri militari, di cui la radio tornava ad essere<br />
mezzo insostituibile di informazione e di propaganda.
31<br />
Nel pieno della guerra del Vietnam, mentre l’ex disc-jockey Adrian Cronauer teneva<br />
alto il morale delle truppe americane con le sue trasmissioni radiofoniche scanzonate<br />
e irriverenti precedute dal famoso “Good morning, Vietnam !”, l’emittente nordvietnamita<br />
“La voix du Viet Nam” incitava i combattenti vietcong alla resistenza<br />
anti-imperialista, cambiando continuamente sede per sottrarsi ai bombardamenti<br />
americani. Molto clamore suscitarono inoltre gli inviti alla diserzione ai soldati USA<br />
e sud-vietnamiti rivolti tramite Radio Hanoi dal gruppo di veterani pacifisti americani<br />
Vietnam Veterans Against the War (VVAW).<br />
Anche sul piano tattico, la radio giocò un ruolo primario in quel terribile conflitto,<br />
assicurando soprattutto ai soldati americani la copertura dell’artiglieria e<br />
dell’aviazione, oltre che l’intervento dei servizi di evacuazione medica. Non è un<br />
caso che gli ufficiali e gli operatori radio rappresentassero i bersagli preferiti nelle<br />
imboscate vietcong, e che le stazioni radio delle basi USA fossero spesso oggetto di<br />
attacchi o attentati.<br />
Negli stessi anni del Vietnam anche il regime di Cuba (che trasmetteva mediante<br />
Radio Granma) continuava ad essere oggetto di una massiccia aggressione mediatica<br />
da parte dei profughi anticastristi e degli Stati Uniti, attraverso “Voice of America”<br />
(VOA) e Radio e TV Martí, emittenti propagandistiche di proprietà del governo<br />
americano, del tutto simili a Radio Free Europe, che trasmettevano da Miami o da<br />
aerei militari EC-130.<br />
Intanto gli enormi progressi raggiunti nelle tecnologie delle comunicazioni radio<br />
rendevano possibile l’esplorazione dello spazio, e in particolare lo sbarco sulla Luna<br />
delle missioni Apollo (1969-1972). Sofisticate apparecchiature trasmittenti e riceventi<br />
facevano infatti parte del sistema di comunicazione compatto, ad altissima frequenza,<br />
installato a bordo dei moduli di comando e dei moduli lunari.<br />
Nel settembre 1973 si consumava infine il dramma del Cile, dove il presidente<br />
socialista Salvador Allende rimaneva ucciso nel corso di un colpo di Stato militare.<br />
Le sue ultime parole rivolte al popolo cileno vennero diffuse da Radio Magallanes,<br />
dopo che l’aviazione golpista aveva distrutto le antenne e i ripetitori di tutte le altre<br />
emittenti.<br />
Nascono le radio “libere”<br />
Negli anni Settanta, accanto alla tradizionale modulazione di ampiezza (AM), si<br />
diffondeva una nuova tecnologia - la modulazione di frequenza (FM) - in grado di<br />
permettere trasmissioni dai costi molto più contenuti. Le trasmissioni in FM<br />
consentivano una maggiore fedeltà del suono, rendendo l’ascolto indenne da<br />
deformazioni e interferenze. Ma la principale novità consisteva nell’uso di onde<br />
ultracorte che si propagano solo a distanza ottica, ossia che non seguono la curvatura<br />
della Terra e non superano ostacoli massicci (montagne, palazzi ecc.), per cui sono<br />
adatte solo per trasmissioni locali. Questo permetteva la nascita anche in Italia di<br />
emittenti private di piccole dimensioni in termini di attrezzature (studio radiofonico,<br />
antenna di trasmissione) e di costi di gestione.
32<br />
Il 25 marzo 1970 è una data che segna un punto di non ritorno nella storia della<br />
comunicazione italiana: quel giorno da Partinico “Radio Sicilia Libera” trasmise<br />
clandestinamente per ventisette ore, denunciando le ingiustizie subite dai cittadini<br />
della valle terremotata del Belice e rompendo il monopolio di Stato sulle trasmissioni<br />
via etere. La radio, diretta da Danilo Dolci, voleva essere “la voce dei poveri cristi, la<br />
voce di chi è più sofferente, la voce di chi è in pericolo, di chi sta per naufragare”.<br />
L’esperienza durò poco (carabinieri, polizia, vigili del fuoco interruppero le<br />
trasmissioni e sequestrarono le apparecchiature), ma aveva già sufficientemente<br />
espresso le richieste di cambiamento e di modernizzazione che attraversavano il<br />
Paese.<br />
Del resto, in quello stesso 1970 potenti e spontanee istanze di partecipazione<br />
portarono anche all’approvazione dello Statuto dei Lavoratori, alla legge sul divorzio<br />
e alla nascita delle Regioni, la cui attuazione eseguiva un dettato costituzionale<br />
(troppo a lungo disatteso) che prevede vaste autonomie per gli organi di governo<br />
locale e un ampio decentramento di poteri e di funzioni.<br />
In altre parole, la gente voleva contare, voleva dire la propria, voleva partecipare alle<br />
decisioni anche a livello locale. E la RAI lo aveva intuito se proprio nel 1970 aveva<br />
inserito per la prima volta nel palinsesto del Secondo programma i “Gazzettini<br />
regionali”.<br />
Da allora, non ci fu città italiana nella quale non nascesse una radiofonia locale, per<br />
quanto artigianale o dilettantesca. Nel dicembre 1974 nasceva in Emilia Radio Parma,<br />
la prima radio commerciale italiana (o almeno quella che trasmette continuativamente<br />
da più tempo). Qualche mese dopo, nel marzo ’75, nasceva Radio Milano<br />
International, destinata a diventare - con la formula non stop music - la più grande<br />
emittente privata italiana col nome di Radio 101. Sempre nel ’75 vedeva la luce<br />
Radio Studio 105 (poi Rete 105 e infine Radio 105) e l’anno dopo la napoletana<br />
Radio Kiss Kiss.<br />
Se la diffusione delle radio private e l’estensione dei loro palinsesti fino alla formula<br />
“full time” (24 ore su 24) era in armonia con un cambiamento generale della società<br />
italiana, essa era invece decisamente in controtendenza con la politica dell’austerity<br />
dovuta alla crisi petrolifera. Basti pensare che nel 1972 era stata proposta la rinuncia<br />
alla tv a colori e che nel 1973 gli orari di chiusura di cinema e tv erano stati anticipati<br />
alle ore 23, in seguito alle disposizioni del governo per la limitazione dei consumi<br />
energetici.<br />
La diffusione delle radio private aveva intanto aperto un ampio contenzioso giuridico,<br />
essendo questo tipo di emittenza formalmente illegale, dal momento che la RAI<br />
restava ancora l’unico ente concessionario delle frequenze. E in quegli stessi anni, da<br />
quando nell’aprile ’72 aveva iniziato a trasmettere via cavo TeleBiella, si svolgeva<br />
anche la dura controversia per la legittimazione della televisioni private.<br />
Nel dicembre 1975, con la riforma della RAI, l’Ente di Stato manteneva il monopolio<br />
sulle diffusioni a livello nazionale, ma subordinato alla garanzia del pluralismo delle<br />
componenti politiche e culturali della società. Il controllo della RAI era trasferito dal<br />
governo al parlamento, e l’azienda passava da un accentramento che contrapponeva
33<br />
specularmente sulle varie reti programmi forti e programmi deboli, a una sorta di<br />
autonomia concorrenziale interna delle tre reti (RaiUno, RaiDue e RaiTre).<br />
Finalmente il 28 luglio 1976 la Corte Costituzionale sanciva inoltre con la sentenza<br />
n.202 la legittimità delle trasmissioni radiofoniche private, a condizione che avessero<br />
una copertura locale : si trattava di una sentenza “storica” poiché la radio, dopo aver<br />
conquistato capacità di comunicazione globali e addirittura extraterrestri, tornava<br />
liberamente ad agire dentro un raggio territoriale o “di vicinanza”. Cominciava così<br />
ad affermarsi in Italia quel sistema misto pubblico/privato che influenzerà fino ai<br />
nostri giorni l’organizzazione del settore radiotelevisivo.<br />
Da quel momento si scatenava il fenomeno tipico degli anni Settanta del proliferare<br />
in piena deregulation dell’emittenza privata italiana, con un numero di radio libere<br />
(commerciali, comunitarie, di tendenza, di partito, di evasione o d’informazione) che<br />
passava vertiginosamente dalle 150 circa del 1975, alle 2.500 del 1978. Era la<br />
straordinaria stagione celebrata dalla canzone di Eugenio Finardi “La radio” o dal<br />
film di Luciano Ligabue “Radio Freccia”. Censurato dalla RAI, Dario Fo rispondeva<br />
agli ascoltatori da Radio Bra Onderosse in collegamento artigianale con decine di<br />
radio sparse in tutta Italia.<br />
Le radio «libere» fiorite sulla spinta alla deregolamentazione degli anni Settanta quali<br />
espressioni libertarie e democratiche dei movimenti giovanili, andavano dalla<br />
pionieristica Radio Sicilia Libera di Danilo Dolci alle radio di movimento vicine<br />
all’estrema sinistra come Radio Alice (Bologna), Radio Sherwood (Padova), Radio<br />
Milano Centrale e Radio Popolare (Milano), Radio Popolare 99 (Parma), Radio Onda<br />
Rossa, Radio Blu e Radio Città Futura (Roma) o come Radio Radicale, organo<br />
dell’omonimo partito.<br />
Il Paese attraversava fortissime tensioni politiche e sociali e stava entrando in quegli<br />
“anni di piombo” che ne avrebbero messo a dura prova la compattezza democratica.<br />
Nel dicembre 1976 Radio Popolare era diventata famosa per la radiocronaca della<br />
contestazione e degli incidenti in occasione della prima della Scala: quindici redattori<br />
avevano chiamato in continuazione dai telefoni pubblici e Camilla Cederna aveva<br />
condotto in incognito la radiocronaca dall’interno del teatro.<br />
A Bologna “Radio Alice”, radio “di movimento” per eccellenza nata nel 1976 dall’ala<br />
creativa del movimento giovanile, difendeva il concetto di “comunicazione liberata”<br />
e diffondeva il rifiuto del lavoro salariato, la libertà sessuale e varie provocazioni<br />
culturali. Nel marzo 1977, durante i gravissimi incidenti scoppiati nella zona<br />
universitaria di Bologna (nel corso dei quali morì lo studente Francesco Lorusso), la<br />
radio lanciò reiterati incitamenti alla rivolta ed alla distruzione di proprietà pubbliche<br />
e private, segnalando ai dimostranti le posizioni delle forze dell’ordine e favorendo<br />
direttamente la guerriglia urbana. Per questo motivo Radio Alice fu chiusa da un<br />
intervento della magistratura e sostituita brevemente da Radio Lara, anch’essa<br />
prontamente disattivata.<br />
Non mancarono emittenti locali che si imbatterono in eventi di rilevanza nazionale,<br />
come nel caso dell’emittente GBR e del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro, a<br />
Roma, il 9 maggio 1978.
34<br />
Le emittenti locali italiane esordirono insomma con intenti prettamente sociali e<br />
politici, sintetizzati dai due slogan più frequentemente utilizzati : “la radio che parla<br />
la tua lingua” e “libera radio in libero Stato”.<br />
L’intento di dare voce alle minoranze e di affrontare tematiche apparentemente<br />
discriminate dal servizio pubblico, portò queste radio a sperimentare un rapporto<br />
interattivo, un feed-back in tempo reale fra emittenti e fruitori, mediante il binomio<br />
radio-telefono, finora limitato al collegamento tra i corrispondenti dei giornali radio.<br />
Si trattava di una grande novità poiché fino ad allora la radiofonia era stata una<br />
classica forma di comunicazione unidirezionale fredda e distante, in cui il pubblico<br />
era in grado di ascoltare ma non di rispondere, assumendo un ruolo del tutto passivo.<br />
Nel lontano 1930 Bertolt Brecht aveva scritto in proposito : “La radio potrebbe<br />
essere per la vita pubblica il più grandioso mezzo di comunicazione che si possa<br />
immaginare, uno straordinario sistema di canali; cioè potrebbe esserlo se fosse in<br />
grado, non solo di trasmettere, ma anche di ricevere, non solo di far sentire qualcosa<br />
all'ascoltatore, ma anche di farlo parlare, non di isolarlo ma di metterlo in relazione<br />
con altri. La radio dovrebbe, di conseguenza, abbandonare il suo ruolo di fornitrice<br />
e far sì che l'ascoltatore diventasse fornitore.”<br />
Grazie alle radio libere, il sogno di Brecht di una comunicazione radiofonica<br />
istantanea e bidirezionale sembrava realizzato, e l’ascoltatore diventava soggetto del<br />
programma integrando il telefono (quello che McLuhan aveva definito “il medium<br />
freddo”, interattivo ma capace di ricevere solo una scarsa quantità di informazioni)<br />
con la radio (“medium caldo” dotato di forte densità informativa).<br />
Per la verità, la formula innovativa della sinergia con il telefono era stata tentata<br />
anche dalla radio ufficiale (si ricordi nel 1969 il successo della trasmissione mattutina<br />
“Chiamate Roma 3131”, con un pubblico che per la prima volta aveva raggiunto<br />
picchi di 10 milioni), ma ora si concentrava a livello locale, divenendo molto più<br />
capillare, fino all’estremo delle rubriche di dediche e di saluti tra parenti ed amici.<br />
Ma lo sviluppo delle emittenti indipendenti introdusse quasi subito una<br />
differenziazione tra “radio libere” e “radio private”. Le radio libere o “radio<br />
comunitarie”, riguardavano infatti soprattutto la fase iniziale del fenomeno, si<br />
caratterizzavano per la mancanza di controllo diretto delle autorità statali sui<br />
contenuti e sull’organizzazione, e non avevano intenti commerciali.<br />
Al contrario, le “radio private” avevano intenti prevalentemente commerciali, erano<br />
finanziate dagli introiti pubblicitari e si ispiravano alla logica aziendale del massimo<br />
profitto col minor costo : evitando una programmazione complessa e per questo<br />
costosa (trasmissioni autoprodotte, inchieste giornalistiche, ecc.) queste radio si<br />
caratterizzavano per una massiccia presenza, nella quasi totalità dei palinsesti, di un<br />
flusso ininterrotto di musica leggera intervallato solo da pubblicità e da eventuali<br />
appuntamenti informativi, rivolto prevalentemente al target del pubblico giovanile<br />
compreso tra i 14 e i 34 anni. L’ascoltatore di queste “radio juke-box” o “radio di<br />
flusso” non voleva o non poteva adeguarsi ad orari prefissati e quindi l’ascolto<br />
diveniva spesso casuale e sempre condiviso con altre attività.
35<br />
In ogni caso, l’evidente successo riscontrato dalle radio locali, erodendo lentamente<br />
ma inesorabilmente gli ascolti del Servizio Pubblico (fra il 1975 e l’80 la RAI aveva<br />
perso più di 9 milioni di ascoltatori a favore delle radio private), dette un forte<br />
impulso al rinnovamento della RAI che nel 1977 lanciava i “Programmi dell’accesso”<br />
soprattutto per dare voce all’associazionismo e alle comunità locali. Inoltre l’azienda<br />
creava o consolidava le proprie strutture regionali, che dal 1979 furono inquadrate<br />
nella terza rete (Rete 3, oggi Rai Tre).<br />
Dalle “radio libere” alle “radio private”<br />
Fra il 1978 e il 1982 iniziavano a trasmettere da Roma Radio Dimensione Suono, da<br />
Milano Radio Deejay (erede di Radio Music) e Radio Italia Solo Musica Italiana, da<br />
Bologna Lattemiele e da Udine Radio Italia Network.<br />
Nella fase pionieristica della vita delle radio libere, il lavoro si basava quasi<br />
esclusivamente sul volontariato, il che rendeva impossibile pretendere dai<br />
collaboratori prestazioni professionali pari (in termini orari) a quelle dedicate ad una<br />
struttura aziendale tradizionale. Negli anni Ottanta, invece, di pari passo con<br />
l’aumento degli introiti pubblicitari, dovuti all’importanza delle radio anche in<br />
termini di ascolti, aumentava la professionalità dei conduttori radiofonici, la qualità<br />
dei programmi e le dimensioni degli studi.<br />
Dal canto suo, la RAI continuava a svolgere la sua funzione di servizio pubblico e nel<br />
novembre 1980, in occasione del terremoto nel Sud del paese, metteva a disposizione<br />
otto ore di trasmissioni speciali al giorno per gli interventi e le attività di soccorso.<br />
Nell’aprile 1981 iniziavano inoltre le trasmissioni di “Onda Verde”, informazioni sul<br />
tempo e il traffico, in collaborazione con l’ACI, il Touring Club Italiano, la Società<br />
Autostrade, i Ministeri dei Trasporti e dei Lavori Pubblici e la rete di gestori Agip.<br />
Nel dicembre ‘89 esordiva anche “Isoradio”, programma di servizio in FM per gli<br />
automobilisti autostradali, nato dalla collaborazione tra RAI e Società Autostrade.<br />
Dinanzi all’inarrestabile proliferare delle radio libere e ai loro record di ascolti, nel<br />
1982 anche la RAI prendeva atto del cambiamento nelle abitudini del pubblico,<br />
creando al suo interno Radio Stereo Uno e Radio Stereo Due, versioni in FM delle<br />
rispettive reti. Con questo infelice esperimento durato solo qualche anno, la RAI<br />
tentava di ringiovanirsi, acquisendo dalle esperienze della radiofonia privata<br />
indicazioni notevoli sulle reali esigenze dell’utenza e sul linguaggio di una radio<br />
moderna. In questo contesto, non è casuale che proprio dai microfoni della RAI, nel<br />
corso di una memorabile puntata di “Radio anch’io”, un finissimo intellettuale<br />
controcorrente come Cesare Zavattini decidesse di denunciare l’ipocrisia che<br />
permeava il linguaggio radiofonico, parlando esplicitamente del membro maschile e<br />
pronunciando la fatidica parola arricchita di particolari filosofici e di costume.<br />
Nel 1987 iniziava intanto a trasmettere da Bergamo RTL – Radio Trasmissioni<br />
Lombarde (poi ribattezzata RTL 102.5), che scalava rapidamente la classifica delle<br />
emittenti più ascoltate in Italia. Non si arrestava dunque il fenomeno delle radio<br />
private, fra le quali vanno anche annoverate le oltre 450 radio private cattoliche attive
36<br />
in Italia (tra queste Radio Maria arriverà a essere la più diffusa), ma anche radio<br />
ispirate ad altre confessioni, come Radio Krishna Centrale.<br />
E poiché un numero spropositato di emittenti private occupavano ormai tutte le<br />
frequenze disponibili interferendosi le une con le altre in un caos spaventoso, non era<br />
ulteriormente rinviabile una qualche regolamentazione che disciplinasse la materia.<br />
Infatti, il 6 agosto 1990 il parlamento italiano varava la prima legge organica in<br />
materia radiotelevisiva : si trattava della legge 223 (Disciplina del sistema<br />
radiotelevisivo pubblico e privato), più nota come Legge Mammì (dal nome del<br />
primo firmatario, il repubblicano ministro delle poste e telecomunicazioni Oscar<br />
Mammì). Con l’avvento della Legge 223/90, non era più consentito installare nuove<br />
stazioni radio, ma solo accorpare varie stazioni variandone il formato e le dimensioni<br />
aziendali e aumentandone l’area di diffusione.<br />
Di conseguenza, negli anni Novanta scompariva la maggior parte delle radio minori<br />
(o microstazioni) nate dalla deregulation legislativa postmonopolistica, e mentre il<br />
numero delle emittenti era destinato a diminuire, entravano in scena i grandi network<br />
(letteralmente “reti di lavoro”) di dimensioni nazionali a cui si affiliavano diverse<br />
emittenti locali che ripetevano il segnale della capofila. Unico criterio di suddivisione<br />
delle radio private diventava dunque quello tra radio “locali” e “network”.<br />
Tutto ciò, dopo vent’anni di radiofonia a sistema misto, apriva ancora un nuovo<br />
scenario : un sostanziale duopolio radiotelevisivo tra RAI e privati, impegnati in una<br />
competizione sempre più serrata di cui si riconosceva quale unico giudice il pubblico.<br />
In questa logica, i grandi gruppi editoriali non risparmiavano investimenti sul<br />
mercato della radiofonia. Ad esempio, nel 1993 nasceva a Varese la prima emittente<br />
italiana irradiata via satellite : si chiamava Reteotto Network e raggiungeva tutto il<br />
mondo, Americhe e Australia comprese.<br />
E come nel passato, anche stavolta la concorrenza determinava nuovi investimenti<br />
della RAI, il cui Centro Ricerche sperimentava nel 1994 il DAB (Digital Audio<br />
Broadcasting), considerata la più importante innovazione tecnologica nella qualità<br />
della diffusione sonora dall’invenzione della radio. Cinque anni dopo la RAI,<br />
concentrata soprattutto a fronteggiare la concorrenza televisiva delle reti Mediaset,<br />
iniziava le trasmissioni sperimentali di televisione digitale terrestre (DVB-T).<br />
Ma la competizione radiofonica, benché secondaria rispetto a quella televisiva, non<br />
conosceva soste : nel 1996 nasceva Radio Capital e nel 1999, importando in Italia la<br />
formula innovativa dell’all-news, iniziava a trasmettere Radio 24, emittente legata<br />
alla Confindustria e al quotidiano “Il Sole 24 Ore”.<br />
Nel frattempo, il mondo era cambiato con il crollo del comunismo e la fine della<br />
Guerra fredda, eventi che sembravano decretare l’inutilità delle grandi radio<br />
internazionali. Tuttavia, benché ridimensionate in quanto a finanziamenti e mezzi,<br />
soprattutto le grandi radio americane (Voice of America, Radio Free Europe/Radio<br />
Liberty, Radio e Tv Marti, Radio Free Asia, Radio Sawa e Worldnet Television)<br />
cominciavano a rivedere il proprio ruolo, trasformandosi da veicoli per l’espressione<br />
del dissenso a strumenti di supporto alla transizione democratica dei paesi ex-
37<br />
socialisti. Si trattava di un’esigenza reale, se è vero che in alcuni di questi paesi<br />
nascevano anche nuove radio, come Radio Nova Evropa (erede in Bulgaria delle<br />
tradizioni e dei valori di Radio Free Europe/Radio Liberty) o Radio Romania<br />
Internazionale (finalizzata al reinserimento del paese nel mondo democratico).<br />
Inoltre la radio, insieme alla televisione e al web, continuava a rappresentare un<br />
grande strumento di propaganda e di guerra psicologica nei conflitti di fine secolo<br />
(guerra del Golfo, guerra nella ex-Jugoslavia, guerra in Somalia, etc.), con la<br />
differenza che mentre un tempo si tendeva a censurare le notizie, si puntava adesso<br />
alla loro gestione, al cosiddetto “news management”.<br />
Nella moderna ingegneria del consenso, i mass-media diventavano infatti una<br />
formidabile cassa di risonanza delle iniziative politiche e militari, inondando<br />
letteralmente l’opinione pubblica con una gran mole di notizie, in buona parte false o<br />
manipolate (“manipolazione per inondazione”). Nella guerra nell’ex Jugoslavia o<br />
nella Guerra del Golfo la radio creava ad arte pseudo-eventi così da rendere sempre<br />
più autonoma la notizia rispetto al fatto, fino a ribaltarne il rapporto: non il fatto è la<br />
notizia, ma la notizia è il fatto.<br />
E’ noto ad esempio che una delle principali agenzie di pubbliche relazioni<br />
statunitensi, la Ruder & Finn Global Public Affairs, è stata pesantemente impegnata<br />
al servizio dei governi croato e bosniaco nella battaglia dell’informazione tra gli stati<br />
della ex-Jugoslavia e che l’omologa Hill & Knowlton ha svolto un pesante ruolo di<br />
disinformazione e di manipolazione durante la Guerra del Golfo.<br />
Durante il conflitto nella ex-Jugoslavia fino alla guerra nel Kossovo, numerose sono<br />
state anche le radio locali (come la serba Radio Gorazdevac), e tuttora è attiva Radio<br />
West, la radio multietnica del contingente italiano NATO in Kossovo.<br />
Anche in altri conflitti la radio è stata ancora protagonista, come nel caso del Ruanda,<br />
dove la stazione Radio-Télévision Libre des Mille Collines - RMTL (Radio Mille<br />
Colline), di proprietà della maggioranza estremista Hutu, nel 1994 incitò per tre<br />
terribili mesi al genocidio dei tutsi (il più veloce dell’era moderna, con circa un<br />
milione di morti e oltre tre milioni di rifugiati), con frasi del tipo “non dimenticare,<br />
uccidi gli scarafaggi vicino a te, sono nascosti nella boscaglia, sono infezioni da<br />
rimuovere. Fa il tuo dovere”. Come racconta efficacemente il film “Hotel Rwanda”<br />
di Terry George, i messaggi di odio lanciati dalla radio ebbero il potere di trasformare<br />
migliaia di normali cittadini in assassini di persone innocenti che erano magari loro<br />
vicini, loro amici, addirittura membri della loro famiglia. Nel dicembre 2003 il<br />
Tribunale penale internazionale per il Ruanda (TPIR) ha emesso pesanti sentenze di<br />
condanna contro i responsabili di Radio Mille Colline, con l’accusa di “complicità e<br />
incitamento al genocidio”.<br />
Altre emittenti molto attive sul piano politico-militare sono ancora oggi Radio Libera<br />
Saharawi, organo del movimento di liberazione del Sahara Occidentale contro il<br />
dominio marocchino, e “Voice of Tibet”, radio delle comunità tibetane in esilio in<br />
India e in Nepal.<br />
Un esempio significativo di radio politica viene anche da Israele, dove da molti anni<br />
sono prodotte trasmissioni destinate ai dissidenti iraniani, i quali possono interagire<br />
mediante un ponte telefonico fornito da uno Stato europeo o attraverso Internet.
38<br />
Negli ultimi anni, alcune importanti organizzazioni umanitarie non governative,<br />
d’intesa con le Nazioni Unite, hanno scelto di creare media indipendenti in zone di<br />
crisi, per aiutare le popolazioni civili vittime di guerre o di carestie. La filosofia –<br />
l’esatto contrario della famigerata Radio Mille Colline - è che un’informazione<br />
corretta può divenire uno strumento di pace, non solo perché allevia i disagi morali<br />
dei rifugiati, ma anche perché contribuisce con la sua imparzialità a promuovere un<br />
dialogo fra le parti in lotta e a realizzare delicatissime fasi di riconciliazione o di<br />
transizione politica. Appartengono a questo genere di radio umanitarie Radio<br />
Agatashya e Radio Okapi (Congo), Star Radio (Liberia), Radio Blue Sky (Kosovo),<br />
Radio Ndele Luka (Repubblica centrafricana).<br />
Anche le opere missionarie soprattutto in Africa gestiscono alcune radio, come quella<br />
creata in Guinea Bissau dal PIME : il suo nome è Radio “Sol Mansi” (“il sole è<br />
sorto”) e il suo scopo è quello di offrire programmi che spaziano dall’educazione<br />
sanitaria, alla promozione della donna, alla prevenzione delle malattie, oltre che di<br />
favorire il dialogo interreligioso.<br />
Altro esempio di intervento umanitario è quello del Progetto “Radio for Peace”<br />
realizzato dal Cospe a favore dei profughi del Sahara Occidentale occupato. Il<br />
progetto gestisce il sistema di comunicazione radiofonico in lingua araba e spagnola<br />
tra i campi profughi Saharawi, in collaborazione con l’emittente radiofonica<br />
bolognese Radio Kappa Centrale e col sostegno della regione Emilia Romagna.<br />
La radio nel nuovo Millennio<br />
L’inizio del terzo millennio non ha attuato, come temuto, gli scenari apocalittici<br />
minacciati dai profeti della fine del mondo, ma non ha neppure realizzato, come<br />
sperato, un nuovo ordine mondiale alternativo al bipolarismo Est-Ovest che aveva<br />
segnato gran parte del Novecento. Viviamo infatti in un mondo instabile, multipolare,<br />
segnato da nuovi conflitti e tensioni, costretto a rivedere tutte le proprie regole alla<br />
luce di una globalizzazione economica senza precedenti nella storia.<br />
Dopo l’11 settembre 2001 e l’avvio di una serrata lotta al terrorismo islamico (lotta<br />
annunciata dal presidente Bush con un messaggio radiofonico alla nazione), le<br />
potenzialità della “diplomazia pubblica” sono tornate in cima all’agenda della politica<br />
estera dell’Amministrazione americana, che ha riattivato l’insieme dei dispositivi<br />
della Guerra Fredda. Sembra infatti diffondersi sempre più la consapevolezza che la<br />
guerra dichiarata dall’America al terrorismo islamico non possa essere vinta soltanto<br />
con le armi, ma che debba essere combattuta anche sul territorio immateriale “dei<br />
cuori e delle menti” delle popolazioni arabe, da conquistare ai valori che sono alla<br />
base della società e delle istituzioni americane: democrazia, diritti individuali,<br />
benessere economico, libertà di espressione.<br />
Secondo la sagace espressione del giornalista americano Thomas L.Friedman, i<br />
media devono cioè trasformarsi in “armi di attrazione di massa”, capaci di portare<br />
attacchi non violenti di controinformazione, di affascinare cittadini oppressi da<br />
sistemi illiberali e di alimentare il dissenso interno per sovvertire l’ordinamento dello
39<br />
Stato. Si tratterebbe cioè di creare vere “bombe dell’informazione”, nuove “Radio<br />
Londra” capaci di provocare forti emozioni nell’opinione pubblica, di dare voce alle<br />
popolazioni oppresse e di destabilizzare le dittature.<br />
Impegnate oggi nel dispiegamento di una tale “cintura mediatica” contro il<br />
terrorismo, come lo erano state ieri nel contrastare il comunismo, “Voice of America”<br />
e altre emittenti statunitensi rivolgono la loro programmazione verso paesi come<br />
l’Indonesia, la Giordania, il Kuwait, il Libano, il Marocco, la Nigeria, il Pakistan, la<br />
Turchia, la Palestina. La stessa BBC sta preparando una stazione satellitare radiotelevisiva<br />
di notizie “full time”, da trasmettere in arabo per il Medio Oriente.<br />
Ma a differenza del blocco sovietico durante la guerra fredda, il mondo musulmano<br />
non difetta della possibilità di accedere tramite proprie emittenti a delle informazioni<br />
attendibili. Non a caso il governo americano compie molti sforzi per sostenere Radio<br />
Sawa (Radio Insieme) o la televisione in lingua araba Al Hurra (La Libera), nel<br />
tentativo di sottrarre ascoltatori alle emittenti musulmane, come la tv del Qatar Al-<br />
Jazeera o Al-Arabiya.<br />
Dall’una e dell’altra parte, comunque, i programmi radiotelevisivi restano come nel<br />
passato vere e proprie operazioni di fiancheggiamento a quelle militari e<br />
appartengono dunque pienamente alla vecchia dottrina della guerra psicologica.<br />
Nel corso dell'operazione “Enduring freedom”, le istallazioni dei media afghani sotto<br />
il controllo dei talibani, Radio Shariat e la televisione pubblica (peraltro vietata dai<br />
talibani fin dal 1996), erano già stati bombardati nell’ottobre del 2001. Il 12<br />
novembre 2001, bombardieri americani completavano l’opera, provocando danni<br />
irrimediabili alla sede di Al Jazeera di Kabul.<br />
Poiché in conflitti “asimmetrici” come quello contro i talebani in Afghanistan la<br />
guerra dell’informazione riveste primaria importanza, le forze statunitensi hanno<br />
usato la radio (Radio Free Afghanistan, già attiva dal 1993) dal primo giorno del<br />
conflitto, per dar vita ad una azione di propaganda e guerra psicologica attraverso<br />
opportune trasmissioni. Il principale strumento di questa operazione è l’aereo EC<br />
130E Command, derivato dal noto Hercules e dotato di antenne retrattili che vengono<br />
rilasciate dalla zona poppiera. Questo velivolo è attrezzato per trasmettere sulle bande<br />
standard AM, FM, HF e televisive i messaggi preparati dagli esperti di guerra<br />
psicologica.<br />
Anche nella guerra in Irak uno dei primi atti del conflitto, la mattina del 20 marzo<br />
2003, è stato il bombardamento americano della radio e della televisione di Stato<br />
irakene a Baghdad. La mattina dell’8 aprile, contemporaneamente all’avanzata delle<br />
truppe USA dentro Baghdad, veniva completata la neutralizzazione di Radio<br />
Baghdad e della tv satellitare, dal momento che – secondo un portavoce americano - i<br />
trasmettitori nella capitale irachena rappresentavano “un obiettivo militare”. Infine<br />
veniva potenziata Radio Free Iraq (già attiva dal 1994), impiegando i trasmettitori<br />
installati in Medio Oriente per le operazioni psicologiche militari.<br />
Ma nonostante gli sforzi dell’amministrazione statunitense, i risultati sembrano<br />
scarseggiare : tutti i rapporti pubblicati dopo l’11 settembre sulla diplomazia pubblica<br />
americana ritengono inadeguate risorse, organizzazione e integrazione nella politica<br />
estera complessiva. Il che fa pensare a un futuro potenziamento dei dispositivi
40<br />
radiotelevisivi a servizio dei conflitti tuttora tragicamente aperti in vari scacchieri<br />
mondiali.<br />
A prescindere dal loro impiego politico-militare, nell’era della CNN e di Internet<br />
parlare della radio e del suo futuro sviluppo potrebbe sembrare oggi del tutto<br />
anacronistico. Infatti, come già era accaduto con l’avvento della televisione, anche<br />
l’era dell’informatica è sembrata minacciare l’esistenza della radio, confinandola<br />
nell’ambito dei ricordi e delle tecnologie superate, obsolete se non addirittura<br />
dimenticate. Al contrario, assistiamo in questi anni a una nuova stagione della<br />
radiofonia, dovuta alla diffusione della banda larga che consente il trasporto della<br />
radio su Internet, dandole nuova linfa ed una nuova sociologia.<br />
Ma al di là delle nuove modalità tecniche sulle quali viaggia la radio del Duemila, la<br />
sua esistenza sembra garantita da una forza intrinseca rimasta inalterata nonostante il<br />
passare degli anni e lo sviluppo di sempre nuove tecnologie.<br />
Innanzitutto perché la radio continua a regalarci sensazioni che nessuna innovazione<br />
mediatica può eguagliare. Come scrive giustamente Mascilli Migliorini “la radio ha<br />
una dimensione in più della televisione ed è appunto la fantasia. Di fronte alla radio,<br />
noi siamo dei ciechi, costretti a costruirci una realtà (...) che invece ci viene<br />
rappresentata già come primaria dalla televisione, appunto attraverso l’immagine”.<br />
E inoltre perchè la radio, come il libro, è un mezzo di comunicazione fruito a livello<br />
prevalentemente individuale e di conseguenza può più facilmente offrire contenuti<br />
specifici per una gran varietà di esigenze e di gusti. Non a caso anche il cinema tende<br />
a perdere con l’home movie la modalità della fruizione collettiva e la televisione<br />
cerca di superare con l’home tv il suo carattere “generalista” per offrire la garanzia di<br />
un messaggio più mirato sull’utente.<br />
Tutto ciò forse spiega come mai in tutto il mondo oggi la radio sia ancora il primo<br />
medium per diffusione e penetrazione. Senza contare che in molti paesi<br />
sottosviluppati (dove non esistono televisione, fax, cellulari, palmari e computer) la<br />
radio è ancora il principale mezzo di comunicazione.<br />
Attualmente le emittenti operanti in Italia, circa 1.300, danno occupazione a quasi<br />
15.000 persone. Nel nostro paese la radio è il secondo mezzo di comunicazione in<br />
termini di pubblico, subito dopo la televisione : secondo i dati Audiradio riferiti al<br />
2004, oltre il 70% della popolazione italiana ascolta la radio in media una volta al<br />
giorno e fino all’85% accende e ascolta la radio almeno una volta alla settimana.<br />
L’ascolto prevalente è in auto, altre modalità di ascolto sono in mobilità (con radio<br />
portatili in cuffia o integrate in telefonini o lettori MP3), come sottofondo in uffici e<br />
negozi, come compagnia a casa durante impegni incompatibili con la concentrazione<br />
o con la visione televisiva (anche se molti usano ormai la stessa televisione come<br />
sottofondo sonoro). La radio di seconda generazione ha ritrovato l’entusiasmo degli<br />
utenti che, forse, sono stanchi dell’impegno che richiedono, in termini di ore<br />
giornaliere dedicate, altri mezzi di comunicazione. Alla fine la radio si è rivelata per<br />
ciò che è : un’amica disinteressata che comunica e informa, che diverte e distrae, che<br />
fa compagnia senza mai richiedere condizionamenti di tempo o spazio.
41<br />
Negli ultimi anni anche la radio della RAI ha ottenuto una significativa ripresa degli<br />
ascolti e ha riconquistato una fetta del mercato pubblicitario, grazie ad alcune<br />
trasmissioni di punta : la “sit-com” della coppia Fabio e Fiamma (Fabio Visca e<br />
Fiamma Satta), “Il ruggito del coniglio” (Paolo Restuccia e Marco Presta) e “W<br />
Radio Due” di Fiorello (Rosario Tindaro) e Marco Baldini.<br />
La diffusione della banda larga ha consentito di recente il trasporto della radio su<br />
Internet (Web radio o radio on line), dando ad essa nuova linfa ed una nuova<br />
sociologia. Infatti, una delle caratteristiche delle comunità virtuali del web è quello di<br />
essere globali, ovvero essere lontane geograficamente ma vicine come luogo di<br />
interessi. Per tutta questa serie di motivi, la web radio viene definita la nuova libertà<br />
di espressione radiofonica: infatti chi ne ha voglia, con poca spesa e nessun problema<br />
di frequenze può dar vita ad una vera e propria emittente on-line o costruirsi<br />
palinsesti o play-list a misura di utente.<br />
La prima radio presente a tempo pieno solo sul web è stata Radio HK, la quale iniziò<br />
a trasmettere nel febbraio 1995 con un palinsesto basato su musica prodotta da band<br />
indipendenti. Radio HK fu creata da Norman Hajjar e i “New Media Lab” di Hajjar e<br />
Kuffman, una agenzia pubblicitaria californiana. Il metodo usato da Hajjar consisteva<br />
nell’impiego di un programma che mandava in loop continuo musica da CD, in modo<br />
da ottenere una trasmissione persistente di contenuti facilmente intercambiabili.<br />
Grazie al web streaming molte radio libere che già trasmettevano in maniera<br />
tradizionale su base regionale o provinciale, si sono diffuse su tutto il territorio<br />
nazionale, come nel caso di Radio Sherwood. Numerose altre radio hanno scelto la<br />
formula mista delle trasmissioni di tipo tradizionale su scala locale con una parallela<br />
controparte in streaming di dimensione globale. In definitiva, oltre a facilitare le<br />
trasmissioni su lunga distanza, il web streaming ha acquistato molta importanza come<br />
mezzo per favorire la pluralità d’informazione in quanto i costi di gestione e i<br />
processi burocratici necessari alla trasmissione in streaming sono pressochè nulli<br />
rispetto a quelli della trasmissione tradizionale.<br />
Infine, il più recente fenomeno del podcasting ha raggiunto una grande rilevanza in<br />
tutti gli ambiti, dai semplici audio-blog a vere e proprie trasmissioni giornalistiche o<br />
fanzine sonore su svariati argomenti.<br />
Secondo dati del M.I.T., si stima che nel 2002 almeno 27.000 web radio fossero<br />
stabilmente funzionanti in Internet, ed oggi il loro numero si ritiene almeno triplicato.<br />
Naturalmente, quasi come per le emittenti libere degli anni '70, il conflitto tra lo<br />
status giuridico delle radio Internet e i diritti di proprietà intellettuale torna a far<br />
parlare di “pirateria” e pone problemi di regolamentazione ancora lontani dall’essere<br />
risolti.
Conclusioni<br />
42<br />
Durante la notte di sabato 27 settembre 2003, un blackout senza precedenti metteva<br />
in ginocchio l’Italia intera, lasciandola senza corrente elettrica fino al tardo<br />
pomeriggio della domenica.<br />
Dati i tempi, tutti noi tememmo sul momento di vivere l’incubo di un attentato o di<br />
un sabotaggio, mentre la mancanza di energia elettrica veniva improvvisamente e<br />
radicalmente a sconvolgere tutte le nostre abitudini, facendoci capire che la<br />
modernità non è una certezza e facendoci provare la sensazione di essere sospesi tra<br />
realtà e sogno, tra il mondo di oggi e quello di ieri.<br />
“Homines tecnologici” schiavi della modernità, annaspavamo senza più ascensori,<br />
senza cancelli automatici, senza frigoriferi, senza lavastoviglie e senza lavatrici,<br />
senza congelatori, autoclavi e bancomat, senza campanelli e citofoni, e soprattutto<br />
senza radio, senza televisione e senza computer. Mentre gli allarmi delle case<br />
impazzivano, la stessa mobilità, assicurata dal petrolio, era messa a rischio dalla<br />
paralisi degli erogatori di benzina e gasolio.<br />
In questo scenario apocalittico che metteva in luce la nostra vulnerabilità tecnologica,<br />
la vecchia radiolina a transistor e a pile ormai dimenticata fra gli oggetti inutili, si<br />
prendeva la sua bella rivincita su tutti i media che l’avevano sopraffatta, risultando<br />
essere (insieme ai telefoni della Telecom, dotati di propri generatori autonomi)<br />
l’unico mezzo di comunicazione e di informazione ancora efficiente. Furono i pochi<br />
canali radiofonici della RAI ancora in funzione a fugare la nostra apprensione<br />
chiarendo che si trattava di un guasto tecnico, il che dileguava la paura e suscitava<br />
ovunque discussioni più o meno sensate sulle fonti di energia alternativa.<br />
E così, impensieriti, bisognosi di informazioni, traditi da sofisticati monitor e<br />
microchip, tornavamo come ai tempi di Radio Londra ad accostare l’orecchio<br />
all’apparecchio radiofonico…<br />
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RINGRAZIAMENTI<br />
a Federico Cavalieri per la collaborazione sulle tecnologie informatiche<br />
al prof. Domenico Cialfi per i materiali riguardanti Martinetti e il Futurismo