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Il lavoro nobilita l'uomo - Acido Politico

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ANNO II, NUMERO 18 - NOVEMBRE/DICEMBRE 2007<br />

Mensile universitario di politica, cultura e società


COPERTINA / E’ l’argomento<br />

più delicato degli ultimi<br />

anni nel nostro paese.<br />

Se ne discute spesso e male,<br />

attaccandosi a ideologie che<br />

rendono difficile qualsiasi<br />

tentativo di soluzione. E’ il<br />

mondo del “<strong>lavoro</strong>”.<br />

“<strong>Acido</strong> <strong>Politico</strong>” prova a<br />

parlarne. Mostrando i dati.<br />

da pagina 4<br />

4<br />

Copertina<br />

Bussola<br />

cercasi<br />

di Stefano Gasparri<br />

9<br />

Copertina<br />

Donne e <strong>lavoro</strong>:<br />

l’Italia ancora dietro<br />

di Giulia Laura Ferrari<br />

10<br />

Copertina<br />

Università e <strong>lavoro</strong>:<br />

alcuni dati<br />

di Alessandro Casoli<br />

11<br />

Copertina<br />

<strong>Il</strong> <strong>lavoro</strong> è<br />

una lotteria<br />

di Armando Dito<br />

12<br />

Copertina<br />

Gli immigrati in soccorso<br />

delle imprese<br />

di Dario Luciano Merlo<br />

14<br />

Inchiesta<br />

Ku Klux Klan<br />

Italia<br />

di Leonard Berberi<br />

19<br />

Europa<br />

La Svizzera vira<br />

a destra<br />

di Debora Pignotti<br />

20<br />

Africa<br />

Mozambico,<br />

l’ennesima tragedia<br />

di Marzia Lazzari<br />

23<br />

Viaggi<br />

Shanghai, una<br />

città variopinta<br />

dall’inviata Laura Tavecchio<br />

LE RUBRICHE<br />

1 Editoriale<br />

2 Numeri<br />

12 La Vignetta<br />

24 Sciuscià<br />

25 Parole in libertà<br />

26 Pensieri & Parole<br />

26 Parole in libertà<br />

28 Musica / Cinema<br />

Cartoline dall’Inferno<br />

Cazzario<br />

Comitato di Garanzia<br />

Un comitato costituito da docenti della Facoltà<br />

di Scienze Politiche si è assunto ‐ su richiesta<br />

della Direzione e della Redazione di “<strong>Acido</strong><br />

<strong>Politico</strong>” ‐ il compito di garantire la libertà e la<br />

correttezza sul piano legale del contenuto del<br />

periodico, senza peraltro interferire sui suoi<br />

orientamenti e contenuti e senza pertanto<br />

garantirne in alcun modo la bontà. <strong>Il</strong> comitato è<br />

composto dai prof. Antonella Besussi,<br />

Francesco Camilletti, Ada Gigli Marchetti,<br />

Marco Leonardi, Lucia Musselli, Michele<br />

Salvati e Pietro Ichino, il quale assume, ai fini<br />

della legge sulla stampa, la funzione di<br />

direttore responsabile.<br />

MENSILE UNIVERSITARIO<br />

DI POLITICA, CULTURA E SOCIETÀ<br />

DIRETTORI<br />

FLAVIO BINI<br />

LEONARD BERBERI<br />

CAPOREDATTORE<br />

GABRIELE GIOVANNINI<br />

IN REDAZIONE<br />

MARCO ANDRIOLA<br />

ANA VICTORIA ARRUABARRENA<br />

DANIELA BALIN<br />

ANTONIO BISIGNANO<br />

MARCO BRUNA<br />

ALESSANDRO CAPELLI<br />

ALESSANDRO CASOLI<br />

LUCA CERIANI<br />

BENEDETTA DE MARTE<br />

ARMANDO DITO<br />

LUCA FONTANA<br />

MARCO FONTANA<br />

ANDREA FUMAGALLI<br />

JACOPO GANDIN<br />

DANIELE SAID AMIN KESHK<br />

MARZIA LAZZARI<br />

LORENZA MARGHERITA<br />

DARIO LUCIANO MERLO<br />

CLAUDIA ROBUSTELLI<br />

FRANCESCO RUSSO<br />

COLLABORATORI<br />

MIRKO ANNUNZIATA<br />

LUCA SILVIO BATTELLO<br />

DANIELA BELLANI<br />

PIETRO BESOZZI<br />

FRANCESCO CACCHIOLI<br />

GIULIANA CATALANO<br />

ALESSANDRO CHIATTO<br />

SIMONE GIOVANNI COLOMBO<br />

MARCO ANTONIO CONCOLATO<br />

SERGIO DEMONTE<br />

FILIPPO FACCO<br />

GIULIA LAURA FERRARI<br />

STEFANO GASPARRI<br />

NADIA PETEAN<br />

DEBORA PIGNOTTI<br />

MIRKO PIRALLA<br />

GILBERTO ROSSI<br />

LAURA TAVECCHIO<br />

IMPAGINAZIONE & GRAFICA<br />

LEONARD BERBERI<br />

VIGNETTE<br />

FLAMINIA SPARACINO<br />

CONTATTI<br />

redazione@acidopolitico.com<br />

SITO WEB<br />

www.acidopolitico.com<br />

WEBMASTER<br />

ALESSANDRO LEOZAPPA<br />

TIPOGRAFIA<br />

“Zetagraf Snc”<br />

Via Pomezia, 12 - Milano<br />

Stampato con il contributo<br />

dell’Università degli Studi di Milano,<br />

derivante dai fondi previsti dalla<br />

Legge n. 429 del 3 Agosto 1985<br />

Registrato al Tribunale di Milano,<br />

n. 713 del 21 novembre 2006<br />

DIRETTORE RESPONSABILE<br />

PIETRO ICHINO<br />

Numero chiuso il 18 novembre 2007


EDITORIALE<br />

Chi ha paura<br />

della trasparenza?<br />

’è un dato che, a parere mio, descrive bene<br />

il rapporto che gli italiani hanno nei con‐<br />

fronti delle istituzioni di questo paese: se‐<br />

condo «Transparency International” l’Italia<br />

si colloca al 41° posto ‐ nell’anno corrente ‐<br />

per percezione di corruzione (valore 5,2 – al primo posto<br />

la Danimarca, la Finlandia e la Nuova Zelanda con 9,4).<br />

Più in dettaglio, nel rapporto dell’anno scorso, solo il 3%<br />

degli intervistati affermava che la lotta<br />

alla corruzione sia stata «condotta in<br />

modo molto efficace». Al contrario,<br />

l’11% riteneva che «lo Stato incorag‐<br />

giasse la corruzione».<br />

Si dirà: numeri. Però sono numeri<br />

che, al di là dei dati allarmanti, eviden‐<br />

ziano una preoccupante mancanza di<br />

trasparenza sull’operato della<br />

“macchina statale”. Purtroppo, a que‐<br />

sta “macchina”, non si sottrae nemme‐<br />

no la Facoltà di Scienze Politiche del‐<br />

l’Università degli Studi di Milano.<br />

La legge 370 del 1999 istituisce un<br />

«sistema di valutazione interna della<br />

gestione amministrativa, delle attività didattiche e di<br />

ricerca, degli interventi di sostegno al diritto allo studio»<br />

da parte delle università, allo scopo di verificare «il cor‐<br />

retto utilizzo delle risorse pubbliche, la produttività del‐<br />

la ricerca e della didattica, nonché l’imparzialità ed il<br />

buon andamento dell’azione amministrativa».<br />

Per fare ciò, le università devono assicurare ai nuclei<br />

«l’autonomia operativa, il diritto di accesso ai dati e alle<br />

informazioni necessari, nonché la pubblicità e la diffu‐<br />

sione degli atti, nel rispetto della normativa a tutela della<br />

riservatezza».<br />

<strong>Il</strong> nostro Ateneo ha preferito affidare ad una società<br />

di Leonard Berberi<br />

«In palese conflitto<br />

d’interessi, i docenti della<br />

Facoltà di Scienze<br />

Politiche hanno deciso di<br />

non rendere pubbliche le<br />

valutazioni relative ai loro<br />

corsi d’insegnamento»<br />

esterna (la Selexi srl, nda) i rilevamenti statistici dell’an‐<br />

no scorso (quelli di quest’anno verranno resi pubblici<br />

nella prossima primavera), pagando – ovviamente – mi‐<br />

gliaia di euro. Tanto per intenderci, una delle fasi di ana‐<br />

lisi consiste nella compilazione – da parte degli studenti<br />

– dei fogli rosa inerenti alla valutazione circa il corso che<br />

si sta frequentando.<br />

Quello che però ha il sapore dello scandalo è che, a<br />

maggioranza, il Consiglio di Facoltà ha<br />

deliberato – parole del preside Checchi<br />

– «di non rendere pubblici i risultati»<br />

relativi al passato anno accademico. Va<br />

comunque dato atto al professore di<br />

averci inviato ‐ «per darci l’idea» ‐ il<br />

suo personale rapporto.<br />

Ma il fatto negativo rimane: i docenti<br />

non vogliono che le valutazioni degli<br />

studenti nei loro confronti siano rese<br />

pubbliche. È vero che la legge dice<br />

«nel rispetto della normativa a tutela<br />

della riservatezza», ma perché tanta<br />

dedizione alla privacy non è riservata<br />

anche all’atto di pubblicazione delle<br />

valutazioni negli appelli d’esame degli studenti? Perché<br />

assistiamo a fogli svolazzanti ‐ nelle bacheche esterne ‐<br />

pieni zeppi di nomi di studenti, proprio in spregio al<br />

«rispetto della normativa a tutela della riservatezza»?<br />

Ed è proprio sulla questione della privacy che bisogna<br />

fare delle precisazioni fondamentali: il diritto alla riser‐<br />

vatezza dei dati personali copre soltanto i dati relativi<br />

alla vita privata delle persone; non c’è nulla di più<br />

“pubblico” del <strong>lavoro</strong> di un dipendente pubblico, quali<br />

sono i professori universitari. Invocare la legge sulla<br />

privacy per impedire la trasparenza di quanto accade<br />

segue a pagina 27


NUMERI<br />

2.938.922<br />

<strong>Il</strong> numero degli stranieri<br />

regolari residenti in Ita‐<br />

lia al 1° gennaio 2007<br />

(fonte: ISTAT)<br />

10,1<br />

Incremento percentuale<br />

degli stranieri iscritti<br />

all’anagrafe<br />

(fonte: ISTAT)<br />

35.266<br />

Stranieri che hanno ac‐<br />

quisito la cittadinanza<br />

italiana nel 2006<br />

(fonte: ISTAT)<br />

92,5<br />

Incremento percentuale<br />

dei cittadini romeni nel<br />

periodo 2004‐2007<br />

(fonte: ISTAT)<br />

107,1<br />

Incremento percentuale<br />

dei cittadini ucraini nel<br />

periodo 2004‐2007<br />

(fonte: ISTAT)<br />

126,4<br />

Incremento percentuale<br />

dei cittadini moldavi nel<br />

periodo 2004‐2007<br />

(fonte: ISTAT)<br />

Per la libertà di stampa, questʹanno è di‐<br />

ventata lʹEritrea il peggior paese del mon‐<br />

do, soppiantando la Corea del Nord, men‐<br />

tre la situazione è migliorata nei Paesi del<br />

G 8, ad eccezione della Russia, e lʹItalia risa‐<br />

le di 5 posizioni al 35°, nella graduatoria<br />

guidata da Islanda, Norvegia ed Estonia.<br />

Lo rivela il Rapporto 2007 sulla Libertà di<br />

Stampa di Reporters Sans Frontières, pub‐<br />

blicato oggi (www.rsf.org), sostenendo che<br />

lʹEritrea merita la maglia nera, dopo che la<br />

stampa privata è stata completamente<br />

spazzata via dal regime autoritario di Is‐<br />

saias Afeworki e i rari giornalisti che hanno<br />

osato formulare critiche nei confronti delle<br />

autorità sono stati fermati e sono oggi in<br />

carcere.<br />

Ma, nessuna regione del mondo si salva<br />

dalla censura o dalla violenza nei confronti<br />

dei professionisti dellʹinformazione. Tra i<br />

venti paesi peggio classificati dellʹindice,<br />

sette nazioni asiatiche (Pakistan, Sri Lanka,<br />

Laos, Vietnam, Cina, Birmania, Corea del<br />

Nord), 5 africane (Etiopia, Guinea Equato‐<br />

riale, Libia, Somalia, Eritrea), quattro del<br />

Medio Oriente (Siria, Iraq, Territori palesti‐<br />

nesi, Iran), tre dellʹex spazio sovietico<br />

(Bielorussia, Uzbekistan, Turkmenistan) e<br />

Cuba.<br />

LʹItalia (35°) guadagna 5 posti dallʹanno<br />

FREEDOM PRESS<br />

scorso, ʺanche se numerosi giornalisti sono<br />

ancora vittime di intimidazioni da parte di<br />

gruppi mafiosi che impediscono loro di<br />

esercitare pienamente e in sicurezza il loro<br />

mestiereʺ, dice il dossier.<br />

Internet è sempre più preso di mira dalle<br />

autorità dei paesi repressivi. Questʹanno,<br />

numerose nazioni hanno perso posizioni<br />

nellʹindice per le gravi e reiterate violazioni<br />

perpetrate nei confronti della libertà di e‐<br />

spressione sulla Rete.<br />

Almeno 64 persone sono oggi in carcere<br />

nel mondo per aver formulato su Internet<br />

critiche nei confronti dei loro governi. La<br />

Cina conserva la sua leadership in questa<br />

corsa alla repressione con ben 50 cyberdis‐<br />

sidenti attualmente in prigione. Altri otto si<br />

trovano in carcere in Vietnam. In Egitto, il<br />

giovane internauta Kareem Amer è stato<br />

condannato a quattro anni di reclusione per<br />

aver criticato il Presidente sul suo blog e<br />

denunciato il controllo esercitato dagli isla‐<br />

mici sulle università del Paese.<br />

Per stabilire questo indice, Reporters Sans<br />

Frontières ha esaminato 169 Paesi attraver‐<br />

so le sue organizzazioni partner ed una rete<br />

di 130 corrispondenti, tra giornalisti, ricer‐<br />

catori, giuristi e militanti dei diritti dellʹuo‐<br />

mo.<br />

(fonte: REUTERS)<br />

TEMPI MODERNI<br />

Un bambino cinese sperduto in un grande supermercato della Repubblica Popolare (China Photos / Getty Images)<br />

www.acidopolitico.com / redazione@acidopolitico.com a cura di Leonard Berberi


di Stefano Gasparri<br />

M<br />

ILANO ‐ <strong>Il</strong> tema del <strong>lavoro</strong> concentra così<br />

tante attenzioni che il principale risultato è la<br />

confusione. In questo articolo proveremo a<br />

dare una breve interpretazione di ciò che sta accadendo<br />

al “<strong>lavoro</strong>”. Per prima cosa parleremo dei pregiudizi da<br />

evitare per rendere obiettiva la nostra analisi. Descrivere‐<br />

mo poi il caso italiano, evidenziandone i tratti caratteri‐<br />

stici e le relative problematiche. Infine, valorizzeremo<br />

quegli elementi di cambiamento che auspichiamo il mon‐<br />

do del <strong>lavoro</strong> intraprenda fino in fondo.<br />

LE CONFUSIONI DOVUTE A PREGIUDIZI<br />

IDEOLOGICI E PIGRIZIA CULTURALE<br />

I<br />

l primo passo consiste nel riconoscere le trappole<br />

mentali che potrebbero allontanarci da un’equilibra‐<br />

ta analisi del mondo del <strong>lavoro</strong>. Principalmente si<br />

tratta di due speculari pregiudizi ideologici: il terrore del<br />

mercato e, all’estremo opposto, la difesa incondizionata<br />

della libertà economica. Guardiamoli più da vicino.<br />

‐ La fobia del mercato trova le sue radici in quei principi<br />

marxisti che sono ancora la forma mentis dell’estrema<br />

sinistra. Qui la lettura<br />

privilegiata della realtà «Poiché il modello<br />

è quella sviluppata in<br />

termini di contrapposi‐ familistico che ci<br />

zione tra classi, dove la caratterizza è sempre<br />

lotta contro le devasta‐<br />

zioni perpetrate dal più fonte di<br />

capitale, borghese e ingiustizie, esso<br />

imperialista, è una mis‐<br />

sione di primaria im‐ andrebbe modificato<br />

portanza. Chiaramente, all’insegna di un<br />

tale riscatto dei deboli è<br />

guidato da alcuni par‐ generico ma<br />

lamentari ed extra‐ contemporaneo<br />

parlamentari che si<br />

ergono a portavoce dei “individualismo<br />

lavoratori sfruttati (e attivo”»<br />

guai a smentirli!). Da<br />

essi provengono messaggi forti e chiari: l’economia va<br />

controllata e il mercato imbrigliato, altrimenti sarà la ro‐<br />

vina di tutti quanti.<br />

Questa tesi è priva di fondamento. A sostegno di ciò vi<br />

sono dimostrazioni teoriche e storiche. Le prime sono<br />

state fornite da Paolo Sylos Labini, che nel Saggio sulle<br />

classi sociali del 1974 ha spiegato come le due giustifica‐<br />

zioni di Marx alla lotta di classe, ossia la crescente prole‐<br />

tarizzazione e la crescente miseria del proletariato, non si<br />

siano verificate. Quelle storiche, invece, sono rintracciabi‐<br />

li in quasi tutti i manuali di storia, dato che, per dirla con<br />

un eufemismo, i paesi che hanno intrapreso la strada del<br />

socialismo reale non hanno raggiunto grandi successi.<br />

Tuttavia, per non inorridire di fronte al mercato, noi uni‐<br />

versitari dovremmo riflettere sulle nostre comuni espe‐<br />

rienze: se viaggiamo è grazie a Ryanair, se arrediamo una<br />

casa è grazie a Ikea, se parliamo con amici all’estero è<br />

grazie a Skype. Possiamo ancora credibilmente contesta‐<br />

re il mercato a priori?<br />

<strong>Il</strong> tema del “<strong>lavoro</strong>” è<br />

l’argomento più sensibile ne<br />

nostro Paese. Ma tutte le<br />

discussioni svolte non hanno<br />

fatto altro che causare ulter<br />

confusione. Proviamo a parl<br />

Mettendo da parte le ideolog


l<br />

iore<br />

arne.<br />

ie.


COPERTINA<br />

‐ La difesa incondizionata della<br />

libertà economica è invece l’oppo‐<br />

sto credo, secondo il quale il mer‐<br />

cato vede e provvede; ovvero ba‐<br />

sterebbe consentire alla domanda e<br />

all’offerta di <strong>lavoro</strong> di incrociarsi<br />

liberamente, spostando la produ‐<br />

zione e (se possibile) i lavoratori<br />

annessi un po’ qui e un po’ là, for‐<br />

mando le competenze di un tal tipo<br />

piuttosto che di un altro, per rag‐<br />

giungere in ogni caso un rassicu‐<br />

rante equilibrio.<br />

L’assurdità di tale teoria è eviden‐<br />

te, nonostante gli economisti liberi‐<br />

sti e vari esponenti del centrodestra<br />

continuino a supportarla. Le realtà<br />

in cui questo modello di mercato,<br />

privo di qualsivoglia regola o valore, ha<br />

condotto allo sfruttamento e all’impo‐<br />

verimento di intere popolazioni sono<br />

tragicamente numerose. In passato,<br />

solidi argini al libero mercato sono stati<br />

posti dal movimento operaio e dai sin‐<br />

dacati, le cui conquiste non solo hanno<br />

costituito elementi decisivi di progresso<br />

e giustizia, ma sulla cui base sono an‐<br />

che stati edificati vari sistemi di welfare<br />

europei. Ora che la forza delle orga‐<br />

nizzazioni collettive dei lavoratori sta<br />

calando, sono sempre più numerosi i<br />

fenomeni privi di una chiara definizio‐<br />

ne dei confini, che divengono poi pro‐<br />

prio quelli in cui si concentrano le più<br />

grandi ingiustizie e vessazioni: il <strong>lavoro</strong><br />

flessibile (per i critici, sempre<br />

“precario”), il <strong>lavoro</strong> nero, il <strong>lavoro</strong> nei<br />

paesi in via di sviluppo o del terzo<br />

mondo. La mancanza di principi, regole<br />

e limiti condivisi fa sì che in quei casi il<br />

mercato del <strong>lavoro</strong> diventi una giungla<br />

in balia di razziatori, le cui prede sono<br />

proprio i segmenti più deboli della po‐<br />

polazione: giovani, donne, immigrati,<br />

cittadini di paesi poveri.<br />

La libertà economica così intesa non<br />

declina la “libertà”, ma ne rappresenta<br />

solo una misera speculazione, e chi la<br />

propone non è illuminato da tale nobile<br />

principio, ma solo avidamente mosso<br />

dalla difesa dei propri privilegi. D’altra<br />

parte, anche alcuni fra i più importanti<br />

“padri spirituali” del liberalismo hanno<br />

esposto i pregi del mercato concorren‐<br />

ziale, senza trascurare però di eviden‐<br />

ziarne i potenziali rischi. Infatti, è vero<br />

che “essere protetti contro la concor‐<br />

renza significa essere protetti nell’ozio,<br />

nell’apatia mentale, significa avere ri‐<br />

sparmiata la necessità di essere attivi e<br />

intelligenti quanto gli altri”, cionono‐<br />

stante John Stuart Mill riconosce anche<br />

che “la causa più profonda dei mali e<br />

delle iniquità che riempiono il mondo<br />

della produzione [...] è la soggezione<br />

del <strong>lavoro</strong> al capitale” (in Principi di<br />

economia politica, 1848). E così Einau‐<br />

di, che definendo il “liberismo” scrisse<br />

che “laissez faire, laissez passer non<br />

vuol dire che lo stato debba lasciar pas‐<br />

sare il male, tollerare il danno dei più a<br />

vantaggio dei pochi” (in Piccolo dizio‐<br />

nario politico, 1945).<br />

Ma ricordiamo anche Adam Smith, a<br />

cui è stato attribuito il famoso/<br />

famigerato concetto della “mano invisi‐<br />

bile” del mercato capace di autoregolar‐<br />

si, il quale invece teneva in gran consi‐<br />

derazione le sue potenziali ricadute sul<br />

benessere dei cittadini, in particolare<br />

dei più bisognosi (sia nella sua Ricchez‐<br />

za delle nazioni che nella Teoria dei<br />

sentimenti morali prevale l’idea che lo<br />

sviluppo economico sia un obiettivo<br />

desiderabile solo se serve a promuove‐<br />

re lo sviluppo civile).<br />

Senza paura del mercato e della concor‐<br />

renza, ma nemmeno senza intercessioni<br />

nei confronti dei prepotenti che ne vor‐<br />

rebbero diventare padroni, ci avventu‐<br />

riamo nella valutazione del mondo del<br />

<strong>lavoro</strong> italiano.<br />

IL MONDO DEL<br />

LAVORO ITALIANO<br />

D<br />

efinire in maniera concisa le<br />

peculiarità del “<strong>lavoro</strong>” in<br />

Italia è un compito arduo. A


causa della loro eterogeneità, sarebbe<br />

più adeguato considerare diversamente<br />

le varie situazioni macro‐regionali: un<br />

conto è l’ex‐triangolo industriale Mila‐<br />

no‐Torino‐Genova, un altro il Mezzo‐<br />

giorno, il Nord‐Est o il Centro Italia.<br />

Per questo motivo, riteniamo che la<br />

soluzione migliore per ricavarne un<br />

quadro generale sia quella di partire<br />

dall’analisi di ciò che le unifica: la poli‐<br />

tica del <strong>lavoro</strong> e la struttura del sistema<br />

di welfare, dimensioni che sono ancora<br />

prevalentemente governate dal centro e<br />

uniformi sul piano nazionale.<br />

<strong>Il</strong> mondo del <strong>lavoro</strong> e il welfare<br />

italiano si distinguono per il privi‐<br />

legio accordato a uno specifico<br />

“tipo” di lavoratore: il maschio di<br />

mezz’età impiegato in una grande<br />

impresa o nel settore pubblico. Su<br />

di lui sono stati infatti calibrati i<br />

principali istituti del diritto del<br />

<strong>lavoro</strong> e della previdenza sociale:<br />

la cassa integrazione e le procedure<br />

di mobilità, la tutela contro i licen‐<br />

ziamenti ex art. 18, l’indennità di<br />

disoccupazione e di altro tipo, il<br />

trattamento pensionistico, l’ade‐<br />

guamento delle retribuzioni, l’ele‐<br />

vata flessibilità in entrata (contratti<br />

a tempo determinato, apprendisti e<br />

interinali). Se ne desume che il<br />

legislatore italiano sia interessato<br />

principalmente alla tutela del lavo‐<br />

COPERTINA<br />

ratore “male bread‐winner”, che vol‐<br />

garmente si può tradurre con “l’uomo<br />

che porta a casa la pagnotta”. La logica<br />

sottostante implica che al resto, ossia<br />

casa e figli, ci pensano le donne. Da qui<br />

i sociologi concordano nell’etichettare<br />

l’Italia come “modello familistico“ (in<br />

contrasto con il resto d’Europa, dove<br />

troviamo il modello universale scandi‐<br />

navo, il modello contributivo continen‐<br />

tale e il modello liberista anglosassone).<br />

D’altronde, le statistiche non lasciano<br />

dubbi: il tasso di attività femminile è<br />

fermo al 48%, ovvero il secondo più<br />

basso in Europa dopo Malta<br />

(Monitoraggio delle Politiche Occupa‐<br />

zionali e del Lavoro, Ministero del La‐<br />

voro e della Previdenza Sociale, feb‐<br />

braio 2007, p. 12), e le loro retribuzioni<br />

sistematicamente inferiori (attenzione<br />

ai dati: quando il differenziale sembra<br />

basso è perché tante donne<br />

“scoraggiate” non entrano nemmeno<br />

nel mercato del <strong>lavoro</strong>, in Differenziali<br />

retributivi, Istat). Alla stessa conclusio‐<br />

ne si arriva osservando l’età pensiona‐<br />

bile, che calcolata in modo “effettivo” si


COPERTINA<br />

aggira intorno ai 58 anni (Adequate and<br />

Sustainable Pensions, Synthesis Report<br />

2006, Eurostat), e la progressione retri‐<br />

butiva durante l’intera carriera lavorati‐<br />

va, che rispetto agli altri paesi ha un<br />

andamento “piatto” (Sociologia del<br />

mercato del <strong>lavoro</strong>, Reyneri).<br />

Questo modello è stato ideato agli inizi<br />

del secondo dopoguerra, poiché duran‐<br />

te la ricostruzione prima e il boom eco‐<br />

nomico dopo esso aderiva piuttosto<br />

bene alla realtà circostante. Tuttavia ora<br />

le circostanze sono completamente<br />

cambiate: il taylorismo industriale ha<br />

lasciato spazio all’era post‐taylorista dei<br />

servizi e dell’informatica, così pure la<br />

famiglia tradizionale sta cambiando<br />

all’insegna di unioni meno formalizzate<br />

e più aperte. Anche le competenze ri‐<br />

chieste ora sono diverse, con percorsi di<br />

istruzione e formazione sempre più<br />

accessibili e internazionali. Nella so‐<br />

stanza, tale modello familistico è sem‐<br />

pre più fonte di ingiustizie e conserva‐<br />

torismo. Esso non promuove le capacità<br />

e il merito, legando i giovani e relegan‐<br />

do le donne, ma blocca la mobilità so‐<br />

ciale con un notevole spreco di energie<br />

per l’intero paese. Infatti assegnare dei<br />

ruoli sociali alle persone anziché re‐<br />

sponsabilizzarle singolarmente si sta<br />

rivelando una sconfitta per l’intero si‐<br />

stema‐paese, le cui conseguenze più<br />

lampanti si mostrano con gli strumenti<br />

della demografia: siamo un paese sem‐<br />

pre più vecchio. <strong>Il</strong> punto non sta tanto<br />

nell’evidenza di un semplice dato ana‐<br />

grafico, dal momento che ciò che ci in‐<br />

vecchia di più è la mentalità obsoleta<br />

della classe dirigente, così come la scar‐<br />

sa voglia di scommettere sul futuro di<br />

noi giovani.<br />

AUSPICABILI RIFORME<br />

A<br />

bbiamo visto quanto sia neces‐<br />

sario adottare un nuovo ap‐<br />

proccio nei confronti del mon‐<br />

do del <strong>lavoro</strong>. Grazie all’avvertenza sui<br />

pregiudizi ideologici, sappiamo che<br />

non dobbiamo né diffidare del mercato,<br />

né tanto meno infatuarcene.<br />

Con un’occhiata a ciò che accade all’e‐<br />

stero, l’alternativa migliore sembra es‐<br />

sere quella fornita dai paesi del Nord<br />

Europa e in particolare dalla Danimar‐<br />

ca, la quale ha intrapreso con successo<br />

la filosofia della c.d. flexicurity. Come si<br />

intuisce, il neologismo intende rappre‐<br />

sentare la sintesi di due istanze appa‐<br />

rentemente contrapposte: la tutela di<br />

ogni cittadino che entra nel mercato del<br />

<strong>lavoro</strong>, e la necessità degli imprenditori<br />

di usufruire di una forza‐<strong>lavoro</strong> duttile<br />

e di un’organizzazione snella. In breve,<br />

DOCUMENTI<br />

• http://www.<strong>lavoro</strong>.gov.it/NR/rdonlyres/B5F99548‐0489‐479E‐8298‐409539558AD3/0/<br />

Monitoraggio2007.pdf<br />

• http://www.istat.it/salastampa/comunicati/<br />

non_calendario/20070307_00/16_retribuzioni.pdf<br />

• http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Economia%20e%20Lavoro/2007/08/<br />

eurostat‐pensioni.shtml?uuid=9d71d752‐4968‐11dc‐8a1c‐00000e251029&type=Libero<br />

• http://epp.eurostat.ec.europa.eu/cache/ITY_OFFPUB/KS‐SF‐07‐097/EN/KS‐SF‐07‐097‐<br />

EN.PDF<br />

• http://ec.europa.eu/employment_social/social_protection/docs/2006/<br />

rapport_pensions_final_en.pdf<br />

• http://www.cesos.org/progetti/MATERIALI/RAPPORTOCESOS/20042005/<br />

definitivoconpremessa.pdf<br />

questo duplice obiettivo è stato perse‐<br />

guito da un lato tramite politiche attive<br />

molto rilevanti (soprattutto per quel<br />

che riguarda la formazione e il soste‐<br />

gno al reddito), e dall’altro attraverso<br />

una legislazione del <strong>lavoro</strong> poco invasi‐<br />

va e morbida (in primis un facile ricor‐<br />

so ai licenziamenti).<br />

In sostanza, se le istituzioni provvedo‐<br />

no all’attivazione e al benessere dei<br />

propri cittadini, allora le aziende sono<br />

libere di adattarsi completamente alle<br />

esigenze del mercato.<br />

Purtroppo questo programma è impra‐<br />

ticabile in Italia, dato che la geografia,<br />

la storia e la religione vi hanno forgiato<br />

valori totalmente diversi da quelli pre‐<br />

senti in Danimarca come negli altri pa‐<br />

esi del Nord‐Europa.<br />

Tuttavia, anche se gli esempi migliori<br />

non sono importabili, le esigenze che ci<br />

L’ANALISI<br />

inducono a una trasformazione del<br />

mondo del <strong>lavoro</strong> italiano rimangono<br />

pregnanti e urgenti.<br />

Come abbiamo visto, poiché il modello<br />

familistico che ci caratterizza è sempre<br />

più fonte di ingiustizie, esso andrebbe<br />

modificato all’insegna di un generico<br />

ma contemporaneo “individualismo<br />

attivo”.<br />

In queste righe non ci siamo soffermati<br />

sulla gamma di strumenti concreti che<br />

potrebbero indirizzarci lungo questa<br />

direzione (pochi già esistono e altri so‐<br />

no stati solo proposti), ma abbiamo<br />

preferito concentrarci sulla mentalità<br />

con cui affrontare una possibile stagio‐<br />

ne di riforme. Dotarsi fin dal principio<br />

del giusto spirito e motivazioni costitui‐<br />

sce infatti lo sforzo più utile e, incro‐<br />

ciando le dita, ripagante.<br />

Stefano Gasparri<br />

Gli effetti della deregolamentazione<br />

del mercato del <strong>lavoro</strong> italiano<br />

I risultati delle ricerche empiriche su‐<br />

gli effetti occupazionali delle riforme<br />

che hanno coinvolto il mercato del<br />

<strong>lavoro</strong> italiano dalla fine degli anni ’90<br />

sono a dir poco contraddittorie.<br />

Sintetizzando, in letteratura sono rin‐<br />

tracciabili due principali posizioni<br />

sulle conseguenze della deregolamenta‐<br />

zione parziale e selettiva: la prima affer‐<br />

ma che le nuove forme contrattuali<br />

cosiddette atipiche hanno operato<br />

come entry ports, ossia come strumenti<br />

che hanno favorito l’ingresso nel mer‐<br />

cato del <strong>lavoro</strong> di categorie sociali<br />

prima svantaggiate, e come stepping<br />

stones, cioè come modalità contrattuali<br />

contingenti che facilitano il raggiungi‐<br />

mento, dopo un periodo relativamen‐<br />

di Daniela Bellani<br />

te breve, di una maggiore sicurezza<br />

lavorativa. Sostenitori di questa tesi<br />

sono numerosi studiosi appartenenti<br />

sia alla comunità economica sia socio‐<br />

logica. Andrea Ichino, economista del<br />

<strong>lavoro</strong> dell’IUE, ha mostrato come la<br />

presenza delle agenzie di <strong>lavoro</strong> tem‐<br />

poraneo in Toscana abbia aumentato il<br />

tasso occupazionale nella regione; An‐<br />

tonio Schizzerotto, esperto di mobilità<br />

sociale, ha evidenziato come la flessi‐<br />

bilità numerica sia funzionale ad un<br />

aumento occupazionale italiano e alla<br />

lotta al <strong>lavoro</strong> nero; Bruno Contini,<br />

direttore del Laboratorio Revelli, attra‐<br />

verso uno studio comparato, ha rileva‐<br />

to che gli effetti delle riforme derego‐<br />

latorie siano state positive sull’anda‐


Donne e <strong>lavoro</strong>:<br />

l’Italia ancora dietro<br />

Nella classifica “Economic Participation and<br />

Opportunities” l’Italia si colloca centounesima<br />

su 128, ultima tra gli stati europei<br />

di Giulia Laura Ferrari liano è del 45,3%, decisamente basso<br />

MILANO ‐ Nel 2000 il Consiglio Euro‐<br />

peo l’ha scritto: è necessario accrescere<br />

il tasso d’occupazione femminile fino a<br />

raggiungere una media superiore al<br />

60% nel 2010. Da allora lo dicono tutte<br />

e tutti: lo ha detto Emma Bonino, lo ha<br />

detto Daniela Santanchè, Romano Pro‐<br />

di, Silvio Berlusconi, Rosy Bindi, Gian‐<br />

franco Fini… lo dice la sinistra massi‐<br />

malista, a volte lo dicono i leghisti, lo<br />

dice il Papa, l’hanno detto le associa‐<br />

zioni di volontariato, l’hanno detto i<br />

Volenterosi, lo dicono i sindacati…<br />

Insomma, possiamo dire che su questo<br />

punto siamo tutti d’accordo. Stiamo<br />

lavorando tutti nella stessa direzione.<br />

Peccato che qualche settimana fa que‐<br />

sta illusione di progetto politico condi‐<br />

viso sia stata smentita dall’inappellabi‐<br />

le giudizio del World Economic Forum<br />

nell’analisi sul “Global Gender Gap<br />

2007”.<br />

<strong>Il</strong> tasso di occupazione femminile ita‐<br />

mento occupazionale italiano.<br />

Contrapponendosi a queste conclusio‐<br />

ni, esistono numerosi studi che indica‐<br />

no come le riforme in questione siano<br />

state invece peggiorative, soprattutto<br />

in termini sociali, delle condizioni dei<br />

lavoratori italiani.<br />

Tali ricerche accreditano valutazioni<br />

maggiormente negative degli esiti nel<br />

medio periodo e dimostrano che, do‐<br />

po alcuni anni dall’ingresso nel mer‐<br />

cato del <strong>lavoro</strong>, i lavoratori<br />

(soprattutto i meno istruiti) con con‐<br />

tratti atipici, rischierebbero di rimane‐<br />

re intrappolati in attività a bassa pro‐<br />

tezione sociale; le nuove forme con‐<br />

trattuali vengono perciò definite delle<br />

job traps.<br />

Questa visione è stata supportata da<br />

due degli enti statistici italiani mag‐<br />

giormente istituzionali, l’Istat e la<br />

Banca d’Italia, che hanno sottolineato<br />

il rischio di precarizzazione delle car‐<br />

rispetto alla media europea, che si atte‐<br />

sta al 56,3%. Nella classifica “Economic<br />

Participation and Opportunities” l’Ita‐<br />

lia si colloca centounesima su 128, ulti‐<br />

ma tra gli stati europei, lontanissima<br />

dai vicini di casa con cui amiamo con‐<br />

frontarci. Tra un uomo e una donna<br />

occupati a parità di condizioni c’è una<br />

differenza salariale media del 20%.<br />

«<strong>Il</strong> tasso di<br />

occupazione<br />

femminile italiano è<br />

del 45,3%,<br />

decisamente basso<br />

rispetto alla media<br />

europea, che si attesta<br />

al 56,3%»<br />

riere lavorative di alcuni segmenti<br />

della popolazione italiana causato dal‐<br />

le riforme deregolative. Giungono a<br />

tali conclusioni numerosi studi; si ri‐<br />

cordano gli articoli di Tito Boeri, pro‐<br />

fessore di Economia del <strong>lavoro</strong> dell’U‐<br />

niversità Bocconi, che hanno messo in<br />

luce la crescita della segmentazione<br />

all’interno del mercato del <strong>lavoro</strong> ita‐<br />

liano tra lavoratori potetti e lavoratori<br />

non protetti, la ricerca di Paolo Barbie‐<br />

ri e Stefani Scherer, sociologi dell’Uni‐<br />

versità di Trento, che ha mostrato che<br />

le nuove forme contrattuali rappresen‐<br />

tano trappole per segmenti della po‐<br />

polazione già deboli, l’analisi di Ri‐<br />

ciardi e Di Pierro, economisti del lavo‐<br />

ro, che ha evidenziato la forte discon‐<br />

tinuità delle trasformazioni dei con‐<br />

tratti a tempo determinato in contratti<br />

a tempo indeterminato.<br />

Conclusione? Ai posteri l’ardua sen‐<br />

tenza.<br />

COPERTINA<br />

Inoltre, quel “a parità di condizioni”<br />

nasconde disuguaglianze strutturali e<br />

culturali ineliminabili nel nostro Paese:<br />

l’identificazione tra ruoli di responsa‐<br />

bilità e genere maschile, una percezio‐<br />

ne da parte del datore di <strong>lavoro</strong> di one‐<br />

ri previdenziali maggiori nel caso egli<br />

decida di assumere una donna, l’ini‐<br />

qua ripartizione tra i sessi del <strong>lavoro</strong> di<br />

cura famigliare, che si concretizza in<br />

un <strong>lavoro</strong> domestico di 26 ore settima‐<br />

nali a carico solo delle donne…<br />

Nell’Italia eternamente divisa, al nord<br />

le cose vanno meglio: in Lombardia<br />

l’occupazione femminile è già al 59%<br />

ma l’entusiasmo è frenato dal fatto che<br />

nella fascia tra i 30 e i 39 anni il nume‐<br />

ro di lavoratrici precarie risulta essere<br />

quasi il doppio di quello dei colleghi<br />

maschi (Istat 2006).<br />

Non è difficile immaginare cosa acca‐<br />

drebbe all’economia, al sistema del<br />

welfare, alla coesione sociale, alla cre‐<br />

scita culturale del Paese se le donne<br />

potessero avere le stesse opportunità<br />

di <strong>lavoro</strong> e crescita professionale degli<br />

uomini. Qui sorge però un’antica con‐<br />

traddizione: per una donna non è sem‐<br />

pre possibile sostenere ritmi e tempi<br />

lavorativi di un uomo. La necessità di<br />

conciliare l’attività lavorativa e la vita<br />

famigliare talvolta impedisce di accet‐<br />

tare contratti di <strong>lavoro</strong> standard.<br />

Le donne sono ricche di talento e si<br />

applicano maggiormente allo studio.<br />

Immaginiamo un <strong>lavoro</strong> in cui essere<br />

libere nelle scelte, nella possibilità di<br />

espressione, pretendiamo la meritocra‐<br />

zia e accettiamo il rischio che ne conse‐<br />

gue.<br />

Usando un’espressione di Rossella<br />

Canevari (dal libro Voglio un Mondo<br />

Rosa Shocking, scritto con Virginia Fiu‐<br />

me) a molte donne servirebbe un lavo‐<br />

ro free (da freelance) invece che preca‐<br />

rio, un <strong>lavoro</strong> che permetta di speri‐<br />

mentare, cambiare, sfruttare la flessibi‐<br />

lità degli orari e ci dia la libertà di sce‐<br />

gliere per chi e come lavorare. Un lavo‐<br />

ro con le necessarie tutele, che incida<br />

anche sul modo di lavorare maschile:<br />

congedi parentali, maggiore meritocra‐<br />

zia nell’accesso e nella formazione del‐<br />

le carriere, eliminazione delle differen‐<br />

ze salariali.<br />

Le donne vogliono lavorare, noi sì sia‐<br />

mo tutte d’accordo.<br />

Oggi un <strong>lavoro</strong> free molte donne se lo<br />

costruiscono da sole, non vi è la regola‐<br />

mentazione sufficiente e spesso manca<br />

la cultura politica ed imprenditoriale<br />

necessaria per concepire il <strong>lavoro</strong> in<br />

questo modo.


COPERTINA<br />

Università e <strong>lavoro</strong>: alcuni dati<br />

Tra i laureati di primo livello che lavorano, compresi quelli che affiancano all’impiego la<br />

prosecuzione degli studi, quasi il 40% ha un <strong>lavoro</strong> stabile, principalmente un contratto<br />

a tempo indeterminato. <strong>Il</strong> 43%, invece, ha un contratto a tempo determinato<br />

di Alessandro Casoli 1999) che le diede l’avvio, chiara‐<br />

MILANO ‐ Uno studio conclusivo<br />

dell’impatto della riforma universita‐<br />

ria sul mercato del <strong>lavoro</strong> e sull’i‐<br />

struzione avanzata in generale è, a<br />

soli 8 anni dall’approvazione del de‐<br />

creto ministeriale 509 (3 Novembre<br />

mente impossibile. Per ovvi motivi<br />

non esistono ancora sufficienti dati, e<br />

il sovrapporsi dei laureati cosiddetti<br />

“puri”, i quali sono entrati nell’uni‐<br />

versità a riforma compiuta, e<br />

“ibridi”, che invece sono transitati<br />

dal vecchio al nuovo ordinamento<br />

durante gli studi, rende molto diffici‐<br />

le effettuare analisi comparative pie‐<br />

namente efficaci.<br />

Cercherò quindi di delineare alcune<br />

caratteristiche generali che stanno<br />

iniziando ad emergere dalle prime<br />

ricerche in merito, confrontandole<br />

con la situazione pre‐riforma.<br />

Per farlo mi sono basato sui dati dei<br />

progetti Alma Laurea e Stella, i quali<br />

sono liberamente consultabili agli<br />

indirizzi internet www.almalaurea.it<br />

e www.stella.cilea.it.<br />

Uno dei primi obiettivi della riforma<br />

era ridurre il numero degli abbando‐<br />

ni e aumentare in assoluto i laureati<br />

in Italia.<br />

Secondo i profili Almalaurea riferiti<br />

al 2006, questo obiettivo è stato alme‐<br />

no in parte raggiunto, con un abbas‐<br />

samento dell’età media dei laureati<br />

da 28 a 27 anni e un aumento note‐<br />

vole dei laureati di età inferiore ai 23<br />

anni. Inoltre il tasso di laureati in<br />

corso è salito dal 10% del 2001 al 36%<br />

del 2006.<br />

Un confronto fra i dati 2005 e 2006<br />

sembra però mettere in luce un pro‐<br />

gressivo rallentamento, se non addi‐<br />

rittura il completo arrestarsi, di que‐<br />

sti processi. In particolare il numero<br />

di laureati totali, dopo l’aumento<br />

iniziale, pare essersi stabilizzato sin<br />

dal 2004. Considerando che al 2006<br />

ancora il 20% dei laureati totali erano<br />

“ibridi”, è indubbiamente necessario<br />

aspettare ancora per poter affermare<br />

con certezza se gli effetti della rifor‐<br />

ma si siano o meno esauriti.<br />

A livello di ingresso nel mercato del<br />

<strong>lavoro</strong>, i dati 2006 indicano che a un<br />

anno dalla laurea il 27% dei laureati<br />

di primo livello (laurea triennale) ha<br />

un <strong>lavoro</strong>, il 17% lavora e inoltre è<br />

iscritto alla specialistica, il 45% è i‐<br />

scritto alla specialistica e il restante<br />

11% per la maggior parte è in cerca<br />

di <strong>lavoro</strong>.<br />

Ci sono notevoli variazioni fra tipo‐<br />

logie di facoltà; il 30% dei laureati<br />

nei settori politico‐sociali, economici<br />

o scientifici, per citarne alcuni molto


differenti, lavora stabilmente e non<br />

prosegue gli studi, mentre è solo il<br />

12% per i settori giuridici.<br />

Tra i laureati di primo livello che<br />

lavorano, compresi quelli che affian‐<br />

cano all’impiego la prosecuzione<br />

degli studi, quasi il 40% ha un <strong>lavoro</strong><br />

stabile, principalmente un contratto<br />

a tempo indeterminato (il 32%, cui si<br />

aggiunge un 7% di indipendenti/<br />

autonomi e un 1% con un contratto<br />

di formazione o apprendistato); il<br />

43% ha invece un contratto atipico, a<br />

tempo determinato, di collaborazio‐<br />

ne o simili.<br />

La percentuale restante non ha con‐<br />

tratto o non ha risposto al sondaggio.<br />

Da sottolineare però come la percen‐<br />

tuale di laureati con contratto a tem‐<br />

po indeterminato sia in calo rispetto<br />

al 2004/2005 di ben 8 punti percen‐<br />

tuali, una diminuzione spiegabile<br />

con l’aumento dei “puri”, o post‐<br />

riforma, a fronte degli “ibridi”.<br />

Questi ultimi infatti hanno percen‐<br />

tuali di <strong>lavoro</strong> stabile nettamente più<br />

alte rispetto agli studenti che hanno<br />

frequentato esclusivamente l’univer‐<br />

sità post‐riforma.<br />

Un’ultima nota riguarda gli obiettivi<br />

di professionalizzazione e avvio al<br />

<strong>lavoro</strong> che avrebbero dovuto essere<br />

svolti dalle lauree magistrali, le quali<br />

invece hanno mantenuto un’organiz‐<br />

zazione prettamente “accademica” o<br />

di semplice prosecuzione degli studi.<br />

<strong>Il</strong> risultato è stato che sono entrate in<br />

concorrenza coi master (la cui tradu‐<br />

zione in italiano è, naturalmente,<br />

laurea magistrale), i quali restano il<br />

veicolo principale per la professiona‐<br />

lizzazione e l’ingresso diretto nel<br />

mondo del <strong>lavoro</strong>.<br />

LINK UTILI<br />

• www.almalaurea.it<br />

• www.lavoce.info<br />

• www.<strong>lavoro</strong>.gov.it<br />

• www.italia<strong>lavoro</strong>.it<br />

• www.isfol.it<br />

COPYRIGHT<br />

Le condizioni di utilizzo di testi e im‐<br />

magini in questo numero, laddove è<br />

stato possibile, sono state concordate<br />

con gli autori. Se ciò non è stato possi‐<br />

bile, l’editore si dichiara pronto a rico‐<br />

noscere un giusto compenso.<br />

di Armando Dito<br />

<strong>Il</strong> <strong>lavoro</strong> è<br />

una lotteria<br />

MILANO ‐ Che ruolo hanno la scuola e<br />

l’università nell’inserimento occupazio‐<br />

nale? Quanto conta il titolo di studio?<br />

Come si cerca <strong>lavoro</strong>?<br />

Cerchiamo di rispondere a queste tre<br />

domande guardando al caso italiano e<br />

confrontandolo con altri paesi europei.<br />

Innanzitutto va premesso che nei paesi<br />

capitalisti liberali la scuola si è espansa<br />

grazie allo stato e non alle imprese.<br />

Le aziende hanno mantenuto un atteg‐<br />

giamento opportunistico: preferiscono<br />

assumere individui già formati da altri<br />

anziché investire nella loro formazione.<br />

Diverso è il caso dei paesi a capitalismo<br />

non liberale, come la Germania e alcuni<br />

paesi dell’Europa settentrionale, che han‐<br />

no strutturato il rapporto tra sistema<br />

scolastico e mondo del <strong>lavoro</strong> con grandi<br />

esiti dal punto di vista<br />

dei risultati occupazio‐<br />

nali dei giovani.<br />

In Italia c’è un alto tasso<br />

di disoccupazione gio‐<br />

vanile, specie localizzato<br />

nel meridione. <strong>Il</strong> merca‐<br />

to del <strong>lavoro</strong> è piuttosto<br />

rigido, anche se si va in<br />

direzione di una mag‐<br />

giore flessibilità, com‐<br />

plessivamente però le<br />

politiche occupazionali<br />

sono tra le più basse<br />

d’Europa. In Italia il<br />

rapporto scuola‐<strong>lavoro</strong><br />

dipende dal volontarismo dei singoli<br />

attori: i legami, infatti, sono poco istitu‐<br />

zionalizzati.<br />

Le politiche attive del <strong>lavoro</strong>, dagli anni<br />

80, come la formazione tecnica e profes‐<br />

sionale sono viste più come rimedio alla<br />

disoccupazione che come tentativo reale<br />

di formare e qualificare lavoratori da<br />

inserire nel mercato, insomma si è tratta‐<br />

to di misure di mantenimento e non di<br />

innovazione.<br />

Stesso discorso vale anche per la forma‐<br />

zione professionale (che in Italia è di<br />

competenza regionale).<br />

Infine l’istruzione secondaria è sempre<br />

stata di natura prevalentemente accade‐<br />

mica, ancor più oggi dopo la riforma<br />

Moratti che ha eliminato diversi tipi di<br />

istituti tecnici trasformandoli in licei. Si<br />

assiste a un grosso aumento delle iscri‐<br />

zioni ai licei a scapito di una formazione<br />

tecnica con la prospettiva di una futura<br />

iscrizione all’università.<br />

«Le aziende hanno<br />

mantenuto un<br />

atteggiamento<br />

opportunistico:<br />

preferiscono assumere<br />

individui già formati<br />

da altri anziché<br />

investire nella loro<br />

formazione»<br />

COPERTINA<br />

Questo sistema, insieme agli scarsissimi<br />

incentivi dati alla ricerca scientifica, ha<br />

portato a una sovrapproduzione di lau‐<br />

reati nelle discipline umanistiche con la<br />

conseguenza di un mercato saturo e alla<br />

sottoproduzione nelle discipline scientifi‐<br />

che dove al contrario l’offerta di <strong>lavoro</strong><br />

sul mercato è ampia.<br />

Agli antipodi del nostro modello c’è la<br />

Germania: il paese dove il tasso di disoc‐<br />

cupazione giovanile è più basso al mon‐<br />

do. Alla fine della scuola il 70% dei gio‐<br />

vani diventano apprendisti, il contratto<br />

di <strong>lavoro</strong> prevede che si lavori meno<br />

della metà del normale impiego, si perce‐<br />

pisca il 30% della normale retribuzione e<br />

nel tempo restante si continui ad andare<br />

a scuola: si crea così una continuità asso‐<br />

luta tra ciò che si studia e il <strong>lavoro</strong> che si<br />

svolge. I due terzi degli apprendisti ven‐<br />

gono poi assunti dall’azienda a tempo<br />

indeterminato.<br />

<strong>Il</strong> sistema anglosassone<br />

è invece caratterizzato<br />

dallo scarso intervento<br />

dello stato, il mercato<br />

del <strong>lavoro</strong> è flessibile<br />

con grandi flussi in en‐<br />

trata e uscita. Inoltre si<br />

tratta di mercati di pro‐<br />

duzione innovativa o ad<br />

alta qualità, le aziende<br />

possono licenziare facil‐<br />

mente così come chiede‐<br />

re credito alle banche.<br />

Per questo l’inserimento<br />

lavorativo è molto facile<br />

per coloro che dispongono di un’alta<br />

formazione generalista (istruzione uni‐<br />

versitaria).<br />

Allo stesso modo il titolo di studio conta<br />

molto anche nel nord Europa e in Fran‐<br />

cia, in Italia, invece, l’effetto è quasi as‐<br />

sente, da noi il titolo di studio non aiuta<br />

quando si cerca <strong>lavoro</strong> per la prima vol‐<br />

ta, mentre conta successivamente nel<br />

corso della carriera professionale per<br />

avere reddito più elevato.<br />

Infine, va tristemente rammentato che<br />

ancor oggi in Italia il miglior metodo di<br />

trovare <strong>lavoro</strong> è tramite le conoscenze<br />

personali dirette o indirette con i datori<br />

di <strong>lavoro</strong>, seguite dai concorsi pubblici. <strong>Il</strong><br />

ruolo del mercato è secondario, mentre si<br />

crea un piccolo spazio per le agenzie<br />

interinali ma non come avviene in Uk,<br />

Germania e Olanda in cui la maggior<br />

parte degli insiders è inserita da agenzie<br />

private.<br />

(si ringrazia il prof. Ballarino per i dati forniti)


COPERTINA<br />

di Dario Luciano Merlo<br />

MILANO ‐ <strong>Il</strong> numero degli immigrati in<br />

Italia cresce senza sosta. Sono quasi tre<br />

milioni e settecentomila i cittadini stra‐<br />

nieri residenti in Italia nel 2006, in au‐<br />

mento del 16,1% rispetto al 2005 e da soli<br />

rappresentano il 6,2% della popolazione<br />

italiana.<br />

Un Paese che attira un tale numero di<br />

immigrati non può solo garantire condi‐<br />

zioni migliori rispetto ai Paesi di prove‐<br />

nienza, ma probabilmente opportunità e<br />

qualità di vita superiori in termini asso‐<br />

luti. Una situazione alla quale stanno<br />

contribuendo gli stessi lavoratori immi‐<br />

grati, producendo circa il 6,1% del PIL.<br />

Nonostante questo molti rimangono gli<br />

interrogativi, da un lato chi manifesta<br />

preoccupazione per lʹaumento della cri‐<br />

minalità legata al forte flusso di clande‐<br />

stini che si accompagna agli immigrati<br />

regolari, dallʹaltra chi critica la corsa al<br />

ribasso che si potrebbe scatenare a causa<br />

degli immigrati che pur di lavorare accet‐<br />

tano salari bassissimi e condizioni di<br />

<strong>lavoro</strong> al limite della legalità, preferiti<br />

rispetto ai lavoratori italiani abituati a<br />

ben altro trattamento.<br />

<strong>Il</strong> problema della criminalità, benché<br />

reale, riguarda le politiche di sicurezza<br />

interna e non è chiudendo le frontiere<br />

che si può risolvere la situazione, se non<br />

con gravi ripercussioni a livello economi‐<br />

co, bisogna invece comprendere se la<br />

domanda di <strong>lavoro</strong> immigrato si scontra<br />

o sovrappone con la domanda italiana,<br />

creando difficoltà ai lavoratori italiani.<br />

Una prima osservazione su base demo‐<br />

LA VIGNETTA<br />

Gli immigrati in<br />

soccorso delle imprese<br />

Secondo la ricerca di “Unioncamere”, il 34%<br />

delle imprese italiane dichiara di<br />

avere difficoltà a reperire manodopera<br />

grafica mette in risalto come lʹetà media<br />

della popolazione immigrata, pari a 30,8<br />

anni, contro una media italiana di 43,2,<br />

sia un forte elemento di contrasto allʹine‐<br />

vitabile invecchiamento della popolazio‐<br />

ne, che sta progressivamente diminuen‐<br />

do la percentuale di forza <strong>lavoro</strong> disponi‐<br />

bile, ma è soprattutto lʹosservazione dei<br />

dati Istat riguardo al tipo di occupazione<br />

che mostra come molti immigrati accetta‐<br />

no di buon grado lavori socialmente sva‐<br />

«La vera soluzione<br />

sarebbe guardare ai<br />

lavoratori stranieri<br />

come unʹopportunità,<br />

riformando il mercato<br />

del <strong>lavoro</strong> per<br />

consentire loro un<br />

migliore inserimento»<br />

di Flaminia Sparacino<br />

lutati e comunque si collocano nella fa‐<br />

scia bassa del mercato, mentre solo il<br />

5,3% trova un <strong>lavoro</strong> corrispondente ad<br />

una qualifica medio‐alta, in buona parte<br />

infermieri, la cui disponibilità in Italia è<br />

sempre molto scarsa, quindi il <strong>lavoro</strong><br />

immigrato non incide sulle possibilità di<br />

trovare <strong>lavoro</strong> dei giovani laureati e solo<br />

parzialmente sul resto dei lavoratori.<br />

Una ulteriore conferma sta nella ricerca<br />

condotta da Unioncamere, secondo cui se<br />

circa il 34% delle imprese in Italia dichia‐<br />

ra di avere difficoltà a reperire manodo‐<br />

pera in qualche settore, soltanto il 18%<br />

prevede di risolvere queste difficoltà<br />

ricorrendo a personale immigrato.<br />

La vera soluzione sarebbe guardare ai<br />

lavoratori stranieri come unʹopportunità,<br />

riformando il mercato del <strong>lavoro</strong> per<br />

consentire loro un migliore inserimento e<br />

stimolare le capacità imprenditoriali che<br />

dimostrano di avere, con più di duecen‐<br />

tomila immigrati imprenditori nel 2005.<br />

Una riforma assolutamente necessaria<br />

riguarda il superamento della contratta‐<br />

zione nazionale utile forse, come ricorda<br />

Tito Boeri in un recente articolo su<br />

“lavoce.info”, nella fase di avvicinamen‐<br />

to allʹeuro per contrastare le svalutazioni<br />

competitive che tanto male avevano fatto<br />

al nostro Paese, ma ora il passaggio a una<br />

contrattazione a livello di azienda non<br />

farebbe che inserire nella nostra econo‐<br />

mia principi meritocratici, ai quali non<br />

potrà che seguire un aumento della pro‐<br />

duttività nel lungo periodo.<br />

Questo permetterebbe anche agli immi‐<br />

grati più validi di essere premiati per il<br />

loro impegno e di integrarsi nel migliore<br />

dei modi. Alcune grandi aziende, a parti‐<br />

re da Fiat, hanno provato a rompere la<br />

prassi consolidata da decenni offrendo<br />

un aumento ai dipendenti prima della<br />

conclusione del contratto, ma la paura è<br />

che si tratti di una mossa di marketing<br />

una‐tantum e non di un nuovo corso che<br />

prevederà ulteriori aumenti, eventual‐<br />

mente mirati ai dipendenti più produtti‐<br />

vi, se il trend attuale delle vendite conti‐<br />

nuerà a favorire la grande azienda.<br />

<strong>Il</strong> resto delle aziende italiane non potran‐<br />

no che adeguarsi e superare uno degli<br />

aspetti più anacronistici del mercato del<br />

<strong>lavoro</strong> italiano.


Più spazio<br />

alla voce degli studenti<br />

critiche<br />

suggerimenti<br />

Solo su...<br />

Puoi dire la tua<br />

in qualsiasi momento<br />

denunce<br />

forum<br />

www.acidopolitico.com


Da fenomeno tipicamente americano a realtà<br />

mondiale (soprattutto grazie al web). Al<br />

grido di “white power”, e qualche battuta<br />

antisemita, si sta formando un “esercito” di<br />

xenofobi. Questa volta in nome di Dio<br />

di Leonard Berberi


INCHIESTA<br />

M<br />

ILANO – “Stand up and be<br />

counted, go with the Ku<br />

Klux Klan”. Inizia così la<br />

simpatica musica country‐folk che ac‐<br />

compagna questo viaggio alla scoperta<br />

di un fenomeno assente in Italia. Fino<br />

ad oggi.<br />

Eh sì perché questa canzone ‐ di<br />

Johnny Rebel ‐ potete ascoltarla sul sito<br />

www.invisibleknights.com, ovvero il<br />

sito ufficiale dei “Cavalieri della Legio‐<br />

ne Bianca” del “Ku Klux Klan – reame<br />

d’Italia e Germania”.<br />

Come abbiamo già documentato nelle<br />

inchieste passate, Internet si sta rivelan‐<br />

do sempre più luogo di (ri)nascita e<br />

promozione di teorie che superano<br />

qualsiasi barriera spazio‐temporale.<br />

Con quel che ne consegue.<br />

Così, anche un fenomeno tipicamente<br />

statunitense – quale quello degli omini<br />

razzisti di bianco vestiti – sembra abbia<br />

fatto breccia nei cuori di molti europei.<br />

Italiani inclusi.<br />

***<br />

«Saremmo lieti di sentirvi esprimere il<br />

vostro desiderio di unirvi alla dura lot‐<br />

ta per i nostri diritti e per le libertà in<br />

costante diminuzione nel nostro amato<br />

Paese», esordisce, nella pagina iniziale,<br />

questa fantomatica associazione di ca‐<br />

valieri. «Non è nè un divertimento nè<br />

un gioco. La lotta per la nostra Stirpe è<br />

esigente e la vittoria può essere rag‐<br />

giunta soltanto con dedizione e lealtà.<br />

(…) <strong>Il</strong> nostro obiettivo è semplice ma<br />

forte, conservare il Cristiano Bianco ed i<br />

suoi ideali. (…) Siamo qui per istruire i<br />

nostri fratelli e sorelle bianchi e ristabi‐<br />

lire lʹordine in una società collassata.<br />

Abbiamo bisogno di uomini devoti e di<br />

veri patrioti così quanto di Donne della<br />

Tradizione. Di Uomini e Donne onesti<br />

che realmente desiderino fare qualcosa<br />

di positivo per la loro Stirpe, Fede e<br />

Nazione».<br />

Eppure non ci stanno a passare per<br />

razzisti perché il Klan non odia le mi‐<br />

noranze: «Questa è una bugia dei Me‐<br />

dia Liberali – scrivono ‐. Noi crediamo<br />

che ognuno abbia il diritto di essere<br />

fiero della propria Razza nelle proprie<br />

terre e ciò significa che anche i Bianchi<br />

ne hanno il diritto».<br />

Bella frase, se non mostrasse palese‐<br />

mente un sentimento di disprezzo nei<br />

confronti degli stranieri: fieri sì, ma<br />

ognuno lo faccia a casa sua.<br />

Per i Cavalieri della<br />

Legione Bianca «non è<br />

nè un divertimento nè<br />

un gioco. La lotta per<br />

la nostra Stirpe è<br />

esigente e la vittoria<br />

può essere raggiunta<br />

soltanto con dedizione<br />

e lealtà. <strong>Il</strong> nostro<br />

obiettivo è semplice<br />

ma forte, conservare il<br />

Cristiano Bianco ed i<br />

suoi ideali»<br />

E proprio per spiegare a tutti noi che<br />

loro non sono razzisti, azzardano u‐<br />

n’interpretazione del termine: «Gli im‐<br />

migrati (sopratutto africani) godono<br />

oggi in Italia e nel mondo, senza alcun<br />

merito, di cose come favoreggiamenti<br />

comunali per le loro attività, program‐<br />

mi televisivi inerenti alla propria cultu‐<br />

ra, sussidi, case popolari, predilezione<br />

nelle assunzioni di <strong>lavoro</strong>, spazi propri<br />

per le loro iniziative e molto, molto<br />

altro ancora. Le persone che ritengono<br />

questi fatti assurdi e inaccettabili ven‐<br />

gono definite: “razzisteʺ. (…) Perchè gli<br />

immigrati possono avere i loro diritti<br />

ʺspecialiʺ (comunemente negati ai citta‐<br />

dini italiani) e non essere accusati di<br />

ʺrazzismoʺ? Voi avete il diritto di esi‐<br />

gere i vostri diritti e di combattere per<br />

riprendervi quelli che vi sono stati sot‐<br />

tratti da ʺaltriʺ. Non restate seduti a<br />

pensare che qualcun altro se ne occupe‐<br />

rà al posto vostro. Pensate al vostro<br />

futuro e a quello dei vostri figli. Aderi‐<br />

te allʹunica associazione in Italia oggi<br />

che si stà (scritto proprio con l’accento,<br />

nda) muovendo per il futuro di tutti<br />

noi». Amen.<br />

Più che un contributo semantico al<br />

termine in questione, sembra il tipico<br />

discorso elettorale della Lega o della<br />

destra sociale.<br />

***<br />

A chi interessa, sul sito trovate anche<br />

il testamento basato sulle Sacre Scrittu‐<br />

re. E tra queste, si trova un passaggio<br />

che ‐ per carità ‐ non è indice di razzi‐<br />

smo! «Noi crediamo che gli Anglosas‐<br />

soni, Germani e i popoli Bianchi in ge‐<br />

nerale siano i diretti discendenti di A‐


INCHIESTA<br />

damo creati ad immagine di<br />

YHVH (Genesi 1:27), e che<br />

siano i soli illuminati creati<br />

da Dio per regnare<br />

(Deuteronomio 7:6; Deute‐<br />

ronomio 28:10) su questo<br />

Mondo smarrito e moren‐<br />

te».<br />

Per questo il Klan italico<br />

accoglie «solo persone di<br />

origine nazionale italiana e<br />

di fede Cristiana». Questo<br />

almeno scrive il blog ufficia‐<br />

le dei Cavalieri della Legio‐<br />

ne Bianca – Italia.<br />

E via, a scorrere con vere e<br />

proprie perle in bilico tra la<br />

follia preoccupante e l’irra‐<br />

zionalità esilarante: «Non ti<br />

imparenterai con loro (i<br />

“non eletti”, ndr), non darai<br />

le tue figlie ai loro figli e<br />

non prenderai le loro figlie<br />

per i tuoi figli (Deuteronomio, 7:3)»; «<strong>Il</strong><br />

bastardo non entrerà nella comunità<br />

del Signore; nessuno dei suoi, neppure<br />

alla decima generazione, entrerà nella<br />

comunità del Signore (Deuteronomio,<br />

23:3). Nel mezzo l’immagine di un ara‐<br />

bo, simile a bin Laden con un divieto e<br />

la scritta “Stop all’invasione». Però, che<br />

non si parli di razzismo. Altrimenti la<br />

diamo vinta ai «media liberali»!<br />

Brutte notizie anche per Luxuria. Tra<br />

i passaggi chiave c’è un riferimento<br />

anche ai trans: «Non entrerà nella co‐<br />

munità del Signore chi ha il membro<br />

contuso o mutilato (Deuteronomio,<br />

23:2)».<br />

***<br />

“Partenopeo” si chiede su<br />

www.stormfront.org/forum se gli ita‐<br />

liani siano completamente accettati dal<br />

KKK americano, perché quando ha<br />

trovato una chat del Klan in rete, e<br />

dopo aver detto di essere italiano, gli<br />

hanno chiesto se fosse siciliano. «Ho<br />

risposto loro di no – scrive ‐, e così mi<br />

hanno fatto restare. Hanno poi spiega‐<br />

to che i siciliani secondo la mentalità<br />

del KKK non sono bianchi, ma di origi‐<br />

ne africana…». Bel dilemma. Al quale<br />

“One Europe” prova a dare una rispo‐<br />

sta: «Che io sappia, da quel che ne ho<br />

letto, considerano forse solo gli italiani<br />

del nord come ʺbianchiʺ ma sicura‐<br />

mente non quelli del sud». E siccome<br />

esiste una vasta area di collusione con<br />

l’estrema destra, lo stesso termina scri‐<br />

vendo: «In Italia è invece utile votare i<br />

Scrive un tale<br />

Klansmen 77: «<strong>Il</strong><br />

Klan non è contro ai<br />

(!) meridionali, però,<br />

come tutti sappiamo,<br />

in meridione,<br />

sopratutto in Sicilia,<br />

il peso delle<br />

contaminazioni<br />

islamiche è molto<br />

marcato»<br />

In questa pagina, immagini tratte dal sito www.invisibleknights.com, il sito ufficiale<br />

dei Cavalieri della Legione Bianca—Ku Klux Klan (AP)<br />

partiti di estrema destra (vera destra)<br />

sperando che crescano in peso politico<br />

e mettano il fiato sul collo ai politici<br />

moderati, forzandoli a spostare le loro<br />

politiche a destra (come ha fatto le Pen<br />

in Francia) e poi sperare che qualche<br />

nuovo ʺ1929ʺ dia la possibilità ai partiti<br />

di ʺdestra veraʺ di vincere le elezioni e<br />

prendere il potere, iniziando un lento<br />

processo di riparazione del paese e di<br />

espulsione degli indesiderati che ci<br />

hanno invaso (prima che siano trop‐<br />

pi)».<br />

«La maggioranza dei Klans, valuta<br />

lʹeffettiva contaminazione avvenuta su<br />

ogni richiedente – si inserisce<br />

“Klansmen 77” ‐. <strong>Il</strong> Klan non è contro<br />

ai (!) meridionali, però, come tutti sap‐<br />

piamo, in meridione, sopratutto in Sici‐<br />

lia, il peso delle contaminazioni islami‐<br />

che è molto marcato. Conseguenziale è<br />

quindi il fatto che se si parla di Italia,<br />

possano nascere questioni inerenti a<br />

tali parti ʺa rischioʺ».<br />

La questione è così “spinosa” che<br />

“ariobruno” si chiede: «Credete che<br />

possa diventare membro del KKK an‐


In alto, uno dei tanti blog di estrema destra e<br />

simpatizzante KKK.<br />

A fianco, la pagina ufficiale dei “White Legion<br />

Knights of the Ku Klux Klan”<br />

(AP)<br />

che una persona, come il sottoscritto,<br />

che ha la pelle molto bruna?».<br />

“Ekwanakt”, molto probabilmente un<br />

membro del KKK, scrive: «<strong>Il</strong> moderno<br />

KKK (o perlomeno, i suoi membri più<br />

intelligenti) non fa alcuna discrimina‐<br />

zione fra le etnie europee. Comunque,<br />

se il tuo dubbio è sul fatto di essere<br />

ʺbiancoʺ o meno, non è solo il colorito<br />

della pelle ad importare. Le cose più<br />

importanti nella classificazione razzia‐<br />

le sono altre, e la subrazza mediterra‐<br />

nea è una delle subrazze facenti parte<br />

della razza bianca».<br />

“Klansmen 77” rivela che solitamente<br />

si richiede «per legge interna la foto a<br />

colori della carta di identità, la quale<br />

viene prima verificata dagli ufficiali di<br />

reame italiano e successivamente dal<br />

direttivo negli States. Eʹ una faccenda<br />

un po’ complessa, sopratutto per i pae‐<br />

si mediterranei, quindi la prendiamo<br />

con le pinze».<br />

E mentre “costantino” di “Augusta<br />

Praetoria” arriva a sostenere che vi sia<br />

stata un’infiltrazione sionista all’inter‐<br />

no del Klan (smentito da “Ekwanakt”),<br />

“Dani14” commenta: «per molta gente<br />

in Italia può essere problematico accet‐<br />

tare completamente le loro teorie reli‐<br />

giose, però secondo me va perlomeno<br />

appoggiato, anche da chi non è cristia‐<br />

no in quanto è lʹunica organizzazione<br />

in Italia che dice chiaramente: ʺsiamo<br />

per la nostra razzaʺ. Gli altri partiti o<br />

movimenti ci girano intorno, dicono<br />

ʺper la cultura, per le tradizioni eccʺ».<br />

<strong>Il</strong> tutto si chiude con gli «88 saluti<br />

antisionisti» del già citato “costantino”<br />

e la sua proposta per migliorare le sorti<br />

del mondo: «ci vuole una soluzione<br />

finale al problema che è causa di tutti i<br />

mali: disoccupazione, fame, povertà,<br />

ingiustizie. Sembra strano, ma se elimi‐<br />

ni il problema dei problemi, pure gli<br />

altri, come x magia, si risolvono». E «la<br />

soluzione finale» sarebbe quella di da‐<br />

re una mano ad Hamas contro gli isra‐<br />

eliani.<br />

Quanto avete avuto modo di leggere,<br />

INCHIESTA<br />

si nasconde tra le pieghe del web. Ci<br />

sono elementi palesemente concordan‐<br />

ti con gli ideali neo‐fascisti descritti<br />

nell’inchiesta di gennaio, pubblicata su<br />

“<strong>Acido</strong> <strong>Politico</strong>”. E se gli “animatori”<br />

dei vari siti e dei forum non sono di<br />

estrema destra, poco ci manca.<br />

Ma questa volta c’è un’aggravante: al<br />

posto di un leader carismatico, si ergo‐<br />

no a paladine della rettitudine morale<br />

le Sacre Scritture. Distorcendone però<br />

il vero significato. A ben vedere, nulla<br />

sembra distinguere, almeno nella con‐<br />

cezione, il radicalismo islamico da que‐<br />

sto ‐ tutto particolare ‐ cristiano.<br />

E mentre si alzano calici, si incrocia‐<br />

no spade, si incita alla Guerra Santa<br />

(tutto all’interno dei forum, ovviamen‐<br />

te) e si propaganda l’eliminazione di<br />

«negri, ebrei, musulmani e zingari», la<br />

Polizia Postale sembra sia sparita.<br />

Leonard Berberi


http:\\satiricon.blogosfere.it<br />

ITALIA<br />

Razzismo contro rumeni e rom<br />

Petizione online degli intellettuali<br />

Un gruppo di scrittori ed intellettuali lancia l’allarme: troppa attenzione dei<br />

media sul caso dei romeni rischia di alimentare il razzismo. <strong>Il</strong> tutto, mentre<br />

il vero problema italiano è rappresentato dai delitti tra le mura domestiche<br />

MILANO ‐ In Italia si sta diffondendo il<br />

razzismo, che prende di mira in particolare<br />

rumeni e rom. Questo scrive una petizione<br />

online lanciata da un gruppo di scrittori ed<br />

intellettuali, denunciando il fatto che cam‐<br />

pagne dʹallarme stanno mettendo in risalto<br />

fatti di cronaca in cui questi stranieri sono<br />

responsabili di violenze, tacendo sul vero<br />

dramma italiano.<br />

Statistiche e indagini, scrivono infatti i fir‐<br />

matari, mostrano che la vera emergenza in<br />

Italia non riguarda le violenze commesse<br />

da stranieri ma quelle perpetrate allʹinterno<br />

della famiglia, spesso ai danni delle donne.<br />

Questo il senso dellʹappello ʺ<strong>Il</strong> triangolo<br />

neroʺ, lanciato con una petizione online<br />

(http://www.petitiononline.com/trianero/<br />

petition.html), da un gruppo in intellettua‐<br />

li, ʺcontro la violenza su rom, rumeni e<br />

donneʺ.<br />

“La storia recente di questo paese è un sus‐<br />

seguirsi di campagne dʹallarme, sempre<br />

più ravvicinate e avvolte di frastuono ‐<br />

MADE IN ITALY<br />

di Natangelo<br />

scrivono –. Le campane suonano a martel‐<br />

lo, le parole dei demagoghi appiccano in‐<br />

cendi, una nazione coi nervi a fior di pelle<br />

risponde a ogni stimolo creando<br />

ʺemergenzeʺ e additando capri espiatoriʺ.<br />

ʺSu queste vicende si scatena unʹallucinata<br />

criminalizzazione di massa. Colpevole uno,<br />

colpevoli tutti… Odio e sospetto alimenta‐<br />

no generalizzazioni: tutti i rumeni sono<br />

rom, tutti i rom sono ladri e assassini, tutti i<br />

ladri e gli assassini devono essere espulsi<br />

dallʹItaliaʺ, dice ancora lʹappello degli intel‐<br />

lettuali. Che riporta documenti, come il<br />

Rapporto sulla criminalità in Italia e lʹinda‐<br />

gine Istat 2006.<br />

Dai dati dei rapporti, proseguono ancora i<br />

firmatari, ʺun omicidio su quattro avviene<br />

in casa; sette volte su dieci la vittima è una<br />

donna... il responsabile di aggressione fisi‐<br />

ca o stupro è sette volte su dieci il marito o<br />

il compagno: la famiglia uccide più della<br />

mafia, le strade sono spesso molto meno a<br />

rischio‐stupro delle camere da lettoʺ, dice<br />

lʹappello.<br />

Di contro, dal recentissimo rapporto del<br />

World Economic Forum sul Gender Gap,<br />

sulla parità femminile nel <strong>lavoro</strong>, nella<br />

salute, nelle aspettative di vita, nellʹinfluen‐<br />

za politica, lʹItalia è 84esima, ultima dellʹU‐<br />

nione Europea, mentre la Romania è 47a.<br />

Dicono i firmatari che è ʺpiù facile agitare<br />

uno spauracchio collettivo (oggi i rumeni,<br />

ieri i musulmani, prima ancora gli albanesi)<br />

piuttosto che impegnarsi nelle vere cause<br />

del panico e dellʹinsicurezza sociali causati<br />

dai processi di globalizzazione... che è più<br />

facile, e paga prima e meglio sul piano del<br />

consenso viscerale, gridare al lupo e chie‐<br />

dere espulsioni, piuttosto che attuare le<br />

direttive europee (come la 43/2000) sul di‐<br />

ritto allʹassistenza sanitaria, al <strong>lavoro</strong> e al‐<br />

lʹalloggio dei migrantiʺ.<br />

Sotto il tappeto dellʹequazione rumeni‐<br />

delinquenza, concludono, ʺsi nasconde la<br />

polvere dello sfruttamento feroce del popo‐<br />

lo rumeno nei cantieri, (...) sulle strade, (…)<br />

in Romania, dove imprenditori italiani ‐<br />

dopo aver ʹdelocalizzatoʹ e creato disoccu‐<br />

pazione in Italia ‐ pagano salari da fame ai<br />

lavoratoriʺ.<br />

Di fronte a tutto questo, ʺnon possiamo<br />

rimanere indifferenti”<br />

(red)<br />

“La democrazia è fragile, e a<br />

piantarci sopra troppe bandie‐<br />

re si sgretola”<br />

**********************************<br />

“Si può essere a sinistra di<br />

tutto, ma non del buon senso”<br />

**********************************<br />

“<strong>Il</strong> denaro arriva sempre<br />

quando non si ha più fame”<br />

**********************************<br />

“La devolution, una parola<br />

che sembra inventata da Ce‐<br />

lentano”<br />

**********************************<br />

“<strong>Il</strong> bello della democrazia è<br />

proprio questo: tutti possono<br />

parlare, ma non occorre ascol‐<br />

tare”<br />

BIAGI PENSIERO


EUROPA<br />

La Svizzera vira a destra<br />

L’Unione Democratica di Centro, una formazione nazionalista, ha vinto le<br />

ultime elezioni puntando tutto sul desiderio di sicurezza dei cittadini<br />

di Debora Pignotti tamente a destra fanno temere una crisi Invece il problema immigrati inizia dal<br />

La vittoria dei nazionalisti xenofobi di<br />

Blocher ha sconvolto l’Europa e la quinta<br />

Svizzera e sembra aver messo a rischio la<br />

formula magica di governo, ma da un’ana‐<br />

lisi del progetto di legge emerge soprat‐<br />

tutto l’intento di tutelare la popolazione.<br />

della democrazia consociativa (che integra<br />

nel processo decisionale tutti i partiti ed è<br />

orientata alla ricerca di intese amichevoli<br />

e soluzioni di compromesso) e la messa<br />

in discussione della magische Formel, cioè<br />

della consuetudinaria composizione poli‐<br />

tica del Consiglio federale (governo di‐<br />

controverso manifesto delle pecore che<br />

gettano fuori dal paese lo straniero crimi‐<br />

nale (la pecora nera). In un paese nel<br />

quale i giovani immigrati (ed integrati)<br />

parlano lo svizzero tedesco, lʹUDC ha<br />

vinto grazie ad una proposta di legge che<br />

a prima vista sembra diretta a colpire in<br />

<strong>Il</strong> 21 ottobre si sono tenute le elezioni rettoriale) basata sulla forza elettorale dei modo definitivo il loro soggiorno.<br />

parlamentari svizzere. L’Unione Demo‐<br />

cratica di Centro, partito di destra (a di‐<br />

spetto del nome) del carismatico Chri‐<br />

stoph Blocher (capo del Dipartimento di<br />

giustizia e polizia) ha vinto col 29% dei<br />

consensi (il doppio rispetto al 1999).<br />

partiti e formata da due esponenti a testa<br />

per PLR e PS, uno per il PPD e due per<br />

lʹUDC. Ma in realtà l’alternativa, cioè un<br />

esecutivo basato sulla maggioranza, sa‐<br />

rebbe inefficiente in quanto lʹopposizione<br />

potrebbe ostacolare il <strong>lavoro</strong> del governo:<br />

Ma il disegno in materia di espulsione<br />

dei criminali stranieri vuole colpire solo<br />

questi ultimi: gli stranieri (di ogni sesso<br />

ed età) perderebbero il diritto di dimora<br />

in caso di condanna con sentenza defini‐<br />

tiva per omicidio, violenza carnale o altri<br />

Apertura limitata nei confronti dellʹUnio‐ per l’UDC le alleanze risulteranno sem‐ reati sessuali, reati violenti (ad esempio<br />

ne Europea e rafforzamento delle leggi pre indispensabili per legiferare e la com‐ rapina), tratta di esseri umani, traffico di<br />

sugli stranieri sono tra i punti forti del posizione partitica del governo non potrà stupefacenti e fruizione abusiva di pre‐<br />

programma assieme alla lotta alla pres‐ cambiare così facilmente.<br />

stazioni statali. L’autorità disporrebbe il<br />

sione fiscale e ad ogni genere di abuso Secondo i politologi la ragione del suc‐ divieto dʹentrata per 5‐15 anni (fino a 20<br />

sanitario e sociale, alla sicurezza e alla cesso dell’UDC va attribuita all’aggressi‐ in caso di recidiva).<br />

previdenza.<br />

va, personalizzata (e ampiamente finan‐ Gli stranieri sono e continuerebbero ad<br />

La stampa internazionale ha formulato ziata) campagna elettorale. Ma un dato essere un’importante sostegno alla ma‐<br />

forti critiche per i toni xenofobi e populi‐ importante è l’affluenza alle urne: in Eu‐ nodopera. Complessivamente costitui‐<br />

sti della campagna elettorale e gli stessi ropa le elezioni legislative o presidenziali scono circa il 20% della popolazione. Gli<br />

svizzeri emigrati (quinta Svizzera) hanno attirano alle urne dal 50 al 90% degli elet‐ italiani restano la nazionalità più rappre‐<br />

accolto con una certa delusione la vittoria tori. In Svizzera si è registrato un tasso di sentata (19,1%), seguono serbi, portoghe‐<br />

della destra nazional‐conservatrice, pre‐ partecipazione del 46%, facendo risultare si e turchi.<br />

monitrice di un allontanamento ancora<br />

più accentuato dall’UE e dal suo impor‐<br />

tante mercato.<br />

queste elezioni poco rappresentative.<br />

Inoltre i giovani disertano più spesso le<br />

urne e le persone con un livello di forma‐<br />

I risultati delle elezioni dimostrano in<br />

ogni caso che il popolo elvetico ha dimo‐<br />

strato di preferire un governo orientato<br />

Nonostante ciò il risultato delle elezioni zione basso votano meno.<br />

in una precisa direzione piuttosto che<br />

forse non avrà ripercussioni sul sistema Queste disparità lasciano intravedere una groβe Koalition. <strong>Il</strong> maggior desiderio<br />

politico, anche se lascerà comunque il una democrazia dominata dalle classi di sicurezza è stato quindi un’ottima<br />

segno. Gli equilibri spostatisi troppo net‐ sociali medio‐alte.<br />

carta da giocare.


AFRICA<br />

Mozambico,<br />

l’ennesima tragedia<br />

<strong>Il</strong> Rapporto dell’Unicef scrive che quasi<br />

quattro milioni di neonati non sopravvivono<br />

al loro primo mese di vita<br />

di Marzia Lazzari<br />

“Quasi quattro milioni di neonati non<br />

sopravvivono al loro primo mese di vita.<br />

Un bambino su sei soffre la fame, uno su<br />

sette non riceve alcuna cura sanitaria.”<br />

Queste parole presenti nel rapporto del‐<br />

l’UNICEF del 2006 sul Mozambico, po‐<br />

trebbero trattare la storia di un qualsiasi<br />

altro Paese africano. Argomenti già trat‐<br />

tati. Troppe volte. Troppo perché la<br />

quantità dei fatti è sproporzionata rispet‐<br />

to alla quantità di parole spese.<br />

<strong>Il</strong> Mozambico è diventato indipendente<br />

nel 1975, dopo quasi cinque secoli di<br />

colonizzazione portoghese e, all’indipen‐<br />

denza, era uno dei Paesi più poveri dell’‐<br />

Africa. Questa, infatti, fu la conseguenza<br />

della fuga dei coloni portoghesi che la‐<br />

sciarono il Mozambico in crisi economica<br />

e in totale mancanza di manodopera qua‐<br />

lificata. La situazione del Paese peggiorò<br />

con lo scoppio della guerra civile tra il<br />

FRELIMO (Fronte di Liberazione del<br />

Mozambico), costituitosi nel 1962 come<br />

unione dei movimenti indipendentisti e<br />

ora al governo, e la RENAMO<br />

(Resistenza Nazionale del Mozambico),<br />

un esercito di liberazione anti‐comunista.<br />

Questo non fu altro che un riflesso della<br />

guerra fredda, che vedeva schierati da un<br />

lato il movimento indipendentista al<br />

governo, di matrice marxista leninista,<br />

finanziato e sostenuto dall’Unione Sovie‐<br />

tica e da Cuba e dall’altro la RENAMO,<br />

creata dalla Rhodesia e del Sudafrica, con<br />

l’appoggio degli Stati Uniti. Nel 1992,<br />

con la fine della guerra fredda e del regi‐<br />

me sudafricano dell’apertheid, venne<br />

firmato un accordo di pace tra le due<br />

fazioni, sotto l’egida delle Nazioni Unite<br />

e nel 1994 si svolsero le prime elezioni<br />

libere che segnarono una vittoria per il<br />

FRELIMO.<br />

Nonostante il miglioramento della situa‐<br />

zione economica seguito alla pace e alle<br />

riforme economiche intraprese dal nuovo<br />

stato multipartitico, la maggioranza della<br />

popolazione rimane al di sotto della so‐<br />

glia di povertà e il paese è fortemente<br />

indebitato con lʹestero.<br />

Tra le sfide più importanti cui deve far<br />

fronte il Mozambico vi sono l’insicurezza<br />

alimentare e la vulnerabilità del paese<br />

alle avverse condizioni climatiche che<br />

aggravano la già forte la povertà diffusa<br />

(2 bambini su 5 soffrono di malnutrizio‐<br />

ne e il 38% della popolazione vive con<br />

meno di 1$ al giorno) e la grave diffusio‐<br />

ne dellʹHIV/AIDS che colpisce il 12%<br />

delle persone tra i 15 e i 49 anni e che<br />

ogni giorno determina 500 nuovi contagi.<br />

La situazione dell’infanzia e dei giovani<br />

in Mozambico, rimane l’aspetto più<br />

drammatico.<br />

Molti bambini sono orfani, vittime della<br />

povertà e della disgregazione sociale<br />

causata dalla guerra. I ragazzi più grandi<br />

hanno subito direttamente gli orrori della<br />

guerra: alcuni sono stati torturati, altri<br />

sono stati costretti a compiere dei massa‐<br />

cri nei loro stessi villaggi d’origine, altri<br />

ancora sono stati mutilati dalle mine.<br />

Questi bambini e giovani vivono nelle<br />

periferie di città, per strada o nelle disca‐<br />

riche, perché non c’è <strong>lavoro</strong>. Le donne,<br />

invece, vanno ogni giorno alla ricerca di<br />

pietre da poter vendere e sono spesso<br />

vittime delle frane.<br />

Le discariche non sono altro che colline<br />

di rifiuti maleodoranti, una distesa a<br />

perdita d’occhio di immondizia fumante.<br />

E lì, in mezzo, bambini soli che cercano<br />

qualcosa da indossare o da mangiare. In<br />

questo strano supermercato è tutto buo‐<br />

no da mangiare. I<br />

ragazzini corrono<br />

ogni volta che arriva‐<br />

no i camion e, se<br />

sono fortunati, pos‐<br />

sono trovare avanzi<br />

di scatolette o pane<br />

duro lasciati dagli<br />

occidentali nei gran‐<br />

di ristoranti o negli<br />

hotel turistici. <strong>Il</strong> loro<br />

unico concorrente<br />

sono gli avvoltoi.<br />

La vita in discarica è<br />

una lotta all’ultimo<br />

sangue tra i più pic‐<br />

coli, anche se poi<br />

sono spesso i più<br />

grandi a usufruire<br />

delle trovate fatte dai<br />

bambini.<br />

Tutti i ragazzi che<br />

vivono in discarica<br />

lottano ogni giorno<br />

per accaparrarsi un<br />

po’ di rame, ferro,<br />

alluminio, carta o<br />

plastica: con la ven‐<br />

dita di questi mate‐<br />

riali di scarto riesco‐<br />

no a pagarsi una<br />

manciata di riso. E<br />

quando il raccolto in<br />

giornata è proficuo,<br />

si lavano, indossano i<br />

vestiti della festa<br />

trovati in discarica e vanno a ballare. Un<br />

lusso che ai ragazzi di strada non è per‐<br />

messo. Ai ragazzi della discarica, infatti,<br />

non piace essere chiamati ragazzi di stra‐<br />

da; dicono che loro non si lavano, che<br />

non hanno dignità. In queste discariche e<br />

nelle distese di case di paglia e lamiera<br />

che le affiancano, il governo e la polizia<br />

non esistono. I furti sono spesso vendica‐<br />

ti con una condanna a morte da parte dei<br />

capi villaggio, senza possibilità d’appello<br />

in un processo. Quello che conta è appli‐<br />

care la loro giustizia e dare un esempio a<br />

tutto il villaggio.<br />

<strong>Il</strong> sogno dei ragazzi delle discariche è<br />

solo uno: lavorare per costruire una casa<br />

dove vivere. Davanti a questo piccolo<br />

desiderio, le parole spese non sono mai<br />

troppe.


di Mirko Annunziata<br />

Negli ultimi giorni di Ottobre, in Ciad,<br />

paese confinante ad ovest col Darfur<br />

dove molti rifugiati vivono in condizio‐<br />

ni terrificanti pur di scampare alla puli‐<br />

zia etnica in atto nella regione sudanese,<br />

vengono fermate nove persone di nazio‐<br />

nalità francese e spagnola, appartenenti<br />

ad una associazione di volontariato<br />

chiamata “Arche de Zoè”, dedita all’as‐<br />

sistenza di piccoli profughi orfani in<br />

vista di adozioni verso famiglie francesi.<br />

Secondo le autorità del paese africano,<br />

l’associazione non aveva alcuna inten‐<br />

zione di rispettare le norme sulle ado‐<br />

zioni internazionali, inoltre pare che i<br />

103 bambini coinvolti non fossero né<br />

tutti originari del Darfur, né tantomeno<br />

tutti orfani. L’operazione tentata dagli<br />

pseudo‐volontari era un vero e proprio<br />

rapimento mascherato da azione umani‐<br />

taria in vista di adozioni di tipo illegale,<br />

senza che i genitori dei bambini non<br />

orfani sapessero nulla sulla sorte dei<br />

loro figli.<br />

Denunciati anche dall’Alto Commissa‐<br />

riato Onu per i Rifugiati e dallo stesso<br />

ministro degli esteri francese, i sospetti<br />

furono incarcerati. La vicenda sembrava<br />

quindi conclusa, ma il ministro degli<br />

esteri Ciadiano, colse l’occasione per<br />

lanciare parole di fuoco verso le Ong<br />

europee e francesi in particolare, accu‐<br />

sandole di agire per conto dei rispettivi<br />

governi in nome di un rinnovato e più<br />

subdolo colonialismo o addirittura per<br />

traffici criminali.<br />

Fu così che buona parte dei mass media,<br />

si chiesero se questo deterioramento<br />

nelle relazioni tra Francia e Ciad, avreb‐<br />

be reso più difficile il percorso che do‐<br />

vrebbe portare il Darfur a non essere<br />

più teatro di una feroce pulizia etnica.<br />

Attualmente però, esistono ostacoli di<br />

natura ben più grave che impediscono il<br />

cammino di pacificazione della regione.<br />

<strong>Il</strong> mese di Ottobre, coincide col termine<br />

ultimo dell’insediamento del personale<br />

della missione UNAMID, ossia la mis‐<br />

sione militare Onu, nata con la risolu‐<br />

zione 729 sulla crisi umanitaria in Dar‐<br />

fur, incaricata di impedire nuovi massa‐<br />

cri, ristabilendo i fondamentali per ri‐<br />

condurre la zona sulla via della normali‐<br />

tà. Tutto ciò però ancora non è avvenuto<br />

ed il personale UNAMID, sta trovando<br />

parecchie difficoltà ad insediarsi in<br />

pianta stabile. Ciò, è riconducibile a tre<br />

grossi motivi.<br />

Per primo, il governo sudanese a Khar‐<br />

toum, continua a conservare un atteg‐<br />

giamento ambiguo nei confronti delle<br />

milizie di etnia araba che devastano il<br />

Darfur, responsabili del genocidio in<br />

QUESTIONE AFRICANA<br />

Lo scacchiere tipo<br />

del terzo millennio<br />

Sudan e Ciad giocano alla guerra mentre i caschi<br />

blu sono in difficoltà. Dietro le quinte, una Cina<br />

che manovra i poveri. In mezzo il Darfur<br />

atto verso le popolazioni di etnia africa‐<br />

na .<br />

In secondo luogo, il Ciad si trova dalla<br />

fine del 2005 in stato di guerra verso lo<br />

stesso Sudan, considerando che l’UNA‐<br />

MID ha assolutamente bisogno del pie‐<br />

no appoggio del paese sia per le azioni<br />

nel Darfur che per quelle sui confini in<br />

cui si trovano i campi profughi bersa‐<br />

glio della pulizia etnica, l’atteggiamento<br />

del governo nei confronti del vicino<br />

Sudanese porta inevitabilmente ad ulte‐<br />

riori difficoltà che si sommano a quelle<br />

che già gravano sulla missione interna‐<br />

zionale.<br />

Per ultimo, l’atteggiamento amico da<br />

parte del governo cinese verso Khar‐<br />

toum, il quale spera di ottenere una cer‐<br />

ta influenza nella regione ricca di giaci‐<br />

menti di petrolio, consente al governo<br />

Sudanese di continuare a fare orecchie<br />

da mercante rispetto delle disposizioni<br />

Onu.<br />

Tirando le somme: sono presenti tutti gli<br />

ingredienti per il futuro scoppio di un<br />

caso internazionale, ovviamente a rimet‐<br />

terci saranno i darfuriani, che si ritrova‐<br />

no loro malgrado su uno scacchiere di‐<br />

plomatico colorato col loro sangue.


OLTRE LA BIRMANIA<br />

di Michele Capaccioli<br />

Come avvenuto nei casi del Darfur e di Ti‐<br />

mor Est, sembra che la comunità internazio‐<br />

nale non abbia mezzi concreti per intervenire<br />

in maniera efficace dove avvengono delle<br />

sistematiche violazioni dei diritti umani.<br />

Inoltre, esistono molti dubbi sul fatto che le<br />

sanzioni economiche poste al regime militare<br />

di Myanmar abbiano un loro effetto; potreb‐<br />

bero provare la posizione stessa dei governan‐<br />

ti, ma nello stesso tempo rendere ancora più<br />

povera ed affamata la popolazione civile. Ecco<br />

perchè tali sanzioni dovrebbero mirare oltre<br />

che ai “patrimoni” dei dittatori militari al<br />

potere in Birmania, anche a scoraggiare chi<br />

commercia con tale “amministrazione” e<br />

invece incoraggiare i paesi ad ospitare il po‐<br />

polo birmano grazie a degli “incentivi”. Non<br />

sembra nemmeno che la teoria della<br />

“primazia dei diritti umani”, fondamenta di<br />

qualsiasi tribunale internazionale per sanzio‐<br />

nare gli stati rei di crimini contro l’umanità e<br />

che pone l’eccezione umanitaria nelle relazio‐<br />

ni internazionali giustificando anche l’inter‐<br />

ferenza negli affari interni<br />

di uno stato in cui siano<br />

violati palesemente i diritti<br />

umani delle persone, possa<br />

prevalere in questo caso di<br />

fronte a ragioni di caratte‐<br />

re economico. Da 10 anni<br />

il regime militare birmano,<br />

con la complicità ed il<br />

sostegno della Cina, oppri‐<br />

me il proprio popolo, ba‐<br />

sando gran parte del suo<br />

potere e del suo bilancio<br />

sul narcotraffico, l’esporta‐<br />

zione di gas naturale, di<br />

legname e di rubini. Di<br />

questi interessi economici<br />

sono vittime Aung San Suu Kyi, giornalisti<br />

come Ulwin Tin, attori come Zaganar, l’atti‐<br />

vista per i diritti civili Wing Nain, i monaci<br />

buddisti e molte minoranze come quella del<br />

popolo Karen che come ha ricordato il segre‐<br />

tario della Fiamma Tricolore Luca Romagnoli<br />

in un suo intervento a Strasburgo “da decen‐<br />

ni rifiuta di omologarsi a un sistema che<br />

impone la sussistenza attraverso la prostitu‐<br />

zione minorile e la coltivazione della droga”.<br />

Quanto sopraindicato dovrebbe favorire una<br />

forte pressione internazionale volta a costrin‐<br />

gere India, Russia, e ancor di più la Cina (in<br />

previsione dei Giochi Olimpici di Pechino) ad<br />

abbandonare il sostegno alla giunta militare<br />

birmana.<br />

La Cina, soprattutto, dovrebbe abbandonare<br />

questa politica di “protezione” del regime<br />

militare birmano, anche perché al suo interno<br />

pende la questione del Tibet, una sorta di<br />

repressione religiosa che ha molte relazioni<br />

con quella birmana e non è un caso che i<br />

profughi tibetani abbiano fatto sentire il loro<br />

sostegno ai “colleghi” buddisti.<br />

Le soluzioni a questo caso sono controverse:<br />

Globalizzazione dei diritti<br />

umani o dell’economia?<br />

<strong>Il</strong> caso della Birmania dimostra che la Comunità<br />

Internazionale non ha i mezzi per intervenire<br />

1) “Responsability to protect”, è una risolu‐<br />

zione adottata al vertice di New York del<br />

2005 dall’Assemblea delle Nazioni Unite,<br />

attraverso la quale i governanti devono pro‐<br />

teggere il popolo da loro amministrato senza<br />

ricorrere a mezzi violenti o pratiche di geno‐<br />

cidio. Una strada che non darebbe però la<br />

possibilità di un intervento umanitario me‐<br />

diante l’uso della forza perché tale intervento<br />

dovrebbe essere autorizzato dal Consiglio di<br />

Sicurezza. Soluzione che attualmente è politi‐<br />

camente impossibile dato il veto posto da<br />

Cina e Russia, il voto contrario del Sud Afri‐<br />

ca e l’astensione del Congo, dell’Indonesia e<br />

del Qatar ad una risoluzione proposta dagli<br />

USA e da altri paesi occidentali in seno al<br />

Security Council.<br />

2) Anche l’Assemblea Generale non rappre‐<br />

senterebbe una via d’uscita. Da una parte<br />

l’organo assembleare delle NU, ha già espres‐<br />

so il proprio parere in materia, ma non può<br />

emanare né sanzioni vincolanti, né racco‐<br />

mandazioni non avendone la competenza.<br />

3) La politica del regime militare è rimasta<br />

sostanzialmente la stessa, anche dopo la visi‐<br />

ta dell’inviato ONU nel Paese. Sarebbe consi‐<br />

gliabile, quindi, che sia il Consiglio dei Dirit‐<br />

ti Umani, del quale l’Italia fa parte, a riunirsi<br />

straordinariamente, come già avvenuto nei<br />

casi dell’intervento di Israele nel Libano e del<br />

Sudan, condannando il comportamento del<br />

regime militare birmano e istituendo una<br />

Commissione d’inchiesta da mandare in Bir‐<br />

mania per far rapporto sulla situazione.<br />

Se i governanti militari hanno perpetrato dei<br />

crimini internazionali, potrebbero essere<br />

sottoposti alla giurisdizione della Corte Pena‐<br />

le Internazionale. Purtroppo, sembra che la<br />

Birmania non abbia ratificato lo statuto della<br />

Corte, la quale non potrebbe essere nemmeno<br />

attivata dal Consiglio di Sicurezza per il veto<br />

prevedibile della Cina. Ecco perchè sarebbe<br />

necessario un cambiamento di regime attra‐<br />

verso l’intelligence e un processo contro i<br />

militari della Birmania tramite un Tribunale<br />

internazionale ad hoc come già accaduto in<br />

diversi casi.<br />

4) La Birmania ha violato la Convenzione sul<br />

genocidio del 1948? Se effettivamente sono<br />

avvenute delle repressioni nei confronti di<br />

gruppi etnici, l’attuale Birmania potrebbe<br />

essere chiamata d’innanzi alla Corte Interna‐<br />

zionale di Giustizia<br />

5) Cosa potrebbe fare<br />

l’UE? Innanzitutto porre<br />

delle sanzioni a tutte quel‐<br />

le imprese, nazionali e/o<br />

internazionali, che hanno<br />

rapporti economici con la<br />

Birmania, come ad esem‐<br />

pio alcune aziende india‐<br />

ne, che svolgono la loro<br />

attività nei paesi occiden‐<br />

tali, imprese che con l’at‐<br />

tuale regime birmano<br />

contrattano l’esportazione<br />

di gas naturale, di legna‐<br />

me, di rubini.<br />

Si tratterebbe di togliere<br />

una sorta di “privilegio”<br />

nel commerciare con l’UE. Alcuni paesi po‐<br />

trebbero essere contrari e scettici sulla politi‐<br />

ca dell’UE nel vincolare l’esistenza di un<br />

trattato o accordo commerciale al rispetto dei<br />

diritti umani. A mio avviso, questo atteggia‐<br />

mento sarebbe una controprova per assicu‐<br />

rarsi che quel determinato stato abbia o meno<br />

a cuore la questione e che non privilegi l’eco‐<br />

nomia agli stessi diritti umani.<br />

Le atrocità e il terrorismo non sono mai state<br />

armi politiche e a coloro che ne fanno uso il<br />

policy‐making della comunità internazionale<br />

dovrebbe impedire di usare quegli escamota‐<br />

ges legali e delle alleanze politiche affinché ciò<br />

non avvenga. Altrimenti, a mio avviso, si<br />

rischia di “normalizzare” le cause concate‐<br />

nanti che portano a crimini contro l’umanità,<br />

preferendo la politica di potenza e di sopraffa‐<br />

zione a ciò che prescrive la legge e alle conse‐<br />

guenze di un atto discriminatorio che qual‐<br />

siasi soggetto internazionale può compiere.<br />

Infatti, in un mondo globalizzato, il punto<br />

non dovrebbe essere quanto si guadagna, ma<br />

come si guadagna.


Shanghai, una<br />

città variopinta<br />

Viaggio in una delle più grandi metropoli<br />

mondiali all’insegna della globalizzazione,<br />

della tradizione e di una nuova Cina<br />

dalla nostra inviata Laura Tavecchio<br />

SHANGHAI ‐ Dopo 14 ore di volo,<br />

scandite da otto proiezioni del film “I<br />

pirati dei Caraibi”, sono sbarcata a<br />

Shanghai, eccomi in Cina! In attesa dei<br />

bagagli mi guardo intorno, non noto<br />

nulla di diverso rispetto ad un aeropor‐<br />

to occidentale se non i cartelloni pub‐<br />

blicitari che ritraggono bellissimi visi<br />

orientali e dei piccoli ideogrammi in‐<br />

comprensibili. Non c’è nulla di diverso<br />

neanche nelle urla delle ragazzine che<br />

scalpitanti attendendo il loro cantante<br />

preferito.<br />

Questa sensazione d’omogeneità, di<br />

globalizzazione, mi accompagna anche<br />

quando, con un modernissimo autobus<br />

ci avviamo verso l’autostrada che ci<br />

porterà a destinazione, a Suzhou.<br />

Sulla strada si fanno spazio palazzi,<br />

cartelloni pubblicitari, enormi caseggia‐<br />

ti moderni, e quando incomincia a cala‐<br />

re la sera ecco che tutti questi edifici<br />

s’illuminano di luci iridescenti, azzurre,<br />

gialle rosse, alcune statiche e altre dina‐<br />

miche. Lungo le pareti di un immenso<br />

edificio circolare una scritta in movi‐<br />

mento recita “Welcome to China”.<br />

Mi sembra di essermi persa in un albe‐<br />

ro di natale addobbato a festa, tutto<br />

s’illumina tutto si muove e tutto urla :<br />

“moderna, grande, ricca”.<br />

L’urlo della modernità però incomin‐<br />

cia a calare man mano che ci allontania‐<br />

mo dal centro industriale. Al di là del<br />

Fiume Azzurro che attraversa la città,<br />

ci appare inaspettatamente un mondo<br />

diverso, un mondo parallelo. Tutto si<br />

rimpicciolisce, le case incominciano a<br />

diventare semplici edifici a pochi piani,<br />

le luci sono smorzate e il rumoroso<br />

caos metropolitano si trasforma nel<br />

silenzioso rombo degli innumerevoli<br />

scooter elettrici che viaggiano senza<br />

alcun ritegno di pedoni, biciclette e<br />

risciò.<br />

Eppure sono trascorsi pochi minuti,<br />

eppure se mi volto posso ancora vedere<br />

in lontananza gli edifici kitsch del cen‐<br />

VIAGGI<br />

tro della città, eppure, eppure la Cina è<br />

questa, è contraddizione.<br />

Tutto il mio viaggio in Cina, nella re‐<br />

gione di Jiangsu, è stato all’insegna<br />

delle contraddizioni. Tra il moderno e<br />

l’antico, tra volontà di esser parte di un<br />

mondo globalizzato e la nostalgia di<br />

un’epoca passata che viene rivissuta<br />

dal perpetuarsi delle tradizioni, l’appa‐<br />

rente contagia il reale.<br />

Dietro ad ogni ponte, ogni angolo si<br />

nascondono ambienti particolari fatti di<br />

speziali, di mercati di carni e di bische<br />

clandestine. Dove il fiume che scorre ai<br />

loro piedi è ancora la prima fonte di<br />

sopravivenza e dove le pagode ospita‐<br />

no fermate degli autobus e non più<br />

statue di buddha sorridenti.<br />

Queste contraddizioni surreali sono<br />

però collegate da un filo conduttore: la<br />

curiosità. La curiosità del diverso, dell’‐<br />

occidentale, una curiosità che proietta,<br />

che si esprime attraverso enormi sorrisi<br />

regalati dai bambini o attraverso i ten‐<br />

tativi di comunicare in lingue differen‐<br />

ti.<br />

La bellezza della Cina è proprio la gen‐<br />

te, le persone che stanno prendendo<br />

consapevolezza del mondo esterno. Un<br />

mondo che per troppo tempo le è stato<br />

nascosto o mitizzato da una muraglia<br />

dogmatica, fatta di vecchi idealismi<br />

ormai re‐interpretati.<br />

Una muraglia che purtroppo ingombra<br />

ancora, ma che sta crollando sotto il<br />

peso delle crepe nate dalla consapevo‐<br />

lezza delle persone di voler essere i<br />

protagonisti del proprio paese


ITALIANS<br />

Restriction to Citizenship and Politics<br />

Just to have a better picture of the situation: of the<br />

760,000 cases of citizenship under consideration in<br />

Italy, 500,000 are Brazilians.<br />

di Nadia Petean<br />

BRASILE ‐ The principle of granting Italian<br />

citizenship has been applied since the begin‐<br />

ning of the current Italian State, explicitly<br />

mentioned in the Statute Albertino signed by<br />

Carlo Alberto Savoia, on the 4 th of March<br />

1848, included in the first Italian Civil Code<br />

of 1865, reedited by Law n. 555 on from the<br />

13 th of June 1912 and confirmed by the cur‐<br />

rent law n. 91 on the 5 th of February 1992,<br />

which is currently in debate for changes in<br />

the Parliament. Moreover, the Italian Consti‐<br />

tution in 1948 prohibits the deprivation of<br />

citizenship for political reasons: ʺArt. 22. Nes‐<br />

suno può essere privato, per motivi politici,<br />

della capacità giuridica, della cittadinanza,<br />

del nome.ʺ Well, the obvious reasons of anti‐<br />

immigration policies that motivate the omis‐<br />

sion and even the suspension of accepting<br />

new applications for the recognition of citi‐<br />

zenship, fit perfectly for being politically mo‐<br />

tivated.<br />

The current government wants to restrict the<br />

granting of citizenship only to children and<br />

grandchildren, the project has been under<br />

discussion in the Parliament since last elec‐<br />

tions. The two things are connected intrinsi‐<br />

cally, at a time when Italians resident abroad<br />

obtained the right to vote and they had con‐<br />

siderably increased their ʺspecific gravityʺ,<br />

from that political and institutional exercise<br />

they let 18 parliamentarians to participate in<br />

the decisions that concern on those subjects<br />

which also relate to all Italian public life. For<br />

the first time, 12 deputies and six senators of<br />

the Italian Parliament have be chosen by the<br />

four million Italians living abroad, 890000 of<br />

whom are in South America.<br />

The so‐called ʺlobbyʺ of Italians from the<br />

outside gives uncertain future trends in Par‐<br />

liament. The law on citizenship, in fact, make<br />

it clear that the vast source of voters will con‐<br />

tinue growing in South America (especially<br />

Brazil), which focuses the largest amount of<br />

Italo‐descendants of the world, and even<br />

though they can vote for any candidate from<br />

South America, it is more likely they will<br />

vote for politicians residents in their country.<br />

At the same time, as they increased their<br />

rights, millions of Italians abroad have be‐<br />

come subject to assets and liabilities for this<br />

exercise of citizenship and more prone to<br />

vote only according to their own local inter‐<br />

est and politicians use the citizenship speech<br />

as an easy bay to catch electors. Moreover<br />

Italy has one of the most flexible rules for<br />

citizenship in the European Union.<br />

The citizenship is extended to all descendants<br />

of Italians from the paternal line. So these are<br />

either children, grandchildren or have even<br />

more distant kinship. Who displays Italian<br />

ancestry by maternal side can also get the<br />

citizenship however, in this case, the preroga‐<br />

tive is restricted to those born after 1948,<br />

when the laws of that country made women<br />

equal to men in rights.<br />

The request for restriction responds also to<br />

the European Union, which presses for<br />

changes in Italy and that happens because<br />

most bloc countries limited the granting of<br />

citizenship to children and grandchildren<br />

and requires other ties to grant the right. This<br />

is the case of France, which affects the knowl‐<br />

edge of their language and their culture.<br />

Now the grandchildren of Spaniards need to<br />

live at least one year in that country to obtain<br />

citizenship.<br />

On the other hand the Italian legislation, for<br />

being more flexible, has created advantages<br />

for their descendants in relation to their<br />

neighbors. Today, a great‐grandchild of Ital‐<br />

ians may obtain the European citizenship and<br />

work legally in Spain, for example, whereas<br />

Spanish great‐grandchildren under the Span‐<br />

ish law cannot.<br />

Curiously these changes will modernize<br />

other aspects of the legislation in this sector.<br />

It states that children of foreigners born in<br />

Italy automatically acquire the right to be<br />

Italian ‐ today, they can only request it from<br />

the age of 18 years and must have lived in the<br />

country for at least a decade. It also estab‐<br />

lishes a mechanism to regularize the situation<br />

of immigrants.<br />

For the current legislation, only those who<br />

live more than ten years in the country can<br />

request citizenship, the period should fall to<br />

five years. Just to have a better picture of the<br />

situation: of the 760,000 cases of citizenship<br />

under consideration in Italy, 500,000 are Bra‐<br />

zilians. The demand has caused an overload<br />

of work in consulates. And it will take over<br />

25 years for all requests made in Brazil to be<br />

examined.<br />

These leaves debating material to the “ius<br />

sanguinis” descendants who are queuing up<br />

in Consulates in South America for years and<br />

years to be granted citizenship. Italian de‐<br />

scendants may not consider fair these restric‐<br />

tions when in the first place they are not actu‐<br />

ally given the conditions to obtain their citi‐<br />

zenship.<br />

(con la collaborazione di Dario Luciano Merlo)<br />

di Leonard Berberi<br />

S<br />

arò pure un tele‐<br />

romantico, ma otto anni<br />

di assenza dal video si<br />

fanno sentire. Nell’estate del<br />

1999, infatti, veniva trasmessa<br />

la trentesima ‐ ed ultima ‐ edi‐<br />

zione dei “Giochi senza Fron‐<br />

tiere”.<br />

C’è ancora qualcuno che si<br />

ricorda i giochi, il colore bian‐<br />

co abbinato al Belpaese e so‐<br />

prattutto quella sigla iniziale<br />

con gli esseri animati al com‐<br />

puter che lanciano verso la<br />

scritta “JSF” il tipico cappello<br />

del giullare?<br />

“Giochi senza frontiere” era<br />

questo e molto altro. Quanti<br />

fine settimana passati davanti<br />

alla tv, quante speranze ripo‐<br />

ste sul paesello italiano affin‐<br />

ché potesse vincere qualche<br />

puntata oppure qualche gioco.<br />

“Giochi senza Frontiere” era ‐<br />

soprattutto ‐ un viaggio verso<br />

i luoghi (molto spesso sperdu‐<br />

ti) di una Europa che si stava<br />

ancora costruendo e che di lì a<br />

poco avremmo potuto visitare<br />

senza frontiere. Come i giochi<br />

appunto.<br />

Non devono essere pochi i<br />

nostalgici di questo format se<br />

c’è addirittura qualcuno che vi<br />

ha dedicato un sito e se la re‐<br />

plica delle puntate sulla tv<br />

francese hanno fatto, qualche<br />

tempo fa, il record d’ascolti.<br />

Ecco perché il consorzio EBU‐<br />

UER (ovvero l’Eurovisione)<br />

aveva quasi tutto pronto per<br />

la ripresa dei “Giochi” l’estate<br />

che è appena trascorsa. Ma è<br />

venuto meno l’accordo e quel‐<br />

la piccolissima speranza è<br />

svanita.<br />

O meglio, resiste ancora un<br />

altro anno. La società ‐ infatti ‐<br />

ha annunciato che la trentune‐<br />

sima edizione riprenderà l’e‐<br />

state prossima.<br />

In attesa del ritorno, spegnia‐<br />

mo questa tv che ha perso<br />

qualsiasi contatto con la real‐<br />

tà.


DUE ANNI DI “ACIDO POLITICO”<br />

Senza Musa<br />

di Giuliana Catalano<br />

Canto la generazione chimica<br />

I vati della cacofonia<br />

Che nell’ottundimento<br />

scavano disperatamente,<br />

tutte le unghie rotte,<br />

alla ricerca di un’identità.<br />

Che sotto la luce stroboscopica<br />

si scrutano con dovizia, androidi tristi.<br />

Che al sole non vedono nulla<br />

e piegano mollemente il capo.<br />

Che preferiscono delegare a una macchina<br />

(piuttosto che a una Musa sfatta)<br />

il disturbo di programmare<br />

le loro litanie sintetiche:<br />

del resto oggi a Melpomene<br />

toccano le marchette in bagno<br />

per rimediare una mezza dose<br />

di umanità.<br />

NEXT GENERATION<br />

di KOYAANISQATSI<br />

NOTA DI REDAZIONE Per la prima volta dopo diciotto uscite mensili puntuali, <strong>Acido</strong> <strong>Politico</strong> è costretto<br />

ad incorporare i numeri di Novembre e Dicembre. Questo fatto si deve unicamente al ritardo con cui sono<br />

stati approvati i finanziamenti alle attività culturali dell’Ateneo, unica fonte di sostentamento di questa<br />

pubblicazione. In merito alle ragioni di tale slittamento, che potete trovare sulla casella di posta elettronica<br />

di ateneo, la direzione di questo mensile si dichiara favorevole a qualsiasi iniziativa volta ad una maggiore<br />

trasparenza nell’assegnazione dei fondi ma sempre a condizione che queste sappiano sempre garantire<br />

l’indipendenza di progetti esterni a qualsiasi appartenenza di lista.


PENSIERI & PAROLE<br />

Oltre la Democrazia<br />

N<br />

ella prima parte di questo<br />

articolo, pubblicata il mese<br />

scorso, ho sostenuto la neces‐<br />

sità di spostare il dibattito politico<br />

sulle possibili soluzioni alternative<br />

all’attuale modello di democrazia rap‐<br />

presentativa. Parto dunque dall’ele‐<br />

mento basilare: il voto. Teoricamente<br />

dovrebbe garantire la massimizzazio‐<br />

ne dell’utilità collettiva in quanto libe‐<br />

ra espressione, razionale, di ogni citta‐<br />

dino. <strong>Il</strong> vero problema nasce proprio<br />

da qui: nella scelta di voto influiscono<br />

svariati elementi mentre l’informazio‐<br />

ne e la razionalità sono soltanto mar‐<br />

ginali.<br />

Quando ci si presenta alle urne si de‐<br />

cide in base all’ideologia, ai simboli,<br />

alle caratteristiche del singolo leader,<br />

ci si affida alla socializzazione familia‐<br />

re, scolastica, del gruppo dei pari ecc.<br />

L’ignoranza che precede il momento<br />

elettorale viene definita razionale ed<br />

in effetti stando così le cose lo è, per<br />

trasformarla in ignoranza irrazionale<br />

bisogna abbattere il principio per cui<br />

una testa vale un voto. Quando entria‐<br />

mo in un negozio la qualità della no‐<br />

stra scelta è direttamente proporzio‐<br />

nale al nostro bagaglio di conoscenze,<br />

ma quando votiamo il nostro voto<br />

vale uno come quello di tutti gli altri<br />

cittadini, con la differenza sostanziale<br />

che in quest’ultimo caso le conseguen‐<br />

ze ricadono sull’intera società. Pur‐<br />

troppo proprio su ciò si radicano il<br />

populismo, l’eccessività e la volgarità<br />

delle campagne elettorali e la sterilità<br />

del dibattito politico, nonché del mo‐<br />

do ormai consueto di fare opposizio‐<br />

ne. Da un lato avere garantito lo stesso<br />

peso elettorale è una forma di ugua‐<br />

glianza, dall’altro si va incontro alle<br />

controindicazioni suddette; le orga‐<br />

nizzazioni che raccolgono il consenso<br />

dei cittadini inoltre sono poco incenti‐<br />

vate a badare alla sostanza della loro<br />

azione.<br />

Credo che nei paesi occidentali le in‐<br />

formazioni siano fruibili ormai da<br />

tutti a costi bassissimi, occorre perciò<br />

I fatti d’attualità commentati dai ragazzi<br />

di Gabriele Giovannini<br />

creare un sistema (test informatico) in<br />

grado di misurare subito prima del<br />

momento del voto le effettive cono‐<br />

scenze dell’elettore e di attribuirgli un<br />

punteggio relativamente ad ogni grup‐<br />

po di politiche (giustizia, esteri, econo‐<br />

mia ecc).<br />

Così facendo si evita che ogni cittadino<br />

debba necessariamente essere ben<br />

(male?) informato su ogni questione e<br />

si dà valore alle competenze specifiche.<br />

Ciò però presuppone un sistema di<br />

voto e di organizzazione politica del<br />

tutto diverso dall’attuale: non si deve<br />

più andare a sbarrare il simbolo di un<br />

partito, ma si devono votare ministero<br />

per ministero singoli candidati e pro‐<br />

grammi ben precisi.<br />

Ogni cittadino ha quindi la possibilità<br />

di candidarsi ad un ministero presen‐<br />

tando una lista di candidati in parla‐<br />

mento. Ciò non significa per forza far<br />

perire i partiti perché se un partito si<br />

unisce attorno a diversi candidati ai<br />

vari ministeri può svolgere comunque<br />

una funzione importante, ma perché<br />

www.acidopolitico.com<br />

di Marco Bruna<br />

Ecco nellʹafa del<br />

giorno alcuni sguardi<br />

ricordano ieri.<br />

Forse visione tu mi<br />

inganni mentre nel giro<br />

di un molle sguardo<br />

lʹamore fugge dimenticato...<br />

Oggi rimango solo,<br />

e perduto mʹaccorgo<br />

dʹogni dolcezza lo svanire.<br />

ciò avvenga è necessaria la massima<br />

coesione su ogni punto dei program‐<br />

mi presentati per i vari ministeri. Un<br />

altro importante correttivo alla demo‐<br />

crazia odierna consiste nell’adozione<br />

di meccanismi atti a vincolare il rap‐<br />

presentante del popolo al proprio pro‐<br />

gramma.<br />

Uno di questi potrebbe essere il se‐<br />

guente: nel caso in cui il candidato<br />

arrivato secondo nella gara per un<br />

ministero dimostri che il ministro in<br />

carica non ha realizzato ciò che ha<br />

promesso in campagna elettorale e che<br />

ha scritto nero su bianco e riesca a<br />

provare che nel perseguire i suoi o‐<br />

biettivi non ha adottato la diligenza<br />

del buon padre di famiglia, né è stato<br />

ostacolato da cause di forza maggiore,<br />

allora il ministro deve automatica‐<br />

mente decadere in favore del secondo<br />

preferito dalla cittadinanza. Infatti<br />

uno dei più gravi problemi di legitti‐<br />

mità dell’attuale politica è l’essere<br />

auto referenziale; perciò viene addita‐<br />

ta come casta. Inserendo degli elemen‐<br />

ti di controllo oggettivi sull’operato<br />

dei rappresentanti si avvicina il siste‐<br />

ma competitivo politico a quello del<br />

mercato: chi offre il pacchetto migliore<br />

ha successo, ma di questo gode l’inte‐<br />

ra comunità in quanto elezioni di que‐<br />

sto tipo producono risultati molto<br />

vicini alle preferenze dell’elettorato.<br />

Razionale s’intende.<br />

Concludo: questa non vuole essere<br />

una ricetta, e sono naturalmente con‐<br />

sapevole che le lacune siano numero‐<br />

se, che i meccanismi vadano studiati a<br />

fondo ed affinati. A mio avviso, però,<br />

è necessario chiedere, e nello stesso<br />

tempo dare, molto di più alla politica<br />

affinché migliori. E con essa il paese.<br />

In questo senso l’introduzione del<br />

voto ponderato, l’elezione diretta dei<br />

ministri ed il controllo formale sugli<br />

stessi sono idee che quanto meno vale<br />

la pena considerare.<br />

(2. Fine ‐ La prima parte è stata pubblicata<br />

nello scorso numero di “<strong>Acido</strong> <strong>Politico</strong>”)


Così muore un Italiano<br />

Due volte<br />

di Luca Fontana<br />

L<br />

a storia si ripete spesso. Nicola<br />

Calipari, se fosse vivo, annuirebbe<br />

forse con un leggero sorriso. Nico‐<br />

storie, altri protagonisti.<br />

Dopo aver gridato allo scandalo l’omino<br />

irritato potrebbe spingersi oltre e farsi<br />

la Calipari non è vivo e non può sorride‐ venire molti dubbi, ipotizzando che for‐<br />

re. Lui era un onesto e puntiglioso fun‐ se l’alleato non gradiva l’italico modo di<br />

zionario di Stato che, una sera di Marzo condurre le trattative per la liberazione<br />

di due anni fa, trovò la morte percorren‐ dei propri ostaggi.<br />

do le polverose strade dell’Iraq mentre D’altronde c’insegnano che a pensare<br />

stava conducendo verso la libertà la male si fa peccato ma spesso s’indovina.<br />

giornalista del Manifesto Giuliana Sgre‐ Fantasie? Probabile, ma storicamente<br />

na.<br />

uno degli effetti collaterali del lasciare<br />

A missione terminata spuntò l’imprevi‐ sempre le domande, anche le più ovvie,<br />

sto sotto le spoglie del fuoco amico, da senza risposte limpide, è il moltiplicarsi<br />

quell’istante l’Italia si trovò a piangere di teorie e ipotesi, anche stravaganti, che<br />

l’ennesima vittima inutile ed ingiusta. di tanto in tanto colpiscono il bersaglio o<br />

Peccato che non si riesca quasi mai a quantomeno smuovono le acque.<br />

sostituire i pianti per i propri morti con Noi invitiamo l’omino irritato a non pen‐<br />

la sazietà della giustizia, rinunciando a sare troppo male anche perché arrivereb‐<br />

rincorrere la verità.<br />

Scorrono lacrime,<br />

parole e medaglie,<br />

poi si aspetta che<br />

«L’omicidio Calipari<br />

rappresenta l’ultimo<br />

be a perderci il son‐<br />

no. Si limiti a scuote‐<br />

re la testa, con la con‐<br />

sapevolezza che si è<br />

qualcuno paghi il<br />

giusto. Sembrerebbe<br />

persa un’altra occa‐<br />

capitolo nel corposo sione per offrire ai<br />

normale invece non<br />

lo è, soprattutto al<br />

cittadini italiani l’op‐<br />

libro dei rapporti tra portunità di credere<br />

cospetto di ragioni di<br />

stato ben delineate.<br />

Questo caso non fa<br />

eccezione alla regola,<br />

il marine che sparò,<br />

Mario Lozano, non<br />

potrà essere proces‐<br />

Italia e USA, un<br />

capitolo che segue<br />

decine di altre<br />

pagine intricate e<br />

ad un sistema giudi‐<br />

ziario capace di assi‐<br />

curare diritto e veri‐<br />

tà. Semplicemente<br />

questo, senza crocia‐<br />

te o strane ipotesi.<br />

La decisione della<br />

sato e giudicato in<br />

Italia poiché i giudici nebulose»<br />

corte d’assise di Ro‐<br />

ma ci regala dunque,<br />

della corte d’assise<br />

andando oltre l’inter‐<br />

di Roma hanno decretato il difetto di pretazione giuridica forse plausibile, la<br />

giurisdizione.<br />

certezza incontrovertibile di una giusti‐<br />

Caso chiuso, almeno per loro.<br />

zia negata, indubbiamente il modo peg‐<br />

Un omino irritato da questo Paese in cui giore per onorare la memoria di Nicola<br />

nulla funziona a dovere, potrebbe grida‐ Calipari.<br />

re allo scandalo interpretando l’accaduto Rimangono ancora una volta le lacrime,<br />

come un chiaro atto di sottomissione le parole e le medaglie. Senza nemmeno<br />

verso il potente alleato, una rinuncia esagerare, come accaduto anche nel caso<br />

della sovranità nazionale. L’omicidio del giornalista Enzo Baldoni. Rimane un<br />

Calipari rappresenta l’ultimo capitolo retrogusto amaro, quasi una percezione,<br />

nel corposo libro dei rapporti tra Italia e come se per alcuni media o per una par‐<br />

USA, un capitolo che segue decine di te del mondo politico, ci siano morti da<br />

altre pagine intricate e nebulose. Torna onorare e premiare in tutta fretta ed altri<br />

in mente la crisi di Sigonella, caso in cui per cui non occorre sforzarsi troppo.<br />

il governo Italiano riuscì a tenere la Forse il loro torto è stato quello di non<br />

schiena diritta con i carabinieri schierati pronunciare la giusta frase ad effetto in<br />

armi in pugno contro i marines america‐ punto di morte. Almeno quest’ultimo<br />

ni. Torna in mente la strage del Cermiss, dubbio l’omino irritato vorrebbe proprio<br />

con i cavi di una funivia tranciati da un levarselo dalla mente, come fosse un<br />

aereo da guerra un po’ distratto. Altre brutto sogno.<br />

PENSIERI & PAROLE<br />

EDITORIALE<br />

Chi ha<br />

paura della<br />

trasparenza?<br />

segue dalla prima pagina<br />

nelle amministrazioni pubbliche è<br />

veramente assurdo.<br />

Inoltre, non è dato capire quale<br />

possa essere l’interesse meritevole<br />

di tutela di un professore a che non<br />

si conosca la qualità della sua per‐<br />

formance didattica, in particolare la<br />

valutazione che ne danno i suoi u‐<br />

tenti diretti, cioè gli studenti: non è<br />

infatti in gioco alcuno dei valori<br />

(libertà morale, tutela contro le di‐<br />

scriminazioni, ecc.) in funzione dei<br />

quali il diritto alla privacy è stato<br />

posto. Ecco perché, se l’occultamen‐<br />

to dei dati relativi alle valutazioni<br />

degli studenti è motivato esclusiva‐<br />

mente con la tutela della privacy,<br />

tale motivazione è del tutto illogica<br />

e incongruente: il diniego di pubbli‐<br />

cazione è dunque illegittimo.<br />

Eppoi, non sarebbe un palese con‐<br />

flitto d’interessi chiamare a votare i<br />

docenti su documenti che riguarda‐<br />

no proprio loro?<br />

Comprendo che ai più possa appa‐<br />

rire una cosa di poco conto, ma cre‐<br />

do sia un fatto cruciale. <strong>Il</strong> buon fun‐<br />

zionamento di un sistema si realizza<br />

anche attraverso questo tipo di ope‐<br />

razioni, soprattutto quando vengo‐<br />

no spesi migliaia di euro. Più espli‐<br />

citamente, un buon apparato buro‐<br />

cratico non può auto‐censurarsi, a<br />

meno che – e lo dico in senso provo‐<br />

catorio – non abbia qualcosa da na‐<br />

scondere.<br />

Per questo, quello che auspichia‐<br />

mo è che la prossima primavera non<br />

ci siano più decisioni di questo tipo,<br />

rendendo libere ed accessibili tutte<br />

le valutazioni relative ai docenti che<br />

insegnano nella Facoltà di Scienze<br />

Politiche.<br />

Ma sarà possibile questa piccola<br />

quanto significativa “rivoluzione<br />

universitaria”? O assisteremo all’au‐<br />

to‐conservazione dello status quo di<br />

questa che ha le sembianze di una<br />

vera e propria “casta”?<br />

Leonard Berberi


MUSICA & CINEMA<br />

The Quantic Soul Orchestra<br />

TROPIDELICO<br />

Non sarà mai un disco<br />

che farà impazzire le mas‐<br />

se, ma i TQSO giungono<br />

alla loro terza pubblica‐<br />

zione inondandoci con<br />

sonorità psichedeliche,<br />

funky e spruzzatine jazz<br />

qua e là.<br />

Forse è il loro disco più<br />

completo per le influenze<br />

che riescono a raccogliere<br />

nei dodici momenti, que‐<br />

sto mix di suoni tropical<br />

funk che corrono fino a sfumare in ritmiche arabeggianti jazz.<br />

Suonato con l’idea di miscelare tanti variegati stili, con mio<br />

profondo disappunto, il disco perde di efficacia durante le<br />

loro tipiche tirate funk rendendo il suono globalmente più<br />

dolce e meno agitato.<br />

Per i meno vezzi al genere: ascoltatevi “Panama city”, le vo‐<br />

stre dita di riflesso inizieranno a muoversi a tempo, non vi<br />

sarà semplice stare composti e precisi quando l’energia del<br />

funk urlerà nelle vostre orecchie.<br />

Dalla vecchia Inghilterra un’altra perla firmata Quantic Soul<br />

Orchestra.<br />

Luca Ceriani<br />

Fink<br />

DISTANCE AND TIME<br />

Per quelle giornate tri‐<br />

sti di autunno e inver‐<br />

no quando il grigio<br />

ottenebra la testa, un<br />

buon rimedio è ascolta‐<br />

re le calde melodie di<br />

Fink, giovane cantauto‐<br />

re che con il suo folk<br />

sfiorato dal soul ha<br />

conquistato un discreto<br />

numero di fans. <strong>Il</strong> disco<br />

è prodotto dalla Ninja<br />

Tune, etichetta generalmente incentrata sull’elettronica<br />

ma che non poteva farsi sfuggire un talento raro come<br />

Fink. Certo, c’è il rischio che l’intero album, durante<br />

l’ascolto abbia effetti soporiferi, ma non è detto che sia<br />

sempre una cosa negativa.<br />

Per gustare un po’ della sua bravura potete cercare le<br />

sue performances live su www.youtube.com.<br />

Luca Ceriani<br />

redazione@acidopolitico.com<br />

www.acidopolitico.com<br />

<strong>Il</strong> caso Thomas Crawford<br />

visto da Marco Fontana<br />

Quando Thomas Crawford (Anthony<br />

Hopkins)scopre che sua moglie Jenni‐<br />

fer (Embeth Davidtz) ha una relazione<br />

extraconiugale, decide di ucciderla.<br />

Tra i poliziotti che giungono sulla<br />

scena del delitto cʹè il detective Rob<br />

Nunally (Billy Burke) che, incredulo,<br />

scopre che la donna in questione è la<br />

sua amante che è sempre viva.<br />

Crawford viene arrestato ma il caso,<br />

apparentemente chiuso, si rivelerà<br />

molto più complesso del previsto.<br />

Inizia così una battaglia a colpi d’astu‐<br />

zia tra Crawford e il rampante assi‐<br />

stente alla Procura Distrettuale Willy Beachum (Ryan Gosling).<br />

L’opera diretta da Gregory Hoblit (Frequency‐<strong>Il</strong> futuro è in a‐<br />

scolto, Sotto corte marziale) si snoda nel solco del thriller proces‐<br />

suale con la particolarità che tutti noi sappiamo chi è il colpevole<br />

senza però sapere come ha fatto a nascondere le prove.<br />

Thriller di eccellente fattura, <strong>Il</strong> Caso Thomas Crawford, fa torna‐<br />

re in grande spolvero il genere ʺgiallo vecchio stileʺ, concentran‐<br />

do le proprie attenzioni sulla costruzione della storia e sui colpi<br />

di scena che accompagnano lʹindagine del giovane Ryan Go‐<br />

sling, costantemente messo alle strette dal diabolico piano orche‐<br />

strato da un Hopkins.<br />

<strong>Il</strong> vecchio Hopkins e l’emergente Gosling sono attori dal talento<br />

particolare che il regista dirige con sapienza lasciando loro cam‐<br />

po libero nell’esprimere l’intero campionario di cui dispongono.<br />

Voto 6.5<br />

Giorni e nuvole<br />

visto da Marco Fontana<br />

Elsa (Margherita Buy) e Michele<br />

(Antonio Albanese) sono una coppia<br />

colta e benestante con una figlia ven‐<br />

tenne, Alice.<br />

Una famiglia normale ma che ben<br />

presto si ritrova sullʹorlo della crisi:<br />

Elsa lascia il <strong>lavoro</strong> per laurearsi, Mi‐<br />

chele viene estromesso dalla società<br />

da lui stesso creata. Dopo lo shock<br />

iniziale Elsa deciderà di affrontare la<br />

situazione salvando la famiglia e lʹa‐<br />

more che li tiene insieme.<br />

Dopo ʺAgata e la tempestaʺ, ʺBrucio<br />

nel ventoʺ e “Pane e tulipani” Silvio<br />

Soldini torna al cinema proponendo un film toccante sulla preca‐<br />

rietà del <strong>lavoro</strong> e la staticità della vita. Tutto il film va quindi<br />

interpretato in questo senso.<br />

Una riflessione a una situazione di staticità (vissuta a causa della<br />

perdita di <strong>lavoro</strong> e dell’incapacità di trovarne un altro) che però<br />

si muove verso la riscoperta del proprio essere. Così il regista fa<br />

in modo che la ripartenza dei protagonisti avvenga prima di<br />

tutto dentro di loro, mettendosi alla prova, cercando nuovi lavo‐<br />

ri, rinunciando a sogni e cambiando vite. Non sarà facile ma ce<br />

la faranno.<br />

La frase: “Erano gli ultimi fuochi! Da domani pane e cipolla, va<br />

bene?!”<br />

Voto 7


APOCALYPSE NOW<br />

Quello che resta di<br />

cento abitazioni dopo<br />

l'incendio scoppiato<br />

nei pressi di Manila<br />

(Rolex de La Pena / EPA)<br />

<strong>Il</strong> mercato di Grozny<br />

SENZA FINE<br />

Un palestinese bendato viene arrestato dai<br />

soldati israeliani nella Striscia di Gaza. In<br />

seguito verrà portato in territorio israeliano<br />

vicino al kibbutz Kissufim<br />

(Tsafrir Abayouv / ASSOCIATED PRESS)<br />

SOLDATI<br />

<strong>Il</strong> sergente Anttwain Dobbins,<br />

di St. Louis, Missouri,<br />

coperto dalla polvere dopo il<br />

pattugliamento vicino Panjwaii,<br />

Afghanistan<br />

(Finbarr O'Reilly / REUTERS)


RICERCA ‐ Davanti ad una bionda gli uomini diventano piuʹ stupidi: lʹattivitaʹ cerebrale diminuisce e il<br />

quoziente intellettivo scende. Secondo una ricerca, questo succede percheʹ percheʹ lʹuomo eʹ ‐ piuʹ o meno<br />

inconsapevolmente ‐ vittima di uno ʹstereotipo socialeʹ: nel mondo occidentale, in particolare in quello<br />

anglo‐americano, eʹ molto diffusa lʹidea che le bionde siano poco sveglie: con loro quindi non cʹeʹ da sfor‐<br />

zare la materia grigia.<br />

INDIA ‐ Lavarsi i denti non dovrebbe esser un gesto quotidiano particolarmente pericoloso eppure ci<br />

sono delle persone che riescono a farsi del male anche con uno spazzolino. Una signora indiana, di certo<br />

un poco sbadata, è riuscita ad infilarsi uno spazzolino da denti lungo 7 centimetri in una delle due cavità<br />

nasali. Dopo le radiografie, le è stato asportato il pezzo.<br />

STATI UNITI ‐ A chi non è mai capitato di forare una gomma della propria auto e doversi pertanto fer‐<br />

mare lungo la strada per cambiarla? Chi possiede unʹautomobile è consapevole che la foratura dei pneu‐<br />

matici non è una cosa insolita. Indispensabile portare sempre con sé giubbino fosforescente, triangolo,<br />

crick e, oltre ai classici guanti e pila, per gli interventi notturni, anche la ruota di scorta. Abbiamo però<br />

scordato qualcosa, le chiavi per allentare i dadi di sicurezza. In America, un automobilista distratto che<br />

aveva con sé tutto quanto tranne questʹultimo prezioso attrezzo, ha deciso di allentare i dati prendendoli<br />

a fucilate. Inutile dire che il sistema non era quello più indicato alla risoluzione del problema. I piombini<br />

sono rimbalzati sul cerchio ferendolo su tutto il corpo, dai piedi al mento.<br />

STATI UNITI ‐ Un agente della polizia stradale ha fermato e denunciato un automobilista che guidava e<br />

nel contempo guardava un film porno. <strong>Il</strong> poliziotto, già prima di fermarlo, aveva notato uno schermo tv<br />

nel quale si vedevano chiaramente dei ʺcorpi nudi, aggrovigliati, impegnati in rapporti sessualiʺ.<br />

La posizione dellʹautomobilista si è però aggravata quando lʹagente ha scoperto che lʹuomo non aveva<br />

con sé la patente e, cosa non secondaria, teneva una birra aperta accanto al cruscotto. Lʹautomobilista<br />

dovrà rispondere, oltre che dellʹaccusa di guida in stato di ebbrezza e senza documenti anche di proie‐<br />

zione di ʺimmagini oscene in luogo pubblicoʺ.<br />

STATI UNITI ‐ Paris Hilton, lʹereditiera più chiacchierata del pianeta, ha deciso di lanciarsi nel ruolo di<br />

crocerossina. Dopo la sua breve permanenza in carcere la sensuale Paris ha annunciato di essere inten‐<br />

zionata a salvare tutti quei poveri elefanti indiani che ʺsi suicidano dopo aver abusato di alcolʺ.<br />

Lʹereditiera sarebbe rimasta profondamente scioccata dalla notizia, uscita pochi giorni fa, di 40 esemplari<br />

di questa specie morti dopo aver provato la birra al riso, bevanda tipica amata dagli abitanti del nord‐est<br />

dellʹIndia.<br />

AUSTRALIA ‐ Tenta di aggredire un gruppo di pescatori e finisce in galera. Fin qui nulla di strano se<br />

lʹimputato fosse un uomo. Peccato che a finire dietro le sbarre sia un coccodrillo. Lʹanimale aveva cercato<br />

di assalire dei pescatori in Australia, è stato arrestato e ha dovuto passare la notte in una cella della locale<br />

stazione di polizia. Ora è detenuto sotto stretta sorveglianza in un allevamento presso la cittadina di<br />

Nhulunbuy, nella penisola di Gove.<br />

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