al prof. Sergio Morgante,
per avermi seguito come maestro
in dieci anni di appassionato lavoro
presso il Museo Friulano
di Storia Naturale,
dedico questo volume
Foto:
Elido Turco, Luigi Vidus, Roberto Zucchini
In copertina: Miniera del Monte Cocco, galleria interna (foto A. D’Andrea)
Direzione e Redazione:
Carlo Morandini (direttore)
Maria Manuela Giovannelli
Giuseppe Muscio
Stefania Nardini
Ma quelli che vogliono disprezzare l’arte dei metalli dicono che
alcuni per le loro scelleratezze sono stati condannati ad estrarre
metalli altri, che erano schiavi, hanno lavorato nelle miniere:
così ritengono che sia un’arte brutta e vergognosa.
Certo se l’arte dei metalli è disonesta e infamante per il fatto che
un tempo furono gli schiavi ad estrarli, allora l’agricoltura potrà
essere considerata onesta perché un tempo la esercitarono gli
schiavi, (...) ma neppure l’architettura sarà dignitosa, neppure la
medicina, poiché non pochi schiavi nel passato la esercitarono.
E quello che io dico di queste arti si può dire di molte altre,
che un tempo furono praticate dai prigionieri e dai servi.
Museo Friulano di Storia Naturale - via Grazzano 1, 33100 UDINE
tel. 0432/510221-504256, fax 0432/504109
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G. Agricola
ROBERTO ZUCCHINI
MINIERE E MINERALIZZAZIONI
NELLA PROVINCIA DI UDINE
ASPETTI STORICI E MINERALOGICI
Catalogo della collezione mineralogica del Museo Friulano di Storia Naturale
Minerali Friulani
Pubblicazione n. 40
COMUNE DI UDINE
Edizioni del Museo Friulano di Storia Naturale
1998
PRESENTAZIONE
È passato più di un secolo da quando Camillo Marinoni nel 1881 scrisse l’opera
“Sui minerali del Friuli”. Un lavoro che lui stesso definì “(...) una raccolta di notizie
intorno ai minerali fino ad ora rinvenuti nel Friuli e nella Carnia, sia allo stato sporadico,
sia in quello di veri giacimenti (...)”. Da allora si susseguirono studi, ricerche,
pubblicazioni a carattere specialistico, ma nulla che riassumesse, con un’impostazione
divulgativa, lo stato attuale delle conoscenze sui minerali e sulle miniere friulane,
escludendo quelle interessanti i combustibili fossili.
L’intendimento di questo lavoro è di raccogliere, in un unico volume, tutte le notizie
sull’argomento per stimolare l’interesse in questo settore naturalistico. Partendo
dalla conoscenza del territorio, e della storia ad esso connesso, si può puntare a quello
che deve essere uno dei compiti di un Museo di Storia Naturale: sensibilizzare alla
conoscenza dell’ambiente perché solo ciò che si conosce si può tutelare.
Tecniche di ricerca illustrate da Agricola (1563).
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LE RICERCHE MINERARIE
La storia mineraria è ricca di testimonianze di scavi, ricerche e sfruttamenti spesso di
scarsa convenienza, ma che hanno alimentato la speranza di chi cercava nei minerali gli
indispensabili metalli ed i lucrosi profitti. Bisogna considerare però che fin dai tempi più
antichi erano ritenute sfruttabili anche modeste quantità di minerale. Ecco che, dal punto
di vista storico, acquisiscono notevole importanza anche piccoli pozzi e gallerie perché
spesso le miniere consistevano proprio in modestissimi scavi; molti di questi lavori sono
stati obliterati dagli agenti atmosferici, dagli smottamenti o dalla vegetazione.
La localizzazione di un affioramento minerario avveniva osservando le patine d’alterazione
dei minerali, anche casualmente, o era affidata alla bacchetta del rabdomante.
Questo metodo fondato sulla pura superstizione non è ancora caduto in disuso essendo la
rabdomanzia impiegata tutt’oggi, con dubbi risultati, nella ricerca d’acquiferi. Il lavoro
estrattivo era molto duro con picche, scalpelli e cunei. Data l’enorme energia spesa, per
seguire la vena mineralizzata, si cercava di limitare l’ampiezza delle gallerie allo stretto
necessario per potersi muovere, magari carponi, portando fuori il minerale in piccole
quantità. In Friuli lavorazioni a scalpello e a fuoco sono riconoscibili in alcune miniere
nel Monte Avanza e nel Rio Gelovitz. A Raibl si notano ancora le vestigia di vecchie
gallerie dalla forma d’ogiva e gallerie ancora più piccole. Queste hanno alimentato la
leggenda che le miniere fossero, in tempi passati, sfruttate da un popolo di nani d’origine
tedesca o veneta; la fiaba di Biancaneve ed i sette nani trae origine proprio da tali fantasie
popolari.
6
Antica galleria lavorata a mano, dalla forma
di ogiva, rinvenuta negli scavi degli anni ’40
del cantiere Udo (Vitriolwand) delle miniere
di Raibl (Di Colbertaldo, 1948).
I criteri generali per guidare le ricerche si possono così riassumere:
- storico o archeologico;
- toponomastico;
- geologico di campagna;
- d’analisi dei materiali alluvionali o del detrito di falda;
- d’analisi chimica delle acque.
Molti sono i documenti storici quali: codici, statuti, diritti feudali o atti notarili, che
trattano di concessioni, compravendite e donazioni di miniere, forni o battiferro. Questi
documenti possono indicare l’area della concessione mineraria, ma difficilmente forniranno
indicazioni precise sull’ubicazione delle miniere e sul come raggiungerle perché gli
atti, prima del XVIII secolo, sono sempre molto generici e privi di planimetrie.
Il ritrovamento di pani di rame, scorie, forni, possibili fluidificanti (calcite, dolomite,
fluorite, conchiglie, ecc.), crogioli, pietre piatte con segni di percussione, o testimonianze
di strutture siderurgiche, può indicare la presenza di insediamenti dell’età del bronzo, del
ferro o più recenti.
I nomi delle località, i toponimi, possono ricordare l’esistenza di una remota attività
mineraria o della presenza di minerali, certamente sono utili nell’individuare i luoghi, ma
non forniscono né dati quantitativi, né indicazioni sui problemi e sulle metodologie di
lavoro: Pale dal Fiêr in Val d’Aupa dove fu coltivato (?) del minerale di ferro, Rio Malinfiêr
(cattivo ferro) ricco di pirite nei terreni carboniferi. La località Pistons (nella carta a
1:25.000 è riportato erroneamente Pestons) alle pendici del Monte Avanza, testimonia
l’attività di pistoni, la cui funzione era di ridurre in polvere la roccia cavata dalla miniera
al fine di estrarne il minerale. Riûl dal Fiêr, Carbonarie, Fornas, Rio Ferro, Rio Filaferro,
Prato Filaferro ecc. sono toponimi che richiamano minerali presenti o antichi mestieri
svolti nel luogo. Forni Avoltri testimonia la presenza di forni fusori mentre Cima della
Miniera è derivato proprio dalla miniera del Monte Avanza.
Lavorazione del materiale estratto secondo l’illustrazione
di Agricola (1563). La località “Pistons”
presso le miniere del Monte Avanza testimonia
l’antica attività di lavorazione del minerale.
7
A Timau il minerale era lavorato vicino alla miniera in una località, chiamata tutt’ora
dai locali Schmelzhütte (forno fusorio), nella quale esistevano i resti di un fabbricato che
fungeva da fornace. Il Monte Avostanis è chiamato dagli austriaci Blaustein dal colore
azzurro della roccia e ciò indica la presenza di minerali di rame. Altri toponimi sono: il
Rio e Monte Plombs (Rivalpo), Rio Fornace con la località Fornas (Vinaio), Rio e Casera
Plumbs (Collina), Canale del Ferro dove si estraeva la limonite presso il Rio Gelovitz e
dove si rinvengono ancora le gallerie, Rio Argento, il Rio Zeliesni patok dallo sloveno
zeliéso=ferro e patok=ruscello, torrente. Il termine “buse” o “buso” e tutti i suoi derivati
rientravano nella legislazione mineraria della Repubblica Veneta e molto spesso li ritroviamo
come toponimi d’alcune località, Passo Buso nel Monte Navastolt, la Busate a
Sud-Ovest della Creta di Pricot ecc., potrebbero quindi essere indizio di lavori minerari
effettuati nel periodo della dominazione veneta o successivi.
La conoscenza approfondita della geologia del Friuli e degli ambienti minerogenici, in
altre parole l’insieme delle condizioni geografiche, strutturali, climatiche e litologiche
che concorrono alla formazione e alla deposizione di minerali utili nelle trappole
metallogeniche, può essere un notevole aiuto ad orientare le ricerche sul territorio. Le
rocce presenti in Friuli sono per la quasi totalità d’origine sedimentaria e quindi la formazione
e la deposizione di minerali utili sono di solito connessi ai processi sedimentari e
diagenetici. Molto utili sono le ricostruzioni paleogeografiche che evidenziano i vari domini
sedimentari: continentale e marino, ed è in questi che si possono ricercare le possibili
zone interessate da metallogenesi.
Analizzare i depositi fluviali o il detrito di falda è utile per individuare la presenza di
vecchi lavori, o sedimenti mineralizzati. Sovente fuori dalle gallerie era trasportato ed
accumulato lo sterile, vale a dire la roccia che possedeva poco minerale e quindi non
produttiva, oppure il materiale scopo di saggi. Le scorie di lavorazione del metallo possono
testimoniare la vicinanza di antichi giacimenti coltivati. Questi indizi danno spesso
l’opportunità di investigare un’area più piccola fino al ritrovamento, con un po’ di fortuna,
dei saggi o delle gallerie. Nei lavori molto recenti le norme di sicurezza prevedono
l’obbligo, da parte delle società che hanno l’investitura, di bonificare tutti i lavori eseguiti
e quindi spesso l’accesso alle miniere è interdetto da muri a secco, gettate di cemento o
recinzioni metalliche. Per le miniere più antiche, oppure per quelle che hanno avuto brevissima
durata e quindi, di fatto, non c’è stata investitura, è ancora possibile l’accesso
come in Val Aupa, sul Monte Cocco ed in alcune gallerie del Monte Avanza. Spesso i
giacimenti minerari affiorano con delle masse ocracee ben visibili, dovute al processo
d’ossidazione ed idratazione del ferro, che prendono il nome di “cappello” del giacimento.
L’analisi chimica delle acque è un altro metodo d’investigazione. Analizzando le acque
è possibile determinare il contenuto in ioni e metalli pesanti e dare indicazioni sulle
eventuali anomalie geochimiche. Queste potranno poi orientare la ricerca.
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TECNICHE DI SCAVO E DI LAVORAZIONE
I lavori di ricerca e scavo compiuti nel passato sono appariscenti se i terreni interessati
sono consistenti: si presentano come pozzi verticali poco profondi spesso scavati l’uno
accanto all’altro, cunicoli, gallerie o scavi a giorno praticati seguendo il minerale. L’enorme
energia spesa a disgregare la roccia al fine di estrarre il minerale, consigliava ai cavatori
di seguire passo passo la “vena mineralizzata” creando cunicoli tortuosi ed angusti. Si
eseguivano gli scavi dall’alto verso il basso, e con enorme fatica si portava il minerale
alla superficie mediante funi e carrucole. Spesso era impossibile creare gallerie di drenaggio
ed i minatori lavoravano nell’acqua che sul fondo dei pozzi si raccoglieva e, quando
le condizioni erano insopportabili, si abbandonava temporaneamente la miniera fino
allo scemare dell’acqua in essa contenuta. La miniera rimaneva, quindi, inattiva anche
per mesi. Il problema dell’eduzione delle acque non era di facile soluzione, le gallerie di
scolo erano un espediente troppo costoso; nei secoli XV-XVI, grazie ai progressi tecnici,
le miniere più importanti erano attrezzate con pompe o macchine idrauliche di vario tipo.
Il trasporto e sollevamento del materiale estratto avveniva tramite carriole spinte a mano
su un pavimento di tavole poste al fondo della galleria, metodo utilizzato anche nel XX
secolo a Comeglians, o trascinato su piccoli carrelli legati ai piedi. Il minerale estratto da
ciascun minatore era poco e questi lo portavano appresso in ceste o sacchi legati ai piedi,
Pompa per l’eduzione delle acque e uso dei forni
a mantice, da Agricola (1563).
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Estrazione del minerale e trasporto mediante vagonetto legato ai piedi (scisti cupriferi di Mansfeld,
da Harbort).
un po’ per comodità, ma forse anche perché si lavorava a cottimo. Poi, grazie alla tecnologia
ed una maggiore organizzazione, fu la volta dei carrelli da miniera spinti dall’uomo
o trainati da un mulo o asino fino ad arrivare ai vagoni collegati ad una locomotiva. Il
minerale era sollevato con argani azionati a mano oppure, quando le condizioni lo consentivano,
con animali. Solo all’inizio dell’Ottocento si utilizzarono le macchine idrauliche.
L’abbattimento del minerale avveniva con mazze, picche, cunei, punteruoli ed era
conosciuta la tecnica del mazzapicchio: si appoggiava la punta della picca sulla parete e
si sferravano colpi sulla sua base mediante una mazza. Quando le condizioni lo consentivano
si utilizzava il fuoco: si riscaldavano le pareti rocciose accatastando vicino ad esse
delle fascine e poi si procedeva abbattendo la roccia meccanicamente; spesso si utilizzava
anche l’acqua al fine di rendere più incisivo il lavoro del fuoco. Questo metodo d’estrazione
era utilizzato soprattutto per l’abbattimento delle rocce dure, ma comportava problemi
non indifferenti d’aerazione delle gallerie e di vicinato: si dovevano infatti rispettare
date ed orari ed informare i padroni delle cave vicine.
La coltivazione in sotterraneo poteva avvenire seguendo tecniche diverse in funzione
della consistenza della roccia; tralasciando i metodi più semplici quali scavi a giorno o
cunicoli, i principali sono coltivazioni con vuoti e coltivazioni con riempimento.
Le più antiche sono le coltivazioni con vuoti, termine che indica il permanere del
vuoto a coltivazione avvenuta. Lo sfruttamento avveniva per grandi camere ove si lasciava,
nella massa del minerale, una serie d’ampi vuoti creando dei pilastri-diaframmi atti a
10
Miniera di Raibl, Colonna principale: getti di ripieno attraverso gli antichi vuoti ad un cantiere di
ripresa, si nota la sezione della galleria (sopra) e abbattimento e cernita in un cantiere (sotto) (1935,
dal volume fotografico della Soc. Anomina Miniere Cave del Predil).
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sostenere il cielo dello scavo. Si perdeva così parte del minerale, ma rappresentava un
buon metodo perché non richiedeva spese per sostegni e per il riempimento dei vuoti,
aumentando così la produttività del minatore.
Altre tecniche erano le coltivazioni per scoscendimento a gradino diritto o gradino
rovescio con riempimento. L’utilizzo dell’una o dell’altra era funzione della franosità,
della roccia sterile e del pregio del minerale, entrambe erano usate per sfruttare filoni
metallici o masse mineralizzate. L’abbattimento lungo le gallerie, con gradini, ha lo scopo
di moltiplicare le fronti d’abbattimento e migliorare quindi l’estrazione.
Nella miniera di Raibl furono introdotti nuovi metodi di coltivazione a causa del verificarsi
dei colpi di tensione. Questi consistono nell’annullamento istantaneo delle tensioni
presenti nella roccia ed insite già originariamente nella compagine rocciosa ma incrementate
dai lavori estrattivi. La coltivazione, a gradino rovescio con ripiena sciolta, comprometteva
la stabilità della massa rocciosa provocando concentrazioni di tensioni tali da
generare una frammentazione generalizzata di un volume di roccia. Furono così adottati
sistemi di coltivazione diversi nelle varie zone della miniera ed in particolare la coltivazione
a gradino montante con ripiena cementata e il taglio discendente con ripiena cemen-
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Sopra: schemi illustranti la coltivazione a gradini diritti
e a gradini rovesci (da Bertolio).
A sinistra: lo schema trasversale della coltivazione di
una miniera metallifera (da Harbort).
tata nelle zone soggette a colpi di tensione; il gradino montante con ripiena sciolta nelle
aree non soggette a colpi di tensione e il sub level caving per la coltivazione nella zona
degli ossidati.
La coltivazione di un giacimento avviene realizzando una serie di gallerie che dividono
il corpo mineralizzato in una successione di massicci rettangolari, a maglie tanto strette
quanto più irregolare è la mineralizzazione. L’ubicazione corretta delle gallerie gioca
un ruolo economico estremamente importante, per questo è fondamentale un’indagine
approfondita dell’estensione del giacimento e della sua genesi, analisi che è stata in passato
sempre carente.
Una grande rivoluzione nella quantità di minerale estratto dalle miniere avvenne quando
fu utilizzata la polvere da sparo che, nota fin dal ’400, trovò impiego nelle miniere molto
più tardi. Il suo uso, nelle miniere europee, avvenne nel XVII secolo e probabilmente
coincise con l’elevato costo del legno e dei salari, e con la necessità di rendere più produttiva
l’estrazione. L’elevato costo e la pericolosità del suo impiego ne limitarono, comunque,
l’uso alle miniere più importanti, per esempio Raibl, e solo in tempi più recenti è
divenuta una tecnica diffusa d’abbattimento delle pareti rocciose.
Un altro problema da risolvere era la ventilazione delle gallerie che spesso venivano
abbandonate quando le condizioni d’agibilità erano critiche. Dove le condizioni
morfologiche del terreno lo consentivano, venivano realizzate gallerie d’aerazione normali
a pareti scoscese, spesso poste in modo da sfruttare le brezze. Seguirono rudimentali
metodi basati sull’uso di mantici o più semplicemente di convogliatori mossi dal vento,
fino all’uso dei grandi compressori e delle moderne condotte d’aria compressa.
Una bocca di carico del forno di Pierabec, utilizzata come altare nella locale colonia.
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Il minerale, una volta portato in superficie, veniva frantumato manualmente e selezionato
per il trattamento metallurgico con una cernita a mano. L’uso di ruote ad acqua, che
azionavano “pistoni” in legno con la testa di ferro, sostituì, nelle miniere più importanti,
il lavoro manuale di frantumazione e macinazione che continuò nelle più piccole anche
nel XX secolo. Da una relazione sull’andamento dei lavori nella miniera di Comeglians
emerge come la cernita a mano non permettesse di rispettare i tempi di consegna del
minerale estratto.
Il sistema più antico di produzione di metalli consisteva nel realizzare un forno a
cumulo. In pratica si accatastavano, in strati alterni, il minerale frantumato e il carbone di
legna che era prodotto mediante combustione lenta ed imperfetta di legname, accatastato
a formare un ampio cono poi coperto di terriccio o zolle di terra. Il forno assumeva la
forma di un tronco di cono, dopo che il carbone e il minerale erano ricoperti da argilla,
avendo cura di lasciare aperte delle aperture in cima ed in basso per il tiraggio. Il ferro, se
questo era il metallo da produrre, per le caratteristiche del forno e del combustibile non
poteva raggiungere la temperatura di fusione (in Europa si riuscì a fondere il ferro solo
nel XVIII secolo). Si formava così un massello spugnoso o loppa che doveva essere raffinato
mediante fucinatura. La resa era bassissima, circa il 10% circa del metallo contenuto
nella roccia, ed inoltre il forno andava distrutto ogni volta. Nell’Alto Medioevo l’impiego
di forni in muratura, con ventilazione naturale o artificiale mediante mantici azionati a
mano, portò la resa al 40% grazie al raggiungimento di una temperatura più elevata.
L’utilizzo dei mantici azionati con ruote ad acqua spostò la lavorazione dei metalli sui
fondovalle, in riva ai torrenti. Continuò l’evoluzione dei forni che si svilupparono soprattutto
in altezza: nel XIV secolo i “forni a tino” raggiunsero il rendimento del 50%. Il
perfezionamento continuo dei forni, che potevano trattare sempre maggiori quantità di
minerale, evidenziò maggiormente l’insufficienza della “vena” e la scarsa competitività
rispetto a miniere più ricche, poste al di fuori dei confini. Questa causa, assieme ad altre,
concorse alla chiusura di molte attività minerarie. L’ubicazione dei forni presso i torrenti
è la causa principale degli scarsi resti che si possono ancora vedere; i corsi d’acqua,
durante le piene li hanno asportati. Altri hanno subito sorti diverse, degli edifici del forno
fusorio, in località Pierabec (Monte Avanza), non rimangono altro che poche immagini
fotografiche. Tutti i materiali di costruzione sono stati riutilizzati dai valligiani. Ora si
possono vedere alcuni blocchi, conservati come ricordo, e solo due bocche di carico delle
quali una utilizzata come altare all’aperto per la locale colonia. In altre località, non sono
presenti nemmeno questi resti e solo scarsi indizi quali scorie e toponimi fanno pensare ad
una lontana attività metallurgica.
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MINIERE E LAVORAZIONE DEI METALLI
Dall’origine della metallurgia al XVIII secolo
Quando l’uomo ha scoperto che nelle rocce si possono trovare “vene” di minerale e
che questi, opportunamente trattati e lavorati, forniscono un numero elevato d’utensili,
siamo ormai entrati nella seconda grande rivoluzione industriale: quella dei metalli. Così,
con l’età del rame (3.500 a.C. in Italia), inizia per l’uomo quella lenta evoluzione che lo
ha portato alla scoperta ed all’utilizzo dei numerosi metalli. L’importanza degli oggetti in
metallo era tale che questi erano nascosti (tesaurizzati) in ripostigli; è con l’utilizzo del
ferro (1.000 a.C.), grazie all’individuazione di più giacimenti ed all’aumento dei commerci,
che si assiste ad un rapido sviluppo dell’economia.
Nell’area presa in esame non sono state trovate tracce antichissime di lavorazione dei
metalli strettamente associate all’attività estrattiva. I numerosi rinvenimenti, a Paularo, di
reperti di bronzo caratterizzati da tipologie non comuni a quelle delle aree contermini, di
pani di rame e pani a piccone di lega di rame, possono indicarci un’intensa attività di scambi
commerciali con aree ad attività estrattiva quali l’attuale Trentino, il Veneto e l’Austria,
ma anche farci supporre uno sfruttamento delle risorse minerarie locali al fine di coprire,
limitatamente, i propri fabbisogni. Finora è stato impossibile tracciare un quadro dell’attività
estrattiva nell’età del Bronzo e del Ferro, perché non sono state compiute ricerche
finalizzate ad individuare possibili siti in aree montane prossime a zone mineralizzate.
Il millennio che va dal 500 a.C al 500 d.C. segna il culmine della civiltà e della tecnica
del mondo antico. L’impero romano favorisce gli scambi culturali e tecnologici. Plinio nel
suo “Historia Naturalis” accenna alla notevole abilità che gli abitanti del Norico possedevano
non solo nell’estrarre il minerale, ma anche nel lavorare i metalli ed in particolare
l’oro. Il “ferrum Noricum” era celebrato dagli antichi scrittori: in quest’area i primi fonditori
ed i fabbri celtici furono gli iniziatori dell’importante tradizione della siderurgia europea.
L’importanza che il territorio, assoggettato dai romani, aveva anche dal punto di vista
minerario era testimoniato dalla presenza ad Aquileia del “praepositus aerarii” il cui compito
era quello di provvedere ai salari anche dei minatori.
Alcune miniere nel territorio furono probabilmente sfruttate anche in epoca romana.
La presenza di strade romane prospicienti le miniere di Cave del Predil e di Timau ci
autorizza a pensare che difficilmente, ai viandanti, non siano stati evidenti i colori d’alterazione
d’alcuni minerali quali il ferro (rosso-arancio, ocra) ed il rame (blu, verde). Questi
devono aver attirato sicuramente l’attenzione di chi era alla ricerca di minerali, ma non
vi sono elementi sicuri che attestino una qualsivoglia attività metallurgica sia in epoca
preromana sia romana.
L’attività mineraria continuò nei secoli successivi, ma è con l’avvento del dominio
temporale del Patriarcato, nell’anno 1077, che si cominciano ad avere documenti, quali
concessioni minerarie, attestanti la ricerca di metalli preziosi e il pagamento di censi,
rendite, decime che testimoniano una continua attività di ricerca e di sfruttamento minerario.
I sistemi di scavo e trasporto del materiale, molto primitivi, ci portano a pensare più
ad un’economia di sussistenza che d’imprenditorialità; molte concessioni, infatti, sono
comprensive della possibilità di sfruttare i pascoli, i boschi, i corsi d’acqua ecc.
15
Attrezzi da fabbro in ferro (Salisburghese, IV-III
sec. a.C.).
Stele del fabbro ferraio (Aquileia, metà I sec. a.C.).
16
Piccola incudine (Salisburghese, IV-III sec.
a.C.).
Dai numerosi documenti emerge che anche in Friuli, come nel Veneto e nel Trentino, è
stato fondamentale il ruolo dei tecnici “tedeschi”. Con tale termine s’identifica tutta quella
manodopera, proveniente da un’area geograficamente piuttosto ampia che si estendeva
dal Tirolo al Reno fino ai Carpazi, esperta nell’estrazione mineraria e nella metallurgia.
Queste maestranze, forti d’esperienze e di tradizioni secolari, vennero spontaneamente o
chiamate per dirigere e prestare la propria opera in Friuli. L’influenza che esercitava
questa manovalanza si riscontrava a tutti livelli della vita sociale, nei costumi, nel lessico
ed anche nella legislazione mineraria, come ben si evince leggendo alcuni articoli del
codice minerario veneto del 1488. Non compaiono dagli atti solo nomi di minatori stranieri,
ma anche toscani, ugualmente ricercati perché ben conoscevano l’arte mineraria
nella quale si erano impratichiti nelle miniere di ferro e cinabro della propria regione.
Con l’avvento della Repubblica Veneta, i proprietari d’oltralpe sono lentamente sostituiti
da nobili locali, per esempio i Savorgnan, che si rivolgeranno sempre a tecnici d’oltralpe
per lo sfruttamento delle miniere.
Il Governo veneto, subentrato a quello patriarcale nel 1420, continua ad essere interessato
alle miniere d’oro e d’argento che forniscono i preziosi metalli per il conio, ma
anche il ferro è ricercato. In periodo di guerra vi sono infatti forti richieste di minerali di
ferro, grezzo o lavorato, tant’è che la preoccupazione del Consiglio dei Dieci è d’acquistare
tutta la produzione d’armi del Canal del Ferro affinché questo non sia venduto agli
imperiali. La Repubblica Veneta, quindi, mirava principalmente all’estrazione dei metalli
da conio perché la civiltà protoindustriale era ancora legata al legno con il quale erano
realizzate tutte le macchine, anche le più complesse, che eccezionalmente possedevano
solo alcune parti in metallo.
L’economicità dello sfruttamento dei minerali locali è venuto gradualmente a scemare
a causa dell’alto costo del lavoro, della limitata potenzialità dei giacimenti ed in particolare
del bassissimo tenore di quasi tutte le mineralizzazioni sfruttate. L’impossibilità di
poter applicare tecniche estrattive e di lavorazione più redditizie ed inoltre, bisogna ag-
Lavorazione a punta e mazza, mazza e cuneo in un codice del XVI secolo.
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giungere, la concorrenza dei prodotti esteri, che dopo il XVI-XVII secolo divenne sempre
più pressante, finì per sconsigliare gran parte delle iniziative volte allo sfruttamento minerario.
Va considerata inoltre la profonda crisi economica che travagliò gli stati veneti
nell’ultimo periodo di vita della repubblica e che investì ogni settore produttivo. L’avvento
dell’industria moderna fece il resto, mettendo fuori mercato tutte quelle attività produttive
legate ad una scarsa imprenditorialità.
Una condizione ben diversa è quella vissuta dalla Valcanale, che ha avuto leggi e
tradizioni minerarie completamente diverse rispetto a qualsiasi altra parte del Friuli, perché
è diventata parte integrante dell’Italia solo dopo il primo conflitto mondiale. Essa
apparteneva al Vescovado di Bamberga, successivamente alla casa d’Austria e solo per
pochi anni, con la guerra gradiscana del 1616, fu sotto la dominazione veneta.
Come si era verificato in altre aree del Friuli, anche qui vi fu afflusso di manodopera
“tedesca” e la località chiamata “Capanne di Knappen” presso Ugovizza ben può ricordare
i canopi, termine tedesco utilizzato per indicare gli operai minerari. Gran parte della
popolazione era dedita all’allevamento ed a tutte le attività legate allo sfruttamento del
bosco. Giunsero così tecnici ed imprenditori, soprattutto dalla Slesia, per coltivare le
miniere. Tutte le vicissitudini minerarie, come quelle della valle dello Slizza dove sono
site le miniere di Raibl, rientrano quindi in un contesto estremamente diverso in parte
simile a quelle vissute dalle miniere di Primero in Trentino.
Dal XIX secolo ad oggi
Una svolta è documentata nel periodo napoleonico. Si hanno i primi dati statistici,
sufficientemente dettagliati, sulle produzioni delle miniere e dei forni fusori allora funzio-
Canopi al lavoro in un codice del XVI secolo.
18
nanti. Nell’archivio di Raibl sono presenti planimetrie ed indagini produttive che portano
la firma di tecnici francesi, e si nota un grande incremento della produzione anche per fini
bellici. Si continua a cercare il piombo, l’argento, il rame, ma anche lo zinco, metallo
finora trascurato perché era ancora sconosciuto il trattamento metallurgico. La metallurgia
dello zinco come elemento metallico è, in Europa, molto recente: il primo scritto dove
compare il nome zinco si deve a Paracelso (1490-1541) e solo tra il XVIII e XIX secolo
si ha un pieno approccio scientifico all’uso delle calamine e blende. Composti di zinco per
produrre l’ottone (lega di rame e zinco) erano in realtà già utilizzati nell’Impero romano
per la monetazione, ed inoltre lo zinco era ottenuto, casualmente, come sottoprodotto
della lavorazione di altri metalli.
Il lavoro nelle miniere rimase, in ogni caso, legato alle forme tradizionali e le innovazioni
tecnologiche erano di scarsissimo livello. Nella maggior parte delle miniere, soprattutto
in quelle piccole, si continuava a scavare a mano, le “mine” erano troppo costose, in
cunicoli angusti, si trasportava il minerale alla superficie con metodi ancora rudimentali e
lo si selezionava vicino alla miniera per poi inviarlo alle fucine.
Dopo la caduta del regime napoleonico, l’attività estrattiva subì una profonda crisi, si
affacciarono nuove tecnologie, ma soprattutto imprenditori con idee rivoluzionarie rispetto
alla tradizione. L’apertura di nuovi mercati, dovuta ai sempre più veloci ed economici
mezzi di trasporto, non servì a salvare le poche attività estrattive rimaste; alla fine del
XIX secolo tutte le miniere furono progressivamente abbandonate, solo i giacimenti del
Monte Cocco, di Raibl e del Monte Avanza (quest’ultimo allora facente parte del Lombardo-Veneto)
sopravvissero.
Nel periodo 1920-1945 l’attività di ricerca ed estrattiva ebbe una ripresa dovuta principalmente
alla politica autarchica, ed al notevole afflusso spontaneo di maestranze che,
per evitare di essere impegnate in attività belliche, preferirono essere assegnate ai lavori
usuranti. Nel dopoguerra solo la miniera di Cave del Predil era rimasta a testimoniare in
regione un’attività estrattiva iniziata secoli prima.
Ora anche la miniera di Cave del Predil ha chiuso, per lo scarso rapporto minerale/
sterile e gli elevati costi d’estrazione, ma le polemiche per la mancata riconversione degli
impianti e per la “morte” di un paese non si sono ancora assopite.
Nel 1985 le cronache dell’epoca, con entusiasmo, annunciavano la riapertura della
miniera del Monte Avanza per merito della finanziaria FINSEPOL di Trieste che aveva
rilevato il complesso minerario. Oggi possiamo appurare che l’unica cosa estratta dalla
Regione Friuli-Venezia Giulia sono stati alcuni miliardi anticipati per finanziare in parte
l’iniziativa.
Una critica mossa costantemente, da più studiosi che s’interessarono alle miniere ed al
loro sfruttamento, è quella che, in quasi tutti i giacimenti si è puntato verso una coltivazione
che rendesse immediatamente degli utili, sacrificando la ricerca e quindi, come
conseguenza, un corretto sviluppo della coltivazione. Questo modo di procedere definito
“di rapina” è evidentemente legato alla particolare situazione geografica e politica del Friuli,
i cui giacimenti, troppo vicini ai confini, passarono più volte da un padrone all’altro, che
rese impossibile o non conveniente investire a lungo termine.
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STORIA DELL’ATTIVITÀ MINERARIA
I primi documenti che attestano un’attività mineraria, sono datati 200-120 a.C. dove
Polibio cita che sui monti Taurisci e specialmente intorno ad Aquileia c’era dell’oro in
abbondanza. Strabone (66 a.C.-24 d.C.) accenna a giacimenti auriferi non lontano da
Aquileia e che le miniere sono soggette ai romani. Polibio e Strabone fanno sicuramente
riferimento ai giacimenti auriferi d’oltralpe perché non esistono in regione mineralizzazioni
nelle quali l’oro sia presente, se non in tracce. Possiamo in ogni caso supporre che fosse
impostata anche in Friuli, come in altre regioni dell’arco alpino, un’attività mineraria.
Nella Carnia
Nel gennaio 778 il duca franco Masselio dona al Monastero di Sesto al Reghena la
Curtis Regia, in suffragio dell’anima di re Carlo: “Dono praedictae sanctae Ecclesiae sita
in loco Sexto seu vobis beato abbati et monachis (...) propter remedium pro domino nostro
Carolo et anima ei remedium, villam quae sita est in montaneis que dicitur Furno, cum
omni adiacentia vel pertinentia sua, cum terris, casalis, pratis, pascuis, silvis, pomicentia,
montibus, aquis, astalariis, casis, curtis, ferro et ramen (...)” e ciò fa pensare ad una
attività già da lungo tempo impostata a Forni di Sopra.
Nell’anno 1077 l’imperatore germanico Enrico IV fece dono della contea del Friuli al
Patriarca d’Aquileia. I patriarchi fino al 1420 mantennero il diritto assoluto su tutti i beni
siti nel territorio a loro soggetto sui boschi, sulle zone incolte e sulle miniere.
Il patriarca Gregorio di Montelongo (1251-1296) autorizzò l’estrazione dell’oro e
dell’argento in qualsiasi parte del patriarcato. Raimondo della Torre (1273-1299) concesse
al boemo Rewdal, detto Haylner, a Wasango di Villacco ed altri (10 giugno 1292) la
licenza di scavare argento, piombo e qualunque altro metallo nel canale di Gorto ed in
dieci miglia all’intorno. Nell’atto si prevede che la lavorazione avvenga a spese dei cavatori,
si concede la costruzione di forni e l’uso del legname dei boschi patriarcali continuando
così, per il trattamento metallurgico, il depauperamento dei boschi carnici. Il 6 giugno del
1328, a Tolmezzo, il Patriarca d’Aquileia Pagano della Torre (1319-1332) concede in
perpetuo a Nassimbene detto Guercio di Scarfedara e soci di fare un forno per lavorare
ferro e una fucina in Carnia nella contrada Avoltri. Segue l’11 giugno 1353 un altro
analogo permesso a Gesilo quondam Giacomo di Forni.
Il 10 giugno del 1392 e il 10 gennaio del 1395 si ebbero investiture riguardanti l’estrazione
dell’argento nel Canal di Gorto contrada Gorti. L’ubicazione delle miniere fu indicata
da Giuseppe Girardi (1841) in Agrons: “In Agrons (...) si osservano ancora traccie
delle cave in epoche lontane, formate per estrarre i minerali d’argento (...)”, e da Enrico
Palladio (1659) nel Monte Avanza: “(...) Vallis in occidentem, e arcton Gortium dicta est
amne Decano alluitur. Castro Luintio à Patriarcha Nicolao diruto, e argenti fodina, non
obscura. Eam in Avantio monte haberi fama tenet.”. L’ipotesi più plausibile è quella del
Palladio perché la tetraedrite del Monte Avanza è argentifera e nel Canale di Gorto non ci
sono altre mineralizzazioni che rivelino argento in quantità sfruttabili.
Il 16 luglio 1420, il Friuli e la Carnia furono assoggettati alla Repubblica Veneta e si
ebbe un nuovo impulso ai lavori minerari per rifornire l’arsenale veneziano di minerali e
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prodotti finiti. La Carnia, grazie al volontario assoggettamento alla Serenissima godette
di notevoli privilegi mediante l’esenzione delle tasse sullo scavo, l’utilizzo dei materiali e
la costruzione di fornaci. Tali privilegi, però, non furono estesi all’estrazione dei minerali
e al pagamento della decima sul venduto.
Nell’anno 1459 G.G. Prampero ottiene la concessione di scavare metalli in Carnia e
nel 1483 Antonio Franceschini, cancelliere della patria del Friuli, nella “De regione carnica
illustratio” scrisse “Carnia sita est juta montes metallosos et conferatur cum totius Italiae
jugis, nullibi reperiuntur tot genera metallorum et tam copiosa sicut in Foro Julii” che
testimonia l’importanza dei giacimenti della Carnia.
Il 14 novembre 1488 viene emesso un documento di vendita della miniera del Monte
Avanza, da Daniel Raytemberger di Tolmezzo, ad una compagnia per cavare argento da
quella. La famiglia Raytemberger testimonia il flusso migratorio di nobili o ricche famiglie
“tedesche” che vennero a stabilirsi in Friuli. Il capostipite Federico Raytemberger,
padre di Daniele, prestò giuramento davanti all’arengo nel 1430 e divenne uno dei maggiori
proprietari terrieri. Il 13 maggio 1488 è datata la pubblicazione del primo regolamento
minerario emanato, dalla Repubblica Veneta, per il Dominio Veneto. La legislazione
mineraria, affidata al Consiglio dei Dieci, mise fine all’arbitrio con cui erano accordati
i permessi di ricerca e concessione ed impose disposizioni giuridiche ed amministrative.
Il primo documento che testimonia concessioni minerarie nell’area del passo di
Montecroce è del 1489 a cui seguirono molti altri atti nel 1490, 1493, 1506, 1577, 1578.
Nel 1506, con una ducale dell’11 dicembre si concede a Christophorum de Rausis di
cavare minerale in “Primosio”.
Sempre nello stesso anno c’è una supplica al Consiglio dei Dieci perché si riatti la strada
che da Comeglians conduce, passando per Forni Avoltri, in Cadore perché la miniera del
Monte Avanza sia favorita nei trasporti del minerale. Alcuni documenti testimoniano l’applicazione
del codice minerario investendo i legittimi proprietari. Infatti, è nel 1507 che
viene denunciato al Consiglio dei Dieci un episodio, uno dei tanti, di disputa tra i proprietari
contro due tedeschi che, riconosciuti colpevoli, sono banditi dal territorio.
Lo sfruttamento del materiale cuprifero del Monte Avanza continuò e nei primi anni
del 1500 a sovrintendere la miniera venne il senese Vannuccio Biringuccio che scrisse
nella sua famosa opera “De la pirotechnia” “(...) in fra le altre miniere del monte Avanza
dove io ancora già intervieni in compagnia di certi gentilhuomini a farne lavorare una più
tempo (...) perche teneva 3 oncie, e meza d’argento per ogni cento di minera: e certo ne
haveressimo tratto buon frutto, se la fortuna in quei tempi non havesse suscitato una
guerra fra Massimiliano Imperatore, e li Signori Venetiani, qual sè, che quelli luoghi del
Friuli, e della Carnia, non si potevano habitare, e così ci costrinse ad abbandonare l’impresa
nostra (...)”. Il 16 marzo 1517 è datato il documento per lo sfruttamento di una miniera
denominata “del Sabion” nel Canale di Gorto e della quale, oggi, si sono perse le tracce.
Ermacora Quintiliano (1540-1597) nella “Antichità della Cargna” menziona miniere
d’argento non solo nel “Monte Primosio” presso il villaggio di Timau, ma altresì nel
Monte Avanza nel Canal di Gorto.
La guerra tra Massimiliano I d’Austria (lega di Cambray) e la Repubblica Veneta
causò il periodo di sospensione dell’attività estrattiva tanto che Jacopo Valvasone di
Maniago, nel 1565 poté scrivere: “Nel luogo di Avanza si vedono pure vestigj di miniere,
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e in Premesto già ve n’era una di argento e di rame ed in alcuni luoghi insino a questi
tempi si lavora”.
La miniera nel 1641 era posseduta dai signori Atimis di Udine i quali il 2 gennaio 1642
la cedono, nel rispetto delle leggi minerarie vigenti, a Liberal Fabris, Francesco Giera e
Pietro Soler tutti cadorini le cui famiglie continueranno a possederla per alcuni decenni.
Nel 1648 i signori di Strassoldo avanzano diritti sulla miniera, ma in base alle precedenti
investiture la concessione viene confermata, l’8 agosto 1657, ai signori Fabris, Gera,
Soler e compagni. Nel 1662 risultano proprietari i signori Fabris, Gamba e Gera.
L’attività della miniera si ridusse notevolmente verso la fine del XVII tanto che, il 29
luglio 1697, fu informato il Doge Antonio Grimani sullo stato d’abbandono della miniera.
Agli inizi del XVIII secolo la Carnia è sottoposta alla giurisdizione del Cadore e
risulta che la miniera del Monte Avanza, abbandonata, è di proprietà di Francesco Poli.
Giovanni Candido nei “Commentarii dei fatti d’Aquileia” (1544) menziona che “Del
monte dalla Croce cavasi oro, ove già fu la rocca di Turone, ora spianata (...)”. Nicolò
Grassi (1782) nelle “Notizie storiche della provincia della Carnia” dà notizia che, nel
“Monte Primosio” come in Agrons, si vedono i buchi delle cave dove si estraevano argento
e anche a Forni Avoltri si osservavano i resti di un edificio per la lavorazione appartenuto al
nobile Molin patrizio Veneto. Giuseppe Girardi nella sua “Storia fisica del Friuli” segnala
che nel distretto di Paluzza si rinvengono molte tracce di rame grigio argentifero e nella
carta del Coronelli vi è segnata in prossimità del Torrente Moscardo una miniera di rame;
che a Cercivento poi nel Monte Agalt esiste una miniera d’argento e n’esistono anche nel
“Monte Primosio” e che a Timau ha osservato gli avanzi dei forni fusori.
Cenni a Carnia e Friuli nel “De la pirotechnia”. Carta del Canal del Ferro (XVIII secolo).
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Il Taramelli nel 1869 correlava gli affioramenti paleozoici mineralizzati del Monte
Avanza a quelli di Pramosio e Timau “Per ora essi bastano solamente a fissare il livello
comune a tutti loro, specialmente solfuri; livello che procede verso oriente sino ai filoni di
Calcopirite di Primosio, presso Timau alle origini del But (...)”.
Sino all’inizio del XIX secolo l’attività mineraria nel Monte Avanza segnò un momento
di sospensione; il Marinoni (1881) scrisse “(...) e di nuovo abbandonate fino a
smarrirne ogni traccia. Nel 1813 rivissero un altra volta allorché un cacciatore, certo
Kratter, rintracciò a caso il perduto filone seguendo su per quei monti le svariate colorazioni
delle rocce; ed i campioni spediti per l’analisi ad Hallein nel Salisburghese suscitarono
speranze di lucri portentosi”.
Dal 1813 in poi si effettuarono diversi accertamenti per un ripristino dell’estrazione
da parte dell’Istituto Geologico di Vienna. Nel 1858 i lavori vennero ripresi dalla Società
Veneta Montanistica, che ottenne l’investitura il 26 settembre 1862, sul fondo proprio e
parzialmente su quelli della ditta Romanin di Forni Avoltri e Solero di Sappada. Nonostante
il nome della società i capitali e direzione erano tedeschi e vennero spesi, allora,
più di un milione in gallerie, strade, fucine, fabbricati. Furono impiegati più di 400 operai,
ma le concentrazioni metallifere molto discontinue e le gravose spese fecero rallentare
i lavori finchè furono sospesi nel 1876 essendo scaduta la concessione. Nel 1885 la
miniera risultava ancora inattiva e senza indagini in corso. Nel 1895 dagli annali statistici
del Corpo delle Miniere risultava che la miniera di Avanza era rimasta improduttiva ed
era anche inattiva alla fine dell’anno, limitandosi i lavori alla semplice manutenzione
“Così ad Avanza (...) la Società Veneta Montanistica sospese nell’autunno scorso i lavori
che erano stati ripresi per ingiunzione di questo Capitanato, ed avendo essa assicurato di
voler tosto eseguire gli atti per la vendita alla pubblica asta delle sue miniere. Ottenne dal
Capitanato una nuova proroga a tutto giugno 1896, alla condizione che nessuna altra
proroga verrà accordata, ove almeno non siano stati iniziati gli atti giudiziari per la deliberata
vendita”.
Alla Società Veneta Montanistica succede la Ditta Luzzato e Lampronti che non eseguendo
alcun lavoro rischia di perdere la concessione e nel 1900 viene richiamata “Col 3
ottobre scadeva l’ultimo termine assegnato alla Ditta Luzzato e Lampronti per la ripresa
dei lavori (...) in quella di rame grigio argentifero di Avanza (...). Tale termine essendo
ancora infruttuosamente trascorso, e non essendo parse sufficienti le ragioni addotte dagli
interessati per giustificare l’inattività e ottenere una nuova proroga, questa venne negata.
(...) le visite di constatazione per l’emissione dei decreti di revoca (...) sarebbero state
eseguite nella primavera dell’anno successivo”. I titolari nel 1901 ripresero i lavori, evitando
la revoca dell’investitura. La miniera rimase attiva, ma non produttiva limitandosi
alla semplice manutenzione degli impianti esistenti, fino al 1908. La miniera nel 1910
rimase completamente inattiva. Nel 1921 era concessionario il sig. Petrosini che non
effettuò alcun lavoro di rilievo. Negli anni successivi seguirono numerose investiture, ma
si limitarono alla semplice manutenzione degli impianti ed alla ricerca.
Nel 1939, con l’inizio della seconda guerra mondiale, si ebbero ingenti finanziamenti
per la ricerca e l’estrazione. La concessione venne affidata alla ditta Micoli-Toscano che
riprese i lavori e la ricerca riattivando tutti o quasi i vecchi lavori ed effettuando piccoli
scavi per seguire la mineralizzazione. Nel 1940 la Società Anonima Miniere Monte Avanza
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(S.A.M.M.A.) che aveva rilevato la ditta Micoli-Toscano concentrò i propri sforzi nella
sistemazione e costruzione di impianti esterni, edifici per il personale, laveria, teleferica
ed impianto elettrico con l’impiego di 52 operai. Negli anni successivi si procedette ad
allungare le preesistenti gallerie, a creare fornelli e, nel 1942, vennero prodotte 3.500
tonnellate di minerale greggio al 2% di Cu.
Gli eventi bellici del 1944-45 posero fine alla ricerca ed all’estrazione e nel 1952 la
S.A.M.M.A. perse la concessione. Nel 1975 è iniziata un’indagine geo-mineraria dalla
Società Finsepol di Trieste al fine di valutare le potenzialità del giacimento forse più per
uno sfruttamento in prospettiva futura che per un immediato utilizzo dei minerali estratti.
Nel Canal del Ferro-Val Canale
Anche nel Canal del Ferro-Val Canale vi sono testimonianze storiche d’attività estrattive
o quantomeno di tentativi o ricerche nelle miniere della Val Aupa, del Monte Glazat sopra
Pontebba ed in altre località. Nella Valle del Fella (Val Canale) i signori di Brazzà impiantarono
fucine per la metallurgia del ferro e del rame nel 1486 e 1498. Documenti del
1347, 1430, 1651 e successivi parlano di fucine fra Ponte di Muro e Ponte di Legno
(Canal del Ferro), in cui il ferro “coquitur et laboratur” (si cuoce e si lavora). La maestria
nel lavorare il ferro era nota sia ai Patriarchi sia alla Repubblica Veneta, tant’è che da
documenti emerge la preoccupazione della Repubblica Veneta di mantenere le locali attività
di “fabbro e incassadore di schioppi”, ma anche di acquistare tutti gli archibugi prodotti
affinché non fossero venduti ai “tedeschi”.
Lo storico Jacopo Valvasone di Maniago nel 1565 scriveva “(...) non è molto discosta
una miniera d’oro ritrovata non da gran tempo da un tedesco nei monti di Aupa il quale,
Nel versante sinistro del Rio Gelovitz si apre la miniera di ferro.
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partendo, la turò levando la speranza ad altri di farne esperienza (...)”. Anche Giuseppe
Girardi riporta questa notizia: “(...) nell’archivio di Moggio si trovò una investitura
conceduta dal conte Lodovico Porzia Governatore di quella Badia in data 9 giugno 1467
a certo Padre Melchior Tedesco = fodienti aurum et argentum in omnibus montibus totius
districtus Abbatiae Moggii, solvendo semper deciman Abbatia Moggii=”.
Un altro documento del 1651 investe Antonio Piccio di alcune miniere nel Canal del
Ferro. Sembrava che, il 6 settembre 1717, si fosse scoperta una miniera d’argento vivo,
cioè mercurio, tanto che Antonio David scrisse un sonetto con il titolo “In occasione della
Miniera d’argento vivo scoperta nella Ponteba Veneta da S. E. il Luogotenente della Patria
Giovanni Sagredo”. Il Luogotenente scriveva al Gastaldo di Pontebba: “Avuta recente
notizia che nell’ingresso della Ponteba Veneta a man destra verso l’acqua potesse esserci
principio d’una miniera d’argento vivo nelle rovine d’una casa diroccata (...)”. Di
un’altra miniera si ha notizia nell’anno 1793 della contesa tra i sigg. Calice di Paularo ed
il Comune di Pontebba per la concessione di cavare piombo dal Monte Glazzat, mentre
Gian Domenico Ciconi, nel 1862, ricorda che “Sopra Pietratagliata eravi una miniera di
ferro, e vedonsi traccie degli eseguiti lavori (...)”.
Le altre miniere, quelle di Ugovizza e di Raibl, sono site nel comprensorio della
Valcanale. La potente famiglia Fugger d’Augsburg, che dominò la scena mineraria della
Carinzia in varie epoche, non fu interessata alle miniere del Monte Cocco e solo in parte
a quelle di Raibl, probabilmente ritenendolo, e a ragione, un investimento a rischio visti i
continui scontri con la vicina Repubblica Veneta. Molte famiglie d’industriali della
Valcanale si alternarono nella gestione delle miniere poiché l’estrazione e lavorazione dei
metalli era un’attività redditizia e fondamentale per la società.
Carlo II, nel 1575, emise un regolamento minerario nel quale si definiva che, il diritto
di sfruttamento delle miniere spettava esclusivamente al signore e principe del paese,
abbia o non abbia concesso in feudo tale diritto. Ne conseguirono conflitti di competenza
fra il Vescovado di Bamberga e l’autorità statale e tali difficoltà di competenze terminarono
nella metà del XVIII secolo con le riforme di Maria Teresa. Marie von Platzer ha
raccolto un episodio di tali conflitti “ Due sudditi bamberghesi, (...) si erano rivolti al
duca Carlo II di Stiria (...) di poter attivare la miniera di Ugovizza. (...). Egli concede a
Stefano Pietsching il diritto su “Ein neu erfundennes Eysennperkhwerkh so inn Uckowitzer
Alm bey Malburgeth gelenen” (una miniera di ferro scoperta a nuovo che giace nella
malga di Ugovizza presso Malborghetto) (...). Il Capitolo, offeso (...) negò al Pietsching il
diritto di produrre carbone e gli rifiutò il legname.” L’impresa non andò quindi a buon
fine anche per le difficoltà d’estrazione del minerale.
Sotto l’Austria, le miniere d’Ugovizza e di Raibl dipendevano dal Capitanato montanistico
di Klagenfurt, dopo l’annessione furono controllate giuridicamente dall’Ufficio montanistico
di Trieste, mentre per le normative tecniche facevano testo le vigenti leggi statali. Dopo
l’annessione vi fu un periodo d’assestamento dovuto alla presenza d’antiche concessioni
minerarie che seguivano ancora la vecchia legge mineraria austriaca. Ad esempio, più persone
o società potevano chiedere il permesso di ricerca nella stessa zona per più minerali o
per i medesimi minerali. Il permesso seguiva però l’ordine temporale d’investitura e allo
scadere della prima concessione subentrava automaticamente la seconda e così via. Si crearono,
pertanto, problemi tra la Società Ansaldo-Cogne e la Società Anonima Miniere Cave
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del Predil per la sovrapposizione dei permessi di ricerca nell’area del Monte Cocco. La
vertenza si concluse con la rinuncia alla ricerca da parte della Società Anonima Miniere
Cave del Predil. Altra modifica, a quanto era praticato sotto l’Austria, è che il Commissario
generale civile non accoglieva più licenze d’indagine per ampie circoscrizioni, ma
solamente per singoli distretti politici, corrispondenti alle sottoprefetture.
Nella Valcanale una zona mineralizzata e sfruttata, così vuole la tradizione, anche al
tempo dei romani, è il Monte Cocco di cui si hanno poche e frammentarie notizie e quelle
più attendibili sono riferibili al secolo XIX. La prima relazione, dell’Ansaldo Cogne è datata
il 15 dicembre 1923, mentre è in data 11 febbraio 1926 il verbale di comunicazione, al
Comune d’Ugovizza-Valbruna, dell’ing. Emilio Rimediotti quale esercente della miniera.
Buona parte dell’archivio sulla miniera in possesso degli eredi dell’ing. Rimediotti, i
signori Paola Bertoldi e Claudio Marforio, è stata da questi gentilmente affidata al Museo
Friulano di Storia Naturale.
I più antichi studi, datati 1878, sulle gallerie e sul giacimento appartengo a Seeland
che in una breve nota menziona i proprietari, descrive il numero delle gallerie e riporta
un’analisi chimica della mineralizzazione. Notizie più dettagliate si hanno dopo il 1918
quando le miniere, prima austriache, passarono allo Stato italiano.
Anche le miniere di Raibl furono sottoposte a coltivazioni in epoche remote, si parla del
1006 con vaghi cenni, ma documenti sicuri sono datati al 1320 anno in cui l’imperatore
Federico III, detto il Bello, rilasciò ad una compagnia di minatori la concessione di scavare
minerali. Un documento del 1456, inerente la richiesta di un permesso di scavo, testimonia
che l’attività di ricerca e d’estrazione era continuata e che la miniera di Raibl andava ad
assumere, nel tempo, sempre più importanza. Infatti, la Repubblica di Venezia conosceva la
località, ma sotto il nome di Cave del Predil e con questa aveva costanti scambi commerciali
com’è testimoniato da un documento doganale del 3 aprile 1659 “(...) piombo, si estrae
dalle miniere di Raibl vicino a Monte del Gragno e passa nello Stato Veneto migliaia n° 20
a Lire 500 il migliaio (...)”. Dal 1854 l’importanza del giacimento aumentò con un massimo
di produttività negli anni ’60 fino alla loro chiusura il 30 giugno 1991.
Nelle Prealpi Carniche
Fucine di ferro furono impiantate nel Torrente Melò, presso il lago di Cavazzo, ad
opera dei Savorgnani, nel 1554, ma furono presto abbandonate per la scarsa qualità del
minerale “Sul Melone presso il Lago di Cavazzo vi sono le vestigia di fucine di ferro che
nel 1554 furono fatte dai Savorgnani e poi abbandonate per la poco buona qualità del
minerale, con dispendio di oltre 5000 ducati (...)” come riferisce Jacopo Valvasone di
Maniago, testimone all’epoca, nel suo “Descritione del Friuli”.
A Peonis nel 1839 fino al 1847 una società sfruttò, oltre le ligniti qui presenti, anche
la pirite e marcasite spedite, per il trattamento, a Judenburg nel Salisburghese.
Nelle Prealpi Giulie
Giuseppe Girardi (1841) avvalora l’ipotesi di Coronelli e di altri autori, che collocavano
l’antica Noreia, ricca di miniere d’oro e di ferro, tre miglia sopra Venzone fra il
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Torrente Venzonassa ed il Fiume Fella e scriveva “(...) situata probabilmente (...) da quel
monte non lungi, ove estraevansi le accennate ricche miniere di ferro, ove esiste un rio
così detto delle miniere, ed ove si trovano tuttora gli avanzi d’una antica galleria”. Anche
se è certo che l’interpretazione data dal Girardi sull’ubicazione dell’antica Noreia è errata,
trova conferma, invece, la sua descrizione quando fa riferimento alle miniere di ferro
site presso il Rio delle Miniere. Questo certamente corrisponde all’omonimo rio presente
nella valle del Rio Gelowitz ove si possono ancora osservare le antiche gallerie realizzate
per l’estrazione della limonite ed ematite. Gian Domenico Ciconi nel 1862 segnala minerali
di ferro nel Monte Musi sopra Lusevera e lungo la sponda destra del Torrente Venzonassa.
Nel 1919 i fratelli Morandini di Tarcento eseguirono alcuni saggi in località Roncàt,
lavori proseguiti saltuariamente fino al 1923 per poi essere abbandonati. Nel 1932 Egidio
Feruglio descriveva il giacimento di ematite del Roncàt: “(...) il giacimento metallifero
del Roncàt è situato (...) sul ciglio della dirupata valletta dello Zeliesni patok (...). Il
minerale era già stato in altri tempi oggetto di ricerche (...)”. Dopo tale data non sono note
notizie di ricerche o sfruttamenti, questi ultimi, probabilmente, mai avvenuti.
Nelle Valli del Natisone
Giusto Grion (1899) scriveva “(...) addì 20 agosto 1498 furono minacciate dai villici
le officine di cinabro di Alvise Pisani a S. Pietro di Poloneto; addì 22 incendiate quelle di
Leonardo Manzano poste a Grumpignano sul Nadisone, perché le esalazioni del cinabro
danneggiassero l’agro. (...) la casa d’Austria restò in possesso delle miniere cividalesi, e
i campi di Poloneto e di Grumpignano andarono esenti dal fumo del cinabro”. Le miniere
cividalesi di cui parla il Grion sono quelle di Idria scoperte da Virgilio Formentini probabilmente
nel 1493 e perse, con la pace di Noyon (15 agosto 1516) ed il trattato di Wormazia,
pochi anni dopo a causa della guerra contro il duca di Brunswich. Nelle località sopra
indicate si trattava il cinabro per ottenere il mercurio mediante arrostimento.
Anche qui la tradizione vuole che esistessero miniere d’oro e Carlo Podrecca scriveva,
nel 1884, “Nella località detta Tarsiza del Matajur si fecero tre assaggi di una miniera
d’oro. Il primo nel 1866, ad opera del Governo austriaco, e si abbandonò perché trovato
l’oro commisto a zinco ed in quantità giudicata troppo piccola. Il secondo fu ritentato nel
1873, da un signore austriaco e lasciato in asso, forse per difetto di mezzi. Di nuovo nel
1878 ingegneri austriaci studiarono il terreno, e conclusero per l’esistenza di una ricca
miniera d’oro e d’argento, ma richiedente profonde e costose escavazioni (...)”.
Il Girardi (1841) parla di una investitura il 30 giugno 1517 ad un certo Gerolamo de
Raimondi e soci di una miniera di mercurio a Cisna sopra Cravero, frazione di San
Leonardo, ma che da un sopralluogo effettuato in compagnia dell’amico abate Professor
Pirona non si riuscì a rintracciare le vestigia di nessuna miniera perché “ (...) dopo il giro
di tre secoli, non è maraviglia se sparvero le superficiali vestige, e se tace la tradizione”.
Egli tuttavia riferisce: “Il filone d’argento vivo da me rintracciato a Cisna, non lungi dal
quel monte si manifesta, cioè a Lonca, ove dal governo illirico furono non ha guari praticati
alcuni scavi d’esperimento (...). A Stupizza nel distretto di San Pietro si vede pure
ricomparire lo stesso minerale sotto forma di mercurio nativo, e nei contorni di Albana,
frazione di Prepotto, trovai il cinabro nativo bitumifero (...)”.
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Nel 1855 Franz Ritter von Hauer nel suo lavoro “Das Quecksilbervorkommen von
Gagliano bei Cividale in der Provinz Udine” non descrive un nuovo sito, ma, ottenuti i
lavori dal Pirona, effettua un sopralluogo e commenta i ritrovamenti di mercurio di Spessa
e S. Giuseppe confrontandoli con analoghi rinvenimenti avvenuti in altre parti d’Europa.
La località Gagliano gli era nota dal Bollettino Provinciale del Friuli e dal soprintendente
alle opere montane e miniere del Governo austriaco, infatti scrive “Oeffentliche
Blätter (das Bolletino provinciale del Friuli, vom 15. April v.J. und daraus Freiherrn von
Hingenau’s Oesterreichische Zeitschrift für Berg- und Hüttenwesen Nr. 19) enthielten
die ersten Nachrichten über ein Vorkommen von Quecksilber in der Nähe von Gagliano
bei Cividale (...)”.
Giulio Andrea Pirona, nel 1855, parla della presenza di mercurio nativo a Spessa
località Poloneto “In quest’argilla (...) e nelle marne si trovano sparsi innumerevoli globetti
di Mercurio metallico, i quali al minimo tocco si raccolgono in goccie che scolano dalle
numerosissime fessure della roccia marnosa ed arenacea (...). I pochi lavori d’assaggio
(...) benché produttivi sono troppo superficiali ed esigui per condurre senz’altro alla conclusione
che si possano continuare con frutto”.
Un’altra località indicata dal Pirona e distante circa 2 km da Spessa è quella di S.
Giuseppe “(...) nella località Ronchi di S. Giuseppe il sig. Germanico Pace di Cividale nel
1845 (...) nel fare una fossa per le fondamenta dei muri s’incontrò in un deposito di circa
30 libbre di Mercurio metallico (...)”.
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ANTICHE LEGGI MINERARIE
Con il Medio Evo inizia quel processo intenso di sfruttamento delle risorse minerarie
che porta ben presto i governi interessati a dover dirimere controversie tra minatori, proprietari
del fondo, boscaioli e valligiani.
I conflitti dovevano essere molto frequenti e scaturivano dalle complesse interazioni
che sorgevano all’aprirsi di una miniera. L’impatto sociale ed ambientale spesso non era
gradito dalle comunità locali. L’attivazione di una miniera, portava inevitabilmente a
deturpare l’ambiente circostante inquinando o intorbidando i corsi d’acqua o addirittura
deviando i flussi dei torrenti. Inoltre si avviava un rapido depauperamento dei boschi che
fornivano il necessario legname per le infrastrutture delle miniere o per la fusione del
metallo, e questo creava conflitti con chi del bosco faceva affidamento per la propria
sopravvivenza. Frequenti erano i contrasti fra gli stessi minatori che degeneravano spesso
in veri conflitti armati. La figura riprodotta in questa pagina è rappresentativa di quanto
detto; si nota la montagna spoglia di vegetazione, il lavoro dei minatori ed in primo piano
una contesa tra i lavoratori delle miniere. In alto a sinistra e in basso a destra, vi sono il
castello ed il castellano con la dama posti a contornare la scena. La loro posizione non è
casuale ed indica, allegoricamente, i costanti controlli esercitati dai signori del luogo o
dai patriarchi che vedevano, nelle miniere, un’attività proficua, fonte di ricchezza.
Una miniera dell’Hartz nel XV secolo (da
Harbot).
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Molte furono le ordinanze per impedire che durante i contrasti si arrivasse al sangue.
Furono bandite le armi tra i minatori, gli osti non potevano mescere il vino dopo una certa
ora ai minatori. Si sentì così la necessità di raccogliere le leggi legate alle tradizioni orali,
o di stilarne di nuove in codici minerari.
Il più antico codice minerario è quello emesso, nel 1208, dal principe vescovo di Trento
Federico Wanga nel “Liber de postis montis Arzentarie” per le miniere del Monte Calisio
in Trentino.
Il 13 maggio del 1488 è esteso a tutto il Dominio Veneto, un codice “Capitoli et Ordini
Minerali”, che segue di ben 280 anni quello emesso da Federico Wanga.
Esso consta di 39 capitoli ed ordini, tali capitoli furono in seguito, il 14 marzo 1670,
ampliati con altri 10. Il codice fa proprie alcune leggi che già erano in vigore oltralpe, a
dimostrazione di quanto era importante la notevole esperienza, anche legislativa, dei “tedeschi”,
ma anche per mantenere alcune tradizioni ormai consolidate nelle maestranze
spesso d’origine tedesca.
Le norme contenute in questi capitoli sono particolarmente importanti perché toccano
quasi tutti gli aspetti dell’attività mineraria, dalle investiture, all’organizzazione delle
compagnie. I punti più importanti possono essere così riassunti:
· Una Compagnia non può avere più di tre “buse” ed in ciascuna non possono lavorare
meno di tre persone;
· Che si dovrà indicare il perimetro di scavo o investigazione;
· Che un membro della Compagnia non possa vendere o scavar metallo senza il consenso
degli altri;
· Che una “busa” non possa esser tolta ad una compagnia prima di un mese ed un giorno
di inutilizzo, nel caso d’allagamenti il termine è spostato di un anno ed un dì, se gli
impedimenti sono maggiori sarà il giudice a fissare il termine;
· Che si debba chiedere consenso, al proprietario del fondo, prima di richiedere l’investitura;
· Che nessuno possa vendere minerale né di dì né di notte senza aver pagato la decima;
· Che nessuno può perdere l’investitura o altro nei giorni di festa;
· Che se conviene lavorar con il fuoco debbano segnalarlo ai convicini e farlo rispettando
certe date ed orari;
· Che nessuno può occultare le “buse”;
· Che le “buse” siano ben armate affinché i lavoratori possano lavorare senza paura;
· Che se qualcuno intenda fornir legname alle “buse” questo possa essere investito di un
bosco;
· Che sono fissate delle distanze tra una “busa” e l’altra e, nel caso che le buse venissero
a scontrarsi, la precedenza l’ha il primo che ha ottenuto l’investitura.
Emergono alcuni principi fondamentali: quello della priorità della scoperta, come il
diritto d’investitura, quello della durata della concessione in funzione dell’effettivo esercizio
e quello della limitazione territoriale delle concessioni. È imposto che le gallerie
devono essere ben armate per evitare pericoli di crollo anche se alcuni nomi dati alle
gallerie, per esempio la fossa dei 14 martiri nel Monte Avanza, ci testimoniano antiche
tragedie.
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L’occultamento delle miniere è spesso più una fantasia popolare che un reale episodio.
Basti pensare alla “leggenda” riportata da Jacopo Valvasone di Maniago di quel monaco
tedesco di nome Melchiorre che, scoperta una miniera d’oro nella Val d’Aupa, prima di
far ritorno in Germania la turò perché nessuno la potesse sfruttare. Esistono documenti in
merito ed inoltre dai documenti emerge l’esistenza di un certo cappellano pre Melchiorre in
Malborghetto, ma sicuramente il minerale scoperto non era l’oro. L’altro problema di non
facile soluzione era quello legato al legnatico. Era regolamentata anche la fornitura di
legname alle miniere vista l’intransigenza, e a ragione, dei montanari che vedevano
esboscare le proprie montagne senza avere peraltro un individuale vantaggio.
Si riporta di seguito il testo integrale del Codice Veneto:
CAPITOLI ET ORDINI
MINERALI
Stabiliti dall’Eccelso Consiglio di Dieci
Adì 13 Maggio 1488
Per ovviar a molti inconvenienti, et scandali, che ogni zorno occorreva per le Buse, et
Minere d’Alemagna, tra coloro, che cavava, et lavorava dette Buse, et Miniere fu posto
li Ordini, et capitoli infrascritti contegniudi, li quali per esser stati da tutti li Signori
laudati, et approbati, sono stati universalmente da tutti, et in cadaun luogo, che se
lavora Minere osservadi, et per li quali ogn’uno stij contento, et vivino in pace, e ridondi
in grandissima utilità di tutti li Signori in el Dominio de quali se lavora tal cose, et
prima.
1. Che una Compagnia non possi esser meno di tre persone, et questa non possi haver
in una Montagna più di tre Buse.
2. Item cadauna Compagnia, che averà licentia, et auttorità di cavar debbia infra termine
di tre dì segnar i luochi delle tre Buse dove i vorrà cavar, e tuor le sue misure;
acciò altri, ovver altre Campagnie, che volesse cavar per virtù delle sue Licentie possi
anche loro segnar, e tuor le sue misure, et far lavorar a suo beneplacito; Dechiarando,
che chi prima haverà la gratia, prima debba elezer i suoi luoghi dove vorranno far
cavar.
3. Item, che uno non possa tenir le fattiche de un’altro più de zorni quindese, li quali
passando, e non pagando la sua Mercede, il Mercenario possa dimandar le rason del
Patron in quella Busa mediante la Giustizia, la qual se la domanderà dal Zudese, el sia
obligado esso Zudese non solum investirlo; ma etiam diffenderlo, et cadauna Busa per
zorni quindese possi dalla rason esser diffesa.
4. ltem cadauno dove, et quando li piacerà possa lavorar, et essercitarsi in le sue rason
non passando, nè eccedendo tamen i suoi Termini, ovver Confini, et se li paresse, ovver
volesse cambiar i suoi primi segni dentro tamen li Confini, chi prima li fusse stati dati,
debbia domandar licenzia al Zudese, et non la domandando perda le sue rason.
5. Item, che alcuno non possi perder le rason delle sue Buse in zorni Festivi, nè
alcun’altro il cui Soldo, nè Salario in zorno di Festa.
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6. Se alcuno ingannerà alcun suo Compagno, overo torrà più utilità di quello li tocherà
per la portion, et Carrattada sua, le rason sue vegna in li suoi Compagni se’l serà
provado esser così la verità.
7. Che uno senza consentimento de’ Compagni non possa commetter ad altri la
separation, cioè, la purgation delle Vene, nè la parte della Busa possi consignar ad
altri strani senza saputa, et consentimento de tutti li Compagni.
8. Che alcuna Busa armada, investida, et fabricada de Legnami in la qual per un Mese
continuo non si lavori, non possi per questo esser molestada, ne tolta, mà se la Compagnia
de chi sarà detta Busa non farà lavorar in quella subito il dì seguente da poi presa
perda le sue rason.
9. Item, che cadauno, che vorrà tuor Busa debbia domandar la Investitura di quella al
Zudese à questo deputato, et zurado, il qual remossa ogni fraude subito la debbia dar,
et assignar, e di quella investirlo, et perchè in Alemagna si paga per ogni investitura tre
Craici, che sono Soldi quattro de quì staria ben dui marcelli, denotando, che in Alemagna
questi tal Danari si deposita in una Cassetta per le spese occorse all’Officio sopra
questo deputato.
10. Item, che cadauno sarà primo Inventor di una Minera, che manifestamente venga à
luse, possi haver Passa tre più de mesura, che non ha cadaun’altro adherente, che non
fusse stà Inventor.
11. Che niuna persona possi, ne de dì, ne di notte portar à vender Vene, che non fusse
decimade, salvo, che con licentia del Soprastante di tal Decima, habbiando sempre il
Bollettin del Zudese, il qual non vaglia, salvo, che per una volta per il qual Bollettin
non habbi à pagar altro, che un Marchetto, et se alcuno comprerà Vene robade, overo
venderà in Montagna, overo in Casa, sia punido colui, che l’haberà robade, che per la
prima volta almeno perda un Membro, et incorrendo più de una volta in simil inconvenienti
sia appiccado dove l’havesse furado dette Vene, il Comprador veramente, overo
Compratori, che da questi tal, che havesse robado comprasse cosa alcuna, cioè Vene, ò
altra cosa dependente da queste per la prima volta sia condannado in Danari, et dalla
prima volta in sù perda un Membro almeno.
12. Messo, che sarà il Segnal, et sfesa la Terra per quelli, che havesse ottenuto licentia
di cavar possi tegnir giorni otto, dapoi, che haveranno messo il Segnal, et sfeso la terra
senza lavorar, li quali passati, et non lavorando cadi immediate delle sue rason.
13. Item, che se l’occorrerà, che uno domandasse dal Zudese le rason de un’altro allegando
esser passato il tempo, et il termine statuito à lavorar ut supra, colui, che serà
accusato possi per doi Testimonij fide degni, et Alieni da ogni suspition provado haver
lavorado, et mancando li Testimonij se debbi star à suo sacramento, et zurado lui
solemniter, over provado non habbi perso alcuna sua rason immò sia mantegnudo, e
conservado in quella.
14. Item, che se’l nascerà alcuna differentia trà la Compagnia, overo li Patroni de una
Busa, che’l se debba star à quello dirà, et delibererà la mazor parte de essi Patroni
circa el lavorar, ò non lavorar, dechiarando, che la mazor parte se intenda non per il
numero de Homeni di essa Compagnia, mà per il numero delle portion, et se quelli, et
quello della minor parte volesse, che’l se lavorasse, in questo caso vada a notificarlo al
Zudese deputado, et fazane far nota nei Libri auttentici, come per lui el vuol lavorar,
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come serà investido alcun’altra persona, questo tal, che haverà volesto far nota de
voler lavorar, se intenda restar su le sue rason.
15. Et perchè sono alcune Buse, le qual se convien lavorar con il fuogo si dichiara, che
dalla Festa di San Michiel fin alla Festa de San Zorzi, quelli, che vorranno metter fuogo
in le Buse debbino metter fuogo meza hora avanti il tramontar del Sol, et fatto il zorno
seguente non lassi più brusar; mà occorrendoli lavorar più con il fuogo, in questo tempo
lavori de notte; mà dalla Festa de San Zorzi fino à San Michiel, ch’è l’Instade, vogiando
pur lavorar con fuogo possino lavorar de zorno solamente, e non de notte, et questo se
fà perchè i Communi sì per fuogo, come per fumo fossero oppressi, essendo sempre
tenuti quelli lavorerà con li soprascritti fuoghi farlo saper à i Convicini quando i vorrà
metter fuoco, acciocchè niuno riceva alcuno incommodo, et non lo facendo saper siano
tenuti à refar ogni danno, et interesse, che per tal fuogo fosse seguido, da esser provado
il danno per doi Testimonij, risservando al Zudese oltra di questa la pena arbitraria.
16. Item, se alcuno, che se mette alla ventura à cercar Minere, et trova cosa, che li para
bona non possa esser pervegnudo da altri per spatio de otto zorni à tuor la Investitura
di essa Minera, mà non le facendo investir frà il detto termine possa quella esser data
à cui la vorrà, non ostante, che lui fosse stato Inventor.
17. Se alcuno veramente Mercenario d’alcuna Compagnia, volendo esperimentar la
fortuna, sia Cernidor, o Lavorador, over Famegio troverà alcuna Miniera, overo Vena,
tutto quello troverà sia di Patroni suoi, non intendendo questo il dì de Festa in li quali
li Mercenarij sono in sua libertà, perchè i non livra soldo.
18. Et se nelle Buse da cima, in mezo, overo da pè della Montagna li occorresse ruina,
ò sagitta, overo alcun’altra diversa fortuna, ò caso sinistro, che non si potesse lavorar
in esse Buse, oltra il termine di sopra specificado, che per questo non s’intenda haver
perse le sue rason; mà siano obligati li Patroni di detta Busa dar notizia al Zudese, et
visto el Zudese lo impedimento legittimo li slonga el termine con quella più habilità,
Attività in miniera
(da Buffon, XIX secolo).
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che a lui parerà, habbiando sempre esso Zudese la Giustizia avanti li occhi, et rispetto
alla utilità del suo Signor.
19. Se alcun torrà Legnami, overo Tavole overo altro di qualunque sorte de Instrumenti
di Vene, che non sia de sua rason la pena de tali Malfatori sstia in arbitrio del Zudese
à punirlo aspramente, et far pagare el danno à quelle persone fossero stà oppresse, et
per lo simil non ardisca alcun ruinar, nè guastar edificio alcun de alcuna persona,
ancora, che tal Edificij fusse di Buse abbandonate,
20. Item, niuno Lavorador pressuma andar in le Buse de altri senza licenzia della Compagnia
de tal Buse, et questo per oviar à molti scandoli, et Lite, le quali non dechiaro,
perchè seria longo scriver.
21. Et è da saper, che le misure d’una Busa all’altra sono Passa 21 in altezza, over
bassezza; ma per tresso s’estende usque ad infinitum, tutta volta da una banda, dapoi
l’haverà trovà el Filon; ed se’l fusse do Buse una appresso all’altra, che se venisse à
scontrar, et trovar pur assai Vena, l’è da saver, che quelli havessero havuto Investison
nella prima Busa puol andar, et cazar questi, ch’havesse havuto la seconda Busa dapoi,
et se quello della seconda Busa comparesse davanti el Zudese, et dir voler andar à
cavar verso quelli, ch’havesse havuto la prima Busa, trovando Vena, ò Filon quelli
primi non puol cazar, perchè così come el primo hà cazà el secondo, così il secondo
non puol intrar nelle rason del primo; Dechiarando questo esser uno delli principali
Ordeni da esser advertidi per evitar tutte le Lite potesse occorrer, et per questo in simil
casi si fà metter li segni con li Compagni, et mesure di questa cambiatione da primo à
secondo, et da secondo à primo, acciochè uno non venga nelle misure dell’altro.
22. Cadauna Compagnia, ch’abbia trè Buse puol liberamente intrare, et passar in
cadauna delle sue Buse dove hanno rason, et attion in altre veramente non.
23. Et è da saper, che se l’occorrerà, che per influentia de Acqua, che resorzesse à caso,
overo per qualche Fiumara el fosse oppresso, che qualche non fosse impedito a lavorar,
in questo caso questi tal oppressi per le Acque habbiano un’Anno, et un dì di tempo a
pensar remedio contra dette Acque, nel qual tempo non sia cazudi delle sue rason, et
passando il detto tempo, et non principiasse come è detto, habbia perso le sue rason.
24. Et se alcun se farà investir de qualche Acqua per voler con quella descoverzer
Vena, et per sua industria tegneranno serrada detta Acqua, et aperta, come li parerà
per modo, che con questa vegnando a descoverzer buona summa de paese, che havesse
Vena tutto quello, che havesse descoverto sia de sua rason, dechiarando tamen, che
questa Acqua non possi esser messa adosso de Buse d’altre persone.
25. Se l’occorresse differentia in qualche Investison de Buse da persona à persona chi
havesse più attion, o rason el Vicario, over Zudese sopra questo deputado le cose dubbiose
debbia tegnir per dubbiose, ne non farle chiare; mà pendendo queste differentie
quella parte, che proseguisse à lavorar non s’intenda per quello haver più rason dell’altre
parte, che non fusse lavorade, cioè, che non fesse lavorar, et questo fin à rason
cognossuta.
26. Se alcuno per non lavorar, aut alio quovis modo havesse perso le sue rason, che
l’havesse in qualche Busa, una, over più, et andasse dal Zudese à dimandar nova Investitura
di quelle medesime, el Zudese lo debbia investir non essendo prima investido
alcun’altra persona.
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27. Se alcuno vorrà cavar in Montagna, Campo, o Prado di alcuna particolar persona
dapoi, che l’haverà havuto l’investison dal Zudese deputado sopra de ciò, sia prima
tenuto remagnir d’accordo con quella particolar persona de chi fosse il fondo, et non
facendo la sua Investison non le vaglia niente, et non possi cavar.
28. Comandiamo etiam efficacemente, che se per alcuno sarà occultado alcuna sfessura
de Vene, quel tal sia punido Criminalmente in la persona sua, et anche in li suoi beni,
se’1 ne haverà.
29. Item, se’l serà agitado Causa, over Lite alcuna davanti el Zudese, dalla qual alcuna
delle parte se volesse appellar al Signor, sia obligado el Zudese mandar sotto bolla al
Signor tutti li Atti, Scritture, et Processi, che davanti da lui sono stà agitade ben, et
fidelmente sotto debito de sagramento, e indignation del suo Signor, et pendendo la
differentia, overo Apellation, per questo non si debbia restar de lavorar; ma la Vena, et
lo haver, che se caverà, debbia star in sequestro, ed in Deposito fin à rason cognossuda,
et colui per chi venirà la Sentenzia in suo favor sia obligato pagar la spesa fosse fatta
in cavar la detta Vena, o haver volta, havendo tegnu conto l’altra parte di quello l’haverà
speso per persona idonea.
30. Se alcun vorrà vender, ò per altro modo alienar le parte, che l’havesse in una, ò più
Buse, sia tenuto il Comprador, ed il Vendador farlo in presenzia del Zudese, el qual
debbia far notar tal Vendita, over Alienation al suo Scrivan zurando destinta, ed ordinatamente
per sedar Lite, et ad perpetuam rei memoriam.
31. Item, con ogni efficacia comandemo, che tutte le Buse dove se lavora siano ben
armade, et sufficientemente investide di Legnami, acciò li Lavoradori possino senza
alcuna paura in quelle lavorar.
32. Se il serà alcuna persona, che se dia a industria de tagiar Legne, ò far Carboni per
vender à quelli, che hanno Minere possi esser investido per passi quaranta de Bosco
per longhezza della Montagna, et per altezza possi andar fino alla sumità di quella,
quelli veramente, che havesse Buse, over Fusine da colar Vena possa esser investidi de
quattro fiade più, che è sopradetto, et questo se fà acciochè i Legnami, e Carboni non
siano subtratti delle man à coloro, che volesse far lavorar per mancamento delli quali
fossero impediti, le qual Investiture de Boschi el Zudese, e Scrivano siano tenuti scriver
in un Libro particolar ordinariamente come fanno delle Investiture delle Buse, nè possa
haver più pagamento di quello, che hanno delle Minere, sotto pena de privation de i
lor Officij.
33. Item, che il Zudese con li suoi Deputadi una volta al Mese sia tenuto sotto debito de
sagramento de far con li suoi Zuradi le rason delle Buse à cadauno, si che ogni uno
sappia la portion della spesa, che haverà toccado in detto Mese, delle qual tutte cose se
debbia tenir diligente scrittura.
34. Et se l’occorrerà, che alcun Mercenario per qualche sua necessità, ò volontà volesse
esser pagato avanti, che il Zudese havesse fatto le rason del Mese, come per il
Capitolo di sopra è detto, sia tenuto el Zudese in termine de tre zorni averli fatta rason
delle sue Mercede, acciò immediate el possa conseguir il suo pagamento.
35. Se alcuno se vorrà informar dal Zudese per il Libro delle Investison per consegiarse
se’l die comprar le rason d’altri, ò non che il Zudese sia tegnudo mostrarghe le rason
de colui, chè vuol vender, acciò, che’l Comprador possi con sincero animo comprar.
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36. Tutti li Atti, che potrà occorrere per differentie di queste Minere siano tenuti in un
Libro particolar, et così le diffinitioni, et Sententie di esse differentie, et questo perchè
in ogni evento le differentie, et Lite possano esser diffinite de similibus ad similia.
37. Ordinemo etiam, et comandemo se’l serà una, o più persone, sia di che condition
esser si voglia, che perturberà il lavorar delle Minere, sì con insidie di parole, come di
fatti, comandemo, che questi tali sia ligadi, et menadi alla Città Nostra con Processo
auttentico delli misfatti, che haveranno operato, et habbiano a esser puniti, et se da una
volta in suso alcuni, over alcuni incorrerà in simili inconvenienti, la punition non possi
esser manco d’un Membro, et Banditi dal Territorio, ove l’avesse commesso l’inconveniente,
nel qual lassandosi poi trovar siano incorsi a supplicio di perder la vita.
38. Item, che il Zudese, over Vicario con li Deputati di questo, siano tenuti a
strenzer per Giustizia le Opere, et Manoali, che seranno tolti a lavorar in queste Minere,
lavorar hore otto continue trà il zorno, et la notte, et tolte le Opere per tanto precio alla
settimana quanto li serà promesso debbia livrar Soldo per li zorni lavorenti, videlicet,
una settimana è sei giorni lavorenti essendo doi giorni di Festa, non die esser paga, se
non per giorni quattro, et così sussequentemente per rason; mà esse Opere il Sabbato à
mezzo giorno, s’intenda haver compito la sua settimana.
39. Si dichiara, che alcun Capo, ò Soprastante di Opere non possi tegnir, nè far tegnir
Taverna, nè vender Pan, Vin, Formazo, Carne, Drappi, Ferro, nè altra Mercantia all’opere,
che lavorasse sotto di lui, sotto gravissime pene, et scritture, et questo se fà
acciò, che essi Soprastanti per ingordisia de vender la sua robba, non habbia cason de
tuor triste Opere, alli quali Capi, et Soprastanti per il Zudese, et per li Deputadi li sia
dato solenne sagramento di far ben, et realmente il suo dover, et che el facci le opere
siano sollecite a lavorar, et quando se parte la Vena l’è usanza in Alemagna de dar un
Pasto à tutti i Lavoranti, chi hanno lavorato, et cavato della Vena della Busa su il qual
Capitolo è stà qualche pur contention per modo, che hanno redutto il Pasto in
compensation di cinque Craici per huomo, che sono otto Marchetti, et così si haverà à
dar otto Marchetti per uno per non star in contesa, e questo sia per suo beverazzo.
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1488. Die 13. Maij In Cons. X.
DOCUMENTI SULLE MINIERE DEL FRIULI
Le notizie raccolte dal Vincenzo Joppi e Alessandro Wolf (fine XIX secolo), sono state
utilizzate da Camillo Marinoni per la stesura del lavoro “Sui Minerali del Friuli” e fanno
parte di un manoscritto intitolato “Notizie-Schede sulle Miniere del Friuli” conservato presso
la Biblioteca Civica di Udine. Nel suo paziente lavoro Joppi ha fatto riferimento ad atti
notarili, memoriali, documenti conservati principalmente all’Archivio Notarile di Udine ed
al Museo Civico di Udine ed a manoscritti posseduti da alcune famiglie patrizie udinesi.
Qui di seguito sono riportati i testi d’alcuni documenti. Per scelta vengono riportati
solo atti notarili in parte tratti dal memoriale del notaio Belloni, che lo Joppi deve aver
desunto dal Bianchi o tradotto e riassunto dal latino, dal veneto o dal tedesco. Gli atti
prima dell’avvento della repubblica veneta sono tendenzialmente in latino con vocaboli
tedeschi e dialettali, in seguito sostituito da veneto che conserva ancora termini latini e
tedeschi, alcuni vocaboli poi non sono più ricorrenti e quindi di difficile interpretazione.
Molti documenti originali sono andati persi nel tempo a causa di guerre, incendi ed alluvioni
e le testimonianze ci vengono da trascrizione latine postume fatte da letterati e
studiosi. Per alcuni documenti si riporta il testo completo.
Dal manoscritto di Vincenzo Joppi
Anno 778, gennaio - Sesto.
Il Duca Mastellione dona a Beato Abate ed al monastero di Sesto il castello e villa di Forni
in Cargna con i diritti, rendite, masnade e miniere di ferro e rame (cum ferro et ramen).
Anno 1259, 17 dicembre.
Concessione di scavare argento, oro e simili di metà di un monte in qualunque parte del
Patriarcato d’Aquileja, pagando al Patriarca l’ottava parte.
Anno 1317, 11 novembre.
Filippo q. m Conzio di Cividale partecipa al Conte Enrico di Gorizia come fu trovato un
gran tesoro o monte di argento nei beni del Sig. Vecellone da Camino.
Anno 1317, 27 ottobre.
Società del detto Filippo e Sig. Guido da Camino per ajutare quei dodici che trovarono
detto tesoro nello scavo.
Anno 1328, 6 giugno - Tolmezzo.
Il Patriarca di Aquileia Pagano della Torre concede in perpetuo a Nassimbene detto Guercio
di Scarfedara ed a Pietro q. m Ser Valatino del detto luogo, a Pietro Lauro di Fusina, ad
Ottobono detto Monaco di Airale, a Spinello di Fusina e Gorello suo fratello e a Nicolò di
Scarfedara ed a tutti i suoi socii di fare un forno per lavorar ferro e una fucina in Cargna
nella Contrada Avoltri ove già fu anticamente. Concede loro poter riparare le case, di
costruire un molino per macinare le biade occorrenti sull’acqua ivi scorrente, ripassare
l’antico e pescare in detta acqua e pascolare colle loro bestie in tutta la contrada; tagliar
legna per il forno fucina e famiglie nel bosco Luza da Pontetremulo fino a Sappada al
sommo di Cleva e dalle sommità di Monti fino all’acqua del Degano. I Socij predetti
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abitino in dette case a loro piacimento lavorando il ferro ed usando delle acque, boschi,
pascoli, pesche etc., però siano soggetti al Patriarca e successori alla sua Gastaldia della
Cargna, promettendo il Patriarca difenderli, mantenerli ne’ loro diritti, pagandogli annualmente
soldi cinquanta di grossi veneti e millecinquecento libbre di ferro annue alla
festa di S. Martino per i cavalli del Patriarca ed una libbra di pepe per ognuno dei molini
e sieno tenuti pagar la muta (dazio) per le vettovaglie loro e de’ familiari. Anche le parti
promettono eseguire i patti ed il Patriarca si riserva il diritto di concedere Forni e Fucine
nella detta Contrada, fuori però dei confini a’ predetti assegnati per non fare loro danno.
Si riporta di seguito il testo integrale (tratto da Bianchi):
Die VI. mensis Junii.
In Castro Tulmetii. Presentibus testibus Magistro Condeo de Calio Medico, D. Zonfredino
de Oppreno Rectore Ecclesie S. Michaelis de Oppreno Vicedomino, Gubertino de Novate
notario, et Aymerico de Laturre Domicello infrascripti D. Patriarche, Raymundo de
Paona, et aliis.
Ven. pater D. Paganus Dei gratia S. Sedis Aquil. Patriarcha, volens sui Patriarchatus
utilitatem procurare, suo, et ipsius Patriarchatus nomine concessit perpetuo Naximbeno,
dicto Guercio de Scarfedara, et Petro quodam ser Vallatini de eodem loco presentibus,
et pro se, ac pro D. Petro Lauri de Fusina, Johanne de Ayrale, ser Ottobono dicto
Monacho de Ayrale, Spinello de la Fusina, et Gocello ejus fratre, et Nicolao de
Scarfedara, ac sociis suis, a quibus dictus Petrus habebat super hoc speciale et plenum,
mandatum, sicut apparebat per publicun Instrumentum factum manu Silvestri ser
Bennaxuti de Lefusina, imperiale auctoritate Notarii, anno et indictione presentibus,
die tertio intrante madio, ut ipsi socii superius nominati pro se, et suis heredibus, et
aliis quos sibi associare voluerint, possint, et valeant facere unum furnum ad ferrum
faciendun et laborandum cum fusinis una, aut pluribus necessariis ad ipsum furnum
super terram ipsius D. Patriarche et Ecclesie Aquil. in Carnia, in Contrada Avoltri, ubi
fuit antiquitus. Et quod possint reparare domos existentes, et alias necessarias pro
habitatione ipsorum et familiarum suarum infra sceptam, sive terminos assignandos
eis per predictum Raymundum de Paona, et alios distinandos ad ipsum locum ex parte
ipsius D. Patriarche: nec non unum, aut plura molendina construere per blado necessario
molendo, in aqua que ibidem labitur, et reparare antiquum, et piscare in ipsa
aqua, et cum eorum bestiis in Comtrada libere pasculare.
Ligna quoque necessaria eis pro hujusmondi edificiis, et pro fusinis, ac furno predictis,
et usu eorum et familiarum suarum incidere, et habere de Gualdo Luze, et alibi ubicumque
a Pontetremulo sursum versum Sapadam, usque in summo Cleve, et de summis montibus
usque ad aquam Decani; ita quod predicti, et eorum heredes, et quibus dederint predicta
omnia cum omnibus tectis et edificiis, sive domibus ibi existentibus, et de novo edificandis
perpetuo habeant, teneant et possideant, eisque utantur, et fruantum ad eorum liberam
voluntatem, cum omni jure fodendi, hujusmodi ferrum faciendi, et laborandi, et cum
aquis, et aquarum ductibus, piscariis, pascuis, et aliis superius nominatis, et cum omni
usu, actione et requisitione, sine contradictione cujuscumque persone. Ita tamen quod
ipsi, et familie ipsorum subjecti sint alii D. Patriarche, et Gastaldie sue de Carnie, sicut
alii in eadem Gastaldia habitantes. ipsi Promittens idem D. Patriarcha per se et suos
Successores eisdem Naximbeni et Petro, pro se, et aliis superious nominatis, et eorum
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heredibus, ac pro hiis quibus darent, predicta omnia concessa perpetuo eis defendere,
mantenere, et disbrigare ab omni persona, Collegio et universitate suis sumptibus et
expensis, et super eis litem, vel controversiam nullo unquam tempore inferre, aut inferrenti
consentire, nec facere de ipsis alicui concessionem aliquam in prejudicium eorundem,
dummodo sibi et suis Successoribus obedientes sint, et solvant fictum inferius denotatum;
videlecet solidos quinquaginta Venetorum grossorum, et libras mille quingentas ferri pro
equis ipsius D. Patriarche annuatim in festo S. Martini, et pro quolibet Molendino libram
unam piperis. Et non teneantur solvere Mutam de victualibus quos ement, vel ducent pro
usu eorum familiarium. De ferro autem teneantur solvere consucetum. Quod quidem fictum
idem Naximbenus et Petrus pro se, et Successoribus in prenominato festo S. Martini, cum
omnibus damnis, expensis et interesse faciendis et substinendis a termino in antea pro eo
petento et exigendo, sive ejus occasione, obligantes inde pignori ipsi D. Patriarche omnia
bona sua, et omnium predictorum habita, et habenda.
Unde idem D. Patriarcha suo, et Successorum suorum, ac Ecclesie sue predicte nomine,
prefatos Naximbenum et Petrum eorum, et predictorum nominibus de predictis
omnibus presentialiter cum uno capucio investivit.
Reservato tamen sibi, et suis Successoribus jure concedendi aliis ut facere possint furnos
et fusinas in dicto loco, sive Contrata, non tamen intra fines assignatos predictis, vel
tam prope, quod eis possent dampnum, vel gravament inferre. Concedens predictis pro
nuntio ad penendum eos in possessionem predictorum omnium que concessit eis,
Raymundum de Paona superius nominatum.
Anno 1341, 9 novembre - Udine.
Il Patriarca di Aquileia Bertrando concede a Seydis di Petau ed a Giovanni orefice di
Bologna, abitante in Udine, licenza di scavar metalli nel Patriarcato d’Aquileia.
Anno 1347, 15 agosto - Gemona.
Comparso avanti il nobile Odorico q. Cav. Artiro di Prampergo sedente in giudizio (come
giudicante nel Canal della Chiusa) Giovanni detto Sagarello di Venzone Superiore, espone
che Pietro q. Gidriuccio di Zegliano abitante in Prampergo già vendette la quarta parte
di una fucina per lavorare ferro situata nel Canale tra Chiusa e Ponteba per 9 monete di
veneti grossi ed un paio di scarpe da un giovine. Detta fucina su censo dell’Abazia di
Venzone dei Signori di Prampergo.
Anno 1353, 11 giugno.
Il Patriarca d’Aquileia Nicolò fà una concessione perpetua a Gesilo q. Giacomo di Forni
e a Giovanni q. Beltramino Brugni di Tolmezzo ed eredi loro e a chi vorranno associarsi,
che possono fare un forno per fare e lavorare il ferro nelle fucine sul territorio del Patriarca
d’Aquileia in Cargna nella Contrada Avoltri ove già fu e possano riparare le case ivi esistenti,
il molino sul Degano pescare in questo e pascolare colle bestie e tagliare legna per
la fucina e forno e casa nel bosco di Luza dal Pontromolo in su verso Sappada sino al
sommo di Cleuf e dalla sommità dei monti fino al fiume Degano e nessun altro possa
tagliar legna in què boschi. E ciò pel pagamento di 15 soldi di grossi Veneti.
Anno 1353, 24 ottobre - Pontebba.
Ser Nicolò q. Monfardino de Fusinis, abitante in Ponteba, loca a Bonaventura e Bartolomio
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figli di Giacomo di Posteol, una fusina, fra Lusica e S. Caterina sulle acque della Fella,
per dieci anni, a patto che detto Nicolò nell’indicato tempo debba provvedere la fucina di
ferro da lavorarsi, dovendo i locatari restituire dieci centinaja di ferro battuto e lavorato
ogni 13 centinaja di ferro massella, lavorandolo in buona fede, senza inganno in mazis,
splazis et coctis (n.d.a. =spranghe spelate e cotte, ovvero in spranghe lavorate e prive di
impurità), come più piacerà a detto Nicolò dando egli ad essi per la loro fatica, 13 lire di
soldi vecchi per ogni mille libbre di ferro battuto. Nicolò intanto loro presta 50 marche di
soldi vecchi, da restituirsi dopo dieci anni assieme alla fucina migliorata, salvo che, se in
caso di guerra fosse devastata, Nicolò debba rifarla. Se poi sarà devastata per mala custodia
o che la Roja si rompesse per abbondanza di acque, i locatori dovranno ripassare il
tutto, sotto pena di 50 lire di soldi.
Anno 1355, 8 novembre - Venzone.
M. o Giacomo di Fosch abitante nel Canale o di S. Caterina, figlio di Bertrando, permette
a Biagio detto Radiasso q. Biagio ed a Simone suo nipote q. Francesco di Venzone, di
lavorar loro e battere ferro dalla Purificazione ventura ad un anno, cioè mezzo il tempo
della Fucina di Marchione che esso tiene, vale a dire cede ai suddetti metà del lavoro di
tale fucina. I suddetti dovranno somministrargli il ferro crudo o massella, per ogni 13
centinaja del quale, dovrà darne dieci di ferro cotto o battuto a peso tedesco, ed avrà per
mercede per ogni 10 centinaja di ferro cotto, 17 lire e mezza di soldi in moneta latina.
Detto Giacomo si obbliga inoltre vendere agli stessi tutto il ferro venale che avrà, a prezzo
comune e non ad altri.
Anno 1392, 10 giugno.
Investitura per scavar argento nella contrada di Gorto.
Anno 1395, 10 gennaio.
Si concede investitura di cavar argento nel Canal di Gorto.
Anno 1430, 11 febbraio - Moggio.
Tommaso dè Cavalcanti abate di Moggio investe ed affitta a Candotto di Venzone ivi
genuflesso una fucina nel Canal di Pontebba detta del Ponte di legno verso Chiusa, con
tutti i prati, campi e boschi annessi, pagando un soldo di più di quello che è fittato nel
Rotolo per la nuova investitura.
Anno 1484.
Ducale che Nicolò di Paluzza non lavori miniere metalliche sui fondi privati.
Anno 1489, 21 gennaio - Udine.
Il ser. Valerio Filitino, Bort. Mastino, Giacomo Cavalcanti ed altri provveditori e soci
delle miniere del monte di Primosa, Centimonia, Palo grande e Palo piccolo di Cargna
conducono m. o Giovanni di Colmiz fonditore e colatore di miniere, perché estragga e
fonda tanto argento quanto ne produrranno per un ducato d’oro alla settimana quando
lavorerà. Lo ammettono per socio per un quarto cioè per la trentaseiesima parte di tutta la
società con pesi ed utili.
Anno 1490, 18 agosto - Udine.
Ser Giovanni di Belgrado, Bartolomeo Mastino, Giacomo Cavalcanti e Paolo Orefice e
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altri socii udinesi della miniera del monte Primoso interveniente Ser Paolo di Paluzza
Vicevicario delle miniere del Friuli convengono con M. o Cristoforo lapicida q. m Leonardo
e M. o Stefano lapicida q. m Tommaso di Brescia che questi lavorino la fossa dello Spirito
Santo e debbano scavare in longitudine quanto comprende Giovanni figlio al d. o Paolo di
Paluzza tenendo la punta delle mani sul petto, ed in altezza quanto il detto Giovanni
largamente e comodamente possa andare dirittamente, computando ogni passo di cinque
piedi veneti e debbino a loro spese nettare le fosse o buche e tenere in assetti (gubernare
urnam) l’urna per ducati 11 e mezzo al passo.
Anno 1491, 26 aprile - Spilimbergo.
Giacomo ab. Astis Procuratore e zio del Cardinal Battista Zeno Abate Commendatario di
Moggio affitta per tre anni le rendite sull’abazia ai Nobili di Spilimbergo.
Tra i varij patti vi è quello che i suddetti conduttori non si ingeriscano nelle miniera o
vena ove si scava il ferro.
Anno 1493, 15 febbraio - Udine.
Ser Bortolomeo Mastino Notaio e socii della miniera di Primosa convengono con Albanz
di Goldchranich che questi debba scavare la miniera del monte Primoso nella fossa inferiore
chiamata dello Spirito Santo per tre passi e mezzo a ragione di 5 passi veneti al
passo per ducati 11 al passo con altezza di 10 quarte e mezza e larghezza cinque del
braccio di Udine, a tutte sue spese sì di bocca che di ferramenta e se troverà la miniera tra
i detti tre passi e mezzo debba lavorarla per la società ricevendo da questa a prestito un
Codice o schiavina a prestito e i ferramenti ad uso solamente.
Anno 1498, 2 agosto - Udine.
Nicolò ed Antonio nobili di Brazzacco livellano in perpetua enfiteusi a m. o Giovanni
Filaferro di Ponteba ulteriore, figlio del q. m , Pasino di Lecco nel milanese, una fucina da
filar ferro col bosco ad esso unito nelle pertinenze di Ponteba ulteriore (Pontebba tedesca)
giurisdizione del Vescovo di Bamberga, sulle acque della Ponteba e Bombasa nella parte
superiore, per annui ducati 12.
Anno 1502, 2 dicembre - Udine.
Ser Cristoforo Hayberger de Sauriis abitante in Forno Superiore fà procura ad Angelo
Ebreo di Udine per vender quattro quarti della miniera della fossa dei 14 martiri del
monte di Avanza.
Anno 1503, 3 gennaio - Udine.
Angelo Ebreo di Udine per se e soci suoi della miniera del monte d’Avanza conviene con
Oxmos del q. m Valentino Cichan di lavorare in detta miniera per 4 lire alla misura che
dicesi cubil ed a 40 soldi per le altre comuni misure. Promette venire alla metà di marzo se
potrà lavorare e ricevere la miniera fina e lavorata per esso a soldi 15 per misura e la
miniera mezzana soldi 7 e mezzo.
Anno 1503, 9 gennaio - Udine.
M. o Ropretto conflator delle miniere, figlio di q. m Enrico Huofelder di Salisburgo vende
per ducati 5 ad Angelo Ebreo q. m Abramo un quarto delle miniere di ogni metallo della
fossa di S. Maria nel monte di Avanza in Cargna.
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Anno 1505, 5 febbraio - Udine.
Il nob. Tristano di Savorgnano compera da m. o Giovanni di m. o Cristoforo di Ser Candido
di Alemagna abitante in Forno Avoltri, per 10 staja di miglia, un carro cargnello di vino
ad un ducato, cinque quarti di fossa e miniera di S. Daniele del monte Avanza in Cargna
e il diritto di una fucina di colar metalli e di altra fucina da lavorar ferro ed il diritto di
stufa e di bosco presso la detta fossa a patto che se il Savorgnano volesse fino alle prossime
Pentecoste comprar dal d. o Giovanni altri due quarti di detta fossa o miniera, il venditore
le debba cedere al suesposto prezzo, però in proporzione.
Anno 1517, 1 giugno - Udine.
Giacomo Crocharnar del Cragno q. m Odorico avendo per rivelazione di un suo amico
notizia di una miniera di argento vivo due miglia sopra Cividale, in sito chiamato in
lingua slava Veisnech in italiano Ceresis ove esistono tre case e non potendo il suddetto
recarsi a Venezia per l’investitura attese le spese, contrae società con Ser Girolamo
Raimondi di Udine a patto che dopo la decima al Ser. mo Dominio, gli altri nove decimi
cioè trentasei caratti debbano dividersi in due parti eguali, dandone due all’amico rivelatore.
Le spese saranno comuni.
Anno 1577, 6 novembre - Udine.
Ducale di Sebastiano Venier al Luogotenente del Friuli Marco Corner colla quale gli
partecipa una Parte presa nel Consiglio de’ X e giunta che concede al Cavalier Gabriel
Vando di poter cavar nelle montagne di Creta, Promos e Palgrande in Cargna per 25 anni
pagando allo Stato una decima e mezza di quanto minerale sarà per estrarre e dovrà condurre
l’oro ed argento estratto alla Zecca in Venezia. Si ordina al L. te di pubblicare che ognuno
che saprà ove siano miniere o terra bianca indizio di miniera, o cave abbandonate debba
notificarlo al suddetto Cav. Vando sotto pena pecuniaria o di galea.
Anno 1578, 24 agosto - Tricesimo.
Società per le miniere di Tamau cioè di Premot, Pal grande e la Creta di Tamau e la Culina
grande e la piccola, tra il Cav. Gabriel Vando di Sacile e m. o Leonardo Stegher di Playper
Gastaldo sopra le miniere del Vescovo di Bamberga.
Altri documenti
Anche altri documenti, non riportati dallo Joppi, ma citati dal Marinoni o presenti nell’archivio
di Stato di Udine e Venezia o alla Biblioteca Civica di Udine attestano la concessione
di ricerche minerarie e lo sfruttamento di miniere o corsi d’acqua per le fucine.
Anno 1292, 10 giugno.
Il Patriarca Raimondo concede ai magistri Haylner di Boemia, Saebotto Ruster, Giorgio e
Bartolomeo Zainmach di Wasango di Villaco la facoltà di coltivare le vene di argento,
piombo e qualsiasi altro metallo esistente in Gorto e circuito per 10 miglia in giro, pagando
essi al Patriarca la decima parte del prodotto.
Anno 1312, 13 giugno.
L’abate di Moggio dà in affitto “censum rectum et perpetuum” (dietro censo onesto e
perpetuo) a Domenico fabbro de Tribisigna una fusina in Resiutta.
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Anno 1322, 9 agosto - Gemona.
Sentenza nella causa fra l’Abate di Moggio ed i signori di Prampero.
“(...) expresso consensu super questione montis, ex quo trahitur ferrum, de quo questio
fuerat inter partes, sic declaravit et ordinavit; montem ipsum esse in pertinentiis et confinibus
Cluse (...)”
Anno 1339.
L’abate Gilberto concede, per 29 anni, al fabro Nicolò quondam Manfredini una fucina
posta sul Pontebbana sopra la chiesa di S. Maria Maggiore con due domos carbones e il
legname necessario al funzionamento delle stesse.
Anno 1454.
Ducale che concede a Giacomo Giusto Prampero di scavare metalli nei monti della Cargna.
Anno 1454, 2 novembre.
Locazione da parte delle sorelle proprietarie Francesca e Bartolomea Pilotti, annuente il
Comune, a Floriano di Zoldo per 20 ducati, del luogo ove esisteva una fabbrica di carta
sulla roia Venzonassa in comune di Venzone, per farne un battiferro.
Anno 1467.
Investitura con cui il Governatore della Badia di Moggio concedeva di scavare oro ed
argento in tutto il territorio di Moggio ad un tal Melchiorre prete tedesco.
Anno 1486, 6 agosto.
I signori di Brazzà comperano un fucina di ferro presso Ponteba usando l’acqua della
Bombaza.
Anno 1488, 23 febbraio.
Il comune di Venzone concede a Nicolò di Brazzà un posto sulla Venzonassa per piantarvi
un battirame.
Anno 1488, 14 novembre.
Acquisto fatto da ser Daniele Raytemberger della montagna di Avanza.
“Fo comperado de Ser Daniel Raytemberger de Tulmezo una sua montagna ciamada la
montagna de Avanza posta in (...) avente la montagna di Sezis ed altri soij confinij per
ducati 180 cum condition che Ser Urban Janis, et Ser Alovixe Roxa habia libertà de cavar
miniere de argento in quella, et nuij habiamo la raxon chavea dicto Ser Daniel de entrare
in compagnia con lor quando ne parea, come apar per man de Ser Silvestro Michis e della
compera per man de Ser Bortolomio Mastin”.
Anno 1488, 29 novembre.
Nicolò di Brazzà compra una filiera posta presso Venzone sulla Venzonassa assieme ai
suoi ordigni, magli, macchine, ecc.
Anno 1506, 11 dicembre.
Si concede a Christophorum de Rausis di cavare minerale in Promosio.
“Sereniss.° Prencipe et Ill. ma Signoria.- Cristoforo de la Rausis et altri partecipi del minerale
humilmente suplichorno che V. Ill. ma Signoria se voglia degnar de proveder, tribuir et
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confirmar cum privilegii l’ordine inserto cum alguni capitoli, et pagando V. Ill. ma Signoria
quello per gratia speremo in Dio de relevare et drezare un minerale a Thamavo sotto el
monte de Crose (...)”.
Anno 1506, 30 luglio.
Supplica del luogotenete della Patria del Friuli al Consiglio dei X perchè si riatti la
strada che da Comeglians conduce, passando per Forni Avoltri, in Cadore perchè “Minerali
et partecipi de la miniera posta nel monte davanzo (...)” siano favoriti nei trasporti
del minerale.
Anno 1507, 22 giugno.
Alcuni documenti testimoniano l’applicazione del codice minerario in una controversia
sulla Miniera di Avanza, investendo i legittimi proprietari, che viene denunciata al Consiglio
dei X. Un episodio, uno dei tanti, di disputa tra i proprietari contro due tedeschi che
riconosciuti colpevoli vengono banditi.
Anno 1517, 16 marzo.
M. tro Leonardo Barberio di Tolmezzo e ser Floriano Janis di Tolmezzo si obbligano di
condurre a loro proprie spese a Venezia Giovanni Carlevario di Luincis “(...) pro faciendo
prova de minera del sabion (...)” e di far venire un “(...) magistrum alemannum (...)”
(pure a loro spese) per far lavorare detta miniera.
Anno 1557, 29 luglio.
Il Cameraro del Comune di Udine ser Francesco de Franceschinis conviene con Lorenzo di
Giacomo e Bernardino di Giovanni filaferro di Ponteba (...) che gli stessi per il prossimo S.
Michele diano al Comune predetto 129 canne di ferro dè archibugio che resistessero a doppia
quantità di polvere e abbiano i suoi serragli e siano tutti uniformi, giusto il modello
consegnato da ser Bettino Ettori Prefetto all’armamento di Udine (...).
Anno 1598, 7 marzo.
Lettera indirizzata al Mons. Pievano di Gemona.
“In questo punto io ho ricevuto la honorata di S.V. Rev.da et subito da me fu esseguito il
tutto (...) et quanto prima si manderà la roba la quale sono in trenta e due casse di archibusi
et Moschetoni la qual Roba partiene a papa Clemente Octavo Nostro Signore (...)”.
Anno 1642, 2 gennaio.
Investitura della miniera di Avanza.
“Desiderando li signori Liberal quondam Christofforo Fabris, Francesco Giera quondam
Giacomo et Pietro de Christofforo Soler, tutti di Cadore, di essere investiti in una miniera
da loro ritrovata nella montagna detta Avanzo. (...) di tener goder, posseder et usufrutuar
perpetuamente, et cavar, et far cavar oro, argento, rame, piombo, tutia, stagno, ferro et
ogni altra sorte di minerali (...)”.
Anno 1642, 3 gennaio.
Concessione dei boschi di Avanza e Sezzis ad uso della miniera di Avanza.
“Essendo che siano stati da noi Antonio Piscina, Vicario Generale delle miniere dell’Eccelso
Conseglio di X, investiti li signori Liberal Fabris, Francesco Giera, et Pietro Soler
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in una miniera posta nella montagna detta Avanzo. (...) concediamo auttorità et licenza
alli signori Investiti, di poter (...) tagliar e far tagliar quella quantità di legne che bisognerà
per tal serviggio (...)”.
Anno 1642, 14 febbraio.
Revoca alla concessione del 3 gennaio 1642.
“A 3 Genaro ultimo passato Noi Antonio Piscina, Vicario Generale delle miniere (...)
concedessiomo auttorità, et licentia alli Signori Liberal Fabris, Francesco Giera, et Pietro
Soler, minerali, di poter per serviggio della loro miniera tagliar, nelli boschi delle montagne
di Sesi et Avanzo (...) quella quantità di legne che fossero state necessarie. (...) tal
licenza viene ad esser in qualche modo pregiudiale agli interessi publichi (...). (...) dichiariamo
nulla cassa, anulliamo, et abbolimo in tutto (...). Concediamo (...) alli Signori minerali
di poter (...) tagliar quella quantità di legne che sarà bisognevole nel bosco comune
della Valle di Visdende (...). Con espressa prohibitione ad essi minerali di poter valersi di
detti boschi in altre loro occorenze ma effettivamente poner il tutto in serviggio et benefficio
d’essa miniera (...)”.
Anno 1643, 9 maggio.
Investitura della miniera di Avanza.
“(...) dalli Signori Giovann Giera fo de ser Giacomo, Christofforo Fabris fo de ser
Liberal, ambi di Cadore, et Christofforo Soler di Sappada, che dobiamo investirli nelle
miniere di Avanza (...). (...) tenir goder, posseder et usufruttuar perpetuamente et cavar
et far cavar oro, argento, rame, piombo, tutia, stagno, ferro et ogni altra sorte di minerali
(...)”.
Anno 1657, 8 agosto.
Investitura della miniera di Avanza.
“Desiderano sommamente li signori Liberal quondam Christofforo Fabrij, Francesco
quondam Giacomo Gieria, et Pietro quondam Christofforo Soler, di essere confirmati, et
novamente investiti, nella miniera posta nella montagna d’Avanzo (...) posseder et
Il Monte Avanza. In primo piano
il villaggio minerario.
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usuffruttuar perpetuamente dette miniere, et buse, et in quelle cavar, et far cavar oro,
argento, rame, piombo, tutia, stagno, ferro, et ogn’altra sorte di mineralli, et mezo mineral,
et fare sino a tre buse (...) conforme ad essi Capitoli Minerali, salva però sempre, et
specialmente riservata, la decima, respettivamente spettante a questo Serenissimo Dominio
(...)”.
Anno 1657, 8 agosto.
Concessione di alcuni boschi ad uso della miniera di Avanza.
“Sendo necessario proveder de boschi per serviggio della miniera, et buse, che hoggi sono
stati investiti, li Signori Liberal Fabris, Francesco et fratelli Giera di Cadore, Pietro Soler
di Sapada, et Pasin et fratelli Gamba di Conegliano (...) tagliar quella quantità di legne
che sarà bisognevole nel bosco commun della Valle de Visidende (...) di Sese et Chiaviglion
(...) nella Villa d’Antola (...) giù per il Giau della Camozza (...) fino alla cima del monte
di Vissada (...). Item nel bosco sopraposto al monte di Avanzo (...) nelli boschi communi
della Villa di forno (...) et sino al bosco bandito di san marco (...)”.
Anno 1658, 27 settembre.
Proclama che vincola il bosco di Avanza ad uso della miniera.
“(...) del presente proclama d’esser pubblicato ad istanza delli Nobiluomini Signori Giacomo
Gera, et Giacomo Fabris di Cadore, per nome loro, et delli signori fratelli Gamba di
Coniano, (...) che niuno sia di che stato, grado, et condition esser si voglia, non ardisca
(...) di tagliar, ne far tagliare taglie, taglioni, ne altra sorte di legnami nel bosco di Avanza
(...) si non per uso, et beneficio delle Miniere (...)”.
Anno 1717, 6 settembre.
Il Luogotenente della Patria Giovanni Sagredi scriveva al Gastaldo di Pontebba “Avuta
recente notizia che nell’ingresso della Ponteba Veneta a man destra verso l’acqua potesse
esserci principio d’una miniera d’argento vivo nelle rovine d’una casa diroccata con la
caneva (...). E raccolta anche una piccola mostra di questo ne abbiamo hieri fatta la misura
e rassegnate tali notizie agli Ecc.mi Signori del Consiglio dei X sopra le miniere,
commentiamo alla S.V. che spedisca immediatamente gli ordini opportuni perché sia custodito
quel sito e prohibito a chi sia i farvi lavori (...)”.
Anno 1793.
Allegazione di documenti del comune di Pontebba contro la concessione di una miniera
di piombo a Luigi Calice nel Monte Glazat, contrastato fra i comuni di Dogna e di Pontebba
Anno 1862.
Lettera di investitura alla Società Montanistica Veneta della miniera del monte Avanza.
“(...) la investitura di 2/due/ misure semplici di campo minerale sotterraneo per
l’escavazione del rame grigio/Fahlerz/ con galena di piombo argentifero, scoperto coll’indagine
libera n°21 del 1858 nella località di Avanza (...) sul fondo appartenente alla
Società stessa, in parte alla ditta Romanin di Forni Avoltri e Solero di Sappada (...).”
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LINEAMENTI GEOLOGICI
Illustrare, sinteticamente, la successione degli eventi geologici della regione e dei terreni
ad essi connessi è necessario al fine di fornire un inquadramento, di massima, delle
formazioni sedi di manifestazioni metallifere.
Le rocce affioranti sono per la quasi totalità d’origine sedimentaria e d’ambiente generalmente
marino o transizionale; sono presenti anche rocce effusive, ma sono molto limitate
nell’estensione ad una stretta fascia.
Le rocce più antiche sono datate all’Ordoviciano (Caradociano) e sono prevalentemente
costituite da sedimenti terrigeni (arenarie, siltiti e rari conglomerati) deposti in un
mare non molto profondo prossimo ad una terra emersa.
Nel Siluriano si verifica un approfondimento dell’area ed una trasgressione marina
causata anche dallo scioglimento delle calotte polari, si depositano così sedimenti di mare
aperto: calcari ed argilliti. Nel Siluriano superiore si passa ad una fase regressiva e si
riscontrano le più antiche mineralizzazioni sfruttate: in un mare epineritico agitato ed
ossigenato, ove potevano avvenire variazioni rapide del livello marino sedimentarono
depositi ricchi di ferro e manganese a prevalente struttura oolitica.
Durante il Devoniano inferiore e medio, continua la tendenza regressiva del livello
marino già iniziata alla fine del Siluriano con la deposizione di calcari di mare basso sui
quali si svilupparono scogliere coralline. Le piattaforme devoniche, a causa di periodiche
emersioni, subirono la carsificazione con formazione di doline e karren, ed è in quest’ambiente
che si depositarono e concentrarono solfuri.
Nel Devoniano sup. e Carbonifero inf.-sup., le piattaforme carbonatiche ed i complessi
di scogliera lentamente sprofondano a causa di una fase di rifting. Si formarono, come
conseguenza, calcari di mare profondo, ma anche rocce argillitico-arenacee e brecce
calcaree deposte per effetto di correnti di torbida che si staccavano dalla scarpata continentale
verso le profondità abissali.
Nel Carbonifero inf.-sup. la fase di rifting provoca la risalita di magmi. Questi danno
luogo ad un vulcanesimo sottomarino con formazione di particolari rocce basaltiche ricche
in Na (spiliti e keratofiri); in queste sono presenti stockwork variamente mineralizzati
a solfuri, ossidi e silicati dovuti probabilmente ad un evento idrotermale durante il raffreddamento
di una struttura vulcanica.
Nel Carbonifero sup. si sviluppa l’Orogenesi Ercinica, che coinvolgerà tutti i sedimenti
deposti in precedenza, con la formazione di una catena montuosa. Questa sarà
rapidamente smantellata con la deposizione di sedimenti clastici quali conglomerati,
arenarie e peliti di ambiente deltizio con paludi costiere.
Con il Permiano inf. proseguono i movimenti epirogenici con formazione di limitate
scogliere (Creta d’Aip). Nel Permiano medio i movimenti continuano con l’instaurarsi di
condizioni continentali rappresentate dalla deposizione d’arenarie rosse (Arenarie della
Val Gardena). La situazione paleoambientale d’epicontinentalità consentì l’alternarsi d’ambienti
ossidanti e riducenti. Questi favorirono la concentrazione di solfuri e di sostanze
vegetali e sapropelitiche cui sono spesso associati anche minerali radioattivi.
Nel Permiano sup. le pianure aride vengono episodicamente invase dal mare con la
genesi di depositi evaporitici (gessi e dolomie evaporitiche), poi il mare si estende
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definitivamente sulle terre emerse e con condizioni di mare basso finisce l’era Paleozoica.
Tale ambiente perdura anche nel Triassico inf. (Werfeniano) con calcari, calcari marnosi,
siltiti e arenarie, ma è nell’età successiva che iniziarono a presentarsi condizioni favorevoli
alla metallogenesi.
Nell’Anisico si svilupparono inizialmente condizioni di piattaforma carbonatica che
una vivace tettonica portò prima ad emergere e poi a sprofondare e ad essere ricoperta da
sedimenti carbonatici e terrigeni di ambiente più profondo. Durante il Ladinico, dove non
si svilupparono le piattaforme carbonatiche, una potente successione bacinale chiude spesso
la diversa evoluzione dell’Anisico. Nel Ladinico, ma già nell’Anisico sup., avvengono
episodi vulcanici con deposizione di porfidi e tufiti ed immissione di ioni metallici diffusi
nei sedimenti bacinali e concentrati entro le masse carbonatiche di piattaforma o d’alto
strutturale. Nel Ladinico si ebbero condizioni favorevoli alla metallogenesi solo ad oriente,
per esempio a Raibl, dove i margini della piattaforma, interessati da faglie, funsero da
trappola per le mineralizzazioni a solfuri.
Con il Carnico continuano a coesistere ambienti diversi ed a persistere zone di piattaforma.
In alcune aree, localmente emerse, si passa gradualmente a condizioni marine, spesso
precedute da ambienti lagunari, che si ripresenteranno alla fine del periodo con la deposizione
di gessi e dolomie cariate.
Le condizioni di piattaforma carbonatica permangono anche nel Norico (Dolomia Principale)
e Retico (Calcare del Dachstein) associate a zone di bacino anossico (Dolomia di
Forni). Mineralizzazioni, ad ematite, interessarono la Dolomia Principale dando luogo più
ad un’attività di ricerca che di estrazione vera e propria.
Nel Giurassico e nel Cretacico, periodi nei quali prevalgono depositi carbonatici sia di
piattaforma (a SE) che di bacino (a NW), non si rivelano mineralizzazioni degne di nota e
bisogna arrivare al Terziario per segnalare modesti affioramenti metalliferi. Tutti i sedimenti
dei precedenti periodi sono stati coinvolti, già alla fine del Cretacico, dall’orogenesi
alpina con il formarsi dei primi rilievi che vennero progressivamente erosi dando origine ad
un’unità costituita da un’alternanza di sedimenti arenaceo-calcareo-marnosi chiamata Flysch.
Entro questi sedimenti sono state rinvenute piccole aggregazioni di mercurio.
Nei terreni più recenti si segnalano mineralizzazioni utili solo nelle molasse del Miocene
di Chianet di Peonis, dove in condizioni di piana deltizia entro sedimenti arenacei, ricchi di
materia organica, si sono formati noduli di ferro. Tali mineralizzzaioni furono sfruttate nel
XIX secolo, ma forse anche nel XVI, e poi abbandonate per la scarsa qualità del minerale.
Le mineralizzazioni metallifere di una certa importanza sono, quindi, limitate essenzialmente
all’intervallo Silurico-Triassico.
Le epoche metallogeniche
Le mineralizzazioni metallifere sono connesse, prevalentemente, a rocce sedimentarie
e sono presenti sia nei terreni paleozoici, che in quelli mesozoici. Nei terreni cenozoici
queste sono scarse e di poca importanza anche se hanno alimentato una seppur limitata
attività estrattiva. Sono riconoscibili ben precisi intervalli stratigrafici legati a particolari
situazioni paleogeografiche che hanno favorito la deposizione e concentrazione di
mineralizzazioni polimetalliche.
48
Alcuni autori della scuola “plutoniana” in contrasto con la “nettuniana”, ritengono
che gran parte dei giacimenti, se non la totalità, abbia avuto origine da fluidi magmatici
che meglio spiegherebbero il gran numero di minerali presenti e la loro concentrazione in
giacimenti. Ora si propende, almeno per quei giacimenti dove il controllo paleogeografico
è evidente ed ha avuto un importante ruolo nella formazione del giacimento, a classificarli
come sinsedimentari e/o supergenici. I dati geochimici, isotopici, strutturali e tessiturali
delle rocce e le ricostruzioni paleogeografiche riescono a spiegare come moltissimi fenomeni,
interpretati come di origine magmatica, si possono altrettanto bene interpretare con
eventi a bassa entalpia, spesso legati ai soli processi diagenetici.
Paleozoico
Nel Paleozoico si localizzano due orizzonti metalliferi: nel Siluriano e nel Devoniano-
Carbonifero.
Nel Permiano le mineralizzazioni uranifere, le uniche sede di ricerca, non hanno rivelato
grande interesse, per il loro sfruttamento, se non dal punto di vista scientifico, a causa
della scarsa consistenza degli affioramenti.
Siluriano
Le mineralizzazioni a ferro-manganese, con ematite, magnetite, siderite, pirolusite
ecc., del Monte Cocco sono datate Wenlock sup.-Ludlow in una fascia potente e in parte
continua, che si estende, assottigliandosi, con direzione E-W dal Monte Osternig fino ai
rilievi di Volaia. La deposizione dei sedimenti è avvenuta in acque marine di bassa pro-
La Val Rauna a nord di Ugovizza: sullo sfondo il Monte Cocco.
49
fondità che le onde agitavano continuamente. Notevole doveva essere la presenza di sostanza
organica, si rinvengono, infatti, molti resti fossilizzati soprattutto di ortoceratidi,
trilobiti e gasteropodi, che hanno subito un processo di fossilizzazione in ematite. La
precipitazione dei minerali è probabilmente connessa ad un insieme di fattori ambientali:
un ambiente marino poco profondo a circolazione ristretta e l’attività batteriologica, che
ha favorito bassi valori d’Eh, hanno causato la precipitazione di ferro e manganese. Analoghi
depositi di natura oolitica sono presenti, allo stesso momento, in una ripartizione
quasi mondiale e coincidente con vaste trasgressioni; tutti questi depositi sono legati ad
ambienti prossimi alla costa.
Devoniano
L’orizzonte mineralizzato, caratterizzato dalla presenza di solfuri e solfosali, con prevalenza
di tetraedrite, blenda, calcopirite, galena, cinabro, ecc. in una ganga di barite,
fluorite e quarzo, è compreso tra il paleorilievo Devonico e la formazione trasgressiva del
Carbonifero e ha un andamento E-W. Interessa quindi quasi tutti gli affioramenti devonici
delle Alpi Carniche, dal passo di Monte Croce Comelico fino a Coccau.
La serie carbonatica del Devoniano affiora con spessori notevoli, anche di 1000 m,
lungo il confine italo-austriaco e costituisce il substrato della mineralizzazione. Le formazioni
eodevoniche e mesodevoniche sono costituite da calcari più o meno stratificati di
piattaforma, ma anche da calcari nodulari e reticolati in facies pelagica; succedono, nella
zona centrale dell’area, calcari ben stratificati.
Probabilmente il controllo ambientale e stratigrafico ha influenzato una prima concentrazione
di ioni metallici nei sedimenti costituenti le piattaforme carbonatiche di mare
basso. Successivamente le formazioni devoniche subirono localmente fasi di emersione
con il conseguente instaurarsi di un carsismo che ha interessato formazioni di diversa età.
Si formarono cavità, rill-karren, fratture e solchi successivamente riempiti dai sedimenti
trasgressivi del Carbonifero che si presenta con depositi terrigeni, argilliti, siltiti, arenarie
ed alternanza di brecciole, nella formazione dell’Hochwipfel e con prodotti di vulcanismo
basico, spiliti e keratofiri della formazione del Dimon. Entro le tipologie carsiche si concentrarono
gli elementi metallici derivanti dall’alterazione dei calcari e probabilmente da
soluzioni ricche in ioni metallici originate lungo le dorsali oceaniche.
I corpi minerari hanno forme che rientrano tendenzialmente in tre tipologie:
- corpi stratiformi; seguono l’andamento non molto accidentato del paleorilievo devonico
con spessore che può variare da alcuni centimentri a qualche metro, sono caratterizzati da
una diffusa silicizzazione oppure da spatizzazione in grosse plaghe. La mineralizzazione
metallica è presente in concentrazioni molto variabili e si può riscontrare anche sotto
l’orizzonte silicizzato.
- vene e filoni; normali o molto inclinati rispetto alla stratificazione, hanno una potenza
variabile dal mm ad alcuni m e interessano, per 50 e più metri di profondità, il substrato
devonico con una notevole continuità areale. Si tratta di filoni sedimentari più volte riattivati
e riempiti da brecce.
- riempimenti di karst; è un’evoluzione, con carsismo più spinto, del tipo precedente e si
presenta con forme irregolari in piccole cavità oppure in cavità di più ampie dimensioni
con mineralizzazione associata alla breccia carbonatica della roccia incassante. La po-
50
tenza dei riempimenti varia da alcuni m a decine di m e la mineralizzazione è costituita da
fluorite massiccia, barite e solfuri.
Nelle mineralizzazioni sono presenti tessiture primarie, di deposizione sia chimica sia
meccanica, anche se predominano le tessiture dovute a fenomeni di ricristallizzazione e
ad eventi di rimobilizzazione s. l. sin- e post-diagenetici.
La varità delle paragenesi riscontrate, da numerosi studi svolti, è stata spiegata o
come legata a differenti zone paleogeografiche o come correlata alla zonazione metamorfica
della fase orogenica ercinica che interessò nel Carbonifero sup. questi terreni e che
presenta anch’essa una differenziazione da NW a SE. Entrambe le ipotesi, in ogni caso,
concordano in generale sul fatto che il controllo ambientale sulle mineralizzazioni è stato
fondamentale.
Nella tabella sono indicate le paragenesi, con i minerali più frequenti, che si riscontrano
da W verso E:
Monte Peralba cinabro (Hg)
Monte Avanza tetraedrite, barite, blenda (Ba, Cu, Zn)
Monte Volaia fluorite, blenda e quarzo (F, Zn)
Monte Coglians tetraedrite e blenda, quarzo (Cu, Zn)
Pizzo di Timau blenda, calcopirite, tetraedrite e barite (Zn, Cu, Ba)
Comeglians barite, fluorite (Ba, F)
Monte Zermula paragenesi povera di blenda e tetraedrite
Monte di Val Dolce-Monte Cavallo fluorite, blenda, galena, quarzo (F, Zn, Pb)
Creta di Pricot-Monte Malvueric blenda, galena, quarzo (Zn, Pb)
Coccau-Thorl barite, quarzo, blenda (Ba, Zn)
Aree di affioramento dei terreni devoniani. Le zone distinte paleogeograficamente, indicate con le
lettere, sono delimitate da paleofaglie rappresentate dalle linee tratteggiate. Zona A: mineralizzazioni
del M. Palombino, M. Peralba e M. Avanza; zona B: mineralizzazioni del M. Volaia, M. Coglians, P. di
Timau e M. Zermula; zona C: mineralizzazioni del M. di Val Dolce e M. Cavallo; zona D: non
mineralizzata; zona E: mineralizzazioni di Coccau/Thorl (da Venerandi Pirri, 1978).
51
Permiano
La prospezione uranifera ha interessato le Arenarie della Val Gardena, che rappresentano
il prodotto del disfacimento subaereo delle formazioni più antiche. Esse, dal punto di
vista litologico, sono rappresentate da arenarie quarzitiche con matrice d’origine detritica
costituita da miche e quarzo, ed in parte con cemento chimico a limonite e calcite. In
senso verticale questa formazione presenta variazioni legate principalmente all’evoluzione
ambientale più che variazioni di tipo mineralogico.
Nei livelli basali si rinvengono resti organici, costituiti prevalentemente da flore fossili
per lo più indeterminabili, tronchi carbonificati e silicizzati e straterelli carboniosi concordanti
con la stratificazione. Entro la formazione sono stati individuati più adunamenti
uraniferi sempre strettamente connessi con i livelli carboniosi. Le mineralizzazioni ad
uranio compaiono, con maggior frequenza e con tenori più elevati, ad occidente, rarefacendosi
e diminuendo d’importanza fino a non essere più frequenti nella parte orientale
della regione. Tutti i caratteri di queste mineralizzazioni le legano a particolari processi
sedimentari ed è evidente la correlazione tra minerogenesi e sviluppi sedimentari legati alle
fasi dell’ingressione marina permo-triassica. Nel corso di questa i terreni della catena ercinica
furono erosi e l’uranio contenuto in essi, liberato, si fissò alle peliti organiche ed ai resti
organici degli ambienti riducenti di transizione presso i delta fluviali o le lagune costiere.
Mesozoico
Nella successione dell’Anisico, Ladinico, Ladinico-Carnico e Norico sono presenti
più orizzonti mineralizzati. Alla luce degli ultimi studi viene considerata di origine
Galleria della “Miniera bassa” del Rio del Fous in Val Aupa.
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7 6 1
5 4
18
11
14 27 15
4
2 3
9
21
10 20 19
40 17
30
26
23 24 25 22
8
17
13
28
31
32
12
21 Rio Sciaid (Monte Prisnig)
22 Rio Gelovitz
23 Rio del Fous
24 Rio dell’Andri
25 Cereschiatis
26 Plantoni (Pontebba)
27 Vetta Secca (Malborghetto-
Valbruna)
28 Monte Flop
29 Monte Glazzat-Rio Glazzat
30 Rio del Louf
31 Cave del Predil
32 Rio Terra Rossa
33 Peonis
34 Roncat
35 Montefosca
36 Matajur
37 San Pietro di Poloneto
38 Cravero
39 Spessa
40 Ravinis
41 Monte di Sutrio
1 Casera Pramosio-Casera
Malpasso-Monte Scarniz-
Monte Avostanis
2 San Giorgio di Comeglians
3 Povolaro
4 Timau
5 Monti Pal Grande e Pal Piccolo
6 Monte Coglians-Creta della
Chianevate-Creta di Collina
e di Collinetta
7 Monte Avanza
8 Ovasta
9 Monte Valmedan
10 Rio Sglirs
11 Rio Fuina
12 Forni di Sotto
13 Passo della Mauria
14 Rio Ugovizza
15 Monte Acomizza (Val
Bartolo)
16 Cinquepunte
17 Monte Bruca
18 Monte Cocco
19 Creta di Pricot-Sella della
Pridola-Monte Malvuerich
Alto
20 Monte di Val Dolce
1) Quaternario
2) Miocene-Oligocene:
depositi clastici
34
3) Eocene-Paleocene:
Flysch
4) Eocene-Paleocene:
calcari del Carso
33
5) Cretacico: calcari di piattaforma
36
6) Giurassico: calcari in prevalenza
selciferi ed oolitici
35
7) Triassico: dolomie e calcari
dolomitici in prevalenza
8) Triassico: arenarie e marne
in prevalenza, evaporiti
38
9) Paleozoico: calcari in prevalenza
10) Paleozoico: argilliti, siltiti
ed arenarie
11) Rocce ignee: vulcaniti
12) Faglia principale
37 39
13) Sovrascorrimento
14) Sovrascorrimento o
faglia inversa sepolti
53
Carta geologica semplificata della Provincia di Udine (da Martinis, 1977) e localizzazione
delle miniere e mineralizzazioni descritte nel testo.
sedimentaria la genesi delle mineralizzazioni a Pb, Zn, F, Ba legate a piattaforme
carbonatiche triassiche delle Alpi Meridionali tra le quali quelle della Val Aupa e Raibl.
Certamente essa è stata complicata da eventi diagenetici, tettonici, idrogeologici con
rimobilizzazione e riconcentrazioni ricorrenti.
Anisico
I giacimenti in Val Aupa del Rio dell’Andri e del Rio del Fus, dell’Anisico superiore
(Pelsonico) sono legati ai margini della piattaforma carbonatica della Formazione del
Serla carsificata. Questa ha funzionato da trappola per la deposizione, principalmente di
fluorite, in superfici irregolari o tasche di varie dimensioni. La genesi sedimentaria trova
conferma anche dall’analisi delle terre rare (Tb/Ca-Tb/La) contenute nella fluorite.
Ladinico - Carnico
Per molto tempo la genesi del giacimento di Raibl era stata attribuita (in particolare da
Dino di Colbertaldo nei suoi molti lavori sull’argomento) a più venute idrotermali che,
iniziate nel Triassico, erano continuate successivamente, con pause e riprese, fino in età
alpina. In più momenti l’idrotermalismo avrebbe fatto risalire fluidi mineralizzati lungo
fratture interessanti le formazioni ladiniche, depositando minerali. Ora molti Autori sostengono
una genesi legata a processi sedimentari e/o diagenetici.
L’origine dei metalli è attribuita o ad attività vulcanica, che ha arricchito in ioni
metallici l’acqua marina, o a liscivazione da un continente a substrato vulcanico. È più
probabile la seconda ipotesi, vista la composizione isotopica del piombo presente nella
galena di Raibl indicata come anomalia B (da Bleiberg), vale a dire ereditarietà del
piombo da preesistenti pre-concentrazioni: l’età assoluta del piombo, infatti, è di 345
milioni di anni, corrispondente approssimativamente all’età del confine Devoniano-
Carbonifero, mentre le rocce nelle quali si è depositato hanno un’età di 218-212 milioni
di anni.
L’apporto di zolfo, per la formazione di solfati e solfuri, può essere derivato da
sostanze presenti nei depositi bacinali ricchi di sostanze organiche, bituminose e
carboniose, o da dissoluzione di formazioni ricche in solfati. L’arricchimento è avvenuto
poi nelle piattaforme circostanti grazie a brine metallifere che hanno depositato i
metalli. Da trappola, per la deposizione dei minerali, hanno funzionato le zone di transizione
tra le piattaforme carbonatiche epicontinentali e gli adiacenti bacini scarsamente
ossigenati. In queste zone di transizione si è instaurata una tettonica estensionale che
ha portato alla formazione di horst e graben.
Le mineralizzazioni, a seconda delle trappole metallogeniche, possono essere sia
stratiformi sia discordanti. Nel giacimento di Raibl, interessante la parte superiore della
Dolomia dello Schlern del Ladinico ed il Carnico inferiore, le trappole sono state le faglie
che hanno esercitato un effetto drenante sulle acque connate, sia in fase diagenetica sia
post-diagenetica, comportando la deposizione di minerali. Molti campioni forniscono indizi
di deposizione sinsedimentaria o di fenomeni supergenici tardivi in parte di tipo carsico.
Per esempio le stalattiti di galena e sfalerite con pirite come molti campioni prelevati in
miniera, evidenziano un’alternanza millimetrica di dolomite, barite, blenda e galena con
strutture tipicamente d’ambiente sedimentario quali slumping, brecciole ecc..
54
Un’altra area che ebbe una certa importanza estrattiva è quella del Canal del Ferro
dove sono presenti miniere sfruttate fino al XVII secolo. Lungo il Rio Gelovitz, ma anche
nelle zone adiacenti, ove affiora la dolomia dello Schlern, si riscontrano livelli da cm a
dm mineralizzati a solfuri di ferro. La genesi sarebbe imputabile a condensazione
sindeposizionale, in un bacino con caratteristiche riducenti, di solfuri che ossidandosi
hanno successivamente formato crostoni limonitici.
Nella Val Dogna il toponimo Rio Terra Rossa, chiamato dai locali “Rio dai Balins” (Rio
dei Pallini), prende il nome da un orizzonte mineralizzato ad ematite e pirite pisolitici; la
matrice alterandosi libera le pisoliti. Tali orizzonti evidenziano delle locali emersioni al
tetto della piattaforma dello Schlern con formazione di tasche con paleosuoli a terra rossa.
Norico
Lungo la prosecuzione orientale dei Monti Musi sulle pendici orientali del Monte
Nischiuarch nella Dolomia Principale sono presenti dei livelli di ematite che seguono i
giunti di strato. La deposizione di queste mineralizzazioni, avvenuta in ambiente marino,
è causata da variazioni chimico-fisiche dell’ambiente che hanno fatto precipitare il ferro.
Cenozoico
Nei depositi del Cenozoico gli unici affioramenti sicuramente sfruttati sono stati quelli
a pirite e marcasite di Peonis. Sporadici e casuali rinvenimenti di mercurio nativo sono
avvenuti nelle Prealpi Giulie meridionali ove in passato ne erano raccolte modeste quantità.
Queste mineralizzazioni rivestono scarsa importanza per la modesta qualità del minerale
o per la sporadicità degli affioramenti.
Paleocene - Eocene
La presenza del mercurio nativo fu osservata in più luoghi della fascia flyschoide delle
Prealpi Giulie: Montemaggiore, Montefosca, Cravero, Ronchi S. Giuseppe, S. Pietro di
Poloneto e Spessa, ma non in quantità sufficiente per dar luogo allo sfruttamento. Il
mercurio è sparso in goccioline nel flysch e probabilmente deriva dall’ossidazione del
cinabro.
Alvise Comel nel 1948, ipotizzava una risalita mineralizzante lungo alcuni lineamenti
tettonici paralleli alla direttrice principale NW-SE delle catene in quell’area. Berce (1962),
Drovenik (1990), Mlakar et al. (1996) datano l’evento mineralizzante idrotermale, con
centro ad Idria, al Trias medio, quindi ben prima dell’inizio del corrugamento alpino. È
ipotizzabile, in definitiva, che in seguito i sedimenti mineralizzati, coinvolti dai movimenti
orogenetici, siano stati erosi e risedimentati dando origine al flysch contenente
mercurio.
Miocene
Nella Val Tremugna presso Peonis affiorano depositi di piana deltizia caratterizzati da
arenarie, siltiti e conglomerati datati Miocene entro i quali si rinvengono livelli di lignite
e noduli di pirite e marcasite. Data l’abbondanza in particolare di questi ultimi, tali
mineralizzazioni furono sfruttate fino al 1847, assieme alla lignite.
55
I GIACIMENTI E LE MINERALIZZAZIONI DELLA PROVINCIA
Premessa
Vengono prese qui in esame solo le mineralizzazioni che hanno avuto una certa rilevanza
storica e quelle più note. Lo scopo che si prefigge questo lavoro è, quindi, quello di
fornire una base per ulteriori indagini e non ha assolutamente la presunzione di essere
esaustivo; lo si può considerare, quindi, come un “canovaccio” di partenza per lavori
specifici ed interdisciplinari.
Carnia
Casera Pramosio-Casera Malpasso-Monte Scarniz-Monte Avostanis
L’area è disseminata dalla mineralizzazione che interessa i calcari carsificati del
Devonico al contatto con la formazione trasgressiva dell’Hochwipfel. Sono quindi vari i
punti interessati da coltivazioni che iniziarono certamente nel Basso Medioevo, come
testimoniato da concessioni minerarie, e forse anche prima. Nell’area si segnalano molte
gallerie e pozzi che hanno però perso, tranne rari casi, tutte le caratteristiche di cunicoli e
gallerie minerarie a causa del loro riutilizzo durante la Prima Guerra Mondiale. Bisogna
rifarsi quindi ad osservazioni fatte alla fine del XIX secolo per avere dati più attendibili.
Angelo Coppadoro riportava, nel suo lavoro del 1902, una notizia inedita del 1856 che gli
fu comunicata dal dott. Gortani “Vi esistono tuttora due gallerie, una è presso la prima
stazione della malga ed è profonda circa 40 metri, incavata nel vivo sasso; l’altra è sull’alto,
nel pizzo Avostana, presso lo stagno che trovasi lungo il sentiero di Pal”.
Pendici del Monte Avostanis.
56
Nella zona è segnalata, in prossimità di una cava di marmo, una galleria medioevale,
tuttora percorribile, nella quale sono presenti i segni dell’escavazione eseguita mediante
punta e mazza. Gallerie sono presenti anche nell’Avostanis (Blaustein, cioè roccia blu),
per la presenza d’azzurrite, la cui evidente colorazione ha attirato molti minatori medioevali
che hanno scavato cunicoli e pozzi.
I minerali presenti sono la tetraedrite, calcopirite con tracce di bournonite, calcosina,
covellina, pirite, cuprite, tenorite, pirargirite, azzurrite, malachite e ocre d’antimonio in
una ganga calcarea silicea. Sono inoltre presenti la blenda, galena e barite.
La genesi è legata alle manifestazioni magmatiche sottomarine, con arricchimento dei
calcari in ioni metallo per deposizione time e strata bound ed il successivo riempimento di
paleomorfologie carsiche.
San Giorgio di Comeglians
Le prime notizie mineralogiche su questa località si devono al Taramelli che nel 1869
parla delle osservazioni fatte nella Valle del Torrente Degano inerenti “(...) dei filoncelli
di Fahlerz, di Galena, e di Pirite di S. Giorgio, di Monajo e di Povolaro (...) che riscontrasi
per tutto il tratto indicato sulle due sponde del Degano. (...) Anche nella località (...) di S.
Giorgio di Comeglians, non ho potuto osservare alcuna continuità negli sporadici
affioramenti di Fahlerz quantunque fossero (...) visibilissimi per la decomposizione del
minerale in carbonati idrati”.
Il Marinoni menziona la località nota per lo “fahlerz” (tetraedrite o rame grigio), la
galena, la stibina?, l’azzurrite e la malachite “(...) amorfa terrosa al contatto degli
argilloschisti coi calcoschisti e coi calcari marmorei nel colle su cui posa la chiesuola di
S. Giorgio a nord di Comeglians (...)”.
L’area di San Giorgio di Comeglians.
57
La tradizione orale vuole, che nel periodo che va dal 1300 al 1500 siano state coltivate
delle miniere d’argento e rame, il cui minerale era lavorato nei forni fusori presenti nel
luogo. Non ci sono, però, testimonianze che la avvalorano se non documenti, molto generici,
che fanno riferimento ad un’area molto ampia e difficilmente identificabile con quella
in oggetto. È certo però che nel 1940, quando iniziarono le prime attività di ricerca
documentate, sono già presenti antiche gallerie che furono attribuite, non si sa su quali
indizi, al Medioevo. Anche durante la realizzazione di uno scavo questo incontrò, a detta
degli operatori, un’antica galleria Medioevale. Alla fine del 1940 con il permesso di ricerca
“Comeglians” da parte di una società locale, con la responsabilità prima di Vito
Watschinger ed in seguito di Marcello Stua, furono praticati lavori di ricerca realizzando
dei saggi. Fu effettuata anche una modesta estrazione orientata alla barite, almeno fino al
1950 quando Marcello Stua affidò, visti gli scarsi risultati, al perito Tosoni una relazione
tecnica! “Premesso che la mia percezione psichico-rabdomantica, adottando un metodo
scientifico personale, mi dà la possibilità di individuare acque e minerali nel sottosuolo,
accettai dal sig. geom. Marcello Stua l’incarico di prospezionare la zona a lui interessante
(...)” e conclude la relazione chiarendo che si rendono, in ogni caso, necessari sondaggi o
pozzi d’accertamento. I lavori di ricerca iniziarono, nel 1941, soprattutto con l’impostazione
di due gallerie sul versante sinistro del Rio da Rossa a quota 538 m. La galleria inferiore
era lunga 95 m, a 580 m si trovava la galleria superiore, denominata Egidio Watschinger
in memoria del figlio del primo amministratore, lunga 165 m.
Furono compiute, come risulta dalle relazioni del Distretto Minerario di Trieste, anche
ricerche in località Barcis ove “(...) fu eseguita una galleria lunga, una sessantina di
metri, che fu però abbandonata non avendo dato risultato positivo”. Probabilmente la
località è errata e dovrebbe trovare riscontro con il luogo di Barchia.
Una galleria a San Giorgio di Comeglians. Sono evidenti i segni della mineralizzazione.
58
Le gallerie attraversarono le mineralizzazioni che presentavano una scarsa presenza
di solfuri ed un’elevata percentuale di barite e fu verso la fluorite, ma soprattutto la barite,
considerata la ganga della mineralizzazione, che fu accordato il permesso denominato
“Maduignas”, nel 1964, alla ditta Maffei e C. di Trento.
Nel 1951, l’ing. de Pangher-Manzini, capo reggente il Distretto Minerario di Trieste,
scrisse una relazione geologica ed un programma dei lavori da eseguire al fine di
razionalizzare le opere di sfruttamento del giacimento. Oltre alle indicazioni tecniche,
puramente montanistiche, il consiglio era di investigare un’area più ampia ed esaminare,
soprattutto, gli affioramenti delle località Toni Gana, Bolla Casa e Cristut prospicienti
l’area interessata ed in sinistra orografica, ma anche quelli di Barchia e Ravascletto.
Anche l’ing. Palese, che s’interessò a molte miniere della regione, chiese nel 1951 il
permesso di compiere ricerche per la fluorite, barite e galena nella zona denominata
“Povolaro”.
Nel 1964 Dino di Colbertaldo e Giovan Battista Feruglio presentarono un lavoro
giacimentologico dell’area interessata dalla mineralizzazione. Lo studio evidenzia la notevole
quantità di barite, che si presenta in fitti aggregati lamellari e che talvolta forma
sacche entro il calcare devonico. I minerali metallici sono piuttosto scarsi e costituiti
principalmente da bournonite, tetraedrite con subordinate quantità di galena e pirite. È
presente anche la fluorite che può presentarsi con colori rosa o violetti. Non sono menzionanti,
invece, minerali di stagno o d’antimonio.
Attualmente le due gallerie sono franate, almeno nella parte iniziale che interessava il
detrito di falda, e gli ingressi non sono più rintracciabili, sono invece percorribili molte
gallerie impostate direttamente nella roccia devonica. In queste sono evidenti le patine
d’alterazione presenti come spalmature verdastre ed azzurre di malachite ed azzurrite e
gialle d’ocre d’antimonio (?).
La mineralizzazione interessa gli scisti grafitici di presunta età Silurica e i calcari
Devonici. I minerali presenti sono la bournonite, tetraedrite, galena, blenda, pirite bravoitica
(ricca in Ni), calcopirite, calcosina, barite, fluorite. Argento ed oro in tracce sono segnalati
da vecchie analisi. È indicata, dubitativamente, anche la presenza di stannite. Dai
carteggi in possesso emerge come la presenza di stagno sia fortemente dubitativa perché
evidenziata (erroneamente?) in un’unica partita di campioni analizzati ed in nessun’altra;
gli stessi proprietari erano arrivati alla conclusione di un’analisi poco attendibile. Il
Magnani (1946) non riscontrò lo stagno nemmeno in tracce.
La genesi è da considerarsi sedimentaria, complicata da successive rimobilizzazioni
precoci per metamorfismo ercinico e probabilmente tardive per tettonica compressiva
alpina.
Povolaro
La presenza di minerali di tetraedrite, galena e pirite è menzionata nel 1869 da
Taramelli. Il Marinoni riprende quanto detto dal Taramelli scrivendo “(...) a Povolaro
sulla sinistra del torrente Degano in faccia a Comeglians, alcuni anni or sono fu pure
aperto un piccolo scavo in un filone di pirite e di stibina compreso in una ganga di quarzo
e di scisti grafitici siluriani (o almeno precarboniferi); ma il prodotto era inapprezzabile e
quindi ogni indagine fu abbandonata”.
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Planimetria della zona di Povolaro, con riportate le gallerie (da De Pangher-Manzini, 1951).
Foto del Gamspitz e rilievo della Grotta di Timau.
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Il Marinoni menziona la stibina o antimonite, minerale di cui si dubita la presenza
poiché gli affioramenti di Povolaro dovrebbero essere analoghi, dal punto di vista genetico
e mineralogico, a quelli contigui di S. Giorgio di Comeglians. Sono presenti numerose
opere per la ricerca di solfuri misti eseguite negli anni ’40 che, però, hanno rilevato soprattutto
la presenza di barite. Nel 1951 l’ing. Giuseppe Palese richiese al Corpo delle
Miniere di Trieste un permesso d’investigazione per la ricerca di fluorite, barite, blenda e
galena nella zona denominata “Povolaro”. L’area, ricoprente una superficie di 230 ettari,
includeva tutti gli affioramenti, sia quelli presenti a Povolaro che quelli di S. Giorgio di
Comeglians. La genesi delle mineralizzazioni e paragenesi dei minerali è analoga a quella
di S. Giorgio di Comeglians, mentre la situazione geologica è molto più complessa, a
causa dello smembramento della compagine calcarea in più scaglie tettoniche.
Timau
Probabilmente, fin dai tempi antichi, si scavavano minerali di rame ed argento (?) nelle
montagne nei dintorni di Timau, ma il primo documento risale al 21 gennaio 1489. Il rinvenimento
di “ceramica pettinata”, in prossimità delle miniere, fa datare lo sfruttamento almeno
al Basso Medioevo, ma probabilmente l’attività mineraria è ancora più antica.
Altri documenti, 18 agosto 1490, 15 febbraio 1493, 1 dicembre 1506, 6 novembre
1577, 24 agosto 1578, attestano uno sfruttamento abbastanza continuo anche se in zone
limitrofe all’abitato di Timau.
Notizie su Timau sono riportate anche da Paolo Santonino nel suo “Itinerarium” in cui
si descrivono le visite pastorali del vescovo di Caorle Pietro Carlo in queste regioni negli
anni 1485-1487: “Postmodum circa horam XXIIm applicuit ad locum Timavi et ibi ea
nocte remansit ubi est fons Timavi et nova fodina argenti, in qua tunc primun argentarius
folles ceperat agitare pro argento ex vene lapidibus excutiendo”. Altre notizie le abbiamo
il 29 giugno 1489 quando il governatore del patriarcato Buzio de Palmulis scrisse al prete
Giovanni beneficiato in Paluzza “(...) Ville Timavi, que existit filialis ecclesie de Palucia
cure tue, effossoribus minere argenti (...)”.
Rilevamenti, fatti alla fine del XIX secolo, hanno evidenziato come sicuramente alcune
gallerie siano state ampliate o realizzate artificialmente ed alcune sboccano sul fianco
ripido del Monte Gamspitz. Così scriveva il Lazzarini nel 1903 dopo aver effettuato un
sopralluogo nell’agosto 1897 “Che le grotte di Timau sieno state intaccate dalla mano
dell’uomo, che questi vi abbia lavorato, tracce troppo palesi vi si scorgono tutt’ora, specialmente
nella parte inferiore, per dubitarne (...). A destra ed a sinistra, nella viva roccia,
si scorgono delle poderose intaccature, degli incavi di due per parte, a fronte, in cui, ben si
comprende, dovette esserci un tempo, saldamente fissata una spranga, un travicello, od
altro di simile (...)” e aveva ben intuito la possibilità che i minatori, raccolto il minerale,
lo calassero dall’apertura strapiombante della parete rocciosa più in basso in un punto di
facile raccolta e trasporto, all’apice del poderoso talus di detriti.
Purtroppo, ora, sono di difficile interpretazione tutti i segni d’intervento antropico
perché enormi modificazioni a cavità, gallerie e grotte anche naturali sono state fatte
durante il conflitto 1915/1918, e forse anche in seguito, tant’è vero che, durante i rilevamenti
del Circolo Speleologico ed Idrologico Friulano in una relazione d’uscita datata
1953 si scriveva: “Consta di numerose gallerie per complessivamente 200 m di sviluppo,
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60 dei quali già utilizzati per scopi bellici, con opere in muratura, scale e feritoie in ottimo
stato di conservazione”. La costante percolazione d’acqua ha ulteriormente celato tutti i
segni di lavorazione rivestendo i cunicoli d’incrostazioni calcaree.
La località “Schmelzhütte” (fornace fusoria), indica un’area dove il materiale estratto
era lavorato e nella quale Giuseppe Girardi (1841) osservò i resti di forni fusori “A
Timau esistono gli avanzi dei Forni di nobile metallo da me osservati nel 1808 (...)”.
Attorno si rinvengono notevoli quantità di scorie che furono fatte esaminare da Angelo
Coppadoro al prof. Senofonte Squinabol dell’Università di Padova. Le scorie rivelarono
un’alta percentuale d’ossidi di Ca, Fe e Si che fu messa in relazione al trattamento cui era
sottoposto il minerale al fine di estrarre il rame.
La mineralizzazione a tetraedrite, calcopirite e pirite in ganga carbonatica interessa
calcari carsificati del Devonico a contatto con la formazione trasgressiva dell’Hochwipfel.
La genesi è legata alle manifestazioni magmatiche sottomarine, con arricchimento dei
calcari di ioni metallo, per deposizione time e strata bound e riempimento successivo di
paleomorfologie carsiche.
Monti Pal Grande e Pal Piccolo
I nomi di Pal Grande e Pal Piccolo compaiono in un documento del 1489, ed altri atti
attestano l’esistenza di attività minerarie fino al 1578. I minerali allora ricercati erano
rame ed argento, quest’ultimo estratto probabilmente dalla galena. Sono presenti gallerie,
pozzi, probabilmente vecchi lavori rimaneggiati in tempo di guerra.
La mineralizzazione interessa i calcari carsificati del Devonico a contatto con la formazione
trasgressiva dell’Hochwipfel. I minerali presenti sono la blenda, tetraedrite,
bournonite, calcopirite, pirite, galena e barite.
La genesi è analoga a quella di Timau.
Monte Coglians-Creta della Chianevate-Creta di Collina e di Collinetta
Le mineralizzazioni più orientali, vale a dire quelle alle pendici della Creta di Collina
e di Collinetta, furono sicuramente oggetto di sfruttamento in epoca Medioevale, il documento
più antico che attesta uno sfruttamento locale è del 1578.
La mineralizzazione interessa i calcari carsificati del Devonico a contatto con la formazione
trasgressiva dell’Hochwipfel. Essa è di scarsa importanza per la modesta consistenza
degli affioramenti disseminati a macchia di leopardo in un’area molto grande. I
minerali presenti sono la tetraedrite, calcopirite, pirite, immersi in ganga quarzosa.
La genesi è analoga a quella di Timau.
Monte Avanza
È la miniera che presenta la più lunga storia documentata, di sfruttamento o ricerca,
iniziata nel 778, a più riprese e sospensioni e non ancora terminata.
Molti documenti attestano uno sfruttamento che è continuato fino alla metà del ’600, e
forse oltre, come documenta una lettera datata 1697 e scritta dal mineralogista De Kinger.
Essa fa riferimento ad un’investitura avvenuta nel 1695 a favore del dott. Zuliani, concessione
poi decaduta a causa del decesso del richiedente. Segue un periodo d’abbandono
fino ai primi del XIX secolo quando fu riscoperta da un sappadino. Bisogna aspettare,
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però, la metà del secolo perché vi siano testimonianze d’importanti lavori di ricerca e
sfruttamento che, iniziati sotto il Governo austriaco, continuarono sotto quello italiano
dopo l’annessione del Veneto all’Italia.
La Società Veneta Montanistica iniziò i lavori nel 1858, dopo ricerche operate negli anni
precedenti, realizzando la galleria Bauer, ampliando alcune antiche gallerie così che, nel
1863, oltre alla Bauer c’erano la galleria Errera, Schieling, Comello, O’Connor, Mulazzani,
Biringaccio, Sella. Così descriveva il Marinoni il trattamento metallurgico attuato alla fine
del secolo scorso: “Il prodotto della miniera veniva sottoposto anzi tutto ad una cernita che
si faceva allo sbocco della galleria Q. Sella, con cui si rifiutava il minerale povero e quello
contenente soltanto calcopirite o galena: di lì il minerale scelto era trasportato al pilatojo
(...) prima per una strada carreggiabile appositamente costrutta, infine per via di uno scaricatore
di legno lungo 540 metri. Qui veniva sottoposto alla pestatura, poi alla lavatura per
mezzo di tavole oscillanti e di cribri galleggianti, mossi dal corso d’acqua del rio dei Pistons,
onde si otteneva la preparazione di uno slicco di polvere impalpabile, del tenore di 4 e 5 per
cento di rame e di circa 0,04 d’argento. Questo slicco mescolato a cloruro di sodio (salmarino)
veniva in seguito torrefatto in un forno a riverbero (...). Quindi le acque di liscivazione (...)
venivano passate in vasche contenenti granaglie di rame su cui precipitava l’argento (...); e
dopo tale precipitazione le acque residuali scendevano in una duplice fila di casse di legno
(...) decantando la soluzione di rame su rottami di ferraccio (...)”. Poco più innanzi il Marinoni
si sofferma facendo delle considerazioni che valgono per tutte le nostre miniere e che già nel
1881, con lungimiranza, aveva espresso: “(...) non è a farsi illusione alcuna circa le nostre
miniere, le quali la potrebbero durare solo a patto di molta prudenza e di grande economia,
anche se le condizioni del mercato fossero ad esse pienamente favorevoli”.
Gli attuali resti della officina dei “Pistons” lungo il Rio di Avanza.
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Nel 1921 era concessionario il sig. Riccardo Petrosini che non eseguì alcun lavoro
di rilievo. Nel 1922 incaricò i periti industriali Giuseppe e Gino Bonvicini di eseguire
una relazione “(...) sullo stato attuale e sulla convenienza di ricoltivazione”. Il
sopralluogo fu compiuto dal 12 al 14 luglio del 1922. La relazione mise in luce alcuni
aspetti ritenuti improduttivi: il piano inclinato di legno utilizzato per il trasporto alla
località “pistons” trascinava, assieme al minerale, frammenti di legno e qui polverizzato
veniva, tramite carri, trasportato a Pierabec. Qui era trattato con notevoli perdite, il
minerale troppo finemente polverizzato era disperso sia durante l’operazione di lavaggio
sia dalla soffieria del forno a manica. Troppi soldi infine erano stati spesi per strutture
considerate troppo lussuose e pochi furono investiti nella ricerca, inoltre “ (...) si
riceve l’impressione che i dirigenti della precedente Società fossero desiderosi di ricavare
un utile immediato, qualunque esso fosse, (...) preoccupati anche forse più dalla
parte estetica dei loro lavori che di altro (...)”. Dalla relazione emerge lo stato di conservazione
delle infrastrutture tutte in precarie condizioni e non utilizzabili. Gli edifici
dei forni fusori, due a riverbero e uno a manica, non sono riattabili perché durante la
ritirata del 1917 furono dati alle fiamme con un incendio che durò ininterrottamente per
quattro giorni. I fabbricati dell’officina dei Pistons sono anch’essi inutilizzabili, i macchinari
furono asportati o distrutti e rimangono solo un albero di trasmissione per ruota
idraulica e parte degli ingranaggi della stessa.
Nel 1923 la miniera del Monte Avanza, con la creazione della Provincia del Friuli, fu
aggregata nella circoscrizione del Distretto Minerario di Trieste, presso il quale, da questa
data, compaiono notizie su di essa.
Dal 1923 al 1933 il giacimento rimase inattivo, gli interessi per la ricerca del rame si
erano tutti spostati verso i possedimenti jugoslavi. Ne sono un esempio le ricerche “Monte
Scoffi” del 1936 in Comune di Circhina, allora in Provincia di Gorizia, condotte dal
Martinoli lo stesso che in seguito, nel 1937, iniziò le ricerche anche sul Monte Avanza.
Negli anni 1937-1938 l’avv. Carlo Martinoli ha il permesso di ricerca di rame, ma senza
compiere lavori.
Nel 1939 subentra la ditta Micoli-Toscano che riattiva tutti i vecchi lavori: gallerie
Quintino Sella, Mulazzani, O’ Connor, Errera ed il livello Berta. La mineralizzazione è
molto povera, avendo un tenore medio complessivo di sostanze utilizzabili non oltre il
3,5 % del bruto. Viene contemporaneamente eseguita una ricerca denominata “Valz”, alle
pendici meridionali del Monte Avanza presso l’omonima casera, con la realizzazione di
una galleria in traversobanco a quota 2000 m e dei pozzetti lungo gli affioramenti.
Nel 1940, il permesso di ricerca passa alla società Anonima Miniere del Monte Avanza
(A.M.M.A.) che termina la riattivazione di tutti i vecchi lavori ripristinando 1,5 Km di
gallerie. Continuano inoltre le ricerche per definire l’estensione della mineralizzazione
con i permessi “Valz” e “Cercenut” realizzando trincee e gallerie. Il permesso denominato
“Monte Avanza” ed i due permessi sopra citati essendo contigui formano un’unica
unità mineraria. La società, nel 1941, esplica il maggior impegno nella sistemazione degli
edifici del personale e della laveria iniziando a costruire la teleferica il cui punto d’arrivo
a valle è la località “Pian della guerra”. La prima produzione di minerale si ha nel 1942,
circa 3.500 t al 2% di rame, inoltre, fu portata a termine la teleferica della lunghezza di
2.200 m e della portata di 12 t/h. Continuano nel ’43 i lavori di realizzazione ed amplia-
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“Galleria Bauer” nel Monte Avanza.
Discarica di minerale presso una galleria
franata nel Monte Avanza.
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mento delle infrastrutture. Il 4 settembre 1944 la società ottiene la concessione proveniente
dai permessi di ricerca “Monte Avanza”, “Valz”, “Cercenut” e “Forni Avoltri” i
lavori però non procedono per motivi politico-militari fino allo scadere della concessione
nel 1952. È datato 1944 un rapporto sulla visita effettuata nei giorni 21-22-23 marzo alla
miniera. Dal rapporto emerge il notevole impegno profuso dalla società Anonima Miniere
del Monte Avanza nel realizzare tutti gli impianti di preparazione esterna, d’ampliamento
e sistemazione delle gallerie Sella, Mulazzani, O’ Connor e Bauer. Emergono altresì
problemi legati alla particolare situazione politico-economica: compressori inadeguati,
quindi insufficienza d’aria nelle gallerie, mancanza, per alcuni periodi, di esplosivi, di
pezzi di ricambio. Gli operai impegnati nei lavori all’esterno delle gallerie erano 27,
all’interno 641 ed in laveria 53; venivano estratti tetraedrite e solfuri vari, con una produzione
di concentrato, dal 1 al 22 marzo 1944, di 15 t. La Seconda Guerra Mondiale mise
fine all’estrazione ed alla ricerca.
Dopo la chiusura della miniera, negli ambienti scientifici, è rimasto vivo l’interesse
per le supposte potenzialità della mineralizzazione, così nel 1975 la FINSEPOL S.p.a. di
Trieste decise di riprendere la ricerca. L’indagine si proponeva l’obiettivo di valutare
qualitativamente e quantitativamente la presenza di minerale di rame. Vennero effettuate
campionature nelle vecchie gallerie, sondaggi nella parte alta della mineralizzazione ed
analisi chimiche sui campioni prelevati. Visto l’esito positivo, nel 1985, fu intrapreso lo
scavo di una galleria 50 m al di sotto dei vecchi lavori, a quota 1639 m da parte della
Società Mineraria e Metallurgica Pertusola che ha impostato i lavori e che avrebbe trattato
il minerale estratto negli impianti esistenti presso la miniera di Salafossa. Si effettuarono
anche lavori di miglioramento delle infrastrutture e della viabilità. Nella galleria
“Galleria antica” nel Monte Avanza.
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Finsepol, posta in traversobanco, sono state effettuate numerose indagini con carotaggi
continui e prelievo delle polveri dei sondaggi per le analisi chimiche e nel luglio 1992 la
galleria aveva in traversobanco la lunghezza di 596 m e lungo la direzione del contatto
con il calcare la lunghezza di 719 m. È stato effettuato, inoltre un fornello di comunicazione
dalla galleria Finsepol con la galleria Quintino Sella, al fine di accedere alle vecchie
gallerie, franate nel traversobanco, tramite i fornelli già esistenti. Sono stati riattivati
gli ingressi alle gallerie Mulazzani e Bauer, anch’esse franate in corrispondenza del
traversobanco interessante gli scisti. Sono state sostituite le armature in legno ormai marce
con delle nuove. Nei primi anni del 1990 è subentrata la Società Monte Cocco s.r.l. che
ha continuato i piani di ricerca della precedente gestione.
Da un’indagine svolta sarebbero accessibili le gallerie Finsepol, Bauer e Mulazzani,
ma le entrate, per motivi di sicurezza, sono state chiuse. La galleria Quintino Sella è
visitabile fino ad un certo punto, perché è interessata da frane e da una copiosa uscita
d’acqua. Delle altre gallerie s’intravedono solo le discariche prospicienti gli ingressi ormai
franati.
Molto interessante è la galleria “antica” così definita dal Marinoni. Essa si trova a
circa 1900 m sulla parete meridionale del Monte Avanza ed è la più occidentale di tutte.
Come tutte le gallerie, di cui non è nota l’iconografia, è difficile stabilire la data d’esecuzione
dello scavo. Possiamo solo fare delle considerazioni; è sicuramente antecedente al
1881 anno in cui il Marinoni, descrivendo i lavori effettuati, la riporta in planimetria,
forse per dovere di cronaca, senza darle alcuna importanza pratica. È stata scavata nel
calcare devonico, di difficile attacco con mazza e punta, solo perché in quel punto una
faglia ha formato una cataclasite facilmente asportabile. Se a quanto detto si aggiunge
“Galleria Mulazzani” nel Monte Avanza.
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che la mineralizzazione era veramente esigua possiamo solo pensare ad operatori che
avevano a disposizione modesti mezzi e che quanto estratto poteva essere loro sufficiente.
Questo però non ci autorizza a considerarla d’età romana, come supposto da alcuni autori.
In certe nostre miniere, ed in particolari condizioni economiche, l’estrazione a mazza e
punta si eseguì fino agli anni ’40, ma è altrettanto vero che gallerie così anguste furono
realizzate, nella maggior parte, durante il Medio Evo e potrebbero essere ancor più vecchie.
Ai piedi del massiccio roccioso del Monte Avanza si notano ancora, a causa delle
depressioni presenti, delle zone coltivate a giorno. Queste, quasi sicuramente, sono le
aree di più vecchio sfruttamento, che al loro esaurimento sono state abbandonate per
realizzare pozzi e gallerie al fine di raggiungere la zona mineralizzata.
La mineralizzazione è localizzata nella discontinuità fra i calcari devonici carsificati
e il complesso argillo-scistoso del Carbonifero, e più esattamente nella breccia scistosoargillosa
o grafitica con giacitura trasgressiva.
La mineralizzazione è inglobata nella breccia costituita da calcari, scisti neri e calcite
secondaria, oppure è diffusa nel calcare, anche a decine di metri dalla zona del contatto
con gli scisti, sotto forma di stiloliti, plaghe centimetriche ed agglomerati cristallini. I
minerali presenti sono la tetraedrite, galena, blenda, pirite, calcopirite, bournonite, barite,
goetite, azzurrite, cuprite, malachite, cerussite, covellina, quarzo, calcite, cinabro, ematite,
allofane, pirrotina, stibiconite, tenorite e smithsonite. La tetraedrite, contenendo un’elevata
quantità di zinco, è definita zincifera.
La mineralizzazione è del tipo strata-bound e si può correlare con delle successive
trasgressioni carbonifere che hanno caratterizzato l’evoluzione paleogeografica dell’area
su un paleorilievo variamente modellato e carsificato.
Ovasta
Ricerche finalizzate all’individuazione di solfuri misti furono eseguite, durante l’ultima
guerra, ad Ovasta presso Ovaro lungo il Rio Iesola.
Dagli annali del Distretto Minerario di Trieste emerge che il titolare del permesso,
Sig. Angelo Candido, nel 1942 fece eseguire lavori a giorno per la ricerca di solfuri misti
interessando esclusivamente il Rio Iesola, ed i risultati devono essere stati deludenti perché
mancano notizie negli anni successivi.
I terreni affioranti sono attribuibili al Permiano sup., in facies carbonatica, e al
Werfeniano caratterizzato da arenarie e siltiti. L’unico minerale presente è la pirite diffusa
nella marna verdastra in piccoli cristalli. Non sono state individuate vecchie opere.
Monte Valmedan
A nord di Rivalpo nel Serla sup. ed in corrispondenza della paleosuperficie si rinvengono
solfuri e carbonati.
La toponomastica del luogo, Rio Plumbs e Monte Plumbs, è chiaramente legata alla
mineralizzazione ed è probabilmente secondo quest’indizio che alcuni autori ritengono
l’affioramento già noto in epoca romana, segnalando lavori a giorno alla quota di 1600 m.
Da un sopralluogo effettuato si è riscontrato, in uno scavo a giorno lungo la pista forestale,
solo abbondante calcite spatica e la presenza di quarzo in microcristalli nel calcare. Non
si sono notati solfuri anche se è certa, grazie a segnalazioni, la presenza di galena. Gli
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unici campioni mineralizzati raccolti nelle zone adiacenti contengono solfuri, idrossidi e
ossidi di ferro quali pirite, limonite ed ematite in lenti o tasche nella dolomia.
Rio Sglirs
In destra orografica del Torrente Chiarsò tra i Rii Sglirs e Malinfier a quota 1550 m
circa, sotto i bastioni carbonatici del Devoniano sup. sono presenti mineralizzazioni a
fluorite e solfuri di rame e zinco. Questo affioramento è stato segnalato per la prima volta,
con comunicazione verbale, dal geologo Andrea Mocchiutti.
Esso può rivestire un certo interesse didattico perchè non è molto distante dalla strada
per Cason di Lanza ed inoltre sono ben evidenti, sulle pareti rocciose sub-verticali, le
sacche mineralizzate ed i rapporti tra queste ed i calcari che le ospitano. Paleodoline
devoniche sono state riempite da fluorite trasparente (comune) e violetta (rara), calcite,
tetraedrite e sfalerite. Sono presenti inoltre minerali d’alterazione quali malachite ed
azzurrite.
Rio Fuina
La tradizione orale vuole che, le miniere del Rio Fuina, presso Pesàriis, siano state
sfruttate, per l’estrazione dell’oro, già in tempi molto antichi e che per cupidigia i minatori
non rispettavano il riposo domenicale. Dio adirato fece allora franare le gallerie facendo
soccombere tutti i minatori e cancellando ogni traccia della miniera. A parte la tradizione
orale, sullo sfruttamento del giacimento non ci sono dati certi. Alla fine degli anni
’60 il prof. Piero Comin Chiaramonti effettuò uno studio mineralogico-petrografico dettagliato
senza peraltro trovare tracce d’attività mineraria. I terreni interessati sono quelli
Affioramento mineralizzato presso il Rio Sglirs.
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dell’Anisico, costituiti da calcari, arenarie e siltiti rosse e verdastre con conglomerati
poligenici, calcari dolomitici e calcari nerastri, tufi e dolomia massiccia.
La mineralizzazione è compresa fra i due Rii Fuina di sinistra e di destra e si manifesta
sia nella dolomia del Serla, che nelle arenarie rosse anisiche. La mineralizzazione è
presente con crostoni limonitici, filoncelli, tasche, impregnazioni di pirite e marcasite,
che si presentano con strutture colloformi: reniformi, botroidali e mammellonari. Estesi
sono i fenomeni d’ossidazione con minerali secondari quali: goethite, derivante dall’alterazione
dei solfuri, e gesso che si può presentare in cristalli anche geminati a ferro di
lancia.
Si ipotizza che la genesi sia collegata con il fenomeno eruttivo, vale a dire con venute
post-eruttive di fluidi mineralizzanti che hanno provocato in un ambiente marino poco
profondo, soggetto a variazione di pH, la deposizione di solfuri sotto forma di gel. Nella
formazione del Serla sono segnalati, inoltre, crostoni limonitici e lenticelle di pirite, probabilmente
connessi all’emersione e formazione di paleo-karst.
Forni di Sotto
Il Taramelli (1871) segnala galena nella dolomia dello Schlern: “Non mancano però,
nel calcare infraraibliano dei dintorni di Forni di Sotto, dei filoncelli di galena, ed al
contatto di questo calcare colle arenarie Keuperiane, dei banchi e degli ammassi di ematite;
(...)”. Osservazioni che fece lo stesso Marinoni (1881): “(...) appartengono a codesta
giacitura gli affioramenti puramente sporadici (...) verso le falde del Monte Tinizza (a m.
762 liv. bar.) pure argentifera, disseminata in mosche luccicanti in un’ocra gialla (...)”.
Come evidenza il Marinoni le mineralizzazioni sono sporadiche o verosimilmente si può
parlare di tracce. Si rinvengono, invece, spalmature verdi e tracce di calcopirite al Rio
Verde e nei dintorni.
Passo della Mauria
Jervis (1873) segnala galena argentifera in filoncelli nel terreno triassico nella zona di
Forni di Sopra.
Il Marinoni (1881) segnala affioramenti puramente sporadici al “(...) passo della
Mauria nel territorio di Forni di Sopra, a filoncelli entro arenarie ocracee marnose che
si alternano coi letti di calcare dolomitico (...) è scarsamente argentifera (...)”. Queste
segnalazioni testimoniano la presenza di una mineralizzazione sporadica e non molto
rilevante.
Canal del Ferro-Valcanale
Rio Ugovizza
Nella stretta forra del Rio Ugovizza, in località “Cristo”, a circa 800 m di quota è
presente un filone di circa 2 m a solfuri con prevalenza di pirite che, alteratasi superficialmente,
ha costituito un cappellaccio d’ossidati di ferro. Sono presenti tre gallerie, aperte a
mano, profonde poche decine di metri, delle quali non si conosce l’anno d’esecuzione. Ne
parla la prima volta Dino di Colbertaldo nel 1958: “(...) accurate ricerche hanno messo in
luce alcune antiche gallerie, di cui nulla in precedenza era risaputo”. Nelle relazioni del
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Servizio minerario del 1923-24 risultano ricerche per Pb e Zn nel Comune d’Ugovizza-
Valsaisera con la realizzazione di due brevi gallerie dirette normalmente ad alcune faglie
ritenute mineralizzate. La galleria inferiore attraversò una faglia sterile dopo 2 m d’avanzamento,
quella superiore fu continuata infruttuosamente per altri 3 m. È possibile che si
tratti proprio delle gallerie rinvenute dall’autore citato. Nel 1959, sempre senza eseguire
uno studio dettagliato, si sofferma maggiormente nella descrizione di questa mineralizzazione:
“L’esame microscopico delle sezioni lucide ha permesso di stabilire la presenza
di pirite e marcasite associate (con pirite subordinata) e piccole quantità di blenda
(...) sotto forma di microcristallini inclusi nella marcasite. La marcasite è sempre cristallina,
in lamelle a geminazione polisintetica, oppure a struttura fibroso-raggiata; la ganga è
data in parte dalla roccia incassante, in parte dalla calcite”.
Nel 1957 la Raibl Società Mineraria del Predil, sotto la direzione dell’ing. Giovanni
Nogara, al fine di determinare la potenzialità e la paragenesi della mineralizzazione chiese
un permesso di ricerca denominato “Cristo”.
I minerali presenti sono pirite, ematite, limonite tutti non idiomorfi. La mineralizzazione
è posta nella breccia d’Ugovizza, dell’Anisico sup. La genesi della mineralizzazione è,
secondo alcuni Autori, dovuta a concentrazioni determinate da processi di metasomatismo
tardivo.
Monte Acomizza (Val Bartolo)
Ben pochi dati si hanno su questo affioramento e bisogna arrivare alle note sulle
mineralizzazioni del 1960 e 1967, scritte da Dino di Colbertaldo. Il 29 dicembre 1962
documenti attestano il permesso di ricerca “Monte Acomizza”.
Ugovizza.
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Dalla relazione emerge che sono presenti vecchi lavori minerari con gallerie impostate
seguendo i filoni mineralizzati, che sono stati abbandonati per la carenza di minerale,
ma non fa menzione sull’età dei lavori. Le due gallerie, poste a quota 1400 m,
sono lunghe 150 m la superiore e 90 m l’inferiore, quest’ultima non è praticabile a
causa di franamenti.
Il permesso di ricerca Monte Acomizza ricopriva un’area trapezoidale limitata a Nord
dal confine di stato, ad Est dal Rio Bartolo, a Sud dal Rio dei Muli e ad Ovest dalla linea
di spartiacque nel tratto che dal Monte Acomizza scende verso Sud fino a quota 1760 m.
Il programma dei lavori prevedeva il ripristino delle vecchie gallerie al fine di accertare
l’entità della mineralizzazione e l’esecuzione di nuove ricerche mediante metodi diretti,
trincee, pozzetti, o indiretti, con sistemi geochimici e geofisici. La spesa prevista era di
circa 25 milioni per 2 anni di ricerche.
La mineralizzazione interessa le dolomie e calcari dolomitici della formazione a
Bellerophon del Permiano sup. in prossimità, circa 20 m, del contatto stratigrafico con la
sovrastante formazione di Werfen ad arenarie varicolori.
I minerali presenti sono calcopirite, calcosina, covellina, galena argentifera, pirite,
blenda. Nella relazione sono evidenziati altri minerali che farebbero parte di un “ (...)
notevole affioramento d’origine metasomatico con calcite, quarzo e florina (...) ”, tale
affioramento ha le dimensioni di 50x30 m. La mineralizzazione risulta, in ogni caso,
molto disseminata e con un tenore piuttosto basso e quindi di scarso valore economico.
La genesi della mineralizzazione è dovuta alla deposizione di minerali in un
paleoambiente d’accumulo paralico.
Cinquepunte
Nella regione Fünfspitze (Cinquepunte) alle falde del monte omonimo, come risulta
dagli annali del distretto minerario di Trieste anno 1923-24, furono eseguite ricerche,
mediante trincee e gallerie, al contatto fra gli scisti raibliani e la dolomia metallifera. La
ricerca proseguì in quest’ultima formazione dove furono rinvenute zone mineralizzate,
con tracce di galena e blenda, lungo faglie. La scarsità e dispersione del minerale consigliarono
l’abbandono delle ricerche.
Le attività furono riprese, nel 1926, eseguendo un traversobanco e rinvenendo tracce
di blenda e galena, ma un rigetto fece perdere la mineralizzazione. Nel 1927, sempre da
parte della Società Anonima Miniere Cave di Predil, si proseguirono le gallerie per un
totale di 86 m rivelando mineralizzazioni lungo le faglie. I lavori continuarono fino al
1930. Queste ricerche erano orientate a stabilire una possibile prosecuzione della
mineralizzazione, presente a Raibl, verso Nord-Est.
La genesi della mineralizzazione è analoga a quella del giacimento di Raibl.
Monte Bruca
La località “la Buca” posta sulle pendici orientali del Monte Bruca sarebbe a ricordo
di antichi lavori di ricerca. Notizie certe non ci sono, ma è possibile che l’investigazione
sia avvenuta per la frequente presenza sia nel Rio Bombaso che nel Rio degli Uccelli di
noduli mineralizzati a pirite, calcopirite e la presenza nel detrito di falda di blenda, galena
e barite. Sugli indizi precedenti e sulle vistose macchie ematiche presenti fu richiesto il
72
permesso di ricerca “Monte Brizzia”, che è la montagna a sud del Monte Bruca. La
mineralizzazione interessa la dolomia ladinica dello Schlern ed è di scarsa importanza.
Monte Cocco
Per questo giacimento la tradizione vuole che fosse sfruttato già in epoca romana, ma
in realtà dati certi risalgono solo ai secoli XV-XVI, quando gente del luogo o minatori
provenienti dalla Stiria coltivarono delle mineralizzazioni a Nord-Ovest di Ugovizza.
Marie von Plazer (1899) suppone che i primi tentativi d’estrazione fossero da far risalire
al tempo del vescovo Georgius von Schaumberg abate di Bamberga (1459-75) e che “(...)
i commerci fiorenti della città e i guadagni risultanti dall’industria delle miniere e dei
magli indussero molti veneziani e friulani e anche forestieri a fissare la loro dimora in
territorio bamberghese nell’alta Carinzia (...). Tra i più distinti rappresentanti dell’industria
ferriera si annoverano le famiglie della Grotta, i cui discendenti furono i conti
Grottenegg; poi i Zeneggen di (...) e la famiglia di Paolo di Nagerschigg”.
I Paul, i Canal e i della Grotta, assimilando del tutto la cultura tedesca, divennero
nobili grazie ai servigi prestati all’imperatore.
Marie von Plazer continua scrivendo: “ Nella casa dell’industriale a Canal, genero del
Volfango Paul jun. si conserva un regolo in ferro con l’iscrizione: “Miniere Mi No Anno
1666 Malborghetto” quasi un avvertimento per tutti i suoi discendenti a non occuparsi di
miniere. Una relazione del vicedomino di Wolfsberg, del 1666, dice che i della Grotta
avevano in feudo sulla malga di Ugovizza tre pozzi di ferro, con i nomi di S. Giovanni, di
S. Massimiliano e di S. Martino.”
Kaietan Schnablegger (da Domenig, 1986). Ordine di servizio della miniera del M. Cocco.
73
I della Grotta avevano anche la concessione di poter erigere forni e fucine per la lavorazione
del minerale. Con la terza incursione veneta della Valcanale, avvenuta nel 1616
con la guerra gradiscana, aumenta la penetrazione di popolazione italiana nella valle.
Questa del resto era già avvenuta in precedenza con imprenditori interessati all’estrazione
del ferro, alla sua lavorazione ed al commercio con la Repubblica Veneta; la Valcanale
assunse, quindi, l’importante funzione non solo di via di transito per il commercio, ma
anche importante area per l’estrazione e lavorazione del ferro.
La coltivazione continuò anche nel ’700, ma a metà secolo si verificò una crisi generalizzata
dell’industria del ferro la cui conseguenza portò alla diminuzione degli scambi
commerciali. La diminuita importanza commerciale della valle unita al forte depauperamento
dei boschi, che avevano alimentato per secoli miniere e fucine, fecero mutare la
situazione politica. Così, nel 1759, il vescovo di Bamberga aliena i beni della signoria di
Federaun, territorio appartenuto per secoli al Vescovado, che diventarono così proprietà
della casa d’Austria.
Con il XIX secolo si cominciano ad avere maggiori testimonianze sulle miniere. Intorno
al 1803, il principe Francesco Saverio Orsini di Rosenberg fece riattivare la miniera di
Polavafratta ed erigere un altoforno a Pontafel sulla strada per Nassfeld. Nel 1819 forni e
fucine passano di proprietà a Giovanni von Vest e Paolo Hauser. Nel 1823 la miniera e
fucine passano alla famiglia von Canal, che coltivò il giacimento per un breve periodo di
tempo, e poi al conte Renard che acquistò tutte le fucine della Valcanale tranne quelle dei
von Canal e di Walker di Tarvisio. Tra il 1877 ed il 1882 Leopold Globocnik (o
Globotschnik), già proprietario di miniere di ferro in Eisenerz, diventa proprietario di 3
campi minerari sul Monte Kok in precedenza posseduti dagli Henckel von Donnesmark.
Il Seeland, nel lavoro del 1878, menziona quali possessori delle miniere dopo il conte
74
Il villaggio minerario del Monte
Cocco ad inizio secolo.
Galleria e mineralizzazione nelle miniere del Monte Cocco.
Crollo nella galleria del IV ingresso delle miniere del Monte Cocco.
75
Renard, il conte Kasimir Esterhàzy e poi un consorzio di minatori della Valcanale ed
afferma che nel 1867 la miniera era già di proprietà di Leopold Globocnik.
Globocnik in seguito vende tutte le miniere al ricco industriale Cajetan (o Kajetan)
Schnablegger, anche se pare ci sia stato un ulteriore precedente passaggio alla Krainische
Industrie; la famiglia Schnablegger era originaria di Friedburg nella Slesia e da sempre si
era interessata allo sfruttamento minerario, infatti, già possedeva una parte della miniera
di Raibl. Egli fece realizzare due gallerie, sopra la località Ciurciule, che presero il suo
nome: la Cajetan I a quota 1529 m e la Cajetan II a quota 1597 m, e programmò di
potenziare i trasporti del minerale dal Monte Cocco verso il Fiume Fella, ma non riuscì a
portare a termine il progetto a causa della prematura scomparsa avvenuta nel 1894 per
incidente minerario.
Giovanni Marinelli (1894) scriveva su Pontafel (Pontebba austriaca): “Alla fine del
secolo decorso esisteva qui un forno fusorio di manganese e ferro, che venivano trasportati
dall’alpe di Uggovitz con grave spesa”.
Il conte Henckel diventa proprietario delle miniere nei primi del ’900 ottenendo 5
permessi di libera ricerca. La società Merkatur subentrò al conte il 26 giugno 1904 fino al
13 giugno 1911 quando la società cambiando azionisti passò giuridicamente a Società
Anonima. I lavori furono sospesi durante tutto il conflitto mondiale a causa della vicinanza
con il confine.
Dopo la Prima Guerra Mondiale, ed un breve periodo di inattività, la miniera Monte
Kok I-II e III alla fine del 1921 è ceduta dal proprietario, il conte Ugo Henckel von
Donnersmark, alla Società Anonima Italiana Gio. Ansaldo & C. Emergono subito dei
problemi inerenti il trasporto del minerale ed il suo scarso tenore, così vengono avviate
ricerche senza che ci sia stata coltivazione. Le indagini continueranno anche in seguito
sia nei vecchi lavori della miniera, anticamente denominata Globocnik, sia realizzando
gallerie e ricerche nel versante opposto a questa, cioè ad Est. I lavori sia di ricerca sia
d’estrazione sono sempre stati rallentati o sospesi durante l’inverno a causa della neve
che copriva gli imbocchi, per essere ripresi ad aprile-maggio.
Nella relazione geologico-mineraria della S.A. “Ansaldo-Cogne” del 15 dicembre
1923 l’ing. Silvio Gilardi riferisce che: “I banchi di minerale trovati ed esplorati nell’alta
valle di Malborghetto sono in numero di tre, dei quali il primo al contatto fra gli scisti ed
il calcare siluriano e gli altri intercalati nel calcare stesso ed è su questi che furono eseguiti
i più antichi lavori, ora in gran parte ostruiti”. La relazione continua riportando le
percentuali frutto delle analisi chimiche eseguite sulle mineralizzazioni dei vari banchi.
La S.A. “Ansaldo-Cogne” Miniere di Carnia, in seguito, S.A.N. “Cogne” Miniere di
Carnia, l’11 febbraio 1926, presenta denunzia al Sindaco del Comune di Ugovizza-
Valbruna dell’incarico di direttore della miniera affidato all’ing. Emilio Rimediotti. Questi
diresse i lavori, che continuarono, nella parte alta del giacimento, fino al 1927.
Dal 1928 al ’29 si eseguirono solo lavori di manutenzione e nel 1930 si procedette,
nella Miniera Alta, per seguire un banco di minerale. Con il 1931 la società ottiene il
permesso di sospensione dei lavori per un anno, ma rimane inattiva, di fatto, sino al 1935.
Dal 1936 furono ripresi i lavori più per spirito autarchico che per un reale approvvigionamento
di minerale, perché insormontabili erano i problemi legati al trasporto del minerale,
alla sua frantumazione ed all’utilizzo nei forni fusori. Per dieci anni si continuò a
76
lavorare, senza riuscire a risolvere i problemi sopraesposti, con il risultato che il minerale
estratto finì per essere ricoperto dalla vegetazione. La Società Anonima Nazionale Cogne
fece anche ricerche, per il ferro e manganese, nel Torrente Pleccia e nei Prati di Bartolo. La
sospensione dell’attività estrattiva delle miniere del Monte Cocco, avvenne nel 1946 ed
ufficialmente la domanda di rinuncia fu accolta nel 1950. Dal 1956 al 1958 la SAFAU
(Soc. Ferriere Acciaierie di Udine) ottenne un permesso di ricerca, eseguendo studi e
rilievi magnetometrici, con risultati poco soddisfacenti.
Ora molte gallerie sono franate, in alcune si entra con difficoltà e pericolo perché le
travi sono in cattivo stato e il detrito di falda preme sulle infrastrutture. Del villaggio
minerario, composto di molti edifici di legno ed uno in muratura non rimane che quest’ultimo;
già nel giugno 1946 tutti gli impianti della miniera furono smantellati e trasferiti nei
giacimenti d’Aosta.
Pochi sono i lavori geologici sul Monte Cocco e per lo più datati fine ’800 o inizi ’900,
il lavoro più recente e quello di Ulrich Herzog (1988). Gli unici studi giacimentologici
sono quelli di Dino di Colbertaldo e la monografia sul giacimento di Giovan Battista
Feruglio (1970).
La coltivazione del giacimento è avvenuta in quattro zone: la Miniera Alta, la Miniera
Bassa, la Miniera Kajetan ed i Vecchi Lavori e le ricerche nel Rio Pazagan. La Miniera
Alta è costituita da lavori effettuati sul fianco orientale del Monte Cocco da quota 1670 m
a 1878 m. Quella Bassa è sempre sul fianco orientale, ma interessa le quote da 1333 m a
1460 m. La Miniera Kajetan ed i Vecchi Lavori si trovano sul versante occidentale da
quota 1550 m e 1700 m ed è qui che si trovano i più antichi lavori, molti ormai franati. Le
ricerche del Rio Pazagan sono site lungo il rio omonimo da quota 1300 m a 1402 m.
Antiche ricerche, denominate “Ugo Steinbach”, sono poste lungo il Torrente Uque
nella sinistra orografica a quota 810 m e da queste si ricavava limonite che era trattata in
un forno, probabilmente, posto in località “casa del fabbro”.
La mineralizzazione è localizzata nella parte basale della serie comprensiva siluricodevonica
ed è rappresentata dagli strati del Gotlandiano. Tre sono gli orizzonti
mineralizzati; lo strato intermedio è quello più potente, circa 3,5 m, ed è quell’interessato
dalle coltivazioni. La tettonica con lineamenti E-W ha agito fagliando quest’orizzonte,
con rigetti da qualche decimetro ad una decina di metri complicando la coltivazione.
Lo strato mineralizzato può essere suddiviso in due parti: quello superiore più ricco in
manganese con siderite manganesifera alterata e minerali di manganese e quello inferiore
ricco in ematite e magnetite. La formazione della magnetite, degli ossidi ed idrossidi di Fe
è probabilmente d’origine secondaria, dovuta alla liscivazione della siderite, maggiormente
presente nella parte alta dello strato.
Si può suddividere la mineralizzazione principalmente in tre tipi:
- a struttura oolitica, in cui l’ematite, ma anche la siderite, magnetite, calcite, formano
ooliti immerse in una matrice composta d’ematite, calcite e materiale siliceo;
- fossile, in cui l’ematite sostituisce, parzialmente o totalmente, numerosi fossili principalmente
cefalopodi (orthoceratidi);
- nodulare o lenticolare con struttura “occhiadina”, occhi e noduli sono di composizione
mineralogica varia con ematite, magnetite, calcite ecc.
La mineralizzazione è d’origine sinsedimentaria; in un mare epineritico agitato ed
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aerato con variazioni del livello marino, probabilmente vicino alla costa, e con valori
d’ossidoriduzione variabili sono precipitati ferro e manganese.
Il minerale più frequente è l’ematite, questa ha probabilmente origine sia primaria, sia
diagenetica com’è dimostrato dai fossili sostituiti e dagli strati concentrici nelle ooliti
calcaree. Sono presenti anche siderite, ankerite, magnetite, martite, pirolusite, braunite,
limonite, goetite, chamosite. Subordinati rispetto ai primi sono pirite, marcasite, pirrotite,
calcopirite, covellina, wad, manganite, calcite, apatite, barite, rodocroisite. Blenda e galena
sono state rinvenute nei corsi d’acqua che scendono dal monte.
Creta di Pricot-Sella della Pridola-Monte Malvuerich Alto
La segnalazione di questo orizzonte mineralizzato è piuttosto recente, anche se alcuni
autori associano il toponimo dato ad una località “la Busate”, a Sud-Ovest della Creta di
Pricot, ad antichi lavori estrattivi. Nella località sopraccitata, che interessa però la dolomia
dello Schlern del Ladinico, si rinvengono solo tracce d’ossidato e diffusa pirite.
Dino di Colbertaldo, nel 1960, segnalava la località e, nel 1967, parlava della
mineralizzazione come di un promettente quinto orizzonte metallifero a piombo e zinco
situato nelle scogliere calcareo-dolomitiche del Devonico del Friuli.
La mineralizzazione, piombo-zincifera, è stata interessata da ricerca, nel 1969 con il
permesso di ricerca “M. Pricot”, esplorata dalla M.A.O. (Mineraria Alpi Orientali), con
trincee e gallerie, alle quote 1600-1750 m per verificarne la potenzialità. È stata realizzata
una galleria di 200 m, in traversobanco, alla quota 1573 m incontrando solo tracce di
mineralizzazione. In seguito, dal fondo della galleria, sono stati eseguiti 5 fori di sonda, a
ventaglio, per un totale di 300 m al fine di indagare la presunta mineralizzazione interessante
una faglia. L’esito della ricerca è stato negativo.
La mineralizzazione è localizzata nei calcari di scogliera devonici, carsificati, al contatto
con i terreni trasgressivi carboniferi ed affiora per lunghi tratti, in più punti, dal Monte
Cavallo di Pontebba alla Creta di Pricot, dalla Sella della Pridola al Monte Malvueric.
I minerali sono: blenda prevalente con tracce di solfuri di Cu e Sb, galena, pirite,
ematite, limonite, idrozincite, cerussite e smithsonite. La mineralizzazione è d’origine
sinsedimentaria, dovuta all’arricchimento delle acque da parte di soluzioni idrotermali e
successiva concentrazione dei metalli in paleodoline o paleosolchi.
Monte di Val Dolce
L’area interessata dalla mineralizzazione si estende in direzione Est-Ovest per una
lunghezza di oltre 2 Km fra il Passo di Cason di Lanza e le pendici orientali del Monte di
Val Dolce.
L’area rappresentò, durante il Devonico medio-superiore, un paleoalto strutturale che
fu sottoposto ad un lungo periodo d’emersione con la conseguente formazione di un
paleocarsismo molto maturo. Le paleodoline funsero da trappola per la deposizione di
minerali. La mineralizzazione è localizzata nei calcari di scogliera devonici, ricoperti in
discordanza da depositi terrigeni d’ambiente deltizio e litorale e dai carbonati d’ambiente
di piattaforma del Gruppo dell’Auernig (Carbonifero sup.).
I minerali sono blenda, tetraedrite, bournonite, boulangerite in abbondante matrice
fluoritica e, subordinatamente, galena, pirite, marcasite, grenokite, barite e kert. La
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mineralizzazione è legata alla trasgressione marina del Carbonifero superiore su depositi
devonici.
Rio Sciaid (Monte Prisnig)
Dino di Colbertaldo (1960) segnala una manifestazione a realgar ed orpimento nella
vallecola del Rio Sciaid, che scende dal Monte Prisnig verso il Tarvisiano. La manifestazione
interessa i sedimenti marnosi del Werfeniano “ (...) si tratta di venuzze spalmate dei
due solfuri (...) sia per la qualità che per la quantità in cui ricorrono, hanno soltanto
interesse scientifico”. Analoghi rinvenimenti si sono riscontrati anche nella galleria che
devia il Rio del Lago da Muda al bacino di Rutte. Data la sporadicità dei rinvenimenti
questi non hanno interesse economico.
La manifestazione è dubitativamente attribuita a soluzioni idrotermali di bassa temperatura.
Rio Gelovitz
Giovanni Marinelli scriveva, nel 1894, a proposito del Canal del Ferro “(...) di fucine
di ferro lungo il canale che da questo minerale trae il nome, oggidì esso non si rinviene,
ovvero si trova soltanto in quantità minime, ond’è che quei documenti devono ritenere
come riguardanti dei banchi superficiali di ossido di ferro idrato (limonite), oggi esauriti
(...)” e alle stesse conclusioni giunse Michele Gortani.
Atti medioevali del 1312, 1322, 1347, 1430 parlano di fucine fra Ponte di Muro e
Ponte di Legno. Pietratagliata però era nota già nell’anno 1001 come “Petram fictam”
sicuramente per le miniere di ferro, le sue fucine e i battiferro. Un atto del 1322 testimo-
Campione di limonite dal Rio Gelovitz.
79
nia il contenzioso fra l’Abbate di Moggio, competente sul territorio del Canal del Ferro, e
i Signori di Prampero che per lo sfruttamento minerario non intendevano pagare la decima.
Una concessione, datata 1650, fa menzione di alcune miniere: “Il molto Ill.mo sig.
Giacomo Messenio per l’Ill.mo sig. Ettore Grimani abbate commendatario della Rev.da
Abbazia (...) investisce il sig. Antonio Piccio figlio del sig. Francesco ora abitante in
Ponteba Veneta (...) dà et concede libera et ampia facoltà di poter cavare et purgare
miniere di ferro sopra la villa di Pietra Tagliata in tre luoghi: Pozèt, Mincigòs et Sualt
et parimente di poter fabricar un Ferro di purgar dette miniere, et altre cose necessarie
a tal opera et manifattura (...) promettendo l’antedetto Piccio in l’avenire et fin tanto
godrà della miniera corrispondere annualmente lire una di piccioli (...) a Mons. Ill.mo
et Rev.mo Abbate cominciando l’anno venturo 1651 (...)”. Tali località sono ancora
riscontrabili nella carta 1:25.000, Pozèt s’identifica con Poccet, mentre per le località
Mincigos e Sualt i toponimi sono rimasti inalterati.
L’area di Mincigos è nota, quella di Poccet lascia perplessi perché non interessa le
dolomie dello Schlern. Quindi, o si tratta di una mineralizzazione in terreni diversi, o più
semplicemente può essere interpretata come una delimitazione toponomastica dell’area di
sfruttamento. La zona di Sualt non è stata investigata, ma la mineralizzazione dovrebbe
presentare le stesse caratteristiche dell’area di Mincigos trattandosi di dolomie dello
Schlern. La scarsa quantità del minerale, e la difficoltà nell’estrarlo, ha fatto sì che lentamente
l’area del Canal del Ferro fosse abbandonata dai forni e fucine. La nuova area, che
andò a definirsi, fu la Valcanale dove le acque del Fiume Fella erano meno impetuose
perché la valle più ampia e più vicina alle miniere dell’Impero, vale a dire dal Monte
Cocco e di Raibl. Una località, tra Pietratagliata e Pontebba, ora occupata da una segheria,
ha il nome di “Fusinatis” che ricorda le antiche fucine.
Da un sopralluogo effettuato a Mincigos, sono stati individuati i livelli mineralizzati,
che non sono per nulla superficiali, come ritenuto dal Marinelli, ma stratificati entro la
dolomia ladinica. Per estrarre il minerale sono state scavate due gallerie. Questa è la
prima segnalazione del rinvenimento di miniere nel Canal del Ferro e chiarisce molti
aspetti storici. Il toponimo della valle prende origine dal minerale che qui si scavava. Le
fucine ed i battiferro furono impiantati in questa zona perché prossimi alle miniere. In
seguito, grazie alla maestria raggiunta dagli artigiani nell’arte della fucina, i battiferro
furono spostati nella Val Canale dove il Fiume Fella, con un alveo più ampio, poteva
arrecare meno danno alle strutture. Queste fucine oltre a sfruttare il minerale locale, la cui
quantità andava scemando, utilizzavano il minerale che varcava il confine della Pontebba
imperiale. A testimonianza degli intensi scambi commerciali con la Carinzia vi sono documenti
doganali che attestano l’importazione di minerale dal “Cragno” (Carinzia). Sotto
le balze rocciose della dolomia ladinica, a quota 830 m, del Rio delle Miniere si rinvengono
due gallerie delle molte presenti nell’area e che sono ben note ai locali.
Queste, sono state completamente coperte dal detrito trascinato da piccole aste drenanti,
ma conoscendone l’ubicazione sono state parzialmente aperte. Il loro rilevamento e
studio sono ora in corso e saranno oggetto di una successiva pubblicazione.
La mineralizzazione interessa la dolomia ladinica della formazione dello Schlern, con
livelli da cm a dm di solfuri di ferro che si alterano in limonite ed ematite. I minerali sono
limonite, ematite, goethite. I campioni d’ematite si presentano concrezionati ed alcuni
80
ivelano una struttura fibrosa. Lungo l’alveo del Rio Gelovitz sono stati trovati blocchi
d’ematite e limonite del peso di oltre 5 kg. La genesi è di condensazione sindeposizionale
in un bacino con ambiente riducente.
Val Aupa
Le mineralizzazioni della Val Aupa erano già conosciute e oggetto d’osservazioni a
partire dalla fine del secolo scorso. Non si hanno notizie di sfruttamenti anteriori al XIV
secolo, se non atti generici legati al comprensorio, piuttosto ampio, appartenente all’Abbazia
di Moggio. Alle mineralizzazioni si sono interessati vari autori: Marinoni (1881),
Marinelli (1894), Gortani (1912), Gortani e Desio (1927), Lagny (1965). Quest’ultimo
aveva compreso la relazione esistente fra la deposizione di minerali e le variazioni
paleogeografiche; infatti scriveva: “Les minéralisations sont localisées à la base du dernier
terme de cette évolution positive. Leur apparition coincide avec un changement de
sédimentation (passage d’une sédimentation calcaréo-marneuse à une sédimentation
carbonatée) (...)”. Solamente nel 1955 con Dino di Colbertaldo comparirà un lavoro approfondito
ed al quale non seguiranno più altri studi giacimentologici. Esistono, inoltre,
relazioni inedite della Società Mineraria Alpi Orientali e dell’Osservatorio Geofisico di
Trieste.
Le più importanti mineralizzazioni sono quelle presenti nel Rio del Fous e nel Rio
dell’Andri, e furono oggetto di coltivazione a più riprese, ma solo nel 1925, nella rivista
del Servizio Minerario, si ha una documentazione attendibile e continua. Si alternano
anni di produzione e ricerca a periodi di completa inattività. La ricerca ha interessato, non
solo i due rii sopra citati, ma anche Crete dal Crons, Sella Cereschiatis, ed aree site fuori del
bacino del Torrente Aupa quali: Rio Pecol, Rio Glazzat, Monte Glazzat e Rio del Louf.
Nel 1972 l’Università di Trieste, sotto la direzione del prof. Dino di Colbertaldo,
intraprende una ricerca geomineraria investigando la sinistra orografica della Val Aupa,
dal paese di Dordolla a Sella Cereschiatis. Il prelievo e l’analisi di campioni di detrito
grossolano e di terriccio, nonché il rilevamento di campagna, hanno evidenziano degli
indizi di mineralizzazione nella formazione ladinica del Buchenstein, al contatto tra
Buchenstein e Schlern ed entro la dolomia dello Schlern.
Nelle mineralizzazioni si rinvengono pirite e marcasite in cristalli associati a plaghe
di calcite o dolomite. Nella dolomia dello Schlern ed in coincidenza di faglie si notano
diffuse patine rossastre d’idrossidi di ferro. L’indagine non ha però evidenziato alcuna
manifestazione metallifera superficiale di qualche interesse.
Rio del Fous
La miniera, probabilmente, non era più nota da tempo se nemmeno il Taramelli la
menziona nelle sue “Osservazioni stratigrafiche sulle valli dell’Aupa e del Fella” del
1868, mentre cita quella del Monte Glazzat. Marinoni (1881) non supporta l’ipotesi che
fosse già sfruttata al tempo dei romani: “La recente scoperta di questa indagine si basa
sugli indizi di antiche ricerche, che alcuni sostengono fossero del tempo del dominio romano;
ma piuttosto riferibili, secondo me, alla stessa epoca dei tentativi di escavazione
fatti a rio Glazat (...) cioè verso la fine dello scorso secolo (1793) e stati rintracciati dieci
anni or sono da un operaio di ritorno dalle miniere di Germania”.
81
Certamente, però, i lavori preesistevano alla data del 1872 anno in cui fu costituita
una società in Moggio stabilita da G.B. Foraboschi e soci. Una lapide posta all’ingresso
delle gallerie basse presso l’alveo riporta la seguente scritta:
1872
INDICATORE JOSEPH BAUER
P. MISSONI - G. FALESCHINI - G.B. FORABOSCHI - D. S. SCOFFO - M. MISSONI -
D. F. MORGANTE - A. FRANZ - O. FRANZ - F. TREU - G. FORAMITTI - D.G.
FORAMITTI
SOCI QUESTA MINIERA APRIRONO
La società affidò la direzione tecnica dei lavori agli ingegneri Bauer ed Oliva, della
miniera di Raibl e agli ingg. Bozzo e Colacicchi. Furono scavate quattro gallerie, alcuni
pozzi e si costruirono edifici, ma siccome le indagini non condussero a risultati positivi,
l’investitura non fu ottenuta. La prima galleria realizzata, lunga oltre 100 m, porta il
nome dell’ing. Bauer ed è posta sulla sinistra della valle a quota 711 m a pochi metri sul
letto dell’alveo. Si incontrarono delle masse di galena, immerse nella calcite spatica, come
tuttora si osservano percorrendo la galleria che termina contro il terrigeno anisico. Nel
1875, sotto la direzione dell’ing. Bozzo, venne continuato lo scavo con la realizzazione
di un pozzo verticale di 5,5 m a circa 40 m dall’imbocco. L’intento era di raggiungere la
mineralizzazione ritenuta più bassa, ma le infiltrazioni impedirono il proseguire dei lavori.
Si cercò allora di raggiungere, con una galleria di ribasso, il pozzo e s’iniziò a scavare
la galleria “Costanza” in destra orografica passante sotto l’alveo, ma presto fu abbandonata
per problemi tecnici. Si realizzarono altre due gallerie, sempre di ribasso, la “Concordia”
e la “Bozzo”, presto abbandonate senza raggiungere gli sperati risultati. L’inten-
Imbocco della “Miniera alta” del Rio del Fous in Val Aupa.
82
to della galleria “Bozzo”, ancora evidente nel tratto iniziale, era di collegare la strada,
indicante il livello 0, con la miniera a quota 63. Il commissario montanistico, visti gli
scarsi risultati e le ingenti spese sostenute, non concesse l’investitura.
Nel 1876 la direzione tecnica passò all’ing. Oliva che concentrò tutti gli sforzi nel
completamento della galleria “Costanza”, la prima a dover incontrare il minerale. Con
l’ing. Colacicchi, nel 1877, la “Costanza” fu collegata, con un camino di 11 m, con la
“Bauer”, approfondendo il pozzo di 5,5 metri già esistente, migliorando l’eduzione delle
acque e la ventilazione. Dal 1878 al 1881 furono eseguiti lavori al fine di non perdere i
diritti d’indagine. I lavori furono condotti, spesso in maniera irrazionale, senza un’indagine
approfondita tanto che il Marinoni (1881) scriveva “La indagine di rio Fouz, cui
devesi augurare che possa esser presto trasformata in una regolare investitura di scavo, se
si mantenne attiva lo si deve alla ostinata perseveranza messa nei lavori di ricerca. L’indagine
di rio Fouz non ha ancor dato alcun utile prodotto (...)”. Nessuna notizia si ha fino
all’anno 1925, quando compaiono resoconti di ricerche, non sempre continue, nella rivista
del Corpo delle miniere. Abbandonata la “miniera bassa” di quota 711 m, poco produttiva,
lo sfruttamento inizia nella miniera “alta” di quota 800 m con grandi lavori e per i quali è
costruita, nel 1926, una teleferica che da questa raggiungeva la strada carrabile.
Dal 1926 al 1936 la Società Anonima Miniere di Valle Aupa estraeva fluorite proveniente
soprattutto dal cocuzzolo di quota 800 m. Tra il 1937 ed il 1940 l’ing. Palese
continuò le ricerche nell’alta Val Aupa e nel Rio del Fous con l’estrazione di 170 t di
fluorite. Nel 1941-42 le ricerche furono affidate alla Società Lavorazioni Organiche Inorganiche
(S.L.O.I.) di Bergamo, subentrata all’ing. Palese, che continuò con i permessi
“Aupa”. Alla fine del 1943 la società si sciolse a causa degli avvenimenti politico-militari.
Nel settembre 1947 risubentrò l’ing. Palese con la concessione dei permessi di ricerca,
Interno di una galleria della “Miniera bassa” del Rio del Fous.
83
per la fluorite, piombo e zinco, denominati “Saps” e “Crete dal Crons” ed in pratica
ricadenti nell’ambito dei permessi della S.L.O.I.
Dal 1953 mancano dati sull’attività mineraria, la ricerca è saltuaria e nel luglio del
1954 l’Osservatorio Geofisico di Trieste, su commissione del titolare, l’ing. Palese, compie
un’indagine sulla presenza di fluorite con metodi di prospezione geoelettrica. Non si
hanno altre notizie, ma è probabile che dopo quella data sia scaduto il permesso di ricerca
poi non più rinnovato.
Quella del Rio del Fous è la miniera sfruttata più anticamente ed è quella dove si sono
concentrati maggiormente i lavori di scavo. La “miniera bassa” è transitabile e tramite un
pozzo si può raggiungere la galleria Costanza. Questa è impraticabile a causa dell’acqua
che percola dal sovrastante rio ed in essa si accumula.
Suggestive, nella “miniera alta”, sono le grandi camere, i pilastri e le gallerie quasi
tutte facilmente percorribili. Essa si sviluppa sui due fianchi, in forra, del Rio del Fous
entro la “Dolomia del Serla” dell’Anisico. Questa costituisce un grande corpo calcareo a
contatto con i sedimenti terrigeni bacinali anisiani delle “Torbiditi d’Aupa”. In questo
corpo carbonatico, che costituiva una soglia nel mare tardoanisico, s’instaurò un carsismo.
I minerali si sarebbero deposti nelle cavità carsiche e nelle fratture precipitando da soluzioni
contenenti ioni F, Zn e Pb. La provenienza di queste soluzioni è, probabilmente,
connessa ad episodi idrotermali precedenti l’evento effusivo ladinico che ha depositato
nell’area tufiti e porfiriti. Le mineralizzazioni si trovano entro fratture o tasche, di varia
dimensione, nella roccia in corrispondenza a sottili orizzonti di argilliti bituminose. I
minerali che si rinvengono sono, in ordine d’importanza, fluorite, calcite, quarzo, blenda,
galena pirite, ghoetite e marcasite tutti non idiomorfi. È da segnalare, invece, nelle gallerie
di sinistra, che si raggiungono pericolosamente attraversando l’orrido su due putrelle
metalliche, la presenza di cristalli di sfalerite delle dimensioni del cm inglobati nella
calcite spatica. La fluorite microcristallina si rinviene in tasche alla cui base è spesso
presente un letto di blenda microcristallina color arancione.
Notizie attendibili, ma molto succinte si hanno nelle Relazioni del Servizio Minerario
e statistico delle Industrie Estrattive; sono riportate di seguito le notizie ritenute più importanti
al fine di fornire un quadro riassuntivo della storia estrattiva della miniera.
Nel 1925 inizia lo sgombro ed ispezione dei vecchi lavori in sinistra orografica, nel
1926-27 le opere di ricerca sono in destra orografica e si costruisce una teleferica per il
trasporto del minerale. Nel 1928 inizia la produzione di fluorite, con circa 100 t al 99% di
purezza e nel 1929 si esegue uno sbancamento nella roccia a quota 980 m sovrastante la
zona fluoritica mineralizzata da calcite, baritina e da piccole concentrazioni di galena e
blenda con qualche apparizione di calamina.
La produzione di fluorite nel 1930 è di circa 100 t al 90% ed aumenta nel 1931 a 150
t al 90%. Nel 1932 proseguono le indagini nel Rio Fous e nel 1933 si estraggono 114 t di
fluorite. Le ricerche continuano anche nel 1934 al fine di evidenziare meglio la zona
mineralizzata. Per il 1935 al 1936 non si ha nessun dato.
Nel 1937 proseguono le ricerche e nel 1938, dai lavori d’estrazione, si sono ottenuti
100 t di fluorite, 2 t di galena e 1 t di blenda. Il permissionario, visti i risultati positivi,
chiede il passaggio in concessione, ma già nel 1939 la quantità estratta è di solo 40 t di
fluorite al 90%. Dal 1940 al 1941 non si ha nessun dato, ed inizia un periodo che si
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protrae fino alla fine della guerra di saltuarie ricerche e sospensioni prolungate causate
dagli eventi bellici e politici.
Il permesso di ricerca, nel 1942, passa alla S.L.O.I. che realizza una produzione di
620 t di fluorite tra le miniere di Saps e quelle dell’Andri.
Nel 1943 vengono effettuati solo lavori di manutenzione, mentre le ricerche sono sospese
per mancanza di manodopera. Dal 1944 al 1947, a causa degli avvenimenti politici,
furono sospese le ricerche che furono riprese nel 1948. Furono estratte, nel ’49, 1532 t di
fluorite mercantile, estrazione che continuò anche nel 1950 con 1805 t di fluorite mercantile
prodotta.
Nel 1951 continuarono le ricerche e furono estratte 1085 t di fluorite mercantile, inoltre
fu costruito un ponticello sull’orrido del torrente per continuare le prospezioni nella
sinistra orografica. Nel 1952 continua l’estrazione (336 t) di fluorite mercantile. Dal
1953 in poi non si hanno più notizie né di ricerche effettuate né di attività estrattiva.
Rio dell’Andri
Le ricerche nel Rio dell’Andri erano inevitabilmente connesse con quelle del Rio del
Fous. Esse iniziarono nel 1876 e proseguirono probabilmente, con vicende alterne, fino al
1881. Ricompaiono testimonianze di ricerche, da parte della Società Miniere di Valle
Aupa, solo nel 1926 e continuarono, con diverse società, fino al 1955 con la realizzazione
di gallerie e pozzetti da quota 865 m a oltre 900 m ed interessanti le pareti fagliate
strapiombanti del Crete dal Crons. L’ing. Palese, subentrato alla società precedente, con
il permesso di “Costa dell’Andri”, fece realizzare gallerie e pozzeti di ricerca. La S.L.O.I.
con il permesso di ricerca “Andri”, dal 1941 al ’43, aprì quattro gallerie di modesta profon-
L’area della miniera del Rio dell’Andri negli anni ’50 (a sinistra) ed il suo aspetto attuale (a destra).
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dità con la produzione di 500 t di fluorite. Complessivamente, da questa miniera, furono
estratte 4758 t di fluorite trasportate, mediante teleferica, nei pressi delle case Focan.
Nel settembre 1947 risubentrò l’ing. Palese con la concessione dei permessi di ricerca,
per la fluorite, piombo e zinco, denominati “Saps” e “Crete dal Crons” con estrazione
o ricerca fino al 1952 quando furono sospese, definitivamente, tutte le attività. Di tutte le
infrastrutture della miniera rimane ben poco: alcuni muretti a secco e il dedalo di gallerie,
quasi tutte, ancora percorribili.
La mineralizzazione, è localizzata nei calcari anisiani della formazione del Serla, in
prossimità del margine di piattaforma verso il bacinale eteropico delle “Torbiditi d’Aupa”.
I minerali sono la fluorite, la blenda, che è abbastanza comune, mentre la galena e la
pirite sono poco frequenti; tutti questi minerali sono immersi in una ganga calcareo silicea.
La mineralizzazione è legata all’attività vulcanica sottomarina triassica, con successiva
concentrazione degli ioni metallo nei calcari di piattaforma carsificati in concomitanza di
cicli trasgressivi.
Per dare un’idea della quantità di minerale, fluorite, estratto si riportano i dati desunti
dalle Relazioni sul Servizio Minerario e statistico delle Industrie Estrattive. Sotto la
concessione dell’ing. Palese, nel ’37, sono estratte 116 t di fluorite al 96%, mentre nel
1938 è svolta solo ricerca. Dal 1939 al ’41 non si ha nessun dato, mentre nel 1942
subentra, all’ing. Palese, la S.L.O.I. che effettua lavori di ripristino effettuando nel
1943 solo ricerca. Dal 1944 al ’47 a causa degli avvenimenti politici e militari furono
sospese le ricerche e l’estrazione. Nel 1948 rientra l’ing. Palese e vengono effettuati
lavori di ricerca, mentre nel 1949 riprende il periodo produttivo con l’estrazione di 625 t
di fluorite mercantile.
Galleria nella miniera del Rio dell’Andri.
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Nel 1950 vengono estratte 633 t di fluorite mercantile, nel 1951 la produzione aumenta
con l’estrazione di 855 t di fluorite mercantile, ma nel 1952 la ricerca non fu produttiva
e fu sospesa l’estrazione. Dal 1953 in poi non si hanno più notizie.
Cereschiatis
Presso la Sella Cereschiatis, a quota 1100 m, nel massiccio calcareo del Crete dal
Crons versante meridionale, sono state eseguite ricerche iniziate nel 1926 e continuate,
almeno fino al 1939. Dino di Cobertaldo (1955) scriveva: “La galleria di ricerca, impostata
al letto della faglia, entra nella roccia soltanto per alcuni metri. Attualmente le ricerche
sono sospese (...). In questa località ho osservato anche altre manifestazioni di fluorite,
lateralmente all’affioramento principale descritto (...) in forma di plaghe o di vene della
potenza fino a 20-30 cm (...)”. Sembra che non ci sia mai stata estrazione ed il permesso
di ricerca era finalizzato solamente alla valutazione quantitativa della mineralizzazione.
Informazioni si hanno dagli annali del distretto: nel 1939 l’ing. Giuseppe Palese fece
scavare una gallerie sulla falda orientale del Monte Crete dal Crons.
Le mineralizzazioni presentano le stesse caratteristiche di quelle di Rio del Fous ed
analoga è la genesi.
Plantoni (Pontebba)
La località è sita nella destra orografica del Torrente Pontebbana ed è prossima a
Casera Ladusset. È stata interessata da una ricerca denominata “Plantoni” effettuata fra il
1939 ed il 1940 da Francesco Wenzl, ma non fu eseguito nessun lavoro. La ricerca era
orientata verso minerali di Pb, Zn e fluorite. Sempre nell’anno 1940 la Società a.g.l.
Impresa Cave e Miniere chiede un permesso di ricerca denominato “Naverco” per Pb, Zn
e fluorite impiegando due operai per saggi superficiali, non ottenne però nessun risultato.
La mineralizzazione si riscontra nella formazione del Serla sup. che affiora anche nel
Rio del Lius.
Vetta Secca (Malborghetto-Valbruna)
Furono effettuate, nel 1939, ricerche per minerali di ferro da parte di Francesco Wenzl,
ma senza compiere lavori. Nel 1940 la ricerca passa alla Società a.g.l. Impresa Cave e
Miniere (I.C.E.M) la quale, oltre a continuare le ricerche denominate “Creta Secca”,
chiede un altro permesso “Croda dei Cacciatori” sempre per la ricerca di ferro. A causa
dello stato di guerra e della vicinanza con il confine, i lavori vengono sospesi. Nessun’altra
notizia si ha negli annali del distretto minerario.
Le ricerche hanno probabilmente interessano la dolomia dello Schlern.
Monte Flop
Nel Monte Flop, presso le pendici nord del Monte Grauzaria, il Marinoni (1881) segnala
la presenza sporadica di galena. Jadoul (1979) su indicazione di Carulli e Carulli stesso,
segnalano la presenza di galena in piccole fratture discordanti nella Dolomia Cassiana
in facies tidale. Sono presenti inoltre, cristalli cubici ed ottaedrici associati a blenda alterata
in idrozincite, entro fratture in zone di breccia. Da un sopralluogo recentemente effettuato
si sono rinvenute mosche o venuzze di galena in sporadiche manifestazioni.
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Dubbie fonti orali attestano l’esistenza di un affioramento limonitico ed ematitico,
coltivato durante l’occupazione napoleonica, sulle pendici meridionali del Monte Flop in
località Pale dal Fier.
Monte Glazzat-Rio Glazzat
Il Marinoni scrisse: “Quivi l’affioramento fu scoperto e lavorato la prima volta nel
1793; ma se ne ripresero gli scavi nel 1858 per abbandonarli di lì a poco essendo affatto
improduttivi”. La concessione di cavare piombo fu causa della contesa tra i sigg. Calice
di Paularo ed il Comune di Pontebba. Di tale controversia si ha menzione nella lettera,
datata 20 marzo 1803, del pievano don Francesco Miussi (Micossi) nella quale si sostiene
che il monte è l’unica risorsa della comunità di Pontebba e che non può essere
privata di tale sussistenza. Al riguardo Michele Gortani, nel 1912, riferisce che “Dagli
atti esistenti nell’Archivio comunale di Pontebba risulta inoltre che nel 1801 tale Luigi
Calice otteneva l’investitura di una miniera di piombo sul Monte Glazat, lungo il sentiero
fra le casere Glazat e Ladusset; investitura che però non ebbe effetto per opposizione
del Comune di Pontebba proprietario del monte. Gli scavi più regolari e di cui si
ha più esatta nozione son dovuti al (...) Di Gaspero Rizzi negli anni 1863 e 1864. Egli
continuò gli assaggi per dieci mesi sul versante settentrionale del Monte Glazat e fra
questo e Ladusset; ma il risultato non corrispose alle concepite speranze (...)” e continua
descrivendo le osservazioni fatte: “(...) sui dossi Glazat, Cuel des Jerbis e Ladusset
si hanno tracce di concentrazioni metallifere in parecchi punti. Esse sono distribuite
lungo la zona di contatto dei calcari e dolomie del Muschelkalk con la formazione
arenaceo-marnosa di Buchenstein, e sono certamente in connessione con gli espandimenti
eruttivi di codesto orizzonte.
Il minerale dominante è la galena, molto leggermente argentifera, associata con piccolissime
quantità di blenda e calamina. Piccoli filoncelli si presentano nel calcare
dolomitico, in una ganga di calcite; noduli di varia grandezza sono disseminati nella
dolomia cariata o nel calcare dolomitico stesso e negli scisti argillosi che gli sono a
contatto (...)”. S’interessò dell’affioramento anche Taramelli nel 1868: “(...) il rio Glazat
è scavato nelle arenarie Keuperiane, che si appoggiano ad un calcare grigio scuro, in cui
fu scoperto e seguito un filone di Galena, con troppo poco profitto però, perché non venisse
tosto abbandonato (...) e tale pur troppo può prevedersi per quante di simile minerale
s’abbia per avventura a rinvenire in questa regione”. Nessun’altra notizia si ha fino al
1926, quando fu concessa un’indagine libera per la ricerca di minerali di Pb e Zn alla
Società Miniere di Valle Aupa.
La mineralizzazione, si rinviene nella dolomia del Serla, in facies di margine di piattaforma
chiusa superiormente da formazioni bacinali terrigene ed eteropiche del
Buchenstein. Si rinvengono sacche di fluorite con tracce di galena, blenda e pirite.
La genesi è legata al vulcanesimo triassico con deposizione e concentrazione di metalli
ai margini delle piattaforme carbonatiche.
Rio del Louf
Antichi lavori sono testimoniati da E. Cortese che, nel 1912, descriveva l’affioramento
e le mineralizzazioni: “Nel calcare scuro dolomitizzato, al contatto colla zona di piccoli
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strati, si ha una impregnazione importantissima di galena, che, per essere allungata da Est
ad Ovest circa, ossia nel senso dei due terreni, prende il nome di filone. In quel punto, a
1120 m s.l.m., si è fatto qualche lavoro (...)”. Ulteriori ricerche erano, nell’anno 1926,
legate alle indagini conoscitive che la società Miniere di Valle Aupa svolgeva assieme al
programma di sfruttamento delle miniere d’Aupa. Si trattava di piccoli saggi, scavi che
evidenziarono minerali in tracce. Di questa manifestazione ne parla anche l’Usoni (1970):
“Tale manifestazione, di cui si hanno purtroppo solo delle notizie indiziarie, confermate
tuttavia da documenti, sarebbe rappresentata da minerale galenoso proveniente probabilmente
dalla formazione calcareo-dolomitica dell’Anisico poggiante sulle marne e calcari
del Werfeniano della zona”, e ne danno notizia Jadoul e Nicora (1979).
Da sopralluoghi effettuati è stata riscontrata, a 1120 m di quota, presso la cascata
posta nella formazione del Serla s.l. caratterizzata da calcari stratificati, una tasca
mineralizzata sul pendio scosceso. Non è stato individuato però nessun filone o altra
mineralizzazione significativa. Non sono stati trovati i vecchi lavori anche perché l’area
altamente tettonizzata ha sicuramente, nell’arco di pochi anni, nascosto tutti i lavori fatti.
I campioni raccolti nel detrito hanno evidenziato la presenza di galena concrezionata,
barite in cristalli e minerali non identificabili macroscopicamente.
Cave del Predil
La miniera di Raibl fu sottoposta a coltivazione in epoche remote ed, anche qui, molti
autori suppongono un loro sfruttamento romano, anche se prove non ve ne sono.
Dino di Colbertaldo (1950) scriveva: “Il giacimento doveva essere conosciuto anche
dai Romani i quali, percorrendo la strada del Passo Predil per recarsi in Germania, do-
Affioramenti nel Rio del Louf.
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vevano certamente essere stati attratti dalla colorazione rosso ruggine della zona di
ossidato (Vitriolwand); ed ancor molti secoli prima dei Romani il giacimento era stato
qua e là saggiato, se a quell’epoca si possono riferire delle piccolissime gallerie, dalla
sezione di ogiva, alte poco più di un metro e larghe 30-40 cm, che il prof. Hans
Schneiderhöhn dell’Università di Friburgo attribuisce a uomini veneti di razza nana
specializzatisi in questo genere di lavoro”. Kraus, nel 1913, riferendosi a quanto scritto
dal Posepny: “Posepny erwähnt in seiner Abhandlung über Raibl Spuren von Feuersetzarbeiten
im Klara-Stollen der gräfl. Hencklschen Grube, sowie im staatlichen Frauen-
Stollen. Schrämarbeiten hingegen sind nicht selten und heute noch in dem Sebastiani-,
Frauen- und den noch höher gelegenen Ulrich-, Barbara- und Johanni-Stollen erkennbar.”
accenna a tracce di lavorazione con il fuoco riconoscibili nella galleria Clara, della
miniera dei conti Henckel e nella galleria Madonna, della miniera statale, ed inoltre
lavorazioni a scalpello riconoscibili nelle gallerie Sebastiani, Madonna, Ulrico, Barbara
e Giovanni.
È quasi certo che lo sfruttamento minerario di Raibl, orientato prima al piombo ed in
seguito allo zinco, interessò, inizialmente, anche il ferro costituente il deposito di limonite
facente parte del cappellaccio. Il ferro andava ad alimentare le fucine sorte nella Valcanale
e a Weissenfels, infatti, alcune antiche carte geografiche indicano la miniera di Raibl
come centro di produzione di ferro, così come alcuni toponimi fanno riferimento allo
stesso minerale (Rio Filaferro, Prato Filaferro).
Si parla della miniera di Raibl nel 1006, con vaghi cenni, quando i territori facenti
parte della Signoria Federaun, comprendente anche il Tarvisiano, furono assegnati dall’imperatore
Enrico II alla sede episcopale del Vescovado di Bamberga. Documenti sicuri
risalgono all’anno 1320 quando l’imperatore Federico III, detto il Bello, rilasciò ad una
compagnia di minatori la concessione di scavare minerali nei monti a sud di Tarvisio.
Nel 1399 i cittadini di Cividale chiedevano il consenso, al Vescovo di Bamberga, di
poter realizzare una via di comunicazione attraverso la chiusa di Plezzo ed il Passo del
Predil verso Tarvisio al fine di intrattenere relazioni commerciali.
In un documento del 1456 alcuni minatori si rivolgono al vescovo di Bamberga, Antonio,
per ottenere il permesso di scavare il vetriolo presso il possedimento di un suddito
vescovile un certo Oswald Rabel. È dal nome di quest’ultimo che si pensa sia legato il
toponimo del paese e del lago.
Notizie su Raibl sono riportate da Paolo Santonino nel suo “Itinerarium” in cui si
descrivono le visite pastorali compiute in queste regioni negli anni 1485-1487: “Tarvisia
ipsa, rus est, ad septuaginta domos habens, situmque in amphiteatro montium, cum uno
fluvio et altero perennis aque rivo, qui iuxta labuntur: sunt eo in loco in montibus sibi
proximis vastis et asperrimis vene ferri et vitrioli, ex quibus magnus provenit usus, et
omenes fere mercaturam aut fodinas exercent: cum agros non habeant ad culturam
dispositos (...)”. La comunità di Raibl nel secolo XVI costruì una chiesa dedicata a S.
Enrico che si chiamò S. Henricus in monte Plumbeo; il sacerdote era nominato dal giudice,
dalla comunità dei lavoratori e scavatori nelle miniere e presentato per la conferma al
patriarca. In quell’epoca il lavoro d’estrazione era artigianale, organizzato in tanti proprietari,
che avevano la concessione, ma con il passare del tempo parti sempre più consistenti
della miniera furono acquistate da famiglie nobili.
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Notizie sulla miniera ci provengono anche dagli intensi rapporti commerciali instaurati
con famiglie della valle come la famiglia della Grotta, proprietaria di molte fucine
nella Valcanale, che nel 1540 esportava il piombo estratto nella Repubblica Veneta ed in
altri mercati esteri fino in Spagna. Anche i Fugger, ben noti mercanti d’Augsburg, che
molta importanza ebbero nel commercio dei metalli e nello sfruttamento delle miniere
della Carinzia, possedevano una quota del giacimento e la calamina estratta era lavorata,
ad Arnoldstein, per la produzione d’ottone.
Dalla metà del secolo XVI fino al 1772 si alternarono nella gestione, spesso a carattere
artigianale della miniera, numerose famiglie della Valcanale, alcune delle quali venete,
tra le più note: di Caporiacco, Eder, Egger, Erler, Francescini (Franceschini), Fugger,
Gaßmayer, Grünwald, Miggitsch, Magerl, Scheidenberg, Schiestl, Schinigin, Strohlendorf,
Struggl, Thomas e Türk. Il nome di Francesco Franceschini compare nel 1605 ed è il
primo italiano a diventare socio del consorzio minerario, mentre quello di Chicchini di
Caporiacco comparirà più tardi nel 1616. Hermann Wieβner, nel lavoro del 1951 fa riferimento
alla data del 1606 come momento dell’introduzione della tecnica d’abbattimento
della roccia mediante la polvere da sparo introdotta dal proprietario Valentin Eder. Se la
data fosse confermata da documenti attendibili sarebbe, forse, il primo utilizzo nella storia
mineraria di tale tecnica che è stata utilizzata nelle miniere agordine nel 1632, a
Schemnitz nel 1625 e probabilmente nel 1617 nelle miniere di Thillot, nei Vosgi.
Nel 1678 la miniera di Raibl, pur avendo una certa importanza mineraria che andò
man mano ad aumentare, produceva una quantità di piombo tre volte inferiore a quello
prodotto dalla miniera di Bleiberg. Le cause sono da ricercare nella complessa suddivi-
La miniera di Raibl negli anni ’20 (da De Capitani, 1927).
91
sione della miniera in diverse proprietà, che portava ad uno sfruttamento irrazionale sia
nel modo d’estrazione sia in quello di ventilazione e trasporto del minerale. Solo con la
metà del XVIII secolo inizia quel processo d’unificazione delle miniere che ne farà crescere
la produttività.
Nel 1679 i proprietari erano 43, ma con il passare del tempo molte concessioni furono
assorbite dai Signori più ricchi in tal modo l’industria mineraria andò concentrandosi
nelle mani di pochi. Nel 1761 i proprietari sono solamente quattro: Struggl, Grünwald,
Erler e Gaßmayer.
I “Knappen” o Canopi e “Wäscherinnen”, o donne addette all’operazione di lavaggio
del minerale, erano così distribuiti nelle quattro miniere private:
- Miniera Struggl: 28 Knappen e 12 Wäscherinnen;
- Miniera Grünwald: 10 Knappen e 8 Wäscherinnen;
- Miniera Erler: 16 Knappen e 0 Wäscherinnen;
- Miniera Gaßmayer: 4 Knappen e 0 Wäscherinnen.
Dalle persone impiegate si evince che la miniera a maggior attività estrattiva apparteneva
alla famiglia Struggl che la mantenne, ampliandola, per oltre un secolo.
Con il 1772 c’è una svolta nella gestione delle miniere di Raibl. Il governo asburgico
mirava ad assorbire progressivamente tutte le concessioni per diventarne l’unico possessore
e in quell’anno rileva tre delle quattro miniere private cioè la miniera di Grünwald,
Erler e Gaßmayer. Nel frattempo, nel 1763, Grünwald era deceduto ed era subentrato
temporaneamente Strohlendorf che pur commerciando in ferro si era occupato dell’estrazione
del piombo dalla miniera Grünwald. Coesistono così una miniera pubblica, la Raibl
I, e una privata, la Raibl II, di proprietà di Johann Ivo von Struggl.
Con l’occupazione napoleonica, avvenuta nel 1797, anche i tecnici francesi sono interessati
alla miniera, infatti, nell’archivio di Raibl, sono presenti, o erano presenti, carte
topografiche che fanno riferimento alla miniera erariale e a quella privata della famiglia
Struggl. I documenti portano il visto, in data 18 ottobre 1811, di ingegneri francesi
“membres de l’Agencie provisoire des Mines”. Lo sfruttamento della miniera iniziato
prima nella parte alta e in seguito limitato a 100 Klafter (circa 189 m) di profondità fu,
dopo il 1854, concesso fino alla “radice” del giacimento.
Grazie alla possibilità di coltivare in profondità il giacimento, l’importanza della miniera
crebbe notevolmente dal 1854, fino a toccare la massima produttività dopo la metà
del XX secolo. Nel 1857 le miniere erano aumentate grazie alla ricerca che aveva permesso
di riscontrare altre aree mineralizzate. Esistevano così:
- Raibl I, miniera erariale con estrazione di blenda e galena;
- Raibl II, di Erben Cyprian Struggl a blenda e galena che possedeva anche un forno fusorio;
- Raibl III, di Romuald Holenia e Ferdinand Fercher;
- Raibl IV, della Bleibergwerk (Compagnia del piombo);
- Raibl V, di Rudolf Schattauer, Georg Pegritz e Kaspar Treffner;
- Raibl VI, di M. Madritsch, J. Ringitsch e Christina Mayer.
Le miniere Raibl I, II e III erano site sulla sponda occidentale del Rio del Lago, mentre
la Raibl IV era sita sulla sponda orientale del Rio del Lago.
In seguito molte miniere furono accorpate e la situazione ritornò ad essere quella di
due proprietari: la miniera Raibl I di proprietà erariale dell’impero austriaco, la miniera
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Miniera di Raibl, il Pozzo Vincenzo (sopra) e il Pozzo Clara (sotto) (1935, dal volume fotografico della
Soc. Anomina Miniere Cave del Predil).
93
privata, che prese la denominazione Raibl II di proprietà di Schnablegger cognato di
Struggl. Quest’ultima, dopo la morte di Schnablegger, fu ceduta al conte Henckel von
Donnersmark ultimo proprietario privato della miniera.
Olinto Marinelli nel 1893 scriveva: “Attualmente le miniere appartengono in parte
allo stato ed in parte alla ditta Cypr. Struggl’s Erben. (...) il minerale è estratto dalle
miniere, nell’interno delle quali ne viene fatta una prima scelta, si pratica una ulteriore
cernita, prima a mano, poi con mezzi meccanici. (...) Il minerale non viene lavorato ulteriormente
a Raibl, ma la galena viene portata a Kaltwasser ed i minerali di zinco, se ben
ricordo, a Cilli (...).” Cyprian Struggl era proprietario di una parte della miniera di Raibl
e possedeva alcune fucine presso Tarvisio. Questi lasciò erede dei suoi averi il cognato
Leopold, capostipite nella Valcanale degli Schnablegger, il quale continuò ad occuparsi
della sola miniera privata di Raibl che si contrapponeva con quelle statali. Cajetan
Schnablegger la ereditò alla morte del padre Leopold (1876), ma la condusse per poco
tempo perché, a causa di un incidente minerario, morì nel 1894. Durante la sua conduzione
si preoccupò di migliorare il trasporto e razionalizzare lo sfruttamento. Il minerale maggiormente
estratto, all’epoca, era la galena, seguiva la blenda e la calamina.
A Raibl l’8 gennaio 1910 si verificò il più grosso disastro minerario nella storia della
miniera così è raccontato dal Wiener Bilder di Gutenberghaus, Klagenfurt “A causa di un
cedimento in miniera è crollato l’ospedale e sprofondato sotto il terreno; in questo modo
hanno trovato la morte il medico della miniera Josef Vesely con la moglie e il figlio e due
persone di servizio, inoltre l’infermiera Langsteiner e suo marito. (...) A una profondità
da 150 a 180 m passava la galleria che per molto tempo non fu utilizzata. La galleria
crollò con un rimbombante frastuono, la terra si aprì in cerchio e inghiottì la casa insieme
ai suoi sfortunati abitanti. Il cratere che si formò, nel quale l’edificio sprofondò da 150 a
200 m, si riempì poco a poco di acqua, finché dall’abisso sovrastarono solo macerie qua
e là, terra e muri spaccati.” L’articolo è accompagnato da cinque foto del disastro e sottolinea
l’imperdonabile negligenza dell’azienda industriale e dei tecnici responsabili della
miniera, per aver creato un “vulcano” sotto il paese. Nel luogo della sciagura fu eretto,
nel 1914, un monumento a ricordo delle sette persone i cui corpi non furono mai trovati.
Dopo la Prima Guerra Mondiale, la Valcanale e le sue miniere, con il trattato di St.
Germain (10 settembre 1919) e di Rapallo (12 novembre 1920), sono annesse all’Italia.
Coesistevano la miniera erariale e la Raibl I, mentre la Raibl II e III erano ancora di
proprietà dei conti Henckel von Donnersmarck. La miniera erariale Raibl I, con la convenzione
del 3 ottobre 1923 tra il Ministero dell’Economia Nazionale e la Società Anonima
Miniere Cave del Predil, è data in concessione a quest’ultima per la durata di 30 anni,
mentre rimaneva sotto sequestro statale la Raibl II e III. La transazione della miniera
privata Raibl II e III, fra i proprietari, i Donnersmarck, e l’Amministrazione dello Stato,
avvenne l’anno successivo cioè il 16 febbraio 1924 e il primo marzo dello stesso anno
nell’esercizio della miniera subentrò la Società Anonima Miniere Cave del Predil.
Il presidente della società era Bernardino Nogara, il quale, grazie alla sua logica imprenditoriale
che, però, non tralasciava di guardare alle esigenze dei minatori, fece migliorare
di molto la vita dell’intero paese di Cave del Predil.
L’unificazione delle miniere rese possibili nuove comunicazioni e permise di agevolare
notevolmente l’estrazione e il trasporto del minerale. Si trattò in definitiva di riorganiz-
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zare completamente lo sfruttamento che, ora, poteva essere più razionale. Nei primi anni
i lavori si limitarono alla coltivazione del minerale già rilevato da precedenti opere. Furono
eseguite molte ripiene in gran parte dei cantieri abbandonati durante gli anni di guerra
che, a causa di un ovvio sfruttamento a “rapina”, non erano stati in seguito interessati da
lavori di manutenzione.
Nel 1930 anche la miniera di Raibl fu travolta dagli eventi della “grande depressione”
e il 1 maggio del 1931, venne chiusa per essere riaperta nel 1933 a seguito della politica
autarchica fascista. La gestione trentennale era affidata alla Società Mineraria del Predil
S.p.A. ed il promotore di questa seconda rinascita, della miniera, era Giovanni Nogara,
nipote di Bernardino. Giovanni Nogara riuscì magistralmente a condurre la miniera in
anni difficili interessati dalla Seconda Guerra Mondiale, dai sabotaggi, dalla carenza di
personale, rimanendo sempre fedele alla sua politica antinazista.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, l’attività estrattiva risente delle vicende politiche
e militari; atti di sabotaggio da parte dei partigiani sloveni rischiano di far chiudere la
miniera. Nel 1947 con il trattato di Parigi, il giacimento rimane allo Stato Italiano, ad
eccezione della galleria di Bretto che è divisa fra Italia e Jugoslavia lungo la linea di
confine del Passo del Predil. La galleria di Bretto, posta alla profondità di 250 m, fu
realizzata dal governo austriaco per raccogliere le acque dei livelli bassi della miniera e
scaricare le acque nel Torrente Coritenza sottopassando il Passo del Predil. La sua funzione
fu anche di trasporto dei minatori da Bretto a Raibl e durante la Prima Guerra
Mondiale fu utilizzata, dagli austriaci, per il trasporto di militari e munizioni.
Alcune delle tavole realizzate da Posepny e che illustrano le mineralizzazioni a Raibl.
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La miniera, pur continuando ad essere gestita dalla Raibl Società Mineraria del Predil
S.p.A. passa, nel 1956, grazie all’acquisizione della maggioranza azionaria, sotto il controllo
della Società Mineraria e Metallurgica Pertusola. Gli anni dei “Nogara” sono un
ricordo. La nuova azienda impone le sue finalità speculative con uno sfruttamento
indiscriminato e poco attento alla sicurezza nei cantieri: incidenti e mortalità aumentano.
Introduce il cottimo, compie un maggior controllo sull’operato dei minatori, riduce il numero
delle maestranze. Le scelte fatte portano ad un aumento della produzione e ad una
positiva situazione finanziaria, ma a notevoli tensioni con le maestranze. Scaduta la concessione
il primo luglio 1963, la gestione passa, temporaneamente, alla parastatale Società
A.M.M.I. (Azienda Mineraria Metallurgica Italiana) del Gruppo E.G.A.M. (Ente Gestione
Aziende Minerarie). Con l’istituzione della Regione Autonoma Friuli Venezia-
Giulia, decreto attuato nel 1965, la miniera sarà di competenza, non più dello Stato, ma di
quest’ultima che riconferma, il 31 dicembre 1968, la concessione alla Società A.M.M.I.
In circa quindici anni l’A.M.M.I. guarda non solo agli interventi di miglioramento dei
processi nella laveria, ma anche alla sicurezza durante lo sbancamento in miniera adottando
tecniche di coltivazione in galleria diverse dalla tecnica del “gradino montante”
utilizzato fino ai primi degli anni ’70 che creava molti problemi di stabilità incrementando
il pericolo dei colpi di tensione. L’utilizzo della tecnica per “tagli discendenti con
ripiena cementata” permetteva di evitare i colpi di tensione e di coltivare i vecchi cantieri
dove i pilastri abbandonati ed i materiali di riempimento avevano ancora un tenore in
minerale interessante. La tecnica consiste nell’asportare la mineralizzazione e riempire la
zona coltivata con inerte mescolato a cemento, si viene così a creare una soletta protettiva
sopra le nuove coltivazioni.
L’area della miniera di Raibl alla fine degli anni ’80.
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Dopo vicende alterne ed in seguito alla crisi del Gruppo E.G.A.M., nel 1978 la concessione
per lo sfruttamento passa alla Società S.A.M.I.M. (Società Azionaria Minero-
Metallurgica) del Gruppo E.N.I., che oltre a compiere interventi di ripristino e potenziamento
attua una politica di ricerca mineraria. Nel 1987 la direzione della miniera
passa alla S.I.M. (Società Italiana Miniere), sempre del Gruppo E.N.I, che la condurrà
fino alla sua chiusura avvenuta il 30 giugno 1991.
La lenta agonia della miniera è terminata con molte promesse di riconversione degli
impianti e d’utilizzo delle maestranze, promesse purtroppo vane. Ora grazie agli sforzi
della Cooperativa “Nuova Raibl” è sorto un piccolo museo, unica testimonianza, assieme
agli squarci inferti alla montagna, di un’attività mineraria più che millenaria.
Le strutture-trappola, che ospitano le mineralizzazioni, sono le faglie originatesi ai
margini della piattaforma carbonatica triassica interessate da un particolare regime
paleoidrologico che ha ampliato le fratture e generato cavità sintettoniche, quali filoni e
colonne. Sia i filoni, sia le colonne, ospitano la mineralizzazione per un tratto verticale
che va dagli scisti e marne bituminose del Raibliano fin entro la “Dolomia Metallifera”.
Il giacimento è quindi localizzato nel Ladinico medio-superiore e nella parte inferiore del
Carnico (Raibliano).
La mineralizzazione rappresenta il riempimento delle fratture e cavità con la deposizione
di sedimenti chimici, meccanici e concrezioni. Nelle zone del giacimento, meno
interessate da movimenti tettonici tardivi, si sono conservate le strutture primarie e si
rinvengono stalattiti di blenda e galena. Queste erano state notate dal Posepny (1873) che
le aveva descritte illustrandole in splendide tavole. Così il Marinelli scriveva, nel 1893, a
proposito delle concrezioni: “ (...) poco abbondanti si rinvengono a Raibl o compenetrate
Galleria del livello XIX Clara nella miniera di Raibl.
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nella dolomia o qualche volta anche isolate dalle aggregazioni di galena a forma di aghi o
tubetti interamente vuoti o riempiti da strati concentrici di vari materiali, argilla alterata,
blenda, calamina; nel centro però rimane sempre uno spazio vuoto. Questi costituiscono il
Röhrenerz. Si presentano sotto forma di semplici tubi, talvolta ingrossati o terminati ad
imbuto ad una estremità, oppure di tubi prismatici aventi per sezione un quadrilatero o un
esagono, oppure come un aggregato di tutta una serie di cristalli ottaedrici insieme congiunti.
(...) La genesi di questi singolari tubi si spiega dal Posepny con una formazione
analoga a quella delle stalattiti; il Röhrenerz non sarebbe quindi che galena stalattitica; e
un tale fenomeno parla certamente in favore dell’origine dei depositi di galena per opera
dell’acqua”. Allora, per successivi trattamenti metallurgici, la galena era portata a Kaltwasser
(Riofreddo), mentre il minerale di zinco a Cilli (Celje, oggi in Slovenia).
Le mineralizzazioni in base alla caratteristica della deposizione si possono distinguere
in due tipi di corpi minerari sub-verticali, a geometria filoniana e a geometria colonnare, che
interessano verticalmente tutta la Dolomia Cassiana. Le faglie hanno andamento prevalentemente
N-S e subordinatamente NE-SW. I giacimenti filoniani sono i più importanti e
s’identificano con il nome delle principali faglie: Aloisi, Bärenklamm, Struggl, Morgenblatt,
Frauenstollen, Fallbach, Abbendblatt. Le mineralizzazioni, che si estendono lungo le faglie,
possono raggiungere lunghezze di oltre 1600 m. Il minerale interessa entrambi i lati della
faglia con potenze dell’ordine dal metro fino ai 3 m e con ampie aree di oltre 8 metri,
esistono peraltro aree sterili o con bassi tenori di minerale che non furono coltivate.
I giacimenti di tipo colonnare, come la Colonna Principale, sono meno frequenti, ma di
notevole importanza perché la mineralizzazione è concentrata in colonne di sezione da
800 m 2 a 4500 m 2 e con un’estensione in altezza di oltre 700 m.
Limonite dalla miniera di Raibl.
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Il giacimento si può suddividere dal punto di vista giacimentologico e genetico in due
parti: il “giacimento primario” a solfuri di ferro, piombo e zinco deposti dalla circolazione
d’acque ricche in ioni metallo lungo le faglie e il “giacimento secondario”, che è invece
costituito da carbonati basici quali smithsonite ed idrozincite ed è derivato dalla liscivazione
del giacimento primario, per alterazione, trasporto e rideposizione di parti solubili
dello stesso ad opera d’acque circolanti.
I minerali presenti sono in gran parte non idiomorfi e possono presentarsi con forme
mammellonari o stalattitiche. Minerali abbastanza comuni sono: idrozincite, cerussite,
anglesite, sfalerite gialla, rossa e nera, goethite, marcassite e pirite. La sfalerite gialla e
rossa si presenta mammellonare, mentre la nera si presenta solo cristallina. In particolari
condizioni di deposizione sia primaria sia secondaria si sono formati cristalli idiomorfi di
galena, barite, gesso, dolomite, wulfenite, calcite, sfalerite. La galena può presentarsi
idiomorfa spesso immersa nella dolomite bianca, la barite, in cristalli giallini, tappezza
cavità o litoclasi formando, raramente, anche ammassi ragguardevoli. Si possono riscontrare
eccezionalmente anche pirrotina, arsenopirite e cinabro.
Rio Terra Rossa
La segnalazione di questo sito è legata più alla particolarità dei sedimenti che ad un
suo effettivo sfruttamento passato o futuro. In destra orografica della Val Dogna nell’alveo
del Rio Terra Rossa a 580 m si incontrano depositi contenenti pisoliti ferrifere. Più esattamente
le pisoliti sono costituite da pirite nello strato inferiore ed ematite in quello superiore.
Si nota infatti una netta differenza cromatica dei due sedimenti, di color biancoverdastro
il primo e rossastro il secondo, che sono accompagnati da pisoliti costituite da
Affioramento con pisoliti ferrifere nel Rio Terra Rossa.
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minerali diversi. Questo può testimoniare un cambiamento delle condizioni di deposizione
e la formazione di minerali stabili alle mutate condizioni. Questi depositi, noti ai locali,
che hanno battezzato il rio con il nome “Rio dai balins”, sono interposti alla Dolomia
dello Schlern ed ai calcari assegnati dubitativamente al Carnico.
Dal punto di vista paleogeografico, questi depositi testimoniano un evento regressivo,
con l’emersione della dolomia ladinica dello Schlern e la formazione di tasche con paleosuoli
a “terra rossa”. Non si hanno testimonianze di sfruttamento di questi depositi, che si rinvengono
solo eccezionalmente, perché mascherati completamente dalla vegetazione.
Prealpi Carniche
Peonis
Le “piriti” presenti nel Rio Tremugna furono probabilmente utilizzate dai Savorgnani
nel 1554 che, per il loro sfruttamento, impiantarono fucine di ferro lungo il Torrente Melò.
L’estrazione fu presto sospesa a causa della pessima qualità del minerale.
L’estrazione delle “piriti” fu ripresa nel XIX secolo per opera della Società Ostermann,
Castellari & C. che estraeva lignite da alcuni banchi presenti all’interno dei
sedimenti arenacei. Lo scavo durò dal 1839 al 1847 ed i noduli ferrosi erano inviati per
il trattamento a Judenburg nel Salisburghese. La scadente qualità della lignite, che presentava
efflorescenze di solfato a causa della presenza di pirite, e i banchi scarsi e
tormentati da interruzioni hanno fatto sospendere molto presto l’estrazione con il conseguente
abbandono anche dell’estrazione della pirite. Così scrisse nel 1925 Egidio
Feruglio a proposito delle ligniti che presentano “(...) macchie e screziature gialle e
biancastre per concrezioni e sfioriture di limonite e melanterite, dovute all’alterazione
di noduli marcassitici (...)”.
La mineralizzazione interessa i depositi, prevalentemente arenacei, di piana deltizia
del Miocene. I minerali presenti sono pirite, marcasite e limonite in noduli e la loro genesi
è legata ai cicli trasgressivi e regressivi in zone di transizione.
Prealpi Giulie
Roncat
Il giacimento di ferro era noto ancor prima che Gian Domenico Ciconi nel 1861 ne
parlasse: “Nei monti di Venzone vedonsi ancora gallerie e scavi fatti per trarne metallo
nei tempi andati (...)”. Nel 1919 i fratelli Morandini di Tarcento eseguirono alcuni saggi
per rilevarne la potenzialità. I lavori proseguirono, sebbene saltuariamente, fino al 1923
per essere poi abbandonati, non si hanno poi notizie di successivi lavori.
Egidio Feruglio nel 1932 scrisse: “Il giacimento metallifero del Roncàt è situato nella
parte superiore della Dolomia Principale. Il minerale affiora a circa 1135 m sul ciglio
della dirupata valletta dello Zeliesni patok. In questo punto, a pochi metri sopra il sentiero,
è stato aperto un piccolo pozzo, che scende obliquamente seguendo il pendio degli
strati (...). L’ematite forma per lo più delle listerelle regolarmente inserite fra strato e
strato e più di rado delle tasche e vene oblique alla superficie (...) ”. Un vecchio pozzo
d’assaggio e una piccola caverna artificiale testimoniano antichi lavori.
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Nel 1937 Giuseppe Trancon ottenne un permesso di ricerca a Tanapradulina e Roncat.
Nei documenti del distretto minerario si legge: “Durante l’anno furono eseguiti lavori di
asporto del materiale di ricoprimento, quindi si iniziò lo scavo in profondità rinvenendo una
lente di minerale di ferro dello spessore di 25 cm con andamento quasi verticale. Lavori fatti
in altri punti delle ricerche dettero risultati soddisfacenti”. I lavori continuarono anche nel
1938 con ricognizioni alle lenti di ematite e nel ’39, con risultati scarsi, soprattutto a
Tanapradulina. Nel ’40 le ricerche furono sospese e i permessi non più richiesti. In zone
limitrofe, ad Uccea, nel 1940 furono compiute, da parte di Adolfo Saya, ricerche per il Fe.
La mineralizzazione interessa la parte superiore della Dolomia Principale ed il minerale
presente è l’ematite che si rinviene in masse compatte spesse alcuni cm e disposte
lungo i giunti di strato. La genesi è probabilmente di deposizione sinsedimentaria da
acque marine. Egidio Feruglio ipotizzava, anche, un fenomeno di riempimento delle irregolarità
nella roccia incassante osservando che il minerale riempie tasche ed apofisi oblique
o normali alla superficie degli strati.
Valli del Natisone
La presenza del mercurio nativo fu osservata in più luoghi della regione flyschoide a
Montefosca, Ronchi di S. Giuseppe, Poloneto, Montemaggiore, Cravero ed a Spessa, ma
non in quantità sufficiente per dar luogo allo sfruttamento. Entro il flysch è possibile
rinvenire goccioline di mercurio (derivate dall’alterazione del cinabro, per ossidazione
dello zolfo o per il calore) disperso, nelle marne. Se il minerale è la metacinnabarite,
questa, in condizioni favorevoli, cambia in cinabro.
Affioramento di sabbie silicee nell’area di Peonis.
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Giovan Battista De Gasperi (1909) ricorda che “È strana la presenza di mercurio
nativo in goccioline, trovato nei dintorni di Spessa a S. Pietro di Poloneto ed ai Ronchi di
S. Giuseppe. Per la mancanza di scavi freschi io non potei trovare traccia (...)” e continua
cercando di spiegare tale fatto: “Il rinvenimento di questo mercurio può mettersi in relazione
con quello di parecchi filoncelli sporadici di metacinabrite che non raramente si
incontrano nelle cave di ponca a nord di Cividale; il metallo libero proverrebbe allora
dalla scomposizione del solfuro. Resta sempre però a spiegarsi la presenza della
metacinnabarite nelle marne”.
Alvise Comel nel 1948, ripercorrendo la storia delle presenze di mercurio nel Friuli
Orientale, osserva come “(...) queste località si orientino su allineamenti paralleli all’asse
tettonico di corrugamento generale della regione che ha una direzione NO-SE e si
trovino in corrispondenza di probabili linee di minor resistenza incontrate dalle correnti
mineralizzanti ascendenti. (...) I trovamenti di Cividale e di Gorizia sarebbero pertanto da
considerare fenomeni accessori di quella grande manifestazione mineralizzante che ebbe
ad Idria il suo principale centro di sviluppo”.
Furono condotte indagini a grande raggio attorno agli anni ’70 da parte della Nora
Impianti S.p.A. e pare che abbiano dato esito positivo, per quanto riguarda le anomalie e
la possibile concentrazione di mercurio, ma che non abbiano rilevato nessuna zona
sfruttabile. Gli anziani raccoglievano con delle fiaschette a Cisgne, in un anfratto probabilmente
artificiale, del mercurio che scaturiva al contatto tra il calcare arenaceo e uno
strato marnoso della formazione del “flysch di Masarolis”. Il posto fu poi abbandonato
perché il mercurio si raccoglieva sempre meno. Nella memoria degli abitanti sono noti
altri siti ormai abbandonati e difficilmente rintracciabili.
Da sopralluoghi effettuati non sono state rinvenute gallerie oggetto di sfruttamento.
Non è segnalata la presenza di mercurio in tutte le analisi, compiute dal Circolo
Idrologico e Speleologico Friulano, delle acque nelle Valli del Natisone. La ricerca dovrebbe
essere effettuata mediante l’analisi sui sedimenti o sui licheni che possono avere
avuto la funzione di filtri.
Montefosca
Il 23 aprile 1953 venne concesso al Sig. Antonio Luchitta, impresario edile, il permesso
di ricerca “Montefosca”. La ricerca era orientata a rilevare un eventuale giacimento di
pirite, che si supponeva presente presso Montefosca, e più precisamente alla destra
orografica del Rio Za Bodrinan (Rio Bodrino). Circa 50 m sopra il rio è stata aperta una
galleria, all’interno dei livelli carbonatici del Cretacico. Le ricerche furono intraprese per
la presenza, peraltro sporadica se non occasionale, di pirite e, forse, su indicazione suggerita
da rabdomanti. La galleria evidenziò solo tracce di minerale ossidato quindi le ricerche
furono sospese. Negli annali, del Distretto Minerario di Trieste nell’anno 1955, è
scritto: “L’unica galleria è stata proseguita per altri 57 m individuando rare tracce di
minerale ossidato.”
Nell’agosto nel 1959, la stessa impresa ottenne, non è noto su quali indizi, il permesso
di ricerca “Potpolvizza” per ferro e manganese a Potpolvizza (Pulfero). Essa
effettuò una galleria di 40 m; le ricerche furono poi sospese a causa degli scarsi risultati
ottenuti.
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Matajur
Taramelli (1877), nel suo lavoro, riferisce che è a conoscenza del ritrovamento di
mercurio nativo alle falde del Monte Matajur e che quantunque non abbia potuto verificare
di persona lo ritiene probabilissimo. Sopralluoghi effettuati non hanno dato però esito
positivo.
Marinoni (1981) segnala la presenza di pirite “(...) nel monte Matajur sopra
Montemaggiore, pure nelle marne plumbee eoceniche, compatte, a circa m 1300 sul mare,
dove si vedono ancora tracce di scavi abbandonati (...)”. Probabilmente fa riferimento
alle mineralizzazioni che sono presenti all’interno del flysch, infatti, nel “flysch del
Mataiur” d’età Campaniano-Maastrichtiano, è presente una brecciola con frequenti cristalli
di pirite idiomorfi, di dimensioni fino a 4 mm, e un crostone siliceo con idrossidi di
ferro. La genesi è probabilmente da imputare ad un’attività idrotermale sottomarina che
provocando una diminuzione di pH ha fatto precipitare il ferro.
San Pietro di Poloneto
Giulio Andrea Pirona, nel 1855, parlava della presenza di mercurio nativo a Spessa
località Poloneto: “In quest’argilla (...) e nelle marne si trovano sparsi innumerevoli globetti
di Mercurio metallico, i quali al minimo tocco si raccolgono in goccie che scolano dalle
numerosissime fessure della roccia marnosa ed arenacea (...). I pochi lavori d’assaggio
(...) benché produttivi sono troppo superficiali ed esigui per condurre senz’altro alla conclusione
che si possano continuare con frutto (...)”. Non si hanno ulteriori notizie su altri
sporadici rinvenimenti nelle marne eoceniche.
Cravero
Il Girardi (1841) parla di una investitura il 30 giugno 1517 ad un certo Gerolamo de
Raimondi e soci di una miniera di mercurio a Cisgne sopra Cravero, frazione di San
Leonardo, ma che da un sopralluogo effettuato in compagnia dell’amico abate Professor
Pirona non si riuscì a rintracciare le vestigia di nessuna miniera perché “ (...) dopo il
giro di tre secoli, non è maraviglia se sparvero le superficiali vestige, e se tace la tradizione”,
segnala però che “Il filone d’argento vivo da me rintracciato a Cisna, non lungi
dal quel monte si manifesta, cioè a Lonca, ove dal governo illirico furono non ha guari
praticati alcuni scavi d’esperimento (...). A Stupizza nel distretto di San Pietro si vede
pure ricomparire lo stesso minerale sotto forma di mercurio nativo, e nei contorni di
Albana, frazione di Prepotto, trovai il cinabro nativo bitumifero (...) ”.
Il Musoni (1912), facendo riferimento all’atto notarile del 1517, non concorda con
l’interpretazione data dal Girardi ed osserva che “Cisgne è più che a due miglia da
Cividale, mentre a tale distanza si trova Ceresutte presso Gagliano che sembrerebbe
essere il corrispondente di Ceresis: ciò non si capisce come quest’ultima potesse avere
anche un nome slavo.” e quindi, seppur dubitativamente, propende per la località presso
Gagliano.
L’unica località presente ancora nella memoria degli anziani e di cui si è individuato il
luogo è presso Cisgne dove in un anfratto nel flysch, sopra un bancone calcarenitico,
presente lungo il vecchio sentiero circa 250 metri dopo le ultime case del paese ora abbandonato,
sgorgavano goccioline di mercurio.
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Spessa
Un’altra località indicata dal Pirona e distante circa 2 km da Spessa è quella di S.
Giuseppe: “(...) nella località Ronchi di S. Giuseppe il sig. Germanico Pace di Cividale
nel 1845 (...) nel fare una fossa per le fondamenta dei muri s’incontrò in un deposito di
circa 30 libbre di Mercurio metallico che raccolse, ma non proseguì alcun lavoro nell’intento
di utilizzare una miniera di questo metallo”. Anche per questa località non si segnalano
altri rinvenimenti nelle marne eoceniche.
Mineralizzazioni ad uranio
Sono stati compiuti numerosi sopralluoghi negli affioramenti segnalati come aree a
forte anomalia radioattiva, ma è difficile riuscire ad individuarle. Probabilmente queste
sono estremamente localizzate, arealmente e stratigraficamente, e sfuggono a ricognizioni
a largo raggio.
Ravinis
Presso il paese, posto a Nord-Est di Paularo, uno sbancamento effettuato per la realizzazione
della strada ha evidenziato, in sezione, la formazione delle Arenarie della Val
Gardena d’età permica. Entro questa formazione sono presenti piccole lenti o livelletti
discontinui di composti d’uranio associati a frustoli carboniosi e solfuri di rame.
Questo affioramento riveste soprattutto importanza didattica vista la semplicità nel
raggiungerlo e la scarsa quantità di mineralizzazione presente.
La genesi è da imputare a pulsazioni ambientali e, quindi, all’alternanza di depositi
marini e continentali che hanno dato origine alla formazione epicontinentale delle Arenarie
della Val Gardena. Condizioni riducenti hanno favorito la concentrazione di ioni metallici.
I minerali che si riscontrano sono la bornite, covellina, voglite e tucholite (composto
complesso d’uranio).
Monte di Sutrio
A Ovest di Cercivento lungo il rio che scende dal Monte di Sutrio e presso la confluenza
con il Torrente Gladegna, a quota 700 m, affiorano le arenarie permiche della Val
Gardena. Sono presenti dei livelli con solfuri di rame e di ferro, ossidi e carbonati di
rame. Associati a questi, entro argille sapropelitiche, sono presenti composti complessi di
uranio: tucholite.
La concentrazione dei metalli è da attribuire alle frequenti regressioni e trasgressioni
marine, che hanno favorito la concentrazione di metalli in zone a variazione di pH.
I minerali presenti sono l’azzurrite, malachite, pirite e tucholite.
104
I MINERALI
Il Friuli è sprovvisto, tranne la miniera di Raibl, di località mineralogiche con minerali
ben cristallizzati e soprattutto di discrete dimensioni. Più facile è trovare micromounts,
cioè piccoli cristalli che tappezzano le litoclasi o i vacuoli, che si formano durante la
diagenesi di un sedimento. Per la loro osservazione è necessario l’uso di una potente lente
o ancor meglio di un microscopio.
I processi di sedimentazione in genere non portano alla formazione di cristalli perché
le sostanze disciolte nelle acque precipitando danno luogo, normalmente, ad un aggregato
microcristallino con la conseguente formazione di una roccia. Sono i processi diagenetici,
e la circolazione successiva d’acque ricche in minerali, che possono depositare le loro
sostanze in cavità formatesi durante i processi diagenetici, carsici o tettonici.
I cristalli di calcite e dolomite, che si sono formati nella cavità della dolomia, sono
facilmente riscontrabili in natura nelle nostre montagne per esempio a stazione della Carnia.
Cristalli biterminati di quarzo si rinvengono nei vacuoli ricchi di sostanze carboniose
nella formazione della dolomia di Forni in Val Preone.
Cristalli di sfalerite di dimensioni fino al cm sono presenti nella miniera del Rio Fus.
Questi sono immersi nella calcite spatica e facilmente si possono estrarre mediante attacco
con l’acido cloridrico diluito.
I solfuri di ferro precipitano in ambienti riducenti, come bacini chiusi con scarso ricambio
d’acqua, o in zone con notevoli apporti di sostanze organiche (frustoli carboniosi,
alghe, ecc.). In questi ambienti la povertà o assenza d’ossigeno può far precipitare la
pirite e la marcasite. Esempio classico avviene nei ciclotemi del carbone presenti a Peonis.
Nella cava, utilizzata alla fine del secolo scorso per estrarre arenarie quarzose da inviare
alle fabbriche di vetro di Murano, si trovano noduli di pirite e marcasite che facilmente si
alterano dando luogo ad efflorescenze di solfati.
In ambienti riducenti possono precipitare anche altri solfuri quali blenda, galena ecc.,
ma anche minerali radioattivi sempre associati a resti indistinti di piante. Depositi di
questo tipo sono riscontrabili nella formazione della Val Gardena come a Ravinis, Treppo
Carnico, Cercivento, Forni Avoltri e molte altre località. In presenza di fasi lagunari, ad
intensa evaporazione, si sono deposti minerali evaporitici quali gesso ed anidrite
microcristallini. È possibile però trovare, in piccole fratture, cristalli di gesso secondario,
cioè cristalli formati per rideposizione di sali da parte delle acque circolanti. Nel Carnico
di Raibl sulla superficie di discontinuità di calcari fetidi sono osservabili le impronte, ma
anche i cristalli di gesso precipitati durante episodi a forte evaporazione.
Noduli di pirite si trovano un po’ dovunque, ma soprattutto nel Rio degli Uccelli, Rio
Bombaso e Monti Musi. Sono associati a rocce ricche di sostanza organica ed ambienti
riducenti. Durante la diagenesi, il solfuro di ferro tende a migrare e può concentrarsi
formando noduli a struttura fibroso raggiata o cristalli idiomorfi, grazie all’elevata energia
di cristallizzazione della pirite, come nella formazione a Bellerophon del Torrente
Ampiadè, ove si rinvengono ottaedri nei calcari marnosi.
La resinite, minerale organico, è stata rinvenuta in piccole masserelle nei calcari
marnosi cretacici della Cava di Vernasso, nel Rio Serai e nella frana di Bolador presso
Dogna.
105
Minerali di alterazione
Quando in un giacimento o in un corpo mineralizzato gli agenti esterni alterano i
minerali, hanno origine, da questi, nuovi minerali che possono essere stabili alle nuove
condizioni ambientali, oppure essere completamente solubili. Nel qual caso la loro durata
è breve ed è legata alle condizioni meteorologiche. Il processo d’alterazione può formare
minerali ben cristallizzati, ma per lo più dà luogo a patine d’alterazione che, osservate ad
un forte ingrandimento, rivelano una struttura a minutissimi cristalli. Il prof. Morgante,
nelle miniere del giacimento di Raibl, scoprì nel 1930 un minerale d’alterazione che si
rivelò una nuova specie, la bianchite (solfato idrato di Zn, Fe). A parte questo minerale, la
cui importanza si deve solamente a quanto sopra esposto, ve ne sono altri che hanno
scarso interesse per i collezionisti perché non idiomorfi, per esempio la goslarite presente
nelle grotte nella “Witriolwand” che costituisce la parte superficiale del cappello della
miniera. Assieme alla goslarite (solfato idrato di Zn) ci sono altri minerali che tappezzano
le pareti ed il pavimento quali limonite, melanterite (solfato idrato di Fe), gesso,
idrozincite, ecc. che sono i comuni prodotti d’alterazione superficiale dei giacimenti a
solfuri misti come quello di Raibl. Nei saggi di Comeglians sono ben evidenti le patine
verdi-azzurre d’alterazione dei solfuri di rame e nelle discariche è facile trovare dei bei
campioni di malachite ed azzurrite microcristallini. Alle pendici meridionali del Monte
Avanza è facile rinvenire, azzurrite e malachite in patine derivanti dall’alterazione della
tetraedrite. Nei vacuoli del calcare presente presso la cava detta della “Pietra verde” si
rinviene in cristalli esagonali color verde erba-verde smeraldo la calcofillite.
Nella Val di Preone sempre per alterazione del fosfato che ha mineralizzato alcuni
fossili, nel caso specifico un pesce, si è formata la vivianite.
Crisocolla proveniente da Comeglians.
106
Minerali di Grotta
Fino a pochi anni fa l’importanza dei fenomeni minerogenetici carsici era assolutamente
trascurata. Le grotte o più precisamente l’ambiente carsico veniva considerato come
spettatore passivo d’accumulo meccanico di minerali non attribuendogli nessuna funzione
genetica. In realtà esercita un funzione attiva grazie alle particolari condizioni chimico-fisiche
presenti. Ora numerosi studi hanno dimostrato che alcuni processi di
carsificazione attuali portano alla formazione di depositi con tenori non trascurabili di
minerale, e che tali processi sono intervenuti, totalmente o parzialmente, nella genesi di
molti giacimenti.
Nelle grotte, ma anche nelle miniere, si possono rinvenire concrezioni di carbonato di
calcio, calcite più raramente aragonite, sotto forma di stalattiti, stalagmiti, pisooliti ecc.
In particolari condizioni, cioè acque che hanno uno scarso ricambio (acque vadose) e
lenta evaporazione, si possono formare cristalli di calcite scalenoedrica detta “a dente di
cane”. La loro presenza nelle grotte non è un fatto poco frequente, ma spesso sono piuttosto
piccoli e difficilmente superano il cm. Nella grotta (Fr. 383) di Mersino raggiungono
invece dimensioni ragguardevoli dai 2 ai 12 cm, il colore dipende dalle patine d’alterazione
e varia dal bianco al giallo-ocra. I cristalli hanno tutti l’asse A 3 perpendicolare alla
superficie, geneticamente si può spiegare osservando che i primi germi cristallini hanno
un orientamento casuale, ma con il progredire della crescita solo i cristalli che hanno
l’asse A 3 normale alla volta, e che quindi crescono più rapidamente degli altri, possono
svilupparsi, mentre negli altri la crescita è arrestata dalla mancanza di spazio. Nella grotta
di Mersino le condizioni ideali, eccezionalmente, sono perdurate a lungo dando luogo
allo sviluppo di cristalli di grosse dimensioni.
Pesce fossile proveniente da Preone, conservato in vivianite.
107
Nella grotta di Canebola (Fr. 1080) si sono formati depositi efflorescenti di gesso che
vanno a tappezzare le pareti e talvolta il soffitto di quella parte della grotta denominata
“galleria del sale”. I cristalli sono aciculari e di dimensioni millimetriche anche se si
rinvengono infiorescenze di 9 cm. La genesi è da ricercare nella lenta percolazione ed
evaporazione d’acqua ricca in solfato di calcio.
Nella grotta Foran des Aganis (Fr. 48) è stato ritrovato un fosfato, la brushite CaH(PO 4 )
2H 2 O sotto forma di piccole, la più grande 3 cm, stalattiti. Generalmente questo minerale,
abbastanza comune in grotta, si rinviene solo in composti pulverulenti o in croste a causa
della scarsa solubilità. Le foto realizzate al microscopio elettronico hanno evidenziato
una struttura cristallina con aggregati lamellari, cristalli monoclini, disposti a “palizzata”.
Altre concrezioni a minerali, interpretate come parzialmente a genesi carsica, sono i
noduli nella grotta Pod Lanisce (Fr. 573). I noduli metallici si rinvengono liberi nel pavimento
della grotta, la loro genesi pare legata a processi diagenetici subiti in condizioni
carsiche. I noduli sono preesistenti alla litificazione del sedimento, in cui si è sviluppata
la grotta, ed hanno subito continue modificazioni mineralogiche al mutare delle condizioni
chimico-fisiche e redox dell’ambiente carsico. I minerali di cui sono costituiti sono la
magnetite, maghemite, pirite, ematite e goethite.
Concrezioni gessose si rinvengono nella grotta a quota 1950 m del Monte Cavallo di
Pontebba, nei calcari devonici interessati da concentrazioni di solfuri ricoprenti una
paleosuperficie carsica. I calcari hanno permesso l’instaurarsi di un carsismo attuale che
ha ampliato le fratture beanti creando cavità, molte non praticabili. L’origine del solfato
di calcio è imputabile a fenomeni chimici d’alterazione dei solfuri.
Noduli di minerali ferrosi provenienti dalla grotta Pod Lanisce.
108
Le septarie
Un discorso a parte meritano le septarie che si rinvengono presso Ovaro. La loro
genesi è probabilmente legata alla cementazione di sedimenti ad elevata componente
argillosa, per varie cause, in forme prevalentementi sub-sferoidali con dimensioni anche
notevoli. Centri di nucleazione possono essere stati gli stessi sedimenti che flocculando
hanno formato un agglomerato (origine geochimica) oppure degli organismi che, durante
i processi di decomposizione, hanno generato un microambiente che ha favorito la
cementazione (origine biochimica). Come ultima ipotesi il nucleo può essersi formato
grazie a condizioni soprassature delle acque con precipitazione di sali (origine evaporitica).
Durante la diagenesi questi noduli sono sottoposti a contrazioni per disidratazione con
formazioni di fratture, le acque di percolazione possono ricementare il nucleo con la formazione
di caratteristici setti che, disposti spazialmente, possono ricordare la struttura “a
nido d’ape”. Spesso le acque di percolazione depositano al loro interno sali minerali che,
trovando le condizioni ideali, formano piccoli cristalli di minerali vari. Le septarie presso
Ovaro hanno dimensione dal centimetro ai 30 cm, al loro interno si riscontrano piccoli
cristalli di barite, quarzo ed ematite.
Stalattite in galena proveniente dalla miniera di Raibl.
109
GLOSSARIO
calamina = termine in disuso, indica l’emimorfite (silicato di zinco).
ciclotema = serie di strati depositati durante un singolo ciclo sedimentario.
diagenesi = trasformazioni fisiche e chimiche che portano alla litificazione di un sedimento.
dolomia = rocce costituite in prevalenza da dolomite CaMg (CO 3 ) 2 .
eh = è una misura dell’energia necessaria per aggiungere o togliere elettroni a un elemento.
epicontinentale = ambiente marino poco profondo.
epineritico = ambiente di deposizione marina da 0 a 40 metri.
epirogenici = lentissimi movimenti che portano a dislocazioni verticali.
epitermale = processo idrotermale a bassa temperatura (100°-200°).
entalpia = contenuto termico.
eteropia = variazione spaziale dei sedimenti derivata dal variare, nel tempo, degli ambienti di sedimentazione.
facies = l’insieme di tutti i caratteri geologici (s.l.) presenti in un bacino.
fahlerz = solfuro di rame (tetraedrite).
faglia = frattura in una massa rocciosa accompagnata dallo spostamento relativo dei due blocchi separati.
flysch = associazione di sedimenti clastici, breccie, arenarie siltiti ecc. deposti da correnti di torbida.
fornelli = comunicazioni, fra gallerie, aperte dal basso verso l’alto.
galleria di ribasso = galleria aperta a livelli successivamente più bassi.
galleria in traversobanco = galleria che, per raggiungere il giacimento, attraversa rocce sterili.
graben = fossa tettonica generata da faglie parallele.
horst = struttura tettonica rilevata rispetto ai terreni circostanti generata da faglie parallele.
idiomorfo = con una perfetta forma cristallina.
karren = solchi nella roccia formati per fenomeno carsico.
karst = sistema di cavità carsiche.
keratofiri = rocce di effusione sottomarina, (a composizione trachitica e riolitica) ricche in Na.
liscivazione = processo di asporto dalla roccia, di metalli, per mezzo di solventi (acqua).
litoclasi = termine generico per indicare sia le fratture che le faglie.
metasomatico = processo di diffusione o di soluzione e rideposizione praticamente simultanei.
oolite = granulo sferico o subsferico inferiore ai 2 mm.
paragenesi = associazione di minerali formati insieme o successivamente.
paralico = ambiente marino poco profondo e di transizione ad un continente, come delta, lagune ecc.
piattaforma = qui intesa come parti sommerse dei blocchi continentali a circolazione ristretta e quindi
a salinità e temperatura anche molto elevate.
pisolite = granulo sferico o subsferico superiore ai 2 mm.
pozzetti = comunicazioni, fra gallerie, aperte verso il basso.
rifting = processo tettonico che porta alla formazione di una fossa tettonica.
rill karren = campi solcati, tipiche morfologie carsiche.
regressione marina = ritiro del mare da una vasta area precedentemente sommersa.
riduzione = perdita o allontanamento di ossigeno, privo di ossigeno.
redox = potenziale di ossido riduzione.
sapropelitico = sedimento ricco di sostanze organiche.
sinsedimenatrio = processo contemporaneo alla sedimentazione.
slumping = scivolamento gravitativo.
spiliti = rocce di effusione sottomarina (a composizione basaltica), ricche in Na.
stockwork = reticolo di fessure, irregolarmente distribuite nella roccia, riempite di minerali.
subsidenza = lento abbassamento di aree anche molto ampie.
supergenico = è il processo di liscivazione e riprecipitazione di metalli sotto la falda acquifera.
talus = ghiaione, scoscendimento detritico causato dallo sfacelo di pareti rocciose.
tettonica = struttura che è generata dalle forze interne alla crosta ed al mantello.
time and strata bound = giacimenti legati agli strati ed a precisi intervalli temporali.
tout-venant = minerale che esce dalla miniera senza aver subito, pertanto, alcun arricchimento.
trasgressione marina = invasione marina su terre emerse.
tutia = solfato di rame.
110
LA COLLEZIONE MINERALOGICA FRIULANA
(con la collaborazione di LUIGI VIDUS)
Introduzione
L’origine della collezione mineralogica friulana del Museo Friulano di Storia Naturale
si può far risalire alla fine del XIX secolo. Tutti i reperti, hanno subito notevoli vicissitudini
(Fornaciari, 1973; Morandini, 1984; Zucchini, 1994) tali da rendere obbligatoria
una revisione dell’intera collezione e soprattutto un incremento della stessa.
La collezione mineralogica comprende una parte generale ed una friulana. Quella
friulana è attualmente costituita da oltre 1.100 minerali compresi i 477 esemplari di cui si
era accennato nel catalogo della collezione mineralogica “parte generale” (Zucchini, 1994).
Il presente catalogo è aggiornato al numero di inventario 5951 (dicembre 1997); bisogna
considerare che l’inventario amministrativo comprende un’unica numerazione per minerali
e rocce e che ad alcuni numeri di inventario possono corrispondere più campioni.
Oltre duecento campioni fanno parte della collezione storica costituita dalla Collezione
del Regio Istituto Zanon, dalla Collezione dell’Istituto Toppo Wasserman e da raccolte
di insigni studiosi della geologia della nostra regione quali: Egidio Feruglio, Michele
Gortani, Sergio Morgante, Dino di Colbertaldo. Altri campioni fanno parte di donazioni
per es. della S.A. Miniere di Raibl. A questo nucleo storico si sono poi aggiunte altre
collezioni o raccolte. Più recentemente, la collezione si è notevolmente arricchita grazie
all’acquisto di minerali, con donazioni da parte di privati, e soprattutto dalla raccolta di
minerali che l’autore e il dr. Luigi Vidus hanno effettuato durante i sopralluoghi alle diverse
zone mineralizzate.
La collezione del Gabinetto di Storia Naturale del Regio Istituto Tecnico Zanon
È fra le vecchie collezioni, quella che presenta il maggior numero di campioni senza
cartellino e quindi la quasi totalità dei campioni non sono stati inseriti in questo catalogo.
Della collezione Zanon è presente un registro originale, ma purtroppo si è constatato che
non c’è corrispondenza fra i numeri di inventario di questo registro con quelli riportati nel
catalogo Fornaciari (catalogo della collezione generale dei minerali). Purtroppo, notevole
è la perdita storica perché gran parte dei campioni presenti nelle collezioni del Regio
Istituto Tecnico erano stati studiati e raccolti dal Marinoni per pubblicare il suo lavoro.
Nella stesura egli ha puntigliosamente riportato il numero del campione o dei campioni
descritti, ma purtroppo tutte le vicissitudine che hanno coinvolto la collezione hanno di
fatto reso impossibile la loro ricerca.
La collezione dell’Istituto Tecnico Commerciale di Toppo Wassermann
Solo i minerali con tutte le indicazioni sono stati inserite nel catalogo, questo di fatto
ha ridotto notevolmente la collezione. I cartellini originali sono stati sostituiti (e non sono
più reperibili) con altri che contengono spesso errori di trascrizione; questi ultimi a loro
volta, a causa dei ripetuti traslochi, spesso sono andati persi o mescolati ed anche con un
accurato lavoro di ricerca, nel registro di inventario, non si è riusciti sempre a risalire ai
dati originali. Essa deriva dal materiale didattico che era conservato presso l’omonimo Istituto
Tecnico Commerciale di Udine poi soppresso. Non esiste un registro di inventario.
111
Criteri metodologici adottati per la classificazione dei minerali
La revisione delle collezioni è stata preceduta da una pulizia di tutti i campioni e
l’asporto dei vecchi numeri di inventario. I minerali sono stati detersi, ove possibile, con
acqua distillata; quelli soggetti a deteriorarsi con l’umidità sono stati, dopo la determinazione,
protetti con una leggera pellicola di paraffina.
I minerali soggetti a deteriorarsi con la luce sono stati inseriti in scatolette di cartone
con coperchio. Molti campioni sono risultati notevolmente alterati, e quindi non più
determinabili, o minerali decaduti; i primi sono andati ad arricchire la “collezione didattica”,
i secondi sono stati inseriti in inventario sotto la voce “minerali decaduti”.
La determinazione della maggior parte dei campioni ha seguito due vie preferenziali:
- determinazione delle proprietà ottiche e morfologiche dei cristalli
- riconoscimento delle proprietà chimico-fisiche.
Per la prima sono state utilizzate le seguenti attrezzature:
- microscopio da mineralogia Leitz (senza tavolino universale e solo a luce trasmessa)
- rifrattometro di Abbe modello G “Jena” n=1.3-1.7
- rifrattometro Zeiss modello B n=1.17-1.85
I rifrattometri sono stati messi a disposizione dal prof. Sergio Morgante.
Per la seconda via di indagine si è fatto uso di semplici saggi chimici per via secca e
umida. L’utilizzo di metodi non røntgenografici e le modeste attrezzature del laboratorio
di mineralogia del Museo ha comportato problemi di determinazione soprattutto per alcuni
gruppi di minerali ed una certa percentuale di errore anche per gli altri, si è ritenuto
quindi opportuno dare una sommaria descrizione delle attrezzature e dei metodi utilizzati
al fine di precisare i limiti che la revisione e determinazione dei minerali dell’intera collezione
comportavano.
Organizzazione della collezione mineralogica
Tutti i campioni, riposti in scatolette di cartone, sono collocati in cassetti metallici
entro armadi della stessa natura. La collezione è, diversamente dalla generale, suddivisa
per giacimenti ed alcuni armadi sono riservati ai minerali di località friulane varie. I
minerali, all’interno di ogni località mineraria, sono suddivisi rispettando l’ordine sistematico.
Tale modo di procedere era consigliato dal fatto di rendere più immediata allo
specialista o al fruitore l’associazione mineralogica di quel giacimento.
Le schede, in cartoncino bianco di dimensioni cm 10.6x17.3, sono collocate in schedari
e seguono, in linea di massima, l’ordine sistematico proposto da Strunz (1982) o da
Klochmann (1978), nell’angolo superiore destro recano un numero progressivo di inventario
in cifre arabe e la collocazione, rappresentata da un numero romano, da una lettera
dell’alfabeto e da un numero arabo. Il numero romano indica l’armadio ove è collocato
l’esemplare, la lettera indica il ripiano e il numero arabo il cassetto nel quale si trova il
campione. Nella scheda viene indicata, inoltre, l’eventuale precedente determinazione.
Ogni esemplare presenta, incollato, il numero di inventario ed è corredato dal cartellino
su cui sono indicati numero di inventario, collocazione, specie e dati essenziali. Per gli
esemplari utilizzati nelle sale di ostensione è indicato, sulla scheda, il numero della sala
dove sono esposti. Il registro di inventario, avente funzione amministrativa, può essere
utile ad individuare reperti di cui è nota solo la numerazione progressiva. In esso sono
112
indicati i dati essenziali il valore presumibile o accertato dell’esemplare, il numero di
inventario e quello di collocazione. Tutti i dati relativi ai minerali sono stati recentemente
inseriti in un archivio informatizzato. Per facilitare tutte le operazioni sono stati utilizzati
codici prendendo come base quanto proposto da De Angelis & Maras (1982).
Per quanto riguarda la stesura del catalogo si veda Zucchini (1994).
Per dare indicazioni sulle caratteristiche morfologiche del minerale sono stati adottati
i seguenti simboli:
agg.s.: aggregato scagliono
amorfo: amorfo
concr.: concrezione/i/ato
dend.: dendritico
drusa: drusa
fibr.: fibroso
geode: geode
gocce: gocce
lamine: lamine
microx, -xx: microcristallino/microcristallini
nodulo: nodulo
x gem.: cristallo geminato
x, xx: cristallo/cristalli
Anche per indicare il tipo di acquisizione di collezioni e campioni si sono adottate
delle abbreviazioni:
- Campioni donati da privati: es. Feruglio “dono Feruglio”
- Campioni già facenti parte del materiale didattico del Regio Istituto Tecnico Antonio
Zanon: “coll. Zanon”; del materiale didattico dell’Istituto Tecnico Toppo Wasserman:
“coll. Toppo W.”
- Campioni raccolti dal dr. Luigi Vidus e dall’autore nell’ambito del programma di ricerche
del Museo Friulano di Storia Naturale: “ricerche Mus. Friul. di St. Nat.”.
Nel catalogo che segue i campioni sono suddivisi per località o gruppi di località e
riuniti per specie mineralogica.
Ringraziamenti
Alla realizzazione del presente lavoro ha collaborato il dott. Luigi Vidus, nelle uscite
di campagna, nella ricerca iconografica e nella determinazione dei campioni.
Desidero ringraziare il dott. Carlo Morandini, direttore del Museo Friulano di Storia
Naturale, per la fiducia accordatami, il dott. Giuseppe Muscio conservatore della sezione
geo-paleontologica non solo per gli utili consigli, ma anche per il paziente lavoro di rilettura
ed impaginazione del manoscritto. Grazie al dr. Maurizio Ponton dell’Università di Trieste
ed alla dr.ssa Alessandra Giumlia Mair per la rilettura critica del manoscritto, al prof.
Livio Passarino ed al dr. Giuseppe Cane per le traduzioni dal tedesco.
Un particolare ringraziamento al Sig. Luca Simonetto per la costante disponibilità
dimostrata nella ricerca delle fonti iconografiche e per aver messo a disposizione documenti
sulla miniera di Comeglians, ed alla Biblioteca Civica di Udine. Grazie ancora al
prof. Claudio Calligaris, al dr. Corrado Rosenfeld, al sig. Romano Azzola e a quanti
hanno contribuito con fonti e documenti alla stesura del presente volume.
113
CARNIA
Monte Avostanis, Pramosio e dintorni, Paluzza
ANKERITE
microxx, coll. M. Gortani, inv. n. 1658
AZZURRITE
microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5165, 5168, 5171, 5173, 5174, 5182
microxx, con calcopirite ?, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5164
microxx, con calcopirite e galena, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5187
microxx, con malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5170, 5178
xx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5162
xx, con malachite e calcopirite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5188
BARITE
microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5169, 5180
CALCITE
microxx, coll. M. Gortani, inv. n. 3645
microxx, dono L. Peres, inv. n. 3732
CALCOPIRITE
microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5183
microxx, con azzurrite, galena, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5167
microxx, con malachite, azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5172
GALENA
microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5163
microxx, con azzurrite, calcopirite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5181
microxx, con azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5179
microxx, con calcopirite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5166
MALACHITE
microxx, con azzurrite, calcopirite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5175
microxx, con azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5177, 5184, 5185
microxx, con azzurrite patine, dono L. Peres, inv. n. 3731
xx, con azzurrite e calcopirite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5189, 5190
QUARZO
geode, dono C. Calligaris, inv. n. 5009
xx, coll. M. Gortani, inv. n. 3603
xx, dono C. Calligaris, inv. n. 5006, 5007, 5008, 5010, 5011, 5012, 5013, 5014, 5015
xx, con malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5176
SFALERITE
microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5186
San Giorgio di Comeglians, miniera e dintorni
AZZURRITE
microxx, alterazione, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5648
microxx, con barite, fluorite e malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5690, 5733
114
microxx, con barite, fluorite e tetraedrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5644, 5659, 5669,
5676, 5686, 5695, 5705
microxx, con barite, fluorite, malachite e tetraedrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5653, 5677, 5688
microxx, con barite, malachite e tetraedrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5668, 5709,
5715, 5716, 5721, 5802, 5803
microxx, con fluorite, barite e ossidi di Mn, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5771
microxx, con fluorite, barite, malachite e tetraedrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5729, 5732
microxx, con fluorite, ocra di Sb, barite e tetraedrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5758
microxx, con malachite e barite microxx, coll. M. Gortani, inv. n. 519
microxx, con malachite e barite microxx, dono S. Morgante, inv. n. 3668
microxx, con malachite microx, inv. n. 520, 3662
microxx, con malachite, barite e tetraedrite microxx, coll. M. Gortani, inv. n. 3661
microxx, con malachite, fluorite, barite e tetraedrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5700
microxx, con malachite, tetraedrite, barite e calcite microxx, coll. M. Gortani, inv. n. 3659
microxx, con ossidi di Mn, ocra di Sb e barite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5762
microxx, con tetraedrite, malachite e fluorite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5748, 5750
microxx, dono C. Calligaris, inv. n. 5023
microxx, nella barite microx con tetraedrite microx, coll. M. Gortani, inv. n. 3669
BARITE
microxx, coll. M. Gortani, inv. n. 3676, 3678, 3683
microxx, con azzurrite microx, dono S. Morgante, inv. n. 3680
microxx, con azzurrite, tetraedrite e malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5736
microxx, con fluorite e malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5656, 5672
microxx, con fluorite e ossidi di Mn., ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5756, 5766
microxx, con fluorite microx, coll. M. Gortani, inv. n. 3677
microxx, con fluorite, azzurrite e ossidi di Mn, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5779, 5780
microxx, con fluorite, malachite e tetraedrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5684, 5698
microxx, con fluorite, ossidi di Mn e azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5760
microxx, con fluorite, ossidi di Mn e malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5775
microxx, con fluorite, ossidi di Mn e ocra di, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5768
microxx, con fluorite, ossidi di Mn e tetraedrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5761
microxx, con limonite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5808
microxx, con malachite e limonite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5807
microxx, con malachite, azzurrite e tetraedrite microxx, dono S. Morgante, inv. n. 3681
microxx, con malachite, azzurrite e tetraedrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5645, 5681,
5683, 5731, 5737
microxx, con malachite, fluorite e azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5751
microxx, con malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5651, 5652, 5811
microxx, con malachite, tetraedrite e fluorite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5746
microxx, con ossidi di Mn, barite e ocra di, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5763
microxx, con ossidi di Mn, fluorite e azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5772
microxx, con tetraedrite e malachite microxx, coll. M. Gortani, inv. n. 3682, 3684
microxx, con tetraedrite e malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5805
microxx, con tetraedrite microx, coll. M. Gortani, inv. n. 3679
microxx, con tetraedrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5675
microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5649, 5655, 5658, 5662, 5664, 5665, 5678, 5685,
5693, 5697, 5702, 5703, 5706, 5707, 5720, 5723, 5809
CALCITE
xx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5810
115
CRISOCOLLA
microxx, con barite e calcite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5785, 5787, 5788
microxx, con barite, fluorite, azzurrite e ocra, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5789
microxx, con barite, limonite e calcite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5786
microxx, con barite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5781, 5782, 5783, 5784, 5791, 5792,
5793, 5794, 5795, 5796
microxx, con calcite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5790
microxx, con malachite, barite, fluorite e azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5753
FLUORITE
microxx, con azzurrite, barite e ossidi di Mn, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5755
microxx, con azzurrite, malachite e tetraedrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5728, 5743
microxx, con barite e ossidi di Mn, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5778, 5797
microxx, con barite e tetraedrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5667
microxx, con barite, azzurrite e ossidi di Mn, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5769
microxx, con barite, malachite e azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5646, 5679
microxx, con barite, malachite e tetraedrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5776, 5804
microxx, con barite, ocra di Sb e ossidi di Mn, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5757, 5765,
5767, 5773
microxx, con barite, ossidi di Mn e malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5764
microxx, con barite, tetraedrite e azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5687
microxx, con malachite e barite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5799, 5801
microxx, con malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5798
microxx, con ossidi di Mn e ocra di Sb, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5754, 5759
microxx, con ossidi di Mn, azzurrite e ocra di Sb, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5770
microxx, con tetraedrite, azzurrite e barite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5742
microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5800
GESSO
microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5812
GRAFITE
microxx, dono S. Morgante, inv. n. 3509
LIMONITE
microxx, con barite e fluorite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5726, 5777
microxx, con barite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5661
microxx, con fluorite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5774
microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5691, 5727, 5730
MALACHITE
microxx, con azzurrite e barite microxx, coll. M. Gortani, inv. n. 3663
microxx, con azzurrite microx nel calcare, coll. M. Gortani, inv. n. 3658
microxx, con azzurrite, barite e tetraedrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5673, 5710, 5712,
5714, 5718, 5738
microxx, con barite e azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5719
microxx, con barite e fluorite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5663, 5689, 5708
microxx, con barite e tetraedrite microxx, coll. M. Gortani, inv. n. 518
microxx, con barite e tetraedrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5696
microxx, con barite microx, dono M. Cuttini, inv. n. 517
microxx, con barite, azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5711
116
microxx, con barite, fluorite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5671
microxx, con barite, tetraedrite e azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5699, 5717, 5725
microxx, con barite, tetraedrite e fluorite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5643
microxx, con fluorite, barite, azzurrite e tetraedrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5692
microxx, con fluorite, tetraedrite e azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5734, 5747
microxx, nella barite microx con azzurrite microx, coll. M. Gortani, inv. n. 3667
ORPIMENTO
microxx, nello scisto, coll. M. Gortani, inv. n. 3594
TETRAEDRITE
microxx, con azzurrite e barite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5642, 5744
microxx, con azzurrite, barite e malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5650, 5657, 5682,
5694, 5701, 5704, 5735, 5739, 5741
microxx, con azzurrite, barite, fluorite e malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5647, 5660
microxx, con barite e ? bournonite microxx, coll. M. Gortani, inv. n. 3551
microxx, con barite e malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5674
microxx, con barite microx e azzurrite patine, coll. M. Gortani, inv. n. 3548
microxx, con barite microx e malachite patine nel calcare, coll. M. Gortani, inv. n. 3550
microxx, con barite, fluorite, malachite e azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5654, 5666
microxx, con barite, malachite e azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5722, 5745, 5806
microxx, con barite, malachite e fluorite microxx, coll. M. Gortani, inv. n. 3685
microxx, con barite, malachite e fluorite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5670
microxx, con barite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5724
microxx, con fluorite, barite, azzurrite e malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5680
microxx, con fluorite, malachite e azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5752
microxx, con malachite, azzurrite e barite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5713, 5749
microxx, con malachite, barite, fluorite e azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5740
microxx, con malachite, dono C. Calligaris, inv. n. 5020, 5021, 5022
Miniera del Monte Avanza e dintorni
AZZURRITE
microxx, con malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5084, 5085, 5087, 5090
microxx, con tetraedrite, dono Seravalli, inv. n. 4996
microxx, dono C. Calligaris, inv. n. 5001
xx, con malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5059
BARITE
microxx, con azzurrite microx, coll. M. Gortani, inv. n. 3674
microxx, coll. M. Gortani, inv. n. 3675
microxx, dono Seravalli, inv. n. 4999
GALENA
microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5099
xx, con fluorite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5042, 5043, 5044, 5045, 5046, 5047, 5055,
5058, 5068, 5081, 5082, 5096, 5097, 5109, 5110
xx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5111
MALACHITE
microxx, con azzurrite e barite microxx, coll. M. Gortani, inv. n. 3657
microxx, con azzurrite e tetraedrite microxx nel calcare, dono G. Fornaciari, inv. n. 3665
117
microxx, con azzurrite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5049, 5063, 5078, 5114
microxx, con pirrrotina, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5064
microxx, con tetraedrite e barite microxx, dono S. Morgante, inv. n. 3666
microxx, con tetraedrite microx nel calcare, coll. M. Gortani, inv. n. 3655
microxx, dono Seravalli, inv. n. 4995
microxx, dono U. Sello, inv. n. 4595
microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5048, 5050, 5057, 5060, 5065, 5069, 5070, 5076, 5089, 5222
PIRROTINA
microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5061, 5073, 5095, 5113
microxx, con galena, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5079
QUARZO
microxx, dono C. Calligaris, inv. n. 5002
SFALERITE
xx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5092, 5093, 5094
xx, con fluorite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5115
TETRAEDRITE
microxx, con azzurrite, malachite e barite microxx, dono S. Morgante, inv. n. 3741
microxx, dono S. Morgante, inv. n. 3749
microxx, inv. n. 576
microxx, con azzurrite, malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5071, 5072
microxx, con barite microx, dono S. Morgante, inv. n. 514
microxx, con calcite microx, coll. M. Gortani, inv. n. 3549
microxx, con calcite microx, dono S. Morgante, inv. n. 577, 579, 3547
microxx, con malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5107
microxx, dono R. Zucchini, inv. n. 4984, 4985, 4986, 4987, 4988, 4898, 4990, 4991, 4992, 4993, 4994
microxx, dono Seravalli, inv. n. 4997, 4998
microxx, inv. n. 575
microxx, coll. Toppo W., inv. n. 129
microxx, Pirrotina, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5077
microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5074, 5080, 5098, 5100, 5101, 5102, 5103, 5104,
5105, 5106, 5108, 5112, 5213, 5214, 5215, 5216, 5217, 5218, 5219, 5220, 5221
xx, calcite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5075
xx, con calcite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5051, 5052, 5053, 5054, 5056, 5062, 5066,
5067, 5083, 5088, 5091, 5116, 5117
Rio delle Valli, Ovaro (minerali delle septarie)
BARITE
microxx, dono C. Calligaris, inv. n. 4932, 4933, 4934, 4935, 4936, 4937, 4938, 4939
CALCITE
microxx, dono C. Calligaris, inv. n. 4941, 4942
EMATITE
microxx, dono C. Calligaris, inv. n. 4919, 4920, 4921, 4922, 4923, 4924, 4925, 4926, 4927, 4928, 4929
MALACHITE
microxx, dono C. Calligaris, inv. n. 4944
118
QUARZO
microxx, dono C. Calligaris, inv. n. 4930, 4931
microxx, con malachite, cuprite, dono C. Calligaris, inv. n. 4943
Rio Sglirs, Paularo
BARITE
microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5148
FLUORITE
microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5147, 5150, 5153, 5154, 5155
microxx, con malachite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5152
SFALERITE
microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5149, 5151, 5157, 5158, 5159, 5160, 5161
microxx, con fluorite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5156
Altre località della Carnia
ANKERITE,
microxx, Passo Giramondo, Forni Avoltri, coll. M. Gortani, inv. n. 1661
AZZURRITE
concr., con malachite microx nel calcare, C.ra Valbertad Alta, Paularo, coll. M. Gortani, inv. n. 3664
microxx, con malachite patine sul calcare, M. Sasso Nero - Collina, Forni Avoltri, coll. M. Gortani,
inv. n. 1719
microxx, con malachite, Freikofel versante est, Timau, Paluzza, dono L. Simonetto, inv. n. 4954
microxx, M. Cellon - Creta di Collinetta, Paluzza, dono L. Simonetto, inv. n. 4607
microxx, con malachite e calcite microx, M. Sacro - Pal Grande - Passo M.te Croce Carnico, Paluzza,
coll. M. Gortani, inv. n. 1723
microxx, Paularo, dono R. Azzola, inv. n. 4899, 4904, 4906, 4909
Valle del Margò (?), coll. E. Feruglio, inv. n. 3188
BARITE
microxx, Rio San Michele, Lauco, dono C. Calligaris, inv. n. 4958
microxx, Sella Rossboden, Timau, Paluzza, dono L. Simonetto, inv. n. 4951, 4952, 4953
microxx, M. Strabut, Tolmezzo, dono C. Calligaris, inv. n. 4602
CALCITE
drusa, M. Freikofel, Paluzza, coll. M. Gortani, inv. n. 3639
microxx, con barite, malachite e tetraedrite, Pierabech, Forni Avoltri, dono Finato, inv. n. 3646, 3653
microxx, Rio San Michele, Lauco, dono C. Calligaris, inv. n. 4940
microxx, Miniera di Cludinico, Ovaro, coll. M. Gortani, inv. n. 3644
microxx, Creta di Timau, Paluzza, coll. M. Gortani, inv. n. 3634
microxx, nel calcare, Creta di Timau, Paluzza, coll. M. Gortani, inv. n. 3638
microxx, M. Freikofel, Paluzza, coll. M. Gortani, inv. n. 3643
x, Creta di Timau, Paluzza, coll. M. Gortani, inv. n. 1525
xx, nel calcare devonico, Chianevate - Timau, Paluzza, dono L. Simonetto, inv. n. 3893
xx, Valle Bombaso, Pontebba, dono G. Fornaciari, inv. n. 3723
xx, nella dolomia, Preone, dono F.M. Dalla Vecchia, inv. n. 3631
xx, Preone, dono F. M. Dalla Vecchia, inv. n. 3474
xx, nello scisto, Valpicetto, Rigolato, coll. M. Gortani, inv. n. 972
xx, Galleria della Maina, Sauris, dono Rapuzzi, inv. n. 3165
119
xx, sul calcare, Galleria della Maina, Sauris, dono Rapuzzi, inv. n. 3637
CALCOPIRITE
microxx, Torrente Lumiei, Ampezzo, dono Bullian, inv. n. 3546
microxx, con galena, Paularo, Paularo, dono R. Azzola, inv. n. 4897
microxx, Paularo, Paularo, dono R. Azzola, inv. n. 4898, 4907
xx, Costone Lambertenghi, Passo Volaia, Forni Avoltri, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 4916
DOLOMITE
xx, su dolomia, M. Sernio - Lovea, Arta, coll. M. Gortani, inv. n. 1641
GALENA
microxx, Paularo, Paularo, dono R. Azzola, inv. n. 4895
microxx, con calcopirite, Paularo, Paularo, dono R. Azzola, inv. n. 4896
microxx, Stua Ramaz nel ruscello, Paularo, dono R. Azzola, inv. n. 4956
GESSO
microxx, Forni di Sopra, Forni di Sopra, dono M. Bianchi, inv. n. 1889
microxx, rosa, Rio Franditton, Illegio, Tolmezzo, dono L. Lapini, inv. n. 4955
GRAFITE
microxx, Clap Pozzolar, Forni Avoltri, dono W. Romanin, inv. n. 3507
microxx, Plan di Val di Bos - Collina, Forni Avoltri, coll. M. Gortani, inv. n. 3510
microxx, Zovello, Ravascletto, coll. M. Gortani, inv. n. 375
microxx, con zolfo microx, Valpicetto, Rigolato, dono G. Fornaciari, inv. n. 3508
LIMONITE
microxx, C. Lambertenghi, P. Volaia, Forni Avoltri, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 4913, 4917
microxx, Forni Avoltri, dono W. Romanin, inv. n. 3615
microxx, nodulo, Forni Avoltri, dono W. Romanin, inv. n. 1406
microxx, Paularo, dono R. Azzola, inv. n. 4905
nel calcare devonico, Chianevate - Timau, Paluzza, dono L. Simonetto, inv. n. 3890
nel calcare marnoso, C.ra Ponte di Muro, Pontebba, dono L. Simonetto, inv. n. 4547
xx, C. Lambertenghi, P. Volaia, Forni Avoltri, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 4918
MALACHITE
microxx, con azzurrite nel calcare, Pizzo di Timau, Paluzza, coll. M. Gortani, inv. n. 3660
microxx, con azzurrite, Sentiero per Casera Pal Grande di Sotto, Timau, Paluzza, dono L. Simonetto,
inv. n. 4950
microxx, Paularo, dono R. Azzola, inv. n. 4900, 4901, 4902, 4903, 4908, 4910, 4911
xx, Costone Lambertenghi, Passo Volaia, Forni Avoltri, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 4914, 4915
MARCASITE
Rio Fuina - Val Pesarina, Prato Carnico, dono M. Cuttini, inv. n. 3472
ORPIMENTO
microxx, sul boghead, S. Nicolò di Cercivento, Cercivento, coll. E. Feruglio, inv. n. 521
PIRITE
microx in noduli, Miniera di Cludinico, Ovaro, coll. M. Gortani, inv. n. 3585
microxx, Paularo, Paularo, coll. M. Gortani, inv. n. 3583
120
microxx, Rio Malinfier, Paularo, dono R. Azzola, inv. n. 4978, 4979, 4980, 4981, 4982, 4983
microxx, Rio Malinfier, Paularo, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 4959, 4960, 4961, 4962,
4963, 4964, 4965, 4966, 4967, 4968, 4969, 4970, 4971, 4972, 4973, 4974, 4975, 4976, 4977
nodulo, M. Questealte, Paularo, dono Someda De Marco, inv. n. 523
non definita, Forni di Sotto, Forni di Sotto, dono L. Simonetto, inv. n. 3725
xx e microx, Forni Avoltri, Forni Avoltri, dono W. Romanin, inv. n. 3584
xx, C.ra Pizzul, Paularo, coll. M. Gortani, inv. n. 3587
xx, con quarzo microx, Timau, Paluzza, coll. M. Gortani, inv. n. 3579
xx, Costone Lambertenghi, Passo Volaia, Forni Avoltri, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 4912
xx, Mieli, Comeglains coll. M. Gortani, inv. n. 691
xx, nella dolomia, Forni Avoltri, Forni Avoltri, dono W. Romanin, inv. n. 515, 516
xx, nella porfirite, Treppo Carnico, Treppo Carnico, coll. M. Gortani, inv. n. 3581
xx, nello scisto, Ravascletto, Ravascletto, coll. M. Gortani, inv. n. 3580
xx, nello scisto, Tualis, Comeglians coll. M. Gortani, inv. n. 3578
QUARZO
microxx, M. Zoufplan, Paluzza, coll. M. Gortani, inv. n. 1198, 1203
microxx, M. Fuaroni - Salino, Paularo, coll. M. Gortani, inv. n. 1208
microxx, Val Degano, Rigolato, dono C. Calligaris, inv. n. 5040, 5041
xx, M. Paularo, Paluzza, dono Morassi, inv. n. 3427
xx, Casera Valbertad, Paularo, dono U. Lenuzza, inv. n. 5212
xx, Rio Forchia, Villa Santina, dono L. Simonetto, inv. n. 3730
xx e microx, Valpicetto, Rigolato, coll. M. Gortani, inv. n. 3604
SFALERITE
microxx, con pirite e calcite microxx, Ognissanti - Valle del But, coll. E. Feruglio, inv. n. 3515
SIDERITE
microxx, con quarzo e calcite microxx, Ligosullo, coll. M. Gortani, inv. n. 1598
SMARAGDITE (minerale decaduto)
microxx, M. Pezzacul, Rigolato, coll. M. Gortani, inv. n. 3481
TORMALINA
xx, nella pegmatite, Ligosullo, Ligosullo, dono F. Quintavalle, inv. n. 2278
VIVIANITE
su dolomia di Forni, Rio Seazza, Preone, dono C. Rosenfeld, inv. n. 3886
ZOLFO
microxx, Passo Pramollo, Pontebba, dono Società Alpina Friulana, inv. n. 374
microxx, con calcite, Prato Carnico, Prato Carnico, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5525
microxx, con gesso microx, Siai, Treppo Carnico, coll. M. Gortani, inv. n. 522
CANAL DEL FERRO-VALCANALE
Miniere del Monte Cocco
EMATITE
microxx, con minerali di Mn, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5853, 5862, 5867
microxx, con minerali di Mn, coll. M. Gortani, inv. n. 3629
microxx, con calcite microx e minerali di Mn, coll. E. Feruglio, inv. n. 3623
121
LIMONITE
microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5851, 5852, 5854, 5855, 5856, 5857, 5858, 5859,
5860, 5861, 5863, 5864, 5865, 5866, 5868, 5870, 5871, 5872, 5873, 5874, 5975, 5876, 5877,
5878, 5879, 5880, 5881, 5882, 5883, 5884, 5885, 5886, 5887, 5888, 5889, 5890, 5891, 5892,
5893, 5894, 5895, 5896, 5897, 5898, 5899, 5900, 5901, 5902, 5903, 5904, 5905
MAGNETITE
microxx, con minerali di Mn ed ematite microx, dono D. di Colbertaldo, inv. n. 3627
microxx, con minerali di Mn ed ematite microx, coll. M. Gortani, inv. n. 3628
Rio Gelovitz, Pontebba
EMATITE
microxx, con limonite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5123, 5124, 5125, 5126, 5127, 5128,
5129, 5130, 5138
microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5143
LIMONITE
microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5131, 5132, 5133, 5134, 5135, 5136, 5139, 5140,
5141, 5142, 5144, 5145, 5146
Miniere di Saps, Rio Fous e dintorni, Val Aupa, Moggio Udinese
CALCITE
microxx, coll. M. Gortani, inv. n. 3641
microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5510, 5524, 5528, 5534, 5576, 5577, 5578, 5579, 5580, 5581
microxx, con fluorite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5508, 5531
microxx, con limonite e pirite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5506
microxx, con limonite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5517
xx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5530, 5535, 5536, 5537, 5538, 5539, 5540, 5541, 5542, 5543,
5544, 5545, 5546, 5547, 5548, 5549, 5550, 5551, 5552, 5553, 5554, 5555, 5556, 5557, 5558
FLUORITE
microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5500, 5515, 5516, 5518, 5519, 5522, 5523, 5527,
5529, 5582, 5584, 5585, 5586, 5587, 5588, 5589
microxx, con calcite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5502, 5512
microxx, con limonite e pirite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5520
microxx, con limonite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5521
GALENA
microxx, con fluorite microx, inv. n. 3570
microxx, con fluorite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5511
microxx, con sfalerite e calcite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5813, 5820, 5821, 5823,
5826, 5827, 5837, 5839, 5841, 5842, 5843, 5844, 5845
microxx, con sfalerite spatica e calcite spatica, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5617, 5618,
5619, 5622, 5624
microxx, con sfalerite spatica e xx e calcite spatica, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5640
microxx, con sfalerite spatica e xx in calcare, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5626, 5627
microxx, con sfalerite spatica ed in xx e calcite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5599, 5600, 5601
microxx, con sfalerite xx e calcite in calcare, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5623, 5625
microxx, con sfalerite xx e calcite spatica, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5606, 5615
microxx, con sfalerite xx e calcite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5815, 5834, 5835
microxx, con sfalerite xx e spatica e calcite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5592, 5596
122
microxx, con sfalerite xx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5604
x, con sfalerite spatica e calcite spatica, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5621
xx, con sfalerite spatica, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5632
GESSO
microxx, con limonite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5514
LIMONITE
microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5503, 5504, 5507, 5590
microxx, con calcite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5533
PIRITE
microxx, con limonite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5501, 5505, 5509
microxx, con limonite e calcite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5513
QUARZO
microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5583
SFALERITE
microxx, con calcite e galena, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5814, 5817, 5818, 5819, 5824
microxx, con calcite spatica, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5591, 5597, 5603, 5620
microxx, con calcite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5532, 5560, 5573, 5825, 5847
microxx, con fluorite, calcite e galena, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5526
microxx, con galena e calcite, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5559, 5561, 5562, 5563, 5564,
5565, 5566, 5567, 5568, 5569, 5570, 5571, 5572, 5574, 5575, 5831, 5832, 5833, 5836, 5838,
5840, 5848, 5849, 5850
microxx, con galena spatica e calcite spatica, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5610, 5616
Sfalerite, “Miniera alta”, Rio del Fous, Val Aupa.
123
microxx, con galena spatica, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5593, 5613, 5628, 5633, 5636, 5637
x, con calcite spatica, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5598
x, con galena spatica e calcite spatica, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5594, 5629, 5630, 5634
xx, con calcite e galena, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5816, 5822, 5828, 5829, 5830, 5846
xx, con calcite spatica, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5595, 5608
xx, con galena spatica e calcite spatica, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5602, 5607, 5609,
5611, 5614, 5635, 5639, 5641
xx, con galena spatica nel calcare, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5612
xx, con galena xx in calcare, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5638
xx, con galena xx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5631
xx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5605
GALENA
xx, dono C. Calligaris, inv. n. 5024
Rio dell’Andri, Val Aupa, Moggio Udinese
CALCITE
microxx, Musei Civici e Gallerie di Storia e Arte, inv. n. 3722, 3724
microxx, dono R. Zucchini, inv. n. 5911, 5934, 5936
FLUORITE
microxx, dono R. Zucchini, inv. n. 5912, 5913, 5914, 5915, 5916, 5917, 5918, 5920, 5921, 5922,
5923, 5924, 5926, 5928, 5930, 5932, 5938, 5946
microxx, in calcite spatica, dono R. Zucchini, inv. n. 5907, 5908, 5909. 5910
microxx, in calcite, dono R. Zucchini, inv. n. 5947
xx, con calcite xx, dono R. Zucchini, inv. n. 5940
GALENA
microxx, dono R. Zucchini, inv. n. 5951
REALGAR
xx, dono R. Zucchini, inv. n. 5949, 5950
microxx, dono C. Calligaris, inv. n. 4947, 4948, 4949
SFALERITE
xx, con fluorite, dono R. Zucchini, inv. n. 5925, 5927, 5929, 5933, 5937, 5939, 5941, 5942, 5943,
5944, 5945, 5948
xx, dono R. Zucchini, inv. n. 5931
microxx, dono R. Zucchini, inv. n. 5935
Miniera di Raibl, Cave del Predil, Tarvisio
BARITE
xx, con galena, sfalerite e calcite microxx, acquistato ditta Krantz, inv. n. 2728
CALCITE
concr., sulla dolomia, acquistato da G. Friz, inv. n. 2832
xx, acquistato da G. Friz, inv. n. 2786, 2825, 2826, 2827, 2828, 2829, 2830
xx, acquistato ditta Krantz, inv. n. 3630
xx, con dolomite xx, acquistato da G. Friz, inv. n. 2785
xx, con dolomite xx, dono G. Friz, inv. n. 2862
xx, nel calcare bituminoso, acquistato da G. Friz, inv. n. 2833
124
xx, nel calcare, acquistato da G. Friz, inv. n. 2834, 2835
CERUSSITE
microxx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 1001
xx gem., con galena microx, coll. Toppo W., inv. n. 3687
xx gem., con limonite e galena microxx, acquistato da G. Friz, inv. n. 2839
xx, con galena e limonite microx, acquistato da G. Friz, inv. n. 2843
xx, con galena microx, coll. Toppo W., inv. n. 3686
xx, con limonite e galena microxx, acquistato da G. Friz, inv. n. 2838
xx, con limonite microx ed ematite concr., acquistato da G. Friz, inv. n. 2844
xx, nella limonite concr., acquistato da G. Friz, inv. n. 2840, 2841
xx, nella limonite microx, acquistato da G. Friz, inv. n. 2842
DOLOMITE
microxx, con pirite, blenda e calcite microxx, dono C. Morandini, inv. n. 1652
xx, acquistato ditta Krantz, inv. n. 3652
FLUORITE
microxx, con galena microx, coll. Toppo W., inv. n. 3554
GALENA
concr. stalattite, acquistato ditta Krantz, inv. n. 112
concr. stalattite, con limonite, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3576
concr., con dolomite microx, coll. Toppo W., inv. n. 593
concr., stalattitica con sfalerite concr., coll. M. Gortani, inv. n. 3567
microxx, “prodotto di lavorazione”, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 1003
microxx, “prodotto di lavorazione”, coll. Toppo W., inv. n. 151
microxx, con calcopirite microx e quarzo xx, coll. Toppo W., inv. n. 603
microxx, con fluorite microx, coll. Toppo W., inv. n. 3553
microxx, con marcasite microx, coll. Toppo W., inv. n. 3552
microxx, con pirite microx, coll. Toppo W., inv. n. 114, 3565
microxx, con pirite xx e barite microxx, coll. Toppo W., inv. n. 3566
microxx, con quarzo xx alterati, coll. Toppo W., inv. n. 3555
microxx, con sfalerite microx, coll. M. Gortani, inv. n. 3557
microxx, con sfalerite microx, dono C. Morandini, inv. n. 3573
microxx, con sfalerite microx, dono D. di Colbertaldo, inv. n. 3574
microxx, con sfalerite microx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3558, 3577
microxx, con sfalerite microx, inv. n. 3556
microxx, con smithsonite microx, coll. Zanon, inv. n. 108
microxx, coll. Toppo W., inv. n. 615, 3562, 3568, 3571
microxx, nella dolomia, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3575
microxx, prodotto di lavorazione, coll. Toppo W., inv. n. 152
microxx, con sfalerite e dolomite microxx nella dolomia, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3531
xx, con idrozincite microx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 533
xx, con pirite e limonite microxx, acquistato da G. Friz, inv. n. 2846
xx, con sfalerite microx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3564
xx, su quarzo xx, dono R. Azzola, inv. n. 4957
GESSO
xx, con dolomite xx, galena e sfalerite microxx, acquistato da G. Friz, inv. n. 2836
xx, su xx di dolomite, acquistato da G. Friz, inv. n. 2837
125
IDROZINCITE
microxx, con calcite xx, acquistato da G. Friz, inv. n. 2831
microxx, con smithsonite concr. e limonite, inv. n. 3588
microxx, con smithsonite concr., coll. Toppo W., inv. n. 1751, 3672
microxx, con smithsonite microx, coll. Toppo W., inv. n. 1750
microxx, incrostante la limonite, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3589
LIMONITE
concr., acquistato da G. Friz, inv. n. 2847
concr., acquistato ditta I minerali, inv. n. 3694
concr., dono G. Friz, inv. n. 2856
concr., coll. Toppo W., inv. n. 1407
microxx, coll. M. Gortani, inv. n. 3616
microxx, con galena microx, coll. M. Gortani, inv. n. 3621
microxx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3620
microxx, coll. Toppo W., inv. n. 3611, 3612, 3613, 3614, 3617, 3618, 3619
MARCASITE
concr., con sfalerite concr., dono G. Friz, inv. n. 2859, 2860, 2861, 2863
concr., parzialmente alterata con sfalerite concr., dono De Paula, inv. n. 3527
PIRITE
concr. stalattite, blenda concr., dono R. Zucchini, inv. n. 4549
concr., con quarzo microx, acquistato da G. Friz, inv. n. 2850
concr., nella dolomia, acquistato da G. Friz, inv. n. 2848, 2849
concr., nella dolomia, dono G. Friz, inv. n. 2851
QUARZO
xx, con galena e calcopirite microxx, coll. Toppo W., inv. n. 3560
SFALERITE
concr., acquistato ditta Krantz, inv. n. 135
concr., con calcite microx, coll. Toppo W., inv. n. 150
concr., con dolomia, dono G. Friz, inv. n. 2854
concr., con dolomite e galena microxx, inv. n. 3545
concr., con dolomite microx, coll. Toppo W., inv. n. 149
concr., con galena e calcite microx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 488
concr., con galena e calcite microxx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 532
concr., con galena e dolomite microx, acquistato ditta Krantz, inv. n. 155
concr., con galena e dolomite microxx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3539
concr., con galena microx, dono C. Morandini, inv. n. 3572
concr., con galena microx, coll. Toppo W., inv. n. 3569
concr., con marcasite concr., dono G. Friz, inv. n. 2858
concr., dono G. F. Narducci, inv. n. 0490
concr., dono G. Friz, inv. n. 2855
concr., nella dolomia, dono G. Friz, inv. n. 2852
concr., inv. n. 3541
microxx, con barite e galena microxx su dolomite microx, coll. Toppo W., inv. n. 147
microxx, con calcite e galena microxx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3544
microxx, con dolomite microx, dono G. F. Narducci, inv. n. 492
microxx, con dolomite microx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3534, 3535
126
microxx, con dolomite microx, coll. Toppo W., inv. n. 487
microxx, con dolomite xx nella dolomia, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3530
microxx, con galena e calcite microxx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3538
microxx, con galena e dolomite microx, dono R. Cumini, inv. n. 3536
microxx, con galena e dolomite microx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 489
microxx, con galena e dolomite microxx, dono G. Friz, inv. n. 2853
microxx, con galena e dolomite microxx, dono C. Morandini, inv. n. 3062
microxx, con galena e dolomite microxx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 513, 3513, 3516, 3532,
3533, 3540
microxx, con galena e dolomite microxx, coll. Toppo W., inv. n. 146
microxx, con galena e dolomite microxx, inv. n. 3520
microxx, con galena e marcasite microxx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3518, 3524
microxx, con galena e marcasite microxx, coll. Toppo W., inv. n. 3517
microxx, con galena microx e marcasite concr., dono C. Morandini, inv. n. 3511
microxx, con galena microx, dono C. Morandini, inv. n. 3514
microxx, con galena microx, dono Forattini, inv. n. 3519
microxx, con galena microx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3537
microxx, con galena microx, marcasite e dolomite microxx, dono C. Morandini, inv. n. 3512
microxx, con marcasite e dolomia microxx, dono C. Foramitti, inv. n. 3523
microxx, con marcasite microx alterata, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3525
microxx, con marcasite microx, dono Liso, inv. n. 3528
microxx, con quarzo xx e galena microx, dono G. F. Narducci, inv. n. 495
microxx, dono G. Friz, inv. n. 2857
microxx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3521
microxx, levigato, dono D. di Colbertaldo, inv. n. 3522
microxx, nella dolomia, dono C. Morandini, inv. n. 3516
Stalattite di Pirite e Marcasite (a sinistra) e Plumbocalcite (?) (a destra), miniera di Raibl.
127
microxx, nella dolomia, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3543
microxx, nella dolomia, inv. n. 3529
microxx, prodotto di lavorazione, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 1002
microxx, inv. n. 4597
xx e microx, acquistato ditta Krantz, inv. n. 144
xx, con galena microx e quarzo xx, coll. Toppo W., inv. n. 3561
SMITHSONITE
concr., con idrozincite incrostante, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3590
concr., con idrozincite microx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 530, 531
concr., con limonite e idrozincite incrostante, inv. n. 1627
concr., con limonite e idrozincite microxx, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 3650
concr., con limonite microx, dono G. F. Narducci, inv. n. 3647
concr., con limonite microx, coll. Toppo W., inv. n. 3648
concr., dono G. F. Narducci, inv. n. 534, 1632, 3649
concr., coll. Toppo W., inv. n. 1626
microxx, alterata parzialmente in limonite, coll. M. Gortani, inv. n. 3622
microxx, prodotto di lavorazione, dono S.A. Miniere di Raibl, inv. n. 1000
WULFENITE
xx, con idrozincite microx, acquistato da G. Friz, inv. n. 2845
Rio Terra Rossa e dintorni, Dogna
DOLOMITE
xx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5036
xx, con pirite xx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5037
Gesso, miniera di Raibl.
128
EMATITE
pisoliti, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5025, 5029, 5030, 5032, 5034, 5038
PIRITE
pisoliti, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5026, 5031, 5035
xx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 5027, 5028, 5033
Altre località della Val Canale - Canal del Ferro
AZZURRITE
microxx, con calcopirite e malachite microx, siderite xx, Cuel Tarònd - Lusnizza, Malborghetto-
Valbruna, dono A. Desio, inv. n. 1724
CALCITE
xx, sul calcare, M. Jof di Montasio, Chiusaforte, dono Società Alpina Friulana, inv. n. 3636
xx, Valle Bombaso, Pontebba, dono G. Fornaciari, inv. n. 3723
DOLOMITE
xx, su dolomia, Val Raccolana, Chiusaforte, dono A. Tellini, inv. n. 1775
xx, nella dolomia, M. Grauzaria, Moggio Udinese, dono C. Morandini, inv. n. 3066
xx, M. Sernio, Moggio Udinese, coll. M. Gortani, inv. n. 3651
EMATITE
microxx, con calcite xx, Ugovizza, Malborghetto-Valbruna, coll. E. Feruglio, inv. n. 3597
microxx, con limonite microx, Ugovizza, Malborghetto-Valbruna, coll. Toppo W., inv. n. 3147
microxx, Val Resia, Resia, coll. E. Feruglio, inv. n. 3599
FLUORITE
microxx, nel calcare, Val Aupa, Moggio Udinese, dono G. Fornaciari, inv. n. 3595, 3596
microxx, con galena microx, Val Aupa, Moggio Udinese, dono Marinoni, inv. n. 313
nel calcare, Val Aupa, Moggio Udinese, dono G. Fornaciari, inv. n. 3727, 3733
GALENA
concr., Resiutta, Resiutta, coll. Toppo W., inv. n. 107
microxx, Val Aupa, Moggio Udinese, dono A. Comel, inv. n. 525
microxx, con limonite, Rio Sciad - Camporosso, Tarvisio, dono D. di Colbertaldo, inv. n. 3559
GESSO
microxx, Val Aupa, Moggio Udinese, dono Società Alpina Friulana, inv. n. 3688
LIMONITE
microxx, M. Jof di Montasio, Chiusaforte, coll. E. Feruglio, inv. n. 3598
microxx, M. Prisnig - Valbruna, Malborghetto-Valbruna, coll. E. Feruglio, inv. n. 1415
microxx, Forcella Terrarossa - M.te Sart - Stolvizza, Resia, coll. E. Feruglio, inv. n. 1422
nel calcare marnoso, C.ra Ponte di Muro, Pontebba, dono L. Simonetto, inv. n. 4547
ORPIMENTO, microxx, nel calcare, M. Prisnig, Tarvisio, coll. M. Gortani, inv. n. 3592
microxx, nel calcare, M. Prisnig, Tarvisio, coll. M. Gortani, inv. n. 377
microxx, con realgar microx, M. Schlaining - Camporosso, Tarvisio, dono D. di Colbertaldo, inv. n. 3591
QUARZO
affumicato xx, sul calcare dolomitico, Rio Freddo, Tarvisio, dono R. Azzola, inv. n. 3882
129
REALGAR
microxx, nel calcare, M. Prisnig, Tarvisio, coll. M. Gortani, inv. n. 3593
RESINITE
amorfo, Rio Serai, Resiutta, dono C. Calligaris, inv. n. 5191
SFALERITE
concr., nella dolomia, Val Aupa, Moggio Udinese, dono D. di Colbertaldo, inv. n. 3542
ZOLFO
microxx, Passo Pramollo, Pontebba, dono Società Alpina Friulana, inv. n. 374
PREALPI CARNICHE
Rio Tremugna, Peonis, Trasaghis
LIMONITE
dono R. Zucchini, inv. n. 3734
MARCASITE
xx gem., dono R. Zucchini, inv. n. 3736, 3739
nodulo, dono R. Zucchini, inv. n. 3738
nodulo, sabbia silicea e carbone, dono R. Zucchini, inv. n. 3737
nodulo, arenaria quarzifera, dono R. Zucchini, inv. n. 3735
PIRITE
nodulo, con marcasite microx, dono R. Zucchini, inv. n. 0524
microxx, ricerche Mus. Friul. di St. Nat., inv. n. 4946
Altre località delle Prealpi Carniche
CALCITE
xx, nella dolomia, Preone, dono F. M. Dalla Vecchia, inv. n. 3631
xx, Preone, dono F. M. Dalla Vecchia, inv. n. 3474
QUARZO
microxx, M. S. Simeone, Bordano, coll. E. Feruglio, inv. n. 1237, 3605
microxx, M. Festa, Cavazzo Carnico, coll. E. Feruglio, inv. n. 3608
VIVIANITE
su dolomia, Rio Seazza, Preone, dono C. Rosenfeld, inv. n. 3886
PREALPI GIULIE E VALLI DEL NATISONE
CALCITE
Corno di Rosazzo, dono G. Fornaciari, inv. n. 3728
xx, Cava di Vernasso, Cividale del Friuli e San Pietro al Natisone, dono C. Calligaris, inv. n. 5016,
5017, 5018, 5019
EMATITE
microxx, M. Hork, Uccea, Resia, coll. E. Feruglio, inv. n. 3600.
microxx, con limonite, M. Musi, Roncat, Resia, coll. E. Feruglio, inv. n. 3601
microxx, M. Musi, Roncat, Resia, coll. E. Feruglio, inv. n. 3602
130
PIRITE
xx, nel calcare, Venzone, coll. M. Gortani, inv. n. 3582
PSILOMELANO
dend., Castelmonte, Prepotto, dono G. Fornaciari, inv. n. 1328
QUARZO
microxx, Valle del Grivò, Faedis, coll. E. Feruglio, inv. n. 3609, 3610
microxx, C.re Zaona - Cuel di Lanis, Gemona del Friuli, coll. E. Feruglio, inv. n. 3606
microxx, Cuel di Lanis, Gemona del Friuli, coll. E. Feruglio, inv. n. 3607
microxx, in nucleo, M. Bernadia, Tarcento, dono A. Cossio, inv. n. 1240
MINERALI DI GROTTA
CALCITE
microxx, Grotta Ciondar des Paganis, Faedis, dono Circolo Spel. Idr. Fr, inv. n. 3640
xx, Grotta di Mersino Alto, Pulfero, dono Circolo Spel. Idr. Fr, inv. n. 3654
xx, Grotta di Mersino Alto, Pulfero, dono G. Monai, inv. n. 529
xx, Grotta Nuova di Villanova, Lusevera, dono V. Barbina, inv. n. 3632
GESSO
xx, Grotta Nuova di Villanova, Lusevera, dono A. Mocchiutti, inv. n. 3729
LIMONITE
microxx, “nodulo”, Grotta Pod Lanisce - Monteaperta, Taipana, dono M. Ponton, inv. n. 527, 528,
3479, 3471
microxx, “nodulo”, Grotta Pod Lanisce - Monteaperta, Taipana, dono G. Muscio, inv. n. 3726
microxx, “nodulo”, Grotta Pod Lanisce - Monteaperta, Taipana, dono Circolo Spel. Idr. Fr, inv. n.
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Indice
Presentazione ........................................................................................ p.
Le ricerche minerarie ................................................................................ p.
Tecniche di scavo e di lavorazione ........................................................... p.
Miniere e lavorazione dei metalli .............................................................. p.
Storia dell’attività mineraria ....................................................................... p.
Antiche leggi minerarie .............................................................................. p.
Documenti sulle miniere del Friuli .............................................................. p.
Lineamenti geologici .................................................................................. p.
I giacimenti e le mineralizzazioni della provincia ........................................... p.
I minerali ................................................................................................. p.
Glossario .................................................................................................. p.
La collezione mineralogica friulana ............................................................. p.
Bibliografie0 ............................................................................................... p.
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