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tesi d'esame - Scuola Superiore dell'Amministrazione dell'Interno ...

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TESI D’ESAME<br />

Filippo ROMANO (*)<br />

La negoziazione nella carriera prefettizia<br />

(*) Frequentatore del II Corso-concorso di formazione dirigenziale presso la <strong>Scuola</strong> <strong>Superiore</strong> della Pubblica Amministrazione<br />

(Roma, marzo 2001 - marzo 2002)


PREMESSA<br />

Chi scrive ha compiuto lo stage applicativo, previsto per i frequentatori<br />

del II corso-concorso di formazione dirigenziale, presso il Ministero<br />

dell’interno – Ufficio centrale legislativo e relazioni internazionali. L’esperienza<br />

ivi maturata è stata incentrata soprattutto sul riordino dell’Amministrazione<br />

dell’interno e, in particolare, sulla riforma della carriera prefettizia<br />

e sulla prima negoziazione della sua storia (il procedimento contrattuale<br />

di determinazione del trattamento giuridico ed economico è stato introdotto,<br />

appunto, dalla riforma). I tre temi sono stati oggetto di interventi<br />

legislativi o regolamentari nel corso dell’ultimo biennio: il d.lgs. 300/1999<br />

(il quale, fra l’altro, dispone il riordino del Ministero e delle ex prefetture,<br />

ora uffici territoriali del Governo); il d.lgs. 139/2000, che è il testo legislativo<br />

di riforma della carriera prefettizia; il d.p.r. 316/2001, che recepisce il<br />

summenzionato accordo negoziale.<br />

Nel contesto delle attività normative legate alle riforme è stato istituito,<br />

presso l’Ufficio legislativo, un apposito ufficio di progetto, con struttura<br />

di staff. La nuova unità organizzativa – cui lo scrivente è stato addetto<br />

con mansioni di dirigente in posizione di staff – si è occupata principalmente<br />

di alcuni aspetti attuativi del d.lgs. 139/2000; ma ha anche svolto<br />

funzioni di consulenza su diversi aspetti dell’attività di negoziazione, condotta,<br />

per l’Amministrazione, dalla Direzione centrale del personale.<br />

Il presente lavoro è dedicato precipuamente alla negoziazione e al<br />

suo risultato: il primo accordo negoziale per la disciplina del rapporto di<br />

lavoro dei funzionari della carriera prefettizia. Appare opportuno, però,<br />

premettere alcuni cenni sulla nuova organizzazione ministeriale e sulla<br />

riforma della carriera, necessari per consentire un chiaro inquadramento<br />

delle problematiche oggetto della <strong>tesi</strong>.<br />

1166<br />

TESI D’ESAME


Filippo ROMANO<br />

CENNI SUL RIORDINO DELL’AMMINISTRAZIONE DELL’INTERNO<br />

Il riordino del Ministero dell’interno nel quadro generale della riforma organizzativa<br />

del Governo<br />

La riforma dell’amministrazione centrale e periferica dello Stato che<br />

ha trovato compimento con l’emanazione del d.lgs. 31 luglio 1999, n. 300<br />

è la più vasta dal dopoguerra a oggi. Essa realizza “non solo la riforma degli<br />

apparati ministeriali singolarmente presi, ma una nuova organizzazione<br />

unitaria e complessiva del Governo, al fine di svolgere nel modo migliore<br />

il ruolo che allo Stato spetta sia in ragione dell’appartenenza all’Unione<br />

europea, sia in ragione del nuovo assetto decentrato, sia in ragione delle<br />

nuove esigenze di regolazione e di governo via via emergenti” 1 .<br />

Il riordino che ha preso le mosse dalla delega contenuta nella legge<br />

59/1997 (artt. 11 e 12) è paragonabile per entità soltanto alla riforma De<br />

Stefani del 1927. Ma, rispetto a essa, va più a fondo: il d.lgs. 300 segna una<br />

vera svolta epocale, rappresentando il primo organico riallineamento delle<br />

strutture dopo la legge Cavour del 1853, quasi una nuova norma di fondazione<br />

dell’organizzazione amministrativa statale.<br />

L’adeguamento dell’apparato dello Stato alle mutate caratteristiche<br />

della domanda sociale e alla nuova geografia dei livelli di governo ha, naturalmente,<br />

toccato anche l’assetto di un’amministrazione generalista come è<br />

quella dell’interno. Nel nuovo quadro istituzionale, che assegna allo Stato<br />

compiti e funzioni di prevalente carattere generale e regolativo, il riconoscimento<br />

per l’interno del “ruolo di snodo istituzionale rivestito, soprattutto<br />

a livello periferico, nell'espletamento delle funzioni di rappresentanza<br />

generale e di collaborazione con il mondo delle autonomie locali” 2 , acquista<br />

una rilevanza del tutto nuova. Esso assurge, infatti, ad uno dei compiti<br />

principali dello Stato, unico attore a poter offrire le necessarie garanzie di<br />

neutralità rispetto all’azione dei vari soggetti pubblici. Il “centro” non è più<br />

1 Così la Relazione illustrativa del decreto legislativo n. 300/1999.<br />

2 V. MARTORANO, “Interno, rilanciato il ruolo di raccordo istituzionale”, in Guida agli enti locali-il Sole<br />

- 24 ore, n, 36/1999, p. 14. Sul tema cfr. anche C. GELATI, Note minime sul ruolo dell’amministrazione dell’Interno<br />

nel quadro del federalismo amministrativo, in Nuova rassegna, n. 7/2000, p. 689.<br />

1167


“il cuore dell’ordinamento amministrativo, ma soltanto il luogo dal quale<br />

si amministrano le regole per la coesione del sistema” 3 .<br />

La riconferma della posizione di rilievo dell’Amministrazione dell’interno<br />

è andata di pari passo con la valorizzazione del ruolo del Prefetto<br />

e dei funzionari dell'amministrazione civile. Lo testimonia, da ultimo,<br />

il già citato d.lgs. 19 maggio 2000, n. 139 che ha dettato il riassetto<br />

ordinamentale della carriera in coerenza con le peculiarità della<br />

tradizione prefettizia, da sempre incentrata su di un profilo di funzionario<br />

generalista.<br />

Alle competenze e all’ordinamento del Ministero dell’interno è<br />

dedicato il Capo II del Titolo IV del d.lgs. 300/1999 (articoli 14 e 15).<br />

Quanto alle funzioni, è necessaria una puntualizzazione preventiva.<br />

È da sempre convinzione tanto diffusa quanto fuorviante che il Ministero<br />

dell’interno sia chiamato a svolgere in maniera assorbente compiti di polizia,<br />

cui viene spesso collegata l’immagine di una sorta di conservatorismo<br />

istituzionale. Nei fatti, il Ministero dell’interno si caratterizza ancor oggi<br />

per il suo ruolo di amministrazione generale che cura il momento di sin<strong>tesi</strong><br />

di tutti gli affari interni della società italiana, istituzionale e civile: composizione<br />

dei conflitti; affermazione della legalità; tenuta del quadro ordinamentale;<br />

tutela dei diritti civili; raccordo, coordinamento e supporto sul<br />

territorio dei diversi livelli di governo (in particolare garantendo canali di<br />

comunicazione e informazione); area dell’emergenza4 .<br />

La funzione di regolazione degli affari interni, tradizionale funzione<br />

3 G. D’AURIA, “La nuova geografia dei ministeri”, in Giornale di diritto amministrativo, n. 1/2000, p. 25.<br />

4 Cfr. I. PORTELLI, “Le innovazioni del Ministero dell’Interno”, in Instrumenta, n. 4/1998, p. 103, nonché<br />

S. CASSESE, “I prefetti in un ordinamento policentrico”, in L’amministrazione pubblica nella prospettiva<br />

istituzionale della seconda repubblica, Atti del VII convegno di studi A.N.F.A.C.I., Roma, 1994. In sede di formulazione<br />

del d.lgs 300/1999 non è riuscita a trovare spazio la proposta di modificare la denominazione<br />

del Ministero dell’interno in quella di Ministero degli affari interni, che meglio avrebbe proiettato all’esterno<br />

il vero nucleo delle attribuzioni svolte dal dicastero; tale denominazione è però riproposta dal regolamento<br />

governativo di organizzazione del ministero che pone al primo posto nell’elencazione delle strutture<br />

interne il “Dipartimento degli affari interni e territoriali”, dandogli un rilievo primario. D’altro canto,<br />

è interessante notare che il primo schema del d.lgs. 300 conteneva un elencazione dei Ministeri che riservava<br />

al dicastero dell’Interno il posto iniziale, dal quale è stato però “scalzato” a favore del Ministero degli<br />

Affari Esteri. Il testo definitivo ha, infatti, tenuto conto dei rilievi mossi in relazione alla prassi internazionale<br />

e ai principi di rappresentatività dello Stato all’estero, convergenti nell’attribuire al Ministero degli<br />

Affari Esteri la precedenza nell’elencazione di cui all’art. 2 del d.lgs. 300.<br />

1168<br />

TESI D’ESAME


Filippo ROMANO<br />

d’ordine, si presenta con caratteri sostanzialmente comuni nei Ministeri<br />

europei omologhi del nostro Ministero dell’interno, dal Bundesministerium<br />

des innern tedesco al Ministerio del interior spagnolo, dal Ministere de l'interieur<br />

francese all’Home office britannico. Non mancano, comunque, i<br />

distinguo: ad esempio, nei dicasteri inglese e spagnolo confluiscono anche<br />

i servizi penitenziari, mentre quello tedesco cura il sostegno delle minoranze<br />

tedesche, oltre ad essere, curiosamente, competente in materia di<br />

sport (cfr. schede nell’appendice A).<br />

La riforma del Ministero dell’interno si è, quindi, mossa verso tre<br />

obiettivi fondamentali:<br />

1. migliore definizione della missione di amministrazione generale del<br />

Ministero, con conseguente razionalizzazione delle funzioni e delle strutture;<br />

2. dipartimentalizzazione dell’amministrazione centrale;<br />

3. rinnovato ruolo del Prefetto, a capo degli istituendi uffici territoriali del<br />

Governo e riordino della carriera prefettizia (cfr. il citato d.lgs. 139/2000).<br />

L’evoluzione organizzativa del Ministero dell’interno<br />

Originariamente, il Ministero dell’interno (istituito nel 1850 con il<br />

regio decreto n. 1122) ha rappresentato il principale motore delle funzioni<br />

e dei compiti dell'amministrazione interna dello Stato. Il ruolo di dicastero<br />

chiave del sistema amministrativo, chiamato ad un “compito amplissimo”<br />

5 , è stato progressivamente appannato dall’espansione dei Ministeri<br />

economici e finanziari e dal parallelo processo di proliferazione dei dicasteri,<br />

conseguenza dell’ampliamento dell’area di intervento dello Stato e della<br />

tendenza a creare apparati settoriali per la rappresentanza di interessi particolari.<br />

Numerose attribuzioni sono state successivamente trasferite, via via<br />

che assumevano un rilievo crescente, a strutture già esistenti (per esempio<br />

le competenze in materia di carceri passate al Ministero di grazia e giusti-<br />

5 Cfr S. SEPE, “Per una storia del Ministero dell’Interno”, in Studi per la storia dell’amministrazione pubblica<br />

italiana (il Ministero dell’Interno e i Prefetti), Roma, 1998, il quale osserva che alla centralità del Ministero<br />

dell’Interno per una lunga stagione della nostra storia unitaria ha contribuito la circostanza – protrattasi,<br />

con poche eccezioni, sino all’avvento della Repubblica – che il Presidente del Consiglio cumulava,<br />

normalmente, anche il portafoglio dell’Interno.<br />

1169


zia) o di nuova istituzione (Ministero della sanità, dei beni culturali, ecc.).<br />

Altre funzioni sono fuoriuscite dal Ministero con l’istituzione delle Regioni,<br />

destinatarie delle competenze in materia di assistenza e beneficenza<br />

pubblica e di controllo sugli atti degli enti locali.<br />

Le successive tappe evolutive sono state segnate dalla riforma della<br />

polizia di Stato e dalla creazione del dipartimento della pubblica sicurezza<br />

(legge 121/1981), seguite dal nuovo disegno (D.P.R. 340/1982) dell’ordinamento<br />

del personale e dell’organizzazione degli uffici dell’Amministrazione<br />

civile dell’interno. Accanto al dipartimento della pubblica sicurezza<br />

si contano attualmente cinque direzioni generali, due uffici centrali di staff<br />

(di livello corrispondente) – affari legislativi e relazioni internazionali; zone<br />

di confine e minoranze etniche – e l’Ispettorato generale di amministrazione<br />

(cui si aggiungono gli uffici di diretta collaborazione all’organo di<br />

direzione politica).<br />

La chiarificazione dei compiti del Ministero dell’interno è continuata<br />

con il d.lgs. 112/1998, che ha conferito agli enti locali alcune funzioni<br />

di assistenza e trasferito all’INPS le attribuzioni in materia di pensioni,<br />

assegni e indennità agli invalidi civili (articoli 130-131). Ciò ha comportato<br />

il sostanziale venir meno delle funzioni operative svolte dalla direzione<br />

generale dei servizi civili del Ministero, nonché dal dipartimento<br />

degli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Contemporaneamente,<br />

si è realizzato un nuovo riparto di funzioni tra Stato ed enti<br />

locali in materia di protezione civile (articoli 107-109) 6 .<br />

Il d.lgs. 300/1999 è ora intervenuto a segnare il punto di non ritorno<br />

nel processo di concentrazione della missione del dicastero attorno al<br />

suo core business, ovvero le funzioni di amministrazione generale che ne<br />

costituiscono il vero nucleo forte. È il segno di un sostanziale recupero di<br />

attenzione per la politica interna, intesa quale momento di elaborazione ed<br />

attuazione delle scelte volte ad assicurare quel concerto politico, ammini-<br />

06 Sul tema cfr. C. MEOLI, Il decentramento amministrativo - la protezione civile, in Giornale di diritto<br />

amministrativo, 1998, 9, p. 831, nonché G. MELONI, Protezione civile (commento agli artt. 107, 108,<br />

109), in Lo Stato autonomista (a cura di G. FALCON), Bologna, 1998, p. 359.<br />

1170<br />

TESI D’ESAME


Filippo ROMANO<br />

strativo e tecnico essenziale per il nuovo ordine amministrativo policentrico<br />

configurato dalle riforme Bassanini7 .<br />

Il dibattito sulle funzioni del Ministero dell’Interno è sempre stato<br />

dominato da due contrapposti modelli: quello di una vera amministrazione<br />

generale dello Stato e quello di una amministrazione titolare soltanto di<br />

funzioni specifiche, caratterizzate dal gravitare attorno al nucleo centrale<br />

delle attribuzioni in materia di sicurezza pubblica.<br />

Quest’ultima posizione ha espresso non solo le crescenti esigenze di<br />

tecnicità degli interventi in materia di sicurezza pubblica, ma anche e<br />

soprattutto l’esigenza di frammentazione di un potere avvertito come ostacolo<br />

alla diffusione di spazi di autodeterminazione a favore delle autonomie<br />

sociali e amministrative.<br />

Il nuovo contesto dei rapporti Stato-autonomie locali (disegnato<br />

dalle riforme Bassanini nel segno del principio di sussidiarietà) ha disinnescato<br />

la pregiudiziale in questione. La consapevolezza della importanza<br />

degli strumenti di raccordo e dei momenti di collaborazione e di azione<br />

coordinata tra i diversi livelli di Governo – Stato, Regioni ed enti locali –<br />

ha anzi fatto da catalizzatore affinché la missione del Ministero dell’Interno<br />

potesse consapevolmente focalizzarsi attorno al presidio delle condizioni<br />

della governabilità, nel segno di una rinnovata nozione di amministrazione<br />

generale.<br />

La struttura del Ministero dell’Interno, per le sue dimensioni, articolazione<br />

e alto grado di operatività, è sempre apparsa la più idonea ad<br />

assolvere con immediatezza i compiti finora richiesti da una legislazione<br />

spesso d’emergenza. Ciò ha giocato un ruolo importante nel processo di<br />

accumulo delle funzioni stesse, appesantendo il dicastero di attribuzioni in<br />

qualche modo spurie8 . La razionalizzazione delle attribuzioni dei Ministeri,<br />

attuata con il decreto legislativo n. 300, ha invece fornito l’occasione per<br />

7 Cfr. A. BUONCRISTIANO, Un’ipo<strong>tesi</strong> sui Dipartimenti dell’Amministrazione dell’Interno, in Amministrazione<br />

pubblica, luglio/dicembre 1999, p. 62.<br />

8 Sulla flessibilità e capacità di adattamento della amministrazione civile del Ministero <strong>dell'Interno</strong> cfr.<br />

C. GELATI, “Realtà e prospettive della direzione generale dell'amministrazione civile”, in Instrumenta, n.<br />

4/1998, p. 59.<br />

1171


confermare l’amministrazione dell’interno nel suo ruolo di amministrazione<br />

generalista e di governo. Per le prefetture, la valenza di organismi a competenza<br />

generale risulta ora rafforzata – già a livello terminologico – dalla<br />

trasformazione in "uffici territoriali del Governo". Il comma 2 dell'art. 11<br />

del d.lgs. 300/1999 attribuisce, infatti, a tali uffici, oltre a quelle prefettizie,<br />

tutte le competenze dell'amministrazione periferica dello Stato non<br />

espressamente conferite ad altri uffici. Il comma 4 del citato articolo prevede<br />

l'accorpamento delle relative strutture, nonché "la dipendenza funzionale<br />

dell'ufficio territoriale del Governo o di sue articolazioni dai ministeri<br />

di settore per gli aspetti relativi alle materie di competenza". C'è da<br />

aggiungere che per l'amministrazione periferica dello Stato è oggi disegnato<br />

un ruolo tendenzialmente residuale, nel rispetto delle nuove prerogative<br />

delle autonomie territoriali.<br />

La missione del Ministero dell’Interno viene così precisata come<br />

istituzionale confronto con i temi della governabilità nel loro concreto<br />

svolgersi sul territorio: dai problemi “di sistema” (basti pensare all’azione<br />

recentemente svolta dai Comitati Provinciali per l’Euro) 9 ai compiti di<br />

promozione della coesione sociale, dall'attuazione delle leggi di interesse<br />

generale alla realizzazione di un’efficace attività di intelligence nell’ambito<br />

delle realtà provinciali10 , per culminare nella funzione di coordinamento<br />

della amministrazione periferica statale e di raccordo con le autonomie<br />

locali.<br />

Sviluppando organicamente la suddetta prospettiva di amministrazione<br />

generalista (o meglio di governo), l’articolo 14, comma 1 del d.lgs.<br />

300/1999 attribuisce al Ministero dell’Interno le funzioni e i compiti spettanti<br />

allo Stato in materia di:<br />

1) garanzia della regolare costituzione e del funzionamento degli organi<br />

09 Cfr. C. SILVESTRO, D. MACRÍ, “Prefetture ed euro”, in Instrumenta, n. 7/1999, p. 223.<br />

10 Sul tema P. COZZOLI, “L’intelligence del prefetto e la funzione di governo”, in Amministrazione pubblica,<br />

luglio/dicembre 1999, p. 99: fare intelligence è, in primo luogo, “ricercare, raccogliere, vagliare in<br />

base alla loro attendibilità, il maggior numero possibile di informazioni sul fenomeno di interesse, per ricavare<br />

attraverso l’analisi, l’intima costruzione ed evoluzione di quello in termini di cause remote e prossime,<br />

comprenderne le dinamiche e prevederne gli sviluppi, anche in connessione con altri fattori di specifica rilevanza<br />

e probabile incidenza”.<br />

1172<br />

TESI D’ESAME


Filippo ROMANO<br />

degli enti locali e funzioni statali esercitate dagli enti locali;<br />

2) tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica;<br />

3) difesa civile e politiche di protezione civile, poteri di ordinanza in materia<br />

di protezione civile, soccorso pubblico e prevenzione incendi;<br />

4) tutela dei diritti civili, cittadinanza e immigrazione.<br />

Optando per il sostanziale accantonamento della riduzione del<br />

Ministero dell’Interno a funzioni di mera polizia, il legislatore delegato ha<br />

altresì risolto nella direzione del mantenimento dello status quo due specifici<br />

punti controversi: la finanza locale e la polizia penitenziaria11 .<br />

Quanto al primo, non ha avuto seguito la proposta di concentrare<br />

in capo all’unificato Ministero dell’Economia e delle finanze tutte le funzioni<br />

relative alla finanza (entrate ed uscite) dell’intero settore pubblico<br />

allargato. Questo obiettivo è stato subordinato al rispetto del ruolo del<br />

Ministero dell’Interno quale unitaria interfaccia con il sistema degli enti<br />

locali (che significativamente viene posto come compito primario – articolo<br />

14, comma 1, – e come area funzionale a sé stante – articolo 14, comma<br />

2), anche per quanto riguarda il riparto dei fondi e la disciplina del dissesto<br />

finanziario. Le attribuzioni già svolte dal Ministero in questo campo<br />

non hanno, così, subito alcuna diminuzione.<br />

Dal Ministero dell’Interno sono state, infine, trasferite al Ministero<br />

del Lavoro, della salute e delle politiche sociali le residue attività relative a<br />

iniziative di cooperazione internazionale, e alla prevenzione e studio sulle<br />

emergenze sociali, in atto svolte dalla direzione generale dei servizi civili<br />

(articolo 45, comma 4).<br />

La nuova organizzazione interna del Ministero<br />

Le funzioni e i compiti attribuiti al Ministero dell’Interno sono<br />

distribuiti dal d.lgs. 300 in quattro aree funzionali (articolo 14, comma 2):<br />

a) garanzia della regolarità e funzionalità degli organi degli enti locali (in<br />

11 Cfr. G. D’AURIA (a cura di), “L’amministrazione centrale dello Stato dopo i conferimenti di funzioni a<br />

regioni ed enti locali”, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, n. 1/1999, p. 205. Cfr. , altresì, V. MAR-<br />

TORANO, “Prefetture, la rivoluzione in periferia”, in Guida agli enti locali-il Sole - 24 ore, n. 36/1999, p.<br />

10.<br />

1173


cui rientra la delicata materia degli scioglimenti degli organi collegiali<br />

elettivi e dei commissariamenti), finanza locale, servizi elettorali, vigilanza<br />

sullo stato civile e sull’anagrafe, attività di collaborazione con gli enti<br />

locali;<br />

b) tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica e coordinamento delle forze<br />

di polizia;<br />

c) amministrazione generale e supporto dei compiti di rappresentanza<br />

generale del Governo sul territorio;<br />

d) tutela dei diritti civili, ivi compresi quelli delle confessioni religiose, di<br />

cittadinanza e asilo.<br />

L’ordinamento del dicastero è invece delineato dall’articolo 15, che<br />

definisce, in primo luogo, l’organizzazione centrale del Ministero dell’Interno,<br />

articolandola in dipartimenti (così come disciplinati dagli articoli 4<br />

e 5 del decreto), in numero non superiore a quattro, ovvero al numero delle<br />

aree funzionali sopra descritte.<br />

La scelta operata è stata, quindi, quella del modello basato sulla<br />

dipartimentalizzazione, risultando disattesa l’alternativa caratterizzata dalla<br />

istituzione dell’ufficio del segretario generale e da direzioni generali quali<br />

strutture di primo livello. Il d.lgs. 300 ha applicato quest'ultimo modello<br />

ad altri due “ministeri d’ordine”, quello degli Affari esteri e quello della<br />

Difesa, oltre che al Ministero per i beni e le attività culturali.<br />

Si può osservare che un’eventuale struttura segretariale sarebbe risultata,<br />

probabilmente, incongrua rispetto alla figura del capo della Polizia –<br />

direttore generale della pubblica sicurezza – che è a capo del dipartimento<br />

della P.S. Egli, infatti, risponde direttamente al Ministro dell’Interno –<br />

Autorità nazionale di pubblica sicurezza – per tutto quanto attiene all’esercizio<br />

da parte del Ministro della sua istituzionale responsabilità in materia<br />

di ordine e sicurezza pubblica e di coordinamento delle forze di polizia.<br />

Come già segnalato dalla commissione di studio operante nell’ambito della<br />

c.d. delega Cassese (legge 537/1993), l’istituzione di un segretario generale<br />

avrebbe potuto costituire “un diaframma tra il Ministro dell’Interno ed<br />

il capo della polizia, suscettibile di snaturare le attuali responsabilità di que-<br />

1174<br />

TESI D’ESAME


Filippo ROMANO<br />

st’ultimo innalzando, per contro, il segretario generale al rango di coordinatore<br />

di ultima istanza degli apparati di polizia” 12 .<br />

La dipartimentalizzazione fornisce le coordinate base per la semplificazione<br />

e razionalizzazione delle strutture di primo livello del ministero.<br />

Il nuovo assetto riequilibra il baricentro delle varie componenti dell'amministrazione:<br />

elimina la tradizionale intelaiatura basata sulle direzioni generali<br />

(già intaccata dall'istituzione del dipartimento della P.S. nel 1981) e<br />

valorizza la funzione fondamentale di garanzia delle libertà e dei diritti civili<br />

e politici.<br />

Nel mese di agosto del 2001 è stato approvato il d.p.r. recante il<br />

regolamento governativo di organizzazione interna del Ministero, che è<br />

ancora, al 30 settembre, in attesa di pubblicazione (quindi di entrata in<br />

vigore). Nel nuovo assetto che si viene a delineare sono previsti i seguenti<br />

dipartimenti:<br />

1. Dipartimento per gli affari interni e territoriali (con al suo interno l'area<br />

per gli affari territoriali e per l'amministrazione generale, quella per i<br />

servizi elettorali, l'area per la finanza locale, l'area per le risorse umane e l'area<br />

per le risorse strumentali e finanziarie);<br />

2. Dipartimento della pubblica sicurezza;<br />

3. Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione (area per l'immigrazione,<br />

l'asilo e la cittadinanza, area per i diritti civili e le minoranze etniche,<br />

area per gli affari dei culti);<br />

4. Dipartimento dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa<br />

civile (aree per le funzioni del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e per<br />

la gestione delle relative risorse, la difesa civile e le politiche di protezione<br />

civile).<br />

Per quel che concerne, invece, gli uffici di diretta collaborazione con<br />

il vertice politico, il d.lgs. 300 dispone all’art. 7, rinviando all’articolo 14,<br />

comma 2, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 e specificando criteri e principi<br />

direttivi cui i relativi regolamenti dovranno attenersi (funzionalità alla<br />

12 La riforma della pubblica amministrazione, Atti delle Commissioni e dei Comitati di studio, 1994, I, p.<br />

65.<br />

1175


elaborazione delle politiche pubbliche, uffici di controllo interno, supporto<br />

per l'assegnazione delle risorse ai dirigenti preposti ai centri di responsabilità,<br />

organizzazione del settore giuridico legislativo, etc.) 13 .Il regolamento<br />

governativo di attuazione è, allo stato, in corso di approvazione da<br />

parte del Consiglio dei ministri, avendo già compiuto un primo passaggio<br />

presso l’organo collegiale di Governo ed essendo già stato sottoposto al<br />

parere del Consiglio di Stato.<br />

L'articolazione periferica dell’Amministrazione dell’interno<br />

Gli articoli 11 e 15 del d.lgs. 300/1999 riordinano l’organizzazione<br />

periferica del Ministero (ma anche dell’intero Governo). Accanto agli uffici<br />

territoriali del Governo, che inglobano le Prefetture e le sostituiscono<br />

anche nei compiti di rappresentanza generale del Governo, sul territorio<br />

permangono le articolazioni periferiche dell’Amministrazione della pubblica<br />

sicurezza e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco.<br />

Il tema della amministrazione periferica dello Stato è oggi tra i più<br />

delicati. Fino alle riforme Bassanini il Prefetto non ha avuto la direzione<br />

di tutte le amministrazioni periferiche, a differenza, ad esempio, del vecchio<br />

Gobiernator civil spagnolo o del Prefect francese. L’istituzione da parte<br />

del d.lgs. 300 degli uffici territoriali del Governo realizza invece un passaggio<br />

(seppure ancora cauto) al modello di tipo francese della “grande<br />

prefettura”.<br />

Coerentemente con il ridisegno del Governo (all’insegna della razionalizzazione<br />

e della concentrazione), agli U.T.G. spetta, ora, l'esercizio di<br />

tutte le attribuzioni dell'amministrazione periferica dello Stato non espressamente<br />

conferite ad altri uffici. La realizzazione degli U.T.G. può collocarsi<br />

nel quadro della progressiva affermazione del criterio dell'unicità<br />

come elemento “qualificante e caratterizzante sul piano delle soluzioni<br />

organizzative [..] L'unicità è un carattere ricorrente in recenti riforme e<br />

proposte di riforma: basti pensare al giudice unico, all'ufficio unico delle<br />

13 Cfr. O. FORLENZA, Con la cura dimagrante dell’amministrazione ridotto a 12 il numero dei ministeri,<br />

in Guida al diritto, n. 35/1999, p. 65.<br />

1176<br />

TESI D’ESAME


Filippo ROMANO<br />

entrate, al responsabile unico in materia di lavori pubblici, allo sportello<br />

unico per gli adempimenti relativi agli autoveicoli” 14 oppure allo sportello<br />

unico per le attività produttive. È anche da evidenziare che l'art. 11 del<br />

d.lgs. 300 sembra configurare non più le Prefetture–uffici territoriali del<br />

Governo come uffici costruiti attorno ai Prefetti, bensì, più modernamente,<br />

i Prefetti come dirigenti degli U.T.G.<br />

Alcune amministrazioni, peraltro, mantengono la propria rete di<br />

uffici periferici anche dopo il d.lgs. 300. Le eccezioni in esame riguardano<br />

l’amministrazione degli affari esteri, quella della difesa, l’amministrazione<br />

della giustizia e quella penitenziaria, l’amministrazione scolastica, quella del<br />

tesoro, quella finanziaria e quella dei beni culturali. A esse bisogna aggiungere<br />

gli uffici delle capitanerie di porto (in virtù della esplicita esclusione<br />

sancita dall'art. 43, comma 2, del d.lgs. 300) e le Agenzie articolate territorialmente,<br />

con esclusione, quindi, dell'Agenzia per le normative e i controlli<br />

tecnici e di quella per la proprietà industriale15 . La vistosità delle deroghe<br />

è stata criticata come un fattore potenzialmente in grado di pregiudicare<br />

l'attuazione della politica unitaria del Governo in periferia, menomando<br />

l'ampiezza del carattere della generalità delle competenze attribuibile<br />

all'U.T.G.<br />

È stato osservato che la futura amministrazione periferica dello Stato<br />

tende così “a scindersi in due tronconi: uno, relativamente contenuto,<br />

costituito dai residui uffici periferici statali di ministeri di dimensione<br />

ridotta o di ministeri fortemente investiti dai conferimenti [ex d.lgs.<br />

112/1998; in buona sostanza gli uffici ora da accorpare negli U.T.G.]; l'altro,<br />

assai più consistente, rappresentato da uffici corrispondenti a ministeri<br />

tradizionalmente forti e che tali sono rimasti anche dopo il 112. Se le<br />

cose stanno così (…) la sede di rappresentanza del governo deve essere<br />

munita fin da ora dei necessari poteri di coordinamento sui restanti apparati<br />

e dunque anche su quelli che hanno conservato una propria distinta<br />

14 L. TORCHIA, “Lo sportello unico per le attività produttive”, in Giornale di diritto amministrativo, n.<br />

2/1999, p. 110.<br />

15 Gli articoli che disciplinano queste tre Agenzie fanno preciso riferimento al possibile avvalimento<br />

degli U.T.G. quale forma di articolazione sul territorio.<br />

1177


individualità” 16 .<br />

A questo fine, l'art. 11, comma 5, istituisce, a livello provinciale,<br />

apposite conferenze permanenti dei responsabili degli uffici statali e, nei<br />

capoluoghi di regione, conferenze permanenti dei rappresentanti delle<br />

strutture periferiche regionali dello Stato. Entrambe sono presiedute dai<br />

Prefetti e li coadiuvano. Resta da definire il rapporto fra tali conferenze e i<br />

preesistenti Comitati provinciali della pubblica amministrazione.<br />

Da quanto finora evidenziato, l'organizzazione dei nuovi presìdi territoriali<br />

del Governo richiederà una complessa attività. A tale proposito, il<br />

comma 4 dell'articolo 11 del d.lgs. 300/1999, delega la disciplina di dettaglio<br />

ad un futuro regolamento governativo (da emanarsi ai sensi dell'art.<br />

17, comma 2, l. n. 400/1988). La stessa norma individua due fondamentali<br />

direttrici organizzative:<br />

– accorpamento delle strutture periferiche confluite negli U.T.G. garantendo<br />

la concentrazione dei servizi comuni e delle funzioni strumentali (è<br />

esclusa, quindi, un’organizzazione di tipo dipartimentale);<br />

– articolazione interna che valorizzi le specificità professionali, con particolare<br />

riferimento a quelle di tipo tecnico.<br />

Nel contempo, il regolamento dovrà ribadire la dipendenza funzionale<br />

degli uffici territoriali del Governo, o di loro articolazioni, dai ministeri<br />

di settore, per gli aspetti relativi alle materie di competenza (cfr.<br />

supra).<br />

Non può passare inosservato che il riordino dell'amministrazione<br />

periferica offre l'opportunità di sviluppare, in capo agli uffici territoriali del<br />

Governo, una decisa azione di decentramento di compiti attualmente esercitati<br />

a livello ministeriale. Ciò rafforzerebbe le funzioni di indirizzo, coordinamento<br />

ed elaborazione propositiva dell'amministrazione centrale,<br />

decongestionandola; al contempo, risulterebbero esaltate le capacità operative<br />

delle strutture periferiche, mettendole in grado di rispondere più celermente<br />

a domande e bisogni espressi dal territorio.<br />

16 M. CAMMELLI, Prospettive di riforma dell'amministrazione periferica dello Stato, in Instrumenta, n.<br />

7/1999, p. 55.<br />

1178<br />

TESI D’ESAME


Filippo ROMANO<br />

LA RIFORMA DELLA CARRIERA PREFETTIZIA<br />

La rilevanza della funzione di amministrazione generale ha giocato<br />

anche sul versante della recente riforma della carriera prefettizia, già esclusa<br />

dalla privatizzazione del pubblico impiego. La riserva di “pubblicità” di<br />

cui all’articolo 2 del d.lgs. 29/1983 (ora del d.lgs. 165/2001), peraltro,<br />

aveva determinato – con il rinvio ai “rispettivi ordinamenti” per la disciplina<br />

della carriera – un notevole gap nell’adeguamento dello statuto giuridico<br />

alle mutate esigenze. La carriera prefettizia, come pure quella diplomatica,<br />

ha accusato per un decennio il peso di una strutturazione di tipo<br />

tradizionale, distinta in un numero eccessivo di gradi gerarchici, corrispondenti<br />

a quelli militari ma non a effettive differenze di funzione. Anche<br />

i rapporti interni sono rimasti improntati più alla gerarchia che alla direzione<br />

e al coordinamento.<br />

Contestualmente alla definizione del d.lgs. 300/1999, la legge 28<br />

luglio 1999, n. 266 ha, quindi, aperto il varco alla modernizzazione e razionalizzazione<br />

della carriera, delegandone al Governo il riordino e confermandone<br />

la delicatezza del ruolo e la natura pubblicistica. La delega è stata<br />

esercitata con il d.lgs. 139/2000.<br />

La novità di rilievo primario è il rafforzamento della specificità e<br />

della unitarietà della carriera prefettizia. Il segno più evidente di questa specificità<br />

è la natura dirigenziale delle funzioni attribuite ai funzionari che ne<br />

fanno parte (la formulazione è identica nel decreto legislativo relativo ai<br />

prefettizi e in quello sulla carriera diplomatica, ossia il d.lgs. 85/2000).<br />

Viene, così, meno ogni frattura fra direttivi e dirigenti all'interno della carriera<br />

prefettizia, ora tutti dirigenti. Unica distinzione che resta tra i suoi<br />

componenti è quella legata al diverso livello di responsabilità connesso<br />

all'incarico svolto. Ad essa fa riscontro una articolazione in sole tre qualifiche<br />

(prefetto, viceprefetto e viceprefetto aggiunto) a fronte delle otto precedenti,<br />

con soppressione delle qualifiche non dirigenziali. Permane, ma<br />

limitatamente al biennio di frequenza del corso di formazione iniziale, la<br />

qualifica di Consigliere, cui non corrisponde alcuna funzione.<br />

La seguente tabella chiarisce il meccanismo di sostituzione delle qualifiche:<br />

1179


Vecchie qualifiche<br />

(d.p.r. 340/1983)<br />

Prefetto di I classe<br />

Prefetto<br />

Viceprefetto<br />

Viceprefetto ispettore<br />

(confluisce nella nuova qualifica di viceprefetto)<br />

Viceprefetto ispettore aggiunto<br />

(confluisce nella nuova qualifica di viceprefetto agg.)<br />

Direttore di sezione<br />

(confluisce nella nuova qualifica di viceprefetto agg.)<br />

Consigliere di Prefettura<br />

(confluisce nella nuova qualifica di viceprefetto agg.)<br />

Viceconsigliere di prefettura<br />

(confluisce nella nuova qualifica di viceprefetto agg.)<br />

La seconda novità è rappresentata dalla distinzione fra i profili ordinamentali,<br />

riservati alla normativa pubblicistica di fonte legislativa, e gli<br />

aspetti che attengono alla regolamentazione della prestazione di lavoro<br />

(congedi, permessi, orario di lavoro ecc.), alla retribuzione e ai diritti sindacali,<br />

materie specificatamente indicate come oggetto di negoziazione.<br />

Ma su questo punto si tornerà più avanti.<br />

Altri elementi qualificanti della riforma sono: un’attenzione ancora<br />

maggiore per la formazione iniziale e permanente17 ; l’individuazione dei<br />

posti di funzione riservati ai funzionari prefettizi in seno all'organizzazione<br />

degli uffici e la revisione dei criteri di attribuzione dei compiti e delle<br />

responsabilità (in relazione alle attitudini individuali, alla qualifica e alle<br />

esigenze di arricchimento professionale); l'introduzione di una retribuzione<br />

di risultato (quale componente del trattamento economico onnicomprensivo,<br />

da attribuire tenendo conto dell'efficacia, della tempestività e dell'efficienza<br />

del lavoro svolto) e di nuovi meccanismi di valutazione dei funzionari.<br />

In particolare, la stessa nomina a Prefetto è ora subordinata ad una<br />

valutazione di idoneità sancita da un'apposita commissione. Si realizza,<br />

così, un’area di funzionari “prefettibili” (quella che in Francia è definita<br />

area del prefectable), ferma restando, peraltro, la facoltà del Governo di<br />

17 Ma già sotto il previdente regime la Carriera prefettizia godeva di una buona formazione iniziale e<br />

permanente (presso l’apposita <strong>Scuola</strong> superiore dell’Amministrazione dell’interno, S.S.A.I.).<br />

1180<br />

Nuove qualifiche<br />

(d.lgs. 139/2000)<br />

Prefetto<br />

Viceprefetto<br />

Viceprefetto aggiunto<br />

Corrispondenza con i dipendenti<br />

contrattualizzati dello Stato<br />

Dirigente di I fascia<br />

Dirigente di II fascia<br />

Funzionario di Area C, posizione<br />

economica C3 e C3s<br />

(ex qualifica funzionale IX)<br />

Funzionario di Area C, posizione<br />

economica C2 (ex qualifica<br />

funzionale VIII)<br />

Funzionario di Area C, posizione<br />

economica C1s (ex<br />

qualifica funzionale VII bis)<br />

TESI D’ESAME


Filippo ROMANO<br />

coprire con la nomina anche di soggetti estranei alla carriera i 2/5 dei posti<br />

di Prefetto in organico (cfr. l’art. 236 del T.U. n. 3/1957, fatto espressamente<br />

salvo dal decreto legislativo 139).<br />

Queste norme aprono le porte a una maggiore dinamica interna alla<br />

categoria e segnalano la crescente attenzione per i profili del più efficace e<br />

più efficiente svolgimento dei compiti di istituto, che pure rimangono connotati<br />

da caratteri fortemente distintivi nell’ambito della più generale<br />

tematica della misurazione e valutazione dell’attività amministrativa.<br />

A conferma di quest’ultimo dato basta osservare che, con l'art. 10,<br />

comma 2, del d.lgs. 286/1999 (attuativo del riordino e potenziamento dei<br />

meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti<br />

e dei risultati dell’attività svolta dalle amministrazioni pubbliche) si<br />

sono espressamente preservate le peculiari modalità di valutazione già previste<br />

per i dirigenti dei ministeri “d’ordine” e della Presidenza del Consiglio,<br />

a tal fine facendo salvo quello che è ora l’art. 20 del d.lgs. 165/2001. Non<br />

poteva essere altrimenti, considerato che “le responsabilità dirigenziali per<br />

l’esercizio delle più antiche e fondamentali funzioni d’ordine – la difesa, la<br />

giustizia, l’ordine pubblico – attingono ad un tale livello di politicità da giustificare<br />

che la valutazione dei dirigenti sia compiuta direttamente dall’organo<br />

di direzione e alla stregua di criteri e parametri diversi e ulteriori rispetto<br />

a quelli essenzialmente tecnici con i quali si misurano l’efficienza e la funzionalità<br />

delle altre amministrazioni. Vi è, infatti, distinzione tra amministrazioni<br />

che erogano servizi suscettibili, sia pure in senso lato, di misurazione<br />

economica e amministrazioni cosiddette de puissance (quali la Presidenza<br />

del Consiglio e il Ministero degli affari esteri, nonché, in buona misura,<br />

i Ministeri dell’interno, della difesa e della giustizia). Nelle prime, la logica<br />

manageriale ha indubbiamente spazio; nelle seconde, che esprimono<br />

principalmente l’autorità e la sovranità dello Stato, tendono a prevalere logiche,<br />

appunto, politiche e in questo senso la responsabilità dei dirigenti per<br />

i risultati può apparire più politica che manageriale.” 18<br />

18 D. MACRÌ, “Il nuovo sistema dei controlli”, in AA.VV. La riforma dell’amministrazione dello Stato,<br />

Napoli, 2000, p. 129.<br />

1181


LA NEGOZIAZIONE NELLA CARRIERA PREFETTIZIA<br />

La genesi della negoziazione del trattamento giuridico ed economico<br />

Sono pochi, nel panorama dell’impiego alle dipendenze di pubbliche<br />

amministrazioni, i corpi professionali ancora ordinati per carriere, cioè<br />

secondo una scala di qualifiche o di gradi posti in progressione di merito e<br />

anzianità. Siffatta struttura, originariamente comune a tutto il pubblico<br />

impiego, è oggi limitata ad alcuni corpi amministrativi a ordinamento speciale,<br />

come la diplomazia, le forze armate, le forze di polizia, la magistratura<br />

(ma con avanzamenti automatici e con struttura non gerarchica) e la<br />

carriera prefettizia.<br />

Per il resto del personale pubblico, il modello gerarchico funzionale<br />

è stato superato già da un ventennio. La legge 11 luglio 1980, n. 312, per<br />

prima, aveva sostituito le c.d. “qualifiche funzionali” all’antico sistema delle<br />

carriere. Anche per le categorie di funzionari regolamentate da discipline<br />

speciali, il nuovo sistema aveva comportato, se non l’inquadramento, almeno<br />

l’equiparazione di ciascun grado a una qualifica funzionale (o “livello”),<br />

secondo uno schema unificante che mirava a porre rimedio alla lamentata<br />

“giungla retributiva” e ordinamentale. Con la c.d. legge quadro del 1983<br />

(legge 29 marzo 1983, n. 93), infatti, era stato introdotto un meccanismo<br />

che, per la prima volta in modo diretto, introduceva la negoziazione fra<br />

parte datoriale e parte sindacale, sia pure prevedendone la necessaria trasfusione<br />

in atti normativi (decreti del Presidente della Repubblica) e limitandola<br />

ad alcune materie (il trattamento economico, le ferie, le assenze per<br />

malattia, i congedi straordinari ecc.) 19 . Siffatto sistema misto, nel quale<br />

19 Ai sensi dell’articolo 3 della “legge quadro” erano disciplinati con accordi i seguenti aspetti dell’organizzazione<br />

del lavoro e del rapporto di impiego:<br />

1) la retribuzione;<br />

2) i criteri per l'organizzazione del lavoro nell’ambito della disciplina fissata dalla legge;<br />

3) l’identificazione delle qualifiche funzionali, in rapporto ai profili professionali e alle mansioni;<br />

4) i criteri per la disciplina dei carichi di lavoro e le altre misure volte ad assicurare l’efficienza degli uffici;<br />

5) l’orario di lavoro;<br />

6) il lavoro straordinario;<br />

7) i criteri per l’attuazione degli istituti concernenti la formazione professionale e l’addestramento;<br />

8) le procedure relative all’attuazione delle garanzie del personale;<br />

9) i criteri per l’attuazione della mobilità del personale, nel rispetto delle inamovibilità previste dalla legge.<br />

1182<br />

TESI D’ESAME


Filippo ROMANO<br />

sopravviveva accanto a predetta contrattazione l’efficacia della legge come<br />

fonte esclusiva di disciplina delle funzioni svolte dai lavoratori pubblici,<br />

sarebbe sopravvissuto non più di un decennio.<br />

È ben noto come il d.lgs. 29/1993 (ora confluito nel nuovo testo<br />

unico sul rapporto di lavoro alle dipendenze di pubbliche amministrazioni:<br />

d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165) abbia “privatizzato” il pubblico impiego,<br />

seppure attraverso alcune tappe temporali che, insieme alle numerose e<br />

radicali modifiche del testo normativo (fino al d.lgs. 80/1998) 20 , hanno<br />

portato alla contrattazione anche delle mansioni oltre che del trattamento<br />

economico e giuridico.<br />

È altrettanto noto che il d.lgs. 29/1993 ha escluso alcune categorie<br />

dalla c.d. privatizzazione, fra cui, appunto la carriera prefettizia. Questa si<br />

è venuta così a trovare – insieme alla Diplomazia e a pochi altri corpi civili<br />

– in un ristrettissimo genus di gruppi professionali pubblici ancora organizzati<br />

secondo il sistema di progressioni verticali tipico delle carriere. Si<br />

può anzi dire che proprio l’esclusione dal regime generale dell’impiego alle<br />

dipendenze delle pubbliche amministrazioni dettata dal d.lgs. 29/1993<br />

abbia riportato il corpo amministrativo di cui trattasi all’originale strutturazione,<br />

ponendolo definitivamente in una posizione differenziata. La<br />

legge quadro del 1983, invero, non aveva operato eccezioni espresse per i<br />

funzionari prefettizi, al contrario di quanto faceva per i diplomatici, i magistrati,<br />

i militari e le forze di polizia (articolo 26, commi 2 e 3). Al contempo,<br />

la fonte di disciplina del rapporto di lavoro dei prefettizi allora in vigore<br />

– il decreto legislativo 24 aprile 1982, n. 340 – dichiarava applicabili ai<br />

dipendenti dell’Amministrazione civile dell’Interno le “disposizioni vigen-<br />

20 Il d.lgs. 29/1993 è stato modificato e integrato pressoché in ciascun anno dal 1993 al 1998, data di<br />

quella che è talvolta indicata come “seconda privatizzazione”. Questi gli interventi legislativi che hanno<br />

riguardato il testo originario: d.lgs. 19 luglio 1993, n. 247; d.lgs. 18 novembre 1993, n. 470; d.lgs. 23<br />

dicembre 1993, n. 546; legge 23 dicembre 1994, n. 724; decreto legge 12 maggio 1995, n. 163 (convertito<br />

in legge 11 luglio 1995, n. 27); legge 11 luglio 1995, n. 273; d.lgs. 28 luglio 1995, n. 316; legge 27<br />

ottobre 1995, n. 437; legge 11 luglio 1996, n. 365; d.lgs. 4 novembre 1997, n. 396. Lo stesso d.lgs. 31<br />

marzo 1998, n. 80, è stato poi modificato dal d.lgs. 29 ottobre 1998, n. 387, adottato in attuazione del<br />

potere di correzione e integrazione previsto dalla stessa legge-delega (articolo 11, comma 3, della legge<br />

59/1997). Infine è confluito nel nuovo testo unico sul rapporto di lavoro alle dipendenze di pubbliche<br />

amministrazioni: d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165.<br />

1183


ti per la generalità degli impiegati civili dello Stato, salvo quanto previsto<br />

dalle norme contenute nel presente decreto” (articolo 9) e sopprimeva le<br />

carriere previste dall’ordinamento previgente (articolo 10, comma 1). In<br />

buona sostanza, dal 1982 al 1993 non si ha più traccia, nelle fonti di organizzazione<br />

del pubblico impiego, di una “carriera prefettizia”.<br />

Ciò nondimeno, rivelando una notevole resistenza all’omogeneizzazione<br />

e una certa coesione, la categoria di funzionari in questione è riuscita<br />

a mantenere una propria specialità, comunque assicurata anche dalle<br />

norme specifiche contenute nel timido decreto 340/198221 , e a ottenerne<br />

una riaffermazione nella riforma del 1993.<br />

Per un gruppo professionale con tali caratteristiche la sottrazione alla<br />

contrattualizzazione e alla connessa sindacalizzazione è sembrata, per l’ungo<br />

tempo, l’unica opzione possibile. Sul modello della magistratura, ancor<br />

più che su quello delle forze armate e delle forze di polizia, i dibattiti interni<br />

alla carriera postulavano una disciplina interamente legislativa del rapporto<br />

di lavoro; anche nel decennio di sottoposizione al regime di “legislazione<br />

concordata” della legge 93/1983, i funzionari prefettizi non sono<br />

stati rappresentati da un proprio sindacato nelle trattative che pure li<br />

riguardavano in quanto assimilati agli altri funzionari di pari qualifiche<br />

dello Stato, né hanno preferito l’iscrizione presso i sindacati di massa, nei<br />

quali, probabilmente, non si rispecchiavano22 .<br />

L’ipo<strong>tesi</strong> di una parziale contrattualizzazione, infatti, ha tardato ad<br />

21 Il riferimento è all’esclusione di accesso o immissione da altre carriere, ruoli o amministrazioni sancita<br />

dall’articolo 10, comma 4 e all’esclusione della mobilità esterna stabilita dall’articolo 11. Il d.p.r. 340/1982,<br />

peraltro, non usa mai l’espressione “carriera prefettizia” la quale, peraltro, pur essendo invalsa nell’uso già da<br />

metà del diciannovesimo secolo, appare per la prima volta in un testo legislativo nel d.lgs. 29 del 1993 (l’espressione<br />

prima usata era “carriera direttiva amministrativa dell’Amministrazione civile dell’interno”). Inoltre<br />

sembra affermare una pur limitata specialità del corpo prefettizio e degli altri impiegati dell’Amministrazione<br />

civile dell’interno soltanto per riconoscimento delle peculiarità legate al ruolo “di supporto” delle funzioni<br />

di pubblica sicurezza, quasi in veste di categoria servente l’Amministrazione di pubblica sicurezza. Sulla<br />

difficile convivenza fra l’anima civile e quella “poliziesca” dell’Amministrazione dell’interno si è giocato un<br />

pluridecennale, acceso dibattito culturale e sindacale, che ha coinvolto sia le organizzazioni e associazioni<br />

esponenziali dei funzionari prefettizi (l’Anfaci e il Sinpref), sia i sindacati del personale, interessati all’affermazione<br />

dell’autonomia delle funzioni amministrative svolte rispetto a quelle esercitate dai poliziotti (sovente<br />

impiegati anche in attività d’ufficio a stretto contatto con i dipendenti civili).<br />

22 Può essere letta in questo senso l’interessante vicenda dell’annullamento della sottoscrizione dell’accordo<br />

da parte del Sulp, confederazione sindacale rappresentativa dei sindacati confederali (CGIL, CISL e<br />

UIL), sulla quale si tornerà più avanti.<br />

1184<br />

TESI D’ESAME


Filippo ROMANO<br />

affacciarsi alla scena del dibattito interno ed esterno alla carriera. Quando<br />

il d.lgs. 29/1993 ne sancì la specialità, ci si rese ben presto conto che il riferimento<br />

ai “previgenti ordinamenti” che avrebbero continuato a disciplinare<br />

le categorie escluse dall’applicazione della nuova normativa era, per la<br />

carriera prefettizia, oltremodo ambiguo. Come appena evidenziato, infatti,<br />

le norme speciali dettate dal d.P.R. 340/1982 erano lacunose, poiché trattavano<br />

soltanto alcuni aspetti del rapporto d’impiego e, per il resto, rinviavano<br />

alla regolamentazione generale; ciò che comportava l’applicazione del<br />

testo unico del 1957 e della legge quadro del 1983, fonti superate e in più<br />

punti vulnerate da successive abrogazioni parziali nel momento in cui, nel<br />

1993, diventavano la sola scaturigine di disciplina. Negli anni immediatamente<br />

successivi, dunque, si affrontò il problema in chiave tradizionale,<br />

puntando sulla regolazione legislativa della materia; con un notevole ritardo,<br />

vissuto con particolare disagio dalla carriera (nel frattempo vieppiù<br />

segnata da defezioni soprattutto fra i giovani quadri, in cerca di impieghi<br />

più remunerativi), si giunse – nel 1997 – alla presentazione in Parlamento<br />

di una laconica norma di delega, nell’ambito del disegno di legge sulla<br />

riforma delle forze dell’ordine (il c.d. “d.d.l. Napoletano”).<br />

Proprio l’incongruo ma persistente legame fra l’ordinamento della<br />

carriera e quello delle forze di polizia spinse le associazioni rappresentative<br />

dei funzionari prefettizi (l’Anfaci, associazione nazionale dei funzionari<br />

civili dell’interno e il neonato Sinpref, primo sindacato della categoria) a<br />

introdurre nel dibattito ipo<strong>tesi</strong> più innovative, ivi compresa quella di un<br />

ridisegno del corpo che agisse attraverso due piani distinti: quello della legislazione,<br />

per la riforma della carriera e per la ridefinizione delle sue funzioni;<br />

quello della negoziazione, per la definizione del trattamento economico<br />

e degli istituti giuridici di stretta attinenza con il rapporto di lavoro piuttosto<br />

che con quello di servizio.<br />

Il d.lgs 19 maggio 2000, n. 13923 , che ha riformato la carriera prefettizia<br />

e che ne costituisce ora il testo di disciplina fondamentale, è il risul-<br />

23 Su delega legislativa conferita al Governo dalla legge 28 luglio 1999, n. 266 (i cui articoli 10 e 11 sono<br />

dedicati al riordino della carriera prefettizia).<br />

1185


tato di questa impostazione; esso, infatti, regola direttamente le funzioni,<br />

le qualifiche 24 , il reclutamento e l’avanzamento in carriera, compresi i meccanismi<br />

e gli strumenti di formazione e di valutazione, ma rinvia, per gli<br />

altri profili, a un apposito accordo da stipularsi fra il Governo e le organizzazioni<br />

sindacali maggiormente rappresentative della categoria. Tale<br />

accordo, da recepire con decreto del Presidente della Repubblica, con tutta<br />

evidenza introduce una limitata contrattualizzazione per le categorie di<br />

personale pubblico escluse dalla privatizzazione (così per i prefettizi, come<br />

per i diplomatici) e riproduce il meccanismo già collaudato con la legge<br />

quadro del 1983.<br />

Non sono di difficile comprensione le ragioni per cui la negoziazione,<br />

alla cui prima fase storica (1983-1993) era rimasto sostanzialmente estraneo<br />

il gruppo professionale, è stata per esso riproposta, riscuotendo altresì, nella<br />

sua prima applicazione (accordo collettivo nazionale per il biennio 2000-01),<br />

un indubbio successo partecipativo. Il comparto di riferimento è ora limitato<br />

ai soli funzionari prefettizi, mentre prima si estendeva a tutti i dipendenti<br />

delle amministrazioni centrali dello Stato (il c.d. “comparto Ministeri”); ciò<br />

ha consentito ai funzionari di gestire attraverso canali autonomi il rapporto<br />

con la controparte datoriale, che è quello stesso Governo che essi rappresentano<br />

per propria precipua funzione; ha permesso loro, quindi, di essere rappresentati<br />

da organizzazioni sindacali diverse da quelle del restante personale,<br />

nelle quali è stato più facile riconoscersi per dipendenti particolarmente<br />

vicini – per professione – al proprio datore di lavoro 25 .<br />

24 Come già esposto nel paragrafo precedente, nel previgente sistema, delineato dal d.p.r. 340/1983,<br />

erano previste otto qualifiche, quattro direttive (viceconsigliere di prefettura, consigliere di prefettura,<br />

direttore di sezione, viceprefetto ispettore aggiunto) e quattro dirigenziali (viceprefetto ispettore, viceprefetto,<br />

prefetto, prefetto di I classe), corrispondenti, le prime sette, ad altrettanti gradi della Polizia di Stato<br />

(vicecommissario, commissario, commissario capo, vicequestore aggiunto, primo dirigente-vicequestore,<br />

dirigente superiore-questore, dirigente generale C), la quale trovava nel prefetto di I classe il proprio vertice<br />

comune. Nel nuovo sistema disegnato dal d.lgs. 139/2000 tutta la carriera è dirigenziale, e si articola in<br />

sole tre qualifiche: due corrispondenti alla dirigenza non generale (viceprefetto aggiunto e viceprefetto);<br />

uno corrispondente alla dirigenza generale (prefetto); resta quella di consigliere come qualifica d’accesso,<br />

limitatamente al corso di formazione iniziale presso la SSAI (scuola superiore dell’amministrazione dell’interno)<br />

e al tirocinio presso gli uffici territoriali del Governo, per un totale di due anni.<br />

25 In diverse occasioni, nel corso delle trattative, la parte sindacale ha assunto posizioni di tutela della<br />

funzionalità del servizio persino più rigide di quelle della controparte datoriale; è ciò che è accaduto, per<br />

esempio, con le rappresentanze di base e con l’istituto della reperibilità, su cui si tornerà più avanti.<br />

1186<br />

TESI D’ESAME


Filippo ROMANO<br />

Il quadro normativo<br />

Il citato decreto legislativo n. 139 del 2000 è stato adottato in attuazione<br />

di un’apposita delega legislativa, conferita al Governo con la legge 28<br />

luglio 1999, n. 266 (i cui articoli 10 e 11 riguardavano la carriera prefettizia,<br />

mentre la restante parte era dedicata alla riforma della carriera diplomatica<br />

e di altre amministrazioni statali).<br />

La norma di delega disponeva già che gli aspetti economici e giuridici<br />

del rapporto di lavoro dei funzionari prefettizi dovessero essere disciplinati<br />

mediante “un procedimento negoziale tra una delegazione di parte<br />

pubblica presieduta dal Ministro per la funzione pubblica ed una delegazione<br />

delle organizzazioni sindacali rappresentative del personale della carriera<br />

prefettizia, con cadenza quadriennale per gli aspetti giuridici e biennale<br />

per quelli economici del rapporto di impiego del personale della carriera<br />

stessa, i cui contenuti sono recepiti con decreto del Presidente della<br />

Repubblica” (articolo 10, comma 1, lettera a). Il meccanismo – che come<br />

si è detto è mutuato dal sistema della legge quadro del 1983 – è analogo a<br />

quello previsto per il personale del c.d. “comparto sicurezza” (costituito dai<br />

dipendenti delle forze di polizia e delle forze armate) 26 .<br />

Gli articoli 26 e seguenti del d.lgs. 139/2000 delineano il procedimento<br />

di negoziazione. Questo ha, come i contratti dell’impiego pubblico<br />

26 La legge 6 marzo 1992, n. 216 e il d.lgs. 12 maggio 1995, n. 195 (modificato dal d.lgs. 31 marzo<br />

2000, n. 129) disegnano le procedure di stipulazione degli accordi collettivi per il personale del “comparto<br />

sicurezza”. Il procedimento è distinto secondo la natura civile o militare delle forze e dei corpi dai quali<br />

dipende il personale. Quello concernente le forze di polizia ad ordinamento civile (Polizia di Stato, Polizia<br />

penitenziaria e Corpo forestale dello Stato) si conclude con la sottoscrizione di un vero e proprio accordo<br />

sindacale, stipulato tra una delegazione di parte pubblica e le organizzazioni sindacali rappresentative;<br />

segue comunque la trasfusione dell’accordo in un decreto del Presidente della Repubblica. Quello attinente<br />

le forze di polizia a ordinamento militare (Arma dei carabinieri e Guardia di Finanza) nonché il personale<br />

delle forze armate (Esercito, Marina e Aviazione) sono, invece, finalizzati alla concertazione tra diverse<br />

componenti, sostanzialmente contrapposte ma formalmente tutte organi della pubblica amministrazione.<br />

Da una parte sono i ministri interessati, i Comandanti generali delle citate forze di polizia e il Capo di<br />

stato maggiore delle forze armate; dall’altra (ma non formalmente) sono le rispettive sezioni del Consiglio<br />

centrale di rappresentanza (COCER - sezioni Carabinieri e Guardia di Finanza e COCER - sezioni Esercito,<br />

Marina e Aeronautica). Il Cocer è organismo pubblico (non privato come i sindacati delle forze di<br />

polizia a ordinamento civile; cfr. M. DI ROLLO, Le relazioni sindacali nel comparto sicurezza, in Il lavoro<br />

nelle pubbliche amministrazioni, n. 4/1999, 691), a base elettiva, a carattere nazionale e interforze, che agisce<br />

per la tutela degli interessi collettivi degli appartenenti alle forze di polizia a ordinamento militare e alle<br />

forze armate. Non essendovi formale contrapposizione fra parti non v’è un accordo: i Cocer non stipulano<br />

alcunché, bensì partecipano alla “delegazione” di parte pubblica per esprimere le proprie posizioni relativamente<br />

alla definizione degli schemi di provvedimento di concertazione.<br />

1187


“privatizzato”, durata quadriennale per gli istituti giuridici e biennale per<br />

quelli economici (articolo 26); si conclude con un accordo fra la parte pubblica,<br />

“composta dal Ministro per la funzione pubblica, che la presiede, e<br />

dai Ministri dell’interno e del tesoro, del bilancio e della programmazione<br />

economica, o dai sottosegretari di Stato rispettivamente delegati” e una privata,<br />

costituita dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative<br />

(articolo 27); verte sulle seguenti materie, che ne costituiscono il contenuto<br />

(articolo 28):<br />

a) il trattamento economico fondamentale e accessorio, secondo parametri<br />

appositamente definiti in tale sede che ne assicurino, nell’ambito delle<br />

risorse finanziarie disponibili, sviluppi omogenei e proporzionati, rapportati<br />

alla figura apicale;<br />

b) l’orario di lavoro;<br />

c) il congedo ordinario e straordinario;<br />

d) la reperibilità;<br />

e) l’aspettativa per motivi di salute e di famiglia;<br />

f) i permessi brevi per esigenze personali;<br />

g) le aspettative ed i permessi sindacali;<br />

h) l’individuazione di misure idonee a favorire la mobilità di sede, aggiuntive<br />

rispetto a quelle previste per i funzionari non assegnatari di alloggi da<br />

parte dell’amministrazione dell’interno.<br />

L’articolo 29 puntualizza, poi, le fasi procedimentali, fino alla trasfusione<br />

del contenuto dell’accordo negoziale in un decreto del Presidente<br />

della Repubblica, segno della persistente natura pubblicistica del rapporto<br />

di lavoro dei funzionari prefettizi. Il comma 6 dell’articolo 29 prevede,<br />

infine, la possibilità di stipulazione di accordi decentrati a livello centrale e<br />

periferico – che non necessitano di recepimento con d.P.R. – e i quali,<br />

senza oneri aggiuntivi, individuano criteri applicativi delle previsioni dell’accordo<br />

collettivo nazionale.<br />

L’individuazione delle associazioni sindacali ammesse alla negoziazione<br />

Merita un cenno la procedura di determinazione delle associazioni<br />

1188<br />

TESI D’ESAME


Filippo ROMANO<br />

sindacali “maggiormente rappresentative”, cioè tali da essere ammesse alle<br />

trattative con la parte pubblica per la stipula degli accordi e dei contratti<br />

collettivi27 .<br />

Queste, secondo il citato articolo 27, sono “individuate con decreto<br />

del Ministro per la funzione pubblica secondo i criteri generali in materia<br />

di rappresentatività sindacale stabiliti per il pubblico impiego”. Criteri che<br />

si rinvengono nell’articolo 43 del d.lgs. 165/2001 (già articolo 47 bis del<br />

d.lgs. n. 29/1993), il quale consente la partecipazione alle trattative negoziali<br />

delle sigle sindacali che abbiano una rappresentatività non inferiore al<br />

5 per cento, considerando a tal fine la media tra il dato associativo (accertato<br />

in base alle deleghe per il versamento dei contributi sindacali rilasciate<br />

nell’anno considerato e trasmesse non oltre il 31 marzo dell’anno successivo)<br />

e la percentuale dei voti ottenuti nelle elezioni delle rappresentanze<br />

unitarie del personale (RSU). Poiché le RSU non sono previste per la<br />

carriera prefettizia, ai fini del calcolo della rappresentatività non può che<br />

rilevare esclusivamente il dato associativo.<br />

Durante la gestazione del d.lgs. 139 le associazioni professionali della<br />

carriera prefettizia (l’Anfaci e il Sinpref) avevano chiesto che, in luogo dell’ordinario<br />

criterio di determinazione della “maggiore rappresentatività” in<br />

uso nel pubblico impiego, fosse prescelto un diverso metodo di calcolo del<br />

dato associativo; il criterio proposto era quello della percentuale degli iscritti<br />

al sindacato non inferiore al 5% del totale dei dipendenti. L’invocata eccezione<br />

era giustificata dalla ristrettezza numerica della categoria di personale<br />

in questione, che non supera le 1.600 unità fra prefetti, viceprefetti e viceprefetti<br />

aggiunti: una soglia minima calcolata in percentuale sul totale del<br />

dato associativo – normalmente pari a circa la metà dei dipendenti, quindi<br />

a 800 unità – avrebbe reso sufficiente la soglia dei 40 iscritti affinché un<br />

sindacato venisse ammesso alla contrattazione. Ne sarebbe conseguito un<br />

concreto rischio di eccessiva frammentazione del panorama sindacale.<br />

27 Per una corretta ed esauriente ricostruzione della vicenda qui tratteggiata, si veda C. SILVESTRO, “La<br />

rappresentatività di nuove aggregazioni sindacali: il parere del Consiglio di Stato sull’avvio della negoziazione<br />

per la carriera prefettizia”, in Diritto&Diritti, luglio 2001 (www.diritto.it).<br />

1189


Nonostante la ragionevolezza di tali rilievi, il legislatore delegato<br />

non ha ritenuto di operare la postulata eccezione, confermando anche per<br />

la carriera prefettizia il generale criterio di calcolo della “maggiore rappresentatività”.<br />

Ne è derivata una contrapposizione fra l’associazione sindacale<br />

autonoma che raccoglie la quasi totalità dei prefettizi tesserati (Sinpref)<br />

e le confederazioni sindacali generali le quali, a loro volta federandosi fra<br />

loro in un nuovo soggetto sindacale (il Sulp, Sindacato unitario dei lavoratori<br />

prefettizi), avevano raggiunto la soglia minima delle 40 tessere28 , seppure<br />

attraverso un procedimento viziato dalla mancanza della prescritta<br />

conferma espressa delle adesioni alla nuova associazione da parte degli<br />

iscritti ai sindacati confluiti o federatisi29 .<br />

La nuova sigla, con il decreto del Ministro della funzione pubblica<br />

di individuazione delle associazioni maggiormente rappresentative (decreto<br />

dell’8 ottobre 2000), è stata ammessa alla negoziazione con la parte pubblica<br />

con riserva, in attesa di un parere nel frattempo richiesto al Consiglio<br />

di Stato. Quest’ultimo ha reso il parere il 21 marzo 2001 (I sezione), pronunciandosi<br />

in senso negativo circa l’ammissibilità alle trattative del Sulp.<br />

La vicenda si è conclusa con il parziale annullamento – con l’ulteriore<br />

decreto del Ministro per la funzione pubblica del 28 maggio 2001 – del<br />

primo decreto nella parte in cui il Sulp era stato ammesso alla negoziazione;<br />

la rappresentanza della parte sindacale è stata così limitata al solo Sin-<br />

28 I dati sulle adesioni ad associazioni sindacali, riferiti al 31 dicembre 1999, rivelavano un totale di 668<br />

deleghe (su circa 1.600 funzionari prefettizi), così distribuito: SINPREF 596, pari a 89,22%; CISL-FPS 30<br />

(4,49%); CONFEDIR/DIRSTAT 25 (3,74%); CGIL-F.P. 7 (1,05%); UIL-PA 3 (0,45%); CISAL-FAS 2<br />

(0,30%); CONFSAL-UNSA 2 (0,30%); Fed. Sind. UGL Stat/ANDCD 2 (0,30%);<br />

CIDA/UNADIS/Ministeri 1 (0,15%). Trattasi dei dati forniti dal Ministero dell’interno alla Presidenza del<br />

Consiglio-Dipartimento della funzione pubblica ai fini della determinazione delle associazioni maggiormente<br />

rappresentative.<br />

29 In ciò violando l’art. 8, lett. c), del d.lgs. n. 396/1997, nel testo modificato dall’art. 44 del d.lgs. n.<br />

80/1998. La norma prescrive che “le organizzazioni sindacali che, nel corso del 1997, abbiano dato vita,<br />

mediante fusione, affiliazione o in altra forma, ad una nuova aggregazione associativa, possono imputare al<br />

nuovo soggetto sindacale le deleghe delle quali risultino titolari, purché il nuovo soggetto succeda effettivamente<br />

nella titolarità delle deleghe che ad esso vengano imputate, o che le deleghe siano, comunque, confermate<br />

espressamente dai lavoratori a favore del nuovo soggetto” (elementi di cui le organizzazioni sindacali<br />

hanno l’onere di fornire “idonea documentazione”). Il Consiglio di Stato, nel proprio parere più avanti<br />

richiamato, ha sostenuto che la prescrizione rientra, assieme all’art. 47 bis del d.lgs. n. 29/1993, nella normativa<br />

di riferimento da prendere in considerazione nel caso di specie, in virtù del richiamo per relationem<br />

operato dall’art. 27 del D.Lgs n. 139/2000 ai criteri generali in materia di rappresentatività sindacale.<br />

1190<br />

TESI D’ESAME


Filippo ROMANO<br />

pref, ma in data successiva alla sottoscrizione dell’accordo, avvenuta all’inizio<br />

dello stesso mese (la sottoscrizione del Sulp è comunque colpita, con<br />

tutta evidenza, da nullità parziale per sopravvenuto difetto di presupposti<br />

di legittimità) 30 . La carriera prefettizia è pertanto l’unico comparto contrattuale<br />

di pubblici dipendenti nel quale non sia presente – per ora – neppure<br />

uno dei grandi sindacati confederali.<br />

L’accordo<br />

L’accordo negoziale è stato siglato, come appena accennato, il 9<br />

maggio 2001, al termine di una contrattazione complessa per la novità<br />

della procedura, che vedeva impegnata la rappresentanza di una categoria<br />

che mai prima aveva negoziato il proprio trattamento giuridico ed economico.<br />

È stato quindi recepito dal d.p.r. 23 maggio 2001, n. 316.<br />

Unico precedente, ma di troppo fresca data per costituire un dato<br />

d’esperienza, era l’accordo “parallelo” per la disciplina del rapporto di lavoro<br />

dei diplomatici, stipulato pochi mesi prima (il 30 gennaio 2001) 31 .<br />

Rispetto a questo, che la parte pubblica considerava quale base di lavoro<br />

vincolante per le trattative, l’accordo dei prefettizi appare più corposo ed<br />

elaborato, discostandosi maggiormente dalla disciplina contrattuale della<br />

dirigenza pubblica della c.d. “Area I” di contrattazione (dirigenti del ruolo<br />

unico delle amministrazioni statali, dirigenti delle università e dirigenti<br />

degli enti pubblici non economici).<br />

Proprio la richiamata disciplina della dirigenza, peraltro, ha fornito<br />

principi e istituti di riferimento alla nuova regolamentazione del rapporto<br />

di lavoro dei funzionari prefettizi. Come si vedrà meglio fra breve, molte<br />

norme sul trattamento giuridico sono state mutuate dal contratto collettivo<br />

nazionale di lavoro dei dirigenti dell’Area I per il quadriennio 1998-<br />

2001, concluso, fra l’altro, durante le trattative per l’accordo negoziale di<br />

cui trattasi.<br />

30 Non si può che concordare, in merito, con il giudizio negativo espresso da C. SILVESTRO, cit., circa<br />

la eccessiva e ingiustificata lentezza nell’attuazione di quanto contenuto nel parere del Consiglio di Stato.<br />

31 L’accordo è stato poi recepito con il d.P.R. 20 febbraio 2001, n. 114.<br />

1191


L’armonizzazione dell’accordo al CCNL della dirigenza statale e<br />

parastatale ne spiega anche la particolare decorrenza e la durata, la quale, a<br />

regime, è quadriennale per la parte giuridica e biennale per la parte economica<br />

ma, in sede di prima applicazione, è biennale per entrambe le parti,<br />

in modo da farla coincidere con il secondo biennio di vigenza del CCNL<br />

della dirigenza (2000-2001): a partire dal 2002 gli ambiti temporali saranno<br />

sincronizzati.<br />

Anche la struttura del testo negoziale segue quella del CCNL Area<br />

I, che non presenta, peraltro, forti elementi di peculiarità rispetto agli altri<br />

contratti collettivi. Dopo alcune norme di individuazione dell’ambito<br />

applicativo (campo di applicazione: articolo 1; decorrenza e durata: articolo<br />

2), seguono le disposizioni relative agli istituti non economici di regolamentazione<br />

del rapporto di lavoro (i c.d. profili giuridici); le norme per la<br />

determinazione del trattamento economico, quindi, completano il quadro<br />

della disciplina, che è infine chiuso da una disposizione finale recante le<br />

disapplicazioni (l’articolo 26).<br />

Si tratta, dunque, di quattro oggetti di regolamentazione, meglio<br />

esemplificati – nell’accordo dei diplomatici – dai quattro titoli in cui quel<br />

testo è diviso. L’accordo negoziale per la carriera prefettizia, invece, consta<br />

di 26 articoli (3 in più dell’altro) non raggruppati in titoli, probabilmente<br />

a causa della fretta che ha segnato le ultime fasi della stipulazione, a ridosso<br />

delle elezioni politiche per la XIV legislatura.<br />

Quanto al contenuto, si può anticipare che, benché l’obiettivo di<br />

armonizzazione perseguito dalla parte pubblica nella negoziazione sia stato<br />

indubbiamente raggiunto per ciò che concerne la struttura e gran parte della<br />

regolamentazione, l’accordo per la disciplina del rapporto di lavoro della<br />

carriera prefettizia presenta comunque delle interessanti specialità, dovute<br />

alla peculiarità dell’impiego (basti pensare alla disciplina della reperibilità).<br />

Prima di proseguire con l’esame della disciplina negoziale, è opportuno<br />

fare presente che – al momento – l’accordo non è stato ancora pubblicato<br />

nella Gazzetta ufficiale nella veste del d.P.R. di recepimento. È per<br />

questa ragione che non se ne indicano gli estremi.<br />

1192<br />

TESI D’ESAME


Filippo ROMANO<br />

I profili giuridici<br />

Buona parte delle norme che regolano gli aspetti c.d. giuridici del<br />

rapporto di lavoro – cioè l’orario, le ferie, le assenze di diverso tipo e i diritti<br />

sindacali – sono state mutuate, come accennato, dalla disciplina già dettata<br />

per la dirigenza pubblica e riprodotta nell’accordo negoziale per la carriera<br />

diplomatica.<br />

Non è necessario, dunque, soffermarsi su istituti quali le ferie (articolo<br />

4), le assenze per malattia e motivi di salute (articolo 5), l’aspettativa<br />

per motivi personali e di famiglia (articolo 6), i congedi parentali (articolo<br />

7), i permessi per esigenze personali (articolo 8). Solo, per quel che concerne<br />

le ferie si osserva che, attraverso la loro univoca indicazione della loro<br />

durata in 28 giorni (più i quattro compensativi delle festività soppresse) si<br />

verifica una generale definizione dell’orario settimanale come articolato su<br />

5 giorni lavorativi, in contrasto con quanto ancora avviene in molti uffici<br />

centrali e periferici dell’Amministrazione dell’interno32 ; ne conseguirà,<br />

necessariamente, o un adeguamento dell’orario di servizio oppure un generalizzato<br />

ricorso al recupero della sesta giornata lavorativa sotto forma di<br />

riposo compensativo da fruire in altri giorni33 .<br />

Si deve peraltro osservare che, per tutti i citati istituti, la carriera<br />

conosce una regolamentazione affatto nuova rispetto al passato, poiché<br />

quella che è la disciplina generale in materia nell’ambito del pubblico<br />

impiego non si applicava alla categoria in questione, ancora assoggettata<br />

alle norme del testo unico degli impiegati civili dello Stato n. 3 del 1957.<br />

32 L’articolo 3 dell’accordo, invece, afferma espressamente al comma 1 che “l’orario di servizio dell’amministrazione<br />

dell’interno si articola su cinque giorni settimanali”, e pone tale affermazione alla base della<br />

determinazione della durata delle ferie (“considerato che…”).<br />

33 Nel contratto dei dirigenti dell’Area I, i giorni di ferie sono 28 (più le quattro festività soppresse) o<br />

32 (+4) a seconda che la settimana lavorativa sia articolata su cinque o su sei giornate. Il contratto dei diplomatici,<br />

invece, essendo rivolto al solo Ministero degli affari esteri (la regolamentazione del rapporto di lavoro<br />

all’estero è ancora affidata alla legge), dà per assodato che le giornate di ferie siano 28, poiché in quel<br />

dicastero vige la “settimana corta” in tutti gli uffici. La decisione di indicare univocamente, nell’accordo<br />

negoziale per la carriera prefettizia, le giornate di ferie nel numero di 28, è da attribuirsi principalmente a<br />

esigenze di uniformità con la carriera diplomatica. Tali esigenze, fatte valere principalmente dalla parte<br />

pubblica, sono da ricollegarsi allo sforzo di introduzione della “settimana corta” in via generalizzata in tutte<br />

le pubbliche amministrazioni, da tempo nell’agenda governativa; tuttavia, non hanno condotto fino all’eliminazione<br />

delle ferie articolate su 32+4 giorni perché il contratto collettivo per la dirigenza dell’Area I<br />

disciplina il rapporto di lavoro di dipendenti di amministrazioni assai diverse fra loro, rendendo davvero<br />

ardua l’indicazione di un modello univoco di articolazione della settimana lavorativa.<br />

1193


Scompare, così, per i prefettizi il congedo straordinario, sostituito da diversi<br />

strumenti come i permessi per esigenze personali e i congedi parentali.<br />

Una certa persistenza della tradizione si riscontra nella denominazione<br />

delle ferie, tuttora chiamate “congedo ordinario”, ma non – come si è appena<br />

detto – nella loro disciplina sostanziale.<br />

Diverso è il discorso per l’orario di lavoro, denominato dall’accordo<br />

“tempo di lavoro”. Questo, essendo la carriera tutta dirigenziale, è adesso<br />

uniformato a quello dei dirigenti pubblici, nel senso che è rimesso alla<br />

autonoma determinazione del funzionario34 (articolo 3: “il funzionario<br />

della carriera prefettizia organizza la propria presenza in servizio e il proprio<br />

tempo di lavoro correlandoli in modo flessibile ed adeguato alle esigenze<br />

della struttura presso cui presta servizio, nonché alle responsabilità<br />

inerenti alla posizione da lui ricoperta e agli obiettivi da conseguire”) 35 .<br />

34 Come per il resto della dirigenza pubblica, l’autodeterminazione non giunge fino alla libera articolazione<br />

settimanale o annuale del tempo di lavoro. Questo, infatti, resta a base giornaliera, tanto che su tale<br />

base sono calcolate le ferie (v. supra) nonché il recupero compensativo delle festività e dei riposi “giornalieri<br />

o settimanali” non goduti; il comma 4 dell’articolo 3, infatti, afferma che “qualora, in relazione ad esigenze<br />

eccezionali, si determini una interruzione od una riduzione del riposo fisiologico giornaliero o settimanale<br />

o comunque derivante da giorni di festività, al funzionario della carriera prefettizia deve essere<br />

comunque garantito, una volta cessate tali esigenze eccezionali, l’adeguato recupero del tempo di riposo<br />

fisiologico corrispondente a quello sacrificato alle necessità del servizio”.<br />

Prova ulteriore della persistenza dell’obbligo di presenza giornaliera è fornita – per la dirigenza amministrativa<br />

– dall’articolo 17 del CCNL dell’Area I 1997-2001, il quale prevede la risoluzione del rapporto di<br />

lavoro, “senza diritto ad alcuna indennità sostitutiva di preavviso”, nel caso in cui il dirigente “decorsi quindici<br />

giorni, non si presenti in servizio o non riprenda servizio alla scadenza del periodo di congedo”, “salvo<br />

casi di comprovato impedimento”.<br />

35 Disciplina pressoché identica è dettata dal CCNL della dirigenza dell’Area I, con la sola differenza terminologica<br />

della denominazione di “impegno di lavoro” in luogo di “tempo di lavoro”: “Nell'ambito dell'assetto<br />

organizzativo <strong>dell'Amministrazione</strong> di appartenenza, il dirigente organizza la propria presenza in<br />

servizio ed il proprio tempo di lavoro correlandoli in modo flessibile alle esigenze della struttura cui è preposto<br />

ed all'espletamento dell'incarico affidato alla sua responsabilità, in relazione agli obiettivi e programmi<br />

da realizzare” (articolo 16). Anche la norma sul riposo compensativo è praticamente identica: “qualora,<br />

in relazione ad esigenze eccezionali, si determini una interruzione od una riduzione del riposo fisiologico<br />

giornaliero o settimanale o comunque derivante da giorni di festività, al dirigente deve essere comunque<br />

garantito, una volta cessate tali esigenze eccezionali, un adeguato recupero del tempo di riposo fisiologico<br />

sacrificato alle necessità del servizio” (articolo 26, comma 2).<br />

Quanto alla denominazione di “tempo” o “impegno” di lavoro, in luogo del tradizionale “orario”, è evidente<br />

che essa vuole indicare la autodeterminazione della presenza in servizio per i dipendenti di livello<br />

dirigenziale. Trattasi, peraltro, di differenza meramente terminologica, come provato dal fatto che un’identica<br />

norma è dettata dal CCNL dei segretari comunali e provinciali 1997-2001 sotto la rubrica di “orario<br />

di lavoro”: “nell’ambito dell’assetto organizzativo dell’ente, il segretario assicura la propria presenza in<br />

servizio ed organizza il proprio tempo di lavoro, correlandoli in modo flessibile alle esigenze connesse all’espletamento<br />

dell’incarico affidato alla sua responsabilità in relazione agli obiettivi e programmi da realizzare”.<br />

Nell’accordo per la carriera diplomatica è usata una denominazione ancora diversa, seppure sotto<br />

identica rubrica (“tempo di lavoro”): si parla, infatti, nel corpo della norma, di “impegno e tempo di lavoro”<br />

in luogo di “presenza in servizio e tempo di lavoro”.<br />

1194<br />

TESI D’ESAME


Filippo ROMANO<br />

Tuttavia, la riportata disposizione, sostanzialmente mutuata da quella<br />

del contratto per la dirigenza dell’Area I, è completata da un ultimo<br />

comma dedicato alla c.d. reperibilità. Con questo nome si suole indicare la<br />

disponibilità tradizionalmente assicurata dal funzionario prefettizio, in via<br />

volontaria36 , a mantenersi reperibile e a svolgere attività d’ufficio anche al<br />

di fuori dal normale tempo del servizio. Non si tratta di lavoro straordinario<br />

– peraltro ormai incompatibile con il nuovo assetto del tempo di lavoro,<br />

non più ancorato a un numero fisso di ore giornaliere e settimanali –<br />

bensì di una sorta di telelavoro a richiesta del datore. Perlopiù, infatti, si<br />

verifica per necessità di protezione civile (anche quotidiane come l’apprestamento<br />

dei mezzi di trasporto per i trapianti d’organi e gli altri trasporti<br />

sanitari d’emergenza) ovvero d’ordine e sicurezza pubblica. La disposizione<br />

del comma 5 prevede, così, che “in relazione alla necessità di garantire la<br />

salvaguardia delle esigenze connesse alla tutela dell’ordine e della sicurezza<br />

pubblica, del sistema della protezione civile e degli altri diritti civili e politici<br />

costituzionalmente garantiti, il funzionario della carriera prefettizia<br />

assicura la reperibilità nell’ambito dei principi indicati nell’articolo 14 e<br />

sulla base dei criteri individuati in sede di accordi decentrati”.<br />

L’articolo 14 regola la contrattazione decentrata (rectius: integrativa)<br />

che dovrà completare il quadro della disciplina tratteggiato dall’accordo<br />

nazionale. Come di consueto essa si articola in due livelli: centrale, cioè valido<br />

per tutto il territorio nazionale, e decentrato, cioè applicabile soltanto<br />

nelle sedi cui si riferisce, in ragione della specificità degli ambiti di regolamentazione.<br />

Il primo, prevalente per importanza, deve disciplinare, innanzitutto,<br />

proprio la “individuazione dei criteri applicativi della reperibilità”.<br />

A questo fine l’accordo indica i principi cui la contrattazione integrativa<br />

dovrà attenersi: dovranno essere espressamente e tassativamente individuati<br />

gli uffici nei quali deve essere assicurata la reperibilità; la reperibilità dovrà<br />

36 Le norme dettate dall’accordo negoziale, in base all’espressa indicazione contenuta nel d.lgs.<br />

139/2000, costituiscono la prima affermazione storica dell’obbligo di reperibilità. Fino a oggi essa è stata<br />

garantita ma sempre e soltanto per volontaria adesione dei funzionari prefettizi a quello che era un mero<br />

valore di categoria. Ne conseguiva, naturalmente, l’assenza di ogni forma di retribuzione, se si esclude un<br />

certo favore di carriera – ma non formalizzato – per i funzionari più presenti.<br />

1195


essere assicurata in modo che in ogni sede di servizio sia presente un funzionario<br />

prefettizio nell’arco della stessa giornata, salvo che nelle situazioni di<br />

emergenza, dove ovviamente la presenza di funzionari è ben più nutrita37 .<br />

Altri oggetti di disciplina per l’accordo integrativo a livello centrale<br />

sono:<br />

1) l’individuazione di misure idonee a favorire la mobilità di sede (aggiuntive<br />

rispetto a quelle previste per i funzionari non assegnatari di alloggi da<br />

parte dell’amministrazione dell’interno) 38 ;<br />

2) la determinazione dei criteri generali per la verifica della sussistenza<br />

delle risorse finanziarie da destinare all’ulteriore potenziamento del fondo<br />

per il trattamento economico accessorio;<br />

3) l’individuazione delle funzioni i cui titolari sono esonerati dallo sciopero,<br />

ai sensi della legge n. 146/1990 e successive modificazioni ed integrazioni;<br />

4) la modifica dei valori delle retribuzioni di posizione e di risultato indicati<br />

dall’accordo nazionale nel caso in cui, successivamente a questo, sia<br />

37 Inoltre, con una disposizione di indubbio interesse, si vuole far sì che la reperibilità – in atto non praticata<br />

da tutto il personale della carriera – diventi un dato tipico del rapporto di lavoro del funzionario prefettizio:<br />

“entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente accordo” – recita la norma - “i responsabili<br />

delle strutture provvederanno, anche avvalendosi dei funzionari più esperti nella gestione delle emergenze,<br />

all’addestramento di tutto il personale della carriera prefettizia, in modo da assicurare che la reperibilità<br />

venga espletata mediante la rotazione di tutti i funzionari”. In tal modo si ripartirà meglio un peso<br />

lavorativo di non poco conto e si eviterà la necessità di una retribuzione differenziata che trova difficile<br />

riscontro nell’articolazione retributiva di cui si dirà più avanti.<br />

38 Il d.lgs. 139/2000 ne fa espresso obbligo all’amministrazione dell’interno (articolo 15: “con decreto<br />

del Ministro dell’interno sono stabilite forme d’incentivazione della mobilità a livello regionale e nazionale<br />

correlate alla attivazione di facilitazioni abitative sulla base di convenzioni stipulate dall’Amministrazione<br />

dell’interno con enti pubblici e soggetti privati”). L’articolo 28, comma 1, lett. h, dello stesso d.lgs.<br />

139/2000, inoltre, inserisce l’individuazione delle misure aggiuntive per favorire la mobilità di sede fra gli<br />

oggetti dell’accordo nazionale. Tuttavia, l’urgenza di procedere in tal senso – opportunamente riconosciuta<br />

dal legislatore delegato nel decreto 139 – si è notevolmente ridotta a seguito dell’emanazione della legge<br />

29 marzo 2000, n. 86, che ha introdotto un nuovo quadro di agevolazioni per i trasferimenti d’ufficio delle<br />

forze armate, delle forze di polizia e della carriera prefettizia, cioè dei corpi che sono caratterizzati da un’alta<br />

mobilità di sede per le normali esigenze del servizio (la carriera diplomatica, che ha simili necessità, gode<br />

di una disciplina speciale per la mobilità all’estero, mentre all’interno presta servizio nella sola sede centrale).<br />

Le facilitazioni, consistenti in un aiuto economico nei primi due o tre anni del trasferimento (a seconda<br />

della scelta operata dal trasferito) e nel trasferimento agevolato del coniuge convivente, spettano peraltro<br />

ai funzionari prefettizi che cambiano sede in via pressoché ordinaria, poiché con il nuovo sistema degli<br />

incarichi di funzione stabilito dal d.lgs. 139/2000, si può dire che ogni trasferimento è d’ufficio. Ai sensi<br />

dell’articolo 13, infatti, non vi è più la possibilità di una domanda di mutamento di sede, bensì solo la<br />

facoltà di manifestare la propria disponibilità per gli incarichi di funzione liberi, restando poi la scelta del<br />

funzionario cui conferire l’incarico nella discrezionalità dell’Amministrazione (sia pure limitata da vincoli<br />

e dall’evidente obbligo di motivazione).<br />

1196<br />

TESI D’ESAME


Filippo ROMANO<br />

modificata l’organizzazione amministrativa con conseguente rimodulazione<br />

delle posizioni funzionali dei funzionari prefettizi39 .<br />

Gli accordi decentrati, cioè quelli da stipularsi a livello di uffici centrali e<br />

periferici, sono infine limitati ai seguenti oggetti:<br />

1) la verifica dell’applicazione dei criteri di valutazione ai fini dell’attribuzione<br />

della retribuzione di risultato;<br />

2) l’individuazione delle modalità applicative della reperibilità, nel rispetto<br />

dei criteri sopra indicati.<br />

La disciplina dei profili giuridici dell’accordo si chiude con la regolamentazione<br />

dei diritti sindacali. Anche in questo caso nulla da dire in<br />

merito a una serie di norme quasi esattamente mutuate dal contratto della<br />

dirigenza dell’Area I (si tratta degli articoli 9-13, dedicati, rispettivamente,<br />

ai distacchi e ai permessi sindacali, alle aspettative e ai permessi non retribuiti,<br />

ai relativi adempimenti dell’amministrazione, nonché alla tutela dei<br />

dirigenti sindacali).<br />

I profili economici<br />

Il nuovo trattamento economico dei funzionari della carriera prefettizia<br />

– con la parziale contrattualizzazione – non è più determinato legislativamente<br />

bensì dall’accordo negoziale, che dispone nei limiti degli stanziamenti<br />

di bilancio annualmente destinati allo scopo40 . L’accordo, in sede<br />

di prima applicazione, ha dovuto procedere per espressa indicazione legi-<br />

39 Sia l’accordo integrativo centrale che quelli decentrati non possono comportare impegni di spesa<br />

aggiuntivi rispetto a quelli già disposti con l’accordo nazionale. Ciò perché il regime del rapporto di lavoro<br />

dei funzionari prefettizi è tuttora pubblicistico; ne deriva che non esiste una fonte contrattuale che possa<br />

legittimamente disporre spese né, tantomeno, prevalere su diverse norme legali o regolamentari. È il recepimento<br />

in un d.P.R. che fornisce efficacia giuridica all’accordo sotto il profilo della prevalenza su altre<br />

norme e della possibilità di impegno di spesa. Gli accordi integrativi, non recepiti in alcun regolamento,<br />

devono limitarsi a integrare la disciplina stabilita con l’accordo nazionale.<br />

40 Alcuni istituti aventi riflessi economici, in verità, sono ancora disciplinati con legge. Si tratta del trattamento<br />

economico di missione e dei “buoni pasto”. Per l’estensione a tutti i funzionari prefettizi dei relativi<br />

trattamenti dirigenziali, infatti, è stato necessario un apposito protocollo d’intesa aggiuntivo siglato lo<br />

stesso 9 maggio 2000 dall’Amministrazione dell’interno e dalle associazioni sindacali, a latere dell’accordo<br />

(il quale non avrebbe potuto trattare di argomenti ancora riservati alla legge). L’esperienza del “comparto<br />

sicurezza” sembra suggerire che l’estensione del regime negoziale a tutti i profili economici dell’impiego è<br />

cosa graduale ma progressiva (si pensi alle forme di previdenza integrativa, da poco rimesse alla contrattazione<br />

per i dipendenti delle forze di polizia e delle forze armate).<br />

1197


slativa a “utilizzare le risorse disponibili in funzione del riequilibrio delle<br />

retribuzioni della carriera prefettizia rispetto a quelle della dirigenza ministeriale<br />

contrattualizzata, eliminando ogni eventuale sperequazione” (articolo<br />

10, comma 1, lett. a della legge 266/1999).<br />

Anche la struttura della retribuzione ha dovuto essere uniformata a<br />

quella della dirigenza, secondo quando disposto dal d.lgs. 139/2000 (articoli<br />

19-21). Essa è pertanto tripartita, e consta di:<br />

1) la retribuzione fondamentale, o componente stipendiale di base, nella<br />

quale confluiscono lo stipendio tabellare, l’indennità integrativa speciale e,<br />

se spettante, la retribuzione individuale di anzianità (r.i.a.);<br />

2) la retribuzione di posizione, legata alle posizioni funzionali ricoperte,<br />

cioè al tipo di incarico dirigenziale rivestito (tutti gli incarichi devono essere<br />

graduati da un apposito decreto ministeriale, ai sensi dell’articolo 20 del<br />

d.lgs. 139/2000);<br />

3) la retribuzione di risultato, correlata ai risultati conseguiti rispetto agli<br />

obiettivi assegnati.<br />

La retribuzione di posizione e quella di risultato costituiscono, insieme,<br />

il c.d. trattamento accessorio.<br />

Fin qui, in estrema sin<strong>tesi</strong>, il quadro dei vincoli legislativi, quanto<br />

alla struttura e al quantum del nuovo trattamento economico. È un quadro<br />

assai diverso dal previgente assetto della retribuzione spettante ai funzionari<br />

prefettizi; questa, infatti, risentiva in primo luogo della separazione della<br />

carriera in due tronconi, direttivo e dirigenziale, e, in secondo luogo, era<br />

segnata da notevoli ritardi nell’adeguamento al costo della vita, accumulatisi<br />

negli anni di “incertezza ordinamentale” fra l’emanazione del d.lgs.<br />

29/1993 e quella del d.lgs. 139/2000. I funzionari direttivi (i viceconsiglieri<br />

e i consiglieri di prefettura, i direttori di sezione e i viceprefetti ispettori<br />

aggiunti) percepivano stipendi parametrati rispettivamente ai livelli<br />

settimo bis, ottavo e nono dei funzionari della Polizia di Stato (in base a<br />

una “norma d’aggancio” contenuta nell’articolo 17 bis del d.p.r.<br />

340/1983); i dirigenti primi e superiori (viceprefetti ispettori e viceprefetti)<br />

godevano di stipendi parametrati ai militari di pari grado (colonnelli e bri-<br />

1198<br />

TESI D’ESAME


Filippo ROMANO<br />

gadier generali o generali di brigata), nonché aggiornati periodicamente con<br />

il sistema delle classi e degli scatti biennali (sei classi del 6% di aumento biennale<br />

per i primi dodici anni e successivamente scatti biennali del 2,5%); i<br />

dirigenti generali (prefetti e prefetti di I classe) godevano di stipendi parametrati<br />

agli altri dirigenti generali C e B, fin quando sono esistiti, e integrati dall’emolumento<br />

perequativo provvisorio istituito dalla legge 2 ottobre 1997, n.<br />

334. Tutti i funzionari, in aggiunta agli stipendi così determinati, godevano<br />

poi della indennità di pubblica sicurezza, in misura dimezzata rispetto ai pari<br />

grado della polizia di Stato (con l’eccezione dei prefetti, che la percepivano in<br />

apposita misura intera). Parimenti tutti i funzionari, a prescindere dalla qualifica<br />

dirigenziale o meno, erano assoggettati all’orario di lavoro secondo la<br />

vecchia disciplina del testo unico del 1957, e percepivano pertanto l’emolumento<br />

relativo alla prestazione di lavoro straordinario. L’indennità di pubblica<br />

sicurezza e lo straordinario costituivano voci di un certo rilievo, soprattutto<br />

per i gradi più alti, che parzialmente sanavano l’inadeguatezza degli stipendi<br />

base (lo stipendio mensile netto di un consigliere di prefettura si aggirava<br />

intorno ai 2.100.000 mensili, ma poteva superare i tre milioni con gli<br />

emolumenti accessori; lo stipendio di un prefetto non raggiungeva i cinque<br />

milioni mensili, ma l’accessorio lo portava fra i sette gli otto milioni).<br />

Come sopra accennato, la perequazione di tali retribuzioni alla dirigenza<br />

statale, unitamente all’eliminazione di istituti anacronistici e incongrui<br />

per una dirigenza (quali lo straordinario), era il fondamentale obiettivo<br />

economico della prima negoziazione. A questo fine, le leggi finanziarie<br />

e di bilancio avevano messo a disposizione dell’accordo apposite risorse<br />

aggiuntive, rispetto ai circa 150 miliardi annui già impegnati per la retribuzione<br />

della carriera, pari, per il 2000, a 34 miliardi annui, e dal 2001, a<br />

ulteriori 35 miliardi che, aggiunti ai primi e ad alcuni risparmi di spesa,<br />

ammontavano a 72 miliardi e 290 milioni di lire.<br />

Quanto ai trattamenti economici cui perequare quello della carriera<br />

prefettizia, sono stati presi a base del paragone gli emolumenti stabiliti dall’ultima<br />

tornata contrattuale, con non poche difficoltà di adattamento. La<br />

prima era insita nel fatto che la carriera prefettizia ha tre qualifiche diri-<br />

1199


genziali (viceprefetto aggiunto, viceprefetto e prefetto), a fronte di un’unica<br />

qualifica con due fasce (dunque di due trattamenti economici) per la<br />

dirigenza dell’Area I. La seconda era legata alla mancanza di un trattamento<br />

economico medio per i dirigenti di I fascia, cioè i dirigenti generali cui<br />

perequare i prefetti.<br />

Il solo punto di partenza certo era il trattamento minimo del viceprefetto<br />

aggiunto, che doveva essere perequato al trattamento minimo del<br />

dirigente di II fascia (stabilito, dal CCNL Area I – biennio economico<br />

2000-01 in 70 milioni lordi annui di fondamentale e 17 milioni di retribuzione<br />

di posizione41 , cui si possono aggiungere circa 3,5 milioni di retribuzione<br />

di risultato42 ). Su questo punto vi è stato da subito sostanziale<br />

accordo fra le parti negoziali.<br />

Per il trattamento economico del viceprefetto, in assenza di una qualifica<br />

intermedia fra la prima e la seconda fascia della dirigenza dell’Area I,<br />

si aprivano, in astratto, due possibilità: stabilire un compenso intermedio<br />

fra quello del viceprefetto aggiunto e quello del prefetto, come pareva in<br />

linea con la tradizionale posizione intermedia della figura e come proponevano<br />

le organizzazioni sindacali43 ; collegare lo stipendio del viceprefetto<br />

41 Trattasi della c.d. parte fissa, cioè della quota minima di retribuzione di posizione. La parte variabile, per<br />

i dirigenti di II fascia, ha un minimo pari a zero e un massimo di 65 milioni lordi annui, per un totale di 82<br />

milioni. All’interno di ciascuna amministrazione cui si applica il CCNL, però, fra la retribuzione di posizione<br />

minima e quella massima deve esserci un rapporto non inferiore a 1,4 né superiore a 3,5; inoltre la retribuzione<br />

della o delle posizioni intermedie deve essere collocata in modo proporzionato all’ interno delle retribuzioni<br />

massima e minima (v. articolo 4 del CCNL Area I – biennio economico 2000-01).<br />

In altre parole, a una retribuzione di posizione minima effettivamente pari a 17 milioni possono corrispondere<br />

retribuzioni massime che vanno dai 23,8 milioni (17x1,4) ai 59,5 milioni lordi annui (17x3,5). A una retribuzione<br />

massima che sia pari alla massima contrattuale, cioè a 82 milioni annui lordi, deve corrispondere una<br />

retribuzione minima non inferiore a 23,4 milioni (82/3,5), ma che può giungere fino a 58,5 milioni lordi<br />

(82/1,4). Come si vede vi è un ampio range di fasce retributive, tali che la misura massima di alcune amministrazioni<br />

può essere quasi pari alla minima di altre (è il caso degli enti parastatali, che pagano i migliori stipendi<br />

dirigenziali).<br />

42 La retribuzione di risultato – a norma dell’articolo 44, comma 4, del CCNL Area I 1998-01 – non può<br />

essere inferiore al 20% dell’intera retribuzione accessoria; ne consegue che una retribuzione di posizione pari a<br />

17 milioni postula una retribuzione di risultato, ove acquisita, di circa 3,5 milioni di lire.<br />

43 È da sottolineare che l’attribuzione del provvisorio emolumento di cui alla legge 334/1997 ai prefetti, in<br />

quanto dirigenti generali, aveva improvvisamente creato un forte distacco fra il loro trattamento economico e<br />

quello dei viceprefetti. Questa fascia professionale ne aveva risentito notevolmente in quanto la qualifica di viceprefetto,<br />

tradizionalmente, era vista come un punto d’arrivo prestigioso, sovente definitivo nella carriera di un<br />

funzionario (essendo la nomina a prefetto nelle scelte discrezionali del Governo nonché limitata dal ristretto<br />

numero dei posti disponibili). Si erano create, pertanto, delle aspettative di ricostruzione del vecchio rapporto<br />

fra le retribuzioni (pari a circa 75 su 100) che sono andate deluse con l’accordo 2000-01 il quale ha sì aumentato<br />

notevolmente lo stipendio dei viceprefetti, ma non ha sanato la lamentata divaricazione delle retribuzioni.<br />

1200<br />

TESI D’ESAME


Filippo ROMANO<br />

a quello del dirigente di II fascia, cioè del viceprefetto aggiunto, secondo i<br />

criteri del CCNL Area I44 . La seconda ipo<strong>tesi</strong> è apparsa più coerente alla<br />

posizione funzionale dei viceprefetti, i quali, nel sistema disegnato dal<br />

d.lgs. 139/2000, svolgono le stesse mansioni dei viceprefetti aggiunti (articolo<br />

14, comma 1) e ne sono differenziati soltanto per il quantum di funzione<br />

(la Tabella B allegata al decreto richiede la qualifica di viceprefetto<br />

per alcuni posti di funzione dalla particolare complessità, come il vicario e<br />

il coordinatore o il dirigente dell’area “ordine e sicurezza pubblica” degli<br />

uffici territoriali del Governo). L’equiparazione comunque alla II fascia è<br />

sembrata, altresì, maggiormente giustificata dal fatto che i viceprefetti<br />

erano inquadrati fra i dirigenti superiori, scomparsa qualifica della dirigenza<br />

statale che è confluita appunto, con il d.lgs. 29/1993, nella II fascia della<br />

nuova dirigenza insieme a quella dei primi dirigenti.<br />

Quanto al trattamento del prefetto, vi era il problema di individuare<br />

una misura media fra i dirigenti di I fascia incaricati di funzioni dirigenziali<br />

generali, stante la rilevanza – nel nuovo sistema contrattuale seguito<br />

alla privatizzazione della dirigenza generale (d.lgs. 80/1998) – della contrattazione<br />

individuale, del tutto assente per i prefetti e per gli altri funzionari<br />

prefettizi. La componente minima della retribuzione, non rimessa alla<br />

contrattazione individuale, è costruita dal CCNL in modo identico a<br />

quanto faceva la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 1°<br />

luglio 1999 (c.d. direttiva D’Alema), e consta di una componente stipendiale<br />

di base pari a lire 89.570.000, di una retribuzione di posizione pari a<br />

lire 43.640.000, e di una di risultato pari al 20% di quella di posizione,<br />

dunque a lire 8.728.000, per un totale di poco inferiore ai 142 milioni<br />

lordi annui. A questa somma deve aggiungersi la parte variabile della retribuzioni<br />

di posizione, con i conseguenti riflessi su quella di risultato: una<br />

44 Ciò che implicava la determinazione della somma fra lo stipendio base dei dirigenti e la retribuzione di<br />

posizione più alta possibile tenendo presente quella riconosciuta ai viceprefetti aggiunti. In altre parole, se la<br />

retribuzione minima del dirigente dell’Area I è pari a 90,5 milioni, di cui 70 di fondamentale e 20,5 di accessorio,<br />

e posto che si volesse riconoscere al viceprefetto aggiunto lo stesso trattamento minimo, quello del viceprefetto<br />

doveva corrispondere – al massimo – alla stessa componente stipendiale di base più l’accessorio moltiplicato<br />

per 3,5 , in ottemperanza al dettato dell’articolo 4 del CCNL Area I – biennio economico 2000-01;<br />

ne deriva un trattamento complessivo di 141,75 milioni (70 di stipendio base più 71,75 di accessorio).<br />

1201


ilevazione media, del tutto approssimativa dei trattamenti effettivamente<br />

in godimento ai dirigenti di I fascia porta a individuare una somma di circa<br />

200 milioni di lire come trattamento economico annuo lordo.<br />

Ciò premesso, le retribuzioni complessive delle tre qualifiche della<br />

carriera avrebbero dovuto attestarsi sui seguenti valori annui lordi medi<br />

(dovendo poi essere differenziate, per ciascuna qualifica, le componenti<br />

legate alla posizione e al risultato): 90 milioni di lire per i viceprefetti<br />

aggiunti; 140 milioni per i viceprefetti e 200 milioni per i prefetti.<br />

Le risorse assegnate allo scopo dalle leggi finanziarie non si sono<br />

rivelate sufficienti. Soltanto per i prefetti, in ragione del ristretto numero e<br />

per evitare che alcuni fra i meglio pagati potessero subire addirittura una<br />

diminuzione del trattamento economico, si è giunti alla definizione di una<br />

retribuzione complessiva pari a circa 206 milioni annui lordi. Per i viceprefetti<br />

aggiunti e per i viceprefetti l’accordo negoziale ha stabilito retribuzioni<br />

medie pari, rispettivamente, a circa 84 e 120 milioni di lire, cui, per<br />

i viceprefetti con anzianità nella qualifica già maturata al 17 giugno 2000,<br />

si aggiunge la c.d. r.i.a., spettante anche ai prefetti45 .<br />

Più esattamente, le retribuzioni determinate dall’accordo 2000-01<br />

sono descritte nella seguente tabella di comparazione fra i vecchi e i nuovi<br />

trattamenti economici:<br />

Qualifica<br />

Prefetto<br />

45 La retribuzione individuale di anzianità, prevista dall’articolo 19 dell’accordo negoziale 2000-01, e<br />

corrispondente a un assegno vitalizio non riassorbibile né rivalutabile di valore pari agli aumenti biennali<br />

in godimento (le classi e gli scatti di anzianità riconosciute ai primi dirigenti e ai dirigenti superiori sotto<br />

il previgente sistema).<br />

46 Tutti i valori sono arrotondati ed espressi in migliaia di lire.<br />

47 Il trattamento accessorio previgente era dato dalla somma dell’indennità di pubblica sicurezza e dall’ammontare<br />

mediamente percepito per la prestazione di lavoro straordinario.<br />

48 La media è ponderata tenendo presente il numero dei percettori effettivi di retribuzioni in misura minima<br />

o in misura massima per ogni qualifica, ferma restando l’individuazione delle posizioni funzionali posta<br />

a base dell’accordo negoziale. Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 14 dell’accordo 2000-01, la negoziazione<br />

integrativa di ministero può modificare i valori delle retribuzioni di posizione e di risultato nei limiti delle<br />

disponibilità di bilancio e ferme restando le fasce minima del viceprefetto aggiunto e massima del prefetto.<br />

1202<br />

Vecchia<br />

qualifica<br />

Prefetto<br />

di I classe<br />

Prefetto<br />

Vecchio t.e. annuo lordo 46<br />

fondam. access. 47 totale<br />

Nuovo t.e.<br />

annuo lordo<br />

Nuovo t.e.<br />

mensile netto<br />

Max: 217.000<br />

Max: 9.700<br />

Min: 198.400<br />

Min: 8.930<br />

Med: 48 121.172 47.662 168.834<br />

106.350 42.747 149.097 206.000<br />

% di Parametro<br />

aumento<br />

medio lordo<br />

23%<br />

40%<br />

100<br />

TESI D’ESAME


Filippo ROMANO<br />

Qualifica Vecchia<br />

qualifica<br />

Vice<br />

prefetto<br />

Vice<br />

prefetto<br />

aggiunto<br />

Vice prefetto<br />

Vice prefetto<br />

ispettore<br />

Vice prefetto<br />

ispettore<br />

aggiunto<br />

Direttore<br />

di sezione<br />

Consigliere<br />

di prefettura<br />

Vice<br />

consigliere<br />

di prefettura<br />

Vecchio t.e. annuo lordo 46<br />

fondam. access. 47 totale<br />

70.339 26.815 97.154<br />

28%<br />

Max: 124.500<br />

Max: 6.000<br />

Min: 116.000<br />

Min: 5.600<br />

56.982 22.209 79.191<br />

Med: 120.000<br />

57%<br />

40.853 13.874 54.727<br />

35.473 12.508 47.981<br />

Nuovo t.e.<br />

annuo<br />

lordo<br />

Nuovo t.e.<br />

mensile<br />

netto<br />

In conclusione, si può dire che l’obiettivo della “eliminazione di<br />

ogni sperequazione” fra la dirigenza prefettizia e quella ministeriale contrattualizzata<br />

posto dall’articolo 10 della legge 266/1999 non è stato pienamente<br />

raggiunto. Per l’ulteriore, necessario adeguamento non resta che<br />

provvedere con il successivo accordo negoziale, quello per il biennio economico<br />

2002-03. Si è comunque raggiunto il risultato di una sostanziale<br />

equiparazione della carriera alla dirigenza anche sotto il profilo giuridico ed<br />

economico49 , oltre che sotto quello delle funzioni, dirigenziali prima nei<br />

fatti e poi, con il d.lgs. 139/2000, nella lettera della legge.<br />

58%<br />

37.771 13.122 50.893<br />

70%<br />

Max: 96.200<br />

Max: 4.700<br />

Min: 83.100<br />

Min: 4.200<br />

Med: 83.700<br />

37.185 13.062 50.247<br />

73%<br />

% di Parametro<br />

aumento<br />

medio lordo<br />

49 Fra gli istituti attinenti ai profili economici rientra anche la copertura assicurativa che l’amministrazione<br />

deve apprestare ai funzionari prefettizi a norma dell’articolo 22, comma 3 del decreto legislativo 19<br />

maggio 2000, n. 139. L’articolo 15 dell’accordo negoziale individua alcuni criteri cui l’amministrazione si<br />

dovrà attenere nel procedere all’apposita gara d’appalto fra le compagnie assicuratrici:<br />

1) totale copertura a garanzia della responsabilità civile, contabile, amministrativa e/o erariale, inerenti<br />

le attività connesse a compiti istituzionali, derivante ai funzionari della carriera prefettizia per le perdite<br />

patrimoniali e/o danni involontariamente cagionati a terzi, ivi compresa l’amministrazione dell’interno;<br />

2) estensione della copertura anche alle ulteriori attività che possono essere svolte dai predetti funzionari<br />

connesse ad incarichi direttamente o indirettamente riferibili a compiti e doveri d’ufficio;<br />

3) copertura degli oneri di patrocinio legale;<br />

4) retroattività e ultrattività della copertura assicurativa;<br />

5) previsione della possibilità per il dirigente di aumentare i massimali e “area dei rischi” coperta con il<br />

versamento di una quota individuale aggiuntiva.<br />

81%<br />

60<br />

41<br />

1203


APPENDICE A: schede di comparazione con i dicasteri dell’interno<br />

di Francia, Spagna, Regno Unito e Germania<br />

(fonti: dossier del servizio biblioteca della Camera dei Deputati, giugno<br />

1999 e sito internet del Governo francese)<br />

SCHEDA 1: REPUBBLICA FRANCESE<br />

Denominazione: MINISTERE DE L’INTERIEUR<br />

Competenze:<br />

Le cinque missioni essenziali del ministero sono riassumibili nelle due<br />

seguenti direttrici fondamentali:<br />

1) amministrazione del territorio:<br />

assicurazione della rappresentanza e della permanenza dello<br />

Stato sul territorio nazionale;<br />

garanzia dell’integrità delle istituzioni pubbliche;<br />

garanzia del rispetto delle libertà locali e delle autonomie delle<br />

collettività territoriali nel quadro del decentramento;<br />

2) garanzia della sicurezza dei cittadini e dei loro beni:<br />

elaborare e attuare le regole di garanzia dell’esercizio delle libertà<br />

pubbliche da parte dei cittadini, con particolare riferimento ai diritti<br />

di elettorato;<br />

protezione della popolazione contro i rischi e i conflitti di qualsiasi<br />

natura.<br />

Organizzazione:<br />

Le suelencate funzioni sono perseguite da una macchina organizzativa<br />

complessa, articolata in uffici di diretta collaborazione con il Ministro,<br />

direzioni generali, direzioni specializzate, e in una rete periferica di prefetture<br />

regionali, prefetture (dipartimentali) e sotto-prefetture, nonché<br />

mediante l’impiego della polizia nazionale e della sécurité civile.<br />

1204<br />

TESI D’ESAME


Filippo ROMANO<br />

Uffici di diretta collaborazione con il Ministro:<br />

l'inspection générale de l'administration<br />

l'institut des hautes études de la sécurité intérieure<br />

le service de l'information et des relations publiques<br />

le centre d’études et de prévision<br />

la délégation aux affaires internationales<br />

le bureau du cabinet<br />

le bureau chiffre et sécurité<br />

la mission des archives nationales<br />

le contrôleur financier<br />

Direzioni generali<br />

o la direction générale de l'administration<br />

o la Direction générale des collectivités locales<br />

o la direction générale de la police nationale<br />

Direzioni specializzate<br />

o la Direction des libertés publiques et des affaires juridiques<br />

o la Direction de la défense et de la sécurité civiles<br />

o la Direction de la programmation, des affaires financières et<br />

immobilières<br />

o la Direction des transmissions et de l'informatique<br />

SCHEDA 2: REGNO DI SPAGNA<br />

Denominazione: MINISTERIO DEL INTERIOR<br />

Competenze:<br />

sicurezza dei cittadini e coordinamento delle forze di polizia e di<br />

pubblica sicurezza;<br />

polizia privata;<br />

1205


protezione civile;<br />

circolazione e sicurezza stradale;<br />

le elezioni;<br />

stranieri e diritto d’asilo;<br />

istituti penitenziari;<br />

aggiornamento ed esecuzione del piano nazionale sulle droghe.<br />

Organizzazione:<br />

Segreteria di Stato per la sicurezza, con al suo interno:<br />

Direzione generale della Polizia;<br />

Direzione generale della Guardia Civile;<br />

Direzione generale per l’amministrazione della sicurezza.<br />

Sottosegreteria dell’Interno, dalla quale dipendono:<br />

Segreteria generale tecnica;<br />

Direzione generale per la politica interna;<br />

Direzione generale della protezione civile;<br />

Direzione generale del traffico.<br />

Sottosegreteria per il piano nazionale sulle droghe;<br />

Direzione generale per gli istituti penitenziari.<br />

N.B.: la rete periferica del Governo, costituita dalle Delegaciones<br />

generales non fa più capo al Ministerio del Interior bensì, dopo le ultime<br />

riforme, al Ministerio de la publica administracion. Le Delegaciones generales<br />

sono presenti in ogni comunità autonoma (=regione), sono dirette da un<br />

delegado general, funzionario di estrazione varia, e si articolano in subdelegaciones,<br />

a livello provinciale (dirette da un subdelegado).<br />

1206<br />

TESI D’ESAME


Filippo ROMANO<br />

SCHEDA 3: REGNO UNITO<br />

Denominazione: HOME OFFICE<br />

Competenze:<br />

affari interni, pubblica sicurezza e servizi di polizia;<br />

immigrazione, cittadinanza, passaporti;<br />

servizi penitenziari ed estradizione;<br />

servizi di protezione civile e antincendi;<br />

politiche e programmi relativi ad autorizzazioni e licenze al commercio<br />

al dettaglio, agli alcolici, alle sale cinematografiche e teatrali,<br />

al gioco, alla commercializzazione di sostanze pericolose o velenose,<br />

agli esperimenti scientifici su animali ed ai servizi mortuari;<br />

competenze amministrative in materia elettorale.<br />

Organizzazione:<br />

Central Secretariat;<br />

Prison Service Monitoring Unit;<br />

HM Inspectorate of Prison;<br />

Communication Directorate;<br />

Constitutional and Community policy Directorate;<br />

Corporate Resources Directorate;<br />

Criminal Policy Directorate;<br />

Fire and Emergency Planning Directorate;<br />

Immigration and Nationality Directorate;<br />

Organized and International Crime Directorate;<br />

Planning and Finance Directorate;<br />

Police Policy Directorate;<br />

Police information Technology Organisation;<br />

Research and Statistics Directorate;<br />

Legal Adviser’s Brunch.<br />

1207


Executive Agencies:<br />

Fire Service College;<br />

Forensic Science Service;<br />

Prison Service;<br />

UK Passport Agency.<br />

SCHEDA 4: REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA<br />

Denominazione: BUNDESMINISTERIUM DES INNERN<br />

Competenze:<br />

affari e ordinamento interno, sicurezza e servizi di polizia;<br />

stranieri, diritto d’asilo e sostegno delle minoranze tedesche;<br />

organizzazione amministrativa, comuni, protezione civile, servizi<br />

statistici;<br />

polizia di confine;<br />

questioni europee;<br />

sport.<br />

Organizzazione:<br />

Il Ministero è organizzato in Direzioni, Sottodirezioni e Sezioni accorpate<br />

omogeneamente secondo le seguenti diverse aree di competenza:<br />

Direzione centrale;<br />

Questioni di politica interna e sport;<br />

Affari giuridici ed europei;<br />

Polizia;<br />

Amministrazione, affari comunali, protezione civile, protocollo<br />

e statistiche;<br />

Aiuti alle minoranze di lingua tedesca;<br />

Stranieri e asilo;<br />

Difesa confini federali;<br />

1208<br />

TESI D’ESAME


Filippo ROMANO<br />

Sicurezza interna.<br />

Alle dirette dipendenze del Bundesministerium des Innern lavorano<br />

numerosi uffici federali, fra cui:<br />

l’Archivio federale (Bundesarchiv);<br />

l’Istituto federale per le discipline sportive (Bundesinstitut fur<br />

Sportwissenschaft);<br />

l’Ufficio criminale federale (Bundeskriminalamt);<br />

l’Istituto Statistico tedesco (Statistisches Bundesamt).<br />

1209

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