cospirazioni, economia e società - biblioteca telematica
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dalla quale sventolava il tricolore, e da Girolamo Spagnolo. Ad allontanarsi saranno anche il Grillo ed il<br />
Calfapetra.<br />
Intanto a Gioiosa il giudice Giuseppe Parandelli, che nel ‘46 aveva perseguitato il giovane Verduci<br />
assieme ad alcuni suoi gregari, avuta la notizia dell’arrivo del suo nemico personale, la sera del quattro<br />
convocò il sindaco di Gioiosa Raffaele Macrì, il capurbano Domenico Ajossa e il barone Ludovico Linares ai<br />
quali espose le sue ansie, scongiurandoli di armarsi contro i rivoltosi. La stessa convocazione ricevettero<br />
anche i rappresentanti delle famiglie Pellicano Hyeraci e Correale i quali risposero che non era il caso di<br />
andare incontro ad inutili spargimenti di sangue, dato il numero elevato dei rivoltosi. Parandelli sentendosi<br />
perduto, affidata la reggenza al supplente Macrì, ripara presso il palazzo del sacerdote Luigi Pellicano che si<br />
ergeva in un punto strategico. La posizione neutrale delle famiglie emergenti di Gioiosa era anche dovuta a<br />
vecchi rancori; inoltre contro i circa 700 insorti 180 poteva scaturire una lotta da cui sicuramente avrebbero<br />
avuto la peggio.<br />
Padron Rosetti con la sua barca raggiunse Roccella dove si ferma per richiamare l’attenzione del<br />
Mazzone. La formazione di una squadra di circa sessanta elementi veniva mantenuta con 400 ducati sottratti al ricevitore<br />
del fondaco di sali e tabacchi. Quindi, all’alba del 5 partiranno per incontrarsi nella Marina di Gerace con l’altro<br />
gruppo proveniente da Ardore.<br />
Nella stessa giornata l’intendente di Reggio scriveva al reggente la Sottintendenza di Gerace che<br />
conveniva «prendere all’oggetto pronte ed energiche misure onde reprimere l’audacia dei sediziosi, e far che<br />
tutto ritorni all’ordine (...) [poiché] l’arrivo di Reali Truppe, e di due fregate a Vapore, che basterebbero a<br />
mettere nel nulla ogni paese, che tentasse ribellarsi contro il real Governo» 181 .<br />
Il sei settembre, di buon mattino i rivoltosi si avviavano verso Siderno (Superiore). Il giudice<br />
Giuseppe Luvarà l’otto ottobre successivo scriverà una lunga lettera al Nunziante per spiegare la condotta<br />
tenuta quando arrivarono i rivoluzionari; raccontando «la vera storia de’ fatti relativi alle emergenze<br />
politiche e debbo meritare la sua credenza per duplice ragione. 1° perché sono un impiegato pubblico. 2°<br />
perché son gentiluomo ed i documenti della nobiltà della mia famiglia nel 1843 furono esaminati e discussi<br />
in Napoli da quella Commissione de’ nobili, ad oggetto di esser ammesso nella Guardia del Corpo, D.<br />
Carmine Luvarà Capitano di artiglieria, il quale fu educato nel collegio della Annunziatella» 182 . Luvarà<br />
affermava che intorno alle 22 del quattro settembre transitò per la Marina di Siderno Giovanni Rosetti a<br />
bordo della sua barca con la bandiera tricolore e «a voce alta profferiva le parole sediziose: «Viva il Papa,<br />
viva l’Italia, viva la Costituzione» 183 . Il giudice convocò a palazzo Falletti il sindaco, i decurioni, l’arciprete, i<br />
parroci, gli impiegati comunali e i gentiluomini del paese per prendere le determinazioni. Il consigliere<br />
provinciale Giambattista Correale affermava che «i rivoltosi erano uomini determinati (...) e per le notizie<br />
che erano al di la di 500 individui armati alla brigantesca la mancanza della miglior parte della forza urbana;<br />
la situazione topografica del paese che non è su di un’altura da potere difendere: che la maggior parte del<br />
popolo era disperso per la campagna per la cura e la custodia della frutta, e che resistendo vi sarebbe stato un<br />
conflitto con spargimento di sangue senza ottenere lo scopo, conchiuse egli per tali ragioni, per la non<br />
resistenza. Tutti gli altri si uniformarono al di lui pensiere» 184 .<br />
Verduci fece leggere al sindaco il proclama costituzionale. Poi invitò il Bonafede a scrivere al<br />
vescovo Perrone alfine di esortare i geracesi a desistere dall’offensiva e accogliere i rivoluzionari al grido di<br />
Viva Pio IX. Ma alla lettera a Gerace non si diede peso e il latore venne messo in carcere. Lo stesso Bonafede<br />
nel raccontare gli eventi considerava esagerata la presa di posizione del potentato geracese, incapace di<br />
comprendere la volontà di non spargere sangue da parte dei rivoltosi 185 .<br />
Una minuta rintracciata presso l’Archivio di Stato di Reggio Calabria, datata 6 settembre 1847, vale<br />
a farci capire l’apprensione dell’intendente verso i rivolgimenti che si andavano a delineare all’orizzonte. Il<br />
documento è vergato con un non comune nervosismo; molte sono le cancellature. È evidente lo stato di<br />
confusione anche fra l’intellighenzia determinata dal fatto che «il comune di Bianco si è rivoltato<br />
sequestrando il Sottintendente di Gerace, ed il comandante di Gendarmeria» 186 .<br />
Per il mantenimento della truppa, Ruffo, Bello e Mazzone, intanto, a Siderno sequestravano 40 ducati e 20 grana al<br />
ricevitore Michele Faletti che era addetto alla cassa per la sovrimposta sull’olio a favore della costruzione della strada di S. Jejunio;<br />
mentre l’esattore comunale Giuseppe Raffaele De Leonardis fu costretto ad andare per le case a chiedere ai proprietari una somma<br />
in proporzione ai loro beni, accompagnato da alcuni armati 187 . Anche furono affisse le ordinanze per lo sgravio delle tasse. I rivoltosi<br />
rimasero a Siderno, dopodiché a suon di tamburo si avviarono verso Gioiosa. Ad attenderli nei pressi dell’abitato vi è un gruppo di<br />
guardie urbane che salutano la bandiera tricolore. Il Sottintendente viene fatto alloggiare nella casa di Giuseppe Amaduri. Nel<br />
palazzo municipale «per la quarta volta si ripetono gli atti e le cerimonie dei luoghi già visitati: lettura del proclama costituzionale,<br />
fatta dal cancelliere del comune, affissione dell’ordinanza su le gabelle, rottura dei stemmi reali, obbligo ai rivenditori di scemare i<br />
prezzi del sale e del tabacco» 188 ; dopo aver consumato, “alla militare” pane e formaggio a cui partecipa anche il capo urbano di