Le scuole del pensiero economico. Dagli economisti classici ... - Cisl
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Corso ECONOMIA, FINANZA e POLITICHE FISCALI<br />
1° Modulo<br />
PROGRAMMA FORMATIVO<br />
28 – 30 Settembre 2010<br />
Centro Studi Nazionale <strong>Cisl</strong><br />
Firenze<br />
<strong>Le</strong> <strong>scuole</strong> <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> <strong>economico</strong>. <strong>Dagli</strong> <strong>economisti</strong><br />
<strong>classici</strong> alle moderne teorie <strong>del</strong>la crescita.<br />
© prof. Bruno Soro<br />
Facoltà di Giurisprudenza - Università degli Studi di Genova
Per iniziare …<br />
“… presto o tardi sono le idee, non gli interessi<br />
costituiti, che sono pericolose sia in bene che in male.”<br />
John Maynard Keynes
Non pretendere<br />
l’impossibile<br />
Mi scuserete quindi se, per<br />
dirla con le parole di<br />
Keynes,<br />
Premessa: non eccedere nella semplificazione<br />
Non sono uno storico <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> <strong>economico</strong>. Insegno<br />
Politica economica, la disciplina che studia l’opportunità e il<br />
merito <strong>del</strong>l’intervento pubblico nel sistema <strong>economico</strong>, e<br />
sono un cultore <strong>del</strong>l’Economia <strong>del</strong>la crescita e <strong>del</strong>lo sviluppo<br />
<strong>economico</strong>.<br />
So poco di Economia finanziaria, di Banche e Casinò, mi<br />
interesso maggiormente <strong>del</strong> comportamento dei sistemi<br />
economici reali.<br />
La scelta di esporre l’evoluzione <strong>del</strong>le idee degli<br />
<strong>economisti</strong> a partire dai problemi che essi si ripromettevano<br />
di affrontare risente di questi limiti.<br />
“Dirò troppo per l’inesperto, troppo poco per l’esperto. Benché<br />
nessuno ci creda, infatti, l’economia è materia tecnica e<br />
difficile. Sta perfino diventando una scienza.”<br />
John Maynard Keynes, La Grande Depressione <strong>del</strong> 1930, in<br />
Esortazioni e profezie, Garzanti, Milano 1968
Cultura e linguaggio<br />
La cultura esiste anche negli animali, ma<br />
nell’uomo è sviluppata in un grado estremamente<br />
elevato, grazie al linguaggio.”<br />
L.L. Cavalli Sforza, L’evoluzione <strong>del</strong>la cultura,<br />
Codice edizioni, Torino 2004<br />
Gli <strong>economisti</strong>, al pari dei cultori di altre discipline, hanno elaborato un proprio linguaggio fatto<br />
di concetti e di relazioni tra gli stessi.<br />
Semplificando moIto possiamo distinguere due diverse forme di linguaggio:<br />
il linguaggio di «comunicazione».<br />
e il linguaggio di «elaborazione».<br />
Elaborare una teoria significa ordinare<br />
i fatti in base ad uno schema logico a<br />
partire da una certa visione <strong>del</strong> mondo<br />
e da un certo numero di ipotesi.<br />
Strumento di base <strong>del</strong>la «cultura umanistica»,<br />
questa forma di linguaggio consente di<br />
formulare e registrare informazioni (fatti,<br />
opinioni, idee), nonché di scambiarle con altri<br />
Strumento<br />
La divulgazione<br />
di base <strong>del</strong>la<br />
e la<br />
«cultura<br />
didattica<br />
soggetti.<br />
scientifica»,<br />
questa sono forma tentativi di linguaggio di tradurre fa uso un di simboli e<br />
di regole linguaggio di manipolazione di elaborazione logica in e consente di<br />
rendere quello manifesta di comunicazione, una conclusione allo<br />
(verificabile) a partire da certi assunti.<br />
scopo di favorire e agevolare<br />
l’accettazione <strong>del</strong> linguaggio<br />
scientifico da parte di chi ancora<br />
non lo possiede. [C. Bernardini,<br />
2007]<br />
Costruire un mo<strong>del</strong>lo significa<br />
formalizzare una teoria<br />
utilizzando il linguaggio di<br />
elaborazione.
La nostra mente percepisce con maggiore<br />
facilità la dimensione spaziale rispetto<br />
a quella temporale, perché ci sembra<br />
di riuscire a dominarla meglio.<br />
«Spazio» e «tempo» sono importanti nella<br />
valutazione degli eventi: noi percepiamo<br />
una dimensione alla volta (tenendo ferma<br />
l’altra) e riusciamo a cogliere certi<br />
fenomeni solo se ci poniamo dal punto di<br />
vista di un osservatore che sta ad una<br />
certa distanza e si allontana man mano da<br />
essi.<br />
Spazio e tempo<br />
Domanda: quanto dista<br />
Firenze da Roma?<br />
Esempio: la rotondità <strong>del</strong>la<br />
terra.<br />
Mentre ci si allontana la terra<br />
gira e ci sfugge la dimensione<br />
temporale!
Spazio<br />
L’evoluzione culturale<br />
Evoluzione culturale<br />
Quando prendiamo in considerazione un evento, la<br />
condizione iniziale esprime, in qualsiasi istante nel<br />
tempo, l’inventario <strong>del</strong>le circostanze concomitanti<br />
l’evento stesso.<br />
Quando si elabora una teoria si isolano gli effetti<br />
che si ritengono rilevanti tra quelli che<br />
concorrono a determinare l’evento.<br />
Tempo<br />
Fonte: M. Piattelli Palmarini, I linguaggi <strong>del</strong>la scienza, Mondadori, Milano, 2003
315.360.000 31.536.000 525.600 8.760 365 12 4 1 100 1.000<br />
Decimi di secondo Secondi Minuti Ore Giorno<br />
Mese<br />
Trimestre Anno Secolo Millennio<br />
Attività sportive<br />
La scala temporale<br />
… ma<br />
Decenni<br />
i<br />
Ore<br />
decimi<br />
ee giorni secoli<br />
di secondo<br />
sono le<br />
sono<br />
le unità<br />
l’unità<br />
di di misura<br />
di misura<br />
prevalenti<br />
rilevante<br />
in per Meteorologia<br />
per<br />
la<br />
la<br />
Climatologia<br />
formula uno!<br />
Poniamo che l’anno sia l’unità di misura temporale<br />
Meteorologia<br />
Economia dei mercati finanziari<br />
Microeconomia<br />
Macroeconomia<br />
Climatologia<br />
Analogamente, quando muta la scala temporale di riferimento cambia la branca <strong>del</strong>l’Economia che<br />
si occupa di studiare i vari fenomeni!<br />
Teorie <strong>del</strong>la crescita economica<br />
Teorie <strong>del</strong>lo sviluppo <strong>economico</strong><br />
Minuti e ore sono le unità di misura prevalenti sui mercati finanziari<br />
Decenni e i secoli sono le unità di misura prevalenti per le Teorie <strong>del</strong>lo sviluppo <strong>economico</strong><br />
Anni e decenni sono le unità di misura prevalenti nelle Teorie <strong>del</strong>la crescita<br />
Giorni, mesi e anni sono le unità di misura prevalenti per la Micro e la Macroeconomia
Che cosa abbiamo imparato<br />
• L’importanza <strong>del</strong> linguaggio<br />
• Che cos’è una teoria e che cos’è un mo<strong>del</strong>lo<br />
• Che nell’elaborazione di una teoria non si può cogliere tutta la<br />
realtà<br />
• Che vi sono molte teorie in relazione alla scala temporale utilizzata<br />
Come ci ricorda ancora il genetista L.L. Cavalli Sforza<br />
in “L’evoluzione <strong>del</strong>la cultura”,<br />
“… non si può mai dire se una teoria è vera, ma si può<br />
solo dimostrare se è falsa – fino a quel momento non<br />
diciamo che una teoria è vera, ma utile.”
Di cosa parleremo<br />
Alle origini <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> <strong>economico</strong>: dai Classici a Keynes<br />
Da Keynes alle moderne teorie <strong>del</strong>la crescita
12000,00<br />
10000,00<br />
8000,00<br />
6000,00<br />
4000,00<br />
2000,00<br />
0,00<br />
Ambientiamoci nel tempo<br />
2000 = 6 md<br />
2010 = 6,7 md<br />
1974 = 4 md<br />
Gli storici ci rammentano che qualcosa di simile è già<br />
accaduto circa 10-11 mila anni fa all’epoca <strong>del</strong>la<br />
Rivoluzione Agricola. Secondo Carlo Maria Cipolla<br />
1902 =<br />
(1922-2000)<br />
2 md<br />
l’evoluzione demografica è legata alla<br />
capacità <strong>del</strong>l’uomo di controllare l’uso <strong>del</strong>le fonti di<br />
energia: con la Rivoluzione Industriale l’uomo ha<br />
sostituito l’energia fornita dal cavallo con quella <strong>del</strong><br />
1804 = 1 md<br />
cavallo a vapore!<br />
1750: ha inizio la Rivoluzione Industriale<br />
2050 = 11 md<br />
0 100 200 300 400 500 600 700 800 900 1000 1100 1200 1300 1400 1500 1600 1700 1800 1900 2000 2100 2200<br />
Fonte: M. Livi Bacci, Banca mondiale
Dai Classici a Keynes<br />
L’economia classica<br />
(dal 1750 al 1850 circa)<br />
Nasce come tentativo di comprendere le modificazioni economiche e sociali indotte<br />
dalla Rivoluzione Industriale.<br />
Ne sono principali interpreti A. Smith (1723-1790),<br />
D. Ricardo (1772-1823), R. Malthus (1766-1834), J.B. Say (1767-1832), J.S. Mill (1806-1873),<br />
K. Marx (1818-1883), J.Schumpeter (1933-1959).<br />
La rivoluzione «marginalista»<br />
(dal 1850 circa al 1936)<br />
Introduce nelle discipline economiche<br />
il paradigma <strong>del</strong>la fisica e <strong>del</strong> calcolo marginale.<br />
Pone l’accento sul momento <strong>del</strong>lo scambio<br />
ed è alla base <strong>del</strong>la moderna «Microeconomia».<br />
Ne sono principali interpreti: L. Walras (1834-1910),<br />
V. Pareto (1848-1923), A. Marshall (1842-1924)<br />
Dalla rivoluzione marginalista<br />
nasce l’economia cosiddetta<br />
neoclassica. Essa non prevede le<br />
crisi: il sistema <strong>economico</strong> possiede<br />
meccanismi spontanei di<br />
aggiustamento che lo conducono<br />
verso la piena occupazione.<br />
Il monetarismo e la<br />
Nuova macroeconomia classica<br />
(dal 1970 )<br />
Questa scuola di <strong>pensiero</strong> nega<br />
ogni forma di intervento da parte<br />
<strong>del</strong>lo stato<br />
Ne sono principali interpreti:<br />
M. Friedman (1912-2006) e la Scuola<br />
di Chicago<br />
La teoria quantitativa <strong>del</strong>la moneta<br />
(dal 1911 circa al 1930 circa)<br />
Pone l’accento sul ruolo <strong>del</strong>la moneta<br />
e i suoi riflessi che questa ha sull’inflazione.<br />
Ne sono principali interpreti:<br />
I. Fischer (1867-1947) e K. Wicksell (1851-1926)<br />
La rivoluzione keynesiana<br />
(dal 1936 al 1970 circa)<br />
Pone l’accento sul momento <strong>del</strong>la<br />
produzione anziché su quello <strong>del</strong>lo<br />
scambio<br />
Ne sono principali interpreti:<br />
J.M. Keynes (1883-1946),<br />
R. Harrod (1900–1978 ),<br />
N. Kaldor (1905-1986)<br />
Nell’economia keynesiana le crisi sono<br />
endemiche al sistema <strong>economico</strong>:<br />
poiché la domanda effettiva è inferiore alla capacità<br />
produttiva si genera disoccupazione involontaria, per<br />
contrastare la quale occorrono misure<br />
di politica economica. Questo approccio è alla base <strong>del</strong>la<br />
moderna «Macroeconomia»
La nascita <strong>del</strong>l’Economia <strong>del</strong>la crescita e <strong>del</strong>l’Economia <strong>del</strong>lo sviluppo<br />
L’Economia <strong>del</strong>la crescita trae la sua origine dal<br />
tentativo di Sir Roy Harrod di trasporre dinamicamente<br />
la Teoria Generale di Keynes (1936).<br />
L’Economia «keynesiana» ha innovato il linguaggio e gli strumenti <strong>del</strong>la moderna<br />
macroeconomia. <strong>Le</strong> istituzioni internazionali come la Banca Mondiale, il Fondo<br />
Monetario Internazionale sono nate con gli «Accordi di Bretton Woods» <strong>del</strong> 1944,<br />
accordi dei quali John Maynard Keynes è stato uno dei principali artefici.<br />
Il concetto di «crescita economica» nasce con i mo<strong>del</strong>li<br />
elaborati da Harrod e Domar, due <strong>economisti</strong> keynesiani<br />
considerati i fondatori <strong>del</strong>le moderne teorie <strong>del</strong>la<br />
crescita.<br />
L’Economia <strong>del</strong>lo sviluppo nasce invece come<br />
disciplina autonoma alla fine <strong>del</strong> secondo<br />
conflitto mondiale.<br />
La sensibilità per i problemi <strong>del</strong>lo «sviluppo<br />
<strong>economico</strong>», e con essa l’Economia <strong>del</strong>lo<br />
sviluppo, trova invece spazio nei primi studi<br />
<strong>del</strong>le organizzazioni internazionali (BM, FMI)<br />
nell’immediato secondo dopoguerra. Da quegli<br />
studi sono emerse le profonde disparità<br />
economiche e sociali seguite al crollo degli<br />
Imperi.<br />
Fonte: F. Volpi, <strong>Le</strong>zioni di economia <strong>del</strong>lo sviluppo, Angeli, Milano 2003
Sette Premi Nobel per la crescita e lo sviluppo <strong>economico</strong><br />
1969, IAN TINBERGEN (1903-1994) e RAGNAR FRISH (1895-1973): “Per aver sviluppato e applicato<br />
mo<strong>del</strong>li dinamici nell’analisi <strong>del</strong> processo <strong>economico</strong>”.<br />
1971, SIMON KUZNETS (1901-1985): “Per la sua analisi empirica <strong>del</strong>la crescita economica statica<br />
e dinamica e per i suoi contributi ad accrescere il livello <strong>del</strong>l’analisi nella scienza economica”.<br />
1974, GUNNAR MYRDALL (1898-1987) e FRIEDRICH Von HAYEK (1899-1992): “Per i loro lavori<br />
riguardanti la teoria <strong>del</strong>la moneta e per le fluttuazioni economiche e per le loro analisi <strong>del</strong>le<br />
interdipendenze di fenomeni economici, sociali e istituzionali”.<br />
1979, Sir WILLIAM LEWIS (1915-1991) e THEDORE SCHULTZ (1902-1998): “Per le loro ricerche sullo<br />
sviluppo <strong>economico</strong> ai problemi dei paesi in via di sviluppo”.<br />
1987, ROBERT SOLOW (1924): “Per i suoi contributi alla teoria <strong>del</strong>la crescita economica”.<br />
1993, ROBERT FOGEL (1926) e DOUGLAS NORTH (1920): “Per aver innovato la ricerca nella storia<br />
economica applicandovi teoria economica e metodi quantitativi al fine di spiegare i cambiamenti<br />
economici ed istituzionali”.<br />
1998, AMARTYA SEN (1933): “Per i suoi contributi all’economia <strong>del</strong> benessere”.<br />
Fonte: http://nobelprize.org/nobel_prizes/economics/laureates/
«Crescita» e «sviluppo» non sono sinonimi<br />
La crescita attiene agli aspetti quantitativi <strong>del</strong> sistema<br />
<strong>economico</strong>. In termini assoluti, è misurata<br />
dall’incremento <strong>del</strong> PIL da un periodo all’altro, in termini<br />
relativi dal tasso percentuale di crescita <strong>del</strong> PIL<br />
<strong>Le</strong> teorie <strong>del</strong>la crescita cercano di spiegare le<br />
differenze esistenti tra i tassi di crescita <strong>del</strong><br />
PIL pro capite. Tali differenze sono all’origine degli<br />
avvicendamenti all’interno <strong>del</strong>le graduatorie<br />
Lo sviluppo <strong>economico</strong> non è riconducibile alla sola dimensione quantitativa.<br />
I grandi temi <strong>del</strong>lo sviluppo <strong>economico</strong> sono:<br />
•l’evoluzione demografica<br />
•la lotta alla povertà estrema<br />
•lo «sviluppo sostenibile» e gli effetti<br />
<strong>del</strong>l’antropizzazione<br />
In valore assoluto il PIL indica la potenza<br />
economica di una economia. I confronti tra<br />
paesi sono però viziati da un errore di<br />
dimensione, per ovviare il quale occorre fare<br />
riferimento ad una misura di densità.<br />
L’indicatore utilizzato nei confronti internazionali<br />
è il PIL (o reddito) pro capite. Esso indica la<br />
capacità di spesa media di un abitante <strong>del</strong><br />
sistema <strong>economico</strong> considerato.<br />
Il PIL pro capite fornisce la posizione dei singoli<br />
paesi all’interno <strong>del</strong>le graduatorie, ma le posizioni<br />
mutano in relazione alle differenze tra i tassi di<br />
crescita <strong>del</strong> PIL pro capite<br />
In termini generali, esso consiste nel contestuale ampliamento <strong>del</strong>le opportunità offerte agli abitanti di un sistema<br />
<strong>economico</strong> e <strong>del</strong>le libertà di cui essi godono nella scelta <strong>del</strong>l’opportunità che preferiscono.<br />
L’Economia <strong>del</strong>lo sviluppo studia le<br />
modificazioni che si accompagnano alla<br />
crescita e gli effetti che queste inducono<br />
sull’evoluzione demografica e sugli aspetti<br />
sociali ad essa collegati.
L’Economia <strong>del</strong>lo sviluppo e l’Economia <strong>del</strong>la crescita<br />
sono due discipline eminentemente empiriche e per<br />
poter fare dei confronti internazionali occorrono dati<br />
omogenei.<br />
Agli inizi degli anni Sessanta, prima A.<br />
Maddison (nel 1960) e poi due <strong>economisti</strong><br />
inglesi, Beckerman (nel 1962) e lo stesso<br />
Kaldor (nel 1964), hanno effettuato i primi<br />
confronti internazionali limitati però ad<br />
una decina di paesi industrializzati.<br />
L’importanza dei dati<br />
I primi studi sulla povertà estrema, condotti sotto l’egida <strong>del</strong>la Banca<br />
Mondiale e <strong>del</strong> FMI e che hanno innovato alcuni importanti indicatori, tra<br />
cui l’Indice di Sviluppo Umano, risalgono alla prima metà degli anni ’90.<br />
<strong>Le</strong> prime verifiche empiriche su questo set di dati (progressivamente<br />
esteso a 120 paesi) sono state effettuate nella seconda metà degli anni<br />
’80 – primi anni ’90 e hanno dato origine alle moderne teorie <strong>del</strong>la crescita<br />
cosiddetta endogena.<br />
I primi studi comparativi tra i sei paesi che<br />
avrebbero dato vita alla Comunità Economica<br />
Europea sono stati effettuati nel 1948, per conto<br />
<strong>del</strong>la Commissione Economica per l’Europa con<br />
sede a Ginevra, da un gruppo di 25 tra <strong>economisti</strong><br />
e statistici coordinato da Nicholas Kaldor.<br />
•Il primo set di dati esteso a 132 paesi è stato<br />
messo a disposizione degli studiosi dalla Banca<br />
Mondiale solo nel 1976.<br />
•Il primo set di dati omogenei utili per effettuare<br />
comparazioni (ancorché limitatamente a soli 60<br />
paesi e la cui costruzione ha impegnato un’equipe<br />
di ricercatori per ben15 anni di lavoro), è stato<br />
ultimato nel 1980.
WDI-2009<br />
P 2008 % su p annual GDP % su GNIPC % su<br />
millions World billions World cur. US$ USA<br />
cur. US$<br />
World 6692,0 100,0 1,2 60.587 100,0 8613 18,1<br />
Low income (< di 825$_in 2005) 972,8 14,5 2,1 569 0,9 524 1,1<br />
Middle income (> di 825, ma < 10066$) 4650,7 69,5 1,1 16.827 27,8 16827 35,4<br />
Lower middle income (< di 3255 $)<br />
Upper middle income(> di 3255 $)<br />
3702,2<br />
948,5<br />
55,3<br />
14,2<br />
1,2<br />
0,8<br />
paesi a 8.377 reddito a un tasso 13,8 basso <strong>del</strong> con 2,1% un 2078 …reddito<br />
4,4<br />
inferiore alla soglia di povertà (2 $ al giorno)<br />
8.445 13,9 7878 16,6<br />
Low & middle income (> 825, ma < 10066$) 5623,5 84,0 1,3 17.408 28,7 2789 5,9<br />
East Asia & Pacific 1931,2 28,9 0,8 5658,3 9,3 2631 5,5<br />
Europe & Central Asia<br />
Latin America & Caribbean<br />
441,3<br />
565,3<br />
6,6<br />
8,4<br />
0,3<br />
1,1<br />
L’84% <strong>del</strong>la popolazione mondiale vive nei<br />
3860,6 6,4 7418 15,6<br />
paesi a reddito medio-basso con meno di 8 $<br />
al giorno 4247,1 e produce 7,0meno di un 6780 terzo <strong>del</strong>la 14,2<br />
Middle East & North Africa 324,8 4,9 1,8 1117,2 produzione 1,8 complessiva 3242 6,8<br />
South Asia 1542,9 23,1 1,5 1531,5 2,5 986 2,1<br />
Sub-Saharan Africa 818,0 12,2 2,5 987,1 1,6 1082 2,3<br />
High income (> di 10066$_in 2005) 1068,5 16,0 0,7 43.190 71,3 39345 82,7<br />
USA 304,1 4,5 0,9 Poco più 14.204 di un miliardo 23,4 (il 16%) 47580 vive nei paesi 100,0<br />
Europen Monetary Union 326 4,9 0,5 produce 13565,5 più dei due 22,4 terzi <strong>del</strong>la 38821 produzione 81,6<br />
Fonte: World Development Indicators, 2009<br />
Ricchi e poveri<br />
Poco La meno popolazione di un miliardo dei paesi (il 14,5%) poveri vive cresce nei<br />
… mentre quella dei paesi ricchi<br />
al tasso <strong>del</strong>lo 0,7%<br />
a reddito alto, con più di 100 $ al giorno e<br />
complessiva
• Che la scienza economica moderna nasce con lo sviluppo industriale<br />
• Che gli <strong>economisti</strong> Classici hanno approfondito le regole di funzionamento <strong>del</strong><br />
sistema capitalistico<br />
• Che gli <strong>economisti</strong> neo<strong>classici</strong> hanno approfondito il meccanismo <strong>del</strong>lo scambio,<br />
dei mercati e <strong>del</strong>la formazione dei prezzi a partire dalle scelte individuali<br />
• Che l’economia keynesiana ha indagato il funzionamento <strong>del</strong> sistema <strong>economico</strong><br />
nel suo insieme a partire dall’ottica <strong>del</strong>la produzione anziché da quella <strong>del</strong>lo<br />
scambio.<br />
Che cosa abbiamo imparato<br />
• Che la crescita è solo una <strong>del</strong>le dimensioni <strong>del</strong>lo sviluppo <strong>economico</strong> e che lo<br />
studio di questi fenomeni è alquanto recente<br />
• Che la distribuzione <strong>del</strong>le risorse e <strong>del</strong>le ricchezze a livello mondiale è<br />
caratterizzata da forte iniquità ed enormi disuguaglianze.<br />
In ogni filone di <strong>pensiero</strong> vi sono aspetti utili alla<br />
comprensione di quella parte <strong>del</strong>la realtà che è stata<br />
scelta quale oggetto di indagine.<br />
Il rifiuto aprioristico e ideologico di un filone di<br />
<strong>pensiero</strong> è un atteggiamento antiscientifico.
Di cosa parleremo<br />
Alle origini <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> <strong>economico</strong>: dai Classici a Keynes<br />
Da Keynes alle moderne teorie <strong>del</strong>la crescita
L’approccio<br />
formale<br />
R. Solow<br />
e la teoria <strong>del</strong>la crescita<br />
esogena (1970)<br />
R. Lucas<br />
e la teoria <strong>del</strong>la crescita<br />
endogena (primi anni ‘90)<br />
I tre filoni principali <strong>del</strong>le teorie <strong>del</strong>la crescita economica<br />
L’approccio<br />
valutativo<br />
A. Maddison<br />
e la contabilità<br />
<strong>del</strong>la crescita<br />
M. Abramovitz<br />
e la teoria<br />
<strong>del</strong> catching up<br />
D. North<br />
e il ruolo <strong>del</strong>le<br />
istituzioni<br />
Gli approcci<br />
eterodossi<br />
R. Nelson – S. Winter<br />
e la teoria<br />
evoluzionistica<br />
N. Kaldor – A.P. Thirlwall<br />
e il vincolo dei<br />
conti con l’estero<br />
N. Georgescu-Roegen<br />
e la bioeconomia<br />
S. Latouche<br />
e la teoria <strong>del</strong>la<br />
decrescita
Il ruolo <strong>del</strong> progresso tecnico<br />
Volendo individuare un aspetto comune a tutte le teorie <strong>del</strong>la crescita<br />
si può fare riferimento al ruolo <strong>del</strong> progresso tecnico.<br />
Il progresso tecnico consiste nel flusso <strong>del</strong>le innovazioni che alimenta<br />
lo stato <strong>del</strong>le conoscenze tecnologiche.<br />
Già nel 1930 John Maynard Keynes aveva evidenziato i rischi<br />
<strong>del</strong>la disoccupazione tecnologica:<br />
<strong>Le</strong> innovazioni “I paesi possono che non derivare sono all’avanguardia da scoperte <strong>del</strong> oppure progresso da (tecnologico)<br />
invenzioni e possono riguardare<br />
ne sia risentono i processi in maniera produttivi relativa. che Noi, l’introduzione invece, siamo colpiti di nuovi da una prodotti.<br />
nuova malattia di cui alcuni lettori possono non conoscere<br />
In genere, le innovazioni di processo sono risparmiatrici di lavoro e vengono introdotte<br />
ancora il nome, ma di cui sentiranno molto parlare nei prossimi<br />
nella produzione attraverso l’acquisizione di nuovi macchinari (gli investimenti reali).<br />
anni: vale a dire la disoccupazione tecnologica. Il che significa<br />
che la disoccupazione dovuta alla scoperta di strumenti<br />
economizzatori di manodopera procede con un ritmo più rapido di<br />
quello con cui riusciamo a trovare nuovi impieghi per la stessa<br />
Secondo manodopera.”<br />
J. Schumpeter il progresso tecnico non è un flusso continuo ma procede<br />
ad ondate successive. Esso agisce quale forza al tempo stesso creatrice<br />
J. Maynard Keynes,<br />
e distruttrice <strong>del</strong>le imprese.<br />
Prospettive economiche per i nostri nipoti (1930), in Esortazioni e<br />
profezie, Garzanti, Milano 1968<br />
Il progresso tecnico può non dipendere oppure dipendere<br />
dall’attività produttiva. In quest’ultimo caso, affinché le innovazioni non provochino<br />
disoccupazione tecnologica occorre che la produzione cresca ad un certo tasso minimo.
Di crisi in crisi<br />
Abbiamo visto che, a differenza <strong>del</strong>l’impostazione neoclassica, sia gli <strong>economisti</strong> <strong>classici</strong><br />
che la macroeconomia keynesiana ipotizzano che le crisi economiche, non importa se di<br />
dimensione locale oppure globale, siano endemiche al sistema capitalistico.<br />
Tra la prima e la seconda guerra mondiale si<br />
sono verificate, a livello mondiale, otto crisi, tra<br />
cui la Grande Crisi degli anni ’30. Tra il 1944 e il<br />
<strong>Le</strong> crisi economiche sono riconducibili a due diverse tipologie: finanziarie e reali.<br />
<strong>Le</strong> prime traggono origine 1971 vi dal sono venir state meno sei crisi <strong>del</strong>la e tra fiducia il 1974 e sulla il 2008 capacità <strong>del</strong> debitore di onorare i<br />
propri debiti.<br />
sedici.<br />
<strong>Le</strong> seconde sono originate da una carenza di domanda effettiva, o dalla scarsità di materie<br />
prime, oppure da tensioni sui mercati <strong>del</strong>le fonti energetiche. Poiché il sistema <strong>economico</strong> è<br />
fortemente interconnesso, le crisi finanziarie si trasmettono all’economia reale e viceversa.<br />
Secondo la teoria macroeconomica keynesiana il meccanismo di trasmissione dalle crisi<br />
finanziarie all’economia reale passa attraverso l’effetto che la distruzione di ricchezza<br />
finanziaria ha sui consumi e la contrazione dei consumi sugli investimenti <strong>del</strong>le imprese: un<br />
meccanismo che autoalimentandosi provoca la recessione.
<strong>Le</strong> politiche keynesiane<br />
Secondo la teoria macroeconomica keynesiana è possibile fronteggiare le crisi<br />
con opportune misure di politica monetaria e di politica fiscale.<br />
La politica monetaria consiste nel<br />
controllo <strong>del</strong>la quantità di moneta in<br />
circolazione, da parte <strong>del</strong>le Banche<br />
Centrali (la FED, la BCE) allo scopo di<br />
contrastare la crisi di liquidità <strong>del</strong>le<br />
istituzioni creditizie.<br />
Sono fautori di questa impostazione<br />
interventista i Premi Nobel Joseph Stiglitz<br />
e Paul Krugman.<br />
La politica fiscale, consiste invece nella<br />
gestione <strong>del</strong> bilancio <strong>del</strong>lo stato. L’operatore<br />
pubblico può attuare misure compensative<br />
<strong>del</strong>la domanda aggregata allo scopo di<br />
contrastare la riduzione dei consumi <strong>del</strong>le<br />
famiglie ed avviare nuovi investimenti reali in<br />
infrastrutture. Ma gli interventi in deficit<br />
fanno aumentare il debito pubblico.<br />
Krugman sostiene invece che per arrestare<br />
l’aumento <strong>del</strong>la disoccupazione l’economia<br />
Secondo Stiglitz la crisi ci ha insegnato che:<br />
debba crescere ad un tasso 2,5% E per<br />
raggiungere quell’obiettivo occorre che la FED:<br />
■ il mercato non si corregge da sé<br />
■ i mercati falliscono<br />
1. acquisti titoli <strong>del</strong> debito privato a lunga<br />
■ le politiche keynesiane funzionano<br />
scadenza;<br />
■ la politica monetaria non deve limitarsi alla lotta<br />
2. annunci l’intenzione di mantenere “bassi i<br />
all’inflazione<br />
tassi d’interesse sul breve periodo”;<br />
■ le innovazioni finanziarie hanno un costo sociale<br />
3. innalzi “l’obiettivo di inflazione di medio<br />
termine”.<br />
In sostanza, per entrambi, le tradizionali misure di Politica economica sarebbero<br />
efficaci. Ma è proprio vero?
E inoltre, nel contesto <strong>del</strong>l’Unione<br />
europea <strong>del</strong>l’interesse la politica collettivo.<br />
monetaria è di<br />
lungo termine erano favorevoli.<br />
competenza <strong>del</strong>la BCE alla quale è<br />
stato assegnato il compito prioritario<br />
di controllare l’inflazione …<br />
I limiti <strong>del</strong>le politiche keynesiane<br />
• John Maynard Keynes ha elaborato le sue teorie tra il 1930 e il 1936.<br />
• La diffusione <strong>del</strong>le sue teorie, specie negli Stati Uniti è avvenuta dopo la fine <strong>del</strong>la<br />
Seconda Guerra mondiale.<br />
• Molti di coloro che sostengono l’efficacia <strong>del</strong>le teorie keynesiane guardano con nostalgia<br />
agli anni ’50 e ’60 <strong>del</strong> Novecento.<br />
• Ma quale è stato il contesto (irripetibile) in cui tali politiche hanno avuto successo?<br />
Oggi le condizioni<br />
Il contesto<br />
che<br />
internazionale<br />
hanno favorito l’età <strong>del</strong>l’oro <strong>del</strong>lo sviluppo <strong>economico</strong> non<br />
Il contesto<br />
esistono<br />
interno<br />
più:<br />
• l’economia mondiale è fortemente interconnessa (globalizzata);<br />
• gli Usa stanno perdendo la leadership di potenza economica mondiale a favore di Cina e<br />
India;<br />
• Tutti i paesi occidentali avevano esigenza di ricostruire<br />
• l’Europa l’apparato ha difficoltà produttivo a distrutto trovare dalla un guerra; suo ruolo politico, oltre che <strong>economico</strong>, e la sua<br />
popolazione • In ciascun è fortemente paese vi era una in declino; domanda sostenuta per i<br />
• Gli Accordi di Bretton Woods sono venuti meno nell’agosto<br />
consumi interni, che a sua volta induceva domanda di<br />
<strong>del</strong> 1971;<br />
• gli effetti <strong>del</strong> Piano Marshall si sono esauriti;<br />
• <strong>Le</strong> imprese manifestavano una elevata propensione al<br />
• gli USA vivevano una fase non isolazionistica;<br />
reinvestimento dei profitti;<br />
• i paesi europei vivevano una intensa fase di collaborazione<br />
• In ogni paese vi era un elevato clima di coesione sociale e<br />
che ha visto la nascita prima <strong>del</strong>la CEE, poi <strong>del</strong>lo SME e infine<br />
di attaccamento al lavoro;<br />
<strong>del</strong>l’Unione Europea;<br />
• In ogni paese, infine, l’esistenza di un sistema di valori<br />
• <strong>Le</strong> economie occidentali sperimentavano un clima<br />
condivisi poneva un freno agli egoismi individuali in favore<br />
improntato all’ottimismo, in cui aspettative economiche a<br />
• e anche investimenti Continente produttivi; Africano si sta muovendo …<br />
… e la competenza in materia di politica fiscale è<br />
rimasta agli stati nazionali, ma è soggetta a<br />
stringenti e vincolanti limitazioni:<br />
1) il rapporto <strong>del</strong> deficit sul PIL non deve superare<br />
il 3%;<br />
2) il rapporto <strong>del</strong> debito sul PIL non deve superare<br />
il 60%.
8<br />
6<br />
4<br />
2<br />
0<br />
-4<br />
-6<br />
E noi?<br />
Media 71-80<br />
3,8% Media 81-90<br />
2,4%<br />
La crescita <strong>del</strong>l'economia italiana 1970-2009<br />
1970 1973 1976 1979 1982 1985 1988 1991 1994 1997 2000 2003 2006 2009<br />
-2<br />
La crisi <strong>del</strong><br />
1974-75<br />
Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT<br />
Media <strong>del</strong>l’intero periodo<br />
La tendenza 2,07% <strong>del</strong>l’intero periodo<br />
Media 91-00<br />
1,6% Media 01-09<br />
0,6%<br />
La crisi <strong>del</strong><br />
1992-93<br />
La crisi<br />
attuale
Possiamo tornare a crescere?<br />
Abbiamo visto i vari approcci suggeriti dalle teorie <strong>del</strong>la crescita. Essi sono riconducibili nella<br />
sostanza ai due seguenti:<br />
1. Approcci dal Che lato significa: <strong>del</strong>la contrastare domanda il aggregata declino <strong>del</strong>la (interna classe ed estera)<br />
media e il sistematico attacco allo stato sociale<br />
2. Approcci dal lato <strong>del</strong>l’offerta aggregata (capitale, lavoro e tecnologia)<br />
(istruzione, sanità e previdenza)<br />
Vediamo per concludere qualche intervento non convenzionale:<br />
■ Una più uniforme distribuzione <strong>del</strong> reddito, da attuare detassando i redditi più bassi e<br />
accentuando la progressività <strong>del</strong> sistema fiscale. Queste misure avrebbero l’effetto di<br />
accrescere i consumi <strong>del</strong>le famiglie e sostenere la domanda interna.<br />
■ Favorire l’efficienza <strong>del</strong> sistema scolastico, <strong>del</strong>l’istruzione universitaria e in genere <strong>del</strong><br />
sistema formativo pubblico.<br />
■ contrastare il discredito <strong>del</strong> sistema <strong>del</strong>le regole; la tolleranza <strong>del</strong>le varie forme di<br />
Che significa: evitare la distruzione <strong>del</strong> capitale sociale,<br />
attraverso l’esercizio <strong>del</strong>le funzioni con le quali lo stato agisce<br />
(o non agisce) per frenare la corruzione, il fattore principale<br />
Che significa: contrastare la distruzione <strong>del</strong> capitale<br />
umano e favorire la ricerca e l’innovazione<br />
comportamenti lesivi di interessi economici, che vanno dalla pratica <strong>del</strong>la<br />
raccomandazione che mina la competitività (sia nelle assunzioni <strong>del</strong>le imprese nei servizi pubblici che nel settore privato), alla<br />
concessione dei condoni, all’assenza di controlli e all’impunità <strong>del</strong>l’evasione fiscale,<br />
favorendo con ciò il ricorso all’occupazione irregolare e all’impiego di immigrati clandestini.
E ancora …<br />
■ prestare attenzione alle condizioni climatiche e alla tutela <strong>del</strong>l’ambiente; alla riconversione<br />
all’uso di risorse rinnovabili e <strong>del</strong>le risorse naturali in genere.<br />
Che significa: ridurre i costi sociali e contrastare la<br />
distruzione <strong>del</strong> capitale naturale<br />
■ avversare la concentrazione <strong>del</strong>la ricchezza, la speculazione e l’accumulazione <strong>del</strong>le varie<br />
forme di capitale diverse da quello direttamente produttivo, in quanto scoraggiano gli<br />
investimenti privati e impoveriscono la struttura produttiva.<br />
Che significa: invertire la tendenza al<br />
declino <strong>economico</strong>!<br />
Ma qui la competenza <strong>del</strong>l’economista si arresta ed inizia quella <strong>del</strong> politico, <strong>del</strong>le parti sociali<br />
e degli elettori. In altre parole, ha inizio la lotta per la distribuzione <strong>del</strong> reddito.
E per concludere: «Casinò»<br />
Non mi resta che augurare a tutti un buon lavoro lasciandovi<br />
un cattivo <strong>pensiero</strong> su cui meditare:<br />
“Quando lo sviluppo <strong>del</strong> capitale di un paese diventa un sottoprodotto<br />
<strong>del</strong>le attività di un casinò da gioco, è probabile che vi sia qualcosa<br />
che non va bene”.<br />
John Maynard Keynes, Lo stato <strong>del</strong>l’aspettativa a lungo termine, cap.<br />
XII <strong>del</strong>la Teoria generale <strong>del</strong>l’occupazione <strong>del</strong>l’interesse e <strong>del</strong>la<br />
moneta, UTET, Torino 1971, pp. 298-299.<br />
… e invitarvi a ripassare la lezione su:
• C. BERNARDINI, Prima lezione di fisica, Editori Laterza, Bari 2007.<br />
• C.M. CIPOLLA, Uomini, tecniche, economie, Feltrinelli, Milano 1966.<br />
• M. LIVI BACCI, Storia minima <strong>del</strong>la popolazione <strong>del</strong> mondo, il Mulino, Bologna<br />
1998.<br />
• P. KRUGMAN, Lo sguardo cieco degli <strong>economisti</strong>, Repubblica, sabato 28<br />
agosto 2010<br />
• A. Roncaglia, La ricchezza <strong>del</strong>le idee. Storia <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> <strong>economico</strong>, Laterza,<br />
Bari 2006.<br />
Per saperne di più<br />
• J. STIGLITZ, <strong>Le</strong> cinque mosse contro lo stallo, Il Sole 24 Ore, 3 gennaio 2010<br />
• F. VOLPI, <strong>Le</strong>zioni di economia <strong>del</strong>lo sviluppo, Franco Angeli, Milano 2003.<br />
• Wikipedia, http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_<strong>del</strong>_<strong>pensiero</strong>_<strong>economico</strong><br />
• WORLD BANK, World Development Indicators, http://www.worldbank.org/
Corso ECONOMIA, FINANZA e POLITICHE FISCALI<br />
1° Modulo<br />
PROGRAMMA FORMATIVO<br />
28 – 30 Settembre 2010<br />
Centro Studi Nazionale <strong>Cisl</strong><br />
Firenze<br />
<strong>Le</strong> <strong>scuole</strong> <strong>del</strong> <strong>pensiero</strong> <strong>economico</strong>. <strong>Dagli</strong> <strong>economisti</strong><br />
<strong>classici</strong> alle moderne teorie <strong>del</strong>la crescita.<br />
© prof. Bruno Soro<br />
Facoltà di Giurisprudenza - Università degli Studi di Genova