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Il giornale per gli studenti,<br />
degli studenti e dei pr<strong>of</strong>essori<br />
9Ottobre<br />
2007<br />
PLASTICA<br />
Sempre più<br />
biodegradabile<br />
SAPONE<br />
Quello naturale<br />
facciamolo in classe<br />
www.green.incaweb.org<br />
La Scienza<br />
al servizio<br />
dell’Uomo<br />
e<br />
dell’Ambiente Notizie<br />
e curiosità<br />
dall’Italia,<br />
dall’Europa<br />
e dal mondo<br />
Nei prossimi anni si svilupperanno<br />
applicazioni<br />
legate alle proprietà del<br />
velo di ossido che si può<br />
ottenere sulla superficie<br />
del titanio e ai colori cui<br />
dà origine.<br />
Solventi<br />
2<br />
Soluzioni<br />
senza<br />
rischi<br />
Vediamo nella seconda parte del<br />
nostro servizio la valutazione<br />
dei rischi chimici e ambientali,<br />
i parametri di solubilità,<br />
i traguardi già raggiunti dai<br />
ricercatori (e quelli da<br />
raggiungere) all’insegna della<br />
ecocompatibilità dei solventi.<br />
Una copia euro 3,00 - Periodico mensile d’informazione edito dal <strong>Consorzio</strong> <strong>Interuniversitario</strong> Nazionale “La Chimica per l’Ambiente“ (INCA) - Anno II, N. 9, Ottobre 2007
Scambio di idee<br />
con Piero Tundo<br />
Cari lettori di <strong>Green</strong>,<br />
Nel dibattito sulla diffusione della cultura scientifica, è<br />
sempre più presente il confronto fra scienza e<br />
religione. Desidero portare un contributo a questo<br />
dibattito, partendo da una suggestione e un punto di vista<br />
tanto personale quanto inusuale.<br />
I termini di questo attualissimo dibattito io li ritrovo freschi<br />
e vivaci nel capitolo 28 del Libro di Giobbe, il cui autore<br />
scriveva più di 2400 anni fa.<br />
Il capitolo 28 rappresenta, nel contesto del libro, un<br />
capolavoro di vibrante poetica semitica sotto forma di<br />
riflessione filos<strong>of</strong>ica sulla conoscenza e sulla sapienza.<br />
Ecco quindi dapprima la descrizione delle grandi possibilità<br />
della ricerca con cui l’uomo agisce, modifica, trasforma,<br />
natura; a cui subito, in antitesi, si pone la impossibilità<br />
di esperire i confini della sapienza,<br />
poiché questa attiene al campo della metafisica.<br />
“Sapienza è timor di Dio, conoscenza è evitare il male”<br />
(Cap. 28, v. 28).<br />
Attualmente io vedo una possibilità e un motivo di<br />
collaborazione tra le due visioni della realtà poiché<br />
hanno avuto una evoluzione convergente, sia sotto<br />
l’aspetto teorico che applicativo. “Evitare il male” è<br />
diventato “cercare di fare il bene” e “avere timore di Dio” è<br />
MILANO<br />
Parola di Pr<strong>of</strong><br />
La libertà della ricerca<br />
e il bene dell’umanità<br />
Scrivete a: redazione@green.incaweb.org<br />
Lo stand di <strong>Inca</strong> e <strong>Green</strong> al RichMac<br />
diventa “sportello informazioni verde”<br />
Grande richiesta di informazioni allo stand del <strong>Consorzio</strong> interuniversitario<br />
nazionale “la chimica per l’ambiente” (INCA), editore di <strong>Green</strong>, allestito nell’ambito<br />
del “RichMac”, Rassegna internazionale del laboratorio per analisi chimico-fisica<br />
e biochimica, delle biotecnologie e delle scienze fisiche svoltasi alla<br />
Fiera di Milano dal 2 al 5 ottobre scorsi.<br />
Centinaia di studenti e insegnanti hanno ritirato le copie-omaggio di <strong>Green</strong> e<br />
hanno chiesto informazioni sul nostro giornale, sulle grandi tematiche della<br />
“scienza al servizio dell’uomo e dell’ambiente” e sul Master universitario in diffusione<br />
della cultura scientifica attivato all’Università di Venezia Cà Foscari nell’anno<br />
accademico 2007-2008 per iniziativa di <strong>Green</strong>.<br />
Nella prima giornata del RichMac, organizzato dal <strong>Consorzio</strong> <strong>Inca</strong>, si è tenuto un<br />
forum sul tema “Ascoltare la scienza: dalla ricerca alla diffusione della cultura<br />
scientifica”, con interventi di Piero Tundo, presidente <strong>Inca</strong> e direttore di <strong>Green</strong>;<br />
Adriana Giannini, del direttivo dell’Unione giornalisti scientifici italiani; Attilio<br />
Citterio, docente del Politecnico di Milano e membro del Comitato scientifico di<br />
<strong>Green</strong>; Raffaele Mangano, della Lechler di Milano; Graziano Tassinato, responsabile<br />
Area Trasferimento Tecnologico di Vega - Parco scientifico e tecnologico<br />
di Venezia.<br />
L’incontro è stato coordinato da Gino Banterla, direttore responsabile di <strong>Green</strong>.<br />
diventato, attraverso il cristianesimo, il rivolgersi con<br />
confidenza e fiducia alla sfera di ciò che non possiamo<br />
attingere.<br />
Nel riconoscere e dichiarare come principio fondante del<br />
proprio statuto la ricerca del bene dell’umanità, la scienza<br />
trova il suo fondamento etico, autonomo, senza necessità di<br />
ulteriori avalli.<br />
Riguardo al tema di come diffondere la conoscenza in<br />
genere tra le persone, esiste un conflitto che tuttavia<br />
non avrebbe ragione di sussistere, in quanto<br />
entrambi gli approcci ideologici alla questione mirano allo<br />
stesso fine.<br />
Le questioni etico-sientifiche che interrogano la coscienza<br />
dello scienziato e dell’uomo moderno sono innumerevoli e<br />
vanno continuamente aumentando, man mano che la<br />
scienza dà nuovi modi di intervenire sulla realtà.<br />
Le risposte della scienza a tali questioni devono essere<br />
ispirate dallo spirito di libertà, che contraddistingue la<br />
ricerca, qualora questa sia, come deve essere e come <strong>Green</strong><br />
intende operare, diretta al bene di tutti noi.<br />
E sappiamo anche che quello che Giobbe affermava della<br />
sapienza e della conoscenza, è incompleto: conoscenza e<br />
scienza non è solo evitare il male/fare il bene, ma alle volte<br />
per alcuni purtroppo cercare il male e soprattutto, per<br />
quello che ci piace sottolineare, è essere affascinati dalle<br />
scoperte che l’esperienza di ogni giorno ci riserva.
Ritorno al futuro<br />
Sommario<br />
<strong>Green</strong><br />
La Scienza<br />
al servizio<br />
dell’Uomo<br />
e dell’Ambiente<br />
9Ottobre<br />
2007<br />
Ecologia e sicurezza. L’obiettivo di Ornella Erminio ha scovato questa boa di segnalazione<br />
alimentata da un piccolo pannello solare.<br />
L’ossidazione anodica<br />
del titanio Colori titanici. Quando l’uomo mima la natura pag. 4<br />
Dalle scuole/1 Il sapone naturale? Facciamolo in classe pag. 16<br />
Dalle scuole/2 Plastica bio a tutto campo pag. 22<br />
Nuove frontiere<br />
della chimica Soluzioni senza rischi pag. 34<br />
Futuro & futuribile Notizie dal mondo pag. 48<br />
Obiettivo <strong>Green</strong> Notizie da Bruxelles pag. 50<br />
Progetti & Invenzioni Notizie dall’Italia pag. 51<br />
Direzione e redazione: Viale Luigi Pasteur, 33 - 00144 Roma, tel. 06 54 22 07 10 - tel./fax 06 59 26 10 3<br />
E-mail: redazione@green.incaweb.org - Sito internet: www.green.incaweb.org<br />
Amministrazione: <strong>Consorzio</strong> <strong>Interuniversitario</strong> Nazionale “La Chimica per l’Ambiente” (INCA)<br />
Via delle Industrie, 21/8 - 30175 Marghera (VE)<br />
telefono 041 23 46 611 - fax 041 23 46 602 - e-mail: info_INCA@unive.it<br />
Registrazione al Tribunale di Venezia n. 20 del 15 luglio 2006 - Stampa: Grafiche Seregni, Paderno Dugnano (Milano)<br />
sommario<br />
Periodico mensile<br />
d’informazione<br />
del <strong>Consorzio</strong><br />
<strong>Interuniversitario</strong><br />
Nazionale<br />
La Chimica<br />
per l’Ambiente<br />
(INCA)<br />
Direttore<br />
Piero Tundo<br />
Comitato scientifico<br />
Angelo Albini,<br />
Università di Pavia<br />
Sergio Auricchio,<br />
Politecnico di Milano<br />
Attilio Citterio,<br />
Politecnico di Milano<br />
Lucio Previtera,<br />
Università di Napoli Federico II<br />
Direttore responsabile<br />
Gino Banterla<br />
Coordinatore di redazione<br />
Fulvio Zecchini<br />
Comitato redazionale<br />
Antonella Americo<br />
Chiara Palmieri<br />
Progetto grafico e impaginazione<br />
Graficatorri - Franco Malaguti<br />
e-mail: graficatorri@tin.it<br />
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su “<strong>Green</strong>”<br />
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scrivete a:<br />
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© <strong>Consorzio</strong> INCA, 2007.<br />
Tutti i diritti sono riservati. La presente<br />
pubblicazione, tutta o in parte, non può<br />
essere riprodotta o trasmessa in nessuna<br />
forma e con nessun mezzo, elettronico,<br />
meccanico, fotocopia, registrazione o altro,<br />
senza l’autorizzazione scritta dell’editore.
4<br />
L’OSSIDAZIONE ANODICA DEL TITANIO<br />
Nel numero 2 di “<strong>Green</strong>” (pag. 12) si è parlato<br />
di colori. L’argomento è stato affrontato<br />
descrivendo i pigmenti. Pigmenti naturali,<br />
pigmenti sintetici, pigmenti commestibili, pigmenti<br />
tossici ecc. I colori che noi percepiamo, però, in alcuni<br />
casi, non sono dovuti ai pigmenti. È noto che la luce<br />
può essere descritta in termini di onde o di fotoni che<br />
si propagano nella materia.<br />
La materia interagisce con la luce.<br />
Nella maggior parte dei casi, il colore è generato<br />
dall’interazione dei pigmenti con la luce, ma la<br />
Natura ci fornisce anche esempi di colori<br />
ottenuti senza pigmenti. Le bolle di sapone sono<br />
iridescenti, una macchia d’olio si veste di molti colori,<br />
le ali di molte farfalle, le piume del pavone ci<br />
appaiono colorate, ma la materia di cui sono composte<br />
lo è poco o per nulla.<br />
Le ali delle farfalle sono strutture costituite da<br />
proteine prive di colore e alle volte sono<br />
pigmentate con melanina, lo stesso pigmento<br />
della pelle umana o con carotenoidi. Il loro colore<br />
“naturale”, quindi potrebbe essere grigio, marrone o<br />
giallastro. Sia le ali che il corpo sono ricoperti da<br />
squame laminari. La moltitudine di colori e di tonalità,<br />
le colorazioni metalliche e iridescenti, che noi<br />
percepiamo, non dipendono da pigmenti ma dalla<br />
particolare disposizione delle squame che crea<br />
fenomeni di interferenza della luce.<br />
L’uomo può ultizzare queste conoscenze e<br />
mimare la natura? È quello che in un certo<br />
senso ha fatto Pietro Pedeferri.<br />
Per raccontarlo, abbiamo scelto di pubblicare<br />
integralmente la prolusione inaugurale fatta dallo<br />
stesso Pedeferri per il Politecnico di Milano<br />
nell’anno accademico 2004-2005.
QUANDO L’UOMO “MIMA” LA NATURA<br />
Foto di Ornella Erminio<br />
di Pietro Pedeferri<br />
Così in laboratorio possiamo creare un’infinità<br />
di tinte, belle come quelle dei fiori, degli<br />
animali, dei minerali o degli spettacoli naturali<br />
quali l’arcobaleno, le aurore, i tramonti.<br />
E il titanio, che quasi quarant’anni fa<br />
ci ha portato sulla Luna, con le sue apparenze<br />
e la sua luce non può non interessare<br />
anche il mondo dell’architettura, del design,<br />
dell’arredamento, della moda…<br />
Interferenza alla superficie del titanio ossidato.<br />
Il titanio è stato uno degli ultimi<br />
metalli a trovare impiego nel<br />
mondo industriale. Utilizzato dapprima<br />
nel campo aerospaziale per scopi<br />
militari, a partire dagli anni ’70 trova<br />
sbocchi nell’industria chimica, aeronautica,<br />
meccanica, per poi entrare negli<br />
ultimi decenni nei settori energetico,<br />
biomedico, architettonico, del restauro, dello<br />
sport e del tempo libero. Finora sono state<br />
sfruttate le sue caratteristiche di leggerezza,<br />
di resistenza meccanica, di resistenza alla<br />
corrosione e di biocompatibilità. È possibile<br />
che nei prossimi anni si sviluppino altre applicazioni<br />
legate alle proprietà del velo di ossido<br />
che si può ottenere sulla sua superficie e<br />
ai colori cui dà origine.<br />
Ed è proprio del titanio ricoperto da questo<br />
velo e delle sue tinte che vogliamo parlare.<br />
Diciamo subito che solo due metalli sono di<br />
per sé colorati: l’oro e il rame. Tutti gli altri,<br />
una sessantina, titanio compreso presentano<br />
tonalità tra il grigio e il bianco. Spesso, tuttavia,<br />
le loro superfici appaiono colorate. A<br />
volte questo si verifica perché si ricoprono di<br />
patine di prodotti di corrosione; altre volte<br />
perché si rivestono di un velo di ossido sottilissimo<br />
e trasparente, in grado di riflettere e<br />
rifrangere la luce e quindi di produrre il fenomeno<br />
noto con il nome di “interferenza”.<br />
5
6<br />
L’OSSIDAZIONE ANODICA DEL TITANIO<br />
È quello che succede al titanio ossidato. Infatti<br />
se sulla superficie di questo metallo si<br />
produce una pellicola di ossido, facendo ad<br />
esempio passare una corrente continua dal titanio<br />
ad un controelettrodo attraverso una<br />
soluzione salina (cioè ossidando anodicamente<br />
il metallo), la superficie assume colori<br />
che dipendono dallo spessore di questo<br />
film il quale, a sua volta, dipende dal potenziale<br />
applicato. Più precisamente portando<br />
questo potenziale da qualche volt a 140 volt,<br />
lo spessore passa da qualche nanometro,<br />
cioè da qualche milionesimo di millimetro, a<br />
più di 300 nanometri, e i colori cambiano secondo<br />
la sequenza:<br />
giallo porpora blu azzurro argento giallo rosa violetto<br />
turchese verde verdegiallo rosa verde<br />
con un’infinità di tinte intermedie. Sono colori<br />
altrettanto belli di quelli dei fiori, degli<br />
animali, dei minerali o degli spettacoli naturali<br />
come l’arcobaleno, le aurore o i tramonti.<br />
I film di ossido che danno colori di interferenza<br />
non si producono solo per ossidazione<br />
anodica, anche se questa rimane la via maestra<br />
per ottenerli. Film di questo tipo si possono<br />
produrre anche ad alta temperatura per<br />
reazione con l’ossigeno; e non solo su titanio<br />
ma su molti altri metalli. Sono di interferenza,<br />
ad esempio, le tinte che si vedono<br />
spesso in vicinanza delle saldature, sulla<br />
superficie dei trucioli prodotti dalla lavorazione<br />
al tornio, sui pezzi sottoposti a trattamenti<br />
termici.<br />
E, se lasciamo il campo dei metalli, sono di<br />
interferenza anche i colori iridescenti dei<br />
film di olio sull’acqua, delle bolle di sapone,<br />
delle piume di certi uccelli (quelle del pavone<br />
ad esempio), delle ali di certe farfalle o<br />
del corpo di certi pesci e insetti.<br />
Il fenomeno<br />
dell’interferenza<br />
Colori della prima scala<br />
Vediamo di illustrare il fenomeno<br />
che dà luogo a questi colori. Lo<br />
facciamo molto brevemente per<br />
non correre il rischio di togliere<br />
loro incanto o poesia come pare<br />
sia successo a Keats quando gli<br />
venne proposta la spiegazione<br />
dei colori dell’arcobaleno data da<br />
Newton.<br />
Quando osserviamo una superficie di titanio<br />
ricoperta da una pellicola di ossido, il nostro<br />
occhio è raggiunto da due onde luminose sovrapposte:<br />
una riflessa dalla faccia superiore<br />
del film che è a contatto con l’atmosfera e<br />
l’altra dalla faccia inferiore che è invece a<br />
contatto con il metallo. La seconda onda luminosa<br />
effettua in più, rispetto alla prima, un<br />
doppio attraversamento dell’ossido. Se supponiamo<br />
che la superficie del titanio sia illuminata<br />
con luce monocromatica, quest’onda<br />
esce in fase con l’altra solo se tale percorso<br />
addizionale contiene un numero intero di<br />
lunghezze d’onda; in caso contrario risulta<br />
fuori fase, oppure, addirittura, in opposizione<br />
di fase. Quando fra le due oscillazioni vi è<br />
una perfetta sincronia, le due onde sovrapponendosi<br />
si rafforzano. Quando invece le<br />
due oscillazioni sono in opposizione di fase,<br />
sommandosi si annullano. Nelle situazioni<br />
intermedie si potrà avere, a seconda dei casi,<br />
un’interferenza additiva o invece sottrattiva e<br />
quindi rafforzamento o invece affievolimento<br />
di certe bande di colore. Di conseguenza,<br />
se illuminiamo la lastra superficie del titanio<br />
con luce bianca, che come noto contiene tutti<br />
i colori, le due onde per un determinato colore,<br />
cioè per una certa lunghezza d’onda, ar-
QUANDO L’UOMO “MIMA” LA NATURA<br />
140<br />
Potenzialità<br />
(volt) Verde<br />
Rosa<br />
120<br />
Verde - giallo<br />
Verde<br />
100<br />
Turchese<br />
Violetto<br />
80<br />
Rosa<br />
60<br />
Giallo<br />
40<br />
Argento<br />
Azzurro<br />
Blu<br />
20 Porpora<br />
Giallo<br />
0<br />
0 50 100 150 200 250 300 350<br />
Spessore (nm)<br />
Potenziali spessori della pellicola d’ossido e colori<br />
della prima scala su titanio<br />
rivano al nostro occhio in concordanza di fase<br />
e quindi vi è un rafforzamento, mentre per<br />
un altro colore risultano in opposizione di fase<br />
e quindi vi è estinzione. Per tutti gli altri<br />
colori a seconda dei casi si ha rafforzamento<br />
o affievolimento.<br />
Naturalmente al variare dello spessore del<br />
film variano sia i colori che si rafforzano sia<br />
quelli che si indeboliscono o addirittura si<br />
annullano e, pertanto, varia la tinta che l’osservatore<br />
percepisce.<br />
La memoria del<br />
titanio<br />
Colori della seconda scala<br />
Ritorniamo al titanio. Per ottenere<br />
colori intensi e preziosi e per<br />
le applicazioni di cui diremo più<br />
avanti, le cose sono un po’ più<br />
complicate di come le abbiamo esposte<br />
sopra. Per chiarirle è necessario ricordare<br />
un particolarissimo comportamento<br />
di questo metallo. Si tratta di un<br />
comportamento che si ricollega più al mondo<br />
vivente che a quello inorganico e che può<br />
essere visto come una sorta di imprinting.<br />
Come il primo oggetto in movimento che gli<br />
anatroccoli di Lorenz vedono appena usciti<br />
dal guscio ne condiziona il comportamento<br />
per tutta la vita, così il valore del potenziale<br />
che il titanio “vede” negli istanti iniziali della<br />
sua ossidazione condiziona le proprietà<br />
dell’ossido con cui verrà poi ricoperto. E come<br />
quello degli anatroccoli, anche questo<br />
imprinting è precoce, nel senso che il codice<br />
di comportamento che il potenziale trasmette<br />
al metallo può essere registrato solo nei<br />
primissimi istanti della crescita dell’ossido,<br />
anche se manifesta i suoi effetti a crescita ultimata;<br />
ed è irreversibile, perché non può essere<br />
variato una volta inserito.<br />
Si possono così avere tre situazioni a seconda<br />
che negli istanti iniziali (cioè nei primi<br />
millesimi di secondo) l’ossidazione si produca<br />
a potenziali uguali, superiori o inferiori<br />
ad un valore critico che dipende dall’ambiente<br />
in cui si opera.<br />
Se l’ossidazione inizia proprio al potenziale<br />
critico, si ottiene un film il cui spessore cresce<br />
con il potenziale fino a superare i 300 nanometri<br />
attraverso tutta la scala dei colori<br />
prima descritta. Visti al microscopio questi<br />
colori sono perfettamente uniformi e distri-<br />
7
8<br />
L’OSSIDAZIONE ANODICA DEL TITANIO<br />
buiti su tutta la superficie. Questa scala è la<br />
più ricca di tinte e presenta le tonalità più intense,<br />
per questo la chiamiamo “prima” o<br />
“principale”. Gli spettri di diffrazione ai raggi<br />
X e quelli Raman provano che i film di ossido<br />
di questa scala hanno una struttura<br />
amorfa come quella del vetro.<br />
Se l’ossidazione inizia a valori inferiori al<br />
potenziale critico, solo alcune facce dei grani<br />
cristallini che costituiscono il metallo si<br />
ricoprono dello stesso film amorfo. Sulle altre<br />
si forma invece un film bianco di struttura<br />
non ben definita. Si ottiene quindi ancora<br />
la scala cromatica principale ma più sbiadita<br />
della precedente e tanto più sbiadita quanto<br />
più il potenziale iniziale si discosta da quello<br />
critico.<br />
Infine se l’ossidazione inizia a potenziali<br />
maggiori del potenziale critico, si formano<br />
ossidi cristallini che danno luogo ai colori<br />
della “seconda” scala cromatica, meno ricca<br />
di tinte della prima, con colori che passano<br />
dal rossastro, al turchese, al bianco per assumere<br />
una tonalità marrone oltre i 100 volt.<br />
Dopo l’istante iniziale, è dunque possibile<br />
cambiare i colori ma solo all’interno della<br />
prima o, rispettivamente, della seconda scala,<br />
ma non è possibile passare da tinte dell’una<br />
a tinte dell’altra scala. Questo comportamento<br />
può a prima vista sembrare addirittura<br />
una limitazione, come quella di un pian<strong>of</strong>orte<br />
che attiva soltanto i tasti bianchi o<br />
soltanto quelli neri a seconda che la prima<br />
nota sia prodotta da un tasto bianco o invece<br />
nero. Ma non è affatto così.<br />
Diverse applicazioni sono basate su quanto<br />
l’imprinting del titanio preclude non meno<br />
che su quanto consente.<br />
Apparenze di campo<br />
Alcune applicazioni<br />
ingegneristiche<br />
Prima di illustrare l’utilizzazione<br />
delle scale cromatiche accenniamo<br />
a una serie di applicazioni ingegneristiche<br />
del titanio ossidato<br />
anodicamente, sviluppate nel<br />
Dipartimento di Chimica, Materiali<br />
e Ingegneria chimica “G. Natta” del<br />
Politecnico di Milano. Alcune si basano<br />
sulla maggior resistenza alla corrosione<br />
del titanio ricoperto con film amorfi rispetto<br />
al titanio naturale. Altre sulla maggior durezza<br />
e resistenza all’usura che si è in grado di<br />
conferire a questi film con trattamenti laser.<br />
Altre ancora sulle proprietà dei film amorfi<br />
di trasformarsi in anatasio, una delle forme<br />
cristallografiche del biossido di titanio, in seguito<br />
a riscaldamento a 400 °C. Per queste<br />
ultime è opportuna qualche precisazione in<br />
più.<br />
Dell’anatasio sono ben note le proprietà catalitiche<br />
e le applicazioni nel campo del disinquinamento<br />
ambientale legate alla sua attività<br />
foto-ossidativa soprattutto in presenza di raggi<br />
ultravioletti.<br />
I primi nostri risultati, relativi a pezzi di titanio<br />
ricoperti da film trasformati in anatasio,<br />
sono promettenti. Se l’attività catalitica di<br />
questi film risulterà stabile nel tempo, le applicazioni<br />
nel settore del disinquinamento<br />
non mancheranno.<br />
Ad esempio una lampada di titanio ossidato,<br />
oltre a svolgere la sua funzione specifica e a
QUANDO L’UOMO “MIMA” LA NATURA<br />
Le forme e i<br />
colori<br />
presentare un aspetto piacevole, potrà anche<br />
contribuire a mantenere pulito l’ambiente.<br />
Dell’anatasio è poi nota l’attività antibatterica.<br />
Da qui l’impiego del titanio ricoperto dal<br />
film di anatasio nel campo biomedicale sia<br />
per protesi (ad esempio per impianti dentali<br />
osteointegrati per contrastare l’adesione della<br />
placca batterica), sia per realizzare ambienti<br />
asettici (le pareti di una camera operatoria).<br />
Un’ultima applicazione riguarda<br />
l’ossidazione anodica ad alti potenziali<br />
con produzione diretta di<br />
film di anatasio che inglobano<br />
calcio e fosforo. Questi film facilitano<br />
l’osteointegrazione di protesi ortopediche,<br />
ed evitano la formazione di<br />
tessuto connettivo fibroso all’interfaccia osso-impianto,<br />
condizione necessaria per avere<br />
impianti stabili e durevoli.<br />
Negli ultimi due anni il Politecnico ha depositato<br />
diversi brevetti su queste applicazioni<br />
e ha fatto nascere una società spin-<strong>of</strong>f specializzata<br />
nella realizzazione di trattamenti di<br />
finitura superficiale del titanio che contribuirà<br />
alla valorizzazione dei risultati della ricerca<br />
sviluppata dal Dipartimento in questo<br />
settore.<br />
Apparenze di movimento<br />
La disponibilità dei colori della<br />
prima e della seconda scala in<br />
una gamma molto ampia di tonalità;<br />
la possibilità di ottenere superfici<br />
con colorazioni perfettamente uniformi<br />
o con gradazioni continue o, al contrario,<br />
di localizzare le tinte sulla superficie<br />
del titanio, ad esempio ricorrendo a<br />
un pennello imbevuto di soluzione salina e<br />
opportunamente adattato per trasportare la<br />
corrente elettrica, fanno sì che l’ossidazione<br />
anodica del titanio possa diventare una tecnica<br />
di pittura che potremmo dire “tradizionale”,<br />
o quasi.<br />
Peraltro il titanio consente di ottenere immagini<br />
di origine diversa per definire le quali è<br />
giusto ricorrere al nome glorioso di “apparenze”,<br />
introdotto nel 1827 ai primordi dell’elettrochimica,<br />
da Leopoldo Nobili, l’inventore<br />
della metallocromia. Queste apparenze<br />
mostrano aspetti invisibili di alcuni fenomeni<br />
già avvenuti o di altri mentre si producono<br />
sulla superficie del titanio.<br />
Abbiamo chiamato le prime “di<br />
campo”, le seconde “di movimento”.<br />
Le apparenze del primo tipo si ottengono<br />
quando si ossida il titanio con correnti<br />
distribuite in modo disuniforme.<br />
Esse costituiscono la mappa degli spessori<br />
degli ossidi prodotti o della carica scambiata.<br />
In condizioni particolari e con qualche<br />
9
L’OSSIDAZIONE ANODICA DEL TITANIO<br />
10<br />
approssimazione danno anche la distribuzione<br />
della corrente sulla superficie del titanio e<br />
il campo elettrico nelle sue immediate vicinanze:<br />
in questi casi, rappresentano la “soluzione<br />
cromatica” dell’equazione di Laplace<br />
relativa appunto al campo elettrico che li ha<br />
generati. Queste apparenze “fotografano”<br />
dunque il “paesaggio” nanostrutturato degli<br />
ossidi e i vari colori, come le curve di livello<br />
ne danno l’“orografia”. Possono ovviamente<br />
essere variate nelle forme e nei colori cambiando<br />
la distribuzione di corrente, le condizioni<br />
operative o quelle al contorno. Ma<br />
sempre portano a “paesaggi” immobili, eterei,<br />
stupefatti. E, anche se descrivono il mondo<br />
infinitamente piccolo e complesso ove<br />
operano le nanotecnologie, trasmettono visioni<br />
astrali e sensazioni di levità, di sospensione,<br />
di calmo incantesimo come quelle che<br />
dà la luna quando appare nei paesaggi notturni<br />
di Recanati o dei Promessi Sposi, direbbe<br />
Calvino.<br />
Le altre apparenze, quelle di movimento,<br />
si ottengono invece applicando<br />
al titanio potenziali<br />
oscillanti mentre il metallo è immerso<br />
o viene a contatto con una<br />
soluzione. Ogni volta che il potenziale<br />
si allontana dalla soglia critica o vi fa<br />
ritorno e quindi cambia la scala cromatica,<br />
sulla superficie del titanio rimane impressa<br />
la posizione del liquido. Se questo è in quiete<br />
si ottengono linee orizzontali più o meno<br />
spaziate a seconda della frequenza degli impulsi<br />
e della velocità di immersione. Ma se è<br />
mosso, nascono apparenze che danno il fascino<br />
e le leggi del moto dei fronti d’onda<br />
nel transitorio iniziale a pelo libero in cui ba-<br />
Apparenze di movimento<br />
gnano la superficie del titanio.<br />
Queste apparenze dipendono dalle modalità<br />
con cui hanno luogo movimenti che le generano.<br />
Pertanto è possibile variarle curvando e forando<br />
le lastre di titanio da trattare; ponendo<br />
sulla loro superficie tessuti o reti o altri ostacoli;<br />
variando le modalità di immersione o<br />
agitando la soluzione in modo da creare onde,<br />
scie, vortici o increspandone la superficie<br />
con tutti i trucchi che abbiamo imparato da<br />
bambini nel giocare con l’acqua della vasca<br />
da bagno e delle pozzanghere.<br />
Oltre a quelle fluodinamiche, è anche possibile<br />
ottenere apparenze chimico-fisiche di<br />
grande interesse scientifico ed estetico immergendo<br />
nel liquido conduttore il titanio<br />
previamente “bagnato” con un liquido non<br />
conduttore. In questo modo si fissano le successive<br />
posizioni del fronte di avanzamento<br />
della soluzione mentre sposta dalla superficie<br />
metallica il liquido che la ricopre, lo porta<br />
in soluzione, si miscela o reagisce chimicamente<br />
con questo. Anche in tal caso la natura<br />
si rivela in un numero praticamente illimitato<br />
di forme, superando con le sue infinite<br />
possibilità l’immaginazione dell’uomo.<br />
Proprio come sosteneva Pascal:<br />
si stancherà prima l’immaginazione<br />
di creare che la natura di rivelarsi<br />
(L’imagination se lassera plutôt<br />
de concevoir que la nature de fournir).<br />
A differenza delle apparenze di campo<br />
dove prevalgono i paesaggi fuori dal<br />
tempo e dove le modulazioni dei colori organizzano<br />
lo spazio, quelle di movimento raccontano<br />
“la storia” di come particolari processi<br />
idraulici o chimic<strong>of</strong>isici si sono prodot-
QUANDO L’UOMO “MIMA” LA NATURA<br />
ti e le cromatiche, generate dal pulsare ciclico<br />
del potenziale, scandiscono il tempo, come<br />
il ritmo in musica. Verrebbe da dire, parafrasando<br />
Klee, che mentre le prime pongono<br />
ordine alla quiete, le seconde lo pongono<br />
al movimento. Le apparenze di campo e<br />
quelle di movimento sono dunque diverse e<br />
trasmettono sensazioni diverse. C’è una cosa<br />
però che fanno in egual misura e altrettanto<br />
bene. È quella di mostrare che il lato nascosto<br />
della natura reso da loro visibile non cede<br />
per bellezza a quello che si <strong>of</strong>fre quotidianamente<br />
al nostro sguardo.<br />
A volte chi fa nascere le apparenze,<br />
oltre che essere l’operatore<br />
alla “macchina da presa”, è lo sceneggiatore<br />
e il regista nel senso che<br />
dapprima immagina la “storia” idraulica<br />
o chimico-fisica da mettere in scena,<br />
poi la fa avvenire sulla superficie del titanio<br />
– sulla ribalta del titanio verrebbe voglia<br />
di dire – e ne registra la magia e le modalità<br />
evolutive. Il momento più intenso è<br />
Apparenze chimico-fisiche<br />
quello in cui, immaginato il fenomeno, si accinge<br />
a produrlo. Qui inizia lo stato di attesa,<br />
la suspense, il segreto magnetismo che hanno<br />
le soglie, i passaggi, l’intravedere, il contatto<br />
con l’inconosciuto, per usare le parole<br />
del poeta e collega Giancarlo Consonni, e da<br />
questo momento tra operatore e fenomeno<br />
naturale scatta una sorta di comunanza creativa.<br />
Il metodo proposto non è quindi soltanto un<br />
mezzo per fissare o per svelare e ammirare o<br />
studiare un mondo di fenomeni naturali<br />
spesso altrimenti invisibile. È anche uno<br />
strumento per interagire, modificare, giocare<br />
con questo mondo e per utilizzarlo, attraverso<br />
le risorse della fantasia e dell’inventiva, al<br />
fine di crearne un altro fatto di forme che<br />
non riproducono più quelle della natura, anche<br />
se ne rispettano fedelmente le leggi. Insomma<br />
un immaginario progettato, scrive<br />
Lodovico Meneghetti, fuori le casuali forme<br />
fantastiche della natura, ma dentro le sue regole<br />
fenomeniche.<br />
Ma c’è un altro aspetto intrigante delle apparenze<br />
di movimento, legato al fatto che possono<br />
cogliere solo i fronti d’onda nei loro<br />
transitori iniziali ma non i movimenti permanenti.<br />
Questa circostanza, fa notare il collega<br />
Costantino Fassò, maestro di acque e di dighe,<br />
sul piano scientifico forse può essere<br />
considerata un limite; ma su quello estetico<br />
ed emozionale conferisce alle apparenze addirittura<br />
una dimensione “faustiana” perché<br />
consente loro di fissare lo splendore dell’attimo<br />
fuggente e quindi di realizzare il sogno<br />
appunto di Faust cui Goethe fa dire: «Ch’io<br />
possa dire all’attimo, fermati perché sei bello!»<br />
(Zum Augenblicke dürftich sagen:<br />
Verweile doch, du bist so shön!).<br />
11
L’OSSIDAZIONE ANODICA DEL TITANIO<br />
Altre possibilità,<br />
altri effetti<br />
grafici e<br />
cromatici<br />
12<br />
Ci siamo s<strong>of</strong>fermati a lungo<br />
sulle apparenze, ma un’identica<br />
attenzione avremmo potuto<br />
dedicarla ad altri effetti grafici<br />
e cromatici che è possibile ottenere<br />
su titanio e la superficie<br />
stessa una successione di impulsi<br />
elettrici tali da ottenere un’alternanza<br />
di colori della prima e della seconda scala:<br />
vengono così fissate le successive posizioni<br />
del fronte avanzante del pennello con lo<br />
stesso ritmo con cui vengono inviati gli<br />
impulsi.<br />
Si possono attaccare selettivamente gli ossidi<br />
e quindi i colori della seconda scala e<br />
sostituirli con altri della prima e ottenere<br />
così una sorta di niello elettrochimico:<br />
niello, come la vecchia tecnica con cui gli<br />
orefici medievali effettuavano intarsi sulla<br />
superficie di oggetti d’oro e li evidenziavano<br />
riempiendoli con opportune sostanze;<br />
elettrochimico, perché questa operazione<br />
su titanio non si compie con il bulino<br />
ma sfruttando appunto un processo<br />
elettrochimico.<br />
Si possono trattare le lastre colorate con<br />
soluzioni particolari e passare dal colore al<br />
bianco e nero.<br />
Si possono produrre colori perfettamente<br />
stabili ed altri invece a decadimento pro-<br />
grammato e quindi passare dall’eterno all’effimero.<br />
Infine si possono creare rugosità differenziali<br />
oppure zone riflettenti o al contrario<br />
opache, e quindi effetti di pr<strong>of</strong>ondità, di<br />
tridimensionalità e, con illuminazioni che<br />
alternano luce bianca e colorata, giochi<br />
cromatici speciali.<br />
Mi fermo qui per non svelare tutti i segreti<br />
che ho messo da parte in tanti anni di gioco<br />
sul titanio.<br />
Abbiamo visto una serie di possibili<br />
applicazioni ingegneristiche<br />
del titanio ossidato anodicamente<br />
basate sulle proprietà<br />
del tutto speciali del film di ossido<br />
che lo ricopre. È evidente che<br />
il titanio che quasi quarant’anni fa ci<br />
ha portato sulla Luna, oggi ci sta spingendo<br />
nel mondo dei film sottili e quindi<br />
dei nanomateriali.<br />
Ma è altrettanto evidente che questo metallo<br />
con i suoi colori, le sue apparenze, la sua<br />
luce non può non interessare anche il mondo<br />
dell’architettura e quello del design in<br />
tutte le sue declinazioni, dall’arredamento,<br />
ai prodotti, alla comunicazione visiva, alla<br />
moda: insomma il mondo del made in<br />
Italy. D’altra parte, come scrive Consonni,<br />
la disponibilità di un materiale straordinario,<br />
che permette di ottenere colori preziosi<br />
e forme non imitate ma fatte produrre dalla<br />
natura stessa in tutta la loro perentoria eleganza,<br />
non può che tradursi in una sfida al<br />
suo uso artistico.<br />
Pietro Pedeferri<br />
Dipartimento di Chimica dei Materiali<br />
e Ingegneria Chimica “G. Natta”<br />
del Politecnico di Milano<br />
Composizione/Niello elettrochimico
Programma Operativo Nazionale “Ricerca Scientifica, Sviluppo Tecnologico, Alta Formazione 2000-2006”<br />
UNIONE EUROPEA<br />
Misura III.5 - “Adeguamento del sistema della formazione pr<strong>of</strong>essionale, dell’istruzione e dell’alta formazione” - Avviso n. 2269/2005<br />
PROGETTO CHIMICA<br />
CHISS PER LO SVILUPPO<br />
SOSTENIBILE<br />
SEDE DI SVOLGIMENTO: REGIONE CAMPANIA E REGIONE SARDEGNA<br />
Nell’ambito del Progetto “Chimica per lo Sviluppo Sostenibile”, l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, l’Università<br />
degli Studi di Cagliari e l’Università Cà Foscari di Venezia, insieme ai partner <strong>Consorzio</strong> <strong>Interuniversitario</strong><br />
Nazionale “La Chimica per l’Ambiente” e l’Istituto Tecnico Nautico Statale “Nino Bixio” di Piano di Sorrento, intendono<br />
avviare l’attività di Formazione dei Formatori.<br />
L’iniziativa ha l’obiettivo di trasferire agli insegnanti delle Scuole Secondarie di Secondo Grado le conoscenze scientifiche<br />
e le competenze su alcune tematiche connesse alla chimica sostenibile, con la finalità di fornire strumenti<br />
utili a:<br />
• indirizzare i programmi scolastici verso le tematiche maggiormente innovative <strong>of</strong>ferte dall’applicazione della Chimica<br />
alla tutela e prevenzione dell’impatto ambientale;<br />
• valorizzare il ruolo dell’insegnante nel supportare/orientare lo studente verso la costruzione di un percorso di studio<br />
e di carriera pr<strong>of</strong>essionale nell’ambito della Chimica per lo sviluppo sostenibile.<br />
DESTINATARI<br />
Il corso è rivolto a 60 insegnanti della<br />
regione Campania e a 60 insegnanti<br />
della regione Sardegna degli Istituti<br />
Secondari di Secondo Grado in<br />
possesso dei seguenti requisiti:<br />
•Titolare di insegnamento presso<br />
Istituti Secondari di Secondo grado<br />
nella regione Campania o nella regione<br />
Sardegna<br />
•Insegnamento di discipline<br />
scientifiche (sarà data la priorità a<br />
docenti di discipline chimiche)<br />
• Conoscenze informatiche che permettano<br />
l’utilizzo dei moduli di formazione<br />
on-line ;<br />
• Buona conoscenza della lingua<br />
inglese.<br />
Per gli ultimi due requisiti è sufficiente<br />
una dichiarazione da parte del<br />
candidato di possedere conoscenze<br />
informatiche e una buona conoscenza<br />
delle lingua inglese. Sarà data<br />
priorità ai candidati che certificheranno<br />
queste conoscenze attraverso<br />
attestati di partecipazione a corsi<br />
specifici e/o esami universitari.<br />
Sarà data priorità agli insegnanti degli<br />
istituti ad indirizzo tecnico,<br />
in particolare chimico e biologico.<br />
Università degli Studi<br />
di Napoli “Federico II”<br />
Università degli<br />
Studi di Cagliari<br />
Qualora si registrasse un numero eccedente<br />
di richieste sarà valutata la possibilità<br />
di ammettere la<br />
partecipazione in qualità di uditori.<br />
CONTENUTI<br />
L’attività sarà articolata nei seguenti<br />
moduli, della durata di 3 ore ciascuno,<br />
fruibili in modalità FAD:<br />
•Nomenclatura chimica, stechiometria<br />
di base e grado di avanzamento delle<br />
reazioni<br />
•Energetica chimica:<br />
energia libera ed equilibrio chimico<br />
•Sintesi eco-compatibili<br />
•Solventi eco-compatibili<br />
•Detossificazione dei composti<br />
•Cenni di microbiologia e botanica<br />
•Biorisanamento<br />
•Biocombustibili<br />
•Valutazione dell’impatto ambientale<br />
e certificazione<br />
MODALITÀ DI PARTECIPAZIONE<br />
La domanda di partecipazione,<br />
da redigersi utilizzando l’allegato 1<br />
del bando di selezione, corredata<br />
di Curriculum vitae, redatto secondo<br />
l’allegato 2 del bando di selezione,<br />
è reperibile presso il sito<br />
www.incaweb.org<br />
e deve essere inoltrata<br />
entro il 15 novembre 2007<br />
per posta elettronica all’indirizzo:<br />
incaroma@uniroma1.it<br />
o per fax al numero 06.5926103.<br />
Per informazioni più dettagliate rivolgersi a:<br />
Pr<strong>of</strong>. Lucio Previtera Università degli Studi di Napoli “Federico II” –<br />
previter@unina.it<br />
Pr<strong>of</strong>. Giacomo Cao Università degli Studi di Cagliari –<br />
cao@visnu.dicm.unica.it<br />
Dott.ssa Chiara Palmieri <strong>Consorzio</strong> <strong>Interuniversitario</strong> Nazionale<br />
“La Chimica per l’Ambiente” incaroma@uniroma1.it<br />
Dott. Fulvio Zecchini <strong>Consorzio</strong> <strong>Interuniversitario</strong> Nazionale<br />
“La Chimica per l’Ambiente” zecchini_INCA@unive.it<br />
Ai partecipanti sarà rilasciato un attestato di frequenza<br />
Università Cà Foscari<br />
di Venezia<br />
PARTNER<br />
<strong>Consorzio</strong><br />
<strong>Interuniversitario</strong><br />
Nazionale<br />
“La Chimica<br />
per l’Ambiente”<br />
RIAPERTURA DEI TERMINI<br />
Istituto<br />
Tecnico Nautico<br />
Statale<br />
“Nino Bixio”<br />
di Piano<br />
di Sorrento<br />
13
Abbonati a <strong>Green</strong><br />
è nuova e diversa<br />
Il giornale per gli studenti,<br />
degli studenti e dei pr<strong>of</strong>essori<br />
Il giornale per gli studenti,<br />
degli studenti e dei pr<strong>of</strong>essori<br />
1<br />
Novembre 2006<br />
La Chimica Verde alla conquista della scuola<br />
Al via, dopo il<br />
La scienza<br />
al servizio<br />
dell’uomo<br />
e<br />
dell’ambiente<br />
successo<br />
delle<br />
precedenti edizioni,<br />
La rivoluzione<br />
energetica<br />
che cambierà<br />
la nostra vita<br />
Ricerca,<br />
prodotti,<br />
etica: Mentre si stanno esaurendo le<br />
le sfide riserve dei combustibili fossili,<br />
in particolare del petrolio, si in-<br />
della<br />
tensifica la ricerca sulle fonti<br />
<strong>Green</strong> alternative, sicure e rinnovabili.<br />
L’energia solare, quella eolica,<br />
Chemistry il moto del mare, le biomasse:<br />
per un “<strong>Green</strong>” racconta le tappe di un<br />
percorso necessario per andare<br />
mondo avanti e per guarire il pianeta<br />
più pulito malato.<br />
il concorso<br />
di Chimica<br />
Verde<br />
2006-2007<br />
Periodico mensile d’informazione del <strong>Consorzio</strong> <strong>Interuniversitario</strong> Nazionale “La chimica per l’ambiente” (INCA) N.1, novembre 2006. Spedizione in abbonamento postale<br />
2<br />
Dicembre 2006<br />
La Scienza<br />
al servizio<br />
dell’uomo<br />
e<br />
dell’ambiente<br />
Viaggio<br />
nel mondo<br />
delle fonti<br />
rinnovabili.<br />
Bioenergia<br />
avanti tutta<br />
Studenti,<br />
partecipate<br />
al concorso<br />
<strong>Green</strong> Chemistry<br />
Il <strong>Consorzio</strong> <strong>Interuniversitario</strong><br />
Nazionale “La Chimica per<br />
l’Ambiente (INCA) e la rivista<br />
“<strong>Green</strong>. La Scienza al servizio<br />
dell’uomo e dell’ambiente” promuovono<br />
la diffusione del ruolo<br />
della chimica per la tutela dell’ambiente<br />
e della salute.<br />
Per l’anno scolastico 2006-2007<br />
organizzano un concorso a<br />
premi di chimica verde per<br />
le scuole secondarie di 2° grado.<br />
LE MISURE DELLA SCIENZA<br />
TEORIA<br />
Alla scoperta<br />
della bellezza<br />
“nascosta”<br />
nelle molecole<br />
Il metro, il chilogrammo,<br />
il secondo, l’ampere, il kelvin,<br />
la mole, la candela…<br />
Impariamo a conoscere<br />
il sistema internazionale<br />
delle unità di misura<br />
PRATICA<br />
Chimica<br />
verde:<br />
due progetti<br />
ai raggi X<br />
www.green.incaweb.org il<br />
futuro<br />
foto R. Irsara<br />
naviga<br />
su<br />
Ragazzi, partecipate alla grande avventura<br />
ITALIA MONDO<br />
Duecento anni<br />
In Spagna<br />
di variazioni<br />
pannelli solari<br />
climatiche<br />
grandi come<br />
in Italia.<br />
300 campi<br />
di calcio.<br />
un’onda<br />
LE NEWS<br />
DALLE UNIVERSITÀ<br />
LE NEWS<br />
E DAI LABORATORI<br />
DALL’ESTERO<br />
www.green.incaweb.org.<br />
verde<br />
Il giornale per gli studenti,<br />
degli studenti e dei pr<strong>of</strong>essori<br />
3<br />
La Scienza<br />
al servizio<br />
dell’uomo<br />
e<br />
dell’ambiente<br />
Notizie<br />
e curiosità<br />
dall’Italia,<br />
dall’Europa<br />
e dal mondo<br />
Periodico mensile d’informazione del <strong>Consorzio</strong> <strong>Interuniversitario</strong> Nazionale “La chimica per l’ambiente” (INCA) N.2, dicembre 2006<br />
Con gli occhi<br />
di Galileo<br />
Così la Scienza<br />
va alla ricerca<br />
del grado massimo<br />
di certezza<br />
Come giudicherebbe la nostra<br />
società lo scienziato che ha<br />
maggiormente<br />
contribuito alla riformulazione<br />
dei principi metodologici della<br />
scienza moderna, alla<br />
rivoluzione scientifica,<br />
definendo nuovi rapporti<br />
tra filos<strong>of</strong>ia e scienza,<br />
tra filos<strong>of</strong>ia e religione?<br />
Gennaio<br />
Febbraio 2007<br />
MOTORI LABORATORI REALI O VIRTUALI?<br />
Elettrico o ibrido<br />
purché antismog<br />
PIGMENTI<br />
Una lunga storia<br />
quella dei colori<br />
C’è un NOP per te Tutti in laboratorio<br />
Imparare on line a fare Tante opportunità per gli<br />
www.green.incaweb.org sintesi in maniera verde studenti nei centri INCA<br />
Periodico mensile d’informazione edito dal <strong>Consorzio</strong> <strong>Interuniversitario</strong> Nazionale “La Chimica per l’Ambiente” (INCA) -Anno II, N. 3, Gennaio/Febbraio 2007<br />
Il giornale per gli studenti,<br />
degli studenti e dei pr<strong>of</strong>essori<br />
4<br />
Marzo 2007<br />
disegno di Francesco Tundo<br />
La Scienza<br />
al servizio<br />
dell’uomo<br />
e<br />
dell’ambiente<br />
CLIMA IMPAZZITO<br />
Il black-out<br />
delle<br />
stagioni<br />
L’Italia e gli altri paesi del Sud dell’Europa potrebbero essere i paesi<br />
del continente che affronteranno i più sconvolgenti cambiamenti climatici.<br />
Preoccupanti scenari a livello globale nei recenti rapporti scientifici. Ma siamo<br />
ancora in tempo per invertire la rotta e trovare soluzioni per evitare il disastro.<br />
Notizie<br />
e curiosità<br />
dall’Italia,<br />
dall’Europa<br />
e dal mondo<br />
Un mondo<br />
di quarzo<br />
Dalle comunicazioni<br />
al settore aerospaziale,<br />
dagli orologi atomici<br />
ai dispositivi militari,<br />
dai cellulari alle automobili:<br />
ecco i tanti usi e i “segreti”<br />
di un materiale semplice, praticamente<br />
inesauribile,<br />
ma che richiede severe forme<br />
di prevenzione per la tutela<br />
della salute di chi lo lavora.<br />
Premio<br />
<strong>Green</strong><br />
Scuola<br />
Partecipate al grande concorso<br />
per le Scuole secondarie di secondo grado<br />
CHIMICA<br />
VERDE<br />
Prodotti “verdi”:dalle materie<br />
prime naturali<br />
al consumatore<br />
Gli elaborati devono essere inviati entro<br />
il 31 marzo 2007<br />
Il bando di concorso e la scheda di<br />
partecipazione<br />
sono scaricabili dal sito<br />
www.green.incaweb.org<br />
Periodico mensile d’informazione edito dal <strong>Consorzio</strong> <strong>Interuniversitario</strong> Nazionale “La Chimica per l’Ambiente” (INCA)-Anno II, N. 4, Marzo 2007<br />
Il giornale per gli studenti,<br />
degli studenti e dei pr<strong>of</strong>essori<br />
5<br />
Aprile 2007<br />
Le ricerche<br />
degli<br />
studenti<br />
Cacciatori<br />
di nuvole<br />
Dulcis<br />
in... fungo<br />
www.green.incaweb.org<br />
La Scienza<br />
al servizio<br />
dell’ Uomo<br />
e<br />
dell’Ambiente<br />
La rivista per gli studenti e per gli insegnanti<br />
che dà voce agli studenti e agli insegnanti<br />
Industria e<br />
Università:<br />
la lunga<br />
storia delle<br />
Conferenze<br />
Solvay<br />
La Scienza<br />
a scuola<br />
Intervista<br />
al Ministro<br />
Cambiamento climatico,<br />
educazione ambientale,<br />
fonti energetiche rinnovabili.<br />
Come affronta<br />
la scuola questi temi?<br />
Foto di Ornella Erminio<br />
Periodico mensile d’informazione edito dal <strong>Consorzio</strong> <strong>Interuniversitario</strong> Nazionale “La Chimica per l’Ambiente“ (INCA) - Anno II, numero 5, Aprile 2007<br />
Il Ministro della Pubblica<br />
Istruzione, Giuseppe Fioroni,<br />
risponde alle domande<br />
della nostra rivista.<br />
EFFETTO<br />
SERRA<br />
Le vibrazioni delle molecole<br />
e l’emissione di calore dei gas
Il giornale per gli studenti,<br />
degli studenti e dei pr<strong>of</strong>essori<br />
6<br />
Maggio 2007<br />
Abbonarsi<br />
a <strong>Green</strong> è facile<br />
e costa poco,<br />
La Scienza<br />
al servizio<br />
dell’ Uomo<br />
e<br />
dell’Ambiente Chimica<br />
verde<br />
dell’ozonosfera<br />
anche<br />
nei corsi<br />
di laboratorio<br />
Dossier /I segreti<br />
20 euro per dieci numeri.<br />
Per gli insegnanti e le istituzioni<br />
scolastiche è prevista<br />
un’<strong>of</strong>ferta promozionale<br />
a 15 euro per 10 numeri.<br />
Per attivare l’abbonamento<br />
è sufficiente compilare e inviare<br />
via e-mail o tramite fax<br />
il modulo scaricabile dal sito<br />
www.green.incaweb.org/abbonamenti/<br />
index.htm<br />
e versare l’importo sul conto corrente<br />
postale n. 80254360 intestato<br />
a “<strong>Consorzio</strong> INCA – Rivista <strong>Green</strong>”<br />
Il 29 maggio<br />
a Roma,<br />
al Ministero<br />
della Pubblica<br />
Istruzione<br />
le premiazioni<br />
del Concorso<br />
<strong>Green</strong> - <strong>Inca</strong><br />
per le scuole<br />
www.green.incaweb.org<br />
Benzina<br />
motori contro<br />
diesel<br />
Mentre ancora attendiamo il<br />
futuristico e rivoluzionario “motore<br />
del 2000” della canzone di Lucio<br />
Dalla, le normative anti-smog<br />
cercano di arginare il fenomeno<br />
dell’inquinamento urbano ponendo<br />
dei limiti alle emissioni.<br />
Sono nati così i motori diesel e<br />
benzina Euro 1, 2 e 3, fino alla<br />
generazione odierna degli Euro 4.<br />
Periodico mensile d’informazione edito dal <strong>Consorzio</strong> <strong>Interuniversitario</strong> Nazionale “La Chimica per l’Ambiente“ (INCA)-anno II, N. 6, Maggio 2007<br />
Il giornale per gli studenti,<br />
degli studenti e dei pr<strong>of</strong>essori<br />
La Scienza<br />
al servizio<br />
dell’Uomo<br />
e<br />
dell’Ambiente<br />
Musica 7<br />
e chimica:<br />
i segreti<br />
Giugno - Luglio - Agosto 2007 di Stradivari<br />
No smoking<br />
Dalle scuole<br />
educazione<br />
alla salute<br />
Ecco le sostanze<br />
cancerogene contenute<br />
nel fumo di sigaretta,<br />
analizzate con la “Smoke<br />
Machine”, e i danni alla<br />
salute che provocano.<br />
Piero Tundo:<br />
“Un settore<br />
competitivo<br />
da sviluppare<br />
con senso<br />
etico”<br />
Nucleare<br />
Non solo<br />
Studenti<br />
in festa<br />
al Ministero<br />
con<br />
“<strong>Green</strong>”<br />
“Little boy”<br />
e “Fat Man”<br />
Mario Dutto:<br />
“Servono<br />
giovani<br />
di talento,<br />
di ingegno,<br />
tenaci”<br />
Assegnati<br />
a Roma nel<br />
Salone della<br />
Comunicazione<br />
della Pubblica<br />
Istruzione<br />
i premi<br />
del concorso<br />
promosso dalla<br />
nostra rivista<br />
Luigi Berlinguer:<br />
“La cultura<br />
scientifica<br />
è fondamento<br />
della<br />
democrazia”<br />
Periodico mensile d’informazione edito dal <strong>Consorzio</strong> <strong>Interuniversitario</strong> Nazionale “La Chimica per l’Ambiente“ (INCA) - Anno II, N. 7, Giugno - Luglio - Agosto 2007<br />
e dal <strong>Consorzio</strong><br />
Nazionale<br />
<strong>Interuniversitario</strong><br />
“La Chimica<br />
per<br />
l’Ambiente”<br />
(INCA)<br />
Il giornale per gli studenti,<br />
degli studenti e dei pr<strong>of</strong>essori<br />
8<br />
Settembre 2007<br />
Alla ricerca<br />
La Scienza<br />
al servizio<br />
dell’Uomo<br />
e<br />
dell’Ambiente<br />
Calcoliamo<br />
insieme<br />
quanta<br />
energia<br />
Foto di Ornella Erminio<br />
ci serve<br />
dei solventi a livello<br />
globale<br />
nella vita verdi di ogni giorno<br />
Largamente impiegati<br />
per diluire o sciogliere altre<br />
sostanze, per esempio<br />
nel settore delle vernici,<br />
dei metalli o nella pulitura<br />
a secco, questi liquidi hanno<br />
spesso comportato rischi<br />
per la salute e per l’ambiente.<br />
PRIMA PUNTATA<br />
Radiografia<br />
di un<br />
territorio<br />
con l’aiuto<br />
dei licheni<br />
Intervista a Sir<br />
Harold Kroto,<br />
premio Nobel<br />
per la<br />
Chimica 1996<br />
Con il web<br />
aiuto<br />
gli insegnanti<br />
a insegnare<br />
meglio<br />
le scienze<br />
“<br />
Energie su misura<br />
”<br />
Prezzo di numero euro 3,00 - Periodico mensile d’informazione edito dal <strong>Consorzio</strong> <strong>Interuniversitario</strong> Nazionale “La Chimica per l’Ambiente“ (INCA) - Anno II, N. 8, Settembre 2007<br />
<strong>Green</strong> è un mensile<br />
diverso, perché<br />
gli articoli portanti<br />
sono scritti da<br />
esponenti<br />
di primo piano del mondo<br />
della ricerca,<br />
in un linguaggio chiaro<br />
e al tempo stesso<br />
rigorosamente<br />
scientifico.<br />
È uno strumento<br />
didattico-informativo<br />
nuovo perché si rivolge<br />
non soltanto<br />
agli insegnanti e agli<br />
studenti, ma anche<br />
a tutti coloro che<br />
desiderano essere<br />
correttamente<br />
informati in un settore<br />
fondamentale<br />
della vita sociale<br />
contemporanea.<br />
È una<br />
rivista-laboratorio<br />
perché direttamente<br />
collegata al master<br />
universitario di I livello<br />
in diffusione<br />
della cultura<br />
scientifica,<br />
attivo all’Università<br />
degli Studi di Venezia<br />
Cà Foscari a partire<br />
dall’anno<br />
accademico 2007-2008.<br />
Editore di <strong>Green</strong> è il<br />
<strong>Consorzio</strong><br />
<strong>Interuniversitario</strong><br />
Nazionale<br />
“La Chimica<br />
per l’Ambiente” (INCA),<br />
che raggruppa<br />
34 atenei italiani.<br />
Fotografia di Ornella Erminio
DALLA SCIENZA ALLA PRATICA Concorso <strong>Green</strong> Sc<br />
Il sapone<br />
naturale?<br />
Facciamolo<br />
in classe<br />
I saponi sono quei<br />
materiali utilizzati<br />
per l’igiene personale<br />
e la detergenza<br />
di indumenti<br />
e ambienti.<br />
Fin dall’antichità<br />
l’uomo ha cercato di utilizzare<br />
dei materiali per la detergenza.<br />
Le prime notizie<br />
sul sapone si trovano nella<br />
Bibbia. Si tratta di un sapone<br />
ottenuto solo dall’olio di<br />
oliva che si fabbricava nelle<br />
zone coltivate ad olivo. In<br />
una di queste zone si trovava<br />
Aleppo, una città della<br />
Siria dove si produceva un<br />
sapone. Ancora oggi, in Siria<br />
si produce il sapone di<br />
Aleppo utilizzando olio di<br />
oliva e olio di alloro. La ricetta<br />
di questo sapone si<br />
tramanda da alcuni secoli e<br />
16<br />
Irene Parisi, Giuseppe Bella, Antonio Saraò<br />
Carmelo Visalli, Santino Salmeri<br />
Coordinatore del progetto: pr<strong>of</strong>. Rosario Saccà<br />
Dagli allievi della classe 3 O sezione B Geometri dell’ITCGT<br />
“Leonardo da Vinci” di Milazzo un lavoro che unisce<br />
sperimentazione e pratica. Ecco il racconto della loro esperienza,<br />
che ci svela i segreti e le ricette per realizzare un prodotto<br />
“su misura”, secondo le nostre preferenze e i nostri gusti.<br />
fin dall’antichità era usato<br />
nei bagni turchi d’oriente,<br />
come trattamento di bellezza.<br />
Si può utilizzare come<br />
antitarme, ponendolo negli<br />
armadi e nei cassetti della<br />
biancheria. Si utilizza anche<br />
per il lavaggio di biancheria<br />
e come detergente per quelle<br />
persone che presentano<br />
allergie al contatto con detergenti<br />
sintetici.<br />
Dal punto di vista chimico il<br />
sapone naturale è un composto<br />
del sale sodico o potassico<br />
degli acidi i grassi,<br />
con presenza di glicerina e<br />
tracce di acqua. Questo sale<br />
si ottiene solitamente mediante<br />
una reazione chimica,<br />
detta saponificazione,<br />
che innesca una vera e propria<br />
trasformazione della<br />
materia (senza saponifica-<br />
Irene, Giuseppe, Antonio e Carmelo. Irene ha scritto l’articolo<br />
con Giuseppe e Antonio. Per i loro esperimenti sono stati aiutati<br />
da Santino Salmeri e Carmelo Visalli
n Scuola 2006-2007<br />
zione non ci può essere sapone).<br />
La reazione che produce<br />
il sapone avviene<br />
ogniqualvolta una base alcalina<br />
(soda caustica o potassa<br />
caustica), viene diluita<br />
in un liquido e fatta reagire<br />
con un acido (i grassi vegetali<br />
o animali). La soda caustica<br />
si usa per i saponi solidi,<br />
mentre la potassa caustica<br />
si usa per quelli liquidi.<br />
Gli ingredienti fondamentali<br />
del processo di saponificazione<br />
sono i grassi vegetali,<br />
oli e animali. Gli oli<br />
vengono scelti in base alle<br />
loro proprietà (emollienti,<br />
nutrienti, ristrutturanti) e alle<br />
loro funzioni (ad esempio<br />
l’olio di cocco dà una bella<br />
schiuma, l’olio di palma regala<br />
consistenza e durevolezza,<br />
gli oli di sesamo o di<br />
Nel segno<br />
della tradizione...<br />
...della salute<br />
e del risparmio<br />
semi di zucca, si prendono<br />
cura dei capelli). Il liquido<br />
nel quale si diluisce la soda<br />
caustica è in genere l’acqua,<br />
ma si possono utilizzare anche<br />
succhi di frutta, infusi<br />
d’erbe oppure latte intero. È<br />
possibile conferire al sapone<br />
colorazioni diverse, a seconda<br />
degli ingredienti impiegati,<br />
che si possono suddividere<br />
in due categorie:<br />
spezie naturali, come ad<br />
esempio la cannella che<br />
conferisce sfumature beigerosa;<br />
pigmenti cosmetici<br />
che danno colorazioni<br />
uniformi e pr<strong>of</strong>essionali al<br />
sapone. Non è consigliato<br />
utilizzare tinture o pigmenti<br />
destinati a pitture per<br />
hobby, in quanto possono<br />
contenere sostanze irritanti<br />
o pericolose.<br />
Gli alunni partecipanti<br />
Fragranze<br />
e pr<strong>of</strong>umi<br />
presenti in<br />
natura.<br />
E un bel colore<br />
Le diverse fragranze<br />
si ottengono aggiungendo<br />
oli essenziali,<br />
che vengono<br />
estratti dalle<br />
piante mediante vari<br />
metodi; mentre per ottenere<br />
pr<strong>of</strong>umazioni di tutti gli odori<br />
presenti in natura, o simularne<br />
quelli di fantasia (cioccolato,<br />
caramello, torta di<br />
mele), bisogna utilizzare<br />
prodotti di origine artificiale.<br />
Per chi volesse riprodurre la<br />
nostra esperienza, che descriviamo,<br />
il luogo d’azione,<br />
non avendo a disposizione<br />
un adatto laboratorio, è la cucina,<br />
il posto dove si trovano<br />
a portata di mano lavello,<br />
fornelli e tutte le attrezzature<br />
necessarie: bilancia elettronica,<br />
cucchiai di legno, una ca-<br />
17
DALLA SCIENZA ALLA PRATICA<br />
raffa in pirex, una pentola<br />
d’acciaio, un termometro da<br />
forno, un frullatore, formine<br />
per dolci.<br />
Affinché il sapone abbia una<br />
bella forma, non occorre essere<br />
in possesso di attrezzature<br />
strane, basta avere stampi<br />
che resistono al materiale<br />
caustico e che tollerino alte<br />
temperature.<br />
I metodi che portano alla<br />
produzione del sapone naturale<br />
sono due.<br />
Il metodo cosiddetto “a<br />
freddo” sfrutta il calore naturale<br />
liberato dalla reazione<br />
tra i grassi e la soda caustica,<br />
questo metodo consente<br />
di risparmiare energia.<br />
Tutto quello che bisogna fare<br />
è preservare questo calore,<br />
avvolgendo il sapone<br />
fresco in una coperta e lasciandolo<br />
riposare per una<br />
giornata.<br />
Il metodo “a caldo”<br />
utilizza una fonte di<br />
calore esterna per<br />
accelerare la saponificazione,<br />
quindi<br />
consuma energia.<br />
Una delle maggiori caratteristiche<br />
dei saponi naturali,<br />
è la biodegradabilità, essi<br />
possiedono cioè la caratteristica<br />
di essere decomposti e<br />
assimilati da microrganismi<br />
viventi (normalmente batteri<br />
e miceti), fino a essere anche<br />
immessi nei cicli naturali.<br />
Questo fenomeno è molto<br />
importante per l’ambiente<br />
che si deve liberare da rifiuti<br />
e scorie per far posto alla<br />
nuova vita.<br />
Gli alberi, le alghe, le piante,<br />
ossia tutti gli organismi<br />
fotosintetici, mediante l’assorbimento<br />
della radiazione<br />
solare, assumono anidride<br />
carbonica dall’atmosfera<br />
utilizzandola per fotosintetizzare<br />
zuccheri e altre numerosissime<br />
sostanze presenti<br />
in natura. Tramite la<br />
catena alimentare, il flusso<br />
di energia e sostanze nutritive,<br />
passano dalle piante agli<br />
erbivori e poi ai carnivori.<br />
Ruolo importante della biodegradabilità<br />
è quello dei<br />
microrganismi che si nutrono<br />
di rifiuti organici. La ma-<br />
18<br />
teria organica viene così<br />
trasformata in anidride carbonica<br />
con chiusura del ciclo<br />
naturale.<br />
Oggi, a causa di<br />
motivazioni economiche,<br />
di disponibilità,<br />
di comodità,<br />
è invalsa l’abitudine<br />
di utilizzare<br />
saponi che hanno<br />
come ingredienti principali<br />
sostanze chimiche,<br />
delle quali talvolta le<br />
conseguenze risultano<br />
ignote. Ritornare a utilizzare<br />
saponi naturali sarebbe<br />
molto importante, perché<br />
potrebbe contribuire ad abbassare<br />
il livello di inquinamento<br />
dell’ambiente ed<br />
evitare il contatto diretto<br />
con sostanze talvolta tossiche,<br />
che finiscono per intaccare<br />
molte funzioni vitali<br />
(sopravvivenza, sintesi,<br />
crescita). Molti prodotti di<br />
sintesi hanno effetti negativi<br />
sugli esseri viventi. Queste<br />
sostanze penetrano negli<br />
organismi per inalazione,<br />
ingestione indiretta, o<br />
per assorbimento cutaneo.<br />
Infatti alcuni composti<br />
di sintesi,<br />
presenti nei prodotti<br />
commerciali,<br />
possono causare<br />
delle reazioni allergiche<br />
alla cute o addirittura,<br />
se usati frequentemente,<br />
possono risultare<br />
tossici.<br />
L’associazione ambientalista<br />
<strong>Green</strong>peace, sottoponendo<br />
ad analisi attente<br />
molti detergenti sintetici<br />
(fra cui anche marche molto<br />
utilizzate per i bambini),<br />
ha rilevato la presenza di<br />
molte sostanze tossiche,<br />
come muschi sintetici utilizzati<br />
come fragranze, in<br />
sostituzione di quelli naturali,<br />
molto più costosi.<br />
Questi prodotti sono pericolosi<br />
per la loro tossicità.<br />
I muschi sintetici, ad esempio,<br />
possono interferire con<br />
i sistemi di comunicazione<br />
ormonale, accentuando ancora<br />
di più gli effetti dovuti<br />
all’esposizione ad altri<br />
agenti tossici.<br />
Frollatura degli ingredienti<br />
Riempimento delle forme
Il sapone naturale? Facciamolo in classe<br />
Il processo di<br />
saponificazione<br />
è il risultato<br />
di una reazione chimica<br />
È la reazione che avviene tra gli<br />
esteri e le soluzioni acquose alcaline<br />
[soluzioni di NaOH (idrossido<br />
di sodio) o KOH (idrossido<br />
di potassio)] a caldo.<br />
Lo schema della reazione<br />
Estere<br />
Questa è una reazione di idrolisi (scissione)<br />
alcalina ed è irreversibile (i prodotti<br />
formati non reagiscono tra di loro per dare<br />
le sostanze di partenza).<br />
Se tale reazione si effettua utilizzando un<br />
grasso vegetale (olio) o animale, i prodotti<br />
della scissione sono glicerina e sali dei loro<br />
acidi carbossilici.<br />
Questi sali, se sono di sodio o di potassio,<br />
La saponificazione dei trigliceridi<br />
Gli esteri si decompongono in alcoli e ioni<br />
monocarbossilici; questi ultimi sono bilanciati<br />
elettricamente dai cationi provenienti<br />
dall’idrossido e danno, subito o dopo evaporazione,<br />
i corrispondenti sali.<br />
Base Sale Alcool<br />
possiedono proprietà tensioattive (agiscono<br />
sulla tensione superficiale dell’acqua<br />
abbassandola), e asportano la sporcizia<br />
dalle superfici con cui sono a contatto.<br />
Per tali caratteristiche sono chiamati saponi.<br />
La reazione di saponificazione dei trigliceridi<br />
(grassi vegetali e animali) segue questo<br />
schema.<br />
trioleato di glicerina idrossido glicerina oleato di sodio (sapone)<br />
o trioleina o oleina di sodio<br />
Come abbiamo visto, i prodotti dell’idrolisi<br />
(scissione) alcalina dei grassi si chiamano<br />
saponi, questi sono miscele di sali sodici di<br />
acidi carbossilici alifatici, acidi grassi esterificati<br />
con la glicerina (trigliceridi). Industrialmente<br />
la reazione avviene scaldando le<br />
miscele di grassi, poste in apposite caldaie<br />
(reattori), a temperatura compresa tra 170-<br />
180 °C, alla pressione di 8-10 atm e con soluzioni<br />
di idrossidi alcalini. La fine della<br />
reazione di saponificazione è rivelata dalla<br />
scomparsa dei grumi di grasso. A questo<br />
punto si aggiunge al miscuglio cloruro di<br />
sodio (salatura); questi fa diventare insolubile<br />
il sapone formatosi, lo fa affiorare in superficie<br />
permettendo la separazione dalla<br />
parte liquida sottostante. Dopo il raffreddamento<br />
si ottiene la miscela solida di saponi.<br />
Prima del raffreddamento si possono aggiungere<br />
varie sostanze per ottenere saponi<br />
con differenti caratteristiche commerciali.<br />
Le sostanze utilizzate sono: col<strong>of</strong>onia o pece<br />
greca (ha potere schiumogeno), sostanze<br />
coloranti; oli essenziali per ottenere saponi<br />
pr<strong>of</strong>umati e pregiati da toeletta; cariche minerali<br />
(bentonite, talco, caolino) per ottenere<br />
saponi a basso prezzo; glicerina e zucchero<br />
per ottenere saponi trasparenti.<br />
I saponi molli (sapone da barba) e liquidi<br />
sono saponi potassici e si ottengono utilizzando<br />
idrossido di potassio anziché di sodio,<br />
nella reazione di saponificazione.<br />
19
20<br />
DALLA SCIENZA ALLA PRATICA<br />
Il sapone<br />
naturale<br />
si produce così<br />
Tra i tanti argomenti proposti dal pr<strong>of</strong>essore di<br />
chimica, abbiamo scelto di produrre del sapone<br />
naturale mediante l’utilizzazione di materie prime<br />
naturali.<br />
Il sapone, che abbiamo ottenuto nel laboratorio della nostra<br />
scuola, è un prodotto verde ottenuto utilizzando materie<br />
prime naturali e riciclabili, quali oli vegetali, ottenuti<br />
da frutti o semi, fragranze naturali, anch’esse estratte da frutta,<br />
fiori o piante, ingredienti facoltativi (cariche) quali farina di<br />
riso e resina di pino (col<strong>of</strong>onia).<br />
Quindi essendo un prodotto verde,rispetta l’ambiente. Anche<br />
le fragranze usate sono naturali. Il metodo seguito è quello a<br />
freddo, cioè si esegue la reazione di saponificazione sfruttando<br />
il calore liberato dalla solubilizzazione della soda caustica e<br />
dalla reazione di questa con gli acidi grassi dei trigliceridi.<br />
Materie prime utilizzate<br />
Olio di oliva, olio di semi di girasole, olio di mandorle, soda caustica,<br />
acqua demineralizzata, succo di carote, farina di riso, col<strong>of</strong>onia, olio<br />
essenziale di lavanda, olio essenziale di limone.<br />
Attrezzature<br />
Bilancia tecnica, vetreria di laboratorio (becher, beute e cilindri graduati<br />
di varie capacità), cucchiai, spatole, mortaio, fornello elettrico,<br />
termometro, frullatore a immersione, tegame in acciaio inox, forme<br />
varie, guanti in lattice.<br />
Procedimento<br />
1 a fase: preparare l’area di lavoro<br />
Per ottenere il nostro sapone ci siamo recati nel laboratorio del nostro<br />
istituto. Qui abbiamo preso tutte le attrezzature e le materie prime<br />
necessarie. Indossati i guanti, gli occhiali e gli altri dispositivi di<br />
protezione individuale ci siamo messi al lavoro.<br />
2 a fase: preparare la soluzione di soda caustica<br />
Pesata la soda caustica, l’abbiamo sciolta, con cautela, in acqua demineralizzata<br />
o nel succo di carota. Durante lo scioglimento della soda,<br />
la soluzione raggiunge una temperatura abbastanza elevata, di<br />
circa 70 °C ÷ 80 °C. Si lascia quindi a raffreddare fino a quando la<br />
temperatura diminuisce fino a 60 °C.<br />
3 a fase: preparare i grassi<br />
Dopo aver pesato l’olio, lo abbiamo versato in una pentola in acciaio<br />
inox e con un fornello elettrico lo abbiamo riscaldato fino al raggiungimento<br />
della temperatura dell’olio di circa 60 °C.<br />
Il meccanismo<br />
d’azione<br />
dei saponi<br />
Il meccanismo con cui un sapone agisce sullo<br />
sporco è ipotizzato da alcune teorie nel seguente<br />
modo.<br />
Un sapone è costituito da una lunga catena alifatica di<br />
atomi di carbonio e dal gruppo –COO-Na+ posto alla sua<br />
estremità, si può quindi considerare composto da una<br />
parte idr<strong>of</strong>oba, non polare (catena di atomi di carbonio) e<br />
una idr<strong>of</strong>ila, polare (il gruppo –COO-Na+) schematizzato a lato.<br />
La parte idr<strong>of</strong>ila si aggancia elettrostaticamente alle molecole<br />
polari dell’acqua, la parte idr<strong>of</strong>oba si aggancia a molecole<br />
non polari (grassi). Immergendo, in una dispersione di sapone<br />
in acqua, una superficie sporca, si ha un contemporaneo aggancio<br />
della parte idr<strong>of</strong>oba con lo sporco e di quella idr<strong>of</strong>ila<br />
con l’acqua; lo str<strong>of</strong>inio (agitazione meccanica) facilita il distacco<br />
e l’allontanamento dei grumi di sporco.<br />
4 a fase: preparare gli ingredienti facoltativi<br />
Si misura l’olio essenziale e si mescola con la farina di riso. Si pesa<br />
la col<strong>of</strong>onia, si trasferisce in un mortaio e si tritura per facilitarne la<br />
solubilizzazione.<br />
5 a Fase: inizio della saponificazione<br />
Dopo avere controllato la temperatura dei grassi e della soda, abbiamo<br />
versato delicatamente quest’ultima nei grassi; a questo punto<br />
con il frullatore a immersione, abbiamo mescolato, pochi minuti per<br />
volta, alternando con delle pause, per non mettere sotto sforzo il frullatore.<br />
6 a fase: il nastro<br />
Durante l’operazione di frollatura, ci siamo accorti che il miscuglio in<br />
lavorazione cambia di colore e di consistenza, diventando sempre<br />
più cremoso. A un certo punto, alzando il frullatore e facendo colare,<br />
dal frullatore stesso, un po’ di miscela sulla superficie, questa rimane<br />
per qualche secondo prima di affondare, come se si formasse un<br />
filo galleggiante. Questo è il cosiddetto “nastro”.<br />
7 a fase: aggiunta degli ingredienti facoltativi<br />
Quindi abbiamo aggiunto gli ingredienti facoltativi e abbiamo mescolato<br />
nuovamente fino all’ottenimento di una massa gelatinosa.<br />
8 a fase: la formatura e la stagionatura<br />
Si versa quindi il sapone fresco negli stampi, si lascia a riposo per 48<br />
ore, affinché l’acqua possa evaporare e il gel si trasformi in un prodotto<br />
solido.<br />
Trascorso tale tempo, il sapone indurito si toglie dalle forme e si lascia<br />
stagionare, in un luogo fresco ed asciutto, per 6-8 settimane.<br />
Una tradizione secolare viene da un tempo e da un luogo lontano: la fama del sap<br />
Il sapone che ha reso famosa la città<br />
di Aleppo, nel nord della Siria,<br />
racconta 2000 anni di storia.<br />
La lavorazione inizia a novembre, dopo il<br />
raccolto delle olive, e termina a marzo.<br />
L’olio di oliva viene dapprima cotto<br />
lentamente per più giorni in un paiolo<br />
aggiungendo soda estratta dal sale marino.<br />
Alla fine della cottura, quando la pasta è<br />
pronta, viene arricchita<br />
con olio di bacche di alloro.<br />
È la quantità dell’olio di alloro, dal 5%<br />
al 50%, a determinare il pr<strong>of</strong>umo<br />
e la pregiatezza del sapone.<br />
Dopo la colatura e a raffreddamento avvenuto<br />
il sapone, ancora verde, è tagliato come mostra<br />
la sequenza: pareggiata la massa viene<br />
percorsa con un coltello a più lame trascinato<br />
dai ragazzi. Marchiato con il timbro del<br />
produttore è messo a essiccare all’aria per<br />
almeno nove mesi. La produzione coinvolge<br />
tutta la famiglia e la tradizione tramanda di<br />
padre in figlio le ricette e i modi di<br />
fabbricazione del famoso sapone.
Il sapone naturale? Facciamolo in classe<br />
Sapone alla lavanda<br />
Olio di oliva 1 000 g<br />
Soda caustica 128 g<br />
Acqua 300 g<br />
Olio di lavanda 10 ml<br />
Col<strong>of</strong>onia 50 g<br />
Farina di riso cucchiai 2<br />
Fiori di lavanda cucchiai 2<br />
Mescolare la farina di riso e l’olio essenziale<br />
di lavanda.<br />
Sciogliere la soda in acqua.<br />
Scaldare l’olio fino a una temperatura di<br />
50 – 60 °C.<br />
Sciogliere la col<strong>of</strong>onia in un po’ d’olio.<br />
Quindi aggiungere all’olio la soda, usando<br />
molta cautela, e mescolare con il frullino.<br />
Al nastro aggiungere la soluzione di olio e<br />
col<strong>of</strong>onia e i fiori di lavanda, previamente<br />
triturati, continuando a mescolare con il<br />
frullino. Quando la miscela è omogenea<br />
versarla nelle forme.<br />
Tre tipi di sapone<br />
con diverse<br />
caratteristiche<br />
In questo progetto abbiamo imparato<br />
a trasformare delle materie<br />
prime, di origine naturale, in un<br />
prodotto con proprietà fisiche e caratteristiche<br />
diverse dalle prime, con la saponificazione<br />
tra un grasso e l’idrossido<br />
di sodio, si trasformano delle sostanze<br />
liquide, gli oli, in sapone solido. Seguendo il<br />
procedimento esposto, abbiamo realizzato tre<br />
saponificazioni, utilizzando ricette diverse<br />
per ottenere tre tipi di saponi con caratteristiche<br />
diverse: un sapone dalle proprietà esfolianti<br />
con fiori di lavanda, uno con succo di<br />
carota e aroma di limone, un altro con foglie<br />
Sapone alla carota<br />
Olio di oliva 500 g<br />
Olio di girasole 500 g<br />
Olio di mandorle 250 g<br />
Succo di carote 450 g<br />
Soda caustica 160 g<br />
Col<strong>of</strong>onia 65 g<br />
Olio essenziale di limone 20 ml<br />
Farina di riso cucchiai 2<br />
Mescolare la farina di riso e l’olio essenziale<br />
di limone.<br />
Sciogliere la soda nel succo di carota.<br />
Mescolare gli oli e scaldarli fino a una<br />
temperatura di 50 – 60 °C.<br />
Sciogliere la col<strong>of</strong>onia in un po’ d’olio.<br />
Quindi aggiungere all’olio la soda, usando<br />
molta cautela, e mescolare con il frullino.<br />
Al nastro aggiungere la soluzione di olio e<br />
col<strong>of</strong>onia, continuando a mescolare con il<br />
frullino.<br />
Quando la miscela è omogenea versarla<br />
nelle forme.<br />
di tiglio. La farina di riso aggiunta ha due<br />
funzioni, la prima di fissare l’olio essenziale<br />
in modo da far diventare permanente la fragranza,<br />
la seconda è la funzione di fungere da<br />
riempitivo. La col<strong>of</strong>onia, resina dell’albero di<br />
pino, è un tensioattivo, cioè è il componente<br />
schiumogeno.<br />
Quindi il prodotto della saponificazione è stato<br />
messo nelle apposite forme e lasciato ad<br />
asciugare. Quando il sapone è risultato<br />
asciutto e duro, dopo due giorni circa, lo abbiamo<br />
tolto dalle forme e lasciato stagionare.<br />
ITCGT Leonardo da Vinci di Milazzo -<br />
Classe 3B geometri<br />
Sapone al tiglio<br />
Olio di oliva 500 g<br />
Olio di girasole 500 g<br />
Olio di mandorle 250 g<br />
Acqua 300 g<br />
Soda caustica 160 g<br />
Foglie di tiglio cucchiai 2<br />
Farina di riso cucchiai 2<br />
Col<strong>of</strong>onia 65 g<br />
Sciogliere la soda in acqua.<br />
Mescolare gli oli e scaldarli fino a una<br />
temperatura di 50 – 60 °C.<br />
Sciogliere la col<strong>of</strong>onia in un po’ d’olio.<br />
Quindi aggiungere all’olio la soda, usando<br />
molta cautela, e mescolare con il frullino.<br />
Al nastro aggiungere la soluzione di olio e<br />
col<strong>of</strong>onia, continuando a mescolare con<br />
il frullino.<br />
Aggiungere le foglie di tiglio triturate, continuando<br />
a mescolare con il frullino.<br />
Quando la miscela è omogenea versarla<br />
nelle forme.<br />
del sapone di Aleppo (Siria) dal pr<strong>of</strong>umo esotico e dalle virtù medicamentose<br />
21
ITI CANNIZZARO CATANIA Classe 5A-5C Chimica Pr<br />
Plastica<br />
bio<br />
a tutto<br />
campo<br />
22<br />
Maria Chiara Balsamo, Maria Grazia Mirabella,<br />
Alfio Calvagna, Federica Scuderi,<br />
Domenico Losciale, Giovanni Salamone<br />
Questo lavoro è stato eseguito da alcuni allievi delle classi VA e VC dell’Indirizzo<br />
Chimica e si inserisce nel contesto delle iniziative legate alle attività di<br />
Educazione Ambientale e sensibilizzazione dei giovani nei settori della produzione<br />
eco-innovativa e del consumo sostenibile.<br />
Coordinatrice: pr<strong>of</strong>essoressa Angela Percolla<br />
L’ITI “Cannizzaro”<br />
da anni è impegnato<br />
nel campo della<br />
sensibilizzazione<br />
ambientale; nell’anno<br />
2001-2002, nell’ambito<br />
del progetto<br />
giovanile “IG Students”<br />
è stato prodotto il<br />
compost ammendante organico<br />
ricavato da rifiuti organici<br />
selezionati.<br />
L’iniziativa ha avuto molto<br />
successo ed è stata riproposta<br />
nell’anno 2003-2004 mediante<br />
il progetto “Compostaggio<br />
e biodegradazione”<br />
finanziato dal Commissario<br />
delegato per l’emergenza rifiuti<br />
Regione Sicilia. Con i<br />
finanziamenti avuti sono stati<br />
acquistati compostiere,<br />
biotrituratore e apparecchiature<br />
di analisi strumentale<br />
per l’analisi del compost di<br />
qualità prodotto a scuola.<br />
Nell’anno scolastico 2004-<br />
2005 la scuola è diventata<br />
coordinatrice del progetto<br />
Helianthus II, progetto di<br />
Educazione Ambientale che<br />
ha visto lavorare in rete ben<br />
sei istituti di scuola secondaria<br />
superiore, 10 scuole elementari<br />
e 10 scuole medie.<br />
Lo scorso anno, alcuni allievi<br />
delle quarte classi hanno<br />
svolto uno stage di 15 giorni<br />
presso i laboratori di biotecnologia<br />
dell’AID – Agroindustry<br />
Advanced Tecnologies<br />
Spa – dove è stato affrontato<br />
il tema dell’analisi<br />
di geni e proteine di interesse<br />
agroalimentare e ambientale.<br />
Lo studio sulle biotecnologie<br />
in campo agroalimentare<br />
si è concluso con la visita a<br />
Franc<strong>of</strong>orte della Fiera Internazionale<br />
“Achema 2006”,<br />
visita che ha dato agli allievi<br />
l’entusiasmo per continuare<br />
ancor meglio quest’anno lo<br />
studio sul Futuro biodegradabile.<br />
Tutti gli allievi, infatti, hanno<br />
portato a casa da Fran-<br />
c<strong>of</strong>orte i famosi sacchetti in<br />
amido di mais utilizzabili<br />
per lo shopping o per la<br />
raccolta dei rifiuti organici<br />
destinati a compost di qualità.<br />
Il lavoro sulle bioplastiche<br />
qui pubblicato chiude quindi<br />
un percorso didattico iniziato<br />
ben cinque anni fa.<br />
Docenti e alunni del Cannizzaro visitano la Fiera Internazionale<br />
di Biotecnologie “Achema 2006” a Franc<strong>of</strong>orte sul Meno.
Primo premio al Concorso <strong>Green</strong> Scuola<br />
Sacchetti<br />
e imballaggi<br />
diventano<br />
compost<br />
di qualità<br />
Plastica<br />
biodegradabile:<br />
una storia<br />
con radici pr<strong>of</strong>onde<br />
La biodegradabilità è la caratteristica delle<br />
sostanze e dei materiali naturali di essere assimilati<br />
dai microrganismi e di essere così immessi nei cicli<br />
naturali.<br />
Un cumulo di rifiuti organici è appetibile per i<br />
microrganismi che cominciano a consumare le<br />
sostanze nutritive, ossia a degradare le sostanze<br />
organiche, producendo CO2, H2O e calore. Alla<br />
fine del processo, il rifiuto iniziale si è trasformato<br />
in una sostanza chiamata compost che assume<br />
l’odore e l’aspetto del suolo fertile ed è sanitizzato<br />
e stabilizzato in quanto privo di microrganismi<br />
patogeni e di materiale putrescibile.<br />
Il primo materiale bioplastico fu ricavato negli<br />
anni ‘50 dall’amido di mais.<br />
Il basso prezzo del petrolio e la scarsa evoluzione scientifica<br />
e tecnologica inibirono per moltissimi anni la possibilità<br />
di uno sviluppo industriale di questa scoperta.<br />
Negli ultimi anni i passi in avanti dal punto di vista tecnologico<br />
e un aumento del prezzo del petrolio hanno riportato<br />
l’attenzione su questo settore.<br />
Una delle principali aziende italiane che produce bioplastiche<br />
è la Novamont la cui principale invenzione è il Mater-Bi;<br />
si tratta di una famiglia di sovramolecole derivate prevalentemente<br />
dall’amido di mais.<br />
Novamont nasce da una costola di Montedison, e più precisamente<br />
dalla scuola di Scienza dei Materiali, un istituto le<br />
cui tradizioni risalgono allo sviluppo del polipropilene, scoperto<br />
dal premio Nobel Giulio Natta.<br />
Dal 1990, la società si occupa di sviluppare e commercializzare<br />
i prodotti realizzati da Fertec, marchio della Holding<br />
Montedison, nato con il compito di armonizzare la cultura<br />
chimica di Montecatini con quella agroindustriale della Ferruzzi.<br />
Nel 1991 la Novamont acquisce la Fertec e sancisce definitivamente<br />
la sua politica di innovazione basata sull’utilizzo di<br />
materie prime vegetali e di fonti rinnovabili per la realizzazione<br />
di bioplastiche, biocarburanti e intermedi chimici rinnovabili.<br />
La vera pietra miliare della storia di Novamont<br />
è l’uscita nel 1992 del primo oggetto in Mater-<br />
Bi, la “<strong>Green</strong> Pen”, scelta dal vertice mondiale<br />
di Rio come simbolo di una nuova possibile generazione<br />
di prodotti in grado di coniugare un<br />
progetto economico con l’attenzione ai temi<br />
ambientali.<br />
Nel <strong>settembre</strong> dello stesso anno, in Germania, inizia la<br />
produzione dei primi sacchi in Mater-Bi per la raccolta<br />
differenziata che vengono individuati subito come strumento<br />
indispensabile per una efficace intercettazione della frazione<br />
organica e il suo successivo avvio al compostaggio.<br />
Nel 2001 Goodyear lancia il primo pneumatico a bassa resistenza<br />
al rotolamento con tecnologia Bio-tred che prevede<br />
l’utilizzo di bi<strong>of</strong>iller in Mater-Bi, a parziale sostituzione della<br />
silice e del ner<strong>of</strong>umo, usati nei normali additivi (filler).<br />
Nel 2002 debutta Wave, una nuova metodologia per la produzione<br />
di schiuma espansa in Mater-Bi.<br />
Nel 2005 il sistema aerato (basato su piccole pattumiere aerate<br />
abbinate a sacchi respirabili) viene adottato in diverse<br />
municipalità italiane.<br />
Dal 2005 tutta la gamma di pneumatici Goodyear Dunlop in<br />
Giappone è realizzata con la tecnologia Bio-tred.<br />
Oggi nel settore elettrico ed elettronico la nazione leader è il<br />
Giappone dove molte grandi industrie come Nec e Sanyo<br />
stanno sostituendo le componenti plastiche dei loro prodotti<br />
con plastiche biologiche.<br />
Anche nel campo della telefonia Nokia e Motorola stanno<br />
effettuando lo stesso processo per produrre i primi bio-DVD.<br />
Gli attori principali che oggi scommettono sulle bioplastiche<br />
sono, in Italia, la già citata Novamont, e all’estero le multinazionali<br />
del settore agroalimentare quale la statunitense Cargill,<br />
e del settore chimico quale la tedesca BASF.<br />
Novamont dichiara una capacità produttiva di 35000 tonnellate<br />
di Mater-Bi (20000 nello stabilimento di Terni e 15000<br />
in licenza ad altri produttori).<br />
La BASF commercializza un poliestere di origine fossile con<br />
il marchio Ec<strong>of</strong>lex per il quale dichiara una capacità produttiva<br />
di 8000 tonnellate.<br />
23
Plastica BIO a tutto campo<br />
Il polilattide<br />
PLA:<br />
dalla materia prima<br />
naturale al consumatore<br />
24<br />
emissioni ridotte di CO2<br />
la produzione di “Ingeo fiber”<br />
emette meno CO2<br />
di altre fibre di sintesi<br />
ridotto utilizzo<br />
delle risorse fossili<br />
poiché “Ingeo fiber”<br />
è prodotta a partire<br />
da risorse<br />
annualmente<br />
rinnovabili,<br />
utilizza il 20-50%<br />
in meno<br />
di risorse fossili<br />
I ricercatori della Cargill-Down<br />
LLC hanno sviluppato un metodo<br />
per produrre un polimero, l’acido<br />
polilattico (PLA), da fonti rinnovabili<br />
come il granoturco e la barbabietola<br />
da zucchero: per questo nel<br />
2002 hanno vinto un <strong>Green</strong> Chemistry<br />
Challenge Award. Cargill dichiara una<br />
capacità di 140000 tonnellate di PLA<br />
che viene commercializzato con il marchio<br />
Naturework.<br />
Il PLA è destinato a creare la cosiddetta “Ingeo<br />
fiber”, fibra interamente ricavata da risorse<br />
sostenibili come il mais.<br />
Un esempio di produzione di “Ingeo fiber”<br />
viene riportata nel grafico in basso.<br />
Un esempio di produzione di “Ingeo fiber”<br />
come si decompone<br />
“Ingeo fiber” è idonea<br />
per tutti i sistemi<br />
di smaltimento ed<br />
è compostabile<br />
“Ingeo fiber” è utilizzata per l’imbottitura di<br />
cuscini, piumini, trapunte, materassi, oltre<br />
che per un’ampia gamma di corredi per la<br />
camera da letto e prodotti di arredamento dei<br />
principali marchi internazionali.<br />
La fibra proveniente dal mais ha una consistenza<br />
morbida e s<strong>of</strong>fice e dopo la compressione<br />
riprende la sua forma gonfia e leggera,<br />
ha buone prestazioni isolanti, si può lavare e<br />
asciugare senza bisogno di trattamenti particolari,<br />
non provoca reazioni allergiche.<br />
Test eseguiti in laboratorio hanno dimostrato<br />
che “Ingeo fiber”:<br />
• ha un elevato livello di resistenza al fuoco;<br />
• in termini di velocità di ignizione i tessuti<br />
in 100% Ingeo fiber risultano avere un tasso<br />
di combustione lento superando le altre<br />
fibre di sintesi non trattate ed ottenendo<br />
performance simili alla lana;<br />
• i tessuti in Ingeo fiber non trattato generano<br />
una ridotta quantità di fumi rispetto ai<br />
tessuti in poliestere non trattato e hanno superato<br />
quelli in PET e cotone non trattato<br />
nel rilascio del calore.<br />
La produzione e l’uso di tale fibra riducono<br />
la quantità di gas responsabili dell’effetto<br />
serra rilasciati nell’atmosfera. Tali gas rappresentano<br />
la causa principale del cambiamento<br />
climatico.<br />
risorsa annualmente rinnovabile la materia prima, il destrosio disponibile in commercio, è prodotta a<br />
partire da un’abbondante risorsa agricola naturale come per esempio il mais<br />
fermentazione<br />
il destrosio è<br />
fermentato in modo<br />
simile alla<br />
produzione di yogurt<br />
produzione<br />
la polimerizzazione<br />
crea<br />
un polimero<br />
polilattide<br />
dalle elevate<br />
prestazioni<br />
( PLA)<br />
creazione della fibra<br />
il polimero è estruso per creare<br />
“Ingeo fiber”, che sarà utilizzata<br />
per articoli per il sistema letto,<br />
tappeti, abbigliamentro<br />
e altro ancora
Un futuro biodegradabile<br />
I vantaggi per<br />
l’ambiente del<br />
PLA<br />
rispetto ai<br />
polimeri<br />
prodotti a<br />
partire dal<br />
petrolio sono<br />
numerosi<br />
Quando va incontro a biodegradazione, il<br />
PLA libera nuovamente nell’atmosfera questo<br />
biossido di carbonio in quantità uguale a<br />
quella assorbita dalle piante utilizzate per<br />
produrlo. Tuttavia questi calcoli indicano<br />
che il tasso di emissione di biossido di carbonio<br />
dal PLA è pari a 1600 Kg CO 2/t, mentre<br />
i polimeri prodotti a partire dal petrolio –<br />
polipropilene, polistirene, nylon, PET – presentano<br />
valori significativamente più elevati.<br />
Il granturco viene macinato finemente<br />
e gli amidi presenti vengono<br />
fatti reagire con acqua<br />
(idrolisi) producendo glucosio:<br />
questo viene convertito in acido<br />
lattico per fermentazione microbica.<br />
Questo prodotto del metabolismo<br />
batterico viene quindi trasformato<br />
nel suo dimero, una tappa cui fa seguito<br />
la polimerizzazione a PLA.<br />
L’amido viene destrutturato e complessato<br />
con molecole naturali o di sintesi che aumentano<br />
la resistenza alla solubilità e ne<br />
cambiano le proprietà meccaniche. Il risultato<br />
finale è un tipo di plastica a basso impatto<br />
ambientale, biodegradabile perché<br />
prodotta con materie prime naturali.<br />
La ragione per cui la plastica tradizionale<br />
Vantaggi dell’acido polilattico rispetto ai derivati del petrolio<br />
• È prodotto da risorse rinnovabili ottenute da culture annuali: granoturco, barbabietola da zucchero ed<br />
eventuali scarti da biomasse quali bucce di patate e residui di mietitura<br />
• Utilizza un processo naturale di fermentazione per produrre l’acido lattico; ciò non richiede l’uso di solventi<br />
organici, né di altre sostanze pericolose<br />
• La sua produzione consuma il 20-50% in meno di risorse di combustibile fossile dei polimeri prodotti a<br />
partire dal petrolio. Lo smaltimento del PLA comporta l’emissione di 1600 kg di CO2 per tonnellata, contro<br />
le 1850 del polipropilene, le 2740 del polistirene, le 4140 del polietilene (PET) e le 7150 del nylon<br />
• Utilizza catalizzatori e quindi consuma una minore quantità di energia e di risorse<br />
• Si ottengono rese elevate, maggiori del 95%<br />
•Può essere riciclato: esso viene riconvertito nel monomero per idrolisi e quindi ripolimerizzato producendo<br />
un polimero vergine (riciclaggio a circuito chiuso)<br />
• Può diventare compost; il materiale è al 100% biodegradabile e nelle normali condizioni di formazione<br />
del compost la degradazione completa avviene in poche settimane. Si ottiene un compost di qualità<br />
La produzione del PLA: due i metodi principali<br />
Ci sono due metodi principali per produrre acido<br />
polilattico a partire dal monomero dell’acido<br />
lattico: polimerizzazione a condensazione<br />
diretta di acido lattico e polimerizzazione ad<br />
apertura di anello attraverso l’intermedio lattide.<br />
La prima strada prevede la rimozione dell’acqua<br />
attraverso condensazione e attraverso<br />
l’uso di un solvente sotto vuoto spinto ed a elevata<br />
temperatura. Con questo metodo possono<br />
essere prodotti solo polimeri a basso o medio<br />
peso molecolare, soprattutto per la presenza di<br />
acqua e impurità. La Mitsui Chemicals ha sviluppato<br />
un nuovo processo basato sulla policondensazione<br />
diretta dell’acido L-lattico per<br />
consentire la produzione di PLA ad alto peso<br />
molecolare senza l’uso di solventi organici. La<br />
non è biodegradabile sta nella sua natura polimerica,<br />
formata da molecole troppo grandi<br />
e troppo ricche di legami per poter essere<br />
rotte e digerite da organismi decompositori.<br />
Le plastiche ottenute da polimeri naturali<br />
come quelli di origine vegetale (amido di<br />
patate, mais, ecc.) hanno invece il vantaggio<br />
di poter essere degradate da batteri decompositori.<br />
L’amido derivato dalle piante può essere immesso<br />
in processi di produzione di bioplastica;<br />
tuttavia, data la sua solubilità in acqua,<br />
il materiale che ne deriva ha un uso limitato<br />
per la sua tendenza a deformarsi alla presenza<br />
di umidità. Pertanto si preferisce usare<br />
l’amido per produrre PLA, meno sensibile<br />
all’umidità.<br />
Dopo il raccolto, il granturco viene trasportato<br />
in una macina dove l’amido viene separato<br />
dagli altri componenti del chicco di granoturco<br />
(proteine, grassi, fibre, cenere e acqua)<br />
e trasformato in destrosio attraverso<br />
idrolisi enzimatica.<br />
Il processo fermenta il destrosio ad acido<br />
lattico a valori di pH prossimi al neutro. Attraverso<br />
un processo di acidificazione e purificazione,<br />
il brodo di fermentazione, contenente<br />
lattato e altri sali, è poi raffinato per<br />
ottenere acido lattico.<br />
Cargill Down utilizza un altro metodo con polimerizzazione<br />
ad apertura di anello attraverso<br />
il lattide intermedio. Nella prima fase del processo<br />
l’acqua viene rimossa in condizioni moderate<br />
(e senza l’uso di solventi) per produrre<br />
un pre-polimero a basso peso molecolare.<br />
Questo polimero viene poi depolimerizzato<br />
con un catalizzatore per formare un dimero intermedio<br />
ciclico definito lattide, che viene poi<br />
purificato al grado di polimero attraverso distillazione.<br />
Il lattide purificato viene polimerizzato<br />
in una polimerizzazione ad apertura di<br />
anello senza solventi e trasformato in granuli<br />
di polilattide. Controllando il grado di purezza<br />
del lattide è possibile produrre una vasta gamma<br />
di pesi molecolari.<br />
25
Plastica BIO a tutto campo<br />
Produzione<br />
del PLA:<br />
reazioni chimiche<br />
26<br />
1. Fotosintesi per produrre l’amido<br />
3. Fermentazione per produrre l’acido L-lattico<br />
2. Idrolisi enzimatica per produrre gluco-
Un futuro biodegradabile<br />
Schema di produzione del PLA<br />
Il batterio più usato per produrre l’acido lattico<br />
è il Lactobacillus delbrueckii, un batterio<br />
Gram-positivo anaerobico facoltativo, il quale converte<br />
il glucosio nell’enantiomero L, l’acido L-lattico (vedi<br />
box) con rese elevate pari al 90-95%. Si tratta in questo<br />
caso di fermentazione omolattica con l’ottenimento cioè<br />
di un solo enantiomero finale. Alcune ditte producono<br />
acido L-lattico dal batterio Lactobacillus bulgaricus, altre da<br />
muffe dei generi Aspergillus, Mucor,o Rhizopus che in cultura<br />
pura producono solo l’enantiomero L (acido L-lattico). La<br />
presenza di batteri contaminanti nel brodo di fermentazione<br />
può comportare anche la produzione dell’enantiomero D dell’acido<br />
lattico (acido D-lattico) dovuta all’eventuale presenza<br />
dell’enzima racemasi. Con il Lactobacillus la fermentazione<br />
avviene a 45-50 °C, con valori di pH mantenuti intorno a 5,5-<br />
5,8. La sterilizzazione del brodo di coltura e del fermentatore<br />
non è necessaria, perché il Lactobacillus è un batterio term<strong>of</strong>ilo<br />
che resiste a questi valori di temperatura e di pH che solitamente<br />
inibiscono la crescita di altri microrganismi.<br />
I batteri colorati con la tecnica di Gram: positivi o negativi<br />
La colorazione di Gram è solitamente il primo<br />
test che si effettua per l’identificazione dei<br />
batteri e permette di suddividerli in grampositivi,<br />
gram-negativi. Non tutti i batteri possono<br />
essere colorati con questa tecnica<br />
messa a punto nel 1884 dal medico danese<br />
Hans Joachim Christian Gram (Copenaghen,<br />
1853 - 1938), che rivela le proprietà fondamentali<br />
della parete cellulare dei microrganismi.<br />
La differenza tra cellule gram-positive e<br />
negative sta nella capacità dei gram-positivi<br />
di trattenere uno dei coloranti del protocollo<br />
di colorazione, dovuta alla diversa quantità di<br />
peptidoglicano (anche detto mureina) presente<br />
nella parete della cellula. Questa è una<br />
molecola contenente residui proteici e saccaridici<br />
e rappresenta uno dei principali componenti<br />
della parete cellulare batterica. I batteri<br />
gram-positivi hanno pareti cellulari relativamente<br />
semplici, che contengono dal 40%<br />
al 90% di mureina, mentre i batteri gramnegativi<br />
hanno pareti più complesse, di cui la<br />
mureina costituisce solo il 5-10%.<br />
Enantiomeria: le due forme dell’acido lattico<br />
I due enantiomeri dell’acido lattico. In<br />
grigio scuro gli atomi di carbonio, in<br />
rosso l’ossigeno, in grigio chiaro, più<br />
piccoli, gli atomi di idrogeno.<br />
Batteri gram-positivi (a sinistra) e gram-negativi (a destra) visti al microscopio ottico.<br />
Le due forme di acido lattico descritte<br />
nel testo (D ed L) sono due enantiomeri<br />
o isomeri ottici, due molecole uguali in<br />
tutto, con formula bruta identica (cioè<br />
stessi atomi che la compongono) e stessi<br />
legami tra i vari atomi, cambia solo l’orientazione<br />
spaziale degli atomi che le<br />
rende non sovrapponibili, in quanto sono<br />
una l'immagine speculare dell'altra.<br />
Tale caratteristica viene detta chiralità, le<br />
molecole chirali, come l’acido lattico,<br />
non sono sovrapponibili alla propria<br />
immagine speculare e non posseggono<br />
piani di simmetria.<br />
Le nostre mani e i nostri piedi sono<br />
esempi macroscopici di “chiralità”.<br />
I due entantiomeri possiedono le mede-<br />
sime proprietà fisiche, tranne una: la<br />
capacità di ruotare il piano della luce<br />
polarizzata (verso destra, forma D, o<br />
verso sinistra, forma L).<br />
Tale capacità, definita potere rotatorio, è<br />
uguale in valore assoluto, ma opposta di<br />
segno.<br />
Gli enantiomeri presentano anche la<br />
stessa reattività chimica nei confronti di<br />
reattivi non chirali; invece solitamente<br />
cambia la loro reattività nei confronti di<br />
una molecola chirale, ad esempio un<br />
enzima con siti attivi chirali.<br />
È pertanto possibile trovare enzimi enantiomero-specifici<br />
che producono o modificano<br />
solo uno dei due enantiomeri,<br />
come nel caso dell’acido L-lattico.<br />
27
Plastica BIO a tutto campo<br />
Microorganismi<br />
28<br />
produttori<br />
di plastica<br />
biodegradabile<br />
Molte specie batteriche producono,<br />
dal loro metabolismo, poliesteri<br />
che sono quasi identici a<br />
quelli impiegati oggi per produrre<br />
fibre sintetiche. Vi è però una differenza<br />
sostanziale tra le plastiche biologiche<br />
e quelle prodotte mediante sintesi:<br />
la bioplastica è biodegradabile, mentre<br />
la plastica di sintesi no.<br />
Un forte interesse di tipo tecnologico per<br />
questi biopolimeri nacque negli anni settanta<br />
in funzione delle possibilità di disporre di<br />
materiali polimerici sostitutivi alle poliolefine,<br />
sia in relazione alla crisi petrolifera che<br />
faceva ritenere prossima la fine delle scorte,<br />
sia in relazione alla crescente avversione di<br />
gruppi ecologisti e dell’opinione pubblica<br />
nei confronti di prodotti ritenuti fonte di inquinamento<br />
ambientale.<br />
Un biopolimero simile ai poliesteri sintetici<br />
è il PHB (poliidrossibutirrato), illustrato di<br />
seguito.<br />
con R = CH3<br />
Questo prodotto è presente in diversi tipi di<br />
batteri sotto forma di materiale di riserva e<br />
pertanto i ricercatori di alcuni gruppi industriali<br />
(ICI, “Imperial Chemical Industry”)<br />
hanno sviluppato dei processi per ottenerne<br />
notevoli quantità sia perfezionando le condizioni<br />
di coltivazione dei microrganismi, sia<br />
selezionando ceppi batterici specifici per tale<br />
finalità.<br />
Alcune società del settore delle biotecnologie<br />
hanno cercato di produrre plastiche direttamente<br />
da colture di batteri. I batteri devono<br />
essere alimentati con prodotti vegetali e così<br />
si è pensato di far produrre le bioplastiche direttamente<br />
dalle piante, modificando opportunamente<br />
il loro patrimonio genetico.<br />
Il PHB è un polimero termoplastico, isotattico,<br />
ad elevata cristallinità (struttura ortorom-<br />
LE PAROLE DELLA SCIENZA<br />
Termoplastico Sono dette termoplastiche quelle<br />
materie plastiche che acquistano<br />
malleabilità, cioè rammolliscono,<br />
sotto l'azione del calore.<br />
Isotattico Un polimero è detto isotattico quando<br />
tutti gli atomi di carbonio che lo<br />
compongono hanno la stessa configurazione<br />
relativa, ovvero tutti i<br />
sostituenti che sporgono dalla catena<br />
principale sono sullo stesso<br />
lato.<br />
bica) e otticamente attivo. È per molti aspetti,<br />
simile al polipropilene, ma rispetto a questo<br />
ha una temperatura di transizione vetrosa<br />
più elevata e una resistenza all’urto più bassa.<br />
Inoltre la temperatura di fusione è molto<br />
vicina a quella di degradazione, il che rende<br />
problematica, se non impossibile, la lavorazione<br />
con le tecniche convenzionali per i polimeri<br />
termoplastici.<br />
È stato però possibile ottenere copolimeri<br />
con idrossivalerato a disposizione casuale. Il<br />
copolimero con il 20% di idrossivalerato<br />
possiede un insieme di proprietà che complessivamente<br />
consentono di affiancarlo al<br />
polipropilene e nel contempo riducono il<br />
problema della fragilità e della lavorabilità.<br />
Il copolimero idrossibutirrato/idrossivalerato<br />
ha finora trovato prevalentemente applicazioni<br />
di nicchia, a causa del suo alto prezzo.<br />
Alcuni impieghi di potenziale maggior consumo<br />
sono stati realizzati in contesti legislativi<br />
particolari, per applicazioni che richiedevano<br />
abbinamenti di buone caratteristiche<br />
meccaniche e assoluta biodegradabilità. Ad<br />
esempio la Wella ha usato, a partire dai primi<br />
anni ‘90, bottiglie per shampoo in Biopol,<br />
un marchio registrato del copolimero.<br />
Il filo di sutura in chirurgia viene costruito in<br />
PHB, con il vantaggio di venire riassorbito<br />
dall’organismo dopo aver svolto la sua funzione.<br />
Nella città di Catania ed in particolar modo<br />
nei laboratori del Parco Scientifico e Tecnologico<br />
della Sicilia (PST) si lavora per la produzione<br />
del PHA (poidrossialcanoato), polimero<br />
biodegradabile e biocompatibile, nato<br />
da una forte sinergia tra le Università di<br />
Catania, Messina e Palermo.<br />
Grazie ad un progetto finanziato dal MIUR,<br />
i ricercatori del Parco Scientifico delle tre<br />
Università Siciliane e del CNR di Napoli, in<br />
collaborazione con imprese del settore quali<br />
Novamont e AID, sono riusciti a mettere a<br />
punto un metodo di produzione del PHA innovativo<br />
e brevettato.<br />
Il poliestere naturale, con caratteristiche simili<br />
al comune polipropilene di origine petrolchimica,<br />
è prodotto da microrganismi in
Un tappeto di<br />
sacchetti e<br />
piccoli teli di<br />
plastica “usa e<br />
getta”<br />
utilizzati come<br />
impermeabili<br />
e abbandonati<br />
dopo un<br />
concerto<br />
interrotto da<br />
un improvviso<br />
temporale.<br />
Anch’essi in<br />
futuro saranno<br />
prodotti in<br />
bioplastica,<br />
evitando la<br />
persistenza<br />
nell’ambiente.<br />
condizione di limitazione di nutrienti e in eccesso<br />
di fonti di carbonio. La fonte usata nei<br />
laboratori del parco è una miscela di oli alimentari<br />
esausti, mentre il batterio che sintetizza<br />
il PHA accumulandolo come riserva<br />
energetica nel tessuto citoplasmatico (se ne<br />
può estrarre fino al 50% del peso della biomassa<br />
batterica li<strong>of</strong>ilizzata) è un patogeno<br />
del pomodoro e precisamente la Pseudomonas<br />
corrugata PSTS A1, un ceppo modificato<br />
(depositato in una gene-bank tedesca) che<br />
possiede una lipasi, un enzima implicato nel<br />
metabolismo dei grassi, più efficiente nella<br />
degradazione degli oli esausti.<br />
I poliidrossialcanoati sono macromolecole<br />
sintetizzate da più di 90 generi di batteri<br />
gram-positivi e gram-negativi, ad esempio<br />
Bacillus, Rhodococcus, Rhodospirillum,<br />
Pseudomonas, Azotobacter, Rhizobium, Alcaligenes/Raistonia.<br />
In condizioni di coltura appropriate e, in particolare,<br />
in carenza di alcuni nutrienti (azoto,<br />
fosforo o zolfo), i poliidrossialcanoati si accumulano<br />
nel batterio sotto forma di granuli,<br />
fino a una concentrazione che può raggiungere<br />
il 90% del peso secco della massa batterica.<br />
I principali tipi di poliidrossialcanoati finora<br />
identificati sono poliesteri lineari testa-coda,<br />
composti da monomeri appartenenti al gruppo<br />
dei β/3 (R) idrossiacidi (in minor misura<br />
anche γ,δ, ε, (R) idrossiacidi).<br />
MONOMERO 3 R<br />
IDROSSIACIDO<br />
La chiralità dei monomeri (raramente assente)<br />
dà origine a polimeri dotati di regolarità<br />
sterica.<br />
Il gruppo laterale R in posizione β‚ è un alchile<br />
con un numero di C da 1 a 13, che può<br />
essere lineare o ramificato, saturo o insaturo,<br />
epossidato, con sostituenti aromatici o alogenati.<br />
Si usa distinguere poliidrossialcanoati a catena<br />
lineare corta<br />
R = CH 3<br />
e a catena lineare media<br />
R = C3H7 ,… ,C13 H27<br />
R = C2H5<br />
La composizione precisa dei poliidrossialcanoati<br />
dipende dal tipo di batterio da cui sono<br />
sintetizzati e dal mezzo di coltura.<br />
Per la sintesi dei poliidrossialcanoati, diversi<br />
tipi di batteri utilizzano monomeri provenienti<br />
da percorsi metabolici diversi.<br />
I batteri del genere Raistonia producono poliidrossialcanoati<br />
a catena laterale corta,<br />
mentre quelli del genere Pseudomonas producono<br />
poliidrossialcanoati a catena laterale<br />
media.<br />
L’estrema variabilità della natura<br />
chimica delle catene laterali è alla<br />
base di una notevole varietà di<br />
proprietà dei poliidrossialcanoati<br />
(si va da polimeri tipicamente termoplastici<br />
come il poliidrossibutirrato, a<br />
gomme come il poliidrossiottanoato) e<br />
di possibilità di interventi chimici secondari<br />
(ad esempio reticolazioni).<br />
Il polimero sintetizzato dai ricercatori catanesi<br />
ha una catena laterale di media lunghezza<br />
che permette una lavorabilità a temperature<br />
più basse.<br />
Secondo i ricercatori siciliani, il PHA da oli<br />
esausti, in termini economici ha il doppio<br />
vantaggio di diminuire il costo di produzione,<br />
usando una fonte pressoché gratuita, e di<br />
valorizzare prodotti di scarto quali fonti rinnovabili.<br />
Proprio l’uso di prodotti di scarto è condizione<br />
necessaria per la diffusione commerciale<br />
del PHA, in quanto l’attuale produzione con<br />
fonti di carbonio nobili, rende il costo del<br />
biopolimero proibitivo. Un minore costo di<br />
materia prima permetterebbe così ai polidrossialcanoati<br />
di accedere a una larga fetta<br />
29
Plastica BIO a tutto campo<br />
30<br />
nel mercato dei biopolimeri, con crescita<br />
esponenziale.<br />
Attualmente i laboratori del Parco Scientifico<br />
stanno lavorando per abbassare ulteriormente<br />
il costo del PHA utilizzando il batterio<br />
Escherichia coli, più versatile e più produttivo<br />
rispetto ai batteri del genere Pseudomonas.<br />
Alcuni scienziati irlandesi hanno<br />
isolato un batterio capace di convertire<br />
rifiuti tossici in plastica sicura<br />
e biodegradabile.<br />
I ricercatori Connor e Ward del Department<br />
<strong>of</strong> Industrial Microbiology dell’University<br />
College di Dublino, hanno<br />
individuato una varietà di batterio che<br />
sfrutta lo stirene, prodotto tossico di<br />
scarto dell’industria del polistirene, per produrre<br />
una tipologia di plastica PHA.<br />
I ricercatori irlandesi puntano su una particolare<br />
specie di batterio, la Pseudomonas<br />
putida,presente nel suolo, che si nutre di stirene.<br />
Tramite una serie di esperimenti hanno<br />
isolato una variante specifica, la CA-3 che<br />
converte lo stirene in un polimero di plastica,<br />
il PHA appunto, che funge da riserva<br />
energetica. Lo stirene viene completamente<br />
trasformato in PHA e nel processo si elimina<br />
tutto il materiale inquinante.<br />
La plastica prodotta da questo batterio è un<br />
polimero elastico, con un’ampia gamma di<br />
possibili applicazioni sia industriali che<br />
commerciali. Può essere usato nelle protesi<br />
mediche, nelle strumentazioni per la manipolazione<br />
dei tessuti biologici, nei cerotti,<br />
nelle confezioni per medicinali, nei rivestimenti<br />
del cartone e nei materiali plastici resistenti<br />
al calore.<br />
Biodegradabilità<br />
e uso di<br />
biomasse<br />
come materie prime<br />
I due argomenti della biodegradabilità<br />
e della provenienza da risorse<br />
annualmente rinnovabili costituiscono<br />
i plus ambientali e poi<br />
commerciali di queste plastiche.<br />
Le ultime tendenze spingono quasi tutti<br />
i produttori e utilizzatori a mettere in<br />
evidenza la provenienza da risorse rinnovabili<br />
ed i vantaggi correlati: diminuzione<br />
di risorse fossili, riduzione di emissioni<br />
di CO2 e in aggiunta possibilità di creare<br />
filiere locali che mettano in ciclo chiuso la<br />
produzione agricola di biomasse e la produzione<br />
di bioplastiche in bioraffinerie regionali.<br />
In Italia l’azienda Novamont che produce<br />
il Mater-bi ha creato una filiera con 600<br />
imprenditori agricoli finalizzata proprio alla<br />
gestione integrata della produzione di biomasse<br />
e la trasformazione in bioplastiche.<br />
Le plastiche biodegradabili sono ammesse<br />
al compostaggio ma solo se rispondono ai<br />
criteri stabiliti dalle norme che definiscono i<br />
materiali compostabili. Il compostaggio di<br />
materiali è avvenuto in passato in assenza di<br />
regole e ha creato molti danni. Ora non è più<br />
possibile grazie alla norma europea<br />
EN13432.<br />
Gli allievi misurano con un termometro con sonda la temperatura del<br />
compost.
<strong>Green</strong> 9 <strong>settembre</strong> 23-10-2007 14:28 Pagina 31<br />
Un futuro biodegradabile<br />
Temperature e ph durante la maturazione<br />
Dopo una prima fase in cui si ha un innalzamento repentino<br />
della temperatura, segue una fase di maturazione<br />
in cui la temperatura si stabilizza e raggiunge alla<br />
fine del processo un valore pari alla temperatura ambiente.<br />
Dalle misure di pH eseguite sul compost mediante un<br />
pHmetro nel terreno si sono effettivamente rilevate 4 fasi<br />
in funzione del pH così come illustrato nel grafico.<br />
Fase I Fase acidogenica dovuta all’intensa produzione di<br />
CO 2 e di acidi organici all’inizio della fase term<strong>of</strong>ila<br />
Fase II Fase alcalina con idrolisi batterica dell’azoto proteico<br />
e organico e produzione di ammoniaca<br />
Fase III Fase di stabilizzazione del pH con perdita dell’azoto in<br />
eccesso e inizio della fase di umificazione<br />
Fase IV Fase di maturazione, lenta e con pH stabile<br />
31
Plastica BIO a tutto campo<br />
32<br />
Il processo di compostaggio può<br />
essere quindi suddiviso in due fasi.<br />
• Fase attiva di biossidazione accelerata<br />
in cui sono più rapidi ed intensi i processi<br />
degradativi a carico delle componenti<br />
organiche maggiormente fermentescibili;<br />
in questa fase si raggiungono elevate<br />
temperature, occorre drenare l’eccesso di<br />
calore e si ha un’elevata richiesta di ossigeno<br />
necessaria per le reazioni biochimiche.<br />
• Fase di maturazione in cui si completano i<br />
fenomeni degradativi a carico delle molecole<br />
meno reattive e in cui intervengono<br />
reazioni di trasformazione e polimerizzazione<br />
della lignina che portano alla sintesi<br />
delle sostanze umiche. Le esigenze di drenaggio<br />
di calore e quelle di adduzione di<br />
ossigeno al sistema sono minori rispetto alla<br />
fase attiva.<br />
I fattori principali di controllo del processo<br />
che garantiscono le ottimali condizioni di<br />
sviluppo della micr<strong>of</strong>lora e che consentono<br />
di accelerare le reazioni di decomposizione e<br />
trasformazione sono:<br />
• concentrazione di ossigeno: la permanenza<br />
a livelli superiori al 15% garantisce una<br />
condizione di perfetta aerobiosi indispensabile<br />
per il metabolismo batterico; ciò<br />
consente di ridurre i fenomeni putrefattivi;<br />
• temperatura: la temperatura si innalza come<br />
conseguenza del calore biogeno sviluppato<br />
dai processi degradativi; il suo accumulo<br />
nella massa dipende dall’equilibrio<br />
tra sviluppo di calore (legato alla fermentescibilità)<br />
e dispersione di calore (legato alla<br />
dimensione della massa e alla sua umidità).<br />
Attualmente il compostaggio è applicato su<br />
rifiuti selezionati, contenenti cioè solo materiale<br />
organico biodegradabile.<br />
Le plastiche tradizionali sono bandite perché<br />
non biodegradabili e causano contaminazione.<br />
LE PAROLE DELLA SCIENZA<br />
Pacciamatura È una pratica usata in agricoltura e<br />
giardinaggio che si attua ricoprendo<br />
il terreno con uno strato di paglia, di<br />
foglie secche, con erba tagliata,<br />
con corteccia di pino sminuzzata,<br />
con cartone, con film plastici o bioplastici,<br />
con ghiaia o altro materiale,<br />
al fine di impedire la crescita<br />
delle erbe infestanti, mantenere l'umidità<br />
nel suolo, proteggere il terreno<br />
dall'erosione, evitare la formazione<br />
della cosiddetta crosta superficiale,<br />
diminuire il compattamento,<br />
mantenere la struttura e innalzare<br />
la temperatura del suolo.<br />
Anche se la maggior parte delle bioplastiche<br />
sono biodegradabili, la strada del compostaggio<br />
non deve essere vista come l’unica<br />
soluzione possibile. È attualmente in studio<br />
l’alternativa del riciclo meccanico e del riciclo<br />
chimico e anche della combustione.<br />
La biodegradabilità rimane in ogni caso un<br />
plus fondamentale per alcune applicazioni<br />
come le borse per i rifiuti organici, i film da<br />
pacciamatura e varie altre applicazioni in<br />
agricoltura che beneficiano di una gestione<br />
non differenziata della parte plastica che può<br />
andare al compostaggio assieme alla parte<br />
organica.<br />
I prodotti biodegradabili <strong>of</strong>frono<br />
un’interessante alternativa ai<br />
prodotti tradizionali, poiché alla<br />
fine del loro utilizzo si biodegradano<br />
in campo senza la necessità<br />
di recupero e smaltimento. La<br />
pacciamatura in Mater-Bi, proveniente<br />
da amido non geneticamente modificato,<br />
completamente biodegradabile e compostabile,<br />
ha una serie di vantaggi di carattere<br />
agronomico e ambientale: elimina l’uso di<br />
diserbanti, diminuisce l’uso della frequenza<br />
di acqua per irrigazione con sensibili risparmi<br />
sui costi, accelera il ciclo colturale delle<br />
specie coltivate grazie a un maggior riscaldamento<br />
del terreno.<br />
I teli tradizionali per pacciamatura costituiti<br />
di polietilene necessitano la rimozione dopo<br />
l’uso e il conseguente smaltimento con riciclaggio<br />
o addirittura incenerimento non controllato.<br />
La pacciamatura in Mater-Bi rappresenta<br />
l’unica alternativa alla rimozione<br />
dei teli perché è biodegradabile e si trasforma<br />
in acqua, anidride carbonica e biomassa<br />
nel terreno agricolo. È ovviamente necessario<br />
garantire una reale biodegradabilità e innocuità<br />
ambientale delle plastiche sparse nel<br />
suolo. A tal proposito i materiali plastici che<br />
soddisfano i requisiti richiesti possono acquisire<br />
l’apposito marchio di biodegradabilità<br />
nel suolo.
Un futuro biodegradabile<br />
Dubbi<br />
e perplessità<br />
sulla produzione<br />
delle bioplastiche<br />
1. Additivi chimici<br />
In alcuni casi l’elemento di base, ossia l’amido,<br />
viene arricchito con prodotti chimici<br />
di sintesi (pigmenti sintetici per il colore,<br />
plastificanti) per poter aumentare le prestazioni<br />
del prodotto come la resistenza al calore<br />
e la rigidità. In genere nessun produttore<br />
è preciso sul tipo di additivo utilizzato<br />
in quanto spesso l’informazione è coperta<br />
da segreto industriale. La legge impone che<br />
per poter dichiarare “compostabile” un materiale<br />
sia necessario sottoporre il materiale<br />
stesso a dei test di cessione per verificare<br />
quali e quanti inquinanti vengono eventualmente<br />
rilasciati nel terreno; bisognerebbe<br />
quindi evitare di usare additivi tossici.<br />
In Italia il Mater-bi già presente da tempo<br />
nel mercato possiede un marchio di compostabilità<br />
riconosciuto.<br />
2. Chimica e genetica<br />
L’industria chimica ambisce ovviamente<br />
ad avere grande disponibilità di amido a<br />
costi più bassi possibili. La coltivazione<br />
del mais è però economicamente ed ambientalmente<br />
delicata.<br />
Esiste la possibilità di malattie per le piante<br />
e quindi la necessità di ricorrere a costosi<br />
e pericolosi antiparassitari e pesticidi;<br />
inoltre c’è un elevato fabbisogno idrico<br />
della pianta inteso come approvvigionamento<br />
di acqua ma anche come consumo<br />
energetico per l’irrigazione. Per cercare di<br />
risolvere questi inconvenienti le aziende<br />
utilizzano tecniche di ingegneria genetica,<br />
mutando le caratteristiche naturali delle<br />
piante; tali tecnologie consentirebbero di<br />
abbassare i costi di produzione del mais<br />
con una modifica alla resistenza alle malattie<br />
e al fabbisogno idrico e con una produzione<br />
di amido nei chicchi sempre più alta<br />
possibile.<br />
3. Riciclaggio<br />
Per il corretto riciclaggio della plastica tradizionale<br />
è opportuno evitare la contaminazione<br />
con la bioplastica. Se il PLA diventasse<br />
un prodotto a largo consumo bisognerebbe<br />
pensare di separarlo dalla normale<br />
plastica; bisognerebbe quindi prevedere<br />
campagne di informazione per i cittadini<br />
per evitare errori nella differenziazione<br />
della plastica con conseguenze negative<br />
per il riciclaggio. Questo comporterebbe di<br />
attivare una nuova filiera commerciale, ben<br />
distinta da quella della plastica tradizionale<br />
oppure si dovrebbe imporre un unico colore<br />
per il PLA.<br />
4. Problemi economici e politici<br />
Per consentire la realizzazione della produzione<br />
delle bioplastiche bisogna considerare<br />
anche la convenienza economica. Infatti la<br />
produzione della plastica tradizionale è talmente<br />
radicata nella richiesta da parte dei<br />
consumatori, che ci vorrebbero molti anni<br />
affinché si renda competitivo nei costi, l’utilizzo<br />
delle bioplastiche. Un consumatore,<br />
nella fase di acquisto del prodotto, è portato<br />
a scegliere quello che costa di meno e quindi<br />
per poter rendere competitivi i costi delle<br />
bioplastiche, queste ultime dovrebbero avere<br />
lo stesso prezzo delle tradizionali.<br />
Questa competitività è infatti alla base della<br />
ricerca. Comunque, la produzione delle bioplastiche<br />
è un mercato in crescita in quanto<br />
si è cominciato a diffonderne l’uso nel “bioimballaggio”,<br />
cioè l’imballaggio di generi<br />
alimentari che molte catene di supermercati<br />
hanno già adottato.<br />
La diffusione delle bioplastiche dovrebbe essere<br />
promossa anche da parte dei legislatori.<br />
Attualmente in Europa solo Francia e Germania<br />
se ne stanno occupando politicamente,<br />
in quanto l’utilizzo delle bioplastiche è<br />
considerato da questi Stati uno dei maggiori<br />
fattori della difesa dell’ambiente.<br />
Per quanto concerne il resto dell’Europa, gli<br />
interventi legislativi dovrebbero essere mirati<br />
a concedere maggiori sgravi fiscali alle<br />
aziende che vorrebbero produrre PLA, con<br />
aiuti economici da parte dell’Unione Europea.<br />
A livello politico, anche in conseguenza<br />
dei recenti conflitti con i Paesi produttori di<br />
petrolio, la bioplastica rappresenta l’alternativa<br />
ideale, in quanto soddisfa le esigenze del<br />
mercato dal punto di vista ecologico. Inoltre<br />
anche nell’eventuale caso d’insufficienza di<br />
fornitura del petrolio, lo sviluppo di nuove<br />
tecnologie porterebbe benessere a tutto il<br />
continente.<br />
Alunni: Maria Chiara Balsamo, Maria Grazia<br />
Mirabella, Alfio Calvagna, Federica Scuderi,<br />
Domenico Losciale, Giovanni Salamone<br />
Coordinatrice: Pr<strong>of</strong>. ssa Angela Percolla<br />
33
LE NUOVE FRONTIERE DELLA CHIMICA<br />
Soluzioni<br />
senza<br />
rischi<br />
34
2<br />
Alla ricerca dei solventi verdi<br />
PARTE<br />
di Andrea Pochini<br />
Nella prima puntata abbiamo visto le<br />
interazioni molecolari, gli stati fisici della<br />
materia, i “comportamenti” chimici di<br />
queste sostanze liquide usate su vasta scala<br />
nei settori più svariati, per esempio in quelli<br />
delle vernici, dei metalli o della pulitura a<br />
secco. Vediamo ora la valutazione dei rischi<br />
chimici e ambientali, i parametri di<br />
solubilità, i traguardi già raggiunti dai<br />
ricercatori (e quelli da raggiungere)<br />
all’insegna della ecocompatibilità.<br />
35
LE NUOVE FRONTIERE DELLA CHIMICA<br />
Utilizzo dei solventi,<br />
diluire o creare<br />
una soluzione<br />
36<br />
Un solvente è una sostanza<br />
usata per diluire o sciogliere<br />
un’altra sostanza per creare<br />
una soluzione. L’acqua è un solvente<br />
largamente usato ma, per quanto<br />
precedentemente discusso, non è un<br />
buon solvente per molte sostanze organiche,<br />
contenenti atomi di carbonio e di<br />
idrogeno, di tipo apolare o a bassa polarità.<br />
Per questo vengono ampiamente impiegati<br />
solventi organici che, avendo caratteristiche<br />
meno polari dell’acqua e maggior somiglianza<br />
strutturale, hanno le peculiarità di<br />
essere migliori solventi per le sostanze organiche.<br />
Le possibili applicazioni dei solventi sono<br />
molte. Ad esempio quali “carrier” di solidi<br />
o di liquidi,riducendone la viscosità, come<br />
nel settore delle vernici; per la rimozione<br />
di sostanze protettive da metalli, tessili,<br />
ecc.; per la pulitura “a secco” di vestiti,<br />
ecc. I solventi possono anche essere utilizzati<br />
nell’estrazione, separazione selettiva<br />
mediante dissoluzione, nella cristallizzazione,<br />
purificazione mediante fenomeni legati<br />
alla solubilità, nella cromatografia,separazione<br />
mediante fenomeni di ripartizione,<br />
e quale mezzo di reazione, solvente<br />
non reattivo, in cui altre specie chimiche<br />
sono libere di muoversi e di reagire e dove<br />
il fluido serve per il trasferimento del calore<br />
liberato dalla reazione.<br />
Svariati sono gli aspetti che vanno presi in<br />
considerazione per scegliere un solvente in<br />
una certa applicazione. Si riportano qui sotto<br />
i parametri più importanti che devono<br />
guidare la scelta dei solventi.<br />
La scelta dei solventi<br />
Alla<br />
ricerca dei<br />
solventi<br />
verdi<br />
In questa logica uno primi parametri<br />
che ha inizialmente influenzato<br />
le scelte dei solventi è stata<br />
l’infiammabilità degli stessi. Questo<br />
ha portato all’introduzione dei solventi<br />
clorurati. L’acquisizione di nuove<br />
conoscenze tossicologiche ed ambientali<br />
(quali ad esempio i problemi connessi<br />
con la ecostabilità ed ecopermanenza<br />
e la difficoltà nello smaltimento) sta portando<br />
ad una revisione critica di questa<br />
scelta con una conseguente forte riduzione<br />
nel consumo di tali solventi.<br />
Certamente la conoscenza di nuovi dati<br />
tossicologici ed ambientali, unita alla richiesta<br />
di standard di sicurezza sempre<br />
maggiori sta portando ad una continua revisione<br />
critica dei solventi impiegati.<br />
La conoscenza dei cicli fotochimici della<br />
troposfera (zona della atmosfera in cui vivono<br />
i sistemi biologici) ed in particolare<br />
sull’origine del cosiddetto “smog fotochimico”<br />
sta attirando l’attenzione sui “Composti<br />
Organici Volatili” (in inglese VOC)<br />
ivi presenti e sulla necessità di operare un<br />
controllo sulle concentrazioni di queste<br />
sostanze presenti nell’atmosfera e quindi<br />
su tutte le possibili sorgenti di immissione<br />
compreso l’utilizzo dei solventi.<br />
1. la capacità solvente<br />
2. le proprietà fisiche (e.g.: tensione di vapore, punto di ebollizione, miscibilità o immiscibilità con altri solventi,<br />
viscosità, tensione superficiale)<br />
3. il costo<br />
4. l’infiammabilità (valutata tramite la temperatura di autoaccensione e di infiammabilità)<br />
5. la tossicità<br />
6. l’ecocompatibilità e la facilità di smaltimento o recupero.
Valutazione<br />
dei fattori di<br />
rischio chimico<br />
nell’utilizzo di solventi<br />
Al fine di dare utili indicazioni<br />
sulla valutazione del rischio nell’utilizzo<br />
dei solventi e dei criteri<br />
di scelta degli stessi, saranno qui<br />
affrontati alcuni aspetti correlati con la<br />
valutazione del rischio chimico in generale<br />
e di quello da infiammabilità in<br />
particolare.<br />
Partiamo da alcune definizioni generali.<br />
Il rischio: identificazione, valutazione e gestione<br />
Identificazione dei pericoli o fattori di rischio (hazard). Proprietà o<br />
qualità intrinseca di una determinata entità (sostanza, attrezzo, metodo,<br />
ecc.) avente potenzialità di causare danni.<br />
Valutazione del rischio (risk). Probabilità che sia raggiunto il livello potenziale<br />
di danno a persone, a strutture ed all’ambiente nelle condizioni di<br />
impiego e o di esposizione nonché dimensioni possibili del danno stesso.<br />
R (Rischio) = F (frequenza attesa) x M (magnitudo del danno)<br />
Per ridurre quindi il Rischio si può operare a livello di F con la prevenzione<br />
e di M con la protezione.<br />
La gestione del rischio (Risk management) viene compiuta tramite l’adeguamento<br />
strutturale, la formazione, l’informazione, le procedure, ecc.<br />
Valutazione dei fattori di rischio chimico. Facendo riferimento alla<br />
normativa europea sull’etichettatura dei prodotti chimici il problema della<br />
valutazione dei pericoli connessi con tali sostanze può essere affrontato<br />
mediante una sua suddivisione in:<br />
Infiammabilità – Reattività – Tossicità – Rischio ambientale<br />
Come discusso precedentemente verrà qui<br />
affrontato in particolare il pericolo infiammabilità<br />
e sarà introdotto qualche semplice<br />
concetto connesso con la tossicità.<br />
Questi rischi dipendono dalle proprietà fisiche<br />
discusse nelle pagine precedenti e dalle<br />
proprietà chimiche.<br />
Introduciamo quindi semplici<br />
concetti sulla reattività chimica<br />
in cui molecole reagenti ad esempio<br />
il metano CH4 del gas di città reagisce<br />
con l’ossigeno O2 dell’aria per<br />
dare nuove sostanze chimiche ed in<br />
particolare anidride carbonica CO2 ed<br />
acqua H2O CH4 + 2 O2 → CO2 + 2 H2O + Energia,<br />
Una reazione chimica per essere spontanea<br />
deve soddisfare contemporaneamente<br />
due requisiti:<br />
1- Energetico. L’energia dei prodotti di<br />
reazione deve essere minore di quella dei<br />
reagenti. L’energia dei vari legami presenti<br />
nelle molecole determina prevalentemente<br />
questa energia, quindi tendono a formarsi<br />
prodotti di reazione con legami più forti<br />
rispetto ai reagenti iniziali. Nel caso di<br />
combustione di solventi si formano ad<br />
esempio anidride carbonica (O=C=O) ed<br />
acqua (H-O-H) molecole che presentano<br />
legami molto forti. Il passaggio da una<br />
situazione a più alta energia (stato iniziale<br />
della reazione) ad una a minore energia<br />
(prodotti di reazione) libera notevoli quantità<br />
di energia normalmente sotto forma di<br />
energia termica (calore).<br />
2 - Cinetico. La velocità con cui avviene<br />
la reazione deve essere compatibile con i<br />
tempi umani.<br />
Nelle reazioni organiche sia a livello applicativo<br />
(es. ottenimento di energia per combustione<br />
di sostanze organiche quali benzina,<br />
gasolio, metano, ecc.) sia biologico<br />
(catabolismo con ottenimento di energia<br />
per combustione di sostanze organiche<br />
quali il glucosio derivato, ad esempio, dall’amido)<br />
le reazioni non hanno normalmente<br />
problemi energetici ma solo cinetici.<br />
La velocità della reazione può essere talmente<br />
bassa che non avviene nei tempi<br />
umani.<br />
La velocità di una reazione viene misurata<br />
attraverso la velocità di scomparsa dei reagenti<br />
o la velocità di formazione dei prodotti<br />
di reazione ed aumenta all’aumentare<br />
delle concentrazioni delle specie reagenti.<br />
Prendendo come esempio la reazione di<br />
combustione del metano:<br />
CH4 + 2 O2 → CO2 + 2 H2O + Energia,<br />
questa reazione è molto favorita da un<br />
punto di vista energetico, i legami presenti<br />
nelle molecole di anidride carbonica (CO2) ed acqua (H2O) sono infatti molto forti, ma<br />
in assenza di un innesco non avviene. La<br />
velocità della reazione è troppo bassa a<br />
temperatura ambiente.<br />
37
LE NUOVE FRONTIERE DELLA CHIMICA<br />
Una schematizzazione delle variazioni energetiche richieste per ottenere il procedere<br />
di una reazione chimica e confronto tra una reazione non catalizzata e catalizzata<br />
Dipendenza delle energie cinetiche<br />
delle molecole dalla temperatura<br />
38<br />
Perché le molecole reagiscano<br />
devono infatti avvenire degli urti<br />
fra le molecole reagenti, favoriti<br />
all’aumentare delle concentrazioni delle<br />
specie reagenti, ma questi per portare<br />
all’evento reattivo devono avvenire con<br />
Energia > Energia di attivazione (Ea).<br />
Alla<br />
ricerca dei<br />
solventi<br />
verdi<br />
Eccone un esempio nella figura qui sopra.<br />
Infatti prima di cominciare a formarsi i<br />
nuovi legami covalenti, che porteranno ai<br />
prodotti di reazione, bisogna vincere delle<br />
interazioni repulsive esistenti fra le molecole<br />
reagenti.<br />
La velocità della reazione aumenta<br />
con la temperatura in quanto<br />
l’incremento della temperatura va di<br />
pari passo con quello dell’energia<br />
cinetica di tutte le molecole e quindi<br />
conseguentemente il numero di molecole<br />
aventi energia superiore all’energia<br />
di attivazione, capaci di portare all’evento<br />
reattivo, sarà più elevato (diagramma<br />
qui a sinistra).<br />
Aumenti di velocità di reazione si possono<br />
anche ottenere mediante l’utilizzo di catalizzatori<br />
(ad esempio, catalisi enzimatica<br />
presente nei sistemi biologici), che abbassano<br />
la energia di attivazione incrementando<br />
così il numero di molecole che possono<br />
superare questa barriera più bassa (Figura<br />
in alto).<br />
È evidente che quando un processo di<br />
combustione viene innescato la forte liberazione<br />
di calore, che avviene nella reazione,<br />
mantiene e sostiene la velocità della<br />
reazione.
Rischio da incendio<br />
Dopo queste note affrontiamo il problema della valutazione<br />
del rischio di un possibile incendio, che porta a rilasci<br />
non controllati di energia termica e di prodotti di combustione<br />
che possono essere s<strong>of</strong>focanti (CO2) o tossici (CO,<br />
HCl, HCN, ecc.).<br />
Si ricorda infatti che il mondo attuale è “energia dipendente”<br />
e che la massima parte di questa energia viene ottenuta<br />
tramite processi di combustione. Esempi classici sono le<br />
centrali termoelettriche, per la produzione dell’energia elettrica,<br />
e i mezzi di trasporto su strada come le nostre auto,<br />
che bruciando benzina o gasolio ottengono energia meccanica<br />
per muoversi. In ambedue i casi il rilascio energetico,<br />
al contrario degli incendi, è controllato e quindi può essere<br />
facilmente sfruttato.<br />
Combustione dei gas<br />
Temperatura di autoaccensione (Ta): è una misura dell’energia<br />
di attivazione del processo di combustione.<br />
Se questa energia è molto elevata la reazione di combustione<br />
non avviene e il prodotto non è combustibile.<br />
La Ta è la temperatura minima alla quale il combustibile<br />
inizia a bruciare spontaneamente in presenza di comburenti<br />
(es. aria) senza necessità di un innesco come una<br />
fiamma o una scintilla. Se non si raggiunge la Ta (generalmente<br />
>> 200 °C) non avviene la reazione di combustione.<br />
I composti cosiddetti non infiammabili hanno normalmente<br />
una Ta >600°C.<br />
Possibili inneschi: fiamme, scintille, materiali caldi, reazioni<br />
chimiche che liberano calore, ecc.<br />
Limiti di infiammabilità inferiore e superiore: miscela<br />
di combustibile ed aria compresa entro i valori limiti del<br />
campo di infiammabilità che, se innescata, dà luogo ad<br />
una combustione con propagazione della fiamma (reazione<br />
autosostenuta).<br />
Se la quantità combustibile è troppo piccola si avrà una<br />
Qualche definizione introduttiva.<br />
Combustibile: sostanza capace di ossidarsi in presenza di<br />
un ossidante (comburente) in una reazione chimica. Può<br />
essere un composto puro (es. H2,CH4, CO) oppure sostanze<br />
in cui sono presenti miscele di composti (es. benzina, gas<br />
liquido, legno).<br />
Comburente: sostanza capace di ridursi. Normalmente è<br />
O2 (ossigeno) presente nell’aria.<br />
Combustione: reazione con forte liberazione di calore fra<br />
il combustibile e il comburente.<br />
Fiamma: emissione di radiazioni, di cui una parte nel visibile,<br />
collegato allo sviluppo di energia che si verifica durante<br />
una combustione, che procede in fase gassosa.<br />
miscela povera, se la quantità combustibile è troppo elevata<br />
avremo una miscela troppo ricca. In tutti e due i casi<br />
la reazione di combustione non si autosostenta.<br />
Es.: C2H2 (acetilene):<br />
Limiti di infiammabilità in aria = 1,5 – 82%<br />
CH4 (metano):<br />
Limiti di infiammabilità in aria = 5 – 15%<br />
Quindi se un innesco fa scattare il processo di combustione<br />
in una miscela gassosa di combustibile e comburente,<br />
con concentrazioni relative tali da portarla al di fuori del<br />
campo di infiammabilità, la reazione di combustione si<br />
blocca.<br />
Riassumendo il rischio incendio di una sostanza gassosa<br />
si verifica quando questa è combustibile (vedi Ta), è<br />
miscelata con l’aria in concentrazioni tali da portarla nel<br />
campo di infiammabilità e sono presenti possibili inneschi<br />
del processo di combustione.<br />
39
LE NUOVE FRONTIERE DELLA CHIMICA<br />
Combustione dei liquidi<br />
Il processo di combustione avviene in fase gassosa, sono<br />
infatti le molecole presenti al di sopra del liquido allo stato<br />
di vapore che, urtando con energia superiore all’energia di<br />
attivazione (necessità di un innesco) le molecole di ossigeno<br />
dell’aria, porteranno alla combustione del liquido. Di qui<br />
la necessità di un passaggio di stato da liquido a vapore.<br />
Quindi oltre alla Temperatura di autoaccensione (Ta),<br />
che definisce se un liquido è infiammabile oppure non lo è,<br />
occorre prendere in considerazione come per i gas il Limite<br />
di infiammabilità inferiore.<br />
Da qui: Punto di infiammabilità = T minima alla quale il<br />
liquido emette una concentrazione di vapori tali da rientrare<br />
nei limiti di infiammabilità.<br />
Confrontando due liquidi infiammabili quali la benzina e il<br />
gasolio, come verificato dalle loro Ta, osserviamo che a<br />
temperatura ambiente mentre la benzina ha una tensione di<br />
vapore tale da fare entrare i suoi vapori nel campo di infiammabilità<br />
questo non avviene con il gasolio, che essendo più<br />
altobollente, ha una tensione di vapore più bassa. Quindi<br />
Combustione dei solidi<br />
40<br />
Classificazione degli infiammabili secondo la normativa europea<br />
La combustione con fiamma avviene in fase gas dopo la<br />
pirolisi (degradazione termica) del solido con produzione<br />
di sostanze gassose infiammabili.<br />
Il processo di combustione di liquidi o solidi dipende<br />
dalla grandezza delle particelle liquide o solide. La combustione<br />
di specie ad elevata area superficiale, quali le<br />
nebbie o le polveri, si avvicina alla combustione delle<br />
sostanze gassose (caratteristiche esplosive con rilasci<br />
energetici in tempi molto brevi).<br />
una perdita di benzina può portare, in presenza di un innesco,<br />
ad un incendio mentre la perdita di gasolio non porta a<br />
temperatura ambiente, anche in presenza di un innesco, ad<br />
un incendio. Essendo fuori dal proprio campo di infiammabilità<br />
la sua reazione di combustione non è autosostenuta e<br />
quindi non procede.<br />
Va infine ricordato che quando il processo di combustione<br />
parte la forte liberazione di calore facilita il passaggio allo<br />
stato di vapore delle molecole del liquido. Su questa base la<br />
valutazione del rischio da incendio di un liquido va fatta<br />
considerando la Temperatura di autoaccensione (i solventi<br />
clorurati non sono infiammabili perché la Ta è troppo<br />
elevata) ed il Punto di infiammabilità (se questo è uguale<br />
o inferiore alla temperatura ambiente, questi liquidi, in presenza<br />
di un innesco, possono prendere fuoco, come accade<br />
per la benzina ma non per il gasolio).<br />
Anche l’etichettatura europea delle sostanze infiammabili si<br />
basa sul loro Punto di infiammabilità e sul loro Punto di<br />
ebollizione, ben esposti nel diagramma qui sotto.<br />
Esempio:Classificazione dei liquidi infiammabili (D.M. oli minerali) sulla base del loro<br />
punto di Infiammabilità:<br />
A) Liquidi inf. con punto di inf. < 21°C; es: benzina -alcol etilico<br />
B) Liquidi inf. con punto di inf. > 21°C e < 65°C; es: gasolio - petrolio<br />
C) Liquidi combustibili con punto di inf. > 65°C; es: olio combustibile, lubrificante<br />
La conoscenza dei vari parametri che intervengono a<br />
determinare il rischio da incendio permette da un lato di<br />
operare a livello preventivo ma nel caso che questo si<br />
verifichi anche a livello protettivo. In questa logica si può<br />
vedere la ricerca di sostituti o non infiammabili o con<br />
rischio di infiammabilità inferiore, l’utilizzo di impianti<br />
elettrici adeguati ai solventi utilizzati, l’utilizzo di sistemi<br />
di ventilazione adeguati, la previsione di opportuni<br />
sistemi estinguenti, ecc.<br />
ric so
Gli aspetti<br />
tossicologici<br />
nella valutazione<br />
del rischio<br />
chimico<br />
Alla<br />
ricerca dei<br />
solventi<br />
verdi<br />
Una sostanza è tossica quando<br />
causa effetti biologici dannosi in<br />
un organismo vivente che assume<br />
tale sostanza. Come vedremo<br />
tutte le sostanze possono esserlo,<br />
il parametro che determina<br />
la tossicità è la dose a cui avviene<br />
il danno biologico. Le vie di assunzione<br />
delle sostanze tossiche sono:<br />
1 - Inalazione di gas o vapori - via polmoni<br />
e bronchi - sistemi biologici ad elevata area<br />
superficiale - via a maggior rischio - controllabile<br />
con mezzi di protezione collettivi quali<br />
sistemi di aerazione, cappe o con DPI (dispositivi<br />
di protezione individuali), ecc. quali<br />
ad esempio maschere con filtri specifici,<br />
autorespiratori, ecc.<br />
2 - Ingestione - via stomaco ed intestino - facile<br />
da controllare con adeguate norme di<br />
comportamento e di igiene.<br />
3 - Assorbimento cutaneo - via tessuti della<br />
pelle - specifico per sostanze apolari lip<strong>of</strong>ile<br />
(facile da controllare con adeguati DPI - ad<br />
esempio guanti, ecc.)<br />
Uno dei parametri per valutare tale tossicità<br />
è il valore di LD50 che misura su basi statistiche<br />
la concentrazione letale per il 50%<br />
delle specie biologica in studio, normalmente<br />
ratti. Questi valori vengono espressi in<br />
grammi o milligrami per kilogrammo peso<br />
della specie biologica in studio. Riportiamo<br />
nella tabella qui sopra il grado di tossicità di<br />
sostanze sia provenienti dal mondo naturale,<br />
sia sintetizzate dall’uomo.<br />
Ricordiamo che a livello della normativa europea<br />
sulla etichettatura di prodotti chimici<br />
una sostanza con un LD50 inferiore od uguale<br />
a 25 mg/Kg peso viene classificata come<br />
altamente tossica, se LD50 è compreso fra 25<br />
e 200 mg/kg peso come tossica e per valori<br />
di LD50 compreso fra 200 e 2000 mg/kg peso<br />
come nociva.<br />
Non va per altro dimenticato che nel quadro<br />
della valutazione tossicologica vanno anche<br />
inseriti i rischi a lungo termine quali quelli<br />
legati alle sostanze cancerogene e mutagene.<br />
Tossicità di sostanze naturali e sintetiche<br />
(approssimato)<br />
LD50<br />
in mg/kg<br />
LD 50<br />
in g/kg<br />
Sostanze<br />
“naturali”<br />
Sostanze<br />
“sintetiche”<br />
>10’000 >10 Zucchero<br />
1’000 1 Sale, etanolo Malathion,<br />
atrazina<br />
Piretrine, Mirex, aspirina<br />
100 10 -1 caffeina, rotenone DDT, paraquat<br />
Codeina,<br />
10 10-2 carb<strong>of</strong>urano<br />
NaCN, As 2O 3<br />
1 10-3 Nicotina Parathion, stricnina<br />
10-1 10-4 Tossina del<br />
serpente a sonagli<br />
10-2 10-5 Aflatossina-B<br />
10-3 10-6 2,3,7,8-TCDD (diossina)<br />
10-4 10-7<br />
10-5 10-8 Tossine del tetano<br />
e del botulino<br />
Il rischio ambientale<br />
Come accennato i rischi ambientali legati a<br />
specifici prodotti chimici possono essere dovuti<br />
ad interazioni negative con cicli naturali<br />
quali quelli che portano negli strati alti dell’atmosfera<br />
alla formazione di ozono, che serve<br />
quale filtro per bloccare le radiazioni ad alta<br />
energia, pericolose per l’uomo, provenienti<br />
dal sole. Questo ha portato ad accordi internazionali<br />
quali il “Protocollo di Montreal” ed i<br />
suoi successivi emendamenti sulle sostanze<br />
che impoveriscono lo strato d’ozono.<br />
Un altro parametro che incrementa<br />
la pericolosità ambientale è<br />
quella dovuta ai “Composti Organici<br />
Volatili” (COV) che, incrementando<br />
la già presente concentrazione<br />
naturale, può portare, in particolari<br />
condizioni climatiche, alla formazione<br />
di “Smog fotochimico” con formazione di<br />
concentrazioni elevate di ozono tossico.<br />
Anche questo aspetto è entrato nella normativa<br />
europea e recentemente anche in quella<br />
italiana. Anche le sostanze che hanno una<br />
elevata stabilità, reagendo molto lentamente<br />
con l’acqua e l’ossigeno presenti nella superficie<br />
terrestre, possono creare problemi<br />
connessi con la loro stabilità ambientale. Infatti,<br />
attraverso un complesso processo, questa<br />
elevata stabilità legata alla sua bassa reattività<br />
porta ad elevati tempi di permanenza<br />
nell’ambiente e conseguentemente a fenomeni<br />
di bioaccumulo nelle specie biologiche<br />
ed in particolare in quelle ricche di tessuti<br />
adiposi, che possono portare al superamento<br />
della concentrazione tossica con danni anche<br />
irreversibili per la specie stessa.<br />
In questa categoria si colloca ad esempio il<br />
Percloroetilene, solvente largamente usato<br />
nel lavaggio “a secco”.<br />
41
Capacità solvente:<br />
i parametri di solubilità<br />
Nella ricerca di sostituti dei vari<br />
solventi bisogna tenere conto dei<br />
vari requisiti richiesti al solvente<br />
da utilizzare. Sicuramente quello fondamentale<br />
è la sua capacità solvente.<br />
Questa, prima di una verifica sperimentale,<br />
può essere valutata sulla base dei<br />
parametri empirici di solubilità basati sulle<br />
forze intermolecolari che entrano in gioco nel<br />
processo di solubilizzazione e sulla regola<br />
empirica che sostanze che hanno parametri di<br />
solubilità molto simili sono mutuamente solubili<br />
o miscibili.<br />
Parametri di solubilità<br />
di Hildebrand<br />
Al fine di arrivare a definire quantitativamente<br />
la capacità solvente un primo approccio<br />
si basa su un singolo parametro δ ricavato<br />
da Hildebrand sfruttando i calori di evaporazione,<br />
quale misura di tutte le forze<br />
intermolecolari che operano all’interno<br />
del solvente. In particolare il parametro δ di<br />
Hildebrand è la radice quadrata della energia<br />
coesiva c.<br />
Pressione di coesione di un liquido c<br />
(∆ H v = calore di evaporazione, Vm = volume<br />
molare, R = costante dei gas, T = temperatura<br />
espressa in K).<br />
c =(∆ H v – RT)/Vm<br />
Parametro di solubilità di Hildebrand δ = c1/2<br />
Questi parametri sono normalmente espressi<br />
in MPa1/2 o in cal1/2 cm-3/2. Quelli misurati<br />
in MPa1/2 sono circa due volte (per l’esattezza<br />
2,0455) i valori misurati in cal1/2 cm -3/2.<br />
Qui accanto (in alto) sono riportati i valori di<br />
δ di vari solventi da cui si evidenzia un aumento<br />
di tale parametro passando dagli alcani,<br />
ai clorurati, agli aromatici, agli esteri e<br />
chetoni, agli alcoli fino a raggiungere il valore<br />
massimo con l’acqua.<br />
Sulla base di questi parametri un soluto, per<br />
esempio un polimero, (qui accanto in basso)<br />
presenta una completa solubilità o miscibilità<br />
se ha un parametro δ il più possibile<br />
uguale a quello del solvente.<br />
42<br />
LE NUOVE FRONTIERE DELLA CHIMICA<br />
Parametri chimico-fisici e di solubilità<br />
di Hildebrand δ per alcuni solventi<br />
Solventi Temp. Temp. Costante Momento Indice di MPa1/2<br />
Fusion,° Ebolliz, dielettrica dipolare rifrazione<br />
C °C ε µ n D 20 δ<br />
Acqua 0,0 100,0 78,30 5,9 1,3330 47,9<br />
Formammide 2,55 210,5 111,0 11,2 1,4475 39,3<br />
1,2-Etandiolo -12,6 197,5 37,7 7,7 1,4318 29,9<br />
Metanolo -97,7 64,5 32,66 5,7 1,3284 29,6<br />
Etanolo -114,5 78,3 24,55 5,8 1,3614 26,0<br />
Acido acetico 16,7 117,9 6,17 5,6 1,3719 20,7<br />
1-Propanolo -126,2 97,15 20,45 5,5 1,3856 24,3<br />
2-Propanolo -88,0 82,2 19,92 5,5 1,3772 23,5<br />
Nitrometano -28,55 101,2 35,94 11,9 1,3819 26,0<br />
Acetonitrile -43,8 81,6 35,94 11,8 1,3441 24,3<br />
Dimetilsolfossido 18,5 189,0 46,45 13,5 1,4793 24,5<br />
N,N-Dimetil -60,4 153,0 36,71 10,8 1,4305 24,8<br />
formammide<br />
Acetone -94,7 56,1 20,56 9,0 1,3587 20,2<br />
Nitrobenzene 5,8 210,8 34,78 13,3 1,5562 20,5<br />
Diclorometano -94,9 39,6 8,93 5,2 1,4242 19,8<br />
Piridina -41,55 115,25 12,91 7,9 1,5102 21,9<br />
Clor<strong>of</strong>ormio -63,5 61,2 4,81 3,8 1,4459 19,0<br />
Etilacetato -83,55 77,1 6,02 6,1 1,3724 18,6<br />
Tetraidr<strong>of</strong>urano -108,4 66,0 7,58 5,8 1,4072 18,6<br />
Clorobenzene -45,6 131,7 5,62 5,4 1,5248 19,4<br />
Dietiletere -116,3 34,4 4,20 3,8 1,3524 15,1<br />
Benzene 5,5 80,1 2,27 0,0 1,5011 18,8<br />
Toluene -95,0 110,6 2,38 1,0 1,4969 18,2<br />
CCl 4 -22,8 7 7,6 2,23 0,0 1,4602 17,6<br />
n-Esano -95,3 68,7 1,88 0,0 1,3749 14,9<br />
Cicloesano 6,7 80,7 2,02 0,0 1,4262 16,8<br />
Parametri di Hildebrand δ (MPa 1/2)<br />
di alcune classi di polimeri<br />
Alla<br />
ricerca dei<br />
solventi<br />
verdi<br />
Polimero δ Polimero δ<br />
Politetrafluoroetilene 12,7 Polivinilcloruro 19,6<br />
Polipropilene 16,2 Polietilen tereftalato 21,9<br />
Polietilene 16,4 Poliossimetilene 22,7<br />
Gomma stirene butadiene 16,6 - 17,4 Poliammide 6-6 27,6<br />
Polistirene 17,4 - 19,6 Poliacrilonitrile 31,5
La ricerca,<br />
verso un solvente<br />
“verde”<br />
I problemi connessi con l’utilizzo<br />
dei solventi precedentemente<br />
esposti hanno spinto i chimici a<br />
ricercare nuove alternative e<br />
nuove soluzioni al problema. La<br />
sostituzione di un solvente con uno meno<br />
pericoloso non è però un problema<br />
semplice da affrontare e non può essere ricondotto<br />
semplicemente, ad esempio, a risolvere<br />
problemi di solubilità e di prezzo.<br />
Sono infatti molti i parametri da inserire per<br />
ottenere una scelta mediata che dovrebbe<br />
portare a un “solvente verde”.<br />
Un primo possibile approccio potrebbe essere<br />
basato sul metodo di valutazione EHS<br />
(enviromental – health – safety) che valuta<br />
per il solvente in esame i possibili danni e la<br />
sua persistenza a livello ambientale, i possibili<br />
danni sia a livello acuto sia cronico, a livello<br />
della salute e le caratteristiche del prodotto<br />
e la sua infiammabilità e reattività a livello<br />
della sicurezza.<br />
Etichettatura europea di alcuni solventi<br />
Solvente Formula Simbolo<br />
rischio<br />
Frasi di rischio<br />
n-Esano C6H14 F Xn-A 11-38-48/20-51/53-62-65-67<br />
Cicloesano C6H12 F Xn-A 11-38-50/53-65-67<br />
Toluene C7H8 F-Xn 11-38-48/20-63-65-67<br />
Cloruro di metilene CH2Cl2 Xn 40<br />
Percloroetilene C2Cl4 Xn-A 40-51/53<br />
Tetraidr<strong>of</strong>urano C4H8O F-Xi 11-19-36/37<br />
Acetone C3H6O F- Xn 11-36-66-67<br />
Etil acetato C4H8O2 F- Xn 11-36-66-67<br />
n-Butil acetato C6H 12O2 10-66-67<br />
Dietil carbonato C5H10O3 Xi 10-36/37/38<br />
Acetonitrile C2H3N F-Xn 11-20/21/22-36<br />
N,N-dimetilformammide C3H7NO T 61-20/21-36<br />
Metanolo CH4O F-T 11-23/24/25-39/23/24/25<br />
Etanolo C2H6O F 11<br />
Etil lattato C5H10O3 Xi 10-37-41<br />
n-Butil lattato C7H14O3 Xi 36/37/38<br />
Etilen glicol C2H6O2 Xn 22<br />
Acido acetico C2H4O2 C 10-35<br />
Tale metodo ha già eliminato un notevole numero<br />
di solventi o per ragioni di elevata infiammabilità<br />
(ad esempio CS 2 con Ta =<br />
100 °C ca.) o tossicità (ad esempio benzene,<br />
clor<strong>of</strong>ormio, ecc.) o per elevatissimi rischi<br />
ambientali. Un primo approccio alla valutazione<br />
secondo tale metodologia dei solventi<br />
ancora in uso può essere ottenuto tramite la<br />
lettura dei rischi riportati nell’etichettatura,<br />
secondo la normativa europea, dei solventi<br />
con possibile rischio chimico.<br />
Nella tabella sotto sono così riportati i simboli<br />
di rischio F (infiammabile), T (tossico),<br />
Xn (nocivo), Xi (irritante), C (corrosivo) ed<br />
A (rischio ambientale) con le corrispondenti<br />
frasi di rischio, che caratterizzano alcuni<br />
solventi. D’altra parte l’utilizzo del solvente<br />
in studio porta anche a molti effetti dannosi<br />
indiretti sull’ambiente. Per esempio la riduzione<br />
di sorgenti non rinnovabili come conseguenza<br />
della sintesi del solvente da prodotti<br />
petroliferi, immissione di CO2 nell’ambiente<br />
dovuta all’incenerimento del solvente,<br />
alti consumi energetici per il recupero del<br />
solvente ecc. Nella valutazione globale va così<br />
inserita tutta la vita del solvente con tutte le<br />
problematiche ad esso connesse dalla sua sintesi,<br />
al suo utilizzo, al suo recupero e al suo<br />
eventuale smaltimento. Su questa base è stato<br />
messo a punto il metodo di valutazione LCA<br />
(life-cycle assessment),che tiene conto di tutti<br />
questi aspetti. Utilizzando questi approcci si<br />
stanno, da un lato, valutando i solventi esistenti<br />
e, dall’altro, si sta procedendo alla ricerca di<br />
nuovi solventi e nuove metodologie.<br />
Ad esempio, nell’utilizzo quali mezzi di reazione<br />
si sta studiando la possibilità di compiere<br />
specifiche reazioni in assenza di solventi<br />
oppure utilizzare l’acqua quale mezzo di<br />
reazione. Un altro approccio vede la sintesi<br />
di nuovi solventi che riducano i possibili rischi<br />
che li caratterizzano.<br />
In questa logica stanno anche assumendo notevole<br />
rilevanza la sintesi di solventi partendo<br />
non dal petrolio ma da fonti rinnovabili ed in<br />
questa categoria ricadono gli esteri dell’acido<br />
lattico. Quali esempi di queste ricerche verrano<br />
presentati alcuni promettenti settori e prodotti<br />
in sviluppo.<br />
43
LE NUOVE FRONTIERE DELLA CHIMICA<br />
Il dimetilcarbonato<br />
Dall’inizio degli anni ‘80 EniChem<br />
ha introdotto sul mercato degli<br />
intermedi il dimetil carbonato<br />
[(CH3O) 2CO - DMC], producendolo su<br />
scala industriale secondo una tecnologia<br />
pulita ed innovativa, che si differenzia<br />
radicalmente dalla tecnologia tradizionale,<br />
basata sull’utilizzo del fosgene<br />
(COCl2), sostanza ad elevato rischio tossicologico.<br />
La nuova tecnologia, basata sulla carbonilazione<br />
ossidativa del metanolo, permette<br />
di affrancarsi totalmente dal ciclo industriale<br />
del cloro. Lo schema di reazione è il seguente:<br />
CO + 2 CH3OH + 1/2 O2 → (CH3O)2CO + H2O<br />
Il nuovo procedimento di produzione presenta<br />
caratteristiche favorevoli dal punto di vista<br />
ambientale, in primis perché impiega materie<br />
prime relativamente meno pericolose, ma soprattutto<br />
in quanto l’unico sottoprodotto significativo<br />
della reazione è acqua. Esso ben si<br />
presta alla realizzazione di impianti produttivi<br />
di elevata capacità.<br />
Il DMC a sua volta è in grado di sostituire il<br />
fosgene nelle reazioni di carbonilazione, ed il<br />
dimetil solfato o il metil cloruro nelle reazioni<br />
di metilazione, fornendo quindi, nel segmento<br />
della produzione di intermedi, un’alternativa<br />
a prodotti rischiosi. Sulla base di tali caratteristiche,<br />
il DMC ha trovato impiego come<br />
intermedio in processi sia nel settore farmaceutico<br />
e dei “fine-chemicals”, prodotti chimici<br />
per impieghi specialistici, sia nella fabbricazione<br />
di polimeri, quali i policarbonati<br />
aromatici e, in prospettiva, i poliuretani.<br />
Accanto a queste applicazioni come intermedio,<br />
ormai consolidate, il DMC sta ora trovando<br />
impiego anche nel settore dei solventi, in<br />
quanto molti produttori ed utilizzatori sono<br />
consapevoli del fatto che l’utilizzo di formulazioni<br />
basate su solventi tradizionali a rischio<br />
di tossicità e ad elevato impatto ambientale è<br />
sempre meno tollerabile. Sulla base di tali<br />
motivazioni, in ambito mondiale, e con maggiore<br />
intensità nei paesi maggiormente evoluti,<br />
si riscontra in generale un andamento negativo<br />
per quanto riguarda la quantità di sol-<br />
44<br />
Alla<br />
ricerca dei<br />
solventi<br />
verdi<br />
venti utilizzati. Ad esempio, nel settore dei<br />
prodotti vernicianti, si adottano nuove tecnologie,<br />
che da una parte prevedono la messa a<br />
punto di formulazioni a base acquosa o ad alto<br />
contenuto di solidi e dall’altra sono orientate<br />
verso la sostituzione dei solventi a rischio<br />
più elevato. Questo processo di sostituzione<br />
in taluni casi ha assunto la forma di un vero e<br />
proprio bando dettato obbligatoriamente dal<br />
legislatore. Le applicazioni più coinvolte non<br />
sono solo quelle che prevedono il rilascio finale<br />
della totalità del solvente all’atmosfera,<br />
ma la maggior parte delle lavorazioni industriali,<br />
data l’introduzione di leggi che regolano<br />
in modo sempre più stringente la quantità<br />
e la qualità delle emissioni delle sostanze organiche<br />
volatili (in inglese VOC in italiano<br />
COV). Per il mercato dei solventi, il segmento<br />
degli ossigenati (eteri, chetoni, esteri) è l’unico<br />
che presenta una leggera crescita in valore<br />
assoluto, con un andamento in percentuale<br />
fortemente positivo.Tuttavia, anche nella classe<br />
dei solventi ossigenati, non mancano problematiche<br />
relative al loro impiego, ad esempio<br />
l’utilizzo degli esteri va sostituendo quello<br />
dei chetoni. Nella classe degli esteri la possibilità<br />
di impiego dei carbonati alchilici come<br />
solventi è nota da tempo e non rappresenta in<br />
assoluto una novità, ma la crescente sensibilità<br />
sviluppatasi nell’ultimo decennio verso le<br />
tematiche ambientali ed il connesso interesse<br />
all’impiego di prodotti chimici “puliti” hanno<br />
portato a valorizzare in modo più consapevole<br />
e appr<strong>of</strong>ondito le loro potenzialità applicative.<br />
Il parametro di solubilità del<br />
DMC, calcolato secondo Hildebrand<br />
in riferimento alla densità di<br />
energia coesiva, sulla base del volume<br />
molare e dell’energia di vaporizzazione,<br />
risulta pari a 18,7 [MPa 1/2 ] a 25 °C, assai<br />
simile, ad esempio, a quello dell’acetone<br />
(vedi alla pagina precedente). Quindi il<br />
DMC si inserisce nell’area dei solventi moderatamente<br />
polari. Le caratteristiche chimic<strong>of</strong>isiche<br />
del DMC non condurrebbero da sole<br />
ad una reale valenza applicativa se non vi fossero<br />
riscontri altrettanto positivi nelle caratteristiche<br />
di sicurezza e di ridotto impatto ambientale.<br />
Il DMC presenta, infatti, un pr<strong>of</strong>ilo<br />
tossicologico ed eco-tossicologico particolar-
mente favorevole, che ne permette lo stoccaggio<br />
e l’applicazione senza particolari precauzioni.<br />
Infatti il DMC è caratterizzato da bassissima<br />
tossicità acuta. Dal punto di vista ambientale<br />
il DMC denota bassissima tossicità<br />
verso gli organismi acquatici e pronta biodegradabilità<br />
e non è considerato potenzialmente<br />
bioaccumulabile. Di conseguenza la classificazione<br />
di pericolosità per le acque prevede<br />
per il DMC una valutazione di debole rischiosità<br />
. È altresì degna di nota la sua trascurabile<br />
tendenza alla formazione fotochimica d’ozono<br />
nei bassi strati atmosferici. I solventi sono<br />
tipici composti organici volatili (COV) implicati,<br />
come già detto, nella produzione fotochimica<br />
troposferica di ozono in aree urbane inquinate.<br />
Lavori recenti hanno evidenziato che il DMC<br />
presenta di gran lunga la più bassa tendenza<br />
alla formazione di ozono tra le più comuni sostanze<br />
organiche volatili ossigenate.<br />
Sulla base delle proprietà sopra illustrate, il<br />
DMC non rientra in alcuna classe di pericolosità<br />
secondo le norme dell’Unione Europea,<br />
salvo la facile infiammabilità.<br />
Esteri dell’acido lattico<br />
L’acido lattico CH3-CHOH-COOH<br />
si ottiene da prodotti di origine<br />
petrolifera quali il propilene ma si<br />
può ottenere per fermentazione anaerobica<br />
di zuccheri ottenuti da biomasse ad<br />
esempio di origine agricola, quindi da<br />
sorgenti rinnovabili. Questo acido può<br />
poi essere esterificato trasformandolo nei<br />
corrispondenti esteri e fra questi quello che<br />
trova maggiori applicazioni è l’estere etilico<br />
solvente a media polarità, altobollente (P.E.<br />
154 °C), che presenta un bassissimo rischio<br />
chimico collegato solo alla sua infiammabilità.<br />
Unico problema, che limita una sua più<br />
ampia applicazione, è il prezzo che è attualmente<br />
circa il doppio di un comune solvente<br />
ossigenato. Notevoli sforzi sono in atto sia a<br />
livello del processo fermentativo che di quello<br />
di esterificazione al fine di ridurre i costi<br />
ed aprire conseguentemente una più ampia<br />
fetta di mercato a questo solvente.<br />
Quando i solventi... risolvono<br />
Da uno dei più noti solventi, l’acetone,<br />
alla marea di nuovi prodotti<br />
Si va diffondendo nei paesi<br />
supersviluppati il “nail bar”<br />
dove, tra quattro chiacchiere<br />
e un drink, le ragazze<br />
appr<strong>of</strong>ittano per farsi fare<br />
una smaltatura di unghie<br />
a regola d’arte.<br />
Niente paura: se il risultato<br />
non sarà di gradimento o se<br />
appare qualche sbavatura<br />
sarà l’acetone, uno dei più<br />
noti solventi di uso<br />
domestico, a permettere<br />
correzioni e rimedi...<br />
L’industria cosmetica<br />
si va estendendo nei<br />
paesi in via di<br />
sviluppo, fornitori di<br />
materie prime<br />
naturali. Ecco, nella<br />
foto qui accanto, la<br />
lavorazione degli<br />
estratti dell’aloe, una<br />
pianta da cui si<br />
ricavano basi e<br />
solventi per cosmetici<br />
e medicinali. Sotto:<br />
una proposta... di<br />
prodotti dal Sud<br />
America.<br />
r.g.<br />
45
LE NUOVE FRONTIERE DELLA CHIMICA<br />
Utilizzo di solventi supercritici<br />
46<br />
Alla<br />
ricerca dei<br />
solventi<br />
verdi<br />
Lo stato supercritico è un particolare<br />
stato fisico della materia,<br />
intermedio fra quello liquido e<br />
quello gassoso, che viene raggiunto<br />
quando la temperatura e la pressione<br />
del sistema sono superiori ad una<br />
temperatura ed una pressione critica<br />
specifica per ogni sostanza (diagramma sotto).<br />
Al di sopra di tale pressione e temperatura<br />
non c’è più possibilità di coesistenza di<br />
una fase gas ed una liquida, esiste una sola<br />
fase chiamata supercritica. Nella figura sono<br />
riportate le varie zone di esistenza dello stato<br />
gassoso, liquido, solido e supercritico, che<br />
evidentemente dipendono dai due parametri<br />
fisici pressione e temperatura.<br />
Per molti sistemi, ad esempio l’acqua, tali<br />
valori critici corrispondono a temperature e<br />
pressioni molto elevate. Sicuramente i valori<br />
di Tc = 31,3°C e Pc = 72,9 Atm che caratterizzano<br />
la CO2 hanno permesso una sua<br />
semplice utilizzazione quale solvente supercritico.<br />
I solventi supercritici, proprio per la<br />
Regione supercritica: il rapporto<br />
pressione-temperatura<br />
loro caratteristica di essere in uno stato fisico<br />
intermedio fra quello gassoso e quello liquido,<br />
sono caratterizzati da una notevole velocità<br />
di diffusione all’interno dei solidi, facilitando<br />
in tal modo enormemente i processi di<br />
estrazione. L’estrazione della caffeina dal<br />
caffè per ottenere i caffè decaffeinati ottenuta<br />
utilizzando la CO2 supercritica è un ottimo<br />
esempio di tali applicazioni. Tale processo<br />
evita inoltre che nel prodotto destinato ad<br />
usi alimentari siano presenti tracce di solventi<br />
residui.<br />
A questo si aggiunge un’assenza di rischi da<br />
infiammabilità e da tossicità, che rendono<br />
questo mezzo molto interessante da un punto<br />
di vista applicativo.<br />
Anche il potere solvente della CO2 supercritica<br />
può essere valutato con i parametri di solubilità,<br />
ad esempio di Hildebrand (diagramma<br />
sotto), che evidenziano una bassa polarità<br />
di questo mezzo. Interessante è la possibilità<br />
di poter variare il suo potere solvente<br />
con la pressione. Nel caso in cui non si riesca<br />
ad ottenere un parametro di Hildebrand<br />
soddisfacente per ottenere la solubilizzazione<br />
di specifici soluti, si può ricorrere all’utilizzo<br />
di cosolventi polari. Ad esempio si può<br />
Parametri di solubilità di Hildebrand dell’anidride<br />
carbonica supercritica e<br />
confronto con alcuni solventi classici.
Per<br />
saperne<br />
di più<br />
addizionare piccole quantità di acqua, che<br />
presenta un parametro di Hildebrand elevato,<br />
alla CO 2 supercritica. In questo modo la<br />
miscela risultante presenterà valori del parametro<br />
di Hildebrand sufficientemente elevati<br />
(20-25 MPa1/2) da poter solubilizzare un soluto<br />
a media polarità.<br />
Concludendo riportiamo alcune applicazioni<br />
industriali recenti della CO2 supercritica. La<br />
Du Pont sta utilizzando la CO2 supercritica<br />
quale solvente per la produzione di polimeri<br />
fluorurati (solventi usuali della polimerizzazione<br />
sono i clor<strong>of</strong>luorocarburi, che rientrano<br />
nel Protocollo di Montreal).<br />
Alcune industrie americane stanno mandando<br />
in produzione sistemi per il lavaggio a<br />
secco basati sull’impiego di anidride carbonica<br />
supercritica e speciali surfattanti. Questo<br />
approccio tecnologico potrebbe quindi risolvere<br />
il problema della sostituzione del<br />
percloroetilene, solvente attualmente in uso<br />
in tali applicazioni, che per quanto sia non<br />
infiammabile e a tossicità non elevata, pone<br />
però grossi problemi ambientali, legati alla<br />
sua bassa reattività, con elavata permanenza<br />
in ambiente e fenomeni di bioaccumulo come<br />
discusso in precedenza.<br />
Conclusioni<br />
1- Per gli aspetti generali su forze intra ed intermolecoari vedi Wikipedia<br />
http://en.wikipedia.org/wiki/Main_<strong>Page</strong><br />
Come già riportato la scelta di<br />
un solvente sta diventando un<br />
problema sempre più complesso,<br />
sia per il numero elevatissimo di<br />
parametri da valutare, conseguenza<br />
anche dell’apporto di nuove conoscenze,<br />
sia per la richiesta di standard<br />
di sicurezza sempre più elevati.<br />
Sicuramente l’avanzare delle conoscenze<br />
sta rispondendo positivamente a queste richieste,<br />
ad esempio con l’utilizzo di solventi<br />
più sicuri quali l’acqua, con l’avvento<br />
di nuovi mezzi solventi, ecc.<br />
In questa logica va anche visto l’utilizzo<br />
dei parametri di solubilità che permettono<br />
già su basi non sperimentali una previsione<br />
del potere solvente dei nuovi mezzi.<br />
Andrea Pochini<br />
Dipartimento di Chimica Organica e Industriale<br />
dell'Università di Parma<br />
2 - fine - La prima parte è apparsa sul numero 8<br />
2- Per gli aspetti correlati con il rischio in generale e quello chimico in particolare vedi i seguenti siti internet<br />
http://www.unipr.it/arpa/spp/Home<strong>Page</strong>.htm -http://www.unipv.it/safety/ -http://safe.uniud.it/indice.asp (Questi siti <strong>of</strong>frono<br />
anche interessanti collegamenti con altri siti sia italiani sia esteri – Ad esempio, per i problemi ambientali si consiglia il collegamento<br />
al sito della Environmental Protection Agency USA).<br />
3- Per gli aspetti correlati con i parametri di solubilità vedi http://sul-server2. stanford.edu/byauth/burke/solpar/<br />
http://palimpsest.stanford.edu/byauth/burke/solpar/solpar2.html F. M. Barton - Chem. Rev.<br />
1975 75 730-753. A. Pochini, Parametri empirici per definire la capacità solvente, La Chimica e L’Industria, Luglio/Agosto<br />
2000, p. 657.<br />
4- Per i “green solvents” vedi <strong>Green</strong> chemistry—a sustainable solution for industrial specialties applications - Rainer Ho¨fer<br />
and Joaquim Bigorra - <strong>Green</strong> Chemistry, 2007, 9, 203–212.<br />
5- Per il dimetilcarbonato vedi F. Mizia, M. Notari, F. Rivetti, U. Romano, C. Zecchini, Carbonati alchilici: solventi della<br />
nuova generazione, La Chimica e L’Industria, Marzo 2001, p. 47.<br />
6- Per i fluidi supercritici vedi http://ull.chemistry.uakron.edu/chemsep/super/http://sweb.uky.edu/~mmsark1/super.htm<br />
47
Altre fonti<br />
di informazione:<br />
www.ansa.it;<br />
La Repubblica;<br />
Corriere della Sera<br />
48<br />
notizie<br />
dal mondo)<br />
Futuro &<br />
futuribile<br />
di Antonella Americo<br />
In collaborazione con la Rete Informativa Scienza e Tecnologia (RISeT) del Ministero degli Affari Esteri<br />
L’India in testa<br />
nel segno di<br />
Kyoto nei CDM<br />
Secondo i dati più recenti<br />
pubblicati dal Ministero<br />
dell’Ambiente e delle Foreste del<br />
Governo indiano (MoEF),<br />
l’India risulta il primo Paese al<br />
mondo per numero di progetti<br />
di Clean Development<br />
Mechanism (CDM – uno dei<br />
due meccanismi flessibili<br />
introdotti dal Protocollo di<br />
Kyoto), con 235 progetti<br />
registrati presso il CDM<br />
Executive Board su<br />
un totale di 674.<br />
RUSSIA<br />
Nascono nell’aria<br />
i nuovi piantimi<br />
Tali progetti riguardano<br />
principalmente i settori<br />
dell’efficienza energetica,<br />
fuel switching, processi industriali,<br />
rifiuti solidi urbani<br />
ed energie rinnovabili.<br />
Nell’ambito del dibattito<br />
internazionale sulle strategie<br />
e gli impegni da adottare<br />
per mitigare i cambiamenti<br />
climatici, il MoEF<br />
sottolinea la necessità che<br />
le nazioni industrializzate e<br />
in via di industrializzazione<br />
collaborino per uno sviluppo<br />
congiunto di tecnologie<br />
pulite e per il trasferimento<br />
immediato di tecnologie<br />
eco-compatibili già<br />
presenti sul mercato.<br />
Viene inoltre ravvisata l’esigenza<br />
che venga raggiunto<br />
un accordo sui diritti di<br />
proprietà intellettuale<br />
(DPI) tale da comprendere<br />
Alla mostra “World <strong>of</strong><br />
biotechnology 2007”<br />
tenutasi a Mosca in<br />
occasione del 4° congresso<br />
internazionale<br />
“Biotechnology: status<br />
and perspectives <strong>of</strong><br />
development” è stata<br />
presentata al pubblico<br />
una installazione “aeroponica”<br />
per la coltivazione<br />
di piantimi (le pianticelle<br />
nate dal seme e<br />
destinate ad essere trapiantate)<br />
in solo flusso di<br />
aria, senza né terreno né substrato liquido.<br />
La soluzione nutritiva è irrorata sulle radici in forma di aerosol.<br />
L’irrorazione e le condizioni climatiche sono controllate<br />
da un computer dotato di un apposito s<strong>of</strong>tware. In tale confortevole<br />
situazione le piante crescono velocemente, in un anno si<br />
tutte le tecnologie necessarie<br />
per le attività di mitigazione<br />
dei cambiamenti climatici.<br />
Un problema che viene sottolineato<br />
è che molte tecnologie<br />
che potrebbero sfruttare<br />
il potenziale di risorse<br />
esistente nei Paesi in via di<br />
sviluppo (ad esempio, biomasse)<br />
ancora non sono<br />
state commercializzate o<br />
sono troppo costose.<br />
Per far fronte a questo<br />
aspetto, da parte indiana si<br />
sostiene che la cooperazione<br />
internazionale tra enti di<br />
ricerca di Paesi industrializzati<br />
e in via di sviluppo<br />
debba essere accelerata anche<br />
attraverso la creazione<br />
di un Venture Capital Fund<br />
presso una istituzione finanziaria<br />
internazionale.<br />
Tale fondo potrebbe confi-<br />
gurarsi come il titolare di<br />
DPI di nuove tecnologie<br />
sviluppate a seguito della<br />
cooperazione internazionale,<br />
i quali potrebbero essere<br />
concessi a costi agevolati ai<br />
Paesi in via di sviluppo e su<br />
base commerciale ai Paesi<br />
industrializzati.<br />
(Daniele Poponi –<br />
Leonardo Gastaldi)<br />
possono fare da 2 a 6 raccolti, in base al tipo di pianta. Queste<br />
condizioni permettono non solo di risparmiare posto, non<br />
essendoci nell’impianto né terreno, né canali d’irrigazione o<br />
sottovasi, ma anche di ridurre al minimo eventuali contatti con<br />
agenti patogeni, il che permette di studiare i mezzi di difesa<br />
delle piante dalle malattie, come anche di lavorare con piante<br />
transgeniche.<br />
L’aeroponica (o aerocultura) permette di ottenere un prodotto<br />
pulito, utilizzabile per applicazioni farmaceutiche senza la<br />
necessità di sterilizzare il substrato, di evitare l’uso di antiparassitari<br />
e anticrittogramici potenzialmente tossici, e quindi di<br />
accudire alle piante in modo più semplice.<br />
L’installazione ha anche un’altra particolarità: l’illuminazione<br />
non è data da lampade, ma da fotodiodi con caratteristiche<br />
opportune che permettono di adattare la lunghezza d’onda<br />
della luce alle necessità delle diverse fasi dello sviluppo della<br />
pianta, oltre a un notevole risparmio di energia. Poiché le piante<br />
non devono competere tra loro per le risorse possono essere<br />
piantate molto vicine. In un metro quadrato si adattano alla<br />
vita nel mondo delle piante adulte e crescono fino alle misure<br />
necessarie fino a 600 piantimi: un asilo nido ideale.<br />
(Piero Spillantini)
Il design “spiritoso“ del Trixi, il triciclo<br />
che sta diffondendosi in Spagna.<br />
In India, foto della pagina<br />
accanto, ci si arrangia<br />
alla vecchia<br />
maniera.<br />
Trasporti<br />
ecologici:<br />
da Barcellona<br />
il Trixi<br />
arriva a Madrid<br />
Seguendo l’esempio di<br />
Barcellona anche la capitale<br />
spagnola si è arricchita di un<br />
nuovo mezzo di trasporto: il<br />
triciclo Trixi. Si tratta di una<br />
bici-taxi che potrà trasportare<br />
due passeggeri oltre al<br />
conducente aiutato nel pedalare<br />
da un motore elettrico.<br />
Il telaio di Trixi è in alluminio<br />
e la carrozzeria in polietilene<br />
riciclabile; entrambi sono sta-<br />
Allarmante<br />
ricerca<br />
dall’Australia:<br />
in forte<br />
aumento<br />
le emissioni<br />
di anidride<br />
carbonica<br />
Da una recente indagine del<br />
Dipartimento di Marine and<br />
Atmospheric Research del<br />
CSIRO di Canberra guidato<br />
da Mike Raupach risulta che<br />
quasi otto bilioni di tonnellate<br />
di carbonio sono state emesse in<br />
atmosfera sotto forma di<br />
anidride carbonica nel 2005,<br />
contro i sei bilioni di tonnellate<br />
del 1995.<br />
ti concepiti nel pieno rispetto<br />
dell’ambiente.L’obiettivo<br />
principale del progetto è<br />
quello di sensibilizzare i cittadini<br />
alle tematiche di tutela<br />
ambientale in ambito urbano.<br />
Il comune di Barcellona, primo<br />
in tutto il Sud-Europa,<br />
<strong>of</strong>fre da cinque anni questo<br />
servizio ai suoi cittadini. Il<br />
successo riscosso nella capitale<br />
catalana ha spinto la<br />
compagnia produttrice a spostarsi<br />
anche a Madrid. I produttori<br />
del curioso mezzo di<br />
trasporto hanno sottolineato<br />
come “la migliore vetrina per<br />
la sostenibilità ambientale sia<br />
costituita dal fatto che due<br />
città moderne e cosmopolite<br />
come Madrid e Barcellona<br />
abbiano scelto Trixi” e si augurano<br />
che il loro progetto<br />
possa agire da volano per il<br />
Paese intero.<br />
Le emissioni globali di biossido<br />
di carbonio a partire dal<br />
2000 sono aumentate con un<br />
tasso tre volte superiore rispetto<br />
agli anni ’90. È stato<br />
calcolato, infatti, che le emissioni<br />
di carbonio siano cresciute<br />
con un tasso annuale<br />
pari al 3,1% tra il 2000 ed il<br />
2004, dato che preoccupa se<br />
comparato all’1,1% all’anno<br />
calcolato per la decade precedente.<br />
La ricerca svolta dal centro di<br />
OMAN<br />
Biocarburanti ricavati<br />
dalle palme da dattero<br />
L’Oman, sultanato petrolifero del Golfo, sarà il primo<br />
Paese arabo a produrre un’alternativa economicamente<br />
sostenibile al petrolio: biocarburanti generati dalle palme<br />
da dattero.<br />
L’amministratore delegato della Oman <strong>Green</strong> Energy<br />
Company (Ogec), che ha diffuso la notizia, ha sostenuto<br />
che è già stato conferito il mandato alla società, da parte<br />
delle autorità locali, per la realizzazione di una bio-raffineria<br />
a Sohar, polo industriale petrolchimico nel nord del<br />
paese. Il progetto, che dovrà concludersi entro il 2010,<br />
prevede, oltre alla produzione di bio-carburanti, l’implementazione<br />
di una rete di servizi che comprenda almeno<br />
100 punti di distribuzione.<br />
La ricerca e l’utilizzo di etanolo prodotto da biomasse non<br />
è nuovo. Risultati soddisfacenti sono già stati registrati in<br />
Brasile e in alcuni stati americani. Tuttavia l’esperimento<br />
omanita si impone come pioniere assoluto nella ricerca di<br />
bio-compatibili in quanto saranno prese opportune misure<br />
per non intaccare il raccolto dei datteri ad uso alimentare<br />
e nel rispetto dell’ambiente per l’estrazione della cellulosa<br />
dalle palme si svilupperà un enzima innovativo.<br />
La collaborazione con istituti di ricerca occidentali darà<br />
inoltre un elevato contributo per la riuscita del progetto<br />
che conta anche di aumentare gli investimenti, previsti<br />
intorno ai 105 milioni di euro. Il progetto prevede l’utilizzazione,<br />
nella fase iniziale, di 80.000 palme da dattero in<br />
grado di produrre circa 900.000 milioni di tonnellate di<br />
combustibili all’anno.<br />
Un piano strategico decennale sostenuto dalle autorità<br />
omanite prevede tuttavia la coltivazione di dieci milioni di<br />
palme da dattero, che crescono naturalmente nel sultanato<br />
e che non richiedono dispendio di acqua per il loro mantenimento.<br />
Nei piani dell’impresa omanita però non ci sono<br />
solo automobili e distributori di biocarburanti, ma anche<br />
biocombustibili per la produzione di energia. Il piano prevede<br />
esportazioni per oltre l’80% principalmente verso<br />
Europa, India e Cina.<br />
Gli effetti del<br />
cambiamento<br />
climatico:<br />
la desertificazione<br />
in<br />
Australia.<br />
ricerca di Canberra mostra<br />
inoltre come la rapidità con<br />
cui aumentano le emissioni<br />
di carbonio sia molto maggiore<br />
nei paesi che sono attualmente<br />
protagonisti di un<br />
boom economico quale la<br />
Cina, paese in cui l’aumento<br />
di emissioni del gas serra non<br />
rispecchia altro che la crescita<br />
pro-capite del reddito. Le<br />
nazioni in via di sviluppo<br />
contribuiscono per circa il<br />
40% al totale delle emissio-<br />
ni, ma essi sono stati maggiormente<br />
responsabili dell’aumento<br />
di gas serra emessi<br />
soprattutto tra il 2000 ed il<br />
2004.<br />
Nel 2004, infatti, i tre quarti<br />
dell’aumento di emissioni<br />
proveniva dai paesi in rapido<br />
sviluppo socio-economico.<br />
Le nazioni industrializzate,<br />
inclusa la Russia, hanno contribuito<br />
per il 60% al totale<br />
delle emissioni. A partire dalla<br />
rivoluzione industriale, si<br />
calcola che i paesi più ricchi<br />
abbiano contribuito per il<br />
77% alle emissioni totali del<br />
pericoloso gas serra.<br />
Per quanto riguarda l’Australia,<br />
continente in cui vive lo<br />
0,32% della popolazione<br />
mondiale, essa rilascia in atmosfera<br />
l’1,43% del carbonio<br />
totale. (Nicola Sasanelli)<br />
49
Penuria<br />
di acqua<br />
in Europa: la<br />
Commissione<br />
affronta una<br />
sfida chiave<br />
Portare l’Unione Europea verso<br />
un’economia che sia efficiente<br />
e parsimoniosa in tema di<br />
utilizzo delle risorse idriche è lo<br />
scopo di una Comunicazione<br />
presentata dalla Commissione<br />
Europea.<br />
L’obiettivo è di aprire un<br />
dibattito sulle strategie da<br />
implementare a livello europeo<br />
per fronteggiare la penuria di<br />
acqua e siccità in un ambiente<br />
dominato dai cambiamenti<br />
climatici.<br />
AMBIENTE<br />
50<br />
Obiettivo<br />
<strong>Green</strong><br />
La Comunicazione presenta<br />
una serie iniziale di politiche<br />
e fattori da tenere in considerazione<br />
per assicurare la disponibilità<br />
di acqua per ogni<br />
attività umana, economica e<br />
sociale. La Commissione<br />
presenterà un rapporto sui<br />
progressi ottenuti su queste<br />
questioni nel 2008.<br />
Pur essendo l’Europa un<br />
continente che attualmente<br />
ha risorse idriche più che<br />
adeguate, gli episodi di siccità<br />
diventano sempre più<br />
frequenti. La siccità è legata<br />
a condizioni naturali quali la<br />
scarsità di precipitazioni. Negli<br />
ultimi 30 anni i fenomeni<br />
di siccità sono cresciuti enormemente<br />
di numero ed intensità<br />
nell’Unione Europea.<br />
Il costo di questi fenomeni è<br />
stato stimato a più di 100 milioni<br />
di euro. Nel 2003, una<br />
delle siccità più vaste ha colpito<br />
oltre 100 milioni di per-<br />
Firmato il Trattato sulle città europee sostenibili<br />
sone, su una superficie di circa<br />
un terzo delle Comunità,<br />
con un costo di circa 9 milioni<br />
di euro. La penuria di acqua<br />
è invece il risultato di<br />
uno sbilanciamento sul lungo<br />
periodo della domanda rispetto<br />
alla disponibilità. Nel<br />
<strong>Green</strong> Paper sui cambiamenti<br />
climatici presentato nel<br />
giugno dell’anno scorso, la<br />
Commissione puntualizza<br />
che il peggioramento della<br />
situazione è altamente probabile<br />
se le temperature continueranno<br />
a salire e se strategie<br />
di controllo non verranno<br />
messe a punto. La Commissione<br />
ha perciò individuato<br />
una serie di politiche da adottare<br />
a livello comunitario, nazionale<br />
e regionale.<br />
Al cuore di queste politiche<br />
c’è la necessità di individuare<br />
il corretto prezzo dell’acqua,<br />
indipendentemente da<br />
dove essa venga ricavata.<br />
Al fine di creare un ambiente urbano di elevata<br />
vivibilità, i 27 ministri dell’Ambiente dell’Unione<br />
Europea hanno firmato il “Trattato<br />
di Lipsia sulle città europee sostenibili”.<br />
Questo atto segna l’inizio di una strategia di<br />
sviluppo urbanistico integrato a livello europeo.<br />
Allo stesso tempo la Commissione Europea<br />
ha pubblicato Guida alla dimensione urbana<br />
nelle politiche comunitarie, il cui scopo è di<br />
sfruttare al massimo le opportunità messe a<br />
disposizione dalle politiche europee. La guida<br />
mette ogni politica nel giusto contesto, specifica<br />
risorse finanziarie disponibili ed indica<br />
meccanismi di scambio e fonti di informazione<br />
disponibili.<br />
Le città producono tra il 75% e l’85% del PIL<br />
dell’Unione ma al tempo stesso devono confrontarsi<br />
con problemi quali l’esclusione sociale, l’inquinamento, la sovrappopolazione e l’inquinamento<br />
acusitco. Esse sono all’origine di quasi 3/4 del consumo di energia a livello comunitario e perciò<br />
giocano un ruolo fondamentale nella lotta contro il riscaldamento globale.<br />
notizie<br />
da Bruxelles<br />
di Alberto Procopio<br />
)<br />
Il Commissario<br />
Europeo<br />
dell’Ambiente<br />
alle Nazioni<br />
Unite discute<br />
il futuro<br />
dell’energia<br />
sostenibile<br />
A maggio Stavros Dimas ha<br />
rappresentato la Commissione<br />
Europea alla 14 a sessione della<br />
Commissione delle Nazioni<br />
Unite sullo Sviluppo Sostenibile<br />
(CSD) a New York.<br />
Il meeting<br />
verteva sui<br />
progressi nel<br />
campo dell’energiasostenibile,<br />
cambiamenti<br />
climatici, inquinamento<br />
atmosferico e<br />
sviluppo industriale. Dimas<br />
ha sostenuto le politiche<br />
energetiche che migliorino<br />
l’accesso a fonti di energia<br />
per le regioni più povere<br />
della terra, che al tempo<br />
stesso possano massimizzare<br />
l’efficienza e l’uso delle<br />
energie rinnovabili su scala<br />
planetaria, al fine di migliorare<br />
la protezione dell’ambiente.<br />
Il Commissario ha<br />
annunciato anche il lancio<br />
dell’iniziativa europea<br />
“Energy Facility”, che metterà<br />
a disposizione 250 milioni<br />
di euro per progetti<br />
che migliorino l’accesso a<br />
fonti energetiche, in particolare<br />
rinnovabili, prevalentemente<br />
nell’Africa sub-<br />
Sahariana.
Elettrotegola<br />
fotovoltaica,<br />
e il tetto<br />
produce<br />
energia<br />
Elettrotegola è un nuovo<br />
sistema fotovoltaico integrato<br />
che trasforma l’energia solare<br />
in energia elettrica,<br />
dall’elevata efficienza<br />
energetica e prodotto dalla<br />
Brianza Plastica SpA, leader<br />
europeo per la produzione di<br />
sistemi termoisolanti per<br />
l’edilizia.<br />
Il sistema è stato sviluppato<br />
e realizzato per ottenere il<br />
migliore risultato architettonico<br />
per le coperture delle<br />
abitazioni residenziali. Recentemente,<br />
a Tremestieri<br />
Etneo (CT), è stato realizzato<br />
un nuovo impianto Elettrotegola<br />
dalla potenza no-<br />
Verso<br />
il decreto<br />
per il solare<br />
a specchi<br />
È stata trasmessa dal<br />
Ministero dell'Ambiente al<br />
Ministero dello Sviluppo<br />
Economico la bozza di<br />
decreto interministeriale<br />
relativa alla creazione di un<br />
“conto energia” anche per il<br />
solare termodinamico a<br />
concentrazione.<br />
&<br />
Progetti<br />
invenzioni<br />
minale di 2100 Wp. Elettrotegola<br />
si integra perfettamente<br />
con qualsiasi tipologia<br />
di tegola europea sostituendosi<br />
alle stesse tegole,<br />
senza sovrapporsi, come invece<br />
avviene per gli impianti<br />
fotovoltaici di tipo tradizionale.<br />
Le celle solari che<br />
la compongono consentono<br />
la trasformazione diretta<br />
dell’energia proveniente dal<br />
sole in energia elettrica. I kit<br />
da 1,5 kWp a 6 kWp, sono<br />
composti da moduli assem-<br />
Questo tipo di impianto cattura<br />
l’energia solare attraverso<br />
un sistema di specchi;<br />
un fluido termovettore assorbe<br />
il calore e confluisce<br />
attraverso un sistema di<br />
condutture in serbatoi di<br />
stoccaggio. I serbatoi rappresentano<br />
il sistema di accumulo<br />
termico che permette<br />
di stivare il gas riscaldato<br />
ad alta temperatura. Uno dei<br />
grandi vantaggi di questa<br />
tecnologia è di poter accumulare<br />
l’energia termica,<br />
che può quindi essere erogata<br />
su richiesta, indipendentemente<br />
dall'ora e dal<br />
tempo. Inoltre, si tratta di<br />
una tecnologia di tipo modulare<br />
e può pertanto essere<br />
blati con celle di ultima generazione<br />
in silicio policristallino<br />
laminate e da componenti<br />
per la parte meccanica,<br />
che permettono l’integrazione<br />
architettonica in<br />
copertura.<br />
La parte elettrica che completa<br />
il pacchetto consente<br />
l’allacciamento alla rete. I<br />
sistemi Elettrotregola sono<br />
in grado di garantire impermeabilizzazione<br />
e resistenza<br />
agli agenti atmosferici per<br />
una durata di oltre 25 anni.<br />
Il Teatro<br />
Sangiorgi<br />
di Catania.<br />
Per la copertura<br />
è stato privilegiato<br />
il sistema isolante<br />
con la successiva<br />
posa della<br />
copertura<br />
in coppi<br />
fotovoltaici.<br />
utilizzata in impianti di taglia<br />
elevata (dell’ordine dei<br />
1.000 MWh), connessi con<br />
la rete elettrica, e in impianti<br />
più piccoli per comunità<br />
isolate. Per la realizzazione<br />
degli impianti sono sufficienti<br />
tre anni, la loro durata<br />
è dai 25 ai 30 anni e il loro<br />
smantellamento è veloce e<br />
poco costoso. In Italia, Calabria,<br />
Molise, Puglia, Sicilia<br />
e Sardegna, hanno già<br />
mostrato il loro interesse.<br />
La bozza di decreto prevede<br />
incentivi pari a 20-25 centesimi<br />
a kWh per 25 anni, in<br />
seguito ai quali sarà istituita<br />
una tariffa garantita a 21<br />
centesimi a kWh fino a fine<br />
vita dell’impianto.<br />
notizie<br />
dall’Italia)<br />
di Chiara Palmieri<br />
INVENZIONI<br />
Un brevetto<br />
italiano per<br />
un concentratore<br />
solare<br />
Una nuova tecnologia per la<br />
concentrazione dell’energia<br />
solare (solare termodinamico)<br />
è stata realizzata e brevettata<br />
da un gruppo di pr<strong>of</strong>essionisti<br />
dell’Associazione nazionale<br />
degli inventori (Andi).<br />
Si tratta di un dispositivo ad<br />
elevata efficienza, denominato<br />
“spirale solare”, che consente<br />
di captare la radiazione solare<br />
a qualsiasi altezza si trovi il<br />
sole. Il sistema prevede l’utilizzo<br />
di specchi per concentrare<br />
la radiazione solare su un<br />
fuoco lineare posto in un contenitore<br />
con un fluido conduttore.<br />
Il pr<strong>of</strong>. Alessandro Mascioli,<br />
presidente dell’Andi, spiega:<br />
“La grande innovazione di<br />
questa invenzione consiste nel<br />
fatto che, a differenza di altri<br />
dispositivi esistenti che utilizzano<br />
l’energia solare per la<br />
produzione di calore ad alta<br />
temperatura o per eventuale<br />
concentrazione su celle fotovoltaiche,<br />
il nuovo sistema<br />
non necessita di inseguire il<br />
sole ruotando intorno ad un<br />
asse, evitando quindi le complicazioni<br />
costruttive legate<br />
all’inseguimento della radiazione<br />
solare”.<br />
Il geologo Adolfo Altieri,<br />
inventore della “spirale solare”<br />
illustra le possibili applicazioni<br />
del nuovo concentratore.<br />
Tra queste, la produzione di<br />
acqua calda per uso sanitario<br />
e per riscaldamento, la realizzazione<br />
di impianti di solar<br />
cooling (impianti di condizionamento),<br />
saune e impianti di<br />
desalinizzazione e la possibilità<br />
della contemporanea produzione<br />
di energia elettrica<br />
fotovoltaica e termica.<br />
51
"Che cosa è l'uomo nella natura?<br />
Un nulla in confronto all'infinito,<br />
un tutto in confronto al nulla,<br />
un qualcosa di mezzo<br />
fra nulla e tutto"<br />
Blaise Pascal (1623-1662)<br />
Zhou Zhi Wei (Shangai 1954), “Sulla via della seta” (per gentile concessione della Galleria Ciovasso di Milano)