Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
CASTEL DELL’OVO<br />
NAPOLI<br />
<strong>ARIA</strong><br />
<strong>ACQUA</strong><br />
<strong>TERRA</strong><br />
<strong>FUOCO</strong><br />
STORIA PER IMMAGINI<br />
Emozioni e Travolgimenti nelle immagini<br />
dei Viaggiatori dal Vesuvio alle Eolie<br />
DI ADRIANA PIGNATELLI MANGONI<br />
PARCO OMERICO<br />
DEI VULCANI EOLIANI<br />
V. CABIANCA - A. PIGNATELLI MANGONI<br />
grafica artistica: SILVANA S ABATELLI 2007 - ojo.silgus@tiscali.it
Più<br />
Europa<br />
<strong>ARIA</strong> <strong>ACQUA</strong> <strong>TERRA</strong> <strong>FUOCO</strong><br />
STORIA PER IMMAGINI<br />
Il consenso ricevuto in Europa, dall'Unesco alle<br />
Eolie, dai Beni Culturali Italiani a Baia e a<br />
Napoli, da le Patrimoine et Monum in Francia a<br />
Parigi e nella Loire-Atlantique, presso gli<br />
Istituti Italiani di Cultura in Germania, in<br />
Spagna, in Belgio, in Olanda, in Svezia, mi ha<br />
suggerito alcune considerazioni. Essendo vivo<br />
ed attualissimo il discorso sulle radici e<br />
sull’unità Europea, ho pensato che il mio<br />
potesse essere un piccolo contributo, non<br />
figurativo ma concettuale, ad evidenziare la<br />
consapevolezza del contributo italiano alle<br />
radici illuministiche dell'Europa moderna e<br />
dell'Unità Europea.<br />
Oggi, la scienza e l’etica del metodo scientifico<br />
costituiscono il solo denominatore comune<br />
possibile per uno sviluppo del dialogo e di una<br />
integrazione tra culture fideiste antagoniste o<br />
comunque non disponibili a rinunciare ai<br />
fondamentalismi e disposte al massimo alla<br />
tolleranza ed alla coesistenza tra loro. In questa<br />
situazione, la proposta di un incrocio tra Beni<br />
Culturali naturalistici come i vulcani<br />
territorialmente sparsi ma legati tra loro<br />
dall’unità della interpretazione scientifica, ed<br />
ulteriormente legati all’arte e alla letteratura,<br />
costituiscono il contributo culturale che la mia<br />
opera - con il suo impegnativo apparato<br />
didattico, redatto in collaborazione con il Prof.<br />
Vincenzo Cabianca, prof. Emerito<br />
dell’Università di Palermo e coordinatore<br />
scientifico del Museo Vulcanologico delle Eolie -<br />
intende mettere in evidenza. Inoltre le proposte<br />
progettuali di parchi letterari - per ora Eolie ed<br />
Auvergne -, chiamano a raccolta autori e culture<br />
sopranazionali e specificatamente europee<br />
Ho legato queste considerazioni alle funzioni<br />
istituzionali degli Istituti Italiani di Cultura e<br />
per questo ho pensato ad un petit Tour alla<br />
rovescia, un tour neoilluministico, che portasse<br />
il ricordo e restituisse la visita dell'Europa di<br />
fine '700 in Magna Grecia. L'aspetto Europeo<br />
della mia opera nasce quindi dal fatto che oltre<br />
alle radici cristiane dell'Europa, esiste una<br />
ulteriore radice molto specifica, molto<br />
importante e poco evidenziata: l'unità<br />
scientifica e umanistica implicata<br />
dall'illuminismo.<br />
I naturalisti europei della fine del '700 erano<br />
infatti in stretta collaborazione scientifica tra<br />
loro indipendentemente dalla posizione politica<br />
interconflittuale dei loro Stati di appartenenza.<br />
Mentre l'Europa politica era estremamente<br />
divisa tra rivoluzionari francesi, regimi<br />
monarchici prussiani ed inglesi, Papato in Italia,<br />
i fondatori della vulcanologia moderna Faujas<br />
de Saint-Fond, Lecoq, Guettard e Dolomieu per<br />
la Francia, von Humbolt per la Germania,<br />
Hamilton per l'Inghilterra, Spallanzani per<br />
l'Italia sono felicemente in collaborazione tra di<br />
loro per una conoscenza oggettiva e scientifica<br />
dei fenomeni naturali e vulcanici in particolare.<br />
La storia della nascita di questa integrazione<br />
intellettuale, tra illuminismo e romanticismo, tra<br />
gli scienziati di tutta Europa, con i Beni<br />
Culturali della Magna Grecia e la loro<br />
proiezione nell’arte e nella letteratura<br />
costituiscono la premessa alla continuazione di<br />
un processo di questa storia per immagini che si<br />
estenderà alle altre aree vulcaniche d’Europa; a<br />
questo processo ciascuno di noi può apportare<br />
in forme diverse un piccolo contributo<br />
nell’interesse dell’identità culturale<br />
nell’integrazione culturale di una nuova Europa.<br />
10 ANNI<br />
DI MOSTRE<br />
VIAGGIO ATTRAVERSO<br />
I VULCANI DELLA<br />
MAGNA GRECIA<br />
TRA ILLUMINISMO<br />
E ROMANTICISMO<br />
ADRIANA PIGNATELLI MANGONI<br />
PARCO OMERICO<br />
DEI VULCANI EOLIANI<br />
V. CABIANCA - A. M. PIGNATELLI<br />
g r a f i c a a r t i s t i c a : S I L V A N A S A B A T E L L I 2 0 0 5 - o j o . s i l g u s @ t i s -<br />
2006LUND<br />
STOCKHOLM<br />
AMSTERDAM<br />
BRUXELLES<br />
LILLE<br />
2005NA. C. dell’Ovo<br />
STRASBOURG<br />
MADRID<br />
BARCELONA<br />
2004KIEL<br />
NAPOLI<br />
FLENSBURG<br />
HAMBURG<br />
BERLIN<br />
2003LAG.LEMOT<br />
NAPOLI<br />
2002PARIS<br />
LIPARI<br />
LE LUDE<br />
BAIA<br />
2001NAPOLI<br />
BAIA<br />
SORRENTO<br />
1998AÇORES<br />
CRETA<br />
MALLORCA<br />
NAPOLI<br />
NEW YORK<br />
LOSANGELES<br />
1997FIRENZE<br />
OGAKI<br />
1996ROMA<br />
2
Premessa<br />
Il viaggio tra territorio e storia, tra illuminismo<br />
e romanticismo, tra pensiero scientifico e<br />
pensiero umanistico, tra arte e poesia - che<br />
viene presentato in questa esposizione - è<br />
articolato in tre sezioni.<br />
La prima sezione è costituita da “Il viaggio e i<br />
viaggiatori dal Vesuvio alle Eolie e alla Sicilia”<br />
ed è dedicata allo studio dei documenti, dei<br />
récits de voyage e delle immagini del “Grand<br />
Tour” tra i vulcani della Magna Grecia prodotti<br />
dagli intellettuali europei tra la fine del ‘700 e<br />
la prima metà dell’ottocento.<br />
Questa sezione riguarda, all’interno dei<br />
paesaggi vulcanici della Magna Grecia, la<br />
ricerca dei segni significanti delle emozioni,<br />
delle intuizioni, delle prime interpretazioni<br />
scientifiche. Interpretazioni ancor piene di<br />
dubbi dinnanzi alle due immagini ed entità<br />
dominanti che si intrecciano in questo<br />
itinerario: la Montagna e il Fuoco.<br />
La prima rimanda alla morfologia dei vulcani e<br />
la seconda alla attività eruttiva ed ai suoi<br />
prodotti; la Montagna quindi rinvia agli studi<br />
vulcanologici e al dominio delle scienze<br />
naturali; il Fuoco contraddistingue una<br />
categoria interpretativa mitologica e poetica,<br />
tipica delle scienze umane.<br />
La seconda sezione è costituita dalla<br />
rivisitazione attuale, personale, degli stessi<br />
luoghi alla ricerca di un segno, di una<br />
immagine latente al di sotto del paesaggio.<br />
Paesaggio attuale deprivato sia dai segni della<br />
modernità sia dal cambio di sguardo necessario<br />
per rivivere quell’incontro nell’epoca in cui i<br />
vulcani attivi erano i soli vulcani, quando i<br />
vulcani spenti erano solo montagne.<br />
L’itinerario di queste piccole gouaches parte da<br />
Napoli, dal Vesuvio e va a nord-ovest, verso i<br />
Campi Flegrei, terra del fuoco e dell’acqua, dei<br />
crateri e dei laghi, dei misteri e delle<br />
suggestioni, fino a Gaeta. Quindi prosegue<br />
verso oriente, da Portici fino alla piana di<br />
Paestum, dominata dal profilo dei templi, va<br />
oltre verso il Sud assolato e impregnato di<br />
magia, attraversando la Magna Grecia, fino alla<br />
Sicilia e alle isole Eolie.<br />
La terza sezione è costituita da un viaggio nella<br />
letteratura delle isole Eolie, il mio luogo<br />
dell’anima, dove la potenza degli eventi naturali<br />
mi affascina; scruto la gente in eterna attesa e i<br />
vulcani simbolo estremo dello splendore e della<br />
caducità di ogni cosa.<br />
Assieme a Cenzi Cabianca abbiamo effettuato<br />
questo viaggio nella letteratura relativa<br />
all’arcipelago Eoliano, da Omero a Sciascia, da<br />
Aristotele a Malaparte, da Tucidide a Dumas,<br />
da Plinio a Luigi Salvatore d’Asburgo, da<br />
Andrìa de Simon a Rossellini a Moretti, etc.<br />
Un viaggio che lega la letteratura al territorio e<br />
viceversa e costituisce una parte di un comune<br />
progetto di un parco dei luoghi letterari Eoliani.<br />
Il parco è costituito dal territorio didascalizzato<br />
e dalla letteratura musealizzata in associazione<br />
alle immagini dei luoghi che l’hanno ispirata.<br />
Un parco irrinunciabile data la straordinaria<br />
identità delle Isole Eolie che, - oltre ad essere<br />
un arcipelago di bellissime isole costituite da<br />
sommità emergenti dal mare di apparati<br />
vulcanici di un arco magmatico sommerso - è<br />
anche un arcipelago culturale di luoghi<br />
semiotici celebrati nel tempo.<br />
Un parco indispensabile, per ora solo mentale,<br />
che interpreta e trasmette lo spazio scientifico e<br />
poetico che avvolge le immagini dei luoghi.<br />
Spazio che costituisce il teatro della storia<br />
dell’incontro tra territorio, vulcani e letteratura.<br />
Una sorta di racconto di uno spazio-tempo che<br />
si espande, di scoperta in scoperta, attraverso<br />
montagne che divengono vulcani, depressioni<br />
sommitali che diventano crateri, impressioni<br />
che diventano interpretazioni, attraverso lo<br />
stupore che diviene progressivamente<br />
conoscenza. Le contraddizioni si dissolvono<br />
promuovendo nuove e diverse certezze, grazie<br />
all’etica feconda del metodo scientifico che<br />
nella sua interpretazione razionale e sistemica<br />
rende sempre più poetica le anticipazioni<br />
dell’interpretazione storica.<br />
Si tratta della storia di un grande amore.<br />
Un amore per la conoscenza e per la storia della<br />
conoscenza, un amore tra viaggiatori e vulcani,<br />
tra arte, poesia e scienza, tra classicità,<br />
illuminismo, romanticismo, che emerge ad ogni<br />
passo nella lettura incrociata dei territori della<br />
natura e dei territori della letteratura, attraverso<br />
la sintesi nel territorio dell’arte.<br />
3
Introduzione<br />
Ho sempre voluto fermare e custodire nella<br />
memoria l’immagine di ciò che ho sempre<br />
amato, la natura nelle sue più straordinarie<br />
manifestazioni: i vulcani, il cielo, il mare, i suoi<br />
colori e momenti, le coste, gli ulivi, le albe, i<br />
venti, la terra, l’acqua, l’aria, il fuoco.<br />
Tutti questi elementi, dalla cui bellezza sono<br />
stati attratti molti entusiasti viaggiatori, non<br />
smettono di stupirmi e stimolarmi nel capirne le<br />
origini e la storia, i contesti, le interrelazioni:<br />
guardare cioè tutto questo non come semplice<br />
diversità, ma come ricchezza splendida e<br />
straordinaria di diversificazione evolutiva.<br />
È così che è nata la mia passione per la pittura<br />
del paesaggio che, in fondo, non è altro che un<br />
mezzo per fermare il mio stato d’animo e<br />
trasmettere agli altri questo amore, per rivivere<br />
queste sensazioni per il mio amato Vesuvio e le<br />
mie amate isole Eolie.<br />
Vivo guardando il mare: dalla mia casa di Napoli<br />
vedo il cielo infiammarsi al tramonto, diventare<br />
viola, ed il mare farsi cangiante, il vento che<br />
soffia sull’acqua, le albe che tolgono il respiro.<br />
Alle Eolie, il mio luogo dell’anima, la potenza<br />
degli eventi naturali mi affascina; scruto la<br />
gente in eterna attesa, i vulcani simbolo estremo<br />
dello splendore e della caducità di ogni cosa.<br />
Sono grata a questi luoghi che nelle loro forme<br />
e colori ti raccontano la loro storia, la loro<br />
natura connessa con il fuoco e con i magmi del<br />
profondo; sono così partita dall’emozione<br />
provata durante una passeggiata sul Vesuvio e<br />
dalle impressioni sulle Eolie e sul Vesuvio<br />
trasmessemi da scrittori antichi e moderni,<br />
come Omero, Plinio… e ho cercato di rendere<br />
con la gouache – pittura nella quale conta<br />
ricercare per trapassi di luce, accostamenti<br />
cromatici, allusioni atmosferiche – lo stesso<br />
stato d’animo che ha ispirato le loro opere.<br />
Queste immagini mi hanno dato la possibilità di<br />
guardare con una seconda luce lo splendore del<br />
Mediterraneo; sono felice di aver avuto<br />
l’opportunità di mostrarvele e spero di riuscire a<br />
trasmettere le grandi emozioni che ho avuto da<br />
questi luoghi.<br />
Questa storia per immagini va molto indietro<br />
nel tempo. Prende spunto dai paesaggi dei<br />
fondali marini della Tetide, generati<br />
dall’oceanizzazione del basso Tirreno, quando<br />
la zolla adriatica va in subduzione rispetto a<br />
quella iberica, dando luogo all’arco prima<br />
pliocenico, poi pleistocenico, dei vulcani<br />
sottomarini eoliani, le cui sommità emergenti<br />
dal mare costituiscono l’arcipelago attuale.<br />
Le immagini ripercorrono, idealmente,<br />
l’itinerario di fuoco dei vulcani attualmente<br />
attivi che inizia col complesso dei Campi<br />
Flegrei e del Vesuvio, continua con l’arco in<br />
gran parte sottomarino che include i vulcani<br />
attivi di Stromboli e Vulcano, e infine si<br />
conclude con il complesso vulcanico etneo.<br />
Le immagini cercano di fissare frammenti di un<br />
paesaggio vulcanico attivo nella percezione e<br />
interpretazione dei viaggiatori, scienziati, artisti<br />
e poeti del Seicento e a cavallo del XVII, XVIII<br />
e XIX secolo: Andrìa de Simòn (1694),<br />
Athanasius Kircher (1602-1680), Lazzaro<br />
Spallanzani (1729-1799), Pierre-Jacques<br />
Volaire (1729-1790), l’abbé de Saint-Non<br />
(1727-1791) con Louis-Jean Desprez (1743-<br />
1804), Claude-Louis Châtelet (1749-1795) e<br />
Vivant Denon (1747-1825), Sir William<br />
Hamilton (1730-1803), Jean-Pierre-Laurent<br />
Hoüel (1735-1813), l’arciduca Luigi<br />
Salvatore d’Asburgo-Lorena (1847-1915),<br />
Gaston Vuillier (1845-1915), che furono tra i<br />
molti viaggiatori, colti e avventurosi, che<br />
percorsero il Sud dell’Italia per osservare e<br />
documentare storia, cultura ed una natura ricca<br />
di eruzioni e paesaggi vulcanici.<br />
La mostra illustra alcune tappe delle loro<br />
lunghe ed entusiasmanti spedizioni attraverso<br />
immagini che già sottintendono le prime<br />
interpretazioni dell’attività vulcanica e delle<br />
camere magmatiche quali disegnate da A.<br />
Kircher nel Mundus Subterraneus<br />
Pyrophylaciorum e della evoluzione della<br />
superficie della terra nell’Arca di Noè sulle<br />
montagne del Caucaso.<br />
In questo eclettico itinerario di viaggio si<br />
intrecciano in molti modi due immagini<br />
dominanti: la Montagna e il Fuoco.<br />
4
In questo intreccio di scienza e mito, la cultura<br />
del XVIII secolo inizia la fondazione di un<br />
primo sodalizio tra cultura umanistica e cultura<br />
scientifica.<br />
Ed è appunto in questa traccia suggestiva che si<br />
muovono i viaggiatori illuministi, intellettuali e<br />
scienziati di diversa provenienza, accomunati<br />
dal richiamo di un immaginario catastrofico,<br />
avvincente, irrinunciabile, continuamente<br />
alimentato dal contatto effervescente<br />
dell’occhio scientifico con i prodigi della natura<br />
vulcanica.<br />
Raccontare per immagini le esperienze di questi<br />
viaggiatori è anche un modo per illustrare<br />
l’integrazione del pensiero scientifico<br />
illuminista in un orizzonte umanistico<br />
romantico, in cui la suggestione e il fascino<br />
esplosivo dei vulcani si collocano come<br />
categorie umanistiche che rischiarano le scienze<br />
naturali nella luce della tensione cognitiva ed<br />
interpretativa verso le radici naturali e non più<br />
metafisiche dei fenomeni vulcanici.<br />
Non a caso gli equipaggi di queste avventurose<br />
spedizioni verso sud, dal Vesuvio ai vulcani<br />
eoliani, sono spesso costituiti da uomini di<br />
scienza (esperti di geologia, mineralogia,<br />
vulcanologia) e artisti, capaci di restituire<br />
attraverso i disegni gli elementi significativi della<br />
natura, nella sua continua evoluzione autonoma<br />
ed in interazione con le attività umane.<br />
Gli uni in grado di orientare l’attenzione sui<br />
segni storicamente dominanti e significanti<br />
dello Zeitgeist, gli altri di afferrare il sublime<br />
nella progressiva comprensione del senso più<br />
generale attraverso l’interpretazione delle<br />
relazioni e successioni in una sezione<br />
temporale, in un attimo della continua<br />
trasformazione evolutiva.<br />
Il viaggio, ricco di difficoltà per noi<br />
inimmaginabili, mi sembra che già rappresenti<br />
una sorta di vittoria e conquiste continue, in cui<br />
il superamento continuo delle conoscenze<br />
precedenti si fonde e si alimenta del fascino e<br />
del richiamo del paesaggio incantatore e mitico.<br />
Le immagini dei viaggiatori e i loro disegni si<br />
presentano così per me come lo specchio della<br />
loro vicenda nei mari del Sud.<br />
Nell’ispirarmi e nel reinterpretarli ho voluto<br />
storicizzare il paesaggio attuale nella<br />
interpretazione dei viaggiatori, offrire un quadro<br />
storico delle loro emozioni, dando centralità ai<br />
colori e alle forme, agli infiniti attimi fuggenti<br />
che io ho catturato, rivissuto, amato e che<br />
voglio trasmettervi con gioia infinita.<br />
Questo lavoro forse potrà servire, come è stato<br />
utile per me, per leggere in una luce ulteriore lo<br />
spirito di questi luoghi anche attraverso l’amore<br />
di chi li ha amati nel tempo, in modo che essi<br />
siano ancora e sempre amati, difesi e recuperati<br />
nella loro integrità e possano sempre continuare<br />
ad alimentare la gioia di vivere<br />
nell’appartenenza di chi li vive, li visita o di chi<br />
semplicemente vede le loro immagini.<br />
Se la montagna e il fuoco sono le entità<br />
dominanti che si intrecciano in questo eclettico<br />
itinerario, io spero di essere riuscita a proporre<br />
queste immagini come significanti di un<br />
ulteriore più grande intreccio, quello tra cultura<br />
scientifica e cultura umanistica.<br />
Le valenze estetiche nella storia sono state<br />
valutate in base alla efficacia del messaggio<br />
trasmesso, all’abilità nella imitazione della<br />
natura, alla trasfigurazione simbolica e<br />
precettuale di contenuti morali ed etici nelle<br />
opere d’arte, alla rappresentazione accademica<br />
della stessa natura depurata dagli elementi<br />
ritenuti conflittuali con il pensiero morale<br />
dell’epoca, alla rappresentazione dal vero, alla<br />
selezione di elementi ritenuti significanti a<br />
quella data, a centralità che sono cambiate nel<br />
tempo, a modi di rappresentazione sintetici o<br />
analitici, figurativi od astratti, diretti o indiretti<br />
che hanno privilegiato a volte il mondo mentale<br />
del pittore o della società dell’epoca o delle<br />
classi dominanti, a volte l’oggetto della<br />
rappresentazione.<br />
Io mi sono sentita spinta a selezionare e<br />
rappresentare due grandi momenti estetici che<br />
ho colto in queste opere d’arte ed ho cercato di<br />
proporli come le sponde di un grande ponte tra<br />
momento umanistico e pensiero scientifico.<br />
Ho cercato di rappresentare l’esplicitazione<br />
emotiva umanistica dello stupore di fronte al<br />
segno evidente della straordinarietà delle<br />
manifestazioni vulcaniche ma a un tempo di<br />
affiancare loro il sospetto emergente della<br />
riconducibilità a interpretazione unitaria di tutti<br />
i fenomeni della natura.<br />
Sospetto essenziale ad una data nella quale le<br />
cause profonde delle manifestazioni stesse<br />
cominciavano ad essere non più oggetto di<br />
sgomento metafisico ma oggetto di<br />
interrogazione e di interpretazione strutturale,<br />
mentre le montagne di fuoco cominciavano ad<br />
essere percepite come significanti di misteri<br />
ancora – ma solo provvisoriamente – sottesi e<br />
in cerca di interprete.<br />
5
Perchè i vulcani? STORIA PER IMMAGINI<br />
Viaggio attraverso i Vulcani della Magna Grecia tra Illuminismo e Romanticismo<br />
Alle eterne domande, quelle di Gauguin: chi<br />
siamo, donde veniamo, dove andiamo? quando,<br />
perché, per chi, contro di chi e con chi faccio tutto<br />
questo, io rispondo: sono Adriana, amo dipingere,<br />
amo scrivere e mi identifico in un nuovo<br />
viaggiatore che ripercorre le stesse vie che hanno<br />
percorso gli scienziati-poeti del ‘700 e dell’ ‘800.<br />
Sto ricercando e rivivendo le loro emozioni nelle<br />
scoperte e nelle prime interpretazioni sostenibili<br />
dei fenomeni vulcanici in Magna Grecia. Sono un<br />
viaggiatore che restituisce, come visita culturale,<br />
questo viaggio nella classicità del Mezzogiorno,<br />
attraverso un nuovo viaggio alla rovescia. Viaggio<br />
che ripercorre prima lo stesso itinerario italiano<br />
poi restituisce la visita alla cultura francese<br />
andando fino all’Auvergne, al Massiccio Centrale,<br />
alla regione del grande vulcanismo francese e<br />
dell’attuale Parco Europeo dei Vulcani.<br />
Ho visitato anche recentemente l’Auvergne<br />
trovandola assolutamente straordinaria soprattutto<br />
perché i francesi hanno saputo rendere vivi i loro<br />
vulcani spenti attraverso i Musei, i Visitor Centers.<br />
Quindi, hanno riacceso e reso attivi questi vulcani,<br />
agli occhi della mente di chi li guarda, attraverso<br />
la rappresentazione didascalica della loro<br />
dinamica eruttiva.<br />
Che cos’è questa mia opera?<br />
Le mie gouaches non sono immagini di paesaggi<br />
e di vulcani ma vogliono essere soprattutto la<br />
rappresentazione dell’emozione, dell’interesse,<br />
della tensione verso la conoscenza e<br />
l’interpretazione delle cose. Vogliono essere il “De<br />
Rerum Natura” dei vulcani attivi e dei paesaggi<br />
vulcanici della Magna Grecia quale è stata vissuta<br />
dai visitatori del XVIII e XIX sec. del Grand Tour.<br />
Non si tratta quindi semplicemente di un viaggio<br />
nella fisicità e nella bellezza della natura, ma di un<br />
viaggio nel territorio della storia e della poesia<br />
della natura e della storia, nel tentativo di una<br />
interpretazione sempre più scientifico-razionale<br />
degli effetti della geodinamica del pianeta.<br />
Che cos’è dunque questa mia opera?<br />
Non è altro che la continuazione di questo<br />
viaggio. La base, la partenza, il primo gruppo di<br />
opere proviene dai récits de l’abbé de Saint-Non e<br />
di tanti intellettuali ed uomini di scienza del XVIII<br />
e del XIX sec. in Magna Grecia. Il secondo<br />
gruppo di opere è costituito da un tentativo di<br />
scrivere nello stile dei viaggiatori un mio<br />
personale récit. Si tratta di un “récit de mon<br />
voyage”, sugli stessi itinerari, tenendo in mano i<br />
loro diari, i loro racconti, guardando e studiando i<br />
loro disegni, le incisioni favolose, rivivendo le<br />
loro emozioni per arrivare a dipingere le mie<br />
gouaches, ispirate dalle situazioni attuali, ma<br />
ancora cariche del fascino di allora.<br />
Da chi, da dove, quali sono le loro<br />
origini?<br />
Le origini indubbiamente sono il mio amore per la<br />
cultura classica, la letteratura oltre la percezione<br />
dell’immagine. Penso all’impressionismo ed<br />
all’espressionismo che toccano il problema di<br />
quanto è già presente nella percezione del visibile<br />
e del di più che si vede soggettivamente<br />
nell’interpretazione culturale dell’immagine.<br />
Io l’interpreto selezionando quello che vedo nelle<br />
grandi sintesi dei macchiaioli e degli<br />
impressionisti ma cerco di rappresentare, come<br />
nell’espressionismo, la mia interpretazione<br />
soggettiva, non puramente psicologica ma<br />
contestualizzata e storicizzata.<br />
Qual è la destinazione di quest’opera?<br />
Verso dove s’incammina il percorso?<br />
L’interrogativo del “dove” di Gauguin, mi<br />
suggerisce Pirandello, “sei personaggi in cerca di<br />
autore”, che in questo caso sono i vulcani e i<br />
paesaggi in cerca di autore che hanno destato tante<br />
emozioni, domande, e fortemente contribuito al<br />
progresso della scienza. Questi paesaggi, questi<br />
vulcani hanno suscitato tali emozioni ed<br />
interrogativi, che nel loro rapporto con coloro che<br />
li hanno descritti, dipinti, vissuti, interpretati, sono<br />
divenuti con forza e per forza immagini,<br />
documentazioni, racconti.<br />
Perché faccio tutto questo?<br />
E’ una domanda che può avere una risposta<br />
semplicemente emotiva, psicologica. La mia<br />
motivazione è un impulso irrefrenabile a dare<br />
rappresentazione, interpretazione formalizzata a<br />
un’emozione che mi pervade, un’emozione che<br />
però, prevalentemente, io insisto su questo aspetto,<br />
non è un’emozione solo percettiva, ma<br />
un’emozione interiorizzata e storicizzata. Questo<br />
6
aspetto è per me importantissimo, io vedo davanti<br />
a me, quando dipingo, queste figure del passato<br />
che ritornano come fantasmi in veste di<br />
viaggiatori colti e avventurosi dei quali, vorrei<br />
essere l’erede e la continuatrice.<br />
Se voi mi domandate …<br />
Chi è il destinatario di quest’opera?<br />
Ebbene, io non ve lo dirò. Il destinatario è<br />
sempre il nostro Amore Segreto … ma se vi<br />
accontentate di saperne solo una parte io vi dico<br />
segretamente: con me viaggiano i fantasmi dei<br />
viaggiatori, quei viaggiatori con la parrucca<br />
bianca, con lo spadino, con il pittore che li segue<br />
con la cassetta dei colori, la tavolozza e i<br />
pennelli. Li vedo che si interrogano, che non<br />
hanno fiducia in me e si domandano: ma questa<br />
folle pittrice ha veramente capito fino in fondo,<br />
quanto noi nel passato abbiamo amato, questi<br />
paesaggi, questi vulcani queste eruzioni? Mi<br />
sembra di vederli, un pò gelosi… Io rispondo<br />
così: ho fatto di tutto per esserne all’altezza.<br />
Contro chi, ho fatto tutto questo?<br />
Contro il paesaggismo puramente percettivo e<br />
sentimentale, contro il puro visibilismo, contro il<br />
folklorico e il pittoresco, contro la semplice<br />
rappresentazione in cui si parla di luci, di colori,<br />
di sensibilità cromatica. Tutto questo non mi<br />
basta. Cerco lo spessore, uno spessore profondo.<br />
E’ come accade quando guardiamo la luna in<br />
cielo, quando ci sono le nuvole; squarciata al suo<br />
interno dalla luce più intensa, può apparire<br />
l’immagine di una luna ulteriore, che è al fondo<br />
di un cielo profondo. Questo, dunque, è il mio<br />
modo di vedere il paesaggio dei vulcani come<br />
paesaggio di un viaggio storico, culturale,<br />
emotivo, artistico e scientifico.<br />
Con chi è avvenuto tutto questo?<br />
E’ avvenuto in ottima compagnia, con i testi di<br />
Omero, Pindaro, Aristotele, Andrìa de Simòn,<br />
L.J.Volaire, J. Hoüel, l’abbé de Saint-Non, G.<br />
Vuillier, L. S. d’Asburgo-Lorena, Dumas, Guy<br />
de Maupassant, Châteaubriand, Sir W. Hamilton,<br />
Goethe, Rilke, Malaparte, fino al recentissimo<br />
Piano di rappresentazione sinottica e<br />
d’interpretazione strutturale complessiva di tutti<br />
i Beni Culturali del Cabianca con il quale<br />
abbiamo studiato e proposto il Parco Letterario<br />
Eoliano mentre stiamo preparando il Parco<br />
Letterario d’Auvergne.<br />
Come è avvenuto tutto questo?<br />
Tutto questo è avvenuto cercando sempre nella<br />
profondità delle cose oltre l’immagine<br />
percettiva, in un trascinamento progressivo,<br />
libro dopo libro, immagine dopo immagine.<br />
Dove ha avuto luogo tutto questo?<br />
Tutto questo ha avuto luogo attraverso la Magna<br />
Grecia, dal Vesuvio ai Campi Flegrei, terra di<br />
fuoco e di acqua, di crateri e di laghi, di misteri e<br />
di impressioni, dai Campi Flegrei alle Isole Eolie,<br />
a Stromboli, Panarea, Lipari, Vulcano, Salina,<br />
Filicudi ed Alicudi, alla Sicilia assolata e piena di<br />
magia, all’Etna, a Malta, ed ora in Auvergne nel<br />
Velay e nel Vivarais degli illuministi francesi, in<br />
luoghi non soltanto fisici ma metafisici per la<br />
letteratura di cui sono ammantati.<br />
Dove vorrei continuare il mio viaggio?<br />
Amerei continuare il mio viaggio in Auvergne,<br />
terra di Vulcani che mi hanno intrigata e dei<br />
quali desidero approfondire ulteriormente le<br />
storie. Mi hanno totalmente rapita i racconti di<br />
Cesare e di Sidone Apollinare, gli scritti del<br />
Chevalier de Montlosier, le mappe e le tavole di<br />
Poulett-Scrope, le incisioni di Lecoq, le<br />
“Recherches sur les volcans éteints” di B. Faujas<br />
de Saint-Fond, le sue lettere a Sir W. Milord<br />
Hamilton, l’annuncio all’Accademia di Francia<br />
da parte di Guettard della scoperta del carattere<br />
vulcanico delle montagne dell’Auvergne, l’inizio<br />
della letteratura scientifica nella seconda metà<br />
del’700 in Francia col lento trionfo dei<br />
“plutonisti” sui “nettunisti”. Sono così rapita da<br />
tutto questo che penso ai Volcans d’Auvergne ed<br />
al ciclo di gouaches ispiratomi dal racconto<br />
storico sulla nascita della cultura scientifica sul<br />
vulcanismo nella Francia di fine settecento, come<br />
ad una mia piccola restituzione di visita, in terra<br />
di Francia, ai miei fantasmi amici francesi del<br />
Grand Tour in Italia, geografi, etnografi,<br />
naturalisti, artisti, che hanno visitato, amato,<br />
descritto, interpretato i luoghi della Magna<br />
Grecia da cui provengo, nel magico periodo della<br />
cultura tra illuminismo e romanticismo.<br />
Quando è avvenuto tutto questo?<br />
E’ avvenuto negli ultimi ventanni più o meno, da<br />
quando, a Panarea - la più piccola delle isole<br />
Eolie - ho fatto della nostra casa, un piccolo<br />
museo dell’anima. Quando ho dipinto le prime<br />
gouaches ho voluto imprigionare queste<br />
immagini e portarle sempre con me, in questa<br />
casa dove trascorro molto del mio tempo, perché<br />
le isole Eolie sono il luogo della mia anima.<br />
7
IL VIAGGIO<br />
EIVIAGGIATORI<br />
DAL VESUVIO ALLE EOLIE<br />
ALLA SICILIA<br />
VESUVIO AL CHIARO DI LUNA<br />
ADRIANA PIGNATELLI MANGONI<br />
8
Il viaggio e i viaggiatori<br />
Il viaggio dal Vesuvio alle Eolie è il tema<br />
centrale della mostra, che ripercorre le<br />
spedizioni di alcuni eruditi, avventurieri, artisti e<br />
studiosi a cavallo tra i secoli XVII e XIX.<br />
Più che una riproposizione fedele degli itinerari<br />
di viaggio, il lavoro compie una<br />
reinterpretazione delle tappe riportate nelle<br />
cronache e nei diari dei viaggiatori, poeti e<br />
storici, ricomponendone in modo<br />
frammentario e sempre molto personale<br />
l’immaginario e le suggestioni.<br />
I ‘viaggiatori’ che ispirano le gouaches di questa<br />
mostra sono al centro di una ricerca che porto<br />
avanti da tempo, guidata da quel continuo<br />
intreccio tra cultura illuminista e spirito<br />
romantico che ritroviamo nell’esperienza e nei<br />
testi del Grand Tour tra Sette e Ottocento.<br />
Nel vastissimo materiale documentario raccolto<br />
sulle spedizioni nel Sud Italia, emergono alcune<br />
figure di varia provenienza, legate dal filo rosso<br />
della comune attrazione per le terre vulcaniche,<br />
ma ognuna con la propria identità culturale,<br />
artistica e scientifica.<br />
I luoghi e i racconti<br />
del sacco di Lipari (1544)<br />
Siamo alle Eolie. La memoria drammatica del<br />
sacco di Lipari, avvenuto nel 1544 ad opera di<br />
Ariadeno Barbarossa (Khair ad- Din), grande<br />
ammiraglio della flotta turca di Solimano il<br />
Magnifico, riemerge con forza nei versi del<br />
poeta siciliano del Seicento Andrìa de Simòn<br />
e nelle testimonianze tramandate di alcuni<br />
osservatori. L’evento si ricompone come<br />
sequenza drammatica di immagini legate a<br />
luoghi precisi dell’isola, più volte citati sia in<br />
versi che in prosa. La memoria vivida dei<br />
bombardamenti contro la Città Murata, le<br />
‘voci’ dei prigionieri in catene, ispirano alcune<br />
immagini forti e nitide dell’isola, della sua<br />
marina assediata, dell’Acropoli devastata dal<br />
fuoco dell’invasore.<br />
Gli inventari eclettici<br />
di Athanasius Kircher<br />
(Geisa, Fulda 1602 - Roma 1680)<br />
Figura di studioso eclettico inteso alla ricerca<br />
interpretativa unitaria del tutto, Kircher compie,<br />
alle soglie dell’Illuminismo, innumerevoli<br />
incursioni in campi disciplinari diversi e distanti,<br />
dalla geografia alla musica, dalla glottologia alla<br />
medicina, restituendoci un campionario<br />
vastissimo di immagini e testi di interpretazione<br />
anche dei fenomeni vulcanici – uno dei suoi<br />
tanti interessi di studioso ed erudito.<br />
Il viaggio nell’arcipelago delle<br />
Lipari del grande naturalista<br />
Lazzaro Spallanzani (1729-99)<br />
Lazzaro Spallanzani, uno dei massimi<br />
rappresentanti dell’avanzamento scientifico<br />
del ‘secolo filosofico’; in fatto di vulcanologia<br />
lo Spallanzani va considerato un autentico<br />
antesignano.<br />
Di lui nel 1781 Charles Bonnet, esimio<br />
naturalista svizzero, potè scrivere:<br />
“In cinque o sei anni, ci avete scoperto più verità<br />
che non intere Accademie in mezzo secolo”.<br />
E per lui nel 1788 fu appositamente istituita da<br />
Maria Teresa d’Austria la cattedra di storia<br />
naturale a Pavia. Fu a Pavia che egli svelò la<br />
sistematica delle conchiglie, dei fossili, delle<br />
rocce e delle lave.<br />
Lazzaro Spallanzani parte in escursione alle<br />
Eolie tra l’agosto e il settembre del 1788.<br />
È il primo scienziato italiano che con mentalità<br />
moderna esplora l’arcipelago eoliano,<br />
cogliendone le diverse condizioni sociali e<br />
ambientali. Il naturalista ebbe la lieta sorpresa di<br />
scoprire e di ammirare a lungo, e per la prima<br />
volta, il “prodigio di Stromboli”, studiandone i<br />
comportamenti dal punto più idoneo, con la<br />
barca, “in faccia al luogo dove le vomitate<br />
avvampanti materie cadono in mare”.<br />
Alla Sciara lo spettacolo fu “quanto dilettevole<br />
e sorprendente, altrettanto nobile, e maestoso”.<br />
Rasentando i limiti del rischio pur di godere da<br />
presso l’infernale spettacolo della “liquida<br />
materia infuocata, emulante il bronzo fuso”.<br />
“Le isole Lipari, in quanto figlie tutte quante del<br />
fuoco, sono state il primario, e più lusinghiero<br />
motivo per visitarle.<br />
Non è però che per altri lati non potessero<br />
allettarmi e piacermi. L’indole, e i costumi di<br />
quegli abitanti, la loro popolazione, la<br />
agricoltura, il commercio, erano getti da non<br />
lasciare senza disamina”.<br />
L’opera Viaggio alle due Sicilie, in sei volumi è<br />
una delle meglio riuscite perché significativa<br />
della versatilità della sua indole, della<br />
perspicacia del suo genio e della squisitezza del<br />
suo temperamento di artista.<br />
9
Pittori in viaggio verso il Sud: il<br />
Voyage pittoresque dell’abbé de<br />
Saint-Non (Parigi 1727-1791)<br />
Nell’aprile del 1778, tre vedutisti eccellenti –<br />
Châtelet, Desprez e Renard – guidati da quello<br />
che sarà il futuro direttore del Louvre, Vivant<br />
Denon, partono da Napoli alla volta della Sicilia<br />
per un lavoro ‘su commissione’: l’illustrazione di<br />
luoghi e fenomeni naturali per quello che sarà uno<br />
dei libri più illustri del XVIII secolo: il Voyage<br />
pittoresque dell’abbé de Saint-Non. Tra i<br />
protagonisti della grande tradizione vedutistica del<br />
Settecento, i tre producono una serie straordinaria<br />
di immagini che documentano, con rara<br />
sensibilità e ricchezza di dettagli, un lunghissimo<br />
itinerario di viaggio dai Campi Flegrei, lungo la<br />
costa campana e calabra fino alla Sicila e alle<br />
isole Eolie, costruendo uno dei documentari<br />
paesaggistici più celebri del XVIII secolo.<br />
Le catastrofiche eruzioni di<br />
Pierre-Jacques Volaire<br />
(Tolone 1729 - Lerici 1790)<br />
Nel 1769 P.-J.Volaire si stabilisce a Napoli e<br />
l’attività eruttiva quasi permanente del Vesuvio<br />
per più di un decennio, gli offre la possibilità di<br />
dipingere drammatiche rappresentazioni notturne<br />
del vulcano in eruzione, nelle quali la presenza<br />
della luna aggiunge un ulteriore segno<br />
cosmologico e problematico.<br />
Lo studio dei fenomeni vulcanici nelle<br />
precise ed analitiche annotazioni di<br />
Sir William Hamilton (1730-1803) e<br />
le magnifiche illustrazioni di<br />
Pietro Fabris, apprezzato<br />
paesaggista e pittore di corte<br />
William Hamilton diplomatico, naturalista e<br />
collezionista d’arte, fu ambasciatore del re<br />
d’Inghilterra presso il Regno di Napoli, e si<br />
fermò nella capitale borbonica 36 anni.<br />
Durante il suo soggiorno, si appassionò allo<br />
studio del Vesuvio e dei fenomeni sismici che<br />
avvenivano nell’Italia meridionale. Effettuò una<br />
serie di importanti osservazioni sulle eruzioni<br />
vesuviane che compendiò in forma di lettere<br />
inviate alla Royal Society di Londra.<br />
Le isole di Sicilia raccontate da un<br />
artista di talento: il viaggio solitario<br />
di Jean-Pierre-Laurent Hoüel<br />
(Rouen 1735-1813)<br />
Erudito eclettico e curioso, sospeso tra la<br />
passione per la pittura e gli studi di architettura,<br />
Hoüel appartiene alla prima generazione di<br />
viaggiatori che, come Goethe, affrontarono le<br />
gioie e i disagi del Grand Tour in Italia verso la<br />
fine del Settecento. Autore di un vastissimo e<br />
pregevole repertorio di disegni e schizzi sulle<br />
isole Eolie – dove compie un entusiasmante tour<br />
in solitario – ci restituisce un immaginario<br />
mediterraneo vitale e luminoso, che si intreccia<br />
armoniosamente con la meticolosità e la<br />
precisione delle rappresentazioni geografiche.<br />
Il suo soggiorno in Sicilia è il ricordo di una<br />
grande e bella avventura, attraverso un’isola<br />
bellissima e vitale.<br />
Le Eolie tra entusiasmo e nostalgia: il<br />
viaggio di Gaston Vuillier (Perpignan<br />
1845 - Gimel, Corrèze 1915)<br />
Pittore di paesaggi e scrittore, G.Vuillier è uno<br />
degli intellettuali-viaggiatori che raggiungono le<br />
isole del Mediterraneo nella seconda metà dello<br />
Ottocento. Attrazione per i fenomeni naturali più<br />
straordinari e curiosità profonda per culture e<br />
tradizioni locali fanno di questo viaggiatore una<br />
figura romantica, sospesa tra meraviglia e<br />
nostalgia. Le sue immagini delle Eolie – e di<br />
Lipari in particolare – esprimono un profondo e<br />
grato senso della bellezza, sospeso in un’aura di<br />
nostalgia, quasi a testimoniare l’esperienza<br />
umana di chi non solo ha osservato e raccontato<br />
luoghi ma ne ha anche vissuto profondamente i<br />
legami con la gente e la cultura.<br />
L’‘approdo’ di un colto e avventuroso<br />
arciduca alle isole Eolie: i viaggi di<br />
Luigi Salvatore d’Asburgo-Lorena<br />
(Firenze 1847 - Praga 1915)<br />
Un viaggiatore di alto lignaggio, esule per scelta<br />
dai fasti della sua corte, poco incline al<br />
protocollo e agli obblighi del rango arciducale<br />
ma studioso entusiasta ed avventuroso di luoghi<br />
e culture: è così che Luigi Salvatore d’Asburgo<br />
ci viene consegnato dalle cronache del XIX<br />
secolo, figura quasi leggendaria di nobiluomo<br />
votato al nomadismo e all’avventura per amore<br />
di conoscenza e passione per il Mediterraneo.<br />
I suoi viaggi nelle isole Eolie si condensano<br />
negli otto volumi del Die Liparischen Inseln<br />
(1893-98) che raccolgono e sistematizzano<br />
notizie storiche, scientifiche, antropologiche,<br />
linguistiche sulle isole. Ricchissimo il repertorio<br />
di immagini – tra disegni e incisioni – che lo<br />
stesso arciduca realizza a supporto del testo<br />
scritto: è a questo album suggestivo che sono<br />
ispirate le gouaches presenti nella mostra.<br />
10
La tecnica della pittura:<br />
la gouache<br />
“La gouache”, il francese di “guazzo”, termine<br />
che già nel cinquecento veniva usato per<br />
indicare una pittura realizzata con pigmenti<br />
stemperati in acqua e agglutinati con gomme<br />
leggere. Il colore, con l'aggiunta della sola<br />
acqua dà luogo all'acquerello, per poter parlare<br />
di gouache o tempera è necessario un ulteriore<br />
elemento rappresentato da un agglutinante<br />
capace di tenere insieme i pigmenti colorici e di<br />
fermarli saldamente sul supporto.<br />
E' proprio il tipo di agglutinante che determina<br />
la differenza tra la tempera e la gouache. Il<br />
guazzo è soltanto una variante della pittura a<br />
tempera, tecnica già ben nota fin dall'epoca dei<br />
Romani e consiste nello sciogliere nell'acqua<br />
invece che nell'olio i colori ricavati dalla<br />
macinazione di alcune terre, e nel farli<br />
agglutinare mediante l'aggiunta di colle di<br />
origine animale. Nella tempera l'agglutinante è<br />
costituito da colle animali (di pesce, di coniglio<br />
o tauro-colla, torlo d'uovo etc.) nella gouache,<br />
invece, di gomme vegetali resinose (arabica,<br />
dragante, del Senegal, gomma lacca) o di altri<br />
preparati come il latte, il lattice di fico, la cera<br />
sciolta in essenze, il miele.<br />
Il particolare tipo di collante conferisce al<br />
guazzo la caratteristica della rapidità di<br />
esecuzione, perché i colori si asciugano<br />
velocemente, la tecnica richiede quindi velocità<br />
e destrezza di pennello, non consente mai<br />
ripensamenti. Proprio questo aspetto, conferisce<br />
alla gouache freschezza, spontaneità.<br />
Dipingere à la gouache non è facile, la tonalità<br />
dei colori al momento dell'applicazione,<br />
allorchè sono bagnati, è assai più forte rispetto<br />
a quella che essi assumono una volta asciutti, è<br />
richiesta l'abilità nel dosare le tinte allo stesso<br />
livello di umidità.<br />
L'opacità delle tinte, conseguenza del collante e<br />
della densità del pigmento, tende a conferire<br />
una particolare vaporosità e morbidezza. I<br />
colori à la gouache non sono mai lucenti, anzi<br />
tendono ad essere opachi, ma questa<br />
caratteristica, lungi da essere un difetto, ne<br />
costituisce una raffinata qualità. Le gouaches,<br />
appena dipinte rivelano effetti vellutati, pastosi<br />
o gradi di opacità e delicatezza dei toni<br />
cromatici che non sempre si trovano nelle<br />
tempere. Ma a distanza di tempo, per<br />
l'inevitabile alterarsi dei colori, specialmente<br />
per la continua esposizione alla luce delle<br />
opere, tempere e gouache appaiono quasi<br />
sempre molto simili tra loro, pur se la maggiore<br />
intensità cromatica delle gouaches risulta<br />
sempre apprezzabile da parte dei più esperti.<br />
Spesso le due tecniche addirittura convivono in<br />
una stessa opera, oppure sono utilizzate<br />
unitamente alla tecnica dell'acquerello che non<br />
usa additivi e che, limitandosi a sciogliere i<br />
colori nella sola acqua, garantisce una perfetta<br />
trasparenza alla coloritura.<br />
Dunque, solo un occhio veramente esperto può<br />
ben distinguere in un dipinto la tecnica del<br />
guazzo da quella della tempera.<br />
Nelle “gouaches napolitaines” confluiscono la<br />
rappresentazione della città, la sua vita<br />
quotidiana popolare, le usanze dei suoi abitanti,<br />
i fenomeni “sublimi” delle eruzioni del Vesuvio.<br />
Esse permettono una fruizione immediata, non<br />
necessariamente accompagnata da mediazioni<br />
culturali o da riferimenti storico-artistici.<br />
Nella rappresentazione del reale esprimono un<br />
fascino che provoca suggestioni dirette ed<br />
immediate. Questa pittura sulla tela o sul<br />
ritaglio di carta è sovente la memoria dei luoghi<br />
visitati e descritti; valevano soprattutto, per<br />
evocazione pittorica e per forza d'arte, a<br />
fermare e poi a restituire nella sua originaria<br />
integrità un'emozione visiva, arricchitasi di<br />
spessore o di suggestioni culturali.<br />
Pittura colta, in genere, prodotta nella seconda<br />
metà del settecento da paesaggisti e “vedutisti”<br />
francesi (Vernet, Manglard, Volaire) o inglesi<br />
(Wright of Derby, Cozens, Jones) tedeschi e<br />
austriaci (Hackert, Wutky) o italiani e napoletani<br />
(Bonavia, Joli, Fabris, Ricciardelli, Della Gatta,<br />
d'Anna, etc) per quei nobili e raffinati<br />
viaggiatori stranieri che in quegli anni fecero di<br />
11
Napoli una tappa obbligata del viaggio di<br />
istruzione in Italia: il Grand Tour, per scoprirvi i<br />
suoi antichi tesori d'arte o per godere del fascino<br />
solare dei suoi paesaggi mediterranei,<br />
emozionandosi dinanzi ad un tramonto sul<br />
Tirreno o ancora di più per un fiume di lava<br />
lungo le pendici del Vesuvio. La “gouache” è<br />
una pittura nella quale, più che la descrizione<br />
dei luoghi, contava ricreare, per trapassi di luce,<br />
accostamenti cromatici, allusioni atmosferiche, e<br />
riproporre lo stesso stato d'animo prodotto<br />
dall'impatto reale con la città, con la sua gente,<br />
col suo ambiente naturale.<br />
Nelle vedute tutto il litorale e il golfo<br />
napoletano viene considerato con tutti gli angoli<br />
del paesaggio urbano, dal ponte della<br />
Maddalena a Santa Lucia, dal Castello dell'Ovo<br />
a Chiaia, Mergellina e Posillipo, con i suoi<br />
scogli. A queste immagini si aggiungono i<br />
Campi Flegrei e le loro antichità, nonché le<br />
città dissepolte di Ercolano e Pompei e la piana<br />
di Paestum, dominata dal solenne profilo dei<br />
templi, sempre unite al fascino straordinario di<br />
incantevoli distese di terre assolate e di un mare<br />
risplendente. La parte più straordinaria e<br />
gloriosa, per le emozioni catturate che sono<br />
restate imprigionate in quelle immagini sono le<br />
catastrofiche, avvincenti, straordinarie eruzioni<br />
del Vesuvio, di cui talune riprese proprio nel<br />
momento stesso dell'avvenimento con le<br />
esplosioni di cenere, le cascate di lapilli, i<br />
torrenti di lava incandescente.<br />
Altri filoni riguardano gli avvenimenti ufficiali<br />
della vita di corte, i costumi popolari, aspetti<br />
dei mestieri e della vita quotidiana.<br />
Il filone culturale, il “periflegheton” di Platone,<br />
il fiume di lava sotterraneo che scorre sotto la<br />
superficie e alimenta i vulcani, la “katareusa”<br />
della cultura bizantina che nei secoli<br />
dell'occupazione turca ha continuato a scorrere<br />
al di sotto degli eventi della storia tenendo in<br />
vita i valori originari, sono categorie cui dovete<br />
fare riferimento per comprendere la mia scelta<br />
di usare questa tecnica pittorica.<br />
La transizione tra la metafisica, la magia e lo<br />
scientismo precedenti e l'illuminismo, il<br />
neoclassicismo, il romanticismo sino all'attuale<br />
pensiero scientifico - evoluzionista, è un<br />
processo tra eventi la cui evocazione richiedeva<br />
una coerenza anche semiologica che io ho<br />
ricercato al di là delle immagini e delle icone.<br />
ERUZIONE DEL VESUVIO DI NOTTE<br />
ERUZIONE DEL VESUVIO DI NOTTE<br />
VESUVIO ALL’INTERNO<br />
ERUZIONE DEL VESUVIO DI NOTTE<br />
12
LE VOYAGE PITTORESQUE<br />
DE NAPLES ET DE SICILE<br />
DE L'ABBÉ DE SAINT-NON<br />
1781-1786<br />
Jean Baptiste Claude Richard abbé de Saint-Non, disegnatore e<br />
incisore all'acqua forte e all'acquatinta, nasce a Parigi nel 1727 e<br />
muore nella stessa città il 15 novembre 1791.<br />
Nel 1778 l'abbé dà incarico a Vivant Denon di un viaggiospedizione<br />
a carattere scientifico per descrivere la parte più<br />
sconosciuta dell'Italia del sud, le isole Eolie e la selvaggia Sicilia.<br />
Per riuscire in questa impresa molto ardua e avventurosa erano<br />
necessari: amore per il bello e fede nel progresso delle conoscenze,<br />
tenacia e gusto dell'avventura, sensibilità e curiosità, piacere e<br />
passione per il sapere.<br />
Vivant Denon intraprende il viaggio con l'aiuto di un gruppo<br />
importante di artisti, pittori, architetti, incisori e disegnatori tra i<br />
quali: C.L. Châtelet, L.J. Desprez, J.H. Fragonard, J.A. Renard, R.<br />
Hubert, tutti convinti che il bello e il sapere procedono assieme.<br />
L'abbé de Saint-Non pubblica in quattro volumi “Le Voyage<br />
pittoresque” dal 1781 al 1786.<br />
L'opera unica, complessa, prestigiosissima, imponente, racchiude<br />
542 tavole all'acquaforte e rappresenta una meraviglia tipografica.<br />
Nessun libro sull'Italia ha superato in notorietà le “Voyage<br />
pittoresque de Naples et de Sicile” dell'abbé de Saint-Non.<br />
13
Le voyage pittoresque de l’abbé de Saint-Non<br />
DAI RACCONTI E IMPRESSIONI DI VIAGGIO ALLE IMMAGINI IN GOUACHE<br />
Nous allâmes passer la nuit à la tour de Melissa,<br />
demeure du Prince de Strongoli. Le hasard nous<br />
y conduisit au moment où celui-ci y arrivait ce<br />
qui nous décida à nous y arrêter. Le Prince nous<br />
y reçut comme le seigneur d’un château<br />
accueille des chevaliers. Rien ne ressemblait<br />
plus à un vieux château gothique que cette tour<br />
de Melissa, adossée à une éminence isolée de<br />
toutes les autres habitations et entourée de<br />
vieilles fortifications en assez mauvais état.<br />
Le Prince rentrait de la chasse avec sa suite<br />
lorsque nous arrivâmes au pont levis avec la<br />
nôtre. Son équipage était nombreux, mais put<br />
être logé, comme nous, dans la tour. Après un<br />
bon souper et une conversation brillante et<br />
animée nous allâmes nous coucher.<br />
Le lendemain, notre hôte, aussi courtois et noble<br />
que simple dans ses manières, nous donna des<br />
gens pour accompagner à Strongoli, où il avait<br />
envoyé demander qu’on nous prépare un bon<br />
repas. Strongoli est l’ancienne Petilia, république<br />
grecque qui résista à Hannibal et resta, seule de<br />
toute la Grande Grèce, fidèle aux Romains. La<br />
ville occupait une situation avantageuse sur une<br />
haute montagne fortifiée par la nature, avec des<br />
murailles de quinze pieds d’épaisseur. En<br />
arrivant à Strongoli on découvrait les vestiges de<br />
la richesse et de la magnificence de l’antique<br />
Petilia. Tous ses environs sont encore semés de<br />
fragments de colonnes cannelées dont les<br />
chapiteaux étaient d’ordre dorique, du style de<br />
ceux de Paestum. On y trouve encore un grand<br />
nombre de colonnes entières, de granit d’Egypte,<br />
indestructibles, intransportables du fait de leur<br />
poids, et qui, étant indissolubles, deviennent les<br />
arcs de l’univers. Si on avait voulu en faire usage<br />
pour quelque construction moderne, il y aurait eu<br />
de quoi décorer un grand temple ou en faire un<br />
palais comme il n’en existe aucun dans le pays.<br />
in Touristes français en Calabre au XVII e<br />
siècle.<br />
Vue de l’entrée de la Grotte<br />
de Pausillippe, prise en y arrivant<br />
du côté de Naples<br />
Cette entrée de la Grotte de Pausilippe est<br />
dessinée ici telle qu’elle se présente quand on y<br />
arrive du côté de Naples …<br />
Vue d’une partie de la Ville<br />
et du Golphe de Naples, prise<br />
du Château St-Elme<br />
La ville de Naples, bâtie sur la pente d’une<br />
montagne, est terminée entre le couchant et le<br />
nord par le Château Saint-Elme, qui la domine<br />
et la commande entièrement …<br />
C’est aujourd’hui un hexagone assez régulier de<br />
cent toises environ de diamètre …<br />
C’est de l’angle de cet hexagone et du pied<br />
même du Château Saint-Elme, qu’est prise cette<br />
autre Vue de Naples, présentée dans cette<br />
gravure.<br />
L’on y découvre une grande partie de la ville,<br />
mais à une trop grande distance pour pouvoir en<br />
distinguer les détails: ce que l’on peut voir<br />
parfaitement, c’est la forme du Golphe de<br />
Naples qui décrit un demi-cercle, et qui est<br />
terminé dans l’éloignement par le Vésuve, au<br />
pied duquel on aperçoit la ville et le Château de<br />
Portici.<br />
Vue d’un Château Gothique,<br />
bâti par les Sarrazins sur<br />
le sommet du Mont Erix<br />
Arrivé sur le sommet, l’on y trouve une plateforme<br />
assez étendue et prodigieusement<br />
escarpée dans quelques endroits: c’est-là où<br />
sont situés les restes du Temple, ou plutôt les<br />
ruines d’un Château Sarrasin de la forme la plus<br />
gothique, à la place même où étoit, dit-on, le<br />
Temple de Venus.<br />
Vue de l’Isle de Caprée prise dans<br />
la partie septentrionale de l’Isle où<br />
est située le port de Capri en face<br />
du golphe de la Ville de Naples<br />
… nous débarquâmes à la Marine de Caprée,<br />
qui est une grande Anse en demi-cercle,<br />
défendue des vents du Levant et du Couchant<br />
par deux grands Rochers qui s’avancent dans la<br />
Mer, et du Midi, par le Terrein même de l’Isle<br />
qui s’élève en Amphithéâtre. C’est dans le fond<br />
de cet Amphithéâtre qu’est placée la Ville de<br />
Caprée ou Capri, dans la situation la plus<br />
heureuse, la plus agréable pour elle et la plus<br />
pittoresque en même-temps pour ceux qui<br />
arrivent dans l’Isle.<br />
14
Vue du Rocher de Scylla<br />
et d’une partie de la Côte<br />
de la Calabre prise de Messine<br />
Ce que nous regrettions le plus, étoit de ne<br />
pouvoir dessiner que de loin le Rocher de<br />
Scylla; cependant comme nous étions curieux<br />
d’emporter au moins une idée de cet Ecueil<br />
célèbre, un de nos Dessinateurs en prit d’abord<br />
une Vue de l’autre côté du Détroit, et tel qu’on<br />
le voit du Phare même de Messine.<br />
Vue d’un Lac dans les Environs<br />
de “Castro Giovani” connu sous<br />
le nom du Lac de Proserpine<br />
avec l’Etna derrière<br />
Nous partîmes donc pleins d’ardeur et dans<br />
l’espérance de dessiner d’après nature un sujet si<br />
souvent peint d’imagination, mais nous ne fûmes<br />
pas plus heureux … Nous entrâmes ensuite dans<br />
une autre Vallée plus petite, où ne trouvâmes<br />
pour toutes fontaines que quelques méchans<br />
ruisseaux bourbeux, et enfin le Lac tant desiré,<br />
nommé encore, il est vrai, le Lac de Proserpine,<br />
mais qui n’est plus qu’un grand Marais de quatre<br />
milles de tour, sans bocages, sans prairies, sans<br />
ombre et sans rives fleuries, sans plage digne de<br />
recevoir le pied d’une Nymphe, mais des bords<br />
tristes et arides, des joncs marécageux, des<br />
crapauds énormes, un air empesté, qui en rend<br />
les approches dangéreuses, et le repos qu’on y<br />
pourroit prendre, mortel … à force de tourner et<br />
de prendre le Lac sur tous les sens, nous<br />
trouvâmes cependant un aspect, un point de vue,<br />
qui pouvoit fournir un tableau assez agréable.<br />
C’est celui sous lequel il est représenté ici.<br />
Vue prise dans la campagne<br />
d’Agrigente où Vallée des Temples<br />
L’autre Vue plus pittoresque encore, offre<br />
d’abord le Temple de la Concorde, plus loin le<br />
petit Monument qui sert d’Eglise aux Capucins,<br />
le Mont Camico, avec une partie de la Ville de<br />
Girgenti. Celle-ci est prise d’un Théâtre isolé et<br />
situé à quelque distance de la Rupe Athenea …<br />
Vue de la Ville et du Château<br />
de Catane avec l’Etna<br />
C’est cette lave effroyable que l’on voit ici<br />
représentée comme un mur de fer, qui entoure le<br />
Château de Catane, et se prolonge le long des<br />
remparts de la Ville, à la hauteur de cinquante à<br />
soixante pieds; trop nouvelle encore pour<br />
pouvoir d’ici à plusieurs siècles être susceptible<br />
de la plus légère végétation, elle ne présente à la<br />
vue qu’un amas hideux de roches déchirantes, de<br />
l’aspect et du noir le plus triste et que l’oeil ne<br />
parcourt qu’avec effroi.<br />
Vue du Phare ou Détroit de Messine<br />
prise du côté de la Calabre<br />
en arrivant à Reggio<br />
… c’est surtout de ce lieu que l’on découvre le<br />
beau Bassin que forment l’extrémité de la<br />
Calabre d’une part et la pointe du Cap Pelore en<br />
Sicile de l’autre, en se croisant au Phare de<br />
Messine; ce qui donne à ce Détroit l’aspect d’un<br />
immense et superbe Lac, couvert de Bâtimens,<br />
bordé en Amphitéâtre par les plus belles<br />
Montagnes, les plus cultivées et ornées de<br />
chaque côté par les deux Villes de Reggio et de<br />
Messine. Le vaste de ce tableau, qui seroit<br />
sublime à peindre, est impossible à rendre dans<br />
un simple Dessin.<br />
Vue d’une partie des Champs Elisées<br />
prise sur les bords du Lac Acheron<br />
et dans l’éloignement les Isles<br />
de Procida et d’Ischia<br />
L’on y voit des Rues entières de ces Tombeaux<br />
antiques, parmi lesquels il y en a plusieurs qui<br />
ont été construits et décorés avec soin … Au<br />
reste il est peu de Pays plus fait pour prêter à<br />
l’imagination des Poètes et des Peintres … il<br />
n’est pas dans la nature de lieu plus agréable à<br />
parcourir et de climat plus tempéré.<br />
Vue du Lac Averne, des restes<br />
du Temple d’Apollon et de l’entrée<br />
de la Grotte de la Sibille de Cuma<br />
On voit au bord du Lac Averne les restes d’un<br />
Temple antique dont l’intérieur est construit en<br />
Rotonde, d’un diamètre de quatre-vingt pieds. On<br />
distingue encore dans cette grande Ruine, les<br />
restes d’une Coupole très élevée et plusieurs<br />
Niches propres à recevoir des Statues: quelques<br />
Auteurs ont voulu que ce Temple eût consacré à<br />
Apollon, d’autres à Mercure ou à Neptune … je<br />
serois assez porté à croire que ce Temple, dont on<br />
voit encore de beaux restes, avoit été ordonné par<br />
le même Agrippa; car cette belle et grande Ruine<br />
paroît d’un bon siècle … C’est vis-à-vis du<br />
Temple dont nous venons de parler et au Midi du<br />
Lac Averne, qu’on trouve la prétendue Grotte de<br />
la Sibylle. C’est une grande Galerie creusée dans<br />
les matières volcanisées, qui ne s’étend guères<br />
plus dans ce moment qu’à environs deux cents<br />
pas dans l’intérieur de la Montagne, étant<br />
terminée par un éboulement qui en ferme l’issue.<br />
15
Vue générale des Temples de<br />
Paestum, près du Golphe de Salerne<br />
On fait des descriptions souvent si éloignées de<br />
la vérité, et l’on prend des idées si monstrueuses,<br />
d’après ce qu’on lit et ce que l’on entend raconter,<br />
que nous nous attendions à trouver Paestum un<br />
désert marécageux, les Temples perdus, ou<br />
ensevelis dans les joncs ou les broussailles, un air<br />
infect, un Pays désert et sauvage: nous eûmes<br />
donc lieu d’être fort étonnés de voir la plus belle<br />
situation, sur les bords d’un Golfe d’une grande<br />
étendue, une Plaine fertile, entourée de<br />
Montagnes cultivées en vignes et en bled, des<br />
habitations qui n’annoncent point la misère, et<br />
des Habitants qui ne souffrent que de la mauvaise<br />
eau qu’ils sont obligés de boire et quelquefois du<br />
mauvais air qu’on y respire.<br />
Vue générale des ruines de l’ancien<br />
théâtre de Taormina<br />
Le premier objet qui frappe la vue est son fameux<br />
Théâtre, dont on apperçoit les ruines sur la cime<br />
d’une Montagne. Sans doute que le chemin<br />
antique qui y conduisoit est perdu, ou bien son<br />
sol boulversé n’en laisse aucune trace … Il est<br />
vrai qu’il est impossible de trouver en mêmetemps<br />
une route et plus curieuse et plus amusante<br />
à faire, par la beauté et la richesse des Sites que<br />
l’on rencontre à tout moment; l’abondance des<br />
tableaux qui se présentoient à nous, nous arrêtoit<br />
pour ainsi dire à chaque pas, et nous passâmes,<br />
sans nous en appercevoir, une grande partie de la<br />
journée à dessiner tous les environs de Taormine.<br />
Vue du port de Palerme<br />
La Vue du Port présente du côté de la mer un<br />
aspect et un coup-d’oeil plus agréable. L’on voit<br />
à droite en arrivant la Tour du Môle, construit à<br />
l’extrémité d’une petite langue de terre qui<br />
s’avance dans la mer, et qui est ornée d’une<br />
jolie plantation et de plusieurs Edifices<br />
employés pour la Marine: c’est le point de<br />
Vue que présente une de ces Planches.<br />
Vue du Site général et des Environs<br />
du Temple de Segeste<br />
Nous découvrîmes bientôt de loin le beau et<br />
superbe Temple de Segeste, parfaitement<br />
conservé au milieu d’un désert, où la vue n’est<br />
distraite par aucun autre objet; nous y arrivâmes<br />
au lever du soleil et comme ce Temple est<br />
précisement tourné au Levant et bâti sur une<br />
hauteur, c’est de tout le Pays l’objet le plus<br />
frappant et que l’on apperçoit aussi de fort loin.<br />
Il nous sembloit qu’ainsi élevé dans cette<br />
solitude, il y produisoit un effet encore plus<br />
imposant et véritablement il est fort<br />
extraordinaire qu’un Edifice aussi isolé soit ainsi<br />
resté dans presque tout son entier et sans qu’on<br />
puisse reconnoître dans les environs le moindre<br />
reste d’aucun autre Monument.<br />
Vue de l’Etna prise de<br />
Taormine en Sicile<br />
… ce magnifique Théâtre de Taormina, que l’on<br />
peut effectivement regarder comme un des<br />
miracles de la nature et qui par son étonnante<br />
conservation et sa position admirable, est sans<br />
contredit un des Monumens les plus curieux et<br />
une des Ruines les plus intéressantes qu’il y ait<br />
… Quoique la largeur de l’Avant-Scène soit de<br />
plus de ving-deux toises d’ouverture, qu’il soit<br />
sans Galerie souterraine, ce superbe Edifice est<br />
sonore au point d’entendre de toutes ses parties le<br />
moindre son articulé, et dans quelque lieu qu’on<br />
le frappe, il raisonne comme un instrument.<br />
Vue générale de la Ville de Syracuse<br />
Quoique Syracuse soit sûrement aujourd’hui une<br />
des Villes célèbres de l’antiquité que l’on peut<br />
dire être la plus éloignée de son ancienne<br />
splendeur, elle conserve cependant de loin<br />
quelque chose d’imposant, soit par sa seule<br />
situation, soit encore par la beauté et l’étendue<br />
de son Port, un des plus vastes que l’on<br />
connoisse et qu’il y ait dans le monde.<br />
Vue de l’Etna prise d’un Jardin du<br />
Prince du Biscarie creusée dans les<br />
Laves de 1669 près de Catane<br />
Ce qui attira encore plus notre attention dans ce<br />
lieu, fut d’y jouir de la vue entière de l’Etna, et du<br />
spectacle qu’y présente ce Volcan formidable, dont<br />
on peut découvrir de là l’étendue prodigieuse.<br />
Jamais il n’y eut par un jour serein et au lever du<br />
soleil, un tableau plus noble, plus imposant et<br />
plus magique en même-temps. Cet effet vaporeux<br />
produit par le vague immense de l’air, dans un<br />
espace de plus de soixante lieues, qu’occupe la<br />
base de l’Etna, sur près de deux mille toises de<br />
hauteur perpendiculaire, est plus aisé à imaginer<br />
qu’à rendre et à peindre, ou plutôt l’un et l’autre<br />
sont également impossibles, il faut l’avoir vu pour<br />
s’en former une idée et ne l’oublier de sa vie”.<br />
Da: J-Cl.-Richard, abbé de Saint-Non, Voyage<br />
Pittoresque ou description du royaume de<br />
Naples et de Sicile, Parigi 1781-86.<br />
16
VUE DU VÉSUVE ET D’UNE<br />
PARTIE DU GOLPHE DE<br />
NAPLES PRISE DE L’ENDROIT<br />
APPELLÉ DOGANA PRÈS LE<br />
PONT DE LA MADELAINE.<br />
ADRIANA PIGNATELLI MANGONI<br />
DA: CLAUDE - LOUIS CHÂTELET<br />
PER JEAN-C. RICHARD ABBÉ DE SAINT-NON<br />
VUE DU ROCHER DE SCYLLA<br />
ET D’UNE PARTIE DE LA CÔTE<br />
DE LA CALABRE OLTÉRIEURE<br />
PRISE DU PHARE DE MESSINE.<br />
ADRIANA PIGNATELLI MANGONI<br />
DA: CLAUDE - LOUIS CHÂTELET<br />
PER JEAN-C. RICHARD ABBÉ DE SAINT-NON<br />
VUE D’UN LAC DANS LES<br />
ENVIRONS DE CASTRO<br />
GIOVANNI CONNU SOUS LE<br />
NOM DU LAC DE PROSERPINE<br />
AVEC L’ETNA DERRIÈRE.<br />
ADRIANA PIGNATELLI MANGONI<br />
DA: CLAUDE - LOUIS CHÂTELET<br />
PER JEAN-C. RICHARD ABBÉ DE SAINT-NON<br />
VUE GÉNÉRALE DES TEMPLES<br />
DE POESTUM SITUÉS SUR LE<br />
BORD DE LA MER ET PRÈS DU<br />
GOLPHE DE SALERNE<br />
ADRIANA PIGNATELLI MANGONI<br />
DA: CLAUDE - LOUIS CHÂTELET<br />
PER JEAN-C. RICHARD ABBÉ DE SAINT-NON<br />
graphique: SILVANA SABATELLI 2006 - ojo.silgus@tiscali.it<br />
NAPLES VUE DU VÉSUVE<br />
ROCHER DE SCYLLA<br />
LAC DE PROSERPINE AVEC L’ETNA<br />
LES TEMPLES DE POESTUM<br />
<strong>ARIA</strong> <strong>ACQUA</strong> <strong>TERRA</strong> <strong>FUOCO</strong><br />
EMOZIONI E TRAVOLGIMENTI<br />
NELLE IMMAGINI DEI VIAGGIATORI<br />
DAL VESUVIO ALLE EOLIE<br />
SELEZIONE DELLE OPERE ESPOSTE
Voyage à l’île de Malte<br />
DES RECITS ET IMPRESSIONS DE VOYAGE AUX IMAGES EN GOUACHE<br />
“Colonia haec est Phenicum, qui cum<br />
negotiationes suas ad Oceanum usque ad<br />
occidentalem extenderent, refugium in hanc<br />
insulam, ob portuum commoditatem et in profundo<br />
mari situm, habebant. Quae causa fuit, ut loci ejus<br />
habitatores mercatorum beneficio statim et opibus<br />
augerentur, et nomine inclarescerent”.<br />
Diodorus Siculus, Bibiothecae historicae<br />
libri…, V.<br />
“C’est en sortant d’une chaîne de montagnes, sur<br />
le bord de la mer, en deçà du fleuve Himera,<br />
aujourd’hui Fiume Salso, qu’est bâtie Alicata. On<br />
ignore quels ont été les fondateurs de cette ville, et<br />
l’époque où elle a commancé à exister; mais un<br />
rapport très marqué entre son nom et le mot grec<br />
Alicas αλοσ ou αλινα, qui dans cette langue<br />
signifie sel, substance salée, semble devoir lui<br />
donner une origine grecque, et par conséquent fort<br />
ancienne …<br />
… Nous doublâmes le Cuminetto, petit rocher<br />
inculte, et nous louvoyâmes le long de la côte<br />
basse de Malte; il n’y avait point de vent, nous<br />
allions à la rame, en suivant toutes les sinuosités de<br />
la rive, passant sous toutes les tours et les<br />
différents forts qui défendent les anses et les<br />
mouillages de cette partie de l’île; car tout l’autre<br />
côté est défendu naturellement par des rochers<br />
coupés à pic et inabordables …<br />
Nous arrivâmes ensuite sous le fameux fort Saint-<br />
Elme, la première fortification de Malte, celle qui<br />
coûta tant d’hommes aux Turcs, et qui ils<br />
n’emportèrent qu’après avoir tué jusqu’au dernier<br />
des chevaliers qui la défendaient. Cette forteresse<br />
est aujourd’hui plus redoutable que jamais; le<br />
rocher sur lequel elle est bâtie étant entouré par<br />
une rangée formidable de batteries placées à fleur<br />
d’eau, qui défendent l’entrée des deux ports.<br />
Ce ne fut qu’après avoir répondu à toutes les<br />
questions que nous firent les gardes et les<br />
sentinelles de ce premier fort, qu’il nous fut permis<br />
de passer outre, et que nous pûmes voir cette<br />
superbe perspective de l’intérieur du port,<br />
l’ensemble de toutes ces forteresses réunies et de<br />
ces deux villes bâties l’une au-dessus de l’autre en<br />
amphithéâtre; coup d’œil qui ne ressemble à celui<br />
d’aucune ville du monde, et qui ne le cède peutêtre<br />
à aucune en magnificence, quoiqu’à parler<br />
exactement il n’y ait pas un bel édifice dans Malte,<br />
mais ils sont tous si solidement construits, de<br />
grands et formidables bastions sur lesquels ils sont<br />
élevés leur font de si belles bases, que rien n’est<br />
plus imposant que l’arrivée et l’aspect de Malte…<br />
… Ils nous conduisirent d’abord à la plus<br />
importante [fortification], qui est le fort Saint-<br />
Elme, et ensuite au fort Manoel ou Emmanuel, le<br />
plus nouvellement fait, et le plus parfait en même<br />
temps. Ce dernier est placé sur une petite île qui<br />
est au milieu du port Marsa Musciette.<br />
Ce fort Manoel ou Emmanuel, parfaitement<br />
régulier, tire son nom de celui du grand-maître<br />
Manoel de la Vilhena, qui le fit construire dans la<br />
petite île du Lazaret, pour défendre le port de Marsa<br />
Musciette; il fut élevé sur les dessins du chevalier<br />
de Tigne, par le chevalier de Mondion, en 1723.<br />
Rien n’est imposant comme la vue et l’ensemble de<br />
toutes ces fortifications réunies: aussi n’y eut-il<br />
jamais de situation tracée par la nature aussi<br />
avantageusement que celle de la ville de Malte,<br />
entournée de deux ports également sûrs, également<br />
vastes l’un et l’autre, et qui pourraient contenir un<br />
très grand nombre de vaisseaux de tous les rangs …<br />
Ayant à peux près parcouru toute la partie<br />
principale de la ville de Malte particulièrement<br />
nommée La cité Valette, nous fûmes curieux de<br />
voir les autres parties de l’île, et entre autres cet<br />
ancien faubourg qui, à si juste titre, mérita de<br />
porter le nom de cité Victorieuse …<br />
Melita était, suivant les anciens, une ville riche et<br />
opulente. On lit dans Diodore qu’elle était surtout<br />
renommée pour les étoffes et les tissus de lin qu’on<br />
y fabriquait, et qui étaient d’un moelleux et d’une<br />
finesse extrême. Il parait que la ville de Melita était<br />
citée pour la magnificence de ses bâtiments …<br />
Enfin après avoir parcouru la plus grande partie de<br />
l’île de Malte, et tout ce qu’elle pouvait offrir de<br />
curieux, nous nous arretâmes sur des hauteurs fort<br />
élevées, appelées les Rochers du Conradin, qui<br />
terminent le fond du port, et d’où l’on découvre<br />
absolument et comme à vol d’oiseau, toute la cité<br />
de Valette: c’est la vue qui est représentée sous le<br />
n° 507 dans notre Atlas. Elle paraîtra d’autant plus<br />
intéressante, qu’on peut y distinguer d’un coup<br />
d’œil la forme générale du port et l’ensemble des<br />
différents bassins qui le composent, ainsi que tous<br />
les détails des fortifications qui l’environnent …”<br />
J. Cl. Richard Abbé de Saint-Non, Voyage<br />
pittoresque ou description du royaume de<br />
Naples et de Sicile, Paris 1781-86.<br />
18
VUE DE LA CITÉ VICTORIEUSE À MALTE<br />
VUE DE L'ISLE ET DU PORT DE MALTE<br />
VUE DU PORT DE MALTE ET DE LA CITÉ VALLETTA<br />
VUË DU PORT D’ALICATA<br />
graphique: SILVANA SABATELLI 2006 - ojo.silgus@tiscali.it<br />
VUE DU FORT MANOEL ET DE L'ISLE DU LAZARETH<br />
VUE À VOL D'OISEAU DE LA VILLE DE MALTE<br />
SECONDE VUE DU PORT DE MALTE<br />
DESCRIPTION DES ISLES DE MALTE<br />
<strong>ARIA</strong> <strong>ACQUA</strong> <strong>TERRA</strong> <strong>FUOCO</strong><br />
EMOZIONI E TRAVOLGIMENTI<br />
NELLE IMMAGINI DEI VIAGGIATORI<br />
DAL VESUVIO ALLE EOLIE<br />
SELEZIONE DELLE OPERE ESPOSTE
Sant’Agata: protettrice di Catania<br />
DAI RACCONTI E IMPRESSIONI DI VIAGGIO ALLE IMMAGINI IN GOUACHES<br />
S. Agata, martire catanese, nasce in una Catania<br />
Romana di cultura greca, venerata in Occidente<br />
ed in Oriente, nel 231 circa, l’8 settembre (lo<br />
stesso giorno della “Madre di Dio” e muore<br />
martire nel 251 sotto l’imperatore Decio Traiano<br />
e il Consolare Quintino.<br />
Dal Vsec. il suo nome appare nel canone della<br />
messa di Roma, di Ravenna e di Milano.<br />
Nella seconda metà del Vsec. un anonimo ne<br />
compose una Passione in Latino, lavoro più tosto<br />
di edificazione che di storia, considerandola<br />
come vergine.<br />
Solamente 62 anni, è il tempo che separa il<br />
martirio di S. Agata dall’editto del 14 giugno 313<br />
promulgato dall’imperatore Costantino.<br />
Il giorno dopo questa data, il culto dei cristiani,<br />
fu tollerato in tutto l’Impero Romano.<br />
Costantino, il filocristiano, aprì un’ era nella<br />
storia della Chiesa, marcando un punto<br />
fondamentale sulla via della religione cristiana.<br />
Ma, per la giovane S. Agata, le cose andarono<br />
molto diversamente: morì difendendo la propria<br />
verginità e la nuova fede cristiana.<br />
Ed è proprio in questi intrighi sociali e religiosi<br />
che si inserirono le vicissitudini di Agata,<br />
giovane e martire, desiderata alla follia dal<br />
governatore romano Quintino.<br />
Un duro avvenimento che ha come scenario la<br />
città romana di Catania, l’antica “Catania”,<br />
centro commerciale e ponte fra l’oriente, l’Africa<br />
e la penisola italica.<br />
Agata è una giovane, additata non solo perché<br />
cristiana, ma soprattutto perché bella e sicura del<br />
suo “nuovo dio”.<br />
Il dio dei cristiani, quello che tanto ha turbato,<br />
per più di tre secoli, un equilibrio religioso<br />
precario. Ciò vuol dire l’effimero compromesso<br />
esistente tra il “pantheon” politeista, da una<br />
parte, e un superstizioso e contraddittorio mondo<br />
romano, dell’altra.<br />
Già a partire dal suo nome, di evidente origine<br />
greca, la sua figura si lega, per antonomasia, alla<br />
dolcezza Ágaq», la buona appartiene ad una<br />
nobile famiglia come lei stessa si definisce<br />
durante un primo colloquio con il governatore<br />
Quintino.<br />
E’ dal XVII secolo che il luogo di nascita della<br />
santa è stato spesso oggetto di discussioni, ma è<br />
da questa data che Catania sembra essere la<br />
città scelta.<br />
Agata è sempre ricordata come la “vergine<br />
consacrata a Dio” – Dunque, giovane,<br />
conosciuta in città perché nobile, ma soprattutto<br />
“cristiana”.<br />
Queste caratteristiche avrebbero, tutte, attirato<br />
l’attenzione di Quintino. Il governatore trovò<br />
subito un pretesto per avvicinarla, giocando sul<br />
fatto della differenza di fede e ancor peggio<br />
illegale, professata dalla giovane.<br />
Tutto questo per arrivare alle sue vere intenzioni.<br />
Ma Agata non fu corruttibile e affrontò le<br />
atrocità alle quali una cristiana dichiarata e<br />
convinta era destinata.<br />
Questi le abrebbe fatto estirpare le mammelle,<br />
per la cul cosa la Santa viene rappresentata con<br />
un vasoio in mano contenente le sue mammelle.<br />
Muore difendendo la propria verginità e la nuova<br />
fede cristiana.<br />
Subito i catanesi, in rivolta, la fecero loro<br />
Regina.<br />
Compie il suo primo grande miracolo l’anno<br />
dopo fermando la lava sull’Etna.<br />
Nel 303 appare a S. Lucia in sogno e le<br />
preconizza il suo martirio e trionfo.<br />
Il suo santo corpo è sempre stato a Catania ad<br />
eccezione di un periodo di 86 anni a<br />
Costantinopoli dal 1040 al 1126.<br />
Da: A. Dufourcq, Étude sur les Gesta<br />
martyrum, Parigi 1907; H. Delehaye, Les<br />
origines du culte des martyrs, Bruxelles 1912;<br />
F. Lanzoni, Le diocesi d’Italia dalle origini al<br />
principio del VIIsec., ed. Faenza, 1927.<br />
20
Il Vesuvio: San Gennaro<br />
“È uno dei bisogni più ingenui, più teneri e più<br />
profondi dei popoli cristiani quello di crearsi,<br />
nel paradiso dei santi un patrono a cui dedicare<br />
dopo Iddio, Gesù, e la Vergine, tutto l’ardore<br />
della propria fede …<br />
San Gennaro è il Patrono, il padre dei<br />
Napoletani … Egli è nella vita nostra e in ogni<br />
nostra casa: La sua immagine lampeggia nella<br />
gloria dell’oro, nel nostro maggiore tempio e<br />
sorride in tutti i tabernacoli cittadini, ed è<br />
dispersa, in piccole statue di argilla, che il tempo<br />
ha screpolato, in tutti i viottoli delle campagne<br />
Vesuviane …<br />
San Gennaro, il napoletano illustre, uomo-santo,<br />
simbolo della napoletanità, compagno amico<br />
della città che gli si rivolge come ad un parente,<br />
ad un vicino, ad un compaesano a cui confidare<br />
le proprie angosce, chiedere aiuto, soccorso e<br />
sostegno …<br />
È usanza antica, scegliersi un patrono ‘un amico<br />
nel cielo’, cui dedicare l’ardore della propria<br />
fede. Ogni città, ogni corporazione di arti e<br />
mestieri hanno i propri santi in paradiso.<br />
Antichissimo patrono di Napoli era Santo<br />
Agrippino, fino a quando non apparve sulla<br />
faccia del mondo San Gennaro con la sua<br />
leggenda meravigliosa e la sua meravigliosa<br />
storia: Vi apparve con la sua vita, con la sua<br />
morte, con i suoi miracoli: Vi apparve come<br />
cittadino di Napoli …<br />
San Gennaro è dunque l’amico fidato, il<br />
protettore sollecito pronto ad intervenire ogni<br />
volta ce ne sia bisogno; soprattutto quando la<br />
città è minacciata dal Vesuvio. San Gennaro è<br />
chiamato il ‘vincitore del fuoco’ …<br />
Da due giorni, prima con un rombo sordo e<br />
come sotterraneo, poi con un rombo fragoroso,<br />
quasi un instancabile ruggito di belva, il Vesuvio<br />
faceva tremare tutte le case di Napoli,<br />
specialmente quelle lungo il mare …<br />
Andammo. Cioè salimmo sino al quarto piano<br />
del palazzo Angiulli, uscimmo sopra un<br />
terrazzino e innanzi agli occhi ci apparve la via<br />
Marina, il mare, il Vesuvio, coronato da un<br />
colossale pino di fumo bianco, il Vesuvio<br />
vomitante, vomitante lava che colorava di rosea<br />
fiamma, in pieno giorno, i fianchi del monte; il<br />
rombo era insopportabile: era insopportabile il<br />
tremore della terra: insopportabile lo stridìo dei<br />
vetri … L’eruzione cresceva. Le sue terribili<br />
lave fluivano sempre più rapide, in un triplice<br />
torrente di fuoco, coronate di alti pini di fumo<br />
… e se di giorno, lo spettacolo era imponente e<br />
pauroso, appena veniva a sera, appena calava la<br />
notte, lo spettacolo era veramente tragico, nella<br />
sua bellezza, incendiato il monte, incendiato il<br />
mare nel suo riflesso, incendiato il cielo, un<br />
triplice incendio gigantesco … I boati del monte<br />
sembravano colpi di cannone, il rombo pareva<br />
quello di un incessante tremuoto, i tre fiumi di<br />
fuoco, incandescenti di giorno, avvampati di<br />
notte; i tre fiumi di fuoco che discendevano<br />
sulle coste del monte, i tre fiumi terrificanti di<br />
cui il terzo, largo, a onde che si avanzavano,<br />
discendevano verso Napoli.<br />
Sole. Sole, la compagna ed io, lassù,<br />
guardavamo, abbagliate, abbacinate, il maestoso<br />
e tremendo spettacolo… preghiamo San<br />
Gennaro che ci scampi…<br />
Voi credete che egli ci scamperà ? – Ne sono<br />
certa – ella disse, con voce semplice ma ferma.<br />
E su quell’alto terrazzino tutto bianco, pieno del<br />
sole di una bella gionata di aprile, mentre<br />
odorava, in un coccio, una malvarosa, innanzi a<br />
quella montagna coperta di fumo, di fiamma, di<br />
fuoco, innanzi a quella montagna rombante,<br />
questa fanciulla del popolo, a me quasi ignota,<br />
stretta nel suo gramo scialletto nero, poggiate le<br />
mani sul parapetto di pietra, invocò, a bassa<br />
voce, San Gennaro, e pronunciò, lentamente,<br />
frase per frase, le giaculatorie, mezze in<br />
italiano, mezze in latino, mezze in napoletano,<br />
con cui s’invoca San Gennaro, il taumaturgo, il<br />
vincitore del fuoco. Io, con le mani posate sui<br />
miei libri e sui miei quaderni, con gli occhi fissi<br />
su quella nuvola di fumo, di fiamma, che si<br />
elevava al cielo, che conquistava il cielo, che si<br />
estendeva fino allo zenit, con gli occhi fissi su<br />
quel monte coperto di fiamme e di fuoco,<br />
lentamente ripetendo parola per parola ciò che<br />
diceva la povera popolanella, io invocai San<br />
Gennaro, protettore di Napoli, vincitore del<br />
fuoco … Così, l’indomani, fummo libere e<br />
fummo salve”.<br />
Da: Matilde Serao, San Gennaro nella<br />
leggenda e nella vita, Lanciano 1909.<br />
21
Il Vesuvio: Sir William Hamilton (1730-1803)<br />
DAI RACCONTI E IMPRESSIONI DI VIAGGIO ALLE IMMAGINI IN GOUACHES<br />
“Napoli, 10 giugno 1766<br />
… dal mese di novembre fino al 28 marzo 1766,<br />
giorno in cui iniziò l’eruzione, il fumo aumentò e<br />
fu accompagnato da ceneri che si diffusero e<br />
danneggiarono i vigneti. Pochi giorni prima<br />
dell’eruzione vidi il fenomeno descritto da Plinio<br />
il giovane e che fu fatale al Naturalista: cioè il<br />
fumo nero prese la forma di un pino. Il fumo, che<br />
da due dì sembrava nero durante il giorno,<br />
all’avvicinarsi dell’eruzione assumeva di notte<br />
l’aspetto di fiamme. Il 28 marzo, venerdì santo,<br />
alle sette di sera, la lava cominciò a traboccare<br />
dagli orli del cratere e a scorrere, formando<br />
dapprima una sola corrente che poi si divideva in<br />
due, dirigendosi verso Portici.<br />
Ciò fu preceduto da una violenta esplosione che<br />
fece tremar la terra intorno alla montagna e da<br />
una grandine di pietre rosse infuocate e ceneri<br />
spinte a una grande altezza.<br />
Appena vidi la lava partii da Napoli insieme a un<br />
gruppo di miei compatriotti che erano come me<br />
impazienti di soddisfare la loro curiosità per un<br />
così bel fenomeno naturale. Passai tutta la notte<br />
sulla montagna e … mi avvicinai alla bocca del<br />
vulcano quanto me lo permise la prudenza: la lava<br />
era un fiume di metallo liquido rosso infuocato<br />
come la materia liquida delle fabbriche di vetro,<br />
sopra la quale galleggiavano grandi scorie mezzo<br />
infuocate, che rotolavano l’una sull’altra lungo il<br />
fianco della montagna, e formavano una cascata<br />
bella e straordinaria … le pietre infuocate erano<br />
perfettamente trasparenti, la bocca aveva quasi<br />
mezzo miglio di circonferenza e lanciava pietre in<br />
tutte le direzioni. Alcuni inglesi, che si erano<br />
avvicinati troppo, erano stati colpiti. È impossibile<br />
descrivere il magnifico spettacolo offerto da<br />
queste girandole di pietre ardenti, che non può<br />
essere paragonato ad alcun fuoco artificiale …<br />
Passai tutto il giorno e tutta la notte del 12 sul<br />
Vesuvio e seguii il corso della lava fino alla sua<br />
sorgente. Essa usciva come un torrente dal fianco<br />
della montagna accompagnata da violente<br />
esplosioni che lanciavano la materia infiammata<br />
ad altezza considerevole; mentre la terra vibrava<br />
come il legname d’un mulino d’acqua …<br />
Nonostante la sua consistenza, la lava scorreva<br />
con una velocità sorprendente, e sono sicuro che,<br />
nel primo miglio, la sua velocità era pari a quella<br />
del fiume Severn presso Bristol … L’effetto di<br />
questo spettacolo supera ogni descrizione …<br />
Napoli 3 febbraio 1767<br />
… da tre giorni è ricomparso il fuoco alla cima<br />
del Vesuvio, e intorno alla montagna si sono<br />
sentiti dei terremoti. Vi son salito lo scorso<br />
sabato con mio nipote, Lord Greville. Abbiamo<br />
udito muggiti interni, fischi, colpi di pietre, e<br />
fummo obbligati ad allontanarci rapidamente dal<br />
cratere a causa delle pietre che lanciava. Si<br />
alzava del fumo nero come prima dell’ultima<br />
eruzione. Riconobbi tutti i sintomi precursori di<br />
una nuova eruzione di cui non mancherò<br />
d’inviarvi una relazione”.<br />
Da: Sir William Hamilton, An Account of the<br />
Eruption of Mount Vesuvius in 1766: in a<br />
Letter to the Earl of Morton President of The<br />
Royal Society (philos. Trans. Royal Society,<br />
London, 56, 1766)..., in Un viaggio al Vesuvio:<br />
W. Hamilton - Il Vesuvio visto attraverso diari,<br />
lettere e resoconti di viaggiatori, a cura di Paolo<br />
Gasparini e Silvana Musella, Napoli 1981.<br />
“Napoli, martedì 20 marzo 1787<br />
La notizia che un torrente di lava, or ora aperto<br />
ma invisibile per Napoli, stava per precipitarsi<br />
sopra Ottaiano mi ha indotto a visitare il Vesuvio<br />
per la terza volta … Arrivati al cono … quindi,<br />
costeggiando il cono, discendemmo lievemente<br />
finchè sotto il cielo rischiarato vedemmo<br />
zampillare la lava dalla nuvolaglia selvaggia dei<br />
vapori … La lava formava una striscia forse non<br />
più larga di dieci piedi; ma il modo come scorreva<br />
per quel declivio non rapido e piuttosto uniforme<br />
era ben sorprendente … La massa rovente<br />
sembrava come offuscata dallo splendore vivo del<br />
sole; un tenue fumo soltanto saliva nell’aria. Io<br />
desideravo accostarmi al punto in cui la lava<br />
scaturisce dal vivo della montagna, per vedere e<br />
provar da vicino anche questo spettacolo …<br />
Il terreno ci scottava sempre più sotto i piedi,<br />
mentre nell’aria sbuffava un vapore<br />
insopportabile, che ci soffocava ed oscurava il<br />
sole. La guida, che mi precedeva, ritornò ben<br />
presto indietro, mi afferrò per la cintura e così ci<br />
strappammo da quella bolgia infernale. Dopo aver<br />
ricreato gli occhi al bel panorama e le fauci con<br />
un po’ di vino, girammo un po’ intorno, per<br />
osservare altri particolari di questa bocca<br />
d’inferno che si erge nel mezzo di un paradiso.<br />
22
THE KING AND QUEEN OF<br />
NAPLES VISIT THE SITES OF THE<br />
ERUPTION OF 1771 WITH SIR<br />
W. HAMILTON.<br />
ADRIANA PIGNATELLI MANGONI<br />
DA: P. FABRIS<br />
PER SIR WILLIAM HAMILTON<br />
THE GREAT ERUPTION OF<br />
VESUVIUS IN THE EVENING IN<br />
1779.<br />
ADRIANA PIGNATELLI MANGONI<br />
DA: P. FABRIS<br />
PER SIR WILLIAM HAMILTON<br />
VIEW OF THE ISLAND OF<br />
STROMBOLI IN 1785.<br />
ADRIANA PIGNATELLI MANGONI<br />
DA: P. FABRIS<br />
PER SIR WILLIAM HAMILTON<br />
ERUPTION OF STROMBOLI AT<br />
NIGHT IN 1785.<br />
ADRIANA PIGNATELLI MANGONI<br />
DA: P. FABRIS<br />
PER SIR WILLIAM HAMILTON<br />
graphique: SILVANA SABATELLI 2006 - ojo.silgus@tiscali.it<br />
ERUPTION OF VESUVE IN 1771<br />
ERUPTION OF VESUVIUS 1779<br />
STROMBOLI IN 1785<br />
ERUPTION OF STROMBOLI AT NIGHT IN 1785<br />
<strong>ARIA</strong> <strong>ACQUA</strong> <strong>TERRA</strong> <strong>FUOCO</strong><br />
EMOZIONI E TRAVOLGIMENTI<br />
NELLE IMMAGINI DEI VIAGGIATORI<br />
DAL VESUVIO ALLE EOLIE<br />
SELEZIONE DELLE OPERE ESPOSTE
Ho potuto osservare attentamente un'altra volta<br />
alcune voragini, veri camini del vulcano, che però<br />
non emettono fumo, ma esalano di continuo e<br />
violentemente un’aria arroventata. Le ho viste<br />
completamente tappezzate di materiale<br />
stalattitiforme, che, in forma di coni e di<br />
mammelle, riveste l’abisso fino all’orlo …<br />
Il più splendido tramonto, una serata di paradiso,<br />
mi hanno estasiato al ritorno. Ho potuto tuttavia<br />
sentire come un contrasto così enorme basti a<br />
turbare i nostri sensi. L’orribile accostato al bello,<br />
il bello all’orribile, si annullano a vicenda e<br />
finiscono per produrre una sensazione<br />
d’indifferenza. Non v’ha dubbio che il napoletano<br />
sarebbe un altr’uomo, se non si sentisse<br />
prigioniero fra Dio e Satana.<br />
Napoli, 22 marzo 1787<br />
… Per decantare la posizione della città e la<br />
mitezza del clima, non vi sono parole bastanti;<br />
ma questo è anche tutto ciò su cui può contare il<br />
forestiero. Non v’ha dubbio: chi ha tempo a<br />
disposizione, un po’ di tatto e la borsa piena, può<br />
fissare anche qui la sua residenza in lungo e in<br />
largo. Così, anche il cavaliere Hamilton si è<br />
costruito qui il suo bel nido, e se lo gode, ora che<br />
la sua vita è giunta a sera. L’appartamento che<br />
egli ha messo su, al gusto inglese, è quanto mai<br />
delizioso, e la vista che si gode da una stanza ad<br />
angolo, forse unica. Ai piedi il mare, in faccia<br />
Capri, a destra Posillipo, a fianco la passeggiata<br />
della Villa Reale, a sinistra un vecchio edificio di<br />
Gesuiti, più in là la Costiera di Sorrento fino al<br />
Capo Minerva. È ben difficile, almeno in Europa,<br />
che si possa trovare un punto simile; molto più<br />
nel centro di una città grande e popolosa.<br />
Hamilton è uomo d’un gusto universale che,<br />
dopo aver percorso tutti i regni della creazione,<br />
si è fermato davanti a una bella donna, il<br />
capolavoro del grande Artista …<br />
Taormina, lunedì 7 maggio 1787<br />
… Io ero sicuro che delle contrade più interessanti<br />
della Sicilia e delle loro diverse parti mi sarebbero<br />
rimasti ricordi eletti e durevoli sia in quadri<br />
compiuti che in semplici abbozzi; ho ceduto<br />
quindi più facilmente al desiderio sorto a poco a<br />
poco in me di vivificare mediante nobili immagini<br />
di poesia la splendida natura che mi circondava il<br />
mare, le nuvole, i porti, e di comporre con questi<br />
elementi locali un’opera, d’un carattere e d’una<br />
intonazione quali ancora non avevo prodotto. La<br />
purezza del cielo, il respiro del mare, i vapori pei<br />
quali i monti sembravan come fusi in un elemento<br />
solo col mare e col cielo, tutto questo forniva<br />
alimento ai miei progetti; e passeggiando in quel<br />
bel giardino pubblico di Palermo fra spalliere di<br />
oleandri in fiori sotto capanne di aranci e di<br />
limoni carichi di frutti, e sostando fra alti alberi e<br />
arbusti a me ignoti, ho subìto quest’influsso<br />
esotico in maniera quanto mai affascinante.<br />
Convinto che non vi poteva essere per me un<br />
commento all’Odissea migliore della natura<br />
vivente che mi circondava, me n’ero procurato un<br />
esemplare, che andavo leggendo a mio modo con<br />
un rapimento incredibile …<br />
Napoli, 30 maggio 1787<br />
Questa notte, passeggiando per la città, sono<br />
arrivato al molo; ed ho veduto, d’un colpo<br />
d’occhio, la luna che illuminava del suo chiarore<br />
gli orli delle nuvole, il riflesso che tremolava<br />
dolcemente sul mare, ma più distinto e più vivido<br />
sulla cima delle onde più vicine; e poi le stelle, la<br />
lanterna del faro, il fuoco del Vesuvio, il suo<br />
riflesso nell’acqua, e molti altri splendori<br />
disseminati qua e là sui battelli. Un tema così<br />
ricco di variazioni mi avrebbe fatto piacere<br />
vederlo elaborato da un van der Neer.<br />
Napoli, 1-8 giugno 1787<br />
… Il Vesuvio, che ha divampato con forza sin<br />
dal mio ritorno dalla Sicilia alla fine, il 1° di<br />
giugno ha emesso un forte torrente di lava. Così<br />
ho potuto vedere questo spettacolo naturale, se<br />
bene lo abbia veduto solo di lontano.<br />
È una visione grandiosa.<br />
Visioni simili a questa bellissima ne ho avute<br />
molte, che restano vive nell’anima mia e non<br />
potranno più essermi tolte.<br />
Sono partito da solo e volentieri da Napoli, là<br />
non se ne prende piena coscenza e occorre per<br />
orientarsi uno stato d’animo particolare e un<br />
tempo più lungo. Ho impiegato tre giorni e<br />
mezzo nel viaggio molto felice. Seduto da solo<br />
nella carrozza mi sono lasciato trasportare, ho<br />
goduto il paesaggio, ho fatto qualche disegno e<br />
ho ricapitolato e Napoli e la Sicilia. Ho tutte le<br />
ragioni per essere contento del mio viaggio, nel<br />
quale ho messo insieme tesori bellissimi e<br />
solidissimi”.<br />
(Da due lettere a Carlotta von Stein)<br />
Da: Johann Wolfang Goethe, Italienische<br />
Reise, [1786-88] ed. Jena 1816-29.<br />
24
Il Vesuvio: Pierre-Jacques Volaire<br />
DAI RACCONTI E IMPRESSIONI DI VIAGGIO ALLE IMMAGINI IN GOUACHE<br />
Nel vedere per la prima volta al Château de<br />
Maisons le grand tableau catastrophe di P.-J.<br />
Volaire l’istinto primario mi avrebbe spinta a<br />
portarmelo via, tanto quel quadro era<br />
straordinario e irrinunciabile. Non potendolo<br />
rubare, ho portato via nel mio cuore quella<br />
immagine e ne ho rappresentato il ricordo.<br />
Ricordo che non ha tanto rapporto artistico e<br />
figurativo con l’insuperabile capolavoro,<br />
quanto con la passione che ne ho colto e che mi<br />
è stata trasmessa e porto dentro di me.<br />
È da questo evento che deriva in fondo<br />
l’esposizione delle mie gouaches.<br />
“Napoli, 23 aprile 1774<br />
Ed ecco una giornata di curiosità terminata non<br />
senza pena e fatica. Si è deciso di visitare il<br />
Vesuvio, che ci aspettava per fare una eruzione<br />
con una bella colata di lava. Il punto era di<br />
vederlo sia di giorno che di notte; siamo partiti<br />
alle nove, portando con noi il pranzo, e abbiamo<br />
raggiunto Portici da dove, con muli e asini, ci<br />
siamo portati fino alle falde del Vesuvio. Si<br />
impiegano quattro ore per giungere fin lì. Dopo<br />
aver pranzato all’Eremita, abbiamo continuato il<br />
nostro cammino sui muli ancora per tre quarti<br />
d’ora, dopo di che siamo stati costretti a mettere<br />
i piedi a terra. Abbiamo cominciato a<br />
camminare alla men peggio, in una piana<br />
ricoperta da pezzi di lava di una vecchia<br />
eruzione. Sono pietre aguzze, come raspe di<br />
ferro, piene di crepe molto adatte per rompersi<br />
una gamba. Per salire bisogna conoscere bene il<br />
percorso e riposarsi spesso. A destra e a sinistra<br />
si vedono uscire fumi che indicano la presenza<br />
del fuoco. Senza dubbio questo caos deriva da<br />
un’antica eruzione che di una montagna ne ha<br />
fatte due. In fine, siamo arrivati a destinazione,<br />
davanti alla lava che colava; ciascuno di noi era<br />
scortato da due uomini che fungevano da<br />
scudieri. Fummo allora in grado di sentire i<br />
muggiti dello spavantoso vulcano che è<br />
racchiuso dentro questa montagna. È un<br />
continuo fuoco d’artificio e ha l’aspetto di un<br />
fascio di fiori; bisogna centuplicare quest’effetto<br />
e a ogni fascio si vedono massi di pietra<br />
infiammata saltare e rotolare infuocate fino alla<br />
base della montagna. A mezza lega di distanza<br />
davanti a noi vedemmo venirci incontro una<br />
cascata di fuoco larga almeno venti o trenta<br />
piedi. Alla base della montagna essa prendeva<br />
diverse direzioni, come fa l’acqua quando segue<br />
l’inclinazione del terreno. Eccoci dunque di<br />
fronte a questo spettacolo imponente! Alcuni di<br />
noi, volendo soddisfare ulteriormente la loro<br />
curiosità, cominciarono a salire lungo il torrente<br />
di fuoco, desiderando giungere fin sopra la<br />
bocca. Partirono, allegri e contenti, senza dare<br />
ascolto ai consigli e senza salire girando intorno<br />
alla montagna, come si fa di solito. Dalla nostra<br />
posizione li vedevamo arrampicare con le mani,<br />
sforzandosi di arrivare, ma non riuscirono a<br />
giungere oltre una certa altezza. Tornarono dopo<br />
un’ora, stracciati, senza scarpe, spaventati dai<br />
mille pericoli che avevano corso, dal tremendo<br />
rumore che lì vicino si sentiva, dall’odore di<br />
zolfo in cui credevano di essersi tuffati, e<br />
promisero di non tentare mai più l’avventura. Io<br />
non avevo bisogno di queste prove per decidere<br />
di restare ad una distanza conveniente, perché<br />
avevo incontrato a Roma, tempo prima,<br />
parecchie persone di ritorno da Napoli che si<br />
lamentavano di aver sofferto un’immensa<br />
stanchezza nel salire al Vesuvio, correndo anche<br />
il rischio di rimanerci. Restammo fin verso le<br />
otto di sera per godere l’effetto del fuoco nella<br />
notte, che è uno spettacolo del tutto diverso da<br />
quello cui si assiste di giorno. Un quarto d’ora è<br />
stato sufficiente; lo spettacolo in effetti è<br />
superbo, un torrente di fuoco e una bocca che<br />
vomita continuamente fasci infuocati. Avevamo<br />
timore per il ritorno, poiché dovevamo effettuare<br />
lo stesso cammino al chiarore della luna e delle<br />
fiaccole. Discendemmo infatti con una certa<br />
difficoltà. Scarpe e stivali furono messi a dura<br />
prova; alle nove di sera ripartimmo dall’eremo<br />
per Portici, sui nostri muli. Arrivammo a Napoli<br />
non prima di mezzanotte, ben contenti di ciò che<br />
avevamo visto e confidandoci che una sola<br />
visita era sufficiente. Ero con un pittore di nome<br />
Volaire che riuscì a rendere l’orrore del Vesuvio<br />
in maniera superba. Acquistai un quadro”.<br />
Da: P. J. O. Bergeret de Grancourt,<br />
in Bergeret et Fragonard. Journal inédit d’un<br />
voyage en Italie, 1773-1774, a cura di M.A.<br />
Tornézy, Parigi 1895, p. 301.<br />
25
« Nous arrivâmes à Naples […] enchantés de<br />
l'aspect de la nature et du climat de cette heureuse<br />
contrée, qu'on a à si juste titre appelée le jardin de<br />
l'Europe. Quoiqu'aux premiers jours de décembre,<br />
j'en sentis tout le charme, je ne trouvai plus rien<br />
d'exagéré dans tout ce que j'en avais lu; quand on a<br />
tout peint et tout décrit, il reste encore à rendre un<br />
effet magique qui existe dans l’air, qui colore tous<br />
les objets, et qui fait que ceux memes qu'on<br />
connaît dans les autres climats ne se ressemblent<br />
plus dans ceux-ci, et y deviennent nouveaux.”<br />
Denon, D.V.,Voyage au Royaume de Naples,<br />
presanté par B. Dugougeon, Paris, 1977, p. 60<br />
« ...je vais vous parler de mon spectacle favori,<br />
du Vésuve. Pour un peu je me ferais Vésuvienne<br />
tant j'aime ce superbe volcan; je crois qu'il<br />
m'aime aussi car il m'a fetée et reçue de la<br />
manière la plus grandiose. Que de- viennent les<br />
plus beaux feux d'artifice, sans en excepter la<br />
grande girande du Château Saint-Ange, quand on<br />
songe au Vésuve ? ».<br />
Vigée-Lebrun, É., Souvenirs, édités par C.<br />
Hennann, Paris, 1984, vol. 1, p. 209.<br />
Un grand morceau du sommet de la montagne du<br />
Vésuve est tombé, dans le cratère, qui depuis 18<br />
mois est d'une grande profondeur. Ce morceau<br />
considérable de son ourle, au lieu de le combler<br />
en partie, n'a fait que l'enfoncer davantage. Il<br />
s'est formé depuis, deux trous à son plancher<br />
d'où il est sorti du feu pendant quelques heures,<br />
et depuis ce tems beaucoup de fumée.»<br />
Lettre de Denon n° 60 envoyée à Hennin, Naples<br />
le 16 aoiìt 1783. Paris, Archives du Ministère<br />
des Affaires Étrangères, Correspondance<br />
politique, Naples, n° 109, f. 148.<br />
« Le bruit qui a couru à Rome d'une nouvelle<br />
lave du Vésuve qui s'est manifestée dans les<br />
premiers jours de la semaine dernière, et qui n'est<br />
nullement comparable à celle de 1767, a engagé<br />
un grand nombre d'Étrangers qui avoient déjà<br />
fait le voyage de Naples à y revenir pour<br />
contempler le phénomène, ils n'ont pas été<br />
médiocrement étonnés de l'exagération avec<br />
laquelle on leur a parlé de ses ravages.»<br />
Dépeche de Bérenger n° 42, Naples le 20 mars<br />
1770. Paris, Archives du Ministère des<br />
Affaires Étrangères, Correspondance<br />
politique, Naples, n° 92, f. 80.<br />
«Quoiqu'on n'eût pas encore été au cratère, et<br />
que M. Hamilton en eût été repoussé quelques<br />
jours auparavant par l'abondance de la fumée<br />
soffocante, j’espérai d’être plus heureux, et je<br />
partis accompagné du Cicéron Bartolomeo, le<br />
seul courageux et le seul intelligent de tous les<br />
Cicérons du Vésuve”<br />
Denon, D. V., 1997, p. 99<br />
Eruptions du Vésuve - «L'escarpement presque<br />
perpendiculaire de rochers terminant en pointes de<br />
différentes formes; le déchirement de ce sol qui<br />
laissait voir les tranches de tout ce qui le composait;<br />
des milliers de moufettes qui tapissaient leurs<br />
orifices de sels et de soufre, colorés de l'incarnat le<br />
plus vif, du rouge orangé, du blanc, du jaune et du<br />
vert, et de toutes les nuances qui participent à toutes<br />
ces couleurs; une vapeur vascillante et transparente<br />
qui leur servait comme de vernis; des torrents de<br />
fumée, alternativement noire et blanche, qui sortait<br />
à gros flocons de plusieurs trous où l'oeil ne pouvait<br />
pénétrer; enfin cet ensemble par ses formes, ses<br />
couleurs et ses accidents particuliers, formait un<br />
tableau aussi beau qu'extraordinaire.<br />
Denon,D.V., 1997,p. 102<br />
Les éruptions du Vésuve offrent un caractère<br />
pittoresque auquel Volaire est sensible. Mais<br />
était-il le premier à ressentir la beauté du<br />
phénomène? Le premier à traduire ses émotions<br />
avec les ocres et les terres de sa palette? Les<br />
éruptions nocturmes du Vésuve étaient un thème<br />
déjà ancien, situé au carrefour de deux traditions,<br />
celle des représentations du volcan et celle des<br />
paysages nocturnes.<br />
Émilie Beck – Saiello “Le Chevalier Volaire”<br />
Centre Jean Bérard 2005<br />
« Avant la nuit nous étions sur la montagne pour<br />
voir les anciennes laves et le coucher du soleil<br />
dans la mer. Le volcan était alors plus furieux<br />
que jamais, et comme pendant le jour, on ne<br />
distingue point le feu, nous ne vîmes sortir du<br />
cratère, avec des nuées de cendres et de laves,<br />
qu'une énorme fumée blanchâtre, argentée, que<br />
le soleil éclairait d'une manière admirable.»<br />
Vigée-Lebrun, É., 1984, vol. l, p. 210.<br />
26
IL DIARIO PITTORICO<br />
DEL MIO “PETIT TOUR”<br />
IN MAGNA GRECIA<br />
1983 - 2001<br />
L’ISOLA DI STROMBOLI<br />
ADRIANA PIGNATELLI MANGONI<br />
27
Il racconto pittorico del mio viaggio<br />
Adriana Pignatelli Mangoni<br />
Conoscendo i racconti, le immagini dei viaggiatori e i contesti mentali<br />
dell’epoca, ho percorso un viaggio sentimentale tra i vulcani del Mezzogiorno<br />
“Isole dolci del dio.<br />
Isola è fine d’ogni viaggio, meta della più grande<br />
via per cui è sempre corsa ogni avventura, ha<br />
navigato la civiltà dell’uomo; isola è anelito e<br />
approdo, remissione d’ogni incertezza e ansia,<br />
superamento della natura, scoperta, inizio della<br />
conoscenza, progetto della storia, disegno della<br />
convivenza. Ma isola è anche sosta breve, attesa,<br />
pausa in cui rinasce la fantasia dell’ignoto, il<br />
desiderio del viaggio, il bisogno di varcare il<br />
limite, sondare nuovi spazi. Isola è metafora di<br />
questo nostro mondo: scoglio dentro l’immenso<br />
mare, granello vagante nello infinito spazio; è<br />
metafora della vita umana; sosta d’un attimo<br />
nell’eterno da cui veniamo, a cui il destino<br />
inesorabilmente ci sospinge. È materno grembo<br />
l’isola, schermo pietoso al panico, al terrore”.<br />
Da: Vincenzo Consolo, nel convegno “Alle<br />
radici della vita civica nelle Eolie”,<br />
Lipari 17 maggio 1995.<br />
“‘Male di pietra’ continuò il marinaio ‘è un<br />
cavatore di pomice di Lipari. Ce ne sono a<br />
centinaia come lui in quell’isola. Non arrivano<br />
neanche ai quarant’anni. I medici non sanno che<br />
farci e loro vengono a chiedere il miracolo alla<br />
Madonna negra qui del Tindaro. Speziali e<br />
aromatari li curano con senapismi e infusi e ci<br />
s’ingrassano…’Sotto lo sguardo dell’uomo, acuto<br />
e scrutatore, ritornò con la mente al cavatore. Al<br />
di là dei Canneti, verso il ponente, s’erge dal<br />
mare un monte bianco abbagliante che chiamasi<br />
Pelato. Quivi copiosa schiera d’uomini, brulichìo<br />
nero di tarantole e scarafaggi, sotto un sole di<br />
foco che pare di Marocco, gratta la pietra porosa<br />
col piccone; curva sotto le ceste esce da buche,<br />
da grotte, gallerie; scivola sopra pontili esili di<br />
tavole che s’allungano nel mare fino ai velieri”.<br />
Da: Vincenzo Consolo, Il sorriso dell’ignoto<br />
marinaio, Torino 1976.<br />
“‘Che mare! E dove c’è un mare così?’ ‘Sembra<br />
vino’ disse Nenè. ‘Vino?’ fece il prof. perplesso.<br />
‘Io non so questo bambino come veda i colori:<br />
come se ancora non li conoscesse. A voi sembra<br />
colore di vino, questo mare?’ ‘Non so: ma mi<br />
pare ci sia qualche vena rossastra’ disse la<br />
ragazza ‘l’ho sentito dire, o l’ho letto da qualche<br />
parte: il mare color del vino’, disse l’ingegnere …<br />
‘Vedi: qui sotto, vicino agli scogli, il mare è<br />
verde; più lontano è azzurro, azzurro cupo’ ‘A me<br />
sembra vino’ disse il bambino, con sicurezza …<br />
Da: Leonardo Sciascia, Il mare color del vino,<br />
Torino 1973.<br />
“A Canneto avevo un giardino io, e c’era una<br />
serpe. Il marito mio sempre mi diceva: ‘Vedi che<br />
c’è sempre una serpe vicino al gallinaio. Non<br />
toccare mai questa serpe, non la toccare’. Io la<br />
vedevo: lei era in mezzo alle pietre e io le<br />
dicevo: ‘O te ne vai o ti ammazzo’.<br />
Lei se ne saliva, bella, per sopra e io non la<br />
disturbavo mai. Perché quando uno trova una<br />
serpe vicino alla casa, dice che non si tocca. Anzi<br />
le dico che, una volta, conoscevo uno che trovò<br />
una serpe dentro la pila dove lavavano i panni,<br />
lui proibì a tutti di andare a lavare nella pila. Le<br />
portava il mangiare, le portava l’acqua e la pila la<br />
coprì con un pezzo di tavola.<br />
Quanto durò questo tempo non lo so, ma che le<br />
portava l’acqua e le portava il mangiare … lo so<br />
perché le successe alla mamma mia. Lui le disse:<br />
‘Grazia, non ci andare più a lavare nella pila’.<br />
Era a Capistello, a lavorare da N. C.<br />
Perché può darsi che sono pure anime<br />
condannate, una non è che lo può sapere, capita,<br />
in mezzo a tante, che ce n’è qualcuna”.<br />
Da: Macrina Marilena Maffei, Capelli di<br />
serpe. Cunti e credenze delle isole Eolie, 1995.<br />
“Quanto alla pianura intorno a Capua, essa è la<br />
più rinomata d’Italia per la sua fertilità, la sua<br />
bellezza, i comodi porti di cui dispone ai quali<br />
approdano quanti vengono in Italia da quasi ogni<br />
altra parte del mondo. In essa si trovano pure le<br />
più belle e famose città della penisola. Sono<br />
situate sulla costa le città di Sinuessa, Cuma,<br />
Diciarchia, quindi Napoli. È comprensibile come<br />
sia formata la leggenda che i mitografi narrano<br />
riguardo a questa pianura, chiamata Flegrea come<br />
altre pianure famose: che gli dei cioè se la siano<br />
particolarmente contesa, a causa della sua<br />
bellezza e fertilità”.<br />
Da: Polybius, Historiae, V.91.<br />
28
“Certo; è il più bel posto della Sicilia, la costa è<br />
selvaggia, completamente deserta, non si vede<br />
neppure una casa; il mare è del colore dei pavoni;<br />
e proprio di fronte, al di là di queste onde<br />
cangianti, sale l’Etna; da nessun altro posto è<br />
bello come da lì, calmo, possente, davvero<br />
divino. È uno di quei luoghi nei quali si vede un<br />
aspetto eterno di quell’isola che tanto<br />
scioccamente ha volto le spalle alla sua<br />
vocazione che era quella di servire da pascolo per<br />
gli armenti del sole …<br />
Agosto, alle sei. Mi ero svegliato da poco ed ero<br />
subito salito in barca; pochi colpi di remo mi<br />
avevano allontanato dai ciottoli della spiaggia e<br />
mi ero fermato sotto un roccione la cui ombra mi<br />
avrebbe protetto dal sole che già saliva, gonfio di<br />
bella furia, e mutava in oro gli azzurri e il<br />
candore del mare aurorale. Declamavo, quando<br />
sentii un brusco abbassamento dell’orlo della<br />
barca, a destra, dietro di me, come se<br />
qualcheduno vi si fosse aggrappato per salire. Mi<br />
voltai e la vidi: il volto liscio di una sedicenne<br />
emergeva dal mare, due piccole mani stringevano<br />
il fasciame. Quell’adolescente sorrideva, una<br />
leggera piega scostava le labbra pallide e lasciava<br />
intravedere dentini aguzzi e bianchi, come quelli<br />
dei cani. Non era però uno di quei sorrisi come<br />
se ne vedono fra voialtri, sempre imbastarditi da<br />
una espressione accessoria, di benevolenza o<br />
d’ironia, di pietà, crudeltà o quel che sia; esso<br />
esprimeva soltanto se stesso, cioè una quasi<br />
bestiale gioia di esistere, una quasi divina letizia.<br />
Questo sorriso fu il primo dei sortilegi che agisse<br />
su di me rivelandomi paradisi di dimenticate<br />
serenità. Dai disordinati capelli color di sole<br />
l’acqua del mare colava sugli occhi verdi<br />
apertissimi, sui lineamenti d’infantile purezza …<br />
Muovendomi con precauzione, mi portai<br />
all’altezza di lei, mi curvai, le tesi le mani per<br />
farla salire. Ma essa, con stupefacente vigoria<br />
emerse diritta dall’acqua sino alla cintola, mi<br />
cinse il collo con le braccia, mi avvolse in un<br />
profumo mai sentito, si lasciò scivolare nella<br />
barca: sotto l’inquine, sotto i glutei il suo corpo<br />
era quello di un pesce, rivestito di minutissime<br />
squame madreperlacee e azzurre, e terminava in<br />
una coda biforcuta che batteva lenta il fondo<br />
della barca. Era una Sirena.<br />
Riversa poggiava la testa sulle mani incrociate,<br />
mostrava con tranquilla impudicizia i delicati<br />
peluzzi sotto le ascelle, i seni divaricati, il ventre<br />
perfetto; da lei saliva quel che ho mal chiamato<br />
un profumo, un odore magico di mare, di voluttà<br />
giovanissima. Eravamo in ombra ma a venti<br />
metri da noi la marina si abbandonava al sole e<br />
fremeva di piacere …<br />
Parlava e così fui sommerso, dopo quello del<br />
sorriso e dell’odore, dal terzo, maggiore<br />
sortilegio, quello della voce. Essa era un po’<br />
gutturale, velata, risuonante di armonici<br />
innumerevoli; come sfondo alle parole in essa si<br />
avvertivano le risate impigrite dei mari estivi, e il<br />
fruscio delle ultime spume sulle spiagge, il<br />
passaggio dei venti sulle onde lunari. Il canto<br />
delle Sirene, Corbera, non esiste: la musica cui<br />
non si sfugge è quella sola della loro voce.<br />
Parlava greco e stentavo molto a capirla.<br />
‘Ti sentivo parlare da solo in una lingua simile<br />
alla mia; mi piaci, prendimi. Sono Lighea, sono<br />
figlia di Calliope. Non credere alle favole<br />
inventate su di noi: non uccidiamo nessuno,<br />
amiamo soltanto’. Curvo su di essa, remavo,<br />
fissavo gli occhi ridendo. Giungemmo a riva:<br />
presi fra le braccia il corpo aromatico, passammo<br />
dallo sfolgorio all’ombra densa; lei m’instillava<br />
già nella bocca quella voluttà che sta ai vostri<br />
baci terrestri come il vino all’acqua sciapa …<br />
Le assenze di Lighea erano frequentissime: senza<br />
farmene cenno prima si tuffava in mare e<br />
scompariva, talvolta per moltissime ore. Quando<br />
ritornava, quasi sempre di primo mattino, o mi<br />
incontrava in barca o, se ero ancora nella<br />
casupola strisciava sui ciottoli metà fuori e metà<br />
dentro l’acqua, sul dorso, facendo forza con le<br />
braccia e chiamandomi per essere aiutata a salire<br />
la china. ‘Sasà’ mi chiamava, poiché le avevo<br />
detto che questo era il diminutivo del mio nome.<br />
In questo atto, impacciata proprio da quella parte<br />
del corpo sua che le conferiva scioltezza nel<br />
mare, essa presentava l’aspetto compassionevole<br />
di un animale ferito, aspetto che il riso dei suoi<br />
occhi cancellava subito … Spesso la vedevo<br />
emergere dal mare il torso delicato, luccicante al<br />
sole … ‘Tu sei bello e giovane; dovresti seguirmi<br />
adesso nel mare e scamperesti ai dolori alla<br />
vecchiaia; verresti nella mia dimora, sotto gli<br />
altissimi monti di acque immote e oscure, dove<br />
tutto è silenziosa quiete. Io ti ho amato e,<br />
ricordalo, quando sarai stanco, quando non ne<br />
potrai proprio più, non avrai che da sporgerti sul<br />
mare e chiamarmi: io sarò sempre lì, perché sono<br />
ovunque, e la tua sete di sonno sarà saziata’.<br />
Una volta mi disse che sarebbe stata assente a<br />
lungo, sino alla sera del giorno seguente.<br />
‘Debbo andare lontano, là dove so che troverò<br />
un dono per te’. Ritornò infatti con uno<br />
stupendo ramo di corallo purpureo incrostato<br />
di conchiglie e muffe marine …<br />
29
Al mattino il mare color di tortora come una<br />
tortora si doleva per sue arcane irrequietudine e<br />
alla sera si increspava, senza che si percepisse<br />
brezza, in un digradare di grigi-fumo, grigiacciaio,<br />
grigi-perla, soavissimi tutti e più<br />
affettuosi dello splendore di prima.<br />
Lontanissimi brandelli di nebbia sfioravano le<br />
acque. Anche l’umore di Lighea trascolorava<br />
dallo splendore all’affettuosità del grigio. Taceva<br />
di più, passava ore distesa su uno scoglio a<br />
guardare l’orizzonte non più immobile, si<br />
allontanava poco. ‘Voglio restare ancora con te;<br />
se adesso andassi al largo i miei compagni del<br />
mare mi tratterrebbero. Li senti?<br />
Mi chiamano’. Talvolta mi sembrava davvero di<br />
udire una nota differente più bassa fra lo squittio<br />
acuto dei gabbiani, intravedere scapigliamenti<br />
fulminei fra scoglio e scoglio.<br />
‘Suonano le loro conche, chiamano Lighea per le<br />
feste della bufera.’<br />
Questa ci assalì all’alba del giorno ventisei. Dallo<br />
scoglio vedemmo l’avvicinarsi del vento che<br />
sconvolgeva le acque lontane, vicino a noi i flutti<br />
plumbei si rigonfiavano vasti e pigri. Presto la<br />
raffica ci raggiunse, fischiò nelle orecchie, piegò<br />
i rosmarini disseccati. Il mare al di sotto di noi si<br />
ruppe, la prima ondata avanzò coperta di<br />
biancore. ‘Addio, Sasà. Non dimenticherai’.<br />
Il cavallone si spezzò sullo scoglio, la Sirena si<br />
buttò nello zampillare iridato; non la vidi<br />
ricadere; sembrò che si disfacesse nella spuma”.<br />
Da: Giuseppe Tomasi di Lampedusa,<br />
“Lighea”, in Racconti, Milano 1961.<br />
“In quegli anni gli abitanti delle Eolie facevano<br />
parte di un mondo ancora arcaico e poverissimo,<br />
dove non vivere, ma sopravvivere era difficile.<br />
E quando qualcuno non ce la faceva più, partiva<br />
per l’Australia. Nell’assenza degli uomini, le<br />
donne, che in Sicilia rimanevano rinchiuse in<br />
casa, qui uscivano per cogliere i capperi e per<br />
pescare, lasciando i vecchi a fumare sotto i<br />
pergolati delle terrazze sostenute da colonne<br />
cilindriche imbiancate di calce, le stesse dall’età<br />
minoica …<br />
In queste isole prive di sorgenti, la sola acqua era<br />
l’acqua piovana, che veniva raccolta dalle<br />
terrazze, ingegnosamente incanalata e filtrata e<br />
conservata nelle cisterne.<br />
Accanto alle cisterne, due per ogni casa, gli<br />
eoliani sistemavano un banco per la biancheria,<br />
pronta per essere lavata … Ogni famiglia aveva<br />
un piccolo vigneto, innestato con la vite<br />
americana dopo la maledizione della fillossera<br />
che aveva distrutto nell’Ottocento quasi tutte le<br />
piante, ricavandone un vino forte e profumato<br />
dal colore dell’ambra e con la gradazione<br />
alcolica di un liquore. A Stromboli i capperi<br />
venivano coltivati lungo le pendici del vulcano<br />
in buche profonde anche un metro, per ripararli<br />
dal vento e mantenerli dentro un alone protettivo<br />
di umidità. Da lontano nessuno avrebbe mai<br />
immaginato che quei pendii ricoperti di cenere<br />
nerastra si potesse nascondere una piantagione<br />
rigogliosa.<br />
Francesco Alliata si ricordava che l’odore<br />
dominante delle Eolie, avvertibile in tutte le isole<br />
appena uno sbarcava, era quello pungente e<br />
piccante dei capperi sotto sale …<br />
‘Alla vista di Vulcano Anna si è rianimata’,<br />
faceva sapere uno di loro. ‘L’isola si presenta in<br />
pieno e terrificante splendore. È un lembo di luna<br />
caduto nel mare. Ma non luna morta, luna viva,<br />
fuoco, zolfo rupi torturate, ginestre pazzamente<br />
gialle e un monte dalle rughe di una vecchiaia<br />
spaventevole’”.<br />
Da: Stefano Malatesta, Il cane che va per<br />
mare, Vicenza 2000.<br />
“Questa regione è così felice, così deliziosa,<br />
così fortunata, che vi si riconosce evidente<br />
l’opera prediletta della natura.<br />
Perché quest’aere vitale, questa perpetua<br />
mitezza di cielo, questa campagna così fertile,<br />
questi colli solatii, queste foreste così sicure,<br />
questi recessi ombrosi, questi alberi fruttiferi,<br />
queste montagne perdute fra le nubi, queste<br />
messi sterminate, tanta copia di viti e di ulivi, e<br />
greggi dalla nobile lana e tori così pingui, e tanti<br />
laghi, e tanta dovizia di acque irrigue e di fonti,<br />
tanti mari e tanti porti! Una terra che porge da<br />
ogni parte il suo seno ai commerci e che, quasi<br />
per incoraggiare gli umani, stende ella stessa le<br />
sue braccia nel mare!”<br />
Da: Caius Plinius Secundus, Naturalis<br />
historia.<br />
“Ci hanno condotto alle Stufe [di Nerone] alla<br />
celebre Grotta del Cane, che è solo una piccola<br />
caverna scavata dalla natura in una di quelle<br />
rocce che circondano il lago di Agnano. A<br />
ragione la si tiene chiusa, perché da quel<br />
posticino fuoriesce un’esalazione di zolfo così<br />
sottile e così pestifera che se uno vi si coricasse,<br />
rimarrebbe stecchito all’istante”.<br />
Da: J.-C. Richard, abbé de Saint-Non,<br />
Journal ou notes sur un voyage fait en Italie<br />
1759 et 1760, ed. cons. Roma 1981.<br />
30
IL VESUVIO IN ERUZIONE DI<br />
CENERE.<br />
ADRIANA PIGNATELLI MANGONI<br />
IL VESUVIO IN ERUZIONE VISTO<br />
DAL MARE.<br />
ADRIANA PIGNATELLI MANGONI<br />
VEDUTA NOTTURNA DEL<br />
VESUVIO IN ERUZIONE.<br />
ADRIANA PIGNATELLI MANGONI<br />
VEDUTA DAL MARE DEL<br />
VESUVIO IN ERUZIONE DI<br />
NOTTE.<br />
ADRIANA PIGNATELLI MANGONI<br />
graphique: SILVANA SABATELLI 2006 - ojo.silgus@tiscali.it<br />
IL VESUVIO DA SANTA LUCIA<br />
ERUZIONE DI CENERE DEL VESUVIO<br />
ERUZIONE DEL VESUVIO DI NOTTE<br />
ERUZIONE DEL VESUVIO DI NOTTE 1<br />
<strong>ARIA</strong> <strong>ACQUA</strong> <strong>TERRA</strong> <strong>FUOCO</strong><br />
EMOZIONI E TRAVOLGIMENTI<br />
NELLE IMMAGINI DEI VIAGGIATORI<br />
DAL VESUVIO ALLE EOLIE<br />
SELEZIONE DELLE OPERE ESPOSTE
“Una gita in barca fino a Pozzuoli, delle piccole<br />
escursioni in carrozza, allegre scampagnate<br />
attraverso la regione più meravigliosa del mondo.<br />
Sotto il cielo più puro, il terreno più infido …<br />
Il più splendido tramonto, una serata di paradiso,<br />
mi hanno estasiato al ritorno dal Vesuvio. Ho<br />
potuto tuttavia sentire come un contrasto così<br />
enorme basti a turbare i nostri sensi.<br />
L’orribile accostato al bello, il bello all’orribile, si<br />
annullano a vicenda e finiscono per produrre una<br />
sensazione d’indifferenza.<br />
Non v’ha dubbio che il Napoletano sarebbe un<br />
altr’uomo se non si sentisse prigioniero tra<br />
Dio e Satana”.<br />
Da: Johann Wolfang Goethe, Italienische<br />
Reise, [1786-88] ed. Jena 1816-29.<br />
“Finalmente Ischia. Sulla punta estrema, uno<br />
strano castello è appollaiato sulla roccia che<br />
domina la città alla quale è collegato da una<br />
lunga diga. La costa è incantevole; s’innalza<br />
dolcemente fino ad una grande collina, coperta di<br />
verde, di giardini e di vigne. Un antico cratere,<br />
che in seguito divenne un lago, forma adesso un<br />
porto dove le navi trovano riparo.<br />
La costa ha il marrone scuro delle lave essendo<br />
l’isola intera una scoria vulcanica.<br />
La montagna s’innalza, diviene enorme,<br />
dispiegandosi come un immenso, soffice<br />
tappeto di verde. Ai piedi di questo monte, si<br />
scorgono rovine, case crollate, sbilenche,<br />
scoperte, case rosa d’Italia”.<br />
Da: Guy de Maupassant, La Vie errante,<br />
Parigi 1890.<br />
“Per un tratto la strada costeggia d’appresso il<br />
mare, e quando c’è burrasca e le onde si<br />
infrangono tonanti sulla riva, allora il mare<br />
dovrebbe arrestarsi all’improvviso, rimanendo<br />
immobile, come atterrito dal nero volo di oscuri,<br />
misteriosi mostri. A Napoli ero stato a lungo<br />
assopito in grembo alla meravigliosa natura,<br />
avvolto dall’oblio; in presenza delle vestigia<br />
dell’antichità, avevo condotto un’esistenza<br />
notturna, una seconda vita, quando le cose più<br />
vicine e più chiare si fanno invisibili e le cose<br />
remote si presentano agli occhi vive e presenti –<br />
perciò la ferrovia mi era estranea e molesta,<br />
tuttavia esultai quando la vidi e ne fui attratto,<br />
esultai per la novità come quando vidi questa<br />
meraviglia per la prima volta.<br />
Tutte le epoche che si sono succedute in questa<br />
regione, tutti gli spiriti di coloro che un tempo<br />
abitarono questa terra vulcanica di vapori e di<br />
lingue di fuoco, si danno convegno atterriti,<br />
guardano e non capiscono: gli antichi Cimmeri<br />
con le loro notturne cerimonie funebri, gli Osci e<br />
gli Etruschi con le loro volte a vela, i Calcidesi, i<br />
Samii, i Sibariti, con la loro mite umanità, infine<br />
i Romani, signori della natura, i favolosi Mori e i<br />
cavallereschi Normanni. Provano la stessa<br />
sensazione di quel vecchio pescatore di Capri che<br />
me le raccontava e certamente questo figlio della<br />
natura non è mutato da tremila anni.<br />
Se gli eventi naturali avessero una coscienza<br />
come noi, l’orrido lago d’Averno, l’oscuro Antro<br />
della Sibilla, la desolata Solfatara e, più temibile<br />
di tutti, il Vesuvio, accoglierebbero il treno a<br />
vapore come un compagno a loro affine per<br />
natura, e considererebbero la loro stirpe arricchita<br />
di un nuovo membro. Si, un nuovo miracolo è<br />
avvenuto in questa ricca regione!”.<br />
Da: Victor Hehn, Reisebilder aus Italien und<br />
Frankreich, a cura di Th. Schiemann,<br />
Stoccarda 1894.<br />
“Nessun paesaggio infatti può essere più greco,<br />
nessun mare più pieno di antica grandezza di<br />
questa terra e di questo mare che vedo e vivo<br />
passeggiando per i sentieri di Anacapri.<br />
È la Grecia, senza le opere d’arte del mondo<br />
greco appena prima del suo sorgere.<br />
Come se tutto dovesse ancora venire, si trovano<br />
lassù grandi scorte di pietre; e come se dovessero<br />
nascere tutti quegli dei, che evocò l’eccesso di<br />
bellezza e di orrore della Grecia. E che lingua<br />
parla la gente lassù! Non ho mai udito bocca<br />
umana pronunciare parole così antiche.<br />
Chiedi loro il nome del luogo che vedi e ti<br />
dicono qualcosa di grande, di potente, che<br />
suona come il nome di un re, di uno di quegli<br />
antichi re leggendari, e ti sembra di avere già<br />
udito il suo nome, come un presagio, nei<br />
temporali e nell’empito trattenuto del mare<br />
che comincia a gonfiarsi”.<br />
Da: Rainer Maria Rilke, Briefe aus den<br />
Jahren 1907 bis 1914, Lipsia 1939.<br />
32
I sprang from the Sorrento sailing-boat on the<br />
little beach<br />
Swarms of boys were playing about among the<br />
upturned boats or bathing their shining bronze<br />
bodies in the surf, and old fishermen in red<br />
Phrygian caps sat mending their nets outside<br />
their boat-houses……<br />
.......We reached at last the top of the seven<br />
hundred and seventy-seven steps, and passed<br />
through a vaulted gate with the huge iron hinges<br />
of its former drawbridge still fastened to the<br />
rock. We were in Anacapri. The wole bay of<br />
Naples lay at our feet encircled by Ischia,<br />
Procida, the pine-clad Posilipo, the glittering<br />
white line of Naples, Vesuvius with its rosy<br />
cloud of smoke, the Sorrento plain sheltered<br />
under Monte Sant’-Angelo and further away the<br />
Apennine mountains still covered with snow.<br />
Just over our heads, riveted to the steep rock like<br />
an eagle’s nest, stood a little ruined chapel. Its<br />
vaulted roof had fallen in, but huge blocks of<br />
masonry shaped into an unknown pattern of<br />
symmetrical network, still supported its<br />
crumbling walls.<br />
‘Roba di Timberio’, explained old Maria.<br />
‘What is the name of the little chapel?’ I asked<br />
eagerly.<br />
‘San Michele.’<br />
‘San Michele, San Michele!’ echoed in my heart.<br />
In the vineyard below the chapel stood an old<br />
man digging deep furrows in the soil for the new<br />
vines. 'Buon giorno, Mastro Vincenzo! ‘The<br />
vineyard was his and so was the little house<br />
close by, he had built it all with his own hands,<br />
mostly with stones and bricks of the Roba di<br />
Timberio that was strewn all over the garden…..<br />
.......La Bella Margherita put a flask of rosecoloured<br />
wine and a bunch of flowers on the<br />
table in her garden and announced that the<br />
‘macaroni’ would be ready in five minutes. She<br />
was fair like Titian’s Flora, the modelling of her<br />
face exquisite, her profile pure Greek. She put an<br />
enormous plate of macaroni before me, and sat<br />
herself by my side watching me with smiling<br />
curiosity. ‘Vino del parroco,’ she announced<br />
proudly, each time she filled my glass. I drank<br />
the parroco’s health, her health and that of her<br />
dark-eyed sister, la bella Giulia, who had joined<br />
the party, with a handful of oranges I had<br />
watched her her picking from a tree in the<br />
garden....<br />
....I just remembered in time to drink her health,<br />
but after that I did not remember anything except<br />
that the sky overhead was blue like a sapphire,<br />
that the parroco’s wine was red like a ruby, that<br />
La Bella Margherita sat by my side with golden<br />
hair and smiling lips.<br />
‘San Michele!’ suddenly rang through my ears.<br />
‘San Michele!’echoed deep down in my heart!<br />
......We rounded Monte Circeo as the sun was<br />
rising, caught the morning breeze from the Bay<br />
of Gaeta, darted at racing speed under the Castle<br />
of Ischia and dropped anchor at the Marina of<br />
Capri as the bells were ringing mezzogiorno.<br />
Two hours later I was at work in the garden of<br />
San Michele whith hardly any clothes on.<br />
After five long summers’ incessant toil from<br />
sunrice till sunset San Michele was more or less<br />
finished, but there was still a lot to be done in the<br />
garden. A new terrace was to be laid out behind<br />
the house, another loggia to be built over the two<br />
small Roman rooms which we had discovered in<br />
the autumn........<br />
......We passed through the village and halted at<br />
Punta Tragara. ‘I am going to climb to the top of<br />
that rock,’ said I, pointing to the most precipitous<br />
of the three Faraglioni glistening like amethysts<br />
at our feet. But Gioia was sure I could not do it.<br />
A fisherman who had tried to climb up there in<br />
search of sea-gulls’ eggs had been hurled back<br />
into the sea by an evil spirit, who lived there in<br />
the shape of a blue lizard, as blue as the Blue<br />
Grotto, to keep watch over a golden treasure<br />
hidden there by Timberio (°) himself.<br />
Towering over the friendly little village the<br />
sombre outline of Monte Solaro stood out<br />
against the western sky with its stern crags and<br />
inaccessible cliffs.<br />
‘I want to climb that mountain at once’, said I.<br />
(°) The old emperor who lived the last eleven<br />
years of his life on the island of Capri and is still<br />
very much alive on the lips of its inhabitants, is<br />
always spoken of as Timberio.<br />
Axel Munthe, The Story of San Michele<br />
First, published in Great Britain by John<br />
Murray - 1929<br />
33
Il Vesuvio: Miklós Barabás e Polixéna Wesselényi<br />
GLI UNGHERESI DEL GRAND TOUR IN MAGNA GRECIA<br />
Verso le cinque del pomeriggio andai a pranzare<br />
alla trattoria chiamata “A la ville de Rome”, dove<br />
ero solito mangiare, e dalla cui terrazza mi<br />
dilettavo ad ammirare il golfo di Napoli. Verso le<br />
sei, mentre stavo pagando il conto, all’improvviso<br />
si scosse la terra con un terribile rombo che veniva<br />
dal sottosuolo, tanto che dovetti aggrapparmi alla<br />
tavola se non volevo cadere. Ero alle spalle della<br />
terrazza, e nel primo momento non sapevo che<br />
cosa stesse succedendo, ma vedendo che tutta la<br />
gente correva sulla terrazza, anch’io mi volto, e<br />
vedo che tutto il golfo di Napoli è illuminato.<br />
Naturalmente pensai subito al Vesuvio, e anch’io<br />
mi precipitai sulla terrazza. Ciò che vedevo era<br />
inimmaginabile: il Vesuvio lanciò in aria l’intero<br />
cono del cratere che aveva la circonferenza di tre<br />
miglia (e sul quale appena due giorni prima<br />
avevamo cotto delle uova), e attraverso la fessura<br />
s’innalzò una colonna di fuoco alta più o meno<br />
quanto lo stesso monte. Chi oserebbe descrivere o<br />
dipingere una scena del genere? Come si potrebbe<br />
rappresentare quel moto maestoso, quel continuo<br />
cambiamento che aumentava la grandiosità della<br />
scena, cambiandola di minuto in minuto! La<br />
velocità con la quale si proiettavano in alto<br />
migliaia e migliaia di sassi incandescenti, la<br />
sagoma perennemente cangiante delle nuvole di<br />
fumo, l’incessante rombo sotterraneo causato dagli<br />
enormi massi di pietra che venivano lanciati contro<br />
la parete del cratere, e tutta questa vista<br />
rispecchiata nel mare, dipingendo di fuoco l’acqua<br />
del golfo! E le sfumature che coloravano tutto il<br />
paesaggio circostante dal tramonto alla notte cupa!<br />
Come qualche nave si avvicinava al porto, nera<br />
sullo sfondo del mare di fuoco.<br />
Chi ha assistito una sola volta nella vita ad una<br />
simile visione, non potrà mai dimenticarla. Coloro<br />
che si trattenevano sulla terrazza, camerieri e<br />
clienti, rimasero come statue, dalle sei alle dieci.<br />
Nessuno pensava a mangiare, nessuno<br />
pronunciava una parola, né si trovavano parole<br />
degne dell’ammirazione. Se a qualcuno veniva<br />
servita una bistecca al momento dell’eruzione,<br />
egli non la toccò fino alle dieci. Alle dieci meno<br />
un quarto il fuoco cominciò a spegnersi, e un<br />
quarto d’ora dopo era buio. Solo allora la gente<br />
cominciava a muoversi, lasciando la terrazza in<br />
silenzio, ma con un grande sospiro.<br />
Da: Miklós Barabás: Autobiografia (1834)<br />
Il giorno dopo ci preparammo di buon’ora, ed io<br />
ero impaziente di partire, perché la scalata sul<br />
Vesuvio era, fin dalla tenera età, uno dei miei sogni<br />
che nemmeno con l’età matura si era dileguato...<br />
...Credendomi abbastanza forte, cominciai a salire a<br />
piedi, appoggiandomi a un bastone. Il sole del<br />
mezzogiorno spandeva tutto il suo calore, e le mie<br />
gambe affondarono nella sabbia cocente fino alle<br />
ginocchia, e dopo ogni passo che facevo avanzando<br />
con grande fatica, ne scivolavo indietro due. Né il<br />
bastone mi fu di grande aiuto, poiché inficcandolo<br />
nella sabbia non riuscivo più a tirarlo fuori. La<br />
guida cingendomi alla vita una cintura cercò di<br />
trascinarmi, ma mi ero affondata nella sabbia a tal<br />
punto che non ce la facevo ad aggiungere la mia<br />
forza. Non potendo muovermi in nessun modo, mi<br />
sedetti disperata. “E’ impossibile, non ce la faccio a<br />
procedere – non un passo – muoio dal caldo – non<br />
voglio che un goccio d’acqua.” “Eccellenza!<br />
Pazienza!” si rivolse a me la guida, “Non è tanto<br />
facile scalare il Vesuvio, e lei se n’è accinta con<br />
troppa grinta, ma chi va piano, va sano.” N. N. mi<br />
raggiunse, che ero mezza sciolta dal caldo. “Che le<br />
è successo? Eppure le ho detto che non avrebbe<br />
retto, e dovevamo prendere a nolo un brancard.” E<br />
io sul punto di piangere: “Oh! E ora che cosa<br />
faccio, è impossibile procedere, eppure devo vedere<br />
la cima del Vesuvio.” La nostra guida mandò<br />
indietro l’uomo che portava le nostre cibarie, e noi<br />
aspettavamo seduti finché egli non tornò, senza<br />
però trovare un palmo d’ombra dove rifugiarci dal<br />
caldo insopportabile. Io mi sentii umiliata, come chi<br />
aveva la colpa di tutto ciò; stetti seduta silenziosa,<br />
vergognandomi in vero della situazione nella quale<br />
avevo coinvolto i miei compagni con la mia<br />
testardaggine.<br />
Alla fine ci rallegrò la vista di otto uomini che<br />
stavano portando il brancard. Fui fatta sedere, e<br />
quattro di loro mi portarono alzandolo sopra la loro<br />
testa, facendo di tanto in tanto il cambio con gli<br />
altri quattro, senza fermarsi un attimo. Mi sembrava<br />
di librare fra cielo e terra sulla mia seggiola;<br />
trattenevo il fiato, e non vedevo il dorso ripido del<br />
monte sotto di me, ma vedevo Napoli splendente<br />
sotto il sole, e più oltre il mare che si confondeva<br />
con l’azzurro del cielo...<br />
...Raggiungemmo la piazzola in fondo al cratere,<br />
dove ci fermammo. Stavo là, sul luogo da tanto<br />
tempo e con tanto ardore desiderato: i miei occhi e<br />
34
tutto il mio essere erano avvinti dall’ammirazione<br />
frammista di gioia e di trasporto. Nella mia anima<br />
riecheggiava una sola voce: Signore, quanto sono<br />
belle e grandi le tue opere!<br />
Dal fondo del cratere saltano sassi e scintille con<br />
un rombo cupo, scure colonne di fumo salgono<br />
verso di noi, e dileguandosi nell’aria coprono il bel<br />
cielo azzurro sopra di noi di un velo scuro. Ma<br />
quale sorpresa allegra e nitida per i nostri occhi il<br />
paesaggio! Non esiste sulla terra un paesaggio più<br />
ameno, una vista più magnifica di quella che si apre<br />
davanti a noi dal Vesuvio. E’ di una bellezza<br />
indescrivibile. Tutto il golfo di Napoli con il suo<br />
dolce arco e il mare quieto di un profondo azzurro,<br />
sul dorso del quale le verdi isole come se<br />
galleggiassero; Napoli con i suoi innumerevoli<br />
palazzi bianchi, lo splendido cielo trasparente, il cui<br />
azzurro non può essere imitato nemmeno dal<br />
pennello più nobile, e il quale non era macchiato da<br />
una sola nuvola: questo panorama da solo vale un<br />
viaggio dall’altro emisfero. Conto pochi momenti<br />
di tanta felicità nella mia vita, perché la mia gioia<br />
non era disturbata dal minimo fastidio.<br />
Il trasporto non finto, bensì sentito nel profondo del<br />
cuore eleva l’anima al di sopra del corpo solo per<br />
alcuni momenti da far dimenticare tutto: così anche<br />
noi cominciammo ad avvertire i segni della fame, e<br />
tirando fuori il cibo cuocemmo delle uova nella<br />
sabbia. Nel frattempo arrivò un altro brancard, ne<br />
scese una bella donna vestita di seta color cenere<br />
adornata di nero, con un velo nero sul cappello; era<br />
accompagnata solo dalle guide e dal vecchio servo.<br />
Come succede, cercavamo di capire di che<br />
nazionalità ella fosse, e per quale ragione<br />
viaggiasse sola. “Sicuramente è vedova, il suo<br />
vestimento tradisce lutto. Sembra triste” dissero<br />
alcuni. La nostra guida allora mi disse: “Io incontro<br />
molti stranieri cosicché a solo vederli riconosco la<br />
loro nazionalità. Mi scusi, Signora della mia<br />
impertinenza, ma invano cerco di capire a quale<br />
nazione appartiene Lei. Vedo che non è inglese,<br />
italiana, né spagnola o francese, nemmeno credo<br />
che sia tedesca” – e mentre elencava le varie<br />
nazioni io continuava a scuotere la testa. “Sono<br />
ungherese” dissi alla fine. Si grattò il capo come<br />
quando s’intende qualcosa che non si capisce fino<br />
in fondo. “Sì, sì, austriaca.” “Non austriaca, bensì<br />
ungherese. “Ah, sì, ora ricordo, ho visto il<br />
reggimento, bei soldati, hanno grossi baffi.”<br />
[…]<br />
N. e la nostra guida andarono a vedere la bocca<br />
del cratere che è incrostato di zolfo puzzolente che<br />
cola in rivoli giallastri e verdastri. Poco dopo<br />
tornarono di corsa che non ce la facevano a<br />
trattenervisi, tanto era puzzolente l’esalazione dello<br />
zolfo. Allora anch’io espressi il desiderio di andarci,<br />
ma la nostra guida disse che non era roba da<br />
signore; e poichè quest’argomento m’incalza<br />
sempre, il mio desiderio si fece volontà, e divenni<br />
prepotente come un bambino, e ci avviammo per<br />
fare il giro almeno del doppio cratere. Il suolo a<br />
tratti era caldo al punto che mi bruciava i piedi,<br />
sicché dovevo andare di corsa. Il vento<br />
cominciando a tirarci in faccia, portò un cumulo di<br />
fumo soffocante con l’esalazione di zolfo che non<br />
riuscii più a respirare, vennero meno tutte le mie<br />
forze, e solo queste parole riuscii a pronunciare con<br />
la voce fiacca: “Sono finita!” “Coraggio, Signora”<br />
disse la nostra guida rincuorandomi “lei è<br />
accompagnata dal figlio di Salvatore.” Cosa mi<br />
accadde dopo, non me lo ricordo. Mi trascinarono<br />
fuori dal fumo soffocante, e quando rinvenni ero<br />
sulla piazzola. Se fossi stata sola, sicuramente vi<br />
sarei rimasta morta.<br />
Poco dopo mi ripresi, e cominciammo la<br />
discesa. Sul pendio ripido procedetti nella sabbia<br />
fino alle ginocchia, scivolando, ed era una<br />
sensazione così strana che scoppiai in una risata. La<br />
sabbia cocente mi logorò le scarpe, sicché avvolsi i<br />
miei piedi nel foulard di N. e nel fazzoletto della<br />
nostra guida, così arrivai fin giù.<br />
Trovammo i nostri cavalli pronti. A Resina<br />
montammo sulla carrozza. Si era fatta notte, dal<br />
mare soffiava un venticello fresco; eravamo<br />
stanchi, invano cercavamo di tenere viva la<br />
conversazione, dopo qualche osservazione fatta tra<br />
lunghi silenzi, quale “quanto è piacevole questo<br />
fresco - è bella la luna - Napoli con le luci notturne<br />
è ancora più bella che di giorno - è possibile - è<br />
vero”, ciascuno di noi ritirandosi in un angolo si<br />
addormentò. Ci svegliò uno strillo. Una carrozza si<br />
era rovesciata accanto a noi, e i viaggiatori erano a<br />
terra uno sopra l'altro. N. senza chiedere che cosa<br />
fosse avvenuto, balzò fuori dalla carrozza, e aiutò<br />
come meglio poteva. Offrimmo la nostra carrozza,<br />
ma fortunatamente nessuno si era fatto male, né la<br />
loro carrozza si era rotta. Raccogliendosi da terra<br />
risalirono sulla carrozza, e ringraziarono della<br />
nostra disponibilità. Separandoci da loro arrivammo<br />
a Napoli senza altri inconvenienti.<br />
Da: Polixéna Wesselényi: Viaggio in Italia e in<br />
Svizzera (1842)<br />
(Si ringrazia per la cortese fornitura dei testi: prof.<br />
Gyõzõ Szabó, prof. László Sztanó.)<br />
35
Il Vesuvio nella poesia del romanticismo polacco<br />
Adam Mickiewicz<br />
[...]<br />
Conosci quella sponda,<br />
Ove per monti rocciosi<br />
Stremato il mulo<br />
Fra le nuvole cerca sua strada?<br />
Ove in profonde caverne<br />
Di fiamme avvampan le rupi,<br />
e da sopra le rocce<br />
In cascate romban torrenti?<br />
Conosci quel paese?<br />
Ah, qui, o mia cara!<br />
Qui sarebbe il paradiso,<br />
Se tu fossi con me!<br />
Napoli, 1830<br />
A. Eduard Odyniec<br />
[...]<br />
Di ritorno dal Vesuvio<br />
Ad Adam Mickiewicz<br />
Si spegneva il sole, e la luna s’innalzava da oriente;<br />
Fra questi prodigi di natura come fusi in uno:<br />
Il cielo, la terra, l’aria e il fuoco, e l’acqua,<br />
E di fronte, qual simbol di successione storica<br />
Del passato del mondo - della fama e della<br />
rovina - Pompei:<br />
[...] 1 giugno 1830<br />
Juliusz Slowacki<br />
(A Teofil Januszewski)<br />
Io nel frattempo, attraversato di colori un arcobaleno,<br />
Guardavo il Vesuvio, fin sulle pareti di lava<br />
arrampicantesi, entra la luna, sul cratere si ferma<br />
E da là bianca la fronte gira sul mondo.<br />
Così nato sul sepolcro di tuo fratello il figlio,<br />
Cui fu coetaneo sul sepolcro il primo giglio,<br />
Pensoso sulla gente pose lo sguardo col visino<br />
Dalla silente fossa del padre... Dove il nostro azzurro<br />
Golfo e silenti sotto la bianca luna i discorsi?<br />
Quanto in fretta ghirlanda di color che son legati<br />
si disfa!<br />
[...]<br />
Zygmunt Krasiński<br />
Grande emozione suscitò l’eruzione del Vesuvio.<br />
Nella lettera a Gaszyński del 19 gennaio 1839<br />
Krasiński scrive:<br />
“Sono stato sul Vesuvio durante l’eruzione e mi sono<br />
talmente rovinato gli occhi, da non sapere quando<br />
essi torneranno in ordine. Tuttavia è vero che fu una<br />
visione meravigliosa: si è vestito di un pennacchio di<br />
fumo per poi disperderlo di traverso nel cielo, a<br />
guisa di cimiero dalle piume al vento, sull’intero<br />
golfo. La luna si nascondeva dietro di esso, ed ora si<br />
faceva nero e rosso sulla terra, ora un inferno, ché si<br />
sprigionavan fiamme dal cratere, oppure essa si<br />
affacciava, e ora tutto lo spazio, assunto una dolce<br />
tinta di luce pura, appariva come un campo di<br />
battaglia, sul quale le potenze angeliche,<br />
incontaminate, avessero sconfitto satana. Ogni<br />
qualche minuto si susseguiva tale mutamento.”<br />
19 gennaio 1839<br />
Teofil Lenartowicz<br />
[...] Da lontano il Vesuvio innalza<br />
Le sue vette fino al tetto dei cieli,<br />
Fumo e fiamme gettando<br />
Dall’eterna dei Ciclopi fucina.<br />
L’Italia intera da qui si vede:<br />
Le isole sulla vitrea superficie,<br />
Là Amalfi, Sorrento,<br />
Oltre le Sirene di pietra. [...]<br />
Napoli, Album Italiano, 1870<br />
Adam Asnyk<br />
Il Vesuvio evoca vari temi e paesaggi. Nei versi<br />
di Asnyk appare il vulcano d’inverno, talvolta<br />
imbiancato dalla neve, e persino ricoperto di<br />
ghiaccio sulla vetta. Il poeta cattura quest’aura<br />
invernale, ancor più minacciosa:<br />
[...] Sulla lava tagliente e sugli speroni e detriti<br />
M’arrampicavo appeso ai margini dell’abisso,<br />
Come un atomo di fronte ad un’immensità<br />
ghiacciata. [...]<br />
A. Asnyk, Poesie, 1864<br />
Si ringraziano i proff. Amedeo e Simone Di Francesco per la gentile collaborazione.<br />
fonti: Teresa Wilkón - Napoli nella poesia polacca - ed. Il Torcoliere - Napoli 2005<br />
36
LE ISOLE EOLIE<br />
37
Le Isole Eolie: San Bartolo<br />
San Bartolo protettore.<br />
San Bartolo simbolo dell’unità e della fratellanza<br />
degli eoliani nel mondo. Il legame con<br />
l’Apostolo di Cristo per gli isolani è davvero<br />
molto forte. A Lipari come in Australia il grido è<br />
uno solo: “Viva, viva – cu tutti l’onuri – a<br />
Sammartulu prutitturi”. Il culto di cui gode il<br />
Santo è ancora oggi particolarmente intenso,<br />
durante l’anno si celebrano con solenni<br />
processioni quattro festività in suo onore.<br />
La ricorrenza religiosa più antica si ha nel mese<br />
di febbraio; fino al 1700 si festeggiava nel<br />
giorno 13 la prima traslazione del corpo, intorno<br />
al III secolo, e si accompagnava a tre giorni di<br />
fiera che si svolgevano interamente nell’area<br />
della Maddalena, dove si trovava il templum<br />
magnum; nel passato ricordava l’arrivo di san<br />
Bartolo nell’isola, oggi viene celebrata come ‘la<br />
festa dei pescatori’ sui quali il Santo ha assunto<br />
specifico protettorato.<br />
Il 15 marzo, su richiesta dei contadini che nel<br />
1823 scamparono alla pestilenza, si festeggia il<br />
ritorno dell’abbondanza dopo la carestia.<br />
Secondo la tradizione chiesastica locale e quella<br />
orale popolare, fu san Bartolo a guidare<br />
nell’isola un vascello carico di viveri che salvò la<br />
popolazione dalla morte per fame; l’evento viene<br />
celebrato come la festa ‘dei campagnoli’ e su di<br />
essi il Santo esercita un patronato particolare.<br />
Ma quella del 24 agosto, festa ufficiale del<br />
Santo, è la più grande. Quella che raccoglie a<br />
Lipari i fedeli di tutte le isole, in un solo grande<br />
abbraccio con il Santo.<br />
Il 16 novembre, infine, è celebrato come ‘la festa<br />
dei terremoti’ e ricorda il violento sisma del 1895.<br />
La tradizione vuole che Bartolo Apostolo subì il<br />
martirio in Armenia. Dopo molti anni – vedendo<br />
che il popolo accorreva al suo sepolcro – i pagani<br />
decisero di eliminarne pure il ricordo. Misero il<br />
corpo in un sarcofago di pietra e lo gettarono in<br />
mare. Ma quel pesante sarcofago, attraverso<br />
l’Egeo e lo Stretto di Messina, arrivò<br />
miracolosamente a Lipari, nella spiaggia di<br />
Portinente, dove venne accolto da numerosi fedeli<br />
e dal vescovo Agatone – avvertito in sogno – che<br />
nominò san Bartolo patrono delle Eolie.<br />
Secondo san Gregorio di Tours era il 13 febbraio<br />
del 264 (la data non è certa, ma è compresa fra il<br />
241 e il 313). Agatone ordinò la costruzione<br />
della prima cattedrale, nella zona di Maddalena.<br />
Nell’838, Lipari viene saccheggiata e distrutta<br />
dagli arabi guidati da Fadh ibn Jaqub.<br />
Le ossa del Santo furono disperse insieme ai resti<br />
dei monaci defunti. Si narra che il Santo apparve<br />
in sogno ad un monaco greco, indicandogli di<br />
raccogliere le proprie ossa, che si sarebbero<br />
distinte dalle altre per lo splendore; i monaci<br />
affidarono poi le reliquie ai vascelli longobardi<br />
della flotta del principe Siccardo, che le<br />
portarono a Salerno e poi a Benevento.<br />
La cattedrale di San Bartolo, insieme al chiostro<br />
benedettino, fu edificata all’inizio del secolo XII<br />
sotto il gran conte Ruggiero I il Normanno.<br />
Dopo l’incendio del 1544 ad opera dei turchi<br />
(Khair ad Din, dai cristiani chiamato Ariadeno<br />
Barbarossa), fu ricostruita nella seconda metà del<br />
1500 conservando però le antiche volte a<br />
crociera ogivali, che vennero affrescate nel 1700<br />
con scene bibliche.<br />
La chiesetta di San Bartolo extra moenia, quella<br />
sorta a Maddalena, adesso è dedicata a<br />
Sant’Agatone. Nel XVI secolo sorse la<br />
confraternita di San Bartolo, e nel 1728 la venerata<br />
statua d’argento. Negli anni Trenta, infine, fu<br />
aggiunto il Vascelluzzo in argento, che ospita parte<br />
della pelle del Santo, donata dal patriarca di<br />
Venezia. Ricorda un miracolo del 1672, quando<br />
nella Lipari affamata dalla carestia, spinto da venti<br />
irresistibili giunse un vascello carico di grano.<br />
C’è anche la reliquia del pollice del Santo chiusa<br />
in un braccio d’argento. Per gli eoliani san<br />
Bartolo è sempre stato un parafulmine contro le<br />
avversità. L’ultima risale al 16 aprile 1978,<br />
quando un terribile terremoto ha interessato la<br />
Sicilia settentrionale.<br />
A Lipari si contò solo qualche danno, mentre la<br />
statua argentea del Santo – incredibilmente –<br />
rivolse lo sguardo verso il cielo.<br />
In conclusione, il protettorato di san Bartolo nasce<br />
nelle isole Eolie come esclusivamente antisismico<br />
ma nel tempo, progressivamente, va ampliandosi.<br />
Oggi riguarda i contadini e i pescatori, che<br />
rappresentano categorie sociali economicamente<br />
rilevanti per la comunità. La funzione del<br />
patronato difatti non può essere né rigida né<br />
definitiva in quanto interagisce continuamente<br />
con le condizioni socio-economiche del territorio.<br />
Fra’ Bernardino Salvatore O.F.M. Vescovo di<br />
Lipari, L’Apostolo S. Bartolomeo, A. Natoli<br />
ed., Lipari 1999. M.M. Maffei, San<br />
Bartolomeo a Lipari.<br />
38
Le Isole Eolie: Giovan Andrìa di Simòn,<br />
Lazzaro Spallanzani<br />
DAI RACCONTI E IMPRESSIONI DI VIAGGIO ALLE IMMAGINI IN GOUACHE<br />
“In seno alla comunità dei Liparoti del secondo<br />
Cinquecento, e per tutto il secolo successivo,<br />
proferire la parola ‘ruina’ equivaleva a rievocare<br />
un preciso evento storico locale, catastrofico:<br />
il sacco della città di Lipari ad opera di<br />
Ariadeno Barbarossa. Così, ‘avanti la ruina’ e<br />
‘dopo la ruina’ significava rispettivamente, prima<br />
del 1544 e dopo il 1544. Ora, molti non sanno<br />
che ci fu un verseggiatore popolare siciliano, G.<br />
Andrìa di Simòn, che il triste caso di Lipari volle<br />
sollevare alle altezze della poesia. E compose La<br />
Destruttione de Lipari per Barbarussa.<br />
‘Allarmi! Allarmi! La campana sona.<br />
Li Turchi sunu scisi a la marina!<br />
Cui havi ‘i scarpi rutti si li sôla;<br />
iò ‘i mei li sulavu stamatina’.<br />
Ci pare comunque di credere che, tra tutte le<br />
isolette del basso Tirreno, Lipari fosse l’unica<br />
inespugnabile. Lipari, a giudizio del di Simòn, era:<br />
‘forti e bello, e<br />
nullu pensava giamai fussi prisu’.<br />
L’ultimo del mese di giugno (1544) comparve a<br />
vista di Lipari Ariadeno Barbarossa con<br />
centocinquanta galere, alla qual vista si spopolò<br />
tutto quel borgo correndo ognuno ‘a refuciarsi<br />
nella Città Murata colle loro robbe’. Per alcuni<br />
giorni la città di Lipari viene sottoposta ad<br />
intenso bombardamento con ‘grandissimo danno<br />
delle muraglie’.<br />
‘Tant’erano li tiri che sparavano<br />
con loru grossi e forti cannunati<br />
chi l’Isuli di Stronguli tremavano,<br />
Burcàno e tutti quilli altri contrati.<br />
Li poveretti donni sempre stavano<br />
facendo orationi ingenocchiati;<br />
diciànu tutti: “O Matri di clementia,<br />
scàmpane di sta crudili sententia’.<br />
‘Non manco di trecento cannonati,<br />
a signo di lo forti bastiuni,<br />
lo primo giorno li foro sparati<br />
a’ Liparoti per primo boccuni.<br />
Li Liparoti corpi misurati<br />
facciàno senza fari svariuni,<br />
tali ch’a’ Turchi tutti li trincieri<br />
sparando li rumpiano volintieri.<br />
La notti poi sequenti rinforzaro<br />
loro trinceri e tornaro in battaglia;<br />
lo numero de’ tiri che spararo<br />
non lo potria resistere muraglia.<br />
Li Liparoti giamai non cessaro<br />
sparando contra la genti canaglia,<br />
tal chi Draut, videndu tali effettu,<br />
irato biastimava Mahomettu’ ”.<br />
Da: Giuseppe Iacolino, I turchi alla Marina di<br />
Lipari. 1544. Con edizione critica e commento<br />
de ‘La destruttione di Lipari per Barbarossa’<br />
composta per Giovanni Andria di Simon detto il<br />
Poeta, Lipari 1985.<br />
“Sparse per il mare Mediterraneo, non molto lunge<br />
da quella parte della Sicilia che guarda al<br />
settentrione, s’alzano sopra le onde alcune isole<br />
dalli Greci dette già Hephaestìades, da’ Latini<br />
Vulcanee ovvero Eolie. Meglio sia dunque, esclusa<br />
Ustica, inserire, come vuole la verità, l’Isola di<br />
Panaria tra le Eolie e mantenere in tal modo il<br />
numero settenario di esse, dicendo sette veramente<br />
essere l’Isole Eolie, cioè Lipari, Vulcano,<br />
Strongoli, Panaria, le Saline, Alicudi e Felicudi,<br />
così chiamata ciascheduna col proprio nome, e<br />
tutte unitamente si dicono l’Isole di Lipari. Hanno<br />
queste a menso giorno la Sicilia, a tramontana<br />
Napoli, la Calabria al levante, ed a ponente<br />
Sardegna. Il loro sito più che del piano ha del<br />
montuoso, ma non dell’aspro nè dell’orrido, e son<br />
fertile dall’industria de’ popolani, che però vi si<br />
scorgono alberi fruttiferi d’ogni sorte, viti generose<br />
e frumenti squisiti, benché di questi non siano tanto<br />
abondanti quanto dell’uve, delle quali provistisi i<br />
paisani a sufficienza di vini che riescono<br />
spiritosissimi, gran parte di quelle si riducono da’<br />
medesimi in delicati zubibi e passoline, che poi si<br />
trasportano in Sicilia, Napoli, Roma, Livorno,<br />
Genova, Venetia, Inghilterra ed altri Regni<br />
dell’Europa con lucro notabilissimo di queste Isole<br />
dove da’ mercanti amanti d’una tal merce si<br />
diffondono somme considerabili di contanti”.<br />
Da: Pietro Campis, Disegno historico ossiano<br />
le abbozzate historie della nobile e fid.ma città<br />
di Lipari, ms., 1694, a cura di Giuseppe<br />
Iacolino, Lipari 1980.<br />
39
Les Iles Eoliennes:<br />
Jean-Pierre-Louis-Laurent Hoüel<br />
DAI RACCONTI E IMPRESSIONI DI VIAGGIO ALLE IMMAGINI IN GOUACHE<br />
“Ad una punta dell’isola, che guarda a mezzo<br />
giorno e si chiama volgarmente la Lingua, vi è<br />
come un lago d’un miglio incirca detto lo<br />
Pantano, dove già s’introduceva l’acqua marina e<br />
per essa vi si produceva il sale”.<br />
Da: Pietro Campis, Disegno historico ossiano<br />
le abbozzate historie della nobile e fid.ma città<br />
di Lipari, ms. 1694, ed. a cura di Giuseppe<br />
Iacolino, Lipari 1980.<br />
Un’escursione in vaporetto<br />
“… noleggio un’imbarcazione per andare a<br />
visitare Vulcano.<br />
Spinta da quattro rematori, la barca segue la costa<br />
fertile, piantata a vigneti. Sono stranissimi i<br />
riflessi delle rocce rosse nel mare azzurro. Ecco il<br />
piccolo stretto che separa le due isole. Il cono di<br />
Vulcano esce dalle onde, come un vulcano<br />
sommerso fino alla vetta. È un isolotto selvaggio,<br />
la cui sommità raggiunge circa 400 m e la cui<br />
superfice è di circa 20 chilometri quadrati.<br />
Si deve aggirare, prima di raggiungerlo, un’altro<br />
isolotto, il Vulcanello, che uscì bruscamente dal<br />
mare verso il 200 a.C., e che adesso è collegato<br />
al fratello maggiore da una stretta lingua di terra,<br />
spazzata dalle onde nei giorni di tempesta.<br />
… ed io attraverso un grande orto, poi alcuni<br />
vigneti, quindi un vero e proprio bosco di<br />
ginestre di Spagna in fiore. Si direbbe<br />
un’immensa sciarpa gialla, avvolta attorno al<br />
cono appuntito, la cui testa è pure gialla, di un<br />
giallo accecante sotto il sole splendente …<br />
incomincio a salire lungo uno stretto sentiero che<br />
serpeggia nella cenere e nella lava, che va, viene<br />
e ritorna, scosceso, scivoloso e duro …<br />
Raggiungo finalmente, sulla cima, una larga<br />
piattaforma attorno al grande cratere. Il suolo<br />
trema e, davanti a me, schizza con violenza<br />
un’immenso getto di fiamme e di vapori, mentre<br />
si vede spandersi dagli orli del buco lo zolfo<br />
liquido, dorato dal fuoco. Esso forma, attorno alla<br />
fantastica sorgente un lago giallo, presto indurito.<br />
Più in là, altre fessure, emettono pure vapori<br />
bianchi che salgono pesantemente nell’aria<br />
azzurra. Avanzo intimorito sulla cenere calda e<br />
sulla lava, fino all’orlo del grande cratere. Niente<br />
di più sorprendente può colpire l’occhio umano.<br />
In fondo alla conca immensa, chiamata<br />
‘La Fossa’, larga cinquecento metri e profonda<br />
circa duecento, una decina di fessure giganti e di<br />
ampi buchi rotondi vomitano fuoco, fumo e<br />
zolfo, con un formidabile rumore di caldaie. Si<br />
scende lungo le pareti dell’abisso, camminando<br />
sino al limite delle furiose bocche del vulcano.<br />
Tutto è giallo attorno a me, sotto i miei piedi e<br />
sopra di me, di un giallo accecante, di un giallo<br />
pazzesco. È tutto giallo: il suolo, le alte muraglie<br />
e persino il cielo. Il sole giallo versa nell’abisso<br />
muggente la sua luce ardente che il calore della<br />
conca di zolfo rende dolorosa come una<br />
bruciatura. Si vede bollire il liquido giallo che<br />
scorre, si vedono sbocciare strani cristalli,<br />
spumeggiare acidi splendenti e bizzarri sull’orlo<br />
delle labbra rosse dei focolai …<br />
Ritorno lentamente, col fiato corto, ansimante,<br />
soffocato dall’alito irrespirabile del vulcano; e<br />
ben presto, risalito in cima al cono, scorgo tutte<br />
le isole Lipari disseminate sulle onde.<br />
Laggiù, di fronte, s’innalza lo Stromboli, mentre,<br />
alle mie spalle, l’Etna gigantesco sembra<br />
guardare da lontano i propri figli ed i nipotini.<br />
Mentre tornavo, avevo scoperto dalla barca<br />
un’isola nascosta dietro Lipari. Il battelliere la<br />
chiamò ‘Salina’.<br />
Lì si produce il vino di Malvasia. Volli bere alla<br />
stessa fonte una bottiglia del celebre vino.<br />
Sembra sciroppo di zolfo.<br />
È proprio il vino dei vulcani, denso, zuccherato,<br />
dorato e con un tale sapore di zolfo che vi rimane<br />
al palato fino a sera: il vino del diavolo …”.<br />
Da: Guy de Maupassant, La vie errante,<br />
Parigi 1890.<br />
Lipari<br />
Bordeggiammo per una parte della giornata;<br />
avevamo il vento sempre contrario. Passammo in<br />
rivista Salina, Lipari e Vulcano scorgendo, ad<br />
ogni passaggio tra Salina e Lipari, lo Stromboli<br />
scrollare all’orizzonte il suo pennacchio di<br />
fiamme. Poi, ogni volta che ritornavamo verso<br />
Vulcano, tutto avviluppato da un vapore caldo e<br />
umido, distinguevamo meglio i suoi tre crateri<br />
piegati verso occidente, di cui uno ha lasciato<br />
scivolare un mare di lava dal colore bruno che<br />
contrasta con la terra rossastra e coi banchi<br />
sulfurei che lo circondano …”.<br />
Da: Alexandre Dumas père, Impressions de<br />
voyage. Le capitain Arèna, Parigi 1855.<br />
40
VUE DES DEUX BOUCHES DE<br />
VOLCANELLO, DE L’ISLE DE<br />
LIPARI ET DE L’ISLE APPELLÉE<br />
SALINE.<br />
ADRIANA PIGNATELLI MANGONI<br />
DA: J. P. L. HOÜEL<br />
VUE DE L’ISLE DE BASILUZZO<br />
ET DE L’ECUEIL DE DATTILO.<br />
ADRIANA PIGNATELLI MANGONI<br />
DA: J. P. L. HOÜEL<br />
PLAN DE L’ISLE DE VOLCANO<br />
ET DE VOLCANELLO.<br />
ADRIANA PIGNATELLI MANGONI<br />
DA: J. P. L. HOÜEL<br />
VUEÀL’ORIENT DE<br />
STROMBOLI.<br />
ADRIANA PIGNATELLI MANGONI<br />
DA: J. P. L. HOÜEL<br />
graphique: SILVANA SABATELLI 2006 - ojo.silgus@tiscali.it<br />
VOLCANELLO<br />
BASILUZZO<br />
VULCANO E VULCANELLO<br />
STROMBOLI<br />
<strong>ARIA</strong> <strong>ACQUA</strong> <strong>TERRA</strong> <strong>FUOCO</strong><br />
EMOZIONI E TRAVOLGIMENTI<br />
NELLE IMMAGINI DEI VIAGGIATORI<br />
DAL VESUVIO ALLE EOLIE<br />
SELEZIONE DELLE OPERE ESPOSTE
Destinazione Panarea<br />
“Era di buon mattino, soffiava un forte ma<br />
spiegato libeccio accompagnato da ininterrotte<br />
nubi temporalesche. Agitato era il mare, ma<br />
favorevole essendo il vento, per questa velata il<br />
padrone della feluca, che era altresì il timoniere e<br />
sol mi disse, scherzando, che avremmo ballato.<br />
Spiegate erano tutte le vele, e l’andar nostro non<br />
era un correre, ma un volare. Nonostante che il<br />
vento e il mare ingagliardissero sempre di più e<br />
che or ci vedessimo sospesi sulla punta di<br />
un’onda, or sprofondati come su una voragine,<br />
nulla avevamo a temere per essere sempre stato il<br />
libeccio intavolato per poppa. Per qualche tratto<br />
di viaggio fummo accompagnati da una torma di<br />
marini animali che ci fecero una specie di<br />
corteggio. Questi erano delfini che, preso in<br />
mezzo il nostro legnetto, si diedero a scherzarvi<br />
attorno e a trastullarsi guizzando da prora a<br />
poppa e da poppa a prora, d’improvviso<br />
profondandosi nell’onde, poi ricomparendo e,<br />
fuori cacciato il muso, lanciando a più piedi<br />
d’altezza il getto d’acqua che a riprese espellono<br />
dal forame che sul capo si apre. E in questi<br />
allegri lor giochi appresi cosa mai da me veduta<br />
nelle migliaia di questi piccoli cetacei in altri<br />
mari osservate. Ciò fu l’indicibile loro prestezza<br />
nel vibrarsi dentro l’acqua. Uno o più delfini<br />
talvolta movevano da prora a poppa. Ad onta di<br />
dovere allora rompere l’impetuoso scontro del<br />
fiotto, volavano con la rapidità d’un d’ardo.<br />
Il contatto di simpatia tra il visitatore e l’isola di<br />
Panarea s’instaura assai prima dello sbarco al<br />
molo di San Pietro, perché l’abbraccio che quel<br />
corpo roccioso tende al forestiero s’anticipa a<br />
notevole distanza facendosi ampio e molteplice.<br />
Mentre il battello piega a Nord per venire a rada,<br />
da levante fanno gioiosi ammiccamenti una<br />
mandria di isolotti e di scogli bizzarri di forma,<br />
strani nei colori e nei nomi, disseminati qua e là,<br />
ora raggruppati ora dispersi, alcuni lontani oltre<br />
due miglia: è un formicolio ridente di onde e di<br />
spume, di riflessi di mare e di frammenti di rupi<br />
immobili. Ma anche queste masse, nel resistere<br />
che fanno alle folate di brezza che increspano la<br />
marina, paiono tutte muoversi in unica direzione,<br />
come le formiche. E Formicole, appunto,<br />
chiamarono i pescatori panarioti di moltissimi<br />
anni fa le quattro o cinque pietre lisce che, lì<br />
presso, affiorarono dall’acqua. C’è poi Lisca<br />
Nera e Lisca Bianca, Dàttilo e Bòttaro, più in là<br />
ancora Panarelli e, sullo sfondo ceruleo, quasi<br />
addossati a Stromboli, Spinazzola e Basiluzzo.<br />
È un arcipelago, dunque, Panarea, un arcipelago<br />
in miniatura facente parte di un altro arcipelago<br />
più esteso, un minuscolo sistema inglobato in una<br />
più dilatata galassia. Ma può pure considerarsi un<br />
pianeta a sé stante il comprensorio di Panarea, un<br />
pianeta in fase di declino e di dissolvimento, un<br />
campionario di residuati di rocce, tutto<br />
mozziconi, spuntoni, slabbrature; un pianeta che,<br />
da almeno settecentomila anni, ha subìto da<br />
prima le violenze dei fuochi e dei sismi, poi le<br />
ingiurie dei venti e delle tempeste. Ora,<br />
‘addomesticato’ giace nel profondo assopimento<br />
che gli deriva dalla sua lunga e sofferta<br />
giovinezza. Per la sua posizione amena e per i<br />
suoi terrazzi facilmente difendibili Panarea fu<br />
prescelta come punto ideale d’insediamento da<br />
gruppi neolitici del II millennio a.C. Evidenti<br />
affiorarono le tracce di quella facies culturale in<br />
località Calcara, ma quanto mai significativi<br />
appaioni i resti del villaggio di punta Milazzese<br />
che risalgono all’età del bronzo, ad un tempo che<br />
va pressappoco dal XV al XIII secolo a.C.”.<br />
Da: Lazzaro Spallanzani, Viaggio alle Due<br />
Sicilie…, Pavia 1792-97.<br />
Veduta della salina situata nella parte<br />
meridionale dell’isola<br />
“Dopo un rapido sguardo all’isola fui<br />
accompagnato a visitare la salina; si notano<br />
ancora i resti di mura costruite da Romani e<br />
facilmente riconoscibili da un inconfondibile<br />
caratteristica: il reticolato. Esso è composto da<br />
piccoli mattoni di terracotta a losanga e disposti<br />
sull’angolo con molta precisione. Questa<br />
costruzione veniva chiamata reticolato a causa<br />
della sua somiglianza con le reti dei pescatori.<br />
I Romani nascondevano questa muratura con un<br />
intonaco che ricopriva l’edificio ...<br />
Probabilmente questi resti appartengono a dei<br />
bagni costruiti in riva al mare.<br />
Il curato che mi aveva accompagnato mi spiegò<br />
in che modo si ricava il sale. Il procedimento è<br />
simile a quello delle altre saline di Sicilia.<br />
L’acqua viene fatta entrare dapprima nel bacino<br />
più grande B,B dal quale si fa passare nei bacini<br />
C,C e via via nelle altre vasche fino<br />
all’evaporazione completa. In capo a quindici<br />
giorni, a seconda delle condizioni del tempo, si<br />
ricavano due pollici e mezzo di sale da cinque<br />
pollici d’acqua. Quando il sale è ottenuto, lo si<br />
accumula sulla riva in mucchi a forma di<br />
piramide; là vengono a caricarlo con gli animali,<br />
così come rappresentato nella tavola”.<br />
Da: J. P. Hoüel, Voyage pittoresque…,<br />
Parigi 1871.<br />
42
Le Isole Eolie: Luigi Salvatore<br />
d’Asburgo-Lorena<br />
DAI RACCONTI E IMPRESSIONI DI VIAGGIO ALLE IMMAGINI IN GOUACHE<br />
“Immerse nell’incantevole mare di Sicilia, queste<br />
piccole isole in modo straordinario avvinsero<br />
l’animo mio, sia che le scorgessi tra le raffiche<br />
impetuose di una fra quelle tramontane invernali,<br />
cui debbono forse il nome di Eolie, o che mi<br />
apparissero attraverso una fra le tante trombe<br />
marine che con tanta frequenza ivi accompagnano i<br />
temporali primaverili, ovvero i pampini nella calda<br />
estate, somiglianti a smeraldi nel ceruleo zaffiro del<br />
mare. Così le conobbi, mi furono egualmente care,<br />
sicché, terminata la descrizione delle Baleari, alle<br />
sette Lipari volli dedicata l’opera mia.<br />
Panaria<br />
Panaria, benchè la più piccola, è certamente la più<br />
graziosa delle isole Liparesi, un angolo del mondo<br />
veramente idillico. Dappertutto si ammirano<br />
meravigliose vedute panoramiche; dappertutto<br />
piccole case intonacate di bianco con colonne e<br />
pergolati, accanto alle quali cresce un rigoglioso<br />
fico od un carrubo e da dove si gode una ampia<br />
vista sul mare. Particolarmente bello, dietro la<br />
chiesa, è il gruppo del Timpuni con le sue rocce, i<br />
sorbi selvatici, gli ulivi, le canne, la bella vista sul<br />
mare e le isole di Basiluzzu e Dattilu. Nella parte<br />
sud-orientale dell’Isola c’è una caratteristica<br />
piccola insenatura, il Puortu Drauttu, dove le<br />
rocce sporgenti creano quasi una mezza luna ed<br />
abbracciano una spiaggia di sabbia pittosto fine e<br />
di colore rossiccio insieme ad alcuni scogli<br />
bagnati interrottamente dalla marea. È il porto<br />
principale di Panaria, dove le piccole navi<br />
possono ancorare abbastanza al sicuro. Presso la<br />
terrazza della casa di Sutta u Castieddu si trova<br />
una cisterna con acqua potabile. Vicino a questa<br />
casa non crescono, come nelle altre vicino al<br />
mare, i pergolati, per cui si rimedia con le canne<br />
… Dal Castieddu, il sentiero porta, alla Cuntrata<br />
du Castieddu, la quale composta di terreno<br />
lapilloso ed è coperta completamente da pergolati<br />
bassi che producono uva nera. A destra, un sentiero<br />
fiancheggiato da ulivi superbi, da fichi d’India e da<br />
cespugli di capperi, porta verso Drauttu …<br />
Alicudi<br />
La chiesetta di San Bartulumei si erge al centro<br />
dell’isola, quasi a metà altezza, in una superba<br />
posizione da cui si gode un’ampia vista sul mare.<br />
Sulla sinistra della chiesa s’innalza la torre<br />
campanaria; e davanti si estende la scarpata<br />
pianeggiante che domina i sottostanti dirupi della<br />
Sciara. Nei pressi si scorgono terrazzamenti e<br />
case isolate intonacate di bianco, mentre sull’altro<br />
lato si apre la vista sulle scoscese alture della<br />
Muntagna. Rivolgendo lo sguardo all’in giù si<br />
può ammirare la spiaggia di Bazzina verso cui<br />
tendono i terrazzamenti della Vaddi o Sgorbiu.<br />
A destra della chiesa, si riscontra l’imboccatura<br />
della cisterna ripiena di fresca e preziosa acqua<br />
… La terra davanti la chiesa è coltivata a<br />
melanzane, pepe spagnolo, zucche e pomodori,<br />
trai quali crescono anche due palme da datteri.<br />
Più in giù in una casetta posta nelle vicinanze,<br />
ombreggiata da un pergolato sostenuto da due<br />
Pulera, intonacati di bianco, da cui si gode una<br />
bella vista sul mare, si è soliti ospitare i<br />
carabianieri o altri visitatori di passaggio. Un<br />
sentiero conduce dalla chiesetta fino a Punta a<br />
Bazzina. Tra la chiesa e le case della Cuntrada o<br />
Sgurbiu, che sorgono dirimpetto, si estendono<br />
graziosi e lussureggianti pergolati (Preuli).<br />
Crescono qui anche isolati ulivi, sorbi selvatici, e<br />
castagni, i quali ultimi potrebbero costituire una<br />
vera ricchezza per tutta l’isola … Alicuri è, dopo<br />
Panaria, la più piccola delle Isole Eolie. Sulla sua<br />
base circolare insiste un unico cono. L’Isola è<br />
piuttosto brulla, molto simile in questo a Filicuri<br />
con la quale forma, per così dire, un gruppo<br />
diverso ed a sè stante, per caratteristiche, dalle<br />
altre Isole Lipari.<br />
Filicuri<br />
L’approdo più sicuro di Filicuri, resta quello di<br />
Picurini, abbastanza protetto dai venti del nord.<br />
Lungo la pietrosa spiaggia si allineano barche<br />
tirate a secco, tini ed altri attrezzi di proprietà dei<br />
pescatori di Milazzo che frequentano l’isola con<br />
assiduità. Si notano pure numerose nasse che<br />
appartengono però agli isolani. Picurini è un<br />
modesto agglomerato di case, in una delle quali<br />
lavora un bottaio. Due case contadine poste un<br />
po’ più in alto, mostrano superbi pergolati di<br />
Livedda, uva nera molto carnosa. Un sentiero per<br />
niente angusto, sale da Picurini fino alla chiesa.<br />
Superato il Vadduni e Picurini con i suoi<br />
strapiombi di lava grigia rivolti alla Muntagna e<br />
rocce ricoperte di fichi d’India su entrambi i lati,<br />
esso si inerpica tra massi rocciosi.<br />
43
Stromboli<br />
La località Cuntrata di S. Vicienzu, è formata da<br />
un abitato di case sparse, in prossimità della<br />
chiesa, su un dolce pendio, ai piedi della<br />
montagna di Struognuli che digrada, fino alla<br />
riva, ricoperto da splendidi vigneti, in prevalenza<br />
di piccola e nera uva Passolina e tra i quali<br />
emergono le case che, in un meraviglioso<br />
contrasto, s’inseriscono col loro bianco<br />
abbagliante, nel ridente verde smeraldo<br />
delle pendici …<br />
San Vicienzu è certamente il posto più bello<br />
dell’isola, oltre che il più lontano dalla Fossa<br />
minacciosa.<br />
Di sera, quando il sole inclina, il cono del<br />
vulcano diffonde la sua benefica ombra sui<br />
pendii e sulla spiaggia di San Vicienzu il posto è<br />
particolarmente allettante anche per la sua<br />
piacevole frescura.<br />
La nera spiaggia di Rupiddu cinge, quasi come in<br />
una bordura d’agavi, il mare color zaffiro.<br />
Da San Vicienzu, la strada principale si snoda<br />
attraverso i vigneti rigogliosi, offrendo una bella<br />
vista all’acuminato Strombolicchio o, come lo<br />
chiamano qui, la Petra di Struognuli.<br />
Salina<br />
Salina è dopo Lipari, la più estesa, la più<br />
popolata e nel contempo la più ricca delle<br />
isole Eolie.<br />
È composta di due coni montuosi separati da una<br />
vallata, il più alto dei quali, 961,71 m<br />
rappresenta la più elevata cima delle Lipari.<br />
L’isola presenta, nel suo insieme, un aspetto<br />
verde e sorridente e le sue colline appaiono per<br />
lo più coperte di ginestra (Genista ephedrioides),<br />
Cytisus, Erica arborea, Rubia peregrina, filci<br />
(Pteris aquilina), Cistus incanu, assenzio.<br />
Le falde dell’isola sono ammantate da<br />
lussureggianti vigneti nel cui verde s’immergono<br />
i bianchi e graziosi sobborghi.<br />
Guardandola da lontano Salina assume un<br />
ingannevole color di metallo e le sue montagne,<br />
proprio per la loro altezza, appaiono<br />
difficilmente sgombre dalle nubi.<br />
Santa Marina, il centro più importante di Salina,<br />
si adagia tra i vigneti, le case sono aumentate di<br />
numero negli ultimi anni, hanno balconi, portici<br />
ed archi tondi. Altre più sontuose presentano,<br />
oltre al portico ed archi, anche un pergolato e i<br />
balconi con ringhiere di ferro.<br />
Proseguendo quasi in pianura lungo lo Stratuni<br />
fino al Baruni, si vedono agrumi e alberi da<br />
frutta intorno a tutte le casette e i muretti o filari<br />
di viti lungo la strada.<br />
Il Baruni è un agglomerato di casette rifinite<br />
con stipiti in pietra, i cui usci, a doppio battente,<br />
hanno la parte superiore mobile che funge da<br />
finestra, secondo le antiche usanze di Salina.<br />
Vulcano<br />
Vurcanu, la prima del gruppo delle Eolie che si<br />
incontra navigando verso queste isole dopo aver<br />
lasciato la costa settentrionale della Sicilia, dista<br />
solo ventuno miglia marine da Capo Calavà e<br />
ventuno miglia e mezzo da Capo Milazzo.<br />
L’isola, tipicamente vulcanica, aspra e selvaggia,<br />
dominata dal suo vasto e minaccioso cratere e<br />
contornata da scoscesi rocciosi che dilungandosi<br />
tracciano talvolta linee di sorprendente bellezza,<br />
assume nel suo insieme, caratteristiche così rare<br />
che è difficile poterne cancellare il ricordo, anche<br />
se si è vista una sola volta.<br />
È separata da Lipari, la maggiore del gruppo,<br />
verso cui offre una vista pittoresca, da un<br />
modesto canale marino non più largo di<br />
ottocento metri. La sua propaggine settentrionale<br />
è costituita dall’Istmo di Vurcanieddu collegato a<br />
Vurcanu da una piatta lingua di terra ai cui lati si<br />
aprono i due Porti di Livanti e di Punenti.<br />
Vurcanu è composta per lo più di materiali<br />
eruttivi. L’isola è quasi completamente brulla e<br />
incolta e le sue tinte bruciate e cupree le<br />
conferiscono un aspetto del tutto particolare.<br />
Solo sul versante sud, rivolto alla Sicilia, è<br />
possibile riscontrare qualche vegetazione: viti,<br />
fichi, e alcune querce sempre verdi.<br />
Vurcanu, è collegata a Vurcanieddu da una lingua<br />
di terra piatta e sabbiosa che forma, ai suoi due<br />
lati i porti di Punenti e di Livanti.<br />
Sul lato di ponente le onde si infrangono spesso<br />
con violenza e spinte dai venti raggiungono<br />
talvolta il centro della lingua di terra che,<br />
coltivata a giunchi, assume un aspetto palustre.<br />
Più protetto appare invece appare il versante del<br />
Puortu i Livanti, dove le onde, per la minore<br />
intensità del loro moto, riescono solo<br />
difficilmente a spingersi in profondità.<br />
È in questo porto, che costituisce anche<br />
l’approdo, che noi intendiamo sbarcare per<br />
intraprendere il nostro vagabondare tra le solatìe<br />
alture di quest’isola, i suoi dirupi selvaggi e le<br />
sue profonde gole, per poi ripartire via mare in<br />
un giro intorno all’isola che ci consenta di<br />
ammirare le sue favolose coste fatte di<br />
fantastiche rocce e affascinanti grotte. L’approdo<br />
è costituito da un molo in muratura su cui<br />
poggiano due gru per issare i battelli …<br />
44
Lipari<br />
Lipari, la maggiore tra le isole dell’Arcipelago<br />
che da essa prende il nome, è anche la più<br />
popolata, la più fertile e la più affascinante.<br />
La sua forma subcircolare è interrotta solo da<br />
due promontori.<br />
Il primo, costituito da Munti Iaddina e da<br />
Munti a Uardia, termina a sud, proprio difronte<br />
a Vurcanu, con Punta a Crapazza; l’altro a nord,<br />
con Punta a Castagna.<br />
Tra i due promontori si interpone il duplice<br />
rilievo di Munti Rosa e Munti Mazzuni, che<br />
separa tra loro le insenature di Lipari e di<br />
Cannitu. L’interno dell’isola è dominato da una<br />
doppia massa centrale costituita da Munti<br />
Sant’Anciulu, e da Munti a Chirica che si<br />
collega a est col Munti Pilatu. Ad ovest, invece,<br />
il versante, tende a confondersi con gli altopiani<br />
di Quattrupana, Castiddaru, e Chianuconti,<br />
che, solcati da numerosi Vadduna, formano, in<br />
prossimità del mare, innalzamenti o Timpuna.<br />
La più gran parte dell’isola è destinata alla<br />
viticoltura e i ridenti Prieuli (vigneti) si<br />
arrampicano fin su i più erti pendii, cedendo il<br />
posto ai fichi d’India, dai frutti succosi e di un<br />
rosso acceso.<br />
Frequenti gli ulivi, i carrubi e i salici, utilizzati<br />
qui per legare le viti. Frequenti anche i fichi, i<br />
susini ed i mandorli; mentre nei luoghi meglio<br />
protetti vegetano aranci e limoni. Gli unici<br />
versanti incolti restano solo quelli esposti alle<br />
furie dei venti dell’ovest, la cui vegetazione<br />
spontanea è in prevalenza costituita da rovi,<br />
Inula viscosa, Nepita nepitella, Cistus, erica,<br />
felce, dafne e lentisco.<br />
Lipari gode di una posizione privilegiata rispetto<br />
alle altre Isole e il suo centro abitato sorge<br />
all’interno di una profonda insenatura protetta<br />
naturalmente da quasi tutti i venti ed esposta solo<br />
a quelli di est e di sud-est, mai irruenti, per la<br />
vicinanza delle coste della Sicilia e della Calabria<br />
che impediscono loro di diventare sostenuti.<br />
Talvolta, tuttavia, gli stessi venti, che<br />
imperversano violenti nello Stretto di Messina,<br />
possono indurre ad abbandonare gli ormeggi per<br />
un più sicuro riparo dietro la collina, verso<br />
Cannitu. La città è formata da una piattaforma<br />
lavica con pareti a strapiombo, dal Castieddu, e<br />
dall’abitato vero e proprio, le cui case si spingono<br />
verso l’interno, lambendo il mare solo in<br />
prossimità di Marina Longa, a nord, e di Marina<br />
Curta, a sud. A ovest digradano dolci pendii<br />
coltivati a ridenti vigneti e protetti, alle spalle,<br />
dalle alture di Munti Sant’Anciulu, Munti a<br />
Uardia e Munti Iaddina. I promontori di Munti<br />
Mazzuni e Munti Rosa, a nord e l’altro del<br />
Capparu, a sud, chiudono entrambi l’insenatura.<br />
Le vie della città sono acciotolate e rifinite con<br />
lunghi quadroni al centro ed altri più piccoli e<br />
trasversali ai lati. Per lo più tortuose, tranne via<br />
Vittorio Emanuele e via Garibaldi, che è la<br />
principale e in salita, esse sono totalmente strette<br />
che è possibile lambire la casa dirimpetto,<br />
tenendo una mano dall’altra …<br />
Muovendo dal molo dove i Liparuoti usano<br />
ormeggiare le loro barche più piccole e far<br />
sostare, solo temporaneamente, quelle di maggior<br />
stazza, che preferiscono tenere al sicuro nel porto<br />
di Messina, ci inoltriamo in questa singolare<br />
cittadina, miracolosamente sottratta, tuttora, al<br />
transito dei veicoli. L’approdo di Sutta o<br />
Ministieri presenta un banchina in muratura,<br />
ed è fiancheggiato da magazzini addossati alle<br />
grigie rocce di lava sporgente che sostengono<br />
l’antico Convento dei Francescani. Verso il molo<br />
piccolo si estende un tratto di spiaggia cosparsa<br />
di pietrisco e dalla quale emergono rustici<br />
ormeggi in pietra …<br />
Sul lato destro del Corso sorge l’antica<br />
costruzione del Seminariu delimitata da un muro<br />
con merli centinati nel quale si apre un ampio<br />
ingresso. Il luogo, detto Chianu o Puzzu, è<br />
formato da due spiazzi che si allargano difronte al<br />
Seminariu e dove si notano due pozzi, ciascuno<br />
sormontato da un arco di ferro.<br />
A piano terra si nota un portone centrale<br />
sormontato da un bassorilievo che raffigura<br />
San Vartulumeu con la scritta: ‘Advocatus et<br />
protector noster est’.<br />
Il consueto approdo di Lipari, sorge a Marina<br />
Corta nei pressi della Criesia i l’Animi o<br />
Priatoriu, che pare quasi galleggi sul mare, dove<br />
si trova un piccolo molo con alcuni ormeggi.<br />
Sulla spiaggia di Marina Curta, fiancheggiata su<br />
un lato da graziose case a due piani, di cui una<br />
fila si spinge fin sotto le rupi del Castieddu,<br />
vengono tirate a secco numerose imbarcazioni, le<br />
più grosse a destra e le più piccole a sinistra, ma<br />
soprattutto numerose barche di pescatori.<br />
Al centro della spiaggia si erge la statua del<br />
protettore di Lipari, San Vartulumeu”.<br />
Da: Luigi Salvatore d’Asburgo-Lorena, Die<br />
Liparischen Inseln, Praga 1893-98.<br />
45
STRUOGNULI DI NOTTE.<br />
ADRIANA PIGNATELLI MANGONI<br />
DA: L.S. HABSBURG-LORRAINE<br />
VURCANU I DUE PUORTI.<br />
ADRIANA PIGNATELLI MANGONI<br />
DA: L.S. DE HABSBOURG-LORRAINE<br />
PAN<strong>ARIA</strong> BASILUZZU<br />
STRUOGNULI.<br />
ADRIANA PIGNATELLI MANGONI<br />
DA: L.S. DE HABSBOURG-LORRAINE<br />
SALINA A MUNTAGNA E<br />
PUORRI.<br />
ADRIANA PIGNATELLI MANGONI<br />
DA: L.S. DE HABSBOURG-LORRAINE<br />
graphique: SILVANA SABATELLI 2006 - ojo.silgus@tiscali.it<br />
STRUOGNULI DI NOTTE<br />
VURCANU I DUE PUORTI<br />
PAN<strong>ARIA</strong> BASILUZZU STRUOGNULI<br />
SALINA A MUNTAGNA E PUORRI<br />
<strong>ARIA</strong> <strong>ACQUA</strong> <strong>TERRA</strong> <strong>FUOCO</strong><br />
EMOZIONI E TRAVOLGIMENTI<br />
NELLE IMMAGINI DEI VIAGGIATORI<br />
DAL VESUVIO ALLE EOLIE<br />
SELEZIONE DELLE OPERE ESPOSTE
Le Isole Eolie: Gaston Vuillier<br />
DAI RACCONTI E IMPRESSIONI DI VIAGGIO ALLE IMMAGINI IN GOUACHE<br />
“Guadagnammo a remi il porto di Lipari, ove<br />
demmo fondo all’ancora verso le due.<br />
Lipari con il suo castello costruito sulla rocca e<br />
le sue case disposte secondo le sinuosità del<br />
terreno, presenta un aspetto quanto mai<br />
pittoresco. Del resto, avemmo tutto il tempo di<br />
ammirare la sua posizione, considerate le<br />
innumerevoli difficoltà che ci fecero per<br />
lasciarci sbarcare.<br />
Le autorità, alle quali avevamo avuto<br />
l’imprudenza di ammettere che non venivamo<br />
per il commercio della pesca, il solo commercio<br />
dell’isola, e che non comprendevano che si<br />
potesse giungere a Lipari per altre ragioni, non<br />
volevano ad ogni costo lasciarci entrare.<br />
Alla fine, quando passammo attraverso un<br />
cancello i nostri passaporti che, per paura del<br />
colera, ci furono presi dalle mani con le<br />
gigantesche pinze, e una volta che si furono<br />
assicurati che venivano da Palermo e non da<br />
Alessandria o da Tunisi, ci aprirono il cancello<br />
acconsentendo di lasciarci passare.<br />
C’era un bel po’ di differenza tra questa<br />
ospitalità e quella di re Eolo.<br />
Si ricordi che Lipari altro non è che l’antica<br />
Eolia, dove Ulisse sbarcò dopo essere<br />
sfuggito a Polifemo.<br />
Ecco ciò che racconta Omero: ‘Arrivammo<br />
fortunatamente all’isola di Eolia, isola<br />
accessibile e conosciuta dove regna Eolo,<br />
l’amico degli dei. Un indistruttibile ed<br />
inespugnabile baluardo, circondato da rocce<br />
lisce e scoscese, cinge l’intera isola.<br />
I dodici figli del re costituiscono la principale<br />
ricchezza del suo palazzo; sei maschi e sei<br />
femmine tutti nel fiore della giovinezza.<br />
Eolo li tiene uniti tutti insieme e le loro ore<br />
trascorrono, vicino ad un padre e ad una<br />
madre degni della loro venerazione e del loro<br />
amore, in festini perenni e splendidi per<br />
abbondanza e varietà’.<br />
Non solo Eolo accolse Ulisse e lo festeggiò<br />
degnamente per tutto il tempo che lui e i suoi<br />
compagni rimasero a Lipari ma al momento<br />
della partenza gli fece dono anche di quattro<br />
otri dove erano rinchiusi i principali venti:<br />
Euro, Austro ed Aquilone. Solamente Zefiro<br />
era rimasto libero ed aveva ricevuto l’ordine<br />
dal suo sovrano di spingere felicemente il re<br />
fuggitivo verso Itaca.<br />
Sfortunatamente, però, l’equipaggio della nave<br />
che Ulisse governava ebbe la curiosità di vedere<br />
cosa racchiudevano quegli otri così ben gonfi ed<br />
un bel giorno li aprì. I tre venti, quanto mai felici<br />
di essere liberi, dacchè da qualche tempo erano<br />
rimasti prigionieri negli otri con un sol colpo<br />
d’ali si slanciarono nel cielo, dove ingaggiarono<br />
a mò di gioco una tale lotta che tutte le navi di<br />
Ulisse furono distrutte e solo lui riuscì a salvarsi<br />
su di una tavola.<br />
Il vento soffiava impetuoso sulla cima, e<br />
siccome eravamo fradici di sudore,<br />
approfittammo del riparo che ci offrivano alcuni<br />
massi di lava. Le fumarole della pendice ci<br />
coprivano di vapori sulfurei, e soltanto a tratto<br />
distinguevamo il paesaggio. In lontananza, oltre<br />
la piana, si vedeva la spiaggia, la montagna<br />
ardente, lo spoglio Vulcanello, specie di suolo<br />
lunare, e la baia di Ponente dove le onde si<br />
infrangevano sugli scogli. Infine appariva Lipari,<br />
sfumata nella nebbia.<br />
Alla fine arrivammo al cratere. Dimenticai la<br />
fatica dinanzi al quadro che si offriva ai miei<br />
occhi. Ero sull’orlo di un imbuto gigantesco,<br />
e da tutte le parti delle striature nere,<br />
sanguigne o sulfuree convergevano<br />
rimpicciolendosi verso il fondo.<br />
Lì, come in una mostruosa caldaia, una massa<br />
rossastra cosparsa qua e là di cenere si muoveva,<br />
si agitava, si gonfiava, scoppiava, si appiattiva,<br />
crepitava. Un rumore infernale saliva dal fondo<br />
del cratere, e i vapori che fuoriuscivano<br />
annebbiavano il cielo sopra le nostre teste. Il<br />
terreno tremava sotto i piedi, bruciava ed era<br />
difficile restare fermi a lungo.<br />
Un vago timore mi aveva afferrato, si era<br />
impadronito anche degli altri, si vedeva<br />
facilmente. Solo il capitano sembrava calmo in<br />
mezzo ai vapori, gli occhi fissi sull’abisso.<br />
Si abbassò, spinse un blocco di lava che rotolò e<br />
andò ad affondare nelle profondità incandescenti.<br />
Allora lo imitammo tutti e le pietre cominciarono<br />
a rotolare senza interruzione. Alcune, arrivate in<br />
fondo al cratere, scoppiavano, altre<br />
s’inabissavano con un rumore sordo nella<br />
materia fusa scoppiettante”.<br />
Da: Gaston Vuillier, La Sicile, impressions du<br />
present et du passé, Parigi 1896.<br />
47
PARCO OMERICO<br />
DEI VULCANI EOLIANI<br />
A. PIGNATELLI MANGONI<br />
STROMBOLI<br />
VINCENZO CABIANCA<br />
ADRIANA PIGNATELLI MANGONI<br />
48
Parco Omerico dei luoghi letterari eoliani<br />
Vincenzo Cabianca e Adriana Pignatelli Mangoni<br />
Ho voluto integrare questo viaggio per immagini<br />
nella storia, nell’arte, nella cultura, nella natura,<br />
con un ulteriore viaggio che, assieme a Cenzi<br />
Cabianca, abbiamo compiuto attraverso la<br />
letteratura sulle isole Eolie da Omero ed<br />
Aristotele all’attualità, a Malaparte, a Sciascia, a<br />
Consolo, a Bernabò Brea e Madeleine Cavalier.<br />
Il nostro viaggio ha avuto come fine la<br />
costituzione di un parco letterario eoliano,<br />
articolato in due sezioni, una museale nel<br />
Castello, l’altra, all’aperto, in tutte le isole, nei<br />
luoghi di ispirazione letteraria.<br />
La prima sezione museale ha come punto di<br />
partenza i testi delle opere, tra le quali spiccano<br />
quelle di molti autori francesi che in alcuni casi<br />
sono anche autori o committenti delle gouaches<br />
illustrative. Tra questi l’Abbé de Saint-Non,<br />
Dolomieu, Hoüel, Vuillier, Dumas.<br />
Ciascun testo è affiancato dal suggerimento<br />
dell’itinerario e dalla localizzazione del luogo<br />
letterario.<br />
Il secondo parco, territoriale, all’aperto, è<br />
costituito dai luoghi d’ispirazione letteraria.<br />
Questi ultimi dovrebbero essere arricchiti da<br />
apparati didattici in loco, realizzati come leggii<br />
(tipo spartiti musicali), che propongono selezioni<br />
dei testi letterari da loro ispirati, con notizie sugli<br />
autori, sulla loro collocazione culturale, storicoumanistica<br />
o scientifica e una indicazione<br />
topografica all’interno dell’itinerario di<br />
rivisitazione eventualmente integrata con le altre<br />
valenze culturali, archeologiche, vulcanologiche,<br />
bio-geografiche, etno-antropologiche, etc.<br />
Nel caso di altri parchi letterari, l’identità<br />
territoriale nasce dalla celebrazione poeticoletteraria<br />
di piccoli luoghi, altamente semiotici, di<br />
una tomba fraterna, di un viale di cipressi,<br />
dell’infinito oltre una siepe, da parte di grandi<br />
poeti. Alle Eolie, l’identità territoriale nasce da un<br />
arcipelago di piccole isole, da sommità emergenti<br />
dal mare di apparati vulcanici di un arco<br />
magmatico sommerso, con fenomeni vulcanici<br />
che affascinano l’immaginario collettivo e ne<br />
fanno un teatro dell’immaginazione e della storia.<br />
Sulla loro eccezionalità, poeti, narratori, saggisti,<br />
viaggiatori, artisti, registi, scienziati, hanno<br />
sviluppato, formalizzato e comunicato le loro<br />
interpretazioni letterarie. Una situazione nella<br />
quale non è la letteratura che dà identità al luogo,<br />
ma il luogo che genera il fenomeno letterario,<br />
tanto più straordinario in quanto la stessa cosa<br />
viene vista da tanti soggetti e da tante culture con<br />
ottiche diverse. Queste interpretazioni<br />
dell’identità eoliana, a partire dall’idea del<br />
profondo, del sacro, del divino, del misterico, del<br />
fantastico e del magico, si sono sviluppate<br />
attraverso le tradizioni popolari e i racconti degli<br />
eruditi sino alle attuali interpretazioni scientifiche<br />
e comunicazioni multimediali, contribuendo ad<br />
un nuovo umanesimo emergente.<br />
La particolare e straordinaria identità delle Eolie<br />
le rende un ‘arcipelago culturale’ di luoghi<br />
semiotici, celebrati nel tempo dalla letteratura.<br />
Le Eolie quindi come teatri di ispirazioni ed<br />
interpretazioni che sono variati al variare delle<br />
conoscenze e culture delle varie epoche e delle<br />
occasioni d’incontro nel processo evolutivo<br />
storico. In somma sintesi, il sentiero della<br />
letteratura ispirata dalle Eolie si sviluppa nel<br />
tempo, dal mito omerico dell’Odissea, alle<br />
descrizioni scientifiche di Plinio, alle maschere<br />
della letteratura teatrale classica del culto di<br />
Dioniso, alle descrizioni geografiche da<br />
Strabone ad Idrìs.<br />
Dalle leggende medioevali, alle interpretazioni,<br />
all’alba del metodo scientifico applicato alle<br />
scienze della terra, alle interpretazioni scientifiche<br />
e rappresentazioni di Spallanzani, Dolomieu, ai<br />
paesaggi di Hoüel, alle letture dei viaggiatori<br />
come Dumas e Vuillier, alle eccezionali immagini<br />
dell’opera di Luigi Salvatore d’Austria con i suoi<br />
otto volumi sulle Eolie alla fine dell’Ottocento.<br />
Il viaggio si estende sino alle più recenti presenze<br />
letterarie di Malaparte, Sciascia e Consolo,<br />
all’opera scientifica del Gruppo Nazionale di<br />
Vulcanologia, attuale punta di diamante della<br />
ricerca scientifica in Italia, all’opera archeologica<br />
di Bernabò Brea e Madeleine Cavalier, o<br />
etnoantropologica di M. Maffei e di Todesco, o<br />
relativa al paesaggio strutturale di tutti i Beni<br />
Culturali del Patrimonio Eoliano di V. Cabianca,<br />
ai documentari sottomarini del Principe Alliata,<br />
ai films di Dieterle, Rossellini e Moretti, sino alle<br />
regíe televisive umanistiche di G. Bongiorno e<br />
scientifiche di T. Mercuri.<br />
La secolare celebrazione letteraria delle Eolie ha<br />
anticipato nel corso del tempo la recente<br />
(28/11/2000) iscrizione delle Eolie nella lista dei<br />
luoghi riconosciuti dall’UNESCO come<br />
“Patrimonio dell’Umanità”<br />
49
Il teatro delle Eolie: Vincenzo Cabianca<br />
IL TEATRO DELLA VIOLENZA<br />
la Forgia Vecchia<br />
il terrore<br />
dell’anno mille<br />
che si avvicina<br />
la paura<br />
di una massiccia<br />
colata di lava che incombe<br />
con demoni<br />
invitanti<br />
tra le fiamme<br />
anno duemila<br />
un volgare<br />
e travolgente arrembaggio<br />
ai segni della paura sopita<br />
IL TEATRO DEI MITI<br />
come Enea a Didone<br />
come Odisseo a Calypso<br />
ed a Nausica<br />
raccontami<br />
e riraccontami<br />
una volta ancora<br />
la storia<br />
del nostro amore<br />
Il poeta conduce la Donna Amata a visitare il teatro<br />
della violenza, dell’orgasmo della terra,<br />
espresso dalle minacciose immagini delle colate laviche<br />
degassate, finali, che si arrestano con il<br />
fronte gonfio a segnare un limite fisico all’audacia<br />
sconsiderata degli abusivi ed al sonno degli<br />
amministratori.<br />
La Donna Amata spiega ad alcuni viandanti che<br />
hanno assistito al discorso del poeta come la violenza<br />
non sia quella della colata ma quella dell’abusivismo<br />
edilizio.<br />
La Donna Amata chiede al suo poeta di parlarle<br />
una volta ancora delle Eolie come teatro dei miti,<br />
di Odisseo, di Eolo e della sua reggia, di Calypso,<br />
di Ogygia, delle Planktai del racconto di<br />
Circe, di Hyerà, dell’Isola Sacra, dell’Isola dei<br />
Morti, della fucina di Efesto, delle leggende medioevali,<br />
dell’ingresso all’inferno cristiano, di<br />
Teodorico gettato nel cratere da Simmaco e da Papa<br />
Giovanni, sino al passaggio dal mito alla leggenda<br />
e da questa alla storia di una richiesta<br />
che ancora una volta si ripete nel loro amore.<br />
V. Cabianca - Poesia della Scienza - Vol. XI - Il Teatro delle Eolie - Roma 2004<br />
50
VULCANI<br />
altri li adorano<br />
con sacrifici umani<br />
altri come dimore di Titani<br />
altri come regge di Efesto<br />
altri come bocche dell’Inferno<br />
altri come frutti della geodinamica<br />
altri come finestre sul profondo<br />
di un pianeta in lento degasamento<br />
altri come matrici della vita<br />
io<br />
come storia di tutto questo<br />
come emergenze percettive<br />
configuranti<br />
del paesaggio semiotico-strutturale<br />
connotanti<br />
del paesaggio storico-percettivo<br />
e come patrimonio<br />
intangibile<br />
dell’umanità<br />
La accorta risposta del poeta alla sospettosa Sirena Lighea che lo ha<br />
maliziosamente interrogato alla ricerca di ulteriori segrete ragioni di<br />
tanto amore per i vulcani dell’arco insulare Eoliano.<br />
V. Cabianca - Poesia della Scienza - Vol. XI - Il Teatro delle Eolie - Roma 2004<br />
51
OMERO<br />
Il Castello di Lipari nella seconda metà del sec. XVIII (Da L.Spallanzani, Viaggio alle Due Sicilie etc., Pavia. 1972).<br />
I luoghi letterari Eoliani:Il Castello di Lipari<br />
I commentatori antichi dell’Odissea interpretano l’isola Aeolia come<br />
Lipari, l’Acropoli come la mitica dimora del re degli Eoli, Eolo Ippodate,<br />
re dei venti, ospite di Ulisse, e vedono nei fianchi della cupola di ristagno<br />
lavico le “mura di bronzo che la cingono tutta”.<br />
Illustraz. da: G. Iacolino, I Turchi alla Marina di Lipari, Lipari,1985, p.190 - Testo da: G.A.Privitera (trad.di), Omero, Odissea, X-1-24, Mondadori 1981<br />
Omero
I luoghi letterari Eoliani: Il Castello di Lipari - sede -<br />
Oggi il Castello si propone, con il Museo Eoliano , con le sezioni di archeologia<br />
preistorica e classica, epigrafica, di archeologia sottomarina, vulcanologia,<br />
paleontologia del quaternario, di biogeografia evolutiva e le auspicati sezioni etnoantropologica,<br />
letteraria, dei viaggi dell’Arciduca, del confino politico, dei Beni<br />
Culturali Territoriali, come Centro Culturale Umanistico e Scientifico della<br />
conoscenza e della comunicazione della conoscenza della Cultura Eoliana.<br />
Il Castello diviene simbolo del trionfo della cultura nel passaggio da luogo di confino<br />
a luogo di sempre maggiore accessibilità alla conoscenza ed alla fruizione dei valori<br />
della molteplice identità culturale Eoliana.<br />
Nella ex gendarmeria del Castello potrebbe essere collocata la parte Museale<br />
introduttiva del Parco Letterario, nella quale potranno essere esposte, in forma estesa,<br />
le opere, gli itinerari, le immagini dei luoghi d’ispirazione che successivamente<br />
potranno essere visitati sul territorio, a sua volta didascalizzato in un rinvio continuo<br />
tra luoghi di ispirazione ed opere letterarie e viceversa. In alcune sezioni museali è<br />
possibile sviluppare una integrazione tra aspetti scientifici e letterari attraverso la<br />
storia delle idee relative a quella disciplina. Nel caso, ad esempio, della sezione<br />
Vulcanologica, introducendo un segmento storico dedicato a Dolomieu e a<br />
Spallanzani che hanno ricercato nei testi letterari antichi notizie relative al Vulcanismo<br />
eoliano che poi hanno avuto cura di verificare sui luoghi e tentare di interpretare in<br />
forma protoscientifica.<br />
Il complesso del confino politico sull’Acropoli, prima conquistato e trasferito dal<br />
demanio carcerario a quello della pubblica istruzione, poi trasformato in grande<br />
sistema museale, al chiuso e all’aperto, a partire dalla fine della seconda guerra<br />
mondiale da L. Bernabò Brea e M. Cavalier, autori di un eccezionale opera scientifica<br />
in oltre dieci volumi sull’archeologia Eoliana, é divenuto “Museo Archeologico<br />
Regionale L. Bernabò Brea” e, sotto la guida dei suoi successori, continua ad<br />
arricchirsi di nuove sezioni, sistemazioni e mezzi di comunicazione multimediale<br />
Illustraz. da: Luigi Salvatore d’Austria, Die Liparischen Inseln, Praga 1894, vol. III, p.2 - Testo da: Cabianca V. - Pignatelli M. A. : Tra Prometeo ed<br />
Hermes: Intervista sul Piano dei Beni Culturali Territoriali Eoliani - Palermo 2003.
TERRITORIO LETTERATURA / LETTERATURA - TERRITORIO<br />
I luoghi letterari Eoliani nell’interpretazione dell’Odissea<br />
Il viaggio di Ulisse, non è solo un viaggio geografico tra territori, ma un<br />
viaggio metaforico attraverso le culture del mediterraneo e i culti<br />
dell’epoca.<br />
Come tale è una testimonianza e una guida alla geografia ideologica<br />
complessiva del mondo protostorico, visto come teatro di lotte tra Divinità<br />
con psicologie, interessi, comportamenti e vizi del tutto mortali.<br />
Un mondo nel quale gli Dei danno un nome a categorie di valori e<br />
disvalori, che costituiscono ancora poli dialettici psicanalitici<br />
dell’interpretazione dei comportamenti individuali e collettivi, oltre a<br />
riferimenti letterari e matrici della storicità della cultura e dell’arte<br />
classica.<br />
Nel Parco Letterario i supporti didattici (collocati nei Visitors Centers a<br />
premessa delle visite sul territorio e lungo gli itinerari, la sentieristica<br />
culturale, i luoghi d’ispirazione letteraria) che legano territorio e<br />
letteratura sono finalizzati a stimolare nuove connessioni mentali, nelle<br />
quali la percezione spaziale ha sempre dimensione storica, e la storia è un<br />
flusso - non solo di eventi - ma di interconnessi contesti di sitemi<br />
ideologici, culturali, economici, politici fra loro fortemente integrati.<br />
Il Parco Letterario veicola quindi il territorio nella letteratura e la<br />
letteratura all’interno del territorio.<br />
Illustraz. da: A.- H.H. Wolf, Die Wirkliche Reise des Odysseus - Zur Rekonstruktion des Homerischen Weltbildes, Monaco - Vienna 1983, pp.198/199 - Testo da:<br />
Cabianca V. - Pignatelli M. A. : Tra Prometeo ed Hermes: Intervista sul Piano dei Beni Culturali Territoriali Eoliani - Palermo 2003.
H.H. WOLF<br />
I luoghi letterari Eoliani:<br />
Le componenti Omeriche del Parco Letterario Eoliano.<br />
- Il viaggio di Ulisse secondo A. Wolf e H. H. Wolf.<br />
Il “nostos”, il ritorno, il viaggio etico di Odisseo, attraverso la conoscenza<br />
ed il superamento dei vizi umani da sconfiggere per riconquistare la casa e<br />
la famiglia, (punto di partenza e di arrivo della morale Omerica), ed il<br />
viaggio (di contrappunto) espressione della tensione verso la conoscenza<br />
dell’ignoto, hanno riferimenti geografici, connessi ovviamente con la<br />
cosmografia dell’ VIII a.C..<br />
La dimenticanza di questo parametro temporale ha prodotto nel tempo,<br />
interpretazioni infinite, connesse con le realtà geografiche che si andavano<br />
progressivamente scoprendo, passando dall’area della Magna Grecia, al<br />
Mediterraneo, all’Atlantico, al Baltico, al mondo intero.<br />
Una sezione del Parco Letterario sarà dedicata alla presenza letteraria di<br />
Odisseo alle Eolie, nelle varie ipotesi intrepretative che coinvolgono:<br />
Lipari Sud (Planktai), Vulcano e Vulcanello in formazione (Scilla e<br />
Cariddi), Lipari e Stromboli (reggia di Eolo), Panarea Isolotti (Calypso,<br />
isola di Ogygia).<br />
Il supporto fornito dallo straordinario studio di A. e H. H. Wolf delle<br />
interpretazioni geografiche nel tempo del viaggio di Ulisse, consente di<br />
presentare 82 tabelloni di straordinario interesse, nella sezione letteraria<br />
museale prodromica alla visita dei luoghi, molto implicanti anche per il<br />
valore aggiunto delle ipotesi formulate da tanti studiosi dall’epoca classica<br />
ad oggi.<br />
Illustraz. da: A.- H.H. Wolf, Die Wirkliche Reise des Odysseus - Zur Rekonstruktion des Homerischen Weltbildes, Monaco - Vienna 1983, p.186 - Testo da:<br />
Cabianca V. - Pignatelli M. A. : Tra Prometeo ed Hermes: Intervista sul Piano dei Beni Culturali Territoriali Eoliani - Palermo 2003.
I luoghi letterari Eoliani: Le Planktai<br />
OMERO<br />
Le rupi erranti con le colombe omeriche:<br />
“Tante ne inghiotte la rupe, altrettante ne genera il sommo Giove”<br />
La visione estiva delle Planktai, dall’alto del ponte di una nave rende i due<br />
scogli credibili -come luogo Omerico- solo per le colombe di Zeus (tante ne<br />
divora la rupe, altrettante ne rigenera il sommo Giove). Una visione invernale<br />
da uno scafo di dimensioni protostoriche rende molto più attendibile l’idea<br />
dell’ agguato delle alte rupi e del grande pericolo incombente anche in<br />
relazione all’attività dell’area tra Vulcano e le Planktai stesse, dove all’inizio<br />
del II sec. A.C. comincerà ad affiorare Vulcanello dal mare.<br />
Illustraz. da: Luigi Salvatore d’Austria, Die Liparischen Inseln, 1894, vol.III,p.152 - Testo da: G.A.Privitera (trad.di), Omero, Odissea, 1981, XII,55-65.<br />
Omero
I luoghi letterari Eoliani:<br />
ARISTOTELE<br />
“L’organo di Eolo” nella illustrazione di Hoüel dal “Voyage pittoresque<br />
aux Isles de Sicile, de Malta et de Lipari”, terma romana i cui condotti<br />
fittili parietali per l’aria calda furono a lungo interpretati come canne<br />
dell’organo del Dio dei venti.<br />
Illustraz. da: Jean Houel, Viaggio Pittoresco alle Isole Eolie - Testo da:Pagliara - Fonti letterarie in Bernabò Brea L. - Cavalier M., Meligunìs<br />
Lipara, VIII/2, Palermo 1995, p. 48.
I luoghi letterari Eoliani:<br />
DIODORO SICULO<br />
Nell’immagine in primo piano l’imbocco dell’antico porto di Lipari, interratosi<br />
nel tempo. Il mare entrava con due lunghi porto-canali, a Nord sino all’attuale<br />
zona del Seminario vescovile, a Sud sino all’attuale Via Roma. Dal Porto<br />
Grande di Sottomonastero si accedeva all’Acropoli, mitica dimora di Eolo,<br />
secondo Diodoro Siculo che trasferisce il mito degli Eoli dalla leggenda alla<br />
Protostoria nel racconto della colonizzazione Ausona di Lipari dall’Italia<br />
Meridionale, evento che trova riscontro negli scavi archeologici dell’Ausonio I e<br />
II. Studi recenti dovuti a L. Bernabò Brea e M. Cavalier consentono di attribuire<br />
alla popolazione greca degli Eoli l’insediamento di Capograziano I, nel XXI<br />
sec., un millennio prima degli eventi tramandati da Diodoro Siculo.<br />
Illustraz. da: Luigi Salvatore d’Austria, Die Liparischen Inseln, Praga 1894, vol. IIIV, p.6 - Testo da: Pagliara - Fonti letterarie antiche in Bernabò<br />
Brea L. - Cavalier M., Meligunìs Lipara, Palermo 1995, p. 65.
I luoghi letterari Eoliani:<br />
PLINIO IL GIOVANE - DIODORO SICULO<br />
Le cave di allume di Vulcano sono state intensamente sfruttate sino all’ultima<br />
eruzione della Forgia Vecchia attraverso il lavoro dei coatti e sono oggi in corso<br />
di sistemazione per una visita più sicura nell’ambito del costituendo Parco<br />
Termale che può essere opportunamente arricchito dalla componente letteraria.<br />
Illustraz. da: Luigi Salvatore d’Austria, Die Liparischen Inseln, Praga 1894, vol. I, p.8 - Testo da Pagliara in: Bernabò Brea L. - Cavalier M.,<br />
Meligunìs Lipara,VIII/2, Palermo 1995, p. 31-32 Giustolisi III° vol.
S. WILLIBALD<br />
I luoghi letterari Eoliani: Il cono di pomice del Pilato<br />
Il cratere interno del cono di pomice del Pilato con le radici della celebre<br />
colata lavica ossidianica delle Rocche Rosse.<br />
Da questo cratere vennero esplose le pomici che formando il soffice cono<br />
tephritico del Pilato impedirono a S. Willibald (727 d.C.) di vedere “qualis<br />
esset intus ille infernus” come nel racconto sotto riportato.<br />
Willibald<br />
IIllustraz. da: Luigi Salvatore d’Austria, Die Liparischen Inseln, Praga 1894, vol. III, p.61 - Testo da: Bernabò Brea L., Le Isole Eolie dal Tardo<br />
Antico ai Normanni, Ravenna 1988, p.42.
P. CAMPIS<br />
I luoghi letterari Eoliani: Fossa di Vulcano<br />
L’invaso del cratere della Fossa Vulcano vista come una delle “voragini”<br />
di accesso all’inferno Cristiano nel paesaggio ideologico della letteratura<br />
medioevale.<br />
I testi, sia in latino ecclesiastico di facile lettura, sia nella lingua italiana<br />
di Pietro Campis del XVII sec., riportati nel Disegno Historico della nobile<br />
et fidelissima Città di Lipari (1694), sono tra le più straordinarie pagine di<br />
letteratura ispirate dall’attività eruttiva o secondaria dei vulcani Eoliani<br />
alla religiosissima struttura mentale degli autori.<br />
I diavoli del cratere di Vulcano ricacciati nell’inferno dall’arcangelo<br />
Michele, collaboratore di S.Calogero nell’opera di bonifica delle isole dai<br />
demoni su “comandamento del Pontefice Giovanni” (Summus Pontifex<br />
dedit illi potestatem fugandi daemones...).<br />
P. Campis<br />
Illustraz. da: Luigi Salvatore d’Austria, Die Liparischen Inseln, Vienna 1894, vol. I, p.13 - Testo da: P. Campis, Disegno Historico della nobile e<br />
fidelissima Città di Lipari, 1694, Lipari 1980 p.175.
P. CAMPIS<br />
I luoghi letterari Eoliani:La Pirrera della Forgia Vecchia sopra Canneto<br />
La Pirrera (il luogo del fuoco), ha rappresentato un incubo per gli eoliani<br />
in epoca medioevale, sino all’eruzione finale della enorme colata lavica<br />
degassificata di ossidiana della Forgia Vecchia che ha squarciato l’orlo<br />
del cratere - visibile nell’immagine - fermandosi subito a monte della<br />
spiaggia di Canneto.<br />
L’interpretazione letteraria del fenomeno, - nella ideologia medioevale,<br />
ben consolidata anche nel testo del Campis che la riporta alla fine del<br />
‘600 - attribuisce l’esaurimento dell’eruzione alle preghiere del<br />
benemerito San Calogero, cacciatore dei demoni dalle isole.<br />
Sempre secondo Campis “Dalla Pirrera, ricavato l’allume si trasportava a<br />
Parmito, dove si purificava e riduceva alla perfezione dovuta”<br />
P. Campis<br />
Illustraz. da: Luigi Salvatore d’Austria, Die Liparischen Inseln, Praga 1894, vol. III, p.64 - Testo da: P. Campis, Disegno Historico della nobile e<br />
fidelissima Città di Lipari, 1694, Lipari 1980, p.181.
G. VUILLIER<br />
I luoghi letterari Eoliani: cratere di Vulcano<br />
I diavoli del cratere di Vulcano - ricacciati nell’inferno dall’arcangelo Michele,<br />
collaboratore di S.Calogero nell’opera di bonifica delle isole dai demoni su<br />
“comandamento del Pontefice Giovanni” (Summus Pontifex dedit illi<br />
potestatem fugandi daemones...) -, sono ancora visti con convinzione dagli<br />
abitanti di Lipari e da Don Santo nella cena con Vuillier, alla fine del ‘800.<br />
G. Vuillier<br />
Illustraz. da: Luigi Salvatore d’Austria, Die Liparischen Inseln, Palermo 1894, VIII, p.2 - Testo da:P. Campis, Disegno Historico della nobile e fidelissima<br />
Città di Lipari, 1694, pp.174/175 - Testo da:G. Vuillier, Escursione alle Eolie, Impressioni del Presente e del Passato, Lipari 1989, pp. 28-30.
I luoghi letterari Eoliani:<br />
P. CAMPIS<br />
Le sorgenti termali di San Calogero, utilizzate (cfr. L. Bernabò Brea e M.<br />
Cavalier) sin dall’epoca Micenea, le cui acque,scomparse, furono fatte<br />
riemergere dal Santo Monaco nel corso della bonifica delle Isole Eolie dai<br />
demoni operata per incarico del Pontefice Giovanni, secondo la leggenda<br />
medioevale. (Campis)<br />
D. de Dolomieu<br />
Illustraz. da: Luigi Salvatore d’Austria, Die Liparischen Inseln, 1894, vol. III, p.99 - Testo da: D. de Dolomieu, Voyage aux Iles Lipari, fait en 1781 -<br />
ed. C.S. Lipari 1980.
I luoghi letterari Eoliani:<br />
Il cratere del neo-Stromboli<br />
P. CAMPIS - DOLOMIEU<br />
P. Campis<br />
Dolomieu<br />
Illustraz. da:Illustraz. da: Luigi Salvatore d’Austria, Die Liparischen Inseln, Praga 1894, vol. VII, p.25 - Testo da: P. Campis, Disegno Historico<br />
della nobile e fidelissima Città di Lipari, 1694 Lipari 1980; De Dolomieu D., Voyage aux Iles Lipari, fait en 1781 - ed. C.S. Lipari 1980.
I luoghi letterari: Il Castello di Lipari<br />
GIOVAN ANDRÌA DI SIMÒN<br />
“La devastazione del Castello di Lipari da parte di Karouin Barbarossa,<br />
Ammiraglio di Solimano il Magnifico” di Giovan - Andrìa di Simòn 1544<br />
edizione critica di G. Iacolino 1985.<br />
La tragedia in versi é stata recitata nel 1986, in una indimenticabile edizione,<br />
dagli studenti dell’Istituto Tecnico Commerciale di Lipari, nel sagrato di San<br />
Bartolicchio in occasione del Convegno sull’Arciduca Luigi Salvatore<br />
d’Austria alle Eolie.<br />
Illustraz. da: G. Iacolino, I Turchi alla Marina di Lipari, 1985, p.162 - Testo da: G. Iacolino, I Turchi alla Marina di Lipari, Lipari 1985, p.110.
I luoghi letterari Eoliani:<br />
L. SPALLANZANI<br />
Lazzaro Spallanzani, grande naturalista della seconda metà del VIII sec.,<br />
possiede una sicura cultura umanistica di base che lo porta a svolgere<br />
sempre indagini propedeutiche storico-letterarie con verifica sul campo<br />
allo scopo di capire quali verità oggettive relative ai temi della sua ricerca<br />
scientifica, si nascondano dietro i testi antichi.<br />
Nel caso di Scilla e Cariddi, esaminati Omero (Odissea XII, 73-79 / 85-86<br />
/104-106) e Virgilio (Eneide III, 420-428), Spallanzani conclude dicendo:<br />
“Io non ho avuto difficoltà di valermi de’ versi d’un poeta, in un libro<br />
consacrato alla ricerca della verità …”.<br />
Stanislao Nievo nel II volume dedicato ai Parchi Letterari, propone<br />
Spallanzani come dedicatario di un parco di Scilla e Cariddi.<br />
Alle Eolie Spallanzani, incrociando aspetti umanistici ed osservazioni<br />
scientifiche dirette, ci offre in tre tomi (tomo II: cap.X-XV, pp.1-231; tomo<br />
III: cap.XVI-XXII, pp.1-348; tomo IV: cap.XXIII-XXIV, pp.5-83) un grande<br />
parco letterario potenziale dei riflessi e della partecipazione italiana alla<br />
tensione ed alla ricerca illuministica europea.<br />
Illustraz. da: Spallanzani L., Destinazione Eolie (1788) -dall’opera:”Viaggi alle due Sicilie”- Prologo e Saggio sul ”Settecento Liparitano” di G.Iacolino, Lipari 1993,<br />
p.171 - Testo da: Cabianca V. - Pignatelli M. A. : Tra Prometeo ed Hermes: Intervista sul Piano dei Beni Culturali Territoriali Eoliani - Palermo 2003.
J. HOÜEL<br />
I luoghi letterari Eoliani: Le Stufe di San Calogero.<br />
J. Hoüel<br />
Illustraz. da: J. Hoüel, Viaggio Pittoresco alle Isole Eolie, Marina di Patti 1987, p.43 - Testo da: J. Hoüel, Viaggio Pittoresco alle Isole Eolie,<br />
Marina di Patti 1987, p.42.
J. HOÜEL<br />
I luoghi letterari Eoliani: La Salina di Lingua in una incisione di fine ‘700<br />
J. Hoüel<br />
P. Campis<br />
Illustraz. da: J. Hoüel, Viaggio Pittoresco alle Isole Eolie, Marina di Patti 1987, p.47 - Testo da: J. Hoüel, Viaggio Pittoresco alle Isole Eolie,<br />
Marina di Patti 1987, p.46.
I luoghi letterari : La Fossa<br />
P. CAMPIS - S. GREGORIO MAGNO<br />
Il gran cratere di Vulcano e le leggende medioevali (dai dialoghi di S.<br />
Gregorio Magno).<br />
Orlo del cratere dal quale S. Calogero vede “ad hora nona” papa Giovanni<br />
e Simmaco, Senatore Romano, “precipitare” nell’inferno il re Teodorico.<br />
Illustraz. da: J. Hoüel, Viaggio Pittoresco alle Isole Eolie, Marina di Patti 1987, p.23 - Testo da: P. Campis, Disegno Historico della nobile e fidelissima<br />
Città di Lipari, 1694, Lipari 1980 p.178-179.
A. DUMAS<br />
I luoghi letterari Eoliani: Il Convento di S. Francesco<br />
Il convento di San Francesco sulla civita del castello di Lipari, in cui fu ospite<br />
A. Dumas nel corso della sua visita alle Eolie con Jadin e il fido Milord.<br />
A. Dumas<br />
Illustraz. da: Luigi Salvatore d’Austria, Die Liparischen Inseln, Praga 1894, VIII, p.22 - Testo da: A.Dumas, Viaggio nelle Eolie, Parigi 1855, pp.14, 16.
G. VUILLIER<br />
I luoghi letterari Eoliani: La fossa di Vulcano nel 1891<br />
G. Vuillier<br />
Illustraz. da: Luigi Salvatore d’Austria, Die Liparischen Inseln, Praga 1894, vol. I, p.18 - Testo da: G. Vuillier, Escursione alle Eolie, Impressioni del<br />
Presente e del Passato, Lipari 1989, pp. 26/27.
ARCIDUCA LUIGI SALVATORE D’AUSTRIA<br />
I luoghi letterari Eoliani: Vulcano e Lipari sud visti da Quattrocchi<br />
La straordinaria morfologia della costa sud occidentale di Lipari generata<br />
dalla grande fagliazione che va da Salina, a Lipari occidentale, a Vulcano,<br />
a Capo Calavà, a Tindari, a Letojanni, sino a Malta e oltre.<br />
L’Arciduca Luigi Salvatore d’Austria non sa nulla di tutto questo ma, con<br />
grande sensibilità nei confronti della morfologia di un paesaggio<br />
determinato dalla sua matrice tettonico-strutturale, sceglie una visuale che<br />
mette in evidenza la faglia che ha sollevato di 60m. tutta la costa<br />
occidentale tranciando i vulcani del primo periodo di Lipari, sollevando e<br />
portando in evidenza i terrazzamenti quaternari della glaciazione<br />
tirreniana formatasi quando il mare era a quote molto inferiori, aprendo la<br />
via ai magmi che hanno prodotto i complessi di Lipari sud e della Lentia.<br />
Illustraz. da: Luigi Salvatore d’Austria, Die Liparischen Inseln, Praga 1894, vol. III, p.92 - Testo da: Cabianca V. - Pignatelli Mangoni A. : Tra<br />
Prometeo ed Hermes: Intervista sul Piano dei Beni Culturali Territoriali Eoliani - Palermo 2003.
DIETERLE - MAGNANI<br />
I luoghi letterari Eoliani: Vulcano porto di levante<br />
La grande interpretazione di Anna Magnani in un film di Dieterle costruito<br />
sovrapponendo una storia d’invenzione, alla storia naturale ed<br />
antropologica raccontata dall’ambiente.<br />
Un ambiente così significante da non essere solo scena e cornice, ma<br />
matrice di valori permanenti che ne fanno un documento culturale<br />
importante sulle Eolie dell’esodo e del primo dopoguerra e sulla loro<br />
scoperta da parte dei registi del neo-realismo e del turismo d’avventura.<br />
Sulla vicenda artistica si sovrappone la nota vicenda umana e sentimentale<br />
della grandissima attrice Anna Magnani che, lasciata dal grande regista<br />
Rossellini per la bravissima e bellissima Ingrid Bergman, gira, sempre<br />
nelle Eolie, a Vulcano, con un altro regista, Dieterle, il film che avrebbe<br />
dovuto girare con lo stesso Rossellini.<br />
Illustraz. da: Le Eolie della Panaria Film, R. Cedrini, 1995 - Testo da:Panaria Film: Vulcano 1949, reg. Dieterle, interpreti A. Magnani et alii – R.<br />
Cedrini, Le Eolie della Panaria Film, Lipari 1995.
ROSSELLINI<br />
I luoghi letterari Eoliani: Il Vancori e lo Stromboli attivo<br />
L’interpretazione metafisica dello spettacolo notturno, straordinario ed<br />
impressionante, del cratere dello Stromboli attivo, la “Terribilità”<br />
dell’attività esplosiva delle eruzioni, lo sbarramento operato dai gas<br />
vulcanici, inducono Ingrid Bergman al ritorno alla condizione umana della<br />
povera vita del marito pescatore in “Stromboli Terra di Dio” di R. Rossellini.<br />
Rossellini, a proposito di “Dopo l’uragano”, ribattezzato “Stromboli, terra di<br />
Dio”, afferma:<br />
R. Rossellini<br />
Illustraz. da: Nuove Effemeridi: “Stromboli, terra di Dio” 1949; regia: Roberto Rossellini; interpreti: Ingrid Bergman, Mario Vitale; set: Stromboli - Testo da: R. Rossellini: “Perchè<br />
ho diretto proprio questo film, in “Film”, n°31-32, agosto 1950 pubblicato su “Tra le quinte di Stromboli” a cura di Roberto Cincotta, edizioni del Centro Studi, Lipari 1999.
PARCO LETTERARIO<br />
DEI VULCANI DELL’AUVERGNE<br />
A. PIGNATELLI MANGONI<br />
LE LAC PAVIN<br />
VINCENZO CABIANCA<br />
ADRIANA PIGNATELLI MANGONI<br />
52
Verso Il Parco Letterario dell’Auvergne:<br />
Il costante timore che le gouaches possano essere<br />
guardate nell’ottica del vedutismo, di un<br />
paesaggismo romantico-sentimentale anziché<br />
come figurazioni di un viaggio mentale tra storia<br />
e territorio, tra “età dei lumi” ed “età dello sturm<br />
und drang”, tra scienza e poesia, tra classico e<br />
romantico, ci ha spinti ad insistere sulla<br />
importanza della comunicazione della matrice<br />
storico-letteraria delle immagini.<br />
Inizialmente questo intento si è tradotto nella<br />
proposta di “Parco Letterario Eoliano”.<br />
Successivamente, nel quadro della generosa<br />
accoglienza incontrata in Francia in occasione<br />
delle precedenti esposizioni di “Aria Acqua Terra<br />
e Fuoco” a Château du Lude (Sarthe), a Château<br />
de Maisons Laffitte (Parigi) ed a La Garenne-<br />
Lemot (Loire-Atlantique), non abbiamo potuto<br />
fare a meno di rendere omaggio ai Vulcani<br />
francesi del Massiccio Centrale.<br />
L’incontro con i Vulcani d’Auvergne<br />
Lo straordinario incontro con i Vulcani<br />
d’Auvergne, con la Chaîne des Puys, con il<br />
Mont-Dore e il Cantal, con il Velay e Vivarais,<br />
ha fatto nascere in noi l’idea di un Grand Tour<br />
alla rovescia, un Petit Tour (che abbiamo per<br />
questo denominato “reTour”), il pensiero di una<br />
restituzione simmetrica della visita e di un<br />
viaggio inverso dai Vulcani della Magna Grecia<br />
alla Francia, alla patria degli Umanisti e<br />
Scienziati francesi venuti nell’Epoca dei Lumi in<br />
Italia a conoscere i territori della storia, della<br />
cultura e della classicità greco-romana.<br />
L’incontro con la letteratura<br />
scientifica della fine del ‘700<br />
Inoltre, esaminando la letteratura sulle guerre<br />
“scientistiche” tra nettunisti e plutonisti, presente<br />
nelle biblioteche di Clermont-Ferrand, di Parigi,<br />
di Nantes, la storia delle importanti scoperte<br />
della cultura francese nel Massiccio Centrale che<br />
hanno esteso l’interesse scientifico sui Vulcani,<br />
dai soli oggetto d’interesse sino a quell’epoca<br />
vale a dire quelli attivi del Mezzogiorno d’Italia,<br />
(Vesuvio, Campi Flegrei, l’Etna e Stromboli), a<br />
tutte le montagne che progressivamente si<br />
rivelavano nella nuova identità di vulcani fossili,<br />
Vincenzo Cabianca e Adriana Pignatelli Mangoni<br />
resti di ex vulcani attivi, oggi “spenti”, ci ha<br />
suggerito altre due idee.<br />
La dimensione europea del discorso<br />
La prima idea è stata quella di estendere la<br />
dimensione territoriale e culturale del discorso<br />
iniziato con la Magna Grecia, ad una dimensione<br />
europea, sottolineando il decisivo contributo<br />
francese alla Cultura generale della Vulcanologia<br />
attraverso le gouaches relative ai Vulcani<br />
dell’Auvergne.<br />
Nelle immagini questo si è tradotto nella<br />
evidenziazione delle particolarità vulcaniche alla<br />
radice delle emozioni degli Scienziati Illuministi<br />
al momento della scoperta in Francia della<br />
presenza di Vulcani, oggi spenti, ma un tempo<br />
attivi e straordinari quanto quelli che spingevano<br />
gli scienziati europei al Grand Tour umanistico e<br />
scientifico in Italia, tra i vulcani attivi della<br />
Magna Gracia.<br />
Apparato iconografico e apparato<br />
letteraio<br />
La seconda, di affiancare, come già fatto per il<br />
Grand Tour in Italia, all’apparato iconografico,<br />
un piccolo apparato letterario, un inizio di<br />
supporto capace di contribuire al richiamo della<br />
immanenza e contestualità del grande momento<br />
illuminista che ha acceso progressivamente i<br />
vulcani fossili e spenti attraverso la<br />
interpretazione del loro passato, della loro<br />
formazione eruttiva, costruzione, estinzione e<br />
decostruzione, analogamente a quanto già fatto,<br />
in diverso contesto per l’Arcipelago Eoliano.<br />
Il contesto illuministico<br />
Il contesto illuministico costituisce infatti la cornice<br />
di quella che è stata, forse, la più importante e<br />
appassionante pagina della storia del pensiero<br />
dell’Umanità. Noi abbiamo solo pensato di<br />
evocarla per cenni, attraverso la semiotica degli<br />
annunci delle antiche copertine d’epoca e lo stralcio<br />
esemplificato di alcuni brani ed illustrazioni<br />
significative tratte dalle prime pubblicazioni delle<br />
nascenti Scienze della Terra, nella Francia della<br />
seconda metà del ‘700 e di primi del ‘800.<br />
53
Mentre sfogliavamo con emozione i preziosi<br />
originali, ruotava intorno a noi tutto l’universo<br />
della rivoluzione scientifica illuminista: la<br />
rivoluzione nei concetti di materia e di moto, la<br />
matematizzazione e sistematizzazione delle<br />
metodologie e dei procedimenti, la nuova<br />
cosmologia da Newton a Laplace, il nuovo ordine<br />
dell’universo, il metodo quantitativo, la geografia<br />
e le sue proiezioni cartografiche, la marcia verso<br />
una fisica quantitativa, Lavoisier, la chimica e la<br />
pneumatica, la filosofia della natura, lo studio dei<br />
fossili e le prime carte geologiche, la prima<br />
geologia strutturale, gli inevitabili conflitti, le<br />
mediazioni, le tregue tra geologia e religione, i<br />
motori primi idraulici e i primi motori a vapore,<br />
Lagrange e l’algebrizzazione della matematica, gli<br />
sviluppi Leibniziani, la matematica dei “principia”<br />
Newtoniani, la meccanica del continuo, la<br />
geometria analitica, l’inventario planetario delle<br />
forme viventi, la sistematica linneana, la filosofia<br />
vitalista, le prime intuizioni morfogenetiche,<br />
infine, l’Encyclopedie e la Rivoluzione Francese,<br />
per dire tutto attraverso i due eventi più<br />
straordinari e significanti.<br />
Di questo universo illuminista noi proponiamo ora<br />
soltanto e semplicemente il profumo attraverso le<br />
copertine dei testi degli Autori che in Auvergne<br />
hanno smentito precedenti interpretazioni<br />
cogliendo:<br />
- la dimensione dei tempi geologici nel passaggio<br />
dall’interpretazione storica delle scorie come<br />
materiale di risulta della metallurgia romana<br />
all’interpretazione geologica delle scorie come<br />
prodotti dell’attività di vulcani, legati ai grandiosi<br />
fenomeni oggi identificati nell’ambito della<br />
geodinamica e della geochimica terrestre del<br />
Pianeta Terra in via di degasazione;<br />
- le dimensioni della tettonica nei grandiosi<br />
plateaux basaltici e nelle centinaia di coni<br />
vulcanici, duomi, cupole di ristagno, resti di nubi<br />
ardenti, maars, della regione;<br />
- l’identità tutta vulcanica della storia e del<br />
paesaggio dell’intero Massiccio Centrale, dalla<br />
sua costruzione all’evoluzione biotica del suo<br />
manto superficiale, alla progressiva distruzione da<br />
parte degli agenti meteorologici.<br />
Dal Parco della Letteratura Tematica<br />
al Territorio Didascalizzato<br />
Questo inizio di Parco Letterario, con sforzo<br />
adeguato, potrà forse un giorno, grazie alla<br />
cultura francese ed al nostro piccolo contributo,<br />
tradursi in un processo che porterà ad un vero e<br />
proprio Parco Letterario dell’Auvergne legando<br />
la letteratura scientifica e umanista sui Vulcani<br />
d’Auvergne ad un territorio che, attraverso la sua<br />
didascalizzazione consentirà di percorrere, anche<br />
fisicamente e percettivamente dal vero, la<br />
affascinante storia di questo capitolo della<br />
scienza e della letteratura.<br />
Barthélemy Faujas de Saint-Fond<br />
(1751-1819)<br />
Naturalista e geologo francese. Tra i suoi<br />
contributi alla geologia vanno ricordate innanzi<br />
tutto le spedizioni geologiche nei distretti<br />
francesi del Vivarais e del Velay, nella Francia<br />
centro-orientale, che gli permisero di individuare<br />
l’origine vulcanica delle rocce basaltiche. Voir:<br />
Recherches sur les volcans éteints du Vivarais et<br />
du Velay. - Grenoble’ 1778.<br />
George Julius Poulett-Scrope<br />
(1797-1876)<br />
English geologist and political economist whose<br />
volcanic studies helped depose the Neptunist<br />
theory that the world’s rocks were formed by<br />
sedimentation from the oceans (During the first<br />
half of the nineteenth century, the belief in a<br />
universal deluge was widely held by geologists.)<br />
He made studies of volcanic districts in Italy,<br />
Sicily and Germany, and especially the<br />
volcanoes of central France.<br />
It was by his observations on the erosion of<br />
valleys by rivers, that he was able to extend and<br />
confirm the views of Hutton.<br />
See: Memoirs on the geology of central France<br />
including the volcanic formations of Auvergne,<br />
the Velay and Vivarais.<br />
Henri Lecoq (1802-1871)<br />
Professeur d’histoire naturelle, Directeur du Jardin<br />
de Botanique de la Ville de Clermont-Ferrand,<br />
Rédacteur en chef des Annales scientifiques,<br />
littéraires et industrielles de l’Auvergne est<br />
nommé à Clermont-Ferrand pour y occuper la<br />
chaire de sciences naturelles. De 1826 à 1871, il<br />
prospecta l’Auvergne, recueillant notes et<br />
spécimens, en particulier en minéralogie,<br />
pétrographie et botanique. Il à publié de nombreux<br />
ouvrages scientifiques et cartes.<br />
Voir: l’Atlas minéralogique de la France -1780;<br />
Description pittoresque de l’Auvergne -1835;<br />
Histoire d’un voyage fait au Mont-Dore -1786.<br />
54
DEODAT DE GRATET DE DOLOMIEU (1750-1801)<br />
I luoghi letterari d’Auvergne:<br />
Geologo, professore all'Ecol.e des Mines di Parigi,<br />
membro dell'Accademia delle scienze, Dolomieu<br />
(1750- 1801) è appassionato di vulcani. Egli darà il<br />
suo nome alle Dolomiti, la cui roccia, dolomia, è<br />
costituita da carbonato doppio di magnesio e di calcio.<br />
A diciotto anni è condannato alla prigione a vita<br />
dall'ordine di Malta, per avere ucciso un suo avversario<br />
in un duello, ma ottiene la grazia. Nel 1789<br />
quasi tutta la sua famiglia è condannata al patibolo<br />
e il suo vecchio amico e protettore, il duca della<br />
Rochefoucauld, viene assassinato sotto i suoi occhi.<br />
Sfuggito al Terrore, Dolomieu partecipa alla spedizione<br />
di Bonaparte in Egitto (1798), ma viene fatto<br />
prigioniero dai controrivoluzionari a Taranto, dove<br />
la sua nave si è arenata. Dolomieu resta a marcire<br />
ventuno mesi in una segreta di Messina. Disperato,<br />
ammalato, sull’orlo del suicidio, trova ancora la<br />
forza di redigere il suo testamento... e una classificazione<br />
dei minerali. I suoi amici più influenti, tra cui<br />
l'ambasciatore William Hamilton, tentano di salvarlo.<br />
Nel 1801, la vtttoria di Marengo sblocca la situazione:<br />
Bonaparte ottiene che sia liberato. Rientrato<br />
in Francia, Dolomieu riprende le sue ricerche, ma<br />
muore prematuramente a cinquantun anni. Egli è<br />
incontestabilmente uno dei fondatori della vulcanologia<br />
moderna e tutta la sua opera scientifica è di<br />
considerevole interesse. Ha visto scorrere le lave del<br />
Vesuvio e dell'Etna, esplodere lo Stromboli) fumare<br />
il cratere di Vulcano, fenomeni che descrive lungamente.<br />
Non ha alcun dubbio circa la fluidità della<br />
materia al centro del pianeta secondo lui composta<br />
da magma incandescente, e circa l'origine profonda<br />
delle lave. Paragona l'attività vulcanica a quella di<br />
una talpa. Mentre i suoi predecessori vedevano nella<br />
fusione del granito l'origine di tutte le lave,<br />
Dolomieu afferma che la loro diversità è dovuta al<br />
fatto che ciascuna di esse si forma da uno speciale<br />
tipo di roccia situata sotto la crosta terrestre.<br />
Distingue i basalti neri dalle petroselci (microfelsiti)<br />
biancastre [le attuali trachiti, rioliti e andesiti]. Si<br />
rende conto che le pomici di Lipari sono in realtà<br />
ossidiane sature di bolle di gas. Nella VaI di Noto, a<br />
sud dell'Etna, Dolomieu rileva la provenienza sottomarina<br />
dei basalti che si alternano a sedimenti calcarei.<br />
Sul Vesuvio, che visita insieme a William<br />
Hamilton e James Hall, nota la presenza di "lave<br />
verticali" (monte Somma), cioè colate dall'alto verso<br />
il basso in fratture aperte, Ma è un errore madornale,<br />
Sono in realtà dicchi, cioè fenditure riempite di<br />
magma proveniente dalle profondità del vulcano, In<br />
qualità di affermato vulcanologo, Dolomieu decide<br />
di visitare anche l'Auvergne. Propone di aprire una<br />
sottoscrizione per scavare nel granito, sotto un cono<br />
vulcanico della zona, e cercate di raggiungere il<br />
camino del vulcano! Secondo lui i basalti colonnari<br />
del Massiccio Centrale si sono formati per la contrazione<br />
del materiale lavico nella fase di raffreddamento.<br />
Spiega a ragione che il Puy-de-Dòme è<br />
"uscito dal suolo come una sorta di intumescenza<br />
sollevata dagli agenti vulcanici [.,.] che doveva essere<br />
in uno stato pastoso per sostenersi man mano che<br />
sorgeva dal terreno”. Afferma inoltre che le colline<br />
bituminose della Limagne, da molti citate quali<br />
prove di fuochi sotterranei, non hanno altro "rapporto<br />
con i vulcani, che quello di trovarsi nelle loro<br />
vicinanze".<br />
Illustraz. da: Faujas de Saint-Fond - Recerches sur les volcans ét du Velay - Paris 1778 - Testo da: Maurice Krafft - Le Feux de la Terre - Histoires<br />
de Volcans - ed. Gallimard Paris 1991 -
Le puy de Dôme<br />
I luoghi letterari d’Auvergne:<br />
M. GUETTARD (1715-1786)<br />
Memoires sur quelques Montagnes de la France qui on été Volcans.<br />
Il 10 maggio 1752, Jean-Etienne Guettard<br />
annuncia all'Accademia delle Scienze che le<br />
montagne dell'Alvernia sono "vulcani spenti"<br />
Nel 1717 Guillame Rivière segnala la presenza,<br />
sulla cima di una montagna situata a 20 chilometri<br />
a nord di Bézier, di "una quantità di pezzi<br />
di pietra pomice che galleggiavano sull'acqua".<br />
Una trentina di anni dopo il chimico Gabriel<br />
François Venel annuncia di avere scoperto nella<br />
stessa regione, nei dintorni di Pézenas resti di<br />
strutture vulcaniche. Ma i vulcani della catena<br />
dei Puys vengono ancora considerati soltanto<br />
come ammassi di scarti di miniera, o come<br />
giganteschi forni di fucine romane.<br />
È Jean-Etienne Guettard (1715-1786), medico,<br />
botanico, mineralista e conservatore del<br />
Gabinetto di storia naturale del duca di Orléans<br />
a stabilirne la vera origine.<br />
Nel 1746 Guettard traccia la prima carta geologica<br />
francese. Per completarla, nel 1751, intraprende<br />
un viaggio al centro della Francia in<br />
compagnia del botanico Malesherbes. Non ha<br />
mai visto un vulcano, ma ha già esaminato campioni<br />
di lava del Vesuvio e dell'isola Bourbon<br />
nella collezione del duca d'Orléans. A Moulins<br />
nota una pietra nera e porosa utilizzata negli edifici.<br />
Subito riconosce la lava. Gli abitanti gli<br />
segnalano che essa proviene da Volvic. Molto<br />
eccitati, i due scienziati si recano a Riom (quasi<br />
tutta la città è costruita con questo materiale!) e<br />
alle cave di Volvic poco lontane. Le visitano,<br />
risalgono la "corrente di lava" e si inerpicano su<br />
una collina che domina il villaggio. Guettard<br />
nota che essa è costituita di materiali espulsi in<br />
occasione di eruzioni vulcaniche e che alla sommità<br />
del cono, si trova una cavità a imbuto, un<br />
cratere. L'indomani accompagnato da Jean-<br />
François Ozy, uno speziale appassionato di storia<br />
naturale, intraprende l'ascensione del Puy-de-<br />
Dôme. Guettard scopre che si tratta di un vulcano:<br />
lo dimostrano i suoi strati inclinati e le sue<br />
"materie bruciate". Dalla cima identifica i coni<br />
vulcanici che formano la catena dei Puys.<br />
"Per accendersi nuovamente, non aspettano<br />
forse che i minimi movimenti e le più piccole<br />
cause"<br />
Nel 1752 Guettard pubblica la sua celebre<br />
memoria all'Accademia intitolata “Su alcune<br />
montagne di Francia che sono state vulcani”.<br />
Non contento di aver scoperto l'origine vulcanica<br />
dei rilievi dell'Alvernia, scrive che i vulcani della<br />
catena dei Puys sono probabilmente soltanto<br />
dormienti. Esorta anche gli abitanti a prestare<br />
attenzione ai segni premonitori di eruzioni, a<br />
"prendere, in occasione di terremoti, le precauzioni<br />
che non è mai vergognoso ma che è sempre<br />
saggio assumere in simili circostanze".<br />
Illustraz. da: Pierre Lavina “Terre et Volcans” 1986-2002, Artis Éditions - J. E. Guettard - Memoires... (1752) - Testo da: Maurice Krafft - Le Feux<br />
de la Terre - Histoires de Volcans - ed. Gallimard Paris 1991 -
I luoghi letterari d’Auvergne:<br />
B. FAUJAS DE SAINT-FOND (1751-1819)<br />
Immagini di apparati vulcanici, coni stromboliani, necks, diatremi, formazioni<br />
colonnari di raffreddamento di basalti del Vivarais e del Velay.<br />
Faujas de Saint-Fond, Barthélemy<br />
(Montélimar, Dauphiné , Francia 17.5.1751 -<br />
Saint Fond, Dauphiné 18.7.1819) Naturalista e<br />
geologo francese. Di professione avvocato.<br />
abbandonò la carriera legale per seguire la sua<br />
passione per la ricerca scientifica. Nel 1778 fu<br />
nominato assistente naturalista presso il Museo<br />
di storia naturale di Parigi e nel 1785 tu nominato<br />
ispettore reale delle miniere. Nel 1793 fu<br />
nominato alla cattedra di geologia del Museo di<br />
storia naturale di Parigi. Tra i contributi di F.<br />
alla geologia, vanno ricordate innanzi tutto le<br />
spedizioni geologiche nei distretti francesi di<br />
Vivarais e di Velay, nella Francia centro-orientale.<br />
che gli permisero di individuare l'origine vulcanica<br />
delle rocce basaltiche (Recherches sur les<br />
volcans éteints du Vivarais et du Velay, Grenoble'<br />
1778). Alla stessa conclusione era in realtà giunto<br />
indipendentemente e precedentemente ~ N.<br />
Desmarets (1774). In ogni caso il lavoro di F.<br />
stabilì senza più dubbi l'origine vulcanica del<br />
basalto, anche se i nettunisti werneriani si opposero<br />
vivamente alla teoria. Nel 1784 F. viaggiò<br />
attraverso l'lnghilterra, la Scozia e le isole Ebridi,<br />
un viaggio nel quale effettuò importanti osservazioni<br />
e rilevamenti geologici sulle relative formazioni<br />
basaltiche e riconobbe l'origine vulcanica<br />
dei terrazzamenti della Scozia centrale (Voyage<br />
en Angleterre, en Écosse et aux Îles Hebrides, 2<br />
voll., Parigi, 1797; trad. inglese' Londra, 1799,<br />
I'opera ebbe in seguito un'ulteriore edizione, con<br />
note di A. Geikie, Glasgow, 1907).<br />
Di notevole interesse anche la sua monografia<br />
sulla regione di Maastricht (Histoire naturelle de<br />
la montagne de Saint-Pierre de Maestricht,<br />
Parigi, 1799), nella quale viene descritto per la<br />
prima volta il cranio fossile di un mosasauro<br />
(secondo il nome proposto successivamente da<br />
William Daniel Conybeare [1787-1854]), che<br />
costituì la maggiore scoperta dell'epoca nel<br />
campo della paleontologia dei vertebrati. Oltre ai<br />
suoi interessi per la geologia, F. fu anche un<br />
appassionato di fisica e di chimica, e applicò le<br />
sue conoscenze in questi campi. Le illustrazioni<br />
del suo libro sui vulcani spenti del Vivarais e del<br />
Velay costituiscono riferimenti per altrettanti luoghi<br />
della letteratura scientifica dell’Auvergne.<br />
Illustraz. da: Faujas de Saint-Fond - Recerches sur les volcans ét du Velay - Paris 1778 - Testo da: M. Krafft, les feux de la Terre, histoire de Volcans,<br />
Gallimard, Paris, 1991.
I luoghi letterari d’Auvergne:<br />
HENRI LECOQ (1802-1871)<br />
Le Lac Pavin. Vue prise en face du trop plein<br />
Il Lago Pavin visto da di fronte allo scolmatore di troppo pieno.<br />
LECOQ<br />
1830. - Description de la montagne du puy de Dôme.<br />
Annales scientifiques, littéraires et industrielles de<br />
l'Auvergne, 1830, pp.481-504; 529-558. 2 e édition en<br />
1836, avec 4 lithographies.<br />
1831. - Description de la vallée de Royat et Fontanat,<br />
faisant suite à la description du puy de Dôme. Annales<br />
scientifiques, littéraires et industrielles de l'Auvergne,<br />
1831, pp. 1-38. 2 e édition en 1836 avec 4 lithographies.<br />
1832. - Description du volcan de Pariou. Annales scientifiques,<br />
littéraires et industrielles de l'Auvergne, 1832, pp.<br />
26-60; 65-117. Clermont-Ferrand, Pélisson, 1833, 8°.<br />
1833. - Sur les volcans sous-marins et l áncien lac de la<br />
Limagne. Bull. de la Société géologique de France (1 re<br />
série), IV, page 33.<br />
1838. - Itinéraire de Clermont au puy de Dome, ou<br />
Description de cette montagne et de la vallée de Royat<br />
et de Fontanas.<br />
2 e édition. Clermont-Ferrrand, Thibaud-Landriot, in-<br />
8°, orné de quatre lithographies hors texte. Forme la<br />
quatrième livraison de la Description pittoresque de<br />
l'Auvergne.<br />
1841. - Notes jointes aux Observations sur les volcans<br />
d'Auvergne, par de Buch; traduites de l' allemand par<br />
mme de Kleinschrod, de Munich. Annales scientifiques,<br />
littéraires et industrielles de l'Auvergne, 1841, p.108-<br />
184; 321-359.<br />
1851. - Le volcan de Montsineire et sa coulée de lave.<br />
Annales scientifiques, littéraires et industrielles de<br />
l'Auvergne, 1851, pp. 439-453<br />
1861. - Sur les glaciers del l'Auvergne. Lausanne:<br />
Comptes rendus de la Société Suisse, XLV, 1861, pp.<br />
58-62.<br />
1865. - La lune et l'Auvergne. (Des analogies et des différences<br />
entre la topographie du disque lunaire et celle<br />
de l'Auvergne). Mémoires de l'Académie des Sciences,<br />
Belles-Lettres et Arts de Clermont-Ferrand, VII, 1865,<br />
pp. 13-48.<br />
1866. - Les volcans du centre de la France. Conférence<br />
faite aux soirées scientifiques de la Sorbonne. s.l.n.d.,<br />
in-4°, Cop. Fig. (Extrait de la "Revue des cours scientifiques<br />
de France et de l'Etranger", 3 e année, n° 11, 10<br />
Février, 1866, pp. 177-182).<br />
1867. - Les époques géologiques de l l'Auvergne, avec<br />
170 planches ou figures, dont plusieurs coloriées, et des<br />
autographes de Dolomieu, d'Haüy et de Saussure, et un<br />
dessin fac simile de Madame Necker de Saussure. Paris,<br />
Baillière et fils, 5 vol. in-8°.<br />
LECOQ ET J.-B. BOUILLET<br />
1830. - Vues et coupes des principales formations géologiques<br />
du département du Puy-de-Dôme, accompagnées<br />
de la description et des échantillons des roches<br />
qui les composent. Clermont-Ferrand, Thibaud-<br />
Landriot, in-8°, 31 pl. Tiré à 80 exemplaires.<br />
1831. - Itinéraire du département du Puy-de-Dome,<br />
contenant l'ındication: des principales formations géologiques,<br />
du gisement des espèces minérales, des volcans<br />
anciens et modernes et de tous les lieux remarquables,<br />
soit par leurs productions naturelles, soit par les<br />
anciens monuments que l’on y rencontre, ou par leur<br />
aspect pittoresque; accompagné d'une carte coloriée,<br />
itinéraire, géologique et hydrographique. Clermont-<br />
Ferrand, Thibaud-Landriot, in-8°.<br />
1831. - Coup d'œil sur la structure géologique et minéralogique<br />
du groupe des Monts Dores; accompagné de<br />
la description et des échantillons des substances minérales<br />
qui la composent. Clermont-Ferrand, Thibaud-<br />
Landriot, 1831, in-8°.<br />
Illustraz. da: A. Pignatelli Mangoni da Lecoq - Testo da: Pierre Pénicaud - Henri Lecoq - Les fortune d’un naturaliste a Clérmont Ferrand, ed.<br />
Memoires de l’Academie des Sciences, Belles-Lettres et Art de Clermont-Ferrand, Tome LIX, 2002
I luoghi letterari d’Auvergne:<br />
LEOPOLD VON BUCH (1774-1853)<br />
Puy de Pariou, cono del Massiccio Centrale,“un perfetto modello di Vulcano”.<br />
Amico di Humbolt ed allievo prediletto di Werner, Leopold van Buch (1774-1853)<br />
diventa rapidamente il geologo più famoso dei primi del ‘800. Dopo lo studio dei<br />
Vulcani dei Colli Albani, dei basalti di Capo Bove, del Vesuvio in quiete ed in<br />
eruzione, si convince progressivamente e definitivamente della estraneità dei<br />
depositi carboniferi rispetto all’attività Vulcanica, della insostenibilità della<br />
combustione sotterranea per assenza di aria, della natura vulcanica dei basalti<br />
dell’Auvergne, del carattere profondo del vulcanismo e segna un passo ulteriore<br />
nella marcia della scienza verso la corretta interpretazione dei fenomeni vulcanici.<br />
“... Risoluto a comprendere meglio il vulcanismo,<br />
si reca, sempre a piedi, in Alvernia, dove lo<br />
affascina la bellezza dei vulcani spenti, tanto da<br />
scrivere: “Volete vedere dei vulcani? Scegliete il<br />
Clermont piuttosto che il Vesuvio o l’Etna”.<br />
Von Buch si convince rapidamente che i basalti<br />
del Massiccio Centrale sono vulcanici,...<br />
... Lo studio dei Vulcani delle Canarie, una visita<br />
in Scozia e in Irlanda del Nord lo convincono<br />
che il vulcanismo ha la sua fonte nelle profondità<br />
della crosta terrestre ed è un fenomeno di<br />
fondamentale importanza per il Pianeta Terra ...<br />
... Sino al termine dei suoi giorni accumulerà<br />
migliaia di osservazioni che segneranno la fine<br />
delle teorie di Werner dell’origine marina dei<br />
basalti e del “Nettunismo”...”<br />
Illustraz. da: The chaîne des Puys, Volcanism in the Auvergne, M. Brulé-Peyronie, F. Legros, éditions du miroir - Testo da: M. Krafft - Les feux de<br />
la Terre - Histoires de Volcans, Gallimard, Paris, 1991.
I luoghi letterari d’Auvergne:<br />
LA COSTE DE PLAISANCE<br />
Le lac Pavin<br />
Selezione da alcuni passi della “Table des Matières” trattate che delineano con chiarezza<br />
i termini della problematicità scientifiche nella vulcanologia d’allora con indicazione<br />
degli “errori” attribuiti agli altri scienziati con particolare accanimento per M. Legrand<br />
(che ironicamente è scritto le Grand) al quale viene dedicato un intero capitolo intitolato:<br />
Observations sur Son Voyage d’Auvergne, con indicazione delle interpretazioni<br />
alternative di La Coste. Dal testo emergono interpretazioni fondamentali come “laghi<br />
come crateri”, “età delle lave”, “carattere interamente vulcanico del Puy de Dôme”,<br />
“prove dell’attività vulcanica in Auvergne; prove su questa verità ignorata, quando<br />
supposta e da chi”, “i vulcani debbono la loro esistenza ad una causa indipendente dai<br />
fuochi sottomarini”, “il fuoco non è la causa prima dell’attività vulcanica”, etc..<br />
Illustraz. da: Pierre Lavina “Terre et Volcans” 1986-2002, Artis Éditions - Letters mineralogiques et géologiques sur les volcans del’Auvergne écrites<br />
dans un voyage fait en 1804 - Clermont - Imprimerie de Landriot - Testo da: Letters mineralogiques et géologiques sur... idem come illustrazione.
I luoghi letterari d’Auvergne:<br />
MAURICE E KATIA KRAFFT (1946-1991)<br />
Centralità dell’Auvergne nella storia delle scoperte ed interpretazioni scientifiche<br />
che hanno dato inizio - con la smentita dell’ipotesi nettunista e la conferma del<br />
plutonismo -, alla vulcanologia moderna. Stralci della loro “Histoire de Volcans”<br />
relativamente al periodo dell’età dei Lumi.<br />
[...]NETTUNISTI E PLUTONISTI<br />
NEL EUROPA DEL ‘700<br />
Il Settecento è un momento decisivo per la<br />
vulcanologia. Gli scienziati del secolo dei<br />
Lumi viaggiano per l’Europa, raccolgono<br />
campioni di lava, paragonano i vari vulcani<br />
e ne scoprono di nuovi. Le osservazioni, pur<br />
lente e talvolta contraddittorie, consentono<br />
alla scienza dei vulcani di affrancarsi dai<br />
pregiudizi degli antichi. Due teorie contrapposte<br />
dividono gli studiosi che si scontrano<br />
in una lotta aspra senza mezze misure.<br />
“Un cannone di immense proporzioni, la cui apertura<br />
misura sovente più di mezza lega: questa vasta<br />
bocca da fuoco vomita torrenti di fumo e di fiamme,<br />
fiumi di bitume, di zolfo e di metallo fuso, nubi<br />
di cenere e pietre [...]. Vi si trovano piriti che fermentano<br />
ogni volta che sono esposte all’aria o all’umidità<br />
[...]. A questo si aggiunge l’azione del fuoco,<br />
che provoca un’esplosione proporzionale alla quantità<br />
di materia infiammata [...]. Ecco la descrizione<br />
di un vulcano visto da un fisico.”<br />
Georges Luis Leclerc (1707-1788), conte di Buffon,<br />
scienziato e uomo d’affari riassume così l’immagine<br />
che, nel XVIII secolo, si ha di un vulcano.<br />
Il 10 maggio 1752, Jean-Etienne Guettard<br />
annuncia all’Accademia delle Scienze che le<br />
montagne dell’Alvernia sono “vulcani spenti”<br />
Abraham Gottlob Werner (1794-1817), maestro<br />
emerito del nettunismo<br />
La scuola antagonista, i plutonisti, ha come<br />
capofila lo scozzese James Hutton (1726-1797)<br />
All’inizio la teoria di Hutton viene violentemente<br />
attaccata proprio nel suo paese d’origine<br />
La scoperta dei vulcani tedeschi<br />
James Hall (1761-1832), giovane mineralista<br />
appassionato di sperimentazione, verifica positivamente<br />
in laboratorio la teoria di Hutton<br />
I PRIMI VULCANOLOGI<br />
Gli scienziati si rendono conto che soltanto<br />
attraverso l’osservazione dei materiali emessi<br />
dai vulcani attivi, come il Vesuvio, è possibile<br />
spiegare la formazione di quelli ormai estinti.<br />
I prismi di basalto non si cristallizzano nell’acqua<br />
e le eruzioni non sono incendi; i focolai<br />
vulcanici infatti sono molto profondi. Con i<br />
Illustraz. da: J. E. Guettard - Memoires... (1752) - Testo da: Maurice Krafft - Le Feux de la Terre - Histoires de Volcans - ed. Gallimard Paris 1991 -
successi riportati dal plutonismo, la vulcanologia<br />
inizia il suo percorso su solidi basi.<br />
Desmaret ricostruisce la storia dei vulcani<br />
d’Alvernia<br />
La sorprendente scoperta del conte di<br />
Montlosier<br />
Le movimentate avventure del geniale Déodat<br />
de Gratet de Dolomieu<br />
Lord William Hamilton, l’ambasciatore vulcanologo,<br />
sostiene Dolomieu<br />
Grazie alle sue osservazioni costanti Hamilton<br />
riesce a prevedere con qualche giorno di anticipo<br />
due eruzioni del Vesuvio<br />
Lord Hamilton giunge a un importante conclusione:<br />
il vulcanismo è un fenomeno indispensabile<br />
al pianeta Terra<br />
Nel 1783 due cataclismi vulcanici devastano<br />
l’Islanda e parte del Giappone<br />
Il nettunismo vive i suoi ultimi sussulti: la teoria<br />
di Werner viene sconfitta<br />
Berlino, Parigi, l’Orinoco, Napoli: Humbolt<br />
parte alla ricerca della verità<br />
Humbolt studia i vulcani del Nuovo Mondo,<br />
fino ad allora quasi sconosciuti<br />
Anche Leopold von Buch (1774-1853), prediletto<br />
di Werner, passa in campo opposto<br />
MAURICE E KATIA KRAFFT<br />
Vulcania, Parc Européen du Volcanisme.<br />
VERSO UNA SCIENZA MODERNA<br />
È l’ultima controversia tra i pionieri della vulcanologia.<br />
Risolto il conflitto, la giovane scienza<br />
prende nuovo slancio e le ricerche si estendono<br />
al mondo intero. Lo studio dei gas, la<br />
petrografia e la geofisica diventano oggetto<br />
d’interesse generale. Dopo gravi catastrofi, si<br />
costruiscono i primi osservatori “sul campo”,<br />
che si rivelano ben presto insufficienti.<br />
Von Buch definisce il Puy-de-Dôme una<br />
“vescica” innalzatasi per effetto di “una forza<br />
interiore vulcanica”...<br />
La teoria dei crateri di sollevamento incontra<br />
un enorme successo<br />
Non mancano i detrattori della teoria di von<br />
Buch<br />
Scrope trova un alleato autorevole nella persona<br />
di Charles Lyell (1797-1875)<br />
Nel 1831 la nascita di un vulcano nel mare<br />
segna la fine della teoria dei crateri di sollevamento<br />
Nello spazio di mezzo secolo lo studio dei gas<br />
passa dalla preistoria all’era moderna<br />
Il mineralista francese Charles Sainte-Claire<br />
Deville (1814-1876) è il vero fondatore dell’analisi<br />
dei gas sui vulcani<br />
Le rocce vulcaniche rivelano il loro segreto<br />
Le ricerche si rivolgono al mondo intero [...]<br />
Illustraz. da: Vulcania (guida del Museo) - Testo da: Maurice Krafft - Le Feux de la Terre - Histoires de Volcans - ed. Gallimard Paris 1991 -
IL DIARIO PITTORICO<br />
DEL MIO “PETIT RETOUR”<br />
IN AUVERGNE,<br />
VELAY E VIVARAIS<br />
A. PIGNATELLI MANGONI<br />
LE LAC PAVIN - VUE PRISE EN FACE DU TROP PLEIN<br />
VINCENZO CABIANCA<br />
ADRIANA PIGNATELLI MANGONI<br />
55
Il Diario Pittorico del mio “petit reTour” in<br />
Auvergne, Velay e Vivarais (2002-2003)<br />
DAI RACCONTI E IMPRESSIONI DI VIAGGIO ALLE IMMAGINI IN GOUACHES<br />
La restituzione della visita del “Grand Tour”<br />
degli illuministi francesi in Italia e Magna<br />
Grecia in un “petit Tour” in Francia, tra i<br />
Vulcani del Massiccio Centrale, nei luoghi delle<br />
prime scoperte del Cratere Vulcanico delle<br />
Montagne dell’Auvergne alla ricerca dei primi<br />
paesaggi e documenti interpretativi della nascita<br />
della Vulcanologia Moderna.<br />
Cerco di restituire le vedute dei “Savants” del<br />
XVIII secolo in Auvergne, Vivarais et Velay,<br />
mettendo in evidenza nelle mie gouaches la<br />
semiologia delle forme vulcaniche attraverso i<br />
significanti presenti nell’iconografia<br />
settecentesca corredati dalle osservazioni<br />
letterarie e scientifiche relative alle morfologie<br />
che hanno attratto l’attenzione e impegnato gli<br />
uomini di scienza dell’epoca.<br />
Ciò allo scopo di suggerire l’atmosfera in cui<br />
sono state viste, ammirate e cominciate ad essere<br />
reinterpretate le morfologie dei “Volcans éteints”<br />
del Massiccio Centrale, fino ad allora considerati<br />
soltanto formazioni montagnose.<br />
Per fare questo, ricorrendo alla letteratura<br />
scientifica dell’epoca con le relative<br />
rappresentazioni iconografiche di vari autori, ho<br />
scelto in particolare B. Faujas de Saint-Fond,<br />
dedicandogli due tavole per rappresentare, con<br />
due esempi, l’avventura della scoperta, il<br />
passaggio dal “sospetto di vulcanismo” alle<br />
prime interpretazioni scientificamente corrette.<br />
A quelle date, infatti, si cominciava appena ad<br />
intuire che alcune montagne dell’Auvergne<br />
potessero, forse, essere vulcani spenti, che si<br />
trattava di morfologie e prodotti derivanti da<br />
attività vulcanica, ma non ne era nota la genesi,<br />
non si conoscevano né la provenienza né il<br />
meccanismo di formazione dei magmi, né le<br />
modalità, né le tipologie eruttive. Eravamo agli<br />
albori della chimica e della geochimica e delle<br />
formulazioni delle leggi sulla dinamica dei fluidi.<br />
Per esprimere la tensione verso la conoscenza a<br />
quella data, sono ricorsa ad una messa a<br />
confronto tra l’immagine percettiva - con<br />
l’evidenziazione degli elementi<br />
vulcanologicamente significanti, quale veniva<br />
percepita, nell’intuizione interpretativa di allora -<br />
ed il meccanismo di eruzione e formazione della<br />
stessa tipologia vulcanica rappresentata invece<br />
nell’attuale stato delle conoscenze.<br />
Per evidenziare questo processo mentale ho<br />
utilizzato le immagini relative alle regioni del<br />
Vivarais e del Velay di B. Faujas de Saint Fond,<br />
che è stato particolarmente impressionato dalle<br />
forme coniche dei coni stromboliani e dalle<br />
forme laviche de “les orgues”, dovute – come<br />
sarà successivamente scoperto da Dolomieu - al<br />
raffreddamento ed alla solidificazione lenta dei<br />
magmi all’interno delle grandi colate, in forma<br />
prismatica e colonnare con sezione poligonale.<br />
Ognuna delle due tavole quindi si presenta come<br />
un racconto per immagini, composto di varie<br />
parti: la prima a sinistra, in alto, rappresenta il<br />
vulcano quale visto nell’atmosfera storicoculturale<br />
del ‘700, la seconda, a destra,<br />
rappresenta l’apparato vulcanico in sezione,<br />
nell’interpretazione attuale, in fase di eruzione,<br />
allo scopo di illustrare il modo di costruzione<br />
dell’edificio vulcanico stesso; vi sono inoltre due<br />
predelle ai lati; quella di sinistra rappresenta i<br />
casi analoghi più noti, quello di destra<br />
rappresenta le fasi di costruzione e decostruzione<br />
del vulcano.<br />
La parte centrale rappresenta lo scienziato<br />
dell’epoca che si interroga sul come, quando, da<br />
dove e sul perché delle forme vulcaniche, mentre<br />
una Conoscenza metaforizzata illumina<br />
l’interrogante. La parte inferiore è costituita dalle<br />
didascalie che illustrano il significato della<br />
composizione superiore.<br />
Ne risulta una sorta di ex voto che esprime il<br />
culto di una nuova Dea, illuminista, la<br />
Conoscenza, che attraverso l’interpretazione<br />
scientifica ha illuminato una precedente<br />
condizione di sapere primitivo.<br />
L’individuazione del primo Cono<br />
Stromboliano in Auvergne<br />
Per il primo ex voto per grazia ricevuta dalla<br />
Conoscenza, ho scelto “Le Cratère de la<br />
“Montagne de la Coupe”, un tipico cono<br />
stromboliano di cui B. Faujas de Saint-Fond ha<br />
osservato la perfetta geometria conica, una conca<br />
sommitale, la presenza di una forma lineare in<br />
rilievo sul fianco che gli ha suggerito la presenza<br />
56
di una colata lavica, un plateau di base connesso<br />
con la colata, caratterizzato da uno spettacolare<br />
fronte di “orgues”, con le sue forme<br />
parallelepipede, colonnari, in corrispondenza<br />
dell’erosione della riva del fiume sottostante.<br />
L’immagine di sinistra rappresenta l’immagine<br />
percettiva corredata da piccole gouaches che<br />
riguardano forme di vulcani dello stesso tipo e<br />
che, per analogia, hanno concorso<br />
all’interpretazione dei coni stromboliani.<br />
L’immagine di destra rappresenta<br />
l’interpretazione strutturale corredata da piccole<br />
gouaches che rappresentano, dal basso verso<br />
l’alto, la formazione e distruzione del cono<br />
stromboliano. L’immagine centrale rappresenta<br />
simbolicamente la Conoscenza che illumina la<br />
mente di B. Faujas de Saint Fond mentre<br />
interroga il Libro della Natura.<br />
L’individuazione dell’origine<br />
vulcanica del Neck dell’Aiguille de<br />
Saint Michel en Velay<br />
Il secondo ex-voto rappresenta, in analogia con il<br />
precedente, la scoperta di un'altra tipologia<br />
vulcanica, - che la scienza interpreterà<br />
successivamente come la parte terminale di un<br />
condotto di un eruzione freato-magmatica in<br />
ambiente subacqueo, (in questo caso lacustre),<br />
denominato “diatrema” - oggi denudato<br />
dall’erosione meteorica.<br />
Si tratta dell’Aiguille de Puy en Velais. La<br />
dinamica della rappresentazione è la stessa: a<br />
sinistra sono rappresentati alcuni condotti fusiformi<br />
terminali di alcuni necks famosi, come la “Canna”<br />
di Filicudi e “Strombolicchio” di Stromboli per<br />
giungere, grazie al soccorso della Conoscenza, -<br />
rappresentata metaforicamente in forma di Donna -<br />
, alla visione strutturale delle forme attuali<br />
rappresentate a destra come esito di un processo di<br />
costruzione e distruzione di un cono vulcanico.<br />
Le altre immagini<br />
Per le altre immagini abbiamo incontrato in<br />
biblioteca, delle incisioni molto significative, che<br />
sembrano porsi come figurazioni della domanda<br />
sulle loro origini, sul perché delle loro forme,<br />
soprattutto nei testi di H. Lecoq, G. Poulett<br />
Scrope, di due grandi scienziati che tra la fine del<br />
‘700 e l’inizio del ‘800 hanno segnato il<br />
passaggio dal nettunismo di Werner ad un<br />
plutonismo ormai confermato e incamminato sul<br />
sentiero scientifico della vulcanologia moderna.<br />
LA CONNAISSANCE ILLUMINE<br />
LE MONTAGNE DE LA COUPE EN PUYS EN VELAY<br />
L’AIGUILLE DE SAINT-MICHEL EN PUYS EN VELAY<br />
STROMBOLICCHIO. ISOLA DI STROMBOLI<br />
57
ADRIANA PIGNATELLI MANGONI<br />
Dagli anni '80 l'artista prosegue l'arte della storica e gloriosa<br />
gouache napoletana - interrotta alla fine del secondo decennio<br />
dell''800 dall'avvento della fotografia - scrivendo per immagini<br />
una grande rivisitazione storica artistica del Grand Tour Europeo<br />
in Magna Grecia tra illuminismo e Romanticismo.<br />
La sua colta genialità fonde mirabilmente le sue opere con la<br />
letteratura storica scientifica ed umanistica, dalla quale trae<br />
ispirata documentazione.<br />
E' feconda autrice di oltre un migliaio di opere articolate in varie<br />
Mostre: Aria, Acqua, Terra e Fuoco; Pourquoi Les Volcans; Mon<br />
Petit Tour in Magna Grecia; Mon petit “re-tour” in Auvergne<br />
Velay e Vivarais.<br />
VINCENZO CABIANCA<br />
Professore Emerito di Pianificazione del Territorio all'Università<br />
di Palermo, già docente di Museologia e Museografia alla Scuola<br />
Italiana di Atene, già Vice Presidente dell'Istituto Nazionale di<br />
Urbanistica, Cittadino Onorario di Lipari.<br />
Promotore sin dal 1952 di un'urbanistica basata sulla centralità<br />
della conoscenza e dei Beni Culturali, autore dei Piani urbanistici<br />
di Siracusa, Modica Val di Noto, e paesistici delle Isole Eolie, siti<br />
tutti ammessi dall'UNESCO a far parte del Patrimonio Mondiale<br />
dell'Umanità.<br />
Progettista dei Parchi Archeologici di Siracusa, Leontinoi,<br />
Megara Hyblaea, Acre, Lipari, Festòs, dei Musei archeologici di<br />
Ragusa, Segesta, Cyrene, del Museo Vulcanologico Eoliano di<br />
Lipari, del Parco naturale del Gennargentu.<br />
Autore di numerose pubblicazioni scientifiche e, in campo<br />
letterario, di tredici volumi di Poesia della Scienza.<br />
I due autori hanno prodotto, in collaborazione, gli apparati<br />
letterari delle opere artistiche ed i progetti del Parco Omerico<br />
delle Eolie e del Parco Letterario dell'Auvergne.<br />
58