La Spada che canta

Più tardi, quello stesso pomeriggio, Caio venne a farmi visita e
parlammo per ore, soprattutto di tutto quello che era successo nelle
settimane precedenti e della mia malattia. Logicamente la
conversazione si spostò ben presto su Stilicone, e io volli sapere tutto
di lui.
«Come hai fatto a trovarlo?» chiesi a Caio. «È stato difficile avere
un'udienza?»
Sorrise. «No,» disse, «al contrario. Mi ha mandato a chiamare
appena ha ricevuto la mia comunicazione.»
«E poi?»
«Mi ha dato il benvenuto.»
«È tutto quello che hai intenzione di dirmi? Ti ha dato il
benvenuto? In che modo? Cosa ti ha detto? E tu cosa gli hai detto?»
Caio finse un atteggiamento annoiato, appoggiando
languidamente il mento al palmo delle mani. «Bene, se davvero vuoi
saperlo, suppongo che dovrò cercare di ricordare.» Unì le
sopracciglia. «Ma adesso non c'è tempo. Vuole parlare con te questo
pomeriggio. Adesso ha in corso una riunione con gli ufficiali
anziani, e vuole che lo incontriamo subito dopo.»
«Incontrarlo, dove?»
«Nei suoi appartamenti. Dove altro?»
Sentii le sopracciglia inarcarsi sulla mia fronte. «Chi ci sarà?»
«Non so, Pico, forse. Tu e io. Forse pochi altri. Non è
un'occasione formale. Stilicone ti piacerà.»
«Mi piace già. L'ho amato quando ha emesso il suo verdetto
ieri.»
Caio sorrise. «Anch'io, devo ammetterlo.»
Sentii i miei occhi spalancarsi per la sorpresa. «Intendi dire che ti
ha sorpreso? Non sapevi quale sarebbe stato il suo verdetto?»