La Spada che canta

che non ti piace?»
Equo scosse la testa bruscamente come per troncare
l’argomento. «Te l'ho detto. Non lo so. Mi sono seduto sul cavalletto
là fuori e mi sono esercitato per un po'. C'è qualcosa che non va, ma
che sia dannato se riesco a capire il difetto.»
«Pensi che sia troppo pesante?» L'alzai sulla spalla destra di
scatto, per controllarne il peso.
«No, non per il lavoro che deve fare.»
«Bene, allora l'equilibratura? Non ti soddisfa?» Afferrai l'asta
con entrambe le mani, reggendola a braccia tese.
«Credo di sì. Sì, dannazione, mi soddisfa. È ben bilanciata da
lanciare e per trafiggere. E taglia anche...» La sua voce rifletteva la
frustrazione che stava provando. «È solo che... non la sento a posto,
Publio. Anche se fa quello che dovrebbe, non la sento a posto. Ha
senso per te quello che dico?»
«No, amico.» Grugnì seccato. «Bene, cosa vuoi che ti dica? Non
so che cosa sembra giusto a te. A me sembra che vada bene, ma non
sono stato io a disegnarla e a farla.»
Sospirò e si girò di nuovo verso un pezzo di ferro che aveva
lasciato scaldare nei carboni.
Lo guardai appoggiarlo sull'incudine e martellarlo, facendo
volare scintille a ogni colpo. Al quarto colpo si fermò, abbassò le
spalle pensieroso, poi si girò verso di me, con il martello che gli
penzolava dall'enorme mano.
«Penso che quello che mi sta sul gozzo è che quella roba non è
né carne, né pesce. È una lancia, ma deve essere usata come una
spada.»
«Ma è una nuova arma, Equo. Avrà delle regole sue. È
differente.»
«Sì, suppongo di sì... Beh, spero che ti vada bene. Non devo