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PRIMA
GIORNATA DELL’
INNOVAZIONE
PARMA, 16 NOVEMBRE 2004
AUDITORIUM NICCOLÒ PAGANINI
L’INNOVAZIONE HA 360°:
PERCHÉ FERMARSI A 180°?
ATTI
Parma,
16 novembre 2004
Editore SIPI
Servizio
Italiano
Pubblicazioni
Internazionali S.p.a.
Viale Pasteur, 6
00144 Roma
Prima Giornata
dell’innovazione
L’innovazione
ha 360°:
perché
fermarsi a 180°?
Premessa
indice
Luca Cordero di Montezemolo, Presidente Confindustria ...................... 7
Saluti
Marco Rosi, Presidente Unione Parmense degli Industriali...................... 13
Elvio Ubaldi, Sindaco del Comune di Parma............................................ 17
Vincenzo Bernazzoli, Presidente della Provincia di Parma ...................... 19
Intervento
Pasquale Pistorio, Vice Presidente Confindustria per l’innovazione
e la ricerca .................................................................................................. 21
MERCATI, TECNOLOGIE E STRATEGIE:
SCENARI DI COMPETITIVITÀ E INNOVAZIONE
Paolo Garonna, Direttore Centro Studi Confindustria ............................ 37
10 domande sull’innovazione:
indagine in tempo reale curata da Ipsos
Andrea Alemanno, Direttore ricerca Ipsos ............................................... 57
Crescere con l’innovazione.
Alcuni esempi di successo
Filmato ....................................................................................................... 63
MIGLIORARE TUTTO, MIGLIORARE SEMPRE:
LA SFIDA DELLA QUALITÀ
Tito Conti, Vice Presidente dell’International Academy for Quality ......... 75
Crescere con l’innovazione.
Mercati globali e informatizzazione
Filmato ....................................................................................................... 93
5
Intervento
Lucio Stanca, Ministro per l’innovazione e le tecnologie.......................... 103
L’ORGANIZZAZIONE DELL’INNOVAZIONE
Alberto Oliverio, Professore di Psicobiologia Università “La Sapienza”
Roma........................................................................................................... 119
Presentazione dei risultati dell’indagine Ipsos
Andrea Alemanno, Direttore ricerca Ipsos ................................................ 135
Intervento
Maurizio Gasparri, Ministro per le comunicazioni ................................. 147
Tavola rotonda
L’INNOVAZIONE HA 360°: TECNOLOGIA,
ORGANIZZAZIONE E INTERNAZIONALIZZAZIONE ......... 155
Gianfelice Rocca, Vice Presidente Confindustria per l’education
Sandro Salmoiraghi, Presidente Piccola Industria Confindustria
Silvio Scaglia, Presidente e Amministratore delegato e.Biscom
Alberto Tripi, Presidente Federcomin
Moderatore
Enrico Mentana, giornalista
“Premio Best Innovator 2004”
Partecipano le imprese selezionate come “Best Innovator 2004” ...... 175
Conclusioni
Luca Cordero di Montezemolo, Presidente Confindustria ...................... 191
6
Premessa
Vincere le sfide della globalizzazione e della competitività è l'obiettivo
che oggi si trova a dover fronteggiare l'impresa. Con uno strumento:
l'innovazione. Un'impresa competitiva è un'impresa che innova.
Innovare è prima di tutto un atteggiamento culturale, una ricerca continua
del miglioramento della qualità e dell'efficienza, la tensione verso
una crescita sostenibile ed equilibrata. Serve un'innovazione che
non si fermi soltanto al prodotto o al processo e che permei, invece,
l'organizzazione e la cultura dell'azienda stessa. L'uso efficiente delle
tecnologie, la cultura e la pratica della qualità totale, la compatibilità
ambientale come asset dell'azienda, la gestione dell'internazionalizzazione
sono i pilastri su cui deve fondarsi questo nuovo paradigma di
innovazione. L'innovazione riguarda sì la tecnologia dei prodotti e dei
processi, ma riguarda anche l'organizzazione, la gestione delle risorse
umane, l'internazionalizzazione. Abbiamo chiamato tutto ciò innovazione
a 360 gradi.
Questa Giornata ha rappresentato il primo importante momento di
dibattito e di confronto dedicato da Confindustria interamente al tema
dell'innovazione. Verrà ripetuta ogni anno con l'intenzione di
creare un momento di confronto sulle strategie e sui modelli organizzativi
di successo. Le imprese italiane devono rispondere alla sfida
della competitività con la loro capacità di innovare. La ricerca e l'innovazione
sono la molla del progresso. Sono anche grande fonte di rischio.
Lo sappiamo bene noi imprenditori, quando tentiamo strade
che altri non hanno ancora percorso; ma la capacità di rischiare è l'e-
Luca Cordero di Montezemolo - Premessa - 7
lemento che caratterizza il vero imprenditore. Se non c'è rischio, non
c'è neppure innovazione. È un compito nel quale le nostre piccole e
medie imprese non possono essere lasciate sole. Occorre puntare sulle
best practices, cioè sui modelli di eccellenza, sui campioni piccoli,
medi e grandi che hanno registrato successi internazionali e la cui storia
rappresenta un valido riferimento per individuare il corretto approccio
all'innovazione.
Confindustria si sta impegnando a favorire la diffusione di una cultura
dell'innovazione all'interno delle imprese e nella società, necessaria
oggi affinché l'innovazione divenga sempre di più la molla della competitività.
Pasquale Pistorio ha lanciato un progetto ambizioso già in
fase avanzata di realizzazione: coinvolgere almeno 10.000 piccoli imprenditori
in un confronto sull'innovazione totale. L'obiettivo è di diffondere
una cultura dell'innovazione attraverso tanti "club degli innovatori"
sul territorio che possano rappresentare il motore ed il riferimento
per tutte le imprese che hanno come obiettivo la crescita attraverso
l'innovazione.
La prima Giornata dell'Innovazione di Confindustria è stata un momento
importante in cui abbiamo parlato di imprese e di un'Italia che
vince nei mercati mondiali: l'Italia dell'innovazione a 360°.
8 - Premessa - Luca Cordero di Montezemolo
Luca Cordero di Montezemolo
Presidente Confindustria
Prima Giornata dell’Innovazione
L’innovazione ha 360°:
perché fermarsi a 180°?
Parma, 16 novembre 2004
MARCO ROSI
ELVIO UBALDI
VINCENZO BERNAZZOLI
Saluti
Marco Rosi
Presidente Unione Parmense degli Industriali
Autorità, cari colleghi,
è con grande piacere che porto il saluto dell’Unione Parmense degli
Industriali e l’augurio di buon lavoro a tutti Voi.
Parma ha già ospitato numerose e importanti manifestazioni di
Confindustria, alcune delle quali si sono svolte in momenti di particolare
rilevanza per la storia recente del nostro Paese e credo che anche
la giornata di oggi assuma una valenza di assoluto rilievo, anzitutto
per il tema - l’innovazione - che sarà al centro dei nostri lavori.
Ma non solo per questo.
Ci ritroviamo ad operare, infatti, in uno scenario economico in grande
evoluzione, rispetto anche al passato recente; in una fase di crescita
mondiale e italiana, caratterizzata da forti differenze e da profonde
trasformazioni, che vede noi imprenditori impegnati in una sempre
più difficile competizione internazionale. Per affrontarla sarà necessario
lavorare, non solo - e come sempre - con grande impegno, ma
soprattutto con una grande capacità di adattamento ai continui cambiamenti.
Per conseguire l’obiettivo di emergere in questo mondo che cambia,
tutti siamo d’accordo che l’innovazione giochi un ruolo fondamentale.
E, se da un lato, è vero che gli imprenditori possono chiedere molto
ai loro partner sociali, lo è altrettanto che la società nella quale operiamo
ha il diritto di chiedere a noi imprenditori un impegno conti-
Marco Rosi - Saluti - 13
nuo e di grande intensità per l’innovazione, sia essa in termini di nuovi
prodotti, di nuove applicazioni tecnologiche, soprattutto di crescita
della produttività.
Siamo ben consapevoli che da un lato l’introduzione dell’euro ci ha assicurato
una grande stabilità finanziaria, dall’altro essa ci impedisce
quei recuperi di competitività attraverso le svalutazioni, che periodicamente
nella nostra storia hanno risollevato le sorti della nostra economia.
In questo contesto, la strada dell’innovazione permanente non è
un’opzione che possiamo o meno scegliere, è l’unica strada percorribile
per il successo dell’impresa.
Non è immaginabile un’impresa che porta innovazione in una società
che rifiuta l’innovazione nella sua vita concreta. Voler innovare significa
accettare il principio di meritocrazia nella divisione sociale dei
ruoli; saper innovare vuol dire affrontare il mondo nella sua dinamicità
e con una sana passione per il rischio. Come possiamo farlo se la
società nelle sue componenti rilevanti, istituzionali e sociali, fa di tutto
perché nulla cambi.
Il contributo della ricerca e dell’innovazione, infatti, sarà determinante
per il rilancio non solo dell’industria italiana, ma anche della competitività
complessiva dell’intero Sistema Paese.
E per fare efficacemente innovazione occorrono non solo le risorse
umane, ma anche notevoli risorse economiche.
Dobbiamo essere tutti pienamente consapevoli che l’innovazione richiede
un processo di lavoro lungo, persistente, nella prospettiva che
certe direzioni di ricerca potranno risultare non fruttuose. Per questo
appaiono oggi necessari interventi su molti campi, primo tra tutti la
individuazione di meccanismi e strumenti che formino un sistema
moderno di incentivi agli investimenti in ricerca e innovazione, con
un mix tra agevolazioni fiscali automatiche e altre soggette a valutazioni
di merito.
Il nostro bisogno di ricerca è assoluto, poiché assoluta è la necessità
14 - Saluti - Marco Rosi
dell’innovazione: una innovazione a tutto campo a 360° che, partendo
da un nuovo approccio culturale giunga fino all’innovazione di prodotto,
seguendo così un percorso virtuale che ci porti a colmare quel
“gap” che ancora ci separa dagli altri Paesi industrializzati.
L’innovazione è una nuova cultura che consente di sfruttare al meglio
le potenzialità creative, la capacità di realizzazione ed efficienza di
produzione; ma, accanto a noi imprenditori, deve esserci un Sistema
Paese altrettanto efficace e modernizzato, quindi in un parola più
competitivo.
Credo che di ciò siamo tutti, oggi, consapevoli e lo dimostra anche
questa giornata che si prefigge di trasmettere un segnale forte alle imprese,
poiché non è più sufficiente l’attività di ricerca e innovazione
che pure le aziende già svolgono regolarmente, ma occorre un impegno
eccezionale che possa consentire un balzo in avanti per recuperare
quel margine di innovazione aggiuntivo che costituisce la condizione
indispensabile affinché l’Italia rimanga fra i maggiori Paesi industrializzati
del mondo.
In conclusione, dobbiamo impegnarci tutti perché è solo dallo sforzo
congiunto di tutti, ricercatori, Confindustria, imprese e mondo politico
che potremo attivare quei meccanismi e quelle strutture dalle quali
dipenderà lo sviluppo del Paese, passando attraverso l’innovazione.
Auguro a tutti buon lavoro.
Grazie
Marco Rosi - Saluti - 15
Elvio Ubaldi
Sindaco del Comune di Parma *
Un cordialissimo saluto a tutti a nome della città di Parma. Un benvenuto,
un benvenuto ai ministri, al Signor Presidente di
Confindustria, a tutte le autorità. A coloro che hanno raggiunto la nostra
città da ogni parte d’Italia.
Io sono grato a Confindustria, all’Unione Industriali di Parma, per
aver scelto questa città come sede di questo primo incontro. Lo considero
un riconoscimento e, al tempo stesso, una sollecitazione ed un
auspicio.
Il riconoscimento ad una città che per la propria storia, la propria tradizione
civile e la propria economia dell’innovazione è sempre stata,
in qualche modo, protagonista. E che oggi si trova ad un punto cruciale
della propria vicenda e del proprio impegno.
L’assegnazione, tra l’altro, come sede dell’Autorità europea per la sicurezza
alimentare, costituisce per noi una nuova sfida.
Ma dicevo anche una sollecitazione, perché tutti ci troviamo impegnati
su una frontiera da cui dipenderà grande parte del nostro futuro.
L’innovazione è decisiva. E dopo essercelo detto tante volte, dobbiamo
trovare anche il modo per farla diventare una realtà di tutti i giorni.
Noi apparteniamo ad una cultura, una storia, quella del mondo occidentale,
che per secoli ha dettato i propri canoni di crescita, di svi-
* Trascrizione della registrazione dell’intervento non rivista dall’autore
Elvio Ubaldi - Saluti - 17
luppo, di stili di vita, proprio perché più di altri ha dimostrato di essere
idoneo, attento, capaci di affrontare il rinnovamento. E non possiamo
interrompere questa nostra attitudine proprio nel momento in
cui sorgono sfide decisive a livello planetario.
Però sappiamo anche che l’innovazione dipende da tanti fattori.
Dipende sicuramente dalle risorse disponibili. Dipende sicuramente
dall’organizzazione complessiva della società. E in questo senso noi
come amministrazioni pubbliche abbiamo dei doveri e dei compiti
precisi, anche urgenti, di adeguamento. Ma dipende anche e soprattutto
- consentitemi di dirlo - da un atteggiamento culturale.
Se non vi è una cultura adatta all’innovazione, se non vi è la disponibilità
a mettere in discussione ruoli, rapporti di potere, se non vi è disponibilità
a mettere in discussione interessi, corporazioni nuove e vecchie,
difficilmente una società sa affrontare i temi dell’innovazione.
Se una società - tra di voi consentitemi di ricordarlo - non ha il senso
dell’impresa e non concepisce l’impresa come un fattore di socialità, di
crescita, di sviluppo, di miglioramento per tutti, difficilmente quella società
saprà produrre innovazione ed essere attenta all’innovazione.
E se in questa giornata io posso permettermi, dalla piccola dimensione
che rappresentiamo, di fare a voi imprenditori una sollecitazione,
è quella di non rinunciare mai, per il peso e il ruolo che avete, a voler
affermare l’importanza strategica, decisiva, delle vostre imprese, dell’essere
impresa ed essere imprenditore. Ne abbiamo bisogno tutti. È
una delle componenti, è uno degli elementi che può spingere ancora
la nostra società, il nostro Paese, ad affrontare l’innovazione non come
litania, non come pura declamazione, ma ad affrontarla come pratica
quotidiana.
Io vi ringrazio. Questo è il primo giorno, la prima giornata dell’innovazione.
Mi auguro che ne seguano molte altre. E l’ospitalità di
Parma, perché diventi una sorta di sede continua di questi vostri incontri,
ve la mettiamo già da oggi a disposizione.
Oltre che l’augurio di buon lavoro, anche un augurio a ben rivederci.
Grazie ancora.
18 - Saluti - Elvio Ubaldi
Vincenzo Bernazzoli
Presidente della Provincia di Parma
Nel portare il saluto dell’Amministrazione provinciale, vorrei ringraziare
Confindustria per averci permesso di ospitare ancora una volta
un importante evento di rilievo nazionale. Per noi è motivo di orgoglio
e, insieme, uno stimolo importante. Aver scelto Parma, in questo
momento, è infatti una scelta che contribuisce a dar coraggio al nostro
territorio. Un coraggio necessario per affrontare una fase delicata,
all’interno di un contesto nazionale non certo esaltante.
Stiamo vivendo una fase di transizione difficile, che pone all’attenzione
di tutti noi, pubbliche amministrazioni e soggetti sociali ed economici,
la necessità di innovare, di modificare i comportamenti, di creare
nuove opportunità. Questa è la sfida che ci attende. Per affrontarla
con successo serve un’adeguata strategia complessiva, che può prendere
le mosse solo dalla convinzione che l’innovazione, sempre più necessaria,
comporta un cambio di cultura.
Parma nel passato ha rappresentato sicuramente un esempio per la
composizione del tessuto produttivo, per la capacità di sviluppare settori,
in particolare quello dell’agro-alimentare, con forti iniezioni d’innovazione
di processo e di prodotto. Oggi ha bisogno di ritrovare una
nuova spinta, un nuovo coraggio. E per far questo, io credo, dobbiamo
vivere una grande unità tra imprese, enti, istituzioni. È necessario
uscire ciascuno dal proprio guscio per metterci in gioco su una scommessa
complessiva.
Noi, come Amministrazione provinciale, cercheremo di dare in que-
Vincenzo Bernazzoli - Saluti - 19
sta direzione tutto il nostro contributo. Abbiamo fatto grandi passi
avanti verso l’innovazione sia, ad esempio, nell’organizzazione, sia
nell’informatizzazione. Insieme alla Regione Emilia Romagna si sta
lavorando per dotare di banda larga tutta la nostra provincia per creare
quelle condizioni affinché gli sforzi che le imprese faranno per innovarsi,
trovino il substrato ottimale. Per questo noi ci impegniamo,
convinti che davvero ancora una volta Parma possa dare un contributo
importante a tutto il Paese.
Grazie di nuovo e buon lavoro.
20 - Saluti - Vincenzo Bernazzoli
PASQUALE PISTORIO
Intervento
Pasquale Pistorio
Vice Presidente Confindustria per l’innovazione e la ricerca
Signori Ministri, Autorità, colleghi e amici, buongiorno e un calorosissimo
benvenuto a questa prima Giornata dell’Innovazione. Una
giornata che è stata resa possibile dal contributo di oltre 40 aziende
riunite nel Comitato Promotore e dal supporto entusiastico e generoso
dell’Associazione Industriali di Parma con il supporto del Comune
e della Provincia. A tutti quanti si sono impegnati per l’organizzazione
della Giornata va il nostro grazie. E un grazie va anche a tutti i partecipanti,
che hanno accolto l’invito a incontrarsi a Parma, città famosa
per il calore della sua ospitalità. Grazie di cuore.
Introduzione
Riprendiamo allora il percorso iniziato lo scorso 16 settembre, a
Roma, in occasione della terza Giornata della Ricerca. Da allora lo
scenario competitivo ovviamente non è cambiato in modo significativo.
A parte un ulteriore deprezzamento del dollaro rispetto all’euro e
la recentissima classifica stilata dal World Economic Forum che vede
l’Italia piazzarsi al 47° posto nel mondo per competitività del sistema
Paese, e per di più dietro a nazioni non propriamente famose per le
loro tradizioni di sviluppo. Un dato che, preso nel contesto di una serie
lunghissima di indicatori, tutti al negativo, deve far riflettere.
È chiaro che stiamo vivendo una fase di trasformazione profonda del
contesto in cui le nostre imprese operano ogni giorno. Il grado di con-
Pasquale Pistorio - Intervento - 23
correnza è aumentato tremendamente e nuovi temibili attori acquistano
forza giorno dopo giorno. Ma sarebbe un grande errore pensare
che il nostro sistema produttivo sia condannato ad un declino inevitabile.
Abbiamo la forza per rimanere un paese avanzato e per realizzare
una crescita sostenuta del reddito pro capite e dell’occupazione.
Ma solo se certe condizioni si verificheranno.
A Roma, il 16 settembre, ci eravamo domandati:
La ricerca è una priorità per il nostro Paese?
Stiamo aspettando la risposta a questo quesito dalla Legge
Finanziaria e in particolare dagli interventi sulla competitività.
Aspettiamo fiduciosi, ma non posso nascondere una certa preoccupazione.
Anche oggi la giornata si apre con una domanda, che è riportata su
tutte le nostre locandine:
L’innovazione ha 360°. Perché fermarsi a 180°?
Con la ricerca, l’innovazione di prodotto, l’innovazione di processo, le
imprese compiono i primi 180°, la prima metà del tutto. Il farlo, però,
è condizione necessaria ma non sufficiente. È per questo che, nello
stesso modo in cui due angoli piani si sommano in un angolo giro, la
Giornata dell’Innovazione completa oggi il nostro contributo di idee
per migliorare la competitività attraverso un radicale cambiamento
culturale nel modo di impostare i processi operativi delle nostre imprese.
Le due domande, oltre ad unire idealmente le due giornate, contengono
anche una forma di diversità, che forse non balza agli occhi, ma
è pur sempre significativa. Il quesito sulla ricerca aveva come destinatario
principale il Governo al quale Confindustria, a nome di tutte
le imprese rappresentate - e forse a nome di tutto il Paese - chiedeva
di prendere una posizione chiara su un problema cruciale per lo sviluppo
e di trarne tutte le logiche conseguenze, soprattutto a fronte
della concorrenza dei sistemi Paese con i quali ci confrontiamo.
La domanda di oggi, che vuol essere un incitamento a non fermarsi in
24 - Intervento - Pasquale Pistorio
un’opera necessaria di profondo rinnovamento, è invece rivolta soprattutto,
anche se non esclusivamente, alle imprese. Tutte le imprese.
Grandi certo, ma anche e soprattutto, medie, piccole e piccolissime.
Cercheremo di individuare quali possono essere le strade migliori per
vincere le sfide della globalizzazione e della competitività e proporremo
progetti ed azioni che Confindustria sta realizzando ed intende avviare
per sostenere lo sforzo delle imprese a diventare sempre più innovative.
Un’innovazione che, nella nostra definizione, si esplica nei processi
operativi dell’azienda, nella sua organizzazione e nel suo modo di posizionarsi
rispetto ai mercati ed alla sfida del miglioramento continuo.
E mentre la ricerca, intesa nella sua accezione più ampia, si applica
all’innovazione di prodotto e dei processi produttivi - proprio a
questi aspetti abbiamo dedicato la giornata di settembre - i 180° mancanti,
ai quali programmaticamente abbiamo dedicato la giornata
odierna, si riferiscono ad un profondo cambiamento culturale a cui le
sfide della competitività globale chiamano, pur con urgenze ed intensità
diverse, tutte le imprese.
Quattro filoni
Nella nostra analisi questa innovazione poggia su quattro grandi filoni:
1) Al primo posto, anche se non necessariamente l’ordine riflette il
grado di importanza, pongo l’informatizzazione spinta, la pervasione
indispensabile delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione
all’interno di tutti i processi dell’impresa e della catena di
transazioni a monte e valle della stessa. In estrema sintesi, credo che
l’espressione e-Tutto renda bene l’idea di quello che intendo e della
profondità del livello di innovazione che è necessario raggiungere.
Le moderne tecnologie costituiscono un’opportunità irrinunciabile
per realizzare una maggiore integrazione all’interno dell’azienda, tra
Pasquale Pistorio - Intervento - 25
le varie fasi del processo produttivo, dalla logistica, alla distribuzione,
dalla formazione alla produzione, dalla ricerca al marketing. Allo stesso
tempo permettono di realizzare una maggiore e più efficiente integrazione
con i partner dell’azienda, fornitori, clienti, banche e non ultima
la Pubblica Amministrazione.
L’obiettivo è quindi quello di realizzare un modello di azienda integrata
ed estesa, con una visibilità ed un controllo a largo raggio, in
una catena ininterrotta di fornitura che va dai produttori e distributori
di materiali sino ai magazzini dei clienti finali, evitando duplicazioni,
ritardi ed inefficienze. Un obiettivo che richiede ben altro
che l’acquisizione di tecnologie più o meno sofisticate. Occorre piuttosto
una rivoluzione nel modello organizzativo, in cui la ricerca
dell’integrazione è strumentale allo sforzo di ridurre i tempi del processo
operativo, di anticipare la domanda dei clienti, di elevare il valore
dei nostri prodotti integrandoli con servizi ad elevato valore aggiunto.
E mentre l’economia tende a smaterializzarsi e i vecchi confini dell’azienda
si dissolvono, il problema non è più se adottare queste tecnologie
o meno, ma di trovare le più efficaci, efficienti e sicure forme
di automazione dei processi e di interazione fra i loro molteplici
attori.
L’utilizzo di queste tecnologie tra le nostre aziende è in rapida evoluzione,
ma la maggior parte delle piccole e medie imprese italiane, così
come molte delle grandi, sono ancora lontane dal comprendere la
vera portata di questa rivoluzione. Se oltre il 90% delle imprese è collegato
in rete, solo meno del 10% delle piccole e medie imprese e poco
più del 20% delle grandi ha adottato sistemi di integrazione verso
l’esterno. Ed è proprio qui, su questi fattori che è necessario agire con
la massima energia.
Nel salto di qualità indispensabile nell’organizzazione delle imprese,
svolge un ruolo fondamentale la Pubblica Amministrazione.
L’integrazione nella rete costituisce una condizione inderogabile per
la realizzazione di un modello di impresa estesa.
26 - Intervento - Pasquale Pistorio
L’e-Government oggi rappresenta la nostra più grande opportunità di
migliorare in tempi brevi e concretamente l’efficienza della nostra
Pubblica Amministrazione e di realizzare una semplificazione della
burocrazia. E anche in questo caso non è la tecnologia il vero motore
dell’innovazione, ma un profondo cambiamento culturale che pone la
Pubblica Amministrazione accanto e non di fronte a cittadini ed imprese.
2) Il secondo filone riguarda l’adozione di processi organizzativi e di
quella filosofia manageriale - equilibrato cocktail di metodologie statistiche
ed operative, valorizzazione delle capacità individuali e di filosofia
del miglioramento continuo - che viene sintetizzato con il termine
polimorfo di Total Quality Management o TQM.
So che si tratta per molte grandi imprese di idee note e talvolta trascurate
sulla base di stereotipi un po’ abusati, come quello che vedrebbe
la filosofia del TQM adattarsi bene solamente alle culture
orientali basate sulla filosofia confuciana della collettività. In realtà,
se è vero che proprio sul TQM - importato in Giappone dall’America
subito dopo la seconda guerra mondiale - i giapponesi costruirono
parte del loro clamoroso successo industriale degli anni ’70 e ’80, è altrettanto
vero che è proprio dal TQM che partì la riscossa politica e
industriale degli Stati Uniti alla fine degli anni ’80.
La storia si ripete. A cavallo della metà del secolo scorso il TQM ha
contribuito a ricostruire il tessuto industriale giapponese, devastato
dalla guerra. Quarant’anni dopo, il governo statunitense, preoccupato
per il declino dell’industria nazionale e di quella automobilistica in
particolare, dava vita ad una grande iniziativa nazionale, centrata sul
TQM, per rilanciare la competitività del paese ed istituiva il prestigioso
Malcolm Baldrige National Quality Award per premiare le imprese
che si distinguevano nella qualità totale. Ora, quasi vent’anni dopo
quegli eventi, sono convinto che il TQM possa ancora dispiegare tutta
la sua energia ed aiutare le nostre imprese a far fronte alla sfida della
competizione globale.
Parleremo più a lungo di questi temi nel corso di questa giornata.
Lasciatemi soltanto aggiungere che, nella mia visione, una corretta
Pasquale Pistorio - Intervento - 27
implementazione della filosofia TQM all’interno dell’impresa si fonda
su cinque criteri:
• impegno del management
• responsabilizzazione dei dipendenti
• utilizzo di strumenti per poter prendere decisioni basate sui fatti
• cultura diffusa del miglioramento continuo
• focalizzazione costante sul cliente, sia esterno sia interno all’azienda.
Ma in ogni caso il segreto sta tutto nelle persone. L’essenza nel TQM
è tutta qui. I metodi statistici, le metodologie di prevenzione e soluzione
dei problemi sono importantissimi, ma le persone lo sono ancora
di più. E allora, il nuovo paradigma organizzativo si deve fondare
su quella sapiente combinazione di formazione, delega e responsabilizzazione
nei poteri decisionali che in inglese viene sintetizzata con
il termine “empowerment”.
Per essere correttamente realizzato, l’empowerment degli individui in
azienda deve a sua volta trovare le basi su una specie di rivoluzione
copernicana che riporta l’uomo al centro dell’azienda e lo vede non
più come un fattore del processo economico dell’azienda, ma piuttosto
come un attore ed un protagonista all’interno della stessa. E in
questo scambio di posizione, che non deve affatto essere solo formale,
ma deve invece permeare con tutta la sua forza innovativa l’organizzazione
aziendale nel suo complesso, si crea una di quelle situazioni
ideali di gioco a guadagno condiviso in cui tutti traggono vantaggio.
3) Il terzo filone è quello relativo all’utilizzo della protezione dell’ambiente
come fattore di competitività, come risorsa aggiuntiva e non
come un problema di costi. Al contrario, si tratta di ottimizzare l’uso
dell’energia e delle materie prime, evitare gli sprechi, ridurre, riciclare,
riusare, nella convinzione fondamentale che se un processo produttivo
o un prodotto, a parità di risultati, utilizza meno materie prime
o meno energia, ovviamente deve essere intrinsecamente più economico.
28 - Intervento - Pasquale Pistorio
Si tratta di una regola intuitiva, ma l’esperienza diretta prova la sua
validità in un numero crescente di situazioni. I vantaggi per le aziende
sono molteplici. Adottando una strategia impostata sulla protezione
dell’ambiente e sul risparmio di energia e materie prime, esse trasferiscono
direttamente nel loro conto economico i vantaggi e i risparmi
dell’accresciuta competitività. Allo stesso tempo, la motivazione
del personale cresce, così come migliora l’adesione alla filosofia e
agli obiettivi dell’azienda.
Permettetemi, solo per questo specifico aspetto, di portare l’esempio
della ST, che credo possa dare sostanza alle mie affermazioni. Nel solo
2003 il risparmio netto creato a livello di bottom-line dal nostro
programma ambientale, è stato di 100 milioni di dollari. Cento milioni
risparmiati sui materiali e soprattutto sull’energia che, da sola, ci
ha portato a un risparmio di 80 milioni di dollari rispetto ai consumi
che per unità di prodotto avevamo dieci anni fa, nel 1994. E mentre il
nostro profitto cresceva in modo così significativo, e la società si piazzava
ai primi posti fra le migliori aziende per cui lavorare, il mondo
non doveva subire l’affronto di un’altra centrale da 150 megawatt con
il suo effluvio di gas a effetto-serra.
Ce n’è credo a sufficienza per suscitare la curiosità anche del manager
più scettico per controllare se questi risultati siano facilmente replicabili.
Ce n’è credo abbastanza per invogliare qualcuno a prendere
di petto le sfide del protocollo di Kyoto. C’è, almeno lo spero, materiale
per cercare di aggredire almeno uno dei problemi che affliggono
la competitività del nostro paese e delle nostre imprese: il costo esorbitante
dell’energia e la dipendenza strategica dai combustibili fossili
di importazione.
E per la prossima Giornata della Ricerca si potrebbe aprire un nuovo
capitolo sull’opportunità di cavalcare l’onda del caro-petrolio e conquistarsi
una leadership nel settore dei prodotti a basso consumo
energetico o delle energie rinnovabili.
4) Il quarto filone dell’innovazione a 360° è quello legato ai molteplici
aspetti dell’internazionalizzazione.
Pasquale Pistorio - Intervento - 29
L’internazionalizzazione è una condizione mentale. Le nostre imprese
devono essere in grado di operare in un mercato mondiale, facendo
del made in Italy, che deve essere sempre più anche tecnologico, la
carta vincente.
Dobbiamo fare un salto soprattutto culturale, riuscire ad adottare un
punto di vista globale, indipendentemente dalle dimensioni aziendali.
Dobbiamo comprendere che per crescere ed essere competitivi in
un’economia globale dobbiamo ragionare con una mente globale, essere
veramente internazionali e non solo vendere i nostri prodotti all’estero.
Operare in una logica multinazionale richiede una grande preparazione,
occorre disporre delle competenze e degli strumenti giusti. A
questo possono certo pensare le stesse imprese, innovando nell’organizzazione,
valorizzando e formando le proprie risorse umane, strutturandosi
in network. Ma è anche necessario strutturare un sistema
Paese che sia in sincronia. E non basta, per quanto indispensabile, potenziare
il nostro sistema di supporto all’internazionalizzazione. La
diffusione della mentalità globale parte dalla formazione dei giovani,
dall’apprendimento delle lingue e delle culture degli altri popoli, dalla
capacità di vivere ed operare in un ambiente multiculturale, dalla
familiarità a spostarsi per crescere anche vivendo in diversi luoghi,
dalla capacità di fare del nostro Paese un punto di riferimento culturale
positivo per i paesi emergenti.
Anche i processi di delocalizzazione vanno considerati come un’opportunità,
senza infondate paure. A livello della singola azienda, così
come a livello paese, il trasferimento di attività produttive all’estero
può rappresentare la via più efficace, e spesso anche l’unica, per potenziare
il vantaggio competitivo nazionale e competere quando tutte
le pratiche dell’innovazione sono state esaurite. E attenzione: allungando
in questo modo la vita di prodotti e processi che altrimenti sarebbe
impossibile mantenere in zone in cui il costo del lavoro è elevato,
si continua a generare profitto che può essere reinvestito in Italia,
nelle attività più innovative e a maggior valore aggiunto.
Per non parlare naturalmente dell’opportunità, attraverso la presenza
30 - Intervento - Pasquale Pistorio
all’estero, di aprire nuovi mercati, di creare nuovi sbocchi. Ancora una
volta abbiamo bisogno di una strategia, di un progetto, di una visione
di lungo periodo.
L’agenda di Confindustria
A mio parere il modo migliore per diffondere una cultura dell’innovazione
a 360° è parlarne, confrontare le best practices nella gestione
aziendale con la propria esperienza e verificare la possibilità di applicarle
nella propria azienda.
A questo scopo abbiamo programmato tre iniziative con l’obiettivo
comune di continuare il dibattito sull’innovazione a 360° che abbiamo
aperto con questa Prima Giornata dell’Innovazione.
Insieme a Gianfelice Rocca e alle strutture di formazione di
Confindustria, stiamo lavorando ad un grande progetto di sistema,
che avvieremo nei prossimi mesi. Si tratta di un progetto di formazione
e di sensibilizzazione sui temi della gestione dell’innovazione e
sulle soluzioni organizzative più opportune per rafforzare la capacità
competitiva delle nostre aziende. Il nostro obiettivo è di coinvolgere
almeno 10.000 persone tra imprenditori e manager nei prossimi quattro
anni.
Lo abbiamo chiamato Progetto Imprese per l’Innovazione con il simbolo
di I 2 per sottolineare come questa iniziativa sia mirata a potenziare
la capacità innovativa delle imprese che vi parteciperanno. E come
si sottenda uno sforzo comune un percorso da fare insieme,
Confindustria, grandi e piccole aziende insieme.
Organizzeremo corsi di formazione, seminari, incontri di confronto e
di sensibilizzazione. Saranno sessioni di lavoro brevi e privilegeranno
i giorni a cavallo dei fine settimana per ridurre al massimo l’impatto
sull’agenda dei partecipanti. Opereremo su tutto il territorio, in stretta
collaborazione con le associazioni territoriali e di categoria.
Grazie alle risorse raccolte attraverso il Comitato Promotore di queste
Pasquale Pistorio - Intervento - 31
Giornate della Ricerca e dell’Innovazione e ad un’attenta gestione dei
costi nell’organizzazione di questi eventi, potremo avviare il progetto
nel 2005 e su questo progetto investiremo le risorse disponibili nei
prossimi anni.
Proporremo questo nostro progetto per un finanziamento sia in sede
nazionale, sia europea. Abbiamo avviato contatti in particolare con i
nostri colleghi francesi e spagnoli per realizzare un’iniziativa coordinata
in più paesi contemporaneamente. Credo che pochi progetti siano
altrettanto coerenti con gli obiettivi di Lisbona come quello che
stiamo avviando.
Chiederemo comunque a tutti i partecipanti di contribuire ai costi di
questo progetto. Credo, infatti, che sia essenziale che ogni impresa e
ogni imprenditore considerino la propria partecipazione come un investimento,
il cui ritorno dipenderà, in primo luogo, dalla convinzione
e dalla serietà con cui aderiranno. Da parte nostra ci impegneremo
a far sì che il ritorno di questi piccoli investimenti in conoscenza sia
il più elevato possibile.
È un obiettivo ambizioso, ma che contiamo di raggiungere grazie al
coinvolgimento di tutto il sistema associativo e anche delle grandi imprese
che potranno mettere a disposizione, gratuitamente, il loro
know-how e magari parte delle strutture formative. Ho già raccolto diverse
manifestazioni di interesse e sono convinto che potranno rapidamente
aumentare. Ci rivolgeremo ai nostri associati, ma saremo
ben lieti di coinvolgere in questo progetto la Pubblica
Amministrazione, così come le banche interessate.
La seconda iniziativa, strettamente collegata alla prima, mira a creare
un Club degli Innovatori, un forum nel quale presentare la propria
esperienza, discutere dei propri problemi e soluzioni e trovare utili informazioni
sulla gestione dell’innovazione a 360°. Partiremo dalla
molte storie di successo che abbiamo incontrato preparando questa
Giornata. Innovatori e innovazioni che possono essere una preziosa
fonte di ispirazione per moltissime altre imprese.
Utilizzeremo tutti gli strumenti di comunicazione disponibili.
32 - Intervento - Pasquale Pistorio
Internet in primo luogo, attraverso una sezione dedicata del portale di
Confindustria. Ma avvieremo una campagna di comunicazione anche
sulla stampa e sulla televisione.
La terza iniziativa infine riguarda un’analisi e un confronto sui distretti
industriali. I distretti italiani hanno rappresentato e rappresentano
tuttora un esempio virtuoso, che vanta molti tentativi di imitazione.
Da queste aree deriva il 45% dell’export nazionale e un contributo
sostanziale alla crescita dell’occupazione.
Da anni però questo modello mostra segni di “stanchezza”, incalzato
dalle nuove sfide poste dalla globalizzazione e, in particolare, dalla crescente
importanza della ricerca e dell’innovazione tecnologica. Gli scenari
a 15 o 20 anni prevedono una forte applicazione di tecnologie avanzate
proprio nei settori tradizionali in cui sono operativi i nostri distretti:
nuovi materiali, nuovi processi produttivi, elevata intensità di tecnologie
della comunicazione e dell’informazione. E soprattutto sistemi di
gestione dell’innovazione più complessi, articolati e strutturati.
D’altro canto le sfide della globalizzazione devono leggersi come una
necessità di differenziazione dei prodotti puntando molto sulla competitività
derivante dalla caratteristiche del territorio e, quindi, valorizzando
i vantaggi competitivi che nascono dal territorio stesso e dalla
sua cultura produttiva. I distretti hanno caratteristiche che possono
essere utilizzate positivamente per competere in uno scenario manifatturiero
di domani, ma occorre una crescita culturale per far diventare
l’innovazione una leva da considerare intrinseca alla politica
di sviluppo del territorio.
Superare gli ostacoli
Abbiamo voluto dedicare questa Giornata a quella faccia dell’innovazione
che non avevamo affrontato nella Giornata della Ricerca del 16
settembre scorso. E cioè gli aspetti culturali, organizzativi e strategici
che sono alla base di un rilancio della competitività del nostro sistema
Paese.
Pasquale Pistorio - Intervento - 33
Ciò non significa naturalmente ignorare o porre in secondo piano tutti
i vincoli e gli ostacoli di carattere strutturale, normativo, finanziario
e burocratico che limitano la capacità di crescere e di competere.
Fra le molte aree di criticità, ne voglio ricordare quattro che considero
le più critiche per l’innovazione delle imprese e su cui lavoreremo
e ci rincontreremo nei prossimi mesi.
In primo luogo è essenziale creare un ambiente in cui crescere attraverso
l’innovazione sia più facile e soprattutto più conveniente.
Dobbiamo assicurarci che la struttura delle regole, del sistema fiscale
e degli incentivi sia coerente con strategie di crescita. Magari sostenendo
processi di fusione e acquisizione tra piccole e medie imprese.
Anche la burocrazia amministrativa disincentiva la crescita e incentiva
il sommerso. In questa direzione va la richiesta di un credibile piano di
e-Government, che non si esaurisca nell’informatizzazione delle inefficienze,
ma che abbia nella semplificazione e nell’efficienza il vero obiettivo
dell’innovazione tecnologica. Molto è stato fatto, soprattutto nei
confronti dei servizi ai cittadini. Ma molto resta ancora da fare, soprattutto
con riguardo ai servizi alle imprese. Non abbiamo dubbi che se
questa divenisse una priorità per il governo, potremmo rapidamente
colmare il gap che ancora ci divide dai paesi più avanzati.
In secondo luogo dobbiamo investire nel potenziamento delle infrastrutture
materiali e immateriali per l’innovazione. A partire da una
razionalizzazione, qualificazione e coordinamento del sistema di trasferimento
tecnologico nazionale e regionale per le piccole e medie
imprese. Assume una particolare importanza anche il potenziamento
della nostra rete a larga banda che presenta una densità notevolmente
inferiore a quella media europea e pari solo ad una frazione di quella
di paesi che hanno fortemente investito in questo settore, come
Finlandia, Regno Unito, Canada o Corea del Sud.
Una terza area di criticità è rappresentata dallo sviluppo di un sistema
finanziario favorevole all’innovazione. Il nostro sistema finanziario
è ancora poco strutturato per sostenere progetti di investimento
innovativi, soprattutto se proposti da PMI. È ancora in larga parte un
34 - Intervento - Pasquale Pistorio
sistema miope, in cui gli investimenti innovativi ad alto rendimento
non sono differenziati da investimenti più tradizionali. Una situazione
che si riflette anche nella scarsa diffusione del capitale di rischio.
Recenti iniziative di alcuni grandi istituti bancari vanno nella giusta
direzione fornendo ragioni di ottimismo per lo sviluppo di una finanza
per l’innovazione anche nel nostro Paese.
La quarta area di criticità è rappresentata dalla ancora scarsa diffusione
della Società dell’Informazione, sia tra i cittadini, sia tra le imprese.
Il disegno di legge della Finanziaria ha riconfermato gli incentivi
alla diffusione della larga banda. Il Ministro Stanca ha recentemente
adottato la nostra proposta per la creazione di un fondo di garanzia
per gli investimenti in innovazione digitale. Anche per l’innovazione
digitale è oggi disponibile uno strumento simile a quello della
Legge Sabatini per gli investimenti in macchinari. Non basta, ma è
un primo passo. Ci auguriamo che tra le misure per la competitività
in discussione in questi giorni venga introdotta un’agevolazione fiscale
a carattere permanente per gli investimenti in tecnologie digitali.
Conclusioni
Cari colleghi, oggi non vi offro alcuna conclusione, poiché questa
Giornata vuole rappresentare l’avvio di una fucina di idee, l’inizio di
un processo che durerà per tutta la durata del mio mandato. Un percorso
che spero vogliate fare insieme a noi.
La mia speranza, però, è che uscendo da questa sala, portiate con voi,
nelle vostre imprese, qualche riflessione in più su cosa significhi
un’innovazione a 360°. E magari qualche stimolo e qualche suggerimento
utile sulle strade da percorrere.
Sotto diversi aspetti, il nuovo secolo ci ha colti di sorpresa. Il nostro
Paese ha bisogno di riforme profonde, senza le quali sarà più difficile
competere nei mercati globali. Noi, come Confindustria, non ci stancheremo
di stimolare queste riforme, di produrre analisi, di proporre
soluzioni concrete.
Pasquale Pistorio - Intervento - 35
Ma come imprese e come imprenditori abbiamo la responsabilità morale
di rendere il più competitive possibile le nostre aziende e di utilizzare
al meglio le risorse a nostra disposizione. Non possiamo delegare
ad altri la responsabilità della nostra competitività. Anche se
questo può significare una delocalizzazione intelligente.
Condurre un’azienda significa prendersi l’impegno di costruire qualcosa
che sia maggiore della somma dei tanti elementi che compongono
l’impresa. Significa avere un progetto, una visione, una speranza.
Significa non rassegnarsi al declino.
I tanti casi di successo che esistono nel nostro Paese dimostrano che
competere è possibile. E che la via della competitività è l’innovazione,
in tutte le molteplici dimensioni che la compongono. Appunto l’innovazione
a 360°.
36 - Intervento - Pasquale Pistorio
PAOLO GARONNA
Mercati, tecnologie
e strategie: scenari
di competitività
e innovazione
Paolo Garonna
Direttore Centro Studi Confindustria
Il punto di partenza della riflessione di oggi sono le conclusioni che
avevamo raggiunto nella giornata Confindustria sulla Ricerca ove avevamo
analizzato i limiti e i ritardi del sistema Italia, del sistema produttivo
e del sistema delle imprese, ma anche le straordinarie opportunità
che si aprono quando si mettono gli investimenti in ricerca al
centro di una strategia di rilancio dello sviluppo.
Paolo Garonna - Mercati, tecnologie e strategie - 39
Questo era e rimane il senso delle sei proposte lanciate dal vice presidente
Pistorio nel dibattito di politica economica del paese.
Oggi affrontiamo, invece, le questioni più ampie dell’innovazione che
sono legate a quelle della ricerca. E per tradurre visivamente questo
rapporto tra ricerca e innovazione, abbiamo fatto ricorso all’immagine
dell’iceberg.
L’iceberg ha una parte emersa, una parte che si vede, brilla e che sono
i punti di eccellenza della ricerca e della tecnologia.
Che richiedono investimenti pubblici e privati in ricerca e sviluppo. Che
richiedono di puntare sui settori avanzati, sulla crescita dimensionale
delle imprese, sullo spin-off tecnologico. Ce ne siamo già occupati.
Oggi, invece, noi vogliamo centrare l’attenzione sul fatto che questa
parte emersa poggia su una parte sommersa. Che generalmente si vede
meno, ma non è per ciò meno importante.
Questa parte sommersa ha diverse componenti che rappresentano il
sommerso dell’innovazione. Sono i fattori critici dell’organizzazione,
40 - Mercati, tecnologie e strategie - Paolo Garonna
quindi dell’uso efficiente delle tecnologie, del capitale umano. Quindi
di questa cultura diffusa dell’innovazione di cui abbiamo bisogno.
Dell’internazionalizzazione. La necessità di essere leader nel mondo,
non soltanto nel proprio paese. Della sostenibilità, e quindi della dimensione
di medio-lungo termine. Ove l’innovazione non si lega soltanto
al capitale fisico, al capitale umano, ma anche al capitale ambientale,
al capitale sociale di un paese.
Infine, il quadro normativo, l’ambiente delle regole e delle istituzioni
in cui operano le imprese. E quindi la concorrenza, i mercati e le politiche
pubbliche.
Facciamo un esempio, proprio per dare un’idea del rapporto che c’è
tra la parte emersa e la parte sommersa del iceberg, tra tecnologia e
innovazione.
Se noi prendiamo un progetto di investimento in tecnologia, la costruzione
di un sistema informativo, un progetto di business, la parte
tecnologica, il costo tecnologico, la struttura dei costi, il costo tecnologico
di hardware e software, rappresenta circa il 20% del progetto.
Paolo Garonna - Mercati, tecnologie e strategie - 41
Il resto, l’80%, è rappresentato dall’implementazione, dai processi di ingegnerizzazione,
di configurazione di testi, la selezione del personale, la
messa a regime, lo sviluppo del processo, la formazione dei formatori, la
formazione degli utilizzatori. Queste sono le componenti critiche da cui
dipende la performance e quindi anche il successo di un investimento.
E proprio in questa proporzione del 20% la parte tecnologica in senso
stretto, 80% tutto il resto. Quindi è decisivo non soltanto la produzione
delle tecnologie, ma ancor più l’utilizzazione e la diffusione delle tecnologie.
E gli studi economici. Oggi c’è un’ampia letteratura su questi aspetti.
Cominciano ad esserci molti dati e stiamo entrando in qualche modo
nella scatola nera, in questo mistero dell’innovazione. Ebbene, gli
studi economici ci fanno vedere che ai fini della competitività non basta
produrre tecnologia. È condizione necessaria, ma non sufficiente.
Occorre saperla utilizzare, occorre applicarla ai processi produttivi e
diffonderla sull’intera struttura industriale e produttiva.
Bisogna fare attenzione ai fattori che consentono di tradurre le tecnologie
in produttività e in redditività, per la singola impresa e per il
sistema paese.
Dal benchmarking che noi facciamo tradizionalmente, che oggi centriamo
sull’innovazione, dai confronti internazionali emerge chiaramente
che utilizzazione e diffusione sono aspetti critici. Sono una
parte importante del ritardo, dei vincoli di competitività con cui
l’Italia deve fare i conti.
Se noi ci confrontiamo con i principali paesi europei, notiamo che c’è
un gap significativo di diffusione e di utilizzazione di tecnologie.
Da noi, per esempio, nel rapporto col Regno Unito, la Germania e la
Francia, è minore la proporzione di imprese che hanno infrastrutture di
tecnologie, che hanno la larga banda, che hanno accesso a Internet. E
ancor meno è la proporzione delle imprese che svolgono i business, che
vendono prodotti on line, che integrano in qualche modo la tecnologia
nei processi produttivi, nei rapporti con i fornitori, nei rapporti con i
clienti.
42 - Mercati, tecnologie e strategie - Paolo Garonna
La ragione principale di questo gap sta nella presenza delle piccole e
medie imprese nel tessuto industriale.
Paolo Garonna - Mercati, tecnologie e strategie - 43
Perché - questo è un dato europeo, non è solo italiano - la diffusione,
l’utilizzazione sono, soprattutto, un problema per le piccole e medie
dimensioni. E questa è una questione europea.
Noi vediamo bene che quanto più aumenta la dimensione d’impresa,
tanto più aumenta la capacità di diffondere e utilizzare le tecnologie
nei processi produttivi. E quindi dobbiamo centrare l’attenzione sulle
piccole e medie imprese. Su queste imprese che rappresentano la ricchezza
del nostro Paese, ma anche la sfida, il terreno su cui si gioca,
si deve giocare per il futuro la partita dell’innovazione.
L’organizzazione. Tra i fattori critici per l’innovazione, il primo è quello
dell’organizzazione, il cambiamento organizzativo.
Per tradurre l’investimento tecnologico, l’investimento innovazione in
valore di mercato, è decisivo adottare nuovi e moderni modelli organizzativi.
In uno spazio a due dimensioni, è difficile vedere una relazione tra investimento
in tecnologia e valore di mercato.
44 - Mercati, tecnologie e strategie - Paolo Garonna
È soltanto quando noi introduciamo una terza dimensione, quindi vediamo,
in qualche modo, a tre dimensioni, che noi ci rendiamo conto
come l’organizzazione gioca un ruolo essenziale. Come l’organizzazione
consente di adattare i processi produttivi a rendere produttrice
di valore aggiunto l’investimento tecnologico.
Se noi guardiamo alla propensione all’innovazione delle imprese, ci
rendiamo conto che proprio sull’organizzazione che c’è uno degli
aspetti più importanti di gap tra Italia e Europa.
È un fattore di ritardo. È quello che fa la differenza tra i sistemi innovatori
di piccola e media impresa, come quelli che ci sono in questa
parte del paese, e invece i sistemi che fanno fatica a stare sul mercato.
Se noi guardiamo i diversi elementi e scomponiamo la propensione
all’innovazione dell’impresa in innovazione di processo, innovazione
di marketing, innovazione di prodotto, vediamo che il gap tra Italia ed
Europa è un gap più forte nell’innovazione organizzativa, innovazio-
Paolo Garonna - Mercati, tecnologie e strategie - 45
ne nelle tecniche di management. È lì che c’è una delle ragioni principali
del ritardo dell’Italia rispetto all’Europa.
Quali sono i modelli organizzativi per l’innovazione?
46 - Mercati, tecnologie e strategie - Paolo Garonna
Anche qui c’è un’ampia letteratura che pone, con diversi accenti, l’attenzione
sui diversi aspetti. Fondamentalmente un’organizzazione
piatta e snella, una organizzazione alla Eta Beta, con una grande testa,
un grande cervello e un corpo esile, snello e muscoloso.
La distribuzione dei poteri e delle responsabilità di decisione. Il rafforzamento
dell’informazione, della comunicazione. Il coinvolgimento
strategico di tutte le componenti dell’impresa, della forza lavoro.
Legare gli incentivi alla performance. Investire sulla cultura dell’innovazione,
sugli aspetti diffusi, e quindi non brevettabili, che si trasferiscono
facilmente. Che fanno la differenza tra un ambiente che favorisce
l’innovazione e un ambiente che non lo favorisce.
La qualità dell’ambiente di lavoro, le tecnologie di rete, di filiera.
L’applicazione tecnologica ai processi produttivi. La centralità delle risorse
umane. Il lavoro di squadra. La mobilità.
Abbiamo bisogno, come diceva l’Ing. Pistorio, di un nuovo umanesimo,
che diventi il presupposto per un nuovo rinascimento industriale.
Il secondo gruppo di fattori riguarda il capitale umano, le qualificazioni,
la conoscenza.
Paolo Garonna - Mercati, tecnologie e strategie - 47
Sono noti i gap di livello di istruzione della forza lavoro tra l’Italia e gli altri
paesi. La proporzione di noi di laureati rispetto alla forza di lavoro è
più bassa di quella degli altri paesi. È la metà circa di quella che è negli
Stati Uniti. Ed è più bassa anche di quella che è negli altri paesi europei.
Ma analoghe considerazioni possiamo farle per la formazione degli
adulti. Investimenti in formazione continua.
Da noi è più bassa la proporzione di lavoratori coinvolti in attività di
formazione continua, ed è più bassa la proporzione di imprese che
hanno realizzato attività di formazione continua. Il confronto con i
paesi nordici, con i paesi scandinavi, con i Regno Unito, con la
Francia e con la Germania ci vede ancora in una posizione di ritardo.
Così come siamo in ritardo nell’utilizzazione di strumenti di learning,
e quindi di strumenti informatici per la formazione del personale. È
più bassa da noi l’utilizzazione di questi strumenti; un terzo, circa,
della media europea.
Ma è - come diceva Pistorio - la cultura dell’innovazione a dover fare
un balzo in avanti.
48 - Mercati, tecnologie e strategie - Paolo Garonna
Se noi confrontiamo i fattori che spingono ad innovare tra l’Italia e gli
altri paesi, scomponiamo questi fattori in diverse componenti, vediamo
che non c’è molta differenza tra l’Italia e il resto dell’Europa sui
fattori che spingono all’innovazione per la concorrenza e i prezzi dei
prodotti, quindi miglioramento di produttività. Dove sta la differenza?
La differenza sta nel fatto che per noi la spinta all’innovazione viene
molto di più che negli altri paesi dalla ricerca di efficienza dei macchinari,
e quindi dall’attenzione al processo produttivo. Mentre invece
negli altri paesi d’Europa l’attenzione è molto più rivolta a soddisfare
i bisogni dei consumatori. È su questi dati che si manifesta una
differenza tra l’Italia e l’Europa.
In qualche modo entra in gioco il concetto di qualità, che da noi è forse
ancora relativamente tradizionale.
Legato ai requisiti tecnici, ai parametri fisici e oggettivi dei processi
produttivi. Rispetto, invece, al concetto di qualità più moderno, qualità
totale, come diceva Pistorio. La capacità di soddisfare, di rispondere
alle esigenze degli utenti e dei clienti. Il miglioramento continuo
che mette, al primo posto, i bisogni degli utenti.
Paolo Garonna - Mercati, tecnologie e strategie - 49
Veniamo al terzo gruppo di fattori che riguarda l’apertura ai mercati
internazionali, alla concorrenza. Noi sappiamo che il settore manifatturiero
ha perso quote di mercato mondiale, e che questa perdita di
quote di mercato riguarda soprattutto i segmenti più avanzati, i segmenti
ad alta tecnologia. Anche se, nell’ultimo periodo, c’è stata una
relativa stabilizzazione.
Sappiamo anche che la bilancia tecnologica dei pagamenti per l’Italia
è negativa, anche se un po’ migliorata, ma che deve confrontarsi con
i saldi molto positivi dei paesi nostri concorrenti: gli Stati Uniti, il
Regno Unito, la Germania, il Giappone.
L’esperienza di taluni paesi, e non solo i grandi paesi ma anche i piccoli
paesi europei, da questo punto di vista molto istruttiva. Questi
paesi nel giro di pochi anni sono riusciti a conquistare posizione di
leadership tecnologica specializzandosi nell’export di prodotti innovativi.
Aprendosi alla concorrenza internazionale, che è lo stimolo più
forte che noi abbiamo per l’innovazione.
Aprendoci ai flussi d’investimento diretto dall’estero e all’estero, quin-
50 - Mercati, tecnologie e strategie - Paolo Garonna
di senza temere il capitale straniero. Anzi, dandogli il benvenuto e andandogli
a competere con coraggio sui mercati degli altri paesi. A
competere nel mondo. È questo lo spirito dell’innovatore.
Vediamo il confronto con l’Irlanda, il Belgio, la Svezia, la Finlandia.
Piccoli paesi che hanno veramente saputo dare un esempio di best
practices, di capacità di stare sulla frontiera tecnologica innovando.
E questa capacità d’innovazione è una capacità che anche le nostre
imprese hanno saputo sviluppare nel tempo. Conquistando posizione
leadership nel commercio mondiale. Magari in settori di nicchia, ma
certamente ci sono settori, dai filati di lana, agli occhiali, alle cravatte,
alle piastrelle, alle lampade, alle macchine alimentari, ai frigoriferi.
Non voglio elencarli tutti ma sono tutti i settori del made in Italy in
cui l’Italia ha mostrato una grandiosa capacità di innovazione, malgrado
i vincoli nella ricerca.
Una grande tradizione, una grande esperienza di innovazione su cui noi
oggi possiamo e dobbiamo costruire nuove capacità, non soltanto per
mantenere le posizioni, ma anche per conquistare nuove posizioni di leadership.
A partire dai settori contigui della filiera, fino ai nuovi settori.
Paolo Garonna - Mercati, tecnologie e strategie - 51
Un ultimo gruppo di fattori riguarda il quadro normativo e il quadro delle
regole. La capacità di far funzionare i mercati e la concorrenza. Di assicurare
il buon governo e l’efficienza della Pubblica Amministrazione.
52 - Mercati, tecnologie e strategie - Paolo Garonna
Vedete, nella letteratura economica c’è una relazione ferrea tra quadro
normativo e innovazione. Laddove c’è una buona e una bassa regolazione.
Laddove c’è flessibilità, laddove c’è concorrenza, concorrenza
sul mercato dei prodotti, sul mercato del lavoro, nel settore finanziario,
lì c’è anche grande capacità di innovazione.
E qui c’è una particolare debolezza del nostro paese, quando pensiamo
agli eccessi di regolamentazione e al peso della burocrazia, che
sono poi quei fattori che ci tirano giù nei ratings internazionali, e
quindi che rendono il nostro paese meno attrattivo dal punto di vista
degli investimenti internazionali.
Efficienza dei mercati non significa solo stato snello e flessibilità degli
strumenti normativi. Significa anche standards.
Specialmente gli standards fissati con strumenti volontaristici, con
strumenti privatistici. Gli standards per la salute e la sicurezza dei lavoratori,
per la qualità ambientale, per la qualità dei prodotti e dei
servizi.
Pensiamo agli standard ISO, ISO 9000. Pensiamo agli standards in-
Paolo Garonna - Mercati, tecnologie e strategie - 53
ternazionali. Sempre più internazionali per la facilitazione del commercio.
Pensiamo agli standards internazionali per lo scambio elettronico
dei dati.
Per concludere, cari amici e colleghi, l’innovazione a 360 gradi significa
adottare un’impostazione ampia. Un’impostazione strategica,
un’impostazione di medio e lungo periodo. Che sia in grado di abbracciare
tutti i settori che entrano in gioco. Non soltanto quelli tecnologici
in senso stretto, ma anche i settori della regolamentazione, i
mercati, la concorrenza, l’istruzione, il commercio internazionale.
C’è bisogno di una grande strategia nazionale per l’innovazione.
Questo è il messaggio che viene dalla relazione di Pistorio e che viene
anche dalla cooperazione internazionale in questa materia. Partire
dal vertice del G8 di Genova che aveva creato la dot force, fino al vertice
mondiale delle Nazioni Unite sulla società dell’informazione.
Abbiamo esempi di strategie nazionali per l’innovazione in molti paesi:
in Canada, in Estonia. In diverse parti del mondo.
54 - Mercati, tecnologie e strategie - Paolo Garonna
E quindi perché non anche l’Italia?
Come ha detto il vice presidente Pistorio, l’innovazione richiede niente
di meno che una visione e un progetto complessivo dell’economia e
della società. Un progetto di cambiamento dell’economia e della società.
Un’economia basata sulla conoscenza ed una società nutrita e
consolidata dall’informazione.
Grazie.
Paolo Garonna - Mercati, tecnologie e strategie - 55
10 domande
sull’innovazione:
indagine in tempo reale
curata da Ipsos
Conduce
ANDREA ALEMANNO
Andrea Alemanno
Direttore ricerca Ipsos
Innanzitutto una veloce premessa: è un sondaggio, quindi non ci sono
risposte giuste o sbagliate. In ognuna chiediamo di esprimere la frase
o l’idea che più si avvicina alla vostra percezione. In alcuni casi più di
una, a volte forse nessuna tra le frasi che noi proponiamo sarà affine
alla vostra opinione. Vi chiediamo comunque di fare uno sforzo per
scegliere quella che è comunque più vicina. Per brevità abbiamo sempre
indicato nel testo la parole “azienda”: si intende in generale l’organizzazione
presso cui lavorate o svolgete la vostra attività. Verranno
proiettate le alternative e io le leggerò: prima di scegliere abbiate cura
di averle lette tutte.
Come funzionerà il meccanismo del sondaggio? All’inizio comparirà
un piccolo semaforo col rosso che indicherà che non si può votare.
Leggerò le domande e alla fine della lettura tale semaforo diventerà
verde: in quel momento avrete circa un minuto per esprimere la vostra
preferenza; attenzione: potete esprimere una sola scelta.
Successivamente il semaforo diventerà giallo e infine di nuovo rosso.
A quel punto si passerà alla lettura della domanda successiva, e non
sarà più accettato il voto sulla precedente.
Passerei, a questo punto, alla lettura delle domande; nel primo pomeriggio
vedremo i risultati.
1) Attività
1. Dirigente-Manager
Andrea Alemanno - 10 domande sull’innovazione - 59
2. Imprenditore
3. Altro
2) Area geografica dove ha sede l’impresa in cui opera:
1. Nord Ovest
2. Nord Est
3. Centro
4. Sud
3) Dimensione dell’impresa in cui opera:
1. fino a 9 addetti
2. da 10 a 50 addetti
3. da 50 a 250 addetti
4. oltre 250 addetti
4) Di se stesso direbbe:
1. mi piacciono le regole e una buona programmazione
2. sono un buon organizzatore e so gestire le risorse umane
3. so stimolare la creatività altrui e apprezzo le opinioni dei miei
collaboratori anche se divergenti dalle mie
4. sono un creativo
5) Il vero elemento che permetterà alle aziende di vincere la sfida della
competitività è...
1. essere competitivi nel prezzo
2. adottare un’organizzazione efficiente e flessibile
3. avere un’ampia possibilità di ricorso alle risorse finanziarie
4. aumentare le proprie dimensioni
5. riuscire ad entrare nei nuovi mercati emergenti
6. avere sempre nuovi prodotti e servizi, in anticipo sulla concorrenza
6) Secondo lei, le tecnologie digitali
1. sono il futuro, conviene investire molto da subito
2. forse saranno utili in futuro, ma per ora non è strategico nella
mia azienda
60 - 10 domande sull’innovazione - Andrea Alemanno
3. sono un’innovazione che produce risultati solo nelle grandi
aziende
4. sono inutili, se non dannose
5. ne so troppo poco per fornire una risposta motivata
7) Innovazione come miglioramento continuo della qualità basato
sulla valorizzazione della risorse uomo e dei valori aziendali. Con
quale affermazione si trova maggiormente d’accordo?
1. è il futuro. Già lo applico nella mia azienda o penso di farlo in
tempi rapidi.
2. è una filosofia che condivido, ma troppo complessa da realizzare,
ad al momento non è strategica
3. è un innovazione che riguarda solo le grandi aziende.
4. è un approccio inutile, se non dannoso
5. ne so troppo poco per fornire una risposta motivata
8) Difesa dell’ambiente ed Energia. Quale affermazione rispecchia
meglio la sua opinione in questo campo?
1. bisogna studiare fonti di energia alternative sempre meno inquinanti
perché tutti dobbiamo preservare l’ambiente per i nostri figli.
2. risparmiare energia è in primo luogo un obiettivo di efficienza e
riduzione dei costi: dovrebbe essere perseguito dalle aziende
senza indugi
3. bisogna incentivare le fonti di energia più economiche e ridurre
le tasse che gravano sulle fonti di energia.
4. quello energetico è un falso problema: si usa sempre al meglio
l’energia che è a disposizione.
9) Con quale affermazione è più d’accordo, rispetto al “Grande Drago
Cinese”
1. una volta domato farà galoppare le imprese italiane: è il luogo
ideale per i nuovi investimenti
2. cresce in fretta, è vorace e desideroso di consumi: nel futuro sarà
un importantissimo mercato di sbocco
3. è il pericolo maggiore per l’Europa dopo i Mongoli di Gengis
Andrea Alemanno - 10 domande sull’innovazione - 61
Khan: con i bassi costi rischia di spezzare l’equilibrio sui mercati
4. è un grande interrogativo: rischia di esplodere quando emergeranno
le contraddizioni tra la nascente struttura economica e la
sovrastruttura politica
10) Siamo nel 2014. Come vede l’azienda in cui opera?
1. si è preferito vendere
2. ha trasferito la propria attività in un paese a basso costo del lavoro
3. più o meno come è oggi
4. esporta in trenta paesi, produce in cinque, ha quadruplicato il
fatturato e raddoppiato i dipendenti
62 - 10 domande sull’innovazione - Andrea Alemanno
Crescere con l’innovazione.
Alcuni esempi di successo
Filmato
Claudio Orrea
Tessilform Patrizia Pepe
Avvicinandomi al mercato dell’abbigliamento senza avere una storia,
senza avere tradizioni di famiglia, sono rimasto subito colpito dall’enorme
spreco di tempo che c’era. Vedendo questi limiti ho cercato di
pensare da subito un’azienda che potesse rispondere giorno per giorno
alle richieste del mercato.
Nel ’93 abbiamo deciso di fare per conto nostro, cioè di distribuirci da
soli. E di essere il più vicino possibile ai negozianti. Il negoziante ci fa
capire un esempio semplice. Il cliente prende un capo, lo guarda.
Magari chiede il prezzo. Il prezzo per lui è troppo alto e lo riposa. E il
negoziante percepisce che l’acquisto non è avvenuto per un fattore di
prezzo.
A volte mi immagino una parete piena di rubinetti dal quale escono
pantaloni, giacche, gonne, che posso aprire e chiudere in base alle esigenze
del mercato.
Claudio Orrea - Crescere con l’innovazione - 65
Lorenzo Lorenzin
Maingroup
Noi oggi siamo presenti sui paesi che più contano a livello del nostro
settore, la fabbricazione della calzatura.
I clienti non è più come una volta che venivano qua. Siamo noi che
andiamo da loro.
Questo passaggio qui è stato un passaggio epocale, anche per il fatto
che non è avvenuto solo a livello commerciale. Ha richiesto un cambiamento
all’interno di tutto il sistema produttivo, tecnico, gestionale
dell’azienda.
Il fatto, per esempio, di essere collegati in teleconferenza, il fatto di
avere l’utilizzo sempre più esteso della posta elettronica. Il fatto di
progettare macchine diverse da quelle che si progettavano una volta,
perché queste macchine devono essere un pò personalizzate, secondo
le caratteristiche del mercato.
Lorenzo Lorenzin - Crescere con l’innovazione- 67
Carlo Sassi
Emilceramica
Abbiamo notato che dietro a un impatto positivo, anche da parte delle
maestranze che gradivano quest’attenzione della nostra impresa nei
confronti dell’ambiente circostante e quant’altro, ci hanno fatto vedere
questi nostri esperti specialisti, ci hanno fatto vedere che c’era anche
un tornaconto economico.
Il risparmio che abbiamo di gas metano è traducibile in base annua
in circa 660.000 metri cubi di metano. Risparmiamo, da un punto di
vista di recupero dell’acqua, circa 15.000 metri cubi d’acqua.
Abbiamo anche un calo delle emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera
sull’ordine delle 1250 tonnellate.
Direi che noi, assieme ad altri, abbiamo tirato un po’ la volata di questo
atteggiamento. Il fatto che oggi il distretto stia ottenendo, per primi
in Europa, un certificazione distrettuale, è un risultato, mi sembra,
di tutto riguardo.
Carlo Sassi - Crescere con l’innovazione - 69
Benito Guerra
Robur
Che cosa significa per l’azienda il miglioramento continuo? Significa
portare in continuazione miglioramenti che si possono ottenere.
Significare utilizzare immediatamente l’intelligenza propositiva delle
persone ed applicarla il giorno dopo. Il bello della qualità totale è che
coinvolge tutte le capacità, che vanno dalla motivazione alla formazione,
alla qualità. Proprio qualità vuol dire coinvolgere un pò tutta
l’azienda. Non essere eccellenti in una cosa.
La qualità totale per noi significava lavorare sui punti deboli e portarli
tutti a un livello ottimale.
Per noi la qualità totale è un tassello di tutta la filosofia, che va dalla
condivisione della mission, degli obiettivi, dei punti valori dell’azienda.
Poi c’è la formazione. Poi c’è l’innovazione, la ricerca e lo sviluppo.
Poi c’è la qualità. Perché tutto questo deve essere fatto sotto una
qualità scientificamente misurata. Fino alla soddisfazione del cliente
che è la riprova che si è lavorato bene. Poi tutto il ciclo continua.
Benito Guerra - Crescere con l’innovazione - 71
TITO CONTI
Migliorare tutto,
migliorare sempre:
la sfida della qualità
Tito Conti
Vice Presidente dell’International Academy for Quality
Buongiorno a tutti. L’introduzione più bella a quel che io dovrei dirvi è
venuta certamente dall’intervento dell’Ing. Pasquale Pistorio. Non solo
per quello che ha detto, ma per quello che ha fatto. Per tanti di noi che
hanno lavorato nell’industria in questi anni, in questi decenni, Pistorio
è stato un riferimento sotto tanti aspetti. Anche riguardo alla qualità. La
sua azienda, oltre ad aver fatto quella crescita stupefacente che conosciamo,
fino a portarsi ai livelli più alti in campo internazionale, in un
settore estremamente difficile, competitivo e tecnologicamente avanzato,
ha ottenuto grandi risultati anche nella qualità. Riconoscimenti dal
mercato ma anche pubblici, come lo European Quality Award nel 1997.
Io vorrei iniziare con una citazione di Einstein, che trovo molto adatta,
nella nostra situazione, in relazione alle sfide difficili che abbiamo
di fronte. “Senza cambiare i nostri schemi mentali non saremo mai in
grado di risolvere i problemi che abbiamo creato con tali schemi”.
Tito Conti
Il futuro è di chi ha il coraggio
di sfidare i paradigmi consueti
Senza cambiare i nostri
schemi mentali non saremo
mai in grado di risolvere i
problemi che abbiamo creato
con tali schemi
Albert Einstein
Tito Conti - Migliorare tutto, migliorare sempre- 75
Conoscete il detto “Ho riconosciuto il nemico, sono io”. Questo vale in
tanti casi, anche nel caso del rinnovamento delle nostre organizzazioni,
perché la resistenza al cambiamento viene da dentro di noi.
L’innovazione deve partire dai nostri modelli di interpretazione della
realtà, che non sono più adeguati ai cambiamenti che la realtà stessa
presenta. E il miglioramento continuo non è uno slogan né un imperativo
etico; nulla di questo genere, è la risposta assolutamente necessaria
a una situazione di cambiamento continuo che è nella realtà.
Il primo cambiamento che dobbiamo produrre è dunque quello dei nostri
modelli mentali. Se non si riesce a cambiare questi ma si rimane
vittime della resistenza al cambiamento, allora il declino è inevitabile.
Questa slide è un pò provocatoria.
Siamo primi nelle certificazioni
ISO 9000. E nella qualità?
Con 84.000 certificazioni ISO 9000
l’Italia è al 1° posto fra i paesi
occidentali.
Più del doppio degli USA, 3 volte la
Germania, quattro volte la Francia,
quasi il doppio del Giappone.
Se certificazione ISO 9000 fosse
sinonimo di qualità dovremmo
essere i primi anche nella qualità!
Siamo primi nelle certificazioni ISO 9000 e nella qualità. 84.000 certificazioni
ISO 9000 in Italia, allo scorso mese. Al primo posto fra i
paesi avanzati. Più del doppio degli Stati Uniti. Tre volte la Germania;
4 volte la Francia; quasi il doppio del Giappone. Ma siamo veramente
così bravi? Se la certificazione ISO 9000 fosse sinonimo di qualità dovremmo
veramente essere i primi, o fra i primi.
Qui bisogna fare certamente un esame di coscienza, perché la certifi-
76 - Migliorare tutto, migliorare sempre - Tito Conti
cazione ISO 9000 è utile, utilissima, però può diventare un alibi contro
il cambiamento, la linea su cui si ripiega quando non si riesce a
cambiare.
Dato lo spirito un pò gattopardesco abbastanza diffuso, bisogna stare
molto attenti. Questi dati credo siano piuttosto significativi.
La certificazione è senz’altro utile per l’iniziazione alla qualità. O meglio,
lo sarebbe se la qualità, non la quantità delle certificazioni fosse
l’obiettivo. Io credo che invece in questi anni si sia guardato più alla
quantità che non alla qualità delle certificazioni.
La certificazione è, per l’impresa, come il diploma della scuola dell’obbligo
per l’individuo. È chiaro che è un passaggio necessario, però
viene presto il momento in cui tale certificato di conformità a requisiti
minimali non basta più.
La qualità di cui parliamo, e che abbiamo sentito introdurre magistralmente
questa mattina dall’Ing. Pistorio, è una qualità dinamica, tesa al
miglioramento continuo. Com’è dinamico il mondo in cui viviamo.
Il contesto competitivo internazionale è, senza dubbio, sempre più
popolato, agguerrito, mutevole. Non basta la conformità alle norme,
anche se è utile per certi aspetti, spesso necessaria per accedere alla
competizione.
Occorre una qualità dinamica, tesa al miglioramento continuo.
Basata sulla differenziazione e sull’innovazione. E in particolare l’innovazione
organizzativa.
Per questo tipo di qualità già da anni sono stati inventati i cosiddetti modelli
di qualità totale, come il modello EFQM per le imprese maggiori e
il modello del Premio Qualità Italia per le piccole e medie imprese.
I modelli di Qualità Totale (TQM): questi modelli, che vengono anche
chiamati di eccellenza, sono stati proprio pensati per aiutare le imprese
(ma anche le pubbliche amministrazioni) a entrare nella dinamica
del miglioramento continuo. Se la norma viene spesso percepita
come un qualcosa che viene dall’alto, un adempimento a cui si deve
sottostare, i modelli come l’EFQM devono essere percepiti come
una libera scelta. Se il movente della scelta è il miglioramento conti-
Tito Conti - Migliorare tutto, migliorare sempre- 77
nuo, si scoprirà che essi sono utili per ripensare continuamente l’adeguatezza
dell’organizzazione ai propri fini. Essi aiutano a individuare
i fattori critici per il successo e a migliorarli.
Sono utili se utilizzati bene, come ispiratori e suggeritori del cambiamento.
Se vengono interpretati in modo statico e burocratico, come
standard a un livello superiore, allora non si otterranno grandi benefici.
Nella storia delle applicazioni di questi modelli si possono annoverare
risultati ottimi (e ne abbiamo sentito parlare oggi, abbiamo visto
anche un interessante filmato). Ma anche risultati mediocri, o nulli.
In questo grafico, nell’asse verticale è rappresentato il contributo del
Total Qualità Management, o Qualità Totale, ai risultati di business.
Dove molte strategie TQM falliscono
Contributo
del Total
Quality
Management
(TQM) agli
obiettivi di
business
1 a fase:
“Luna di miele”
col TQM.
Gli addetti ai
lavori
risolvono tanti
piccoli/medi
problemi cronici
(Fonte Beckaert)
2 fase:
Confronto
interno.
Fare
o non fare
trasformazioni
organizzative
rilevanti, ma
penose?
78 - Migliorare tutto, migliorare sempre - Tito Conti
Sì.
Integrazione
delle strategie
di qualità
nelle strategie
di business
NO.
Regressione
Se la qualità totale non serve per migliorare i risultati aziendali in senso
lato (quelli economico/finanziari ma anche l’immagine globale dell’impresa,
il coinvolgimento e il benessere dei lavoratori e i vantaggi
per gli stakeholder in generale) se non contribuisce a tale obiettivo, allora
essa non serve.
Questo grafico è stato utilizzato per la prima volta anni fa dalla
Bekaert. Io ho continuato a utilizzarlo e svilupparlo perché ho speri-
Tempo
mentato come esso rappresenti in modo fedele ed eloquente la storia
di tante aziende che hanno adottato approcci di Qualità Totale.
C’è per ogni azienda una prima fase di rapida crescita, che io chiamo di
“luna di miele” con la qualità. Tutti sono contenti. Gli addetti ai lavori
risolvono tanti piccoli e medi problemi cronici. C’è una crescita nella
curva del contributo della qualità al business. Poi, tipicamente dopo un
anno o due, viene il momento critico, che nel grafico ho segnato col colore
grigio. Il contributo della qualità al business pare attenuarsi, la curva
diventa piatta. Chiamo questa fase di confronto interno, perché inizia
un confronto, un dibattito fra i manager. Alcuni sostengono che,
esauriti i cambiamenti facili ed evidenti, è venuto il momento di cambiamenti
più difficili, che richiedono interventi sull’organizzazione, sui
quali le opinioni divergono. Fare o non fare quelle trasformazioni organizzative,
suggerite dai modelli di Qualità Totale, che sono chiaramente
rilevanti, ma penose? E qui c’è lo scoglio in cui molte, troppe aziende si
sono incagliate. La curva presenta una divaricazione: o si supera positivamente
il confronto e si fanno i cambiamenti sostanziali necessari - e
allora la curva riprende a crescere, a ritmi ancora superiori al periodo
precedente - o non si fanno - e allora la curva scende. Si è perduta l’occasione.
Questa divaricazione è stata confermata da innumerevoli casi
nei quindici anni o più in cui questi modelli sono stati usati.
Vorrei fare qualche nome di aziende che, con l’aiuto dei modelli TQM
hanno imboccato la strada giusta, quella in salita, e ne hanno avuto
grandi benefici in termini di miglioramento globale - e sostenibile -
delle performance. Il nome grosso l’ho già fatto, la ST
Microelectronics, vincitrice del Premio Europeo per la Qualità nel
1997. Ma abbiamo avuto in Italia anche molte piccole e medie imprese
che hanno preso sul serio il TQM e hanno dimostrato di averne
tratto notevoli benefici in termini di miglioramento delle performance.
Una è stata citata qui, la Robur. Un’azienda che ha vinto l’Award,
il premio più alto italiano, nel 2001. E il Prize (il secondo nella gerarchia
dei premi europei) nel 2003. È una ditta che è stata riconosciuta
come eccellente soprattutto nella leadership e nella gestione dei processi.
È opportuno notare che tutte le aziende che hanno realizzato
Tito Conti - Migliorare tutto, migliorare sempre- 79
trasformazioni importanti, riconosciute dai premi, hanno alla radice
una forte leadership. Infatti, se non l’avessero, non avrebbero avuto il
coraggio e la forza di fare le difficili trasformazioni che hanno fatto.
Poi nei processi. Un cambiamento, quello della gestione per processi,
che per esempio la Robur ha fatto e che è molto importante per la
continuità dei risultati.
Un altro esempio: la CM Group di Torino, che lavora nel campo
dell’Information Technology, ha vinto l’Award per le piccole e medie
imprese nel ’99. Essa si è distinta in particolare per le best practices,
cioè prassi giudicate eccellenti, nel campo della leadership e nella cura
della crescita del know-how delle persone.
La Meccanotecnica Umbra, MTU, con circa 200 persone. Vincitrice
nel 2000 dell’Award italiano per le piccole e medie imprese. È stata
giudicata anch’essa eccellente nella leadership e nei processi.
La Villa Massa, un’azienda di una ventina di dipendenti, Award italiano
nel 2002, che ha mostrato dei risultati, in relazione alla capacità di
pianificazione strategica e operativa e di focalizzazione sul mercato,
veramente rare per un’azienda delle sue dimensioni.
Le Fonderie del Montello. Un’altra azienda che ha vinto l’Award italiano
nel 2003. Dovrebbero questa sera annunciare i premiati a livello
europeo: questa azienda è fra le finaliste. Ha delle prassi eccellenti,
oltre che nella leadership, nel campo della pianificazione strategica e
deployment dei piani. Un cruscotto di indicatori per il management
che è veramente eccellente.
Ritorniamo alla slide: quella curva che sale purtroppo non è molto affollata
ma ha mostrato di essere stata compresa e seguita da un significativo
numero di aziende. Quelle dove la direzione ha compreso
e accettato la sfida del cambiamento.
C’è invece la curva brutta, quella che scende. Delle aziende che hanno
imboccato la strada del TQM ma poi hanno detto no, nel confronto interno.
Purtroppo è una situazione abbastanza comprensibile. Infatti,
e lo possono testimoniare quelli che, imprenditori o dirigenti, l’hanno
seriamente tentato, è difficile, ad esempio, cambiare una organizzazione
“da verticale a orizzontale”. Passare cioè a un’organizzazione
80 - Migliorare tutto, migliorare sempre - Tito Conti
che sia gestita per processi. Eppure ci sono delle aziende che l’hanno
fatto o seriamente tentato. Una in particolare la ricordo, che qualche
anno fa concorse al premio Qualità Italia, in cui l’imprenditore seriamente
decise di fare questa trasformazione, che la partecipazione al
premio gli aveva suggerito. Dimenticò per qualche anno il premio e si
concentrò sulla trasformazione della sua azienda.
L’insuccesso porta al declino dell’interesse per la qualità. Questo è accaduto
in certa misura dovunque, particolarmente in Italia. Ci sono
dei segnali di cedimento, dopo gli entusiasmi degli anni ’80, ’90. Un
cedimento che credo dovuto alla sindrome della volpe e dell’uva. Se
non si riesce a cogliere l’uva ci si giustifica dicendo che è acerba. Chi
non è riuscito a salire come indicato dalla prima curva è inevitabilmente
sceso. (Perché fermi non si sta, la regressione è inevitabile).
Allora si dice che la qualità non serve, il TQM non funziona.
Ma siccome il bisogno di qualità è più forte che mai, nel mercato e
nella società (non solo nelle imprese, ormai in tutte le organizzazioni,
fino a livello delle organizzazioni internazionali), certamente risulterà
vincente chi nel mondo si presenterà attrezzato per rispondere a tale
bisogno crescente.
Uso questa espressione “colpo di reni culturale”, proprio per indicare
l’esigenza chiave connessa al cambiamento.
Tito Conti
Un “colpo di reni culturale ”
I modelli per il miglioramento
organizzativo pongono al management il
problema della crescita culturale
dell’organizzazione. E’ una sfida, perché
la parola “culturale” può essere vista con
sospetto da chi ogni giorno ha problemi
concreti da affrontare.
Ma la conoscenza è oggi alla base dello
sviluppo, non solo tecnologico, anche
organizzativo. Per rimanere protagonisti
occorre un “colpo di reni culturale”.
Tito Conti - Migliorare tutto, migliorare sempre- 81
Un colpo di reni culturale: i modelli per il miglioramento organizzativo
sottolineano al management il problema urgente della crescita culturale
dell’organizzazione.
È una sfida perché la parola culturale può essere vista con sospetto da
chi ogni giorno ha problemi concreti da affrontare. Ma se diciamo che
siamo una società basata sulla conoscenza, non dobbiamo contraddirci.
È di fatto coerente che la competitività, l’eccellenza, passino attraverso
un cambiamento culturale.
La qualità dell’organizzazione è la radice di tutte le qualità.
Tito Conti
La qualità dell’organizzazione:
la radice di tutte le qualità di rilievo
economico e sociale
Qualità dei prodotti, qualità dei servizi,
qualità della vita sociale…
tutte queste qualità si basano sulla
qualità dell’organizzazione.
Qualità dell’organizzazione = essere e
mantenersi all’altezza delle sfide poste
dal contesto competitivo internazionale,
incerto, fortemente mutevole.
82 - Migliorare tutto, migliorare sempre - Tito Conti
Noi parliamo sì di qualità di prodotti, di qualità di servizi, qualità
della vita. Ma tutte queste qualità sono il risultato di una qualità dell’organizzazione
che è l’essere e mantenersi all’altezza delle sfide poste
dal contesto competitivo internazionale, incerto e fortemente
mutevole.
Occorre una visione di sistema.
Tito Conti
Solo un’adeguata visione di
sistema può portare all’eccellenza
Il sistema azienda non è una macchina
e neppure un organismo biologico.
È un “sistema” di persone intelligenze,
emotività, valori. Dalla qualità dei rapporti
fra persone e gruppi deriva la capacità di
creare valore.
La consapevolezza di essere parte di un
tale sistema fa capire le implicazioni
profonde dell’espressione “fare sistema”.
Ma il sistema aziendale non è una macchina. Troppi modelli organizzativi
si basano su visioni di tipo meccanicistico. Non è neppure un
organismo biologico. È un sistema di persone, di intelligenze, emotività,
valori. Dalla qualità dei rapporti fra persone e gruppi deriva la
capacità di creare valore.
Questa slide sottolinea un fatto fondamentale. I modelli sistemici lo dimostrano.
È dalla capacità di stabilire delle relazioni positive, sinergiche,
che nasce la capacità di generare valore. Lo vediamo anche nelle
squadre sportive. La capacità di creare il team. La capacità di creare delle
relazioni forti si traduce in capacità di moltiplicare il valore generato.
Quando si parla di “fare sistema” non si dice una cosa ovvia, banale.
È un’affermazione che ha contenuti di grande peso, significati profondi
da comprendere. Fare sistema significa divenire capaci di moltiplicare
la capacità di generare valore attraverso la sinergia delle relazioni
fra i suoi membri.
Vediamo ora alcuni punti chiave di una trasformazione culturale-organizzativa,
mirata al miglioramento continuo della qualità dell’organizzazione,
che anche le piccole e medie imprese possono fare e dovrebbero
iniziare.
Questa slide dice che il capo deve essere l’architetto della propria organizzazione.
Tito Conti - Migliorare tutto, migliorare sempre- 83
Il Capo deve essere l’architetto
della propria organizzazione
Il Capo deve essere, prima di tutto,
l’architetto della propria organizzazione.
Un’architettura in parte formale e visibile,
in gran parte informale, pensata come
l’insieme di relazioni in cui si genera
conoscenza condivisa e valore.
Il binomio su cui si basa l’architettura
dell’eccellenza: persone e processi.
Tutte le aziende che si sono dimostrate eccellenti, che hanno vinto
premi e riconoscimenti, cosa hanno avuto in comune? Hanno avuto
un capo che non dimenticando certo il proprio ruolo in relazione al
prodotto, al mercato, alla tecnologia, ha tuttavia capito che alla base
degli altri ruoli c’è un ruolo primitivo, fondamentale: quello di essere
l’architetto della propria organizzazione.
Essendo l’organizzazione una realtà in parte visibile, in parte invisibile,
informale, occorre la consapevolezza del binomio vincente: persone
e processi.
“Il sistema azienda come luogo di creazione di conoscenza”.
Il Sistema Azienda come luogo
di creazione di conoscenza
Luogo in cui si cresce assieme nella
conoscenza e nella responsabilità e si
creano modi nuovi di lavorare.
Esperienza quotidiana diretta a
innovare continuamente prodotti e
processi (imparando dagli errori).
Il Capo è il primo responsabile di
progettare un ambiente rivolto alla
creazione e diffusione di conoscenze.
84 - Migliorare tutto, migliorare sempre - Tito Conti
Luogo in cui si cresce assieme nella conoscenza e nella responsabilità
e si creano modi nuovi di lavorare.
“L’esperienza quotidiana diretta a innovare continuamente prodotti e
processi, imparando dagli errori”: il capo è il primo responsabile di
progettare un ambiente rivolto alla creazione e diffusione delle conoscenze.
Il ruolo di educatore è fondamentale in ogni capo e proporzionale
al livello di responsabilità.
“Forgiare un’identità culturale per la propria organizzazione”: se osserviamo
le organizzazioni eccellenti, queste hanno tutte una forte
identità culturale.
Forgiare un’identità culturale
per la propria organizzazione
L’identità culturale, i valori condivisi sono
il cemento dell’organizzazione e la fonte
del senso di appartenenza e della
motivazione a creare valore assieme, a
vincere assieme.
Il sistema “si fa” sulla piattaforma di tale
identità.
L’impronta la si dà già quando l’azienda
è piccola e la si presidia nella crescita.
I valori condivisi sono il cemento dell’organizzazione. La fonte del
senso di appartenenza, della motivazione a creare valore assieme. Di
nuovo, pensiamo all’esempio delle squadre sportive. Contano certamente
i bravi giocatori, ma conta di più la capacità di creare motivazione,
senso di squadra, voler vincere assieme.
Il sistema si fa sulla piattaforma di tale identità. E l’impronta la si dà già
quando l’azienda è piccola. Non si deve aspettare che diventi grande. È
un problema tanto importante quanto trascurato per le piccole e medie
imprese. Questa identità culturale, che è il germe dell’eccellenza, deve
forgiarsi finché l’azienda è piccola, per poi presidiarla nella crescita.
Tito Conti - Migliorare tutto, migliorare sempre- 85
Ancora: “adeguare il ciclo aziendale all’esigenza del miglioramento”.
Tito Conti
Adeguare il ciclo aziendale alle
esigenze del miglioramento
Quando si adotta una strategia di
miglioramento continuo, il ciclo aziendale
tradizionale “Pianificazione - Esecuzione”
(PD=Plan - Do) si mostra inadeguato.
Occorre introdurre una fase di
bilancio/verifica/fattibilità (Check e Act)
prima delle nuova pianificazione. (Ciclo
completo PDCA). Punto focale del Check
è l’autovalutazione.
Questo è un tema che, per motivi di tempo, posso solo citare, ma sarebbe
vastissimo. Troppe aziende e organizzazioni si sono fermate alla pianificazione
e all’esecuzione. Ormai è ampiamente provato, e lo dimostrano
tutte le aziende eccellenti, che se questo ciclo non si completa con
il Check - il famoso self-assessment annuale - e le azioni conseguenti, anche
la stessa pianificazione viene impoverita e non migliorerà.
“Gestire gli stakeholder come risorse strategiche”.
Tito Conti
Gestire gli stakeholder come
risorse strategiche
? Massima attenzione alle relazioni con - e
fra - gli stakeholder (managers,
shareholders, collaboratori, partner,
società), luoghi in cui l’opportunità di
amplificare o distruggere valore è massima.
?
Per la PMI determinante fattore di sviluppo
è la capacità di creare relazioni forti con
clienti “esigenti” e con partner che ne
stimolino la crescita di conoscenze e
competenze.
86 - Migliorare tutto, migliorare sempre - Tito Conti
Si è parlato dell’ambiente, cioè dell’impatto sulla società. Ma gestire
gli stakeholder come risorse strategiche significa più in generale massima
attenzione alle relazioni con tutti i partner che concorrono ai fini
dell’impresa: gli impiegati, i manager, i fornitori, i soggetti istituzionali
e sociali. L’area degli stakeholder è il luogo in cui è massima
l’opportunità di amplificare la capacità di generare valore, attraverso
relazioni sinergiche.
Ho sentito diverse medie imprese dichiarare di essere cresciute grazie
a rapporti “forti” con i clienti più esigenti. Alcuni fornitori rifuggono
dai rapporti con aziende clienti che ritengono troppo esigenti in termini
di qualità. Altri, invece, si rendono conto che attraverso questi
rapporti crescono.
“La creazione di valore nell’offerta”.
Tito Conti
La creazione di valore nell’offerta
(“value proposition ”)
È frutto di creatività ma anche di
innovazione organizzativa.
Luogo importante di innovazione sono i
processi di lettura e interpretazione del
mercato e di combinazione creativa dei
risultati di questi con le conoscenze e
competenze distintive dell’impresa.
La “vicinanza al cliente” è per molte PMI
forte ispirazione alla creazione di valore.
La creazione di nuovi prodotti o nuovi servizi per il mercato è certo frutto
di creatività nella tecnologia, nella proposta di valore, ma anche di innovazioni
organizzative. Anche questo è stato ampiamente dimostrato:
aziende che sono state capaci di migliorare i processi di progettazione,
Tito Conti - Migliorare tutto, migliorare sempre- 87
di produzione, di distribuzione, non solo, ma di creare una nuova architettura
per questi processi, ad esempio con forti parallelizzazioni di
processi tradizionalmente seriali, e quindi con forti riduzioni dei tempi
di realizzazione, hanno acquisito vantaggi competitivi rilevanti.
Per concludere cito le competenze diagnostiche, di diagnosi organizzativa.
Tito Conti
Far crescere le competenze
diagnostiche
Le divisioni funzionali sono fonti di
problemi. La scarsità di diagnostici
dell’organizzazione complica la
situazione.
La visione per processi aiuta ad
abbattere le barriere tra funzioni. La
pratica dell’autovalutazione fa crescere
le competenze diagnostiche, preziose
per ogni organizzazione.
In qualunque organizzazione in genere non scarseggiano le persone
che creano dei problemi. Scarseggiano invece le persone capaci di diagnosticare
e quindi risolvere correttamente i problemi organizzativi.
Non di risolverli cioè passando rapidamente e superficialmente dal
problema alla soluzione, ma di seguire percorsi diagnostici rigorosi.
Anche questo è un problema rilevante dal punto di vista culturale: rafforzare
una cultura basata sui fatti e non sulle percezioni e le opinioni.
La visione per processi aiuta ad abbattere le barriere tra funzioni, che
sono all’origine dei problemi più grossi, quelli interfunzionali appunto.
E la pratica dell’autovalutazione, uno dei pilastri della visione TQM, fa
crescere le competenze diagnostiche, preziose per ogni organizzazione.
88 - Migliorare tutto, migliorare sempre - Tito Conti
Termino riproponendo la frase di Einstein da cui avevo iniziato, perché
ci aiuta a capire che il primo nemico che ostacola l’innovazione è
dentro di noi e dobbiamo identificarlo per combatterlo.
Grazie.
Tito Conti - Migliorare tutto, migliorare sempre- 89
Crescere con l’innovazione.
Mercati globali
e informatizzazione
Filmato
Rodrigo Vergara
Logos
Il metodo è stato quello di creare una rete uniforme con tutti i concessionari,
di tutti i paesi europei, di comunicazione. Abbiamo quindi
un controllo in tempo reale della risposta del concessionario con
l’azienda. Riusciamo ad avere delle antenne che ci permettono di modificare
i prodotti.
È stato un costo importante, per noi che non avevamo una tradizione
di internazionalizzazione, è oscillato dal 6 al 10% sul bilancio. Però
oggi ci vede triplicare l’azienda in quattro anni e controllare direttamente
i mercati.
L’informatica è stata, direi, fondamentale, perché abbiamo mantenuto
gli stessi costi fissi pur triplicando il fatturato.
Noi abbiamo cambiato la nostra organizzazione man mano che un
nuovo dispositivo elettronico, o i computer, o i fax, o internet, veniva
messo a nostra disposizione.
Quando siamo arrivati ad avere dieci uffici in Italia, questo perché la
tecnologia era talmente scarsa che imponeva avere un ufficio vicino al
cliente. Ma con l’arrivo di internet li abbiamo chiusi tutti. Ce ne siamo
tenuti uno solo.
Quando la nostra azienda era piccolina e c’erano solo i fax e i modem,
il 10% del fatturato erano costi di telecomunicazioni. Adesso sono
molto meno dell’1% e riusciamo a trasmettere mille cose in più di
quelle che potevamo un tempo.
Rodrigo Vergara - Crescere con l’innovazione - 93
Tutta la parte contabile è gestita in modo automatico. Abbiamo un
computer ideato da noi, con tutti i dati che fa le fatture automaticamente
e che riceve le fatture anche automaticamente. Un collaboratore
che collabora con noi dalla Cina, non deve neanche emettere una
fattura.
Diciamo che da quando abbiamo cominciato ad utilizzare Internet, il
nostro fatturato è cresciuto di tre, quattro volte.
94 - Crescere con l’innovazione - Rodrigo Vergara
Marco Barnabò
Distretto dell’occhialeria di Belluno
Servizi fondamentali forniti da OptIdx nell’ottica di centralizzare
quelle che sono le problematiche, le complessità di lavoro in rete informatica
del distretto, sono quelle di centralizzare le problematiche
di scambio di documenti.
OptIdx si incarica di tradurre questi formati di scambio. Quindi l’interlocutore
vede, sostanzialmente, un solo panel per lo scambio, mette
a punto un solo sistema di scambio documentale elettronico, un solo
protocollo, con un solo partner che è sempre OptIdx.
L’integrazione nel sistema aziendale avviene soprattutto nell’ambito
del ciclo dell’ordine. Quello che stiamo seguendo ora è il passaggio
dall’ordine sino alla consegna della merce. Quindi con tutti i documenti
che ne conseguono.
L’ICT integrato al distretto probabilmente è il passo successivo quello
al quale dobbiamo ambire. La cosa importante è riuscire a creare
quella rete diffusa tra tutte le aziende del distretto, in modo che colloquiano
tra di loro tramite l’ICT.
Il passo successivo che noi ci aspettiamo arrivi presto, è quello di poter
gestire il distretto come fosse una grande azienda.
Marco Barnabò - Crescere con l’innovazione - 95
Gianni Pecol Cominotto
Regione Friuli Venezia Giulia - Impresa Futura
Impresa Futura mette in campo servizi agli imprenditori, all’economia
e servizi al territorio.
Io presento un’unica domanda a questo sportello. Questo sportello la
riceve. La mia relazione con la pubblica amministrazione si risolve in
questo.
Questo unico punto è uno sportello informatico, che si attiva rispetto
alle altre amministrazioni e convoglia tutte le azioni amministrative
necessarie a completare questa domanda di autorizzazione al funzionamento.
Questa iniziativa ha costruito un software e ha creato l’interoperabilità
tra questi sistemi, che non sempre c’era.
Le simulazioni di abbattimento che abbiamo fatto riducono i tempi a
un quinto di quelli che erano necessari prima.
Gianni Pecol Cominotto - Crescere con l’innovazione - 97
LUCIO STANCA
Intervento
Lucio Stanca
Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie
Grazie presidente Pistorio non solo per la presentazione di questa mattina,
ma anche per l’invito a partecipare a questa importante giornata.
È un piacere enorme essere di nuovo qui in Confindustria.
Tutto il mio apprezzamento alla Confindustria per aver organizzato,
dopo la Giornata della Ricerca a settembre, questa Giornata
sull’Innovazione.
Ricerca e innovazione sono tappe dello stesso percorso.
Rappresentano lo sforzo che dobbiamo fare tutti quanti insieme per
aumentare, accrescere la competitività del nostro paese.
È difficile definire confini precisi tra ricerca e innovazione, visto che
fanno parte della stessa filiera, o catena del valore. In effetti si può dire
che conoscenza, ricerca e innovazione sono il motore dello sviluppo
di un’economia moderna.
La ricerca produce nuovo sapere. Quando questo sapere viene portato
sul mercato ed ha un valore economico, non solo culturale, diventa
innovazione tecnologica. Ma questa innovazione tecnologica può
essere anche utilizzata da altri. E quindi è innovazione.
Ma aldilà dei rapporti molto forti, ci sono anche grosse differenze. Ho
apprezzato molto quello che ha detto il presidente Pistorio all’apertura
di questa giornata.
Sono molteplici le diversità tra ricerca e innovazione come, ad esempio,
i tempi di ritorno. La ricerca richiede tempi di ritorno medio lun-
Lucio Stanca - Intervento - 101
ghi, forse più lunghi che medi, mentre l’innovazione può essere fatta
anche in tempi brevi o medi.
La ricerca è un campo in cui certamente occorre collaborare insieme,
tra pubblico e privato. Anche se l’Italia, ricordo, è l’unico dei grandi
Paesi che ha una ricerca a maggioranza pubblica rispetto alla ricerca
privata.
Un dato importante emerso da un’indagine Ocse mette in evidenza
che in tutti i Paesi europei, compresa l’Italia, solo il 4-5% delle piccole
imprese fa ricerca. O, se volete, l’80-85% della ricerca fatta in
Europa, quindi anche in Italia, è svolta dalla grande impresa. Mentre
l’innovazione può essere fatta, e deve essere fatta, da tutte le imprese,
a prescindere dalla loro dimensione.
Insomma, non c’è limite. Mentre c’è un limite alla ricerca nella dimensione
dell’impresa; non c’è limite dimensionale all’innovazione.
Nell’ultimo “Libro Verde” dell’Unione Europea, si afferma che la ricerca
è essenziale per lo sviluppo, per la crescita e la competitività europea,
ma non è sufficiente. Perché insieme alla ricerca bisogna parlare
anche di innovazione. Ecco perché mi fa molto piacere che la
Confindustria dedichi altrettanta attenzione oltre che alla ricerca, all’innovazione.
E tutto questo avviene mentre c’è un velocissimo cambiamento intorno
a noi, quanto meno con due aspetti relativi all’economia mondiale.
Abbiamo sentito parlare di internazionalizzazione, abbiamo sentito
parlare di esempi. Noi dobbiamo modificare il vecchio stereotipo che
ci fa pensare che le economie emergenti ci attaccano soprattutto sulle
industrie cosiddette mature. O a basso valore tecnologico.
Non faccio l’esempio dell’India, che è un esempio troppo banale, per
dire che l’India è uno dei più grossi produttori di software al mondo.
Ma faccio l’esempio della Cina.
Oggi, come sa bene Pistorio, la Cina è il più grosso utilizzatore di silicio
al mondo. La sua esportazione di prodotti ad alta tecnologia è passata
dal 9-10% di sei, sette anni fa, al 25%. Certo, anche grazie agli investimenti
delle imprese straniere. Ma il 25% delle sue esportazioni ri-
102 - Intervento - Lucio Stanca
guarda prodotti ad alto contenuto tecnologico. Rammento che in
Italia è il 12%.
La Cina produce, consentitemi questa espressione, un milione di ingegneri
all’anno.
E oltre al cambiamento dal punto di vista della geografia economica,
c’è anche un grande cambiamento dal punto di vista tecnologico.
Dopo la “sbornia” della bolla finanziaria, abbiamo compreso che non
si tratta qui di creare una nuova economia. Si tratta, invece, di trasformare
l’economia esistente attraverso questa leva: la leva delle tecnologie
digitali che è assolutamente la leva più potente, il fattore abilitante
più forte che abbiamo per creare innovazione nelle nostre organizzazioni.
Siano esse pubbliche o private.
In più, questa rivoluzione tecnologica data dalle tecnologie dell’informazione,
delle telecomunicazioni o delle tecnologie digitali, oltre a creare
un settore rilevante di per sé, diversamente dal passato ha una valenza
trasversale. Interessa quasi tutti gli altri settori economici. E produce
un effetto moltiplicatore di trasformazione, di cambiamento, quindi
di innovazione, molto più elevato rispetto a tecnologie del passato.
Dov’è il punto? Dov’è la sfida che abbiamo come Paese, come responsabili
di organizzazioni, imprese o istituzioni?
Non si tratta solo di acquisire una nuova tecnologia. È ormai ampiamente
dimostrato che si crea innovazione solo quando a fianco della
tecnologia ci sono competenze adeguate. E tecnologie e competenze
sono utilizzate per cambiare il modo di fare impresa, o di fare pubblica
amministrazione. Cioè di cambiare i modelli organizzativi.
Banalizzo. Io posso acquistare un computer e fare solo le e-mail. A mio
modo di vedere non ho fatto innovazione. Ma se acquisto lo stesso
computer, più o meno con lo stesso software, e faccio una progettazione
automatica collegata con i fornitori e con le linee di produzione, io
ho necessariamente diverse competenze per sfruttare la tecnologia e
ho cambiato l’organizzazione. Allora sì che ho fatto innovazione.
È nella combinazione tra competenze e tecnologie che si creano nuovi
modelli organizzativi, nuovi modi di lavorare.
Questo è un punto importante, perché se abbiamo ritardi nel nostro
Lucio Stanca - Intervento - 103
paese, è anche a causa di una non completa comprensione di questi
aspetti.
Un altro rilievo riguarda, di nuovo, le tecnologie digitali e il loro apporto
alla crescita della produttività. I dati dell’Ocse ci dicono che negli
anni ’95-2000 la produttività media in Europa è cresciuta del 40%.
E tale aumento è dovuto a queste tecnologie. Negli Stati Uniti, nello
stesso periodo, la crescita è stata del 62%. In Italia del 30%. Quindi il
punto è non solo acquistare tecnologia, ma anche il modo di impiegarla
e di sfruttarla.
La sfida, a mio modo di vedere, è quella di passare dall’automazione
e dall’informatizzazione alla innovazione. Voi imprenditori usate il
computer quanto meno da quattro, cinque decenni. Ma ciò che la tecnologia
consentiva prima era solo l’automazione. Cioè rendevate più
veloce, meno costoso il processo esistente. Ma la tecnologia non vi
consentiva di fare di più. Oggi la tecnologia digitale, le reti, i computer
possono fare, oltre che all’informatizzazione, la trasformazione, il
cambiamento e quindi l’innovazione.
E concludo queste riflessioni generali di introduzione, richiamando
una revisione in corso della Strategia di Lisbona. Uno dei capitoli fondamentali
è proprio l’e-Europe, cioè l’utilizzo di queste tecnologie nell’ambito
europeo nei vari campi, dal settore pubblico alla sanità, all’educazione,
all’impresa. Il Rapporto, appena presentato, sarà discusso al
Consiglio Europeo nella prossima primavera e in esso viene affermato
ancora una volta che le tecnologie dell’informazione e comunicazione
sono la chiave per la competitività di ogni impresa, Paese o regione.
Fatta questa premessa, per comprendere di cosa stiamo parlando oggi,
vengo alle mie responsabilità di Governo, alla politica dell’innovazione
e tecnologica che ho incominciato a realizzare tre anni e mezzo fa,
quando l’avere, per la prima volta nella storia della nostra Repubblica,
un ministro dedicato esclusivamente all’innovazione tecnologica sembrava,
forse, una decisione un pò stravagante. Oggi, che il dibattito del
nostro Paese sembra finalmente concentrato su questi argomenti, si
comprende forse di più l’importanza di avere a livello di Governo qualcuno
responsabile di una strategia complessiva del Paese.
104 - Intervento - Lucio Stanca
Dico subito, che anche se sono le imprese e i cittadini a dover valutare
l’opera del Governo, ci fa piacere però che l’Ocse il 20 ottobre scorso
abbia stilato un rapporto di valutazione della politica dell’innovazione
tecnologica digitale del nostro Paese. Capisco che se siamo dietro
al Botswana nelle classifiche di competitività, è un dato che fa titoli
a sei colonne. A parte il fatto che io sono stato in Botswana e credo
che non sia proprio il caso di prendere per oro colato queste classifiche.
Ma so anche che quando un’istituzione come l’Ocse esprime
un chiaro e forte apprezzamento per la politica del Governo italiano
sulla sua politica di innovazione tecnologica digitale, questo, ovviamente,
non ha alcuna cittadinanza nei media italiani.
Anche se l’Ocse stessa, nel medesimo rapporto, dice che dobbiamo fare
molto di più nel modello organizzativo delle imprese, soprattutto le imprese
italiane, e nell’aumentare il valore tecnologico della produzione
italiana.
Quindi, il nostro obiettivo, attraverso una politica che si orienta su tre
assi fondamentali, è quello di dare un contributo. Io sono convinto
che l’azione del Governo in questo campo deve essere vicina alle imprese,
ma in modo complementare. Non si fa innovazione perché ci
sono gli incentivi, ma gli incentivi possono aiutare a fare innovazione.
Quindi, noi siamo partners. Le imprese devono comprendere l’esigenza
dell’innovazione e il Governo deve fornire tutti gli strumenti per far
sì che l’innovazione possa essere realizzata appieno.
Dicevo tre assi. Innanzitutto sostegno agli investimenti. Secondo, ovviamente,
sviluppo delle imprese, di un’economia hi-tech, soprattutto
correlata alle tecnologie digitali, che ormai interessano vari settori. E
terzo, un ambiente favorevole, cioè tutto quello che è al di fuori delle
imprese per quanto riguarda l’innovazione tecnologica.
In questi tre anni la nostra attenzione costante si è focalizzata sulle
piccole e medie imprese, sul Sud e sui sistemi territoriali.
Sostegno agli investimenti. Io qui colgo di nuovo l’occasione, come
ho fatto al convegno di Prato con il presidente Salmoiraghi, dove mi
sono un pò dilungato sul tema. Qui rubo solo un minuto, non di più,
per illustrare l’iniziativa del Fondo di garanzia per l’innovazione di-
Lucio Stanca - Intervento - 105
gitale per le piccole imprese, perché lo ritengo un provvedimento
importante.
A Prato, grazie ad un sondaggio in sala, avevamo scoperto, ma non
era una sorpresa, che il 75% degli imprenditori presenti non aveva
mai sentito parlare di questo Fondo di garanzia.
In cosa consiste?, il fondo è già attivo da due o tre mesi. Ci sono 60
milioni di euro già disponibili e altri 100 milioni di euro in questa
Finanziaria, per un totale di 160 milioni a disposizione per realizzare
quello che insieme al collega Marzano abbiamo previsto nel decreto
del 15 giugno per creare una sezione speciale “Tecnologie digitali” del
Fondo di garanzia.
A cosa serve questo Fondo di garanzia? Serve a garantire le banche,
il sistema finanziario, fino all’80% dei loro prestiti, percentuale massima
consentita in Europa, i finanziamenti che le imprese chiedono
per investimenti ammissibili per l’acquisto di tecnologie hard e software,
di consulenze, di servizi di formazione, di servizi professionali,
di progettazione, l’acquisto di brevetti e di licenza. Si tratta in sostanza
di innovazione immateriale che, di per sé, non dà garanzia al
sistema finanziario.
Da qui l’intervento dello Stato a garanzia fino all’80%, con l’accesso al
fondo completamente gratuito e la riscossione della prima richiesta
delle banche creditrici, gestito dal Mediocredito Centrale del gruppo
bancario Capitalia, che è a disposizione delle imprese, soprattutto delle
piccole imprese con investimenti coperti da garanzia con un tetto
massimo di 200 mila euro.
Un’ultima annotazione. Di fatto questo è un accesso addizionale al
credito da parte della piccola industria in quanto garantito all’80%,
per cui le banche sono più disponibili ad erogare il credito.
Inoltre, questione proprio di giorni, stiamo mettendo a punto, sempre
col collega Marzano, un’estensione: non solo una garanzia al credito
dato dal sistema bancario, ma anche garanzia data dallo stesso fornitore.
Cioè forniamo la garanzia al finanziamento prestato dal fornitore
delle tecnologie digitali. Fino a un massimo del 50% dell’investimento.
Questo chiude il cerchio proprio con il protocollo di collaborazione
106 - Intervento - Lucio Stanca
d’intesa firmato da Confindustria e Abi, promotore l’amico Arturo
Artom, che fa di questo un sistema di finanziamento garantito dallo
Stato, siano essi finanziamenti di banche o di fornitori.
Per ultimo, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti della competitività,
conto di avere anche un sostanziale contributo alla riduzione
del costo di questi finanziamenti da parte delle imprese. Quindi, una
riduzione degli interessi. Chiamiamola Sabatini, chiamiamola come
volete, credo che uno strumento così in Italia non sia mai stato a disposizione
delle piccole imprese per investire in tecnologie digitali, soprattutto
in tecnologie immateriali.
Un altro aspetto del sostegno all’innovazione riguarda i bandi tematici.
Anche se non rappresentano uno strumento più che idoneo, soprattutto
per la piccola e media impresa, perché richiedono una conoscenza,
una partecipazione. Però se si vuole mirare ad alcuni interventi
come, per esempio, l’e-Commerce, dobbiamo avere questi interventi
in termini di bandi.
Abbiamo anche fatto un bando sulla ricerca applicata delle tecnologie
Ict, con 80 progetti importanti per un valore di 35 milioni di euro.
Abbiamo cominciato, con le regioni del Sud, a creare accordi di programma
in cui co-finanziamo interventi di innovazione tecnologica
per sostenere l’eccellenza di territori. L’innovazione va infatti fatta nei
territori. Quindi con alcune Regioni, come la Puglia ma sono in corso
di completamento altri accordi di programma, facciamo questi accordi
in cui è previsto un altro aspetto importante.
Questo intervento complessivo è ancora di 100 milioni di euro. E in
questi interventi a sostegno delle imprese nei territori di eccellenza,
nelle regioni del Sud, abbiamo anche inserito i vaucher, uno strumento
utilizzato già in qualche altra regione, che vengono dati all’impresa
medio-piccola per essere spesi in collaborazione col mondo dell’università
e della ricerca pubblica, in modo da attivare proprio questa
catena del valore, della conoscenza, ricerca e innovazione.
Sviluppo dell’industria hi-tech. Io sto parlando, come vedete, di cose
già esistenti. Mi piace parlare di cose concrete.
Lucio Stanca - Intervento - 107
La delibera Cipe del 29 settembre scorso ha stanziato 100 milioni di
euro per la creazione di un fondo per il sostegno alla piccola industria
hi-tech. In questa legge finanziaria c’è un dispositivo normativo che
rende operativo questo fondo. Si tratta di un fondo per le regioni del
Sud, per la piccola impresa che opera nelle tecnologie digitali in senso
lato, dalla domotica a tutte quelle applicazioni che riguardano comunque
le tecnologie digitali, in cui aiutiamo la finanza innovativa,
così scarsa in Italia. Quindi aiutiamo il finanziamento attraverso un
fondo dello Stato, che si aggiunge e complementa i venture capital nazionali
o stranieri, che sono attratti di più ad operare, soprattutto al
Sud, per far sì che possiamo aiutare le imprese che hanno una conoscenza,
un’idea, o che vogliono investire, o che vogliono fondersi,
sempre nel campo delle alte tecnologie. Quindi un fondo hi-tech che
vedrà la partenza i primissimi mesi del prossimo anno.
Un altro tema di grande importanza, che qui accenno solo, riguarda i
contenuti digitali. La larga banda non ci fa fare solo le cose in modo
più veloce, ma ce le farà fare sempre in modo più diverso.
Voi avete figli che ormai scaricano musica da Internet e domani film,
giochi. E dopodomani libri, non concepiti come nel mondo tradizionale
fisico, ma concepiti proprio con la tecnologia dell’interattività
consentita dalla larga banda. Insomma, l’editoria. Quindi ci sono vari
problemi complessi, fra cui la protezione della proprietà intellettuale.
Ma anche il sostegno alla crescita di nuova industria.
Non vorrei che fossero gli americani a porre sulla rete internazionale
a larga banda, per esempio, i contenuti artistici culturali del nostro
Paese. Questo è un altro tema che abbiamo affrontato.
Infine l’ambiente. L’ambiente riguarda, fondamentalmente, le infrastrutture.
Cito solo quello che abbiamo fatto con il collega Gasparri.
Proprio all’inizio di questa legislatura abbiamo varato un piano che
stiamo puntualmente realizzando sulla larga banda, relativo all’attivazione
della domanda privata e di quella pubblica, nonché interventi
specifici nel Mezzogiorno sulle infrastrutture e sui contenuti e servizi.
Di fatto i risultati dicono che due anni fa eravamo sesti o settimi in
Europa in termini di penetrazione di larga banda. Oggi siamo al quar-
108 - Intervento - Lucio Stanca
to posto. In questi ultimi due anni abbiamo avuto il tasso di crescita
degli allacciamenti a larga banda più alto in Europa. E a fine anno
avremo 4-4,5 milioni di utenti a larga banda.
Oltre alle infrastrutture, quando si parla di ambiente si parla di noi di
italiani, dell’alfabetizzazione informatica. Le imprese hanno bisogno
sempre più di persone, soprattutto giovani, che abbiano il loro bagaglio
di base, che sappiano usare il computer come vero e proprio strumento
di lavoro.
Stiamo facendo un grande sforzo. Io so che l’innovazione tecnologica,
come dico spesso, non riempie le piazze, non crea audience nel talk
show televisivi, non anima i salotti. Ma vi assicuro che stiamo facendo
importanti passi in avanti.
Un dato che viene dall’osservatorio che abbiamo creato con la
Federcomin: oggi il 56% delle famiglie italiane, ossia una media superiore
a quella europea, ha almeno un personal computer in casa. La
famiglia italiana, campione nel mondo nell’utilizzare i telefonini (e
questo ci sta bene perché anche quella è una forma di innovazione) ha
recuperato, in questi anni, anche in termini di utilizzo e di presenza
di personal computer, uno strumento, evidentemente, molto più sofisticato,
più complesso e più potente del telefonino.
La percentuale delle famiglie italiane collegate a Internet è ormai del
42%, appena sotto la media europea.
Abbiamo messo a punto programmi per la scuola e per i docenti; facilitazione
per gli acquisti ai sedicenni, alle famiglie meno abbienti,
agli insegnanti, agli anziani. Varato programmi divulgativi con la Rai;
è in atto un pacchetto di iniziative che credo non abbia assolutamente
riscontro in Europa. E i risultati ci confortano.
Infine, il grande tema della pubblica amministrazione. Importantissima
per la competitività del Paese, di qualsiasi Paese. Anche qui non
si tratta di informatizzare la pubblica amministrazione. Si tratta, invece,
di trasformare il modo in cui opera la pubblica amministrazione,
soprattutto sull’aspetto più importante che è il rapporto con i cittadini
e con le imprese e tra uffici pubblici attraverso il collegamento
telematico.
Lucio Stanca - Intervento - 109
Io qui fornisco solo esempi perché il discorso è molto lungo e molto
complesso. E anche qui stiamo certamente facendo grandi progressi.
Vorrei innanzitutto ricordarvi che nella prima fase di e-Government
per gli enti locali, abbiamo selezionato 134 progetti, a cui hanno partecipato
4.000 amministrazioni locali, regionali, provinciali e comunali.
Di questi 134 progetti, 77 sono per i servizi all’impresa.
Questa prima fase ha visto uno stanziamento complessivo di 500 milioni
di euro, utilizzando fondi del governo centrale, dell’Unione
Europea, delle Regioni e dei Comuni. Ora abbiamo una seconda fase
in atto, che parte da quanto abbiamo realizzato nella prima, con il
classico processo di innovazione. Cioè, prima si crea l’innovazione, e
poi la si diffonde. E la seconda fase si propone il riuso, la diffusione
delle applicazioni, delle innovazioni fatte nella prima fase.
Questa fase avrà un valore complessivo di altrettanti 500 milioni di euro
tra i vari finanziamenti che siamo riusciti a mettere insieme. Nel giro
di due o tre anni, per il rapporto tra cittadino, imprese e pubbliche
amministrazioni, stiamo mobilitando risorse di 1 miliardo di euro.
Quali sono i risultati? Innanzitutto alcuni dati statistici.
L’Italia è il Paese dove il 62% delle persone che ha avuto un rapporto
con la pubblica amministrazione in rete si dichiara decisamente soddisfatto.
Solo il 12% della customer satisfaction, sto parlando della vostra
materia, si dichiara non soddisfatto. Quindi un ottimo feedback.
Le classifiche europee sull’e-Government vengono aggiornate costantemente,
siamo passati, facendo un esempio calcistico visto la popolarità
di questo sport in Italia, da una zona di retrocessione in Europa,
eravamo undicesimi o dodicesimi, ad una migliore: oggi siamo settimi,
ottavi. Certo, non siamo in Champion League, o in Coppa Uefa.
Avete visto, per esempio, il comune di Pordenone, con il progetto
Enterprise, ha realizzato lo Sportello Unico Attività Produttive in Rete
(www.amministrazionefuturo.com) per tutti i 51 Comuni della
Provincia di Pordenone, con il quale si possono realizzare on line, in
combinazioni diverse, ben 275 diversi servizi che coprono tutti gli
eventi delle vita delle imprese ed ha tagliato i tempi di una pratica da
271 giorni a meno di 20.
110 - Intervento - Lucio Stanca
È vero che noi dobbiamo semplificare riducendo le norme, però quando
sono arrivato al Governo ho visto bellissime norme, mai attuate.
Venendo io dal mondo dell’impresa, credo che la trasformazione non
possa avvenire solo attraverso le norme o le circolari, ma deve proprio
realizzarsi attraverso la modifica delle modalità di operare, dei processi,
dell’organizzazione, attraverso l’uso delle tecnologie.
È questo che ci siamo posti di fare fin dall’inizio. Oggi siamo nella fase
di codificare quello che abbiamo imparato. E allora abbiamo lanciato
due grandi progetti.
Uno, che chiamo l’Autostrada del Sole Digitale della Pubblica amministrazione.
La pubblica amministrazione italiana ha tante reti: quella
centrale, regionale, comunale, ma che non parlano fra di loro. Noi
abbiamo creato questo grande progetto, credo il più grande progetto
in telecomunicazioni in Italia, in cui creiamo un Sistema Pubblico di
Connettività. L’obiettivo è di mettere in comunicazione qualsiasi ufficio,
amministrazione centrale o periferica, del territorio nazionale.
Non una rete, ma un sistema. Con proprie regole e standard comuni
di qualità, di sicurezza, di funzionalità e di applicazione. Perché, per
esempio, non possiamo consentire che 8.100 comuni sviluppino 8.100
volte il protocollo informatico. O il rilascio di certificati in rete. Ma
abbiamo voluto dare vita a questo sistema delle applicazioni disponibili
e l’obbligo da parte delle amministrazioni pubbliche, prima di investire
nuove risorse, di verificare se queste applicazioni non sono già
disponibili, per accelerare la diffusione.
Questi sono processi in atto. Sono provvedimenti, come Sistema
Pubblico di Connettività, che sta terminando il suo iter parlamentare
e stiamo già lanciando la gara sia per realizzare la Rete Internazionale
della Pubblica Amministrazione, sia per quanto riguarda la qualificazione
dei fornitori del Sistema Pubblico di Connettività.
Ultimo provvedimento che voglio citare, di cui la scorsa settimana il
Consiglio dei Ministri ha approvato lo schema di decreto legislativo, è
il Codice dell’Amministrazione Digitale. Non fate l’errore di credere
che riguardi solo la pubblica amministrazione. Perché questo Codice
ha due contenuti fondamentali. Uno è la strumentazione: si dà valore
Lucio Stanca - Intervento - 111
legale a tutta la strumentazione. Una volta stabilito il valore legale della
strumentazione, il Codice riguarda sia l’impresa privata che il settore
pubblico. Farò alcuni esempi.
La firma digitale che le imprese già usano per i loro rapporti con le
Camere di Commercio, per comunicare tutte le informazioni societarie.
Ma nulla vieta che fra due imprese, o due soggetti privati, possano
utilizzare questa forma semplice di contrattazione, di firma di contratti,
di obbligazioni in termini sicuri. Io aggiungerei anche più sicuri
della firma autografa.
Il valore legale di un documento informatico riguarda la pubblica amministrazione
e riguarda anche le imprese.
Il valore legale dell’archiviazione digitale. Fino ad oggi si poteva archiviare
digitalmente. Ma poi, per esempio, come per le tasse, o la
contabilità, dovevamo tenere i pezzi di carta perché il valore legale veniva
dalla documentazione su carta. Con questo Codice abbiamo definito
il valore, a determinate condizioni, per esempio l’uso della firma
digitale, che da valore legale all’archiviazione digitale. E quindi
non c’è più bisogno di conservare carta.
Pensate solo che risparmio significa questo nella pubblica amministrazione.
Ma oltre a tutti questi strumenti, ripeto, disponibili per il Sistema
Italia, è importante la seconda parte che riguarda un tentativo mai
fatto in Europa e, credo, al mondo. Perché fino ad oggi questi strumenti
in qualche parte erano disponibili, come la firma digitale, ma
il cui utilizzo veniva lasciato in modo lasco alle singole amministrazioni.
E quindi non si riusciva mai a fare il salto di qualità, assolutamente
necessario in termini di efficienza e di servizi alla comunità
nazionale.
Nella seconda parte del Codice abbiamo posto le modalità e abbiamo
definito i tempi, dopo una sperimentazione della sua fattibilità durata
tre anni e mezzo, e gli obblighi delle pubbliche amministrazioni
nell’attuare questa trasformazione. In definitiva, si tratta di sostituire,
non di affiancare, le attività tradizionali, manuali, cartacee, di sostituire
il procedimento digitale, dandogli valore legale.
112 - Intervento - Lucio Stanca
Lo so che è di grande ambizione il disegno che abbiamo definito con
questo Codice, ma è assolutamente necessario se vogliamo dare dei
benefici, oggi che abbiamo accumulato un’esperienza che sappiamo
di poter realizzare. Ora infatti abbiamo bisogno di un quadro normativo
che ci dia la spinta in questa direzione.
Ho parecchi esempi, ma non vorrei annoiarvi, per quanto riguarda i
servizi alle imprese. Vorrei solo fare una raccomandazione. Il problema
che abbiamo è che questa trasformazione è molto silenziosa e difficile
da comunicare. Anche perché i media hanno difficoltà ad interpretarla.
Oggi, probabilmente, ci sono molti più servizi disponibili in
rete, in modo semplice, automatico, immediato, per i cittadini, e soprattutto
per le imprese, di quanto noi pensiamo.
L’invito che vi faccio, aldilà dell’impegno che abbiamo di comunicare
meglio e di più, è di verificare che, per esempio, in tutti i rapporti con
l’Inps, con l’Inail, con le Camere di Commercio, con il Comune di
Parma piuttosto che con il Comune di Pordenone o di altri Comuni,
ci sia oggi una molteplicità di servizi disponibili per semplificare e velocizzare
tali rapporti.
Concludo il mio intervento dicendo una cosa che mi sembra ovvia, ma
che è estremamente importante. Il successo della nostra economia negli
ultimi decenni è stato fondamentalmente per la forte imprenditorialità
e innovazione che l’impresa italiana ha saputo esprimere.
Questa è la nostra storia dal punto di vista industriale, dal punto di vista
delle imprese. Io ne ho fatto parte per 35 anni qui in Italia e so benissimo
che questo è un capitale fondamentale: imprenditorialità e
capacità di innovare.
Oggi la sfida qual è? È quella di coniugare questo nostro patrimonio
in un contesto tecnologico economico diverso dal passato. Noi dobbiamo
continuare ad essere imprenditori e innovatori, ma comprendendo
meglio le opportunità che la nuova geografia economica ci dà
e le nuove tecnologie. Ed anche i rischi. Ma questa è la sfida che dobbiamo
saper vincere.
Lucio Stanca - Intervento - 113
Quasi ad arrivare a dire, come ha scritto The Economist, che l’innovazione
diventerà, anzi sta diventando, la religione industriale del
XXI secolo. Qui noi ci giochiamo il futuro della nostra capacità di crescere
e prosperare.
E sono convinto che non solo dobbiamo vincere questa sfida, ma che
possiamo vincerla.
Grazie.
114 - Intervento - Lucio Stanca
ALBERTO OLIVERIO
L’organizzazione
dell’innovazione
Alberto Oliverio
Professore di Psicobiologia, Università “La Sapienza” Roma
La creatività ha molteplici dimensioni, anche se esse hanno un aspetto
in comune, produrre un’innovazione in un qualche ambito culturale
o tecnologico attraverso una nuova strategia, un nuovo modo di
guardare alla realtà. Un’importante caratteristica del pensiero creativo
è quella di essere fortemente individuale: Mozart stesso si era interrogato
su questa dimensione personale chiedendosi: “Come mai io
compongo la musica di Mozart? Da che cosa deriva questo mio stile?”.
Due secoli fa il musicista di Salisburgo si era posto lo stesso problema
che gli psicobiologi si pongono ancor oggi: la creatività deriva da
una nostra qualità interna, da un’innata caratteristica del nostro cervello
oppure è un frutto di un ambiente particolare, dell’esperienza?
Mozart era in favore della prima soluzione e scrive che “Come Mozart
ha un naso lungo e schiacciato, così esiste il cervello di Mozart che lo
porta a comporre la musica e a farla di questo tipo”. Attribuire la particolare
creatività musicale mozartiana ai geni o alla precoce opera di
sensibilizzazione paterna nei riguardi della musica rappresenta più
un’opinione che un fatto scientifico: tuttavia il tema della creatività
può venire affrontato attraverso un approccio indiretto che ci indichi
quali sono le attività mentali che si traducono in strategie “plastiche”
e creative.
La capacità del cervello di formare delle immagini mentali, di ricombinarle
in una sorta di continuo caleidoscopio al cui interno vengono
compiute delle associazioni logiche ma anche fantastiche, è alla base
della cosiddetta creatività, una capacità in cui si fondono elementi lu-
Alberto Oliverio - L’organizzazione dell’innovazione - 117
dici e processi logici senza i quali non esisterebbe la possibilità di fornire
risposte divergenti e innovative, di guardare alla realtà usuale con
un’ottica insolita, di estrarre da informazioni apparentemente banali
elementi nuovi. Questa capacità è evidente in quella che possiamo
chiamare la storia naturale del cervello e quindi della mente: le ricerche
degli psicologi comparati indicano che la capacità di ricombinare
e associare elementi diversi e di ideare nuove soluzioni è una caratteristica
ben evidente nelle grandi scimmie che differiscono dagli altri
primati più per creatività che per le capacità che dimostrano nei test
di apprendimento. Certamente le scimmie antropomorfe risolvono
problemi molto complessi ma la loro particolarità è quella di essere
curiose e di inventarsi soluzioni anziché adattarsi a schemi precostituiti.
Uno scimpanzé o un gorilla non si limitano perciò a esplorare il
mondo che li circonda ma manipolano gli oggetti, li accostano, li ricombinano
in categorie… Il gioco combinatorio attraverso cui i primati
non umani sondano le diverse possibilità attraverso cui possono
servirsi di un oggetto, utilizzare uno strumento, modificare la realtà
che le circonda è il prodotto di una mescolanza di esploratività, curiosità
e atteggiamenti analitici che vengono messi in campo in modo
diretto, concretamente, come avviene per un bambino che giocando
con dei cubi di legno li utilizza in modi diversi, in un gioco in cui la
casualità dei risultati e le ipotesi sulle conseguenze delle proprie azioni
sono difficilmente districabili.
La creatività umana ha degli aspetti comuni con questo bricolage
mentale? Può rassomigliare, sia pur con le debite proporzioni, ad una
sorta di macchina che produce ipotesi, scenari e soluzioni diverse in
modo quasi casuale, anche al di fuori di una logica strutturata? È
quanto sostiene Albert Einstein: “Non ritengo - scrive il grande scienziato
- che le parole o il linguaggio scritto o parlato abbiano alcun ruolo
nel meccanismo del mio pensiero. Le entità psichiche che sembrano
servire da elementi sono piuttosto alcuni segni o immagini che nella
mia mente entrano in un gioco combinatorio di tipo visivo e a volte
muscolare”. Questa affermazione può sembrare provocatoria ma
indica un aspetto delle procedure mentali che non è insolito e che può
essere comune sia a persone geniali, sia a quanti, più semplicemente,
118 - L’organizzazione dell’innovazione - Alberto Oliverio
possiedono l’abilità di manipolare i numeri in modo eccezionale, come
nel caso dei cosiddetti calcolatori viventi: questi “vedono” i numeri,
li materializzano, li trattano come oggetti, li ricombinano tra di loro
attraverso strategie mentali che sono ben diverse rispetto a quelle
che utilizziamo generalmente.
Questa dimensione fortemente individuale della mente viene spesso
dimenticata e sottovalutata: ma gli studiosi della creatività, ad esempio
Jacques Hadamard, sottolineano un altro aspetto, vale a dire lo
stretto intreccio tra emozione e cognizione, evidente anche nel caso
della creatività scientifica. Nessuna verità può nascere dal genio di
Archimede o di Newton senza un’emozione poetica o un brivido dell’intelligenza,
indica Hadamard, che mette appunto in risalto come
anche le attività cognitive più strutturate, anche quelle degli scienziati
ritenuti logici per eccellenza, in realtà comportino una componente
emotiva. Nello stesso processo di scoperta scientifica si può spesso
verificare quello che gli anglosassoni definiscono un “insight”, un’appercezione
improvvisa rivelatrice di un qualcosa a lungo ricercato:
numerosi scienziati sembrano confermare una simile possibilità, come
Karl Friedrich Gauss, l’ideatore delle geometrie non-euclidee che
riferisce di aver avuto un vero e proprio colpo di fulmine, un momento
di turbolenza in cui gli si rivelò l’esistenza di una geometria non
tradizionale, o Friedrich August Kekulé, un grande chimico
dell’Ottocento che affermò di aver sognato un serpentello che si mordeva
la coda e che questa immagine gli suggerì la formula della struttura
ciclica del benzene intorno a cui si era invano affannato per lungo
tempo. Vi sono quindi molteplici indicazioni in favore di un aspetto
dell’intelligenza creativa che non procede in modo sequenziale e sistematico
ma salti anziché gradualmente, per analogia e divergenza
anziché per strategie convergenti.
La creatività umana è anche legata alle caratteristiche del nostro cervello
e quindi la si può studiare in relazione alle diverse, opposte funzioni
dei due emisferi: da un lato siamo dotati di attività di tipo logico-simboliche
che dipendono dalle strutture e dalle funzioni del linguaggio,
tipiche dell’emisfero sinistro, dall’altro di attività globali, le-
Alberto Oliverio - L’organizzazione dell’innovazione - 119
gate all’emozione e alla creatività, tipiche dell’emisfero destro. Una
parte del nostro cervello, l’emisfero sinistro, esercita un ruolo prevalente
nelle attività simbolico-linguistiche e in forme di pensiero che
potremmo definire come logico-computazionali. L’altro emisfero,
quello destro, si caratterizza per le sue capacità di guardare alla realtà
nel suo insieme, per la sua specificità nel trattare informazioni di
tipo visivo-spaziale, per il suo essere coinvolto in attività musicali, nell’emozione
e infine nel pensiero di tipo analogico, una forma di pensiero
che non è scandita dalla logica sequenziale del linguaggio ma
che si basa su generalizzazioni e analogie grazie a cui è possibile adeguare
le proprie conoscenze e schemi mentali partendo da qualcosa di
noto e adattandolo a qualcosa di ignoto.
L’analogia è un aspetto importante della creatività in quanto innesca
meccanismi mentali che consentono di combinare o ricombinare le
idee in modo nuovo o di associare aspetti della realtà che sino a un determinato
momento apparivano non correlati -per esempio una farfalla
per esprimere un senso di libertà: ma l’analogia è anche un “banco
di prova” cui sottoporre un’idea prima di passare a modificare una
qualche realtà o a formulare una qualche teoria. Non è soltanto l’arte
l’ambito in cui l’analogia trova maggior spazio: anche nel settore
scientifico il pensiero analogico ha portato a numerose scoperte e all’elaborazione
di teorie originali. Ad esempio, se si paragonano le onde
sonore a quelle formate dall’acqua, come fecero Crisippo (II secolo
avanti Cristo) e Vitruvio (I secolo dell’era moderna) si ha un modello
per sperimentare cosa succederebbe se le onde sonore colpissero
una superficie solida (uno scoglio come quello sui cui si infrangono
le onde marine) o se due onde di uguale lunghezza e altezza si
scontrano tra di loro. Questo modello è stato il punto di partenza per
le teorie di Heinrich Hertz sulla natura delle onde sonore. Un’altra
analogia è quella di Benjamin Franklin che ipotizzò che il fulmine fosse
una forma di elettricità e, attraverso l’esperimento dell’aquilone legato
con un filo di rame in grado di scaricare a terra l’energia elettrica
dei fulmini, dimostrò che la sua analogia era fondata. Il chimico
Antoine Lavoisier sostenne - e giustamente - che esistesse un’analogia
tra la combustione e la respirazione animale in quanto entrambi
120 - L’organizzazione dell’innovazione - Alberto Oliverio
comportano la produzione di anidride carbonica dall’ossigeno e reazioni
caloriche.
Dal punto di vista dei processi mentali il pensiero analogico si basa su
passi successivi che implicano la selezione (dalla propria memoria e
conoscenze) di una fonte di analogie e l’adattamento della fonte sul
bersaglio - cioè l’estensione di ciò che è noto a quanto è ignoto.
Definito in questo modo schematico e astratto, questa forma di pensiero,
alla base della creatività, può sembrare qualcosa di estremamente
complesso ed estraneo al nostro usuale modo di affrontare la
realtà: ma la tendenza a mappare il mondo in modo sistemico è invece
una caratteristica umana innata. Questa va però affinata e potenziata:
per rafforzare il pensiero analogico bisogna infatti saper prestare
ascolto anche alla logica divergente dell’emisfero destro che
molti di noi ignorano in quanto, soprattutto in un mondo tecnologico,
essa ci appare in contrasto con quella razionalità che caratterizza
l’emisfero sinistro. Ma il pensiero creativo non dipende soltanto dalla
nostra capacità di sviluppare le caratteristiche dell’emisfero destro,
dal saper osservare, fare esperienze divergenti, abbandonarsi ad attività
giocose, fantasticare: esso nasce anche dalle contaminazioni che
provengono da esperienze diverse da quelle abituali. Più vasta e frastagliata
è la nostra cultura, più ricche le nostre esperienze, più siamo
in grado di cogliere e accettare nuovi punti di vista e di costruire ipotesi
e scenari che, a prima vista, appaiono insoliti e impossibili, più
prossimi al caleidoscopio dei sogni o alla fantasia infantile.
Un aspetto fondamentale della creatività è quindi quello di essere divergenti,
di saper resistere ad una forma di “pensiero unico”. Il creativo,
inoltre, sa andare contro le opinioni correnti. Sa lavorare silenziosamente,
e alla fine cerca di affermare le sue nuove idee. Chiediamoci
ora quale sia la dimensione sociale della creatività. In una società in
cui non esiste un surplus di energia, in una società che in qualche modo
è affogata dalle necessità della sopravvivenza, è indubbiamente più
difficile riconoscere l’innovazione. Ogni situazione in cui c’è una stasi
comporta generalmente una riduzione dell’innovazione creativa: il
pensiero viene canalizzato in altre direzioni, non riesce a prendere il
Alberto Oliverio - L’organizzazione dell’innovazione - 121
volo. Un altro aspetto, sempre a livello della società, riguarda il tipo di
economia: le economie statiche, le economie che si basano sulla rendita,
le economie in cui non c’è competitività, sono infatti meno aperte
al cambiamento. Perché essere creativi se poi le innovazioni stentano
ad essere accettate in quanto il sistema protegge e perpetua ciò che
già esiste? Anche la mobilità sociale è un fattore sociale che favorisce
la creatività, è un incentivo a produrre qualcosa di nuovo per i vantaggi
che esso comporta, sia dal punto di vista del riconoscimento sociale,
sia dal punto di vista di quello economico.
Vorrei ora ricorrere a un’analogia di tipo evolutivo che può ben indicare
le caratteristiche delle organizzazioni sociali statiche e dinamiche.
Nel mondo animale ci sono delle specie che vivono bene negli
ambienti costanti, monotoni. Un esempio è quello in cui vive il koala
che si nutre essenzialmente di foglie di eucaliptus. Se questi alberi o
arbusti si estinguessero, i koala sarebbero a rischio. Questa specie
animale, dunque, si affida a un comportamento monotono, stabile: e
una specie specializzata che sopravvive purché la sua nicchia evolutiva
non cambi. Al contrario, le specie generaliste non si affidano a un
programma genetico che stabilisce ogni aspetto del loro comportamento.
Hanno il peso e lo svantaggio di dover darsi più da fare, inventarsi
soluzioni nuove, legate all’apprendimento e all’innovazione:
ma al tempo stesso sono specie a minor rischio di sopravvivenza. Se
l’ambiente o la nicchia in cui vivono cambia, sapranno adattarsi ad altri
ambienti grazie alla loro capacità innovativa, a un repertorio comportamentale
più vasto.
Anche nella società degli esseri umani ci sono delle organizzazioni gerarchiche
che funzionano nelle nicchie stabili. Una parte della storia
dell’industria tradizionale del passato è stata di questo tipo, si basava
sulla continuità e non aveva necessità di cambiare in un mondo quasi
immutabile. La prima rivoluzione industriale ne è un esempio.
Oggi, invece, la maggior parte delle organizzazioni per sopravvivere in
nicchie instabili devono ricorrere a quelli che vengono definiti clan
creativi. Vorrei proseguire con questa analogia per indicare che quando
le organizzazioni, le aziende e via dicendo, sanno adattarsi alle
122 - L’organizzazione dell’innovazione - Alberto Oliverio
nuove nicchie, esse si comportano come delle popolazioni, degli organismi
che possono colonizzare un ambiente diverso da quello usuale.
Le organizzazioni possiedono, al loro interno, delle strategie plastiche
e la loro ricchezza è quella di avere al loro interno una qualche
diversità: questa diversificazione è la base di ogni adattamento innovativo.
Senza dubbio nell’organizzazione è necessaria una qualche gerarchia,
anche se questa tende spesso a comprimere la diversità: però
è dagli individui dissonanti che nasce una capacità di diversificare le
risposte e di adattamento a situazioni diverse.
Si può aumentare la creatività nell’organizzazione? Certamente non
penso di risolvere questo problema in un breve spazio di tempo ma
vorrei soffermarmi brevemente sui rapporti tra gerarchia e dissonanza.
Uno degli aspetti analizzati dagli studiosi della creatività è che indubbiamente
le situazioni che si basano sul task ranking, su una forma
di organizzazione piramidale, tendono a ridurre lo sviluppo di
nuovi approcci alla soluzione dei problemi, anche se tutti riconoscono
che un qualche task e un qualche ranking sono necessari nelle
aziende e nelle organizzazioni. Detto questo, è importante non penalizzare
eccessivamente la non ortodossia se non si vuole comprimere
la creatività individuale, soprattutto di quelle persone che mal si adattano
alle situazioni basate sulle scale gerarchiche e sui compiti. La divergenza
è un valore che va riconosciuto e sfruttato, ad esempio cooptando
i “ribelli”, riconoscendoli: è una strategia che non soltanto
riduce le minacce alla stabilità del sistema che derivano da una continua
conflittualità interna, ma può anche favorire la recettività al cambiamento.
Ultimo punto: che valore hanno le idee? Io penso che questa breve
analisi possa concludersi utilizzando un’altra analogia: i creativi sono
anche delle persone che hanno la capacità di trovare delle idee che al
momento sono poco valutate, poco rappresentate, per venderle a un
prezzo più alto: in modo simile a chi investe in Borsa puntando su titoli
che in quel momento sono sottovalutati. La capacità dei creativi è
quella di trasformare le idee sottovalutate in qualche cosa che rende:
ma ovviamente, per trasformare queste idee in qualcosa che rende,
Alberto Oliverio - L’organizzazione dell’innovazione - 123
devono lavorarci sopra, soprattutto per convincere un primo livello di
possibili “acquirenti”, quanti cioè appartengono al mondo dei pari.
Ogni settore ha i suoi pari: ad esempio, nel campo della ricerca scientifica
bisogna convincere gli scienziati più consolidati se si vuole che
un’idea venga accettata dalla comunità e possa essere cooptata da un
pubblico più vasto. Convincere gli altri, soprattutto gli opinion leader,
a comprare un’idea innovativa è fondamentale per realizzarla.
Un esempio abbastanza evidente è quello delle mode giovanili: se un
gruppo di ragazzi riesce a convincere altri ragazzi che un abbigliamento,
un gadget di tipo elettronico e così via, è importante, il gioco
in gran parte è fatto, quell’idea viene diffusa. Così avviene per buona
parte delle nostre idee. Dobbiamo convincere i gruppo dei pari. Certo,
dobbiamo fare anche i conti con quanti tendono a rigettare l’innovazione,
con le bivalenze della natura umana che, da un lato manifesta
una tendenza verso la conservazione, una propensione nei confronti
della prassi abituale che dà sicurezza. Accanto a questo timore nei
confronti dell’innovazione esiste però anche il fascino esercitato da
ciò che è nuovo, dal cambiamento. Buona parte delle persone tende a
rigettare l’innovazione e apprezza di più le prassi consolidate: ma
quando un’idea diventa importante, tende a “comprarla”. Sto volutamente
utilizzando un linguaggio di tipo economico in quanto ritengo
che per molti aspetti il mondo delle idee abbia numerosi aspetti in comune
col mondo dell’economia. C’è gente che produce idee, a tutti i
livelli, e c’è gente che cerca di venderle. C’è gente che potrebbe comprare
un’idea o non acquistarla: la decisione in un senso o nell’altro
dipende molto dalla nostra capacità di insistere, perseverare, lavorare
su un’idea. Nessun creativo si limita ad avere un colpo di genio senza
doversi preoccupare di affermare la propria innovazione: come indica
un noto adagio inglese, la creatività comporta il 50% di inspiration
e il 50% di perspiration, vale a dire che oltre all’ispirazione sono essenziali
il sudore e la fatica, fondamentali per sottoporre un’idea o
un’innovazione al banco di prova e per supportarla e diffonderla: per
venderla, insomma.
124 - L’organizzazione dell’innovazione - Alberto Oliverio
Immaginazione e creatività
L’immaginazione è una specie di caleidoscopio in cui la mente
attinge dalla memoria, dalla ricchezza delle esperienze.
Al contrario della memoria, l’immaginazione ci distacca dal
passato, ci permette di anticipare, ci rinvia alla dimensione del
futuro.
Compito dell’immaginazione non è riprodurre la realtà ma
offrircene un’altra faccia, produrre la sensazione del nuovo
(Baudelaire).
Immaginazione e scienza
Senza l’immaginazione la scienza
non esisterebbe: dalla congettura lo
scienziato passa alla sperimentazione.
L’immaginazione dà luogo a ipotesi in
contrasto con teorie dominanti.
Per Torricelli l’acqua non sale in una
pompa vuota oltre un certo livello a causa
della pressione atmosferica: per i suoi
predecessori l’orrore del vuoto avrebbe
dovuto spingere l’acqua a riempire la
pompa.
Alberto Oliverio - L’organizzazione dell’innovazione - 125
Immaginazione e analogie
“Dopo aver osservato un paesaggio dipingo
con l’immaginazione, lo riproduco in forma
semplificata” (H. Matisse).
L’immaginazione permette di estrarre le linee
essenziali della realtà e di inquadrare le novità
attraverso analogie, basandoci su quanto già
conosciamo.
Il potere dell’analogia
Grazie all’analogia bambini e
scienziati formulano ipotesi
creative sulla realtà.
- Vituvio e Maxwell (onde fluidi e
onde sonore)
- Franklin (fulmine ed elettricità)
- Kekulè (serpentello e chimica
benzene).
Il pensiero analogico può essere potenziato e applicato in modo
creativo.
126 - L’organizzazione dell’innovazione - Alberto Oliverio
La mente creativa
La mente creativa ricorre ad analogie,
immagini mentali, associazioni libere.
Nei creativi l’emisfero cerebrale destro
è più attivo.
I creativi non hanno rigide gerarchie
associative.
Qualità individuali e creatività
Esiste un talento speciale? È fondamentale in alcuni domini (musica,
matematica) H. Gardner e le intelligenze multiple.
È divergente, interessato nelle scoperte? Flessibilità ed esploratività
sono essenziali per generare novità.
È curioso, interessato, motivato? La motivazione è essenziale
per inoltrarsi nel campo rischioso dell’innovazione.
Tratti della personalità? È essenziale la capacità di essere aperti
all’esperienza, di accettare contraddizioni e di perseverare.
Alberto Oliverio - L’organizzazione dell’innovazione - 127
SOCIETÀ
Seleziona
novità
CULTURA
Dominio
Produce
novità
Trasmette
informazione
Settore Individuo
Stimola
novità
La dimensione sistemica.
Un insieme di regole e pratiche devono essere trasmesse da un
particolare dominio culturale all’individuo che produce un’innovazione
all’interno del dominio stesso. L’innovazione deve essere
accettata da un “settore”(esperti, opinion leader) prima di essere
incorporata nel dominio.
Società e creatività
– Esiste un surplus di energia? Se ogni energia fisica e mentale
è investita nella sopravvivenza è più difficile riconoscere l’innovazione.
– La società incoraggia la creatività? Esistono diversi atteggiamenti
nell’apprezzamento dell’innovazione.
– La struttura economica favorisce la creatività? Alcune economie,
ad es. di rendita, non sono aperte al cambiamento.
– Quale livello di mobilità e conflitto? Sfide e aspirazioni favoriscono
la creatività.
– Qual è la complessità sociale? Differenziamento e integrazione
incidono sul tasso di produzione e adozione delle novità.
128 - L’organizzazione dell’innovazione - Alberto Oliverio
BACKGROUND
INDIVIDUALE
Un’analogia evolutiva: vantaggi
e rischi della specializzazione
In un ambiente omogeneo e che
cambia lentamente, la specializzazione
comportamentale può
rappresentare un vantaggio: esiste
tuttavia il rischio evolutivo che
l'ambiente possa deviare troppo
rapidamente perché l'individuo vi
si adatti, il che può mettere a repentaglio
la sopravvivenza di una
specie.
– Organizzazioni gerarchiche (in
nicchie stabili) e basate su clan
creativi (nicchie instabili).
L’evoluzione delle imprese
In un mondo che cambia, singoli individui
e organizzazioni devono adattarsi
alle nuove situazioni e “nicchie”, come
se fossero organismi che si trovano in
un nuovo ambiente e devono colonizzarlo
attraverso nuove strategie.
Le organizzazioni possiedono una riserva
di strategie: spesso il problema è
individuarle al proprio interno, accettare
nuove soluzioni, coltivare forme di
plasticità che si oppongano alla rigidità
di molti sistemi.
Alberto Oliverio - L’organizzazione dell’innovazione - 129
Si può incrementare la creatività
dell’organizzazione?
– Controllo interno vs controllo esterno.
– Le situazioni basate su compiti (task) e gerarchie (rank) riducono
lo sviluppo di nuovi approcci alla soluzione dei problemi.
– Non penalizzare chi segue approcci poco ortodossi.
– Le organizzazioni che cooptano i “ribelli” riconoscendoli e facendo
concessioni riducono le minacce alla stabilità del sistema
e favoriscono la recettività al cambiamento.
– Incoraggiare lo stile di pensiero “legislativo” (J. Sternberg, tendenza
a formulare problemi e a creare scenari).
– Non puntare soltanto a incentivi esterni (economici) ma alle motivazioni
interne, a riconoscere le necessità dell’Io.
La creatività come
investimento
Il mondo delle idee come quello della finanza?
I creativi investono in idee simili ad azioni sottovalutate.
Inizialmente la gente ritiene che una nuova idea sia di scarso valore
e la rigetta in quanto apprezza di più prassi consolidate: se l’idea
promette vantaggi, la “comprerà”.
130 - L’organizzazione dell’innovazione - Alberto Oliverio
Presentazione
dei risultati dell’indagine
Ipsos
A cura di
ANDREA ALEMANNO
Andrea Alemanno
Direttore ricerca Ipsos
Iniziamo da una prima domanda nella quale abbiamo chiesto alla platea
di descrivere il proprio atteggiamento nei confronti dell’organizzazione
e della innovazione. I risultati di questa nostra prima variabile
sono illustrati nella tavola sottostante.
Di se stesso direbbe: direbbe:
° : ° - P ,
.. ..
°: ° - P ,
Il 18% si definisce come una persona a cui piacciono le regole ed una
buona programmazione ed il 25% della platea si ritiene un buon organizzatore
e una persona che sa gestire le risorse umane. Quindi ab-
Andrea Alemanno - Presentazione dei risultati dell’indagine Ipsos - 133
iamo, all’incirca, un 43% della nostra platea che in qualche modo opta
per un atteggiamento più orientato a privilegiare l’organizzazione e
la gestione. La classe più ampia di questa distribuzione di risposte è
però rappresentata dal 41% che si definisce come una persona che sa
stimolare la creatività altrui e apprezza l’opinione dei collaboratori,
anche se divergente dalla propria. Infine il 16%, che può sembrare la
percentuale più piccola, ma comunque un numero interessante, si definisce
più che altro un creativo.
Abbiamo quindi un campione che rispetto a questa variabile si divide
più o meno in due. Una metà che si considera più orientata a confrontarsi
in maniera priva di schemi con la creatività, oppure che si ritiene
in prima persona un creativo. Un’altra parte, invece, ritiene fondamentale
per il proprio successo l’attitudine alla buona organizzazione,
alle buone regole e alla buona programmazione e gestione delle
risorse umane.
Per avere un quadro sintetico dei risultati dell’indagine abbiamo costruito
un indice, utilizzando tutte le domande che abbiamo fatto: l’indice
lo abbiamo definito come indice di fiducia nell’innovazione.
Indice di fiducia nell’in nell in no vazion vazione e
F :
° : ° - P ,
F
>Imprese 10-50 dip.
>Ama regole ed è buon organizzatore
>Competitività è: organizzazione
° : ° - P ,
>Dirigenti/Manager
>Centro Italia
>Stimolare creatività ed
apprezzare opinioni…
>Competitività è: nuovi prodotti
e servizi
134 - Presentazione dei risultati dell’indagine Ipsos - Andrea Alemanno
Dall’analisi dell’indice emerge che il 70% di coloro che hanno risposto
al sondaggio nutre fiducia nell’innovazione: il 50% è ottimista ed il
20% può essere considerato un vero e proprio entusiasta. Il 21% dei
rispondenti si è invece dimostrato meno entusiasta, li abbiamo definiti
impermeabili, poiché hanno verso l’innovazione un atteggiamento
di distanza critica; quelli veramente scettici sono il 9%: quindi il
30% del totale può essere definito “freddo” nei confronti dell’innovazione
e della tecnologia.
Abbiamo poi indagato le accentuazioni, ossia dove si concentrano
maggiormente coloro che appartengono ad uno od all’altro gruppo.
Iniziamo dai “freddi”: li troviamo più spesso nelle imprese tra 10 e 50
dipendenti, sono un poco più presenti tra coloro che amano le regole
o che si ritengono buoni organizzatori; inoltre si trovano tra chi ritiene
l’organizzazione l’elemento fondamentale per la competitività.
Consideriamo ora il 20% di “entusiasti”. Tra questi sono prevalenti i
dirigenti e manager, e c’è una buona rappresentanza del centro Italia.
Gli “entusiasti” sono anche più presenti tra chi ritiene sia importante
stimolare la creatività altrui ed apprezzare le opinioni anche diverse
dalla propria e in chi ritiene che l’elemento fondamentale per la competitività
siano nuovi prodotti e servizi.
Questo indice di fiducia cosa suggerisce? Una grande parte delle persone
che hanno risposto al sondaggio di questa mattina è molto ottimista
e molto orientata all’innovazione. A onor del vero, da un punto
di vista di lettura del dato, le presentazioni dei relatori di questa mattina
hanno sicuramente contribuito ad alimentare questa fiducia!
Vediamo ora nel dettaglio le risposte alle altre domande del questionario
Per oltre l’80% dei rispondenti le tecnologie digitali rappresentano il
futuro, conviene investire senza indugio. E gli altri? Gli altri comunque
hanno un atteggiamento positivo, anche se non ritengono che in
questo momento l’adozione di tali tecnologie possa essere rimandata.
Sono quasi assenti gli scettici: il messaggio sulle tecnologie digitali
passa in maniera forte.
Andrea Alemanno - Presentazione dei risultati dell’indagine Ipsos - 135
lei, le tecnologie digitali
Secondo lei, le tecnologie digitali…
Secondo
il futuro
Sono il futuro, conviene , conviene
Sono
molto da subito
investire molto da subito
investire
saranno utili in futuro,
Forse saranno utili in futuro,
Forse
ma per ora non sono
per ora non sono
ma
strategiche nella mia azienda
nella mia azienda
strategiche
un Sono un’innovazione che
innovazione che
Sono
produce risultati solo nelle
risultati solo nelle
produce
aziende
grandi aziende
grandi
L’innovazione ha 360°: perché fermarsi a 180°? - Parma, 16 novembre 2004
inutili
Sono inutili, se non dannose , se non dannose
Sono
so troppo poco
Ne so troppo poco per fornire per fornire
Ne
risposta motivata
una risposta motivata
una
L’innovazione ha 360°: perché fe rmarsi a 180°? - Parma, 16 novembre 2004
136 - Presentazione dei risultati dell’indagine Ipsos - Andrea Alemanno
2
1
6
Parimenti, ma con risultati ancor più sorprendenti, è passato il messaggio
riguardo l’innovazione come miglioramento continuativo della
qualità, basato sulla valorizzazione delle risorse uomo e dei valori
aziendali.
10
Innovazione come miglioramento continuo della
qualità qualit basato sulla valorizzazione della risorse
uomo e dei valori aziendali.
Con quale affermazione si trova maggiormente
d’accordo? accordo?
E’ il futuro futuro. . Gi Già è applicato
nell nell’azienda azienda in cui opero o è in
programma in tempi rapidi.
E’ una filosofia che condivido, ma
troppo complessa da realizzare, ad
al momento non è strategica
E’ un innovazione che riguarda solo
le grandi aziende aziende.
E’ un approccio inutile inutile, , se non
dannoso
Ne so troppo poco per fornire una
risposta motivata
L’innovazione ha 360°: perché fermarsi a 180°? - Parma, 16 novembre 2004
1
1
3
11
%
81
84
> Fino a 50 addetti
> Si ritiene un buon organizzatore
L’84% dei rispondenti ritiene che questa sia la via maestra, il futuro:
già applicato oppure è in programma in tempi rapidi. Gli altri, l’11%,
pur condividendo la filosofia, al momento non la ritiene strategica per
la propria azienda: tra questi, troviamo una maggiore presenza tra le
aziende più piccole, e in chi si ritiene un buon organizzatore.
Dopo queste prime due domande potremmo avere la tentazione di concludere:
abbiamo rilevato che oltre l’80% della platea dichiara la propria
forte apertura verso l’innovazione. Vedremo comunque che tale atteggiamento
non è monolitico, e si declina in atteggiamenti assai differenti.
Innanzitutto abbiamo una prima spaccatura del campione rispetto a
quale sia il vero elemento che permetterà alle aziende di vincere la sfida
della competitività.
vero elemento che permetter
Il vero elemento che permetterà alle aziende di
alle aziende di
vincere
Il
vincere la competitivi nel
Essere competitivi nel
Essere
prezzo
un’organizzazione
organizzazione
Adottare
Adottare un
efficiente e flessibile
e flessibile efficiente
un
Avere un’ampia possibilit
ampia possibilità di
Avere
alle
ricorso alle risorse
ricorso
finanziarie
risorse
finanziarie
le proprie
Aumentare le proprie
Aumentare
dimensioni
L’innovazione ha 360°: perché fermarsi a 180°? - Parma, 16 novembre 2004
ad entrare nei
Riuscire ad entrare nei nuovi
Riuscire
mercati emergenti
mercati
sempre
Avere sempre nuovi
Avere e servizi in
prodotti
in ,
sulla concorrenza
anticipo sulla concorrenza
anticipo
della competitivit
sfida della competitività è…
sfida
prodotti e servizi,
fe rmarsi a 180°? - Parma, 16 novembre 2004
perché 360°: ha L’innovazione
3
2
3
8
è…
Andrea Alemanno - Presentazione dei risultati dell’indagine Ipsos - 137
36
47
%
>Centro
>50-250
Ama regole >
Est >Nord
Fino a 9 add.
>
> Oltre 250 add.
In questo caso il campione si divide in due. La classe maggiore, ossia la
moda di questa distribuzione, ritiene che la ricetta per vincere la sfida
della competitività sia l’innovazione di prodotto, ossia avere sempre
nuovi prodotti e servizi in anticipo sulla concorrenza: questa è l’opinione
di quasi la metà del campione, cioè il 47%. In particolare ciò è forte
nel nord-est, notiamo una maggiore concentrazione di questa opinione
sia nelle aziende piccole, fino a 9 addetti sia in quelle medio-grandi, oltre
250 addetti: il dato è molto interessante. Vorrei comunque far notare
che per le aziende piccole, in maniera uguale alla maggior parte del
nostro campione, aumentare le dimensioni non sia considerato la caratteristica
vincente nella sfida della competitività. Anche le aziende di
minore dimensione, come accennato, si concentrano prevalentemente
sull’idea guida di avere sempre nuovi prodotti e servizi.
L’altra grande opinione che emerge, per un 36% dei nostri rispondenti,
è quella di chi ritiene che per essere competitivi sia fondamentale
adottare un’organizzazione efficiente e flessibile. Questa idea la ritroviamo
prevalentemente nel centro Italia, nelle aziende medie, da 50 a
250 dipendenti. E, ovviamente, tra coloro che prediligono le regole e la
buona organizzazione.
Quell’attenzione forte verso le nuove tecnologie e la tensione verso la
qualità totale che abbiamo evidenziato prima, si declinano quindi in
due diversi scenari: da una parte chi è alla ricerca costante di nuovi
prodotti e servizi, e sono la maggioranza, dall’altra chi invece preferisce
orientarsi verso un’organizzazione efficiente e flessibile: e questi
sono comunque oltre un terzo del campione.
Cambiando argomento, affronteremo ora il tema della difesa dell’ambiente
e delle fonti di energia.
dell Difesa dell’ambiente ed Energia
ambiente ed Energia
Difesa
affermazione rispecchia meglio la sua opinione in
Quale affermazione rispecchia meglio la sua opinione in
questo campo?
questo campo?
Quale
studiare fonti di energia
fonti di energia
Bisogna
alternative sempre meno inquinanti tutti dobbiamo preservare
alternative
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sempre meno inquinanti
Bisogna
perchétutti dobbiamo preservare
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per ambiente per l’ambiente
nostri figli.
i nostri figli.
i
energia
Risparmiare energia è in primo
Risparmiare
primo
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un efficienza e
luogo un efficienza e
luogo
dei costi: dovrebbe essere
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di obiettivo di obiettivo
dalle aziende senza
perseguito dalle aziende senza
perseguito
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ha 360°: perché fermarsi a 180°? - Parma, 16 novembre 2004
Bisogna incentivare le
economiche e >Imprenditori
L’innovazione
incentivare le fonti di fonti di
energia pi energia piùeconomiche e ridurre
Bisogna
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tasse
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fonti di
energia.
energetico
Quello energetico è un falso un falso
Quello
problema: si usa al meglio
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energia che èa disposizione.
Parma, 16 novembre 2004
- 180°? a rmarsi fe perché 360°: ha L’innovazione
a disposizione.
138 - Presentazione dei risultati dell’indagine Ipsos - Andrea Alemanno
3
12
39
46
>Imprese 10 -50 add.
>Dirigenti-Manager
>Centro-Sud
a 9 add. ;
>fino
>oltre 250 add.
Anche qui il campione si divide sulla strategia migliore per affrontare
il problema, ma ritengo utile concentrarsi su un aspetto che potrebbe
sfuggire: solo il 12%, una percentuale molto bassa, ritiene che la soluzione
al problema energetico sia la ricerca di fonti più economiche
oppure uno sgravio fiscale. Magari è considerato utile, ma non è ritenuto
la vera soluzione. La scelta dei più ricade sul risparmio energetico,
la vera “fonte nuova” per il 46% delle persone che hanno risposto.
In particolare per i dirigenti e manager, per le imprese del centro
sud, e nuovamente sia per le imprese piccole, sia per quelle molto
grandi. La soluzione alternativa, preferita da quasi il 40% degli intervistati,
specie tra le aziende di media dimensione consiste nella ricerca
di fonti di energie pulite che aiutino a salvare l’ambiente.
Nel giudizio sulla realtà della Cina emergono dei risultati molto interessanti.
quale affermazione
Con quale affermazione è pi più d’accordo,
accordo,
Con
al
rispetto al “Grande Drago Cinese
Grande Drago Cinese”
rispetto
volta domato
Una volta domato far farà galoppare le
galoppare le
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è il luogo ideale per
il luogo ideale per
:
i nuovi investimenti
nuovi investimenti
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Cresce in fretta, è vorace e
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desideroso di consumi: : nel futuro nel futuro
Cresce
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un importantissimo mercato di
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2004
18
L’innovazione
50
360°:
250 add.
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ha 360°: perché fe rmarsi a 180°? - Parma, 16 novembre 2004
L’innovazione
sbocco
il pericolo maggiore per l
il pericolo maggiore per l’Europa Europa
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dopo i Mongoli di Gengis Khan Khan:
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bassi costi rischia di spezzare
i bassi costi rischia di spezzare
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sui mercati
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un grande interrogativo
un grande interrogativo:
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rischia di
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quando emergeranno le
esplodere quando emergeranno le
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tra la nascente struttura
contraddizioni tra la nascente struttura
contraddizioni
e la sovrastruttura politica
economica e la sovrastruttura politica
economica
6
31
45
37%
>Nord Est
>Dirigenti-Manager
>Centro
>Oltre 250 add.
ed >stimola
opinioni
apprezza
>Entusiasti
63% >Nord Ovest
>Imprenditori
>Fino a 50 add .
Intanto registriamo un atteggiamento positivo da parte di oltre un terzo
del campione, il 37%: la Cina da costoro è vista come un enorme
mercato di sbocco, relativamente meno la Cina è considerata un mer-
Andrea Alemanno - Presentazione dei risultati dell’indagine Ipsos - 139
cato all’interno del quale effettuare nuovi investimenti. I più fiduciosi
li troviamo tra i manager del centro Italia, ed in quelli delle imprese
con più di 250 addetti, in chi si dichiara una persona che stimola e apprezza
le opinioni altrui, e tra coloro che abbiamo definito all’inizio
“entusiasti” verso il futuro dell’innovazione.
Nel 63% del nostro campione prevale invece lo scetticismo. Un risultato
da registrare con interesse: più che una paura verso la produttività cinese,
verso i bassi costi, le condizioni di lavoro che spiazzano l’equilibrio dei
mercati, prevale un’ansia legata agli sviluppi di medio periodo. Infatti i
più sono preoccupati dalla assenza di una chiara previsione su cosa accadrà
della Cina di qui a qualche anno: infatti il 45% del nostro campione
ritiene che la Cina sia un grande interrogativo, che rischia di esplodere
da un momento all’altro. Queste perplessità, questi dubbi toccano quasi
la metà del campione: particolarmente avvertiti nel nord-ovest, dagli
imprenditori e da chi opera nelle imprese più piccole. Nel nord-est e nelle
aziende tra 50 e 150 dipendenti prevale invece la preoccupazione di
un’economia cinese quale possibile concorrente, dati i bassi costi: in generale
questa preoccupazione è avvertita dal 18% dei rispondenti.
Giungiamo all’ultima domanda.
nel 2014.
Siamo nel 2014.
Siamo
vede l Come vede l’azienda in cui opera?
azienda in cui opera?
Come
trasferito la propria
Ha trasferito la propria
Ha
attivit
del lavoro
costo del lavoro
costo
in un paese a in un paese a attività
L’innovazione ha 360°: perché fermarsi a 180°? - Parma, 16 novembre 2004
37%
10%
Più o meno come
o meno come è oggi
Pi
>Dirigenti/Manager
>Favorevoli
basso
ha 360°: perché fe rmarsi a 180°? - Parma, 16 novembre 2004
L’innovazione
140 - Presentazione dei risultati dell’indagine Ipsos - Andrea Alemanno
15%
>Freddi
>Imprenditori
>Centro-Sud
Si è preferito vendere
preferito vendere
Si
38%
in trenta paesi,
Esporta in trenta paesi,
produce
Esporta
cinque, ha
produce in cinque, ha
in
il fatturato e
quadruplicato il fatturato e
quadruplicato
>Imprenditori
>Nord-Est
>Entusiasti
i dipendenti
raddoppiato i dipendenti
raddoppiato
Siamo nel 2014. Come viene vista l’azienda in cui si opera? Il 38% vede
un’azienda sana che esporta in trenta paesi, produce in cinque, ha
quadruplicato il fatturato e raddoppiato i dipendenti. In particolare in
questa categoria sono più presenti gli imprenditori, chi opera nel
nord-est, e quelli che abbiamo definito entusiasti.
Per il 37% l’azienda nel 2014 sarà più o meno dove è oggi: qui invece
sono più che rappresentati coloro che sono particolarmente favorevoli
alle tecnologie, come pure i dirigenti manager.
Un 15% ipotizza che si sarà preferito vendere, mentre il 10% ritiene
che avrà trasferito la propria attività in un paese a basso costo del
lavoro. Queste percentuali possono apparire basse, perché decisamente
inferiori alle precedenti. Se però le sommiamo, abbiamo un
25% dell’attuale platea che pensa che l’azienda in cui opera, nel 2014
si disimpegnerà dall’Italia. Ed è una su quattro. In particolare, se noi
analizziamo chi sono quelli che ritengono che nel 2014 si sarà preferito
vendere, troviamo che il gruppo più rappresentato è quello dei
“freddi”, ossia coloro che hanno meno fiducia nell’innovazione e
nella tecnologia. Ed inoltre sono molto presenti le aziende del centro
sud.
Riassumeremo i risultati emersi in alcuni punti chiave. Cosa si evidenzia?
• Una forte fiducia verso l’innovazione in generale. Sul dichiarato c’è
una fortissima attenzione verso le tecnologie digitali e un miglioramento
continuo, che convince oltre l’80% del campione. Abbiamo
incrociato anche i dati. Più del 70% è fiducioso su entrambi gli
aspetti.
• La competitività viene declinata fondamentalmente in due concetti
che spaccano quasi a metà la platea. L’innovazione di prodotto, prevalentemente
presso le aziende minori e quelle maggiori, e quella di
processo, più presente nelle aziende intermedie, tra i 50 e i 250 dipendenti.
Prezzo, nuovi mercati, fonti finanziarie, appaiono in secondo
piano.
• L’energia è risparmio e ricerca di nuove fonti. Non si richiede la ri-
Andrea Alemanno - Presentazione dei risultati dell’indagine Ipsos - 141
cerca di fonti più economiche, o una riduzione del carico fiscale. O
almeno non è questa la via maestra che viene indicata.
• La Cina è vista più come un interrogativo, un rischio che come
un’opportunità. Anche se la cosa più temuta sono le prospettive politiche
a medio termine che inducono a una certa cautela, piuttosto
che i bassi costi in cui si produce.
• Il 38% della platea è ottimista sul futuro. Nel 2014 prevede che l’azienda
in cui opera, o che la propria azienda avrà uno sviluppo considerevole.
Ma è importante sottolineare che un 25% della platea
ipotizza invece un disimpegno dall’Italia, e questo è vero soprattutto
tra chi risulta freddo rispetto all’innovazione.
in
.Evidenze in “pillole pillole ”…
….Evidenze
”…
Si evidenza una forte fiducia verso l’innovazione in generale, anche se
•
questa non è così evidente in tutti gli aspetti: un po’ più “fredde” le imprese
tra 10 e 50 dipendenti.
• Forte tensione verso le tecnologie digitali ed al miglioramento continuo
che convince oltre l’80% del campione.
• La competitività viene declinata fondamentalmente in due concetti:
l’innovazione di prodotti, prevalentemente presso le aziende minori e
maggiori, e quella di processo, più presente nelle aziende tra i 50 ed i 250
dipendenti. Prezzo, nuovi mercati e fonti finanziarie appaiono in secondo
piano.
• La Cina è vista più come un interrogativo, un rischio, che come
un’opportunità, anche se la cosa più temuta sono le prospettive politiche a
medio termine, che inducono una certa cautela, più che i bassi prezzi.
2004
novembre 16 Parma, - 180°? a fermarsi perché 360°: ha L’innovazione
• Il 38% è effettivamente ottimista sullo sviluppo futuro, anche se è
importante sottolineare che un 25% della platea ipotizza un disimpegno
dall’Italia, specie in chi risulta freddo rispetto all’innovazione
L’energia è risparmio e ricerca di nuove fonti: non si richiede la ricerca di
•
più economiche od una riduzione del carico fiscale
fonti
L’innovazione ha 360°: perché fe rmarsi a 180°? - Parma, 16 novembre 2004
Con questo si conclude l’esposizione; ringrazio per l’attenzione.
142 - Presentazione dei risultati dell’indagine Ipsos - Andrea Alemanno
MAURIZIO GASPARRI
Intervento
Maurizio Gasparri
Ministro per le Comunicazioni
Ringrazio Confindustria per aver organizzato questo incontro, utile
anche al Governo per recepire stimoli ed indirizzi. Oggi, il compito
dello Stato è diverso da quello del passato, non può scomparire sullo
sfondo. È finito il tempo dello Stato padrone, dello Stato che gestisce,
che invade tutti gli ambiti. È una fase archiviata, per fortuna.
Oggi siamo invece di fronte ad una responsabilità nuova degli Stati
nazionali. In una prospettiva europea, i Governi devono porsi come
interlocutori e non come antagonisti delle imprese e del sistema produttivo.
Deve prevalere la politica del “lasciar fare”, ma dietro la puntuale
definizione di un quadro normativo che stabilisca chiare regole
a fondamento del quadro competitivo. Il fronte sul quale dobbiamo
tutti insieme agire è quello della modernizzazione. Le nuove tecnologie
e le infrastrutture materiali alle quali lavoriamo sono infatti uno
strumento di sviluppo fondamentale. Soprattutto per le piccole e medie
imprese, per le quali si aprono opportunità un tempo inimmaginabili,
come economie di scala e possibilità competitive una volta appannaggio
solo di grandi gruppi. È necessario quindi lasciarci alle
spalle ogni atteggiamento pessimistico. Lo stesso dato sulle esportazioni,
che sta registrando significativi incrementi, dovrebbe incoraggiare
atteggiamenti più fiduciosi nella ripresa dell’economia.
Un atteggiamento che, tuttavia, deve tenere sempre desta la soglia critica.
Non possiamo, infatti, dimenticare che il mercato si è aperto a nuovi
competitors come Cina ed India, e che le stesse quote di mercato po-
Maurizio Gasparri - Intervento - 145
trebbero diminuire. È una realtà con la quale dobbiamo fare i conti, da
guardare con preoccupazione ma con la consapevolezza che è una sfida
da accettare. Puntando sulla qualità dei nostri prodotti, sull’innovazione
tecnologica e l’efficienza dei servizi, le nostre imprese avranno tuttavia
quel valore aggiunto che permetterà di battere la concorrenza.
Ci sono, poi, alcune questioni sulle quali è bene ritornare con maggiore
puntualità. Penso alla tutela dei marchi, che poi è la tutela stessa
della creatività delle nostre imprese. È un tema che vede il Governo
impegnato in prima linea e sul quale anche Confindustria sta riservando
la giusta attenzione. La creatività è un prodotto tipico dei paesi
più avanzati, ma va tutelata. La stessa tecnologia della comunicazione,
nella sua pervasività, può consentire forme di pirateria che
mettono a repentaglio valori industriali ed economici importanti. Noi
dobbiamo, nel contesto internazionale, combattere questi fenomeni.
E per quanto riguarda questi nuovi competitori, imporre regole molto
chiare per la tutela dei marchi e combattere il “dumping sociale”.
Oggi, una buona parte della classe imprenditoriale ha paura di investire,
di accettare nuove sfide perché ha davanti un mercato senza regole,
fatto di orari di lavoro inesistenti, costi di produzione molto bassi,
nessuna tutela dei lavoratori. Di fronte a questo scenario, il nostro
compito è quello di combattere questa forma di “dumping sociale”
esportando anche diritti. Non possiamo certo smantellare il nostro sistema
di garanzie sociali che è un vanto della civiltà europea e occidentale.
È un processo lento, un processo complesso, ma un processo
che noi dobbiamo tenere ben presente per attenuare quel divario che
si riflette anche sulle attività del sistema produttivo. Del resto paesi
come la Cina e l’India non vanno visti solo come concorrenti. Sono
anche nuovi potenziali mercati per i prodotti italiani. La stessa delocalizzazione
produttiva va vissuta come una sfida positiva per esportare
un prodotto realizzato in loco ma che possa partire anche
dall’Italia. Né va dimenticato il processo di trasformazione economica
che sta interessando questi Paesi.
Il Governo, intanto, ha già assunto delle decisioni ed avviato delle politiche
specifiche per affrontare in maniera più competitiva questi
146 - Intervento - Maurizio Gasparri
grandi e impegnativi scenari. In particolare, voglio ricordare tutto
quello che si è fatto sul versante della flessibilità, come la legge di riforma
del mercato del lavoro. Leggi coraggiose che sono costate un duro
scontro sociale e politico, delle scelte qualificanti in questa legislatura.
Così come credo che sia importante saldare il legame col territorio
che dà una connotazione specifica alle imprese. Che tutela un’identità
fortemente caratterizzata. E che non si deve perdere quando si
passa da scene locali a dimensioni di mercati più internazionali.
Dobbiamo impegnarci congiuntamente sui versanti dell’innovazione e
della modernizzazione, strettamente correlati alla sfida dell’internazionalizzazione.
Auspicando più investimenti esteri in Italia, ma anche più
investimenti italiani all’estero. Le imprese italiane possono investire all’estero
anche solo per meglio penetrare nei mercati di sbocco dei loro
prodotti. Soprattutto quando questi mercati presentano barriere visibili
e invisibili all’importazione. C’è, insomma, una sfida della globalizzazione
che non possiamo assolutamente rifiutare, ma che dobbiamo vivere
in maniera attiva e propositiva. Per quanto riguarda l’innovazione
delle imprese, occorre puntare proprio su questa rivoluzione tecnologica
in corso, che è stata solo rallentata, ma non bloccata, nel suo svolgimento
dallo sgonfiamento della bolla speculativa. Io credo che anche
qui dobbiamo essere chiari. C’è stato un momento, forse, di euforia eccessiva.
Si riteneva che aggiungendo .it o .com a una qualsiasi sigla, questo
generasse una moltiplicazione di risorse, a volte virtuali. Quella fase
si è conclusa. C’è stato un contraccolpo psicologico. Oggi siamo in una
fase di crescita positiva più realistica. Una fase più matura. Se si considera,
in particolare, il settore delle telecomunicazioni elettroniche, non
si può non constatare che negli ultimi tempi sono stati conseguiti importanti
successi grazie a un dialogo continuo tra sistema pubblico e
realtà imprenditoriale privata. Il successo maggiore che il sistema italiano
ha conseguito è dato proprio da un notevole sviluppo della larga
banda. Il ritmo di crescita è stato nettamente superiore alla media europea,
anche grazie a misure incentivanti come l’erogazione dei contributi
statali. Si è trattato, tra l’altro, di azioni di Governo politicamente
remunerative e finanziariamente attive. Voglio anche rivendicare il varo
di un nuovo Codice per le Comunicazioni elettroniche, con il quale
Maurizio Gasparri - Intervento - 147
l’Italia si è adeguata prima di altri paesi alle norme europee e che fissa
tutta una serie di direttive positive per le imprese. In particolare, il nostro
Paese ha fatto significativi passi in avanti nella protezione dei dati,
un argomento fondamentale su cui puntare la massima attenzione ora
che il commercio elettronico è una realtà di scambio delle merci sempre
più praticata. Grazie anche alle decisioni di questo Esecutivo,
l’Unione Europea ha realizzato una nuova Agenzia per la Sicurezza dei
dati, l’Enisa, della quale oggi l’Italia detiene la presidenza. Una iniziativa
premiante, che si associa a quelle messe in campo per lo sviluppo della
banda larga in aree a minor reddito del paese, come la costituzione di
Infratel, una società che ha voluto il Ministero delle Comunicazioni in
collaborazione con Sviluppo Italia. Per andare incontro alle esigenze
delle imprese, poi, abbiamo creato un sistema di incentivazione per lo
sviluppo della banda larga attraverso i fondi Cipe. Siamo infatti fermamente
convinti che le piccole realtà produttive, ed in particolar modo
quelle del Mezzogiorno, non possano perdere l’occasione di sviluppo offerta
dalle nuove tecnologie. Un’occasione che conoscono bene anche gli
investitori, che non sarebbero mai disposti a portare soldi in aree sottosviluppate.
Anche per questo ci stiamo adoperando per portare nuove
tecnologie dopo il wi-fi e la regolamentazione del wi-max. Una possibilità
di navigazione in larga banda senza fili, molto utile per tante zone
d’Italia ancora non servite da una adeguata infrastruttura. Quanto agli
investimenti già fatti, i numeri parlano da soli. Nel mercato delle telecomunicazioni
noi abbiamo, nel 2003, un valore complessivo di 41 miliardi
di euro. E per il 2004 si prevede una crescita del 3,5%.
Per quanto riguarda gli accessi a banda larga, quando abbiamo avviato
l’azione del nostro Governo, nel 2001, avevamo 400mila accessi
a banda larga. Alla fine del 2004 sono arrivati a 4 milioni e contiamo
di raddoppiare per il 2005 con l’ulteriore sviluppo delle satellitari e in
fibra. Un vero successo, poi, è la televisione digitale terrestre. Quando
abbiamo avviato l’azione di governo la televisione digitale terrestre
era una previsione citata in qualche legge. Oggi esiste. Abbiamo sul
mercato italiano già un milione e 300mila decoder. Un andamento
tanto positivo che potrebbe accostarsi alla diffusione della telefonia
cellulare. Il mercato delle reti mobili ha dimostrato ancora negli ulti-
148 - Intervento - Maurizio Gasparri
mi anni un grande dinamismo con un valore di 21 miliardi di euro nel
2003. Abbiamo oramai oltre 59 milioni di utenze. E anche la terza generazione
di telefonia mobile, la Umts, comincia a svilupparsi. Così
come il mercato dell’accesso ad Internet stimato, alla fine del 2004, in
un valore di 2 miliardi di euro, con un aumento del 25% rispetto al
2003. Buono il trend di crescita anche dell’e-commerce, con un incremento
percentuale del 40 per cento dal 2002 al 2003 e di ben il 70 per
cento per il 2004. E all’e-commerce si raggiungerà presto il t-commerce,
attraverso la televisione digitale terrestre la televisione che diventerà
un ulteriore strumento di commercio e di investimento.
Un’occasione come questa giornata, quindi, è il primo passo utile non
solo per elencare le cose che dobbiamo fare, ma soprattutto per gettare
le basi di un grande patto tra mondo della politica, delle istituzioni
e mondo produttivo. Un’alleanza che abbia come scopo finale
quello di esigere la revisione del Patto di Stabilità. Chiediamo con forza,
infatti, che dal limite del 3 per cento siano esclusi gli investimenti
per le infrastrutture materiali e immateriali. Un’esigenza che non è solo
nostra, ma di tutta l’Europa, come è europea la necessità di attuare
in tutti i suoi punti il programma di Lisbona. E non sarebbe male
“lisbonizzare” il Patto di Stabilità. Il nostro Governo ha assunto iniziative
molto chiare e forti. Ci auguriamo che si traducano in realtà
quegli impegni che la presidenza lussemburghese, che succederà a
quella olandese, ha in calendario già nei primi mesi del 2005, per discutere
di una revisione del patto. Sappiamo che l’Italia si trascina dietro
un debito pubblico. Ma crediamo che la revisione del Patto sia essenziale
per consentire maggiori investimenti nelle infrastrutture immateriali,
volano di sviluppo per l’Europa e per l’Italia. Vuol dire maggiori
opportunità per le imprese. Per quelle che producono in questi
settori e per quelle che fruiscono di questi servizi.
Credo che una grande e trasparente alleanza tra il mondo delle imprese,
che Confindustria rappresenta in maniera autorevole e con presenze
così creative, così attive e determinate sul territorio, e il mondo
della politica sia necessaria. Il Governo farà di tutto per attivarla e per
fare dell’Italia la culla dell’innovazione
Maurizio Gasparri - Intervento - 149
Tavola rotonda
L’innovazione ha 360°:
tecnologia,
organizzazione
e internazionalizzazione
GIANFELICE ROCCA
Vice Presidente Confindustria per l’education
SANDRO SALMOIRAGHI
Presidente Piccola Industria Confindustria
SILVIO SCAGLIA
Presidente e Amministratore delegato e.Biscom
ALBERTO TRIPI
Presidente Federcomin
Moderatore
ENRICO MENTANA
Giornalista
Enrico Mentana*
Andiamo subito a chiamare i nostri ospiti. Gianfelice Rocca, Vice
Presidente Confindustria per l’education. Sandro Salmoiraghi,
Presidente della Piccola Industria di Confindustria. Silvio Scaglia,
Presidente e Amministratore delegato, anzi dovrei dire presidente fondatore
di Fastweb. Lui preferisce così. Alberto Tripi, Presidente di
Federcomin.
Io vorrei tornare alle evidenze finali di quella ricerca che abbiamo ascoltato
subito prima dell’intervento del Ministro Gasparri.
Mi rivolgo subito a Salmoiraghi. Si evidenzia una forte fiducia, si riassumeva
alla fine, verso l’innovazione in generale, anche se questa non è
così evidente in tutti gli aspetti. Un pò più fredde le imprese tra 10 e 50
dipendenti. Qui forse, al di là del dato razionale, bisogna imprimere
qualcosa di più.
Sandro Salmoiraghi
Per essere imprenditori è essenziale essere ottimisti; se così non fosse,
infatti, in molti avremmo già cambiato mestiere. Evidentemente,
però, la congiuntura del momento penalizza e frena maggiormente le
imprese con un numero di dipendenti tra i 10 ed i 50 e che operano
nei mercati internazionali.
Un segmento imprenditoriale verso il quale, viste queste difficoltà,
Confindustria ripone la massima attenzione, cercando, in primis, di
individuare il giusto percorso di sviluppo, la strada migliore per crescere
queste aziende e per farle diventare da piccole a medie.
Chiaramente non sarà un compito facile: inizialmente si deve modificare
il bagaglio culturale di molti imprenditori. La mentalità di cedere
il 51% della propria azienda è ancora poco diffusa tra gli imprenditori
e molto spesso ci si preclude ogni possibilità di crescita perché
si preferisce rimanere “il padrone in casa propria”. Si deve per questo
promuovere in maniera più marcata la propensione alle fusioni o al
mettersi assieme.
* Trascrizione della registrazione dell’intervento non rivista dall’autore.
Tecnologia, organizzazione e internazionalizzazione - Tavola rotonda - 153
Oggi, nella congiuntura attuale, la frammentazione delle imprese non
permette più come in passato, di poter affermare che “piccolo è bello”.
Molto spesso, invece, l’essere piccolo significa, essere troppo debole
per poter affrontare il mondo.
Enrico Mentana
La interrompo subito. Lei che sta meritoriamente predicando queste cose
da quando ha iniziato il suo mandato, vede delle trasformazioni?
Vede che qualcosa si muove? O vede che la resistenza è più forte dell’accettazione
al cambiamento?
Sandro Salmoiraghi
Purtroppo, l’accettare il cambiamento non è sempre facile e immediato;
quello che ho potuto constatare è che le cose che si muovono
realmente sono ancora troppo poche.
Bisogna insistere con tenacia sulla crescita delle imprese, e credo che
le attività che stiamo portando avanti in Confindustria, per essere incisive,
dovrebbero essere accompagnate da un disegno di legge che favorisca
dal punto di vista fiscale, l’aggregazione e la fusione delle imprese.
Enrico Mentana
Presidente Rocca, qui la situazione investe anche la necessità che più la
riguarda per il suo ruolo associativo. Cosa si può fare nell’immediato?
Lei ha una similitudine gastronomica che trova l’ambiente ideale qui a
Parma?
Gianfelice Rocca
Guardando i dati dell’inchiesta, sono rimasto stupito da due elementi.
È emerso che le aziende pensano di crescere solo del 3% e che, immaginandosi
tra dieci anni, il 37% degli imprenditori vede l’azienda in
cui opera più o meno come è oggi. Ho, invece, la sensazione che noi
viviamo in un periodo assolutamente rivoluzionario, in cui la cosa più
difficile sia proprio capire che cosa potremmo essere fra dieci anni. E
questo riguarda tutti gli imprenditori qui presenti.
Tornando al dibattito di questa mattina, la mia visione dell’innovazio-
154 - Tavola rotonda - Tecnologia, organizzazione e internazionalizzazione
ne è così definibile: l’innovazione è un insieme di sapori con i quali gli
imprenditori compongono poi una ricetta. L’information technology, i
sistemi di distribuzione, la tecnologia in generale, vengono sintetizzati
dall’imprenditore in nuove forme che cambiano continuamente per
adattarsi alla realtà. La risposta positiva che caratterizza il comportamento
degli imprenditori italiani, infatti, è la flessibilità. Dove flessibilità
non significa sfuggire alla competizione, ma essere disponibili a
mettere insieme i fattori della competizione in modo nuovo.
E su questo punto io vorrei attirare l’attenzione degli imprenditori qui
presenti. All’interno di Confindustria io mi occupo di Education, di
capitale umano. Il capitale umano dell’Italia, fino ad oggi, è stato il capitale
umano degli imprenditori. Nelle statistiche dell’Economist gli
indicatori economici davano sempre il nostro paese al 30° posto o al
29°. Ciò nonostante l’Italia è cresciuta. Ed è cresciuta sulle gambe della
cultura del capitale umano degli imprenditori. Ma oggi si pone loro
una nuova sfida per l’innovazione: quella del nuovo capitale umano.
Come sapranno allargarsi al nuovo management? Come riusciranno
ad affrontare il tema del passaggio generazionale? In che modo
sapranno arricchire di componenti internazionali il proprio mondo?
La nuova squadra non sarà più la vecchia squadra. Includerà ingegneri
cinesi, bulgari. Si tratta di immigrazione intellettuale. Se si riuscirà
in questo intento, il paese ce la farà, perché può farcela solo
sulle gambe del capitale umano dei nostri imprenditori. Non ci sono
alternative.
Noi lavoriamo per mettere vicino alle imprese il nuovo capitale umano.
Un capitale umano più internazionalizzato e più aperto.
Io conosco imprese che hanno vinto la loro battaglia nel mondo, grazie
proprio al capitale umano.
Faccio solo un esempio. Nella siderurgia, in cui noi operiamo, il gruppo
più grande che si è formato oggi è indiano ed ha messo insieme
grandi impianti, dal Kazakhstan al Venezuela, al Messico utilizzando
l’enorme capitale umano disponibile in India. Mandare in Kazakhstan
300 persone che fossero in grado di prendere in mano un impianto era
un’enorme sfida.
Tecnologia, organizzazione e internazionalizzazione - Tavola rotonda - 155
Abbiamo visto altre aziende fare lo stesso. Conosco aziende che agli
inizi degli anni novanta hanno assunto personale russo per formarlo
negli Stati Uniti e quindi impiegarlo di nuovo in Russia, quando si è
aperto il mercato.
Questo lo possono fare anche le nostre medie aziende, “catturando”
dei talenti manageriali da tutto il mondo e diventando più internazionali.
Questa è la grande sfida che i nostri imprenditori devono cogliere. Il
grande messaggio dell’innovazione viaggia principalmente sulle gambe
dei nostri imprenditori.
Enrico Mentana
Si è visto e si è sempre detto delle caratteristiche peculiari dell’imprenditoria
italiana. Una grande forza di creatività a fronte di un’organizzazione
altrui sempre più funzionante, ma quasi sempre meno intelligente,
più ripetitiva. Oggi l’information technology impone, in realtà, di assumere
un pò di quelle caratteristiche di capacità organizzativa, di capacità
di pensare, di capacità di studiare che spesso configge con la creatività.
C’è la necessità, anche attraverso il vostro lavoro, di innestare questa
parte, quest’altro emisfero del cervello dell’imprenditoria italiana?
Alberto Tripi
Tutti siamo oggi consapevoli del valore “strutturale” dell’innovazione
che guida lo sviluppo della società della conoscenza e dell’economia.
Ma attenzione: è importante dedicare una giornata all’innovazione intesa
come un processo a 360° dentro il quale la ricerca non sia un universo
a sé stante; è necessario evitare le liturgie sull’innovazione (altrimenti
finisce come il boom della qualità negli anni Ottanta e
Novanta) ed occorre calare il discorso sull’innovazione in una cornice
più ampia.
Con l’esplosione delle tecnologie siamo entrati in un mondo nuovo
che ci costringe a pensare in modo diverso all’impresa, all’economia e
alla società.
156 - Tavola rotonda - Tecnologia, organizzazione e internazionalizzazione
Anche il discorso sull’Ict deve tener conto che si sta inaugurando una
fase nuova dell’economia. Il “cuore” di questa nuova economia, che è
già una realtà sotto i nostri occhi, è rappresentato dal cliente-cittadino.
Un soggetto esigente, mutevole, che esprime domande e bisogni ai
quali le tecnologie possono dare risposte adeguate perché le tecnologie
sono versatili e flessibili.
Ma la domanda centrale del cliente-cittadino è una domanda di servizi
e la vera partita si gioca sui servizi innovativi che servono a cambiare
il volto dell’economia tradizionale. Se non capiamo questo, restiamo
indietro rispetto al “respiro” della società che cambia.
Lo sviluppo è innovazione e l’innovazione è soprattutto servizi. E i
servizi innovativi sono la nuova economia
Andiamo oltre il bricolage! Oltre gli incentivi, oltre le leggine e i bonus!
Andiamo oltre la stessa definizione di Ict e parliamo di information
communication services.
Non è una questione di linguaggio. È un salto di qualità che oltre a dare
contenuto al discorso sull’innovazione, costringe a ripensare il modello
di impresa, la realtà dei distretti, le politiche di intervento pubblico,
il ruolo del credito.
La competitività è possibile perché nell’economia dei servizi innovativi
si riscattano i valori della qualità e dell’eccellenza; si risvegliano le
“risorse dormienti”, cioè la creatività delle persone e delle imprese; si
guarda all’azienda con gli occhi del mercato (e non viceversa).
Dobbiamo far diventare i servizi innovativi il nostro asset vincente anche
nella sfida del made in italy perché non basta più quel “modo un
pò speciale di fare le cose” che ha segnato gli ultimi cinquant’anni ma
occorre esportare nel mondo le tecnologie e il know-how che più favoriscono
lo sviluppo dei servizi. E su questo abbiamo molto da dare
e molto da dire.
Il nuovo progetto-Paese, che pone l’innovazione al centro, è il progetto
di un’economia moderna e competitiva nelle reti infrastrutturali
(banda larga, digitale), nel sistema dei trasporti, nella sanità, nel turismo
e nei beni culturali, nel credito.
Tecnologia, organizzazione e internazionalizzazione - Tavola rotonda - 157
Le tecnologie sono trasversali per natura e decisive in questo processo
di integrazione tra settori e attori diversi dell’economia. “Fare sistema”
vuol dire creare le giuste relazioni in vaste aree dell’economia,
in quelle soprattutto dove il nostro Paese ha delle chances da spendere.
L’economia dei servizi innovativi è uno sforzo collettivo, non è un problema
solo dell’Ict e fare innovazione va declinato al “plurale” cominciando
dal mondo che rappresentiamo con le nostre imprese.
Per questo ho raccolto con entusiasmo l’invito che il presidente di
Confindustria Montezemolo (al quale va riconosciuto il merito di aver
allargato l’orizzonte culturale di Confindustria) mi ha rivolto per un’iniziativa
che porti a un piano di attività concrete.
La proposta, che ho verificato insieme ad altri presidenti di associazioni,
a rappresentanti di importanti imprese dell’Ict, del credito e della
cultura, è di costituire un Laboratorio per l’innovazione che diventi
la sede e lo strumento che elabori progetti per l’utilizzo intensivo dei
servizi innovativi.
Il Laboratorio favorisce l’integrazione tra il mondo dell’Ict e settori
fondamentali dell’economia (turismo, trasporti, sanità, beni culturali)
ripensando a ciò che le imprese possono fare al proprio interno e nel
territorio (distretti innovativi) e stimolando nuove politiche di governo
(outsourcing “reale”, appalti, project-financing).
Enrico Mentana
Scaglia mi diceva: “Ricordi che io sono il fondatore di Fastweb perché
non tutti lo sanno perché c’è soprattutto nelle grandi città”. Non è proprio
questo il problema, che non avete ancora raggiunto tanti che potrebbero
essere raggiunti?
Silvio Scaglia
Ci sono tempi naturali nel fare le cose. Cominciamo con il ricordare
che, per raggiungere il 20% della popolazione, Fastweb ha investito 3
miliardi di euro ed è partita solo cinque anni fa. L’intenzione è quella
di raggiungere proprio tutti. E questo lo si può fare compatibilmente
158 - Tavola rotonda - Tecnologia, organizzazione e internazionalizzazione
con i tempi fisici e con i tempi finanziari. Ma l’innovazione che abbiamo
prodotto con il nostro ingresso sul mercato è importantissima.
Guardiamo a ciò che consente la banda larga, quella veramente larga,
quella che dà un accesso “infinito”. In questo modo è possibile ristrutturare
l’organizzazione dei sistemi informativi delle aziende, superare
gli approcci tradizionali client server e ritornare ad approcci
molto più efficienti, centralizzati, in cui si fanno viaggiare di più i dati
e meno gli uomini e le risorse. Questo è un fatto non solo importante
ma un esempio concreto di innovazione.
Il bisogno di stare in contatto attraverso la Rete è tangibile soprattutto
quando ci muoviamo al Sud: lì percepiamo ancora una maggiore
coscienza dell’importanza di agganciarsi a una rete per essere “collegati”
a tutto il resto del mondo. Ecco quello che sta avvenendo in modo
chiarissimo.
Enrico Mentana
Chi è più periferico ha più interesse ad allacciarsi.
Silvio Scaglia
Chi ha maggiormente bisogno di collegarsi, ha più bisogno di darsi da
fare per capire come utilizzare meglio tutte le opportunità che ci sono.
Il ministro Gasparri ci ha ricordato prima come l’Italia oggi sia in testa
alle graduatorie europee per lo sviluppo della banda larga. Nessun
paese in Europa ha un tasso di crescita forte come l’Italia. Se arriviamo
agli 8 milioni l’anno prossimo avremo fatto un grande passo avanti.
Già i 4 milioni di quest’anno raddoppiano i 2 milioni dell’anno
scorso: perciò l’obiettivo previsto appare raggiungibile.
È importante, credo, rendersi conto che questo fenomeno in divenire,
questo scenario ha bisogno non solo di imprenditori che investono, di
aziende che investono, ma anche di clienti che sono in grado di cogliere
le potenzialità dell’innovazione.
Si dice nel nostro settore - ma credo che questo discorso sia applicabile
ovunque - si può essere tanto bravi quanto lo sono i clienti che si
Tecnologia, organizzazione e internazionalizzazione - Tavola rotonda - 159
hanno. Il miglior stimolo a far bene è proprio quello che viene dai
clienti.
Va poi ricordato che in Italia abbiamo una spesa pubblica molto importante.
Noi abbiamo il settore della difesa, in Italia, estremamente
avanzato come cliente. E che spinge in modo costante e determinato
nella direzione dell’innovazione.
Siamo invece molto arretrati in altri segmenti della spesa pubblica,
comparto che può invece diventare un forte propulsore di innovazione
del Paese proprio perché è un grande cliente.
Enrico Mentana
Lei li vede come il cliente, giustamente. Ma Salmoiraghi, che li rappresenta,
ha qualche addebito da fare a chi dovrebbe portare l’innovazione?
O è tutta veramente responsabilità di arretratezza culturale, o anche di
poca disponibilità finanziaria di chi deve accettare? Perché poi c’è anche
questo aspetto che resta non secondario.
Sandro Salmoiraghi
Indubbiamente. Vorrei, comunque, porre l’attenzione sul non fermarci
a considerare l’innovazione limitatamente all’Ict. Abbiamo innovazioni
che sono legate alla meccanica o alla robotica e che sono legate
alle attività quotidiane, a quelle che sono le attività proprie delle nostre
piccole e medie imprese. L’information communication technology
può essere un supporto, ma non è l’elemento determinante dell’innovazione.
Devo ricordare, anche, non esiste una piccola azienda che non faccia
dell’innovazione, in quanto è l’imprenditore stesso il primo vero motore
dell’innovazione dell’impresa.
È un’innovazione incrementale, fatta del giorno per giorno. E forse in
questi anni - dobbiamo anche riconoscere gli errori fatti - ci si è concentrati
in prevalenza sull’innovazione di processo e non a sufficienza
su quella di prodotto. Per difenderci sul campo della concorrenza,
abbiamo indirizzato le nostre strategie sull’innovazione delle tecniche
produttive trascurando, al contempo, lo sviluppo di nuovi prodotti.
Ed oggi forse ne stiamo pagando le conseguenze.
160 - Tavola rotonda - Tecnologia, organizzazione e internazionalizzazione
Ho grande fiducia nelle capacità innovative delle piccole imprese, perché
sono state proprio loro a rappresentare l’elemento cardine che ci
ha tenuto in piedi in tutti questi anni. Rilevo poi il persistere di una
gran voglia di fare, di un entusiasmo continuo. Una consapevolezza
che è giunto il momento di recuperare il tempo perduto. E le capacità
ci sono in quanto le piccole imprese possiedono proprio questo stimolo
ad innovare continuamente, una propensione che, nel passato,
le ha fatte sopravvivere e, come mi auguro, le aiuti a crescere domani.
Ritengo poi che, anche da parte dei grandi gruppi produttori di software,
sia stato fatto l’errore gravissimo di aver affrontato la clientela
delle piccole e medie imprese con gli stessi strumenti con i quali stavano
affrontando le grandi imprese.
Software poco adatti alla realtà delle imprese di minori dimensioni
che hanno spinto all’acquisto di hardware spropositati per le Pmi.
Non è raro vedere che anche imprese con pochi dipendenti hanno investito
notevoli risorse in maniera adeguata e si ritrovano, quindi, a
dover mantenere un sistema di una rete di 30-35 pc, attraverso un gestore
di rete. È giunto il momento di rimediare agli errori commessi.
Enrico Mentana
Dott. Rocca. Il tema è spinoso. Le risorse umane, innovazione, logiche
familiari. Parliamoci chiaro.
Gianfelice Rocca
Se vogliamo guardare alle sfide dell’innovazione delle aziende italiane,
in particolare di quelle familiari, si può partire da un dato di ottimismo
relativo agli Stati Uniti che ci rincuora. Le aziende familiari,
incluse anche quelle quotate in Borsa ma con controllo familiare, sono
importantissime negli Stati Uniti. La maggior parte delle aziende
(secondo i dati Standard & Poor’s) sono a controllo familiare, così come
a maggior rendimento.
La cosa che colpisce è che non è affatto detto che l’azienda familiare
non possa evolvere e diventare l’elemento di forza anche nel rapporto
col capitale di borsa.
Tecnologia, organizzazione e internazionalizzazione - Tavola rotonda - 161
Partirei da un dato di fondo.
Certamente per noi, che siamo un’azienda familiare e anche un grande
gruppo, quella della dimensione è effettivamente una sfida. La capacità
del Paese di mantenere un reddito pro capite di 20.000 dollari
dipende dalla capacità di aumentare il contenuto di intelligenza e di
conoscenza dei nostri prodotti. Per questo occorre una dimensione
adeguata per investire in ricerca e innovazione.
Vedo quelle che io chiamo le multinazionali intermedie arrivare a una
dimensione di nicchia di mercato del 20%, investendo in ricerca e innovazione
in misura maggiore rispetto ai loro competitori.
Nella questione della relazione tra dimensione e innovazione, il tema
del rapporto familiare è importantissimo.
Un manager che va in un’azienda familiare, se si trova davanti solo
parenti, non ha una prospettiva. Ci sono aziende dove c’è il 3% di laureati…
Enrico Mentana
Gli altri sono parenti.
Gianfelice Rocca
Gli altri sono parenti. Questi sono i temi che io sottoporrei a questa
platea. E rappresentano parte dei problemi che tutti dobbiamo affrontare
in questo Paese, dove il rapporto tra management esterno, fidelizzazione,
sviluppo delle carriere e membri della famiglia sono sicuramente
alcuni dei temi che io considero fondamentali.
Serve creare una nuova squadra più internazionale. E serve affrontare
il tema del passaggio generazionale.
Enrico Mentana
Questo tema culturale, spesso nelle grandi e medie aziende è stato superato.
Ci prendiamo il classico manager ex McKinsey, lo mettiamo lì. E
mi pare un tentativo di mettere il cuore e la famiglia oltre l’ostacolo.
162 - Tavola rotonda - Tecnologia, organizzazione e internazionalizzazione
Gianfelice Rocca
Io credo invece che si tratti di estendere la cultura della famiglia per
arrivare alla figura del cosiddetto manager appassionato. Noi abbiamo
bisogno di manager appassionati forse più che di manager generici,
nella specificità italiana. La massima libertà del manager generico
è poter cambiare freneticamente. Il manager appassionato è quello
che opera con passione.
Quindi si deve estendere la cultura dell’imprenditore al manager,
creando un continuum nella struttura.
Certamente la sfida riguarda come attrarre manager, come avere rapporti
con l’università, come essere in rete. Perché la media azienda solo
se è in rete riesce a lavorare. Essere in rete significa usare l’università
per fare le proprie ricerche; significa coinvolgere un dottorando
con costi molto contenuti, nell’attività di ricerca dell’azienda. Gli stages
consentono di conoscere gli studenti, di aprirsi verso l’esterno e di
riuscire a entrare in rete.
Oggi l’informazione cresce esponenzialmente. Questa è la sfida che si
pone agli imprenditori. Ma certamente esiste anche la sfida della dimensione
e quella del passaggio generazionale.
L’innovazione sta in questo. Senza innovazione su questo fronte potrebbero
sorgere dei problemi.
Enrico Mentana
Scaglia, lei è un pò più giovane di me. Io ricordo che all’inizio degli anni
’60 la televisione italiana lanciò una cosa che si chiamava “Non è
mai troppo tardi”. Era il corso d’istruzione popolare per adulti analfabeti.
In realtà, non per le aziende soltanto, non per le imprese soltanto,
ma per tutto il sistema Italia, un corso, un’alfabetizzazione digitale
è assolutamente necessaria. Cosa si può fare per mettersi al servizio
di questo?
Silvio Scaglia
Rocca ha toccato punti cruciali. Credo che dobbiamo oggi guardare ai
giovani che stanno uscendo dalle università e guardare a come sono
Tecnologia, organizzazione e internazionalizzazione - Tavola rotonda - 163
loro. Perché la nostra innovazione, la nostra capacità di essere competitivi
dipenderà anche da quanto saranno capaci loro di innovare.
E qui bisogna correggere il quadro. Oggi, dando uno sguardo ai giovani
che concludono gli studi universitari, si vede che i laureati tecnico-scientifici
stanno diminuendo in percentuale. Aggiungiamo a ciò
un paese che sta invecchiando e che, quindi, produce meno giovani in
assoluto. Sono convinto che si debba pensare con serietà al tema dell’immigrazione
e darsi una politica di immigrazione qualificata.
Io non riesco a fare a meno di pensare che il successo della California
attuale l’hanno costruito i cinesi e gli indiani. Senza questo intervento
“esterno” la California sarebbe come la Florida di oggi.
Noi dobbiamo pensare di riuscire ad attrarre i migliori cervelli del
mondo (e non preoccuparci solo dei migliori nostri che passano il
confine) e avere una base in Italia di giovani preparati, capaci, su cui
poter costruire realmente innovazione.
Il tema da affrontare non è solo quello di recuperare un gap di digitalizzazione.
Credo che, tutto sommato, come media di paese, come ha
affermato Alberto Tripi, siamo un paese oggi sufficientemente tecnologico.
Siamo capaci di gestire la tecnologia. Abbiamo tante storie di
successo che possiamo ripetere. Lo scenario, però, appare preoccupante
se lo proiettiamo nel futuro.
Enrico Mentana
Grazie, anche della franchezza. Ed è preoccupante?
Silvio Scaglia
Sì, perché abbiamo troppo pochi giovani con background tecnico
scientifico.
Enrico Mentana
E cosa si può fare per invertire questa tendenza? Perché alla fine ci rimette
tutto il sistema Italia, ma in primis ci rimettono le imprese.
Silvio Scaglia
Bisogna essere attraenti ed attrattivi per i giovani, anche stranieri, che
164 - Tavola rotonda - Tecnologia, organizzazione e internazionalizzazione
vogliono arrivare in Italia. E qui un grande compito e ruolo spetta alle
Università. Lo stesso vale per i giovani italiani che crescono. E qui di nuovo
un forte impulso deve venire da università e imprese innovative. Ma,
in tutto ciò, bisogna ricreare un sistema che oggi si è indebolito.
Enrico Mentana
Lei è d’accordo, Salmoiraghi?
Sandro Salmoiraghi
Sì. Ritengo proprio che il tema dell’Università necessiti di un ulteriore
approfondimento. Perché, specialmente per le piccole e medie imprese
non è possibile essere innovative e realizzare innovazione se
non cambia il rapporto tra università e imprese.
Le università devono scendere dal piedistallo sul quale si sono poste negli
anni passati e si devono impegnare a capire quelle che sono le esigenze
delle imprese soprattutto in termini di “tempo”. Se nell’ambiente
universitario il tempo è un fattore secondario, nell’impresa è determinante.
Il successo o la morte di un prodotto è solo questione di mesi.
Al contempo noi imprenditori dobbiamo imparare ad avere maggior
fiducia nell’università e nella collaborazione con i centri di ricerca.
Enrico Mentana
Ma perché si è operato questo divario? Perché questo discorso l’avrei potuto
ascoltare, e lei l’avrebbe potuto fare con altrettanta pertinenza, dieci
anni fa.
Sandro Salmoiraghi
Mi spiace sottolineare come nulla sia ancora cambiato; è l’università
stessa ad essere un’emanazione dello stato. Si trova quindi a viaggiare
secondo gli schemi che sono stati imposti dalla legge, dove la meritocrazia
non è tenuta in considerazione, e dove si vive in una torre
eburnea senza finestre. Come si riesce a vedere cosa succede all’esterno
delle università?
Il fattore di successo di un paese non si gioca solo sulle imprese, ma
si gioca soprattutto sul mondo del sapere e sul rapporto che il mondo
del sapere può avere con il mondo imprenditoriale.
Tecnologia, organizzazione e internazionalizzazione - Tavola rotonda - 165
E visto che non si può contare unicamente sulle capacità e sulle conoscenze
dell’imprenditore o della piccola impresa, bisogna fare un
grossissimo sforzo perché l’innovazione è indispensabile. Bisogna riuscire
a mettere in rete tutto il sistema di conoscenza del paese.
Gianfelice Rocca
Come strategia di Confindustria, noi cerchiamo di costruire un meccanismo
basato su un ambiente più scientifico, su maggiori fondi per
la ricerca, su grandi programmi di ricerca. E in un ambiente più
scientifico abbiamo detto che non esiste la ricerca di base o la ricerca
applicata, ma esiste soltanto l’applicazione della ricerca. Noi abbiamo
bisogno di ricostruire un ambiente più scientifico in cui le aziende vivano
e l’università si deve muovere all’interno di questo circuito.
Stiamo cercando di portare avanti una detassazione nel rapporto fra
imprese e università, manovra che va proprio nella direzione di rendere
più lubrificato il triangolo ricerca, università e imprese.
Certamente verso il mondo delle imprese medie è l’università che si
deve muovere, perché oggi l’azienda media o piccola che si avvicina
all’università si sente respinta.
Abbiamo sperimentato che non riusciamo in Italia a fare dottorati di
ricerca su modello di quelli statunitensi. Oggi l’università vive il dottorato
di ricerca come uno strumento per creare i propri assistenti,
non per creare dei ricercatori industriali. È un meccanismo che va
cambiato. E su questo stiamo cercando di fare uno sforzo importante,
spingendo verso una riforma universitaria che peraltro in parte è
in movimento. Il 3 + 2, per quanto sia criticato, sta creando un movimento
in cui anche a noi imprenditori spetta il compito di essere partner
della scuola per proporre le nostre richieste. Infatti, anche le imprese
hanno sempre fatto fatica a dialogare con la scuola.
Enrico Mentana
Non vorrei fare l’elefante nella cristalleria, ma Confindustria e gli imprenditori
sono totalmente estranei a tutto il sistema dell’università.
L’esempio lo potrebbero dare.
166 - Tavola rotonda - Tecnologia, organizzazione e internazionalizzazione
Gianfelice Rocca
Certamente. Io sono convinto che oggi le imprese per la prima volta,
proprio in questo clima di urgenza, sentano la necessità di aumentare
la capacità di innovazione, il rapporto con le tecnologie, il rapporto
con il mondo universitario. Ce n’è bisogno. E l’università comincia
a sentirlo.
Però il sistema è ancora abbastanza ingessato. Noi dobbiamo lavorare
per agevolare questo tipo di rapporti.
Per la prima volta cominciano a esistere consorzi. Stiamo anche promuovendo
dei percorsi speciali per i giovani di talento
Però esiste un problema: aumentare il numero dei laureati portandolo
a livello europeo. Il 50% dei giovani europei è laureato. È ancora
basso il numero di laureati nelle imprese. Le nostre aziende non hanno
ancora fatto il salto di sapere. Stiamo lavorando su un terreno dove
tutti dobbiamo ingegnarci, puntando su un ambiente creativo di
un’università competitiva e di aziende competitive. La creatività degli
imprenditori deve anche trasferirsi nel rapporto con l’università, facendolo
diventare qualcosa di innovativo.
Poiché questa creatività c’è negli imprenditori e nelle aziende, solo facendo
questo riusciremo a favorire un nuovo rapporto con l’università.
Certamente cercheremo di diffondere questo messaggio anche all’interno
del sistema di Confindustria, educandolo a muoversi rispetto all’università.
Poiché ci sono nuovi ruoli degli imprenditori nell’università,
dobbiamo lavorare su come declinare questa presenza in modo
positivo.
Enrico Mentana
Finale più felice, più positivo. Abbiamo visto però che il 38%, sempre
nella ricerca, è effettivamente ottimista riguardo al futuro. Quindi è giusto
fare, come abbiamo fatto, una disanima molto critica, e giustamente
analitica, di cosa non va e può andare meglio. Ma quali sono i motivi
di fondo di questa fiducia che è comunque tanta? In qualsiasi conve-
Tecnologia, organizzazione e internazionalizzazione - Tavola rotonda - 167
gno all’estero si sarebbe stressato di più quel 38% rispetto a tutto il resto
che abbiamo autocriticamente messo in evidenza fino adesso.
Silvio Scaglia
Innanzitutto l’occasione ed il dibattito di oggi. L’ottimismo deriva dall’analisi
delle debolezze di oggi e dalla coscienza che ci sono sempre
debolezze da superare. Il fatto che se ne parli, che si pensi come superarle
e che ci siano via via piani di azione che possono essere condivisi
per farlo, questa è la base dell’ottimismo.
Sandro Salmoiraghi
Mai come ora c’è stata una consapevolezza da parte della classe imprenditoriale,
delle difficoltà del momento e della necessità di una innovazione
a tutto campo per superarle.
Ma dobbiamo essere consapevoli che l’innovazione non può essere
realizzata da soli ma deve essere fatta anche da un sistema paese che
deve superare le mille arretratezze che lo contraddistinguono; devono
innovare le banche, il sistema finanziario, la pubblica amministrazione.
Quindi, se veramente il paese riuscirà a trovare in sé la forza, la
spinta all’energia per ripartire con grande slancio verso il terzo millennio,
riusciremo come abbiamo sempre fatto nel passato ad essere
competitivi, con grandi difficoltà ma anche con grande voglia, con
grande ottimismo e con grande entusiasmo.
Enrico Mentana
Lei ha fiducia?
Sandro Salmoiraghi
Si, io ho fiducia.
Gianfelice Rocca
L’approccio che abbiamo proposto come Confindustria si basa su
un’analisi delle forze e delle capacità in primo luogo degli imprenditori.
Io sono ottimista sull’impegno delle imprese; basti vedere come stanno
cominciando a diversificarsi all’estero le tecnologie. Ho più dubbi
168 - Tavola rotonda - Tecnologia, organizzazione e internazionalizzazione
invece sul Paese. Noi abbiamo una quantità di innovazione e di energia
nel nostro sistema imprenditoriale che rende i nostri imprenditori
molto attivi.
Il problema eventualmente sta nel fatto che le aziende si muovono e
il Paese invece resta fermo. La mia preoccupazione è di associare lo
sviluppo delle imprese allo sviluppo del territorio. Questa è la grande
sfida che ci si pone davanti: aiutare le imprese a salvarsi e internazionalizzarsi;
ma associarle anche a un futuro per i nostri giovani e per
il Paese.
Enrico Mentana
Grazie. Abbiamo fatto quello che era possibile su questi 360 gradi.
Tecnologia, organizzazione e internazionalizzazione - Tavola rotonda - 169
“Premio
Best Innovator 2004”
Partecipano le imprese
selezionate come
“Best Innovator 2004”
GIORGIO BASILE
Presidente e Amministratore Delegato Isagro
ALBERTO BOMBASSEI
Presidente Brembo
FRANCESCO GORI
Direttore Generale Pirelli Pneumatici
ANDREA ILLY
Amministratore Delegato illycaffè
GIANCARLO MICHELLONE
Amministratore Delegato Centro Ricerche Fiat
MASSIMO ROMANO
Responsabile relazioni istituzionali Enel
GIORDANO ZAPPELLI
Amministratore Delegato Solvay Chimica Italia
Moderatore
ROBERTO CRAPELLI
Amministratore Delegato A.T. Kearney Mediterranean Unit
Filmato
Chi sono i campioni dell’innovazione? Quelli che sono riusciti meglio
degli altri ad affrontare le sfide della competitività e della globalizzazione.
E quali sono i loro segreti? A questo risponde l’indagine internazionale
Best Innovator realizzata da A.T.Kearney in sette paesi europei.
Più di mille le aziende intervistate. 32 i Best Innovators individuati.
In Italia, in collaborazione con Confindustria e Il Sole24Ore, sono state
esaminate trecento imprese e individuati sette campioni.
Nel nostro paese esistono aziende campioni nell’innovazione capaci
di competere a livello globale. Ma la media delle imprese italiane ha
una serie di lacune da colmare.
Gli esperti internazionali hanno analizzato la capacità di gestire l’innovazione
delle imprese, utilizzando cinque criteri fondamentali. Al
primo posto la strategia aziendale proposta dal management. La visione
a medio e lungo periodo, la capacità di realizzarla.
Poi il grado di diffusione della cultura dell’innovazione nell’azienda. A
tutti i livelli della struttura organizzativa.
Gli esperti si sono quindi concentrati sulla capacità dell’impresa di gestire
la catena del valore del prodotto, considerando evoluzioni del
mercato, soddisfazione dei clienti e integrazione con l’ambiente.
Infine, l’architettura aziendale per l’innovazione. Quindi la capacità di
Premio Best Innovator 2004 - 173
gestione dei progetti dell’innovazione tecnologica, delle risorse umane
e del know-how.
Dal confronto con i Best Innovator europei emerge che le aziende top
italiane competono sostanzialmente alla pari, ma che la media ha una
capacità di innovazione minore di quella europea, almeno secondo il
campione di indagine utilizzato.
In media le imprese italiane usano ancora poco processi basati sulle
tecnologie informatiche. Hanno un forte deficit nel numero di brevetti
depositati e devono migliorare nell’incentivare il personale dedicato
alla ricerca.
Vi sono però alcuni dati confortanti. Il sistema italiano è mediamente
più veloce nel raggiungere il breakeven nei nuovi prodotti e servizi. E
quindi riesce a generare fatturato più in fretta dei concorrenti europei.
Come riconosciamo un best innovator? Secondo i nostri esperti un
best innovator valorizza le proprie competenze specifiche e adotta un
approccio all’innovazione a 360°.
L’innovazione è radicata nella sua azienda e riesce a valorizzare e motivare
i collaboratori.
Inoltre, cura la soddisfazione del cliente utente.
Per essere più competitivo è costantemente proiettato alla riduzione
del time-to-market e sa tenere il vantaggio tecnologico grazie ad un
intenso uso di brevetti.
Ha compreso l’importanza dell’utilizzo diffuso delle tecnologie dell’Ict
per l’integrazione con clienti e fornitori.
Aldilà di questi dati il modo più facile per individuare un best innovator
è comunque guardare ai risultati. Se riesce a trarre due terzi dei
suoi ricavi da nuovi prodotti, allora ci siamo.
E voi, quanti ne conoscete?
174 - Premio Best Innovator 2004
Roberto Crapelli
Nella sua appassionata e realistica introduzione, Pasquale Pistorio ci ha
ricordato quanto sarebbe grave pensare di non poter uscire dallo stato di
crisi in cui attualmente ci troviamo. Credo anch’io che possiamo senz’altro
uscirne, a patto di soddisfare alcune condizioni.
Esempi concreti sulla strada da percorrere verso lo sviluppo sono quelle
aziende e realtà imprenditoriali del nostro Paese che si affermano come
modelli di eccellenza nella gestione dell’innovazione. A.T. Kearney ha individuato
alcuni di questi campioni tra le imprese che hanno partecipato
all’indagine europea Best Innovator 2004, ma la lista esaustiva è certamente,
e per fortuna, molto più lunga.
Credo sia motivo di orgoglio per un imprenditore italiano rendersi conto
che essere innovatori eccellenti non dipende dalla dimensione grande,
media o piccola dell’impresa. Dovremmo abbandonare questa suddivisione
e distinguere invece solo tra aziende che innovano (e crescono)
e aziende che non crescono. Abbiamo anche in Italia esempi di
aziende piccole, magari ancora in fase di start up, che basano il loro
modello di business interamente sull’innovazione. Quando il
Presidente Montezemolo ha inaugurato la nuova leadership di
Confindustria sotto il segno dell’innovazione, ha anche insistito molto
sul concetto di “fare sistema”. L’indagine Best Innovator ha preso in
considerazione in modo articolato ben 92 fattori di innovazione: tra
questi, è emerso come fondamentale il concetto di fare sistema in orizzontale,
all’interno dell’azienda e tra aziende, privilegiando la crescita
dimensionale.
Sono particolarmente lieto a questo punto di chiamare sul podio gli
esempi di eccellenza individuati dall’indagine Best Innovator, che abbiamo
avuto il piacere e l’onore di condurre con Confindustria e Il
Sole24Ore. Procedo ad annunciarne i nomi per categorie di eccellenza.
Per l’eccellenza nell’integrazione delle diverse dimensioni dell’innovazione,
è risultato eccellente l’esempio di Pirelli Pneumatici, qui rappresentata
dal suo Direttore Generale, Dott. Francesco Gori.
Sempre per la capacità di fare innovazione integrandone tutte le dimen-
Premio Best Innovator 2004 - 175
sioni, ma in particolare nella media impresa, chiamo il Dott. Giorgio
Basile, Presidente e Amministratore Delegato di Isagro.
L’innovazione è eccellente anche quando si riesce a calibrare in modo ottimale
la velocità con cui la si realizza. Un processo di innovazione troppo
accelerato porta con sé il rischio di overlapping e cannibalizzazione
dei prodotti precedenti. Brembo è l’azienda risultata eccellente in questa
dimensione, ovvero nella gestione del ciclo di vita dei prodotti, qui rappresentata
dal suo Presidente, Ing. Alberto Bombassei.
Per la capacità di fare strategia di innovazione, che comprende anche il
numero dei centri di ricerca e il loro modo di operare, emerge come
esempio di eccellenza il Centro Ricerche Fiat, qui rappresentato dall’
Amministratore Delegato, Ing. Giancarlo Michellone.
Veniamo all’eccellenza nella gestione della catena del valore, uno degli
obiettivi più ardui da realizzare nell’area mediterranea: si tratta della capacità
di fornire al cliente finale un prodotto che risponde o supera le
aspettative, attraverso la gestione ottimale di tutta la filiera, in azienda e
presso i fornitori. Per questa categoria invito sul palco il Dott. Andrea
Illy, amministratore delegato di illycaffè.
L’eccellenza nelle architetture per l’innovazione è tipica delle aziende più
complesse e articolate, dove si tratta di distribuire le forze, decidere le
priorità, lavorare sui talenti e costruire il futuro. Best innovator in questa
dimensione è Enel, rappresentata qui dal Dott. Massimo Romano,
responsabile delle relazioni istituzionali.
Infine, la dimensione dell’eccellenza nell’organizzazione e nella cultura
dell’innovazione. Significativamente, emerge la rappresentanza italiana
di una multinazionale: Solvay Chimica Italia, qui rappresentata
dall’Ing. Giordano Zappelli, amministratore delegato.
Sono particolarmente lieto dell’opportunità di scambio offerta da questa
occasione. Le persone e le aziende riunite su questo palco rappresentano
infatti la vita reale: non si tratta di ricerche teoriche o “astrazioni” da
consulenti. Chiederei quindi ad ognuno dei rappresentanti di questi
esempi di eccellenza una breve testimonianza, di circa due minuti, su
come hanno realizzato l’eccellenza nella loro azienda, nella loro realtà. E
176 - Premio Best Innovator 2004
quale sia stato l’aspetto più evidente che ha permesso di ottenere questo
riconoscimento.
Giorgio Basile
Due minuti per parlare di Isagro?
“Mission impossible”, ma noi una l’abbiamo già compiuta negli ultimi
dieci anni, quindi ci proviamo a raccontarla nel minuto e cinquanta
residuo. Isagro è una società che opera nel mercato degli agrofarmaci,
farmaci per l’agricoltura. È un settore globale. Sei società:
Bayer, Basf, Syngenta, Monsanto, Dow e Dupont, controllano più
dell’80% del mercato mondiale. Noi siamo uno small global player.
È possibile competere a livello globale con i 50 milioni di euro di fatturato
del 1993? Contro questi giganti? Facendo ricerca, volendo sviluppare
i prodotti e portarli sul mercato?
La domanda trovava una risposta negativa da parte di tutti. La realtà
invece ha dimostrato che era possibile.
Oggi noi fatturiamo oltre 170 milioni, operiamo in 75 paesi nel mondo.
Investiamo più del 10% in ricerca e sviluppo. Stiamo portando sul
mercato tra il 2006 e il 2008 quattro prodotti nuovi, che per la nostra
dimensione è un numero altissimo, avendone iniziato lo sviluppo nel
’98. Perché ci vogliono circa dieci anni come time-to-market di successo
per portare un prodotto sul mercato.
Siamo approdati alla Borsa l’anno scorso. Il mercato ha avuto qualche
difficoltà a capirci. Da ieri siamo tornati ai valori di emissione. Credo
che questo sia un punto di partenza. Fra poche settimane entreremo
allo Star.
Questo è tutto.
Come l’abbiamo fatto? Perché ci avete premiato? Gli ultimi venti secondi.
Siamo partiti da un solo punto di forza: la capacità di inventare nuovi
prodotti.
Era una eredità della Montedison, nobile, decaduta, purtroppo scom-
Premio Best Innovator 2004 - 177
parsa. Quella capacità da sola produceva danni, accoppiata a due iniziative
che abbiamo preso, ha prodotto risultati.
Nel 1994 abbiamo creato un sistema di alleanze strategiche con partner
giapponesi, francesi, italiani e americani che non avevano ricerca
innovativa ma ci assicurava la capacità distributiva che a noi mancava.
La capacità di vendere nel mondo.
Poi, nel 2001, abbiamo fatto due acquisizioni di aziende che da sole
non erano competitive, ma che in casa nostra hanno creato valore.
Giordano Zappelli
Solvay e perché Solvay vuole essere eccellente. Perché l’innovazione
in Solvay è un valore dell’azienda, un valore a tutti i livelli, è un modo
di lavorare. È un modo di porsi di fronte alle difficoltà quotidiane
del lavoro, quindi a tutti i livelli viene incoraggiata e viene messa in
evidenza.
All’innovazione poi bisogna coniugare l’organizzazione. Organizzazione
che deve trasformare quella che è la creatività, in valore aggiunto
per l’azienda.
Questo è il nostro significato di innovazione. Passare dalla creatività
a un qualcosa che è un valore aggiunto per l’azienda e per i nostri
clienti, sia quindi in produzione, con nuovi prodotti o tecnologie, che
nei servizi e nella logistica.
Alcuni esempi possono essere la tecnologia NEUTREC per la depurazione
dei fumi acidi, il recupero e depurazione dei residui salini , l’utilizzo
di macchine BICARjet con getto di acqua e bicarbonato per la
pulizia di superfici di stampi o edifici, le lettiere diagnostiche per gatti.
In questo caso, come filiale italiana di una multinazionale, possiamo
dire che abbiamo coniugato la creatività italiana con quella che è la
struttura e l’organizzazione nordica.
Giancarlo Michellone
Sono felice che non mi abbia chiesto perché siamo stati premiati per-
178 - Premio Best Innovator 2004
ché non lo so. Deve essere un errore perché a quasi la metà delle domande
del questionario non abbiamo potuto rispondere per la nostra
specificità di essere un centro di ricerca industriale (Per esempio: tutto
quanto riguarda la gestione corrente dei prodotti attuali per noi
non ha senso. Non abbiamo prodotti attuali; sono stati trasferiti con
successo oppure uccisi). Comunque, quello che è successo al Centro
Ricerche Fiat, quando dal ’90 - e non è un mistero - il Gruppo Fiat ha
cominciato ad avere dei problemi, è di aver moltiplicato per quattro il
fatturato e le persone sono cresciute di circa il 30%. Nel ’90 la Fiat per
noi contava il 95% del fatturato, nel 2002, che è stato l’anno terribile,
era meno del 30%. Siamo cresciuti, e bene, perché c’è stata concessa
l’enorme opportunità di andare sul mercato e di poterci trovare dei
clienti all’esterno del gruppo Fiat. Ovviamente, ci ha anche aiutato
confrontarci in Europa, vincere i progetti Ue e diventare leader europei
come numero di progetti vinti.
La strategia più importante che abbiamo seguito è stata la flessibilità
della strategia. Abbiamo usato l’aurea regola di Andreotti che dice “Se
pensi male fai peccato, però, in genere, ci azzecchi”. Quindi abbiamo
sempre pensato male, ci siamo preparati al peggio e dal peggio abbiamo
cercando di trarre le opportunità.
Abbiamo cambiato molte regole, però, rispettandone alcune fisse. La
prima è l’ossessione per il trasferimento, perché, per noi, innovazione
è soprattutto trasferimento di un’idea nuova sul mercato per ottenere
il giusto profitto.
La seconda è che non parte un progetto di ricerca se prima non c’è già
un cliente reale. E mentre lavori con il cliente reale, ti prepari a trovare
i clienti potenziali. Anche in settori che non sono i tuoi, perché
ormai la ricerca è sempre più trasversale. Quindi, siamo focalizzati
sul nostro settore, “l’automotive”, ma se ci accorgiamo, come in genere
succede, che quel risultato della ricerca serve per altri settori, cerchiamo
di valorizzarlo trasversalmente.
Per ultimo, abbiamo scoperto una legge molto dura ma molto utile: il
miglior modo per trasferire con successo l’innovazione, è trasferire
anche gli innovatori. Infatti trasferiamo tra il 4 e il 10% all’anno delle
Premio Best Innovator 2004 - 179
nostre risorse che riteniamo eccellenti ai nostri clienti perché vogliamo
che, essi, siano eccellenti. Grazie.
Roberto Crapelli
L’Ing. Zappelli ci ha molto bene illustrato perché Solvay è un esempio di
eccellenza, anche nel senso di strategia dell’innovazione.
Ing. Bombassei, noi pensiamo a Brembo come a un’azienda che innova
molto perché ne vediamo i prodotti d’avanguardia sul mercato.
L’indagine ha però evidenziato anche la vostra capacità di evitare che
l’innovazione troppo veloce “uccida” l’innovazione precedente. Ci aiuti a
capire come è possibile fare questo.
Alberto Bombassei
Si è parlato di piccole e medie imprese. E quando si arriva all’innovazione,
persiste quel luogo comune che vede quest’ultima solo appannaggio
delle grandi.
Non qui. Non in questa occasione.
Quante volte abbiamo letto e ascoltato che le piccole e medie imprese
non fanno innovazione? Prima di rispondere, quindi, alla domanda di
Roberto Crapelli, vorrei provare a ridimensionare questo luogo comune.
Ho usato il termine ridimensionare perché mi rendo conto che
la forza di una frase stereotipata come quella in questione sta nella
sua apparente semplicità logica: le grandi fanno e orientano, le piccole
e medie non fanno o fanno poco, giocano d’astuzia e seguono.
La storia dell’azienda che presiedo, la Brembo, mostra che non è così.
In realtà, un’azienda è innovativa non perché sa applicare più efficacemente
i risultati del processo conoscitivo scientifico, ma perché è
espressione di tale processo.
Quando circa quarant’anni fa abbiamo iniziato la nostra attività, eravamo
in cinque. Già allora, però, avevamo ben chiaro che l’innovazione
era l’unica arma di difesa che potevamo brandire contro i grandi
competitori che dominavano il mercato e che erano non solo più
180 - Premio Best Innovator 2004
grandi di noi, ma anche più noti - data la loro storia non certo recente
- e prestigiosi.
Negli anni Sessanta, siamo stati tra i primi a fare i freni a disco.
Negli anni Settanta, siamo di nuovo stati i primi ad applicarli sulle
motociclette, diventando in seguito i leader del mercato.
Negli anni Ottanta, ancora una volta, siamo stati i primi ad applicare
i freni di alluminio, cioè in lega leggera, alle automobili. E oggi, sia
nel segmento medio-alto sia in quello sportivo siamo leader di mercato.
Negli anni Novanta, abbiamo iniziato a fare i moduli.
Se osservate bene, ogni decennio è stato segnato da una grande idea
che è diventata una concreta innovazione. E in questo modo siamo
sempre riusciti ad arrivare primi o secondi nel segmento di mercato
in cui avevamo deciso di aprire un confronto con i nostri concorrenti.
L’importante è arrivare primi, ma non troppo primi, perché il mercato
deve essere in grado di accogliere la “tua” innovazione. Noi facciamo
un componente essenziale della vettura e quindi l’innovazione che
proponiamo non deve essere troppo in anticipo sulle potenzialità e i
tempi d’innovazione dei nostri clienti.
Oggi Brembo è una realtà di circa 4.000 persone, delle quali circa il 10
per cento lavora in Ricerca e Sviluppo e quasi tutti sono laureati in ingegneria.
Investiamo in questo settore il 6.5 per cento del nostro fatturato
e sviluppiamo dai 30 ai 40 brevetti l’anno. Le risorse che lavorano
in ricerca sono di 14 diverse nazionalità. Lo scambio culturale è
notevole. E questo, per un’azienda innovativa, è una ricchezza.
In questo ultimo biennio, sono stati ben tre i riconoscimenti internazionali
ricevuti a conferma del valore innovativo dei nostri prodotti e
della nostra azienda: al salone dell’auto di Detroit, a quello di Madrid
e, infine, a quello di Parigi. A Detroit abbiamo vinto il premio per il
materiale più innovativo, il materiale carbonio-ceramico per dischi
freno, che abbiamo sviluppato insieme a Ferrari.
Premio Best Innovator 2004 - 181
Visto che parliamo anche di made in Italy, c’è un altro riconoscimento
tra quelli ricevuti nel 2004 di cui io e i miei collaboratori siamo orgogliosi:
si tratta del Compasso d’Oro, uno dei premi più prestigiosi a
livello internazionale per il disegno industriale, assegnato dopo tredici
anni a un prodotto industriale.
Siamo riusciti a fare dei prodotti non solo innovativi dal punto di vista
tecnico-funzionale, ma anche da quello formale-estetico. Cioè abbiamo
prodotto degli oggetti buoni e belli, la cui qualità innovativa è
assicurata dallo stretto rapporto forma-funzione.
Il mercato dell’auto non è semplice. La concorrenza è spietata. Poter
anticipare l’evoluzione del mercato, individuarne le esigenze latenti,
proporre ai nostri clienti nuove soluzioni per veicoli ancora in fase di
progettazione, cioè prima che si esaurisca il ciclo di produzione dei
prodotti in commercio, ha tre grandi pregi. Il primo, è quello di garantirsi
la continuità della relazione col cliente. Il secondo, quello di
proporre un prodotto già innovativo oggi per domani. Il terzo, quello
di ottimizzare sia i cicli innovativi sia quelli produttivi. In questo modo
il prodotto sarà più competitivo anche perché più economico.
Roberto Crapelli
Pirelli pneumatici, l’eccellenza nell’integrazione delle diverse dimensioni
dell’innovazione.
Francesco Gori
Operiamo in un mercato globale, con concorrenti globali, fornitori
globali e clienti globali.
Se in questo contesto avessimo scelto la dimensione come valore e come
obiettivo per prevalere avremmo sicuramente perso. Abbiamo invece
scelto, già anni fa, la strada dell’innovazione intesa non solo come
processo di sviluppo dei prodotti ma soprattutto come velocità,
tempestività nel capire e nel seguire le esigenze del cliente, nell’adottare
sistemi informativi, logistici che fossero sempre marginalmente
migliori dei concorrenti e infine, nel cercare in questo lieve vantaggio
in tutte le aree il vantaggio globale.
L’innovazione permette di creare valore sia per il cliente sia per l’a-
182 - Premio Best Innovator 2004
zienda, che per avere sempre maggiore successo deve sapere favorire
e stimolare creatività e velocità non solo nell’area della ricerca e sviluppo
ma in tutte le aree.
Innovare è parte integrante della cultura Pirelli, che persegue l’eccellenza
nei processi e nei prodotti senza accontentarsi degli standard
correnti.
Andrea Illy
Penso senz’altro di poter affermare che l’idea che sta dietro al successo
di illycaffè sia proprio la nostra missione, passione, ossessione di
fare il migliore caffè che esista. E questa è una missione che abbiamo
da tre generazioni.
Quando parliamo di qualità intendiamo la qualità assoluta, non quella
che nasce dal confronto con la concorrenza! Vale a dire, la migliore
che la biologia e la tecnologia mettano in grado di ottenere E questo
è il primo pilastri su cui si basa l’impresa.
Il secondo pilastro è quello dei mercati lontani. Oggi siamo presenti
in più di 105 paesi e il 50% delle nostre vendite vengono fuori
dall’Italia. Ma già nei primissimi anni di vita della nostra azienda settant’anni
fa si vendeva più caffè in Sicilia di quanto non se ne vendesse
nella nostra regione.
A partire dai due primi pilastri ne abbiamo sviluppato un terzo: la tecnologia
al servizio dei primi due.
I miei due predecessori, mio nonno e mio padre, hanno avuto l’onore
di firmare tre delle sette innovazioni radicali nel settore caffè del secolo
scorso. Da questo si capisce come l’azienda si sia costantemente
reinventata, plasmata, riorganizzata sempre perseguendo questo
obiettivo della qualità.
Questo è avvenuto grazie anche alla determinazione e alla propensione
all’innovazione delle persone che lavorano nell’azienda: non solo i
familiari ma anche i manager. Possiamo parlare di “sovraestensione”,
cioè cercare sempre di superare l’esistente, introdurre regole nuove,
fare cose nuove.
Premio Best Innovator 2004 - 183
Questo ci ha portato a modificare in maniera sostanziale la tecnologia.
Per esempio il nostro caffè, molti di voi già lo sanno, è confezionato
con una tecnologia che è esattamente all’opposto di quello che si
fa comunemente sul mercato: la pressurizzazione, che garantisce una
migliore conservazione degli aromi, invece del sottovuoto. Il nostro
modo di comperare il caffè bypassa completamente la catena di grossisti
e broker, per andare direttamente dal coltivatore, sì da avere la
possibilità di formarlo all’ottenimento della qualità che noi andiamo
cercando. E questi sono solo due macroesempi di rilevanti cambiamenti
che sono stati introdotti nell’azienda.
Come, infine, tutto ciò è potuto venire valorizzato? Attraverso una
grande chiarezza della strategia. Tanto chiara di aver scelto, alla fine,
di vendere un unico prodotto in tutto il mondo, in qualsiasi luogo di
consumo.
Chiarezza della strategia anche nella comunicazione che valorizzi
questa esperienza di consumo di un caffè di grande qualità. E, come
ho già detto, la globalità. Tutto qua. Grazie.
Roberto Crapelli
Il dottor Romano dovrebbe spiegarci come Enel ha potuto eccellere nelle
architetture per innovazione in un ambiente complesso, con un cambio
di management importante, mentre resta l’imperativo di distribuire
alti dividendi agli azionisti.
Massimo Romano
Intanto partirei con un’osservazione preliminare. Probabilmente se
Enel è qui oggi fra i premiati, è perché da alcuni anni opera in un contesto
di mercato. Il monopolio difficilmente genera innovazione.
Da questo punto di vista credo che il settore dell’energia offrirà importanti
elementi di innovazione nel futuro, dettato dall’apertura dei
mercati e dalla definizione di nuove regole.
Per un’impresa come Enel l’innovazione corre lungo due direttrici:
l’adeguamento delle tecnologie e l’adeguamento dell’organizzazione.
184 - Premio Best Innovator 2004
L’innovazione delle tecnologie per noi è molto importante per avvicinarci
al cliente.
Alla prima categoria appartiene il Progetto Telegestore, più noto come
contatore elettronico: grande progetto italiano concepito e progettato
all’interno dell’azienda. Un grande investimento in termini di risorse -
oltre 2 miliardi di euro - nonché organizzativo - oltre 30 milioni di
contatori sostituiti, coinvolgendo più di 15 mila persone -. Questo progetto
è destinato a cambiare il modo di produrre, distribuire e consumare
energia elettrica. Renderà, infatti, il rapporto con il cliente più
efficiente, più trasparente, più flessibile e più consapevole.
La seconda direttrice è l’innovazione nell’organizzazione, con particolare
attenzione allo sviluppo delle risorse umane. La sfida imprenditoriale
del passato è stata vinta sulla capacità di fare.
La sfida del presente si fonda sul sapere. Per vincerla bisogna attrarre
talenti. Per essi bisogna costruire un’organizzazione adeguata.
Roberto Crapelli
Grazie a tutti voi. Complimenti ancora.
Premio Best Innovator 2004 - 185
LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO
Conclusioni
Luca Cordero di Montezemolo
Presidente Confindustria
Vorrei iniziare ringraziando tutti voi. Il primo ringraziamento va ai
partecipanti perché, devo dire, quando con gli amici del Comitato di
presidenza di Confindustria e in particolare con Pasquale Pistorio, decidemmo
questa separazione opportuna e necessaria tra ricerca e innovazione,
qualcuno avrebbe potuto pensare che sul tema dell’innovazione
non ci sarebbe stata attenzione, partecipazione, direi qualcosa
di più, entusiasmo. Il primo ringraziamento va quindi a voi per la
partecipazione e l’attenzione mostrata che ripaga le scelte e il lavoro
fatto per questa giornata. Grazie.
Il secondo ringraziamento va a Marco Rosi, al Sindaco di Parma, al
Presidente della Provincia, all’Associazione Industriale, ai colleghi imprenditori
di Parma. Essere venuti a Parma per un convegno di
Confindustria poteva non essere una cosa così originale, considerando
i molti precedenti, ma ci ha fatto piacere, ci ha fatto molto piacere
venire a Parma per dare un segnale di attenzione, di stima e rispetto
per una città che ha un tessuto imprenditoriale fatto di piccole, di
medie e anche di grandi aziende a cui ci sentiamo vicini e a cui volevamo
dare - ripeto - un segnale di stima e di vicinanza. Quindi grazie
a Marco Rosi. Grazie al Sindaco, grazie a tutti voi, grazie a Parma.
Il terzo ringraziamento, l’ho lasciato per ultimo, lo devo fare a
Pasquale Pistorio perché credo che un uomo come Pistorio, un uomo
del sud, un vero italiano, ma anche un uomo internazionale, che lavora
e vive tra Italia, Svizzera, Francia e Stati Uniti, che ha compe-
Luca Cordero di Montezemolo - Conclusioni - 189
tenza e passione, è veramente il sinonimo dell’imprenditore italiano:
piccolo, piccolissimo e grande.
Sono molto fiero e molto onorato di avere Pistorio, Rocca,
Bombassei, Pininfarina, Salmoiraghi e tanti altri vicini in questo lavoro
di Confindustria. Dobbiamo fare alcune riflessioni insieme, e
sottolineo insieme, alla fine di questa giornata.
La competenza e la passione di Pasquale Pistorio sintetizzano come
insieme vogliamo affrontare il tema dell’innovazione. La Prima
Giornata dell’Innovazione.
Parlare di innovazione - Ministro Stanca, la ringrazio della partecipazione
- è parlare del Dna di un imprenditore e del Dna di un paese.
Quando a maggio, nel presentare il nostro programma confindustriale
nella mia relazione a Roma, dissi “innovazione, innovazione, innovazione”,
era già stato, da parte del mondo degli imprenditori, un segnale
forte per l’innovazione come grande priorità del nostro futuro.
Ma le parole sono facili da esprimere, devono essere poi però riempite
di contenuti, di programmi, di idee, di azioni, altrimenti rischieremmo
di prendere ad esempio quelle persone che a livello di parole
sono dei “campioni del mondo”, ma che non sanno trasferire poi le
buone intenzioni in fatti concreti, che è molto più difficile. Il nostro
mestiere è quello di passare sempre dalle parole ai fatti.
Credo inoltre che una Confindustria moderna non debba limitare il
proprio lavoro ad attività di lobby, di rapporto con le istituzioni, con
le commissioni governative, con i parlamenti e i governi, ma debba
avere anche un ruolo importante nella formazione e nella crescita della
cultura dei nostri imprenditori.
Ognuno di noi è consapevole di quanto impara ogni giorno, io sono
convinto che sia fondamentale per gli imprenditori condividere dei
momenti di formazione, di riflessione, dei momenti per scambiarsi
opinioni o per imparare qualcosa. Lo è soprattutto per le piccole imprese,
quelle che mai come in questo momento non debbono sentirsi
sole, ma fortemente rappresentate da Confindustria. Mi accorgo ogni
giorno di quante cose devo imparare e quante cose oggi so meno di
190 - Conclusioni - Luca Cordero di Montezemolo
quelle che saprò domani. Quindi una Confindustria, questo è importante
sottolinearlo, che deve rappresentare un momento di crescita
culturale e professionale.
L’ho detto anche ai Giovani imprenditori. Facciamo magari qualche
convegno politico in meno, ma utile per imparare quello che sarà il
nostro mestiere di imprenditori domani. Questo è importante perché
frequentare Confindustria vuol dire farlo anche per aggiornarsi e crescere
professionalmente.
Questa giornata è dedicata fondamentalmente, soprattutto, come dicevo
prima, ai piccoli imprenditori. Sono loro i principali protagonisti
dell’innovazione. Sono loro a cui ci rivolgiamo perché nel nostro
mestiere chi non innova arretra.
Io credo che la giornata di oggi abbia mostrato momenti di grande interesse
come la bellissima, appassionata, competente relazione di
apertura di Pasquale Pistorio e il richiamo di Rosi al rapporto con il
territorio. È giusto che questi convegni, questi seminari, questi momenti
di formazione, debbano avere una forte ricaduta non solo sul
territorio inteso come associazioni territoriali di Confindustria, ma
debbano arrivare direttamente alle nostre imprese.
Ecco che come già per la Giornata della Ricerca, in cui affrontammo
il tema della Ricerca, dall’università in poi, e proponemmo sei, non
venti, ma sei precise proposte al governo per il futuro della ricerca
perché un paese che non investe in ricerca è un paese che non guarda
al suo futuro, anche oggi le proposte di Confindustria sono chiare, ma
sono soprattutto rivolte all’interno. È un convegno per parlare tra di
noi, per trasferire esperienze e per aumentare la nostra cultura.
In questi ultimi giorni siamo stati costretti, logicamente, a preoccuparci
della Finanziaria. Devo dire che i segnali che abbiamo, questa
mattina ho parlato di “un balletto umiliante” commentando quello
che stiamo vedendo sull’Irap, non vorrei parlarne in questo momento,
ci lasciano anche una certa tristezza, prima come cittadini e poi come
imprenditori.
La giornata di oggi, parlare di innovazione significa guardare avanti,
Luca Cordero di Montezemolo - Conclusioni - 191
significa essere fuori da tutta una serie di problemi contingenti perché,
ahimè, da molti anni a questa parte il nostro paese sembra limitarsi
a scelte non del giorno dopo, ma addirittura della stessa sera rispetto
alle decisioni della mattina.
Dobbiamo provare a uscire dal contingente. Mi domando e vi domando
se è un bene che la politica economica industriale italiana sia
costretta solo in uno spazio di pochi, angusti, affannati mesi, verso la
fine dell’anno e se debba essere questo il modo di fare politica economica,
anche se è una parola un pò grossa parlare di politica economica,
e se queste scelte contingenti debbano solo riguardare le tabelle
della legge finanziaria, i suoi articoli e comma, i suoi allegati, i suoi
collegati. E oggi “collegati” lo dico in italiano.
Sono convinto che la politica economica di un paese non si possa fare
solo in termini di legge di spesa o di modifiche fiscali e non possa
essere relegata nel pur ampio dibattito di una legge finanziaria.
Quello in cui si costruisce un paese competitivo, un paese moderno,
un paese che guardi veramente avanti con delle scelte di fondo deve
essere invece una preoccupazione ed una cura che dura tutto l’anno,
non solo l’ultimo trimestre, dura tutto il tempo di un governo per affrontare
quelle scelte che ci permettano di guardare al futuro con fiducia
e con certezza. Ecco, fiducia e certezza, quello che chiedono gli
imprenditori italiani per poter investire, per poter guardare al futuro
con ottimismo. Per poter innovare ancor più di quanto non hanno fatto
finora.
Mi sembra che in queste ore le scelte, il balletto, il dibattito che ci viene
prospettato da un mondo che sembra lontanissimo da noi che tutti
i giorni lavoriamo, ci confrontiamo con i clienti, i concorrenti, il
prodotto, l’innovazione, il mercato, il budget, ci trasmettano dei messaggi
che sono in totale contraddizione con quello che ci serve di più:
fiducia e certezza. Lo diciamo, ripeto, prima come cittadini e poi come
imprenditori.
Io credo che Confindustria, in modo sereno, in modo preoccupato ma
costruttivo, debba sostenere fortemente che serve un vero progetto e
una vera visione del paese. Non abbiamo bisogno di un progetto che
192 - Conclusioni - Luca Cordero di Montezemolo
sia il prodotto di sterili programmazioni o di compromessi corporativi,
ma che sappia rappresentare la sintesi delle aspirazioni, che sappia
coinvolgere le tensioni di milioni di persone che rappresentano il nostro
popolo.
Innovazione. Quanto serve l’innovazione. Serve innovazione a 360
gradi nel paese, serve innovazione, come diceva Pasquale Pistorio, nel
nostro modo di lavorare tutti i giorni, nella gestione delle nostre
aziende, dei nostri uomini. Occorre modificare l’organizzazione delle
nostre aziende, che abbiano dieci dipendenti o ne abbiano diecimila,
e innovare, far crescere, motivare, organizzare i nostri uomini, sapere
delegare. Saper fare innovazione del prodotto, innovazione del
marketing intorno al prodotto. Mi è piaciuto molto l’esempio del pomodoro
cinese che ha fatto Alberto Tripi. Quanto è importante nel nostro
mestiere tutto quello che sta intorno al prodotto, perché se non
avessimo dei prodotti eccezionali non faremmo bene il nostro mestiere.
Il problema è che avere un prodotto eccezionale oggi non basta.
Abbiamo bisogno di innovare a 360 gradi.
Il cliente, il mercato, la rete di vendita, le joint venture, come far crescere
le nostre aziende, come aggiornarci continuamente, ecco la nostra
grande scommessa, ecco perché è giusto dire che una giornata come
oggi è dedicata a noi. Come quelle giornate che servono ai medici
più bravi per aggiornarsi sulle tecniche di operazione o sulle cose più
innovative nella medicina, noi dobbiamo fare altrettanto nel nostro
mestiere.
Ma serve innovazione anche nel paese. Serve innovazione nella politica
economica e non sto parlando di una politica economica di fantasia
per eludere i limiti di indebitamento, ma di politica economica in
termini di ricerca di soluzioni avanzate che sappiano far crescere il
paese in un contesto internazionale in continuo mutamento. Più innovazione
significa essere più competitivi ed essere più competitivi significa
accettare e vincere le sfide. E noi le vogliamo vincere le sfide,
non andiamo sui mercati, in pista o in qualsiasi altro contesto con i
nostri prodotti, per perderle. Dobbiamo vincere, ma per questo non
possiamo essere da soli perché il sistema paese, soprattutto quando
Luca Cordero di Montezemolo - Conclusioni - 193
parliamo di internazionalizzazione e di assistenza alle piccole aziende
prive di dimensioni, budget, organizzazioni internazionali. Per
queste ultime, il sistema paese è fondamentale e deve innovare in questo
senso.
Anche Schumacher se guidasse la Ferrari con una mano sola, non potrebbe
vincere, pur avendo una macchina che, tutto sommato, non mi
sembra sia malissimo.
Riflessioni in questo senso dobbiamo farle per dire quanto è importante
in casa nostra spingere sull’innovazione.
Una cosa è certa, giornate come oggi, nelle quali l’innovazione viene
posta al centro del nostro pensiero significa, finalmente, non parlare
di politica, non essere accusati di essere di destra di sinistra, di centro,
sopra, sotto, a destra. Il futuro di questo paese non è né di destra
né di sinistra, è il futuro dei nostri figli, dei nostri giovani, delle nostre
aziende.
Come imprenditori noi guardiamo sempre avanti. Dobbiamo sapere
dove siamo. Bombassei diceva che ogni dieci anni noi facciamo una
programmazione di avanzamento, di innovazione, perché abbiamo
bisogno di qualcosa di più e lo fa ognuno di voi nelle vostre aziende.
E se non lo fate abbastanza, mi auguro che dopo queste giornate sarete
ancora più motivati, come lo è Pasquale Pistorio e come lo è il vostro
presidente, a uscire da questa stanza con ancora più motivazione.
Vi voglio dire però una cosa: è importante contribuire prima di tutto
come cittadini per spingere questo paese a guardare avanti, a non fare
dibattiti sul passato, a non fare delle scelte trite e ritrite.
Guardiamo avanti. Non parliamo di dove eravamo nel ’93 quando c’era
la concertazione, seppur utile e importante in quel momento.
Guardiamo dove saremo nel 2023. Questa è la sfida di un paese, questa
è la sfida che noi imprenditori siamo pronti a giocarci rimboccandoci
le maniche, lavorando, innovando, rischiando.
Cosa possiamo fare? Possiamo dire una cosa che sembra di disarmante
semplicità: migliorare l’Italia significa migliorare gli italiani, le
194 - Conclusioni - Luca Cordero di Montezemolo
loro imprese, le loro istituzioni, perché tutto questo vuol dire un futuro
migliore. Facendo ognuno la sua parte.
Ed ecco quindi che pensare al futuro, lo abbiamo detto a Roma quando
parlavamo di ricerca, vuol dire investire in ricerca. Lo diciamo oggi
parlando di innovazione. E, ripeto, credo che l’innovazione sia
qualcosa che non si ferma mai.
Ogni tanto qualche amico imprenditore mi dice: “Sai, Luca, sono contento,
adesso sto più tranquillo perché ho appena finito la riorganizzazione
della mia azienda”.
Gli dico: “Guarda che tu l’hai finita stasera alle cinque, ma domattina
alle otto quando sei in azienda devi ricominciare”.
Perché l’innovazione è qualcosa che non si ferma mai.
Ha ragione Pistorio quando indicando i quattro temi fondamentali tra
cui l’information technology, il risparmio energetico, il rapporto con
l’ambiente e la qualità totale, la intende non solo come qualità del
prodotto ma come qualità dei nostri uomini. È la motivazione dei nostri
uomini.
Dico spesso che il nostro è un capitalismo familiare forte, vero, importante.
Ma se qualcuno ha dei figli che decidono di fare altri mestieri,
rispettabilissimi, meglio un figlio in meno in azienda e un manager
in più, se questo serve al futuro delle nostre aziende. Con tutto
il rispetto dei nostri figli.
Noi dobbiamo innovare la nostra cultura imprenditoriale.
Parlare oggi di innovazione non significa fare politica. Non significa
chiedere sussidi, perché l’innovazione non ha bisogno né di sussidi né
di agevolazioni. Viene dalla forma mentis di un paese, viene dalla forma
mentis dei professori di scuola, dalle maestre dell’asilo, da chi insegna
nelle scuole di mestiere. Viene dalla forma mentis degli imprenditori.
A volte noi imprenditori chiediamo l’innovazione ad altri, oggi dobbiamo
fare uno sforzo per fare emergere la stessa innovazione nelle
nostre imprese e premiare tra i nostri collaboratori chi ha delle idee
Luca Cordero di Montezemolo - Conclusioni - 195
nuove, chi viene con delle proposte, chi ha un approccio innovativo.
È un modo questo anche per guardare avanti.
Certo, e lo ha sottolineato sempre molto bene Pasquale, qualunque sistema
paese innovativo per le imprese e per i cittadini, ha bisogno di
un quadro giuridico e legislativo che favorisca l’innovazione. E qui noi
abbiamo un forte limite. Lo dobbiamo dichiarare ad alta voce questo
forte limite.
Un approccio che spesso è stato corporativo, ha teso a parcellizzare e
a regolamentare minuziosamente, a volte troppo minuziosamente, le
molte attività del paese, col risultato che ogni innovazione trova ostacoli,
resistenze in troppe soffocanti e assurde norme che creano vincoli
e impongono procedure inaccettabili per le piccole imprese.
Ne derivano dei grandi freni all’innovazione e io credo che barriere
burocratiche come quelle che abbiamo nel nostro paese finiscono
spesso per premiare i più furbi e i meno onesti piuttosto che i più bravi
e i più innovativi. Tutto ciò è triste, ma molto spesso è così.
Accade anche che i più innovativi siano costretti ad andare all’estero
per sfuggire agli eccessi di regolamentazione e ai bizantinismi del nostro
paese.
Stamattina Pasquale Pistorio ha parlato della delocalizzazione delle
aziende. Io dico liberalizziamo, non costa. Iniettiamo anche competizione
nel nostro mercato e nel nostro paese, nel mercato del lavoro, in
quello delle professioni o delle innumerevoli attività e procedure per
diventare imprenditori, per avviare un’azienda, per iniziare a fare il
nostro mestiere. Magari avendo denaro e idee, tariffe, balzelli. È per
questo che anche noi, nella nostra associazione, in Confindustria,
dobbiamo saper innovare con coraggio.
Abbiamo una frammentazione eccessiva del tessuto associativo, troppe
rappresentanze e forse, perché no, diciamocelo ogni tanto serenamente,
un eccesso di burocrazia anche in casa nostra.
Però il tema di fondo che è stato toccato molto bene prima di me, riguarda
la pubblica amministrazione. Qui dobbiamo dire che servizi,
non procedure, devono essere il vero prodotto di una pubblica ammi-
196 - Conclusioni - Luca Cordero di Montezemolo
nistrazione moderna. Servizi, non procedure. Servizi, non problemi.
Servizi, non defatiganti file o defatiganti pezzi di carta per arrivare ad
aprire una finestra nel proprio stabilimento.
Di questo dobbiamo ricordarci quando si va a negoziare un contratto
del pubblico impiego. Cominciamo a ragionare, lo so che sembra di
dire delle cose assurde, lo so che sembra di sognare, ma nel nostro
mestiere quante volte dai sogni siamo passati alla realizzazione nelle
nostre aziende, a pagare i dipendenti pubblici sulla base della soddisfazione
dei clienti che sono, in questo caso, i cittadini. Cerchiamo di
ragionare. Cerchiamo insieme al termine innovazione, di sentir parlare
un pò di più nel nostro paese di meritocrazia.
Sentiamocelo dire dal sindacato, meritocrazia in fabbrica. Diciamolo
ai nostri dipendenti. Debbono andare avanti i migliori. Meritocrazia
nella pubblica amministrazione, meritocrazia nel paese.
E insieme alla pubblica amministrazione non si può non parlare della
giustizia, a proposito di innovazione. E qui non parlo di quella che è stata
riformata, che fa fare scioperi, che mette la magistratura contro il
parlamento e viceversa, argomento in cui non voglio entrare. Parlo della
giustizia più minuta. Quella che interessa tanti imprenditori e tanti
cittadini che nelle loro azioni sono ostacolati da tempi lunghissimi e da
procedure complicate. Così tante che capita a volte che chi ha torto va
in giudizio e, intanto che il tempo passa, rischia di essere costretto a trovare
un compromesso per ridurre i tempi, pagando così due volte.
I tempi della giustizia sono inaccettabili in un paese moderno. È un
tema che viene da lontano, quindi non riguarda questo o quel governo.
È un tema di fondo. È uno di quei temi che, come vi dicevo all’inizio,
condizionano il nostro futuro.
Pubblica amministrazione, burocrazia, tempi della giustizia, sono anche
i grandi temi per cui gli stranieri non investono più in Italia. E sono
cose gravi.
Voglio dire un’ultima cosa che ho solo accennato. Io credo che la concorrenza,
di cui abbiamo tanto bisogno nel nostro paese, farà emergere
i migliori, premierà che innova, garantirà istituzioni migliori.
Luca Cordero di Montezemolo - Conclusioni - 197
Concorrenza tra imprese. La conosciamo. Concorrenza tra paesi.
Concorrenza tra cittadini. Concorrenza tra impiegati pubblici e tra le
istituzioni. Concorrenza leale, moderna, aperta, competitiva, per fare
emergere i migliori.
Questa sarebbe l’innovazione più forte, più vera per la nostra Italia.
Una maggior concorrenza e quindi una maggior competitività.
Quando parliamo di innovazione parliamo di un tema fondamentale
nel nostro paese, fondamentale anche in Europa. Ha ragione il ministro
Gasparri quando dice attenzione, e lo diciamo anche noi, tra i
patti di stabilità e l’innovazione, gli investimenti per la ricerca, il non
fermare un continente che è già più vecchio degli altri, che è già più
burocratico degli altri e che già investe meno in innovazione e in ricerca
rispetto agli altri grandi continenti del mondo.
Nelle prossime settimane avremo degli incontri serrati con le altre
Confindustrie europee per cercare di ragionare insieme e di pesare di
più al tavolo della competitività. Non possiamo parlare solo di parametri,
ci mancherebbe altro, ma dobbiamo parlare di sviluppo, di
competitività e di futuro.
Vorrei chiudere perché è tardi e non vi voglio annoiare dicendo che abbiamo
posto al centro dell’attenzione innovare a 360°. Lo abbiamo detto,
lo perseguiamo a livello nazionale, a livello europeo, a livello territoriale.
Mi auguro, e vi ringrazio ancora della partecipazione, che condividiate
questo sforzo che facciamo insieme per essere imprenditori sempre
più moderni, sempre più attenti ai giovani e alla competitività, che
non chiedono niente, ma vogliono solo essere messi nelle migliori
condizioni per fare il loro mestiere.
Possiamo chiudere questa giornata e voglio ringraziare, in chiusura,
tutti coloro che con Pistorio, tutti coloro di Confindustria che hanno
lavorato bene per questa novità, per questa scommessa in cui crediamo
moltissimo e che sarà solo la prima di tante giornate che porterà
a riflettere i nostri associati sull’innovazione e su altri temi, mi auguro,
per avere delle opportunità di crescita culturale, imprenditoriale,
manageriale e delle idee.
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Terminiamo con un sogno. Sogniamo di ritrovarci tra pochissimi anni
a Parma, giovani uguali, con la stessa passione di Pistorio, con la
stessa vostra passione, a dire che questo paese nei prossimi anni farà
e ha fatto un grande salto. Più cultura dell’innovazione, più concorrenza,
più meritocrazia, più competitività, più attenzione a quelli che
sono i veri fondamentali problemi dei cittadini, degli imprenditori e
del futuro del paese.
Grazie a tutti e buon lavoro. Grazie ancora.
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Finito di stampare nel mese di febbraio 2006
dalla Failli Grafica srl - Guidonia-Montecelio (Roma)