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Redazione: Piazza Cavour 17 - 00193 Roma • Poste Italiane spa – Spedizione in abbonamento postale 70% - Roma
11/novembre 2012
L’INTERVISTA/Roberto Wirth
La straordinaria storia
di un hotelier di successo
L’INCHIESTA/Parchi urbani
Giochi per tutti
e senza barriere
MAGAZINE
PORTFOLIO/Barcolana
La regata più bella
del mondo

EDITORIALE
di Mario Carletti
Direttore Centrale Riabilitazione e Protesi, Inail
Quelle piccole cose
che cambiano la vita
(in meglio)
La pellicola Quasi amici potrebbe vincere l’Oscar quale miglior film straniero.
Sarebbe bello, ne abbiamo parlato più volte su questa rivista, ricordando
come l’integrazione e, soprattutto, la crescita sociale e culturale
spesso si ottengono senza grandi discorsi né proclami, ma attraverso mezzi
più immediati come con un film. Cioè con un atto pratico e concreto di impatto
chiaro e diretto, facilmente fruibile, di larga diffusione e di costi relativamente
contenuti (niente a che vedere con gli oltre 200 milioni di un
colossal come Avatar, tanto per intenderci).
L’inchiesta che proponiamo in questo numero invita a riflettere su
altri modelli e altri luoghi ove si possa favorire la diffusione di un
messaggio positivo, la crescita culturale e, più in generale, un’inclusione
a tutto campo. A me viene subito in mente lo sport
(deviazione professionale, forse), ma anche il gioco, la scuola,
i luoghi di lavoro, per fare solo alcuni esempi. Sull’efficacia
dello sport credo ci sia poco da discutere. Lo spogliatoio,
maschile o femminile che sia, è in assoluto il posto dove tutto
si stempera e l’integrazione è immediata, anzi obbligata.
Ma anche il luogo dove si impara ad accettare se stessi e gli altri,
dove il confronto con gli altri ti fa crescere e migliorare. Lo
stesso vale per il gioco, anche se i bambini possono essere “crudeli”
nella loro sincerità, diretti negli aggettivi e nelle osservazioni, ma
altrettanto capaci di far risaltare in modo positivo le diversità.
Il giardinetto inclusivo, dicono i “superesperti”, non costa una fortuna
e, in ogni caso, sarebbe un investimento ad altissimo ritorno sociale per
qualsiasi Comune, qualsiasi ente benefico e, mi permetto, perfino qualsiasi
parrocchia. In Italia (ci risiamo) sono davvero pochi, ma secondo me unicamente
perché spesso gli amministratori non ci pensano. In alcuni Paesi esistono
Linee guida nazionali per gli spazi ludici: non sono leggi, ma percorsi
intelligenti che possono essere utilizzati da chi ha davvero la volontà di creare
giochi per tutti.
Sarebbe bello che qualche finanziatore promuovesse una ricerca in
questo senso e che i professionisti del settore facessero galoppare la loro creatività.
SuperAbile sarebbe felice di dare spazio a una simile iniziativa e di
mettere poi a disposizione le Linee guida per tutti.
P.S. Nel frattempo attendiamo le foto dei parchi gioco inclusivi che ci vorrete
segnalare.
3
Giardini d’inverno
e molto altro
All’aria aperta anche d’inverno.
A patto, però, che i giardinetti sotto
casa siano stati progettati all’insegna
dell’accessibilità. Questo mese
SuperAbile Magazine si è messo
sulle tracce delle buone
prassi nell’allestimento
di parchi giochi,
fruibili davvero per
tutti. Nelle pagine
che seguono,
un’intervista
a Roberto Wirth,
proprietario
dell’Hotel Hassler,
uno degli alberghi
più belli di Roma
e d’Europa. Ma anche
l’incontro con un gruppo di studenti
che sono andati a vivere insieme e
la storia di quattro bibliotecari alle
prese con la catalogazione di un
patrimonio cartaceo e fotografico
sterminato. E ancora: il racconto
per immagini di un’insolita gara in
barca a vela, la presentazione di una
docufiction animata che andrà in
onda su Rai Due e la storia di una
radio particolare, che si rivolge ai suoi
ascoltatori in Lingua italiana
dei segni.

NUMERO UNdIcI Novembre 2012
EDITORIALE
3 Quelle piccole cose
che cambiano la vita (in meglio)
di Mario Carletti
ACCADE CHE...
5 Automobilisti disabili:
pochi ma virtuosi
7 L’accessibilità ai tempi
della Biennale
L’INCHIESTA
8 Giardinetti inclusivi cercasi
di Michela Trigari
INSUPERABILI
14 Sono sordo, ma non mi dispiace
Intervista a Roberto Wirth
di Antonella Patete
Superabile Magazine
Anno I - numero undici, novembre 2012
Direttore: Mario Carletti
CRONACHE ITALIANE
16 Scene da una convivenza.
Tra studenti
di Antonio Michele Storto
SOTTO LA LENTE
18 Work in progress.
Fra i libri e non solo
di Marta Rovagna
PORTFOLIO
20 Via col vento
Barcolana, la regata più bella
del mondo
TEMPO LIBERO
24 Fitness, la palestra è per tutti
di Giorgia Gay
SPORT
28 Piaceri d’inverno. In pista
con Freerider
di Stefano Caredda
In redazione: Antonella Patete, Laura
Badaracchi e Diego Marsicano
Direttore responsabile: Stefano Trasatti
Hanno collaborato: Eleonora Camilli,
Stefano Caredda, Carla Chiaramoni,
Giorgia Gay, Marta Rovagna, Antonio
Michele Storto, Michela Trigari di
Redattore Sociale; Franco Bomprezzi, Luca
Saitta; Erica Battaglia, Rosanna Giovèdi,
Alessandra Torreggiani, Francesca Tulli del
Consorzio sociale Coin
Progetto grafico: Giulio Sansonetti
4
MEDIA
30 Ti vedo e ti ascolto,
anche se non ti sento
di M.T.
CULTURA
31 Amira e la danza, una storia
a lieto fine
di Laura Badaracchi
35 Ron Howard racconta
l’avventura di Clay Regazzoni
di Luca Saitta
RUBRICHE
36 Inail... per saperne di più
Dispositivi domotici:
ecco come funzionano
37 Lavoro
Collocamento obbligatorio:
cosa sono le convenzioni
38 Tempo libero
Vacanze per tutti. E per tutto
l’anno
39 L’esperto risponde
Scuola, Ascensori
Editore: Istituto Nazionale
per l’Assicurazione contro gli Infortuni
sul Lavoro
Redazione: Superabile Magazine
c/o agenzia di stampa Redattore Sociale
Piazza Cavour 17 - 00193 Roma
E-mail: superabilemagazine@inail.it
Stampa: Tipografia Inail
Via Boncompagni 41 - 20139 Milano
Autorizzazione del Tribunale di Roma
numero 45 del 13/2/2012
PINZILLACCHERE
40 Il pranzo della domenica
Osteria Tacabanda
di Carla Chiaramoni
Fabrizio, 17 anni,
e il suo “collettivo” di artisti
41 Le parole per dirlo
Accessibile
di Franco Bomprezzi
A Venezia il primo docente
madrelingua Lis
DULCIS IN FUNDO
42 Strissie - I pupassi
di Adriana Farina
e Massimiliano Filadoro
Un ringraziamento, per averci
gentilmente concesso l’uso delle foto,
a: parco Europa del Comune di Jesolo
(pagg. 8-11), parco Formentano di Milano
(pag. 10), Dynamo Camp (pagg. 12-13),
Giuseppe Moccia e Sabatino Di Giuliano
(pagg. 20-23), Technogym (pag. 27),
Freerider Sport Events e Roberto Bof
(pagg. 28-29), Radio Kaos Italis (pag. 30).
In copertina, una foto di Giuseppe Moccia
scattata lo scorso 14 ottobre durante la
regata Barcolana di Trieste (Peppemoccia.
com)

ACCADE CHE...
MOBILITà
Automobilisti disabili: pochi ma virtuosi
I
”patentati speciali” provocano
meno incidenti: pochi
ma buoni, quindi, gli automobilisti
disabili che guidano sulle
strade italiane. Circa 560mila,
appena l’1,6% del totale degli
automobilisti italiani, ma in crescita
costante, visto che ogni
anno se ne registrano 20mila
in più. Sono alcuni dei dati resi
noti dall’Aci (Automobile club
d’Italia), che ha presentato la
tessera “Aci... inoltre”.
Le difficoltà principali con
cui devono fare i conti sulle
strade? L’occupazione abusiva
degli spazi riservati, i marciapiedi
e gli scalini non a norma
e, più in generale, la mancanza
di una “cultura” della disabilità.
Intanto migliorano e si
In Europa molti alunni
disabili frequentano
ancora gli istituti speciali.
Le percentuali più alte – tra
il 3 e il 5% – si registrano
in Belgio, Germania,
Repubblica Ceca e Lettonia,
contro lo 0,01% dell’Italia.
Ma le difficoltà si
incontrano anche dove vige
il sostegno scolastico, con
il rischio di pregiudicare
il futuro lavorativo dei
ragazzi. È l’allarme
lanciato da Nesse, network
indipendente di esperti in
scienze della formazione
e dell’educazione,
nell’ultimo rapporto
preparato per la
Commissione europea.
moltiplicano i dispositivi per
le automobili, come software
di riconoscimento vocale
per l’uso di tergicristalli, frecce,
abbaglianti, finestrini, aria
condizionata, radio e impianti
di telefonia. «La maggior parte
delle vetture – fanno sapere
dall’Aci – può essere adattata
ai disabili con costi ragionevoli
e reti di autonoleggio sono
in grado di fornire veicoli in risposta
ad ogni esigenza, anche
con formule a lungo termine».
Anche l’Aci ha definito negli
ultimi tre anni una serie di
prodotti per gli automobilisti
disabili. La nuova tessera, a
un prezzo più basso delle altre
carte associative, propone
vantaggi analoghi e servizi
L’EVENTO
Al via Handimatica 2012
Torna Handimatica, fiera nazionale sulle nuove
tecnologie al servizio della disabilità, giunta
alla nona edizione. Organizzata dalla fondazione
Asphi (Avviamento e sviluppo di progetti per
ridurre l’handicap mediante l’informatica), la
mostra-convegno biennale si terrà dal 22 al 24
novembre all’Istituto Aldini Valeriani-Sirani di
Bologna. Fra i temi dell’expo, ausili tecnologici,
integrazione scolastica e lavorativa, cultura
accessibile e autonomia. Info: Handimatica.com.
specifici: l’invio di due mezzi di
soccorso (uno per l’auto e l’altro
per l’automobilista), l’assistenza
sanitaria in viaggio, la
disponibilità di un veicolo sostitutivo
o il rimborso delle
spese di rientro a casa in caso
di grave guasto meccanico.
Il tutto, naturalmente, all’insegna
dell’accessibilità.
5
No alla discriminazione.
Fotografi, registi,
vignettisti, sceneggiatori
di spot o cortometraggi
vengono sfidati dalla
Federazione italiana
per il superamento
dell’handicap (Fish) a
mettersi in gioco con
tecnica e creatività.
Per raccontare la
discriminazione delle
persone con disabilità.
È il tema della seconda
In collaborazione con il Sidi
(Sindacato italiano diritti invalidi),
che ha contribuito alla
realizzazione del progetto, l’Aci
distribuisce la tessera solo
attraverso le associazioni dei
disabili sul territorio. Secondo
il presidente dell’Aci, Angelo
Sticchi Damiani, «l’automobile
è il mezzo preferito dalle persone
disabili per gli spostamenti».
E negli ultimi tre anni
ha riscosso successo il “Pra a
domicilio”, per il disbrigo delle
pratiche automobilistiche. Inoltre
cinque anni fa il soccorso
stradale Aci 803/116 ha attivato
una procedura con cui le persone
sorde possono richiedere
l’intervento di un carro-attrezzi
tramite sms, ricevendo in forma
testuale le informazioni sul
soccorso.
edizione del concorso
“Sapete come mi
trattano?”, che si chiude
il 16 novembre; previsto
un premio di 2mila euro
al primo classificato di
ogni categoria e di 1.250
euro al secondo. Info:
Sapetecomemitrattano.it.
Nella foto, Divieto d’amore
di Antonino Zampino,
dell’Anffas di Patti
(Messina), che nel 2010 ha
vinto il concorso.

ACCADE CHE...
EUROPA
Prevenire maltrattamenti
e tortura dei disabili psichici
Un numero speciale su abusi, tortura
e disabilità. È quello pubblicato
da The international journal
of human rights, a cura del Centro
ungherese di supporto per la salute
mentale. Il volume affronta gli
aspetti legali relativi alla prevenzione
dei maltrattamenti nei confronti
La recitazione corporea
per integrare persone
udenti e non. È ripartito
il corso di movimento
creativo – guidato da Sara
Di Michele, insegnante,
coreografa e ballerina
–, che si concluderà
con una performance a
giugno 2013; si tiene tutti
i giovedì dalle ore 20,30
alle 22,30 nella scuola
romana “Kairos teatro”
(info: tel. 06/8800251). A
Milano, invece, è partita la
sessione di danza sacra per
bambini e ragazzi sordi
promossa da Apsaras,
centro per le arti sacre
dell’India. Le lezioni si
svolgono presso il teatro
Trebbo di via De Amicis e lo
Spazio Luce di viale Monza.
delle persone disabili, in particolare
quando si trovano in stato di detenzione
psichiatrica o in case di cura.
Il rapporto invita poi alla riflessione
gli organismi di controllo, come
il Comitato per la prevenzione della
tortura del Consiglio d’Europa.
(Foto di Antonella Pizzamiglio)
IL PROGETTO
“Trame solidali”, spazio ai talenti
Laboratori di telaio, falegnameria, cucina e orto,
accompagnati da altre attività ludico-terapeutiche.
È la giornata tipo dei ragazzi dai 15 ai 20 anni
che a Milano hanno dato il via a “Trame solidali”,
un luogo di crescita inclusiva realizzato dall’associazione
Ortica. La particolarità? I laboratori sono
aperti a tutti. L’iniziativa nasce dalla richiesta di
spazi e contenuti dedicati agli adolescenti con diversi
tipi di disabilità. «Rispetto alla maggior parte
delle offerte esistenti
– spiega Fabrizia
Rondelli, presidente
dell’associazione –
è molto importante
partire da un progetto
di vita personalizzato»
e fatto su misura.
“Trame solidali” mira
infatti a garantire a
ciascuno la giusta individualità,
mettendo
al centro la persona.
UDINE
Coltivatori di frutta si diventa
Imparare a coltivare gli alberi
da frutto e la vite, a raccogliere
mele o pere, a vendemmiare.
È partito il corso di tecniche di
fruttiviticoltura per persone
con disabilità intellettiva o
relazionale, voluto dall’Anffas di
Udine. Realizzato dal centro di
formazione professionale della
cooperativa sociale “Trieste
integrazione” e finanziato
dalla Regione, il corso vuole
promuovere l’inserimento
lavorativo dei giovani. «Usciti
dalla scuola – spiega la
presidente dell’Anffas Cristina
Schiratti – bisogna acquisire
competenze specifiche».
6
CUNEO
Al lavoro il sindaco non vedente
Il mondo della disabilità?
«Deve smettere di essere
collaterale alla politica
e metterci la faccia: un
passaggio obbligato se
vogliamo che si verifichi
un cambiamento culturale».
Lo sottolinea Federico
Borgna, non vedente,
primo cittadino di Cuneo
eletto a maggio nelle fila
dell’Udc, già presidente piemontese dell’Unione
italiana ciechi. Come sindaco, Borgna deve fare
i conti con la spending review. «Purtroppo – dice –
la spesa pubblica va riorganizzata. Ma, prima del
welfare, molte altre voci andrebbero tagliate. Per
quanto mi riguarda, almeno per quest’anno, spero
di riuscire a mantenere invariati i servizi. Per il 2013,
in caso venga confermato il taglio di 2 milioni e
mezzo di euro al Comune di Cuneo, non so come
faremo a far quadrare i conti. Ma ci porremo il problema
quando avremo dei dati certi».

Arriva lo spartito
“accessibile”. Ha la
grandezza di una piccola
tastiera del computer, ma
sotto i tasti “tradizionali”
delle lettere ci sono quelli
in braille che permettono
ai non vedenti di comporre
musica. Ideato dalla
Biblioteca italiana per
ciechi di Monza, con la
collaborazione della Uic,
il dispositivo è collegato a
un software: il musicista
digita sulle due tastiere e
una voce legge le note.
LAVORO
Collocamento mirato, l’Isfol conferma la stabilità
Dopo il tonfo occupazionale del
2009 (-26%) e il recupero del 2010
(+6%, circa 22mila assunti), nel 2011
le chance per i lavoratori disabili si
sono stabilizzate. A evidenziare il
trend è la sesta Relazione al Parlamento
sullo stato di attuazione della
legge 68/99, realizzata dall’Isfol
(Istituto per lo sviluppo della formazione
professionale
dei lavoratori). Tuttavia
dalle cifre
emerge che si
tratta di avviamenti
concentrati
soprattutto
al Centro-
Nord (89%).
E il princi-
INFORMAZIONE
Arriva a quota 30mila articoli
la rassegna stampa sulla disabilità
Press-in ha festeggiato
i suoi oltre 30mila
articoli in archivio
e 4.670 iscritti. Il servizio
di rassegna stampa
sul mondo della
disabilità, avviato nel
2009 dal Comune di
Venezia, oggi è gestito
dall’associazione Letturaagevolata,
fondata
in accordo
con l’amministrazionecittadina
per dare continuità
al progetto iniziale e
promuovere il diritto
all’informazione e alla
cultura per chi ha problemi
di vista.
Tutti i giorni Press-In
esamina oltre 500 fonti
tra quotidiani locali e
nazionali, magazine e
portali web, stampa di
settore.
La selezione degli
articoli, la cui banca
dati funge da memoria
collettiva, risponde
ai criteri di
novità, utilità
e importanza
nell’affrontare temi come
disabilità e cultura,
barriere, mobilità,
scuola, lavoro, ausili,
tecnologie, ricerca,
sport e turismo. Info:
Pressin.it.
7
pale sbocco sono le imprese medio-grandi,
che coprono circa l’80%
delle assunzioni.
C’è però un dato negativo: i contratti
a tempo indeterminato sono
diminuiti. Inoltre le persone disabili
avviate al lavoro rappresentano
una minima parte degli iscritti
al collocamento mirato: 744mila
nel 2010, +5% rispettoall’anno
precedente,
contro i 650mila
del 2011,
senza contare
che nel Mezzogiornomolte
province non
hanno risposto
all’indagine.
VENEZIA
L’accessibilità ai tempi
della Biennale
iennale di Venezia senza barriere, grazie alle
B informazioni curate dal Comune. La tredicesima
Mostra internazionale di architettura, intitolata
Common Ground e in programma fino al 25
novembre ai Giardini napoleonici e all’Arsenale,
garantisce un collegamento tra le sedi espositive
attraverso due rampe sui ponti della Veneta Marina
e dell’Arsenale, una mappa dei percorsi accessibili
e personale a disposizione delle persone
disabili. Vaporetti e motoscafi in grado di trasportare
sedie a ruote, nonché informazioni sull’accessibilità
dei padiglioni e della città, sono gli altri
accorgimenti voluti per un’esposizione davvero
per tutti. Per ulteriori dettagli, Labiennale.org.
Fabrizio Macchi assolto
dal Tribunale antidoping.
Il ciclista varesino esce
pulito dall’accusa che lo ha
visto escluso dalle ultime
Paralimpiadi di Londra:
è stato assolto perché il
fatto – aver frequentato
il medico Michele Ferrari,
inibito dalla Federciclismo
per questioni di doping
– non costituisce illecito
disciplinare e perché non
ci sono prove che lo legano
all’uso di sostanze dopanti.
«Sono felice perché ero
sicuro di me, anche se
questa vicenda mi ha fatto
male», ha commentato
l’atleta, che ha sempre
ammesso di frequentare
Ferrari solo perché la figlia
del dottore stava scrivendo
la tesi di laurea su di lui.

L’INchIESta Giochi senza barriere
Giardinetti inclusivi
I parchi gioco accessibili
sono una realtà
poco diffusa nelle città
italiane. Ma qualcosa
si muove, a partire
dalle associazioni,
dai Comuni,
dalle aziende produttrici
e dalle ludoteche.
Perché il divertimento
è un diritto per tutti,
anche per i bambini
disabili
Michela Trigari
Nel paese delle meraviglie ci sono le
altalene per i bambini in sedia a
ruote. E anche per quelli che non
possono stare seduti perché la colonna
vertebrale non regge il peso del corpo. E
sui castelli o i fortini di legno ci possono
salire proprio tutti, perché ci sono rampe
a lieve pendenza e maniglie a cui potersi
aggrappare. Nel paese dei balocchi
esistono poi giochi multisensoriali e muretti
istruttivi anche per i più piccini. E,
quando si cade, lo si fa sul morbido perché
il pavimento è antitrauma. Storie a
lieto fine, ma che in Italia stentano a diventare
una realtà diffusa. I giardinetti
sotto casa accessibili a tutti si contano
sulle dita delle mani e dei piedi. Lo dice
chi di bambini se ne intende: una mamma.
«Quante volte mi è capitato di entrare
in un parco pubblico e vedere che D.
voleva salire su giochi per lui impossibili
– racconta Sabrina in Figli con disabilità.
Esperienze e testimonianze per genito-
8
ri di bambini con disabilità raccolte durante
gli incontri realizzati da alcune
associazioni milanesi –. Tuttavia i giochi
accessibili esistono. Consiglio di attivarsi
nei confronti delle amministrazioni comunali,
degli oratori parrocchiali e delle
scuole affinché si diano da fare per tutti i
bambini». Concetto, questo dell’integrazione
universale, che piace molto anche
a Elena Brusa Pasquè. Insieme a Luca
Fois del Politecnico di Milano, infatti,
hanno dato vita a Life for all, un network
orientato a promuovere il design inclusivo
tra i professionisti del settore. «Ogni
spazio, anche le aree per i bambini, deve
essere pensato, progettato e realizzato
senza sottolineature né accenti. Non esistono
giochi per qualcuno, ma giochi per
tutti. Lo stesso simbolo dell’accessibilità,
che è una carrozzina, è discriminatorio:
dovrebbe essere un fiore, un sole o comunque
un messaggio positivo e non il
contrassegno di una difficoltà», dice l’architetto
Brusa Pasquè.

cercasi
Le buone prassi fortunatamente
non mancano, anche se al massimo si
tratta di un paio di giardinetti accessibili
per comune. Milano è stata una
delle prime città italiane a fare scuola
grazie al progetto “Le strade e le piazze
dei venti” dell’Anffas (Associazione
nazionale famiglie di persone con disabilità
relazionale e/o intellettiva). Il
risultato? Un parco senza barriere, realizzato
nel 1997 proprio nei pressi della
sede dell’associazione in via Bazzi, con
una “chicca”: la pista per le biglie messa
sopra un tavolo, così che possano giocarci
anche i bambini in sedia a ruote.
A Jesolo invece, in provincia di Venezia,
il parco Europa è frutto di alcune
linee guida messe a punto nel 2003
con il progetto “Stessi giochi, stessi sorrisi”,
elaborato in occasione dell’Anno
europeo delle persone con disabilità,
grazie anche all’impegno del Comune
e ai finanziamenti europei e governativi.
Altro Comune virtuoso è Parma,
che possiede già due spazi verdi accessibili
in linea con quanto voluto dall’Agenzia
disabili e che, dopo il terremoto
in Abruzzo, ha realizzato un parco gioco
senza barriere a Villa Sant’Angelo, in
provincia dell’Aquila.
Ma le buone pratiche si trovano anche
nei giardini pubblici del Prolungamento
a mare di Savona, nel parco
Nicholas Green di Cosenza, in quello
dell’Albero d’oro di Candelo (Biella) voluto
dall’associazione “Ti aiuto io”, nel
parco Manaresi di Aprilia (Latina) promosso
da un comitato cittadino.
Spesso c’è di mezzo una onlus.
Com’è successo anche con “Giochiamo
tutti!”, il progetto della Fish (Federazione
italiana per il superamento dell’handicap),
che grazie al sostegno di Enel
Cuore onlus e all’intereresse delle amministrazioni
locali ha coinvolto nella
costruzione di giochi accessibili ben tre
città diverse: Genova (all’interno dell’area
Mandraccio in zona Porto Antico),
9
Milano (dentro il parco Formentano) e
presto anche Bari.
«Il movimento è molto importante
per lo sviluppo dei bambini, sia dal
punto di vista fisico sia dal punto di vista
delle relazioni con gli altri», spiega
Mercedes Becciu, presidente onorario
dell’Aitne (Associazione italiana terapisti
della neuro e psicomotricità dell’età
evolutiva). «Tanto l’interazione con
gli oggetti e con l’ambiente circostante
quanto l’attività esplorativa, sensoriale
e manipolativa, sono azioni attraverso
cui i più piccoli iniziano a conoscere gli
spazi in cui vivono – spiega –. La conoscenza
degli oggetti e la destrezza
motoria, anche se dipendono dal tipo
di disabilità, permettono al bambino
di programmare mentalmente quegli
step che lo porteranno gradualmente a
raggiungere l’obiettivo prefissato o a risolvere
il problema che gli si presenta
davanti. Anche senza agire fisicamente,

l’inchiesta
L’INchIESta Giochi senza barriere
magari pensando a una modalità alternativa
per divertirsi o aggirare l’ostacolo».
All’interno di questo percorso,
«i giardinetti pubblici rappresentano
un’ulteriore occasione di sperimentazione,
comunicazione e socializzazione
per i bambini; e poter avere l’opportunità
di vivere il parco giochi attivamente
aumenta l’accettazione di se stessi e
l’integrazione con gli altri», commenta
l’esperta di psicomotricità dell’Aitne.
E se tutto ciò non dovesse bastare,
l’importanza del gioco, dello svago e
delle attività ludiche o ricreative è sancita
anche dall’Onu nella Convenzione
internazionale sui diritti dell’infanzia
del 1989. Un principio ribadito da Il
diritto dei bambini disabili, una guida
pratica pubblicata da Save the children
nel 2003, e rafforzato dalla più recente
Convenzione sui diritti delle persone
con disabilità delle Nazioni Unite. Gli
Stati aderenti, inoltre, devono adottare
ogni misura legislativa e amministrativa
idonea ad attuare i diritti riconosciuti
in questi provvedimenti universali.
Se ne sono accorte anche le aziende
produttrici, visto che sempre più
spesso offrono una vasta gamma di
strutture accessibili all’interno dei loro
cataloghi. Come ad esempio Giochisport,
una ditta in provincia di Monza
e della Brianza che dispone di attrezzature
conformi alle linee guida redatte
dall’Americans with disabilities act
(Ada) e dalla Commissione di sicurezza
dei prodotti al consumo statunitense,
oltre che alle normative italiane ed
europee vigenti nel settore, riconosciute
idonee dall’Unione italiana lotta alla
distrofia muscolare (Uildm) e dalla
Fish, oppure come Greenarreda (vicino
Chieti) con le sue giostre e altalene anche
per sedie a ruote.
E poi ancora i giochi musicali o quelli
progettati per tutti da Modo, un’impresa
del padovano ispirata ai più nuovi
e moderni sistemi di arredo urbano, i
morbidi playground da interno di Parcogiochi
(in provincia di Teramo), il
trenino e il corridoio segreto di Benito
urban, ditta spagnola ma con un ottimo
sito in italiano. Sia che si tratti di
importatori o rivenditori di prodotti realizzati
all’estero sia che si tratti di fabbricanti
italiani, l’attenzione sta pian
piano comunque crescendo.
Il tempo libero dei più piccoli, inoltre,
è diventato oggetto d’interesse anche
delle manifestazioni fieristiche specializzate,
come dimostra la presenza di
espositori dedicati tanto all’ultimo Reatech
Italia, il salone per l’accessibilità,
l’inclusione e l’autonomia di Milano,
quanto a Rehacare international, la più
grande mostra convegno d’Europa in
materia di vita indipendente che si tiene
tutti gli anni a Düsseldorf (Germania).
Ma i più bravi sono gli Stati Uniti e
il Canada. In questi due Paesi esistono
linee guida nazionali per gli spazi gio-
10
co e gli equipaggiamenti senza barriere
che si basano sull’adattamento ai bambini
disabili degli standard messi a punto
rispettivamente dalla Commissione
statunitense per l’accessibilità, secondo
i criteri dell’Americans with disabilities
act, e dall’Associazione canadese
della normalizzazione. Una specie di
“Iso9000” dei giardinetti accessibili. Ma
entrambe le linee guida, che risalgono al
2000 per gli Usa e al 2007 per il Cana-

da, pur avendo ricevuto l’approvazione
del governo federale nel primo caso e la
partnership dell’Istituto nazionale per la
sicurezza dei parchi gioco nel secondo,
non hanno il rango di legge.
E d’inverno? tutti in ludoteca
insieme alla Lis. Forse perché si rivolgono
a una fascia d’età particolare
(soprattutto 0-6 anni) o perché sono
un servizio relativamente recente o forse
perché le norme che riguardano gli
spazi chiusi sia pubblici sia privati sono
molto più severe in materia di accessibilità,
ma sta di fatto che questi luoghi sono
molto più spesso pensati veramente
per tutti. A Roma e Modena, poi, esistono
un paio di ludoteche concepite anche
per l’integrazione dei bambini non
udenti con a disposizione un insegnante
di lingua dei segni per far giocare insieme
i più piccoli, raccontare favole e
storie ai più grandi, educare ai diversi
linguaggi. La prima è portata avanti dal-
In basso e alle pagine 8-9:
il parco Europa del Comune di Jesolo (Venezia).
A sinistra, uno scorcio
del parco Formentano, a Milano
la cooperativa sociale Il treno, mentre la
seconda (Ludolis) è gestita a richiesta
dalla sezione provinciale dell’Ente nazionale
sordi. Stessa cosa anche a Napoli,
dove sta per partire “Gioca in segni,
gioca in Lis”, un progetto per bambini
sordi nato da un’idea dell’Ens campano.
A Palermo, invece, la Ludoteca della natura
offre interpreti di lingua dei segni
ma previa iscrizione ai laboratori.
«Per le ludoteche è più facile riuscire
a coinvolgere i bambini disabili – osserva
ancora Mercedes Becciu –, perché
sono spazi pensati per dare risposte
pertinenti, e con attrezzature dedicate,
a più bisogni; spesso, inoltre, presentano
attività studiate a tavolino o tagliate
a misura di bambino e dove quasi sempre
la socializzazione è guidata da un
educatore», conclude l’esperta. Un ultimo
accenno, infine, al Centro internazionale
ludoteche di Firenze, che studia
e fa ricerche sui temi del gioco compresi
quelli terapeutici o in ospedale.
«I bambini sono il nostro futuro –
ha detto l’estate scorsa Pietro Barbieri,
presidente della Fish, durante l’inaugurazione
del giardinetto accessibile di
Milano –. Farli crescere in un ambiente
sereno, senza discriminazioni né pregiudizi,
significa migliorare la società di
oggi e di domani. E se il gioco promuove
la coesione e l’inclusione» tra i più piccoli,
«proprio nel contesto spensierato
tipico dell’infanzia, allora c’è bisogno»
non solo «di esempi concreti» ma anche
«di nuove idee».
11
Bologna, dove lo svago
si fa in quattro
Un percorso sospeso tra gli alberi
interamente accessibile, un giardino
terapeutico, un’area giochi senza barriere
e una ludoteca pensata appositamente
per i bambini disabili e i loro genitori. A
Bologna il divertimento per gli under 18
è assicurato, e in buona parte per merito
dell’Aias e della sanità locale. Nel senso
che l’Associazione italiana assistenza
spastici e l’Ausl hanno sollecitato
l’amministrazione cittadina per ottenere
quello che
volevano.
In poco più
di dieci anni
sono nati così
il giardinetto
Acerbi,
pensato
per tutti i
bambini, la
Stanza dei
giochi, una
ludoteca
con angoli
morbidi e
giocattoli adattati per essere fruita dai
più piccoli (anche quelli con disabilità),
un parco terapeutico con indicazioni
multisensoriali, cartelli in braille e
diffusori acustici sparsi tra i cespugli,
oltre a un percorso accessibile sospeso a
quattro metri d’altezza. Queste ultime
due esperienze, in realtà, fanno parte
di Corte Roncati, il polo multifunzionale
per la disabilità dell’Ausl di Bologna,
dove la onlus collabora solo per la
gestione dell’Ausilioteca. Per dondolare
sospesi tra gli alberi bisogna chiedere
l’autorizzazione ai servizi sociosanitari o
far parte di un percorso di riabilitazione
specifico. Inoltre, è necessario che sia
presente un istruttore del Montepizzo
Adventure park. [M.T.]

l’inchiesta Giochi senza barriere
In provincia di Pistoia
esiste un luogo
dove la terapia ricreativa
è di casa. Attività,
laboratori espressivi e sport
per ragazzi con malattie
onco-ematologiche
e neurologiche
Un campo di terapia ricreativa. Il
primo in Italia. Appositamente
pensato e strutturato per ospitare
gratuitamente – durante le vacanze
estive, natalizie e pasquali o durante i
weekend – bambini e ragazzi con gravi
patologie, dai 7 ai 17 anni di età. È il
Dynamo Camp di Limestre (frazione di
San Marcello Pistoiese), un posto dove
il divertimento è assicurato sotto l’occhio
vigile di medici, infermieri, educatori
e volontari. La settimana tipo?
Attività all’aria aperta e indoor, giochi
di gruppo, laboratori espressivi e multimediali,
teatro, musica e danza, fotografia,
passeggiate a cavallo, piscina,
tiro con l’arco e percorsi sospesi tra gli
alberi. Tutte sfide divertenti, all’interno
di un’oasi del Wwf, con lo scopo di aumentare
la fiducia in se stessi e scoprire
che la malattia non ha annullato ogni
potenzialità. Il campo, infatti, si rivolge
principalmente ad under 18 con patologie
onco-ematologiche e neurologiche,
anche croniche, che sono in cura o che
stanno vivendo il periodo di post ospedalizzazione.
Ma l’esperienza toscana
accoglie anche bambini e ragazzi disabili
o con sindromi rare.
«I bambini che presentano gravi patologie,
anche croniche, vivono una vita
difficile, sempre dentro e fuori da reparti
o ambulatori. La condizione della
malattia spesso vincola anche la loro autonomia
e la socializzazione con i coetanei,
compromettendo la spensieratezza
Al Dynamo Camp
la vacanza
è all’aria aperta
– dice Maria Serena Porcari, vicepresidente
dell’associazione Dynamo Camp
onlus –. Una vacanza qui rappresenta
quindi, per i ragazzi malati o disabili
e per le loro famiglie, un momento
di svago a contatto con la natura in un
ambiente sicuro, con a disposizione l’assistenza
medica. Ma si tratta anche di
un luogo bello: anche l’estetica, infatti,
è molto importante dal punto di vista
educativo e terapeutico», conclude la
12
vicepresidente. Al campo si accede su
richiesta del medico o dell’associazione
che ha in carico i minori, e l’esperienza
si può ripetere per al massimo
tre anni di seguito al fine di garantire
la rotazione degli ospiti.
Il Dynamo Camp ha aperto i battenti
nel 2007, grazie all’impegno di
Vincenzo Manes, ospitando inizialmente
60 bambini cresciuti a più di
mille nell’arco di tutto il 2012, e for-

Sopra e a sinistra, giochi e attività al Dynamo
Camp. A destra, il parco Morgan’s Wonderland
te della collaborazione di 67 ospedali,
55 associazioni, iniziative di autofinanziamento
e donazioni private (solo il 7%
arriva dagli enti pubblici locali). I ragazzi
provengono da tutta Italia e in
parte dall’estero, soprattutto da Germania,
Iraq ed Emirati Arabi.
Ma il campo è anche Radiodynamo.
it, esperienza web nata in partnership
con radio Deejay e dedicata a un pubblico
di piccoli ascoltatori, Art factory,
che vede la partecipazione di artisti che
ogni anno trascorrono un po’ di tempo
con i bambini per insegnare loro ad
usare la creatività, e Academy, impresa
sociale nata per sostenere il campo con
l’affitto degli spazi quando non sono
presenti i bambini. Ultima curiosità: il
Dynamo Camp fa parte del Serious fun
children’s, un network internazionale
fondato da Paul Newman. [M.T.]
13
La wonderland dei “bisogni speciali” si
trova negli Usa: una specie di Gardaland
statunitense a misura soprattutto di
bambini disabili. Opportunità o ghetto
che sia, fatto sta che a San Antonio, in
Texas, è nato Morgan’s Wonderland, il
primo grande parco dei divertimenti
senza barriere attento in particolar
modo «alle
esigenze delle
persone con
bisogni speciali»,
senza dimenticare
la dimensione
inclusiva. «Tutti,
infatti, devono
poter trascorrere
una bella giornata
in compagnia
e insieme alla propria famiglia o agli
amici», fanno sapere i gestori.
La filosofia del parco giochi parte da un
presupposto: «I ragazzi con difficoltà
fisiche o cognitive non hanno accesso
a strutture specifiche che li aiutino a
godere delle attività all’aria aperta», si
legge sul sito web Morganswonderland.
com. Ecco allora la giostra, l’altalena
e il trenino per chi è in sedia a ruote,
il villaggio sensoriale, i giochi sonori,
quelli con l’acqua e nella sabbia, l’isola
dei pirati, il giro del mondo e l’area picnic:
tutto progettato secondo la massima
accessibilità.
Il Morgan’s Wonderland, che ha aperto
le sue porte ai visitatori nel 2010 e si
estende su un’area di circa dieci ettari,
è stato voluto dalla Gordon Hartman
family foundation e viene finanziato
dagli Scorpions (squadra di calcio di San
Antonio), che trasmettono parte degli
utili netti alla fondazione per aiutare
questo «parco delle meraviglie» a pagare
le spese di gestione. [M.T.]

INSUPERaBILI
La comunicazione è il suo mestiere,
la determinazione il suo biglietto da visita.
Hotelier di livello internazionale, Roberto Wirth
è anche presidente di una onlus per bambini sordi
e sordociechi. Ed è appena tornato dagli Stati Uniti,
dove ha ricevuto un riconoscimento molto speciale
Antonella Patete
Hotelier, discendente di una storica
famiglia di albergatori, proprietario
e direttore generale dell’Hotel
Hassler, lo splendido albergo romano in
cima alla scalinata di Trinità dei monti
che incantò Grace Kelly e la famiglia
Kennedy e che ancora oggi continua a
ospitare star di fama internazionale del
calibro di Madonna, Bill Gates e George
Clooney. Oggi tutto appare semplice,
per Roberto Wirth, un uomo che sembra
aver ricevuto tutto dalla vita: bello
come un attore americano ed elegante
come un aristocratico, ha saputo coniugare
il talento imprenditoriale con l’impegno
sociale e filantropico. Di ritorno
dagli Stati Uniti, dov’è stato insignito
del prestigioso premio internazionale
DeafNation Inspiration Award dedicato
a otto persone sorde provenienti da
tutto il mondo, Wirth racconta la sua
storia. A partire dall’inizio: da quando
nacque sordo profondo in un’Italia che
Intervista a Roberto Wirth
Sono sordo, ma
non mi dispiace
non era minimamente attrezzata a trattare
con la diversità.
Cosa significava nascere sordo nell’Italia
degli anni Cinquanta?
Negli anni Cinquanta la realtà dei
sordi era molto diversa da quella attuale.
Nel mio caso è stato mio nonno ad
accorgersi per primo della mia sordità,
quando avevo appena un anno. Mia madre
si è spaventata molto di fronte a tale
notizia e si è subito rivolta ai migliori
medici. Siamo anche andati in America,
nella speranza di trovare le scuole più
prestigiose, ma poi la scelta è ricaduta su
una scuola di Milano, per motivi di distanza.
Quel che mi rimane più impresso
è che a quei tempi un bambino sordo
veniva considerato un ritardato mentale.
Quali sono state le principali difficoltà? E
le più grandi soddisfazioni personali?
La principale difficoltà, che tuttora
trovo, è l’impegno costante necessario
per leggere le labbra: seguire una conversazione
tra due persone è già impe-
14
gnativo, ma seguire quella di un gruppo
richiede un grande sforzo. Da quando
avevo cinque anni aspiravo a diventare
un albergatore di successo come i
miei antenati e la mia soddisfazione più
grande è stata quella di poter realizzare
il mio sogno.
Quello di albergatore è un mestiere basato
in gran parte sulla comunicazione. Come
ha vinto questa scommessa?
Durante la crescita mio padre ha tentato
più volte di dissuadermi, ritenendo
che le difficoltà che avrei incontrato
sarebbero state insormontabili, visto
che in questo mestiere la comunicazione
è fondamentale. Aveva ragione
sull’importanza della comunicazione,
ma altrettanto importante è stata
la mia determinazione, attraverso cui
ho potuto esprimere le potenzialità che
sapevo di avere. Oggi ritengo di saper
comunicare con successo, essendo riuscito
a superare gli ostacoli attraverso
la mia forza di volontà. Forse ho risentito
maggiormente dei problemi legati
alla comunicazione sul piano personale,
piuttosto che su quello professionale,
visto che sono separato.
Nel 2004 ha fondato il Centro assistenza
per bambini sordi e sordociechi (Cabss).
Quali le motivazioni e gli obiettivi di questa
nuova impresa?
Ho sempre desiderato che i bambini
sordi e sordociechi italiani avessero
l’opportunità di raggiungere obiettivi
importanti, proprio come ho fatto io,
oltre le barriere fisiche, comunicative e
culturali con cui la società spesso ostacola
le persone con disabilità. Così ho
fondato la Roberto Wirth Fund Onlus,
oggi nota come Centro assistenza per
bambini sordi e sordociechi, per favorire
un positivo sviluppo dei piccoli sul
piano cognitivo, affettivo, emotivo, sociale,
comunicativo e linguistico. Cabss
offre, quindi, programmi di intervento
precoce per i bambini, progetti in ambito
psico-pedagogico e supporto psicologico
rivolto ai genitori.

La nuova borsa di studio
“Fulbright-Roberto Wirth” per
giovani laureati sordi si propone di
specializzare il vincitore in un’area
che apporti beneficio ai bambini
sordi e sordociechi, in Italia, sul piano
psicologico ed educativo. Il contributo
sarà erogato, per l’anno accademico
2013/2014, presso la Gallaudet
University, Washington D.C.: il primo
ateneo al mondo bilingue (Lingua
dei segni americana e inglese).
Candidature fino al 10 gennaio 2013.
Info: Cabss.it.
Prima di dirigere l’Hotel Hassler ha vissuto
per diversi anni negli Stati Uniti, anche
come studente in Hotel management alla
Cornell University. Come ha trovato la società
americana, soprattutto nei confronti
di chi ha una disabilità?
Prima di dirigere l’Hassler ho studiato
e fatto molteplici esperienze all’estero.
Durante gli studi presso la Cornell ho
svolto svariati impieghi, ricoprendo anche
mansioni umili nelle catene alberghiere.
Tutte queste esperienze si sono
15
rivelate molto formative, permettendomi
di acquisire la personalità adatta per
dirigere con successo l’Hassler. In quegli
anni ho trascorso un periodo lavorativo
anche a Honolulu, capitale delle Hawaii.
Qui il sindaco del Paese, nella speranza
di ridurre le spese pubbliche, dovute alla
disoccupazione, mi ha invitato a tenere
dei corsi di American Sign Language
per i capi servizio dei vari hotel della città.
In tal modo i non udenti avrebbero
potuto lavorare in questi alberghi. Devo
ammettere che la mentalità aperta e la
sensibilità che ho riscontrato in questo
Paese a tutt’oggi rappresenta per me un
bellissimo ricordo. Penso di essere stato
fortunato nell’aver trovato le persone
giuste al momento giusto.
E l’Italia come è cambiata negli anni? Ci sono
stati passi avanti sostanziali al di là delle
dichiarazioni di principio?
Agli italiani piace pensare che la loro
mentalità si sia modernizzata, ma c’è
ancora molta strada da fare. Per esempio,
quando mi presento e dico che
sono sordo profondo e comunico leggendo
le labbra, ancora oggi spesso mi
viene detto «mi dispiace», una risposta
che secondo me è del tutto fuori luogo.
Ritengo invece di essere un esempio di
come i sordi possano comunicare con
successo, infatti a ogni evento della mia
onlus sono sempre io a fare il discorso
di apertura. Penso di essere un modello
positivo per gli altri sordi.
Recentemente è stato insignito, come
unico italiano, del prestigioso premio
internazionale DeafNation Inspiration
Award. Che idea si è fatto della possibilità
di esprimere al meglio il proprio talento
da parte delle persone sorde in giro per
il mondo?
Osservando i successi ottenuti nei
vari settori dagli otto sordi che hanno
ricevuto il premio internazionale
DeafNation Award a Las Vegas, tra cui
me, è evidente che le persone sorde hanno
le stesse capacità degli udenti di poter
esprimere il proprio talento.

CRONACHE ITALIANE Torino
Scene
da una convivenza.
Tra studenti
Nel capoluogo piemontese
il progetto Enjoy the
difference favorisce
la coabitazione tra
universitari e giovani con
disabilità. Un’esperienza
che, in fin dei conti, non
ha nulla di “speciale”
Antonio Michele Storto
« Questa in realtà è una normalissima
casa di studenti. Se mai
ci sono stati problemi, hanno
riguardato la gestione delle pulizie
o magari i rapporti personali. Nulla di
straordinario, insomma». Carmen ha il
viso incorniciato da boccoli castani che
le cadono sulle guance, dandole un’aria
fanciullesca a dispetto dei suoi 28 anni.
Spostandosi sulla sua sedia a ruote,
alterna sguardi penetranti a contagiosi
scoppi di ilarità. Con il suo coinquilino
Lorenzo, 24 anni, laureando in Tecniche
di laboratorio biomedico, vive a Torino
in un bell’appartamentino a metà di
corso Inghilterra, proprio dietro Porta
Susa. La pila di piatti nel lavandino, l’allegro
caos sparso per casa e i poster alle
pareti stanno a rimarcare che in effetti
questa è una normale casa di studenti.
Ma è anche qualcos’altro, qualcosa di
unico. Lorenzo e Carmen, infatti, sono
due dei tre inquilini dell’apparta-
mento pilota di Enjoy the difference, un
progetto del Comune di Torino che mira
a favorire la coabitazione tra studenti
universitari e giovani con disabilità.
Un esperimento felice, per ora: i due si
sono trovati in piena sintonia e sembrano
legati da un’amicizia che va molto
oltre il semplice rapporto tra chi divide
lo stesso appartamento. «Oggi – dice
Lorenzo – compiamo undici mesi di
coabitazione. Al dodicesimo purtroppo
non ci arriveremo: devo tornare a Foggia
per lavorare. Mi mancano due esami
alla laurea, ma ho bisogno di soldi».
«I nuovi inquilini, Simone e Maria
Vittoria – prosegue Carmen – li ho già
conosciuti e sembrano simpatici. Ma
con Lorenzo ho davvero legato a livello
empatico. In un anno non abbiamo
mai litigato. Purtroppo non posso dire
lo stesso per l’altra coinquilina che da
qualche settimana si è trasferita altrove.
Ma i malumori nascevano dall’ordinaria
amministrazione della casa. La mia
disabilità? Non è mai stata oggetto di discussione».
Fin dalla nascita Carmen è affetta
da tetraparesi spastica, una forma
di paralisi cerebrale che colpisce gli arti
superiori e inferiori. La sua, però, è
una forma relativamente lieve: le braccia
non sono state praticamente colpite.
Inoltre può alzarsi, camminare ed è autonoma
in gran parte della sua vita quotidiana.
«La disabilità – precisa – incide
sempre nei rapporti con gli altri, però
16
cerco di farla pesare in positivo. Credo
che faccia un po’ da filtro: se una persona
vuol avere un rapporto con me deve
averlo in questa situazione. Semplicemente
non c’è alternativa».
Seminare per il cambiamento.
Enjoy the difference è nato nel 2011 da
un’idea del servizio Passepartout (Ufficio
per l’informazione e i servizi sulla
disabilità del Comune di Torino), in
collaborazione con la facoltà di Scienze
dell’educazione e con l’associazione “La
virgola”. L’idea è di stabilire dei legami
tra giovani, spezzando l’isolamento sociale
al quale le persone disabili vanno
spesso incontro. Per parteciparvi, i ragazzi
non devono aver superato i 30 anni
ed essere iscritti a una facoltà dell’Ateneo
torinese, avendo conseguito almeno
il 50 per cento dei crediti per l’anno
in corso. «Per quanto riguarda le persone
disabili – spiega Oriana Elia, responsabile
del progetto –, tendiamo ad avere

ichieste soprattutto da universitari, anche
se studiare non è un requisito necessario
per loro».
Dopo la sperimentazione con l’appartamento
pilota, l’ufficio Passepartout
ha ricevuto numerose richieste
d’adesione. «Finora – prosegue Elia –
si sono candidati dieci ragazzi disabili e
moltissimi studenti. Il successo di questo
progetto? Dipende da diversi fattori,
tra i quali i prezzi degli affitti». I ragazzi
dell’appartamento pilota, diviso in una
doppia e due singole, pagano infatti circa
150 euro a posto letto: una cifra bassa
anche a Torino, dove gli affitti sono ancora
relativamente contenuti. Ma è chiaro
che chi aderisce al progetto non lo fa
per una mera questione economica. «I
ragazzi che si candidano a entrare nei
nostri appartamenti – chiarisce Elia –
hanno un’evidente voglia di mettersi in
gioco, di sperimentare una nuova realtà.
Abbiamo scelto di lavorare con i giovani
per un motivo ben preciso: la loro
17
Carmen e Lorenzo nel loro appartamento
in affitto a Torino (foto di Ginevra Nardi)
assenza di sovrastrutture, l’energia che
connota quello che fanno. Così non offriamo
solo un servizio, ma piantiamo
i semi per un cambiamento culturale».
Un’esperienza che nasce dal caso.
«Sono venuto a conoscenza di Enjoy
quasi per caso», dice Lorenzo, alto,
folta barba e corporatura massiccia.
«Mentre cercavo casa – prosegue –, il
progetto iniziava a essere pubblicizzato
all’università. Così ho parlato con uno
dei promotori e sono stato selezionato».
Non era ansioso all’idea di entrare
nell’appartamento: «Ho sempre cercato
di prendere le cose come venivano. Certo,
il rapporto con gli altri condomini
non è stato dei più semplici. Hanno fatto
storie, per esempio, perché tenevamo
aperta la porta dell’androne. Ma non
potevamo fare altrimenti, visto che era
molto pesante e Carmen non avrebbe
potuto aprirla da sola». Nel box doccia,
poi, c’è uno scalino: «In realtà – precisa
Carmen – di questo mi avevano avvisato.
E comunque riesco benissimo ad
alzarmi dalla sedia a ruote per entrare
nella doccia. Faccio parte di quella scuola
di pensiero secondo la quale i disabili
devono anche imparare ad arrangiarsi.
Le barriere architettoniche esistono, le
difficoltà anche, però credo non occorra
adagiarsi sull’assistenza a ogni costo».
Ora Carmen, che l’anno scorso si è
laureata in Cinema al Dams di Torino,
svolge il servizio civile proprio in un Informa-disabili
della città. Come attrice,
ha appena finito di girare The north
lunar node, cortometraggio con una
giovane regista torinese: «Fa riferimento
alla mappa astrale, perché parla del
rapporto con la mia sorella gemella, che
ha un quadro zodiacale identico al mio.
Anche lei è disabile fin dalla nascita, e
quando sono venuta a Torino ci siamo
separate per la prima volta: una decisione
piuttosto sofferta. Il documentario?
Lo abbiamo girato tra Padova e qui, in
parte proprio in questa casa».

SOttO La LENtE
Lavoratori all’opera
Work in progress. Fra i libri
Sono quattro le persone
con disabilità coinvolte
nel progetto
di digitalizzazione
del patrimonio cartaceo
e fotografico della
Biblioteca delle Acli.
L’iniziativa è della
cooperativa sociale
“La Ragnatela”, oggi
impegnata in un lavoro
di verifica dell’accessibilità
dei luoghi culturali
Marta Rovagna
Laura è stata assunta a tempo indeterminato
nella Biblioteca nazionale
delle Acli. Socia della prima ora
della cooperativa sociale “La Ragnatela”
è stata coinvolta, a partire dal 2000,
in un percorso di inserimento lavorativo
di persone disabili nella struttura.
Lei è sorda, Marco invece ha una disabilità
motoria e problemi comportamentali
ed è un elemento prezioso nel
lavoro di archivio. Laura e Marco sono
due delle quattro persone con disabilità
motoria, sensoriale e intellettiva, coinvolte
in un progetto attivo ancora oggi
per la digitalizzazione dell’immenso
patrimonio cartaceo e fotografico della
Biblioteca e Archivio storico Acli nazionali.
«L’inserimento lavorativo dei
nostri soci svantaggiati – racconta Sergio
Ceselli, vicepresidente della cooperativa
– è stato un gran bel risultato,
considerando che in questi dodici anni
hanno lavorato continuativamente
quattro persone con un’assunzione diretta
da parte del committente».
Ed è questo il principale obiettivo
della cooperativa sociale “La Ragnatela”,
nata nel 1999 a Roma: attivare la
sensibilità sul tema della disabilità attraverso
progetti concreti di autonomia,
favorendo anche la nascita di altre
cooperative per progetti specifici e puntando
all’inserimento nel mondo del lavoro
delle persone disabili. A seguire i
quattro soci della cooperativa è stato
18
ed è tutt’ora Alberto Scarpitti, responsabile
del progetto di digitalizzazione
della Biblioteca e Archivio storico Acli
nazionali: «Dopo un primo periodo di
formazione, nel quale abbiamo insegnato
ai quattro ragazzi sia l’uso del
nuovo software acquistato per la digitalizzazione
sia la natura della complessa
struttura della biblioteca, composta da
un archivio storico, un’emeroteca e una
biblioteca vera e propria, siamo passati
al lavoro, con risultati che nel tempo
sono divenuti ottimi». Se all’inizio,
infatti, le quattro persone con disabilità
necessitavano di una supervisione
molto stretta del lavoro svolto, oggi

e non solo
si occupano delle loro mansioni quasi
autonomamente. «Il nostro obiettivo,
secondo me raggiunto in questi anni
– continua Scarpitti – è stato quello di
coinvolgerli non solo nel lavoro prettamente
manuale di inserimento dati, ma
anche nella comprensione del materiale
che elaboriamo, con un loro contributo
nelle ricerche a tema che spesso ci troviamo
a dover fare».
Mentre Marco fa un primo screening
per una ricerca sul tema delle donne,
Simone Cittadini, socio della cooperativa
con una laurea in biblioteconomia
e un problema cardiaco, diventa il braccio
destro di Scarpitti come supervisore
del lavoro svolto dalla piccola équipe di
persone disabili. «Questi ragazzi – conclude
il responsabile Acli del progetto
– se sollecitati nel modo giusto, hanno
una potenzialità infinita che spesso resta
sconosciuta e non esplorata».
Nei primi anni del 2000 “La Ragnatela”
avvia anche altri progetti: si
inizia, infatti, a creare un intenso rapporto
con il Comune di Roma per la
gestione della rete dei Centri per l’orientamento
al lavoro, i cosiddetti Cilo,
e oggi rimane il contributo della
cooperativa nel Municipio I e nel XVI.
«Mentre dal 2004 nel XVI Municipio ci
occupiamo, con due dipendenti di cui
uno svantaggiato, dello sportello handicap
– spiega Ceselli – in cui gestiamo
principalmente contrassegni e soste
personalizzate, nel I Municipio (centro
storico) ci occupiamo del segretariato
sociale, ovvero di disabilità, famiglie in
difficoltà, asili nido, anziani».
Tuttavia, “La Ragnatela” lavora anche
per la ricerca di un’occupazione
attraverso la nascita di altre realtà cooperative:
grazie a un fondo dell’Eni
dedicato all’inserimento lavorativo di
disabili figli di dipendenti è nato infatti
un progetto in Puglia, gestito dal
2005 al 2008 dalla stessa cooperativa e
oggi ancora attivo grazie alla cooperativa
“Eridano”. «Tra Brindisi e Ostuni abbiamo
aperto un centro polifunzionale,
destinato all’accoglienza turistica, perché
vicino al mare e punto di socializzazione
per persone con disabilità. Nel
I numeri della “Ragnatela”
Quindicimila foto scansionate, 70mila voci
inserite nella biblioteca, 40mila nell’archivio
storico, 1.800 riviste all’anno catalogate.
Sono questi i numeri del lavoro che dal 2000
impegna i quattro soci con disabilità della
cooperativa sociale “La Ragnatela” di Roma,
presso la Biblioteca e Archivio storico Acli
nazionali. La mole di lavoro svolto aumenta
però se si considera che ogni singolo libro,
documento, foto o rivista può essere
catalogato sotto diverse voci per le ricerche
tematiche. I quattro dipendenti disabili
lavorano a tutto campo nella struttura: si
occupano di studi in archivio, scansione dei
documenti, consegna e resa dei libri, ricerche
tematiche per la stesura di testi monografici
su temi specifici. Info: archiviostorico@acli.it,
Laragnatela.it.
19
In basso, alcuni lavoratori
della cooperativa La Ragnatela
impegnati in una biblioteca romana
progetto sono state impegnate dieci
persone svantaggiate. Grazie al primo
periodo, in cui abbiamo fatto formazione
(sia informatica, sia per la creazione
e gestione di una cooperativa sociale) è
nata “Eridano” che ha ereditato il nostro
lavoro», riferisce Ceselli.
Ma oggi cosa fa “La Ragnatela”?
Da un anno è impegnata in un progetto
di verifica dell’accessibilità di musei e
luoghi di cultura. A lavorarci sono sempre
in due, Marco Colangione, disabile
in sedia a ruote, dipendente comunale
distaccato su questo progetto, e lo stesso
Sergio Ceselli. Sono stati ospitati da
Zetema, la società del Comune di Roma
che opera nel settore culturale, in
un locale del museo della centrale elettrica
di Montemartini e finora hanno
censito 15 musei.
«Quello che ho visto in prima persona
– racconta Colangione – è in molti
casi sconfortante: se è vero che spesso
ci sono accessi facilitati per chi come
me ha una difficoltà motoria, per
esempio in ascensori o bagni, quasi
sempre mancano supporti per i disabili
sensoriali. Ho chiesto di lavorare a
questo progetto perché voglio mettermi
a servizio della mia categoria, facendo
politica dal basso». Si lavora per «avere
qualcosa di più – conclude Ceselli – del
rispetto minimo delle norme, per permettere
una vita più dignitosa e soddisfacente
per tutti».

portfolio Via col vento
Otto ragazzi con sindrome
di Down (quattro donne
e altrettanti uomini)
hanno partecipato,
il 14 ottobre scorso
a Trieste, alla 44 a edizione
della celebre regata
Barcolana.
Affiancati dal team
di Mascalzone latino
e preparati
dall’associazione
“Velambiente”, hanno
gareggiato su uno scafo
storico, La Poste.
Grazie alla sinergia tra
Inail e Comitato italiano
paralimpico erano presenti
anche alcuni assistiti
delle Direzioni regionali
Friuli Venezia Giulia
e Veneto, a bordo
di 16 imbarcazioni fornite
da centri velici e sponsor.
20

Il documentario La
forza del vento di Emilia
Ricasoli, in uscita nei
prossimi mesi e prodotto
da Verve media company,
sarà un diario di bordo
per raccontare le tappe
della preparazione,
durata circa due anni,
e della gara disputata
dai giovani dell’Aipd. «I
ragazzi down possono
fare tutto, anche andare
in barca – sottolinea la
regista –. In due anni
abbiamo visto in loro
una crescita caratteriale
e di autonomia: si
sono rapportati con le
telecamere in modo
impeccabile e hanno
collaborato con la troupe.
Perché abbiamo scelto
la Barcolana? Non è una
regata prettamente
competitiva, ma una
grande festa: ci sembrava
adatta per un equipaggio
così speciale».
21
Dal 2005 l’Associazione
italiana persone down
(Aipd), sezione di Roma,
promuove “Ragazzi down
al timone”. Il progetto
ha formato e coinvolto 15
diversi equipaggi, formati
da circa sette persone
ciascuno. Affiancati da
educatori, istruttori di
vela e volontari, gli allievi
si cimentano nel difficile
ma formativo compito
di condurre una barca a
vela, che implica spirito
di adattamento, crescita
nell’autonomia e nella
relazione di gruppo.
Ogni ragazzo viene
accompagnato attraverso
un percorso progressivo
della durata di tre anni:
dalle piccole derive fino
alla navigazione d’altura.

portfolio Via col vento
22
In questa pagina e alle
pagg. 20-21 il fotografo
Giuseppe Moccia racconta
la partecipazione alla
Barcolana dell’Aipd,
sezione di Roma; dal 2007
il reporter documenta
i momenti salienti
di “Ragazzi down al
timone”. Il suo interesse
per i temi sociali è
testimoniato anche dal
progetto “The Wednesday
Kid”: protagonista è
Christopher, un ragazzo
down di New York alle
prese con opportunità
e sfide che il mondo gli
pone. Info: Peppemoccia.
com.

23
Le foto in questa pagina sono di Sabatino Di Giuliano,
della Direzione regionale Friuli Venezia Giulia dell’Inail.
«A bordo di Doride ho documentato la partecipazione
di alcuni assistiti friulani all’evento più spettacolare
del mondo: 1.737 vele che hanno imbiancato il Golfo
di Trieste», racconta. Avvicinare allo sport e al mondo
della vela le persone disabili è anche l’obiettivo
del progetto “Sailing in Barcolana”, ideato in Veneto
dalla Direzione regionale dell’Inail e dal Comitato
italiano paralimpico (Cip). Anche l’Associazione italiana
sclerosi multipla (Aism) era in gara, per il terzo anno
consecutivo; a bordo, alcuni giovani che convivono
con la malattia.

tEMPO LIBERO In forma
Fitness, la palestra è per tutti
Non solo agonismo e competizione.
C’è chi ama praticare sport senza
scendere in pista. Per svago
e per combattere lo stress.
Anche per le persone disabili
si moltiplicano le occasioni
per frequentare palestre
opportunamente adattate
24
Giorgia Gay
Aumento della forza e della resistenza
muscolare, maggiore
mobilità, fiducia in se stessi, contrasto
all’ansia e allo stress: sono solo
alcuni dei benefici del fitness. Se poi a
praticare attività fisica è una persona
disabile, allora i vantaggi crescono in
modo esponenziale.
Così come crescono, in Italia, le
esperienze nate per offrire l’accesso a
palestre con strutture e spazi adeguati
a chi ha una disabilità. Non si tratta
solo di eliminare le barriere architettoniche,
ma soprattutto di offrire strumenti
e personale preparato in modo
da rispondere alle esigenze e valorizzare
le potenzialità di ognuno. Insomma,
luoghi in cui far lavorare il corpo,
ma dove è anche possibile favorire le re-

lazioni interpersonali e superare diffidenze
e pregiudizi.
Il viaggio nel mondo del fitness
inizia da Aosta, dove all’inizio di
quest’anno l’associazione dilettantistica
Disval (Disabili sportivi valdostani)
ha inaugurato – all’interno del Palaindoor
– una “palestra per tutti”, grazie
al sostegno dell’Inail regionale, della
Regione e di Technogym. Si tratta del
primo caso a livello nazionale di una
struttura messa a disposizione dei disabili,
ma concepita anche come palestra
aperta a tutti. L’utilizzo è gratuito per le
persone con disabilità, mentre per tutti
gli altri è prevista l’iscrizione all’associazione
sportiva, con pagamento del
biglietto d’ingresso. L’idea, nata circa
cinque anni fa, si è concretizzata grazie
all’allestimento di una sala del Palaindoor
con le migliori attrezzature
esistenti nel settore e macchine isocinetiche
per tutti. «La palestra – spiegano
dalla Disval – sopperisce alla carenza
di centri sportivi per disabili in Valle
e permette di svolgere una preparazione
fisica e atletica di alto livello. Un
centro con obiettivi sportivi che tiene
d’occhio la salute degli utenti».
«La particolarità di questo spazio è
che è accessibile a tutti, normodotati
e disabili – sottolinea Eddy Ottoz,
presidente della Fidal (Federazione
italiana di atletica leggera)
della Valle d’Aosta –. L’obiettivo
è di favorire l’integrazione e non
“ghettizzare” le persone disabili.
Finora l’afflusso è stato buono».
Per Ottoz, lo sviluppo in Italia
di esperienze simili a questa
è un buon segno: «Vuol dire
che il giusto approccio prende
piede e si diffonde positivamente.
Quello che fanno
tutti devono farlo pure le persone
disabili, che devono potersi
esprimere anche a livello
motorio».
Nella pagina precedente
e qui sotto: allenamenti
e sollevamento pesi nel
Palaindoor di Aosta
Il fitness per tutti trova un alleato
anche in un grande marchio come
quello dei centri Virgin Active, che
hanno lanciato il primo progetto di attività
fisica adattata per le persone con
sclerosi multipla. L’iniziativa nasce da
una collaborazione con l’Associazione
italiana sclerosi multipla (Aism) e coinvolge
tutti i 25 centri fitness della Penisola,
offrendo corsi specifici sviluppati
appositamente, a seconda del livello di
disabilità, che includono training con
musica e programmi di esercizi standard
a circuito.
«È il primo progetto in assoluto per
l’intera Europa», sottolineano
gli organizzatori.
Niente è
25
lasciato all’improvvisazione: per garantire
la massima preparazione degli
istruttori sono stati avviati corsi di
formazione ad hoc per il personale. «La
sclerosi multipla è una malattia cronica
che genera nelle persone bisogni vari,
non solo nell’ambito fisico, ma anche
in quello psicologico e sociale – spiega
Laura Lopes, coordinatrice nazionale
dei servizi di riabilitazione Aism e direttore
sanitario del servizio di riabilitazione
Aism Liguria –. L’attività fisica
adattata può essere una risposta efficace
alla prevenzione dei danni dell’immobilità».
Inoltre la partnership tra Aism e
Virgin Active prevede per tutto il 2012
l’organizzazione di momenti di sensibilizzazione
e informazione all’interno
dei villaggi fitness. Nella partita del
“fitness per tutti” si inseriscono anche
alcune amministrazioni comunali, impegnate
a offrire luoghi adeguati ai cittadini
disabili. A Chieti è stato lanciato
il progetto Barrier free living, che prevede
la realizzazione della prima area di
verde pubblico attrezzata per favorire
l’attività sportiva delle persone disabili.
Una vera e propria palestra all’aperto,
allestita nel corso dell’estate con un
pavimento antitrauma e otto attrezzi
forniti dalla società Doapark, leader in
campo internazionale per le attrezzature
sportive per disabili.
«È la prima esperienza di questo tipo
in Italia e la seconda in Europa – sottolinea
il sindaco di Chieti, Umberto
Di Primio –, resa possibile anche grazie
all’impegno del Lions club “I Marrucini”».
E aggiunge: «L’idea è nata
dalla volontà di rendere fruibili a
tutti gli spazi verdi. Abbiamo deciso
di iniziare allestendo questa
palestra nel parco più grande della
città, quello della villa comunale».
Il progetto continuerà ora con l’installazione
di altri attrezzi sportivi
anche in un’altra area di Chieti
bassa.

tEMPO LIBERO In forma
L’attenzione verso la disabilità
è assicurata anche al centro sportivo
comunale “Mario Vaghi” a Cesano
Maderno (provincia di Monza e della
Brianza). La società che ne cura la
gestione, la InSport srl, ha inserito nel
suo piano di proposte attività rivolte a
utenti con disabilità motorie e intellettivo-relazionali.
Tutto questo grazie alle
caratteristiche dell’impianto: sia la
palestra sia la piscina sono dotati di un
ascensore per i piani rialzati, spogliatoi
con servizi adeguati, lettini per agevolare
i lavori degli accompagnatori,
sedie a ruote, rampe di accesso per le
vasche in piscina, scale in marmo con
corrimano, palanchino elettrico per
agevolare entrata e uscita dall’acqua e
attrezzature didattiche specifiche.
«La dimensione delle nostre vasche
garantisce la possibilità di fare attività
di rilassamento, avviamento al nuoto e
corsi di acquagym – spiega il direttore
dell’impianto, Luca Lanzani –. Lavoriamo
con singoli e gruppi, tutti seguiti
da due istruttori laureati in Scienze motorie
e specializzati nel lavoro con persone
disabili». Le attività si svolgono
prevalentemente in piscina, ma non
mancano le occasioni per sfruttare anche
la sala attrezzi, al fianco degli altri
clienti della palestra. «È un’importante
opportunità di integrazione e socializzazione
– sottolinea il direttore –. Accade
spesso che alle lezioni di acquagym
della mattina partecipino alcuni gruppi
dei centri diurni, tutti insieme in ac-
qua». Sono in corso collaborazioni con i
centri diurni disabili del Consorzio Desio
Brianza, con le cooperative sociali
“Il Seme” e “L’Aliante”, con l’associazione
“Il sorriso dell’anima” e con il Piccolo
Cottolengo “Don Orione”.
da una collaborazione tra il Comune
di Castenaso (Bologna) e il comitato
provinciale del Centro sportivo
italiano nasce, invece, la nuova palestra
allestita nel centro “Chicco Balboni”
di Casa Santa Chiara. Nel 2011
si è costituita l’associazione sportiva
“Massimo&Tommy”, che ha dato il nome
anche alla nuova palestra, dove vengono
proposte attività sportive adattate
«per vivere lo sport come strumento di
una genuina e corretta integrazione sociale
che possa essere elemento utile
per una formazione umana sana e positiva»,
spiega il presidente dell’associazione,
Giuseppe Palestini. «L’intento è
quello di farla divenire un punto di ri-
26
Al centro di Cesano Maderno, qui sopra,
un momento dei “Giochi senza barriere”,
giornata in cui gli utenti disabili si sono
cimentati in “Olimpiadi” acquatiche
ferimento per tutti i disabili del nostro
territorio – commenta Aldina Balboni,
fondatrice della Comunità di Santa
Chiara –, sia per la riabilitazione sia
per momenti di socializzazione e d’incontro».
A Savona, invece, è stata un’associazione
sportiva ad aprire le porte: da
cinque anni la Palextra Fitness Club
ha avviato il progetto “La palestra integrata”,
adattando le attrezzature esistenti,
creandone e acquistandone di
nuove. Per consentire agli associati di

praticare l’esercizio fisico in completa
autonomia, in un ambiente privo di
barriere architettoniche tale da favorire
il miglioramento psicofisico e la totale
integrazione con gli altri frequentatori.
Spazi comuni da condividere in un
continuo scambio relazionale, in altre
parole. Le attività collaterali, come le
manifestazioni sportive, i momenti puramente
ricreativi e la partecipazione
alla gestione dell’associazione, completano
il processo di totale integrazione.
anche a Pomigliano d’arco, in
provincia di Napoli, è un’associazione
a offrire programmi e tecniche di allenamento
mirate. «La persona disabile
può ricostruire la propria esistenza attraverso
il duro lavoro con i pesi», spiegano
i rappresentanti di “Pomilia”, che
offre – oltre agli sport classici come
nuoto, corsa, lanci, tiro con l’arco – la
possibilità di stare in palestra per migliorare
lo stato fisico generale. «Per la
pratica del bodybuilding occorre tenacia,
costanza e pazienza – è l’avvertimento
–, tutte doti che il disabile dovrà
potenziare per poter affrontare le continue
sfide che la vita gli porrà dinanzi».
A San Daniele, in Friuli Venezia Giulia,
gli allievi dell’accademia aeronautica
di Pozzuoli hanno dato vita a “La
stanza di Alessio”, in memoria di Alessio
Tomè, allievo ufficiale tragicamente
scomparso a soli 20 anni in un incidente
su un ultraleggero. Grazie alla generosità
della famiglia del giovane Tomè e
dell’Aeronautica militare, l’Atelier di Fagagna
(la struttura per disabili dell’Associazione
socio-sanitaria 4), ha in
dotazione una palestra, attrezzata con
un cicloergometro per la ginnastica attiva
e passiva, utilizzabile quindi anche
da persone con disabilità complesse.
Alle persone con disabilità mentale e
in particolare a quelle con autismo si rivolge,
infine, il “Progetto Filippide” che
in Sardegna, a Porto Torres, ha avviato
una nuova palestra, realizzata grazie
al contributo della Fondazione Banco
di Sardegna. Nato sette anni fa con
l’obiettivo di promuovere lo sport tra i
ragazzi autistici o con disabilità mentale,
il progetto si concentra in particolare
sull’atletica, alternando allenamenti
all’aperto, tra le strade della città, a
sessioni in palestra. Dallo scorso anno
l’iniziativa prevede anche attività di
avviamento allo sport per bambini dai
sette anni. Come dire: non è mai troppo
presto per cominciare.
27
Il presidente di Technogym:
«Non è un business,
ma ci crediamo»
Le opportunità di fitness per disabili che si
stanno diffondendo in Italia non potrebbero
esistere senza le attrezzature necessarie a
praticare l’attività sportiva. In Italia l’azienda
Technogym, leader del settore, fondata e
presieduta da Nerio Alessandri (nella foto), ha
deciso di sposare l’idea del “fitness per tutti”
partecipando attivamente all’esperienza
nata al Palaindoor di Aosta, dov’è sorta una
palestra per le persone disabili aperta anche a
chi non ha una disabilità. «Abbiamo deciso di
prendere parte al progetto perché riteniamo
geniale l’idea di invertire la prospettiva:
aprire una palestra per disabili, ma accessibile
a tutti – commenta Alessandri –. In genere
accade l’esatto opposto, cioè le palestre
nascono per le persone normodotate, poi
“aprono” ai disabili». Ma il progetto di Aosta
non è l’unico ad avere Technogym come
partner: «Attiviamo costantemente iniziative
di collaborazione con il mondo delle persone
disabili e con le realtà che si occupano di
pazienti psichiatrici – spiega il presidente –. E
non per una scelta di business (poiché si tratta
di una fetta di mercato non molto consistente),
ma per l’impegno sociale che ha sempre
contraddistinto l’azienda». Non a caso, infatti,
Technogym è stato sponsor ufficiale sia delle
Olimpiadi sia delle Paralimpiadi, per la quinta
volta consecutiva. «Le Paralimpiadi sono state
molto più vive, partecipate, cariche di energia
rispetto ai Giochi “normali” – tiene a precisare
Alessandri –. Il numero stesso di spettatori ha
perfino superato quello delle Olimpiadi, cosa
mai successa finora. È ormai assodato che lo
sport aiuta a superare tutte le barriere». [G.G.]

SPORt
Monosci
Sci e skipass non sembrano
andare d’accordo,
a prima vista,
con i disabili motori.
Ma l’associazione Freerider
Sport Events assicura loro
corsi e divertimento
Stefano Caredda
Sciare e divertirsi con gli amici. Fare
quello cioè che ogni inverno fanno
milioni di persone: una vacanza
sulla neve, con la possibilità di godersi
il panorama e l’ambiente della montagna,
di gustare i tipici piatti d’alta quota
e soprattutto, forniti di skipass, di
scendere sugli sci lungo le piste insieme
a familiari, amici e altri turisti. Un
obiettivo semplice, all’apparenza quasi
banale, ma che per le persone disabi-
Piaceri d’inverno. In
li – parliamo qui anzitutto di persone
paraplegiche e tetraplegiche – è invece
tutt’altro che scontato.
Neve e sedia a ruote a prima vista
non sembrano andare d’accordo, e
men che meno appare praticabile l’idea
che una persona con una disabilità
di tal genere possa avventurarsi sulle
piste delle nostre montagne e scendere
sugli sci verso valle. Il tutto, peraltro,
da sola e in piena autonomia. E invece
succede, eccome se succede. A dimostrarlo
sono le mille persone che negli
ultimi nove anni hanno partecipato a
uno dei corsi organizzati da una piccola
associazione sportiva dilettantistica,
Freerider Sport Events. Maestri di
sci, istruttori e formatori che hanno insegnato
lo sci a persone amputate, paraplegiche,
tetraplegiche o con spina
bifida: in una manciata di giorni, appena
tre, dal venerdì alla domenica, ecco
sciare sia gente che dopo un incidente è
riuscita a tornare sulle piste che aveva
28
frequentato in precedenza, sia coloro
che non avevano mai visto una montagna
e che forse neppure avevano immaginato
di poter essere un giorno in
grado di sciare.
A permettere tutto questo sono pochi
ingredienti. C’è la determinazione
e la costanza di un gruppo che, in
modo del tutto volontario, gira le Alpi
e l’Italia intera organizzando questi
corsi; c’è il supporto di aziende, associazioni
o enti che, coprendo i costi
delle attrezzature e dei viaggi, consentono
di realizzare il tutto; c’è l’aiuto
della Polizia di Stato che cura il
soccorso sulle piste di oltre 90 località
sciistiche e che con quattro agenti
segue a tempo pieno ogni corso. E
ci sono, appunto, la voglia e l’entusiasmo
delle persone con disabilità che
si mettono in gioco, ottenendone in
cambio sensazioni preziose: «Indescrivibile
la gioia di poter sentire l’aria
che ti sbatte sulla faccia».

Nella pagina accanto, a sinistra, un momento
dei corsi. Qui sotto, una foto dell’evento
a Bormio nel 2011, organizzato con l’Inail.
Info: Monosci.it
pista con Freerider
Il pioniere e anima del gruppo
di formatori è Nicola Busata, maestro
di sci, nella vita professionale responsabile
amministrativo di una società che
commercializza ausili. Sempre a contatto
con ragazzi disabili che – sapendo
della sua passione per la montagna
– lo spronavano a organizzare qualcosa
anche per loro, Busata si specializza
in Francia sull’utilizzo delle attrezzature
da montagna per i disabili e con altri
tre amici (tutti volontari della Croce
Rossa) inizia un’avventura che ha ormai
compiuto nove anni. «La cosa più
difficile – spiega – è capire le mille sfaccettature
della disabilità di una persona
e comprendere che tipo di attrezzatura
deve essere usata in quel singolo caso».
Il mezzo più usato è il monosci (la
superficie che poggia sulla neve è doppia
rispetto a uno sci classico), sul quale
viene installata una sedia: la persona,
letteralmente, ci si siede sopra e, da seduta,
è chiamata a imparare i movi-
menti e la coordinazione per poter
sciare con profitto.
Lo schema è speculare a quello usato
nei corsi di sci per normodotati: ambientamento
sulla neve, esercizi per
acquisire sicurezza, le prime discese
dritte controllando la velocità, le prime
curve e così via, fino alla piena gestione
della propria discesa in pista. «Come in
ogni sport – afferma Busata –, c’è una
componente di abilità personale: se una
persona è portata e la sua lesione non
è gravissima, tre giorni sono sufficienti
per imparare».
Ma anche per i tetraplegici i tempi
sono abbastanza ridotti: certo – raccontano
i diretti interessati –, bisogna
mettere in conto parecchie cadute, ma
tutto è funzionale a comprendere come
i propri movimenti si riflettono sulla
neve. Una volta entrati in possesso della
chiave di lettura, sciare da soli non è
più un’utopia.
29
Lo sci – spiegano alla Freerider – è
uno dei pochi sport che crea integrazione
vera, perché si pratica insieme ai
propri amici nello stesso modo in cui
avviene fra persone non disabili: l’aspetto
agonistico è marginale, qui «si
tratta di fare in modo che se a Capodanno
con il mio gruppo di amici si decide
di andare una settimana sulla neve
a sciare, anch’io posso tranquillamente
esserci e divertirmi».
A tal fine, l’associazione, che nasce a
Varese, organizza ogni anno fra i dieci
e i dodici corsi: un fine-settimana per
il quale la persona disabile paga solo
hotel e skipass, mentre Freerider e gli
sponsor mettono a disposizione la formazione
e l’attrezzatura. Da Roccaraso
a Cortina d’Ampezzo, dall’Abetone
a Madonna di Campiglio, da Sestola a
Folgaria, fino al ghiacciaio di Les Deux
Alpes in terra francese, il tour tocca
ogni anno numerose regioni: nel 2012
è arrivato fin sull’Etna grazie alla collaborazione
con Inail Sicilia (si prevede
il bis nel 2013).
«Straordinario» viene definito l’appuntamento
speciale organizzato a
Bormio in occasione del cinquantesimo
anniversario del Centro protesi Inail di
Vigorso di Budrio (45 partecipanti) e
«stimolante» quello realizzato insieme
a Aisb (Associazione italiana spina bifida)
e Avisb (Associazione veneta per
l’idrocefalo e la spina bifida) con ragazzi
alla loro prima esperienza in montagna.
«È davvero importante per la loro
vita – dice la presidente Asbi, Cristina
Dieci – provare finalmente la sensazione
della libertà e dell’indipendenza».
Forte di questi successi, alla vigilia
dei suoi dieci anni di attività, Freerider
alza ancora l’asticella: in questi mesi sta
andando alla ricerca di nuovi appassionati
con un tour di convegni nelle varie
unità spinali del Paese.
Del resto, la montagna è davvero
grande e sulle piste di sci lo spazio, di
certo, non manca.

MEDIA
RADIO
Ti vedo e ti ascolto,
anche se non ti sento
In alto, i ragazzi
di Radio Kaos
Italis in occasione
di “Carakaos”,
evento di musica
e integrazione
al Circo Massimo
di Roma.
In basso, il logo
della radio
(Daniele Detti,
Photo clubs)
Il video di Polenta e kebab dei
Punkreas in versione Lis (Lingua
italiana dei segni) e sottotitolato:
è il biglietto da visita di
RKLis, Radio Kaos Italis, la prima
web radio realizzata da ragazzi
non udenti per un pubblico di
giovani persone sorde. L’esperienza
è stata premiata al “Mei supersound”,
il Meeting delle etichette
indipendenti di Faenza (Ravenna),
come migliore realtà radiofonica
on line del 2012.
«L’idea è nata quasi per caso
un anno e mezzo fa dall’incontro
con alcuni ragazzi audiolesi
conosciuti durante uno degli
eventi che organizziamo per auto-finanziarci»,racconta
Antonio
“Drastiko” Ricci,
direttore artistico
della romana
Radio Kaos
Italy, emittenteindipendente
che supporta
logisticamente il progetto
con una parte della propria redazione.
«Ho imparato che chi
non sente riesce però a percepi-
re i bassi e certi tipi di frequenze.
Ecco allora la sfida: perché non
avvicinare anche le persone non
udenti alla musica?», si è chiesto
Ricci.
Fra le rubriche in palinsesto
di questo nuovo esperimento c’è
Lissa la notizia, video-giornale
satirico che affronta la realtà e le
difficoltà delle persone non udenti.
E poi l’ultimo arrivato, Lispresso,
magazine dedicato al mondo
della sordità che andrà a far parte
della fanzine di Radio Kaos Italy,
con una piccola redazione giornalistica
composta da giovani con
problemi di udito.
Altra particolarità, la formazione:
in cabina di regia, infatti,
a dirigere uno dei programmi
c’è un ragazzo sordo che regola
i volumi tramite l’ampiezza delle
frequenze che vede sul pc. «Vogliamo
che l’integrazione sociale
abbatta ogni barriera culturale»,
commenta il direttore artistico
dell’emittente. E a proposito di
inclusione e vita sociale, ecco la
pagina Facebook di RKLis con
un migliaio di amici, gli aperitivi
e le feste organizzati dalla radio,
aperti a tutti e tutti rigorosamente
con musica ad alto volume per
far percepire le vibrazioni anche a
chi non sente. A volte, poi, spuntano
guanti bianchi per far risaltare
i gesti là dove ci
sono le luci da discoteca.
Più che
un’emittente rodata,
RKLis è
un progetto di
comunicazione,
ma l’idea si
è dimostrata vincente.
«Continueremo su
questa strada», assicura Ricci. Per
guardarla e ascoltarla: Radiokaositalis.com.
[M.T.]
30
Nuove sfide per Alex Zanardi. Dopo
il successo ottenuto alle Paralimpiadi
di Londra, Alex Zanardi è tornato sul
piccolo schermo come voce narrante
di Sfide, in onda ogni lunedì su Rai Tre
alle 22.40. Zanardi, che nel 2010 ha
debuttato come conduttore televisivo
di E se domani, sempre sulla stessa
rete, conduce ora la quattordicesima
edizione del programma che racconta
lo sport attraverso storie, personaggi
ed eventi. «Pensavamo a lui da
mesi, perché con la sua storia e la
sua profonda umanità incarna alla
perfezione lo spirito e il senso di Sfide»,
ha commentato Simona Ercolani,
ideatrice e curatrice del programma.
[A.P.]

cULtURa
Luca Amitrano,
Cristiano Silvi,
Marco Pugliese
Tutta la vita
in un abbraccio
Tunué 2012
pagine 154,
euro 14,90
GRAPHIC NOVEL
Amira
e la danza,
una storia
a lieto fine
Con la sua cascata di riccioli
castani, Amira somiglia
molto – fisicamente e caratterialmente
– a Simona Atzori,
la famosa ballerina nata senza
braccia. Ma la protagonista
di Tutta la vita
in un abbraccio
viene da lontano,esattamente
dalla Turchia,
e approda a Roma
per sfuggire a
un marito violento
che le ha amputato
le braccia sospettando
un suo ipotetico
tradimento.
Inizialmente la trama
è a tratti improbabile
e rischia di voler
affrontare troppi temi
scottanti: il matrimonio
forzato (imposto dal padre-padrone
di Amira) e
d’interesse con un uomo di
30 anni più grande, le spose
bambine, lo sfruttamento
lavorativo, la migrazione. Solo
quando la ragazza approda
a Roma la sceneggiatura comincia
finalmente a decollare:
grazie all’aiuto di alcune persone
amiche, riesce a realizzare il suo
sogno, quello di danzare.
A parte la strenua forza di volontà
e la passione persistente per
il ballo, Amira dimostra di integrarsi
in un mondo per lei sconosciuto,
imparandone la lingua
e le abitudini (come preparare il
caffè con la moka). L’uso dei piedi
al posto delle mani destabilizza
le persone che incontra, le disorienta
in modo positivo, sgretolando
pregiudizi e certezze: la
disabilità si svela, mostrando la
capacità di svolgere ugualmente
attività quotidiane e consuete
(lavarsi, vestirsi, asciugarsi i capelli,
mangiare).
Una prova di autonomia e di
tenacia che con-
quista la stima, non la
pietà, degli interlocutori
di Amira. Nato da un’idea di Luca
Amitrano, con la sceneggiatura
di Cristiano Silvi e i disegni di
Marco Pugliese, il graphic novel
si conclude con un lieto fine un
po’ melò e quasi scontato. Ma è
31
l’intreccio delle relazioni a emergere
via via dai dialoghi e dalle
immagini. La caparbietà della
protagonista, con il suo deficit
motorio, si dimostra vincente,
capace di suscitare un desiderio
di riscatto anche nell’insegnante
di ballo Raul, che s’innamora
di lei. Disegnando così una storia
d’integrazione a tutto tondo:
umana, affettiva, sociale.
Ai vecchi legami familiari
si sostituiscono figure materne
e paterne non biologiche,
che restano conquistate da
una personalità solo in apparenza
fragile, ma granitica.
Che gradualmente comincia
a credere nel suo sogno
di danzare: proprio come
Simona Atzori, testimonial
dello spirito che
anima questo racconto
a fumetti a partire dalla
copertina. Numerose
le analogie con la sua
biografia: anche Amira
ama dipingere, è
dolce e determinata,
s’impegna fino in
fondo per realizzare
i suoi desideri.
Adatto per lettori
adolescenti
e adulti, data la
complessità della
vicenda, il libro
offre diverse
chiavi di lettura e prospettive
di approfondimento. Ma non bisogna
dimenticare che anche nel
nostro Paese resta ancora molta
strada da fare perché le persone
disabili abbiano diritti di cittadinanza
e d’inclusione pari a quelli
di tutti gli altri. Si tratta di una
questione di civiltà che riguarda
anche noi, quindi, e molto da vicino.
[Laura Badaracchi]

cULtURa
Una fiaba per capire la diversità.
E promuovere, allo stesso tempo,
l’integrazione nelle scuole. È Il bambino
dall’anello, una favola in italiano e
inglese scritta da Annamaria Giustardi
e voluta da “Ring 14” di Reggio Emilia,
associazione impegnata nella ricerca
contro le alterazioni del cromosoma 14.
Ma il libro, che contiene un’appendice
sulle malattie genetiche e un cd, è
anche uno strumento didattico per
insegnanti ed educatori. L’anello di
ferro di cui parla la favola, infatti, è la
metafora di ogni malattia o difficoltà.
«A volte la disabilità spaventa e
allontana, soprattutto se non
la si conosce. L’autrice
ha saputo raccontare
cosa significa
essere diversi e
sentirsi rifiutati»,
commenta
Stefania Azzali,
presidente di “Ring
14” e mamma di
Matteo, un bambino
con alterazione del
cromosoma 14. Per
acquistare il libro (10 euro), il
cui ricavato finanzierà i progetti
della onlus: tel. 0522/421037, info@
ring14.it. [M.T.]
LIBRI
Quel silenzio più
forte di una voce
Tommy ha dodici anni; magro
e impacciato, lotta con nemici
immaginari, legge “sulla
fronte” delle persone e le osserva a
lungo, rimanendo in silenzio. «Le
parole, a volte, sono come frecce.
Vanno e vengono, feriscono e uccidono,
come le guerre. Per questo
mi piace registrare gli adulti. Specialmente
quando ciascuno parla
di sé, e a un tratto, come per magia,
tutti scoppiano a ridere», dichiara
convinto il protagonista
del romanzo Il resto è silenzio,
venduto in 13 Paesi e scritto dalla
cilena Carla Guelfenbein, ex art
director della rivista Elle; alcuni
critici la ritengono l’erede di Isabel
Allende. Dopo il successo del
suo secondo romanzo, La
donna della mia vita
(Einaudi 2008),
acclamato dalla
critica e tradotto
in dodici
Paesi, ha deciso
di dedicarsi
interamente alla
scrittura.
Il fluire delle
pagine dà ragione
alla sua scelta, perché il
personaggio-ragazzino si staglia
come un gigante nella trama. La
voce narrante principale, infatti,
viene incarnata dagli occhi di
Tommy, sordo con un’anomalia
cardiaca, immaginativo e solitario,
che ricerca in modo ostinato
la verità sulla morte prematura di
sua madre, suicida.
«L’ho visto nitidamente nella
sua fragilità e lucidità, nella sua
intelligenza e solitudine», ha di-
32
Carla Guelfenbein
Il resto è silenzio
Piemme 2012
pagine 280
euro 16,00
Kathrin Schmidt
Tu non morirai
Keller 2012
pagine 368,
euro 16,50
chiarato l’autrice in un’intervista.
L’intento maieutico è di svelare il
non detto e le verità inconfessabili
attraverso un personaggio
apparentemente debole, senza
possibilità di emettere suoni e
parole con la bocca: deficit sensoriale
abbinato a un cuore che
non gli consente di correre, agitarsi,
fare sforzi. Tommy, quindi,
diventa uno specchio a cui gli altri
personaggi non possono mentire,
a cui non possono sottrarsi.
Del resto, la scelta del titolo del
romanzo riprende le ultime parole
pronunciate dall’Amleto shakespeariano.
[L.B.]
LIBRI
La vita
che cambia
in un istante
La vita può cambiare in un
istante: succede a Helene Wesendahl,
protagonista del romanzo
Tu non morirai, vincitore
del prestigioso German Book Prize,
che in Germania ha venduto
160mila copie. A dare spessore al
racconto di Helene – colpita da
un’emorragia cerebrale, caduta
in coma, risvegliatasi in un ospedale
paralizzata per metà corpo
e afasica, senza poter ricordare il
passato – è l’esperienza autobiografica
dell’autrice (e psicologa)
Kathrin Schmidt, classe 1958, che
dieci anni fa è passata per le forche
caudine dell’improvvisa disabilità,
della perdita d’identità e
del linguaggio, sepolto nelle pieghe
della memoria.
Emergono dalle pagine il senso
d’impotenza, l’umiliazione di
non riuscire a farsi capire e del dover
dipendere dagli altri, insieme

– e non è una contraddizione – a
una imponente consapevolezza
del senso profondo dell’esistenza:
«Fa parte del corso delle cose
venire a conoscenza di quasi tutto
poco prima della fine...», pensa
Helene. Che si mette in gioco, a
45 anni, inerpicandosi nell’arduo e
faticoso percorso di recuperare le
parole smarrite nella sua mente,
di reimparare a muoversi ed esprimersi.
Collegare le frasi alla realtà
e connetterle fra loro, per una
persona diventata afasica, rappresenta
una montagna da scalare
con ostinazione e pazienza. Sullo
sfondo della vicenda personalissima,
la storia della Germania: divisa
e riunificata dopo la caduta del
Muro di Berlino. [L.B.]
RAGAZZI
Per fortuna che
siamo diversi.
Ce lo spiegano
i bambini
Francesco, cinque anni, con la
sindrome di Down, al ristorante
ordina sempre la pizza
con la mozzarella e i funghi. In piscina
è il più coraggioso di tutti,
Luana Vergari
(testi) e Massimo
Semerano (disegni)
Diverso
come uguale
edizioni Becco Giallo 2012
pagine 48,
euro 14,00
Paolo, Anna e Luigi: tre storie con la Caa. Tre nuove
favole in modalità In-book: libri illustrati con il
testo integralmente scritto in simboli. Racchiuse
nelle Storie con la Caa 1, il cofanetto pubblicato da
Erickson per i bambini da tre a sei anni con bisogni
comunicativi complessi. E Caa sta per comunicazione
aumentativa e alternativa. Ecco allora Paolo alle prese
con i capelli ribelli, Anna e l’altalena, Luigi che non
vuole mangiare il minestrone. Ai volumetti è
allegata un’agile guida alla lettura destinata
anche se ci mette un sacco di tempo
a contare fino a cento.
Luca, sette anni, autistico, colleziona
bottoni, è il più alto della
classe, non gli piacciono gli
abbracci e non perde tempo a
chiacchierare. Agata, nove anni,
diabetica, odia il rosa ma adora
i libri di favole. Si inietta l’insulina
da sola con delle penne speciali
che solo lei sa manovrare. Sono
questi – e molti altri – gli amici
di Leone, un bambino di sette anni
che ama le barzellette e non sa
stare mai fermo in un posto. E anche
lui, come gli altri, è portatore
di una piccola diversità: è ebreo
come suo padre e suo nonno, che
indossa il kippah.
Benvenuti nel mondo di Diverso
come uguale, albo uscito per le
edizioni Becco Giallo all’interno
di Critical Kids, una nuova collana
dedicata ai ragazzi «per ripen-
33
sare il futuro (fin da bambini)».
Ma con un obiettivo piuttosto
ambizioso: «Crescere (o decrescere?)
in modo più consapevole
negli anni a venire».
E piuttosto ambizioso è il messaggio
che questo volume, firmato
da Luana Vergari (testi) e
Massimo Semeraro (illustrazioni)
intende lanciare: down, autistico,
cieco, diabetico, epilettico,
paraplegico, ebreo, musulmano,
figlio di genitori separati, alla fine
che differenza fa? Siamo tutti
diversi e tutti uguali. “Elementare,
Watson!”, verrebbe da dire.
Eppure resta la convinzione
dell’utilità di un piccolo libro per
ragazzi che ricorda, ancora una
volta, di non fermarsi alle differenze
più eclatanti. E di guardare
oltre e anche più da vicino, come
solo lo sguardo di un bambino sa
fare. [A.P.]
a genitori, insegnanti e operatori, con le indicazioni relative al
come, dove, quando e quanto leggere gli In-book con i piccoli
(in genere i simboli che descrivono la storia vengono
accompagnati con il dito). L’idea è nata da un papà –
con una figlia autistica – che si è avvalso della
collaborazione di Maria Antonella Costantino,
direttore dell’unità operativa di Neuropsichiatria
dell’infanzia e dell’adolescenza della Fondazione Ca’
Granda di Milano. Entro fine anno uscirà un secondo cofanetto
di storie. [M.T.]

CULTURA
CARTOON
Il sogno di Brent,
presto in onda
su Rai Due
Campioni – si sa – non si nasce,
ma si diventa. A volte
contro – e nonostante – le
circostanze più avverse e sfavorevoli.
È questo il messaggio del
medio-metraggio animato ideato
dall’ex campione del mondo di
pallavolo Andrea Lucchetta, realizzato
grazie a una coproduzione
tra Lucky Dreams e Rai Fiction e
al sostegno della Fondazione Paralimpica
e del Cip (Comitato
italiano paralimpico). Il sogno di
Brent – che andrà in onda prossimamente
su Rai Due all’interno
di Spike team 2, la serie tv animata
tutta incentrata sul mondo del-
lo sport – ripercorre la parabola
di un ragazzo che perde entrambe
le gambe a seguito di un incidente
stradale in motorino.
Abbandonato sull’asfalto da
quattro pirati della strada, il giovane
Brent Winters vede di colpo
spazzati via gli spensierati giochi
dell’adolescenza. Addio corse
gioiose in motorino e sullo skate
e, soprattutto, addio al sogno più
grande: diventare un giorno un
campione di motoclicismo.
Eppure, con la determinazione
e la costanza che hanno sempre
contraddistinto il suo carattere,
Brent riesce a rimettersi in pista.
È lo sport, che ha sempre amato, a
salvarlo dal baratro della depressione
che segue l’incidente. Così,
dopo aver provato diverse discipline,
Brent ritrova finalmente la
sua strada e diventa un campione
paralimpico di handbike.
Lavoratori in bilico tra sfruttamento
e dignità. Il cofanetto Vivere e morire di
lavoro, edito da Feltrinelli (19,90 euro il costo
complessivo) contiene due dvd e un libro su un
tema di costante attualità. Vengono riproposti
quattro film-documentari di Daniele Segre,
sottotitolati in inglese e francese: esempi del
“cinema della realtà” che esplora il presente.
I volti e le voci dei lavoratori intercettati dal
regista abbracciano un arco temporale che
34
«Penso che i cartoni animati
costituiscano il linguaggio
migliore per comunicare con i
ragazzi –, spiega Lucchetta, che
è anche ideatore di Spike team
–. Lo sport è un veicolo di valori
altamente educativi, che noi abbiamo
deciso di trasmettere con
fantasia e un pizzico di colore».
Ma la cosa principale è che si
tratta di un’opportunità veramente
per tutti. «Lo sport
– precisa Lucchetta – deve
far sognare anche i bambini
che hanno subito un’interruzione
di percorso o dalla
nascita o a seguito di un incidente».
La storia di Brent, tutta
di fantasia, potrebbe essere
però la storia vera di molti
campioni paralimpici.
Vengono in mente sicuramente
l’avventura esistenziale
di Alex Zanardi, ma
anche le vicende di tanti ragazzi,
non solo italiani, che hanno
trovato nello sport un’occasione
di riscatto e una nuova prospettiva
di vita. Una di questi è Giusy
Versace, che con la sua immagine
e vitalità ha ispirato Lucchetta
e nella storia compare a fianco
a Brent: per ricordargli che la vita
è comunque bella. E vale la pena
di essere vissuta. [A.P.]
copre un quindicennio: Dinamite (1994), Asuba
de su serbatoiu (2000), Morire di lavoro (2008) e
Sic Fiat Italia (2011). Pellicole che raccontano,
con un registro lucido e rigoroso, storie di
soprusi e diritti negati fino al prezzo della
dignità e della vita. Peppino Ortoleva firma
il libro Un cinema sul lavoro, un cinema del
lavoro, che in 80 pagine sintetizza le schede
dei film e la biofilmografia di Segre, anche
produttore e docente. [L.B.]

Un ritratto di
Clay Regazzoni
(Clayregazzoni.
com)
Ippocampus: la bellezza del
cinema sottotitolato o in Lis.
Film per tutti, ma soprattutto
per le persone non udenti. Arriva
“Ippocampus ciak”, la Biennale
del cinema internazionale del
sordo, che si terrà il 24 novembre
a Milano nell’auditorium San
Fedele. Organizzato dall’Ens (Ente
nazionale sordi) del capoluogo
lombardo, in collaborazione con
la compagnia teatrale “Senza
parole”, il festival presenta 19
CINEMA
Ron Howard
racconta
l’avventura di
Clay Regazzoni
Nel 1980, sul circuito di Long
Beach, alla guida della sua
Ensign, il pilota di Formula
Uno Clay Regazzoni si schiantò
alla velocità di 270 chilometri
all’ora contro la Brabham di Ricardo
Zunino. Uscito dallo scontro
gravemente ferito, si ritrovò
a vivere per il resto della vita su
una sedia a ruote. Ma con la stessa
tenacia e il coraggio indoma-
bile che lo aveva reso celebre al
volante, non si scoraggiò mai e
riuscì a tornare a gareggiare, facendosi
paladino dell’inserimento
dei disabili nello sport.
Il “brillante”, intramontabile
Clay avrà adesso i tratti scanzonati
di Pierfrancesco Favino
in Rush, il kolossal hollywoodiano
sugli eterni rivali Niki Lauda
e James Hunt, che uscirà nel
2013 a firma del regista Ron Howard.
Un ruolo di contorno, quello
dell’attore romano, ma che
forse contribuirà a ridare attenzione
a un grande sportivo che
ha saputo fare del proprio dramma
umano una “bandiera” nella
lotta per i diritti delle persone
disabili. «Perché un paraplegico
non dovrebbe poter guidare?», si
chiese Regazzoni dopo lo schianto
di Long Beach. La sua domanda,
trent’anni fa, non era retorica:
a quei tempi, infatti, un paraplegico
che si ostinava a tornare al
volante poteva essere scambiato
per pazzo. Eppure i risultati
raggiunti sono indiscutibili, a
testimonianza del successo di un
campione “a tutto tondo”.
Nel 1984 Regazzoni apre un
corso di guida sportiva per disabili
a Vallelunga e nel 1992,
insieme a Luca Pancalli, oggi
presidente del Comitato italiano
35
cortometraggi in concorso.
Sei i Paesi rappresentati: Italia,
Inghilterra (in gara con otto
pellicole), Spagna, Francia,
Germania e Malesia. Verranno
premiate le migliori opere nelle
categorie cortometraggio,
regia, attore e attrice, più un
riconoscimento speciale per i
giovani con meno di 25 anni e il
premio del pubblico riservato
anche ai film fuori concorso.
Nata per diffondere un mercato
paralimpico, dà vita alla Fisaps,
la Federazione italiana sportiva
automobilismo patenti speciali.
Inoltre, a partire dal 1993,
Clay promuove corsi di pilotaggio,
campionati, manifestazioni
su piazza e stage per persone con
disabilità.
Chissà se il volto espressivo di
Favino e l’auspicabile successo di
Rush contribuiranno, adesso, a
rievocare con nuova forza l’immagine
di questo grande dello
sport. Scomparso il 15 dicembre
2006, all’età di 67 anni, in un incidente
stradale, Regazzoni è
stato un pilota fino all’ultimo.
Perdere l’uso delle gambe a quarant’anni
non rappresentò per lui
la fine, né lo fece sentire un campione
di “serie B”, tanto nella vita
quanto nello sport.
«La gente si ricorda soprattutto
della Formula Uno, in particolare
degli anni passati alla Ferrari
– scrisse di sé nel suo sito Internet
–. Ma quegli anni, forse i più
entusiasmanti, sono solo una
parte della mia lunga carriera».
Una carriera che va ben oltre le
sue 250 corse, i 25 primi posti assoluti,
i 25 secondi posti e i 21 terzi
posti. Una carriera intramontabile
che porta dritto al cuore della
gente, appassionata di motori e
non. [Luca Saitta]
audiovisivo quasi sconosciuto e
per dare a tutti l’opportunità di
conoscere temi come la sordità
e il linguaggio dei segni (Lis), la
rassegna è giunta alla sua terza
edizione. Le pellicole verranno
sottotitolate in italiano o inglese,
nel caso in cui l’idioma originale
del cortometraggio sia una
lingua dei segni internazionale o
europea, e anche se le opere sono
girate da registi udenti. Info su
Teatrosenzaparole.it. [M.T.]

I disegni di questa sezione del Magazine sono di Saul Steinberg
RUBRIchE
Rosanna Giovèdi
Inail... per saperne di più
Dispositivi domotici:
ecco come funzionano
Per il superamento e l’abbattimento delle barriere
architettoniche l’Inail autorizza la fornitura di ausili
e apparecchiature. Con un obiettivo specifico:
favorire il reinserimento nella vita di relazione
Il “Regolamento per l’erogazione agli invalidi del lavoro di dispositivi tecnici e
di interventi di sostegno per il reinserimento nella vita di relazione” ha previsto
l’ampliamento dei soggetti destinatari, comprendendo anche assicurati
con patologie diverse da quelle già contemplate che comportino grave limitazione
dell’autonomia e della sicurezza. Infatti, l’Inail interviene con la fornitura di
particolari dispositivi e con la realizzazione di interventi edilizi e impiantistici
per il superamento e/o l’abbattimento delle barriere architettoniche, con oneri
a carico dell’Istituto stesso, nei limiti e alle condizioni descritte nel Regolamen-
to, nei confronti degli assicurati che,
a causa delle menomazioni subite per
infortunio sul lavoro e/o malattia professionale,
sono penalizzati nella loro
mobilità o nella gestione dell’ambiente
domestico, al fine di rendere accessibile
e fruibile la loro abitazione, reintrodurli
alla quotidianità e restituire loro
l’autonomia.
Nella fornitura di particolari dispositivi
rientrano anche i dispositivi
domotici e gli interventi edilizi e
impiantistici necessari all’installazione
di tali dispositivi (articolo 42).
Per ausili e sistemi domotici s’intendono
le apparecchiature e i dispositivi
basati su tecnologie elettroniche e/o
elettromeccaniche, comandati e controllati
anche tramite telecomandi o
sistemi computer based (pc desktop,
notebook, palmari, cellulari). Tali forniture
possono essere autorizzate nei
seguenti casi: cecità, tetraplegia, tetraparesi,
paraplegia, paraparesi; amputazioni
bilaterali di arto superiore
(con esclusione delle amputazioni delle
dita); amputazioni e malformazioni
bilaterali di arto inferiore (con esclu-
sione dei livelli di amputazione distali
alla transtibiale).
Gli ausili e/o sistemi domotici
possono essere concessi anche nel caso
di comprovata necessità, in patolo-
36
gie diverse da quelle sopra indicate che
comportino grave limitazione dell’autonomia
e della sicurezza. Al fine di
migliorare l’autonomia degli assicurati
sopracitati e facilitare le funzioni
di vita che si svolgono nell’ambito della
propria abitazione e che, altrimenti,
non potrebbero essere svolte o non
sarebbero realizzabili in sicurezza,
possono essere forniti arredi personalizzati
con sistemi domotici e/o cucine
comandate da tali sistemi, qualora
questi rientrino nel progetto riabilitativo
individualizzato degli assicurati.
La fornitura di tali dispositivi deve
scaturire da una valutazione dell’équipe
multidisciplinare, integrata dal tecnico
della Consulenza tecnico-edilizia
regionale ovvero da altre professionalità,
interne o esterne dell’Istituto, che
risultino necessarie. Per i dispositivi
in questione, l’autorizzazione è subordinata
anche alla valutazione della
situazione specifica personale e ambientale
(vivere da soli, adempiere a
ruoli familiari, inadeguatezza o carenza
di figure di sostegno).
Pertanto, fermo restando il pre-requisito
del riconoscimento dell’invalidità
da lavoro, il requisito
fondamentale per l’autorizzazione di
una cucina domotica risulta essere la
valutazione dei bisogni dell’infortunato
e/o del tecnopatico, oltre alla reale
capacità di utilizzo di detti ausili e/o
sistemi domotici, così come già evidenziato
riguardo l’autorizzazione relativa
ad arredi e dispositivi speciali.
Le Unità territoriali possono autorizzare
la fornitura di tali dispositivi
o presso il Centro protesi di Vigorso
di Budrio e la sua filiale di Roma, o
presso le aziende (rivenditori) autorizzate
all’immissione in commercio di
tali dispositivi, che diano garanzia di
qualità oltre a un adeguato supporto e
assistenza tecnica.

RUBRICHE
RUBRIchE Lavoro
Alessandra Torreggiani
Collocamento obbligatorio:
cosa sono le convenzioni
Previste dalla legge 68, le convenzioni per l’inserimento
delle persone disabili a fini formativi consentono di stipulare,
attraverso l’affido di commesse, accordi tra Centri
per l’impiego, datori di lavoro tenuti all’obbligo
di assunzione e soggetti non sottoposti a tale vincolo
Le convenzioni per l’inserimento
lavorativo delle persone con disabilità
a fini formativi sono previste
dall’art.12 della legge 68/99 sul
collocamento obbligatorio e mirato.
Alcune novità, introdotte nel 2007
dalla legge 247, hanno ampliato la platea
dei “luoghi di lavoro” presso i quali
le convenzioni sono possibili. L’art.
12 della legge 68/99, in origine, prevedeva
convenzioni per l’inserimento
temporaneo del lavoratore presso
una cooperativa sociale oppure presso
un libero professionista con disabilità:
la legge 24 dicembre 2007 n.
247 sul Protocollo Welfare ha modificato
l’art.12, disponendo nello specifico
l’ampliamento della platea dei
soggetti ospitanti, comprendendovi
anche le imprese sociali di cui al decreto
legislativo 155/2006, nonché i datori
di lavoro privati non soggetti agli
obblighi di assunzione di cui alla legge
68/1999.
Il lavoratore disabile può essere
inserito temporaneamente a fini formativi
presso le strutture ospitanti
che si faranno carico degli oneri retributivi,
previdenziali e assistenziali
mentre il lavoratore sarà contestualmente
assunto da parte del datore di
lavoro.
Ma cosa sono le convenzioni di inserimento
lavorativo temporaneo con
finalità formative? Gli Uffici per l’impiego
possono stipulare con i datori
di lavoro privati soggetti all’obbligo,
le cooperative sociali di tipo B, le imprese
sociali, i disabili liberi professionisti,
anche se operanti con ditta
individuale, i datori di lavoro privati
non soggetti all’obbligo di assunzione,
apposite convenzioni finalizzate
all’inserimento temporaneo dei disabili
presso i soggetti ospitanti, ai quali
i datori di lavoro si impegnano ad affidare
commesse di lavoro. Tali convenzioni,
non sono ripetibili per lo
stesso soggetto, salvo diversa valutazione
del comitato tecnico e possono
riguardare un lavoratore disabile,
se il datore di lavoro occupa meno di
50 dipendenti; e/o il 30% dei lavoratori
disabili da assumere se il datore
di lavoro occupa più di 50 dipendenti.
La stipula della convenzione deve
contenere alcuni requisiti essenziali,
37
quali la contestuale assunzione a tempo
indeterminato del disabile da parte
del datore di lavoro, la computabilità
ai fini dell’adempimento dell’obbligo,
l’impiego del disabile presso i soggetti
ospitanti con oneri retributivi, previdenziali
e assistenziali a carico di
questi ultimi per tutta la durata della
convenzione (non può eccedere i
dodici mesi, prorogabili di ulteriori
dodici mesi da parte degli uffici competenti),
l’indicazione nella convenzione
dell’ammontare delle commesse
che il datore di lavoro si impegna ad
affidare ai soggetti ospitanti, i nominativi
dei soggetti da inserire e la descrizione
del piano personalizzato di
inserimento lavorativo.
alle convenzioni si applicano,
in quanto compatibili, le disposizioni
dell’articolo 11, comma 7 della legge
68/99 che recita: «Le convenzioni
di integrazione lavorativa devono: a)
indicare dettagliatamente le mansioni
attribuite al lavoratore disabile e le
modalità del loro svolgimento; b) prevedere
le forme di sostegno, di consulenza
e di tutoraggio da parte degli
appositi servizi regionali o dei centri
di orientamento professionale e degli
organismi di cui all’articolo 18 della
legge 5 febbraio 1992, n. 104, al fine
di favorire l’adattamento al lavoro del
disabile; c) prevedere verifiche periodiche
sull’andamento del percorso
formativo inerente la convenzione di
integrazione lavorativa, da parte degli
enti pubblici incaricati delle attività
di sorveglianza e controllo».
Gli uffici competenti possono infine,
per completezza di informazione,
stipulare con i datori di lavoro privati
soggetti all’obbligo di assunzione e le
cooperative sociali di tipo B, apposite
convenzioni finalizzate all’inserimento
lavorativo temporaneo dei detenuti
disabili.

RUBRICHE
Francesca Tulli
Tempo libero
Vacanze per tutti.
E per tutto l’anno
Sport, divertimento e soprattutto relax: chi lo ha detto
che per concedersi qualche giorno di svago bisogna
attendere il ritorno dell’estate? Intanto le richieste sono
in aumento. E (fortunatamente) anche le proposte
Viaggi accessibili, conditi anche di sport, in tante occasioni dell’anno: aumentano
le richieste, così come la consulenza specializzata di SuperAbile.it.
Non solo in estate, dunque, ma anche nel corso dell’anno è possibile
concedersi momenti di sport e di relax.
Sempre più numerose sono le richieste di persone con disabilità che durante
il corso dell’anno desiderano ritagliarsi qualche giorno di vacanza all’insegna
delle attività all’aria aperta. Per tale motivo, senza avere la pretesa di offrire
in questa sede una mappatura completa delle realtà impegnate nel settore, segnaliamo
le principali organizzazioni orientate a coniugare vacanza, sport e
divertimento.
L’associazione Sportabili (Sportabili.org),
nelle sue sedi di Alba in
Piemonte e Predazzo in Trentino Alto-Adige,
offre l’opportunità di avvicinarsi
agli sport in montagna sia
nella stagione invernale che in quella
estiva: l’offerta varia dallo sci alpino
a quello di fondo, fino alle più tranquille
attività di nuoto, equitazione,
escursionismo, fino a sfide più audaci
come rafting, arrampicata e gioco
del tennis. La persona viene seguita
da istruttori qualificati per le diverse
discipline, affiancati da volontari,
tutto modulato a seconda delle diverse
tipologie di disabilità. Inoltre
per il soggiorno, SportAbili dispone
di strutture convenzionate. Anche
Freewhite Sport Disabled (Freewhite.it)
organizza settimane multisport
per vivere una vacanza in montagna,
sia in estate che in inverno. Per le associazioni
che vogliono muoversi in
gruppo Freewhite offre programmi su
misura, adeguati alle diverse esigenze
delle persone con disabilità: motorie,
sensoriali, intellettive. Fra gli
sport praticabili non mancano sci,
golf, handbike, mountain bike, tiro
con l’arco, pesca sportiva e quad.
“Scie di Passione” (Sciedipassione.
com) è invece un’associazione di ma-
38
estri di sci specializzati nell’insegnamento
a persone con e senza disabilità.
Al suo interno un comitato scientifico
ha il compito di ideare e verificare
le attività che si possono realizzare
con l’utenza di riferimento. La struttura
che ospita l’associazione è situata
all’interno del comprensorio sciistico
Carosello Ski, a Passo Coe (Folgaria,
Trento) e mette a disposizione: parcheggi
riservati ai titolari del contrassegno,
spogliatoio con servizi fruibili
da persone disabili, noleggio di ausili
per lo sci (monosci, dual sci, stabilizzatori
standing, amplificatori e sistemi
Bluetooth per non vedenti), campo
scuola riservato all’avviamento sportivo,
ambienti per la ristorazione.
Gli appassionati del mare e della
barca a vela possono contare, invece,
sulle proposte di Vela Insieme (Velainsieme.it),
associazione che ha fatto
della navigazione uno strumento di
integrazione attraverso la formazione
di equipaggi composti da persone disabili
e non. Le crociere e le uscite in
mare si svolgono a bordo di tre imbarcazioni
classiche di 12 e 14 metri,
in grado di ospitare fino a otto persone.
L’associazione ha sede a Grosseto
e collabora attivamente con la Regione
Toscana.
Infine, si segnala il settore “Vacanze”
della Hsa International (Hsaitalia.
it), associazione internazionale che
promuove e realizza attività subacquee
rivolte a persone con disabilità.
Le località vengono selezionate e valutate
in base a criteri di accessibilità
del Resort Evaluation Program; in tutti
i viaggi è presente un istruttore brevettato
dalla Hsa al fine di assicurare
una vacanza sicura, divertente e allo
stesso tempo autonoma per la persona
con disabilità.
Non solo d’estate, dunque, una
buona vacanza a tutti.

l’ESPERTO RISPONDE
a cura del Consorzio sociale Coin
Scuola
Nella redazione del Piano
educativo individualizzato (Pei)
deve intervenire solo l’équipe
medica della Asl o possono
intervenire, in alternativa e in
accordo con l’équipe della Asl,
professionisti privati?
Vorrei sapere se, all’interno di una
palazzina composta da tre livelli
fuori terra e da un piano interrato
destinato a box e cantine con
l’ingresso principale posto al
piano terra, deve essere prevista
obbligatoriamente l’installazione
dell’ascensore.
Il Piano educativo individualizzato (Pei)
viene elaborato collegialmente dagli insegnanti
curricolari e di sostegno (per
ciascun grado di scuola), dagli operatori
sanitari della Asl, in stretta collaborazione
con i genitori e un esperto richiesto dalla
famiglia di loro fiducia o dell’associazione
di cui fanno parte.
Ascensori
ascensore va comunque istallato in tut-
L’ ti i casi in cui l’accesso alla più alta unità
immobiliare è posto oltre il terzo livello,
ivi compresi eventuali livelli interrati e/o
porticati.
Nel caso esposto, se consideriamo l’accesso
dal piano interrato e valutiamo questo
come un primo livello, l’ultimo piano,
di tipo residenziale, è da considerare come
quarto livello, quindi si deve installare l’ascensore.
39
Se la famiglia non intende avvalersi delle
prestazioni della Asl, dovrà comunque
garantire le condizioni affinché lo specialista
che segue l’alunno presti la propria collaborazione
e consulenza alla scuola per la
redazione anche della “diagnosi funzionale”,
del “profilo dinamico funzionale”, oltre
che del “Piano educativo individualizzato”.
Inoltre l’art. 3.2 del decreto ministeriale
n. 236, del 14 gennaio 1989, afferma: «Negli
edifici residenziali con non più di tre livelli
fuori terra è consentita la deroga all’installazione
di meccanismi per l’accesso ai piani
superiori, ivi compresi i servoscala, purché
sia assicurata la possibilità della loro installazione
in un tempo successivo».

pinzillacchere
IL PRaNZO dELLa dOMENIca
di carla chiaramoni
Tacabanda
Via Al Teatro Alfieri, 5
14100 Asti
0141.530999 - 320.4949711
(prenotazione obbligatoria)
In cucina Antonio De Benedetto
(chef), Jessica e Alessandro
Chiusura lunedì, mese di agosto
Coperti 35 (50 all’aperto)
Locale accessibile
(solo all’aperto)
Prezzo break di mezzogiorno
12 euro, fino a 35 euro
a la carta (vini esclusi)
pittura alternativa
è una contaminazione con-
C’ tagiosa in questo locale di
Asti, di cui sono titolari Egidio e
Antonio De Benedetto e dove
lavorano quattro ragazzi con
ritardo mentale e disabilità visiva.
Si contaminano le materie prime,
che danno così vita a nuovi piatti.
Si contaminano le competenze,
come in un recipiente che travasa
saperi e sapori dai ragazzi
ai professionisti e (molto spesso)
viceversa. Si contaminano i clienti,
che in un momento di massimo
relax e appagamento del palato si
avvicinano al mondo della disabilità
per molti sconosciuto. E tutto
questo non è un caso, perché
l’Osteria Tacabanda fa parte del
progetto “Albergo etico”: un’opportunità
per offrire alle persone
con disabilità un percorso di
autonomia nel mondo della
ricezione e della ristorazione.
Fabrizio, 17 anni, e il suo “collettivo” di artisti
G li
piace disegnare, dipingere
e lavorare al telaio. E
se a tre anni gli è stato diagnosticato
l’autismo, ora invece è
il più giovane tra gli artisti che
fanno parte dell’associazione
culturale “Arte tra la gente”
di Bussero (Milano). L’unico,
peraltro, con disturbo dello
spettro autistico. Si chiama
Fabrizio Landini, è nato a
Sesto San Giovanni (sempre
nell’hinterland milanese) e, ad
appena 17 anni, ha già esposto
le sue opere più volte.
All’ultima mostra che lo
ha visto tra i protagonisti,
“Essenzialmente - Autismo
immaginato” (Essenzial-
mente.blogspot.it), voluta
per sensibilizzare l’opinione
pubblica su questo disordine
comportamentale attraverso
il viaggio tra quadri, sculture,
foto, installazioni visive e so-
nore, Fabrizio ha presentato
Il grattacielo rosso. Un’opera
realizzata al computer la scorsa
estate e recentemente esposta
nella scuola di Bussero.
La sua vena artistica, in
tutte le sue forme, è nata
frequentando per dieci
anni la scuola steineriana,
dove ha avuto modo di imparare
e sviluppare alcune
tecniche pittoriche come
l’acquerello e il gessetto.
«Avendo notato la sua
predisposizione al disegno –
racconta la mamma Fabrizia
Rondelli, presidente dell’associazione
“Ortica” di Milano –,
abbiamo continuato a fargli
frequentare laboratori di pittura,
lasciandolo però libero di
esprimere la propria arte anche
in altre maniere». Attraverso
il pc, per esempio. [M.T.]
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Nel centro storico, sotto il
Teatro Alfieri, i clienti sono accolti
in un ambiente familiare
e gradevole, all’interno di una
dimora storica: una cantina climatizzata
con volte in mattone
a vista e un’intera parete adibita
a enoteca (450 etichette). In
estate il locale “sale” in strada
e amplia il numero di coperti.
Il menù segue le stagioni e
guarda alla tradizione piemontese
con piacevoli interpretazioni,
come la spuma di peperoni in
fonduta, il risotto di mirtilli e ortiche
e i tajarin con gelato al parmigiano
o tartufi. Non mancano
classici monferrini: bagna cauda,
agnolotti d’asino, bollito misto
piemontese, carne cruda monferrina.
Assolutamente da non
perdere i dolci: il Bonet all’astigiana
con spuma di Grignolino e
la torta grigionese, ricetta donata
dalla Fondazione “La Capriola di
Davos”, nel Cantone dei Grigioni,
primo albergo etico della Svizzera.
In sala Egidio De Benedetto,
Niccolò, Elena e Marcellina garantiscono
un servizio cortese
e cordiale, con cui i clienti si
sentiranno coccolati e al centro
dell’attenzione. Il locale organizza
anche cene al buio, in collaborazione
con l’Unione italiana ciechi.

LE PaROLE PER dIRLO
di Franco Bomprezzi
Si ritorna sempre lì, a
Accessibile quell’omino stilizzato, incapace
di articolare un benché
minimo pensiero critico. Se ne sta lì, appeso a
un muro, o a una porta. Seduto su quella carrozzina
dalle ruote enormi, mentre la sua testolina,
perfettamente tonda, non ha occhi né orecchie
né bocca. E dovrebbe lui, proprio lui, garantirmi
che un ufficio, un albergo, un ristorante, un
museo, un teatro, una piscina, un bagno, sono
accessibili? In tanti anni non siamo riusciti a
trovare niente di meglio. E lo dico io, che in carrozzina
ci sono praticamente nato e cresciuto.
Ma la parola “accessibile”, che sarebbe semplice
e chiara, quando viene usata per definire
in modo incontrovertibile se io, o chiunque
altro, possa o meno muovermi liberamente in
un determinato posto e fruire delle sue funzioni,
diventa improvvisamente misteriosa, sfuggente,
bizantina, elastica, interpretabile e opinabile
come ben poche altre parole al mondo.
L’idea stessa di accessibilità è sottoposta ogni
giorno a prove durissime. Quando, per esempio,
mi trovo ad affrontare lo scivolo di un marciapiede,
appena realizzato o riparato, e scopro
che, oltre a una pendenza da urlo, c’è anche una
piccola soglia da superare, a livello della strada. E
così so già che dovrò chiedere aiuto, perché da
solo non ce la farò mai, o mi ribalterò come un
astronauta in posizione di lancio nello Shuttle.
“Accessibile” dovrebbe ormai essere sinonimo
di qualcosa che è stato pensato
“per tutti”, ma proprio “per tutti”: alti, bassi,
larghi, stretti, giovani, anziani, uomini,
donne, vedenti e non vedenti, sordi e loquaci,
in sedia a rotelle o con un bastone.
E allora perché mai, quasi regolarmente,
quando vado a un convegno il palco non è accessibile,
ma la sala è considerata perfettamente
“a norma”? Semplice: perché l’idea di fondo,
ignorante e proterva, di chi progetta e di chi
approva, di chi paga e di chi controlla, è che
le persone con disabilità sono ospiti di questa
società, al massimo spettatori, mai protagonisti.
Ma verrà un giorno, ah se verrà. E sarà bellissimo.
in cattedra
A Venezia il primo docente madrelingua Lis
Sopra,
il professor
Gabriele Caia
durante
una lezione.
Qui a fianco,
in una
delle sue
performance
teatrali
Per la prima volta in Italia
un ateneo ha assunto un
professore sordo, madrelingua di
Lis (lingua dei segni italiana), per
insegnare proprio quel tipo di
idioma. È successo all’Università
Ca’ Foscari di Venezia, dove dal
primo settembre
Gabriele Caia è
diventato parte
integrante del corpo
accademico come
cel (collaboratore ed
esperto linguistico)
– lettore sordo.
Dal 2002 l’ateneo
veneto annovera
la Lis come lingua
di specializzazione
nei corsi di
laurea triennale
e magistrale in
Lingue, civiltà e
scienze del linguaggio, entrambi
all’interno del Dipartimento di studi
linguistici e culturali comparati.
«L’insegnamento della Lis
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– spiegano dall’università veneziana
– è affiancato da corsi sulla
cultura della comunità sorda, sulla
linguistica e socio-linguistica della
Lis, su sordità e acquisizione della
lingua, sulla Lis tattile e sulle tematiche
relative alla traduzione da e
verso la Lis. Tutti aspetti che caratterizzano
i programmi internazionali
di Deaf studies». L’obiettivo è
quello di creare figure professionali
specializzate e interpreti Lis, «ma
anche quello di stimolare la formazione
di cittadini consapevoli
e aperti all’integrazione della
diversità linguistica e culturale
presente sul nostro territorio».
Docente eclettico, Gabriele
Caia è anche poeta, attore e autore
dello spettacolo teatrale in Lis Papa,
portato in tournée in tutta Italia
e di cui è stato realizzato anche un
dvd. Laureatosi al Dipartimento
di arte, musica e spettacolo di
Bologna, il suo talento gli ha fatto
vincere, nel 2005, il Premio speciale
Dams “Le arti per la vita”. [M.T.]

dulcis in fundo
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Manifesti campagne Inail 2001-2007