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cittadinanza attiva - Archivio "Pace diritti umani"

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Altre misure infine erano proposte per la Corte dei conti, il Comitato delle Regioni e il Comitato<br />

economico e sociale.<br />

Per quanto riguarda il terzo punto ossia i “meccanismi decisionali dell’Unione”, il PE distingueva al<br />

proposito tre funzioni; quella legislativa, quella di bilancio e quella di controllo.<br />

Riguardo alla “funzione legislativa” (comprensiva sia degli “atti legislativi”, sia degli “accordi internazionali”)<br />

il PE proponeva di restringere le procedure decisionali a sole tre forme (la codecisione,<br />

l’assenso e la consultazione), abolendo di conseguenza la procedura di cooperazione. Proponeva<br />

inoltre di restringere la procedura per assenso ai soli casi di revisione del trattato, di accordi internazionali,<br />

di allargamento e di accordi sulle risorse proprie, nonché la procedura per consultazione al<br />

solo caso di decisioni nel campo della PESC; di conseguenza in tutte le altre aree doveva valere solo<br />

la procedura per codecisione. Quest’ultima avrebbe dovuto a sua volta essere drasticamente<br />

semplificata, stabilendo in particolare scadenze equivalenti per il Parlamento e il Consiglio nelle loro<br />

prime letture dei disegni di legge, in modo da evitare il costante ritardo del secondo rispetto al<br />

primo in tale fase della procedura. Inoltre si prospettava l’opportunità d’introdurre “una nuova categoria<br />

di atti esecutivi” di responsabilità della Commissione ove a ciò delegata dall’autorità legislativa.<br />

La Commissione, a sua volta, avrebbe peraltro dovuto procedere in prima persona, senza delegare<br />

queste funzioni a “comitati” di funzionari non eletti dal PE, né da alcuna istituzione dell’UE. La<br />

novità più interessante era peraltro la proposta di sottoporre tutti gli accordi internazionali conclusi<br />

dall’Unione all’assenso del Parlamento Europeo.<br />

Per quanto riguarda la “funzione di bilancio”, il PE proponeva delle misure tese a unificare il bilancio<br />

di tutte le istituzioni e gli organi dell’UE, nonché di tutti e tre i suoi “pilastri”.<br />

Per quanto riguarda la “funzione di controllo”, il PE suggeriva in particolare misure per combattere<br />

la frode e altre violazioni della legge dell’UE, per permettere indagini ad ampio raggio dentro gli<br />

Stati membri e per imporre a livello dell’UE dissuasive sanzioni penali e amministrative, con il<br />

permesso di direttive di armonizzazione nell’area della legge penale rilevante e l’obbligo per gli<br />

Stati membri di applicare punizioni effettive, proporzionate e deterrenti per la violazione della legge<br />

comunitaria.<br />

Per quanto riguarda il quarto punto ossia “le prospettive dell’allargamento”, il PE raccomandava<br />

che esso non compromettesse “i principi di competizione, cooperazione e solidarietà”, da sempre<br />

fondamentali per l’integrazione europea.<br />

Per quanto riguarda infine il quinto punto ossia le “misure conseguenti”, il PE esigeva: che il lavoro<br />

del Gruppo di riflessione fosse caratterizzato dalla maggior apertura possibile, con regolari rapporti<br />

pubblici; che la CIG del 1996 prevedesse un dibattito più aperto che nelle precedenti occasioni; che<br />

il risultato dei lavori della CIG fosse sottoposto all’assenso del Parlamento Europeo; e soprattutto<br />

che si dovesse<br />

“tenere un referendum pan-europeo [a Union-wide referendum] per ratificare ogni disposizione del trattato, in base al<br />

fatto che è in gioco una decisione collettiva che riguarda l’insieme dell’Europa. In alternativa, gli Stati membri possono<br />

accordarsi per svolgere qualche referendum nazionale (o le loro rispettive votazioni parlamentari) allo stesso tempo<br />

o entro pochi giorni uno dall’altro.”<br />

Per la prima volta, dunque, il PE si pronunciava esplicitamente per l’opportunità di svolgere un “referendum<br />

paneuropeo” per la ratifica di un nuovo trattato europeo, in quanto quest’ultimo, malgrado<br />

non fosse una Costituzione, ne avrebbe mantenuto alcuni tratti salienti, tra cui la centralità della<br />

<strong>cittadinanza</strong> europea anche in senso politico e quindi della democrazia europea anche nella sua dimensione<br />

partecipativa. Perciò la stessa ratifica di tale trattato avrebbe dovuto sottostare a tale principio,<br />

consentendo l’esercizio, oltre che della sovranità degli Stati membri (espressa tuttavia secondo<br />

la regola, democratica, di una larga maggioranza di essi e non più dell’unanimità), anche della<br />

sovranità diretta dei cittadini dell’Unione. Ma proprio perciò il referendum in questione avrebbe<br />

dovuto essere “paneuropeo”, in quanto si trattava appunto di “una decisione collettiva che riguarda<br />

l’insieme dell’Europa”. E tale decisione era riassumibile in questi termini: accettare o rifiutare<br />

un’Unione fondata sulla duplice sovranità degli Stati membri e dei cittadini dell’UE. Nel caso di un

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