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cittadinanza attiva - Archivio "Pace diritti umani"

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Quanto alla Commissione dimissionaria, essa adottava, il 28 aprile 1999, una decisione “che istituisce<br />

l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF)”. Tale decisione della Comunità entrerà quasi<br />

subito in vigore, grazie alle tempestive approvazioni del PE il 6 maggio 1999 e del Consiglio il 25<br />

maggio 1999. L’OLAF, entrato in funzione il 1° giugno 1999, sarà destinato, da allora in poi, quale<br />

organo indipendente dalla stessa Commissione, a vigilare operativamente (con indagini amministrative)<br />

su casi di frode e corruzione ai danni degli interessi finanziari dell’UE a tutti i livelli, sia quello<br />

dell’UE, sia quello degli Stati membri (di concerto, in questo caso, con le autorità nazionali).<br />

E finalmente, il 1° maggio 1999, entrava in vigore il trattato di Amsterdam. Si apriva così la possibilità<br />

di realizzare pienamente e nel modo più veloce possibile tutte le modifiche, in esso stabilite, ai<br />

trattati costitutivi, compresa la disposizione che prevedeva l’elaborazione di “riforme istituzionali”<br />

urgenti, che avrebbero dovuto essere oggetto di una nuova CIG e quindi di un nuovo trattato emendativo.<br />

La prima misura del trattato di Amsterdam veniva applicata appena quattro giorni dopo, quando il<br />

PE adottava la risoluzione del 5 maggio 1999 “sulla nomina del presidente della Commissione”,<br />

nella quale il PE “approva la nomina di Romano Prodi come presidente della Commissione per il<br />

resto del termine d’ufficio” ossia sino al 22 gennaio 2000, 286 esercitando così per la prima volta il<br />

proprio nuovo diritto di approvare o respingere già la prima fase del processo di creazione del “governo”<br />

dell’UE. 287 L’approvazione di questa risoluzione spianava così a Prodi la strada per la formazione<br />

della Commissione.<br />

La grande novità di tale evento portava allora il PE ad adottare subito una risoluzione che tenesse<br />

conto di entrambi i processi allora in gioco ossia della formazione della nuova Commissione e della<br />

preparazione della futura CIG, la risoluzione del 6 maggio 1999 “sul metodo e il calendario<br />

dell’imminente riforma istituzionale”.<br />

Essa proponeva innanzi tutto “obiettivi e calendario” di tale riforma istituzionale, prevedendo “inizio<br />

e svolgimento dei lavori preparatori durante l’anno 2000”, seguiti dalla “convocazione della<br />

CIG nel 2001” e dalla “conclusione della Conferenza entro la fine dell’anno 2001”.<br />

Per quanto riguarda l’”investitura della Commissione”, essa ricordava i requisiti a cui la Commissione<br />

designata avrebbe dovuto soddisfare per ottenere la votazione di approvazione del PE e raccomandava<br />

che “la Commissione svolga un forte ruolo di incitazione politica e assicuri la coerenza<br />

del progetto politico europeo”.<br />

Per quanto riguarda il “metodo” dell’imminente riforma istituzionale, il PE esigeva le seguenti nuove<br />

modalità:<br />

- riteneva che per quanto riguardava la futura CIG “occorra mantenere il requisito dell’unanimità unicamente per il risultato<br />

finale dei negoziati” e non più per ogni modifica del trattato;<br />

- auspicava “l’applicazione del metodo comunitario, durante la preparazione della CIG”;<br />

- perciò riteneva che “spetti alla Commissione avviare tale processo” e quindi “sia suo compito elaborare un primo documento<br />

preparatorio”;<br />

- “ritiene che, per adempiere a tale compito, la Commissione possa ricorrere ad un gruppo di alte personalità indipendenti<br />

e di esperti (secondo la formula utilizzata per il Comitato Delors)”;<br />

- “ritiene che la natura comunitaria del metodo comporti il ricorso ad una concertazione istituzionale, in particolare fra il<br />

Parlamento e la Commissione, in modo che il documento finale scaturisca da un’intesa tra le due istituzioni”;<br />

- “per assicurare la piena efficacia democratica di tale lavoro preparatorio”, sarebbe stato opportuno “organizzare un<br />

quanto più ampio processo di consultazione che coinvolga i Parlamenti nazionali”;<br />

- “nell’ambito di tale processo, si dovrà incoraggiare anche l’espressione dei partiti politici, delle autorità regionali e<br />

locali, delle organizzazioni della società civile, nonché dell’opinione pubblica europea, anche ricorrendo alle moderne<br />

tecnologie di comunicazione”;<br />

286 Tale precisazione era dovuta al fatto che il PE di allora, in quanto il proprio mandato sarebbe scaduto (a causa delle<br />

elezioni europee del giugno 1999) il 20 luglio 1999, aveva il potere di approvare la nomina di un nuovo presidente della<br />

Commissione europea solo per il resto del mandato di quest’ultima rientrante sotto la propria competenza ossia appunto<br />

sino al 22 gennaio 2000. In tal modo veniva confermata la stretta aderenza tra mandato del PE e mandato della Commissione.<br />

287 Nemmeno nell’ordinamento costituzionale italiano è prevista per il Parlamento la possibilità di approvare o rifiutare<br />

la designazione del capo del governo da parte del presidente della Repubblica.

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