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cittadinanza attiva - Archivio "Pace diritti umani"

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processo di costituzionalizzazione dell’UE finalmente partiva. E anzi si aggiungeva: “Il Consiglio<br />

europeo […] invita a valutare l’opportunità di istituire un’Agenzia dell’Unione Europea per i <strong>diritti</strong><br />

dell’uomo e della democrazia.” Era l’alba di una nuova epoca per l’UE.<br />

Ma la questione nodale in cui si giocava tutto il “dialogo macroeconomico” era la credibilità stessa<br />

del suo coordinatore, la Commissione, e di uno dei partecipanti, il Consiglio, di fronte agli altri (la<br />

BCE e le parti sociali), in mancanza della risoluzione delle “questioni istituzionali” (indicate dallo<br />

stesso trattato) che impedivano un’efficace attività delle due istituzioni europee. Perciò il Consiglio<br />

europeo decideva<br />

“di convocare all’inizio del 2000 una conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri per risolvere prima<br />

dell’allargamento le questioni istituzionali lasciate in sospeso nel trattato di Amsterdam. La conclusione della conferenza<br />

e l’accordo sulle necessarie modifiche del trattato devono aver luogo per la fine del 2000”;<br />

- “In virtù del protocollo di Amsterdam sulle istituzioni nella prospettiva dell’allargamento dell’Unione Europea e delle<br />

dichiarazioni connesse, il mandato della conferenza intergovernativa abbraccia i temi seguenti:<br />

- dimensioni e composizione della Commissione europea;<br />

- ponderazione dei voti in sede di Consiglio (nuova ponderazione, introduzione di una doppia maggioranza, soglia per le<br />

decisioni a maggioranza qualificata);<br />

- questione dell’eventuale estensione delle votazioni a maggioranza qualificata in sede di Consiglio.” 292<br />

Con tale titanico programma di lavoro per la realizzazione complessiva e rapida di tutte le disposizioni<br />

del trattato di Amsterdam, il Consiglio europeo di Colonia peraltro apriva, senza esserne consapevole,<br />

la stagione della “costituzionalizzazione” dell’Unione Europea.<br />

Pochi giorni dopo avevano luogo le elezioni del Parlamento Europeo, svoltesi nelle giornate dal 10<br />

al 13 giugno 1999. 293 Esse vedevano ormai un’insoddisfacente affluenza complessiva al voto<br />

(49,8%), confermata dai casi nazionali dell’Austria (49,4%), della Francia (46,8%), della Germania<br />

(45,2%) e del Portogallo (40%) e aggravata dai casi nazionali preoccupanti della Svezia (38,8%),<br />

della Finlandia (31,4%) e dei Paesi Bassi (30%) e dal caso nazionale allarmante del Regno Unito<br />

(24%).<br />

Come interpretare tali dati? Nonostante l’Atto unico, il Trattato di Maastricht (istitutivo dell’Unione<br />

Europea) e il Trattato di Amsterdam, sempre meno cittadini europei partecipavano alle elezioni del<br />

PE ossia sembravano interessati al PE e quindi a essere effettivamente cittadini dell’Unione. La situazione<br />

era davvero insoddisfacente, in quanto, a parte il risultato complessivo, c’era da considerare<br />

il fatto che ben 8 Stati membri su 15 erano interessati da tale tendenza e tra essi spiccavano i due<br />

Stati membri all’origine stessa del processo d’integrazione europea, Germania e Francia. Più spiegabile<br />

appariva il caso britannico: ormai era quanto mai chiara la deriva a cui lo stesso ricorso a<br />

“deroghe” sempre più corpose stava portando il Regno Unito, lontano comunque dal processo<br />

d’integrazione europea. Ma gli altri Stati membri? Forse la spiegazione era semplicemente questa:<br />

per i cittadini europei era passato il tempo delle elezioni europee come altrettanti “plebisciti”<br />

sull’UE, ciò che ora essi volevano, a prescindere dai diversi (e spesso opposti) motivi di insoddisfazione,<br />

era il potere di decidere, con il proprio voto, i futuri orientamenti politici dell’UE, in modo<br />

analogo a ciò che effettivamente avveniva (paradossalmente anche per mezzo delle stesse elezioni<br />

europee!) a livello nazionale.. E questo potere, nonostante i grandi progressi registrati sino ad allora,<br />

dopo vent’anni ancora non c’era. Di qui il disincanto, la disillusione, la delusione, il disinteresse e<br />

l’indifferenza per il PE e una montante insoddisfazione, diffidenza, sospetto, risentimento per<br />

un’Unione con competenze sempre più estese e con una legittimazione democratica sempre più inadeguata<br />

rispetto alle aspettative crescenti dei cittadini.<br />

In ogni caso questi risultati delle elezioni europee furono letti, sia dal PE, sia dal Consiglio europeo,<br />

come un motivo decisivo per accelerare ulteriormente la realizzazione dei rispettivi obiettivi, che<br />

stavano, anzi, progressivamente convergendo tra loro.<br />

292 In tal modo il Consiglio europeo vanificava del tutto il piano d’azione del PE per l’”imminente riforma istituzionale”.<br />

Con la convocazione diretta della CIG per l’inizio del 2000 e la restrizione del suo mandato ai punti citati diventava<br />

infatti chiaro che anche la futura Conferenza non sarebbe stata diversa da quelle precedenti.<br />

293 Queste furono le prime elezioni svoltesi in tutti gli Stati membri in base all’unico sistema proporzionale.

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