cittadinanza attiva - Archivio "Pace diritti umani"
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- era previsto “l’incarico del presidente e del vicepresidente dell’organo”, il primo eletto dalla totalità<br />
del collegio, e un vicepresidente per ogni componente del collegio stesso;<br />
- erano previsti pure degli “osservatori”: due rappresentanti della Corte di giustizia e due rappresentanti<br />
del Consiglio d’Europa (di cui uno per la Corte europea dei <strong>diritti</strong> dell’uomo);<br />
- gli “organi dell’Unione Europea da invitare a esprimere il loro parere” erano: il Comitato economico<br />
e sociale (CES), il Comitato delle Regioni (CR) e il mediatore (del PE);<br />
- era previsto pure un costante “scambio di opinioni con gli Stati candidati”;<br />
- era prevista la possibilità di “altri organismi, gruppi sociali o esperti da invitare a esprimere il loro<br />
parere”:<br />
- la creazione di un “Segretariato” dell’organo in questione;<br />
b) per i “metodi di lavoro dell’organo”:<br />
- “preparazione”: il presidente avrebbe predisposto un piano di lavoro;<br />
- “trasparenza dei lavori”: pubblicità delle riunioni e dei documenti;<br />
- possibilità di creare “gruppi di lavoro”;<br />
- “redazione della Carta”: si stabiliva che “un comitato di redazione costituito dal Presidente, dal<br />
Vicepresidente e dal rappresentante della Commissione, assistito dal Segretariato generale, elabora<br />
un progetto preliminare di Carta”;<br />
- “elaborazione del progetto di Carta da parte dell’organo”: una volta elaborato in modo tale da ottenere<br />
la firma di tutte le parti presenti nell’organo, il progetto di Carta avrebbe dovuto essere trasmesso<br />
al Consiglio europeo;<br />
c) per le “modalità pratiche”:<br />
- i lavori avrebbero dovuto essere svolti a Bruxelles, con riunioni alternativamente presso la sede<br />
del Consiglio e presso la sede del PE.<br />
Si può davvero affermare che il PE, ancora una volta, aveva vinto su tutta la linea, e stavolta in<br />
tempi brevissimi. La convergenza tra esso e la massima istituzione dell’UE stava ormai emergendo<br />
nella più evidente nettezza, all’insegna della legittimazione democratica dell’Unione, sia nella dimensione<br />
della democrazia rappresentativa, sia in quella della stessa democrazia partecipativa.<br />
Pochi giorni dopo il Comitato presieduto dal belga Dehaene presentava, il 18 ottobre 1999, al presidente<br />
della Commissione europea il suo rapporto, dal titolo “Implicazioni istituzionali<br />
dell’allargamento”. In esso veniva affermato tra l’altro:<br />
- “La riorganizzazione dei trattati proposta nel presente rapporto potrebbe contribuire alla limpidezza e alla semplificazione<br />
necessarie per rendere l’intera costruzione più comprensibile.”<br />
- “Il gruppo ritiene necessario cambiare in modo fondamentale la procedura che in futuro dovrà permettere di modificare<br />
i testi legislativi che attualmente si presentano sotto forma di trattato. Per permettere questo cambiamento occorrerà<br />
preventivamente distinguere la natura delle disposizioni nei trattati attuali.<br />
Negli ultimi dieci-quindici anni, l'Unione ha vissuto un processo permanente di modifica dei trattati. Non vi è stato<br />
momento in cui non si stesse preparando, negoziando o ratificando l'una o l'altra modifica. Al riguardo, la situazione<br />
attuale è emblematica: il trattato di Amsterdam è entrato in vigore il 1° maggio, e il 4 giugno il consiglio europeo di Colonia<br />
ha deciso la convocazione di una nuova Conferenza intergovernativa.<br />
Un processo permanente di revisione dei trattati è fonte di difficoltà politiche in molti degli attuali Stati membri. Esso<br />
contribuisce ad alimentare un senso di incertezza del diritto, nonché il timore di continui nuovi interventi e di un progressivo<br />
accentramento - timore che, a torto o a ragione, è diffuso in settori rilevanti della pubblica opinione. Non è<br />
possibile continuare su questa via in un'Unione allargata e aspettare che ogni modifica dei trattati passi per le procedure<br />
di ratifica di 25 o più sistemi parlamentari, con prevedibili ritardi e frustrazioni, oltre ai rischi di completa paralisi.”<br />
- “Il gruppo suggerisce che i testi dei trattati attuali vengano divisi in due parti distinte.<br />
• La parte fondamentale del trattato enuncerà solo le finalità, i principi e gli orientamenti di politica generale, i <strong>diritti</strong> dei<br />
cittadini e il quadro istituzionale. Queste disposizioni, come avviene attualmente, potrebbero essere modificate solo all'unanimità,<br />
mediante una CIG e previa ratifica da parte di ciascuno Stato membro. È probabile che modifiche del genere<br />
sarebbero poco frequenti.<br />
• In un testo distinto (o in vari testi) figurerebbero le altre disposizioni degli attuali trattati, comprese quelle relative a<br />
politiche specifiche. Queste disposizioni potrebbero essere modificate con una decisione del Consiglio (che delibererebbe<br />
a una nuova maggioranza superqualificata o all'unanimità, a seconda degli argomenti) e con l'assenso del Parlamento<br />
europeo (eventualmente con una maggioranza speciale).<br />
Un cambiamento del genere presenterebbe vari vantaggi: