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cittadinanza attiva - Archivio "Pace diritti umani"

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sere portatrice autonoma di legittimazione democratica […], il che si deduce già dal fatto che i suoi rappresentanti<br />

non sono eletti dal popolo, né possono da esso essere rimossi”;<br />

- “la consultazione degli ambienti interessati, al fine di migliorare i progetti legislativi, può sempre costituire solo un<br />

complemento e non può sostituire le procedure e le decisioni di organi legislativi democraticamente legittimati; a livello<br />

di procedura legislativa possono decidere responsabilmente solo il Consiglio e il Parlamento, in quanto legislatori,<br />

tenendo conto dei pareri delle istituzioni previste dai trattati UE, in particolare il CES e il Comitato delle Regioni”;<br />

- “un importante portavoce della società civile è, per definizione e secondo la sua missione riformulata dal trattato di<br />

Nizza (articolo 257), il Comitato economico e sociale, che ha funzioni consultive e che, già in base alle norme vigenti,<br />

può essere consultato anche anticipatamente dal Consiglio e dalla Commissione “in tutti i casi in cui [tali istituzioni] lo<br />

ritengano opportuno”; la sua tempestiva consultazione da parte della Commissione può essere considerata un elemento<br />

di rafforzamento della democrazia partecipativa a livello di Unione”;<br />

- “non sarebbe in armonia con una buona governance il fatto che la Commissione costituisca gruppi di esperti per affidare<br />

loro compiti che potrebbero essere assolti meglio, perché in modo indipendente dalla Commissione, dal Comitato<br />

economico e sociale”;<br />

- “la consultazione degli interessati e degli esperti, per quanto indispensabile, in particolare per la preparazione di proposte<br />

legislative, non deve avere come risultato quello di aggiungere alle gerarchie burocratiche un’ulteriore gerarchia,<br />

ad esempio sotto forma di “organizzazioni accreditate” o di “organizzazioni con accordi di partenariato””;<br />

- “d’intesa con il Comitato economico e sociale, la Commissione deve reperire strutture organizzative che consentano<br />

una congrua ed efficiente procedura di consultazione delle parti interessate; tutte le consultazioni in corso dovrebbero<br />

figurare in un registro accessibile tramite Internet”.<br />

Di qui la duplice proposta del PE:<br />

1) proponeva perciò di “concludere un accordo interistituzionale sulla consultazione democratica, che obblighi tutte e<br />

tre le istituzioni a conformarsi a norme e pratiche di consultazione a livello di Unione stabiliti di comune accordo”, facendo<br />

tuttavia presente, “in considerazione del ruolo indipendente delle numerose organizzazioni non governative, che<br />

la fissazione di norme di consultazione non deve comportare “contropartite” da parte delle organizzazioni della società<br />

civile, poiché una democrazia vitale non può rinunciare ad un’opinione pubblica indipendente e critica”; tuttavia restava<br />

“l’obbligo per dette organizzazioni di sottostare alle esigenze democratiche in ordine al processo normativo comunitario<br />

in materia di responsabilità e di trasparenza”;<br />

2) “l’accesso alla legislazione costituisce un elemento di rilievo per un’effettiva partecipazione e consultazione” e pertanto<br />

occorrono “una legislazione coerente e chiara, cui si possa accedere agevolmente, nonché una migliore comprensione<br />

delle leggi da parte degli interessati”;<br />

- ciò avrebbe richiesto “una pubblicità efficace e metodologie ottimali di comunicazione diretta (nei confronti<br />

dell’opinione pubblica) e indiretta (nei confronti della stampa), per suscitare l’interesse e coinvolgere i cittadini/le cittadine<br />

nella sua azione”;<br />

- l’”opportunità offerta dalle nuove tecnologie per far fronte alle sfide in materia di comunicazione, consultazione e partecipazione<br />

diretta della società civile”.<br />

La risoluzione, che coinvolgeva nelle sue critiche pure la partecipazione diretta delle Regioni e degli<br />

enti locali (al posto del CR) e delle varie Agenzie indipendenti nelle attività della Commissione,<br />

era mossa dalla preoccupazione generale che tale dimensione nuova della democrazia partecipativa<br />

europea (assolutamente riconosciuta, per il resto, nel suo specifico valore e ruolo) non producesse,<br />

anche a prescindere dalla molteplicità delle istanze e dalla opacità dei modi di convocazione e di<br />

consultazione, l’inaccettabile effetto di porsi come dimensione sostitutiva della democrazia rappresentativa,<br />

rafforzando così, paradossalmente, le istituzioni non direttamente rappresentative ossia<br />

Commissione e Consiglio e perciò l’ulteriore scollamento tra i cittadini in generale e le istituzioni.<br />

Se il fine comune a tutti era davvero quello dell’avvicinamento tra gli uni e le altre, il mezzo privilegiato<br />

avrebbe dunque dovuto essere quello del coinvolgimento diretto dei cittadini in quanto tali<br />

all’UE in quanto tale, attraverso una precisa strategia della comunicazione, fondata sugli elementi<br />

della semplificazione, della trasparenza, dell’accessibilità informativa, ma anche della “persuasione”<br />

ossia della capacità di destare interesse e curiosità, con un approccio che avrebbe dovuto coinvolgere<br />

tutti i mezzi di comunicazione di massa, dai più recenti (Internet) ai più classici (la stampa).<br />

In definitiva per il PE era finita la fase in cui la dimensione partecipativa doveva rappresentare (secondo<br />

la risoluzione del 10 dicembre 1996) l’esclusivo volano di produzione di un’effettiva “coscienza<br />

europea”. Da quel momento in poi tale funzione doveva essere svolta piuttosto dalla capacità<br />

delle istituzioni e segnatamente della Commissione di coinvolgere i mezzi di comunicazione di

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