cittadinanza attiva - Archivio "Pace diritti umani"
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trattamento per tutti i cittadini della Comunità); 3) la protezione congiunta dei cittadini della Comunità<br />
al di fuori delle frontiere della Comunità.<br />
Quanto all’”estensione e rafforzamento dell’azione della Comunità”, il Consiglio europeo li proponeva<br />
nelle seguenti aree: 1) la dimensione sociale (compreso il “dialogo sociale”); 2) la coesione<br />
economica e sociale; 3) la protezione dell’ambiente; 4) la sanità (specie la lotta contro le maggiori<br />
malattie); 5) la ricerca; 6) la politica dell’energia; 7) le infrastrutture (compresa una rete transeuropea);<br />
8) la salvaguardia della diversità dell’eredità europea e la promozione degli scambi culturali<br />
e dell’educazione; ma soprattutto 9) alcune aree di affari interni e giustizia (immigrazione, visti,<br />
asilo e lotta contro le droghe e il crimine organizzato).<br />
Quanto all’”efficacia ed efficienza dell’Unione”, il Consiglio europeo proponeva: a) per il Consiglio<br />
europeo un’accentuazione del ruolo di creatore di slancio politico fondamentale; b) per il Consiglio<br />
l’estensione del voto a maggioranza qualificata, destinato a divenire la norma generale; c) per<br />
la Commissione il rafforzamento soprattutto dei suoi poteri esecutivi.<br />
In conclusione il mandato conclusivo del Consiglio europeo alla CIG sull’Unione Politica era quanto<br />
mai concreto e insieme ricco di spunti innovatori.<br />
In generale il Consiglio europeo si limitava ad annunciare l’apertura di entrambe le CIG a Roma il<br />
15 dicembre 1990, il loro parallelo svolgimento e una loro conclusione rapida e contemporanea,<br />
nonché la messa a ratifica simultanea dei risultati di entrambe le CIG, con l’obiettivo della conclusione<br />
dei processi di ratifica nazionali entro il 1992. In tal modo emergeva la prospettiva, per allora<br />
sottaciuta, della fusione dei risultati delle due CIG all’interno di un unico nuovo trattato emendativo<br />
europeo.<br />
Nel frattempo veniva inaugurata a Londra il 14 aprile 1991 la Banca europea di ricostruzione e di<br />
sviluppo (BERS), con la conseguente opera di erogazione di fondi a favore dei Paesi dell’Europa<br />
centrale e orientale e quindi il progressivo avvicinamento di questi ultimi alla Comunità Europea.<br />
Nel frattempo lo svolgimento della CIG sull’Unione politica faceva emergere i fraintendimenti, già<br />
paventati dal PE, sul senso di quest’ultima, intesa di fatto come un semplice rafforzamento della<br />
cooperazione a livello intergovernativo; perciò quel che avrebbe dovuto scaturire come il principale<br />
risultato della creazione dell’Unione politica ossia l’istituzione della <strong>cittadinanza</strong> dell’Unione era<br />
semplicemente ignorata. Di conseguenza il PE intervenne duramente sull’argomento, approvando la<br />
risoluzione del 14 giugno 1991 “sulla <strong>cittadinanza</strong> dell’Unione”, vero manifesto sul tema per tutto il<br />
tempo a venire sino a tuttora. In essa il PE rilevava anzitutto il problema:<br />
“K. premesso che gli articoli relativi alla <strong>cittadinanza</strong> contenuti nel progetto generale sottoposto dalla presidenza della<br />
conferenza sull’Unione politica di fatto non istituiscono la <strong>cittadinanza</strong> dell’Unione, bensì espongono semplicemente un<br />
numero di <strong>diritti</strong> speciali di natura parziale, l’effettivo esercizio dei quali è soggetto all’accordo unanime intergovernativo<br />
o, nel caso del diritto di petizione, a un accordo interistituzionale,<br />
L. premesso che, a dispetto di decenni di consolidata giurisprudenza della Comunità e del particolare interesse del Parlamento<br />
Europeo in quest’area, culminato nella Dichiarazione dell’aprile 1989, il progetto generale portato avanti dalla<br />
presidenza della conferenza sull’Unione politica ignora completamente questi sviluppi riguardanti i <strong>diritti</strong> umani e le<br />
libertà fondamentali e si riferisce semplicemente alla Convenzione Europea e alle legislazioni nazionali,<br />
M. considerando che il rifiuto di istituire la <strong>cittadinanza</strong> dell’Unione dimostra un rifiuto politico di fare dei suoi cittadini<br />
e del rispetto per i loro <strong>diritti</strong> le preoccupazioni centrali dell’Unione e, al contrario, una determinazione a mantenere e<br />
sviluppare ulteriormente un sistema intergovernativo con una tendenza pesantemente burocratica,”<br />
Tale problema dava modo al PE di chiarire in modo esplicito, a se stesso prima ancora che ad altri,<br />
il vero significato della “<strong>cittadinanza</strong> dell’Unione”. La risoluzione infatti stabiliva un intimo nesso<br />
tra l’Unione Europea, che si stava creando, e la <strong>cittadinanza</strong> europea, che non si stava creando, nei<br />
seguenti termini:<br />
“B. considerato lo stretto legame che esiste tra una nuova forma di <strong>cittadinanza</strong> e l’Unione Europea in sviluppo e il fatto<br />
che le due devono avanzare ed espandersi in parallelo,<br />
C. premesso che un ulteriore progresso nell’integrazione europea può essere arrecato solo su basi democratiche e premesso<br />
che è perciò essenziale alterare l’equilibrio dei poteri tra le istituzioni e la loro forma di relazione con i cittadini<br />
dell’Unione per facilitare la partecipazione effettiva di questi ultimi al processo decisionale su temi che li riguardino,