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Testimoni in 1000 modi<br />
a cura della Comunità MGC<br />
di Messina<br />
Come fare a esserlo? Chiediamolo<br />
a p. Wilhelm Steckling,<br />
adattando a mo’ di intervista alcuni<br />
brani del suo messaggio al<br />
Festival del Carisma della Gioventù<br />
oblata in occasione della<br />
XXIII GMG. Quando un cristiano<br />
può dirsi “testimone”? Solo se vi<br />
è stata un’esperienza di Cristo nella<br />
sua vita, se parla di cose che gli<br />
sono effettivamente accadute, delle<br />
quali è convinto.<br />
Quando si fa una vera esperienza<br />
di Dio? Per alcune persone le cose<br />
succedono solamente, non riflettono<br />
su di esse e non imparano nulla da<br />
esse. Le esperienze devono essere<br />
esaminate, digerite ed esposte agli<br />
occhi di Dio. Ciò che può sembrare<br />
brutto può diventare un’utile esperienza,<br />
ed anche un’esperienza di Dio,<br />
se è mostrata a Lui.<br />
Come comunicare agli altri questa<br />
esperienza? Abbiamo bisogno<br />
di uno speciale dono dello Spirito<br />
Santo per diventare testimoni. Questo<br />
speciale dono è anche chiamato<br />
“carisma”. Per noi è il carisma oblato.<br />
Esso ha preso forma dopo l’esperienza<br />
di Dio di Sant’Eugenio quel<br />
venerdì santo.<br />
Da soli o in comunità? Restando<br />
da soli non dureremmo a lungo, ma<br />
lo Spirito crea sempre una comunità<br />
per sostenerci e sfidarci. Personalmente<br />
io, Wilhelm Steckling, difficilmente<br />
sarei diventato un missionario<br />
senza il sostegno e la sfida della<br />
comunità.<br />
Testimoni da vent’anni<br />
Nel Congresso di Lourdes del luglio<br />
1988 nasceva il Movimento Giovanile<br />
Costruire. In questi vent’anni abbiamo<br />
vissuto tante esperienze di incontri<br />
nazionali, che non sono mai state<br />
semplici celebrazioni ma veri eventi<br />
missionari. Ad esempio, nell’estate<br />
del 2005 abbiamo organizzato il<br />
“Campus”, per approfondire capacità<br />
utili all’evangelizzazione. In quell’occasione<br />
sono state pensate scuole di<br />
canto, musica, multimedia, missione,<br />
formazione, con l’intendimento di arricchire<br />
le zone mgc di giovani con<br />
maggiore esperienza in queste discipline.<br />
Nacque l’esigenza di trovare<br />
una modalità in cui applicare subito<br />
ciò che si andava approfondendo, entrando<br />
immediatamente in azione su<br />
di un territorio, in una zona concreta:<br />
una scuola più pratica, più “artigianale”,<br />
in cui le discipline approfondite<br />
trovassero applicazione e revisione.<br />
Nasceva l’idea di un Convegno mis-<br />
sionario, di un tempo di incontro (il<br />
Convegno) in cui l’approfondimento<br />
teorico trovasse applicazione concreta<br />
(il Convegno missionario). Nel ventennale<br />
del MGC, dal 12 al 17 agosto<br />
scorso abbiamo cercato di realizzare<br />
questa prospettiva attraverso l’esperienza<br />
missionaria vissuta sul lungomare<br />
di Divieto (Messina) intitolata:<br />
“La tenda siamo noi”.<br />
Una tenda, un luogo semplice, povero,<br />
ma segno della presenza di Dio tra la<br />
gente, costruito non con ricchezza di<br />
materiali ma dall’inventiva e dall’amore<br />
concreto di persone vive, bambini,<br />
giovani, adulti. Tutti insieme a contemplare,<br />
quasi sfogliando un album<br />
di foto, le grandi opere che Dio ha<br />
compiuto in alcuni giganti della fede:<br />
Padre Pio, Madre Teresa di Calcutta,<br />
Eugenio de Mazenod, Chiara Lubich,<br />
Bernadette Soubirous, Giovanni Paolo<br />
II. L’iniziativa ha avuto anche un<br />
obiettivo concreto: allestire una mostra<br />
missionaria il cui ricavato sarà<br />
destinato alla missione oblata della<br />
Guinea-Bissau.<br />
Giochi, canti, balli, indovinelli ma anche<br />
riflessione e preghiera sono stati<br />
punti importanti di questa animazione<br />
tra la gente, in un’atmosfera popolare<br />
che ci ha fatto gustare lo stile<br />
tipicamente oblato, di una chiesa<br />
profondamente vicina alla gente: una<br />
vera tenda missionaria!<br />
Ma ecco le nostre esperienze.<br />
(*) Sono partita per questa missione<br />
senza praticamente sapere quello<br />
che avrei dovuto fare e quello che mi<br />
avrebbe aspettata qui, quindi anche<br />
un po’ inconsapevole di ciò che voleva<br />
dire fare testimonianza. Già dalla<br />
prima sera invece ho sperimentato<br />
concretamente l’andare incontro all’altro,<br />
il rischiare tutto senza la paura<br />
di non esserne capace o di “perdere<br />
la faccia”. Mi sono messa in gioco<br />
completamente, anche nelle piccole<br />
cose che possono risultare stupide e<br />
inutili, come fare i gestini durante un<br />
canto, o leggere davanti a tutti, ma<br />
MISSIONI <strong>OMI</strong><br />
29 n. 10/2008