Città di Locarno Servizi Culturali Direzione - Comune di Locarno
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Casorella<br />
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<strong>Città</strong><br />
<strong>di</strong> <strong>Locarno</strong><br />
Ns. rif. <strong>Locarno</strong>, 22 giugno 2010<br />
Ugo Zaccheo.Retrospettiva.<br />
Centro culturale Elisarion, Minusio<br />
Esposizione prolungata fino al 18 luglio 2010<br />
La mostra<br />
<strong>Servizi</strong> <strong>Culturali</strong><br />
<strong>Direzione</strong><br />
Ugo Zaccheo fu pittore estremamente prolifico e poliedrico che ebbe in vita notevole<br />
successo <strong>di</strong> critica e <strong>di</strong> pubblico; tuttavia, come per altri numerosi artisti a lui contemporanei,<br />
è sempre mancata una rilettura critica e storica della sua figura e della sua opera.<br />
La retrospettiva che il comune <strong>di</strong> Minusio in collaborazione con <strong>Locarno</strong> ha voluto de<strong>di</strong>cargli<br />
negli spazi del Centro Culturale Elisarion cerca <strong>di</strong> rime<strong>di</strong>are a questa lacuna, presentando la<br />
sua opera completa a quasi quarant'anni dalla morte. Per questo motivo non si sono voluti<br />
prendere in considerazione unicamente i <strong>di</strong>pinti, i <strong>di</strong>segni o i pastelli, che rappresentano il<br />
lavoro maggiormente conosciuto e documentato <strong>di</strong> Ugo Zaccheo, ma anche la sua attività<br />
come decoratore <strong>di</strong> manufatti architettonici, architetto paesaggista o progettista <strong>di</strong><br />
avvenimenti effimeri e non da ultimo il suo ruolo <strong>di</strong> insegnante <strong>di</strong> <strong>di</strong>segno. Del resto già agli<br />
inizi della sua carriera la critica gli riconobbe il merito <strong>di</strong> sapersi egregiamente <strong>di</strong>stinguere nei<br />
<strong>di</strong>versi settori delle arti e della cultura 1 .<br />
Nel 1982 Minusio aveva già ricordato il pittore <strong>di</strong> Rivapiana con un'antologica allestita per la<br />
doppia ricorrenza del centenario della nascita e del primo decennale della morte: allora<br />
erano state esposte una sessantina tra le sue opere migliori, alcune delle quali non potevano<br />
mancare oggi e che si sono volute pertanto riproporre 2 . L'avevano preceduta, a pochi mesi<br />
dalla sua scomparsa avvenuta nel giugno del 1972, la collettiva della SPSAS a Villa Ciani,<br />
dove a Zaccheo era stato riservato uno spazio accanto agli altri due artisti da poco<br />
scomparsi Aldo Bergolli ed Ernesto Frey 3 ; quella del 1976 alla Galleria Pannelle a <strong>Locarno</strong><br />
con una la "Scuola locarnese degli anni '30" alla Galleria Matasci tra il 1978 e il 1979 4 ; la<br />
1<br />
GT 08.04.1931: “Come pittore o professore, od architetto, od anche decoratore egli si adoperò sempre nel<br />
campo della propaganda artistica e colturale”.<br />
2<br />
Ugo Zaccheo pittore, Mostra antologica con opere dal 1912 al 1967, Minusio, Centro culturale Elisarion 3-30<br />
<strong>di</strong>cembre 1982.<br />
CdT 22.10.1982 / CdT 27.10.1982 / CdT 06.12.1982 / CdT 29.12.1982 / / GT 23.12 / CdT 10.02.1983<br />
3 CdT 24.11.1972 / CdT 14.12.1972: un articolo <strong>di</strong> Gualtiero Schönenberger illustra "il nuovo corso della SPSAS<br />
che, sotto la guida del pittore Wilfrid Moser, tenta un rinnovamento della veneranda e sclerotica associazione"<br />
Erano presenti 139 opere, ossia due opere per artista, numero troppo esiguo secondo Schönenberger per poter<br />
presentare l’opera <strong>di</strong> ogni singolo artista.<br />
4 CdT 06.12.1978 / CdT 09.12.1978: La mostra comprendeva opere <strong>di</strong> Giovanni Bianconi; Teodoro Hallich,<br />
Pompeo Maino; Alfredo Mordasini; Bruno Nizzola; Gaspare Scalabrini e Ugo Zaccheo. Nella presentazione alla<br />
vernice Piero Bianconi ammise che alcune <strong>di</strong> queste opere "lasciano scorgere una derivazione dalla grande<br />
lezione <strong>di</strong> Franzoni".<br />
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collettiva <strong>di</strong> artisti locarnesi, organizzata in occasione del 75° <strong>di</strong> Fondazione della SES a<br />
<strong>Locarno</strong> nel 1980 5 e nel 1981 una retrospettiva al Centro Culturale Beato Berno <strong>di</strong> Ascona 6 .<br />
Dopo il successo dell'esposizione del 1982 seguirono altre manifestazioni significative: nel<br />
1983 al Museo <strong>di</strong> Cevio la "Mostra dei pittori che <strong>di</strong>pinsero a Campo Vallemaggia", dove<br />
accanto ai paesaggi <strong>di</strong> Zaccheo spiccavano, tra gli altri, Marino Marini, Daniele Buzzi e<br />
Filippo Franzoni 7 . Ancora una piccola presenza nel 1984 alla Mostra sui "Pittori svizzeri"<br />
della Galleria La Colomba, ma poi più nulla per un decennio 8 . Nel 1994, sull'onda del<br />
consenso ottenuto l'anno precedente per la mostra sui pittori <strong>di</strong> Brera in cui Zaccheo era<br />
presente accanto a Bolzani, Cavalli, Chiesa e Selmoni, la Galleria Poma presentò quella che<br />
è stata la sua unica personale allestita dopo la grande antologica dell’Elisarion del 1982,<br />
esponendo, tra gli altri, alcuni lavori ine<strong>di</strong>ti 9 . Opere <strong>di</strong> Zaccheo fecero qualche spora<strong>di</strong>ca<br />
apparizione in altre occasioni, ma sul suo lavoro non ci si era finora mai chinati con una<br />
riflessione critica, ampia e documentata 10 .<br />
Grazie a questa mostra retrospettiva si intendono quin<strong>di</strong> illustrare i primi risultati <strong>di</strong> un lavoro<br />
<strong>di</strong> ricognizione per uno degli artisti tra i più rappresentativi del cantone, presentando<br />
numerose opere tra quelle meno conosciute o ad<strong>di</strong>rittura mai esposte, accanto a quelle più<br />
note <strong>di</strong> un lavoro lungo settant'anni, scelte sulla base della catalogazione sistematica, non<br />
ancora completa, dei <strong>di</strong>pinti custo<strong>di</strong>ti da oltre mezzo secolo nel suo atelier: una gran quantità<br />
<strong>di</strong> opere che già nel 1970 aveva impressionato Mario Agliati, il quale in uno dei suoi ultimi<br />
incontri con il maestro ricordò: "Scen<strong>di</strong>amo per un momento nello stu<strong>di</strong>o, che s'affaccia a<br />
pian <strong>di</strong> terra, sul giar<strong>di</strong>no: i quadri sono, come si usa <strong>di</strong>re, legione: ce n'è <strong>di</strong> tutti i perio<strong>di</strong>, e <strong>di</strong><br />
tutti i formati e mo<strong>di</strong> e soggetti, da scriverci su, almeno, un opuscolo." 11<br />
Altra preziosa caratteristica <strong>di</strong> questa retrospettiva è la ricca documentazione che attesta le<br />
<strong>di</strong>verse attività cui Zaccheo si de<strong>di</strong>cò con passione accanto alla produzione pittorica. Il<br />
rinvenimento <strong>di</strong> una cospicua corrispondenza privata, grazie alla generosa collaborazione<br />
delle figlie dell'artista, ha reso possibile stabilire quali legami Zaccheo avesse intrecciato con<br />
gli artisti e gli illustri esponenti della cultura contemporanea. Il rior<strong>di</strong>no <strong>di</strong> questo prezioso<br />
archivio cartaceo ha portato alla luce i numerosi contatti che ebbe con l'ambiente artistico<br />
culturale ticinese, nazionale e internazionale: una ricchissima e ine<strong>di</strong>ta raccolta <strong>di</strong> testi<br />
documentari in cui spiccano i nomi <strong>di</strong> Fiorenzo Abbon<strong>di</strong>o; Silvio Baccaglio; Giovanni Barrella;<br />
Emilo Maria Beretta; Edoardo Berta; Giovanni Borgonovo, i due fratelli Costante e Pietro<br />
Borsari; Carlo Carrà; Alexandre Cingria; Mario Comensoli; Aldo Crivelli; Giuseppe Foglia;<br />
Walter Helbig; Antonino Janner; Marino Marini; Ubaldo Monico; Fritz Pauli; Apollonio<br />
Pessina; Jakob Probst; Titta Ratti; Remo Rossi e altri ancora 12 . È particolarmente degna <strong>di</strong><br />
5 GT 29.09.1980 / LS 29.09.1980 / Catalogo della “Mostra collettiva <strong>di</strong> artisti locarnesi, organizzata in occasione<br />
del 75° <strong>di</strong> Fondazione della SES, <strong>Locarno</strong>, Sopracenerina, 1980. In copertina è riprodotto il “Ritratto della moglie”<br />
(1937), <strong>di</strong> proprietà del Museo Civico <strong>di</strong> Lugano, opera presente in mostra assieme a “La casa sul poggio”<br />
(1934), oggi proprietà della Fondazione Remo Rossi.<br />
6 Mostra tenutasi dal 12.06 al 05.07.1981. LS 11.06.1981 / GT 11.06.1981 / GT 15.06.1981<br />
7 GT 02.09.1983 / CdT 09.09.1983 / GT 13.09.1983: Mostra tenutasi dal 10.09 al 30.10.1983, in occasione del<br />
ritrovo triennale delle famiglie Pedrazzini, ritrovo che veniva solitamente abbinato a un evento culturale. Erano<br />
presenti una quarantina <strong>di</strong> opere <strong>di</strong> 16 artisti ticinesi e italiani.<br />
8 CdT 10.02.1984 / CT 09.03.1984 : Mostra tenutasi dal 09.02 al 12.03.1984 a cui parteciparono 22 artisti. Di<br />
Zaccheo furono esposte una “Venezia”; "Sottomarina" e “Corippo”.<br />
9 Ugo Zaccheo. Opere; Galleria Poma, dal 21 maggio al 19 giugno 1994, Maggio 1994.<br />
CdT 19.05.1994 / Azione 02.06 / CdT 10.06.1994: Mostra tenutasi dal 21.05 al 19.06.1994<br />
10 "Minusio, la riva e il lago", mostra <strong>di</strong> <strong>di</strong>pinti sul paesaggio. Centro Culturale e Museo Elisarion, Minusio. Mostra<br />
tenutasi dal 21.10 al 23.12.2001, dove furono esposte due opere <strong>di</strong> Zaccheo: “Barche alla riva. La barca rossa”,<br />
1950 ca., riprodotta a pag. 26 e “Lavori stradali a Rivapiana”, 1968<br />
"Il ritratto femminile nell'arte del Ticino 1650-1970", mostra al Museo Vela <strong>di</strong> Ligornetto, tenutasi dall’11.04 al<br />
15.06.2003, promossa dalla commissione cantonale consultiva per la con<strong>di</strong>zione femminile.<br />
11 Almanacco Valmaggese 1970, Mario Agliati, Alla salute <strong>di</strong> Zaccheo "valmaggese" , p.48<br />
12 Mario Agliati; Alfred Bader; Francesco Bertola; Giovanni Bianconi; Giuseppe Bolzani; Adelaide Borsa; Luigi<br />
Caglio; Guglielmo Canevascini; Rosa Cava<strong>di</strong>ni; Enrico Celio; Henri De Ziegler; Cesare Fratino; Guglielmo<br />
Gerevini; Augusto Giacometti; Maria Giacometti.; Virgilio Gilardoni; Göcke; Pietro Grazi; Albert Kohler; Arturo<br />
Lanini; Can<strong>di</strong>do Lanini.; Aurelio Longoni; Mino Maccari; Luce Maggini; Sergio Maspoli; Clement Mère; Sergio<br />
Mondada; Umberto Neri; Bruno Nizzola; Pacifico Peverada; Romano; Ugo Sander; Cesare Scattini; Wilhelm
attenzione una lettera spe<strong>di</strong>ta nel marzo del 1915 da Giuseppe Foglia, in cui l’artista<br />
luganese chiede a Zaccheo <strong>di</strong> fare da interme<strong>di</strong>ario presso la famiglia Franzoni, alfine <strong>di</strong><br />
ottenere dall’attuale proprietario il permesso per una copia della maschera <strong>di</strong> Filippo<br />
Franzoni 13 , così come risulta interessante la presentazione <strong>di</strong> un giovane Mario Comensoli,<br />
che descrive il proprio lavoro e domanda <strong>di</strong> poter conoscere lo Zaccheo 14 .<br />
Emerge da questi documenti una nuova lettura della sua figura, che pone Ugo Zaccheo<br />
come punto <strong>di</strong> riferimento <strong>di</strong> un ambiente artistico e culturale non solo locale, ma anche<br />
nazionale e internazionale: un’analisi approfon<strong>di</strong>ta dell’archivio dell’artista permetterà<br />
certamente in futuro <strong>di</strong> meglio comprendere la peculiarità <strong>di</strong> questo artista.<br />
L'artista<br />
Ugo Zaccheo nacque a <strong>Locarno</strong> il 5 settembre 1882, figlio <strong>di</strong> Giovanni Zaccheo e Annetta<br />
Branca, cugina <strong>di</strong> quei Branca che da tre generazioni possedevano il prestigioso albergo<br />
“Bella Venezia” in Piazza alla Scala a Milano, frequentato da numerosi artisti e personalità,<br />
quali Listzt, Carrà, Boccioni, Turati, Borgonovo, Zambelletti, Camillo e Arrigo Boito, Fratino,<br />
ecc.<br />
I suoi genitori abitavano in Via Ramogna a <strong>Locarno</strong>, nella stessa casa in cui viveva Filippo<br />
Franzoni, ed erano i proprietari <strong>di</strong> un bar-pasticceria poco <strong>di</strong>stante 15 . E fu proprio in quella<br />
casa che nacque Ugo Zaccheo: si trattò forse <strong>di</strong> un segno del destino, che egli stesso, nella<br />
prefazione al quaderno Bianco e Nero, commentò come premonitore <strong>di</strong> un futuro legato<br />
all'arte: "Sebbene sia vero che pittore si nasca, l'idea <strong>di</strong> fare il pittore può anche scaturire da<br />
altre ragioni e circostanze. Non ultima quella <strong>di</strong> crescere nella casa <strong>di</strong> un pittore autentico. Io<br />
non avrei fatto il pittore, se non fossi nato nella casa <strong>di</strong> quel grande artista che fu Pippo<br />
Franzoni! Ogni giorno, dalla porta, spiavo il pittore che, alla solita ora, usciva puntualmente <strong>di</strong><br />
casa con tela, cavalletto e ombrello sotto il braccio, per recarsi a <strong>di</strong>pingere nei pressi del<br />
naviglio o ai Saleggi, lungo le dolcissime rive delle famose "lanche" accompagnato<br />
dall'inseparabile governante Margherita." 16<br />
Il giovane Zaccheo, che nelle intenzioni del padre avrebbe dovuto iscriversi a un corso <strong>di</strong><br />
pasticcere decoratore nella capitale lombarda, seguì invece la formazione accademica a<br />
Brera tra il 1902 e il 1907, al pari <strong>di</strong> altri numerosi ticinesi (Luigi Rossi; Edoardo Berta; Luigi<br />
Schwezmann; Richard Seewald; Gottardo Segantini; Ugo Tarabori; Max Uehlinger; Italo Valenti; Luigi Vassalli;<br />
Annino Volonterio; Carl Stetten; Bertrand Weber; Melchiorre Wezel; M. Zanolice.<br />
13 G. Foglia scultore: “Lugano 5 marzo 1915 Caro Zaccheo, sono felice del successo <strong>di</strong> ambedue – successo per<br />
modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re – tuttavia scor<strong>di</strong>amoci <strong>di</strong> ammetterlo come tale – tutte le cose sono soggette ad un naturale<br />
spostamento <strong>di</strong> valore a seconda della considerazione che loro si vuole attribuire – ma non filosofiamo.<br />
Pecuniariamente è utile – ai tempi d’oggidì l’”utilitario” non è un elemento così <strong>di</strong>sprezzabile. Caro amico, ho<br />
parlato con il prof. Roncoroni <strong>di</strong> Chiasso, possessore della maschera <strong>di</strong> Pippo Franzoni. Egli è <strong>di</strong>spostissimo<br />
cederne una copia previo consenso della famiglia Franzoni. È tutto ciò che occorre – ottieni dal Dr. Franzoni un<br />
permesso e siamo a posto. Le fotografie anche. Saluti da Martignoni a Janner anche. Tuo Foglia”<br />
14 "Pittore Mario Comensoli Lugano. Lugano 23 settembre 43. Egregio pittore. Ho potuto parlare <strong>di</strong> lei e della sua<br />
arte con parecchi artisti ticinesi. Io sono un giovane pittore <strong>di</strong> Lugano: mi chiamo Comensoli e mi do con passione<br />
alla pittura. Per essa ho sofferto e mi sono tormentato ma posso <strong>di</strong>re <strong>di</strong> essere riuscito a qualche cosa. Sento che<br />
non resterò un me<strong>di</strong>ocre, e i pittori ticinesi luganesi mi <strong>di</strong>ssero che i passi fatti sono da giganti. Sono amico e<br />
frequento Cotti, Filippini, Salati e Soldati. Ora le scrivo perché in questa mia ricerca assillante, in questo sudore <strong>di</strong><br />
sangue, mi sono sentito vicino alla sua ascensione artistica. E da lei ho preso certi avvii, per poi staccarmene e<br />
continuare su altri assaggi. Lei ha potuto trovare una formula elevata <strong>di</strong> pittura, che la pongono tra i migliori pittori<br />
ticinesi del momento. Io aspiro a un’arte pure mia. E sarei oltremodo contento <strong>di</strong> fare la sua conoscenza. So che<br />
lei verrà per giu<strong>di</strong>care i quadri alla Fiera. Io pure ho mandato mie opere a questa esposizione; credo <strong>di</strong> essere il<br />
più giovane pittore che esponga. Desidererei in quest’occasione che consideri il mio lavoro, e fare la sua<br />
conoscenza. Scusi la mia audacia e mi perdoni. Le porgo i miei più <strong>di</strong>stinti saluti. Con stima. Obblig.mo Mario<br />
Comensoli Via Lucchini P. Lugano”."<br />
15 “Mostra alla Galleria Poma, Op. cit., p.22<br />
16 Ugo Zaccheo, Bianco e nero: artisti ticinesi del 900, La Toppa E<strong>di</strong>zioni d'arte, Lugano 1955, p.3
Monteverde; Pietro Chiesa; ecc.) 17 , e fu allievo <strong>di</strong> Cesare Tallone e Giuseppe Mentessi,<br />
entrambi molto legati al Ticino 18 . A Milano visse la fine del periodo verista, l’avvento del<br />
primo simbolismo e le prime avvisaglie del movimento futurista, in un ambiente caratterizzato<br />
da incessanti <strong>di</strong>battiti e polemiche sui problemi e l’evoluzione della pratica artistica. Conobbe<br />
personalmente Carlo Carrà, con cui <strong>di</strong>vise ad<strong>di</strong>rittura la stanza negli anni degli stu<strong>di</strong>, e in lui<br />
ammirò indubbiamente la coraggiosa adesione avanguar<strong>di</strong>stica, che non sentiva però<br />
appartenergli: le opere <strong>di</strong> quel periodo rivelano infatti una chiara adesione ai principi<br />
accademici e un profondo legame con il verismo talloniano. Ed è precisamente a quell’epoca<br />
che risale la sua prima attività espositiva: nel 1907 presenta tre opere alla Permanente <strong>di</strong><br />
Milano (“Stu<strong>di</strong>o”; “Lago <strong>di</strong> Naret” e “Pizzi della Cristallina”), cominciando a farsi conoscere<br />
dalla critica lombarda 19<br />
Rientrato a <strong>Locarno</strong> all'età <strong>di</strong> 25 anni cominciò a frequentare l'ambiente artistico locale,<br />
continuando comunque a mantenere stretti contatti con la cerchia milanese e lombarda. Tra<br />
il 1909 e il 1910 affianca lo scultore Ettore Rossi nella decorazione architettonica della<br />
facciata del Palazzo del pretorio a <strong>Locarno</strong> con bassorilievi rappresentanti la Giustizia 20 e nel<br />
1910 vinse a Milano, assieme a Pietro Chiesa, un premio per la pittura <strong>di</strong> figura 21 .<br />
Divenuto docente <strong>di</strong> <strong>di</strong>segno nel 1910, insegnò due anni alle scuole professionali e in<br />
seguito, nel 1912, alla Magistrale <strong>di</strong> San Francesco, dove rimase come docente molto<br />
stimato per quasi quarant’anni. Numerosi gli allievi che lo ricordarono con affetto (Angelo<br />
Casè; Mario Agliati; Irene Marcionetti; ecc.), alcuni tra i quali scelsero <strong>di</strong> seguire la sua<br />
carriera e de<strong>di</strong>carsi alla pittura (Silvio Baccaglio; Adelaide Borsa; Felice Filippini; Ubaldo<br />
Monico). Filippini, in particolare, nel 1967 descrisse con queste parole poetiche il lavoro del<br />
maestro: "(..) nella tua casa <strong>di</strong> Rivapiana simile a una caverna en creux / Dove sotto l'occhio<br />
azzurro dei Pippi appesi alle pareti / Facevi saltar fuori dallo sfasciame delle tavole sparse /<br />
Le fiammelle dei salici saltellanti su chiazze <strong>di</strong> neve gelata / Le geometrie pirmidali dei tuoi<br />
villaggi annidati / Il golfo frusciante d'acqua le migrazione delle capre / La vecchia gozzuta e<br />
l'omerico cercatore <strong>di</strong> funghi / Tutto quanto fuggiva verso le tue valli minerali (...)" 22<br />
Il fortunato ritrovamento presso un privato <strong>di</strong> una cartella con <strong>di</strong>segni <strong>di</strong> alcuni suoi allievi del<br />
1935 ha permesso <strong>di</strong> presentare anche l'aspetto particolarissimo <strong>di</strong> un Ugo Zaccheo<br />
insegnante: esercizi <strong>di</strong> prospettiva, <strong>di</strong>segni tecnici e dal vero; compiti eseguiti con rigore da<br />
taluni studenti, corretti e vistati dal maestro, lavori meno entusiasmanti altri, ma che<br />
testimoniano la varietà delle attività da lui proposte e la capacità <strong>di</strong> conciliare linguaggi<br />
artistici anche molto <strong>di</strong>versi tra loro.<br />
Nel 1915 vinse una borsa <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o federale, a <strong>di</strong>mostrazione del fatto che le sue opere<br />
17<br />
GT 23.12.1982: Sergio Regazzoni, “Caro tenero pennello”<br />
18<br />
Il figlio <strong>di</strong> Cesare Tallone, Enea, insegnò a lungo al liceo cantonale, mentre Cesare Mentessi ricopriva la carica<br />
<strong>di</strong> ispettore delle scuole <strong>di</strong> <strong>di</strong>segno del Cantone<br />
19<br />
Esposizione <strong>di</strong> primavera e mostra postuma delle opere dello scultore Felice Bialetti, Galleria Permanente<br />
Milano, pp. 17; 25; 53; 71. Le tre opere esposte erano: “Stu<strong>di</strong>o”; “Lago <strong>di</strong> Naret” e “Pizzi della Cristallina”.<br />
20<br />
INSA no. 6, Inventario Svizzero <strong>di</strong> Architettura 1850-1920, E<strong>di</strong>to dalla Società <strong>di</strong> Storia dell’Arte in Svizzera,<br />
Orell Füssli 1991, p.93<br />
21<br />
GT 29.07.1910: "Artisti ticinesi a Milano". Fra i numerosi artisti che hanno concorso al premio annuale per<br />
l'aggiu<strong>di</strong>cazione dei Premi Fumagalli per la pittura <strong>di</strong> figura e Gavazzi per la pittura detta "storica" vi sono i pittori<br />
ticinesi Pietro Chiesa <strong>di</strong> Sagno e Ugo Zaccheo <strong>di</strong> <strong>Locarno</strong>. Zaccheo espose un gruppo <strong>di</strong> "Valligiane" che i critici<br />
lodano assai per il carattere <strong>di</strong> originalità personale impresso nell'opera stessa<br />
22 “Ugo Zaccheo”, mostra personale alla Galleria Marino, <strong>Locarno</strong>, dal 09.11 al 21.12.1967, con saggi <strong>di</strong> Felice<br />
Filippini e Angelo Casè.<br />
LS 07.11 / CdT 08.11.1967 / CdT 11.11.1967 / CdT 18.11.1967: Erano presenti un centinaio <strong>di</strong> opere <strong>di</strong> Zaccheo.<br />
Il comune <strong>di</strong> Minusio ha acquistato il quadro "Vecchio barcone". La recensione alla mostra precisa che "Nelle<br />
opere <strong>di</strong> Zaccheo si rispecchia la schiettezza dell'animo suo, l'onestà dell'inten<strong>di</strong>mento artistico, la spontaneità<br />
dell'immagine tal quale egli percepisce, senza fronzoli, senza deformazioni "interpretative", esoteriche, scaturita<br />
dal nulla per <strong>di</strong>re nulla".
ebbero fin da subito importanti riconoscimenti a livello nazionale 23 .<br />
A Rivapiana, che era il paese <strong>di</strong> origine <strong>di</strong> sua nonna Martina, Zaccheo acquistò in quegli<br />
anni, assieme alla sorella Silvia e al cognato Francesco Lodola, una casa poco <strong>di</strong>stante dal<br />
lago, dove visse per un ventennio: ne realizzò la decorazione pittorica esterna e a graffito,<br />
così come fece nella casa in cui si trasferì nel 1927, poco oltre il passaggio a livello che<br />
spesso ritroviamo nei suoi <strong>di</strong>pinti <strong>di</strong> Rivapiana 24 . Le due iscrizioni latine "Fortes fortuna<br />
a<strong>di</strong>uvat" sotto il loggiato e "Laboremus" sulla facciata dell'atelier sintetizzano la filosofia dello<br />
Zaccheo, uomo determinato e fermamente legato ai principi della tra<strong>di</strong>zione, lavoratore<br />
indefesso e rigoroso.<br />
Già nel 1909 aveva vinto il premio per la composizione <strong>di</strong> un placard-réclame realizzato in<br />
occasione del Tiro Cantonale. Si trattava della raffigurazione, purtroppo non ancora<br />
identificata, <strong>di</strong> una casetta che la stampa dell'epoca definì come "fuori dal comune, e<br />
veramente inspirata a criteri <strong>di</strong> modernità. L'autore ha voluto imprimervi una nota umoristica<br />
piacevole e garbata. Sarà un affiche destinato ad un reale successo che vorrà segnare un<br />
nuovo in<strong>di</strong>rizzo allo stu<strong>di</strong>o dei simboli delle feste patriottiche" 25 . E in effetti Zaccheo si rivelò<br />
più avanti uno dei maggiori artefici <strong>di</strong> quegli eventi popolari legati alla celebrazione e alla<br />
riaffermazione dell’identità del nostro cantone; parallelamente si occupò spesso anche<br />
dell’allestimento <strong>di</strong> scenografie per le rappresentazioni teatrali al Kursaal <strong>di</strong> <strong>Locarno</strong> 26 . La<br />
tra<strong>di</strong>zione del Carnevale fu ripresa dalla città <strong>di</strong> <strong>Locarno</strong>, seppur per un breve periodo, grazie<br />
all’organizzazione dei balli mascherati al Kursaal, la cui decorazione delle sale con pannelli<br />
<strong>di</strong>pinti venne regolarmente affidata allo Zaccheo. Una ricorrenza che andò a fondersi nel<br />
1924 con la Festa delle Camelie, per la quale egli si adoperò con entusiasmo a creare le<br />
scenografie dei carri. I soggetti erano legati alla riproduzione <strong>di</strong> luoghi caratteristici delle<br />
nostre valli, all'immagine romantica e pittoresca del Ticino, allora ampiamente propagandata<br />
per riaffermare l’identità del Cantone 27 . Erano eventi puramente folcloristici, nati sull'esempio<br />
delle gran<strong>di</strong> parate patriottiche dei regimi totalitari, ma che alle nostre latitu<strong>di</strong>ni esulavano da<br />
qualsiasi intento politico. "Rocce imitate con gesso, calce e ciottoli; muri intonacati; cappelle<br />
con veri affreschi; muffe, muschi, fiori, piante tolte dai boschi; legni vecchi infra<strong>di</strong>citi; acque<br />
sgorganti da fontanelle; figuranti rivestiti con autentici costumi" 28 . Nei ricor<strong>di</strong> della figlia Anna<br />
“I carri riscuotevano sempre consensi, poiché erano <strong>di</strong> un realismo straor<strong>di</strong>nario. Mio padre<br />
aveva infatti seguito dei corsi <strong>di</strong> scenografia a Brera e questo lo ha facilitato allorché si è<br />
trattato <strong>di</strong> realizzare i carri per la festa delle camelie. La gente si avvicinava al carro e<br />
toccava la realizzazione, poiché i soggetti erano così realisticamente riprodotti che parevano<br />
veri.” 29<br />
La Festa delle Camelie <strong>di</strong>venne un evento <strong>di</strong> grande richiamo in quegli anni e i maggiori<br />
artisti ticinesi contribuirono volentieri a dare lustro alle manifestazioni con numerose opere:<br />
per l’e<strong>di</strong>zione del 1928 Ugo Zaccheo ideò il francobollo raffigurante una conta<strong>di</strong>na<br />
23 LS 19.03.1915: Paolo Bardazzi, fondatore assieme a Guglielmo Canevascini del giornale Libera Stampa nel<br />
1913, scrive:<br />
"Tutte le volte che la giovinezza operosa si apre la strada per l'avvenire, noi esultiamo. Ugo Zaccheo, locarnese,<br />
pittore, un'anima artistica innamorata dell'italico, ha meritato la borsa <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o della Confederazione. Su quasi<br />
200 concorrenti, 9 sono stati premiati; tra cui due italiani, ossia Ticinesi. Uno <strong>di</strong> essi è Ugo Zaccheo, mio collega<br />
alle Scuole Comunali, al quale stringo affettuosamente la mano. Avanti, Zaccheo, per l'Arte e per la vita.”<br />
24<br />
Decorazioni pittoriche nel <strong>di</strong>stretto <strong>di</strong> <strong>Locarno</strong>, vol.3, Inventario promosso dall’Ufficio dei musei etnografici,<br />
Bellinzona 1999, pp.139-140.<br />
25<br />
CdT 27.03.1909<br />
26<br />
LS 07.04.1916 / LS 21.04.1916: “Grande Festa Giapponese. La parte coreografica della festa è affidata alla<br />
coppia Villeneuve-Vincenti; quella musicale al maestro Luigi Postone e la parte decorativa e artistica ai nostri<br />
amici pittori Ugo Zaccheo e Pompeo Maino”;<br />
LS 25.10.1922: Scenario allestito da Ugo Zaccheo per la rappresentazione teatrale “Prete Pero”<br />
27 Cingria Alexandre,”Ugo Zaccheo, pittore ticinese” p.II, in CdT 14.11.1930.<br />
GT 20.04.1925: "La festa delle camelie" Zaccheo e l’architetto Bernasconi vengono citati per la decorazione e i<br />
costumi<br />
28 Aldo Crivelli Scenografia rustica in “Illustrazione Ticinese”, Anno XII, N. 27, 5 luglio 1941, p. 9<br />
29 Sergio Regazzoni “Caro, tenero pennello”, in GT 23.12.1982
verzaschese 30 , mentre il manifesto della “XI Festa delle Camelie” del 1937, che presenta il<br />
profilo <strong>di</strong> una donna in costume ticinese su sfondo giallo, fu realizzato dal Nizzola 31 .<br />
Nella lunga serie dei carri costruiti da Ugo Zaccheo troviamo la "Cappella votiva", che<br />
riportava sull'e<strong>di</strong>cola l'iscrizione “Vito Carminati fece fare per sua devotione Anno 1927”; il<br />
"Grotto"; la "Fontana"; la "Rascana"; lo "Splüil"; la "Cà da füm", ecc. Si trattava <strong>di</strong> costruzioni<br />
realistiche fin nei minimi dettagli, con numerosi figuranti, tra cui spesso posavano in costume<br />
tipico ticinese anche le due figlie Anna ed Elena. Gli schizzi, i bozzetti, le vecchie fotografie e<br />
alcune pubblicazioni presenti in mostra rimandano nostalgicamente a quel periodo così<br />
amato dai locarnesi. La manifestazione, interrotta a causa della guerra, rinacque in seguito<br />
con il nome <strong>di</strong> Festa dei Fiori, raggiungendo negli anni ’60 un notevole successo<br />
internazionale. Zaccheo <strong>di</strong>mostrò sempre grande interesse e attaccamento a questo tipo <strong>di</strong><br />
eventi, che avevano certamente un aspetto folcloristico, turistico e commerciale, ma che<br />
permettevano <strong>di</strong> illustrare una visione estetica e artistica della realtà ticinese.<br />
Fu così che per la IV Festa dell'Arigianato <strong>di</strong> <strong>Locarno</strong> (1941) Zaccheo costruì in Piazza<br />
Grande, davanti al Palazzo Comunale e all'antico Caffè Milano, oggi sede del Cré<strong>di</strong>t Suisse,<br />
un "Ponte" in stile settecentesco, ad arco ribassato 32 , simile a quello che nel 1931 aveva<br />
realizzato assieme al collega Aldo Crivelli per la Festa dei Costumi Svizzeri a Ginevra:<br />
entrambi i progetti a tecnica mista su carta, così come alcune foto e pubblicazioni dell’epoca<br />
sono presenti in mostra 33 . Anche per la sfilata in occasione del 150° anniversario<br />
dell'In<strong>di</strong>pendenza Ticinese egli volle progettare un carro, recante la "Casa Ticinese", ricca <strong>di</strong><br />
dettagli e figuranti 34 .<br />
Le particolari doti scenografiche <strong>di</strong> Ugo Zaccheo trovarono uno sviluppo ulteriore nella<br />
vicenda che vide la nascita del parco e del complesso del Canto Sereno a Minusio, oggi<br />
cancellato dal rapido sviluppo e<strong>di</strong>lizio..<br />
L’ampia proprietà, che apparteneva al pittore Carl Stetten, si estendeva dall’attuale Via<br />
Simen fino al lago, entro i confini determinati dalla torre <strong>di</strong> S. Quirico e l'ormai demolito Hôtel<br />
Reber, e ospitava una casa tipica ticinese con giar<strong>di</strong>no. All'inizio degli anni Venti l’intero<br />
comparto venne acquistato dal facoltoso commerciante d’armi svizzero Müller-Renner, che<br />
decise <strong>di</strong> e<strong>di</strong>ficare, poco <strong>di</strong>stante dalla casetta ticinese, una villa in stile neorinascimentale,<br />
con giar<strong>di</strong>no all'italiana in stile secentesco, darsena e spiaggia privata. Carl Stetten si occupò<br />
personalmente <strong>di</strong> contattare Ugo Zaccheo quale persona <strong>di</strong> riferimento per la realizzazione<br />
dell’idea avanzata da Müller, così come testimoniano alcuni suoi scritti. In una lettera del 9<br />
ottobre del 1922 Stetten esprime piena sod<strong>di</strong>sfazione da parte dell'acquirente Müller in<br />
30 GT 29.02.1928 / LS 27.03.1928: si descrive accuratamente il francobollo realizzato da Zaccheo per la Festa<br />
delle Camelie. “Rappresenta una giovane donna in costume verzaschese. Camicia bianca a maniche fino ai<br />
polsini, cresponata e merlettata attorno al collo, veste e grembiule fin sotto le ascelle, sostenuti dalle spalle per<br />
mezzo <strong>di</strong> spalline facenti parte dell’abito stesso. Il capo coperto da un fazzoletto fiorito, allacciato al <strong>di</strong>sotto della<br />
nuca. La giovane conta<strong>di</strong>nella trovasi sotto pergolato <strong>di</strong> glicina in fiore, nella posa <strong>di</strong> ammirare qualcosa che<br />
accade non molto lungi da lei. Sullo sfondo , ben <strong>di</strong>segnati, si vedon chiaramente il santuario del Sasso, uno<br />
squarcio <strong>di</strong> lago e le montagne del Gambarogno e bellinzonese. Colore unitono nel <strong>di</strong>segno, salvo l’inserzione in<br />
rosso così redatta. Lato superiore “<strong>Locarno</strong> 28-29 aprile 1928. Lato superiore (ndr inferiore) “Sesta festa delle<br />
Camelie”. Senza voler misconoscere i meriti degli altri artisti che <strong>di</strong>segnarono i francobolli delle feste precedenti,<br />
dobbiamo segnalare ad onor del vero, che quello <strong>di</strong> quest’anno è quello che più ci piace della serie. Complimenti<br />
all’autore, ed al Comitato che ha voluto affidare a lui un tale lavoro, che ha pur tanta parte nella propaganda <strong>di</strong><br />
quella che fu, è e sarà, la più bella festa <strong>di</strong> <strong>Locarno</strong>.<br />
31<br />
L’originale del manifesto in tempera su carta è attualmente esposto nella sezione della mostra a Casa Rusca<br />
32<br />
A. Crivelli in “Illustrazione Ticinese”, cit., p. 9<br />
33<br />
Ren<strong>di</strong>conto del Dipartimento della Pubblica Educazione, Amministrazione 1931, Bellinzona, Tipo-Litografia<br />
Cantonale 1932, p.27: E) Festa dei costumi a Ginevra: “Alla grande festa organizzata dalla Federazione svizzera<br />
dei costumi nazionali e dei canti popolari, svoltasi a Ginevra il 27 e il 28 giugno, parteciparono 130 persone del<br />
nostro Cantone (compreso un gruppo <strong>di</strong> 20 che costituivano la “Canterina Ticinese” <strong>di</strong> Zurigo). L’autorità<br />
cantonale contribuì alle spese <strong>di</strong> viaggio e sussi<strong>di</strong>ò i singoli gruppi per l’allestimento dei costumi. La decorazione<br />
<strong>di</strong> una via della città, de<strong>di</strong>cata al Ticino, venne eseguita con squisito senso artistico dai pittori prof. Ugo Zaccheo e<br />
Aldo Crivelli. Il nostro Cantone ottenne un vivo successo.<br />
34<br />
CdT 13.05.1953 / GT 26.05.1953
merito al progetto proposto e la necessità <strong>di</strong> reperire un architetto che potesse realizzare<br />
l'idea <strong>di</strong> questo complesso. Il nome <strong>di</strong> Cava<strong>di</strong>ni non fu accettato dal Müller, si menziona<br />
Tallone, ma si chiede l'intervento <strong>di</strong> Zaccheo alfine <strong>di</strong> trovare l'uomo adatto per questo<br />
lavoro 35 . Il progetto fu infine affidato all'architetto Cesare Fratino, docente <strong>di</strong> prospettiva al<br />
Politecnico <strong>di</strong> Milano ed ex compagno <strong>di</strong> Ugo Zaccheo a Brera, mentre la <strong>di</strong>rezione lavori per<br />
l'impianto del giar<strong>di</strong>no venne assunta da Zaccheo stesso. In un’altra lettera del ’24, inviata da<br />
Fratino, si rivela l’entusiasmo del proprietario del Canto Sereno per l’ottima riuscita del<br />
lavoro 36 . La vasta proprietà, che era <strong>di</strong>visa dalla strada comunale che conduce a Rivapiana e<br />
dalla linea ferroviaria, fu unificata grazie alla costruzione <strong>di</strong> alcuni sottopassaggi e il giar<strong>di</strong>no<br />
assunse così una struttura molto complessa e <strong>di</strong>versificata. Presentava una serie <strong>di</strong> terrazze<br />
circolari (le rotonde) unite al terrazzo centrale, assai più grande, e offriva una passeggiata tra<br />
aranci e cedri, attorniati e protetti da numerosi cipressi. Il terrazzo superiore era collegato<br />
alle rotonde da una doppia scalinata, mentre due imponenti scalee conducevano alla parte<br />
superiore del giar<strong>di</strong>no. In una nicchia centrale trovava posto una scultura <strong>di</strong> Paul Osswald, ai<br />
pie<strong>di</strong> della quale si aprivano piccoli getti <strong>di</strong> acqua e accanto alle scalee sorgeva il bel<br />
terrazzo, delimitato dalla pregevole balaustrata in granito rosso <strong>di</strong> Baveno 37 . La ven<strong>di</strong>ta del<br />
Canto Sereno alla fine degli anni Sessanta fu motivo per un'accesa <strong>di</strong>atriba tra citta<strong>di</strong>ni e<br />
Municipio, a seguito dell'interpellanza presentata dal consigliere Fausto Franscella, che<br />
infervorò sulla stampa locale, ma non permise <strong>di</strong> frenare la speculazione e<strong>di</strong>lizia 38 .<br />
Analogamente Ugo Zaccheo agì in altre occasioni a <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> un ideale paesaggio ticinese:<br />
agli inizi degli anni Trenta alimentò gran<strong>di</strong> polemiche anche l'iniziativa per il raggruppamento<br />
parziale dei terreni <strong>di</strong> Minusio, tanto che un membro del comitato Pro Raggruppamenti<br />
accusò alcuni proprietari terrieri <strong>di</strong> Rivapiana <strong>di</strong> essere "peggio dei Siciliani". In segno <strong>di</strong><br />
opposizione i proprietari fondarono l'"Associazione dei Siciliani <strong>di</strong> Rivapiana", che si dotò<br />
tanto <strong>di</strong> statuto, stemma, sigillo e ad<strong>di</strong>rittura vessillo, alfine <strong>di</strong> tutelare i propri interessi. La<br />
ban<strong>di</strong>era, inaugurata il 3 settembre 1933, fu <strong>di</strong>segnata da Zaccheo, che pose su <strong>di</strong> un lato la<br />
chiesa <strong>di</strong> S. Quirico, simbolo <strong>di</strong> Rivapiana, e sull'altro Mosè che in<strong>di</strong>ca sulle tavole della<br />
legge il settimo comandamento: "non rubare", e tutt’attorno la scritta "dura lex, sed lex" 39 .<br />
Ovviamente l’attività pubblica <strong>di</strong> Ugo Zaccheo non si esaurì in queste azioni <strong>di</strong> promozione<br />
35 Lettera inviata da Carl Stetten a Ugo Zaccheo il 09.10.1922: ”Lunedì sera 9.X.22. Caro professore. Rincontrato<br />
il signor Müller questa sera gli ho mostrato il nostro schizzo spiegandogli bene ogni cosa. Se n’è <strong>di</strong>chiarato del<br />
tutto sod<strong>di</strong>sfatto e non dubita che abbia a produrre un bellissimo effetto. Dunque vi raccomando <strong>di</strong> farne al più<br />
presto un abbozzo qualche poco più preciso, quand’anche in piccole <strong>di</strong>mensioni, tanto per farci veder bene<br />
l’intento e spiegarsi bene con lui, prima <strong>di</strong> mettervi a un <strong>di</strong>segno più esatto e <strong>di</strong> proporzioni amplificate. Signor<br />
Müller non ci tiene assolutamente che il signor Cava<strong>di</strong>ni abbia ad incaricarsi della messa in opera. Così avrete più<br />
grande libertà. Ne parleremo ancora al mio ritorno. Spero che queste notizie vi riusciranno gratissime e mi<br />
congratulo con voi mandandovi i miei più <strong>di</strong>stinti saluti. Carl Stetten. PS: Signor Müller mi ha detto che vorrebbe<br />
conoscere un architetto capace che ci possa erigere una bella terrazzata su quel terreno verso lago, perché la<br />
scalinata già fatta non ci pare sufficiente per metter in valore la casa. Intenderebbe <strong>di</strong> darci un aspetto proprio<br />
signorile. Io gli ho già parlato <strong>di</strong> quel professore Tallone ed in somma gli ho raccomandato d’in<strong>di</strong>rizzarsi a voi per<br />
trovare proprio l’uomo adatto, avvezzo nell’architettura anche <strong>di</strong> giar<strong>di</strong>no. In proposito dello loggiato vi<br />
raccomando le belle colonne della soggetta del VI cento accanto alla facciata <strong>di</strong> San Vittore in Muralto, che già mi<br />
servirono da modello per il portico d’entrata del Canto Sereno. In riguardo della pioggia da non lasciar entrare<br />
troppo ci vorrebbe una gronda molto sporgente e <strong>di</strong> più dal lato verso montagna, dei rolladen che mi pare<br />
potranno ben combinarsi col fregio del plafone a cassettoni senza guastar le arcate.”<br />
36 Lettera inviata da Cesare Fratino a Ugo Zaccheo il 10.09.1924: “Caro Zaccheo, spero avrai ricevuta la mia<br />
lettera inviata a te in montagna e la liquidazione che avevo da tempo presso <strong>di</strong> me, consegnatami da te tempo fa.<br />
L’ho vistata e ora tocca a te da approvare il pagamento della liquidazione generale come rappresentante del<br />
Signor Müller. L’altra sera in Via Manzoni mi incontrai col Signor Müller che usciva dall’Hotel Muralto, ci siamo<br />
salutati affrettatamente perché entrambi avevamo fretta e lui doveva anche partire. Mi <strong>di</strong>sse che quest’estate si è<br />
fermato poco a <strong>Locarno</strong> e che è contentissimo della riuscita del giar<strong>di</strong>no. E tu hai lavorato in montagna? Come<br />
sta la tua famiglia? Sinceri saluti Cesare Fratino”.<br />
37 Rivista del Ticino e <strong>di</strong> tre laghi, no.7, aprile 1925, pp.100-102; INSA no. 6, Op. cit., p.98; Silvano Pezzoli,<br />
Gianfranco Paganetti, Saluti da Minusio: sulle tracce del nostro passato ed. Dadò, 1998, p.134<br />
38 “Citta<strong>di</strong>no” 1930, Un importante lavoro <strong>di</strong> abbellimento alla porte <strong>di</strong> <strong>Locarno</strong> / GdP 20.11.1968 / LS 21.11.1968<br />
/ LS 13.08.1988<br />
39 Saluti da Minusio, Op. cit., pp. 102-107
del paesaggio. Oltre alle esposizioni occorre ricordare la sua partecipazione a concorsi<br />
cantonali: è un aspetto ancora tutto da ricostruire, ma sicuramente interessante. Ad esempio<br />
quello per la decorazione della sala del Consiglio <strong>di</strong> Stato, il cui bozzetto, presente in mostra,<br />
venne premiato all’inizio del 1931 con un importo pari a Fr. 800.-, parte <strong>di</strong> un cre<strong>di</strong>to totale <strong>di</strong><br />
Fr. 6000.- stanziato dal Cantone per l’incremento delle Belle Arti 40 , ma che non venne mai<br />
realizzato. Accanto alle figure allegoriche e ai personaggi in costume tra<strong>di</strong>zionale trovano<br />
posto lo stemma del Cantone Ticino e quelli delle tre antiche capitali itineranti dal 1814 al<br />
1878, ovvero Lugano. <strong>Locarno</strong> e Bellinzona. Le scritte latine Docens <strong>di</strong>scitur / Patere fectsa<br />
quam ipse legem / Aequo animo / Iustum et tenace evocano i principi su cui negli intenti<br />
dell’artista avrebbe dovuto reggersi una retta amministrazione della cosa pubblica.<br />
Sono attività tanto <strong>di</strong>verse tra loro, che concorrono nell'illustrare le molteplici sfaccettature<br />
del lavoro <strong>di</strong> un artista profondamente legato alla sua gente e alla sua terra, ma che si è<br />
<strong>di</strong>mostrato tuttavia aperto a talune tematiche innovative in campo artistico.<br />
I temi<br />
Le opere giovanili sono esempi <strong>di</strong> una bravura tecnica non comune, sviluppata attraverso<br />
l'esercizio del <strong>di</strong>segno e l'applicazione <strong>di</strong> precise regole compositive apprese in ambito<br />
accademico. Contengono tutta la lezione talloniana, fondata sulla copia dal vero attraverso<br />
l'osservazione dei soggetti alla luce naturale e sulla pratica del <strong>di</strong>segno. Basti pensare al<br />
grande "Nudo" (fig xx) realizzato attorno al 1906 in <strong>di</strong>mensioni naturali, dove lo stu<strong>di</strong>o del<br />
modello si concentra sull’esatta riproduzione della realtà, ponendo in risalto la perfetta<br />
armonia delle proporzioni del corpo umano, e sulla ponderata calibratura cromatica, volta<br />
essenzialmente a valorizzare l’incarnato. Esercizio lodevole e rigoroso ripetuto<br />
nell’interessante “Nudo” incompiuto (fig xx), dalle <strong>di</strong>mensioni assai minori, in cui il metodo <strong>di</strong><br />
lavoro viene esplicato nella parte non finita del <strong>di</strong>segno. Altro tema accademico è la natura<br />
morta de "La cucina della nonna" (1905-1906 ca.) (fig xx), dove il povero arredo e lo<br />
scenografico panneggio determinano una composizione stu<strong>di</strong>ata per dar rilievo alla<br />
prospettiva e all’importanza della luce nel definire i volumi. Il ritratto a pastello de "La nonna<br />
del pittore" (1904) (fig xx) è una delle sue prime opere milanesi ed esprime con grande<br />
delicatezza la straor<strong>di</strong>naria abilità tecnica del giovane Zaccheo: l’attenzione alla resa<br />
espressiva del viso, frontalmente rivolto allo spettatore e incorniciato da un velo color<br />
porpora, posto sotto una luce <strong>di</strong>retta proveniente leggermente da sinistra e che fa spiccare in<br />
primo piano il dettaglio della rugosa mano destra avvolta dal rosario 41 . Il lavoro per il <strong>di</strong>ploma<br />
accademico "Lo scugnizzo" (1907) (fig xx) è un’opera molto significativa, in quanto soggetto<br />
particolarmente caro e frequentalo da Cesare Tallone, contiene tutto l'insegnamento del<br />
maestro e prefigura il successivo sviluppo iconografico dello Zaccheo nella <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> una<br />
pittura attenta ai temi sociali, alla <strong>di</strong>fficile realtà dei lavoratori e dei ceti più poveri.<br />
Il fermento artistico e culturale che interessò la Milano d'inizio Novecento pare tuttavia<br />
coinvolgere minimamente il giovane Zaccheo e nonostante i contatti e l'amicizia con alcuni<br />
40 GT 24.02.1931 / GT 08.04.1931 segnala in un trafiletto intitolato “Denari buttati via” che circa 6000.- Fr furono<br />
buttati via per un concorso burletta. Ne seguì una lettera infuocata al giornale, inviata il 06.04.1931 da Pietro<br />
Chiesa, allora membro della CBA, il quale precisa che il concorso prevedeva una somma <strong>di</strong> Fr. 2000.- e che la<br />
CBA propose <strong>di</strong> ridurre a Fr. 900.- sud<strong>di</strong>visi in tre categorie <strong>di</strong> premi: a) Intestazione <strong>di</strong> carte ufficiali (premiati<br />
Patocchi Fr. 300.- e Roncoroni Fr. 150.-); b) Decorazione della sala del Consiglio <strong>di</strong> Stato (premiati Zaccheo e<br />
Crivelli Fr. 800.-; Ferrazzini, Maccagni e Roncoroni Fr. 300.- ciascuno); c) Fontana scultorea (premiati Foglia Fr.<br />
500.-; Mariotta e Rossi Fr. 200.-; Roncoroni Fr. 200.-);<br />
Cantone Ticino, Decreto <strong>di</strong> Bilancio – Preventivo per l’anno 1931, Bellinzona, Tipo-Litografia Cantonale Grassi &<br />
Co. 1930; Uscite effettive del DPE, cat.I Oneri dello Stato, cap.II Sussi<strong>di</strong>, p.54;<br />
Ren<strong>di</strong>conto del Dipartimento della Pubblica Educazione, Amministrazione 1930, Bellinzona, Tipo-Litografia<br />
Cantonale Grassi & Co., 1931, p.25; Ren<strong>di</strong>conto del DPE 1931, p. 28.<br />
41 "La nonna del pittore" (1904) è stata esposta nel 2003 alla mostra su "Il ritratto femminile nell'arte del Ticino<br />
1650-1970" al Museo Vela
dei più noti esponenti delle avanguar<strong>di</strong>e, una volta rientrato in Ticino arricchito da tutte<br />
queste esperienze egli volle proseguire per la propria strada, restando fedele a un’arte<br />
d’impostazione tra<strong>di</strong>zionale. Seppe esprimere con estrema sincerità il carattere della nostra<br />
regione e tra i motivi ricorrenti delle sue opere ritroviamo anche a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> tempo il<br />
paesaggio ticinese, specialmente quello montano, e le sue genti.<br />
La parte grafica dell’opera <strong>di</strong> Ugo Zaccheo, finora ancora poco considerata, è senz’altro<br />
quella che riveste per l’artista <strong>di</strong> Minusio un valore preminente. Nel <strong>di</strong>segno egli esprime tutto<br />
il suo grande talento, costruendo personaggi e ambienti con tratti sicuri e spontanei. La<br />
padronanza del segno descrittivo, <strong>di</strong> cui egli stesso rivelò la sua naturale pre<strong>di</strong>sposizione, è<br />
ampiamente documentata e in occasione <strong>di</strong> questa mostra si è voluto darle la giusta<br />
rilevanza: "Il <strong>di</strong>segno, verso il quale mi sentivo naturalmente portato, fu la mia prima e più<br />
grande passione e come tutti i ragazzi che soffrono <strong>di</strong> questa "malattia" <strong>di</strong>segnavo dovunque<br />
mi trovassi e su tutto ciò che mi capitava tra le mani." 42<br />
La serie delle mucche sull’Alpe <strong>di</strong> Antabbia in Val Bavona del 1919 (fig. xx), tracciate con<br />
straor<strong>di</strong>naria adesione alla realtà dai cal<strong>di</strong> tratti a sanguigna, esprime attraverso l’armonia del<br />
contesto alpestre un momento <strong>di</strong> intenso lirismo <strong>di</strong> origine segantiniana. La stessa delicata<br />
sensibilità si ritrova anche in alcuni ritratti dell’intimità familiare, delineati dalla sobrietà del<br />
segno, come in “Elena” neonata (1931) (fig. xx), in “Angiolina con cuscino” (1930 ca.) (fig. xx)<br />
o nel bel “Profilo <strong>di</strong> Anna” del 1935-36 ca. (fig. xx), dove fa ampio uso dello sfumato. Più<br />
rigide e larghe le linee che descrivono i personaggi rusticani, uomini stanchi e invecchiati dal<br />
lavoro, come “Il veneziano” (1924) (fig. xx), “Il riposo del falciatore” (1929) (fig. xx), “Il riposo<br />
del conta<strong>di</strong>no” (fig. xx) o “Sep, pescatore onsernonese” (1932) (fig. xx); personaggi in alcuni<br />
casi al limite della caricatura, con quei volti scavati dalle sferzate cruente e incisive della<br />
matita grassa e le espressioni a volte grottesche, come nella “Conta<strong>di</strong>na” (1930 ca.) (fig.xx).<br />
La preziosa china acquerellata con “Caprette” (1930-1940 ca.) (fig. xx) riesce abilmente a<br />
restituire il <strong>di</strong>namismo del caotico movimento degli animali grazie alla particolare scelta della<br />
tecnica esecutiva, che in poche rapide linee costruisce <strong>di</strong> getto le forme e allarga il segno nel<br />
chiaroscuro dello sfondo. Sono opere dall’elevata qualità tecnica ed espressiva, che già agli<br />
inizi degli anni Trenta Aldo Patocchi aveva elogiato in occasione della mostra personale<br />
tenutasi al Castello Visconteo 43 e che furono da lui prese come esempio per <strong>di</strong>fendere la<br />
grafica dall’ingiusta definizione <strong>di</strong> arte minore 44 .<br />
Una serie davvero insolita per la lettura del paesaggio e la tecnica artistica è quella de<strong>di</strong>cata<br />
ad Arcegno. Risulta <strong>di</strong>fficile riconoscere lo stile dello Zaccheo più noto in queste opere, dove<br />
il paesaggio descritto da delicate sfumature è dominato certe atmosfere poetiche nelle<br />
tonalità dei malva e dei viola. Sono quadri realizzati nel periodo che va sorprendentemente a<br />
coincidere con il primo conflitto mon<strong>di</strong>ale, eppure in queste opere non vi è nulla che lasci<br />
presagire il dramma della storia: l'iconografia si ripete con sottili varianti, ponendo centrale<br />
sullo sfondo l'enorme masso roccioso, mentre il lirismo delle cromie trascrive nella realtà<br />
l'idealizzazione del locus amoenus. Arcegno <strong>di</strong>viene quin<strong>di</strong> nell'intimo sentire dello Zaccheo<br />
un luogo fuori dal tempo, in cui l'energia emanata dal Monte Verità si trasfonde nell'armonia<br />
dell'universo. La tecnica a pastello adottata per buona parte <strong>di</strong> queste opere contribuisce ad<br />
accentuare il senso <strong>di</strong> morbida delicatezza dell'insieme, mentre negli oli (il più<br />
42 Bianco e nero, Op. cit., p.3<br />
43 LS 01.04.1931 / LS 12.04.1931 /LS 26.04.1931 / LS 28.04.1931 / LS 16.05.1931<br />
44 Aldo Patocchi, L’arte <strong>di</strong> Ugo Zaccheo in “LS 16.05.1931”: “(…) quei suoi <strong>di</strong>segni a bianco e nero <strong>di</strong> donne,<br />
d’uomini e <strong>di</strong> vecchi in cui ogni tratto è come verso <strong>di</strong> un perfetto sonetto; in cui ogni segno ha un suo accordo<br />
spirituale e realistico e in cui ogni tono batte un suo ritmo per erompere sicuro in un grido vittorioso. Disegni simili<br />
li avevo visti soltanto a Venezia, due anni or sono, nella Sezione Grafica Russa che mi parve- rivelazione<br />
inaspettata- la migliore <strong>di</strong> tutta la XVI Biennale. Forse, alcune teste a olio, una testa <strong>di</strong> vecchio pescatore<br />
soprattutto, supereranno i <strong>di</strong>segni: ma mi concedo <strong>di</strong> trattenermi prima sul bianco e nero anche per <strong>di</strong>fendere<br />
quest’arte che critici e pubblico supinamente vogliono incastrare tra l’arti minori. Come se il bianco e nero non<br />
avesse una sua poesia, solo sua; non avesse un suo mistero che non è il mistero <strong>di</strong> una scultura o pittura e non<br />
avesse un proprio animo, un proprio fascino per dare a chi ci si è votato, tutti i tormenti e tutte le gioie <strong>di</strong> ogni altra<br />
arte. (…)”
appresentativo dei quali si trova esposto a <strong>Locarno</strong>, accanto alle opere <strong>di</strong> altri artisti che a<br />
più riprese ritrassero quell'angolo <strong>di</strong> Arcegno) ogni pennellata è pensata per definire<br />
l’equilibrio <strong>di</strong> luce e colore.<br />
Il piccolo autoritratto del 1914-15 ca., nato per farne dono alla fidanzata Angiolina, è uno dei<br />
primi dell'artista <strong>di</strong> Minusio e già si riscontra nella resa dettagliata delle fattezze la grande<br />
abilità acquisita col <strong>di</strong>segno. Sullo sfondo si delinea l'abbozzato paesaggio <strong>di</strong> Arcegno,<br />
descritto dalle cromie calde dei segni fugaci, in contrasto con il bianco e nero del ritratto.<br />
Questa scelta suggerisce l'idea del non finito, ma negli intenti dell'artista vuole significare<br />
l'accostamento dell'uomo Ugo Zaccheo al luogo dell'i<strong>di</strong>llio che in quegli anni identifica con<br />
Arcegno. Si tratta <strong>di</strong> un’opera pregevole dal punto <strong>di</strong> vista artistico e che trasmette un<br />
profondo messaggio affettivo nel dono d'amore per la sua futura sposa.<br />
Ne seguiranno molti altri, buona parte dei quali restituiscono l'immagine del pittore al lavoro,<br />
ma in ciascuno <strong>di</strong> questi autoritratti lo sfondo risulta spesso indefinito. Numerosi anche i<br />
ritratti della moglie Angiolina, delle figlie Anna ed Elena e dei nipoti. Le pennellate sicure<br />
vanno a delineare i visi familiari con dovizia <strong>di</strong> dettagli. Il "Ritratto <strong>di</strong> Patrick" del 1961 ca. (fig.<br />
xx) si allontana però molto da tutti quelli eseguiti in precedenza; qui la materia vibrante e<br />
luminosa costruisce la figura del bambino senza mai cadere nel descrittivismo: un quadretto<br />
piccolo nelle <strong>di</strong>mensioni, ma dalla grande forza espressiva, <strong>di</strong>pinto <strong>di</strong> certo tenendo presente<br />
la "Paolina" franzoniana appesa nel suo salotto.<br />
Ma è soprattutto nei paesaggi lacustri che Zaccheo guarda maggiormente a Filippo Franzoni,<br />
restituendo nella pennellata sfatta e nelle tonalità fredde degli azzurri una resa luministica <strong>di</strong><br />
grande intensità emotiva: ne è un esempio molto significativo l’olio “Atmosfera invernale sul<br />
Lago Maggiore” (1940-50 ca.), che rimanda alle opere che Franzoni <strong>di</strong>pinse ai Saleggi e in<br />
particolare al “Delta della Maggia”.<br />
Quanto Zaccheo fosse legato alla pittura <strong>di</strong> Filippo Franzoni è anche <strong>di</strong>mostrato da una<br />
tavoletta finora ignota attualmente esposta a <strong>Locarno</strong>, la quale su un lato raffigura uno<br />
straor<strong>di</strong>nario Franzoni con “Lago Maggiore e Ghiridone”, sull’altro uno dei molti “Arcegno”<br />
che Ugo Zaccheo realizzò attorno agli anni Venti.<br />
Montanari, casari, pescatori, conta<strong>di</strong>ne, filatrici o lavandaie animano la galleria dei ritratti<br />
delle genti del Ticino. Nei <strong>di</strong>pinti come nei <strong>di</strong>segni, uomini e donne pesantemente segnati dal<br />
tempo e dalla fatica si de<strong>di</strong>cano alle attività del quoti<strong>di</strong>ano, come il “Falciatore” (1925 ca.)<br />
(fig.xx) a grandezza naturale, intento ad affilare la falce in mezzo al campo, opera che per<br />
soggetto iconografico, cromia e tipo <strong>di</strong> esecuzione doveva avere il proprio pendant nel<br />
“Conta<strong>di</strong>no” (fig.xx) dello stesso periodo, la cui tela è stata tagliata e firmata all’altezza del<br />
busto. Alcuni <strong>di</strong> questi personaggi, con i volti arroventati dal sole negli impasti <strong>di</strong> colore densi<br />
e grumosi, vengono colti in un momento <strong>di</strong> pausa, un attimo prima <strong>di</strong> riprendere il lavoro,<br />
come il “Falciatore a riposo“ (1930-1940 ca.) (fig.xx); altri sono raffigurati nell’intimità<br />
domestica e siedono al tavolo della cucina, con le mani rugose in primo piano e lo sguardo<br />
accigliato o assorto, mentre sullo sfondo è spesso presente nella rappresentazione delle<br />
serene maternità la ferma certezza dei valori <strong>di</strong> sempre: la fede e la famiglia. Sono opere<br />
<strong>di</strong>pinte tra il 1920 e il 1950 e affrontano il medesimo soggetto iconografico con esiti anche<br />
parecchio <strong>di</strong>versi. Alcuni <strong>di</strong> questi "testoni", come li chiamava affettuosamente il pittore,<br />
furono esposti alla Biennale <strong>di</strong> Venezia. La prima volta nel ’26 con "Il montanaro" (1925), che<br />
nell'impostazione del <strong>di</strong>pinto così come nell'accostamento contrastato delle cromie squillanti<br />
richiama quell'ambiente vallesano con il quale Zaccheo ebbe modo <strong>di</strong> confrontarsi durante i<br />
lunghi soggiorni estivi a Zermatt 45 . Due anni più tar<strong>di</strong> con un “Casaro” ritratto nell’istante del<br />
45 XV Esposizione Internazionale d'arte della <strong>Città</strong> <strong>di</strong> Venezia, 1926 p.143. Fu la prima Biennale alla quale<br />
vennero ammessi tra mille polemiche anche i Futuristi<br />
CdT 08.04.1926 / LS 10.04.1926, XV Biennale <strong>di</strong> Venezia: "Onore al merito”: Il ben noto artista signor prof. Ugo<br />
Zaccheo, ha vittoriosamente superato il giu<strong>di</strong>zio della giuria della Commissione della XV Mostra biennale <strong>di</strong><br />
Venezia. Le opere del valente artista ticinese, che onora il suo paese, verranno esposte nei pa<strong>di</strong>glioni dei giar<strong>di</strong>ni
iposo e descritto dalle pennellate larghe e indefinite, con colori carichi che annullano il<br />
dettaglio delle forme e costruiscono i volumi attraverso il gioco della luce 46 . E poi ancora alla<br />
Biennale del 1930 con un <strong>di</strong>segno esposto nella Galleria del bianco e nero, una “Figura<br />
d’uomo” (1929-30 ca.) <strong>di</strong> eguale valore artistico, a conferma della giusta convinzione <strong>di</strong><br />
Patocchi nel voler porre su un medesimo livello le arti della pittura, della scultura e della<br />
grafica 47 .<br />
Un <strong>di</strong>pinto riconducibile a questo tipo <strong>di</strong> rappresentazioni è il profeta dell’”Omaggio a Petrini”<br />
del 1935, esposto nel 1971 a Lugano alla mostra Mostra "D'Après", che nell’uso fortemente<br />
chiaroscurato del colore <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> aver ben assimilato la lezione del maestro <strong>di</strong> Carona 48 .<br />
La pittura materica che contrad<strong>di</strong>stingue i numerosi ritratti a partire dagli anni Trenta coniuga<br />
abilmente pastosità cromatica ed espressività pittorica e attesta un uso del colore molto più<br />
libero rispetto alle opere dei primi anni.<br />
Edouard Vallet, Raphy Dallèves, Henry van Muyden e Alexandre Blanchet sono alcuni degli<br />
artisti che influenzarono in qualche modo le scelte iconografiche e compositive <strong>di</strong> Ugo<br />
Zaccheo attorno alla metà degli anni Venti. Di Dallèves in particolare ammirò la sensibilità<br />
nei confronti delle popolazioni montanare e il gusto per i costumi locali, per la realtà del<br />
quoti<strong>di</strong>ano e la <strong>di</strong>mensione psicologica, come ne "L'homme à l'écuelle" (1910), senza tuttavia<br />
cadere nel rigoroso descrittivismo che contrad<strong>di</strong>stingue questo artista. La “Conta<strong>di</strong>na sul<br />
balcone” del 1932 (fig. xx) riprende invece in maniera molto chiara il soggetto <strong>di</strong> origine<br />
segantiniana (”Sur le balcon”, 1892 ) richiamato da Vallet in quella che viene comunemente<br />
riconosciuta come l’opera della svolta dell’artista ginevrino, ovvero “Dimanche matin” (1908-<br />
1909). Per Vallet era stato fondamentale il viaggio in Italia del 1904-1905, con tappe<br />
importanti a Roma e a Chioggia: fu proprio nella città veneta che scoprì quella caratteristica<br />
purezza dei colori che seppe dare nuova luce al suo modo <strong>di</strong> <strong>di</strong>pingere. Chioggia e la sua<br />
laguna <strong>di</strong>vennero infatti meta <strong>di</strong> numerosi pittori fin dalla fine dell’Ottocento, soprattutto<br />
lombar<strong>di</strong> (come Mosè Bianchi, Filippo Carcano, Leonardo Bazzaro), suggestionati dalla<br />
pittoricità dell'ambiente e dei costumi dei suoi abitanti. È lo stesso viaggio che Ugo Zaccheo<br />
intraprese qualche decennio più avanti, con soggiorni frequenti tra gli anni Venti e Trenta e il<br />
risultato si traduce in opere quali i “Vieri” (1925) (fig. xx) o i “Pescatori a Chioggia” (1926)<br />
(fig. xx), dai colori densi e contrastati che si avvicinano a quelli delle vedute chioggiotte <strong>di</strong> un<br />
altro allievo del Tallone: Ermenegildo Agazzi.<br />
L’influenza dei pittori vallesani è notevole anche in un altro settore della produzione <strong>di</strong><br />
Zaccheo: nei <strong>di</strong>pinti <strong>di</strong> ambito religioso si rinnovano l’espressione <strong>di</strong> una pietà popolare e il<br />
sentimento <strong>di</strong> appartenenza alla comunità, evidenziando la soli<strong>di</strong>tà dei legami sociali. Fu<br />
pubblici <strong>di</strong> quella città. Il signor Zaccheo si presenta con un quadro raffigurante "l'alpezziante ticinese".<br />
Complimenti.<br />
46 Opera pubblicata sulla copertina del “Calendario-Prontuario dell'agricoltore ticinese per l'anno 1955, Ed.<br />
L'istituto e<strong>di</strong>toriale ticinese, Lugano-Bellinzona<br />
L’etichetta posta sul retro <strong>di</strong> questo <strong>di</strong>pinto rivela la sua partecipazione alla XVI Biennale <strong>di</strong> Venezia nel 1928. Dal<br />
catalogo della mostra non risulta tuttavia la partecipazione e l’archivio della Biennale conferma che le<br />
partecipazioni <strong>di</strong> Ugo Zaccheo alle Biennali veneziane sono documentate unicamente nel 1926 e 1930. Anche la<br />
sua partecipazione alla prima Quadriennale romana, così come viene in<strong>di</strong>cato sul catalogo della mostra alla<br />
Galleria Poma del 1994, p.18, che la fa risalire al 1928, risulta incerta. In effetti la prima Quadriennale è del 1930<br />
e non vi sono documenti che attestino la presenza <strong>di</strong> Zaccheo a questa mostra.<br />
47 La XVII Biennale <strong>di</strong> Venezia, 1930, p.55<br />
48 "D'Après, omaggi e <strong>di</strong>ssacrazioni nell'arte contemporanea, Rassegna internazionaledelle arti e della cultura”,<br />
Lugano 1971<br />
pp.147-150: "Per omaggio poi s'intende un'opera eseguita imitando i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> un maestro, liberamente (qui un<br />
vecchio Profeta <strong>di</strong> Ugo Zaccheo, omaggio intelligente al Petrini: e sia detto per soggiungere che parecchi artisti<br />
ticinesi erano presenti a Villa Ciani). Quando all'imitazione del linguaggio si aggiunge anche la volontà <strong>di</strong> imitare il<br />
mondo del maestro, i suoi personaggi, il suo modo <strong>di</strong> comporre, si ha la falsificazione (esempio classico, i falsi <strong>di</strong><br />
van Megeren); o in letteratura, il "pastiche", basti citare i noti e mirabili "pastiches" <strong>di</strong> Proust da Flaubert Goncourt<br />
Saint Simon eccetera (…).” Articolo annotato a mano il 5.08.1971 da Felice Filippini, con complimenti e auguri<br />
in<strong>di</strong>rizzati a Ugo Zaccheo.
guardando a opere come “Messe à La Sage” (1900 ca.) <strong>di</strong> Henry Van Muyden o "Procession<br />
de pénitents blancs (1911) <strong>di</strong> Edouard Vallet che lo Zaccheo <strong>di</strong>pinse opere come<br />
“Devozione” (1920 ca.) (fig. xx) ), dove il soggetto religioso viene interiorizzato, o “Messa<br />
grande (Lavertezzo)” (1950 ca.) (fig. xx), in cui si assiste alla resa monumentale del rito,<br />
attraverso la particolarità del punto <strong>di</strong> vista leggermente rialzato, sull’esempio <strong>di</strong> Van<br />
Muyden 49 .<br />
La tavolozza del pittore <strong>di</strong> Rivapiana si schiarisce ulteriormente a partire dagli anni Trenta del<br />
Novecento e si avvia verso una <strong>di</strong>mensione cromatica dominata da tonalità accese. La sua<br />
particolare attenzione agli effetti luministici scaturiva dalla consuetu<strong>di</strong>ne della pittura en plein<br />
air, un metodo che gli era rimasto impresso nella memoria sin dai primi anni, osservando il<br />
metodo <strong>di</strong> lavoro <strong>di</strong> Filippo Franzoni, e riba<strong>di</strong>to a più riprese dal Mentessi a Brera.<br />
Le località maggiormente rappresentate nella pittura <strong>di</strong> Ugo Zaccheo sono Cimalmotto e<br />
Corippo, che <strong>di</strong>vennero paesaggi amatissimi anche da altri numerosi pittori ticinesi e da<br />
alcuni colleghi milanesi, come Luigi Turati e Giovanni Borgonovo. I luoghi più emotivamente<br />
legati alla quoti<strong>di</strong>anità ritornano nel corso degli anni, con pennellate sempre più decise e<br />
sicure nei colori delle <strong>di</strong>verse stagioni. A Cimalmotto in particolare trascorreva lunghi perio<strong>di</strong><br />
durante le vacanze scolastiche in quello châlet che <strong>di</strong>venne il suo secondo atelier; si de<strong>di</strong>cò<br />
quasi esclusivamente alla pittura dal vero, con molteplici vedute d’assieme e con la<br />
descrizione <strong>di</strong> alcuni angoli nascosti, valorizzati da vecchie stalle o torbe abbandonate, ma si<br />
occupò anche della decorazione ad affresco dell’ottocentesca Cappella <strong>di</strong> S. Luigi Gonzaga<br />
(1958) e dell’ornamento decorativo <strong>di</strong> alcuni e<strong>di</strong>fici.<br />
Ritrasse spesso anche la Valle Bavona con il suo paesaggio scabro, l’Alpe <strong>di</strong> Antabbia,<br />
Agarone, Lavertezzo, e poi la sua nativa <strong>Locarno</strong>, Minusio, Brissago, Maga<strong>di</strong>no, Ronco<br />
sopra Ascona e Carmine a Cannobio: sono tutte tappe <strong>di</strong> un percorso affettivo del pittore<br />
attraverso il paesaggio del locarnese e delle sue valli. Vedute frontali si alternano a paesaggi<br />
colti da angolazioni <strong>di</strong>verse, con tagli compositivi che sanno valorizzare le peculiarità<br />
paesaggistiche delle varie località: punti <strong>di</strong> vista da sotto in su mettono in risalto i nuclei<br />
arroccati <strong>di</strong> Cimalmotto (fig. xx), Corippo (fig. xx) o Agarone (fig. xx), mentre vertiginosi<br />
sguar<strong>di</strong> dall’alto si aprono sulle profon<strong>di</strong>tà prospettiche <strong>di</strong> Ronco sopra Ascona (fig xx) o<br />
della chiesetta della “Madonna del Carmine” (1951) (fig xx). Sono opere che si costruiscono<br />
attraverso pennellate energiche e sicure, in un lirismo <strong>di</strong> alchimie cromatiche intrise <strong>di</strong> luce.<br />
Sono paesaggi che attraverso la resa razionale e obbiettiva del dato reale consentono una<br />
pluralità <strong>di</strong> visioni sia d’assieme che <strong>di</strong> dettaglio e permettono <strong>di</strong> cogliere nella veduta<br />
quell’ambiente intimamente sentito dal pittore come luogo <strong>di</strong> appartenenza.<br />
Massimo esponente <strong>di</strong> un certo tipo <strong>di</strong> pittura naturalistica, tipica del Ticino dei primi decenni<br />
del Novecento, Ugo Zaccheo si <strong>di</strong>mostra tuttavia attento anche a realtà iconografiche non<br />
usuali e a temi moderni e contemporanei, come i motivi ferroviari rappresentati dalle barriere<br />
ai passaggi a livello, quelli legati ai cantieri, ai gasometri e alle raffinerie. In questo senso lo<br />
si può certamente ricordare anche come memoria storica <strong>di</strong> alcuni momenti salienti<br />
dell’e<strong>di</strong>lizia pubblica e industriale locale. Lo attestano opere come il “Cantiere della <strong>di</strong>ga della<br />
Verzasca” (1960 ca.) (fig. xx), la “Costruzione del Kinderheim a Minusio” (1926 ca.) (fig. xx), i<br />
“Lavori per il traforo del Gottardo” (1969-1970 ca.) (fig. xx), così come la bella serie dei <strong>di</strong>pinti<br />
sul “Gasometro” <strong>di</strong> <strong>Locarno</strong> (fig. xx) e quella sulla “Raffineria” <strong>di</strong> Collombey nel Canton<br />
Vallese (fig. xx).<br />
Nelle sue opere Zaccheo ha saputo valorizzare anche eventi mondani e artistici: lo si<br />
osserva nei <strong>di</strong>pinti del “Parco dei <strong>di</strong>vertimenti” (1947) (fig. xx), che veniva allestito<br />
annualmente nella zona dell’attuale rotonda locarnese, e artistici, come per “La scultura<br />
(atelier <strong>di</strong> Remo Rossi) del 1956 (fig. xx), in cui vengono illustrati il gesso del “Pegaso” che<br />
49 “Le Musée cantonal des Beaux Arts de Sion 1947-1997”, a cura <strong>di</strong> Pascal Griener e Pascal Rue<strong>di</strong>n, ed. des<br />
Musées cantonaux, Sion 1997, pp.226-227 ; 236-239 ; 248-253.
sarà in seguito collocato sul prospetto orientale <strong>di</strong> Palazzo del Governo e l’Helvetia (1941)<br />
che nel 1956 andrà a decorare il Piazzale della Stazione a Bellinzona per il tanto contestato<br />
“Monumento a Giuseppe Motta” 50 . Un’opera molto significativa, che racconta anche l’amicizia<br />
e l’affetto che lo legava a Remo Rossi, suo figlioccio 51 , il quale attorno agli anni Trenta<br />
realizzò un doppio ritratto <strong>di</strong> Zaccheo (terracotta e bronzo).<br />
Ugo Zaccheo può dunque a giusta ragione venir definito come uno tra i più alti esponenti<br />
della cultura e dell’arte ticinese del Novecento. Cresciuto sulle basi <strong>di</strong> una solida<br />
preparazione accademica che lo ha dapprima avvicinato al Verismo e poi a una visione<br />
postimpressionista, ha saputo costruire in seguito un’arte tutta sua, che lo ha eletto cantore<br />
dei paesaggi più pittoreschi della nostra regione e della loro schiva realtà rusticana, nonché<br />
cronista sincero dell’epoca moderna.<br />
La fitta rete <strong>di</strong> contatti che seppe intrecciare e mantenere nel corso del tempo gli ha<br />
permesso <strong>di</strong> conoscere a fondo e <strong>di</strong> sperimentare la realtà artistico-culturale contemporanea,<br />
pur non <strong>di</strong>staccandosi mai da una percezione <strong>di</strong>retta della realtà ticinese, domestica e intima.<br />
Diana Rizzi<br />
Si ringraziano per la collaborazione<br />
La famiglia dell’artista<br />
I prestatori delle opere<br />
Giulio Foletti (UBC)<br />
Ufficio dei beni culturali, Bellinzona<br />
Archivio <strong>di</strong> stato, Bellinzona<br />
Fondazione La Biennale <strong>di</strong> Venezia<br />
50 Anna Lisa Galizia, Lucia Pedrini-Stanga, Noemi Angehrn, Sculture nello spazio pubblico a Bellinzona, Guida<br />
storico-artistica della Svizzera e<strong>di</strong>ta dalla Società <strong>di</strong> storia dell’arte in Svizzera SSAS, Berna 2009, pp.11-13; 31<br />
51 Cartolina inviata da Bianca e Remo Rossi a Ugo Zaccheo durante le vacanze estive al mare: “25 luglio [?]<br />
Carissimo padrino, che piacere meraviglioso! Remo aveva gran bisogno <strong>di</strong> questa cura e riposo. Poi verremo a<br />
Cimalmotto anche noi. Giancarlo sta abbastanza bene, al nostro ritorno leverà il gesso. Penso Elena e Anna<br />
Angiolina siano al mare. Fa un bel caldo. Affettuosi saluti Bianca e Remo”
Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente, Milano<br />
Quadriennale