Settembre - Ex-Alunni dell'Antonianum
Settembre - Ex-Alunni dell'Antonianum
Settembre - Ex-Alunni dell'Antonianum
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
prova esterna possa facilmente abbandonare il coniuge per contrarre<br />
altra unione con terza persona, unione che non sarebbe<br />
nella realtà che un continuato adulterio.<br />
L'avversità manifestata dalla Chiesa cattolica per il cosidetto<br />
matrimonio civile parte da una questione di giurisdizione e di<br />
forma, manifestatasi in determinati momenti storici di fronte alla<br />
tendenza degli Stati di laicizzare istituti che la Chiesa considera<br />
sacri; ma non toglie che l'insegnamento tradizionale della Chiesa,<br />
partendo dal passo biblico della Genesi, abbia identificato l'essenza<br />
del matrimonio nella unione fra l'uomo e la donna concretato<br />
nella volontà della unità e della Indissolubilità, a prescindere<br />
da una forma determinata.<br />
La forma interviene come garanzia della esistenza di questa<br />
specifica e qualificata volontà: nel matrimonio civile la Chiesa<br />
non ha riscontrato tale garanzia, specie nel contesto storico in<br />
cui il matrimonio così detto civile è sorto come antitesi al matrimonio<br />
cristiano e, in molti ordinamenti, come vincolo dissolubile,<br />
cioè come un non matrimonio; ciò spiega come per il diritto<br />
canonico il preesistente vincolo di matrimonio civile in sé<br />
e per sé non costituisce un vero e proprio impedimento a nuove<br />
nozze con altra persona, bensì una semplice « difficoltà »; quando<br />
non sia ascritto ad impedimento sotto il profilo della « publica<br />
honestas ».<br />
Ma resta pur sempre il dato di fondo secondo cui l'unità e<br />
l'indissolubilità sono, per la Chiesa, elementi essenziali del matrimonio<br />
in genere che solo ricevono nel matrimonio cristiano<br />
« peculiarem firmitatem ratione sacramenti ».<br />
D'altronde quando due battezzati coniugati solo civilmente<br />
vogliano regolarizzare la loro posizione di fronte alla Chiesa, potranno<br />
ricorrere alla così detta « sanatio in radice », senza cioè<br />
una nuova manifestazione di consenso e con l'effetto di essere<br />
considerati dalla Chiesa quali coniugi sin dal momento del vincolo<br />
contratto in forma civile.<br />
Non sono quindi in contraddizione con i propri principi i<br />
cattolici quando, per le ragioni sopra illustrate, sostengono l'indissolubilità<br />
del vincolo con riguardo al matrimonio in genere.<br />
V INDISSOLUBILITÀ CON RIGUARDO AL MATRIMONIO<br />
COSÌ DETTO «CONCORDATARIO»<br />
L'art. 34 del Concordato fra Italia e S. Sede dichiara di riconoscere<br />
al sacramento del matrimonio, disciplinato dal diritto<br />
canonico, gli effetti civili.<br />
Si è detto dai divorzisti che introducendo il divorzio non si<br />
farebbe che modificare tali « effetti civili » e la norma del Concordato<br />
non sarebbe violata.<br />
Ma cosi ragionando si dimentica che in base alla suddetta<br />
norma concordataria non si è pattuito che il matrimonio canonico<br />
si trasformi in matrimonio civile, bensì che il matrimonio canonico<br />
come tale sia operante anche di fronte all'ordinamento civile<br />
(salvi i casi espressamente eccettuati) una volta trascritto.<br />
In altre parole il Concordato più che una attribuzione degli effetti<br />
civili al matrimonio canonico, è nella sostanza riconoscimento<br />
del matrimonio canonico « agli » effetti civili.<br />
Sotto questo aspetto il matrimonio concordatario si diversifica<br />
radicalmente dal matrimonio celebrato davanti ai ministri<br />
dei così detti « culti ammessi », dove in effetti si ha una semplice<br />
sostituzione del ministro del culto all'ufficiale di stato civile.<br />
Ora con l'introduzione del divorzio si verrebbe ad avere un<br />
matrimonio canonico ancora esistente come tale, e viceversa<br />
inoperante di fronte all'ordinamento civile: sostenere che malgrado<br />
ciò il Concordato non verrebbe violato, significherebbe<br />
sostenere che lo Stato avrebbe con l'art. 34 riconosciuto efficacia<br />
al matrimonio canonico come tale, con la riserva tuttavia di...<br />
disconoscerlo in qualsiasi momento attraverso l'introduzione del<br />
divorzio: il che non ha senso.<br />
Si può dire anche di più: la indissolubilità non rappresenta<br />
un semplice « effetto » del matrimonio canonico, bensì un ele-<br />
/12/<br />
mento essenziale dello stesso, come solennemente ed espressamente<br />
dichiara il can. 1013 del C.I.C.; e perciò il riservarsi da<br />
parte dello Stato la facoltà di introdurre agli effetti civili la risolubilità<br />
del vincolo per divorzio avrebbe avuto il significato di<br />
riconoscere l'efficacia civile non di un matrimonio canonico, ma<br />
di qualcosa che con questo non ha a che fare.<br />
La realtà è che l'espressione riconoscimento degli « effetti civili<br />
», di cui all'ari. 34 del Concordato confermato dalla Legge<br />
27-5-1929 n. 810, con la quale lo Stato ha dato esecuzione al<br />
Concordato stesso, presuppone riconoscimento della esistenza<br />
del vincolo da cui tali effetti derivano, con le caratteristiche che<br />
di tale vincolo costituiscono elementi essenziali; perciò mentre<br />
10 Stato può variare nell'ambito dell'ordinamento civile quella<br />
normativa matrimoniale che non tocca il riconoscimento dell'esistenza<br />
del vincolo, non può invece, senza ledere il Concordato,<br />
introdurre variazioni che portino a cancellare II vincolo medesimo.<br />
Insomma col divorzio non tanto si regola diversamente il rapporto,<br />
o se ne modificano gli effetti, ma, nei confronti dell'ordinamento<br />
dello Stato, si elimina addirittura il rapporto; il che<br />
non è ammissibile ai sensi della norma concordataria.<br />
Si ammette del resto dai divorzisti che, una volta introdotto<br />
11 divorzio, l'art. 34 del Concordato non avrebbe più utilità per<br />
la S. Sede in quanto i vantaggi che alla Chiesa derivano dall'impegno<br />
dello Stato contenuto in quell'articolo resterebbero frustrati;<br />
ma questo, per i divorzisti, comporterebbe soltanto un problema<br />
politico, un giudizio cioè di convenienza per la S. Sede<br />
di continuare o meno a fruire di quell'articolo o anche di denunciare<br />
il Concordato, non un problema giuridico.<br />
Il riconoscere che in seguito ali' introduzione del divorzio<br />
l'art. 34 non servirebbe in pratica più a nulla per una delle parti<br />
contraenti conferma invece che la norma non può essere interpretata<br />
nel senso di consentire tale soluzione evidentemente<br />
contraria a buona fede in quanto svuoterebbe l'Accordo del suo<br />
vitale contenuto.<br />
Di fronte alla constatazione secondo cui l'introduzione del<br />
divorzio per il matrimonio concordatario è contrastata dal Concordato,<br />
si protesta dal fronte divorzista che, accettando questa<br />
soluzione, sì finisce col ledere la prerogativa stessa della sovranità<br />
dello Stato; ma l'obiezione non ha il minimo fondamento.<br />
Già di fronte a qualsiasi Trattato internazionale si deve dire<br />
che lo Stato introduce un limite alla sua stessa libertà, che può<br />
tuttavia riacquistare denunciando il Trattato stesso, quando le<br />
regole del diritto internazionale glielo consentano; nel caso particolare<br />
del Concordato, lo Stato deve, prima ancora del diritto<br />
internazionale, rispettare il proprio diritto costituzionale, ossia<br />
la limitazione che esso stesso si è posta all'art. 7 della Costituzione;<br />
e cioè, in difetto di accordo con la S. Sede, far eventualmente<br />
luogo ad una legge in deroga al Concordato adottata<br />
nelle forme delle leggi costituzionali; senza pregiudizio del problema<br />
di diritto internazionale da risolvere secondo le regole<br />
dello stesso.<br />
E se mai occorresse una interpretazipne storica, anzi, per<br />
così dire, autentica, e di fonte non certo sospettabile di parzialità<br />
per la Chiesa, circa la forza dell'ari. 7 della Costituzione,<br />
la si troverebbe nelle parole pronunciate alla Assemblea Costituente<br />
il 17 aprile 1947 da Piero Calamandrei, che così si<br />
espresse rivolto particolarmente ai deputati di orientamento cattolico,<br />
favorevoli ad una enunciazione di indissolubilità del matrimonio<br />
in genere: « La indissolubilità del matrimonio voi l'avete<br />
già garantita con l'approvazione dell'ari. 7, articolo 7 che ha inserito<br />
nella Costituzione i Patti Lateranensi, in cui c'è l'art. 34»:<br />
più chiari di così, nel senso che lo Stato non avrebbe potuto<br />
con la legislazione ordinaria disconoscere, agli effetti del suo<br />
ordinamento, la indissolubilità del matrimonio concordatario,<br />
non si poteva certo essere !