UNA STORIA DI VOLONTARIATO Lo fanno con il cuore; sono professionali: chi li conosce ne è impressionato
Volontari per la comprensione fra le culture CHI SONO I VOLONTARI? I volontari di Intercultura, famiglie, studenti e insegnanti, hanno scelto di dedicare il loro tempo libero alla promozione e al sostegno degli scambi educativi internazionali. I volontari si impegnano a rendere ottimale l’esperienza che il giovane sta facendo: al momento della selezione; durante la preparazione all’incontro con una cultura diversa dalla propria; per tutta la permanenza all’estero; infine con il rientro nella scuola, nella famiglia, nella comunità degli amici. Questa spinta per i giovani ad affrontare la conoscenza del mondo senza soffrire i traumi della lontananza e della solitudine è espressa nella frase programmatica: “Intercultura ti porta lontano, ti resta vicino”. Oggi i volontari sono oltre tremila in Italia e duecentomila all’estero: al mondo è la più vasta rete di volontariato nel campo dell’educazione. Si fa presto a dire “volontariato” (parafrasando un testo di successo di vent’anni fa di Vittorio Zucconi, Mondadori, che parlava dell’“America”). In un modo o nell’altro siamo tutti volontari in un qualche tipo di “attività libera e gratuita svolta per ragioni private e personali che possono essere di solidarietà, di giustizia sociale, di altruismo o di qualche altra natura” (Wikipedia 2010). Il volontariato è uno stato d’animo, una proiezione gratuita di noi stessi nel mondo, verso la vita, con quello che ci regala e quello che ci impone. E se si chiede a un volontario “perché lo fai?” si riceve come risposta prima uno sguardo un po’ sorpreso e poi un “ma perché di sì” e basta. Poi c’è volontariato e volontariato. Quello di Intercultura è insieme esigente, consapevole e preparato: • è esigente perché richiede non solo disponibilità, altruismo e vocazione, indoli personali naturali, ma, per la delicatezza della funzione a cui si applica - la formazione interculturale di giovani e famiglie nel mondo - richiede anche conoscenze, competenze, attenzione a procedure, a forme organizzative, relazionali, legali, diplomatiche e così via che ne costituiscono una componente determinante; l’altruismo gratuito come condizione necessaria, quindi, ma di per sé non sufficiente, e su cui incardinare le competenze tipiche di chi opera in processi complessi di tipo interpersonale e interculturale insieme; • è un volontariato consapevole del progetto complessivo portato avanti da Intercultura intesa come laboratorio di esperienze interculturali che attiva incontri-esperienze tra studenti e famiglie che “cambiano il mondo”, al servizio di una utopia che punta alla pace e al dialogo costruttivo delle culture; è la consapevolezza dei volontari di essere non solo operatori di occasioni di scambio studenti-famiglie, non solo operatori di occasioni di pedagogia interculturale, ma veri e propri “attori culturali locali” nel proporre la interculturalità come chiave per un mondo migliore; • e, infine, è un volontariato (necessariamente) preparato, nel senso che è “formato allo scopo” anche mediante incontri, seminari, dinamiche di gruppo, discussioni, letture e confronti in cui le sfide e i problemi sono condivisi a livello di percezione, di specificazione e di soluzione. Se poi si pensa che queste tre caratterizzazioni si giocano sul piano internazionale con le differenze e le distanze fra nazioni, lingue, tradizioni e culture, si capisce quale sia il terreno di sfida sul quale “giocano” i volontari di Intercultura. Un terreno per sua natura controcorrente rispetto alle tendenze oggi prevalenti e centrato sulla libertà delle persone, sulla riscoperta delle idealità e della capacità-volontà di mettersi al servizio per un mondo migliore, cambiando prima di tutto se stessi. FRANCESCO FAVOTTO Presidente di Intercultura 28 | 29