Le poesie di Ossian

26 TEMOriA.
Dell' occhi-azzurra Ciato : ad esser solo
Fingal comincia 5 oscurità si sparge
Sugli estremi suoi dì : ma pure ha seco
Dfte figli ancor, che splenderanno in guerra;
À rischiarar di sua partenza i passi
Due rai questi esser denno. O sir dei canti
Il garzon ripigliò, poco è, che appresi
A sollevar la lancia , e pochi ancora
Nel campo son della mia spada i segni :
Ma una vampa è '1 mio cor : presso lo scudo
Dell' eccelso Cathmor di Bolga i duci
Vansi accogliendo , e tu veder gli puoi
Su quel poggio colà. Che far degg' io ?
Tornar forse a Fingallo ? oppure all' oste
De' nemici appressarmi ? Ossian , tu '1 sai ;
Nella corsa di Cona altrui non cessi ,
Che ad Oscar tuo.- Che mi rammenti Osearre!
No no , Fillan , non t' appressar paventa
,
Di non cader, anzi che metta i vanni
La fama tua. Noto son io nel canto,
E accorro, allor eh' è duopo: io le raccolte
A vegliar mi starò turbe nemiche.
Ma tu taci d'Oscarre: a rhe risvegli
Il sospiro d' un padre ? infin che '1 nembo
Di guerra non passò , scordarmi io deggio
Del ditetto guerriero: ov' è periglio,
Non ha luogo tristezza , e mal siili' occhio
Di verace guerrier lagrima siede.
Così gli estinti valorosi figli
I nostri padri tra 'i fragor dell'armi
Dimenticar solean , ma poi che pace
Tornava alla lor terra, allor tristezza,
Allor dei vati il doloroso canto
Circondava le tombe. Era Conarte
A Tritalo fratti, primo fra i duci.
Portava di sua spada i monumenti