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Il suicidio della Destra - Tomaso Staiti di Cuddia delle Chiuse

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Ragazze, osterie, libri mal capiti ma letti, famiglie preoccupate, spesso politicamente <strong>di</strong>vise, come<br />

quella <strong>di</strong> Mario Gionfrida, “il Gatto” che ci aveva rimesso un braccio nell’assalto con bomba carta a<br />

via Botteghe Oscure e la cui sorella era una decorata <strong>della</strong> Resistenza.<br />

Mescolanze <strong>di</strong> ceti: borghesi, piccolo borghesi, proletari, aristocratici, lavoratori e nulla facenti.<br />

E soprattutto scuole. Di ogni or<strong>di</strong>ne e grado.<br />

Giovani e ancora giovani, giovani reduci reintrodotti in una vita che non poteva essere, non<br />

volevamo che fosse, normale.<br />

A Milano a mezzanotte frequentatori dei capannelli che, in piazza del Duomo, <strong>di</strong>scutevano <strong>di</strong><br />

politica. Comizi improvvisati con <strong>di</strong>battiti al caldo o al freddo con gli “agit prop”. Urla, spintoni,<br />

sberle e cazzotti.<br />

Poi allo “Scoffone”, nostra osteria accanto a via Torino, a trovare con un bicchiere <strong>di</strong> vino scadente<br />

se<strong>di</strong>centi collaboratoristi <strong>di</strong> Vichy e improbabili seguaci <strong>di</strong> Codreanu.<br />

Ma anche locali alla moda dove imperavano gaudenti signorotti usciti dalle traversie <strong>della</strong> guerra,<br />

come Bubi Matalon, ebreo e fascista <strong>di</strong>chiarato, e compiacenti ragazze pronte, anni dopo, ad aprire<br />

affollati e rinomati salotti romani.<br />

Primi comizi. Sudore e entusiasmo. Culto dell’essere in minoranza. Attesa prudente e impaziente<br />

dell’ora <strong>delle</strong> botte.<br />

I comunisti li o<strong>di</strong>avamo. Con amore. Botte e rispetto. Portavano, incoscienti come noi, una “visione<br />

del mondo”.<br />

“Viva il Duce e il resto merda”. Lo <strong>di</strong>fendevamo anche se, a taluni tra noi, non piacevano le pose<br />

ieratiche, le mani sui fianchi, il 25 luglio subìto come un qualsiasi Presidente del Consiglio, la fuga<br />

col cappotto tedesco lungo il budello del lago <strong>di</strong> Como.<br />

In realtà, del fascismo come regime potevamo buttare molto, forse quasi tutto. L’impero<br />

riven<strong>di</strong>cato, gli orbace dei gerarchi impettiti, le adunate oceaniche, l’arroganza del potere, i tributi a<br />

un re antifascista.<br />

Eravamo fuori e dentro il tempo, occupavamo la realtà con le nostre convenienze.<br />

Gli americani? Invasori e non liberatori.<br />

La democrazia? Un inganno.<br />

La guerra? L’avevamo persa (male) e non vinta.<br />

La Resistenza? Epopea finta, costruita.<br />

Polizia e carabinieri? Servitori <strong>di</strong> uno Stato che non era nostro.<br />

Solo quarant’anni dopo avremmo scoperto che, al contrario, molti, troppi, anche a livello elevato,<br />

avevano amoreggiato con poliziotti, carabinieri, servizi più o meno segreti e mai deviati, per<br />

<strong>di</strong>fendere lo Stato dei partiti, l’occidente del consumismo materialistico contro la presunta minaccia<br />

dei cosacchi a San Pietro.<br />

<strong>Il</strong> mal sottile del “golpe”. Dei militari al potere. Del governo autoritario. Di quello che Adriano<br />

Romual<strong>di</strong> chiamava “paternalismo il cui fine è quello <strong>di</strong> mandare a letto presto i giovani onde<br />

evitare che facciano politica”. Della conservazione cattolica, apostolica e romana. Delle trame<br />

NATO pre<strong>di</strong>sposte nella basi USA in Italia.<br />

Romual<strong>di</strong> e Nicolai, pur così <strong>di</strong>versi, non credevano a queste cose. Rauti <strong>di</strong>ceva <strong>di</strong> non crederci ma,<br />

sotto sotto, agiva (doveva agire, come avremmo scoperto dopo) per esse.<br />

Quanto ad Almirante oramai non era più il “profeta macilento” (definizione <strong>di</strong> Alfredo Cucco) ma,<br />

dopo l’incontro con la Straman<strong>di</strong>noli (in arte “Donna Assunta”) era <strong>di</strong>venuto un damerino azzimato,<br />

profumato e benestante.<br />

Ma noi, nonostante tutto, credevamo ancora <strong>di</strong> essere <strong>di</strong>versi.<br />

Se, per un miracolo andassimo al potere, ci <strong>di</strong>cevamo, faremmo ben vedere a tutti <strong>di</strong> che altra pasta<br />

siamo fatti.<br />

L’esempio conta più <strong>di</strong> mille <strong>di</strong>scorsi. Potremmo essere ministri e assessori senza rubare, senza<br />

<strong>di</strong>ventare arroganti, saremmo i degni rappresentanti <strong>di</strong> quell’Italia umile e <strong>di</strong>gnitosa che amiamo.<br />

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