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Che gli antichi vivessero "a contatto" del cielo stellato molto di più di quanto lo si faccia oggi è un<br />
fatto evidente. Le scarse e deboli sorgenti di illuminazione notturna li mettevano, nelle notti serene,<br />
al cospetto del grandioso mistero della volta celeste. E, non volendo ammettere che le stelle fossero<br />
distribuite a caso, videro nella disposizione e nel moto delle stelle altrettanti "segni" carichi di<br />
significato per i destini umani. A poco a poco gli dèi si spostarono dai boschi alle cime dei monti, e<br />
fino in cielo, da dove potevano esercitare con maggiore forza le loro "influenze".<br />
Ma furono anche esigenze pratiche, prima di tutto legate all'agricoltura e alla navigazione, che<br />
portarono a individuare con precisione i "momenti propizi" (per seminare, salpare, pescare,<br />
vendemmiare, ecc.) e quindi a scandire e misurare il tempo, stabilendo esattamente la durata dei<br />
cicli che si osservavano nel cielo e quindi sulla Terra: il giorno, il mese, l'anno e le sue stagioni.<br />
Tralasciamo le importanti acquisizioni dell'astronomia babilonese, egizia e dell'astronomia<br />
orientale, indiana e cinese e torniamo invece alla civiltà greca, ritrovando i "personaggi" di cui<br />
abbiamo parlato in precedenza, dato che l' "amore per il sapere" aveva come oggetto anche per i<br />
greci soprattutto la comprensione del mistero dell'universo.<br />
In primo luogo bisogna effettuare una distinzione, quella tra physis e kosmos. La physis è la<br />
"natura" nella sua molteplicità, vitalità spontanea, nella sua capacità di crescere e svilupparsi, nella<br />
sua caducità e mortalità; il kosmos è "ordine", proporzione, simmetria, stabilità, ed è ciò che è<br />
immutabile e immortale. Per questo l'astronomo greco viene chiamato mathematikos e l'astronomia<br />
è una branca della matematica.<br />
I primi grandi risultati dell'osservazione astronomica appartengono comunque alla scuola ionica. Si<br />
dice, sebbene sembra che non sia vero, che Talete stupì i suoi concittadini prevedendo l'eclissi di<br />
Sole che ebbe luogo nel 585 a.C. e che perciò divenne famoso come uno dei "sette savi". Ma la sua<br />
visione cosmologica si basa su una distinzione assoluta tra alto e basso, per cui la Terra ha bisogno<br />
di un supporto che la sostenga e, nella parte abitata, è sostanzialmente piatta. Anche Anassimandro<br />
immagina le terre abitate come la base superiore di un cilindro la cui altezza non supera un terzo<br />
della larghezza. Singolare è la sua concezione delle stelle: esse non sarebbero altro che fori praticati<br />
nel cerchione interno di grandi ruote, piene di fuoco, che ruotano costantemente intorno alla Terra.<br />
I pitagorici, impressionati dalla straordinaria regolarità dei moti celesti, indagarono sui rapporti<br />
numerici tra periodi e distanze, cercando correlazioni con gli accordi musicali (da loro nasce l'idea<br />
dell'armonia dell'universo). Una delle loro maggiori preoccupazioni era quella del Grande Anno,<br />
ossia del periodo di tempo minimo necessario affinché l'intero insieme di astri osservabili<br />
raggiungesse esattamente la stessa configurazione (ricordiamoci di 2001 Odissea nello spazio).<br />
Comunque sia, il grande contributo dei pitagorici sta nell'aver teorizzato la perfezione della sfera<br />
come forma tipica degli astri e quindi anche della Terra, sospesa al centro dell'universo (senza<br />
quindi più alcuna distinzione assoluta tra alto e basso), e del moto circolare, come movimento<br />
principale dei corpi della volta celeste.<br />
Il moto circolare<br />
La scuola platonica, e in particolare Eudosso di Cnido (391-338 a.C.), diedero all'universo classico<br />
la sua forma definitiva. Il problema era quello di ricondurre a moti circolari, perfettamente regolari,<br />
i moti "apparenti" osservati nel cielo. A questo scopo Eudosso costruì il suo universo fatto di sfere<br />
rotanti concentriche, le sfere celesti. La sfera delle stelle fisse racchiude l'intero universo e la durata<br />
della sua rotazione, la più regolare, è la durata del giorno siderale. Il Sole, la Luna e i pianeti, detti<br />
astri erranti, compiono però movimenti molto più complicati e allora, per Eudosso, il problema<br />
diventa quello di trovare quali e quante sfere celesti rotanti - e con quale collegamento tra di loro -<br />
si debbano ipotizzare per spiegare ciò che si osserva.<br />
Aristotele riprende la concezione dei platonisti e mantiene la distinzione tra cielo e Terra. Il moto<br />
circolare è proprietà "naturale" dei corpi celesti (e della quintessenza, l'etere) in quanto distinti dai<br />
corpi terrestri, composti dai quattro elementi, che si muovono di moto naturale rettilineo. La<br />
differenze "tecniche" con Eudosso stanno nel numero delle sfere celesti - che divengono ben 55 - e<br />
nell'assunzione che ciascuna abbia in sé il proprio motore.<br />
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