Ghermita al cuore - Sardegna Cultura
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Scrittori di <strong>Sardegna</strong><br />
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un doveroso ringraziamento <strong>al</strong>l’Associazione<br />
Eredi Pietro Casu e <strong>al</strong> suo instancabile Presidente,<br />
Bastianina C<strong>al</strong>via, per il costante sostegno<br />
e la preziosa collaborazione.<br />
Stampa: Lito Terrazzi, Firenze, novembre 2003<br />
Riedizione dell’opera:<br />
<strong>Ghermita</strong> <strong>al</strong> core, Milano, Editrice Amatrix, s.d. [1926 2 ]<br />
Periodico settiman<strong>al</strong>e n. 22<br />
del 31-12-2003<br />
Direttore responsabile: Giovanna Fois<br />
Reg. Trib. di Nuoro n. 1 del 16-05-2003<br />
© Copyright 2003<br />
Ilisso Edizioni - Nuoro<br />
www.ilisso.it - e-mail ilisso@ilisso.it<br />
ISBN 88-87825-83-1<br />
Pietro Casu<br />
GHERMITA AL CORE<br />
nota introduttiva di Susanna Paulis
NOTA INTRODUTTIVA<br />
Il canonico Pietro Casu (Berchidda 1878-1954) ebbe<br />
larga fama in <strong>Sardegna</strong> come predicatore e poeta in limba,<br />
come traduttore in logudorese della Divina Commedia di<br />
Dante e come autore di un poderoso vocabolario sardo logudorese-it<strong>al</strong>iano,<br />
il cui manoscritto è stato recentemente edito.<br />
Egli ci ha lasciato, però, anche una ricca produzione in lingua<br />
it<strong>al</strong>iana, costituita da dieci romanzi e cinque raccolte<br />
di novelle. Le gerarchie ecclesiastiche non incoraggiarono<br />
questo suo impegno letterario e, in particolare, a <strong>Ghermita</strong><br />
<strong>al</strong> core, pur preferito ai romanzi della Deledda, criticati<br />
per il loro “freddo natur<strong>al</strong>ismo”, fu rimproverato soprattutto<br />
l’indugio nelle descrizioni del sentimento amoroso.<br />
Inizi<strong>al</strong>mente pensato come novella e poi divenuto romanzo,<br />
<strong>Ghermita</strong> <strong>al</strong> core fu scritto in soli quarantacinque<br />
giorni. Il primo conflitto mondi<strong>al</strong>e ne impedì la pubblicazione<br />
sollecita. Uscito nel 1920 per i tipi della Buffetti (con<br />
differenze minime l’opera fu riproposta nel 1926 d<strong>al</strong>l’Amatrix<br />
di Milano), il romanzo recava sul frontespizio una frase<br />
di Tolstoi, tratta da Anna Karenina: «… è questo lo scopo<br />
della civiltà: fare di tutto un godimento. / – Ebbene, se t<strong>al</strong>e è<br />
lo scopo della civiltà, vorrei essere un selvaggio». A ben vedere,<br />
questa citazione – come osservò in un suo scritto lo stesso<br />
Casu – riassume la tesi fondante dell’intera narrazione.<br />
Ambientata in G<strong>al</strong>lura, la vicenda descritta abbraccia,<br />
a partire dagli inizi del Novecento, l’arco tempor<strong>al</strong>e di un<br />
ventennio e si apre con l’immagine di Giromìnu, figlio del<br />
pastore Pasc<strong>al</strong>i Luna, che spara contro un aeroplano che sorvolava<br />
a bassa quota il suo stazzo. Ignorando infatti che cosa<br />
fosse un aereo, la famiglia Luna e i pastori che lo videro<br />
comparire sull’<strong>al</strong>topiano si sentirono minacciati, credendo si<br />
trattasse di un’aquila, o, peggio, di un mostro <strong>al</strong>ato.<br />
5
Alla guida del velivolo schiantatosi a terra in conseguenza<br />
dello sparo si trovava il sergente Silvio Ròndani, che, ferito,<br />
fu accolto in casa dei Luna. Lo assisté fino <strong>al</strong>la guarigione<br />
in speci<strong>al</strong> modo Spiranza, la maggiore delle figlie di Pasc<strong>al</strong>i,<br />
la qu<strong>al</strong>e s’innamorò di lui e ne fu ricambiata. Il rapporto fra<br />
Silvio e Spiranza rappresenta, in re<strong>al</strong>tà, la di<strong>al</strong>ettica fra due<br />
mondi profondamente diversi: una cultura arcaica e austera,<br />
quella g<strong>al</strong>lurese, che aveva qu<strong>al</strong>i supremi v<strong>al</strong>ori l’onestà e la<br />
fedeltà <strong>al</strong>l’istituto familiare, e la “civiltà” continent<strong>al</strong>e incline<br />
<strong>al</strong>l’edonismo, d<strong>al</strong>la qu<strong>al</strong>e Silvio proveniva.<br />
Rimasta incinta, Spiranza, condannata d<strong>al</strong> comune<br />
sentire della società g<strong>al</strong>lurese, che considerava la “peccatrice<br />
d’amore” <strong>al</strong>la stregua di una reietta, verrà ripudiata d<strong>al</strong> padre.<br />
Da questo momento la protagonista condurrà il proprio<br />
percorso esistenzi<strong>al</strong>e sulla via della penitenza e, in chiusura<br />
di romanzo, la notizia nefasta della morte del figlio Diadoru,<br />
ormai ventenne, le giungerà come l’ultimo colpo inflittole<br />
d<strong>al</strong>la thémis divina ad espiazione dell’antico peccato commesso.<br />
Il fin<strong>al</strong>e catartico di questa tragedia umana coincide<br />
con la morte della stessa Spiranza, ormai purificata da anni<br />
di continua sofferenza vissuti con cristiana rassegnazione.<br />
<strong>Ghermita</strong> <strong>al</strong> core costituisce fondament<strong>al</strong>mente un romanzo<br />
d’impegno mor<strong>al</strong>e, volto a puntu<strong>al</strong>izzare la posizione<br />
di Pietro Casu nei confronti del progresso. Nel sistema<br />
simbolico sotteso <strong>al</strong>la narrazione, l’aereo rappresenta l’emblema<br />
del progresso e della civiltà vissuti esclusivamente <strong>al</strong>l’insegna<br />
del godimento; quindi, il gesto di Giromìnu che<br />
spara contro l’aereo si configura quasi come un’istintiva difesa<br />
del proprio sistema di v<strong>al</strong>ori.<br />
Aperto <strong>al</strong>la modernità, Pietro Casu sostenne la necessità<br />
per l’isola di porsi <strong>al</strong> passo con i tempi. In questa prospettiva,<br />
del mondo tradizion<strong>al</strong>e si sarebbero dovuti abbandonare gli<br />
atteggiamenti superstiziosi, che caratterizzano la ment<strong>al</strong>ità e<br />
il comportamento di molti personaggi del romanzo. Essi, infatti,<br />
sono costantemente ass<strong>al</strong>iti d<strong>al</strong> timore del “m<strong>al</strong>augurio”,<br />
e l’intera vicenda è vissuta d<strong>al</strong>la protagonista quasi come<br />
l’avverarsi di un’antica predizione – «veglierai cent’anni»<br />
6<br />
– fatt<strong>al</strong>e d<strong>al</strong>la fattucchiera della v<strong>al</strong>le. L’innovazione, però,<br />
si sarebbe dovuta affermare con mod<strong>al</strong>ità t<strong>al</strong>i da non minare<br />
l’integrità mor<strong>al</strong>e del popolo sardo. Pertanto, già nel suo nome<br />
(nomen, omen), il personaggio di Spiranza rappresenta<br />
l’auspicio della conquista per la <strong>Sardegna</strong> di un giusto equilibrio<br />
fra vecchio e nuovo, fra tradizione e modernità.<br />
All’accurata introspezione psicologica, capace di avvincere<br />
il lettore predisponendolo ad un atteggiamento di empatia<br />
nei confronti del dramma esistenzi<strong>al</strong>e della protagonista, si<br />
accompagna la sapiente descrizione dei quadri d’ambiente.<br />
Il mondo tradizion<strong>al</strong>e emerge a tratti d<strong>al</strong>la rappresentazione,<br />
condotta con precisione quasi etnografica, di usi e costumi<br />
loc<strong>al</strong>i con riferimento ad attività tipiche dell’economia<br />
pastor<strong>al</strong>e, a oggetti della cultura materi<strong>al</strong>e e a tradizioni popolari,<br />
come quella nuzi<strong>al</strong>e, tipicamente g<strong>al</strong>lurese, della<br />
“corsa <strong>al</strong>la rocca”. Anche sul piano linguistico, soprattutto in<br />
<strong>al</strong>cune parti di<strong>al</strong>ogate, lo scrittore restituisce un’eco di t<strong>al</strong>e<br />
re<strong>al</strong>tà cultur<strong>al</strong>e, oggi quasi completamente scomparsa, ricreando,<br />
sia pure in veste it<strong>al</strong>iana, i modi della parlata popolare<br />
sarda, anche per mezzo di materi<strong>al</strong>i lessic<strong>al</strong>i raccolti<br />
nel suo vocabolario.<br />
<strong>Ghermita</strong> <strong>al</strong> core è innanzitutto la storia di un’anima<br />
che coinvolge e commuove il lettore di oggi, come quello di<br />
ieri. Sullo sfondo di un quadro che rappresenta strutture soci<strong>al</strong>i<br />
e sistemi di v<strong>al</strong>ori ormai lontani, il romanzo descrive<br />
speranze e sentimenti intramontabili e sempre attu<strong>al</strong>i, in<br />
quanto univers<strong>al</strong>mente umani.<br />
7<br />
Susanna Paulis
PARTE PRIMA
La fattoria del monte, un casone mezzo rustico a un<br />
piano attorniato da varie <strong>al</strong>tre capanne, tra orti, chiusi e lecceti,<br />
s’era destata da poco <strong>al</strong> festoso affaccendio del mattino.<br />
I pastori erano intenti <strong>al</strong>la mungitura, e tutto l’<strong>al</strong>tipiano<br />
selvoso e roccioso era vivo di canti, di tintìnni, di gridi.<br />
Zio Pasc<strong>al</strong>i Luna, il vecchio, mungeva le vacche, dentro <strong>al</strong>la<br />
gran mandra murata: il figlio maggiore, Girominu, le capre,<br />
dentro il recinto d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>ta siepe di rami forcuti infissi<br />
nel suolo: M<strong>al</strong>cu, il minore, le pecore stipate dentro un addiaccio<br />
limitato da fascine di cisto. I servi legavano e slegavano<br />
i lattonzoli, che si lamentavano con mugli pietosi quando<br />
venivan strappati violentemente d<strong>al</strong>le poppe materne e gorgogliavano<br />
appagati quando potevano abbandonarsi scodinzolando,<br />
a succhiar gli avanzi del latte, che le dita adunche<br />
del padrone non avevano potuto spremere.<br />
Spiranza e Filumena, due delicate bellezze in fiore, prendevano<br />
i secchi di lamiera, di legno, di sughero, ricolmi di<br />
latte, d<strong>al</strong>le mani del padre e dei fratelli, e li porgevano <strong>al</strong>la<br />
mamma, zia Francisca Ciudeddhu, che le attendeva sulla<br />
soglia della capanna del cacio, o li votavano esse stesse nei<br />
paioli capaci, collocati su cèrcini di fronde.<br />
La poesia del maggio si diffondeva sulle frasche occhiute<br />
di corolle, tra i nodi di granito, sui v<strong>al</strong>loncelli, sui poggi,<br />
deliziando persone e cose, svanendo in dolce armonia di luci<br />
e di voci verso la cima del Limbara che si ergeva nel cielo<br />
di cob<strong>al</strong>to.<br />
Ed ecco un avviso d’<strong>al</strong>larme giunge inaspettato d<strong>al</strong> pollaio.<br />
Un bruscolo nero macchia improvviso la purezza della<br />
distesa op<strong>al</strong>ina: un bruscolo vagante, che si libra in direzione<br />
della vetta e le s’aggira d’intorno, e scende e s<strong>al</strong>e senza<br />
costanza, come menato da possa capricciosa.<br />
Uno dei pastori l’ha scorto, l’ha accennato con clamore di<br />
maraviglia:<br />
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– Zio Pascà, guardate in <strong>al</strong>to! Anche le aquile trincano,<br />
ora, che Dio ci s<strong>al</strong>vi! È certo un aquilastro ubbriaco! Se ci<br />
viene a tiro! Oh! ohe!<br />
Spiranza trillò come c<strong>al</strong>andra sfuggita <strong>al</strong>l’insidia, battendo<br />
le mani infantilmente. Sul viso serafico di Filumena<br />
passò una lieve nube di p<strong>al</strong>lore. – Vergine Maria! – mormorò<br />
zia Francisca, guardando paurosamente il pollaio.<br />
Zio Pasc<strong>al</strong>i, crollando le sp<strong>al</strong>le, si ricurvò sotto le turgide<br />
poppe di Stelladiana, la vacca rossigna, e continuò la<br />
faccenda. I figli e i servi, a una sua voce, si rimisero m<strong>al</strong> volentieri<br />
<strong>al</strong>l’opera. Per poco non s’udì <strong>al</strong>tro che lo sfrusciare<br />
dei zampilli di latte dentro i secchi, e qu<strong>al</strong>che mugghio o<br />
belato, qu<strong>al</strong>che dindondio di campani.<br />
Ma dopo qu<strong>al</strong>che istante l’aria fu solcata da un rombo,<br />
e tutto uno scompiglio febbrile turbò la c<strong>al</strong>ma del cascin<strong>al</strong>e.<br />
I cav<strong>al</strong>li bradi, le criniere <strong>al</strong> vento, annitrirono nella fuga<br />
precipitosa; le vacche e i bovi mugghiarono cupamente,<br />
agitandosi nella chiusa; le capre si buttarono a corpo morto,<br />
urtandosi <strong>al</strong>la cieca, sui rami della siepe; le pecore si fogarono<br />
contro le fascine, scotendo in disperato arruffio i<br />
sonagli; i mastini s’aizzarono a gara con rabbiosa canizza; il<br />
pollame fu disperso da un vento di follia.<br />
I cristiani, che sulle prime avevano cercato di dominar la<br />
confusione con gridi e gestacci e granfiate, sentendo ognora<br />
incupire la romba, che propagava contagiosamente il terrore,<br />
guardarono il mostro che a vista d’occhio s’ingigantiva,<br />
varcaron muri e frascati senza vedere, colti da timor panico,<br />
e si ricoverarono a passi precipitati nella capanna più vicina.<br />
Spiranza più non trillava; Filumena si acchiocciolava nel<br />
canto più scuro; e la vecchia scongiurava la tentazione con<br />
segni di croce. Anche i cuori maschili davano rulli violenti.<br />
Il mostro immane pareva si trastullasse di quello scombussolio<br />
e quanto più lo smarrimento cresceva, tanto più<br />
s’accaniva il suo tremito sordo, il suo ansimo bramoso, la<br />
sua minaccia bieca. Sicché in breve tutto l’<strong>al</strong>tipiano divenne<br />
il più strano formicolìo d’esseri in pena: vacche mungane,<br />
cav<strong>al</strong>li, pecore, capre, porci – attirati, respinti, sbatacchiati,<br />
avvolti da un turbine, – riempivan l’aria d’una scapigliata<br />
implorazione.<br />
12<br />
– Babbo! – piagnucolava la figlia minore d<strong>al</strong>la sua cuccia.<br />
La vecchia, che s’era messa a sbisoriare dondolandosi<br />
seduta sullo scannello di fèrula, interrompeva l’attonita preghiera.<br />
– Figlia mia! – biascicava. Anche il vecchio imprecava<br />
a denti stretti.<br />
– Babbo! babbo!<br />
– Zitta là, lucertola senza sangue! – impose p<strong>al</strong>lida Spiranza.<br />
Poi si sentì rivoltare a causa della pusillanimità dei<br />
fratelli, che ascoltavano ancora <strong>al</strong>libiti. – Già! veramente ha<br />
ragione! Vedete che razza di p<strong>al</strong>adini abbiamo! Ih! Femminucce<br />
in c<strong>al</strong>zoni!<br />
Girominu si sentì fustigato d<strong>al</strong>l’invettiva. B<strong>al</strong>zò verso<br />
la parete, strappò d<strong>al</strong> cavicchio il fucile del capo pastore.<br />
– Vediamo! – ruggì.<br />
– Santa Maria, che vuoi fare? – implorò la madre a mani<br />
giunte. E Mena abbandonò d’un s<strong>al</strong>to il suo covo per<br />
aggrapparsi <strong>al</strong>le f<strong>al</strong>de della giacca paterna. – Gesù! Gesummaria!<br />
– Va! – gridò imperiosamente Spiranza. – Se non hai<br />
coraggio, dà qui! –. E si slanciò per strappargli lo schioppo.<br />
Il giovane avvampò, passò la soglia a volo e non udì<br />
neppure la raccomandazione di zio Pasc<strong>al</strong>i: – Ragazzo, non<br />
perder la testa!<br />
Eh sì! c’era proprio da perderla affatto, invece. Il volatile<br />
misterioso s’era ingrandito a dismisura, frullava più rovinoso,<br />
rombava più cupo: pareva si beffasse spav<strong>al</strong>damente<br />
di quei cuccioli rintanati. Protendeva le sue smisurate <strong>al</strong>acce,<br />
annaspava, con certi artigli coruscanti, ruttava tutto il<br />
fiato del suo corpaccio, correva più del vento. Non era certo<br />
cosa natur<strong>al</strong>e! Il diavolo in persona s’era cacciato in quella<br />
massa spaventosa per atterrir la contrada. E come l’atterriva!<br />
Da ogni fil d’erba pareva uscisse un gemito: ogni voce<br />
era un lamento. Precipitava l’ora del giudizio!<br />
– Babbo! babbo mio! – s’udiva ancora d<strong>al</strong>la capanna,<br />
con eco d’<strong>al</strong>tri pianti.<br />
Girominu si sentì ebbro, volle colpire il mostro nel core.<br />
La coppiola rintronò nella vastità tumultuante, esasperò<br />
la cagnara. Parve che il mostro fosse ferito, perché trab<strong>al</strong>lò<br />
un attimo, sussultò, tacque. Ma tosto novella possa l’animò,<br />
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lo trasse sicuro nell’ardito volo. Fremette vittorioso. Frufrufrù…<br />
Tratrà!<br />
Il pastore si sentì sfidato, e scaricò l’arma un’<strong>al</strong>tra volta,<br />
rabbiosamente. Bum! Bum!<br />
Allora una voce umana s’udì fioca di mezzo a quell’annaspio,<br />
e a mano a mano che la diavoleria c<strong>al</strong>ava c<strong>al</strong>ava, diveniva<br />
grido, lamento.<br />
Il tiratore arretrò davanti <strong>al</strong>l’incanto infern<strong>al</strong>e, si s<strong>al</strong>vò<br />
nel tugurio, urtando <strong>al</strong>la cieca la sorella, che l’aveva aizzato<br />
d<strong>al</strong>la porta e fuggiva anch’essa <strong>al</strong>la cieca.<br />
In tutti quei rustici dominò il terrore: tutti i corpi s’aggrovigliarono<br />
in un grappolo p<strong>al</strong>pitante.<br />
Si udì uno sfascio a pochi passi d<strong>al</strong>la capanna; un gemito:<br />
e poi fu silenzio; silenzio di m<strong>al</strong>ia o di morte. Soltanto i<br />
cuori eran vivi, nel p<strong>al</strong>pito di patimento.<br />
I cani squittirono come se braccheggiassero il cign<strong>al</strong>e.<br />
Poi l’abbaiata inviperì ancora, come se la fiera si rivoltasse e<br />
i mastini non osassero azzannarla.<br />
Il primo che si strappò d<strong>al</strong> gruppo fu ziu Pasc<strong>al</strong>i, il qu<strong>al</strong>e<br />
si scosse tutto, quasi volesse liberarsi da una fiamma che gli<br />
si fosse appresa a tradimento, e tentennante s’affacciò sulla<br />
soglia tutto un’ansia viva.<br />
– Pasc<strong>al</strong>i! Pasc<strong>al</strong>i! – pregava la moglie, sollevando la corona<br />
con mani tremebonde. La figlia minore sbarrava sempre<br />
più gli occhi folli, nel pianto.<br />
– L’hai ammazzato, diavolo! – ruggì il vecchio sfolgorando<br />
negli occhi verso Girominu. E a gran s<strong>al</strong>ti, spronato<br />
d<strong>al</strong>l’incertezza, passò la porta, s’avviò correndo verso le<br />
mandre.<br />
– Uhi, figlio mio: la casa ci hai diroccato! – gemette zia<br />
Francisca, dandosi un violento pugno <strong>al</strong> seno. E abbrancò<br />
ancor più forte il braccio del primogenito.<br />
Costui diede una stratta e si liberò. A gran passi si precipitò<br />
dietro <strong>al</strong> fratello e ai servi per raggiungere il padre,<br />
sordo <strong>al</strong>le suppliche delle donne.<br />
Il povero vecchio s’affannava intorno a un m<strong>al</strong>edetto ordigno<br />
d’assi e di ferri, per districare da punte e da morse il<br />
vestito d’un infelice cristiano, che vi giaceva in mezzo moribondo.<br />
Si rivolgeva verso la fattoria, chiamava con la voce e<br />
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col gesto disperatamente: – Non è vivo nessuno, dunque?<br />
Oh! Presto! Correte! –. Poi, accorgendosi che Girominu gli<br />
stava accanto: – M<strong>al</strong>avventurato! – gridava. – Fuggi nel bosco!<br />
Hai assicurato la tua sorte! Ci hai preparato un convito!<br />
–. E continuava tremando l’opera santa.<br />
Con l’aiuto dei suoi poté deporre sull’erba il corpo del<br />
ferito e apprestargli cure più proficue. Il sangue gemeva ancora<br />
d<strong>al</strong>la mano e d<strong>al</strong>la fronte, e cadeva sulla veste militare.<br />
Il bel viso del soldato, rigato da rivoli purpurei, era velato<br />
d’un p<strong>al</strong>lore mort<strong>al</strong>e; gli occhi cerulei semichiusi vagavano<br />
senza espressione in un vuoto voraginoso; la bocca aveva<br />
delle contrazioni di ribrezzo, come se rifiutasse l’amarezza<br />
del sangue che vi era penetrato, ed emetteva di quando in<br />
quando un soffio doloroso.<br />
I pastori, davanti <strong>al</strong>la sventura, s’accasciarono. Ziu Pasc<strong>al</strong>i<br />
sbacchiò il cappello a terra, si scompigliò i capelli<br />
bianchi. – Siamo rovinati! – muggì. – Rovinati! uh!<br />
Anche le donne, pungolate d<strong>al</strong> terrore e attirate d<strong>al</strong> pericolo<br />
s’erano precipitate sul teatro della sciagura, e osservavano<br />
il caduto con occhi str<strong>al</strong>unati: pareva che il penoso<br />
stupore avesse loro suggellato le lacrime.<br />
– Povero cristiano! povero cristiano! – mormorava la<br />
vecchia, facendosi segni di croce.<br />
– È morto? mamma, è morto? – chiedeva Mena. Spiranza<br />
continuava la contemplazione muta.<br />
Il gemito del ferito ridestò ziu Pasc<strong>al</strong>i d<strong>al</strong>la cupa astrazione.<br />
– Siamo dunque tutti ammattiti? – esclamò egli, tentennando<br />
il capo. – È questo il modo di riparare <strong>al</strong>la m<strong>al</strong>a<br />
ventura? Così morrà come un cane! Apprestate dunque un<br />
letto, voi: correte!<br />
E mentre le figlie e la moglie s’affrettavano verso la fattoria,<br />
fe’ cenno brusco a M<strong>al</strong>cu e ai servi d’aiutarlo a collocare<br />
il caduto sopra una sc<strong>al</strong>a a pioli.<br />
Poco dopo la rustica lettiga passò tra le mandre vòte e<br />
silenziose, accompagnata da qu<strong>al</strong>che urlo di cane ostinato,<br />
da qu<strong>al</strong>che zirlo disperso, da qu<strong>al</strong>che sospiro cavernoso.<br />
In lontananza perdurava ancora la trepidazione confusa<br />
dei mugghi, dei belati, dei tintinni.<br />
Nel cielo di perla il sole mite di maggio sfolgorava.<br />
15
Il sergente aviatore Silvio Ròndani, era partito <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>ba da<br />
Tempio per provar la sua macchina e far le sue prime esplorazioni<br />
intorno <strong>al</strong>le vette del Limbara. Sicuro del motore, s’era<br />
elevato in <strong>al</strong>to, carezzato d<strong>al</strong>la brezza, dolcemente cullato, invaso<br />
d<strong>al</strong>la soave poesia del luogo e dell’ora. S’era lasciati dietro<br />
orti, giardini e vigneti: aveva sorvolato frascati, boschi e<br />
v<strong>al</strong>loni, sormontato nodi e culmini, raggiunto le nuvole.<br />
L’anima dei suoi vent’anni s’era dilatata in quella sublimità<br />
di purezza; e il suo petto s’era aperto. Gli era sembrato<br />
d’aver egli stesso l’<strong>al</strong>i.<br />
E roteando maestosamente sopra la mole della montagna<br />
disseminata di rocce, acuminata di punte, solcata di forre, qua<br />
e là macchiata di verde, nel resto tutta grigia, orridamente bella,<br />
solenne nel silenzio, sentiva infiltrarglisi nell’intimo, per<br />
tutti i sensi, un non sapeva che di selvaggio, che gli dava l’illusione<br />
di lontananze ignote. «Oh come son diverse» s’era detto<br />
fra sé «d<strong>al</strong>le verdi pianure della mia Lombardia, reticolate di<br />
strade, lussureggianti di vegetazione, tumultuanti di lavoro e<br />
ferventi di vita, queste giogaie deserte, punteggiate appena<br />
qua e là, a distanze sperdute, da qu<strong>al</strong>che capanna bruna, mute<br />
come il regno della morte!».<br />
Alcunché d’inviolato spirava però d<strong>al</strong>le <strong>al</strong>ture più vicine<br />
<strong>al</strong> cielo, e la stessa asprezza della terra fragrante di acri profumi,<br />
ridestava nella fantasia visioni sognate non sapeva<br />
quando, per effetto di gioconda ebbrezza.<br />
Era pur bello perciò aggirarsi così, come aquilotto di<br />
primo volo, smarrirsi nella limpidezza di sogno, abbandonarsi<br />
<strong>al</strong>l’incanto.<br />
E come se veramente l’estasi lo trasportasse, aveva volato,<br />
volato, quasi impugnasse lo scettro di tutto quel dominio<br />
montàno.<br />
Poi si era avvicinato <strong>al</strong>la fattoria circondata da mandre<br />
che formicolavano d’armenti e di gregge. Il vento gli aveva<br />
recato l’eco fievole di qu<strong>al</strong>che tintinno, qu<strong>al</strong>che mugghio disteso.<br />
Fin<strong>al</strong>mente una novità! fin<strong>al</strong>mente un segno di vita.<br />
S’era avvicinato quasi per istinto per veder meglio. Essendosi<br />
accorto dello scompiglio prodotto d<strong>al</strong>l’ansar dell’apparecchio,<br />
aveva riso innocentemente, s’era divertito nel dar<br />
lena più rumorosa <strong>al</strong> mostro… Quand’ecco due p<strong>al</strong>le avevan<br />
fischiato intorno <strong>al</strong>la macchina,… indi <strong>al</strong>tre due…, una<br />
16<br />
delle qu<strong>al</strong>i l’aveva colpito <strong>al</strong>la destra… Non era stato più padrone<br />
assoluto del motore, e la caduta era stata disgraziata.<br />
Per quanto lenta fosse stata la discesa e l’apparecchio non ne<br />
avesse di molto sofferto, egli aveva battuta la fronte contro<br />
lo spigolo di un’asse ferrata, e molto sangue era zampillato<br />
d<strong>al</strong>la ferita, e la testa gli era rimasta intronata.<br />
E ora il poveretto si trovava disteso sul letto di ziu Pasc<strong>al</strong>i,<br />
nella stanzetta silenziosa, dove la famigliola (eccetto Girominu,<br />
fuggito nel bosco) accasciata sotto il peso dell’improvvisa<br />
iattura, lo contemplava con tutta la vita ansiosa negli occhi.<br />
Giaceva supino, con la fronte bendata, con la mano fasciata; e<br />
volgeva intorno gli occhioni velati, fissandoli or su l’uno or su<br />
l’<strong>al</strong>tro dei presenti, fermandoli più lungamente nel cielo lontano,<br />
di là d<strong>al</strong>la finestrola aperta; e stringeva le labbra e gemeva<br />
ogni volta che una fitta più acerba lo martoriava.<br />
A questi gemiti i cuori degli ascoltanti tremavano. Qu<strong>al</strong>cuno<br />
si sentiva stimolato ad accorrere a capo del letto: dava<br />
un guizzo per andare; ma rimaneva inchiodato <strong>al</strong> suo scanno<br />
di tortura.<br />
Fin<strong>al</strong>mente il vecchio s’accostò, volle b<strong>al</strong>bettare un conforto.<br />
Ma il ferito lo guardò con t<strong>al</strong>e aria pietosa, e poi, di<br />
scatto, volse <strong>al</strong>trove la faccia con t<strong>al</strong>e scoraggiamento, stringendo<br />
i denti per l’acuta doglia, che il poveròmo non poté<br />
se non b<strong>al</strong>bettare.<br />
La vecchia si picchiava il petto di nascosto e continuava<br />
a labbreggiare, invitando con le occhiate mute le figliole assorte<br />
a sostenerla nella sua pena.<br />
La minore s’era accucciolata nel buio, per non veder<br />
l’amm<strong>al</strong>ato. Ma Spiranza lo divorava con gli occhi, trafitta<br />
d’un affanno ignoto; e ogni volta che quello sguardo errante<br />
s’incontrava col suo, il <strong>cuore</strong> le dava un tuffo, pareva le<br />
sospendesse la vita. San Giorgio glorioso! com’era bianca<br />
bianca, quella faccia patita! com’eran dissanguate quelle<br />
labbra sottili, asciutte e tremanti; com’eran paurosi quegli<br />
occhi accesi per febbre!<br />
E la giovinetta pensò che forse l’ospite misterioso aveva<br />
lontano la mamma, delle sorelle: forse l’innamorata; che forse<br />
egli pensava a quelle, quando abbassava le p<strong>al</strong>pebre e sembrava<br />
addormentato; che quelle forse pensavano a lui, in quell’ora<br />
stessa, e lo accompagnavano con le loro benedizioni.<br />
17
Povero cristiano, caduto come un colombo ferito su quelle<br />
aspre rocce che aveva tinto di sangue, in mezzo a gente sconosciuta<br />
e ignorante, che non l’avrebbe saputo guarire e neppur<br />
confortare: non certo per mancanza di buon <strong>cuore</strong>, né<br />
per m<strong>al</strong>a volontà, ma per inettitudine! Povero cristiano m<strong>al</strong>avventurato!<br />
L’infermo, che s’era assorto, si destò di soprass<strong>al</strong>to, sbarrando<br />
gli occhi, brancicando le lenzuola, come se cercasse<br />
qu<strong>al</strong>cosa.<br />
– L’areoplano!?… – mormorò.<br />
Ziu Pasc<strong>al</strong>i si mise la mano <strong>al</strong>l’orecchio, e aprì le labbra<br />
per chiedere: – Cosa? Cosa volete?<br />
– L’areoplano! – ripeté. – Dov’è l’areoplano?<br />
– Io non vi comprendo, figlio mio: non vi comprendo! –.<br />
E manifestava col tremito di tutta la persona la sua ansia; e si<br />
rivolgeva verso Spiranza che aveva studiato ed era istruita, pregandola<br />
con lo sguardo di spiegargli quelle parole misteriose.<br />
Ma ella taceva, distratta.<br />
Il giovane pareva si rassegnasse un momento <strong>al</strong>l’inutilità<br />
delle sue premure; si rasserenava; però dopo qu<strong>al</strong>che<br />
istante si scrollava tutto: – La macchina! la macchina per<br />
volare! Dov’è la macchina?<br />
– Ah! – rispose l’anziano, con un mesto sorriso e con<br />
un lampo negli occhi. – L’abbiamo ben collocata sotto un<br />
frascato. Non vi date pena. Pensate a star bene!<br />
Il sergente gli rivolgeva quel solito sguardo di protesta<br />
muta, e lo sconcertava. – «M<strong>al</strong>edetto chi ha un coraccio come<br />
il mio!» brontolava tra sé. Indi riprendeva: – A star bene,<br />
certo!… Se Dio vòle, non è cosa grave. È stata una disgrazia!<br />
Colui stringeva coi denti la coperta, non sapeva vincere<br />
lo strazio. – Ahi, Madonna!<br />
Il silenzio era tutto un compianto.<br />
– Sì, una disgrazia, figlio mio! – ricominciava il pastore.<br />
– L’ignoranza fa questo e <strong>al</strong>tro. Noi siamo miserabili: ci dovete<br />
compatire. Non avevamo ancora veduto di queste diavolerie.<br />
Speriamo che non sarà cosa grave. Adesso verrà il<br />
dottore, un bravo dottore. Ho mandato già un servo a cav<strong>al</strong>lo<br />
per chiamarlo.<br />
Un raggio luminoso guizzò negli occhi appannati del<br />
sergente. – Grazie! – bisbigliò.<br />
18<br />
La parola gentile intenerì vieppiù quei cuori rudi. Il<br />
vecchio, per non piangere, s’<strong>al</strong>lontanò d<strong>al</strong> letto. Anche Mena<br />
sollevò la testa per guardare il ferito. «Che <strong>cuore</strong> da cristiano!»<br />
meditava Spiranza cercando invano di c<strong>al</strong>mare i<br />
p<strong>al</strong>piti violenti. E zia Francisca traeva dei sospiri simili a<br />
singulti. «Povero figlio sventurato!».<br />
Il dott. Andrea Sirena, vecchia conoscenza della fattoria,<br />
venne d<strong>al</strong> paese più vicino. Del racconto arruffato del<br />
servo, che aveva parlato come un vagellante, poco o nulla<br />
aveva egli compreso. Ora vedeva l’areoplano, indi le vesti<br />
militari a capo del letto, e stringeva le labbra, e apriva bene<br />
gli occhi nel mirar ziu Pasc<strong>al</strong>i, che lo riguardava come l’uccello<br />
incantato d<strong>al</strong> serpente.<br />
– Caso serio! – sentenziò parlando in g<strong>al</strong>lurese, e tentennando<br />
la testa. – Si tratta di soldati! Non so come potremo<br />
uscirne con la giustizia!<br />
Le sue parole cadevano come sassate sui cuori di quei<br />
primitivi.<br />
– Gesù Signore nostro!<br />
E pareva volesse incominciare un piagnisteo come davanti<br />
a un cadavere.<br />
Però un’occhiata brusca del medico ricacciò a tutti le<br />
parole nella strozza, e poco dopo s’udirono anche i p<strong>al</strong>piti<br />
di quei seni oppressi, e da lontano un implorar di tintinni.<br />
Nel silenzio, il dottore sfasciava, osservava, p<strong>al</strong>pava; e a<br />
mano a mano che l’esame attento procedeva, il suo viso bel<br />
bello si rischiarava, risplendeva di lieta speranza.<br />
I presenti che erano tutti in piedi attorno <strong>al</strong> letto, pronti<br />
a ricevere le fasce insanguinate o ad apprestare gli oggetti<br />
che il dottore richiedesse, vivevano unicamente nello sguardo,<br />
intento a ogni minima mossa di quelle mani miracolose<br />
o espressione di quella faccia meditabonda; e appena<br />
ogni ombra si dissipò su quella fronte, e una luce di sorriso<br />
abbellì quelle labbra, si sentirono dilatar lo spirito.<br />
– Stia tranquillo! – disse fin<strong>al</strong>mente il medico <strong>al</strong> ferito.<br />
– Se la caverà con <strong>al</strong>cuni giorni di letto. Tutta la sua debolezza<br />
dipende d<strong>al</strong>la gran perdita di sangue. Riposando o<br />
mangiando bene… Ehi, ziu Pasc<strong>al</strong>i! Carne grassa, eh! dategli<br />
carne tenera! Di quei t<strong>al</strong>i agnelli e capretti che avete voi,<br />
eh! –. E strizzava l’occhio in segno d’intesa.<br />
19
Il vecchio aprì la sua bocca per ridere e le ganasce gli tremarono<br />
per commozione come le braccia e le membra. – Se<br />
questo bastasse, signor dottore, non avrei certo pietà delle<br />
mie bestiole! Le più grasse ammazzerei, così Dio m’aiuti!<br />
Le donne sentivano un formicolio d’impazienza, e si<br />
movevano leggere, incostanti, avvicinandosi <strong>al</strong>la proda del<br />
letto, e ardivano aggiustar le coperte, rassettare i guanci<strong>al</strong>i,<br />
sorridendo e tremando; Mena speci<strong>al</strong>mente, che già da<br />
qu<strong>al</strong>che tempo nutriva una dolce simpatia verso il Sirena.<br />
– Il cielo l’ascolti, signor dottore mio! – mormorava zia<br />
Francisca, strabuzzando gli occhietti lucenti. – Noi pregheremo<br />
Nostra Signora per questo poveretto –. E <strong>al</strong>zava la corona.<br />
Il poveretto s’era tutto confortato e sorrideva anch’esso,<br />
m<strong>al</strong>inconicamente, commosso d<strong>al</strong>le cure di quella gente<br />
buona. Di tratto in tratto i suoi occhi s’incontravano con<br />
quelli di Spiranza, che gli sembrava la più intelligente, e si<br />
sentiva sempre più tocco a quello sguardo soave. Un lieve<br />
fluido di benessere gli scorreva per tutta la persona.<br />
Anche il dottore, un bel pezzo di giovane fiorente, d<strong>al</strong><br />
viso bruno, su cui lampeggiavano due occhi irrequieti osservava<br />
in silenzio le premure delle infermiere gentili, e il<br />
suo sguardo si fermava più a lungo sul volto p<strong>al</strong>lido e delicato<br />
della figlia minore, più timida e riservata.<br />
– E poi – diss’egli <strong>al</strong> sergente, come per concludere tutto<br />
un discorso fatto entro se stesso: – avendo le assistenze di<br />
queste due… di queste due… – non sapeva come chiamarle<br />
– ella guarirà certo più presto.<br />
Le giovanette avvamparono di vergogna e abbassarono<br />
la testa; e zia Francisca, per scongiurare il m<strong>al</strong>docchio, aggiunse:<br />
– Dio le guardi!<br />
La faccia bianca di Silvio si tinse anch’essa lievemente<br />
di rossore. – Son troppo buone per me! Grazie!<br />
Un’<strong>al</strong>tra volta le parole di gratitudine penetrarono fino<br />
<strong>al</strong> fondo dei cuori. – Ma… ma… ma…<br />
Fu a questo punto che gli occhi spauriti di Filumena, nello<br />
smarrimento, si fissarono per un attimo sul volto simpatico<br />
del dottor Sirena, che appunto la guardava. Ella non seppe<br />
mai dire che cosa vedesse prima in fondo a quegli occhioni vivi<br />
e fosforescenti e poi nella lontananza del cielo tutto una luce.<br />
Lo sguardo di lui la turbava sempre a quel modo.<br />
20<br />
La voce fioca del m<strong>al</strong>ato ruppe l’incanto. – Dottore, prima<br />
che vada via… vorrei dirle qu<strong>al</strong>che cosa da solo a solo.<br />
La famiglia uscì.<br />
– Dica! – pregò il medico, ancora un po’ assorto.<br />
– Per carità, signor dottore! Non faccia parola di fucilate.<br />
Rovinerebbe questa brava gente. Prevenga il capitano:<br />
dica semplicemente che son caduto…<br />
– Ma capirà… son cose…; capirà…<br />
– La prego! A che gioverebbe? È stata l’ignoranza…<br />
Non vede come mi trattano? La prego!<br />
– Vedremo. Ma capirà… anch’io ho dei doveri. Di questo<br />
però ella non si preoccupi. Pensi a guarire!<br />
– Gli è che… gli è che…<br />
– Gli è che le preme che non vengano disturbate le due<br />
colombelle?<br />
Silvio Ròndani arrossì un’<strong>al</strong>tra volta e sorrise p<strong>al</strong>lidamente.<br />
Ma anche il dottor Sirena ricordò gli occhi m<strong>al</strong>inconici<br />
della piccola e si fece mesto. – Stia tranquillo: le cose<br />
finiranno bene, spero.<br />
Dopo la partenza del medico (il qu<strong>al</strong>e fu accompagnato<br />
per un buon tratto da ziu Pasc<strong>al</strong>i, che aveva i suoi buoni<br />
motivi per seguirlo come un cucciolo, cerimonioso e supplichevole);<br />
il ferito fu lasciato solo perché potesse riposare.<br />
Zia Francisca preparò il fuoco per la merenda e fece<br />
bollire il bricco. Il borbottio del caffè accompagnò la sua<br />
tacita preghiera.<br />
La vecchietta pensava tristemente <strong>al</strong> primogenito, che<br />
dopo il colpo s’era inselvato, come un m<strong>al</strong>andrino, un bandito;<br />
il figlio suo così buono! Oh la m<strong>al</strong>a ventura!<br />
Spiranza e Mena s’erano arrampicate sul nodo <strong>al</strong>to di<br />
rocce per attendere, come dicevano, il ritorno del padre;<br />
ma, in effetto, per seguir con la vista fino <strong>al</strong>la maggior lontananza,<br />
il dottore che se ne andava. Nel sentiero tortuoso,<br />
snodantesi tra le frasche e gli elci, l’ombrello del viandante<br />
compariva e spariva come luna bianca, e il cav<strong>al</strong>lino trottava:<br />
di quando in quando le voci giungevano fino <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tura;<br />
ed esse guardavano mute e in ascolto, spiccando in mezzo<br />
<strong>al</strong>la cornice verde.<br />
21
Tra gli <strong>al</strong>beri e le macchie era una festa di nidi, e sulle<br />
eriche in fiore ronzavano le api a sciami e rombavano i maggiolini.<br />
L’aria senza un bioccolo era animata di voli, e tutta<br />
l’<strong>al</strong>tura era viva di piccoli strepiti e risonava d’echi. Il trionfo<br />
del maggio amm<strong>al</strong>iava le anime e tutto era un oblio.<br />
E proprio come amm<strong>al</strong>iata, la p<strong>al</strong>lida Mena, immobile<br />
come un simulacro sulla rupe grigia, mandava l’anima per<br />
la china soleggiata, per la v<strong>al</strong>le selvosa. E anche quando la<br />
sorella non vide più le macchie nere, vaganti, gli occhi suoi<br />
intensi videro ancora, luminosi di sogno.<br />
Spiranza la strappò a quel fascino. Ella era seduta sul<br />
masso, a parte; e carezzava mollemente la capretta bianca,<br />
che le si era sdraiata sul grembo, e belava sommessamente.<br />
– Oh oh oh! Sembri santa Lucia sull’<strong>al</strong>tare, Dio mi perdoni,<br />
o un pezzo di roccia morta. Animo: svègliati e torniamo!<br />
– Torniamo!? O non si ha da attendere il babbo?<br />
– Il babbo camminerà ancora. Farà scorta <strong>al</strong> dottore,<br />
pare. Andiamo!<br />
Mena sospirò e si rivolse ancora a riguardare lontano,<br />
incatenata <strong>al</strong>la rupe.<br />
Allora la sorella scoppiò in una risata e la fece sussultare.<br />
– Sorella mia! – si lamentò la poveretta, arrossendo fin<br />
negli occhi. – M’hai fatto paura!<br />
– L’agnelletta innocente! A che pensi?<br />
– A nulla penso! A chi ho da pensare?<br />
La birichina diede in un <strong>al</strong>tro scroscio e si tappò la bocca.<br />
Anche la capretta si spaventò. Mena tremava che faceva pena.<br />
– Sta <strong>al</strong>legra, via; non te lo toglie nessuno!<br />
– Chi? Che cosa? Spiranza, per l’amor di Dio!<br />
La birbacciona taceva, ridendo sommessamente e tentando<br />
d’appagar con la carezza la bestiola viziata.<br />
L’<strong>al</strong>tra, nel silenzio, sentiva di sprofondare piano piano<br />
in un intrico di spini. – Per amor di Dio, sorella mia! Che<br />
vuoi dunque dire?<br />
– Bah, la matterella! Ho scherzato. Tu hai guardato il<br />
dottore, e hai fatto peccato mort<strong>al</strong>e. Uhi!<br />
– Tu mi beffi, tu! Sempre mi beffi! Come se fosse la<br />
prima volta che io guardo il dottore! –. E un mesto accoramento<br />
la vinse. Mentre quell’<strong>al</strong>tra per contrapposto, dava<br />
22<br />
sfogo più rumoroso <strong>al</strong>la gioia, ella fu presa da una tristezza<br />
repentina e si mise a mormorare: – Tu puoi star <strong>al</strong>legra,<br />
puoi! Puoi ridere e beffarmi. Ma ho visto anch’io, sai?<br />
– Che cosa hai visto, tu, viperetta? – esclamò Spiranza<br />
diventando di brace e non potendo dominare un tremito. –<br />
Dimmelo: che cosa hai visto?<br />
– Non adirarti, per carità. Il soldato… – b<strong>al</strong>bettò quella.<br />
– Vuoi tacere? – gridò con ira, levandosi di scatto e lanciando,<br />
senz’avvedersene, sopra una ginestra spinosa la capretta,<br />
che si lagnò dolcemente. – Vuoi compagnia, la bugiardona?<br />
Tu piuttosto, tu! –. Poi ebbe vergogna della sua collera<br />
ingiusta e s’ammansì. Però non poté parlare. Vibrava tutta.<br />
Allora Mena le si avvicinò umiliata, le mise la mano su<br />
la sp<strong>al</strong>la, la guardò con tenerezza. – Perdonami! Non l’ho<br />
detto per m<strong>al</strong>e. Così mi pareva.<br />
– Così ti pareva: ma non è vero niente!<br />
Entrambe tacquero per un pezzo. Per un pezzo non udirono<br />
i belati delle gregge che i servi guidavano <strong>al</strong>le mandre,<br />
né i fischi acuti, né gli abbai, né i trilli degli uccelli. E non<br />
videro neppure l’ombra lontana del padre che tornava.<br />
Indi la minore arrischiò timidamente, per far piacere<br />
<strong>al</strong>la sorella: – Come m’ha fatto pena, stamattina!<br />
A Spiranza tremò il core e non parlò.<br />
– Vederlo così bianco… tutto bagnato di sangue, come<br />
un morto!<br />
La sorella rabbrividiva risognando quell’atroce visione.<br />
Inconsciamente tormentava con le mani le molli vette d’un<br />
cespuglio, scostava coi piedi l’anim<strong>al</strong>etto: sospirava.<br />
Mena continuava l’evocazione pietosa: – …Ed egli così<br />
paziente, così gentile! Se uno dei nostri fosse stato ferito così<br />
come un aquilotto, avrebbe ruggito come un demonio! Egli<br />
invece! Deve avere l’anima d’un angelo, come ne ha il volto.<br />
Spiranza levò gli occhi e la guardò con un’espressione<br />
mista di maraviglia e d’incertezza: forse anche di gelosia.<br />
Quindi abbozzò un sorriso.<br />
La piccola si sentì incoraggiata a proseguire: – Sicuro:<br />
ha il volto come quello di San Michele di Tempio. Gli occhi,<br />
io glie li ho veduti poco; <strong>al</strong>la sfuggita, quasi. Ma li deve<br />
aver molto belli!<br />
23
Un breve silenzio di lotta seguì. Poi la maggiore, quasi<br />
parlasse a se stessa, arrischiò con un soffio: – Li ha del color<br />
del cielo: e hanno uno sguardo di molta dolcezza.<br />
– E dire che devono essere afflitti d<strong>al</strong> m<strong>al</strong>e, Dio liberi!<br />
Quanto saran più belli quand’egli sarà guarito! E speriamo<br />
ch’egli guarirà presto: Dio lo voglia!<br />
La gratitudine destò nel <strong>cuore</strong> di Spiranza un sentimento<br />
di pietà e di affetto, un bisogno di confortarsi e di<br />
confortare. – Speriamo! – diss’ella. – Prima Dio, poi il dottore.<br />
Il dottore è un uomo che sa fare. Hai visto con quanta<br />
cura e con quanta abilità medicava le ferite? Con quanta<br />
benevolenza parlava <strong>al</strong>… <strong>al</strong> soldato?<br />
Era la volta di Mena di tremare e smarrirsi. Alzava or<br />
l’uno or l’<strong>al</strong>tro dei piedi come se c<strong>al</strong>casse un pruno, si dondolava<br />
della persona, girava intorno gli occhi imbambolati<br />
come se su ogni fronda, su ogni masso, in terra e in cielo,<br />
dovesse vedere una faccia che ridesse di lei.<br />
E la compagna riprendeva: – Con pochi giorni di quelle<br />
cure, il… m<strong>al</strong>ato potrà star meglio. Il medico verrà domani,<br />
tornerà posdomani, ritornerà ancora, se Dio vuole,<br />
finché… l’<strong>al</strong>tro non sia guarito. E lo risanerà col suo buon<br />
<strong>cuore</strong>, vedrai! e col suo buon umore. E poi… basterà che lo<br />
guardi fissamente con quei suoi occhi di stelle… Son occhi<br />
che fan miracoli: vero? –. E sorrise m<strong>al</strong>iziosamente.<br />
La torturata si contorse come se quei t<strong>al</strong>i occhi prodigiosi<br />
si sbarrassero su lei per affatturarla. Indi si sentì spinta<br />
a un volo, e si slanciò fra le braccia della sorella, avviticchiandosi<br />
a lei, baciandola sulle guance, sul collo, sui capelli.<br />
Spiranza le ricambiò la stretta, selvaggiamente, e la baciò<br />
con brama, come se la mordesse.<br />
Stettero un pezzo così avvinte, <strong>al</strong>lacciate d<strong>al</strong> novello misterioso<br />
impulso, immerse nell’astrazione obliosa: e avvolte com’erano<br />
d<strong>al</strong> nimbo del crepuscolo sembravano due Grazie d’oro.<br />
L’<strong>al</strong>tura parve invitasse <strong>al</strong> plauso tutte le voci vaghe del<br />
tramonto di maggio: il pispiglio dei nidi, il tremolio dei sonagli,<br />
il belio delle gregge, e i canti solitari dei pastori a v<strong>al</strong>le.<br />
La cura del ferito continuò lentamente due o tre settimane.<br />
24<br />
Vennero da Tempio i soldati e non poterono trasportarlo<br />
in città a causa dell’estrema debolezza e della febbre e dei sentieri<br />
m<strong>al</strong>agevoli, per i qu<strong>al</strong>i non passava <strong>al</strong>cun mezzo di trasporto<br />
un po’ comodo per amm<strong>al</strong>ati. Si contentarono quindi<br />
di riportarsi a volo l’areoplano, dopo aver eseguito le più essenzi<strong>al</strong>i<br />
riparazioni, di lasciare un infermiere, e di tornar di quando<br />
in quando <strong>al</strong>la fattoria per recar provviste e ricevere notizie.<br />
Il dottor Sirena veniva ogni mattina, col solito cav<strong>al</strong>luccio<br />
e col solito ombrello. Faceva l’erta canticchiando e fischiettando,<br />
lieto come la primavera: godeva la vista incantevole<br />
dei prospetti <strong>al</strong>pestri e delle vaste pianure lontane: taceva<br />
assorto nell’accordo armonioso dei rumori vaganti. Da lontano<br />
apostrofava ziu Pasc<strong>al</strong>i ritto sul nodo, e le fanciulle trepidanti<br />
sullo spiazzo, e penetrava come una folata d’aria fresca<br />
nella stanza dell’infermo.<br />
Silvio, che aveva udito il canterellio e poi l’<strong>al</strong>legro vociare,<br />
l’accoglieva col <strong>cuore</strong> dilatato: pareva che la speranza<br />
stessa e la giocondità lo venissero a visitare.<br />
– E così, come si va oggi? Meglio meglio meglio. Ma<br />
non può esser di meno. Con due sante miracolose che lo<br />
vegliano! Con quei tocchi d’agnelloni grassi… Vero, Mena?<br />
Mena non cessava di tremare, benché appoggiata a Spiranza.<br />
Supplicava con dolci sguardi il dottore che tacesse:<br />
che la faceva morire.<br />
Egli invece s’accostava, con la scusa di lavarsi le mani<br />
nel catino posato sulla sedia, e continuava a punzecchiarla<br />
m<strong>al</strong>iziosamente e vie più a ferirla con le occhiate ardenti.<br />
Prendeva svago innocente di quel piccolo martirio.<br />
– Santa Filomena, a quando il miracolo?<br />
– La matta! digli che è cominciato! – le suggeriva Spiranza,<br />
urtandola con una lieve gomitata e <strong>al</strong>lontanandola<br />
da sé. E tutti ridevano: anche il m<strong>al</strong>ato.<br />
Ciò la finiva di scombussolare: si sentiva come p<strong>al</strong>loncello<br />
in gioco della tormenta: e sola.<br />
– A quando? – insisteva lui, asciugandosi le mani grassocce<br />
col pannolino a opera (tessuto d<strong>al</strong>le fanciulle), non<br />
lasciando di guardarla.<br />
– Fra pochi giorni, diglielo, la pazzerella – interveniva<br />
ziu Pasc<strong>al</strong>i, deliziato d<strong>al</strong> buon umore del medico. – Sperando<br />
in Dio e nelle sue cure…<br />
25
La ragazza rivolgeva <strong>al</strong> padre un’occhiata di desolazione.<br />
«Fra pochi giorni?» voleva dire. «Dovrebbe dunque finir<br />
così presto quel dolce misterioso tormento? Così presto si<br />
tornerebbe <strong>al</strong>l’antica uggiosa vita?». Indi, come se s<strong>al</strong>tasse<br />
una voragine, costretta da incomprensibile necessità a riguardare<br />
il dottore: – Lei lo farà il miracolo! – b<strong>al</strong>bettava.<br />
– Bene! – approvava Silvio, con la sua voce velata. – La<br />
signorina ha ragione. Tutti però vi concorreranno –. E avrebbe<br />
voluto dimostrare ancora per la centesima volta la sua gratitudine.<br />
Ma non poteva, a parole; e si contentava di rivolgere<br />
il suo tenero sguardo intorno, con l’anima negli occhi.<br />
Allora la famigliola usciva d<strong>al</strong>la stanza, lasciandovi il soldato<br />
infermiere, e accompagnava il Sirena nella visita dell’una<br />
o dell’<strong>al</strong>tra mandra, dell’uno o dell’<strong>al</strong>tro orto, o delle conche<br />
ancor disseminate d’ossa umane, o delle tombe di giganti, o<br />
della bugnereccia, o del castagneto, o del bosco.<br />
Ogni giorno per il dottore erano impressioni nuove, dispute,<br />
divagazioni svariate: gli pareva d’amar la montagna un<br />
giorno più dell’<strong>al</strong>tro. E chiacchierava, e rideva, fermandosi di<br />
tratto in tratto nel centro del piccolo gruppo, posando lievemente<br />
la mano su le sp<strong>al</strong>le dei vecchi, cogliendo fronde fiorite<br />
per le giovanette, dando dei consigli ai servi, battendo<br />
amorevoli pacchine a M<strong>al</strong>cu e a Girominu (tornato a casa<br />
appena svanito il pericolo); e se ne andava fin<strong>al</strong>mente lasciandoli<br />
incantati, rivolgendosi di quando in quando a s<strong>al</strong>utare<br />
e a ris<strong>al</strong>utare, animando poggi e gole col fragoroso incanto<br />
della sua giovinezza.<br />
Mena rimaneva con lui nella mente e nel <strong>cuore</strong> e nell’anima,<br />
e aveva gli occhi vinti da quelle fattezze, le orecchie sempre<br />
deliziate da quella voce: e lo vedeva aggirarsi sempre là, come<br />
un frùgolo, anche tra i paioli di latte, intorno <strong>al</strong> telaio, tra<br />
gli strumenti di lavoro. Perciò la poveretta viveva come assorta,<br />
e a un risveglio brusco pareva tornasse da un <strong>al</strong>tro mondo.<br />
Spiranza la pungeva con certi monosillabi significativi,<br />
con certi raschi in gola e mugolii scand<strong>al</strong>osi: ed ella avvampava<br />
tremando. Allora s’affacchinava nelle faticacce, e fuggiva<br />
nell’orto a sognare da sola.<br />
Però t<strong>al</strong>volta amorevolmente si ribellava. Dinanzi <strong>al</strong>la<br />
martoriatrice faceva certi impercettibili tentennamenti del<br />
26<br />
capo, certe strizzatine d’occhio, certe smorfiette graziose,<br />
accompagnate da t<strong>al</strong>i paroline velate, da t<strong>al</strong>i piccole frasi insignificanti,<br />
che colei facilmente arrossiva e fin<strong>al</strong>mente taceva.<br />
Allora non aveva il coraggio d’assaporar la vittoria: taceva<br />
anch’essa e continuava a fantasticare.<br />
E il silenzio non era affatto imbarazzante, giacché le due<br />
anime vagavano liberamente, ognuna nel proprio mondo.<br />
Ma i silenzi di Spiranza eran brevi, giacché ella amava<br />
lo strepito, e non voleva a lungo rimaner sola con se stessa.<br />
Se non <strong>al</strong>tro, cantava, con la modulazione consueta di G<strong>al</strong>lura,<br />
m<strong>al</strong>inconica e soave, le canzoni tradizion<strong>al</strong>i, o i versi<br />
improvvisati che la passione le fioriva in gola.<br />
– Zitta! Non lascerai riposare il signor Silvio! – l’avvertiva<br />
la piccola con dolcezza.<br />
– Ebbè? Che me ne importa? – ella diceva con spav<strong>al</strong>deria<br />
con ipocrita sfida. Ma non cantava oltre, né parlava.<br />
Mena rideva <strong>al</strong>la muta, fregandosi il muso come una<br />
gattina.<br />
E rideva ancor più, ripetendo uno dei soliti mugolamenti<br />
d’intesa, quando Spiranza a un richiamo qu<strong>al</strong>siasi venuto<br />
d<strong>al</strong>la stanza del m<strong>al</strong>ato, buttava per terra canestri e incannatoi<br />
e cannelli e spole e tele e forbici e matasse e quanto avesse<br />
sul grembo, per s<strong>al</strong>tar leggera come un cerviatto su per la sc<strong>al</strong>a<br />
e accorrere prontamente; rideva a scrosci, e le risate avrebbero<br />
spronato l’infermiera solerte, se già da <strong>al</strong>tri stimoli più<br />
forti non fosse stata incitata.<br />
Spiranza s’era quasi riservato il diritto caritatevole di<br />
servire il ferito, e non permetteva agli <strong>al</strong>tri più che le piccole<br />
cure. «Ella era la più istruita della casa, diamine! avendo<br />
anche studiato a Tempio, nel ginnasio, anche! e comprendeva<br />
e parlava per benino l’it<strong>al</strong>iano, eh!». Perciò pareva fosse<br />
gelosa anche dell’<strong>al</strong>tro soldato, anche del dottore.<br />
Zia Francisca, ingenua come una fanciulla, coi suoi sessant’anni,<br />
lasciava fare. Era anzi orgogliosa d’una figlia così<br />
amabile, che non smentiva l’ospit<strong>al</strong>ità dei maggiori: l’incoraggiava<br />
con sorrisi di compiacenza.<br />
E la ragazza si dava da fare attorno a quel letto come una<br />
sorella, da mane a sera, stando solo lontana quando il sergente<br />
dormiva. E nell’ora stessa in cui esso riposava, veniva piano<br />
27
piano, di soppiatto, per vegliarlo nel sonno d<strong>al</strong>la porta socchiusa;<br />
e t<strong>al</strong>volta s’avanzava lieve come un’ombra per contemplar<br />
meglio quel viso p<strong>al</strong>lido, quasi volesse imprimersi sempre<br />
più nel <strong>cuore</strong> i lineamenti cari, e rimaneva immobile e intenta,<br />
trattenendo il respiro, viva solo negli occhi.<br />
T<strong>al</strong>ora il sonno leggero di Silvio si rompeva a ogni minimo<br />
fruscio, ed ella si spaventava, ne rimaneva afflitta.<br />
– M’era parso che mi chiamasse! – tentava di scusarsi,<br />
diventando di porpora. – Mi compatisca, se l’ho svegliato!<br />
Egli le sorrideva, le accordava tanto tanto volentieri il<br />
suo perdono. – Ma che dice! Se non faccio <strong>al</strong>tro che dormire!<br />
Mi svegli anzi quando le sembra opportuno. Venga pure:<br />
mi dica sempre qu<strong>al</strong>che cosa.<br />
Ella entrava, e gli diceva qu<strong>al</strong>che cosa: della capretta viziataccia<br />
che le aveva brucato i germogli dell’orto; delle rose<br />
superbe sbocciate nel giardino; del vitellino di Bandiera, la<br />
vacca bianca; dei novelli sciami; dei motti di spirito del<br />
dottore; delle ultime scempiaggini di Filumena; delle marchiane<br />
semplicità della mamma.<br />
Egli l’ascoltava con godimento, interessandosi vivamente<br />
di quelle puerili cianfrusaglie, quasi cullato d<strong>al</strong>la cantilena<br />
della voce carezzosa, dimentico del suo m<strong>al</strong>e; e non perdeva<br />
d’occhio la narratrice, che s’affaccendava attorno per<br />
rassettar dieci volte gli stessi oggetti, e ne studiava l’andatura,<br />
i gesti, le mosse.<br />
– Ora mi dica qu<strong>al</strong>che cosa lei – gli diceva t<strong>al</strong>volta essa,<br />
quando s’era stancata di parlare e lo credeva in forze.<br />
Allora anch’egli parlava, lentamente, faticosamente; e<br />
ricordava con dolcezza la mamma lontana, la sorella, gli<br />
amici.<br />
– E dell’innamorata, non mi parla mai? – gli chiese un<br />
giorno a tradimento, interrompendolo e fissandolo con un<br />
sorriso birichino.<br />
La confusione gli arrossò lievemente le guance e lo tenne<br />
muto per un momento. Poi sospirò, vagò con gli occhi<br />
intorno <strong>al</strong>la camera, indi attraverso la finestra, di là, di là<br />
verso il cielo venato di tenui filamenti bianchi e frangiato<br />
di qu<strong>al</strong>che ricamo d’oro, e disse sommessamente come se<br />
parlasse in sogno: – Non ho innamorata, io!<br />
28<br />
A Spiranza quasi cadeva di mano il crocifisso di met<strong>al</strong>lo<br />
che, dopo averlo ripulito, riattaccava <strong>al</strong> chiodo a capo del<br />
letto. Fuggendo con lo sguardo, brancicando con le mani,<br />
– Eh! eh!… – disse – questo non lo credo. Quando mai?!<br />
– Creda pure! – riaffermava lui, fissandola.<br />
– Quando mai, <strong>al</strong>la sua età! Quanti anni?<br />
– Ventidue.<br />
– Lo vede? Quando mai non ha ancora l’innamorata?<br />
Girando così per le città… con quel diavolaccio di macchina,<br />
con codesto… con codesto…<br />
Egli sorrideva solleticato, rinfrancato.<br />
– Eh, non rida, no: non mi vuol dire la verità, ecco!<br />
– Mi creda! Vuole che le giuri?<br />
– No, stia zitto! Non so se le crederei anche se giurasse!<br />
In queste cose anche i giuramenti…<br />
– Allora lei sarebbe capace di giurare anche se…?<br />
Ella lo interruppe vivamente: – Lasci stare me, che è un<br />
<strong>al</strong>tro conto. Io non so nulla di questi affari.<br />
– La colomba! – diss’egli scherzando. – Lei sì, deve<br />
averlo, l’innamorato!<br />
La briccona si scand<strong>al</strong>izzò, si percosse il petto coi pugni,<br />
<strong>al</strong>zò gli occhi <strong>al</strong> soffitto come per invocare il cielo in<br />
testimonio, poi scoppiò in una risata nervosa: – Ah ah! Ora<br />
l’ha detta la bestemmia!<br />
– Sì, sì! – ripeteva lui tra il serio e il faceto. – E deve essere<br />
anche un bel pezzo di giovane, forte, coraggioso, buon<br />
tiratore. Sì, sì: non rida!<br />
Ella invece continuava a ridere, a spolverare i mobili, a<br />
far cricchiare le chicchere e i c<strong>al</strong>ici disposti sul cassettone, a<br />
far brandire la volta coi passi lunghi e pesanti. Poi diventò<br />
<strong>al</strong>l’improviso pensierosa e mesta e dopo qu<strong>al</strong>che minuto<br />
mormorò con m<strong>al</strong>inconia guardando fissamente l’impiantito:<br />
– Chi vuole che mi prenda, me?<br />
– Oh oh! questo poi! – protestò il m<strong>al</strong>ato.<br />
– Sicuramente! In questi luoghi abbandonati da Dio, come<br />
vuole che ci sia un cane che s’innamori d’una pastora?<br />
D’una pastora come me, poi, ignorante, brutta come il demonio…?<br />
29
– Via, via! – interruppe lui battendo le mani per smorzare<br />
le parole c<strong>al</strong>unniatrici. – Anche se giurasse, neppur io<br />
le crederei.<br />
– Le giuro… – riprendeva la ragazza, mettendo la destra<br />
sul petto: ma egli non la lasciò continuare, e negò con<br />
ostinatezza agitando il braccio per aria e ripetendo: – Non<br />
credo, non credo!<br />
Allora ella tacque e per un breve istante nella stanza si<br />
poté udire distintamente l’eco d’un canto lontano.<br />
Poco dopo egli preparò con un sorriso lungo lo scherzo<br />
che stava per pronunziare. – Ebbene – disse – giacché io<br />
non ho innamorata né lei innamorato, non ci resta che innamorarci<br />
noi due l’uno dell’<strong>al</strong>tro e farla finita. Ci sta?<br />
Ella gli volse un’occhiata di traverso, adergendosi della<br />
persona, quasi per dire: «mi burla?»; e s’avvide, chi sa? che<br />
quello che voleva parere uno scherzo non era del tutto uno<br />
scherzo. A voce <strong>al</strong>ta b<strong>al</strong>bettò: – Non ho mai manco sognato<br />
di queste cose, io!<br />
– Basta cominciare, signorina!<br />
Ella non rispose, e parve unicamente intenta a levare<br />
un ragnatelo d<strong>al</strong>lo strombo della finestra. E Silvio riprese<br />
sempre con lo stesso tono tra scherzoso e grave: – S’ella mi<br />
vuole, quando l’avrò sposata, me la condurrò con me nel<br />
Continente, nelle città <strong>al</strong>legre e tumultuose, per un regno<br />
di bellezza e di vita…<br />
Spiranza gettò un grido e corse istintivamente verso il letto.<br />
D<strong>al</strong>la finestra aperta una coppia di passeri, inseguendosi<br />
e garrendo, erano penetrati <strong>al</strong>l’improvviso nella stanza, e<br />
volteggiavano furiosamente tra i mobili azzuffandosi, scompagnandosi,<br />
e andando a cadere avviticchiati sulle coperte<br />
sopra i piedi del sergente.<br />
La giovane gettò un <strong>al</strong>tro grido e si precipitò per cacciare<br />
le bestioline che si beccavano e si aggranfiavano rabbiosamente.<br />
– Le sfacciatacce!<br />
– Le lasci, le lasci! – supplicò Silvio. – Vede, come si<br />
vogliono bene?<br />
– Bel modo di volersi bene davvero! – osservò Spiranza,<br />
che riacquistava bel bello tutto il suo spirito. – A suon di<br />
beccate e di granfiate! Dio ci liberi da simili benevolenze!<br />
30<br />
– Eppure si voglion bene, Speranza! – mormorò egli con<br />
m<strong>al</strong>inconia, accompagnando con lo sguardo gli uccellini che<br />
rivarcavano cinguettando la finestrola. – Come devono essere<br />
felici di poter così liberamente volare insieme! Come sarei felice<br />
di potermene così volare anch’io in compagnia di… di…<br />
– Di chi? – chiese ella, rattenendo il respiro.<br />
– In tua compagnia, Speranza! –. E aveva nello sguardo<br />
una dolcezza d’aurora.<br />
La fanciulla parve sentisse lo spavento e l’ebbrezza di<br />
quel volo, e si vide adagiata accanto a lui sulla macchina<br />
misteriosa, solcare la limpidezza crist<strong>al</strong>lina del cielo, di là di<br />
là su giardini e foreste, tra gli effluvi della primavera.<br />
Sui tegoli del tetto schiassava a gara la rumorosa pasqua<br />
del passeraio.<br />
Il giorno dell’Ascensione intorno <strong>al</strong>la fattoria di ziu Pasc<strong>al</strong>i<br />
vi fu b<strong>al</strong>doria piena.<br />
Quel giorno è gener<strong>al</strong>mente destinato dai pastori g<strong>al</strong>luresi<br />
<strong>al</strong>la segnatura del bestiame novello: la qu<strong>al</strong>e si solennizza<br />
per ordinario con pranzi e con chiassate rusticane. Per i<br />
nostri poi, quella data aveva la sua solennità speci<strong>al</strong>e, giacché<br />
appunto in quel pomeriggio Silvio Ròndani doveva lasciare<br />
il monte e ritornare a Tempio, se non guarito perfettamente<br />
ancora, <strong>al</strong>meno ben avviato nella conv<strong>al</strong>escenza.<br />
Tutti i pastori erano in piedi fin d<strong>al</strong> primo bruzzolo,<br />
per raccogliere prima del solito gli armenti e le gregge per<br />
la mungitura. Anche le donne avevano lasciato il letto prestissimo,<br />
dovendo preparare prima che sorgesse il sole il<br />
consueto tradizion<strong>al</strong>e grasso di panna (mazzafrissa) da conservare<br />
come cosa sacra per tutto il resto dell’annata e da<br />
adoperare contro i m<strong>al</strong>i di gola tanto delle bestie come dei<br />
cristiani. Prima che sorgesse il sole: giacché, se i raggi del re<br />
degli astri avessero sorpreso le massare sonnacchiose nella<br />
ritu<strong>al</strong>e operazione, la materia avrebbe perduto ogni virtù<br />
medicin<strong>al</strong>e: e non v’era <strong>al</strong>tro giorno dell’anno in cui l’unguento<br />
prodigioso potesse prepararsi.<br />
Il brusio cominciò dunque per tempo, quel mattino,<br />
nelle mandre e nelle capanne. Tanto che anche il sergente e<br />
31
l’infermiere, non potendo dormire più oltre, avevano dovuto<br />
<strong>al</strong>zarsi quando il sole spuntava.<br />
Uscirono di casa quando tutte le adiacenze della fattoria<br />
venivano appunto inondate d<strong>al</strong>la prima pioggia d’oro, e<br />
quando la musica più varia e più strana si levava dai chiusi<br />
e dagli addiacci; e fecero appena in tempo per vedere ziu<br />
Pasc<strong>al</strong>i cacciare il coltello acuminato nella gola d’un agnello<br />
bianco, tenuto per le quattro zampette da Spiranza e coricato<br />
sul masso dello spiazzo.<br />
Al lamento agonioso della povera bestiola, che fu seguito<br />
tosto da un rinc<strong>al</strong>zo di belati trepidanti, i due giovani si<br />
sentirono una trafitta <strong>al</strong> <strong>cuore</strong> e volsero <strong>al</strong>trove la faccia,<br />
stringendo i denti.<br />
Spiranza scrosciò in una delle sue abitu<strong>al</strong>i risate e li<br />
canzonò furbamente. – Oh oh! I cuori delicati! Un bell’aiuto<br />
avrà da voi il re, se svenite per veder morire un agnello!<br />
In guerra dunque come fareste?<br />
Il vecchio le rivolse un’occhiata severa: ma in cor suo<br />
non disapprovò: sorrise <strong>al</strong>la muta sotto i baffi, e continuò<br />
ad <strong>al</strong>largar la piaga rigirando la lama, e a diguazzar con un<br />
fuscello il sangue che cadeva in un piatto cupo.<br />
I giovani arrossirono e sorrisero; e Silvio, per far vedere<br />
che aveva coraggio, s’accostò a Spiranza che non si lasciava<br />
sfuggir di mano le zampe agitate d<strong>al</strong>le convulsioni di morte;<br />
e la guardò negli occhi.<br />
Ella attese che l’agnelletto finisse di soffrire, e quando lo<br />
vide morto lo sollevò in <strong>al</strong>to, lo baciò sul povero musino tiepido.<br />
– Poveretto! – disse: – chi te l’avrebbe detto ieri quando<br />
s<strong>al</strong>tellavi tra i cespugli! –. E dopo avergli forato con una<br />
coltellata i garetti, l’appese a un cavicchio infisso nel muro.<br />
– E ora, a voi! – gridò avvicinandosi a due <strong>al</strong>tre bestiole<br />
accaprettate, che belavano da spetrare i macigni e si dibattevano<br />
furiosamente per terra, sollevando la testina a tratti<br />
e lasciandola tosto ricader di peso, come se avessero orrore<br />
della dolorosa fine del compagno. Ne acciuffò una per le lane,<br />
l’attanagliò per le zampette, la baciò parimenti sul muso.<br />
– Zitta, là: che non è nulla! Zio Pasc<strong>al</strong>i ti farà il solletico in<br />
gola! –. La distese sullo stesso masso, la tenne pronta per<br />
l’immolazione, con forza.<br />
32<br />
Al primo belato roco del compagno sgozzato, l’ultimo<br />
agnello prigioniero si dimenò come una serpe d<strong>al</strong>la schiena<br />
infranta; e i due soldati, rabbrividendo, s’<strong>al</strong>lontanarono di<br />
corsa, fuggendo verso le mandre.<br />
Nelle mandre ferveva l’opera pastor<strong>al</strong>e: ché si aveva<br />
fretta. I mungitori cantavano, gridavano, s’apostrofavano,<br />
tra i mugghi, i belati, i tintinni: le bestie tumultuavano impazienti<br />
della prigionia.<br />
– Signor Silvio, vuol provare? – gridò Girominu levando<br />
la testa e guardando di tra le gambe della vacca nera. – Entri,<br />
entri pure.<br />
Il sergente fece sgrigiolare il cancello di legno ed entrò.<br />
Ma in quanto a mungere, era un <strong>al</strong>tro affare. – Non ci son<br />
buono affatto! Oh no: non ci son buono.<br />
– Come! Lei sa far volare quella macchinaccia disgraziata,<br />
e non saprebbe mungere? Provi.<br />
– Eppure non ci son buono! –. E non volle neanche<br />
provare: anzi si tenne sempre lontano, un po’ in disparte,<br />
temendo che le vacche, le qu<strong>al</strong>i lo guardavano ruminando e<br />
lasciandosi tranquillamente spremere i capezzoli, gli potessero<br />
dar delle cornate a tradimento.<br />
Invece l’infermiere, che era un Sardo autentico, un giovanottone<br />
del Campidano, si curvò sotto il ventre della bestiaccia<br />
d<strong>al</strong>le nari fumanti, premette a piene mani i capezzoli,<br />
e gli zampilli del latte sfriggolarono tosto nel secchio<br />
di sughero con un suono cupo, che s’accordava stranamente<br />
coi diversi rumori degli <strong>al</strong>tri recipienti di legno e di lamiera.<br />
Mena, che s’era aggrappata <strong>al</strong> muro della mandra, fece<br />
una piccola esclamazione di maraviglia, e gli <strong>al</strong>tri pastori<br />
dagli <strong>al</strong>tri recinti e addiacci si sporsero tra i rami e le fascine<br />
delle siepi e vociarono a gara, inorgogliti: – Bravo, paesano!<br />
Silvio si sentiva penetrare nell’animo tutta la dolcezza<br />
di quella pace montàna, e guardava uomini e cose con<br />
espressione d’affetto e di godimento. In tutto il suo essere si<br />
rinnovava un’eco delle mille impressioni voluttuose provate<br />
d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>to durante i suoi voli, e la sua vista spaziava intorno<br />
sullo sconfinato prospetto, e le sue membra si rinvigorivano<br />
quasi per virtù di un filtro miracoloso.<br />
33
La vetta eccelsa del monte, tenuamente velata da piccole<br />
nuvole bianche screziate da riflessi di rosa, pareva un immenso<br />
mucchio di massi d’oro offerto d<strong>al</strong>la terra <strong>al</strong> cielo; e<br />
per la china e per le v<strong>al</strong>li era un gioco incantevole di luci e<br />
d’ombre, con b<strong>al</strong>eni improvvisi e fuggevoli, con la più varia<br />
gradazione di colori; e nel confine del visibile, dopo fughe<br />
di poggi e di piani, sulla linea ondulata e indefinita, spiccavano<br />
nella chiarità celeste i profili azzurri di Monte Santo,<br />
sfumati con tinte di sogno, aureolati d’iride.<br />
Di tanto in tanto dai sentieruzzi delle coste s’avanzavano<br />
piccoli gruppetti di pastori, uomini e donne, che venivano<br />
dagli stazzi delle vicinanze per prender parte <strong>al</strong>l’opera<br />
e <strong>al</strong>la festa. Essi s’eran sbrigati in quattro e quattr’otto della<br />
loro breve faccenduola: (si faceva presto a segnar quattro<br />
agnellette!) e venivano per dar mano <strong>al</strong>la segnatura lunga e<br />
complessa del bestiame di ziu Pasc<strong>al</strong>i, il più ricco pastore<br />
della contrada, in vacche, pecore, capre, porci e cav<strong>al</strong>li.<br />
I maschi eran giovanotti aitanti, vestiti di vellutino, col<br />
cappello a larghe tese, con la camicia di neve, con la catena<br />
dell’orologio luccicante sul petto, col fucile imbracciato.<br />
Tra di essi qu<strong>al</strong>che vecchio in costume region<strong>al</strong>e, qu<strong>al</strong>che<br />
<strong>al</strong>tro ammodernato con grossi cerchi d’oro <strong>al</strong>le orecchie.<br />
Le donne eran ragazze svelte, dagli occhioni luminosi,<br />
vestite di perc<strong>al</strong>le fiorito di colori vivi, col capo coperto da<br />
fazzoletti di seta o da sciarpe frangiate, e con le dita luccicanti<br />
di anelli d’oro e il petto di fermagli d’oro. Qu<strong>al</strong>cuna<br />
aveva anche il ventaglio e l’ombrellino.<br />
Venivano, s<strong>al</strong>utavano da lontano, sorridendo, e stringevano<br />
la mano a tutti, anche ai soldati che non conoscevano,<br />
rivolgendo a tutti un complimento stereotipato. Le donne<br />
s’abbracciavano, si baciavano su tutte e due le guance: e gli<br />
schiocchi provocavano i frizzi degli impertinenti.<br />
– I baci di comare Cat<strong>al</strong>ina sembrano scariche a mitraglia!<br />
– Comare Rosèddha ha fatto cecca! Ah!<br />
– Udite, udite che coppiola!<br />
– Quella lì v’ha morsicato, comare Lucrezia: avete ancora<br />
le dentate sulla guancia!<br />
Le fanciulle avevan vergogna dei due sconosciuti; ma<br />
qu<strong>al</strong>cuna non aveva peli sulla lingua. – Parlate per invidia!<br />
– gridava. – Abbracciate i becchi se avete voglia di baciare!<br />
34<br />
Sprilli di riso schizzavano per forza d<strong>al</strong>le bocche chiuse<br />
con le mani.<br />
Spiranza e Mena, che avevano anch’esse indossato uno<br />
dei loro vestiti di festa, facevan gli onori di casa, e ricevevano<br />
le amiche cordi<strong>al</strong>mente, dandosi però da fare attorno,<br />
perché molte cose rimanevano ancora da disporre. E le sopraggiunte<br />
davan tosto una mano.<br />
Altrettanto facevano gli uomini: – Ziu Pasc<strong>al</strong>i, che cosa<br />
c’è da fare?<br />
– Oh, Gilgòlu, fa questo. E tu, Janni, fa quest’<strong>al</strong>tro. A te,<br />
Mimmiu! Ma non v’affatticate tanto, ragazzi. Grazie a Dio,<br />
siamo in molti. Vede, signor Silvio, quanti buoni figli ho io!<br />
– Dio volesse, zio Pascà! – gridava un caposcarico – che<br />
fossimo tutti vostri figli! Almeno ci empiremmo il buzzo<br />
ogni giorno!<br />
– Ma io vi farei anche stracanare per bene, ragazzacci!<br />
– E noi lavoreremmo volentieri. Ci volete?<br />
– Ebbene: cominciate a lavorare, intanto.<br />
Ma non c’era bisogno di stimolo. E chi apriva la c<strong>al</strong>laia<br />
per lasciare in libertà le pecore segnate, e chi il cancello della<br />
mandra murata per mandar via le capre; chi si incaricava<br />
dei vitelli, chi dei capretti, chi delle agnelle; chi trasportava<br />
<strong>al</strong>la capanna del cacio gli ultimi secchi di latte; chi acciambellava<br />
le lacciaie; chi affilava ben bene i coltelli; chi spazzava<br />
con frasconi l’ovile; chi deponeva sul sentiero i brevi benedetti<br />
che preserverebbero le bestie da m<strong>al</strong>i sconosciuti;<br />
chi faceva una cosa, chi un’<strong>al</strong>tra.<br />
Silvio era ammirato di quel formicolio, e il soldato campidanese<br />
non si poteva astenere d<strong>al</strong> prender parte <strong>al</strong> lavoro<br />
con piccoli gridi.<br />
La segnatura cominciò dai vitellini. Il segno del bestiame<br />
di ziu Pasc<strong>al</strong>i era un foro rotondo nell’orecchio destro. Il segnatore<br />
ripiegava in due l’orecchio della bestia tenuta da un<br />
<strong>al</strong>tro per le cornicina e col coltello tagliava via il pezzetto con<br />
taglio circolare. Il povero anim<strong>al</strong>e mugolava per il dolore, e<br />
appena lasciato libero si dava a corsa sfrenata dentro il chiuso,<br />
scrollando la testa come se avesse il baco, spruzzandosi di<br />
sangue il collo, spruzzando l’erbe e le frasche. Quando i feriti<br />
furon molti, il mugolio pietoso divenne una babilonia e le<br />
fughe diventaron pazze, assillanti.<br />
35
Poi toccò <strong>al</strong>le caprette, indi <strong>al</strong>le agnelle, in ultimo ai porci.<br />
Le caprette si lamentavano pietosamente come se le scannassero<br />
e s’agitavano per ribellarsi: anche le agnelle davan belati<br />
mesti, tutte spaurite. Ma i più scand<strong>al</strong>osi erano i porchetti<br />
coi loro grugniti irosi e lunghi, con la loro ribellione violenta.<br />
I pastori non avevan però coricini molto teneri e, sordi a<br />
ogni lamento, continuavano a tagliare, come se si trattasse di<br />
trinciar sughero o tabacco. Anche qu<strong>al</strong>cuna delle ragazze volle<br />
impugnare il coltello, cacciar le mani nella faccenda crudele.<br />
Si era appena finito di segnare, e per i chiusi diversi risonava<br />
ancora la multisona lamentazione dei branchi riuniti,<br />
quando improvvisamente giunse d<strong>al</strong> sentiero una musica,<br />
insolita per quelle b<strong>al</strong>ze, che sembrava sonata da spiriti,<br />
perché nessun mort<strong>al</strong>e compariva in vista.<br />
Qu<strong>al</strong>cuna delle donne si fece il segno della croce e anche<br />
gli uomini si guardarono l’un l’<strong>al</strong>tro maravigliati. – Che<br />
diavolo c’è?<br />
– Volete scommettere che è quella buona lana del dottore?<br />
– gridò Girominu, dopo che ognuno aveva detto la sua.<br />
– Scommettiamo? È lui di certo! Corriamogli incontro!<br />
Un gruppo si mosse verso la v<strong>al</strong>le, e, fatti appena pochi<br />
passi, vide spuntare da una svolta il solito ombrello bianco,<br />
il solito cav<strong>al</strong>lino, e dietro <strong>al</strong> cav<strong>al</strong>lino <strong>al</strong>tri tre o quattro individui<br />
che tenevano in bocca certi cosacci neri.<br />
– Il dottore! il dottore che viene coi demòni!<br />
Il Sirena s’era assicurato <strong>al</strong> torace con una corda il manico<br />
arcuato dell’ombrello (a cui aveva attaccato le briglie)<br />
e veniva innanzi strimpellando una sua vecchia chitarra,<br />
ben diritto in sella, impettito e grave, compreso della sua<br />
autorità di capobanda.<br />
La musica si spandeva per quei luoghi silvestri, invadendo<br />
i v<strong>al</strong>loni e le gole, echeggiando sui nodi rocciosi, ripercotendosi<br />
per le fratte e i dirupi, come qu<strong>al</strong>cosa di materi<strong>al</strong>e<br />
che s’avventasse e sbattesse contro muraglie di pietra.<br />
E pareva che la consueta polifonia selvaggia più non esistesse<br />
e tutto sull’<strong>al</strong>tura fosse muto.<br />
M<strong>al</strong>cu corse <strong>al</strong>la capanna e sparò due fucilate a s<strong>al</strong>va, per<br />
dare il benvenuto agli ospiti: e tutti, uomini e donne, li accolsero<br />
battendo le mani: natur<strong>al</strong>mente chi poteva batterle;<br />
36<br />
giacché <strong>al</strong>cune delle fanciulle, attirate d<strong>al</strong> repentino richiamo,<br />
erano uscite sullo spiazzo con ciò che s’eran trovato fra<br />
mano, con le mestole, le grattuge, gli spiedi, le gratelle, e anche<br />
coi treppiedi che furon fatti tintinnare pur essi per ingrossare<br />
il plauso.<br />
I musicisti, a un cenno della testa del dottore (e anche<br />
l’ombrello fece un tentennone buffo) si fermarono davanti <strong>al</strong>lo<br />
stabbiolo e gonfiarono poderosamente le gote per dar più<br />
forza <strong>al</strong> fin<strong>al</strong>e. E ciò che ne venne fuori fu qu<strong>al</strong>cosa di strabiliante<br />
e di grottesco giacché i pianti dei clarini non andarono<br />
a sangue <strong>al</strong> mai<strong>al</strong>e rinchiuso, (i cui nervi eran stati messi troppo<br />
<strong>al</strong>la prova fin d<strong>al</strong>l’aurora) il qu<strong>al</strong>e accompagnò la melodia<br />
con un’orribile ciuciata di grugniti e di berci indiavolati.<br />
I sonatori non poteron continuare, vinti da un prepotente<br />
bisogno di scoppiare; e smisero per scrosciare in certe<br />
risatone stentoree, che subito divennero contagiose.<br />
– Viva il dottore! Viva i musicanti! – gridarono i pastori.<br />
– Viva ziu Pasc<strong>al</strong>i e la compagnia! – gridarono i nuovi<br />
arrivati.<br />
– Viva! Viva! – ripeterono tutti, con clamore.<br />
Il vecchio padrone non capiva nella pelle. – Ma sa che è<br />
proprio prezioso, lei! – diceva <strong>al</strong> Sirena, aiutandolo a smontare:<br />
(il che non era impresa molto agevole a causa della chitarra<br />
e dell’arnese che teneva ancora legato <strong>al</strong> busto). – Un<br />
uomo che sa fare di queste belle improvvisate, non dovrebbe<br />
mai morire!<br />
– Che volete? – rispondeva lui, sbarazzandosi degli ingombri<br />
e stringendo a uno a uno la mano a tutti. – M’è<br />
s<strong>al</strong>tato il grillo in testa, così <strong>al</strong>l’improvviso. Ho detto: «nella<br />
cascina di zio Pasc<strong>al</strong>i non son mancate mai le feste per la<br />
segnatura: vi concorrono da ogni parte giovanotti e ragazzi<br />
che hanno tanta voglia di far quattro s<strong>al</strong>ti a cose finite…<br />
Cerchiamo i sonatori». Li ho trovati: (e son tutti della banda<br />
music<strong>al</strong>e, sapete?). Non ho sprecato molte parole. «Andiamo?».<br />
«Andiamo!». E ora siamo qui, per divertire questi<br />
bei musetti di ciliege!… Ben trovata, zia Francisca, la regina<br />
madre della festa: perché le regine figlie son quelle, eh!<br />
– rispondeva <strong>al</strong>la padrona accorsa l’ultima a dargli il benvenuto.<br />
37
I musetti di ciliege lo ringraziavano col luccichio degli<br />
occhi vivi, col sorriso luminoso; e prima fra tutte Filumena,<br />
il cui <strong>cuore</strong> dava delle martellate e il cui viso era di fiamma.<br />
Silvio abbracciò il medico, vinto da una commozione<br />
profonda. – Signor dottore! s’io fossi una fanciulla mi sarei<br />
già innamorato di lei! –. E gli occhi suoi brillaron di lacrime.<br />
L’anima dell’aviatore era in quel giorno disposta <strong>al</strong>la m<strong>al</strong>inconia.<br />
Già: la notte aveva riposato poco. Il pensiero di dover<br />
partire gli aveva levato il sonno. Prima aveva creduto che<br />
l’ansia di dover tornare <strong>al</strong>le consuete care occupazioni, in<br />
mezzo ai simpatici camerati, a fianco dei superiori, <strong>al</strong>la macchina,<br />
<strong>al</strong>la vita sana e civile, <strong>al</strong>le ascensioni, ai voli, l’impedisse<br />
appunto di dormire. Ma poi s’era accorto che tutte quelle<br />
imagini lusinghiere s’erano imp<strong>al</strong>lidite nella sua mente e non<br />
avevano più strappato un p<strong>al</strong>pito <strong>al</strong> suo <strong>cuore</strong>, e poi erano<br />
svanite per lasciar luogo <strong>al</strong>le figure semplici e bonarie della<br />
famiglia ospit<strong>al</strong>e, e particolarmente <strong>al</strong>la figura slanciata e flessuosa<br />
di Spiranza, che aveva ostinatamente animato la sua<br />
veglia e il suo sogno con arti di m<strong>al</strong>izia e d’incanto. Nel lento<br />
scorrer delle ore, fatte più lunghe d<strong>al</strong> completo silenzio d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tura,<br />
aveva ripensato minutamente e replicatamente a<br />
quanto aveva sofferto e goduto tra i muri di quella casa amica;<br />
<strong>al</strong>la semplicità e bontà di quella gente; <strong>al</strong>le loro cure disinteressate,<br />
che gli avevano fatto dimenticare completamente<br />
l’offesa di sangue e gonfiato il <strong>cuore</strong> di gratitudine; a tutta<br />
una vita di c<strong>al</strong>ma, di pace, di gioia. E regina di tutte le scene<br />
era stata la ragazza sventatella, che si era improvvisamente<br />
presentata a lui sul sentiero incerto della giovinezza come<br />
una maga e aveva forse deciso del suo nuovo cammino.<br />
L’aveva riveduta china sul suo letto, intenta a spiare il sonno<br />
agitato del ferito straniero, sbattuto contro i sassi del monte<br />
da un destino capriccioso, venuto chi sapeva donde, chi sapeva<br />
perché?; intenta a leggere su quel viso emaciato il segreto<br />
passare di visioni torbide in quella mente amm<strong>al</strong>ata, a misurare<br />
l’affaticato respiro di quel petto, oppresso da tristezza ineffabile,<br />
a cogliere da quelle labbra scottanti ogni parola, sebbene<br />
misteriosa e incomprensibile, sfuggita nel delirio.<br />
Poi aveva ricordato tutte le squisite arti dell’affetto di<br />
lei, la modestia, il sacrifizio. E aveva risentito tutto il bene<br />
che i sorrisi luminosi di lei gli avevan procurato, l’oblio che<br />
38<br />
gli avevan dato i suoi sguardi, l’ansia di bontà che gli avevan<br />
ridestato nell’animo le parole carezzose. Gli era sovvenuto<br />
che in certe ore di tenerezza aveva quasi desiderato<br />
che quella tappa strana della sua esistenza non avesse a finir<br />
mai, e tutta la sua vita si consumasse su quell’<strong>al</strong>tura, tra<br />
quelle delizie primitive, tra quei rumori stanchi, sonanti nei<br />
silenzi sconfinati come ninne nanne suadenti <strong>al</strong> sonno, tra<br />
quelle nature aperte <strong>al</strong>la gioia come <strong>al</strong>tipiani <strong>al</strong> vento, lontano<br />
anche agli echi d’un mondo troppo vecchio e stucchevole,<br />
ove la vita si trascina come una croce.<br />
Riandando le memorie gentili s’era avvoltolato sul letto,<br />
stancato di fantasticare. Che gli tornasse la febbre? Oh!<br />
Forse non sarebbe un gran m<strong>al</strong>e! Chi sapeva se non sarebbe<br />
un bene? Così, forse potrebbe rimandare la partenza; potrebbe<br />
ancora per qu<strong>al</strong>che giorno contemplar la sua maga,<br />
obliarsi <strong>al</strong> suo sorriso, ardere <strong>al</strong> suo sguardo, tremare <strong>al</strong>la<br />
sua voce. Però tutto era già disposto per il viaggio: i superiori<br />
erano già preavvisati e bisognava tornare.<br />
Tornare. E quando aveva chiuso occhio, era stato tutto<br />
un groviglio di sogni, d’addii, di distacchi dolorosi, che lasciavano<br />
solchi nel <strong>cuore</strong>.<br />
Per fortuna s’era svegliato presto, aveva udito che la fattoria<br />
s’era già animata, e s’era <strong>al</strong>zato anch’egli stanco e pieno<br />
di mestizia.<br />
Il dottore, nell’abbracciarlo, s’accorse del suo stato e lo<br />
guardò negli occhi. – Ma lei mi sembra molto debole, sergente!<br />
Ha bisogno di ristoro. Venga con me.<br />
E prima ch’egli comprendesse tenendolo per mano, lo<br />
trascinò nell’interno, chiamando a voce <strong>al</strong>ta: – Ehi! Santa<br />
Filomena, santa Speranza! Lasciate dunque morir di fame<br />
gli ospiti, voi<strong>al</strong>tre? Una tazza di latte c<strong>al</strong>do <strong>al</strong> vostro protetto.<br />
Dove vi siete ficcate?<br />
Al baccano Spiranza e Mena usciron di cucina con in<br />
mano un pollastro mezzo pelato. – Santa Maria! – esclamò<br />
ridendo la maggiore. – Ella lo sveglia, il luogo! Che perla!<br />
– E come no: è giorno da morir di fame, oggi? Guardate:<br />
è proprio estenuato.<br />
Silvio veniva dietro, riluttante, rosso di fiamma. – No,<br />
no, dottore! Non dipende mica da fame. Ho dormito poco,<br />
stanotte.<br />
39
– Come? come? Pensava dunque agli astri? – chiedeva<br />
m<strong>al</strong>iziosamente il Sirena accompagnandolo in cucina (che<br />
era tutta un tumulto), seguendo Spiranza fino <strong>al</strong> fornello.<br />
– Per carità! – pregava costei; – non entrino qua, fra<br />
tanta confusione. Vadano nella stanza qui di fronte. Mena,<br />
accompagn<strong>al</strong>i tu, intanto ch’io preparo il latte. Vadano! Gesummaria!<br />
Le donne erano tutte affaccendate intorno ai vari focolari<br />
dove bollivano paioli e paiolini e pentole di varie dimensioni;<br />
e <strong>al</strong>la tavola su cui si tagliava la carne (che s’ammucchiava<br />
in taglieri di legno) e si sminuzzavano le interiora da<br />
infilzar negli spiedi e da rivestir con gli intestini, e si preparavan<br />
gli arrosti; e ai fornelli, che stridevano per un continuo<br />
sfriggolio di padelle.<br />
Era da per tutto un manipolamento di droghe e di ingredienti,<br />
e ondate d’aromi si spandevano per tutto, e il fumo<br />
tenue tutto annebbiava. Le giovani con le braccia nude<br />
fino ai gomiti, a testa nuda, gattigliavano animatamente,<br />
s’apostrofavano, scrosciavano in risate squillanti.<br />
Silvio era confuso da tutto quel tramenio; ma il dottore<br />
godeva una pasqua in mezzo <strong>al</strong>la babilonia e apriva voluttuosamente<br />
le narici per aspirare gli acri profumi, e dava in<br />
certe esclamazioni guttur<strong>al</strong>i da buongustaio e faceva schioccar<br />
la lingua e le dita.<br />
– Vada via, dunque! Tormento che lei è! – imponeva<br />
scherzosamente Spiranza. – M’avevan detto ch’era…: e non<br />
l’avevo creduto. Ma ora me lo fa credere. Vada! Mena, la<br />
grulla, che fai?<br />
– Oh oh! Non volete che si guardino i vostri intrugli?<br />
Ci potete preparare anche il veleno! Però…<br />
Mena, ch’era stata un pezzo a contemplarlo in silenzio,<br />
assorta in certe sue visioni luminose, gli interruppe in gola<br />
chi sa qu<strong>al</strong>e diavoleria, prendendolo arditamente per la f<strong>al</strong>da<br />
della giacca e trascinandolo fuori dolcemente: – Venga;<br />
venga qui!<br />
Egli si lasciò condurre, sorpreso della novità: chi dava a<br />
Mena tanta disinvoltura? E quando fu arrivato <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tra stanza<br />
tese le braccia coi polsi incrociati e i pugni chiusi: – Ecco!<br />
– gridò, – mettimi le manette ora!<br />
40<br />
La giovane gli diede un biscottino sulla guancia, e fuggì;<br />
ed egli chiuse gli occhi per intenso godimento.<br />
Poco dopo giunse Spiranza con la tazza del latte fumante<br />
e s’accostò a Silvio, che s’era abbandonato sulla sedia,<br />
ed era p<strong>al</strong>lido più del solito.<br />
– Ma cos’ha dunque oggi? Perché non me lo dice? – gli<br />
chiese ella con premuroso interessamento. – È forse faccia<br />
da far oggi, codesta?<br />
– Ho dormito poco, Speranza.<br />
– Eh eh! lo so! Il tempo le sembra molto lungo oggi:<br />
non vede l’ora d’arrivar a Tempio. Si faccia animo: ci arriverà<br />
stasera! Che diamine!<br />
– Perché mi ricorda appunto la causa del mio tormento,<br />
Speranza? Appunto perché me ne vado…<br />
Si fermò indeciso e girò gli occhi intorno. Eran soli, (il<br />
dottore aveva sgattaiolato <strong>al</strong>la chetichella subito dopo Mena)<br />
ed ebbe paura della sua fortuna. Anche la fanciulla taceva.<br />
– Ebbene: appunto perché se ne va…? – interrogò costei<br />
dopo una pausa.<br />
– Son triste, Speranza!<br />
– Andate e credetegli! Triste perché ritorna <strong>al</strong>la città quasi<br />
sano, dove potrà divertirsi tanto, con gli amici, con… le amiche,<br />
in mezzo a gente per bene; dopo essere stato come in<br />
prigione per <strong>al</strong>cune settimane, in mezzo a gente… A chi lo<br />
fa credere? Beva, beva il latte!<br />
Ma egli non beveva. La guardava con occhi desolati,<br />
quasi supplicandola che smettesse di suppliziarlo.<br />
– Tu lo credi più di me, Speranza!<br />
Ella aveva ancora la forza di sorridere e di negare col capo.<br />
– Beva, però!<br />
– No, non bevo: non è la fame che mi fa così bianco.<br />
– Ma beva <strong>al</strong>meno per amor mio! L’ha detto anche il<br />
dottore…<br />
– Io non berrò né mangerò se tu continuerai a credere<br />
ciò che hai detto: giacché mi fai torto; mi credi un ingrato,<br />
un mostro…<br />
Anche Spiranza taceva, ora. Bramava ch’egli parlasse.<br />
Voleva udir d<strong>al</strong>la sua bocca ciò ch’ella stessa pensava. Ed<br />
egli, a voce sommessa, acc<strong>al</strong>orandosi, continuò: – Un mostro,<br />
41
sicuro! Sarei un mostro se non mi ricordassi di tutto il bene<br />
che m’avete fatto voi <strong>al</strong>tri, e tu speci<strong>al</strong>mente, Speranza!; se<br />
non avessi anzi sempre fissa nel <strong>cuore</strong> la riconoscenza e non<br />
cercassi di benedire le vostre premure. Io non dimenticherò<br />
mai la tua famiglia: non ti dimenticherò mai, Speranza. E<br />
anche se tu, forse, un giorno ti sposassi con colui che ti avesse<br />
toccato il <strong>cuore</strong>, io, da lontano, penserò sempre <strong>al</strong>le ore<br />
dolci che ho trascorso assistito da te con tanto amore fraterno.<br />
E anche se voi<strong>al</strong>tri dimentichiate tosto (ed è giusto) colui<br />
che il destino v’ha fatto cadere in mezzo come un intruso<br />
e uno sfacciato, che abusò delle vostre gentilezze…<br />
– Per carità, signor Silvio! Ora fa torto a noi… a me…<br />
Di nuovo vi fu silenzio. Il latte si raffreddava. D<strong>al</strong>la cucina<br />
giungeva un acciottolio di piatti, di rumori, di voci: da<br />
fuori il cic<strong>al</strong>eccio degli uomini. Ma i due giovani niente<br />
udivano, sviati d<strong>al</strong> sogno.<br />
Ella si scosse per la prima. – Beva! – gli disse. – Non<br />
voglio che oggi sia così triste. Se si dovessero esternare le<br />
tristezze dell’animo, neppur io sarei così <strong>al</strong>legra. Invece…<br />
Lo sguardo di lui fu tutto un ànsimo. – Invece…? – soffiò.<br />
– Invece bisogna farsi forza… bisogna sostenerci a vicenda.<br />
Se davvero m…, ci vuol bene, Tempio non è in capo<br />
<strong>al</strong> mondo. Restiamo sempre vicini. Ella potrà tornare e<br />
noi potremo visitarla in città.<br />
La speranza tingeva di rosa la faccia già bianca, e il velo<br />
della tristezza in parte si dissipava. Gli occhi mandavano qu<strong>al</strong>che<br />
favilla, aperti nel futuro. – Oh certo, certo! – mormoravano<br />
quelle labbra, asciutte per febbre, avide di refrigerio.<br />
La giovane gli offrì ancora la tazza: ed egli con moto<br />
quasi violento gliela volle quasi strappare. Nell’atto cieco le<br />
sue mani febbricitanti s’aggrapparono <strong>al</strong>la manina donatrice,<br />
e il contatto magico gli comunicò un sussulto.<br />
Le labbra assetate invece che sul vasetto s’impressero bramosamente<br />
su quella mano, e ne sorbirono a lungo un nirvana.<br />
Durante il desinare, che fu servito nell’orto sotto la volta<br />
ombrosa dell’ampio pergolato, un’<strong>al</strong>tra piccola spina s’aggiunse<br />
<strong>al</strong> lento martirio di Silvio.<br />
42<br />
Egli sedeva <strong>al</strong>la sinistra di ziu Pasc<strong>al</strong>i, ch’era capotavola (il<br />
dottore a destra del vecchio, i musicanti ai due lati della massiccia<br />
mensa di granito), e d<strong>al</strong> suo posto distinto invidiava la<br />
rumorosa <strong>al</strong>legrezza degli <strong>al</strong>tri convitati, accoccolati per terra<br />
in due lunghe file come siepe viva, intorno a una larga striscia<br />
di tovaglie bianche, distese sopra rozze coperte di lana e<br />
ingombre d’una confusione di piatti, di posate, di stiacciate,<br />
di zucche, di taglieri, di spiedi. Quanto avrebbe pagato per<br />
poter essere nei panni di quei giovanottoni spensierati, che<br />
inghiottivano a gara tocchi di carne grossi come un pugno e<br />
sorsate lunghe di vino esilarante, e poi, tra una bevuta e l’<strong>al</strong>tra,<br />
mandavano fuori d<strong>al</strong>la bocca tutto lo spirito che avevano<br />
inghiottito, sotto forma d’apostrofi giulive, di gridi, di risate!<br />
Fra i pastori aveva notato fin d<strong>al</strong> principio un pezzo di<br />
gigante bruno, dai baffetti incipienti, d<strong>al</strong>la faccia piena, il<br />
qu<strong>al</strong>e, a quanto pareva, guardava teneramente Spiranza e le<br />
parlava con troppa famigliarità, quasi con libertà. L’aveva seguito<br />
nelle diverse mosse, e l’aveva visto volteggiarle attorno<br />
come un c<strong>al</strong>abrone, quando s’apparecchiava, e accompagnarla<br />
d<strong>al</strong>la cucina <strong>al</strong>l’orto e d<strong>al</strong>l’orto <strong>al</strong>la cucina, quand’ella<br />
portava le zuppiere colme e i taglieri pieni cùpoli, fumanti.<br />
Aveva osservato ancora che ella gli sorrideva, gli parlava con<br />
espansione, gli faceva anche (se non s’era ingannato) qu<strong>al</strong>che<br />
strizzatina d’occhio. Non gli era sfuggito neppure che, a<br />
certe arditezze di quel cagnaccio barbone, le comari si erano<br />
mormorato <strong>al</strong>l’orecchio non sapeva qu<strong>al</strong>e commento, e qu<strong>al</strong>che<br />
compare aveva gridato qu<strong>al</strong>che frase ch’egli non aveva<br />
inteso, ma che aveva fatto ridere la compagnia.<br />
Chi poteva essere quell’antipatico? Un vicino, forse, o un<br />
parente, o…? Una lieve punta di gelosia l’aveva tormentato.<br />
L’ansia lo torturò per un pezzo, l’agitò sulla sedia puntuta<br />
di pruni. Quando più non si poté frenare, chiese a zio<br />
Pasc<strong>al</strong>i: – Chi è quel… bel giovane… <strong>al</strong>to?<br />
Il vecchio, quasi asciuttamente (sembrava preoccupato)<br />
pronunziò solo un nome: Jaccheddhu Ruoni. Ma uno dei<br />
musicanti vicini completò le notizie. – È figlio d’uno dei<br />
più ricchi pastori di queste parti: uno dei tiratori più v<strong>al</strong>enti:<br />
cacciatore appassionato –. E approfittando d’una distrazione<br />
del capotavola, che conversava col dottore, accostò la bocca<br />
43
<strong>al</strong>l’orecchio del sergente e gli disse con voce sommessa: – Dicono<br />
che aspiri <strong>al</strong>la mano di Spiranza…, e il matrimonio sarebbe<br />
quasi concluso…<br />
A Silvio sfuggì di mano il coltello che tintinnò sul piatto:<br />
ed egli diventò più sci<strong>al</strong>bo.<br />
– Santa Maria! – gridò Mena, che serviva vicina, tutta<br />
spaventata.<br />
– Cos’ha, signor Silvio? – chiese il dottore.<br />
– Nulla! – diss’egli arrossendo. – Un piccolo capogiro…<br />
Spiranza gli passò vicino, lo sfiorò su la sp<strong>al</strong>la quando<br />
gli cambiò il piatto, lo fissò negli occhi: – Si sente m<strong>al</strong>e forse?<br />
– gli chiese con premura.<br />
Egli la guardò di sfuggita, impacciato; e sotto l’impero<br />
di quegli occhi m<strong>al</strong>iosi, ogni risentimento si dileguò come<br />
vapore <strong>al</strong> sole. Quanto era bella!<br />
– Beva, sergente! – gridò il soldato campidanese, già<br />
mezzo <strong>al</strong>ticcio, il qu<strong>al</strong>e, <strong>al</strong> mormorio dei pastori, s’era <strong>al</strong>zato<br />
per veder la faccia del superiore. – Beva, perbacco! Se beve<br />
del vino di questa zucca, m’ammazzino se non si mette a<br />
far capriole sano come un pesce!<br />
Silvio sorrise p<strong>al</strong>lidamente, tentennò la testa, e si mise<br />
l’indice sulla punta del naso, quasi per dire: «attento veh!».<br />
Ma tutti scoppiarono in risate. – Bravo! Ha ragione! Beva<br />
un <strong>al</strong>tro bicchiere! Beva!<br />
Egli dolcemente trascinato da quell’onda d’<strong>al</strong>legria, <strong>al</strong>zò<br />
in <strong>al</strong>to il bicchiere ricolmo, lo sperò contro un raggio di sole<br />
che lo saettava attraverso i pampani e il fogliame, e, prima<br />
di bere, a voce ben <strong>al</strong>ta brindò: – Bevo <strong>al</strong>la s<strong>al</strong>ute di zio<br />
Pasqu<strong>al</strong>e e della sua compagnia!<br />
Tutti acclamarono: – Alla s<strong>al</strong>ute sua!<br />
I giovani si erano tolta la giacca e sbracciavano in maniche<br />
di camicia: le donne sventolavano i fazzoletti: sicché <strong>al</strong>l’ombra<br />
fu tutto un p<strong>al</strong>pito di colori, e tutto il pergolato frusciava.<br />
– Animo, ragazzi! – gridava il dottore. – Mangiate, che<br />
non si paga nulla!<br />
– Eh! lei lo fa apposta a stuzzicarci, signor dottore! –<br />
osservava un ragazzaccio con la bocca piena. – Ci ha il suo<br />
tornaconto!<br />
44<br />
– E come sarebbe a dire? – chiedeva il Sirena.<br />
– Sarebbe a dire che, se noi ci buschiamo qu<strong>al</strong>che indigestione,<br />
lei potrà vendere le sue medicine! –. Ed ebbe uno<br />
scroscio di grasse risa.<br />
– To’! chi parla d’indigestioni. Proprio tu devi parlare di<br />
medicine! Starebbero freschi i medici con te!<br />
– Eh, se Dio vuole, io ho intenzione di non farmela<br />
mai coi dottori… se mi riesce. Essi a destra, io a sinistra,<br />
essi a sinistra, io a destra –. E non cessava di mangiare.<br />
– Se mi càpiti sotto, però – minacciava ridendo il Sirena<br />
– te le farò pagare tutte in una volta, briccone!<br />
– Aspetterà… Del resto, che crede? Io non mangio poi<br />
più d’un <strong>al</strong>tro: più di questo Campidanese, per esempio.<br />
Per aver appetito mi faccio fare gli scongiuri ogni giorno…<br />
Non crede?<br />
– Nca fu nnàsciu! – esclamò il soldato infermiere. – Bisogno<br />
di brevi e di scongiuri hai tu? Se ci fidiamo inghiottirà<br />
anche noi vestiti e c<strong>al</strong>zati!<br />
– Non gli date il m<strong>al</strong>docchio! – raccomandava ziu Pasc<strong>al</strong>i;<br />
– lasciatelo mangiare. Mi fa proprio piacere!<br />
– Poveretto! Non me lo stregate! – aggiungeva il dottore.<br />
– Ehi! perché lo guardi così tu, Agnuleddha? Bada, lo<br />
affàscini!<br />
La giovane, punta sul vivo, arrossì e curvò la testa. – Dio<br />
liberi! Non si può mangiare con questo dottore!<br />
– Lasci fare, dottor Sirena! – gridò uno. – Si sposeranno<br />
in agosto.<br />
– Oh?! A cent’anni e figli maschi!<br />
– Che pazzie dici, tu? – mormorò Agnuleddha, divenuta<br />
di fiamma.<br />
– Se mi vuole, la sposo certo! – esclamò l’appetitoso. – Se<br />
non ci credi, aspetta! –. E baciò a lungo la zucca.<br />
Così tra le chiacchiere <strong>al</strong>legre terminò il pranzo abbondante<br />
e non del tutto primitivo (giacché in onore degli ospiti<br />
civili si era fatto ancora qu<strong>al</strong>cosa di straordinario); e si<br />
finì con una gran voglia di distendersi sull’erba, <strong>al</strong>l’ombra<br />
dei castagni.<br />
45
Alcuni si erano appunto sdraiati e avevano acceso le pipe;<br />
ma zio Pasc<strong>al</strong>i non era uomo che venisse meno <strong>al</strong>le consuetudini<br />
antiche.<br />
– Che? Vi par proprio l’ora di meriggiare, questa? Le<br />
pecore! Via! Si spara <strong>al</strong>la mira, ora!<br />
Il G<strong>al</strong>lurese è tiratore per eccellenza, e uno degli svaghi<br />
più graditi delle sue feste è appunto il tiro <strong>al</strong> bersaglio. L’invito<br />
del vecchio fu pertanto accolto con entusiasmo gener<strong>al</strong>e.<br />
Fu un correre <strong>al</strong>la capanna per prendere i fucili: e tutti<br />
uscirono tosto con l’arma lucente, con la cartuccera a cintola.<br />
– E qu<strong>al</strong>e sarà il premio, ziù Pascà?<br />
– L’agnella più grassa, che non ho segnato.<br />
– Eh! Potevate benissimo segnarla. Tanto, uno di voi <strong>al</strong>tri<br />
deve vincerla. Siccome non avete tutti occhio fine, Dio<br />
vi guardi!<br />
Silvio si ricordò dei fischi inaspettati delle p<strong>al</strong>le di Girominu,<br />
ed ebbe un leggero tremito. Sapeva ben lui, se i suoi<br />
ospiti colpissero giusto!<br />
Egli s’era un po’ stordito in quel baccan<strong>al</strong>e semirusticano,<br />
e aveva anche bevuto un po’ più del solito per scacciare<br />
il m<strong>al</strong> umore. Seguì anch’egli la compagnia.<br />
Il bersaglio (scaccu) consisteva in un pezzo rotondo di<br />
carta bianca, come un’ostia, appiccicato a un piccolo sasso,<br />
lontano un trecento passi.<br />
Cominciò a sparare il più giovane: indi seguirono gli <strong>al</strong>tri<br />
in ordine di età. Le p<strong>al</strong>le fischiavano in aria, e i rimbombi<br />
echeggiavano per le coste e per le v<strong>al</strong>li. Vicino <strong>al</strong> sasso la<br />
terra smossa dai proiettili fumava. Di quando in quando la<br />
carta si staccava e <strong>al</strong>lora uno correva per accertarsi del colpo.<br />
L’urto della p<strong>al</strong>la contro la pietra l’aveva fatta cadere. – Eh!<br />
l’ha sfiorato, Dio lo guardi! – gridava il verificatore. – Due<br />
dita, e lo bucava nel centro! –. E ritornava di corsa.<br />
Bum! Bum! La gara continuava tra le acclamazioni e le sfide,<br />
gli aizzamenti e le beffe, le risate e i mòccoli. – Dio ti mantenga,<br />
Giansantu! Hai gli occhi tarlati, oggi? Due p<strong>al</strong>mi lontano! – Eh,<br />
se Dio vuole! lasciatelo sparare. Ziu Pasc<strong>al</strong>i, approntate l’agnella!<br />
– Le braccia secche! Se torni a sparare mi metto io per bersaglio!<br />
– Non siamo più in G<strong>al</strong>lura, Dio scampi! Guarda che tiratori!<br />
– Vergogna, vergogna! E siete giovani, anche! Ai miei<br />
46<br />
tempi… – Morte m<strong>al</strong>a! – Coraggio dunque, Andria Lampu! –<br />
Date a me, che siete buoni a far legna!<br />
Silvio e il dottore se ne stavano un po’ in disparte seduti<br />
su d’un rustico sedile <strong>al</strong>l’ombra d’un elce gigante e guardavano<br />
con un certo interesse quel fuoco d’invidiuzze, di<br />
antagonismi, di gelosie, che traspariva sui volti e si tradiva<br />
con le invettive e coi gesti.<br />
Ziu Pasc<strong>al</strong>i e gli <strong>al</strong>tri pochi vecchi s’erano accoccolati<br />
per terra con le gambe a croce e fumavano pacificamente,<br />
sputando s<strong>al</strong>iva e sentenze. Solo di quando in quando facevano<br />
qu<strong>al</strong>che scatto, gridavano qu<strong>al</strong>che parola, grugnivano.<br />
I tiratori, per meglio mirare, chiudevan l’occhio sinistro,<br />
piegavano il ginocchio destro a terra e puntavano il gomito<br />
sull’<strong>al</strong>tro ginocchio. Altri sparavano stando in piedi, <strong>al</strong>tri<br />
seduti, <strong>al</strong>tri coricati bocconi.<br />
Anche le donne, finito di rigovernare, s’erano a poco a<br />
poco unite agli uomini e prendevan parte <strong>al</strong>lo svago. I loro<br />
commenti scombussolavano vie più i pastori.<br />
Il tiro del Campidanese provocò una risataccia gener<strong>al</strong>e.<br />
– Oh oh oh! neanche il bue legato prenderesti, tu! – Altro<br />
che Campidano ci vuole con la G<strong>al</strong>lura! – Viva la G<strong>al</strong>lura!<br />
– Date qua, date qua! – esclamarono due o tre ragazze.<br />
– Vogliamo far vedere che le donne di G<strong>al</strong>lura sparano meglio<br />
dei soldati del Campidano!<br />
– Andate a fare il caffè, voi <strong>al</strong>tre! – gridò con amabilità<br />
zio Pasc<strong>al</strong>i. Sapeva però che le figlie avevano un tiro sicuro<br />
e diceva così per stuzzicarle.<br />
Spiranza strappò a Girominu il suo bel fucile a retrocarica,<br />
si piantò come un’Amazzone sul terreno, e con scatti<br />
secchi delle braccia, spianò l’arma.<br />
Nel silenzio, che s’era fatto quasi religioso, lo scoppio<br />
parve più rombante e il fumo più invadente. Il piccolo disco<br />
bianco era scomparso.<br />
– L’avevo detto ben io, ziu Pascà, che l’agnella sarebbe<br />
rimasta in casa vostra.<br />
– E non si sapeva?<br />
– Chi ne dubitava, Dio la guardi?<br />
Però la carta non era ancora rotta nel centro: era solamente<br />
sbocconcellata <strong>al</strong>l’orlo. Il verificatore la riattaccò <strong>al</strong> masso.<br />
47
– Vedi, soldato Campidanese, come sparano le nostre<br />
ragazze? – disse il dottore, levandosi e battendo una manata<br />
sulla sp<strong>al</strong>la del giovane. – Adesso a santa Filumena.<br />
Costei era certo più timida della sorella; ma non era poi<br />
così pusillanime da aver paura del fucile. Mirò senza tremare<br />
e il bersaglio andò in pezzi.<br />
– Viva! – gridarono tutti, uomini e donne.<br />
Il dottore strinse la mano <strong>al</strong>la vincitrice e glie la scosse<br />
con impeto. Ella si sentì girar il capo per la commozione,<br />
ardere in un dolce rogo. – È stata una pura combinazione!<br />
– mormorava, schivandosi.<br />
Anche Silvio la complimentò con affetto. – Corronca,<br />
– gridò egli verso il soldato infermiere, strizzando l’occhio.<br />
– Da’ loro la tua divisa e prendi le loro gonnelle. Servirebbero<br />
meglio la patria…<br />
Il Campidanese diventò scarlatto: – Parlare, va bene!<br />
Sparare, bisogna! Lei perché non spara?<br />
– Certo: adesso spetta a loro! – esclamò zio Pasc<strong>al</strong>i.<br />
– Ma… ora la gara è finita! – osservò il dottore, che<br />
aveva <strong>al</strong>tro per la testa. – La vittoria è di Mena, ormai!<br />
Il vecchio lo guardò con compiacenza e fu veramente venerando<br />
nella luminosità del suo orgoglio paterno. – Quando<br />
mai! – diss’egli; – i nostri tiri non contano! Noi siamo<br />
fuori della gara! L’agnella è per voi <strong>al</strong>tri. Ve l’ho detto: non<br />
l’ho segnata.<br />
Si levò da ogni parte un coro di proteste rispettose. – No,<br />
no: il premio spetta a Mena! – La vincitrice è Mena! – L’onore<br />
a chi spetta! – Viva Mena!<br />
E più nessuno volle sparare.<br />
Il vecchio si rattristò. – Come? – esclamò risentito. – Mi<br />
volete dunque togliere il piacere di far cantare anch’io il mio<br />
fucile?<br />
– Oh! questo no, ziu Pascà! Per quanto non abbiamo<br />
bisogno di questa nuova prova per sapere che siete il più<br />
abile tiratore della contrada! Rimettete il bersaglio, olà!<br />
Il vecchio, mentre l’uomo correva a riappiccicare <strong>al</strong> masso<br />
un’<strong>al</strong>tra piccola ostia di carta, caricò con c<strong>al</strong>ma l’antico<br />
compagno delle sue cacce, un vecchio schioppo a fulminante,<br />
e mentre versava la polvere d<strong>al</strong> polverino di corno e<br />
48<br />
comprimeva lo stoppaccio con la bacchetta, la mano lievemente<br />
gli tremava d’ansia. Disegnò due piccole croci in aria<br />
con le due p<strong>al</strong>le prima di buttarle una per ogni canna; le fece<br />
scivolar dentro lentamente: ve le fermò dentro con <strong>al</strong>tro<br />
stoppaccio, a colpi misurati. Indi, sempre tremando, si tolse<br />
d<strong>al</strong>le labbra, con cui li reggeva, a uno a uno, i due cappellotti,<br />
e li adattò ai luminelli. Attese ansimando. Gli occhi<br />
mandavano lampi.<br />
Quando si portò il c<strong>al</strong>cio <strong>al</strong>la guancia, le vecchie braccia<br />
non erano ancora in pace; ma sùbito, nell’istante solenne, ogni<br />
suo muscolo parve s’irrigidisse. Solo l’indice destro sgrillettò, e<br />
il colpo fat<strong>al</strong>e partì. Il bersaglio parve se lo fosse inghiottito il<br />
terreno, e appena si poteron trovare piccoli pezzetti.<br />
– Sempre sei tu, Pasc<strong>al</strong>i Luna, che Dio t’assista! – gli<br />
gridò un coetaneo. – Se nell’inferno si tirasse <strong>al</strong> bersaglio<br />
(come credo che i G<strong>al</strong>luresi potranno fare) tu vinceresti il<br />
demonio stesso!<br />
– Rimettete un <strong>al</strong>tro scaccu! – comandò il vecchio, che<br />
parve insensibile a tutte le lodi prodigategli a gara da tutti i<br />
presenti. Di nuovo tremolava tutto e pareva assorto in un<br />
sogno.<br />
E quando la piccola luna di carta biancheggiò sul sasso,<br />
si riportò lentamente l’arma <strong>al</strong>la guancia.<br />
– Come mai colpirà anche ora?! – bisbigliò Silvio <strong>al</strong><br />
dottore. E il dottore, pur sommessamente rispose: – Non<br />
ne abbia dubbio! Il suo tiro non f<strong>al</strong>la mai!<br />
La detonazione rimbombò echeggiando e il bersaglio<br />
era sparito.<br />
– Ma lei è addirittura inf<strong>al</strong>libile, signor Pasqu<strong>al</strong>e! – esclamò<br />
entusiasmato Silvio, d<strong>al</strong> viso prima p<strong>al</strong>lido e poi acceso<br />
per la commozione. – Non le invidio tanto i suoi chiusi, i<br />
suoi armenti e le sue gregge, quanto le invidio codesta miracolosa<br />
v<strong>al</strong>entia nello sparare. E non vorrei essere nei panni<br />
d’un suo nemico neanche a mille metri di distanza!<br />
– Eh, eh! Ora son vecchio… Ho sessant’anni sonati…<br />
Ma quando s’era giovani… Domandi, domandi a questi<br />
amici qui, se si sparava bene!<br />
– Tutti i cign<strong>al</strong>i li colpiva <strong>al</strong>l’occhio! – commentava un<br />
anziano.<br />
49
– …e i nemici <strong>al</strong> <strong>cuore</strong>! – concludeva un <strong>al</strong>tro.<br />
Un brivido involontario attraversò le ossa del sergente,<br />
ma l’entusiasmo lo vinse. Afferrò a braccetto il vecchio, facendo<br />
cenno <strong>al</strong> dottore che lo prendesse <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro braccio, e<br />
così in due lo vollero accompagnare in trionfo <strong>al</strong>la casa.<br />
Quelli che seguivano levarono in <strong>al</strong>to i cappelli e gridarono<br />
osanna.<br />
Il vecchio fu profondamente commosso; ma, fatti appena<br />
pochi passi, si fermò di botto, ribellandosi dolcemente.<br />
– Li ringrazio – disse – e m’è cara la loro ammirazione…<br />
benché non la meriti. Ma si devono ricordare che le<br />
vincitrici della gara son le mie figliole… A loro toccano gli<br />
onori!<br />
Il dottore non fu sordo. Lasciò di scatto il braccio di zio<br />
Pasc<strong>al</strong>i e in due s<strong>al</strong>ti fu a fianco di Mena. Senza ch’ella avesse<br />
il tempo di darsi ragione di quanto avveniva, s’impadronì<br />
del suo braccio riluttante e glie lo imprigionò col suo.<br />
Non <strong>al</strong>trettanto presto comprese il sergente. Una subita<br />
confusione gli annebbiò il pensiero: si guardò intorno con<br />
stupore, e per un momento non seppe che fare. Di mezzo<br />
<strong>al</strong>le compagne gli occhioni profondi di Spiranza l’attiravano<br />
come una voragine.<br />
– L’<strong>al</strong>tra che ha rotto lo scaccu è Spiranza – spiegò semplicemente<br />
ziu Pasc<strong>al</strong>i.<br />
Silvio si sentì pungolato e fece i passi quasi nell’incoscienza.<br />
Quando le grida liete d’approvazione dei giovani (le<br />
ragazze, veramente, restarono un po’ scand<strong>al</strong>izzate e punte<br />
da qu<strong>al</strong>che invidiuzza) lo destarono da quell’oblio, s’accorse<br />
che il braccio della giovane tremava leggermente nel suo.<br />
A quella nuova scena, un pensiero improvviso illuminò<br />
la mente d’un musicante. Mormorò qu<strong>al</strong>che cosa <strong>al</strong>l’orecchio<br />
dei compagni e a gran s<strong>al</strong>ti s’affrettarono tutti quattro<br />
verso la fattoria. Ne uscirono tosto, si disposero sulla porta,<br />
diedero fiato ai clarini per accompagnare il trionfo.<br />
Le grida ricominciarono più scapigliate e l’<strong>al</strong>legria non<br />
ebbe più limiti. Varie fucilate echeggiarono e anche i cani<br />
squittirono a gloria.<br />
Il medico, giunto con Mena <strong>al</strong>lo spiazzo, cominciò la<br />
danza, sebbene la compagna graziosamente si volesse ribellare<br />
50<br />
con piccoli gridi, e la sua trovata fu accolta da un’<strong>al</strong>tra esplosione<br />
di giubilo campagnolo.<br />
I pastori si scelsero le dame e il b<strong>al</strong>lo <strong>al</strong>l’aria aperta cominciò,<br />
animato e furioso.<br />
Silvio si lasciò trascinare d<strong>al</strong> vortice e il trasporto la vinse<br />
sulla debolezza e sul m<strong>al</strong>essere. L’impeto giovanile di Spiranza<br />
lo sosteneva e lo stimolava: l’<strong>al</strong>legria contagiosa l’ubbriacava.<br />
Il sangue gli riferveva come in <strong>al</strong>tri giorni lontani<br />
della sua prima giovinezza: il <strong>cuore</strong> gli martellava con violenza<br />
sentendosi batter vicino quell’<strong>al</strong>tro <strong>cuore</strong>. Tutto gli<br />
pareva un sogno.<br />
Però, fatti appena pochi giri, cominciò ad accorgersi che la<br />
rustica danza era diventata un abb<strong>al</strong>lottio disordinato. Le coppie<br />
s’urtavano si spingevano, si sorpassavano: i b<strong>al</strong>lerini si davan<br />
gomitate, si pestavano i piedi. S’avvide anche che una coppia<br />
lo seguiva costantemente, inc<strong>al</strong>zante, quasi fino a toccarlo,<br />
fino a travolgerlo, qu<strong>al</strong>che volta negli aggiramenti bruschi, a<br />
fargli vento sulla nuca con lo svolazzo dei fazzoletti. A un urtone<br />
più violento s’arrestò e vide che il gigante inseguitore era Jacheddhu<br />
Ruoni, il qu<strong>al</strong>e si divorava con gli occhioni il viso<br />
acceso della designata sposa. A t<strong>al</strong> vista, sentì girargli tutto intorno:<br />
il dèmone del sospetto gli abbrancò il <strong>cuore</strong>. – Signor<br />
Ruoni, – gridò – un po’ più adagio, per bacco!<br />
– Scusi, scusi! – gli disse il pastore, disinvolto, quasi<br />
con ironia: – che vuole? l’<strong>al</strong>legria… Viva l’<strong>al</strong>legria! –. E lo<br />
sorpassò con forza vertiginosa, <strong>al</strong>to, potente, bello.<br />
A Silvio parve che Spiranza tremasse. Egli volle riprendere<br />
il b<strong>al</strong>lo, ma si sentì mancare: tutto il brio gli era sfumato.<br />
– Non posso più! – disse piano <strong>al</strong>la giovane. – Vorrei<br />
un po’ d’acqua con vino…<br />
– Venga con me! – diss’ella, traendolo per mano fuori<br />
della danza nell’interno della casa. Lo guardò in faccia e lo<br />
vide p<strong>al</strong>lido, velato di tristezza negli occhi. – Si sente m<strong>al</strong>e?<br />
Anche i vecchi s’accorsero di quel m<strong>al</strong>essere (i giovani<br />
smemorati no: che s’avvolgevano con cieca frenesia), e ne<br />
diedero la colpa a quel m<strong>al</strong>edetto b<strong>al</strong>lo infern<strong>al</strong>e. Chiesero<br />
con premura: – Cos’ha, signor Silvio?<br />
– Nulla! – rispose egli. – Solo mi sento un po’ stanco e<br />
ho sete.<br />
51
– È quel b<strong>al</strong>lo da cani, sa!<br />
I due giovani giunsero in silenzio <strong>al</strong>la stanza, dove egli<br />
s’abbandonò sulla panca, esausto. Ella attinse l’acqua d<strong>al</strong> tinello<br />
con l’attingitoio di sughero e glie la offerse in un bicchierone<br />
di crist<strong>al</strong>lo, con un sorriso muto, dopo averla aggraziata<br />
con uno schizzo di moscato. Ansava ancora e s’asciugava il sudore<br />
col fazzoletto bianco. Rossa e acc<strong>al</strong>data pareva ancora<br />
più bella.<br />
Silvio bevve senza guardarla, le rese il recipiente con un<br />
debole «grazie» e si disponeva a uscire.<br />
– Che cosa le ha fatto Jacheddhu Ruoni? – gli chiese ella<br />
timidamente: e gli parve che divenisse più rossa.<br />
Egli non s’aspettava la domanda e rimase confuso. Indi,<br />
come se si destasse, si scosse, s’infiammò in viso, lampeggiò<br />
negli occhi. – Non lo sai forse, che cosa mi ha fatto? – rispose<br />
rudemente.<br />
Ella sostenne lo sguardo senza scomporsi, pareva. Ma<br />
sùbito divenne grave, e con voce tremola, gli chiese: – Insomma:<br />
sembra che abbia voglia di dirmi qu<strong>al</strong>che cosa…<br />
Se ha da farmi qu<strong>al</strong>che rimprovero, me lo faccia adesso: che<br />
forse dopo non ci sarà più tempo. Si ricordi che tra poco se<br />
ne deve andare e mi dispiacerebbe…<br />
Purtroppo lo ricordava che doveva andarsene: pur troppo<br />
lo sapeva che non ci sarebbe tempo! Un ass<strong>al</strong>to improvviso<br />
di rabbia lo rese quasi brutto: – Meno m<strong>al</strong>e – ringhiò<br />
interrompendola – che aggiungi anche le beffe!<br />
La ragazza ebbe paura e tras<strong>al</strong>ì. – Signor Silvio! – mormorò.<br />
– Per carità! Non l’avevo mai visto così… così…<br />
Che cosa le hanno detto perché possa torturarmi a questo<br />
modo?<br />
– Non ho avuto bisogno che <strong>al</strong>tri me lo dicesse. Ho visto<br />
io stesso con questi miei occhi!<br />
– E che ha visto, dica?<br />
Egli taceva, mordendosi il labbro, sfuggendo lo sguardo<br />
di lei, martoriandosi nell’intimo.<br />
– Che ha visto dunque? Jacheddhu Ruoni…?<br />
Silvio fece una smorfia di sprezzo, come un fanciullo viziato,<br />
e suggellò le labbra. Pareva ostinato nel silenzio. Ma<br />
poi, indottovi d<strong>al</strong>la fat<strong>al</strong>e brevità del tempo, le disse, sempre<br />
52<br />
senza guardarla: – Me lo potevi dire d<strong>al</strong> principio. S’io l’avessi<br />
saputo, non avrei… non mi sarei… Basta: dovevi esser più<br />
franca. Ora ciò mi fa m<strong>al</strong>e. Me ne vado avvelenato.<br />
Anch’ella accorciò per necessità il lungo discorso che<br />
avrebbe voluto fargli: ché da fuori venivan le note festose<br />
dell’<strong>al</strong>tro b<strong>al</strong>lo, e cominciavan gli inviti. Gli si accostò guardinga<br />
e gli disse a voce bassa ma ferma: – Sposar quello lì?<br />
Neanche se mi trafiggessero tutta di pugn<strong>al</strong>ate. Prima mi<br />
butterei d<strong>al</strong>la roccia più <strong>al</strong>ta!<br />
– Ma dunque perché?… – chiedeva egli come se fosse<br />
sulle braci.<br />
– Dunque… perché è uno stolto! Che cosa gli vuol fare?<br />
Le giuro che mai…<br />
Un romor di passi che si udì nel piccolo andito troncò<br />
a mezzo il giuramento atteso, e sulla porta comparve il faccione<br />
arrossato di Jacheddhu Ruoni. – Spirà! qui dunque ti<br />
sei nascosta? Lo b<strong>al</strong>li con me il w<strong>al</strong>zer? Andiamo!<br />
– Ora, ora vengo! – gridò la giovane, già ricomposta. –<br />
Viene anche lei a vedere? –. E senza aspettar la risposta, in<br />
due s<strong>al</strong>ti fu fuori.<br />
Il giovane, rimasto solo, si sentì bruciare: le fiamme gli<br />
accesero le guance e un fluido infocato gli scorse per le vene.<br />
– M<strong>al</strong>edizione! – ruggì in cor suo. – Chi può crederle?<br />
È il diavolo in persona! Donna!<br />
E i suoi dubbi e sospetti s’ingigantirono ancora, lo straziarono<br />
vie più, quando, cacciato fuori da punte di stile, vide<br />
Spiranza aggirarsi vertiginosamente abbracciata <strong>al</strong> gigante, leggera<br />
come un capriolo, col volto luminoso, con gli occhioni<br />
sfolgoranti, con le labbra sorridenti. «Demonia!» strideva entro<br />
di sé. «Impasto di finzioni! Impostora!».<br />
S’<strong>al</strong>lontanò pochi passi d<strong>al</strong>lo spianato, dandosi l’aria di<br />
persona distratta e senza volerlo udì i commenti d’un crocchio<br />
di pastori.<br />
– Credi a me: il matrimonio è concluso.<br />
– Non credo niente. Potrà essere nell’intenzione dei grandi.<br />
Ma essa non lo può vedere.<br />
– Dillo ai cani! Se non lo potesse vedere, non se lo lascerebbe<br />
scodinzolare intorno come un cagnolino, non gli parlerebbe<br />
così, non b<strong>al</strong>lerebbe neanche con lui.<br />
53
– Tu la sai giusta, m<strong>al</strong>a pasqua! Non ci mancherebbe <strong>al</strong>tro<br />
che rifiutarlo a b<strong>al</strong>lare, in una festa come questa! Non<br />
sai che siamo in G<strong>al</strong>lura? e il rifiuto nel b<strong>al</strong>lo è un insulto<br />
che si può pagare col sangue?<br />
– Lasciamo andare! Io ho udito che Girominu e M<strong>al</strong>cu<br />
sono intestati assolutamente nella loro idea: e minacciano<br />
di morte la sorella se non acconsente a maritarsi con Jacheddhu.<br />
Anche ziu Pasc<strong>al</strong>i e zia Francisca, son cotti di Jacheddhu,<br />
che è ricco e sano, e…<br />
– Ma essa ha detto che se tutto il mondo fosse a una<br />
parte ed ella <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tra, vincerebbe sempre lei. Ha giurato che<br />
Jacheddhu Ruoni non lo sposerà mai.<br />
– Guardate che ostinazione! Eppure si diceva che prima…<br />
– Prima sì: pareva che ne avesse mezza opinione; ma<br />
poi, di punto in bianco, non si sa perché, ha cambiato vento<br />
e non ne vuol più sapere; ed è ferma come una roccia!<br />
– Qu<strong>al</strong>cuno sospetta…<br />
Silvio non poté intendere il resto del discorso che finì in<br />
un mormorio sommesso. S’accorse però che qu<strong>al</strong>cuno del<br />
crocchio aveva accennato lui e tutti si erano voltati a guardarlo.<br />
S’<strong>al</strong>lontanò fischiando, con la maschera della finzione<br />
sul viso, ma con l’incendio torturante nell’animo. Invano si<br />
distendeva dinanzi <strong>al</strong> suo sguardo un’ammirabile sconfinata<br />
varietà di prospetti, di campi mareggianti di biade, di rivi<br />
luccicanti <strong>al</strong> sole, di selve cupe, di colli, di nodi; invano per<br />
l’aria immacolata s’accordava l’armonia selvaggia delle pendici<br />
soleggiate, delle v<strong>al</strong>li solitarie, dei piani solcati di vie.<br />
L’anima sua era assente.<br />
Egli dunque se n’andrebbe dopo aver sognato un brutto<br />
sognaccio e si ridesterebbe là, per il mondo, con una piaga nel<br />
fianco. Ancora una piaga… Forse per lui non avrebbe più fascino<br />
il volo: forse non vedrebbe più due occhi femminili degni<br />
d’esser guardati. Era strano. Egli che aveva girato tanto, in<br />
mezzo a tante seduzioni, in mezzo a tante sirene, e aveva goduto<br />
e s’era divertito, sempre vittorioso, doveva proprio soccombere<br />
tra quelle mandre, e soffocare ogni sublime aspirazione<br />
della sua anima sognatrice tra le frasconaie e le rocce,<br />
intento a distinguere i mugghi e i belati, i nitriti e i grugniti.<br />
54<br />
Egli, così fiero, come le <strong>al</strong>tezze che aveva solcato con le sue <strong>al</strong>i<br />
frementi, doveva riuscir zimbello di un essere capriccioso e incomprensibile,<br />
gioco di gente cieca. Era strano!<br />
Si passò la mano sulla fronte come per scuotere i pensieri<br />
tenebrosi, e p<strong>al</strong>pando la cicatrice ancora ruvida, gli parve<br />
di risentire <strong>al</strong>l’improvviso tutti i dolori sofferti. Non comprese<br />
come mai avesse potuto pregare il dottore d’architettare<br />
la commedia ridicola della caduta casu<strong>al</strong>e e abbassarsi a<br />
perdonare l’omicida, a vivere a lungo sotto il suo tetto e a<br />
mangiare il suo pane. Si vide piccolo e vile, infrollito tra i<br />
fusi e le spole. Arrossì.<br />
Allora propositi neri gli offuscarono la mente: si volle in<strong>al</strong>zare<br />
davanti a se stesso con disegni di vendetta. In quell’istante<br />
non aveva più memoria delle amorose cure dei pastori attorno<br />
<strong>al</strong> suo letto di pena, delle veglie, dei sacrifizi. Ricordava solo<br />
il sangue perduto, il sorriso menzognero di quella civetta,<br />
lo sguardo melenso del gigante stolto. Tutti i suoi truci diavoli<br />
gli trionfavano nell’animo. Era quella la sua ora fosca.<br />
All’improvviso udì <strong>al</strong>le sp<strong>al</strong>le un leggero sfrascare, che gli<br />
interruppe il sogno. Si volse vivamente e vide a pochi passi<br />
Spiranza, che s’avvicinava sorridendo, e un po’ lontane da lei<br />
tre o quattro ragazze che si tappavano la bocca coi grembi<strong>al</strong>i<br />
e fecero appena in tempo ad appiattarsi entro una macchia<br />
di lentischio.<br />
– Che c’è? – diss’egli un po’ bruscamente, non ancora<br />
del tutto rimesso.<br />
– Ecco: – cominciò la giovane, appena trattenendo il<br />
riso – si vuole b<strong>al</strong>lar la scena, e ci manca un b<strong>al</strong>lerino. Siamo<br />
venute in ambasceria per pregarla…<br />
Quel fare gaio lo stizzì vie più e non poté contenersi. –<br />
Andate! – disse con ruvidezza. – Che volete che io sappia<br />
delle vostre scene? Che so di b<strong>al</strong>li sardi, io?<br />
– Non è un b<strong>al</strong>lo sardo: lo comandano in francese, anzi!<br />
– disse la giovane a voce <strong>al</strong>ta. Poi si accostò ancora e con volto<br />
compunto, a voce sommessa gli mormorò: – Ma che ha dunque<br />
oggi? Perché se n’è fuggito? Perché non viene a b<strong>al</strong>lare?<br />
– Mi diverto abbastanza qua! – diss’egli sordamente e<br />
ironicamente – a guardar le capre, e quegli <strong>al</strong>beri secchi e<br />
quelle rocce nude… Son luoghi deliziosi, più belli delle<br />
55
vostre facce… Va tu e divèrtiti. Non vi sono <strong>al</strong>tri giovani?<br />
Non v’è…<br />
Ella lo guardò senza parlare, con un’occhiata penetrante,<br />
lunga, ch’egli non poté sostenere. – Sei un bimbo irragionevole!<br />
– proruppe <strong>al</strong>fine, non potendo più frenarsi. – Un bimbo<br />
caparbio! Che <strong>al</strong>tro posso farti più che giurare? Ho giurato<br />
e giuro che quello lì non lo voglio e se non lo voglio, non lo<br />
voglio! Chi me lo può caricar su le sp<strong>al</strong>le? Ma tu… ma tu…<br />
Silvio fu scosso da quel «tu» ch’ella gli dava la prima<br />
volta, e osò guardarla. La faccia di lei s’era trasumanata: lo<br />
sdegno l’aveva accesa di fiamma, dando agli occhi uno<br />
splendore inconsueto, <strong>al</strong>la bocca un’espressione di volontà<br />
indomabile. Ella gli si rivelò sotto un aspetto ignoto. Non<br />
gli stava più dinanzi la farf<strong>al</strong>lina incostante e leggera che<br />
non resiste <strong>al</strong>la brezza più fievole e si lascia trascinare da<br />
ogni <strong>al</strong>ito: gli parve di vedere una di quelle tante eroine celebrate<br />
poeticamente nei romanzi, ergentisi come di sopra a<br />
un piedest<strong>al</strong>lo di pietra viva, sublimi contro ogni avvolgimento<br />
di bufera, come bronzee statue rispettate dai fulmini<br />
e dai nembi, dorate dai magici riflessi dei tramonti e delle<br />
aurore. Una fiamma di passione lo investì, e per uno di<br />
quei subitanei inesplicabili mutamenti dello spirito che divorano<br />
distanze e raccolgono in sintesi misteriose d’un attimo<br />
un lungo e lento snodarsi d’anni, fu tutto trasformato<br />
come per miracolo, e sentì un’irresistibile necessità di muoversi,<br />
di gridare, di cader ginocchioni, per dar sfogo a un<br />
bagliore novello, b<strong>al</strong>enato esuberantemente nell’animo suo<br />
e irraggiato per la via d’incanto su persone e cose.<br />
Aprì gli occhi e tese le braccia avidamente, come per<br />
slanciarsi a una ascensione, e <strong>al</strong> contatto delle mani della fata<br />
si sentì purificato.<br />
Sullo spiazzo della fattoria s’accaniva la danza rusticana.<br />
Si b<strong>al</strong>lavano i così detti b<strong>al</strong>li civili (gli antichi b<strong>al</strong>li tradizion<strong>al</strong>i<br />
erano già un nost<strong>al</strong>gico ricordo dei vecchi arrembati<br />
e tremolanti): ma non da tutti si osservava rigorosamente<br />
l’etichetta. Il primo a dar l’esempio era stato il dottore, che<br />
s’era levata la giacca. Anche i pastori b<strong>al</strong>lavano in maniche<br />
56<br />
di camicia, e i più avevano un fazzoletto colorato <strong>al</strong> collo,<br />
che impiastricciava la tela di solchi e di rabeschi; qu<strong>al</strong>cuno<br />
ne teneva con la destra un <strong>al</strong>tro bianco affinché le manacce<br />
senza guanti non lasciassero le ditate di sudore sui giubbetti<br />
fioriti delle b<strong>al</strong>lerine.<br />
Si conversava a voce <strong>al</strong>ta, si urlava. – Fa il giro bene tu,<br />
ohè! – A tempo, compare Bastià! – Qua tu: o che sei cieco?<br />
– Raddrizzatevi, comare Mena: che mi sembrate il gobbo<br />
da far danari! – E voi il candeliere del cereo pasqu<strong>al</strong>e,<br />
compà! – Coraggio gioventù! Allegri, ragazzi! – Uh! uh! –.<br />
E se i musicanti sonavano l’inno dei lavoratori o quello di<br />
Garib<strong>al</strong>di, qu<strong>al</strong>che voce vi sposava le parole cantando: «Su<br />
fratelli, su compagni…» «Si scopron le tombe…».<br />
E qu<strong>al</strong>cuno sb<strong>al</strong>zellava col sigaro in bocca, con la pipaccia<br />
fumante come una carbonaia: e di tanto in tanto si<br />
spandeva intorno un lieve puzzo di bruciaticcio perché un<br />
ricciolo svolazzante di qu<strong>al</strong>che damina s’era strinato: senza<br />
tener conto dell’odoraccio acre del tabacco e di <strong>al</strong>tri più ingrati<br />
fetori di sudore e di st<strong>al</strong>la che il vento diffondeva.<br />
Altri masticacchiava foglioline di timo e cianciava a<br />
bocca piena, avvolgendosi con fiaccona, e, s’era del caso,<br />
nello scrosciare in sghignazzamenti, spruzzava di s<strong>al</strong>iva e di<br />
piccole miche d’una poltiglia bavosa l’acconciatura della<br />
compagna, la testa e le sp<strong>al</strong>le della coppia più vicina.<br />
Insomma: si b<strong>al</strong>lava <strong>al</strong>la buona, e di quando in quando<br />
i servi o le figlie stesse di ziu Pasc<strong>al</strong>i passavano intorno vassoi<br />
di bicchieri ricolmi, che ritempravan la lena, e sc<strong>al</strong>davano<br />
il sangue e facevano avvampar l’<strong>al</strong>legria.<br />
I vecchi sedevano appartati sui sedili di pietra addossati<br />
<strong>al</strong> muro, e facevano i loro amari commenti su quell’abb<strong>al</strong>lottio<br />
di anim<strong>al</strong>i, come dicevano, senz’arte né decenza.<br />
– B<strong>al</strong>lo civile lo chiamano, pure! B<strong>al</strong>lo da porcile dovrebbero<br />
chiamarlo! – sentenziava in cagnesco uno dei più<br />
accesi. – Osservateli: vanno abbracciati come marito e moglie,<br />
s<strong>al</strong>vo il peccato. Di mie figliole non ne lascerei b<strong>al</strong>lare<br />
a quel modo lì! Vergogna!<br />
– E quei s<strong>al</strong>ti che fanno <strong>al</strong>l’impazzata, che sembran tanti<br />
becchi cozzanti! Pucci, misericordia! Guardate come svolazzano<br />
le gonnelle! Bisogna non aver modestia!<br />
57
– Eh via! – interrompeva un giovane, che riposava. – Dite<br />
così perché avete invidia, perché non potete più b<strong>al</strong>lar voi.<br />
Del resto questi b<strong>al</strong>li sono molto più belli dei vostri, e…<br />
Fu come se avesse detto un’eresia. – Taci! – fu un coro<br />
di voci. – Sta zitto! Se dici questo, puoi dire anche che non<br />
v’è Dio!<br />
– Più belli dei nostri?! V<strong>al</strong>eva più il nostro b<strong>al</strong>lo zoppo<br />
che…<br />
– E il nostro frascone?<br />
– E il b<strong>al</strong>lo dei tre?<br />
– E il b<strong>al</strong>lo dei ricchi? e il b<strong>al</strong>lo tondo? e la danza?<br />
– Altro che queste vostre porcherie di vàlzari, di masulche,<br />
di polche, o come diavolo le chiamano?!<br />
– B<strong>al</strong>lano la scena, – spiegava il giovane; – quella che<br />
b<strong>al</strong>lano in Francia; e parlano anche in francese, se li volete<br />
ascoltare.<br />
Si udivano infatti gli ordini di chi comandava <strong>al</strong>la pastor<strong>al</strong>e<br />
quella caricatura di contraddanza: – Scena! Coscia!<br />
Adruatta! Form’a buchette! S<strong>al</strong>iu e vò dame! –. E a ogni nuova<br />
figura era un tira-ammolla, un urtarsi, un abbaruffarsi, un<br />
gridio, un tramenio da tregenda. – No, non così! – A destra,<br />
tu! – A manca! – Dammi la mano a me tu, mamm<strong>al</strong>ucco!<br />
– ’Gnuleddha, con compare Jolgiu! –. E scrosci di riso, e<br />
ciuciate, e urlate. Una frenesia.<br />
I vecchi si turavan gli orecchi, si mettevan la mano sugli<br />
occhi. – Ai tempi nostri, questa confusione infern<strong>al</strong>e si faceva<br />
<strong>al</strong>l’ultima ora del carnev<strong>al</strong>e, nell’ultimo sforzo, prima che<br />
toccasse la mezzanotte. Allora tutto v<strong>al</strong>eva. Ma poi! Pucci, in<br />
ora m<strong>al</strong>a!<br />
Gli appunti continuavano, ma i b<strong>al</strong>lerini non li udivano<br />
neppure. Giovani e fanciulle si isolavano nella loro mania,<br />
dimentichi di tutto, insensibili <strong>al</strong> sole, che li saettava<br />
d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>to, noncuranti della polvere che inghiottivano e che li<br />
avvolgeva come vaporoso velo, resistenti <strong>al</strong>la sete, <strong>al</strong>le fatiche,<br />
ai motteggi, agli urtoni, agli insulti, sudati, acc<strong>al</strong>dati,<br />
avvinti nel tramestio da un’ebbrezza comune e contagiosa,<br />
affascinati e fortificati d<strong>al</strong>la loro più bella fata: la primavera<br />
degli anni; e si aggiravano vorticosamente, pazzamente, con<br />
tanto maggior trasporto quanto più si avvicinava la fine.<br />
58<br />
E dopo la contraddanza venne anche il b<strong>al</strong>lo dell’amore.<br />
Una coppia sola faceva pochi giri. Poi i b<strong>al</strong>lerini si separavano,<br />
e avveniva tra loro un di<strong>al</strong>ogo simile a questo:<br />
– Ohi ahi!<br />
– E cos’hai?<br />
– Son ferito!<br />
– E dove?<br />
– Al <strong>cuore</strong>!<br />
– Perché?<br />
– Per lo stesso (o per un <strong>al</strong>tro) amore!<br />
Se si diceva «per lo stesso amore» gli stessi giovani ricominciavano<br />
il b<strong>al</strong>lo, per interromperlo subito dopo e ritessere<br />
lo stesso di<strong>al</strong>ogo; se si diceva «per un <strong>al</strong>tro amore» il rifiutato<br />
cercava tra le ragazze o gli uomini in riposo la b<strong>al</strong>lerina o il<br />
b<strong>al</strong>lerino che il compagno o la compagna preferiva: e quando<br />
aveva indovinato, glie lo menava davanti e glie l’offriva. Così<br />
il gioco tornava da capo.<br />
Il punto della piaga poteva anche variare, secondo lo<br />
spirito dei danzanti; e la necessità della rima dava luogo a<br />
delle stravaganze. La t<strong>al</strong>e era ferita <strong>al</strong> petto per lo stesso o<br />
per un <strong>al</strong>tro giovinetto, per quel bello, simpatico, incantevole<br />
giovinetto; <strong>al</strong> c<strong>al</strong>cagno, per quel furfante g<strong>al</strong>eotto da<br />
bagno: <strong>al</strong> dito, per quel musaccio di bandito; il t<strong>al</strong>e poteva<br />
essere ferito… <strong>al</strong>la c<strong>al</strong>zetta… per quell’ammirabile giovinetta:<br />
<strong>al</strong>la cintura, per quell’amabile creatura: <strong>al</strong> ginocchio, per<br />
quella strega da m<strong>al</strong>docchio: <strong>al</strong>la ventriera, per quell’avanzo<br />
di g<strong>al</strong>era: <strong>al</strong>l’ascella, per una brillante stella…<br />
Il medico, che natur<strong>al</strong>mente, sapeva anatomia, le trovava<br />
sempre nuove e strane. Egli era ferito: <strong>al</strong>la caviglia, per<br />
questa meraviglia; <strong>al</strong> bregma, per una contessina con lo<br />
stemma; <strong>al</strong> diaframma, per questa deliziosa fiamma; <strong>al</strong>la narice,<br />
per la nostra famosa vincitrice; e la maraviglia, la contessina,<br />
la fiamma, la vincitrice, era sempre una stessa persona:<br />
Mena. Costei poi non si stillava tanto il cervello per<br />
cercar novità: si appagava delle risposte usu<strong>al</strong>i, che ripeteva<br />
sempre, a rischio di riuscir noiosa…: <strong>al</strong> <strong>cuore</strong>, per il dottore!<br />
Anche Spiranza aveva trovato una rima punto difficile,<br />
punto imaginosa, per quanto molto comoda: – Ohi ahi – E<br />
cos’hai? – Son ferita! – E dove? – Al dente! – Perché? – Per il<br />
59
nostro simpatico sergente! –. E quando toccava a costui a<br />
dir la sua, non voleva dire una bugia e diceva: – Alla fronte,<br />
per la più bella regina del monte! –. E b<strong>al</strong>lava con Spiranza.<br />
Oltre a questi innegabili favori per gli innamorati (diversamente,<br />
perché si chiamerebbe b<strong>al</strong>lo d’amore?) questo b<strong>al</strong>lo<br />
dava occasione a scenette inaspettate e divertenti. Qu<strong>al</strong>cuna<br />
infatti delle piccole indemoniate era stanca di b<strong>al</strong>lonzare coi<br />
suoi coetanei, di disfarsi in sudore con aggiramenti rovinosi:<br />
bramava b<strong>al</strong>lar piano; e meditava un tradimento. – Son ferita…<br />
<strong>al</strong>l’orecchio… per il più bel vecchio! –. Allora il cercatore<br />
scompigliava il crocchio dei critici tranquilli che s’obliavano<br />
nel celebrare i loro tempi lieti: vi piombava in mezzo<br />
come astore sopra un branco di polli che sèminino i frasconi,<br />
e ne acciuffava uno. Strilli, urti, gomitate, ressa, invettive,<br />
stratte: i vecchi difendevano il compare, come se si cercasse<br />
di trascinarlo in prigione: i giovani s’ostinavano a strapparlo<br />
a quelle granfie a tutti i costi: – B<strong>al</strong>late! Dovete b<strong>al</strong>lare! A chi<br />
non b<strong>al</strong>la, la multa! –. La stessa giovinetta veniva, prendeva a<br />
forza per il braccio il b<strong>al</strong>lerino sdentato, lo trascinava via,<br />
contro tutte le proteste.<br />
– Ma io non le so b<strong>al</strong>lare, queste vostre diavolerie! –<br />
gridava il catturato, tremante di vergogna.<br />
– Non importa! Non importa! B<strong>al</strong>late come sapete!<br />
I sonatori attaccavano, ed ella avvinghiava la sua vittima<br />
riluttante, la costringeva a s<strong>al</strong>tarellare, a far giravolte<br />
madorn<strong>al</strong>i, a inciampar b<strong>al</strong>zelloni sulle irregolarità del terreno,<br />
a crocchiare come un mobile sgangherato o un sacco<br />
d’ossa. – Ohi! ohi!<br />
– No; dite bene: «ohi! ahi!».<br />
Tutti facevan cerchio, schioccavano risate di buon sangue:<br />
anche i vecchi, che si contorcevano e si battevan botte<br />
contro l’anca, aizzando, ora, coi gridi, la cagnara.<br />
– Dite: «ohi! ahi!».<br />
– Non ne so di queste cose! Andate <strong>al</strong> diavolo! –. E fece<br />
mossa di scappare.<br />
Ma la giovinetta lo tenne aggranfiato. – No, dite. Dovete<br />
ancora fare un <strong>al</strong>tro giro con un’<strong>al</strong>tra. Dite!<br />
Il poveretto si rassegnò. Guardò verso i coetanei come<br />
se volesse trovare le parole turche e diaboliche, e vide una<br />
60<br />
vecchietta che si sganasciava, contenta come una pasqua.<br />
Un pensiero improvviso gli illuminò la mente. Ma tentennò,<br />
cercando l’espressione.<br />
– Dite! Dite! – stimolavano gli spettatori.<br />
– Ma io non ne so d’it<strong>al</strong>iano, fastidiosi che siete!<br />
– In g<strong>al</strong>lurese, <strong>al</strong>lora! Anche in g<strong>al</strong>lurese!<br />
Tremava, si ripiegava, smarrito. E la vecchietta continuava<br />
a sganasciarsi.<br />
– Ohi ahi! – b<strong>al</strong>bettò. E pareva più sdentato che mai.<br />
– Cos’è lu c’ài?<br />
– Soggu firutu!<br />
– E a undi?<br />
– A lu spicciu!<br />
– E p<strong>al</strong>chì?<br />
– P<strong>al</strong> chiddha, chiddha… pili-di-pinnicciu –. 1 E additava<br />
la comare risanciona.<br />
Allora fu davvero una carnev<strong>al</strong>ata. Tre o quattro ragazze<br />
arrestarono la vecchia che voleva fuggire, la ghermirono, la<br />
trascinarono spietatamente dinanzi <strong>al</strong> vecchio, incoraggiate<br />
dagli aizzamenti della folla.<br />
I due vecchi fecero bon viso a cattivo gioco. Egli diventò<br />
g<strong>al</strong>ante con contraffazione esagerata: – Vieni, la tortorella<br />
di primo volo! da quando ti sospiravo!<br />
Ella, dopo qu<strong>al</strong>che infrenabile sprizzo di riso, rispondeva<br />
<strong>al</strong>la celia: – Agnellino mio di primo pelo! Fammi vedere<br />
i tuoi dentini d’argento! Da quando, da quando ti cercavo!<br />
Qu<strong>al</strong>cuno si buttò di sfascio sull’erba, in preda <strong>al</strong> convulso:<br />
<strong>al</strong>tri si lasciarono andare sui sedili e sulle moricce, reggendosi<br />
i fianchi: a certi schizzavan dagli occhi dei gocciolini<br />
grossi come ceci.<br />
E i due, investiti a dovere della loro parte, si facevano a<br />
vicenda mille smancerie e mille smorfie, sorridendosi con le<br />
gengive nude, abbozzando dei baci da lontano con le labbra<br />
intristite come bozzacchioni, inchinandosi e s<strong>al</strong>utandosi<br />
goffamente. In fine si abbracciarono, e anche senza musica<br />
(giacché i sonatori non potevano assolutamente sonare<br />
1. Son ferito <strong>al</strong> petto per quella che ha i capelli come un pennecchio.<br />
61
per la prepotenza del riso) si misero a b<strong>al</strong>lare strab<strong>al</strong>zoni un<br />
loro trescone origin<strong>al</strong>e, con certe mosse così buffe e certi<br />
contorcimenti così ridicoli, con certe carezze così gattesche<br />
e certi vezzeggiativi così gentili, che chi non li vide b<strong>al</strong>lare<br />
può dir di non aver goduto mai pantomima veramente graziosa.<br />
Il riso divenne un patimento.<br />
Quando il dottore rinvenne d<strong>al</strong>le sue convulsioni, volle<br />
fomentare la fiammata. Con la chitarra sonò il vecchio b<strong>al</strong>lo<br />
sardo, con <strong>al</strong>legri abbellimenti di note; e tosto i musicanti,<br />
riavutisi anch’essi, fecero trillare gaiamente i clarini.<br />
A quell’improvvisata, i due b<strong>al</strong>latori s’arrestarono, drizzando<br />
le orecchie, e come due veterani che udissero squilli di<br />
trombe richiamanti <strong>al</strong> pensiero echi di lontane battaglie, si<br />
slacciarono d<strong>al</strong>l’amplesso (per modo di dire), si guardarono<br />
teneramente negli occhi lustri, che mandarono riflessi di qu<strong>al</strong>che<br />
bagliore, si ring<strong>al</strong>luzzirono, s’accesero; e dopo aver intricato<br />
le loro braccia tremanti nel consueto viluppo, sgambettarono<br />
pazzamente per eseguir la danza della loro giovinezza.<br />
Oh quanti ricordi! Quante primavere e giornate di sole<br />
e tosature e segnature e smelature e svinature con orgie di<br />
colori e sfavillio di luci e formicolio di gente passarono nelle<br />
menti affaticate e offuscate, con miti splendori d’<strong>al</strong>be!<br />
Quanti suoni di campana, e tintinni di sonagli, e scrosci di<br />
baccan<strong>al</strong>e, e gazzarre di cori rustici moderanti le danze severe<br />
<strong>al</strong> lume della luna, e canti giovanili pioventi con onde<br />
di fascino sulle turbe mute, e crepitii di fucilate a v<strong>al</strong>le, e<br />
mille <strong>al</strong>tri rombi e ronzii per nascite e funer<strong>al</strong>i, per nozze e<br />
per paci, si ridestarono m<strong>al</strong>iosamente nella tomba polverosa<br />
di quei loro poveri cuori anneghittiti! Tutto un fervore di<br />
risurrezione rimenò quelle due vite, già stanche, per vie fiorite<br />
già corse da anni e anni, lontano d<strong>al</strong>le plaghe consuete,<br />
dai sentieri d’ogni giorno assiepati con bronchi, d<strong>al</strong>le solitudini<br />
brulle d’una esistenza sbiadita, senza fiori più che di<br />
mestizia, senza rugiada più che di lacrime!<br />
I due buoni vecchietti, per un momento, s’immersero<br />
nell’oblio dei loro m<strong>al</strong>i e s’abbandonarono a un’<strong>al</strong>legria giovanile.<br />
E l’entusiasmo s’apprese anche agli <strong>al</strong>tri coetanei come<br />
fiamma <strong>al</strong>le fronde. Parve che tutte quelle vecchie anime<br />
s’intendessero, si richiamassero, s’affratellassero in una<br />
62<br />
comune simpatia di bisogni, di gusti, d’impulsi, e quei vecchi<br />
corpi si lasciassero menare come da un vento di follia.<br />
Si formaron le coppie e il b<strong>al</strong>lo si animò un’<strong>al</strong>tra volta.<br />
I giovani per un poco stettero a guardare: e con celie e<br />
risate e gridi e applausi incitarono gli anziani.<br />
– Brava, zia Francisca! Si vede che vi pizzicavano i piedi<br />
quando b<strong>al</strong>lavamo noi!<br />
– Zio Pascà, Dio vi guardi! Così agile dunque eravate?<br />
– Evviva zia Baingia! Evviva ziu B<strong>al</strong>tòlu!<br />
– Guardate: ziu Stèvanu pareva un ronzino scorticato e<br />
ora pare un poledro brioso!<br />
E ammiravano la sveltezza di quelle membra nell’intrecciar<br />
delle braccia, nel s<strong>al</strong>tare, nel genuflettere, nel rigirar<br />
come trottole, notando la delicatezza e la severità delle movenze,<br />
la rigidità del passo.<br />
– Guardi, guardi! – esclamava il dottore rivolto <strong>al</strong> sergente.<br />
– Ecco la vecchia <strong>Sardegna</strong> che ci fa una visitina…<br />
Ecco la vecchia <strong>Sardegna</strong> che sta per morire!<br />
Silvio apriva gli occhi, immobile, e gli pareva d’assistere<br />
a scene già vedute non sapeva dove, in lontananza di tempi<br />
e luoghi, forse in istorie remote, in quadri dissotterrati, in<br />
affreschi di città dissepolte, o in sogni scompigliati della sua<br />
fantasia giovanile. E come una fantasmagoria bizzarra gli<br />
presentò dinanzi agli occhi pensosi una sfilata lunga di persone<br />
ignote e incomprensibili, venute d<strong>al</strong> buio dei secoli, in<br />
cammino verso il buio del nulla.<br />
Ma i clarini sembrava cantassero: chiamavano chiamavano<br />
con modulazioni di inviti di sirena. Le gambe dei ragazzi<br />
guizzavano, sentivano il formicolio.<br />
Jacheddhu s’impadronì di Spiranza, intrecciò con lei le<br />
braccia a iccase, e se la rapì nella corsa. Altri l’imitarono subito:<br />
poi <strong>al</strong>tri ancora. Ma era un andare tentoni: i vecchi<br />
b<strong>al</strong>li non sapevano eseguirli se non goffamente.<br />
Gli anziani li beffavano, gongolanti: – Eh eh! Vergogna!<br />
Nascondetevi, ragazzacci! Avete imparato le mode straniere<br />
e non sapete le mode vostre! Eh eh! Vergogna! Non potrete<br />
mai competere coi vecchi neanche nel b<strong>al</strong>lo! Eh eh! –. E nel<br />
tumulto assordante squillava di tanto in tanto anche l’antico<br />
selvaggio nitrito: – ahiaiaiaihihihì – che moriva echeggiando<br />
63
per le fratte e per le coste come grido scompigliato di baccante<br />
ubbriaca.<br />
La gara accendeva i cuori, sosteneva i corpi già stremati<br />
per l’età e la fatica e l’abb<strong>al</strong>lottio continuava con tutti i suoi<br />
clamori, con tutte le sue stranezze. La vetta del Limbara coi<br />
suoi cocuzzoli grigi sorrideva d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>to, immersa in una gloria<br />
di sole; e il genio della solitudine forse guardò commiserando<br />
quell’attimo d’oblio, come tanti ne aveva guardato<br />
nel faticoso scorrere dei secoli, forse udì con pietà quel momentaneo<br />
fuggevole inno di gioia, perdentesi nella monodia<br />
cupa e desolata dei pianti sardi.<br />
Nessuno però udiva le riflessioni m<strong>al</strong>inconiche del genio<br />
del luogo e la gazzarra persisteva; finché zia Francisca,<br />
spossata e disfatta, non si strappò ansante d<strong>al</strong>le braccia del<br />
compagno e comandò <strong>al</strong>le figlie di portar la merenda.<br />
I servi collocarono a forza sullo spiazzo una tavola, e su di<br />
essa un coloss<strong>al</strong>e recipiente di miele, e attorno dei piatti colmi<br />
di cacio fresco spezzettato. Gli ultimi danzatori s’avvolsero in<br />
giro <strong>al</strong>la rustica mensa, non ancora abbattuti; e si sciolsero solo<br />
quando qu<strong>al</strong>cuno cominciò ad artigliare i pezzi del formaggio,<br />
che immergeva nel dolce liquido biondo e divorava con<br />
avidità. Tutti <strong>al</strong>lora si buttarono a gara sull’<strong>al</strong>imento come lupi<br />
affamati; pareva che da giorni non avessero gustato cibo.<br />
E tutta la natura prendeva parte a quella fine rumorosa<br />
di festa schietta con tutta la poesia del pomeriggio maggiolino.<br />
Forse il Presagio d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>i nere volteggiava intorno per<br />
indurre ancora uomini e cose a profittare, fino <strong>al</strong> termine,<br />
dell’ora gioconda, perché quella doveva essere l’ultima festa<br />
lieta della fattoria?<br />
– Addio! Addio!<br />
Il vento recava la sfumatura di quella voce piangente<br />
che moriva nell’aria dorata del vespero, e tra il cupo verde<br />
della lontananza si distingueva appena lo sventolio convulso<br />
dell’ultima pezzola bianca.<br />
– Addio! Addio!<br />
Il medico, Silvio, il soldato, i musicanti, chi a piedi chi a<br />
cav<strong>al</strong>lo, dopo una breve sosta e un c<strong>al</strong>oroso grido, scomparvero<br />
64<br />
dietro la svolta. Parve che la frasconaia monotona e silenziosa<br />
se li fosse inghiottiti vivi, come un abisso.<br />
La famiglia di ziu Pasc<strong>al</strong>i tornò indietro d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tana di<br />
massi, dove lo stormir degli elci pareva un fremito di pianto.<br />
Spiranza e Mena si distaccaron le ultime da quella triste<br />
vedetta, a cui pareva che una m<strong>al</strong>ia invincibile le incatenasse.<br />
Entrambe ricordarono quell’<strong>al</strong>tro indugio, quell’<strong>al</strong>tro colloquio<br />
e il mutuo abbraccio d’indulgenza che li aveva coronati,<br />
in quel tramonto che pareva ormai così lontano! Si guardarono<br />
negli occhi e si comunicarono a vicenda un senso di tristezza<br />
intensa.<br />
Per via le appostavano in agguato i ricordi. Ogni sasso,<br />
ogni sterpo, ogni ombra aveva impressa una memoria. Sulla<br />
polvere del sentiero si scorgevano chiare le pedate; i giochi<br />
della luce sull’erbe e sulle fronde riproducevano i colori<br />
vivaci degli abiti di festa: i piccoli echi riportavano <strong>al</strong> <strong>cuore</strong><br />
la voce delle bocche care.<br />
Ma anche l’oro p<strong>al</strong>lido che si effondeva sui sassi e sulle<br />
frasche, come vecchia vernice di povere cose morte, pareva velasse<br />
di quella stessa tinta sci<strong>al</strong>ba anche la mente e l’anima! La<br />
musica delle mandre, dove i servi <strong>al</strong>l’ora consueta mungevano<br />
l’armento e le gregge, pareva s’infiltrasse nell’animo penosamente,<br />
e spremesse dagli occhi le lacrime.<br />
Ecco là il pergolato. Cupo e silenzioso non serbava più <strong>al</strong>cuna<br />
traccia dell’ora festosa. Solo un cane randagio vi rosicchiava<br />
ancora gli ultimi avanzi d’un osso: e tra i pampani<br />
qu<strong>al</strong>che uccello solitario gemeva, evocando chi sa qu<strong>al</strong>e tristezza,<br />
e qu<strong>al</strong>che fronda frusciava tremolando come se sospirasse.<br />
Ecco lo spiazzo. V’era ancora, a un lato, la tavola, con<br />
sopra il recipiente capovolto e i piatti da rigovernare, in disordine…<br />
Per terra gli avanzi della merenda: strosce di vino, rosicchioli,<br />
cucchiai, forchette; e i segni del b<strong>al</strong>lo: come un’andana<br />
rotonda, per dove si girava. Sui sedili, solo i fantasmi.<br />
Per aria il plumbeo silenzio dell’astrazione. Qu<strong>al</strong>e vuoto! Non<br />
era più dunque l’<strong>al</strong>tura formicolante d’esseri vivi, animata di<br />
voci gaie, di fragori, di canzoni? Tutto dunque era morto?<br />
La capretta viziata si strusciò sulle gambe di Spiranza con<br />
belati di lamento per il lungo abbandono di quel giorno; trascurata<br />
ancora, ripeté la domanda delle carezze consuete. La<br />
65
padrona immemore se la recò fin<strong>al</strong>mente in braccio, le lisciò<br />
con dolcezza le lane della schiena, le gorgogliò <strong>al</strong>l’orecchio<br />
qu<strong>al</strong>che parola soave, la fissò negli occhioni lucenti. Si trasformaron<br />
forse quegli occhi e quel viso? Pareva: perché la<br />
giovane li contemplò lungamente con misteriosa potenza<br />
d’evocazione, e in ultimo, rabbrividendo, strinse convulsamente<br />
tra le braccia l’anim<strong>al</strong>etto, (che si lagnò pietoso della<br />
stretta quasi brut<strong>al</strong>e) e lo baciò a più riprese, come se baciasse<br />
un cristiano.<br />
Mena sorrideva a lato, e guardava la sorella con uno<br />
sguardo stanco, appannato di languore, comprendendo nel<br />
suo intimo il significato di quegli schiocchi. Poi, con voce<br />
anch’essa stanca, guardando verso la v<strong>al</strong>le nella lontananza,<br />
chiese, per celia: – Per chi sono quei baci?<br />
Spiranza la fissò senza dir nulla, e posò in terra la capretta.<br />
Poi disse per farle stizza: – Per il dottore, sono!<br />
La piccola tremò lievemente, ma di dolcezza. Sapeva<br />
che la sorella voleva scherzare, come ella stessa aveva scherzato.<br />
– To’ dunque – disse ridendo: – mandagli anche questi,<br />
<strong>al</strong> dottore! –. E si rapì anch’ella tra le braccia la bestiolina,<br />
e la baciò con brama.<br />
Zia Francisca, giunta <strong>al</strong>la porta per la prima, si diede a<br />
ritirar le stoviglie; e anche le figliole si buttarono <strong>al</strong>le faticacce<br />
per veder se riusciva loro di stordirsi, d’infrenare il pensiero,<br />
d’umiliare la fantasia. Ma la pazza di casa, come una versiera,<br />
passava a volo monti e piani, vagava senza pace.<br />
Spiranza s<strong>al</strong>ì lentamente la sc<strong>al</strong>a con la scusa di chiudere<br />
le finestrole. Si fermò a lungo nella stanza del ferito, nella<br />
qu<strong>al</strong>e penetrava il p<strong>al</strong>lido chiarore del crepuscolo, che lottava<br />
con la mezza tenebra, fregiando di smerli le ambrogette del<br />
pavimento, le coperte del letto e un tratto della parete. Egli<br />
era ancora presente, forse nascosto nella foschia, forse seduto<br />
là nel canto più riposto, dove più cupa era l’ombra, forse ancora<br />
coricato nel letto. Non si udiva forse il suo respiro? Non risonava<br />
forse ancora il suo passo? Non squillava il suo riso? E la<br />
sua voce carezzosa non continuava a narrare nel fiorito linguaggio<br />
dell’affetto le storie lunghe degli anni fuggiti, e tante<br />
cose belle e tante cose care? E l’occhio suo brillava ancora là<br />
con lucore di stella lontana, e la sua bocca sorrideva sempre<br />
66<br />
come rosa che si schiude <strong>al</strong>l’aurora, e tutto il suo viso soffuso<br />
di p<strong>al</strong>lore con leggera sfumatura di carnicino, si disegnava ancora<br />
sul candore del guanci<strong>al</strong>e come viso di santo, (Dio non<br />
glie lo imputasse a peccato!). Non v’era forse anche l’aureola?<br />
S’affacciò <strong>al</strong>la finestrella e tutto l’ultimo bagliore le dorò il<br />
volto, le coronò di gloria il capo. I suoi occhi cercarono in<br />
quella lontana agonia luminosa tutto ciò che bisognava, in<br />
quell’ora di mestizia, <strong>al</strong>l’anima sua bruciante di desideri: refrigerio<br />
o sonno; se no, <strong>al</strong>i e <strong>al</strong>i, per un volo senza riposo verso<br />
<strong>al</strong>ture confuse col cielo.<br />
Ma il tremito dei colori svanenti, che dava variabili contorni<br />
<strong>al</strong>la cima del monte, le parve un fuoco acceso per distruggere,<br />
un rogo di martirio. Dio, com’era triste! Quanto il<br />
suo <strong>cuore</strong> era gonfio di lacrime!<br />
Si ritrasse quasi per fuggire e fissò un’<strong>al</strong>tra volta tutti gli<br />
oggetti parlanti. Sulla sedia era posato un piccolo fardello legato<br />
con due cigne, che conteneva <strong>al</strong>cuni capi di vestiario lasciati<br />
là da Silvio e che di lì a qu<strong>al</strong>che giorno un servo di casa<br />
riporterebbe in città: una giubba di tela e qu<strong>al</strong>che camicia.<br />
Ella si accostò a quella parte di lui che rimaneva, e volle p<strong>al</strong>pare<br />
le stoffe come cosa viva. V’affondò le dita e le brancicò<br />
con diletto misterioso; se le accostò <strong>al</strong>le labbra, se le premette<br />
<strong>al</strong> <strong>cuore</strong>. O che vagellava, forse, Signore benedetto?<br />
Nel p<strong>al</strong>pare, un che di duro le offese il tatto. Che poteva<br />
esser mai? L’orologio, un coltello, un ninnolo qu<strong>al</strong>siasi di lui?<br />
La tentazione la vinse, e senza neppur riflettere, sfibbiò<br />
già una cigna. Però uno scrupolo l’arrestò: – Faceva poi bene<br />
a rovistare tra le cose <strong>al</strong>trui? Non era forse un’indelicatezza?<br />
S’<strong>al</strong>lontanò per un poco e riguardò d<strong>al</strong>la finestra. Il rogo<br />
era spento: forse le vittime eran già consumate; e la notte<br />
s’avanzava, spiata da mille stelle. Nelle mandre i servi<br />
mungevano ancora e qu<strong>al</strong>che disperso tintinno di campano<br />
sonava l’avemmaria.<br />
«Le cose <strong>al</strong>trui?» ripensò. «Egli m’ha detto che mi ha<br />
dato il <strong>cuore</strong>! Non mi darebbe quindi qu<strong>al</strong>siasi cosa sua?<br />
Non gli darei io tutte le cose mie?».<br />
Il dèmone della curiosità la sconfisse. Paurosa si riaccostò<br />
<strong>al</strong>l’involto, sfibbiò l’<strong>al</strong>tra cigna, rabbrividendo spiegò le<br />
stoffe, cercò l’oggetto.<br />
67
Nella tasca interna della giubba, certamente dimenticati,<br />
v’erano un libriccino e un portamonete.<br />
Il <strong>cuore</strong> le tremò come una fronda, quando d<strong>al</strong> libretto<br />
caddero a terra due fogli, e non poté soffocare un piccolo grido.<br />
– Nostra Signora bella! –. Spazzò con le mani il pavimento<br />
per raccattarli, s’avvide ch’eran due buste. I p<strong>al</strong>piti le divennero<br />
più concitati: fu tutta in preda a un più fiero tormento.<br />
Rinvenne a tastoni nel cassetto del comodino la scatola dei<br />
fiammiferi – ancora la sua scatola – e ne strusciò uno sul muro.<br />
Dentro le buste v’erano le lettere, e il libriccino qua e là era fitto<br />
di scrittura a mano. La fiammella del cerino le arrivò il dito<br />
senza che pensasse ad accendere la candela. La stanza ripiombò<br />
nel buio: e nel buio parve che qu<strong>al</strong>cosa sorgesse e si lamentasse;<br />
forse il suo rimorso, o qu<strong>al</strong>che nuovo desiderio assillante, o la<br />
curiosità tiranna, o lo spettro infocato della gelosia.<br />
Riaccese il mozzicone della candela e ricompose l’involto.<br />
Indi si disponeva a leggere quelle carte che le bruciavano<br />
le mani. Ma un passo affrettato si fece udire per la sc<strong>al</strong>a,<br />
ed ebbe appena il tempo di cacciarsi tutto nel seno. Aveva<br />
letto solamente «Mio adorato Silvio!».<br />
La sorella si affacciò <strong>al</strong>l’uscio e la guardò m<strong>al</strong>iziosamente<br />
nel volto arrossato e scomposto di ladruncolo colto in<br />
flagrante. Ma, scorgendola così turbata, anch’ella diventò<br />
seria. – Cos’hai, sorella mia?<br />
– Nulla ho! cosa vuoi che abbia? – rispose quasi piccata.<br />
E si diede l’aria di voler rimettere a posto qu<strong>al</strong>che cosa:<br />
le sedie, le coperte del letto.<br />
– Gli è che mamma ti ha cercato due volte! – disse l’<strong>al</strong>tra<br />
amabilmente, quasi per giustificare la sua comparsa; – e<br />
non sapevamo dove tu fossi –. Inghiottì la s<strong>al</strong>iva, come se<br />
volesse inghiottire anche la piccola bugia.<br />
Ella infatti lo sapeva bene dove Spiranza fosse andata a<br />
ficcarsi. Lo sapeva, e comprendeva bene il bisogno che quell’anima<br />
in pena doveva aver avuto di isolarsi là in quel canto<br />
amm<strong>al</strong>iato, per contemplarvi dei sogni maravigliosi, che<br />
vi si erano svolti, e <strong>al</strong>imentarvi una tormentosa eppur deliziosa<br />
fiamma. Comprendeva l’anima di lei d<strong>al</strong>l’anima propria,<br />
che non aveva pace, né sapeva dove trascinare il corpo<br />
stracco per trovar riposo.<br />
68<br />
Spiranza s’aggirò ancora in silenzio rannuvolata, smemorata;<br />
ed ella le si avvicinò con intenzioni affettuose. – Cos’hai<br />
dunque, Spirà? Dimmelo!<br />
– Per i dolori di Nostra Signora! – pregò la maggiore,<br />
con modulazione di lamento; – lasciami star in pace, sorella<br />
mia! Tu lo sai ciò che ho… come io so ciò che hai tu…<br />
Perché tormentarci?<br />
Mena la guardò con t<strong>al</strong> espressione amorosa, ch’ella ne<br />
restò intenerita. Le lacrime s’affacciarono agli occhi smarriti<br />
di entrambe, ed entrambe sospirarono in silenzio l’una sempre<br />
ferma, appoggiata <strong>al</strong>la sp<strong>al</strong>liera d’una sedia, l’<strong>al</strong>tra vagante<br />
per la stanza in un moto inconscio senza scopo, con l’anima<br />
in tempesta.<br />
– Consolarti volevo, e non tormentarti Spirà! – rimproverò<br />
dolcemente la piccola, dopo una lunga pausa. – Consolarti<br />
e consolarmi!<br />
– Lo so! Tu sei buona! – mormorò Spiranza, guardandola.<br />
– Non siamo sorelle?… Ma pensa: non sei… stanca,<br />
tu? Non è veramente doloroso che le feste ci lascino così<br />
tristi? Non hai nulla negli orecchi? Non vedi nulla con gli<br />
occhi? Santa Maria!<br />
Quella stava ad ascoltare, intenta, con un sorriso di dolcezza<br />
che le irraggiava il viso di bambina: pareva che qu<strong>al</strong>cosa<br />
di soave le s’infiltrasse nell’animo inviolato, la pervadesse<br />
tutta a poco a poco, l’incantasse. «Perché le faceva quelle domande?<br />
Le leggeva forse nell’anima?». A voce <strong>al</strong>ta confessò:<br />
– Il ronzio che senti tu, anch’io lo sento: ciò che tu hai dinanzi<br />
agli occhi, benché non ci sia, anch’io lo vedo…<br />
L’<strong>al</strong>tra sorrise m<strong>al</strong>inconicamente, dando ancora uno sguardo<br />
<strong>al</strong> letto, <strong>al</strong>le sedie, <strong>al</strong> fagotto. Poi tremò senz’accorgersene,<br />
a una lieve scricchiolata che fece la carta sotto il suo giubbetto.<br />
Le parve d’aver accanto <strong>al</strong> <strong>cuore</strong> un supplizio di fiamme,<br />
che l’accendesse tutta. «Mio adorato Silvio» rileggeva a lettere<br />
di fuoco su tutti gli oggetti, che le si aggiravano intorno come<br />
se fossero vivi. E vampe di rossore le s<strong>al</strong>ivano <strong>al</strong> volto.<br />
«Mio adorato Silvio»! Perché non era sola? Che martirio!<br />
Apriva già le labbra per pronunziare una supplica disperata,<br />
quando la voce di zia Francisca si fece udir d<strong>al</strong>la<br />
cucina: – Mena, Spiranza! venite giù dunque: è tardi!<br />
69
Mena scomparve, rifacendo la sc<strong>al</strong>a a passi precipitati, ed<br />
ella stimolata da uno strazio insopportabile, si cacciò la mano<br />
in seno, ne strappò le carte, le spiegò senza vedere, corse con<br />
gli occhi <strong>al</strong>la firma. Un nome di donna era scritto nell’ultima<br />
riga con una mano delicata e fine: «Maria Gentili».<br />
Lo scritto diventò tutto un groviglio di girigogoli, tutto<br />
uno sgorbio, un imbratto. «Vergine dolorosa! Una donna!<br />
E una donna giovane, a giudicar d<strong>al</strong>la scrittura! una donna<br />
che lo chiamava «adorato»! Oh Signor benedetto!». Si fregò<br />
gli occhi se le riuscisse di leggere avanti; ma la vista le rimaneva<br />
ancora oscurata. Sfogliò con rabbia impotente anche<br />
il libriccino, ma non vide brulicar sulle pagine più che lunghi<br />
e sottili lombrici neri in arruffato ammasso. Il rogo che<br />
aveva contemplato sulla vetta del monte lontano, se lo sentì<br />
ora nel seno. Bruciava immobile.<br />
– Spiranza! Spiranza! – chiamava da giù la vecchia.<br />
Scese la sc<strong>al</strong>a non ancora in cervello, e trovò quasi pronto<br />
per la cena.<br />
Nella stanza del giuramento era apparecchiata la tavola. Il<br />
babbo e Giromìnu stavano già seduti <strong>al</strong> loro posto, il primo<br />
tutto gaio, contento della festa perfettamente riuscita, l’<strong>al</strong>tro<br />
taciturno e rannuvolato, non si sapeva per qu<strong>al</strong> motivo occulto.<br />
Mena e la madre gironzolavano ancora con passo stracco<br />
da un canto <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro, per finir d’apparecchiare. S’attendeva<br />
M<strong>al</strong>cu, che s’udiva cic<strong>al</strong>are a voce <strong>al</strong>ta in cucina coi servi.<br />
Spiranza, per far qu<strong>al</strong>che cosa anch’essa, regolò lo stillicidio<br />
dell’acqua <strong>al</strong> lume a gas acetilene, la cui luce troppo<br />
viva le abbagliò la vista; spostò due o tre piatti, qu<strong>al</strong>che posata.<br />
Poi s’avviò in cucina per dar una mano <strong>al</strong>le <strong>al</strong>tre, camminando<br />
come un’ombra.<br />
M<strong>al</strong>cu, appena la vide, interruppe il suo ciaramellio e le<br />
diede la baia, movendole incontro tentennante. – Oh! dov’eri<br />
dunque? – b<strong>al</strong>bettava. – A curarlo ancora? Ma non sai che se<br />
n’è andato?… Tutti se ne sono andati… Anche comare ’Gnuleddha<br />
se ne è andata…, che era la più bella di tutte… Ah ah!<br />
Ma ci andrò io <strong>al</strong>la sua capanna, perché mi piace… e me la<br />
prenderò per moglie. Ah ah!<br />
I servi scoppiavano in risatone squarciate. – Eh! così<br />
proprio dirà ziu Pasc<strong>al</strong>i Luna!<br />
70<br />
– Ziu Pasc<strong>al</strong>i starà… starà zitto: starà zitto: e se non starà<br />
zitto grugnirà… Ma io farò come piacerà a me… È vero che<br />
non è ricca come Jacheddhu Ruoni, ma… –. Guardò con gli<br />
occhi lustri la sorella maggiore, che lo stava fissando da un pezzo<br />
tutta trasecolata. – Eh!? Che ne dici tu di Jacheddhu Ruoni?<br />
– Che vuoi che ne dica? – rispose Spiranza, accesa di<br />
stizza nel vederlo <strong>al</strong>ticcio. – Dico che dovreste essere aggiogati<br />
tutti due <strong>al</strong> carro, tu e lui, per trasportar le immondezze.<br />
Ecco cosa dico…<br />
– Ah ah ah! – biascicò l’<strong>al</strong>tro, senz’aversela per m<strong>al</strong>e. – Sei<br />
adirata perché è andato via il soldato… Non il soldato campidanese;<br />
quello, Dio lo conservi sano: che è grazioso davvero…;<br />
ma quell’<strong>al</strong>tro che ha la stella in fronte, per lo scherzo di<br />
Giromìnu… Vi ricordate? Ah ah!<br />
La giovane gli lanciò un’occhiata lampeggiante, e non lo<br />
degnò di risposta. Gli volse le sp<strong>al</strong>le indignata e s’<strong>al</strong>lontanò<br />
con passo legato, con un’<strong>al</strong>tra amarezza nel <strong>cuore</strong>. «Vergine<br />
benedetta! Tutti i patimenti dovevano dunque assediarla quel<br />
giorno? E per quel giorno s’era dunque riservati tutti i castighi<br />
la mano del Signore? L’anima sua era invasa da una piena<br />
d’affanni».<br />
– Babbo, perché non lo fate tacere? – disse, lasciandosi<br />
andare spossata sulla sedia. – Non udite quante pazzie sta<br />
rimescolando? Non ha la testa a posto, pare!<br />
– Chi? – domandò il vecchio, sorridendo. – M<strong>al</strong>cu? Ma<br />
lascia dunque che si sfoghi un poco, povero figliolo. È <strong>al</strong>legro:<br />
cosa vuoi fargli? Forse ha bevuto qu<strong>al</strong>che goccia in<br />
più… Era festa… E non ogni giorno avremo con noi tanta<br />
gente… Lasci<strong>al</strong>o chiacchierare!<br />
Ella s’imbronciò e ammutolì. Di nuovo tutta quella gente<br />
lontana le formicolò nel pensiero, inasprendole, se era possibile,<br />
la tortura. Si contorse involontariamente e si lasciò<br />
sfuggire un sospiro che finì in gemito. Temette d’essersi tradita<br />
e sgranò gli occhi intorno.<br />
Giromìnu che la guardava con insolita ostilità, tentennò<br />
lievemente la testa e fece una smorfia di sprezzo. Parve volesse<br />
distrarsi stamburellando con le dita sulla tovaglia, poi<br />
facendo tintinnare il coltello.<br />
71
Ma essa tremò sotto quello sguardo significativo e fu<br />
colta da misteriosa paura. Nel grave silenzio ch’era caduto<br />
nella stanza s’udivano ancora le voci scomposte di M<strong>al</strong>cu.<br />
– Non lo fate dunque tacere? – gridò ella <strong>al</strong> padre,<br />
scoppiando in pianto. – Dice un monte di sciocchezze contro<br />
di voi… contro di me… contro di… contro tutti!<br />
– Figlia mia! – intervenne zia Francisca. – Che cosa hai<br />
dunque contro quel poveretto, stasera? Abbi pazienza! Non<br />
sa quello che dice, figlio mio!<br />
– M<strong>al</strong>cu! – chiamò il vecchio. – Vieni dunque a cena! Oh!<br />
– Lo sa lei, cos’ha contro M<strong>al</strong>cu! – osservava con <strong>al</strong>lusioni<br />
incomprese Giromìnu. – Non vedete che se n’è amm<strong>al</strong>ata?<br />
Spiranza continuava a singhiozzare col grembi<strong>al</strong>e agli<br />
occhi, e la madre cercava di chetarla con esortazioni affettuose.<br />
Anche Mena le diceva buone parole, la carezzava con<br />
le sue mani innocenti, le strappava a forza la stoffa d<strong>al</strong> volto.<br />
– Altre carezze meriterebbe, mamma – bofonchiava il<br />
figlio maggiore. – Carezze con un bastone d’oleastro, se deste<br />
retta a me! E tu, perché non la lasci stare, che mi fai<br />
nausea?<br />
– Gli è che mi duole… la testa, Giromìnu! – proruppe<br />
ella non potendone più. – E tu non hai un briciolo di <strong>cuore</strong>,<br />
non hai!<br />
– Il bastone, <strong>al</strong>la testa, il bastone!<br />
– Chi parla di bastone? – domandò <strong>al</strong>legramente M<strong>al</strong>cu,<br />
entrando. – Che ne fai del bastone, Giromì? Per battere<br />
Spiranza lo vuoi? o perché?… Ma l’hai battuta già, forse,<br />
che piange come una moccicosa?<br />
– Taci, tu! – comandò imperiosamente ziu Pasc<strong>al</strong>i. – E<br />
fareste bene di finirla tutti, con questo funer<strong>al</strong>e!<br />
– Anch’io direi così, Pascà! – aggiungeva zia Francisca,<br />
sedutasi fin<strong>al</strong>mente a tavola. – Figli miei: oggi era festa; ma<br />
se vi trattate così, me la fate dimenticare… Siate buoni, e<br />
mangiate.<br />
Nel silenzio s’udì ancora il m<strong>al</strong> represso singhiozzio di<br />
Spiranza, il borbottio sommesso di M<strong>al</strong>cu, il tintinnio della<br />
posata di Giromìnu. Mena stava zitta; d<strong>al</strong> suo posto guardava<br />
teneramente la sorella con occhi lacrimosi.<br />
72<br />
Il padre pareva contristato e taceva anch’esso, inghiottendo<br />
di m<strong>al</strong>avoglia il cibo amaro. Poi non poté più contenere<br />
in sé la rampogna. – Ecco come si guastano le feste!<br />
Come si trapassano senza riguardo i cuori dei vecchi. Dovreste<br />
avere un po’ più d’amore per noi, figli cari; per noi<br />
che… –. E non trovava <strong>al</strong>tre parole.<br />
M<strong>al</strong>cu si credette autorizzato a venirgli in aiuto. – Lo<br />
vedi, Spirà! – disse egli. – Perché dài dispiaceri <strong>al</strong> babbo?<br />
Non sai?…<br />
– Tu, dovresti incominciare a non dargliene! – interruppe<br />
bruscamente il vecchio. – Perché cerchi gli <strong>al</strong>tri? Dovevi<br />
cominciar tu a berlo come si deve, il vino, e a mantenere la<br />
testa a posto!… Ingrati! – mormorò poi con risentimento. –<br />
Una giornata come questa, che la nostra famiglia doveva ricordare<br />
finché ne durava uno vivo, per le belle figure che<br />
tutti avevamo fatto in ogni cosa; una giornata di tanta contentezza,<br />
doveva essere coronata da questa cena! Dio ve la<br />
paghi, dunque, l’<strong>al</strong>legria che mi date!<br />
Tutti ascoltavano in silenzio quello sfogo addolorato, e<br />
avevano compassione di quella vecchiezza contristata. Solo<br />
nel <strong>cuore</strong> di Giromìnu, il più impulsivo, s’insinuò m<strong>al</strong>ignamente<br />
un dèmone. Egli contrasse la bocca con la solita<br />
smorfia, poi l’aperse a un sogghigno infern<strong>al</strong>e. – Le belle figure!<br />
– pronunziò egli lentamente con ironia e con scherno.<br />
– Il vecchio è contento della sua famiglia: beato lui! –.<br />
Poi investì direttamente ziu Pasc<strong>al</strong>i con fremiti nella voce e<br />
fulmini nella vista: – Vi è piaciuta dunque oggi vostra figlia,<br />
babbo? la vostra figlia maggiore?<br />
Spiranza ebbe un sussulto. Le parve che tutto il sangue le<br />
affluisse <strong>al</strong> <strong>cuore</strong> e le accendesse nel seno una fiammata. Come<br />
punta d<strong>al</strong>la vespa si volse verso il fratello, e parve il simulacro<br />
della disperazione. Il vecchio tremolava in ogni fibra,<br />
sveniva d’ansia dolorosa e non poteva parlare. Tutti s’attendevano<br />
con pena suggellata e muta lo scoppio d’una bufera.<br />
Giromìnu, sempre più suggestionato d<strong>al</strong> m<strong>al</strong>e, li teneva<br />
sui carboni accesi: pareva godesse di quella passione d’anime.<br />
Stamburellava concitato.<br />
– Parla dunque! – supplicò il vecchio con un filo di voce,<br />
come il Patimento.<br />
73
– Parlare? Non mi conviene! Ve le dirà <strong>al</strong>l’orecchio Jacheddhu<br />
Ruoni due parole ben dette! Allora…<br />
– Babbo, non gli date retta! – esclamò Spiranza esasperata.<br />
– È ubbriaco più di M<strong>al</strong>cu! Ubbriaco di pazzia e di<br />
veleno! Non gli date retta!<br />
Giromìnu <strong>al</strong>lora tacque, quasi immobile: solo le narici<br />
gli si dilatavano di quando in quando. Indi, dopo un brivido,<br />
pur sapendo d’infiggere e di rivoltare nei cuori uno<br />
stocco arroventato, disse beffardamente: – Jacheddhu Ruoni<br />
vi dirà che vostra figlia, per tutto il giorno – <strong>al</strong>la chiara<br />
luce del sole – in G<strong>al</strong>lura – <strong>al</strong>la vista di tutti, – ha fatto vergo-gno-sa-mente<br />
la civetta con…<br />
Mena, mentre il fratello spremeva a poco a poco d<strong>al</strong><br />
labbro amareggiato quelle parole infocate, s’era levata inconsciamente,<br />
quasi spinta da una forza superiore, s’era lanciata<br />
con un b<strong>al</strong>zo verso l’accusatore implacabile, e gli aveva<br />
tappata la bocca con la mano convulsa, a tempo appena per<br />
strozzargli nella gola un nome paventato.<br />
– Figlio mio! – deplorò zia Francisca, chiudendo gli occhi<br />
e dandosi un pugno <strong>al</strong> petto.<br />
Ziu Pasc<strong>al</strong>i si contorceva tra i rovi, coi segni d’una cupa<br />
ambascia sul viso; e per miserabile contrapposto, l’ubbriaco<br />
sorrideva melensamente.<br />
Spiranza si levò trab<strong>al</strong>lando, accese la candela <strong>al</strong>la fiammella<br />
del lume, traversò la stanza muta. Ma quando fu sull’uscio,<br />
si risolve vivamente, spronata ai fianchi da una furia<br />
dominatrice, e disse: – Dio ti perdoni, Giromì! Mi hai dato<br />
una stoccata nel fianco! –. E sparve come una p<strong>al</strong>lida visione,<br />
lasciando dietro di sé il silenzio.<br />
Come ris<strong>al</strong>ì la sc<strong>al</strong>a? come entrò nella sua stanza e assicurò<br />
di dentro la porta? Come si buttò sul letto e mordé le<br />
coperte, e s’avvoltolò nel delirio?<br />
Mai seppe dirlo. Ma ben ricordò poi per tutta la sua vita<br />
il music<strong>al</strong>e scricchiolio dei fogli nascosti accanto <strong>al</strong> <strong>cuore</strong>,<br />
che la ridestò quasi di soprass<strong>al</strong>to da quell’orribile sogno,<br />
la fece b<strong>al</strong>zar in piedi, tormentar quella povera carta<br />
con le mani, fissarvi gli occhi accesi. Ben seppe che rinacque<br />
<strong>al</strong>la vita e <strong>al</strong>la gioia, <strong>al</strong>la gioia! quando poté leggere in<br />
74<br />
fine: «Ti abbraccia perdutamente la mamma tua, che t’idolatra<br />
sempre. – Maria Gentili».<br />
– La madre! la madre! – ricordò poi sempre di aver gridato<br />
nel suo intimo, senza parole, come se tutto il mondo<br />
fosse là dentro, nel suo animo, supremamente concentrata<br />
in quell’unico pensiero, senza sentire più neppur una delle<br />
mille spine della sua corona, senza rammentar più neppure<br />
la propria mamma, senza neppur più voglia di leggere avanti.<br />
– La madre! la madre!<br />
75
PARTE SECONDA
L’<strong>al</strong>ba la trovò seduta nel vano della finestrella, accesa<br />
d<strong>al</strong>l’ansia tormentosa di leggere le scritture che le bruciavan<br />
le mani.<br />
Già da un pezzo aveva sbarrato le pupille nella notte, tenendo<br />
i gomiti appuntati sul davanz<strong>al</strong>e, per continuare a occhi<br />
aperti quel sogno, che l’aveva deliziata e affannata nell’ora<br />
del riposo. E aveva seguito col pensiero l’imagine vaporosa e<br />
gentile della donna sconosciuta, eppur già tanto amata, che<br />
le sorrideva soavemente d<strong>al</strong>le tenebre tenui di quella notte viva<br />
di stelle, e s’aggirava vestita di un chiarore d’incanto, librata<br />
a volo tra bianchi veli di nubi con diadema d’astri. E aveva<br />
aperto tutto il suo <strong>cuore</strong> a quel sorriso di madre, a quelle parole<br />
che avevano la m<strong>al</strong>ìa d’un canto di sirena: e quelle fattezze<br />
di santa trionfante tra i ceri in fiamma vi s’erano impresse<br />
profondamente fiorendovi un’iride serena di dolcezza.<br />
Le era comparsa così, subito dopo quel delirio della scoperta,<br />
dopo la lettura di quel nome armonioso di speranza,<br />
appena s’era ridistesa sul letto spossata e vestita: ed ella l’aveva<br />
chiamata come persona conosciuta, attesa da lungo tempo, di<br />
cui l’amore ha bisogno: l’aveva afferrata per le mani bianche,<br />
guardata negli occhi del color del cielo – occhi d’abisso, come<br />
quelli di lui –, supplicata in ginocchio. «Non la respingesse!<br />
La tenesse come una serva, ma con lui! La s<strong>al</strong>vasse, per pietà,<br />
d<strong>al</strong> braccheggio crudele di tanti cani!». Era stata abbracciata,<br />
confortata di speranza. – Io te lo do con trasporto! – le era<br />
sembrato che le avesse detto. – Eppur lo amo come più non<br />
si può amare! Vorrei che tu gli volessi bene come glie ne vuole<br />
la mamma! –. E qui era comparso lui, illuminato d<strong>al</strong> suo<br />
sorriso e d<strong>al</strong> suo sguardo, e d<strong>al</strong>la bocca di quell’amorosa era<br />
scesa per essi due un’onda di benedizione. Gioie simili a<br />
quella si devono provare solamente in cielo, ove tutti si amano<br />
puramente. E luci di cielo aveva ella visto in quegli istanti,<br />
inni e suoni di cielo aveva udito.<br />
79
Ma la gioia è breve anche nel sogno! e a fianco di quelle figure<br />
amabili ed amate, eran sorti non sapeva come, vari <strong>al</strong>tri<br />
fantasmi corrucciati, che avevan preso varie sembianze, aspetti<br />
incostanti e indeterminati: Jacheddhu Ruoni, Giromìnu, M<strong>al</strong>cu,<br />
Mena, il dottore, i due vecchi del b<strong>al</strong>lo. L’avevano schernita<br />
e minacciata, intorbidandole ogni <strong>al</strong>legrezza, ripiombandola<br />
nel suo tormento. Così aveva gridato nel pianto, e il grido le<br />
aveva rotto il sonno.<br />
La luce del giorno si diffuse lentamente sul selvaggio <strong>al</strong>tipiano<br />
su cui guardava la finestra, e a poco a poco emersero<br />
d<strong>al</strong>la confusione uniforme i nodi, le conv<strong>al</strong>li, le foreste, e si<br />
destarono timidamente nel silenzio i piccoli rumori del primo<br />
risveglio. La vita trionfò lentamente su quel solenne sopore di<br />
morte; divenne tosto gioconda di splendori e di canti.<br />
Ma Spiranza non vedeva inverdire e screziarsi le capitagne<br />
dell’orto, tremare i rosai nel giardino, frullare tra le<br />
piante le prime passere: non udiva le lievi ondulazioni dei<br />
tintinni, le carezze melodiose dei primi belati. Intenta nella<br />
lettura di quelle pagine che le assorbivano l’anima, sembrava<br />
deliziarsi <strong>al</strong>la vista d’un mondo lontano. Solo di quando<br />
in quando le passavano sul viso riflessi di luce e veli d’ombre,<br />
sorrisi e pianti, e il petto le ansava, e tutta la persona le<br />
abbrividiva; di quando in quando le sue labbra si posavano<br />
sui fogli, e il <strong>cuore</strong> se li attirava.<br />
La mamma sconosciuta e già tanto amata, scriveva:<br />
«Mio adorato Silvio,<br />
due settimane son passate d<strong>al</strong>la tua partenza, e noi ancora<br />
piangiamo. Già; fu così breve la tua permanenza tra noi,<br />
che ci sembrò un sogno: un sogno cominciato nel giubilo,<br />
finito nello sconforto.<br />
Pensa poi se non abbiamo mille ragioni di piangere! Tu<br />
sei lontano, e noi siamo sole: io e la tua dolce sorella; e la<br />
casa per noi è troppo vasta. Sei lontano di là dai monti, di<br />
là d<strong>al</strong> mare: in <strong>Sardegna</strong>! Oh Dio! quando ci penso mi pare<br />
d’impazzire. Nelle ore di cordoglio, quando la mente mi si<br />
oscura, mi chiedo perché mai t’ho partorito con tanto dolore<br />
e <strong>al</strong>levato con tanto affetto, se poi ti dovevo offrire <strong>al</strong><br />
80<br />
mondo e mandare in sacrifizio a una terra m<strong>al</strong>edetta. E se<br />
nel passato, quando tu mi mancavi, il <strong>cuore</strong> dolorava solo<br />
per la lontananza, ora è trafitto d<strong>al</strong> presentimento, freme<br />
per la paura. Oh quante volte, o mio unico, quando tutto<br />
tace, e le ombre velan tutto di misteri e di pericoli, l’anima<br />
mia sogna non so qu<strong>al</strong>i sanguinose visioni, non so qu<strong>al</strong>i<br />
sciagure! quante volte, a ogni picchio, tutto mi trema dentro,<br />
perché mi par di attendere da un’ora <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tra la notizia<br />
fat<strong>al</strong>e! I banditi, mio figlio benamato, i briganti, gli assassini<br />
arruffano i miei sogni la notte e popolano le mie stanze<br />
di giorno. Mi par di vederli a tutte l’ore aggirarsi tra un<br />
mobile e l’<strong>al</strong>tro, ghignarmi sulla faccia, abbagliarmi col luccichio<br />
di quei loro fucili lunghi, di quei loro coltellacci insanguinati,<br />
per farmi morir di terrore. E ogni rumore per<br />
via è per me un rombo di schioppettata, e ogni grido è un<br />
urlo di moribondo, e ogni tumulto un besti<strong>al</strong>e ass<strong>al</strong>to. Figlio<br />
mio, mi dirai che sono amm<strong>al</strong>ata; e lo concedo: sono<br />
amm<strong>al</strong>ata del grande amore che ti porto. E finché tu starai<br />
in <strong>Sardegna</strong>, non potrà mai guarire il mio m<strong>al</strong>e!<br />
Perciò prego sempre il Signore che ti <strong>al</strong>lontani il più presto<br />
da codesta povera regione piena d’insidie e di pericoli, e ti<br />
rimeni in contrade da cristiani. A questo fine prega anche<br />
tua sorella, e la tua buona amica Silvania, che viene ogni<br />
giorno a casa per chieder tue notizie e si addolora tanto della<br />
tua sorte. Speriamo che le nostre preghiere vengano ascoltate<br />
e che tu sia s<strong>al</strong>vo da ogni sciagura. Ma tu non fidarti, figlio<br />
del mio <strong>cuore</strong>, non avventurarti mai solo per luoghi selvaggi<br />
che non conosci: frena gli impulsi della tua giovinezza coraggiosa,<br />
e conservati sano per tua madre che ti idolatra e morrebbe<br />
disperata, se… Oh Dio! <strong>al</strong>lontanatemi d<strong>al</strong> pensiero la<br />
fosca visione che mi persèguita: e tu, Silvio mio, perdona.<br />
Ti supplico di scriverci il più spesso che puoi, per toglier<br />
qu<strong>al</strong>che punta <strong>al</strong> nostro affanno, e di scrivere qu<strong>al</strong>che<br />
volta anche a Silvania, giacché glie l’hai promesso solennemente.<br />
Tu sai qu<strong>al</strong>e sarebbe il mio sogno, figlio mio. Silvania<br />
è bella, ricca, istruita, e ben educata: non le manca nulla<br />
per poter essere una buona compagna… Tu la conosci<br />
fin d<strong>al</strong>l’infanzia: ella ti vuole un bene senza misura. Se vi<br />
uniste… Ma basta, di questo ti ho parlato tanto a voce:<br />
81
non occorre che te ne riparli ora per iscritto. Mi premeva<br />
però di raccomandarti di scriverle e di non dimenticarla…<br />
neanche in codesta terra di desolazione».<br />
A questo punto Spiranza ebbe un guizzo e sentì come<br />
una ruvida mano aggranfiarle il <strong>cuore</strong>. Omise di leggere la<br />
chiusa che conosceva già d<strong>al</strong>la sera precedente, e si lasciò<br />
rapir l’anima d<strong>al</strong> vortice dei suoi pensieri tristi, come cencio<br />
da turbinio di venti.<br />
Di fronte a lei si ergeva improvvisamente una nemica.<br />
Come potrebbe ella combattere contro di essa e vincerla?<br />
Colei era ricca, bella, istruita, nata in città, vissuta in luoghi<br />
civili…: ella invece, per quanto fosse ricca e avesse un po’ anche<br />
studiato, rimaneva sempre una pastora… E quella madre,<br />
che pur nel sogno le aveva concesso il suo tesoro, e l’aveva<br />
benedetta, esortava il figlio a… E quel figlio che aveva<br />
quasi giurato di non aver avuto mai innamorate, aveva mentito!<br />
Oh Signore! Silvio, che le era apparso come l’angelo dell’onestà<br />
e della verità, le riappariva ora come il demonio della<br />
simulazione e della menzogna! Ma perché aveva dunque finto<br />
così con lei? Qu<strong>al</strong>e interesse aveva egli avuto per parlarle<br />
d’amore e per esser geloso? Che cosa l’aveva spinto a strapparle<br />
d<strong>al</strong> <strong>cuore</strong> tot<strong>al</strong>mente l’imagine di Jacheddhu Ruoni,<br />
ch’ella forse un giorno, senza il suo incontro, avrebbe potuto<br />
sposare? Ella non sapeva comprenderlo, povera ignorante,<br />
povera ingenua!<br />
E neanche quella madre poteva comprendere. Certo non<br />
era quella la madre del sogno. Una donna che aveva tanta<br />
paura della sua <strong>Sardegna</strong> e c<strong>al</strong>unniava la sua regione non poteva<br />
stimarla, né amarla, né benedirla! Né essa la poteva stimare<br />
e amare… E quella Silvania? quella fortunata? quella<br />
vincitrice? Perché non le compariva dinanzi re<strong>al</strong>mente, affinché<br />
ella potesse guardarla bene in volto, e giudicare <strong>al</strong>meno<br />
se fosse vero ch’era bella, e udirla parlare per conoscere se fosse<br />
veramente istruita? Oh Dio! ma eran tutte lontane, tutte,<br />
ed ella era sola, col suo terribile sospetto, con la sua incertezza,<br />
che le avvampava in seno, che le bruciava il cervello…<br />
Fosse stato presente <strong>al</strong>meno Silvio per dirle una parola, e<br />
dissiparle ogni dubbio, e persuaderla che tutto era un sogno<br />
82<br />
di quella madre amm<strong>al</strong>ata. Come l’avrebbe voluto opprimer<br />
di domande, e umiliar con rimproveri e abbatter con ragioni!<br />
Era istruita, colei? Andava bene! Ma un <strong>cuore</strong> affettuoso come<br />
il suo, apertosi tra le forre di quell’<strong>al</strong>tura selvaggia a ogni<br />
sentimento di bontà, fortificatosi sempre nell’innocenza e nella<br />
modestia, colei non lo poteva avere: ma un amore così forte,<br />
nato nella sventura, cresciuto davanti a un letto di dolore,<br />
suggellato da un sacrifizio coraggioso di nozze oneste, colei<br />
non glie lo poteva dare. Colei gli si buttava in braccio da disperata,<br />
spudoratamente: forse perché non v’era <strong>al</strong>tro cane che<br />
la volesse. Ma ella, per lui, aveva lasciato Jacheddhu Ruoni,<br />
uno dei giovani più ricchi della G<strong>al</strong>lura. Se avesse potuto dirgliele<br />
con c<strong>al</strong>ore, tutte queste verità! Era persuasa ch’egli non<br />
avrebbe fiatato e l’avrebbe rassicurata, le avrebbe sorriso.<br />
Allora se lo figurava come quando era amm<strong>al</strong>ato, disteso<br />
nel letto, col viso bianco e patito, con gli occhi languenti,<br />
con la bocca asciutta, docile come bambino stanco, debole<br />
come virgulto abbattuto d<strong>al</strong> vento, tutto in suo potere;<br />
ricordava quegli sguardi supplichevoli, quelle parole affettuose,<br />
quei sorrisi p<strong>al</strong>lidi, ma sempre luminosi, quello sfavillio<br />
d’amore che gli raggiava sul capo. Come era buono,<br />
come si faceva amare! Ma adesso, se ancora fosse stato a lei<br />
presente in condizioni così umili, così degne di pietà, ella<br />
l’avrebbe investito, avrebbe profanato l’ospit<strong>al</strong>ità sacra ai<br />
G<strong>al</strong>luresi e l’avrebbe strappato d<strong>al</strong> letto, e c<strong>al</strong>pestato: giacché<br />
nient’<strong>al</strong>tro ella odiava come la finzione e la menzogna.<br />
La brezzolina dell’aurora le recava da fuori la frescura;<br />
agitandole lievemente i riccioli scomposti le mormorava <strong>al</strong>l’orecchio<br />
i dolci messaggi dei pampani fruscianti, delle mortelle<br />
in fiore: ma ella in quel mormorio di carezza non udiva<br />
<strong>al</strong>tro che il sibilo rabbioso d’un nome: Sssilvania! Sssilvania!<br />
Le pareva che quella, la trionfatrice, conoscesse in quel momento<br />
tutto il suo strazio. La vedeva ridere del suo tormento,<br />
sogghignare di sprezzo, beffarsi della sua ingenuità, del suo<br />
credulo amore… Che dispetto, che rabbia, che disperazione!<br />
Inconsciamente brancicava la lettera che le era caduta sul<br />
grembo e senza addarsene la sgu<strong>al</strong>civa, come se avesse voluto<br />
riversare su quella povera carta tutta la sua passione. Poi <strong>al</strong>l’improvviso<br />
fu divorata d<strong>al</strong>la brama di conoscere ancora, di<br />
83
aver <strong>al</strong>tre prove di quella condotta indegna. Quanto avrebbe<br />
dato per sapere ciò che quel mentitore aveva risposto <strong>al</strong>la<br />
mamma! Ciò disgraziatamente era impossibile, e bisognava<br />
rassegnarsi. Poteva però forse imparar a conoscere più a fondo<br />
quel perfido, e, chi sapeva? trovar tra quei fogli qu<strong>al</strong>cosa<br />
d’inatteso che v<strong>al</strong>esse, se non a rimuovere, <strong>al</strong>meno a lenire il<br />
suo martirio.<br />
Volle riprender la lettura, e quasi gettò un piccolo grido.<br />
Inclusi nella stessa busta v’erano <strong>al</strong>cuni fogli scritti da<br />
un’<strong>al</strong>tra mano. «Forse una lettera di colei? Oh! Che cosa<br />
poteva ella scrivergli, la svergognata, per attirarselo di più,<br />
per rubargli il <strong>cuore</strong>?».<br />
Si mise a leggere avidamente, come un affamato a mangiare;<br />
ma s’accorse che le carte contenevano qu<strong>al</strong>che brano<br />
della risposta di Silvio. Qu<strong>al</strong> fortuna insperata! È vero che<br />
lo scritto era tutto segnato di cancellature e di sgorbi, ed era<br />
una brutta copia: ma le parole erano chiare abbastanza e,<br />
benché più stentatamente, poteva andar innanzi. Qu<strong>al</strong>i stimoli<br />
le pungevano i fianchi e qu<strong>al</strong>e ansia le faceva martellare<br />
il <strong>cuore</strong>! Troverebbe forse ciò che Silvio aveva risposto <strong>al</strong>la<br />
madre intorno <strong>al</strong>l’odiata Silvania; s’accerterebbe forse di<br />
tutto: lo scruterebbe fino <strong>al</strong> fondo dell’anima.<br />
Inc<strong>al</strong>zata d<strong>al</strong>l’impazienza, corse agli ultimi fogli, dandovi<br />
occhiate accese; lesse varie volte l’aborrito nome, e intravvide<br />
tra le righe dei misteri paurosi che l’attiravano come<br />
la voragine. Si contorse quasi per dolore fisico, si sentì<br />
soffocare. Poco dopo poté <strong>al</strong>quanto rimettersi e riprese la<br />
lettura da capo. I brani della minuta dicevano:<br />
«Ti maraviglierai ch’io prenda le difese di una terra che<br />
anch’io prima schernivo e temevo; ma la giustizia prima di<br />
tutto, si trattasse anche della bistrattata <strong>Sardegna</strong>!<br />
Io, vedi, ho pianto in segreto, quando mi si comunicò<br />
la notizia che dovevo venir qui, e mi pareva che la mia giovinezza<br />
superba di tante speranze fosse stata improvvisamente<br />
spezzata come una canna, e tutto il mio avvenire luminoso<br />
di visioni fosse stato oscurato da un bieco sogno di<br />
dolore. Quante lacrime, madre mia, quante lacrime! Tu<br />
non mi vedevi piangere, durante la mia breve permanenza<br />
84<br />
a casa; ma mi ha ben visto la cupoletta del giardino, la stanza<br />
solitaria, il letto: m’ha ben visto la rivoltella che ho impugnato<br />
varie volte nel cupo silenzio della notte, e ho avvicinato<br />
a questo cervello che bruciava, e a questo <strong>cuore</strong> che<br />
sussultava bramoso di finire atrocemente un supplizio che<br />
non mi dava l’animo di tollerare. All’esilio faticoso e doloroso<br />
in questa plaga desolata preferivo la morte.<br />
E come incontro <strong>al</strong>la morte io venni qua, con ogni entusiasmo<br />
giovanile spento nel <strong>cuore</strong>, con ogni luce della mia<br />
primavera smorzata nel pensiero. Che viaggio infelice, madre<br />
mia! Ho ancora in mente il solco doloroso.<br />
E la mestizia invincibile del mio animo fu ancora aumentata<br />
d<strong>al</strong>la tristezza vasta e silenziosa dei paesaggi sardi, appena<br />
ebbi messo piede nell’isola miseramente famosa. Provai<br />
però esser vero ciò che comunemente si crede: che gli spettacoli<br />
tristi si convengono ai cuori tristi. Infatti, da quelle solitudini<br />
mute, che tu attraversi pigramente col fardello delle<br />
tue prevenzioni e antipatie e dei tuoi pensieri di sconforto e<br />
dei tuoi ricordi torturanti d’un mondo luminoso e caro che<br />
hai abbandonato e col tedio mort<strong>al</strong>e di ogni cosa, senza veder<br />
per chilometri e chilometri un viso di cristiano; da quelle<br />
campagne brulle, in cui non stormiscono più che frasche<br />
e sughere e pruni, e nasce magra l’erba, e pascolano svogliatamente<br />
certe bestiole striminzite, e compare a grandi distanze<br />
qu<strong>al</strong>che misera abitazione umana, <strong>al</strong>la cui porta s’affacciano<br />
paurosamente ammassi ambulanti di stracci e di<br />
lordume; da quelle v<strong>al</strong>li fosche d’ombre e di misteri, che<br />
conservano ancora l’eco di delitti antichi, che la fantasia ti<br />
riporta in visione come presenti, e da cui attendi che sbuchino,<br />
da un momento <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro, le sinistre figure dei troppo<br />
celebri eroi della macchia e del sangue, con tutte le loro armi<br />
e con la loro ferocia; da quei monti rocciosi e nudi come<br />
ammassi smisurati di macerie m<strong>al</strong>edette e cosparse di s<strong>al</strong>e e<br />
di cenere: da tutto quello sterminato cimitero, sul qu<strong>al</strong>e ti<br />
pare dòmini un genio che mai abbia sorriso, emanava un<br />
soave senso di m<strong>al</strong>inconia che mi avvinceva l’anima.<br />
Così vissi triste <strong>al</strong>cuni giorni, quasi chiedendo conto a Dio<br />
dell’avermi fatto nascere per sb<strong>al</strong>estrarmi in questa Cajenna di<br />
miserie e di torture.<br />
85
Ma a poco a poco il mio occhio s’abituò <strong>al</strong>la straordinaria<br />
novità e varietà dei prospetti, e vide molte bellezze: il<br />
mio <strong>cuore</strong> s’assuefece <strong>al</strong> primitivo tenor di vita che qui si<br />
mena, e ne fu favorevolmente impressionato.<br />
Noi c<strong>al</strong>unniamo la <strong>Sardegna</strong>, o mamma. Con la mente<br />
piena di quanto hanno scritto i romanzieri su briganti e banditi,<br />
che, o non sono mai vissuti, o vissero in tempi ben lontani,<br />
quando vivevano anche nelle contrade più civili del<br />
Continente, noi sogniamo ancora una <strong>Sardegna</strong> <strong>al</strong>lagata di<br />
sangue. Siamo giusti, mamma: di sangue fraterno se ne sparge<br />
forse più nelle città stesse più progredite, dai veri rib<strong>al</strong>di in<br />
guanti, d<strong>al</strong>la teppa e d<strong>al</strong>la camorra, che qui non si conoscono.<br />
Noi temeremmo d’avventurarci soli in queste lande deserte,<br />
paventando un pericolo fat<strong>al</strong>e dietro ogni sasso, da<br />
ogni macchia, da ogni borro: eppure qui si cammina per avventura<br />
più sicuri, di giorno e di notte, che non nei vicoli,<br />
negli angiporti e, in certi momenti, nelle vie più illuminate<br />
di Napoli, Roma e Milano.<br />
Io ho visitato già parecchi di quei villaggi dell’<strong>al</strong>pestre<br />
G<strong>al</strong>lura (Nuchis, Luras, C<strong>al</strong>angianus, Bortigiadas, Aggius),<br />
i territori dei qu<strong>al</strong>i erano anticamente famosi per secolari<br />
vendette ereditarie, e son oggi ancora consacrati, di qua e di<br />
là, da segni di croce intagliati nei tronchi o scolpiti nei sassi;<br />
sono andato solo, in bicicletta, d<strong>al</strong>l’uno <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro: ho percorso<br />
vie solitarie e sentieri nascosti, e v<strong>al</strong>li e boschi deserti, dove si<br />
poteva uccidere un cristiano come un cign<strong>al</strong>e, senza <strong>al</strong>tri testimoni<br />
che le pietre e gli <strong>al</strong>beri e le frasconaie; e son ben vivo<br />
e intatto ancora, mamma! Ho potuto imbattermi sì in pastori<br />
gentili, che ti prendevano magari per il braccio per<br />
forzarti ad accettare nella loro povera capanna il loro latte e il<br />
loro pane, che il loro <strong>cuore</strong> largo avrebbe voluto per te moltiplicare<br />
e soavizzare; in venerandi vecchi d<strong>al</strong>l’aspetto severo,<br />
insugheriti, fedeli ancora, dopo tanta invadenza di mode e<br />
di civiltà, <strong>al</strong>le più antiche fogge di vestire, i qu<strong>al</strong>i ti s<strong>al</strong>utavano<br />
magari con un grugnito, ma ti s<strong>al</strong>utavano; in crocchi<br />
di giovanette ciarliere e cinguettanti, che s’incamminavano<br />
<strong>al</strong> rio col carico dei panni da lavare sul capo, leggère come<br />
gazzelle, dagli occhi birichini e d<strong>al</strong>le bocche sempre aperte<br />
<strong>al</strong> sorriso, che quando eri passato ti seminavano <strong>al</strong>le sp<strong>al</strong>le<br />
86<br />
quella liquida fiorita di trilli argentini e di canti, che ti faceva<br />
tremare il core e sostare e voltarti; in compagnie clamorose<br />
di cacciatori instancabili, armati come a una battaglia,<br />
che riempivano le gole e i greppi di cagnare, d’urlate e di<br />
rombi, e ti riportavano ai tempi di ferro, e ti ricordavano le<br />
feste d’or dieci secoli; ma il muso d’un bandito, non l’ho<br />
veduto ancora.<br />
Né lo vedrò forse mai, m’han detto; in questa contrada<br />
<strong>al</strong>meno, le cui popolazioni son ribattezzate. Oh Dio: qu<strong>al</strong>che<br />
covo esiste ancora in <strong>Sardegna</strong>: (quando mai potranno sparire<br />
completamente le volpi e i lupi d<strong>al</strong>la faccia della terra?<br />
quando questa belva, che si chiama uomo, non avrà più bisogno<br />
delle spelonche e delle grotte e amerà più la luce che le<br />
tenebre? quando la pace potrà attraversare il mondo da regina<br />
senza imbrattarsi neppure la punta dell’<strong>al</strong>a nel sangue?).<br />
Qu<strong>al</strong>che covo esiste, dicevo. Ma è lontano d<strong>al</strong>la G<strong>al</strong>lura, per<br />
grazia di Dio, e d<strong>al</strong> Logudoro e d<strong>al</strong> Goceano, e d<strong>al</strong>la Planargia<br />
e d<strong>al</strong> Màrghine e d<strong>al</strong> Campidano…, ben nascosto nelle<br />
regioni più scabre e più rupestri, in cui troppo vigore d’ingegno<br />
e d’energia natur<strong>al</strong>e (mi dicono), e turbinar di passioni,<br />
e intrichi di boscaglie, e ruvidezza d’anime, e vampe di livore<br />
accumulato da secoli, e mille <strong>al</strong>tre cause indefinite e deplorevoli,<br />
che io, straniero, non ti so dire, non consentono ancora<br />
ai pur sempre coraggiosi apostoli di clemenza, di mansuetudine,<br />
di perdono, d’accendere i cuori di vero amor fraterno.<br />
Ma i covi son rari anche là, ormai; e quanti amano veramente<br />
quest’isola, che ha pianto e piange tante lacrime<br />
quante stille di rugiada le piovono nel seno queste incantevoli<br />
notti d’aprile, sperano che la piaga trovi <strong>al</strong>fine il suo<br />
b<strong>al</strong>samo. E io che l’amo già, questa terra c<strong>al</strong>unniata, nutro<br />
anch’io questa speranza.<br />
Io che l’amo per le sue rudi bellezze, per i suoi monti e<br />
per i suoi piani, per le sue v<strong>al</strong>li e per i suoi rivi, per i suoi stazzi<br />
e per i suoi nuraghi, per le sue gioie rumorose e per le sue<br />
tristezze, per i suoi battesimi e per i suoi funer<strong>al</strong>i, non posso<br />
consentire a te, o mamma, di c<strong>al</strong>unniarla ancora. S’io fossi<br />
poeta, canterei con la mia più <strong>al</strong>ta voce la verginità biblica dei<br />
suoi patriarchi, l’ingenuità delle sue usanze, la sua lunga pazienza,<br />
la sua generosità, l’ospit<strong>al</strong>ità, il patriottismo. S’io fossi<br />
87
pittore, ritrarrei coi miei colori più belli i suoi rustici idilli: le<br />
tosature, le feste, i b<strong>al</strong>li antichi, i riti nuzi<strong>al</strong>i, i conviti; trasfonderei<br />
sulla tela l’ineffabile m<strong>al</strong>inconia dei suoi tramonti, la desolata<br />
nudità delle sue giogaie, il vuoto sconfinato delle sue<br />
distese, il sorriso incantato dei suoi cieli e delle sue fanciulle.<br />
S’io fossi scrittore, griderei ai quattro venti contro i suoi eterni<br />
denigratori, che c<strong>al</strong>unniano per udita, e tutto scherniscono<br />
perché tutto ignorano, e s’ostinano in credenze viete e assurde,<br />
in leggende preistoriche, in antipatie incompatibili, e gener<strong>al</strong>izzano,<br />
contro ogni regola di logica, i m<strong>al</strong>i di qu<strong>al</strong>che<br />
contrada a tutta la regione, d’un tempo lontano a tutti i tempi,<br />
e non si curano di conoscere e di studiare e tanto meno di<br />
fraternamente compatire, di fraternamente amare.<br />
Oh mamma! è tempo di usar giustizia a questa terra abbandonata<br />
e schernita: è tempo di smetterla con le c<strong>al</strong>unnie e<br />
di cercar di apprezzarla. Anche chi venisse di fuori senza conoscere<br />
il suo passato, s’accorgerebbe che nel seno del suo<br />
popolo s’accende un fervore novello di energie e di brame,<br />
che spezza omai la proverbi<strong>al</strong>e apatia e la mussulmana indifferenza,<br />
e stimola a opere di senno e di mano che avvieranno<br />
i nuovi destini a mète di trionfi gloriosi. Chi poi conosce i<br />
suoi travagli d’ieri, si sente dilatar il core <strong>al</strong>lo spettacolo consolante<br />
d’innegabili, subitanei, insperati miglioramenti, operatisi<br />
in pochi anni in tutti gli aspetti più vari della sua vita, e<br />
ne trae argomento a sperar meglio ancora per quel giorno, in<br />
cui l’isola sventurata, che è sorta d<strong>al</strong>le sue sanguinose tenebre<br />
quasi da sola, potrà udire la voce di conforto e di stimolo e la<br />
possa prodigiosa del braccio della gran madre It<strong>al</strong>ia…<br />
Mamma: tu che sai e puoi pregare, prega che quel giorno<br />
non sia lontano. Mi dirai ch’io sono un ingenuo, che mi<br />
lascio menare a volo, d<strong>al</strong>l’entusiasmo del mio aprile: e sia<br />
pure; ma è un entusiasmo che si accende tosto nell’anima<br />
di chi respira quest’aria; di chi contempla queste vedute<br />
svizzere, che invocano da secoli il miracolo del lavoro e della<br />
costanza; di chi si affaccia d<strong>al</strong>le <strong>al</strong>ture a riguardar l’ampiezza<br />
di questi piani, che celano nelle loro zolle addormentate<br />
l’ubertosa fecondità nota ai Romani; di chi frequenta la<br />
compagnia di questi giovani, che hanno gli occhi pieni<br />
d’aurora e l’anima accesa di vasti desideri. Prega, mamma,<br />
88<br />
che l’It<strong>al</strong>ia si ricordi di questa <strong>Sardegna</strong> così grande nella<br />
sua povertà. Quel giorno che l’It<strong>al</strong>ia aprisse su di lei i suoi<br />
occhi amorosi, le stendesse il braccio e se la recasse più vicina<br />
<strong>al</strong> <strong>cuore</strong>… oh sentirebbe qu<strong>al</strong>i potenti energie pulsino<br />
in seno a questo popolo, in questa sua <strong>al</strong>ba di risurrezione…<br />
qu<strong>al</strong>i splendidi crepuscoli abbelliscano le fronti di<br />
questi vigorosi sognatori».<br />
A questo punto lo scritto era interrotto da una filza di<br />
puntini, da un largo spazio di cancellature.<br />
Spiranza sollevò gli occhi vivi di bagliori e si mise a guardar<br />
di là d<strong>al</strong>la finestra quasi per tener dietro <strong>al</strong> grandioso<br />
svolgersi di quelle scene di movimento e di lavoro. Il trionfo<br />
del giorno era già pieno, e le parve che il completo risveglio<br />
di quella natura così varia negli aspetti e nelle voci fosse più<br />
magnifico dell’usato, e rappresentasse appunto quel risveglio<br />
mor<strong>al</strong>e della sua gente, a cui Silvio aveva accennato.<br />
Benché ella non avesse inteso proprio tutto, in quella<br />
imaginosa e fervida poesia di difesa generosa, sia per la sua<br />
preoccupazione sia per la sua poca coltura, tuttavia molto<br />
aveva intuito e molto aveva goduto.<br />
A lei certo, nata in G<strong>al</strong>lura, non era mai neppur passato<br />
per la mente il pensiero che vi fosse della gente che aborrisse<br />
e temesse la sua <strong>Sardegna</strong>: che m<strong>al</strong>e faceva ad <strong>al</strong>cuno<br />
la sua terra grandiosa, così c<strong>al</strong>ma, così tranquilla, così ricca<br />
di musica e di canti? Ma dato che quella gente cattiva ci<br />
fosse, com’era gentile quell’ospite che sorgeva come un p<strong>al</strong>adino<br />
a proteggere l’onore della regione oppressa!<br />
E nella sua fantasia la figura del giovane, già oscurata dai<br />
fieri sospetti della gelosia, s’era andata a poco a poco rischiarando,<br />
s’era circondata di raggi. Com’era possibile che un<br />
<strong>cuore</strong> così nobile avesse così bassamente simulato e mentito?<br />
Distaccò l’occhio d<strong>al</strong> superbo spettacolo che le si dispiegava<br />
dinanzi e lo rifissò con più ardente brama sulle<br />
carte. Che le importava di luce e di fiori, d’orti, di giardini,<br />
di mandre, di gregge pascolanti, di squilli di sonagli? Per lei<br />
tutto questo era uno spettacolo consueto. Quel che le premeva<br />
e le coceva e la tormentava più di tutto era l’affare di<br />
Silvania. Che cosa rispondeva Silvio a questo riguardo?<br />
89
Lesse con violenti p<strong>al</strong>piti:<br />
«… Dirai pertanto <strong>al</strong>la tua bella, ricca, dotta, ecc. ecc.,<br />
Silvania ch’io mi sono ardentemente innamorato della <strong>Sardegna</strong>,<br />
e che non tornerò più nel Continente, <strong>al</strong>meno per<br />
prendervi dimora fissa. Me ne starò su queste montagne, mi<br />
sceglierò una piccola moglie g<strong>al</strong>lurese tra le forosette di Tempio<br />
o tra le pastorelle degli stazzi (oh quante ne ho viste veramente<br />
belline e graziose, che ti strapperebbero il suggello del<br />
sì, se tu fossi uomo, davanti a mille fuochi e a mille spade!)<br />
comprerò una mandra e mi farò pastore! Il vostro Silvio, che<br />
voi <strong>al</strong>tre sognate uffizi<strong>al</strong>e, colonnello, gener<strong>al</strong>e, si vestirà di<br />
pelli, impugnerà il vincastro, sonerà lo zufolo <strong>al</strong>l’ombra delle<br />
sughere contorte, mentre il branco sognerà a meriggio, imparerà<br />
a far cagliare il latte, e a diguazzarlo col menatoio, a<br />
raccogliere il cacio e informarlo…; farà come il v<strong>al</strong>oroso Don<br />
Chisciotte, che passò d<strong>al</strong>le armi onorate e laboriose <strong>al</strong>la poetica<br />
pace rusticana! Oh come sarò delizioso!».<br />
La giovane interruppe la lettura un’<strong>al</strong>tra volta, per sorridere<br />
e contemplare <strong>al</strong>quanto nella sua mente la figura buffa<br />
di quel caposcarico, il qu<strong>al</strong>e, dopo aver parlato così bene (le<br />
sembrava), di cose serie, discorreva ora così disinvolto di<br />
amene leggerezze. Le pareva di vederlo in quel suo abbigliamento<br />
camminar dietro le pecore, incitarle col rozzo vergone<br />
gridando e fischiando… Oh com’era curioso! com’era<br />
spiritoso! Come non volergli bene? Possibile che un bontempone<br />
simile potesse ingannare?<br />
Ma tosto si ricacciava a capofitto nella sua lettura.<br />
«Voi <strong>al</strong>tre verrete a vedermi nel mio eremo, visiterete la<br />
mia capanna, e getterete dei piccoli gridi quando i vostri vestiti<br />
di lana o di seta s’impiglieranno tra le marruche e le prunicce<br />
e le vostre scarpine si sbucceranno sui sassi. Io <strong>al</strong>lora, <strong>al</strong>la<br />
cagnara rabbiosa, m’affaccerò <strong>al</strong>la porta col fucile spianato,<br />
pronto a ogni brutto incontro. Vi conoscerò <strong>al</strong>l’urlo e correrò<br />
a sostenervi, a confortarvi d<strong>al</strong> minacciato svenimento. Come<br />
sarò carino con in braccio la lacciaia di pelle acciambellata a<br />
mo’ di sciarpa, come un tenentino di primo pelo!<br />
90<br />
Appena voi tre vi sarete rimesse d<strong>al</strong> terrore, v’introdurrò<br />
nella mia reggia, vi presenterò la mia signora. – È<br />
questa – vi dirò – Dorotea Cacherello, la regina del mio regno!<br />
–. Ella, a quella vista, strabilierà, si pulirà il naso con le<br />
dita, se le striscerà così umide sulla gonna, verrà incespicando<br />
<strong>al</strong> vostro incontro. – Chi sono? – domanderà. – Eh, per<br />
bacco! – griderò io: – Son tua suocera Maria Gentili, tua cognata<br />
Beatrice Ròndani, e la tua… la tua gentile amica Silvania<br />
Cherubini! –. Seguirà l’abbracciata con le indispensabili<br />
lacrimette, e sùbito seguiranno le confidenze gelose e le<br />
espansioni. Mia moglie vi mostrerà le caciòle messe ad affumicare<br />
sul graticcio, i paioli di latte posati su cèrcini di fronde,<br />
il tino della s<strong>al</strong>amoia, il pollaio, lo st<strong>al</strong>luccio. Vi farà<br />
prendere in braccio i pulcini mezzo pelati, i porcellini da latte;<br />
vi farà ascoltare i grugniti di risentimento della scrofa figliata<br />
e i gorgògli più tranquilli e gentili del mai<strong>al</strong>one tutto<br />
pace… Oh qu<strong>al</strong>e delizia, madre mia, qu<strong>al</strong>e delizia! Non la<br />
sogni tu, non la sogna Silvania?<br />
Ecco le mie notizie: informatela dunque di questo mio<br />
incrollabile proposito, la vostra bella, ricca, istruita, ecc.<br />
ecc., Silvania, e ditele che si metta il <strong>cuore</strong> in pace, e cerchi,<br />
se le riesce, di dimenticarmi…<br />
Però lasciamo gli scherzi e discorriamo sul serio. Ti pare<br />
conveniente di parlar di matrimonio proprio da adesso? Prima<br />
di tutto io non so se son tagliato veramente per il matrimonio,<br />
o se son fatto per scorrer libero come poledro di colle<br />
in colle o di piano in piano, dove più abbondante sia la<br />
pasciona. Poi non saprei se proprio Silvania sia la donna più<br />
adatta per me, che in amore ho certe idee mie particolari, le<br />
qu<strong>al</strong>i rasentano la stranezza, e, te lo dico <strong>al</strong>l’orecchio, forse<br />
la…: no, non te lo voglio dire neppure <strong>al</strong>l’orecchio. Mamma,<br />
la mia via è lunga, e io sono ancora <strong>al</strong>l’inizio. Chi può<br />
indovinare quanti casi nella vita saran per capitare? Non ci<br />
pensiamo, dunque, per ora. L’avvenire è nelle mani di Dio.<br />
Addio, madre mia. Bacioni e abbracci a te, a Bice, e, se<br />
ti piace, anche a Silvania».<br />
La lettrice rimase con la carta tesa in aria e con la bocca<br />
sp<strong>al</strong>ancata, perplessa e delusa. Chi ci capiva niente? Chi ci<br />
si raccapezzava? Diceva sul serio, quel burlone, o celiava?<br />
91
Bisognava credergli quando parlava da assennato o quando<br />
divagava così lietamente? Mistero! Ora ne sapeva meno di<br />
prima!<br />
Rimase pensierosa a vagar con gli occhi senza sguardo<br />
per l’infinita distesa del cielo, tutto una chiarezza crist<strong>al</strong>lina,<br />
e per l’<strong>al</strong>tipiano luminoso, tutto una screziatura di colori.<br />
Rifletteva seriamente e si chiedeva se un tipo come quello<br />
potesse esser preso sul serio, se a un giovane così fatto potesse<br />
ella affidare tutto l’affetto del suo <strong>cuore</strong>, tutta la sua vita.<br />
Però, sarebbe ella in tempo a tornar indietro?… Eh! perché<br />
no? Che cosa v’era stato tra essi due di compromettente?<br />
Nulla, che non stesse nei limiti di un’onesta amicizia! Era<br />
vero che Giromìnu con la sua aria rannuvolata e con le sue<br />
parole pesanti aveva dimostrato di credere il contrario… Ma<br />
che le importava a lei di Giromìnu e di Jacheddhu? Suo fratello<br />
era cotto di Catilina Ruoni e Jacheddhu era dissennato<br />
d<strong>al</strong>la gelosia! Che poteva premerle del loro giudizio?<br />
Ella era stata scrupolosamente onesta; e onesta sempre<br />
sarebbe, perché era una buona cristiana, figlia di madre onesta,<br />
e G<strong>al</strong>lurese, e ben <strong>al</strong>levata. Ma non era forse quella una<br />
m<strong>al</strong>a tentazione, che il demonio le presentava per indurla <strong>al</strong><br />
m<strong>al</strong>e e per ingannarla? Veramente, quel giovane straniero, venuto<br />
lì da luoghi lontani e in circostanze dolorose, che aveva<br />
studiato ed era ben avviato in una carriera distinta, e aveva le<br />
offerte di un’<strong>al</strong>tra donna civile, conosciuta fin dai primi anni<br />
(e queste conoscenze d’infanzia, oh quanta forza avevano in<br />
G<strong>al</strong>lura!); quel giovane che non sapeva ancora che cosa fosse<br />
meglio per lui, ammogliarsi o vagar come un poledro libero<br />
e senza pastoie; che poteva essere a causa del suo servizio trasferito<br />
da Tempio e d<strong>al</strong>la <strong>Sardegna</strong> da un momento <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro;<br />
quel giovane tanto bello e tanto avvezzo a una diversa vita;<br />
poteva innamorarsi d’una fanciulla come lei?<br />
Il suo pensiero s’arrestava improvvisamente davanti a<br />
questo dubbio come bestia fuggitiva davanti a una muraglia<br />
insormontabile. La poveretta indietreggia, misura con lo<br />
sguardo affrettato e ansioso l’<strong>al</strong>tezza, s’aggira di qua e di là<br />
per vedere se mai non vi fosse un v<strong>al</strong>ico più basso, si slancia<br />
disperata, batte il capo contro i massi e ricade impotente, e<br />
insanguinata <strong>al</strong> suolo. Così ella, che s’aggrappava per le rupi<br />
92<br />
come un capriolo fin da bambina, non riusciva a superare la<br />
scabrosità di quell’ostacolo aereo, che guardava nel precipizio.<br />
Con dolore concludeva che i suoi occhi s’eran levati<br />
troppo in <strong>al</strong>to, che il suo <strong>cuore</strong> aveva volato troppo.<br />
Quanto fu triste quella sua prima disillusione! Fu come<br />
la prima foglia che cade imp<strong>al</strong>lidita da un arboscello di primo<br />
frutto. Pianse lacrime cocenti pur guardando il cielo<br />
senza vederlo.<br />
Poi bel bello il pensiero indomito trovò una via. Sciocchezze!<br />
L’amore vinceva tutto! Se c’era il vero amore non c’entrava<br />
né G<strong>al</strong>lura né Continente, né ricchezza né povertà, né<br />
carriera né pastorizia. L’amore appianava tutto. Quante persone<br />
civili, anche a Tempio, non avevano sposato le serve e i servi?<br />
L’importante era che ci fosse l’amore.<br />
E qui la bestia fuggitiva corse per un tratto, tra greppi e<br />
radure, stimolata d<strong>al</strong>la voluttà di quel libero andare, inebbriata<br />
da tutti i profumi acri delle frasche in fiore, <strong>al</strong>lettata<br />
dai prospetti lontani, rivestiti di luce maravigliosa e deliziati<br />
d’incanto. Ma ecco, sul più bello, una più dura muraglia.<br />
«E l’amore vero c’era, ci poteva essere, nel <strong>cuore</strong> leggero di<br />
Silvio Ròndani?».<br />
Altri sforzi, <strong>al</strong>tri urli di dolore, <strong>al</strong>tro sangue dell’anima.<br />
Ma dove non trova uscita la fiera disperata che anela <strong>al</strong>la libertà?<br />
Quando i mastini la braccheggiano scagnando, ed<br />
essa ricorda <strong>al</strong>tre cacce e <strong>al</strong>tre lotte e <strong>al</strong>tre ferite dolorose, e<br />
si sente <strong>al</strong>le sp<strong>al</strong>le la morte (e che morte!) g<strong>al</strong>oppar trafelata,<br />
e sente già nelle carni i solchi delle zanne e delle granfie,<br />
oh, non corre, ma vola, e non v’è rupe né abisso: chiude gli<br />
occhi e si butta, a costo di darsi un’<strong>al</strong>tra morte.<br />
Sì: l’amore v’era, nel <strong>cuore</strong> di Silvio. Che importava s’egli<br />
era stato leggero nella sua prima giovinezza? Che voleva dire<br />
s’egli, prima che la conoscesse, aveva… forse… voluto<br />
bene ad <strong>al</strong>tre donne, e aveva certe idee di libertà? Ciò dipendeva<br />
d<strong>al</strong> fatto che non aveva ancora trovato la giovane<br />
del suo <strong>cuore</strong>! Certo: la giovane del suo <strong>cuore</strong>! Quanti s’eran<br />
visti che da ragazzacci erano stati anche cattivi e ne avevan<br />
fatte tante anche contro l’onestà, e poi, appena s’erano<br />
davvero innamorati della loro donna, avevano cambiato vita<br />
completamente? L’amore in molti è un maestro che fa<br />
93
miracoli! Non poteva dunque aver fatto il miracolo nell’animo<br />
di Silvio? Così, così poteva essere! così era! E non se<br />
n’era accorta tante volte durante la m<strong>al</strong>attia di lui? (e gli occhi<br />
della donna non s’ingannano di certo, nella loro penetrazione!).<br />
Potevano essere finte quelle parole così sincere<br />
pronunziate a mente sana e anche nel delirio: sì, anche nel<br />
delirio? E quegli sguardi? E quei sospiri? E quella gelosia?<br />
La gelosia sopra tutto, che ella, m<strong>al</strong>iziosa, aveva cercato di<br />
accendere sempre più con la sua apparente sventatezza e<br />
noncuranza? E quella tristezza <strong>al</strong>l’ora della partenza? E quei<br />
s<strong>al</strong>uti? e quei gridi d’addio? No, no: non poteva esservi<br />
dubbio! L’amore c’era!<br />
Allora b<strong>al</strong>zi, sussulti e fremiti e ruggiti selvaggi, tra lo<br />
stormir carezzoso di fronde amiche e l’echeggiar lontano<br />
lontano di guaiti di cani percossi e in fuga.<br />
E se l’amore c’era… c’era tutto! Silvio si congederebbe,<br />
come le aveva detto varie volte d<strong>al</strong> suo letto di dolore…<br />
(avrebbe avuto il coraggio di mentire quando soffriva tanto<br />
e Dio lo visitava coi suoi castighi?); si congederebbe, perché<br />
ricchezze, grazie a Dio, in casa di Pasc<strong>al</strong>i Luna, ce n’era più<br />
del bisogno, e non occorreva strapazzar la vita mangiando il<br />
pane del re; e verrebbe <strong>al</strong>la fattoria per trasformarla tutta in<br />
un giardino, con non sapeva più qu<strong>al</strong>i strumenti di ferro e<br />
con macchine che farebbe venire d<strong>al</strong> Continente; e costruirebbe<br />
non sapeva più che cosa per il bestiame e per le api, e<br />
moltiplicherebbe le entrate, e migliorerebbe tutto. Ricchezza<br />
darebbe ricchezza e amore amore! Nascerebbero i figli,<br />
che sarebbero la festa del luogo, e belerebbero come agnelletti,<br />
e cinguetterebbero come uccellini, e si arrampicherebbero<br />
sulle ginocchia dei vecchi, che li avvinghierebbero con<br />
le braccia tremanti e se li succhierebbero coi baci.<br />
Si perdeva sempre più nel soave fantasticare, inebbriata<br />
già d<strong>al</strong>la tenera freschezza di quella vagheggiata rumorosa<br />
infanzia, d<strong>al</strong>l’oblio puerile di quella vecchiezza gioiosa, da<br />
tutta una rinascenza di sogni e di chimere intorno a quella<br />
casa ribenedetta e rifiorente, circondata di tripudio. E nel<br />
colmo dell’estasi, si portò ancora una volta <strong>al</strong>la bocca fremente<br />
la carta miracolosa, e vi tenne impresse le labbra per<br />
un pezzo come su una bocca cara.<br />
94<br />
Il movimento repentino aveva fatto scivolar d<strong>al</strong> suo grembo<br />
l’<strong>al</strong>tra busta, ch’ella, come ogni <strong>al</strong>tra cosa, aveva dimenticato.<br />
La raccattò con una certa misteriosa paura e ne cavò tremando<br />
il contenuto. Al foglio mancava la testata; e siccome<br />
era molto frusto, non si poteva conoscere se ne fosse stata<br />
stracciata apposta o se fosse venuta via per il lògoro.<br />
Era anch’essa una lettera e veniva da Spoleto: era firmata<br />
da una donna «Adriana Lupini».<br />
A chi era diretta? Non si poteva in <strong>al</strong>cun modo rilevare.<br />
Si capiva però abbastanza che la scrivente si lagnava con<br />
amarezza d’un abbandono mostruoso, d’un tradimento vituperevole,<br />
d’una vigliaccheria.<br />
«… Finché vivrò» diceva «t’avrò sempre scolpito nella<br />
mente per m<strong>al</strong>edirti: non però nel <strong>cuore</strong>, se non fosse per<br />
odiarti. Sei pure un v<strong>al</strong>oroso e un onesto, che fuggi in codesto<br />
modo come un disertore abietto: sei un fior di virtù!<br />
Se con codesto onore servi la patria, la patria può dormir<br />
sonni tranquilli!<br />
Va, va pure a seguire il tuo destino glorioso: a c<strong>al</strong>pestare<br />
<strong>al</strong>tre anime, a trafiggere <strong>al</strong>tri cuori, a spezzare <strong>al</strong>tre giovinezze<br />
impunemente. Larga è la via per gli assassini della<br />
tua risma, cui la legge provvida e paterna e d<strong>al</strong>le braccia<br />
misericordiose non solo non prepara il purgatorio di cui<br />
sarebbero degni (però, qu<strong>al</strong>e inferno umano basterebbe per<br />
far loro espiare simili delitti?) ma non torce un capello!<br />
Larga è la via e fiorita e inondata di splendori e di piaceri.<br />
Stretta e spinosa e oscura è per le vittime, cui resta la miseria<br />
e l’ignominia.<br />
… Io non ti perdono; né mai consentirò che ti perdoni il<br />
frutto delle mie viscere: il tuo frutto. S’egli nascerà, e non<br />
sarà soffocato nella sua carcere, da un disperato furore, prima<br />
che apra gli occhi <strong>al</strong>la luce; s’egli un giorno potrà parlare e<br />
potrà unire le manine innocenti, io gli farò interrompere la<br />
preghiera e gli metterò sulle labbra d’angelo la m<strong>al</strong>edizione<br />
dei reietti, e nel <strong>cuore</strong> inconscio e puro la fiamma dell’odio:<br />
per te, serpente».<br />
Altro ancora era scritto sul foglio che bruciava; ma Spiranza,<br />
inorridita, non volle proseguir la lettura.<br />
95
Sci<strong>al</strong>ba e tremante pareva mirasse là, nella squ<strong>al</strong>lida stanza<br />
lontana, la donna d<strong>al</strong> <strong>cuore</strong> morto, d<strong>al</strong> <strong>cuore</strong> invelenito, intenta<br />
a instillar nell’anima immacolata della sua creatura quell’orribile<br />
passione tormentosa, nell’ora appunto che le mamme<br />
felici depongono nei cuori tenerelli dei loro bimbi i semi<br />
prodigiosi della virtù e accendono la divina fiamma dell’amore.<br />
Pareva contemplasse con orrore la creatura così delittuosamente<br />
tradita nei suoi più santi bisogni e nei suoi più sacri diritti<br />
e la vedesse crescere con un infame marchio in fronte per<br />
l’ignominia e per l’affanno… Signore, qu<strong>al</strong>e più tremenda<br />
sventura? E chi poteva esser mai l’autore di tanto m<strong>al</strong>e? A chi<br />
era rivolto quel grido straziante della vittima lontana, che nel<br />
suo covo di vergogna e di dolore s’era dimenticata del sorriso<br />
e del sonno e della preghiera, e non trovava nell’anima sua devastata<br />
più che amarezza e fiele? Dio di gran bontà! E il miserabile<br />
Giuda poteva goder ancora le sue gioie e le sue feste,<br />
tollerar la vita? Inc<strong>al</strong>zato da quel divampar di livore, non veniva<br />
raggiunto in qu<strong>al</strong>che sito da quell’implacabile lamento e<br />
non ne aveva il <strong>cuore</strong> torturato? Maria Vergine… se esistesse<br />
nel mondo un uomo t<strong>al</strong>e… egli sarebbe un mostro!<br />
In principio non le passò neanche per la mente il sospetto<br />
che la lettera m<strong>al</strong>augurata potesse essere diretta a Silvio:<br />
era una t<strong>al</strong>e enormità che sorpassava ogni imaginazione.<br />
Ma poi a poco a poco il torbido pensiero vi s’infiltrò a<br />
tradimento e la fece sussultare. «No, no!» gridò nel suo intimo,<br />
camminando per la stanza e cacciando con forza le<br />
mani avanti, come se volesse respingere un ass<strong>al</strong>itore spaventoso.<br />
«No, no! Non può essere assolutamente! Signore,<br />
liberatemi d<strong>al</strong> m<strong>al</strong>e!».<br />
Sudava freddo e continuava ad aggirarsi senza pace.<br />
Da fuori giungevano le esclamazioni dei pastori intenti<br />
<strong>al</strong>la mungitura, le parole amorose di zia Francisca e le fresche<br />
risate di Mena. Il belio degli agnelli era festoso e i sonagli<br />
tintinnavano a gloria. I poledri nitrivano scorrazzando<br />
nei chiusi, e come s<strong>al</strong>uti giulivi di persone lontane squillavano<br />
le chicchiriate.<br />
Spiranza si faceva di tanto in tanto il segno della croce e<br />
ripeteva la preghiera macchin<strong>al</strong>mente: «non c’indurre in<br />
tentazione, ma liberaci d<strong>al</strong> m<strong>al</strong>e!». Indi si fermava di botto,<br />
96<br />
si contorceva come arboscello avvolto d<strong>al</strong>la raffica, e prorompeva<br />
nel suo segreto: «No! no! Non può essere!».<br />
Ricadde sulla sedia esausta, e s’abbandonò a tutto il suo<br />
tormento. Il dèmone le insinuava nella povera mente travagliata<br />
il fiero sospetto, le stillava a goccia a goccia nel <strong>cuore</strong> il<br />
veleno. «E come poteva non esser lui? Come si troverebbe<br />
dunque nelle sue tasche quella lettera? Non aveva egli stesso<br />
scritto che voleva essere il poledro libero che trascorreva c<strong>al</strong>pestando<br />
e investendo di chiuso in chiuso, dove il pascolo<br />
fosse più abbondante e più grato? E quelle idee che non aveva<br />
avuto il coraggio di confessare <strong>al</strong>la mamma neppure a voce<br />
sommessa? Aprisse gli occhi, povera cieca! il vile non poteva<br />
esser <strong>al</strong>tri che Silvio Ròndani!». Invano d<strong>al</strong> fondo del suo<br />
<strong>cuore</strong> buono si faceva udire una voce amorosa di protezione.<br />
«Ricordati del suo viso!» diceva. «Ricordati del suo sguardo!<br />
Troppo atroce è l’accusa, troppo sciagurata è la colpa! Egli<br />
non può essere un mostro!». Più forte era il grido di quella<br />
madre desolata, la cui visione inc<strong>al</strong>zante la dissennava.<br />
E <strong>al</strong>lora l’imagine radiosa del giovane amico si deturpava<br />
laidamente nel sacrario del suo <strong>cuore</strong>. Come si sentì caduta<br />
in basso e avvilita per averle dato ricetto per sì lungo tempo!<br />
Come si sentì lordata da quel contatto impuro! L’anima sua<br />
le parve devastata come un cespuglio di timo fiorito, su cui si<br />
sia sdraiata per dormire la volpe, d<strong>al</strong> sito nauseante. Le sembrò<br />
di essere già ridotta come la misera donna sconosciuta,<br />
confinata lontano nel suo strazio ignorato, d’essere già contrassegnata<br />
d<strong>al</strong> marchio di vituperio, condannata a una miserabile<br />
vedovanza, a un gelido disperato isolamento.<br />
La tristezza profonda le esagerava la sua colpa e aveva ribrezzo<br />
di se stessa. Le pareva già che a tutti fosse nota la sua<br />
disgrazia, e che nessuno, <strong>al</strong> primo vederla, avrebbe potuto<br />
celarle il suo disgusto o l’ancòra più insultante pietà. Si vedeva<br />
oggetto di ludibrio e di commiserazione, ella ch’era stata<br />
fino a quel punto bianca come la neve delle cime più elevate,<br />
immacolata come un fiore non tocco della fronda più<br />
riposta nel segreto del fogliame. Si sentiva già sul capo tutte<br />
le lacrimevoli conseguenze della sua sventura, e come se non<br />
potesse già da quel punto sopportare il peso opprimente, lo<br />
curvava con pena, quel suo capo <strong>al</strong>tero, che guardava tutti<br />
97
negli occhi senza che il viso avesse mai motivo d’arrossire,<br />
più che di modestia.<br />
Come sarebbe dura, insopportabile l’atroce compiacenza<br />
di quelle che già nel passato poco l’avevano amata e tanto<br />
meno ora l’amerebbero! Come sarebbe miserabile e deplorevole<br />
lo strazio del povero suo nome trascinato di bocca in<br />
bocca, come cencio di stroscia in stroscia, da un conciliabolo<br />
<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro di comari gattiglianti, di stazzo in stazzo, di capanna<br />
in capanna! Con quanta gioia feroce si sazierebbe sopra<br />
di lei, come brama d’astori sopra bestia ferita, il livore<br />
degli invidiosi! Ognuno di essi avrebbe una pietra da lanciare<br />
contro questa povera regina delle feste, delle tosature e<br />
delle segnature, dei fidanzamenti e degli spos<strong>al</strong>izi, caduta in<br />
basso nel fango e senza più corona.<br />
E se le sentiva già nel capo appesantito e nel <strong>cuore</strong> trapassato<br />
e in tutto quel suo povero corpo esausto, quelle barbare<br />
sassate, quelle frecciate velenose. Oh Vergine santa,<br />
ch’ella aveva sempre pregato con fede e con trasporto, perché<br />
aveva permesso su di lei tanto avvilimento? Signore, perché<br />
aveva lasciato indifesa la sua ingenuità, e aveva permesso <strong>al</strong><br />
rospo del pantano d’accostarsi insidiosamente <strong>al</strong> fiore della<br />
sua virtù e d’insozzarlo? Signore, Signore! Qu<strong>al</strong>e sarebbe ora<br />
il cordoglio dei suoi vecchi: della sua santa madre, tutta una<br />
purezza; del suo fiero padre, così vigile e severo custode dell’onore<br />
della famiglia; dei fratelli, così gelosi e impulsivi in<br />
caso d’offese e d’inimicizie? Ella era perduta, perduta!<br />
E per più tormentarsi, per più affondar la lama acuminata<br />
nella piaga sanguinante, si rappresentava vivamente <strong>al</strong>l’imaginazione<br />
tutti quei cari visi contristati e quei cari occhi<br />
piangenti e quelle care labbra abbeverate d’amarezza. E non<br />
aveva l’ardire di schiodar lo sguardo d<strong>al</strong>la polvere del terreno,<br />
che avrebbe voluto mordere e triturare coi denti.<br />
Non aveva coscienza del tempo che scorreva: le sembrava<br />
che un rapido volo d’anni l’avesse di colpo sb<strong>al</strong>zata in<br />
una vecchiezza precoce, che avesse avvizzito nell’anima sua<br />
ogni freschezza, come c<strong>al</strong>dura improvvisa prostra ogni rigoglio<br />
del verziere. Tutto era notte, per lei, in quell’ora tremenda,<br />
ed ella si credeva piombata nel fondo d’un abisso<br />
senza uscita.<br />
98<br />
Fin<strong>al</strong>mente, dopo non sapeva quanto, tra le tenebre di<br />
quella fiera tortura, s’infiltrò a poco a poco un fievole raggio<br />
di luce. La solita voce di bontà le parlò d<strong>al</strong>l’intimo timidamente:<br />
«Dio benedetto! perché la disperazione, poi?<br />
Che cosa aveva commesso ella di m<strong>al</strong>e? Qu<strong>al</strong> era <strong>al</strong>la fine il<br />
suo peccato? Era forse una colpa l’aver aperto il <strong>cuore</strong> <strong>al</strong>le<br />
più natur<strong>al</strong>i speranze, <strong>al</strong>la rugiada mattutina, che apporta <strong>al</strong><br />
fiore del sentimento la stilla che lo disseta e gli dà incremento<br />
di succo e vigore e bellezza? Come poteva ella chiuderlo,<br />
quel suo <strong>cuore</strong> tutto una fiamma, in quel prodigioso<br />
fervore di maggio, tra tanti colori e tante melodie, <strong>al</strong>la voce<br />
più bella che mai uscisse da labbra mort<strong>al</strong>i, <strong>al</strong>le carezze più<br />
dolci, <strong>al</strong>le promesse più care, che le facevano intravvedere,<br />
di là da’ confini perdentisi a vista d’occhio, dei regni luminosi<br />
di fate? Stesse tranquilla: la coscienza non poteva condannarla:<br />
ella era innocente».<br />
La voce segreta le diffuse un po’ di b<strong>al</strong>samo nell’anima.<br />
«O Dio: non era dunque vero? In che cosa aveva peccato ella,<br />
povera ingenua, ghermita là d<strong>al</strong>l’astore sull’<strong>al</strong>tura come<br />
una colomba, trascinata a volo per un attimo, e rilasciata tosto,<br />
per grazia di Dio, senza che l’artiglio le s’affondasse nel<br />
<strong>cuore</strong>? Grazie a Dio, era illesa… Ne uscirebbe con un po’ di<br />
spavento… Aprirebbe gli occhi per l’avvenire! Ecco tutto!».<br />
Così le tornò bel bello la c<strong>al</strong>ma e diede ascolto sempre<br />
più attentamente <strong>al</strong>la voce di s<strong>al</strong>vazione. «Tu sei innocente»<br />
continuava. «Ma non potrebbe darsi che anche egli fosse<br />
innocente? Sei tu sicura che la lettera terribile fosse veramente<br />
diretta a lui? Non può essere di qu<strong>al</strong>che amico? di<br />
qu<strong>al</strong>che collega? di qu<strong>al</strong>che superiore? Non l’avrebbe egli<br />
forse distrutta, se fosse stata la sua? A che scopo tenersi in<br />
tasca un documento così pericoloso?… Certo potrebbe anche<br />
essere lui, l’infame. Ma, nel dubbio, hai tu il diritto di<br />
condannarlo? Non puoi tu sospendere la tua grave sentenza?<br />
Attendi dunque maggior luce, e non sii così severa con<br />
lui, né con te stessa…».<br />
All’improvvisa ragionevole riflessione, diede quasi un b<strong>al</strong>zo<br />
per la contentezza. Come tutto quello era giusto! Oh certo,<br />
aspetterebbe: doveva aspettare… Ella stessa avrebbe il coraggio<br />
d’affrontare il presunto reo la prima volta che lo vedrebbe,<br />
99
l’obbligherebbe a scolparsi, a provar la sua innocenza… E se<br />
le prove dovessero esser t<strong>al</strong>i da convincerla, ogni nube si dissiperebbe<br />
e tornerebbe il più bel sereno…; se poi…<br />
Qui un’ombra di mestizia si ridistendeva sull’orizzonte<br />
appena rischiarato; ma tosto anch’essa si disperdeva e svaniva.<br />
«Se poi colui fosse veramente quel t<strong>al</strong> mostro… ognuno<br />
andrebbe per la sua via…».<br />
Pareva che tutto il coraggio le fosse tornato e poté anche<br />
abbozzare il suo disegno. Si ricordò che di lì a poco doveva<br />
appunto andare a Tempio per tener a cresima una bambina<br />
di B<strong>al</strong>tòlu Mùscia, che abitava in uno dei vicini stazzi. In<br />
quella circostanza vedrebbe certamente Silvio, e cercherebbe<br />
in ogni modo il mezzo di parlargli. Si terrebbe ben impressi<br />
nella mente i nomi di Silvania e di Adriana Lupini, e<br />
glie li farebbe risonare <strong>al</strong>l’orecchio come schioppettate. Lo<br />
coglierebbe <strong>al</strong>l’improvviso, l’obbligherebbe a parlare impensatamente,<br />
gli strapperebbe di bocca la verità.<br />
Quella determinazione finì di tranquillarla.<br />
Quindi, non ancora disfatta da quella penosa <strong>al</strong>ternativa<br />
di luci e d’ombre, di speranze e di timori, si disponeva a frugare<br />
ancora nel libriccino per trovare tra quei fogli misteriosi<br />
non sapeva se <strong>al</strong>tre spine o <strong>al</strong>tre rose; quando fu lievemente<br />
picchiato <strong>al</strong>l’uscio. Nascose in fretta le carte e aprì, tremando.<br />
La delicata figurina della sorella comparve nel vano esitante,<br />
e la guardò con dolcezza amorosa. – Ti senti m<strong>al</strong>e,<br />
Spirà? – le chiese tosto con voce ineffabilmente carezzevole.<br />
– Perché m<strong>al</strong>e? – rispose ella fiocamente. – Ho dormito<br />
poco e sono stanca –. E risedette davanti <strong>al</strong>la finestra.<br />
– Ti credo! – mormorò Mena avanzandosi, e andò a sederle<br />
di fronte.<br />
Per poco stettero entrambe in silenzio, quasi ad ascoltare<br />
il trepestio dei branchi, che si fogavano <strong>al</strong>la c<strong>al</strong>laia delle<br />
mandre e si spargevano nei chiusi con scatenio di campani<br />
e sghignazzamenti di belati, e, tra la b<strong>al</strong>doria, i fischi e gli<br />
urli dei pastori e lo stamburare a festa d’uno dei servi sul<br />
fondo di un secchio di latta e il canto d’un fanciullo lontano.<br />
Spiranza teneva gli occhi a terra, come se tutta la sua<br />
attenzione fosse attirata da una piccola formica che vagava<br />
sui mattoni; e Mena continuava a guardare con tenerezza,<br />
100<br />
cercando di leggere su quel viso p<strong>al</strong>lido e pensoso tutta l’intensità<br />
d’un affanno ch’ella comprendeva solo in parte.<br />
– Dunque non hai riposato? – ritentava la consolatrice,<br />
stimolando l’afflitta a uno sfogo che le farebbe bene. – Per<br />
le parole di…<br />
– Che parole, che parole?! – interruppe bruscamente<br />
l’<strong>al</strong>tra, sollevando la fronte con <strong>al</strong>terezza. – Che vuoi che<br />
m’importi delle parole di nessuno a me? Le parole di chi<br />
volevi dire?<br />
– Di Girominu… Mi pareva…<br />
– Girominu sa dar le stoccate. Ma, grazie a Dio, non<br />
mi passan la pelle. Vedi? grazie a Dio, sono intatta. Non ho<br />
una sc<strong>al</strong>fittura!<br />
– A me lo dici, sorella mia? Non pensi che io lo so che<br />
quelle parole non ti potevano ferire? Del resto… neanche<br />
nostro fratello avrà avuto intenzione…<br />
Spiranza le rivolse t<strong>al</strong>e occhiata lampeggiante, ch’ella fu<br />
costretta ad abbassar la testa e tacere. Dopo una lunga<br />
aspettazione, la corrucciata riprese: – Intenzione o non intenzione,<br />
poco importa: però, anche senz’averne intenzione,<br />
tu puoi scaricarmi qua nel <strong>cuore</strong> la pistola e uccidermi.<br />
I matti soli non hanno intenzione. Ma egli non è matto.<br />
– Non è matto, certo: ma era…<br />
– Ubbriaco? Lo so…<br />
– No, neppur ubbriaco… Mi pareva risc<strong>al</strong>dato dai continui<br />
rumori della festa. Forse anche qu<strong>al</strong>che cattivo cristiano…<br />
– Basta: fammi la carità di non riparlarmene. Non è<br />
questo che mi dispiace. M’è dispiaciuto più che si sarà addolorata<br />
la mamma.<br />
– Oh certo: questo è il più grave.<br />
Il silenzio ricadde nella stanza, interrotto da un lungo<br />
sospiro della piccola. La maggiore sembrava di nuovo assorta<br />
nel suo segreto cruccio; ma poco dopo si scosse e con ansia<br />
premurosa domandò: – Dimmi: dunque s’è molto addolorata?<br />
Mena vagò con gli occhi prima di rispondere, quasi per<br />
cercar le parole sui mobili o sulle pareti della camera, o sul<br />
quadro maraviglioso del cielo op<strong>al</strong>ino tutto solcato di voli.<br />
– Dimmelo: ha sofferto molto?<br />
101
– S’è… s’è svenuta! Tu lo sai… povera donna… è soggetta<br />
a queste mancanze quando ha qu<strong>al</strong>che forte dispiacere…<br />
Spiranza divenne ancor più bianca, e cercava con lo<br />
sguardo avido di succhiar dagli occhi spauriti della sorella<br />
tutta la verità. – Povera mamma! – mormorò. – Questo,<br />
vedi, mi trapassa più il <strong>cuore</strong>!<br />
Le lacrime rattenute a lungo le scorsero sulle guance.<br />
La piccola, vedendo che le sue parole producevano un effetto<br />
contrario a quello che s’era aspettato (e non sapeva, l’ignara,<br />
che quelle stille venivano da una fonte ricolma, e che il<br />
trabocco sollevava fin<strong>al</strong>mente quell’animo esulcerato) volle mitigarne<br />
il v<strong>al</strong>ore. – Per dir meglio… dico… ho voluto dire…<br />
– Che hai voluto dire tu, anima buona? – proruppe la<br />
sconsolata, abbracciandola e parlando col viso nascostole<br />
nel seno. – Tu hai un <strong>cuore</strong> da cristiana, sorella mia: lasciami<br />
piangere vicino <strong>al</strong> tuo <strong>cuore</strong>!… Tu mi vuoi bene… ma<br />
sei troppo buona e non puoi capire quant’io sia cattiva e<br />
quanto perciò io soffra!<br />
– Spiranza! Spiranza! – ripeteva Mena, sconcertata, commossa<br />
essa stessa fino <strong>al</strong> pianto, cercando invano di far <strong>al</strong>zar<br />
la fronte umiliata.<br />
– No, no: lasciami piangere! – continuava l’<strong>al</strong>tra, singhiozzando.<br />
– Se tu sapessi…: ho ben ragione di piangere…:<br />
davanti a te, però, sorella mia, che sei amorosa: davanti<br />
a te! Lasciami piangere, ora che mi credi buona… forse<br />
un giorno…<br />
– Oh per l’amor di Dio, sorella cara, che cosa ti passa<br />
per la mente, ora? Cos’hai dunque per poter dire tutto questo?<br />
Guardami dunque in faccia! No: guardami in faccia!<br />
Dopo breve affettuosa lotta il viso rigato di lacrime si<br />
sollevò, e osò fissar lo sguardo su quell’<strong>al</strong>tro viso gentile sbigottito,<br />
su cui s’era disteso un velo tenue di p<strong>al</strong>lore. Come<br />
risplendeva chiara su quelle fattezze, ad ora ad ora lievemente<br />
increspate da un tremito di commozione, l’imagine<br />
dell’innocenza! Com’eran p<strong>al</strong>esi nel fondo di quegli occhi<br />
puri la c<strong>al</strong>ma e la pace di quell’anima senza desideri torbidi<br />
e senza disinganni, luminosa di speranza!<br />
L’angustiata credette d’aver dinanzi una creatura angelic<strong>al</strong>e,<br />
venuta d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>to apposta per la sua sventura, e si distaccò<br />
102<br />
da lei, non credendosi degna di starle vicina. L’<strong>al</strong>tra invece le<br />
si accostò con più amore, le asciugò i rivoli amari delle gote,<br />
le ricompose con le dita tremanti i riccioli sperduti, mormorando<br />
quelle parole che non han senso se non per gli afflitti.<br />
Quella fu vinta da tanta dolcezza, di slancio improvviso<br />
l’avvinghiò con le braccia e le volle dar tutta l’anima infocata<br />
e irrequieta col bacio lungo lungo, avido come la fiamma.<br />
Poco dopo la consolatrice se la recò per mano come una<br />
fanciulla contrita a deporre un <strong>al</strong>tro bacio più puro sulla destra<br />
grinzosa e tremante di zia Francisca, che aspettava.<br />
Dopo il desinare silenzioso di quello stesso giorno, appena<br />
Girominu e M<strong>al</strong>cu furon tornati <strong>al</strong> lavoro, ziu Pasc<strong>al</strong>i<br />
fu preso <strong>al</strong>la gola d<strong>al</strong> raschio delle grandi occasioni e <strong>al</strong>le<br />
mani d<strong>al</strong> prurito dei più gravi impacci. Jacheddhu Ruoni<br />
l’aveva trovato quel mattino verso il limite dei suoi poderi,<br />
e con un’aria d’imbarazzo, con certa fuga di sguardi e con<br />
certe fosforescenze d’occhi, ch’egli non sapeva se attribuire<br />
a turbamento o a ira, gli aveva detto che, appunto in quel<br />
pomeriggio, sarebbe venuto <strong>al</strong>la fattoria il padre per regolar<br />
le cose; e aveva specificato queste ultime parole con una certa<br />
modulazione di voce, che l’aveva messo in pensiero. E ora<br />
non sapeva come dar la notizia <strong>al</strong>le donne.<br />
Il vecchio, che pure, quando la giurava, era incrollabile<br />
come le rocce del suo dominio e non si lasciava tentennare<br />
né da sospiri e pianti, né da tuoni o tempeste, e sapeva essere<br />
anche crudele, se occorreva, aveva il <strong>cuore</strong> dolce come<br />
una fanciulla quando una passione bieca non glielo ghermiva.<br />
Perciò la trepidazione non lo lasciava fermo, e l’obbligava<br />
ora a dondolarsi sulla panca della stanza da pranzo,<br />
ora a levarsi con l’argento vivo nelle vene per aggirarsi nell’andito,<br />
intorno <strong>al</strong>la soglia, sullo spiazzo, in cucina, dove le<br />
figlie rigovernavano e la moglie, <strong>al</strong> focolare, attendeva <strong>al</strong>la<br />
preparazione del caffè.<br />
Fin<strong>al</strong>mente, attirato d<strong>al</strong> borbogliamento del bricco e<br />
d<strong>al</strong>lo sfriggolio dell’acqua sulle braci, trovò lo spunto. – F<strong>al</strong>lo<br />
buono sai il caffè, oggi, Francì! – cominciò fregandosi le<br />
mani e sorridendo con gli occhi.<br />
103
– E perché mai, Pascà? Aspetti le dame di corte, forse?<br />
– Eh! le dame di corte, no; che non ci stanno bene qua:<br />
del resto buona fortuna abbiano in casa loro, esse; ma viene<br />
gente che gli piace il caffè buono quanto <strong>al</strong>le dame di corte.<br />
– Di bocca delicata, vuol dire. Cor mio! Chi è dunque?<br />
– Indovina, Francì!<br />
– Eh! se non mi fa la grazia Dio, come vuoi che indovini?<br />
Monsignore?<br />
– Ah ah ah! A cresimar le agnelle? Questa ci vorrebbe!<br />
– E dunque? Il vicario di C<strong>al</strong>angianus?<br />
– Prete Pauleddhu?! Oh! non è il tempo delle pernici,<br />
ora, se Dio vuole. Non l’indovini in cent’anni!<br />
– E dimmelo dunque, sii benedetto!<br />
– Viene Niccòla Ruoni per regolare le cose, come m’ha<br />
detto stamattina Jacheddhu –. E lo disse in fretta in fretta e<br />
guardò Spiranza, che durante tutto il di<strong>al</strong>ogo era parsa unicamente<br />
intenta <strong>al</strong>la sua faccenda, e badava a sfruconar con<br />
un fuscello la gola dell’acquaio, che s’era intasata.<br />
La vecchia rimase come una statua della Sorpresa, col<br />
braccio a mezz’aria e con in mano un cucchiaio di fondiglio.<br />
Spiranza con una mossa repentina urtò una pertica<br />
appesa orizzont<strong>al</strong>mente con due funi <strong>al</strong>le travi del soffitto,<br />
la qu<strong>al</strong>e andò a sbattere contro gli utensili di latta e di rame<br />
attaccati <strong>al</strong>la parete dei fornelli, producendo un discordo<br />
squarciato di tintinni. – Angeli, figlia mia!<br />
Ziu Pasc<strong>al</strong>i restò. – Spirà ci vuol tanto? Fa attenzione.<br />
O forse…?<br />
– «O forse» che cosa, babbo? – domandò ella senz’<strong>al</strong>zar<br />
gli occhi, tornando <strong>al</strong>la sua occupazione, tutta di carminio.<br />
– Forse ti fa maraviglia che Niccòla Ruoni venga oggi<br />
in casa nostra per…?<br />
– Che maraviglia, babbo? Non è poi la prima volta che<br />
viene da noi ziu Niccòla: e speriamo che non sia neanche<br />
l’ultima. Del resto… che m’importa a me di quelli che vengono<br />
a casa nostra?<br />
– Eh! questo no, figlia mia! Se di <strong>al</strong>tri non t’importa:<br />
(ed è giusto: a noi deve importare, questo!) ti deve però<br />
premere di Niccòla Ruoni che non è un mendicante randagio<br />
né uno straccione, che Dio lo guardi!<br />
104<br />
– Dio gli dia fortuna quanta ne desidera! Vedete, babbo,<br />
quanto m<strong>al</strong>e gli voglio…<br />
– Non è questo, no, la mia caprettina: lo so che hai<br />
buon <strong>cuore</strong>. Ma non basta per Niccòla il non volergli m<strong>al</strong>e.<br />
Bisogna anche volergli bene.<br />
– Sicuro, Spiranzeddha, volergli bene! – echeggiava la voce<br />
di zia Francisca, che aveva ripreso a dimenare la posatura.<br />
– E volergli anche bene! – annuiva la giovane. – Non è<br />
egli cristiano?<br />
– Cristiano solo, uccellino senza testa? – rimproverava<br />
benignamente il padre. – Non potrà essere qu<strong>al</strong>che <strong>al</strong>tra<br />
cosa per te? E suocero no?<br />
Spiranza si diede un gran da fare per togliere una probabile<br />
macchia di ruggine da un coperchio di latta e per lustrarlo<br />
a dovere; e non rispose nulla.<br />
– E suocero no? – ripeté il vecchio con insistenza.<br />
– Eh… chi lo sa? – barbugliò la ragazza. – Anche questo<br />
potrà accadere. Esso ha un figlio da ammogliare e io son zitella.<br />
Tutto può darsi. Solamente adesso non si può sapere.<br />
– E perché non si può sapere, poi, cervellino di rondine?<br />
– insisté ancora il buon uomo con molta amabilità.<br />
– Bah, babbo! ora siete troppo curioso. Lasciate che<br />
venga, prima; quando sarà venuto, si saprà da lui stesso. Sapete<br />
voi ancora che cosa significhino le parole di Jacheddhu<br />
«regolar le cose»? No? Dunque aspettate!<br />
L’osservazione parve giusta anche ai vecchi, che ammutolirono.<br />
Nel silenzio il <strong>cuore</strong> di Spiranza martellava. Avrebbe<br />
voluto da un lato che i genitori avessero interpretato in<br />
buon senso quella frase; d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro preferiva che si dovesse<br />
prendere nella peggiore accezione. Nell’animo le ferveva una<br />
folla di desideri, e la taciturnità dei presenti la fomentava.<br />
– Andiamo, via! – ricominciò il padre, dopo aver riflettuto<br />
per un pezzo. – Perché si dovrebbe pensare a m<strong>al</strong>e?<br />
Abbiamo forse dato motivo, noi?<br />
Nessuno rispose; e questa seconda pausa imbarazzante<br />
aumentò ancora l’interno tormento di ognuno.<br />
– Noi non abbiamo dato motivo – asserì egli con qu<strong>al</strong>che<br />
titubanza nella voce. – Le nostre famiglie non hanno,<br />
grazie a Dio, m<strong>al</strong>e partite da regolare. Sicuro. Si tratta quindi<br />
105
di cose liete, e perciò non è il caso di star in pensiero. Via,<br />
rondinella scervellata, fammi il santo piacere di non far più<br />
codesto musetto, che mi sembri una vecchia di sessant’anni.<br />
Alza la testa e sorridi! Così!<br />
E per darle l’esempio mostrava i suoi denti e pioveva<br />
luce dagli occhi.<br />
Mena rideva <strong>al</strong>la muta, tappandosi la bocca con la mano;<br />
e anche Spiranza abbozzò un sorriso.<br />
– Venga per bene o per m<strong>al</strong>e, (Dio liberi!) – intervenne<br />
la madre, facendo scorrere entro il bricco, da un cucchiaio<br />
tenuto in aria, un rivoletto di caffè per esaminarne il colore.<br />
– Niccòla Ruoni è sempre un ospite e un vicino, e noi<br />
lo dobbiamo trattare come si conviene, e…<br />
– Bella sarebbe! – interruppe l’anziano con un dondolamento<br />
della persona. – Questo non si discute neppure. Siamo<br />
in G<strong>al</strong>lura –. E tacque ancora, aggiustandosi il cappello<br />
a più riprese. Indi continuò: – Quel che m’importa di sapere<br />
si è che cosa devo rispondere, nel caso che Niccòla, come<br />
credo, mi parlerà dell’affare…<br />
Parve aspettasse il suggerimento; ma colei che doveva<br />
darlo era tutta occupata nel riporre le stoviglie a scolare nella<br />
piattaia, e non apriva bocca.<br />
– Parrebbe, vedi, che non le prema affatto, a quella testerella<br />
là! – si lagnò dolcemente ziu Pasc<strong>al</strong>i, parlando <strong>al</strong>la<br />
moglie. – Eppure tocca a te, sai, poledretta, a rispondere.<br />
Rispondi dunque: che devo dirgli?<br />
– Io?! – cercò di temporeggiare l’interpellata, – che ne so<br />
io, sant’uomo? Prima aspettate che colui vi parli, ho detto.<br />
– Va bene, caparbiona; ma, supponiamo che la domanda<br />
sia come l’aspetto io: che mi consigli di rispondere? –. E restava<br />
col mento <strong>al</strong>zato, con la barba bianca ritta e la bocca<br />
stretta, aspettando.<br />
– Rispondete… rispondete… – suggeriva Spiranza diventata<br />
anche più seria e più impacciata – rispondete che<br />
simili decisioni… non si possono prendere così in quattro e<br />
quattr’otto. Voi lo sapete che ci si deve pensare a lungo a<br />
queste cose: prender marito non è prendere un servo: non<br />
gli si può mettere la mano sulla schiena quando si vuole…<br />
Ci si penserà; e dopo averci ben pensato, se sarà il caso…<br />
106<br />
Un abbaiar concitato la tolse d’imbarazzo. Ziu Pasc<strong>al</strong>i si<br />
precipitò fuori dell’uscio dicendo: – È lui! –. Zia Francisca<br />
diede <strong>al</strong>la figlia l’ultima frettolosa raccomandazione. – Vedrò,<br />
figlia mia, se saprai essere savia! Per l’amor di Dio! –.<br />
Anche Mena si avvicinò <strong>al</strong>la sorella, le strinse il braccio e le<br />
mormorò: – Coraggio!<br />
Quella esagerata apprensione quasi l’indispettì. – Viene<br />
forse il Papa o l’aguzzino, che devo essere savia e coraggiosa?<br />
Qu<strong>al</strong>e sono stata sempre, sarò! Che paura avete? Io, grazie<br />
a Dio, non ho paura!<br />
Ma quella fierezza così <strong>al</strong>tamente proclamata a voce,<br />
era <strong>al</strong>quanto sb<strong>al</strong>danzita d<strong>al</strong> ripetuto ripicchio del <strong>cuore</strong>.<br />
«Che direbbe? Saprebbe veramente comportarsi a modo,<br />
senza compromettere la sua sorte futura? Si trovava in un<br />
prunaio: ogni mossa, in quell’ora, non farebbe che render<br />
più confuso e doloroso l’intrico. Intanto colui veniva, e chi<br />
sapeva con qu<strong>al</strong>i propositi anche veniva? A regolar le cose,<br />
aveva detto quello scempiato; e l’azzeccasse chi poteva: ella<br />
non aveva il dito divino. Veniva forse a chiederle conto del<br />
buon trattamento usato a… quel forestiero? Qu<strong>al</strong> diritto<br />
egli aveva di rimproverarle d’essere stata cristiana verso un<br />
m<strong>al</strong>ato? Forse che le figlie di lui non avrebbero fatto <strong>al</strong>trettanto?<br />
Oh certo: forse di più avrebbero anche fatto, quelle<br />
merle! Eran così stanche d’aspettare, che… Ma ella, grazie a<br />
Dio, non era ancora stanca. Ma perché veniva, dunque?».<br />
Si udiva già nell’andito il vocione dell’ospite, che entrava<br />
accompagnato d<strong>al</strong> padre e dai fratelli, dopo aver lasciato<br />
il cav<strong>al</strong>lo nelle mani d’un servo; ed ella, quanto più il crocchio<br />
s’avvicinava, tanto più si smarriva. Un piatto che le<br />
scivolò di mano e andò in frantumi sul pavimento producendo<br />
un tinnulo fragoroso, la finì di spaventare. «Che<br />
confusione! Cosa penserà colui, ora? Che ho rotto il piatto<br />
per il turbamento? Che son turbata d<strong>al</strong>la gran paura? o,<br />
peggio, d<strong>al</strong>la gran contentezza? Sì, d<strong>al</strong>la contentezza, Dio vi<br />
rimeriti! Ah qu<strong>al</strong>i fiamme <strong>al</strong> viso! Come sono sciocca!».<br />
– Brindisi! – esclamò gioiosamente Niccòla Ruoni, avanzandosi<br />
e andando a stringere la mano <strong>al</strong>le donne. – Troppo<br />
onore mi fate, birichinette mie! I piatti si spezzano quando<br />
tornano a casa gli sposi novelli! Qui, per ora, non ce ne sono,<br />
107
di sposini: o no? Speriamo che ci siano tra poco, però. Vero,<br />
Pascà?<br />
– Dio ti ascolti, Niccòla! – augurò il padrone di casa; e<br />
si giustificò dell’esclamazione: – Per i padri è sempre questo<br />
il più forte e perdonabile desiderio! Non è vero?<br />
– Così direi anch’io, rose vere. E voi che ne dite, ragazzacci?<br />
La gioia del nuovo arrivato fu contagiosa, e dissipò d<strong>al</strong>le<br />
anime l’ombra del sospetto, che le aveva oscurate. Però la<br />
subitanea contentezza di Spiranza durò un attimo. Il tono<br />
scherzoso di quel figuro la urtò. «Guarda poi con qu<strong>al</strong>e sicurezza<br />
egli entra! Parrebbe che entrasse <strong>al</strong>la mandra per acciuffar<br />
la bestia che più gli piace! Stolido! (s<strong>al</strong>vo i capelli<br />
brizzolati). Ma io non sono punto una pecoraccia di scarto<br />
da lasciarmi abbrancare così facilmente! Vedrai!».<br />
Intanto Niccòla Ruoni s’era già seduto nella stanza da<br />
pranzo, s’era tolto il cappello, e s’asciugava il sudore con un<br />
fazzoletto colorato. Si poteva dire ancora un bell’uomo, coi<br />
suoi cinquant’anni sonati. Era corpacciuto e fatticcio come<br />
il figlio; ma era molto più accorto e simpatico di lui.<br />
– Dio ci guardi! – disse la vecchia. – Non ti abbiamo<br />
neanche domandato ancora di tua moglie, Niccò! Sta bene?<br />
– Eh, non c’è m<strong>al</strong>e.<br />
– E Cat<strong>al</strong>ina e Ciareddha? – chiese Mena. E tanto per<br />
dir qu<strong>al</strong>che cosa anch’essa, Spiranza aggiunse: – E Antiòca?<br />
– Non c’è m<strong>al</strong>e. Non c’è m<strong>al</strong>e. Se ne hanno ne mangiano!<br />
– Eh! Così ne abbiano tutti i poveretti! – esclamò ziu<br />
Pasc<strong>al</strong>i. – Così ce ne sia in ogni casa, di <strong>al</strong>imenti, come in<br />
quella di Niccòla Ruoni! –. (Costui si gonfiò ancora, solleticato).<br />
– E la segnatura, com’è andata?<br />
– Bene, grazie a Dio! Per quanto quel cervellaccio vuoto<br />
del figlio maggiore mi sia scappato via e mi abbia piantato<br />
in asso… (e di questo avete la colpa voi <strong>al</strong>tri, che lo dovevate<br />
cacciar via a colpi di stanga. Eh? Poledraccio senza<br />
briglia, che gli piace andare <strong>al</strong>la ventura dove c’è rumore!<br />
Bastonate, ci vogliono!). Per quanto Jacheddhu sia venuto<br />
da voi, grazie a Dio, non mi son mancati gli aiuti. Abbiamo<br />
potuto segnare centotrentasei agnelle, s<strong>al</strong>vo errore, e<br />
settantotto caprette, e cinquantaquattro porchetti. Eh! la<br />
108<br />
porcina quest’anno non c’è m<strong>al</strong>e. Pochi vitelli e poledri,<br />
però. Pochi, in paragone… Ma ci contentiamo. E voi?<br />
– Eh, Dio li mantenga! non son pochi! Noi anche abbiamo<br />
fatto qu<strong>al</strong>che cosa…<br />
– Eh, voi non c’è confronto, lo so! Voi avete fatto una<br />
festa coi fiocchi… Già: avevate anche ospiti distinti, Dio vi<br />
benedica, e dovevate trattarli da signori. Ho saputo che vi<br />
siete divertiti come a una festa di città, con musiche e con<br />
b<strong>al</strong>li continent<strong>al</strong>i. Mi ci sarei voluto trovar anch’io, vedete!<br />
Il pupetto! E… sono andati dunque via… quegli ospiti?…<br />
Anche il m<strong>al</strong>ato? –. E senza parere guardò Spiranza, che,<br />
già preparata a questa uscita da quel lungo giro di parole,<br />
poté sostenere il suo sguardo senza batter ciglio.<br />
– Sì, tutti, Dio li guardi! – rispose il vecchio. – Anche il<br />
m<strong>al</strong>ato, che sia benedetto! Un giovane così paziente… e<br />
amabile, poi, e così <strong>al</strong>la mano, e così…<br />
S’accorse che l’ospite non l’ascoltava (intento come era<br />
a fissar con insistenza la giovane, la qu<strong>al</strong>e sembrava sulle<br />
spine e aveva fin<strong>al</strong>mente curvato la fronte per fingere d’aggiustar<br />
le pieghe del grembi<strong>al</strong>e), e tacque: e così la conversazione<br />
cadde.<br />
Nell’interv<strong>al</strong>lo giunse fino a loro, per la finestra aperta, lo<br />
squarcio d’un di<strong>al</strong>ogo tra due servi, che stavano sullo spiazzo.<br />
– L’ha obbligato lui! – diceva l’uno. – Gli ha detto che<br />
se non veniva oggi, fuggiva di casa.<br />
– Ah! – commentava l’<strong>al</strong>tro. – Il sangue gli bolle! Teme<br />
che l’anguilla gli sfugga, e vuol parare la nassa ora che c’è<br />
piena.<br />
– Lampi! Temo però che la piena sia molto violenta.<br />
– Anch’io te lo dico, sangue d’un cane!<br />
Ziu Pasc<strong>al</strong>i scaracchiò forte, ripreso d<strong>al</strong>l’abitu<strong>al</strong>e raschio,<br />
per distrarre l’attenzione dell’amico. Ma non ve n’era bisogno,<br />
giacché costui, immerso tutto nel suo pensiero, non<br />
aveva avvertito e forse neppur udito le parole lontane, che<br />
venivano accompagnate da un festoso cic<strong>al</strong>io di passere e da<br />
squillanti gridi di rondini. Infatti, <strong>al</strong> verso fragoroso del compagno,<br />
egli s’era come destato <strong>al</strong>l’improvviso e aveva aperto<br />
gli occhi asciugandosi un’<strong>al</strong>tra volta il sudore. – Che dicevamo,<br />
Pascà? Sono smemorato oggi!<br />
109
– Parlavamo di quel… soldato ferito… e dicevo che è<br />
molto <strong>al</strong>la buona anche coi poveri, e…<br />
– Avrei voluto vedere – interruppe il Ruoni un po’ rudemente<br />
– che, dopo tante gentilezze che voi gli avete usato,<br />
avesse avuto il fegato di fare il superbo, anche! Non c’è<br />
m<strong>al</strong>e! L’avete trattato come un principe, Pascà, e vi dev’essere<br />
costato molte seccature.<br />
– Bah! non tanto poi, amico mio. Si contentava di poco,<br />
e…<br />
– Eh eh! Le donne lo sanno, questo! – ribatté ridendo.<br />
– Non è vero, Spirà?<br />
Costei, stavolta, non era pronta <strong>al</strong>la botta, e si trovò più<br />
debole. Sentì una vampata s<strong>al</strong>irle <strong>al</strong>le tempie, e arrossarsele<br />
anche gli occhi; le s’accese il <strong>cuore</strong> e il cervello, ed ebbe una<br />
subitanea tentazione d’ira. «M<strong>al</strong>edetto! Che intendeva dire?<br />
Era una lode o una frecciata? Ella se la sentiva nelle viscere<br />
come una punta di spiedo arroventata. E tutti tacevano, e<br />
tutti aspettavano, e Mena la guardava con occhi incantati, e<br />
anche il basilisco la fissava con sguardo di fascino, e Girominu,<br />
benché sembrasse distratto nell’osservare i fregi del c<strong>al</strong>cio<br />
del fucile, aveva tutta la vita concentrata nell’udito, si vedeva.<br />
Oh Nostra Signora bella!». Con uno sforzo eroico si<br />
dominò, e rispose: – Quando si fanno per dovere… non ci<br />
son seccature, ziu Niccò. Voi siete G<strong>al</strong>lurese e lo sapete!<br />
– Brava, mela d’oro! – approvò colui tutto contento e sorridente.<br />
– Hai veramente un <strong>cuore</strong> amoroso, Dio ti mantenga.<br />
Vorrei che fossi figlia mia! Ma quelle mie caprette, a che<br />
v<strong>al</strong>gono? Puoi esser fiero delle tue figliole, Pascà!<br />
Il vecchio, tronfio, rispose con un gran gesto evasivo di<br />
protesta in aria, come per dire che non francava poi la spesa<br />
di esser fiero di quelle rondinelle lì: e sorrise, beato. Ma Spiranza<br />
era più turbata ancora. «Parlava per ironia, colui? Per<br />
celia, per disprezzo?». Lo riguardò bene in faccia e vide che<br />
l’<strong>al</strong>legria era veramente schietta. Ciò parve l’offendesse anche<br />
più. «Mi crede qu<strong>al</strong>che cosa, pare: ed è persuaso d’avermi<br />
già tra le mani! Vedrai, vecchio stolido!». Ringraziò del<br />
complimento abbastanza disinvolta.<br />
In questo, Mena, a un’occhiata della mamma, uscì per<br />
apprestare il caffè, e tornò tosto col vassoio più lucente e<br />
con le chicchere delle più solenni occasioni.<br />
110<br />
– Caffè proprio da frati! – esclamò Niccòla, facendo<br />
schioccar la lingua. – Com’è gustoso e profumato! Che ne<br />
facciano quelle mangiapane di casa mia come questo, va!<br />
L’ho sempre detto io: se vuoi bere un sorso di caffè buono,<br />
va da Francisca Ciudeddhu!<br />
– Chi mi loda mi sprezza, Niccò! – protestò colei, gongolando.<br />
– Altro che questo ne prepara tua moglie, Dio la<br />
guardi!<br />
Quegli negò ostinatamente col capo, non potendo parlare.<br />
Tutti sorbirono l’aromatica bevanda con voluttà, a piccoli<br />
sorsi rumorosi, perché raffreddasse in bocca: ed era un<br />
fruscio contagioso che s’animava nella gara.<br />
– Basta! – disse infine l’ospite con aria grave. – Comincia<br />
a farsi tardi: e prima d’andar via vorrei parlare a voi due<br />
soli, Pascà: a te e a tua moglie.<br />
L’ora critica, da tutti attesa, pareva arrivata. A tutti picchiò<br />
il <strong>cuore</strong> con più violenza; più di tutti a Spiranza, la qu<strong>al</strong>e<br />
presentì che in essa forse si decideva la sorte della sua vita.<br />
I vecchi s<strong>al</strong>irono <strong>al</strong>la stanza di Silvio e vi si rinchiusero.<br />
Per un istante nessuno parlò, e da lontano s’udì il grugnito<br />
rabbioso di due verri che si azzuffavano nello stabbiòlo.<br />
Fin<strong>al</strong>mente, dopo due o tre colpetti di tosse, che cercò<br />
di smorzare portandosi la mano <strong>al</strong>la bocca, Niccòla Ruoni<br />
cominciò: – Voi forse indovinate già lo scopo della mia visita…<br />
Non t’ha detto nulla Jacheddhu?<br />
– A dirti la verità, – rispose Pasc<strong>al</strong>i – m’ha detto, sì, che<br />
tu saresti venuto; ma non m’ha detto il perché. «A regolar<br />
le cose» ha detto lui. Ma io non ho compreso ciò che abbia<br />
voluto dire.<br />
– «A regolar le cose», figlio mio! – ripeté zia Francisca,<br />
quasi per dar più forza <strong>al</strong>le parole del marito.<br />
– Che cosa vuoi che abbia voluto dire, quello scimunito?!<br />
Se te l’ho sempre detto io che è un buon’a niente! Ha<br />
voluto dire che io venivo per domandarti a suo nome la mano<br />
di Spiranza! Niente meno! O non ti pare? Io gli ho detto:<br />
«bada che tu non sei uomo da prender moglie, ancora: che<br />
non sai ancora stringerti le serre dei c<strong>al</strong>zoni, e hai bisogno di<br />
tua madre per lavarti la faccia; e quella lì è una giovane a<br />
111
modo, che sa dipingere con l’ago l’aquila che vola, ed è<br />
istruita e savia, perché è figlia di Pasc<strong>al</strong>i Luna e di Francisca<br />
Ciudeddhu…<br />
I nominati, in grave imbarazzo, mugolavano e sbracciavano<br />
per respingere quelle incensate ampollose; ma egli, gareggiando<br />
in gesti e <strong>al</strong>zando la voce: – lasciatemi dire! – proseguiva;<br />
– no: lasciatemi dire, che è la verità: e a dir la verità<br />
non è peccato. «A che sei buono tu?» gli ho detto. «Non sei<br />
buono neanche a sc<strong>al</strong>zarla, quella lì! Spiranza Luna?! Ah ah<br />
ah! la faresti la figura a fianco di Spiranza Luna, che è veramente<br />
luna, di nome e di bellezza! Sembreresti un fiore di<br />
cardo asinino accanto a una rosa! Da’ retta a me: statti in casa<br />
tua, figlio mio, e non andare a molestare la gente, se non<br />
vuoi avere delle legnate sulle groppe, che ti starebbero bene!».<br />
Queste e molte <strong>al</strong>tre cose gli ho detto, io. Ma egli, o Dio o il<br />
diavolo, Spiranza voleva, Spiranza voleva! «Che le voleva<br />
troppo bene, che era fattura che gli avevan fatto, che ne moriva!».<br />
Ragazzacci, mi ammazzino, Pasc<strong>al</strong>i! Quando la prendono,<br />
chi li para più? O noi eravamo così ai giorni nostri!…<br />
Basta. Che gli volevi fare? Quando m’ha detto ch’era pronto<br />
a fare uno sproposito… mi son messo la coda tra le gambe e<br />
son venuto. Ora eccomi qui. Datemi ciò che mi merito!<br />
Era veramente ridicola l’espressione d’umiltà forzata di<br />
quel poveraccio, che dentro schiattava d’orgoglio e si credeva<br />
costretto ad abbassare il capo e parare le sp<strong>al</strong>le come per<br />
ricevere bastonate sode; ma i suoi ospiti, pienamente investiti<br />
della propria parte, finsero di prender sul serio le parole<br />
simulate, e si mostrarono tutti contegnosi.<br />
– Tu parli sempre da savio – prese a dire il vecchio, rigettando<br />
già con la mano, come se respingesse un ostacolo<br />
visibile, le proteste che si aspettava d<strong>al</strong> vicino, – e hai una<br />
bocca d’oro… Ma mi devi compatire…<br />
– Una bocca d’oro, Dio ti benedica!<br />
– …Mi devi compatire. Tuo figlio non è giovane da lasciar<br />
andar così senza guardarlo e senza pensarci bene. Jacheddhu<br />
Ruoni, figlio di Niccòla Ruoni! Trovatemene due in tutta la<br />
G<strong>al</strong>lura! Nel lanciar la lacciaia, nel domare un puledro, nell’ammansire<br />
un toro, nel trapassare il <strong>cuore</strong> ai cign<strong>al</strong>i, nel far<br />
cadere gli astori più <strong>al</strong>ti come stracci. Trovatemene un <strong>al</strong>tro!<br />
112<br />
– Dio lo mantenga! il mio fiore!<br />
– …Se dei due qu<strong>al</strong>cuno ci dovesse perdere, Niccò, sarebbe<br />
tuo figlio, non Spiranza. Ci perderebbe, perché Spiranza<br />
nostra, benché buona figliuola… (Oh questo sì: chi<br />
glielo nega glie lo deve! esser buona di <strong>cuore</strong>, è buona!) è…<br />
è… cosa vuoi che ti dica?<br />
– Taci, per l’amor di Dio, Pascà! – interrompeva l’<strong>al</strong>tro,<br />
scand<strong>al</strong>izzato, e sforzandosi in certe risate che parevano singhiozzi.<br />
– Che cosa hai da dire contro quella Sibilla?<br />
– Lasciami ridere, Niccòla! Ah ah ah! Non la conosci bene<br />
quella caprettina lì! Nel cucire, nel ricamare, nel tessere…<br />
– Nel cucire, nel filare, nel tessere – ripeteva la donna,<br />
per venire in aiuto del marito, che le usurpava il campo, ormai,<br />
– non v<strong>al</strong>e un’unghia di Catilina Ruoni e di Ciareddha<br />
Ruoni… Lasciami dire; che Dio le benedica! E Antiòca, dove<br />
la lasci? Non la conosci bene, Niccòla, la nostra Spiranza!<br />
Essa, sì, ha bisogno della maestra per infilar l’ago e per mettere<br />
lo spoletto nel cannello e il cannello nella spola: e nel filare<br />
non è neanche buona a raccogliere il fusaiolo…<br />
– Fammi il piacere, Francisca: chiudi la bocca… non<br />
puoi nascondere la luce del sole, tanto! Proprio di maestre<br />
ha bisogno una che è stata addestrata da Francisca Ciudeddhu!<br />
Fammi il piacere, per Dio te lo domando. E basta…<br />
Se non mi volete dar legnate…<br />
– Oh, quanto a questo, – assicurava il padrone di casa<br />
– noi non abbiamo né braccia né mani che lo possan fare…<br />
e in quest’<strong>al</strong>tura non ci sono mazze…<br />
– Ebbene, <strong>al</strong>lora: se non mi cacciate via, come merito,<br />
fin da quando incomincio ad aprir bocca, se non vi dispiace,<br />
vi domando il piacere di dirmi, quando, quando si potrebbe…<br />
– Vedi: – tagliò corto Pasc<strong>al</strong>i – se la cosa stesse in noi…<br />
anche domani… anche ora…<br />
– Anche ora, la mia perla!<br />
– …Ma tu puoi sapere che senza farne parola a Spiranza…<br />
– Oh diavolo! Questa ci vorrebbe poi! Questo s’intende!<br />
– Vedi? Dunque prima bisogna parlarne a lei… Poi…<br />
Credo che quella merla lì non avrà niente in contrario; avrà<br />
113
caro, dico io! Jacheddhu Ruoni! A ogni modo, la risposta la<br />
deve dar lei… Oggi son così i tempi, Niccòla! Ai nostri<br />
giorni…<br />
– È troppo giusto… Ma dicevo che le cose, quanto più<br />
si possono abbreviare… È sempre meglio, sapete. Questi ragazzi<br />
son come i cardi, che Dio mi castighi! Se li cogliete<br />
quando sono in punto, son deliziosi: quando però t<strong>al</strong>liscono,<br />
buona notte! E poi, c’è sempre dei pericoli, speci<strong>al</strong>mente per<br />
le donne… Cos’è quello? – continuò, accennando il fardello<br />
di Silvio, come se <strong>al</strong>lora appunto cominciasse a vederlo, e che<br />
invece già varie volte aveva fissato: ed era proprio quello che<br />
gli aveva messo sul labbro le ultime parole. – Ah! vesti di<br />
quel soldato? Oh vedete: colui, per esempio…: non ve n’offenderete,<br />
se ve lo dico: oh, non lo credo: perché saremmo<br />
amici? Perché si cercherebbe di stringerci sempre più? Non vi<br />
offendete: ma quel soldato è stato un pericolo: me l’ha detto<br />
mio figlio: e anche qu<strong>al</strong>che rumoretto l’ho udito da <strong>al</strong>tri…<br />
Cose da nulla, se volete… ma pure, son sempre quelle cosette…<br />
Basta: quello potrà essere ancora un pericolo, e…<br />
– Oh, amico mio, puoi tu pensare…?<br />
– Lo so, Pasc<strong>al</strong>i; non dir più una parola! Che bisogno hai<br />
di difendere con me l’onestà della tua casa? Fammi il santo<br />
piacere… Lo so: ma i giovani son giovani… Son sempre come<br />
la stoppa vicino <strong>al</strong> fuoco, diceva un grande predicatore<br />
che se ne intendeva. Sarebbe bene… Ma queste son cose<br />
inutili, poveraccio ch’io sono. Voler dar consigli a te è come<br />
portar sassi <strong>al</strong> Limbara. Andiamo, dunque: ch’io ho il cervellaccio<br />
vuoto, e temo d’avervi già intronato la testa –. E si<br />
levò, battendo ambe le mani aperte sulle ginocchia.<br />
Anche i vecchi s’<strong>al</strong>zarono. – D’intronare parli, anche?<br />
Ci hai fatto passare un’ora veramente deliziosa. Dunque restiamo<br />
intesi che appena…<br />
– …Che appena quella colomba…<br />
– Va bene, va bene!<br />
Il rumore che fece la serratura a sdrucciolo, quando zia<br />
Francisca, uscita l’ultima, si trasse dietro, di colpo, la porta,<br />
destò Spiranza d<strong>al</strong> sogno angustioso in cui si era addentrata.<br />
Essa si era ritirata con la sorella nella stanza terrena che<br />
dava <strong>al</strong>l’orto, e s’era messa <strong>al</strong> suo lavoro di ricamo. Mena<br />
114<br />
cuciva. I fratelli, <strong>al</strong>l’ombra dei castagni, maneggiavano il<br />
bel fucile di Niccòla Ruoni.<br />
Ormai le si presentavano dinanzi agli occhi tre vie distinte,<br />
d<strong>al</strong>le qu<strong>al</strong>i non poteva in <strong>al</strong>cun modo fuggire: sposarsi a<br />
Jacheddhu, lasciarsi trascinar via da Silvio, rimaner zitella per<br />
tutta la vita. Qu<strong>al</strong>e preferire? Ognuna aveva le sue spine.<br />
Se sposava Jacheddhu, secondava i desideri della famiglia,<br />
e prendeva un giovane ricco, che le avrebbe concesso<br />
ogni agio conveniente <strong>al</strong>la sua condizione, e le avrebbe consentito<br />
di vivere nei luoghi in cui era nata, vicino <strong>al</strong>le persone<br />
care, e di menar l’esistenza così dolce e tranquilla della<br />
sua G<strong>al</strong>lura. Ma come fare a unirsi per tutta la vita con quel<br />
bamboccione infagottato, che era tutto carne e non aveva<br />
una scintilla d’anima? a unirsi a lui se non gli voleva bene?<br />
Signore benedetto, sì: gli aveva spesso sorriso quando ancora<br />
non conosceva… nessun <strong>al</strong>tro giovane migliore di lui; l’aveva<br />
preferito a tutti gli <strong>al</strong>tri, s’era lasciata corteggiare da lui<br />
come fiore d<strong>al</strong>l’ape o come fiammella d<strong>al</strong>la f<strong>al</strong>ena, gli aveva<br />
anche dato qu<strong>al</strong>che mezza speranza, aveva b<strong>al</strong>lato con lui<br />
nelle riunioni degli stazzi, nelle feste pastor<strong>al</strong>i delle tosature<br />
e delle smelature. Ma quelli erano <strong>al</strong>tri tempi: si conduceva<br />
così senza pensarci, senza saperlo, stimolata solo d<strong>al</strong>l’impulso<br />
della sua giovinezza che sbocciava, senza intenzioni serie…<br />
Ora però… come poteva legarsi a un uomo che non<br />
solo non amava, ma neppure stimava: che le era divenuto<br />
antipatico? Che vita sarebbe la sua? Una vita senza amore!<br />
Una vita di freddezza! e di continui tormenti!<br />
Se poi sposava Silvio, sceglieva l’uomo del suo <strong>cuore</strong>, <strong>al</strong><br />
qu<strong>al</strong>e oramai, volesse o non volesse, l’anima sua era legata<br />
con vincoli che non si potrebbero più infrangere senza far<br />
strappi <strong>al</strong>le sue viscere. Ella si aggrapperebbe a lui, ed egli la<br />
menerebbe via a volo, di là d<strong>al</strong> mare, per luoghi nuovi, per<br />
città grandi e tumultuose, di piacere in piacere, di bellezza<br />
in bellezza: le farebbe vivere un’esistenza di sogno! Però dei<br />
fantasmi sorgevano accanto a lui per sbarrarle il passo: Silvania,<br />
Adriana e <strong>al</strong>tre, <strong>al</strong>tre donne ancora, una folla, che si intravedeva<br />
nella confusione. Esse l’accecavano sbracciando,<br />
l’assordavano con le parole, l’atterrivano con le minacce e<br />
con le beffe e con gli scherni. E se anche quelle la lasciavano<br />
115
passare e riprendeva con lui la via dei fiori giocondata di<br />
melodie, <strong>al</strong>l’improvviso un singulto straziante di bimbo abbandonato<br />
nella notte <strong>al</strong>le tenebre e <strong>al</strong> freddo e <strong>al</strong>la fame le<br />
agghiacciava il povero <strong>cuore</strong> amoroso, le trafiggeva l’animo.<br />
Sudava freddo! E poi: non sapeva essa purtroppo i costumi<br />
di G<strong>al</strong>lura? Se faceva a Jacheddhu Ruoni l’affronto di respingerlo<br />
per il primo venuto, gli recherebbe un’offesa mort<strong>al</strong>e<br />
e gli darebbe il diritto di vendicarsi come meglio credeva:<br />
con incendi, con stragi del bestiame, con spianto di vigne e<br />
di frutteti, con assassinî. Le pareva già d’udire il rombo delle<br />
fiammate, i mugghi pietosi degli armenti decimati, i gemiti<br />
dolorosi dei moribondi, di veder la famiglia piombata nel<br />
lutto. Ecco quanto costerebbe il suo capriccio.<br />
Se fin<strong>al</strong>mente rifiutasse l’uno e l’<strong>al</strong>tro partito, ella sarebbe<br />
condannata a una perpetua solitudine di <strong>cuore</strong>. Qu<strong>al</strong> cane<br />
oserebbe più accostarsele quando si sapesse che quel gigante<br />
geloso e disdegnoso le faceva attenta guardia? Gesummaria!<br />
Avverrebbero gli stessi incendi, gli stessi scempi, le stesse<br />
morti!… E star sola per lei sarebbe un martirio… perché ella<br />
non era nata per star sola. Si sentiva nelle vene troppo sangue,<br />
troppa vigoria nel <strong>cuore</strong>, troppa vita: l’esuberanza le accendeva<br />
nell’anima delle fiammate che cercavano sfogo, che<br />
la cacciavano potentemente a stordirsi in mezzo ai fragori e<br />
agli strapazzi. Aveva bisogno d’udir voci umane e strepiti e<br />
canti e baccan<strong>al</strong>i: aveva bisogno d’una sp<strong>al</strong>la amica su cui posare<br />
il capo quand’era stanca, di due occhi su cui figgere lo<br />
sguardo appassionato nei momenti di dolcezza o angustiato<br />
nelle ore di sconforto. Insomma, non voleva, non poteva esser<br />
sola. Che lungo dolore sarebbe per lei la vita, se fosse obbligata<br />
a esser sola!<br />
Così qu<strong>al</strong>e delle tre vie sceglierebbe? Ognuna aveva il<br />
suo pianto: largo e amaro pianto.<br />
Alzava il viso d<strong>al</strong> ricamo, che in quei momenti di astrazione<br />
ben poco aveva progredito, e fissava lo sguardo sul viso<br />
curvo e luminoso di Mena, la qu<strong>al</strong>e lavorava con dolce<br />
c<strong>al</strong>ma. «Beata!» pensò. «In quel <strong>cuore</strong> innocente non c’è<br />
ancora una spina! Tutto è soave, per lei. Ella può ancora<br />
pensare senza arrossire e senza piangere. Può ancora attendere<br />
con trasporto il giorno in cui l’uomo che l’ama e che<br />
116<br />
essa ama, venga <strong>al</strong>la casa di suo padre, e potrà udire il mormorìo<br />
delle parole segrete, con cui egli la chiederà in isposa,<br />
senza questa m<strong>al</strong>attia di <strong>cuore</strong> che si sbatte e si fende…<br />
Beata! che il Signore le conservi sempre quella pace, e non<br />
permetta mai che una fiamma infelice la investa!».<br />
Mena sollevava il capo, come se avesse compreso le misteriose<br />
riflessioni della sorella, e sentendosi da lei così ansiosamente<br />
guardata, le sorrideva col suo solito splendore di<br />
bontà, le bisbigliava parole d’affetto. – Spirà non t’angustiare!<br />
Tutto finirà bene! Dio voglia!<br />
Ella effondeva tutta l’anima ardente con un sospiro, e<br />
tornava <strong>al</strong> lavoro. Il chiacchiericcio dei fratelli nell’orto le<br />
portava <strong>al</strong>l’orecchio l’eco temuta di lontani <strong>al</strong>terchi, di zuffe<br />
e di risse, e lo sgrillettare inoffensivo di quell’arma scarica e<br />
i b<strong>al</strong>eni di quelle canne le presentavano <strong>al</strong>la fantasia <strong>al</strong>tri<br />
cricchi e <strong>al</strong>tri lampi ben più fat<strong>al</strong>i. Di quando in quando<br />
tremava e rabbrividiva come se fuori gelasse.<br />
Quando Dio volle il supplizio finì. Tese l’orecchio avidamente<br />
per udir le prime parole degli uomini che scendevano:<br />
il <strong>cuore</strong> pareva avesse sospeso di p<strong>al</strong>pitare. Tosto le risate<br />
gaudenti di ziu Niccòla invasero la s<strong>al</strong>a, provocate e<br />
incoraggiate da certe uscite di ziu Pasc<strong>al</strong>i, che ben non s’intendevano.<br />
Mena l’afferrò per il braccio e raggiò negli occhi. – Vedi?<br />
– le disse carezzevolmente. – Te l’avevo detto? È andato<br />
tutto bene! Sta <strong>al</strong>legra!<br />
– Che cosa? – chiedeva ella str<strong>al</strong>unata. – Che cosa vuoi<br />
sia andata bene? Che sai tu di bene o di m<strong>al</strong>e? –. Ma tosto<br />
s’addolorava d’averla ferita, e cercava di mitigare l’asprezza<br />
delle sue parole. – Dio t’ascolti, sorella mia!<br />
– Ecco fatto! – gridava l’omaccione, intronando tutta la<br />
casa con la gioia rumorosa e battendo di tanto in tanto le<br />
mani dopo essersele strusciate c<strong>al</strong>orosamente per un pezzo:<br />
– Benedetti figli! quanti affanni ci costate! – diceva, rivolgendosi<br />
ai due fratelli, che s’eran già uniti <strong>al</strong>le donne. – Se<br />
pensaste a questo, ragazzacci, lecchereste la polvere che c<strong>al</strong>pestiamo!<br />
Invece, quando vi càpita, m<strong>al</strong>andrinacci, giù stoccate<br />
a vostro padre e a vostra madre! Basta: mi pare d’essermi<br />
liberato da un masso che mi stava qui sul petto, e d’esser<br />
117
più leggero… E ora, figli miei, preparatemi il cav<strong>al</strong>lo, che è<br />
tempo d’andar via…<br />
– Figlia mia, il bicchiere della staffa, a ziu Niccòla – gridava<br />
la vecchia che scendeva ancora la sc<strong>al</strong>a.<br />
– No, Francisca! – si esimeva l’ospite. – Il vino non se<br />
la dice affatto col caffè. Ho ancora in gola il profumo. Vuoi<br />
che lo sciupi?<br />
– Il vino è buono! – osservava Pasc<strong>al</strong>i. – Gust<strong>al</strong>o: non<br />
te ne pentirai. E poi, se te ne andassi senza bere, sospetterei<br />
che…<br />
– E va a prenderlo dunque, musetto di ciliega! – disse a<br />
Mena. E intanto che quella s’<strong>al</strong>lontanava, si rivolgeva a Spiranza<br />
che lo guardava trepidante, le toccava, il ganascino<br />
con carezza paterna, dicendole: – Dio ti benedica, Spirà!<br />
quanto sei rossa oggi! Sputo, vedi, per il m<strong>al</strong> d’occhio; non<br />
aver paura! –. E sputava. – Così mi piacciono le ragazze, a<br />
me! Sane, grazie a Dio; e belle, poi: perché no? Sono già<br />
vecchio forse? E poi, se son belle, se non servono per me,<br />
servono per <strong>al</strong>tri! Non ho ragione, rosa vera?<br />
Spiranza, a quegli sproloqui più si turbava; ma ebbe la<br />
forza di vincersi e di rispondere: – Avete ragione! Sempre di<br />
buon umore voi, ziu Niccò; che Dio v’assista!<br />
– E dunque, di m<strong>al</strong> umore? Tristezza non paga debiti!<br />
Questo vino non viene? oh!? –. E appena la ragazza si presentò<br />
col vassoio e con la bottiglia di vino dorato, anche a<br />
lei rivolse dei complimenti, delle carezze paterne. – La colomba!<br />
Guarda che occhi! guarda che mani!<br />
– Ziu Niccò! che me le fate tremare, le mani, Dio liberi!<br />
– si lagnava Mena.<br />
– Sta ferma là, con quel tremito: che non sei ubbriacona<br />
tu. Oh oh oh! guardatela! sembra davvero la fattucchiera<br />
della v<strong>al</strong>le!<br />
Il vino si versava nel vassoio, produceva delle strosce sul<br />
pavimento. Ed egli, tutto esilarato, tracannava avidamente,<br />
rimetteva a posto il bicchiere, sfiatandosi con lunghe esclamazioni<br />
aspirate, con cui voleva esternare la piena soddisfazione.<br />
Il cav<strong>al</strong>lo, tenuto per le briglie da M<strong>al</strong>cu, nitriva di impazienza<br />
e Niccòla uscì sullo spiazzo seguito da tutta la famiglia.<br />
118<br />
Montava già in sella accompagnato dai s<strong>al</strong>uti e d<strong>al</strong>le raccomandazioni<br />
dei presenti, quando <strong>al</strong> di sopra della vetta<br />
grigia del Limbara si disegnò improvvisamente una ombra<br />
nera vagante, che s’aggirava come un’immensa aquila re<strong>al</strong>e.<br />
– Quella giustizia: m<strong>al</strong>edetto sia! – esclamò Girominu,<br />
stringendo i denti, e facendo per istinto un gestaccio.<br />
– Che cosa, Giromì? – domandò il vicino, restando col<br />
piede nella staffa.<br />
– Quella giustizia! – ripeté il giovane. – L’uccello di legno!<br />
L’areoplano; m<strong>al</strong>edetto sia!<br />
– Oh! – esclamò il Ruoni, ritirando il piede e scendendo<br />
d<strong>al</strong> sedile, su cui era montato per meglio andare in arcioni.<br />
– Lasciatemela vedere quella maraviglia!<br />
– Il fuoco la distrugga! – imprecò l’implacabile ragazzo.<br />
Quella vista li aveva tutti un po’ turbati. Oltre che temevano<br />
lo scompiglio dei branchi pascolanti, una specie di misterioso<br />
terrore s’era impadronito dei loro cuori semplici e rudi.<br />
Solo Spiranza guardava diversamente dagli <strong>al</strong>tri il maraviglioso<br />
volatile che ingrandiva a vista d’occhio, e filava nell’aria<br />
tersissima con graziose giravolte, come se trionfasse. Il<br />
suo occhio acuto vinceva la distanza, penetrava arditamente<br />
in quella massa incerta, distingueva bene una figura che<br />
non era della terra, un viso, un viso, quel viso… quegli occhi,<br />
quelle labbra… Anche l’anima sua volava là in <strong>al</strong>to, sorella<br />
di quell’<strong>al</strong>tr’anima lontana da tutta quella volgarità<br />
strisciante, perduta nella m<strong>al</strong>ìa della luce… Oh Dio, come<br />
le fremeva il <strong>cuore</strong>, come le si abbagliavano gli occhi! Come<br />
sentiva d’amarlo più che mai! d’amarlo! d’amarlo!<br />
Il giorno di san Pietro apostolo, patrono della città, era<br />
in Tempio gran festa; e in quell’occasione si doveva appunto<br />
amministrar la cresima.<br />
Fin d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>ba M<strong>al</strong>cu e Spiranza montarono entrambi sulle<br />
groppe del brioso cav<strong>al</strong>lo baio e s’incamminarono verso la capanna<br />
di B<strong>al</strong>tòlu Muscia, la cui bambina, Violanteddha, era<br />
la futura figlioccia della giovane.<br />
Entrambi indossavano gli abiti più ricchi: egli una veste<br />
di panno turchino cupo, e un largo cappello nero; ella un<br />
119
giubbetto di seta color lilla, fiorito di mazzetti di myosotis,<br />
e una gonna di lana morata. Non le mancava il ventaglio<br />
né l’ombrellino di seta color crema.<br />
Alla porta della capanna, dove arrivarono quando spuntava<br />
il sole, trovarono gli amici pronti. Non si poterono esimere<br />
d<strong>al</strong> prendere il caffè con lo schizzo di acquavite: ma appena<br />
pagato il doveroso tributo <strong>al</strong>l’ospit<strong>al</strong>ità, si rimisero in sella, e<br />
in compagnia della cresimanda e del padre, che cav<strong>al</strong>cavano<br />
una bella cav<strong>al</strong>la bigia, si diressero frettolosi verso la città.<br />
La mattina di quello scorcio di giugno non poteva essere<br />
più chiara in quell’<strong>al</strong>tipiano disseminato di rocce e di<br />
frascati, fragrante di timo, di mortelle e di lentischi, screziato<br />
di mille colori. L’anima dell’<strong>al</strong>tura si risvegliava appena,<br />
ma fin dai primi p<strong>al</strong>piti si sentiva tutta l’esultanza degli esseri<br />
che s<strong>al</strong>utavano il ritorno della vita con sempre antico e<br />
sempre nuovo coro di fremiti, di sussulti, di canti. Nelle<br />
pianure lontane, velate ancora di manto azzurrino, s’indovinava<br />
il mareggiamento delle messi, e sulle pendici a destra<br />
spiccavano tra i boschetti di castagni e gli scogli di granito<br />
due o tre villaggi di G<strong>al</strong>lura, dorati a gloria d<strong>al</strong> sole. Di<br />
fronte, sulla spianata, entro una cornice di verde, biancheggiava<br />
Tempio, dai tetti rossi lievemente ragnati di fumo.<br />
I cav<strong>al</strong>ieri s’avanzavano nel sentiero sassoso e sterrato,<br />
scendendo il dolce pendìo del versante di tramontana, e camminavano<br />
molto lentamente, un cav<strong>al</strong>lo dietro l’<strong>al</strong>tro, finché<br />
non raggiunsero la stradetta carreggiabile dei carbonari. Allora<br />
le bestie si misero l’una a fianco dell’<strong>al</strong>tra, e gli uomini potevano<br />
scambiar più comodamente chiacchiere e risate.<br />
Spiranza, sempre che la via glie lo permettesse, sorrideva<br />
di quando in quando a Violanteddha così minuscola e carina,<br />
avvinghiata col braccio destro <strong>al</strong> busto del babbo e seduta sulla<br />
groppa; scambiava anche qu<strong>al</strong>che parola col fratello e col futuro<br />
compare; faceva anche eco a qu<strong>al</strong>che sfogo d’<strong>al</strong>legria. Ma<br />
per lo più si lasciava trascinare d<strong>al</strong>l’imaginazione infocata in riflessioni<br />
che l’astraevano da tutto quel brillante apparato di<br />
giocondità e l’immergevano in un’onda nebulosa di mestizia.<br />
Aveva atteso quel giorno con ansia sempre più tormentosa,<br />
e quanto più questo s’era venuto avvicinando, tanto<br />
più in lei <strong>al</strong> desiderio s’era unita la paura.<br />
120<br />
Erano state settimane di lotta penosa in cui le speranze<br />
più liete si <strong>al</strong>ternavano a brevi interv<strong>al</strong>li con le disperazioni<br />
più cupe. Nei primi giorni aveva scorso da capo a fondo il<br />
libriccino di Silvio, prima che il servo riportasse il fagotto a<br />
Tempio: e, dopo aver preso qu<strong>al</strong>che appunto, l’aveva rimesso<br />
con cura <strong>al</strong> suo posto insieme con le lettere e gli <strong>al</strong>tri oggetti.<br />
In tutto quel tempo aveva rimuginato tutta quella faraggine<br />
di cose affastellate in quei fogli scarabocchiati in<br />
tutti i sensi e con diverse mani di scritto, secondo l’impulso,<br />
si vedeva, di varie passioni opposte, e secondo le circostanze.<br />
V’eran pagine di poesia entusiastica per le bellezze rudi<br />
della G<strong>al</strong>lura, scritte forse dopo le frequenti gite ai suoi villaggi<br />
e ai suoi numerosi stazzi sparpagliati sui greppi, sui<br />
v<strong>al</strong>loni, sulle radure; note simpatiche sugli usi patriarc<strong>al</strong>i e<br />
sulle feste pittoresche delle sue campagne; ricordi nost<strong>al</strong>gici<br />
di trattenimenti rusticani dinanzi <strong>al</strong>le mandre tutte un lamento.<br />
Sulla vita <strong>al</strong>legra della cittaduzza, poi, si seguivano fogli<br />
e fogli di scrittura fitta. Eran serate <strong>al</strong>legre trascorse con gli<br />
amici semplicemente a vagabondare per le adiacenze e spiare<br />
dietro le siepi dei viottoli e delle vigne i canti timidi delle<br />
ultime lavandaie e il fischiettare a paura dei monelli dispersi;<br />
ma più spesso a ingannare con la complicità soave del vigoroso<br />
vino isolano la monotonia delle ore tristi. Eran visite<br />
a famiglie onorate, in seno a cui si ricordava la casa lontana,<br />
la mamma, le amiche d’oltremare, senza trascurare <strong>al</strong>cun<br />
atto, pareva, <strong>al</strong>cuna mossa, <strong>al</strong>cun sorriso delle amiche presenti,<br />
speci<strong>al</strong>mente se belle.<br />
Di qua e di là eran nomi di donne, fregiati con segni<br />
bizzarri e per lei incomprensibili, tracciati, si vedeva, in<br />
momenti d’oblio e di sogno, forse ancora tra i fumi dell’orgia,<br />
incorniciati t<strong>al</strong>volta con disegni appariscenti, perché<br />
spiccassero su tutto e si attirassero lo sguardo <strong>al</strong>la prima occhiata.<br />
A volte, accanto <strong>al</strong> nome della donna, era scritto un<br />
nome di città: un numero d’anni; a volte seguiva una filza<br />
d’aggettivi sul colore dei capelli: un’<strong>al</strong>tra sul genere della bellezza,<br />
e sullo spirito dell’eroina. Eran giovinette di tutte le<br />
regioni d’It<strong>al</strong>ia, dai quindici ai trent’anni, bionde, brune, rosee,<br />
accese, p<strong>al</strong>lide, magre, fatticce, intelligenti, simpatiche,<br />
121
irresistibili, affascinanti!… Chi ricordava più tante sciocchezze<br />
nei loro particolari?<br />
Tutto quel contenuto caotico le aveva ribollito nella mente<br />
per giorni e giorni, e certi nomi le erano rimasti più impressi,<br />
e certi ritratti si erano fatti vivi nel suo pensiero come<br />
quelli di persone conosciute; e con essi aveva trattato, conversato,<br />
riso, pianto: più pianto, però, che non riso!<br />
Certo da quelle scritture c’era stato da spigolare ancora<br />
vari argomenti sulla leggerezza, o peggio, di Silvio. Esse rivelavano,<br />
è vero, il bon <strong>cuore</strong>, impressionabile e delicato per<br />
tutto ciò che sapeva di bellezza in qu<strong>al</strong>siasi campo; ma lo<br />
rappresentavano anche troppo votato ai… ricordi e <strong>al</strong>le amicizie<br />
anche passeggere e fugaci: avrebbero indotto chiunque<br />
nella tentazione di sospettare che un tipo così fatto non andasse<br />
immune d<strong>al</strong>le praticacce.<br />
Anche quel giorno rivolgeva nell’animo crucciato e scoraggiato<br />
tutto quel materi<strong>al</strong>e d’accusa, ch’era già stanca ormai<br />
di vagliare e rivagliare; anche dai borri, d<strong>al</strong>le macchie, di tra<br />
le rocce, d<strong>al</strong>le aie nere delle carbonaie sbrattate, le b<strong>al</strong>zavano<br />
innanzi di tratto in tratto quei fantasmi odiati e feroci, che la<br />
schernivano pur nell’ora dolce di quell’andata a una festa.<br />
Perciò era triste, e quanto più si avvicinava <strong>al</strong>la cittaduzza<br />
già tutta invasa d<strong>al</strong> sole, tanto più sentiva mancarle il<br />
coraggio che s’era riproposta di mostrare, per uscire una<br />
buona volta da quell’intrico penoso dell’incertezza.<br />
Dopo varie settimane fin<strong>al</strong>mente lo rivedrebbe. Egli non<br />
sapeva di questa sua visita a Tempio: ma lo vedrebbe! Possibile<br />
che in un giorno così solenne egli non andasse in chiesa?<br />
Ci sarebbe tutta Tempio quel giorno, in chiesa: anch’egli certo<br />
verrebbe! E come resterebbe <strong>al</strong> primo scorgerla? Ella farebbe<br />
finta di non guardarlo: perché nel luogo santo gli uomini<br />
non si dovevano guardare. E <strong>al</strong>lora egli, era certa, cercherebbe<br />
di farsi notare con tutte le arti che la m<strong>al</strong>izietta suggerisce<br />
in simili occasioni.<br />
Come le batterebbe il <strong>cuore</strong>, come avvamperebbe in viso!<br />
Che se poi egli non venisse in chiesa, andrebbe ella a<br />
trovarlo a casa sua: sicuro, a casa sua, in quartiere, accompagnata<br />
d<strong>al</strong>le amiche cittadine… E che cosa gli direbbe?<br />
Poche parole solamente: non si perderebbe in chiacchiere!<br />
122<br />
Pronunzierebbe solo pochi nomi e lo guarderebbe fisso negli<br />
occhi! Il contegno di lui in quel momento deciderebbe<br />
dell’assoluzione o della condanna. La cosa era molto semplice,<br />
ed essendo così semplice, anche facile.<br />
Però sùbito un monte di difficoltà si presentavano per<br />
farle riflettere che la cosa non era poi così agevole come ella<br />
credeva. «E se egli non fosse in Tempio? – Oh! possibile? in<br />
un giorno così solenne? –. E se egli non si ricordasse più di<br />
lei? Aveva scritto, è vero, una lettera <strong>al</strong> babbo per mezzo del<br />
servo andato a rendergli il fagotto, per ringraziar la famiglia<br />
delle cure che gli aveva prodigato e per s<strong>al</strong>utarli tutti e tutte,<br />
tanto tanto, e per protestarsi eternamente grato: ma chi<br />
si fidava più di lettere? di sue lettere? Ricordava minuziosamente<br />
tutto, è vero: perché scriveva tutto; ma non era quel<br />
ricordo che le sarebbe piaciuto, a lei, sibbene un <strong>al</strong>tro ricordo.<br />
Certo, anche il suo povero nome verrebbe forse scritto,<br />
se già non era, su quei fogliacci, con relativi connotati <strong>al</strong>la<br />
militare, con segni, cornici e fregi adatti. Ma se i nomi li<br />
scriveva sulla carta, voleva dire che forse aveva difficoltà di<br />
scriverseli nel <strong>cuore</strong>. E questo avrebbe ella voluto, invece!<br />
Oh quanto avrebbe desiderato che tutte quelle imagini femminili,<br />
se pur ci eran state, si cancellassero d<strong>al</strong>l’anima di lui<br />
e vi s’imprimesse unicamente la sua! non bella certo e seducente<br />
come tante <strong>al</strong>tre, ma raggiante d’amore!».<br />
Sospirava per dar sfogo <strong>al</strong> desiderio e dava uno sguardo<br />
quasi pauroso <strong>al</strong>la città ognor più vicina. E continuava l’intimo<br />
soliloquio.<br />
«E se si fosse accorto ch’ella aveva letto tutto? Non si lascerebbe<br />
trovar di certo! – Oh, di questo non aveva paura,<br />
perché aveva ben rimesso tutto a posto, con scrupolosa attenzione,<br />
e rifatto l’involto e affibbiate le cigne proprio com’erano<br />
innanzi… –. E se qu<strong>al</strong>cuno gli avesse riferito della visita<br />
di ziu Niccòla Ruoni? – Ebbene? Che importanza aveva<br />
quella visita? Quante <strong>al</strong>tre volte colui era venuto <strong>al</strong>la fattoria?<br />
E che importava anche se quello scempiato del figlio aveva<br />
fatto già la sentinella <strong>al</strong>la porta della casa e <strong>al</strong>le c<strong>al</strong>laie delle<br />
mandre per rendersi ogni giorno più antipatico a lei, per rivelare<br />
ogni giorno più la sua natura di zoticone e la sua povertà<br />
di spirito? Silvio era intelligente e capiva benissimo che<br />
123
un giovane come quello non era fatto per entrare sposo in<br />
casa di Pasc<strong>al</strong>i Luna! –. Eh eh eh! andasse adagio, lasciasse un<br />
po’ la superbia… Chi poteva assicurarle poi che Silvio avesse<br />
quell’<strong>al</strong>to concetto della sua famiglia, e di lei? Si potrebbe egli<br />
scordare ch’ella, si rigirasse come voleva, era sempre figlia di<br />
pastori? E perciò a Tempio, ove frequentava tante case di signori,<br />
si curerebbe egli di lei, povera montanara?…».<br />
E si vedeva trascurata, posposta, offesa, oltre che nell’amore,<br />
anche nella vanità: che era un affanno non lieve; giacché<br />
anch’ella era donna!<br />
Così quella via lunga che si snodava tortuosamente nella<br />
solitudine tra le boscaglie, le frasche e i precipizi, fu in<br />
gran parte ingannata da questo vario fantasticare.<br />
Solamente dopo che giunsero <strong>al</strong>lo stradone i cav<strong>al</strong>catori<br />
cominciarono a imbattersi di quando in quando in <strong>al</strong>tre coppie<br />
o gruppi di pastori o di paesani vestiti a festa (gli uomini<br />
con l’immancabile fucile; le donne col ventaglio e con la candela<br />
di cera custodita entro una canna): i qu<strong>al</strong>i accompagnavano<br />
anch’essi <strong>al</strong>la città bambini o bambine da cresimare.<br />
I piccoli si s<strong>al</strong>utavano con un sorriso, dopo essersi scambievolmente<br />
esaminati con gli sguardi d<strong>al</strong>la testa ai piedi per<br />
osservare i vestiti: i grandi con c<strong>al</strong>orose strette di mano, con<br />
esclamazioni affettuose e lieti clamori.<br />
Allora anche per lei il viaggio cominciò a essere più divagato<br />
e quasi dilettevole.<br />
Per via, tutti si è amici in G<strong>al</strong>lura: anche ci si veda per la<br />
prima volta. Perciò i gruppetti formarono <strong>al</strong>la fine una bella<br />
compagnia, che sembrava una cav<strong>al</strong>cata: e tutti chiacchieravano,<br />
chiamando, rispondendo, ridendo. I cav<strong>al</strong>li erano stimolati<br />
d<strong>al</strong> lieto vocìo, d<strong>al</strong> trepestìo dei propri passi, d<strong>al</strong> tintinnio<br />
dei bubboli e dei finimenti, e gareggiavano sbuffando,<br />
<strong>al</strong>lungando ad ora ad ora il collo per annusarsi. Sulla via dai<br />
cigli erbosi, sulle campagne rigogliose di vegetazione selvaggia,<br />
era una gloria di luce.<br />
Spiranza non aveva potuto neppur essa resistere a quell’incanto,<br />
e s’era anch’essa lasciata trascinar d<strong>al</strong>la gioia comune.<br />
Chiedeva e dava notizie, riceveva e ricambiava confidenze,<br />
s<strong>al</strong>uti, strette di mano: faceva buon viso a tutti. La<br />
sua famiglia era largamente conosciuta in tutta la contrada,<br />
124<br />
ed essa era fatta segno a riguardi speci<strong>al</strong>i che la facevano invanire.<br />
Quando però si fu arrivati a pochi passi d<strong>al</strong>la città, e si<br />
vedevan già le prime case e le prime persone, il <strong>cuore</strong> le riprese<br />
a martellare. «Poteva darsi che egli la stesse ad attendere<br />
là <strong>al</strong>l’entrata, avvisato, chi sapeva? d<strong>al</strong> presentimento;<br />
o quanto meno ch’egli si trovasse a passare per caso in una<br />
di quelle vie, e la vedesse, così, in mezzo a tutta quella gente<br />
<strong>al</strong>l’improvviso. Nostra Signora bella! che combinazione<br />
fortunata sarebbe! Oppure ch’egli sapesse sùbito della sua<br />
venuta e corresse tosto a vederla, a parlarle, a…».<br />
Entrò nell’abitato, passò per le strade animate da un<br />
movimento insolito, guardò di qua e di là con la vista un<br />
po’ velata d<strong>al</strong>l’ansia; ma per fortuna (anche questa era una<br />
fortuna!) né per le vie né sulla piazza né <strong>al</strong>la trattoria egli si<br />
trovava a s<strong>al</strong>utarla. In principio ne fu contenta: ma a poco<br />
a poco incominciò una lieve punta di tristezza a penetrarle<br />
nel seno: s’era quasi messo in testa che egli non poteva, non<br />
doveva ignorare la sua venuta, e poteva, quindi doveva trovarsi<br />
presente <strong>al</strong> suo arrivo; non s’era trovato: voleva dire<br />
che… voleva dire… E chi sa qu<strong>al</strong>i conseguenze traeva il<br />
suo spirito conturbato da questa assenza incolpabile!<br />
Si recò tosto in chiesa con la futura figlioccia (gli uomini<br />
s’aggiustarono per conto loro) e la trovò già ben affollata<br />
di gente, che cominciava già a tumultuare, nella confusione<br />
immancabile che molti facevan nascere per far trovar posto,<br />
sui banchi messi a ferro di cav<strong>al</strong>lo, ai cresimandi che accompagnavano.<br />
Quel rombo che risonava nel chiuso come ronzio<br />
d’<strong>al</strong>veari sciamanti, le penetrò cupamente nell’anima e le<br />
produsse un’impressione sgradevole. Non di meno lottò con<br />
le braccia per aprire un po’ di via <strong>al</strong>la sua piccina, la qu<strong>al</strong>e<br />
s’avanzava molto faticosamente piagnucolando e tenendo<br />
<strong>al</strong>ta la candela; e dopo qu<strong>al</strong>che tempo fin<strong>al</strong>mente poté trovarle<br />
un piccolo vuoto tra quella siepe fiorita di minuscole<br />
donnine vestite a festa, impazienti come cing<strong>al</strong>legre. Le si<br />
mise dietro e attese.<br />
Di fronte, nella fila destra dei banchi, eran disposti i<br />
bimbi, vispetti anch’essi e irrequieti; e <strong>al</strong>le loro sp<strong>al</strong>le stavano<br />
i padrini.<br />
125
La giovane diede una timida occhiata intorno, ma tosto<br />
ritrasse gli occhi su Violanteddha, quasi spaurita. Quella<br />
moltitudine d’uomini, che guardavano qua e là con aria<br />
profana, e chiacchieravano tra loro senza necessità, la turbava.<br />
Quel brusìo di bisbigli, quello struscinio di robe e di ventagli,<br />
quel formicolio molesto, in un luogo in cui ella s’era atteso<br />
un raccoglimento religioso, le fece pena. Si diede a<br />
ravviare ricciolini sbandati della ragazzina, mormorandole a<br />
voce sommessa qu<strong>al</strong>che carezza. Poi diede un’occhiata <strong>al</strong>le<br />
vicine. A destra aveva una gran signora vestita sfarzosamente<br />
di nero, che accompagnava un amorino di figlioccia posata,<br />
una minuscola donnina per bene; a sinistra, una giovane del<br />
popolo, timida anch’essa, che penava tanto per far stare a<br />
dovere il suo diavoletto di bimba impertinente. Guardò la<br />
prima con un senso di deferenza rispettosa; sorrise <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tra<br />
con semplice affetto.<br />
Da buona cristiana levò, come sapeva, il suo animo a<br />
Dio e <strong>al</strong>le cose sante, e nella preghiera trovò momenti di<br />
dolce serenità.<br />
Ma a poco a poco la tentazione s’insinuò nel suo animo<br />
sotto l’aspetto di stanchezza, e il suo pensiero cominciò a divagare.<br />
Già: una grande distrazione glie la procuravano quei<br />
benedetti uomini di faccia, i qu<strong>al</strong>i non stavano mai fermi,<br />
né silenziosi, e si voltavano senza riguardi, e fissavano sfacciatamente<br />
le donne, e ciarlavano t<strong>al</strong>ora anche a voce <strong>al</strong>ta, e<br />
non frenavano gli sprizzi di riso. «Che fossero benedetti!<br />
quella era dunque la maniera di star in chiesa?». Avventurava<br />
fino a loro il suo sguardo peritoso quasi per cercare i più<br />
discoli: ma tosto si vedeva obbligata a ritirarlo da tante occhiate<br />
curiose, da tanti gesti, e dondolamenti di capo. Arrossiva,<br />
e cercava d’immergere tutta la sua anima negli occhioni<br />
puri della sua bambina.<br />
Fin<strong>al</strong>mente il vescovo entrò nel presbitèro, accompagnato<br />
dai canonici e da un gran numero di preti: accolto da<br />
un inasprimento più vivo del tumulto. Fu vestito degli abiti<br />
scintillanti, e tosto la cerimonia cominciò.<br />
Spiranza, a un tratto, si risentì nel <strong>cuore</strong> quella certa<br />
puntura fastidiosa: le era b<strong>al</strong>enata nel pensiero la domanda:<br />
«perché non era venuto?». Si segnò, per vincere la prova<br />
126<br />
diabolica, e si rivolse vivamente verso il soglio di damasco<br />
rosso, davanti <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e il pastore pregava in piedi stendendo<br />
ambe le braccia verso la folla, quasi per proteggere le teste<br />
di tanti piccoli innocenti. Le parve d’aver vinto, perché tosto<br />
poté osservare con tutta c<strong>al</strong>ma e con molta commozione<br />
la grave solennità dei santi riti, e la maestosa discesa del<br />
vescovo e del suo corteggio per la breve gradinata di marmo,<br />
per cominciar dai bambini l’amministrazione del sacramento.<br />
Si sentiva intenerita; quasi disposta <strong>al</strong> pianto.<br />
Ma dopo qu<strong>al</strong>che istante l’insinuazione tentatrice si ripeteva,<br />
senza che ella potesse darsi conto del come fosse venuta.<br />
«Sarebbe anch’egli nella folla? in mezzo a quegli uomini che<br />
si levavano sulle punte dei piedi? Comparirebbe tra quelle teste<br />
anche la testa di lui da un momento <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro? O cielo! che<br />
le pareva già di sentirseli infissi nell’anima quegli sguardi, là<br />
nel luogo santo! Madonna benedetta! la liberasse d<strong>al</strong> pericolo<br />
della profanazione!».<br />
Però non poteva far a meno di guardare: doveva apprendere<br />
dagli <strong>al</strong>tri che cosa si dovesse fare dai padrini: se no, si<br />
troverebbe confusa. E guardava attraverso quelle teste bianche<br />
di sacerdoti, tra quelle mozzette rosse di canonici, tra<br />
quei batoli neri di beneficiati e di parroci, come gli uomini<br />
posassero la mano sulla testa o sulla sp<strong>al</strong>la del bimbo mentre<br />
il vescovo lo confermava; e appena il sacramento era stato<br />
amministrato come baciassero sulle guance il figlioccio.<br />
Piccoli sagrestani vestiti di rosso andavano e venivano<br />
per lo spazio libero occupati a ritirar le candele d<strong>al</strong>le mani<br />
dei piccini, (<strong>al</strong>cuni dei qu<strong>al</strong>i le rendevano molto di m<strong>al</strong>a<br />
voglia) e a portarle via a bracciate verso la sagrestia, sorvegliati<br />
a occhi aperti e stimolati con gesti bruschi da un sacrista<br />
anziano infagottato in una zimarra nera.<br />
Quanto più monsignore si avvicinava, tanto più Spiranza<br />
arrossiva, trab<strong>al</strong>lava per la tremarella. Santo cielo,<br />
perché tanta paura? Forse che l’avrebbe inghiottita viva?<br />
Forse che le avrebbe letto nel <strong>cuore</strong>? Non vedeva che esso<br />
non guardava se non i bambini? E pronunziava con c<strong>al</strong>ma<br />
le parole sante, dava il lieve schiaffo e andava oltre? La<br />
sciocca!… No, andava oltre, sempre oltre… e s’avvicinava<br />
sempre più… Eccolo <strong>al</strong>la curva dei banchi… cresimava già<br />
127
le prime bimbe… Di lì a qu<strong>al</strong>che minuto sarebbe da lei…<br />
Come farebbe a star ritta?<br />
Tutto le danzava intorno. Vagava con lo sguardo senza<br />
vedere più che un groviglio di braccia e di teste.<br />
Pure, quando udì il nome di Violanteddha pronunziato<br />
in latino d<strong>al</strong>l’assistente del vescovo, con uno sforzo di volontà<br />
richiamò tutto il suo spirito. Ebbe l’ardire di guardare il<br />
gran sacerdote del Signore così imponente nella ricchezza dei<br />
paramenti, così paterno nella dolcezza degli occhi, nell’atteggiamento<br />
di tutto il viso… Per un attimo vide riflessa la propria<br />
figura mostruosamente <strong>al</strong>lungata sul manico lucente del<br />
pastor<strong>al</strong>e, e volendo sfuggire <strong>al</strong>la vista grottesca che la stimolava<br />
<strong>al</strong> riso in un momento tanto solenne cacciò gli occhi in<br />
avanti di là d<strong>al</strong>la mitra, verso la siepe bruna dei padrini.<br />
Parve fulminata e gettò un piccolo grido che non poté<br />
soffocare. Le parve che anche il vescovo si fosse accorto del<br />
suo turbamento, perché l’aveva guardata per un istante con<br />
una certa occhiata ansiosa per chiederle se si sentisse m<strong>al</strong>e;<br />
e si sentì m<strong>al</strong>e veramente, come se gli occhi di tutti le penetrassero<br />
nella persona con punture di str<strong>al</strong>i d’acciaio. Tra<br />
quelle teste sventate le era sembrato di vedere un viso conosciuto…<br />
d’una bianchezza femminile, dai lineamenti composti<br />
a perfezione da mani angeliche, quel viso…<br />
Egli non l’aveva ancora vista. Sopraggiungeva appunto<br />
in quel momento, e s’era affacciato tra capo e capo <strong>al</strong>zandosi<br />
sulle punte dei piedi, volgendo avidamente gli occhi<br />
intorno.<br />
Spiranza baciò la figlioccia sulle due guance, tentò quasi<br />
di darsi tutta a quella piccola con quell’atto affettuoso.<br />
Ma una forza superiore la trasse a riguardare, e lo scorse intento<br />
a cercare ansiosamente tra la folla non sapeva chi. Poi<br />
vide che gli occhi di lui si fissavano in un certo punto della<br />
sua fila, e poco dopo la sua bocca sorrideva.<br />
Come le fece m<strong>al</strong>e quel sorriso! Involontariamente volse<br />
la testa verso dove credeva che si trovasse la conoscente<br />
preferita, e riconobbe una signorina vestita elegantemente<br />
con un largo cappello tutto trionfi, un’antica compagna di<br />
scuola, che da tempo non rivedeva. S’avvide che ella gli ricambiava<br />
il s<strong>al</strong>uto con viso raggiante.<br />
128<br />
«La sfacciata!» mormorò entro se stessa, comprimendosi<br />
il petto per appagarvi il <strong>cuore</strong> che le volava via. «Far la civetta<br />
<strong>al</strong>la presenza di Dio! E lui… È una vergogna!».<br />
Non poteva far a meno di fissarlo ancora e lo rivedeva<br />
incostante, dispensare occhiate e prodigar sorrisi verso la<br />
turba femminile, con una volubilità da farf<strong>al</strong>la. Le faceva<br />
m<strong>al</strong>e: le sospendeva la vita!<br />
Fin<strong>al</strong>mente le parve che lo sguardo di lui si fosse incontrato<br />
un attimo col suo, e mentre ella ne aveva sussultato,<br />
egli aveva continuato l’esame delle varie bellezze esposte…<br />
«Non la riconosceva più! non la ricordava più! non l’aveva<br />
più nel <strong>cuore</strong>!…». In un minuto le si presentarono <strong>al</strong>la fantasia<br />
risc<strong>al</strong>data tutti i vecchi fantasmi, le brillarono nella<br />
memoria a caratteri di fuoco e sangue tutti quei nomi ignoti<br />
delle pagine sciagurate. Si credette confinata nel fondo<br />
d’una grotta tenebrosa, sola e senza s<strong>al</strong>vezza.<br />
Violanteddha, con una leggera stretta <strong>al</strong> braccio, l’invitò<br />
amabilmente a osservare non so qu<strong>al</strong>e scena, ed ella si<br />
sentì ancora attratta verso quel viso bianco sorridente, da<br />
fascino invincibile. Stavolta egli la guardava con gli occhi<br />
sgranati e con la bocca aperta, in aria di sommo stupore: su<br />
quella fronte passarono e ripassarono tosto veli d’ombre,<br />
turbandone la chiarezza, spargendovi certe nubi forse di<br />
mestizia, forse di dolore. Ma tosto gli occhi sfolgorarono, e<br />
tutto il viso ne fu illuminato: le labbra sorrisero…<br />
Ella non poté contenere la sua gioia, dovette rinunziare a<br />
guardarlo. Umiliò la sua testa e fissò le lastre del pavimento.<br />
Quando ri<strong>al</strong>zò il capo, egli non era più <strong>al</strong> suo posto. Ripiombò<br />
nel buio: lo cercò come naufrago la stella; e per tutto<br />
il tempo che non lo vide le sembrò un’<strong>al</strong>tra volta di non vivere.<br />
Dopo vari minuti se lo vide sbracciare a pochi passi,<br />
annaspando in mezzo <strong>al</strong>la folla per aprirsi un varco fino a<br />
lei. Aveva fatto il giro della chiesa lavorando di gomitate.<br />
Allora ella visse troppo, con sovrabbondanza di sensibilità,<br />
di paura, d’affanno. «Era ammattito? Che direbbe la gente<br />
vedendolo così ostinato per presentarsi str<strong>al</strong>unato ad una<br />
donna, in chiesa? Che direbbero di lei? O Maria Vergine!».<br />
Egli era già vicino, tutto acc<strong>al</strong>dato, rosso in viso, con gli<br />
occhi lucenti, con le labbra aperte, come vincitore ansioso<br />
129
che tende la mano <strong>al</strong> p<strong>al</strong>io; ed ella fu tutta accesa del suo<br />
pudore per un attimo. Ma tosto s’agghiacciò improvvisamente,<br />
dopo averlo guardato con severità come un’estranea<br />
qu<strong>al</strong>unque e parve petrificata.<br />
Il giovane sentì cascarsi le braccia, e s’arrestò dove si trovava,<br />
tra morse umane, rimpicciolito e <strong>al</strong>locchito. A lei lo sforzo<br />
produsse come un’atonia e uno stupore oblioso che non le<br />
permise di veder più nulla, d’udir più nulla distintamente, e<br />
la lasciò lì, inchiodata <strong>al</strong> suo posto, a mover la testa e le braccia<br />
macchin<strong>al</strong>mente, ad aprir le labbra per pronunziar sommessamente<br />
delle frasi senza senso come una dissennata.<br />
I canti del vescovo, che ultimava la cerimonia e ridistendeva<br />
le mani verso le teste segnate già della croce di consacrazione,<br />
la riscossero un poco, e lo scompiglio della moltitudine<br />
che si avviava rumorosamente verso le uscite della<br />
cattedr<strong>al</strong>e, finì di chiamarla in sé completamente. Prese per<br />
mano la bimba e si lasciò trascinare d<strong>al</strong>le ondate umane.<br />
Egli era ancora lì che si dibatteva per conservare il suo<br />
posto, per rimaner quanto più poteva vicino a lei. La guardava<br />
con occhiate supplichevoli e sul suo volto s’era ridisteso<br />
il velo della m<strong>al</strong>inconia. Si vedeva che l’anima sua soffriva.<br />
La giovane n’ebbe pietà, e gli rivolse un sorriso. Ma tosto<br />
sentì un contatto della manina pura che ella stringeva, e fu<br />
tutta scossa da un fremito. Gli passò vicino senza guardarlo,<br />
e <strong>al</strong> mormorio di lui, che sembrava gemito di anima in pena,<br />
come se parlasse a Violanteddha, che le chiedeva non sapeva<br />
che, – Non qui – rispose. – Siamo in chiesa, cara!<br />
Fuori, egli la prese d’ass<strong>al</strong>to: le volle infrangere la mano,<br />
e assorbir lo spirito con lo sguardo acceso: la volle amabilmente<br />
rimproverare, stordir con le parole dolci, avvolgerla<br />
tutta d’incanto.<br />
Nessuno dei due aveva pensato di ricomporsi gli abiti<br />
che avevan tanto sofferto in quel serra serra. Ma, passato<br />
appena qu<strong>al</strong>che minuto, l’istintivo senso di decenza e anche<br />
di vanità li prese entrambi e rimediarono a tutto.<br />
Silvio vestiva la divisa delle feste, dai bottoni smaglianti,<br />
e compariva ancor più bello, ora che s’era rimesso in s<strong>al</strong>ute<br />
completamente e della cicatrice <strong>al</strong>la fronte non rimaneva<br />
più che un piccolo segno che non ne interrompeva<br />
130<br />
l’ampiezza né la luminosità. Gli occhi, se era possibile, erano<br />
diventati più azzurri, avevan riflessi più profondi.<br />
– Sì! ma non prevenirmi neppure! – ripeteva egli per la<br />
decima volta. – Non mandarmi a dire neppure con un servo!<br />
con chiunque! Non te lo… glie lo perdonerò mai, signorina!<br />
– Che importanza c’era? – rispondeva essa, che pur<br />
avrebbe voluto eseguir tosto il suo piano, ma non ne aveva<br />
la forza. – Perché disturbarla per così poco? Ella avrà avuto<br />
da fare: infatti è venuto…<br />
– Ma tutto avrei lasciato in asso, se l’avessi saputo! Che<br />
m’importava di tutto l’<strong>al</strong>tro?<br />
La gente passava e si voltava a guardarli. La ragazza aveva<br />
paura di restar così sola a conversar con un uomo sulla pubblica<br />
piazza: speci<strong>al</strong>mente con uno straniero, che doveva esser<br />
conosciuto, e forse ben conosciuto. Perciò era sulle spine:<br />
tanto più che le sembrava di leggere la maraviglia dipinta sul<br />
viso dei passanti. D’<strong>al</strong>tronde a poco a poco la consumava la<br />
smania di condurre a fine quanto s’era proposto, inc<strong>al</strong>zata<br />
d<strong>al</strong>la solita beffa dei fantasmi, d<strong>al</strong> solito sfolgorìo dei nomi in<br />
fiamma. Ma lo guardava in volto, e, vedendolo così bello,<br />
così innamorato, così sincero, pareva che ogni sospetto le si<br />
dissipasse nell’animo, e ogni coraggio l’abbandonava.<br />
– Quante volte ho pensato <strong>al</strong>la tua… <strong>al</strong>la sua fattoria, signorina!<br />
Al suo babbo, <strong>al</strong>la mamma, <strong>al</strong>la sorella, a t… a lei!<br />
Quante ore tristi, quante m<strong>al</strong>inconie, quanti sogni! Non lo<br />
può credere, signorina Speranza! –. E continuava a raccontar<br />
la sua vita di quelle settimane: tutte le sue pene, e i suoi disegni,<br />
i suoi propositi, acc<strong>al</strong>orandosi, non curandosi più dei<br />
curiosi che si fermavano, ora, ad ascoltare, non riflettendo<br />
che quell’anima pura udiva e apriva gli occhioni pensosi.<br />
Spiranza l’ascoltava estatica, facendo di quando in quando<br />
qu<strong>al</strong>che passo, fermandosi tosto come incatenata <strong>al</strong> suolo.<br />
E le pareva di tanto in tanto che egli le dicesse parole già<br />
udite <strong>al</strong>tra volta, non sapeva da chi, né dove, né quando. Poi<br />
a poco a poco le risovvenne d’averle appunto lette come frasi<br />
fatte in molte pagine di quel deplorevole scritto; e a mano<br />
a mano ch’egli parlava, il suo bisogno imperioso la stimolava,<br />
la pungeva con spilli, le solcava il <strong>cuore</strong> con punte bene<br />
aguzze.<br />
131
– Di notte, di giorno, desto, addormentato, per terra, in<br />
aria, il mio pensiero era con… con… te! –. Si curvava con<br />
la scusa di carezzar la bambina, ed abbassava la voce. – Con<br />
te, Speranza. Tu lo sai. I nostri destini sono ormai inseparabili.<br />
Noi dobbiamo vivere uniti. Io non ho mai pensato a<br />
nessuno come penso a te. Neanche a mia sorella, neanche<br />
<strong>al</strong>la mamma, neanche…<br />
Un fiotto di sangue s<strong>al</strong>ì <strong>al</strong> capo di Spiranza, ed ella trab<strong>al</strong>lò<br />
come se il terreno le mancasse. In un attimo la forza<br />
diabolica insperatamente le venne. Diventando quasi brutta,<br />
completò la frase: – …neanche a Silvania, neanche ad Adriana,<br />
a… a… – e aggiunse con rotolio di parole una lunga filza<br />
di nomi. E con occhi ben aperti, osservò e attese.<br />
Silvio restò par<strong>al</strong>izzato. Il viso gli si stravolse, imp<strong>al</strong>lidì<br />
come quello di un cadavere: gli occhi si sbarrarono, sulle<br />
labbra ogni soffio si spense. Parve di pietra.<br />
La giovane assaporò per un attimo tutta la barbara gioia<br />
della vittoria; ma tosto si accorse che la folgore non l’aveva risparmiata:<br />
sentì che qu<strong>al</strong>che cosa le si era scissa violentemente<br />
e le viscere le sanguinavano. Sulla faccia aveva dipinto lo<br />
strazio.<br />
La bimba stupita guardava ora l’uno ora l’<strong>al</strong>tra, intontita.<br />
Egli ebbe un soffio di vita per il primo, e con voce di<br />
tomba chiese: – E tu puoi credere…? –. Gli occhi infossati<br />
e le guance incavate davan a quel volto sì bello il solco della<br />
vecchiezza. Pareva un redivivo.<br />
Spiranza fece un cenno d’affermazione col capo, e con<br />
un <strong>al</strong>ito quasi impercettibile confermò: – Ci credo!<br />
Il sergente abbassò la testa e curvò la schiena come se<br />
un cumulo di rovine gli fosse piombato sopra.<br />
Sulle labbra convulse lottò la parola: ma un gorgòglio<br />
informe gli uscì d<strong>al</strong>la strozza. Le lacrime gli si affacciarono<br />
agli occhi febbricitanti.<br />
Ella vide spuntare d<strong>al</strong>la via di fronte il compare e il fratello,<br />
che s’avvicinavano frettolosi senza vederli. Come morsicata<br />
d<strong>al</strong>la vipera fece un b<strong>al</strong>zo in avanti, trascinò seco Violanteddha,<br />
e lo lasciò lì sulla piazza a bruciare nel rogo.<br />
132<br />
Come fu triste il ritorno da quella festa!<br />
Spiranza non seppe mai dire come avesse passato il resto<br />
della giornata. Ricordava soltanto come un p<strong>al</strong>lido sogno<br />
d’aver vagato inconsciamente di via in via per la città<br />
tutta viva, di casa in casa per rendere la doverosa visita <strong>al</strong>le<br />
amiche e ai conoscenti; ricordava anche che molti le avevan<br />
chiesto se fosse amm<strong>al</strong>ata.<br />
Una scena le era rimasta ben impressa nella mente, perché<br />
le aveva restituito parte della sua forza rabbiosa.<br />
Le due cav<strong>al</strong>cature, la sua e quella del compare, uscivano<br />
d<strong>al</strong>l’abitato e s’incamminavano a passo lento per lo stradone,<br />
tra le ombre rade dei castagni. M<strong>al</strong>cu, che forse aveva<br />
bevuto qu<strong>al</strong>che bicchiere più del bisogno, parlava a voce <strong>al</strong>ta,<br />
e dava spesso delle stratte <strong>al</strong>la briglia per far imbizzarrire<br />
il cav<strong>al</strong>lo: «che diamine! pare si torni da un funer<strong>al</strong>e! Brio,<br />
mio baio!». B<strong>al</strong>tòlu Muscia l’ascoltava con aria melensa,<br />
aprendo le labbra ad un sorriso sci<strong>al</strong>bo. A un tratto il fratello<br />
si era messo a gridare: – Ehi, soldato! Fa il piacere di lasciar<br />
la strada libera! Le bestie si spaventano.<br />
La giovane aveva sentito un tuffo nel <strong>cuore</strong>, e s’era sporta<br />
per guardare in avanti. Aveva scorto Silvio, piantato in<br />
mezzo <strong>al</strong>la via, sotto il sole cocente, come un accattone che<br />
apposti, solo con la sua pena, la generosità dei passanti. –<br />
Taci! – aveva mormorato <strong>al</strong> fratello. – Non vedi? È il nostro<br />
amico!<br />
– Oh! – aveva esclamato M<strong>al</strong>cu, spronando l’anim<strong>al</strong>e.<br />
– M’ammazzino se l’avevo conosciuto. Signor Silvio, signor<br />
Silvio, mi deve perdonare… Ma come va che non<br />
l’abbiamo visto per nulla in tutto il giorno? E sì che Tempio<br />
l’abbiamo attraversato bene per lungo e per largo!<br />
Mentre il fratello sproloquiava, ella s’era chiesta: «Che<br />
cosa è venuto a fare qui, ora? Ha dato forse appuntamento a<br />
qu<strong>al</strong>cuna delle sue…? Possibile ch’egli venga a s<strong>al</strong>utar noi <strong>al</strong>tri?».<br />
E appena aveva udito la risposta ch’egli aveva dato: –<br />
Mi trovavo molto sofferente, caro Marco, e dopo mezzogiorno<br />
non sono più uscito. State tutti bene? E lei, signorina?<br />
Dopo aver stretto la mano <strong>al</strong> fratello, si era avvicinato<br />
per stringerla anche a lei, ed ella l’aveva guardato in faccia<br />
<strong>al</strong>la sfuggita, gli aveva porto freddamente la mano sinistra.<br />
133
Com’era p<strong>al</strong>lido! come tremava! Gli occhi erano accesi, la<br />
bocca contratta da un tremito intermittente. Su tutto il viso<br />
era impresso lo stimma della tristezza.<br />
M<strong>al</strong>cu aveva cavato fuori d<strong>al</strong>la sacca della bisaccia una<br />
zucca piena di vino, e glie ne aveva offerto con insistenza fino<br />
<strong>al</strong>la molestia: – Beva! no, beva! Ma deve bere, diavolo! È moscato<br />
buono! –. Ma egli aveva rifiutato, sforzandosi di sorridere<br />
(come somigliava a una smorfia di pianto quel sorriso!) e<br />
respingendo dolcemente con la mano il recipiente istoriato. –<br />
Grazie, non posso bere!<br />
Allora M<strong>al</strong>cu s’era quasi offeso, l’aveva umiliato non sapeva<br />
più con qu<strong>al</strong>i parole o con qu<strong>al</strong>i atti, ed egli, per accontentarlo,<br />
s’era accostata la zucca <strong>al</strong>le labbra per trangugiar<br />
una gorgata di quel veleno.<br />
Ella s’era voluta saziare di quel supplizio, e mentre il<br />
fratello scrosciava in risate di contentezza, e usciva in gridi<br />
intempestivi, anch’ella fingeva di far eco <strong>al</strong> suo riso, di far<br />
coro <strong>al</strong> suo clamore.<br />
Però s’era accorta ch’egli mancava per lo strazio e la guardava<br />
implorando; e aveva taciuto suggellando la bocca, perché<br />
d<strong>al</strong> <strong>cuore</strong> scisso non le sfuggisse un urlo di spasimo. Poi,<br />
quando già il cav<strong>al</strong>lo s’era mosso, s’era trovata tra mani una<br />
busta che vi era scivolata non sapeva come, e s’era visto dinanzi<br />
lui, smorto come una statua di cera. Di primo impulso<br />
era stata tentata di sbacchiargli tutto in volto, di sputargli in<br />
faccia, di percuoterlo sul capo con l’ombrello, di gridare, per<br />
insultarlo. Ma ogni forza le era venuta meno, e s’era contentata<br />
d’incenerirlo con uno sguardo di disdegno e di sprezzo, e<br />
d’app<strong>al</strong>lare la lettera come frusto di carta da buttare tra la<br />
spazzatura… Quando era stata lontana aveva riguardato indietro<br />
e l’aveva riveduto sempre là, immobile, solo, come un<br />
viandante sfinito che avesse smarrito la via.<br />
Ora, ella si trovava già sul monte, e l’aria fina le aveva<br />
rinfrescato le tempie, e smorzato un po’ di quell’ardore<br />
infocato che le avvampava in seno e le portava <strong>al</strong>la mente<br />
fumi e nebbie di tedio, quasi vapori di demenza. La vista<br />
dei luoghi conosciuti, della via mulattiera, dei burroni, delle<br />
fratte, del torrente, le dava un po’ di c<strong>al</strong>ma, la confortava<br />
<strong>al</strong>quanto.<br />
134<br />
Pensava <strong>al</strong>la mamma, <strong>al</strong>la buona sorella. Se avesse avuto il<br />
coraggio d’aprir loro tutto l’animo suo, di dir loro tutto il suo<br />
m<strong>al</strong>e, di p<strong>al</strong>esar loro l’orribile segreto! Ma come poteva? Mena<br />
non l’avrebbe compresa; la mamma non s’era accorta di nulla:<br />
credeva il <strong>cuore</strong> di lei inviolato e puro come neve caduta la<br />
notte, e mirava con occhi materni lacrimanti d’illusione e di<br />
speranze la figura sospirosa e paziente di Jacheddhu Ruoni.<br />
Come avrebbe il coraggio di amareggiarle l’anima?<br />
Pure, le loro imagini le comparivan là tra le frasche della<br />
s<strong>al</strong>ita come compagne di pena nella dolorosa ascesa di<br />
croce, e con gli sguardi amorosi e coi sorrisi di m<strong>al</strong>inconia<br />
l’aiutavano a sopportare il suo dolore.<br />
Dolore fiero veramente, che, quando pure col tempo<br />
avesse a finire, le lascerebbe certo il solco nel <strong>cuore</strong>. Doglia<br />
suggellata, muta, rincrudita d<strong>al</strong> fiero ass<strong>al</strong>to delle memorie,<br />
resa spaventosa d<strong>al</strong>lo scherno diabolico di spettri, che s’accampavano<br />
là, tra le tenebre dell’avvenire, diventato per lei<br />
già tutto una notte. Povera giovinezza sua sfrondata e diramata<br />
da mani crudeli nel suo più bel rigoglio, nel punto<br />
più bello della primavera! Povera anima sua, condannata<br />
oramai a vagare come un’ombra senza pace, a urlare non<br />
ascoltata per solitudini di deserto!<br />
Abbassava penosamente la testa e smarriva un’<strong>al</strong>tra volta<br />
la giusta percezione di quanto la circondava.<br />
Poi ricordava a un tratto la lettera, che s’era cacciata macchin<strong>al</strong>mente<br />
in seno, e si sentiva un’<strong>al</strong>tra volta rimontare <strong>al</strong>la<br />
testa le fiamme dello sdegno. «Miserabile!» urlava nel suo intimo.<br />
«Mostro senza pudore!». E ricordava fremendo tutte le<br />
sue imposture: le tenerezze, gli sguardi dell’incontro in chiesa,<br />
le parole <strong>al</strong>l’uscita, i rimproveri dolci, la costanza dell’attesa, là,<br />
sotto il sole, lo strazio della separazione. «Infame! E non gli veniva<br />
meno neanche la speranza! Scriverle anche dopo l’atroce<br />
umiliazione ricevuta, che avrebbe scoraggiato un leone! Per<br />
chi la prendeva dunque? Per una di quelle sperdute, trovate<br />
in un’ora di abbandono come le m<strong>al</strong>e femmine?».<br />
E si maravigliava come ella avesse potuto mettersi in seno<br />
quella carta che la scottava, come l’avesse potuta ritenere.<br />
«Perché non la buttava? Qu<strong>al</strong>e speranza la induceva a serbarla?<br />
Forse credeva che in essa troverebbe la giustificazione di<br />
135
quella serpe? Ah ah ah! – e qui era un riso che era uno spasimo<br />
– spera ancora, Spiranza Luna, spera nel tuo sogno, povera<br />
pazza!». E colta da un subito impeto di collera, si cacciava<br />
la mano nel petto per strapparne l’orribile pegno infocato.<br />
Però una voce lontana pareva le mormorasse: – Tienilo ancora!<br />
In esso troverai ragioni di più odiarlo!<br />
«Odiarlo! O Dio, chi glie l’avesse detto quando moribondo<br />
le fu portato in casa, e p<strong>al</strong>lido, disteso sul letto, le stava dinanzi;<br />
quando, caro come tutti i deboli, sacro come tutti gli<br />
ospiti, le immergeva nell’anima un’<strong>al</strong>tra anima, soavemente,<br />
misteriosamente; quando con gli sguardi amorosi ordiva così<br />
dolci trame! Odiarlo! odiarlo! Qu<strong>al</strong>e parola rovente per l’anima<br />
sua fatta per amare!».<br />
Così ella s’avanzava assorta per la via montana, in compagnia<br />
delle sue ombre, e non avvertiva quasi nulla dei discorsi<br />
<strong>al</strong>legri e clamorosi del fratello e del compare, non s’accorgeva<br />
dei sorrisi innocenti della piccola Violanteddha.<br />
Quando però udì <strong>al</strong>l’improvviso una voce roca che le era ben<br />
nota, si riscosse con un sussulto, e quasi cadde di groppa.<br />
Dinanzi, a pochi passi, le stava un ammasso di cenci, e,<br />
infagottata in essi, una figura bieca, lercia, macilenta di vecchia,<br />
che apriva una bocca senza denti per mostrar le gengive<br />
nerastre, e per sputar la sua s<strong>al</strong>iva gi<strong>al</strong>ligna di fumatrice e<br />
masticatrice di tabacco. Aveva tra le labbra la sua pipaccia<br />
fetente e sulle sp<strong>al</strong>le la bisaccia del pane accattato per gli<br />
stazzi. «Misericordia! la fattucchiera della v<strong>al</strong>le!».<br />
Spiranza <strong>al</strong>libì. Le parve d’aver in faccia la diavolessa in<br />
persona.<br />
La pezzente s’accorse di quel terrore, e rise del suo ghigno<br />
besti<strong>al</strong>e, che fece toccare a M<strong>al</strong>cu le canne del fucile per<br />
scongiurare il m<strong>al</strong>augurio. – Eh, figlia mia! – diss’ella. – Dormivi<br />
che non hai udito la voce della poveretta?<br />
– No, zia M<strong>al</strong>tina! – le rispose la giovane. – Solamente<br />
sono un po’ stanca, e pensavo a cose gravi…<br />
– Dormi, dormi! – continuò quella con aria profetica,<br />
tentennando il capo scarmigliato. – Veglierai cent’anni!<br />
– Dio mio, zia M<strong>al</strong>tina! La vostra lingua…<br />
– …sia secca, figlia mia?! No, che la lingua di zia M<strong>al</strong>tina<br />
dice cose sante.<br />
136<br />
– Non «che sia secca», no, zia mia! Ma che non ferisca<br />
così come pugn<strong>al</strong>e… Non c’è mezzo di tornare indietro, zia?<br />
– No, Spirà. È scritto. Mostrami la tua mano. Così. Vedi:<br />
v’è scritto: veglierai cent’anni! Poi riposerai…<br />
– Che il diavolo vi porti via, stregaccia! – urlò M<strong>al</strong>cu,<br />
già <strong>al</strong>ticcio per le continue libazioni del viaggio. – Lasciatemi<br />
passare, o vi faccio c<strong>al</strong>pestar d<strong>al</strong> cav<strong>al</strong>lo!<br />
– Figlio mio, che colpa ne ho io? Prenditela con gli<br />
astri…<br />
– Con voi me la prendo, invece, m<strong>al</strong>edetta siate! Con la<br />
vostra bocca fetida come c<strong>al</strong>laia di mandra, me la prendo!<br />
Allontanatevi, o vi sparo! –. E sbracciò lo schioppo.<br />
– E quando m’avessi ammazzata, potresti evitare il m<strong>al</strong><br />
astro? Quel che ha da venire verrebbe. Figlio mio, rimbraccia<br />
l’arma –. Si levò di bocca la pipa e sputò sull’ericaia.<br />
– Obbedisci, M<strong>al</strong>cu! – supplicava Spiranza, doppiamente<br />
atterrita. – Content<strong>al</strong>a, per amor di Dio!<br />
– Perché devo contentarla? Perché temi, la capretta? Son<br />
ragli d’asino. Perché temi i ragli d’asino?<br />
La vecchia sghignazzò, tornando a scaracchiare. – Ma’,<br />
mi dài una cicca?<br />
– Una p<strong>al</strong>la nel <strong>cuore</strong>, se la volete! – muggì il giovane.<br />
– Lasciatemi passare, diavolo! –. E spronò rabbioso il cav<strong>al</strong>lo,<br />
che passò d’un b<strong>al</strong>zo strisciando contro la vecchia, la<br />
qu<strong>al</strong>e cadde supina sopra una macchia di ginestra spinosa.<br />
Spiranza gettò un grido, aggrappandosi <strong>al</strong>le vesti del<br />
fratello.<br />
– Ohi! – si lamentò la caduta, con grugnito fioco, ri<strong>al</strong>zandosi<br />
a fatica. – Hai fatto cadere una povera vecchia,<br />
M<strong>al</strong>cu Luna: così cada la tua casa! Cent’anni, cent’anni!<br />
– Taci, gufo! – urlò l’ubbriaco, <strong>al</strong>lontanandosi. – Ragli<br />
d’asino, d’asino! –. E la beffava: – Beh! beh!<br />
Zia M<strong>al</strong>tina <strong>al</strong>zava la voce arrochita, come se volesse<br />
sguinzagliare un branco di Furie dietro il cav<strong>al</strong>lo baio. – La<br />
casa vi cada sopra, crudeli senza <strong>cuore</strong>! E vi seppellisca per<br />
cent’anni!<br />
B<strong>al</strong>tòlu Muscia, passandole vicino, le buttò mezzo sigaro<br />
per propiziarsela, e Violanteddha un soldo. – Tacete, via,<br />
zia M<strong>al</strong>tì! Non gli date retta. È…<br />
137
– I fiori nascano sotto i tuoi piedi, figlioletta mia! – augurò<br />
la megera sfavillando negli occhi. – E tu, B<strong>al</strong>tòlu, possa mietere<br />
da padrone nelle tanche di quella m<strong>al</strong>a gente.<br />
– Non imprecate, zia! Meglio mi venga la m<strong>al</strong>a fortuna.<br />
Adesso c’è la fede dell’olio santo. È madrina di Violanteddha.<br />
– Consider<strong>al</strong>a come senza madrina, la tua agnelletta<br />
graziosa, B<strong>al</strong>tò! Che peccato!<br />
– Beh! beh! – risonava ancora la beffa da lontano.<br />
– Così beleranno le vostre pecore scannate, M<strong>al</strong>cu Lu’!<br />
– urlava la vecchiaccia sbracciando. – A decine! a ventine!<br />
Cento! cento! Ah ah ah!<br />
– Beh! beh!<br />
Il riso convulso e il verso belluino si confondevano lontano<br />
a v<strong>al</strong>le in echi ripetuti e rombanti, come mostruoso<br />
sghignazzamento d’esseri ignoti che vagassero nel mistero<br />
delle gole, delle forre, delle conche per atterrire le creature<br />
vive di quel versante desolato.<br />
Spiranza, a quell’inaspettato doloroso contrattempo,<br />
sentì rincrudirsi nell’animo tutte le vecchie piaghe. Un superstizioso<br />
terrore l’impietrò. Vide la vecchia <strong>al</strong>lontanarsi a<br />
precipizio per la china, come se fosse trascinata da una forza<br />
soprannatur<strong>al</strong>e. Le parve di vederla circondata da turbe<br />
di demòni, da globi di fiamme, da spire di fumo nero. Le<br />
straziava ancora l’orecchio il gracchiar sordo di quella cornacchia<br />
spelacchiata. «Cent’anni! cent’anni!» e le scorreva<br />
per le fibre un brivido. Si rivolse <strong>al</strong>la Madonna con ingenuità<br />
di bambina. Promise in voto d’andar sc<strong>al</strong>za e coi capelli<br />
sciolti <strong>al</strong>la festa di San Paolo di Monti.<br />
Il brutto incontro rese fredda anche la visita <strong>al</strong>la capanna<br />
della nuova comare; rese amaro anche il caffè e il rosolio<br />
che non si poté far a meno d’offrire e d’accettare, distese<br />
quasi un’ombra sul bel cielo di quella nuova relazione di<br />
parentela spiritu<strong>al</strong>e. Dentro la povera casetta contrastava<br />
con la mestizia gener<strong>al</strong>e il bon umore sbrigliato di M<strong>al</strong>cu,<br />
che terminava i suoi discorsi a sb<strong>al</strong>zi e sconclusionati con<br />
l’ormai fastidioso grido besti<strong>al</strong>e: – Beh! beh! – e con risate<br />
sdruscite e nervose.<br />
Il tratto di via, poi, che rimaneva ancora da fare, fu il più<br />
penoso per l’infelice fanciulla; giacché da un lato il fratello<br />
138<br />
era in istato d’avanzata ebrietà, e d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro la persecuzione dei<br />
fantasmi non le dava tregua.<br />
Arrivò <strong>al</strong>la fattoria come Dio volle, stracca, smemorata,<br />
esausta, quando il sole era già tramontato. Rinunziò <strong>al</strong>la cena,<br />
e si ritirò tosto nella sua stanzetta.<br />
D<strong>al</strong>la finestra aperta, rivide il crepuscolo dell’Ascensione.<br />
Anche <strong>al</strong>lora le parve di vedere nelle nubi come un mare<br />
di sangue, su cui brillassero i riflessi d’incendi celesti, e<br />
nuotassero a g<strong>al</strong>la dei mostri e navigassero misteriosi vascelli<br />
fantasma. Udì chiamarsi e rispondersi nel bosco le civette,<br />
e piangere nelle mandre i sonagli.<br />
Lo sfondo era degno dell’anima sua, fasciata di tedio e<br />
di cordoglio, la qu<strong>al</strong>e parve tosto smarrirsi su quelle lontane<br />
onde sanguigne, corruscanti di bagliori foschi, su una di<br />
quelle navi sperdute del destino, voganti verso la morte.<br />
Non v’era stata per lei nel passato un’ora così triste. Una<br />
fontana di pianto le riferveva nel <strong>cuore</strong> e si sentiva le p<strong>al</strong>pebre<br />
suggellate. Un’amarezza di veleno l’avrebbe spinta a lamentarsi,<br />
a urlare: ma si sentiva la gola chiusa. E d’<strong>al</strong>tronde,<br />
chi avrebbe chiamato? La casa, il monte, il mondo, le parve<br />
un immenso cimitero, ove ella vivesse sola, ove ogni suo grido<br />
si sarebbe perduto inascoltato, come urlo di sepolto vivo.<br />
Eppure, quanto avrebbe bramato d’udire una parola di<br />
conforto! La sua pena era tanta, così traboccante, così insopportabile,<br />
che una sola parola sarebbe forse bastata per sollevarla.<br />
L’anima sua era forse arrivata a un colmo di sofferenza,<br />
e si sentiva impotente a patire più oltre; retrocedeva<br />
esausta, debole come bambina affaticata, che implora una<br />
mano sconosciuta, un sorriso di viandante ignoto, l’appoggio<br />
di un virgulto tremante, un illusorio sostegno. Era in<br />
uno stato di prostrazione t<strong>al</strong>e, che a tutti e a tutto si sarebbe<br />
confidata. Ma nessun lieve raggio solcava le sue tenebre.<br />
In t<strong>al</strong>e stato la colse la notte. Sparì l’ultimo bagliore del<br />
crepuscolo e il cielo si disseminò di stelle. Più radi divennero<br />
nel bosco i richiami delle civette… a poco a poco i romori<br />
cessarono e anche nella casa ogni voce tacque e ogni<br />
lume si spense.<br />
Cascante, accese la candela, e come un automa cominciò<br />
a levarsi gli abiti di festa, per buttarsi a vegliare sul letto.<br />
139
Le rintronava ancora <strong>al</strong>l’orecchio l’orribile presagio della<br />
fattucchiera: «veglierai cent’anni!» e credeva che veramente<br />
la veglia eterna principiasse.<br />
Nel togliersi il giubbetto, la busta dat<strong>al</strong>e da Silvio scivolò<br />
sulle coperte, cadde sul pavimento. Ella gettò un piccolo<br />
grido, si buttò istintivamente a riprenderla, come il<br />
f<strong>al</strong>co artiglia la preda. «Sarebbe quella la voce invocata invano?<br />
il fievole raggio sospirato? il fuscello d’appoggio?». Cielo!<br />
come le scoppiava ancora una volta il <strong>cuore</strong>, come le si<br />
oscurava lo sguardo!<br />
Sbuzzò la sopraccarta già mezzo gu<strong>al</strong>cita, con mani<br />
brancicanti, si fregò gli occhi a più riprese, invocò l’ultimo<br />
sforzo dell’anima disfatta, e appena le tornò la vista spiegò<br />
il foglio e lesse:<br />
«Speranza,<br />
M’hai vibrato in pieno petto t<strong>al</strong> colpo, ch’io mi maraviglio<br />
come sia vivo ancora: non avrei mai creduto che l’uomo<br />
potesse tanto patire. Pure, ti bacio le mani e non ti<br />
muovo rimprovero. Tutto ti autorizzava ad essere con me<br />
così crudele: io stesso t’avevo fornito inconsciamente l’arma<br />
avvelenata. Non mi lagno del tuo rigore: saresti stata una<br />
vile, se non m’avessi così ferito a morte. Però ascoltami,<br />
Speranza. Se i moribondi han diritto d’essere uditi, io che<br />
per te son quasi morto, me lo vedrei conteso? Spero che tu<br />
crederai <strong>al</strong>la difesa d’un disperato.<br />
Silvania è stata la prima amica dei miei trastulli, e per<br />
lei non nutro più che un affetto di fratello. Adriana Lupini<br />
mi è completamente ignota: ella è vittima della passione<br />
biasimevole d’un mio collega scapestrato, il qu<strong>al</strong>e mi ha<br />
messo in mano sghignazzando la disgraziata lettera due o<br />
tre giorni innanzi ch’io facessi il primo volo, né ha creduto<br />
più necessario riceverla. Le <strong>al</strong>tre donne, i cui nomi son<br />
scritti sul mio taccuino, son conoscenze superfici<strong>al</strong>i e passeggere,<br />
severamente oneste, che non hanno lasciato <strong>al</strong>cuna<br />
traccia nel mio <strong>cuore</strong>. Sono nomi scritti sulla carta, come<br />
potrebbero essere scritti sulla polvere. Il tuo nome mi sta<br />
scritto nel <strong>cuore</strong>, o Speranza: e se io, in questo istante in<br />
140<br />
cui barbaramente la mia vita si spezza, non so diversamente<br />
parlarti del mio amore sventurato, incolpa te stessa, che così<br />
duramente mi hai colpito e mi hai tolto a me stesso.<br />
Speranza, io ti perdono. Giuro però sulla testa veneranda<br />
di mia madre, sulla vita di mia sorella, sull’<strong>al</strong>tare, e su<br />
quanto vi è di più caro e di più santo, ch’io t’ho detto la verità<br />
e non t’inganno.<br />
Ora questo debole filo della mia vita è nelle tue mani.<br />
Se tu mi credi ancora onesto e degno d’essere amato, fammi<br />
pervenire, te ne supplico in ginocchio, una semplice tua<br />
riga. Se entro otto giorni io non sarò assicurato dell’amor<br />
tuo, la mamma pregherà invano per l’anima mia. Tuo, anche<br />
nell’inferno.<br />
Silvio».<br />
Spiranza fu ass<strong>al</strong>ita da una di quelle crisi violente che pare<br />
inaridiscano in un attimo la sorgente di ogni vita e ci rendono<br />
di pietra. Restò immobile in mezzo <strong>al</strong>la stanza, con gli occhi<br />
sbarrati senza sguardo, come una vera morta. Poi l’anima<br />
reagì, e parve investita da un turbine d’ebbrezza. «Signore misericordioso!<br />
dunque egli era innocente! egli l’amava!». Avrebbe<br />
voluto agitarsi, urlare nella notte, destar tutti gli esseri perché<br />
partecipassero <strong>al</strong>la sua gioia infrenabile con tutte le loro<br />
voci, coi mugghi, coi belati, coi nitriti, con fremiti e con scrosci.<br />
«Perché tutti dormivano nella fattoria? Non avevano dunque<br />
saputo ch’ella aveva sognato un orribile sogno, ed era stata<br />
sul punto di darsi <strong>al</strong>la voragine della disperazione, e aveva<br />
sofferto tutti i dolori, e gustato tutte le amarezze, e condensato<br />
nel <strong>cuore</strong> un mare di lacrime non piante, e smarrito il senso<br />
della vita: e ora si ridestava come già nelle <strong>al</strong>be della primavera,<br />
e ritrovava la sua via, ricoglieva i suoi fiori, ricantava i<br />
suoi canti? Non sapevano ch’ella era rinata, che la vita era bella<br />
e che tutto era bello? Come potevano dunque dormire?».<br />
Apriva la finestra e si protendeva nel buio, per cercare<br />
con gli occhi, con l’anima, un essere che l’ascoltasse, che ricevesse<br />
le confidenze del suo <strong>cuore</strong> risorto. E nella massa nera,<br />
con prodigiosa forza visiva, distingueva gli oggetti famigliari<br />
<strong>al</strong> suo sguardo: le pietre, le piante, le mandre, i monti lontani;<br />
e rivolgeva loro la parola come a persone vive, ascoltando<br />
141
nel silenzio immoto, se mai un fruscio, un piccolo rumore segreto<br />
le giungesse <strong>al</strong>l’orecchio per dirle che anche le cose sapevano<br />
la sua grande ventura: «Silvio era innocente e l’amava<br />
con vero affetto!».<br />
«Speranza, io ti perdono». Com’era grande quell’anima!<br />
com’era forte quell’amore! Quanto m<strong>al</strong>e gli doveva ella aver<br />
fatto con quel suo crudele modo d’agire, con la sua mostruosa<br />
ingiustizia, con la sua c<strong>al</strong>unnia! Come doveva aver<br />
lacerato quel <strong>cuore</strong> sensibile e affettuoso coi suoi barbari<br />
colpi di spiedo! Quanto si sentiva colpevole! S’egli fosse stato<br />
presente, gli si sarebbe prostrata dinanzi per mordere la<br />
polvere ch’egli c<strong>al</strong>pestava: non si sarebbe levata prima ch’egli<br />
l’avesse costretta: gli avrebbe bagnato i piedi di pianto.<br />
«Ora, la mia vita è nelle tue mani». Un tremito la scosse,<br />
<strong>al</strong> pensiero di tanto cara responsabilità. Si rappresentò<br />
nella mente il corpo di lui deformato, aperto d<strong>al</strong>la p<strong>al</strong>la a<br />
una fontana di sangue, o cadente d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>to della purezza del<br />
cielo solcato dai suoi voli, sfracellato tra le punte dei nodi,<br />
che avevano visto i suoi trionfi. Che orrore! No: tutto, prima,<br />
morisse; tutto cadesse, purché egli fosse vivo!<br />
Si rammentò che il giorno dopo dovrebbe venire <strong>al</strong>la<br />
fattoria il compare, B<strong>al</strong>tòlu Muscia, il qu<strong>al</strong>e faceva dei continui<br />
viaggi a Tempio per vendere le sue entrate. Egli non<br />
sapeva leggere, ed era fidato: ora poi le era avvinto per virtù<br />
del sacramento. A lui affiderebbe il suo biglietto perché lo<br />
impostasse in città: era certa ch’egli manterrebbe il segreto.<br />
Fu presa da una gioia quasi infantile: si mise a battere le<br />
mani senza avvedersene, gettò piccoli gridi. Poi fu quasi<br />
spaventata della sua voce che risonava nel silenzio della fattoria<br />
sepolta nel sonno: ebbe paura che qu<strong>al</strong>cuno la udisse.<br />
Piano piano tirò fuori d<strong>al</strong> cassetto del comodino un piccolo<br />
foglio e vi scrisse con matita violacea due sole parole: «Vieni,<br />
Speranza». Guardò le lettere che le parvero vergate col<br />
sangue: certo, col sangue sano del suo <strong>cuore</strong> ardente. Mise<br />
in busta e suggellò. Con mano tremante scrisse l’indirizzo e<br />
mise tutto sotto il guanci<strong>al</strong>e. La lettera sarebbe il breve benedetto<br />
che distruggerebbe la profezia spaventosa della vecchiaccia<br />
lorda, e le fiorirebbe il sonno di visioni d’incanto…<br />
Signore, quanto era felice!<br />
142<br />
Quindi nella fattoria per <strong>al</strong>cune settimane i giorni trascorsero<br />
nella consueta pace.<br />
Solo una volta zia Francisca, quando tutti gli uomini erano<br />
lontani, volle pizzicare una corda un po’ stridente: – Figlia<br />
mia, quando ti decidi dunque a darci quella benedetta<br />
risposta? Bada che più d’un mese è passato!<br />
Ma Spiranza troncò seccamente la questione col dire: –<br />
Mamma! e vi par molto un mese per un affare così importante?<br />
Non è un gioco, poveretta me! Bisogna pensarci bene:<br />
e io ancora non ci ho finito di pensare!<br />
Fu lasciata tranquilla, <strong>al</strong>meno con le parole chiare. Stuzzicata<br />
di quando in quando da qu<strong>al</strong>che <strong>al</strong>lusione lontana, da<br />
qu<strong>al</strong>che smusata di Giromìnu (che ronzava più che mai intorno<br />
a Cat<strong>al</strong>ina Ruòni), da qu<strong>al</strong>che insolenza di M<strong>al</strong>cu, da<br />
qu<strong>al</strong>che delicato accenno della dolce sorella, fingeva di non<br />
capire.<br />
Un’<strong>al</strong>tra volta tornò anche Niccòla Ruoni, con la scusa<br />
di non so qu<strong>al</strong>e siepe da imprunare, e conversò a lungo col<br />
vecchio sotto il pergolato dell’orto con susurrio animato e<br />
con c<strong>al</strong>ore di gesti. E se ne andò com’era venuto, non molto<br />
di buon umore.<br />
Jacheddhu, veniva spesso: stava delle ore lungo piantato<br />
sulla soglia o in mezzo <strong>al</strong>la stanza o sul cancello delle mandre,<br />
per divorarsi con gli occhi la sospirata sposa; la qu<strong>al</strong>e<br />
non gli negava di quando in quando occhiate m<strong>al</strong>iziose e<br />
sorrisi birichini.<br />
Due o tre volte la settimana, nell’ora che le gregge pascolavano<br />
a distanza, s’avvicinava <strong>al</strong>la fattoria l’areoplano,<br />
dopo essersi aggirato maestosamente per qu<strong>al</strong>che ora attorno<br />
<strong>al</strong>la vetta del monte.<br />
Tutta la famigliola usciva sullo spiazzo e sventolava le<br />
pezzòle in segno di festa: qu<strong>al</strong>cuno batteva le mani; qu<strong>al</strong>cuno<br />
benché persuaso di non poter essere udito gridava: –<br />
Scenda, oh! scenda: che mi porta via anche me!<br />
Silvio s’abbassava quanto più poteva, avvolgeva la casa<br />
con graziose spire, lasciava cadere degli involtini di dolci, dei<br />
biglietti di s<strong>al</strong>uto e d’invito: «Vengano con me a volare!».<br />
– Gesummaria Giuseppe! – esclamava la vecchia, segnandosi.<br />
Il vecchio faceva gorgogliare in gola il suo riso<br />
143
pieno. – Se avessi vent’anni di meno – gridava – non me lo<br />
direbbe. Poledri ne ho domato molti, sa! e volavano!<br />
I maschi imprecavano, aizzavano per celia i cani. Le<br />
donne gettavano piccoli gridi di spavento.<br />
Ed egli per gioco cercava di spaventarle ancora sul più<br />
bello, quando meno esse se l’aspettavano, con giravolte improvvise,<br />
con mosse ardite, con rombanti c<strong>al</strong>ate di f<strong>al</strong>co,<br />
con fulminee elevazioni vertiginose, con gridi ebbri di cielo<br />
e d’<strong>al</strong>tezza. Le giovani imp<strong>al</strong>lidivano, mormoravano preghiere<br />
in segreto.<br />
Dopo qu<strong>al</strong>che tempo l’ardito volatore li s<strong>al</strong>utava con un<br />
rombo distinto e s’<strong>al</strong>lontanava velocemente, accompagnato<br />
d<strong>al</strong> tumulto giocondo, d<strong>al</strong>la canizza festosa. Addio! addio!<br />
Spiranza seguiva con lo sguardo l’ammirabile macchina<br />
e non ne distaccava mai gli occhi incantati finché lo sventolio<br />
della pezzòla bianca non si confondeva con la massa nera,<br />
finché il minuscolo punto bruno non scompariva di là<br />
d<strong>al</strong>la cresta.<br />
Che ora dolce era per lei quella! Da quando l’abbaio<br />
dei cani annunziava la comparsa in cielo del mostro non<br />
più ormai temuto neppur d<strong>al</strong>le bestie, ella non poteva frenar<br />
gli slanci del <strong>cuore</strong>, e non aveva pace se non quando<br />
d<strong>al</strong> muro dell’orto poteva osservare quell’avanzarsi maraviglioso,<br />
il crescere, il frullare. Gli occhi le brillavano <strong>al</strong>lora<br />
come due astri vivi, e sulla bocca le fioriva il sorriso. E appena<br />
quel t<strong>al</strong>e sguardo di fiamma scintillava tra gli ordigni,<br />
una corrente misteriosa le scoteva tutto il corpo, le accendeva<br />
ogni fibra.<br />
Com’era deliziosa quella intesa delle due anime anele,<br />
l’una dimentica del fascino del volo e bramosa d’aggrapparsi<br />
<strong>al</strong>la terra pur di trovar la compagna, l’<strong>al</strong>tra disdegnosa<br />
della sicurezza del suolo e delirante di perdersi unita a quella<br />
nella sconfinata chiarezza del cielo!<br />
Anche l’anima della giovane volava, e quando tutto per<br />
i sensi era finito, e gli occhi più non vedevano e gli orecchi<br />
più non udivano, il volo continuava ancora, l’unione degli<br />
spiriti persisteva. Attorno <strong>al</strong>la fattoria, per l’orto, nel giardino,<br />
sullo spiazzo, nelle stanze, s’aggirava m<strong>al</strong>iosa la figura<br />
cara, con fedele costanza.<br />
144<br />
Del resto, Silvio non giungeva soltanto in areoplano.<br />
Veniva spesso anche in bicicletta fin dove la strada glie lo<br />
permetteva; poi s’avventurava a piedi per i sentieri sassosi,<br />
come un gran camminatore. Non arrivava sempre <strong>al</strong>la casa,<br />
ma il più spesso si fermava ora <strong>al</strong> torrente, ove le due fanciulle<br />
andavano a lavare il bucato, ora <strong>al</strong>le <strong>al</strong>tane rupestri,<br />
da cui esse, quando gli uomini erano occupati in faccende<br />
più gravi, raccoglievano con fischi e richiami le capre sbandate,<br />
ora in <strong>al</strong>tri punti dei vasti poderi della famiglia, in cui<br />
fosse facile e nascosto l’incontro. Di quando in quando esse<br />
se lo vedevano sbucare <strong>al</strong>l’improvviso di tra le macchie, di<br />
tra le rocce come un’apparizione, e si spaventavano. Egli<br />
godeva della loro sorpresa, si trastullava della loro paura.<br />
Le trovava ora unite ora scompagnate, e rimaneva con<br />
esse delle ore, dimentico d’ogni <strong>al</strong>tra cosa. Sedeva sui grandi<br />
massi di granito quand’esse lavavano i panni <strong>al</strong>l’ombra,<br />
nel tònfano della cascata, e le pregava che cantassero le loro<br />
canzoni g<strong>al</strong>luresi, così gaie, diceva, e armoniose. Esse, peritanti,<br />
levavano la loro voce tinniente, vittoriosa del fragor<br />
delle acque, tra l’incanto dell’<strong>al</strong>tipiano saettato d<strong>al</strong> sole, e<br />
sbattevano sulle pietre oblique la biancheria, con brama,<br />
con le braccia nude, arrossate, luminose in viso, come fulgide<br />
imagini della giovinezza. Egli ascoltava intento, senza<br />
guardarle, con l’occhio sperduto o sulla corrente che spumeggiava<br />
tra i sassi, o sugli <strong>al</strong>beri intorpiditi d<strong>al</strong>l’afa estiva,<br />
o sulla massa d’acqua che rifletteva le aspre macchie e le<br />
rocce e il cielo, come se il suo sguardo fosse incatenato a<br />
un’arcana visione che vagasse su quei luoghi, ricchi di poesia<br />
selvaggia. Poi, a un tratto, fissava ardentemente le cantatrici,<br />
divorava con occhiate di foco Spiranza, che era costretta<br />
ad ammutolire, abbassar la testa e affacchinarsi nella<br />
faticaccia per impedire <strong>al</strong> grido di eromperle d<strong>al</strong> seno.<br />
Su quelle <strong>al</strong>ture egli s’effeminava. In quei recessi ombrosi,<br />
assiepati da frasche e da mucchi di massi che parevano<br />
avanzi di rovine gigantesche, si smanicava anch’esso, lavava<br />
le proprie pezzòle come una donna; t<strong>al</strong>ora si sc<strong>al</strong>zava,<br />
e, seduto sul margine del tònfano, dimenava nell’acqua le<br />
gambacce nude fino <strong>al</strong> ginocchio, come un monellaccio, e<br />
rideva fino a sganasciarsi, riversandosi indietro, quando<br />
145
l’acqua, diguazzata diabolicamente, spruzzava i visi spauriti<br />
delle giovanette. Sulle vedette rocciose imparava poi il fischio<br />
del pastore, e lo lanciava saettante per l’aria, contento<br />
come una pasqua; districava dai pruni le lane delle bestiole,<br />
che vi s’erano impigliate, tirava fuori d<strong>al</strong>le crepe e dai borri<br />
le caprette, aizzava i montoni <strong>al</strong> cozzo.<br />
Eran tutti svaghi innocenti che <strong>al</strong>leggerivano la fatica<br />
<strong>al</strong>le fanciulle e mettevan loro la gioia nel <strong>cuore</strong>.<br />
Ma quando, essendosi amm<strong>al</strong>ata Mena, Spiranza dovette<br />
andar sola <strong>al</strong> torrente e <strong>al</strong>le <strong>al</strong>tane, ella non tornò a casa<br />
spensierata e <strong>al</strong>legra come di consueto.<br />
Lo sguardo amorevole e indagatore della sorella inferma<br />
la turbò fin da quando entrò nella soglia la prima volta, e<br />
sul suo viso già ombroso la nube divenne più spessa. I suoi<br />
occhi smarriti e imbambolati sfuggirono quegli <strong>al</strong>tri occhi<br />
ardenti di febbre e di affetto. Spossata e rotta andò a sedersi<br />
in un canto, muta come una pietra.<br />
La madre voleva attribuir tutto <strong>al</strong>la stanchezza, <strong>al</strong>la fatica<br />
non divisa, <strong>al</strong>la solitudine, ai fastidi, <strong>al</strong>la preoccupazione<br />
per la m<strong>al</strong>attia della sorella amata. Le fu attorno con tutte le<br />
arti divine dell’amor materno, la circondò di carezze. – Spiranza!<br />
Figliola mia tutta sola, la perla di casa! Lasciami dunque<br />
toccare le tue braccia stroncate, i tuoi piedi dolorosi.<br />
Ma ve l’ho detto mille volte io, che abbiamo bisogno d’una<br />
serva, noi! di due serve! Non voglio più che tu lavori sola!<br />
La ragazza lasciava fare, lasciava dire, insensibile <strong>al</strong>le moine,<br />
sempre più lontana. Si levava, s’aggirava da una stanza <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tra<br />
con passo legato, frugava negli armadi, nei cassettoni,<br />
nelle casse, come per ritrovarci oggetti che non esistevano; e<br />
ritornava, sempre più smemorata, per accasciarsi sopra lo<br />
sgabello.<br />
La madre se la divorava con occhi lacrimosi, e con tremito<br />
di labbra, le ripeteva ancora, con squisita dolcezza: – No:<br />
non voglio che tu lavori sola! Non voglio che vada più sola!<br />
Ella si scosse <strong>al</strong>le ultime parole, e le parve d’aver notato<br />
nell’espressione di quella voce, come un senso di proibizione<br />
sospettosa. Arrossì ed ebbe un brivido, mentre Mena, silenziosa,<br />
la riguardava ed emetteva un sospiro. Un po’ di<br />
stizza la vinse e domandò <strong>al</strong>la mamma, quasi risentita: –<br />
146<br />
Perché non volete ch’io vada sola? Credete ch’io sia una<br />
bambina, e non possa lavorare come lavoro? O v’han forse<br />
detto…?<br />
Parve l’ansia scolpita, che attenda muta.<br />
– No! la mia bandiera! – protestò la madre, con grande<br />
affetto. – Che cosa vuoi che m’abbian detto? Che cosa ti<br />
metti in testa, ora? Non voglio che lavori sola, perché t’affatichi<br />
troppo, figlia mia!<br />
– Pensavo! – mormorò <strong>al</strong>zandosi per andare ancora attorno<br />
da un vano <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro come fiera piagata.<br />
E non tenne <strong>al</strong>cun conto delle premure materne. Altre,<br />
<strong>al</strong>tre volte andò sola: <strong>al</strong> tònfano col carico dei panni sul capo,<br />
<strong>al</strong>le <strong>al</strong>tane, <strong>al</strong>le vedette, ai chiusi. E molti occhi la videro<br />
in compagnia di Silvio Rondani a tutte le ore.<br />
Queste visite clandestine del giovane turbarono fin<strong>al</strong>mente<br />
la pace nella quieta vita della fattoria. Vari amici zelanti<br />
rapportarono a ziu Pasc<strong>al</strong>i qu<strong>al</strong>che chiacchiera che si faceva<br />
già negli stazzi intorno <strong>al</strong>la troppa frequenza del soldato<br />
su quelle <strong>al</strong>ture, e <strong>al</strong>la troppa facilità con cui le sue figliole, e<br />
speci<strong>al</strong>mente la maggiore, s’incontravano con lui. In quei<br />
luoghi rigidi, dove ancora l’onestà è considerata giustamente<br />
la ricchezza più preziosa della donna, doveva in fatti riuscir<br />
strana e dolorosa quella noncurante infrazione <strong>al</strong>la regola comune,<br />
quello strappo di libertà sdegnosa, fatto così leggermente<br />
<strong>al</strong>la severa integrità dei costumi.<br />
Il vecchio ne fu folgorato. Con gran mistero e con grande<br />
affetto si chiuse solo con la figlia nella stanzetta più riposta,<br />
e ivi, con voce tremolante, le p<strong>al</strong>esò tutto il suo spavento.<br />
Ma ella, benché il <strong>cuore</strong> le si lacerasse e sentisse nella coscienza<br />
come un mastino che guattisse, e negli occhi impeti di<br />
pianto infocato, seppe fingere a tempo e lo tranquillò.<br />
Però, qu<strong>al</strong>che giorno dopo, Niccòla Ruoni si abboccò<br />
con lui tra le frasche, nel sito più aspro del chiuso più deserto,<br />
ove neppure uno scricciolo poteva udirli, e con certi<br />
lampeggiamenti negli occhi che improntavano su quel viso<br />
abbronzato un riflesso dell’antica anima schiva di G<strong>al</strong>lura,<br />
gli confermò giurando la verità tremenda.<br />
Anche quel can barbone dell’aspirante fidanzato prese un<br />
giorno per il bavero della giacca Girominu, che lo guardava<br />
147
trasognato, lo scrollò come un pennecchio ruggendo nella<br />
strozza, e con irose imprecazioni gli aprì gli occhi, e con invettive<br />
ch’eran schiocchi di frusta, e con insulti ch’eran sferzate<br />
a sangue, gli pose nel <strong>cuore</strong> una Furia.<br />
Fu <strong>al</strong>lora che Girominu si postò nella selva, e vide coi<br />
propri occhi. Nulla di m<strong>al</strong>e vide, grazie a Dio; ma udì il colloquio<br />
e si presentò a tempo. E dopo che quel cane vile, lasciata<br />
la designata preda, era scomparso tra le stipe come cign<strong>al</strong>e<br />
braccato, sottraendosi lesto, m<strong>al</strong>edizione! <strong>al</strong> tiro del suo<br />
schioppo, egli si buttò, urlando su la sorella, la schiaffeggiò lasciandole<br />
sulle guance le ditate di fiamma; la trascinò sui cespugli<br />
per le chiome, senza che quella capra scostumata mettesse<br />
un sospiro. Poi ella si levò, sentendosi investita da una<br />
vampa di furore, gli si scaraventò addosso come una tigre, lo<br />
graffiò sul viso, gli incarnò le unghie nel collo, l’atterrò. Aggrovigliati<br />
s’avvoltolarono tra i sassi del prunaio, con tutto il<br />
veleno suggellato nel <strong>cuore</strong> senza lo sfogo di un grido, tra il<br />
lamentìo atterrito d’ogni creatura viva di quei pressi.<br />
Da quel giorno la casa fu tutta un sobbollimento. I pasti<br />
si consumavano in silenzio, i pastori più non cantavano<br />
nelle mandre, lo stesso tintinnio dei campani sembrava più<br />
cupo, più triste strepitava il telaio; e di quando in quando,<br />
a ogni minimo cozzo di opinioni, eran gridi di collera, urli<br />
d’ira, gemiti e pianto.<br />
I figli tornavan d<strong>al</strong> lavoro come bracchi stanchi, si lasciavano<br />
andare sugli scanni con rantoli sordi, s’avvicinavano<br />
<strong>al</strong>la mensa senza fame. I vecchi vedevano forse per l’aria,<br />
nei canti bui, strane figure non viste da nessuno, e su esse<br />
sbarravano lo sguardo, fissi e intenti; e si rinvenivano con<br />
certi sospironi accesi che parevan schianti del <strong>cuore</strong>. Mena<br />
era una pena viva; Spiranza la imagine d’una doglia muta.<br />
E tra i nodi di rocce, e nelle conche si tennero <strong>al</strong>tri<br />
conciliaboli tra i Luna e i Ruoni, anche nel cor della notte.<br />
Ziu Pasc<strong>al</strong>i e Niccòla mancarono anche d<strong>al</strong> monte per due<br />
volte: <strong>al</strong>tre volte mancarono Giromìnu e Jacheddhu. Gli<br />
uni e gli <strong>al</strong>tri furon veduti a Tempio bussare d<strong>al</strong>la porta di<br />
amici di conto, trattenersi in quelle case delle ore, e uscirne<br />
poi con certe arie or d’ombra or di luce, e <strong>al</strong>lontanarsi per<br />
lo stradone parlando e gestendo da soli.<br />
148<br />
Spiranza qu<strong>al</strong>cosa seppe di queste manovre misteriose,<br />
qu<strong>al</strong>cosa sospettò. La sua vita era tutta una trepidazione. La<br />
notte dormiva poco e m<strong>al</strong>e: ogni sera, quando andava a letto,<br />
le pareva di veder accanto <strong>al</strong> guanci<strong>al</strong>e la figuraccia lercia<br />
di zia M<strong>al</strong>tìna, che le ripetesse sghignazzando la profezia<br />
m<strong>al</strong>edetta: «Veglierai per cent’anni!». E le sembrava che<br />
l’avveramento fosse incominciato. Quest’idea, fissa nella<br />
mente come chiodo, fugava da lei il sonno, le scompigliava<br />
i nervi, le bruciava il sangue.<br />
Le giornate mute erano eterne, e il dolore senza sfogo le<br />
si agitava tutto nell’animo per ore e ore con certi roncigli<br />
che le penetravano nelle carni e le davano il capogiro. Così<br />
anche la sua s<strong>al</strong>ute sembrava danneggiata: il suo passo diveniva<br />
stanco, la sua faccia bianca; gli occhi le s’infossavano.<br />
Pareva che una subitanea fiamma avesse avvampato quella<br />
rosa in fiore.<br />
Ella se ne stava a lungo in disparte, nel giardino, nell’orto,<br />
lavorando <strong>al</strong>l’ombra; ma spesso gli oggetti le cadevano<br />
di mano, e guardava, guardava verso la punta del Limbara,<br />
se mai comparisse da un momento <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro quella<br />
solita macchia nera che ingrandiva a vista d’occhio; e si sentiva<br />
il <strong>cuore</strong> fuggirle d<strong>al</strong> petto, quando qu<strong>al</strong>che aquila o avvoltoio<br />
si mostrava improvvisamente nella chiarezza crist<strong>al</strong>lina,<br />
e si librava solenne, immobile, quasi senza vita. Ma<br />
tosto, conosciuto l’inganno, ripiombava nella cupezza dei<br />
suoi pensieri, nel martirio disperato dell’attesa vana.<br />
Venivano <strong>al</strong>tri uccelli, ma il maraviglioso volatile di legno<br />
e ferro più non veniva. Più non veniva, perché un giorno Giromìnu,<br />
appena l’odiato bruscolo era comparso lontano, aveva<br />
brandito quella stessa arma assassina, e non curante delle<br />
grida di spavento delle donne, era b<strong>al</strong>zato sullo spiazzo e aveva<br />
aspettato ansante il momento di farla finita. Ed ella s’era<br />
precipitata fuori, aveva preso il sentiero delle capre, aveva<br />
corso come una folle, cadendo, ri<strong>al</strong>zandosi, senza sentir le<br />
trafitture dei pruni, per giungere in tempo a gridare a lui,<br />
gridare, gridare, con tutta l’anima nella voce, e far cenno che<br />
fuggisse, fuggisse… Egli era tornato indietro, era scomparso…<br />
Il rombo della fucilata, sparata per rabbia, era stato il<br />
s<strong>al</strong>uto di congedo.<br />
149
Non era più tornato… Ma chi sapeva? poteva anche<br />
tornare! Egli era legato a lei con vincoli troppo forti, oramai,<br />
e non era possibile ch’egli non tornasse. Perciò ella lo<br />
aspettava, e a ogni sfrascare, a ogni ustolar di cani, le pareva<br />
ch’egli dovesse arrivare, bello come <strong>al</strong> solito, nel rossore per<br />
la via percorsa, sudato ma non mai stanco, sempre fresco,<br />
sempre ardente di affetto.<br />
Però i giorni passavano, ed egli non si vedeva.<br />
Un giorno fin<strong>al</strong>mente seppe perché non tornava. Pochi<br />
momenti prima del desinare la piccola famigliola era raccolta<br />
in cucina per ingannar l’attesa del pasto. Ella, immersa<br />
nei suoi soliti pensieri, preparava qu<strong>al</strong>cosa davanti <strong>al</strong> fornello,<br />
e nel mentre la pentola bolliva, spinse lo sguardo distratto<br />
sulla piccola tavola ingombra ancora di varie provviste<br />
che il giorno prima un servo aveva comperato in città. Gli<br />
occhi le caddero su un brano di giorn<strong>al</strong>e che aveva involtato<br />
un po’ di paste da minestra, e così, per sfuggire qu<strong>al</strong>che<br />
istante di più a se stessa, stese la mano con languidezza,<br />
prese la carta e vi diede un’occhiata indifferente.<br />
La sua vista fu attratta da un titolo in grassetto: «Notizie<br />
da Tempio»; e la curiosità la spinse a continuare. Però tosto le<br />
braccia cominciarono a tremarle e la vista <strong>al</strong>fine le si appannò.<br />
L’articolo, tra le <strong>al</strong>tre cose diceva: «Oggi, accompagnato<br />
<strong>al</strong>la stazione d<strong>al</strong> solito stuolo d’amici chiassosi e dai superiori,<br />
è partito per il Continente il simpatico sergente aviatore<br />
Silvio Ròndani, trasferito telegraficamente non si sa se<br />
a sua richiesta o per misure disciplinari. Buona fortuna».<br />
Spiranza trab<strong>al</strong>lò e si lasciò sfuggire di mano la carta.<br />
P<strong>al</strong>lida come un cadavere fece qu<strong>al</strong>che passo per la stanza,<br />
con gli occhi fissi sul coltellone che luccicava sulla tavola.<br />
– Figlia mia! figlia mia! – gridò la madre, precipitandosi<br />
sull’arma. – Cos’hai? cos’hai?<br />
Anche Mena gettò un grido.<br />
Giromìnu aveva raccolto il foglio e vi leggeva sopra con<br />
occhi bramosi. Un sorriso feroce gli deturpò la bocca: acceso<br />
d’una gioia furibonda buttò in <strong>al</strong>to il cappello; batté le<br />
mani rumorosamente, s<strong>al</strong>tò come un folle. – Ah ah! – gridava.<br />
– Fin<strong>al</strong>mente s’è mandato via, il cane! La volpe è stata<br />
ricacciata nella sua tana! Ah!<br />
150<br />
– Cosa c’è di bello, Giromì? – chiedeva zio Pasc<strong>al</strong>i,<br />
guardando il foglio con occhi lucidi lucidi.<br />
– C’è che <strong>al</strong>la fine è partito, quel cane! C’è che, grazie a<br />
Dio, non lo rivedremo più il suo muso… È già partito! I pesci<br />
se lo divorino nel mare!<br />
– Bah! ecco una faccenda aggiustata! – esclamò il vecchio,<br />
accomodandosi il cappello in testa, tentando di levarsi<br />
e sùbito risedendo e battendo ambe le mani aperte sulle<br />
cosce. – Bah! meno m<strong>al</strong>e! Ci siamo riusciti!<br />
Anche zia Francisca diede un sospirone e si baciò le<br />
mani congiunte.<br />
Spiranza, a quella feroce gioia del suo strazio, li credette<br />
tutti congiurati per perderla, fu colta da follia. Si cacciò le<br />
mani nei capelli, se li sciolse, se li strappò; e rivolgendosi <strong>al</strong><br />
padre, che assaporava ancora tutta la sua contentezza, –<br />
M’avete pugn<strong>al</strong>ato il <strong>cuore</strong>, padre mio! – urlò come una<br />
demente. – M’avete ammazzata!<br />
Gettò un grido lungo lungo, belluino, e cadde distesa,<br />
senza sentimento.<br />
151
PARTE TERZA
Il figlio della colpa nacque in aprile, nella notte del venerdì<br />
santo, mentre lampeggiava e tonava e imperversava la<br />
raffica, nel vecchio stabbiòlo aggiustato per capanna, dove<br />
Spiranza era stata confinata da vari mesi d<strong>al</strong>l’ira della famiglia.<br />
Appena il bimbo fu fasciato e riposto, come un batuffoletto<br />
di stracci, entro il corbello d’asfodelo intessuto di<br />
foglie di p<strong>al</strong>mizi, e la madre dolorosa fu rimessa a letto, la<br />
furia della tempesta cessò, come se con gli urli di quel seno<br />
squarciato il corruccio della m<strong>al</strong>a notte si credesse pago; e<br />
zia Francisca, che, non ostante la sventura, si sentiva il <strong>cuore</strong><br />
dilatato per lo schiudersi di quella vita nuova come vecchia<br />
sughera si sente rinascere moltiplicata nel buttare di<br />
nuove propaggini, andò nelle tenebre a dare la notizia <strong>al</strong><br />
marito, lasciando nel tugurio Mena e la donna assistente.<br />
Ziu Pasc<strong>al</strong>i attendeva da ore nella cucina, seduto sullo<br />
scanno accanto <strong>al</strong> focolare m<strong>al</strong> vivo di misere fiamme, con<br />
le ginocchia appuntite in <strong>al</strong>to e legate come da vincigli d<strong>al</strong>le<br />
braccia <strong>al</strong>lacciate, con la testa tentennante per sonno,<br />
con gli occhi semichiusi fissi or sì or no su quella agonizzante<br />
anima di braci, che sbadigliava l’unica povera luce<br />
della vasta stanza. In un canto, sdraiato sopra un sacco disteso,<br />
russava Girominu.<br />
La vecchia testa era tutta brulicante d’amari sogni: vecchi<br />
sogni sbiaditi, d<strong>al</strong> fosco color di cose morte, abbozzi di sogni<br />
nuovi intristiti sul più bello come fiori vizzi, sogni di tedio e<br />
di cruccio, di livore e d’odio, con turbinio di vampe e rombi e<br />
scoppi: tutti fastidiosi e senza tregua, come nemici in campo.<br />
E dove era andata ormai tutta la ricchezza di Pasc<strong>al</strong>i Luna,<br />
assordato già dai mugghi, dai belati e dai tintìnni, da<br />
mùgoli di selve in furore e da frusciar di frascati, stanco del<br />
lungo errare per poderi dai limiti non raggiungibili neppur<br />
con la vista, padrone invidiato di bùgnole e di granai riboccanti,<br />
di caciare stipate, di cantine e dispense inesauribili,<br />
155
padre fortunato di aquilotti fieri e di tortore vezzose, re felice<br />
di dominio indisturbato? Dov’era andato il nome puro di<br />
Pasc<strong>al</strong>i Luna, il paciere della contrada, l’estimatore preferito,<br />
il savio consigliere, l’arbitro sempre ricercato, che poteva <strong>al</strong>zar<br />
la fronte senza macchia dinanzi a signori e a dame e dir<br />
la sua parola ascoltata, in mezzo a qu<strong>al</strong>siasi compagnia?<br />
Egli era là, ora, colpito <strong>al</strong>la schiena come una serpe, coi<br />
capelli canuti macchiati di sozzura e col capo pesante che<br />
non poteva più ergersi per guardare il cielo. Dove poteva<br />
più mostrarsi senza bruciar di vergogna? A qu<strong>al</strong> porta di<br />
donna onesta potevano più bussare i figli? qu<strong>al</strong> uomo di<br />
conto sposerebbe più la sua piccola? Gli incendi comincerebbero<br />
a divorargli i pascoli, le ronche e le scuri continuerebbero<br />
a decimargli le gregge (come già da qu<strong>al</strong>che tempo<br />
avevano cominciato: e ancora aveva negli orecchi i gemiti<br />
delle povere bestie squarciate), branchi di cav<strong>al</strong>li indomiti<br />
gli c<strong>al</strong>pesterebbero i seminati, e tutti i suoi poderi diventerebbero<br />
una rovina. Chi lo rispetterebbe più? chi lo temerebbe?<br />
Neppur le p<strong>al</strong>le del suo schioppo inf<strong>al</strong>libile farebbero<br />
più paura a nessuno. Il leone delle <strong>al</strong>ture era ridotto un<br />
povero becco arrembato. Tutti potrebbero ridersi di lui impunemente!<br />
tutti potrebbero impunemente lanciar la loro<br />
pietra per finir di lapidare la serpe d<strong>al</strong>la schiena rotta! Povero<br />
Pasc<strong>al</strong>i Luna, da qu<strong>al</strong>e <strong>al</strong>tezza era caduto nel fango! e in<br />
qu<strong>al</strong> fango! Tutti gli potevano sputar in faccia, perché egli<br />
era la vergogna della contrada… la vergogna della contrada!<br />
Quando la moglie entrò nella stanza egli la credette<br />
quasi un’apparizione che continuasse l’intrico delle sue cupe<br />
fantasie. Sollevò appena la testa e aprì gli occhi con aria<br />
dispettosa, come se si avanzasse uno dei sospettati derisori.<br />
La donna sedette in silenzio sopra uno scanno basso,<br />
sfruconò le braci con l’attizzatoio e si sc<strong>al</strong>dò le mani. L’ombra<br />
delle dita adunche si disegnò sul muro, <strong>al</strong>la debole fiamma,<br />
e tutta la persona curva si rifletté mostruosa e fluttuante,<br />
fino <strong>al</strong>la volta. – Ah! che fr… freddo!<br />
Egli sbadigliò clamorosamente in modo che Girominu<br />
si riscosse (e nel sonno sbadigliò anch’esso e mutò fianco)<br />
ma non disse nulla. Aggiunse due bronconacci <strong>al</strong> fuoco, ancora<br />
senza parlare. Fuori s’udiva qu<strong>al</strong>che sospiro di vento.<br />
156<br />
– Non è crepata ancora? – grugnì egli fin<strong>al</strong>mente, dando<br />
una granfiata <strong>al</strong>le legna che fumigavano.<br />
– S<strong>al</strong>vane la creatura, Pascà! – pregò ella, segnandosi.<br />
Tutto quel fumo invadeva occhi, mente e anima, con<br />
pizzicature moleste come di piccoli spilli. I cuori tonfavano.<br />
– Creatura v’è dunque? – richiese egli contorcendosi.<br />
– Un maschio! Dio lo mantenga!<br />
Silenzio anche di luce, perché la fiamma s’era spenta. Il<br />
vecchio soffiò forte, gonfiando le gote, contro una brancata<br />
di stipe che aveva intromesso tra i bronchi.<br />
– Vivo?<br />
– Vivo. Però m<strong>al</strong> vivo!<br />
– Che possa schiattare stanotte; ora!<br />
– Pasc<strong>al</strong>i, sii benedetto! s<strong>al</strong>va l’innocente! Nel nome del<br />
Padre, del Figliolo, dello Spirito Santo!<br />
– Amme! – rispose lui, ghignando nervoso, abbeverato<br />
di veleno.<br />
Zia Francisca prese la corona e si mise a labbreggiare.<br />
Alla stridula risata Girominu si destò e si levò a sedere sul<br />
sacco. Nella scarsa luce e ancora tutto assonnato non ebbe<br />
tosto chiara visione di quanto lo circondava. – Che c’è? –<br />
chiese sbadigliando.<br />
– Che cosa vuoi che ci sia? – ringhiò il padre, prendendosela<br />
ancora col fuoco. – La cagna ha figliato!<br />
– S<strong>al</strong>vo il battesimo, Pascà! – temperava la moglie per<br />
stornare la m<strong>al</strong>a ventura.<br />
– Oh! – esclamò il giovane melensamente, come se si<br />
trattasse d’un affare che non gli premesse. E tacque.<br />
Mai ci fu silenzio più penoso. Nel silenzio s’udì fin<strong>al</strong>mente<br />
il rombo della fiamma, e per la stanza vampò una<br />
grande <strong>al</strong>legrezza di faville d’oro.<br />
Girominu s’<strong>al</strong>zò piano piano e s’accostò <strong>al</strong> focolare. Sedette<br />
sopra la panchetta e guardò la mamma che continuava<br />
a pregare con gli occhi fissi in quello scintillio. – E gli<br />
avete legato l’ombelico <strong>al</strong>… cucciolo? – le chiese accompagnando<br />
le parole con un’occhiata di sangue.<br />
– Non è cucciolo, figlio mio! È un bimbo e sarà cristiano!<br />
– correggeva con molto amore la donna senza mover la<br />
testa.<br />
157
– M<strong>al</strong>edetto sia! – imprecava il figlio. (Ella si segnava<br />
per scongiurare). – Lo dovevate lasciar finire nel sangue.<br />
Dovevate strangolarlo!<br />
Ella gli rivolse un severo sguardo, smettendo di pregare<br />
e suggellando le labbra. – È una creatura innocente! – pronunziò<br />
con solennità. – Avete perduto la testa tutti?<br />
Il vecchio sghignazzò d<strong>al</strong> canto suo, con ironia: – Solo<br />
la testa, abbiamo perduto! –; e Giromìnu, come se una mano<br />
artigliata gli aggranfiasse il <strong>cuore</strong>, fece un movimento<br />
convulso sullo scanno e si levò barcollante. Un sordo mugolio<br />
gli gorgogliava nella strozza, si sfogava in qu<strong>al</strong>che gemito<br />
doloroso. Si avventò fuori contro la notte, come un<br />
demente che non avesse mèta.<br />
Zia Francisca, atterrita a quelle intenzioni truci, lasciò il<br />
marito a vegliarsi da solo tutta la sua pena acerba, e ritornò<br />
a proteggere con la sua presenza il tugurio minacciato.<br />
Il giovane cercava di spengere, immerso nelle tenebre,<br />
tutta la fiamma che gli avvampava nel seno, e di confidare<br />
<strong>al</strong>le rocce tacenti, agli <strong>al</strong>beri abbrividiti ancora da qu<strong>al</strong>che<br />
violenta carezza di vento, a qu<strong>al</strong>che anim<strong>al</strong>e randagio, che<br />
il suo brusco sfrascare snidava d<strong>al</strong> covacciolo, tutto l’atroce<br />
spasimo d’ogni suo senso.<br />
Lo venisse dunque a vedere Caterina Ruoni, che gli<br />
aveva negato la mano, in quell’ebbro delirio di festa! Vedrebbe<br />
come egli mai fosse stato tanto contento come in<br />
quella notte, né a tosature né a smelature, né a raccolti né a<br />
svinature, né a cacce né a cav<strong>al</strong>cate! Vedrebbe come nitriva<br />
selvaggiamente la sua giovinezza, quasi poledra non più infioccata<br />
e ornata e strigliata e benedetta per il p<strong>al</strong>io, ma con<br />
la criniera tagliata e con la coda e le orecchie mozze per<br />
atroce sfregio! Vedrebbe com’egli, grazie a Dio, si preparava<br />
tra i suoni e i canti a celebrar quella santa Pasqua…<br />
Di lì a poche ore, in quel mattino di sabato santo, <strong>al</strong><br />
primo squillo della campana più vicina, d<strong>al</strong>le campagne e<br />
dagli stazzi farebbe eco una gara di fucilate: sonerebbero gli<br />
<strong>al</strong>tri campanili dei villaggi e della città disseminati tra i<br />
poggi e le coste, e tutta l’<strong>al</strong>tura diverrebbe un crepitio: la<br />
pianura lontana risponderebbe con <strong>al</strong>tre campane ed <strong>al</strong>tri<br />
scoppi: quanti cuori si gonfierebbero di gioia, quanti occhi<br />
158<br />
si velerebbero di m<strong>al</strong>inconia… E la capanna di Pasc<strong>al</strong>i Luna,<br />
che gli <strong>al</strong>tri anni in quel giorno animava le canne di<br />
tutti i suoi schioppi di rombi d’<strong>al</strong>legria, come i molossi<br />
sciolgon le gole agli urli di festa quando torna il padrone,<br />
quell’anno resterebbe muta come una sepoltura, come se<br />
qu<strong>al</strong>cuno vi fosse mancato di m<strong>al</strong>a morte! (Eppure, non la<br />
morte, ma la vita vi era entrata!). E i figli di Pasc<strong>al</strong>i Luna<br />
attornierebbero taciturni il focolare d<strong>al</strong>la fiamma smorta, la<br />
mensa del dì solenne cosparsa di s<strong>al</strong>e e d’assenzio, o s’infrascherebbero<br />
come cign<strong>al</strong>i per fuggir la luce e se stessi!…<br />
Che pasqua, diavolo, che pasqua!<br />
Le fronde, scomposte dai suoi sbracci furiosi, si vendicavano<br />
sbattendosi contro la sua faccia come mani schiaffeggianti,<br />
ed egli s’avanzava spronato da tutte le sue torture<br />
verso il più barbaro dei sogni, quello dell’ira impotente, che<br />
rugge tra catene infrangibili. Non poter vendicarsi! Non<br />
poter cacciare una p<strong>al</strong>la nel <strong>cuore</strong> <strong>al</strong>l’avvoltoio ladro e vile,<br />
non poter trafiggere la cagna, soffocare il cucciolo! Dover<br />
sfogare con la notte, coi sassi e coi prunai quell’orribile fuoco<br />
di forze che gli infiammava la persona e lo spingeva innanzi<br />
a smaniare, a sc<strong>al</strong>ciare come una bestia assillante, e<br />
non gli dava pace!<br />
Di quando in quando si fermava per ascoltar l’eco dei<br />
suoi passi che si perdeva nelle gole silenziose; e quel rumore<br />
se lo sentiva ripetere nell’interno come strepito di passi <strong>al</strong>trui.<br />
E il sogno si confondeva con la re<strong>al</strong>tà. «Che fosse lui?<br />
il cane?». La bieca brama gli colorava la visione. Era lui, che<br />
tramava ancora insidie! ed egli si trovava lì per appostare la<br />
volpe che a buio freddo piomba sulla mandra. Non ha indosso<br />
lo schioppo… si slancia diventato cane, e dilania l’insidiosa!…<br />
Uh! Come il <strong>cuore</strong> gli ruggiva a quel fracasso<br />
sordo di zuffa ferina, a quell’ardore di sangue fumante, a<br />
quella vista di carni lacerate! Come s’inebbriava l’animo<br />
suo, nell’appagamento di quella sete infern<strong>al</strong>e, nel riposo di<br />
quelle membra esasperate e rotte!<br />
Però guardava meglio quell’ammasso sanguinoso e sformato<br />
e s’accorgeva che l’uccisa non era la volpe – essa, chi<br />
sapeva in qu<strong>al</strong>i ricche tane si trovasse, sicura e sazia d’<strong>al</strong>tre<br />
prede? uh, diavolo! – sibbene la propria madre, squarciata<br />
159
nel <strong>cuore</strong>… e poi la sorella innocente… e poi Caterina<br />
Ruoni… Esse erano state le sue vittime senza delitto… Ma<br />
no: ch’egli non aveva voluto uccidere le innocenti… aveva<br />
voluto uccidere il cane! il cane e la cagna!<br />
Qu<strong>al</strong>che ruggito che gli sfuggiva lo richiamava un istante<br />
in se stesso. Ma tosto la fiera tempesta lo travolgeva ancora.<br />
Sì, <strong>al</strong>meno la cagna. Piomberebbe sullo stabbiòlo, la scannerebbe<br />
con la creatura: consumerebbe fin<strong>al</strong>mente quella giustizia<br />
così dolorosamente agognata, che i riguardi e le difficoltà<br />
non gli avevano ancora permesso di consumare. La<br />
scannerebbe… e il sangue laverebbe l’onta della famiglia… e<br />
l’atto di giustizia gli riaprirebbe le porte di Niccòla Ruoni, lo<br />
ribattezzerebbe di fronte <strong>al</strong>la gente.<br />
Uccideva la sorella e ne contemplava il cadavere… Accanto<br />
a quel corpo insanguinato s’agitavano due manine,<br />
tinte pur esse di sangue, come se cercassero una carezza… e<br />
nell’abbandono, vagiti dolorosi, miagolii biechi e strani si<br />
udivano… Guardava… ma ancora una volta la morta non<br />
era Spiranza, sibbene Francisca… Oh, diavolo! ma egli non<br />
aveva voluto assassinar la madre… non voleva essere un<br />
mostro matricida! I demoni che gli urlavano in corpo lo ingannavano<br />
dunque per martoriarlo? gli toglievano il senno?<br />
E si cacciava ancora tra le frasche e i sassi, perdutamente,<br />
come un folle rabbioso. Gli pareva già d’esser Caino.<br />
A quell’ora dentro il tugurio consacrato d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>ito della<br />
nuova piccola vita, Mena compiva dinanzi <strong>al</strong> letto di dolore<br />
gli uffici più cari e più soavi della carità fraterna.<br />
L’assistente s’era messa a dormire sopra una vecchia cassapanca,<br />
avvolta in grosse coperte di lana grezza, e russava. Zia<br />
Francisca, dopo aver fatto sorbire <strong>al</strong>la puerpera prima l’uovo<br />
frullato col caffè poi il brodo di g<strong>al</strong>lina, (e in questo non l’aveva<br />
data vinta assolutamente né <strong>al</strong> marito né <strong>al</strong> figlio, che pretendevano<br />
le si apprestasse la broscia dei cani quando avesse<br />
fame!) s’era seduta a pregare con fede nel canto più buio.<br />
Mena s’era messa sulle ginocchia il corbello che conteneva<br />
il neonato, e lo cullava leggermente <strong>al</strong>la muta. Di<br />
quando in quando sollevava una cocca dello sci<strong>al</strong>le nero<br />
che lo copriva, e <strong>al</strong> lume fioco d’un’antica lampada a sego<br />
che pendeva da un cavicchio annerito, (e tutto era nero di<br />
160<br />
fuliggine dentro lo stambugio: i muri sgretolati, il tetto<br />
sconnesso, i pochi mobili sganasciati); contemplava quel visino<br />
roseo che pareva d’oro, su cui si aprivano t<strong>al</strong>ora due<br />
occhietti d’un colore indefinibile, e per vagire una boccuccia<br />
di pet<strong>al</strong>i carnicini. Ad ora ad ora gli metteva tra le labbruzze<br />
il succiolo, e se i lamenti continuavano, si accostava<br />
quel piccolo pennecchio vivo <strong>al</strong>la bocca, e vi <strong>al</strong>itava sopra<br />
mormorando parole e suoni che non si posson scrivere. Pareva<br />
una mammina vera.<br />
Spiranza, d<strong>al</strong> suo letto di pena, le rivolgeva la sua povera<br />
faccia sparuta, già rugosa e incadaverita e i suoi due occhi<br />
infossati e bruciati d<strong>al</strong>le lacrime e da fiammelle zolfigne;<br />
e per quella piccola sorella senz’ira, che, durante tutta<br />
la sua passione disperata, non le aveva mai rivolto una parola<br />
rigorosa e s’era sempre recata <strong>al</strong>la sua prigione di squ<strong>al</strong>lore,<br />
anche di notte, come una ladra, per <strong>al</strong>leggerirle la croce<br />
con le sue angeliche maniere, e farle anche tollerar la<br />
vita, le sue labbra amare avevano una p<strong>al</strong>lida ombra di sorriso,<br />
e il <strong>cuore</strong> trafitto e senz’amore una scintilla d’affetto.<br />
La piccola le rispondeva con la luce del suo sorriso ingenuo,<br />
con lo sfavillio dei suoi occhi buoni, e quando non<br />
poteva frenare l’impeto della gioia che le traboccava, si accostava<br />
<strong>al</strong> letto con quell’essere minuscolo in braccio, e glie<br />
lo mostrava con espressioni d’incanto. – Guarda che amore,<br />
sorella! Che occhi! che bocca! che nasino! che viso! Una<br />
pittura, sorella mia! Il Bimbo di Nat<strong>al</strong>e! il Figlio di Nostra Signora!<br />
Benedetto! benedetto… ah, ah, ah!… Baci<strong>al</strong>o dunque,<br />
Spirà! –. E glie lo avvicinava <strong>al</strong>le labbra, e poi lo baciucchiava<br />
ella stessa.<br />
Zia Francisca lasciava a mezzo l’orazione per fare i suoi<br />
dolci rimproveri: – Figlie mie, non si baciano mai le creature<br />
prima del battesimo! Aspettate che sia battezzata! –. E tornava<br />
a pregare.<br />
Spiranza sospirava, e Mena risedeva. La dolce giovanetta<br />
rimetteva il nipotino nel corbello e lo ninnava con cantilena<br />
sommessa; e quando vedeva che la sorella socchiudeva<br />
gli occhi per dormire e la madre faceva le s<strong>al</strong>utate col capo,<br />
ella, che non aveva sonno e non poteva averne, si perdeva<br />
nelle sue amorose riflessioni.<br />
161
Quando l’avrebbe anch’essa, un angioletto come quello?<br />
Se amava così teneramente un figlio <strong>al</strong>trui, – e qu<strong>al</strong> figlio<br />
poi, Signore benedetto! né desiderato né amato da nessuno,<br />
povero innocente! – quanto amerebbe il frutto del<br />
suo seno! Come lo amerebbe? Non lo sapeva dire perché<br />
non conosceva misura sufficiente. Quando glielo darebbe il<br />
Signore un pegno così caro col qu<strong>al</strong>e potesse saziare pienamente<br />
il suo bisogno infocato di voler bene? Il dottore aveva<br />
domandato già la sua mano, che gli era stata promessa<br />
con esultanza; ma a causa della disgrazia di quella poveretta,<br />
(e guardava la sorella, temendo che le leggesse i pensieri<br />
sulla fronte) il matrimonio non s’era potuto celebrare ancora.<br />
Celebrare però si celebrerebbe: perché il dottore non era<br />
Cat<strong>al</strong>ina Ruoni e comprendeva le cose molto meglio di ziu<br />
Niccòla: non lo pensava, però, per offenderli! Si celebrerebbe:<br />
e quando a Dio piacesse, l’avrebbe tutto per sé, un<br />
amorino come quello, tutto suo, tutto suo, che si succhierebbe<br />
coi baci, e <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e direbbe tutte le sue parole di dolcezza,<br />
e canterebbe le ninne nanne più soavi di G<strong>al</strong>lura, e<br />
cucirebbe i vestiti più belli di tutta la contrada, e comprerebbe<br />
i ninnoli più vaghi… Esso somiglierebbe <strong>al</strong> padre, e<br />
crescerebbe grazioso come l’agnello che il pastore nutre di<br />
pasciona scelta e non lascia mai solo, come arboscello raro<br />
che il giardiniere cura con amore: invidia delle mamme.<br />
Come sarebbe felice con t<strong>al</strong>e tesoro in casa! con quel figlio,<br />
con quel marito! Con quel marito così buono, che se l’era<br />
scelta per compagna, egli così istruito, così distinto, lei così<br />
sempliciona, così ignorante! Oh come sarebbe contenta,<br />
grazie a Dio, come sarebbe contenta!<br />
Però quella sua felicità agognata la spaventò <strong>al</strong>l’improvviso,<br />
a un piccolo fioco gemito della puerpera. La guardò dolorosamente<br />
e vide che gemeva nel sonno. Povera sorella, povera<br />
tribolata! Contro di lei si era scatenato lo sdegno del<br />
Signore! La mamma le diceva ch’ella era stata così colpita per<br />
il suo grave peccato… Però il suo povero <strong>cuore</strong> (nella sua<br />
ignoranza, forse?) sapeva trovar molte difese per quella sventurata,<br />
benché avesse un vero orrore della sua colpa: oh questo<br />
sì, un vero orrore! e rabbrividiva solo a pensarci!…; e le<br />
pareva che la meschina avesse sofferto abbastanza e si fosse<br />
162<br />
già lavata nelle proprie lacrime… O aveva forse torto lei, povera<br />
ignara, che pensava così dei castighi del Signore? Oh, se<br />
così fosse, ch’Egli la perdonasse: ch’ella parlava per non sapere,<br />
e perché l’amava troppo, quella sua poveretta, e nella sua<br />
sciagura molto più di prima. Ed ella lo pregava sempre, il Signore<br />
misericordioso, che volesse aver pietà di quell’infelice,<br />
e le volesse asciugare il pianto che le bruciava gli occhi, e volesse<br />
toccare il <strong>cuore</strong> di quei suoi cari sdegnati e addolorati e<br />
severi, forse! Maria Dolorosa, quante lacrime aveva sparso ella<br />
stessa nel lungo volgere di quei mesi! Il cielo non l’aveva ancora<br />
ascoltata; ma non si stancherebbe ancor di pregare, e ora<br />
speci<strong>al</strong>mente ch’era venuto <strong>al</strong> mondo quell’angioletto innocente,<br />
sperava di non pregare invano… Povero cosino tutto di<br />
rosa, così gracile, e debole, e sventurato anch’esso… A qu<strong>al</strong>i<br />
dolori aprirebbe gli occhi, misero piccolo!<br />
E sfiorava leggermente con le labbra tremolanti quella<br />
faccina vellutata, mentre le fiorivano gli auguri più santi nel<br />
<strong>cuore</strong> fecondo.<br />
Dolce era l’ora, essendo del tutto c<strong>al</strong>mata la bufera e non<br />
udendosi nella notte profonda più che qu<strong>al</strong>che raro murmure<br />
di vento tra le scandule del tetto. Il languore della veglia<br />
disponeva quell’anima amorosa a sempre più delicate visioni<br />
di bontà. Zia Francisca aveva posato la fronte sopra una vecchia<br />
misura di sughero e aveva finito col cedere <strong>al</strong> sonno. Anche<br />
Spiranza e l’assistente dormivano. Ella ancora lottava col<br />
bisogno prepotente di chiudere gli occhi; ad ora ad ora questi<br />
le si chiudevano irresistibilmente, e negli sforzi ch’essa faceva<br />
per riaprirli, anche le ginocchia dondolavano e davano<br />
una cullata <strong>al</strong> corbello. Ma anch’essa <strong>al</strong>la fine fu vinta, e la<br />
capanna restò immersa in un grave silenzio di tregua.<br />
Però, dopo qu<strong>al</strong>che istante, la giovane fu destata di soprass<strong>al</strong>to.<br />
La porta sgangherata del tugurio aveva scricchiolato,<br />
e una figura, imbacuccata in un ampio cappotto d’<strong>al</strong>bagio,<br />
si dirigeva volpinamente verso di lei camminando sulla<br />
punta dei piedi. Ella forse credette che il suo sogno continuasse,<br />
perché non si spaventò né si mosse: anzi rinchiuse le<br />
p<strong>al</strong>pebre, che erano veramente aggravate; e l’ombra s’avanzò<br />
leggera, e tese il braccio verso la creatura. Al lieve moto del<br />
canestro ella ebbe un sussulto e sbarrò gli occhi.<br />
163
La figura aveva preso proporzioni gigantesche, confusa<br />
com’era con la propria ombra che si proiettava sulla parete<br />
nera e danzava <strong>al</strong> riflesso tremolante della fiammella della<br />
lampada: ed essa, non potendosi dominare, gettò un grido,<br />
e instintivamente si trasse con violenza <strong>al</strong> seno il tesoro minacciato.<br />
La granfia ladra volle un’<strong>al</strong>tra volta ghermire il<br />
neonato, e <strong>al</strong>lora una lotta sorda s’impegnò tra i due.<br />
Il grido aveva destato le <strong>al</strong>tre dormienti; anche Spiranza,<br />
che si rizzò a sedere sul letto come una forsennata. Il<br />
braccio assassino, un braccio di bronzo, aveva attanagliato<br />
le pezze e le fasce, e tirava; ma Mena, che con un braccio si<br />
stringeva <strong>al</strong> petto il nipotino che vagiva, con l’<strong>al</strong>tro obbligava<br />
l’ass<strong>al</strong>itore a star incollato con la schiena contro la sponda<br />
del giaciglio che scricchiolava e si sganasciava. La mano<br />
della puerpera, quasi nello stesso tempo, l’abbrancava per il<br />
cappuccio e lo rovesciava supino: indi ambe le povere mani<br />
artigliate l’aggranfiavano <strong>al</strong>la gola con spasimo, e glie la<br />
stringevano con forza esasperata. Zia Francisca si precipitò<br />
sul groviglio umano, gridando con orrore, urlando: – Figli!<br />
figli miei! Girominu, ah! Girominu!<br />
Il nome fece r<strong>al</strong>lentar la morsa di quelle branche feline, e<br />
il giovane, scarmigliato e furente, si rizzò con gli occhi fuori<br />
dell’orbite: le vene del collo arrossato s’eran gonfiate, il petto<br />
nudo (il bottone della camicia essendo stato strappato) appariva<br />
solcato di graffiature sanguinanti. Dopo un momento,<br />
dato un crollo a tutta la persona tormentata da un orribile<br />
tremito di furore, fece per slanciarsi ruggendo contro la sorella<br />
minore, che s’era rifugiata in un canto. Ma la madre s’aggrappò<br />
a lui con tanta forza cieca, ch’egli non poté scoterla;<br />
la trascinò per pochi passi con ringhi di mastino in catene;<br />
ma infine le grida amorose si aprirono un varco in quel <strong>cuore</strong><br />
inselvatichito d<strong>al</strong>l’ira, e ogni forza gli venne meno. Si ricacciò<br />
il cappuccio sul capo diventato tutto una vampa, si morse le<br />
dita a sangue, b<strong>al</strong>zò verso la porta, fuggendo. Il suo ululo<br />
femminile d’onta e di rabbia e di cordoglio si perdeva nelle<br />
tenebre quiete e misteriose, come lamento di belva affamata<br />
a cui vien contesa la preda: e gli rispondeva nella capanna il<br />
gemito angoscioso della novella madre che si sveniva, il lacerante<br />
singhiozzo delle <strong>al</strong>tre anime in pena.<br />
164<br />
Così quell’<strong>al</strong>ba di vita spuntava tra rossi vapori di fuoco<br />
e sangue, e aveva per canto augur<strong>al</strong>e schianti di cuori dilaniati<br />
e furibonda monodia di prefiche.<br />
E poche ore più tardi, in un pieno sfolgorio di sole,<br />
tutta l’<strong>al</strong>tura era un trionfo di scampanii festosi, di rombi,<br />
di squilli, un osanna di risurrezione.<br />
Alcuni giorni dopo Spiranza, rimasta sola nella sua carcere,<br />
(la severità degli uomini non consentiva <strong>al</strong>le donne di<br />
tenerle assidua compagnia) ninnava la sua creatura nella<br />
misera gione di sughero. 2<br />
Zia Francisca, quando s’era trattato di procurare la culla<br />
<strong>al</strong> nipotino, aveva fatto riveder la luce <strong>al</strong>la vecchia culla di<br />
famiglia, tutta istoriata di simboli e figure, e tutta gloriosa<br />
di molte infanzie ristorate e deliziate; l’aveva fatta pulire e<br />
quasi mettere a nuovo.<br />
Ma quando se n’era accorto il vecchio, s’era sentito un<br />
diavolo per capello, s’era rizzato in tutta la sua maestà sfolgorante,<br />
e aveva fatto tremar la piccola Mena che si apprestava<br />
a portar l’arnese <strong>al</strong>lo st<strong>al</strong>luccio. – Lasci<strong>al</strong>a lì! – aveva gridato.<br />
– Codesta è una culla onorata, che ha ricevuto sempre dei<br />
cristiani! Non dev’essere ora insozzata da un bastardo!<br />
– Marito mio, – aveva supplicato la vecchia a mani giunte,<br />
– anche l’innocente sarà cristiano…<br />
– Non c’è marito mio di sorta! Gli prepari la cuccia come<br />
a un cane. È un bastardo: perciò poco diverso da un<br />
cucciolo!<br />
– Dio t’illumini e ti tocchi il <strong>cuore</strong>! – aveva concluso la<br />
buona donna, rassegnandosi; e zio Pasc<strong>al</strong>i aveva bofonchiato,<br />
inflessibile.<br />
Spiranza seduta sopra un piccolo dado di sughero, moveva<br />
la rozza gione col piede, e non trovava nella sua mente la<br />
ninna nanna per la creatura. La sua memoria era tutta piena<br />
del passato e non c’era posto per ricordi gentili, per imagini<br />
radiose di liete speranze. Anche il cucito le stava abbandonato<br />
2. Recipiente rusticano, mezzo cilindrico, con due fondi, senz’arcioni,<br />
che i vignaioli adoperano per il trasporto delle uve nelle vendemmie.<br />
165
sul grembo, e quando la mano macchin<strong>al</strong>mente sollevava l’ago,<br />
le restava sospesa in aria e poi le ricascava di peso morto come<br />
se la gugliata se l’attirasse. E i suoi occhi erano fissi in lontananze<br />
buie o rischiarate da rossori foschi.<br />
Tutto ricordava in quell’ora, che per ogni madre è un sogno<br />
di letizia; tutto ciò ch’ella aveva patito dopo l’atroce momento<br />
in cui la sua sventura era stata conosciuta, per tutti<br />
quei mesi di tortura senza nome, d’anima e di corpo. I ruggiti<br />
di furore, i gridi besti<strong>al</strong>i, le rampogne taglienti come lame, gli<br />
insulti roventi come spiedi infocati, le m<strong>al</strong>edizioni rabbiose,<br />
gli scherni degradanti, gli urti, le percosse, gli sputi; tutto il<br />
fiero e barbaro trattamento di quei giustizieri accesi e incrudeliti<br />
d<strong>al</strong>la passione, le stava fisso nel <strong>cuore</strong> come un chiodo.<br />
L’avevano trattata come una bestia da lapidare: l’avevan<br />
presa per le trecce e trascinata sul pavimento, solcata di lividi<br />
con c<strong>al</strong>ci, pugni e schiaffi, graffiata e addentata, buttata<br />
sulla spazzatura come un cencio lordato. Ed ella aveva sofferto<br />
con pazienza, aprendo solo la fontana inesauribile del<br />
suo pianto, senza una parola, tutta rassegnata, pregando anzi<br />
in cuor suo che la umiliassero e opprimessero ancor di<br />
più, se fosse stato possibile, perché si conosceva colpevole,<br />
colpevole, orribilmente colpevole. S’era sempre raggomitolata<br />
come una cagna percossa, accucciata nel canto dell’immondezza,<br />
gemendo in silenzio, inghiottendo tutto il suo<br />
sconforto come gorgate amare.<br />
E ciò che più le aveva trapassato il <strong>cuore</strong> era stata la pena<br />
della buona madre e della dolce sorella. Le loro occhiate<br />
mute, così tristi, così tristi, erano stati per lei veri stili acuminati<br />
che le avevano ricercato le fibre. Essa che aveva resistito<br />
agli oltraggi violenti dell’ira, che avrebbero abbattuto<br />
una leonessa, non aveva potuto resistere a quello strazio indicibile,<br />
e s’era avvoltolata come un ossesso, figgendosi nelle<br />
carni le unghie aguzze, scarnificandosi le ginocchia col<br />
trascinarsi sul pavimento scabro come un’antica penitente,<br />
annientandosi sotto il peso insopportabile dell’ignominia.<br />
Come l’avevano perseguitata quegli sguardi così dolci, quelle<br />
due care facce contristate; il suono mesto di quelle parole<br />
così amabili, la tristezza di quei sorrisi, la squisitezza di quei<br />
tratti! Tutto ciò per lei era stato più straziante che non il<br />
166<br />
martirio della carne… e la persecuzione di quel ricordo le<br />
aveva spremuto dagli occhi le sue lacrime più ardenti e d<strong>al</strong><br />
seno i suoi urli più desolati.<br />
Un <strong>al</strong>tro fantasma le aveva tenuto assiduamente compagnia<br />
in tutti quei mesi interminabili di supplizio: il fantasma<br />
caro e <strong>al</strong>lo stesso tempo esecrato del seduttore: (e nella orribile<br />
contraddizione consisteva appunto tutta la violenza della<br />
doglia che le scindeva in due barbaramente il <strong>cuore</strong>). Egli<br />
veniva ora circonfuso di luce per emanare ancora intorno<br />
tutto il suo incanto e per destare nell’anima sua, per attimi<br />
fuggevoli, tutte le delizie delle <strong>al</strong>be d’<strong>al</strong>tri tempi, con brividi<br />
d’oblio che l’avrebbero compensata di secoli di torture; ora<br />
deformato d<strong>al</strong>la più ributtante laidezza, coperto dell’orrendo<br />
fardello di tutte le sue colpe, avvolto da tutte le sue penombre,<br />
spirante ribrezzo da ogni poro, per immergerla in vortici<br />
di fiamme e farle soffrire tutte le pene del purgatorio. E l’anima<br />
sua era stata miserabile trastullo di quegli occhi quando<br />
stelle di cielo e quando braci d’inferno, di quella voce or<br />
melodia di carezza rapitrice ed estasiante or beffa piagante a<br />
sangue, di quel sorriso or raggio di sole or ghigno di demonio;<br />
e tutta la sua vita, nella sua veglia e nel suo sonno, nel<br />
suo riposo e nella sua fatica, in ogni suo respiro e in ogni<br />
suo moto, era stata illuminata o contaminata e amareggiata<br />
da quella odiosa eppur adorabile presenza, che in ogni modo<br />
l’aveva fatta soffrire, ineffabilmente soffrire.<br />
Tutto ricordava: ma ciò che le aveva lasciato più profonda<br />
piaga nell’anima era stato il pericolo che aveva corso di<br />
morire senza confessarsi e di presentarsi <strong>al</strong> Signore macchiata<br />
di quel tremendo peccato. Giacché, per quanto i primi giorni<br />
di quella disperata condizione avesse desiderato con ardente<br />
brama la morte, e avesse anche, in quel momento più<br />
nero e più angoscioso, ideato di procurarsela, tuttavia, sostenuta<br />
d<strong>al</strong>la religione, ai cui principi la buona madre continuamente<br />
la richiamava, ella aveva ben riflettuto e s’era disposta<br />
a espiare la sua colpa in un continuo tremore della sua perdizione:<br />
e c’era mancato poco ch’ella eternamente si perdesse.<br />
Un giorno che la madre e la sorella si trovavano lontane e<br />
la fattoria era sola, si era presentato improvvisamente <strong>al</strong>la porta<br />
dello st<strong>al</strong>luccio il padre, severo sì, ma non così rannuvolato<br />
167
in volto né crucciato come <strong>al</strong> consueto. Era entrato in silenzio,<br />
s’era seduto in un canto, e dopo qu<strong>al</strong>che minuto che le<br />
era parso eterno, tanto il <strong>cuore</strong> le martellava, le aveva tenuto<br />
un discorso assai serio intorno <strong>al</strong>la rovina della famiglia e <strong>al</strong>la<br />
necessità assoluta di cercare ogni mezzo per impedirla. Le aveva<br />
detto che egli avrebbe potuto servirsi del mezzo più facile,<br />
del qu<strong>al</strong>e si servivano i maggiori: prenderla in groppa per menarla<br />
<strong>al</strong>la festa, e lasciarla nella v<strong>al</strong>le col petto aperto da una<br />
p<strong>al</strong>la o trafitto da una pugn<strong>al</strong>ata. Però egli non voleva imbrattarsi<br />
le mani nel sangue caro di sua figlia, per quanto sangue<br />
macchiato. Pretendeva però da lei un sacrifizio, un piccolo sacrifizio.<br />
Mentre ancora l’onta non era p<strong>al</strong>ese, si recasse con lui<br />
presso la fattucchiera della v<strong>al</strong>le, che colei le avrebbe procurato<br />
il rimedio efficace per il suo m<strong>al</strong>e.<br />
Ella s’era contorta, presentendo non sapeva qu<strong>al</strong>e sventura;<br />
ma avendo rivolto di sfuggita lo sguardo in viso <strong>al</strong> padre,<br />
l’aveva visto repentinamente farsi così oscuro, così corrucciato<br />
nell’istante dell’attesa, ch’ella si era decisa a seguirlo.<br />
Avevano camminato l’uno dietro l’<strong>al</strong>tro per il sentiero<br />
più nascosto, sebbene più lungo, taciturni e pensierosi con<br />
una fiera tempesta nell’animo. Il padre s’era fermato due o<br />
tre volte nei siti ove le macchie erano più dense e l’ombra più<br />
opaca e il silenzio più cupo: s’era voltato verso di lei quasi per<br />
dirle non sapeva che cosa, ma s’era veduto che lottava, non si<br />
decideva a pronunziare ciò che aveva nell’intenzione: aveva<br />
finito col chiederle, ogni volta, se si sentisse stanca.<br />
Giunti <strong>al</strong> bosco più folto, egli s’era fermato sul ciglio<br />
d’un precipizio, in fondo <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e rumoreggiava il torrente.<br />
Non si vedeva anima viva: non giungeva <strong>al</strong> loro orecchio<br />
più che qu<strong>al</strong>che muglio di vento o qu<strong>al</strong>che lagno di gazza.<br />
Sembrava il regno del silenzio.<br />
Ella era stata scossa da un brivido violento nel vedere il<br />
padre seduto sopra l’orlo dell’abisso, e sporgersi di quando in<br />
quando sulla voragine come per misurarne la profondità e il<br />
terrore, e farle cenno col capo e con le mani d’accostarsi e di<br />
sederglisi a fianco. Si era accostata non sapeva come, s’era seduta,<br />
s’era sporta anch’ella per guardare nel fondo aggrappata<br />
<strong>al</strong>la giacca del babbo. Non aveva visto nulla di distinto: le<br />
era sembrato di scorgere nel buio un brulichio di fantasmi<br />
168<br />
che la chiamassero con gestacci osceni, e aveva solo udito lo<br />
scroscio dell’acqua impetuosa, che pareva una beffa.<br />
Là, in cima a quell’<strong>al</strong>tana della morte, egli le aveva tenuto<br />
il terribile discorso senza guardarla: – Figlia mia, la nostra<br />
casa è caduta! Vedi: siamo tutti segnati in fronte con una<br />
macchia che non si può lavare… È meglio morire… A me<br />
non basta l’animo di vivere… E a te, figlia mia?<br />
Aveva atteso sprofondando la sua anima desolata nel tenebrore<br />
con gli sguardi sbarrati.<br />
Ella non aveva potuto rispondere, attanagliata come era<br />
<strong>al</strong>la gola da branche che non la lasciavano respirare: e s’era solo<br />
scostata da lui istintivamente, diventata tutta un tremito.<br />
Egli aveva continuato a parlare con parole ch’ella non<br />
sapeva più ripetere, ma che le erano penetrate tutte come<br />
punte di stocchi nel <strong>cuore</strong>; e le aveva descritto tutto il suo<br />
cordoglio, tutte le notti insonni e i giorni di febbre, e la sua<br />
mente oscurata, e il suo povero <strong>cuore</strong> tutto morto, e il suo<br />
povero sangue tutto rovente, e tutta la sua vita avvelenata.<br />
– Come vivere ancora così, coi miei sessant’anni? No, figlia<br />
mia, non ne ho più la forza: non ho più il coraggio d’affrontar<br />
la vergogna… È meglio morire…<br />
Aveva pianto come un bimbo, e il singhiozzo miserabile<br />
del povero vecchio aveva risonato lugubremente insieme con<br />
gli sghignazzamenti delle gazze. Oh Signore! come le aveva<br />
squarciato le viscere quella vista: come le sembravano accese<br />
quelle lacrime che rigavano il volto rugoso e venerando, come<br />
le sembravano amareggiate quelle labbra che tremolavano…<br />
In un momento di debolezza disperata, ella si era avvinta<br />
a lui (e mai forse l’aveva amato come in quell’istante) e gli<br />
aveva mormorato <strong>al</strong>l’orecchio: – Sì, padre mio! È meglio morire!<br />
–. Ma poi, in un b<strong>al</strong>eno, aveva avuta la visione lacrimevole<br />
dei loro poveri corpi ruzzolanti tra i crepacci, precipitanti<br />
a v<strong>al</strong>le, ridotti uno sfasciume di membra lacerate, insanguinate<br />
e aggrovigliate nello spasimo di morte, dilaniati dagli artigli<br />
degli avvoltoi che avrebbero guidato i loro cari <strong>al</strong>la scoperta<br />
terribile e dolorosa, quando di essi due non rimarrebbe più <strong>al</strong>tro<br />
che le ossa nude e spezzate. Aveva anche, in un attimo di<br />
luce intensa, veduto la sorte miseranda delle due anime trascinate<br />
<strong>al</strong> delitto in quel deplorevole stato d’obbrobrio e di colpa,<br />
169
precipitare in un abisso ben più spaventoso di quello dei corpi,<br />
e per sempre! Si era ribellata, inginocchiata là sull’<strong>al</strong>tura<br />
come vittima sopra un <strong>al</strong>tare; aveva abbracciato le gambe del<br />
babbo spasimosamente, dimentica del pericolo di piombare<br />
nel vuoto che l’attirava, sciogliendosi in pianto.<br />
Egli non parlava, ma continuava a singhiozzare, faceva<br />
di no con la testa, di no, di no; e il petto gli si sollevava, gli<br />
si schiantava come se dentro gli fosse scoppiato il <strong>cuore</strong>. –<br />
Figlia mia! – aveva ripetuto molte volte. – Dobbiamo morire!<br />
Morire dobbiamo… disponi l’anima tua <strong>al</strong>la morte!<br />
Ella s’era sentita tutta bruciare, diventata tutta un dolore<br />
d<strong>al</strong> capo <strong>al</strong>le piante; tutto le aveva girato intorno come<br />
in un turbine di vento: il bene e il m<strong>al</strong>e, la luce e le tenebre,<br />
il godimento e la tristezza… In quell’attimo supremo<br />
le si era presentato dinanzi agli occhi dello spirito tutto ciò<br />
che la vita ha di bello e di desiderabile, e aveva sentito una<br />
brama disperata di attaccarsi ancora <strong>al</strong>l’esistenza per quanto<br />
l’avvenire le si annunziasse oscuro e tribolato… Quanto<br />
aveva sofferto in quel punto! Ella credeva che sarebbe bastato<br />
quel momento solo per farle espiare qu<strong>al</strong>siasi peccato.<br />
Pure, credendo necessario il sacrifizio, s’era rizzata tremante<br />
dinanzi <strong>al</strong> vecchio che si ostinava a richiederlo, e con voce<br />
d’oltre tomba gli aveva detto: – Padre, se la morte è indispensabile,<br />
datemela: io la merito… Ma voi perché morire?<br />
Voi non avete peccato! Eccomi: spingetemi con la mano<br />
che m’ha spezzato tante volte il pane e mi ha carezzato il viso<br />
e la testa, quand’ero fanciulla innocente… piombatemi<br />
nel mio destino… Ma voi, no, non dovete morire!<br />
Il padre, intenerito, aveva gettato un urlo e scrosciato in<br />
più miserabile pianto; ma non aveva cessato di far di no col<br />
capo, inesorabilmente: – Tutti due dobbiamo morire, figlia<br />
mia! –. Indi s’era picchiato il petto, segnato con la croce varie<br />
volte: aveva chiesto a Dio perdono dei suoi peccati a voce<br />
<strong>al</strong>ta, che echeggiava a v<strong>al</strong>le come lamento di sepolto vivo,<br />
e tenendo le braccia avanti come per placare tutti gli esseri<br />
della foresta, che si levassero per accusarlo.<br />
Allora essa si era messa a gridare, afferrando istintivamente<br />
e tenacemente l’amato vecchio, per impedirgli a ogni<br />
costo l’esecuzione del mostruoso disegno; e le sue grida<br />
170<br />
rimbombavano nella cupezza del v<strong>al</strong>lone animando di paura<br />
tutta la solitudine. Ma egli si era dibattuto, aveva minacciato<br />
d’anticipar la caduta della massa umana con la sua<br />
violenza cieca. Ancor pochi istanti, ed ella si sarebbe sfracellata<br />
con lui, là, in quella bocca d’inferno… O Signore!<br />
Ella non sapeva più dire che cosa avesse provato in<br />
quell’attimo in cui la morte le era dinanzi spaventosa, atroce:<br />
quando se ne ricordava, i capelli le si rizzavano ancora<br />
in testa, e sudava freddo!<br />
Chi li aveva s<strong>al</strong>vati? Non sapeva dirlo. Ricordava solo che<br />
quando esso aveva creduto d’aver l’anima disposta a compiere<br />
il disperato passo e l’aveva già avvinghiata, lei, già morta prima<br />
di morire, per fare insieme il s<strong>al</strong>to nel precipizio; quando<br />
aveva già gridato rocamente <strong>al</strong> cielo: – Signore, misericordia! –;<br />
quando già…; <strong>al</strong>tre grida <strong>al</strong>tissime s’erano sentite per la foresta:<br />
grida d’un petto caro: – Pasc<strong>al</strong>i! o Pasc<strong>al</strong>i!…<br />
Il vecchio aveva <strong>al</strong>libito, come se gli fosse venuto un richiamo<br />
di là d<strong>al</strong> sepolcro, e aveva <strong>al</strong>lentato le braccia, lasciando<br />
libera la preda; e pochi momenti dopo, la madre<br />
s’era precipitata urlando e coi capelli scarmigliati sopra quello<br />
scoglio m<strong>al</strong>edetto, e li aveva strappati <strong>al</strong>la morte! A pochi<br />
passi seguiva Mena, piangente, con le vesti lacere dai bronchi<br />
e dai pruni. La vecchia li aveva tenuti stretti con vigoria<br />
esasperata, continuando il suo clamore scomposto, che gli<br />
echi ripetevano… Il babbo continuava a singultare e le <strong>al</strong>tre<br />
donne a piangere… Che ora di purgatorio! Non la voleva<br />
neppur ricordare…<br />
Così era stata s<strong>al</strong>vata da m<strong>al</strong>a morte: ma quei momenti<br />
di disperazione le avevano abbreviato la vita, le avevano imbiancato<br />
molti capelli, a vent’anni!<br />
La sventurata si passava la mano sulla fronte quasi per<br />
astergere il sudore agghiacciato che sentiva ancora scorrere<br />
come le era scorso nell’istante d’agonia; e <strong>al</strong>lora anche il<br />
piede che moveva la rustica culla s’arrestava, e l’oblio intenso<br />
l’avvolgeva. Poco dopo però, a un vagito della creatura,<br />
veniva scossa da un sussulto e ritornava in sé. S’era dimenticata<br />
del suo tesoro, povera sconsolata e sconvolta, per volare<br />
con la mente a quelle pene che sperava la purificassero,<br />
e quella vocina di lamento la richiamava <strong>al</strong>le brevi sue<br />
171
gioie. Prendeva il figlioletto nel grembo e gli dava il latte,<br />
cullandolo sulle ginocchia.<br />
Tutta la sua ricchezza era là, ora, concentrata in quel cosino<br />
p<strong>al</strong>pitante senza parola e senza riso, tutto occhietti e<br />
tutto boccuccia, con cui se la divorava, povera mamma sua<br />
ch’era stremata dai patimenti e non poteva nutrirlo come<br />
avrebbe voluto! Ella non aveva nulla <strong>al</strong>l’infuori di lui…: e a<br />
lui non poteva dare più che se stessa! Quanto l’amava però<br />
quel frutto del suo seno, e quanto avrebbe voluto dargli! Per<br />
i suoi desideri era misera cosa una reggia con muri d’oro e<br />
sc<strong>al</strong>e d’oro, e letti, mobili e culla d’oro… Invece gli aveva<br />
fatto aprir gli occhi in uno stabbiòlo che aveva veduto tante<br />
nascite di porcelli e non di cristiani, e udito tanti grugniti di<br />
mai<strong>al</strong>i, e contenuto tante immondezze; invece lo cullava in<br />
una gione come i più miserabili e lo involgeva in rozzi panni…<br />
Povero figlioletto suo, che era come il povero Bambinello<br />
nella grotta in mezzo agli anim<strong>al</strong>i, senza che la madre<br />
avesse pezze e fasce per ripararlo d<strong>al</strong> freddo! Povero figlioletto<br />
senza nulla, povero come Gesù, povero povero!<br />
Lo guardava amorosamente mentre esso succhiava, e<br />
chi sa qu<strong>al</strong>i sogni si presentavano <strong>al</strong>la sua fantasia mentre<br />
contemplava quelle fattezze che le incatenavano la vista.<br />
Qu<strong>al</strong>e sarebbe la via ch’egli dovrebbe percorrere? Irta di spine<br />
o sparsa di fiori? inondata di sole o avvolta di nembi?<br />
viottolo storto o strada maestra? Non lo sapeva, povera donna:<br />
oh, se Dio esaudisse i desideri delle madri!<br />
Ma Dio non poteva esaudire i voti d’una peccatrice! Ella<br />
s’era confessata, è vero, prima del parto: confessata e comunicata;<br />
e sperava che il cielo le avesse perdonato… Ma se le<br />
aveva anche perdonato, non poteva appagare i suoi desideri<br />
perché essa non meritava tanto, e perché, d’<strong>al</strong>tra parte, i suoi<br />
desideri erano esagerati. La compatisse il Signore, se ella peccava<br />
nell’amor suo. Ella peccava non per sé, ma per lui.<br />
Per lui, ch’ella vorrebbe buono, amoroso e felice, <strong>al</strong>levato<br />
in modo che un giorno non avesse a rimproverarle con<br />
parole roventi il grave torto d’avergli dato una vita di vergogna<br />
e di dolore. Voleva che la Provvidenza lo compensasse<br />
di quella nascita miserabile, che non gli facesse scontare<br />
un peccato <strong>al</strong>trui e gli concedesse la forza di dimenticarsene<br />
172<br />
egli stesso e di farlo dimenticare. Che se era scritto che quel<br />
poveretto doveva essere disgraziato, chiederebbe d<strong>al</strong> cielo<br />
un’<strong>al</strong>tra grazia: che gli venissero troncati i giorni mentr’era<br />
ancora in cuna, per risparmiare a lui un mare di lacrime, e<br />
a lei un <strong>al</strong>tro c<strong>al</strong>vario più penoso di quello che già aveva<br />
percorso. Le verrebbe concessa t<strong>al</strong>e grazia ch’ella chiedeva<br />
in ginocchio davanti a quell’innocente, anche a prezzo della<br />
propria s<strong>al</strong>ute e della propria vita? Oh sì: ella sperava che le<br />
verrebbe concessa…: sperava anzi che il Signore spargerebbe<br />
fiori e gioie sulla sua via… Chi avrebbe coraggio, infatti,<br />
di martoriare quell’agnelletto senza macchia?<br />
Lo baciava con intensa tenerezza e continuava a contemplarlo<br />
col <strong>cuore</strong> inondato di <strong>al</strong>legrezza.<br />
Ed ecco che udì risonare sullo spiazzo un passo che le<br />
interruppe le dolci visioni. E poco dopo vide presentarsi <strong>al</strong>la<br />
porta la fattucchiera della v<strong>al</strong>le con la solita bisaccia indosso<br />
e con le vesti a brandelli, la qu<strong>al</strong>e picchiò col bastone<br />
e brontolò con cantilena: – La limosina <strong>al</strong>la povera vecchia,<br />
buoni cristiani!<br />
Spiranza fu presa da vero terrore, a quella vista. Le tornò<br />
a mente la tremenda profezia di quel giorno lontano e tremò<br />
tutta. – Dio ve ne dia, zia M<strong>al</strong>tì! – b<strong>al</strong>bettò. – Io non ho nulla,<br />
poveretta! Andate: vi daran qu<strong>al</strong>cosa da mia madre… Perché<br />
siete venuta, qui? Non venivate mai!<br />
– Son venuta perché mi hanno detto che hai un figlio,<br />
p<strong>al</strong>ma vera, e vorrei vederlo… Non glie lo mostri il tuo tesoro<br />
<strong>al</strong>la povera vecchia?<br />
La giovane madre la guardò con occhi str<strong>al</strong>unati e vide<br />
che quella tremava di desiderio. Il suo terrore crebbe, e per<br />
istinto coprì il poppante col grembi<strong>al</strong>e e lo protesse con le<br />
braccia. Come le scoppiava il <strong>cuore</strong>! Se glie l’affatturava? Se<br />
glie lo uccideva? – Andate, zia M<strong>al</strong>tì! – supplicò. – Per Gesù<br />
morto in croce! per Maria Addolorata! Per tutti gli Angeli<br />
e i Santi!<br />
– Non temere, figlia mia! – assicurò la strega. – Per la<br />
passione di Nostro Signore, io non farò nulla di m<strong>al</strong>e <strong>al</strong>la<br />
creatura. Lasciami entrare, Spirà. Ti svelerò l’avvenire!<br />
La mamma sbarrò ancora gli occhi, colpita da improvviso<br />
desiderio. Che la grazia cominciasse a venirle concessa?<br />
173
Ma tosto la paura riapparve, e sospettò un’insidia. – Per<br />
Nostra Signora bella, zia M<strong>al</strong>tì! E se è peccato?<br />
– Per Nostra Signora, Spirà. Giuro. Lasciami entrare.<br />
– Entrate, <strong>al</strong>lora! – biascicò. Le si strinse il <strong>cuore</strong> e le<br />
parve che la vecchia le camminasse sopra la persona.<br />
La megera rotò gli occhi in giro e s’avanzò barcollando.<br />
– Lasciami toccare codesta bella creatura: mi hanno detto<br />
che è sana, e veramente bella…<br />
Spiranza sputò sul figlio per il solito scongiuro, e con<br />
voce piagnucolosa supplicò: – Dite «che Dio la benedica!».<br />
– Non m’hai lasciato finire, figlia mia. Che Dio la benedica!<br />
Prese il bimbo tra le braccia tentennanti e cominciò a osservarlo<br />
bene d<strong>al</strong> capo ai piedi, tastandone le piccole membra<br />
sotto le pezze, figgendo quei suoi piccoli occhi aguzzi,<br />
come se volesse leggere entro le viscere, raggrinzando ancor<br />
più la vecchia pelle del suo visaccio bronzino e aprendo le<br />
labbra gi<strong>al</strong>le a certi suoi sorrisi, che facevano rabbrividire la<br />
madre. – Dio te lo conservi, Spirà. Prevedo una bella vita,<br />
Dio voglia… Ma non ci vedo molto chiaro, così. Ho bisogno<br />
di un bicchiere di crist<strong>al</strong>lo per poter leggere in fondo <strong>al</strong>l’acqua…<br />
– Non ho bicchiere di crist<strong>al</strong>lo! – disse desolata la giovane.<br />
– Almeno di vetro…<br />
– Neanche di vetro, zia mia!<br />
La vecchiaccia parve contrariata e i lineamenti del suo<br />
volto si contrassero in una smorfia che lo deturpò diabolicamente.<br />
Il brivido di Spiranza divenne più glaci<strong>al</strong>e.<br />
– Va dunque a casa di tua madre e fattene prestar uno!<br />
– No! – gridò sommessamente l’infelice, come se l’avessero<br />
accoltellata. E <strong>al</strong>l’esclamazione di stupore che fece la megera<br />
scand<strong>al</strong>izzata di tanta risolutezza, abbassò la testa, e spiegò<br />
con voce fioca: – Non mi presterebbero nulla! –. Invece ella<br />
temeva, che lasciando là sola la donna terribile con la sua<br />
creatura, quella avrebbe avuto tutto il tempo di farle tutto il<br />
m<strong>al</strong>e che avesse voluto. – No, no! – ripeteva sussultando.<br />
Allora zia M<strong>al</strong>tina dovette contentarsi dell’attingitoio di<br />
sughero che g<strong>al</strong>leggiava sull’acqua del tinello. Rese <strong>al</strong>la madre<br />
la creaturina e cominciò il suo oroscopo.<br />
174<br />
S’era accoccolata nel canto più buio vicino <strong>al</strong>la sua bisaccia<br />
gonfia di stiacciate, e diguazzava l’acqua nel rozzo recipiente,<br />
labbreggiando in silenzio, con gran mistero. Poi<br />
posava il vaso sopra uno scanno, e quando l’acqua si era<br />
fermata, si faceva il segno della croce e s’accingeva a guardarvi<br />
dentro, non smettendo di scongiurare.<br />
La madre l’osservava d<strong>al</strong> canto opposto, seduta immobile<br />
nella mezza tenebra, con gli occhi enormemente aperti, col<br />
viso bianco come le pezze dell’angioletto suo, che si stringeva<br />
<strong>al</strong> petto con istintivo intento di protezione: e aveva una orribile<br />
paura di quella donnaccia sinistra, che le aveva fatto sempre<br />
m<strong>al</strong>e e glie ne farebbe sempre, che aveva ora in sua b<strong>al</strong>ia le<br />
sorti di quel suo tesoro così debole, e così piccino, e povero…,<br />
e si servirebbe del suo sciagurato potere per seminargli<br />
la via di spine e di sventure. La guardava con orrore sempre<br />
crescente, mentre quella continuava il suo barbaro rito esprimendo<br />
sul volto incartapecorito con <strong>al</strong>ternativa di nuvolo o<br />
di sereno le diverse impressioni che le passavano nell’animo; e<br />
avrebbe voluto slanciarsi su di lei come una fiera per strapparle<br />
tutto di mano, rovesciarla sul pavimento, c<strong>al</strong>pestarla, soffocarla.<br />
Però un terrore superstizioso la vinse. «E se colei le leggesse<br />
nella mente questi pensieri di ostilità? Non abuserebbe<br />
della sua m<strong>al</strong>ìa? O Signore, che donna terribile!».<br />
Pensò di placare la sorte con desideri c<strong>al</strong>mi, con intenzioni<br />
di carità: pensò <strong>al</strong> pane e ai pochi soldi che le darebbe. Anzi,<br />
per propiziarsi il destino, andò piano piano <strong>al</strong>la cassapanca e<br />
ne cavò le stiacciate, quasi per metterle in mostra, e fece tintinnare<br />
il danaro nella saccoccia come se volesse adescare un mostro<br />
con l’offa e amm<strong>al</strong>iarlo coi suoni. Toccò anche la corona.<br />
Giusto in quel punto l’orrida sacerdotessa stava per aprir<br />
la bocca per dire certo qu<strong>al</strong>cosa di solenne, di grave, di triste,<br />
a giudicare d<strong>al</strong>la facciaccia rannuvolata. Ma <strong>al</strong>la vista dei<br />
donativi ringhiottì tutto, e riguardò lo specchio dell’acqua.<br />
– Non ci vedo bene, figlia mia! – brontolò. E diguazzò ancora<br />
il liquido del vaticinio: diguazzò e riguardò.<br />
Dopo un <strong>al</strong>tro rannuvolamento che tolse il senno a Spiranza,<br />
il volto rugoso si rischiarò d’un sorriso e gli occhietti<br />
cisposi s’avvivarono. – Figlia mia! vedo! vedo! –. E pareva che<br />
la piena della contentezza non la lasciasse continuare.<br />
175
La giovane madre sentiva per le membra un formicolio<br />
infocato che la torturava. – Che cosa, Dio mio, che cosa?<br />
– Vedo! Vedo! Oh fortunato!… Ecco, ecco: sarà buono,<br />
sarà contento… Uno cercherà di attraversargli la via, come<br />
moriccia il torrente…: ma egli lo atterrerà e sarà vittorioso…<br />
Ecco, è chiaro: vedo il ruscello che scorre tra le sponde fiorite,<br />
<strong>al</strong>la fresca ombra di <strong>al</strong>beri <strong>al</strong>ti che stormiscono, ed è chiaro il<br />
sole: vedo la moriccia che rovina… vedo le pozze lucide, le cascatelle<br />
scintillanti… Oh figlia mia: dà un bacio <strong>al</strong>la creatura!<br />
Spiranza obbedì ciecamente: ma di nascosto sputò sul<br />
visino addormentato. Oh Dio! di quanta felicità riboccava<br />
il suo animo! Avrebbe voluto abbracciar la vecchia, baciar<br />
quella bocca donde erano uscite sì dolci parole. Abbrancò<br />
le stiacciate, ch’erano quasi il suo solo cibo per due giorni,<br />
raccolse i pochi soldi, chi sa come posseduti ancora, e buttò<br />
tutto in grembo <strong>al</strong>la maga con viluppo di frasi senza nesso,<br />
come fuori di sé.<br />
Zia M<strong>al</strong>tina prese tutto con sussiego, toccò un’<strong>al</strong>tra volta<br />
la creatura sulla fronte e sul coricino, come cosa religiosa,<br />
la benedisse con segni di croce, e caricandosi sulle sp<strong>al</strong>le le<br />
sacche rigonfie, uscì barcollando com’era venuta.<br />
La madre <strong>al</strong>zò in <strong>al</strong>to il frutto del suo seno, come per offrirlo<br />
<strong>al</strong> Signore, e poi lo ripose nella culla che le sembrò d’oro.<br />
Le parve di vedere i raggi d’un’aureola intorno a quella faccina<br />
di rosa e su quelle labbra il s<strong>al</strong>e della saviezza e il sorriso della<br />
felicità.<br />
Allora fin<strong>al</strong>mente le germogliarono d<strong>al</strong> <strong>cuore</strong> e le rifiorirono<br />
sulla bocca i versi più soavi della ninna nanna.<br />
Il bimbo fu battezzato nel paese più vicino, ed ebbe il<br />
nome di Diadoru.<br />
– Lo voglio chiamar Diadoru! – aveva detto Spiranza<br />
<strong>al</strong>la mamma, – perché so che vuol dire «dono di Dio». E il<br />
mio poveretto, per me, è veramente dono di Dio. Angioletto<br />
mio del paradiso!<br />
Zio Pasc<strong>al</strong>i, quando l’aveva saputo, aveva riso di quel<br />
suo ghigno avvelenato e aveva grugnito: – Dono di Dio?<br />
Dono del diavolo, dica. Io lo chiamerò sempre il bastardo!<br />
176<br />
La moglie s’era segnata in silenzio e aveva pregato in segreto.<br />
Padrini furono il dottore e Filumena, già pubblicamente<br />
fidanzati. La fanciulla, noncurante della collera del padre<br />
e dei fratelli, (i qu<strong>al</strong>i avrebbero voluto che il bimbo o non<br />
fosse battezzato per <strong>al</strong>lora o si battezzasse di notte, in vestine<br />
nere, come il figlio d’un assassinato), con le sue maniere<br />
gentili fece dolce violenza a tutti: e in pieno giorno, con i<br />
suoi abiti più belli prese in braccio la creaturina odiata, e la<br />
portò <strong>al</strong> fonte a testa <strong>al</strong>ta, animata da un coraggio cristiano.<br />
Anche il Sirena avrebbe forse preferito che la cerimonia si<br />
svolgesse <strong>al</strong> buio; ma, vinto d<strong>al</strong>le penetranti insistenze della<br />
sua piccola cara, che ripeteva come un ritornello: – o così o<br />
nulla! – dissipò il rossore e le si mise a fianco. E c<strong>al</strong>pestò,<br />
poi, tanto il rispetto umano che, dopo il battesimo, invece<br />
di lasciarla tornar sola con la pastora che le aveva tenuto<br />
compagnia quando era venuta, se la prese in groppa <strong>al</strong> cav<strong>al</strong>lino<br />
carico dei dolci e delle confetture, si prese il figlioccio<br />
sull’arcione e lo riportò egli stesso <strong>al</strong>la fattoria.<br />
Zia Francisca, che non s’aspettava tanta degnazione, rimase<br />
trasecolata e si sentì il <strong>cuore</strong> gonfio di tenerezza, – Figlio<br />
mio! Figlio mio! – esclamò da lontano. – Che <strong>cuore</strong><br />
hai tu, Dio ti benedica!<br />
Il vecchio invece si era chiuso nella sua stanza, non aveva<br />
voluto saper nulla: aveva proibito che nella fattoria si<br />
desse <strong>al</strong>cun segno d’<strong>al</strong>legrezza. Anche i due fratelli s’erano<br />
internati apposta nella selva.<br />
Violanteddha, venuta espressamente (perché aveva conosciuta<br />
la bisnonna) ricevette la creaturina battezzata d<strong>al</strong>le<br />
mani di Filumena e la consegnò a Spiranza, che attendeva<br />
sulla porta dello stabbiòlo. Anch’ella fu profondamente<br />
commossa d<strong>al</strong>l’affettuoso tratto di gentilezza del dottore, e<br />
quando abbracciò la sorella piangendo le mormorò <strong>al</strong>l’orecchio:<br />
– Dio te lo conservi! Com’è buono! Com’è buono! –.<br />
Poi si rivolse a lui singhiozzando senz’ardir di stringergli la<br />
mano.<br />
Ma egli, finito appena di legare il cav<strong>al</strong>lo a un tronco e<br />
di scaricarlo della bisaccia, si accostò a lei con premura e<br />
l’abbracciò fraternamente.<br />
177
La poveretta tremava come una canna e continuava a<br />
singultare: chi sa qu<strong>al</strong>i cose le passavano per la mente davanti<br />
a tanta bontà, chi sa quanti ricordi, quante gioie perdute,<br />
quanti dolori?<br />
Ma il buon signore la confortò con la squisitezza del suo<br />
comportamento. – Via, – diss’egli – comare Spirà! Abbiamo<br />
battezzato la vostra creatura, e questa è un’ora di festa. Smettete<br />
dunque di piangere… E anche voi – aggiunse, rivolgendosi<br />
a Mena e <strong>al</strong>la vecchia che piangevano anch’esse, – lasciatemi<br />
cotesta faccia triste. Son cose di mondo…: non è questa<br />
la prima sventura, né, purtroppo, sarà l’ultima…<br />
Voleva filosofare ancora, ma s’accorse che le sue riflessioni<br />
sottili non c<strong>al</strong>mavano quella pena implacabile; per cui credette<br />
più opportuno agire che chiacchierare. Dai fondi della<br />
bisaccia cominciò a cavare i dolci, le confetture e i rosoli.<br />
Le donne furono incantate di quella sorpresa; ma <strong>al</strong>lo<br />
stesso tempo rimasero imbarazzate, perché non avevano<br />
preparato né vassoi né tazzine.<br />
Il dottore le trasse d’impaccio col suo buon umore e con<br />
le sue trovate. Staccò d<strong>al</strong>la parete nera il corbello ch’era servito<br />
di prima culla, e votò in esso le squisite leccornie. Mena<br />
poi, a quella vista, corse <strong>al</strong>la casa e ritornò con <strong>al</strong>cuni c<strong>al</strong>icini.<br />
Così tutto si poté porgere <strong>al</strong>la meno peggio e consumare<br />
per avventura con maggior <strong>al</strong>legria di quella che si fosse<br />
sperata. Il dottore era seduto sulla cassapanca, le <strong>al</strong>tre sulle<br />
misure o sugli scanni di sughero. Violanteddha e la madre<br />
erano accoccolate per terra.<br />
Sul principio Spiranza non voleva assaggiar nulla, e persisteva<br />
nei suoi gemiti e nei suoi singhiozzi; ma il Sirena bel<br />
bello la indusse a c<strong>al</strong>marsi e a gustar qu<strong>al</strong>che cosa: – Se non<br />
mangiate, m’offendo, comà. Ho portato tutto… un po’ anche<br />
per noi <strong>al</strong>tri: ma in maggior parte per voi…<br />
Ella inghiottiva quei bocconi amari spargendo lacrime<br />
in silenzio. Avrebbe voluto ringraziarlo; ma le parole le rimanevano<br />
strozzate nella gola. Accanto <strong>al</strong>la nobile figura di<br />
quell’uomo affettuoso se ne collocava un’<strong>al</strong>tra, insidiosa, lusinghiera,<br />
traditora che si avvolgeva di fulgido manto e si<br />
coronava di splendore, mentre non era che uno scheletro e<br />
un impasto di corruzione. Per la millesima volta egli veniva<br />
178<br />
ancora, nella sua mostruosità di angelo decaduto, a intorbidarle<br />
ogni sorgente di contentezza, a farle risorgere nell’animo<br />
tutti i paurosi fantasmi e farveli campeggiare fieramente<br />
coi più squisiti supplizi. Possibile che ella non potesse<br />
strapparselo d<strong>al</strong>la mente e d<strong>al</strong> <strong>cuore</strong>, né con la fame né con<br />
la sete, né con la veglia né con la fatica, né con la preghiera<br />
né con l’esorcismo, con <strong>al</strong>cun mezzo, per quanto logorasse<br />
il povero corpo e la pover’anima, strascinandosi in ginocchio<br />
e avvoltolandosi sulla nuda terra, urlando, tutta uno<br />
spasimo? Possibile ch’egli dovesse essere l’ombra sua nera,<br />
l’ombra spaventosa, messa lì <strong>al</strong> suo fianco da un orribile<br />
giustiziere perché non le lasciasse un momento di requie?<br />
Ella fremeva nel riguardare quell’orrido spettro a fianco di<br />
quel g<strong>al</strong>antuomo, e nel pensare e nel ricordare si sentiva il<br />
<strong>cuore</strong> esulcerato… Non poteva, non poteva assolutamente<br />
ingollare più che veleno… Eran conditi di fiele quei pasticci?<br />
quei confetti? Erano composti d’assenzio, o di lacrime, o<br />
di s<strong>al</strong>e quei rosoli? Come tutto sapeva d’amaro!<br />
– Bevete, comare! – stimolava il dottore. – Vi farà bene<br />
<strong>al</strong>la s<strong>al</strong>ute!<br />
Ella sorrideva mestamente, scotendo il capo, quasi volesse<br />
dire: «e chi deve curarsi più della mia s<strong>al</strong>ute?»; ma egli,<br />
come se le leggesse nel pensiero, – Bevete! – insisteva. – Sarà<br />
tanto latte in più per il vostro marmocchino. E date retta a<br />
me, che son medico!<br />
– Sicuro, sicuro! – interveniva zia Francisca, che per la<br />
commozione aveva anch’essa poche parole. – Sicuro: ti farà<br />
bene.<br />
Mena non faceva che sorridere, per vedere se potesse comunicare<br />
anche agli <strong>al</strong>tri un po’ della troppa gioia che le ferveva<br />
nel <strong>cuore</strong>. «Quanto l’amo!» ripeteva a se stessa. «E chi<br />
non l’amerebbe, poi, se egli è così amoroso?».<br />
E l’amor suo avvampò addirittura e non potendosi contenere<br />
si sfogò in un abbraccio, quando lo vide prendere<br />
due o tre buone manate di quel ben di Dio, involgerle in un<br />
cartoccio, afferrare una bottiglia e avviarsi verso la fattoria.<br />
La vecchia si sentì anch’essa tripudiare il <strong>cuore</strong>, a quella<br />
vista, e <strong>al</strong>zò le mani giunte <strong>al</strong> cielo, secondo il suo gesto<br />
abitu<strong>al</strong>e, e se le baciò. Ma tosto tentennò la testa e disse<br />
179
mestamente <strong>al</strong> futuro genero: – Temo che non riuscirai a fargli<br />
gustar nulla. È sempre così ostinato! Mah! Sia per l’amore<br />
di Dio! Egli ha le sue idee.<br />
– Voi temete? – disse Andrea, incamminandosi. – Io<br />
spero, invece. A ogni modo, anche se non riuscissimo, non<br />
perderemo i nostri passi.<br />
Picchiò <strong>al</strong>la porta del vecchio, e sulle prime egli non rispose.<br />
Ripicchiò e non rispose ancora. Al terzo picchio s’udì<br />
un grugnito, indi una voce stizzita: – Chi è?<br />
– Son io, ziu Pascà… Aprite.<br />
– Tu?! E che vuoi oggi, tu?<br />
– Aprite: prima d’andar via vi voglio vedere… Eh! non<br />
siamo ogni giorno insieme. Vi voglio anche parlare.<br />
– Oggi non meriti ch’io ti risponda. Quando tornerai<br />
mi potrai vedere. Oggi no.<br />
Il medico rideva; ritentava l’ass<strong>al</strong>to. – E perché oggi no,<br />
babbo?<br />
Il vecchio non rispondeva, ma si udiva il suo brontolio,<br />
che non si sapeva se fosse d’ira o di commozione.<br />
– Babbo, perché oggi no? – insisteva il giovane, specificando<br />
la prima parola.<br />
– Perché oggi sei macchiato; la vuoi sentire? – prorompeva<br />
agramente il prigioniero volontario.<br />
– Vado tosto e mi lavo, se volete! – esclamava il Sirena,<br />
scrosciando addirittura in risate <strong>al</strong>legre. – Via, aprite. Son<br />
pulito!<br />
– No, vattene! E non ho poi voglia di scherzare, sai!<br />
Hai dato retta <strong>al</strong>le donne: sei diventato come loro. Resta<br />
con esse: sei in buona compagnia.<br />
– Ma no, vedete: voglio proprio parlarvi.<br />
E l’importunò tanto che gli schiuse fin<strong>al</strong>mente l’uscio.<br />
– Sei fastidioso, sai! Che cosa vuoi?<br />
– Che cosa voglio mi dite, anche? – rimproverò dolcemente<br />
il giovane, fermo ancora sul piccolo pianerottolo,<br />
con aria grave. – Dio mio: non avrei mai creduto che foste<br />
così dimagrato, babbo! Avete dovuto patir molto!<br />
Il vecchio stette in silenzio e le labbra gli tremolarono.<br />
– Entra, figlio mio! – invitò egli, lasciandosi cader sopra<br />
una sedia.<br />
180<br />
Il futuro genero gli si avvicinò con premura, gli tastò il<br />
polso, l’osservò bene in viso. – Povero babbo! – esclamò. –<br />
Perché non m’avete chiamato? Voi soffrite molto. Non vi<br />
saprò mai perdonare di non aver avuto fiducia in me!<br />
– Figlio mio! – biascicò l’infelice. – Non si tratta di m<strong>al</strong>attia<br />
che possa esser curata con medicine. L’ho qua! –. E si<br />
toccava il petto in direzione del <strong>cuore</strong>.<br />
Il medico pose l’orecchio dov’egli aveva posto la mano e<br />
gli avvinghiò il torace, stringendoselo forte contro la testa. – E<br />
non sapevate che anche per il <strong>cuore</strong> ci son le cure che giovano?<br />
Il vecchio scosse la testa e negò ripetutamente con l’indice<br />
della destra in aria. – Ho finito! – sospirò.<br />
– Ma che dite?! Voi camperete ancora trent’anni… forse<br />
toccherete i cento…<br />
Egli rise nervosamente, dondolando tutta la persona. –<br />
Sei di bon umore, oggi, figlio mio… Eppure credevo che<br />
non me l’avresti procurato questo dispiacere.<br />
– Qu<strong>al</strong> dispiacere, babbo?<br />
– Non chiedermelo: tu lo sai… Non dovevi tenere a<br />
battesimo quel…<br />
– Eh, via! per tutto c’è una misura, babbo… anche per<br />
il… giusto sdegno…<br />
– Così ti pare a te? –. E gli occhi dardeggiavano. –<br />
Questo hai imparato nella scuola? Queste belle cose?! Oh!<br />
– Questo e <strong>al</strong>tro, babbo! –. Ed era diventato improvvisamente<br />
serio. – Forse no? A che rimediate col vostro corruccio?<br />
V’amm<strong>al</strong>ate di sentimento, v’abbreviate la vita.<br />
– Mai mi veda più cristiano battezzato, figlio mio! Pensi<br />
ch’io abbia piacere di vivere?<br />
Nella sua voce c’era tanto sconforto che il giovane ammutolì.<br />
– È così bella la mia vita, ora, – continuava – che v’è<br />
proprio da desiderare di campare a lungo… Ti bacerei le<br />
mani se mi dessi un veleno che mi finisse in un amen. Vedi<br />
ciò che sono io!<br />
– Povero babbo! vi credo. Posso imaginare quanto avete<br />
sofferto…<br />
– No! – interrompeva, con voce di pianto. – Non lo<br />
puoi imaginare. Tu non sei padre… e sei giovane. Questi<br />
181
dolori non s’imparano mai dagli <strong>al</strong>tri: si comprendono solo<br />
quando si soffrono. Figlio mio! ti par nulla il perdere… il<br />
perdere una figlia? –. E scoppiava in singhiozzi che gli<br />
schiantavano il petto.<br />
Il giovane fu spaventato da quell’accesso impreveduto di<br />
fiero dolore, e fece di tutto per consolarlo; ma quell’animo<br />
esacerbato non udiva ragioni, e si lasciava unicamente trascinare<br />
d<strong>al</strong>la piena dell’amarezza. – Dimmi: quando l’hai <strong>al</strong>levata<br />
come si <strong>al</strong>levano le anime care, con ogni sacrifizio, e le hai<br />
posto gli occhi addosso come <strong>al</strong>la perla più preziosa, come <strong>al</strong>la<br />
speranza più grande, e ti viene l’astore e te la ghermisce<br />
con l’artiglio e la ferisce e te la lascia mezzo morta, anzi peggio<br />
che morta: ah, dimmi se sia una pena da potersi tollerare!<br />
– Povero padre!<br />
– Dillo pure a voce <strong>al</strong>ta «povero padre!». Si ha pur ragione<br />
di diventar insensati, e crudeli, e bestie… Può bastare<br />
a tanto questa povera mente nostra? Figlio mio: certi momenti<br />
io non ho il cervello a posto.<br />
Il giovane gli lasciò sfogare il cordoglio quanto voleva;<br />
indi con fili<strong>al</strong>e dolcezza gli prese la mano e glie la strinse<br />
forte. – Eppure voi avete avuto sempre coraggio. E ora dovete<br />
averne più che mai. Non si dica da nessuno che Pasc<strong>al</strong>i<br />
Luna, l’uomo d<strong>al</strong> cuor di ferro, s’è lasciato abbattere come<br />
un elce fulminato… No: voi dovete esser più forte! E per<br />
oggi basta, dunque. Ora venite giù con me che devo parlarvi…<br />
parlarvi di qu<strong>al</strong>che affare importante <strong>al</strong>la presenza di<br />
vostra moglie –. Lo trasse dolcemente per la mano che non<br />
aveva abbandonato, ed egli lasciò fare, docile come un<br />
bambino.<br />
Nel passare per l’andito bisbigliò qu<strong>al</strong>che parola <strong>al</strong>l’orecchio<br />
della fidanzata, che uscì tosto; ed essi entrarono nella<br />
stanza da pranzo, ove la vecchia attendeva con grande trepidazione.<br />
S’accomodarono con c<strong>al</strong>ma; indi Andrea cominciò<br />
a parlare della possibile data del matrimonio. Ma dopo<br />
qu<strong>al</strong>che parola s’interruppe, e come se avesse visto solo <strong>al</strong>lora<br />
il cartoccio dei dolci… dimenticato sul tavolo, lo prese e<br />
lo mise nelle mani del futuro suocero, riattaccando il discorso<br />
con c<strong>al</strong>ore.<br />
– Cos’è questo? – chiese ziu Pasc<strong>al</strong>i senza sospetto.<br />
182<br />
– Son poche cosette che ho voluto portarvi, come sempre,<br />
per farvi la bocca dolce. Mena m’ha detto che avete il<br />
p<strong>al</strong>ato sempre amaro… e la lingua sempre appiccicosa, e <strong>al</strong>lora<br />
ho detto: «pochi dolci gli faranno bene». Dunque, dicevamo,<br />
verso settembre…<br />
– Oh come sei amoroso, figlio mio! – interrompeva il<br />
vecchio intenerito. E si metteva in bocca un biscotto, mentre<br />
l’<strong>al</strong>tro continuava a parlare. Poi, un dubbio gli si insinuava<br />
nella mente e i denti si ribellavano a masticare. – Che siano<br />
i dolci del… i dolci… del coso di quel bastardo là? –<br />
chiese. – Andrea?!<br />
– Ma no, ma no! È forse la prima volta che ve ne reco?<br />
Mangiateli: son per voi, ho detto!<br />
In quella entrò Mena, tutta spaventata, pareva, recando<br />
in braccio coperto con un grembi<strong>al</strong>e, un piccolo fagotto.<br />
S’accostò <strong>al</strong> fidanzato, fingendo pietosamente una gran<br />
paura. – Guarda, Andrea! Oh Dio mio! mi sembra che abbia<br />
m<strong>al</strong>e… Questo viso così rosso mi preoccupa… Oh Dio<br />
mio! –. E scopriva la testina del bimbo.<br />
– Lascia, lascia vedere! Forse le scosse del cav<strong>al</strong>lo… oh poveretto…<br />
povero piccolo piccolo… povero sventurato… Cos’hai<br />
dunque tu, poveretto? Ma tu non puoi parlare, che sei così<br />
piccino piccino, così carino… –. Ed essendoselo accostato <strong>al</strong><br />
proprio volto baffuto gli sfiorò il visino e lo fece lamentare.<br />
Ziu Pasc<strong>al</strong>i, che in principio, immerso com’era nelle<br />
sue riflessioni, non s’era reso conto esatto di quanto accadeva,<br />
sbarrando gli occhi a quei vagiti, vide per la prima volta,<br />
o <strong>al</strong>meno indovinò, il nipotino. B<strong>al</strong>zò in piedi tutto tremante<br />
di sdegno, fulminò con le occhiate la figlia. – Che<br />
cosa vi avevo detto dunque a tutti? – gridò. – Non volevo<br />
assolutamente che quel bastardo entrasse mai in casa mia!<br />
Non voglio! Portatelo fuori subito!<br />
– Abbi pazienza, Pascà! – supplicava la moglie, tremante<br />
anch’essa, ma d’amore. – Ora aspetta che Andrea l’abbia<br />
visitato… Poi…<br />
– Lasciatelo crepare come un cucciolo! Sarebbe una<br />
grazia della Provvidenza. Che ci deve importare a noi?<br />
– No, babbo: abbiate pazienza! – interveniva il dottore,<br />
grave: – Queste son parole, se mi compatite, che non stanno<br />
183
ene nella vostra bocca… Se voi vedeste un agnellino sperduto,<br />
avreste tanto buon <strong>cuore</strong> che lo raccogliereste! Questa<br />
poi è una creatura umana, una creatura di Dio, il figlio di<br />
vostra figlia…<br />
– Una creatura del diavolo, devi dire! Il figlio di…<br />
– Non voglio udirvi parlar così – insisteva dolcemente<br />
il giovane, accostandoglisi sempre più col soave peso. – Comunque<br />
sia venuto, è vostro sangue! Non protestate, vi prego…:<br />
è vostro nipotino… il vostro primo nipote…<br />
– Basta oh!<br />
– Lasciatemi dire!… Ed è così carino, così innocente…<br />
povero piccino senza nessuno… Imaginate d’averlo trovato<br />
là in mezzo <strong>al</strong> bosco in una crepa, tra un masso e l’<strong>al</strong>tro, e<br />
d’averlo raccolto come un povero capretto abbandonato.<br />
Ecco, fatemi questo gran piacere… prendetelo in braccio…<br />
<strong>al</strong>meno toccatelo…<br />
Il vecchio diede uno slancio come se si trovasse davanti<br />
a un cign<strong>al</strong>e ferito, s’agitò, smaniò. – Il fuoco lo tocchi! –.<br />
S’aggirò per la stanza contorcendosi, quasi ruggendo, come<br />
fiera rinchiusa che cercasse un varco, coprendosi gli occhi<br />
per accecarsi, tappandosi gli orecchi per non udire,<br />
scompigliandosi i bianchi capelli, quasi per aprire nel cranio<br />
un’uscita <strong>al</strong>le fiamme che gli bruciavano il cervello. –<br />
Il fuoco lo tocchi! Il fuoco! Portatelo via! o l’ammazzo! –.<br />
Poi fece un mulinello su se stesso, come se il turbine se lo<br />
rapisse, si fermò di botto quasi fulminato, e si lasciò cadere<br />
di peso sopra la sedia, muto e immobile. (E tutto taceva<br />
intorno, cupamente, in una grande attesa: e solo un lieve<br />
lamento del piccolo ruppe per un attimo l’incanto). Indi<br />
ebbe una crisi improvvisa di sussulti e scrosciò in singhiozzi<br />
senza parola, femminilmente. Infine la voce miserevole<br />
gli uscì di bocca, piena d’amarezza e di cordoglio. – Avete<br />
ragione! – andava lamentandosi. – Io non ho cuor di leone!…<br />
Sono un povero disgraziato vecchio… e mi sforzo<br />
d’esser cattivo… È la gran pena che mi fa crudele. Ma che<br />
colpa può aver quel meschino? Lo so… lo so…: eppure<br />
non posso…<br />
Andrea lo lasciava dire, gli dava ragione, lo compassionava;<br />
poi, quando credette giunto l’istante buono, gli posò<br />
184<br />
piano piano sulle ginocchia quel piccolo essere rifiutato, ve<br />
lo tenne sicuro con le proprie mani.<br />
Le vecchie gambe ebbero un brivido, il vecchio <strong>cuore</strong><br />
continuò per un pezzo a sfogare ancora tutta la sua pena<br />
acerba e gli occhi a lacrimare e la lingua a parlare, senza che<br />
le braccia si abbassassero sulla testolina ignara. Ma infine la<br />
tenerezza traboccante operò il miracolo. Come se una mano<br />
potente si fosse aggravata su quel capo canuto, si vide<br />
abbassarsi di slancio sul cosino p<strong>al</strong>pitante, e la bocca amareggiata<br />
cercar la bocca innocente.<br />
Al contatto rude il piccolo si lamentò e annaspò in aria<br />
con le braccina di rosa. Parve che anch’esso volesse carezzare<br />
la faccia insugherita del nonno. – Figlio mio! Figlio mio!<br />
– andava mormorando il molosso ammansito, mentre non<br />
si stancava di baciucchiare il visetto vellutato. – Figlio mio<br />
che non sai nulla! Toglietemelo però, ora! se no lo mangio<br />
vivo coi baci! Vecchio matto ch’io sono…<br />
Il bimbo passò di braccio in braccio come cosa benedetta<br />
e fu baciato da tutte le bocche. Fuori la montagna rinnovellata<br />
e fiorita aveva dei piccoli fremiti e dei piccoli gridi.<br />
Di quel battesimo festeggiato, in casa dei Ruoni si fece<br />
un gran schiassare.<br />
– M<strong>al</strong>avventurati! – proruppe Cat<strong>al</strong>ina, la maggiore delle<br />
tre sorelle, appena la vicina, che aveva portato le novelle <strong>al</strong>lo<br />
stazzo, se ne fu andata. – Si vede che hanno perduto la testa<br />
tutti! D<strong>al</strong> più vecchio <strong>al</strong> più moccicoso! M<strong>al</strong>avventurati!<br />
– Mi maraviglio di quel babbeo di ziu Pasc<strong>al</strong>i – seguitava<br />
Ciareddha, la seconda. – Eppure avevan detto ch’era duro<br />
come il granito! Come il granito? Manco come un pezzo<br />
di ricotta, poveraccio! È ingrullito del tutto!<br />
– Ma la più bella figura ce la fa il dottore, quel fantoccio<br />
di carnev<strong>al</strong>e! – aggiungeva Antiòca, l’ultima. – Ah ah<br />
ah! Sarà stato proprio grazioso a vedere con quella bamboccia<br />
in groppa e col bastardo in arcione! Quanto avrei pagato<br />
per vederlo! E studiato ha, pure!<br />
– Egli è signore! – riprendeva con ironia la prima; – e si<br />
fa lecito c<strong>al</strong>pestare le consuetudini antiche come gli pare e<br />
185
piace… Però stavolta ha sbagliato come un ignorante. Se<br />
s’intende di medicina come s’intende di convenienze, possiamo<br />
star sicuri, Dio lo benedica!<br />
– Se gli fa girare il cervello quella capretta! – interrompeva<br />
la mezzana, arsa di sacro sdegno contro quel sopruso.<br />
– È tutto opera di quella schifiltosa dagli occhi bassi, di<br />
quell’impasto di finzione! È lei che l’ha legato per le corna<br />
come un becco, e ha tratto la fune ove ha voluto! Mi pare<br />
d’udirla – e contraffaceva la voce e l’aria di Mena, con caricatura,<br />
– «Andrea, se non vieni con me, se non fai come voglio<br />
io, ti pianto: non ti voglio più!». Il gran peccato! E lui,<br />
la lepre, ha abbassato le orecchie e la coda, e le ha tenuto<br />
dietro! Non ve lo figurate? – e imitava le maniere del dottore<br />
– «Filumenuccia mia, se così ti piace… mettimi anche il<br />
basto dell’asino!». Come se in G<strong>al</strong>lura, di donne come Filumena<br />
Luna ce ne fossero solo dieci o venti!… Cento, ce ne<br />
sono!<br />
Agli sberleffi della sorella, le <strong>al</strong>tre due scrosciavano in<br />
un riso amaro, si contorcevano per certe convulsioni che<br />
volevano parer d’<strong>al</strong>legria ed erano di rabbia.<br />
– Se incomincia da ora a metterselo sotto i piedi – profetizzava<br />
la minore – che cosa sarà <strong>al</strong>l’ultimo?! Può dire d’aver<br />
perduto la sua libertà, povero giovane. Come vanno a finire,<br />
certi dottorati! La prendi la marchesa, va, Andrea Sirena!<br />
Dio te la lasci godere quella capretta scornata!<br />
– Ma quel che più stizzisce – ricominciava Cat<strong>al</strong>ina dopo<br />
un momento di silenzio – è la loro sfacciataggine. Un<br />
battesimo di lusso, in pieno giorno, con dolci e rosoli, come<br />
se si trattasse del figlio più legittimo del mondo! Questo<br />
si chiama beffarsi della gente!<br />
– Là, che la gente è grulla, e si lascia così menare per il<br />
naso da simile genia, e non è padrona invece di conciarli<br />
come meritano! Non lo sanno tutti che è un bastardo? Tutta<br />
la G<strong>al</strong>lura lo sa!<br />
– Infioccate l’asino fin che volete: asino era e asino resta.<br />
Bastardo era, bastardo resta; anche se lo vestissero di seta<br />
e lo coprissero d’oro.<br />
Qui interveniva anche la degna madre, per lanciare la<br />
sua pietra contro zia Francisca. – Essa non avrebbe dovuto<br />
186<br />
permettere tanto – sentenziava. – Se non avesse avuto la testa<br />
di merla essa stessa, le figlie non si sarebbero arrischiate a far<br />
tanto, a farsi criticare così anche da chi non è abituato a criticare.<br />
Pare impossibile che Dio le abbia accecate tanto!<br />
– Del resto, maggiore cecità volevate? Se la madre non<br />
fosse stata cieca da molto tempo, quella disgraziata non avrebbe<br />
fatto ciò che ha fatto.<br />
– Eh! quanto a quello, è una cosa certa. Le son piaciuti<br />
sempre i signori, sognava sempre il cappellino…<br />
– E l’ha avuto, ora: e coi fiocchi anche!<br />
– Dicono che la lasciano vivere come una scrofa, in una<br />
conca da mai<strong>al</strong>i, in mezzo <strong>al</strong>le immondezze, senza letto.<br />
– E hanno ragione di trattarla così. Volevate metterla a<br />
stare in un p<strong>al</strong>azzo re<strong>al</strong>e? Stia lì che è il suo posto.<br />
– E sconti ora tutta la sua superbia!<br />
– E tutte le beffe che si faceva di noi!<br />
– È vero che voleva essere la regina di tutte: ma la ha<br />
avuta la bella corona, veh? Una corona con perle e diamanti!<br />
– Quanto a quello – ammoniva la madre – voi non dovete<br />
r<strong>al</strong>legrarvi della sua sventura. Poveretta! Chi sa se…<br />
– Che poveretta, che poveretta! Ambiziosa era, e sregolata!<br />
La sua non è una disgrazia: è una colpa!<br />
– In cui è cascata a occhi aperti!<br />
– E di lui non si sa nulla?<br />
– Eh! lui chi l’ha visto l’ha visto. L’astore, quand’ha ghermito,<br />
se ne vola via. Se torno, sparatemi!<br />
– Han detto che aveva scritto una lettera a quel grullo<br />
del dottore non so in che senso: chi dice per scusarsi, chi<br />
per prenderli tutti in giro, chi per promettere non so qu<strong>al</strong>i<br />
cose per l’avvenire…<br />
– Sì! Sta fresca Spiranza, se ci crede! Se lo ninni in santa<br />
pace, il bastardetto, che è meglio.<br />
– E se non se lo ninna lei, chi glielo ninna? Non le manca<br />
<strong>al</strong>tro!<br />
Un uomo che comparve <strong>al</strong>la svolta del sentiero interruppe<br />
il cic<strong>al</strong>eccio caritatevole. Chi poteva essere? O diamine!<br />
Se non si fosse trattato d’un nemico, si poteva credere<br />
che fosse Girominu Luna. La persona, l’andatura… Ma come<br />
mai?<br />
187
Il <strong>cuore</strong> di Cat<strong>al</strong>ina batté con violenza e le <strong>al</strong>tre sorelle<br />
stupirono per la sorpresa. Gran motivo doveva spingere il<br />
sorcio <strong>al</strong>la casa del gatto!<br />
Quando furon certe che l’inaspettato visitatore era veramente<br />
Giromìnu, le tre ragazze si ritirarono d<strong>al</strong>lo spiazzo<br />
soleggiato, su cui s’erano indugiate a spettegolare, e rimase<br />
a riceverlo sulla soglia la madre, la qu<strong>al</strong>e diede una voce<br />
verso l’interno per chiamare: – Niccola! o Niccola!<br />
Il marito uscì quando il giovane si presentava <strong>al</strong>la porta<br />
come un cane battuto. I loro sguardi s’incontrarono: quello<br />
come una folgore, questo come fioca fiammella. E tutti due<br />
si trovarono imbarazzati.<br />
– S<strong>al</strong>ute <strong>al</strong> nemico! – cominciò Giromìnu, per rompere<br />
l’incanto.<br />
– S<strong>al</strong>ute! – rispose l’uomo, ingrognato. – Sulla soglia di<br />
casa, non ci sono più nemici; massimamente se vengono<br />
come vieni tu.<br />
Il Luna sentì la guanciata, ma non s’offese. Era preparato.<br />
– Vorrei parlarvi in luogo appartato, ziu Niccò!<br />
– Vieni! – disse seccamente; e lo trasse in una delle<br />
stanze più riposte.<br />
Il giovane camminava su punte di chiodi, e si sentiva in<br />
tutta la persona delle sferzate a sangue: le orecchie gli ronzavano<br />
come bugno che sciami.<br />
– Che cosa vuoi? – gli chiese con durezza il padron di<br />
casa, senza farlo sedere né sedersi.<br />
Giromìnu taceva. Sembrava che non sapesse come cominciare.<br />
Indi, superando una voragine, disse: – Ziu Niccò!<br />
non mi sarei mai trascinato così come una biscia, neanche<br />
dinanzi <strong>al</strong> re, se pur m’avesse dato tutto il suo regno… Eppure<br />
davanti a voi mi sono rotolato così…<br />
– Oh! – disse quegli con intonazione beffarda. – Mi fai<br />
dunque superiore <strong>al</strong> re? Diamine! mi fai troppo onore!<br />
L’<strong>al</strong>tro aveva la risposta pronta: «a ben <strong>al</strong>tri che <strong>al</strong> re t’avrei<br />
messo sotto, somaro ricco!»; ma gli rimase appiccicata in<br />
gola. Gli parve d’inghiottir veleno. – È un paragone solamente.<br />
Vi prego però di non esser crudele… di non continuare<br />
a strapparmi così la pelle a frusto a frusto… Io son<br />
venuto con buone e sante intenzioni…<br />
188<br />
– E qu<strong>al</strong>i sarebbero, via, queste sante intenzioni?<br />
Il giovane tentennò ancora: parve combattesse una dura<br />
battaglia. Infine disse con lentezza: – Voi sapete ch’io volevo<br />
bene a vostra figlia, e ch’essa voleva bene a me. Non è<br />
giusto che se una della nostra famiglia è caduta nel disonore,<br />
siamo tutti disonorati… Se il dottore non ha esitato a<br />
fidanzarsi con l’<strong>al</strong>tra mia sorella… io crederei che Cat<strong>al</strong>ina<br />
Ruoni non si macchierebbe se si sposasse con me… Che ne<br />
pensate voi, ziu Niccò?<br />
A mano a mano che Giromìnu parlava, l’<strong>al</strong>tro s’era andato<br />
oscurando in volto, e i suoi lineamenti si contraevano<br />
di quando in quando come per interno tormento. Alla domanda<br />
non rispose: si diede a far pochi passi nella stanza<br />
con le mani congiunte sulla schiena.<br />
Quegli si sentì fremere, dinanzi a tanto disprezzo: avrebbe<br />
voluto s<strong>al</strong>targli <strong>al</strong> collo e soffocarlo; ma aveva dinanzi agli<br />
occhi della mente la figura luminosa della ragazza, che gli<br />
sorrideva e gli tendeva le braccia. Si contenne e ripeté la domanda:<br />
– Che ne dite?<br />
– Vedi: – rispose il Ruoni con solennità, specificando le<br />
parole: – io sono molto franco. Se dovessi decidere io solo,<br />
ti dico la verità, mia figlia non te la darei… Non per te, sai:<br />
te lo dico subito; ma per quella perduta… Non sei G<strong>al</strong>lurese<br />
tu? No: io non permetterei mai che mia figlia vivesse a<br />
un’ora di distanza da quel mondezzaio!… Spiranza Luna! –<br />
esclamava, parlando in gola come se raschiasse e se si preparasse<br />
a sputare. – Non lo comprendi dunque tu in qu<strong>al</strong> fango<br />
sia caduta e non la credi dunque tanto sozza da poter imbrattar<br />
da sola tutta una contrada? Spiranza Luna, la favola<br />
di G<strong>al</strong>lura, l’oggetto del riso e delle beffe di tutta l’isola?<br />
Quelle parole penetrarono nell’anima del giovane come<br />
punte d’eculeo nelle carni vive, e mentre il torturatore glie le<br />
faceva stillare a una a una come gocce di piombo acceso, egli<br />
si contorceva, urlando nel suo intimo, soffocando di spasimo.<br />
– Ma io solo non devo decidere – continuava l’aguzzino<br />
senz’accorgersi di quel supplizio. – Ci son le donne: c’è<br />
Jacheddhu… Sicuro! Jacheddhu Ruoni c’è, che è grasso e<br />
grosso, e che ha conti da fare con quella immondezza, e<br />
quindi con voi<strong>al</strong>tri…<br />
189
Qui tacque, e parve non avesse <strong>al</strong>tro da dire. Sicché il<br />
silenzio piombò, e nella stanza s’udiva il tarlo rodere nascosto<br />
le travi del soffitto. Giromìnu sentì un tarlo anche più<br />
vorace rosicchiargli il <strong>cuore</strong>.<br />
– Fate come volete! – diss’egli incamminandosi languidamente<br />
verso la porta. – Pensateci bene però, ziu Niccò!<br />
Col matrimonio molte cose si potrebbero aggiustare…; con<br />
le inimicizie sapete che tutto si distrugge: anima e corpo e<br />
sostanze…<br />
– Ah! ah! Mi r<strong>al</strong>legro che ora sai anche ragionare come…<br />
un vecchio senza denti…<br />
– Riflettete poi – continuava l’<strong>al</strong>tro, senza badare <strong>al</strong>l’interruzione,<br />
– che Cat<strong>al</strong>ina mi vuol bene… che ci vogliamo<br />
bene…<br />
– Eh! questo poi, se è vero, ce lo dirà essa stessa… non<br />
tocca a te a dirlo. Del resto, sai: se anche fosse vero, non si<br />
suderebbe poi tanto a strapparle la tua pellaccia d<strong>al</strong> <strong>cuore</strong>!<br />
Credilo! Mi chiamo Niccola Ruoni, io; e ho mani di ferro:<br />
le vedi?<br />
– Dio vi benedica! – esclamò il giovane lanciando un’occhiata<br />
di scherno a quelle mani brutte e pelose. – Atterrerebbero<br />
un asino con la soma!<br />
L’uomo non volle capire l’ironia, e lo congedò con un<br />
grugnito; ed egli uscì con un grugnito. E quando stava vicino<br />
<strong>al</strong>la porta d’entrata gli parve d’udire nell’interno della<br />
stanza più vicina, il cui uscio era solamente abbattuto, un<br />
bisbiglio, un <strong>al</strong>terco, una risata nervosa, e, se non s’ingannò,<br />
anche un versaccio volgare.<br />
Schiattava di rabbia, perché mai in vita sua aveva dovuto<br />
soffrire una umiliazione simile. E per fargli avvampare<br />
maggiormente l’ira, i cani si misero tutti a urlare, come se<br />
fossero aizzati, senza che per un pezzo nessuno dei padroni<br />
pensasse a chetarli.<br />
Per colmo, in fine, di misura, quando stava per scomparire<br />
così abbeverato di fiele nella prima giravolta del sentiero,<br />
fu raggiunto a passoni lunghi da Jacheddhu, che pareva venuto<br />
apposta per godere della sua vergogna. Diavolo! come<br />
gli ruggiva l’anima! Stringeva i denti, come se avesse voluto<br />
stritolar qu<strong>al</strong>che cosa.<br />
190<br />
– In casa eri? – lo s<strong>al</strong>utò il Ruoni, con un sorriso infern<strong>al</strong>e<br />
sul labbro, che fu per lui una nuova trafittura.<br />
– In casa del diavolo, ero! – grugnì. – Tu ci mancavi, ora!<br />
– Eh! eh! eh! quanta rabbia! Possibile! Non devi scaricarla<br />
tutta su di me, nel caso. Io ti sono amico…<br />
– Amici ti siano i corvi, a pranzo e a cena, va!<br />
– Mi dispiace di trovarti così acceso… Eppure avevo<br />
bisogno di parlarti di cose importanti!…<br />
Il Luna pareva non udisse e continuava a camminare a<br />
passi precipitati, come assorto in un pensiero tempestoso.<br />
L’<strong>al</strong>tro gli andava dietro come un’ombra persecutrice, quasi<br />
<strong>al</strong>itandogli sulla nuca.<br />
A un certo punto il primo s’arrestò di botto, si rivolse, e<br />
digrignando i denti: – che vuoi? – ringhiò. – Lasciami andare.<br />
– Non ti metto la catena: va pure! Chi m’impedisce<br />
d’andare per la via di tutti? Va se vuoi andare!<br />
– Jacheddhu, lasciami! Non son venuto per cercar te…<br />
– Chi cercavi, dunque?<br />
– L’asino che ti sc<strong>al</strong>ci sulle reni, cercavo! –. Gli volse le<br />
sp<strong>al</strong>le e riprese l’andare concitato. E l’<strong>al</strong>tro dietro, sbofonchiando<br />
e rombando.<br />
Per la v<strong>al</strong>lata solitaria s’udiva il brontolio del torrente e<br />
di quando in quando qu<strong>al</strong>che fremito della foresta. Lontano,<br />
in <strong>al</strong>to in <strong>al</strong>to, la vetta argentea e nuda del Limbara si<br />
specchiava nell’ampio cielo terso. Tutto l’<strong>al</strong>tipiano godeva<br />
la vasta pace del pomeriggio primaverile.<br />
Solo quelle due anime erano insensibili <strong>al</strong> fascino del<br />
luogo e dell’ora e si martoriavano con la lotta di passioni che<br />
le sconvolgevano.<br />
Un’<strong>al</strong>tra volta Giromìnu si volse e piantò i piedi sul terreno.<br />
– Dimmelo, però: cosa vuoi da me? – richiese con una di<br />
quelle c<strong>al</strong>me ipocrite, che dissimulano le più gravi tempeste.<br />
– Dimmi prima ciò che volevi tu in casa mia – pregò<br />
beffardamente Jacheddhu.<br />
– Tu lo sai quel che volevo. Perché me lo domandi? Lasciami<br />
tranquillo!<br />
– Lo so: ma voglio sperimentare ancora il tuo porco coraggio:<br />
dillo a me che cosa vuoi!<br />
Quegli urlò, e per la terza volta gli girò la schiena in<br />
faccia, <strong>al</strong>lungando ancora il passo. Ma l’amico implacabile<br />
191
seguendolo b<strong>al</strong>zelloni gli soffiava contro il cervelletto tutto il<br />
suo <strong>al</strong>ito infern<strong>al</strong>e, gli faceva fremere agli orecchi tutto il suo<br />
besti<strong>al</strong>e stridor di denti. – Lo so! – ustolava. – Lo so perché<br />
sei venuto! Ma per stavolta il bon boccone ti si ferma in gola!<br />
Volevi fare i conti senza me: ma Jacheddu Ruoni non è<br />
morto ancora. Cat<strong>al</strong>ina ti piace dunque? Hai occhi buoni: si<br />
vede che i corvi ancora non te li han toccati!… Ma Cat<strong>al</strong>ina<br />
la daremo meglio <strong>al</strong> primo straccione che si presenterà <strong>al</strong>la<br />
porta affamato! Non è pane per i denti di Giromìnu Luna,<br />
Cat<strong>al</strong>ina Ruoni!… Bisogna che Giromìnu Luna, vada a correre<br />
il mondo per guadagnarsela, e uccida l’orco e i serpenti…<br />
e si lavi nel ruscello bianco e rosso, di latte e di sangue,<br />
come nelle fiabe! Perché hai da sapere che Cat<strong>al</strong>ina Ruoni è<br />
molto pulita, grazie a Dio, e Giromìnu Luna, grazie <strong>al</strong> diavolo,<br />
molto, molto lordo! E sai chi gli appiccica la lordura<br />
del mondezzaio, a Giromìnu Luna? È quella… quella…<br />
svergognata, sfrontata, perduta di…<br />
Non poté continuare. Giromìnu gli si era avventato come<br />
una tigre e lo teneva per la gola, urlando rabbiosamente.<br />
S’avvinsero e s’avviticchiarono come due serpenti e andarono<br />
a ruzzolare aggrovigliati sulle macchie di prunicce,<br />
di ginestra, su cui s’avvoltolarono caninamente, insensibili<br />
<strong>al</strong>le profonde e amare punture degli spini e <strong>al</strong>le sanguinose<br />
stracciature della pelle. Non avevano più nulla d’umano; il<br />
rantolo, l’aspetto, il furore, tutto in essi era besti<strong>al</strong>e.<br />
Quando si rizzarono, si ritrafissero con gli sguardi felini,<br />
come se a vicenda si volessero possedere diabolicamente:<br />
si eruttarono a vicenda sul viso lordo di polvere e di sangue<br />
tutta l’anima satura di veleno, si raggranfiarono, si ravvoltolarono<br />
ancora, fino a esaurirsi. Si separarono tardi, rotti e<br />
pesti, senza una parola.<br />
Degna corona dell’incontro fu, il giorno appresso, l’uccisione<br />
del miglior toro di ziu Pasc<strong>al</strong>i, e, due giorni dopo, il<br />
macello d’uno dei più bei cav<strong>al</strong>li di ziu Niccola.<br />
Eppure le nozze così besti<strong>al</strong>mente contrastate si celebrarono<br />
nel settembre, solo quindici giorni dopo le nozze più<br />
modeste di Andrea e Filumena.<br />
192<br />
Questi ultimi avevano voluto una cosa semplice, come<br />
semplici erano le loro anime. Era venuta sì, la cav<strong>al</strong>cata d<strong>al</strong><br />
paese per prendere la sposa, e l’aveva accompagnata tra spari<br />
e gridi <strong>al</strong>legri e suoni di fisarmonica e canti e b<strong>al</strong>li per tutto<br />
l’<strong>al</strong>tipiano vestito di frasche fino <strong>al</strong>la chiesa del villaggio; si<br />
era fatta, sì, lungo il sentiero e dentro l’abitato, la tradizion<strong>al</strong>e<br />
corsa <strong>al</strong>la rocca; 3 non si era neanche sacrificata qu<strong>al</strong>che <strong>al</strong>tra<br />
consuetudine poetica e primitiva; ma tutto era finito lì:<br />
gli sposi, dopo la duplice cerimonia, s’eran messi in carrozza<br />
diretti <strong>al</strong>la stazione, dove avevan preso il treno per il viaggio<br />
di nozze. Mena, vestita da signora, sembrava fosse nata con<br />
quelle vesti. Quando s’<strong>al</strong>lontanò nel carrozzone e scomparve<br />
lontano agitando la pezzòla bianca per s<strong>al</strong>utar gli amici, parve<br />
un’apparizione vaporosa. Tutti le pregaron bene!<br />
Ma Cat<strong>al</strong>ina e Giromìnu non si accontentarono di così<br />
poco. Un po’ per picca contro la famiglia (la qu<strong>al</strong>e, pur essendosi<br />
piegata <strong>al</strong>le ripetute umiliazioni e <strong>al</strong>le minacce della sposa<br />
che in ultimo urlò, tra la stizza e le convulsioni, che avrebbe<br />
imitato Spiranza, se non l’avessero contentata, conservava sempre<br />
un po’ d’astio e di rancore); un po’ per smania di grandeggiare<br />
e di distinguersi; un po’ anche per un’invidiuzza di quella<br />
laurea dottor<strong>al</strong>e, a cui non potevano nulla contrapporre, cercarono<br />
d’incantar la contrada con le antiche parate g<strong>al</strong>luresi, con<br />
pranzi e festini e stordimenti tempestosi. E le feste durarono<br />
<strong>al</strong>cuni giorni, finché gli stazzi non furono stanchi.<br />
Cat<strong>al</strong>ina venne ad abitare presso il suocero, e fin dai<br />
primi giorni ella non poté nascondere la sua antipatia e il<br />
suo ribrezzo per Spiranza.<br />
Costei, quando venne la cognata, si trovò già abbattuta<br />
d<strong>al</strong>le continue profonde commozioni che aveva dovuto<br />
3. La sposa si portava via d<strong>al</strong>la casa paterna una conocchia ben infioccata.<br />
Durante il cammino da un paese <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro o d<strong>al</strong>la campagna<br />
<strong>al</strong> villaggio, uno del partito della donna prendeva l’arnese d<strong>al</strong>le mani<br />
di lei, e con esso <strong>al</strong>zato in aria come una bandiera, spingeva il cav<strong>al</strong>lo<br />
a una corsa sfrenata. Uno del partito dello sposo lo inseguiva pur<br />
esso a cav<strong>al</strong>lo, e per vincerlo bastava toccasse un nastro della rocca.<br />
Se vinceva, egli stesso prendeva l’arnese e correva davanti. Un <strong>al</strong>tro<br />
del partito della sposa gli correva dietro. Così fino <strong>al</strong>l’entrata del<br />
paese, sempre <strong>al</strong>ternando le parti, tra suoni, canti e urlate.<br />
193
provare nella sua prigione durante i giorni chiassosi della<br />
gioia <strong>al</strong>trui.<br />
Prima erano stati i colloqui così teneri con la dolce sorella,<br />
che si disponeva ad abbandonar la casa paterna per andar<br />
lontana nel villaggio sotto un <strong>al</strong>tro tetto, e la voleva compensare,<br />
in quegli ultimi giorni, vissuti intensamente ogni briciolo,<br />
della futura sua assenza d<strong>al</strong> monte.<br />
Veniva, quell’anima amorosa, nel suo stabbiòlo angusto e<br />
sgretolato, dove ogni volo di spirito era strozzato e ogni godimento<br />
dei sensi sconosciuto, e passava le ore con lei in affettuosa<br />
conversazione. Le loro mani s’affannavano nella cucitura<br />
degli ultimi capi del corredo, febbrilmente, costantemente,<br />
come se una invisibile investigatrice facesse schioccar la sferza<br />
nell’ombra; ma di tratto in tratto, quando sfilavano sopra<br />
quei lini bianchi i sogni a sciami, esse s’arrestavano quasi di<br />
concerto, e gli occhi si cercavano avidamente e le bocche si<br />
sorridevano con un sorriso tutto m<strong>al</strong>inconia.<br />
La piccola forse pensava ai suoi giorni lieti: forse vedeva<br />
dentro quelle cuffiette tondeggiar visini angelic<strong>al</strong>i e luccicar<br />
pupillette tutte un chiarore: forse vedeva seminati sulla via<br />
mazzi e ghirlande, e udiva suoni e canti e plausi, tra una benedizione<br />
di sole. Ma ella pensava tristemente che doveva<br />
perderlo, quell’angelo di bontà, che le aveva tanto <strong>al</strong>leggerito<br />
la croce e molte volte <strong>al</strong>lontanato il c<strong>al</strong>ice dell’amarezza, che<br />
l’aveva sempre consolata nelle ore disperate di tenebre e d’affanno,<br />
e sostenuta nei momenti più dolorosi di debolezza<br />
estrema; pensava che non avrebbe più una difesa contro l’accanimento<br />
ognor crescente degli uomini, contro il disprezzo<br />
ognor più ringhioso del vicinato, contro le insinuazioni velenose<br />
della fattucchiera, che di quando in quando, sotto il<br />
manto della carità, le recava <strong>al</strong>lo stambugio squ<strong>al</strong>lido, con<br />
lingua di zucchero avvelenato, le notizie che più la martoriavano.<br />
Pensava che, partita lei, i suoi giorni trascorrerebbero<br />
sempre ugu<strong>al</strong>i, tutti d’una tinta plumbea come di cielo nevoso,<br />
come giornate di freddo e di fame; e tutto il suo dolore<br />
sarebbe solo, come incendio senza spengitori, come piena<br />
senz’argini: e ognuno potrebbe impunemente lanciare il suo<br />
sasso contro lo st<strong>al</strong>luccio senza custodia, contro la povera<br />
abitatrice da nessuno amata!<br />
194<br />
A tutto questo pensava e il <strong>cuore</strong> gonfio le cacciava agli<br />
occhi lacrime che scorrevano bollenti sulle guance intristite,<br />
e le penetravano, amare, in bocca! Mena buttava via il cucito,<br />
le si slanciava d’un b<strong>al</strong>zo, l’abbracciava stretta, e con<br />
quella sua voce carezzosa a cui nessuna pena resisteva, – No!<br />
– mormorava tra i baci più soavi. – Non voglio che tu<br />
pianga! Ti fa m<strong>al</strong>e! Puoi far m<strong>al</strong>e anche a me!<br />
Ella faceva sforzi d’eroina e si chetava. Però tutto il suo<br />
pianto le rimaneva accumulato nel <strong>cuore</strong>, e tutta l’anima<br />
sua ne dolorava.<br />
Poi, era stata la gran c<strong>al</strong>ca di gente festante. La mattina<br />
dopo quella ultima notte memorabile, in cui se l’era tenuta<br />
per ore tra le braccia, la novella sposa, la sorella che la lasciava,<br />
e le aveva versato nel seno lacrime e lacrime, e nell’orecchio<br />
parole che non si ripetono, per gli occhi, nell’anima,<br />
brani d’anima, come se quello avesse dovuto essere l’abbraccio<br />
di due moribonde, se l’erano venuta a prendere a cav<strong>al</strong>lo,<br />
tutti vestiti a festa, giocondi e tripudianti. Ella si era sentite<br />
le peste di tutti quei cav<strong>al</strong>li infioccati e briosi nel <strong>cuore</strong> e<br />
tutte quelle fucilate le avevano rintronato nell’animo come<br />
se glielo stracciassero. D<strong>al</strong>le fessure dell’uscio e del muro aveva<br />
sbirciato la cav<strong>al</strong>cata rumorosa; aveva visto volti d’amici e<br />
d’amiche, che più non pensavano a lei se non per dilaniarla<br />
e non si degnavano neppure di dar l’occhiata, che non si nega<br />
<strong>al</strong> cane, a quella sua carcere d’ignominia; aveva udito voci<br />
note e spensierate, che insultavano con quell’<strong>al</strong>legrezza<br />
spav<strong>al</strong>da <strong>al</strong>la sua pena ignorata; le eran giunte anche <strong>al</strong>le<br />
orecchie gravi parole di scherno e di rigore sulla sua colpa<br />
imperdonabile. Il martirio di quell’ora non lo poteva più ridire.<br />
E quando se l’eran portata via come ladri, e il corteo<br />
s’era <strong>al</strong>lontanato, ella s’era presa la sua creaturina in braccio,<br />
e, nascosta di frasca in frasca come una volpe, s’era trascinata<br />
fino <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tana di massi, per riveder ancora quel trionfo,<br />
per mandarle ancora l’ultimo s<strong>al</strong>uto, l’ultima benedizione.<br />
Aveva sollevato in <strong>al</strong>to il bimbo, come s’egli appunto, l’innocente,<br />
dovesse benedire; e quando la coda della serpe nera,<br />
lontano lontano, era scomparsa, s’era accosciata sulla roccia<br />
come una madre dolorosa, e aveva versato tutte tutte le<br />
sue lacrime ad annaffiar le amare radici del cisto.<br />
195
In ultimo, era stata la gazzarra delle <strong>al</strong>tre nozze. Oh Signore!<br />
come si voleva star tanto <strong>al</strong>legri quand’ella, così vicina,<br />
soffriva? Quanto s’ingigantiva il suo cordoglio in quello<br />
sfrontato contrapposto! Mai s’era sentita così sola, e infelice,<br />
e solcata nel seno. Quei gridi giulivi, quei suoni, quei canti,<br />
per lei erano frecciate, perché le ricordavano <strong>al</strong>tri tempi, <strong>al</strong>tre<br />
feste, quand’ella, la festa dell’<strong>al</strong>tura, ornava con la sua<br />
presenza gli stazzi e le capanne, ed era invidiata e amata.<br />
Qu<strong>al</strong>che cosa le si fendeva dentro, nel profondo delle viscere,<br />
a quelle memorie smaglianti, che coi loro splendori rendevano<br />
più cupa l’oscurità del presente… E mentre ella era<br />
così barbaramente amareggiata, si presentava <strong>al</strong>la porta dello<br />
stabbiòlo or l’una or l’<strong>al</strong>tra delle Ruoni con la limosina di<br />
qu<strong>al</strong>che piatto in mano, per recarle con degnazione sprezzante,<br />
la sua porzione di dolci, di carne, di pane, come ad una vera<br />
carcerata o a una pezzente confinata nella spazzatura. O Signore:<br />
come la ferivano quelle parole di commiserazione!<br />
quegli sguardi ipocriti e felini! quelle maschere atroci che sotto<br />
la pietà nascondevano la gioia feroce che sprizzava in lampi<br />
infrenabili e in sorrisi impertinenti! Certe volte si sentiva tanto<br />
umiliata, tanto c<strong>al</strong>pestata, che la sua antica natura, non doma<br />
d<strong>al</strong>la sua volontaria espiazione e d<strong>al</strong> dolore, si ribellava in<br />
lei e sorgeva come una tigre già dormente, pronta ad azzannare.<br />
Allora sarebbe stata capace di slanciarsi sulle insultatrici per<br />
dilaniarle e disperderne i brani <strong>al</strong> vento! Però un vagito della<br />
creaturina, che riposava con gli angeli nella sua culla senza veli<br />
e senza fiori, fugava il suo sogno truce e la rendeva madre affettuosa.<br />
Si curvava su quella faccina cinta d’aureola e su di essa<br />
sfogava bisbigliando tutto il suo affanno.<br />
Però tutte quelle prove l’avevano prostrata, e quando<br />
venne Cat<strong>al</strong>ina a occupare il posto della sorella perduta<br />
(qu<strong>al</strong> cambio, Signore!) ella si trovò debole come una conv<strong>al</strong>escente.<br />
La cognata pareva si fosse proposta fin d<strong>al</strong> primo ingresso<br />
nella nuova casa di farle pagare tutte le ansie, le rabbie,<br />
e le afflizioni che aveva sofferto per colpa sua, quando i<br />
parenti tentavano di strapparle d<strong>al</strong> <strong>cuore</strong> l’affetto per Giromìnu.<br />
E si vedeva che cercava ogni occasione per farle<br />
sentire il suo dominio ed umiliarla.<br />
196<br />
La triste giovane soffiava sull’ira sempre accesa del marito;<br />
ed eran per parte di costui vilipendi continui, invettive,<br />
chiassate: la madre stessa tremava davanti <strong>al</strong>le sue imposizioni<br />
e <strong>al</strong>le sue tirannie, e la povera sua mano benefattrice<br />
non poteva portare <strong>al</strong>la sventura se non qu<strong>al</strong>che briciolo di<br />
nascosto e la sua parola confortatrice non la poteva consolare<br />
se non in segreto.<br />
La nuora, d’<strong>al</strong>tronde, spiava i passi, contava i minuti<br />
che la vecchia passava nel tugurio: e sul più bello della visita<br />
materna piombava silenziosa come una sventura, per turbare<br />
ogni tenerezza e avvelenare ogni gioia.<br />
Alle volte eran guerriglie aperte, ritorni crudeli <strong>al</strong> passato,<br />
rimproveri roventi, sferzate a sangue. – Taci, tu! Ti faresti<br />
più onore a star zitta. Ci vuole la tua faccia ad aprir bocca!<br />
S’io fossi come te, mi sotterrerei! L’onta della parentela!<br />
La vergogna di G<strong>al</strong>lura!<br />
Altre volte eran colpi di spillo, torture lente con armi<br />
velate, punture con ninnoli d’oro. – Povera Spiranza! Come<br />
vorrei restituirti il buon nome che hai perduto! Come ti<br />
vorrei ricondurre in mezzo <strong>al</strong>la gente, da una festa <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tra!<br />
Come ti vorrei strappare da quest’antro di mai<strong>al</strong>i, vestirti a<br />
nuovo e condurti <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>legrezza come una risuscitata! Non<br />
posso però, Spiranza mia, non posso!<br />
La poveretta inghiottiva le sue lacrime in silenzio, ma t<strong>al</strong>volta<br />
si sentiva rimuggire nel seno la vecchia belva ammansita<br />
ma non morta, e si levava inviperita e tremante, per ributtarle<br />
in faccia gli improperi e gli insulti: perché, <strong>al</strong>la fine, la brama<br />
d’espiazione non la soggiogava ancora e la lasciava donna.<br />
Del resto, neanche gli <strong>al</strong>tri, esclusa la mamma santa e<br />
paziente, le <strong>al</strong>leggerivano il terribile fardello dei suoi travagli:<br />
che anzi, (ognuno per conto suo, o congiurati insieme),<br />
facevan quel che potevano per renderle più insopportabile<br />
il peso della sventura.<br />
Ziu Pasc<strong>al</strong>i, che pur s’era rabbonito con Diadoru, non<br />
aveva voluto assolutamente piegarsi a mitigare, fosse pure<br />
menomamente, il suo rigore paterno contro di lei. Tutte le<br />
preghiere di zia Francisca, fatte a mani giunte, in ginocchio,<br />
piangendo: tutte le arti della prediletta, tentate nei<br />
momenti più buoni dell’intimità famigliare: tutte le moine,<br />
197
le carezze e le buone parole; non avevano approdato a nulla.<br />
Fosse pur lieto quanto si voleva, ridesse anche di buon<br />
<strong>cuore</strong> negli istanti d’oblio, egli diventava improvvisamente<br />
triste triste, si corrucciava tutto, appena quel povero nome<br />
inatteso cadeva, come sasso su lucide acque c<strong>al</strong>me, a conturbargli<br />
ogni <strong>al</strong>legrezza. – Il figlio portatelo qui quando<br />
volete! Che colpa ne ha l’innocente? Ma essa, mai! –. E si<br />
chiudeva come antico guerriero corazzato di ferro, entro la<br />
fortezza inespugnabile del suo barbaro cruccio.<br />
M<strong>al</strong>cu era forse colui che le dava meno fastidi. Qu<strong>al</strong>che<br />
volta s’avvicinava anche <strong>al</strong>la capanna, quando sapeva di<br />
non esser visto d<strong>al</strong> padre e d<strong>al</strong> fratello, ed entrava a passare<br />
qu<strong>al</strong>che minuto con lei. Le parlava di leggerezze, è vero, e<br />
di pettegolezzi; ma aveva il viso un po’ più da cristiano e<br />
non sputava sempre fiele.<br />
Solo quando era un po’ <strong>al</strong>ticcio la tormentava <strong>al</strong>quanto.<br />
Allora veniva da lei senza paura di nessuno, da coraggioso, e<br />
aveva la fissazione di parlarle sempre di Silvio. Ella rabbrividiva,<br />
<strong>al</strong> primo suono di quel nome, si sentiva tutta ardere, tremava<br />
e si contorceva: t<strong>al</strong>volta si stringeva <strong>al</strong> seno il figliolino,<br />
quasi per isolarsi con lui lontano, più lontano ancora, da tutti,<br />
e speci<strong>al</strong>mente da colui, d<strong>al</strong> traditore. Ma egli continuava a<br />
chiacchierare senz’accorgersi del suo tormento, a vanvera, come<br />
meglio poteva. – Che credi? Io son buono d’andar lassù in<br />
Continente, di prenderlo per il collo e di buttarlo in mare!<br />
Che credi? Ha fatto presto a fuggire, il cane randagio! se no,<br />
faceva i conti con M<strong>al</strong>cu Luna! Pezzo di g<strong>al</strong>era! E lui come un<br />
angelo, con mille complimenti, con mille parole amorose.<br />
C’era da confidargli anche la santa Ostia consacrata, che non<br />
son degno neanche di nominarla! Pareva come un sant’Antonio,<br />
quand’era là sopra, coricato come un moribondo; avrei<br />
dato anche del mio sangue per non vederlo soffrire a quel<br />
modo! Uh! se avessi saputo ciò che doveva capitare! Non si sarebbe<br />
levato, no, l’ira di Dio! L’avrei strozzato come si strozza<br />
una biscia! Ma ha saputo ben simulare, m<strong>al</strong>edetto sia, ferire e<br />
fuggire a tempo, che non trovi più pace neppure per quanto<br />
si dice amen, e non trovi pane neanche quanto un bruscolo…<br />
Chi ne sa però che non mi càpiti di rivederlo? Cosa credi<br />
tu ch’io gli farei, se il diavolo mi concedesse tanta fortuna?<br />
198<br />
«Buon giorno, g<strong>al</strong>antuomo!» gli direi! «ho tanto tanto piacere<br />
di rivederla! Mi dia qua codesta mano pulita, diavolo! Non<br />
mi ravvisa più? Eh, la brutta memoria! Non mi ricorda? Sono<br />
il fratello di quella poveretta, io! di quella poveretta, che era il<br />
vanto della famiglia, più bella d’un <strong>al</strong>bero fiorito, e che lei ha<br />
ridotto la donna più miserabile e ha buttato poi sul letamaio.<br />
Sono M<strong>al</strong>cu Luna, sa! Mi stringa la mano, vecchia conoscenza!».<br />
E gli piomberei addosso, m’ammazzino, per mangiarmelo<br />
vivo vivo! Non ci credi tu dunque? Ah! così son fatto io: io<br />
non chiacchiero. Accenda pure una candela <strong>al</strong> diavolo, il signor<br />
Silvio Ròndani (che la ronda dei soldati lo colga e lo fucili<br />
in mezzo <strong>al</strong>la via!): se i nostri occhi s’incontrano, le porte<br />
dell’inferno per lui sono aperte! Te lo promette M<strong>al</strong>cu Luna!<br />
E continuava ancora, acc<strong>al</strong>orandosi sempre di più a mano<br />
a mano che il vino gli bolliva nello stomaco e le idee gli<br />
rifervevano nella mente, parlando agli oggetti come se fossero<br />
cristiani, gestendo animatamente, apostrofando ombre,<br />
urlando, sghignazzando.<br />
Quand’egli se n’era andato, ella restava per un pezzo con<br />
le orecchie intronate da quel chiacchierio sconclusionato,<br />
con la vista occupata di quella figura annaspante e dondolante.<br />
E le memorie più dolorose l’ass<strong>al</strong>ivano, e le riflessioni più<br />
tristi le oscuravano la mente: tutte le vecchie piaghe si riaprivano<br />
e si rinciprignivano.<br />
Qu<strong>al</strong>che volta veniva <strong>al</strong>la fattoria anche Jacheddhu Ruoni,<br />
forse per saziarsi del suo abominio. Da lontano egli cominciava<br />
ad annunziarsi con la sua voce stentorea, discorrendo<br />
in <strong>al</strong>to per farsi avvertire, chiamando con gridi persone<br />
che non comparivano, con sganasciate, con celie, con frizzi.<br />
Pareva che tutto il mondo fosse nel suo pugno, e invadeva<br />
tutto il piccolo dominio come un padrone, empiendo tutto<br />
del suo vocione, l’orto, il giardino, le capanne. Passava anche<br />
molto vicino <strong>al</strong> suo st<strong>al</strong>luccio, ostentando dimenticanza; ne<br />
rasentava il muro strepitando ancor più forte, parlando di<br />
cose <strong>al</strong>legre, di feste, di b<strong>al</strong>li, di nozze, di fanciulle: s’accostava<br />
<strong>al</strong>la porta quasi per sbadataggine, volgendo le sp<strong>al</strong>le, fingendo<br />
di prender misure di distanze e di avvistare il peso delle<br />
bestie pascolanti, e lanciava <strong>al</strong>lora quelle ch’egli credeva le<br />
sue frecce più infocate.<br />
199
A lei batteva il <strong>cuore</strong>, povera reclusa, povera peccatrice! e<br />
mille paure e mille dolori le accerchiavano l’anima. Avrebbe<br />
voluto esser sorda, per non udir quella sfida: avrebbe voluto,<br />
d’<strong>al</strong>tra parte, esser più forte per soffrire ancora di più, per<br />
scontare con più coraggiosa rassegnazione il suo peccato: e<br />
nella contraddizione dei desideri la lotta era più acerba.<br />
Dove poter trovar un rifugio contro tante persecuzioni?<br />
La madre era certo una pietosa confidente, a cui poteva versare<br />
in seno ogni pena segreta, dinanzi a cui poteva sfogarsi e<br />
piangere, da cui poteva esser consolata; ma la poveretta era<br />
così dolce, così amante della pace di famiglia, che poche volte<br />
e quasi furtivamente poteva recarsi a quel suo canto sorvegliato<br />
da invidi occhi di Argo, e poco poteva con lei trattenersi.<br />
La mamma piangeva con lei, si lamentava con lei…<br />
Ella pertanto trovava ora la sua maggior forza nella religione.<br />
Per quanto non comprendesse tutte le finezze della<br />
sua fede e non potesse <strong>al</strong>imentarla se non con la lettura di<br />
qu<strong>al</strong>che libro semplice e piano, fatta <strong>al</strong>lo scarso lume della<br />
lampada t<strong>al</strong>ora a notte inoltrata: (mancandole affatto l’opportunità<br />
di frequentare i sacramenti e di abboccarsi con<br />
persone sagge e istruite) tuttavia nell’orazione, nell’esercizio<br />
della pazienza, nell’impegno continuo di vincere se stessa<br />
(d’incatenar la belva, come essa diceva), nella brama ardente<br />
di purificarsi <strong>al</strong>meno agli occhi di Dio, se non degli uomini,<br />
ella trovava il coraggio di perseverare e mitigare di molto<br />
l’asprezza della sua sventura.<br />
Passava delle ore meditando, e le pareva di comprendere<br />
tutta la debolezza di questa giovinezza nostra, che s’illude su<br />
se stessa e sulle sue miserie, e con potenti colpi d’<strong>al</strong>a s’in<strong>al</strong>za<br />
a voli vertiginosi di sogni e di chimere, e ha potente sete di<br />
godimenti e accesa fame d’ebbrezze, e non si sazia mai, e<br />
non si stanca mai, e sfida impavida precipizi e pericoli, e si<br />
butta a capo fitto nella corrente in piena, a corpo morto nei<br />
vortici degli incendi: si corona di rose e ride dinanzi <strong>al</strong>la<br />
morte! Capiva come una scintilla sola di sguardo m<strong>al</strong>igno,<br />
una parola sola di labbro bugiardo, basti per soggiogar l’ardita,<br />
per prostrarla <strong>al</strong> suolo come una canna spezzata. Tremava<br />
nel veder come il mondo la tratti, questa giovinezza,<br />
cui prima inebbriava d’incensi e di profumi e abbagliava di<br />
200<br />
splendori e stordiva di plausi, nel miserevole caso che, qu<strong>al</strong><br />
aquila temeraria, abbia infranta l’<strong>al</strong>a d<strong>al</strong> cacciatore da lei sfidato,<br />
e cada e si dibatta. Rabbrividiva a tutto il peso schiacciante<br />
di sprezzo e d’onta che le vedeva piombar sul capo; a<br />
tutta la rabbia canina dei vecchi ammiratori per strapparle<br />
d<strong>al</strong> capo la corona insozzata, per strapparle le penne a una a<br />
una; a tutto l’osceno tripudio degli adoratori antichi che s’avvolgono<br />
in ridda di baccan<strong>al</strong>e mentr’essa versa lacrime a rivi<br />
e d<strong>al</strong> <strong>cuore</strong> trapassato sangue a fiotti. Meditava lungamente e<br />
intensamente sulla necessità d’aprirle gli occhi, a questa giovinezza<br />
ardimentosa, d’infrenarle in tempo sguardi e <strong>al</strong>i, di<br />
smorzarle ardori e fiamme, e negarle olezzi e bagliori…<br />
Ella rifuggiva, ora, da tutto quello che le aveva così entusiasticamente<br />
ricolmo l’animo negli anni scorsi, riconosceva<br />
tutti gli inganni, s’accorgeva delle spine: e inginocchiata<br />
davanti a un piccolo crocifisso appeso a capo del suo<br />
giaciglio, pregava il Signore affinché concedesse a tante anime<br />
sognanti la grazia di risvegliarsi in buon punto e riconoscere<br />
la re<strong>al</strong>tà delle cose prima che sanguini il <strong>cuore</strong>.<br />
Nell’ora in cui ella meditava e pregava, il suo sconforto<br />
aveva tregua: vedeva un fine <strong>al</strong> suo patire, e questo glie lo <strong>al</strong>leggeriva<br />
e le versava il b<strong>al</strong>samo sulle piaghe. Trovava anche<br />
compagnia nel suo dolore. Pensava a Gesù che ha patito, a<br />
Maria d<strong>al</strong> seno trafitto da sette spade, a milioni d’anime che<br />
s<strong>al</strong>gono ogni giorno il c<strong>al</strong>vario: e lo sfilare di quelle innumerevoli<br />
creature buone, che pur mille volte non hanno peccato<br />
e sono angeli virtuosi e benefici, ed espìano nel martirio colpe<br />
<strong>al</strong>trui, la incoraggiava a sostener la sua pena meritata, ad<br />
abbracciar con trasporto la sua croce, a versar le sue lacrime<br />
senza disperarsi. Disperarsi? Era una parola cancellata nel<br />
gran linguaggio della religione d’amore! La bella virtù con<br />
cui ella stessa si nominava, spargeva la luce e la pace sopra<br />
tutto il suo peccato. E Madd<strong>al</strong>ena? e Margherita da Cortona?<br />
e mille <strong>al</strong>tre? Si lavarono nel pianto e si purificarono. Che il<br />
Signore le concedesse di poter piangere anch’essa così e di<br />
purificarsi! Sperava, sperava! Qu<strong>al</strong>e sublime conforto!… E<br />
nella speranza il suo <strong>cuore</strong> mutato si apriva largamente <strong>al</strong><br />
perdono. Tutti i suoi tormentatori non erano <strong>al</strong>tro che strumenti<br />
nelle mani di Dio, che voleva raffinarla nel patimento;<br />
201
ed ella baciava quelle mani divine, come avrebbe voluto baciare<br />
anche quelle bocche che s’aprivano per m<strong>al</strong>edirla e lacerarle<br />
l’anima, e quelle <strong>al</strong>tre mani spietate che le intrecciavano<br />
corone di spine. Così perdonava generosamente anche a colui<br />
che le aveva fatto il m<strong>al</strong>e, che l’aveva sfrondata d’ogni fiore,<br />
c<strong>al</strong>pestata, trascinata nel fango e inzozzata come cencio, e<br />
non le aveva lasciato più che gli occhi per piangere e il <strong>cuore</strong><br />
per sanguinare. Ormai non nutriva più per lui <strong>al</strong>cun sentimento<br />
di rancore o ripugnanza: che anzi pregava spesso per<br />
lui il Signore, che lo volesse ritirare d<strong>al</strong>la via traversa e ricondurre<br />
<strong>al</strong> bene, che gli volesse risparmiare ogni pena e infiorare<br />
il cammino di sorrisi e di benedizioni. E fin<strong>al</strong>mente poteva<br />
guardar in viso il fantasma, che più non la turbava.<br />
Altra fonte di sollievo era per lei l’amore ardente del figliolino,<br />
che le dava una santa missione da compiere nella vita.<br />
Quanto le tardava ch’egli potesse camminare, parlare, aprir gli<br />
occhietti per vedere, gli orecchi per udire! Con quanta tenerezza<br />
gli avrebbe ella insegnato le cose sante, gli avrebbe acceso<br />
nel coricino la pura fiamma: con quanta premura l’avrebbe <strong>al</strong>levato<br />
per il bene, e gli avrebbe spento nell’animo tutti i germi<br />
micidi<strong>al</strong>i! Oh, crescesse dunque presto! se lo vedesse intorno<br />
come un angioletto illuminar lo stambugio del suo sorriso, incantarlo<br />
dei suoi trilli, empirlo del suo cinguettìo! Se lo vedesse<br />
crescere e le potesse rendere più tollerabile quella prigionia e<br />
quell’esilio da ogni cosa bella, e potesse dirle quelle parole che<br />
fanno miracoli e fugano ogni dolore, potesse volgerle quegli<br />
sguardi vittoriosi d’ogni buio! O Signore, Signore! Lo facesse<br />
dunque crescer presto, quel suo poveretto, che era per lei tutto,<br />
acqua e pane! la stessa vita! Signore, Signore!<br />
La creaturina, mentre la madre fissamente la guardava<br />
pregando col <strong>cuore</strong>, apriva t<strong>al</strong>ora le sue labbruzze cor<strong>al</strong>line<br />
<strong>al</strong> sorriso, e a lei pareva che s’aprisse il cielo per annunziarle<br />
che il desiderio di fuoco cominciava a essere esaudito.<br />
E lo stambugio oscuro e fuligginoso risplendeva per lei<br />
come una grotta di Bethlehem.<br />
Però Diadoru cresceva troppo lentamente, come crescon<br />
sempre le creature sole per le madri abbandonate: né quando<br />
202<br />
fu cresciuto <strong>al</strong>quanto, e poté sorriderle e parlarle e camminarle<br />
a fianco, solo per questo le fiorì la via a ogni suo passo,<br />
e le brillò una stella a ogni suo sorriso, o sbocciò una<br />
melodia a ogni sua parola: ché ove semina la colpa, molto<br />
rari germogliano i fiori, son poco pietosi gli astri e quasi<br />
inauditi i gorgheggi.<br />
Ella sostenne con pazienza eroica le veglie, le gravi cure,<br />
le premure per <strong>al</strong>levarlo tutto per sé, quel suo unico, quel<br />
suo tutto; ma egli fece come l’uccellino, come fan tutti i<br />
bimbi, del resto: lasciava il nido molto spesso, svolazzava di<br />
qua e di là coi suoi piccoli gridi, e tornava acceso di nuove<br />
piccole brame.<br />
Per accompagnarlo nei primi passi ella ebbe opportunità<br />
d’abbandonare per ore il suo tugurio, di <strong>al</strong>lontanarsi tra le<br />
rocce del monte, di rimanere <strong>al</strong>l’aperto tra gli <strong>al</strong>beri e le frasche,<br />
dinanzi <strong>al</strong>la natura per lei immensamente più bella,<br />
ora! Lo prendeva per mano, il suo piccolo liberatore, lo menava<br />
negli angusti sentieri per cui anch’ella aveva camminato<br />
bambina, s’arrestava con lui a ogni piccolo insetto, a ogni<br />
piccola fronda fiorita; e quando lo sentiva stanco, se lo recava<br />
in braccio o se lo metteva a cav<strong>al</strong>cioni sulla schiena o sul<br />
collo, e col dolce peso guadagnava le <strong>al</strong>ture. Di là il suo<br />
sguardo spaziava intorno sui prospetti già familiari, che per<br />
tanto tempo le erano stati negati, e le pareva di rivedere dei<br />
cari visi da lungo tempo non più veduti. E s’obliava, t<strong>al</strong>ora,<br />
mentre il bimbo, stanco, le dormiva in grembo; e le si ridestavano<br />
in fondo <strong>al</strong>l’animo i vecchi sogni e le memorie dolorose,<br />
e le sorrideva p<strong>al</strong>lidamente qu<strong>al</strong>che speranza. Quando<br />
il bimbo si destava, gli insegnava i nomi dei luoghi e<br />
delle cose, cercava di educargli la vista degli occhietti vispi<br />
del corpo e i piccoli slanci dell’animo.<br />
Qu<strong>al</strong>che volta il piccolo girovago la traeva con forza per<br />
la gonna verso le mandre, ove i pastori erano occupati nella<br />
mungitura. Ella si ribellava un momento, ma il minuscolo tiranno<br />
puntava i piedini a terra, nicchiava, uggiolava come<br />
un cagnolino: ed ella lo seguiva. Qu<strong>al</strong>e spavento provò,<br />
quando si vide un giorno a pochi passi d<strong>al</strong> padre, curvo sotto<br />
la vacca bianca! Si ritirò a un lato, s’accovacciò ai piedi del<br />
muro, e lasciò che il figlio guardasse tra le assi del cancello.<br />
203
– Nonno! Nonno! – b<strong>al</strong>bettava <strong>al</strong>legro, zampettando<br />
come un capretto.<br />
– Oh! lì sei tu, mariolo? – borbottava la voce burbera<br />
ma amabile. – Solo sei, volpicina? Come sei venuto?<br />
– Mamma! Mamma! – rispondeva il piccino, scutrettolando.<br />
– Oh! – brontolava il vecchio. E taceva.<br />
Il <strong>cuore</strong> le batteva con violenza e la vista le si appannava,<br />
per un misto di dolcezza ineffabile e di paura, che le avvincevan<br />
l’anima.<br />
– Nonno! nonno! – riprendeva il piccolo impertinente,<br />
dando dei piccoli c<strong>al</strong>ci agli staggi.<br />
– Che vuoi, fastidioso? – chiedeva il vecchio senza levarsi<br />
né <strong>al</strong>zar la testa.<br />
– Nonno! nonno! Vacca! – implorava ancora la vocina<br />
cinguettante, accompagnata dai piccoli colpi impazienti.<br />
Il nonno veniva, apriva il cancello, si prendeva in braccio<br />
l’agnellino abbandonato, il povero uccellino senza nido,<br />
il mariolo suo, la volpicina m<strong>al</strong>iziosa, e lo metteva a cav<strong>al</strong>lo<br />
a una vacca mansa, tenendolo fermo con le mani tremanti.<br />
La madre non poté resistere e si levò a guardare. Il padre<br />
le volgeva le sp<strong>al</strong>le e il bimbo il visino. Sporse di più il capo<br />
oltre il muro e il figlio la vide. – Mamma! – trillò, – mamma!<br />
– Beh! va da mamma! – gli disse quasi brusco. E lo riportò<br />
fuori del cancello. Rientrò nel recinto senza rivolgerle<br />
uno sguardo.<br />
Ella s’era riaccucciata nel suo canto, e gli diede una fuggevole<br />
timida occhiata. I lineamenti di quel viso caro pareva<br />
si fossero induriti come quelli di una statua di bronzo.<br />
La persona le tremò, e versò qu<strong>al</strong>che lacrima.<br />
Altre volte si era voluta avventurare anche nell’orto o nel<br />
giardino, tratta da quelle dispotiche manine, che nel loro impeto<br />
non volevano sentir ragioni, e spinta anche d<strong>al</strong>la nost<strong>al</strong>gia<br />
di quei siti, che racchiudevano in sé tante memorie, e le<br />
sue piante, i suoi fiori, i suoi recessi segreti, ove tanti sogni e<br />
tanti voli aveva fatto l’anima sua! Ma una volta vi piombò<br />
quasi <strong>al</strong>lo stesso tempo Cat<strong>al</strong>ina che lamentò il pericolo di<br />
veder le ins<strong>al</strong>ate e le lattughe c<strong>al</strong>pestate da quel caprettino col<br />
baco, o Dio! e un’<strong>al</strong>tra la scorse d<strong>al</strong>la finestra Giromìnu, e<br />
204<br />
con ruvide grida come se cacciasse un ladro, le intimò che<br />
uscisse. Era uscita a capo basso, col figlio che strillava e si divincolava<br />
senza pace.<br />
Diadoru, del resto, che diventava un bimbo a modino, se<br />
la faceva con tutti. Eccetto lo zio maggiore, che non l’aveva<br />
mai né carezzato né toccato e quasi neppure guardato se non<br />
biecamente, gli <strong>al</strong>tri se lo contendevano, speci<strong>al</strong>mente prima<br />
che venissero gli <strong>al</strong>tri piccoli ospiti di Cat<strong>al</strong>ina e di Mena.<br />
I servi se lo recavano in braccio o in collo, e l’<strong>al</strong>lontanavano<br />
d<strong>al</strong>la casa; lo menavano ai debbi, ai seminati, ai maggesi;<br />
gli facevano guidare i branchi degli agnelli; gli costruivano<br />
i rozzi cav<strong>al</strong>li di fèrula, i carretti di sughero o di legno, i piccoli<br />
aratri di asfodelo, i fuciletti di canna; lo cacciavano a cav<strong>al</strong>cioni<br />
sul dorso or d’un montone or d’un becco, or d’un<br />
lattonzolo; gli facevano imbracciare lo schioppo loro, gli cingevano<br />
l’enorme ventriera <strong>al</strong> vitino, lo caricavano di cartucce.<br />
Egli andava contento, il più spesso infagottato, sopra le vestine,<br />
in una enorme sottoveste o cacciatora di adulti, e con un<br />
cappellaccio in capo, ruzzava e schiassava, battendo le manine,<br />
squillando con quei suoi piccoli gridi di c<strong>al</strong>andra; arava,<br />
faceva le mandre, mungeva le sue pecore bianche e nere, e le<br />
sue vacche d<strong>al</strong> loro bravo nome metaforico – Bandiera, Stelladiana,<br />
Farf<strong>al</strong>lina, Regina, Rosavera, e simili – ammazzava il<br />
cign<strong>al</strong>e, sparava <strong>al</strong> bersaglio. La sera glie lo rimenavano stracco,<br />
mezzo addormentato, che non poteva star ritto. Lo metteva<br />
a letto e lo vezzeggiava nel sonno, lungamente, quasi volesse<br />
scontare le ore perdute.<br />
Per <strong>al</strong>tre giornate intere glie lo rubavano i vecchi, i qu<strong>al</strong>i<br />
con esso tornavan bambini. Ella non li vedeva, ma le raccontava<br />
tutto Cat<strong>al</strong>ina, con una stizzetta invidiosa m<strong>al</strong> dissimulata.<br />
– Se lo vedi giocare col tuo marmocchio – le diceva –<br />
quel nostro vecchio ingrognato, non gli dài quarant’anni,<br />
Dio lo guardi! Lo fa b<strong>al</strong>lare e b<strong>al</strong>la con lui; corre con lui, si<br />
sdraia, lo porta a cav<strong>al</strong>lo, inforca egli stesso il suo cav<strong>al</strong>lino di<br />
fèrula, spara col suo fucile di canna, ara con gli aratri d’asfodelo,<br />
Giromìnu, a dir la verità, lo guarda un po’ di traverso,<br />
a causa di queste scemerie, come egli le chiama: (oh lui ha<br />
inghiottito stecche, pare!). Ma esso non gli bada, e se lo importuna<br />
ancora, s’<strong>al</strong>tera, s’imbroncia, grida: «ma fammi un<br />
205
po’ il santo piacere di lasciarmi fare quel che mi piace!» e fa<br />
peggio di prima. Non vuol essere toccato, quando gioca col<br />
suo caprettino. Miracolo d’affetto è questo?! E mamma suocera?<br />
Già: lei è stata sempre una sant’anima: ma con quel viziataccio<br />
pare sia diventata tutta di miele. Nipote è questo?<br />
Angelo è: o se non è angelo, perché teme di bestemmiare, è<br />
marchesino, principino… A tavola se lo fa sedere sempre accanto,<br />
lo contenta in tutto… Lo vizia, credimi. Tanto è vero<br />
che ci comanda tutti a bacchetta in casa, quell’uccellino; eccetto<br />
mio marito… Di lui, sì, ha un po’ di soggezione il<br />
bimbo; ma pur non lascia di chiamarlo, di mandargli i suoi<br />
baci, e di stroppiare con la sua parlantina la preghiera speci<strong>al</strong>e<br />
che mamma suocera gli ha insegnato per lui…<br />
Spiranza ascoltava con tenerezza quelle confidenze che le<br />
gonfiavano il <strong>cuore</strong>, e col figlio le pareva ch’ella stessa varcasse<br />
quella soglia, custodita per lei d<strong>al</strong>l’angelo con la spada, e penetrasse<br />
in quella casa, in quelle stanze tutte ancora risonanti<br />
della sua infanzia e della sua giovinezza, e s’avanzasse fino a<br />
quei canti noti e ricordati, ai qu<strong>al</strong>i era annesso un ricordo particolare,<br />
un avvenimento lieto, un fatto, una parola di dolcezza.<br />
Passava istanti deliziosi, in cui il tempo non scorreva.<br />
Quando però vennero gli <strong>al</strong>tri cuginetti, il piccolo re<br />
dei cuori dovette rendere ad essi un po’ del suo dominio.<br />
Del rimanente, egli <strong>al</strong>lora era un po’ grandicello, e s’emancipava<br />
d<strong>al</strong> grembo e d<strong>al</strong>la casa, errando tutto solo per le boscaglie<br />
e le fratte a scorrazzar dietro le bestiole, le lucertole e<br />
gli uccelli. E quando anche gli <strong>al</strong>tri marmocchi crebbero,<br />
egli si fece capo della piccola banda, e la guidò spav<strong>al</strong>do a<br />
pirateggiare negli orti e nel giardino, a sfruconare per tutto,<br />
tra le conche e i crepacci e i nodi, <strong>al</strong>le cacce, <strong>al</strong>le cav<strong>al</strong>cate.<br />
Fra tutti il suo grido era il più acuto, la sua parola la più<br />
ascoltata. Anche con essi era un piccolo despota.<br />
Ma a poco a poco dai suoi piccoli masnadieri ebbe le<br />
prime ombre di mestizia.<br />
Un giorno ch’era radunata tutta la famiglia (anche Mena<br />
e il dottore erano nella fattoria con due bimbi: Spiranza<br />
sola mancava!) i fanciulletti, già in numero di sei, (Cat<strong>al</strong>ina<br />
e Giromìnu ne avevan tre di grandini, oltre una ancora lattante)<br />
s’erano <strong>al</strong>lontanati d<strong>al</strong>la casa, e dopo aver giocato un<br />
206<br />
bel pezzo in santa pace, s’erano guastati. Diadoru e Pasc<strong>al</strong>i,<br />
il più grandicello dei tre Luna, erano venuti a diverbio, e<br />
quest’ultimo aveva lanciato con ira contro il primo la brutta<br />
parola: – Taci tu, bastardo!<br />
Egli l’aveva percosso; poi era andato d<strong>al</strong>la mamma, per<br />
domandarle che cosa volesse dire quella brutta parola del<br />
cugino.<br />
La povera donna si sentì mancare, a quella dolorosa novità.<br />
Ancora ella non aveva neppur pensato che un giorno o<br />
l’<strong>al</strong>tro quei bimbi innocenti potessero essere diabolicamente<br />
suggestionati dai grandi contro il suo piccolo. Aveva sognato<br />
che <strong>al</strong>meno per lui si sarebbe avuto da tutti un po’ d’amore,<br />
e che certe cose si sarebbero fatte conoscere a quegli ignari<br />
il più tardi possibile. Invece, tutto era stato già rivelato. La<br />
terribile verità era stata già scoperta! Da quel momento<br />
quelle piccole bocche schizzerebbero anch’esse il loro veleno,<br />
quei piccoli cuori fatti per unirsi e per amare comincerebbero<br />
a odiarsi e a dividersi! Signore! quanta tremenda responsabilità<br />
in quella lingua rivelatrice!<br />
Vincendo il ribrezzo, la misera madre confortò il fanciullino<br />
come poté, mentì pietosamente. Si sfogò solo più<br />
tardi con Mena, e costei ne parlò a zia Francisca e a Cat<strong>al</strong>ina,<br />
che certo non ne furono <strong>al</strong>legre. Cat<strong>al</strong>ina punì anche il<br />
piccolo insultatore, e lo costrinse a confessare da chi avesse<br />
udito la parolaccia.<br />
– Babbo l’ha detta! – piagnucolò il minuscolo bandito.<br />
– L’ha detta anche con voi: non vi ricordate?<br />
La madre ricordò e arrossì.<br />
Le paure di Spiranza non erano campate in aria. Per<br />
quanto Pasc<strong>al</strong>eddhu fosse stato severamente ammonito (per<br />
dir la verità, anche d<strong>al</strong> padre), a ogni minimo <strong>al</strong>terco, riottoso<br />
com’era, si dimenticava, e <strong>al</strong>la prima voce <strong>al</strong>terata del cugino,<br />
gli buttava in viso, rabbiosamente, l’insulto vietato.<br />
Diadoru, ignorava ancora il significato preciso dell’insolenza,<br />
ma sempre, nell’udirla, inghiottiva veleno e piangeva. Bruciava<br />
per tanto del desiderio di conoscere la verità, e un giorno<br />
ch’erano in buona armonia e soli, ne parlò <strong>al</strong>lo stesso compagno<br />
di gioco con umile preghiera. Questi innocentemente<br />
spiegò: – Vuol dire che sei senza padre tu… Guarda: io e<br />
207
Chilgu, e Stèvanu e Francisca l’abbiamo il babbo; Mario e<br />
Annina Sirena hanno lo zio Andrea. Ma tu non ne hai! Vedi:<br />
dov’è tuo padre?<br />
– La mamma m’ha detto che è morto! – b<strong>al</strong>bettò il poveretto.<br />
– Oh?! – mormorò l’<strong>al</strong>tro facendo sp<strong>al</strong>lucce.<br />
E tornarono ai trastulli. Ma quella terribile domanda: –<br />
Dov’è tuo padre? – rombava ormai nel piccolo animo tormentato<br />
di Diadoru. Mangiavano in silenzio nella capanna<br />
nera egli e la mamma, entrambi seduti attorno <strong>al</strong>la misera<br />
panchetta, quando improvvisamente, con una gran tristezza<br />
negli occhi, la fece cadere come un fulmine inatteso dinanzi<br />
<strong>al</strong>la poveretta: – Mamma, dov’è dunque mio padre?<br />
Ella non poté frenare un guizzo e le cadde il pane di<br />
mano: imp<strong>al</strong>lidì. – Figlio mio – biascicò – non te l’ho detto<br />
tante volte? È morto… per te. Ma… non parlarmene più<br />
di queste cose… Non vedi che mi rattristano? Non voglio!<br />
Anch’egli si rattristava, il piccolo ignaro; la sua povera<br />
mente e il suo povero coricino erano tormentati da un grave<br />
affanno. Tacque per un momento, ingollando il cibo di<br />
m<strong>al</strong>a voglia. Ma poi, vinto d<strong>al</strong> prepotente desiderio di sapere,<br />
– Pasc<strong>al</strong>eddhu ha detto – riprese – che non ho il padre.<br />
Esso l’ha e Chilgu e Stèvanu e Francisca; Mario e Annina<br />
l’hanno; ma io non l’ho. Mamma, perché non l’ho io, il<br />
babbo?<br />
Spiranza si sentiva la pena traboccare e tutti gli oggetti<br />
che vedeva le si mutavano in visacci stravolti per atroce beffa.<br />
– Figlio mio…, ma se è morto!<br />
– No! non dev’essere così! – disse il fanciullo lasciando<br />
di mangiare, e guardandola con occhi intelligenti e sempre<br />
più tristi.<br />
La giovane fu spaventata e sotto quello sguardo indagatore<br />
e smanioso, si contorse un attimo come un <strong>al</strong>bero spezzato:<br />
il suo viso parve quello d’un agonizzante. – Figlio mio!<br />
– mormorò con la morte sul labbro. – Chi te le dice tutte<br />
queste cose?<br />
– Pasc<strong>al</strong>eddhu me le dice!<br />
– Ebbene: più tardi lo farai venir qui, che gli ho da dir<br />
qu<strong>al</strong>che cosa io, a lui…<br />
208<br />
– Ma il padre non vuole ch’egli ci venga, mamma… Perché<br />
non vuole? E tu perché non ci vai mai in casa del nonno?<br />
Le domande cominciavano a esser troppe, oramai, e molto<br />
imbarazzanti. Di p<strong>al</strong>lida che era Spiranza divenne di fiamma.<br />
– Chiama tuo cugino, prima: dopo te lo dirò. Va!…<br />
Il fanciullo venne, dopo aver ben guardato intorno, come<br />
se dovesse penetrare in un covo; entrò sfrontatello e loquace.<br />
– Chi te le dice tutte queste cose, Pasc<strong>al</strong>è?<br />
– Qu<strong>al</strong>i cose, zia?<br />
– Le cose che hai detto a Diadoru e che non si devono<br />
dire!…<br />
– Eh! glie ne dico tante io a Diadoru! Che cosa non si<br />
deve dire?<br />
– Chi te l’ha detto a te che non ha padre Diadoru?<br />
– Tutti l’hanno detto: anche i servi… E han detto che<br />
voi non avete marito pure!<br />
– Eh certo! – disse Spiranza tutta fremente. – Se Diadoru<br />
non ha padre, io non ho marito!… È morto…<br />
– Ehi! – esclamò il piccolo impertinente con m<strong>al</strong>iziosa<br />
aria d’incredulità.<br />
La zia lo avrebbe voluto schiaffeggiare. Diadoru, per<br />
istinto, avrebbe voluto morderlo. Egli sorrideva come se<br />
nulla fosse.<br />
– Qu<strong>al</strong>e servo te le ha fatte sapere queste cose belle, a te?<br />
– Antoni Sula me le ha dette: ma anche gli <strong>al</strong>tri!<br />
– Oh lui?! Lo sapevo! – disse la donna sussultando.<br />
– Miracolo, che lo sapevate! Ma <strong>al</strong>tre cose m’ha detto: e<br />
non le sapete!<br />
– Altre cose? Che cosa? Dimmelo che cosa ha detto,<br />
quel cattivo.<br />
– Altre cose. Ma non ve le dico.<br />
– Ti farò picchiare da tuo padre, se non me le dici.<br />
– Ih! da mio padre, avete detto! Mio padre ne dice lui<br />
anche di queste cose, sempre: con mia madre, quando sono<br />
a letto, ne dicono sempre. Io le ascolto, quando non dormo…<br />
Ih! da mio padre, ha detto!… Mio padre non vuole<br />
di venirci, qui! e voi non ci venite mai in casa nostra…<br />
La testa di Spiranza ribolliva a quelle parole roventi uscite<br />
da labbra pure: si sentiva poi fissi nel <strong>cuore</strong> gli sguardi dolorosi<br />
209
del suo poveretto, che le stava dinanzi in silenzio, con la bocca<br />
sp<strong>al</strong>ancata. Che confusione! che spasimo! Fu un momento infern<strong>al</strong>e.<br />
– Antoni Sula è cattivo! Tu non lo devi ascoltare!<br />
– E babbo e mamma sono cattivi?<br />
– No, non sono cattivi, essi! – diceva la disgraziata, con<br />
sforzo manifesto. – Ma certe cose tu non le comprendi, o le<br />
comprendi <strong>al</strong> rovescio…<br />
– Ehi! – diceva il piccolo m<strong>al</strong>izioso con la solita modulazione<br />
di voce.<br />
Li mandò via entrambi, impacciata, annientata, dinanzi<br />
a quelle anime innocenti che si aprivano così presto <strong>al</strong>la conoscenza<br />
delle tristi cose della vita, e rimase sola, in preda<br />
<strong>al</strong>le sue riflessioni angosciose.<br />
Antoni Sula era un cattivo arnese delle parti interne dell’isola,<br />
piovuto lassù non si sapeva come, stracciato e affamato.<br />
Era stato accolto per compassione, e s’era rimpannucciato<br />
nella fattoria. Ora abusava della confidenza che gli si<br />
era data col fare e disfare, imponendone t<strong>al</strong>volta anche ai<br />
padroni. I primi mesi della sua sciagura egli veniva spesso a<br />
trovarla, e le teneva compagnia per ore, parlandole, pareva,<br />
con affettuosa sincerità, procurandole qu<strong>al</strong>che sollievo. Anche<br />
dopo ch’era venuto <strong>al</strong>la luce quel suo poveretto, il servo<br />
pietoso gli aveva fatto buon viso, l’aveva cullato sulle sue<br />
braccia vigorose, l’aveva p<strong>al</strong>leggiato cantandogli i suoi più<br />
belli mutos nella sua lingua fiorita. Ella l’aspettava quella abitu<strong>al</strong>e<br />
compagnia, nella sua solitudine dimenticata, come si<br />
aspetta, sotto il peso insopportabile che ci schiaccia, l’amico<br />
misericordioso che ci aiuti a sostenerlo e ci s<strong>al</strong>vi. Davanti a<br />
lui non si sentiva più così sola, e neppur così oppressa.<br />
Ma a poco a poco s’era accorta che il rib<strong>al</strong>do veniva da<br />
lei con intenzioni assassine. Già d<strong>al</strong>le prime volte che egli<br />
era venuto, ella aveva scoperto nei suoi occhi sulfurei certi<br />
sguardi che l’avevano m<strong>al</strong> impressionata contro il figuro;<br />
ma egli, visto il suo riserbo, aveva saputo dominarsi in modo,<br />
che l’aveva rassicurata.<br />
In sèguito però, non sapeva per qu<strong>al</strong>i misteriosi incoraggiamenti,<br />
forse vedendo che nessuno si curava di lei e<br />
tutti la abbandonavano, e tutti la m<strong>al</strong>trattavano, e ognuno<br />
210<br />
aveva caro che in qu<strong>al</strong>unque modo ella soffrisse, aveva preso<br />
b<strong>al</strong>danza e s’era sfacciatamente dichiarato. Quei giorni di<br />
lotta sorda, Signore benedetto, non li aveva ancora scordati,<br />
non li scorderebbe mai! Anche la violenza aveva tentato<br />
quel rettile, dopo aver esaurito le lusinghe e le minacce. Ma<br />
ella si era slanciata contro di lui con impeto felino, l’aveva<br />
abbattuto sul pavimento, e c<strong>al</strong>pestato come un essere vile.<br />
Poi gli aveva urlato <strong>al</strong>le sp<strong>al</strong>le il suo mònito rabbioso e l’aveva<br />
<strong>al</strong>lontanato per sempre d<strong>al</strong> suo st<strong>al</strong>luccio.<br />
S’era però ben bene barricata dentro, per paura che l’insolente<br />
ritentasse i suoi vigliacchi ass<strong>al</strong>ti, ed era rimasta varie<br />
notti quasi insonne, a meditare sulla sua profonda abiezione.<br />
«Quanto son caduta in basso!» si era detto in quelle lunghe<br />
ore. «Il primo straccione vagabondo, che pur mangia<br />
sotto il tetto di mio padre, si fa lecito d’insultarmi sfacciatamente<br />
come l’ultima delle disgraziate! Son circondata da tanto<br />
odio che nessuno s’accorge dei miei pericoli! Son creduta<br />
tanto miserabile, che nessuno pensa a sventure e a colpe più<br />
gravi e più ignominiose! Mi credono tanto spregevole, che<br />
non pensano neppure <strong>al</strong>le mie tentazioni! Oh Signore, difendetemi<br />
d<strong>al</strong> m<strong>al</strong>e! Non avrei mai creduto che l’espiazione presentasse<br />
tanti aspetti l’uno più doloroso dell’<strong>al</strong>tro. Datemi<br />
voi il coraggio di vincere anche questa prova!».<br />
Il manigoldo non era più tornato: ma da quel momento<br />
le era stato nemico aperto. Inveleniva quanto più poteva<br />
contro di lei l’animo dei suoi, riferendo, esagerando e inventando<br />
m<strong>al</strong>evoli commenti della gente sulla sua colpa,<br />
dipingendone con colori loschi le conseguenze, recando in<br />
confronto il rigore assoluto dei suoi paesi contro simili cadute.<br />
Cercava ogni mezzo per farle pagare la ripulsa e l’umiliazione<br />
ch’ella gli aveva inflitto.<br />
Non stupiva ora se il vigliacco intorbidava quelle anime<br />
immacolate con quei suoi racconti intempestivi, se cercava<br />
di strapparle con le sue insinuazioni anche il <strong>cuore</strong> del figlio.<br />
L’infelice madre guardava i fanciulletti giocare sullo<br />
spiazzo, ignari dell’aspra battaglia che si combatteva nella<br />
misera anima sua; e a quella vista la sua tristezza si addensava<br />
e incupiva. Che avverrebbe? Che sarebbe di lei quando<br />
quel suo poveretto sapesse? Potrebbe egli starle più vicino?<br />
211
Ed ella senza di lui potrebbe vivere? Ella ora sosteneva tutto<br />
per lui: l’onta, il disprezzo, la m<strong>al</strong>edizione, l’odio, la fame e<br />
la sete; per lui viveva come una pezzente, come in capo <strong>al</strong><br />
mondo, <strong>al</strong> buio e <strong>al</strong> freddo; tutto soffriva! Ma come potrebbe<br />
soffrire che anche il figlio la disprezzasse? la m<strong>al</strong>edicesse?<br />
L’odiasse?! Oh! il <strong>cuore</strong> le si schiantava, le si fendeva. E quel<br />
poveretto non tarderebbe certo a disarmarla, a disprezzarla,<br />
a m<strong>al</strong>edirla, qu<strong>al</strong>ora rimanesse vicino a quel cane, continuasse<br />
ad abitare nella fattoria.<br />
Perciò si sentì il coraggio di accettare fin<strong>al</strong>mente la gentile<br />
offerta della dolce sorella, la qu<strong>al</strong>e l’aveva varie volte<br />
pregata di collocare Diadoru in casa sua perché potesse profittare<br />
della scuola del villaggio. Ella aveva avuto intenzione<br />
d’insegnare ella stessa qu<strong>al</strong>che cosa <strong>al</strong> piccino, e aveva cominciato<br />
da qu<strong>al</strong>che tempo l’opera amorosa; ma ora, misurando<br />
l’abisso, veniva nella determinazione di strapparsi ella<br />
stessa d<strong>al</strong> fianco il suo poveretto per affidarlo a quei cuori<br />
gentili, prima che i cani d’inferno glie lo strappassero con le<br />
loro arti subdole e ignominiose.<br />
E di lì a pochi giorni anche Diadoru la lasciò, ed ella rimase<br />
sola.<br />
Allora anche quell’antro angusto le parve troppo vasto,<br />
le sembrò più freddo, più nudo, più squ<strong>al</strong>lido. I primi giorni<br />
la frotterella dei cuginetti s’avvicinava zitta zitta <strong>al</strong>la porta,<br />
per domandare se il piccino fosse tornato: ed ella sentiva<br />
una gran tenerezza nel suo <strong>cuore</strong> desolato, era tentata d’abbracciar<br />
quei musini di rosa. Ma poi, quando si stancarono,<br />
neanche essi vennero più…, e di bimbi ella non vide più<br />
che il suo in visione aggirarsi nei pressi della fattoria, sedersi<br />
in questo o in quel canto della casupola, toccare questo o<br />
quell’<strong>al</strong>tro oggetto, dormire sul lettuccio o sulla cassapanca,<br />
bere <strong>al</strong> tinello… Udiva di lontano il cinguettio dei bimbi<br />
<strong>al</strong>trui, le parole tenere che ad essi rivolgevano i grandi, le<br />
carezze che loro prodigavano: e il suo seno si sollevava per<br />
l’oppressione, e gli occhi le si arrossavano di pianto.<br />
E fin da quei primi giorni del distacco penoso d<strong>al</strong> suo<br />
poveretto presentiva già unitamente tutte quelle pene che l’anima<br />
sua soffrirebbe durante i lunghi anni di studio superiore,<br />
a cui lo zio e il nonno avevano manifestato l’intenzione<br />
212<br />
d’avviarlo. Li misurava già, quei mesi eterni di freddo e di solitudine,<br />
d’abbandono e di silenzio, e li vedeva seguirsi gli<br />
uni dopo gli <strong>al</strong>tri, lenti, monotoni, l’uno più cupo dell’<strong>al</strong>tro,<br />
più doloroso dell’<strong>al</strong>tro; e le si presentavano ora tutti insieme<br />
quegli innumerevoli sconforti, quegli affanni indivisi, quegli<br />
strazi da tutti ignorati, quelle amare lacrime inghiottite nel<br />
segreto. Si vedeva già invecchiata nella sua stessa giovinezza,<br />
seduta sulla pietra del focolare, disegnar sulla cenere spenta<br />
misteriose cab<strong>al</strong>e di sogni, angosciata nell’aspettazione lunga<br />
rimasta sempre senz’appagamento, derisa d<strong>al</strong>le speranze avvizzite<br />
sempre e morte nella delusione… Sentiva che tutto si<br />
raffredderebbe intorno a lei, come si raffredderebbe il focolare<br />
senza fiamma; anche il sole, e anche l’amore…; che tutto<br />
diventerebbe inverno…<br />
Rabbrividiva.<br />
Ma dopo sentiva una scossa per tutta la persona. Si rizzava<br />
come stimolata, s’affacciava <strong>al</strong>l’usciolo del capanno sfasciato,<br />
fissava gli occhi sbarrati nella immensità diafana, come<br />
se un sogno di gloria frangiasse d’oro le nubi lontane e<br />
disegnasse là tra gli astri più distanti una magica via maestra<br />
fra il più delizioso incanto dell’aprile; e come fuori di<br />
sé esclamava: – Per lui! Tutto per lui!<br />
213
PARTE QUARTA
Nei vent’anni lunghi che trascorsero dopo la nascita di<br />
Diadoru, Spiranza entrò solo due volte nella casa paterna.<br />
La prima fu per la morte di zia Francisca, avvenuta una<br />
quindicina d’anni d<strong>al</strong> principio della sua segregazione, appena<br />
poche ore innanzi che la vecchia spirasse.<br />
Durante la m<strong>al</strong>attia non breve, ella aveva fatto di tutto<br />
per essere ammessa <strong>al</strong>la presenza della cara amm<strong>al</strong>ata: ma<br />
ogni sua preghiera era stata respinta. S’era trascinata di notte<br />
fino <strong>al</strong>la porta abbattuta, spiando l’ora in cui gli uomini<br />
dormivano, quasi per ingannar la loro rigida vigilanza; ma<br />
era stata cacciata come una cagna randagia d<strong>al</strong>lo zelo aspro<br />
della cognata, che presentiva d<strong>al</strong>la infrazione <strong>al</strong>la consegna<br />
chi sa qu<strong>al</strong> finimondo.<br />
Allora era rimasta fuori <strong>al</strong> buio delle ore, come una mendicante,<br />
prostrata sulla soglia, esposta <strong>al</strong> vento, <strong>al</strong> freddo, <strong>al</strong>la<br />
pioggia, e, quel ch’era più doloroso, abbandonata <strong>al</strong> fiero impeto<br />
di tutto il suo cordoglio, come se ella non avesse nel seno<br />
un <strong>cuore</strong> di figlia (e che <strong>cuore</strong> squarciato e trafitto!) e non<br />
fosse capace di risentire la durezza del colpo, rifiutata (oh<br />
strazio!) anche nella sventura! S’aggomitolava dinanzi <strong>al</strong>la soglia,<br />
dopo aver baciato e mordicchiato la polvere, e con gli<br />
occhi fissi <strong>al</strong>la finestrella illuminata attendeva se mai uno dei<br />
servi, fosse pure Antoni Sula, uscisse da quella casa per lei<br />
suggellata, e potesse darle notizie dell’adorata inferma.<br />
Le ore stillavano nel suo <strong>cuore</strong> e sulla sua testa pensieri<br />
e terrori spaventevoli, e ogni rumore della notte, ogni sospiro<br />
del vento, ogni più vago gemito delle cose la faceva<br />
sussultare e tramortire, perché temeva che così appunto si<br />
lamentasse la cara anima già divisa d<strong>al</strong> corpo e pellegrina<br />
nel misterioso viaggio.<br />
Si figurava la morente distesa sul letto con la faccia terrea,<br />
gli occhi sbarrati, le labbra livide, le mani brancicanti,<br />
come se accennasse a lei, e la chiamasse con voce cavernosa.<br />
217
Ella la invidiava, quasi, e avrebbe voluto esser distesa ella stessa<br />
su quel letto d’agonia, per finir quanto prima quella miserabile<br />
vita d’affanni, per togliersi <strong>al</strong> più presto a tutta quell’ingiustizia,<br />
a tutto quell’odio e dolore! E invidiava tutti in<br />
quell’ora, anche quelli che non avevan pane e morivan di<br />
freddo sulle immondezze e non udivano una buona parola, e<br />
non godevano la vista d’un sorriso: tutti, anche le Anime del<br />
Purgatorio!<br />
Sapeva che la madre l’aveva richiesta ripetutamente <strong>al</strong> suo<br />
letto: ma prima il babbo e poi Giromìnu si erano opposti con<br />
barbara crudeltà <strong>al</strong> desiderio della moribonda! – Se viene quella,<br />
me ne vado io! Non voglio più vederla in casa nostra, t’ho<br />
detto! – aveva grugnito il vecchio. Il figlio aveva approvato e<br />
aggiunto: – Se tenta di s<strong>al</strong>ire, la faccio precipitare d<strong>al</strong>la sc<strong>al</strong>a!<br />
Ed ella non aveva, <strong>al</strong>lora, tentato. Non aveva tentato,<br />
no, fratello, benché sentisse il desiderio morboso di essere<br />
anche precipitata d<strong>al</strong>la sc<strong>al</strong>a. Non aveva tentato, per risparmiare<br />
a quella povera cara uno spettacolo inutile e straziante<br />
di crudeltà. S’era racchiocciolata nel suo canto presso la<br />
soglia, finché pur di là non l’avevano cacciata.<br />
Una volta anche tentò, più tardi, quando la sua ansia<br />
era già esasperata. Credeva che gli uomini fossero lontani: le<br />
pareva d’aver udito la voce del fratello più severo risonar sul<br />
poggio, dov’era scompigliato il branco. S’era slanciata quindi<br />
per la sc<strong>al</strong>etta come una ladra, ansimando, chiudendo gli<br />
occhi, stimolata <strong>al</strong>le sp<strong>al</strong>le d<strong>al</strong> suo dolore atroce. Ma, fatti<br />
appena pochi gradini, trovò il passo sbarrato da Giromìnu<br />
che scendeva. Ella gettò un grido e si sentì il <strong>cuore</strong> abbrancato<br />
da un artiglio. – Lasciami passare! – supplicò. – Per le<br />
Anime del Purgatorio, lasciamela vedere!<br />
Ma egli, senza dire una parola, continuava a ingombrare<br />
il passaggio col suo corpo fremente.<br />
– Per i tuoi figli, Giromì, lasciami s<strong>al</strong>ire! Mi è madre<br />
anche a me! m’ha portato in grembo e m’ha dato il latte!<br />
Fratello mio!…<br />
– Fratello ti sia il cane, randagia! – mugolò egli sordamente.<br />
Allora ella si buttò ai suoi piedi, raggricciandosi come<br />
un povero anim<strong>al</strong>etto fustigato nella schiena, e gemette da<br />
218<br />
schiantare il <strong>cuore</strong>: – Lasciamela vedere, per i tuoi bimbi<br />
innocenti!<br />
Egli <strong>al</strong>lungò il piede, glie lo posò sulla testa, diventato<br />
brutto di furore, e fece per c<strong>al</strong>carlo su quel misero capo scarmigliato,<br />
dove il cervello ribolliva per febbre. Ella lasciò fare,<br />
preparata a tutto. – Fammi quel che vuoi ma lasciami passare!<br />
– No! non passi! – ruggì sordamente il m<strong>al</strong>vagio. – Non<br />
passerai mai!<br />
Allora ella si levò, tentò d’avanzarsi per forza. Ma il fratello<br />
l’attanagliò ai polsi e la trascinò verso l’uscita. La sventurata<br />
si divincolò nella lotta, esasperata e furiosa, emettendo l’anima<br />
straziata nell’urlo… Ma da una delle porticine del primo<br />
piano, a quel fracasso intempestivo, uscì qu<strong>al</strong>cuno, e si lasciò<br />
menare, senza far più resistenza, verso l’uscio, come affamato<br />
ladruncolo colto in f<strong>al</strong>lo. – Dio ti perdoni! – mormorò.<br />
In seguito era venuta Mena d<strong>al</strong> villaggio, ed ella aveva<br />
sperato che <strong>al</strong>meno essa le avrebbe ottenuto la grazia. Le si era<br />
aggrappata <strong>al</strong>le vesti come uno che è travolto d<strong>al</strong>la piena s’aggrappa<br />
<strong>al</strong> tronco che g<strong>al</strong>leggia. Ma neanche la dolce intercessora<br />
era riuscita ad ammollire quei cuori divenuti di pietra.<br />
Tutto questo sembrerebbe mostruoso, com’è veramente,<br />
se non si pensasse che ove l’ira brut<strong>al</strong>e si giustifichi con<br />
bassi sentimenti egoistici, e s’ammanti con fulgidi quanto<br />
f<strong>al</strong>si pretesti d’onore offeso, e s’arroghi l’<strong>al</strong>ta missione di legittima<br />
vendicatrice, natura e amore tacciono, ogni misfatto<br />
appare doveroso e lecita ogni via!<br />
Fin<strong>al</strong>mente era giunto il sacerdote, quando già lo stato<br />
dell’inferma era disperato; ed egli a nome della religione aveva<br />
difeso i diritti di quelle due povere anime che si cercavano<br />
con sì dolorosa brama, e ottenuto, dopo gridi e mugolamenti<br />
e ruggiti, che la reietta venisse ammessa nella stanza della<br />
morte.<br />
Ella s<strong>al</strong>ì le sc<strong>al</strong>e col <strong>cuore</strong> in tumulto, sentendosi mancare<br />
a ogni passo; e trovò la madre già agonizzante, che sulle<br />
prime non la riconobbe. Vicino <strong>al</strong> letto stavano solo Mena e<br />
Cat<strong>al</strong>ina: gli <strong>al</strong>tri, prima ch’ella venisse, si erano <strong>al</strong>lontanati<br />
per fuggire l’impuro contatto.<br />
Ma di ciò ella non s’avvide. Vicino <strong>al</strong>la sponda di quell’<strong>al</strong>tare,<br />
su cui la madre moriva, ella guardava guardava quel viso<br />
219
già cereo, quegli occhi già invetriati e senza sguardo, quelle<br />
mani, che sapevano un tempo così dolcemente carezzare,<br />
brancicanti tra le lenzuola, come se volessero afferrare <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>a<br />
un soave sogno che svanisse. Contemplò stupita, atterrita.<br />
Non aveva mai veduto un volto moribondo e non conosceva<br />
ancora da vicino il tremendo mistero della morte…:<br />
e tristi quelle anime che per la prima volta vedono il<br />
terreo p<strong>al</strong>lore sul viso più amato! Tremò d<strong>al</strong> capo <strong>al</strong>le piante,<br />
e cercò intorno con lo sguardo un sostegno nella nuova<br />
pena incomprensibile. Vide a un lato Cat<strong>al</strong>ina in piedi, rigida,<br />
con gli occhi rossi; d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro Mena, seduta ai piedi del<br />
letto, con la fronte posata sulle coperte, nascosta <strong>al</strong>la luce.<br />
Parve che le si fosse improvvisamente inaridita ogni vena di<br />
pianto e restò un attimo immobile e attonita. Temette che<br />
anche il pensiero nella mente le si fosse spento.<br />
Ma poi sentì d<strong>al</strong> <strong>cuore</strong> sorgerle, prepotente come la fame,<br />
quell’antica e sempre tormentosa brama d’udir ancora<br />
d<strong>al</strong>le labbra che si raffreddavano una prodigiosa parola. Si<br />
curvò verso il letto ombrato d<strong>al</strong>la morte, e chiamò: – Mamma!<br />
Mamma!<br />
L’amm<strong>al</strong>ata, <strong>al</strong> suono di quella voce, parve ricuperasse<br />
un raggio di conoscenza. Gli occhi sperduti ebbero come<br />
un piccolo barlume di sguardo, le labbra si mossero.<br />
– Mamma! son io; Spiranza! Non mi conoscete?<br />
Zia Francisca parve facesse un cenno col capo, e pronunziò<br />
qu<strong>al</strong>che parola inintelligibile.<br />
– Son la vostra figlia, mamma! Spiranza sono! Venuta<br />
qua per…<br />
L’agonizzante rantolava; e quel gorgòglio penoso del<br />
petto caro, le strozzava le parole in gola. Signore benedetto!<br />
Eppure voleva udirla la soave parola in quel terribile istante:<br />
voleva esser sicura che quella sant’anima le aveva perdonato.<br />
– Spiranza, sapete! Venuta qua per sapere… se voi le<br />
perdonate… Mamma, le perdonate a questa vostra figlia<br />
disgraziata, che ha peccato e vi ha trapassato il <strong>cuore</strong>?…<br />
Le pupille della moribonda si dilatarono e tutti i lineamenti<br />
della faccia si contrassero in uno sforzo supremo. L’anima<br />
fuggitiva parve si indugiasse ancora nel corpo distrutto,<br />
e una fiammella di quella gran vampa di bontà e d’amore si<br />
220<br />
risvegliasse <strong>al</strong>quanto. Guardò la figlia con un ultimo bagliore<br />
di dolcezza e sulle labbra si dipinse l’ultimo desiderio di sorriso.<br />
Annuì col capo tremante, che non aveva pace sul guanci<strong>al</strong>e<br />
ripieno di sassi e di spine! Poi un soffio uscì da quella<br />
bocca che stava per suggellarsi: un soffio lieve lieve come un<br />
fruscio di stelo mosso da un <strong>al</strong>ito tremolante: – T’ho perdonato…<br />
sempre… Ti perdono…, figlia mia! –. Indi parve che<br />
nella stanza cercasse qu<strong>al</strong>cuno.<br />
Spiranza si lasciò cadere in ginocchio, e la mano tutta un<br />
tremito le cadde sulla testa che da anni e anni non sentiva<br />
più la carezza materna. Il singhiozzo le dissuggellò la chiusa<br />
sorgente delle lacrime, e rivoli ardenti caddero fino a terra.<br />
Le labbra della morente pronunziarono <strong>al</strong>lora un nome,<br />
con la solita eco fievole di voce: – Pasc<strong>al</strong>i! – e tutta la persona<br />
parve tormentata da un desiderio inespresso e inappagato,<br />
superiore <strong>al</strong>la pena mort<strong>al</strong>e.<br />
Il vecchio fu fatto venire nella stanza, e ancora una volta<br />
sembrò che una favilla di vita perdurasse tenace in quelle<br />
membra mezzo irrigidite. Diresse il volto verso il marito<br />
che le stava a fianco, <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tra parte del letto, e la chiamava<br />
chiedendole cosa volesse, e pronunziò l’ultima parola intelligibile:<br />
– Perdon<strong>al</strong>e! –. Poi senza poter attendere l’effetto<br />
della sua preghiera suprema, perdette affatto la conoscenza.<br />
Il vecchio non si mosse e non aprì le labbra; e Spiranza<br />
che aveva aspettato una sua parola come l’affamato aspetta<br />
il pane e l’assetato il sorso dell’acqua che lo s<strong>al</strong>vi, a quel silenzio<br />
più duro di qu<strong>al</strong>siasi cosa dura, si sentì impietrare.<br />
Un urlo le ruppe d<strong>al</strong> petto che parve lacerato, e s’agitò in<br />
un tremito convulso.<br />
– Fatela tacere! – fremette furibondo zio Pasc<strong>al</strong>i. – La<br />
piange dopo averla uccisa!<br />
Mena e Cat<strong>al</strong>ina s’affannarono attorno <strong>al</strong>l’infelice per<br />
c<strong>al</strong>marla e confortarla; ma il cordoglio superava ogni volontà<br />
e agitava quel povero corpo come il vento una fronda. Quell’anima<br />
amareggiata credette d’esser giunta in quell’istante <strong>al</strong><br />
suo colmo di pena, e si ripiegò accasciata, come se più <strong>al</strong>cun<br />
filo la ritenesse librata sull’abisso. Le parve che di peso cadesse<br />
nel fondo. Risentì in un attimo tutto l’atroce dolore di<br />
quindici anni, tutta l’onta, il peso dell’odio, la sua miseria.<br />
221
Sentì d’avere il <strong>cuore</strong> fulminato, e chiuse gli occhi come per<br />
dormire, e non udì più nulla…<br />
Quando li riaprì nel canto ov’era stata trasportata e lasciata,<br />
il corpo della madre era composto sopra il letto, vestito di<br />
nero con le mani intrecciate sul petto che stringevano una corona<br />
benedetta e un crocifisso di legno. Ella non ebbe più forza<br />
di piangere, e sedette a parte, intorpidita, ritornata la reietta,<br />
appena tollerata davanti <strong>al</strong> cadavere sacro d’una madre!<br />
E nelle ore silenziose della veglia, mentre tutti s’affaccendavano<br />
attorno <strong>al</strong>le spoglie care, e avevano qu<strong>al</strong>che lieve<br />
conforto nella parola, fosse pure nel pianto, ella sopportava<br />
senza un sospiro tutta la tortura della sua doglia chiusa, come<br />
inebetita. Rifece a piedi nudi e con la corda <strong>al</strong> collo tutta la<br />
sua m<strong>al</strong>a strada, e nel torpore, per ironia, le passarono per la<br />
mente le lusinghe beffarde di giovinezza: poi tutte le brume.<br />
E rivide viva colei ch’era distesa su quell’<strong>al</strong>tare sacro, come<br />
quando le solcava i capelli per la consueta carezza e le diceva<br />
la santa parola di senno e d’amore; o come quando,<br />
dopo la sua sciagura, divideva con lei la pena senza confine,<br />
aprendo il suo largo <strong>cuore</strong> <strong>al</strong> perdono, stringendola tra le<br />
sue braccia tremanti. E ripensò che <strong>al</strong>lora non era sola. Ma<br />
poi la vide morta, giacente sotto poche p<strong>al</strong>ate di terra: vide<br />
il cumulo della sua fossa muta e deserta: ascoltò nel silenzio<br />
che dava vita ai minimi bisbigli, e più non udì la sua voce.<br />
Tutto il mondo le parve un sepolcro di cose silenziose e<br />
morte: ed ella stessa si credette un fantasma condannato a<br />
vagar su quell’<strong>al</strong>tura amm<strong>al</strong>iata da mago m<strong>al</strong>igno, dove le<br />
persone camminassero mirando lontano, senza sguardo e<br />
senza voce, e le gregge errassero senza tintinni né belati, e le<br />
frasche non avessero mai fremiti, e le rocce fossero tutte disseminate<br />
di occhi atterriti e solcate di bocche smorfiose.<br />
Che squ<strong>al</strong>lore! Che monotonia di vita! Vita? Morte perenne!<br />
Di tanto in tanto Mena si accostava, le toccava dolcemente<br />
la sp<strong>al</strong>la, la guardava teneramente negli occhi; ma<br />
essa non le rispondeva più che con lo sguardo attonito, e le<br />
troncava in bocca ogni carezza col monosillabo intempestivo<br />
e senza senso: – Ah sì! sì! sì!<br />
Anche Diadoru, venuto da Tempio, ove studiava già<br />
ben avanti nel ginnasio, le si avvicinava con amore, e le<br />
222<br />
parlava a voce bassa, quasi bisbigliando, come ai bimbi m<strong>al</strong>ati.<br />
Ma ella si metteva l’indice sulle labbra, spaventata, e accennava<br />
la mamma morta. – Sst! – ammoniva; – la mamma<br />
dorme!<br />
Così vegliò a lungo nel torpore: e anche dopo il trasporto<br />
della s<strong>al</strong>ma cara, annunziato in quella stessa stanza e<br />
accompagnato per le sc<strong>al</strong>e e per buon tratto del sentiero<br />
selvaggio d<strong>al</strong> solito miserevole coro di singulti e di gridi<br />
strazianti, e a cui ella assistette quasi senza vedere né udire,<br />
in quello stesso stato fu accompagnata a braccetto d<strong>al</strong> figlio<br />
<strong>al</strong>lo stambugio di confine, ove più fredda era l’aria ed eran<br />
più dure anche le pietre…<br />
L’<strong>al</strong>tra volta ch’ella entrò in casa di suo padre, fu quando,<br />
circa quattro anni dopo, il povero vecchio fu colto inaspettatamente<br />
d<strong>al</strong> primo insulto d’apoplessia.<br />
Gli uomini erano tutti lontani e solo Cat<strong>al</strong>ina si trovava<br />
nella fattoria. Ziu Pasc<strong>al</strong>i, dopo il desinare, si sc<strong>al</strong>dava <strong>al</strong><br />
solicello nell’orto. Ella, Spiranza, cuciva sulla soglia del piccolo<br />
abituro.<br />
Improvvisamente, nella quiete di quel dolce pomeriggio<br />
di febbraio, s’udirono le grida scompigliate della cognata che<br />
chiamava <strong>al</strong> soccorso prona sul corpo disteso del suocero.<br />
Ella accorse anfanando e si scompigliò i capelli <strong>al</strong>la vista<br />
del padre che le parve morto. Per quanto severo e ingiusto,<br />
egli era sempre suo padre.<br />
– Babbo! babbo caro! – urlò prostrandosi.<br />
Ma il vegliardo non era morto, e dopo <strong>al</strong>cuni istanti fece<br />
qu<strong>al</strong>che movimento con un braccio, e aprì gli occhi e le labbra.<br />
Quindi le due donne, sollevatolo di peso, lo portarono<br />
<strong>al</strong> suo letto, e fecero il possibile per rianimarlo e confortarlo.<br />
Il poveretto sbarrava gli occhi intorno, borbogliava qu<strong>al</strong>che<br />
parola, ma pareva fuori di sentimento. Col braccio intatto faceva<br />
dei gesti imperiosi verso personaggi ch’egli doveva vedere<br />
librati nella stanza, e con la gamba sana scompigliava le<br />
coperte e le buttava a terra.<br />
La povera figlia s’aggirò attorno a quel letto, dimentica<br />
di tutto, come se quell’uomo, ora impotente, non le avesse<br />
223
mai fatto <strong>al</strong>tro che carezzarle i riccioli di bimba e acquistarle<br />
i gioielli e i vestiti di giovinetta!… E il suo <strong>cuore</strong> fili<strong>al</strong>e si<br />
sentiva trafitto nel vederlo tanto soffrire, e i suoi occhi piangevano,<br />
nel mentre le mani lavoravano per apprestare quanto<br />
occorreva per la sua cura.<br />
Quanto le sarebbe dolorosa anche quella morte! Ella,<br />
che aveva risentito degli amari rancori contro di lui, quando<br />
s’era creduta ingiustamente o troppo rigorosamente oppressa,<br />
sentiva ora rimorsi nel suo animo gentile, non pervertito<br />
d<strong>al</strong>la colpa né indurato d<strong>al</strong>la lunga angoscia. E un senso di<br />
compassione profonda l’ass<strong>al</strong>iva, per quel povero vegliardo<br />
fulminato come una pianta annosa, e ridotto appena come<br />
un simulacro doloroso di se stesso, un miserabile avanzo.<br />
Lavorava attorno <strong>al</strong> letto e taceva, spiando la minima<br />
mossa di quel braccio senza pace, il minimo sguardo di quegli<br />
occhi str<strong>al</strong>unati. E ringraziava il Signore che nella sua giustizia<br />
e misericordia imperscrutabile le avesse fornito un’occasione<br />
di poter cancellare anche in quel modo la sua vergogna, di<br />
poter rendere bene per m<strong>al</strong>e… Le labbra le si aprivano di<br />
quando in quando e il <strong>cuore</strong> lo pregava in seno…<br />
Ma dopo qu<strong>al</strong>che ora tornarono gli uomini, e Giromìnu,<br />
appena la vide così dinanzi a quel corpo m<strong>al</strong> vivo, corrugò<br />
le sopracciglia e strinse amaramente la bocca. Indi la<br />
volle cacciar via, insultandola davanti <strong>al</strong>la morte che <strong>al</strong>eggiava<br />
nella stanza.<br />
Ma ella non volle partire. – Sono <strong>al</strong> letto di mio padre!<br />
– rispose con una certa addolorata c<strong>al</strong>ma. – Credo di potergli<br />
fare ancòra qu<strong>al</strong>che servizio. Lasciami, fratello mio!<br />
L’uomo a quel nome dolce non s’intenerì: parve anzi<br />
che tremasse ancor più d’ira. – Vattene via! Non ci fai nulla,<br />
qua! Non hai diritto di starci, tu! Vattene!<br />
– Lasciami, fratello!… Vedi: Cat<strong>al</strong>ina è sola! Non può<br />
accudire. Lasciami!<br />
– Va via! Si pagherà una donna! Ma tu va via!<br />
– No, Giromìnu! – insisteva dolcemente la sventurata.<br />
– Se il babbo non mi scaccia, io non mi <strong>al</strong>lontano.<br />
Allora avvenne qu<strong>al</strong>che cosa di incredibile. Il figlio si presentò<br />
dinanzi <strong>al</strong> letto del par<strong>al</strong>itico, e stravolto d<strong>al</strong> furore, cieco<br />
e besti<strong>al</strong>e, si mise a grugnire lì, davanti a quel miserabile<br />
224<br />
avanzo di vita, implacabile come un tentatore: – Babbo,<br />
quella sfrontata è qua, nella vostra stanza, vicina <strong>al</strong> vostro letto.<br />
È venuta per insultare <strong>al</strong> vostro m<strong>al</strong>e e per avvelenarvi la<br />
vita che vi resta. Mandatela via!<br />
Il m<strong>al</strong>ato sgranò ancor più gli occhi, sp<strong>al</strong>ancò la bocca.<br />
– Ahn? – chiese.<br />
– La sfrontata è qua! La vergogna di casa! La spazzatura:<br />
Spiranza! – gli gridò <strong>al</strong>l’orecchio il demonio. – Cacciatela!<br />
Il braccio sano di zio Pasc<strong>al</strong>i si levò <strong>al</strong>lora furiosamente<br />
in terribile gesto di comando, e tutto il viso gli si stravolse,<br />
come se un ferro rovente gli bruciasse le carni: d<strong>al</strong>la gola<br />
aperta uscì un ruggito informe, che risonò tremendo nella<br />
stanza silenziosa: – Via!<br />
La figlia, che aspettava sospendendo la vita, sentì l’orribile<br />
mazzata sul capo, l’atroce pugn<strong>al</strong>ata nel <strong>cuore</strong>, e dato<br />
uno sguardo pieno di lacrime a quel povero ammasso di<br />
carni frementi, rifece le sc<strong>al</strong>e come un’ombra.<br />
E da quel giorno non rivarcò più la soglia della casa paterna.<br />
Da più di sei mesi Diadoru era soldato volontario d’un<br />
anno a Caserta, quando il dottor Sirena venne <strong>al</strong>la fattoria<br />
con una lettera di lui da comunicare a Spiranza.<br />
Tra le <strong>al</strong>tre cose, il giovane scriveva: «Il maggiore Ròndani,<br />
appena mi ha udito rispondere che io ero di G<strong>al</strong>lura e mi<br />
chiamavo Teodoro Luna (oggi appena sono entrato scrivano<br />
nell’ufficio di maggiorità) ha fatto un movimento di sorpresa<br />
così strana, come se gli avessero buttato addosso non so che.<br />
Indi, a un mio rispettoso sguardo di maraviglia, mi ha detto,<br />
incespicando, che egli era stato a Tempio, e nei dintorni e sul<br />
monte, molti, molti anni fa. E stava forse per continuare le<br />
confidenze, quando inaspettatamente è entrato il colonnello,<br />
e ha dovuto interrompere. È curiosa! Anch’io ho vivo desiderio<br />
di conoscere le impressioni del signor maggiore su la bella<br />
G<strong>al</strong>lura nostra. Se occorre, vi informerò».<br />
La donna, quand’ebbe letto i terribili periodi, si lasciò cader<br />
di mano il foglio, diventò gi<strong>al</strong>la come la cera, e sp<strong>al</strong>ancò<br />
gli occhi in faccia <strong>al</strong> cognato che la guardava in silenzio.<br />
225
– Sarà lui? – b<strong>al</strong>bettò ella dopo qu<strong>al</strong>che momento, non<br />
perché non fosse persuasa, ma per cercare ancora di illudersi,<br />
fosse pure per un attimo.<br />
– Non c’è <strong>al</strong>cun dubbio! – rispose il dottore pensieroso.<br />
Entrambi tacquero, quasi paurosi di comunicarsi le proprie<br />
riflessioni. Poi ella non poté contenersi. – E ora, che avverrà?<br />
– chiese con voce spenta.<br />
– Cosa volete che avvenga? Diadoru saprà il resto…; e<br />
forse sarà bene! Sa quasi tutto. Ora conoscerà di presenza<br />
anche il padre.<br />
– Purché non avvenga qu<strong>al</strong>che disgraziato incontro! –<br />
ribatté Spiranza con un brivido. – Figlio mio caro! Si vede<br />
che il destino s’accanisce.<br />
– Non mettiamoci ora queste idee in testa! Per ora non<br />
sappiamo nulla di positivo… Potrebbe darsi che questa fosse<br />
la fortuna di vostro figlio, e forse anche la vostra!<br />
La disgraziata gli rivolse uno sguardo di t<strong>al</strong>e scoraggiamento<br />
e di t<strong>al</strong>e disperata incredulità, che le <strong>al</strong>tre parole che<br />
gli si affacciavano già sul labbro ritornarono nella strozza.<br />
Quindi il silenzio cadde in quella tomba di sepolta viva.<br />
– Via, speriamo! – concluse il buon Sirena, volendo<br />
infondere in lei un coraggio ch’egli stesso non sentiva. – Attendiamo<br />
l’<strong>al</strong>tra lettera.<br />
E come l’attese la torturata madre! I giorni che trascorsero<br />
nella smaniosa aspettazione furono per lei tutti una veglia<br />
angosciosa e una continua trepidazione. Sventurata! ora che<br />
credeva vicino il termine di ogni suo affanno; ora che il suo<br />
poveretto, compiti gli studi lice<strong>al</strong>i, si preparava, dopo quell’anno<br />
di sosta necessaria e quasi di riposo, a cominciare lo<br />
studio della medicina per diventare come lo zio; ora ch’egli<br />
s’era nobilmente rassegnato <strong>al</strong>la sua sorte: (oh! quel <strong>cuore</strong> nobile<br />
non le aveva mai detto una parola aspra, non le aveva<br />
mai fatto la minima <strong>al</strong>lusione <strong>al</strong>la sua colpa) tutto doveva<br />
forse precipitare miseramente, e una nuova sventura forse<br />
doveva piombarle sul capo. Che avverrebbe? si ripeteva. Il figlio,<br />
benché d’animo gentile, aveva pur nelle vene un po’ di<br />
sangue g<strong>al</strong>lurese. Comporterebbe egli con indifferenza il brut<strong>al</strong>e<br />
cinismo di quell’avventuriero? E lui, il Giuda, vedrebbe<br />
volentieri dinanzi ai suoi occhi quel continuo ricordo vivo<br />
226<br />
del suo vergognoso passato? Che cosa nascerebbe da quella<br />
mutua inevitabile antipatia? Oh c’era da impazzire!<br />
Fin<strong>al</strong>mente, dopo otto giorni interminabili, la lettera venne.<br />
E diceva:<br />
«Mamma, se mi compatite, verso oggi tremando nel vostro<br />
seno un sospetto tremendo, che già da vari giorni mi<br />
tortura, e, ne son certo, torturerà anche voi. Il maggiore<br />
Ròndani è mio padre! Mamma! queste parole mi bruciavano<br />
il cervello, mi bruciavano le labbra: le scrivo qui proprio sul<br />
principio della lettera, quasi per liberarmi da quel fuoco; e<br />
ora che le ho scritte, mi sembrano vergate col sangue.<br />
Il signor maggiore (devo chiamarlo così, mamma; perché<br />
son soldato!) quando rientrò in s<strong>al</strong>a dopo il colloquio col colonnello,<br />
pareva avesse del tutto dimenticato ciò che mi aveva<br />
detto e mi sembrò molto pensieroso, anzi un po’ rabbioso.<br />
Io attribuii il cambiamento d’umore a probabili preoccupazioni<br />
d’ufficio, sperai che il giorno dopo egli avrebbe continuato<br />
le confidenze. Ma il giorno dopo e gli <strong>al</strong>tri due che seguirono<br />
egli si mantenne rigido e taciturno, comandò con<br />
frasi tronche, di m<strong>al</strong>a grazia, con voce ingrata e roca. Notai<br />
però che di quando in quando mi rivolgeva certe occhiate<br />
lunghe, che mi mettevano in un certo imbarazzo. Io ricopiavo,<br />
seduto a una tavola a parte, certe minute ch’egli andava<br />
lentamente preparando nel suo scrittoio: e gli stavo quasi di<br />
fronte. Facevo finta d’essere intento nella mia occupazione, e<br />
quando improvvisamente levavo la testa d<strong>al</strong>lo scritto, lo sorprendevo<br />
sempre a fissarmi con molta tristezza nello sguardo.<br />
Quando m’avvicinavo per prender le cartelle sgorbiate con<br />
quella sua scrittura da febbricitante (i commilitoni mi dicono<br />
che sembra una mano nuova, ora, giacché, son appena<br />
due o tre giorni, non scriveva così m<strong>al</strong>e) egli mi congedava<br />
piuttosto bruscamente, s<strong>al</strong>vo poi a chiamarmi col pretesto di<br />
aggiunger qu<strong>al</strong>che cosa, ad aprir le labbra come per pronunziar<br />
qu<strong>al</strong>che frase che gli tremasse sul labbro, e tosto rimandarmi<br />
più bruscamente ancora. L’uomo lottava, mamma.<br />
Così passarono tre giorni senza ch’io potessi indovinare<br />
(e come potevo?) il motivo di questo suo mutamento. Domandare<br />
a lui stesso non ardivo, perché la disciplina di ferro<br />
227
impedisce che si parli <strong>al</strong> superiore, eccetto che per ragioni<br />
d’ufficio: i compagni mi dicevano che per il maggiore Ròndani<br />
quell’umore così tetro era assolutamente una novità: e<br />
neppure essi ci capivan nulla.<br />
Il quarto giorno, il signor maggiore fece <strong>al</strong>lontanare d<strong>al</strong>la<br />
s<strong>al</strong>a con un pretesto qu<strong>al</strong>unque tutti gli scrivani, e mi chiamò<br />
dentro il suo scrittoio. Dopo un istante di tormentosa lotta<br />
(come mi sembrò) quasi b<strong>al</strong>bettando mi chiese: – «Dunque<br />
voi vi chiamate…?». «Teodoro Luna» risposi. «E vostro padre?».<br />
Io divenni di brace, mamma; e non potei rispondere:<br />
no, in quel momento non potei rispondere. (Mamma venerata<br />
e adorata, non pigliatelo per rimprovero e non vogliate<br />
addolorarvi per questo. Volete ch’io non arrossisca della m<strong>al</strong>a<br />
sorte?). Egli finse d’aver sbagliato, vedendomi così sulle spine,<br />
e non aspettando quella risposta ch’egli (ne son certo) sapeva<br />
non dovesse venire: «E vostra madre?» disse sùbito.<br />
«Spiranza Luna!» biascicai tosto, molto triste. (E non v<strong>al</strong>se<br />
neanche il vostro bel nome a consolarmi). Egli che (son certo)<br />
sapeva, non poté frenare uno scatto, a quel nome: e per<br />
mitigare l’effetto che produceva in me il suo strano modo<br />
d’agire, fece le maraviglie. «Oh!» esclamò. Io non potei tenermi<br />
in corpo la domanda: «La conosce, signor maggiore?».<br />
Egli si fece brusco, indi guardò per la finestra tutta aperta, da<br />
cui si vedeva chiaramente il Vesuvio col suo pennacchio di<br />
fumo. Poi, come se si trattasse d’una cosa da nulla, d’un ricordo<br />
relegato nei canti più oscuri del cervello, rispose: «Può<br />
anche darsi che l’abbia conosciuta. Ne ho conosciuto tante<br />
di ragazze, in G<strong>al</strong>lura! Se mi diceste qu<strong>al</strong>che particolare, forse<br />
potrebbe risovvenirmi di lei». «Speranza Luna, figlia di Pasqu<strong>al</strong>e»<br />
dissi tosto io «e di Francesca Giudeddhu. Vive sul<br />
Limbara con due fratelli, Gerolamo e Marco, e una sorella s’è<br />
sposata con un certo dottor Andrea Sirena…». Non mi fermai<br />
finché non gli feci conoscere, o piuttosto ricordare, interamente<br />
lo stato person<strong>al</strong>e della famiglia nostra; e questo,<br />
non per un gusto sterile, o mamma! Il sospetto aveva cominciato<br />
a sorgermi nel cervello, come quelle piccole nuvole che<br />
compaiono inaspettate sull’orizzonte; e appunto come queste<br />
invadono il cielo, era andato invadendo il mio pensiero e annerendolo<br />
a mano a mano ch’io leggevo sul viso del mio<br />
228<br />
ascoltatore l’effetto che tutti quei nomi, uno dopo l’<strong>al</strong>tro,<br />
producevano nel suo animo. Pover’omo faceva pena!<br />
Ed io ne ebbi veramente pietà. Lo volli liberare d<strong>al</strong><br />
martirio. «Ma già!» mi corressi io sotto la maschera del<br />
pentimento. «Che importa a lei delle nostre povere cose?<br />
Mi scusi, signor maggiore!». «Prego! anzi!» gli scappò detto,<br />
come se parlasse, non a un povero soldatuccio (che egli pur<br />
poteva colmare di vilipendi e sputargli anche in faccia senza<br />
che il misero avesse il minimo diritto d’<strong>al</strong>terare il suo viso<br />
attento), ma a un suo ugu<strong>al</strong>e. Poi si volle correggere e pentire<br />
anch’esso, ma non vi riuscì. Indi confessò: «Mi pare<br />
certo d’averli uditi <strong>al</strong>tre volte tutti quei nomi! Ma son passati<br />
tanti anni… E poi, ti ripeto (gli scappò detto proprio<br />
ti)… vi ripeto!… ne ho conosciuta tanta di gente in <strong>Sardegna</strong><br />
e in G<strong>al</strong>lura…». «Se non le dispiace: quando è stato in<br />
<strong>Sardegna</strong>, signor maggiore?» gli chiesi io, fingendo d’esser<br />
gentile. «Eh!» rispose vagamente; «che volete che vi dica? Il<br />
numero preciso degli anni non lo rammento… Così a occhio<br />
e croce… potrà essere una ventina d’anni…». (E io ho<br />
proprio vent’anni, mamma!). «E che cosa era andato a fare<br />
in G<strong>al</strong>lura, se mi permette?». «Eh, caro mio!» scattò egli.<br />
«Pare che siate molto curioso! Abbiamo già perduto troppo<br />
tempo in chiacchiere che non si attengono <strong>al</strong> vostro còmpito.<br />
Andate e lavorate, e fate attenzione… E sopra tutto ricordatevi<br />
che siete soldato!».<br />
Io mi finsi umile (me le vorrete perdonare tutte queste<br />
finzioni, povera mamma mia?) e presi le cartelle per andarmene.<br />
Ma lo sbirciai, e m’accorsi che quella burbanza era<br />
solo a fior di pelle. Il maggiore sospirava, rannuvolato in<br />
volto, con gli occhi imbambolati, non procedeva un rigo<br />
nel penoso lavoro: e quelle certe occhiate tutte una m<strong>al</strong>inconia<br />
erano più frequenti. Come s’era ingigantito il mio sospetto!<br />
Come sentivo torturato il mio povero <strong>cuore</strong>! Come<br />
mi sentivo infelice!<br />
Appena egli fu uscito, io frugai tra le carte riposte per<br />
scovar qu<strong>al</strong>che documento firmato da lui. In qu<strong>al</strong>cuno egli<br />
aveva premesso un S. <strong>al</strong> cognome: in certi <strong>al</strong>tri aveva scritto<br />
il nome per disteso: Silvio Ròndani. Lo stesso rispettabile<br />
nome del vostro seduttore vile, povera mamma mia!<br />
229
Ma di omonimie se ne dànno tante! ed io, per quanto<br />
il sospetto avesse acquistato ancora maggior consistenza,<br />
avrei voluto illudermi d’essere in errore: finsi con me stesso<br />
d’aver bisogno d’<strong>al</strong>tre informazioni e le presi da un soldato<br />
che in precedenza mi aveva fatto sapere, menandone vanto,<br />
ch’era concittadino del maggiore e ne conosceva la famiglia.<br />
Il commilitone mi disse che ha ancora la mamma e una sorella<br />
e che ha cominciato la carriera come aviatore… Da<br />
voi (e da <strong>al</strong>tri prima che da voi) avevo saputo che il vostro<br />
amico Silvio Ròndani era appunto un sergente aviatore.<br />
Che vi pare, mamma? Può essere un sospetto temerario?<br />
Occorre dell’<strong>al</strong>tro per poter affermare con certezza assoluta<br />
che il maggiore è mio padre? Io voglio ancora simulare<br />
di non esser certo: voglio ancora tener come sospette le<br />
notizie fornitemi d<strong>al</strong> suo compaesano: voglio ancora aver<br />
dei dubbi… Ma intanto pensate <strong>al</strong> mio stato d’animo, o<br />
mamma! <strong>al</strong> supplizio di dover stare come fustigato davanti<br />
a un uomo ch’io potrei abbracciare e chiamare padre: io<br />
che quel nome così dolce non ho potuto mai dirlo a nessuno!<br />
Voi che tanto avete sofferto, madre mia, potete capirlo.<br />
E appunto per non affliggervi di più, io non vi descrivo le<br />
mie riflessioni dolorose, le mie tristezze, i miei piani insensati.<br />
Mi pento anche d’avervi forse afflitto più del bisogno.<br />
Ma voi siete mia madre, e dovevate saper tutto.<br />
Del mio segreto (che forse per tutti voi <strong>al</strong>tri non è segreto,<br />
dopo la mia prima lettera) fate l’uso che volete. Desidererei<br />
che manifestaste tutto <strong>al</strong>lo zio Andrea, mio secondo<br />
padre, posso anzi dire mio solo e vero padre. Abbracci e baci<br />
a tutti d<strong>al</strong> vostro Diadoru».<br />
Spiranza divorò la lettera, sorvolando anche su certe cose<br />
che non le facevano conoscere <strong>al</strong>cuna novità, smaniosa<br />
di giungere <strong>al</strong>la fine: e quando l’ebbe scorsa tutta, l’effetto<br />
che le produsse la lettura fu un senso di sollievo. Temeva di<br />
peggio! Sospirò e si sentì più leggera.<br />
Il maggiore era certo l’antico sergente aviatore: ella non<br />
ne aveva dubitato un attimo, dopo la prima lettera. Ma in<br />
questa seconda, ch’ella tanto aveva temuto, il figlio non le aveva<br />
ancora scritto, grazie a Dio, che Silvio fosse ammogliato.<br />
230<br />
Poco poteva importare a lei questa circostanza. Ma, chi sapeva?<br />
Se egli era ancora scapolo…<br />
Ebbe sulle prime la forza di ridere di se stessa: tanto<br />
quella scrittura cara le aveva fatto bene! Ma a poco a poco<br />
prese sul serio quella prima idea. Se egli fosse stato ancora<br />
scapolo, un giorno o l’<strong>al</strong>tro avrebbe potuto sentir rimorso<br />
del suo delitto e riparare <strong>al</strong> m<strong>al</strong> fatto… Non c’era da ridere…<br />
Non era quello il primo caso! E la presenza di Diadoru,<br />
là, in quartiere, poteva essere di grande aiuto. Poteva<br />
sembrare che il figlio fosse stato mandato da Dio apposta<br />
per compiere l’opera santa. O Signore! se ciò avvenisse!<br />
Quante offerte ella farebbe sugli <strong>al</strong>tari! Quanti pellegrinaggi<br />
a piedi nudi e coi capelli sciolti!<br />
E la cosa le pareva possibile, le pareva anche facile. Ma<br />
poi ricordava la sua giovinezza sfiorita, la sua bellezza sfumata,<br />
la sua s<strong>al</strong>ute logora, tutta la sua ignominia; e sospirava,<br />
guardando lontano. Un maggiore, un gran signore!<br />
Ma se per miracolo la passione risorgesse e riavvampasse?<br />
Non era possibile? Possibilissimo! Egli non aveva ancora<br />
quarantacinque anni, ella non ancora quaranta. Erano entrambi<br />
nel fiore dell’età… E lei non era poi così brutta, credeva…<br />
Per sincerarsi andò a ber acqua <strong>al</strong> tinello e si specchiò<br />
sulla superficie del liquido, come nei giorni lontani d<strong>al</strong>la<br />
prima giovinezza. Per quanto dimagrata, non era affatto<br />
brutta… Vestita a modo, poteva ancora far la sua figura.<br />
Quand’era nel mondo, ne aveva visto delle più brutte anche<br />
tra le signore… Del resto l’amore appianava tutto… L’importante<br />
era che nel <strong>cuore</strong> di Silvio si ridestasse l’amore.<br />
Come uno sghignazzamento lontano seguiva nel suo<br />
intimo a queste riflessioni, quasi volesse dire: «un amore<br />
che rinasca dopo vent’anni e dopo tante tempeste! Oh che<br />
scemerìa!». Ma tosto la figura simpatica del figlio si presentava<br />
come intermediario potente a cui nulla si nega, e ogni<br />
dubbio si dissipava.<br />
La notte dormì tranquilla e sognò come da molto, da<br />
molto non aveva sognato.<br />
Però due giorni dopo seguì un’<strong>al</strong>tra lettera del figlio che<br />
abbatté tutto l’incanto. Diceva:<br />
231
«Mamma, ho bisogno di sfogarmi e vi scrivo dopo appena<br />
due giorni dacché vi ho mandato l’ultima mia. Perdonatemi<br />
se vi arreco qu<strong>al</strong>che <strong>al</strong>tro dolore: ma io non posso tenere<br />
in corpo <strong>al</strong>cun segreto: ora meno che mai. Mi scuserete anche<br />
se mi cadrà d<strong>al</strong>la penna, contro il consueto, qu<strong>al</strong>che parola<br />
dura, perché sono ancora tutto fremente di sdegno.<br />
Mentre il maggiore Ròndani s’era assentato d<strong>al</strong>l’ufficio<br />
non so per qu<strong>al</strong> motivo (egli ha continuato, non giova dirlo,<br />
le sue occhiate solite e il suo insolito fare ringhioso) è<br />
venuto oggi a cercarlo una signora ch’io vedevo per la prima<br />
volta, ma che gli <strong>al</strong>tri scrivani pareva conoscessero. Essa<br />
sembrò seccata per l’assenza dell’uffizi<strong>al</strong>e, e sedette accanto<br />
<strong>al</strong> tavolino di lui, nel suo scrittoio, senza che <strong>al</strong>cuno la pregasse<br />
d’accomodarsi, come se fosse in casa sua. Un fanciullo<br />
poi di sette o otto anni che l’accompagnava si mise tosto a<br />
scorrazzare da una stanza <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tra come in piazza, s’avvicinò<br />
ora <strong>al</strong>l’uno ora <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro dei soldati e graduati che scrivevano.<br />
Infine s’accostò <strong>al</strong> mio tavolino, guardandomi fisso con sfrontatezza<br />
superiore <strong>al</strong>l’età, e dicendo: «Tu sei nuovo. Quando sei<br />
venuto qui? Come ti chiami?».<br />
Per me sono stati sempre antipatici, questi bimbi così<br />
detti precoci e ch’io direi viziatacci, m<strong>al</strong>educati e sfacciati, i<br />
qu<strong>al</strong>i profittano della dabbenaggine e della miseria mor<strong>al</strong>e<br />
dei loro più natur<strong>al</strong>i educatori e della propria fortunata condizione,<br />
per martoriare il prossimo.<br />
Credetemi: avrei preso volentieri per il collo quel piccolo<br />
impertinente, e l’avrei cacciato a sedere là, incollato <strong>al</strong>la sedia,<br />
accanto <strong>al</strong>la sua degna compagna. Già, a dirvi la verità,<br />
anche il fare di lei m’aveva sorpreso <strong>al</strong>quanto e irritato, e un<br />
senso subitaneo di ripugnanza aveva, senza che io me ne sapessi<br />
dar ragione, m<strong>al</strong> disposto il mio animo contro di lei.<br />
Ma la disciplina m’ha abituato a sapermi dominare, e sono<br />
stato gentile quanto ho potuto. Ho risposto intanto <strong>al</strong> fanciullo<br />
con più garbo ch’egli non meritasse. Ma egli, col fare<br />
proprio dell’età sua, rise del mio nome, e lo ripeté con piccoli<br />
scrosci, commentandolo a modo suo per poter far dello<br />
spirito. «Oh!» disse: «Teodoro Luna! Che nome buffo, Teodoro!<br />
Luna, poi! Luna c<strong>al</strong>ante o crescente? o luna piena?». Io stavo<br />
per rispondere non so più che cosa <strong>al</strong>l’insolente, quando la<br />
232<br />
degna madre credette opportuno intervenire ella stessa (bontà<br />
sua) nella conversazione. Ripassò nella s<strong>al</strong>a degli scrivani: e<br />
mi disse: «È lei, scusi, il soldato sardo dell’ufficio?». «Precisamente,<br />
signora!» risposi io, con voce che doveva essere <strong>al</strong>quanto<br />
<strong>al</strong>terata (benché io non me ne accorgessi) a giudicare<br />
d<strong>al</strong>lo sguardo supplichevole che mi rivolse di nascosto uno<br />
dei miei commilitoni. «Son sardo; e precisamente di G<strong>al</strong>lura».<br />
«Oh! di G<strong>al</strong>lura!» beffò ancora il mariolo brancicando<br />
con le manine <strong>al</strong>cune carte del tavolo. «Cheto, piccino!» si<br />
degnò di soffiare con cascaggine la matrona, come se col suo<br />
<strong>al</strong>ito severo avesse temuto d’infrangere quell’animuccia di crist<strong>al</strong>lo:<br />
(oh che stizza!). Poi continuò, rivolta a me: «Oh bravo!<br />
Mio marito è stato in G<strong>al</strong>lura, e ne è ancora incantato!».<br />
(«Ne ho piacere!» avrei voluto rispondere. «Ma in che qu<strong>al</strong>ità,<br />
di grazia? Come compratore di pelli, forse?»). Ma mi rimangiai<br />
a m<strong>al</strong>in<strong>cuore</strong> l’insolenza, e dovetti far buon viso a<br />
cattivo gioco. «Tutta bontà sua!» mi contentai di dire. «Certo<br />
per chi c’è nato, la G<strong>al</strong>lura è una bella regione!».<br />
E cacciai gli occhi della mia povera anima lontano lontano,<br />
di là d<strong>al</strong> mare, sui nostri monti, o mamma, così nudi<br />
eppur così belli, circondati d<strong>al</strong> fascino della solitudine, e sui<br />
nostri piani disseminati di villaggi e di stazzi, dov’è così<br />
semplice e così dolce la vita. Mai come in quell’ora sentii<br />
d’amare così profondamente la mia terra.<br />
«Non solo per chi vi è nato» mi destò la voce antipatica,<br />
«ma anche per chi ci va da luoghi più civili. Mio marito, per<br />
quanto ci sia stato or son parecchi anni, ne parla sempre con<br />
entusiasmo… Avrebbe sempre il piacere di ritornarvi per rivedere<br />
tanta brava gente che vi ha conosciuto. Qu<strong>al</strong>che volta<br />
il suo desiderio è tanto forte, che, non so come, lo comunica<br />
anche a me e a nostro figlio». «Eh! anch’io ci vorrei<br />
andare in quella terra di banditi!» bestemmiò l’ignorante<br />
«ma col fucile in isp<strong>al</strong>la! Li ammazzerei tutti, i banditi, io!».<br />
Feci finta di non aver udita l’impertinenza, e parlai direttamente<br />
<strong>al</strong>la donna. «Ci vada, signora: non saranno passi<br />
perduti!». Forse il tono della mia voce era un po’ beffardo,<br />
perché il solito amico mi guardò con quella sua aria desolata,<br />
e mi fece un piccolo cenno con la testa. Io per conto<br />
mio avrei finito tutto lì. Ma <strong>al</strong>la signora pareva prurissero le<br />
233
labbra, come <strong>al</strong> bambino le mani; e riprese: «Mi dicono che<br />
in G<strong>al</strong>lura ci siano delle belle donne, fiere e forti; e delle<br />
belle ragazze… Ma… (ella non se n’offenderà, spero) mio<br />
marito dice che ve ne sono molte, direi così… facili, scostumate…».<br />
«Eh, signora!» scattai io, senza potermi contenere,<br />
con gran terrore del compagno. «Son le solite c<strong>al</strong>unnie<br />
di chi attraversa per un giorno la nostra povera isola a<br />
tappe di vagabondo (perdoni se mi esprimo m<strong>al</strong>e), e pretende<br />
di conoscerla p<strong>al</strong>mo per p<strong>al</strong>mo… Io non conosco<br />
suo marito… Ma, chiunque egli sia, se ha detto che le G<strong>al</strong>luresi<br />
sono scostumate, non le conosce sicuro! Il m<strong>al</strong> costume<br />
è senza paragone più radicato e più diffuso nelle città<br />
del Continente, che pur si dicono civili, che non sui nostri<br />
monti… E se qu<strong>al</strong>che sciagura capita, anche la G<strong>al</strong>lura è<br />
un cantuccio del mondo, e anche là vi son gli astori!».<br />
Io fremevo, mamma, sentivo una gran voglia di piangere.<br />
Nel mio turbamento non avevo neanche veduto il maggiore<br />
che rientrava e avevo continuato a parlare piuttosto<br />
vivacemente. «Che c’è?» chiese egli un po’ burbero mentre<br />
il bimbo gli s<strong>al</strong>tava intorno festoso. «Difende con c<strong>al</strong>ore le<br />
sue conterranee» rispose la donna. «Vedi, Silvio: e tu mi dicevi<br />
sempre che le G<strong>al</strong>luresi son leggère… Egli sostiene che<br />
i casi di m<strong>al</strong>costume sono rarissimi laggiù… Tu invece…».<br />
«Egli lo sa meglio di me» troncò a mezzo il maggiore.<br />
«Vuol dire ch’egli ha prove più convincenti del contrario!».<br />
Rimasi fulminato, mamma! non tanto per aver scoperto<br />
che quella era la moglie del mio superiore, quanto per le<br />
ultime parole di lui, che mi parvero uno schiaffo, una frustata<br />
sul viso, una stoccata rabbiosa, quanto di più atroce si<br />
può dire a un uomo… a un disgraziato. Tutto mi pianse<br />
dentro, e il <strong>cuore</strong> mi si scisse! Mi curvai sul lavoro, mentre i<br />
torturatori uscivano invadendo i corridoi del quartiere della<br />
loro <strong>al</strong>legria spav<strong>al</strong>da.<br />
«Ma chi è quella signora?» dissi <strong>al</strong> più vicino, fingendo<br />
di non aver compreso. «È la signora Silvania: la moglie del<br />
maggiore!» mi disse sconcertato il camerata. «L’hai fatta bella!».<br />
«Mah!» esclamai io, affettando un’indifferenza che non<br />
avevo. «Chi poteva sapere?… Del resto, anch’essi imparino<br />
a parlare!». E tacqui per tutta l’ora dell’ufficio.<br />
234<br />
Adesso son solo con voi, mamma; e son così triste, così<br />
triste. Lasciatemi piangere con voi: giacché mi pare che anche<br />
voi dobbiate piangere, in questo momento, e che tutto<br />
intorno a me pianga nel mondo; tutto e tutti, eccetto quell’uomo<br />
e quella donna e quel bimbo… O mamma, io non<br />
ho mai odiato nessuno, e credevo di non poter mai odiare.<br />
Ma quelli, ora… in questo momento di dolore… mi pare<br />
d’odiarli! A quelli in questo momento, vorrei far del m<strong>al</strong>e…<br />
Cerco di cacciare d<strong>al</strong> mio animo la torbida passione<br />
che l’ha investito come fiamma una stipa e minaccia di<br />
consumarmelo e di devastarmelo; ma per ora non mi riesce…<br />
Mi riuscirà domani?… Lo spero, mamma.<br />
A ogni modo voi da lontano, sollevate sul mio capo che<br />
arde le vostre mani stanche del lavoro, poggiate sul mio<br />
<strong>cuore</strong> così m<strong>al</strong> acceso il vostro petto sfinito di patimento, e<br />
sostenetemi con la benedizione vostra. Vi prego anche di<br />
perdonarmi se vi addoloro. Mai vi ho amato come ora vi<br />
amo. Perdutamente vi abbraccio».<br />
Spiranza s’abbandonò sul povero sedile, e parve petrificata.<br />
Solo dagli occhi le scorrevano c<strong>al</strong>de lacrime, e le labbra<br />
erano scosse a brevi interv<strong>al</strong>li da un tremito convulso.<br />
Chi può penetrare in quell’anima devastata? Tutto v’era<br />
morto, dentro, eccetto il dolore che vi si accampava più fiero.<br />
Ancora una volta quel fantasma di donna le attraversava<br />
la via… Ella non la ricordava più, ormai, giacché molte<br />
memorie lontane erano già state sepolte da anni nella sua<br />
mente affaticata e amm<strong>al</strong>ata per il lungo tormentoso pensare;<br />
e ora il destino, glie la faceva risorgere più insultante,<br />
più pericolosa ancora…<br />
Dio di giustizia e di misericordia! Non aveva ella espiato<br />
abbastanza, dunque? Non aveva dunque pianto, sofferto,<br />
e disperato abbastanza?<br />
Accasciata, senza moto, pensava a quel suo unico tesoro<br />
lontano: lo vedeva col <strong>cuore</strong> trafitto, come un debole querciolo<br />
infranto, con intorno la desolazione. Si scoteva per un<br />
brivido, e con l’ultimo avanzo di voce, lasciando libero corso<br />
<strong>al</strong> pianto, come parlando <strong>al</strong> silenzio che l’ascoltasse e ne<br />
avesse pietà, si lamentava: – Tutto è finito, ora!<br />
No, madre; tutto ancora non è finito, per te.<br />
235
Nel gennaio Diadoru venne in <strong>Sardegna</strong> in piccolo congedo.<br />
Egli stesso s’era fatto telegrafare d<strong>al</strong>lo zio Sirena che il<br />
nonno stava peggio, per ottenere più facilmente la licenza,<br />
ed era fuggito d<strong>al</strong>la città in cui ormai non poteva più vivere<br />
in pace.<br />
Credeva che sui suoi monti ritroverebbe la spensieratezza<br />
del fanciullo; ma non ricordava che, se l’uomo riesce a<br />
fuggire i luoghi e i suoi simili, non riesce a fuggire se stesso:<br />
sulle groppe del cav<strong>al</strong>lo ch’egli fa correre sfrenatamente per<br />
involarsi d<strong>al</strong> teatro del suo tormento, cav<strong>al</strong>ca il tormento<br />
stesso: post equitem sedet atra cura.<br />
Nella fattoria trovò ziu Pasc<strong>al</strong>i effettivamente più m<strong>al</strong>ato,<br />
più incontentabile, sempre più decrepito. Seduto tutta<br />
la santa giornata sull’antico seggiolone di legno istoriato,<br />
con tutto il lato destro immobile, egli piangeva ora in silenzio<br />
come un bambino, ora con lamenti pietosi e miserevoli,<br />
che strappavano le lacrime. – Non mi cerca più nessuno,<br />
ora, figlio mio! – diceva <strong>al</strong> nipote. – Tutti se ne son stancati<br />
di questo mio m<strong>al</strong>e, che non ha più fine. Neanche la morte<br />
si ricorda più di me, pare. E sì che l’invoco di tutto <strong>cuore</strong><br />
giorno e notte, poveretto me, quando non posso dormire,<br />
quando non mi posso muovere… Vedi che cosa posso fare,<br />
solo, figlio mio! posso appena <strong>al</strong>zare questo braccio, e muovere<br />
un pochino questa gamba; questo e questa – e toccava<br />
l’<strong>al</strong>tro braccio e l’<strong>al</strong>tra gamba – sono morti… mi sembrano<br />
membra <strong>al</strong>trui, che mi siano state attaccate per condanna.<br />
A che cosa sei ridotto, Pasc<strong>al</strong>i Luna, il più forte dei pastori,<br />
a che cosa sei ridotto! Non mi può veder più nessuno…<br />
più nessuno. I tuoi cugini passano lontani, quando s<strong>al</strong>gono<br />
qui, come se si dovesse addentarli… Là, che non son un<br />
cane, nipotini miei, che mai sono stato cane… Solo di<br />
quando in quando Mena se ne ricorda… mi manda qu<strong>al</strong>che<br />
cosa… Se non ci fosse quella anima buona, in mezzo<br />
<strong>al</strong>l’abbondanza potrei morire anche di fame… Oh la mia<br />
sorte, figlio mio! Beata quella poveretta, che è sepolta in<br />
camposanto!…<br />
Parlava con lentezza e con fatica, sforzandosi di foggiare<br />
come meglio poteva quella bocca contorta, che inghiottiva<br />
spesso le lacrime e ne gustava l’amarezza.<br />
236<br />
– Ma se voi voleste, nonno, – gli disse una volta Diadoru<br />
– voi non stareste mai solo! Ci sarebbe qua sempre chi<br />
potrebbe assistervi giorno e notte, e lo farebbe volentieri,<br />
con gran gioia: le parrebbe d’andare a una festa… E non vi<br />
lascerebbe mancar nulla… Volete?<br />
– Di chi vuoi parlare, figlio mio?<br />
– Di mamma, nonno! Ella non vi abbandonerebbe mai,<br />
vi servirebbe come una povera schiava, perché vi è figlia,<br />
nonno! Volete?<br />
Egli rimase muto, e parve che anche le stille di pianto si<br />
fossero gelate nell’occhio sano, e un labbro si fosse cacciato<br />
dentro l’<strong>al</strong>tro, tanto la bocca s’era chiusa tenacemente, e il<br />
braccio vivo fosse morto come l’<strong>al</strong>tro.<br />
Diadoru non lo tormentò più oltre, e s’<strong>al</strong>lontanò col<br />
<strong>cuore</strong> traboccante di sconforto.<br />
Ma anche tutto l’<strong>al</strong>tro era sconforto sul monte.<br />
La mamma rinsecchiva ogni giorno e la sua s<strong>al</strong>ute era<br />
m<strong>al</strong>andata. Speci<strong>al</strong>mente dopo l’ultima sua lettera dormiva<br />
poco, mangiava meno, non si c<strong>al</strong>mava mai. Nelle lunghe<br />
ore ch’essi passavano insieme ella non si stancava mai di riudire<br />
i particolari degli incontri col maggiore, le informazioni<br />
sulla moglie, sulla bellezza di lei, sul modo di presentarsi, di<br />
guardare, di parlare. Egli la contentava, procurando <strong>al</strong>lo<br />
stesso tempo un sollievo anche a sé, colmando le lacune di<br />
quanto non aveva potuto scrivere, narrando minuziosamente.<br />
La poveretta godeva in cuor suo, da un lato, quand’egli<br />
le raccontava che quella era una donna antipatica, presuntuosa,<br />
punto bella, già ingobbita sul più bello dell’età sua;<br />
ma, d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro, s’addolorava nel pensare, che, non per tanto,<br />
Silvio l’aveva preferita a lei e l’aveva sposata.<br />
Egli le diceva che col maggiore aveva avuti <strong>al</strong>tri colloqui,<br />
e che il superiore varie volte s’era lasciato trasportare d<strong>al</strong>la<br />
tenerezza, e non aveva saputo stare <strong>al</strong> suo posto, secondo la<br />
disciplina; che l’aveva carezzato come si carezza un bimbo<br />
(ed egli, Diadoru, aveva fremuto a contatto di quella mano<br />
che lo lisciava, non sapeva se per commozione o per ribrezzo),<br />
che gli aveva dato anche denari (ed egli li aveva dati tosto<br />
<strong>al</strong> primo straccione in cui si era imbattuto per via, perché<br />
gli bruciavano addosso le carni) e l’aveva invitato anche<br />
237
a casa, per far le paci con la signora. Le descriveva il lusso di<br />
quella casa, le gentilezze usategli d<strong>al</strong>la famiglia: tutte le torture<br />
ch’egli aveva sofferto… Finiva col dirle ch’egli, potendolo,<br />
si sarebbe fatto cambiare di reggimento, per non essere<br />
indotto a fare una pazzia…<br />
Allora ella si spaventava, tremava tutta quanta, e unendo<br />
le mani in atto di preghiera, lo supplicava con ardore<br />
che non volesse rovinarsi e rovinarla; gli prendeva le mani<br />
nelle sue, glie le stringeva forte, voleva rendersi con lui tutto<br />
un essere, con lo stesso pensiero, la stessa volontà, la stessa<br />
anima. – Figlio mio benedetto! – gli diceva atterrita: – che<br />
sarebbe di me, se tu dovessi patir danno? Come potrei io<br />
vivere? Vedi: tutta la mia esistenza, da venti anni, è stato un<br />
continuo patimento: eppure io son viva e ho superato tutto…<br />
Ma se tu dovessi andar m<strong>al</strong>e… vedi… –. Non continuava,<br />
ma aveva dinanzi agli occhi ingranditi lo spettacolo<br />
atroce della sua vita senza il figlio, che non sarebbe vita.<br />
Egli si commoveva fino <strong>al</strong> pianto e l’abbracciava in silenzio.<br />
Un’<strong>al</strong>tra novità aveva trovato nella casa, tornando dopo<br />
l’assenza di quasi otto mesi. Lo zio Giromìnu, che forse<br />
mai gli aveva rivolto una parola da cristiano, gli stava sempre<br />
<strong>al</strong> fianco. Lo attirava bel bello, conversando, nei luoghi<br />
più solitari dell’<strong>al</strong>tipiano, e dopo vari giri andava sempre a<br />
cadere nell’argomento suo prediletto, che sembrava diventato<br />
una fissazione. – Uccidilo! – concludeva, rotando gli<br />
occhiacci e digrignando i denti.<br />
La prima volta che la tremenda parola gli aveva percosso<br />
l’orecchio e gli era piombata nell’animo, il giovane aveva<br />
tras<strong>al</strong>ito come se una sassata gli avesse spiccato le reni: aveva<br />
arretrato p<strong>al</strong>lido e barcollante, come se si trovasse dinanzi<br />
<strong>al</strong> diavolo in persona. Ma lo zio l’aveva scosso per il bavero,<br />
come se lo volesse ridestare, se gli volesse infondere per<br />
gli occhi una vampata dell’anima sua felina, e aveva ripetuto:<br />
– Devi ucciderlo; se non l’uccidi sei un vile!<br />
Quindi il barbaro incitamento era diventato un odioso<br />
ritornello di canzone.<br />
Perciò il poveretto non trovava sull’<strong>al</strong>tura quella pace<br />
ch’era venuto a cercarvi. Egli era oggetto, è vero, di festa da<br />
238<br />
parte di tutta la contrada. Venivano dagli stazzi e d<strong>al</strong>le capanne<br />
per vederlo e ammirarlo: la famiglia Ruoni: le donne<br />
tutte accasate, con conigliolaie di figli, e Jacheddhu, che<br />
non aveva conservato più oltre rancore, e aveva dato l’anello<br />
a un’<strong>al</strong>tra pastora; i Muscia, con Violanteddha già madre;<br />
tutti gli <strong>al</strong>tri vicini e amici delle tosature e delle segnature:<br />
le giovanette speci<strong>al</strong>mente, che non si stancavano di<br />
figgere i loro grandi occhi luminosi sul viso di quel giovanotto<br />
bello e distinto, un po’ p<strong>al</strong>lidetto e un po’ triste, ma<br />
ugu<strong>al</strong>mente bello, bello. Eppure, per la persecuzione dello<br />
zio e a causa degli <strong>al</strong>tri m<strong>al</strong>anni egli non era contento.<br />
Apposta per trovarsi con lui eran venuti da Tempio, lasciando<br />
gli studi, Pasc<strong>al</strong>eddhu, Chilgu e Mario; varie volte<br />
d<strong>al</strong> paese vennero anche gli zii col resto della famigliola: ma<br />
non l’avevano potuto stordire completamente neppur essi e<br />
fargli dimenticare le sue pene. Quando si ritirava solo con<br />
la madre, si lagnava anzi di tutto quello strepito e di tutto<br />
quel formicolio, e le diceva che, se ella non l’avesse incatenato<br />
là, a quello stambugio, sarebbe andato via prima che<br />
finisse il congedo.<br />
Sicché non vide di m<strong>al</strong>animo arrivar fin<strong>al</strong>mente la vigilia<br />
della partenza, in cui, per prima iniziativa dello zio Giromìnu,<br />
con gran concorso di pastori di quei pressi fu data<br />
in suo onore una caccia <strong>al</strong> cign<strong>al</strong>e: pensava infatti che quello<br />
sarebbe l’ultimo fastidio.<br />
Però quel trattenimento fu per lui più che un’atroce tortura,<br />
giacché proprio in quel giorno l’implacabile zio volle<br />
per bene stringere i nodi dell’argomento e ben ribadire i<br />
chiodi. Le poste erano vicine, e mentre i battitori, per aizzare<br />
i cani e atterrir le fiere, facevano rintronare il v<strong>al</strong>loncello di<br />
urli besti<strong>al</strong>i e di fucilate, Girominu s’accostò a lui, e gli parlò<br />
più apertamente, con voce sorda, con lampi negli occhi. –<br />
Devi ucciderlo, diavolo! Tanto, vedi, tu in faccia <strong>al</strong> mondo<br />
sei sempre un uomo rovinato. Piglia pure quante lauree vuoi,<br />
sarai sempre il figlio della disonorata, il bastardo! Mi dispiace<br />
di doverti trapassare il <strong>cuore</strong> con queste parole dure: ma è<br />
necessario. Con qu<strong>al</strong>e faccia potrai tu presentarti in mezzo<br />
<strong>al</strong>la gente? Quanto più nobile fosse il tuo posto, tanto più<br />
penosa sarebbe la tua vergogna… E <strong>al</strong> disonore aggiungeresti<br />
239
anche la dappocaggine e la viltà, se tu lo lasciassi vivo! Che<br />
idea vuoi che si abbia di un figlio, il qu<strong>al</strong>e conosce e avvicina<br />
quell’uomo vituperevole che gli ha dato la vita a tradimento<br />
e lo ha condannato <strong>al</strong>l’infamia, e ha sepolto nell’onta e nel<br />
dolore non una donna sola, ma tutta una parentela, e, potendolo<br />
facilmente ammazzare, non lo ammazza? Tutti diranno<br />
ch’egli è un vigliacco… e peggio! Tu non devi essere un vigliacco,<br />
diavolo! per quanto abbi nelle vene il sangue puzzolente<br />
di quel traditore, hai anche del sangue dei Luna; e tu<br />
sei G<strong>al</strong>lurese… Ammazz<strong>al</strong>o dunque. Ti basti di vedere lo stato<br />
in cui ha fatto cadere… Spiranza: che vedi, in vent’anni, è<br />
questa la prima volta che io pronunzio quel nome in questo<br />
modo; e l’ho sempre chiamata «quella perduta». Dà uno<br />
sguardo <strong>al</strong>la sua capanna, <strong>al</strong>le sue vesti, <strong>al</strong> suo volto, <strong>al</strong>la sua<br />
abiezione! Sarebbe stata così, una figlia di Pasc<strong>al</strong>i Luna?<br />
Guarda Mena, che Dio la mantenga! Diversa sarebbe stata,<br />
diavolo! Perciò prima di partire osserva bene ogni cosa… E bada:<br />
assolutamente devi ucciderlo… Finché egli vive, tu non<br />
devi tornare qua sul monte! Se tu tornassi senza riscattare il<br />
tuo nome, vedi: la contrada è grande: ma tu non ci troveresti<br />
un covo!<br />
Per fortuna i mastini scagnarono e la canizza traviò la<br />
rabbia brut<strong>al</strong>e del diabolico consigliere. B<strong>al</strong>zò felino tra i<br />
sassi e i cespugli e si postò aspettando, come se, non il cign<strong>al</strong>e,<br />
ma quell’uomo aborrito dovesse passare.<br />
Diadoru invece non udiva, né vedeva più nulla. Si sentiva<br />
confitte nel cervello e nel seno, come tante spade, le<br />
parole accese, e si sentiva tutto acceso egli stesso. E poco<br />
dopo non s’accorse neppure della bestiaccia che si avvicinava<br />
verso di lui sfrascando e mugolando, seguìta dai cani che<br />
rabbiosamente le squittivano da presso.<br />
– Sta in guardia! – gridò Giromìnu. – Guàrdati, diavolo!<br />
–. E si precipitò furioso egli stesso per s<strong>al</strong>varlo da un possibile<br />
ass<strong>al</strong>to, in tempo appena per sparare in cambio del giovane,<br />
il qu<strong>al</strong>e, ancora trasognato, p<strong>al</strong>pava convulsamente il<br />
fucile, e barcollava come se fosse stato colpito d<strong>al</strong> tiro.<br />
L’enorme cinghi<strong>al</strong>e che dava i tratti, attorniato dai bracchi<br />
che l’addentavano ustolando, gli pareva il corpo disteso<br />
del maggiore Ròndani, trafitto <strong>al</strong> <strong>cuore</strong> da una p<strong>al</strong>la della<br />
240<br />
sua rivoltella, e il tumulto che rintronava intorno <strong>al</strong>la preda,<br />
gli pareva il canino gannire della folla che volesse arrestarlo<br />
e linciarlo. E quando i cacciatori accorsi spararono<br />
coi coltelloni l’anim<strong>al</strong>accio e ne trassero le viscere fumanti<br />
<strong>al</strong> sole, lo scoiarono e lo squartarono, egli fu come ubbriacato<br />
da quell’odore nauseante di sangue c<strong>al</strong>do e di carne<br />
ancora p<strong>al</strong>pitante; e gli sembrò che quei resti sfigurati di un<br />
essere già vivo, fossero i resti di lui, del padre; e quella testa<br />
senza pelle, fosse la testa di lui, e quegli occhi morti fossero<br />
quegli stessi occhi che amm<strong>al</strong>iarono la mamma…<br />
Per fortuna nessuno gli badava, intenti com’eran tutti<br />
<strong>al</strong>la faccenda rumorosa e ansiosa, dimentichi di tutto, di<br />
mogli e figli e spose.<br />
E il giorno dopo egli se ne partì non ancora ben rimesso<br />
d<strong>al</strong>l’ultimo violento colpo, e s<strong>al</strong>utò l’<strong>al</strong>tura velata d<strong>al</strong>la<br />
mestizia del pomeriggio invern<strong>al</strong>e, come se non dovesse più<br />
rivederla.<br />
Lasciò sul monte due anime travagliate, che attendevano<br />
da lui qu<strong>al</strong>che cosa con due diverse ansie: la mamma e<br />
lo zio Giromìnu.<br />
Ella se l’era tutto stretto <strong>al</strong> <strong>cuore</strong>, quell’ultima lunga serata<br />
d’inverno ch’egli le era stato dinanzi tutto smemorato,<br />
e con lo sguardo fisso nello sguardo gli aveva succhiato l’orribile<br />
segreto. «O figlio!» gli aveva raccomandato, annodandogli<br />
<strong>al</strong> collo le gracili braccia nervose, con la bocca vicino<br />
<strong>al</strong>la bocca. «Non credergli a quell’uomo… sebbene sia tuo<br />
zio… che non t’ha mai parlato… che non t’ha carezzato<br />
mai! Non ereditare il suo odio. Per la povera vecchiezza di<br />
tua madre! non macchiarti mai del sangue… del sangue<br />
d’un padre… A che cosa rimedieresti tu con l’inutile delitto?<br />
In qu<strong>al</strong>e stato piomberesti, misero figlio della sventura?…<br />
Fuggi da lui, se puoi, ma non ucciderlo… Ricòrdati<br />
che io l’ho amato… e che tu gli sei figlio!».<br />
Il giovane s’era sciolto da quella stretta più intronato<br />
ancora nel cervello ardente, attonito per quell’amore ancora<br />
vivo, non spento né smorzato da sì lunghe bufere e nevi e<br />
ghiacciate, ancora vittorioso e costante oltre ogni speranza.<br />
241
S’era tratto indietro nel piccolo canto oscuro dello stambugio,<br />
come se si trovasse dinanzi a una santa.<br />
Giromìnu l’aveva accompagnato fino <strong>al</strong>la piccola stazione<br />
delle ferrovie secondarie perduta sulla povera montagna<br />
grave di silenzio, e fino <strong>al</strong>l’ultimo momento aveva affondato<br />
lo stile nel suo <strong>cuore</strong> pigro e intorpidito. «Ricordati!» gli<br />
aveva urlato «e scrivi! Coraggio e colpo sicuro!».<br />
E quand’egli era stato trascinato via d<strong>al</strong> piccolo trenino<br />
cigolante e dondolante per quella via fiancheggiata da gruppi<br />
di massi sforacchiati e puntuti e da boscaglie stormenti, i due<br />
supremi avvisi gli rombavano ancora nell’orecchio confusi in<br />
uno: – Ricordati che l’ho amato! Uccidilo! –. E il viaggio<br />
lungo fu tutto un incubo tormentoso.<br />
Ma forse più tormentosa fu per la madre la vana aspettazione<br />
di due interminabili settimane, trascorse mutamente<br />
nel gelo, con l’orecchio intento a ogni minimo sfrascare,<br />
a ogni più leggero rumore di passi, a ogni minimo abbàio<br />
di cane, se mai sul piccolo sentiero della costa comparisse<br />
l’uomo con la lettera attesa, messaggera di vita.<br />
La lettera venne, ma era diretta <strong>al</strong> fratello. Diadoru non<br />
aveva mai scritto <strong>al</strong>lo zio Giromìnu: perciò la novità la spaventò.<br />
Certo in quello scritto si parlava dell’orrendo affare…<br />
Che cosa era avvenuto? Aveva vinto l’amore o l’odio<br />
in quel povero <strong>cuore</strong> violentato? L’aveva ucciso? Era stato<br />
arrestato? Oh Dio! che ore torbide: che notte di delirio!<br />
Il giorno dopo si procurò la lettera a prezzo di sangue<br />
dell’anima, strisciandosi ginocchioni ai piedi della cognata,<br />
supplicandola come una regina per una grazia di vita: e<br />
l’ebbe per un’ora e se l’impresse nel <strong>cuore</strong>.<br />
«Zio mio, non posso! Fatemi quel che volete: chiamatemi<br />
vile, schiaffeggiatemi, c<strong>al</strong>pestatemi come uno straccio, cacciatemi<br />
per sempre da codesti luoghi che mi videro nascere e mi<br />
diedero le uniche gioie della vita: non posso! Mi contenterò di<br />
vagare per il mondo senza pane, senza una pietra ove posare il<br />
capo, m<strong>al</strong> coperto di stracci, piuttosto che essere assassino anche<br />
ammantato di porpora. No: macchiarmi di sangue, mai!<br />
E perché non credeste che la mia potesse essere una risoluzione<br />
presa senza dibattito e senza sforzo, ho aspettato<br />
242<br />
appunto così lungo tempo a manifestarvela. Lungo tempo<br />
veramente, sapete, se si pensi che io li ho vegliati tutti, questi<br />
quindici eterni giorni di strazi indicibili (giacché non<br />
chiamo ore di sonno ma anni di torture quelle in cui ho<br />
potuto chiudere gli occhi stanchi per sogni di febbricitante):<br />
e li ho vegliati con continua intensità di sentimento che<br />
moltiplicava in me la vita e mi struggeva e m’ammazzava…<br />
Durante questo tempo mi sono aggirato per la città e<br />
per le campagne come un pazzo. Il corso più affollato, le<br />
piazze più gremite, erano per me (vedete s’io non sia amm<strong>al</strong>ato!)<br />
come selve d’<strong>al</strong>beri stecchiti che si movessero e si<br />
sbattessero gli uni contro gli <strong>al</strong>tri dando stridori cupi come<br />
di met<strong>al</strong>lo. Il teatro, la chiesa, mi sembravano brulicanti<br />
d’esseri viscidi che <strong>al</strong>zassero in <strong>al</strong>to tentacoli di vampiri e<br />
sgranassero occhi di brace. Il quartiere mi pareva una prigione<br />
serrata, soffocante, in cui fossi stato rinchiuso per attendere<br />
lentamente la morte… E pianto lungo di morte mi<br />
pareva l’accordo delle cento campane dei villaggi sparsi su<br />
questa deliziosa pianura che pur di tanta dolcezza aveva<br />
inondato il mio <strong>cuore</strong> nei vesperi m<strong>al</strong>inconici d’autunno.<br />
Mi curvavo sul lavoro, facendo sforzi indicibili per concentrare<br />
il mio pensiero: ma le mie idee vagavano disperse<br />
come in campi di follia. – Figlio caro! – mi diceva il capitano;<br />
e io tremavo, come se il dolce nome mi venisse d<strong>al</strong><br />
maggiore; – tu vai perdendo la testa! Tu non mi scrivi niente<br />
come va scritto! –. E aveva ragione; perché anche a me<br />
pareva di perdere la testa.<br />
Intanto le vostre parole mi zufolavano sempre nella mente,<br />
qu<strong>al</strong>che volta mi ruggivano nell’animo, mi davano dei soprass<strong>al</strong>ti.<br />
E il senso di quelle parole mi veniva reso t<strong>al</strong>volta<br />
anche d<strong>al</strong>lo strepito delle cose insensibili; d<strong>al</strong>lo stormire degli<br />
<strong>al</strong>beri, d<strong>al</strong> fragore della cascata… Oh quante volte, visitando<br />
questo ammirabile parco re<strong>al</strong>e, che <strong>al</strong>tre volte aveva suscitato<br />
in me così dolci e profonde impressioni, mi parve d’udire,<br />
nello sfriggolio dei zampilli sprizzanti d<strong>al</strong>la bocca dei delfini<br />
e dai mostri di marmo e nello scroscio sordo di quel magnifico<br />
getto spumoso, le vostre parole: «Uccidilo! Coraggio e colpo<br />
sicuro!». Quante volte mi è parso di leggere l’ultimo vostro<br />
s<strong>al</strong>uto sulla polvere dei vi<strong>al</strong>i maestosi, sulla superficie<br />
243
delle immense vasche tranquille, che pur riflettevano per<br />
ogni <strong>al</strong>tra vista puri cieli di cob<strong>al</strong>to! Quante volte perciò, zio<br />
mio, ho pensato se non fosse meglio, per non vivere così fuori<br />
di sé e così miseri, andar a finire in fondo a quella liquida<br />
pace o cadere travolto in quel rovinio d’acqua in piena, di<br />
scoglio in scoglio, fino <strong>al</strong>la fine!<br />
Mi ha distolto d<strong>al</strong> disperato passo il timore di Dio, e la<br />
figura stravolta di una donna che amo, o zio, e che ha bisogno<br />
dell’amor mio come il corpo affamato ha bisogno dell’<strong>al</strong>imento;<br />
di quella donna che voi disprezzate e forse odiate,<br />
benché le scorra nelle vene lo stesso vostro sangue, e che<br />
non merita d’essere odiata, <strong>al</strong>meno per tutto ciò che ha patito;<br />
la figura stravolta di mia madre, o zio. Io l’ho vista codesta<br />
dolorosa, che non ha più avuto una gioia, supplicarmi<br />
con le mani unite, ancora come l’ultima volta, e aggrapparsi<br />
a me come <strong>al</strong>la s<strong>al</strong>vazione: e io mi sono arrestato sulla<br />
sponda del precipizio, fatto di marmo come gli <strong>al</strong>tri mostri<br />
scolpiti.<br />
E la medesima imagine benedetta, che mi accompagna<br />
come angelo tutelare, mi ha preservato anche d<strong>al</strong> delitto.<br />
Vedete: ho comprato la rivoltella, l’ho ben caricata, l’ho presa<br />
con me in tasca, l’ho tenuta anche in ufficio. Egli, l’odiato,<br />
mi stava di fronte, seduto <strong>al</strong>la sua scrivania, inerme, curvo<br />
sulle carte, ignaro della tempesta che mi ribolliva nel<br />
cervello e mi sconvolgeva tutto l’essere, forse intenerito da<br />
una visione di bontà e di dolcezza, forse mormorante a fior<br />
di labbra o in segreto un nome caro, forse deliziato da una<br />
memoria lontana, risorta nella sua mente. Bastava che gli fossi<br />
andato vicino col consueto obbligato contegno di schiavo<br />
davanti <strong>al</strong> padrone, mi fossi collocato dinanzi a lui in vigliacca<br />
posizione di insidia sicura, avessi tratto bel bello di<br />
tasca il gingillo micidi<strong>al</strong>e che p<strong>al</strong>pavo come un oggetto caro<br />
ereditato da un morto, glie l’avessi accostato piano piano <strong>al</strong><br />
<strong>cuore</strong> sotto le carte sciorinate in aria che gli assorbivano lo<br />
sguardo e la mente, avessi sgrillettato senza tremare, per vederlo<br />
riverso, annaspante, agonizzante nel proprio sangue.<br />
Oh qu<strong>al</strong> orribile sogno, zio mio! qu<strong>al</strong>e spettacolo tremendo<br />
che, anche non essendosi svolto re<strong>al</strong>mente, mi sta così scolpito<br />
nella fantasia, come se l’avessi veduto con gli occhi!<br />
244<br />
E la vista della signora, che pur non amo, riversa su quel<br />
cadavere forato da una p<strong>al</strong>la e versante sangue a fiotti (il<br />
mio sangue, zio!), la vista di quel povero fanciullo (di mio<br />
fratello!) urlante su quel corpo freddo e insensibile a ogni<br />
sua disperata carezza mi perseguita come se io avessi commesso<br />
il delitto.<br />
Che sarebbe dunque di me se io veramente lo consumassi?<br />
In qu<strong>al</strong> canto della terra potrei più trovar pace? Qu<strong>al</strong><br />
filo d’erba, qu<strong>al</strong> granello di polvere, qu<strong>al</strong> bruscolo non mi<br />
griderebbe dovunque l’orribile titolo: «assassino! parricida!»?<br />
Ditelo voi, mio zio, se mi amate davvero. No: in questo io<br />
non posso assolutamente obbedirvi. In tutt’<strong>al</strong>tro io mi strascinerei<br />
umilmente per terra, per contentarvi; ma in questo,<br />
vogliatemi perdonare, io obbedisco <strong>al</strong>la voce di Dio che mi<br />
comanda di non sparger sangue, <strong>al</strong>la voce del mio <strong>cuore</strong> che<br />
è di cristiano e non di belva, <strong>al</strong>la voce di quell’anima travagliata<br />
che da lontano – lo sento – in nome delle sue pene mi<br />
scongiura ogni istante e prega ardentemente per me.<br />
Vorrei pregarvi, zio carissimo, supplicarvi in ginocchio,<br />
per indurvi a mutar pensiero voi stesso: vorrei ricordarvi che<br />
un giorno dovremo render ragione a un Giudice rigoroso,<br />
non solo del m<strong>al</strong>e che noi stessi abbiamo fatto, ma anche di<br />
quello che abbiamo fatto fare, non solo del sangue effettivamente<br />
da noi sparso, ma anche di molti assassinî consumati<br />
da noi nel <strong>cuore</strong>. Ma voi siete uomo fatto, zio Giromì, e io<br />
son ragazzo. Se non fossi quel disgraziato ch’io sono, queste<br />
cose dovreste dirle voi stesso a me, non io a voi.<br />
Spero pertanto che a quest’ora voi abbiate già scosso<br />
d<strong>al</strong>l’animo le vostre severe intenzioni, e siate per assolvermi<br />
da una disubbidienza, che in forza di ogni legge divina e<br />
umana son obbligato a commettere. E con questa speranza<br />
vi raccomando di rassicurar mia madre, <strong>al</strong>la qu<strong>al</strong>e desidererei,<br />
se non chiedo troppo, che fosse comunicata la presente.<br />
«Vi abbraccio tutti di <strong>cuore</strong>, mentre con questo sfogo<br />
mi par d’essere risorto e mi scorrono dagli occhi lacrime di<br />
commozione; e con affetto reso più intenso d<strong>al</strong>la più terribile<br />
pena della mia vita, come ferro temperato d<strong>al</strong> fuoco,<br />
mi dico per sempre vostro sventurato, ma onesto nipote –<br />
Diadoru».<br />
245
Spiranza benedisse e consacrò con lacrime, come con<br />
acqua santa, la carta provvidenzi<strong>al</strong>e, che le aveva <strong>al</strong>largato il<br />
<strong>cuore</strong> e l’aveva rassicurata. Quanto le pareva grande, quel<br />
suo poveretto, che si manteneva fermo contro ogni vento e<br />
non si lasciava piegare neanche d<strong>al</strong>la bufera più brut<strong>al</strong>e e<br />
più accanita! Vedeva in lui riflessa l’anima virtuosa della dolce<br />
sorella, a fianco della qu<strong>al</strong>e quel povero <strong>cuore</strong> s’era aperto<br />
per tempo <strong>al</strong>le più soavi emanazioni della religione e dell’onestà,<br />
e s’era foggiato in forma perfetta secondo il modello, <strong>al</strong>l’ombra<br />
anche dei puri esempi di quell’<strong>al</strong>tro carattere cristiano<br />
del cognato, terso come la luce. E d<strong>al</strong> profondo del suo<br />
essere ringraziava, piangendo e baciando la lettera, i suoi disinteressati<br />
benefattori, ai qu<strong>al</strong>i doveva i pochi raggi di luce<br />
che comparivano di quando in quando in mezzo <strong>al</strong> tenebrore<br />
della sua via.<br />
Quando Cat<strong>al</strong>ina tornò a riprendere la lettera, la trovò<br />
che la baciava ancora e vi spargeva ancora qu<strong>al</strong>che stilla di<br />
pianto.<br />
Dopo un lungo istante d’esitazione glie la rese fin<strong>al</strong>mente;<br />
ma non poté trattenersi d<strong>al</strong> domandare: – E Giromìnu<br />
che cosa dice?<br />
– Zitta, Spiranza mia! – rispose la cognata con aria contrita.<br />
– Questa disgraziata lettera ci ha messo l’inferno in<br />
casa. Egli non ha più detto una parola amorosa a nessuno.<br />
Tutti ci ha m<strong>al</strong>trattati: anche il povero vecchio: anche gli<br />
innocenti! Parla da solo e ringhia, come un cane in catena…<br />
Temo, cognata mia, ch’egli tarderà a digerir tutta la<br />
rabbia di questa volta…<br />
– Oh, sorella cara, come mi dispiace per te, per lui e<br />
per tutti… Ma anche per quel poveretto… Io ero quasi felice,<br />
adesso, perché l’avevo visto rappacificato… avevo cominciato<br />
ad aver qu<strong>al</strong>che speranza per un’<strong>al</strong>tra pace… ma<br />
ora non ne ho più!<br />
– Che vuoi che ti dica, Spirà? son cose degli uomini, e<br />
io non mi devo intromettere nei loro affari. Ma chi sa? potrà<br />
venire un giorno…<br />
– Così credi anche tu, sorella cara? – chiedeva con ansia<br />
la reietta, che in quel momento era disposta ad aprire il <strong>cuore</strong><br />
a qu<strong>al</strong>che sollievo. – Oh come glie la chiedo a Dio questa<br />
246<br />
grazia, di giorno e di notte, con c<strong>al</strong>da preghiera. Dopo la s<strong>al</strong>ute<br />
dell’anima e la buona ventura di quel poveretto lontano,<br />
non gli domando <strong>al</strong>tro, <strong>al</strong> Signore. S’Egli mi esaudisse!<br />
– Speriamo, cognata mia! Niente dura sempre nel mondo,<br />
né il bene né il m<strong>al</strong>e. E tu di m<strong>al</strong>e ne hai avuto abbastanza.<br />
– A noi parrebbe così. Ma chi sa se pare così <strong>al</strong> cielo?<br />
Grande fu la mia colpa, sorella.<br />
Cat<strong>al</strong>ina non disse una parola, e la lasciò sotto l’impressione<br />
di quella terribile verità che le era caduta d<strong>al</strong>le labbra<br />
ed era stata seguita d<strong>al</strong> silenzio. Oh sì: grande era stata la<br />
sua colpa! E forse ella non avrebbe vita abbastanza lunga<br />
per scontarla pienamente; forse non aveva neanche profittato<br />
del tempo concessole da Dio fino a quel momento,<br />
per espiare santamente il suo errore.<br />
Così divenne molto triste e s’affissò nella solita meditazione<br />
religiosa. A poco a poco si sentì sollevata, rivolò col<br />
pensiero a suo figlio lontano e lo rivide come l’aveva sognato,<br />
nobile e onesto. Si ricordò delle predizioni di zia M<strong>al</strong>tina:<br />
del torrente inceppato per un istante d<strong>al</strong>la moriccia, del<br />
crollo del riparo, del corso felice delle acque vittoriose <strong>al</strong>l’ombra<br />
degli <strong>al</strong>ti <strong>al</strong>beri, tra sponde fiorite, in una primavera<br />
di luce… Le parve che la profezia si fosse in parte avverata e<br />
nutrì fiducia che anche nel resto si avvererebbe… S’inginocchiò<br />
davanti <strong>al</strong> crocifisso nero, che pendeva a capo del letto,<br />
e s’immerse nella preghiera. E nel lungo momento d’oblio<br />
credette che ogni <strong>al</strong>tra sventura fosse scongiurata.<br />
In uno st<strong>al</strong>luccio vicino si azzannavano e grugnivano<br />
ferocemente i porci, gli anim<strong>al</strong>i immondi. E quello pareva<br />
un prolungato ironico sghignazzamento di versiere.<br />
Circa due settimane dopo il dottor Sirena ricevette inaspettatamente<br />
una lettera col bollo di Caserta, d<strong>al</strong>la soprascritta<br />
di mano sconosciuta.<br />
Il <strong>cuore</strong> gli b<strong>al</strong>zò violento mentre tremando sbuzzava la<br />
sopraccarta, e gli occhi si appannarono. Corse tosto <strong>al</strong>la firma<br />
e lesse un nome ignoto: Arturo Cob<strong>al</strong>ti. Presentì una<br />
sciagura, e tutto il suo animo, così ben equilibrato, fu scosso<br />
247
da un tremore insolito. Tuttavia si fece forza e sebbene a stento<br />
poté leggere:<br />
«Egregio signore, addoloratissimo di doverle straziare il<br />
<strong>cuore</strong> compio piangendo un delicato incarico ricevuto solennemente<br />
davanti a un letto d’agonia, come un testamento.<br />
Ho tuttora impressa nell’animo la visione tristissima di quella<br />
giovinezza che così tragicamente lottava e si spengeva: vorrà<br />
quindi perdonarmi se non posso scrivere che a sb<strong>al</strong>zi e preparare<br />
con saggezza e con prudenza il suo <strong>cuore</strong> paterno. Coraggio,<br />
signore: si faccia animo: è meglio ch’io dica la cosa terribile;<br />
suo nipote Teodoro, l’amico mio dolcissimo, è spirato son<br />
pochi istanti, e la sua s<strong>al</strong>ma giace ancora sul letto dell’osped<strong>al</strong>e.<br />
Non mi riesce in questo momento gravissimo e dolorosissimo<br />
per me, di descriverle con sussiego i particolari della disgrazia,<br />
che ha così profondamente impressionato tutto il reggimento:<br />
d’<strong>al</strong>tronde, il fatto è stato così fulmineo, che ancora non ci<br />
siamo rimessi d<strong>al</strong>lo spavento e d<strong>al</strong>lo stupore.<br />
Ieri c’era rivista di truppe sulla vastissima piazza d’armi<br />
di Caserta, con intervento di vari gener<strong>al</strong>i e di molti uffici<strong>al</strong>i.<br />
Si notava, non si sa per qu<strong>al</strong> ragione, una certa irrequietezza<br />
nei cav<strong>al</strong>li, per solito molto briosi, della uffici<strong>al</strong>ità superiore.<br />
A un certo punto, <strong>al</strong>lo squillo improvviso della fanfara, il<br />
cav<strong>al</strong>lo del maggiore Ròndani, un bizzarro anim<strong>al</strong>e, s’adombra,<br />
e s’impenna, volendo sb<strong>al</strong>zare il cav<strong>al</strong>iere. Un grido non<br />
potuto frenare eruppe d<strong>al</strong> petto dei soldati delle file più vicine,<br />
giacché pareva che da un momento <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro l’uomo dovesse<br />
precipitare di sella. In un attimo si vide una scena impreveduta<br />
e orribile. Un soldato s’era lanciato per afferrare <strong>al</strong><br />
branco la bestia focosa, la qu<strong>al</strong>e, forse atterrita maggiormente<br />
d<strong>al</strong> brusco contatto, da <strong>al</strong>tri squilli e d<strong>al</strong>l’inevitabile scompiglio,<br />
si diede a una pazza corsa verso la città. Fin d<strong>al</strong> primo<br />
b<strong>al</strong>zo scosse di sella il povero maggiore Ròndani, che<br />
morì sul colpo, e dopo <strong>al</strong>cuni s<strong>al</strong>ti lanciò di traverso sul terreno<br />
a due o tre metri di distanza il coraggioso soldato, che<br />
aveva voluto s<strong>al</strong>vare il suo superiore: e che era, ella l’avrà già<br />
pensato, l’ottimo suo nipote Teodoro.<br />
Fu raccolto morente e portato <strong>al</strong>l’osped<strong>al</strong>e da <strong>al</strong>cuni<br />
compagni di fila, tra i qu<strong>al</strong>i ero anch’io. Le poche ore che<br />
248<br />
visse furono tutte un’agonia. In qu<strong>al</strong>che momento di coscienza<br />
mi parlava con grande affetto della madre, della zia,<br />
di lei, degli <strong>al</strong>tri della famiglia, di cui tanto m’aveva parlato<br />
da sano: una volta mi chiese anche del povero maggiore; e<br />
non avendogli io potuto nascondere l’infelice sua fine, n’ebbe<br />
t<strong>al</strong>e dolore sopra tutte le <strong>al</strong>tre doglie che doveva sentire, che<br />
gemette pietosamente e poco dopo cadde in deliquio. Ebbe<br />
tutte le assistenze possibili del corpo e dell’anima e morì<br />
come un santo.<br />
Signore: io guardo ora la sua s<strong>al</strong>ma, e ciò ch’è avvenuto<br />
mi pare un sogno mostruoso. Non so ancora persuadermi<br />
come una vita tanto cara, tanto necessaria a un’<strong>al</strong>tra povera<br />
vita, tanto luminosa d’intelligenza e fregiata di bontà, tanto<br />
coronata di speranze e di promesse, si sia così fat<strong>al</strong>mente<br />
spenta in un attimo, come vigorosa fiamma travolta e inghiottita<br />
da un turbine. Guardo quel viso di cera, quegli<br />
occhi senza luce, quelle labbra senza sorriso, e mi sembra<br />
impossibile che quella fronte non si deva più illuminare dei<br />
riflessi del pensiero, che quegli occhi non si devano più<br />
aprire <strong>al</strong>la vista, che quelle labbra non si devano più schiudere<br />
per sorridere <strong>al</strong>meno <strong>al</strong>la mamma. Povera mamma dolorosa:<br />
io la vedo in questo momento, com’egli tante volte,<br />
nelle sue più che fraterne confidenze, me l’ha dipinta, abbandonata<br />
e sola nella sua casa, pensare a lui e sognare,<br />
aspettare nel tempo, che non le ha dato che pene, una tregua,<br />
<strong>al</strong>fine, una sosta in quel suo travagliato camminare <strong>al</strong><br />
monte, un’oasi in quel vasto suo deserto di pianto, nella<br />
qu<strong>al</strong>e potersi arrestare con lui <strong>al</strong>l’ombra, e poggiargli la testa<br />
stanca sulla sp<strong>al</strong>la o sul <strong>cuore</strong>, e parlargli a voce bassa<br />
come parlano le mamme. Povera mamma, che l’aspetta sulla<br />
soglia del suo abituro, il suo figlio solo, il suo figlio amoroso,<br />
e di lui saprà domani ch’egli più non tornerà <strong>al</strong> monte,<br />
così gaio di strepiti e di tintinni, se non come ombra<br />
senza parola, per aggirarsi là su quei sentieri che videro la<br />
sua infanzia e la sua giovinezza, a visitarla anche là tra quelle<br />
pareti che udirono la sua voce e videro tutte il suo affetto,<br />
e sedersele di fronte per leggerle negli occhi la sua pena<br />
immota. Povera mamma, che domani saprà che l’unico suo<br />
figlio è morto!<br />
249
Signore, mi perdoni lo sfogo: l’amavo come fratello,<br />
più di tutti i compagni, che pur tanto l’amavano. Chi non<br />
lo doveva amare? lui che non conosceva rancori ed era così<br />
gentile? Lascia fra i suoi compagni una lunga memoria della<br />
sua bontà, e a me un solco nel <strong>cuore</strong>. Ella che l’ha <strong>al</strong>levato<br />
come un figlio, son certo mi vorrà credere.<br />
Termino ancora col pianto, signore sconosciuto ma che<br />
in questo momento mi è fratello nella pena; e io non so la<br />
maniera di dirle una buona parola. Vorrei solo lacrimarle a<br />
fianco, lacrimare accanto <strong>al</strong>la mamma poveretta, e <strong>al</strong>la buona<br />
signora, sfogare nel silenzio il cordoglio che si ribella <strong>al</strong>la<br />
voce. Si faccia coraggio, signore; e ne faccia tanto a quella<br />
sventurata donna, che più di tutti ne avrà bisogno.<br />
L’abbraccio nel dolore e le professo la mia povera amicizia<br />
nata così tragicamente nella sventura e consacrata d<strong>al</strong>la<br />
morte».<br />
Il dottore non poté leggere tutto di sèguito lo spaventoso<br />
documento. Gli occhi pieni di lacrime si ribellavano <strong>al</strong>la<br />
vista e il <strong>cuore</strong> gonfio d’affanno si scompigliava nel moto.<br />
Quand’ebbe letto tutto s’accasciò sul seggiolone, istupidito,<br />
immerso in una astrazione di terrore.<br />
La moglie, com’era solita ogni volta che credeva fosse arrivata<br />
lettera di Diadoru, entrò poco dopo, e lo trovò in quello<br />
stato di atonia, tanto che non si accorgeva della sua venuta.<br />
Atterrita <strong>al</strong> colore di quel viso, <strong>al</strong>la desolazione di quello<br />
sguardo, gli parlò con voce fioca; ed egli istintivamente fece<br />
mostra di nascondere il foglio che teneva ancora fra le mani.<br />
– Dio mio, cos’è stato? – gli chiese la povera donna<br />
sempre più spaventata.<br />
Le labbra di lui tremarono come quelle d’un bimbo, e<br />
non essendogli riuscito di parlar con la voce, le volle parlare<br />
affettuosamente con lo sguardo.<br />
– No, dimmelo: cos’è stato? Mi fai soffrir più, Dio mio!<br />
– Mena,… e hai coraggio? – b<strong>al</strong>bettò egli, esitante.<br />
– Oh Signore!…<br />
– Sta m<strong>al</strong>e, sai…<br />
– Chi, Dio mio, chi? –. E impaziente gli strappò di mano<br />
la lettera fat<strong>al</strong>e.<br />
250<br />
E tosto quella casetta così tranquilla, che aveva udito le<br />
grida infantili del povero morto e i suoi squilli di riso e gli<br />
strepiti innocenti di tutta la frotterella birichina, risonò di<br />
clamori strazianti e di singhiozzi e d’un nome disperatamente<br />
invocato.<br />
Qu<strong>al</strong>che ora più tardi, sul monte, nel tugurio di Spiranza<br />
si assisteva accasciati <strong>al</strong>lo smarrimento d’una ragione<br />
temprata d<strong>al</strong>le vittorie segn<strong>al</strong>ate su molte prove, e <strong>al</strong>l’ultimo<br />
lògoro d’una vita trascorsa tutta in affanni.<br />
La povera madre giaceva sul lettuccio squ<strong>al</strong>lido quasi<br />
inerte, con gli occhi sbarrati sulle scandule nere del tetto.<br />
La crisi l’aveva in quel modo prostrata.<br />
Intorno erano il dottore, Mena, Cat<strong>al</strong>ina e qu<strong>al</strong>che <strong>al</strong>tra,<br />
che guardavano in silenzio e con accoramento la spaventosa<br />
violenza di quel dolore.<br />
L’amm<strong>al</strong>ata di quando in quando, a lunghi interv<strong>al</strong>li, si<br />
scoteva per gettare in mezzo <strong>al</strong>la vasta pace dell’<strong>al</strong>tura un<br />
suo urlo lungo e besti<strong>al</strong>e, che trafiggeva il <strong>cuore</strong> dei presenti.<br />
Poi ricadeva nel suo stato d’immobilità petrea fino a un<br />
nuovo accesso.<br />
Andrea, vista inutile ogni cura, si ritirò con la moglie in<br />
casa del suocero, e nella stamberga restarono a veglia due<br />
donne venute dagli stazzi.<br />
Esse rimasero deste per gran parte della notte; ma infine,<br />
vedendo che l’amm<strong>al</strong>ata continuava a non moversi e a<br />
non aver bisogno dell’opera loro, si distesero accanto <strong>al</strong> fuoco<br />
e s’addormentarono.<br />
La notte di febbraio era fredda e oscura e di tratto in<br />
tratto un forte vento mugliava: inoltre le poverette erano<br />
stanche per il lungo cammino percorso e per le commozioni<br />
intense.<br />
Spiranza, dopo mezzanotte, uscì a poco a poco d<strong>al</strong> suo<br />
stato di torpore e riacquistò un po’ di conoscenza. Rivolse lo<br />
sguardo nella mezza tenebra, e vide la fiamma agonizzante sul<br />
focolare e le due ombre distese per terra. Ascoltò e udì la rabbia<br />
del vento. Qu<strong>al</strong> sogno passò nel suo povero cervello? Non<br />
si sa. Chi conosce il lavorìo d’una mente, quando il dolore<br />
251
l’ha devastata? Si levò silenziosa, si mise addosso per istinto,<br />
senza saper come, non sapeva qu<strong>al</strong>i panni, e uscì fuori nella<br />
notte. Dove andava? Non sapeva…: fuggiva! Aveva visto<br />
nella sua casa due morti coperti con drappi neri… aveva<br />
paura e fuggiva.<br />
Una voce nel vento la chiamava, là, da la v<strong>al</strong>le, nel bosco,<br />
sul monte, non sapeva dove. Non sapeva neanche che voce<br />
fosse: scroscio d’acque in piena, rullo di tamburi, miaulio di<br />
volpe, sghignazzamenti di gente <strong>al</strong>legra, chiasso di bimbi?<br />
No, ch’era la voce di suo figlio! «Mamma!» diceva, «mamma!».<br />
Ed essa andava, perché il figlio la voleva. Il figlio ch’era<br />
nel Continente e si sposava, e la voleva per le nozze. Così<br />
m<strong>al</strong> vestita, la voleva? e così povera? così dolorosa? No, che<br />
non la voleva per le nozze: si vestisse di nero e si stracciasse le<br />
vesti, che la voleva per un funer<strong>al</strong>e… E di chi era il funer<strong>al</strong>e?<br />
Di Silvio Ròndani… Come?! il soldato curato là, nella stanza<br />
sua? Ma se era lieto appena un’ora prima, e b<strong>al</strong>lava con lei<br />
sullo spiazzo e le diceva <strong>al</strong>l’orecchio così dolci cose! È morto<br />
dunque Silvio Ròndani?… No, non è lui l’ucciso… È invece<br />
Diadoru Luna, ucciso da Giromìnu Luna, perché non ha voluto<br />
assassinare il proprio padre… Oh che orrore! il frutto<br />
delle sue viscere così orribilmente mutilato sulla polvere, annegato<br />
nel suo sangue!… Ma no, che non era vero. Non sentiva<br />
come il figlio la chiamava da lontano: – Mamma! o<br />
mamma?!<br />
E continuava a vagare, tra le frasche, lasciando tra i<br />
pruni brani delle sue vesti e stille del suo sangue, aprendosi<br />
il passaggio nel folto delle macchie, cadendo e ri<strong>al</strong>zandosi,<br />
come una fiera cacciata d<strong>al</strong> covo da rabbioso urlìo di cani.<br />
Il vento mugghiava più forte, animando le forre di rombi<br />
e di rumori misteriosi e paurosi. Il cielo era ancora più denso<br />
di nubi oscure, senza una stella. Il freddo tagliava le carni come<br />
una lama.<br />
La fuggitiva sostava a tratti per meglio ascoltare il richiamo<br />
fili<strong>al</strong>e, ch’era la sua voce di sirena o di maga: si <strong>al</strong>lontanava<br />
d<strong>al</strong> volto, con moto brusco, i capelli che il vento le sbatteva<br />
frusciando come criniera di cav<strong>al</strong>lo pazzo; e si lanciava <strong>al</strong>la sua<br />
corsa delirante, spinta <strong>al</strong>le sp<strong>al</strong>le come da un branco di Furie.<br />
252<br />
Dopo lungo errare giunse <strong>al</strong>l’orlo del precipizio, in cui<br />
col padre aveva voluto quasi morire, in quel giorno lontano.<br />
Una fiammella di ragione le si destò nella mente ottenebrata,<br />
come p<strong>al</strong>lido apparire di luna tra volo di nubi nere,<br />
e rammentò gli istanti dolorosi e disperati di quel passo<br />
terribile… Il luogo forse le richiamò <strong>al</strong> pensiero, come la<br />
prima volta, l’idea di poter finire, là in fondo, in pace…<br />
Guardò nella notte, con l’orecchio attento. Udì lo scroscio<br />
del torrente, vide la solita bocca dell’inferno aperto, come<br />
quel giorno lontano lontano… ruggì di spavento. Poi vide<br />
l’anima candida della mamma, l’anima luminosa del figlio<br />
pararle dinanzi le mani, strapparla d<strong>al</strong>la voragine… Con<br />
una stretta furiosa di dolore cancellò il pensiero delittuoso e<br />
suggellò quel fuggevole lampo di semicoscienza. Quindi ricadde<br />
nel vaneggiamento e riprese il vagare assillante.<br />
Ma dov’era dunque quel figlio che la chiamava? – Mamma!<br />
o mamma! –. Ah forse era nella capanna di Jacheddhu<br />
Ruoni per tenere a cresima Violanteddha e andare a Tempio<br />
in quella cattedr<strong>al</strong>e formicolante di capre, di pecore, di vacche,<br />
dove cadeva improvvisa la macchina, dopo lo scoppio di due<br />
fucilate! Dio! chi era quel soldato ferito? Ah, era lui, quel giovane<br />
dagli occhi del color del cielo, che il Signore le aveva<br />
mandato, ed ella seguiva insieme con Mena, fra le <strong>al</strong>tane immerse<br />
nella luce, fino <strong>al</strong> tònfano… Ecco, egli s’è messo a sedere<br />
sul masso, e si sc<strong>al</strong>za: è s<strong>al</strong>ito sulla roccia e prèdica; no, vola:<br />
è un astore… Neppure…: è il demonio! il peccato mort<strong>al</strong>e!<br />
Come se una spronata le avesse lacerato i fianchi, s<strong>al</strong>tava<br />
massi e vepri, senza direzione fissa, verso una mèta variabile,<br />
tramutat<strong>al</strong>e a ogni attimo d<strong>al</strong>l’orrendo capriccio d’un<br />
tiranno folle.<br />
A un certo punto incespicò sul sentiero in qu<strong>al</strong>che cosa<br />
di viscido e di molle, e cadde. La sua faccia andò a battere<br />
sopra un’<strong>al</strong>tra faccia fredda e nauseante, il petto su di un <strong>al</strong>tro<br />
petto. L’orrore le avvivò ancora un <strong>al</strong>tro barlume di luce,<br />
e si rizzò in ginocchio per p<strong>al</strong>pare istintivamente quell’ammasso<br />
di stracci. Tastò una bisaccia d<strong>al</strong>le sacche colme di pane,<br />
sul terreno una pipa, una stroscia di liquido fetente.<br />
Urlò di spasimo, s<strong>al</strong>tando a corpo morto, rivedendo forse<br />
ancora l’orribile figura della vecchia fattucchiera, là morta di<br />
253
freddo nell’ubbriachezza, levarsi per inseguirla, col capo<br />
chiomato di bisce, con gli occhi accesi, tra globi di fiamme e<br />
di fumo, per gridarle come quel giorno lontano: «Veglierai<br />
cent’anni!»; e riprese la fuga più pazza, internandosi nella<br />
frasconaia, scav<strong>al</strong>cando rocce e moricce, s<strong>al</strong>tando sterrati, e<br />
borri, es<strong>al</strong>ando l’anima delirante nell’ansimo e nel grido roco,<br />
finché non si rotolò sfinita per la china sterposa, e giacque<br />
senza sentimento.<br />
Pochi momenti dopo scrosciò d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>to la pioggia, a torrenti,<br />
con lampi e tuoni, e parve che il vento furibondo si<br />
volesse rapire quel corpo estenuato, ormai non più capace<br />
di dolore. Sembrava che la natura non fosse sazia neppur<br />
essa di quella così lunga espiazione e con tutta la sua rabbia<br />
scapigliata volesse circondare ancora la sua vittima, per vedere<br />
se si potesse ancora farla patire.<br />
Quando le due donne si svegliarono nel tugurio e non videro<br />
più nel letto l’amm<strong>al</strong>ata, e videro le coperte sconvolte e<br />
qu<strong>al</strong>che capo del suo vestito per terra, <strong>al</strong>libirono. La cercarono<br />
sotto il giaciglio, nell’orto, nel giardino, nelle mandre: e in<br />
nessun posto poterono ritrovarla. Svegliarono atterrite tutta la<br />
fattoria, e la ricerca ansiosa cominciò.<br />
Nell’aurora gelida e sci<strong>al</strong>ba del febbraio uomini e donne<br />
si sparpagliarono per tutto l’<strong>al</strong>tipiano, quando appunto i<br />
campani cominciavano a tintinnire e le gregge a belare. Di<br />
qua e di là s’udivano di tratto in tratto domande e risposte<br />
secche, egu<strong>al</strong>mente piene di sconforto: – Niente? – Niente! –<br />
e sospiri e pianti e gridi: – Spiranza! o Spiranza!<br />
Il cielo, per ironia tornato sereno, udiva quei richiami<br />
disperati che gli echi ripetevano: ma nessuno rispondeva.<br />
Fin<strong>al</strong>mente la fuggitiva fu ritrovata da Mena distesa <strong>al</strong><br />
suolo, quasi per metà dentro a una macchia di ginestra spinosa,<br />
con le vesti a brandelli tutte un marciume; e un coro<br />
d’urli annunziò la scoperta. La sorella si riversò sulla sorella,<br />
ebbe quasi brama di morir su quel corpo.<br />
Ma accorse tosto il dottore, e dopo lungo esame, constatò<br />
che il <strong>cuore</strong> della caduta batteva. – Non è morta! –<br />
gridò. – Andiamo! portiamola <strong>al</strong>la fattoria.<br />
254<br />
Egli stesso e Mena afferrarono il caro peso e cominciarono<br />
a trasportarlo. In sèguito subentrarono nel mesto incarico<br />
Cat<strong>al</strong>ina e M<strong>al</strong>cu. Indi anche Giromìnu vi prese parte: sapeva<br />
morto il cane, e il suo <strong>cuore</strong> ferino s’era <strong>al</strong>quanto rammollito.<br />
Di tanto in tanto, per via, a un grido lieto di passere volanti<br />
faceva eco un gemito, un singulto, un urlo: e la montagna<br />
attonita ascoltava.<br />
Gli ultimi portatori si avviarono verso lo stabbiòlo. Ma<br />
il medico ordinò che si entrasse nella casa. Così il corpo di<br />
Spiranza fu rimesso nel suo vecchio letto, da cui mancava<br />
più di vent’anni.<br />
Dopo non lievi cure quel che pareva già un cadavere si<br />
rianimò a poco a poco, e con stupore di tutti la mente già<br />
sconvolta aveva ricuperato il suo senno.<br />
– Chiamatemi il sacerdote! – supplicò l’amm<strong>al</strong>ata dopo<br />
qu<strong>al</strong>che istante. E la sua voce era molto debole e fioca.<br />
– Verrà anche il prete, più tardi! – disse il cognato, sempre<br />
in piedi dinanzi <strong>al</strong> suo letto. – Ora pensate anche a<br />
confortarvi il corpo. Dovete mangiare.<br />
– No, – raccomandò ella – fatelo venire presto! Dio mi<br />
ha ascoltato… e mi chiama! Che venga presto…<br />
Quindi parve ricadesse in letargo: ma s’era isolata per<br />
meglio concentrarsi.<br />
Il prete venne, la confessò brevemente: che cosa aveva<br />
da accusare, ormai, quell’anima, che s’era lavata nelle proprie<br />
lacrime? E dopo la confessione e il viatico, ella chiese<br />
una grazia: che le fosse portato là, dinanzi <strong>al</strong> suo letto, sul<br />
suo seggiolone, il babbo, perché potesse vederlo ancòra<br />
un’ultima volta.<br />
Il vecchio si ribellò sulle prime, agitando il braccio vivo<br />
e la gamba sana, scontorcendo la bocca e mugolando non<br />
sapeva neppur egli che cosa. Ma poi fu portato dentro <strong>al</strong>la<br />
stanza della moribonda, e messo vicino <strong>al</strong> letto di modo<br />
che, se avesse voluto, avrebbe potuto toccar l’amm<strong>al</strong>ata. Ma<br />
non volle: e s’agitò ancora sulla sua sedia di tortura, gorgogliando<br />
nella strozza.<br />
Giromìnu gli si accostò in silenzio e gli toccò lievemente<br />
la sp<strong>al</strong>la. Anche il sacerdote si avvicinò e lo mirò con occhiata<br />
supplichevole. Mena singhiozzava in segreto, mezzo<br />
255
nascosta in un canto. Il vecchio guardò intorno con l’occhio<br />
sano stillante di lacrime, e parve c<strong>al</strong>marsi.<br />
Nel silenzio grave della stanza <strong>al</strong>lora s’udì la roca voce<br />
della morente, che parve quella d’una rediviva: – Babbo…<br />
Ziu Pasc<strong>al</strong>i tremò nelle membra vive vedendo quelle labbra<br />
moversi, e affissò l’unico occhio spaventato su quel viso<br />
di cera. Pareva un bimbo spaurito davanti a un fantasma.<br />
– Babbo! – riprese il soffio lamentoso, un po’ più forte.<br />
– Grazie perché siete venuto!…<br />
Aspettava qu<strong>al</strong>che parola d<strong>al</strong>la bocca paterna; ma quella<br />
parola non venne.<br />
– Babbo! – ricominciò ancora, angelicamente paziente e<br />
confidente. – Iddio m’ha perdonato…, spero, per mezzo del<br />
sacerdote… Ora mi bisogna solo… che voi mi perdoniate…<br />
Il vecchio taceva sempre, raccogliendo col labbro inferiore<br />
convulso ancora un’<strong>al</strong>tra lacrima. Anche gli <strong>al</strong>tri astanti<br />
tacevano: e nella stanza sacra non s’udiva più che il singulto<br />
sommesso di Mena.<br />
– Babbo, perché non mi perdonate? – supplicò ancora<br />
la reietta col suo ultimo dolore nella voce, e facendo uno<br />
sforzo per levarsi a sedere. Ma ricadde tosto.<br />
Giromìnu toccò un’<strong>al</strong>tra volta la sp<strong>al</strong>la del padre, parlandogli<br />
a voce <strong>al</strong>ta vicino <strong>al</strong>l’orecchio: – Sentite! Perché<br />
non le rispondete?<br />
– Ahn? – chiese il vecchio. – Che cosa vuole? Son sordo!<br />
lo sai!<br />
– Vi prega di perdonarla! – gli fu gridato quasi in coro<br />
d<strong>al</strong> figlio, d<strong>al</strong> dottore e d<strong>al</strong> prete.<br />
– Ah! – b<strong>al</strong>bettò il disgraziato, come se rinvenisse da un<br />
sogno. E sbatté ancora in aria quel suo braccio pesante come<br />
se volesse aggiustarsi sul capo il berretto cadutogli a<br />
sghembo o ricacciarsi nel cervello qu<strong>al</strong>cosa che ne fosse<br />
fuggita.<br />
Spiranza attendeva anfanando, sollevando col povero<br />
petto sfiorito le coperte, brancicando con le mani ischeletrite<br />
le lenzuola.<br />
Pareva che anche il tempo fosse immobile, e solo quell’anima<br />
partisse.<br />
– Che dite, ziu Pascà? – richiese il sacerdote.<br />
256<br />
La mano del vecchio s’<strong>al</strong>lungò in <strong>al</strong>to, piano piano, tremolando,<br />
e andò a cadere fin<strong>al</strong>mente sopra la testa della figlia,<br />
come se volesse rinnovarle la carezza dell’infanzia, e anche<br />
l’occhio senza sguardo era una fonte aperta di pianto.<br />
– Figlia mia! – urlarono quelle labbra suggellate, ritrovando<br />
il dolce nome che non più per lei avevano ripetuto.<br />
E tutta la persona vecchia e incadaverita si riversò di sfascio<br />
sul corpo esile della moribonda. – Figlia mia! Figlia mia! –<br />
era il ruggito dell’amore represso per così lungo tempo, ma<br />
mai spento nel vecchio <strong>cuore</strong> fulminato.<br />
Tutti intorno piangevano; anche Giromìnu.<br />
Il vecchio, dopo <strong>al</strong>cuni istanti fu fatto risedere sul suo seggiolone,<br />
per tema che non soffocasse l’amm<strong>al</strong>ata che gli aveva<br />
avvinghiato il collo col braccio; ed egli si lamentò di quella<br />
crudeltà inghiottendo sempre le sue gocce c<strong>al</strong>de e s<strong>al</strong>se.<br />
Il viso della moribonda raggiava d’una contentezza celesti<strong>al</strong>e,<br />
e la sua mano volle ancora tenere la mano che l’aveva<br />
benedetta; poi fece cenno a Giromìnu che le passasse <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro<br />
lato, di là, tra il letto e il muro, e anche a lui prese la mano<br />
con l’<strong>al</strong>tra mano. Indi cercò Mena con lo sguardo, e la vide<br />
vicina a pochi passi, ritta e piangente; e vide anche gli <strong>al</strong>tri,<br />
M<strong>al</strong>cu, Andrea e Cat<strong>al</strong>ina e i nipoti, dai visi mesti e d<strong>al</strong>le occhiate<br />
amorose.<br />
– Oh Dio! come sono contenta! – mormorò con la flebile<br />
sua voce. – Mena pensaci tu per me… fa recitare la<br />
messa tu… per l’anima di Diadoru… ch’era figlio anche a<br />
te…, e prega anche… per l’anima di… di quel poveretto!…<br />
E voi tutti perdonatemi… se sono stata la sventura di<br />
tutti… e pregate per me…<br />
Tutti continuavano a piangere, qu<strong>al</strong>cuno anche a scroscio;<br />
ma la serenità del suo viso non si turbò più.<br />
Il sacerdote recitava le preci estreme con viva commozione,<br />
e di tratto in tratto assolveva la morente benedicendola<br />
con mano tremante. – Mi raccomandi a Dio! – ripeteva<br />
ella di tanto in tanto.<br />
Fin<strong>al</strong>mente la morte venne, senza farla più soffrire e le<br />
suggellò la bocca col suo gelido bacio.<br />
Mena le chiuse gli occhi e si mise a capo del letto, a<br />
pregare non per la morta, ma la morta stessa, come se invocasse<br />
una santa.<br />
257
Il giorno dopo fu portata via su una rozza lettiga di frasche,<br />
avvolta d<strong>al</strong> glorioso sole di febbraio, accompagnata da<br />
un pianto mesto di tintinni e d<strong>al</strong> tremulo belio delle gregge.<br />
Il vecchio padre s’era fatto accostare <strong>al</strong>la finestra per<br />
guardarla ancora d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>to; e quando vide il corteo doloroso<br />
<strong>al</strong>lontanarsi sullo spiazzo per dirigersi verso la v<strong>al</strong>le, fece<br />
uno sforzo immenso e si sollevò quasi in piedi, per scotere<br />
ancora in aria quel suo membro superstite, mentre l’<strong>al</strong>tro<br />
gli ciondolava <strong>al</strong> fianco come cosa morta. Quando il triste<br />
gruppo fu scomparso, gettò un urlo <strong>al</strong>tissimo, che niente<br />
aveva di umano, e ricadde pesantemente sulla sua sedia di<br />
purgazione, a vivere ancora…<br />
Fuori, <strong>al</strong> grido informe e scapigliato, le gregge si dispersero<br />
per le b<strong>al</strong>ze e per le frasche, con dolorosa agonia di<br />
campani, come quando la prima volta aveva frullato e rombato,<br />
in quel cielo terso e sorridente di pace, la macchina<br />
infern<strong>al</strong>e, messaggera di civiltà.<br />
258<br />
INDICE<br />
5 Nota introduttiva<br />
9 Parte prima<br />
77 Parte seconda<br />
153 Parte terza<br />
215 Parte quarta
BIBLIOTHECA SARDA<br />
<strong>Cultura</strong> e Scrittura di un’Isola<br />
La collana più esauriente per una approfondita<br />
conoscenza della cultura sarda<br />
Nata nel 1996, la collana della Ilisso costituisce la più completa<br />
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che spaziano dagli scritti socioeconomici e giuridici, <strong>al</strong>la<br />
narrativa, agiografia, poesia, teatro, musica, tradizioni popolari,<br />
storiografia, archeologia, storia dell’arte, cronache di<br />
viaggio e linguistica sarda (cronologicamente ripartite tra il<br />
XII secolo e il ’900), con accurate prefazioni e ricchi apparati<br />
critici.<br />
Una collana di grande qu<strong>al</strong>ità, che ripropone con impegno<br />
la cultura e la scrittura di un’Isola.<br />
Volumi pubblicati<br />
Aleo J., Storia cronologica del regno di <strong>Sardegna</strong> d<strong>al</strong> 1637 <strong>al</strong> 1672 (35)<br />
Atzeni S., Passavamo sulla terra leggeri (51)<br />
Atzeni S., Il quinto passo è l’addio (70)<br />
B<strong>al</strong>lero A., Don Zua (20)<br />
Bechi G., Caccia grossa (22)<br />
Bottiglioni G., Leggende e tradizioni di <strong>Sardegna</strong> (86)<br />
Bresciani A., Dei costumi dell’isola di <strong>Sardegna</strong> (71)<br />
Cagnetta F., Banditi a Orgosolo (84)<br />
C<strong>al</strong>via P., Quiteria (66)<br />
Cambosu S., L’anno del campo selvatico – Il quaderno<br />
di Don Demetrio Gun<strong>al</strong>es (41)<br />
Casu P., Notte sarda (90)<br />
Cetti F., Storia natur<strong>al</strong>e di <strong>Sardegna</strong> (52)<br />
Cossu G., Descrizione geografica della <strong>Sardegna</strong> (57)
Costa E., Giovanni Tolu (21)<br />
Costa E., Il muto di G<strong>al</strong>lura (34)<br />
Costa E., La Bella di Cabras (61)<br />
Deledda G., Novelle, vol. I (7)<br />
Deledda G., Novelle, vol. II (8)<br />
Deledda G., Novelle, vol. III (9)<br />
Deledda G., Novelle, vol. IV (10)<br />
Deledda G., Novelle, vol. V (11)<br />
Deledda G., Novelle, vol. VI (12)<br />
Della Marmora A., Itinerario dell’isola di <strong>Sardegna</strong>, vol. I (14)<br />
Della Marmora A., Itinerario dell’isola di <strong>Sardegna</strong>, vol. II (15)<br />
Della Marmora A., Itinerario dell’isola di <strong>Sardegna</strong>, vol. III (16)<br />
De Rosa F., Tradizioni popolari di G<strong>al</strong>lura (89)<br />
Dessì G., Il disertore (19)<br />
Dessì G., Paese d’ombre (28)<br />
Dessì G., Michele Boschino (78)<br />
Dessì G., San Silvano (87)<br />
Edwardes C., La <strong>Sardegna</strong> e i sardi (49)<br />
Fara G., Sulla musica popolare in <strong>Sardegna</strong> (17)<br />
Fuos J., Notizie d<strong>al</strong>la <strong>Sardegna</strong> (54)<br />
G<strong>al</strong>lini C., Il consumo del sacro (91)<br />
Goddard King G., Pittura sarda del Quattro-Cinquecento (50)<br />
Il Condaghe di San Nicola di Trullas (62)<br />
Il Condaghe di Santa Maria di Bonarcado (88)<br />
Lawrence D. H., Mare e <strong>Sardegna</strong> (60)<br />
Lei-Spano G. M., La questione sarda (55)<br />
Levi C., Tutto il miele è finito (85)<br />
Lilliu G., La costante resistenzi<strong>al</strong>e sarda (79)<br />
Lussu E., Un anno sull’<strong>al</strong>tipiano (39)<br />
Madau M., Le armonie de’ sardi (23)<br />
Manca Dell’Arca A., Agricoltura di <strong>Sardegna</strong> (59)<br />
Manno G., Storia di <strong>Sardegna</strong>, vol. I (4)<br />
Manno G., Storia di <strong>Sardegna</strong>, vol. II (5)<br />
Manno G., Storia di <strong>Sardegna</strong>, vol. III (6)<br />
Manno G., Storia moderna della <strong>Sardegna</strong> d<strong>al</strong>l’anno 1773 <strong>al</strong> 1799 (27)<br />
Manno G., De’ vizi de’ letterati (81)<br />
Mannuzzu S., Un Dodge a fari spenti (80)<br />
Martini P., Storia di <strong>Sardegna</strong> d<strong>al</strong>l’anno 1799 <strong>al</strong> 1816 (48)<br />
Montanaru, Boghes de Barbagia – Cantigos d’Ennargentu (24)<br />
Montanaru, Sos cantos de sa solitudine – Sa lantia (25)<br />
Montanaru, Sas ultimas canzones – Cantigos de amargura (26)<br />
Muntaner R., Pietro IV d’Aragona, La conquista della <strong>Sardegna</strong><br />
nelle cronache cat<strong>al</strong>ane (38)<br />
Mura A., Su birde. Sas erbas, Poesie bilingui (36)<br />
Pais E., Storia della <strong>Sardegna</strong> e della Corsica durante il periodo romano,<br />
vol. I (42)<br />
Pais E., Storia della <strong>Sardegna</strong> e della Corsica durante il periodo romano,<br />
vol. II (43)<br />
P<strong>al</strong>lottino M., La <strong>Sardegna</strong> nuragica (53)<br />
Pesce G., <strong>Sardegna</strong> punica (56)<br />
Porru V. R., Nou dizionariu univers<strong>al</strong>i sardu-it<strong>al</strong>ianu A-C (74)<br />
Porru V. R., Nou dizionariu univers<strong>al</strong>i sardu-it<strong>al</strong>ianu D-O (75)<br />
Porru V. R., Nou dizionariu univers<strong>al</strong>i sardu-it<strong>al</strong>ianu P-Z (76)<br />
Rombi P., Perdu (58)<br />
Ruju S., Sassari véccia e nóba (72)<br />
Satta S., De profundis (92)<br />
Satta S., Il giorno del giudizio (37)<br />
Satta S., La veranda (73)<br />
Satta S., Canti (1)<br />
Sella Q., Sulle condizioni dell’industria mineraria nell’isola di <strong>Sardegna</strong> (40)<br />
Smyth W. H., Relazione sull’isola di <strong>Sardegna</strong> (33)<br />
Solinas F., Squarciò (63)<br />
Solmi A., Studi storici sulle istituzioni della <strong>Sardegna</strong> nel Medioevo (64)<br />
Spano G., Proverbi sardi (18)<br />
Spano G., Vocabolariu sardu-it<strong>al</strong>ianu A-E (29)<br />
Spano G., Vocabolariu sardu-it<strong>al</strong>ianu F-Z (30)<br />
Spano G., Vocabolario it<strong>al</strong>iano-sardo A-H (31)<br />
Spano G., Vocabolario it<strong>al</strong>iano-sardo I-Z (32)<br />
Spano G., Canzoni popolari di <strong>Sardegna</strong>, vol. I (44)<br />
Spano G., Canzoni popolari di <strong>Sardegna</strong>, vol. II (45)<br />
Spano G., Canzoni popolari di <strong>Sardegna</strong>, vol. III (46)<br />
Spano G., Canzoni popolari di <strong>Sardegna</strong>, vol. IV (47)<br />
Tola P., Dizionario biografico degli uomini illustri di <strong>Sardegna</strong> A-C (67)<br />
Tola P., Dizionario biografico degli uomini illustri di <strong>Sardegna</strong> D-M (68)<br />
Tola P., Dizionario biografico degli uomini illustri di <strong>Sardegna</strong> N-Z (69)<br />
Tynd<strong>al</strong>e J. W., L’isola di <strong>Sardegna</strong>, vol. I (82)<br />
Tynd<strong>al</strong>e J. W., L’isola di <strong>Sardegna</strong>, vol. II (83)<br />
V<strong>al</strong>ery, Viaggio in <strong>Sardegna</strong> (3)<br />
Vuillier G., Le isole dimenticate. La <strong>Sardegna</strong>, impressioni di viaggio (77)<br />
Wagner M. L., La vita rustica (2)<br />
Wagner M. L., La lingua sarda (13)<br />
Wagner M. L., Immagini di viaggio d<strong>al</strong>la <strong>Sardegna</strong> (65)