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LA STRAGE NELLA SCUOLA EBRAICA<br />

Tolosa e <strong>il</strong> vizietto europeo di pensare<br />

sotto sotto che Israele un po’ se la cerca<br />

«Q<br />

uando pensiamo a quello che è accaduto oggi a tolosa, quando ricordiamo<br />

ciò che è accaduto in Norvegia l’anno scorso, quando apprendiamo ciò<br />

che sta accadendo in Siria, quando vediamo ciò che accade nella Striscia<br />

di Gaza e in altre parti del mondo, ricordiamo ragazzi e bambini che hanno perso la<br />

vita». Queste parole dell’alta (si fa per dire) rappresentante dell’Unione Europea per<br />

gli Affari esteri, la baronessa Catherine Ashton, sono un emblema dello stato mentale<br />

che domina negli ambienti dell’eurocrazia.<br />

Purtroppo, la baronessa Ashton non è soltanto una sprovveduta. Magari fosse così:<br />

le sue dimissioni potrebbero far posto a qualcuno e a qualcosa di diverso. Ma per<br />

questo occorrerebbe un cambiamento radicale dell’ideologia dell’eurocrazia. La dichiarazione<br />

della Ashton ha rappresentato <strong>il</strong> tentativo, nelle prime ore dopo l’attentato<br />

di Tolosa, di costruire <strong>il</strong> solito quadretto “rosa” e di comodo per l’Unione Europea,<br />

in cui tutto andrebbe bene e l’armonia regnerebbe perfetta se non fosse per<br />

qualche criminale nostalgico. Come l’attentato norvegese, anche questo era l’espressione<br />

di una mente sconvolta che non accet-<br />

ta l’armoniosa convivenza multiculturale<br />

praticata dall’Unione. L’assassino “nazista”<br />

di Tolosa aveva colpito dei m<strong>il</strong>itari francesi<br />

di origine maghrebina perché non poteva<br />

sopportare, nel suo razzismo, che la divisa<br />

potesse essere vestita da immigrati arabi<br />

non veri francesi; e poi aveva proseguito<br />

l’opera hitleriana di disinfestazione degli<br />

ebrei. Ed ecco <strong>il</strong> quadretto rosa: la politica<br />

dell’Unione mira saggiamente all’armonia<br />

multietnica e multiculturale e ad essa si oppongono<br />

gli arnesi del passato. È una retorica da Giornata della Memoria.<br />

EDITORIALE<br />

I leader islamici in Europa non<br />

sono mai netti nel prendere le<br />

distanze dall’odio antisemita dei<br />

jihadisti. Le loro condanne sono<br />

sempre “riequ<strong>il</strong>ibrate” da accuse<br />

su “quel che accade a Gaza”<br />

– alla maniera di Lady Ashton<br />

In poche ore questo quadretto di comodo è saltato per aria miseramente. L’assassino<br />

non era un neonazista e non aveva ucciso i poliziotti di origine maghrebina per<br />

razzismo bianco ma perché erano dei traditori della causa islamica, e aveva ucciso i<br />

bambini della scuola ebraica di Tolosa in nome di Gaza contro Israele (per sua esplicita<br />

ammissione). Pochi giorni prima un personaggio analogo era stato scoperto in<br />

Italia prima che potesse mettere in atto <strong>il</strong> proposito di compiere atti violenti contro<br />

la sinagoga di M<strong>il</strong>ano.<br />

L’aspetto terrib<strong>il</strong>e che riemerge ancora una volta in occasione di una vicenda come<br />

questa non è soltanto l’assoluta mancanza di volontà di ammettere che l’Europa<br />

è sempre più terreno di conquista di un integralismo islamico aggressivo; ma <strong>il</strong><br />

tentativo di nascondere questa realtà asserendo che in tal modo non si farebbe altro<br />

che del razzismo anti-islamico. Dovrebbe essere superfluo ripetere che nessuno può<br />

seriamente credere che tutti gli immigrati musulmani presenti sul continente aderiscano<br />

a un’ideologia del genere. Ma è altrettanto evidente – ed è sciagurato far finta<br />

di non vederlo – che le istituzioni e associazioni rappresentative di tali realtà non<br />

sono affatto chiare e nette nel prendere le distanze dall’odio antisionista e antisemita<br />

che anima i jihadisti circolanti in Europa. Ogni volta, le dichiarazioni di condanna<br />

vengono “riequ<strong>il</strong>ibrate” – alla maniera di Ashton – da condanne di “quel che accade<br />

a Gaza”, e beninteso mai e poi mai di quel che accade a Sderot e dintorni e dei<br />

miss<strong>il</strong>i che piovono sulle scuole israeliane.<br />

In fondo, la domanda è semplice: se davvero si pensa che sia Israele la causa della<br />

diffusione di questa intolleranza, basterebbe poco per chiarire la situazione. Basterebbe<br />

una dichiarazione autorevole da parte islamica che affermi in modo netto<br />

e inequivoco che è fuori discussione <strong>il</strong> diritto di Israele a esistere entro frontiere riconosciute<br />

e rispettate, fatte salve tutte le trattative di questo mondo. Si è mai udita<br />

o letta una sim<strong>il</strong>e dichiarazione, salvo che da parte di qualcuno (come <strong>il</strong> presidente<br />

egiziano Anwar al-Sadat) che è stato ucciso per averla fatta? La risposta è: mai.<br />

Giorgio Israel<br />

FOGLIETTO<br />

Nuove opportunità.<br />

Ora che Marcegaglia<br />

non può più buttarla<br />

in politica, si torni a<br />

contrattare in azienda<br />

Alla fine qualcosa si muoverà<br />

nell’organizzazione di un mercato<br />

del lavoro che non funzionava.<br />

Si faranno pasticci sulle flessib<strong>il</strong>ità<br />

in entrata previste dalla legge Biagi,<br />

si incrementeranno contributi per piccole<br />

imprese già molto provate. Ma si<br />

supereranno rigidità che condannavano<br />

al nanismo le nostre industrie, scoraggiavano<br />

gli investimenti ed emarginavano<br />

i giovani. Si poteva fare meglio?<br />

Senza dubbio: lo st<strong>il</strong>e da esercitazioni<br />

universitarie del ben noto Ateneo che<br />

ha questo governo complica le decisioni<br />

strategiche perché dimentica come le<br />

persone siano di carne e ossa, non solo<br />

“fattori numerici”. Certe paure (come<br />

quella dei licenziamenti di massa o <strong>il</strong><br />

ritorno di un regime da padrone delle<br />

ferriere) saranno in parte irrazionali ma<br />

sono profonde. Era opportuno superarle<br />

con la prassi instaurata dal governo<br />

Berlusconi dopo <strong>il</strong> 2008: spostare a livello<br />

aziendale e al rapporto tra le parti<br />

<strong>il</strong> più possib<strong>il</strong>e delle soluzioni. Arrivando<br />

così a un sistema dove <strong>il</strong> sindacato<br />

resta potente ma è coinvolto nei destini<br />

dell’impresa, come avviene non solo<br />

in America ma anche in Germania: e i<br />

fannulloni diventano una questione che<br />

riguarda anche gli altri lavoratori, non<br />

solo le direzioni aziendali. Perché non si<br />

è andati avanti così? Molte colpe sono<br />

dei berlusconiani (+ Giulio<br />

Tremonti). Però le più<br />

gravi responsab<strong>il</strong>ità<br />

sono della nevrotica<br />

Emma Marcegaglia,<br />

che ha<br />

buttato via in<br />

politica <strong>il</strong> buon<br />

lavoro svolto.<br />

Ora finalmente<br />

toglie<br />

<strong>il</strong> disturbo,<br />

speriamo<br />

che si possa riprendere<br />

<strong>il</strong> cammino.<br />

Lodovico Festa<br />

| | 4 apr<strong>il</strong>e 2012 | 3

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