una voce. Le barche dondolavano immote sull’acqua del canale, picchiettata da una pioggia impalpabile. Mi sembrava di attraversare un sogno illogico e angoscioso, e non sapevo più se ero io stesso un fantasma. Un branco di famelici cani randagi sopravvissuti allo sterminio dell’estate contendeva furiosamente una mela marcia a un maiale sfuggito a qualche porcile ormai abbandonato. Scheletrici, non avevano la forza nemmeno di urlare. Digrignavano i denti, ansimando. Anche i merli e i gabbiani erano volati via. La mia Venezia sembrava disabitata. E in un certo senso lo era. Stava perdendo i suoi abitanti. Quel giorno, forse, ne mancavano all’appello già cinquantamila. Ma io non pensavo a quell’esercito di vittime che avrebbero potuto popolare una città intera. Pensavo alla mia privatissima città. Io volevo salvare otto vite. E, se non otto, almeno una. In chiesa mi inginocchiai ai piedi del grande organo. Non lo suonava nessuno, anche l’organista della Madonna dell’Orto era caduto. Contemplavo il mio telero. Erano passati più di vent’anni da quando lo avevo dipinto. In quei giorni lontani non potevo immaginarlo, ma ormai sapevo che rispecchiava il mio momento più felice – era l’alba delle mie speranze, l’annuncio di un miracolo che avevo sognato, e che adesso doveva compiersi. Allora ti chiamai. Fino a quel giorno non sono stato un buon cristiano. O lo sono stato come tanti altri, Signore. Avevo frequentato i tuoi templi, ascoltato le omelie dei tuoi pastori, ripetuto le preghiere, partecipato alle processioni, pregato per i morti, elargito la carità ai poveri e ai bisognosi. Ma andavo a messa sempre meno, e tranne a Pasqua e Natale solo quando mi avanzava tempo, e non ricordavo l’ultima volta che mi ero confessato. Avevo obbedito ai tuoi precetti. Ma quelli che mi costavano poca fatica. Chinavo la testa al passaggio dell’effigie di un santo. Digiunavo il venerdì e la quaresima, santificavo le feste e la domenica lavoravo poco – perché non mi riusciva di non lavorare mai. Gli altri li avevo ignorati. Ma anche trasgrediti. Di nessuno dei peccati ero innocente. La mia fede era un abito, che indossavo senza averlo veramente scelto. Nasci in un luogo e in un tempo, assorbi le idee e le consuetudini con l’aria che respiri. Non le discuti. In un certo senso, le subisci, comunque le accetti. Mi ero fatto la reputazione di saper dipingere meglio di tutti i miracoli e i misteri. Eppure avevano ragione anche i miei critici: ciò che contava per me non era il miracolo né il mistero, ma il suo racconto – inventare il modo di rappresentarlo. E l’idea che un santo arrivasse volando o fluttuando nell’aria mi interessava più dell’azione che veniva a compiere o scongiurare – cui forse nemmeno credevo. Ma tu non mi avevi mai parlato. Io non ti avevo mai parlato. Ti promisi che se tu l’avessi salvata, io avrei rinunciato a lei. L’avrei allontanata da me – per sempre. Ti promisi che se avessi risparmiato la mia famiglia – tutta la mia famiglia – d’ora in poi io avrei dipinto per te. Rimettevo la mia carriera ai tuoi piedi. Potevo diventare finalmente il primo pittore di Venezia? Era stato, fin da bambino, il mio desiderio più grande. Non me ne importava più niente. Nella dimora veneziana di San Rocco – un uomo qualunque che tu hai elevato dalla sua condizione perché intercedesse per noi – in quella stessa Scuola dalle pareti spoglie che da decenni avevo intuito come mio traguardo e mio destino io avrei innalzato un monumento che nessuno ha mai osato concepire. Non avrei voluto denaro, in cambio. Solo di che vivere per poterlo fare. Avrei dipinto uno, dieci, venti quadri per celebrare il tuo potere, la tua verità e la tua clemenza. Non avrei dipinto né per denaro né per la gloria né per l’amore della pittura – le ragioni per le quali un uomo si fa artista. Lo avrei fatto per riconoscenza. Gratitudine per essere nato, per avere amato, per essere stato amato, per avere creato, per avere goduto delle cose che danno piacere e per aver sopportato quelle che danno dolore – per avere vissuto. Quel giorno io ti ho consacrato il mio mestiere, il mio talento, la mia vita. Non avevo nient’altro da offrirti. Io ho mantenuto il nostro patto. 天使的漫长等待 三天之后,瘟疫前来造访,要夺走我的小星 星。她当时22岁,正值青春花季。她的未来如同 一只熟透多汁,只待采撷的果实。时值九月末。 秋天的到来并没有遏制疾病的蔓延,反而令它更 加猖狂。在屋顶的平台上,玛莉亚塔正在收拾放 在这里晾晒的衣物,因为天空变得乌云密布,穆 里诺岛的方向已经开始打起雷来,就要下雨了。 突然,她面色惨白,身体靠在栏杆上,失去了知 觉。多米尼克跑来叫我。我们气喘吁吁地抱在一 起。 我们在城里呆的太久了,推迟行程是我的 错。我把他们献到了一个嫉妒而又无情的女神的 祭台上:她或许是威尼斯,又或者是绘画。如 今,留给我们的就只有一个接一个地病倒,忍受 身体和精神上剧烈的痛苦,被粗暴而且没有能力 拯救我们的冒牌医生检查、触摸和做上记号。我 们的肉体会被刀子割开,我们的伤口会被烧红和 带着铜绿的铁烧灼。我们将被隔离、监禁、侮 辱。我们将成为恐惧和厌恶的对象,因为几个月 以来怜悯已经不复存在。我们会受到脚夫的辱骂 甚至是他们身体的凌辱。我们会四个人一排躺在 隔离病院肮脏的床铺上呻吟,听着没有人治疗的 那些病人的叫喊,以及由于当局不正确的安排而 被迫陪伴他们的那些妓女的辱骂,然后再彼此残 杀,直到只剩下最后一个幸存者,就像杰出的画 家提香一样,只能死在一所已经死亡的房子里。 玛莉亚塔又站了起来。为了阻止我和多米尼 克靠近她,玛莉亚塔爬上了平台的横梁。她叫喊 着要我们离她远一点,威胁说否则她就要跳下 去,摔死在下面的海岸上。意识到自己可能成为 杀害我们热爱的人的凶手是件可怕的事。她大喊 着要我们把白色的船叫来,希望立刻被送到隔离 医院去。她尖利的声音越过庭院,传到了运河的 另一边,传到了陌生人的耳朵里。“安静点”我 叫喊着,“安静点,看在上帝的份上。”我抓住 她的一只脚,她松开了抓着栏杆的手,真的要跳 下去。不过我更加敏捷,把她拽了上来,搂住她 的腰,试图用手捂住她的嘴。玛莉亚塔如同一只 猫一样挣脱了。她想咬我,不过没有这么做,因 为怕伤到我。“放开我,贾科莫,”她大声叫 着,“放开我!” 不过,我永远也不会抛弃她,我的主。我宁 愿和她一起死。我把她拖下楼梯,先是进了仓 库,然后把她放在存放柴草的房间里,关上门, 又用横梁把门栓上,这样的横梁孩子们是无法移 动的。我让她咀嚼玫瑰花和蜂蜜花,试着装出安 详的表情,告诉她不要担心:“我会立刻找到解 决的办法。”“你不能出去,爸爸,”她小声 说,“我们被隔离了。违背隔离令的人是会被判 死刑的。”你认为一个白色的十字架能够拦住贾 科莫•罗布斯提吗,我唯一的星星? 我跑去找皮埃罗·阿拉·嘉塔,他就在小巷 的拐角处,是距离这里最近的药商。可是,他的 铺子关着门。我在奥尔梅希尼穿过了运河,可 是,就连圣马尔齐连的药商也离开了威尼斯。不 过,我妻子的兄弟皮埃罗总归会在的。我只需要 赶到圣威奥后面他的家里去。从埃匹斯科皮家进 入共和国的上流社会并且被增选进公证人阶层开 始,我妻子的家族开药房已经有将近100年了, 认识威尼斯所有的药商,他们肯定为药店提供过 解毒药。 当我来到大运河上时,警卫们拦住了我。卡 纳莱焦区已经戒严了,圣马可城堡也是。这个难 道我不知道吗?“滚开,没脑子的人,”他们对 我大声喊叫着,用剑逼着我退回去。“我要过 去,”我大声喊。“谁也不能过去”,他回答 说,“要是你动一动,我就逮捕你。” 在百步之外的圣菲力切区,有一个面包商正 在卸船,他得到许可向卡纳雷焦面包房提供面 包。他可以自由活动。“带我去圣威奥,”我命 令说。他回答说我不能违法当局的戒严令。“即 使这个命令是上帝下的,我也要违背,”我向他 叫喊着。“你想怎么去,飞吗?”他嘲笑我说。 我转过身背对着他,脱下了鞋,然后是袜子,接 着就走下岸边的头几级台阶。河水是绿色的,如 同粘液一样粘稠,冒着泡泡,散发着污水的臭 味。我从来没有学过游泳,不过我知道如何撑木 排。我从面包商的船上拿了一箱木头,又走下 一级台阶。“你当真疯到要尝试游过去?”他问 我。我甚至没有回头。就这样,他建议我们谈笔 交易。我需要用钱为玛莉亚塔买药,因此就把脖 子上带的金十字架给了他。我重新穿上鞋,他让 我躺在船的甲板上。 运河如同池塘一样平静,甚至没有一条渡船 靠岸;既没有一条船等待装载,也没有船停泊在 商店门口;所有的贡多拉都拴在木桩上:忧伤而 孤单的木桩,空荡荡的渔港。我叫面包商在罗 莱丹宫门前等我,跟他说我几分钟后就回来。不 过,我妻子兄弟的家里空无一人。“皮埃罗·埃 匹斯科皮先生三个星期前就走了”!女邻居大声 叫着,“您在泽拉力诺的乡下可以找到他。”面 包商要我把上衣的所有扣子都给他,才肯带我去 葡萄酒海岸。 利阿尔托后面的小巷里总是人头攒动,如 今,那里的店铺却关着门。在名叫斯泰拉、三个 斯坦达尔弟人、小船、三山的那些小巷里,没 有任何人搭腔。天开始下起雨来,我没有任何 东西可以用来遮雨。我在空旷的城市里游荡, 遇到的就只有抬着担架,负责运送死人的掘墓人 的巡逻队,以及带着梯子,卸下门板和窗户,不 受惩罚地钻进废弃的房子的那些小偷。我走在像 地毯一样铺满了地面,而且发出吱嘎声的破玻璃 上。小巷变成了沼泽,淤泥非常湿滑,我在上面 摔倒了三次。我从圣卡桑街走到圣斯塔埃街,从 圣波勒多走到圣保罗,从圣潘塔龙走到圣特洛瓦 所,直至来到卡尔米尼。店铺的招牌悬挂在关闭 的门板上,墙壁因为下雨而变得黑乎乎的,所有 的药店都关着门。很少的几家仍然营业的药店也 没有什么可以出售,盛解毒药的罐子几个星期之 前就空了,它们遭到了抢劫。我敲打着遇到的所 12 13